~ Until The End, And Beyond.

di ValeryJackson
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 ***



Capitolo 1
*** Prologue ***




Caitlin Snow profumava di limone e crema per le mani.
Usava la stessa da quando aveva sette anni, quella con estratti di burro di karité. Se la spalmava più o meno tre volte al giorno: appena sveglia, durante il suo momento di pausa davanti alla tv e la sera, poco prima di andare a dormire.
A Barry non dispiaceva, quell’odore un po’ dolciastro, e non era più in grado di immaginare la ragazza senza, tanto che per il decimo compleanno di lei, lui gliene regalò un’intera confezione.
Aveva paura dei topi, era allergica ai germogli di soia e il suo colore preferito era il blu cobalto.
Amava i girasoli, e per quanto si sforzasse, era del tutto incapace di cantare. Però sapeva ballare, e la sua passione incondizionata per le scienze la portava spesso ad interrogarsi sui perché dell’universo.
Le era rimasta una piccola cicatrice sul polso, che si era fatta arrampicandosi su un albero quando aveva otto anni. A quel tempo lei era decisamente poco femminile, e il giovane Allen l’aveva sfidata a chi raggiungeva per primo il ramo più alto. Vinse lui, ovviamente, ma tutti i bambini che avevano assistito a quella prova si sorpresero nel constatare che la piccola Caitlin non sarebbe scesa giù da quella quercia senza prima essere arrivata a destinazione.
Fu pressappoco in quello stesso anno che con le sue labbra carnose e i suoi occhi da cerbiatto fece il proprio ingresso nella vita di Barry, capovolgendola quasi possedesse lo stesso impeto di un uragano.
 
La madre del ragazzo era morta quando lui aveva solo cinque anni, uccisa da un pirata della strada.
Il padre era in prigione. Aveva fatto delle scelte sbagliate, ma lui non l’aveva mai biasimato per questo, e spesso andava a fargli visita, raccontandogli gli ultimi avvenimenti della sua vita.
Il bambino era stato affidato alla nonna Claire dai servizi sociali. La donna aveva da poco superato la perdita del marito, ma si prese cura di Barry come una seconda mamma. Non gli fece mai mancare niente, accudendolo con premura e sostenendolo nel corso degli anni, con apprensione.
 
A sei anni, Barry fu iscritto alla scuola pubblica di Central City, città nella quale lui e Claire vivevano.
A sette subì il primo atto di bullismo. I bambini più grandi lo prendevano in giro per la sua situazione familiare, e lui si vergognava troppo per poter confidare alla nonna che, a volte, riuscivano anche a picchiarlo. Giustificava lividi o contusioni come incidenti dovuti alla sua scarsa coordinazione.
A otto anni, Tony Woodward superò il limite, inseguendolo fin sotto casa con la sua gang e prendendolo a calci.
Il giorno dopo, il più grande andò a scuola con il labbro spaccato.
Solo poi, Barry scoprì che era tutta opera di Caitlin Snow, che il pomeriggio precedente aveva tentato di rompergli il naso.
«Non sopporto i bulli come lui» aveva fatto spallucce la bambina, e Barry l’aveva ringraziata con un sorriso.
Dopo quel giorno, i due divennero ufficialmente inseparabili.
 
A undici anni Caitlin obbligò Barry a sedersi accanto a lei, in classe, così che potesse suggerirle durante i compiti di Algebra.
A dodici, lui prese ben otto note disciplinari e una sospensione. Sarebbero dovute toccare tutte alla mora, ma in un modo o nell’altro Barry riusciva sempre a scaricare la colpa su di sé, ottenendo delle punizioni minori anche grazie ai suoi ottimi voti.
A tredici anni i genitori di lei si separarono, e la ragazzina fuggì di casa, sparendo per circa dieci ore. Fu Barry a trovarla, rannicchiata ai piedi della quercia che da piccoli avevano scalato. Quella sera, quell’albero diventò il loro posto, lontano da tutti, alla periferia del parco della città.
A quattordici anni Caitlin si ubriacò per la prima volta, ad una festa di Lisa Bridge, e Barry fu l’unico che le resse i capelli mentre lei vomitava abbracciata al lavandino.
A quindici anni, la Snow aveva delle curve mozzafiato ed una certa predisposizione ad attirare le attenzioni dei ragazzi. Entrò a far parte delle cheerleader, e più volte tentò di convincere il suo amico a conquistarne una, con scarsi risultati.
 
A sedici anni, Barry si rese conto di essere irrimediabilmente innamorato di lei.
 
Lo capì quando vide Caitlin pomiciare con Raily Scott, entrambi già brilli, con un bicchiere di vodka in una mano.
Il ragazzo non voleva neanche andarci a quel party, ma l’amica lo aveva costretto, assicurandogli che si sarebbero divertiti. La verità è che lui aveva accettato solamente perché temeva che qualche giocatore di basket cercasse ti riaccompagnarla a casa.
Non avrebbe mai immaginato, però, che osservare le labbra di quel tizio premute contro quelle della ragazza scatenasse in lui tali sensazioni, come se un pugno di ferro gli avesse stretto la bocca dello stomaco in una morsa d’acciaio.
Era geloso? Da quanto aveva iniziato a pensare alla sua migliore amica in quel modo?
Quando l’afferrò per un polso per trascinarla in macchina, lei impuntò i talloni, facendo resistenza.
«Non è neanche l’una!» ribatté, mentre il moro le ordinava di mettersi la cintura.
«Non mi importa, è ora di andare via.»
Caitlin sbuffò, posando la fronte contro il finestrino. «Ti odio» borbottò, non appena lui mise in moto. E avrebbe continuato a farlo anche il giorno dopo, fino a che il ragazzo non si presentò al suo armadietto con un pasticcino.
 
Da quel momento, per Barry fu chiaro che la presenza di lei, nella propria vita, era del tutto essenziale.
 
A diciassette anni si iscrissero insieme al corso avanzato di Biologia Molecolare.
A diciotto, lui l’accompagnò al ballo della scuola. La ragazza indossava un abito lungo, con scollatura all’americana; il petto era velato da un corpetto color argento, e la pancia era lasciata scoperta, mentre una gonna di tulle acquamarina le fasciava i fianchi. Aveva i capelli raccolti da un lato, e l’amico la guardò estasiato, mentre scendeva lentamente le scale su quei tacchi vertiginosi.
Quando gli fu accanto, Barry tirò un sospiro di sollievo nel constatare che nonostante le scarpe di lei, lui continuava ad essere più alto di qualche centimetro.
Le aveva legato il bouquet da polso, e dopo aver scattato alcune foto erano saliti entrambi sulla sua Simca 1000 rosso fiammante, diretti verso la loro festa.
Si divertirono molto, danzando sulle note di un dj davvero bravo; ma il ragazzo poté giurare di non ricordare nulla, a parte il lento che avevano ballato insieme. Quasi quell’istante avesse surclassato tutti gli altri, rendendoli una macchia indistinta.
Il capo di lei sulla sua spalla; le braccia di lui attorno alla sua vita. Il resto non sembrava più così importante. 
 
A diciannove anni Caitlin ebbe quattro fidanzati, tutti degli idioti che alla fine la fecero solo soffrire.
A vent’anni, lei e Barry andarono entrambi all’Università. Lui scelse Chimica, lei Bioingegneria.
Quando la ragazza si laureò, il moro aveva già ottenuto la propria da un pezzo, ed era in procinto di intraprendere degli studi di Criminologia.
«Come dovrò chiamarti, ora?» la prese in giro il ragazzo, durante il banchetto che seguiva la cerimonia di premiazione.
Caitlin gli rifilò un’occhiataccia, ricordando tutti i futili appellativi che gli invitati le avevano affibbiato per complimentarsi con lei, stringendole con vigore la mano. «Si sta prendendo gioco di me, Mr. Allen?» lo minacciò, al ché lui sorrise, mostrando i palmi in segno di resa.
«Non mi permetterei mai, Dottor Snow.»
A loro piaceva darsi del lei, chiamandosi per cognome. Era una cosa che facevano dall’età di dieci anni, e anche se il più delle volte era un modo per schernirsi a vicenda, Barry considerava quello scambio di battute parte integrante della propria routine.
 
A ventisei anni la mora acquistò un piccolo appartamento in pieno centro, a Central City; e nonostante odiasse l’idea che a pagarle l’affitto fosse il padre, non poteva che essergli grata del ‘piccolo regalino’ che le aveva fatto.
«Non capisco perché ti ostini a non parlargli» la rimproverava Barry, e lei, inevitabilmente, faceva spallucce.
«Non abbiamo niente da dirci» si limitava a replicare. «E poi non voglio ascoltarlo mentre tenta di convincermi di trasferirmi a Malibu con lui e la sua terza moglie. La mia vita è qui, e non sono ancora pronta a lasciarla.»
Neanch’io, pensava sempre lui, ma ogni volta si teneva bene dal dirlo ad alta voce.
Come avrebbe fatto, senza Caitlin? Aveva paura anche solo di immaginare le proprie giornate senza la melodia della sua risata.
 
A ventisette anni Barry entrò a far parte della scientifica della polizia, e per festeggiare la Snow e sua nonna gli organizzarono una modesta festa a sorpresa, invitando lo stretto indispensabile di persone.
«Sono così fiera di te» lo aveva abbracciato Claire, stringendolo come se non volesse lasciarlo andare mai più.
Quella stessa sera, dopo che tutti se ne furono andati, lui e Caitlin uscirono per fare una passeggiata nella tiepida notte di quel martedì di Marzo.
«Non hai toccato neanche un bicchiere di tequila» si era complimentato il ragazzo, al ché lei aveva arricciato il naso, regalandogli una smorfia.
«Ero venuta lì per te, non volevo rischiare di svegliarmi domani mattina senza ricordare la faccia che hai fatto quando Emily Jow ti ha dato il suo regalo.»
«Dio, quel maglione era orribile!»
Risero entrambi di gusto, rendendosi conto solo dopo di essere arrivati nei pressi della quercia; la loro quercia.
Seduti ai piedi del tronco, sollevarono gli sguardi per osservare le stelle.
«Ricordi quando eravamo piccoli e giocavamo con il mappamondo in camera mia?» domandò la ragazza, e la bocca di lui si incurvò in un sorriso sghembo. «Chiudevamo gli occhi, lo facevamo girare, e quando si fermava indicavamo un punto a caso.»
«Volevamo visitarli tutti, quei posti» mormorò Barry, sovrappensiero.
«Ce l’ho ancora, quella lista, sai?» affermò quindi lei. «Anche se fin ora il viaggio più lungo che abbiamo fatto è stato quello per Starling City» ridacchiò, per poi guardarlo negli occhi. «Secondo te riusciremo mai a completarla?»
«Ma certo!» esclamò lui, soppesando attentamente i propri pensieri. «Presto o tardi – e soprattutto quando sarò abbastanza ricco da poterlo fare- ti porterò dove vorrai» promise, intrecciando le dita alle sue. «Fino alla fine, e anche oltre, ricordi?»
Quella semplice frase valeva più di mille parole. Più di mille ‘ti voglio bene’, di mille carezze, di mille abbracci e di mille risate.
Quello lì era un patto, un giuramento sancito anni prima da due bambini che non volevano lasciarsi mai, per nessun arcano motivo.
Era il filo invisibile che legava due cuori, al di là delle distanze e degli scherzi del destino.
«Fino alla fine, e anche oltre» annuì lei, posando la testa sulla sua spalla.
 
Ci sono persone a questo mondo che non puoi far altro che amare, non importa cosa tu voglia o quale sia il rapporto che vi lega.
Loro sono destinate a salvarti, risollevandoti dal baratro della desolazione proprio quando meno te lo aspetti.
Ci sono persone che resteranno al tuo fianco per sempre. Che saranno il tuo passato, il tuo presente e il tuo futuro.
Ci sono persone a cui basta uno sguardo, un cenno del capo, un sorriso, per farti stare bene; le cui braccia sono la dimora più sicura del mondo, e che ti conoscono più di quanto tu conosca te stesso.
Per Barry, Caitlin era una di quelle persone. E avrebbe continuato ad esserlo comunque, anche se le loro strade, un giorno o l’altro, si fossero separate.
Ora avevano ventotto anni, e lui non aveva mai avuto il coraggio di rivelarle i propri sentimenti. E non l’avrebbe mai fatto, poco ma sicuro.
Ormai era troppo tardi, e la loro amicizia era troppo importante, perché la sua impulsività mandasse tutto a rotoli.
Non poteva permettersi di perderla.
Lei era la cosa più bella che gli fosse mai capitata.  


Angolo Scrittrice. 
Bounjour a tout le monde!
Dunque, mi chiamo ValeryJackson, e come avrete tutti ben capito, sono qui per propinarvi una delle mie storie. 
Ho notato che (per quanto riguarda a fanfiction) non è molto frequentato, questo fandom. E la cosa mi dispiace tanto, perchè trovo che The Flash sia una delle serie tv meglio riuscite degli ultimi dieci anni. 
Beh, che dire? Snowbarry nel cuore, no? ahahah
Permettetemi di dire tre rapide parole riguarda questa mini-long.
Innanzi tutto, non ho idea di quanto durerà. All'inizio avevo calcolato una quindicina di capitoli (o giù di lì), ma questo numero potrebbe variare. Dipende dal successo che avrà, e se saranno in molti -relativamente parlando- a seguirla. In tal caso, potrebbe diventare più lunga. Nell'ipotesi, invece, in cui faccia schifo a tutti, verrà interrotta, dato che non ho voglia di annoiare nessuno. 
Mi piacerebbe davvero che questa fosse diversa, perchè tutte le storie che ho seguito qui, prima o dopo sono state lasciate in sospeso, per non essere mai continuate. 
Non so se le miee idee vi piaceranno, ma doveva farlo per forza. Chi come me shippa Barry e Caitlin lo capirà. 
Nessuno si è mai chiesto come sarebbero andate le cose se fosse stata lei, la sua migliore amica, e non Iris? Beh, io ho provato ad immaginarlo, e questo è il risultato. 
Premetto alcune cose:
- Nonostante luoghi e personaggi siano pressocchè gli stessi, questa fic non avrà come protagonista un Barry Allen che diventa Flash. Sarà semplicemente un ragazzo normale, che esce con gente normali e che fa cose... beh, normali. Non vi sono supereroi o cose del genere, e questo spiega il motivo per cui vi sono gli avvertimenti AU e What if?. 
- La storia e ciò che vi accade è tutto frutto della mia fantasia, ovviamente, ma spesso troverete dei riferimenti alla serie originale, come ad esempio battute, circostanze, azioni o quant'altro. Questo per due motivi. Il primo, per rendere il tutto più verosimile, più credibile. Il secondo, perchè una Snowbarry shipper come me non può non ricordare alcune tra le più belle citazioni che questi due marshmallows si sono scambiati. Sarebbe ssemplicemente ingiusto, ptf. 
- Appariranno anche alcuni personaggi dell'universo di Arrow, oppure verrano semplicemente citati, yep. 
- Questo prologo iniziale ho preferito sfruttarlo per spiegarvi al meglio il rapporto che ho immaginato per Mr. Allen e il Dottor Snow. Ho tentato di racchiudere in poche righe tutti gli avvenimenti importanti nei quali si sono imbattuti da quando si conoscono, che come vedete li vedono perlopiù insieme. Il primo capitolo inizierà direttamente dal punto in cui questo si è interrotto, ovvero con i nostri due giovani che hanno ventotto anni. Forse ci saranno dei flashback, ma di questo non sono del tutto sicura. Verranno poi aggiunti nei capitoli a seguire nuovi dettagli che caratterizzano il loro rapporto, e che ho preferito non insierire qui, per non renderlo pesante e confuso. 
- Non preoccupatevi se Caitlin, per i primi tempi, vi sembrerà un po' OOC. Sembrerà strano, ma è del tutto voluto. Come potete notare, però, quest'avvertimento nelle note non c'è. Ergo, presto la dolce Snow diventerà quella che tutti noi conosciamo. C'è un perchè a questa mia scelta di giustificare il suo comportamento 'perfezionista' con un determinato avvenimento, e mi piace pensare a lei come una che prima di lavorare agli Star L.A.B.S. si divertisse; alla quale piacesse andare alle feste e fare la bella vita. Non so perchè ho sempre immaginato ccosì la sua adoloscenza, ma ho voluto condividere con voi questa mia visione ahah
- Barry, in questa long, non è mai andato a vivere a casa di Iris. E' per questo che ho inserito il personaaggio della nonna Claire. Immagino per lei lo stesso ruolo che ha avuto Joe nella vita del ragazzo, solo che al femminile. Spero che riuscirete ad amarla, e che possa conquistare i vostri cuori proprio come ha fatto il vecchio West. 
- Il banner l'ho fatto io, e anche se fa un po' schifio, spero vi piaccia. Non so se verrà cambiato nel corso della storia, ma per ora resterà quello lì. 
Bien, bien. Credo di aver detto tutto. 
Chi mi conosce sa che sono solita pubblicare il martedì; ma nuovo fandom, nuove regole! Perciò, tenterò di pubblicare una volta a settimana, il lunedì. E se tutto va bene, forse aggiornerò anche con più frequenza, ovvero due volte. 
Tecnicamente ora dovrei dirvi che ci si vede il prossimo lunedì, ma purtroppo parto per le vacanze sabato, e non potrò aggiornnare per due settimane. Vedrò di rilasciare il primo capitolo questo venerdì, quindi, ma non prometto nulla ahah
Che altro? Well, fatemi sapere che cosa ne pensate. Le vostre prime impressioni, se vi è piaciuto. Accetto appieno anche le peggiori critiche, seppur costruttive. 
Mi auguro di non aver fatto una pazzia, pubblicando questa storia. 
Alla prossima, speeders! 
Da questo momento anche vostra, 

ValeryJackson

 

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Capitolo 2
*** Chapter 1 ***




Barry rise, divertito dall’idea che nonostante quel signore fosse del tutto incapace di cantare, si era comunque offerto volontario per il karaoke. 
Stava trasformando senza pudore i bellissimi acuti che caratterizzavano Emotions di Mariah Carey in un ragliare continuo, ma dal modo in cui trascinava lentamente le parole si capiva che era ubriaco, per cui – invece si insultarlo- il pubblico sorrideva della sua performance, accompagnando la musica con il battere delle mani.
Era stata Caitlin a chiedergli di incontrarsi lì, ma non aveva voluto spiegargli il motivo. Barry aveva imparato che quando la sua migliore amica fissava un appuntamento con così largo anticipo (l’aveva chiamato addirittura quella mattina, non scherziamo) voleva dire che aveva delle notizie importanti da dargli. Se si rifiutava anche di riferirgliele per telefono, poi, allora c’era in ballo roba grossa.
Barry non aveva mai amato quel posto, ma erano soliti andarci per poter bere qualcosa prima che la ragazza iniziasse a farfugliare cose senza senso a causa dell’alchool. Era a meno di un isolato dal suo appartamento, per cui per lui era più semplice, dopo, riaccompagnarla a casa.
Controllò distrattamente l’orologio, calcolando il tempo che mancava prima del suo arrivo.
Caitlin Snow giungeva agli appuntamenti con esattamente sette minuti e quarantacinque secondi di ritardo. Il ragazzo si divertiva a contarli, anche perché lei era l’unica persona con cui non doveva preoccuparsi della puntualità.
Lui e gli orari non erano mai stati in ottimi rapporti, ma finalmente aveva trovato qualcuno con il quale non essere costretto ad inventare una scusa.
Erano le 20:37. Barry contò in silenzio.
«E tre… due… uno» mormorò tra sé e sé, prima di voltarsi verso la porta nell’istante stesso in cui questa si spalancava.
Caitlin fece il proprio ingresso nel locale, facendo scorrere lo sguardo tra i tavoli finché non individuò l’amico.
Indossava un attillato vestito nero, lungo fino a metà coscia. Aveva le maniche a tre quarti, e una notevole scollatura che metteva in mostra il bel seno senza però sembrare volgare. Le punte dei suoi capelli si arricciavano in teneri boccoli, ed un ombretto scuro faceva risaltare i suoi penetranti occhi marroni.
Non appena la vide, il cuore del ragazzo mancò un battito; ma non si rese conto di aver trattenuto il fiato finché la mora non inarcò un sopracciglio, interdetta.
«Che c’è?» domandò, al ché lui scrollò il capo, imbarazzato.
«Oh, ehm, niente» balbettò, arrossendo leggermente. «È che stai… davvero…» Cercò il termine giusto. «Bene.»
La ragazza sembrò lusingata da quel complimento, perché gonfiò il petto, accomodandosi accanto a lui. «Beh, non potevo certo vestirmi come la preside di un liceo» gli fece presente, appendendo la propria borsa allo schienale della sedia. Poi notò il bicchiere ancora pieno del moro, colmo di un liquido trasparente. «Uh, ti dispiace?» gli chiese, e prima ancora di ricevere una risposta iniziò a bere la bevanda, buttandola giù tutta d’un fiato.
«Però, lo stai…» boccheggiò Barry, stupito. «Te lo sei finito in fretta.»
«Mh» deglutì lei, con un sorriso sghembo. «Dobbiamo festeggiare.»
«Festeggiare cosa, esattamente?» si informò lui.
Caitlin raddrizzò le spalle, con aria fiera. «Beh, si dia il caso che la tua migliore amica domani abbia un colloquio di lavoro.»
«Davvero?» esclamò Barry, lieto di quella notizia. «Wow, Cait, ma è fantastico!» gioì. «E per cosa?»
«Non ‘cosa’. Chi» lo corresse la ragazza, per poi prendere un profondo, lungo respiro. «Il Dottor. Wells» rivelò, trattenendo a stento l’eccitazione. «Il presidente dei Laboratori S.T.A.R.»
«Harrison Wells?» si meravigliò quindi lui, fissandola con occhi sgranati. «Quel Dottor. Wells?»
«Già.»
«Ma come…?» Il ragazzo esitò, aggrottando la fronte leggermente confuso. «Quando hai…?»
«Ho inviato il mio curriculum qualche mese fa» lo interruppe allora lei, intuendo dove l’amico volesse andare a parare. «Non te l’ho detto perché non pensavo di essere richiamata. Ma ora eccomi qui, e me la sto facendo sotto.»
«Caitlin, è una notizia grandiosa» si complimentò Barry, con aria seria. «Sogni di lavorare per lui da quando avevi tredici anni, e adesso ce l’hai fatta.» Le sorrise. «Sono fiero di te.»
«Ti ringrazio» convenne la Snow, con un timido cenno del capo. «Ma il posto non è ancora mio. È questo il motivo per il quale siamo qui.»
«Ovvero?»
«Voglio divertirmi» confessò la mora. «Se ottengo quel lavoro, non avrò più il tempo di fare questo genere cose. Quindi, stasera apriamo un conto.»
Il ragazzo prese fiato, pronto a replicare, ma lei fu più veloce, chiamando la cameriera con un gesto.
«Mi scusi?» le intimò. «Possiamo ordinare?»
«Prendiamo due di questi?» propose lui, alludendo al drink che la ragazza aveva da poco sgolato.
Caitlin arricciò il naso. «Non mi piace, è analcolico» gli ricordò, disgustata, per poi rivolgersi alla donna tutte curve che le si era avvicinata. «Per me un Kamikaze, grazie.»
Barry inarcò le sopracciglia, consapevole del tasso alcolico di quella bevanda.
«Per lei, signore?»
«U-Un Martini, se non le dispiace.»
La donna appuntò l’ordine su un block-notes. «Perfetto. Arrivano subito.» E detto questo, sparì in direzione del bancone.
«Alla mia salute» esultò Caitlin, non appena ebbero entrambi i rispettivi bicchieri in mano.
«Alla tua salute» pattuì lui, poco convinto; sollevò però il calice in suo onore, contento del traguardo raggiunto dall’amica.
Dopo di ché, insieme, bevvero in un unico sorso.
 
~
Il ragazzo si rese conto troppo tardi che –molto probabilmente- avrebbe fatto meglio ad impedire alla mora di superare il quinto bicchiere.
Caitlin non era mai stata in grado di reggere un’elevata quantità d’alchool, al contrario di lui, che invece aveva bisogno di un considerevole numero di shot per perdere la sobrietà.
Quando, dopo il quarto drink, la ragazza aveva cominciato a biascicare parole senza senso, ridacchiando isterica nonostante non ne avesse alcun motivo, Barry aveva intuito che era arrivato il momento di riportarla a casa.
Ma non appena aveva fatto per trascinarla verso la porta, lei aveva impuntato i piedi, lamentandosi del fatto che se avesse ottenuto il lavoro, il giorno seguente, quella sarebbe stata l’ultima sera in cui avrebbe potuto permettersi un pizzico di follia, e che quindi lui non aveva il diritto di rovinare tutto così.
Il moro aveva aperto la bocca per ribattere, ma poi, per un motivo o per l’altro, aveva esitato.
La Snow aveva ragione: si erano riuniti lì per divertirsi. Dovevano festeggiare il grande traguardo che la ragazza stava per raggiungere; in fondo, cosa c’era di male a svagarsi un po’?
«Tra un’ora andiamo via» aveva concesso con un sospiro il ragazzo, e lei, tutta contenta, si era messa a saltellare sul posto.
Barry non avrebbe mai immaginato che, di lì a poco, si sarebbe pentito della propria decisione.
«Mr. Barry Allen, signore e signori!» dichiarò una voce al microfono, mentre lui si dirigeva svogliatamente al bancone. Il giovane sussultò, voltandosi repentinamente in direzione del piccolo palco.
«Coraggio, vieni qui con me!» lo invitò Caitlin, e lui non poté fare a meno di chiedersi come ci fosse finita, là sopra.
Le fece cenno di no, agitando una mano all’altezza del collo. Ma lei, anziché cogliere il messaggio, si finse imbronciata.
«Oh, andiamo!» insisté. «Vediamo che sai fare, forza!» lo sfidò, poco prima di invogliare il pubblico ad esibirsi in un simpatico coro.
«Barry! Barry! Barry! Barry!»
Continuavano a ripetere il suo nome con così tanta veemenza che il ragazzo era arrossito, chinando il capo imbarazzato quasi bastasse quel gesto, a nasconderlo agli occhi dei presenti.
Dopo di ché si era avviato lentamente verso l’amica, scatenando un’esultazione generale.
Barry fece roteare gli occhi, con la ragazza che gli dava di gomito, compiaciuta.
«Non sono bravo a cantare» le fece notare, con condiscendenza. «E tu a reggere l’alchool.»
«Faremo tremare questo posto!» trionfò lei, al ché lui le diede dei leggeri colpetti dietro la schiena, come se avesse a che fare con una bambina.
«Adesso fa la brava, però, okay?» mormorò, qualche secondo prima che partisse la base.
Barry si sorprese nel constatare che la mora avesse scelto Summer Nights del film Greese, dato che quella pellicola, in realtà, non le era mai piaciuta.
Ma a conti fatti, era ubriaca, no?
«Summer loving had me a blast» iniziò a cantare lei, che, come dimostrò, non era famosa per essere in possesso di una voce melodiosa. «Summer loving happened so fast!»
«I met a girl crazy for me» si unì lui, e la ragazza strabuzzò gli occhi, stranita. Da quando il suo migliore amico poteva fare concorrenza ad un usignolo?
«A met a boy» continuò comunque, stupita. «Cute as can be.»
«Summer days drifting away…» Il ragazzo le intimò con un gesto di unirsi a lui, cosa che lei fece volentieri.
«To, uh oh, those summer night. Well-a, well-a, well-a, huh!»
 
~
 
«Tu sai cantare?»
Caitlin sembrava incredula. Barry si lasciò sfuggire un sorriso, mentre la mora afferrava un bicchiere di vodka dal tavolo del banco, finendolo in pochi secondi.
«Sicura che fosse tuo?» le domandò il ragazzo, non ricordando di averne ordinato uno.
Lei fece una smorfia, disgustata. «In effetti no.» Poi si strinse nelle spalle. «Devo andare in bagno» annunciò.
«Va bene» annuì lui, e non appena la Snow sparì dal suo campo visivo, spostò la propria attenzione sul barista.
«Scusi, mi dà un bicchiere d’acqua?» gli chiese. Ma questo, senza scomporsi, finse di non averlo sentito.
«Ehi?» riprovò quindi Barry, ma quello continuava ad ignorarlo. «Fa sul serio?»
Era ben consapevole di non andare molto a genio alle persone che lavoravano in quel locale. Non era quello che poteva definirsi ‘un buon consumatore’. Anzi, la maggior parte delle volte che vi andava, non consumava affatto.
Il loro mestiere era quello di vendere alcolici, ovviamente; quindi che se ne facevano di un cliente che ordina al massimo un drink?
«Le dispiacerebbe darmi un bicchiere d’acqua?» esordì a quel punto qualcuno al suo fianco, distogliendolo bruscamente dai suoi pensieri.
A quella richiesta, il barista sollevò finalmente lo sguardo; e accorgendosi della bella ragazza che aveva di fronte inarcò le sopracciglia, dipingendosi sul volto un cordiale sorriso.
«Ecco a lei» assentì, porgendoglielo sotto lo sguardo atterrito di Barry.
«Davvero?» esclamò infatti quest’ultimo, indignato; ma quando l’uomo gli diede nuovamente le spalle, sentì una mano picchiettare sul proprio braccio.
«Puoi prenderlo tu, se vuoi» affermò la stessa giovane di prima, offrendogli il bicchiere con aria cortese. «Non sono certa dell’assoluta pulizia di quel rubinetto.»
Barry si prese qualche secondo per osservarla. Era più bassa di lui di circa una spanna, e questo nonostante indossasse un paio di tacchi. Aveva una gonna blu scuro a fasciarle i fianchi, e appuntata una giacca dello stesso, identico colore. La sua pelle era candida, quasi eburnea; i capelli color biondo cenere e i lineamenti gentili.
Portava gli occhiali, ma dietro quella montatura quadrata e un po’ nerd si celavano due grandi e timide iridi azzurre.
«G-Grazie» balbettò lui, un po’ interdetto, ma pur sempre grato.
«Non c’è di che» fece spallucce lei, porgergli subito dopo la mano, con un sorriso. «Mi chiamo Felicity» si presentò, per poi affrettarsi ad aggiungere: «Smoak.»
«Barry» replicò il ragazzo, stringendo tra le sue que quelle dita delicate e sottili. «Allen.»
«Sì, l’avevo capito» ridacchiò la ragazza, al ché lui inarcò un sopracciglio, confuso. Fu allora che la bionda gli indicò con un cenno il palco, e se possibile, Barry si sentì ancora più a disagio.
«Oh, ehm, già…» ciangottò, grattandosi distrattamente la nuca.
«Era la tua ragazza, quella?» 
«Oh, no.» Il moro guardò nel punto in cui era sparita Caitlin, scegliendo con accortezza le parole. «Noi siamo… siamo soltanto amici.»
Forse Felicity era capace di interpretare perfettamente ogni suo pensiero. Era normale avere quel genere di sensazioni con una persona che si è appena conosciuta?
Eppure lei parve leggere tra le righe, perché si esibì in un sorriso sghembo, come se comprendesse appieno la situazione nella quale lui da tempo albergava.
«Non ti ho mai vista da queste parti» asserì velocemente Barry, voglioso di cambiare discorso.
«È perché non sono di qui.»
«Ah. E da dove vieni?»
«Starling City.»
Quell’informazione sembrò meravigliarlo. «E cosa ci fa una ragazza come te in un posto come questo?»
«Intendi il locale?» domandò lei, arricciando il naso. «In realtà, credo di essermi persa. Avevo intenzione di prendere un drink prima di tornarmene in albergo, ma il signore a cui le ho chieste deve avermi dato le informazioni sbagliate, perciò…»
«No, mi riferivo a Central City» la interruppe lui, divertito.
«Oh. Beh, ecco… lavoro per la Queen Consolidated» rivelò. «Sono il loro informatico migliore. E dato che il mio… capo» -e faticò a pronunciare quella parola-  «Oliver Queen doveva un favore ad un amico, mi ha mandata qui perché lo aiutassi con un caso.»
«Che genere di caso?»
Felicity lo squadrò. «Non so se sono tenuta a dirtelo. Sai com’è, non vorrei che poi mi arrestassero o cose del genere. È già successo una volta. Non che mi arrestassero, ovvio! Voglio dire, c’è mancato poco… ma questo non significa che avessero ragione di farlo. Si era trattato solo di un errore, naturalmente. Non faccio mica cose illegali, io…»
«Va bene, ho capito» la bloccò ancora una volta Barry, al ché lei sospirò, soffocando una risata nervosa.
«Scusa, a volte parlo troppo.»
«Non importa.»
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata, e, per un attimo, nessuno di loro parlò. Poi lei capì di essersi soffermata sui suoi occhi verdi un po’ più del necessario, e imbarazzata distolse lo sguardo, volgendolo distrattamente all’orologio che aveva al polso.
«Sarà meglio che vada, se domani non voglio svegliarmi tardi» annunciò, raddrizzandosi gli occhiali.
Il moro annuì, accarezzandosi la base del collo. «Beh, buona fortuna con il tuo 'caso', allora.»
«Buona fortuna anche a te» ricambiò la ragazza, nonostante a lui non fu chiaro a cosa si riferisse. «Magari ci rincontreremo, Barry Allen.»
«Magari sì, Felicity Smoak.»
E scambiato un ultimo saluto, la bionda si allontanò, lasciandolo nuovamente solo accanto al bancone. Solo in quell’istante, Barry si accorse dell’arrivo di Caitlin, che con un’espressione indecifrabile osservò la giovane andare via.
Poi posò i propri occhi scuri sull’amico.
«Barry» profferì, con tono urgente. «Non mi sento molto bene.»
Il ragazzo parve intuire subito, perché si alzò di scatto dalla sedia sulla quale si era accomodato.
«D’accordo, andiamo» le intimò, posandole una mano dietro la schiena per condurla fuori dal locale.
 
~
 
Barry aveva fatto appena in tempo a portare la propria amica all’aria aperta che questa si era piegata in due, vomitando sul marciapiede tutto quell’alchool che –si scoprì dopo- aveva ingerito a stomaco semivuoto.
Lui aveva avuto la premura reggerle i capelli, mentre lei sembrava in procinto di rigettare anche le sue stesse interiora; le aveva dato dei colpetti incoraggianti sul dorso, mormorandole dolcemente frasi come «Brava, così», oppure «È tutto finito. Ancora un ultimo sforzo», nel tentativo di renderle quella situazione, per quanto possibile, meno spossante di come in realtà apparisse.
Una volta che lei ebbe dato sfogo a tutti i suoi malesseri, fu colta da improvvise vertigini. Si accasciò contro il petto dell’amico, che però la sorresse, evitandole così di perdere i sensi.
Era abituato, ormai, a gestire la ragazza nel momento in cui questa era nel bel mezzo di una sbornia; era sempre stato lì per questo: per proteggerla, ed impedirle di cacciarsi in guai che poi, il giorno dopo, non avrebbe neanche ricordato.
«Sto bene» si sforzò di tranquillizzarlo la Snow, ma suonava del tutto poco convincente, mentre faticava a reggersi in piedi. «Sto…»
«Vado a pagare, okay?» le tolse la parola Barry, parlando con tono pratico. «Tu resta qui. Anzi, no, vieni con me, che è meglio. Ci metteremo solo un secondo, d’accordo?»
Caitlin annuì, poco convinta, e si fece trascinare di peso all’interno, affinché il moro recuperasse anche le loro cose e l’accompagnasse a casa.
Un isolato sarebbe stato una passeggiata, da percorrere, se il ragazzo non fosse stato costretto a condurre con forza l’amica per quasi tutta la durata del tragitto.
Alla fine, dopo l’ennesima protesta da parte della mora - che ostinata insisteva col dire che non aveva più voglia di camminare, e che quindi avrebbe potuto benissimo dormire lì -, Barry le passò una mano nell’incavo delle ginocchia, coricandosela in braccio e percorrendo l’ultimo tratto che li separava dall’appartamento di lei.
Non la lasciò andare neanche quando salirono le scale. Caitlin non aveva neanche fatto caso alla giacca che lui le aveva teneramente posato sulle spalle, nonostante continuasse a stringervisi sempre di più, quasi le bastasse 
quello per poter scomparire.
Una volta entrati nell’abitazione, la ragazza fu nuovamente libera di procedere sulle proprie gambe. Ma non appena si guardò intorno, sul suo viso comparve una smorfia contrariata.
«Ci stiamo ancora muovendo?» domandò, al ché lui si lasciò sfuggire un risolino.
«No. Siamo a casa tua.»
«Ah.» La Snow si stropicciò gli occhi, assonnata. «Mi porti in camera?»
«Certo.»
Barry era stato innumerevoli volte in quel posto, eppure aveva sempre la sensazione di inoltrarsi nella dimora di un estraneo. Non c’era nulla che facesse pensare a Caitlin, lì. I mobili erano impersonali, le pareti tutte dello stesso, monotono colore. Vi erano appesi vari quadri per i corridoi, ma il ragazzo era sicuro che neanche lei ne conoscesse l’artista, o la provenienza.
Il moro sapeva che alla sua amica non piaceva cambiare. Da quando i suoi genitori si erano separati, lei era sempre stata alla ricerca dello stabile, della certezza.
Aveva acquistato quella casa esattamente così com’era ammobiliata, e dall’istante in cui vi aveva messo piede, aveva deciso che lei non era nessuno per potersi permettere di stravolgere quel karma.
Era convinta che ogni cosa persistesse in uno stato per una ragione ben precisa ed inspiegabile; e che quindi nessuno avrebbe mai dovuto prendersi la briga di cambiarla.
Parlandone con la nonna, Barry aveva capito che la sua non era altro che una sorta di ripicca verso i genitori, come se volesse accusarli di aver distrutto ogni sua certezza con il loro inaspettato divorzio.
«Pensi di chiamarla?» gli chiese all’improvviso la Snow, al ché lui la fissò, perplesso.
«Chi?»
«Quella ragazza» specificò quindi lei, sfilandosi con sollievo le scarpe. «Quella che… ti ha lasciato il numero.»
«Oh, ti riferisci a Felicity?» intuì allora lui, e Caitlin si fermò un attimo per assimilare quel nome, scandendolo lentamente a sé stessa. «No, lei… non mi ha lasciato il suo numero. Io non ci ho… nemmeno pensato.»
«Sì che ci hai pensato» lo corresse la mora, maliziosa, per poi scagliare i tacchi dall’altra parte della stanza, accanto alla porta. «Ma io ti conosco bene. Hai avuto paura che tu non fossi alla sua altezza, e te la sei fatta scivolare tra le dita perché sei convinto di non meritare la felicità. Quello che non capisci, però, è che anche tu hai bisogno di essere salvato, ogni tanto…»
Mentre diceva questo, la ragazza aveva cominciato a sfilarsi il vestito, e nell’attimo in cui Barry se n’era accorto si era voltato, imponendosi di non violare la sua privacy. Non che non conoscesse il corpo della sua migliore amica; ma provava ancora un forte imbarazzo quando lei si spogliava dinanzi a lui.
Certo, per Caitlin non c’era nulla di male; ma il ragazzo faticava a mantenere la concentrazione guardandola semplicemente negli occhi, figurarsi quando lei era seminuda.
«Mi aiuti, per cortesia?» lo pregò ad un tratto la Snow, e voltandosi, Barry si rese conto che le si era incastrata la zip del vestito. Si sforzò di non soffermare lo sguardo sul suo reggiseno di pizzo, mentre annuiva.
«Oh, ehm… ma certo.» E datole una mano con la cerniera si offrì di andarle a preparare una tisana, uscendo dalla camera prima che rischiasse di arrossire violentemente davanti a lei.
Quando tornò con una camomilla in mano, la ragazza indossava già il pigiama.
«Non ti sei sentito un eroe, prima?» lo canzonò, con un sorrisetto divertito. «Mi hai salvata dal mio vestito cattivo.»
«A letto» le ordinò lui, con un cenno. E la mora, con riluttanza, obbedì.
«Non hai neanche dato una sbirciatina, però.»
Barry ridacchiò. «Non sarei un granché come eroe, se l’avessi fatto. Non trovi?»
«Sì, ma così mio offendo» si imbronciò lei, adagiandosi sul morbido materasso. «Vuol dire che non mi trovi abbastanza attraente. Il ché non è una cosa carina da dire alla tua migliore amica.»
Il ragazzo le tirò su le coperte, rimboccandola con cura; poi si inginocchiò al suo fianco, con un sorriso.
«Bevi tanta acqua, va bene?»
Caitlin lo guardò negli occhi. «Grazie per la serata» sussurrò, riconoscente. «Con te riesco sempre a divertirmi.»
Il moro le accarezzò delicatamente il capo, spostandole una ciocca di capelli dalla fronte. «Quando vuoi» giurò. Ma non appena fece per andarsene, lei lo richiamò.
«Barry?»
«Mh?»
«Resteresti con me finché non mi addormento?»
Il giovane sembrò stupito da quella richiesta. In altre circostanze, la sua mente scientifica avrebbe valutato le varie anomalie di quel comportamento, deducendone che molto probabilmente quella che lei mostrava era una mancanza d’affetto, e che bisognava risalire alla radice del problema.
Ma l’altra sua metà, quella di migliore amico, prese il sopravvento nell’istante in cui la vide lì, piccola e indifesa; e arrivò a darsi dello stupido anche solo per aver pensato di lasciarla sola.
«Okay, sì» assentì, sedendosi sul bordo del letto, al suo fianco.
La Snow fece un respiro profondo, come se solo ora che aveva la sicurezza che lui sarebbe rimasto accanto a lei potesse finalmente riposarsi.
Chiuse sfinita le palpebre, mentre il ragazzo le accarezzava dolcemente un fianco. E prima che uno dei due potesse capacitarsene, Morfeo l’aveva già accolta tra le sue braccia; il suo respiro era diventato pesante e regolare, i lineamenti distesi e rilassati.
Barry l’avrebbe lasciata 
subito dormire in pace, se non si fosse beato del piacere di osservarla.
Pareva un angelo, in tutto e per tutto. Con quella pelle soffice, i capelli mogani, le labbra carnose e quel profumo inebriante, il giovane Allen non riusciva a capacitarsi che tanta bellezza fosse terrena.
Quante volte aveva immaginato di baciarla così, mentre lei dormiva? Di modo che non se ne accorgesse, facendo comunque sì che lui desse sfogo a quei logoranti sentimenti che provava nei suoi confronti, e che era stanco di reprimere in fondo al cuore.
Aveva visto Caitlin cambiare tanti ragazzi; uscire con più persone, partecipare ad innumerevoli feste e non tirarsi mai indietro di fronte ad un appuntamento.
Ma nonostante ciò, il suo amore per lei era rimasto immutato.
E allora che fare?
Avrebbe potuto dirglielo, ma sapeva che ormai era troppo tardi. Era stato troppo lento, ed era consapevole che se gliel’avesse rivelato adesso, non avrebbe fatto altro che rovinare lo splendido rapporto che li legava.
Doveva rassegnarsi ad essere un amico, e nient’altro.
Ma quanto può resistere un palloncino, prima che l’eccessiva pressione lo faccia scoppiare?
Quanto tempo un ghiacciolo può restare esposto al fuoco, prima che quest’ultimo lo logori fino a farlo scomparire?
Barry amava Caitlin, di questo ne era sicuro.
Avrebbe affrontato qualsiasi cosa per lei. Si sarebbe buttato sotto un treno; avrebbe anche accolto una pallottola nel proprio cervello.
Sì, sarebbe morto, pur di salvarla.
Questo lei, però, non poteva saperlo. E non l’avrebbe saputo mai.
Ma sarebbe davvero riuscito a mettere a tacere i propri sentimenti, che divampanti gli bruciavano il petto?
O questi prima o poi sarebbero esplosi tutti insieme, sortendo lo stesso effetto di una granata?

Angolo Scrittrice. 
Bien, bien, guys... Come promesso, sono riuscita ad aggiornare oggi, prima di rischiare di sparire per due settimane. 
Partendo dal presupposto che mi auguro con tutto il cuore che questo primo capitolo vi sia piaciuto, volevo annunciare che quando nel prologo ho affermato che avreste trovato delle scene in parte simili a quelle del telefilm mi riferivo specialmente -e forse unicamente- a questo capitolo. 
Ciò per dire che la storia non sarà certo così (ovvero un semplice riadattamento dell'originale). I capitoli che ne seguiranno saranno solo ed unicamente frutto della mia mente criminale, ovvio; ma non potevo far sì che un momento così snowberroso come questo non venisse riportato. Ma naturalmente ci sono le dovute modifiche ai fini della trama. 
Che dite? Spero che non abbia deluso le vostre aspettative. Come vedete, quella che ammiriamo adesso è una Caitlin Snow un po' fuori dall'ordinario; ma presto si trasformerà in quella di sempre, e c'è una ragione ben precisa per cui ho scelto di evidenziare questo cambiamento, ma non aggiungo altro. 
Barry, poi, incontra per la prima volta la nostra amata Felicity. Cosa ci fa a Central City? E che ruolo avrà nella storia? 
Ho tentato di mettere in risalto quel lato del Mr. Allen che tutti amiamo, ovvero quello dolce, sensibile e altruista. Non sono sicura di esserci riuscita senza cadere nel banale, ma questo dovrete essere voi a dirmelo. 
Vi è piaciuto il capitolo? Vi ha fatto schifo? Avete voglia di bruciare il computer pur di mettere fine a quest'agonia? 
Fatemi conoscere le vostre opinioni, belle e brutte che siano. Sono sempre favorevole alle critiche, purché queste siano puramente costruttive. 
Tranquilli, quest'Angolo scrittrice non sarà lungo come il precedente ahah, per questo termina qui.
Mi auguro che il capitolo vi abbia soddisfatto e non deluso, ma soprattutto che abbiate ancora voglia di seguire la storia, nel momento in cui verrà aggiornata. 
Va lascio con due gifs Snowbarry, che non fan mai male!
Sempre vostra,

ValeryJackson 

 

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Capitolo 3
*** Chapter 2 ***



Ogni mattina da quando Caitlin si era trasferita nel suo attuale appartamento, Barry aveva l’abitudine di aspettarla fuori dal cancello, con il caffè preferito di lei – ancora caldo stretto in una mano.
Un espresso con latte, ghiaccio, vaniglia, sciroppo d’acero e topping al caramello. Il ragazzo andava a comprarli non appena usciva di casa, e si affrettava da lei di modo che la mora non iniziasse la giornata senza.
Faceva ormai parte della loro routine, sorseggiare le proprie bevande fianco a fianco mentre si dirigevano verso i rispettivi impegni.
Quel dì non faceva eccezione.
Barry dovette aspettare solo i fatidici sette minuti, prima che la porta si spalancasse.
La ragazza indossava un paio di pantaloni gessati blu scuro, ed una giacca dello stesso colore. Ai piedi aveva dei tacchi vertiginosi, e con i capelli meticolosamente raccolti in un’ordinata coda di cavallo aveva un’aria del tutto professionale. Peccato solo per la sciarpa che aveva più volte arrotolato attorno al collo, e per gli enormi occhiali da sole che si era infilata per poter nascondere al meglio le occhiaie.
Non appena la vide, la bocca del moro si distese in un sorriso.
«Buongiorno!» trillò, al ché lei sobbalzò, facendo una smorfia contrariata.
«Troppo forte» si lamentò, e il ragazzo non poté fare a meno di ridacchiare, divertito.
«Volevo solo essere sicuro che avessi ancora il pieno controllo delle tue capacità mentali» fece spallucce, porgendole il bicchiere di cartone.
Caitlin bevve un sorso, arricciando di poco il naso. «Diciamo semplicemente che invidio la tua incapacità di non ubriacarti» annunciò, leggermente corrucciata. «Non ricordo nulla di ieri sera.»
«Ah, sì?» fece lui, fingendosi sorpreso. «Sai che ti dico? Forse è la cosa migliore.» Portò le labbra al proprio bicchiere, per poi canticchiare sommessamente: «Summer lovin’….»
«Oh, Dio, quello me lo ricordo» affermò imbarazzata la mora, e Barry si lasciò andare ad una sonora risata, che ben presto coinvolse anche lei.
Il giovane si era offerto di accompagnarla a piedi fino ai Laboratori S.T.A.R., e al di là delle proteste della ragazza, pareva irremovibile dalla sua decisione.
«Così non arriverai tardi a lavoro?» gli fece notare lei, con tono saccente. «Di nuovo.»
«Sono il loro miglior scienziato» le ricordò quindi lui, con tranquillità. «Il Capitano Singh non mi licenzierebbe mai.»
La Snow sbuffò dal naso. «Ma potrebbe dimezzarti lo stipendio» gli rammentò. «Soprattutto se continui ad inventarti delle scuse inverosimili. Sai qual è stata l’ultima, vero?»
«Un guasto al motore della macchina, già.»
«E sai perché era poco credibile?»
Barry sospirò, facendo roteare gli occhi. «Perché io non ho una macchina.»
«Esatto!» Caitlin gli diede un pugno sul braccio, in un gesto affettuoso. «È da quando la tua vecchia macchina è spirata sulla Paper Avenue che non guidi più. Una patente buttata nel gabinetto.»
«Almeno io non sono stato bocciato tre volte all’esame di guida, dico bene?» la punzecchiò a quel punto lui, al ché lei gli lanciò un’occhiata indignata.
«Questo era proprio un colpo basso, Mister. Allen!» esclamò, lasciandogli uno schiaffo sulla spalla che lui accolse con un risolino.
Ci volle esattamente un quarto d’ora di camminata, per poter giungere dalla dimora di lei a destinazione.
Quella degli S.T.A.R. Labs era una delle strutture più imponenti di tutta Central City. Si innalzava per ben sei piani, ognuno dei quali – si diceva - era diviso in settori ben specifici, dove si svolgevano le più disparate mansioni.
Nessuno dei due amici vi era mai entrato, se non prendendo parte alle visite guidate che ti mostravano solo una piccola parte di quello che era l’imponente universo costruito da Harrison Wells.
Al solo essere costretta a chinare il capo per poter scorgere la vetta dell’edificio, la ragazza sentì le proprie ginocchia cedere.
Per quanto tempo aveva sognato di poter inspirare a pieni polmoni quell’aria meccanica ed esultare: «Finalmente a casa»?
Troppo, e forse era proprio la consapevolezza di essere ad un passo dalla realizzazione dei propri obbiettivi ad invogliarla a voltare le spalle a quel posto e scappare via di corsa.
Era terrorizzata dall’idea di entrare lì piena di speranze, e uscirne a mani vuote.
Barry, al quale era bastato uno sguardo per interpretare i pensieri dell’amica, le accarezzò dolcemente un braccio.
«Ehi» le sussurrò, per poi intrecciare le dita alla sue. «Guardami.»
La Snow obbedì, incastrando le proprie iridi velate di lacrime a quelle smeraldine di lui.
«Come ti senti?»
La mora tentò di abbozzare un sorriso, invano. «Vuoi conoscere il mio stato fisico, o emotivo?»
«Andrà tutto bene, d’accordo?» la tranquillizzò il ragazzo, spostandole teneramente una ciocca di capelli dalla fronte. «Quel lavoro è già tuo.»
«Vorrei poterti credere, Barry. Ma la verità è che me la sto facendo sotto.»
«Questo è normale» le assicurò. «Ma non permettere a questa paura di prendere il sopravvento. Sei la migliore nel tuo campo, e questo lo sappiamo entrambi. E al di là di come andrà a finire, cerca di uscire da quella porta con la certezza di aver dato il massimo.»
Caitlin annuì, riconoscente.
«Coraggio, vieni qui» le intimò poi lui, attirandola a sé per stringerla in un confortante abbraccio. La ragazza nascose il viso nell’incavo del suo collo, ispirando a fondo quell’odore di colonia per lei ormai familiare.
Barry era sempre stato un punto fermo, nella sua vita. Il suo porto sicuro. Ed era in momenti del genere che si rendeva conto di quanto il destino fosse stato sublime, scegliendo di porre al suo fianco una persona che la completasse come lui.
«Mi auguri buona fortuna, Mister. Allen» mormorò flebilmente, al ché lui le posò un lieve bacio sul capelli.
«Dimostri a tutti chi è che comanda, Dottor Snow.»
Dopo di ché si separarono; e lei, prima di andarsene, si sfilò la sciarpa e gli occhiali, porgendoglieli senza dire una parola.
«Solita ora al bar, giusto?» domandò, e il giovane assentì, con un sorriso.
Poi la mora raddrizzò la schiena, gonfiando il petto fino a minacciare di farlo scoppiare.
Si avviò verso l’edificio con passo sicuro, e nonostante il suo cuore minacciasse di implodere per l’adrenalina, nulla nel suo portamento tradiva l’ansia che invece la seguiva come un mantello.
Quando uno degli uomini della sicurezza le indicò galantemente le due ante di vetro per mostrarle da dove dovesse passare, Caitlin capì di essere sul punto di compiere quel passo che – forse- le avrebbe cambiato la vita per sempre.
Esitò, indecisa e timorosa.
Poi lo fece.
E, quando le porte si richiusero con un fruscio metallico dietro di lei, le fu chiaro che da quell’istante non le restava altro che una tortuosa discesa.
 
~
 
Come volevasi dimostrare, Barry arrivò a lavoro con un dignitoso ritardo.
Tirare in ballo le consuete visite dal medico della nonna era uno ottimo modo per uscire dall’ufficio del capo senza che questi lo rimproverasse.
Purtroppo, però, c’era pur sempre uno scotto da pagare per il tempo perso a correre da una parte all’altra della città.
Il ragazzo si rese conto di quante mansioni avesse da svolgere solo quando il suo orologio biologico lo avvertì che stava per avvicinarsi l’ora di pranzo.
Buttando un’occhiata distratta alle lancette, decise di avvertire Caitlin che non sarebbe arrivato in tempo all'appuntamento.
La risposta dell’amica arrivò repentina, avvisandolo che lei lo avrebbe aspettato direttamente lì. Quando lui le chiese come fosse andato il colloquio, però, non ricevette più alcun messaggio.
Il giovane Allen non sapeva come interpretare quell’ostinato silenzio, e la curiosità lo tormentò tanto a lungo che quando timbrò il permesso per poter sostare due ore giunse al Jitters Café di corsa.
Lei, come d’accordo, era già lì. Seduta al loro solito posto, il tavolo che faceva angolo accanto alle finestre, sotto una gigantografia di una ciambella con gambe e braccia.
Era voltata di spalle, ma non appena il moro aprì la porta con uno scampanellio, fu come se la ragazza avvertisse la sua presenza.
Bastò un attimo, un semplice scambio di sguardi, e Barry vide il sorriso della giovane prima che questo si posasse sulle sue labbra.
La Snow si alzò di scatto in piedi, affrettandosi verso di lui; e quando fu abbastanza vicina gli buttò le braccia al collo, al ché il ragazzo la sollevò da terra, stringendole con gioia i fianchi.
«Lo sapevo!» esultò contro la pelle del suo collo, e Caitlin si lasciò andare ad una risata, fresca e cristallina.
«Allora, cos’è successo?» le domandò poi, mentre – entrambi emozionati – si accomodavano l’uno di fronte all’altra.
«È stato tutto così surreale che neanche me lo ricordo» ridacchiò la mora, che subito dopo, però, si portò una mano alla fronte, con aria incredula. «Quando sono arrivata lì, c’erano altri sette ragazzi pronti a fare il colloquio. Per un secondo, sono stata sul punto di girare sui tacchi e filarmela. Ma poi la segretaria del Dottor. Wells ha chiamato il mio nome, e così ho deciso che peggio di un rifiuto non potevo ricevere. E poi… lui ha letto il mio curriculum, le mie referenze, abbiamo parlato dei miei progetti… e quando mi ha stretto la mano mi ha detto che domani mi aspetta alle otto in punto ai Laboratori.»
«Aspetta» la interruppe Barry. «Questo vuol dire che…?»
«Mi hanno assunta!» proruppe la ragazza, ignorando le occhiatacce stizzite degli altri clienti. «Così, nell’arco di mezz’ora. Wells dice che sa riconoscere il potenziale di una persona dal modo in cui pianifica il proprio futuro. Non so cosa questo voglia dire, esattamente, ma da oggi ho finalmente un lavoro. Un lavoro che mi piace!»
Il ragazzo allungò una mano sul tavolo, per poter stringere quella affusolata di lei. «Sono fiero di te» mormorò, accarezzandole delicatamente con il pollice la piccola cicatrice che c’era sul suo polso. Ormai era un riflesso quasi incontrollato, quello di sfiorargliela come a voler constatare che ci fosse ancora.
Quella piccola increspatura sulla pelle candida di lei rappresentava, in un certo senso, l’inizio della loro amicizia. Avevano scalato insieme quella quercia, da bambini, e quella era la dimostrazione di quanto era accaduto.
Non era stato tutto frutto della sua immaginazione; quel marchio semi-invisibile ne era la prova.
«Credo sia il momento giusto per ordinare un Double Bomb.»
A quelle parole della mora, Barry sgranò gli occhi, sorpreso. «Ne sei sicura?»
«Oh, sì!»
Caitlin fece un cenno con la mano in direzione del bancone, nella speranza di attirare l’attenzione di una delle cameriere.
La prima a notarla fu una loro conoscenza di vecchia data, che si avvicinò con passo lento e sinuoso.
Iris West aveva frequentato i loro stessi corsi per tutto il periodo delle medie e del liceo. Con la sua pelle color cioccolato e il suo sorriso smagliante si era ben presto guadagnata la simpatia di Barry, un po’ meno quella della Snow. Le due ragazze non condividevano molti interessi in comune, e questo impediva loro di avere una conversazione che durasse più di due minuti.
L’afroamericana aveva studiato Giornalismo fino a laurearvisi, ma purtroppo quello non era un campo molto prospero, lì a Central City; per questo si era accontentata di un onesto posto al bar, in attesa dell’occasione giusta per riscattarsi.
Il giovane Allen ammirava molto quel suo spirito di rivalsa, e dato che il padre di lei era anche uno dei suoi superiori al dipartimento di polizia, più volte si erano ritrovati a condividere pensieri e progetti futuri.
«Che cosa vi porto, ragazzi?» si informò la ragazza, avvicinando la punta della penna al proprio taccuino.
«Per me un caffè macchiato, grazie» fece Barry.
«Per me invece un cappuccino con panna, scaglie di cioccolato, caramello, mousse al pistacchio e foglie di menta.»
Iris inarcò le sopracciglia, rileggendo meravigliata gli ingredienti elencati. «Li vuoi tutti in un’unica tazza?» si stupì.
«Esattamente.»
«Okay…» Per quanto fosse perplessa, non lo diede affatto a vedere. Si limitò a sorridere cordiale, infilandosi la penna nel taschino della camicia.
Tornò dopo soli cinque minuti, con entrambe le tazze in bilico su un vassoio arancione.
«A te la tua bomba calorica» scherzò, offrendola gentilmente a Caitlin. «E a te il tuo caffè macchiato» sorrise a Barry. Glielo sistemò davanti con più cura del necessario, per poi incrociare timidamente le sue iridi chiare. «Avete bisogno d’altro?»
«Per adesso no» scrollò il capo lui. «Grazie, Iris.»
La ragazza gli regalò con complice occhiolino. «Quando vuoi.»
Mentre tornava elegantemente alle proprie mansioni, la Snow la seguì attentamente con lo sguardo, rivolgendo poi tutta la propria attenzione alla panna che strabordava.
«A quanto pare qualcuno ha fatto colpo» commentò con scarso entusiasmo, al ché il ragazzo la guardò, confuso.
«Eh?»
La mora indicò l’altra con un cenno del capo. «Miss. Gambe Lunghe» spiegò, e a quel punto il giovane prese a boccheggiare, interdetto.
«Iris?» esclamò. «Ma no! Cosa te lo fa pensare?»
«Oh, ti prego! Non ci vuole un genio per capirlo!» lo prese in giro lei, e se possibile, Barry diventò più rosso delle scarpe che indossava.
«A me non piace lei, però» tentò di giustificarsi. «Cioè, così come a lei non piaccio io.»
«Vedremo» si limitò a cantilenare la Snow, le labbra incurvate in un sorrisetto malandrino.
Il giovane spostò rapidamente lo sguardo dalla migliore amica alla ragazza che se n’era da poco andata, chiedendosi che cosa fosse successo, sotto il suo naso, mentre lui non faceva altro che ordinare un banale caffè.
Quando affermavano che le ragazze erano un enorme punto di domanda, dovevano imparare ad aggiungere in seguito: NB. Non dire, né fare nulla di compromettente in loro presenza. Se possibile, non respirare neanche. Qualsiasi tuo gesto involontario potrebbe essere interpretato con delle diverse intenzioni.
Ah, se solo Caitlin avesse saputo la verità! Come avrebbe reagito? 
Si sarebbe resa conto di provare a sua volta un sentimento più intimo e profondo, o avrebbe preso le distanze, decisa a troncare ogni rapporto?
Barry si era sempre vantato di conoscere l’amica alla perfezione; era convinto di poterle leggere nel pensiero, di sapere esattamente quale azione decidesse di compiere prima che lei anche solo scegliesse di farla.
Eppure, non era mai stato in grado di dare una risposta a quel quesito che lo tormentava da anni.
Avrebbe dovuto rischiare? E se alla fine avesse perso tutto?
La posto in gioco era molto alta, ormai. E poi ne sarebbe davvero valsa la pena?
Due dita schioccarono repentine davanti al suo viso, distogliendolo bruscamente dai suoi pensieri.
«Terra chiama Allen!» scherzò la mora, fissandolo con un cipiglio interrogativo. «Va tutto bene?»
«Sì» mentì lui, sorseggiando rumorosamente il suo già freddo caffè. «Perché me lo chiedi?»
«Non lo so» fece spallucce la ragazza. «Sembravi assorto.» Lo studiò per un attimo, con circospezione. «Non hai neanche ascoltato la mia domanda.»
«Ero distratto, mi dispiace.»
«Mi dici dove sono i miei occhiali?»
Solo allora il ragazzo strizzò gli occhi, passandosi amareggiato una mano tra i capelli. «Cavolo. Li ho dimenticati sulla scrivania!»
«Beh, allora andiamo a prenderli» propose la Snow, ripulendo con il cucchiaino gli ultimi strati di mousse sul fondo della tazza.
«D’accordo. Vado a pagare.»
«Sta fermo» lo ammonì lei. «Oggi offro io» annunciò, guadagnandosi un’occhiata dubbiosa dal moro. «Che c’è? Questo è il mio giorno speciale. E poi voglio provare l’ebbrezza di spendere tanti soldi miei, ora che finalmente ne avrò l’opportunità.»
 
~
 
Caitlin aveva sempre amato mettere piede nel distretto di polizia.
Non soltanto perché – come da anni affermava – gli uomini in divisa avevano, ai suoi occhi, un fascino del tutto particolare; ma anche perché le piaceva inalare quell’aria di coraggio e determinazione che ogni agente, inconsciamente, emanava.
Che facessero parte del servizio attivo, che si limitassero a star seduti dietro lo schermo di un computer o che si occupassero dell’ambito scientifico di ogni caso, quelle persone erano degli eroi.
A detta sua, non era da tutti imporsi di rischiare a volte la vita per quello che era un bene comune. Ci voleva fegato, forza di volontà, ma soprattutto una notevole dose di altruismo che ai tempi d’oggi continua a scarseggiare.
Non appena le porte di metallo dell’ascensore si spalancarono, la ragazza prese un profondo respiro.
«Adoro questo posto» commentò, guardandosi intorno con familiarità.
«Bentornata nel mio mondo» celiò Barry con un cenno del capo, abbozzando un sorrisetto sghembo. Dopo di ché la condusse verso il proprio ufficio.
«Non lasciarti spaventare dal disordine» la avvertì.
«Se non ti conoscessi, penserei che stai scherzando.»
«Ci sono solo un paio di scartoffie in giro» sminuì quindi lui. «E alcuni fascicoli importanti. Altri invece da buttare, ma conto di fare una bella pulizia entro la fine di questo…»
Qualsiasi parola avesse sperato di sillabare gli morì in gola nell’istante stesso in cui mise piede nel proprio studio, e si ritrovò davanti una figura già conosciuta. Con i capelli baciati dal sole tirati indietro da un cerchietto grigio e il fedele smartphone stretto in una mano, la ragazza al centro della stanza sorrise, smagliante.
«Io lo trovo un disordine molto organizzato, invece» giurò, sotto lo sguardo atterrito di un giovane Allen del tutto sorpreso. Piacevolmente sorpreso.
Prese fiato per dire qualcosa, ma prima che potesse formulare un pensiero la bionda fece un passo avanti, porgendo la mano aperta a Caitlin.
«Felicity Smoak» si presentò, con cortesia.
La mora gliela strinse con calore. «Caitlin Snow.»
«Barry Allen» soggiunse quindi il ragazzo, per poi rendersi conto di ciò che aveva appena enunciato. «Ma questo lo sapevate già entrambe, ovviamente» si affrettò a continuare, dandosi mentalmente dell’idiota. «Cait, Felicity è…»
«La ragazza del bar» finì lei per lui. «Sì, me la ricordo.»
«Che cosa ci fai qui?» chiese a quel punto il moro. «Cioè, non che io non sia felice di vederti. Sono solo un po’ stupito, non mi aspettavo di trovarti qui, intenta a…»
«Ricordi quel caso di cui ti avevo parlato?» si informò subito la giovane con gli occhiali.
«Sì» annuì lui, corrucciato. «Posso fare qualcosa per te?»
«Veramente» lo corresse lei. «Credo che voi abbiate un urgente bisogno del mio aiuto.» 
Gli porse una cartellina gialla, all’interno della quale si elencavano su numerosi fogli una serie di delitti che – si supponeva – erano stati fatti dalla stessa persona.
«Il Detective West è amico del Capitano Lance, di Starling. Gli ha chiesto una mano per questi casi che da mesi non riuscite a risolvere, e lui ha accettato, dato che aveva bisogno di saldare un debito per quella volta in cui il Detective ha contribuito all’arresto di Mick Rory. Visto che poi la figlia del Capitano è un’ex fidanzata del mio… capo, Oliver Queen, quest’ultimo si è offerto di dare il proprio contributo, e così…» Si indicò con un ostentato gesto teatrale. «Eccomi qui.» 
«Quindi da oggi saremo una coppia?» domandò Barry, per poi arrossire violentemente. «Voglio dire, cioè… intendo sul lavoro. Saremo una coppia… di lavoro. Due persone che stanno insieme per… lavorare.»
Capì di star facendo la figura dello stupido quando Caitlin, alle sue spalle, si batté un pugno sulla fronte, scrollando afflitta il capo.
Felicity, ad ogni modo, non parve notare quel suo palese imbarazzo. E se ci fece caso, finse di non prestarci attenzione. «Una coppia per lavoro, sì. Perché noi lavoreremo… in coppia.»
I due ragazzi si sorrisero, e quando le loro iridi chiare si incrociarono rimasero ad osservarsi qualche secondo più del necessario.
«Merda! Avevo dimenticato di avere un impegno improrogabile!» sbottò all’improvviso la Snow, facendo sobbalzare gli altri due. «Devo proprio andare, mi dispiace» si scusò, raccogliendo i propri effetti personali dall’enorme scrivania quadrata e dirigendosi verso la porta. «È stato un piacere conoscerti, Felicity, davvero» la salutò. «Cercate di non lavorare troppo, mi raccomando!»
Prima di uscire, si chinò verso Barry, sollevandosi appena sulle punte per far sì che solo lui fosse in grado di sentirla. «Buona fortuna» sibilò maliziosa, le labbra che gli sfioravano l’orecchio, mentre lo faceva.
Quando il corvino e la bionda rimasero inavvertitamente soli, tra loro calò un silenzio del tutto carico di disagio. Al giovane Allen non capitava spesso di avere una seconda uscita con una ragazza conosciuta la sera prima, specialmente quando suddetto incontro avveniva in un bar dove l’80% dei presenti era ubriaco.  
Anche la Smoak non sembrava molto a proprio agio, dinanzi a lui, e studiando il modo nervoso in cui spostava continuamente il peso da un piede all’altro, il ragazzo capì che – molto probabilmente – lui e lei erano molto più simili di quanto immaginassero.
«Allora» esordì, sgranchendosi la voce nonostante non ne avesse davvero bisogno. «Ti va un gelato?»
 
~
 
Passare il proprio tempo in compagnia di Felicity era molto più piacevole di quanto avrebbe potuto sperare.
Superato l’impaccio iniziale, che impediva ad entrambi di formulare correttamente una frase senza ingarbugliarsi nelle loro stesse parole, i due ragazzi avevano scoperto di avere moltissime cose in comune.
Entrambi amavano i Netflix, le parole crociate e tutta la filmografia di Star Wars.
Lei aveva una laurea al MIT (Massachusetts Institute of Technology), un quoziente intellettivo di 103, e aveva iniziato a lavorare per le Queen Industries solo cinque anni prima, quando non erano ancora state affidate nelle mani dell’inesperto Oliver.
Barry, entusiasta, le raccontò della sua, di carriera: di come la sua domanda fosse stata subito accolta dal distretto di polizia; del modo in cui, grazie alla sua bravura, fosse riuscito a risalire ben presto la scalinata sociale, diventando uno degli esperti forensi più rispettati dai detective, seppure tra i più giovani; di quanto gli piacesse lavorare nella scientifica.
Ascoltandolo, Felicity non pareva affatto annoiata. Era davvero interessata a ciò che diceva, e sembrava una dei pochi in grado di capire le sue battute nerd, ogni volta che queste includevano la teoria di Einstein per l’energia cinetica.
«Dunque» fece ad un tratto lui, buttando il cono ormai vuoto in un cassonetto. «Com’è vivere a Starilng City?»
«Oh, normale» sminuì lei. «Sai com’è, è una bella città. Anche se la criminalità è un po’ un tasto dolente, purtroppo.»
«Vai in giro con la guardia del corpo?» ridacchiò il ragazzo, con sarcasmo.
«No, ma non sarebbe una cattiva idea. Quella di Oliver, John Diggle, è davvero un osso duro. Se cammini al fianco di un uomo così, puoi star sempre tranquillo.»
«Ho notato che non ti riferisci mai a lui con l’appellativo di ‘signore’» ragionò il moro. «Ad Oliver, intendo. Fai sempre fatica a chiamarlo ‘capo’.»
«Già» si corrucciò la Smoak, pensierosa. «In effetti non ci avevo mai fatto caso.»
«Dovete essere in buoni rapporti, o sbaglio?» chiese a quel punto lui, ma non appena pose quella domanda, la ragazza si rabbuiò. Capì di aver appena toccato un tasto dolente, ma nonostante non avesse idea di quale esso fosse, non poté fare a meno di sentirsi in colpa per aver spento quello spensierato sorriso.
«Scusa. Ho detto qualcosa di sbagliato?» si informò, con rammarico.
Prendendo un profondo sospiro, Felicity tentò di tornare in sé. E con la sua solita e contagiosa energia, accennò un verso di scherno. «Nulla di cui valga la pena parlare» liquidò con un cenno. «È la prima volta che vengo a Central City» ammise poi, pur di cambiare discorso. «Cosa mi consiglieresti di vedere, se avessi voglia di fare la turista?»
A quelle parole, Barry ghignò, malandrino. «Seguimi» le intimò quindi, porgendole galantemente la mano, che lei afferrò. «Per oggi sarò la tua guida personale.»

Angolo Scrittrice. 
Buonsalve a tutti, ragazzi! 
Vi chiedevate che fine avessi fatto, ed eccomi qui, ad aggiornare nuovamente questa storia. 
Devo ammettere che questo capitolo è stato un vero parto partorito [-cit. la mia prof di francese]
Mi sono resa conto che - abituata a narrare in chiave fantasy - faccio davvero fatica a scrivere storie che invece raccontano della vita di tutti i giorni, e che parlano di azione quotidiane, normali. 
Ergo, portare avanti questa storia sarà una vera sfida, per me, ma ho intenzione di non mollare. Ho contato circa 13 capitoli in tutto, che però arriveranno senza un esatto ordine logico, anche se posso assicurarvi che ne pubblicherò minimo uno a settimana, questo poco ma sicuro. 
Che mi dite del seguente? La trama sta finalmente cominciando a prendere forma, yee.  
Scopriamo dei nuovi gesti che fanno parte della routine dei nostri due protagonisti, come ad esempio il fatto che Barry le porti il caffé a casa, o il loro tavolo da Jitters. 
Entrano in azione, poi, Iris, che qui (a differenza della serie) è ben conscia dell'attrazione che prova per il giovane Allen; e Felicity, della quale ora conosciamo la ragione che l'ha spinta ad arrivare a Central City. 
Sembra andare molto d'accordo con il nostro Barry, non vi pare? 
E cosa mi dite di Caitlin? Il suo colloquio è andato bene, quindi non ci resta che vedere cosa accadrà, ora, agli S.T.A.R. Labs. 
Qualche idea? 
Anche se non ne vado molto fiera, spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto. Ci ho messo un po' per buttar giù i pensieri, perché sapevo già cosa voler scrivere, ma non come scrivere. Vi ho fatto aspettare più di quanto giurato, e mi dispiace, ma mi auguro comunque che ne sia valsa la pena. 
Per chi già mi conosce, sa che io ho un'infinita lista di angeli che su questo sito mi accompagnano e sostengono. Beh, è arrivato il momento di ringraziare i Valery's Angels di questa sezione. Grazie a:
Francesca lol, Sarah Lorence, _percabethforever, Amica Al  e beautiful lie per aver commentato il prologo, e ancora: Francesca  lol, Sara Lorence e beautiful lie  per aver recensito lo scorso. 
Siete la mia forza, davvero. 
Spero di non deludervi mai!
Un bacione enorme, guys. 
Al prossimo capitolo! 

ValeryJackson

  

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Capitolo 4
*** Chapter 3 ***



Caitlin aveva impostato la sveglia in modo che questa la svegliasse dieci minuti prima del necessario.
Voleva tentare di arrivare con un po’ di anticipo, il suo primo giorno di lavoro, perciò aveva calcolato tutto.
Indossando un comodo tailleur grigio e delle vertiginose scarpe laccate, quando la ragazza era uscita dal portone, per poco non aveva investito Barry.
«Ce l’ho fatta!» aveva esultato, fiera di sé; e il moro, che era a conoscenza delle sue intenzioni, le aveva porto il solito caffè, facendole una goliardica riverenza.
«I miei complimenti, Dottor Snow» si era congratulato, per poi accompagnarla a piedi fino ai Laboratori S.T.A.R.
Quel posto profumava di tecnologia e progresso. Ad attendere la giovane nel corridoio principale, vi era la stessa donna che aveva fatto il suo nome la mattina del colloquio, e che ora si presentò come la segretaria personale del Dottor. Harrison Wells.
«Ti mostro il luogo dove trascorrerai il resto delle tue giornate» annunciò, conducendola verso numerosi androni apparentemente tutti uguali, tanto che la mora si chiese se sarebbe mai riuscita ad orientarsi in quelle infinite gallerie.
La stanza in cui la portò era molto più piccola di quanto la Snow immaginasse, ma non per questo meno maestosa. Vi contò più o meno sei scrivanie, tutte munite di computer, palmari, e altri arnesi innovativi che non riuscì ad identificare. Quando notò una postazione apparentemente vuota, se non per gli accessori dati in dotazione dagli S.T.A.R. Labs, capì essere la sua.
«Wow» pensò, guardandosi intorno meravigliata, e molto probabilmente doveva averlo detto ad alta voce, perché la donna, al suo fianco, ghignò.
«Sì» mormorò infatti, compiaciuta. «La prima volta fa questo effetto a tutti quanti.»
Caitlin non avrebbe avuto idea di come ribattere, per cui si limitò a restare in silenzio, seguendo con lo sguardo lo spostamento frenetico dei numerosi ragazzi che occupavano quel posto.
«Ramon!» chiamò ad un tratto la segretaria, facendo cenno ad uno di loro di avvicinarsi.
Era più basso della mora di circa otto centimetri, e sembrava molto giovane. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle, e due folte sopracciglia cespugliose – che in quel momento, per giunta, erano inarcate -; indossava una maglietta con quella che era una citazione del telefilm The Big Bang Theory, e dei pantaloni che erano decisamente troppo larghi, per la sua figura mingherlina. In una mano, stringeva un aggeggio che apparentemente sembrava una pistola ad acqua, e non appena vide la ragazza, sorrise raggiante.
«Uh, una matricola!» commentò, porgendole educatamente la mano. «Io sono Cisco.»
La Snow gliela strinse. «Caitlin. Piacere di conoscerti.»
«La signorina Snow lavorerà al vostro fianco, da oggi in poi» spiegò a quel punto la donna, al ché ragazzo allargò le braccia, indicando ciò che li circondava.
«Beh, allora benvenuta agli S.T.A.R. Labs, Caitlin Snow!»
«Abbiamo una nuova recluta?» domandò una voce alle spalle della mora, costringendo quest’ultima a voltarsi.
Si ritrovò di fronte ad un altro ragazzo, stavolta più alto di lei di una spanna buona. Aveva le spalle larghe, e due intensi occhi scuri, che la scrutavano come se cercassero di leggere delle scritte sotto la sua pelle.
Caitlin spostò il peso da un piede all’altro, improvvisamente a disagio sotto quello sguardo indagatore; e lui dovette accorgersi del suo imbarazzo, perché le sue labbra sottili si incurvarono in un sorrisetto malandrino.
«Ronnie Raymond» si presentò, con uno sfacciato cenno del capo. «Reparto ingegneria.»
La ragazza incrociò le braccia sotto il seno, sollevando il mento con aria di superiorità. «Devono aver fatto dei tagli al budget, ultimamente.»
«Come, scusa?»
«Ho sempre pensato che gli ingegneri fossero tutti molto intelligenti.»
A dispetto di quanto aveva sospettato, il giovane rise, divertito. «Credi che io non sia intelligente?» la istigò poi, con tono di sfida.
«Diciamo semplicemente che non è il primo aggettivo che mi è venuto in mente quando ti ho guardato.»
«Perché sono troppo sexy?»
«Perché solo uno stupido ha una così alta considerazione di sé.»
Il ragazzo assorbì il colpo, facendole un appena accennato gesto di touché. «E tu saresti?» le chiese poi, con interesse.
La mora raddrizzò la schiena, gonfiando il petto. «Caitlin Snow» affermò, aggiungendo subito dopo: «Reparto di Bioingegneria Meccanica.»
I due si soppesarono per qualche secondo, studiandosi attentamente e con distacco. Ma la giovane si rese conto di quanto a lungo si fosse soffermata nelle iridi scure di lui solo quando Cisco le posò una mano sulla spalla – intromettendosi nella conversazione-, e lei sentì inspiegabilmente la mancanza di quell’intenso contatto visivo.
 
~
 
Dopo aver suonato il campanello di casa Allen, Caitlin sentì il frastuono di un vetro che si rompe, seguito subito dopo da un’imprecazione.
Inarcò un sopracciglio, mentre dei tacchetti battevano frenetici sul parquet di legno. Poi la porta si aprì, mostrando una signora sulla settantina. Aveva dei folti capelli grigi, e la ragazza la superava di quindici centimetri scarsi. Le rughe sul suo viso erano decisamente marcate, specialmente quelle agli angoli di bocca e occhi, ma la sua andatura retta e fiera tradiva la sua sempreverde voglia di vivere.
Da giovane doveva essere stata una bellissima donna, soprattutto grazie alle sue grandi iridi smeraldine.
Ora, invece, aveva soltanto l’aspetto di una dolce nonnina.
Non appena vide la mora sulla soglia, le sue labbra si stesero in un sorriso.
«Tesoro!» la salutò, al ché lei abbozzò un sorrisetto, cordiale.
«Salve, Claire» affermò, entrando come d’abitudine nella dimora. «Barry è in casa?»
Nonna Allen annuì, richiudendo l’uscio. «Sì, certo. È in camera sua.»
«Perfetto.» La Snow fece per salire le scale, ma a metà rampa si bloccò, annusando attentamente l’aria. «Sta preparando una torta, non è vero?»
«Pistacchio e mandorle» gioì l’anziana, con orgoglio. «Ve ne porterò una fetta appena la caccerò dal forno!»
Caitlin si lasciò sfuggire un risolino. «Lei è la migliore, Claire!» esclamò, arrivando di corsa al piano di sopra.
«Sì, lo so!» le urlò dietro l’altra, e lei non poté fare a meno di scrollare il capo, divertita. 
Conosceva la nonna di Barry quasi quanto conosceva il ragazzo. Era stata una figura molto importante, per la sua infanzia, e ancora oggi la vedeva come un punto di riferimento; una seconda mamma dalla quale andare ogni volta che aveva dei problemi.
Con i suoi dolci squisiti e la sua capacità di interpretare le emozioni altrui, quella donna le aveva permesso di diventare la persona che era oggi. Le aveva insegnato molto, nel corso degli anni, e nonostante – dopo tutto quel tempo – Caitlin le desse ancora del lei, sapeva che l’anziana la considerava a tutti gli effetti come una di famiglia.
Bussò un paio di volte alla stanza del proprio migliore amico, per poi coprirsi gli occhi con una mano e far cigolare il cardine.
«Non sei nudo, vero?» domandò, e fu repentina la risata del moro che cristallina giunse ai suoi timpani.
«No» la tranquillizzò, dandole il permesso di tornare a vedere. «Che ci fai qui?» le chiese subito dopo, un po’ stranito. «Sei in anticipo.»
«Di due ore, già» assentì lei. «Le avevo libere e ho pensato di venire prima.»
«Ma il cinema inizia alle otto» le fece notare quindi lui.
«Lo so, ma credevo che forse ti andava di sapere com’è andata la mia giornata.»
Il ragazzo ghignò, divertito. «Com’è andata la tua giornata?» si informò, sarcastico.
Caitlin si strinse nelle spalle. «Bah, non è successo nulla di speciale» mentì, ma fu tradita dal luccichio che faceva brillare le sue iridi scure.
Barry si accomodò sul letto, e intuendo quanta voglia avesse lei, in realtà, di raccontare, diede due colpetti sul materasso, invitandola ad imitarlo. 
Prima di obbedire, la ragazza lanciò un’occhiata distratta alla mensola sulla scrivania, e in quel disordine organizzato qualcosa attirò la sua attenzione.
Con un sorriso nostalgico, afferrò con cautela la scatola, studiandovi l’immagine impressa sulla copertina.
Era un enorme albero, che svettava verso l’alto, nel bel mezzo di un prato deserto. Solo che una volta giunti alla punta dei rami, non vi erano foglie: la sua chioma era formata dal cielo stesso, che sul toni del porpora brillava grazie alle sue costellazioni.
La Snow agitò lievemente la custodia, e i pezzi di quel puzzle sbatterono l’uno contro l’altro, producendo un suono familiare.
La ragazza si voltò a guardare l’amico, scuotendolo nella sua direzione. «Ti va?» lo invitò.
Come avrebbe potuto, il giovane Allen, rifiutare? Quando al suo nono Natale la nonna gli aveva regalato quel passatempo, i due si erano dilettati infinite volte nel farlo. Sempre quello, sempre lo stesso. Nonostante conoscessero già la figura e l’esatta posizione di ogni tassello, non perdevano mai l’occasione per costruirlo.
Per loro, era un momento di assoluta condivisione. Nessuno doveva o poteva disturbarli, perché era come se in quell’istante riuscissero a ritagliarsi uno spazio che era solo il loro, del quale la soglia non poteva essere varcata. Era ormai un’abitudine, quella di farlo insieme, fianco a fianco. Mai da soli, o con qualcun altro.
Quel puzzle apparteneva solo a loro.
«Dunque» esordì Barry, sedendosi a terra nell’esatto momento in cui l’amica riversò sul pavimento tutti i pezzi contenuti nella scatola. Vi passò sopra un palmo, spalmandoli con cura sul parquet mentre entrambi incrociavano le gambe.
Poi prese il primo, rigirandoselo distrattamente tra le dita. «Com’è il tuo nuovo lavoro?»
 
~
 
«Il film più brutto che io abbia visto in vita mia» si lamentò Caitlin, buttando nel cestino il bicchiere di pop-corn ormai vuoto.
«A me è piaciuto» ribatté al contrario Barry, guadagnandosi un’occhiata sconvolta.
«Stai scherzando?» si indignò lei. «Un uragano raccoglie tutti gli squali dall’oceano per scagliarli su Los Angels, e la popolazione viene salvata da un barista squattrinato che li fa fuori con delle stecche da biliardo. Dov’è il bello?»
Invece di risponderle, il ragazzo la fissò, lasciandola nell’attesa. E quando la mora pensò che stesse prendendo fiato per parlare, lo vide avvicinarsi la sua lattina di coca alle labbra, bevendone un rumoroso, fastidioso sorso.
La Snow sbuffò dal naso, stizzita. «Ti odio» mormorò, e lui non poté fare a meno di ridacchiare. «Sappi che la prossima volta sceglierò io, cosa vedere.»
Il giovane Allen sospirò. «Basta che non sia di nuovo sulla scia di The Notebook» precisò.
«Ehi! Quello era un ottimo film!»
«Sì, per mia nonna.»
«Smettila» gli intimò tra i denti la ragazza, e lasciandogli un giocoso pugno sul braccio, non riuscì a mascherare un sorriso.
Inaspettatamente, la suoneria del suo cellulare riempì l’aria. La mora corrucciò le sopracciglia, estraendolo dalla tasca posteriore dei jeans. Sullo schermo, apparve un numero sconosciuto.
«Chi è?» le domandò Barry, osservando il telefono da sopra la sua spalla.
«Non lo so» borbottò lei, confusa, allontanandosi poi per rispondere. «Pronto?»
«Caitlin?» chiese conferma una voce dall’altra parte del telefono. «Caitlin Snow?»
«Sì» assentì la giovane, la fronte aggrottata dall’interdizione. «Chi parla?»
«Ciao, Caitlin. Sono Ronnie. Ronnie Raymond.»
La ragazza per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. «Ronnie?» ripeté, stupita.
«Sì» assicurò lui dall’altro capo. «Ci siamo conosciuti stamattina agli S.T.A.R. Labs.»
«Sì, sì, mi ricordo di te» si affrettò ad aggiungere la mora, che, senza rendersene conto, era arrossita. «Sono solo… sorpresa, ecco. Chi ti ha dato il mio numero?»
«Cisco» fece lui, come se fosse scontato.
La Snow chiuse gli occhi. «Cisco, certo» sussurrò tra sé e sé, appuntandosi mentalmente di dare una bella lezione al messicano la mattina seguente. Ma poi un quesito le sorse spontaneo: che se ne faceva, quel tipo, del suo numero? «Posso fare qualcosa per te?» lo interrogò, e, negli attimi di silenzio che seguirono, percepì il disagio di quel ragazzo.
«Ecco, io…» balbettò infatti lui, in evidente imbarazzo. A Caitlin divertiva anche solo immaginare la scena. «Mi stavo chiedendo se ti andasse di uscire, qualche sera.»
«Uscire?» si meravigliò lei, colta in contropiede. «Intendi insieme?»
«Sì» annuì lui, per poi correggersi. «Cioè, no. Possiamo anche uscire insieme, ma come singoli. Voglio dire, come uno e uno. Non necessariamente come una coppia, insomma. Cioè, noi…»
«Okay» lo interruppe lei, e, per un momento, il ragazzo sembrò sorpreso.
«Come?»
«Okay, ci sto» specificò la ragazza. «Mi piacerebbe uscire con te. Si può fare.»
«Davvero?» si sconvolse lui.
«Sì» confermò lei. «Perché, ti aspettavi che rifiutassi?» 
«Sì. Cioè, no. È che noi…» Esitò, indeciso. «Siamo come il fuoco e il ghiaccio» appurò poi.
«Beh, chi ti dice che sarai in grado di sciogliermi, Signor “Sono-convinto-di-essere-troppo-sexy-per-te” Raymond?»
Il giovane rise, divertito. «Mi stai sfidando, per caso?»
La mora ghignò. «Può darsi» affermò, vaga. Inconsciamente, buttò un occhio su Barry, che ad un paio di metri dietro di lei, stava aspettando che terminasse la chiamata. «Senti, ora devo lasciarti» annunciò, con fare sbrigativo. «Ci vediamo domani nel mio ufficio, così potremo discuterne meglio.»
Anche se non poteva vederlo, Caitlin giurò che il ragazzo stesse sogghignando.
«Conosco la strada» furono le sue ultime parole, prima che la telefonata si chiudesse, e lei tornasse dal suo migliore amico.
«Qualche problema?» si informò Allen, apprensivo.
«No» scrollò il capo lei. «Era solo… un ragazzo che ho conosciuto oggi a lavoro.»
«Oh» commentò lui, scrutandola con circospezione. «E che voleva?»
«Chiedermi di uscire» confessò lei, sfacciata. Le sue labbra si incurvarono in un lieve sorriso, mentre incrociava lo sguardo del moro. «Sia fiero di me, Mister. Allen: credo proprio di essere riuscita a fare colpo.»
Che suono emette, un cuore che si spezza? Barry non aveva mai avuto l’opportunità di appurarlo attraverso degli esperimenti scientifici, ma riconosceva benissimo quella sensazione che lo avvisava che le sue arterie si stavano atrocemente sfaldando.
Avvertì un vuoto nel petto, e la bocca del suo stomaco si contrasse a tal punto che lui minacciò di vomitare lì, sull’asfalto.
La voce della Snow giunse ovattata al suo orecchio, mentre gli chiedeva se non fosse felice per lei.
«Felice?» avrebbe voluto gridare. «No! Come potrei essere felice? Io sono innamorato di te, e tu hai un appuntamento con un altro. Io sono qui, che ti amo da più di quindici anni, e vorrei solo urlartelo in faccia, ma non posso. E questo mi uccide, ma tu non lo sai. Felice? Come potrei esserlo, quando l’unica persona che mi rende felice sei tu, ma tu preferisci esserlo con qualcun altro? Eh? Come potrei? Non ti rendi conto che mi sto…»
«Barry?» lo chiamò la ragazza, distogliendolo bruscamente dai suoi pensieri. Dal modo in cui le sue sopracciglia erano inarcate, sembrava in attesa di una risposta. «Allora?»
Il moro si rese conto di quanto sarebbe stato difficile fingere un gioioso sorriso solo quando tentò invano di abbozzarne uno. «Ovvio che sì» mentì, accorgendosi di essersi morso a sangue l’interno della guancia non appena avvertì un sapore metallico in bocca.
Caitlin non parve convinta da quella risposta, ma preferì lasciar correre, non avendo idea di come interpretare lo strano comportamento dell’amico.
Ma d’altronde, come darle torto?
Come avrebbe potuto sapere di ferirlo ogni volta che gli parlava dei suoi fidanzati, se lui poi faceva sempre finta che ciò gli andasse bene?
Come sarebbe riuscita a scoprire la verità, se lui invece si ostinava a negargliela?

Angolo Scrittrice. 
Bonnesoir, speeders!
Eccomi qui, a pubblicare un nuovo capitolo appena sfornato. 
Allora, che ne pensate?  
Entrano in ballo altri due personaggi, adesso: l'amato Cisco e il bel Ronnie. 
E l'idea che quest'ultimo abbia chiesto alla nostra Caitlin di uscire non sembra piacere molto al caro Barry, voi che dite? 
Ah, caro Allen... perchè arrivi sempre troppo tardi? 
Tenete bene a mente, poi, l'abitudine che hanno i nostri ragazzi di costruire quel puzzle insieme. Come avrete ben capito, è un particolare molto importante che lega i giovani protagonisti di questa storia; che conseguenze apporterà, poi, alla trama, è una cosa che scoprirete andando avanti ahah
Anyway, che ne pensate di questo capitolo? Vi è piaciuto? Vi ha fatto schifo?
Ringrazio infinitamente i miei Valery's Angels:
beautiful lie, _percabethforever e Sarah Lorence per le belle recensioni, gnaw. 
E nulla, ci si vede al prossimo capitolo. 
Che la Speed Force sia con voi!

ValeryJackson

 

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Capitolo 5
*** Chapter 4 ***



A volte capita di incontrare una persona a noi assolutamente estranea per le quali proviamo fin dal primo sguardo - all’improvviso e in maniera inaspettata - una forte attrazione; un interesse che nasce prima ancora che una sola parola venga pronunciata.
Magari inizialmente troveremo impossibile anche solo pensare di poter essere vincolati a lei da un sentimento, perché non la riteniamo alla nostra altezza, o forse semplicemente perché non siamo in cerca di una storia d’amore. Ma poi incrociamo i suoi occhi, e ricambiamo un suo timido sorriso, e senza rendercene conto diventa tutto inavvertitamente così giusto che non possiamo fare altro che lasciarci trasportare dalla corrente del mare di emozioni che albergano nel nostro petto, gonfiandolo di gioia e passione.
A Caitlin era successa esattamente la stessa cosa.
Una sera era davanti allo specchio intenta a prepararsi per il suo ennesimo appuntamento con Ronnie di quel mese, e qualche ora dopo si stava rilassando tra delle candide lenzuola, mentre stringendosela tra le braccia lui le lasciava dei teneri baci sul collo.
Tenere segreta la loro relazione a lavoro era stato facile finché Cisco – dopo una confidenza- non l’aveva rivelato all’intero secondo piano degli S.T.A.R. Labs. A quel punto era diventato inutile fingere, e nessuno ormai si scandalizzava più nel vederli pomiciare durante la pausa pranzo dietro la scrivania di Larry Patchman.
Tranne Larry Patchman, naturalmente.
Dopo tre intense settimane di frequentazione, Caitlin sentiva di essere cambiata. Era più sicura di sé, più diligente, più matura, e questo nuovo lato della sua personalità, in un certo senso, la spaventava.
Ronnie stava facendo di lei la donna che avrebbe sempre dovuto essere, ma che era convinta non sarebbe mai stata; e la Snow ne andava fiera. 
Ma se era davvero disposta a diventare qualcun altro, quali erano le cose della sua vecchia vita a cui sarebbe stata costretta a rinunciare?
E soprattutto: a chi?
 
~
 
Per quanto si sforzasse, Barry non riusciva a sostenere una conversazione con Ronnie Raymond per più di dieci minuti.
Quel ragazzo era bello, atletico, intelligente, solare e gentile; in un certo senso, incarnava tutto ciò a cui ogni ragazza avrebbe aspirato. Ma tra l’indescrivibile schiera di donne che giacevano ai suoi piedi, pronte ad accontentarsi anche di uno sguardo rubato, lui aveva scelto Caitlin.
La splendida Caitlin. La sua Caitlin.
Ed il giovane Allen non aveva potuto fare nulla per impedirlo.
Faceva ancora fatica ad abituarsi alla sua presenza nelle loro vite.
Non che lo odiasse, per carità. Però in brevissimo tempo era comunque stato in grado di far capovolgere tutte le sue convinzioni.
Se n’era reso conto quando quella mattina si era diretto tranquillamente verso casa della sua migliore amica, e quando era giunto al suo appartamento l’aveva trovata già lì fuori ad aspettarlo, non più in ritardo, bensì in anticipo.
«Come mai sei già sveglia?» le aveva infatti chiesto, l’interdizione dipinta sul viso.
Lei si era stretta innocentemente tra le spalle, bevendo un rapido sorso del proprio caffè. «Non volevo fare tardi a lavoro» si era limitata ad annunciare, e per il giovane era stato come ricevere un violento schiaffo in faccia.
Chi era quella ragazza? E che ne aveva fatto del suo Dottor Snow?
Da quando si era fidanzata con quel tipo, stava diventando pressoché irriconoscibile. Ma perché?
Cos’aveva prima, che non andava? Lui l’aveva sempre trovata perfetta, anche in ogni suo minimo difetto.
Dov’erano, ora, quelle bellissime imperfezioni?
Che ne era stato di lei?
Quel suo sconcertante cambiamento l’aveva non poco turbato; e molto probabilmente non sarebbe riuscito a sopportare tutte quelle repentine alterazioni della loro routine, se non fosse stato per Felicity.
Con il suo luminoso sorriso e il suo fare imbranato era entrata in brevissimo tempo nel cuore del tenero Allen, che in lei aveva trovato la confidente ideale.
Non le aveva raccontato dei propri sentimenti per Caitlin, ovviamente; anzi, quand’era in sua compagnia non parlavano affatto di lei. Avevano così tanto in comune che non c’era spazio per far venire a galla i rispettivi problemi.
Quasi questi ultimi non esistessero, riuscivano sempre a trovare il modo di non trascorrere neanche una mezz’ora senza una risata.
Per quanto riguardava l’archivio dei casi irrisolti, l’aiuto della bionda era stato essenziale. Grazie alle sue conoscenze tecnologiche erano riusciti a trovare tutti quei colpevoli che per mesi se l’erano scampata; e ora che il suo compito in centrale era finito, era arrivato il momento, per lei, di tornare a casa.
«Perché non la inviti, stasera?» propose emozionata la Snow, al ché Barry inarcò un sopracciglio.
«Ehm… non credo sia una buona idea» annunciò, evitando il suo sguardo.
«Ma che dici? Lei sta per andarsene per sempre, e tu non vuoi nemmeno sfruttare la tua ultima possibilità?»
Il ragazzo si riassestò sul posto, nervoso. Erano andati da Jitters’ per poter sorseggiare un caffè prima di pranzo. Così, come ai vecchi tempi.
Solo lui e lei, prima che Ronnie giungesse a crear scompiglio.
«Felicity è una ragazza fantastica» insistette la mora, determinata. «Ed è perfetta per te. È dolce, simpatica, carina…»
«E vive a più di due ore di treno da qui» le ricordò lui.
La giovane arricciò il naso. «Non se ha un valido motivo per restare.»
«La sua vita è a Starling City, Cait» replicò quindi Allen, perentorio. «Il suo lavoro, la sua famiglia… forse ha anche un fidanzato, lì. Chi può saperlo?»
«Te ne ha mai parlato?»
«No» ammise.
«E allora non ce l’ha.»
«Cosa ti fa pensare che me l’avrebbe detto?»
«Il modo in cui ha lasciato che tu ti avvicinassi a lei senza sentirsi minimamente a disagio. Fidati, Barry» aggiunse quindi, sporgendosi di poco sul tavolo. «Lei aspetta soltanto che tu faccia la tua mossa.»
Sapeva essere convincente, questo doveva riconoscerglielo. Ma lui non era di certo mai stato così intraprendente, quando si trattava di relazioni.
«Oggi organizzeranno una serata a tema, qui. Che ne pensi di invitarla?»
Il moro inclinò leggermente il capo di lato. «Credi che accetterà?»
L’amica gli sorrise. «Ne sono convinta» affermò. «Ci saremo anche io e Ronnie, tra l’altro. Sarebbe bello un appuntamento a quattro, non trovi?»
Barry deglutì. Come rifiutare? Non avrebbe potuto tirarsi indietro senza palesare il proprio scontento.
Un’intera sera passata in compagnia dei due teneri piccioncini?
Ma certo, perché no?
Magari in seguito avrebbe potuto anche lanciarsi dal quinto piano di un palazzo, giusto per poter raddoppiare l’agonia.
 
~
 
Il giovane Allen si asciugò per l’ennesima volta i palmi contro la stoffa dei jeans, teso.
Alla fine – dopo innumerevoli tentennamenti – aveva deciso di seguire il consiglio della propria migliore amica, e aveva invitato Felicity a quel doppio appuntamento.
Inizialmente era convinto che lei declinasse l’invito. Sarebbe stato più che comprensibile, considerando che a causa del suo fare goffo e impacciato non era mai stato un gran seduttore.
Eppure pareva essere stato proprio questo suo aspetto a colpirla maggiormente.
Inutile spiegare il suo stupore nell’istante in cui la bionda aveva accettato.
«Forse è davvero arrivato il suo momento, Mr. Allen» gli aveva intimato la Snow mentre si dirigevano a piedi verso il luogo dell’incontro. Lì vi avevano trovato già Ronnie ad aspettarli, e Barry non sapeva dire con esattezza se fosse stato più imbarazzante il non riuscire ad intavolare una conversazione con l’altro ragazzo o l’essere costretto ad osservare i due fidanzati baciarsi con affetto giusto sotto il proprio naso.
Dal momento in cui si erano seduti, non era stato in grado di reprimere l’impulso si lanciare delle nervose occhiate in direzione della porta, con il timore che potesse non varcarla più nessuno.
«Arriverà» gli assicurò Caitlin sottovoce, per tranquillizzarlo.
Ma il moro non fece in tempo a formulare una risposta adeguata che le campanelline dell’entrata tintinnarono, e Felicity Smoak fece finalmente il proprio ingresso.
Il giovane inarcò le sopracciglia, stupito.
Indossava un vestito blu sopra il ginocchio, con una scollatura generosa e decisamente molto più attillato dei suoi soliti abiti sbarazzini. Gli occhiali erano stati sostituiti da delle comode lenti a contatto, che rendevano le sue iridi azzurre molto più grandi e brillanti.
Era strano vederla con i capelli sciolti, considerando che era solita raccoglierli in una coda di cavallo.
La Snow fu la prima ad alzarsi per andare a salutarla.
«Felicity!» esclamò, abbracciandola con slancio, realmente felice che lei fosse lì. «È un piacere rivederti.»
«Anche per me» ricambiò la stretta quella, prima di spostare il proprio sguardo su Barry, che le rivolse un cenno del capo.
«Bel vestito» si complimentò lui, facendo vagare discretamente gli occhi sul corpo della ragazza.
Quest’ultima arricciò il naso, preoccupata. «Troppo elegante?» domandò.
Il giovane Allen le sorrise con dolcezza, scuotendo piano il capo. «È perfetto.»
«Ci accomodiamo?» propose quindi entusiasta la mora, e dopo aver presentato il proprio fidanzato all’ultima arrivata si sedettero nuovamente al tavolo. Iniziarono a chiacchierare del più e del meno, finché Caitlin non sospirò.
«Non posso credere che tornerai a Starling questa sera» confessò, al ché l’altra abbozzò un triste sorriso.
«Il lavoro chiama…»
«Che te n’è parso di Central City?» volle sapere la Snow.
«È…» Felicity esitò, alla ricerca dell’aggettivo più appropriato. «Tranquilla» pattuì. «Di certo non si corre il pericolo di essere aggrediti all’improvviso mentre si fa jogging.»
Barry fu l’unico a ridacchiare con lei a quella battuta, mentre gli altri due si dipinsero sul viso un’espressione interdetta, un po’ incerta.
«Di cosa ti occupi?» chiese in seguito Ronnie, con educazione.
La bionda tirò su col naso, lisciandosi le inesistenti pieghe del vestito. «Lavoro per la Queen Consolidated» annunciò, con lieve disagio.
«Felicity è un pezzo grosso» la elogiò Allen, con orgoglio.
«La segretaria del pezzo grosso, in realtà» lo corresse lei, arrossendo leggermente.
«Com’è Oliver Queen come capo?» si informò Caitlin, interessata.
«Oh, lui è…» Per la seconda volta quella sera, per la Smoak fu difficile trovare le parole adatte. «Beh, non c’è un aggettivo giusto per definirlo» affermò poi.
«È fidanzato?» fece a quel punto la mora, sporgendosi verso di lei maliziosa.
«Non che io sappia.»
«E tu?»
«Perché non ordiniamo?» intervenne prontamente Barry, dando un calcio allo stinco dell’amica al fine di impedirle di esagerare. Aveva già capito dove voleva andare a parare, e non aveva nessuna intenzione di fare una figuraccia a causa sua.
I quattro presero ad analizzare i menù, e ad un tratto la Snow storse la bocca, dubbiosa. «Avete mai provato il pollo al curry che fanno qui?» meditò, al ché il giovane Allen inarcò un sopracciglio.
«Tu odi il curry» osservò, perplesso.
«Io lo adoro» convenne invece Ronnie, e il ragazzo gli lanciò un’occhiata indispettita mentre quello si sporgeva sopra la spalla della propria fidanzata per poter confrontare le pietanze. «Che ne pensi se io prendo un salmone marinato e ce li dividiamo?»
La mora annuì, soddisfatta. «Andata.»
«Fel?» domandò Barry.
«Credo che andrò sul sicuro con l’orata» annunciò lei. 
«Come dolce, io proporrei la torta di cuscus alle fragole» propose dunque lui.
«Con panna montata» aggiunse con complicità Caitlin.
«Sciroppo d’acero» continuò il moro.
«E scaglie di cioccolato.»
«Fondente, ovviamente» precisò Allen, facendo schioccare le dita. «Perché…»
«Non c’è così tanta metafisica come nella cioccolata» terminarono insieme, citando la nonna del giovane quando, all’età di dodici anni, aveva tentato di convincerli ad abbandonare i loro compiti per potersi gustare una fetta della sua torta appena sfornata.
Risero entrambi, divertiti da quel ricordo, e mentre Ronnie rivolgeva loro uno sguardo indecifrabile, i due si guardarono qualche attimo negli occhi, e per Barry fu come tornare indietro nel tempo.
In quella camera piena di disordine. Di fronte a quella scrivania.
A mangiucchiare il dolce di nonna Claire con i libri di matematica aperti davanti.
E ad accarezzare distrattamente la cicatrice sul polso della sua migliore amica, mentre lei ripeteva a memoria il teorema di Pitagora e lui risolveva qualche equazione.
E tutto era più semplice, e la loro unione era una certezza.
Sì, il ragazzo avrebbe dato qualsiasi cosa, pur di vivere per sempre nella serenità di quel ricordo. Ma forse le cose non erano così semplici come le aveva sempre immaginate.
Ormai aveva capito che doveva lottare per ciò che amava, se non voleva che questo gli venisse sottratto.
 
~
 
Tutto sommato, la cena si era conclusa nel migliore dei modi.
Avevano scherzato, riso e parlato nella totale spensieratezza, passando da argomenti più frivoli ad alti più importanti.
Grazie alla presenza di Felicity, per il giovane Allen non era stato difficile accettare gli scambi di effusioni tra Ronnie e Caitlin, consapevole del fatto di non essere nessuno per poterli costringere a non sfoggiare il loro stare insieme.
A fine serata, la Smoak aveva confessato di non divertirsi così tanto da molto tempo, e durante il momento dei saluti finali lei e la mora si erano scambiate e-mail e vari recapiti telefonici, promettendosi di restare lo stesso in contatto dopo la sua partenza.
«So che sembra strano dirlo, ma mi mancherai» si era stretta nelle spalle la Snow, per poi dare un rapido bacio sulla guancia del proprio migliore amico e dirigersi verso l’auto parcheggiata del fidanzato.
Rimasti soli, Barry e la bionda si erano scambiati un timido sorriso, prima che quest’ultima prendesse un profondo respiro, controllando l’orologio.
«È arrivato il momento di andare» aveva detto a malincuore, sul viso un’espressione amareggiata. «Ho il treno tra qualche ora, e devo ancora finire di preparare la mia valigia.»
«Ti aiuto io» si era proposto il ragazzo.
«Oh, no, non preoccuparti. Devo fare in fretta, se voglio arrivare in tempo alla stazione, e non ho neanche idea di come andarci...»
«Ti accompagnerò anche lì, allora. Per me non c’è nessun problema.»
«Non te lo chiederei mai!» aveva scosso la testa lei, al ché lui aveva inarcato le sopracciglia, facendo spallucce.
«Infatti non me lo stai chiedendo.»
Era la prima volta che qualcuno compiva un simile gesto per lei.
C’era da riconoscerlo: Barry Allen era un vero gentiluomo; e Felicity non gli sarebbe mai stata grata abbastanza per averle permesso di giungere a destinazione addirittura mezz’ora prima dell’arrivo del treno.
Dopo aver sostituito quello scomodo vestito con uno più usuale, essersi raccolta i capelli sulla nuca e aver raccattato tutte le proprie cose dalla camera d’albergo, la ragazza aveva avuto la sensazione di essere in procinto di lasciare in quella città una piccola ma essenziale parte di sé.
Seduti su una della panchine della deserta stazione, i due giovani permisero ad un malinconico silenzio di inglobarli, fino a ché lui non si decise a spezzarlo.
«Sai, di solito sono sempre quello che lo perde, il treno» commentò, e la Smoak parve stupita.
«Davvero?»
«Sono un ritardatario cronico, già» ridacchiò il moro, grattandosi distrattamente un orecchio. «L’unica persona con cui non dovevo mai preoccuparmi dell’orario era Caitlin, dato che con lei avevamo trovato un nostro… equilibrio, diciamo. Ma ormai, beh, non è più così da un po’.»
La bionda annuì piano, soppesando attentamente le sue parole. «Caitlin è davvero fantastica» esordì poi, abbozzando uno sghembo sorriso. «E molto bella. Del tipo, bellissima. Congratulazioni.»
L’interdizione sul volto del ragazzo fu palese, e la sua fronte si aggrottò nella più totale confusione. «Perché? Cait non è la mia ragazza» le ricordò, imbarazzato. «Noi siamo solo amici. Cioé... lei è soltanto la mia migliore amica, che attualmente ha un fidanzato.»
Il modo in cui Felicity si concentrò sulle sue iridi verdì gli fece intendere di non essere stato molto convincente. Era stato davvero così maldestro nel nascondere i propri sentimenti?
O forse aveva interpretato male l’affermazione di lei, facendosi prendere dal panico?
«Lei e Ronnie sono davvero una gran coppia» convenne la giovane dopo un po’, inclinando di poco il capo di lato. «È rincuorante sapere che – almeno per qualcuno – stare insieme è molto più… facile.»
Barry si lasciò sfuggire un piccolo ghigno, lanciandole un’occhiata fugace. «Delusione d’amore?» intuì, e la Smoak arricciò il naso.
«Dannazione» imprecò sottovoce, arrossendo. «È così evidente?»
«Non così tanto, in effetti» ammise lui. «Ma so riconoscere un cuore spezzato, quando ne incontro uno. Vedi, ho qualche esperienza con gli amori non corrisposti.»
«Ti riferisci a Caitlin, non è vero?»
In altre circostanze, quella domanda l’avrebbe messo a disagio. Avrebbe mentito, negando e balbettando la prima scusa che gli venisse in mente per poter scappare all’istante via di lì.
Ma stranamente, con Felicity non aveva vergogna di parlare. E in fondo, lei era la prima a scoprire come stavano realmente le cose; quasi sapesse leggergli nel pensiero, era riuscita a decifrarlo con un solo sguardo.
«Okay» sussurrò il giovane Allen, accennando con la testa un ‘touché’. «Come l’hai capito?» indagò.
«Sei stato tradito dalle piccole cose» gli spiegò quindi la bionda. «Dal modo in cui la guardi quando lei è distratta.Da alcuni sorrisi di circostanza che forzi quando la vedi con qualcun altro. E da ciò che avresti voglia di dirle, ma che puntualmente tieni per te.»
«Come tu ed Oliver?» Lo sbigottimento della ragazza fu tale che Barry si ritrovò costretto a mostrare i palmi, con innocenza. «Scusa, ma lavoro nella scientifica. Sono sempre stato piuttosto intuitivo.»
La Smoak rise, nel disagio di esser stata presa in contropiede. «La nostra relazione è piuttosto complicata» annunciò, in vena di confessioni.
«Siamo sulla stessa barca» le fece notare lui, con un sorriso triste. «Sono anni che cerco il modo giusto per dirle la verità. Ma poi incontro i suoi occhi, e sono sempre troppo spaventato che tutto, tra noi, possa cambiare.»
«Cambierà» affermò lei, realista, per poi aggiungere con inaspettata fiducia nella voce: «Ma non è detto che questo sia un male, no?»
I due si guardarono a lungo negli occhi, prima che la bionda sbuffasse dal naso, con sarcasmo. «Che cosa c’è che non va in noi?» esclamò. «Siamo perfetti l’uno per l’altra…»
«E siamo qui a parlare di persone che non potremo mai avere» concluse il moro, con un’alzata di spalle. «Ma forse è vero quello che si dice: gli opposti si attraggono.»
«Io credo sia più una questione di destino» obiettò lei. «Un giorno incontri qualcuno, e quando senti per la prima volta la sua voce non sai che sarai costretto ad amarlo per il resto della tua vita. Magari lui non ricambierà mai i tuoi sentimenti, eppure questi resteranno immutati. Però credo che sia proprio questo il punto» appurò. «Gli esseri umani sono creature stupide e incostanti, con un gran talento per l’autodistruzione.»
Il giovane Allen assentì, d’accordo. Poi esitò, prima di auspicare: «Può darsi che un giorno sarà la volta buona anche per noi.»
«Può darsi» acconsentì lei, e si scambiarono un complice sorriso nell’attimo esatto in cui una voce radiofonica annunciò l’arrivo del treno diretto a Starling, e questo fece il proprio ingresso nella stazione accompagnato dal cigolio delle rotaie.
Loro si alzarono in piedi all’unisono, e stringendosi in un abbraccio pieno di calore intuirono all’istante che nonostante avessero trascorso solo un breve periodo insieme, sarebbero sempre sati legati da un profondo affetto reciproco; che non si sarebbe mai tramutato in nulla di più, certo, ma che li avrebbe comunque uniti da lì fino alla fine.
«Promettimi che resteremo in contatto» lo pregò la Smoak, al ché lui la prese per mano.
«Sarò sempre qui per te, quando avrai bisogno di un amico» le assicurò, e dopo aver incontrato le sue iridi azzurre ci fu una frazione di secondo – bastò quella – nella quale decise di cedere all’impulso e chinarsi su di lei per premere teneramente le proprie labbra sulle sue.
Fu un bacio dolce, casto, di due amici che avevano intenzione di restare tali. Se non l’avessero fatto, molto probabilmente se ne sarebbero pentiti, si dissero. Ma fortunatamente questo non mutò le cose tra loro.
Quando si allontanarono abbastanza da potersi guardare un’ultima volta negli occhi, si sorrisero di nuovo.
«Ciao, Barry» salutò la ragazza, e nell’avviarsi verso il proprio vagone le sue dita scivolarono via da quelle del moro, che la osservò prendere posto, sistemarsi e poi posare la fronte contro il finestrino.
In seguito in treno fischiò, le porte si chiusero; e mentre si scambiavano un già nostalgico cenno della mano, Barry avvertì una lieve stretta all’altezza della bocca dello stomaco, con la leggerezza di chi ha appena trovato una nuova alleata.
«Ciao, Felicity.»



Angolo Scrittrice
Non so davvero da dove cominciare. 
Sono quasi quattro mesi che non aggiorno questa storia, e se l'accumulo di impegni, lavori a scuola e innumerevoli problemi famigliari non sono per voi una giusta scusante, allora mi inginocchierò all'istante e invocherò umilmente il vostro perdono. 
Sono indecente, lo so. Ma voglio che tutti voi sappiate che non ho - ne avrò mai - intenzione di lasciare in sospeso questa storia. 
Molto probabilmente gli aggiornamenti non saranno del tutto regolari, ma posso promettervi che da qui al prossimmo capitolo non passerà di certo tutto questo tempo. 
Come potevamo immaginare,
Caitlin e Ronnie fanno ormai coppia fissa. Con gran delusione di Barry, che non è riuscito a dimenticare la mora neanche grazie all'aiuto di Felicity
Non che questa non avesse già la mente occupata da qualcun altro. Ah, Ollie... anche quando non ci sei, crei scompliglio!
Ho voluto riprendere la conversazione che i nostri due nerd hanno nella quarta puntata della prima stagione e modificarlo un po', così da adattarlo alla storia e renderlo più realistico. 
So che è chiedere molto, ma ditemi: che ne pensate? 
Vi piace, come capitolo? Oppure ha deluso le vostre aspettative?
C'è ancora qualcuno interessato al seguito di questa storia? O oramai è stata dimenticata da tutti voi?
Fatemi sapere se vale davvero la pena continuarla, a questo punto. Io, nel frattempo, ci tengo a ringraziare i miei stupendi Valery's Angels, che con le loro recensioni mi hanno regalato un sorriso e scaldato il cuore:
Francesca lol, Black Truth, beautiful lie, stemily, Iwuvyoubearymuch e fiore4EVER
Appena avvrò un po' di tempo provvederò a rispondere a tutti voi, uno ad uno. 
Spero di conoscere al più presto le vostre opinioni, e che questo capitolo sia stato di vostro gradimento. 
Alla prossima, miei piccoli speeders!
E scusate ancora per l'immenso ritardo. 
ValeryJackson



P.s. Se state leggendo queste poche righe in blu, volevo informarvi che qualche settimana fa ho pubblicato una one-shot sempre e rigorosamente Snowbarry, ambientata stavolta nell'universo che tutti noi conosciamo, quello della DC. Se può interessarvi, mi farebbe davvero piacere che la leggeste. La trovate sul mio profilo. Grazie dell'attenzione! 


 

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