Switched at Birth

di vanillanarry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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prologo.





Sydney, Australia.
Luglio 7, 1994
Canterbury Hospital


«Signore, le dobbiamo chiedere cortesemente di aspettare fuori la stanza. Potrebbero esserci complicazioni»
Robert non si oppone, vuole solo che il suo bambino e sua moglie stiano bene.
Volge uno sguardo preoccupato alla donna, la quale ricambia cercando di tranquillizzarlo prima che chiudano le porte.

Cammina avanti e indietro di fronte alla macchinetta del caffè. Vorrebbe prendersene uno.
«Padre per la prima volta?»
Un uomo seduto di fronte, con un dolce sorriso chiede a Robert che annuisce. «Anche lei?»
«No, ma sto aspettando da minuti ormai» continua, sospirando.
Ha fiducia nei medici ma vorrebbe sapere qualcosa sui membri della sua famiglia.
«È qui da tanto?»
«Da stamattina»
Robert si siede accanto all'uomo, stanco di girovagare su sé stesso.
«Comunque piacere, John Irwin»
Tende la mano, che contraccambia con un sorrisetto sbilenco. «Robert Baldwin»
«Sa già cosa sarà?» chiede nuovamente.
«Come il primo figlio, non abbiamo voluto sapere il sesso»
«Anche noi, abbiamo preferito affrontare la gravidanza con serenità piuttosto che sentirci pressati da commenti sul sesso del bambino» spiega passandosi una mano fra i capelli.
«Oh, quanto la capisco» sorride.



Sydney, Australia.
Settembre 20, 2015
Baldwin's House


La maledettissima sveglia suona insistentemente: sono le sette.
Con il viso nel cuscino allungo un braccio tentando di arrivare al telefono.
Facendo così però urto il telecomando della televisione e il mio iPod che si spalma in terra.
Borbotto qualche imprecazione per poi alzare finalmente la faccia, tenendo gli occhi aperti a fatica.
Spengo la sveglia, raccolgo l'iPod e mi do una leggera occhiata allo specchio per sistemarmi i capelli ribelli.
Qualcuno bussa alla porta di camera mia.
«Cara? Sei sveglia?»
«Sì Jeremy, arrivo!» rispondo a voce alta per farmi sentire.
Vado in bagno a sciacquarmi il viso, per poi fare capolino di nuovo nella mia stanza e vestirmi.
Di solito faccio colazione in caffetteria al mio splendido lavoro.

Infilo un paio di skinny neri, dei tacchi neri décolleté e una canottiera bianca aderente coperta da una giacca altrettanto nera.
Mi specchio, questo look mi piace sempre. È stato un outfit di una modella dei miei scatti e me ne sono innamorata.
Torno in bagno a mettermi un po' di trucco e profumo, poi sono pronta per andare a lavoro. Recupero la borsa con il telefono e la mia agenda, dopodiché scendo trovando i miei fratelli intenti a prepararsi la colazione; i miei dormono ancora.
«A più tardi!» saluto calorosamente prima di uscire.
Salgo sulla mia Fiat bianca, infilo i miei RayBan, metto in moto e guido fino ad arrivare in centro Sydney.
Parcheggio davanti il solito grattacielo e scendo bloccando la mia auto.

Sorrido guardando la facciata, recarmi qui mi mette sempre allegria.
Mentre mi avvio verso l'entrata rimetto le chiavi dell'auto e gli occhiali da sole in borsa.
Saluto il ragazzo della reception come ogni mattina, entro nell'ascensore e premo sul piano desiderato.
Amo il mio lavoro più di ogni altra cosa.
Sono sempre stata una ragazza ambiziosa, ho sempre dato il mille per mille nel raggiungere i miei obiettivi.
Un giorno mia sorella è tornata a casa con una notizia strepitosa: cercavano una stagista al Russh.
Senza pensarci due volte ho telefonato e fatto un colloquio di lavoro, mostrato il mio book fotografico e mi hanno accettata subito!
Non potevo esserne più felice.
Ho sempre sognato di diventare una fotografa famosa per una rivista di alta moda famosa.
Questa opportunità è capitata proprio a fagiolo.
Sono stata promossa da poco e ho già completato due scatti totalmente miei.

L'ascensore si ferma portandomi di nuovo alla realtà.
Entro nello studio di redazione salutando e sorridendo ai miei colleghi, dirigendomi poi direttamente nell'angolo dedicato ai fotografi.
«Buongiorno dolcezza» esclamo dando una gomitata a Jane.
«A te splendore! Beviamo un caffè?»
«Come ogni mattina» sorrido.
Recupera il telefono, poi si alza e ci dirigiamo verso la caffetteria.
«Baldwin, Wilson, dopo passate nel mio ufficio» dice velocemente il nostro capo, Jules, mentre si affretta ad inseguire una stagista.
Scuoto il capo, va sempre di corsa.
Prendiamo un caffè take-away così possiamo berlo mentre ascoltiamo gli incarichi quotidiani assegnatici da Jules.

«Sai chi ci sarà per il photoshoot di oggi?» chiedo curiosa mentre torniamo alle nostre scrivanie.
«No, non ne ho idea»
Appoggio la mia piccola borsa nel grande cassetto in latta della scrivania.
Bevo in pochi sorsi il mio caffè e getto il bicchiere nel cestino vicino a me.
«Dai, andiamo»
Jules è in piedi dietro la sua scrivania a parlottare a telefono, quando entriamo.
Chiudo la porta adagio, in modo da non fare rumore.
Il nostro capo ci nota, spegne velocemente la chiamata e ci invita a sedere.
«Oggi avremo l'onore di intervistare e fotografare non uno ma bensì quattro ragazzi!» dice eccitata.
«Claire e Rose si occuperanno dell'intervista mentre voi vi occuperete del photoshoot. Mi raccomando, questo è un incarico veramente importante e voglio che diate il massimo.»
Annuiamo.
«I ragazzi sono i 5 Seconds of Summer, alle tre ci saranno gli scatti mentre alle tre e mezza l'intervista.» mentre ci spiega prendo degli appunti sulla mia agenda, così da gestirmi il tempo. «Ora potete andare, a più tardi!»

Jules ci congeda; mentre usciamo dal suo ufficio do un'occhiata veloce all'orologio: sono le otto e quarantacinque. Al lavoro il tempo passa in una velocità che mi sorprende.
«Che ne dici se ci concediamo una vera colazione?» chiedo alla mia migliore amica.
Abbiamo un po' più di tempo a disposizione stamattina, quindi perché non approfittarne? I prossimi scatti sono solo fra un'ora e mezza.
«Sì ti prego! Andiamo al bar qui sotto»
Lì fanno le brioche più deliziose di tutta Sydney, a parer mio.
Con l'acquolina in bocca prendiamo le nostre borse e ci dirigiamo all'ascensore, selezionando il piano terra.

«Sono curiosa di vedere questi 5 Summer» dice Jane appoggiandosi ad una parete.
«5 Seconds of Summer» ridacchio correggendola. Mi gratto uno zigomo stando attenta a non pasticciare il fondotinta.
Le porte si aprono, percorriamo il breve corridoio che porta all'entrata del grattacielo notando però un gruppo di ragazzine esaltate gridare.
«Cosa diavolo...» mi blocco contro ad una parete prendendo per un braccio Jane.
«Guarda» dice lei indicando quattro ragazzi: devono essere loro.
Le tizie restano fuori e sono all'incirca una ventina.
Inarco le sopracciglia a questo spettacolino. «Come facciamo ad uscire adesso?»

I quattro ragazzi ci passano accanto; do un'occhiata veloce ad ognuno di loro soffermandomi in particolare all'ultimo di destra con un cappello nero in testa. Anche lui mi guarda per qualche secondo; è un viso che ho già visto.
«Le guardie del corpo hanno fatto allontanare le fans» mi fa notare Jane, indicandole.
Restando a braccetto ci dirigiamo alle porte, le fans sono state allontanate un po' ma restano ugualmente al loro posto. Magari sperano che i quattro si affaccino, cosa abbastanza improbabile da questo grattacielo.
Giro meccanicamente la testa verso destra e sinistra per assicurarmi di poter attraversare. Il bar è proprio in questa via.
Passiamo di fronte a qualche negozietto prima di arrivarci.
«Ci sediamo fuori?» chiede Jane. Annuisco e la seguo ad un tavolino per due persone.
«Non ho mai assistito a una cosa del genere» ridacchio. «Tralasciando ovviamente i concerti e i nostri momenti da fan-sclerata.»
Jane si gratta la testa divertita. «In effetti»

Dopo aver preso le nostre ordinazioni il cameriere torna con due cappuccini e due brioche vuote.
Mangiamo con calma, abbiamo ancora una mezz'ora per essere presenti agli scatti in tempo.
Paghiamo e torniamo nella struttura.
Mentre saliamo ricontrollo gli impegni di oggi.
«Tralasciando gli scatti della band e delle modelle che dobbiamo fare ora per le collezioni, ne abbiamo un altro alle quattro» riferisco a Jane tenendo gli occhi sul quadernetto. Lo richiudo provocando un sonoro rumore e Jane in tutta risposta sbadiglia.
«Abbiamo fatto la notte in bianco, Bella Addormentata?» scherzo dandole una leggera gomitata.
«Ho dovuto raggruppare degli scatti nel computer!»

Velocemente sistemo le ultime cose per poi recarmi sul set.
Jules istruisce a Jane gli outfit delle collezioni, poi possiamo iniziare il nostro lavoro.
Su sfondo bianco, scatto le prime foto a tre modelle bionde che indossano un vestitino estivo dal motivo floreale.
Mentre cambiano abiti subentrano altre tre ragazze castane con indosso delle tute uniche con un cappello di paglia.
Anche queste hanno un motivo tutto colorato decisamente adatto per il periodo estivo. Scatto loro diverse fotografie da diverse angolazioni e piani.
E così via fino ad aver completato gli scatti della nuova collezione; ai vestiti singolarmente sono stati già fatti.

«Ottimo lavoro ragazze» si complimenta Jules «Domani sulla mia scrivania voglio l'USB con gli scatti tutti in ordine, d'accordo?»
Senza aspettare una nostra risposta gira i tacchi e se ne va.
«L'addetta a Photoshop sei tu» ridacchia Jane «Semmai torniamo insieme così ti aiuto a riordinare gli scatti»
«Va bene» sorrido sfilandomi dal collo la reflex.
Usciamo dalla stanza dei set e noto Claire camminare frettolosamente per la redazione.
«Claire?» riesco a fermarla prima che scappi un'altra volta.
«Scusa vado molto di fretta! Hanno anticipato l'intervista con i 5 Seconds of Summer»
Si dirige nello studio di Jules sotto il mio sguardo confuso.
«Perché non ci hanno detto niente?» chiedo poi a Jane che fa spallucce.
Ci incamminiamo verso le nostre scrivanie, nel mentre intravedo seduti su dei divanetti, buoni ad aspettare, i 5 Seconds of Summer.

Sono sicura di aver già visto quel ragazzo, e non mi riferisco su qualche giornaletto.

-

piccolo spazio autrice

benvenuti nella mia nuova storia!
la prima qui su efp, ahah (ma che sto pubblicando anche su wattpad!)
è da un po' che volevo pubblicarla ma non sapevo come stendere i capitoli, ew.
questo è solo un prologo, non so quando pubblicherò il prossimo capitolo.
voti e commenti (anche critiche) sono sempre ben accetti :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


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capitolo uno.





Claire e Rose, dopo aver completato l'intervista, ci riferiscono di essere presenti sul set per le dieci e mezzo.
Una pausa al bagno prima di recarmi nella stanza apposita, dopodiché infilo la reflex al collo e preparo le luci con l'aiuto di Jane.
«Così sono sistemate come meglio solitamente, dobbiamo aspettare i ragazzi per verificare che vadano bene» spiega lei finendo di posizionare l'ultima.
A parlare del diavolo, mentre finisce entrano i quattro.
«Ciao! Siamo Jane e Cara» sorride la mora. «Mettetevi pure qui e siate il più tranquilli e sciolti possibile»
Di solito sono abbastanza riluttante e mi faccio un'idea tutta personale sulle celebrity. Non sarebbe la prima volta se mi trovassi un personaggio famoso che snobba e si comporta da totale prepotente. Calcolando poi che hanno tutti più o meno la mia età.
«Ci mettiamo così?»
Il primo con i capelli rossi si appoggia con il braccio destro al suo amico dai tratti orientali, il quale si piega appena sembrando, ehm… in una posizione strana.
Il ragazzo biondo alla sua sinistra sembra un palo mentre il riccio sorride sornione.
«Mettetevi come più vi sentite» spiego, restando estasiata dal sorriso dell'ultimo.
Non so spiegare le emozioni che mi sta trasmettendo con un gesto così semplice e comune.
Seguono diversi scatti, e alla fine riusciamo a far soggetto molteplici pose divertenti che riflettono la vera natura di questi quattro. Se non fosse per il loro lavoro, sarebbero normalissimi ragazzi di 19, 20 e 21 anni con i piedi per terra, da quanto ho potuto constatare.
Quindi rimangio ogni pensiero o singolo dubbio su di loro.
Sfilo e appoggio la reflex su un tavolino nell'angolo della stanza mentre Jane scambia due parole con la band.
«Comunque noi siamo Michael, Calum, Luke e Ashton» sorride il primo dai capelli rossi, Michael, una volta che torno da loro.
«Piacere mio» ricambio stringendo la mano di ognuno.
Ashton, il riccio, ha una stretta salda come quella di mio padre e quindi mi fa sussultare.
I miei sono soliti ripetermi che una stretta così la hanno le persone sincere.
Faccio un sorrisetto a questo pensiero.
«Venite con me, vi mostro dove prendere qualcosa da bere se vi va» propone Jane. I primi tre la seguono, mentre il riccio resta momentaneamente al mio fianco.
«Ho visto poche ragazze con questa stretta di mano» esclama guardandomi dritta negli occhi.
Grazie alle luci della stanza posso notarne il colore stupendamente familiare: marrone-verde. Mamma ha questo colore di occhi.
«Ho preso l'abitudine da mio padre» rispondo facendo spallucce.
Non capisco il perché ma questo ragazzo mi trasmette un forte senso di casa. Mi sento bene al suo fianco e l'ho visto solo in questa giornata, e in modo ravvicinato per un'oretta.
«Vieni, ti accompagno dagli altri» dico, dopo essere restati in silenzio per qualche momento.
«Oh, sì certamente!»
Mi dirigo alla porta, fermandomi a farlo passare non appena la apro.
«Grazie» dice gentilmente.
Aggiungo l'essere così buono. Mi sta facendo impazzire.
«Prego» dice poi con un sorrisetto, indicando la redazione sempre indaffarata con la mano sinistra.
Faccio strada verso gli altri che nel frattempo ci aspettavano con un caffè in mano.
Io prendo un bicchiere di acqua fresca, ho la gola un po' secca.
Guardo l'orologio che segna quasi l'ora di pranzo.
Stiamo scambiando due parole insieme ai ragazzi quando Ashley, la nuova stagista, arriva frettolosa. Ci stava cercando.
«Finalmente!» esclama con il fiatone. «Impegni dell'ultimo minuto: la signora Wade vi vuole subito sul set per fare degli scatti urgenti»
Sgrano gli occhi, a quanto pare oggi è una di quelle giornate dove salto anche il pranzo.
Non mi voglio lamentare, perché sono fortunata ad essere dove sono in questo momento. È il lavoro dei miei sogni.
«Vi lasciamo ai vostri impegni, dobbiamo andare anche noi tanto» Luke, credo, prende parola.
«Grazie ancora della vostra disponibilità» inizio con un grande sorriso mentre getto il bicchiere in plastica nel cestino vicino. «Poche celebrità sono come voi»
Non posso non complimentarmi, dato che lo penso sul serio.
Stringo ancora la mano a tutti e quattro i ragazzi seguita da Jane.
Mi soffermo un po' di più su Ashton, e di nuovo come precedentemente successo ci guardiamo negli occhi.
«Grazie a te, non sembrerà ma esistono anche delle fotografe poco pazienti ed educate» esclama con un sorrisetto, mentre gli altri annuiscono. Probabilmente è già successo loro.
Li guidiamo velocemente all'ascensore. Ashton si appoggia ad una parete, guardandomi finché si chiudono le porte.
Jane sventola una mano davanti ai miei occhi. «Sei come incantata» ridacchia facendo notare una cosa ovvia.
«Andiamo, ci aspetta del lavoro!»

-

17:45.
Parcheggio l'auto davanti al garage di casa mia.
Prima di scendere recupero la chiavetta USB con i photoshoot di oggi. Jane è riuscita, ritagliandosi varie pause, a sistemarne una buona parte.
Io invece ho il compito primario di ritoccare le fotografie.
«Ciao mamma, ciao papà» saluto con un sorrisetto stanco i miei genitori, seduti sul divano del salotto.
Lascio loro un bacio sulla guancia, togliendomi i tacchi e sistemandoli nella scarpiera all'entrata. Qui solitamente lascio le scarpe che indosso più frequentemente.
«Com'è andata oggi, tesoro?» chiede mamma dolcemente.
«Bene, benissimo!» esclamo tuffandomi sul divano, proprio in mezzo ai due.
«Indovinate oggi a chi ha scattato delle foto la sottoscritta?» chiedo con emozione.
«Non saprei» prende parola mio papà. «A chi?»
«Ai 5 Seconds of Summer!» esclamo forse con troppa foga.
Dei passi da elefante che riconosco essere di mia sorella arrivano dalle scale.
«5 Seconds of Summer?» salta gli ultimi due gradini, correndo direttamente in salotto. E in lei rivedo, con orrore, la scena di stamattina con quelle venti fans scatenate.
«Sì! Abbiamo lavorato insieme oggi» sorrido, ricordando poi Ashton e i suoi modi di fare.
Sarah si posiziona di fronte a me, afferra le mie spalle e mi scuote violentemente. «Come sono? Sono più belli dal vivo? Simpatici? Hai chiesto un autografo per la tua sorellina preferita?» chiede d'un fiato.
«Sarah calmati!» mia mamma la stacca dalle mie spalle e finalmente posso tornare a vedere il mondo normalmente.
«Sono dei ragazzi stupendi con i piedi per terra. Tanto di cappello» dico con ancora qualche capogiro «Ma ho avuto davvero da fare oggi, non ho nemmeno pranzato! Spero tu capisca»
«Mh, ti perdono solo perché sei mia sorella.»
Si siede sul tappeto a gambe incrociate e mi guarda meglio. «Però se dovessi vederli ancora chiedilo»
«Certamente tesoro» sorrido.
Picchietto le mani sulle ginocchia dei miei, alzandomi successivamente in piedi.
«Devo finire una cosa» dico loro, stirandomi.
«Ceni vero?»
Annuisco. «Sì certamente»

Riprendo da terra la mia borsa e salgo in camera. Prima ritocco le fotografie, prima posso stare tranquilla.
«Okay, vediamo prima la collezione»
Apro Photoshop e gli scatti; ritocco la pelle e modifico qualche imperfezione che ci è scappata in studio.
Passo alla seconda collezione e ripeto lo stesso lavoro.
Gli ultimi scatti sono quelli dei 5 Seconds of Summer.
Aprendo le immagini noto che non c'è molto da correggere, anche perché sminuirei la loro vera bellezza.
Sono ragazzi oggettivamente belli, non c'è nulla da dire.
Quindi l'unica cosa che ritocco appena è il contrasto e la luminosità del colore delle immagini.
Soddisfatta del risultato finale, dopo aver ricontrollato bene ogni fotografia posso chiudere Photoshop ed espellere l'USB pronta alla consegna.
La preparo mettendola direttamente in uno scomparto della borsa dove non rischio di perderla.
«Cara! La cena!» mio fratello entra in stanza con il viso.
«Sì, ci sono»
Spengo il computer e mi dirigo in salotto a cenare. Il mio stomaco brontola voracemente.

-

«Non è che non le abbia ritoccate! Non c'era nulla da modificare. Ho solo toccato i colori dell'immagine»
Tolgo il dito dal tasto delle note vocali di Whatsapp, io e Jane stiamo parlando del lavoro.
Mi trovo nel mio letto comodo con il mio pigiama (consistente in canottiera e pantaloncini) comodo.
«Sei totalmente sicura?» chiede nuovamente Jane, facendomi roteare per l'ennesima volta gli occhi.
«Chi si occupa di Photoshop?» chiedo retoricamente.
Esco, poi, momentaneamente dall'applicazione per andare a cercare qualcosa sui 5 Seconds of Summer.
Non voglio sembrare una di quelle fan ossessionate come mia sorella, solo mi piacerebbe conoscere qualcosa in più di quel ragazzo che sta occupando i miei pensieri da stamattina. Troppo cliché? Sì, e me ne rendo totalmente conto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


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capitolo due.





«Non so se tu ti renda conto del fatto che io sia stata in piedi tutta, e ti dico tutta la notte ad ascoltare Taylor Swift!»
«Non sarebbe una sorpresa» esclama Jane dall'altro lato della cornetta.
Roteo gli occhi. «Dai non sono così ossessionata...»
«No infatti» ridacchia.
Sbuffo mentre infilo una giacca di pelle e il cappello nero di mio padre che mi ha gentilmente prestato.
«Adidas o Converse?» chiedo mentre osservo il mio riflesso nello specchio. Mi piace questo outfit.
«Conver-»
«Vada per le Adidas» esclamo interrompendo la mora.
«Felice di esserti stata d'aiuto» borbotta, posso immaginarla roteare gli occhi.
«Ouch, il sarcasmo!»
Infilo la borsa in spalla e recupero il telefono ancora sul mio cassettone, spegnendo il vivavoce.
«Okay sono pronta, ci vediamo dopo»
Chiudo la chiamata e scendo a infilare le mie Adidas superstar bianche e nere.
«Vuoi una brioche, cara?»
Stamattina i miei si sono svegliati prima di Jeremy e Sarah. A volte non capisco perché si scambino così gli orari.
«Ve ne rubo una vuota» sorrido. Papà ne mette una in un sacchetto che mi porge. «A più tardi!»

Entro in auto, prima di mettere in moto collego il cellulare con il bluetooth e rimetto (per l'ennesima volta) Sparks Fly di Taylor Swift.
Esco in retromarcia e mi immetto nella strada principale che conduce in centro Sydney.
Picchietto le dita sul volante a ritmo.
«Cause I see sparks fly whenever you smile, get me with those green eyes baby as the lights go down»
Canticchio muovendo la testa finché arrivo a destinazione.
Scollego il cellulare, blocco l'auto, saluto il ragazzo della reception e mi dirigo all'ascensore che porta in redazione.
Come ogni mattina, come rientra nella mia dolce routine.
Non mi dà molto fastidio, nonostante non si direbbe affatto per una persona come me.
Ho tutto ciò di cui necessito e sono dell'idea che i successi, se meritati, arrivano. Basta lavorare sodo.

Le porte si aprono lasciandomi mettere piede in redazione.
Anche stamattina, come sempre, girano i miei colleghi indaffarati.
Mi reco alla mia scrivania, posizionando la borsa nel cassetto custodito e saluto Jane, la quale tiene lo sguardo fisso sul computer.
Appoggio il mento sulle mani incrociate e la osservo finché mi nota.
«Oh, ciao splendore! Hai coperto quelle occhiaie veramente bene» esclama facendomi roteare gli occhi.
«Vado a consegnare l'USB a Jules» annuncio; si sa mai che mi cerchi.
Lei in tutta risposta annuisce distrattamente.
Mi dirigo quindi nell'ufficio della signora Wade a consegnarle la chiavetta.
«Grazie Baldwin, sono soddisfatta del tuo lavoro» alza gli occhi marroni coperti da degli occhiali squadrati. Stava lavorando anche lei al computer.
Mi sorride sornione e contraccambio anch'io.
Ripeto, sono una follemente ambiziosa e questi piccoli complimenti per me valgono davvero tanto, perché significa che svolgo bene il lavoro che amo.
«Ci vediamo fra poco sul set»
Mi congeda con un gesto della mano; quando torno alla scrivania Jane non c'è.
Scuoto il capo, poi prendo la mia agenda e controllo gli impegni di oggi: alle nove e quarantacinque scatti a delle modelle australiane emergenti; alle dieci e venti scatti agli outfit creati da una nostra stilista e alle dieci e quaranta scatti alle modelle mentre indossano quegli abiti. Pausa pranzo, successivamente alle tredici e trenta ospitiamo una modella famosa che personalmente seguo e adoro: Gigi Hadid. Dopodiché ho tempo a disposizione, abbastanza per finire il lavoro di ritocco.
Chiudo l'agenda eccitata dall'idea di fotografare una modella che conosco e a cui sono affezionata.

«Hey rieccoti! Pronta?»
«Sì J, avviamoci»

-

Per la pausa pranzo di solito scendiamo in una piadineria. Il cibo è veramente delizioso, e almeno resto in linea.
Prendo la borsa e insieme a Jane scendiamo e ci avviamo verso la meta.
«Buongiorno fanciulle» il proprietario fa un mezzo inchino, come ogni volta che veniamo. «Solito?»
«Sì, grazie Maurice» sorrido. Ormai siamo clienti abituali, e conosce a memoria le nostre ordinazioni.
Ci sediamo all'esterno come ogni volta, dentro fa troppo caldo anche solo a pensarci.
«Prendo una bottiglia di acqua fresca» dice Jane alzandosi.
«Naturale!»
La mora afferra due bottiglie e successivamente due bicchieri, tornando al tavolo.
«Grazie, sto morendo di sete» esclamo lasciandomi cadere contro lo schienale della sedia.
Poco dopo arriva anche il nostro cibo.
A quest'ora solitamente ci sono i ragazzi del liceo che si fermano a mangiucchiare qualcosa.
Finiamo il nostro pranzo velocemente, dobbiamo essere sul set in anticipo.
Pago e saluto Maurice, poi ci avviamo di nuovo in redazione.
«Gigi Hadid, ti puoi immaginare?» esclamo eccitata.

Prepariamo l'occorrente per poi dirigerci sul set.
Le stiliste stanno già preparando Gigi e altre due modelle per gli scatti. Indossano nuove collezioni di grandi marche.
Jane nel frattempo sistema le luci e io appoggio la reflex perfettamente al centro della stanza su un cavalletto.
«Tutti pronti?» chiede Jules. Dopo la nostra risposta affermativa, permette alle modelle di posizionarsi di fronte all'obbiettivo della fotocamera professionale.
«Vi lascio nelle mani esperte delle ragazze» dice poi il mio capo, sorridendo. Arretra fino alla porta, in modo da osservare bene tutta la stanza.
«Okay. Gigi, ti chiedo di appoggiarti con le braccia su Aria. Mentre tu Steph, appoggiati leggermente con la schiena, in modo da mostrare bene la manica dell'abito» istruisco loro.
Obbediscono e il primo scatto viene molto bene.
Insieme a Jane istruisco loro pose diverse per ognuno degli outfit, in modo tale da avere più foto e da trovare anche l'angolazione perfetta. Circa due ore dopo abbiamo finito.
I vestiti confezionati della nuova collezione vengono riportati negli appositi spazi della redazione dalle due stiliste.
«Grazie della sua disponibilità»
Tendo la mano alla modella.
«Tua, vorrai dire» mi corregge con un sorriso, contraccambiando la stretta.
Ho sempre paura di far male alle persone ma noto con piacere che anche la sua è abbastanza salda.
«Abbiamo la stessa età più o meno, non farmi sentire più vecchia» ridacchia contagiandomi.
Jane poi le istruisce dove trovare Rose per completare l'intervista.
Sfilo la SD, appoggio la reflex nel suo contenitore e sistemo il cavalletto.
«Anche oggi abbiamo finito» sorrido appoggiandomi ad un tavolino.
Jane tira un sospiro. «Stasera usciamo?»
«Okay» mi gratto uno zigomo.
«Sistemo velocemente gli scatti già che ci sono poi torniamo a casa» le dico dirigendomi verso la porta.
Aspetto che passi poi richiudo e cammino verso il mio computer.
Anche oggi devo solo ritoccare i colori dell'immagine, che non mi prendono molto tempo.
La chiavetta è ordinata con cura, per evitare che mi dimentichi la consegno direttamente a Jules.
Quando entro sventolando l'oggetto, quest'ultima mi guarda stranita. «Hai già fatto? Mostro
Ridacchio appoggiando l'USB sulla scrivania.
«Prova a dare una controllata, secondo me tralasciando i colori che ho sistemato, non c'era un granché da ritoccare»
«Mi fido» sorride appoggiandosi con il braccio sulla superficie in legno. «Puoi tornare a casa, allora. Ci vediamo domani»
«Ciao, buona serata!» saluto dirigendomi verso la porta.
Trovo Jane ad aspettarmi appoggiata ad un divanetto.
«Eccoti! Tieni la borsa» me la porge e la ringrazio.
Mentre scendiamo e ci dirigiamo alle nostre auto discutiamo sull'orario dell'incontro di stasera.
«Vengo a prenderti io alle... nove? Così abbiamo tempo di cenare e fare un bagno!»
Scuoto il polso e guardo l'orologio che segna quasi le cinque.
«Sì va benissimo!»
Ci salutiamo, entro in auto e guido fino ad arrivare a casa mia. Mi lascio andare sul sedile dopo aver parcheggiato, sono stanchissima.

«Bentornata amore!» saluta mia mamma. Indossa il grembiule e un buon profumo si spande per tutta la stanza.
Inspiro con gli occhi socchiusi mentre sfilo le scarpe. «Mhmm, che cosa stai facendo di buono?»
Mi avvicino spiando le pentole dalle sue spalle. A differenza di papà, sono più alta (di qualche centimetro) di mia mamma.
«Vai a farti la doccia, su!» mi caccia ridendo.

Mi dirigo in camera a prendere della biancheria intima per andare poi in bagno.
Giro la manovella dell'acqua calda e fredda per renderla alla giusta temperatura. Una volta che la vasca si è riempita verso dei sali e mi immergo.
Socchiudo gli occhi, un bagno del genere ci voleva dopo una giornata impegnativa.
Lavo i capelli con lo shampoo, applico un po' di balsamo per ammorbidirli poi passo a lavarmi il corpo con il mio bagnoschiuma preferito alla vaniglia.
Sto veramente troppo in vasca senza rendermene conto, infatti come sempre arriva mio fratello a bussare insistentemente alla porta.
«È pronta la cena!» continua.
«Arrivo, mi vesto» borbotto sciacquandomi i capelli e il corpo.
Mi asciugo e infilo la biancheria, corro in camera e indosso momentaneamente la camicia da notte.
Scendo a cenare, mamma ha preparato la pasta al forno.
«Stasera esco con Jane e resto a dormire da lei» annuncio ai miei ingoiando un boccone.
Mamma guarda papà, che poi prende parola. «Va bene, non fate tardi se domani lavorate»
«Sì non preoccuparti!»
L'unica cosa che ometto è l'uscita al locale. Inizierebbero a fare mille storie sull'alcol e sul non prendere droghe; discorsi che sento da quando ho 18 anni e che so a memoria.
Aiuto a sparecchiare per poi tornare in camera mia a prepararmi. Infilo i miei jeans skinny neri, un paio di tacchi con i laccetti e una camicia a quadretti rossa, slacciata in modo che si intraveda un po' di pelle. In testa infilo ancora il cappello, mi piace il risultato perché completa l'outfit.

Jane mi invia un messaggio dicendomi di farmi trovare pronta e che sta arrivando, e le rispondo che mi manca solo il trucco.
Prendo la trousse e applico il fondotinta, una linea sottile di eyeliner, rossetto mat rosso e giusto un po' di mascara.
Soddisfatta del risultato ripongo tutto a posto e scendo con la borsa in spalla.
Mamma e papà stanno guardando la tele sul divano.
«Jane è già qui, ci vediamo domani!» saluto mandando loro dei baci volanti ed esco di casa, prima che chiedano il motivo di questo outfit decisamente inadatto ad una serata in casa.
La mora suona il clacson vedendomi alla porta; accosta davanti il cancelletto permettendomi di salire in auto.
«Andiamo all'Arq» afferma mettendo in moto mentre allaccio la cintura di sicurezza.
«Perfetto!»

Durante il tragitto cantiamo perlopiù successi degli anni '80 trasmessi da una radio locale.
«Dove cavolo parcheggio?» si lamenta sbattendo le mani sul volante, una volta arrivate.
«Mettila lì!» indico uno spazio vuoto. «Ma sbrigati prima che lo freghino»
In tre manovre parcheggia nel posto indicato. Prima di scendere controlla che il trucco sia apposto dallo specchietto.
«Sì vai bene e sei stupenda, scendiamo» ridacchio, dandomi però anch'io un'occhiata veloce.

Un dj pompa la musica a tutto volume.
«Wow!» esclamo scuotendo la testa e il braccio a ritmo.
«Sarà meglio salire, ci sono meno persone!» mi indica il piano superiore cercando di sovrastare la musica.
Ci facciamo spazio fra i corpi sudati delle persone presenti e saliamo le scale.
«Va un po' meglio» ridacchia Jane, nonostante la musica si senta chiaramente anche da qui.
«Ordiniamo qualcosa!» afferma, più che domandare. Ci sediamo sugli sgabelli da bar e ordiniamo un Coca Malibu e un Sex on the Beach.
«Ti dà fastidio se ti abbandono per andare in bagno?»
«No, vai tranquilla» sorrido.
Giusto quando si allontana arrivano i nostri drink; sorseggio il mio Coca Malibu, adoro il retrogusto di cocco mischiato alla Coca Cola.

«Noto con piacere che ci rivediamo, Bellissima»
Sposto lo sguardo alla mia destra: Ashton Irwin è in piedi con le braccia dietro la schiena. Stampato in viso il suo solito sorriso.
Arrossisco buttando giù un altro sorso. Necessito di bere.
«Buonasera» alzo in aria il bicchiere come saluto.
«Posso?» indica con un cenno del capo la sedia accanto a me e annuisco. La avvicina fino a far quasi sfiorare le nostre gambe.
«Il destino ha voluto farmi incontrare nuovamente con la bella fotografa» dice guardandomi negli occhi. Mi ci perdo e ne resto imbambolata.
Con un gesto della mano richiama il cameriere e ordina un drink.
«Mi trovi sempre qui» faccio spallucce.
A differenza sua io non sono mai uscita dall'Australia.
Mi appoggio con il braccio sul bancone sistemandomi meglio.
«Quanti anni hai bellissima?»
Roteo gli occhi a quell'aggettivo. «21. Siamo nati lo stesso giorno»
Ashton mi guarda con un'espressione divertita. «Davvero?»
«Sì» ridacchio «Cioè, me l'hanno detto e la trovavo una coincidenza divertente»
Sorseggia dal bicchiere senza mai distogliere lo sguardo.
«Abbiamo altro in comune?»
«Uhm, non lo so. Io sono nata qui a Sydney»
«Anch'io!» esclama battendo una mano sul ginocchio.
Bevo il mio drink. «Che ironia del destino vero?»
Ma a proposito, dov'è finita Jane?
Mi guardo attorno ma di lei nemmeno l'ombra.
«Aspettavi qualcuno, bellissima?»
«Mi chiamo Cara» dico con un sospiro. Non che mi dia fastidio. «Sono venuta con la mia migliore amica ma è sparita»
Faccio spallucce finendo tutto il contenuto del bicchiere. «Pazienza, il suo drink resta qui»
Ridacchia, anche lui finisce il suo.
«Stai benissimo vestita così» dice poi avvicinandosi e sussurrando al mio orecchio, cambiando discorso.
Arrossisco violentemente e spero con tutta me stessa che non si noti. «Grazie...»
«Vuoi ballare?»
Sto per rispondere quando qualcuno si aggrappa alle mie spalle.
«Scusa!» trilla la voce della mia migliore amica. «Mi sono persa e in bagno c'era la coda!»
Afferra il suo drink e solo dopo essersi girata completamente verso la mia direzione nota Ashton.
«Oh, scusate... H-ho interrott-»
«Non è successo nulla Jane» la interrompo prima che divaghi come suo solito.
«Facciamo un'altra volta, okay?» rispondo poi ad Ashton il quale si alza di scatto in piedi.
«Ti posso rivedere?» chiede, e non so proprio interpretare il suo sguardo.
Quello sguardo così bello.
«Mi piacerebbe tanto.»






-

scusate gli aggiornamenti flash ma sono presissima da questa storia ahah
poi ho la febbre, mi sono portata avanti con un altro capitolo ma non so quando pubblico..

hope you like this story so far <3

ps: come sempre, recensioni (anche critiche) sono sempre ben accette! :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


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capitolo tre.





Oggi è sabato, e ciò equivale a dire che lavoro fino alle dodici.
Solitamente non mi occupo di scatti, a meno che non siano posticipati o dell'ultimo minuto.
Infatti di sabato aiuto a riordinare file sul computer e certe volte anche a dare piccoli consigli sulla copertina. È Jules che ogni tanto mi assegna questo incarico: dice che così so come muovermi se dovessi occuparmene io un giorno.
Stamattina io e Jane ci siamo presentate a lavoro alle otto al solito orario puntuale. Come detto ho dormito da lei.
Sono rimasta ad aiutare Jane con dei lavori e poi, come totali mercenarie, ci siamo spostate nel reparto abiti a dare una sistemata. Piuttosto che stare con le mani in mano ci rimbocchiamo le maniche come possiamo.

Quindi in poco si è fatta già l'ora di andare a pranzare.
Salutiamo il nostro capo che gira a zonzo per la redazione con un frappuccino in mano ed entriamo nella scatola in latta che ci porta fino all'entrata.
«Andiamo a pranzare da Mc Donald's?» chiede Jane con una smorfia.
«Sì, ne ho una voglia pazzesca!»
Mentre ci dirigiamo all'auto della mia migliore amica avviso mia mamma di non preparare del cibo anche per me.
Allaccio la cintura di sicurezza prima che faccia quel fastidioso rumore.
Mc Donald's, dalla redazione del Russh, dista più o meno una mezz'ora.
Si trovano in due posti totalmente differenti di Sydney.

Quando arriviamo e parcheggia posso finalmente pregustare il mio pranzetto, e il mio stomaco mi concede una tregua dal brontolare insistentemente.
Ci mettiamo in fila mentre aspettiamo il nostro turno.
Picchietto una delle mie due Vans total black sul pavimento, non credo di poter resistere ancora a lungo.
Avanziamo di un posto, mentre qualcuno mi urta la spalla mentre passa.
«Mi dispiace! Ti sei fatt– Cara?»
Sgrano gli occhi. «Se ci mettessimo d'accordo non ci incontreremmo mai così frequentemente» ridacchio.
Ashton e il suo amico dai capelli rossi stavano uscendo.
«Siete soli oggi?» chiedo avanzando ancora di un posto. Dopo questa ragazza ci siamo noi finalmente.
«Oggi sì! Luke e Calum stanno ancora dormendo, come minimo» sorride scuotendo il capo.
Da quanto ho capito (e da quanto Sarah mi ha riferito) sono in pausa dal tour per qualche mese, decidendo di tornare nella loro patria natale.
Però in compenso sono impegnati in interviste e piccoli spettacoli locali australiani.
«Si godono la vita» scherzo.
Ora tocca a noi ordinare.
«Due Mc Menù, Mc Chicken con Coca Cola e patatine medie» ordina Jane guardando dai tabelloni luminosi.
«Ehm, noi dobbiamo andare» comincia il riccio, richiamandomi appoggiando una mano sulla mia spalla.
«Ci rivediamo tanto» ridacchio girandomi completamente verso Ashton, mentre le nostre ordinazioni vengono pronte.
«Questa volta voglio esserne sicuro»
Sotto il mio sguardo confuso estrae un fogliettino strappato dalla tasca e me lo porge: il suo numero, scritto a mano con una penna blu.
Sorrido alzando di nuovo lo sguardo e puntandolo nei suoi occhi.
«Scrivimi, se ti va» dice semplicemente.
«L'hai tenuto per tutto il tempo in tasca?» chiedo divertita.
Jane mi richiama per aiutarla con il vassoio.
Saluto frettolosamente Ashton, trascinato via dal suo amico che pestava i piedi per andarsene.
«Qualcuno flirta spudoratamente» esclama la mora con una smorfia di chi la sa lunga.
«Chiudi la bocca e pensa a cercare un tavolo» sbotto con un sorrisetto.
Occupiamo un tavolo libero vicino alle vetrate del fast-food. Accanto a noi ci sono altre due coppie.
Infilo la cannuccia nel mio bicchiere e ne bevo qualche sorso mentre rigiro il bigliettino fra le mie mani. La calligrafia è molto leggibile e ordinata.
«Hai intenzione di chiamarlo?» si informa Jane mentre addenta l'hamburger.
Sospiro mettendo in borsa il foglietto e mangiando un boccone. «Vorrei…»
«E allora fallo! Non sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto?»
Annuisco flebilmente. È vero, ho questa incredibile opportunità di uscire con un ragazzo stupendo, sia dentro che fuori.
L'unica cosa che mi spaventa, molto contrastante alla mia natura, è la sua fama.
Le loro fans sarebbero disposte a vendere un rene per passare qualche secondo con i ragazzi, quindi non vorrei proprio sapere la fine che farei se venissero a sapere che esco con lui.
«Buttati ogni tanto, Cara. Ti privi di troppe cose, in alcuni casi. Pensa a goderti questi momenti con Ashton, senza pensare a nessun altro okay?»
Annuisco addentando qualche patatina. «Ci provo»
«Ashton ti interessa, e a lui interessi tu. Non capisco quale problema ci sia!» continua Jane, ma facendo così aumenta solo la mia confusione e la mia ansia.
«Devi solo buttarti qualche volta. Questo però è solo il mio consiglio» alza le mani, e mi ritrovo ad annuire un'ennesima volta.
Finiamo di mangiare, poi Jane mi scarrozza fino a casa.
La saluto con la mano ed entro in casa.

«Uccel di bosco è tornata» esclama Jeremy; ho sempre un'accoglienza così amorevole dai miei fratelli.
Roteo gli occhi e sfilo le scarpe. «Sarah non c'è?» chiedo sedendomi al tavolo con la borsa ancora in grembo.
«No, ma dovrebbe tornare fra un'ora circa»
«Meglio. Oggi ho visto Ashton Irwin al Mc Donald's ma mi sono scordata di chiedergli un autografo, anche perché erano solo in due. Ma voi non diteglielo» gesticolo con le mani.
«Irwin?» chiede mio papà dal salotto, guardandomi confuso. «Ho già sentito questo cognome»
«Ma sì, lo ripete sempre Sarah. È il batterista dei 5 Seconds of Summer»
Jeremy prende posto al mio fianco con un sorrisetto divertito. «E tu come fai a sapere tutte queste cose?»
«Beh… Sarah!»
«Sai che impazzirebbe se venisse a sapere che sua sorella si vede con il batterista della sua band preferita?»
Ridacchio immaginando le scenate che sarebbe in grado di fare Sarah. «Un secondo» alzo l'indice verso Jeremy. «Io e Ashton non usciamo. Semplicemente ci incontriamo ovunque senza neanche metterci d'accordo»
«Come dici tu» si alza poi a prendere delle noccioline che mi porge. «Vuoi?»
«No grazie» mi alzo anch'io frettolosamente in piedi «Vado in camera, se doveste avere bisogno bussate prima» annuncio.
Afferro stancamente la borsa e mi trascino ai piani superiori.
Mi tuffo all'indietro sul letto, il mio cuore martella minaccioso di volermi uscire dal petto.
Fino a prima ero stata incitata da Jane ma ora la paura si rifà viva.
Okay Cara, non essere ridicola.
Prendo un lungo sospiro, poi mi metto a sedere e recupero dalla borsa il mio telefono e il bigliettino contenente il numero di Ashton.
Lo compongo, e una serie di squilli è tutto ciò che percepisco.
Sono tentata a spegnere la chiamata, quasi con un cenno di delusione. Non so bene cosa mi aspettassi o come mi stessi illudendo.
Ma proprio mentre sto allontanando il telefono dall'orecchio la voce dolce di Ashton filtra dalla cornetta.
«Pronto?»
«Ciao bellissimo» borbotto.
«Cara!» esclama lui, posso immaginarmelo sorridere dall'altra parte del telefono.
Arrossisco involontariamente, mi sento avvampare senza motivo.
«È troppo affrettato se ti chiedessi, uhm, di vederci?» avanza dopo qualche momento di silenzio.
«Dipende dove playboy» lo scherzo con un sorriso sulle labbra.
«Ti piace il calcio?»
«Certo» aggrotto le sopracciglia «Mi vuoi portare ad una partita?»
«Qualcosa di molto meglio! Okay forse non proprio ma… Insomma possiamo sempre fare una partitina uno contro uno in un campetto vicino casa mia»
«Proposta allettante riccio»
«Perfetto, bellissima! Ti lascio l'indirizzo per messaggio»
«Va bene, ciao!»
Chiudo la chiamata con il cuore ancora in gola.
Un attimo dopo il telefono trilla, e ricevo da Ashton l'indirizzo e l'orario in cui trovarci.
Li appunto sull'agenda, ormai è una mia abitudine controllare e gestire da lì il mio tempo.
Richiudo il quaderno il quale crea un sonoro slap.
Non riesco a smettere di sorridere al pensiero di uscire con Ashton.
Un perfetto estraneo che mi trasmette una forte sensazione di casa, protezione. Di famiglia.
E poi è un ragazzo bellissimo e Dio, mi sento una dodicenne alle prese con le prime cotte.

Mi gratto l'incavo dell'occhio, sento una sensazione di stanchezza che preme ed opprime. Mi giro su un lato e mi addormento di colpo ancora con i vestiti e il trucco addosso.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


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capitolo quattro.





Infilo i pantaloncini della tuta e un paio di Nike da running probabilmente indossate un paio di volte.
Devo averle messe quei due giorni in cui io e Jane abbiamo provato a correre insieme. Purtroppo con il lavoro abbiamo iniziato a tornare a casa in orari assurdi e quindi rinunciato a correre.
In compenso mi tornano utili per andare a giocare a calcio con Ashton Irwin. Roba da tutti i giorni no?
Afferro la mia solita borsa, dovrei proprio decidermi ad acquistarne una nuova ma ne sono troppo affezionata!
Cellulare, portafoglio, chiavi di casa e dell'auto sono all'interno, posso recarmi al piano di sotto tranquillamente.
Lego i capelli in una coda di cavallo alta con un elastico nero che tengo quasi sempre al polso e prendo due barrette energetiche dalla dispensa in cucina.
I miei genitori sono al lavoro e i miei fratelli al rientro pomeridiano per i corsi di recupero. Sarebbe stata una bella giornata solitaria in totale relax.

Guardo l'orologio e noto essersi fatte già le 14:30. Mi sbrigo ad entrare in auto se non voglio far tardi (come mio solito al di fuori dell'ambito lavorativo).
Infilo le chiavi, ma mi blocco per un attimo indecisa sul da farsi. Meglio avvisare Ashton?
Allungo la mano verso il sedile accanto a me alla ricerca del telefono perduto. Mi lamento sempre delle piccole dimensioni della mia borsa eppure non trovo mai niente ugualmente.
Una volta recuperato, compongo un messaggio dove gli dico di essere partita e invio.
Tiro un sospiro, non so perché ma sono un tantino agitata.
Cara, non iniziare. Vai solo a giocare a calcio. Giochi a calcio da quando cammini. Basta.
Metto in moto, imposto il navigatore con la via desiderata e mi immetto sulla strada principale.
Fortunatamente alla radio trasmettono un nuovo singolo di John Newman che ho sentito al lavoro qualche giorno fa, Come And Get It, così posso cantare e calmarmi un po' mentre arrivo a destinazione.

7a/27 Sutherland Crescent.
Abbasso il viso fino ad afflosciarmi sul volante, una volta parcheggiato davanti il cancello.
Davanti a me si staglia una graziosa casa su due piani in pietra grigia e marrone.
Due cancelli in ferro battuto, uno per l'entrata pedonale e uno per l'entrata del veicolo dove mi trovo attualmente.
Per finire una muraglia coperta da una siepe di foglie verdissime circonda l'area. Il resto non rientra nella mia ristretta visuale.
Questo sembra tutto fuorché un campetto da calcio.
Solo dopo aver setacciato dal basso verso l'alto l'abitazione mi accorgo di aver assunto un'espressione alquanto sorpresa.
Esco dall'auto e cammino fino al cancellino suonando il campanello, dotato di una telecamera. Un'incisione con il cognome Irwin si trova al di sotto del pulsante.

Invece di ottenere risposta tramite il citofono, un Ashton raggiante e con la palla da calcio tenuta sotto al braccio si presenta davanti i miei occhi.
«Mi hai dato l'indirizzo di casa tua Irwin» sottolineo una cosa già ovvia.
«Non c'è parcheggio al campetto. Ti dà fastidio?» mi lancia un'occhiata divertita che mi fa roteare gli occhi.
Chiude il cancellino e mi avvento a rubargli la palla.
«Devi essere più svelto, riccio»
Assumo un'espressione altezzosa che gli procura una grassa risata.
«Dai andiamo» dice poi, guidandomi con una mano appoggiata sulla schiena.
Tengo in grembo il pallone e in spalla la borsa mentre attraversiamo la strada e arriviamo al campetto.
«Da quando mi sono trasferito vengo qui a giocare con gli altri ragazzi» mi spiega mentre apre una porta ricoperta da una rete in ferro. Tutt'intorno vi è una larga recinzione ricoperta dalla medesima rete.
«È ottimo per fare una partitina» constato guardando velocemente intorno l'area del campetto. Invece di avere erba sintetica è sterrato.
Due porte con delle reti un po' sgualcite si trovano una opposta all'altra, mentre quattro lampioni per illuminare il luogo di notte sono stati posizionati agli angoli.
Lungo il campo sono state tracciate delle linee per rispettarne gli spazi e le aree di tiro, mentre invece delle panchine in legno completano il tutto, messe parallelamente sui lati lunghi del rettangolo.

«Sei pronta a perdere?» chiede sfacciatamente mentre palleggia.
Fingo un'espressione offesa e appoggio la borsa su una delle panchine.
«Non sai con chi hai a che fare vero? Sono Cara Baldwin, il numero dieci della mia famiglia.» incrocio le braccia con aria di sfida.
«Vedremo!» ghigna, passandomi di sorpresa il pallone.
Con un riflesso lascio cadere le braccia lungo il corpo e stoppo la palla con il petto.
Ashton si dipinge in volto un'espressione a metà divertita e a metà sorpresa, non se l'aspettava.
Alzo di tacco l'oggetto cilindrico e glielo ripasso.
«Ripeto, ho passato gran parte della mia infanzia e adolescenza a correre su campi da calcio» prendo la palla in mano e seguo Ashton vicino ad una porta. «Non si direbbe vero? Invece ogni qualvolta avessi un momento libero io, mio fratello e mio papà andavamo a giocare.»
Sorrido fiera a questi ricordi, sono sempre stata una grande appassionata di questo sport. Purtroppo non l'ho mai praticato agonisticamente ma solo per divertimento.
«Sono colpito» ammette il ragazzo.
«Si era capito» sorrido lanciandogli la palla.
«Forza, con cosa iniziamo?»

-

Corro talmente forte che le gambe cominciano a bruciare.
Cerco di non pensarci mentre la porta si fa sempre più grande ai miei occhi.
«Ti prendo tanto!» Ashton continua a importunarmi solo per farmi perdere la concentrazione.
Non gli do retta, e continuo imperterrita fino ad essere nell'area di rigore. Tiro di destro e, a porta vuota, la palla finisce in rete.
Ashton decelera e sbatte nuovamente le braccia in segno di resa, mentre io le allargo ed esulto dirigendomi verso di lui.
«Chi ha segnato il goal decisivo?» esclamo avvicinando una mano all'orecchio.
«Non sento, chi è stato?» continuo imperterrita girando attorno al povero ragazzo.
Se gli sguardi fossero fuoco sarei già morta carbonizzata.
Si lascia poi andare a una risata, mi sto mettendo seriamente in ridicolo.
«Con queste guance rosse non migliori la situazione» mi prende in giro, pensando che la cosa mi tocchi.
«Anche tu le hai, per non parlare del cespuglio in testa» scherzo spintonandolo.
«Sarà per la prossima volta riccio! Piuttosto, desidererei re-idratarmi il più presto possibile» cammino a piccoli passi con le mani dietro la schiena seguita dal ragazzo.
«Avevo pure preparato due bottigliette, ma devo averle scordate sul bancone in cucina» dice grattandosi la nuca.
«Male» esclamo frugando nella mia borsa «Fortuna che ti ho a cuore abbastanza da ricordarmi di portarti una barretta» dico porgendogliene una. È al cioccolato, dopo due ore passate sotto il sole cocente dovrebbe farci bene.
«Grazie dunque» sorride e ne prende un morso.
Rimetto in spalla la borsa mentre Ashton tiene sotto braccio il pallone.
Usciamo dal campetto e percorriamo al contrario la strada mentre finiamo le nostre barrette.

Apre il cancellino di casa e con un gesto della mano mi fa passare per prima.
«Grazie» sorrido, per mutare poi espressione «Non l'hai fatto per guardarmi il culo vero?»
Ashton rotea gli occhi. «Te ne preoccupi ora dopo aver passato due ore a correre nel campetto?»
Faccio spallucce. Lui in risposta scuote il capo senza riuscire a non ridacchiare.
Arriviamo alla porta di casa e mentre apre anche questa do una sbirciata veloce sul retro, e inquadro una piscina interrata.
«Ti faccio un tour della casa, sì» risponde prima che possa far domande. Mi stavo preparando a picchiettargli una spalla, mi conosce già fin troppo bene. O forse sono io poco prevedibile.
Mi lascia entrare con un sorriso, ogni volta affiorano due adorabili fossette e ogni volta mi astengo dal pizzicargli una guancia.
Si sente subito un piacevole odore di casa; nella mia ho fatto l'abitudine e non so quale sia.
Guardo attorno la stanza, è per lo più una stanza all'incirca quadrata con delle grandi portefinestre sulla parete opposta all'entrata, che danno sul giardino. È arredata con due divani da tre posti, tanti quadri e poster di band ormai sciolte da tempo, qualche pianta negli angoli, un tappeto al centro dei divani sottostante ad un tavolino da caffè e un televisore appeso alla parete.
Già semplicemente questa porzione di casa è stupenda.
«Vieni?»
Ashton mi tende una mano, si trova già sui primi gradini di una scala che conduce al piano di sopra.
Afferro la sua mano gonfiando le guance. «Non ho due anni, non rischio di perdermi» borbotto, evitando di dirgli esplicitamente che stringergli la mano non mi procura alcun fastidio.
Anzi! Amo la stretta salda con cui la tiene, e amo il calore che emana nonostante sia sudata e non sopporti nulla di caldo.

La scalinata si conclude su una grande stanza illuminata per la maggior parte da luce naturale, dovuto dalle grandi finestre che lasciano scorgere un panorama stupendo.
È composta da due divani bianchi da due posti al centro dei quali, anche qui, si trovano un tavolino da caffè e un tappeto a righe bianche e panna che si abbina al colore dei muri, bianco ovunque.
Una libreria si staglia dietro i divani, mentre di fronte ad essi un televisore e un mobiletto di legno.
Alla nostra sinistra delle porte finestre conducono ad una sala da pranzo, illuminata per i due quarti grazie alle grandi finestre posizionate lungo due pareti.
Alla nostra destra intravedo una cucina luminosa con un piano americano. Un muro aperto quasi del tutto da un arco la separa dal resto della stanza.
Di fronte ad essa la porta semi aperta lascia vedere un bagno che scommetto essere altrettanto magnifico.
Tutta questa casa è illuminata per la maggior parte dalla luce naturale e l'arredamento rientra ampiamente nel mio stile.
Se mi occupassi di una rivista di interni in questa casa potrei dare libero sfogo alla mia vena da fotografa.

Ashton deve notare la mia espressione estasiata perché stringe appena la mia mano come per verificare che io sia ancora su questo pianeta.
«Ti piace?» chiede con un sorrisetto.
Lo fisso mantenendo la stessa identica espressione.
«Non vedi?» indico il mio volto. «Penso di trasmettere molto da questa smorfia»
Il ragazzo ride.
«Aspetta, prima che mi dimentichi vado a prendere l'acqua.»
Ritorna con le bottigliette che gocciolano, dovute al caldo e al fatto che si trovassero fuori dal frigorifero.
«Grazie» sorrido prendendo un sorso.
Quando richiudo la bottiglia afferra involontariamente la mia mano, di nuovo, e mi conduce verso la sala da pranzo.
«Non hai ancora visto il meglio» dice.

Apre un'ennesima porta finestra che dà su un balcone, mentre sorrido alla vista delle nostre mani congiunte.
Okay, Cara a cosa diavolo stai pensando.
Mi porta su una bella veranda, dove sono state posizionate due sedie attorno ad un tavolino e una graziosa panchina contro una parete per mangiare o semplicemente passare del tempo all'aperto e osservare la meraviglia di una parte di Sydney e delle sue acque.
La vista del salotto è solo un assaggio di quella attuale.
«Wow» lascio sfuggire quasi in un sussurro.
«La parte migliore è il tramonto. Anche in camera da letto ho questo panorama» esclama guardando verso l'orizzonte.
Lo osservo per un momento seguendo poi il suo sguardo.
Appoggio la mano che tiene la bottiglietta sulla recinzione, i contorni sono in ferro ma per chiuderla è stato applicato un rivestimento trasparente in plexiglas suppongo.
«È questa particolarità che mi ha fatto innamorare della casa» continua con un sorriso, ora guardandomi. «Guarda sotto»
Corruccio la fronte e volgo lo sguardo verso un giardino pieno di alberi, con al centro una grande piscina interrata (quella intravista prima di entrare), delle sdraio e persino un barbecue!

«La tua casa è la mia casa dei sogni, sappilo» esclamo annuendo a me stessa e spostando una ciocca di capelli fuoriuscita dalla coda.
Ashton sorride. «Me l'ha fatto intendere anche mia mamma quando è venuta con me a vederla»
Il campanello interrompe il discorso; seguo il riccio fino all'entrata recuperando prima la borsa, ne approfitto tanto devo andare.
«Ciao Cal!» saluta l'amico con un abbraccio.
Lui è uno dei quattro.
Lo osservo cercando di ricordare il nome intero, e quando anche lui scambia un'occhiata nella mia direzione inarca le sopracciglia.
«Oh non pensavo avessi compagnia. Disturbo?»
«No tranquillo, stavo andando» sorrido avvicinandomi ai due.
«Sei Cara... giusto?» chiede indicandomi.
«Esattamente!» esclamo annuendo, poi sposto lo sguardo su Ashton. «Grazie mille per il pomeriggio»
Sorrido sinceramente stringendomi nelle spalle, non ne passavo uno simile da un po' ormai.
«Grazie a te» ricambia, e allarga le braccia incerto.
Ridacchio al suo gesto tenero e lo abbraccio. Saluto nuovamente il suo amico Cal... Calum (ecco com'era!) mentre palleggia la palla ad Ashton.
«Guarda qui che roba!» esclama come un bimbo e mi sfugge una risata.
Mi dirigo ad aprire il cancellino, ma il riccio mi precede con la palla in mano.
Mi accompagna verso l'auto dove mi appoggio con la schiena.
«Ci sentiamo va bene? Mi piacerebbe passare del tempo con te»
Sorrido rubandogli la palla da sotto il braccio e palleggiandola in alto.
«Mi farebbe piacere» esclamo.
Ferma la palla sopra la mia testa e mi guarda negli occhi. Non mi stancherei mai di osservarne il bellissimo familiare colore.
«Va bene, grazie ancora…» sorride riprendendo la palla.

Faccio per salire in auto ma ricordo la richiesta di mia sorella. «Oh, quasi dimenticavo!»
Frugo nella borsa alla ricerca del quadernetto e lo porgo ad Ashton, che mi guarda divertito.
«Mia sorella mi ha costretta a chiederti un autografo. Se non glielo porto è capace di uccidermi» ridacchio sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Ecco fatto» dice dandomi di nuovo le mie cose.
«Grazie mille» sorrido.

Salgo in auto salutandolo e mollo la borsa sul sedile del passeggero.
Osservo Ashton ritornare dal moro e lanciargli il pallone, poi metto in moto impostando il navigatore con la via di casa.
Durante il tragitto non penso a nient'altro che il pomeriggio passato con lui.
Sorrido involontariamente mentre rivedo la scena del goal e le occhiatacce di fuoco da parte sua, e ancora all'immagine delle nostre mani strette.
Mi ritrovo a scuotere il capo e a ridere di me stessa. Ho 21 anni, pensavo di essermi lasciata alle spalle gli anni delle crisi ormonali da adolescente!




-

premetto solo che quasi tutti i luoghi sono descritti a mia immaginazione👼🏼
che ne pensate finora?
recensioni e critiche, as always, sono ben accette! xx

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


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capitolo cinque.





«Oh mio Dio la mia migliore amica se la fa con Ashton Irw-»
«Shh!» la interrompo tappandole la bocca con le mani.
Mi spinge via il braccio.
Stiamo camminando verso la piadineria per consumare il nostro pranzo.
Jane mi guarda con aria divertita, le sue constatazioni non sono finite.
«Dovrei abituarmi alla vita da famosa?» chiede inarcando le sopracciglia.
«Jane togliti quell'espressione dal volto. Stiamo solo uscendo! Ci piace passare del tempo insieme, niente di che...» dico, sistemando nervosamente la borsa sulla spalla. E meno male che non ci fossero stati paparazzi ieri, non avrei saputo come reagire altrimenti.
«Certo, certo, come dici tu!»
Roteo gli occhi; deceleriamo arrivando sul posto, Maurice prende le ordinazioni e poi ci sediamo fuori.
«Vi vedete ancora?»
«Mh, credo» o meglio... spero.
Mentre parliamo il telefono squilla, e il soggetto è proprio Ashton.
«Parlando del diavolo» esclamo con un sorrisetto.
Sblocco il cellulare e leggo il messaggio: mi chiede come stia.
«Cosa dice?» chiede Jane sbirciando lo schermo.
Mi allontano di riflesso guardandola male. «Mi fai prima leggere?»
Sbuffa tornando composta. «Okay, okay!» Rispondo sorridendo involontariamente, e la mia migliore amica mi guarda di sbieco.
«Mi ha chiesto come va» esclamo infine poggiando il telefono sul tavolo.
«Che carini. Vi shippo»
«Come?» corruccio la fronte, ma prima che possa replicare arriva Maurice con il nostro pranzo.
Mangiamo velocemente per poi recarci, dopo aver pagato, sul posto di lavoro.
Oggi siamo molto indaffarate in quanto dobbiamo finire gli ultimi scatti per la rivista mensile.
«Forza, al lavoro!» esclamo camminando al fianco di Jane verso lo studio di Jules.

-

Torno a casa sfinita, sono le quattro passate. Tolgo le scarpe all'entrata e abbandono la borsa in un angolo, lanciandomi poi sul comodo divano a L.
Prendo il telefono dalla tasca dei miei jeans e apro i due messaggi ricevuti.

Ti va di bere qualcosa insieme?

Lo prendo come un sì. Ci vediamo stasera per le nove al Goros x

Sgrano gli occhi.
Avevo già programmato una serata Netflix, cibo e pigiama!
Ma non si può dire di no ad Ashton Irwin.
Rispondo positivamente, per poi andare direttamente a farmi un bel bagno caldo, perfetto per distendere i nervi.

-

«Stai uscendo?» Sarah gira il viso dalla mia parte, mangiando qualche popcorn davanti alla tele. «Si sente una scia di profumo fin qui»
Roteo gli occhi afferrando la mia borsa, posta ora ordinatamente ai piedi del tavolo da pranzo.
«Chissà con chi» dice semplicemente Jeremy, con una smorfia di chi la sa lunga.
Lo maledico mentalmente mentre infilo le Adidas. Non saranno elegantissime, ma non ho voglia di tornare con mille vesciche ai piedi.
«Ci vediamo più tardi ragazzi!» saluto con un sorriso per poi uscire di casa ed infilarmi in auto.
Prima ho salvato l'indirizzo, così lo inserisco nel navigatore e metto in moto.
Durante il tragitto ascolto la musica ad alto volume per cercare di calmare il cuore che martella nel petto. È sempre così quando devo vedermi con Ashton.
Picchietto le dita sul volante nervosamente mentre, una volta arrivata a destinazione, cerco parcheggio.
Mando un messaggio al ragazzo che non tarda a rispondere.

«Eccoti bellissima!» sorride camminando verso la mia direzione. Ricambio infilando il cellulare in borsa.
Appoggia una mano sulla mia schiena mentre entriamo nel locale, azione che mi fa arrossire e imprecare mentalmente.
Il bar è affollato, diviso fra persone che cantano ad un karaoke e persone che giocano a degli Arcade stile anni '90.
«Cosa vuoi fare prima?» chiede al mio orecchio.
Alzo le spalle in risposta. «Quello che vuoi!» Prende la mia mano e mi guida verso il karaoke. Sgrano gli occhi cercando di capire le sue intenzioni: posso mettermi a cantare ovunque ma non in un karaoke con tutta questa gente a fissarmi!
Strattono il suo braccio non appena ci fermiamo e lui mi guarda ridacchiando.
«Ti va?»
Scuoto il capo in modo frenetico, facendolo ridere di più.
«Va bene! Vado io, augurami buona fortuna!» Roteo gli occhi. Come se non ci fosse abituato!
I due ragazzi presenti sul palco finiscono la canzone, poi Ashton insieme ad una ragazza salgono prendendo il loro posto.
Le note di Waiting For Love partono; Ashton è il primo a cantare il primo assolo, e ne resto estasiata.
Lo fisso meravigliata finché parte il beat del ritornello, dove ci ritroviamo tutti a ballare. Il secondo assolo è della ragazza, abbastanza in soggezione.
Quando la canzone finisce e Ashton torna da me lo spintono scherzosamente.
«Sembrerebbe il tuo lavoro» esclamo facendolo ridere. «Ma comunque, sei stato bravissimo!»
Il riccio mi dona un sorriso stupendo dove spuntano due adorabili fossette.
Resto per qualche attimo in adorazione, poi mi prende di nuovo per mano e mi conduce verso gli Arcade.
Di nuovo arrossisco ma lo ringrazio cosicché io eviti di perdermi, cosa fin troppo facile per una svampita come la sottoscritta.
«Vuoi sfidarmi riccio?»
«Avanti!»
Ci fermiamo davanti uno slot munito di pistole. Ne afferriamo una ciascuno e dopo aver inserito una moneta, cominciamo a giocare.
«Tanto faccio io più punti!» esclamo saltellando e spostandomi a destra e sinistra, come se potessi far di più.
Alla fine vince Ashton ma di poco.
«Non è giusto. Voglio la rivincita!» esclamo. Ci spostiamo su un altro gioco, Metal Slug, e questa volta vinco io.
«Non male» esclama con un sorrisetto, mentre sul mio volto si dipinge una smorfia di trionfo.
«Andiamo a bere qualcosa!»
Ashton si fa strada verso il bancone del bar; ci sediamo sugli sgabelli mentre il barista prende i nostri ordini.
Ne approfitto per osservarlo un po': è un ragazzo bellissimo, sia fuori sia, per quanto lo conosca, dentro.
L'unica cosa che mi dispiacerebbe accadesse, sarebbe essere additata come una sua fiamma e che quindi questo piccolo rapporto venga distrutto.
Non sto uscendo con lui per la fama, per quanto ambiziosa sia devo lavorare sodo, con le mie mani, per ottenerla; mi piace uscire con lui, è molto di compagnia e ho potuto constatare essere un ragazzo con i piedi per terra.
Arrivano i drink e chiacchieriamo mentre li sorseggiamo.
In un baleno, dalle 21:40 che erano quando siamo entrati si sono fatte le 00:35 senza neanche rendermene conto.
«Si è fatto tardi, e domani lavoro» dico bloccando il telefono e rimettendolo in borsa.
«Oh, certamente!»
Ashton si offre di pagare i drink, e ci dirigiamo verso l'uscita.
«Grazie mille della serata» diciamo all'unisono per poi scoppiare a ridere come due deficienti.
«Dobbiamo rifarla, se per te va bene ovviamente»
«Certo!» rispondo sinceramente.
Restiamo così qualche momento, in un silenzio tutt'altro che imbarazzante.
Faccio per proferire parola quando una goccia d'acqua cade sul mio naso.
Lo asciugo corrucciando la fronte mentre diverse gocce a seguire cadono sempre più frequenti, finché arriva un vero e proprio acquazzone.
Ashton apre la giacca e cerca di coprire la testa di entrambi mentre corriamo verso la mia auto, ottenendo il risultato contrario.
Mi appoggio al cofano con il fiatone per la corsa e le risate che non ho saputo trattenere, fradicia.
«Grazie per il "passaggio"» mimo le virgolette. «Dove hai la macchina?»
«È lì» indica un'auto grigia non lontano da noi e annuisco.
«Grazie ancora»
D'impulso mi alzo in punta di piedi e lascio un bacio veloce sulla sua guancia.
Arrossisco per il mio stesso gesto e salgo in auto, salutandolo di nuovo con la mano.
Una volta allontanato mi abbandono ad un lungo sospiro.

Ashton Irwin, che cosa mi stai facendo?




-

helloooo
come prima cosa vi chiedo immensamente scusa per non aver più aggiornato! non sapevo come scrivere il capitolo e infatti è una schifezza..

vabbè, spero comunque vi piaccia :) x
besosss

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


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capitolo sei.





«Do you remember, we were sitting there by the water?
You put your arm around me for the first time
»
Salto due a due i gradini delle scale. Facendo così rischio solo di spalmarmi sulla moquette, ma rispondo a me stessa con una scrollata di spalle.
«You made a rebel of a careless man's careful daughter.
You are the best thing that's ever been mine
»
Continuo intonando alla perfezione tutte le note della canzone.
Muovo la testa a ritmo e inciampo, ovviamente, nell'ultimo gradino, aggrappandomi per un pelo al corrimano.
«Al posto di cantare come una gallina, pensa a guardare dove metti i piedi e a non ucciderti» dice svogliatamente Sarah mentre va in cucina e afferra la sua ciotola dalla dispensa.
Roteo gli occhi e la imito, seguendola e prendendo la mia azzurra a pois.
Recupero i cereali dal mobiletto alla mia destra e il latte nel frigorifero, per poi appoggiare il tutto sul tavolo della nostra cucina.
«Mi farai odiare la Swift, un giorno o l'altro» aggiunge mio fratello, con un gomito appoggiato sul tavolo e il braccio che sorregge la testa.
Mi verrebbe voglia di spostarglielo, ma mi trattengo.
Prendo posto, verso cereali e latte nella scodella e consumo la mia colazione a ritmo di lamentele da parte dei miei fratelli, come in ogni mio giorno libero.
Una volta finito appoggio la scodella nel lavello e sistemo i miei cereali, dato che Sarah e Jeremy ne mangiano altri.
«Bene, io vado a vestirmi» annuncio mentre mi appoggio al bancone con le mani.
«Okay» rispondono all'unisono, con il tono di voce di una persona morente.
Alzo un sopracciglio; certe volte mi sorprendo della loro voglia di socializzare.
Mi dirigo in salotto e ricordo di aver dimenticato il telefono sul mio comodino.
Salgo le scale correndo e arrivando nella mia stanza.
Noto lo schermo del mio cellulare illuminarsi, e una volta afferrato leggo due chiamate perse.
Scorro con il dito sulla notifica di un messaggio, aprendolo.

Ti ho chiamata ma probabilmente dormivi... Scusa!
Volevo solo dirti che stasera daremo una festa a casa mia, io e gli altri ragazzi.
Mi farebbe piacere se venissi :) x


Sono giorni ormai che torno a casa tardi, benché io abbia 21 anni non vivo in un albergo e questo lo so benissimo.

Ti faccio sapere, ma penso sia più un sì. x

Blocco il cellulare lasciandolo nuovamente sul comodino, spostandomi invece con la testa nell'armadio per cercare qualcosa, in caso i miei dicano di sì.
Ieri ha piovuto tutto il giorno ma non fa particolarmente freddo.
Opto quindi per un paio di skinny neri, una canottiera bianca che ho da anni e che personalmente amo e, nel remoto caso avessi freddo una giacchetta nera. Ai piedi suppongo di mettere le All Stars bianche alte.
Preparo gli abiti e li appoggio ordinatamente in fondo al mio letto, pronti per stasera.
Invece, per uscire ed acquistare due cose per la casa scelgo una tuta unica nera e le mie Vans ai piedi.
Raccolgo i capelli in una coda alta, spruzzo del deodorante e il mio profumo preferito alla vaniglia, dopodiché riprendo il telefono cacciandolo in borsa.
Scendo velocemente le scale e mi dirigo nuovamente in cucina a prendere il foglietto, dove ho segnato tutto l'occorrente.
«Ci vediamo dopo ragazzi» sorrido ai miei fratelli che nel frattempo stavano ancora mangiando.

-

Dopo aver avuto il consenso dei miei genitori per uscire (anche stasera) fino a tardi, indosso gli abiti preparati questa mattina.
Ho solo omesso un particolare, dicendo di star andando da Jane piuttosto che dire della festa organizzata dalla band preferita di mia sorella che pullulerà di persone famose e quindi di paparazzi.
Sì, sono calmissima e no, per niente preoccupata.
Se non fosse che io tenga tanto ad Ashton, cosa piuttosto strana dato che ci conosciamo da pochissimo e non so nemmeno il suo colore preferito, non avrei mai accettato di parteciparvi.

Qual è il tuo colore preferito?

Mando soprappensiero un messaggio al ragazzo, dopo aver appoggiato il telefono prendo il fondotinta, l'eyeliner e il mascara, e applico il tutto. Niente rossetto per stasera.

Rosso... perché? E il tuo? ;)

Il telefono trilla ma finisco di sistemare il trucco, per evitare di creare macelli.
Una volta tanto che sono in orario!
Pettino le punte già perfettamente lisce dei miei capelli per poi afferrare una piccola borsa nera che tengo per le occasioni. Metto l'occorrente, tipo portafoglio e chiavi, un pacchetto di fazzoletti e uno specchietto; prendo il telefono controllando se ci siano notifiche e rispondo dunque al messaggio di Ashton.

Così... non te l'avevo mai chiesto! Il mio bianco, o giallo :)
E comunque sto partendo, ci vediamo dopo x


Avviso per evitare che mi scriva mentre guido. Infilo le Converse, mi do una leggera occhiata allo specchio e poi sono pronta.
Scendo velocemente le scale, saluto i miei genitori con un bacio sulla guancia e i miei fratelli con una spettinata di capelli.
Esco di casa e, una volta in auto, metto ugualmente l'indirizzo di casa Irwin nel navigatore.
Non mi sorprendo più se scorro meccanicamente nel telefono alla ricerca di Mine da mettere in ripetizione come accompagnatore durante il tragitto.

Arrivata davanti casa di Ashton noto la quantità di auto parcheggiate, le persone nel giardino in costume da bagno e intravedo quelle all'interno che ballano con bicchieri in mano.
Perché ho accettato. Perché ho accettato.
Parcheggio in un posto libero, continuando a sospirare.
Spengo l'auto e afferro la borsa, aggrappandomi saldamente ai manici.
Cammino verso il cancelletto controvoglia, mentre una palla gonfiabile tutta bagnata cade ai miei piedi.
«Scusa!» esclama un tizio, alzando la mano.
La raccolgo e gliela rilancio con un sorrisetto sbilenco.
Suono poi il campanello e mi appoggio al cancello, notando sia restato aperto.
Scrollo le spalle e pensando a tutte le cose positive nell'essere venuta qui per convincermi ad entrare, mi muovo verso l'interno dell'abitazione.
Mi guardo attorno, come immaginavo la casa pullula di persone. Una massa si trova qui fuori a tuffarsi in piscina, mentre un via vai continuo di altre si alternano dall'interno.
Entro in casa, il bel salone che tanto mi piace è pieno di ragazzi che lo stanno solo sporcando.
Salgo velocemente le scale alla ricerca di qualcosa da bere, per affrontare la serata ne ho bisogno.
«Cara!»
Mi giro di scatto trovando il viso sorridente di Calum. Ricambio il saluto, contenta di aver trovato finalmente qualcuno con cui parlare.
«Sei qui da tanto?» chiede avvicinandosi; la musica è sparata ad alto volume e adesso capisco il perché nel quartiere questa sia l'unica casa separata.
«Sono appena arrivata!» replico cercando di sovrastare il rumore.
Lui annuisce. «Vuoi qualcosa da bere?»
Alzo il pollice in segno di risposta; mi guida verso una lunga tavolata piena di spuntini, bicchieri, alcolici e macchie versate sopra la tovaglia in carta.
«Serviti pure - sorride - Torno subito!»
Lo osservo con orrore. Vorrei pregarlo di non lasciarmi sola intanto che cerco Ashton, ma tento di stare composta.
«Va bene» rispondo quindi.
Di solito non mi ritrovo mai da sola in una folla, non ne sono abituata.
Butto giù un sorso di birra a caso trovata sul tavolo, mentre impreco mentalmente.
Perché ho accettato. Perché ho accettato. Perché-
Due mani si appoggiano sui miei fianchi. Sto per alzare un braccio quando la voce di Ashton arriva alle orecchie.
«Ti ho spaventata?» ridacchia.
Mi lascio andare al suono della sua risata contagiosa.
«Sì» esclamo girandomi completamente.
Mi soffermo sui suoi occhi che mi hanno attratto da subito.
«Vieni - dice dopo qualche momento - E aggrappati al mio braccio»
Obbedisco, corrucciando la fronte. «Dove mi porti?»
«Su una stella!»
Roteo gli occhi lasciandomi andare ad una risata.
Lo seguo in silenzio, un'altra battuta del genere e vola in piscina.
E a proposito di piscina, mi sta proprio portando all'esterno!
Ci siamo fermati sul bordo; anche qui fuori è magnifico, peccato che centinaia di persone stiano facendo chiasso e non riesco a notare appieno la bellezza del posto.
«Possiamo fare a cambio di casa?» ridacchio guardandomi in giro.
Ashton non risponde, mi volto verso la sua direzione e noto un'espressione divertita sul suo volto.
«Che c-» non faccio in tempo a finire la frase che mi sento cadere all'indietro. Riesco per un pelo ad aggrapparmi al suo braccio e trascinarlo in acqua con me.
Torno in superficie annaspando come un tricheco mentre Ashton ride come un deficiente.
«Cretino!» esclamo spruzzandolo d'acqua. Mi siedo a bordo piscina, senza riuscire a trattenere le risate.
«Sembri il mostro di Loch Ness con i capelli tutti in avanti!»
«Grazie del complimento - dice sedendosi al mio fianco - Sembri il cugino Itt»
Faccio una linguaccia mentre strizzo le punte dei capelli.
«Vieni, andiamo a prendere delle salviette» Si alza in piedi e tende la mano per aiutarmi. «Grazie» sorrido.
Lo seguo all'interno della casa, evitando tipi barcollanti già ubriachi.
Ci piazziamo davanti una specie di ripostiglio da cui estrae due salviette da mare verdi.
«Grazie!»
Afferro la salvietta e la avvolgo attorno alle spalle.
«Oh, devi vedere assolutamente una cosa!» dice il riccio affrettandosi a farsi strada verso il balcone.
Faccio in tempo a recuperare un bicchiere di punch per poi seguire il ragazzo.
Qui sul davanzale non c'è nessuno fortunatamente, le mie orecchie non sopportavano più altro rumore.
Ci sediamo sulla panchina e davanti ai miei occhi si presenta lo spettacolo della luna che riflette i suoi raggi sull'acqua.
«Wow» mi lascio sfuggire.
Ammiro estasiata la palla bianca luminosa ed alta in cielo, con un piccolo sorriso mentre sorseggio dal bicchiere.
Sento gli occhi di Ashton addosso, così punto i miei nei suoi e rimaniamo così per quelli che mi paiono secondi infiniti.
È incredibile come mi faccia rilassare e sentire protetta, in un modo malato.
Si avvicina lentamente e pericolosamente ma non ho alcuna intenzione di spostarmi.
Punta ora il suo sguardo sulle mie labbra e-
«Chi non viene a tuffarsi è un coglion- Oh, pensavo ci fossero più persone»
Michael, credo, interrompe il momento.
Ashton si allontana infastidito e guarda l'amico con sguardo truce.
«Scusate...» dice il rosso, che una volta osservato per bene noto essere invece viola!
«Hai fatto la tinta di nuovo?» chiedo inarcando le sopracciglia.
«Sì! Bello vero questo colore?»
Faccio per rispondere ma Ashton mi precede. «Vai pure, ti raggiungiamo»
Michael annuisce e torna dentro, esclamando (o meglio urlando) qualcosa ai presenti.
Il riccio scuote il capo, provocandomi una leggera risatina.
Appoggio la mia mano sulla sua, se potessi starei qui al suo fianco sempre.
«Spero di non averti messo in imbarazzo» proferisce parola dopo qualche momento di silenzio, passandosi la mano libera sulla nuca.
«No, no tranquillo»
Chissà quando si ripresenterà un'occasione perfetta come questa.
Restiamo così ancora un po', con le mani intrecciate e giuro di sentire tutt'altro che imbarazzo.
«È strano il senso di tranquillità che mi trasmetti» dice guardandomi dritta negli occhi, e sento il cuore sprofondare mentre un sorriso si fa largo sul mio volto.
«Lo penso anch'io»

Guardo l'orologio per controllare l'orario, è già l'una passata.
«Si è fatto tardissimo» esclamo frettolosamente.
Impiego più di mezz'ora per tornare a casa.
«Devi già andare?» chiede, potrei notare il dispiacere sul suo viso.
«Purtroppo sì, ma ci sentiamo»
«D'accordo, ti accompagno all'auto»
Senza lasciare la sua mano ci facciamo largo fra i corpi ammassati delle persone che continuano a ballare imperterriti e scendiamo al piano terra.
Di fuori volano palloni e altri oggetti gonfiabili.
Camminiamo velocemente verso la mia macchina, guardando meccanicamente a destra e a sinistra prima di attraversare benché non passi nessuno. È un mio vizio, la prudenza non è mai troppa.
«Grazie mille della serata» sorrido, ricordandomi di avere ancora addosso la salvietta.
La piego e gliela porgo, «È un po' fradicia» ridacchio.
«Non fa niente - sorride - E scrivimi appena arrivi, d'accordo?»
«Va bene!»
Prima che io salga in macchina mi lascia un bacio sulla guancia che ovviamente mi fa avvampare.
Non appena mi metto comoda sul posto di guida e Ashton si allontana, prendo il telefono e avviso Jane di doverle parlare.
Metto in moto l'auto e accendo il navigatore e la radio, ma per tutto il tragitto ripenso talmente tanto alla serata passata da non sentire nemmeno la musica trasmessa.




-


aggiornamento flashh
ne approfitto intanto che ho questa ispirazione momentanea, ahah

ho cambiato anche il banner! che ne pensate? x

recensioni e critiche ben accette as always, babes💗

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