L'invidia degli dei

di Inathia Len
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1971 - In un mondo di luci sentirsi nessuno ***
Capitolo 2: *** 1972- Schegge di una voce rotta ***
Capitolo 3: *** 1973 - Perché non basta il tempo. Perché nulla basta mai ***
Capitolo 4: *** 1974 - Perdiamoci ma mano nella mano ***
Capitolo 5: *** 1975 - Let me give you my life ***
Capitolo 6: *** 1976 - Potrei darti il mondo ***
Capitolo 7: *** 1977 - Il volto della vita ***
Capitolo 8: *** 1978 - Anni che corrono veloci ***
Capitolo 9: *** 1979 - The world is too heavy ***
Capitolo 10: *** 1980 - Il cuore è il bagaglio a mano ***
Capitolo 11: *** 1981 - Via dalla notte infinita ***
Capitolo 12: *** 1993 - Could we start again, please? ***
Capitolo 13: *** 1994 - I'm going back to the start ***
Capitolo 14: *** 1995 - Just make it last ***
Capitolo 15: *** 1996 - No place in Heaven for someone like ***



Capitolo 1
*** 1971 - In un mondo di luci sentirsi nessuno ***


In un mondo di luci, sentirsi nessuno

 

1971
 




 

Remus aprì la porta del dormitorio con gli occhi chiusi. Voleva che fosse una sorpresa. La stessa cosa l'aveva fatta sulle barche, quando tutti dicevano che si stavano avvicinando a Hogwarts. E poi lo aveva fatto entrato nella Sala Grande.
C'erano momenti che erano troppo importanti perché gli occhi rubassero la scena a tutti gli altri sensi.
Aveva voluto sentire l'aria della sera, il rumore dell'acqua del Lago Nero, il calore del crepitare delle torce, prima di lasciare che Hogwarts entrasse in lui attraverso la vista.
E aveva voluto lasciarsi cullare dal mormorio degli studenti curiosi, dal fruscio delle vesti e dal suono dei passi sul pavimento di pietra, prima di aprire gli occhi e stupirsi di quel cielo impossibile.
Impossibile quanto la sua presenza lì.
Prima dello Smistamento, aveva avuto l'impressione che il professor Silente gli avesse strizzato l'occhio, ma non ne era del tutto sicuro... l'anziano mago era saggio quanto imprevedibile...
Poggiò la mano sulla maniglia sempre ad occhi chiusi ed inspirò profondamente.
Era ad Hogwarts.
Contro tutte le previsioni, contro tutte le malelingue e i timori.
Era lì, era stato reso possibile.
Entrò piano, un passo alla volta, i sensi amplificati dal suo essere un lupo mannaro. Sapeva che era una stanza da quattro, aveva già chiacchierato con i suoi futuri compagni a cena, ma... ma il dormitorio era qualcosa di unico. La sua futura casa, più di quanto non lo sarebbe stata Hogwarts. Era lì che si sarebbe rifugiato quando avrebbe litigato con qualcuno, quando avrebbe ricevuto cattive notizie o quando avrebbe voluto semplicemente leggere lontano da tutto e tutti.
Erano già tutti lì gli altri tre ragazzi, poteva sentire le sue voci, già le distingueva.
C'era quella squillante di James Potter, che stava raccontando chissà quale aneddoto sui tempi in cui suo padre era stato studente ed era alla ricerca del letto che era stato il suo.
C'era quella di Peter Minus, più stanca ma non meno entusiasta, che ridacchiava o sospirava sempre al momento giusto, quando il primo prendeva fiato.
E poi c'era quella di Sirius Black, che più delle altre gli era rimasta impressa. Perché sembrava troppo grande per essere quella di un ragazzino, perché sembrava nascondere chissà cosa dietro le battute per cui rideva sguaiatamente... forse perché lo sentiva simile. Per quanto simile a un lupo mannaro potesse essere il figlio di una grande e nobile casata come lui.
-Ehi! Entra, entra!-
Aprì gli occhi e vide James Potter scendere con un balzo dal letto su cui aveva probabilmente saltato fino a quel momento, dato lo stato delle coperte, e venirgli in contro.
-Forse aspettava un invito scritto- rise Peter Minus.
-Oppure credeva non ci fosse più spazio perché qualcuno ha invaso la stanza- sottolineò Sirius Black, indicando con un cenno del capo il baule di James, che sembrava un vulcano in eruzione.
-No, scusate...- si schermì Remus. -Volevo solo... Niente, lasciate perdere- scosse la testa, un lieve sorriso sul volto. -Allora, quale posto è rimasto libero?-

 

 

 

 

-Io sono metà e metà- raccontò Peter, allungandosi per prendere la scatola di Cioccorane che gli era caduta dal letto. -Papà è un babbano. Mamma non gli ha detto di essere una strega fino a dopo sposati. E' stato un bel colpo per lui!(*)-
-Per me è il contrario invece- disse Remus, -in famiglia da me è mia madre a non avere i poteri- finì, facendosi passare le Gelatine Tutti i Gusti + 1 e poi sputando via la caramella che aveva pescato. -Bleah!-
-Che gusto?- si sporse Sirius, a testa in giù, i capelli oltremodo lunghi che sfioravano il pavimento.
-Credo fosse... caccole di piedi?- rispose schifato, controllando la carta. -Ma che schifo sul serio! Come fanno a piacere queste cosacce?-
-Cosacce?- gli fece eco Peter, ridacchiando. –Uh! Questa era pesa!-
-Amen, dirò a mia madre di non mandarmene più- si strinse nelle spalle James, cancellando qualcosa dalla lista che reggeva in mano. -Assaggiate queste: sono pezzi di torte, ciambelle e crostate varie fatte da lei... così poi decidiamo quali farci mandare- disse, distribuendo pacchettini avvolti in carte colorate e profumate.
Remus prese al volo la sua e divenne rosso, realizzando quello che il ragazzo aveva appena detto. Tutto quel ben di Dio che stavano mangiando ormai da tre ore, in barba al coprifuoco, alle lezioni che sarebbero cominciate il giorno dopo, al buonissimo banchetto... tutta quella meraviglia che gli sarebbe costato almeno tre carie, era frutto della generosità della mamma di James.
-James... scusa, io non volevo dire... è che non sono abituato a... ho avuto sfortuna con le Gelatine, ma...- farfugliò, mentre Sirius scoppiava a ridere così forte che la testa gli cozzò per terra, facendolo ghignare ancora di più.
-Ehi, amico... guarda che mia madre non le ha mica inventate, le Tutti i Gusti! Non le ha nemmeno fatte lei!- rise James, rassicurandolo. -Mi ha riempito di roba per il viaggio... ha cucinato tipo una settimana! Ma solo perché potessi scegliere. Domani le scriverò le cose che mi sono piaciute di più e lei e papà me le manderanno circa ogni settimana. Anzi, hai fatto bene a dirmi che le Gelatine non ti piacciono!-
Remus sgranò gli occhi sentendo quel discorso. Sua madre gli aveva fatto appena un panino per il viaggio, lo aveva salutato con un sorriso preoccupato, poi era stato suo padre ad accompagnarlo in stazione, prima di andare al lavoro. Non lo aveva nemmeno aiutato ad attraversare la barriera, limitandosi a dargli informazioni sommarie sul cosa fare. Per fortuna aveva incontrato Peter e sua madre, così aveva evitato la figuraccia di chiedere a un controllore babbano, che lo avrebbe sicuramente preso per pazzo.
Non aveva un rapporto così stretto con i suoi. Hope Lupin, dal giorno dell'incidente, del morso, sembrava aver sviluppato una paura nei confronti del mondo intero. A mala pena usciva di casa, se lo faceva era solo aggrappata al braccio del marito ed era attaccata in maniera morbosa a Remus. Suo padre, invece, Lyall, si era gettato a capofitto nel lavoro. Sembrava quasi disturbato dalla presenza del figlio, forse perché gli ricordava continuamente del suo sbaglio.
-Fua madwe me piaasce!- biascicò Sirius, addentando una crostata sempre a testa in giù e spedendosi le briciole negli occhi. -Tua madre mi piace- ripetè, una volta mandato giù il boccone.
-Oh, la conoscerai. Anzi, la conoscerete tutti- proclamò James, saltando di nuovo sul letto e gridando, mentre dalla camera di fianco arrivava un forte bussare che li intimava silenzio. Ma lui non sembrò preoccuparsi. -Siete tutti ufficialmente invitati a passare l'estate a casa mia!-
-Tu sei fuori di cranio- lo prese in giro Sirius.
-Davvero?- chiese Peter con occhi adoranti.
-Assolutamente sì- assicurò James, saltando sul pavimento e arrivando in scivolata ai piedi del letto del ragazzo, quasi fosse una rock star. Alzò il pugno al cielo e aspettò l'applauso, che arrivò accompagnato dalla risata di Sirius.
-A casa tua? Ma ci conosciamo appena!- disse Remus.
-Oh, capisco... tu sarai il guastafeste del gruppo, vero?- roteò gli occhi Sirius, spazzandosi le briciole dalla faccia con la manica del pigiama. -E prima che tu lo chieda, sì, ho già deciso che siamo un gruppo- proclamò, stendendo una mano.
-E saremo amiconi fino alla morte e oltre- aggiunse James, poggiando la propria mano su quella dell'altro.
-Mi piace- annuì Peter, unendo la propria mano. -Amici per sempre.-
-Voi siete pazzi... ma ci sto. Amici sempre- capitolò Remus alla fine, ridendo e mettendo la mano su quella degli altri. -Sempre...-

 

 

 

Era notte fonda. Potevano essere al massimo le quattro, quattro e qualcosa... almeno stando a quello che riusciva leggere dall'orologio digitale di James, il cui polso spuntava dal piumone.
Era riuscito a dormire un paio d'ore, poi qualcosa lo aveva svegliato. Un sogno? Nulla?
Non avrebbe saputo dirlo... Però ora era sveglio e, con la luce della luna, si guardava attorno.
Per terra il pavimento era costellato da carte e cartine e briciole, soprattutto vicino al letto di Sirius, che però gli sembrava vuoto. Forse era andato in bagno... James russava tranquillo, una mano sugli occhi e l'altra che ciondolava verso il basso, un ginocchio alzato. Rilassato e tranquillo... Poi c'era Peter, raggomitolato su un fianco, un braccio che stringeva il lenzuolo e l'altro sotto la testa, a sostenerla...
Si sistemò meglio, poi la porta del bagno si aprì e un piccolo spiraglio gli fece socchiudere gli occhi e ripararsi con una mano.
-Sirius?- chiese, piuttosto stupidamente. E infatti la risposta sarcastica non tardò ad arrivare.
-No, sono il lupo mangia-frutta (*)- ghignò l'altro, chiudendo la luce e inciampandosi.
Se solo sapesse la verità, pensò Remus, felice che Sirius non potesse vedere l'espressione che aveva attraversato il suo viso.
Un rumore lo fece tornare alla realtà e sentì James russare più forte e girarsi su un fianco. Sirius era probabilmente cascato per terra, inciampato in chissà cosa.
-Sirius?- chiamò di nuovo, cercandolo nel buio. -Sai, forse spegnere la luce non è stata la mossa più furba del mondo...-
-Ma davvero?!-
La voce dell'altro era troppo addolorata per risultare spiritosa e Remus, per un attimo, si preoccupò.
-Aspetta, ti aiuto- mormorò, cercando alla cieca la bacchetta sul comodino, senza però trovarla. -Rimani fermo immobile, ok? Mi alzo e provo a tirarti su...-
Calciò le coperte da un lato e, a tentoni, aggirò il letto e la stufa al centro della stanza, raggiungendo il punto dove, stando alla sua voce, era caduto Sirius.
-Ehi... sei qui?- chiese, tastando il niente e abbassandosi progressivamente. Stava tremando di freddo, non avendo preso un maglione da mettersi sulle spalle. -Oi! Sirius...?-
Poi sentì un qualcosa afferrargli la giacca del pigiama e, prima che potesse realizzarlo, era per terra a sua volta, mezzo sdraiato sull'altro. Sentiva una gamba di Sirius tra le sue e aveva un braccio sul petto dell'altro.
-Ma che accidenti...?- borbottò, soffocando un grido di sorpresa.
-Scusa! Ma non pensavo saresti crollato come un sacco di patate!- sussurrò Sirius, a metà tra il divertito e il seccato. -E adesso?-
-E adesso saremmo già in piedi, se ti avessi dato retta a me. Ma non ti avevo detto di startene fermo?-
-Ci stavi mettendo una vita!-
-E' buio pesto, non so se lo hai notato. E volevo evitare di...-
-Finire per terra?- ghignò Sirius e, anche nella notte, Remus riuscì a percepire la smorfia sul suo viso.
-Quindi?-
-Quindi cosa?- gli fece eco.
-Hai intenzione di dormire sul pavimento?-
-Boh... tu come coperta sei comodo... ma alla lunga secondo me pesi. Nah, alziamoci.-
Remus sospirò ridendo piano.
-Ci vuole coordinazione qui. Quindi... ehm...-
Ma anche questa volta non fece in tempo a finire di parlare che Sirius aveva ripreso a fare di testa sua e lo stava letteralmente scalando, usandolo per fare leva e sollevarsi. Era quasi riuscito nel suo intento, quando perse l'equilibrio e ripiombò sul pavimento. Ora la situazione era invertita. Remus era sotto e aveva un gomito di Sirius nello stomaco, cosa che gli stava facendo tornare su gli innumerevoli dolci con cui si erano abbuffati poco prima.
-Dicevi?-
Remus sbuffò, riuscendo però a ridere della situazione.
-Sei un disastro...-
-Concordo... ma non dirlo in giro.-
-Che facciamo?-
-Ripeto... secondo me, un paio d'ore e ci si vede di nuovo. Ora che me ne sto sopra io... per me possiamo stare anche così.-
-Ma sei scemo?!- rise Remus. -Guarda che pesi!-
-Come sei offensivo... ci siamo appena conosciuti e già offendi! Che brutta gente...-
Remus rise di nuovo, tentando di scastrarsi.
-Mi sa che mi si è atrofizzata una gamba... me la dovranno tagliare!- esclamò Sirius melodrammatico. -E questa come la mettiamo?-
-Bah... davvero non so...-
Cominciarono a girarsi, a rotolare per terra nella speranza di trovare qualcosa a cui appigliarsi per tirarsi in piedi. Ma il risultato fu che Sirius cozzò la testa contro il ferro attorno la stufa, mandando un grido che assomigliava troppo al guaito di un cane, e Remus si ritrovò briciole ovunque, nel colletto e nelle maniche. Una cartina gli si infilò nei pantaloni, appiccicandosi al ginocchio.
Dopo dieci minuti di contorcimento, ancora non erano arrivati a nulla.
-Da quando alzarsi è diventato così difficile?- borbottò Sirius, pestando una mano a Remus nel tentativo.
-Sai, se non ci fossero qualcosa come l'equivalente di otto confezioni di Gelatine sul pavimento... almeno eviteremmo di scivolare ogni volta che ci muoviamo.-
-Eri tu quello a cui non piacevano...-
-Ma non per questo James e Peter avrebbero dovuto aprire tutti i pacchetti e lanciarle per terra!-
Sentì Sirius sospirare.
-Dobbiamo alzarci, o domani mattina quei due non faranno altro che prenderci in giro- decise. -Quindi sfodera il tuo piano più arguto perché ne ho davvero abbastanza. Sono tutto orecchi.-
-E questa volta te ne stari buono fino a che non avrò finito?-
-Giuro solennemente- ridacchiò Sirius.
-Certo... giuri solennemente di non avere buone intenzioni- gli fece il verso Remus, ghignando.
-Uh, mi piace come suona!-
-Allora, ora stattene davvero fermo e buono, ok? Forse se non ti muovi come un'anguilla sotto di me ce la posso anche fare a...-
-Lo sai che dire “sotto di me” in una situazione come questa... la buio... di notte... suona piuttosto ambiguo?- sghignazzò Sirius, beccandosi uno scappellotto.
-Merlino quando sei scemo! Vuoi alzarti sì o no?-
Sirius biascicò qualcosa che suonò molto come “suscettibile”, ma Remus lo ignorò. Aveva sonno, freddo e voleva tornarsene a letto.
Riuscì a spostare l'altro ragazzo praticamente di peso, poi fece leva sulla sua spalla e, con uno sforzo di reni, finalmente fu in piedi. In totale, quel piccolo siparietto era durato pochi minuti ma, dal fiatone che aveva e dal numero di briciole che gli caddero di dosso, gli sembrò di essere stato sul pavimento una vita e mezza.
-Ehi, eroe dei miei stivali, non ti eri mosso per aiutarmi?-
La voce di Sirius gli fece alzare gli occhi al cielo, ma un sorriso spontaneo si aprì sul suo viso. Senza dire nulla, gli allungò la mano e lo sentì stringere forte, fino a quando anche l'altro non fu in piedi. Rimasero qualche istante fermi, l'uno di fronte all'altro, immobili, i respiri affannati per le risate represse e lo sforzo. Una strana luce brillava nello sguardo di Sirius, ora Remus la poteva vedere, ora che i suoi occhi si erano abituati al buio. Ed era una bella luce, divertita e seria al tempo stesso. Una luce che diceva tutto e niente, che ti prendeva in giro e ti rassicurava solo posandosi su di te...
A pochi passi l'uno dall'altro, Remus sentì qualcosa di strano scendergli lungo la schiena. C'era stato un ragazzino che aveva conosciuto un'estate, Kyle si chiamava, che si era vantato di aver baciato una ragazza più grande di lui. Di pochi mesi, ma comunque più grande... e gli aveva detto di quel brivido che lo aveva attraversato nel momento in cui le loro labbra si erano sfiorate. Ma lui aveva baciato una ragazza, non aveva aiutato un ragazzino appena conosciuto a tirarsi su dal pavimento.
La risata sguaiata di Sirius lo fece tornare con i piedi per terra. Gli prese il viso tra le mani e gli scoccò un sono bacio sulla fronte, sorridendo quasi folle. Remus non ebbe il coraggio di chiedersi se anche lui avesse sentito lo stesso brivido...
-Mio principe, grazie di aver salvato un damigello in difficoltà- rise, saltellando verso il proprio letto a baldacchino e infilandosi sotto le coperte, dopo avergli lanciato un altro bacio.
Io non sono un principe, rifletté amaramente Remus, coricandosi su un fianco e scaldandosi un po'. Io sarò sempre la bestia...















(*) : detto da Seammus Finnegan dopo il suo Smistamento
(*): nella mia testa, Sirius sa perfettamente chi è il lupo-magiafrutta perché quando è  Grimmauld Place spesso sgattaiola fuori per giocare con altri bambini babbani.







Inathia's nook:

Ciao a tutti, mi presento: sono Inathia Len. Malata di Malandrinite acuta da anni, di recente (grazie/a causa di Tumbrl) precipitata nell'inferno della Wolfstar. Ma vi assicuro che "naufragar m'é dolce in questo mare". 
L'idea di questa raccolta è nata leggendo quella splendida di danyazzurra, "E alla fine arriva il bacio". Se non l'avete ancora letta, fatelo. E' una James x Lily tra le più belle che io abbia mai letto e lei è un'autrice straordinaria (la sviolinata non è perchè mi ha concesso di "usare" la sua storia. Queste cose le penso davvero.). Dunque, come dicevo, questa storia (che all'inizio doveva contare solo sette OS e che ora si è invece allunga a dismisura) tratterà dell'evoluzione del rapporto tra Remus e Sirius, fino alla loro relazione. Ci saranno i sette anni di scuola (con altrettanti "quasi baci") e poi ci saranno i quattro anni fino al 1981. Ma non ci fermermo lì, nossignori. Andremo oltre, con quattro OS sul 1993, 1995 (due su questo anno "particolare") e 1998, con cui concluderemo. Sarà un viaggio lungo, ma spero divertente. 
Come si legge tra i personaggi nell'introduzione, sarà presente anche Tonks e la Remus/Tonks. E' una coppia che personalmente adoro e non vedo per nulla incompatibile con la Wolfstar (e vedrete anche perché, da come verrà impostata la storia...). 
Bene, credo di essere arrivata in fondo.
AH, scema...
La frase iniziale è un verso di "Ciao amore, ciao" di Luigi Tenco. Canzone spettacolare di un cantante altrettanto spettacolare. Mi semrava adatta per la OS.
Okay, adesso siamo davvero arrivati fondo.
Per favore, fatemi sapere cosa ne pensate di questa raccolta e della storia in generale. Come dico sempre, non sono a caccia di recensioni, ma una storia che nessuno si fila (quindi mi sta bene anche che la seguiate e basta, ci mancherebbe) non ha senso di esserci.
Un bacione e spero mi scriviate/seguiate in tanti in questo viaggio,
I.L.

 

 

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Capitolo 2
*** 1972- Schegge di una voce rotta ***


1972




 

Schegge di una voce rotta

 

 

 

 

Peter lo scosse piano, stringendogli una spalla.

-Sirius?- sussurrò, lanciando un’occhiata allarmata a James.

-Uh? Cosa…?- biascicò il diretto interessato, sollevando la testa arruffata e staccandosi dalla guancia la piuma che vi si era incollata mentre dormicchiava. –Che c’è?-

-Hai il tema per Lumacorno ancora da finire per domani- gli ricordò James, -E Remus ha detto che non possiamo copiare da lui, questa volta…-

-Traditore infingardo- bofonchiò Sirius, salvo poi mettersi dritto e riprendere a leggere il noiosissimo tomo che aveva davanti.

Era quasi ora di cena, ma la biblioteca era ancora piena di studenti e bisbigli, prontamente zittiti dalle occhiatacce della temibile Madama Pince. Al loro tavolo erano anche seduti i gemelli Prewett, del terzo anno, che studiavano insieme a Frank Paciock, loro compagno di stanza.

L’ambiente era illuminato a giorno, ma fuori cominciava a calare la sera e Sirius si sentiva più stanco che mai. Solitamente compiti o esercitazioni in generale non era un problema per lui, ma quel giorno aveva la mente altrove: Remus era di nuovo dovuto tornare a casa a causa della pessima salute della madre e, ogni volta che poi rimetteva piede a scuola, sembrava più morto che vivo. Una volta, aveva notato delle cicatrici sulla schiena dell’amico e gli aveva domandato cosa fosse successo. Aveva incontrato il signor Lupin solo l’anno precedente, quando era venuto a prendere il figlio dalla stazione, e non gli era sembrato l’uomo più caloroso e affettuoso della terra. Così, quando aveva visto i segni, aveva subito pensato che magari suo padre lo avesse picchiato. A lui non era mai successo, ma sua madre aveva spesso minacciato di usare la Cruciatus su di lui, se lo avesse sentito “parlare di argomenti obbrobriosi e da feccia quali i marmocchi che osava chiamare suoi amici e la Casa che si ostinava a dire sua”. L’unica volta che aveva davvero alzato la bacchetta su di lui era stato quando Kreacher, riordinando camera sua, vi aveva trovato alcune riviste babbane che aveva comprato di nascosto.

La sola idea che una cosa simile potesse essere successa a Remus gli faceva accapponare la pelle. Si conoscevano appena da un anno e poco più, ma già tutti sapevano che, dove andava uno, andavano anche gli altri. Non c’era “io”, non esisteva “me”, ma solo “noi”. E la cosa gli piaceva, perché con James, Remus e Peter sentiva di aver finalmente trovato la famiglia che aveva sempre voluto. Una famiglia che ascoltava i tuoi sfoghi e ti faceva ridere, che ti offriva caramelle quando eri di cattivo umore e una spalla su cui piangere, quando proprio non ce la facevi più.

-Io giuro che il Lumacone lo ammazzo- sibilò James, macchiando di inchiostro la pergamena mentre apriva l’ennesimo libro. –Ma si può? Io dico… quaranta centimetri su questa baggianata? Sono trenta centimetri che ripeto le stesse cose, usando dei sinonimi!-

-Mi stupisco anche che tu sappia cosa significhi quella parola- replicò dal tavolo davanti a loro Severus Piton, che studiava accanto a Lily Evans. Lei si limitò ad alzare gli occhi al cielo, stufa di quelle scaramucce, e Sirius era certo che, se ci fosse stato Remus, avrebbe fatto la stessa cosa. Sarebbero potuti andare molto d’accordo, quei due…

-Che hai detto, Mocciosus?- scattò invece James, già rosso come un peperone. Avevano notato che le offese gli pesavano molto di più se a dirle era Piton, soprattutto se Lily Evans era con lui. –Io mi stupisco invece che il professore riesca a leggere i temi che gli consegni, con tutto l’unto che cola dai tuoi capelli-.

-Io mi chiedo invece come faccia lui a leggere qualcosa, visto l’enorme naso che si ritrova- aggiunse Peter, guadagnandosi una pacca sulla spalla da parte di James. Sirius si limitò a ridacchiare.

La rivalità tra James e Piton era già qualcosa di leggendario ed era anche peggiorata da quando il primo era stato selezionato con Cacciatore della squadra di Grifondoro, mentre il secondo era stato cacciato in malo modo perché ritenuto troppo mingherlino. Ogni volta che si incrociavano o si insultavano o si affatturavano, con grande divertimento dei compagni ed isteria degli insegnanti, che ormai avevano capito perfettamente quanto inutile fosse punirli in qualche modo, perché non sarebbero cambiati di una virgola.

Sirius vide Lily Evans sussurrare qualcosa all’amico, che mise via la bacchetta che aveva appena sfoderato. Meglio non fare nulla in biblioteca…

-Uh, codardo!- commentò James, guadagnandosi un’occhiataccia da parte della ragazzina.

-No, Potter. È che a differenza tua, né Sev né io ci teniamo a far perdere altri punti alle nostre Case.-

-Be’, non ti preoccupare. Qualsiasi punto perso lo riguadagnerò facendo vincere Grifondoro domenica. Prima partita di campionato, Mocciosus, sei in ansia?-

-No, James!- lo riprese Peter, assumendo un’espressione afflitta. –Non ti ricordi che il povero Sev non è stato preso in squadra?-

-Evidentemente l’olio dei capelli lo ha fatto scivolare dalla scopa prima ancora che i provini cominciassero- ridacchiò Sirius.

Lily Evans li squadrò uno a uno, poi alzò gli occhi al cielo e praticamente trascinò via di peso Piton, mormorando qualcosa che assomigliava molto a “bambini”.

Sirius si stiracchiò e poi chiuse il libro.

-Amen, signori miei, dichiaro così concluso il mio fruttuosissimo pomeriggio di studio.-

-Hai scritto due righe e mezza… no, aspetta… due. Due perché “Pitone nasone” non centra nulla con il tuo saggio- gli fece notare Peter.

-Può darsi, ma non ne ho più voglia. James, che si fa? Mi annoio…- scrollò le spalle.

-E io che ne so? Sono per caso il tuo clown? E poi anche Mocciosus se n’è andato… Cena?-

Sirius lanciò un’occhiata al proprio orologio. Era digitale, identico modello di quello di James. I genitori dell’amico glielo avevano regalato per il compleanno, quando aveva saputo quanto gli era piaciuto.

-Troppo presto per la cena… Uffa!-

Si voltò allora verso i Prewett e Frank.

-Ragazzi, voi che fate?-

-Saggio sui lupi mannari- rispose laconico Fabian, mentre il fratello sbadigliava.

-Intensamente noioso- commentò Frank. –Ma almeno possiamo fare tutti e tre lo stesso. Il professor Oftalmos è cieco che fa schifo… non si renderà conto di nulla.-

-Ma il vostro argomento è interessante!- si lamentò Sirius, abbassando il tono di voce quando Madama Pince lo fulminò.

-Se vuoi ti lasciamo i nostri libri, se vuoi una lettura leggera- intervenne Gideon, piazzandogli davanti al naso quattro tomi da quasi mille pagine l’uno. –Noi andiamo a portare la nostra roba in camera. Ci si vede a cena.-

James e Peter li salutarono con un cenno del capo, mentre Sirius prese a sfogliare con interesse il materiale che i tre ragazzi gli avevano lasciato. Era a metà del secondo volume, quando si bloccò, la pagina sollevata a metà e uno sguardo folle sul viso.

-Oddio… si è bloccato di nuovo- gemette Peter.

-Oppure è la volta buona che ha una qualche cavolo di visione e può smettere tutta questa noia e andare in giro a beccarsi tanti soldi- suggerì James, allungandosi verso l’amico che era seduto di fronte a lui. –Oi, ci sei?- chiese, sventolandogli davanti una mano.

-Eh?- fece Sirius, tornando presente.

-Buona notte- commentò Peter, prendendosi la testa tra le mani. –Mi sa che questa volta lo abbiamo perso del tutto.-

-Ragazzi, non ci crederete mai, ma ho appena ricevuto un’illuminazione- disse Sirius, mai stato così serio in vita sua.

-Che ti dicevo?- commentò James, dandosi di gomito con Peter. –E quale Verità vuoi condividere con noi, Profeta Sirius?-

-So che cos’ha Remus- mormorò.

-No, è sua madre che sta male- lo corresse Peter.

Sirius chiuse con forza il libro che stava leggendo e lo passò agli altri due. James e Peter sollevarono scettici un sopracciglio.

-Non puoi dire sul serio… Remus è un lupo mannaro?-

-Sh!- lo riprese Sirius, dandogli un leggero schiaffo sulla mano. –Che cavolo urli?!-

-Remus è un lupo mannaro?- ripeté Peter, questa volta con un filo di voce. –Scherzi, vero? Insomma… stiamo parlando di… di… di Remus, del nostro amico Remus!-

-Io dico che troppo studio ti ha dato alla testa- scrollò le spalle James. –Ma capisco, eh, non sei abituato!- lo prese in giro.

-Ho ragione, invece. Vogliamo scommettere? Quando Remus torna glielo chiedo!- si incaponì Sirius.

-Oh, ma che splendida idea, già mi immagino la conversazione- gemette Peter.

- “Ciao Remus, per caso, mentre eri a casa a occuparti di tua madre malata, ti sei trasformato in qualche coso peloso e sei corso fuori a ululare alla luna? No, giusto per sapere…”- scimmiottò James. –Tu ti sei bevuto il cervello…-

Sirius scrollò spalle e si morse la lingua. Sapeva di aver ragione, quel libro che aveva appena sfogliato aveva tutte le risposte alle domande che si era posto. Perché la signora Lupin aveva delle crisi sempre nello stesso periodo del mese, che, ora che ci faceva caso, coincideva sempre con la luna piena? E anche le cicatrici… non era stato suo padre, come aveva creduto, ma lui stesso…

-Io sono sicuro di quello che dico. Leggete anche voi, poi ne riparliamo- concluse, raccogliendo pergamena, penna e inchiostro e sparendo fuori dalla biblioteca, lasciando i due ragazzi increduli.

-Quel ragazzo è pericoloso quando si annoia…- commentò Peter.

-Signorsì- annuì James, passandosi una mano tra i capelli.

 

 

 

 

 

 

Per tutta la settimana seguente Sirius non accennò a quello che era successo in biblioteca. Remus era di nuovo con loro, tutto procedeva come al solito. Anche se lo aveva trovato più pallido del solito, i suoi dubbi erano stati spazzati via dall’euforia della vittoria di Grifondoro contro Serpeverde nella prima partita di campionato, alla quale, per festeggiare, fecero seguire l’allagamento dei sotterranei. Presero così due picconi con una fava: i Serpeverde si bagnarono fino al midollo e la stessa cosa successe all’aula di Pozioni, così che Sirius non ebbe problemi con il tema non fatto. Purtroppo per loro, però, la McGranitt li individuò subito come i responsabili e tutti i punti vinti con la partita vennero sottratti alla loro Casa. Lily Evans si vendicò su di loro annodando con la magia tutti i lacci delle loro scarpe e, come risultato, andarono a lezione in calzini fino a quando Remus, come portavoce del gruppo, le andò a chiedere scusa.

Sirius non sapeva se James e Peter avessero letto o meno il libro che aveva dato loro, ma li aveva notati più attenti nei confronti di Remus. Quindi forse sì… forse non lo avevano ignorato del tutto…

Aveva trovato il tomo sotto il letto di James e, prima che Remus lo vedesse, aveva deciso di riportarlo. Lupo mannaro o meno, la verità sarebbe prima o poi emersa, ma non voleva dargli l’impressione che stessero facendo qualcosa alle sue spalle.

Fu sulla strada per andare in biblioteca che lo incrociò e in quel momento avrebbe voluto seppellirsi, anche perché aveva riaperto il volume per sbirciare di nuovo qualcosa qua e là. Remus era seduto con un ragazzino del primo anno, che stava piangendo per essere caduto durante la prima lezione di volo ed aver fatto una figuraccia.

-… sono caduto anche io!- sentì Remus ridere, prima ancora di voltare l’angolo. –E tutti, anche i Serpeverde, hanno visto di che colore avevo le mutande quel giorno.-

Sirius sentì il ragazzino trattenere il respiro.

-Sarai morto dalla vergogna!-

-Nah… e sai perché? Perché se sei il primo a riderne, gli altri rideranno con te, e non di te. È una differenza sottile, ma basta a cambiare la prospettiva, no?-

Sirius sorrise tra sé e sé. Remus aveva sempre le parole giuste per tutti, sapeva come tirare su di morale chiunque. Una caratteristica che, spesso, gli invidiava.

-Quindi tu dici che…-

-Che secondo me dovresti tornare dai tuoi amici e raccontare quello che hanno visto oggi come se fosse la cosa più divertente del mondo. Se ti diverti, lo faranno anche loro. E poi, l’unica cosa davvero importante, è cosa pensi tu e cosa pensano i tuoi amici- concluse Remus e Sirius sentì il ragazzino correre via. Era ancora perso tra i suoi pensieri, che non si rese conto che il ragazzo era di fronte a lui fino a quando Remus non si schiarì la gola.

-‘giorno- mormorò Sirius, colpevole, nascondendo malissimo il libro dietro la schiena.

-Che hai lì? Guarda che io lo so che sai leggere… è con tutti gli altri che pretendi il contrario- lo prese in giro.

-Io?- ridacchiò stridulo. –Uh, niente di niente, una cosa noiosissima che…- ma Remus non gli diede il tempo di finire che, con un rapido movimento, gli aveva già strappato di mano il libro. Quando però ne lesse il titolo, il sorriso si tramutò in una smorfia di puro orrore e il volume gli cadde per terra. Sirius ne osservò la parabola discendente sentendosi male e, quando alzò gli occhi sull’amico, avrebbe voluto che la terra si aprisse per infilarcisi dentro e scomparire. Perché Remus non era arrabbiato, deluso… era letteralmente terrorizzato. Spostava lo sguardo tra il ragazzo e il tomo e sembrava un animale braccato.

-Perché leggi quel libro?- chiese Remus, la voce che gli tremava almeno quanto le mani.

-Ecco, io...-

-Sirius...!-

-Non è mio- si difese in extremis. -Fabian lo doveva riportare in biblioteca e io mi sono offerto... per fare un giro sai... Non è neanche argomento del nostro anno!- concluse, con una risatina stridula e nervosa.

-E perché lo hai nascosto quando hai visto me?- continuò a indagare Remus, ma Sirius non capiva perché insistesse tanto. Insomma, se lui fosse stato un lupo mannaro (a parte che l'avrebbe trovata una cosa fighissima, sarebbe andato in giro a mordere i parenti solo per divertimento) e l'avesse voluto tenere segreto, di certo avrebbe lasciato cadere l'argomento.

-Remus, io...- mormorò Sirius, ormai a corto di scuse. -Ti prego...-

Il ragazzo chiuse gli occhi e le spalle gli si afflosciarono, quasi qualcuno lo avesse colpito pesantemente e con violenza. Era ancora più pallido del normale e continuava a tremare.

-Siediti- praticamente gli ordinò l'amico, riaccompagnandolo alla panca dov'era stato prima con il ragazzino del primo anno. -Siediti e respira, ok? Sei già andato in infermeria questo mese, no? Non vuoi finirci di nuovo…-

Lo disse come se fosse stata una battuta, ma Remus alzò lo sguardo su di lui ancora più allarmato. E Sirius non sapeva cosa fare, perché lui faceva schifo in situazioni come quelle. Era Remus quello che sapeva sempre cosa dire, James quello che con una battuta ti faceva ritrovare il buonumore e Peter quello che ti circondava in un abbraccio che ti faceva dimenticare il mondo intero e il motivo per cui eri triste o spaventato. Lui no, lui non era abituato alle emozioni altrui, non era così che era stato educato.

-Tu... gli altri...-

-Quando hai finito con i pronomi e passi all'argomento capirò di cosa vuoi parlare- tentò Sirius, arrendendosi e sedendosi accanto a Remus. Indeciso se farlo o no, alla fine gli circondò le spalle con un braccio e l'altro, prima titubante, gli si appoggiò contro, ancora tremante.

-Lo sai?- gli chiese alla fine, voltando appena la testa per guardarlo negli occhi. Sirius non si era reso mai conto che quelli di Remus fossero verdi, o che fossero così grandi, o che avessero delle ciglia così lunghe...

-Io so cosa?-

-Ti prego, almeno non trattarmi come un cretino. Ti ho visto il libro... la battuta sull'infermeria... lo sai- disse, e questa volta non era più una domanda.

-Credo di sì- rispose Sirius. -Ma non è un problema, davvero io...-

-E James? E Peter?- insistette, quasi l'altro non avesse detto nulla.

-Non lo so. Forse. Non ne sono sicuro. Potrei aver detto loro di dare un'occhiata al libro- confessò alla fine, vergognandosi.

Sentì Remus come afflosciarsi, perdere completamente le forze.

-Lo sapevo che era troppo bello per durare... Non vi preoccupate- disse, facendo per alzarsi, -domani mattina quando vi sveglierete non ci sarò più. Vado a parlare con il professor Silente... credo che o mi verrà a prendere mio padre... o forse tornerò con il treno e... Puoi lasciarmi andare?- si girò di scatto alla fine, notando che Sirius non aveva allentato minimamente la presa su di lui. -Ehi! Lasciami!-

-Solo quando avrai finito di sparare stronzate- replicò il ragazzo, un sorriso angelico sul volto.

-Dei due, sei tu quello che non ragiona- obiettò Remus.

-No, sono piuttosto certo sia tu.-

-Sirius... te l'ho appena detto, io sono un...-

-E il mio chissene frega a chi lo devo dire, a te o al giornale? Remus, dico sul serio, ma ti stai ascoltando? Treni? Andartene? E senza nemmeno salutare... che cafone! Tu non vai da nessuna parte, il tuo posto è con noi tre, sono stato chiaro?-

Sirius sapeva cosa la società pensava dei lupi mannari, ma mai, mai avrebbe creduto che Remus Lupin, il ragazzo più in gamba e intelligente che conosceva, si sarebbe lasciato mettere sotto da dei pregiudizi idioti come quelli. Certo, magari diventare un “coso peloso e ululante”, come lo aveva definito James, non era la cosa più esaltante del mondo per un dodicenne, ma doveva ammettere che aveva il suo fascino...

-Da quando lo sei?- gli chiese, ora sinceramente curioso. Il suo braccio era ancora attorno le spalle di Remus e, il suo subconscio lo aveva capito, era quello il suo posto. E anche Remus sembrava averlo accettato, perché di nuovo lasciò che la propria testa si poggiasse sulla spalla di Sirius, sospirando.

-Non avevo nemmeno cinque anni quando venni morso- confessò con un filo di voce. -Ma non è colpa del mannaro che mi ha attaccato... lui non poteva controllarsi... Io lo so come ci si sente- aggiunse, alzando gli occhi verso Sirius, -e fa schifo. Dico sul serio. Magari a te, così tanto per parlarne, ti sembra figo, ma ti assicuro che non lo è. È orribile e la trasformazione... la trasformazione ti fa dimenticare tutto il bello del mondo, da quanto fa male. È come nascere di nuovo, solo che questa volta il dolore lo stenti tutto. E lo ricordi, tutto. Così che alla luna piena successiva sai esattamente cosa aspettarti e sei anche terrorizzato.-

Sirius non seppe cosa dire. Dovevano parlarne con James e Peter, doveva lasciare cadere la cosa? Ma Remus sembrava aver bisogno di qualcuno con cui sfogarsi e, almeno così gli pareva, non sembrava nemmeno disturbato dalla sua completa mancanza di tatto.

-E come fai?- chiese allora, scrutandolo prima negli occhi per capire se potesse rivolgergli quella domanda. -Insomma, la gente lo noterebbe se un lupo mannaro scorrazzasse per i corridoi... Aspetta... non è che ci hai drogati nell'ultimo anno? Oppure siamo mannari anche noi e non ce lo ricordiamo?-

Remus si lasciò sfuggire una risata per quelle assurdità.

-Quattro parole: Platano Picchiatore e Stamberga Strillante.-

-Tecnicamente sono cinque.-

-Tecnicamente tra due secondi ti tiro uno schiaffo.-

-Tecnicamente ora sarebbe più ad effetto se minacciassi di mordermi- ridacchiò Sirius, guadagnandosi uno scappellotto. -No, tanto per dire... E così la Stamberga, eh? Le mie cugine me lo avevano detto che era stata costruita l'anno scorso, così come anche il Platano, che prima non c'era... quindi era per te?-

Remus commentò con una smorfia.

-Non ti azzardare a dire “figo” che davvero questa volta ti mordo- lo minacciò, sempre però sorridendo.

-Eddai, un pochino lo è! Insomma... praticamente hanno modificato la scuola perché tu potessi frequentarla! Non ti senti neanche un po' importante? Ehi, che ne dici se diciamo a Silente che i lupi mannari e i loro compagni di stanza non possono fare troppi compiti e non possono svegliarsi troppo presto alla mattina? Dici che le sposta le lezioni?- chiese Sirius, infervorandosi.

-Dubito- storse il naso Remus e l'altro scoppiò a ridere.

-Proprio inutile sei- commentò Sirius, scrollando le spalle. -Potevamo almeno provare...-

Rimasero per un po' in silenzio, poi Remus si voltò verso Sirius, uno sguardo preoccupato.

-Promettimi solo che non lo dirai a James e Peter. Vorrei essere io a... insomma... non so quando, ma prima o poi...-

-Conoscendo il signor Potter, probabilmente farà dipingere uno striscione a Peter e scoppierà a piangere dicendo cose come: “Il mio Remino cresce! Il mio Remino va a mordere la gente e a ululare alla luna”... Sarà terribilmente imbarazzante, ma non te ne devi preoccupare.-

-Lo so, ma... è una cosa difficile per me e... vorrei provare a gestirla. Insomma, in un qualche modo. Però, intanto grazie per oggi.-

-E per cosa?-

-Per non essere scappato urlando!-

-Delle due, sei tu quello che non è scappato ululando quando ha visto il libro.-

-Merlino...!- si coprì il volto con una mano Remus, per lo squallore della battuta dell'amico.

-Oh, caro mio! Siamo solo all'inizio!-

-Sei anni tutti così?-

-Sei anni e mezzo- precisò Sirius, scoppiando a ridere e abbracciandolo stretto. -Ma è a questo che servono gli amici, no? A sfottere i problemi- gli fece l'occhiolino.

Poi, nessuno dei due seppe bene dire come, forse fu la vicinanza, forse l'euforia... ma come ancora non si sa bene, però le loro labbra si sfiorarono. Fu una cosa da nulla, un mero scontro probabilmente causato dall'essersi sciolti dall'abbraccio nello stesso momento, ma di fatto entrambi divennero rossi come due peperoni e, persino Sirius che aveva sempre qualcosa da dire, si ritrovò in silenzio.

-Teniamo segreto anche questo?- propose alla fine Remus, il primo a riprendersi.

-Assolutamente sì. Mai successo. Anzi, cosa dicevi che deve rimanere segreto?-

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Capitolo 3
*** 1973 - Perché non basta il tempo. Perché nulla basta mai ***


1973

 

Perché non basta il tempo. Perché nulla basta mai

 

 

Remus corse con il fiato in gola e si rifugiò in camera, sprangando la porta e tenendo forte la bacchetta. Gli tremava la mano, ma si disse che era perché la stava stringendo troppo, non perché aveva paura. Chiuse gli occhi e contò fino a dieci, facendo poi un respiro profondo. Ma non cambiò nulla, aveva ancora un terrore cieco che gli faceva martellare il cuore in gola, che lo faceva respirare affannosamente…

Si portò una mano alla bocca e se la tappò, costringendosi a fare silenzio. Strisciò sotto il letto e pregò con tutto il cuore che non lo trovassero, che i suoi stessero bene…

L’attacco era cominciato mentre stavano mangiando il tacchino che sua madre aveva preparato per festeggiare sia il suo ritorno a casa per le vacanze di Natale, sia il fatto che fosse riuscita ad andare a comprarlo al macellaio all’angolo da sola. Suo padre l’aveva guardata con orgoglio e l’aveva baciata. Con lei era sempre molto affettuoso, mentre con Remus…

Avevano sentito le urla prima di tutto il resto, urla di terrore, e poi schianti vetri rotti. Avevano visto i lampi degli incantesimi, sentito i rumori delle Smaterializzazioni…

Suo padre era improvvisamente sbiancato, aveva recuperato la bacchetta ed era corso in strada, dopo aver attivato gli incantesimi di difesa, per rendersi conto di cosa stesse succedendo. Sua madre si era guardata attorno spaesata, la cena ancora in tavola e le finestre del soggiorno che erano esplose, inondando di vetri la stanza. Poi si era ripresa e, in un attimo di lucidità, gli aveva detto di correre in camera sua e di chiudersi dentro.

E da quel momento non l’aveva rivista, aveva sentito delle urla dal piano di sotto, ma si era tappato le orecchie, non aveva voluto sentire…

Sotto il letto non riusciva più a respirare, ma aveva il terrore di muoversi.

Chiuse anche gli occhi e pensò ai suoi amici, a James, Peter… e a Sirius. Sperò che non ci fosse nessuno della sua famiglia là in strada o sotto in casa sua, perché sapeva che non se lo sarebbe mai perdonato, se gli fosse successo qualcosa…

Se solo fosse rimasto ad Hogwarts quel Natale… Anche solo, perché i erano andati tutti a casa, ma almeno avrebbe evitato di vedere i propri genitori morire… perché erano morti, ne era praticamente certo. Orfano a neanche quattordici anni. Un record simile era solo successo a Dorcas Meadows. La ragazza era andata via prima da scuola, una settimana prima della fine del trimestre…

-Ti prego…- sussurrò al buio. –Ti prego fa che non siano morti… Giuro che non litigherò più con papà… che non sbufferò più se la mamma mi abbraccia e bacia in pubblico… ma ti prego, fa che non siano morti…-

E continuò la litania, tremando sotto il letto, nella speranza che tutto finisse presto.

E bene…

 

 

 

Aprì gli occhi sentendo qualcuno camminare nella stanza. Aveva il passo leggero, ma stranamente famigliare. Forse erano i suoi sensi da lupo a farglielo dire… ma sentiva di conoscere chi era entrato in quel momento.

Si azzardò a mettere la testa fuori dal letto e rimase paralizzato.

Accanto a lui, inginocchiato per terra, qualcuno che di umano aveva ben poco. Occhi azzurri penetranti e quasi del tutto privi di pupilla nonostante il buio della stanza, il viso quasi completamente ricoperto di peli e l’espressione di chi ha messo in trappola la propria preda.

Remus seppe che era con i Mangiamorte prima ancora di sentirlo parlare.

-Ma guarda che bella sorpresa- ringhiò l’uomo che sembrava tanto un lupo. –Non pensavo davvero di rivederti… mi sei scappato… tutto il Paese ti sei girato… Remus Lupin, eh? Il mio cucciolo…-

-Chi sei?- tremò Remus, ritraendosi.

-Sono tuo padre, mi ferisce che non ti ricordi di me- rispose l’altro, afferrandolo e tirandolo fuori di peso. –Sono il tuo vero padre, Remus Lupin- disse, alzandolo e avvicinandoselo al volto, annusandolo. –Uhm… puzzi di umano… rinneghi la tua natura?-

Remus chiuse gli occhi. Forse era un incubo o uno scherzo di pessimo gusto… forse ora suo padre si sarebbe tolto la maschera e sua madre sarebbe entrata ridendo e accendendo la luce… no… non era così…

-Non dirmi che quel vigliacco di Lyall non ti ha mai parlato di me- continuò l’uomo, arricciando le labbra in una smorfia dispiaciuta. –Oh, mi aspettavo qualcosa di più, da quel mago da strapazzo…-

-Non parlare così di mio padre!- riuscì a dire Remus. Non sapeva da dove gli arrivasse quel coraggio, non era neanche così legato a suo padre… ma quell’essere mostruoso non doveva azzardarsi a parlarne male.

-Ma allora ce l’hai la lingua, Remus Lupin… bene, cominciavo a temere di aver morso uno smidollato…-

Remus gelò.

Non poteva essere, aveva sicuramente capito male…

Suo padre gli aveva sempre detto che il licantropo che l’aveva morso l’aveva fatto perché non era capace di controllarsi, che era nella natura dei mannari… e lui per anni aveva atteso con orrore la luna piena, facendosi chiudere nella cantina per il terrore di mordere o sua madre o suo padre o chiunque… e persino a Hogwarts, soprattutto da quando i suoi amici sapevano e si erano messi in testa di diventare Animagi per poter essere con lui…

Ma ora, quell’uomo-lupo davanti a lui, sosteneva di essere “suo padre”, averlo morso… come se fosse una cosa che aveva deciso…

-Tu… tu mi hai morso perché lo volevi?- trova la forza di chiedere, cercando di non guardarlo negli occhi.

-Povero piccolo, chissà cosa ti ha raccontato quell’idiota di Lyall per tenerti buono… Ma certo, Remus Lupin, non c’è caso in quello che uno fa. O si vuole, o non si vuole. E io ti ho voluto. Morderti è stata una delle caccie più dolci della mia vita…- sussurrò, facendosi ancora più vicino. –E ora verrai con me, perché devi stare con tuo padre. Ci ho messo tanto a trovarti… Non mi sfuggi più- ghignò.

 

 

 

 

 

 

 

 

Un forte bussare alla porta lo buttò giù dal letto, svegliandolo di colpo. Recuperò l’orologio e vide che i numeri rossi segnavano le 2:13. Le pesanti tende ancora tirate e il sonno gli fecero capire che era ancora notte.

Ma c’era qualcuno che bussava alla porta.

Sirius infilò alla bell’e meglio il maglione della divisa sul pigiama ed andò ad aprire. In teoria, aveva la veste da camera da indossare, ma non metterla faceva arrabbiare sua madre e quindi…

Sulla soglia c’era suo fratello, i capelli tutti schiacciati da un lato e arruffati dall’altro. Se avessero avuto quattro anni di meno, glieli avrebbe sistemati con una battuta, anche a quell’ora di notte, ma il loro rapporto non era più lo stesso da quando avevano cominciato Hogwarts. Un saluto cortese ma distante era tutto quello che Sirius poteva aspettarsi da Regulus, che aveva l’ordine di stargli alla larga e addirittura usciva dalla stanza se vi entrava il fratello.

Sulla spalla reggeva un pappagallo che parlottava allegro, e per un attimo gli sfuggì un sorriso: James. Chi altri avrebbe potuto avere un tale animale anziché un gufo?

Ma perché gli scriveva a quell’ora? Certo, tra loro non c’erano orari, ma le due di notte era tardi persino per il suo migliore amico…

-Questo coso è atterrato in camera mia. Spero si sia rotto un’ala- borbottò Regulus, passandolo a Sirius. –Fossi in te ci darei un’occhiata. Frequenti quel mezzo gigante, vero? Immagino ti avrà insegnato qualcosa…-

Sirius prese il pappagallo tra le mani delicatamente. L’ala non sembrava rotta, ma di certo era piegata in modo piuttosto strano…

-Grazie- tentò di dire, ma Regulus era già sparito nel corridoio scuro, inghiottito dal nulla.

Richiuse la porta e poggiò Crispin sul letto, sfilandogli delicatamente il rotolo di pergamena dalla zampa.

 

 

Sirius,

ho appena saputo da mio padre, che è stato richiamato da dei colleghi per un’emergenza. Il villaggio dove abita Remus è stato attaccato poco fa, la situazione sembra piuttosto grave. Non so nulla su di lui o la sua famiglia, ma se hanno addirittura richiamato papà che è in pensione…

Insomma, io sto andando là. Ho scritto anche a Peter, mamma mi ha prestato il suo gufo.

Ti ho mandato Crispin per dirti di prepararti.

Vestiti pesante e guarda fuori dalla finestra, potrei essere già lì.

J.

 

 

Sirius appallottolò la lettera tremando. Non poteva essere successo qualcosa a Remus, no? Eppure c’era una sensazione strana che si faceva largo nel suo petto. E se non avessero fatto in tempo? E se gli Auror non avessero fatto abbastanza? In quegli ultimi anni gli attacchi erano praticamente all’ordine del giorno. Studenti si ritiravano in continuazione, ricevevano lettere bordate di nero e diventavano di pietra, oppure venivano trattenuti alla fine delle lezioni…

E in tutto quello, la sua famiglia gioiva. Questo era quello che gli faceva più schifo. Non la guerra in sé, non l’idea che qualcuno potesse morire o soffrire… ma il fatto che ci fosse qualcuno che davvero condivideva gli ideali di quel folle che si faceva chiamare Lord Voldemort. Tutti si erano complimentati con Narcissa, quando si era fidanzata ufficialmente con Lucius Malfoy, oppure c’era stata una grande festa quando Bellatrix e il marito avevano ricevuto il Marchio… di Andromeda non sapeva nulla, invece. Era scomparsa nel nulla, non gli scriveva da mesi e, da quando Regulus aveva preso a ignorarlo anche a casa, la nostalgia di Andromeda si faceva più acuta. Perché lei era la sua cugina preferita, quella che gli insegnava giochi babbani di nascosto, quella che lo portava al parchi giochi in periferia con il fidanzato Ted… Ma la guerra si era portata via anche lei, così come stava spazzando via troppe cose. Ma non avrebbe permesso che succedesse la stessa cosa a Remus, Voldemort non avrebbe avuto anche lui.

In fretta, si sfilò il pigiama e si infilò gli unici indumenti babbani che aveva: un paio di pantaloni di velluto scuri, il maglione e un cappotto pesante. Tutta roba che sua madre gli aveva comprato per le rare occasioni in cui uscivano in pubblico in luoghi “non magici”. Aveva sempre odiato quel completo, i pantaloni gli stavano leggermente stretti e il cappotto pizzicava e tirava, ma non era il momento di andare per il sottile. Conoscendo James, probabilmente era saltato sulla sua scopa e stava volando a tutta velocità verso di lui.

Si infilò la bacchetta in tasca e recuperò anche un cappello, calandoselo sulle orecchie: era giallo canarino, ma lo adorava perché glielo aveva fatto a mano la mamma di Remus… il pensiero che anche lei potesse non superare la notte gli fece salire un conato di vomito.

Quando fu pronto, aprì la finestra e prese a scrutare il cielo, fino a quando un puntino non si fece sempre più grande e più veloce, prendendo poi le sembianze di James: capelli neri sparati in tutte le direzioni anche per colpa del vento, occhiali sbilenchi e occhi nocciola pieni di lacrime –se di preoccupazione o per il freddo, Sirius non avrebbe saputo dirlo-. Con un cenno della testa gli fece segno di saltare sulla scopa e il ragazzo lo fece, stringendo forte i fianchi dell’amico.

Resisti, Remus, stiamo arrivando…

 

 

-Crispin potrebbe avere un’ala fratturata- gli disse, quando ormai volavano da quasi un quarto d’ora. James se ne stava piegato in avanti, la presa salda e il corpo che tremava appena, forse per il nervosismo. Ma sapeva volare, oh se sapeva volare… avevano tenuto la stessa velocità, la stessa altitudine di sicurezza da quando erano partiti, non si vedeva un accidente di niente a causa della nebbia, ma Sirius era sicuro che James sapesse perfettamente dove stavano andando.

-Cosa?- chiese, voltandosi appena.

-Ho detto che… oh, chissene! Hai saputo nulla?- gli urlò all’orecchio, mentre l’amico scartava a sinistra per evitare una nuvola troppo grossa che li avrebbe infradiciati.

James scrollò le spalle.

-Papà è uscito di casa non appena la testa di Malocchio è comparsa nel nostro camino. Ho sentito che hanno parlato di Mangiamorte al villaggio di Remus, forse anche qualche licantropo… ma nulla di più. Poi ho scritto a te e a Peter, ho Appellato la scopa e sono passato a prenderti.-

-A tua madre verrà un colpo…-

-Ma se è stata lei a dirmi di venire! Ha anche detto di dire a Peter di andare a casa nostra, che poi si Smaterializzeranno insieme. Forse sono già là.-

Sirius rimase in silenzio a combattere contro i brividi. Il cappotto aveva anche il collo di pelliccia, ma era più estetica che altro… A volte invidiava James. Forse, se non fossero stati così amici, lo avrebbe odiato. Quel ragazzo aveva tutto quello che si poteva desiderare: due genitori che lo consideravano la cosa più bella del mondo, soldi a palate, una bella casa… eppure era sempre pronto a condividere tutto. Hai litigato con i tuoi? Ecco che Crispin compare alla tua finestra con una crostata fatta da mamma Potter, con i saluti della famiglia. Hai visto una scopa che ti piace tanto ma tuo padre non te la vuole comprare? Stai sicuro che papà Potter ti prenderà il modello più nuovo per il tuo compleanno… Sirius amava i Potter, se avesse potuto sarebbe già andato a vivere da loro, come più volte gli avevano proposto. Eppure, ancora non se la sentiva di lasciare casa sua. E non per chissà quale motivo sentimentale, ma più che altro perché sapeva che la sua presenza controcorrente dava sui nervi e non avrebbe rinunciato a quello per nessuna cosa al mondo. Se poi, un domani, ne avesse avuto abbastanza… allora già sapeva dove andare.

Il villaggio apparve sotto di loro dopo quasi mezz’ora che volavano. Sirius, che fino a quel momento aveva tremato di freddo, per un attimo rischiò di cadere dalla scopa quando vide spirali di fumo salire verso l’alto e tanti piccoli fuochi che gli Auror e alcuni degli abitanti stavano tentando di spegnere. Sirius sperò con tutto se stesso che non fosse Ardemonio…

James scese piano di quota, ma il cuore di Sirius era in gola e lì sarebbe rimasto fino a quando non avrebbe visto con i suoi occhi che Remus era sano e salvo. Perché stava bene, vero? Certo, che sciocchezze… lui era un Malandrino… e poi non gli avrebbe mai fatto il dispetto di morire prima di lui. Quella era una cosa più da James…

Non appena i suoi piedi toccarono per terra, lasciò andare l’amico e cominciò ad alzarsi in punta di piedi alla ricerca del ragazzo. Tremava da capo a piedi e proprio non ce la faceva a stare fermo. James gli mise una mano sulla spalla e strinse forte.

-Là mi sembra di vedere Shacklebolt. È un Auror, papà lo conosce… possiamo chiedere a lui- gli disse, incrociando il suo sguardo.

Si diressero di corsa dall’uomo che James aveva indicato, un tipo enorme e dalla pelle scura, ma con il sorriso e la voce più rassicurante che Sirius avesse mai sentito. Era attorniato da un gruppo di persone avvolte in coperte e le stava tranquillizzando come meglio poteva, e al tempo stesso non perdeva d’occhio la situazione attorno a lui e la mano era ancora salda sulla bacchetta.

-…signora, stia tranquilla. Come le ho detto, suo marito è stato trasferito al San Mungo mentre lei era priva di coscienza. Vada con Miller, l’accompagnerà subito- stava dicendo a una disperata signora di mezza età, la testa piena di bigodini, che si stringeva in una vestaglia rosa e sporca. Aveva un taglio sulla fronte, ma sembrava stare bene. Una giovane Auror si fece avanti quando Shacklebolt disse il suo nome e prese l’anziana sotto braccio, Smaterializzandosi con un sonoro BANG!.

-Signor Shacklebolt, scusi, sono James Potter- disse James, facendosi avanti tra la piccola folla e lasciando per un attimo il fianco di Sirius, che in quel frangente aveva perso la capacità di ragionare lucidamente. La sua mente continuava a urlare “REMUS" e sapeva con non avrebbe smesso fino a quando non lo avrebbe trovato sano e salvo. Al peggio non voleva nemmeno pensare.

-James? Che ci fai qui?- chiese stupito l’Auror.

-Un nostro amico abita qui, volevamo avere sue notizie. Siamo piuttosto preoccupati- spiegò. –Il nome Remus Lupin le dice niente?-

Shacklebolt si passò una mano tra i capelli ricci e scuri, riflettendo.

-Non è tra i caduti, di questo sono sicuro… e non mi sembra neanche che sia stato portato al San Mungo…-

Il cuore di Sirius si riattivò. Nell’esatto momento in cui l’Auror smise di parlare, il suo sguardo cominciò ad analizzare tutte le persone presenti, vicine e lontane.

Poi, finalmente, lo vide.

Era fermo immobile, seduto sui gradini della chiesetta locale, una vecchia coperta di lana sulle spalle, ma stava bene.

Stava bene, ghignò Sirius, sentendosi improvvisamente di nuovo bene. Stava bene.

Era pallido, certo, chi non lo sarebbe stato? Ma stava bene, non era morto, non era ferito…

Stava bene.

E il suo cervello smise di urlare “REMUS", intimandogli però di correre.

Le gambe si misero in moto da sole, James face appena in tempo a vedere un lampo giallo e nero passargli accanto, e coprì la distanza che lo separava da Remus in pochi secondi, anche se gli sembrarono ore.

Il ragazzo alzò lo sguardo non appena vide Sirius arrivare, ma non fece in tempo né a stupirsi né a dire nulla, che l’amico lo stava già stritolando in un abbraccio.

Affondò la testa sulla spalla di Remus, lo strinse forte a sé e inspirò il suo odore, passandogli una mano tra i capelli. Era vero, stava bene… stava bene… stava bene…

-Stai bene!- riuscì ad articolare alla fine, senza accennare al lasciarlo andare. –Oh, Merlino! Stai bene sul serio?-

Remus scoppiò a ridere e a Sirius sembrò il suono più bello del mondo. E pensare che, dopo quella notte, aveva rischiato di non sentirlo mai più…

-Sirius, mi stai soffocando!-

-Io ti ammazzo con le mie stesse mani, se mi fai spaventare di nuovo così tanto- esclamò Sirius.

-Controproducente- ghignò Remus, quasi commosso dall’affetto dell’amico.

Sirius si staccò piano, mettendogli le mani sulle spalle. Erano vicini, vicinissimi, e in qualsiasi altro momento avrebbe trovato il tutto molto imbarazzante. L’assurda preoccupazione, il cuore a mille quando finalmente l’aveva visto, l’idea che ora fosse impossibile anche solo lasciarlo andare, il fatto che doveva toccarlo per rendersi conto che fosse vero…

Fece salire una mano fino alla nuca dell’altro e lo guardò fisso negli occhi, poggiando la sua fronte contro quella di Remus. Vicini, vicinissimi.

-Io…- tentò di dire Remus, senza però sapere cosa.

Era conscio della gente intorno a loro, del fatto che James fosse da qualche parte lì, ma sapeva anche che stava lasciando loro quel momento.

Perché?

E perché l’avere Sirius così vicino, così intensamente vicino, gli faceva tornare alla memoria sensazioni che credeva dimenticate, le sensazioni di un bambino?

-Remus, sono serio. Non farlo mai più.-

-Giuro solennemente che non…- tentò di scherzare, ma Sirius lo zittì, facendosi ancora più vicino.

-Se tu muori, muoio anche io.-

A Remus fecero paura quelle parole, così serie, pronunciate da un ragazzo per cui tutto era uno scherzo. Tutto, tranne la sua salute e la sua incolumità.

Sirius lo strinse di nuovo forte e Remus si abbandonò in quell’abbraccio che valeva più di mille parole.

-Tu adesso vieni a casa con James e me, capito?- gli sussurrò all’orecchio. –Sua madre e Peter stanno arrivando. E fino a quando non sono qua, tu non ti allontani. Non ti voglio perdere di vista nemmeno un secondo…-

-I miei sono stati portati al San Mungo- mormorò in risposta Remus, adeguandosi al tono dell’altro.

-Ci andrai domani oppure andiamo tutti insieme. Ripeto, senza di me, non vai da nessuna parte- disse Sirius, stringendolo protettivo.

-Vuoi anche dormire tenendomi la mano e domani farmi le trecce?- lo prese in giro Remus e Sirius ridacchiò, sapendo che voleva solo stemperare la tensione.

-Uhm… nah... Però potremmo farle a James mentre ronfa. Lo sai che non lo sveglia niente…-

-Andata- rispose Remus e si lasciò cullare ancora un po’ in quell’abbraccio. Quando poi ne avrebbe avuto il tempo, avrebbe raccontato loro ciò che Greyback gli aveva detto. Ma non ora, non adesso. Al momento contava solo Sirius, la sua voce che gli accarezzava l’orecchio e le sue mani sulla schiena.












Inathia's nook:

E rieccoci con il nostro appuntamento settimanale. Siamo ancora poche, ma ho fiducia in noi. E comunque qualcuno c'è, qualcuno che legge in silenzio (giuro che non mordo, qualora vogliate dirmi qualcosa. Anche insulti. Preferibilmente velati. Ma è la mia prima Wolfstar, ho tanto ancora da imparare...).
Comunque, qui vediamo come, secondo me, Remus viene a sapere del suo essere statao "scelto" da Greyback per la sua vendetta. Sappiamo che Lyall e Hope hanno sempre provato a proteggerlo, quindi mi sono immaginata questa cosa... Spero di non averli resi troppo OOC. Odio quando succede una cosa del genere. 
E poi abbiamo Sirius, che non ci pensa nemmeno un secondo e salta sulla scopa insieme a James (Peter arriva dopo, non me lo sono dimenticato. Arriva con mamma Potter, che nella mia testa è la versione casual-chic della signora Weasley). Ah, e poi c'è Crispin... nella mia testa la regola del "solo tre animali" è stata introdotta dopo. Forse anche perchè qualcuno si è presentato con un pappagallo. E poi... se non sbaglio, nel terzo/quarto libro, Sirius spedisce una lettera ad Harry e arriva con un animale esotico, forse un pappagallo, non ricordo.. e niente, mi sembrava carina l'idea che avesse scelto un animale del genere perché gli ricordava James... 
Ok, questo era un viaggio mentale bello grosso. Assecondatemi.
Detto questo, vi saluto con un grosso bacio. Pochi ma buoni, così mi piacete! (ma se crescete in numero non mi fa schifo ;P)
Alla settimana prossima,
I.L.

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Capitolo 4
*** 1974 - Perdiamoci ma mano nella mano ***


1974


Perdiamoci ma mano nella mano



 

Quando Remus leggeva in camera, era noto a tutti che non doveva essere disturbato. Anche perché spesso leggeva libroni babbani che sembravano nati per il “lancio-alla-tempia”, come lo aveva ribattezzato James dopo una particolare brutta esperienza.

Quando Remus leggeva, bisognava stargli alla larga. Si portava un tè dalle cucine, -il cui passaggio segreto aveva scoperto anche grazie ai gemelli Prewett-, si toglieva le scarpe lanciandole chissà dove in giro per la stanza, il naso già immerso nel libro prescelto, e si lasciava cadere sul proprio letto o sul primo che capitava. Girava il cucchiaino con un dito e intanto leggeva, gli occhi socchiusi e un leggero tepore che lo avvolgeva.

Quando Remus leggeva, James faceva del suo meglio per fare i propri esperimenti sugli Animagi da qualche altra parte e non in camera. Non solo il ragazzo era particolarmente suscettibile sulla possibilità che i suoi tre migliori amici infrangessero la legge per correre un rischio ancora più grande come correre con lui durante la luna piena, ma soprattutto, James aveva scoperto, Guerra e Pace in fronte vale più di mille parole.

Quando Remus leggeva, Peter ne approfittava per farsi un giro vicino alla sala comune dei Tassorosso, nella vana speranza che Tessa Calver gli sorridesse come quella volta a Erbologia, da quando lui si era innamorato cotto di lei. Ma della ragazza spesso non c’era traccia e così finiva sempre che Peter trascorreva ore e ore a camminare su e giù, prima di decidersi ed optare per le cucine, soluzione a ogni male e cuore spezzato da secoli.

Quando Remus leggeva, l’unico incosciente che ignorava questo codice non scritto era Sirius. Era capace di entrare in camera storpiando chissà quale canzone –facendola irrimediabilmente diventare oscena, ma anche molto divertente-, prima di rendersi conto che l’amico aveva un libro in mano. Ma anche quando notava ciò, la cosa non lo preoccupava più di tanto. A volte si zittiva di colpo, un ghigno sul viso; altre, continuava a cantare saltando da un letto all’altro, fino a quando non finiva su quello dove stava Remus. Solo allora si lasciava cadere e si metteva finalmente buono. Oppure torturava l’amico perché si stava annoiando e l’altro –bofonchiando sempre qualcosa sul fatto che avevano più pazienza i cani- scendeva con lui in sala comune per accontentarlo nelle sue richieste.

Perché quando Remus leggeva, nessuno poteva disturbarlo.

Tranne Sirius.

-OH REMUS CHE LEGGE E FA TAAAAANTE SCOREEEEGGE! SCENDI CON MEEEEE, LASCIA PERDERE IL TEEEEE’!-

Remus cominciò a sghignazzare prima ancora che Sirius entrasse. Lo sentiva salire battendo il ritmo ad ogni gradino, fiero di quella nuova canzoncina. Quando arrivò alla porta, finì i suoi versi tamburellando un assolo sullo stipite in legno, prima di aprire con un calcio ed esibirsi in un profondo inchino.

-TAAADAAAAAAAAA!- gridò, in attesa dell’applauso.

Remus lo scrutò con occhio critico: doveva essere stato fuori fino a quel momento, probabilmente James e Peter avevano tentato di distrarlo nell’esatto momento in cui lui era comparso in sala comune con il proprio tè e una copia dei Tre Moschettieri. La notte prima aveva nevicato, erano rimasti alzati fino a tardi, la testa fuori dalla finestra a fare a gara a chi riusciva a prendere più fiocchi con la lingua. (Alla fine aveva vinto Peter, ma solo perché a momenti cadeva di sotto e, mentre gli amici lo tiravano su, aveva avuto tutto il tempo di spalancare la bocca e trionfare in quella gara). Sirius era fradicio dalla testa ai piedi, i capelli e il cappuccio pieni di neve facevano intuire una battaglia a palle di neve… che quasi sicuramente era degenerata in una guerra aperta contro i Serpeverde, se conosceva i suoi amici.

-Se Mocciosus non si becca la polmonite questa volta, dovrò seriamente complimentarmi con il sistema immunitario di quel ragazzo!- esclamò infatti Sirius, facendo ridere Remus, mentre si toglieva la giacca e la poggiava sulla stufa. –Ma la sai l’ultima? Evans si è schierata con lui! Con Mocciosus! Contro di noi!- specificò, togliendosi le scarpe e valutando quanto fossero bagnati i propri calzettoni.

-Noooo! Ma non mi dire- lo prese in giro Remus da sopra il libro. –E quando mai Lily è dalla parte di Piton?-

Sirius gli fece la linguaccia e poi si immerse, gambe all’aria, nel proprio baule alla ricerca di un paio di calze di ricambio, dopo aver messo le altre a loro volta sulla stufa.

-Ma questa volta non è stata leale!- continuò Sirius. –Insomma, lui se la stava cavando benissimo anche senza di lei…-

-Vi stavate facendo battere da Mocciosus?- ghignò Remus.

-E poi è arrivata Evans e in pratica ci ha sommersi utilizzando Merlino solo sa quale incantesimo- continuò l’altro, quasi l’amico non avesse parlato. –Questo non è leale- rimarcò. –Oh… ma quando non mi ha visto ho fregato la bacchetta a James… la mia l’avevo lasciata qui, anzi, l’hai vista?... comunque, ho preso la bacchetta di James e gli ho affatturato i vestiti in modo che non si asciugassero- concluse, muovendo soddisfatto le dita dei piedi e rimettendosi in piedi.

-Questo significa che Lily verrà a vendicarsi, lo sai vero?-

Sirius scrollò le spalle.

-E quale sarebbe la novità. È quasi una cara ragazza, mai detto il contrario, ma quando c’è Mocciosus di mezzo proprio non ragiona. Se poi si tratta di Mocciosus e James… Donne!- disse, alzando melodrammatico le braccia al cielo e spostando poi l’attenzione su Remus. –Che leggi?-

-Che leggevo- lo riprese ridendo l’altro.

-Pignolo- borbottò Sirius, strofinandosi con un asciugamano i capelli.

-E tu hai i capelli troppo lunghi.-

-Cos’è, vuoi essere l’unico con la chioma incolta? Hai paura che potrei rubarti il titolo di sex symbol?-

-Nah, il mio fascino lupesco resta sempre- ghignò Remus, passandosi una mano tra i capelli castani. –Dico solo che da dietro sembri una ragazza- rimarcò, pungendo Sirius sul vivo. –Almeno io me li lego, in un qualche modo…-

-E poi sarei io la ragazza, eh? Checca.-

-Anche a voi, messere- ribatté Remus. –Ora, te ne vai così riprendo la mia lettura?-

Sirius scrollò le spalle.

-Nah. Prima voglio sapere cosa leggi.-

-Un libro.-

-Uh, ma non mi dire! Ora si che so tutto!-

Remus alzò gli occhi al cielo e spostò le dita, così che Sirius potesse leggere il titolo.

-I Tre Moschettieri? E che accidenti è?-

-Un libro?-

-Ti tiro uno dei calzettoni che ho messo ad asciugare…-

-Bleah… puzza di Sirius bagnato!-

-Oi, a proposito di Sirius bagnato… no, in realtà non centra un tubo- rifletté, grattandosi la testa, -lo sai che ieri a James sono spuntate due corna immense? Ci stavamo allenando per tu-sai-cosa e…BAM!- esclamò, saltando su letto dove stava Remus e portandosi le mani alla testa, -James è cornuto! Peter sta ancora ridendo…-

Remus si accigliò leggermente.

-Quindi state continuando i vostri… ehm… esperimenti- disse, circospetto. Non si sentiva a proprio agio a parlare di quella cosa che si erano messi in testa. Oltre ad essere contro la legge, era una magia estremamente avanzata e rischiosa. E James non fosse riuscito a farsi sparire il palco di corna? Sirius ci aveva messo una settimana a far sparire la coda che gli era spuntata, il mese prima. Fortunatamente, con la divisa era passata inosservata.

-Vanno alla grande, mio caro- lo rassicurò fiero Sirius, lasciandosi cadere accanto a Remus. –Il vecchio Pete mi sa che avrà bisogno di una mano, ma James e io ci siamo quasi. Ehi, non credi che dovremmo tipo trovarci dei nomi in codice?- sussurrò, lo sguardo esaltato.

Remus scoppiò a ridere, poggiandosi il libro sulla pancia e girandosi su un fianco, la testa sorretta dalla mano.

-Scommetto che ci hai già pensato, no?-

-Assolutamente. Ore e ore di Storia della Magia passate a scrivere… mai successo in quattro anni di scuola!-

-Già, solitamente dormi- sorrise Remus.

-Colpa mia se è la prima lezione del giorno e il mio cervello si attiva verso le undici?-

-Oh, continua a crederci a questa cosa che dalle undici funziona… continua a crederci- lo prese in giro Remus, dandogli dei colpetti rassicuranti sul braccio.

-Comunque- ribatté Sirius, scacciando la mano dell’altro, -io ho già trovato i soprannomi più belli del mondo. Per noi tre. Per Peter ancora non so, perché ancora non è chiaro in cosa si trasformerà.-

-Va bene, sentiamo- capitolò alla fine Remus, che tanto sapeva che Sirius moriva dalla voglia di farlo e che li avrebbe elencati con o senza il suo permesso.

-Tu, mio caro e peloso amico, sarai Lunastorta. E direi che non c’è bisogno di spiegarlo- cominciò, contandoli sulle dita. –James è Ramoso, perché quelle corna sono davvero inquietanti, ma sarà un cervo terribile… avevo anche pensato a Bambi, mi sono ricordato di quel cartone animato che ci hai fatto vedere l’estate scorsa, ma alla fine credo che James non l’avrebbe accettato…-

-Potremmo chiamarlo Ramoso quando è con noi… e Bambi quando non c’è.-

-Messer Lunastorta, lei è un genio.-

Remus fece un piccolo inchino con la testa.

-Si fa quel che si può… e tu? Tu come ti chiameresti?-

-Dato che Maestoso-Bellissimo-Fighissimo-Potentissimo-Cane-Nero mi sembrava troppo lungo e la sigla MBFPCN non aveva senso… Felpato- si strinse nelle spalle Sirius.

-O Tartufo- lo prese in giro Remus.

-Che hai detto?!-

-Tartufo. Come quella cosa che i babbani usano…-

-Lo so cos’è un tartufo, ma… ma… ma… ma così mi sminuisci!-

-Perché, Bambi per James era un complimento?-

Sirius ghignò, colpevole.

-Ok… però Tartufo mi puoi chiamare solo tu. E quando siamo da soli- mise in chiaro. –Tipo soprannome di un soprannome.-

-Che cosa assurda.-

-Concordo- rise Sirius.

-Però mi piace. Anzi, ammetto che mi piacciono tutti. Dovremo pensarne uno per Peter, quando sarà.-

-Potrebbe volerci parecchio…- rifletté Sirius. –Non dirgli che l’ho detto, ma è piuttosto un disastro in questa cosa. E non è neanche tanto giusto, perché è quello che ci sta mettendo più impegno, sai? Legge fino a tardi libri sull’argomento, è entrato nell’ufficio di Lumacorno per rubargli delle pozioni particolari che credeva l’avrebbero potuto aiutare… secondo me tra un po’ si accampa fuori da quello della McGranitt per implorarla di dargli ripetizioni!-

Remus tornò a sdraiarsi, un braccio sugli occhi. Sirius si sistemò accanto a lui, poggiando la testa sul suo petto.

-E questa novità?- chiese Remus, cercando di ignare la strana sensazione che lo inondava tutte le volte che l’amico gli stava così vicino.

Sirius, per tutta risposta, si accoccolò meglio e gli passò il libro.

-Stavi leggendo, no? Be’, leggi.-

Remus ridacchiò nervoso e poi riaprì a dove era arrivato.

-Ad alta voce- si lamentò Sirius, chiudendo gli occhi. –Leggi ad alta voce, Remus.-

E Remus cominciò, senza preoccuparsi di fargli un riassunto di quanto aveva già letto fino a quel momento. Sapeva che era una scusa quella del farlo leggere a voce alta, che in realtà di Athos, Porthos, Aramis e D’Artagnan non gli importava più di tanto, non avrebbe voluto che se ne andasse per nessun motivo al mondo. Ricordava l’anno precedente, quando Sirius si era precipitato con James al suo villaggio, quando era stato attaccato. Ricordava quanto gli fosse sembrato bello e giusto stringersi a lui, lasciarsi andare per una volta nelle vita. Ricordava il sollievo negli occhi di Sirius quando l’aveva visto, la foga con cui l’aveva abbracciato, l’incredulità nella voce… e quelle frasi così serie che nessun tredicenne direbbe mai al proprio migliore amico.

Ma tra loro funzionava così. Per Sirius, James era il fratello che non aveva mai avuto (dato che Regulus non lo si poteva considerare tanto…), Peter era l’amico con cui intrufolarsi nelle cucine e dire cose senza senso… ma Remus era tutto il resto. Lui era l’unico con cui riuscisse a sfogarsi davvero, l’unico che l’aveva visto piangere quando aveva scoperto che Andromeda aveva avuto una figlia e stavano tutti bene, l’unico con cui lo spazio personale non contava... A mala pena metteva il braccio sulle spalle a James, aveva abbracciato raramente Peter… ma era capace di accoccolarsi sul petto di Remus e addormentarsi come un bambino.

Remus girò pagina e continuò a leggere, facendo scivolare la mano tra i capelli di Sirius e giocherellandoci piano. Sirius rise piano e aprì gli occhi.

-Che mi sono perso?- chiese, sbadigliando.

-Athos si è barricato nella cantina della locanda e spara a chiunque si avvicini. Ah, e ha anche finito tutto il vino…-

-Finito il vino… che brutta cosa- borbottò Sirius. –Ma dimmi una cosa…-

-Uhm?-

-Athos e D’Artagnan…?-

-Pensavo non avessi seguito!-

-Caro mio, ho le orecchie fini anche mentre dormo- ridacchiò Sirius. –E ora rispondi alla domanda- lo incalzò, storcendo il viso verso l’alto e guardandolo negli occhi.

Remus arrossì furiosamente e tentò di nasconderlo riaprendo il libro.

-Quale domanda?-

Sirius roteò gli occhi.

-Dai, tra quei due c’è del tenero…- specificò. –O sono solo io?-

-Solo tu- ribatté Remus.

-Certo. E anche tra Porthos e Aramis, no?-

-Ma di che diamine…?-

-Oh poveri noi!- esclamò Sirius, melodrammatico. –Rileggi quel libro almeno una volta all’anno, praticamente potresti citarlo a memoria… eppure ti sfuggono le cose più basilari… dove andremo a finire!-

-Ma D’Artagnan è innamorato di Constance e… e… e Athos ha i suoi problemi, ecco.-

-Oh che tenero! Amore non corrisposto, eh?-

-SIRIUS!- esclamò Remus, rosso come un peperone, che ormai non sapeva più dove sbattere la testa. –Stai storpiando una magnifica opera letteraria e…-

-E tu balbetti, mio caro. Quindi, io ho ragione.-

-E da quando in qua il mio balbettio ti da ragione?!-

-Più o meno da quattro anni. Mese più… mese meno…- si strinse nelle spalle Sirius. Poi si sistemò meglio sul petto di Remus e lo circondò con un braccio. –Devi mettere su qualche chilo, mi sembra di abbracciare la porta.-

-Hai molta esperienza a riguardo?- riuscì a ridere Remus, poggiando il mento sulla testa di Sirius.

-Taaaanta. E ora rimettiti a leggere- gli ordinò, chiudendo di nuovo gli occhi, -che vedrai se non ho ragione…-

E Remus riprese, tentando di dimenticare quello che l’altro aveva appena detto. Solo Sirius poteva uscirsene con certe assurdità… Lesse a voce bassa, notando che Sirius si era riappisolato. A volte lo invidiava: riusciva a dormire dovunque, in qualsiasi circostanza, anche se sembrava prediligere lui e il suo letto. A volte gli era capitato di finire tardi di studiare in sala comune e di trovarlo raggomitolato sul suo copriletto, oppure gli si poggiava contro a Storia della Magia…

-Vero che finisce bene?-

La voce di Sirius lo fece tornare alla realtà.

-Uhm?- gli chiese. Un’altra cosa che gli invidiava parecchio era questa capacità che aveva di passare dal sonno alla veglia con una velocità incredibile.

-Ho detto: “vero che finisce bene”?- ripeté Sirius, la voce impastata.

-Certo- rispose Remus.

-Già… almeno nei libri va tutto bene…- mugugnò, affondando la testa nella spalla del ragazzo.

-È successo qualcosa?- indagò allora, mettendo definitivamente da parte il libro e concentrandosi su Sirius.

-Niente in particolare… pensavo…-

-Ora capisci perché non lo fai mai? Ti si fonde il cervello, devi stare attento- lo prese in giro Remus, tendando di tirarlo su di morale, ma l’amico sembrava essere precipitato nella sua solita spirale di umore nero.

-Pensavo alla guerra- continuò Sirius, -come sempre. Pensavo che fa schifo.-

-Cose profonde…-

Sirius scrollò le spalle.

-Dimmi perché c’è. Dimmi che va bene leggere cose terribili sul giornale ogni giorno. Dimmi che va bene che le gemelle Johnson si siano dovute ritirare perché sono mezzosangue e i genitori non le credevano più al sicuro. Dimmi che va bene sapere che probabilmente la metà di noi non raggiungerà i venti anni… dimmi che va bene, Remus…-

Il ragazzo sospirò.

-Non posso dirti che va bene, né che andrà tutto bene. Non sono tipo da bugie buoniste e lo sai. Posso dirti che non va bene, che sono d’accordo sul fatto che faccia schifo… ma posso anche dirti che rimuginare non serve a nulla. E poi cos’è questa stronzata che “la metà di noi non raggiungerà i venti anni”? Sei preoccupato di apparire vecchio nella foto sulla lapide?- tentò di scherzare, riuscendo a strappargli una risata.

-Dimmi questo, allora, dimmi che Athos, Porthos, Aramis e D’Artagnan sono rimasti amici per sempre. Dimmi che hanno vissuto mille avventure, che hanno rischiato la morte più e più volte, che hanno riso e pianto… ma sempre insieme. Dimmi questo.-

-Tutti per uno e uno per tutti, no? Come per i Moschettieri, così per i Malandrini… e magari loro si sono persi un po’ per strada, magari la vita li ha un po’ allontanati… ma l’uno per l’altro ci sono sempre stati e sta’ sicuro, Sirius, che la stessa cosa varrà per noi- lo rassicurò Remus, stringendolo forte e arrischiando persino di posare le labbra tra i capelli dell’altro. Chiuse gli occhi a quel contatto, arrossendo furiosamente.

-Fino alla fine?- quasi lo implorò Sirius, alzando lo sguardo e facendosi vicinissimo. Remus notò che non sembrava turbato da quel piccolo bacio. Se solo avesse avuto un po’ più di coraggio…

Ma non lo fece.

-Anche oltre- sussurrò in risposta Remus. –Non ti libererai di noi nemmeno dopo la morte… pensa che bell’Aldilà…-

-Ti ricordi quello che ti dissi l’anno scorso, quando venne attaccato il tuo villaggio?- insistette Sirius, sollevandosi appena e facendosi ancora più vicino. –Ti dissi che non dovevi azzardarti a morire prima di me. Non me ne frega della guerra. Non me ne frega di un cazzo, ok? Non provarci nemmeno…-

-Se morissi, tornerei come fantasma per torturarti, lo sai questo?- provò a scherzare Remus.

-Sono serio- si incupì l’altro. –Tu provaci e io trovo il modo di resuscitarti solo per ammazzarti con le mie mani.-

-Ho recepito il messaggio. Ma non ce ne sarà bisogno. E poi lo sappiamo tutti e due che, molto probabilmente, il primo ad andarsene sarà James. E quasi sicuramente sarà Lily a farlo fuori. Un giorno di questi le riesce- sorrise Remus, riuscendo sì, questa volta, a strappare una ristata a Sirius. –Quindi segnati per il suo funerale, non credo vorresti mancare.-

-Nah, se Evans mi fa fuori James, mi sa che io per il funerale sarò ad Azkaban per l’omicidio di lei- rise Sirius, tornando ad appoggiarsi su Remus. –Quindi sarai solo soletto. O con Peter. Sì… decisamente Peter sarà quello che ci sotterrerà tutti. Ultra bicentenario, terrà alto l’onore dei Malandrini e poi ci raggiungerà, dopo aver divulgato al mondo le nostre avventure…-

-Mi piace come piano- concordò Remus. –Basta che noi, come minimo, arriviamo ai cento anni- disse, salvo poi arrossire nuovamente, accorgendosi di aver definito lui e Sirius “noi”. Ma il ragazzo, di nuovo, non sembrò farci caso.

-Andata.-

-Andata- sussurrò Sirius in risposta, sbadigliando, e dopo pochi istanti, Remus era già sicuro stesse dormicchiando di nuovo. Recuperò il libro e riprese a leggere, arrischiando di tanto in tanto delle leggere carezze all’altro. Sì… qualcosa stava decisamente cambiando…













Inathia's nook:

ed eccomi, puntuale come un orologio svizzero, con il nuovo capitolo :) questa volta abbiamo un po' di tregua, soprattutto dopo il capitolo scorso. 
C'è un po' di fluff, c'è un po' di angst verso la fine, soprattutto nella parole di Sirius... ma in fondo se ne stanno abbracciati su un letto mentre fuori nevica e Remus praticamente legge per due. Davvero, cosa volete di più dalla vita? ;)  (in realtà è tutto fluffoso perchè devo prepararvi alla settimana prossima... sì, tremate. fate bene...)
Il romanzo che legge Remus è I Tre Moschettieri perché è anche il mio "classico" preferito. E poi secondo me è il romanzo top per l'amicizia. (anche se questi due ce la contano poco, con questa cosa dell'amicizia...). E niente, I Tre Moschettieri sono dei grandi, Sirius è un patato lugubre, Remus è un patato e basta (che forse sta capendo qualcosa, sorpattutto sul finale)... e io saluto tutti voi e scappo, perché non ho davvero niente da dire.
Vi aspetto numerose tra un paio di settimane. E visto che nel frattempo non ci sentiamo, Buona Pasqua :)
I.L.

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Capitolo 5
*** 1975 - Let me give you my life ***


1975

 




Let me give you my life




 

L’unica cosa che sentiva, l’unica cosa di cui si rendeva conto, erano i pugni di James. I suoi pugni e la sua rabbia. Calci che lo raggiungevano ovunque, come era giusto che fosse. Urla che lo offendevano anche meno del necessario.

Si rannicchiò a terra più per istinto che per altro, ma non voleva che James si fermasse. Doveva continuare. Doveva annullarlo, fonderlo con la pietra sulla quale aveva trovato rifugio.

Perché lui non era più un essere umano, non meritava alcuna pietà.

Sentì James afferrarlo per la collottola, gli occhi iniettati di sangue e spiritati, e proprio non ce la fece a reggere lo sguardo. Colpevole, traditore… meno che zero.

-Spero sarai contento- gli sibilò all’orecchio, prima di gettarlo di nuovo per terra.

Sirius non si curò del dolore che sentiva, perché non era fisico. Non erano i pugni, i calci… neppure le urla di chi non meritava nemmeno di chiamare amico. Era la consapevolezza di ciò che aveva fatto, dell’enormità della cazzata che aveva fatto… era quello che gli impediva di muoversi, di ripararsi, di fare qualsiasi cosa.

-Che cosa pensavi di ottenere?- insistette James, colpendolo all’addome e obbligandolo a girarsi. Peter, all’estremità del corridoio, teneva lo sguardo ben lontano, a controllare che nessuno li interrompesse. Pestaggi e cose simili erano all’ordine del giorno, ormai, ma era sempre meglio non farsi beccare.

-Lo sapevi benissimo che Piton ci stava con il fiato sul collo… lo sapevi, cazzo, che non avrebbe esitato, che sarebbe andato alla Stamberga… mi dici CHE CAZZO TI E’ PASSATO PER LA TESTA?- urlò, alzandolo giusto il necessario per dargli un pugno sul viso. –Poteva morire, Sirius, poteva essere morso… e lo sai che non me ne frega un cazzo di Mocciosus, ma come pensi che si sarebbe sentito Remus? Come pensi che avrebbe vissuto, sapendo di aver morso qualcuno, sapendo che il suo segreto era stato violato da uno dei suoi migliori amici? MI FAI SCHIFO! SEI SOLO UN BASTARDO EGOISTA, un annoiato… ti credevo amico, sai? Credevo davvero che fossi l’unico Black sano di mente… E INVECE SEI PEGGIO DI TUTTI GLI ALTRI!-

Peter arrivò di corsa proprio quando James stava per sfoderare la bacchetta. Teneva la Mappa aperta in mano e aveva lo sguardo preoccupato. Non si curò dell’ammasso di carne dolorante e sanguinolenta che era Sirius, aveva deciso di ignorarlo, da quando James gli aveva detto quello che era successo. Dire a Mocciosus della Stamberga, nella notte di luna piena…

-McGranitt, sta salendo le scale adesso. E dall’altra parte sta arrivando Gazza- informò James, mostrandogli la Mappa. –Dobbiamo filare.-

-E di questo che ne facciamo?- chiese spiccio l’altro, non degnando Sirius nemmeno di uno sguardo. –Se lo lasciamo qua…-

-Non dirò niente…- riuscì a mormorare il ragazzo a carponi, asciugandosi il sangue che gli usciva dal naso con la camicia, già sporca e lacera. –Andatevene… io non dirò nulla…-

-E secondo te ci possiamo fidare?- sibilò James, voltandosi verso Peter. –Tu cosa proponi?-

-Hai il Mantello dietro? Coprilo e poi torniamo dopo- propose. –Ma dobbiamo davvero andare- disse con urgenza.

-E poi Remus si starà svegliando, in Infermeria… sarà meglio che ci trovi là- rifletté James ad alta voce, grattandosi il mento. –Qualcuno dovrà spiegargli le cose… Senti, per me lo possiamo anche lasciare qua. Non credo che comunque avrebbe il coraggio di fare altro che rantolare sul pavimento… non voglio nemmeno sprecare il Mantello per lui. Mi si macchia di sangue e poi chi la sente mia madre…-

-Allora andiamo- disse Peter, facendo sparire la Mappa nella tasca dei pantaloni.

Sirius riuscì a sollevare la testa giusto in tempo per vedere i due cominciare ad allontanarsi.

-Se vedete Remus… ditegli che… mi dispiace…- sussurrò, interrotto da un conato di vomito.

-Vaffanculo- soffiò James. –Vaffanculo, Sirius.-

 

 

 

La porta dell’Infermeria era aperta, Madama Pomfrey era accanto a uno dei tre letti occupati, dove stava seduta una ragazza con una fasciatura alla testa. Tassorosso, sesto anno, scontro con dei Serpeverde, almeno a giudicare da come scrutava maligna il letto dove era ricoverato Piton. Il ragazzo era sdraiato, ma, tolto il naturale pallore e l’aria malaticcia, sembrava stare bene. Per un attimo, James si chiese se Lily Evans fosse già passata a trovarlo oppure se ci fosse una qualche opportunità di incontrarla… se avesse saputo che lui aveva salvato la vita di Mocciosus, forse l’avrebbe guardato con occhi diversi…

Remus era nell’ultimo letto in fondo a destra e, non appena lo vide, Peter lanciò un piccolo grido e scattò verso l’amico. James se la prese con calma. Si prese del tempo per imprimersi nella memoria le bende che avvolgevano l’amico, il volto spaventato e l’aria di qualcuno braccato. Era bianco come un cencio, quasi non si distingueva tra le fasciature e la pelle. Non stava bene, non stava per niente bene e, se non fosse stato che ora Remus era la sua priorità, sarebbe tornato nel corridoio dove avevano lasciato Sirius e avrebbe ricominciato a riempirlo di botte.

Davvero non capiva. Come si poteva anche solo pensare che una cosa del genere potesse essere divertente? Aveva sempre considerato Sirius come un fratello, sapeva che era molto legato a Remus… ma allora che diavolo era successo? Cosa era saltato in quel cervello?

Remus si voltò piano nel vederli arrivare e James notò che il suo sguardo si incupì quando vide che Sirius non era con loro. Sapeva che il loro era un rapporto speciale, molto stretto… l’aveva capito due anni prima, quando li aveva visti aggrappati l’uno all’altro la notte dell’attacco al villaggio di Remus. Ma se ripensava a quella notte… tutto questo aveva ancora meno senso.

-Ehi- sussurrò, recuperando due sedie e facendo sedere anche Peter, che scrutava l’amico preoccupato.

-Come ti senti?- chiese infatti il ragazzo. –Vuoi bere qualcosa?- domandò, versando dell’acqua nel bicchiere sul comodino e avvicinandola alle labbra di Remus.

-Sono solo un po’ acciaccato- mormorò. –E non mi ricordo nulla di quello che è successo ieri notte… vi prego, ditemi che non ci sono andato giù pesante…-

-No, tranquillo- lo rassicurò Peter. –Va tutto bene.-

-E Sirius? Gli è successo qualcosa? Gli ho fatto qualcosa?- chiese, la voce che saliva di tono, di pari passo con la preoccupazione. -È per quello che non è qui, vero? È per quello che avete quelle facce… Merlino, lo sapevo che era troppo pericoloso, lo sapevo…-

-Remus- lo zittì James, aprendo finalmente bocca. Gli sembrava di aver ingerito del cemento e ogni parola gli usciva a fatica. Era stato semplice prendersela con Sirius, l’adrenalina aveva aiutato. Dopo aver sistemato il casino che aveva combinato, dopo aver portato Piton in Infermeria, era andato a cercare Peter e insieme… ma ora, dire tutto quello a Remus, era la cosa più difficile che gli fosse mai capitata. –C’è una cosa che devi sapere- esordì, schiarendosi la voce, mentre Peter annuiva per incoraggiarlo. –Sirius ti ha tradito- disse alla fine. Non c’era un modo carino o meno doloroso per dirlo. C’erano solo i fatti, per quanto ora, a mente quasi fredda, ogni sillaba e ogni pensiero era un pugno allo stomaco.

Remus lo guardò come se stesse scherzando. Accennò persino a un sorriso nervoso.

-È un tuo modo melodrammatico per dire che si è fatto mettere in punizione senza di te e quindi non c’era ieri sera?- chiese. Anzi, implorò.

-No, Remus. Voglio dire che ha tradito il tuo segreto, che ha tradito noi e la nostra amicizia. Vedi Mocciosus nel letto di fronte al tuo? Sirius pensava sarebbe stato divertente dirgli della Stamberga, dirgli che lì dentro, in una notte di luna piena, avrebbe trovato le risposte che cercava sul tuo conto…-

-E tu lo sai che era tanto che Piton ficcava il suo naso nelle nostre faccende- aggiunse Peter, prendendosi la testa tra le mani.

-Non è vero!- scoppiò a ridere Remus. –Dai, ragazzi, lo scherzo è bello finché dura poco… dov’è Sirius? Che è successo?-

-Non è uno scherzo- ribatté James. –Quel sacco di merda lo ha fatto davvero. E ora è da qualche parte nel corridoio del sesto piano, possibilmente con qualche costola rotta. Quando lo abbiamo lasciato sanguinava parecchio…-

-Sirius…- mormorò Remus. –Non è possibile… non lui… non…- continuò a mormorare, guardando James e Peter come se non li vedesse, spostando poi lo sguardo su Piton di fronte a lui. Ora Madama Pomfrey si stava occupando di lui e il ragazzo non faceva altro che lamentarsi e gemere, bofonchiando cose incomprensibili a causa della pozione contro il dolore che aveva bevuto.

-Lo ha fatto davvero. Ci dispiace tanto- disse Peter con un filo di voce. –Ma non è l’amico che credevamo che fosse. E lo ha fatto perché lo credeva davvero divertente, giuro! Lo abbiamo trovato…-

-… in sala comune che sghignazzava- concluse per lui James, con foga. –E quando ci ha visti ha cominciato a vantarsi della sua brillante impresa! Deve sinceramente ringraziare Peter e un gruppetto di ragazzi del secondo anno se non l’ho ammazzato in quel momento. Troppi testimoni… ma dopo che ho riportato al castello te e Mocciosus… spero di avergli anche rotto il naso.-

-Di sangue ne perdeva parecchio- convenne Peter, interrompendosi nel vedere lo stato in cui era Remus. Mentre loro avevano raccontato sommariamente i fatti, aveva cominciato a tremare forte ed era impallidito ancora di più. Ora aveva lo sguardo fisso e sembrava potesse svenire da un momento all’altro.

-Remus, ehi! REMUS!- gridò James, dandogli dei colpetti sul viso per riprenderlo. –REMUS!-

Madama Pomfrey accorse in un istante, richiamata dalle grida del ragazzo e Peter si fece da parte mentre l’infermiera prendeva in mano la situazione.

-Ve lo avevo detto di non affaticarlo!- li sgridò, rianimando Remus con un colpo di bacchetta. –E adesso fuori, deve riposare assolutamente. Non vi voglio rivedere fino a questa sera, andate! E vedete di non portare con voi il signor Black, eh. Quello fa più danni di voi due messi insieme…-

-Oh, lo sappiamo- replicò James, a voce bassa.

-Non si preoccupi, non sarà con noi- la rassicurò Peter, uscendo poi insieme all’amico.

 

 

 

 

 

 

 

Sirius tentò di mettersi a sedere, ma il corridoio gli vorticava attorno e così decise di rimanere per terra. Tanto che senso aveva alzarsi? Camminare per andare dove? Parlare per dire cosa? A chi?

Si portò una mano al viso e si toccò il naso. Gli pulsava e faceva male, ma non sembrava rotto. Forse James glielo avrebbe spaccato più tardi… per quanto riguardava le costole, almeno a giudicare da quanto dolore gli provocava respirare, almeno qualcuna doveva essersi incrinata.

Ancora non riusciva a ricapitolare cosa fosse successo. Ricordava solo che era in sala comune e poi era arrivato James come una furia e l’aveva trascinato fin lì per gonfiarlo di botte. E ricordava anche che aveva avuto ragione a fare una cosa del genere, ricordava di aver pensato che se le meritava… ma per cosa…?

Remus.

Quel pensiero lo colpì più forte di tutti i pugni di James messi insieme. E fece più male.

Remus.

Che diavolo aveva fatto?

Era andato da Piton… ma perché?

Perché lo aveva visto insieme a Regulus e si stavano vantando di aver pestato un primo anno Corvonero. Ecco il perché. Ecco cosa aveva disperatamente cercato di togliersi dalla memoria. Un fratello che picchiava e affatturava bambini, pur essendo a sua volta ancora un bambino, e il tradimento di un amico.

O di qualcosa di più…

Avrebbe voluto andare in Infermeria, dire a Remus che gli dispiaceva e che era un coglione, ma sapeva già come lo avrebbe guardato. Non ci sarebbe stata la rabbia cieca di James, o l’indifferenza gelida di Peter, no… in quegli occhi verdi avrebbe trovato senso di colpa. Remus avrebbe creduto che fosse tutta colpa sua, perché era un lupo mannaro ed era solo questione di tempo prima che loro si stancassero di lui, di correre rischi con lui e per lui… ma non c’era nulla di più falso.

Si abbandonò sul pavimento di pietra e sospirò, cercando di ignorare le fitte al costato. James e Peter, andandosene, avevano detto che la McGranitt e Gazza stavano arrivando, ma non fu di nessuno dei due la voce che lo raggiunse, che lo riportò al presente. Una cascata di capelli rosso scuro entrò nel suo campo visivo e Sirius sentì le parole concitate di Lily Evans.

-Black! Black!- stava dicendo, schiaffeggiandolo piano. –SIRIUS!- urlò alla fine.

-Oi, bellezza…- esalò, sputando sangue mentre la ragazza cercava di metterlo seduto. – Non è un po’ tardi per una passeggiata al chiaro di luna?-

-La professoressa McGranitt mi ha appena mandato a chiamare per dirmi… ma a te che è successo?- chiese, prendendo un fazzoletto dalla tasca della divisa e pulendogli il viso.

-Ahia!- si spostò bruscamente di lato Sirius. –Senti, è meglio se te ne vai, dico sul serio. Va’ in Infermeria e dì a Mocc… dì a Piton che mi dispiace. Che davvero non volevo fare del male a nessuno.-

Lily sbiancò e strinse i pungi.

-Quindi centri tu con il fatto che è in Infermeria… chissà perché non sono sorpresa…- borbottò. –Che è successo?-

-Fidati, meglio che tu non lo sappia. Il tuo amichetto avrà già pronta una sua versione dei fatti… non vorrei rovinargliela con la verità…-

-Ma di che accidenti…? E poi la McGranitt mi ha detto che c’è anche Remus in Infermeria… vuoi dirmi che diavolo è successo?- insistette Lily, il tono che sfiorava l’isteria. –E mi dici anche che accidenti ci fai qui steso in un corridoio, l’aspetto di uno che è stato calpestato da una mandria di bufali?-

Sirius alzò lo sguardo su di lei, sorreggendosi con un braccio. Poteva davvero dirlo a lei? Poteva cercare l’assoluzione attraverso lo sguardo di Lily Evans? Poteva fidarsi di chi considerava il proprio migliore amico Severus Piton?

-Vattene, bellezza. James vorrà tornare a finire il lavoro… se non lo vuoi incontrare ti conviene sparire- bofonchiò alla fine, ottenendo ovviamente l’effetto contrario.

-È stato Potter a ridurti così? I bambini su cui provare nuovi incantesimi erano finiti?-

-Noi non abbiamo mai attaccato dei bambini- ribatté Sirius tra i denti. –Solo Serpeverde. Che se lo sono sempre meritati… e invece, sai di cosa parlava il tuo amico oggi con quell’idiota di mio fratello? Si stava vantando di come avevano spaventato a morte un primo anno di Corvonero, chiudendolo in un cavolo di armadio in una stanza che non ho capito quale fosse… ecco chi è, Severus Piton, bellezza. Apri gli occhi, i cattivi non siamo noi.-

Io sì, però, si corresse nella propria mente. Io ho venduto Remus per una vendetta del cazzo…

-E la gente con cui gira sempre?- riprese, asciugandosi il sangue che gli colava dal naso con la camicia, rifiutando il fazzoletto che Lily gli porgeva. –Mulciber? Avery? Lo sai vero, quello che hanno fatto alla tua amica Mary… è ancora al San Mungo se non sbaglio, no? Mandale dei fiori, perché secondo me non torna tanto presto…-

-Questo non c’entra con il fatto che tu te ne stai pesto in un corridoio buio alle quattro di mattina- assottigliò lo sguardo Lily, aiutandolo però ad alzarsi. Sirius si poggiò al muro con una mano, tutto che girava troppo vorticosamente. Ma perché non lo lasciava in pace?

-Ho fatto una cazzata, va bene? Anzi, la cazzata più grande del mondo… e James mi ha giustamente riempito di botte. Ora, se te ne andassi, lui finirebbe il lavoro e io smetterei di esistere. Fidati, bellezza, è la cosa più giusta da fare.-

-Melodrammatico. “Smettere di esistere”… sei patetico quando ti ci metti… e non ti lascio qui, su questo ci puoi giurare. Stavo già andando in Infermeria, tanto…-

Sirius andò nel panico quando la sentì passargli un braccio attorno alla schiena per sostenerlo. Non poteva portarlo in Infermeria… là c’era Remus… Remus… Remus…

-Bellezza, dico sul serio. Non impicciarti. Va’ dal tuo Mocciosus e…-

-Silencio!- disse Lily, alzando gli occhi al cielo, rimettendo a posto la bacchetta. –Oh, meglio!- sospirò, quando vide Sirius aprire e chiudere la bocca senza poter emettere un suono. –Dovrei pensarlo permanente su Potter…-

E cominciarono a camminare, la strana coppia. Lily che procedeva piano, con calma, e Sirius che, ormai rassegnato, si appoggiava alternativamente a lei e al muro. Lasciava strisciate di sangue e gocce caddero anche sul pavimento, una scia rossa del loro andare. La parte più difficoltosa fu scendere le scale, saltando i gradini difettosi. Ci mancava solo che rimassero incastrati lì… Ogni tanto si fermavano. Sirius non aveva praticamente forze e si era appoggiato quasi con tutto il peso su Lily e la ragazza non ce la faceva a sostenerlo da sola. Una volta lo fece sedere su una panca in pietra, un’altra Appellò una sedia da una classe vuota.

Ci volle almeno mezz’ora per compiere un tragitto che di solito si faceva in dieci minuti, ma alla fine Sirius fu quasi contento di vedere l’Infermeria davanti a loro.

-Grazie- sussurrò alla fine, una volta che Lily ebbe revocato il suo incantesimo, prima che bussasse alla porta e lo affidasse a Madama Pomfrey. –Dico davvero. Non me lo meritavo per niente, ma… grazie.-

Lily scrollò le spalle, visibilmente a disagio.

-Avevi bisogno di aiuto, tutto qua. Potrete non essere le mie persone preferite al mondo, ma non lascerei nessuno grondante di sangue in un corridoio- borbottò. –E riguardo a quello che è davvero successo questa notte… va bene, non dirmelo, ma forse un’idea me la sono fatta. Probabilmente centra il segreto di Remus… oh, non fare quella faccia! Sev avrà delle sue teorie distorte, ma nemmeno io sono cieca!... comunque, se centra il segreto di Remus, con me è al sicuro. Anzi, farò del mio meglio anche per dissuadere Sev. Tu però promettimi che chiarisci con Potter. Non posso pattugliare i corridoi tutte le notti…-

Madama Pomfrey venne ad aprire con una faccia sconvolta. Erano notti lunghe quelle, notti in cui capitava sempre più spesso che studenti pesti si presentassero alla sua porta.

Sirius ringraziò Lily per l’ennesima volta con un cenno del capo, ma lei era già corsa da Piton e gli teneva la mano, preoccupata.

Si lasciò sistemare in un letto e, prima di perdere conoscenza, si girò piano su un fianco e vide che accanto a lui c’era Remus. Provò a dire qualcosa, ma aveva la bocca impastata e davvero nulla da dire. Remus lo scrutò un attimo, poi chiuse gli occhi e fece finta di dormire, lacrime che scendevano piano lungo le guance e le bende.

 

 

 

 

 

Il vento le fece rabbrividire. Sirius batté i denti ma non si mosse.

In maniche di camicia, le braccia spalancate, abbracciava la notte nera. Dall’alto della Torre di Astronomia non si vedeva nulla, non c’erano nemmeno le stelle, tanto meno la luna… meglio così.

Gli avrebbe solo ricordato la sua colpa.

Una folata particolarmente forte gli fece quasi perdere l’equilibrio e per un secondo il piede destro annaspò nel vuoto. Il cuore gli salì in gola, martellante e cattivo, a ricordargli che era ancora vivo, che non lo aveva ancora fatto… che non era saltato.

Era salito lì per quel motivo, dopo averci rimuginato per giorni e giorni. Non aveva rimesso piede nel dormitorio da quando era stato dimesso dall’Infermeria, da quella maledetta notte che lo aveva fatto sentire un sacco di merda. Non ci era tornato e si era ritrovato a dormire nei posti più assurdi: in un ripostiglio delle scope, sul davanzale di una finestra, in una classe vuota accoccolato sotto la cattedra… Ma non era comunque riuscito a riposare, ogni volta che chiudeva gli occhi tornava a quella notte.

Ma non erano i calci e i pugni di James o le occhiate di Peter, a tenerlo sveglio, no…

Erano le lacrime di Remus.

Se faceva piangere Remus, perché era ancora al mondo?

Arrischiò a guardare in basso, ma non vide nulla. Sapeva che da qualche parte lì in basso c’era la capanna di Hagrid. Gli sarebbe mancato il gigante buono, gli sarebbero mancate le visite della domenica pomeriggio, quando andavano a raccontargli dell’ennesimo scherzo o di quella cosa buffissima e che faceva troppo sbragare per tenersela per sé…

Più in là c’era la Foresta, dove avevano corso per notti intere come Ramoso, Felpato, Codaliscia e Lunastorta… fino a quando lui non aveva rovinato tutto.

E allora perché non saltava? Che stava a fare lì come uno stoccafisso, le braccia spalancate, in maniche di camicia con un freddo becco, se non saltava? Era l’ennesimo gesto melodrammatico? L’asso nella manica che si voleva giocare per far impietosire gli, ormai ex, amici?

No…

No…

No, era pronto davvero. Perché ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva Remus piangere e sapeva che non sarebbe riuscito a vivere con quel peso. Perché James e Peter avevano dato la colpa a lui… ma Remus l’aveva data a se stesso. Lo aveva fatto dubitare di sé, Sirius, gli aveva fatto credere che fosse per lui, che era perché era stanco di lui che lo aveva fatto… ma non era così… non era così…

Spostò i piedi qualche centimetro più avanti, ormai mezza pianta poggiava sul nulla.

Aveva sentito dire che i suicidi, pochi attimi prima di morire, si rendevano conto che ciò che li aveva spinti a quel gesto era una cosa di poco conto. E lui anelava quella sensazione, ma non credeva che l’avrebbe mai provata. Davvero sarebbe morto in pace? Davvero l’avrebbero ritrovato con un sorriso tranquillo sulle labbra?

In quel caso James avrebbe avuto tutto il permesso di prendere a calci anche il suo cadavere.

Ma forse non doveva morire.

Forse doveva vivere con quella consapevolezza. Forse sarebbe stata quella la sua punizione eterna.

Poi però chiudeva gli occhi e Remus piangeva di nuovo.

No…

Forse con il suo gesto sarebbe riuscito a fargli capire che era lui lo stupido, lui il cretino… lui quello sbagliato e non Remus.

Gli aveva scritto una lettera, aveva riempito tre fogli di pergamena. Era più di quanto non avesse mai scritto in vita sua... E gli aveva detto tutto. Tutto.

Tutto.

Quindi non c’era più niente che lo trattenesse in quel mondo. I Malandrini sarebbero diventati tre e forse tutto sarebbe potuto tornare come prima. La gente moriva tutti i giorni… chi avrebbe mai potuto provare nostalgia per lui? A chi sarebbe mancato un traditore schifoso come lui?

-SIRIUS!-

Eccola.

La risposta arrivò quando già il piede destro penzolava nel vuoto, quando gli occhi si erano chiusi e le lacrime avevano smesso di scendere.

La risposta arrivò sotto forma di un Remus Lupin pallido in viso, con la sua lettera in mano e la Mappa nell’altra, il Mantello che scivolava lentamente per terra.

La risposta arrivò detta da una voce disperata che Sirius credeva non avrebbe mai più sentito.

-Ciao, Remus- disse, senza voltarsi. –Bella serata, no?- mormorò, senza accennare a riappoggiare il piede sul cornicione.

-CHE DIAVOLO CREDI DI FARE?!- urlò Remus.

-Non ti avvicinare, ti prego. E non perché se lo fai mi butto, quello lo faccio comunque. Non ti avvicinare perché potresti provare ad afferrarmi e non voglio correre il rischio di portare giù anche te. Non più giù, almeno.-

Sentì dei passi farsi più vicini, quasi non avesse parlato. Voltò piano la testa e vide Remus piegare la Mappa e poggiarla sul Mantello. Si infilò in tasca la lettera e poi gli porse la mano.

-Vieni- gli disse, la voce che tremava appena, ma Sirius scosse la testa.

-Non posso, Remus. Davvero, non posso. Ti prego, vattene…-

-Credi davvero che ti lascerei qui? Sei davvero così idiota? Non dovevamo arrivare a cento anni insieme?- rise tra le lacrime che gli cominciavano a spuntare.

-Piangi, Remus?- chiese Sirius, inclinando appena la testa. Gli sembrava di vivere un sogno, di muoversi e parlare senza farlo davvero.

Remus annuì, asciugandosi le guance con rabbia.

-Perché lo fai?-

-Perché ti vuoi ammazzare!- rispose, la voce disperata.

-Ma il mio è un regalo… e non devi piangere.-

-REGALO?!- sbottò, facendosi più vicino, bloccandosi poi nel vedere che Sirius traballava ancora più vistosamente. –Regalo?!- riprese. –Come pensi che mi sia sentito nel trovare la lettera a poi vedere il tuo nome sulla Mappa alla Torre di Astronomia?!-

-Non doveva andare così… avresti dovuto trovarla domani…-

-Ma grazie a Merlino che l’ho visto! Peter stava morendo di paura quando gliel’ho detto e James mi ha subito dato il Mantello…-

A Sirius il cuore tornò a battere in gola nel sentire che si erano preoccupati per lui.

-Davvero?- chiese con un filo di voce. –Ma loro mi odiano… e fanno bene. Dovresti odiarmi anche tu, Remus- riprese, quasi non capendo.

-Io non potrei mai odiarti, razza di cretino. Io… Ti prego, scendi da lì… parliamone…- lo implorò Remus, riprendendo ad avvicinarsi.

-Remus, va’ via… dico sul serio. Non voglio che tu sia qui mentre… ehi! EHI! Che diamine stai facendo?!- disse, spaventato, quando vide il ragazzo arrampicarsi accanto a lui e prendere posto sul cornicione. Lo guardò sconvolto e con gli occhi sgranati, ma Remus gli sorrise.

-Effettivamente c’è una bella vista. Se usi l’immaginazione…- specificò, voltandosi verso Sirius. –Bella serata, eh?- rise, allegro.

-Perché ora stai ridendo?-

-Faccio il pazzo perché sto parlando con un pazzo. Ora, sappi questo. Se tu salti, io ti seguirò. Se torni in sala comune, io ti seguirò. Farò qualsiasi cosa tu farai- replicò, tornando improvvisamente serio e Sirius lesse così tanta determinazione in quegli occhi verdi che, per un attimo, ne ebbe paura. Era solo lui quello che doveva morire, che doveva liberare gli amici dalla propria presenza… Remus non rientrava in quel piano. Remus non centrava. Era per lui che lo faceva, perché lui potesse vivere… non perché morisse con lui!

-Lo sai che se non salto ora, sarà un altro giorno, vero?-

-Lo sospettavo. E per questo ti starò attaccato notte e giorno. Lo faremo tutti e tre, faremo dei turni. Alla fine ti stuferai… e rinuncerai. Oppure saltiamo adesso. Che ne dici?- tornò a sorridere, facendo dei piccoli saltelli sul posto. –Vuoi dare tu il via o…-

E in una frazione di secondo la scarpa slittò sulla pietra bagnata dalla pioggia della notte precedente e Remus perse l’equilibrio. Gli occhi praticamente fuori dalle orbite, Sirius si buttò contro di lui ed entrambi atterrarono al sicuro, al centro della Torre.

Non appena si rese conto che Remus era sano e salvo, Sirius gli tirò un ceffone così forte che dopo la mano gli pulsò dal dolore. Seduto sul petto dell’altro, il ragazzo lo guardò assottigliando lo sguardo.

-Che accidenti credevi di fare…? Potevi rimanerci…-

-Secco?- finì per lui Remus, sollevandosi sui gomiti e guardando Sirius fisso negli occhi. –Ma non mi dire… Be’, almeno ora sai come mi sono sentito io nel vederti là sopra come uno stoccafisso… divertente vero?-

-Neanche un po’… -mugugnò Sirius. –Non farlo più!-

-E vice versa- ribatté Remus, senza distogliere lo sguardo.

-E vice versa- capitolò alla fine il ragazzo, facendo per spostarsi, ma l’altro lo trattenne.

Lo afferrò per i gomiti e se lo tirò vicino, poggiando la propria fronte su quella di Sirius.

-Non pensare mai più che potrei vivere senza di te- sussurrò, mentre Sirius sgranava gli occhi e annuiva piano, facendo scorrere le mani sul viso di Remus. –Non pensare neanche un attimo che potrei farcela.-

-Perdonami- mormorò Sirius. –Pensavo sarebbe stato meglio… pensavo…-

-Non farlo. Mai. Non pensare, che non ti viene bene- finì, il lampo di un sorriso negli occhi. Poi lo strinse forte a sé e rimasero abbracciati sulla Torre di Astronomia fino a quando i loro cuori non tornarono a battere all’unisono.

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Capitolo 6
*** 1976 - Potrei darti il mondo ***


1976


 
Potrei darti il mondo
 
 
 
 
La mano di Lily scattò rapida in aria non appena Lumacorno chiese un volontario per spiegare la pozione di quel giorno. Sirius si lanciò in avanti e le batté il cinque rapido, facendo scoppiare a ridere la classe, abituata a quel teatrino. Persino la ragazza si lasciò andare in un sorriso, prima di mordersi le labbra e tornare seria.
-È Amortentia, signore- disse, raccogliendosi i capelli in una coda e fermandola con la penna d’oca. –Un filtro d’amore molto potente- continuò a spiegare, -ma non crea l’amore vero, solo l’illusione di esso- finì, scoccando poi un’occhiata interrogativa a James, che si era praticamente incantato a guardarla.
-Molto bene, signorina Evans. Cinque punti a Grifondoro- gongolò l’insegnante, gonfiando il petto orgoglioso della propria allieva. –Mi permetta di ricordarle la cena di questa sera. È alle otto, non alle sette e mezza come le avevo detto.-
Lily abbassò il capo imbarazzata.
-Ora, quello che vorrei oggi da voi, miei baldi e coraggiosi allievi, è che tentaste di preparare a vostra volta questa pozione. Sì, lo so… lo so…- disse Lumacorno, alzando il tono di voce per coprire le proteste degli studenti. –Lo che è difficile, sarò clemente, promesso. Ma ho un premio per voi, una fiala di Felix Felicis per chiunque riuscisse a preparare un’Amortentia quasi decente. E un invito per questa sera. Ci sarà anche la nostra adorata Primo Ministro, mia devotissima ex allieva- annunciò, mentre quasi tutti alzavano gli occhi al cielo. Ma si zittirono in un istante quando videro la piccola fiala che Lumacorno aveva lasciato sulla cattedra. –Ecco il vostro premio… ma ora, al lavoro!- esclamò, battendo le mani e sorridendo.
Remus lasciò che fosse Peter a scattare verso l’armadio delle scorte. Odiava Pozioni, odiava quegli intrugli disgustosi e puzzolenti, odiava l’aria fumosa e appiccicosa che si formava sempre a fine lezione… e poi il fatto che quella sera stessa ci sarebbe stata la luna piena non aiutava affatto. I sensi erano ancora più all’erta del solito e, non solo il brusio nella stanza si era trasformato in una terribile baraonda che gli aveva già fatto venire il mal di testa, ma i calderoni e i vari ingredienti puzzavano ancora più del solito.
Si prese la testa tra le mani e fissò svogliato il libro. Perché accidenti si era lasciato convincere da James e Sirius a continuare quella materia? Lui neanche sapeva cosa voleva fare, una volta finita la scuola… nemmeno sapeva cosa avrebbe potuto fare, a essere più precisi. Non c’era proprio la fila per assumere lupi mannari...
-Ehi… ti dispiace se mi aggiungo a te e a Peter?-
La voce gentile di Lily lo riscosse dai suoi cupi pensieri. La ragazza lo guardava preoccupata, la borsa su una spalla e le maniche della camicia alzate. Era solo metà febbraio, ma nei sotterranei e con tutti quei fuochi accesi, il caldo si faceva sentire.
Remus vide James deviare verso il loro tavolo mentre tornava dall’armadio delle scorte e scrutarli con occhio critico. Lo stesso fece Sirius, già intento a tagliuzzare qualcosa.
-Oh, ehm… certo. Prego- rispose Remus, vagamente in imbarazzo, spostando il proprio maglione e quello di Peter per terra per fare spazio a Lily. La conosceva abbastanza, non benissimo però. Erano Prefetti insieme, ma di fatto erano state poche le ronde insieme e il più delle volte Remus le aveva passate a fissarsi i piedi e lei a guardare ovunque tranne che lui.
-Scusa, eh. Di solito faccio coppia con Mary, ma ha avuto il buon gusto di prendersi l’influenza- scherzò Lily, tornando padrona della situazione.
Peter schiantò sul tavolo tutti gli ingredienti che aveva recuperato e poi fissò Lily un attimo spaesato.
-Ciao, Lily Evans- si presentò lei, porgendogli la mano. –Vostro tormento preferito degli ultimi cinque anni e mezzo. Chiudi quella bocca, caro, o ti entreranno le mosche- rise, mentre Peter aggrottava le sopracciglia.
-Stai con noi?- chiese, sedendosi circospetto.
-Sì, e non mordo- mise in chiaro Lily. –Non io- aggiunse, strizzando l’occhio a Remus, che divenne subito paonazzo. –Uhm… hai dimenticato le spine di rosa- si rese poi conto, dando un’occhiata rapida agli ingredienti. –Ehi, Sirius- chiese, rovesciando la testa all’indietro, la penna che scivolava via dai capelli. –Avanzano delle spine?-
-Quante ne vuoi, dolcezza- rispose lui, lanciandole al loro tavolo e chiedendo poi scusa con lo sguardo al professore, che non aveva gradito affatto.
-Signor Black!-
-Chiedo scusa, prof- disse, alzando le mani, e questa volta fu Lily e battergli il dieci, facendolo scoppiare a ridere sguaiatamente.
Remus non avrebbe saputo dire quando i due erano diventati amici. No, forse amici non era la parola giusta. Si sopportavano egregiamente e qualche volta erano persino capaci di scherzare insieme, sempre ovviamente ai danni di James, che cercava di nascondere come meglio poteva la gelosia che lo prendeva in quei momenti. Però, dall’anno prima, qualcosa era cambiato in Sirius e Lily. Il primo, soprattutto dopo il quasi-suicidio del quale non aveva parlato a nessuno, alternava momenti di totale pazzia ad altri più riflessivi. La ragazza, invece, dopo la rottura con Piton era diventata più solare. Stava di più allo scherzo persino con loro e, anziché buttarsi giù, aveva approfittato dell’occasione per cambiare.
-Allora, come mai i vostri compari vi hanno lasciati da soli?- chiese, risistemandosi la piuma tra i capelli e sfogliando distrattamente il manuale.
-Non siamo proprio le persone migliori con cui passare due ore di Pozioni- ammise Peter, guardando con diffidenza i vari ingredienti. –Sono più le volte che combiniamo disastri che altro…-
-Quanti calderoni abbiamo già fuso quest’anno?- chiese Remus, svogliato.
-Venti… no, ventidue- finì di contare Peter, facendo scoppiare a ridere Lily. –No, aspetta. Quello della settimana scorsa non conta perché era di James. Quindi sono ventuno.-
-Mi devi comunque trenta galeoni!- gridò il ragazzo dal tavolo accanto, lanciando una pallina di carta e saliva sulla testa dell’amico. –Quello di chi fondet… ehm… usate, questa volta?-
-Mio- alzò la mano Remus, tornando poi ad accasciarsi sul tavolo.
-Uh quante storie!- sorrise Lily. –Ora c’è qua Evans e vi dico io che vinciamo anche la Felix, se ci impegniamo un po’.-
Peter mugugnò qualcosa che assomigliava molto a un “se lo dici tu…”, ma lei non ci fece caso.
-Basta organizzarsi. E tenervi lontani dal calderone, questo l’ho capito. Allora: Peter, ti sminuzza la menta piperita. Ma non come dice il libro, falla proprio diventare quasi una polverina- disse, passando il mortaio al ragazzo. –Remus, a te la pietra di luna in polvere. Misurane ventitré grammi e poi dimmi quando hai fatto. Io mi occupo del resto.-
 
 
-Sembrano agguerriti- constatò Sirius, dopo mezz’ora di lavoro, quando dal calderone di Remus, Peter e Lily si sollevava una nuvola di vapore perlaceo mentre la loro pozione era ancora azzurrognola. –E anche bravini…-
-Tutto merito di Evans- grugnì James, gli occhiali completamente appannati dal fumo.
-Qualcuno è geloso- canticchiò Sirius, girando in senso antiorario due volte e sperando in un miracolo. Di solito se la cavava bene in Pozioni ma, chissà per quale motivo, quel giorno non riusciva a concentrarsi. O meglio, lo sapeva benissimo il perché, dato che gli stava di fronte, aveva i capelli rosso scuro ed erano quasi tre quarti d’ora che flirtava amorevolmente con Remus.
-IO?! Geloso?!- si indignò James, mollandogli un coppino che lo obbligò a distogliere lo sguardo dai due che ridevano insieme. E meno male, perché la loro pozione stava debordando. Con un colpo di bacchetta abbassò il fuoco e controllò la situazione.
-Che colore dovrebbe essere ora?- domandò Sirius, giusto per cambiare argomento.
James lanciò un’occhiata al manuale mentre si puliva gli occhiali nella camicia, sporcandola di azzurro.
-Esattamente come quella del trio là davanti- borbottò, risistemandosi gli occhiali sul naso. –Davvero, guardi la loro e sei a posto.-
Sirius sbuffò e si passò una mano tra i capelli, che il vapore aveva reso appiccicosi e crespi.
-E così tu ed Evans siete amici, eh?- buttò lì dopo un po’ James, dando il cambio all’amico.
-Amici è un parolone. Diciamo che è una tipa a posto, soprattutto da quando ha riveduto il suo giro di amicizie. Capisco perché ti piaccia- scrollò le spalle Sirius.
-A me non piace Evans- si mise sulla difensiva James, salvo poi salutarla con un gran sorriso quando lei si voltò verso di loro. –Ok… forse un pochino sì. Ma tanto non ho speranze con una come lei.-
-Disse il ragazzo che si reputava “James Potter il Magnifico”. Amico… tu proprio non hai mezze misure, eh? O sei un dio o fai schifo, no?-
James scoppiò a ridere.
-Mi sa di sì…-
-Siamo rovinati, allora. Comunque, ho sentito dire in giro che non parla più tanto male di te.-
-Uh, alla grande allora. Tempo quarant’anni e me la sposo- ghignò sarcastico James. –Senti, amico, qui la pozione non quaglia. Che facciamo?-
Sirius lanciò un’occhiata agli altri tavoli. A parte Lily, Remus e Peter, erano decisamente tutti messi peggio di loro. Persino Piton, chino sul proprio calderone, stava avendo problemi. Forse perché continuava a lanciare sguardi d’odio a Lily, che rideva tranquillamente con gli altri due ragazzi…
-Secondo me ci basta sabotare il loro e la Felix è nostra- concluse alla fine Sirius, lasciando perdere il mestolo e guardandolo affogare nella pozione.
-Ma se Lumacorno ci scopre… e poi, non dimenticare che in palio c’è anche l’invito all’esclusivo Lumaclub- inarcò un sopracciglio James, per nulla convinto. –Io di “veste da sera” ho solo il mio pigiama…-
-Già, ma al “Lumaclub”, come lo chiami tu, ci sarebbe anche Lily… e lei sì che ce l’ha un vestito elegante…- ammiccò Sirius. –E poi cos’è la vita senza un po’ di rischio!- lo spronò.
James si fermò un attimo a riflettere.
-Facciamo così- propose allora Sirius, che si stava annoiando e voleva che quella lezione finisse il prima possibile. –Io trovo un modo per sabotarli e mi prendo anche la colpa, nessun problema. Tanto te ne devo una, no? Ecco, io mi prendo la colpa e tu ti aggiudichi Felix e cena. Dopo, a me dai la Fortuna Liquida e, dopo che te ne avrò generosamente concesso un sorso, andrai a farti bello per la tua rossa serata. Te gusta come piano?- concluse.
James si illuminò.
-Me gusta assai- esclamò, baciando l’amico in fronte.
-Schifo assoluto- si lamentò Sirius.
-Cos’è, Remus sì e io no?-
Sirius arrossì furiosamente, ma riuscì a nascondere il tutto tuffandosi nella borsa per recuperare lui solo sapeva cosa. Riemerse trionfante, brandendo qualcosa di verdino contenuto in una fiala.
-Cos’è quella robaccia?- chiese James, curioso.
-Robaccia, tzè! Questa, mio cornuto amico, è la muffa che cresce nel nostro bagno.-
-Schifo supremo! Abbiamo della muffa nel bagno? E che ce ne facciamo?-
-Boh, era lì… che me ne frega a me del perché abbiamo della muffa nel bagno, Ramoso! Però sapevo che sarebbe tornata utile, prima o poi. E infatti, eccoci qua- spiegò trionfante.
-Le pulci ti fanno sragionare?- corrugò la fronte James, prima di arrivarci a sua volta. –Oh… OH!-
-Eccola lì che arriva, l’Idea!- sogghignò Sirius. –E ora vammi a distrarre il Lumacone e fornisciti un alibi. Si va in scena!-
 
 
 
 
 
Anche se era il quarto vaso da notte che puliva senza magia, Sirius non poté fare a meno di complimentarsi con se stesso. Piano eccellente, risultato impeccabile. Peccato solo che gli schizzi dell’Amortentia di Lily, Peter e Remus non fossero stati abbastanza forti da colpire Piton. Per il resto, era stato un successo: la lezione era finita un’ora e un quarto in anticipo, avevano avuto il pomeriggio libero ed avevano anche ottenuto la Felix, perché la pozione sua e di James era risultata la migliore, alla fine. Niente invito alla festa di quella sera, più che altro perché era stata annullata. Uno schizzo aveva colpito il professore in pieno viso, bruciandogli uno dei due baffi, e lui si era barricato nel proprio studio per rimediare a quel disastro. Subito dopo aver gridato a Sirius che avrebbe trascorso il mese successivo a pulire vasi da notte in Infermeria.
Il ragazzo rise al ricordo e passò al successivo, ringraziando mentalmente Lily per avergli fornito una pozione contro gli odori, che gli aveva reso insensibile il naso.
Doveva ammettere che aveva sottovalutato la ragazza, nel corso degli ultimi cinque anni e mezzo. Intanto, non era così secchiona come aveva sempre creduto, aveva semplicemente un’ottima memoria fotografica e una grande abilità nel fare schemi. Oltre che una fortuna sfacciata agli esami, corredata da una parlantina niente male, che la toglieva sempre dai guai. Da quando poi non frequentava più Mocciosus, sembrava anche più rilassata nei confronti del mondo. Rideva più facilmente e stava di più allo scherzo.
Da quando l’anno prima si erano incontrati quasi per caso in corridoio, Lily aveva cominciato a guardarlo con occhi diversi. Prima dell’incidente ai G.U.F.O., era capitato che gli rivolgesse qualche parola gentile qua e là, lontano dal naso impiccione di Piton. E dopo che era successo quello che era successo tra i due, Sirius le aveva scritto durante l’estate, soprattutto quando era scappato di casa. Aveva come sentito che lei l’avrebbe capito, dato i mille casini con la sorella che praticamente tutti conoscevano. E da allora era cominciata la loro corrispondenza. Si erano conosciuti di più in quei due mesi che in tutti i cinque anni di scuola.
Per quello non si stupì quando la vide entrare di soppiatto in Infermeria, nonostante fossero quasi le tre del mattino. Non era la Prefetta-Perfetta che aveva sempre creduto. 
-Ehi, bellezza. Venuta a darmi una mano? Quella pozione che mi hai passato per gli odori è davvero…- ma si bloccò, nel vedere l’espressione sconvolta di lei. Lasciò cadere per terra il vaso che stava pulendo e si sfilò i guanti che aveva indossato non appena Madama Pomfrey l’aveva lasciato solo. –Che è successo?-
-Io… io non lo so- disse Lily, passandosi una mano tra i capelli, senza riuscire a stare ferma. –Stavo pattugliando il terzo piano con Goldstein, di Corvonero… e li ho visti dalla finestra. Sirius, io lo so che tu lo sai che diavolo ci facevano vicino al Platano, non voglio che me lo dici… ma credo abbiamo bisogno di aiuto.-
Sirius sbiancò. Aveva capito poco e niente del discorso di Lily, ma quelle sommarie informazioni gli fecero balzare il cuore in gola.
Loro: James, Peter e Remus.
Platano: il tunnel che portava alla Stamberga.
Quella notte: luna piena.
Lily sconvolta: qualcosa era successo, qualcosa di grave.
-Dimmi che altro hai visto- la incalzò, seguendola fuori dall’Infermeria e sfoderando la bacchetta per fare luce.
-Ehm… credo fossero Peter e Potter e sorreggevano qualcun altro…-
Remus.
Il cuore di Sirius perse un altro battito. Perché quelle cose dovevano sempre succedere quando lui non era con loro?!
-E come sembrava che stesse? Il terzo… Remus…- specificò ma, dall’occhiata che Lily gli lanciò, capì che non era necessario.
-Male, Sirius, stava male. Potter e Peter praticamente lo tenevano su di peso, non sembrava riuscire a camminare… devo chiamare qualcuno?- gli chiese, quando raggiunsero un bivio. –Io devo tornare da Goldstein, non sa che sono venuta ad avvertirti, crede sia in bagno… vi serve aiuto?-
Sirius scosse la testa, cercando di rimanere lucido.
-No… no. Ce la caveremo, come sempre. Lo porteremo in Infermeria, Madama Pomfrey saprà cosa fare. Lei lo sa sempre, no?- aggiunse, quasi implorandola di dargli ragione.
-Certo- sussurrò Lily, stringendogli un braccio. Ma Sirius l’attirò a sé e l’abbracciò forte. –Andrà tutto bene- gli disse all’orecchio, sorridendogli incoraggiante. –E ora vai!-
E Sirius corse come se ne dipendesse dalla propria vita, e in un certo senso era vero. Sapeva che il portone del castello era sempre lasciato socchiuso in notti come quella, per permettere a Remus di tornare al castello indisturbato una volta che la trasformazione fosse finita. Una cosa, però, non aveva senso: era ancora notte, lui doveva ancora essere lupo… ma Lily aveva detto di aver visto Remus… come poteva essere?
Svoltò a sinistra alla fine del corridoio e praticamente finì addosso a James e Peter. Remus era tra loro e non stava affatto bene. Unghiate sul viso, un paio che gli attraversavano il naso rendendo il suo volto una maschera grottesca, e aveva uno squarcio sul ventre che Sirius si impose di non guardare. James e Peter, invece, sembravano stare bene, per quanto pallidi e preoccupati.
-Che accidenti è successo?- praticamente gridò, dando il cambio a Peter che non ce la faceva più.
-Sirius?- biascicò Remus, voltandosi appena verso di lui.
-Sono io, amico… sono io- lo rassicurò, dandogli dei lievi colpetti sulla guancia con la mano libera, accarezzandolo poi. Doveva toccarlo, assicurarsi che fosse reale. –James?- chiese poi, alzando lo sguardo verso l’altro.
-Crediamo ci siano dei Serpeverde dietro, forse volevano vendicarsi dello scherzo di oggi a Pozioni. Stavamo andando verso la Foresta, come sempre, quando sono apparsi in cinque o sei, tutti coperti da mantelli…- cominciò a spiegare James.
-E hanno fatto chissà che cosa a Remus- continuò Peter, massaggiandosi il polso e tirando fuori la Mappa, per controllare che non ci fossero insegnanti nelle vicinanze. –Qualunque cosa fosse, ha interrotto la trasformazione e lo ha ferito gravemente.-
Il cuore di Sirius perse un altro battito alla parola gravemente, ma si impose di rimanere calmo. Remus era accanto a lui, respirava, a fatica ma respirava. E ora Peter li avrebbe guidati e tutto sarebbe andato bene.
-Sembrava sapessero perfettamente chi fossimo e come colpirci,- continuò James, -è questo che non mi spiego.-
-Mocciosus- fu l’unica cosa che riuscì a sillabare Sirius, stringendo forte Remus a sé, che stava rischiando di cadere. Dovevano darsi una mossa, stava sempre peggio…
-Come?- si voltò interrogativo Peter, facendo luce con la bacchetta.
-Mocciosus sa di Remus e del suo problema. Me lo ha detto Lily- spiegò Sirius, il cuore in gola. –Ha detto che aveva delle teorie… evidentemente non sono più solo tali.-
-Entro domani mattina tutta la scuola saprà del suo segreto- squittì Peter, facendosi ancora più pallido. –E del nostro. Verremo espulsi… verremo spediti ad Azkaban…-
-Raggio di sole tu, eh?- lo squadrò Sirius. Non c’era bisogno che l’amico gli mettesse altra ansia addosso. –Mocciosus non deve aver preso troppo bene la collaborazione tra Lily e Remus di oggi…-
James rimase in silenzio, ma Sirius quasi riusciva a vederlo pensare.
-Non verrà espulso nessuno, Peter- disse alla fine, quando finalmente raggiunsero l’Infermeria. –Perché anche loro erano fuori di notte, nella Foresta… non ammetterebbero mai una cosa del genere. Quindi nessuno verrà a sapere niente. Ormai si è abituati al fatto che Remus finisca in Infermeria una volta al mese… non ci faranno più caso del solito. Madama Pomfrey lo aggiusterà, vedrai- concluse, bussando. –Andrà tutto bene anche questa volta.-
 
 
 
 
 
Remus aprì piano gli occhi e cercò di mettere a fuoco. Attorno a lui, tre facce spaventate e piene di sonno.
James, la testa appoggiata sulla schiena di Peter, che si sorreggeva con una mano; Sirius, rigido su una sedia, proteso in avanti.
-Ragazzi?- riuscì a biascicare. –Siete voi?-
-Sta bene- disse sollevato James. –È scemo come un lampione, quindi sta bene.-
Gli faceva male ovunque e la vista andava e veniva. Si toccò il ventre e lo sentì fasciato. Le gambe erano pesanti, ma non ingessate. Con un dito seguì la linea delle nuove cicatrici che gli solcavano il naso.
-Che ci fate qui?-
-Praticamente ci abitiamo- riuscì a scherzare Peter, facendogli spuntare un sorriso sincero. –Come ti senti?-
-Come se il Platano mi avesse picchiato tutta notte- mormorò. –Che ore sono?-
-Quasi le otto, ora di colazione- sorrise James, porgendogli un bicchiere pieno di una sostanza giallognola per niente invitante. –La Generalessa vuole che bevi questo.-
Remus lo buttò giù in un sorso e si pulì la bocca nel pigiama.
-Schifo- commentò, storcendo la bocca. –Che è successo?-
Vide Sirius scurirsi ancora di più in volto, ma non aprì bocca. Fu James a spiegargli.
-Dei Serpeverde ci hanno attaccati. Qualunque maledizione ti abbiano scagliato, ha invertito la tua trasformazione, ferendoti. Ti abbiamo portato in Infermeria che eri praticamente incosciente…-
-Sì… ricordo poche cose. Ricordo che sei comparso tu, a un certo punto. O era un sogno?- chiese, voltandosi verso Sirius.
-Lily mi ha avvertito e sono andato loro incontro. Sì, c’ero- rispose il ragazzo, stringendo i pugni.
-Bene, noi andiamo- disse allora Peter, tirando per un braccio James, che stava rischiando di addormentarsi seduto. –Una bella dormita è quello che ci serve.-
-Aspettate…- tentò Sirius.
-No. Rimani. Si vede che avete bisogno di parlare- sorrise Peter, sorreggendo James e avviandosi verso la porta. –E poi la Generalessa lo ha messo in chiaro: una persona alla volta, quando si sarebbe svegliato. Ci vediamo dopo.-
Remus li guardò allontanarsi, poi fissò il suo sguardo su Sirius. Era fermo immobile da quando lui aveva aperto gli occhi, seduto così in limine alla sedia che avrebbe potuto spiccare il volo, se avesse avuto le ali. Si tormentava le mani e aveva gli occhi rossi. Si fosse trattato di qualcun altro, Remus avrebbe detto che aveva pianto. Ma Sirius non piangeva…
-Ehi…- disse piano, allungando la mano verso di lui.
Sirius la strinse con forza e se la portò al viso, alzando finalmente lo sguardo. Sì, aveva pianto, realizzò Remus. E nuove lacrime stavano spuntando proprio in quel momento.
-Che hai?- domandò, tentando di mantenere un tono leggero. –Ehi… Sirius… Sirius, guardami. Sto bene, ok? Lo vedi? Sto bene… sono cose che capitano. Ormai dovresti esserci abituato…-
Ma Sirius non gli diede il tempo di finire e in una frazione di secondo aveva annullato la distanza tra loro due, poggiando le sue labbra su quelle di Remus. Il ragazzo, sorpreso, ma non troppo, rispose al bacio e portò l’altro più vicino incastrando la mano tra i capelli neri e lunghi.
Sirius gli si sdraiò praticamente sopra, facendo attenzione alle fasciature, e continuò a baciarlo fino a quando entrambi non ebbero più fiato. Ma andava bene, pensò Remus, a che gli serviva respirare quando c’era Sirius? Non sapeva per quanto tempo avesse voluto una cosa del genere, da quanto tempo anelava le labbra di Sirius sulle sue… era da quella notte al primo anno, quando erano finiti sul pavimento? O dal secondo, quando un primo contatto c’era stato, più casuale che altro? O era stata la notte che il suo villaggio era stato attaccato, quando Sirius lo aveva stretto forte, che aveva capito? Sì… forse era stato allora, ma con gli anni si era cercato di convincere che non fosse nulla, che Sirius era fatto così… poi, l’anno prima, l’aveva visto pronto a saltare per rimediare allo sbaglio che aveva fatto… e aveva capito che nella sua vita, nel suo cuore, poteva esserci solo Sirius Black.
Quando si staccarono, Remus lo tenne vicino, passandogli piano le dita sulla guancia e guardandolo fisso negli occhi.
-Ora sto bene- sussurrò, allungandosi per baciarlo di nuovo. Sirius arrossì e poi si sistemò meglio, incastrandosi tra la spalla e il collo di Remus. –Certo che ce ne hai messo di tempo a deciderti, eh? Dovevo rischiare di morire per…- tentò di scherzare, ma Sirius gli diede una piccola testata che lo zittì.
-Uno: dì un’altra volta che stavi per lasciarci le penne e la prossima volta che ti bacio ti strappo la lingua a morsi- lo minacciò.
-Uh… allora c’è una prossima volta…-
-Certo che c’è, idiota. E due: dove stava scritto che dovessi fare io la prima mossa?- continuò, alzando lo sguardo per incrociare quello dell’altro, che sorrise divertito. –Insomma, mi sembrava abbastanza chiaro che io… che... hai capito, ecco.-
-Trasparente come un vetro appannato- lo prese in giro Remus. –Anche se, a essere onesti, abbiamo più o meno rischiato di baciarci ogni anno, da quando abbiamo cominciato la scuola.-
-Il sesto tentativo è stato quello buono- ghignò Sirius.
-E ora come lo diciamo a… oh!- si interruppe, posando un altro bacio sulla fronte dell’altro. –Peter non ci ha lasciati soli per caso…-
-Credo avesse capito tutto molto prima di noi due- commentò Sirius, percorrendo con un dito le righe del pigiama di Remus.
-Sveglio il topastro…- ridacchiò quello. –E James…?-
-Ha la testa troppo piena di Evans, secondo me.-
-Oppure sa anche lui- rise di nuovo Remus, trascinando l’altro con sé. Lo baciò di nuovo e poi gli sistemò i capelli dietro le orecchie. –Oh… adesso capisco…- mormorò poi.
-Cosa?- chiese Sirius, alzando di nuovo lo sguardo, incuriosito.
-Questa mattina a Pozioni, c’era un terzo odore nell’Amortentia che non riuscivo a collegare a niente… mi è solo venuto in mente cosa fosse: il tuo dopobarba- ammise, per nulla imbarazzato, mentre Sirius arrossiva furiosamente.
-E gli altri due cos’erano?-
-Libri vecchi e polverosi e torta al limone... Tu hai sentito qualcosa?-
-Sì… ma non ci ho messo un giorno e mezzo per capirlo- lo prese in giro, baciandolo di nuovo e mordendogli piano il labbro inferiore. –L’odore che si sente in montagna poco prima che nevichi… cioccolata… e luna piena.-
-La luna piena non ha un odore, pirla- rise Remus.
-Per me sì. E non saprei descrivertelo, davvero… ma giuro che ce l’ha.-
-Tu sei scemo.-
-Avrei aspettato così tanto per baciarti, se fossi normale?-
-Be’, Merlino, farlo quando avevamo undici anni non sarebbe stato normale.-
-No… anche se, se non fosse stato per te, probabilmente sarei ancora sul pavimento.-
Remus rise di nuovo.
-Comunque, anche quando avevamo dodici anni non sarebbe stato il top.-
-In realtà, ci ho provato…-
-E io che in tutti questi anni ho pensato che fosse stato accidentale!-
-Nossignore. Solo che mi sei diventato tutto rosso eccetera eccetera eccetera…-
-Quindi tu già a dodici anni…?-
-Non farmi passare per il romanticone che non sono- sbuffò Sirius. –Comunque un po’ sì, ecco. Diciamo che ho sempre come sentito che quello che provavo per te non era la stessa amicizia che mi legava a James e Peter.-
-Wow… questa non me l’aspettavo.-
-Per te quando…?-
-Credo verso i tredici, quando spuntasti all’attacco del mio villaggio.-
-Godric che spavento del cazzo che mi hai fatto prendere quella notte!-
-Ma vogliamo parlare dell’anno scorso?- roteò gli occhi Remus e guardandolo fisso. –Ora ti rendi conto della stronzata che avresti fatto?-
-L’ho capito quando ti ho visto… avrei voluto che te ne andassi, ma allo stesso tempo non ero mai stato così felice di vederti…- ammise Sirius, nascondendo il viso nel pigiama di Remus.
Rimasero per un attimo in silenzio, fuori aveva cominciato a piovere e il vento spazzava le gocce contro il vetro, riempiendo di rumori l’Infermeria deserta.
Remus, finalmente, sentiva che tutto nella sua vita aveva un senso. Perché poteva essere innamorato di Sirius e continuare a prenderlo in giro, continuare a scherzare come sempre. Aveva sempre temuto che un eventuale bacio avrebbe potuto rovinare le cose, invece le aveva solo migliorate. Perché Sirius rendeva tutto migliore.
Si era sempre detto che non era mai uscito con nessuno perché era un licantropo, perché nessuna ragazza sarebbe dovuta stare con lui… ma la verità non era quella, era un’altra: lui non voleva nessuna ragazza, o nessun altro ragazzo. Aveva Sirius.
-Remus…-
-Uhm?-
-È troppo presto per dirti…?-
-Per dirmi cosa?- lo incalzò con un mezzo sorriso, chinandosi per baciarlo piano.
-Per dirti che ti amo- confessò Sirius, guardandolo dal basso verso l’alto, cosa che rese i suoi occhi ancora più grandi.
-No… anzi, direi quasi che è tardi, visto da quanto ci giriamo intorno.-
-Allora lo dico: ti amo.-
-Ti amo anch…-
-No- lo interruppe Sirius. –Non dirlo così, come se fosse una cosa scontata. Queste parole, queste due piccolissime parole, sono mie per te. E già lo so, non saranno mai di nessun altro. Quindi le dico per bene. Remus Lupin, ti amo. Ma se tu non sei pronto, va bene, non dirle. Fallo quando avranno davvero un significato.-
Il ragazzo si prese un attimo. Sirius aveva ragione, le parole avevano un peso. Si sentiva di dire una cosa così importante ora? Sentiva di poterci mettere l’esatto sentimento che voleva?
-Forse domani…- mormorò alla fine. –Ma questo non vuol dire che non ti ami e non voglia stare con te. Solo… magari domani le dirò bene- concluse.
Sirius si mosse di nuovo sopra di lui e riprese a baciarlo.
-Domani mi sta bene. Siamo pieni di domani… e ora sta zitto e baciami.-













Inathia's nook:
E sia cantato l'alleluja per questi due piccoli scemi! Ma andiamo con calma...
Spero che questa "nuova" Lily piaccia. A me (e non solo perché l'ho scritta io) piace. Ce la vedo scanzonata, che flirta con Remus per far ingelosire Sirius (sì, la ragazza aveva l'occhio lungo e, come Pete, aveva già capito tutto). E poi, quando finisce un'amicizia importante come quella che legava lei e Piton, dopo il periodo di depressione nera e incazzatura profonda (lo so bene, l'ho passato anche io stessa), puoi solo reagire. E o ti chiudi in te stessa, oppure dici "fanculo a tutto e tutti, la vita è una". E lei ha scelto questa seconda soluzione. Da qui anche l'amicizia con Sirius... quei due, ne sono sicura al 100% anche se non avremo mai un libro sui Malandrini, scherzavano e complottavano ai danni di James...!
E veniamo alla seconda parte del capitolo. Non ho la più pallida idea di cosa possa interrompere la trasformazione di un lupo mannaro durante la luna piena, ma è qualcosa di veramente oscuro (non dimentichiamoci del bell'incantesimo che aveva inventati Piton...). Chiedo "perdono", ma questi due idioti o sono in situazioni mortali, o una mossa non se la danno. Prometto che il prossimo capitolo sarà pipù tranquillo e puccioso (nei miei limiti :-P)
Bene, passo a ringraziare due persone bellissimissime, che mi lasciano sempre recensioni bellissimissime: TakeMeToWonderland e Just Izzy. Siete i pilastri di questa fic. E ora ho bisogno di un vostro parere "da pubblico": preferireste che la storia si concludesse con il 1981, oppure volete anche capitoli ambientati nel 1993, 94, 95, per vedere come il rapporto tra Sirius e Remus si ricucisca e come spunti poi fuori Tonks? Dite pure e darò retta alla maggioranza :-)
Un bacione e alla prossima,
I.L.
 

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Capitolo 7
*** 1977 - Il volto della vita ***


1977





 

Il volto della vita

 

 

 

 

-Shaaaaaampoo!-

La voce squillante di Sirius fece inarcare un sopracciglio a Remus. Erano quasi le sette di sera e ancora gli mancavano tre sciarpe su cinque da appendere. E il suo ragazzo aveva scelto proprio quel momento per decidere di lavarsi i capelli, perché “Lunastorta, io sono una persona per bene. Non come te, che vai in giro con quel codino da anni e, se te lo sciogli, i capelli rimangono in quella stessa identica posizione”.

-SHAAAAAAAAAAMPOO!- urlò di nuovo, la voce mezza soffocata dall’acqua. –Lunastorta, shampoo!-

Remus scrollò le spalle e scese piano dal proprio letto, sul quale si era arrampicato. In realtà, il suo compito sarebbe stato il più semplice di tutti, -se solo qualcuno gliel’avesse lasciato svolgere-: appendere le loro quattro sciarpe, più quella di Lily, come festoni sopra i letti, per festeggiare la loro ultima notte a Hogwarts, la vittoria della Coppa e i sei mesi di James e Lily insieme. Nulla di difficile. Certo. Se non fosse stato che ogni volta che tentava di fermare una sciarpa, Sirius reclamava la sua presenza con qualche richiesta assurda. All’inizio aveva dovuto aiutare lui e Peter a portare il cibo in camera, poi aveva dovuto cercare il Mantello perché Sirius e Peter erano troppo stanchi. Quindi Peter era sparito chissà dove, probabilmente era andato a confessare il suo eterno amore a Tessa Calver di Tassorosso, nonostante lei fosse felicemente fidanzata da due anni con Manfred Plein, Corvonero. Ma Peter sapeva essere testardo. O disperato… James e Lily avevano passato il pomeriggio fuori insieme. Lui si sarebbe dovuto occupare della musica ed era alla ricerca disperata di un giradischi, perché il loro era stato rotto durante una lotta particolarmente furibonda con i cuscini il mese prima, presi dall’isteria degli esami. Sirius si era quindi infilato sotto la doccia e Remus si era illuso di poter finalmente appendere quelle benedette sciarpe, nonostante la schiena a pezzi dopo il piccolo festeggiamento privato che avevano avuto lui e Sirius nel ripostiglio delle scope del quarto piano la sera prima.

Ma, appunto, si era illuso.

Perché non solo Sirius o si faceva la doccia o si lavava i capelli, era contro la sua improbabile e personalissima religione fare le due cose insieme (e quindi ora era chino sul lavandino, asciugamano intorno alla vita e mano protesa verso Remus per lo shampoo), ma aveva costantemente bisogno di qualcosa. Prima si era trattato di qualcosa con cui coprirsi (che Remus gli aveva allungato piuttosto controvoglia) e ora era lo shampoo.

-LUUNASTOOOOOOOORTAAAAA!- gridò di nuovo, sollevando leggermente la cortina di capelli e sbuffando. –Mi sto prendendo un accidente di freddo!-

-Se solo tu ti lavassi i capelli sotto la doccia come il resto del genere umano…- alzò gli occhi al cielo Remus, gettando la propria sciarpa sul letto, rassegnato.

Entrò in bagno e, il caos che c’era, gli fece rispuntare il sorriso. Sirius aveva seminato vestiti e cose ovunque, forse nel tentativo estremo di marcare il territorio. Ma non c’era nulla da fare, il mattino dopo avrebbero ripreso il treno e non sarebbero tornati più. Per quanto avessero già dove andare (una piccola mansarda sopra la nuova gelateria a Diagon Alley, dove Remus aveva momentaneamente trovato lavoro insieme a Peter) e avessero dei piani per il futuro (qualche sera prima Silente li aveva convocati nel proprio studio per la formazione di una qualche associazione segreta per combattere Voldemort), lasciare Hogwarts faceva comunque paura. E forse a Sirius faceva più paura che a tutti gli altri e da lì tutta quella necessità di attenzioni.

Remus recuperò lo shampoo da sotto una pila di vestiti e lo allungò al proprio ragazzo.

-Grazie caro- batté le ciglia, cinguettando, Sirius.

-Ciao!- lo salutò Remus. Doveva assolutamente finire di appendere quelle benedette sciarpe… -E sappi che sei inquietante quando usi quel tono- commentò, dandogli una pacca sul fondoschiena, che fece scoppiare a ridere l’altro.

Tornò quindi rassegnato in camera, certo che Sirius l’avrebbe richiamato nel giro di pochi secondi per un’altra qualche necessaria necessità. Scosse la testa e decise di far Levitare la sciarpa e di annodarla con un rapido movimento del polso, poi ammirò il risultato. Erano sbilenche, ma almeno colorate. Peter aveva anche dipinto un piccolo striscione, essendo l’unico del gruppo con un vero e proprio talento artistico (salvo Sirius che sosteneva di saper suonare il piano, ma che nessuno aveva mai davvero sentito), e ora, appese finalmente tutte le sciarpe, gli mancava solo di trovare un posto per quello.

-Luuuuunastooooorta!-

Scoppiò a ridere da solo quando Sirius lo distrasse dai suoi calcoli improbabili.

-Sì?- chiese, senza nemmeno andare in bagno, la mano ancora sotto il mento. –Cosa, questa volta?-

-La maschera!-

Remus roteò gli occhi divertito. Da quando Lily, un paio di mesi prima, si era lavata i capelli nel loro bagno, Sirius aveva scoperto l’esistenza delle maschere per capelli e la cosa lo aveva mandato in visibilio. Aveva passato giorni a implorare Lily a dirgli che prodotto fosse, dove l’avesse comprato… finché lei, divertita, non gli aveva regalato la sua.

-E dove sarebbe?- chiese Remus, notando che il caos non era solo nel bagno. Dopo sette anni, stavano tentando di fare i bagagli per bene e una volta per tutte, cosa per niente facile. Nel pomeriggio, per esempio, gli era capitato di trovare una maglietta, che credeva di aver perso al terzo anno, appallottolata sotto il letto di Peter, che aveva negato qualsiasi coinvolgimento.

-Boh… là da qualche parte!-

Scrollò le spalle, partendo alla ricerca della benedetta maschera per capelli, pensando che ben presto quel siparietto si sarebbe ripetuto, ma a quel punto sarebbero stati a casa loro. La cosa gli faceva ancora strano, se ci pensava, ma poi si ricordava di tutti i piccoli momenti di intimità che avrebbero condiviso e allora il sorriso tornava. Avevano preso l’appartamento quell’estate, con i soldi che Sirius aveva ereditato da suo zio Alphard, un vecchietto svampito ma molto simpatico, che aveva lasciato tutto al nipote prima di morire. Remus, all’inizio, non aveva gradito l’idea che pagasse tutto Sirius, ma poi l’altro gli aveva dato dell’idiota, lo aveva baciato e gli aveva detto: “Lunastorta mio, un giorno mi ripagherai di tutto, e io farò il casalingo grasso e puzzolente. E poi allora ti ovviamente mi tradirai perché non ti piacerò più e… non ci provare, eh, perché io divento Felpato e faccio la cacca su ogni tua singola camicia”. Remus aveva riso e quella era stata la prima volta che avevano fatto l’amore, sul pavimento del loro nuovo salotto.

-Ammmmmore?- sbuffò Sirius. –Pelosotto mio? Mia luna carnivora?-

-Ecco, tieni, pulce.-

In realtà non era proprio la maschera di bellezza, quella che aveva trovato… bensì una tinta che cambiava colore a seconda dell’umore, che avevano comprato forse un anno prima da Zonko. L’avrebbero dovuta usare su Piton, ma alla fine la cosa non era andata in porto. James se l’era ritrovata nel baule quando l’aveva svuotato per pulirlo a fondo (sarebbe andato a casa di Lily, una volta arrivati a Londra, e aveva deciso di fare una bella impressione sui genitori di lei... Per quanto la ragazza e i tre amici gli avessero assicurato che una cosa del genere non sarebbe mai successa). E Remus davvero non vedeva l’ora di vedere Sirius, sempre tanto geloso della sua chioma fluente, con i capelli di mille colori.

Dopo aver deciso di appendere lo striscione fermandolo tra la finestra e la stufa, entrò in bagno di soppiatto e dovette davvero trattenersi dal ridere. Sirius, l’inconsapevole tinta sulla testa, faceva pose plastiche e smorfie davanti allo specchio, l’asciugamano intorno alla vita che stava scivolando pericolosamente verso il basso.

-Ohilà- lo salutò, baciandolo appassionatamente e ridendo sulle labbra di Remus. –Leggi quanto tempo devo tenerla, questa benedetta maschera- continuò, allungandogli la confezione che, per fortuna, non aveva letto.

-Una ventina di minuti, forse anche meno- rispose Remus, che ricordava perfettamente, dato che quello era stato il motivo per cui lo scherzo non era riuscito: non avevano trovato un modo di tenere fermo Piton per tutto quel tempo senza infrangere almeno un milione delle regole di scuola. –Allora, cos’è che mangiamo questa sera?- chiese, giusto per cambiare argomento, sedendosi sul WC, dopo averlo ovviamente chiuso.

Sirius si voltò verso di lui, raggiante.

-Amico mio- cominciò, ma Remus lo interruppe con un ghigno.

-Mi sa che quella fase l’abbiamo superata da un pezzo- commentò, mentre Sirius rideva e si esibiva in una piccola danza che terminò con lui che si toglieva l’asciugamano e lo sbatteva in testa all’altro. –E copriti!-

-Cooomunque, Lunastorta, grazie all’infallibile faccia da culo di Peter e all’amore incondizionato che prova per lui Filly, l’elfa domestica, il menù di questa sera comprende: zucchine ripiene… pizza… e biscotti!-

-Uhm… un menù piuttosto… ehm… eterogeneo…- rise Remus.

-Eterogeneo…- gli fece il verso Sirius, tornando allo specchio e facendogli la linguaccia dal riflesso. –Così forbito…-

-Be’, tu non sei una specie di mega principe fighissimo del mondo magico? Non era una famiglia così, la tua?- lo prese in giro Remus. –Mi sto solo adeguando allo standard del mio fidanzato.-

Sirius fece una smorfia.

-Punto uno: la mia famiglia sono i Potter. E, ah, ci hanno invitati per il tè domenica mattina. Mamma Potter è in vena di pettegolezzi… Punto due: ai Black verrebbe un colpo a sapere che sto con un ragazzo. Lupo mannaro, per di più. Ma ti giuro che se sapessi per certo che questo li ammazzerebbe tutti, mi presenterei a cena con te e passerei tutto il tempo a limonarti. Come unire l’utile al dilettevole…-

Remus ridacchiò piano, ma sapeva che c’era un fondo di verità in quello che Sirius aveva detto. Persino lì, persino ad Hogwarts, avevano inizialmente avuto problemi. Commenti omofobi la prima volta che erano entrati in Sala Grande mano nella mano… urla di disgusto e fischi quando Sirius l’aveva baciato l’anno prima quando avevano vinto la Coppa di Quiddich… e anche scritte sui muri con riferimenti volgari e non troppo velati…

Era stato allora che era davvero diventato amico di Lily, quando lei aveva affatturato un paio di Serpeverde che avevano cambiato strada quando lo avevano incrociato. La ragazza gli aveva sorriso e gli aveva detto che l’amore era una cosa bellissima, sempre e comunque. E, da quel momento, lei si era auto eletta guardia del corpo sua e di Sirius: li scortava a lezione, teneva loro il posto a pranzo e toglieva punti a chiunque parlasse male di loro, anche se si trattava di Grifondoro. Aveva poi espressamente richiesto di fare tutti i turni di ronda con lui, più che altro per spettegolare ampiamente. Aveva voluto sapere tutto: dalla prima volta che si era accorto di essersi innamorato, al primo bacio. Quando, durante l’estate, le aveva scritto che avevano preso casa insieme, se l’era ritrovata sul pianerottolo, una torta in mano e sorriso a trentadue denti.

Con gli altri due ragazzi, invece, la cosa era stata ovviamente più semplice. Avevano deciso di parlargliene dopo che era passato circa un mesetto dal primo bacio, quando avevano capito che poteva diventare una cosa seria. Stavano studiando tardi in sala comune, quindi grazie al cielo era deserta, quando Sirius se l’era quasi lasciato sfuggire. Non aveva stabilito una “strategia”, ma Remus era comunque diventato rosso come l’arredamento quando aveva sentito l’altro dire: “Ah, comunque Remus e io stiamo insieme. Quindi fate attenzione a quando entrate in dormitorio…”. James non aveva nemmeno alzato lo sguardo dallo schizzo di Erbologia che stava facendo. Il suo viso si era contratto in una smorfia e, per un attimo, Remus aveva avuto paura e aveva tirato un sonoro calcio a Sirius. Poi, però, aveva visto gli occhi di Peter illuminarsi e il ragazzo aveva teso la mano aperta verso l’altro, un ghigno sul viso. “Paga, Potter” gli aveva detto, mentre James depositava dieci galeoni sul palmo di Peter. “Sempre un piacere fare affari con voi” aveva sghignazzato. E così Remus e Sirius avevano scoperto della scommessa messa in piedi da Peter qualche mese prima, che era stata raddoppiata dopo la notte in Infermeria: Peter aveva davvero capito tutto e anche prima di loro. E da quel momento le cose erano tornate più o meno normali, tranne una: avevano capito che Peter era un asso con le scommesse. Sirius, infatti, ci rimise due galeoni quando James entrò in dormitorio a dicembre, esaltato, dicendo di aver finalmente portato fuori Lily e di averla baciata.

-Dici che James lo trova un giradischi?- buttò lì Remus, giusto per distrarre Sirius, che ora era di nuovo a testa in giù e si stava sciacquando quella che ancora credeva essere una maschera.

-Secondo me era una scusa di Lily per stare da soli- sghignazzò l’altro. –Stanza-Va-E-Vieni… mai sentita un’assurdità simile! E noi lo conosciamo tutto il castello, no?-

-Sarà… ma a me un po’ di musica andrebbe…- storse il naso Remus, stendendo le gambe e valutando seriamente la possibilità di cambiarsi. Dei quattro, era sempre stato il più restio a togliersi la divisa... La sua riflessione, però, venne bruscamente interrotto dall’urlo acuto e disperato di Sirius, che, fermo immobile davanti allo specchio, si guardava con orrore i capelli, che cambiavano colore più o meno ogni secondo.

-Blu scuro mi piaci- scoppiò a ridere Remus, mentre Sirius gli lanciava la prima cosa che gli capitava sotto mano. –EHI!- esclamò, riparandosi dietro la porta.

-Remus Lupin, io…- cominciò fermandosi di colpo perché nel dormitorio erano comparsi James e Lily, i quali si gelarono non appena videro quello che stava succedendo. Poi scoppiarono a ridere a loro volta, così forte che finirono entrambi per terra.

-Non è divertente… James! Liiiiiily! Non è affatto divert… oh, io vi ammazzo tutti!- stava continuando a urlare Sirius. –Prendete quel traditore infingardo!- gridò, mentre Remus infilava la porta, dopo aver afferrato dal mucchio dei vestiti a caso. Forse era il caso di andare a cambiarsi da qualche altra parte….

 

 

 

 

 

Fu solo un paio d’ore più tardi che Sirius riuscì a scendere a patti con il proprio aspetto fisico e a perdonare Remus. In primis, Lily riuscì a bloccargli il colore sul rosso-oro, in perfetto tema per la vittoria della Coppa delle Case, e tutti i Grifondoro osannarono il suo spirito patriottico, alzandolo in aria e portandolo in trionfo quando Silente assegnò loro la vittoria. In secundis, Remus entrò in Sala Grande indossando buona parte dei suoi vestiti e Sirius dovette ammettere che non poteva restare arrabbiato con il proprio fidanzato: era anche un genio del crimine, ma Godric se era sexy con i suoi pantaloni di pelle e la camicia mezza sbottonata…

Tornarono in dormitorio cantando e storpiando l’inno di Hogwarts, ubriachi dal nulla. James e Lily cantavano con il ritmo di una marcetta, Sirius e Remus con quello di una nenia funebre e Peter, che si era autoeletto direttore d’orchestra, aveva cominciato un pelo dopo di loro –a canone- e si era fatto tutta la strada camminando all’indietro, dirigendoli con la bacchetta e inciampando più e più volte. Entrarono in camera e finirono il loro canto in un acuto tremendo, che quasi rischiò di rompere le finestre.

-Bene, signori: dichiaro ufficialmente aperta la nostra ultima serata a Hogwarts!- proclamò Lily, saltando giù dal letto sul quale si era arrampicata e atterrando tra le braccia di James, che la baciò appassionatamente.

-Concordo con la madama, fuoco alle polveri!- rise Peter, scoprendo il primo piatto e facendolo girare. Zucchine ripiene dopo un banchetto non era proprio il massimo, ma il tutto finì ben presto in una gara a chi riusciva a lanciarle in aria e riprenderle con la bocca. Remus riuscì a infilarsene una nella camicia aperta e Sirius si precipitò a recuperarla, saltando addosso al proprio ragazzo “per il bene del bucato!”. A James ne finirono due sugli occhiali e quindi passò dieci minuti buoni cieco (cosa alla quale era piuttosto abituato, visti i trascorsi burrascosi) mentre Lily glieli lavava. Alla fine, fu dichiarato campione Peter, il quale, per pura fortuna, spinto da Remus, riuscì ad acchiappare al volo la propria zucchina. E come premio, Lily gli scoccò un bacio sulla guancia, facendolo diventare tutto rosso.

-Uh! Ma ci stavamo scordando la parte migliore!- esclamò a un certo punto James, mentre erano al secondo giro di pizza, seduti a gambe incrociate sul pavimento. –La mia rossissima metà ed io abbiamo recuperato un giradischi- gongolò, facendo cenno a Lily di metterlo al centro della stanza.

I ragazzi lo squadrarono con occhio critico.

-Ramoso… questo è un grammofono- sussurrò Remus a un certo punto. –E nemmeno in perfette condizioni… mi sa che l’avrebbe potuto usare Mirtilla Malcontenta ai suoi tempi…-

-Che lagne che siete- protestò James, facendosi passare un disco da Peter. –L’importante è che funzioni, no?- e detto questo, lo fece partire con un gesto della bacchetta e, sollevata quasi di peso Lily, cominciarono a ondeggiare a ritmo praticamente sul posto. –Visto?- sillabò poi a Remus, facendogli la linguaccia.

-Alzati, mio caro, si baila!- rise Sirius, tirando in piedi il proprio ragazzo.

-Uh, ma così non vale- protestò Peter, rimasto solo.

-Ancora nessuna fortuna con Tessa?- si informò Lily da sopra la spalla di James.

-Macché, è proprio fissata con quel Manfred- mugugnò Peter, aggredendo la terza fetta di pizza e aggiungendoci una zucchina sopra. –Ma dico io… come si fa a stare con uno con un nome del genere?-

-Io esco con uno che si chiama James…- sussurrò in tono da cospiratrice, guadagnandosi uno scappellotto affettuoso dal ragazzo.

-Eppure il topastro qui è un buon partito- commentò Sirius, facendo però gelare tutti.

Remus tirò un pestone al proprio ragazzo, che ebbe almeno il buon gusto di arrossire. Peter stoppò la musica con un colpo di bacchetta, guardandosi attorno come in attesa di istruzioni. James lanciò uno sguardo preoccupato a Lily, che proprio non stava capendo cosa fosse successo.

-Perché guardate tutti me?- chiese, sciogliendosi lentamente da James, ma continuando a tenerlo per mano. –Ho qualcosa tra i denti…?-

James si voltò verso Remus, che si lasciò cadere su un letto, scuotendo piano la testa. Sirius si rese lentamente conto della cavolata che aveva appena detto. Lily aveva sempre trovato curiosi i loro soprannomi, ma non ne aveva mai fatto una ragione di stato, soprattutto quando loro avevano liquidato la cosa con poco, affibbiandone uno anche a lei: Fiore. Era anche consapevole delle continue prese in giro dei ragazzi, James scherzava continuamente con Sirius a proposito di alcune fantomatiche pulci, ma non aveva mai…

-Ehm… Lily, tesoro mio bellissimo e adorato… c’è una cosa che devi sapere. Che forse avrei dovuto dirti mesi fa perché in una relazione l’onestà è molto importante e… ma non c’è mai stata occasione, sai… ecco, non è proprio una cosa di cui parlare tra il succo di zucca e una salsiccia, oppure andando da una lezione all’altra, o…-

-James, ho afferrato: che c’è?- chiese lei, inarcando un sopracciglio. Era più curiosa che altro, anche se era piuttosto certa che si trattasse di qualcosa che li avrebbe cacciati definitivamente nei guai. Ma, in fondo, quella ormai era l’ultima sera… -Parla. Non ci lasceremo per questo…- lo rassicurò.

-Ecco, ehm…- tentò di ricominciare il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli, nervoso. Remus, ancora sul letto, le spalle circondate dal braccio di Sirius, continuava a scuotere la testa e a sillabare “no… no… non ti azzardare…”. –Dunque… aiuterebbe molto se tu ora chiudessi gli occhi- disse, pulendosi gli occhiali con la camicia. –Sì, amorello mio, girati e chiudi gli occhi. Con le mani, proprio. E non ti voltare finché non te lo dico io- le ordinò, ruotandola praticamente di peso. Poi, tra i quattro ragazzi, cominciò una discussione non verbale (cosa ben collaudata nel corso degli anni). La questione era semplice: confessare definitivamente di essere Animagi o inventarsi qualcosa?

Remus si abbandonò sul letto, coprendosi il viso con un braccio e lasciando perdere. Che facessero quel che gli pareva, a patto che si cucissero la bocca sul suo essere un lupo mannaro. Lily, a parer suo, ancora non sapeva nulla, e soprattutto aveva anche smesso di sospettare qualcosa, da quando non frequentava più Piton che le aveva infarcito la testa di teorie per anni.

Peter era dell’idea di parlarne con Lily. Che cosa sarebbe potuto succedere di male? E poi, avrebbero pur continuato a stare con Remus le notti di luna piena no? Quindi era meglio confessare… anche perché Lily cominciava a tamburellare il piede per terra, cosa che fece notare a James tirandogli una manica.

Sirius si stava già cominciando a sbottonare la camicia. A parte che per lui ogni occasione era buona per togliersi i vestiti, non vedeva l’ora di mostrare a Lily Felpato (e gli addominali a Remus… ma quello era un altro discorso. Privato.). Alzò esasperato le sopracciglia in direzione di James che, con ancora le mani tra i capelli, era bloccato in mezzo alla stanza, senza la più pallida idea di cosa fare. Insomma, a dispetto di quello che Lily aveva detto, c’era la reale possibilità che lei giudicasse la cosa troppo pericolosa o fuori legge e lo lasciasse davvero… oppure, peggio ancora, che avesse voluto unirsi a loro per stare vicina a sua volta a Remus. E delle due eventualità, a essere onesti, era la seconda a fargli più paura. Non che non si fidasse dell’amico, quello mai, ma sapeva per esperienza che qualcosa poteva andare storto quando si provava a diventare Animagi e…

-Ok. Ci siamo- disse alla fine, la voce strozzata, mentre Sirius e Peter si trasformavano. –Lily, girati.-

La ragazza lo fece con voluta lentezza, qualcosa nel tono di James l’aveva colpita. Nessuno strano soprannome, nessun nomignolo… solo “Lily”, lo stesso tono che aveva usato per chiederle di uscire quella volta che lei aveva accettato.

Quando però si voltò, si chiese per un istante se quello non fosse l’ennesimo scherzo dei ragazzi: dove fino a pochi secondi prima c’erano stati Sirius e Peter, ora un cane nero e un topolino si rincorrevano, fino a quando il primo non si sdraiò accanto a Remus e prese a leccargli la faccia (cosa che la convinse definitamente che, in qualche modo, quel cane era Sirius) e il secondo si diresse verso il piatto dei biscotti e cominciò a mangiarsene uno di gusto (cosa che le confermò che si trattava di Peter). La cosa, però, non aveva il minimo senso: i due erano Animagi? Ma non erano registrati, aveva fatto una ricerca su quell’argomento soli pochi mesi prima ed era certa, come del fatto di avere i capelli rossi, che quei due non erano sul registro.

In un secondo, il cane nero tornò ad essere Sirius e le sorrideva a trentadue denti, forse un po’ troppo forzatamente.

-Be’, ecco… e così hai incontrato Felpato e Codaliscia- spiegò in maniera confusa, mentre anche il topo tornava ad essere Peter. –Ah, e ci sarebbe anche Ramoso ma James, per una volta usando il cervello, ha deciso di non trasformarsi…-

-Quindi tu saresti un…?- chiese Lily, seriamente curiosa.

-Cervo- rispose James, gli occhi mezzi chiusi, quasi temendo una qualche reazione da parte di lei. Ma Lily li stava guardando affascinata, lo sguardo che le brillava.

-Ma allora siete Animagi!- esclamò, battendo le mani. –Oddio che figata! Non riesco a crederci! E da quanto?- insistette, mentre Remus tentava di soffocarsi con il cuscino, borbottando qualcosa che assomigliava molto a “Un’altra pazza no… Merlino ti prego… me ne bastavano tre…”.

-Circa due anni- rispose orgoglioso Peter. –Almeno parlo per me. James e Sirius anche da tre, ma poi hanno dovuto aiutare me… lo sai che la Trasfigurazione non è proprio il mio forte- si strinse nelle spalle.

-Avete finito di esibirvi?- chiese la voce di Remus, giungendo loro ovattata da sotto il cuscino che teneva premuto sulla faccia. Sirius glielo strappò e gli baciò con uno schiocco la fronte.

-Ma quanto sei ingrato… e noi che lo abbiamo fatto solo per te, il nostro lupo mannaro preferito…- rise, salvo poi gelarsi di nuovo, James che gli tirava un biscotto, stizzito.

-SIRIUS!- esclamò, mentre Peter alzava le braccia al cielo e Remus tornava a seppellirsi sotto il cuscino, deciso a lasciare questo mondo entro la fine della serata.

Ma alla fine la tensione venne rotta da Lily, che scoppiò a ridere, facendoli voltare tutti e quattro verso di lei.

-Ecco… mi avete rincitrullito la fidanzata- sbuffò James, avvicinandosi con cautela. –Godric, ci ho messo un anno e mezzo a convincerla a uscire con me! Lily… Lily? Stai bene…?-

Lei stava ridendo così forte che si mise una mano sulla pancia e con l’altra si aggrappò al ragazzo, quasi accasciandosi sul pavimento.

-Cosa c’è di così divertente?- chiese Peter, seriamente preoccupato. –Non è che l’abbiamo rotta?-

-Le… vostre… facce…- riuscì a dire Lily, prendendo fiato. –Oh, le vostre facce sono qualcosa di meraviglioso! Ragazzi, dico sul serio… dovreste farvi una foto!- esclamò, prima di cadere definitivamente, battendo una mano per terra.

James si sedette sui talloni accanto a lei, scuotendola piano per una spalla.

-Tu sei… ehm… sei sicura di stare bene, vero?- le domandò, alzando poi lo sguardo sugli altri. Persino Remus era resuscitato e stringeva forte il cuscino. Questa non era esattamente la serata di fine scuola che si era sempre immaginato. Prima la cosa degli Animagus e ora questo… anche se la reazione di Lily non era esattamente come se l’era immaginata. Sirius lo aveva abbracciato forte e ci aveva scherzato sopra (aveva anche provato a baciarlo, ma quella era un’altra storia…). James gli aveva chiesto dove esattamente stesse il problema e poi aveva cominciato a complottare con gli altri per trovare un modo per essere con lui, per sostenerlo. Peter, quando il mese dopo era di nuovo finito in Infermeria, gli aveva disegnato un biglietto di pronta guarigione che raffigurava un lupo tutto fasciato ma che comunque sorrideva, attorniato da tre figure. Remus ancora lo usava come segnalibro, era il suo preferito.

Ma di certo nessuno dei tre aveva riso così come stava facendo Lily. Stava cominciando seriamente a preoccuparsi per la sua salute mentale…

-Seriamente credevate che non lo sapessi?- esclamò alla fine lei. –Oh, vi siete sempre sentiti così fighi e così intelligenti…! Ma lo so circa da un secolo e mezzo! Dal quarto anno, credo…- disse, facendosi pensierosa e accettando la mano di James per alzarsi in piedi. –Ricordi, Sirius? Quasi te lo avevo detto, quando ti ho riportato pesto in Infermeria- continuò, mentre il ragazzo e James abbassavano lo sguardo. Di quella notte non parlavano, così come Sirius e Remus non parlavano dello sfiorato suicidio del primo. –E comunque non vedo dove sia il problema: voi tre siete Animagi e Remus è un lupo mannaro… e quindi?- concluse, dando un leggero bacio a James. –Ragazzi, voi siete meravigliosi, davvero. Tutti- sottolineò, vedendo che Remus aveva abbassato lo sguardo. –Tutti quanti. E, anche se forse è meglio non andarsene in giro a vantarsi di questa cosa, trovo che quello che avete fatto sia bellissimo. Insomma, diventare Animagi non è una cosa da niente, vi sono voluti anni di sacrificio ed impegno… e lo avete fatto, all’epoca, per un ragazzo che conoscevate solo da un anno. Voi siete l’amicizia- concluse, tirandoseli tutti vicini e strizzandoli in un abbraccio collettivo. –E io vi voglio un bene dell’anima. Non cambiate mai.-

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Capitolo 8
*** 1978 - Anni che corrono veloci ***


 



1978

 

 


Come questi anni che sono veloci

e stancano i volti mentre formano i cuori

sono gli anni più duri

ma dicono i migliori

 

 

 

 

 


 

-Non sarà così quando ce ne andremo noi- borbottò Sirius, bevendo dal sacchetto dove tenevano nascosto il Whiskey Incendiario e passandolo poi a James, che ne prese un sorso a sua volta e annuì, pulendosi la bocca con la manica della giacca di pelle.

-Niente funerali solenni… niente fanfare… niente di niente- convenne il ragazzo, cedendo il Whiskey a Remus che lo accetto con un cenno del capo.

-Finiremo da qualche parte, dimenticati da tutti. Al ciglio di qualche strada- commentò.

-E poi ci costruiranno un supermercato sopra- concluse lugubre Peter, finendo il bere.

Lily li guardò uno e a uno e scrollò le spalle.

-Bel mortorio voi quattro- sussurrò, passandosi una mano tra i capelli. –Io vado a fare le condoglianze, venite?-

James le fece un cenno che significava “vai avanti, arriviamo”, poi si voltò verso gli amici.

Il funerale si era appena concluso, da quel pomeriggio di primavera in poi Mary McDonald sarebbe diventata un ricordo. Colleghi dell’Accademia Auror, dove la ragazza aveva appena cominciato il corso, avevano portato a spalla la bara di legno chiaro, l’avevano calata e avevano consolato i parenti e il fidanzato, Edgar Bones, che sedeva in prima fila, lo sguardo perso nel vuoto. La signora McDonald era inconsolabile, il marito salutava chi gli porgeva le condoglianze, senza davvero rendersi conto di cosa stava succedendo. E c’era qualche ex compagno di Hogwarts tra la folla, qualcuno che tentava di consolare Edgar Bones, davvero senza successo.

Sirius si fece ripassare il Whiskey e poi gettò la bottiglia per terra, rendendosi conto che era finita.

-E un’altra che se va- commentò lugubremente.

Da che era finita Hogwarts, erano praticamente andati a un funerale alla settimana. Prima c’era stata Angelina Johnson, la gemella di Trevor, attaccata a giugno, poco dopo la cerimonia dei diplomi. La sua colpa? Essersi innamorata di un babbano, essendo una Purosangue. Poi era stata la volta di Ylenia Goldstein, cugina di quel Goldstein che era stato Perfetto e aveva fatto ronde con Lily al sesto anno. Ylenia era semplicemente capitata in mezzo a un fuoco incrociato a Diagon Alley, a metà settembre. Con lei c’erano anche Clive Podmore e Loretta Steeval… Poi i nomi e le funzioni avevano cominciato a susseguirsi in un turbine confuso e incolore. Stesse lacrime, stesso dolore, stessi abiti neri che si mettono e si tolgono con abitudine.

Lily era stata l’unica ad andare a fare le condoglianze quel pomeriggio, per i ragazzi era stato troppo. Moody, poi, li aspettava al pub per parlare di alcune faccende relative all’Ordine.

-Ragazzi, io vado avanti- mormorò Peter, raccogliendo la bottiglia e gettandola nel cestino poco più avanti.

Sirius si sistemò meglio alla lapide su cui stava e Remus gli lanciò un’occhiataccia.

-Via quelle gambe.-

-Non credo che a Marge Tyler importi tanto- borbottò lui, comunque spostandole.

-Ho voglia di fare qualcosa di stupido- buttò lì James, facendo scoppiare a ridere Sirius.

-E quando mai abbiamo fatto qualcosa di diverso?- commentò il ragazzo. –Tra un po’ sono dieci anni che andiamo avanti così…-

-Comunque voglio fare qualcosa di stupido. Felpato, hai ancora quelle taniche di benzina?-

Remus inarcò un sopracciglio.

-Farò seriamente finta di non aver sentito niente. Ora andiamo, Alastor ci sta aspettando- disse, afferrando Sirius per un braccio e trascinandolo letteralmente via. Lui scrollò le spalle e fece l’occhiolino a James, che era rimasto ad aspettare Lily.

-Credo che Lunastorta voglia scambiare due parole in privato con me- sghignazzò, guadagnandosi uno scappellotto da un paonazzo Remus, che borbottò parole non proprio comprensibili ed educate.

 

 

 

 

Il pub scelto da Moody era in una laterale di Charing Cross. Una bettola dalla porta scricchiolante con la pittura rossa scrostata, il pavimento con metà delle assi saltate e una sfilza di bottiglie mezze vuote che facevano bella mostra sul bancone. C’erano alcuni tavoli, nessuno occupato.

Moody e Peter stavano chiacchierando quando Sirius e Remus arrivarono, seguiti a ruota da James e Lily. Presero posto e si voltarono verso l’Auror, in attesa.

-Mary è stata una perdita terribile- cominciò, senza mezzi termini. –Era un’ottima allieva, non nego che sarà dura. Aveva anche preso in considerazione l’idea di entrare nell’Ordine… Black, qualche fortuna con i gemelli Prewett?- chiese alzando lo sguardo su Sirius, che si sentì piccolo piccolo.

Nelle settimane passate, aveva tentato inutilmente di far ragionare Molly Weasley, sorella di Fabian e Gideon e più grande oppositrice all’idea che i due entrassero nell’Ordine appena costituito.

-Niente da fare. L’ultima volta che sono stato in quella tana che si ostina a chiamare casa, mi ha addirittura aizzato contro gli gnomi che vivono nel suo giardino…- scosse la testa Sirius. –Quella è folle, ve lo dico io.-

-E lui è il figlio di Walburga Black, eh- sottolineò Peter, facendo ridere stancamente l’amico, che gli batté una pacca sulla spalla.

Moody li fulminò con un'occhiataccia, poi si rivolse a James.

-Potter, almeno tu hai qualche buona notizia?-

Il ragazzo annui, facendosi più vicino.

-Frank e sua moglie Alice verranno di sicuro. Anche la signora Paciock, Augusta, si era detta disponibile, ma Frank non ha voluto.-

-Ma con noi ci sono anche Elphias e... Insomma, non è proprio giovane!- protestò Lily. -Abbiamo bisogno di più persone possibile!-

James si strinse nelle spalle.

-Questo è quello che mi ha detto Frank. Lui ed Alice ci saranno, Augusta no.-

-Io ho parlato con Marlene e Dorcas. Sono passate l'altro giorno da Florian quando Peter ed io eravamo di turno. Alastor, non fare quella faccia! Ovvio che sono stato prudente!- rise Remus, notando l'espressione sconvolta dell'Auror. -Sono stato costantemente vigile, o come accidenti dici sempre tu... Comunque, mi sono sembrate disponibili ad unirsi alla causa. Seguono entrambe un corso di Medimagia, la cosa potrebbe esserci utile.-

-Io avevo sentito Edgar e M...- cominciò Peter, interrompendosi però perché gli si ruppe la voce. -E anche loro avevano detto che sarebbero venuti. Ora, però... Non lo so- disse, girandosi verso Lily, che lo abbracciò stretto quando le lacrime di lui cominciarono a scendere. Aveva conosciuto bene Mary, forse era stato l'unico dei ragazzi a farlo. Erano usciti insieme un paio di volte, poi avevano deciso di rimanere solo amici, per evitare di essere il "chiodo schiaccia chiodo" l'uno dell'altro. E la loro amicizia aveva funzionato, Peter sarebbe anche dovuto essere il testimone della ragazza, quando a fine estate si sarebbe sposata con Edgar Bones. Ma nulla di quello sarebbe stato più.

-Ha parlato con me Edgar- disse Lily, senza smettere di consolare Peter. -Ha farfugliato cose che non ho capito, ma mi sembrava intenzionato a continuare. Credo abbia detto che vuole vendicare Mary, o una cosa del genere...-

-Non vogliamo gente così noi- abbaiò Moody. -Non deve essere la vendetta a spingerci!-

-Ma non puoi certo credere che, nel caso incontrasse Mulciber, gli cederebbe il posto in metropolitana. Perché lo sappiamo tutti che è stato lui- commentò Sirius, tirando fuori un pacchetto di sigarette e accendendosene una. Aveva cominciato da poco, era un'abitudine che a Remus non piaceva, ma lo tollerava finché non fumava nella loro mansarda.

-Non c'è nulla di certo...- tentò di calmarlo Lily. -Ci sono delle indagini in corso...-

-Oh, certo! Bella roba quella. Il Ministero è pieno di corrotti... presenti esclusi- sottolineò, abbassando la testa in direzione di Moody, che annuì, -è davvero crediamo che "un'indagine" chiarirà il tutto?-

-Sirius ha ragione- disse Peter, asciugandosi le lacrime. -Finirà come a scuola: Mulciber, anche nel caso in cui riuscissero a dimostrare che è stato lui, non finirà mai ad Azkaban... Sua madre ha tentacoli ovunque...-

-E allora cosa proponi, eh? Giustizia sommaria?- alzò gli occhi al cielo Lily. -Lo butti giù dal letto questa notte e lo riempi di botte?-

-Questa è un'idea- mugugnò James, zittito da un'occhiataccia della ragazza.

-Cercate di fare gli adulti, ogni tanto- riprese lei. -C'è l'Ordine per queste cose. Non è per quello che stiamo cercando di fondarlo? Perché queste cose, questi omicidi terribili non si ripetano più? E non venirmi a dire che parlo così perché non conoscevo Mary o perché la sua morte non mi ha toccata. Siamo state compagne di dormitorio per sette anni, fino a quando lei non si è ritirata. È stata mia amica, la mia compagna di banco... E anche io vorrei vedere Mulciber soffrire come un cane per quello che le ha fatto. Ma c'è modo e modo. In cosa sareste diversi da lui, altrimenti?-

-Intanto mi sarei tolto una soddisfazione- commentò Remus e questo fece imbufalire ancora di più Lily.

-Remus?! Anche tu?!-

Sirius gli mise un braccio sulla spalla e lo stritolò a sé.

-Questo sì che si chiama parlare! Allora, chi si unisce a noi?-

-Voi non andate da nessuna parte- intervenne Moody, -dovessi legarvi io a questo tavolo. Nessuno andrà da Mulciber, nessuno farà nulla. Evans ha ragione. Voi due, cuccia- ringhiò, gelando con un'occhiata Peter e James, che avevano fatto per alzarsi. -Se vengo a sapere che è successo qualcosa a quel pidocchio Mangiamorte me la prenderò con voi, sappiatelo. E ora andate, abbiamo anche fatto fin troppo pollaio, attiriamo troppo l'attenzione. Uscirete di qui a coppie e vi troverete un vicolo tranquillo dove Smaterializzarvi. Minus, tu vieni con me, invece. Dobbiamo parlare- concluse, afferrando il ragazzo per una manica e trascinandolo fuori per primo, dopo aver lanciato un'ultima occhiataccia ai tre ragazzi.

-Lo facciamo lo stesso vero?- chiese Sirius, una volta che l'Auror fu uscito, piegandosi in avanti. -Lily, chiudi il becco. Se non ti sta bene puoi anche andartene. Ti voglio bene, lo sai, ma questa volta non ho intenzione di lasciar perdere.-

Lei tentò di convincere James con lo sguardo, poi alzò le mani al cielo ed uscì, sbattendo la porta.

-Dobbiamo dirlo anche a Peter, però- disse il ragazzo, guardando, un pelo preoccupato, la fidanzata appena uscita, salvo poi tornare a concentrarsi sugli amici. -Vorrà esserci.-

-Io ci metto le taniche di benzina. Moody ha detto che non dovevamo fare del male a Mulciber, no? Ma non ha detto che non potevamo incendiargli quel buco che chiama casa, no?-

Remus sembrò soppesare l'idea, grattandosi il mento.

-Lo attiriamo fuori con l'inganno...-

-Un pochino lo pestiamo- aggiunse James.

-Sì, dai... Un pochino ci sta- convenne Sirius.

-E poi si appicca il fuoco... Immagino Peter vorrà occuparsi della parte del piano in cui si picchia Mulciber- disse Remus.

-Sto io con lui- si propose James. -Avrà bisogno di qualcuno che lo fermi. Ed è anche meglio tu vada con Sirius... Avrà anche lui lo stesso problema- commentò, mentre il diretto interessato scrollava le spalle.

-Allora è andata? A questa sera?- chiese Remus, annuendo alle parole di James.

-A questa sera- confermò l'amico.

 

 

 

 

Sirius aveva passato tutto il pomeriggio sul divano, a giocherellare con lo specchio doppio con cui comunicava con James. Ma, a parte la conferma del tutto che arrivò quando il sole cominciava a calare, non ci fu altro.

Remus aveva tentato inutilmente di smuoverlo dall'apatia in cui era crollato, ma qualsiasi cosa era stata inutile. Così si era sdraiato sul letto e si era addormentato nel giro di pochi minuti.

Venne svegliato da un finalmente vigile Sirius, che era completamente vestito di nero e gli porgeva un passamontagna dello stesso colore.

-A James e Peter potrebbe servire- disse, prima di allungargli anche la giacca leggera e spingerlo fuori dall'appartamento.

-Sicuro?- gli sussurrò Remus, prima di prendergli la mano. Lo sguardo di Sirius lo era, gli diceva che avrebbe anche potuto uccidere, quella notte, ma il palmo era sudato, i capelli erano incollati alla fronte... Di certo non aveva dormito. E se lo aveva fatto, non era stato un sonno tranquillo. Per un attimo, si chiese dove fosse finito il ragazzo che gli portava la colazione a letto dopo la luna piena, che lo obbligava a restare in bagno con lui mentre si lavava i capelli e parlava per intere mezze ore di tutto e di niente. Era sempre lì? Era lo stesso che, a sangue freddo, aveva proposto loro di andare a dar fuoco alla casa di un altro ragazzo, per quanto un omicida? Era il Sirius che era corso da lui quando il suo villaggio era stato attaccato, tanti anni prima, che lo aveva stretto in un abbraccio che era sempre valso più di mille parole, quel ragazzo che ora sembrava così distante e reggeva due taniche di benzina come se fosse la cosa più naturale del mondo?

Chi era che poteva cambiare così radicalmente?

I tempi che vivevano non erano tranquilli, non erano l'Eden, ma nessuno lo aveva mai creduto. Però avevano sempre saputo che si sarebbero bastati. E infatti non avrebbe lasciato la sua mano, non l'avrebbe lasciato solo. Quello mai. Dove andava Sirius andava anche lui, questo lo sapeva... Ma forse James aveva avuto ragione, forse sarebbe venuto il giorno in cui a Sirius sarebbe servito un freno, sarebbe servito pensare prima di agire... E allora lui sarebbe dovuto essere lì, perché altrimenti sarebbe stata la fine.

Si Smaterializzarono a Acton, zona ad Ovest rispetto al centro, che era ormai notte. Il condomino era immenso ma, a occhio e croce, sembrava disabitato. Remus non avrebbe mai creduto che un Mangiamorte con una famiglia così potente alle spalle potesse ridursi a vivere in un buco del genere... Il cemento armato rendeva il tutto ancora più cupo ed inquietante, le finestre erano buchi neri e, in alcuni punti, spuntavano fili elettrici e di ferro.

James era già lì, anche lui vestito di nero e con la faccia scura. Sirius gli allungò il passamontagna.

-Codaliscia è entrato poco fa per Imperiare Mulciber. Dovrebbe uscire ora- comunicò James, infilandosi il passamontagna.

E non appena finì di parlare, il ragazzo emerse dalla bocca nera che era l'ingresso del condominio. Davanti a lui camminava un ragazzo non tanto alto, magro, che in confronto a Peter sembrava denutrito. I capelli alla luce della luna sembravano bianchi, tanto erano chiari, e gli occhi, vacui e spalancati, erano castani. Mulciber sembrava tutto tranne l'assassino che Mary aveva incontrato sulla sua via. Ma la cosa che sconvolse di più Remus, ancora più che il gelo negli occhi di Sirius e la scelta di James, fu lo sguardo di Peter, la vena che gli guizzava sulla fronte e la presa rigida sulla bacchetta. Guardava Mulciber come si guarderebbe l'escremento di un cane, con il solo desiderio di toglierselo davanti, consapevoli dello schifo che si ha di fronte.

-Dentro è tutto libero, questo qua era l'unico che ci abitava. Sospetto si nascondesse dalla feccia come la sua. Forse la morte di Mary non è stata proprio pianificata...- disse Peter, costringendo Mulciber in ginocchio e afferrando il passamontagna che gli porgeva James e infilandoselo.

-Ti ha riconosciuto?- chiese Sirius, svitando il tappo di una tanica e passandola a Remus.

Peter scosse la testa.

-Gli sono arrivato alle spalle e l'ho Imperiato. Non si è accorto di nulla.-

-Bene, allora noi andiamo. Divertitevi- concluse Sirius, tirandosi dietro Remus e salutando con un cenno del capo gli altri due.

Remus girò subito lo sguardo. Non voleva vedere. Non voleva sentire.

L'interno era ancora peggio dell'esterno. I lavori non erano ancora ultimati, forse non lo sarebbero stati mai. C'era del materiale edile lasciato per terra, in maniera disordinata, le scale mancavano completamente di corrimani è solo salirle gli mise dell'angoscia. Sirius, davanti a lui, invece, sembrava tranquillo. Reggeva la tanica già stappata e ogni tanto qualche goccia di benzina saltava fuori, lasciando una leggera scia.

Non dovettero fare troppa strada, Mulciber aveva fatto del secondo piano la sua tana. C'era una materasso gettato per terra con qualche coperta, scorte di cibo e cartacce, bottiglie rovesciate sul pavimento. C'erano anche parecchi vestiti, ammassati in un unico punto, un mucchio disordinato dai colori scuri.

-Unisci ai Mangiamorte, dicevano. Gloria eterna, dicevano. Bah...- esclamò Sirius, lanciando un'occhiata a tutto quello sfacelo. -Una stalla sarebbe più ordinata...-

-Magari puzzerebbe di meno- convenne Remus, facendo scoppiare a ridere l'altro. -Hai per caso bevuto?- chiese poi, voltandosi verso il proprio ragazzo e notando solo in quel momento quanto ondeggiasse quando camminava.

-Potrei aver finito le birre che avevamo in frigo, mentre tu ronfavi...-

-Merlino, Sirius! Erano quattro lattine!- esclamò Remus, lasciando cadere la tanica per terra, mentre l'altro faceva una smorfia.

-Lo sai che lo reggo...-

-Oh, si vede- commentò. -Senti, diamoci una mossa qui e andiamocene. Mi sono già rotto di questa pagliacciata...-

-Pagliacciata? PAGLIACCIATA?!- gridò Sirius, scattando. -Quindi tutto questo non ha senso per te?- continuò, facendosi talmente vicino che Remus dovette trattenere il respiro. Se le circostanze fossero state altre, il materasso lì sul pavimento sarebbe rimasto inutilizzato ancora per poco... Ma non era decisamente il momento. E questa volta era incazzato anche lui e il sesso riparatore sarebbe servito decisamente a poco. Soprattutto con un Sirius ubriaco, per quanto cercasse di negarlo.

-Non ho detto questo, ho solo espresso un'opinione. Ora un reato non essere d'accordo con te?-

Gli occhi di Sirius fiammeggiarono. Poggiò la tanica per terra a sua volta e fece per accendersi una sigaretta, ma gli tremavano troppo le mani, così lasciò perdere.

-Mary è morta Remus, ok? Ma non si tratta solo di lei... È tutto questo... È... È... È la necessità di fare qualcosa di pratico, di vero... e poi lo hai detto anche tu, eri d'accordo- disse, passandosi la mano che reggeva la sigaretta tra i capelli. -Tu eri d'accordo a venire qui, a fare questo...- continuò a farfugliare, indicandolo. -PERCHÈ NON CAPISCI?- urlò.

Remus si lanciò in avanti, la rabbia ormai scomparsa del tutto. Prese l'altro tra le braccia e lo strinse forte, mentre Sirius si dibatteva per liberarsi.

-Abbiamo l'Ordine, Sirius, non è vero che non stiamo facendo qualcosa di pratico. Siamo di meno, però, e siamo in guerra... è normale subire delle perdite- gli sussurrò. -E abbiamo noi cinque, abbiamo noi due... E sì, ero d'accordo a venire qui perché pensavo ci avrebbe fatto bene sfogarci un po', ma mi sono sbagliato. Perché Peter ha usato una Maledizione Senza Perdono e ora lui e James stanno picchiando a sangue un povero deficiente... E noi due stiamo diventando i peggio teppisti... Lily aveva ragione, in cosa siamo diversi?-

-Dovresti essere mia madre, Lunastorta, non il mio ragazzo- scoppiò a ridere Sirius, facendo prendere un colpo a Remus per il repentino cambio di umore.

-A volte mi sembra di non essere mai stato altro- commentò, scuotendo la testa. Poi gli prese il volto tra le mani e fece coincidere le loro fronti. -Tu sei pazzo.-

Sirius lo zittì con un bacio, mordendogli il labbro tanto da fargli mare.

-Sì. E ora di dirò qualcosa che ti tirerà su di morale...-

-Perché ho paura?- sospirò Remus.

-Perché sei prevenuto. E perché sei nato vecchio, non dimentichiamolo.-

-O forse sei tu ubriaco a preoccuparmi?-

-Uh quanto sei noioso!- si imbronciò Sirius, baciandolo di nuovo. -Allora, la vuoi sentire o no questa idea?-

-Ho alternative?-

-In realtà no. Ma mi sembrava carino comunque chiedere- sghignazzò.

-Allora?-

-Allora, intanto riempi di benzina questo buco, io mi occupo delle scale- disse, uno strano luccichio negli occhi, sottraendosi alla presa di Remus e recuperando la propria tanica. Cominciò a scendere le scale a due a due e poi a percorrerle al contrario, distribuendo vestiti che aveva preso dal mucchio e lasciandoli in giro, bagnandoli di benzina.

Remus sospirò rassegnato. La cosa non gli piaceva, ma forse era meglio dargli retta e andarsene da lì. Così seguì l'esempio di Sirius e prese a spargere il liquido ovunque, gettando poi anche la tanica quando l'ebbe finita. Si girò verso il ragazzo, in attesa di istruzioni.

Sirius, per tutta risposta, tirò di nuovo fuori l'accendino e l'accostò alla sigaretta che aveva tenuto in mano per tutto il tempo.

-Che accidenti vuoi fare?- chiese allarmato Remus. -Non so se lo hai notato, ma abbiamo riempito il luogo di benzina...-

-Oh, ma davvero? Be', questo cambia tutto- lo sfotté Sirius. -È questa l'idea, Lunastorta... Immaginati la scena- ghignò, gli occhi spalancati e folli, le mani che gesticolavano nervose. -Questo merdaio che va a fuoco e noi due che emergiamo dalle fiamme, due fighi supremi, due eroi da battaglia... Eh? Te gusta?-

Remus si coprì la bocca per non scoppiare a ridere.

-Sei serio? Ok, no... Pessima scelta di parole... Ma comunque non puoi dire davvero, dai!-

Sirius lo guardò profondamente offeso.

-Amore mio bello, se credi che sia troppo pericoloso, sei liberissimo di andartene via adesso. Ma cos'è la vita senza un po’ di rischio?- lo tentò, facendosi vicino e baciandolo piano sulle labbra e poi scendendo, disegnandogli la linea della mandibola, arrivando poi fino al collo, il corpo di Remus ormai coperto di brividi.

-Tu sei pazzo, lo sai, vero?- sussurrò, la voce roca.

-Oh sì... Ma immagino anche che tu ora abbia parecchia fretta di andare a casa, dato che qui è tutto pieno di benzina e sarebbe piuttosto scomodo per... Anche se farlo in un palazzo che va a fuoco sarebbe decisamente una figata...-

-Casa- lo interruppe Remus. -A casa andrà benissimo. E va bene, dai fuoco a questo accidente così ce ne andiamo.-

Sirius ghignò e si staccò da lui, accendendo la sigaretta e alitando appena vicino alla fiamma.

-Pronto quando le sei tu- rise, gettando indietro la testa, con quella sua risata che lo rendeva tanto simile a Felpato. Si tirò appena su i jeans e si piegò sulle gambe, la mano con la sigaretta che dondolava pericolosamente.

Remus fece un profondo sospiro. La cosa sarebbe anche potuta essere divertente, se solo Sirius non fosse stato ubriaco fradicio e lui eccitato come poche volte nella sua vita. Forse, dopo tutto, era davvero meglio andare a casa...

-Pronto- capitolò a sua volta, passandosi una mano tra i capelli, la gola secca.

E Sirius lasciò cadere la sigaretta.

In un attimo la stanza era in fiamme, le scale andavano a fuoco, tanta era la benzina che avevano sparso. Il ragazzo afferrò la mano di Remus e lo trascinò con sé in quel mare rosso, ridendo come un folle. Remus, per un attimo, quasi temette che potesse prendere fuoco anche Sirius, tanto era l’alcol che aveva ingurgitato…

Ma quel giorno qualche dio era dalla loro parte. Saltarono in mezzo alle fiamme uscendone appena scottati, attraversarono muri di fuoco percependone solo il calore e non la pericolosità, corsero giù dalle scale urlando, Remus che si era unito alla risata pazza di Sirius, stringendogli così forte la mano che ormai le nocche erano bianche.

Quando finalmente emersero dal palazzo, le fiamme avevano cominciato a mangiarsi anche il terzo e il quarto piano, l’ammezzato non esisteva più e anche il cielo aveva assunto un colorito rossastro, pieno di fumo.

-Ottimo lavoro!- esclamò James, estasiato da tutto quello, mettendo un braccio attorno alle spalle di Peter, che si era alzato il passamontagna sul viso e osservava il fuoco rapito. –Quando vado a casa Lily e mia madre mi ammazzano… ma ottimo lavoro- si complimentò di nuovo.

-MANGIAMORTE 0, ORDINE 1!- urlò Sirius, mostrando il dito medio al palazzo, le vene del collo grosse e pulsanti, prima di essere zittito da Remus, che lo baciò con passione. Il gesto venne accolto con un applauso, fischi e urla da parte di Peter e James, mentre Sirius si aggrappò alla giacca del suo ragazzo, facendo aderire i loro corpi.

-Mulciber?- chiese Remus, quando recuperò l’uso della lingua.

-Chi?- gli fece eco Peter, un ghigno sul volto. –Oh, intendi quell’ammasso di merda che James e io abbiamo usato come pungiball? Là- disse, indicando con un cenno del capo una figura che si contorceva qualche metro più in là. A quella distanza Remus non riuscì a distinguere i particolari, ma sembrava parecchio conciato male.

-Credo abbia un paio di costole rotte- disse James con nonchalance.

-E il naso. Non dimenticare il naso- aggiunse Peter.

-Oh, sì, scusa. Anche il naso.-

-Ottimerrimo!- ghignò Sirius. –Ora, fossi in noi taglierei la corda prima che qualcuno ci veda e lo riferisca a Moody… anche perché noi abbiamo un discorso da finire se non sbaglio, Lunastorta…- e baciò Remus con talmente tanta foga che lui quasi finì per terra.

-Secondo me, sbronzo come sei, ti addormenti durante la Smaterializzazione. E lo so che è impossibile, ma tu sei l’uomo dei record- rise Peter, restituendo il passamontagna, mentre Sirius, sempre abbarbicato su Remus, metteva in mostra i muscoli e spediva baci a caso.

-Assolutamente no. Signor Minus, mi vergogno di lei- lo rimproverò Sirius. –Io e… coso qui… come accidenti è che ti chiami tu?- cominciò, salvo poi interrompersi e voltarsi verso Remus, confuso. –Ma ce l’hai un nome, vero?-

-Mi chiamo “datti una mossa, idiota, prima che i babbani chiamino la polizia”- scosse la testa il ragazzo, soffocando una risata.

-Un bel po’ lunghino- rise James.

-Ho un bellissimo soprannome- aggiunse Remus, -“Smammiamo”.-

-Mi piace! Ora io e Smammiamo andiamo a limonare e fare tante altre belle cose- proclamò Sirius. –Addio, prodi cavalieri della notte e del fuoco. Au revoir!-

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Capitolo 9
*** 1979 - The world is too heavy ***


1979

 

The world is too heavy

Too big for my shoulders

Come take the weight of me now

 




Remus se n’era andato da un’ora.

Altra missione.

Altro segreto.

Sirius si aprì l’ennesima birra e inciampò nel tappeto che Lily aveva regalato loro a Natale. Per quanto volesse bene alla ragazza, quel coso color senape era davvero orrendo... forse avrebbe potuto vomitarci sopra...

Si lasciò cadere sul divano, reggendo miracolosamente la birra, un sorriso ebete e sbronzo che si aprì sul volto quando vide che era riuscito a non rovesciare niente...

Remus era partito di nuovo e, come quasi sei mesi a quella parte, Sirius cominciò l’opera di autodistruzione che metteva in atto ogni volta che il suo ragazzo se ne andava e restava sul vago sulla destinazione della missione.

A nord...” aveva detto quel pomeriggio, infilando un consistente numero di maglioni in una vecchia sacca da viaggio. Sirius lo aveva squadrato scettico, una birra già in mano, il pacchetto di sigarette nell’altra.

Avevi detto di aver smesso” aveva commentato, mentre, alzandolo sguardo, lo aveva colto nell’atto di accendersene una.

Vedi? Neanche di me ci si può più fidare...”

Ma che accidenti...?” poi lo aveva scansato con malagrazia per recuperare le scarpe da trekking che avevano comperato quell’estate, quando erano andati in montagna tutti insieme.

Alla fine avevano litigato, come sempre.

Sirius aveva dato fuoco alle tende senza dover nemmeno recuperare la bacchetta, abbandonata da qualche parte... forse nel frigorifero...

Remus gli aveva dato del bambino, dell’immaturo e, finiti i bagagli, si era Smaterializzato direttamente dal pianerottolo, senza nemmeno lasciarsi accompagnare alla stazione.

E ora lui se ne stava sdraiato sul divano, una gamba oltre il bracciolo e un braccio abbandonato sugli occhi, perché la luce del tramonto era troppo forte per i suoi occhi ubriachi.

Avrebbe tanto voluto fidarsi di Remus, avrebbe tanto voluto credergli quando lui lo implorava... ma più la guerra procedeva, più la gente spariva o moriva, più si faceva concreta la possibilità che ci fosse una spia. Persino tra di loro, persino nell’Ordine. Ci avevano messo tanto a fondarlo, erano ancora pochi... ma era qualcosa. Qualcosina.

Ognuno aveva i suoi compiti, quello a Sirius era chiarissimo. E gli stava anche bene non sapere sempre tutto, perché la prudenza non era mai troppa. Ma che Remus non potesse dargli nemmeno il minimo indizio, che eludesse sempre le domande a occhi bassi... quella cosa lo stava divorando dentro. E il fatto che andasse sempre via da solo e stesse via settimane intere non aiutava. Perché tutti loro andavano sempre in missione minimo in coppia. Marlene e Dorcas, Emmeline ed Hagrid, Bones e Dearborn, James e Lily, Peter e Sirius stesso... solo Remus era sempre solo.

Solo Remus si attardava alla fine delle riunioni per confabulare con Silente e Moody... di norma tutto quello l’avrebbe dovuto rassicurare, ma invece gli metteva ancora più inquietudine addosso.

Scolò l’ultimo sorso di birra e lasciò cadere la bottiglia, che andò ad aggiungersi alle altre quattro già per terra... quando Remus sarebbe tornato, sicuramente avrebbero litigato anche per quello... ultimamente non facevano altro...

Il campanello gli perforò i timpani e andò ad aprire ondeggiando, le pareti che si sdoppiavano e si triplicavano davanti ai suoi occhi.

-Chi è?- biascicò.

-Miller, dell’ufficio Auror- rispose la voce di una donna e il cuore di Sirius perse un battito. Ecco, era arrivato il giorno tanto temuto... lui aveva passato l’ultima ora a rimuginare su Remus, a lamentarsi di lui... e invece magari lui era morto. Da eroe. –Devo parlare con il signor Sirius Black, è lei?- domandò Miller, quando Sirius le aprì la porta. La donna, non tanto alta e dai capelli corti e ricci, lo squadrò con sospetto.

-Non proprio quello che ci si aspetterebbe da discendente dell’Antichissima e Nobilissima Casata dei Black, eh- ghignò lui, appoggiandosi alla stipite per evitare di ondeggiare ulteriormente. –Comunque sono io, in persona- rispose. Se è successo qualcosa a Remus o agli altri, si disse, di certo non mi metterò a piangere di fronte a una perfetta sconosciuta... –Diceva.-

Miller assottigliò lo sguardo, ma non fece commenti sul suo aspetto, nemmeno sul terribile odore che doveva emanare il suo alito.

-Signor Black, ho l’ingrato compito di informarlo che suo fratello, Regulus Artcturus, è stato ritrovato morto questa mattina, al largo della costa. Forse è annegato, ma c’erano tracce di Magia Nera sul suo corpo, quindi siamo più portati a credere che...-

Ma l’agente non fece in tempo a finire la frase che Sirius le vomitò sulle scarpe.

 

 

 

 

 

Guidare ubriachi era una cosa decisamente da non fare. Remus l’avrebbe rimproverato inarcando un sopracciglio, ma lui, come sempre, non gli avrebbe dato retta.

Guida ubriachi una moto volante, soprattutto dopo aver ricevuto la notizia della morte del proprio fratello, era assolutamente una cosa da non fare. Doveva averlo letto da qualche parte in un manuale che aveva dovuto studiare per passare l’esame. Remus glielo avrebbe impedito.

Ma Remus non c’era, Peter era in missione... James, sarebbe andato da James. Andava sempre da James. James avrebbe sistemato le cose.

James gli avrebbe detto che non era colpa sua.

Atterrò nel giardino di casa Potter sgommando, riducendo in poltiglia tutti i boccioli della signora Potter. La donna uscì di casa con i bigodini in testa e le braccia alzate al cielo. Ma non appena lo vide, la furia scomparve e gli occhi scuri –gli stessi che aveva ereditato il figlio- si riempirono di apprensione.

Sirius lasciò cadere la moto e affondò tra le braccia della donna, che prese ad accarezzargli i capelli, mentre lui tremava.

-Che c'è, piccolo? Che succede?- sussurrò la signora Potter, mentre Sirius la stringeva ancora più forte, desiderando annullarsi in quell'abbraccio, dimenticarsi chi era e perché era. Perché aveva attraversato l'Inghilterra in moto, controvento, ubriaco, solo per sprofondare nell'abbraccio della signora Potter.

-Regulus- riuscì a dire. -Regulus è morto...-

-Oh mie stelle!- esclamò lei. -Ovvio che tu sia sconvolto! Ma dov'è il caro Remus?-

-Via. Missione...- biascicò, prima di staccarsi e vomitare sul prato.

La signora Potter lo rialzò e gli porse un fazzolettino dalla tasca della vestaglia.

-Vieni dentro- sussurrò, pulendogli la bocca. -Ti preparo qualcosa di caldo. Ti fai una doccia e ti cambi, eh? Poi mi racconti tutto...-

Sirius si lasciò guidare all'interno. Conosceva la casa dei Potter quasi meglio della propria, eppure inciampò più volte nei tappeti e urtò contro ogni spigolo possibile. La signora Potter lo sostenne per tutto il tempo, ricacciando il marito nello studio con una sola occhiata e guidando il ragazzo fino alla cucina. Lo fece sedere su una delle sedie impagliate che circondavano il tavolo in legno scuro e poi prese ad armeggiare con i fornelli.

La mente di Sirius aveva smesso di funzionare nell'esatto momento in cui aveva abbandonato la moto in giardino. Sapeva di aver detto qualcosa, sentiva di aver rimesso... Ma per il resto ricordava pochi dettagli. Nel suo universo ora esisteva solo la signora Potter, l'odore del tè e la consapevolezza che qualcosa non andava.

Aveva bisogno di Remus, quello sì. Aveva bisogno di lui, di James e di Peter. E anche di Lily.

La signora Potter uscì dalla cucina sciabattando, andò a parlare con il marito e Sirius senti dei passi salire la scala.

-L'ho mandato ad avvisare James- gli sussurrò, mettendogli una mano sulla spalla e porgendogli la tazza fumante. Era la stessa tazza rossa che aveva usato negli anni passati per colazione, la stessa che ormai era riservata a lui quando passava per il tè.

James entrò come una furia pochi secondi dopo, seguito da Lily e dal padre. Aveva i capelli ancora più arruffati del solito e gli occhiali sbilenchi. Lily aveva profonde occhiaie, ma l'aria tutto sommato contenta. Forse dipendeva anche dall'anello che le brillava nella mano destra...

-Oi, che accidenti è successo?- praticamente urlò James, guadagnandosi un'occhiataccia da parte della madre.

-Educazione, signorino. Il tuo migliore amico è sconvolto- lampeggiò lo sguardo della signora Potter.

-È successo qualcosa a Remus?- chiese Lily, inginocchiandosi accanto al ragazzo e costringendolo al alzare lo sguardo. -Oppure si tratta di Peter...- mormorò, cercando la conferma negli occhi di Sirius.

-Ha detto qualcosa su suo fratello. Ha detto che Regulus è morto- aggiunse la signora Potter.

E il cervello di Sirius riprese a funzionare. Regulus.

Regulus, il suo fratellino, era morto.

Regulus, il ragazzo gelido e distante che aveva sempre fatto di tutto per essere all'altezza, era morto.

Regulus, il giovane Mangiamorte, orgoglio della famiglia, era morto.

-È colpa mia...- mormorò, mentre Lily gli metteva una mano sulla gamba e i suoi occhi si riempivano di lacrime. -È morto ed è colpa mia...-

-No, Sirius, no... Non è vero...-

-Racconta dall'inizio- lo invitò il signor Potter, prendendo posto a sua volta, la moglie che si sistemava alla sue spalle.

-Io...- lo sguardo di Sirius si concentrò sulla tazza davanti a lui. -Signora, non è che avrebbe qualcosa di un po' più forte?-

-Credo tu abbia già bevuto abbastanza per oggi, Sirius Black- lo riprese lei, le labbra strette. -E non parlerò ora del fatto che hai guidato ubriaco oppure del fatto che hai distrutti i miei bulbi perché non è il momento. Ma un giorno dovremo sostenere quel discorso...-

James si lasciò sfuggire una risatina all'idea del perfetto giardino della madre distrutto dalla moto dell'amico, e questa volta fu Lily a dargli uno scappellotto, tornando poi a concentrarsi su Sirius.

-È venuta un Auror a casa mia e di Remus, prima... Miller, la conosce?- cominciò, alzando lo sguardo sul signor Potter, che annuì brevemente.

-È una brava agente, preparata.-

-Insomma... Ha bussato e se n'è uscita con questa stronzata... Perché è una stronzata, vero? Reg non è morto... È un idiota, sì... Ma non può essere morto... Non è morto....- continuò a ripetere, mentre Lily e James lo abbracciavamo. -Vero che sta bene?-

-Non lo so amico... Spero di sì- sussurrò James. -Papà potrebbe scrivere a qualcuno, per fare accertamenti...-

-Può farlo?- chiese Sirius, mentre il signor Potter annuiva e usciva dalla stanza.

-Vedrai, piccolo, si risolverà tutto bene- provò a sorridere la signora Potter, chiamandolo con quel nomignolo che era la sola autorizzava ad utilizzare. -Avranno preso l'otto per il diciotto, non fasciamoci la testa. Sai, è successo anche qui. La signora Wallis, l'hai presente, no? Abita in fondo alla via... Be', a lei avevano detto che il figlio era stato arrestato perché accusato di essere un Mangiamorte e poi era morto per lo shock, o una cosa del genere... Ma alla fine venne fuori che non era lui, solo uno che gli assomigliava. E neanche tanto, se dai retta a me. Sarà capitata la stessa cosa...-

 

 

 

Ma si trattava proprio di Regulus, la conferma arrivò mezz'ora più tardi. Sirius, ripiombato nell'apatia che lo aveva colto all'inizio, si lasciò portare in bagno da James, mentre Lily scriveva a Peter e Remus. Erano riusciti a raggiungere Marlene McKinnon, la cui madre lavorava all'obitorio del San Mungo, e avevano ottenuto di poter vedere il corpo del ragazzo quella sera stessa.

Peter aveva risposto che si sarebbero visti direttamente là, da Remus non avevamo avuto risposta e questo aveva fatto sprofondare ancora di più Sirius. Rimase sotto la doccia una mezz'ora buona, fino a quando la stanza non smise di girare e il suo riflesso tornò ad essere uno solo. Si mise addosso dei vecchi vestiti di James che gli andavano leggermente larghi, poi rimase fermo immobile, gli occhi sbarrati e vuoti, mentre la signora Potter gli asciugava i capelli.

Si Smaterializzarono nel silenzio più assoluto e, una volta arrivati, trovarono Peter, che stritolò Sirius in un abbraccio soffocante, e Marlene, che conosceva l'ospedale meglio di loro e li guidò attraverso i mille corridoi e le centinaia di svolte.

La signora McKinnon, alta e bionda come la figlia, li stava aspettando fuori da una porta di vetro smerigliato, una cartella in mano. Salutò la figlia con un bacio sulla guancia e poi si rivolse ai quattro.

-Posso far entrare solo Sirius- disse. -In teoria non dovreste nemmeno essere qui, i genitori hanno la precedenza... Ma capisco la situazione- sorrise brevemente. -Anzi, vi consiglio di fare in fretta, perché mi hanno detto che stanno arrivando... Non credo che lui li voglia incontrare- aggiunse, aprendo poi la porta.

E Sirius cominciò a camminare come in un sogno, le gambe che si muovevano da sole. La luce dentro la piccola stanza era soffusa, il freddo forte. C'erano alcuni tavoli, la maggior parte vuoti, tranne due. A Sirius davvero non importa chi ci fosse sotto il secondo lenzuolo, non fu la curiosità a farglielo sollevare... Ma quando si trovò a fissare il volto di un anziano, un grido gli salì in gola. Perché suo fratello, che aveva appena diciotto anni, doveva stare nella stessa stanza di un vecchio che ne poteva avere più di cento? Dov'era la giustizia in quello? Che mondo era quello in cui gli obitori erano pieni di ragazzi?

Si avvicinò tremante al secondo lettino, ma proprio non ce la fece a sollevare il lenzuolo. Chi avrebbe trovato lì sotto? Erano più di due anni che non vedeva suo fratello, ma anche quando era stato a scuola, non avevano mai scambiato più di due parole al mese... Erano secoli, che non vedeva suo fratello, non davvero.

Si allungò di nuovo, ma lasciò perdere.

Fu qualcun altro ad alzarlo per lui.

Sirius vide una mano che conosceva bene afferrare il lenzuolo, vide due occhi che amava guardarlo come per chiedergli il permesso e scusa al tempo stesso... Vide Remus. E allora agì senza pensare, come aveva sempre fatto nella sua vita.

Lo afferrò per la collottola e lo sbatté contro le celle frigorifere lì intorno, talmente forte che il colpo echeggiò per qualche secondo.

-Sirius, che caz...?-

-Dove cazzo eri?!- gridò, ansimando, facendosi vicino. -Dove cazzo eri mentre mio fratello moriva?-

-Sirius, lo sai che non...- tentò di difendersi Remus, alzando le mani, ma la foga dell'altro ebbe la meglio

-Dov'eri?- urlò di nuovo.

Remus chiuse gli occhi, quasi aspettandosi un pugno o altro... Che però non arrivò. Li riaprì piano e vide che Sirius aveva lasciato la presa su di lui e ora se ne stava accasciato sul pavimento, lacrime che finalmente sgorgavano dai suoi occhi. James e Lily fecero capolino dalla porta, chiedendo spiegazioni con lo sguardo, ma Remus li cacciò. Era una cosa tra di loro, quella...

-Sirius?- sussurrò, prendendogli il viso tra le mani e pretendo la sua fronte contro quella dell'altro.

-Dov'eri, Remus? Perché non c'eri... Perché?-

-Mi dispiace tanto- mormorò, cercando la bocca dell’altro, che si scansò con astio.

-Perché sei qui?- chiese Sirius, guardandolo dritto negli occhi.

-Lily mi ha scritto e…-

-Ragazzi, stanno arrivano i Black- disse Peter, facendo capolino dalla porta. –La signora McKinnon dice che ne dobbiamo andare.-

Sirius annuì e si rialzò, non accettando la mano che Remus gli porgeva. Uscì e si lasciò mettere un braccio sulle spalle da James, si lasciò guidare da lui, Remus dietro, Lily e Peter che cercavano di parlargli. Ma Sirius non voleva sentire nulla di quello che aveva da dire. Non c’era stato. Era stato via, per quelle patetiche missioni di cui non poteva dirgli un accidente di niente… era stato via. E ora ci sarebbe potuto essere stato lui al posto di Regulus, sotto quel lenzuolo, e a Sirius sarebbe rimasta una mansarda vuota e piena al tempo stesso. Gli sarebbero rimasti molti, troppi, ricordi. E gli sarebbe sempre rimasto il tarlo del dubbio, il non sapere che cosa fosse davvero successo. Era questo che più gli rodeva dentro, l’incertezza. Il non sapere mai.

Stavano insieme ormai da quasi due anni, James e Lily, che stavano insieme dallo stesso lasso di tempo, avevano deciso di sposarsi appena lei fosse riuscita a presentarlo ai suoi senza che sua sorella le rovinasse l’incontro… e loro due, invece, anziché fare progressi, retrocedevano, come i gamberi. Si nascondevano le cose… anche se, ora che ci pensava, erano più coppia sposata loro che James e Lily. Remus usciva e rientrava tardi, senza dirgli niente, e lui se ne stava a casa, a bere a fumare. Ma che bel quadretto!

La Smaterializzazione congiunta con James lo riportò a casa dei Potter, dove la signora Potter mise su dell’altro tè per tutti e il signor Potter tentò inutilmente di iniziare una conversazione che nessuno aveva voglia di continuare. James stroncò il tentativo del padre con un cenno del capo.

-Remus, caro, ci vuoi anche dello zucchero…?-

Ma non fece in tempo a finire la frase che praticamente Sirius gli tirò la zuccheriera, che fortunatamente il ragazzo afferrò al volo.

-Oh, insomma, volete dirci che accidenti sta succedendo?- sbottò Peter, facendo prendere a tutti un colpo.

-Codaliscia, ti dispiacerebbe andare a fanculo...- ma neanche lui fece in tempo a finire che la mano della signora Potter trovò la sua guancia e lo schiocco dello schiaffo gelò tutti.

-Dicci cosa sta succedendo. Oppure parlane con Remus, come ti pare. Ma non ti azzardare mai più a rivolgerti così ai tuoi amici. Peter voleva solo aiutarti- disse gelida, gli occhi nocciola che fiammeggiavano.

Sirius mormorò qualcosa che assomigliava a della scuse, abbassando lo sguardo.

-Ora,- riprese la parola la signora Potter, -devo chiudervi da qualche parte perché vi chiariate oppure pensi di essere abbastanza adulto per poterlo fare da solo?-

-Signora non c'è bisogno, ora noi andiamo e...- tentò Remus, bloccato a sua volta.

-Voi due non lasciate questo tetto finché non so che almeno avete tentato di parlarvi. Ora noi usciamo e voi vi dite quello che dovete dirvi. In maniera civile- sottolineò, guardando Sirius in particolare. -Saremo di là, se avrete bisogno- concluse, trascinando fuori gli altri. James lanciò un'occhiata preoccupata ai due, Lily tentò un sorriso e Peter li guardò confuso, prima di uscire a sua volta.

In un attimo, la cucina si era svuotata.

Remus si alzò pesantemente dalla sedia e poggiò le tazze che ancora erano sul tavolo nel secchiaio, aprendo l'acqua per sciacquarle. Sirius si prese la testa tra le mani e rimase in silenzio a guardare le venature del tavolo, il capo che gli girava vorticosamente.

-Hai intenzione di aprire bocca?- chiese Remus, sempre di spalle, recuperando uno strofinaccio e asciugandosi le mani. -Perché sarei piuttosto stanco e...-

-E fammi indovinare, devi tornare in “missione”- lo scimmiottò Sirius, passandosi una mano tra i capelli e cercando poi un pacchetto di sigarette nelle tasche dei pantaloni. Salvo poi ricordarsi che indossava vestiti di James e lui non fumava. -Cazzo...- mormorò.

-Finezza- roteò gli occhi Remus, girandosi verso l'altro, lo strofinaccio sempre tra le mani. -Comunque sì, dovrei tornare. Ho chiesto un permesso a Silente solo per poche ore.-

-Oh, quindi Silente lo sa dove vai. A lui puoi dirlo.-

-Non fare il cretino. Sono stati lui e Moody ad organizzare la cosa, come potrebbero non sapere?-

Sirius scosse la testa e chiuse gli occhi, abbandonandosi sul tavolo.

-Non mi dirai nulla, vero?-

-Ho stretto un Voto Infrangibile. Non posso dirtelo- capitolò Remus, mettendo da parte lo strofinaccio e tornando a sedersi. Fece per prende la mano di Sirius tra le sue, ma all'ultimo sembrò cambiare idea, così si limitò a stringere le proprie, le nocche che cominciavano a sbiancare.

-Almeno questo avresti potuto dirmelo prima. Ma lo sai come mi sento io, ogni volta che annunci che devi partire per Merlino solo sa quanto tempo?- sbottò Sirius, alzando di scatto la testa e guardandolo fisso negli occhi. Quelli di Remus, verdi e calmi come sempre, non vacillarono. -Senza mai sapere niente... tu che a mala pena mi rivolgi la parola, tutto concentrato sulla tua “missione”- continuò, cominciando a gesticolare. -HAI MAI PENSATO A COME CAZZO MI SENTIREI SE MORISSI?- esplose, battendo un pugno sul tavolo, gli occhi che cominciavano a riempirsi di lacrime. -Dove ti andrei a cercare? Quando lo saprei? Passerei la mia vita ad aspettarti, a dirmi che forse domani tornerai... e intanto tu saresti da qualche parte... un cadavere da qualche parte, Godric solo sa dove...-

Una lacrima si tuffò nella barba sfatta di qualche giorno, ma Sirius la scacciò, furioso.

-Ho anche pensato di seguirti, sai? Come Felpato... ti avrei seguito e...-

-E credi che non ti avrei riconosciuto?- sospirò Remus. -Devi fidarti di me, davvero, io...-

-E se non ce la facessi?-

Il sussurro di Sirius lo colpì come un pugno.

-Io ti amo, Remus, lo sai. Ti amo più della mia stessa vita, ma...-

-Se mi ami non c'è un “ma”.-

-Ma saresti potuto essere stato tu, oggi, quello all'obitorio- continuò Sirius, prendendosi la testa tra le mani e scacciando le parole dell'altro come se fossero mosche fastidiose. -Saresti potuto essere stato tu... e io cosa avrei dovuto fare? Come sarei potuto andare avanti?-

-Sapere dove sono non cambierebbe nulla- tentò di dire Remus, ma Sirius lo interruppe.

-Penso di avere qualche diritto, no? Porco Salazar... almeno che avevi stretto un Voto Infrangibile potevi dirmelo, no? Remus, siamo in guerra... non posso perdere anche te- finì, lacrime che ormai scendevano copiose. -Vorrei davvero fidarmi di te, ma... ma non ci riesco.-

Remus non replicò. Si limitò ad alzarsi e costrinse Sirius a fare lo stesso. Gli asciugò piano le guance, sempre senza staccare gli occhi dai suoi. Gli accarezzò il viso e poi i capelli, fermando la mano sulla nuca dell'altro. Poi si avvicinò e lo baciò piano, ridisegnandogli il contorto delle labbra.

Sirius si aggrappò a lui. Stretto contro il petto di Remus, riprese a respirare normalmente. Rispose al bacio con la stessa dolcezza e disperazione, staccandosi dopo un tempo infinito. Sentiva il suo profumo, l'“odore di luna piena”, come lo aveva descritto anni prima dopo il loro primo bacio, lo sentiva e lo amava come la prima volta, se non di più.

-Ce la faremo- sussurrò Remus sulle sue labbra. -Ce la faremo e basta. Chiederò di diminuire la frequenza e la durata delle missioni, ma non ti assicuro niente. Sono Moody e Silente che gestiscono queste cose e... e francamente mi sento utile... quando faccio quello che faccio. Non posso dirtelo, davvero. Ti prego credimi. Amami. E vedrai che ce la faremo.-

Sirius chiuse gli occhi e annuì piano, affondando il viso nella spalla di Remus. Voleva crederci, voleva crederci disperatamente. Ma dentro di lui c'era una vocina bastarda che gli diceva che il peggio doveva ancora arrivare, che quella non era stato altro che la prova generale del disastro. E che non avrebbero retto.

-Mi dispiace tanto per Regulus, Sirius- mormorò Remus. -Se vuoi andare al funerale verrò con te, lo sai. Verremo tutti, schierati al gran completo.-

-Sarebbe la volta buona che muore anche mia madre- risse sommessamente Sirius. -Ma no, non ci voglio andare. Reg per me è morto anni fa, non mi serve a nulla leggerlo su una lapide...-

-Okay. Va bene. Come vuoi tu. Se cambi idea, io sono qui.-

-Lo so, lo so che sei qui. È che a volte la paura me lo fa dimenticare. Ma tu non andartene. Anche se io sono un cretino, non andartene.-

-Io ti amo, Sirius. E non vado da nessuna parte.-

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Capitolo 10
*** 1980 - Il cuore è il bagaglio a mano ***


1980

 

Il cuore è il tuo bagaglio a mano

 

 

 

 

 

 

 

 


-Sirius, si può sapere che stai facendo?-

Remus uscì dal bagno in accappatoio e guardò sorridendo il proprio ragazzo che girava come una trottola per la loro mansarda. Un cappellino a cono da festa storto sulla testa, pungitopo attorno alle braccia e uno striscione attorno al corpo, fissava preoccupato lo spigolo del loro tavolino, grattandosi il collo con la bacchetta.

-Sirius?- ripeté, frizionandosi i capelli con un asciugamano e riuscendo finalmente ad attirare l'attenzione dell'altro.

-Eh?-

-Ti ho chiesto che stai facendo- ripeté Remus.

-Preparo casa, no? Mi sembrava ovvio- replicò, accennando al resto dell'appartamento. Ogni singolo spigolo era stato coperto accuratamente con strati e strati di quella che sembrava gommapiuma e metri di Magiscotch, e Remus non poté fare a meno di scoppiare a ridere. -Che c'è?- chiese Sirius, offeso. -Piuttosto, aiutami con questo- disse, emergendo dallo striscione e porgendolo all'altro. -Pensavo di fermalo lì e lì- spiegò, indicando la libreria alla loro sinistra. -Remus, mi stai ascoltando?-

- “Ben nato nanetto. Bel colpo James”- lesse, ricominciando a ridere. -E questo cosa dovrebbe essere?- chiese, indicando un pasticcio rosastro e nero a lato del lenzuolo.

Sirius guardò Remus offeso e si riprese lo striscione.

-È il nanetto, mi sembra ovvio- rispose piccato, facendo però una smorfia quando i suoi occhi si posarono di nuovo sul disegno.

-Peter non poteva?-

-Fuori in missione e poi ha detto che passava a trovare Tessa.-

-Tessa di Tassorosso? Quella Tessa?- chiese stupito Remus.

Sirius scrollò le spalle.

-Sempre lei. A quanto pare si è separata da qualche mese e ora lei e Peter stanno uscendo insieme. Ma al party di benvenuto viene, tranquillo.-

-“Party di benvenuto”?-

-Per il nanetto! Remus, cerca di tenere il passo- sbuffò Sirius. -E dammi una mano ad appendere questo coso- tagliò corto, arrampicandosi sul divano.

-Lo sai che il “nanetto” ha un nome, vero?-

-Dato che si sono rifiutati di chiamarlo come me o te o Peter, per me il nanetto rimane “nanetto”. “Nanerottolo” quando sarò in buona. “Nano” quando crescerà. Fino a quando non sarà abbastanza grande da cambiarsi il nome. A quel punto sarà “Junior”.-

-Perché ovviamente sceglierà di prendere il tuo nome- sorrise Remus, arrampicandosi a sua volta e tendendo le braccia in alto per fermare il lenzuolo sotto i libri.

-Ovviamente- roteò gli occhi Sirius. -Comunque saranno qua a breve con il pargolo. Scendi tu a prendere qualcosa da mangiare? Ho chiesto a Coda di portarne, ma non mi fiderei di lui... si terrà a stecchetto, fuori con Tessa, e si finirà i nostri salatini strada facendo...-

-Vado io, nessuno problema- rispose Remus. -Tanto devo anche ritirare la posta... magari qualcuno ha deciso che non gli faccio troppo schifo ed è la volta buona che mi trovo un lavoro...-

Sirius scese dal divano sbuffando.

-Quante volte te l'ho detto che non serve che lavori? Non lavoro nemmeno io?! E poi non puoi lasciare Florian... ormai sei la sua roccia!-

-Sirius, solo perché è il terzo anno di fila che sono “l'impiegato dell'anno”, non vuol dire che la gelateria chiuderebbe, senza di me.-

-Be', intanto Peter l'hanno licenziato...-

-Perché si finiva le scorte- ridacchiò Remus, cercando nel mucchio di vestiti accanto al letto qualcosa da mettersi. -Sirius, ti serve questa roba?- chiese, mostrando una camicia e un paio di jeans. -Io ho quasi tutto a lavare... e con un maglione ad agosto credo avrei piuttosto caldo.-

Sirius fece spallucce.

-Fa' come ti pare. Vado a farmi la doccia anche io. Voglio essere così profumato che James e Lily si chiederanno: “Ma come abbiamo fatto a chiamare il nostro nanetto come Sirius, che è un tale esempio di pulizia e belle maniere? Sarebbe stato un perfetto modello a cui ispirarsi!”-

Remus alzò gli occhi al cielo e trattenne una risata.

-Penseranno questo?-

-Assolutamente sì. Li farò pentire di quest'onta, sappilo...- puntò il dito Sirius.

-Secondo me volevi solo che ci fosse un “Sirius Potter” in circolazione- lo prese in giro Remus.

-Be', dato che non posso essere Sirius Lupin o Potter io, per la legge... contavo sulla nuova generazione...- borbottò lui.

Remus lo baciò ridendo.

-Dai, datti una mossa. Altrimenti arrivano che sei ancora nudo...-

-Credo che a te non dispiacerebbe- sussurrò malizioso Sirius, baciandolo di nuovo.

-Decisamente no, ma c'è un tempo... un luogo... e...- tentò di dire, Sirius che zittiva le su proteste sempre con un nuovo bacio. -Oh, al diavolo!- esclamò alla fine, facendo cadere entrambi sul letto.

 

 

 

 

 

-Il naneeeeeeeeeeeetto!- gridò Sirius, saltando letteralmente per aria e correndo ad aprire. Remus e Peter scoppiarono a ridere, ma lasciarono perdere. Erano tre giorni (tre giorni e nove mesi, a essere precisi) che Sirius era iperattivo per la nascita del figlio di Lily e James. Era andato con lei a fare spese i primi tempi, l'aveva sommersa di regali, aveva aiutato James a montare la culla e aveva riempito entrambi di dischi dei Queen e degli AD/DC, insistendo che li facessero ascoltare al Ramoso jr. (come lo aveva chiamato per tutta la durata della gravidanza di Lily), nella speranza che nascesse con dei gusti musicali “decenti”.

Scattò ed andò ad aprire, letteralmente saltando il divano, quasi fosse un esperto di corsa agli ostacoli. James, nel frattempo, si stava sbizzarrendo a comporre melodie con il campanello. Ora si sentiva che stava suonando “Jingle Bell”, dopo aver appena finito l'inno nazionale.

-Arrivo! Arrivo!- urlò Sirius. -ARRIIIIIIIVOOOOOO!-

E finalmente spalancò la porta, scoppiando a ridere con quella sua risata strana, gettando indietro la testa.

-I Potter!- esclamò, gli occhi che gli brillavano. Sulla soglia, James teneva un braccio sulle spalle di Lily, che reggeva in braccio un fagottino rosa che agitava i pugni.

Erano stati all'ospedale nei giorni scorsi, anche perché era nato anche Neville, il figlio di Frank ed Alice. Ed era stato allora che a Lily si erano rotte le acque, anche se in anticipo di qualche settimane. Il parto non era stato difficile, solo lungo. Ma alla fine, alle due e trenta della mattina del 31 luglio, Harry James Potter era nato, mentre suo padre, stanco morto, dormiva sulla terrazza del San Mungo.

Peter era stato il primo ad arrivare, poi era stata la volta di Remus e Sirius (il quale aveva fatto del suo meglio per non piangere... salvo poi trasformarsi in una fontana, singhiozzando sulla spalla di Remus quando James gli aveva fatto prendere in braccio il piccolo).

Lily era stata ricoverata solo due giorni, per riprendersi, poi già dalla mattina del terzo aveva cominciato a dire di volersene andare perché si stava annoiando. Harry stava bene, dormiva tranquillamente e mangiava quando doveva... non c'era motivo di rimanere. Così l'avevano dimessa, anche solo per liberarsi di lei, che aveva cominciato a spaventare la sua compagna di stanza, dicendole quanto il parto fosse lungo e doloroso. Così, perché si stava annoiando. E i Guaritori erano stato ben più che felici di mandarla a casa.

-Sirius- sorrise James, abbracciando l'amico di slancio. -Non è bellissimo?- aggiunse, voltandosi verso il piccolo e guardandolo adorante.

-Sono tre giorni che lo fissa così. Crescerà complessato- rise Lily.

-Be', con un padre così- fece eco Peter, che era arrivato nell'ingresso insieme a Remus. -Non puoi davvero credere che verrà su normale, no?-

-E con un padrino come Sirius- aggiunse James, facendo però sbiancare il diretto interessato.

-Che hai detto?- chiese, voltandosi verso Remus. -Che ha detto?-

-Oh Merlino. James, che hai detto?- ripeté Remus. -Non puoi essere serio...-

-Pensavamo che Sirius potrebbe essere il suo padrino, sì- confermò Lily, scoppiando a ridere di fronte alle loro espressioni sbigottite, facendosi strada fino al divano, dove si lasciò cadere. -Ovviamente sarà come se lo foste tutti e tre, ma Sirius sarà quello ufficiale...-

-P...pa... padrino?- balbettò lui, unico rimasto nell'ingresso.

Remus si alzò per andarlo a recuperare.

-Certo che potevi anche essere più delicato, Ramoso. Lo sai che è un debole di cuore- rise. -E anche di mente. Soprattutto di mente.-

-Mi sa che ti abbiamo rotto il ragazzo- sghignazzò Lily.

-Mi sa proprio di sì- annuì Peter. -Peccato. Via un padrino, avanti il prossimo, no? Io ho una bella casa, adesso... e con Tessa facciamo sul serio. Ci potremmo occupare di lui.-

James gli batté una pacca sulla spalla.

-Grazie, Coda, lo apprezzo davvero, ma...- cominciò, imbarazzato.

-Tranquillo- rise lui, -scherzavo. Sirius è la scelta migliore, davvero. Certo, a vederlo ora non si direbbe. Ma si riprenderà- concluse, lanciando un'occhiata al ragazzo, che confabulava fitto con Remus.

-E quello cosa sarebbe?- chiese Lily, notando solo in quel momento lo striscione e avvicinandosi per osservarlo meglio, dopo aver passato Harry a James. -Black, hai per caso chiamato mio figlio “nanetto”?- domandò, inarcando un sopracciglio e voltandosi minacciosa.

Sirius divenne rosso come un peperone e abbassò lo sguardo, colpevole. Ma Lily, inaspettatamente, scoppiò a ridere.

-Mi piace come suona! Nanetto Potter. Ha un bel suono- concordò James. -Nanetto Harry James Potter.-

-Lo avevo scritto perché... ehm... potevanonessermiandatogiùcheavrestechiamatoHarryHarry- bofonchiò, mangiandosi le parole. -Ma era prima di sapere che mi avreste nominato padrino e... sì, sarò il padrino più figo del mondo e... oh Godric, guardate! Mi tremano le mani!- esclamò, portandosele davanti al viso e osservandole come ipnotizzato.

-Allora forse lo prendi in braccio dopo, eh?- lo prese in giro Remus, mentre James gli metteva Harry tra le braccia. -Ciao piccolino- lo salutò in sussurro. -Io sono Remus, ma puoi chiamarmi zio Lunastorta... e ci pensiamo io, lo zio Coda e lo zio Felpato, a tenerti al sicuro. Lo zio Felpato è quello là... lo so, lo so... non sembra sano di mente, ma ti assicuro che sarà il padrino migliore del mondo. Tu non ti devi preoccupare. Intanto, perché non succederà nulla alla tua mamma e al tuo papà. E poi, perché per qualsiasi cosa, noi tre ci saremo sempre...-

 

 

 

 

 

 

-Ragazzi, siamo sicuri che ci possiamo fidare di voi?-

-James, per l'ennesima volta: andate e divertitevi, okay? È la prima sera in sei mesi che vi prendete di libertà... andrà tutto bene.-

-Sì, ma... comunque saremo al pub in fondo alla strada, non torniamo tardi...-

-Esci da questa casa!-

-Sul frigorifero vi ho lasciato il recapito del pub, nel caso in cui fossero problemi. Remus, confido che tu sappia usare un telefono, no?-

-Lily, James... ci siamo noi tre a badare ad Harry. Volete andarvene? Sì, so usare il telefono. Sì, Sirius ha capito dove tenete le medicine. Sì, Peter ha fatto la spesa, non moriremo di fame. Ora, volete andarvene?-

Era cominciato tutto quella mattina. Un gufo era atterrato nella mansarda dove viveva con Sirius, una richiesta di baby-sitting per Harry. Lo avevano già fatto in passato, ma o Lily o James, uno dei due era in sempre rimasto in casa. Questa era la prima volta che uscivano tutti e due contemporaneamente. Non sarebbero andati lontani, non sarebbero tornati tardi, ma la cosa sembrava comunque gettare nel panico più totale soprattutto James. Sotto lo sguardo divertito (e a un certo punto esasperato di Lily), aveva redatto una lista di cose che Harry poteva e non poteva mangiare e che Harry poteva e non poteva fare. A Sirius era stato vietato di venire in moto, per evitare la tentazione di farci fare un giro al piccolo, sia a lui che a Peter era stato vietato di trasformarsi in Felpato e Codaliscia, nel caso in cui Harry fosse stato allergico... e infine James aveva passato il pomeriggio ad ammassare sul tavolinetto del soggiorno della loro casa i libricini e i peluche preferiti del figlio.

-Ah, e nel caso in cui...- ricominciò, ma Lily lo afferrò per la collottola e Remus praticamente lo spinse di peso fuori di casa.

-E anche questa è fatta!- sospirò, appoggiandosi contro la porta.

-Sei riuscito a farli uscire?- rise Peter, comparendo nell'ingresso con Harry in braccio, impegnatissimo a torturargli un orecchio.

-Mai cosa fu più difficile. Sirius?- chiese.

-In cucina. Sta spulciando i vari take-away per decidere dove ordinare.-

-Lo sai che se lo lasci fare a lui finirà che mangeremo qualcosa di orrendo, vero?-

Peter scrollò le spalle.

-Correremo il rischio. Almeno così lo teniamo distratto per un po'. Gli era venuta la grandiosa idea di diventare Felpato e farsi cavalcare da Harry in giro per casa... ha anche borbottato qualcosa sul fatto che si dovrà procurare una sella... comunque- disse, cambiando argomento. -Che si fa esattamente?-

-Propongo, innanzitutto, di non accendere la televisione. Dopo la riunione di oggi ne ho piene le scatole di morti e sparizioni... non si sa ancora nulla di Benji, vero?- chiese, buttandosi sul divano e prendendo Harry, mentre anche Peter si sedeva.

Il ragazzo scosse la testa.

-Ma Moody sta cominciando a credere che i Mangiamorte, in questo caso, non centrino nulla. Hai presente quanti nemici si è fatto, nel corso di tutti questi anni...-

-Beh, i suoi articoli al Profeta hanno sempre attirato molto l'attenzione. Lily ce lo ha detto, e loro hanno lavorato insieme... quindi Moody crede...?-

-Crede che ci sia un motivo politico dietro, sì. Ma comunque sia, la sostanza rimane. Stiamo calando sempre più di numero. Il mese scorso Caradoc, ora Benji... ci stanno decimando...- mormorò lugubre Peter. -Tu credi che ce la faremo?-

Remus strinse più forte Harry a sé e lo osservò pensieroso. Il bimbo fece una smorfia che assomigliava a un sorriso e lui gli scompigliò piano i capelli.

-Bisogna aggrapparsi al buono che c'è in questo mondo- mormorò, mentre Harry gli artigliava un dito con le manine e tirava. -E soprattutto crederci. Non possiamo permetterci di avere dei dubbi, non noi che combattiamo in prima linea. Ricordati per chi lo fai, perché lo fai...-

-Ma a te, tutto queste sparizioni non sembrano sospette?- insistette Peter. -Insomma, sembra che sappiano sempre dove siamo, quando ci siamo...-

-Cosa stai suggerendo?- inarcò un sopracciglio Remus. -Che ci sia una spia nell'Ordine.-

Peter si limitò a fissarlo con i suoi occhi acquosi, un silenzio che valeva più di mille parole.

-Ma non dire cavolate! E chi potrebbe essere, secondo te?-

-Beh... chi conosciamo che, tra tutti, potrebbe avere più... ehm, come chiamarli... agganci? Ecco sì. Chi conosciamo che potrebbe avere più agganci, nel caso in cui decidesse di “cambiare lato”?-

-Spero tu stia seriamente scherzando- tagliò corto Remus, stringendo più forte Harry, quasi volendolo allontanare dalle parole dell'amico. -Perché se ho capito bene quello che stai dicendo... tu sospetti di Sirius! Ma come diavolo...?-

-Ma sono i fatti a parlare!- piagnucolò Peter, che sembrava terrorizzato all'idea che l'altro non gli credesse. -Negli ultimi tempi, sparisce sempre per delle intere giornate... e non va in missione, l'ho chiesto a Silente...-

-Tu hai parlato con Silente di questa cosa, prima ancora che con noi?- scattò Remus, alzandosi in piedi e prendendo a camminare avanti e indietro, Harry che si arrampicava sulla sua spalla e giocava con i suoi capelli, mangiucchiandoli. -Peter, che diamine! Siamo una famiglia, no? Che senso ha che tu te ne vai in giro a... a...-

-Oh, certo, scusa! Dimenticavo che Sirius è perfetto. Sirius è il genio che si è elevato dal fango. Sirius è il tuo ragazzo e quindi è intoccabile- sbottò Peter, seguendo con gli occhi il camminare nervoso dell'altro.

-Non ho detto questo- replicò Remus duro, fermandosi di colpo. -Dico solo che avresti potuto parlarcene.-

-E lo sto facendo, te lo sto dicendo, Remus. Silente ha detto che lui non sapeva nulla di questi spostamenti di Sirius, che non sa dove andasse eccetera eccetera. Anzi, era anche piuttosto stupito, quando gliene ho parlato.-

-A me ha detto che andava alla tomba di suo fratello.-

-Giusto!- scoppiò in una risata secca Peter, prendendosi la testa tra le mani. -Perché lui e Regulus erano così legati! Apri gli occhi, Remus, Sirius ci sta nascondendo qualcosa e più noi teniamo gli occhi chiusi, più noi facciamo finta di niente... quanti altri Caradoc e Benji dovranno scomparire? E la prossima volta a chi toccherà, eh? Alla tua amica Marlene? O sarà Dorcas a morire? Oppure piomberanno direttamente a una nostra riunione e... ho paura, va bene? Io non ci dormo la notte! Perché me lo sento, me lo sento che succederà qualcosa di brutto- finì Peter, cominciando a piagnucolare.

Remus gli si sedette accanto e gli mise Harry in braccio.

-Dobbiamo fidarci gli uni degli altri, Peter. Altrimenti crolliamo, ed è proprio questo quello che Voldemort vuole. Se crolliamo... allora sì che è finita. Io non ci credo che Sirius potrebbe fare una cosa del genere e, se ci pensi, anche tu lo sai che non è possibile. Perché è Sirius, perché lo conosciamo da una vita...-

-Ma è anche la stessa persona che quasi rivelò il tuo segreto a Piton, quando pensava che sarebbe stato divertente- ribatté Peter, alzando lo sguardo su Remus. -È sempre di lui che parliamo.-

-L'ho perdonato da tempo per quello.-

-Certo... più o meno da quando ci vai a letto insieme...-

-Attento a come parli, Peter- scattò Remus, gli occhi che gli lampeggiavano. -Il fatto che tieni Harry in braccio non vuol dire che io non ti possa colpire- lo minacciò, prendendolo per la collottola e puntandogli la bacchetta alla giugulare. -Di' solo un'altra parola e ti giuro che...-

-Ragazzi, cinese vi va ben... ehi, che succede?- chiese Sirius, entrando in quel momento nella stanza. -Non vi si può lasciare un attimo soli, eh?-

Si avvicinò e prese Harry, che rischiava di essere schiacciato tra i due litiganti. Lo tenne in braccio e tentò inutilmente di pettinargli i capelli.

-Ribelli come quelli di James- commentò, ridacchiando, tentando di alleggerire la tensione. -E io che speravo nel DNA di Lily... allora, stalloni, ordiniamo? Mettiamo a letto il pupo e mangiamo? Io avrei una certa fame...-

-Vado io a chiamare- si propose Remus, alzandosi dal divano solo dopo aver lanciando un'ultima occhiataccia a Peter. Baciò Harry sulla fronte e Sirius sulle labbra poi sparì in cucina, portandosi dietro il volantino.

-Ehi, ma non ti abbiamo detto cosa ordinare... PER ME POLLO FRITTO E NUVOLE DI DRAGO!- gli urlò dietro, sperando che l'altro sentisse. -Bah, in realtà mi sta bene qualsiasi cosa tranne il riso alla cantonese- disse a Peter, che era ancora sul divano, immobile. -Si può sapere che stava succedendo?- chiese allora, cominciando a cullare piano Harry, che aveva preso a stropicciarsi gli occhi, segno che aveva sonno.

-Piccola discussione- scrollò le spalle Peter, riavendosi. -Allora, mettiamo a letto Harry?-

La cameretta che James e Lily avevano preparato per il bambino era dipinta di giallo, perché non avevano voluto sapere il sesso fino al momento della nascita e così avevano scelto il giallo canarino per le pareti. La culla bianca, coperta da una leggera zanzariera dello stesso colore, era al centro e, lungo una delle pareti, c'era il cassettone con sopra giochi e libri con favole. Erano soprattutto cose che Lily aveva portato via da casa propria dopo l'ultima (e probabilmente definitiva) litigata con Petunia, quando la ragazza aveva scoperto che i propri genitori erano morti e la sorella non le aveva detto niente. Quella volta si era davvero sfiorato l'omicidio e James aveva dovuto portare via la fidanza praticamente di peso.

-Mi passi Cenerentola?- sussurrò Sirius, adagiando Harry nella culla e accarezzandogli piano una guancia. Il bimbo aveva già gli occhi chiusi e sembrava addormentato. -Anzi no... aspetta... credo dorma già- mormorò, tirando Peter per un braccio per controllare.

-Sì, sembra anche a me- annuì lui. -Speriamo solo non si svegli. Non aveva detto Lily che la settimana scorsa si era svegliato qualcosa come sei volte, una notte?-

-Una cosa del genere, sì. Oi, noi tanto siamo di là finché non torna. Se ha bisogno, ci siamo- si strinse nelle spalle Sirius, allungandosi per fargli un'altra carezza. -È così piccolo...-

-E indifeso. Crescerà con la guerra...-

-La guerra finirà, Coda, le guerre lo fanno sempre. Non vanno mica avanti in eterno!-

-Eh... ma quale sarà il prezzo? Insomma, noi siamo tutti nell'Ordine, se ci dovesse succedere qualcosa...-

-Raggio di sole tu, eh?- lo prese in giro Sirius, cercando di tirarlo su di morale. -Vedrai che andrà tutto bene. Sei preoccupato, vero? È di questo che discutevate prima con Remus?-

-Sì e no- scrollò le spalle Peter. -Però sì, sono preoccupato. Tutte queste sparizioni... non è che ti facciano dormire proprio tranquillo. E poi, da quando Tessa ha deciso di andare in America, sono anche rimasto da solo...-

-Però sei rimasto- sottolineò lealmente Sirius.

-Il mio posto è qui. Nel bene e nel male. Anche se...-

-“Anche se” cosa?- sollevò un sopracciglio Sirius, distogliendo per un attimo lo sguardo da Harry e concentrandosi sull'amico.

-Anche se le cose andrebbero meglio se non ci fossero spie- disse tutto d'un fiato Peter.

Sirius rimase un attimo in silenzio.

-Spie? Sei serio?-

-Certo!-

-Ssh! Fai piano che sta dormendo!-

-Scusa... comunque sì, ne sono praticamente sicuro.-

-Nah, non è vero...-

-Però pensaci, anche io ci ho messo un po' a rendermene conto... però sanno sempre dove siamo, quanti siamo e cosa facciamo. Deve esserci qualcuno che passa loro le informazioni!- insistette Peter, guardandolo dritto negli occhi.

Sirius scoppiò in una risata priva di allegria.

-Non ci credo.-

-Allora siamo messi peggio di quanto credessi... perché la spia potrebbe essere più vicina di quanto credi e non potremo sempre far finta di niente. Mi chiedevi di cosa stavamo discutendo prima con Remus... ecco, parlavamo di questo. Gli ho detto quello che sto dicendo a te, con la stessa tranquilla con cui lo sto dicendo a te... e lui è saltato per aria! Lo hai visto, mi ha anche minacciato e se non fossi arrivato tu...!-

Sirius sgranò gli occhi e poi si allontanò di qualche passo, fino ad arrivare alla parete, contro la quale cozzò e rimase, senza la forza di muoversi.

-Non può essere...-

-Apri gli occhi, Sirius! Forse è più di un anno che passa informazioni. Ricordi quando l'anno scorso è morto tuo fratello? Anche all'epoca avevate discusso... e di cosa? Sempre per le sue “missioni”- continuò Peter. -Io non voglio dire che sia Remus, giuro! La cosa mi fa male! Ma non puoi ignorare le prove, gli indizi... va via per mesi e mesi e quando torna è distrutto. Senso di colpa? Le sue missioni si sono fatte più frequenti e più gente ha cominciato a sparire... non puoi dirmi che sono coincidenze solo perché Remus è il tuo ragazzo. Non puoi lasciarti offuscare dai sentimenti!-

-Io dico che non è possibile perché Remus lo conosciamo da... Insomma, lo conosciamo da una vita!-

-Ma tu non hai idea di quanto possa essere convincente l'Osc... Tu-Sai-Chi! Chissà cosa gli ha promesso in cambio... forse proprio la tua salvezza. È una cosa che Remus farebbe no, sacrificare tutto per te?- disse Peter, dimenticandosi di abbassare la voce.

Con un singhiozzo che si tramutò subito in pianto, Harry si svegliò, agitando braccia e mani. Sirius si precipitò a prenderlo in braccio, battendogli dei leggeri colpetti sulla schiena e baciandolo in fronte. Quello che Peter diceva non aveva senso, non per lui. Remus lo amava sì, ma non avrebbe mai stretto un patto con Voldemort pur di salvarlo. Però, ora che Peter aveva parlato, tutti i dubbi che aveva cercato di soffocare nel corso dell'ultimo anno riemersero per non andarsene più.

-Con chi altri ne hai parlato?- capitolò alla fine. -Oltre a me e Remus, con chi altri hai detto qualcosa?-

-Lui crede che Silente sappia, ma non è vero. L'ho detto solo per cercare di convincerlo a parlare e avresti dovuto vedere la faccia che ha fatto! Era davvero terrorizzato! Comunque nessuno. Nessuno a parte noi tre.-

-E deve continuare così- disse Sirius, riuscendo finalmente a calmare Harry, ora impegnatissimo a giocherellare con i bottoni della sua camicia. -James e Lily devono rimanere fuori da questa storia, sopratutto ora che c'è Harry. Non lasceremo più nessuno da solo, però. Con Remus ci sarà sempre qualcuno, così come con loro tre. Anche se... Merlino... spero davvero che tu non abbia ragione...- sussurrò, rimettendo Harry giù, dopo averlo baciato un'altra volta.

-Lo spero anche io- mormorò Peter, un ghigno che si disegnava sul suo volto mentre le spalle di Sirius si afflosciavano. -Lo spero anche io...-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inathia's nook:

Salve!

Capitolo lungotto e denso, me ne rendo conto. La prima parte è molto dolciosa, non molto nelle mie corde, quindi l'ho infarcita di ironia e ho completato il tutto con un Sirius molto molto drama queen. Ce lo vedo proprio che va a fare shopping con Lily (quando non è impegnato nelle missioni), poi si "arrabbia" a morte quando ad Harry non viene dato il suo nome nemmeno come secondo... salvo poi sciogliersi (o bloccarsi) quando scopre che lo faranno padrino. 

E poi abbiamo la seconda parte, decisamente più intensa. Peter non è più l'amico carino e sempre accondiscendente. E' "passato al lato oscuro", mette zizzania e semia dubbi... anche se non è facile quando si tratta di persone come Sirius e Remus. Ma si sa, la guerra fiacca animi e spiriti, corrode anche i migliori... e così entrambi dubitano. E questa sarà la loro rovina.

Vi annuncio ufficialmente che i capitoli post 1981 si faranno (grazie soprattutto a Just Izzy, TakeMeToWonderland, Smaugslayer e TINAX86 che si prendono la briga di recensire. Vi adoro tutte). 

Un bacione e vi aspetto tutti nei commenti,

I.L.

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Capitolo 11
*** 1981 - Via dalla notte infinita ***




1981

 

 

 


Via da te,

via da me,

via dalla notte infinita

 

 

 

 

 

 

 

Remus sedeva sul tetto, le gambe che penzolavano nel vuoto. Sedeva e guardava il mondo festeggiare, alzare calici al cielo e urlare gioia. Aveva sentito dire che a Dedalus avevano mandato un richiamo per aver fatto piovere stelle nel Kent…

Remus sedeva, una lettera tra le mani e una bottiglia vuota accanto a sé, la testa che girava, ma ancora non abbastanza da poter dimenticare quanto successo.

Non era così che aveva sperato di festeggiare la fine della guerra…

Ci aveva pensato spesso, a essere onesti, negli anni passati, o quando ancora era a Hogwarts. Si era immaginato loro cinque su un tetto simile a quello, a ubriacarsi e a ballare fino all’alba e poi ancora, fino a quando avrebbero retto. Si era poi immaginato correre in strada e danzare con i passanti, un sorriso estatico sul volto e l’euforia che scorreva nelle vene al posto del sangue. Aveva anche bene in testa il tono che avrebbe usato per urlare al mondo che Voldemort non c’era più. L’avrebbero urlato in coro, passandosi una bottiglia e rotolandosi per terra, le risate che prendevano il posto delle parole.

Aveva immaginato, Remus.

Solo questo.

Immaginato.

Perché la realtà era diversa, la realtà faceva molto più male.

Era sì su un tetto, così sbronzo da vedere stelle cadenti anche in pieno centro a Londra, ma era solo.

E lo sarebbe rimasto.

L’eco di quelle risate era solo nella sua testa, non sarebbero risuonate mai più.

Morti James e Lily.

Morto Peter.

Sirius pazzo e in prigione.

Sirius…

Black.

Alla fine Peter aveva avuto ragione, questa era l’unica cosa a cui riusciva a pensare mentre accartocciava la lettera di Silente e la Incendiava con un colpo stanco di bacchetta. Peter aveva avuto ragione, lui non gli aveva dato retta e quello era stato il risultato.

Peter…

Sempre così affezionato a loro, che aveva rinunciato a seguire la sua Tessa in America per rimanere e combattere… avrebbe dovuto scrivere anche lei. Oppure ci avrebbe pensato la madre di Peter e avrebbero pianto insieme.

Si allungò per aprirsi un’altra bottiglia di Whiskey Incendiario, che svuotò fino a metà in un sorso solo.

Era quasi l’alba, in realtà non avrebbe dovuto bere. Sarebbe dovuto andare all’obitorio nel giro di poche ore, per il riconoscimento dei corpi. Era un’assurda formalità che nessuno gli aveva chiesto di svolgere, ma era come se sentisse che toccava a lui. L’ultimo Malandrino rimasto…

Sapeva che Harry era al sicuro, Silente gli aveva scritto che l’avrebbero portato lui e Minerva dagli zii, dalla sorella di Lily. Per un attimo dovette trattenere una risata al pensiero di quanto si sarebbe arrabbiata Lily se avesse saputo… ma Lily non si sarebbe arrabbiata mai più.

Li aveva sognati, la notte scorsa, quando era arrivata la lettera. Non gli avevano detto nulla, lo avevano guardato e basta. Muti e pallidi, le mani intrecciate.

Poi quel giorno era arrivata la seconda lettera, mentre era in viaggio per tornare, troppo stanco per Smaterliazzarsi: Sirius aveva trovato Peter e aveva ucciso anche lui. Probabilmente Remus sarebbe stato il terzo, se non l’avessero fermato.

E probabilmente lui si sarebbe lasciato uccidere…

Finì la bottiglia e la lanciò, insieme alla gemella, giù dal tetto, sfiorando la testa di un passante, che si girò verso l’alto e gli mostrò il medio, gridando cose che Remus non sentì.

Si tirò le gambe al petto e incastrò il viso tra esse.

C’era un’altra cosa che voleva fare, un’ultima cosa che sentiva di dovere ai propri amici. A James, a Lily e a Peter. Sarebbe andato da Sirius, aveva bisogno di capire.

Silente gli aveva scritto che era stato trasferito ad Azkaban in tarda mattinata, dopo aver fatto esplodere una strada, aver fatto una strage di babbani e aver ucciso Peter.

Remus continuava a ripetersi che, se negli ultimi due anni non fosse stato così concentrato sulla sua missione di infiltrarsi nel branco di Greyback, forse di qualcosa si sarebbe accorto. I segnali, ora che guardava indietro, c’erano stati tutti: Sirius era diventato più insicuro, saltava per aria per un nonnulla, si sentiva sempre punto sul vivo… ricordava anche che non aveva versato una lacrima quando Marlene e la sua famiglia erano state uccise, oppure quando Dorcas era morta praticamente davanti a loro.

Avrebbe dovuto sapere…

Altro che i sensi distrutti dalla guerra, altro che notti insonni per la preoccupazione, altro che “abbiamo l’un l’altro, ce la faremo”… e pensare che James e Lily si erano affidati a lui per tutto. Per l’Incanto Fidelius… per Harry…

E ora loro erano morti e il loro bambino, il piccolo Harry, sarebbe vissuto lontano persino dal loro ricordo. Perché ci avrebbe scommesso la testa, Petunia non gli avrebbe mai raccontato nulla. E a poco a poco loro sarebbero scomparsi dalla sua memoria. Era talmente piccolo…

Avrebbe dimenticato le ninna nanne stonate di Lily, che si era persino comprata un libro per impararne il più possibile e ogni notte cantargliene una diversa.

Avrebbe dimenticato quel folle di suo padre, che faceva uscire sbuffi di fumo colorato dalla propria bacchetta solo per farlo ridere.

Avrebbe dimenticato lo zio Codaliscia, che si era messo in testa di insegnargli a ballare non appena era riuscito a stare in piedi per più di due secondo consecutivi e ogni volta che arrivava a casa loro metteva su della musica e lo prendeva tra le braccia, facendolo ondeggiare. E avrebbe dimenticato come Lily rideva per queste cose, salvo poi arrossire fino alla radice dei capelli quando James la prendeva tra le braccia e la faceva ballare a sua volta.

Avrebbe dimenticato lo zio Lunastorta, non gli avrebbe più accarezzato le cicatrici con quegli occhi verdi pieni di curiosità. E lui non avrebbe più preparato i biscotti che gli piacevano tanto e che facevano guadagnare a Remus un bacio appiccicaticcio da parte del piccolo ogni volta che li portava.

E avrebbe dimenticato lo zio Felpato che, sempre sprovvisto di sella ma con l’approvazione di James e Lily, lo portava in groppa a spasso per tutta casa e che gli aveva regalato una scopa giocattolo per farsi perdonare il fatto che non era potuto esserci il giorno del compleanno, ma si era comunque fatto spedire una fetta di torta.

Avrebbe dimenticato tutto, ma forse era meglio così, si diceva Remus. Perché lui non poteva, lui avrebbe ricordato per sempre e quello faceva più male.

Avrebbe ricordato qual era il romanzo preferito di Lily, quello che lei poteva anche citare a memoria, quello che poteva aprire a caso e riprendere a leggere esattamente da lì, perché lo conosceva troppo bene… e avrebbe ricordato quanto gli era stata accanto, il modo in cui, quando sorrideva, le orecchie le si sollevavano appena verso l’alto, come se l’intero suo corpo partecipasse di quel sorriso.

Avrebbe ricordato la passione di James per i maglioni natalizi con le fantasie più assurde, maglioni che cominciava a indossare da metà ottobre e che non toglieva fino a fine febbraio. E avrebbe ricordato la sua passione per cinema babbano, scoperto grazie Lily. Era capace di passare interi pomeriggi in sala, a guardarsi a ripetizione sempre lo stesso, emozionandosi sempre negli stessi momenti.

Avrebbe ricordato Peter, la sua passione per il disegno e il suo amore per Tessa. Avrebbe ricordato come aveva sempre guardato James e Sirius quasi fossero i suoi dei, gli amici migliori che uno sfigato come lui avrebbe mai potuto avere. Avrebbe ricordato il ritratto che aveva fatto loro, uno degli ultimi giorni di scuola, e l’avrebbe tenuto sempre con sé, perché era una prova che avevano vissuto e che, in un tempo lontano, erano stati amici.

E avrebbe ricordato Sirius, quanto l’aveva amato e quanto, nonostante tutto, lo amava ancora e non riusciva a smettere. Avrebbe ricordato la sua risata, la piccola ruga di preoccupazione che, negli ultimi tempi, era comparsa sulla sua fronte. L’avrebbe ricordato con i capelli lunghi di quando erano a scuola e i capelli corti e l’accenno di barba e baffi di dopo. Avrebbe ricordato il modo in cui i suoi occhi grigi brillavano quando stava per proporre qualcosa di molto stupido ma anche molto divertente. E avrebbe ricordato i brividi che gli davano le loro labbra insieme, i loro corpi che si univano…

Si alzò di scatto ondeggiando, cercando di cacciare quelle immagini dalla testa. Non era il luogo, non era il momento.

Scese in strada saltando a due a due i gradini della scala antincendio, perdendosi nella folla, sperando nell’anonimato. Girò per i vicoli, strisciando tra gente che ancora festeggiava, che ancora stappava bottiglie e rideva... rideva… ma cosa rideva a fare?

Li sentiva parlare di James e di Lily come di due eroi. Li sentiva chiamare Harry “il bambino che è sopravvissuto”. E lui?

Lui cos’era?

Finì addosso a un ragazzo e per un attimo il suo cuore perse un battito perché, alla luce della luna, gli era sembrato per un attimo Sirius. Ma non era lui. Gli occhi erano azzurri, non grigi. I capelli castani.

Ma se chiudeva gli occhi…

-Amico, ti sei perso?-

Remus si guardò attorno. Quando diavolo era finito a Nocturn Alley?

Non-Sirius lo guardava preoccupato. O meglio, guardava più il cavallo dei suoi pantaloni…

-No… No. Sto bene, sto… ora me ne vado- farfugliò lui.

-Ehi, magari ti posso aiutare- sussurrò Non-Sirius al suo orecchio e a Remus tremarono le gambe da quanto quella voce assomigliava a quella di…

-Davvero, grazie. Ma devo andare…-

-È una notte di festa. Nessuno dovrebbe stare da solo!-

Ma io sono solo! avrebbe voluto urlargli Remus, ma non lo fece. Non-Sirius aveva preso a strusciarglisi addosso e a lui bastò mezzo secondo per capire quali fossero le sue intenzioni.

-Ti faccio un buon prezzo- infatti disse, cercando le sue labbra, ma Remus si scostò.

Poi sembrò ripensarci. Non-Sirius aveva ragione, nessuno doveva stare solo in una notte come quella. E, se chiudeva gli occhi abbastanza forte, se Non-Sirius sussurrava… l’illusione reggeva. Aveva abbastanza soldi ed era abbastanza ubriaco per permettersi una cosa del genere. E poi, non c’era nessuno che l’avrebbe potuto giudicare, non più.

-Niente baci- disse alla fine, infilando i soldi nella cintura di Non-Sirius e lasciandosi trascinare dietro una porta.

 

 

 

 

 

 

A scortare Remus dentro Azkaban fu il signor Crouch. Lo aveva incrociato qualche volta, ma più che altro aveva conosciuto il figlio, Barty. Era di qualche anno più giovane di lui, un sorriso aperto e una zazzera di capelli biondi. Un Serpeverde piuttosto atipico…

Il signor Crouch gli camminava accanto in silenzio, non sembrava interessato a fare conversazione e a Remus la cosa andava più che bene. La testa gli faceva ancora troppo male dalla sera prima, si faceva schifo per quello che aveva fatto nella stanzetta puzzolente e lercia di Alan e la visita in obitorio gli aveva dato il colpo finale. Come se ce ne fosse stato bisogno…

Intanto non c’era stata la signora McKinnon ad accoglierlo, come era sempre stato in passato. Era stata quella la prima cosa che aveva notato, anche se era da stupidi pensarci, perché la donna era morta ormai da un anno, insieme a Marlene e a tutta la sua famiglia. Ma gli aveva comunque fatto un certo effetto trovare un mago asiatico ad aprirgli la porta e a sbrigare le formalità, vederlo muoversi con la stessa sicurezza ed agilità che aveva avuto la signora McKinnon… e poi c’era stato il momento in cui il Guaritore Chang aveva sollevato i lenzuoli che coprivano i due corpi. Era stato allora che Remus aveva vomitato il nulla che aveva mangiato la sera prima. Perché quegli esseri pallidi e rigidi non potevano essere James e Lily… era uscito subito, non era riuscito a reggere di più. Qualcun altro si sarebbe dovuto occupare del loro funerale, lui non ce l’avrebbe fatta. Non poteva diventare un alcolista a ventuno anni… Non aveva nemmeno voluto vedere il “dito”, ossia tutto quello che era rimasto di Peter. Che lo mettessero dove accidenti gli pareva, che gli conferissero tutti gli Ordini di Merlino che volevano… lui se ne lavava le mani.

E anche in quel momento avrebbe voluto scappare a gambe levate, ma la presa del signor Crouch sul suo braccio era ferrea: non lo avrebbe lasciato andare. E Remus gli era quasi grato per questo, perché avrebbe finito col perdersi ed era piuttosto certo di non essere in grado di produrre un Patronus per potersi aprire una via attraverso i Dissennatori. Erano tornati ad Azkaban dopo la caduta di Voldemort, avevano ripreso il loro posto di carcerieri, rendendo quel pozzo nero di disperazione.

-Cella 4F4/3A*- disse Crouch, come se quella sfilza di numeri, simboli e lettere dovesse avere un senso per Remus. Lui era ancora convinto che, in qualche universo parallelo, ora era a casa propria, sdraiato sul divano con Sirius, troppo stanco dopo i festeggiamenti. E che a pranzo sarebbero arrivati tutti quanti, per continuare la baldoria. Doveva esistere un universo così…

Camminarono ancora, in bilico su una passerella di pietra nera. Alla loro destra, celle vuote o piene, in cui i prigionieri se ne stavano buoni sul fondo, scheletri di loro stessi. Alla loro sinistra, il baratro senza fine. Remus aveva paura a chiedersi quante celle ci fossero in quel luogo, quanta gente fosse tenuta lì… poi si ricordò che se lo meritavano tutti, dal primo all’ultimo.

Anche Sirius.

Si fermarono davanti a una cella, il signor Crouch si fece da parte e Remus faticò un po’ per adattare i propri occhi al buio. Qualcosa all’interno si mosse e, con una velocità sovrumana, gli fu di fronte, si aggrappò alle sbarre.

-Remus- sussurrò il groviglio di stracci che una volta era stato Sirius e il ragazzo rabbrividì. Quanto disfacimento in così poco tempo… ma i Dissennatori dovevano avere molto di cui nutrirsi, con lui. –Lunastorta, sei tu?- chiese, inclinando la testa e cercando i suoi occhi, ma Remus teneva lo sguardo basso.

-Non chiamarmi in quel modo- sibilò, -Non ti azzardare. Non tu che hai infangato tutto quello che quel nome significava!-

Sirius scoppiò in una risata strana. Non era quella che Remus aveva sempre conosciuto e amato, non era quella che ti obbligava a ridere con lui perché era la risata stessa ad essere divertente. Questa era sbagliata, distorta. Sirius gettò indietro la testa e poi la poggiò tra le sbarre, facendosi ancora più vicino.

-Non dovresti essere qui- disse, trattenendo un ghigno. –Non dovresti proprio… no, no, no… non si fa così. Su! VATTENE!- gridò, facendo prendere un colpo a Remus, che si ritrasse spaventato.

-Sai dove sono stato oggi?- gli disse, finalmente guardandolo negli occhi. Sirius sembrò stupito di trovarli così freddi e distanti, ma non disse nulla. –All’obitorio. E indovina? Non c’era la signora McKinnon, perché tu l’hai uccisa… c’erano James e Lily, però. Ma tu hai ucciso anche loro. COME HAI POTUTO?- gridò a propria volta, avvicinandosi e afferrando il volto di Sirius con una mano, mentre con l’altra sfoderava la bacchetta. –Lo sai che ti ammazzo, vero? IO TI AMMAZZO, BASTARDO!- urlò, dibattendosi quando il signor Crouch lo prese per le spalle e lo costrinse a lasciare andare la bacchetta. –Lo ammazzo anche a mani nude! PERCHÈ ?-

E Sirius riprese a ridere, cosa che fece andare il sangue al cervello a Remus.

-Io glielo avevo detto di non fidarsi, sai?- ghignò, passandosi una mano tra i capelli luridi. –Io glielo avevo detto… ma loro erano tutti un “no… non è possibile… non è vero…”. E guarda il risultato- canterellò, scoppiando di nuovo a ridere. –E stavo finendo il lavoro… ma mi hanno interrotto. Remus, mi hanno interrotto- aggiunse, il tono trafelato. Sembrava aver riacquistato un po’ di sanità mentale. –Dovevo prendere Peter, Lunastorta. Andava fatto, mi capisci? Andava fatto… andava fatto… andava fatto…- prese a cantilenare, di nuovo folle. –Sono certo che tu avresti fatto lo st…-

-Fatto cosa?- scattò Remus. –Fatto lo stesso? Era questo che volevi dire?! PERCHÈ IO SAREI MORTO PER I MIEI AMICI! NON ME NE FREGA UN CAZZO DI VOLDERMORT E STRONZATE VARIE! IO SAREI MORTO! E saresti dovuto morire anche tu, Sirius- aggiunse in un sussurro, la voce che gli gracchiava per il troppo urlare. –Saresti dovuto morire… sarebbe stato meglio…-

-Quindi ora che si fa?- chiese Sirius, spalancando gli occhi e facendo tornare indietro Remus di quasi dieci anni.

-Addio- mormorò, lasciando la presa sulle sbarre.

-No…-

-Sì, Sirius… davvero pensavi ci potesse essere un “dopo”?- mormorò, lacrime che facevano capolino nei suoi occhi.

-Non piangere… lo sai che non ce la faccio quando piangi- disse Sirius, la voce rotta.

-Avresti dovuto pensarci prima.-

-Ma io dovevo… tu non capisci, Remus. Non puoi capire… ma andava fatto. Tutto. E forse, riguardando indietro, ci sono mille cose che cambierei, ma non quello che ho fatto l’altra notte. Andava fatto.-

E si sporse in avanti, posando ruvidamente e in modo goffo le labbra su quelle dell’altro. Remus provò a scansarsi, ma non ci riuscì, non del tutto. Era ancora legato a Sirius, forse lo sarebbe stato per tutta la vita, ma come si poteva amare un assassino?

-Addio, Felpato.-

 

 

 

 

Quattro settimane: ecco quanto gli era servito per capire il trucco e decidere di non usarlo. Felpato teneva lontani i Dissennatori, non gli potevano fare nulla quando lui era in quella forma. Ma se lo meritava?

Remus se n’era andato, non sarebbe tornato. Aveva provato a spiegargli, ma la sua mente era troppo ingarbugliata, le parole non avevano trovato la sua lingua… e ora Remus, l’ultima cosa buona della sua vita, se n’era andato. Ma forse aveva fatto bene, forse aveva ragione lui… perché era stato lui ad uccidere James e Lily, era colpa sua se avevano scelto Peter come Custode Segreto, alla fine. Era stato lui ad insistere… e che bel risultato!

Non si era nemmeno meritato quell’ultimo colloquio con Remus, quell’ultimo bacio rubato…

Si rannicchiò nella propria cella e sbirciò fuori dalla finestrella.

Luna piena.

Sperò che Remus stesse bene…

-I Paciock, sì! Alice e Frank… brutta storia… brutta storia…-

Voci al di là delle sbarre gli fecero riprendere la forma umana. Meglio non scoprissero del suo piano B… Vide passare due uomini con la divisa blu del ministero, la M sul berretto e sui bottoni. Dietro di loro, in catene, tre figure con già addosso la divisa di Azkaban. Ma Sirius li avrebbe riconosciuti ovunque, soprattutto la donna: sua cugina Bellatrix. E se quello che i due avevano detto era vero…

-Che cosa è successo?- chiese, tenendosi in piedi reggendosi alle sbarre.

-Sta’ indietro, Black. Non è una riunione di famiglia questa- disse uno dei due, dalla lunga barba bionda.

Bellatrix, a sentire il cognome, si voltò sorridendo. Un ghigno atroce sul volto, gli occhi che si illuminavano.

-Cugino!- esclamò deliziata. –Assolutamente incantata di rivederti! Abbiamo continuato la tua magnifica opera- disse, i due uomini che si guardavano attorno come per decidere il da farsi.

-Ma di che diavolo…?- sbottò Sirius.

-I Paciock!- intervenne il ragazzino alla sue destra che lui riconobbe, con un tuffo al cuore, come Barty jr. –Quei due sporchi Auror… non volevano dirci dove fosse il nostro Signore… abbiamo fatto in modo che non dicessero più nulla.-

-Li avete uccisi?- chiese in un sussurro. –E Neville?- disse, ricordando il bimbo paffuto che, ad alcune riunioni dell’Ordine, aveva giocato con Harry, supervisionato da Hagrid. E poi c’era Frank, distrutto dopo la morte dei gemelli, ma che aveva comunque continuato a lottare con loro, trovando forza nella propria famiglia. E Alice, la dolce e forte Alice, che era stata l’ancora del marito nei momenti peggiori.

-No, non sono morti- lo corresse Bellatrix. –Ma si sono guadagnati un biglietto di sola andata per il San Mungo. Reparto Psichiatrico- specificò, scoppiando in una risata stridula.

-MALDETTI!- gridò Sirius, allungando un braccio ossuto oltre le sbarre per cercare di afferrare la cugina e gli altri due, ma gli addetti del Ministero lo respinsero indietro e strattonarono gli altri tre per farli muovere.

-Cos’è, volevi tutto il divertimento per te? Non è già stato abbastanza vendere i tuoi amici… i tuoi preziosi Potter?- lo sfotté Bellatrix, senza smettere di ridere. –Vedrai, cugino. Il Signore Oscuro tornerà e noi saremo accolti come degli eroi!-

 

 

 

 

 

Aveva visto Petunia solo in foto, Remus, ma sapeva bene dove abitava, perché Lily aveva sempre cominciato milioni di lettere, senza mai però spedirne una. E ora le aveva tutte lui, le aveva trovate a Godric’s Hollow quando gli avevano permesso di entrare in quel rudere che un tempo era stata la casa di James e Lily. Non sapeva bene cosa gli era passato per la testa, cosa ci facesse lui lì, cosa l’avesse spinto a noleggiare un’auto solo per raggiungere Privet Drive con quelle lettere che gli pesavano nella tasca…

Ma era il 31 luglio e, per quel giorno, aveva deciso di perdonarsi tutto. Un piccolo regalo a se stesso, prima di lasciare il paese. Sarebbe andato in Francia, aveva trovato un posto per insegnare a Beauxbaton, avrebbe cominciato il semestre successivo. Sarebbe rimasto fino a quando il proprio segreto non fosse diventato troppo evidente, ma i francesi erano di mentalità più aperta e la preside stessa, Madame Maxime, una giovane donnona, era amica di Silente, che aveva parlato solo bene gli lui. In realtà gli era anche stato offerto un posto a Hogwarts, ma quello Remus non aveva potuto accettarlo…

Non gli era rimasto più nessuno lì in Gran Bretagna, persino la madre di Peter se n’era andata in America con Tessa, si sarebbe occupata la ragazza di lei. E dopo quello che, a fine anno, era successo a Frank ed Alice… l’Ordine non esisteva più, ognuno si stava leccando le proprie ferite. E, francamente, era stanco delle occhiate piene di pietà che la gente che lo conosceva gli lanciava. Meglio cambiare aria. Magari per qualche secolo…

Ma c’era un’ultima cosa da fare: voleva rivedere Harry. Per il suo primo compleanno non c’era stato, negli ultimi mesi era stato troppo incasinato persino per ricordarsi il proprio nome… ma questo glielo doveva. Lo doveva a James e Lily. Lo doveva a se stesso.

Scese dall’auto e si mise alla ricerca del numero civico, le casette tutte uguali. Stessi muri in mattone a vista, stesse utilitarie parcheggiate davanti ai garage e stesse tendine col merletto alle finestre. Il caldo afoso non aiutava, visto anche l’orario. Remus sbirciò l’orologio: era quello vecchio di anni, digitale e con i numeri che lampeggiavano rossi. Era stato di Sirius, glielo avevano comperato i Potter al terzo anno, per il suo compleanno, quando avevano visto quanto gli era piaciuto quello di James. L’unico ricordo tangibile che si era concesso. Quello, e la lettera che Lily gli aveva spedito per ringraziarlo del regalo per il compleanno di Harry, l’anno prima.

Il numero quattro di Privet Drive non era diverso dalle altre villette e a Remus salì il cuore in gola all’idea di suonare il campanello.

-Chi è?- chiese la voce di una donna all’interno, prima di socchiudere la porta.

-Mi chiamo Remus Lupin, io…-

-Digli che non compriamo nulla!- urlò un uomo, da qualche parte in casa.

-No, signora, non vendo nulla. Sono… ero un amico di Lil…- ma non fece in tempo a finire al frase che lei gli aveva chiuso la porta in faccia.

Remus sospirò e bussò di nuovo. Aveva immaginato sarebbe potuta andare così, ma non aveva passato l’ultimo mese ad autoconvincersi per poi andarsene solo per una porta sbattuta.

Suonò di nuovo, ma questa volta Petunia non aprì.

-Se ne vada. Non conosciamo nessuna Lily qui, ha sbagliato indirizzo.-

-Signora Dursley, la prego…-

-Come sa il mio nome? Legge anche nel pensiero? Vada subito via, mostro!-

-Il suo cognome è sul campanello… Ho delle lettere di sua sorella- tentò alla fine.

Ci fu un attimo di silenzio, poi un rumore secco e la porta si aprì di nuovo, questa volta un po’ di più. Remus tentò inutilmente di trovare Lily nei lineamenti di Petunia, ma non ci fu nulla da fare. Il collo era sì magro, ma lungo e quasi innaturale. I capelli biondi, i cui riflessi ramati erano stati coperti da delle mèche, erano raccolti in alto con un mollettone di plastica rosa. Gli occhi erano azzurri e solo il taglio ricordava vagamente la forma a mandorla che quelli di Lily avevano avuto. Ma per il resto, nessuno avrebbe potuto dire che le due erano state sorelle.

-Come ha detto?- chiese Petunia, la voce che tremava. Teneva in braccio un bambino biondo e grassottello che non era Harry. Aveva avuto un figlio anche lei… e Lily non ne aveva mai saputo nulla.

-Ho delle lettere di Lily. Per lei- specificò, sentendosi un tantino un’idiota a dare del “lei” a una ragazza che aveva solo un anno più di lui.

-Mia sorella è morta- disse Petunia, assottigliando lo sguardo e squadrandolo dalla testa ai piedi, il bambino in braccio che le afferrava il mollettone e le scioglieva i capelli, cominciando a tirarglieli. Per un attimo, Remus si vergognò del proprio aspetto. Non se n’era mai curato più di tanto, ma nell’ultimo anno si era lasciato particolarmente andare. Aveva la barba sfatta, nuove cicatrici dopo l’ultima luna piena e anche i vestiti avevano visto tempi migliori. Non proprio il massimo per convincere Petunia Evans in Dursley che non era uno squilibrato.

-Lo so. Ero suo amico, lo so- si costrinse a dire Remus. –Per quello vorrei che le avesse lei. Erano indirizzate a lei e...-

Petunia inarcò un sopracciglio, recuperando il mollettone dalle mani del figlio, che subito cominciò a piangere. Lei lo baciò sulla fronte e provò a calmarlo, inutilmente. Allora gli ridiede il suo giochino e il bimbo prese a ridacchiare e a muoverlo vicino alla sua faccia, con quelle manine paffute.

-Anche lei è un pazzoide come lo era lei?-

-Sono un mago, se è quello che intende- sospirò lui.

-Era amico suo, ha detto, no?-

-Sì.-

-Non è qui per il figlio di lei, vero? Per Harry?- chiese, stringendo protettiva a sé il figlio, che ora aveva lanciato per terra il mollettone e si stava sporgendo pericolosamente per recuperarlo.

Remus si trovò spiazzato davanti a quella domanda. Ci aveva pensato molto, soprattutto negli ultimi tempi, prima di decidere di trasferirsi in Francia. Forse avere Harry con sé l’avrebbe aiutato a superare tutto quello, ma si doveva anche tenere conto del fatto che era un lupo mannaro, non proprio la compagnia ideale per un bambino, soprattutto se così piccolo. E poi Silente gli aveva fatto intendere che Harry doveva rimanere con i Dursley, quando ne avevano parlato.

-No, io… le ho solo portato queste lettere e… posso vederlo un’ultima volta?-

La richiesta gli uscì quasi involontariamente anche se, ora che ci pensava, era esattamente per quello che aveva fatto tutta quella strada. Delle lettere possono essere spedite, ma Harry…

-Come, scusi?- Petunia sembrava sinceramente sorpresa da quella richiesta. –E chi mi dice che mi posso fidare di lei, che era davvero un amico di…?-

Ma Remus non la fece finire di parlare e le allungò le buste. La ragazza le prese con mano tremante, dopo aver lasciato il figlio a sedere per terra, finalmente felice e riunito con il mollettone della madre. Le guardò piano, a una a una, controllando date e la grafia. Una lacrima fece capolino nei suoi occhi chiari, ma la scacciò quasi con rabbia.

-Sono sue- mormorò, stringendole al petto. –Però non la posso fare entrare, mio marito sta guardando la televisione e… ha presente la gelateria in fondo alla strada? Mi aspetti là tra una decina di minuti. Mi cambio e arrivo.-

Remus sentì il proprio cuore riprendere a battere normalmente. Forse la sua vita non faceva poi così schifo, se era persino riuscito a far ragionare la terribile sorella di Lily.

Annuì brevemente e lei richiuse la porta, mentre lui cominciava a incamminarsi.

Lily gli aveva parlato spesso di quella gelateria, secondo lei era l’unica che poteva competere con Florian. C’era stata solo un paio di volte, però: quando sua sorella si era trasferita dopo il matrimonio ed era stata praticamente obbligata dal galateo ad invitarla alla festa per l’inaugurazione della casa (Lily e James erano scappati via dopo neanche mezz’ora e si erano rifugiati in gelateria per sfuggire a tutte quelle “signore per bene e con la puzza sotto il naso, più occupate a sfornare figli che a rendersi conto della guerra in corso”, come le aveva definite lei); la seconda volta ce l’aveva portata James, quando erano venuti a sapere che i signori Evans erano morti e Petunia non aveva detto nulla a Lily. Si erano praticamente ubriacati di gelato ed avevano avuto il mal di pancia per giorni, ma almeno a Lily era passata la furia omicida.

Remus, però, aveva trovato questa Petunia diversa da quella dei racconti di Lily. Aveva quasi pianto quando aveva visto la grafia della sorella, era andata nel panico quando aveva pensato che lui fosse lì per portare via Harry e si era dimostrata disponibile a fargli incontrare il bambino. Forse la morte di Lily l’aveva colpita più di quanto non volesse dimostrare, oppure Silente, nella lettera che aveva lasciato insieme ad Harry, era stato più convincente di quando Remus avesse pensato.

Raggiunse la gelateria in poco tempo e si sedette a uno dei tanti tavolini liberi. Non c’era quasi nessuno in giro, era poche le persone che uscivano di casa così presto nel pomeriggio.

C’era un ombrellone a strisce rosse e bianche a fargli ombra e il menù era un foglio plasticato pieno di foto e scritte colorate. Il genere di cose che metterebbero allegria e fame…

Petunia arrivò poco dopo. Harry camminava piano accanto a lei, gli teneva la mano e lui, intanto, si guardava attorno, evidentemente felice di essere fuori di casa per quella strana scampagnata fuori programma. Remus si costrinse a rimanere seduto. C’erano altissime probabilità che Harry non lo riconoscesse, non doveva rimanerci male, nel caso.

Petunia lo fece sedere tra lei e Remus, poi tirò di nuovo fuori le lettere, come a voler lasciare ai due il loro spazio, ma Harry sembrava molto più interessato al menù che al ragazzo.

-Gelato!- esclamò, infatti, facendo nascere un sorriso spontaneo sul volto di lui, soprattutto quando lanciò via il menù, che atterrò sul tavolo di due anziani alle loro spalle.

-Che gusto vuoi?- chiese Remus, riuscendo finalmente ad atterrare l’attenzione del bambino. Harry lo scrutò con attenzione, la piccola fronte corrugata e gli occhi verdi che ne percorrevano ogni centimetro del volto. Sembrava cercare in lui qualcosa che gli dicesse che lo conosceva, che il ragazzo che gli stava di fronte non era uno sconosciuto… ma era passato più di un anno dall’ultima volta che Harry lo aveva visto…

-Gelato!- disse di nuovo, ma questa volta con meno convinzione.

-Certo, gelato- si costrinse a sorridere Remus. Andava tutto bene, forse era meglio che non lo riconoscesse. –Quale vuoi?-

-Grande- rise Harry, allungando la manina verso Petunia e tirandole la manica. –Dud gelato?- chiese. Ma lei lo scacciò infastidita, immersa com’era nella lettura delle lettere.

Remus immaginò che “Dud” fosse il diminutivo di “Dudley”, forse il nome del figlio di Petunia.

-Solo io e te, il gelato- disse, recuperando un altro menù e facendo venire il cameriere. –Ti va se ce lo dividiamo?-

-Dividiamo!- esclamò estasiato Harry. –Dividiamo. Dividiamo! Tunia…?-

Petunia alzò gli occhi al cielo e Remus passò sopra al fatto che Harry non l’avesse chiamata “zia”. Forse era ancora troppo piccolo per certe cose. Anche se lui e gli altri, per un piccolissimo periodo di tempo, erano stati ‘io ‘Una, ‘io Pato e ‘io Iscia.

-Io non lo voglio. Insomma, ma non lo vedi che sto facendo altro?- gli rispose con malagrazia, spostandosi lontana dal bambino.

Gli occhi di Harry si riempirono piano di lacrime e a Remus si strinse il cuore. Come avrebbe fatto ad andarsene, a lasciarlo con quella ragazza che, evidentemente, non aveva ancora superato la morte di Lily e forse non lo avrebbe fatto mai? Come sarebbe potuto crescere Harry, in una famiglia così? Eppure Silente era stato categorico: Harry doveva rimanere lì, per quanto la cosa non facesse piacere a nessuno. E, per quanto Remus dovesse ancora trovare la logica dietro a quel ragionamento, si era sempre fidato di Silente e lui non gli aveva mai dato motivo di dubitarlo.

Così ordinò una coppa di gelato alla crema e al cioccolato per sé ed Harry, mentre Petunia si faceva portare un sorbetto e non li degnava nemmeno di un’occhiata, immersa nella sua lettura. Ma a Remus non sarebbe potuto andare meglio. Per quell’ora che trascorsero lì, gli sembrò di essere tornato indietro nel tempo. Imboccava Harry facendogli volare il cucchiaio fino alla bocca, il bambino rideva estasiato e sembrava già aver dimenticato Petunia e il suo malumore. Quando il gelato finì, suonarono la coppa finché il gestore non li invitò gentilmente ad andarsene, perché disturbavano la già scarsa clientela. Remus chiese a Petunia il permesso di portare Harry al parco e lei li lasciò andare, dicendogli però che doveva essere a casa al massimo in un’ora. Era una ragazza strana, questo Remus l’aveva capito. Finché Harry era con lei e lei era certa che fosse al sicuro (non trattato bene o amato, al sicuro) allora era scostante con il bambino. Ma non appena lui si allontanava dalla sua vista, tutta la preoccupazione riemergeva, così come anche il suo lato umano, che per il resto del tempo teneva ben nascosto.

Il parchetto non era tanto distante dalla casa dei Dursley e lì passarono un’altra ora, fino a quando l’afa non calò e qualche altro bambino, accompagnato dalle mamme, venne per giocare. Remus si prese un attimo per osservare quel quadretto: Harry che si arrampicava sullo scivolo, lo salutava vivacemente e poi si buttava giù, saltando in piedi alla fine e atterrando con una risata. Il tutto si ripeté tre o quattro volte, mentre lui aspettava su una panchina ed evitava di ascoltare le chiacchiere delle altre madri. Sapevano troppo di normalità, di cene da preparare, di compleanni da organizzare, discorsi di tutti i giorni… ma per lui non ci sarebbero stati altri giorni come quello. Vedere Harry giocare con altri bambini lo faceva sentire strano. Perché Harry sarebbe cresciuto, ma lui non ci sarebbe stato. Da quello che aveva capito di Petunia, lui e i suoi genitori sarebbero caduti nel dimenticatoio e forse, in futuro, Harry avrebbe ricordato quella giornata come un sogno.

Passata l’ora, lo prese in braccio e cominciò a camminare verso il numero quattro. Il peso di Harry addosso, per quanto fosse cresciuto dall’ultima volta che l’aveva visto, gli era famigliare. Era come indossare un vecchio maglione e ritrovare la propria forma. Il piccolo ora lo osservava serio, passando le manine sulle cicatrici come aveva fatto in passo, cosa che fece perdere a Remus qualche battito del proprio cuore. Gli sarebbe piaciuto promettergli che sarebbe tornato presto, che quella giornata sarebbe successa ancora, ma non era così. Harry la cosa più bella che gli fosse rimasta, ma più lo guardava più ricordava quanto aveva perso. E aveva bisogno di staccare. Da tutto e da tutti.

Lo mise giù quando arrivarono davanti alla porta e lui scattò a suonare il campanello, saltellando. Poi si voltò verso di lui, che gli sorrise incoraggiante. Harry gli corse di nuovo in contro, come spiazzato dal fatto che non venisse con lui. Remus gli si accovacciò davanti, tenendosi in equilibrio sui talloni.

-Come ti chiami?- gli chiese, per la prima volta nell’intero pomeriggio, scrutandolo con quegli occhi troppo simili a quelli di Lily.

-Remus- rispose lui, accarezzandogli i capelli indomabili. –Zio Lunastorta?- sussurrò, nella vana speranza che quel nome gli dicesse qualcosa.

-‘io ‘Una?- inclinò la testa Harry, mentre a Remus si riempivano gli occhi di lacrime. Non avrebbe mai creduto di sentirsi chiamare così di nuovo… -No piangere- disse il bambino, abbracciandolo goffamente, mentre Remus lo stringeva forte, singhiozzando. –Perché piangi? È brutto piangere… non devi.-

-Non ti piace se piango?-

Harry si allontanò un po’ e scosse con decisione il capo.

-Non piace.-

A Remus scappò una risata.

-C’era un altro che diceva sempre così…- mormorò. –Ora devo andare, Harry- disse, asciugandosi gli occhi e baciando il bambino sulla fronte.

-Perché?- chiese, mentre Petunia apriva la porta. Anche lei sembrava provata, un’altra lettera in mano. Forse finalmente avrebbe dato una chance a sua sorella…

-Se ne va? Mio marito voleva invitarla a cena- disse Petunia.

-La ringrazio del pensiero, a dubito che vogliate “uno come me” alla vostra tavola- rispose Remus, alzandosi in piedi e prendendo in braccio Harry, che si aggrappò al suo collo.

-No via.-

-Devo andare, piccolo. Devo. Ma prima o poi ci rivediamo, promesso.-

-Prima- stabilì Harry, lasciandogli un bacio al sapore di crema e cioccolato sulla guancia, tra la barba sfatta. –Promesso?-

-Promesso.-

 

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Capitolo 12
*** 1993 - Could we start again, please? ***


1993

 

Could we start again, please?

 

 

La prima volta che aveva rivisto il viso di Black dopo quasi dodici anni, era stato su un giornale babbano che l’uomo seduto di fronte a lui stava leggendo sul treno che da Berlino l’avrebbe portato a Parigi. La prima cosa che pensò fu a cosa la sua evasione avrebbe significato per lui, solo dopo si ricordò di Harry. Dodici anni in solitudine l’avevano reso egoista…

La foto era vecchia, probabilmente scattata al tempo della cattura, perché Sirius sembrava ancora un ragazzino, mentre con lui il tempo non era stato per niente clemente. Ma dodici anni in fuga avrebbero segnato chiunque…

Aveva lasciato Beauxbaton dopo appena un semestre quando, dopo una luna piena particolarmente difficile, aveva rischiato di mordere degli alunni che erano passati nel suo ufficio. Madame Maxime si era occupata di tutto, aveva Obliviato i ragazzi, ma Remus non se l’era sentita di rimanere. E così era cominciata la grande fuga attraverso l’Europa. Come fosse finito a Berlino e perché fosse diretto a Parigi non lo ricordava, a essere onesti. Gli unici contatti che aveva avuto con la sua vecchia vita erano stati un paio di anni prima, quando Hagrid gli aveva scritto per sapere se avesse qualche foto di James e Lily, perché stava facendo un album per Harry. La consapevolezza che il bambino fosse cresciuto e avesse anche finito il suo primo anno ad Hogwarts l’aveva colpito come un pugno. Aveva passato quegli anni nella più totale incoscienza, facendo davvero ogni tipo di lavori (un anno, a Budapest, era stato anche l’accompagnatore di Vladir Yerenko, lupo mannaro a propria volta, che era rimasto ammaliato dalla sua aria “vissuta”, come l’aveva sempre definita lui. Era stata una strana relazione, ma l’aveva aiutato a dimenticare) e il tempo gli era sfuggito di mano. Aveva scritto ad Hagrid che foto, però, non ne aveva. Non aveva tenuto nulla, se si escludeva il disegno di Peter nel portafoglio e l’orologio di Black, che ormai non segnava più l’ora giusta, provato dai troppi fusi orario. E aveva creduto anche che i ponti fossero tagliati definitivamente, quando Hagrid non gli aveva più scritto.

Ma ora, quel giornale davanti a lui raccontava un finale diverso alla sua storia.

Da quel poco che masticava di tedesco, riuscì a capire che Black, considerato dai babbani un pluriomicida pericoloso (e non a torto) era scappato da Azkaban (che ovviamente non era nominata) in un qualche modo misterioso ed ora era ricercato. I suoi crimini non venivano specificati, ma Remus non aveva certo bisogno di un articolo di giornale per ricordare. Conosceva bene i crimini dell’uomo che un tempo aveva amato. E che forse aveva continuato ad amare per tutto quel tempo… il fatto che si tolse quel benedetto orologio forse era un segno.

Poggiò la testa contro il finestrino. Se Black (nella sua testa era solo Black. Da dodici anni, Black. Niente più Sirius, mai più) era scappato, significava una cosa sola: Harry era in pericolo.

Harry…

Il bambino che stava diventando uomo, il figlio dei suoi migliori amici e che non ricordava un accidenti di lui perché Remus era stato troppo codardo per ripresentarsi alla sua porta. Aveva lasciato che gli anni scorressero, che Petunia si dimenticasse di quel ragazzo strano che, un’estate di tanti anni prima, aveva bussato alla sua porta come un disperato. Aveva anche sperato di dimenticare lui stesso, ma come si poteva dimenticare una cosa del genere?

L’uomo di fronte a lui abbassò il giornale, lo piegò e lo mise in borsa. Poi alzò lo sguardo su Remus e il cuore di lui perse un battito. O più di uno. Perché del berlinese dai baffi biondi che era salito con lui non c’era più traccia, al suo posto c’era l’ultima persona che Remus avrebbe mai creduto di incontrare, soprattutto su un treno così privo di significato. Gli occhi azzurri dell’uomo seduto di fronte a lui sorrisero gentili, appena coperti da un paio di occhiali a mezzaluna.

-Professor Silente?- balbettò Remus, aprendo e chiudendo gli occhi un paio di volte per esserne sicuro.

-Buon pomeriggio, signor Lupin. Spero il viaggio stia andando bene- rispose Silente, salutandolo con un leggero cenno del capo.

-Io non capisco, signore… che fine ha fatto l’uomo che…?-

-Suppongo sia a casa con sua moglie. Anna cucina un ottimo spezzatino- disse l’anziano preside, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. –La Pozione Polisucco le dice nulla? Eppure lei e i suoi amici avreste dovuto conoscerla… mi perdoni, signor Lupin, questa mascherata. Ma avevo necessità di osservarla senza che lei sapesse che ero io. Non è per nulla cambiato- osservò, mentre Remus riprendeva a respirare normalmente dopo l’accenno non troppo velato ai suoi anni ad Hogwarts.

-Oh, signore… sono piuttosto cambiato- commentò amaramente. –Sono dodici anni che ci provo.-

-Ecco!- sorrise deliziato Silente, -Che ci prova! Ma questo non vuol dire che sia cambiato davvero, no? Ti conosco da quando eri un bambino, Remus… fidati, se dico che sei sempre lo stesso.-

-Lei non sa le cose che ho fatto, in questi anni…-

-Ti stupirebbe se ti dicessi che non sei mai stato davvero solo? – gli fece l’occhiolino il preside. –Ricordi Emmeline Vance, vero? Diciamo che l’Ordine non è più attivo, ma… mi doveva un favore. E ti ha tenuto fuori dai guai per me.-

Remus ricordava Emmeline, la strega bruna che stava sempre con Hagrid, la magizoologista con la quale aveva fatto qualche turno in quella che ormai era una vecchia vita. Ma non la vedeva da anni.

-Signore, io non…-

-Bando alle ciance, Remus- tagliò corto Silente, chiudendo la porta dello scompartimento con lo schioccare delle dita. –Immagino saprai perché sono qui, non sei mai stato uno stupido.-

-Veramente non ne ho la più pallida idea, signore.-

-Ti sto offrendo quel posto di lavoro che hai rifiutato dodici anni fa. E non accetto un “no”, questa volta.-

-Lo sa che i ragazzi non sarebbero al sicuro, se uno come me…-

-Intendi un insegnate preparato, competente e intelligente?-

-Intendo un lupo mannaro, signore.-

-Sei sempre stato fissato con questa cosa, Remus- lo prese bonariamente in giro il preside e a lui echeggiarono in mente le parole di James. “Il tuo piccolo problema peloso…”. –Immagino tu sappia che Severus Piton è un mio insegnate da diversi anni…-. Remus si accigliò. –Via quel broncio, è diventato un uomo fidato. Ti potrebbe aiutare, dico davvero. Per puro caso, ha passato l’estate a informarsi sulla Pozione Antilupo di Belby, che ti renderebbe assolutamente innocuo. Staresti sì male durante la trasformazione e nei giorni precedenti o successivi, ma saresti al sicuro. E anche gli altri lo sarebbero. Allora, cosa ne dici?-

-Dico che lei non fa altro che salvarmi la vita, signore- sorrise Remus. –Ma mi dica la verità: è per l’evasione di Black che mi vuole al castello quest’anno? Ho sentito delle voci, dicono che il posto di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure sia maledetto…-

-Sarai al sicuro, già te l’ho…-

-Non mi interessa. Scusi se l’ho interrotta, signore, ma non mi interessa. Verrò sì a Hogwarts, ho capito perché mi vuole lì. Farò in modo che Black non si avvicini, lo terrò lontano da Harry. E se il posto è veramente maledetto… beh, almeno lo avrò rivisto un ultima volta- concluse, stringendosi nelle spalle. Ma si sarebbe dato una botta in testa per non essere riuscito a specificare che non era solo Harry, quello che avrebbe voluto vedere…

 

 

 

 

 

A Godric’s Hollow faceva freddo anche in estate. Sirius, tornando se stesso per qualche istante, si disse che non era una cosa normale. Coperto solo con la divisa lacera e sporca di Azkaban, non aveva nulla con cui ripararsi.

Zoppicò qualche passo (si era azzuffato con un altro cane per una coscia di pollo qualche giorno prima), poi decise di riprendere la forma di Felpato. Avrebbe sentito meno freddo e sarebbe riuscito a camminare meglio. Per non parlare del fatto che Felpato capiva poco e niente di dove si trovava e la cosa andava assolutamente a suo favore.

Il paese era esattamente come se lo ricordava, come l’aveva sognato negli ultimi dodici anni. Si chiese se Remus l’avesse aspettato, o se ancora credesse che era colpa sua…

-Vedrai che ti salterà al collo- ghignò James che, come sempre camminava accanto a lui.

-Certo. Gli salta al collo e lo strozza- rise Lily, balzando sulle spalle dell’altro e facendo finire entrambi a terra.

Sirius doveva ancora trovare un senso a quelle strane visioni. Ora li vedeva più spesso, ora che non era la cella a dettare i suoi orizzonti. Erano sempre giovani, ragazzi, bloccati nella sua memoria. Ridevano, si rincorrevano e scherzavano con lui. Erano il suo personale tormento, la sua punizione.

-Ma se lui si presenta con un mazzo di fiori e dei cioccolatini…-

C’era sempre anche Peter, il ragazzino che era stato. Dimostrava al massimo quindici anni. Non era il sacco di merda che era diventato. Il sacco di merda che lui presto avrebbe finalmente ucciso. Poi non gli interessava, poi potevano anche ributtarlo ad Azkaban. Anzi, probabilmente si sarebbe ripresentato lui. Sarebbe ripassato attraverso le sbarre e una mattina l’avrebbero trovato lì.

Anche se doveva ammettere che la libertà gli piaceva. Si era dimenticato cosa significasse.

Abbaiò in direzione dei propri fantasmi, mentre svoltava a sinistra. In realtà aveva preso quella strada quasi a caso, non era proprio lì che voleva andare. Forse era stata la forza dell’abitudine… si era detto che, se fosse passato a Godric’s Hollow, almeno quello se lo sarebbe risparmiato, e invece no, eccolo lì. E davanti a lui, il rudere.

-L’hanno parecchio lasciata andare- commentò Peter.

-È po’ sporchina, concordo. Ma Lily non è mai stata granché con le pulizie- rise James, beccandosi un leggero coppino dalla ragazza.

-Quanto siete scemi… è diventata un monumento! Guarda, c’è anche una statua- disse Lily, indicando qualcosa alle loro spalle.

Sirius, prima di vedere, le fu quasi grato di averle distolto lo sguardo, ma poi non ne fu poi così tanto sicuro. Perché se la casa non era stata abbastanza, quella gli fece quasi del tutto perdere la ragione. Immortalati come degli eroi, James e Lily tenevano in braccio Harry. Non importava quanto la sua immaginazione provasse ad addolcire la pillola, erano morti. Tutti loro erano morti tanto tempo prima.

-Guarda, hanno anche lasciato dei bigliettini- notò Lily, accovacciandosi di fianco allo steccato. –Alcuni sono davvero teneri…-

-E qui c’è un orsacchiotto. A Harry sarebbe piaciuto tanto- mormorò James, poggiando un braccio sulla spalla di Peter.

-Direi che manca solo un’ultima cosa, al Tour Tristezza- commentò il ragazzo, vedendo Sirius dirigersi verso il cimitero.

-Ehi!- tentò di richiamarlo James. –Avevi detto che lì non ci saresti andato! EHI!- protestò.

-E quando mai faccio quello che dico?- borbottò lui, riprendendo la sua forma umana. Niente trucchi o travestimenti, lì. Che lo scoprissero, che lo prendessero… erano dodici anni che lo doveva fare. Aveva aspettato abbastanza.

Non sapeva chi avesse scelto la lapide, la frase o persino il carattere usato per le scritte. Ma, alla fine, il risultato fu un grosso pungo nello stomaco. Cadde in ginocchio, aggrappandosi alla pietra bianca, i suoi fantasmi che si facevano vicini.

-Sirius… che senso ha farti questo?- sussurrò Lily, inginocchiandosi accanto a lui e accarezzandogli piano i capelli. –Trova Remus, piuttosto. Chiaritevi…-

Sirius ringraziò mentalmente che non ci fosse nessuno, altrimenti la scena sarebbe risultata parecchio strana, agli occhi dei passanti: un uomo lacero e sporco che piangeva davanti a una vecchia tomba, parlando al vento.

-E tieni Harry al sicuro- aggiunse Peter. –Sono diventato un vigliacco, questo lo so. L’uomo che sono diventato non merita di vivere. Devi uccidermi, Sirius. Uccidimi o Harry non sarà al sicuro.-

-Rimarrete con me? Da solo non ce la faccio…-

-Noi siamo sempre qui- lo rassicurò James, premendogli una mano sul petto. –Ma Coda e Lily hanno ragione. Basta piangere su una tomba. È stato un gesto da sciocco sentimentale e lo sai, hai cose più importanti da fare. Trova Remus, gli devi la verità. Ha passato dodici anni di inferno e tu lo sai. E poi vai da Minus, ma non lo uccidere. Devi farlo confessare, così tu sarai libero. Mi hai capito? Non lo uccidere…-

-E perché no? È colpa di quella merda se… scusa Pete- disse, mentre il ragazzino si stringeva nelle spalle. –Ma è vero, è colpa di quella merda se Harry non vi ha praticamente mai conosciuti e…-

-Ed è per quello che, per una volta nella tua vita, devi ragionare- lo interruppe Lily. –Fidati, capisco che sia difficile, ma ragiona. Metti anche caso che tu convinca Remus di questa follia: dopo chi ci penserà a lui? Chi starà con Harry? È vero, è colpa di Minus se noi siamo morti, ma è colpa tua se non ha avuto un padrino- disse dura. –Se solo tu avessi usato la testa, se solo tu fossi andato o da Remus o da Silente, quella benedettissima notte… le cose sarebbero sicuramente state diverse. E tu lo sai.-

Sirius abbassò lo sguardo. Lily aveva ragione. Non solo perché era, di fatto, un’emanazione della sua coscienza, ma anche perché quello che aveva detto era vero. Era stato un ragazzino avventato, ma non era cambiato. Essere lì, a Godric’s Hollow, quando si era un pluriomicida ricercato dovunque… non era stata decisamente una mossa furba.

-Ci riuscirò- disse alla fine, alzandosi in piedi. –Troverò Remus. E poi Minus. E saremo una famiglia, con Harry.-

 

 

 

 

 

 

-Prendi un biscotto, Remus.-

Lui si sedette quasi titubante. L’ufficio della professoressa McGranitt non era cambiato di molto, nel corso degli anni: stessa libreria immensa, che raccoglieva tomi scritti probabilmente in tutte le lingue conosciute, qualche ritratto che ora, data l’ora tarda, sonnecchiava tranquillamente, e una grande scrivania in mogano sulla quale si trovava una scatola di latta dai colori scozzesi che, Remus lo sapeva per esperienza, conteneva degli Zenzerotti. Erano stati anche il dolcetto preferito di Lily e alle riunione dell’Ordine le due erano solite mangiarne pacchetti interi, mentre si discuteva…

Anche la donna non era cambiata, quei dodici anni che li avevano visti separati erano stati più clementi con lei che con Remus. I capelli un tempo neri, ora erano striati di grigio, ma erano sempre raccolti stretti sulla nuca, conferendole un’aria severa ed elegante al tempo stesso. Gli occhi verdi, di una sfumatura più scura rispetto a quelli di Harry, ora scrutavano Remus dall’altro lato della scrivania.

Era stata una notte lunga per tutti. Black, in un qualche modo, era riuscito ad aggirare tutto il sistema di protezione della scuola, ed era riuscito ad arrivare fino al dormitorio dove stava Harry. Avevano cercato in tutto il castello, avevano trasferito i ragazzi nella Sala Grande per la notte, ma di lui nessuna traccia. Silente era certo che Black non fosse più nella scuola e Remus sapeva che aveva ragione. C’era solo una cosa che lo torturava, un’idea che non riusciva a togliersi dalla mente. Black aveva sfruttato il suo essere Animagus per entrare ad Hogwarts? Era quindi colpa sua, di Remus, se Harry era stato in pericolo, di nuovo?

-Remus, Zenzerotto?- insistette la McGranitt, indicando con un cenno del capo la latta.

-No, grazie.-

-Dovresti mangiare. È stata una notte lunga e, se non sbaglio, la luna piena è appena passata…-

-Sto bene, davvero- rifiutò di nuovo, nascondendo male il sorriso che gli era nato spontaneo sul viso. Erano anni che la professoressa si era auto-eletta quasi una sua seconda madre. Quando ancora frequentava Hogwarts, erano state molte le notti che era passata in Infermeria a controllare le sue condizioni di salute e spesso aveva chiuso entrambi gli occhi se non era stato in grado di consegnare i compiti assegnati. E questo era continuato anche una volta che era entrato nell’Ordine. Sir… Black una volta gli aveva detto che era piombata a casa loro per controllare che tutto fosse a misura di lupo mannaro, che non avessero cose in argento o comunque pericolose per lui.

-Remus, lo sai che la situazione è grave, non te lo nascondo- riprese la McGranitt, distogliendolo da memorie che sarebbero state pericolose. –Per quanto mi rincresca chiedertelo, devo. I professori parlano e la cosa rischia di arrivare fino agli studenti, e da loro ai genitori… Remus, qual è il tuo rapporto con Sirius Black?- chiese, assottigliando lo sguardo e posandolo su di lui.

-Nessuno- rispose tranquillamente lui, senza però riuscire a rilassarsi del tutto. Era ormai un riflesso condizionato quando qualcuno nominava Black. Riusciva a rovinargli la vita anche dopo dodici anni… -Non lo vedo da quando… da anni. Lo sa che sono stato all’estero, ero in Germania quando il professor Silente mi ha offerto il posto. E ho accettato solo perché sapevo che Harry sarebbe potuto essere in pericolo. Non potrei fare mai nulla che gli facesse del male, lo sa.-

La McGranitt sospirò.

-Eravate intimi, no?-

-Eravamo- sottolineò Remus. -È finita da tempo. Da tanto…- disse in un sussurro. –Glielo ripeto: Harry potrà non ricordarsi di me, potrà solo considerarmi un professore che l’ha preso sotto la sua ala protettiva… ma io gli voglio bene. È il figlio dei miei migliori amici, Black è un capitolo chiuso. Li ha venduti a Voldemort- continuò, vedendo la professoressa rabbrividire, -e poi ha ucciso Peter. E quando sono stato ad Azkaban, non ha nemmeno provato a negarlo. Perché dovrei aiutarlo?-

-Capisco e ti credo, davvero. Ma dovevo chiedertelo, Remus.-

-Lo so e sono felice di aver chiarito la cosa. Ora, se non c’è altro, preferirei andare. Sono piuttosto stanco- disse, facendo per alzarsi.

La professoressa sorrise e annuì.

-Prova a parlare con Harry- gli disse, quando ormai Remus era sulla porta. –Raccontagli di suo padre e sua madre come solo tu potresti fare- continuò, mentre lui si bloccava con la mano sulla maniglia.

-Non so se ce la farei…- sussurrò.

-Loro lo vorrebbero. Sei tutto quello che è rimasto al ragazzo, l’unico legame con la sua famiglia. E lo so che hai paura... Ma meriti di avere Harry nella tua vita, così quanto lui merita di avere te. Pensaci.-

-Lo farò- annuì, -e ci proverò. Ma non le assicuro nulla.-

-Vorrei solo che tu fossi felice, lo sai- disse la McGranitt, raggiungendogli e mettendogli una mano sulla spalla. –Sono anni che mi preoccupo per te, da quando eri un ragazzo. Sei diventato un uomo, Remus, e io continuo a preoccuparmi. Consentiti di essere felice. Black ha ingannato tutti, smettila di colpevolizzarti.-

 

 

La prima cosa a cui riuscì a pensare, una volta che fu di nuovo se stesso fu questa: Sirius –non Black, mai più Black- non era il traditore. Era stato Peter, era sempre stato lui. E, ora che ci ripensava, aveva molto più senso come cosa. Aveva cercato in tutti i modi di metterli contro, era riuscito persino a convincerli che l’altro fosse la spia… quando era stato lui per tutto quel tempo.

La notte di luna piena era stata tremenda, era tanto che non si trasformava senza prendere la pozione. Severus era terribile sotto molti aspetti, probabilmente non sarebbero mai davvero andati d’accordo, ma l’aveva oggettivamente salvato, durante quell’anno scolastico. Che poi lo facesse per conto di Silente, sinceramente gli importava poco. Quella pozione l’aveva reso innocuo… tranne nella notte più importante di tutte.

Aveva vaghi ricordi di quello che era successo dopo che le nuvole avevano scoperto la luna e il processo di trasformazione era cominciato. Sentiva le parole di Sirius nelle orecchie, aveva memoria del fatto che anche lui si fosse trasformato per farlo stare lontano dai ragazzi… e poi lui aveva rovinato tutto, come suo solito. Peter era scappato.

Severus aveva detto a tutti che lui era un lupo mannaro.

Sirius era ancora un ricercato.

Davvero un bel lavoro…

E, nonostante tutto, nonostante tutto quello che aveva passato e scoperto in quella notte, proprio non ce la faceva a sentirsi sollevato. Sì, Silente gli aveva detto che non c’era bisogno che lui desse le dimissioni, gli credeva e credeva ai ragazzi riguardo alla vera natura di Sirius… però c’era comunque qualcosa che stonava.

Sirius.

Sirius, come sempre.

Proprio non capiva perché. Non perché avesse chiesto a James e Lily di cambiarsi con Peter come Custode Segreto senza dirgli niente, quello addirittura lo approvava. Uno dei pochi comportamenti maturi di Sirius… quello che non capiva era perché non gli avesse detto la verità dodici anni prima, quando era stato ad Azkaban prima di partire per la Francia. Gli aveva lasciato credere per tutto quel tempo di essere un imbecille, di essere stato un ragazzetto innamorato e tanto cieco da non vedere la verità. E invece non era assolutamente così, era stato nel giusto per tutto quel tempo… ma Sirius non glielo aveva detto, no. E lui aveva passato gli ultimi dodici anni a colpevolizzarsi, a cercare di dimenticare il suo amore per lui, dicendosi che non si poteva amare un assassino, un uomo che vendeva i propri migliori amici e il loro figlioletto al Mago Oscuro più tremendo che fosse mai esistito, un uomo che uccideva a sangue freddo un terzo amico…

Nulla di quello era vero, ma la sostanza rimaneva: Sirius gli aveva mentito. E sì, lo sapeva che nella Stamberga gli aveva detto che lo perdonava, erano stati alleati nella loro vendetta… ma quello era stato il momento dettato dall’eccitazione di scoprire la verità. Ora che ragionava a mente fredda, mentre piegava i calzini e faceva le valigie, capiva che le cose tra di loro erano ben lontane dall’essere “a posto”. Perché non si cancellano dodici anni così, in uno schiocco di dita.

Avrebbero dovuto riabituarsi l’uno all’altro, si sarebbero dovuti tornare a conoscere, vedere gli uomini che erano diventati… e sì, dimenticare i ragazzini innamorati che erano stati.

 

 

 

 

 

 

Remus,

quando leggerai queste parole io non ci sarò più.

E sì, lo so che suono melodrammatico. Sono sempre stato una prima donna, me lo dicevate sempre…

Ma ho fatto una cosa orribile, una cosa che non… alla quale non riesco nemmeno a pensare. Ti ho tradito, ho tradito la tua fiducia, la nostra amicizia, e tutto quello che voi ragazzi –e tu in particolare- significate per me. Voi siete stati la mia famiglia per questi cinque anni e non lo dico per amore della retorica o perché mi piace scrivere frasi ridondanti. Non dovrebbe. Almeno non quando questa lettera è l’ultimo ricordo che avrai di me.

Remus, perdonami. Almeno tu, fallo.

So che James e Peter, soprattutto James, non ce la faranno e mi sta bene così. Non potrei mai andarmene sapendo che l’hanno fatto. Ma fanno bene… quello che ho fatto è orribile.

Ma… almeno ascolta… se, magari leggi! le mie ragioni. Non le scrivo per giustificarmi, ma perché necessito il tuo perdono. Egoista fino alla fine.

Lo sono stato dal primo giorno in cui ti ho visto e ho pensato che saresti stato mio, e lo penso anche adesso, mentre imploro il tuo perdono, perché penso che potrà darmi pace quando non sarò altro che un nome nella tua memoria.

Non ho venduto il tuo segreto, non l’ho fatto solo perché pensavo che sarebbe stato divertente vedere Mocciosus scappare con le gonne alzate alla vista di un lupo mannaro… l’ho fatto perché ero incacchiato nero, perché l’avevo visto ridere come idiota con quel pirla di Regulus, vantarsi di chissà quale bravata ai danni di un Corvonero del primo anno.

Scusami, ma non ci ho visto più.

E per la mia vendetta personale, per il mio sadico divertimento, ho messo in pericolo tutti voi.

Ho messo in pericolo te.

E voglio che tu sappia, Remus, che non ho nessun altro al mondo a cui tengo quanto tengo a te.

Lo so, ora stai scuotendo la testa e stai dicendo: “non è vero. E James?”

James è il mio migliore amico, Remus.

Peter è un caro ragazzo –segnalo del sarcasmo, altrimenti non si nota- ma non è te.

Non c’è nessuno come te ed è per questo che sono qui a scriverti questa lettera, è per questo che te la lascerò sul cuscino prima di sparire per sempre.

Non c’è nessuno come te, Remus.

E io credo di amarti.

Come si ama un fratello, come si ama un amico, come si dovrebbe amare una ragazza… in tutti questi modi e anche di più. Mi sa che mi sono innamorato… bella confessione, eh? La lettera di un suicida…

Avevo in mente dei bei piani per questa cosa, davvero. Non roba kitsch come cuori e colombe, ma di certo non una cavolo di lettera.

Non so perché te lo stia dicendo, forse perché volevo che lo sapessi prima che io… prima che io me ne andassi.

Non so da quanto, ma so che sarebbe stato per sempre. Incredibile chi si scopra romantico, eh?

Ma ci ho messo tanto a capire quello che provavo davvero per te… e meritavi di saperlo.

Okay, ho davvero finito.

Alla fine, più che una lettera di scuse o di perdono, è diventata una patetica confessione d’amore. Se avessi un minimo di dignità e un briciolo di coraggio la butterei nella stufa, anziché poggiartela sul cuscino…

Mi mancherai, Remus. Mi mancheranno tutti, ma tu più di tutti. Sarebbe stato bello continuare insieme, finire la scuola e andare a prendere a calci in culo i Mangiamorte… ma non ce la faccio. Non con questo peso dentro. Non so se tu provi le stesse cose per me, ormai non ha più importanza. Ma se ci tieni un minimo a me, anche solo come amico, anche dopo tutto quello che ti ho fatto, non parlare mai a nessuno di questa lettera. È un po’ il mio testamento per te. La mia ultima confessione.

Ho davvero provato a volerti bene ma, come mio solito, non mi è riuscito. Sono tante le cose che ho rovinato nella mia breve vita… almeno tu, se puoi, ricordami con un sorriso.

Addio

S

 

 

La ricordi, vero?

Me la ricordo anche io… me l’ero imparata a memoria, tanto ci avevo messo a scriverla e a pensarla.

È stata una delle poche cose che mi ha tenuto sano di mente durante questi dodici anni. Il pensiero che non ero materialmente colpevole… e quella lettera. Mi ripetevo come un mantra quelle parole che avevo scritto anni e anni prima, dicendomi che una volta fuori da Azkaban ti avrei trovato e ti avrei spiegato tutto, per bene, per filo e per segno.

E ce l’ho fatta.

Ci sono molte probabilità che tu ce l’abbia con me. Come scrisse il mio me quindicenne, “sono tante le cose che ho rovinato nella mia breve vita”, ma non vorrei che noi fossimo tra queste. Lo so che non c’è più nessun noi, che è solo colpa mia se non esiste più, che sono io ad aver mandato tutto alle ortiche… ma ancora una volta, leggimi e prova a capirmi. E poi, se ancora ho una possibilità con te, salvami di nuovo come hai fatto quella notte.

Quando venisti ad Azkaban poco dopo il mio arresto, non ero davvero in grado di dirti quello che era successo. Perché io stesso mi sentivo colpevole, ero certo che fossi io l’assassino. Anche se non materialmente, era come se li avessi uccisi io. Ero stato io a convincerli a scegliere Peter al mio posto, ero stato io a implorarli di non dire nulla a te, ero io ad aver perso fiducia nell’unica persona –adesso lo so- che non avrebbe mai potuto tradirmi. E invece non mi sono fidato, ho calpestato il nostro amore, la nostra amicizia e gli anni che avevamo passato insieme per un semplice sospetto.

Di questo sì, sono e sarò sempre colpevole.

Poi ci fu la svolta, quella che mi fece tornare in me: scoprii che Peter era ancora vivo. E fu allora che capii che avevo ancora uno scopo, che forse la mia vita non sarebbe stata così inutile… tutto quello che dovevo fare era uscire da quella maledetta prigione e prendermi la mia vendetta.

E magari, se ci riuscivo, spiegare la verità a te ed Harry. Perché ora rientra anche lui nel quadro…

Non è andato proprio tutto secondo i piani, ma almeno questa volta sto provando a spiegarti quello che è successo, per filo e per segno. E sono qui, ancora una volta, a chiedere il tuo perdono.

Lo so che dodici anni non si possono cancellare con una lettera, ma possiamo considerarlo un nuovo inizio, così come quella lettera lo fu anni e anni fa.

Chiedo solo di poterti parlare faccia a faccia, anche un’ultima volta, anche solo per leggere il disprezzo nei tuoi occhi.

Ma concedimi un’ultima possibilità.

S.

 

 

 

Domani, ore 8 p.m.

Vieni in Sloan Square come Felpato.

R

 










Inathia's nook:
ed eccomi con il nuovo aggiornamento. Ma prima di ogni cosa, lasciatemi fare una statua a TINAX86. Perchè sei davvero una persona meravigliosa, non ho le parole adatte per dire quanto mi abbiano supportato le tue recensione, i tuoi commenti... Questo capitolo è anche per te. Anzi, è per te. Perché, soprattutto l'ultima parte, mi è stata ispirata dalle nostre "chiacchierate". Sì, quella lettera che si legge, la prima delle due, è la famosa lettera che Sirius scrive a Remus nel 1975 prima del quasi suicidio. Ed è stata proprio TINAX86 con la sua curiosità a spingermi a pensare a cosa avrebbe potuto scrivere... spero il risultato ti piaccia. Vi piaccia.
La prima parte del capitolo è abbastanza triste, me ne rendo conto. Ma spero che la seconda parte tiri un po' su il morale. Su come si evolveranno i rapporti tra i due, vi aspetto al prossimo aggiornamento. Che spero potrà essere la settimana prossima, se gli esami non mi avranno uccisa :) E un salutone anche ad Hellis, che ho scoperto mi segue da un secolo :) grazie cara della tua perseveranza.
Un bacione,
I.L.

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Capitolo 13
*** 1994 - I'm going back to the start ***


1994



 


I'm going back to the start

 







 

Riabituarsi l’uno all’altro non era stato facile. C’era stato l’imbarazzo dei primi tempi, i silenzi che sapevano di tutto e di niente, le lettere scritte e lette nel cuore della notte, un sorrisino sul volto che faceva tornare ragazzi.

Era stato un anno lungo.

Sirius aveva girato mezzo mondo, se non si contava la piccola parentesi a Hogsmeade. Non aveva voluto pesare su Remus, non aveva voluto incrinare quel poco che avevano cominciato a ricreare. Si erano visti alla fine dell’anno precedente, prima che lui cominciasse la sua fuga in solitaria. Una domanda gli aveva premuto sulla lingua per tutta la durata di quell’incontro, ma non l’aveva mai espressa ad alta voce. Era troppo presto, certo, Remus ne aveva sofferte tante in quei dodici anni, forse aveva persino sofferto più di lui... e chiedergli di scappare con lui sarebbe solo stato l’ennesimo gesto avventato. Ma almeno era riuscito a trattenersi dal chiederglielo...

Era stato lontano da Londra e da Remus in generale dopo quella chiacchierata che aveva chiarito quasi nulla. Avevano deciso di tenersi in contatto, si scrivevano con regolarità, ma Sirius sapeva che qualcosa era irrimediabilmente cambiato. D’altronde, non si cancellano dodici anni –e tutto quello che si è vissuto e sofferto in quei dodici anni- in un soffio. E quindi quei mesi erano strani. Era come avere un amico di penna un po’ riluttante, era come conoscere una persona che ricorda tantissimo l’amico di infanzia che si ha avuto, o il primo amore.

Sirius non sapeva quali fossero i suoi sentimenti per Remus, ecco qual era la verità, ecco cosa davvero lo bloccava. Aveva passato così tanto tempo a implorare chiunque di poterlo vedere un’altra volta, di potergli spiegare, di essergli ancora amico... che quasi non aveva preso davvero in considerazione l’idea che tutto quello sarebbe davvero potuto succedere e si sarebbero trovati in un punto di stallo. Forse lo amava ancora, forse era vero che il primo amore non si scordava mai... Ma era altrettanto vero che la vita cambiava le persone. E Remus era cambiato. Era stato un ragazzo sempre pronto alla battuta e allo scherzo, ma anche studioso e a tratti malinconico... e ora sembrava che questo lato del carattere avesse cancellato tutti gli altri, trasformandolo in un uomo prematuramente invecchiato, triste e con un peso troppo pesante sulle spalle. Sirius lo capiva dalle lettere che gli scriveva, lo intuiva leggendo tra le righe: non aveva trovato un lavoro, era stato persino licenziato da un pub nella Londra babbana a causa delle sue continue assenze... la situazione non era delle più rosee. E ancora una volta Sirius si era dovuto trattenere dal proporgli di andare con lui. I soldi non gli erano mai mancati e poi in due sarebbe stato meglio... ma ancora una volta si era trattenuto.

Era tornato a Londra che era quasi primavera. Era stato da poco a Hogwarts per parlare con Harry... e quel luogo gli aveva messo addosso una strana malinconia. Rivedere Hogsmeade, la Stamberga –seppure da lontano- e tutti gli studenti... e poi il 10 marzo era il compleanno di Remus. Non gli avrebbe permesso di passare un altro compleanno solo. Così, dopo tanti mesi passati a tenersi lontano, a sforzarsi di scrivere lettere allegre in cui mascherava il fatto che gli mancasse da morire, si era deciso. Una pazzia che il vecchio se stesso avrebbe approvato.

E poi la faccia di Remus quando si era trovato un grosso cane nero sul pianerottolo, con una torta stretta tra i denti, era stata davvero impagabile.

-Tu sei pazzo- esordì, facendolo entrare in fretta, dopo aver controllato che nessuno avesse visto niente. Ma abitava in una topaia in periferia, ben diversa dall’appartamento dove era stato Sirius quando si erano incontrati la prima volta. I soldi che aveva messo da parte quando aveva insegnato a Hogwarts dovevano essere finiti da parecchio.

Sirius riprese la forma umana e si spazzolò i vestiti, poggiando la torta sul divano. L’appartamento era un monolocale minuscolo, praticamente una scatola da scarpe con cucina e bagno. Il divano aveva anche tutta l’aria di essere il letto e la poltrona l’armadio. L’unica cosa che stonava, era un pianoforte nero sotto la finestra. Decisamente troppo costoso per essere un acquisto.

-Buon compleanno, Lunast... Remus!- esclamò Sirius, allargando le braccia come per abbracciarlo, salvo poi abbassandole di scatto. Remus ancora lo guardava dubbioso, passandosi una mano tra i capelli. Era stanco, forse la luna piena quel mese era stata particolarmente difficile...

-Che cosa ci fai qui?- gli chiese, mettendo su l’acqua per il tè. Le vecchie abitudini erano dure a morire... e poi si diceva che il tè fosse la soluzione a tutto, in Gran Bretagna.

-Festeggio il tuo compleanno, no? Certo che la solitudine ti fa male... ho anche portato la torta!-

-E se qualcuno ti avesse visto?-

-Avrebbe pensato che ero davvero un cane ben educato.-

-Come l’hai comprata?-

-Mi sono Disilluso, sono entrato in un supermercato e ho lasciato i soldi sulla cassa- rispose pronto. –Sono a prova di bomba, Lupin.-

Remus sospirò e sembrò rassegnarsi alla cosa. Sirius davvero non capiva dove fosse il problema: aveva preso tutte le precauzioni possibili, era venuto perché era il suo compleanno... era ancora arrabbiato con lui?

-L’ho presa al limone- lo tentò alla fine.

-Sono allergico.-

-Ma...-

-Non potevi saperlo, va bene.-

-Ti è sempre piaciuta la torta al limone!- protestò Sirius.

-Non è che non mi piaccia più, Sirius, è che sono allergico. Sono due cose diverse. Sono i bambini quelli che dicono che sono allergici quando una cosa non gli piace, io non sono un bambino.-

-Mmm- fu l’unico commento dell’altro. –Vorrà dire che me la mangerò io. Tu bevi il tè come le vecchiette. E buon compleanno.-

Remus tolse il bollitore dal fuoco e versò l’acqua calda con un sospiro, Sirius che non gli toglieva gli occhi di dosso. C’era qualcosa in lui, qualcosa che non gli stava dicendo... e doveva essere una cosa che si teneva dentro da parecchio.

-Bel pianoforte- commentò allora Sirius, spostando la torta e sedendosi sul divano, le braccia buttate oltre lo schienale.

-Era di mia madre- fu la risposta di Remus, intento a mettersi lo zucchero nel tè. –Mio padre l’ha voluto dare a me...-

-Non sapevo fosse morta. Mi dispiace.-

-Ti sei perso un sacco di cose- borbottò Remus, il cui tono duro non sfuggì a Sirius.

-Già, un vero peccato che io abbia dovuto passare gli ultimi dodici anni ad Azkaban- buttò lì, studiandosi le unghie.

-Se tu non avessi fatto l’idiota come al solito, se tu me ne avessi parlato...- cominciò Remus, il tono di voce che si alzava sempre di più. –Se non avessi fatto di testa di tua...-

-Oh certo! E con chi avrei dovuto parlarne, di grazia?- lo rimbeccò Sirius, alzandosi di scatto.

-Uhm... aspetta che ci penso- assottigliò lo sguardo l’altro, posando la tazza con così tanta veemenza che il liquido fuoriuscì bagnando il pavimento. –FORSE CON ME? SBAGLIO O ERO IL TUO FIDANZATO?-

-Un ottimo fidanzato, sì! TALMENTE OTTIMO CHE NON C’ERA PRATICAMENTE MAI! Io pensavo che tu fossi la spia, Remus. COME AVREI POTUTO PARLARTI DI UNA COSA DEL GENERE?-

-Magari avresti potuto usare la testa e capire che io non avrei mai fatto una cosa del genere- lo rimbecca gelido.

-Oh, certo. Lo stesso ragionamento che hai fatto tu, no?-

-È diverso, io...- annaspò Remus.

-Anche io sentivo quello che Peter diceva, anche io sono caduto nella sua rete... Abbiamo fatto degli errori, non dico di no. E una cosa che rimpiangerò per sempre è il fatto che non sono venuto subito da te, quella maledetta notte, anziché correre come un deficiente da Peter. Forse... forse allora le cose sarebbero state diverse- ammise Sirius, tornando sui suoi passi e sprofondando sul divano.

-Certo... avrebbero arrestato entrambi- commentò Remus, asciugando il lago di tè con un colpo di bacchetta. –Io... c’è una cosa che ti devo dire. Anzi due, a essere precisi. Una è una cosa bella, l’altra no. Cioè, anche quella bella alla fine non è bellissima, ma...-

-Remus, stai balbettando. Che c’è?- lo interrompe, allungando la mano per accettare la tazza di tè.

-Io ho visto Harry- mormorò alla fine, lo sguardo basso, mentre si siede sulla poltrona.

-Mi sembra normale, sei stato il suo insegnante per un intero anno... mi sarei preoccupato del contrario. E poi l’ho visto anche io. L’anno scorso e poche settimane fa...- disse Sirius, Remus che però scuoteva la testa.

-Non parlo di questo. Io mi riferisco a tredici anni fa. Ti ho detto che sono stato in Francia a insegnare, no? Ecco, prima di partire... era il suo compleanno e avevo delle cose da dare a Petunia... così sono andato da loro. E sono stato con Harry tutto il pomeriggio.-

-E sarebbe una cosa brutta perché...?-

-Perché non ho avuto il coraggio di tornare, perché non gliel’ho mai detto e perché l’anno scorso mi sono comportato come un perfetto imbecille con lui- confessò alla fine.

-Punto numero uno: è normale che ti servisse del tempo da solo, lontano da tutto e da tutti, dopo quanto era successo. Io mi sono preso una vacanza a Pazzolandia... tu sei stato meno drastico. E punto due: eri il suo insegnante, non potevate andarvi a fare una Burrobirra insieme ai Tre Manici di Scopa, sarebbe stato piuttosto inappropriato... e sei stato il migliore insegnante che quella cavolo di scuola abbia mai avuto. Sei ancora il loro preferito, sai?-

-E che concorrenza avrei? Un uomo posseduto e un impostore?-

-Quest’anno c’è Moody. Io sarei fiero di me se potessi competere con un pezzo grosso come lui.-

-Quand’è che sei diventato grande, Sirius?- lo prese in giro Remus, l’ombra di un sorriso sul volto. –Avrei voluto esserci quando succedeva...-

-E la prima cosa è andata. Non credere che mi sia dimenticato della seconda- lo incoraggiò, bevendo l’ultimo sorso di tè e poggiando la tazza per terra. –E dicendo che è una cosa “non bella” mi hai messo un sacco di curiosità addosso- ghignò.

-Ed ecco che ritorna l’idiota.-

-L’hai sempre saputo che ho una personalità multipla. Ne ho anche una molto impaziente che vuole sapere a cosa ti riferisci.-

-Io non avrei così tanta fretta se fossi in te- commentò Remus, recuperando la tazza di Sirius e poggiandole entrambe nel lavabo, cominciando a far scorrere l’acqua. –Davvero, forse è meglio se dimentichiamo, okay?-

-Eh no, mio caro!- si alzò Sirius, raggiungendolo e poggiandogli una mano sulla spalla, il primo vero e proprio contatto fisico da mesi. Ma non poté permettersi di indugiare a pensare a quanto gli fosse mancato, perché non era decisamente il momento. –Questa è la prima vera e propria chiacchierata che abbiamo da quando ci siamo rincontrati. Quella dell’anno scorso è stata una buffonata, le lettere che ci siamo scritti patetiche... quindi ora ci diciamo tutto, e poi forse potremo dimenticare davvero. Non possiamo continuare a far finta di niente, a scriverci come due ragazzini... sempre che tu mi voglia nella tua vita. Perché io una cosa superficiale, non a voglio. Essere tuo amico mi sta più che bene, non credo che potrei aspirare a molto altro per un bel po’... ma se la nostra deve essere una semplice conoscenza, se dobbiamo limitarci a scriverci per i compleanni, magari sbagliando data... io preferirei andarmene ora, ecco.-

Remus si voltò piano, quasi rendendosi conto solo in quel momento della mano di Sirius sulla sua spalla. Ma, come anche tante volte in passato, la cosa non sembrò dargli fastidio. Eppure c’era qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che lo rendeva vicino e distante al tempo stesso. Era come se il vecchio Lunastorta cercasse di emergere, di farsi strada tra anni e anni di repressioni e dolore. Sirius lo sapeva, sentiva che lui c’era ancora. Doveva solo ricordarlo.

-Io ti voglio nella mia vita, okay?- disse alla fine, alzando anche gli occhi e incontrando quelli di Sirius, che non distolse lo sguardo. –L’ultimo anno che ho vissuto... mi sembra troppo, per uno come me. Prima ho ritrovato Harry e... lo so, non è una gran conquista perché mi da del “lei” e mi chiama professore, ma almeno sa la verità. E chissà, magari se avremo tempo... E poi ho riavuto te, dopo anni passati a credere che fosse tutto finito, che mi fossi sempre sbagliato su tutta la linea... ti amavo e mi sono sentito tradito...-

-Lo capisco, davvero... è la stessa cosa che ho provato io quando ho pensato che tu potessi essere la spia...-

-No, aspetta, fammi finire- lo interruppe Remus. –Quella notte, quando ho saputo che ti avevano arrestato, mi è crollato il mondo addosso. E non lo dico per fare della retorica. Ci eravamo immaginati tante volte la fine della guerra... ci saremmo dovuti essere tutti, tutti ubriachi e felici. E invece c’ero solo io. Ubriaco, sì, ma piuttosto lontano dall’essere felice. È stata quella notte che ho fatto una cosa che non avrei dovuto fare, perché, nonostante tutto, nonostante quello che credevo allora, tu e io eravamo ancora insieme. E ora, sapendo la verità, mi sento ancora peggio. Ecco perché ti ho tenuto lontano in questi mesi, ecco il perché delle lettere vuote e superficiali: mi vergognavo. Io ti ho tradito, Sirius. Ecco l’inconfessabile- ammise alla fine, sospirando, abbassando gli occhi e sentendo la presa sulla propria spalla farsi più forte. –Io ho incontrato un tizio quella notte, ti assomigliava vagamente e... e avevo dei soldi da parte...-

-Sei stato uno, a pagamento?- chiese Sirius, la bocca improvvisamente appiccicosa e la testa vuota.

-Sì. E ti giuro che già la mattina dopo mi facevo schifo, ma... ma non sono riuscito a resistere e...-

-Senti, non posso dire che vada tutto bene, perché è chiaro che questa cosa non mi faccia fare i salti di gioia. Ma posso capirti. Non dico che l’avrei fatto anche io perché non mi sono mai trovato in una situazione simile e spero vivamente di non trovarmici mai, ma posso capire. E poi non è propriamente tradire, Remus. Mi avevano arrestato, ero ad Azkaban... non sarei potuto comunque essere il tuo ragazzo, no? Quanto ad adesso... nemmeno ora stiamo insieme- e la cosa gli sembrò difficilissima da dire. –Non stiamo insieme- ribadì, fiero di essere riuscito a dirlo ad alta voce. –Quindi le tue scelte sono le tue scelte, non sta a me giudicare. Ma grazie per avermelo detto. Davvero. Spero questo... spero possa essere un nuovo inizio?-

-Sì che lo è- annuì Remus, l’aria di uno che si era tolto un enorme peso dallo stomaco. –Vieni qui- sorrise, stringendolo in un forte abbraccio. –Vieni qui...-

 

 

 

 

 

 

 

Ricostruire l'Ordine.

Quando Sirius glielo aveva detto, prima di crollare sulla sua poltrona, aveva pensato che scherzasse. Ma prima di addormentarsi come un sasso, aveva farfugliato qualcosa su Silente, su Barty Crouch jr e cose del genere... quindi forse del tutto torto non aveva.

Remus si prese la testa tra le mani e guardò l'amico che dormiva. Non aveva l'aria di uno che stava bene, chissà cosa aveva vissuto dall'ultima volta che si erano visti, mesi prima. Le lettere tra di loro si erano fatte più rade, ma almeno ora erano sincere. Non erano riusciti a vedersi, ma forse andava bene così. Prima di avere un altro incontro, Remus avrebbe voluto capire i suoi sentimenti nei suoi confronti. Ma, tanto per cambiare, la vita aveva avuto altri piani. E così si era ritrovato ad accogliere in casa un Sirius sconvolto alle due di notte, che si era appisolato sulla sua poltrona prima di dire una frase di senso compiuto che fosse una.

Si alzò e si avvicinò al pianoforte, sfiorandone i tasti. Un tempo lo sapeva suonare, sua madre, prima che lui cominciasse la scuola, era così che gli faceva passare il tempo. Quando i bambini uscivano fuori a giocare, quando gli altri andavano a trovare gli amichetti, loro due si sedevano al piano e suonavano. All'inizio era stata solo Hope a suonare, Remus che la guardava ammirato. Poi lei aveva cominciato ad affidargli piccoli compiti: suona quel tasto lì quando lo dico, ora suona quei due, adesso prova a fare come faccio io... e alla fine si era trasformate in lezioni di pianoforte vere e proprie. E, entro la fine dell'anno, Remus era un pianista provetto. Aveva persino suonato un pezzo a quattro mani per suo padre...

Poi era arrivata Hogwarts, erano arrivati i ragazzi, ed era arrivata la guerra. Il tempo per suonare il pianoforte si era ridotto drasticamente. Così, quando suo padre glielo aveva voluto dare, all'inizio non aveva accettato. Era povero in canna, perennemente alla ricerca di un buco dove abitare meno costoso del precedente... poi suo padre, Lyall, la roccia, aveva pianto. E Remus non si era sentito di dirgli di no.

Quello che Sirius gli aveva detto prima di crollare lo aveva fatto riflettere. Se avessero davvero ricostituito l'Ordine, lui voleva esserci. Almeno avrebbe dato un senso alla sua vita, di nuovo.

Poggiò le mani sui tasti e accennò un vecchio motivo, uno dei primi e più semplici che aveva imparato. E poi cominciò ad aggiungere una nota qua, uno svolazzo là... qualsiasi cosa potesse aiutarlo a pensare. E prima che se potesse rendere conto, le dita avevano ricominciare a pensare di testa loro e lui aveva gli occhi chiusi, ondeggiava la testa a ritmo.

-Allora è vero, sai suonare...-

La voce di Sirius lo riportò al presente, facendogli alzare lo sguardo. Si era svegliato e lo guardava di sbieco dalla poltrona, i lunghi capelli neri sugli occhi.

-Il piano?- chiese Remus, sentendosi un perfetto idiota.

-No, il campanello- lo prese in giro, infatti, l'altro. -Ovvio, il piano. Sei andato avanti anni a dire che lo sapevi suonare, ma... ma non ti ho mai sentito. Nemmeno quando... prima. Nemmeno prima- si corresse in extremis, abbassando lo sguardo. Remus sospirò. Se non riuscivano neanche a dire “quando stavamo insieme”, che possibilità avevano per il futuro?

-Sì. Mi ha insegnato mia mamma in quella che ormai sembra una vita fa.-

-Forse lo era- commentò Sirius, alzandosi e stiracchiandosi piano. Era magro, forse ancora più scheletrico di quando era evaso. Quando si erano visti per il suo compleanno, era già dimagrito parecchio, ma ora la cosa sembrava priva di controllo. Per un attimo, fu tentato dal proporgli di restare lì con lui a tempo indeterminato. Mangiare e dormire regolarmente gli avrebbero fatto bene... ma non avrebbero fatto bene a loro due. Non era ancora il momento.

-È vero quello che mi hai detto prima di crollare? Silente vuole davvero ricostruire l'Ordine?- chiese allora, giusto per cambiare argomento. Come sempre, c'erano cose più importanti di loro due.

Lo sguardo di Sirius fu attraversato da una nuvola nera.

-Sì, tutto vero. Voldemort è tornato, resuscitato o una cosa del genere, la notte scorsa. È... è un casino- concluse, spostandosi la massa scura di capelli dal viso. -Però sì, si ricomincia, in pratica.-

Remus annuì piano, prendendosi il viso tra le mani e affondando i gomiti sui tasti.

-Si ricomincia...-

-Già. E... e io non so cosa fare. Cioè, c'è una cosa che posso fare, darci un Quartier Generale, ma a parte questo...- cominciò a farfugliare Sirius, camminando nervoso per la stanza. -Insomma, sono ancora ricercato e...-

-Ma come diavolo può essere successa una cosa del genere? Insomma, Voldemort non era morto?- chiese Remus, sollevando lo sguardo. -E smettila di andare su e giù. Mi fai venire la nausea.-

-Harry ha parlato di una specie di rituale voodù con Minus e...-

-COSA?! Cosa centra Harry? E Peter? Io non capisco...-

-La coppa del TreMaghi era una Passaporta. Lo ha portato in un cimitero e lì appunto hanno fatto questa cosa... senti, non mi chiedere i dettagli che non li ho capiti bene. Una cosa è certa: Voldemort è tornato. E siamo di nuovo in guerra- spiegò confusamente Sirius. -Comunque Harry sta bene- aggiunse subito, interrompendosi quando un gufo sfrecciò nella stanza, entrando dalla finestra aperta. Il volatile si posò sul pianoforte e tese la zampa verso Remus, il quale prese la lettera con mani tremanti.

-È di Silente- disse, prima di leggerla in silenzio. Sirius cercò di sbirciare da sopra la spalla dell'altro, ma Remus la accartocciò e la lanciò per terra prima che potesse leggere una sola riga.

-Brutte notizie?- chiese, quando che vide Remus aveva preso il suo posto ad andare su e giù per la stanza. -Che succede?-

-Hai presente che mi hai sempre chiesto che “missioni” fossero quelle a cui partecipavo?- disse Remus alla fine, dopo qualche attimo di silenzio.

-Quelle super segrete?-

-Loro. Silente vuole che io parta di nuovo. Adesso.-

-Porca...- fu il finissimo commento di Sirius, ma Remus non se la sentì di contraddirlo. -E perché ora me lo dici?-

-Perché voglio che tu lo sappia, prima che la cosa si faccia di nuovo complicata. E anche perché c'è un'altra cosa... che mi sono tenuto dentro praticamente da sempre.-

Sirius inarcò un sopracciglio.

-Non ci eravamo già detti tutto?-

-Non tutto tutto.-

-Va bene- alzò le mani. -Dimmi.-

Remus prese un grosso sospiro.

-Conosci Greyback, vero?-

-Ospite fisso da mia cugina Bella. Sì, lo conosco. Un lupo mannaro dei peggiori...-

-Mi ero infiltrato nel suo branco, allora. Fu un'idea di Silente e di Moody, ecco perché furono loro a gestire il tutto. Volevano tenere d'occhio la situazione su quel fronte, così come vogliono farlo anche ora. E chi meglio di un lupo mannaro può farlo?-

-Okay, questa parte l'ho capita. Non mi fa piacere, ma alla fine ognuno aveva il suo compito. E capisco anche ora... ma perché proprio il branco di Greyback?-

-Centra con la cosa che ti devo dire: Greyback è stato il lupo mannaro che mi hai morso quando ero un bambino. E la notte dell'attacco al mio villaggio, venne a cercarmi. Mi disse un mucchio di cose che spaventarono a morte il bambino che ero, ma soprattutto ne capii una: si considerava il mio “vero padre”, per quello che mi aveva fatto, ed era lì per reclamarmi, in un qualche modo. Poi, ovviamente, non ce le fu il modo, ma da allora mi sono sempre sentito il suo fiato sul collo... Quando l'ho detto a Silente, ha pensato di poter sfruttare questa cosa a nostro vantaggio. In tutti questi anni, ho tenuto qualche contatto e... e ora è il momento di tornare nella mischia- concluse.

Sirius lo guardava senza emettere un suono, gli occhi spalancati e la bocca anche. Tremava leggermente e Remus fece un passo verso di lui per assicurarsi che non cadesse lungo disteso per terra.

-Ehi...- sussurrò, prendendogli d'istinto una mano e stringendo forte. -Tutto okay?-

-Mica tanto- riuscì ad articolare Sirius, riuscendo alla fine ad incrociare gli occhi di Remus. -Ma grazie per avermelo detto. È che è... è che è tanta roba.-

-Lo so- annuì Remus, senza lasciare andare la sua mano. -Lo so.-

-E tu per tutto questo tempo non ci hai detto nulla?-

-Eravamo bambini... cosa avrei potuto dirvi? Io stesso avevo capito poco e niente... ma alla fine è una cosa che è stata un bene per noi, no?-

-Già... E ora parti di nuovo?-

-Sembra che io non faccia altro, eh?-

-Quando partirai?-

-Il tempo di chiarire i dettagli...-

-Remus?-

-Uhm?-

-Non farti ammazzare, okay?-

-Certo che no, stupido- sorrise lui, abbassando lo sguardo. Gli tremava il cuore a sentire Sirius così sottile e insicuro. Lo riportava indietro di anni e anni. E forse non era pronto. O forse non voleva ammettere con se stesso che la cosa gli mancava da morire.

-Remus?-

-Che c'è?-

-Puoi abbracciarmi?-

E gli si fiondò tra le braccia, stringendolo come se non fosse passato un attimo da quando quegli abbracci significavano tutt'altro. E Remus si aggrappò a quella sensazione, perché gli era mancata come mancava l'aria a chi tratteneva il respiro.

-Ehi, guarda che ci rivediamo!- tentò di scherzare, ma Sirius non accennava a volerlo lasciare andare e forse a lui andava bene così.

-Remus?- sussurrò alla fine.

-Dimmi.-

-Posso rimanere finché non parti?-













Inathia's nook:
EHI!
Scusate il ritardo, ma da ora in poi aggiornerò sempre di domenica verso quest'ora (anche se non è che manchino poi così tanti capitoli...).
Mi rendo conto che questo sia un capitolino bello denso, ma c'erano cose che i due pupi dovevano chiarire e ho pensato che non avesse senso dividere il capitolo in due. 
Siceramente non ho molto da dire se non che ringrazio con tutto il cuore Smaugslayer e TINAX86 che hanno recensito lo scorso capitolo. Grazie davvero ragazze, siete la mia forza :) ovviamente siete tutti i benvenuti a seguire il loro esempio ;)
Okay, evaporo prima di dire cavolate...
Un bacione e alla settimana prossima!
I.L.

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Capitolo 14
*** 1995 - Just make it last ***


1995

 

Just make it last

 

 

 

Ninfadora Tonks si era presentata alla prima riunione dell’Ordine della Fenice con una maglietta, che sosteneva fosse appartenuta a sua madre, con sopra disegnata una pecora nera e la scritta “Black sheep”. Sirius, dopo averci messo un po’ per collegare la giovane Auror che gli stava davanti con la cuginetta di cui aveva pochissimi ricordi, l’aveva abbracciata di slancio, apprezzando soprattutto la scelta della maglietta. Era venuto fuori, durante una di quelle sere in cui in casa c’erano solo loro tre e il Whiskey Incendiario andava giù come se fosse acqua, che Sirius, una volta scappato di casa, aveva fondato il club delle pecore nere della famiglia Black e aveva stampato quelle magliette: una l’aveva tenuta per sé, una l’aveva spedita ad Andromeda –che però si era sempre rifiutata di indossarla-, e la terza era stata per zio Alphard –che ci si era anche fatto seppellire dentro-.

-Non capisco perché mamma non la voglia mettere. Io la trovo molto stilosa- commentò Tonks. Remus aveva imparato in fretta che se voleva andare d’accordo con quell’uragano formato tascabile doveva chiamarla per cognome.

Era una sera di fine luglio, qualche giorno più tardi sarebbero arrivati i Weasley e Sirius li aveva invitati lì per trascorrere una delle ultime serate “tranquille”. Anche se quelle serate di tranquillo avevano decisamente poco.

-Amen, cugina- le diede il cinque Sirius, sporgendosi dalla sedia verso il divano e rischiando paurosamente di cadere.

Remus sapeva che parte della sua allegria era fittizia. Di nuovo incastrato nella casa dalla quale aveva cercato di scappare per anni, ancora ricercato... la situazione non era decisamente delle migliori per lui. Per quello aveva accettato di buon grado di trasferirsi a Grimmauld Place a propria volta. Non poteva più permettersi quel buco che era stato il suo appartamento fino a qualche mese prima e, piuttosto che finire sotto un ponte, anche una casa da film dell’orrore come quella andava bene. Inizialmente aveva temuto che la ritrovata amicizia con Sirius si sarebbe potuta incrinare, vivendo sotto lo stesso tetto dopo tanti anni –l’ultima cosa che voleva era riportare alla mente di entrambi la mansarda dove avevano vissuto negli anni dopo la scuola-, ma la convivenza procedeva incredibilmente bene.

E poi c’era Tonks.

Inutile dire che l’avesse colpito. Era giovane, spiritosa, la giusta ventata d’aria fresca che ci voleva lì. E poi ricordava a Sirius che non era così solo come gli piaceva mugugnare quando gli prendeva la sbronza triste.

-E se andassimo a fare due passi?- propose improvvisamente, alzandosi barcollando.

-E se ti arrestassero?- obiettò Remus, togliendogli la bottiglia di mano e mettendolo a sedere sul divanetto accanto a Tonks.

-Raggio di sole tu, eh?- lo prese in giro lei. –Cos’è la vita senza un po’di rischio?-

-Doppio amen, cugina. Migliori di giorno in giorno.-

-Si fa quel che si può. Comunque proponevo la passeggiata perché in realtà me ne devo andare.-

-Di già?- chiese Remus, quasi stupendosi del proprio tono di voce. L’avrebbe rivista il giorno dopo, perché improvvisamente l’idea che se ne andasse gli metteva quella strana sensazione addosso?

-Domani mi devo svegliare all’alba. Malocchio mi ha assegnato dei turni assurdi- mugugnò la ragazza, facendo per alzarsi in piedi, ma inciampando nelle gambe e ripiombando sul divanetto.

-Vedi, neanche la casa vuole che tu te ne vada- le sorrise mellifluo Sirius, passandosi una mano tra i capelli lunghi e neri.

-Non fare l’idiota, se deve andare, lasciala andare, no? Sappiamo bene entrambi che Moody non è tipo dolce- lo riprese Remus, guadagnandosi una linguaccia.

Tonks lo ringraziò con un cenno del capo e si districò, rialzandosi in piedi.

-A volte dimentico che voi ragazzi avete già fatto tutto questo- commentò, andando verso la porta, Remus che la seguiva (autoconvincendosi che fosse solo perché quello scricciolo era una mina vagante e bisogna stare attenti in continuazione a quello che faceva). –Notte, cugino!- urlò a un certo punto, come ricordandosi di non aver salutato Sirius. Dalla cucina arrivò un mugugno che entrambi interpretarono come un “buona notte anche a te”. –Com’era l’altra guerra?- chiese, voltandosi verso Remus, che la sorresse quando inciampò nel tappeto.

-Uguale a questa. Uno schifo- tagliò corto lui. Non si sentiva a proprio agio a parlarne con nessuno, nemmeno con Sirius... era uno dei pochissimi argomenti tabù tra di loro.

-Però avevi i tuoi amici, dai... eravate giovani...-

-E sono tutti morti. Già, bella roba- commentò Remus, più duramente di quanto avrebbe voluto. –Scusa- disse infatti poco dopo, Tonks che inarcava un sopracciglio e incrociava le braccia. I capelli avevano assunto una sfumatura più rossastra, segno che non aveva preso bene le sue risposte.

-Se non vuoi parlarne, pace, posso capirlo. Ma non rispondermi più male, Remus John Lupin. Abbiamo un patto?-

-Sì- sorrise lui, stringendo la mano che Tonks gli porgeva.

-Molto bene. Allora buona notte anche a te- lo salutò, alzandosi in punta e baciandolo su una guancia.

Remus rimase a fissarle la schiena mentre si chiudeva la porta alle spalle e stette lì immobile in corridoio, le dita poggiate delicatamente dove le labbra di Tonks aveva sfiorato la sua pelle. Sapeva perfettamente che non significava nulla, che lei l’aveva fatto solo perché erano amici e da quando la conosceva le impediva continuamente di uccidersi ogni volta che si spostava, ma... ma nella sua vita mai gli era capitato di sentire effettivamente qualcosa quando una ragazza gli stava vicino. Lily era stata sua amica, la sua paladina e la moglie di James, quindi intoccabile sotto ogni punto di vista; le altre ragazze dell’Ordine erano state simpatiche, ma lui all’epoca aveva Sirius e le sue missioni, quindi davvero poco tempo per pensare ad altro. E poi nessuna ragazza gli era mai davvero interessata, si era sempre detto che Sirius era tutto quello che voleva dalla vita... oppure il suo destino era capitolare per dei Black. Chissà se era qualcosa che aveva a che fare il loro DNA di scoppiati mentali...

-LUNASTORTA!-

La voce di Sirius lo fece tornare alla realtà, disperdendo i suoi pensieri. In fondo, era inutile scervellarsi su Tonks o chi per lei. Si sarebbe sempre sentito legato a Sirius, in un modo o nell’altro, e poi nella sua condizione era meglio che non si invischiasse di nuovo in faccende del genere.

-Eccomi, che c’è?-

Sirius si era sdraiato sul divanetto, le braccia buttate oltre il bracciolo e le gambe divaricate. E Remus non potè fare a meno di trattenere un sorriso. Gli anni erano passati, ma Sirius era sempre rimasto lo stesso. E se la cosa ogni tanto gli mandava il sangue alla testa perché avrebbe voluto smettere di essere l’adulto tra i due, al tempo stesso forse non l’avrebbe riconosciuto più se fosse cambiato. Era ancora il ragazzino che appendeva striscioni per il piccolo Harry, l’idiota che ballava con lui nella loro mansarda... era come se quei dodici anni ad Azkaban avessero fermato il tempo, fossero stati la sua Isola-Che-Non-C’è, impedendogli di crescere.

Si avvicinò al divanetto e si sedette, Sirius che gli faceva spazio, salvo poi buttarglisi addosso.

-Pensavo fossi uscito con Tonks- borbottò a un certo punto.

-Perché avrei dovuto? L’ho solo accompagnata alla porta. Lo sai com’è, si inciamperebbe nella propria ombra...-

-Ti piace- disse a bruciapelo Sirius, perdendo per un attimo l’aria svagata e imbronciata. –Lo vedo che è così...-

-Ma quanto sei scemo- commentò Remus.

-Perché? Perché ami me?- prese in giro l’altro, la voce aspra. –Non dirmi cagate. Non tu. Lo so che le cose tra noi si sono sistemate... ma non stiamo insieme. Tu lo sai che i miei sentimenti per te non sono mai cambiati e mai cambieranno... ma tu non provi più lo stesso. Lo vedo. Come vedo anche che Tonks ti piace. Ora, non mi metterò a fare il geloso, non ne ho più il diritto. Ma voglio dell’onestà.-

Remus rimase in silenzio e prese a giocherellare con i capelli di Sirius, passandogli le dita in mezzo. In passato era una cosa che lo rilassava, che lo aiutava a trovare le parole giuste... mentre ora davvero non sapeva cosa dire.

-Io... non lo so, okay?-

-Oh, ma che bell’eloquio, signor Lupin- commentò Sirius acido, alzandosi di scatto. –Senti, io me ne vado a letto...- cominciò a dire, ma Remus si alzò a propria volta e lo fermò, prendendogli la mano e obbligandolo a voltarsi.

-Quando ti dico che non lo so, sono sincero. Preferiresti che ti dicessi che Tonks è solo un’altra ragazza dell’Ordine, tua cugina, che il mio cuore è tuo e altre baggianate romantiche. Ma non lo so. Volevi la sincerità? Eccola. Non lo so. Non so perché lei mi faccia ridere più delle altre, non so perché sia la prima ragazza che mi sia mai lontanamente interessata... non lo so. Amo te? Non lo so. Mi piace lei? Non lo so. Non. Lo. So.-

Sirius rimase in silenzio a fissarlo, negli occhi grigi che si agitava una terribile tempesta. Remus vedeva che era arrabbiato, ma davvero non riusciva a capire il perché di quella rabbia. Okay, erano ormai due anni che Sirius era tornato, erano due anni che la loro amicizia era rinata, ora vivevano di nuovo insieme... ma non poteva davvero credere che non avrebbe mai più provato interesse per nessuno. E sì, il fatto che Tonks fosse una ragazza –per quanto la meno femminile che avesse mai incontrato- lo mandava più in confusione di tutto il resto, ma non poteva impedirsi di avere dei sentimenti. Per anni aveva represso quelli per Sirius: lo aveva fatto quando erano ragazzini, lo aveva fatto quando era stato in prigione... avrebbe imparato a reprimere anche quel poco che cominciava a provare per Tonks. Ormai era un esperto in materia.

-Dimmi cosa sta succedendo- lo implorò alla fine, lasciando andare la mano di Sirius e tornando a sedersi, la testa tra le mani. –Dimmi cosa ci sta succedendo...-

-Siamo cresciuti?- storse la bocca Sirius, sedendoglisi accanto e mettendo un braccio attorno alle spalle di Remus e costringendolo a guardarlo. –Non lo so, nemmeno a me piace tanto come ipotesi. Avevo immaginato tante volte il futuro, credevo di aver pensato a tutti gli scenari possibili, davvero, eppure siamo riusciti a prendere l’unico che non avevo mai contemplato.-

Remus si limitò a scuotere la testa.

-Lo spero bene che tu non ti fossi figurato la morte di James e Lily o il tradimento di Peter...-

-Mi riferisco al fatto che ti saresti innamorato di qualcun altro- lo spiazzò Sirius, la voce incrinata. –Il fatto che sia Tonks, sinceramente ha poca importanza. Il fatto che sia una ragazza, invece... il fatto è che sento che non potrei competere.-

-Tu non devi competere con nessuno, io...-

-Oh, non crederai che io ti lasci andare così facilmente, vero? Sei stato mio e lo sarai di nuovo, Remus Lunastorta Lupin.-

-Il mio secondo nome è John- provò a protestare Remus, ma Sirius lo zittì baciandolo. E lui non potè fare altro che arrendersi a quel bacio che spazzava via il ricordo dell’ultima volta che le loro labbra si erano toccate, nella sudicia Azkaban. Si aggrappò al viso di Sirius come se ne valesse della sua stessa vita, gli passò le dita tra i capelli e sentì le mani di Sirius esplorargli la schiena e il petto.

In un attimo si ritrovò sdraiato sul divano sopra l’altro, la sua camicia che era volata chissà dove e quella di Sirius che stava per fare la stessa fine, già era mezza slacciata. In un attimo di pura follia lucida, si chiese come sarebbe stato tutto quello se al posto di Sirius ci fosse stata Tonks...

Fu un attimo, eppure Sirius se ne accorse.

Smise di baciarlo e piantò i suoi occhi grigi in quelli verdi di Remus.

-Cosa?- gli chiese, una mano ancora sulla sua nuca, la fronte premuta su quella di Remus. –Che ti prende? Ancora blateri “non lo so”? Perché secondo me lo sai benissimo- disse, alludendo alla mano di Remus che si stava infilando nei suoi pantaloni.

-Pensavo...- la prese alla lontana lui, riprendendo fiato. Aveva il cuore in gola, ma non era certo del perché. Ovviamente baciare Sirius e tutto il resto erano una cosa... ma perché Tonks continuava a tornargli in mente, persino in momenti come quello? Non aveva sognato altro per anni, ritrovare Sirius, rendersi conto che gli ultimi anni erano stati un incubo e ricominciare... ma ora che ne aveva la possibilità rischiava di rovinare tutto con una cotta da adolescente. Per una ragazzina, poi!

-Non è mai un bene quando pensi- si accigliò Sirius, tirandosi meglio a sedere e passandosi una mano tra i capelli. Anche Remus si sistemò meglio e recuperò la camicia, che era finita tra il divano e il muro.

-Io... Sirius, non penso di poterlo fare. Non questo. Non con te. E non ora, soprattutto- disse alla fine, ogni parola che gli provocava un dolore sordo mentre la diceva.

Sirius prese un respiro profondo, strinse le labbra e aspettò qualche secondo a parlare. Remus sapeva che non era un bel segno.

-Non mi sembrava fossi molto indeciso, cinque minuti fa, quando praticamente mi stavi strappando i vestiti di dosso...- poi ebbe come l’illuminazione. -È per Tonks? Merlino a Honolulu, è per Tonks!- esclamò alla fine, alzandosi rosso in viso. –Avevo ragione, ti sei preso una maledettissima cotta per mia cugina!-

-Sirius, io davvero...- tentò di dire Remus, ma l’altro era un fiume in piena.

-No, sai che ti dico? Va bene, facciamo gli amiconi. Mi sta bene. Anche se gli amici non è che facciano certe cose, quindi non aspettarti nulla da me. Vuoi la mia amicizia e basta? Va bene. Ma poi non tornare a piangere da me quando Tonks ti avrà rifiutato o quando ti renderai conto che questa è un’assurdità!-

-E perché lo sarebbe?- scattò Remus, colto sul vivo. –Perché non potrei innamorarmi di lei? Lo hai detto tu prima di... prima di... prima di questo: noi due non stiamo insieme. Ora, dimmi perché non hai detto nulla quando ti ho confessato della mia notte con... con come accidenti si chiamava quello, mentre ora la fai tanto lunga su Tonks!-

-Due motivi molto molto semplici, caro mio. Numero uno: sei stato il mio fidanzato dal sesto anno fino a... fino a quando lo sai. E quindi siamo stati insieme per sei anni. Non due giorni, sei anni. Piuttosto gay come cosa, ma non sono io l’esperto. E comunque, per tutti gli anni che ti ho conosciuto, non ti sei mai filato una ragazza che fosse una, mai! Quindi questa cotta per Tonks non sta né in cielo, né in terra. Punto numero due: quello che hai fatto quella notte lo abbiamo già chiarito. È vero, tecnicamente stavamo insieme, ma eri ubriaco duro, parecchio sconvolto dalle circostanze... e comunque SEI ANDATO CON UN UOMO! Ora, ci arrivi da solo perché con Tonks non potrebbe funzionare o TI CI DEVO STAMPARE UNA MAGLIETTA?- urlò a un centimetro dal viso di Remus. –Sei gay, vecchio mio. Ecco la novità del secolo. Ed ecco perché con mia cugina non potrebbe mai funzionare. E poi, viste anche le mille pare mentali che ti metti sempre, probabilmente le chiederesti d’uscire il giorno del suo funerale. E ci tengo a lei, non voglio vederla soffrire. E non voglio vedere soffrire neanche me.-

-Sei geloso- realizzò alla fine Remus, senza riuscire a trattenere una risata, nonostante Sirius lo stesse guardando arrabbiato nero e con gli occhi fuori dalle orbite.

-Mamma mia, che incredibile cervello, signor Lupin- commentò acido. –E ci hai messo solo... quanto, un mese e mezzo a capirlo? Più la chiacchierata di questa sera. Non male... davvero non male...-

-È che mai avrei pensato a te come una persona gelosa.-

-Sai, nemmeno io l’avrei mai creduto. Ma guardarti fare gli occhi dolci a un’altra, e sottolineo la A, sotto il mio naso ha fatto il miracolo. Gioia, eh?-

-E ora che si fa?-

-Come che si fa? O te la fai passare, cosa della quale potrei essere molto felice, oppure fai l’uomo e me lo dici. Poi le chiedi di uscire. Qualunque via tu scelga, fa’ che sia definitiva.-

 

 

 

 

 

 

Sirius avrebbe mentito se avesse detto che non aveva più ripensato a quella discussione avuta con Remus mesi prima. Ma la vita, come sempre, si era messa di mezzo. E Lunastorta non aveva più accennato a nulla. Aveva notato che era diventato più cauto nei confronti sia suoi che di Tonks, evitava che rimanessero solo loro tre, tranne rarissimi casi in cui era teso come una corda di violino. E, a essere onesti, a Sirius così andava bene. Aveva fatto il gradasso, quell’estate, non avrebbe mai sopportato di perdere Remus, neppure per Tonks, che, sapeva, l’avrebbe reso felice. Ma era più forte di lui: ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, ogni volta che davano ragione l’uno all’altro anche per cose che riguardavano l’Ordine, ogni volta che sapeva avessero un turno insieme... ogni benedetta volta era come ricevere un cazzotto nello stomaco. Ogni. Benedetta. Volta.

Non era mai stato geloso in vita sua, mai. Ma, a essere onesti, non ne aveva mai avuto motivo. Tranne una volta, che Lily l’aveva fatto apposta a provarci con Remus, quando ancora non stavano insieme, nessuno o nessuna aveva mai fatto il cascamorto con Remus. Lui era Lunastorta, il suo ragazzo... incredibile come la vita cambiasse le cose.

Quando a Natale gli aveva proposto di fare il regalo ad Harry insieme, dentro di sé aveva esultato. Non gli importava che Remus glielo avesse chiesto perché non aveva un soldo che si incrociasse con l’altro e non voleva fare una brutta figura con Harry, ma quella era una cosa che avrebbero potuto fare nella loro vita parallela –quella che Sirius era certo esistesse- nella quale loro due stavano ancora insieme e Harry aveva i suoi genitori accanto a lui.

Ma dopo quella volta, le interazioni tra di loro erano scese sotto il minimo storico. E Sirius non ce la faceva più. Non c’era mai stato imbarazzo tra di loro. Persino nella Stamberga Strillante, due anni prima, dopo troppo tempo lontani l’uno dall’altro, era bastato uno sguardo per fidarsi di nuovo.

Dov’erano finiti quel Sirius e quel Remus? Che ne era stato di Felpato e di Lunastorta?

-Sapevo che ti avrei trovato qui. Con del Whiskey in mano.-

La voce di Remus lo strappò ai suoi pensieri e lui alzò la bottiglia in segno di saluto. Non sapeva che ora fossero o quanto tempo avesse passato seduto lì al tavolo in cucina.

Si passò una mano sul viso stropicciandosi gli occhi, poi sollevò lo sguardo verso l’altro.

-Che hai?- gli chiese allora, quando Remus si sedette accanto a lui e gli prese la bottiglia di mano, bevendone un lungo sorso.

-Dobbiamo parlare- disse, pulendosi la bocca con la manica del mantello. Evidentemente era appena tornato da un appostamento e lui non l’aveva sentito entrare.

-Perché ho l’impressione che questa conversazione non mi piacerà?-

-Perché è così. Perché sei sempre stato estremamente perspicace.-

-Evita la sviolinatura e vai al punto.-

Remus prese un respiro profondo e Sirius perse un paio d’anni di vita nel frattempo.

-Ero di turno con Tonks questa sera- esordì alla fine, il dito che seguiva le venature del tavolo di legno scuro. –Ha detto che è innamorata di me.-

-E tu?-

-Io cosa?-

Sirius sospirò, chiedendo silenziosamente all’universo perché si fosse innamorato di un cretino.

-Tu cosa provi per lei? Anche se, dato che sei qui a parlarne con me... è intuibile. Se a questo aggiungiamo il fatto che abbiamo ancora i vestiti addosso e non mi guardi negli occhi da giorni...-

-Allora lo sai.-

-Voglio sentirtelo dire. Fallo, Remus, per favore. Dillo e chiudiamola qui. Ho sonno.-

-Anche io mi sono innamorato di lei.-

-Meraviglioso, buona notte- borbottò, alzandosi e facendo per andarsene, ma Remus lo bloccò.

-Questo non cambia nulla- disse, quasi implorandolo.

-Questo cambia tutto- lo corresse Sirius. –Ma almeno apprezzo l’onestà.-

-Io non voglio perderti. Sei l’unica cosa che mi rimane...-

-Hai Tonks ora. Che te ne fai di un vecchio amante?-

-Sei pur sempre il mio migliore amico...-

-Ti prego, non chiedermi di farti da testimone. Mi sa che porto sfiga. E poi, sinceramente, non potrei reggere.-

Remus non riuscì nemmeno ad aprirsi in un sorriso e Sirius si sentì male per lui.

-Ti prego, non... non dirlo- disse, la voce rauca e gli occhi che cercavano disperatamente quelli dell'altro. -Non doveva andare così, lo sai... Io non avrei mai voluto...-

-Lo so, Remus. Lo so. Ma ora vai, Tonks ti starà aspettando. Portala in quel locale all'angolo che le piace tanto. Falla ridere. Ridi. Ubriacati. Fate l'amore e baciatevi ancora. Solo, non chiedermi di essere felice. Devi esserlo tu per me.-














Inathia's nook:
Salve gente! Sì, sono tornata! (ma questo lo avevate notato anche voi). Chiedo scusa per non aver postato subito il 13 pomeriggio (come promesso) o ieri, ma il capitolo era ancora da ultimare e revisionare... anche se, a essere onesti, non sono molto convinta del risultato. La prima parte mi piace. Non è esattamente il primo incontro tra Remus e Tonks, ma diciamo che è quello che fa la differenza. Diciamo che nemmeno lui sa esattamente cosa gli piaccia di lei, ma è abbastanza confuso al momento. 
E poi c'è la reazione di Sirius. Come già TINAX86 aveva intuito, la gelosia è tutta sua. Ma è una gelosia che ho voluto "giustificare" in qualche modo. Inanzitutto Sirius è spiazzato dal fatto che Remus sia attratto da lei perchè appunto è una lei. Diciamo che forse (e sottolineo forse) l'avrebbe presa meglio se Remus si fosse preso una cotta per Mundungus (anche se in questo caso la vedo dura XD). E poi, soprattutto, Sirius è terrorizzato dai cambiamenti, perché nella sua vita non sono mai stati sinonimo di gioia. Ogni imprevisto per lui ha portato disgrazie. La guerra gli ha portato via la sua prima famiglia, poi i Potter e infine Remus e anche Harry. Quindi teme che Remus si trasferisca da qualche parte con Tonks e si mettano a sfornare bambini senza più considerarlo... cosa che ovviamente non sarebbe mai successa!
Poi arriviamo alla seconda parte, quella che mi convince meno. 
Remus si confessa, Sirius capisce di aver "perso", anche se non c'è mai davvero stata una gara. Alla fine il suo tono è amaro, ma le augura davvero quelle cose a Remus. Vuole che sia felice, è ancora innamorato di lui, ci tiene sia a lui che alla sua cuginetta... solo spera che un giorno il lieto fine ci sia anche per lui, ecco.
bene, ho finito.
Spero ci sia ancora qualcuno a seguire la storia e che questo capitoli non vi abbia fatti scappare definitivamente. Il prossimo aggiornamento dovrebbe essere tra sabato e domenica e sarà il penultimo, siamo praticamente arrivati in fondo.
Un bacione a chi anche solo legge, spero vogliate lasciami un commento,
I.L.

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Capitolo 15
*** 1996 - No place in Heaven for someone like ***


1996


 

 

No place in Heaven  for someone like me






 

Li aveva mandati via tutti.

Via.

Via.

Non voleva nessuno.

Anche Tonks...

… soprattutto Tonks.

Tonks con i suoi occhi pieni di lacrime. Occhi grigi. L'ultimo sguardo che Remus voleva sentire su di sé al momento.

Tonks a pezzi, senza nemmeno la forza di cambiare il colore dei propri capelli, che ora erano neri e lunghi. L'ultimo colore che Remus voleva vedere.

Via.

Andassero tutti via e lo lasciassero in pace.

Via.

Via anche Tonks.

Lei che ora è la copia di Sirius.

Di un Sirius che non vivrà mai più.

 

***

 

Remus lo sapeva che non era così che si comportavano gli adulti. Una parte razionale di sé l'aveva mantenuta e continuava a sussurrargli che era patetico, che non poteva vivere così.

Ma ignorava quella parte di sé, la chiudeva da qualche parte nella sua mente e la cosa sembrava funzionare.

C'erano riunioni a cui avrebbe dovuto partecipare, c'erano cose anche legali da discutere, c'era una guerra che continuava, là fuori... ma Remus ora non aveva alcuna intenzione di dare ascolto a nessuno. Per quanto gli riguardava potevano andare tutti a morire ammazzati, e anche in maniera dolorosa. Loro con quegli sguardi bassi e pieni di niente, loro con quelle parole di circostanza che non dovevano nemmeno permettersi di rivolgergli.

Cosa ne sapevano loro, eh?

Cosa diavolo ne sapevano loro di quello che stava passando?

E così lo avevano lasciato in pace, alla fine. Non sapeva da chi fosse partita l'iniziativa, non sapeva a chi fosse finalmente venuta la brillante idea di assecondare il pazzo che era diventato, ma sicuramente gli doveva una birra.

 

***

 

I giorni passavano lenti...

I giorni passavano?

Remus non ne era poi così sicuro.

Remus non era più sicuro di niente. A mala pena era sicuro di dove si trovava al momento: la vecchia stanza di lui, l'unica cosa che gli aveva mostrato con orgoglio quando si era ritrasferito lì a Grimmauld Place, fiero dei suoi Incantesimi di Adesione Permanente, fiero degli stendardi oro-rossi che penzolavano dal letto fino alle pareti, fiero delle loro foto appese in giro. Foto dalle quali Peter era stato accuratamente rimosso. Tranne che in una. Non sapeva perché lì lo avesse lasciato, non glielo aveva mai chiesto.

E ora era tardi per qualsiasi domanda.

Come al solito, Remus era arrivato troppo lungo sui tempi.

 

***

 

Gli portava da mangiare Kreacher, annunciando il suo arrivo con il suo trascinio di piedi e borbottio, poi c'era il piccolo tonfo sul pavimento e Remus sapeva che la cena o il pranzo o la colazione erano serviti. Solo così sapeva che il tempo passava. Perché i pasti ruotavano. Per il resto, la sua vita era una notte perenne, ma priva di sogni. Neanche incubi. Sembrava che la sua punizione eterna fosse quella: neanche in sogno poteva rivederlo, nemmeno nei suoi ricordi.

Non c'era più.

Se n'era andato.

E se all'inizio, all'Ufficio Misteri, era dovuto essere forte per Harry, ora che il ragazzo era tornato a Hogwarts e poi dagli zii, poteva lasciarsi andare.

Letteralmente.

Si sentiva un rifiuto umano, con addosso la stessa camicia e lo stesso paio di pantaloni del mese prima. La barba era lunga, i capelli arruffati... Non aveva lasciato quella stanza se non per farsi rinchiudere in cantina durante la luna piena, da Kreacher, che chissà perché obbediva ai suoi ordini.

Non vedeva nessun altro da tempo, ma alla tanto agognata pazzia non era ancora arrivato.

Nessuna visione.

Nessuna strana apparizione.

Niente di niente.

 

***

 

Si era sorpreso, a volte, a fissare come senza vederla, una delle foto che lui aveva appeso.

Lui.

Perché anche solo pensarlo, quel nome, gli toglieva il fiato.

In quella foto c'era il sole, mentre ora Remus era piuttosto sicuro che là fuori stesse piovendo.

Come se a Londra avesse mai fatto qualcosa di diverso, il cielo...

C'era il sole ed erano all'aperto. E c'erano dei visi famigliari che sembravano sfotterlo tanto sorridevano. James che sorrideva.

Peter che sorrideva.

Lui che sorrideva.

Persino Remus stesso sorrideva.

-E guarda il tempo cosa ci ha fatto- mormorò a nessuno in particolare, articolando le prime parole dopo troppo tempo.

 

***

 

Aveva fatto un sogno agitato. Non sapeva cosa, non ricordava più i sogni da tanto tempo... però sapeva di aver sognato qualcosa.

Sperò non fosse qualcuno.

Si tirò piano a sedere sul letto, ingarbugliandosi ancora di più nelle coperte, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fosse fradicio di sudore.

Okay. Forse aveva sognato lui.

Stava per ributtarsi tra le lenzuola, quando sentì bussare alla porta.

Per un attimo pensò di essersi sbagliato, nessuno bussava. Anzi, era anche piuttosto certo che nessuno sapesse che era lì. Anche se, oggettivamente, sarebbe stato il posto più logico dove andarlo a cercare.

Ma chi poteva aver bussato?

Non era così sicuro di voler sapere la risposta. Kreacher non bussava, chiunque altro sarebbe stato una rogna.

L'unico che voleva vedere non sarebbe più tornato.

Quindi fece quello che gli veniva quello, quello per cui si era impratichito nelle ultime settimane: si girò dall'altra parte e ignorò il tutto.

Ma il bussare non ignorò lui.

-Chi accidenti è?- gracchiò alla fine e quando la porta si socchiuse ebbe un tuffo al cuore.

Occhi grigi.

Lunghi capelli neri.

-Scusa, Remus, sono io...-

No.

La voce non era quella giusta.

E neanche la statura e un mucchio di altre cose, e così il suo cuore tornò alla velocità normale.

-Vattene- bofonchiò, riconoscendo Tonks nella figura sulla soglia. Era lei e al tempo stesso non lo era, questo poteva vederlo persino lui: i vestiti neri e sobri, l'aspetto fisico ordinario... Ma, d'altra parte, nessuno era stato più se stesso da quella notte al Ministero.

-No- si intestardì lei, entrando e chiudendo la porta dietro di sé. -Dobbiamo parlare.-

-Non credo proprio- la contraddisse Remus, girandosi su un fianco e dandole le spalle, tanto per chiarire ulteriormente il suo pensiero.

-Remus- lo chiamò di nuovo Tonks, sospirando. -Remus, manchi a tutti quanti. Manchi a me- aggiunse in un soffio. -Possiamo provare a cercare una soluzione?-

-Uh, non sapevo sapessi riportare in vita i morti. Questo cambia tutto. Sono tutto orecchie- replicò sarcastico lui, cercando di alzarsi di scatto, ma finendo solo per rovinare per terra, arrotolato nelle coperte.

Tonks assottigliò lo sguardo ma non si mosse per aiutarlo. Remus le lanciò un'occhiata furibondo e poi si districò dalle lenzuola e le lanciò appallottolate sul letto.

-Vattene, Ninfadora.-

-Non chiamarmi Ninfadora!-

-E tu esci dalla mia stanza!-

-Non è la tua stanza, è di Sirius!-

-Ma davvero? Beh, nel caso in cui non te ne fossi accorta, Sirius è morto!-

Erano a un centimetro di distanza l'una dall'altro, i nasi quasi che si sfioravano, gli occhi che lanciavano lampi, le gole secche per le urla, i petti che ansimavano.

-Grazie per la notizia, idiota- sussurrò lei, gli occhi che si riempivano di lacrime. Erano arrossati, lucidi, non dovevano aver fatto molto altro negli ultimi tempi.

-Ora te ne vai- disse Remus, ma questa volta suonava più come una supplica.

Tonks scosse comunque la testa.

-È un mese che te ne stai rinchiuso qui, anche più- disse, tirando su col naso e asciugandosi le lacrime con una manica della felpa nera che indossava. -Basta.-

-Tu non capisci...- mormorò Remus, l'aria combattiva scomparsa, la voce rotta.

Si allontanò piano da Tonks e si sedette sul letto. Lei non aspettò l'invito e lo seguì, senza staccargli gli occhi di dosso. Erano ancora pieni di lacrime, qualcuna le rigava le guance, ma sembrava disposta ad ascoltarlo.

-Perché non me lo spieghi allora, eh? Perché io non sto capendo più nulla. Perché la sua... la sua... quello che è successo fa male anche a me. E tanto. E mi sento sola con questo male, mentre potremmo essere in due... siamo le due persone che lo conoscevano meglio, alla fine, le due persone a cui era più vicino...-

Ogni volta che Tonks si riferiva a lui parlando al passato, per Remus era come una stilettata, come un pugno nello stomaco. Era la realtà dei fatti, okay, ma non la poteva accettare.

-Tu non capisci- disse di nuovo, interrompendo il balbettio di Tonks. -E non è così facile spiegarlo. Mi manca, Tonks. E mi sento in colpa... io...-

-Ma non è colpa tua!- esclamò lei, fraintendendo il pensiero di Remus. -Sarebbe potuto succedere a chiunque e...-

-Non dico quello. Senti, è... complicato. Molto. E non so se ne voglio parlare ora, okay?-

Tonks sospirò, ma non disse nulla. Si alzò dal letto e si diresse verso la porta. Quando fu sulla soglia, si voltò verso di lui ancora un'ultima volta.

-Io ti amo, Remus, e tu lo sai. E so che ora non è di me in quel senso, ciò di cui hai bisogno. Lo so. Però io ci sono. Continuo a esserci. E quando avrai più chiaro il perché te ne stai rintanato qui e avrai bisogno di qualcuno con cui parlare, vieni da me. Io ci sono.-

 

***

 

Pioveva.

Ovvio che a Londra piovesse.

Ovvio che a Londra piovesse proprio il giorno cui Remus era riuscito a rimettere piede fuori di casa.

L'indirizzo lo ricordava vagamente, così aveva deciso di raggiungerlo alla babbana, per evitare di Spaccarsi. Nella Tube si stava tutti appiccicati, umidi e bagnati, ma Remus era come in trance. Non era ancora convinto che tutto quello stesse davvero succedendo a lui.

Uscì seguendo il flusso di gente, si confuse tra la folla e non si preoccupò nemmeno di aprire l'ombrello o di tirare su il cappuccio del vecchio cappotto. Qualche sporgenza e qualche balcone qua e là erano sufficienti per ripararlo.

La porta era come la ricordava, però, per quello trovò la casa. Per la porta blu dal batacchio rosso fuoco. Tonks aveva passato un turno intero di guardia a raccontargli quanto l'avesse fatta penare il trovare la vernice giusta, dato che non si intendeva per niente dei supermercati babbani...

Bussò piano, abbastanza incerto.

Tonks, mesi prima, gli aveva detto di andarle a parlare, se lo voleva, ma Remus non ne aveva avuto il coraggio. Non fino a quel momento. Non fino a quella giornata di metà marzo.

-Chi è?-

-Remus Lupin.-

La porta si aprì piano, sulla soglia c'era lei: capelli grigio topo e corti, tenuti in dietro da una fascia slabbrata, occhi sospettosi ma sempre grigi, tuta larga e dal colore indefinito. Remus si era informato presso Moody prima di presentarsi così all'improvviso, sapeva che lei era di guardia a Hogwarts.

-Posso entrare?- chiese, quando vide che Tonks non aveva mosso un muscolo da quando lui aveva detto il suo nome.

Lo condusse lungo un breve corridoio fino a un salotto disordinato. Lo fece sedere su un divano di pelle gialla, di fianco a una poltrona di tessuto verde e gli fece lasciare la giacca ad asciugare su un termosifone dipinto di rosa. Tutto in quella stanza gridava colore e vita, tranne i due abitanti.

Dopo che ebbe fatto del tè, Tonks si sedette a gambe incrociato per terra e piantò gli occhi su Remus, senza però invitarlo a parlare.

-Sono stato uno stupido...- cominciò allora a un certo punto, tra il primo e il secondo lampo.

-Sì- lo gelò lei. La pazienza di agosto se n'era andata, insieme alla gentilezza, e Remus sapeva che era colpa sua. Lei gli aveva scritto, lei gli aveva fatto capire che ci sarebbe sempre stata... lui non aveva risposto alle lettere ed era semplicemente scomparso.

-Scusa- disse allora, perché non c'era davvero altro da dire. Aveva passato così tanto a domandarsi se amasse o meno Tonks, che alla fine l'aveva persa anche come amica.

Lei poggiò violentemente la tazzina sul pavimento e incrociò le braccia.

-Spero per te che ci sia altro- lo provocò.

Era cambiata, era diventata più dura e Remus sapeva di essere parzialmente (se non totalmente) responsabile di quel cambiamento.

-A essere sinceri, sì. C'è molto altro. C'è una lunga storia da raccontare- ammise Remus alla fine, il groppo in gola che tornava prepotente come mesi e mesi prima. Come sarebbe stato sempre.

Tonks inarcò un sopracciglio come per indicargli di continuare. Forse era curiosa, forse lo stava ancora studiando. In ogni caso, non lo aveva ancora cacciato.

-Comincia più di venticinque anni fa e non è ancora finita, Dora- disse Remus e lei sussultò nel sentirgli usare quel nomignolo. La chiamava così quando erano soli loro due... l'aveva chiamata così prima di baciarla prima di spezzarle il cuore. -È una storia d'amore che nessuna delle persone che vivono ora conoscono, nessuna. È un segreto che custodiscono i morti e che custodisco anche io. È la mia storia, Dora, era il segreto mio e di Sirius. Vuoi sentirla?-

 

 

Alla fine del racconto, Remus piangeva. Per la prima volta in quasi un anno piangeva.

Tonks, che nel frattempo si era spostata accanto a lui sul divano, piangeva a propria volta, grosse lacrime che rotolavano lungo le guance pallide e smagrite.

-E così ora sai tutto- mormorò Remus, accettando il fazzoletto per soffiarsi il naso. -Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo prima... ma non era facile.-

Lei annuì.

-Almeno ora tutto ha un senso. Tutto. Be', quasi. Ma una buona parte sì- disse, incartandosi nelle sue stesse parole. -Non avrei mai immaginato...-

-Fu una sorpresa anche per me, all'epoca. Ma poi fu facile abbandonarsi al tutto. Lo hai conosciuto, anche se per poco, e sai che persona era. Un ciclone che trascinava tutti con sé.-

Più il tempo passava, più era facile parlare di Sirius al passato. E anche pensare al suo nome.

Ora Remus non abitava più a Grimmauld Place, che era di Harry adesso, e aveva smesso di pensare che ogni rumore potesse preannunciare l'arrivo di Sirius nella stanza. Era stato un lungo processo, allontanarsi da Londra e andare di nuovo in missione come infiltrato tra i lupi mannari aveva aiutato, e alla fine era sopravvissuto, anche se credeva che non ci sarebbe mai riuscito.

Tonks poggiò la testa sulla spalla di Remus, continuando a piangere. Lui le circondò le spalle con un braccio e le posò un leggero bacio sulla testa. In quel punto, i capelli per un attimo tornarono il rosa cicca che lo avevano fatto innamorare di lei. Ma fu un attimo.

-Ti ha amato per tutto questo tempo, vero? E tu hai amato lui. Ecco perché non potevi stare con me...-

-Sirius mi ha amato. Nello strano modo che aveva di farlo, soprattutto negli ultimi tempi, ma mi ha amato. Su questo non ho mai avuto dei dubbi- annuì Remus. -Io... io non sono così perfetto e così fedele. E sì, Sirius e le nostre situazioni irrisolte hanno influito sul nostro rapporto, ma... ma non c'è solo quello, Dora. Non possiamo stare insieme- disse alla fine.

Tonks si spostò di scatto, quasi Remus scottasse.

-E questa assurdità da dove ti è uscita? Ora so anche la verità, so tutto quanto...-

-Dora, io...-

-È Tonks- lo corresse lei, improvvisamente fredda. -Comunque vai, avanti. Sentiamo anche questa. Ancora quella cosa che sei un lupo mannaro e baggianate varie?-

Remus scrollò le spalle.

-Non sono baggianate. E poi sono troppo vecchio per te. E... e soprattutto adesso non ce la faccio. Non ancora.-

Lo sguardo di lei si addolcì, ma non disse nulla.

-Io mi sento in colpa, te l'ho detto, in colpa perché alla fine stavo scegliendo te e non lui. E ora Sirius è morto e io... io non ce la faccio. Ogni volta anche solo che penso a una vita con te, penso a quella che non ho mai avuto con lui, penso a quella merda che è la guerra, a tutto quello che ci ha portato via! Penso a cosa sarebbe successo se solo Peter non avesse mai tradito James e Lily, penso a cosa sarebbe successo se Sirius non fosse mai andato ad Azkaban...-

-Tu pensi troppo- sentenziò Tonks, mentre Remus si prendeva la testa tra le mani e toccava a lei cingergli le spalle con un braccio.

-Lo so- ammise lui, l'ombra di un sorriso che spuntava tra le lacrime.

-Non puoi andare avanti così. Con tutti questi “se” e tutti questi “forse”. Non voglio essere crudele, ma questa è la realtà. E sono certa che se Sirius fosse qui ti direbbe esattamente le stesse cose. Che tocca a noi che siamo rimasti andare avanti, con quello che abbiamo. Capisco quello che dici, ma la vita è fatta di variabili. Altrimenti non sarebbe la vita, no?-

-Quand'è che sei diventata così saggia?- riuscì a prenderla in giro Remus.

-Mi prometti almeno che ci penserai?-

Remus annuì e allargò le braccia, stringendo Tonks a sé. Non si era reso conto di quanto le fosse mancata, di quanto gli fosse mancato abbracciarla o anche solo stare con lei. C'era stato un tempo in cui Sirius era stato tutto quello a cui riusciva a pensare, prima perché ne era innamorato, poi a causa del senso di colpa. Quando si erano ritrovati, erano rimasti in una specie di limbo sospeso per due anni. Forse le cose sarebbero state diverse, forse se avessero avuto più tempo e Tonks non fosse entrata nella loro vita... ma la ragazza aveva ragione, non è con i “forse” che si vive.

E lui voleva finalmente vivere, vivere davvero.

-Ci penserò- sussurrò.














Inathia's nook: 

Ed eccomi qua con il penultimo capitolo. Questa volta sono abbastanza soddisfatta. Per quanto la prima parte mi abbia distrutta psicologicamente. Sirius, Remus e i Malandrini in generale sono tra i personaggi che reputo più interessanti e belli di tutto l'universo creato dalla Rowling, per svariati motivi: il periodo "storico" in cui hanno vissuto tutti insieme (gli anni '70 e parte degli '80) mi affascina in mille modi (moda, avvenimenti storici, musica, atmosfera in generale...), poi c'è l'evoluzione che hanno attraversato (da ragazzi a soldati) e infine il terribile finale. E con questa storia (per quanto zoomando sul rapporto tra Sirius e Remus) ho rivissuto tutto quanto per l'ennesima volta (è la terza long che scrivo su di loro...). E arrivare a questo punto, con Remus che per l'ennesima volta tenta di costruire qualcosa che la guerra gli porta via... scusate, ma il groppo in gola è d'ordine. 
Passando al capitolo, diciamo che è ambientato tra il 96 e il 97, e troviamo Remus alle prese con i suoi sensi di colpa (che vengono spiegati alla fine) e con la confessione spinosa da fare a Tonks. E infine la Remadora finale, ambientata pochi mesi prima della morte di Silente, quando finalmente si mettono insieme. 
In realtà non ho tanto da dire in generale, se non che anche questo capitolo è stato un parto, più che altro per l'argomento. Sono sempre stata legata a Sirius come personaggio, sin da quando ero bambina e ancora non capivo tutta la dietrologia di questo personaggio, Remus è anche lui in cima ai preferiti... insomma, scrivere di loro così... non è stato bello, ecco. 
Ma tagliamo corto che queste sono le note autrice, non il mio incontro settimanale con lo psicologo XD
Per quanto riguarda il prossimo aggiornamento, forse sarà il 24, forse il 26. Alla brutta il 27. Parto, vado al mare e non sono sicura che in albergo il wi fi funzioni bene... Ah, sì. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, così vi liberate di me ;)
Un baciozzo,

I.L.

 

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