Rossa come il fuoco

di milla4
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Passaggio ***
Capitolo 2: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 3: *** Viaggio senza ritorno ***
Capitolo 4: *** Trenta colori ***
Capitolo 5: *** Il rosso ***



Capitolo 1
*** Il Passaggio ***


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Il Grande Tempio era deserto, della cerimonia nessuno era stato avvertito dato che in pochi erano a conoscenza del pericolo, il re non voleva che il suo popolo si preoccupasse inutilmente.
Ero in anticipo, tutto sarebbe iniziato circa due ore dopo, ma la notte precedente non chiusi occhio e rimanere nella locanda senza uno scopo mi era sembrata una tortura.
Dei lontani movimenti catturarono la mia attenzione, il Passaggio stava per cominciare.
Avvicinandomi sempre più all’Altare dell’Onore, sentii il cuore rimbombare nelle orecchie, ogni mio muscolo era teso e mi implorava di tornare indietro, ma non potevo farlo, era la mia ultima possibilità.
 
Donne avvolte da candidi mantelli color perla stavano preparando l’altare con gli oggetti rituali: un’antica spada, appartenente al Primo Re e un fiore immortale, l’ultimo della sua specie, nutrito con il sangue della nuova veggente.
Mi fermai e abbassai immediatamente il capo, la veggente stava arrivando.
 
Era un onore essere lì e poter assistere al Passaggio, solo i nobili di più alto rango erano scelti, non in questo caso, però. Io ero l’eccezione.
 
Un odore dolce e penetrante mi sconvolse i sensi, ero stordito ma non impaurito: sapevo che si trattava di una parte del rituale.
Non alzai la testa finché non mi poggiò la mano sulla testa, era lei che doveva scegliermi, lei che aveva il potere.
 
Sentito il suo tocco delicato, alzai velocemente la testa e la vidi.
 Giravano voci sulla sua bellezza, ma nessuna poteva renderle giustizia: capelli rosso fuoco che delicatamente ricadevano sulle spalle, incorniciando un viso senza imperfezioni,  labbra carnose erano aperte in un sorriso mentre i suoi occhi color della notte mi squadravano attendendo una mia reazione.
Mai in vita mia avevo visto una simile creatura, ogni parte di quel corpo era armonica, niente era fuori posto, era perfetta.
 I suoi piccoli seni erano coperti da una sottile tunica oro e sopra di essa un mantello bianco, come pura e inviolata era la sua proprietaria.
-Maela, sono qui per servirti- pronunciai la formula rituale con un certo imbarazzo – Accetto la vostra offerta, mio Signore- lei rispose prontamente.
-Strana voce…- pensai, era dolce e femminile, ma qualcosa mi sembrò stonasse con l’aspetto angelico della donna. Fu un pensiero momentaneo, già dopo pochi secondi fui nuovamente riportato alla realtà: la veggente mi passò la spada mentre lei prendeva in mano il fiore;  le stesse donne che prima vidi preparare l’altare ci presero una mano ciascuno, pungendoci l’anulare con uno spillo poi, con delicatezza  lo tennero premuto finché una goccia di sangue cadde rispettivamente una  sulla spada e una sul fiore, che subito si aprì mostrandoci i suoi mille colori.
Il Legame fu stabilito, ora sarebbe stata la mia protetta fino all’arrivo al palazzo reale.
-Mio signore, possiamo andare, credo-  -No, Maela. Dobbiamo aspettare la Madre per il Passaggio - non capii il motivo di tutta quella fretta, senza quella cerimonia la veggente non avrebbe mai ricevuto i poteri e lei lo  sapeva fin troppo bene - La Madre non verrà. Ieri sera, durante il sonno ha deciso di lasciare questo mondo, ma il tuo viaggio non è stato invano: ella era a conoscenza del suo destino e proprio prima di coricarsi mi donò il potere della preveggenza-  semplici parole uscirono da quella piccola bocca -C-cosa? – . La paura mi atterrì: cos’avrei fatto? Maela era diventata ufficialmente la nuova veggente? Ero nel panico, nessuno mi aveva parlato di una tale eventualità, è una di quelle cose di cui ni parlà perché mai potrebbero accadere!
Consegnai a una delle sacerdotesse la spada e così fece la veggente con il fiore.
Non dovevo chiedere spiegazioni, Maela non poteva mentire, era nella sua natura, tuttavia domandai, incautamente - Ne sei sicura?- annuì con il capo, una lacrima le scivolò sul viso, dopotutto aveva perso sua madre..
Sospirai.
-Uhm, bene dì ai tuoi servi di caricarti i bagagli sul carro che si trova davanti all’entrata, tu- la indicai- seguimi passo per passo- Decisi di continuare la mia missione, era solo una stupida tradizione quella e poteva benissimo essere superata.
 
Ci incamminammo, io davanti e lei dietro di me, forse troppo vicino perché potei benissimo sentire il suo profumo ancora così inebriante… ma non potevo distrarmi – Maela, camminami davanti così posso vederti-.  Ero guardingo, le insidie potevano essere dovunque, così come i nemici del nostro regno. Toccai l’elsa della mia spada, mi faceva sentire sicuro.
 
L’aria era calda e umida fuori il tempio, dovevano essere passate le undici - fortunatamente non eravamo in ritardo nella tabella di marcia-  così, presi una mano della mia compagna di viaggio e l’aiutai a salire sul mio carro. Non era una carrozza di lusso, ma una delle poche rimastemi dall’incarcerazione di mio padre.
Salii al posto di guida , presi le briglie e le strattonai per far partire Tora, il mio destriero, ora declassato a cavallo  da traino.
 Non parlammo, neanche della nuova minaccia ai villaggi del regno, né della Madre o di mio padre.
Era a conoscenza di ogni particolare della mia vita, era stata informata da un messo mandato dal re del mio essere conte senza più contea, del mio essere nobile senza più onori e ricchezze. Oramai ero solo Samuel di Vastela, uno dei tanti.
- Dove siamo diretti, mio signore- una voce cristallina interruppe quel triste silenzio - A Bavea, Maela. Lì ci verranno forniti rifornimenti e uomini addestrati per proseguire il viaggio- non rispose subito, ma dopo un attimo di esitazione - È lì che tutto è cominciato…-  le risposi, sapevo a cosa si riferisse -No ma il nome è simile: Bevia, un’altra cittadina più a nord, la raggiungeremo presto-
Era una promessa, questa volta la parola di un Conte di Vastela sarebbe stata mantenuta.

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Capitolo 2
*** Un nuovo inizio ***


Il viaggio fu breve, tutto era stato programmato per non far stancare la veggente nella sua prima uscita fuori dal tempio.
Spesso mi ritrovavo a fissarla: la sua vivacità nel vedere una semplice farfalla che succhiava nettare da un fiore, i suoi occhi innocenti sgranati nell’osservare dei buoi che trasportavano un aratro… era così stupefacente.
Maela era una donna di vent’anni, ma nel suo animo viveva una perenne bambina che ancora doveva scoprire il lato oscuro del nostro mondo.
Era sera quando arrivammo al villaggio, ogni casa era sprangata per la notte – La voce del mostro si è sparsa…- pensai dubbioso. Misi il mio mantello tagliato a metà sulle spalle della giovane appoggiata su di me, si era addormentata già da alcune ore.
Era bellissima, i suoi capelli acquistavano dei riflessi color rame al chiarore della luna rendendola misteriosa, ma allo stesso tempo emanava un’aura di purezza non scalfita dalla sottile veste che lasciava trasparire i segni del suo sesso.
-Conte Samuel di Vastela- una voce maschile mi fece fermare, eravamo finalmente arrivati.
- Voi dovreste essere il Generale Mylos- sussurrai – Esatto mio signore. Vi aiuto a scendere- non era una domanda, ma anche se le poche luci ancora accese non riuscivano a farmi capire chi era, non potei rifiutare – Aiutatemi piuttosto a portare… a portarla nella sua stanza, nella locanda. È molto stanca, non vorrei svegliarla- meglio non nominare il suo nome in pubblico, quel briciolo di serenità ancora presente tra la popolazione non doveva andare perduta - Certo- poi il Generale salì sul carro e prese la ragazza per le gambe io intanto, già posizionato dietro di lei, delicatamente misi le mie braccia sotto la sua schiena e, sollevata un poco, la spinsi in avanti.
Senza alcuna difficoltà la trasportammo nel suo letto, messa una guardia alla porta, ci ritirammo poi vicino al fuoco. Una giovane donna, dalle forme abbondanti, ci portò due boccali di birra.
Finalmente riuscivo a vedere il volto del mio aiutante e per poco non sputai il sorso di birra che avevo in bocca: era un omuncolo di circa cinquant’anni, basso e tarchiato, dai suoi capelli dalle sfumature verdognole capii subito che era di discendenza miriana, come del resto il suo cognome mi aveva fatto supporre fin dall’inizio.
Non era ciò che mi era stato promesso, un pescatore di mezz’età dalla pancia prominente.
-Mio Signore, non so come dirvelo ma... gli uomini non sono al villaggio al momento- non alzava la testa, non aveva il coraggio di guardarmi negli occhi.
-Generale, cosa intendete con “non sono al villaggio”- il mio tono era duro, tutto da quella mattina era andato storto.
- Sono arrivate notizie di attacchi in villaggi a sud e a est… insomma in tutto il paese è scoppiato il caos e ho dovuto inviare anche il mio piccolo contingente ad aiutare le truppe e..- continuava a blaterare scuse su scuse, che ero troppo stanco per ascoltare – Io dovrei portare la veggente a Bevia senza scorta? Come pensate che possa fare da solo?- urlai, sbattendo il boccale sul tavolo unto. - Io… io posso darvi gli uomini rimasti e una serva per Maela, ma non ho altro… Devo, devo andare al cambio della guardia, scusate- e senza aspettare la mia replica, uscì dalla stanza.
Non era possibile, un compito tanto semplice si stava rivelando un raccoglitore di problemi dopo l’altro. Mi passai le mani tra i capelli, avevo bisogno di qualcuno con cui parlare e notai un vecchio seduto lontano da me, era solo e stava mangiando con voracità dal suo piatto.
Eravamo soli in quella sala così, decisi di avvicinarmi.
Fin da bambino, mi avevano inculcato in testa che gli anziani erano fonte di saggezza e che, in caso di pericolo, era a loro a cui dovevo chiedere consiglio. Bene, ora forse avrei scoperto se non erano sciocchezze.
-Posso?- chiesi con finta spavalderia; non avevo un piano, sapevo solo che non potevo rivelare la mia missione.
-Certo, certo giovanotto fammi compagnia, mangiare da soli è brutto, specie alla mia età- mi invitò concitato a sedermi nella sedia accanto a lui poi, giratosi verso il bancone – Losana, presto un altro piatto di zuppa!- subito risposi – No, no… non si disturbi- il mio stomaco, però non volle adeguarsi alle mie parole: aveva deciso di far scoprire la sua volontà di esser riempito a tutto il locale – Sciocchezze, un piatto della zuppa di Losana è un toccasana per tutti i mali-
Così, spinto sia dalla fame che dal mio nuovo amico, divorai quel delizioso cibo, ma non ero venuto lì per quello – Signore avrei delle domande da farvi- mi avvicinai al suo viso rugoso, bisbigliando – Certo figliolo dimmi pure- mi rispose lui, imitandomi, forse per prendermi in giro –Sono uno straniero venuto da poco in città, ma ho saputo di una strana donna dagli incedibili poteri che…- - Maela la veggente- mi fermò lui – annuì e cominciò a narrare -Tanto tempo, al tempo…-
-No, no… cioè, sì la storia la conosco, ma ho una curiosità sul… Passaggio- ero agitato, mi stavo lentamente avvicinando alla mia meta – Se il rito non è… venuto bene, se la Madre ha donato i suoi poteri ma in altro luogo e non davanti a un uomo dal sangue reale, cosa succede?-
Il vecchio mi fissò spalancando gli occhi, la sua espressione da gioviale divenne seria –Beh, ragazzo mio sarebbe un bel problema. Vedi, il Passaggio per poter essere valido a tutti gli effetti deve avvenire alla luce del tredicesimo giorno del di Maggio e, il prescelto deve donare una goccia del suo sangue alla madre la quale, tenendo in una mano il dono reale e avendo poggiato l’altra sulla spalla della futura veggente, le affiderà i suoi poteri in modo permanente. Non ho mai sentito di un Passaggio fatto male- il mio sguardo spento doveva averlo scosso perché -Oh, ma ragazzo mio, queste sono tradizioni millenarie, è possibile che siano tutte chiacchere e che basti solo la volontà per passarli- ridacchiò, per stemperare la situazione.
Mi scusai e dopo averlo ringraziato per la cena, salii in camera, avevo bisogno di riposo per il lungo viaggio che avrei dovuto affrontare il giorno dopo.

L’alba mi venne a svegliare, era stata una lunga notte quella.
E se i poteri non fossero passati correttamente? E se la veggente non avesse scovato il mostro? E se… mille dubbi mi avevano impedito di riposare, ero quasi più stanco della sera precedente.
Mi alzai e rivestitomi, scesi a prendere le provviste per il viaggio – Sempre che Mylos non se le sia già mangiate- pensai, scendendo le scale.
Un’energia positiva si impadronì di me.
Quello sarebbe stato un nuovo giorno, un nuovo inizio e niente avrebbe potuto più intralciare la mia missione, niente e nessuno.

Rosso… un rosso pieno di calore intercettò il mio sguardo. La serva era un’Impura.

 

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Capitolo 3
*** Viaggio senza ritorno ***


- Non può venire con noi, il suo sangue è sporco- eravamo nascosti nel retrobottega della locanda, dove pochi attimi prima avevo trascinato il Generale. Stringevo quell’omuncolo per le spalle mentre quello blaterava interminabili scuse – Signore, è una missione davvero pericolosa, nessuno ha voluto prestare un proprio servo… lei era appena arrivata in città , non aveva ancora un padrone… non ho potuto fare di meglio…- subito lo lasciai, mi ero ripromesso di non abbattermi ed era proprio quello che stavo facendo – Bene, Mylos, sarà un viaggio lungo e difficoltoso, spero che la tua scelta risulti buona- così mi allontanai, dirigendomi in tutta fretta all’esterno dove mi aspettava la scorta.
Erano tre uomini sulla trentina, dal loro fisico corpulento mi resi conto che quel Mylos era stato un pessimo generale; non erano stati allenati, i loro occhi spenti adornati da enormi borse mi fecero subito capire che si erano divertiti per tutta la notte.
 Il più alto fra loro, un uomo muscoloso dai biondi capelli corti, stava trasportando una grande cassa per poi caricarla sul carro con le sue grosse braccia pelose: forse era l’unico soldato del gruppo veramente utile.
Gli altri erano una copia più giovane del loro capo: piccoli uomini dai capelli spruzzati di verde, uno di loro portava una lunga barba.
 Sorrisi, era l’ennesima violazione del regolamento militare.
In poco tempo tutto fu pronto per la partenza, salii davanti insieme a Maela mentre le guardie e la serva si sistemarono dietro  .
La seconda tappa del viaggio cominciò.
 
Silenzio, nessun rumore veniva emesso dalla nostra strana comitiva, la paura impediva di parlare. Più ci avvicinavamo dalla nostra seconda meta, più si sentiva il pericolo a cui stavamo andando incontro.
Fortunatamente eravamo riusciti a partire di prima mattina: il sole era ancora alto quindi riuscimmo a percorrere un lungo tragitto.
Tora era carico, si vedeva dal passo svelto con cui trascinava il suo carico. Era vecchio ormai, molto probabilmente quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio, ma era un fedele alleato da anni e separarsene voleva dire perdere un pezzo della mia vita passata .  Non riuscii a godermi a pieno l’ambiente attorno a noi, che procedendo mutava in continuazione, non nei miei doveri ammirare il panorama.
-Ohooooa-  feci il suono della ferma, era notte quando ci fermammo e dovevamo riposare; mentre i soldati scaricavano le provviste e tutto ciò che era necessario per passare la notte, io diedi da mangiare al mio fido amico. l’Impura aveva fatto scendere la sua padrona e con molta delicatezza, la fece stendere su una coperta.
Mi rammaricai, era un viaggio stancante per una persona mai uscita dalla sua casa ed anche se avevamo percorso solo pochi chilometri, evidentemente per lei erano troppi.
 
Rosso… un rosso pieno di mistero mi destò dalle mie preoccupazioni.
Neeka era il suo nome, così mi aveva detto Mylos prima della partenza.
 Di lei non si conosceva nulla, nemmeno il suo viso coperto dal manto rosso, ma il suo passato era raccontato dall’oggetto che  portava come un fardello da tutta una vita: era un ‘Impura, figlia di una meretrice o molto probabilmente una bastarda, era stata costretta a scegliere tra seguire il destino della madre o servire una famiglia come serva. Evidentemente aveva scelto la seconda opzione.
-Signore, il campo è pronto per la notte- mi informò il colosso biondo -Bene, tu e tuoi compagni stabilite i vostri turni di guardia, io devo rimanere accanto alla veggente- Si battè un pugno sul petto e si ritirò.
 
 -Come sta ?- mi ero avvicinato per vedere come stesse la mia protetta –Bene, Signore… è solo stanca- una voce forte e decisa uscì fuori dal groviglio di stoffa per rispondere alla mia domanda, era una delle condizioni  più importanti di essere un’Impura, mai essere viste in volto.
Mi chinai, Maela era seduta con la schiena appoggiata a un enorme masso, il suo piccolo viso esprimeva tutta la meraviglia per quelle situazioni a lei sconosciute. Cercai di rincuorarla –Tra poco mangerai e ti sentirai subito meglio-  lei annuì.
 
Fu una serata tranquilla, il soldato barbato, che scoprii essere un cuoco da campo, ci preparò un’ottima zuppa di ceci accompagnato da un piccolo roditore arrosto. Divorammo tutto con voracità, era il primo pasto della giornata.
 
-Signore, abbiamo stabilito i turni di guardia, comincia Spar- ll gigante biondo indicò il barbuto. –Perfetto, che gli altri riposino, senza bere altro che acqua- ammonii. Egli, con un sorriso di complicità, annuì per poi rifare il segno di saluto e andarsene.
 
Preparai la mia coperta non lontano da quella delle due donne, non volevo perderla di vista un solo istante, ma la stanchezza accumulata in quei giorni sommata alla tensione mi fecero cadere in un sonno senza sogni.
 
Luce, una strana luce biancastra mi attraversò le palpebre facendomi svegliare all’istante: era l’alba ed io avevo dormito tutto il tempo.
 Non ero rimasto a vegliare colei che dovevo proteggere a costo della vita e… Un urlo, graffiante, femminile proveniva da dietro alcuni alberi. Mi precipitai verso il luogo del suono: Maela era lì, i suoi splendidi occhi aperti all’estremo, la sua bocca spalancata produceva un grido  di paura mentre delle solide mani la tenevano a stento, non riusciva a tenersi in piedi. Seguì la direzione del suo sguardo e subito vomitai: sangue e carne sparsi ovunque, pezzi di corpo su alberi, terra rocce…  riconobbi un qualcosa di biondo, era il gigante della scorta.
Un albero mi sostenne: cos’era successo? Cos’era stato?
Non riuscivo a smettere di guardare quei corpi smembrati davanti a me, non erano miei amici certo, ma con loro avevo condiviso attimi di vita, i loro ultimi.
Mi sentii osservato, mossi impercettibilmente la testa e li vidi, occhi color miele mi stavano scrutando aspettando forse una mia indicazione.
 
Era piccolo quel viso per contenere occhi così magnetici, la pelle  dava l’idea poi di un delicato fiore pronto a sbocciare in qualsiasi momento , ma non era così.
 Anche se appesantita da quel corpo che cercava di sostenere e anche se l’odore di sangue ci stava circondando, lei rimase lì ferma ad aspettare, perché sapeva che se fosse crollata anche lei, tutto sarebbe finito.
E così capii che  quell’Impura sarebbe stato l’unico aiuto per portare a termine quell’odiata missione, ora che la mia misera scorta era stata ridotta letteralmente a brandelli.
- Neeka porta la veggente sul carro, partiamo tra massimo dieci minuti. Tu rimani con lei mentre io recupererò qualche cosa dal campo-  . Vicino a quello che credevo fosse una gamba, trovai una lunga spada. Sospirai- La sai usare?- annuì – Bene, non ci metterò molto-.
        
 
 
Come promesso ritornai dopo poco tempo, avevo preso solo le coperte e alcune delle provviste non usate la sera precedente, non mi ero avvicinato più al luogo del massacro, rivedere un tale scempio era troppo, per me.
Caricai in fretta le ultime cose e salito sul carro partimmo con tutta fretta.
Quell’essere poteva essere ancora lì in giro e poi, anche se spaventati, non potevamo certo rinunciare al nostro compito.
Maela era ancora sconvolta, era rannicchiata accanto alla sua accompagnatrice, con la testa teneramente poggiata sulla spalla di Neeka mentre quella cercava di rassicurarla in ogni modo.
Strinsi un pugno: non era giusto che la sua prima esperienza all’infuori della sua dimora fosse cosi traumatica –Signore- una mano si posò sul mio braccio: Neeka.  –Dimmi- le risposi senza staccare gli occhi dalla strada –Il luogo dove siamo diretti … Sarà pericoloso?- Non parlai, ma lei capì lo stesso - Bene, conti su di me per la protezione della veggente. Io ci sono-  rimasi sorpreso da tanta determinazione, ma non volli darlo a vedere- Perfetto, ma spero non ce ne sia bisogno- la mano sulla mia manica si irrigidì, poi la pressione si allentò finché non sparì del tutto.
 
Alberi, alberi gialli, verdi, blu, sfilarono accanto a noi come a darci il benvenuto: Bevia.
 
Fermai Tora – Te la senti?- Maela non aveva parlato per tutto il tragitto, sembrava che la grande energia iniziale fosse svanita all’improvviso – Si, lo devo fare- fece un leggero sorriso poi, aiutata dalla serva, scese dal carro allontanandosi per la strada maestra. Le raggiunsi con tutta fretta, non volevo lasciarle un minuto da sole.
Silenzio, solo silenzio.  La tragedia era nell’aria, i negozi, le case, tutto era stato abbandonato in tutta fretta, perché non c’è cosa più importante che salvarsi la vita. Quel villaggio era stato il primo obiettivo della bestia e lì aveva sfogato tutta la sua rabbia.
Passammo accanto al mercato con le sue  mille bancarelle ormai piene di alimenti marciti dal tempo, un banco di stoffe colorate attirò la mia attenzione: il proprietario, prima di fuggire, aveva cercato di portare con sé la sua merce più costosa, o almeno così sembrava dalla scia colorata che avanzava per tutta la strada . Uno di questi oggetti mi colpì: era un piccolo pezzo rettangolare, troppo poco per essere uno scialle, troppo grande per farne un fazzoletto eppure ciò che mi colpì era il colore straordinariamente blu. Non cupo, ma intenso, che con la luce del sole prendeva ogni volta dei riflessi diversi. Lo raccolsi senza un vero motivo, mi sembrava una cosa giusta da fare
-È qui.- Maela si posizionò al centro d  una piccola piazzetta seminascosta da un’ ampia terrazza.
L’Impura la guardava con occhi sgranati mentre Maela prendeva possesso delle suo vero io.

 
 

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Capitolo 4
*** Trenta colori ***


Capo chino, braccia tese in avanti, un corpo in movimento: questo era diventata Maela.
 Era da circa un’ora che vagava senza sosta per la piazza. Barcollava, non riusciva a camminare diritto, sembrava una di quelle marionette che tante volte avevo visto nelle feste del mio castello, quando avevo ancora un castello.
Non riuscimmo a vedere interamente il suo volto, solo gli occhi sgranati che avevano assunto un innaturale color giallo.
Non muoveva le labbra, ma riuscii chiaramente a sentire il suono dei suoi denti battere, l’uno contro l’altro. Un rumore orribile e angoscioso.
 -Mia signora…-  bloccai l’Impura appena in tempo, prima che si compisse l’irrimediabile.
 
Mai interrompere una veggente durante una premonizione. Mai. Potrebbe non uscirne viva.
 
Un ricordo… mio nonno in gioventù aveva avuto il mio stesso onore e mi aveva istruito fin dalla  prima infanzia su cosa fare e non fare in un caso come questo.
Istruì me e non mio padre. Purtroppo lo conosceva fin troppo bene.
 
- Shhh, tranquilla… va tutto bene, è così che deve andare-  Neeka era impietrita, attaccata al mio corpo mentre con le mie braccia la stringevo forte a me per impedire ogni sua mossa, forse ero io stesso che avevo bisogno di un sostegno.
 
 
Forte sempre più forte,
 il ritmo di quella corsa insensata aumentò in un attimo.
Si fermò. Improvvisamente alzò la testa e li vidi.  Degli spasmi le modificavano la faccia, ogni piccolo pezzo del colto si era riempito di bozzi che si spostavano sotto pelle, come presi da un irrefrenabile voglia di uscire dal loro ospite.
Era orribile, la candida pelle che fino a poco tempo prima avevo quasi sognato di toccare, ora mi sembrava repellente.
 
Tutto durò meno di un minuto, poi come se nulla fosse Maela riacquistò la sue normali sembianze. Perse i sensi all’istante, ma fortunatamente Neeka riuscì a trattenerla prima che cadesse a terra.
-Autatemi- un ordine perentorio uscì dalle sue labbra, senza controbattere  eseguii.
 
 
La presi tra le mie braccia, mentre l’altra era andata a cercare un luogo sicuro dove poter far riposare la sua padrona –Presto, venite- seguii  il suono di quella voce e mi ritrovai davanti a una piccola casa, al limitare del villaggio.
 
Entrai senza indugio, stranamente sentivo di potermi fidare di quella ragazza.
 
Entrai e vidi un piccolo letto fatto di paglia, dove vi adagiai Maela.
Da una porta che, probabilmente portava sul retro, vidi entrare con tutta fretta Neeka, in mano aveva un secchio riempito d’acqua e degli stracci.
Si sistemò accanto alla veggente, le toccò delicatamente la fronte –Brucia – esclamò, poi prese uno di quei pezzi di tessuto e li immerse nell’acqua, infine li posò sulla fronte dell’altra ragazza. Io intanto mi ero seduto per terra, su una stuoia.
Le guardai, dovevano avere su per giù la stessa età, ma le cose in comune finivano lì. Una era un essere puro, piena di virtù, la cui vita era votata a servire il proprio popolo, l’altra aveva un passato non proprio onorevole e ora stava scontando la punizione, anche se non sua.
Perché è sempre stato così, perché le colpe dei padri ricadranno sempre sui figli.
 
Maela si agitò leggermente –Sta molto meglio, ora deve solo riposare- Neeka si era alzata e si era seduta accanto a me –Rimani con lei, io vado a prendere qualcosa dal nostro carro… sperando che ci sia ancora-  era cosa nota che i briganti erano dilagati ormai in tutta la regione, soprattutto dopo che  molti villaggi si erano svuotati dei loro abitanti.
Ella annuì, aveva ancora con sé la spada che le avevo procurato nel bosco e la prese mostrandomela.
Sicuro di lasciare la veggente in buone mani, mi addentrai nuovamente tra le vie di quel luogo che, sempre più, mi dava l’idea di esser  maledetto.
Raggiunsi in poco tempo Tora che, sempre vigile, aspettava con trepidazione il mio ritorno. Lo accarezzai, poi presi una carota tra le provviste e lo elogiai per la sua fedeltà.
 
Due coperte, un po’ di pane e formaggio… questo era il massimo che riuscii a trasportare nella nostra casa sicura. Neeka aveva acceso il fuoco e proprio mentre rientravo, stava spiumando una grassa gallina che probabilmente aveva trovato lì in giro.
Maela gemeva e si dimenava, ogni tanto riprendeva conoscenza, ma solo per pochi istanti.
Preparata la carne per la cottura, mi sedetti accanto alla coraggiosa serva.
Fu lei la prima a parlare –Cos’è successo?- - La veggente ha avuto una premonizione- risposi in modo semplice.
 Lei mi fissò sorpresa, reazione che io non capii –Da quello che ho capito, per voi è una persona importante… e allora come mai la trattate come se fosse una…una come me- disse titubante
 -Come?- rimasi di stucco: qualcosa in quelle parole mi rimase oscuro –Non le date del voi, addirittura le chiamate per nome… - cercò di spiegare lei - Beh, perché quello è il suo compito, è nata per questo… per servire il suo popolo- ero in imbarazzo, quella era una storia insita in ognuno di noi da sempre, era difficile da spiegare qualcosa di così profondamente ovvio…
 - Tu non conosci la Grande Storia?- le chiesi stupito –Signore, io non sono di queste parti la mia terra è lontana  e…- vedevo che la mia reazione l’aveva fatta sentire in difficoltà, come se le avessi dato della stupida –Ehi, ehi calmati… Vuoi che te ne parli?- Un lieve sorriso mi incitò ad andare avanti.
-In tempi assai remoti, dove gli uomini vivevano ancora uniti in un unico popolo, un giovane uomo forte per le sue doti nel comando e una giovane donna, dai poteri della preveggenza, si unirono per dare vita alla stirpe che avrebbe portato la salvezza nella loro gente.
Così nacque la prima veggente. 
Il suo nome fu Maela e al momento opportuno, passò la sua identità e i suoi poteri a colei che ne avrebbe preso il posto, acquisendo di rimando l’appellativo di Madre. Solo una Madre sa quando la nuova veggente sarà attivata. Una volta svolto il suo compito dovrà congiungersi al nuovo re, eletto tra i meritevoli della sua gente, per dare così continuo la stirpe salvifica-
 
Abbassai la voce, la seconda parte della storia era quasi un tabù – In realtà, circa trecento anni fa una delle Madri più potenti predisse che in un momento di grande pace, una veggente darà alla luce un figlio maschio, unione perfetta di caos e morte- smisi di parlare, negli occhi della mia ascoltatrice vidi una vivida curiosità, non ancora assopita –Quindi in tutto questo non è mai nato un veggente…maschio?- -Esatto ed è meglio che continui così-
Mi aspettai un’altra sua domanda, ma non successe nulla, notai invece il volto rabbuiarsi –cos’ hai?- -N- ulla signore, è solo che mi sono per la prima volta resa conto che non vorrei mai essere una “Maela”- - Come mai?- ero sinceramente stupito, molte ragazze avrebbero dato la vita per quell’onore –Insomma….venire sfruttata da tutti, costretta a generare un figlio a cui donare la propria identità, non poter avere una  vita…-  dal suo tono di voce capii subito cosa intendesse dire e, non saprei dire il perché, mi fece male –Ma tu che ne vuoi sapere, stupida Impura? La sua vita sarà anche dura, ma almeno ha uno scopo nobile- sbottai irritato. Nessuno mi avrebbe dato dello sfruttatore, nemmeno una servetta.
 
Rossa come la rabbia
 
-Mi scusi, signore non avrei voluto offenderla… Ora vado a controllare la mia signora-  disse questo alzandosi e facendo una piccola riverenza poi, non attendendo un mia risposta, se ne andò.
 
Solo. Ero solo lì davanti al fuoco –cosa ne sa quella di come va il nostro mondo? Non sarà perfetto, ma è quello che abbiamo- ero ancora irritato per la piccola discussione di prima, anche se mille dubbi si stavano insinuando nella mia mente; in fondo quello che Neeka aveva detto era la verità: la veggente non avrà mai una vita piena né possibilità di protesta e noi ce ne stiamo approfittando da molto tempo ormai.
 
Rimasi a contemplare la bellezza delle fiamme a lungo, il sole pian piano si allontanò dal cielo lasciandoci solo la luce artificiale per illuminare la stanza.
Mi alzai e con lentezza presi le coperte per la notte: avrei dormito accanto alla debole Maela.
- Signore, signore è sveglia- Neeka arrivò urlando, nel suo voltò l’incredulità era palese. Abbandonai gli oggetti che possedevo e accorsi al suo capezzale  .
 
Era stremata, piccole gocce di sudore le imperlavano la faccia, era allo stremo delle forze, ma era viva.
-Non ha voluto che la toccassi quindi, non sono riuscitaa cambiarla- le parole della serva risuonarono ricche di angoscia.
-Ben…-
-Trenta colori ognuno dei cuori toccherà, trenta colori ognuno dei cuori toccherà…. Morla non morta sotto il veleno malvagio, Klata fu risparmiata dal sordido inganno…. Miriana al castello porterà- parole atone, come uscite da una caverna, risuonarono in quella piccola stanza: la profezia era stata emessa. Poi la veggente si addormentò.
 

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Capitolo 5
*** Il rosso ***



-Trenta colori…-  dov’era? Dove diavolo era ?
-Singore, che succede?- -Neeka, trovami un pezzo di pergamena e dell’inchiostro, ora- Poi ripresi a ripetere le parole della profezia come una ninna nanna cercando ,nel frattempo, la mappa che avrei dovuto avere.
Teoricamente, perché sembrava non voler saltar fuori. Prendevo e lanciavo il contenuto della mia misera bisaccia, scossi le coperte e infine la trovai sotto una di esse.
-Pergamena e succo di agros, inchiostro naturale. Stava dentro una ciotol…- Neeka arrivò correndo: nei suoi occhi c’era smarrimento e confusione, ma ancora una volta non si lasciò intimidire –Sai scrivere?- la interruppi: domanda superflua, ma in quel momento vitale –Si mio signore… ho frequentato un tempio a…- -Bene segna queste parole che ti detto- con rapidità lei prese un rametto dal pavimento e mi guardò per indicare che era pronta - Trenta colori ognuno dei cuori toccherà, trenta colori ognuno dei cuori toccherà….  Morla non morta sotto il veleno malvagio, Klata verrà rispamiata dal sordido inganno…. Miriana al castello porterà- mentre ripetevo nuovamente quelle strana litania,  intinsi un dito nell’inchiostro e ridisegnai il nostro tragitto.
-Ci sei?-  la vidi intenta nel suo lavoro, con quanta dedizione vergava la pelle, quasi  fosse un lavoro naturale per lei.
- Fatto-
 
 
Eccola lì, frase dopo frase il destino di una popolazione si era schiuso davanti ai nostri occhi, ora rimaneva solo da comprenderlo.
Presi il rametto-penna dalla mano della mia aiutante –Dunque…. L’inizio di una premonizione è sempre una parte di un sogno che la veggente riporterà inconsciamente nella profezia- tracciai una linea sui “trenta colori ognuno dei cuori toccherà”; ero eccitato, finalmente anni e anni di istruzione sarebbero stati utilizzati – Morla …veleno malvagio… credo che intendesse dire che non è stato il mostro ha uccidere i suoi abitanti… sarà stata una bestia comune, è normale essere sbranati da animali pericolosi da quelle parti- altra riga su altra frase –Resta Klata e Miriana- smisi di parlare, ora avrei dovuto pensare e in fretta.
-Signore?- Alzai gli occhi, Neeka si era seduta davanti alla mappa e la osservava con grande attenzione –Credo che il luogo esatto sia Miriana, Klata è ai confini, troppo lontano e poi la veggente ha detto che “è stata risparmiata”- Detto questo si rimise a guardare con attenzione il percorso, come se da esso potessimo scoprire enormi verità.
Sorrisi, nel suo interesse per la logica, nel suo coraggio rividi molto di me in lei; stranamente anche il passato ci univa, in maniera assai diversa, ma con lo stesso risultato.
 
Cancellai anche la parte su Klata, anche se in realtà non tutto era stato sciolto.
 Qual era il sordido inganno? Ma, soprattutto, chi l’avrebbe compiuto?
Dovevo prendere una decisone e alla svelta.
 – Domani mattina partiremo all’alba. Prepara la tua signora e fatevi trovare qui fuori prima che il sole spunti nel cielo- le mostrai una delle coperte –Ora riposati, la strada per Miriana è lunga-
 
Tora, il mio fedele compagno mi aspettava ancora una volta fuori dal villaggio; Maela si era ripresa del tutto, era uno delle poche positive del suo dono.
 
Caricato  nuovamente il carro partimmo, lasciando che il silenzio riavvolgesse Bevia.
 
Lungo era il tragitto fino a Miriana, la capitale: dai boschi color arcobaleno passammo a un deserto di sassi color del sangue, che ci accompagnò per un lungo tratto.
La mia missione era quasi conclusa, eppure mi stavo quasi abituando a quella strana comitiva: Maela con la sua dolcezza così fragile, e Neeka, un fiore nato in un mare di putridume.
 
Notavo che spesso fissava con intensità Maela, come se in lei vedesse molto di più di quello che in realtà era anche se l’altra era troppo ingenua per accorgersene.
 
Passarono giorni d’intenso cammino, Tora cercava di mantenere il passo, ma era sempre più stanco, ci fermavamo raramente e solo per riposare qualche ora.
 
Finalmente le alti torri di Miriana cominciarono a farsi vedere, era a un giorno di distanza da noi e per festeggiare, decisi che quella notte avremmo potuto accamparci per poi ripartire il giorno successivo.
 
-Qui va bene- fermai il carro vicino a un piccolo lago, l’odore salmastro impregnava l’aria e i nostri polmoni, dandoci l’idea di essere al sicuro.
 
  • ­Samuel, posso chiamarvi così? – Maela mi si era avvicinata  e delicatamente, mi aveva poggiato una mano sul braccio –Certo, che succede?- risposi preoccupato.
 Era passato poco tempo dalla sua ultima visione e, anche se si era ripresa del tutto, il ricordo di quello strano rito mi perseguitava ancora . -Potresti accompagnarmi al lago, desidero fare un bagno- ero sorpreso –Volentieri, ma dov’è la tua serva?- Scrutai in giro alla ricerca del mantello rosso, ma nulla –Non sta bene e non vorrei farla affaticare- sorrise, le sue piccole guance assunsero un colorito rossastro mentre i suoi occhi, seppur stanchi, risplendevano ancora di vitalità. Con un gesto automatico, infilai la mano nella mia tasca e lo trovai, il piccolo pezzo di stoffa azzurra era lì. Presi con delicatezza una mano della giovane ragazza davanti a me poi, dopo averle sfiorato con una carezza il braccio le legai al polso quel piccolo regalo.
Era perfetto, il colore acceso contrastava con la candida pelle della sua proprietaria, era come una luce che la faceva brillare. Maela era stupita.
 
Labbra su labbra, solo leggermente sfiorate l’una dall’altra…. Un piccolo bacio di riconoscenza, ma non solo per il futile dono, per averla protetta in tutto questo tempo. Era un grazie.
-È bellissimo- riuscì infine a mormorare, per poi mettermi il braccio sotto il mio.
 
Strane emozioni mi attanagliarono, ero felice certo ma anche teso, mi sentii sporco in confronto a lei, certo era stato solo un piccolo bacio, ma per lei che era rimasta rinchiusa per praticamente tutta la vita doveva essere stato il primo.
 
 
Rossa come il sangue
 
 
Fu una cosa rapida, la pietra colpì il ventre della veggente con forza, facendola accasciare a terra. Estrassi la spada, ci stavano attaccando.
Girai su me stesso in cerca di un indizio della direzione del lancio e la vidi.
Neri capelli sporchi di terra, un viso coperto da ferite che sanguinando le sporcavano i pochi resti di abiti che ancora ricoprivano il suo florido corpo, il mantello zuppo d’acqua che le impediva di camminare, la mano ancora alzata dopo il colpo, in un attimo era cambiato.
Sentii un lamento, subito mi voltai, ma quello che vidi fu l’oblio.
 
Maela era in piedi in tutta la sua bellezza, ma qualcosa in lei era cambiato, ora i suoi tratti così femminei mi sembrarono fasulli, come se fosse tutta una messa in scena, non riuscii nemmeno io a capire il perché, ma non era la persona che conoscevo.
 
Tutto divenne chiaro quando si rivelò.
 
-Soflos è il mio nome-  Era un uomo.
 
I miei occhi percorsero quel corpo cercando indizi che lui prontamente mi diede, sciogliendo la parte superiore della tunica: una stretta fasciatura gli comprimeva il petto schiacciando due pezzi di stoffa arrotolati. Ritornai a scrutarle il volto, ma il suo sguardo era immobile fisso davanti a sé.
 
Caddi in ginocchio lasciando cadere la spada davanti a me, qualcosa di grande mi stava opprimendo.
 
-Mi dispiace amico mio, non avrei mai voluto che ti facessi male. Non eri certo tu il mio obiettivo, ma quella stupida aveva capito tutto ormai e, così, ho dovuto cambiare i miei piani- il suo tono era sardonico.
-Cosa sei?- riuscii solo a pensare, la mia bocca come il resto del mio corpo ,era paralizzato
-Cosa sono? Sono il male della profezia, mio caro e dolce Samuel. L’uomo della stirpe delle donne… o almeno l’unico che è riuscito a sopravvivere- sorrise mentre notava i miei occhi in preda al panico –Vedi, è impossibile che in secoli e secoli non siano nati dei maschi. Ce ne sono stati eccome, ma furono prontamente… smaltiti alla nascita dal re di turno.
Ma non io, mia Madre fu più furba.  Nascose la mia vergogna a tutti, fu una cosa pericolosa certo, ma mi amava troppo per lasciarmi andare, anche se non poteva certo rischiare che scoprissero il suo segreto così…- Un velo di rabbia gli oscurò gli occhi -…così vissi da eunuco per usare un efemismo.
Anni di dolore immenso, costretto in abiti non miei, a fingere di avere poteri divinatori quando i miei veri doni erano nascosti da tutti. O, beh non fu piacevole-  quando pronunciò le ultime parole, ormai stava quasi gridando, vedevo una rabbia crescere sempre più in lui.
Non smise di avvicinarsi, ad ogni suo passo mi sentii sempre più schiacciato .
-Secoli e secoli la mia famiglia ha subito senza reagire, “per uno scopo più alto” così mi diceva la mia povera mamma… Povera, non sai quanto mi è dispiaciuto farla fuori, ma stava per rivelarti tutto-
Qualcosa si mosse da sotto il terreno, percorreva l’intera zona, sentii qualcosa che mi sfiorava sotto le gambe, poi una mano mi afferrò.
 
Mille e più mani, mi toccavano mi stringevano, mi laceravano i  vestiti, sentivo la mia carne venire sempre più compressa, i miei polmoni riuscivano a malapena a trovare quel minimo di aria per sopravvivere –Hai  appena conosciuto a mia bestiolina- rise o meglio, emise uno strano sibilo –Era destinata al mio futuro marito, ma credo che anche tu vada bene… -
 
Tump…Tump… rumore di rocce cadute a terra, la Bestia mi stava ricoprendo totalmente, non un filo di luce arrivava ai miei occhi –Ancora tu?- 
Uno schianto, groviglio di versi di uccelli e infine un rantolo, poi più nulla.
 
Sentii avvicinarsi qualcuno, la mia fine era vicina, ma non volevo andarmene da codardo, dovevo lottare e lo avrei fatto.
 
Ero pronto a tutto, una spada tranciò di netto le braccia che mi avvolgevano come in un bozzolo, proprio davanti la mia faccia. Un sorriso stanco fu la prima cosa su cui i miei occhi poterono posarsi.
 
Un’altra falciata, poi un ‘altra e pian piano fui liberato da alle catene di carne.
 
-S-signore?-
 Neeka, la mia salvatrice.
 Afferrai la mano che mi porse, grazie alla quale riuscii a rialzarmi. La guardai, la sfiorai con una carezza. Non servivano parole.
 
Girai la testa di scatto e notai un corpo steso a terra, la testa mozzata qualche metro più in là.
-Come…?- Lei alzò le braccia e muovendole in circolo freneticamente, centinai di corvi la circondarono come un’armatura – È uno dei piccoli poteri nella mia gente. Siamo connessi con la natura, ognuno a proprio modo- Poi come se nulla fosse abbassò le braccia e lo stormo si disperse.
 
- Non mi ha mai convinta, il suo riserbo, la sua voce… al campo, poco prima che la scorta fosse distrutta, la vidi andare verso il bosco e allora compresi. Oggi ho cercato di affrontarla, ma non ho avuto molta fortuna- rispose ad una domanda che non posi, ma che girava nell’aria.
 
***
-E ora?- eravamo arrivati quasi al palazzo reale, entrambi esausti e con fin troppe risposte da dare.
Qualcosa in quel mondo era appena cambiato, uno dei suoi punti cardini era appena stato spezzato via da una profezia vecchia secoli – Cosa?- lei mi guardò, era stanca e affaticata
-Dove andrai?- dissi tutto d’un fiato.
 Prese un pezzo del suo mantello, lo stappò e senza dir nulla lo legò al mio polso. Nei suoi occhi uno strano luccichio, lei era rossa come il fuoco.
 

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