Drunken Lullabies

di Magali_1982
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Speed of Darkness ***
Capitolo 2: *** 1- Drunken lullabies ***
Capitolo 3: *** Thriller ***



Capitolo 1
*** Speed of Darkness ***





Prima di salire a bordo dell' Impala, alcune precisazioni doverose.
E' la prima storia che scrivo nel fandom di Supernatural. Mi girava in testa da anni e all' inizio i personaggi originali che conoscerete erano nati per un altro contesto. Ora, ripresa in mano la visione delle serie mancanti, è nata questa fan fiction.
Drunken lullabies si colloca idealmente a circa metà della Quarta Stagione e farà prendere una piega inaspettata a diversi eventi. Se cercate il momento temporale esatto, è dopo la S04x016, "On the head of a pin".
Perché ho deciso di collocare il mio Universe tanto prima degli avvenimenti correnti? Perché adoro Castiel. Il Castiel delle prime puntate, con i suoi dubbi e il suo rapporto burrascoso con Dean. Perché adoro Dean. Il Dean dopo la risalita dall' Inferno, con le sue fragilità e grandi slanci. E perché così posso far accadere momenti di puro imbarazzo tra un Angelo confuso e un Cacciatore che deve spiegare a tale Angelo le cose più elementari. Per esempio, non comparire in una macchina in corsa a tradimento.
Spero vi piacerà quest' avventura; prendete posto e fate partire la prima musicassetta!
Non detengo alcun diritto sui personaggi citati, sulla serie in cui compaiono e nemmeno sulle canzoni che compariranno lungo la fan fiction.
Buona lettura!
Maddalena.





 
Prologo

Speed of Darkness





 
" The speed od Darkness lights our way
We set our course for America
No bitterness will bite my tounge
The speed of Darkness has begun
"





 
Hartford, Connecticut, 2006







"Chris, ti devi svegliare."
L'uomo si scansò appena in tempo per evitare il cuscino che, con invidiabile precisione, era volato contro di lui. Il suo movimento fu scarno ed essenziale; del resto sapeva da anni cosa accadeva quando si andava a disturbare la figlia.
Specie dopo una notte di lavoro.
Il cuscino atterrò con un tonfo e lui rimase fermo sulla soglia della camera immersa nel buio. Nell'aria c'era un odore ferroso: a quanto pareva Christine aveva dormito con addosso gli stessi abiti con cui era uscita al tramonto, la sera prima.
Sospirò, grattandosi l'ispida barba di qualche giorno: l'essere in ordine e sempre curato non era mai stata una sua spiccata prerogativa come testimoniavano i suoi corti capelli scuri spruzzati di grigio e la camicia stropicciata. Se sua moglie fosse stata ancora viva, avrebbe rimproverato ridendo sia lui che loro figlia. Ma cosa doveva fare con quella benedetta ragazza?
La sua malinconica fantasia fu bruscamente interrotta dai rumori provenienti da un punto imprecisato della stanza: fruscii, coperte scalciate via e mugugni di una voce impastata di sonno.
"Spero che il motivo della tua chiamata sia importante."
Una ragazza col volto gonfio di stanchezza, i lunghi capelli scuri arruffati e gli occhi azzurri bellicosamente stretti a fessura, si presentò sulla porta.
Indossava dei jeans logori, macchiati di terra ed erba; ma erano altre chiazze, scure e secche e presenti sulla maglia a impensierire maggiormente Gerard Morgan. Christine seguì il suo sguardo accigliato e si riavviò i capelli con un profondo sospiro.
"Non è mio" borbottò per poi sbadigliare. "Avanti, che diavolo c'è?"
"Hanno telefonato dei miei amici del Souht Dakota."
"Oh". Un altro sbadiglio. "Favoloso.E noi siamo nel Connecticut; è questo l'evento per cui mi hai fatto alzare dal letto dopo una delle mie notti di lavoro?"
"Chris…"
"…Perché nel caso non lo sapessi, i telefoni servono a coprire grandi distanze."
"John Winchester è morto."
Il silenzio che calò fu immediato e crudele. Christine di colpo fu sveglia e si drizzò in tutta la sua altezza spalancando gli occhi.
"Credo che avrò bisogno di un caffè" mormorò infine, fissandosi i piedi nudi.
"Ottima idea."
"Questo è un pessimo affare, papà. Lo sai chi c'è di mezzo."
Gerard Morgan annuì; non era un uomo la lasciarsi sconvolgere facilmente ma l'improvviso umore cupo della figlia non voleva dire nulla di buono.
In oltre, aveva chiesto un caffé. Lo aveva sempre trovato troppo amaro e preferito il tea fin da giovanissima. Le occasioni in cui l'aveva bevuto erano state solo tre, quattro con questa.
Cedere al richiamo di una sostanza stimolante assolutamente legale era una sottolineatura ulteriore, la finale, a un evento potenzialmente catastrofico.
"Si parlava di un demone, se non sbaglio."
Christine alzò il capo.
"Uno è solo l'inizio."
E nemmeno uno qualsiasi.
Un mondo intero, quello dove si muovevano Cacciatori, medium e tutto il sottobosco relativo a chi combatteva il male nelle forme più oscure era stato scosso.
Presto tutti avrebbero dovuto fare i conti con le conseguenze scatenate dall' amore di un padre.










Angolo (tetro e buio) dell' autrice: i titoli dei capitoli sono quelli di canzoni collegabili a quanto accade. Il primo brano, "Speed of Darkness", è della band irlandese-americana dei Flogging Molly. La sentirete nominare spesso perché è il gruppo preferito di un nuovo personaggio che conoscerete a breve.
Spazieremo molto nei generi e a volte cadremo in citazioni deliziosamente Nerd, come da tradizione di Supernatural.
L'aggiornamento di DL sarà ogni lunedì, ogni due settimane. Per ora siamo ben prima dei fatti che porteranno Castiel a incrociare la strada dei fratelli Winchester ma spero di avervi comunque incuriosito abbastanza dal voler sapere cosa accadrà tra tre anni.
Un abbraccio e una dose extra di biscotti se lascerete un commento!
Maddalena







 

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Capitolo 2
*** 1- Drunken lullabies ***


1


Drunken lullabies






 
" Must it takes a life for hateful lies
To glisten once again
'Cause we found ourselves
in the same old mess

singin' drunken lullabies "


 
Località sconosciuta, 2009


 
Palazzo delle Candele.
In tempi andati perduti persino per loro, quello era stato il nome altisonante e misterioso dato ai luoghi dove si riunivano coloro che aspettavano un segno dalla Morte per agire e traghettare le anime oltre la vita terrena.
L' Angelo arricciò le labbra, lasciando che l'intero volto da austero si deformasse con un' espressione di eclatante disgusto.
Aveva davanti una fabbrica dismessa e chiusa da anni. Le scimmie di fango erano convinte fosse stato demolito pochi mesi dopo il dichiarato fallimento del proprietario e la loro deplorevole mancanza di vista, il non possedere anche un minimo di capacità in grado di spianare una piega tra i milioni di mondi capaci di collidere su un solo pianeta insignificante, lo disgustava in modi tali da volerlo spingere a concludere la sua crociata nel minor tempo possibile.
Prudenza.
Fortunatamente per lui, la tempra che possedeva sapeva dominarlo.
La fretta sarebbe stata una nemica. Una debolezza. Qualcosa di troppo umano per scalfirlo e lui aveva atteso pazientemente per ere giungesse il momento propizio.
Attraversò la strada senza avvertire alcun brivido sulla pelle.
La pioggia continuava a cadere anche in quell' angolo di realtà leggermente spostato in un altrove invisibile.
Approdato sull' altro marciapiede, l' Angelo si arrestò.
Un ronzio stanco e spezzato. Le vecchie lanterne alogene disseminate tra i bancali fradici del magazzino si accesero.
Qualcuno lo stava attendendo e forse non era poi così stupido da tentare di opporsi.
Forse aveva saputo. E contro ogni evidenza, aveva capito. Sarebbe stato davvero inconsueto che l'ultimo superstite della legione più giudicata e alienata dell' Esercito Celeste, desse prova di raziocinio e lungimiranza. Non erano certo due delle doti di cui erano forniti coloro che venivano puniti con l'assegnazione al compito più ingrato e sporco.
Avere a che fare con la Fine. Ogni giorno. Per l' eternità.
Esseri perfetti condannati a vedere per sempre la più grave macchia dell' imperfezione.
E le Scimmie si ostinavano a credere che Dio li amasse.
Alzò la mano destra in un gesto d'imperioso comando. I battenti in lamiera del capannone principale vennero percorsi da un tremito e le pesanti spranghe di ferro dall' altra parte scivolarono cigolando negli anelli, sbloccando ogni serratura.
La stanza si presentò enorme e squallida. Tra colonnati di acciaio non c'era nulla e il pavimento di cemento armato era cosparso da pozzanghere dovute alle infiltrazioni sul tetto in lamiera.
Chiunque si sarebbe aspettato uno scenario simile.
Non un Angelo.
Non Uriel.
Trattenendo a stento un' imprecazione - non era tipo da perdere la calma nemmeno di fronte al miagolio strafottente di certi mortali convinti di poter argomentare con lui -, espanse immediatamente la propria aura per trovare una falla nell' illusione creata.
L'onda esplose simile a un vento impetuoso e caldo, orlato di luce accecante. Quando si spense con la brutalità di un flash scattato, l'ingresso rimase freddo, buio e scricchiolante.
Nessun inganno. Nessun grappolo di fiammelle nascosto in qualche anfratto.
Uriel aveva affrontato quei rinnegati uno alla volta, porgendo a tutti la stessa offerta. Sapeva l'avrebbero rifiutata e ucciderli trafiggendoli con l' unica daga in grado di estirpare la Grazia a un fratello o sorella era stato un piacere, non una costrizione in nome di un bene più grande.
Poco importava cosa avrebbe implicato lo sterminio della legione che proteggeva i morti durante il loro passaggio. Erano sempre stati considerati così insignificanti da non meritare la più piccola menzione nelle loro cerchie. Come potevano credere di averne diritto?
Esseri immortali, certo. Ma poco più di un Reaper. Becchini con le ali. Consolatorie visioni per esseri i cui meriti non gli erano mai stati chiari.
Peccato ci fosse un problema.
L'ultimo di questi becchini gli era clamorosamente sfuggito.


Windom, Minnesota, 2009


"Kate? Cosa c'è?"
La cameriera del turno di sera del Nanny's sbuffò e indicò con un cenno sfuggente del mento il tavolo alle sue spalle.
"Guarda lì e capirai."
Jasmine agrottò le fini sopraciglia bionde e si sporse appena oltre di lei.
La ragazza, oggetto dei borbottii di Kate e responsabile di una precoce insorgenza di rughe sulla sua liscia fronte di liceale candidata al ruolo di Prom Queen al prossimo ballo, era un tipo tutto spigoli: volto scavato con gli zigomi in rilievo, la bocca troppo grossa e tumida. Sfortunatamente la natura l' aveva dotata di quel tipo di capelli rossi, sciolti sulle spalle e ondulati, per cui qualunque donna avrebbe ucciso.
Stava mangiando con evidente gusto una doppia porzione di hambuger e relative patatine, una delle specialità della tavola calda. C'era da scommettere non avrebbe messo su un grammo, né un brufolo sarebbe malvagiamente apparso a rovinare la distesa perfetta della sua pelle troppo bianca.
Troppo bianca, ok, ma dannatamente perfetta.
Il vero motivo per cui Kate la stava odiando però esulava dai biechi confronti estetici. Avevano il loro peso, poteva ammetterlo ma erano nulla se paragonati all' insistenza con cui ogni uomo presente finiva con l' inciampare lo sguardo nella sconosciuta, rimanendone in qualche modo affascinato ma senza osare fare nulla per avvicinare una donna evidentemente sola.
Messa momentaneamente al riparo dal muro di roba fritta e altamente goduriosa che stava divorando, Anna pensò di poter trovare persino divertente le ondate di avversione che sentiva provenire dalla cameriera più carina della tavola calda; era troppo occupata a continuare la sua recita per preoccuparsene.
Uno dei fatti assodati sugli Angeli era la totale assenza di stimolo.
Non avvertivano fame, freddo, altre necessità capaci di nascere in automatico in un organismo normale. Per essere esatti, non conoscendo in origine cosa volesse dire sentire lo stomaco chiudersi e annodarsi in quanto vuoto o non comprendendo il freddo dal momento in cui un fiocco di neve non aveva altro significato che l' ennesima manifestazione della mente creativa e onnipotente di Dio, era impossibile sentire inclinazioni verso qualcosa di cui s' ignorava l' esistenza.
Tutto rimaneva uguale a se stesso nella loro vita eterna.
Fino al giorno in cui una serratura inespugnabile scattava e il peso dell' Universo intero si condensava nella sola parola capace di aprire una porta ritenuta invalicabile.
Perché?
Perché si poteva gelare?
Perché si provava il desiderio di cibo?
Ed erano solo le prime due domande venutele in mente. Le stesse che avevano scatenato la sua ribellione. La sua Caduta. E il motivo per cui ora, ripreso quanto le spettava, sentiva di essere nel giusto. Anche se sulla sua testa pendeva un ordine di esecuzione, avrebbe sempre trovato il tempo d' indugiare in qualche piacere. Era questo un caso: carne grigliata, salse, pancetta. Un peccaminoso angolo di trionfi per il palato.
Per alcuni secondi, la filodiffusione del locale si ammutolì. Alcuni clienti se ne accorsero, scambiandosi sguardi stupefatti. Il vecchio successo di una star country venne sostituito da qualcosa di ben più energico, irriverente e strillato da una voce maschile che sembrava dover fare i conti con un dopo sbornia decisamente allegro.
" Must it take a life for hateful eyes, to glisten once again. 'Cause we find ourselves in the same old mess, singin' drunken lullabies! "
Anna sorrise.
Sorrise nonostante la gravità del momento, sorrise per l' ironia continuamente espressa da un mondo che stava correndo inconsapevole verso la rovina, se qualcuno non avesse fermato quanto ormai era inevitabile.
Erano davvero incastrati tutti nel solito, vecchio casino.
Angeli, umani, demoni.
Mise in bocca una patatina ben passata nella maionese e contò cinque secondi. Non tirò su gli occhi dal proprio pasto ma se conosceva almeno un po' chi stava per arrivare, per di più annunciato da una simile citazione, non doveva faticare molto per immaginare la reazione che avrebbe scatenato.
La porta del Nanny's si spalancò con assoluta malagrazia, finendo con lo sbattere contro il muro e provocando una sincope al campanello appeso sopra, decisamente non abituato a simili sforzi in attività.
Kate e Jasmine furono pronte a fulminare il responsabile di un tale fracasso con uno sguardo esasperato.
L'unico movimento che poterono esprimere si realizzò con un lento spalancarsi di bocca.
Prendere delle spalle da nuotatore. Addizionarle a una vertigine di schiena che scendeva affusolata in un paio di fianchi stretti. Moltiplicare tra parentesi con delle gambe lunghe e muscolose nascoste quel tanto che bastava in logori jeans,vestire il tutto con un giaccone di pelle, rivalutare il fascino che poteva fare una barba rossiccia ben curata e mettere il tutto sopra un solo uomo.
L' uomo più bello mai entrato in quel misero buco di provincia che sapeva di caffé e olio di frittura.
"Oh." Sibilò Kate, quando ritenne di essersi sufficientemente ripresa. "Adesso l' ammazzo davvero."
La sua collega stavolta annuì. La solidarietà femminile doveva scatenarsi, se si vedeva un simile portento ignorare chiunque con la tranquillità data dalla miglior faccia da schiaffi e puntare verso il tavolo della rossa-tutta-ossa e bocca perfetta.
"Buonasera, bellezza. Scusa il ritardo."
Anna bevve un lungo sorso di tea freddo e alzò appena le spalle.
"Hai appena firmato la mia condanna definitiva". Gli parve giusto informarlo. Essere a quota due ordini di esecuzione non era da tutti.
Una risata roca e divertita rese bambinesco quel volto da mascalzone recidivo.
"Un controsenso, non ti pare?"
"Persino doppio, se ci pensi. Ma so che ti piacciono."
"Ricordi bene."
"Ora sì."
L' Angelo avvertì la musica alzarsi considerevolmente di volume ma non se ne preoccupò. Divenne prima uno stridio sempre più acuto, poi scese fino a ridursi a un piacevole ronzio. Il piano della realtà umana era stato appena diviso, permettendo a due entità sovrananturali di parlare liberamente.
"Bel trucco, Belial."
"Il modo migliore per affrontare questioni deliziosamente private senza scandalizzare nessuno."
Due occhi azzurri la sfidarono a fermarlo. Anna alzò verso di lui i palmi delle mani e si rassegnò a veder saccheggiato il suo piatto.
"Dovresti offrire tu, dal momento che ti ho salvato la vita."
"Ma davvero?" l' altro Angelo si poggiò gattescamente all' imbottitura della panca, incrociando le braccia . "Bel modo per ripagarmi del favore che ti ho fatto. Ho sempre adorato il colore di questi capelli, ti sta molto bene tesoro."
"E se decidessimo di essere alla pari?"
"Solo se mi dirai cosa sta succedendo. Sei piombata al Palazzo all' improvviso, dopo avermi detto che ci saremmo più rivisti per non far capire ai nostri superiori che sono stato io a ridarti il tuo corpo mortale. Sei sempre stata un tipo troppo apprensivo e solenne ma stavolta mi hai spaventato. Ho diritto a qualche risposta, anche se sono la feccia piumata del nostro onnipotente esercito."
L'ironia pizzicava come acido nell' ultima frase, corrodendo la patina rispettosa data alle parole per far trapelare un controllato, caustico livore.
Anna dovette subirne l' ustione senza poter recriminare. A conti fatti, non ne aveva alcuna intenzione.
La loro gerarchia era uno spietato trattato di regole e comportamenti. Chi serviva la Morte si trovava ai margini della società del Cielo da quando il mondo era nato, perché nessuno pensava davvero che essere il messaggero della fine fosse un privilegio.
Entrare in contatto con i sentimenti umani, così vivi e acuti, era considerata alla stregua di una malattia. Una macchia indelebile sulla Purezza incorrotta che incarnavano. Se si veniva scoperti vi era una sola soluzione.
Un unico verdetto.
Anna represse un brivido al ricordo della sua Caduta e strinse forte i pugni.
Ci sono io. Rimango, sempre e comunque, io.
"Ci stanno uccidendo." mormorò infine, risoluta. "Uno alla volta. E temo non sia opera dei demoni."



Belial ricordava il giorno della sua nascita.
Altrettanto indelebile era il ricordo del giorno in cui scoprì come scontare la sua deprecabile inclinazione.
Spedito senza alcun riguardo nella cerchia celeste più vicina alla Terra, gli era stato detto del suo compito da quel simpatico sprizzo di Grazia e Luce a nome Uriel.
Sarebbe stato molto indelicato far sapere a un simile pezzo grosso quanto avesse apprezzato la sua definitiva collocazione, quindi si era applicato in ogni modo per assolvere il proprio compito in modo ineccepibile e più urtante possibile per quei retti esponenti dei massimi livelli. Dovevano pur sapere di avere degli Angeli della Morte efficenti e zelanti. Lasciare ogni onore ai Reaper sarebbe stato uno smacco per l' intera truppa e se davvero vivere ed empatizzare con le emozioni degli Uomini era la discriminante per finire a vagare nel mondo per l' eternità, costretti a vedere miserie e ogni genere di nefandezza, bisognava reagire e farne una bandiera.
Portare le anime alla loro ultima destinazione significava vedere luci e ombre. Semplicemente, Belial era il tipo di Angelo affamato di questo e lo riteneva una cosa bellissima e giusta.
Si poteva questionare su quanto e in che modo lo ritenesse bellissimo e giusto ma il momento meno adatto per aprire un dibattito su Angeli e coinvolgimento emotivo era quello in cui stava venendo aggiornato sugli ultimi sviluppi della battaglia tra i suoi Fratelli e l' Inferno per impedire la Resurrezione di Lucifero.
Per fortuna le patatine erano buone, la voce di Anna piacevole e quella cameriera, Kate, davvero carina.
"Potresti fingere di essere serio, per un momento?"
Un paio dita schioccarono a un millimetro esatto dal suo naso.
"Gesto adorabile. La ragazza e la sua collega lo prenderanno per uno scherzo tra innamorati e ti avveleneranno il dolce."
"Non sei migliorato, in questi anni."
Fu il turno dell' indice di Belial di fare un irriverente "no no" davanti a lei.
"Molti dei Sessantasei Sigilli sono stati rotti, qualcuno ha scoperto che non siamo innumerevoli e infallibili, abbiamo catturato un boss dei cattivi come Alastair ma non riusciamo a farlo parlare."
"Dimentichi di menzionare chi hanno assoldato per interrogarlo." La donna lo fissò torva. Il suo disappunto e la sua preoccupazione erano onde crepitanti attorno a lei. Belial ne percepiva quasi il sapore e ne era deliziato. Lo era sempre, quando poteva trovare qualcosa per pungolare qualcuno, anche se dotato di ali.
"Ti piace il suo miglior allievo, per caso?"
"Non è questo il punto, lo sai." tagliò corto.Sperò di essere risultata convincente.
"E allora cosa ti tormenta?"
"Castiel. E' finito in mezzo, oltre che costretto a obbedire a Uriel."
La questione cominciava a farsi interessante.
Castiel. Il guerriero, l'emblema vivente della Fede nella parola del Padre.
L' ordine di torturare uno dei Comandanti degli Inferi non poteva essere partito da un galoppino qualunque. Se le cose stavano come le aveva descritte Anna, persino lui sentiva odore di marcio.
Le lotte celesti non erano di competenza dei Becchini Piumati; ne era stato sempre grato, fino ad ora.
Aveva perso i contatti con i suoi fratelli da qualche giorno e non se n' era preoccupato. In quei mometi difficili, con due Regni ultraterreni di nuovo in guerra, persino loro avevano avuto un bel da fare. Erano morti molti innocenti e avevano dovuto consolare e rassicurare anime angosciate e distrutte da una fine non solo precoce ma anche ingiusta.
Mogli tradite e uccise a causa di una Sirena che aveva traviato i loro mariti. Possessioni spirituali che avevano portato a stragi. Belial aveva patito lo stesso dolore ma non si era mai sottratto all' unica legge riconosciuta dagli Angeli della Morte.
Dovunque sostassero sulla Terra, avrebbero sempre visto le fiamme delle vite di milioni di creature. E agito nel momento in cui alcune di queste cominciavano ad affievolirsi. Non importava il colore del fuoco, la lotta opposta al Fato ormai deciso.
Nessuna seconda possibilità, nessuna speranza di tornare. A meno di disposizioni diverse.
Una notte, a spegnersi non era stata una candela ma una delle centinaia di connessioni che tenevano un Angelo legato a un altro Angelo. Ne era seguita un' altra e un' altra ancora.
Fino a rimanere solo.
L'unico superstite in un cimitero senza lapidi e senza tombe.
"Cas non si farebbe mai usare" sentenziò per non pensare al pericolo scampato.
"A meno che la sua condotta non sia finita sotto inchiesta."
Il silenzio che calò conteneva troppe risposte, troppe ipotesi.
"E' il tuo terreno questo, piccola."
"Ti stai chiamando fuori?" Anna era semplicemente incredula. "Qualcuno ci sta decimando, siamo riusciti a impedire la rottura di un solo Sigillo fino ad ora, non sappiamo chi stia dietro il comando di torturare un capo come Alastair e tu-?"
Belial si alzò.
Un movimento lento, preciso, innoquo. L'aria divenne viva, vorticò impazzita in quella piccola bolla di realtà fuori dalla realtà, disegnò e creò ombre irregolari di piume pronte a spiegarsi. Le stava ancora sorridendo, un ragazzo sul punto di congedarsi teneramente dalla propria compagna.
"Io prendo sempre le mie decisioni di testa mia."
Sorriso dolce. Voce proveniente da un luogo in cui nessuno sarebbe voluto finire.
"Sono nato così.E' per questo che nostro Padre mi ha mandato a fare quello che nessuno di voi vuole fare. Non aiuterò Castiel. Se davvero è finito in mezzo a qualcosa di più grande di lui, dovrà cavarsela da solo."
Si chinò verso Anna e le carezzò il profilo del volto affilato dagli smisurati occhi verdi.
"Rilassati e preparati per la stampa" le sussurrò sfiorandole le labbra in modo tutt' altro che casto.
Con uno schiocco udibile solo alle orecchie di un essere celestiale, le due parti di realtà si rinsaldarono.
L'odio di Kate divenne doloroso come un pugnale infilato tra le scapole.
"Maledizione!"
"L'imprecazione ti dona quasi quanto il colore dei capelli" le venne mormorato. L' Angelo scivolò fuori dalla panca.
"Devi scusarmi ma sono in ritardo. Se quella ragazza sarà impegnata a insultarti mentalmente e a sognare lei al tuo posto, forse avrà un ultimo bel ricordo, per quanto frutto di una fantasia."
Anna deglutì.
Non si tratta di lei, le sussurrò direttamente nella testa, ponendo fine alla sua recita e salutandola con trasporto.
Anna sentì il resto della frase e di sottecchi, osservò la giovane cameriera.
Aveva tempo di provare pena, prima di tornare a pensare a Uriel, ad Alastair e a un dubbio che la stava letteramente mangiando pezzo per pezzo.
Presto un operatore del 911 avrebbe chiamato il Nanny's.Avrebbe chiesto di Kate Ashford, per darle una terribile notizia.
Apocalisse imminente o no, guerra fraticida o no, la vita andava avanti. E al suo fianco si sarebbe sempre potuto intravedere un lampo oscuro, lo strascico del mantello della Morte portato addosso da un figlio di buona donna decisamente attraente.




Angolo (tetro e buio) dell' autrice: Quasi settanta visioni per un prologo di poche righe. Ragazzi, vi adoro. Sul serio! Adesso si parte col botto e non con uno ma ben tre angeli!
Come ho già specificato, "DL" si colloca a circa metà della S04, dopo la cattura di Alastair e le conseguenze da essa scatenate. Belial è una mia invenzione e deve la sua nascita a una di quelle domande che non bisognerebbe mai porsi. Tipo :"Ma scusate, possibile non ci siano Angeli della Morte?"
Sì, avete ragione. Forse non avrei dovuto chiedermi niente.
Come da tradizione, ben avviata nella serie, mi sono divertita (e mi divertirò ancora!) a mettere citazioni in ogni angolo e da fandom molto diversi.
Drunken lullabies: cominciamo dalla canzone che da il titolo al capitolo e alla fan fiction stessa. Gli autori sono i Flogging Molly e potete ascoltarla qui:

https://www.youtube.com/watch?v=H8Zs1xfxaq4

Nanny's: chi segue "Once Upon a Time" potrebbe avere avuto un sospetto a leggere questo nome. Sospetto confermato. E' un omaggio a una delle tante serie che seguo.
Belial: il nome del mio angioletto è stato preso dal manga "Angel Sanctuary", letto dalla sottoscritta quando era una pulzella giovane e innocente. Ho trovato stesse a pennello al mio personaggio, dal momento che è decisamente sopra le righe, geneticamente incapace di prendere qualcosa sul serio e mostrare cosa pensa veramente se la cosa non va a suo favore.
Anche l' idea del Palazzo delle Candele è un rimando a un altro manga sugli Shinigami, i corrispettivi nipponici dei Reaper; mi sono divertita a renderlo un luogo umido, squallido e spartano rispetto al suo originale.
Bene, direi che per oggi vi ho scassato le scatole con le mie notevoli incapacità a sufficienza. Ci risentiremo tra due settimane e se nel frattempo vorrete farmi sapere cosa pensate della storia, siete i benvenuti!
Maddalena














 

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Capitolo 3
*** Thriller ***


2




Thriller


 
" It's close to Midnight
Something evil's a- lurkin' in the dark

Under the moonlight
You see a sight that almost stops your heart "


 
Litchfield Hills, Connecticut, 2009




 
"Femmina, bianca, età approssimativa trent'anni."
Per arrivare in quell' angolo desolato della contea di Litchfield, era stato necessario lanciare l' ambulanza su per un sentiero sterrato e in salita.
La segnalazione, anonima, era arrivata al 911 dieci minuti prima e girata al più vicino ospedale: in un tratto di boscaglia miracolosamente intatto incuneato tra due cittadine, era stato rivenuto un cadavere di sesso femminile.
Se l' informatore si fosse anche attardato a dare una breve descrizione su come era ridotto, forse i paramedici avrebbero avuto il tempo di prepararsi.
"Hai notato che il colorito della pelle è verdognolo?" chiese il primo al collega, rimenendo impalato a un passo dal portello del conducente.
La notte prima aveva piuvuto; il terreno era un ammasso di fango ma attorno al corpo si notava distintamente una sola serie d' impronte. Il buio attorno agli alberi veniva tagliato ritmicamente dall' alternarsi della luce blu e rossa dei lampeggianti.
"Certo che l'ho notato."
"E non ti sembra un po' troppo...soda per essere qui probabilmente da giorni? Non è nemmeno in fase di decomposizione!"
"Adesso ci mettiamo a fare un test tossicologico per via empirica? Accendi quella cazzo di torcia e muovi il culo!"
Faceva freddo. Dalla sommità della collina si scorgevano a malapena le luci dell' abitato più civino, velate da un filo di nebbia stagnante a valle.
Thomas non voleva starsene lì più del necessario, quindi Jack doveva vincere ogni possibile conato di nausea e dimostrare di avere ancora delle palle. Per chi faceva il loro lavoro, spettacoli del genere erano il pane quotidiano.
...Forse.
Maledette voci interiori.
Tornò ad osservare la donna e respirò profondamente a bocca aperta. Nessun miasma ma l'odore del sangue e quello degli intestini perforati erano capaci di appiccicarsi alle mucose nasali come pochi altri assai più sgradevoli, agendo su reazioni fisiologiche difficili da domare, se non si sapeva di possederle.
Jack aveva ragione: stando al colorito dell' epidermide, alla fine del processo di rigor mortis, la poveretta doveve essere lì da almeno quarant'otto ore. Come fosse arrivata era un mistero ma non competeva a loro risolverlo. Sospettò si fosse trascinata fino a lì da qualche parte e a parziale conferma di questo, c'erano i piedi nudi inzaccherati di terra fino alle caviglie e le ferite.
Ovvero il motivo per cui Jack era stato tanto riluttante a raggiungerlo e illuminare la scena.
La parte peggiore era il tronco del cadavere: una serie di profondi fendenti saliva dal fianco sinistro verso la gabbia toracica. Pelle, muscoli e grasso cutaneo erano stati sfilacciati da un oggetto irregolare ma sicuramente affilato. La prima costola fluttuante spiccava bianchissima e priva della parte finale. Sembrava fosse stata asportata da un morso.
"Prepara il sacco, la portiamo all' istituto di medicina legale di Hartford. Dovremo anche avvisare la Polizia."
"Pensi sia stato qualche animale selvatico?"
"Non vedo impronte di zampe. Ma lo escludo, non ci sono tracce di sangue sulle foglie o di altro materiale organico."
"Potrebbero averlo mangiato, quello."
Thomas Dunbarr, paramedico storico della Contea, oltre che essere famoso per i quindici anni di servizio era noto per perdere molto più facilmente la pazienza coi vivi che coi morti. Alzò gli occhi al cielo, nella chiara espressione dell' uomo costretto a chiedersi perché gli toccavano simili prove e lentamente, voltò il capo verso il collega.
Jack Forrest era il suo autista da diverso tempo; in genere non era mai stato necessario pungolarlo per fare il suo dovere o mostrargli quel particolare sguardo a occhi socchiusi e bocca stretta. Se non altro, risultava sempre molto efficace.
"...Vado a prendere il sacco."
"Bravo."
"E avviso le autorità."
"Splendido."
L'uomo tornò verso l'ambulanza, imprecando quando per poco non scivolò su una zolla di terra resa particolarmente scivolosa da tutta la maledetta acqua scesa nei giorni scorsi.
Aprì gli sportelli posteriori con malcelato fastidio, deciso a seguire il protocollo nella maniera più efficiente e celere possibile per poi andarsene da lì.
Nel corso della sua carriera, per quanto non lunga come quella di Thomas, aveva avuto la sua bella dose di visioni raccapriccianti. Aveva provato pena, disgusto, pietà, orrore ma questa volta c'era un'altra sensazione, sottile come la nebbia che vedeva ai piedi della collina. Si spalmava addosso, viscida e umida. Penetrava sotto la divisa arancio catarifrangente.
Amplificata dal silenzio, resa tremenda dal più piccolo rumore quando una goccia cadeva rumorosa sulle rocce del sottobosco.
Sembrava l'unico a provare turbamento per tutte le incongruenze rilevate dal compagno con il distacco che si sedimentava caso dopo caso, soccorso dopo soccorso, sulla propria umanità. Avrebbe voluto dirgli di osservare le vesti della donna: un miscuglio di trine e merletti pacchiano persino per le più pompose agenzie funebri della profonda provincia rurale del Connecticut, ferme alla convinzione di dover vestire le proprie assistite come macabri manichini per una ricostruzione storica delle Figlie della Rivoluzione.
Doveva smetterla, decisamente, di seguire show come CSI o Criminal Minds. Il loro lavoro non era certo esaltante come la versione in celluloide in cui troppi finivano col credere; dovevano salvare vite o constatare decessi. Punto. Pochissime deduzioni brillanti, ancora meno indizi in grado di portare via il merito a poliziotti o agenti della Scientifica.
Prese la busta nera e si voltò per tornare da Thomas.
Un rumore raspante. Distante qualche metro.
E l'urlo. Un urlo umano, straziante e terribilmente famigliare.
"Cristo, Thomas!"
Jack si precipitò a soccorrere l'amico e l'ultima cosa che vide non sarebbe sfigurata come colpo di scena in una delle sue serie preferite, se tali serie avessero deciso di virare verso l' horror.
Sarebbe stata una caduta di gusto, visto il loro rigore scientifico ma non importava molto, dal momento che nessuno lo avrebbe saputo.




Castiel non sapeva che sapore avesse il dubbio.
Come fosse fatto, quanto peso poteva schiacciare sulle spalle. La forza terribile con cui scuoteva ogni cosa sotto pelle senza far trasparire alcun cambiamento in superficie.
Fin da quando era nato, aveva saputo quale sarebbe stato il suo compito: credere e obbedire. Forse nessuno più di lui confidava nella bontà delle azioni di Dio; contestarle o peggio, confutarle, erano concetti totalmente estranei al suo modo di vivere. Erano entrambi peccati e il prezzo con cui espiarli gli era parso peggio della morte.
Perdere la propria Grazia. Cadere. Non ricordare più chi si fosse stato e venir perseguitato da visioni senza nessuna spiegazione. Diventare...umano.
Gli era stato detto di andare a salvare un' anima all' Inferno e riportarla nel suo corpo. Che avrebbe saputo di chi si trattava non appena l'avesse vista.
Così era stato.
Una luce vivida, ostinata. Pulsava di rabbia, ribolliva di rimpianto ma non voleva saperne di spegnersi e farsi sommergere dal male, anche se lo stava infliggendo ad altri dannati.
Raramente veniva chiesto dal Cielo di salvare qualcuno già condannato. L' eccezionalità dell' evento dipendeva dal suo riflesso nel mondo reale: scosse di terremoto, improvvisi e repentini cambi atmosferici. Un piano cosmico liscio e perfetto attraversato da una faglia colma di forza primigenia da cui usciva un miracolo.
E poi di nuovo la quiete.
Castiel non aveva mai sbagliato, forte della fede che lo aveva portato sempre dalla parte giusta degli eventi.
Il suo mondo si rifiutava di tornare tranquillo. Aveva scagliato un sasso in un lago ma i cerchi concentrici generati dall' impatto con l' acqua invece di esaurirsi, tornavano e ne formavano altri.
Tutto si era confuso, ribaltato, spaccato.
O forse la sensazione di rimescolamento era dovuta ad altri fattori, ora.
Non tornava dai fratelli Winchester da dopo la morte di Uriel; per alcuni giorni, il Cielo non aveva parlato.
Si rifiutava di credere che non importasse la morte di decine di Angeli per mano di un loro fidato fratello e almeno in questo caso, la ricompensa era stata una nuova rivelazione.
E le rivelazioni andavano portate ai diretti interessati.
"Dean, le macchine! Frena!"
"Cosa cazzo credi stia provando a fare?!"
La forza centripeta, assolutamente assente fino al secondo prima in cui un Angelo aveva deciso di fare la propria comparsa sul sedile posteriore di una Chevy Impala del Sessantasette, spiegò ogni sua ragione d'esistere facendolo reclinare su un fianco.
Una Chevy Impala in corsa.
Su una Route di confine tra lo stato del Connecticut e Massachussets.
Castiel si trovò sballottato a destra, finendo col premere guancia e mani al finestrino, osservando stranito il guidatore intento in una manovra disperata per non scatenare una carambola potenzialmente mortale.
L'auto si piegò sulle ruote della fiancata sinistra, sbandò e si produsse in un mezzo testa-coda che la portò sul ciglio della strada, fuori da ogni pericolo.
Dean Winchester, occhi sgranati e mani artigliate al volante, aspettò di veder tornare indietro i pochi anni della sua vita che stavano per abbandonarlo un' altra volta, si accertò di avere ancora un cuore funzionante e puntò uno sguardo gelido sullo specchietto retrovisore.
Suo fratello Sam era accasciato a destra, ancora incredulo di aver salvato la pelle dal modo più stupido e insieme assurdo di morire, per un Cacciatore. A causa di un' apparizione divina.
"Non.Farlo.Mai.Più!" gli venne sbraitato contro da un duetto di voci alterate. L' Angelo sbatté le palpebre; la sua aria assolutamente serafica e appena smarrita smontò la rabbia di Dean nel giro di un secondo. E dire che possedeva ogni sacrosanto diritto di avercela con lui.
Essere inconsapevoli iniziatori dell' Apocalisse avrebbe dovuto essere il motivo numero uno per cui avercela non solo col mondo intero ma con Inferno, Paradiso, Universi Paralleli dove qualcuno aveva deciso di usarti come pedina senza darti possibilità di scelta.
Il motivo numero due era la debolezza odiosa provocata da un' espressione colma di ogni significato dell' aggettivo "mortificato"; era già successo e nemmeno tanto tempo fa. Aveva ancora una cannulla infilata nel naso, ogni osso monitorabile rotto e in gola l'urlo angoscioso che reprimeva dal giorno in cui era emerso dalla tomba. Cass lo aveva osservato e si era sentito l'essere più abominevole della Terra perché aveva osato ribellarsi a un disegno di cui non voleva più far parte.
Riprovare la stessa, identica sensazione dopo pochi giorni era semplicemente sfiancante.
La morte di Pamela, la minaccia di una nuova venuta di Lucifero, la consapevolezza di essere solo un uomo preda di eventi troppo grandi e che nessuno si disturbava a spiegargli, non lo stava ben disponendo nemmeno ora.
Sì. Dire di avercela contro Castiel sarebbe stata solo una ridicola scusa. Una scusa comoda a meno di mezzo metro dal suo sarcasmo Nerd di bassa lega forse, ma terribilmente efficace.
"Dovevo parlarvi."
"Spiacente ma lo sportello "Mutuo soccorso alle schiere celesti" è chiuso", sbottò acido. Tuttavia spense il motore e voltò il capo, trincerandosi dietro un muro di ostinato silenzio, disposto ad ascoltare suo malgrado.
L' Angelo sospirò.
Pessimo momento per scoprire cosa fosse la stanchezza.
Non sarebbe servito a nulla ammettere di essere dispiaciuto, di provare un profondo senso di colpa nel vedere tanto provato l'uomo in cui doveva riporre ogni speranza.
Se solo avesse capito di essere stato costretto a usarlo in quanto allievo di Alastair, l' unico in grado di poterlo far confessare. Era un Agente del Fato, al di sopra di ogni parte, fedele al disegno tracciato da qualcuno molto più in alto di tutti loro. Sarebbe bastata solo della fede, l'accettazione serena dell' inevitabile.
Indagare ora su cosa lo avesse spinto a preoccuparsi dell' integrità di Dean mentre si accaniva sul Demone che lo aveva tormentato per mesi - anni - in una buca infernale, sulla volontà divenuta una catena, era senza dubbio inopportuno.
Anna lo aveva chiamato "dubbio". Non era certo gli piacesse.
Faceva male. Infastidiva. Non voleva saperne di sparire.
Doveva fingere e portare a termine la missione affidatagli.
"E' molto importante" esordì circospetto. "Sono qui di mia iniziativa e se non vorrete aiutarmi, lo capirò."
Calò un silenzio strano nell' abitacolo. Così denso e pieno di parole taciute da rendere assordante il sommesso tichettare delle quattro frecce accese per la sosta.
"Naturalmente stai per esporci in modo chiaro e senza segreti cosa ti serve."
La diffidenza di Dean era ghiaccio secco nell' aria, contrastata dalla strana empatia mostrata da Sam, un' onda calda che fendeva il gelo.Il minore dei Winchester, così impacciato al loro primo incontro, sembrava intuire qualcosa della sua segreta agitazione. Un uomo di luce ma privo di paura per l' ombra.
"Sì. Hai la mia parola."
Stavolta non ci fu bisogno di avvertire addosso gli occhi ammonitori di Sam. Suo fratello maggiore fu immediatamente preda dei sensi di colpa senza bisogno di altre spinte.
"Di cosa si tratta?"
La domanda sanciva la resa di Dean; sperare fosse la manifestazione di un briciolo di fiducia rediviva nei propri confronti sarebbe stato un azzardo ma Castiel lo ritenne un buon punto di partenza. Il cuore gli sembrò subito più leggero.
"Abbiamo saputo di strane morti proprio in questo Stato."
"Quanto strane?"
"Tanto strane da essere avvenute e poi...essere state corrette."
"Corrette?"
"Non trovo verbo migliore."
Era rarissimo che Castiel usasse parole senza senso.
"Come sarebbe a dire?" Sam agrottò la fronte. "Dubito qualcuno possa ripensarci e tornare."
"E ci siamo appena passati per un problema simile, un po' più di fantasia non guasterebbe."
L' Angelo irrigidì le spalle. Gli occhi blu, in cui già in condizioni normali era sconsigliabile perdersi, divennero taglienti.
"I Reaper questa volta non c' entrano. La questione è di nostra competenza e più antica."
I due Cacciatori si scambiarono un' occhiata, senza bisogno di sottolineare di aver capito in qualche modo.
"Vediamo di trovare dove fare colazione", borbottò Dean spiccio. Certi temi andavano affrontati a stomaco pieno e lontano da certi sguardi.
Era stato sincero con se stesso prima: non era arrabbiato con Cas. Ma lo odiava quando si trovava esposto totalmente al suo giudizio con una sola frase.
I primi scampoli di un' aurora nebbiosa stavano tingendo il cielo quando l' Impala tornò in moto, puntando verso le contee sud-orientali del Connecticut.




Da quando sua moglie era morta, Gerard aveva cercato da subito di non far avvertire alla figlia il peso di una perdita immane.
Christine aveva dieci anni quando Gretchen Morgan non era tornata a casa in una notte che doveva essere simili a tutte le altre, dove si assentava per lavoro.
Una bambina lasciata sola sulla soglia dell' età più ingrata. Era il commento più ricorrente e superficiale a cui erano ricorsi in molti, nel loro quartiere, speso con sorprendente generosità dal momento che molti pensavano di conoscerla.
L'uomo scosse il capo; doveva essere una caratteristica delle mattine con foschia, il tornare a pensare al passato. Il forno della cucina trillò, dandogli il segno di doversi dare una mossa a sfornare i muffin fatti in casa.
Gerard, cosa comune a molti appartenenti come lui all' "incapace razza maschile" - affettuosa affermazione di nonna Tessa -, era stato una frana in cucina. Lo aveva salvato una forza di volontà riconosciutagli persino dalla famiglia della moglie e a costo di dure lezioni imparate sul campo, dal mettere banalmente lo zucchero nell' acqua della pasta al bruciare una padella dove stavano rosolando delle costolette d' agnello con tanto di chiamata ai Vigili del Fuoco, era riuscito a diventare un buon cuoco.
Forse non avrebbe mai posseduto la sensibilità femminile occorrente a interpretare i lunghi silenzi della figlia, le sue corse in camera mentre piangeva e implorava di venir lasciata sola ma non le avrebbe mai fatto mancare tutto il suo sostegno, il suo affetto e le colazioni più prelibate di Forest Street.
"Lo sai che non è necessario, papà."
Scalza e con i capelli ancora umidi, in mano un asciugamano con cui tamponarli, Chris era scesa dalle scale attirata dal profumo del caffé e dei dolci.
I tre anni passati dalla telefonata che aveva sancito l' inizio di nuovi, imprevedibili, terribili eventi per il mondo intero avevano affinato i tratti dolci e adolescenziali del viso della ragazza e reso più duri i grandi occhi blu. La bellezza delicata ereditata da Gretchen rimaneva appena sotto la superficie, custodita dal fare sardonico con cui arricciava la bocca nel sorriso strafottente preso dal padre.
"Quante volte me lo dici?" Gerard aprì un armadietto per prendere un paio di mug. Sempre le stesse, da quando erano state comprate: una con il logo del musical "Wicked" per la figlia e un' altra con quello delle Stark Industries.
La passione per i musical era stata un dono di Gretchen, convinta sostenitrice dell' impossibilità di vivere senza aver sentito almeno una volta uno dei lavori di Andrew Lloyd Webber e illustri colleghi; l' impressionante collezione di fumetti Marvel nella casa padronale dei Morgan era stata portata dal marito il giorno dopo il loro matrimonio.
"Ogni mattina?"
Sorrise nel dirlo, sedendosi e appoggiando i gomiti sul piano della penisola.
"E sei mai riuscita a farmi smettere?"
"Ti ricordo che la testa dura è una caratteristica di famiglia."
Christine aveva deciso di andare a vivere da sola esattamente dopo quel giorno di tre anni prima.
La sua presa di posizione aveva scatenato il vero e proprio clan che era la famiglia Garrett: un nucleo protettivo e soffocante, classica e unica evoluzione possibile dopo la tragedia da cui era stata colpita. Talmente sconvolti dalla possibilità che la loro adorata nipote, allora ventenne, decidesse di affrontare il mondo senza l' indispensabile supporto di nonni, zii e moleste cugine, non l' avevano nemmeno sentita dire una semplice frase: sarebbe andata a stare nella casa accanto a quella del padre.
Sarebbe bastato questo a far capire, anche al più sbadato dei conoscenti di Hartford, di avere a che fare con gente totalmente fuori di testa e assurda. E dire che tutti sapevano cosa era successo dal giorno in cui si era saputo della morte di John Winchester.
Che un Cacciatore perdesse la vita in modo violento o meglio, sovrannaturalmente violento, non avrebbe dovuto stupire gli abitanti di quella bucolica via immersa nel verde a pochi passi dal centro di Harfford.
Scegliere di combattere quanto non veniva mai visto e meno ancora creduto portava a stringere patti. A creare equilibri di forza spesso azzardati e con un solo, prevedibile e triste finale.
Sì, a volte si vinceva. A prezzi altissimi. Venivano sconfitti vampiri, liberati fantasmi, uccisi dei Mutaforma ma da diverso tempo non era più solo questione di portare a termine con dignità una spietata partita a biliardo, recuperare le palle finite in buca e pozisionarle di nuovo al centro.
La normalità dell' anormalità spariva, se si tiravano in ballo esseri antichi come il mondo, malvagi come le profondità di un mare inesplorato e capaci di portare pazienza per decenni, pur di arrivare al proprio scopo.
I sussurri attorno a Winchester non avevano fatto che aumentare e infine, erano esplosi divenendo i colpi di una pistola leggendaria e il rumore indescrivibile di una soglia proibita aperta il tanto che era bastato a portare una parte dell' Inferno sulla Terra.
Christine ci pensava di continuo. Anche adesso, nella linda cucina di una casa dove viveva troppo poco e non si godeva mai veramente nulla.
"Niente lavoro, in questi giorni?"
La domanda del padre arrivò sulle note fruttate del profumo di arancia e cannella del suo tea preferito. Posò la salvietta sullo schienale dello sgabello e si strinse nelle spalle.
"E' un periodo fiacco."
"Se non altro ti svegli di buon umore."
"Ti mancano i miei cuscini lanciati in faccia?" domandò con una punta di bellicosa ironia.
"Quelli e certe compagnie alternative."
Il blu degli occhi della ragazza s' incupì. Gerard pensò fosse più saggio far cadere subito il discorso e non destare malumori quando si poteva semplicemente ingozzarsi di uova strapazzate e sani carboidrati. Aveva la sua bambina a casa a orari umani, senza piume di gallina, fango e sangue addosso.
Senza strane presenze attorno.
Senza temere venisse scoperta e braccata.
Essere l'erede di una ciurma di pazzi iper protettivi aveva degli indubbi svantaggi, se si veniva a sapere delle loro origini.
Il telefono prese a suonare.
"Vado io. Non vorrei mai dividerti dal terzo muffin che stai divorando."
Chris lanciò al padre un bacio con le dita sporche di cioccolato, tornando a concentrarsi sulla colazione.
In effetti era passata una settimana esatta dall' ultima chiamata ricevuta. Aveva potuto dedicarsi alla conclusione di un restauro particolarmente impegnativo su uno dei libri custoditi nel museo dove lavorava ufficialmente ma trovava strana una simile calma.
Il tuono cadde, fragoroso e improvviso, sotto forma della voce cordialissima di Gerard.
"Gliela passo subito, Tessa."
L'uomo le fece penzolare davanti la cornetta del cordless, dal cui microfono usciva un'odiosa campionatura dell' Elisa di Beethoven.
"Tua nonna."
"Quanti insulti?" domandò timorosa, dopo aver deglutito a fatica un boccone divenuto pesante e indigesto.
La perfetta mattina tra padre e figlia era finita nel peggiore dei modi.
"Sono attualmente a "insulso grumo d' inutilità virile" e "rimpianto dell' umanità intera". Stamattina mi ama, è stata decisamente buona."
Tessa Garrett, famosa in tutto il Connecticut per la tenacia con cui professava sempre ciò che pensava, aveva odiato Gerard dal giorno in cui aveva osato chiedere in sposa la minore delle sue belle ragazze. Arrivando a un passo dall' omicidio quando Gretchen era scappata con lui pur di non lasciarlo.
Le famiglie di pazzi sapevano decisamente essere pericolose.
Chris desiderò per un ardente istante di provare la sensazione inebriante di un' esistenza normale, banale e senza scosse. Finito quel momento di fantasticheria necessaria, schiacciò un tasto e sospese l' attesa di chiamata.
"Ciao Tessa." Guai a chiamarla nonna.
"Tesoro mio! Morgan mi ha detto che stavi facendo colazione. Se non altro non ti fa morire di fame."
Dolcezza e insofferenza si alternarono per altri tre, lunghissimi minuti in cui le venne chiesto se gli studi specialistici proseguivano, se l'essere infimo responsabile dei suoi giorni si comportasse bene e se non avesse preso freddo, era un autunno tanto umido.
"Sì, sto bene. Cosa posso fare per te?" domandò precipitosamente per interrompere la seconda fase dell' interrogatorio.
"Oh, giusto. Il motivo per cui ti disturbo è per sapere cosa diavolo hai combinato, signorina Morgan."
Chris rabbrividì.
Non era questione di metafora: le sembrò davvero di venir sfiorata mortalmente da un refolo di puro ghiaccio filtrato da centinaia di metri di distanza in un innocente microfono.
Per la prima volta in ventitre anni, il tono da banchisa polare artica veniva riservato a qualcuno che non era suo padre.
Rassegnata, aspettò spiegazioni su cosa poteva essere accaduto di tanto grave da far perdere la pazienza a una delle Negromanti più potenti degli Stati Uniti, arrivando a dare la colpa alla sola che poteva competere con lei.






Angolo (tetro e buio) dell' autrice: i versi in apertura sono tratti da una canzone che penso conosciate tutti. "Thriller" di Michael Jackson ha rivoluzionato il mondo intero, non solo quello musicale ed era il brano perfetto per introdurre i primi "cattivi" di questa storia.
Il musical Wicked l'ho già omaggiato in un' altra fan fiction: è la storia delle due Streghe del mondo di Oz e debuttò a Broadway nel 2003. A tutt' oggi è uno dei musical più famosi al mondo, a Londra è rappresentato in pianta stabile all' Apollo Theatre.
Mi scuso per il ritardo nell' aggiornamento: ieri ho avuto il mio primo giorno di riposo dopo un periodo in cui ho dovuto coprire ferie delle mie colleghe e...temo di aver dormito decisamente troppo!
Prossimo appuntamento tra due settimane, buona colazione con i Winchester e Cas!
Maddalena




















 

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