Terra Formars - Mars Chronicles

di Degonia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First Contact ***
Capitolo 2: *** Encounter ***
Capitolo 3: *** Experiments Evil ***
Capitolo 4: *** Stay with Me ***
Capitolo 5: *** Out Stage ***



Capitolo 1
*** First Contact ***


Terra Formars - Mars Chronicles
 
Marte.
Il quarto pianeta del sistema solare inizialmente presentava una temperatura media di -53°C e una pressione atmosferica di 0,06 ATM.
In modo da rendere questo pianeta glaciale abitabile per gli esseri umani, durante la metà del 21° secolo, il genere umano ha inviato due tipi di organismi... il primo era un ceppo di alghe stromatoliti modificato geneticamente; il secondo era stato inviato per cibarsi delle alghe. Un insetto comune dell’ordine degli ortotteri...
 
4 Marzo 2620 A.D. - Partenza dal pianeta Terra
Astronave: Annex I
Capitano: Shokichi Komachi
Ufficiali: 5
Equipaggio: 94
Giorni per arrivare su Marte: 39
 
Attaccata da 6 terraformars prima di entrare nell’atmosfera di Marte e con il motore principale esploso, la Annex I precipita verso l’atmosfera di Marte.
- Piano DELTA d’emergenza -
Usando le sei unità d’evacuazione ad alta velocità, l’equipaggio si dividerà e verrà lanciato su Marte in direzioni diverse, in modo tale che il nemico non potrà raggiungerli tutti in una volta, per poi riunirsi nel punto d’atterraggio della nave madre.

 

CAPITOLO 1: First Contact
 
-Sheila, Sheila apri gli occhi! SHEILA!-
Accanto a me urlava una voce.. il mio corpo sembrava così pensate.
Sentivo un enorme fragore intorno a me, odore di marcio.. aprii debolmente gli occhi, un volto famigliare urlava il mio nome.
-Sheila, ehi, Sheila alzati, dai!- diceva.
-Marcos? Sheila!? - urlava un’altra voce -Andiamo via da qui!- continuò.
-Sheila hai sentito il capitano? Dobbiamo andar via da qui! Tirati su-
mi alzai, il mio amico d’infanzia mi sosteneva.
Mi guardai intorno.. la polvere e la terra nell’aria creavano una coltre rossiccia che ci avvolgeva.
Il debole vento la disperdeva mostrando freschi cadaveri di terraformars.
-Sheila, guardami!- voltai lo sguardo verso Marcos -sei ferita? Stai bene?- disse contenendo le parole e l’orrore.
-Sto.. sto bene- risposi sommessa.
Seppur debole, riuscivo a stare in piedi almeno.
Alzai gli occhi al cielo, una goccia d’acqua scese sulla mia guancia. Pioveva!
La pioggia cominciò a diradare la foschia che si era creata.
Alle mie spalle vidi l’immensa mole di un’astronave che non conoscevo. Sulla fiancata destra, con caratteri scoloriti, vi era il suo nome: BUGS 2!
Sgranai gli occhi, poi guardai Marcos. Accanto a noi un terraformars ci aveva raggiunti!
Il terrore quando Marcos bloccò il pugno diretto a me e gli staccò un arto...
La sua testa volò subito dopo.
Il suo corpo riverso al suolo ancora si muoveva.
Fui afferrata per un braccio, una presa forte, mi voltai atterrita.
-Sheila, su, verso la Bugs 2!- disse il capitano -Marcos!- urlò poi.
Corremmo verso l’astronave a pochi metri da noi, speravamo di poterla usare momentaneamente come rifugio.
La navetta di soccorso della nostra squadra, la numero 1 comandata dal capitano Komachi, era stata attaccata prima di toccare il suolo marziano. Cercando una via di fuga dalle macerie dello schianto e dall’inospitale nemico, ci eravamo separati.
Arrivammo in prossimità di un portellone, il capitano lo buttò giù ed entrammo.
L’odore cui fummo pervasi era nauseante, ma all’interno c’era silenzio. Cercò di sbarrare l’uscita come meglio poteva, poi si avvicinò a dei comandi e a fatica qualche neon bianco si accese. Sembrava una sala comandi, ma era rimasto solo il grande computer centrale, quelli che un tempo erano dei sedili e suppellettili vari, parevano essere stati sradicati via da chissà quale forza della natura. L’ambiente era stato attaccato indubbiamente ma, in qualche modo, pareva pulito.
Marcos fu incaricato di esplorare una seconda stanza a cui era permesso l’accesso.
Fortunatamente eravamo soli!
Seppur l’odore di morte era forte, non c’erano né cadaveri umani, né di altra natura, così ci abbandonammo sollevati in quel riparo momentaneo.
Fortunatamente la pioggia non era stata tanto forte da inzupparci, ma di sicuro ci saremmo presi un raffreddore se non ci fossimo asciugati al più presto. Mi alzai e cercai in giro qualcosa che potesse somigliare ad un asciugamano. Trovai degli stracci che probabilmente erano utilizzati per altro, ma non parevano così sporchi.
Gliene porsi uno al capitano. Sembrava davvero stanco mentre la mutazione si attenuava e ricomparivano i suoi tratti umani.
-Grazie Sheila- sorrise lievemente prendendone uno.
Arrossii.
-Marcos! Non dormire!- lo rimproverai -dopo starai male se ti addormenti così-
Fece finta di non sentire. Mi inginocchiai vicino a lui e gli strofinai i capelli con un panno.
-Ehi, mi fai male!- si lamentò mettendosi seduto.
Ci guardammo.. cosa avremmo dovuto fare!?
Eravamo da soli sull’infernale pianeta rosso.
Non avevamo un mezzo, non sapevamo che fine avevano fatto i nostri compagni, non avevamo contatti con le altre unità.
-Non sento il loro odore- dissi.
Il mio insetto base, la Hymenopus Coronatus, non era molto forte in battaglia, ma il suo olfatto era sviluppato meglio di qualsiasi altro insetto. Potevo sentire odori deboli anche a grande distanza, come il fetore di quegli orribili scarafaggi! Seppur il mio Raking Mars fosse uno dei più bassi (#89), la mia caratteristica sarebbe stata utile, ero un radar umano!
-Bene- il capitano chiuse gli occhi poggiando la testa alla parete dietro di lui.
-Sheila, vatti pure ad asciugare nell’altra stanza, noi due lo faremo qui-
-Si, capitano- mi alzai annuendo.
Entrai nella stanza accanto e mentre richiudevo la porta dietro di me, mi accorsi che l’ambiente era mezzo crollato. Mi guardai attorno e vidi delle capsule mediche, sui muri evidenti segni di lotta. Sulle pareti erano istallati alcuni neon, un paio di loro lampeggiavano di tanto in tanto donando alla stanza una flebile luce verdastra, più in là delle piccole ventole emanavano calore.
Mi tolsi la giacca, era completamente inzuppata, ma almeno i vestiti si erano un po’ riparati. La strinsi per far uscire l’acqua in eccesso e la poggiai di fronte alla griglia delle ventole d’areazione. Cercai di asciugarmi più in fretta possibile, seppur al sicuro, non volevo restare in una stanza da sola troppo a lungo. Un neon all’altezza delle caviglie si accese all’improvviso, mi spaventai e indietreggiai inciampando in qualcosa di solido che mi fece cadere.
Riaprii gli occhi veloce per rimettermi in piedi mentre la luce del piccolo neon si affievoliva sempre di più.
-Sheila stai bene?! Sto aprendo!- disse Marcos alla porta con voce preoccupata.
-NO!- urlai, ero mezza nuda -Sono solo inciampata, non azzardarti ad aprire la porta!-
dissi vedendo un leggero barlume luminoso che attraversava l’uscio.
Subito Marcos richiuse scusandosi.
Mi tirai su e afferrai il panno che era volato via mentre cadevo, ma insieme a lui c’era qualcos’altro, e brillava. Guardai meglio: era un filo! Era così bianco che quasi rifletteva la luce. Non sembrava qualcosa di pericoloso, ma non sembrava neanche qualcosa di artificiale tipo un cavo uscito da chissà dove ed inoltre era molto morbido al tatto. Seguii la sua scia e ci trovai un nodo, anzi no, non era un nodo.. era un bozzolo! Lo raccolsi, ma l’altra estremità del filamento era bloccata sotto dei rottami. Cercai di romperlo ma non ci riuscii, era davvero resistente! Mi procurai qualcosa per tagliarlo e finalmente si staccò, così presi tra le mie mani il bozzolo vuoto, risultava essere molto compatto e aveva la consistenza della seta. Lo annusai. In confronto alla stanza, aveva un buon odore, ma... perché c’era della seta nella BUGS 2?
“Seta! forse uno degli ex componenti della Bugs2 era un ragno?
Ma i ragni non tessono la seta!” mi corressi subito.
Nel frattempo finii di asciugarmi e cercai di aggiustare i miei capelli nel migliore dei modi.
La giacca era ancora umida, avrei voluto ficcarci, dentro ad una delle tasche, il bozzolo, così che non potesse schiacciarsi troppo, ma avevo paura che si inumidisse, quindi lo riposi nella tasca dei pantaloni, per qualche ragione non volevo separarmene; poi aprii la porta rivelando agli altri che c’erano delle ventole d’aria calda funzionante vicino cui potevano mettere le loro divise.
Marcos mi venne incontro -Stai bene? Ti sei ferita?-
-Ma no no, sono solo inciampata, non si vede quasi nulla lì dentro- dissi imbarazzata.
Poi prese la sua giacca e quella del capitano adagiata a terra e le portò vicino alla ventola nell’altra stanza.
Mi sedetti -State bene capitano?-
-Ahh, sono troppo vecchio per combattere!- mi rispose scherzoso, poi aggiunse -E quest’astronave ha troppi ricordi…-
Non sapevo cosa rispondergli, avrei voluto domandargli delle cose ma immaginai che per lui fosse già fin troppo doloroso scontrarsi con quei ricordi.
Fuori pioveva ancora.
Marcos tornò da noi.
Mi rintanai un po’ più distante dal capitano, sembrava volesse essere lasciato solo. Marcos si sedette accanto a me poggiando la testa sulla mia spalla: -Sono contento che sei qui con me- mi sussurrò un po’ imbarazzato.
Eravamo stati lontani per così tanti anni eppure il nostro legame non si era spezzato.
Gli accarezzai i capelli, poi stanchi ci addormentammo entrambi.
 


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Finalmente riesco a pubblicare il primo capitolo!!! XD sarà una fan fiction mooooooolto lunga u.ù
Ho questa fan fiction in mente dal 4° (orribile) episodio di "Terra Formars" ç_ç ♡
Seguo anche i capitoli del manga in corrispondenza dell'episodio tv trasmesso.. quindi, se per puro caso dovessero esserci degli spoiler (oltre l'episodio 7 attualmente trasmesso) sono davvero casuali XD essendo la mia fan fiction un "What If?"/"E se..." ad un evento della serie.
Spero vi sia piaciuta X3 e grazie per averla letta.


Di seguito la scheda della "Hymenopus Coronatus" :)
 

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Capitolo 2
*** Encounter ***


CAPITOLO 2: Encounter
 
-Sheila?-
Aprii gli occhi sentendo pronunciare il mio nome.
-Ca.. capitano?- dissi imbarazzata, il suo volto era molto vicino al mio.
-Scusa se ti ho svegliata, ma dovresti dirmi se senti la loro presenza nelle vicinanze- sussurrò pacato.
Feci un respiro profondo e concentrandomi, rimasi in attesa per qualche secondo... -No, non li sento- affermai -Loro non sono qui-.
Il capitano sospirò di sollievo.
Alla mia sinistra riposava ancora Marcos.
-Avete dormito un paio d’ore, non manca molto al tramonto. Dovremmo decidere se passare la notte qui oppure...- disse premendo qualche pulsante e controllando alcuni monitor funzionanti. 
Mi alzai, ero intorpidita e avevo freddo. La comodità non era il massimo, quindi mi recai nell’altra stanza a prendere la mia giacca, quando la indossai provai un leggero tepore. Presi anche quella di Marcos e la usai per coprirlo un po’, poi guardai il suo volto addormentato, in questi anni era davvero cresciuto!
In quel momento il capitano alla mie spalle, sferrò un pugno ad uno dei computer.
Mi girai verso di lui, anche lui si voltò: -I computer mi odiano!- disse sarcastico.
Feci una piccola risata, questa cosa detta da lui era davvero divertente.
-Non dovresti ridere delle disgrazie dei tuoi superiori- continuò ironico.
Mi avvicinai alla console: -No, non dovrei- ridacchiai -Ma non potete prendervela se non funzio...- in quel momento le luci si spensero.
-Era questo che volevo evitare!- ribadì scocciato.
Tirò un altro pugno, ma come prima, non funzionò.
La debole luce del tramonto illuminava l’astronave filtrando placida da alcuni fori della struttura esterna.
-Sembrate irritato- dissi sommessa.
-Non dormo da un po’ di giorni- rispose, come a sottolineare il fastidio derivante da ciò.
-Potete riposarvi, resterò io sveglia- proposi.
-Non servirebbe- ribadì serio, mettendo fine alla conversazione.
Restai in silenzio, cosa avremmo dovuto fare?
Mi sedetti, rannicchiandomi sul pavimento e stringendomi le gambe al petto con le braccia, il buio mi avvolgeva così come l'intenso odore di pioggia aleggiante tutt'intorno, ed ecco... all' improvviso lo sentii, qualcun altro poggiò la sua schiena contro la mia, il suo tepore mi raggiunse lentamente, le sue grandi spalle..
-Ho lasciato morire alcuni dei miei compagni in quest’astronave- confessò.
Mi mancò il respiro.
-Non ho potuto salvarli, non ne ho avuto la forza- la sua voce era rotta dal dolore -Li ho lasciati indietro, li ho lasciati morire alla furia di quei mostri!- sferrò un pugno al pavimento -Sono morti a causa mia!-
-Ca.. capitano- cosa dovevo fare in una situazione simile? Come mi sarei dovuta comportare? Confortarlo sarebbe servito solo a dare un’ulteriore conferma di quelle sue parole. Mi alzai di scatto e, in piedi, mi parai di fronte a lui.
-Smettila!- gli ordinai.
Ero un po’ imbarazzata, fosse stato uno degli altri ufficiali non l’avrei mai fatto, ma lui non era come gli altri: -Ca.. capitano Komachi, la smetta! I suoi compagni sarebbero fieri della persona che è diventata!- la mia voce tremava, stavo comunque alzando la voce contro una persona più grande di me -noi... noi abbiamo bisogno di lei, della sua forza e della sua lucidità- mi calmai -capitano-.
Sono certa che mi guardasse e probabilmente non si sarebbe aspettato da me questa reazione.
-Forza.. si alzi- gli tesi la mano, lui l’afferrò e si mise in piedi.
-Sei davvero un bel tipetto sai?- disse e sono sicura che stesse sorridendo in quel momento.
Indietreggiai imbarazzata: -Ehm.. io.. perdonate la mia impertinenza-
Lasciò la mia mano e posò la sua sulla mia testa.. -Grazie- sussurrò.
Ero contenta che fossimo al buio, altrimenti avrebbe visto le mie guance tingersi di rosso. 
 
-Perché è così buio?- si sentì una voce confusa poco distante -Sheila? Capitano? Dove...-
-Siamo qui Marcos- mi avvicinai a lui -purtroppo il generatore di corrente è saltato pochi minuti fa e siamo rimasti al buio-
-Di male in peggio - si lamentò.
Sentii il fruscio della sua giacca che veniva indossata.
-Quindi adesso cosa si fa? Immagino che fuori sia quasi notte-.
I giorni su Marte erano molto simili alla Terra, la loro durata era poco più di 24 ore, esattamente 24 ore, 37 minuti e 23 secondi, ci spiegarono ad uno dei corsi di preparazione. Ma grazie alla mutazione che avevamo subito, i più forti di noi potevano anche permettersi di restare svegli per più notti di seguito senza accusare la stanchezza provocata dalla mancanza di sonno.
Marcos si rivolse al capitano: -Pensa che dovremmo restare qui oppure provare a raggiungere la navetta?-
-Ci siamo distanziati parecchio- rispose lui -anche se per ora non ci sono terraformars nei dintorni, potrebbero spuntare all’improvviso.. se saranno in troppi non riusciremo solo noi tre a cavarcela-.
Mentre ascoltavo la loro conversazione, fui investita da un odore che conoscevo: -Akari!-
Li interruppi e dissi al capitano di aprire velocemente il portellone dal quale eravamo entrati... un leggero vento fresco irruppe dentro l’astronave carico dell’odore di terraformars e di sangue umano!
Mi poggiai contro la parete vicina per non cadere. Quell’odore era così intenso che mi si offuscarono gli occhi e la testa cominciò a farmi male.
-Akari è ferito! Akari… non è molto distante da noi. Sembra essere solo, ma sento dei terraformars nella stessa direzione!-
Il capitano strinse i pugni.
-Andiamo!- propose Marcos -dobbiamo andare a salvarlo, anche se ci dovesse costasse la vita! Restando qui comunque non saremmo utili a nessuno e non potremmo procedere con la nostra missione principale.
Ci guardammo e sapevamo che quella era la cosa giusta da fare.
-Sheila, riesci a dire a quanti metri è distante?-
-Devo concentrarmi e seguire il flusso delle correnti d’aria, ma posso farcela!- così mi sedetti sul suolo marziano e mi concentrai.

 
Grazie all' unione con il dna della Hymenopus coronatus, Sheila dispone di oltre 2000 recettori olfattivi cromosomici, a differenza dei soli 950 umani e questo le consente di percepire una gamma di odori nettamente superiore rispetto a molte altre specie animale. Durante l' addestramento, mentre i suoi compagni modificati per il combattimento allenavano la forza fisica e la resistenza, quelli come lei che avevano ottenuto capacità percettive furono istruiti con lezioni di fisica e chimica mirate per concedergli basi teoriche che gli permettessero di sfruttare al meglio le proprie capacità usando l' intelletto. Così Sheila, nel momento in cui chiude gli occhi e annusa l'aria attorno a se, sfrutta il soffio del vento, calcolandone approssimativamente velocità e direzione tramite la scala di Beaufort, per valutare le tipologie di molecole odorifere e la loro concentrazione volumetrica. In tal modo è in grado di ricavare importanti informazioni come la direzione e la distanza a cui un gruppo di terraformars si trova data dal tempo in cui percepisce l' odore, il loro numero e le loro intenzioni tramite le molecole odorose che il loro corpo rilascia a seconda che si stiano preparando a combattere o siano a riposo. Inoltre particolari odori rilasciati dall'ambiente le consentono di stabilire la morfologia del terreno a grandi distanze.
 
La sua capacità ha anche dei contro: necessita della presenza costante di masse d'aria in movimento per poter captare gli odori, e può individuare solo le zone sottovento. Deve prestare attenzione all'assuefazione dei neuroni olfattivi agli odori costanti e all'esposizione prolungata a particolari composti chimici che lei percepisce in maniera più intensa.


Non ci misi molto a rintracciare per bene l’odore: -E’ poco più a ovest, sono circa... 900 metri, forse anche meno- comunicai -e tutti i terraformars nelle vicinanze sono concentrati in quella zona-.
-Perfetto, andiamo!- ordinò il capitano.
 
Giunti sul luogo, vedemmo Akari che, quasi indebolito, continuava a lottare proteggendo qualcuno dietro di se: era Alex!
Komachi e Marcos si iniettarono il siero, comparendo alle spalle di Akari che, sorpreso di vederci, sbuffò: -Oh, finalmente i rinforzi!- e si buttò nella mischia; nel frattempo io soccorsi Alex, era il suo sangue quello che avevo sentito! Attorno a lui erano sparse delle piume nere, indubbiamente aveva combattuto fino allo sfinimento. Aveva una ferita sull’addome davvero profonda, cercai di premere ma continuava a sgorgare sangue... si risvegliò sputandone un po’ dalla bocca. Presi alcune di quelle piume e premetti forte sulla ferita, con il resto della sua maglia le bloccai in qualche modo; serviva urgentemente una medicazione!
Intanto gli altri avevano ucciso tutti i terraformars comparsi, ma li avvertii che ne arrivavano altri provenienti dalla direzione della Bugs2, quindi non avremmo potuto farci ritorno. Bloccati in mezzo al nulla, il capitano e Marcos aiutarono Alex a camminare fino all’altura più vicina. 
Attesi Akari che raccoglieva la sua giacca, poi li seguimmo: -Sei ferito?- domandai.
-No no, io sto bene, sono solo stanco. Era già da un po’ che li affrontavamo- rispose, poi aggiunse: -Dov’è il resto della squadra uno? Siete.. rimasti solo voi?-
-La nostra navetta si è schiantata al suolo quando siamo stati attaccati, ci siamo divisi in quell’occasione.. non so che fine hanno fatto gli altri, spero siano ancora vivi-.
-Quindi anche a voi non è andata bene.. dannazione!- continuò -anche noi siamo stati attaccati prima di toccare il suolo, io e Alex siamo stati sbalzati fuori nel tentativo di fermare quanti più scarafaggi era possibile.. ma abbiamo perso i contatti con Michelle e non sappiamo dove si trovino ora-.
Giungemmo in cima al colle e ci guardammo intorno. Il cielo diventava sempre più nero, la luce del tramonto di un sole ormai sceso, era quasi svanita. Le tenebre ci stavano avvolgendo e non avevamo nessun posto sicuro in cui stare.
Gli scarafaggi sulla Terra, sono degli animali notturni e se questi su Marte avevano continuato ad avere la stessa caratteristica, allora eravamo spacciati! Di lì a poco ne sarebbero arrivati così tanti da non avere la forza necessaria per contrastarli.
Mi sedetti ad ascoltare gli odori portati dal vento; sarei riuscita a trovare qualcosa, una grotta, una cavità in qualche roccia dove poter passare la notte. Chiusi gli occhi per accentuare la concentrazione.
Il capitano, che era andato in perlustrazione sulle sporgenze nelle vicinanze, tornò poco dopo; non aveva trovato nulla ma mi disse di provare in direzione nord. C’era qualcosa… una piccola luce ad intermittenza ‘galleggiava’ nel buio. Ci chiedemmo cosa poteva essere, escludendo la Annex che era caduta molto distante da noi e le navette che non avevano luci ad intermittenza istallate sulla struttura esterna, cosa poteva esserci di artificiale su un pianeta che assomigliava più ad un deserto fino a pochi decenni prima? Mi concentrai in quella direzione e notai un particolare.. il vento portava uno strano odore di cemento e acciaio!? Non poteva essere! Un edificio su Marte? No no, mi stavo sicuramente sbagliando!
La mia mente era confusa... e anche il mio naso. Ascoltai, sentii nuovamente le esalazioni che provenivano da nord..
-Sheila? Allora?- mi esortò Marcos.
-Sento.. sento degli strani odori. Probabilmente sono confusa e sto impazzendo, ma a nord c’è odore di cemento e acciaio- dissi inquieta guardando i miei compagni.
-Cemento?- si sorprese Marcos.
-Ma siamo su Marte?- aggiunse Akari -non ci sono strutture edili qui!-
Mi affrettai ad aggiungere: -Lo so, lo so benissimo dove siamo! Forse le varie correnti mi ingannano.. forse sono io che non...-
-Quindi era davvero un edificio come immaginavo!- ci sorprese il capitano -da una delle sporgenze lassù si vedeva qualcosa... ma in tutto questo buio non capivo.. la luce ad intermittenza indica, sulla Terra, degli edifici alti in luoghi deserti per identificarne la locazione- terminò.
Lo guardammo con riluttanza, era impazzito anche lui?
-Che c’è? Non sto scherzando!-
-Lo... lo vedo- disse Alex mentre si rimetteva in piedi a fatica -è indubbiamente un edificio!-.
-Bene, incamminiamoci allora, prima che quei bastardi ci raggiungano!-
-E se quell’edificio è pieno di terraformars?- domandò Marcos.
-Allora dovremmo fare il culo anche a loro!- si apprestò a rispondere Akari.
-Ben detto!- disse il capitano dandogli una pacca sulla spalla.
Marcos prese sulle spalle Alex: -Scusa amico-
-Ahh, ma che dici! Ne abbiamo passate di peggiori no? E poi se ti perdo chi mi obbligherà a mangiare la pizza?-
-In questo caso la prossima te la offrirò io- sorrise un po’.
-Eh? Solo una? Vedi che non sei leggero!- si lamentò.
M’intrufolai nella conversazione: -L’offrirai anche a me?-
-Ovviamente!-
-Eh!? Ma lei non sta facendo nessuno sforzo!-
-Non ha importanza- rispose l’aquila.
-Ehhhh… quindi ti fai corrompere da un paio di tette?-
Alex non risposte. E come si dice: chi tace acconsente.
-Maniaci!- protestai.
Ridacchiarono.
Davanti a noi Akari e il capitano parlavano di qualcosa, ma non riuscivo a sentirli; inoltre dovevamo essere quasi in prossimità dell’edificio o di qualunque cosa esso fosse.
La polvere veniva sollevata dai nostri frettolosi passi, mentre la luce ad intermittenza era sempre più vicina e quando fummo a circa 50 metri da essa, finalmente la grande sagoma dell’edificio si contornò di fronte a noi... la luce proveniva dalla zona centrale della costruzione che pareva abbandonata. Ci affrettammo sicuri di aver trovato in parte la salvezza, ma quando mi voltai indietro sentii l’aria essere sferzata con violenza: un terraformars si era messo tra noi e la recinsione dell’edificio! Ci bloccammo, Akari e Komachi si avventarono su di lui senza ricorrere al farmaco: le nostre scorte erano limitate e loro due erano abbastanza forti da atterrarne almeno uno senza. Gli arti volarono via velocemente e la testa staccata dal corpo rotolò vicino i miei piedi. Il suo fetore inondò le mie narici nello stesso momento in cui sentivo lo stesso olezzo alle mie spalle. Non erano tantissimi, ma noi eravamo troppo pochi!
Urlai: -Ne stanno arrivando altri!- poi con Marcos e Alex ci avvicinammo alla rete metallica che circondava l’edificio. Era molto alta e, nelle vicinanze, non riuscivamo a vedere qualcosa che sembrasse un ingresso. Eravamo spacciati! Mi avvicinai a Marcos prendendogli la mano.. tremavo. Lui la strinse forte: -Non temere!- mi confortò.
I terraformars erano fermi a pochi metri da noi... stranamente però non avanzavano!
-Che diavolo fanno? Non avanzano?- si domandò Akari -Attacchiamoli noi!-
-No, se non avanzano ci sarà un motivo...- gli risposte il capitano -Sono lì fermi da troppi minuti- dopo un attimo di silenzio aggiunse -Entriamo! Scalate la rete, veloci!-
Marcos constatò l’altezza della recinzione, doveva essere di circa 4 metri, ma il problema era che la sua trama era così fitta da non permettere di usare i suoi spazi come appigli su cui aggrapparsi.
-Akari- comandò il capitano -sali prima tu e aiuta gli altri ad arrampicarsi-
-Capitano, non vi lascio da solo, se attaccassero...-
-E’ un ordine Akari!-
Un po’ contrariato salì sulla rete e dalla cima aiutò noi tre a superare l’ostacolo grazie ai suoi fili di seta, poi scese anche lui nella parte interna.
-Capitano siamo dentro!- confermò.
-Bene, questi figli di puttana non vogliono decidersi ad attaccare... deve esserci qualcosa che li blocca... forse anche loro hanno paura di qualcosa...- così si aggrappò feroce alla rete e con un salto la superò.
-Entriamo all’interno- propose -Sheila?-
-Non sento il loro odore all’interno, o almeno non nelle prime stanze-
-Bene-
Trovammo la porta d’ingresso a due battenti ed entrammo. Il capitano lanciò loro un’ultima occhiata, prima di sbarrare la porta con delle assi trovate per terra. I terraformars erano ancora immobili, o almeno non si sentiva nessun tipo di movimento da parte loro, né emettevano i loro soliti versi.
All’ingresso vi era una panca di legno dove Marcos poggiò Alex che si teneva la ferita, sicuramente lo spostamento non gli aveva fatto bene.
-Credo di averti sporcato la giacca- disse.
-Ahh, ma non lo sai che al giorno d’oggi si è più fighi con una macchia di sangue sui vestiti?- affermò Marcos come uno che la sapeva lunga.
-Dovremmo esplorarlo e vedere cosa può offrirci, sicuramente ci sarà qualcosa per medicare Alex, sta perdendo troppo sangue- dichiarò grave il capitano.
-Dobbiamo esplorarlo tutti insieme oppure è preferibile…-
-Ho sentito un rumore!- interruppi Akari.
Si guardarono intorno, ma non si sentiva alcun rumore.
-Non sto scherzando, l’ho sentito davvero!- confermai.
Finalmente lo sentirono anche loro.
Sembravano dei passi... erano silenti e felpati, quasi impercettibili.
Il capitano si voltò verso di me come a chiedermi se erano loro, scossi la testa da destra a sinistra in segno di negazione... non erano loro. O almeno non emanavano quell’orribile odore.
I passi si fermarono poco distanti da noi, ci separava solo un muro; il mio cuore batteva forte. Pochi secondi dopo eravamo stati inondati da un’abbagliante luce gialla che ci accecava gli occhi, abbassammo la testa per coprirci mentre il capitano si scaraventò contro l’essere afferrandolo per la gola: -Adolf!- lo sentimmo pronunciare sconcertato.
Quella che era una torcia fu abbassata, il capitano continuò: -Ci hai fatto prendere un colpo!- in tutta risposta Adolf, con la sua solita calma, ammise: -Questo dovrei dirlo io!-.
-Sul serio, me la sono fatta addosso! Ho creduto che ci fosse qualche altra strana creatura…- disse mettendo un braccio sulle spalle dell’ufficiale della quinta squadra.
In quel momento da dietro al muro comparve Eva, la meraviglia quando incrociai il suo sguardo. Scattai in avanti e l’abbracciai forte, qualche lacrima cadde dai miei occhi; lei ricambiò il mio abbraccio. Prima dell’atterraggio ci eravamo promessi che noi cinque saremmo sopravvissuti e rivederla, seppur non fosse passato neanche un giorno, mi aveva rincuorato.
-Dai, ci siamo viste solo poche ore fa, non piangere- disse accarezzandomi la schiena.
-Lo so- tirai su col naso -ma avevo così paura!-
Da dietro venne una risata: -Ahah, sempre piagnucolona lei!- disse Marcos.
Mi staccai da lei asciugandomi le lacrime con i bordi delle maniche, poi ci guardammo, eravamo felici di vedere che entrambe eravamo vive!
 

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Capitolo 3
*** Experiments Evil ***


CAPITOLO 3: Experiments Evil


Riuniti a due dei nostri compagni, Adolf ci spiegò che, purtroppo, erano gli unici sopravvissuti della loro squadra. Attaccati subito dopo essere atterrati, combattere con migliaia di loro era stato quasi inutile.. così si erano diretti verso quell’edificio notando che i terraformars non si avvicinavano oltre il suo perimetro. Raccontò che all’interno non vi erano nemici; distribuito su 3 piani, l’edificio era diviso in due parti simmetriche divise da più rampe di scale, avevano esplorato solo due piani perché gli ingressi del terzo erano sbarrati; e in una zona del primo piano avevano trovato una jeep simile al modello equipaggiato sulla Bugs2. Il secondo piano era provvisto di un’infermeria, così consigliò subito di portare il membro ferito. Mentre salivamo le scale, ci disse anche che l’impianto elettrico era funzionante ed era provvisto di acqua corrente.
Mi servii del passamano per salire le due rampe di scale che conducevano al secondo piano, mi guardavo intorno cercando dettagli e particolari e nel mentre cominciai a sentire un odore sgradevole che proveniva dall’edificio, sembrava qualcosa di marcio e in decomposizione, probabilmente era solo l’odore di un edificio abbandonato. Entrati nell’ala sinistra del secondo piano, Adolf mostrò al capitano l’infermeria, mentre Eva mi fece vedere le altre stanze più avanti, in una di esse c’erano 6 letti distribuiti su due file, in realtà la parola ‘letti’ era più un eufemismo, erano più simili a delle brandine come quelle delle caserme dei militari. Mi sedetti, indubbiamente era migliore che dormire sul pavimento. Uscimmo dalla stanza e attendemmo che la porta dell’infermeria fosse aperta, con noi c’era anche il comandante della quinta divisione. La prima volta che lo vidi, la sua impressione fu davvero pessima, visto che ci augurò di morire sotto i ferri dell’operazione; a quel tempo pensai che lui non poteva capire, l’U-NASA ci stava offrendo una via di fuga da un mondo che non ci voleva, nel quale non avevamo nulla. Capimmo subito che in realtà non aveva bisogno di volontari, ma di cavie, e che se saremmo sopravvissuti all’operazione a mosaico, allora quella sarebbe stata la nostra condanna. Usati per salvare l’umanità, offerte sacrificali per una missione suicida su un pianeta sconosciuto. Il comandate aveva ragione, sarebbe stato meglio morire lì e lui lo sapeva bene, era stato usato come cavia fin da quando era piccolo, senza che potesse rifiutarsi, senza una via di fuga. Non sto dicendo che non sia felice di essere viva, ho conosciuto tante brave persone e ritrovato i miei due amici d’infanzia, ma più che vivere, forse sto solo sopravvivendo.

La porta dell’infermeria si aprì, Akari ci comunicò che Alex stava bene.
Decidemmo di usare la stanza coi letti per riposare prima del sorgere dell’alba, mentre i due ufficiali sarebbero stati svegli a sorvegliare la zona. Non c’erano nemici né all’interno né fuori dalla recinzione, ma bisognava essere sempre molto prudenti.
Marcos aiutò Alex a spostarsi nella stanza coi letti, così che potessimo essere tutti insieme in caso di attacco nemico.
Provai ad addormentarmi ma non era così semplice, il capitano aveva lasciato la porta della stanza aperta, così sentivo che lui e Adolf parlavano tra di loro anche se non capivo bene su cosa verteva la conversazione. Nella stanza c’era Akari che russava di tanto in tanto. Mi sedetti sul letto dando uno sguardo a Alex, sembrava calmo, pareva dormisse tranquillo.
-Non riesci a dormire?- mi chiese Eva dal letto accanto al mio, che a quanto pare aveva lo stesso problema.
-No, non mi sento molto sicura- le risposi.
Poi mi rimisi stesa e chiusi gli occhi, sentivo il corpo stanco, ma per qualche motivo non riuscivo ad addormentarmi. In dormiveglia vidi la sagoma di qualcuno che si affacciava nella stanza, sentii dei passi, ma pian piano stavo riuscendo ad azzerare tutto.
Fui svegliata di soprassalto a causa di un forte odore!
Mi sedetti sul letto provando ad alzarmi ma caddi sbattendo le ginocchia a terra, mi coprii il naso e la bocca con una mano, l’odore era così nauseante che non riuscivo a muovermi; avevo anche la vista annebbiata e quando qualcuno si avvicinò a me non riuscii a riconoscerlo. Con una mano afferrai il braccio davanti a me, era molto esile e lunghi capelli mi sfioravano le dita. Cercai di concentrarmi sul buon profumo che Eva emanava, ma fu tutto inutile.. mi sentii peggio mischiando più odori e quasi collassai.
Non avevo perso completamente i sensi, ma la mia mente era così confusa che ci misi un po’ a capire che il capitano tentava di parlarmi: -Mi senti Sheila? Ehi, riprenditi! Cosa c’è che non va? Cosa senti?-
Sentii il capitano che mi reggeva una mano sentendo il mio polso, indubbiamente avevo il battito davvero accelerato. Cercai con tutte le forze di ritornare più cosciente possibile, quindi affermai: -C’è un odore orribile.. voi non lo sentite?-
Gli altri si guardarono a vicenda, a quanto pare non avvertivano nulla! Com’era possibile? Il mio insetto base aveva un olfatto molto sviluppato, ma se io lo sentivo così forte, come facevano loro a non sentirlo neanche lievemente?
-Sheila calmati e cerca di rilassarti- sentivo la voce del capitano.
Mi voltai posando la fronte sul letto cercando di bloccare quell’odore, qui notai che dalla finestra irradiava una luce, probabilmente non era così forte, ma mi accecò lo stesso.
Mi presi tutto il tempo di cui avevo bisogno, cominciai a fare grandi respiri e poggia le mani ai lati del volto, sulle tempie; mi concentrai per bloccare quell’odore, decisi che l’avrei escluso dal mio corpo con qualsiasi mezzo e dopo poco mi sentii già meglio. Ripulii gli occhi che si erano riempiti di lacrime e guardai i miei compagni.
Sollevati dalla mia ripresa, Eva mi si avvicinò amorevole: -Stai meglio? Cosa ti è successo? Ci siamo spaventati parecchio!- disse.
-E’ qualcosa di marcio, lo sento benissimo- risposi -Non è qualcosa all’esterno. Ho bloccato l’odore ma non ci metterà molto a riprendere i miei sensi.-
-Sai dirci da dove proviene?- chiese Marcos.
Feci segno sotto.. l’odore veniva dal primo piano o da uno sottostante: -L’odore è mischiato alla terra, forse c’è un sotto piano o qualcosa di simile...-
-Non abbiamo visto nessuna scala che scendesse ad un piano inferiore- affermò il comandante tedesco.
-Mi… mi spiace contraddirla comandante, ma non ho dubbi su ciò-
-Allora bisogna solo trovare questo sotterraneo e vedere cosa contiene- disse risoluto Akari -prima che i ricettori olfattivi di Sheila vadano di nuovo nel panico.-
Indicai loro la via mentre percorrevamo il primo piano, e quando imboccammo il corridoio dell’ala sinistra dell’edificio, cominciai di nuovo a sentirlo davvero forte.. cercai di concentrarmi nell’estraniarlo ma, appena mi avvicinai ad una delle sale e ci entrai, non ci riuscii e dovetti fermarmi poggiandomi contro una parete per non cadere: -E’ qui sotto- dissi con un filo di voce mentre mi coprivo il naso e la bocca cercando di non vomitare.
Nella stanza c’erano alcuni mobili e una scrivania quasi vuota.
-Non c’è nulla qui Sheila- disse Marcos -Ne sei sicura?-
Lo sentii ma non gli risposi.
Vidi Adolf dare un’occhiata veloce alla stanza e poi uscire, tornò poco dopo: -Questa stanza e quella accanto, hanno la parete comunicante spessa 3 metri, questo non è possibile, sarebbe uno spreco di spazio, a meno che non ci sia una sorta di stanza murata in mezzo alle due.-
Tutti lo guardarono, il capitano gli si avvicinò: -E bravo il mio Adolf! Quindi dobbiamo solo rompere quel muro e..- lo interruppe -..oppure, capitano, è probabile che si tratti di una sorta di passaggio segreto... non sprechi energie inutilmente, sicuramente c’è da qualche parte il congegno per attivarlo.-
Cercarono invano finché Akari non spostò uno dei suppellettili all’interno della scrivania: a  quel punto una delle pareti cominciò a far rumore, si sentivano degli ingranaggi, poi si vide l’intero muro allontanarsi lentamente dalla sua postazione iniziale, scoprendo quella zona che si trovava fra le due stanze, vuota ma con un’enorme botola aperta rasente sul pavimento e delle scale che scendevano verso il basso.
La stanza fu invasa da un tanfo nauseante e tutti si coprirono il naso disgustati.
Barcollando un po’ mi avvicinai a Marcos poggiando la fronte contro la sua schiena mentre mi tenevo le mani premute contro il naso e la bocca, volevo scendere anch’io e vedere cos’è che emanava quell’odore che stava quasi per uccidermi, anche se indubbiamente sarei stata peggio se mi fossi avvicinata a quel seminterrato. Il capitano e Adolf furono i primi a scendere le scale, Akari era dietro di loro; scesi i primi gradini preceduta da Marcos e scrutai nel buio quando all’improvviso alcune lampadine appese al soffitto emanarono dei flebili bagliori ad intermittenza prima di stabilizzarsi. Sgranai gli occhi, quello che vidi fu così raccapricciante e atroce che non avrei mai potuto dimenticarlo: su sudici lettini ospedalieri, disseminati in due file per tutto il locale vi erano posti corpi mutilati e deturpati di terraformars e di esseri umani, ad una rapida occhiata sembrava che avessero cercato di incrociarli per creare chissà quale abominio. Ai lati della stanza c’erano apparecchiature di ogni sorta, impianti e macchinari impiegati, senza alcun dubbio, per feroci esperimenti e tentativi inutili di ottenere qualcosa di più disumano possibile. Strinsi il cappotto di Marcos all’altezza dei suoi fianchi, mentre cominciai a vedere sfocato; l’odore però era così forte e intenso che mi piegai su me stessa portando una mano davanti alla bocca, cominciai a tossire forte, sentivo che stavo quasi per vomitare quando Marcos mi scosse un po’: ero così confusa che non ricordo nulla di quel momento oltre a quell’odore nauseante. Tornai in me sentendo la voce di Eva che mi parlava.. ero seduta a terra nel corridoio precedente la stanza che conduceva alla cantina degli orrori. Non so quanto tempo era trascorso, ma sentii un forte odore di fumo; in quel momento Eva mi spiegò che avevano deciso di porre fine a quello scempio bruciando tutti i corpi e qualsiasi altra cosa ci fosse in quella stanza. Mi alzai dicendo ad Eva che dovevo allontanarmi, così percorsi il corridoio fino ad arrivare alla base delle scale centrali dell’edificio, dovevo allontanarmi da quel luogo prima di star davvero male e l’odore del fumo non fece altro se non ampliare il raggio d’azione dell’effluvio. In quel momento Eva mi raggiunse e indicò fuori dall’ingresso da cui eravamo entrati il giorno prima, seguii il suo dito: al di là della recinzione c’erano due terraformars che ci stavano guardando!
Indietreggiai come a proteggermi, sarebbero potuti entrare da un momento all’altro e saremmo state alla mercede di quei mostri, ma loro erano immobili, i loro occhi puntati su di noi ma non si muovevano. Allora mi tornò in mente che anche la sera prima erano rimasti oltre la rete, per qualche motivo non la oltrepassavano, per qualche motivo erano restii ad entrare nell’edificio. Poco dopo fummo raggiunte dal resto del gruppo, ma quando indicammo loro i terraformars, questi non c’erano più.
-Quindi adesso vedi anche i fantasmi?- disse Marcos scompigliandomi un po’ i capelli.
-Ehi, smettila! C’erano davvero e ci stavano guardando-
Adolf ci interruppe: -Eva, c’erano davvero?- domandò serio.
-Si comandante, erano proprio lì, oltre la recinzione- indicò lei.
Mi voltai verso di loro: -Li.. li avete..-
Il capitano guardò a terra voltando leggermente la testa verso destra.
-Sì- rispose Adolf -Di loro non è rimasto nulla- poi continuò: -Inoltre, penso che sarebbe meglio abbattere la porta che chiude il terzo piano e controllarlo per bene, ci fermeremo lì se non ci saranno pericoli- affermò.
Mentre salivamo le scale, qualcuno mi afferrò per un braccio: -Come va?- disse.
Trasalii: -Capitano!-
Ero concentrata nell’allontanare per sempre quell’odore lasciandomelo alle spalle, seppur ancora più volte ritornasse al mio naso.
-Scusate, ero sovrappensiero- dissi svelta.
-Va tutto bene? Stai meglio ora?-
-Si- sorrisi -Non si preoccupi capitano, però a causa mia…-
Lui si fermò e mi strattonò quando misi il piede su un altro gradino: -Non dirlo neanche per scherzo!- si fece serio -Se dovevano continuare a subire delle torture, allora è meglio così, è meglio metter fine alle loro sofferenze ora!- lasciò il mio braccio e si voltò -alcuni di loro..- attese qualche istante per continuare la frase -..erano ancora vivi- finì.
Sbarrai gli occhi: -Cosa?-
Aveva davvero detto che erano vivi?
-Alcuni di loro respiravano, a fatica, ma lo facevano..-
Rimasi sulle scale poco più su di lui, immobile a guardarlo. Ero sconcertata dalla notizia, quindi erano davvero degli esperimenti.. chi li aveva condotti? Cosa aveva spinto a fare ciò? Cosa stava succedendo su un pianeta che sarebbe dovuto essere abbandonato da Dio?
 
Fummo richiamati dagli altri, così in silenzio li raggiungemmo.
In cima alle scale trovammo una porta per ogni lato, i maniglioni della porta di sinistra erano legati insieme con delle catene, mentre quella a destra aveva l’infisso completamente bloccato da alcune assi inchiodate al muro. L’area sinistra era pressoché identica al resto dell’edificio, sale vuote e mal ridotte.. non restava altro che esplorare la zona ‘chiusa’, così Akari, Marcos e il capitano si misero d’impegno e riuscirono a rimuovere tutte le assi, aprimmo la porta a due ante e cominciammo ad esplorare l’ultimo piano. Scoprimmo ben 5 sale ammobiliate e ben tenute, molto più pulite rispetto al resto dell’edificio, indubbiamente c’erano segni di usura, polvere e frammenti di pittura murale staccata, ma la sporcizia che c’era altrove, qui non la trovammo. Seguendo il corridoio, alla mia sinistra vi era un enorme vetrata, dal quale poter vedere il retro dell’edificio, invece dall’altro lato c’era un’infermeria ben fornita, una stanza bagno con docce, un’altra sala con dei lettini e con stupore, nella quarta stanza, che faticammo ad aprire, vi era un enorme computer e strumentazione varia.. ed era tutto acceso! Alcune spie segnalavano che il tutto funzionava correttamente e quando il capitano provò ad accendere il monitor principale, di seguito si accesero anche gli altri. Varie telecamere monitoravano l’esterno dell’edificio oltre i 50 metri, altre l’interno, fari erano istallati su tutto il perimetro.. ma la cosa più particolare fu la recinsione; aveva un tipo di sistema che emetteva delle onde udibili solo agli scarafaggi, tali da infastidire i loro ricettori e non farli avvicinare. Il capitano cercò svelto alcune informazioni, ma non ve n’erano molte: cercava un manuale di funzionamento oppure degli appunti lasciati da chi monitorava l’edificio, ma non c’era nulla di tutto ciò. Quindi davvero qualcuno era stato su Marte dopo le due spedizioni Bugs? Cos’era successo? Perché quegli esperimenti? Cosa cercavano di ottenere? Perché avevano abbandonato il progetto e l’intero edificio se erano così ben protetti? Forse erano domande a cui non avremmo ottenuto una risposta. L’ultima stanza, accanto a quella della sala comandi o di qualsiasi cosa fosse, conteneva una piccola finestrella e un lettino, non c’erano mobili, solo una sedia sciatta e degli stracci appesi ad un lato della stanza               su dei chiodi. Quello era il punto più lontano e isolato da tutto il resto, da quell’odore e dalla cantina. Probabilmente avrei dovuto lasciare quella stanza ad uno dei comandanti, ma in quel momento non ci pensai, mi buttai sul letto facendo profondi respiri e, mentre sentivo discutere gli altri nella stanza accanto, mi addormentai.

Al mio risveglio, c’era silenzio, il sole stava tramontando e quando uscii dalla stanza ci trovai solo Adolf poggiato al muro con le vetrate, verso il centro del corridoio. Mi guardò e fece segno nella camera aperta di fronte a lui, quando ci entrai, vidi Akari e gli altri compagni intenti a provare ad aprire delle scatolette di alluminio.
Akari mi vide: -Oh Sheila, finalmente! Dai che la notte è giovane!- disse con un orribile accento da nonnino inglese mentre lasciava la scatoletta che aveva in mano e si avvicinava verso la porta.
Mise un braccio intorno alle spalle e mi incitò ad entrare.
-Le tue mani hanno un orribile odore Akari- notai.
-Ovviamente- si lamentò -devo fare io tutto il lavoro sporco!- disse avvicinandosi al tavolo e mostrandomi una ventina di lattine con del cibo inscatolato.
-Non vorrete mangiare quella roba!-
-E perché no? Le abbiamo trovate in infermeria, a quanto pare sono integre- spiegò Marcos.
-Solo perché sono integre non vuol dire che siano commestibili!- dissi avvicinandomi al tavolo.
-Oh, Sheila, non lamentarti sempre e aiutaci ad aprirle-
-Ci sentiremo male se le mangeremo- replicai a Marcos.
-E’ da mezz’ora che cercano di aprirle senza risultati- mi informò Eva.
Mi avvicinai a Alex che era seduto su una delle poche sedie, chiedendogli come stava e notai che le bende della ferita erano state cambiate: -Non preoccuparti per me, sono forte abbastanza!- affermò sollevando il braccio e indurendo il bicipite.
-Non sforzarti, capito?-
-Davvero, sto molto meglio. Le qualità rigeneratrici sono maggiori avendo subito la mutazione a mosaico-
-Lo so, ma..-
In quel momento Akari e Marcos urlarono di gioia.
Ci girammo a guardarli e finalmente erano riusciti ad aprirne una senza romperla e far cadere il cibo; sì, perché in una busta ad un angolo della stanza c’erano delle scatolette tutte schiacciate, probabilmente avevano usato la loro forza massima e quello era stato il risultato.
-E quindi? Cos’è che avremo per cena oggi?-
Ma nel momento in cui guardarono nel barattolo, lo appoggiarono piano sul tavolo e, nella loro stupidità, si abbracciarono facendo finta di piangere.
Mi avvicinai alla lattina ed era quasi vuota, quello che una volta doveva essere del cibo, era ora una melma nera disgustosa.
-Ve l’ho detto io- era nauseante -ottusi!- e diedi loro due buffetti sulla testa.
-Sheila, sostieni il nostro dolore!- dissero all’unisono.
-Che?- li allontanai -Via! Via! Maniaci che non siete altro-
Feci dei passi veloci raggiungendo Eva: -Salvami!-
Ridemmo tutti, eravamo stati uniti dalla volontà di cambiare il nostro destino ed eravamo tutti dei pazzi suicidi a mille miglia dal nostro pianeta.
Si sedettero stanchi.
Eva mi tirò leggermente per la vita: -Siediti qui- indicando le sue gambe.
Mi sedetti e poggiai i gomiti sul tavolo.
Akari strinse il pugno della mano destra portandolo in alto: -Riproviamoci!-
-Sono d’accordo fratello!- lo incalzò Marcos.
-Che!? Ancora?- dissi raddrizzando la schiena e andando a scontrarmi con qualcosa di ‘morbido’.
-Ehm, scusa-
-Nessun problema- rispose lei.
Mi voltai verso gli altri e li vidi con gli occhi fissi su di noi.
Marcos e Akari raggiunsero Alex, lui bisbigliò: -Interessante, uno sviluppo yuri!-
Gli altri due gli davano manforte con: -Questo non me lo sarei mai aspettato-
-Potrebbero diventare la mia coppia preferita-
Alex continuò: -Che cosa ci siamo persi fin’ora!-
Li guardai con sospetto, poi mi alzai piano e dissi scandendo le parole: -Voi… siete… morti…- corsi intorno al tavolo cercando di acchiapparli, tutti e tre si erano messi a correre per la stanza e ora si dirigevano verso la porta.
In quel momento sentimmo la voce del capitano: -Che odio! Non sopporto i bagni stretti con l’apertura delle porte verso l’interno-.
I tre ragazzi si bloccarono in tempo prima di investire Komachi, io mi fermai pochi passi dietro di loro; ci guardammo tutti e quattro e scoppiammo a ridere.
Che cosa aveva detto? XD Questa lamentela non aveva senso e detta da un ufficiale la cosa suonava ancora più ridicola! Mi asciugai le lacrime che erano scese giù dal troppo ridere e vidi che il capitano sbuffò: -Che avete da ridere?- continuò fiero -Non tutti odiano le stesse cose-.
-Sì, ma...- provò a dire Akari -i bagni, le porte dei bagni-.
-Non pensavo che la vostra vita vi fosse così poco cara- disse lui facendo schioccare le dita.
-Uh, no no- cercò di dire Alex -La smettiamo subito!-
Si fecero d’improvviso seri e si spostarono per farlo passare, ma si vedeva bene che stavano trattenendo le risate.
Si sedette ad una delle sedie libere e giocando con una lattina, disse: -Mentre dormivi, Sheila, abbiamo capito meglio il funzionamento di quell’enorme computer seppur non ci abbia dato informazioni di altro genere. Abbiamo scoperto che c’è una scala che porta al piano superiore, lì c’è un enorme terrazza e molti kilometri più a nord, Alex ha visto un’altra costruzione, forse è un faro oppure una torre, non lo sappiamo, ma è molto alta e soprattutto è recintata nello stesso modo di questo edificio. Nel nostro raggio d’azione, per adesso non ci sono nemici, ma dobbiamo sempre stare attenti.-
In quel momento entrò Adolf e si poggiò allo stipite della porta con le braccia conserte: -Abbiamo provato a comunicare con loro, ma non c’è stata nessuna risposta, probabilmente anche quell’edificio è abbandonato come questo.-
-Questa notte resteremo qui- continuò il capitano -Sulla Terra gli scarafaggi sono animali notturni, se anche loro hanno mantenuto questa peculiarità, allora ce ne saranno centinaia di più di quanti ne abbiamo visti fin’ora. Non è consigliabile uscire, non siamo venuti qui per farci ammazzare gratuitamente. Questa notte ci riposeremo, è anche importante riposare quando ne abbiamo l’occasione; il nostro corpo può restare sveglio per più notti grazie alla mutazione subita, ma non possiamo farlo in eterno. Io e Adolf faremo dei turni per sorvegliare la zona, è sempre meglio essere prudenti. Voi cercate di riposare il più possibile e visto che non abbiamo cibo, cercate di conservare le forze per un eventuale attacco. Farò il primo turno, dopo mi sostituirà Adolf.-
Quando finì, si alzò e andò a guardare oltre le vetrate.
-Capitano? Va bene se uso ancora l’ultima stanza?- gli chiesi.
-Non hai paura a stare da sola?-
-Un po’, ma sono più lontana da qualsiasi odore e mi sento meglio… e poi ci sarete voi di guardia-
-Va bene, fai come preferisci.-
Vidi Adolf che si avviava verso l’infermeria: -C’è un letto lì, andrò a dormirci io- asserì.
Gli altri rimasero nella stanza che conteneva quattro letti, mentre io mi avviai nell’ultima. Prima di entrare e chiudere la porta, diedi un ultimo sguardo al capitano che era rimasto nella medesima posizione di prima, il volto serio.
Poi, col pensiero ai suoi ricordi e a cosa poteva significare per lui ritornare sul pianeta che, in un modo o nell’altro, ha cambiato la sua vita, mi addormentai.

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Capitolo 4
*** Stay with Me ***


CAPITOLO 4: Stay with Me


Li vedevo alzarsi da quei lettini e venire verso di me, mi guardai dietro e le scale erano sparite; indietreggiai ma un muro bloccò la mia fuga. Erano in tanti, troppi per potercela fare da sola, provai a urlare ma le parole non uscivano dalla mia bocca, chiamai aiuto e quando uno di loro mi afferrò per i polsi cominciai a dimenarmi sempre di più. Non lo sopportavo, il loro odore, il loro aspetto, chiusi gli occhi forte e sentii che scivolavo via.. quando li riaprii nella realtà, le mie orecchie furono invase dalle mie urla, mentre davanti a me il capitano mi teneva le braccia ferme cercando un modo per farmi calmare.
Sgranai gli occhi: era stato tutto un sogno!? Mi sedetti sul letto respirando affannosamente, il capitano fece lo stesso: -Hai avuto un incubo?- chiese.
Lo guardai frastornata quando sentii l’orrendo odore del giorno prima! Mi sdraiai di lato tenendomi il naso con le mani e chiusi gli occhi cercando di ritrovare la serenità; ma non c’era verso.. in un modo o nell’altro quel fetore era tornato!
-Lo sento ancora- mormorai.
-Dannazione! Eppure ieri sera stavi bene- notò lui.
Il capitano si alzò andando alla porta e guardò fuori, poi rientrò, prese la sedia e la portò vicino al mio letto sedendocisi: -Cerca di stare calma, va bene? Concentrati come hai fatto ieri e vedrai che andrà via- mi disse accarezzandomi una spalla.
-Se vuoi andare in bagno ti accompagno-
-No, non voglio alzarmi, mi sentirei peggio- gli risposi, mentre lui poggiò un gomito sul cuscino e si avvicinò di più a me.
Passò qualche minuto e a poco a poco ero quasi riuscita a liberarmi di quel fardello, quando il capitano si alzò dalla sedia e si stava dirigendo verso la porta, avevo sperato che rimanesse con me per tutta la notte, ma ora ricordavo che lui aveva ancora il turno di guardia, cos’era più importante? Dovevo decidermi in fretta perché stava quasi per lasciare la stanza, così lo chiamai: -Capitano?- dissi ponendo il braccio destro verso di lui per poi ritirarlo subito dopo -Potete.. potete restare qui?- poi aggiunsi -Solo finché non mi addormento?-
Si fermò vicino alla porta che aveva aperto a metà e si voltò. Aprì la bocca per parlare, ma fu interrotto dalla voce di qualcun altro:-Quindi vorresti lasciare da sola una fanciulla che ha appena avuto un incubo?- entrambi ci voltammo sorpresi verso la porta e trovammo Adolf sull’uscio con le braccia incrociate sul petto e la sua solita aria seria. Komachi fece per parlare ma Adolf ancora una volta lo interruppe: -Continuo io il turno, ero già sveglio- dichiarò, poi voltò lo sguardo verso di me e di nuovo lo diresse sul capitano: -Buonanotte- disse chiudendo la porta alle sue spalle. Eravamo rimasti senza parole, ci guardammo e ridacchiammo un po’; aveva fatto tutto lui senza che noi avessimo il tempo di proferire parola.
-Da quando è diventato così autoritario?- spettegolò il capitano con un bel sorriso stampato sul volto, non gli dispiaceva affatto che il comandante tedesco fosse così risoluto: -Vuol dire che ne approfitterò- disse.
Si voltò verso di me, ma in quel momento abbassai la testa: avevo appena realizzato che avrebbe passato la notte nella mia stessa stanza! Cosa avevo in mente quando gli ho chiesto di restare!? Sì, non mi sentivo molto bene e non volevo restare da sola ma… ma… sentii il cuore che accelerava il suo battito e cominciai a avvertire calore. Nella stanza, rischiarata solo da un flebile bagliore che proveniva da fuori la finestra, scrutai la sua buia figura che camminava a passi lenti verso di me. Strinsi le coperte e le tirai inconsciamente, avrei voluto dire qualcosa ma in quel momento la mia mente era da tutt’altra parte.
-Rimpiango i letti scomodi della Annex- disse il capitano mentre si accomodava sulla sedia. Eh!? Sono così stupida da aver pensato davvero che lui avrebbe diviso il letto con me? Il capitano è un uomo di sani principi e con una retta morale. Ma mi andava davvero bene così?
-Siete sicuro di voler dormire sulla sedia, capitano?- chiesi.
Non avrei voluto chiederglielo direttamente, ma ero sicura che un’occasione così non mi sarebbe mai più ricapitata e volevo solo dei bei ricordi, nulla di sconveniente.
-Beh, sempre meglio del pavimento- rispose lui -non è poi così pulito come potrebbe sembrare e neanche così comodo-.
-Beh sì, ma… io non intendevo il pavimento- balbettai con il cuore in gola.
Inspirò: -Sheila, non dovresti essere così… intraprendente- disse mentre tirò dietro la testa appoggiandosi allo schienale della sedia.
-Eh? No, io… intendevo…- mi morsi un’unghia, non sapevo cosa rispondergli per non peggiorare la situazione.
-Forse il termine che ho usato non era molto esatto- sembrava volesse scusarsi -ma comunque non dovresti lasciare entrare un uomo nel tuo letto-.
Mi affrettai a rispondere: -Siamo su Marte e questo non è il mio letto!- ma mi pentii subito, stavo aggravando la situazione e non riuscivo a spiegarmi, ma dopotutto volevo davvero che lui dormisse con me, però forse quello che lui intendeva non era quello che intendevo io. Mi stavo agitando troppo e non riuscivo a dirne una giusta.
Silenzioso si alzò e si avvicinò, si sporse in avanti verso di me poggiando le mani sul letto: -Quindi va bene proprio perché nessuno lo scoprirebbe?-
Il cuore mi batteva sempre più forte, che cosa stava dicendo? Era serio o si prendeva gioco di me? Aveva capito che mi stavo agitando e lo stava facendo apposta? Non riuscii a ribattere subito; nel silenzio della stanza, il suo respiro era l’unico suono che percepivo e questo non aiutava il mio cervello ad elaborare una contromossa.
Rimasi in silenzio e vidi che si sedeva sul letto: -Oh, che sorpresa, è abbastanza morbido- osservò, poi continuò: -Sicura di non avere problemi a condividerlo!?-
-Ah, ehm sì, certo!- farfugliai.
-Ehi? Va tutto bene?- disse voltandosi verso di me: -Volevo prenderti un po’ in giro, scusa se sono stato indelicato-.
-Ah, no, non lo siete stato. Va.. va tutto bene-
-Sicura che posso restare qui?-
-Ce… certo, la sedia è scomoda e anche voi avete bisogno di riposare per bene-
-Sì, ma sono pur sempre un uomo.. non va bene dormire accanto a qualcuno che non sia il proprio partner, no?-
-Beh, se è per questo voi non siete un uomo- dissi, stavo ritrovando la calma.
-Ehhhh? Quindi non sarei un uomo!? Sei sicura di vederci bene?-
-Assolutamente- sorrisi -voi siete un calabrone!-
-Oh- ridacchiò -hai ragione!- si guardò le spalle -però mi mancano le ali-.
Ridemmo un po’, sapeva sempre come far sorridere gli altri, era una persona leale e onesta, un essere umano corretto e sincero, un uomo di cui potevi sempre fidarti e sul quale fare affidamento, la persona di cui mi ero innamorata agiva sempre nel giusto e sapeva come farti sentire bene.
Si sdraiò dandomi le spalle, feci lo stesso, mi voltai contro il muro al quale il letto era accostato e tirai un po’ verso di me le coperte. Chiusi gli occhi, seppur il capitano mi aveva fatto pensare ad altro, sentivo sempre quell’odore insopportabile nell’aria.
 
Svegliata da un piacevole odore, mi raggomitolai di più senza aprire gli occhi, ma a quel punto la mia schiena toccò il muro freddo, mi ritrassi, poi annusai intorno: quell’orribile odore di putrefazione era stato sostituito da una fragranza completamente opposta. Inspirai concentrandomi su quel nuovo profumo: aveva l’odore della terra e dei campi, mi ricordava le bellissime giornate di sole della mia infanzia, i fiori nei prati, l’unione dei boccioli e delle corolle colorate, il così forte odore del miele, il suo calore… aprii lentamente gli occhi, pericolosamente vicino al mio volto, c’era quello del capitano.
La lieve penombra ne definiva i contorni, un braccio piegato sotto la testa, le labbra socchiuse. Mi avvicinai di pochi centimetri inspirando silenziosamente la sua essenza.
-Non riesci a dormire?- sussurrò una voce nella stanza.
Trasalii sbattendo la schiena contro il muro.
-Ehi, stai attenta!- disse sollevandosi un po’, distendendo il braccio sinistro verso la mia schiena.
-Sto bene- mi affrettai a dire -mi avete solo spaventato, pensavo dormiste-.
-Ho il sonno leggero- rispose -e… immagino che agli uomini non piaccia essere annusati-
-Ah..- mi tirai il lenzuolo sopra la testa -scusate capitano, mi dispiace, non accadrà più- dissi agitata.
Mise una mano sulla mia testa scompigliandomi un po’ i capelli: -Immagino che il mio odore copra quello dei terraformars, giusto?- sorrise quando scostai un po’ le lenzuola -Non è un fastidio se ti fa stare meglio- continuò.
-Scusate-
-Ehi, va tutto bene- mi rassicurò rimettendosi sdraiato -cerca di stare calma ok? Non devi aver paura, non sei da sola- sorrise.
Restammo qualche minuto in silenzio, lo spazio che ci separava era davvero piccolo.
-Sai- pronunciò -per far passare la paura bisogna parlare di qualcos’altro che non c’entri con il luogo in cui si è- continuò -come parlare di cibo, o di moda-.
-Quindi capitano volete parlare di moda su Marte?-
-Mh.. però non mi pare di esserne molto ferrato!- sghignazzò.
-Beh, l’U-NASA non se ne intende molto- dissi indicando i nostri abiti.
-Eh no- rispose -mh..- sembrava ci stesse pensando davvero ad un argomento -ho trovato! Questo dovrebbe essere un buon argomento- disse fiero -C’è qualcuno che ti piace!?-
Avvampai a quelle parole… l’unico difetto del capitano era la sua lentezza nel capire “certe cose”. Come poteva chiederlo? Davvero non aveva capito!?
-Ma.. capitano- farfugliai -non sono cose che si chiedono queste!-
-Ahah- rise lui -hai ragione, ma fidati, so mantenere i segreti-.
Come se fosse quello il problema maggiore, pensai.
-Sono sicuro che ci sia qualcuno di speciale, una bella ragazza come te non può non averne!- continuò poco dopo -Immagino che gli amici d’infanzia abbiano una marcia in più, Marcos è davvero un bravo ragazzo, non è vero?-
-Solo perché è un bravo ragazzo non vuol dire che mi piaccia- risposi un po’ indispettita.
-Ahh.. quindi qualcuno che ti piace c’è!- ridacchiò.
-Eh? Io non l’ho detto…-
-No? Io credo proprio di si-
-Se proprio vi interessa allora posso dire che non guardo Marcos in quel modo-
-Mh.. forse tu no, ma lui sì- affermò.
-Cosa? Non credo proprio capitano, a lui piacciono quelle prosperose!-
-Ahah, fidati della mia esperienza Sheila, solo perché gli uomini sono attratti da quel tipo di corpo, non vuol dire che lo preferiscano, l’attrazione non sta solo nell’aspetto-
-Belle parole capitano, ma non tutti la pensano in questo modo-
-Quindi preferisci Alex?-
-Eh?! Perché dovrebbe piacermi Alex?-
-E’ un bel ragazzo- disse convinto.
-Sì, lo è, ma lui è peggio di Marcos!-
-Davvero!? Sembra così tranquillo e composto-
-Ahah, fidatevi, con Akari formano davvero una bella coppia!-
-Beh, anche Akari è un bel ragazzo- asserì.
-Capitano!? Non ditemi che vi piacciono i ragazzi-
-Ahah, chissà!-
-Beh, non ci sarebbe nulla di male-
-Già, però fidati, non mi piacciono, almeno non in quel modo. Forse però potrei piacere a loro- rise -però sai, quando hai la mia età cominci ad apprezzare di più i giovani e le loro capacità-
-Parlate come se voi foste già vecchio-
-Ahah, perché non lo sono forse!?-
-Non mi pare-
-Mh.. diciamo che mi mantengo in forze-
-La smetta capitano-
-Comunque tu ancora non mi hai detto chi ti piace-
-Eh!? Ancora con questa storia, non c’è nessuno.-
-Quindi forse non lo conosco, mh.. potrebbe essere qualcuno dei ragazzi della Federazione Romana? Non li conosco molto bene- continuò -Oppure il comandante Newton, è un ottimo partito, te lo consiglio!-
-Il comandante Newton? Ma se a malapena ne conosco il volto!-
-Ci sarà tempo per conoscersi-
-Capitano, sta per ricevere un pugno se non la smette!-
-Che!? Io cercavo di trovarti un buon partner… comunque davvero, perché non guardi Marcos in quel modo?-
-Eh? Ancora con Marcos? Non mi piacciono i ragazzini!-
-Che donna crudele, lo farai piangere!- mi canzonò.
-Ehh? Non credo che pianga per così poco…-
-Probabilmente piange per molto meno. Quindi ti piacciono gli uomini maturi? Mh.. credo che Crab sia già sposato però-
-Crab? Chi sarebbe Crab?-
-Ah, ehm, intendevo dire l’ufficiale Asimov-
-Quello della divisione russa?-
-Si si, lui!-
-Capitano.. sta per arrivargli un altro pugno!-
-Che? Non è così burbero come appare-
-Senza dubbio lo è! Ma non è quello il problema!!-
-Ahh, tu sei troppo difficile Sheila- si lamentò.
-No capitano, siete voi troppo licenzioso- risposi.
-Allora dimmi chi è-
-Ma perché è così interessato a questa cosa?- sbottai.
Continuava su questo argomento già da troppo tempo.
-Se me lo dici potrei aiutarti a conquistarlo, solo questo-
-Ahh.. non ne ho bisogno capitano-
-Non ti facevo così sicura di te-
-Non è per questo, semplicemente lui non mi vede come un partner-
-Eh!? Allora c’è veramente qualcuno! Io scherzavo…-
-Cosa? La.. la smetta! E’ da mezz’ora che insiste! Non può uscirsene ora con ‘scherzavo’-
-Ahah, quindi qualcuno c’è.. ma perché dici così?-
-Ve l’ho detto, lui non è una persona che può innamorarsi così facilmente di me-
-Ah, e questo te l’ha detto lui stesso?-
-Oh no no, si vede dal modo in cui si comporta, dal suo atteggiamento-
-Mh.. ma questa persona è qui su Marte con noi?-
-Chissà…-
-Quindi è un’affermazione giusto?-
-E’ possibile- confermai.
-Dovresti dichiararti, non puoi sapere cosa lui pensa di te finché non gli parli dei tuoi sentimenti-
-Capitano, fidatevi, non servirebbe a nulla-
-Che persona insensibile questo ragazzo-
-No, non è insensibile. Al contrario, è molto leale e gentile, ed è proprio questa sua gentilezza a fare più male-
-Cioè?-
-Se io mi dichiarassi, lui rifiuterebbe i miei sentimenti, ma lo farebbe in modo gentile e cortese, e questo farebbe più male, perché non riuscirei ad odiarlo-
-Ma Sheila, non puoi saperlo finché non ci provi, magari anche a lui interessi-
-Non credo proprio.. lui ama un’altra donna, capitano-
-Quindi è già impegnato!?-
-Oh no, non cercherei mai di rubare il fidanzato di qualcun’altra!-
-Quindi in pratica a lui piace un’altra ragazza giusto? Che triangolo amoroso!-
-Non è proprio un triangolo…-
-Ah.. continuo a capirci sempre meno, ma se tu mi dicessi il suo nome forse…-
-Non vi dirò il suo nome- sussurrai.
-Va bene, va bene, ho capito- fece silenzio -Sheila, però vorrei darti un consiglio, posso?-
-Sì, certo-
All’improvviso divenne serio: -Non importa se lui non ti ama, non importa cosa accadrà dopo che tu ti sarai confessata, ma per favore digli ciò che provi, digli che lo ami, digli che pensi a lui. Sheila, siamo su un pianeta sconosciuto, siamo in lotta contro un’entità che in pochissimi anni ha superato la razza umana e potrebbe sopraffarci da un momento all’altro. Io farò di tutto affinché voi ragazzi restiate in vita e ritorniate sulla Terra, ma potrei commettere un errore, potrei non farcela, loro potrebbero essere molti di più e molto più forti. Non voglio scegliere per te, ma ascolta il mio consiglio, diglielo e, se dovessi morire, o se lui dovesse morire, non avresti rimpianti. E’ sempre meglio morire soddisfatti no? E’ sempre meglio vivere sapendo che si è fatto di tutto per far avverare i propri desideri, no?- finì con una voce affievolita.
-Capitano…- pronunciai debolmente.
Il suo discorso mi aveva messo addosso un’angoscia e sapevo bene a cosa si riferiva, la sua orribile esperienza… era qualcosa che io non potevo capire.
-Quindi, per favore, la prossima volta che lo vedi, fatti forza e diglielo, e se sarà un rifiuto, beh, peggio per lui- volse la testa dal lato opposto al mio e restò in silenzio.
-Cercherò di seguire il suo consiglio, capitano- dissi, mentre rigettavo giù le lacrime che stavano per sgorgare. D’istinto, afferrai una parte della sua giacca tirandola un po’; si voltò verso di me e mi abbracciò. Come potevo confessargli che è proprio lui la persona che mi piace? Come posso farlo!? Perché dev’essere così gentile il suo abbraccio? Affondai il viso nel suo petto e abbandonai le lacrime che cominciarono a fuoriuscire.
-Sheila dai, scusa, è colpa mia, sono stato troppo serio prima, non devi temere se ci sono io, va bene?-.
Mi strinsi ancora di più a lui, piangendo come una bambina.
-Dai, per farmi perdonare puoi.. mh.. puoi chiamarmi “Komachi”, o “Sokichi” se vuoi. ‘Capitano’ non mi piace molto, è troppo informale e non mi sento molto un capitano-.
Mi distaccai un po’: -Penso che voi siate il miglior capitano che potessimo chiedere-.
-Così esageri però- sembrava un po’ imbarazzato e cambiò subito argomento: -Che ne dici se adesso proviamo a dormire?-
-Lei, sulla Terra, non resta fino a tardi sveglio, capitano?-
-Solo se ho con me del buon sakè- ironizzò.
-Capisco capisco- dissi sarcastica.
Avrei dovuto allontanarmi da lui, ma il capitano non cambiò posizione e mentre continuava a stringermi col braccio sinistro, mi rannicchiai più vicino a lui, godendo di quel momentaneo tepore; ma non riuscii ad addormentarmi subito, a differenza sua che pareva riposare tranquillo. Inspirai il suo buon odore più volte, dopotutto aveva detto che potevo farlo; avrei voluto che questo momento non passasse, stavo così bene tra le sue braccia che mi sarebbe bastato per sempre.
Al che ricordai una cosa, nei giorni trascorsi sulla Annex I, avevo chiesto ad Akari di insegnarmi il giapponese, lui mi aveva presa in giro dicendo che lo facevo solo per un motivo, ma alla fine mi aveva gentilmente spiegato cosa dire con una buona pronuncia. Certo, non è che mi fidassi molto di quel maniaco di Akari, ma l’avevo comunque imparata. Indubbiamente però non sarei mai riuscita a dirgli una cosa così “immorale”, ma in quel momento stava dormendo.. non l’avrebbe mai saputo.
Così sussurrai delicatamente: -Hajimete wa senpai tte kimetemasu(*)- sperando di averlo pronunciato per bene, non che servisse a molto visto che lui riposava, ma in cuor mio mi sentii sollevata, in un modo o nell’altro, quel giorno avevo fatto un piccolo passo verso di lui.








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(*)voglio che tu sia la mia prima volta

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Capitolo 5
*** Out Stage ***


CAPITOLO 5: Out Stage


Infastidita dalla tenue luce del mattino che entrava nella stanza dalla finestra, mi coprii gli occhi con il dorso della mano, per poi voltarmi verso il muro; dopo mi sollevai leggermente notando il vuoto nel letto dove prima riposava il capitano. Mi sdraiai di nuovo ricoprendomi con il lenzuolo e mi avvicinai a quel vuoto: era ancora caldo.
Alzandomi, indossai l’uniforme esterna e guardai fuori dalla finestra, fui sollevata: non c’era nessun nemico nelle vicinanze. Inspirai e buttai fuori l’aria più volte, non ero da sola.
Aprii la porta e mi diressi verso le altre sale, vidi Adolf fuori dall’infermeria e salutandolo con una mano, sbirciai all’interno.
-Oh, buongiorno Sheila, entra pure- mi disse Eva sorridendo mentre cambiava le bende ad Alex.
-Buongiorno ragazzi- sorrisi anch’io, e lasciando sulla porta Adolf, entrai.
Mi sedetti su una sedia vicino a loro.
-Ehi.. non guardarmi come se fossi già morto!- asserì Alex.
-Scusa...- voltai lo sguardo a terra.
-Non è la prima volta che mi vedi ferito, no? Chi mi medicava sempre quando facevo a botte?-
-Ma dai, quelli erano graffi...-
-Graffi!? Sicura di ricordarlo bene? Ci facevano davvero neri!-
Alex rise di gusto ricordando i vecchi tempi in cui lui e Marcos andavano in giro a sfidare i ragazzi più grandi, membri delle varie bande di quartiere, e la maggior parte delle volte ritornavano sconfitti e pieni di lividi. Fortunatamente quegli altri si stancavano subito di menare due stupidi ragazzini.
-E sai la cosa che ricordo bene?- continuò rivolgendosi a Eva -Ogni volta che ci medicava, le bende erano piene delle sue lacrime-
Eva rise un po’.
-Non è vero che piangevo!- dissi imbarazzata.
-No?- ridacchiò e aggiunse -Piuttosto dovresti ringraziarci, con tutta l’esperienza che hai fatto su di noi, ora potresti essere una perfetta crocerossina-
poi si rivolse nuovamente a Eva: -Potresti essere più veloce?- disse con preoccupazione.
Eva rispose un po’ imbarazzata: -Scusa, ma è difficile stendere le bende per bene-
-Lo so- rispose Alex -ma non riesco più a trattenerla!-
Eva arrossì: -Ah, potevi dirlo prima... scusa, farò più in fretta-
-Aspetta, ti aiuto- dissi alzandomi e diedi un buffetto sulla testa di lui -non si dicono queste cose davanti alle ragazze- lo ammonii.
-Che? Quindi voi non la fate la pipì?-
-Scemo- diedi una manata forte all’ultima benda che veniva chiusa.
-Ahi! Ti ricordo che sono ferito! E piuttosto, sarebbe meglio avere un aiuto…-
-Ch-chiamo qualcuno o vuoi che ti accompagniamo noi?-
-Che?!- esclamai -Eva!-
Lei si allontanò arrossendo un po’.
-Per me non c’è problema…- rispose Alex con un sorriso beffardo.
-Ma per me sì! Andrò a chiamare Marcos-.
In quel momento Adolf entrò nella stanza e, senza dir nulla, mise un braccio dietro la spalla di Alex per aiutarlo a sollevarsi.
Ne fummo sorpresi, non perché Adolf non fosse in qualche modo ‘gentile’ con i suoi sottoposti, ma perché di certo non ci aspettavamo che si sarebbe fatto avanti in questa situazione.
-Grazie, ufficiale- disse Alex reggendosi a lui.
-“Adolf” va benissimo- dichiarò -puoi chiamarmi così-
-Ah, sì, grazie- rispose Alex.
Sorrisi, ricordando che quella stessa notte, anche il capitano mi aveva detto che potevo chiamarlo semplicemente con il suo nome, ma probabilmente non l’avrei fatto. Questo mi avvicinava di più a lui, ma non volevo forzare il rapporto con qualcosa che non c’era affatto. Chiamarlo per nome affermava che avevamo una relazione molto stretta, soprattutto questo valeva per un giapponese, e siccome non era così, decisi privatamente di declinare la sua offerta.

Poco dopo, ci spostammo nella sala più grande, quella in cui avevano dormito i ragazzi, perché Akari aveva riportato lì Alex.
Quando ci vide, serio, ci avvertì: -Non muovetevi da qui per la prossima ora! Non potete andare in bagno, non ve lo permetterò mai!-
Stranite da quell’ammonimento, ci guardammo sicuri che stavano tramando qualcosa.
Akari continuò: -No no, non cederò mai! Neanche se mi offrite una bistecca appena cotta, e neanche se mi lusingate con dolci parole- mise le braccia conserte, e alzò il mento come se fosse un vecchio professore che la sa lunga.
-Akari?- dissi -Hai la febbre?-
-Lo so che volete sbirciare.. ma davvero non posso! Proteggerò la loro integrità morale, dovesse costarmi la vita!-
-Alex? Che cosa si è bevuto? Non avrete mica mangiato quella schifezza di ieri-
-Ahah, ma no- continuò -semplicemente il capitano ha detto di non entrare in bagno perché lui e Adolf si stanno rinfrescando un po’-.
Al che avrei voluto prendere a calci quello scemo, ma visto la differenza di ranking, pensai di ottenere un effetto migliore urlandogli contro: -Pensi che siamo così immorali da spiare qualcuno!?-
Akari, abbassò la testa: -Mia cara Sheila, il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti- disse rubando la citazione di un famoso film del ventesimo secolo.
-Pensi davvero che siamo tutti maniaci come te?- dissi colpendolo su una guancia.
-Sì!- disse serio e composto, sembrava meditasse.
-Sta per arrivartene un altro se non la smetti!- l’avvertii.
-Fa ciò che vuoi del mio corpo Sheila- disse urlando -Ma non vedrai mai le grazie del capitano!-.
Avvampai e lo colpii più forte che potevo.
-Mi hai fatto male!!!- si lamentò.
-Te lo sei meritato!- dissi indispettita.
-Eddai, vedi che scherzavo- alzò le mani in segno di resa -vai pure se vuoi, soldato... e torna vincente-.
Al che mi voltai e andai verso il tavolo, alzando una delle sedie.
-Ti uccido!-
-Argh, Alex- frignò -Ho fatto arrabbiare Sheila!-
-Oh no no, io sono già ferito, non avvicinarti a me-
Stava per avvicinarsi a Eva, ma lo squadrai: -Non provarci neanche, maniaco!!-
-Ahhh, eddai, perché te la prendi così tanto? Stavo solo giocando…-
-Non mi piace giocare così- dissi -vedi che si sente tutto dalla stanza accanto!-
-Quindi temevi solo che lui ascoltasse che volevi spiarlo?- disse ridacchiando.
Con le lacrime agli occhi, gli lanciai la sedia, ma ovviamente non lo colpii. Si frantumò al suolo; era fatta di un materiale simile alla plastica, molto leggera, ma deteriorata dal tempo. Perché doveva essere così stupido? Mi chinai sul posto e portai le gambe vicino al petto. Perché mi ero arrabbiata tanto? Sapevo che mi sarebbero venute le lacrime.
-Ops, mi sa che l’ho fatta grossa- sentii da lontano.
Akari si avvicinò lento: -Sheila? Dai, ti chiedo scusa...-
Si chinò verso di me: -Senti, sono davvero uno stupido ok? Vedi, non puoi farci nulla, non volevo farti arrabbiare. Il capitano ci ha detto che hai ancora problemi con l’olfatto e che è un bene se restavi impegnata, così da non pensarci troppo e non sentire quell’odore. Però credo di aver esagerato, scusa…- mi posò una mano sulla spalla -...mi perdoni?-
Restando il quella posizione feci sì con la testa, poi mi asciugai le lacrime e lo guardai.
-Scusami- disse serio, questa volta lo sembrava per davvero.
-Va… va bene, ma non farlo più-
-Sissignora- affermò e mi sorrise come al suo solito, un sorriso radioso e sincero.
Mi porse la mano aiutandomi ad alzarmi.
-Visto che piange sempre?- sussurrò Alex a Eva, ma lo sentii lo stesso.
Eva ridacchiò.
-Alex!- lo ammonii.
-Sì? Parlavo solo del fantastico design del luogo.. cosa c’è?-
-Ahh- sbuffai, mentre notai che Akari guardava una parte della mia giacca.
-Che c’è? E’ bucata da qualche parte?-
-Oh no no, ma c’è un filo...-
Akari lo prese in mano: -Che ci fa un mio filo sul tuo cappotto?- disse.
Filo? Ah, quello che avevo trovato nella Bugs2. Ma non lo dissi, soprattutto dopo che Akari affermò che forse non si trattava di una “sua creazione”.
-Mh.. forse non è proprio mio-
-Non riconosci i tuoi “componenti”?- disse Alex.
-No, e che.. sembra un filo di baco da seta, anzi lo è, ma le fibre sono intrecciate diversamente dalle mie-
-Riesci a vedere i dettagli di una cosa così piccola?- si meravigliò Eva.
-Ci riesco, lo sento al tatto.. non sembra mio, ma non posso neanche dire che non lo sia-.
-Quindi non lo è?- disse Eva.
-Non lo so, è molto simile al mio, ma non del tutto... chissà però come c’è finito sulla tua giacca Sheila-.
-Non saprei- mentii -ma se non è tuo...-
-Magari è qualcosa prodotta in questo laboratorio- suggerì Alex.
-E’ probabile- affermò Eva -dopotutto con tutti quegli esperimenti...-
-Vabbè dai- disse Akari facendolo cadere a terra -piuttosto, dov’è Marcos? E’ da un po’ che non lo vedo.. e non era neanche nei bagni, andiamo a cercarlo?- disse rivolto verso di me.
-Sì- risposi accennando un sorriso.
-Io resto qui- si tirò indietro Alex -andate pure-
-Resto qui anch’io- si affrettò a dire Eva.
-Sicura? Non preoccuparti per me, vai pure se vuoi-
-Vorrei restare se non disturbo- disse timidamente, incrociando le dita delle mani.
-Ma quale disturbo- sorrise Alex.
Akari era già arrivato alla porta: -Allora andiamo Sheila?-
-Aspettami, sto arrivando!- dissi correndogli dietro.
 
Trovammo Marcos sul terrazzo dell’edifico. Se n’è stava lì fermo a fissare il panorama di quel pianeta sconosciuto: il cielo, la terra, il vento e gli odori ricordavano il nostro pianeta che ci eravamo lasciati alle spalle, e con esso la nostra misera vita nei sobborghi cittadini. Tutto per un sogno, per un’esistenza migliore, credevamo, per riportare indietro una cura; ma già dall’inizio le cose non erano andate così bene: la nave era stata attaccata e con l’esplosione dei motori, si era ritrovata in caduta libera attirata dalla gravità del pianeta rosso. Riusciremo a ripararla e tornare indietro con un siero? Via via che passava il tempo, le speranze venivano meno e la paura di morire in un luogo che non ci apparteneva, aumentava.
-Oh ragazzi, siete voi! Mi avete spaventato-
-Mi spiace- fece spallucce Akari -Ti dovrai accontentare di noi-
-Accontentare? Non so cosa farei se voi non foste con me- sorrise.
Akari mise una mano dietro la sua spalla e lo tirò verso di se scompigliandogli i capelli: -E io che pensavo fossi l’unico stupido- probabilmente anche il numero 6 aveva avuto dei ripensamenti all’inizio.
Molti di noi sono davvero forti, ma l’animo resta sempre umano, e l’uomo è debole e impaurito di fronte a qualcosa che non conosce; ma quel qualcosa farà male a sottovalutarci, l’uomo è l’unico animale che smette di essere tale quando in gioco c’è la salvezza del genere umano o semplicemente la protezione di un suo simile.
-Sapete- continuò lasciando Marcos -mi sento davvero uno stupido ad aver lasciato la mia unità, se dovesse succedergli qualcosa al comandante o agli altri, io non me lo perdonerei mai! Sto pensando di lasciarvi e andare a cercarli. Forse il capitano non me lo permetterà, ma non posso più attendere!- uscì la mano destra da una tasca della giacca e la strinse in un pugno. Riaprendola vedemmo che in mano aveva qualcosa che luccicava.
-E’ la medaglietta da soldato di Michelle, l’avevo trovata sulla Annex prima che succedesse il putiferio- rimase un attimo in silenzio -gliela restituirò a tutti i costi!- la ristrinse ancora nel suo pugno, mentre la catenina sottile scivolava via.
-Posso?- dissi avvicinandomi ad Akari.
Akari mi consegnò la piastrina, la tenni tra due mani, chiusi gli occhi e l’annusai un po’. L’odore era molto debole, quello del metallo di cui era costituita era molto più forte, ma se l’avessi avvertito, l’avrei ricordato. Il mio olfatto, in qualche modo, immagazzinava i dati, come una sorta di ‘ricordo’ dell’odore.
-La senti?- chiese Akari.
-Mi spiace, ma per ora no-
Gliela restituii e guardando l’orizzonte sussurrò: -Tieni duro, so che sei viva... non arrenderti, sto venendo a salvarti!-
In quel momento Eva venne a chiamarci, il capitano voleva andare a controllare se la jeep che Adolf aveva visto al piano terra fosse utilizzabile, così Akari e Marcos andarono con lui, mentre io tornai al 3° piano, ma nello scendere le rampe delle scale ebbi un mancamento, cominciai a sentire la testa pesante e una moltitudine di odori entrarono nel mio campo olfattivo. Mi fermai per regolare il respiro e man mano mi ripresi un po’, ma quando tornai nella zona dove ci eravamo stabiliti, andai subito a distendermi nella camera che avevo precedentemente utilizzato. Forse sentivo quegli odori a causa del cambiamento nell’aria, forse c’era troppa umidità e i venti li portavano da lontano, ma mi ero sentita meglio fino ad ora, cosa stava succedendo? Decisi che forse era meglio riposare un po’, anche perché con la testa in quella confusione sarei stata solo di peso agli altri.
 

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