Nobodies University

di DARKOS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** Parte Terza ***
Capitolo 4: *** Parte Quarta ***
Capitolo 5: *** Parte Quinta ***
Capitolo 6: *** Parte Sesta ***
Capitolo 7: *** Parte Settima ***
Capitolo 8: *** Parte Ottava ***
Capitolo 9: *** Parte Nona ***
Capitolo 10: *** Parte Decima ***
Capitolo 11: *** Parte Undicesima ***
Capitolo 12: *** Parte Dodicesima ***
Capitolo 13: *** Parte Tredicesima ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE PRIMA

Era una bella giornata alla Twilight Town University, mentre la campanella che annunciava l’inizio delle lezioni squillava rumorosamente. Roxas saliva in fretta i gradini dell’ingresso principale, a disagio. Era nervoso perché era il suo primo giorno come matricola, e non aveva idea di cosa lo aspettava. Nessuno dei suoi amici era lì con lui: Hayner avrebbe lavorato nell’officina di famiglia, Pence aveva scelto un istituto informatico, e Olette si era trasferita in un’altra città per studiare recitazione.
Perso nei suoi pensieri, non si accorse di dove stava andando e sbatté contro un’altra persona.
“Ehi! Guarda dove vai, imbranato!” Roxas alzò lo sguardo e vide che era finito addosso a una ragazza alta e bionda, che lo fissava con degli occhi malevoli.
Il biondino si ricompose e provò a scusarsi “M-mi dispiace, i-io non vo-volevo…” Poteva sentire il profumo della ragazza da lì, e lo rendeva nervoso, quanto quel viso truccatissimo che lo fissava.
“Aw, ma che carino, balbetta! Voi matricole siete così innocenti, mi fate una tenerezza! Da mangiarvi!” Intanto la ragazza si avvicinava con fare provocatorio.
“Dai Larx, non lo traumatizzare già dal primo giorno!” La chiamò una ragazza del suo gruppetto.
“Umpf. Va bene, avrò tutto il tempo dopo. Scappa ragazzino, oggi è il tuo giorno fortunato… forse.”
Roxas non se lo fece ripetere due volte e scattò nel corridoio, giusto in tempo per la prima lezione introduttiva alle matricole, tenuta dal rettore Ansem.
“..e per finire, ricordatevi di rivolgervi al professor Eraqus per qualsiasi cosa. Gli esami verranno redatti dal professor Xehanort e le comunicazioni dal professor Yen Sid. È tutto. Passate un buon semestre.”
Il ragazzo non poté non assumere un’espressione scettica. “Ma se non passo bene nemmeno il primo giorno” mormorò.

Secondo giorno. Corridoi.
Roxas sbadigliò, mentre si trascinava verso la prossima aula. Ieri notte era così nervoso che non aveva chiuso occhio. E il suo compagno di stanza Luxord continuava ad esercitarsi con le carte nel tentativo di abbordare le ragazze…
“Ehi, soldo di cacio!” Fece una voce alle sue spalle. Roxas si voltò giusto in tempo per ricevere un pallone da basket dritto in faccia, che lo mandò disteso per terra. Appena si riebbe, tra le risate generali vide tre ragazzi più grandi che lo fissavano. Uno coi capelli lunghi e neri che rideva, uno coi capelli blu che lo fissava in modo gelido, e al centro uno coi capelli rosa e l’aria strafottente, il più vicino a lui.
“Attento alla palla” disse in tono canzonatorio. Poi gli tese la mano. “Non te la prendere. È un rito di passaggio che facciamo a tutti. Dai, ti aiuto a rialzarti.” Poi prese Roxas e lo buttò di nuovo sul pavimento, suscitando altre risate. “Ehi, ma che abbiamo qui? “Dataspazio avanzato? Ma che secchione! Sai che anch’io seguo quel corso? Mi presteresti il tuo libro, vero?”
Roxas non rispose. Sapeva che se avesse tentato di riprendersi il libro, gli altri due sarebbero intervenuti. Non poteva far altro che aspettare che si stancassero…
“Yo, Marluxia!” Un oggetto di legno passò a grande velocità e colpì il bulletto proprio sulla testa, mandando anche lui lungo per terra, anche se si rialzò subito. Un ragazzo dai capelli rossi stavolta arrivò a riprendersi la tavola di legno e il libro che Marluxia aveva fatto cadere a terra.
“Attento allo skateboard” lo canzonò il nuovo arrivato. “Dunque, ora ammetti pubblicamente di avere bisogno dell’aiuto delle matricole per passare gli esami? Come se i tuoi voti non fossero già noti a tutto il campus!” Un nuovo coro di risate si levò dalla folla riunita, mentre la faccia di Marluxia avvampava di rabbia e vergogna. “Axel! Tu, brutto-“
“Ehi, Saix.” Axel ignorò completamente Marluxia, e parlò al ragazzo blu. “Dunque è questo che fate ora? I prepotenti con le matricole? Xemnas lo sa? Faresti meglio a fargli rapporto, lo sai quanto ci tiene.”
Saix non lo fissò nemmeno, ma comunque disse “Marluxia. Xaldin. Andiamocene, per il momento.”

Mentre la folla si disperdeva, il rosso si avvicinò a Roxas. “Tieni. Il tuo libro. E non lasciarti intimorire da quelli, insieme non ne fanno uno di cervello. Il loro capo, d’altro canto… ma perché non hai reagito?”
Roxas accettò il libro, ma non si rallegrò. “E cosa cambiava? Nulla, mi sarei reso ancora più ridicolo. E neanche ora è cambiato nulla, appena sarò da solo si vendicheranno.”
Axel lo fissò, imperscrutabile. Poi disse: “Ehi, hai da fare dopo le lezioni? Mi sa di no, sei solo al secondo giorno. In ogni caso, cancella tutti i tuoi impegni e vieni al dormitorio est, stanza 713. C’è qualcuno che voglio presentarti.”
Detto questo, schizzò via, verso la sua prossima lezione. “Non dimenticarti, stanza 713! Non te ne pentirai!”
Roxas rimase lì imbambolato, poi scosse il capo e si avviò verso il corridoio.
“La vita qui sarà più dura di quella che pensavo…”

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Capitolo 2
*** Parte Seconda ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE SECONDA Quello stesso giorno, all’ora di pranzo, Roxas si trovava nella mensa col suo vassoio, cercando un posto dove sedersi. Era solo il secondo giorno, ma i gruppetti erano già ben delineati ai tavoli. Guardò a destra, e vide un tavolo occupato esclusivamente da ragazze, le più popolari del campus. Tra queste c’era Larxene, che chissà come si accorse che lui la stava fissando. Alzò gli occhi e sorridendo ironicamente gli fece un saluto con la mano. Nei suoi occhi, una scintilla di perfidia. Roxas si girò rapidamente verso sinistra, e un po’ in disparte, vide Marluxia e i suoi compagni che pranzavano in modo chiassoso. Un ragazzo con una cicatrice alla guancia si accorse di Roxas e lo indicò a Marluxia con una gomitata. Lo sguardo di quest’ultimo avvampò di rabbia. “Proprio un bell’inizio”, sospirò il biondino, scegliendo un tavolo vuoto. Almeno ci fosse stato Luxord… ma sembrava che non gli fosse più permesso frequentare i tavoli della mensa, dopo un gioco di prestigio mal riuscito. Anche se lui considerava l’aver bruciato mezzo edificio come un successo, in realtà.

“Uhm… posso?” una vocina dietro Roxas lo fece ritornare coi piedi per terra e lo costrinse a girarsi. A parlare era stata una ragazza minuta, coi capelli neri e lo sguardo gentile. “Dicevo, posso sedermi? Se ti sto infastidendo me ne vado…” e già si stava avviando, quando Roxas la trattenne. “N-NO! Cioè, no, non mi dai fastidio. Puoi sederti, se ti va.” Il viso della ragazza parve illuminarsi. “Grazie! Non sono molto a mio agio con molte persone, e non ci sono molti tavoli, considerato il numero degli studenti, mi chiedo come mai…” “ Probabilmente a causa di uno studente che voleva mangiare il fuoco con le mani…” “Come?” “No, nulla.” Roxas si sentiva stranamente a suo agio con la nuova venuta. Non era quella che potevi definire una bellezza, ma nemmeno bruttina. Era un diverso tipo di bellezza, un qualcosa di più carino e silenzioso. Improvvisamente ricordò dove l’aveva già vista “Quindi, sei anche tu una matricola, vero? Ti ho vista alla lezione introduttiva ieri.” Lei rimase sorpresa, la piccola bocca aperta in una “o” di sorpresa. “Oh, sì! Quindi anche tu, vero? Io sono Xion. Piacere.” “Roxas. Tu che corsi hai deciso di fare?” Continuarono a chiacchierare amabilmente per il resto del pranzo, e scoprirono anche di avere molti hobby in comune. Alla fine si salutarono, andando a seguire le ultime lezioni pomeridiane. E Roxas era così contento dell’incontro, che non si rese conto i suoi piedi lo avevano portato proprio alla stanza numero 713. Il biondino esitò, chiedendosi se non era meglio andarsene ed evitare ulteriori guai, quando la porta si spalancò e comparve Axel. “Roxas! Ci contavo, che venivi!” E senza dire altro lo trascinò dentro.

Dentro la stanza regnava un caos che Roxas nemmeno credeva possibile, tra fumetti, aeroplani di carta e altre cose. C’erano altre tre persone: uno sul letto che suonava un sitar, un piccoletto davanti a un computer, e un gigante che leggeva un libro su una poltrona. Axel fece una rapida presentazione: “Quello sul letto è Demyx, il taciturno laggiù Lexaeus, e questo qui è Zexion, il nostro cervellone. Lui invece è Roxas, la matricola di cui vi parlavo prima.” Roxas, li salutò, sentendosi a disagio. Demyx smise di suonare e lo osservò, fischiando. “Tu sei Roxas, eh? Dimmi, cosa hai fatto perché Marluxia ti prendesse di mira?” “Nulla, ovviamente. A quelli piace prendere i deboli come esempio.” Zexion parlò senza nemmeno distogliere lo sguardo dallo schermo. “Io ne so qualcosa… a proposito Axel, ci dobbiamo aspettare una ritorsione per la tua bravata?” Il rosso alzò le spalle. “Oggi a pranzo c’era anche Xigbar. Se per controllare Marluxia o per pianificare vendetta ancora non saprei.” Roxas, ormai curioso, si azzardò a parlare. “Ma esattamente chi sono quelli? Da come ne parlate, sembrano quelli che contano qui.” Demyx scoppiò a ridere e Zexion sbuffò. “Puoi ben dirlo” iniziò Axel “Saix, Xaldin, Xigbar e Marluxia… ciascuno di loro controlla qualcosa qui, dalle squadre sportive al cibo degli studenti. Il loro capo è Xemnas, il figlio del rettore. A patto che mantengano l’ordine per conto suo, lui gli lascia fare quasi quello che vogliono.” Roxas a queste parole impallidì, pronto a svenire. Tra tutti, aveva fatto arrabbiare gli uomini del numero uno nel campus! Senza dire altro, si girò verso l’uscita. “Ehi, matricola! Dove vai?” chiese Demyx. “Mi sembra ovvio, Dem” lo riprese Zexion “francamente, non lo biasimo più di troppo.”

Axel fermò Roxas e lo guardò negli occhi, per la prima volta serio. “Se vuoi scappare, fallo pure. Ma allora loro sapranno di aver vinto, e anche tutta l’Università. Se invece vuoi dimostrargli di che pasta sei fatto e prenderti la tua rivincita, noi siamo qui. Allora, che ne dici? Vuoi fuggire dalla sfida? Tanto mi sembra tu ci sia abituato.” Roxas si fermò a quelle parole. Ripensò ai suoi amici, ai problemi incontrati… a Xion. No, non sarebbe fuggito. Non stavolta. Guardò i suoi nuovi compagni. Non un briciolo di derisione nei loro occhi. Anzi, era… fiducia? “Quando cominciamo?” Axel annuì, Zexion sorrise e Demyx improvvisò un motivetto col sitar. Lexaeus chiuse il libro, si alzò e disse le prime parole che Roxas gli avesse mai sentito dire: “Benvenuto nei Nobodies.”

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Capitolo 3
*** Parte Terza ***


NOBODIES UNIVERSITY –  PARTE TERZA

“Capisco. Quindi non te la sei passata bene” disse Xion. Ultimamente, si incontravano sul tetto dell’edificio principale per chiacchierare durante la pausa pranzo. Erano passati dieci giorni dall’inizio dell’anno accademico, e per Roxas quello era uno dei momenti più belli. Sebbene Xion si limitasse molto ad ascoltare e commentare, più che a parlare di sé. “Bene, ad ogni modo ti sei fatto dei nuovi amici, devi esserne contento!”
“Immagino di sì” disse Roxas, mentre scendevano le scale “Axel ha detto di aspettare che arrivi il momento giusto, e di “volare basso” per ora. Non so proprio cosa abbia in mente.”
“Mmh… però ti ha comunque aiutato, e nemmeno ti conosceva, no? Axel mi sembra una brava persona. Dovresti fidarti di lui.”
Roxas represse a stento un sospiro.  Avrebbe tanto voluto sapere cosa pensava Xion di lui… stava quasi per chiederlo, quando una voce lo riscosse. “Toh, Roxas! Ecco dov’eri!”
Luxord venne verso di loro dal corridoio, con dei segni rossi sul viso. “Ehi, Luxord. Ehm… cosa ti è successo? Un altro esperimento fallito?” Da quel che il biondino ricordava, il suo compagno di stanza si stava preparando su un numero dell’invisibilità, non avrebbe dovuto recare problemi.
“Oh, al contrario, un successone! Sono riuscito a rendermi invisibile all’occhio umano e a girare indisturbato! Il problema è che dopo qualche minuto l’effetto è svanito… e pare che le ragazze negli spogliatoi non abbiano gradito molto l’intrusione… ma a proposito, noto che c’è una fanciulla con te!”
“U-uhm, sì, io sono Xion” la ragazza era parzialmente nascosta dietro Roxas. “uhm, stavi per caso sbirciando le ragazze negli spogliatoi?”
Roxas intervenne subito. “M-ma no! Stava solo scherzando! Lui in realtà ha un grande rispetto per le donne! Vero?”
“Ma certo. Io valuto una giovane donna più della mia stessa vita.” E così dicendo, fece il baciamano a Xion. “Ora devo andare, a dopo Roxas! Au revoir, mademoiselle!” E si avviò.
Xion ridacchiò. “Conosci gente davvero interessante.”
“Anche troppo.” Roxas sospirò. L’aveva fatto perché non voleva che Xion pensasse che frequentasse pervertiti… ma anche perché Luxord era simpatico e leale, a modo suo. “Senti… so che può sembrare stravagante, ed infatti lo è, ma non vuole fare nulla di male. Si spinge solo un po’ più in là dei limiti, a volte.”
Xion sorrise. “Va bene. Se lo dici tu, ti credo.”

Axel indicò un gruppetto di ragazzi chiassosi che uscivano da una stanza. “Quelli lì. Sono i migliori elementi del team di football, e in generale anche degli altri sport. Xaldin li tiene a bada e li usa quando servono muscoli… parecchi muscoli.”
Roxas deglutì. Molti di quei ragazzi erano anche tre volte più grandi di lui. Non voleva pensare a cosa poteva succedergli se l’avessero preso in antipatia. “Poi c’è il giornale del campus, anche detto “Gossip Club”. Gestisce tutto ciò che riguarda gli studenti e le novità, oltre anche a dettare le mode del momento. Possono distruggere una persona anche senza forza bruta, attaccando la sua reputazione. Marluxia ne è incaricato. Infine, abbiamo il comitato di organizzazione, che si occupa di monitorare tutti gli eventi dell’accademia, da che cosa si serve a pranzo fino alle gite d’istruzione e ai giochi di fine anno. Non devo certo dirti quanto utile è tutto ciò ai fini di Lord Xemnas. Se ne occupa Saix.” Roxas notò una punta di amarezza nella sua voce.
“Tutto qui? E i club di musica e di informatica?”
“Aaah, non me ne parlare” Demyx era con loro oggi. “Una volta c’era quello di musica, ma Xigbar l’ha cancellato perché “non era utile ai fini dell’accademia”. Ai loro fini, casomai… Stessa cosa per informatica: i nerd non sono ben accetti. A proposito, non parlarne davanti a Zexion, o non finirà mai di lamentarsene.
E c’è anche un club del libro, ma è gestito dal gran capo Xemnas in persona. Lexaeus non ha nemmeno provato a iscriversi.”
Axel annuì. “Giusto, dimenticavo. Xigbar non gestisce nessuna componente, ma è l’ombra di Xemnas, e gli riferisce tutto. La sua parola è la parola di Xemnas, ricordalo. Dunque, questo conclude il tour dei meccanismi del campus, ora possiamo… sì, Roxas?”
Il ragazzo aveva alzato la mano, come in classe. Un po’ imbarazzato, disse:“Beh, ecco… non avete parlato di voi. Voi chi siete? Cosa fanno i Nobodies?”
Axel e Demyx si guardarono. Poi il rosso spiegò:“Noi siamo i reietti. Siamo quelli che non sono stati accettati dal programma di Xemnas e che si sono rifiutati di accettarlo. Siamo dei veri e propri “Nessuno”, che vengono ignorati di proposito dalla maggior parte della massa.”
“E occasionalmente infrangiamo qualche regola” Aggiunse Demyx. “Ma sai che ti dico? Non cambierei questo stile di vita per nulla al mondo. Ci sono meno preoccupazioni e ci si diverte un sacco.”
Roxas mugugnò, poco convinto. Avrebbe voluto avere anche lui quella spensieratezza.

Axel condusse i due verso il corridoio centrale, pieno di armadietti, teche e studenti da ogni parte. “Bene. Come dicevo, ora sei informato, ed è giunto il momento della tua prova.”
Roxas si bloccò. “Eh? Aspetta, quale prova?”
“La prova di iniziazione” spiegò Demyx. “Non che non ci fidiamo, ma ogni cadetto deve dimostrare di poter spingersi un po’ più in là degli altri. È la prassi.”
“Va bene, ma cosa volete che faccia?”
Il discorso tornò ad Axel. “Beh, in realtà non sono stato del tutto sincero prima. C’è un altro gruppo di potere nel campus. Le majorette.”
Roxas divenne confuso. “Vuoi dire le ragazze?”
Demyx divenne pallido. “Non sono solo “ragazze”, Roxy! Sono LE ragazze! Le più popolari! Tra fidanzate e idol, hanno più popolarità e controllo di quanto pensi.”
“E voi volete che io…”
“Ti introduca nel loro club e prenda un oggetto del leader.” Disse Axel con semplicità.
“COSA? Ma sei pazzo! Potrei finire espulso!”
“Solo se ti prendono. Questa è la sfida, Roxas. Mi avevi detto di essere pronto.” Ora i due erano seri di nuovo, e lo guardavano.
La matricola si fece coraggio. “E va bene, lo farò… ma almeno ditemi chi è il leader di questo gruppo.”
Con nonchalance, Axel indicò un manifesto su una parete senza nemmeno voltarsi. Al biondino stavano per cedere le ginocchia. ‘No. Tutto ma non questo.’
Il manifesto diceva “Ancora una volta, Larxene del secondo anno si riconferma Miss Campus! Chi le strapperà il titolo?”
Di colpo, Roxas rimpianse il club dello sport.

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Capitolo 4
*** Parte Quarta ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE QUARTA

Roxas si muoveva fra gli armadietti, attento a non fare nemmeno il più piccolo rumore. Certo, avevano scelto di fargli compiere la prova quando tutti gli studenti erano a lezione, ma la prudenza non era mai troppa.
Il club delle ragazze era molto simile a come Roxas se lo aspettava: pulito, ordinato, con un gradevole profumo… anche se ogni tanto c’era qualche tacca su un muro e alcuni pacchetti di sigarette. O meglio, Roxas credeva fossero di sigarette.
Il biondino scosse la testa: non era il momento di curiosare. Doveva prendere ciò per cui era venuto e andarsene, Axel era stato chiaro. “Teoricamente le ragazze non fanno parte della congrega di Xemnas” aveva detto, “ma so per certo che quella smorfiosetta di Larxene ha comunque una specie di accordo con loro: loro la lasciano libera e lei di tanto in tanto gli passa vari pettegolezzi utili. E questo è bastato a farle vincere il trofeo di Miss Campus l’anno scorso, sebbene di solito le matricole nemmeno superano le selezioni. Quindi, voglio che tu prenda quel trofeo nel suo armadietto, in modo tale che lei sappia che noi sappiamo e recepisca l’avvertimento: sarà una strega con un bel faccino, ma non è stupida.”
“Ehi ehi ehi, un momento!” aveva protestato Roxas “Non ti sembra un po’ eccessiva come iniziazione?”
“Mh? Affatto. Io e Demyx siamo troppo noti (in senso negativo, ovvio), e senza un alibi saremmo i primi sospettati di tutti. Lexaeus, puoi capire tu stesso che le missioni di infiltrazione non sono il suo forte. Zexion, beh… meglio che non ti dica i suoi voti ai test di corsa. Ma tu sei svelto, e sei nuovo di qui: nessuno sospetterà mai di te!” Aveva concluso il rosso, soddisfatto.
Roxas non aveva potuto fare altro che capitolare. Non era riuscito a dire ad Axel che invece era molto probabile che Larxene si sarebbe avventata su di lui, perfino senza prove.
Tuttavia, ora era in preda al panico: gli armadietti erano tutti uguali, come avrebbe fatto a trovare il suo? Mentre si guardava intorno, uno tra di essi catturò la sua attenzione. Sì, era il suo. Roxas si diresse verso l’unico armadietto cosparso di teschi, simboli del fulmine e foto di Larxene.
Con una mano tastò la superficie, e con l’altra ruotò la manopola. Poteva non sembrare guardandolo, ma era molto bravo con le serrature; era sempre riuscito ad aprirle con facilità. Questa non fu da meno, e in breve Roxas si ritrovò ad ammirare la più grande collezione di unicorni che avesse mai visto. Ce n’erano di tutti i tipi, anche solo come portachiavi e illustrazioni.  Roxas rimase sbalordito, prima di pensare che forse il furto del trofeo era la cosa che avrebbe danneggiato Larxene di meno. Parlando di trofei, una coppa d’oro con pietre preziose svettava tra gli equini. Roxas stava per prenderla, quando udì la porta del club aprirsi alle sue spalle. La matricola terrorizzata chiuse in fretta lo sportello e si nascose sotto un tavolo, sperando che le sedie e le borse lo nascondessero alla vista.

Dalla sua posizione non poteva vedere molto: solo due paia di gambe che entravano nella stanza. Ma perché così presto? Le lezioni non potevano essere già finite!
Ebbe presto risposta quando un paio di gambe disse all’altro: “Santo cielo, che noia quella lezione! Il professor Merlino saprebbe rendere noioso perfino un film dell’orrore, se lo raccontasse lui… abbiamo fatto bene ad andarcene, Larx!”
“Non me ne sono andata per quello. Figurati, può parlare quanto vuole… è che oggi ho degli affari da sbrigare.” Inutile dire che al suono di questa voce Roxas si fece pallido come il suo completo nero quando Luxord decise di mostrargli gli effetti della sua polvere sbiancante.
“Ohhh! Ti vedi con Marluxia, per caso?” civettò l’altra.
“Cosa? No! Come puoi dire questo!”
“Oh, tesoro, lo sa tutto il club che hai il tuo giro con loro –non che ti biasimi, ci affascina come hai le mani in pasta ovunque- e con lui ti vedi spesso. Non che mi dispiaccia, fate una bella coppia!”
“Mpf. Comunque, no, oggi è… è un’altra cosa.”
Mentre parlavano, il primo paio di gambe aveva preso una borsa da uno scaffale, e l’altro l’aveva presto imitato. Sembravano pronti ad andare, e Roxas già tratteneva a stento i sospiri di sollievo, quando due gambe si fermarono vicino al suo tavolo.
“…aspetta. Qualcosa non va.”
“Uh? Che intendi, Larx?”
“Il mio armadietto.  Era chiuso a chiave. Ora è aperto.”
L’altra emise un sospiro di sorpresa, più per scena che per altro. “Un ladro? Forse quegli orribili ragazzacci dei Nobodies?”
“Nah. Non è da loro compiere errori così grossolani.” Controllò in fretta il contenuto dell’armadietto. “Qui non manca niente. Forse mi ero scordata di chiuderlo. O forse” e le gambe si mossero minacciose verso il tavolo “qualche ladruncolo poco svelto è ancora qui.”
Il cuore di Roxas batteva così forte che pensava l’avrebbero scoperto anche solo da quello. Ormai c’era poco che potesse fare: lasciare che lo trovassero o consegnarsi lui stesso e risparmiare tempo. In entrambi i casi, non si metteva bene. Poteva quasi sentire la brama da predatore di Larxene mentre scostava le prime borse…
“U-uhm! Scusate…” fece una vocina flebile.
Per un istante tutto si fermò. Poi si udì la voce di Larxene “Ah, sei tu, bambolina. Sei così silenziosa che non mi accorgo mai della tua presenza. Ebbene? Volevi dirmi qualcosa?”
Xion alzò un poco la voce “S-sì, in realtà: poco fa ho visto Xigbar che ti cercava… sembrava fosse urgente.” Poi vide cosa stava succedendo, e aggiunse: “Oh! Mi dispiace! L’armadietto… sono stata io ad aprirlo, dopo aver visto la combinazione. Ero curiosa, perché ammiro molto senpai come donna, ma mi vergognavo di dirlo, e così…”
“Heh. Non hai bisogno di scusarti. Una donna deve essere pronta a spingersi in là a volte, e almeno hai dimostrato di avere buongusto. Ma” e si avvicinò a Xion “Non farlo più. Sei una bambola carina, ma potrei arrabbiarmi se accadesse di nuovo. Capisci, bambolina?”
“S-scì…” dalla voce Roxas capì che Larxene aveva preso Xion per le guance.
“…Bene. Allora noi ce ne andiamo. Vediamo cosa vuole Xigbar. Metti in ordine, se te ne vai.”

Rimasti soli, Xion chiuse la porta. “Uhm… Roxas? Puoi uscire, ora.”
L’altro non se lo fece ripetere. Né rimase sorpreso: era ovvio Xion avesse qualche motivo per addossarsi una colpa non sua. Rotolando fuori, disse: “Ti ringrazio davvero tanto. Mi hai salvato. Ma come sapevi che ero qui?”
Xion ridacchiò, con quella risatina dolce appena udibile che a Roxas piaceva tanto: “Essere bassa a volte ha i suoi vantaggi. Dalla mia prospettiva, ti vedevo molto chiaramente. E dopo quello che mi hai raccontato, non ci ho messo molto a capire la situazione. Allora ho detto al Larxene quello che voleva sentirsi dire per convincerla” spiegò con semplicità, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Anche se Roxas pensò che capire QUELLA situazione e inventare sul momento una storia plausibile era invece degno di ammirazione.
“Ho un po’ di paura a chiedertelo. Perché mi hai difeso? Non sai nemmeno cosa stavo facendo qui.”
Xion lo fissò. “Allora dimmi: cosa stavi facendo qui? Ti ho difeso perché volevo sentire la tua versione dei fatti, anche se le altre non erano molto inclini a farlo. Mio padre dice sempre che tutti hanno diritto a difendersi.” Poi, dopo una pausa, aggiunse: “Confido che tu abbia una giusta motivazione.”
Roxas deglutì. Come poteva dirglielo? In quel momento, ammettere di voler ricattare una ragazza non sembrava un’azione eroica. Poi la fissò a sua volta, e decise di usare l’unica carta a suo favore: la sincerità.
Xion ascoltò in silenzio, e alla fine disse: ”Capisco. Quindi Axel e gli altri volevano una prova.”
“Sei…non sei arrabbiata?”
“No. Immagino che gli scherzi, se non nascondono fini malvagi, facciano parte della natura dei ragazzi… come infrangere le regole. E, beh, diciamo che Larxene se l’è un po’ cercata.”
Roxas era addirittura più sollevato di quando lei e la sua amica erano andate via.
“Però, Roxas… non posso permetterti di rubare qualcosa ora dal club, proprio sotto i miei occhi. Capiscimi…”
“Ah! Ma certo, ma certo! Sei stata gentile… fin troppo gentile! Allora, io vado! Grazie ancora!”
Si stava già avviando, quando ad un tratto si fermò. Con un ghigno, si voltò verso Xion e disse, fingendosi esasperato: “Ma non eri stata tu a dire che di Axel ci si poteva fidare?”
“Teehee” rise lei, imbarazzata.

Tornato alla stanza 713, Roxas aveva esposto in breve cosa fosse successo agli altri.
Pensava che si sarebbero dimostrati delusi per il suo fallimento, ma con sua sorpresa la loro attenzione era rivolta a tutt’altro.
“E così l’ha allontanata facendosi venire in mente che Xigbar la cercava?” disse Axel, sdraiato su un letto mentre fissava il soffitto. Lexaeus commentò: “La scelta migliore. Xemnas era poco plausibile, e gli altri non avrebbero destato il suo interesse abbastanza in fretta.”
“E poi l’ha adulata, sapendo quanto a lei piaccia. L’adulazione è l’unico momento in cui l’ego di Larxene le offusca la capacità di giudizio. Quello, e il non voler far aspettare Xigbar, l’hanno fatta muovere.” Concluse il rosso. Demyx fischiò di ammirazione.
“La ragazza ha del potenziale, davvero” aggiunse Zexion. “Strano non mi sia giunta alcuna voce al riguardo. Vuoi che faccia qualche ricerca, Axel?”
Axel si alzò. “No. Lei ci ha aiutato, non la ricambieremo ficcando il naso nei suoi affari.” Guardò Roxas. “Beh, sono contento tu sia qui tutto intero, ad ogni modo.”
Roxas era però giù di corda, specialmente dopo aver sentito tutte queste lodi su Xion, che lo avevano reso consapevole del suo fallimento. “Sì, anche se Larxene mangerà presto la foglia. E non ho potuto recuperare il trofeo…”
“Ah, quello! Tranquillo, non mi aspettavo ce la facessi. E Larxene non ti ha visto, quindi non può provare nulla. Ora sei finalmente uno di noi.”
Il biondino rimase a bocca aperta. “Come! Ma se ho fallito!”
“Ehi, stando al tuo racconto, hai aperto l’armadietto, no? Hai avuto il coraggio di farlo, e anzi, ce l’avevi quasi fatta. Che poi per un contrattempo tu non sia riuscito a completare l’incarico, beh, non lo trovo rilevante. Qualche obiezione?”
Lexaeus scosse la testa, sorridendo. Il silenzio di Zexion era eloquente: se avesse avuto qualcosa da ridire, l’avrebbe detto. Demyx disse tutto allegro: “Lo sapevo che aveva la stoffa.”
Roxas era così felice, che non si chiese nemmeno se lo stessero incoraggiando perché l’avevano visto depresso. Non gli importava. Aveva finalmente trovato gente che teneva a lui, e che non se la prendeva per un suo errore. Non poté fare altro che scuotere la testa con muta riconoscenza.
“Bene, ora che abbiamo un altro uomo, possiamo iniziare i piani futuri… ehi, Roxas! Dove vai?”
“Beh, al mio appartamento. Pianificare non è il mio forte, quindi se avrete bisogno di me-“
“Questo mi va bene. Ma io non uscirei senza scorta.”
Stavolta fu Roxas a fissare Axel. “Ma avevi detto che non corro pericoli…”
“Ho detto che non ci sono prove su di te, il che significa che non verrai espulso. Ma credi davvero che a Larxene, serva un motivo? Lexaeus, accompagna il ragazzo, ti va?”
Roxas tutto a un tratto si ricordò di una cosa. “Ah! Axel! Forse ho comunque preso qualcosa di utile dall’armadietto. Non sarà il trofeo, ma…” E porse ad Axel il suo bottino di guerra.

Per la prima volta, Roxas vide Axel rimanere di stucco. Zexion si avvicinò con la sedia a rotelle. Demyx sbirciava da sopra i due. “Urca, Roxy! Bel lavoro!”

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Capitolo 5
*** Parte Quinta ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE QUINTA

Le stelle brillavano nel cielo notturno. Non era nemmeno troppo tardi, ma essendo il finire dell’anno, le giornate erano più corte. Roxas incedeva tra i viali, seguito da vicino da Lexaeus. Certo, non si poteva dire che passassero inosservati, ma la mole del gigante teneva alla larga qualsiasi importuno. Non che ce ne fossero troppi, comunque: solo qualche coppietta intenta ad amoreggiare al chiaro di luna, e occasionalmente qualche studente anziano che aveva alzato un po’ il gomito.
Roxas si sentiva però ancora un po’ a disagio dal silenzio della sua taciturna scorta, quindi provò ad avviare una conversazione.
“Ehm, bella serata, vero? Ci sono un sacco di stelle… e molti studenti che si divertono!”
“Già.”
“Mi vergogno a dirlo, ma provo un po’ di imbarazzo… io non ho mai avuto una ragazza! E, e tu, invece? Se posso chiedere…”
“No.”

Dopo quel tentativo, Roxas lasciò perdere, anche perché pensava di averlo ormai offeso, con quella domanda un po’ troppo riservata. Era ovvio che Lexaeus gli avesse proibito di chiederglielo.
Ma rimase sorpreso quando Lexaeus sorrise, incrociando le braccia. “No: non ne ho mai avuta una. La mia statura ha sempre provocato un certo timore a chi mi sta attorno. Ma in realtà non rifiuto mai una buona conversazione.”
“Davvero? Mi era parso che non volessi parlare, rispondevi solo a monosillabi.”
“Questo perché le tue erano domande di pura circostanza: non ti sarebbe nemmeno interessata la mia risposta. Io ritengo che le parole abbiano un giusto peso a seconda delle circostanze. Se c’è qualcosa che veramente mi vuoi chiedere, fai pure.”
Roxas pensò che ormai doveva avere i suoi pensieri scritti in faccia, visto che tutti lo leggevano come un libro aperto. Oppure era capitato assieme a persone davvero uniche, persone che sentiva di voler conoscere meglio.
“Allora, dimmi: come mai ti sei unito ai Nobodies? E che interessi coltivi?”
“Ah, due domande interessanti. E collegate fra loro, più di quanto si pensi. Dunque, io adoro leggere, come forse quel chiacchierone di Demyx ti avrà detto. Poesia, classici, romanzi, lettere… è tutto magnifico, ai miei occhi. Centinaia di parole e immagini che si combinano per dare luogo a storie e pensieri sempre nuovi. Tuttavia, diciamo che l’ambiente dove sono cresciuto non era proprio culturalmente stimolante, e ho dovuto imparare a difendermi. Qui, le cose sono addirittura peggiorate: Xemnas e i suoi aboliscono qualsiasi forma di libero pensiero, e spezzano chiunque non si pieghi. Ma io non sono così facile da spezzare… non fisicamente, almeno: quindi mi hanno attaccato sull’immagine. Per tutto il primo anno, hanno messo in giro voci sul mio conto, che ero violento, che nella mia scuola avevo anche mandato un professore all’ospedale, che ricattavo quelli più deboli. Nessuno si avvicinò più a me, dopo queste diffamazioni.”
Roxas ascoltò tutto questo, ammutolito. All’inizio, anche lui si era fatto trarre in inganno dalle apparenze, e pensava che il gigante fosse una specie di guardia del corpo. Ma ora vedeva Lexaeus sotto una nuova luce: era un fine pensatore, e un patito dell’arte. E il biondino poteva anche capire che dietro a tutte quelle parole c’era un animo sensibile, che non apprezzava la violenza. E il pensiero che fosse stato soggetto ad un simile bullismo psicologico, solo perché aveva tenuto fede ai suoi principi, lo riempiva di rabbia cocente, tanto che dovette imporsi di smettere di stringere le mani.
Lexaeus intanto era come perso nei suoi pensieri, lo sguardo fisso in lontananza.
“Poi, l’anno successivo, arrivò una giovane matricola che mi parlò come se nulla fosse. Credevo fosse costretto da una specie di penitenza, era già successo prima, ma lui iniziò ad attaccare bottone, a parlarmi dei suoi interessi e dei suoi progetti. E alla fine, mi chiese se mi andasse di unirmi a lui e al piccolo gruppo che stava mettendo in piedi. ‘Ci farebbe comodo uno col tuo spirito e il tuo amore per la lettura’, aveva detto. Era la prima volta che qualcuno vedeva in me altro oltre ai muscoli. Così conobbi Axel e i Nobodies.”
Mentre parlavano, erano ormai arrivati al dormitorio delle matricole. Roxas salì le scale, si voltò e disse: “Grazie. Non solo per avermi scortato, ma per avermi detto tutto ciò. Vedrai che le cose cambieranno.”
Il gigante sorrise, con quel suo sorriso goffo, ma con una sincerità ineguagliabile. “Bene, cadetto. Ma ora riposati. Finora hai visto le stoccate, ma presto osserverai un vero colpo in stile Nobodies.”
I due si congedarono, e Roxas entrò nell’edificio.

Appena entrato in stanza, la prima cosa che notò furono i vari gomitoli grigi appallottolati sul pavimento. Preparandosi già mentalmente al peggio, chiamò il compagno di stanza. “Luxord, e questi cosa sono?”
Questi arrivò subito, tenendo nelle mani due… Roxas non poteva crederci. “Ah, Roxas, tempismo perfetto. Potresti aiutarmi, qui? Non riesco da solo.”
“Luxord, perché hai in mano due CONIGLI? No, non dirmelo. Volevi fare il numero del cilindro.”
“Ah, non un semplice numero del cilindro, mio caro amico! Il doppio numero del cilindro! Doppi roditori, doppia magia! Ma c’è stato un contrattempo, io non sapevo… il venditore mi aveva assicurato che erano maschi tutti e due!”
A quelle parole, Roxas si voltò verso i gomitoli per terra, e notò come si muovevano debolmente. Non è che non potesse crederci. Non VOLEVA crederci. “Lux, il tuo incantesimo ha avuto i cuccioli!”
“Sì, lo so… domani provvederò a riportarli al negozio, ora però aiutami a raccoglierli!”
Dopo che ebbero sistemato la nidiata in uno scatolone, il biondino si accasciò sul letto, sfinito dalla giornata. “Sai, forse supereresti l’anno se ti impegnassi di meno in queste cose. Non dico che devi abbandonare le tue, ehm, inclinazioni, ma almeno moderarti!”
Il prestigiatore sbuffò. “Oh, avrò tutto il tempo di moderarmi, in futuro! Questi sono gli anni migliori, amico mio! La libertà, le occasioni, le ragazze! Devo sfruttare questo tempo finché posso!”
Roxas scosse la testa, troppo stanco per ribattere. Eppure, mentre pian piano scivolava nel sonno, non poté fare a meno di pensare che forse anche Luxord avrebbe combinato qualcosa di buono… forse si stava soffermando troppo sulle apparenze anche con lui.

Larxene rovistava tra gli oggetti del club, in piena agitazione. Vestiti volavano, soprammobili finivano in terra, ma a lei non importava. Nulla importava, tranne ritrovarlo. Dove poteva essere? L’aveva messo nella borsa! Se non saltava fuori – o peggio, se saltava fuori in posti sbagliati – la sua reputazione era rovinata. Eppure, per quanto cercasse, non lo trovava, nonostante stesse sprecando preziose ore di sonno per assicurarsi di non essere scoperta dalle amiche. Furibonda, capovolse l’ennesimo cassetto per l’ennesima volta.
“Non c’è! Non c’è da nessuna parte!”
“Perso qualcosa?”
Xigbar sostava sulla porta, con un’espressione di divertimento sul volto. Larxene gli si avventò contro, in preda al panico. “Tu! Se sei stato tu, giuro che-“
“Calma. Non so nemmeno cosa hai perso. Ma mi sono fatto un’idea di cosa è successo. Vedi, dopo che sei venuta a cercarmi, sostenendo che ti avessi mandata a chiamare io, ho iniziato a pensare a questo… buffo malinteso. E poi mi sono chiesto: chi avrebbe interesse nel creare confusione e metterti in ridicolo?”
“I Nobodies.” Larxene riacquistò la calma, e valutò la situazione. “Ma non è possibile. Non è il loro stile, e sarebbero troppo riconoscibili.”
“Ah, ma non tutti. Vedi, pare che abbiano reclutato un nuovo cadetto, un nuovo volto a cui far fare il lavoro sporco. Axel è stato visto i primi giorni, mentre fraternizzava con lui-“
“Taglia corto. Chi è? Chi è il colpevole? Dimmi il nome!”
Xigbar sorrise ancora di più, viscido. “Pare si chiami Roxas. Capelli biondi, basso, porta una polsiera a scacchi. E sembra sia lui il responsabile del piccolo furto ai tuoi danni.”
 Xigbar aveva la fama di essere un ragazzo senza paura e coi nervi d’acciaio, abbastanza da fare da intermediario con Xemnas. Eppure perfino lui si fece istintivamente indietro, alla vista della faccia di Larxene. Quella gelida furia era anche peggio della rabbia cocente che mostrava di solito.
“Va bene, allora. Vogliono la guerra? E guerra avranno.”
Il ragazzo sorrise. “Perfetto. Posso contarti tra i nostri, allora? Ci sono cose che vorremmo tu facessi per noi…”

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Capitolo 6
*** Parte Sesta ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE SESTA

“Ci siamo?”
“Non ancora.”
Roxas si trovava nella sala monitor, il luogo dove si trovava la centralina di comando che decideva cosa veniva proiettato sui vari schermi disseminati per il campus. Si potevano anche controllare le telecamere di sorveglianza, gli altoparlanti e il gigantesco schermo nella sala conferenze: Zexion l’aveva definito il cuore informatico dell’istituto. Proprio lui si trovava seduto lì ora, manipolando i server con una facilità inaudita, assieme ad un nervoso Roxas. Era bastato simulare una telefonata al responsabile della sala monitor, il professor Cid, per farlo allontanare. Ora, Axel lo stava intrattenendo fingendosi un impiegato della Paopu Fruit e sostenendo che poteva partecipare ad un concorso per vincere una vacanza al Resort Destiny Islands. Intanto, Roxas aveva usato la sua abilità con le serrature per introdurre Zexion nel cuore, e ora erano lì, con Lexaeus un piano più sotto a fare la guardia.
Era rischioso. Molto rischioso.

Tutto era iniziato pochi giorni prima. Ormai era finito il primo semestre (per Roxas era durato fin troppo poco, a causa di tutte le esperienze passate), e gli studenti già guardavano alla breve pausa che ci sarebbe stata, e soprattutto allo spettacolo di metà anno, una serie di giochi e forme di intrattenimento organizzate dai vari club per divertire il corpo studenti. O come l’aveva definito Zexion, “Una pagliacciata per tenere buona la massa e al tempo stesso dimostrare che Xemnas controlla tutto”. Già, perché anche dietro a questo c’era lo zampino di Xemnas e i suoi. “Pane e circo per il popolo,” seguitava a dire. “L’hanno fatto per due anni consecutivi, ma stavolta basta. Ora che abbiamo il giusto numero di uomini e preparativi, ci pensiamo noi.” Roxas dimenticava spesso che pur avendo la sua stessa età, Zexion aveva saltato vari gradi grazie ai suoi risultati accademici. Era al terzo anno, un anno sopra Axel.
Questi aveva finito di illustrare il piano. “Ecco ciò che faremo. Un po’ rischioso, ma se ognuno farà la propria parte, nessuno ci rimetterà, e i Nobodies avranno segnato un gran bel punto alla fine del primo tempo. Domande?” Guardò tutti, specie Roxas. Su di lui indugiò a lungo, poi si girò verso Zexion. “Ehi, Zex-“
“Se stai di nuovo cercando di convincermi a scambiare te e Roxas, come suppongo, sappi che è fiato sprecato.”
Il rosso si agitò, contrariato. “Il mio ruolo è il meno pericoloso, e lui invece è con te. Quando metteremo in atto il piano, i più svegli capiranno subito e verranno nella sala monitor! Sarete nel centro della tempesta!”
“Ed è per questo che abbiamo Lexaeus, il teppista che ha mandato un docente all’ospedale, di guardia. Se sono davvero i più svegli, non si avvicineranno” ribatté Zexion. Lexaeus non diede segno di essersela presa, ma seguiva tutto con attenzione.
“Senti Axel, se vuoi prenderti più rischi o proteggere il nuovo venuto, c’è quello che ci ha portato dalla sua prova d’iniziazione. Usa quello, e non avremo più problemi.”
Axel si mise una mano in tasca, e osservò il bottino di guerra di Roxas. Poi lo mise in un libro su uno scaffale. “No, questo può ancora servire, e poi c’è poco tempo. Hai ragione, questo è il piano migliore.” Ma mentre usciva dalla stanza, Roxas lo sentì mormorare a denti stretti: “Eppure vorrei tanto fare di più.”
La matricola non aveva detto niente riguardo al piano. Ovviamente era terrorizzato, e i peggiori scenari lo avevano assalito nelle notti precedenti al giorno fatidico; ma ormai era rassegnato. Aveva fatto una scelta, e non si sarebbe tirato indietro. In più, aveva ormai imparato a conoscere i Nobodies, e aveva passato molto tempo con loro: a parlare di musica con Demyx, di videogiochi con Zexion, di libri con Lexaeus. Con Axel poi, si trovava molto bene: era una persona affabile e cordiale, che ti ascoltava sempre con la massima attenzione e aperta ad un sacco di argomenti. Ma non erano tanto le tematiche delle loro discussioni a rendere piacevole la sua compagnia, quanto il fatto che Axel prendeva tutto con ottimismo, seguendo la sua filosofia di vita: una filosofia incentrata sull’aiutare il prossimo, sull’essere onorevoli e soprattutto, sul vivere l’attimo, senza badare alle critiche esterne. Una visione che alcuni potrebbero definire leggera, ma in realtà Axel sapeva essere anche molto profondo, quando voleva. Roxas aveva però notato che non era incline a parlare del suo passato, ma gli andava bene. Ognuno aveva diritto alla propria privacy. Aveva passato un semestre magnifico con quei ragazzi, i suoi nuovi amici, ed era disposto a tutto pur di aiutarli.
Inoltre, con suo immenso sollievo Xion era partita per un breve viaggio all’estero; le sarebbe mancata molto, ma almeno non sarebbe rimasta coinvolta in tutto questo.

Per questo ora era là, assistendo mentre Zexion isolava alcune telecamere e prendeva il possesso di altre, mostrando come la sala conferenze fosse ormai piena di gente. In quel momento il rettore Ansem stava parlando sul palco, probabilmente un discorso commemorativo e un’introduzione agli spettacoli, il tutto condito dai suoi ammonimenti sullo studio.
Presto avrebbero iniziato, e durante la prima esibizione Xigbar avrebbe notato la loro assenza tra la folla e avrebbe mangiato la foglia. Sempre se non l’aveva già fatto.
“Ci vuole ancora molto?” chiese il biondino per l’ennesima volta.
“Un po’ di pazienza” rispose Zexion, imperturbabile. “Se lo faccio ora, qualche studente ancora in giro potrebbe notare la confusione, e riferire subito tutto a Marluxia. Aspettiamo l’inizio dello spettacolo, quando tutti saranno rilassati.” Roxas annuì, non riuscendo però a liberarsi dell’ansia che lo invadeva.
Finalmente, fece il suo ingresso il club di danza, che deliziò il pubblico con le sue coreografie e nastri colorati. Ci furono un sacco di mormorii di piacere per la sala, che si tramutarono in veri e propri applausi quando i ballerini formarono un arco dal quale passarono Marluxia, Xaldin e Xigbar, tutti sorridenti mentre salutavano il corpo studenti e gli insegnanti.
Zexion osservava con una smorfia di disgusto.“Ed eccoli qui, a ricordare da subito che è grazie a loro che ci sono questi svaghi… non vedo Xemnas. Strano. Immagino abbia deciso di presentarsi verso la fine, per suscitare più effetto. Bene, direi che è ora.” E premette un pulsante sulla tastiera dinanzi a lui.
Tutte le luci nella sala si spensero, e sullo schermo a parete comparve un video di Demyx che, parzialmente camuffato, iniziò a suonare una sua versione di “Nobody’s Listening”, sostituendo alcune parole della canzone con attacchi e prese in giro a Xemnas e il suo gruppo. Contemporaneamente, dal soffitto caddero degli striscioni colorati con frasi quali “Pensa con la tua testa!” e “Abbasso il consiglio degli studenti!”, nonché pupazzi rappresentanti i vari membri del consiglio studentesco ripieni d’acqua su tutti i presenti.
Roxas, che era all’oscuro di quest’ultima parte, guardò Zexion, che sorrise. “Axel e Lexaeus devono aver fatto qualche straordinario notturno… pare che il nostro capo non abbia accettato la sua piccola parte in questo piano, dopotutto.”
“Ma, Demyx? I professori forse non lo riconosceranno, ma le persone che lo conoscono sì.”
“Ah, non ci badare. Ho già provveduto a cancellare ogni traccia da questi computer. Senza prove, la parola di uno studente da sola non basta per sentenze gravi, non importa quanta influenza abbia. E poi lui adora mettersi in mostra così.” Zexion diede un’ultima occhiata al monitor, che mostrava un’aula ora in preda al caos. “Ma forse ora dovremmo andare.”

Uscirono fuori dalla stanza e si precipitarono verso l’uscita antincendio. Arrivati lì, Zexion scese di sotto e Roxas salì al terrazzo, come stabilito; separandosi, avrebbero ridotto i sospetti. A quel punto, Roxas avrebbe solo dovuto aspettare l’inevitabile annuncio che a causa di problemi tecnici tutti gli studenti potevano lasciare l’edificio, ed andarsene a festeggiare con gli altri. Con una scarica di adrenalina in corpo, la matricola sfrecciò fra i corridoi in cerca della porta per il terrazzo.
“Vai da qualche parte?”
Una figura sbucò da dietro un armadietto e lo inchiodò al muro con un braccio. Roxas tentò di liberarsi, ma la presa di Xaldin era paragonabile a quella di una tenaglia.
“E cosa ci è toccato dalla lotteria degli sfigati? Ah, il nuovo arrivato! Il che significa che Larxene ha preso il secchione. Immagino sarà molto delusa, ma meglio così per tutti. Soprattutto per te, credimi.”
Xaldin immobilizzò Roxas con un braccio dietro la schiena, costringendolo a fissare il suo interlocutore. Xigbar.
Questi sorrideva in modo spietato. “Immagino vi siate sentiti soddisfatti, per il vostro brillante piano, non è così? Colpire durante lo spettacolo di metà anno… come siete prevedibili. È molto meglio attaccare all’improvviso, quando il tuo nemico pensa di aver vinto.” E fece un gesto eloquente, per sottolineare che era proprio quello che loro avevano fatto ai Nobodies. “Appena le luci si sono spente, quello è stato il nostro segnale per intervenire. Sapendo dove andare, siamo venuti qui anche prima di voi. Questo è vero lavoro di squadra, pivello.”
Roxas capì che erano finiti in una trappola fin dal primo momento, anche se non capiva come avevano fatto a farsi scoprire… e immediatamente realizzò che anche gli altri dovevano essere stati catturati.
Xigbar indovinò a cosa stava pensando. “Ti preoccupi per i tuoi compari, eh? E fai bene. Era da tanto che volevamo toglierci questo sassolino dalla scarpa, e la clemenza non è una delle tante discipline che impartiamo ai nostri collaboratori. Ma mi preoccuperei dopo, se fossi in te. Perché tu, amico mio, hai un trattamento di favore, un posto privilegiato col tuo nome scritto sopra.”

Lo fissò un’ultima volta, prima di dare un secco ordine al suo aguzzino. “Ok, Xaldin. Portiamolo in fretta da Lord Xemnas.”

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Capitolo 7
*** Parte Settima ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE SETTIMA

Roxas avanzava per un lungo corridoio bianco, in un’ala mai vista dell’istituto, proprio vicino agli studi dei professori. Tutto, dalle pareti ai mobili, era di un bianco puro, innaturale: ti dava la sensazione di essere fuori posto, un essere inetto e sporco che era capitato per sbaglio nella sala di un signore. E ripensando a quanto gli era stato detto dai suoi amici, probabilmente era un effetto voluto.
Xigbar e Xaldin arrivarono di fronte a una grande porta color ocra, e quest’ultimo si fermò, passando il prigioniero a Xigbar.
“Già, Xaldin, a te non piace l‘atmosfera lì dentro, eh?”
L’altro grugnì. “Vado a vedere com’è andata agli altri. Niente errori stavolta.”
Mentre si allontanava, Xigbar aprì la porta e condusse Roxas all’interno. “Bene, vogliamo entrare? È maleducazione far aspettare chi ti è superiore.”

Tutto considerato, l’interno della stanza era abbastanza ordinario, rispetto a quanto Roxas si era aspettato.
C’erano studenti, per la maggior parte del terzo anno, che leggevano libri, ripassavano le lezioni, si intrattenevano con dei giochi da tavolo. Il tutto con della leggera musica classica in sottofondo. Eppure una sensazione di disagio s’intromise nel biondino. C’era qualcosa di davvero sbagliato lì.
Xigbar arrivò al centro della stanza e lì si fermò, davanti a una massiccia scacchiera di metallo, molto elaborata. E dietro la scacchiera, un ragazzo dai capelli grigi e lo sguardo più freddo e calcolatore che Roxas avesse mai visto. Nessuna emozione sembrava trasparire da quegli occhi dorati, eppure ti davano comunque la sensazione di leggerti nell’anima, e non in una maniera piacevole.
“Così tu sei Roxas. Un buon lavoro, Xigbar.” La voce di Xemnas era pari all’espressione, priva di sentimento e profonda. Indicò il posto dall’altro lato della scacchiera. “Siediti.” Disse, con un tono che non ammetteva repliche. Roxas si sedette, mentre Xigbar si spostò di qualche passo all’indietro, lasciandoli apparentemente soli.
Xemnas intanto muoveva dei pezzi, anche se prima del loro arrivo non c’era nessuno a fargli da avversario. Roxas ne aveva sentito parlare da Lexaeus: alcuni giocatori, invece di giocare una partita intera, disponevano i pezzi in modo da creare alcune situazioni difficili da contrastare, e provavano a uscirne fuori. Di norma era più un allenamento che un tentativo di uscirne vincitori, visto che spesso si ricreavano situazioni prese da partite di professionisti.
“Mi sono giunte voci sul tuo conto” riprese il presidente del comitato studentesco, mentre continuava la sua partita contro un avversario inesistente. “Ti sei introdotto nel club delle majorette senza permesso, hai iniziato a frequentare personaggi di dubbio gusto, e assieme a loro hai tramato per rovinare la cerimonia di metà anno, nonché aiutato a manomettere la sala monitor del professor Cid. Niente male, per una matricola.” E qui alzò gli occhi per fissarlo.
Roxas aveva una paura matta, ma restituì lo sguardo. Ricordava le rassicurazioni di Zexion: loro non avevano niente di concreto. “Non so di cosa stia parlando… signore.”
“Oh, puoi anche rilassarti; non sei qui perché ci serve una confessione. Abbiamo già tutto ciò che ci occorre. Pensa invece a questa come alla tua seconda occasione.” Roxas si fece più attento. Non capiva a cosa stava alludendo Xemnas.
“La prima impressione è la più importante, tanto nella vita quanto qui nel campus: essa può rovinarti per sempre, o farti vivere le migliori esperienze possibili. Ma ad alcuni individui molto fortunati è concessa un’opportunità per modificare la propria immagine… se sono abbastanza furbi da coglierla. Tu hai fatto delle scelte, nei mesi passati qui. Scelte gravi e discutibili. Ma hai ancora il beneficio del dubbio; sei solo una matricola, e immagino che lo stile di vita di quei parassiti ti sia sembrato allettante. Ma ora ti sei ravveduto, e hai optato per scelte più sagge.”
Roxas finalmente capì. Gli stavano chiedendo di passare dalla loro! Prima ancora che potesse rispondere, Xigbar si accodò: “Pensaci bene, pivello. Hai altri tre anni da passare qui. ALMENO. E a seconda della tua risposta, potrebbe essere l’esperienza più piacevole della tua vita… o un vero incubo. Ci serve solo un tuo cenno di assenso.”
Xemnas riprese, stavolta dimostrando almeno un pizzico di umanità nella voce: “So che non scorre buon sangue tra te e i miei ragazzi. Ma posso far cambiare tutto quanto, farti partire con una fedina immacolata. L’importante nella vita non è tanto chi sei, ma chi conosci. Fai le giuste amicizie e controllerai la partita a tuo piacimento.” E così dicendo, mosse un altro pezzo sulla scacchiera, mangiando un alfiere. “Dunque, Roxas?”

Roxas rifletté. Pensò per l’ennesima volta a quanto gli era capitato. Non aveva mai chiesto di finire in quella situazione. Alla fine, non era forse rimasto semplicemente invischiato in affari altrui? Certo, aveva dato il suo consenso di volta in volta, ma che altra scelta aveva? Stavolta ne aveva una, una scelta reale. Poteva dimenticarsi di tutti, farsi nuovi amici, e vivere la sua vita in modo normale.
Normale. Quel singolo vocabolo accese una luce nella sua testa. Finalmente aveva identificato l’elemento di disagio che lo pervadeva in quella stanza, ciò che vi era di sbagliato nel mondo di Xemnas.
Tutti gli studenti svolgevano le loro azioni senza traccia di emozione o divertimento, come automi. Nessuno guardava dalla loro parte, nemmeno un briciolo di curiosità nei loro confronti. Perfino la musica classica, si ripeteva ciclicamente senza mai variare. Tutto ciò non era normale. Non era così che ragazzi e ragazze della loro età dovevano comportarsi: non c’era chiasso, non c’erano risate, non c’erano sentimenti. Un mondo freddo, vuoto, senza cuore. Roxas aveva la sua risposta, e guardò Xemnas, sorridendo.
“Ha proprio ragione: nessuno sano di mente sceglierebbe di rovinarsi invece di vivere le migliori esperienze. Ed è per questo che rifiuto!” Pronunciò le ultime parole urlando, cercando di spezzare quell’ambiente. Alcuni studenti si voltarono brevemente, per poi tornare alle loro mansioni dopo un’occhiataccia di Xigbar.
“Lei li chiama parassiti, ma quei parassiti vivono ogni momento della loro vita al massimo, senza preoccupazioni di apparenza o etichetta! Qualcuno potrebbe definirli irresponsabili… ma se la scelta è tra essere irresponsabile o un burattino nelle sue mani, rinunciando alla mia individualità, preferisco restare irresponsabile a vita! Non tradirò mai i miei amici, e qualunque cosa voi abbiate in mente, noi la supereremo.”
Xigbar sembrò turbato dalla sua rinnovata fiducia; ma Xemnas sorrise, per la prima volta. “Bene, sembra che Axel avesse visto giusto con te. Sei leale, qualità che apprezzo, anche con chi mi ostacola. Ma mi chiedo quanto valore avrà la tua lealtà per i tuoi “amici” quando sapranno che sei stato tu a tradirli.”
Roxas non capì. “Cosa? Io non ho tradito proprio nessuno!”
“Oh, ma l’hai fatto, invece. È sempre stato il tuo obiettivo fin da subito: hai finto che Marluxia ti stesse importunando, in modo da avvicinare Axel; hai effettuato la prova d’iniziazione contando sul nostro appoggio, in perfetta comodità; e infine, li hai messi nelle mani del consiglio appena venuto a conoscenza del loro piano.”
“Questo non è vero! Non ho mai fatto niente di simile!”
“Non l’hai ancora capito? La verità non ha alcuna importanza. Il tuo gigante dal cuore d’oro è un esempio sufficiente. Conta solo ciò che la gente vuole vedere. E tu dirai a tutti esattamente quello che vogliono sentire. E prima che tu ti ribelli con un altro bel discorsetto, lascia che ti mostri qualcosa. Vexen, se non ti dispiace.”

Detto questo, Xemnas fece avvicinare un ragazzo dall’aria molto vecchia, allampanato, che portava con sé alcuni fascicoli. Il presidente ne prese uno e lo aprì.
“Dunque… Zexion, colpevole di aver manomesso svariati sistemi elettronici del campus, tutti ai danni degli studenti. È un vero peccato, aveva un’ottima media… ma c’è la possibilità che anche quella fosse tutta opera delle sue manipolazioni ai server.”
Ne prese un altro, e poi un altro ancora: “Demyx, quando il club musicale fu eliminato, si rifiutò di restituire la chitarra proprietà dell’accademia. In più, qui sono riportati vari episodi di vandalismo ai danni della facoltà… e non ha nemmeno una buona media a salvarlo. Finirà in mezzo a una strada. Lexaeus, beh, girano tante brutte voci sul suo conto, e pare che proprio oggi abbia anche aggredito degli studenti. Il massimo a cui può aspirare è la libertà vigilata, sempre se gli permetteranno di frequentare ancora luoghi pubblici.”
Mentre parlava, mostrava a Roxas foto e prove schiaccianti per ognuno. La matricola era allibita: Xemnas avrebbe potuto incriminarli quando voleva. I dati, però, erano abbastanza vecchi: ancora non spiegavano il fallimento di quella giornata.
“Ah, eccolo qui: la nostra punta di diamante. Axel, colpevole di aver apertamente diffamato il consiglio studentesco, di aver istigato altri studenti, di essersi fatto beffe delle autorità del campus, di aver commesso più volte atti vandalici… un bel repertorio, non c’è che dire. Ce n’è abbastanza per il carcere, direi, appena potrà essere processato come adulto.
“Bene, Roxas, ecco la situazione. Non vuoi avere nulla a che fare con noi? Benissimo. Ma questa storia ha bisogno di un cattivo. E tu sarai quel cattivo, o tutti i tuoi amici faranno una brutta fine. Dopodiché, ti lasceremo per sempre in pace. Non avremo bisogno di ostacolarti: l’intero campus sarà tuo nemico. Allora?”
Roxas fissò il tavolo di fronte a lui, sconcertato. Avevano vinto. E lui aveva perso. Non poté fare altro che mormorare un debole assenso, decidendo il suo destino.

“Molto bene. Xigbar, accompagnalo fuori: abbiamo già pronta la sua deposizione. Ora che abbiamo anche la sua conferma, non ci serve più.”
Mentre Xigbar lo riconduceva fuori dalla stanza, Roxas si girò e pronunciò un’unica parola, incapace di pensieri più complessi: “Perché?”
Ma Xemnas capì ugualmente. “Perché mi è più utile. Se avessi eliminato i Nobodies con la forza, li avrei resi martiri e oggetto di emulazione, creando nuovi nemici con le mie stesse mani. Così invece, tra loro crescerà l’odio e il risentimento, e gli studenti li vedranno solo come un mucchio di doppiogiochisti. Se chiedi invece perché proprio tu… a volte il pedone può rivelarsi il pezzo più utile in una strategia.”
E detto questo, portò il suo pedone dall’altro lato della scacchiera, facendolo diventare una regina, e mettendo il re avversario in scacco matto. Poi le porte si chiusero e Roxas non vide più nulla.

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Capitolo 8
*** Parte Ottava ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE OTTAVA

Ovunque andasse, tutti si fermavano a fissarlo. Terzo anno, secondo anno, matricole come lui: chi distoglieva in fretta lo sguardo, chi lo fissava apertamente sperando in un pretesto per menare le mani, chi mormorava malignità al suo passaggio. Roxas pensava che la cosa peggiore al mondo era risultare invisibile alle persone; ora avrebbe tanto voluto esserlo.
Non si poteva dire che il consiglio studentesco perdesse tempo. Marluxia doveva essersi prodigato, per far sapere a tutto il campus gli orribili misfatti a suo carico nel minor tempo possibile. Quanto in fretta la gente credeva alle bugie. Era come aveva detto Xemnas: la gente non vuole la verità, vuole una storia, vuole dei buoni e dei cattivi, e vuole che alla fine i buoni trionfino sui cattivi. Non c’era posto per la verità.
Alla fine, il tragitto del biondino si arrestò. Stanza 713. Col cuore tremante, Roxas bussò ed entrò.

La camera era molto meno affollata dell’ultima volta, sia per oggetti che per persone. Mancavano un sacco di libri, effetti personali, persino il computer; e riguardo alle persone, c’era solo Demyx, con in mano uno scatolone. Questi notò la porta aperta e l’intruso.
“Ah. Sei di nuovo qui.”
Il tono era gelido, di una serietà che mai si sarebbe aspettato da Demyx. Evidentemente le notizie erano arrivate anche lì. Roxas si tirò un po’ indietro, a disagio.
“Tranquillo Roxy, non mi ci sporco le mani con te. Non sono una persona violenta. Ora, se sei venuto a prendere qualcos’altro da questo posto fai pure, non mi importa più. Altrimenti, fammi un favore e levati di torno.”
“Dove… dove sono gli altri?” chiese la matricola confusa.
Demyx assunse un’espressione stupita. “Dove sono gli altri? Beh, vediamo: Zexion sono venuti i genitori a prenderlo, e chissà quando rivedrà la luce del sole, Axel non lo so, perché non me lo dici tu? L’ultima volta che l’ho visto, Saix e Xaldin lo stavano scortando. Quello è il tuo settore, mi sembra.”
“Demyx…”
Lui lo superò con uno spintone. “Roxas… non sono nemmeno arrabbiato o in cerca di vendetta. Vivi e lascia vivere è il nostro motto, e se ci riesci, combina un qualche scherzo: e tu ce l’hai fatta, eccome. Ci siamo cascati tutti in pieno. Ma non chiedermi ora di comportarmi in modo amichevole o anche solo di starti a contatto. Non dopo Lexaeus.”
Gli occhi del biondino si spalancarono. “Perché? Cosa è successo a Lexaeus?”
Il musicista si girò un’ultima volta. “Perché non vai a vedere con i tuoi occhi?”

L’infermeria dell’istituto vantava materiali all’avanguardia, per ogni evenienza possibile. C’era chi diceva che tutto quell’armamentario era eccessivo per dei ragazzi, ma vista l’importanza di alcune giovani promesse, non si era badato a spese.
E Roxas ringraziava quell’eccesso, ora che vedeva in che pietoso stato era ridotto l’amico.
Lexaeus era incosciente, con fasciature e pesanti stecche su tutto il corpo. Una mascherina per l’ossigeno lo aiutava a pompare ossigeno nei suoi malandati polmoni. La faccia era piena di lividi, rendendo il volto a stento riconoscibile.
Pareva che fosse stato attaccato da vari membri dei club sportivi: quello di judo, quello di basket, quello di rugby. Ovviamente, la versione ufficiale era che fosse caduto dalle scale: perfino nella loro situazione di superiorità non avevano avuto il coraggio di affrontarlo lealmente.
Un velo di lacrime coprì gli occhi di Roxas, mentre osservava forse la più dolorosa delle ingiustizie. Lexaeus era un ragazzo gentile e un fine pensatore, che non chiedeva altro di vivere tranquillamente senza rinunciare ai suoi ideali. Non se lo meritava.
‘Qual è la giustizia qui? Come si può tollerare una cosa del genere, e lasciarla impunita?’ Pensava, tormentato. Mai prima d’ora aveva trovato la sua impotenza così dolorosa. Scosse la testa affranto.
“Non si può fare niente. La forza e la paura fanno girare il mondo, e chi non si piega viene spezzato.”

Un rumore lo fece svegliare di soprassalto. A giudicare dalla luce all’esterno, doveva essere mezzogiorno passato. Roxas si alzò, intorpidito, identificando l’origine del rumore. Studenti che parlavano allegramente, sotto la sua finestra. Chiuse le imposte e si ributtò sul materasso.
Era passata una settimana, e le vacanze di metà anno erano finite. Le lezioni riprendevano, gli studenti tornavano nelle aule; solo Roxas rimaneva dov’era, incapace di muoversi. Si era rintanato nella sua stanza per tutto il tempo, mangiando raramente e dormendo la maggior parte del tempo. Meglio che trovarsi sotto l’odio collettivo del campus. Anche se non se ne curava troppo: nulla aveva più importanza.
Ormai anche Xion doveva aver fatto ritorno. Si chiese se avesse già saputo degli eventi, e cosa ne pensasse. Xion, la ragazza che lo aveva difeso e che aveva creduto in lui…
I suoi pensieri furono interrotti quando Luxord entrò nella camera, con un sorriso tirato in volto. Roxas non l’aveva più visto, immaginando che fosse andato direttamente in vacanza, o che non volesse più stare con un delinquente come lui.
“Ah, Roxas. Sei sveglio. Bene. Ehm… dormito bene? Ero passato anche prima, ma appunto, non eri in condizione di parlare.”
Il suo comportamento suscitò un vago interesse nella matricola. Luxord era di solito così eloquente, così spensierato, e ora parlava a scatti. Nervosismo per le cose che aveva fatto il compagno? Ma in quel caso, non sarebbe venuto lui a parlargli di sua volontà, per ben due volte.
“Non hai sentito, Lux? Non sono nient’altro che un criminale, che per giunta ha tradito i suoi compari. Meglio se non ti fai più vedere assieme a me.”
“Ah… certo. Quello. Io…”
“Sai una cosa?” Roxas si alzò e fissò fuori dalla finestra. “Prima di venire qui, probabilmente ero come gli altri. Sarebbe bastato non incontrare Axel, e sarei stato fra la massa, credendo a tutto ciò che il consiglio mi propinava. E chi lo sa, forse sarebbe stato meglio così.”
Girandosi, però, il biondo vide il suo compagno genuflesso, che toccava il pavimento con la fronte. “Luxord?”
“Perdonami! È stata tutta colpa mia! Sono stato io a dire a Xigbar del vostro piano! Non pensavo sarebbe andata a finire così!”
Sulle prime Roxas non capì il senso di quelle parole. Poi realizzò, anche se non riusciva ad accettarlo. Afferrò Luxord per le spalle, pur essendo più piccolo di lui.
“Che cosa vorresti dire? Perché avresti fatto una cosa simile?”
“Io… loro sono venuti da me. Una ragazza mi ha dato un appuntamento, e poco tempo dopo ero circondato da colossi, e Xigbar mi ha iniziato a fare delle domande. Diceva che non sarebbe successo nulla di grave, e che se non avessi risposto non mi avrebbero mai fatto promuovere… ma te lo giuro, non avevo idea di cosa vi avrebbero fatto: non mi hanno detto nulla, mi hanno solo estorto le informazioni. Ma ti capisco se mi odi. Sono io il vero cattivo qui, un vigliacco. Puoi anche picchiarmi, se vuoi.”

No, Roxas non voleva picchiarlo. Capiva perché Luxord aveva fatto quello che aveva fatto: la paura, e il non voler affrontare da solo una battaglia già persa in partenza. Come al solito, Xemnas e i suoi alleati vincevano perché molti erano spaventati, e gli altri erano troppo pochi e troppo isolati per poter fare qualcosa.
E lì, Roxas realizzò la vera importanza dei Nobodies, le vere ambizioni di Axel: il suo non era un Gruppo dove facevi quello che volevi e combinavi scherzi, serviva a riunire chi voleva combattere, e tutelare chi aveva paura. Un sogno magnifico, una speranza per tutti.
E un sogno che poteva, anzi, doveva rinascere. Mollò la presa sul compagno e andò a vestirsi.
“Luxord”, disse Roxas, con voce salda. “Alzati e accompagnami. Usciamo.”
“Uscire? Va bene, ma a fare cosa?”
“A vendicarci.”

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Capitolo 9
*** Parte Nona ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE NONA

Roxas percorreva i corridoi a grandi falcate, noncurante degli sguardi di chi incrociava. Non era più importante, ma stavolta per altri motivi. Dietro lo seguiva un perplesso Luxord.
“Roxas, ma dove vuoi andare? Hai detto di volerti vendicare, ma come? Non puoi mica prendere d’assalto il consiglio studentesco!”
Già, non poteva. Si era mosso grazie a una scarica di adrenalina, ma ora realizzava che gli serviva un piano. E per qualsiasi piano, gli servivano alleati.
“Luxord, ho un incarico per te. Mi devi aiutare a trovare gli altri…”
“Trovare gli altri? Un attimo, amico mio: sono mortificato per cosa è successo, ma non penso di poterti aiutare! E poi, ormai i tuoi compagni sono dispersi chissà dove, no?”
Era spaventato, Roxas se l’era aspettato. Ma doveva insistere, doveva convincerlo che potevano farcela. ‘Se non ci riesco con lui, non ho speranze.’
“Lux, ascoltami: ho davvero bisogno di te. Non dicevi che volevi vivere questi anni al massimo? Senza preoccuparti degli altri? Bene, i Nobodies la pensano come te. E sono sempre in cerca di nuovi membri.”
“Io? Un Nobody?”
“Non sei arrabbiato per come sei stato trattato? Non vuoi vendicarti dei torti subiti? Questa è la tua occasione.” Il biondino si fermò un momento, e sorrise. “Ho imparato a conoscerti. I tuoi trucchi non sono male. E avremo tutti bisogno di intrattenimento, quando sarà finita.”
Luxord fissò l’amico con sorpresa. Era la prima volta che gli dicevano cose simili. Roxas si rivide un po’ in lui, ripensando a come Axel e gli altri l’avevano spronato a credere in se stesso.
“In tal caso io… diamine, hai ragione! Sì, accetto. Sono dei vostri.”
“Allora sei ufficialmente un Nobody. E come tale, devi passare una prova. Non è sfiducia, tutti devono dimostrare di essere affidabili. È la prassi.”
“Ho capito. Cosa devo fare?”
“Cerca di scoprire dove sono Demyx e Axel, e cerca di metterti in contatto con Zexion, se ci riesci. Qualsiasi piccola informazione sarà utile. Ci aggiorniamo il pomeriggio.”
“Va bene, ma perché il pomeriggio?”
Roxas lo guardò strano. “Perché ora ci sono le lezioni. Anzi, sono già in ritardo.”

Le lezioni terminarono e Roxas si precipitò fuori, dirigendosi al parco dove si era dato appuntamento con Luxord.
“Roxas? Sei tu?”
Quella voce lo fece fermare all’istante. Esitando, il ragazzo si girò solo per ritrovarsi davanti Xion che lo fissava.
“Xion. Ciao, sei… sei tornata.”
“Sì, ieri. Roxas, ho saputo di, beh, ho sentito le ultime notizie. È… è vero?”
Roxas andava di fretta, ma non poteva lasciare che credesse a quelle falsità. Non lei, nemmeno per un momento. Con uno slancio la afferrò per le spalle, sebbene ciò lo fece arrossire come un peperone.
“Xion, ascoltami. In questo momento non sono nelle condizioni di spiegarti. Ma devi credermi, non sono come mi hanno dipinto, anche se ora non posso provarlo. Non ti chiedo di darmi ragione senza una prova, ma... concedimi il beneficio del dubbio finché non posso dimostrarlo. Solo questo.”
Lei lo fissò, un’espressione sorpresa ma a parte quello indecifrabile.
“Va bene. Posso aspettare, immagino. E, se vuoi che ti dia una mano… qualunque cosa…”
Roxas considerò l’offerta, ma poi rifiutò. Detestava che fosse coinvolta anche lei, che già l’aveva aiutato e non c’entrava nulla.
“No, ti ringrazio. È una cosa che gestirò da solo, o meglio, coi ragazzi. Ora devo davvero andare. Ci vediamo a lezione!” E riprese la sua folle corsa.
Luxord lo attendeva, nervoso ma eccitato. Superata la paura iniziale, il ruolo della spia lo entusiasmava: era fatto così.
“Allora? Novità?” Chiese Roxas, ansante.
“Non molte. Come già sapevamo, Axel è stato preso da Saix e Xaldin e non è più stato visto da allora. Demyx, sei stato sicuramente tu l’ultimo a parlarci. Ma forse ho qualcosa.”
E così dicendo porse un piccolo congegno a Roxas, che lo prese incuriosito. Dall’altoparlante uscì fuori una voce familiare. “Felice di sentire che sei tutto intero, recluta.”
“Zexion! Sei tu! Da dove chiami?” Roxas era felicissimo di sentire finalmente uno dei suoi amici.
Luxord era compiaciuto. “L’anno scorso mi ero rivolto a lui per l’elaborazione di una trasmittente in grado di poter origliare le… beh, non è rilevante ora; meno male che funziona ancora.”
“Chiamo da casa dei miei genitori: mi hanno messo in punizione, ma per fortuna ne sanno di elettronica quanto il professor Merlino. Luxord mi ha già informato su tutto, Roxas. È una brutta situazione, ma non irrecuperabile.”
“Quindi ci aiuterai?” Roxas era sempre più euforico.
“Ma certo. E non pensare a quello che ti ha detto Demyx: anche lui ti avrebbe aiutato, saputa la verità. I Nobodies non lasciano nessuno in pericolo. Non dovevi fare il martire per noi, ma tanto l’avremmo fatto tutti al posto tuo. Passando al resto… Demyx posso rintracciarlo, se Luxord mi aiuta; ad Axel dovrai pensarci tu.” Zexion si interruppe per riflettere. Quando parlò, la sua voce era più grave. “Da quello che ho capito, è probabile che anche Axel abbia incontrato Xemnas. Immagino gli abbia fatto la tua stessa offerta, e che lui abbia rifiutato. Da lì in poi è tutta speculazione, purtroppo.”
Roxas non era scoraggiato: ci era arrivato anche lui. Uno come Axel faceva gola a Xemnas. “Tranquillo, è già un punto di partenza. Da qui ci penso io.”
“Roxas, ancora una cosa. Questo richiederà tempo. Molto tempo. Dobbiamo trovare gli altri, radunarci e organizzare la controffensiva. Il tutto sotto lo sguardo del consiglio degli studenti, e con te odiato da tutto il campus. Non sarà facile, anzi, senza protezione sarà impossibile.”
“Lo so. Ho un piano.”
“Davvero? Mi sorprendi, pivello. Molto bene allora. È un piano sicuro?”
La matricola deglutì. “No. Per niente.”

Ormai stava scendendo il crepuscolo, e tutti gli studenti stavano andando a cambiarsi prima di iniziare le loro attività notturne. Ma chi aveva attività di club rimaneva un po’ di più, e Roxas sperava proprio in questo. Arrivato alla porta, fece un gran respiro e la aprì.
Cinque ragazze lo fissavano, stupefatte; e su una poltrona, Larxene aveva gli occhi sgranati e un’espressione a metà tra la furia e la gioia.
“E quindi torni sulla scena del misfatto, e di tua volontà! Magnifico, non sono nemmeno dovuta andarti a cercare. Cos’è, ti eri stancato di rifugiarti nel tuo buco?”
“Esattamente, ed è per questo che sono qui.” Roxas mantenne lo sguardo fisso, sperando che tale solidità si estendesse anche alle sue gambe.
“So che ti abbiamo fatto dei torti. Io personalmente, anche se ero nelle tue mire già da prima. Non ho scusanti, e non mi aspetto che tu mi perdoni: ma non sono qui per lasciarmi punire. Forse dopo, se lo riterrai opportuno.”
Aveva suscitato abbastanza interesse da essere ascoltato. Larxene girò leggermente la testa e lo fissò con occhi diversi.
“Ah, sì? E perché sei qui?”
“Perché voglio il tuo aiuto.”
Le ragazze nella stanza rimasero basite. Il loro capo scoppiò a ridere. “Ma tu pensa! Beh, te lo riconosco, tappo, hai fegato. Pare che il moccioso sia diventato un uomo… un mezzo uomo. Purtroppo per te, non penso proprio di accontentarti, non vedo alcun profitto per me nel cambiare fazione. Anzi, non vedo alcun motivo per lasciarti andare via con le tue gambe senza insegnarti un po’ di disciplina e poi consegnarti al miglior offerente, a dirla tutta.”
Roxas se l’era aspettato. In tutta tranquillità, mise una mano in tasca ed estrasse un oggetto, mostrandolo solo a Larxene.
“Capisco. Ma penso che questo potrebbe farti cambiare idea.”
Di nuovo, l’espressione di Miss Campus mutò, stavolta in terrore e furia cieca.
“Tu, piccolo ladro! Ridammelo immediatamente, oppure-“
“Oppure? Puoi prenderlo con la forza, ma lo vedranno tutti. Se invece ci aiuti, lo riavrai senza problemi e in tutta discrezione.”
“Questo è uno sporco ricatto!”
“Sì, lo è. Ma sono affari. Allora, abbiamo un accordo?”
Larxene digrignò i denti, ma alla fine si calmo e addirittura sorrise, anche se era comunque livida.
“Mi ero davvero sbagliata su di te. A quanto pare hai anche tu delle zanne nascoste, eh? Va bene. Hai il tuo accordo. Alla fine non mi importa più di tanto chi vince o chi perde.”
Guardò le sue subordinate, ma quelle avevano già fiutato il pericolo e si erano dileguate, non volendo restare da sole con lei dopo.
Roxas stava per fare altrettanto, ma lei si avvicinò e con voce suadente gli disse: “Attento però, piccolo. Più forte è la preda, più mi emoziona la caccia.”
Il ragazzo si avviò fuori dalla stanza con la pelle d’oca. Sarebbero state lunghe settimane. Ma non si sarebbe arreso. Mai.

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Capitolo 10
*** Parte Decima ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE DECIMA

Le settimane passarono, e divennero mesi.
Roxas frequentava comunque le lezioni, non potendosi permettere di rimanere indietro, assieme a una sempre taciturna Xion. Era lievemente distante, ma lui la capiva: non poteva completamente simulare indifferenza di fronte a quelle voci. Gli bastava che lo trattasse normalmente.
D’altro canto nemmeno lui aveva il tempo o l’energia di dedicarsi alle relazioni: dopo le lezioni, era sempre in giro a rintracciare Axel, o in camera a pensare. Il tutto senza farsi scoprire, ma le ragazze di Larxene sapevano il fatto loro, riuscendo non solo a coprirli ma anche a ottenere informazioni utili.
Era proprio di quello che parlava con Zexion tramite il trasmettitore, nella sua stanza.

“Ancora non mi capacito di come Xemnas non ci abbia scoperti.”
“Io direi che era prevedibile, invece” fece Zexion. “Lui di te non pensa nulla, ti ritiene un debole: gli servivi solo per prenderti la colpa e basta. Se invece accettavi il suo invito, avrebbe comunque gettato fango sui Nobodies e avrebbe ricavato un altro scagnozzo. Con Axel fuori dai giochi, non ha modo di anticiparci, per il semplice motivo che una nostra offensiva non gli passa minimamente per la testa.”
‘Beh, lo vedremo.’ Roxas represse la rabbia, per il momento. “E del resto che mi dici?”
“Ricapitoliamo. Il consiglio sapeva delle nostre mosse, e ha aspettato che fossimo separati e incriminati per prenderci. Ma a quanto pare avevano già dati su di noi, non gli serviva una confessione, spiegando perché abbiano convocato solo voi due. Quindi, dopo che Axel ha rifiutato l’offerta, che ne è stato di lui? Il vero dilemma.”
La matricola fissò il soffitto. Arrivavano sempre a quella singola domanda, eppure sentiva che qualcosa gli sfuggiva. Lui, l’avevano lasciato andare. Perché era ormai bollato come traditore, e perché il senso di colpa da solo l’avrebbe schiacciato, se Luxord non gli avesse detto…
DIRE. Un’idea schizzò nella mente di Roxas. “Zexion, Xemnas doveva sapere che Axel avrebbe rifiutato, gli fa guerra da due anni. Cosa mai gli avrà detto per tentare di convincerlo?”
Il silenzio durò poco, anche il cervellone aveva capito.
“Ma certo… gli ha detto tutto. Proprio come a te. Sicuro, avrà fatto più leva sul suo fallimento come leader e ribelle, ma il succo sarà stato il medesimo. Il problema è che dopo il suo diniego, non potevano lasciare che Axel andasse in giro a dire la verità, non con te a piede libero. Evidentemente non si aspettavano un doppio rifiuto. Quindi, Axel non poteva rimettere piede nel campus, a qualunque costo.”
Roxas iniziò a camminare nervosamente.
“Devono aver tenuto Axel all’oscuro del mio ricatto, in modo che credesse di essere lui l’unico martire. Così, in cambio della sua lontananza, gli fanno credere che qui vada tutto bene. Il problema è che ancora non sappiamo dov’è!”
“Io so dov’è.”
“Cosa? Dove?”
“Roxas, sei qui da troppo poco per saperlo, ma… il motivo per cui Axel non parla del suo passato è che riguarda Saix. Sono cresciuti assieme, in una casa comune per orfani. Pare fossero inseparabili, finché Saix non conobbe Xemnas al liceo, allontanandosi da Axel.”
Roxas rimase immobile. Realizzò che la rivalità e l’odio di Axel per Xemnas risalivano a molto prima di chiunque altro.
“Zex, sai l’indirizzo?”

Il quartiere povero, noto anche col suo nome ufficiale di Secondo Distretto, ospitava quasi tutte le case comuni della città. Quando gli orfani che non trovavano famiglia crescevano, potevano vivere assieme in queste case mentre lavoravano per sostenersi. Non il più equo dei sistemi, ma almeno dava una parvenza di opportunità.
Roxas si trovava lì ora, nella zona più esterna, in un quartiere a lui ignoto e pieno di gente non proprio raccomandabile. E stava pure calando il sole.
“Forse avrei dovuto venire di domenica.”
“Forse avresti dovuto portarti una scorta.” La voce di Zexion non lo abbandonava mai.
“Credevo Luxord ti servisse per le tue indagini sul campo.”
“E chi pensava a Luxord? Io intendevo Larxene.”
“E poi protezione DA LEI chi me la forniva?”
“Acuta osservazione.”
Il collegamento fu interrotto dal biondino quando giunse davanti a un casolare, un ex magazzino ora ristrutturato almeno in parte. Il posto era quello. Facendosi coraggio, Roxas mise una mano sulla maniglia.
“Questo non è posto per te, ragazzino.”
Una mano apparve da dietro e lo tirò via, trattenendolo e costringendolo a voltarsi. Cinque ragazzi erano sbucati da dietro, probabilmente pedinandolo da un po’. Erano tutti più grandi di lui, fuori dall’età dell’istruzione. Che a prima vista potevano anche non aver mai ricevuto.
“Credo ci sia stato un equivoco, mi avete scambiato per qualcun altro.”
“Oh, ma senti come parla bene questo! Nessun errore, signore, solo il tuo essere al posto sbagliato nel momento sbagliato. Saix ci aveva chiesto di intervenire se vedevamo un tappo sospetto aggirarsi nei paraggi, e noi ci prendiamo cura degli amici.”
Il biondino provò a divincolarsi, ma l’aggressore era fortissimo, muscoli generati dal ripetuto lavoro manuale. Forse anche lui avrebbe dovuto passare meno tempo sui libri e più in palestra, specie visto che era la seconda volta che si ritrovava in questa situazione. Si fissò un promemoria mentale per dopo.
Un altro si avvicinò, scrocchiando le nocche con fare minaccioso… quando fu colpito da un potente gavettone, di quelli pieni di acqua gelida e detriti, in pieno volto. Barcollò coprendosi il volto dolorante.
“Ma cosa…”
Roxas non perse tempo, e assestò una gomitata al suo aguzzino distratto. Intanto, altri proiettili pieni d’acqua piovevano sui malcapitati, lanciati a piene mani da una figura molto familiare.
“Su, su, coraggio! Ce n’è per tutti! Non siate timidi!”
“Demyx! Sei tu!” Roxas era così felice che avrebbe potuto piangere. Ma le sorprese non erano finite.
Due ceffi erano a terra, colpiti e disorientati, ma gli altri tre erano pronti a intervenire.
Uno venne però fermato da un terzo intruso.
“Ehilà, dabbenuomo! Vorrebbe vedere una magia?”
“Ma che? Spostati, idiota!”
Luxord tese una mano chiusa avanti. “Suvvia, non faccia così! Si addolcisca, prenda una mentina!”
E aprì la mano, rivelando la caramella. “No, eh? Forse vorrebbe del denaro? Una moneta, magari? O due?”
E mentre parlava, apriva e chiudeva la mano cambiandone ogni volta il contenuto. Lo sgherro fissava il tutto, ormai ipnotizzato.
“Lei è di gusti difficili, mio caro signore! Ma ora guardi, lancerò le monete in aria e diventeranno colombe!”
“Non ci credo! Non puoi farlo!”
“Ah, sì? Allora guardi, e vedrà…” Luxord lanciò le monete in aria, portando il suo spettatore ad alzare lo sguardo, e lo colpì con un nodoso bastone che teneva nell’altra mano.
“…Le stelle!”
Demyx teneva sapientemente a bada l’altro tizio, mentre l’ultimo si avventò contro Roxas, finché un pugno ben assestato non lo mandò per terra.

Axel si ergeva ora nel ring improvvisato. Si rivolse all’avversario di Demyx, l’unico ancora in piedi.
“Raijin, questi sono miei amici! Prendi gli altri e vattene!”
Quello non se lo fece ripetere due volte, sorreggendo la vittima dei gavettoni, mentre gli altri lo seguivano barcollanti. I tre combattenti si riconciliarono.
“Demyx, mi sei mancato!” disse Roxas.
Questi si mosse, a disagio. “Beh, Zexion e Luxord mi hanno trovato e mi hanno detto tutto. Senti, perdonami, sono stato un vero…”
“Non fa niente, davvero.” La matricola era troppo felice per curarsene. “L’importante è che siamo tutti assieme. Bel lavoro, Luxord!”
Il ragazzo gonfiò il petto, orgoglioso. “Beh, noi Nobodies non abbandoniamo gli amici!”
Si intromise Axel. “Cosa siete venuti a fare qui?”
Roxas ritornò serio. “Axel, siamo qui per te. Devi tornare con noi.”
Un’ombra di dolore passò sul volto del rosso. “No, Roxas. Non posso. Vi ringrazio, ma fareste meglio a tornare a casa, e a dimenticarvi di me. Abbiamo perso.”
“No! Non abbiamo perso! Questa storia non è finita!” Roxas lo bloccò per un braccio. “Mi hanno detto tutto! Hanno provato a reclutare anche me, e mi sono preso la colpa di tutto! Ci hanno mentito, Axel!”
Il ragazzo lo osservava in stato di shock.
“Che… cosa?”
“Xemnas ha organizzato tutto. Ti ha eliminato, smantellato i Nobodies e rovinato la mia vita. O almeno così crede. Noi ci stiamo riprendendo, e non gli permetteremo di farla franca! Ma abbiamo bisogno di un leader. Ci servi, Axel.”
Axel guardò Roxas, poi gli altri due, e tornò a fissare l’amico, con uno sguardo sempre più lucido.
“No, Roxas, ti sbagli. È chiaro che non vi serve un leader, non più. Ma immagino potrei farmi rivedere per un’ultima burla.”
Un sorriso feroce gli comparì sul volto.
“E sarà la migliore burla di sempre.” 

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Capitolo 11
*** Parte Undicesima ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE UNDICESIMA

La stanza 713 era di nuovo affollata, sebbene non come prima: Luxord, pur costituendo un rimpiazzo più ingombrante di Zexion, non riusciva a riempire il gigantesco vuoto lasciato da Lexaeus.
Tutti evitavano di parlarne da quando Roxas aveva informato Axel e di guardare verso il suo solito sedile, ma l’assenza era dolorosamente presente nei cuori di tutti.
Cercando di distrarli, Axel prese finalmente parola.
“Allora, cosa abbiamo?”
“Io e Zexion, oltre ad aver cercato Demyx, abbiamo dato un’occhiata al campus e alla situazione generale” Spiegò Luxord. “Sono state applicate severe misure disciplinari dopo l’incidente. Ora c’è il coprifuoco per tutti gli studenti indipendentemente dall’anno di frequentazione, e se vieni scoperto vicino ai laboratori fuori dall’orario di lezione sono guai. Stessa cosa se ti attardi nei corridoi o se attacchi briga con qualcun altro. Fortunatamente anche Xemnas e i suoi devono attenersi a queste regole, almeno in pubblico.”
Intervenne la voce robotica di Zexion. “È una ben magra consolazione, in confronto a quanto hanno ottenuto. Il consiglio è popolare come non mai, tutti gli studenti lo appoggiano. E adesso tutti i nostri volti sono noti, e chiunque ci vedrà lo riferirà a Marluxia il prima possibile.”
Demyx prese parola: “Luxord, tu non eri coinvolto, la tua faccia non è nota. Di te non si accorgeranno.”
“Dimentichi il mio esperimento per trasformare i metalli in oro nel laboratorio di chimica.”
“Ah, già… quante ragazze avevano perso i capelli?”
“Solo sette, ma per fortuna stanno ricrescendo. Le mura invece le hanno dovute rifare completamente. Eppure ritengo che me la sarei ancora potuta cavare, se l’auto del rettore non fosse finita sul campanile.”
“Insomma, siamo in un bel casino.” Demyx si sdraiò sul letto.
Axel era rimasto impassibile, ascoltando tutto e riflettendo. “Chi si assicura che le regole vengano rispettate?”
Di nuovo Zexion rispose. “C’è bisogno di chiederlo? Il consiglio studentesco. Ma deduco la tua domanda fosse incentrata più sul come. Usano i soliti mezzi, manipolando le informazioni e usando i membri dei loro club, minacciandoli di… dubito abbiano più bisogno di minacciarli, in realtà.”
Axel continuò: “Quindi i membri dei club godono di privilegi e di sorveglianza ristretta, se non totalmente assente”.
Roxas capiva che l’amico aveva avuto un’idea. Sorrise: sapeva di poter contare su di lui, nel momento del bisogno.
Ma Zexion era puntiglioso come al solito. “So cosa stai pensando, Axel. Ma non riusciremmo mai a infiltrarci in qualche team, nemmeno con tutto il travestimento del mondo. Vengono fatte ispezioni severe, spesso da Xigbar in persona. Sarebbe come gettarsi nella tana della tigre.”
“Non necessariamente. Se non ho capito male, c’è un club non controllato da loro disposto ad accettarci, no?”
Demyx divenne pallido e si alzò di scatto. “No. Non lo stai proponendo davvero.”
Il rosso lo fissò, implacabile. “Non abbiamo più molta scelta” sentenziò.
Il sorriso della matricola si spense.

Roxas aveva prima pensato che non c’era niente di peggio dell’essere invisibili, poi dell’essere odiati. Ora si era nuovamente ricreduto. Camminava a testa bassa, cercando di non farsi notare assieme a Demyx e Luxord che avevano assunto un atteggiamento simile. Il motivo era palese, considerato che indossavano uniformi femminili con tanto di parrucche e un leggero trucco. Demyx era ancora fuori di sé.
“Non ci posso credere! Questa è la cosa più umiliante possibile! Se ci scoprono, l’espulsione sarà l’ultimo dei miei problemi!”
Roxas la pensava come lui, ma ritenne di doverlo calmare. “Però Axel ha ragione. Quello delle ragazze è l’unico club non sorvegliato, e basterà nominare Larxene per tenere a distanza persino Xigbar.”
“Bah! La fa facile perché lui non passerebbe inosservato neanche truccandosi, con i suoi capelli, e quindi sta comodo alla base! Ci mancava solo che non andasse dalle ragazze a chiedere il favore!”
Il biondino trovava già quello una cosa di cui rallegrarsi: non voleva nemmeno immaginare uno scenario dove lui chiedeva a Larxene di travestirlo da ragazza, era sicuro lei avrebbe dato sfogo a tutta la sua perversione, occupandosene personalmente. E in effetti, quando era tornato Axel aveva faticato a incrociare il suo sguardo, e Roxas aveva preferito non chiedere.
Demyx continuava a mugugnare. “Me la pagherà. Ha un debito con me che non potrà estinguere nemmeno dopo anni… Lux, come mai sei così tranquillo tu? Non sei irritato?”
“Mh? No, non particolarmente. Anzi, è una buona esperienza per scoprire cosa si prova a essere donna. Mi domando se questi abiti erano di qualcuno, e in tal caso di chi.”
“…Ma chissà come mai non hai una ragazza.”
“Vero? Me lo chiedo anch’io!”
Finito il battibecco e calmato Demyx i tre si diedero da fare, seguendo le istruzioni di Zexion. Luxord si recò ai campi sportivi, dissimulando indifferenza e agendo appena nessuno lo notava. La sua destrezza con le mani lo aiutò mentre allentava bulloni, sganciava sostegni e manometteva vari apparati. Finito il sabotaggio, terminò il suo compito ascoltando Zexion mentre apriva la centralina elettrica dei monitor dello stadio di football.
Demyx andò al club del giornale del campus, fingendosi una studentessa interessata alle imminenti selezioni di Miss Campus, che si sarebbero tenute durante la pausa estiva, e a come il giornale avrebbe gestito la cosa. Una volta fatto il nome di Larxene, Marluxia diventò estremamente galante, e lo invitò per un tour del club. Demyx non si lasciò sfuggire l’occasione, facendo un sacco di domande soprattutto sul metodo informatico di pubblicazione e diffusione delle notizie.
A Roxas uno dei compiti più pericolosi. Zexion si era mostrato molto interessato alla parte del suo racconto riguardante Vexen.
“Lui mi era sfuggito: è il presidente del club dell’occulto, una congrega di fissati che pensavo Xemnas ignorasse volutamente. Evidentemente lo tollerava in cambio delle informazioni incriminanti su di noi. Dobbiamo distruggere qualsiasi cosa abbiano, o è una battaglia persa in partenza.”
Per questo dovevano recarsi nel loro club, nel seminterrato dell’edificio principale. La matricola arrivò fino a lì ed entrò, trovandosi di fronte a una stanza malamente illuminata piena di locandine di giochi di ruolo e film di fantascienza.
Per fortuna la sorveglianza era inesistente, visto che nessuno che tenesse alla propria reputazione veniva mai da quelle parti. Finora.
Zexion non c’era mai stato, ma dalle piantine che aveva scaricato sapeva che i computer erano in una stanzetta attigua. Roxas individuò la porticina e si mosse silenziosamente, mentre tutto il club era dall’altra parte, impegnato a fare non sapeva bene cosa.
“20! Colpo critico! Decapito il Goblin e mi prendo tutto l’oro e le pozioni di Mana!”
Quella voce bloccò Roxas, che inarcò un sopracciglio prima di entrare nello stanzino. Ecco un lato di Xion che non si sarebbe mai aspettato.
Il trasferimento dati fu rapido e privo di imprevisti. Lesto, il biondino si precipitò fuori nella stanza centrale e poi nel corridoio, pronto a fuggire a gambe levate appena fosse stato ragionevolmente lontano…
“Ehi, tu! Un attimo!”

La matricola si bloccò, e Zexion troncò il collegamento radio. Non per codardia, ma per non rendere udibile il ronzio dell’apparecchio. Dei passi si avvicinarono, e Roxas fu costretto a voltarsi verso la fonte.
Che si rivelò essere Xigbar. Evidentemente qualcuno passava persino lì, la voce di Xemnas che sorvegliava Vexen. E se l’aveva visto? Se l’avesse scoperto, avrebbe capito tutto, e il piano sarebbe fallito ancora prima di incominciare. Forse era meglio darsela a gambe, e lasciarlo nel dubbio.
La frase che seguì bloccò il suo flusso di pensieri.
“Ma che strano, vedere una ragazza tutta sola qui giù. Coltivi gli stessi interessi di quegli stramboidi lì dentro?”
“Oh, no… io sono una nuova, e mi chiedevo solo cosa ci fosse qui… non sapevo ci fosse un club.” Disse Roxas, il falsetto reso ancora più acuto dal terrore che lo attanagliava. Ma ciò che successe dopo gli fece gelare il sangue per altri motivi.
“Capisco. Beh, se ti va, conosco un posto più… appartato e romantico. Sai, io sono uno che conta, e so come intrattenere una signorina.” La voce di Xigbar si era ridotta a un sussurro.
“No! Cioè, no, grazie, il presidente… Larxene voleva darmi un incarico, e sarà meglio non farla attendere…”
“Comprendo, sono anch’io ligio al dovere. Ma tieni a mente che l’invito è sempre valido, ok?”
Roxas promise che ci avrebbe pensato e si dileguò più in fretta possibile, desideroso di liberarsi di quei vestiti.
Oggi era andato tutto bene, e fra tre giorni si sarebbe giocata la partita decisiva.
Perché fra tre giorni c’erano i giochi di fine anno.

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Capitolo 12
*** Parte Dodicesima ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE DODICESIMA

“I giochi di fine anno. Se pensavate che lo spettacolo di metà anno fosse roba grossa, preparate a ricredervi, qua si tira fuori l’artiglieria pesante. Competizioni sportive, spettacoli e gare accademiche d’intelligenza, per una giornata all’insegna del divertimento.”
“Uhm, a parte il soldo di cacio lo sappiamo tutti, genio.” Disse Larxene.
“Beh, era per fare scena…” Mugugnò Demyx.
“Qualcuno mi dica che mi trovo in questo buco per un motivo preciso, o la prossima scena che vedremo è testa di triglia qui con trenta centimetri del mio stivale su per il-”
“Non è solo una competizione” interruppe in fretta Axel. “Come il precedente, è anche propaganda per il Consiglio. Ma è anche l’unico momento dove tutti gli studenti, i professori e perfino il personale saranno presenti e potranno giudicare personalmente senza venire sviati da Marluxia. Per noi quindi, un’ottima occasione per redimerci. Ed è là che colpiremo.”
“L’anno scorso non avete fatto nulla?” Chiese Roxas.
Intervenne la voce di Zexion. “Non potevamo. È comunque un ambiente con sorveglianza strettissima e rigorosa, e noi eravamo anche troppo pochi all’epoca. Più gente significa anche più occhi e orecchie all’erta. Ed è stato meglio, visto che Xemnas poteva incriminarci facilmente già allora.”
Axel parlò di nuovo: “Ma stavolta, dovremmo aver fatto tutto alla perfezione. Quelle prove non esistono più, e Vexen gode di scarsa credibilità, Xemnas ci rimetterebbe a usarlo come testimone. Abbiamo eseguito la nostra… manutenzione sul campo sportivo, io ho preso accordi e riscosso favori da un paio di amici, e abbiamo il materiale del giornale per te, Larxene.”
“Già. Mi sembra strano sia filato tutto per il meglio. Normalmente voi imbranati vi fate prendere la mano e organizzate scemenze colossali.”
Demyx stava per risponderle a tono –circostanza della quale non si sarebbe pentito mai abbastanza- e Roxas lo precedette. “Ho voluto io così. Qualcosa di troppo grande e dannoso non ci aiuterebbe. Dobbiamo dimostrare di essere amici degli studenti, non contro di loro.”
“Ha! Il nano ha un po’ di cervello! E a differenza dell’altro nano, anche un po’ di virilità.” Si sentì una breve interferenza dall’altoparlante. Zexion probabilmente approfittava del non essere visto per sfogarsi un po’. “Bene, dovreste tutti imparare da lui. Ha concluso di più la matricola che voi in due anni o più.”
E se ne andò con la sua parte del piano ben nascosta, per leggerla con più calma. Si potevano dire tante cose di Larxene, ma almeno era un’alleata capace.
“Befana” sibilò Demyx. “Zex, ma tu non ce la fai a venire per i giochi?”
“I miei genitori sono molto scossi dalle mie, ehm, ‘inclinazioni da teppista’, come le hanno definite loro. Pensano che la lontananza mi farà solo bene, e si parla di cercare un nuovo istituto in estate. Cioè, non se ne parla, ma l’ho capito.”
La testa di triglia fischiò. “Mi spiace, amico.”
“Così è la vita. Non dobbiamo andare alla stessa scuola per restare amici. Ora riposiamoci, due giorni ancora, e poi la fine di tutto. Ma Roxas, tu sei sempre convinto di quello che hai pensato?”
Roxas sapeva che Axel si riferiva al passaggio più discusso del piano, la sua parte. Persino Larxene aveva aggrottato le sopracciglia, ma non aveva detto niente. La matricola annuì.
“Sì. Devo farlo, o per me non ci sarà vittoria in ogni caso.”
Anche Axel annuì, ma non era del tutto convinto. “Va bene. Ma stai attento.”

E finalmente arrivò il gran giorno: i giochi di fine anno.
Tutto il campus era in fibrillazione, gli studenti vestiti a festa (tanto non ci sarebbero state lezioni quel giorno, sarebbe stato impossibile per gli insegnanti ottenere attenzione), c’erano bancarelle piene di cibo al posto dei soliti distributori, e striscioni colorati un po’ ovunque. La giornata si sarebbe svolta così: la mattina ci sarebbero state le gare sportive, poi una pausa all’ora di pranzo assieme ad un opuscolo extra del giornale, in seguito gli spettacoli artistici e cinematografici, e infine il talent show nella sala principale verso sera. Quest’ultimo era l’unico evento dove partecipava anche Xemnas, che avrebbe accettato una sfida da qualsiasi studente in una qualunque disciplina praticata nel campus, ma era una montatura: nessuno avrebbe mai osato sfidare il presidente, anche perché era bravo in qualsiasi materia, dalle scientifiche alle umanistiche. Come al solito, Braig avrebbe lanciato una sfida semplicissima perdendo con umiltà.
Tutti erano così elettrizzati dalla giornata che li aspettava, da essersi perfino dimenticati dei Nobodies e della cautela. Erano pur sempre ragazzi alla fine di un anno accademico, dopotutto.
Le gare sportive iniziarono. Xaldin diede sfoggio di grandi capacità atletiche ed enorme resistenza, partecipando in un sacco di competizioni di seguito, e sempre risultando il migliore.
Rimaneva solo la corsa a ostacoli. Xaldin aveva saltato la partita di basket solo per recuperare forze in vista della gara finale. Prese posizione sulla linea di partenza… e accanto a sé vide Demyx, in tenuta sportiva, che lo guardava come se per lui essere lì fosse la cosa più naturale del mondo.
“Ehilà! Bel tempo per correre, non è vero? Facciamo del nostro meglio!”
Marluxia osservava il tutto da una posizione privilegiata. Sapeva che quei perdenti stavano macchinando qualcosa, e che avrebbero agito oggi. Evidentemente l’umiliazione ricevuta non gli aveva insegnato nulla.
Sorrise, al pensiero della promozione che avrebbe ottenuto occupandosi del caso da solo, quando un braccio comparì da dietro tappandogli la bocca.
“Wow, tu sei il famoso Marluxia! Devi farmi un autografo! Ti dispiacerebbe venire con me un attimo?” E se lo trascinò via.
La corsa si svolse senza problemi, sebbene Xaldin continuasse a guardarsi indietro per paura di qualche ritorsione. Ma Demyx non sembrava nemmeno intenzionato a vincere, correva allegramente senza sforzarsi troppo. Alla fine il colosso si accorse di essere rimasto troppo indietro per osservarlo, e decise che non gli importava più. Purtroppo ormai la distanza era troppa, e i suoi ragazzi non avevano ricevuto ordine di farlo vincere, per cui alla fine la medaglia per il terzo posto fu consegnata a uno Xaldin schiumante di rabbia.
Demyx ritirò il suo medaglione di partecipazione e si congedò con un sorriso. Il rasta giurò vendetta.
Marluxia invece si dibatteva in un armadietto vuoto, incollato ad esso con del nastro adesivo per pacchi che gli bloccava anche la bocca.
“Mffff! Mrghhhh!”
Luxord fece finta di accostarsi a sentire meglio.
“Come dici? La porta aperta ti fa corrente? Tranquillo, ora te la chiudo!”
“Grrrr! Mgggg!”
“Sì, sì, sono sicuro stai proferendo minacce terrificanti… ma ora ho da fare. Manderò qualcuno più tardi, se mi ricordo. Divertiti!”
E chiuse l’armadietto, allontanandosi. Ci sarebbe voluto un po’ prima che notassero la sua assenza, e ancora di più per individuarlo.
“Ecco il numero che preferisco: la sparizione dell’idiota.”

Xaldin sbatté Demyx al muro con violenza. Erano in un luogo appartato, sotto le scale antincendio.
“Ehi, che succede, amici?” chiese il Nobody con aria sorpresa.
“Basta scherzi! Cosa stai tramando?”
“Io? Niente! Mi ero solo detto che, visto che le lezioni sono sospese, potevo pure farmi una corsetta…”
“Ora basta sacco d’immondizia! Non sono venuto qui per farmi prendere in giro!”
“Ah no? Di solito dove vai?”
La pazienza di Xaldin era al limite: lasciò cadere Demyx e si mise in una posa da boxe.
“Va bene mezza tacca. Vediamo che sai fare.”
“Ah no, te la prendi con la persona sbagliata! Io non sono una persona violenta. E tu?”
“Io? Ahahahah! Chiedilo a quel fesso del tuo compare Lexaeus! O ad altre femminucce che hanno provato a dirci cosa fare! Credo che l’ultimo abbia ancora la testa nel water!”
“Capisco. E che mi dici di loro?”
Demyx indicò una telecamera, che stava riprendendo tutto, sonoro incluso, trasmettendolo direttamente sui megaschermi dello stadio per chiunque fosse ancora alla cerimonia di premiazione.
Xaldin aggrottò le sopracciglia, non capendo la situazione. Quella telecamera non avrebbe dovuto essere rivolta lì. I rumori provenienti dallo stadio si erano fermati. Avevano sentito?
Si girò verso Demyx, ma quest’ultimo si era già dileguato da un pezzo.

La pausa pranzo fu meno rilassata del solito, dato che non solo voci sull’episodio si erano diffuse a macchia d’olio, ma per qualche strano motivo il giornale era uscito comunque nonostante l’assenza di Marluxia, e riportava l’incidente e altre informazioni strettamente confidenziali sul Consiglio nei minimi dettagli.
Xigbar era fuori di sé. Contattò subito quell’idiota di Xaldin, promettendogli che avrebbe mitigato la sua punizione se avesse trovato quell’altro imbecille di Marluxia o uno dei Nobodies, poi si mise lui stesso alla loro ricerca, tenendosi in contatto con Vexen.
“Allora? Li hai trovati?”
“Purtroppo no, signore, nessuno li ha visti, e i ragazzi che mi ha affidato sono come scomparsi! Ma ho scoperto come hanno fatto a manomettere i sistemi! È stato Zexion!”
“Ma no! E io che pensavo fosse stato il professor Merlino! Smettila di sottolineare l’ovvio e datti da fare!”
Vexen lasciò che si sfogasse. Era ovvio che non capisse: era una mente inferiore anche lui. Ma lui, il presidente del club dell’occulto, vedeva il disegno completo.
Con un sorriso, chiamò la polizia e disse che un pericoloso hacker si trovava in una certa abitazione e stava manomettendo le strutture dell’accademia, poi si rilassò sul sedile. Era andato un paio di volte a casa di Zexion, quando avevano lavorato ad un progetto assieme. I genitori avrebbero saputo che il figlio gli aveva disobbedito, e ci sarebbero state gravi conseguenze. E senza Zexion, tutti gli altri sarebbero caduti preda della sua mente brillante.
Il ragazzo magro e allampanato si concesse una breve risata intellettuale. Presto Xemnas avrebbe avuto un nuovo braccio destro…
Il monitor esplose davanti a lui, proiettandolo all’indietro. Vexen si rialzò, stupefatto. Qualcuno aveva manomesso il suo computer quando lui non c’era. Lentamente, collegò i tasselli.
“Hanno ottenuto i file dal mio server…”
“Esatto. E anche installato un virus particolarmente potente che si è attivato a un mio comando. Mi sorprende tu ci abbia messo così tanto per accorgertene.”
Vexen si voltò, solo per trovarsi davanti Zexion, in carne ed ossa.
“Tu! Cosa ci fai qui? Dovresti essere in punizione!”
“Oh sì, e giustamente non hai previsto che un criminale come me avrebbe infranto un castigo. I miei complimenti. Ah, in questo momento probabilmente la polizia sarà arrivata a casa mia, e avrà trovato la nota di riscatto scritta da un rapitore anonimo, quindi mi sa che i miei genitori hanno altro a cui pensare.”
“Sei pazzo! E cosa pensi che succederà quando sapranno che era tutto finto? Sarai in un mare di guai! La tua carriera sarà rovinata per sempre!”
“Sai che mi importa. Ci sono cose ben più importanti, anche se dubito riuscirai mai a capirlo. Ora in piedi, Vexen. È tempo di regolare i conti.”
Questi si rialzò, di nuovo sorridendo. “Ah, ma guardati Zexion… sempre pronto a giudicare la gente dall’alto in basso, nonostante la statura. Ma sei solo uno stupido. Siamo soli, qui. Quanto pensi che ci metterò a battere un nano come te? Io sono il migliore tra i due! Lo sono sempre stato!”
E si avventò su Zexion, che gli torse il braccio dietro la schiena, lo colpì al collo e alla nuca, e lo mandò al tappeto con un calcio alla tempia.
“Il nano qui presente ha avuto mesi di castigo per scaricarsi un programma di karate fai-da-te. Certo non vincerò una competizione, ma posso senza dubbio mettere a tacere viscidi fissati come te. E comunque io non guardo tutti dall’alto in basso, solo voi pavoni troppo presi a camminare a testa alta per guardare dove andate a sbattere. Mi chiamano genio, ma c’è un ragazzo là fuori che è molto più intelligente di me.”

Sul tetto dell’edificio principale, Saix sentiva il vento sferzare sul suo volto. Gli piaceva quel posto, isolato dagli altri e così pacifico. Ma oggi era lì per un altro motivo: aspettava qualcuno, e sapeva che non sarebbe mancato all’appuntamento. E così fu.
“Yo, Saix.” Axel entrò dalla porta comunicante sul lato opposto del quadrato.
“Axel. Alla fine sei venuto.”
“Non potevo mancare, mi conosci. Sono l’anima della festa.”
“Solo di recente. Una volta non ti importava della massa o degli eventi mondani, e passavi i pomeriggi da solo a dormire o con me a giocare e leggere i fumetti.”
“Si beh, le persone cambiano, come tu ben sai. Non potevo dormire in eterno. E in realtà ho dormito più di quanto tu creda, ma ora sono sveglio. Saix, sono qui per finirla.”
Il ragazzo dai capelli blu si girò finalmente a fissarlo.
“E così alla fine hai trovato il coraggio. Alla buon’ora. Sicuro tu non voglia vendicarti su Lord Xemnas?”
“C’è chi vuole quella rivincita molto più di me, e non gliela negherò. In fin dei conti, tu sei sempre stato ciò che voglio.”
Mentre parlavano, i due ex-amici si erano mossi verso il centro del tetto e si erano spogliati della giacca, rimanendo con la semplice camicia e le maniche arrotolate fino ai gomiti. Entrambi alzarono i pugni.
“Come ai vecchi tempi. …avrei voluto ci fosse un altro modo.”
“Ciascuno di noi ha scelto la propria strada, Axel. Questo è l’unico modo.”
Iniziarono a picchiarsi come mai prima di allora, non curandosi di difendersi o evitare i colpi, ma prendendoli in pieno e restituendoli con gli interessi.
A un pugno seguiva una capocciata, a un calcio un colpo di gomito. Senza più parlare, si scambiarono tutte le emozioni represse fino a quel momento e imbottigliate negli anni: la rabbia, la tristezza, l’angoscia. E si ritrovarono, vicini come erano stati un tempo. Alla fine di tutto, non importava chi avrebbe vinto o perso, loro sarebbero tornati nemici. Avevano ormai le loro vite, i loro ideali e i loro gruppi di amici.
Ma solo per quel giorno erano tornati i due inseparabili amici di una volta, che combinavano scherzi e si azzuffavano nel Distretto. Tant’è che nonostante le facce gonfie e ammaccate, stavano entrambi ridendo.
I due caricarono l’ennesimo pugno e si colpirono a vicenda.
Intanto, Marluxia era riuscito a liberare un braccio e fare abbastanza rumore da farsi sentire.
Gli aprì una ragazza di Larxene, che lo liberò del tutto e lo fece uscire: a giudicare dalla luce del giorno, era pomeriggio inoltrato. Il ragazzo si voltò furibondo e le gridò addosso: “Dove? Dove sono?”
Lei si impaurì, ma rispose con voce tremante: “Ne abbiamo presi un paio. Luxord e quella matricola. Sono da questa parte!”
E lo guidò per il corridoio. Sulla faccia di Marluxia comparve un ghigno famelico: presto si sarebbe vendicato, infliggendo ai due un dolore e un’umiliazione dieci volte più pesanti di quelle calunnie che aveva scritto sul loro conto. La ragazza arrivò davanti a una porta, la aprì e gli fece segno di entrare. Marluxia si catapultò dentro e afferrò la prima sedia che trovò, pronta a spaccarla su uno dei due malcapitati, ma si bloccò: era un’aula vuota.
Dietro di lui, Larxene si mosse silenziosamente e chiuse la porta a chiave.

Xigbar non sapeva più cosa fare: Marluxia era sparito, Vexen non si era più fatto sentire dopo quello strano scoppio, Saix era irreperibile. Possibile che lui fosse l’unico rimasto? Tuttavia, questo significava anche che Xemnas avrebbe avuto meno persone con cui prendersela. Deglutì, ma all’improvviso sentì una voce. O meglio, la sentirono tutti poiché veniva emessa da ogni altoparlante del campus.
Era di nuovo Demyx, che narrava le ultime bravate ai danni del Consiglio studentesco, e invitava tutti a leggere l’imminente edizione del giornale per tutti i particolari.
Suo malgrado, Xigbar sorrise: erano in trappola. Contattò nuovamente Xaldin e poi si diresse per primo alla stazione radio per gli annunci, desideroso di prenderli con le sue stesse mani.
Entrato, spalancò la porta e colse Demyx di sorpresa, premendo il pulsante per spegnere le trasmissioni e non farsi sentire.
“Ascoltami, razza di pezzente! Pensi di aver vinto? Pensi che ora tutti vi ascolteranno? Quelli sono gli stessi babbei che fino a ieri vi odiavano a causa di tutte quelle bugie che si sono bevuti! Crederanno a ciò che noi diciamo loro di credere! Pecore dal primo all’ultimo, docenti inclusi! E ora, scoprirai cosa succede a chi fa davvero arrabbiare il Consiglio, stavolta non ve la caverete con una sospensione, vi spediremo tutti in galera, dove dovreste stare!”
Un piccolo applauso risuonò da una sedia accanto. Un più attento esame rivelò che la sedia ospitava Zexion.
“Davvero una bella arringa: la vera faccia dell’impassibile Xigbar, il braccio destro di Lord Xemnas. Una persona che apparentemente reputa tutti stolti e poi non sa la differenza fra acceso e spento, e che il pulsante per compiere le due azioni è il medesimo.”
Xigbar osservò il pannello comandi. Effettivamente, il pulsante che aveva pigiato ora era su ON. Non ci aveva fatto caso, credeva stessero ancora trasmettendo.
Mentre il terrore cominciava a invaderlo, un rumore lo fece voltare. Era Luxord, che stava scrocchiando minacciosamente le nocche.
“Io non sono una persona violenta, Xigbar: ci sono altri che lo sono al posto mio.” Disse Demyx, premendo di nuovo il pulsante su OFF.
“Luxord! Andiamo, non essere impulsivo, dai… posso darti tutto ciò che vuoi! Un posto privilegiato da Xemnas! Anzi meglio, mi metto al tuo servizio! Di sicuro ti servirà una spalla, no?”
“No. Ma ti darò una scelta, come tu l’hai data a me: o ti spezzi le gambe da solo, o lo faccio io. Niente di personale, figurati, è solo la mia parte nel piano. Di certo capirai.”
E mentre il braccio destro di Xemnas tremava, Zexion riaccese brevemente le comunicazioni: “Tutti nella sala principale per il gran finale. Non mancate!”

Xaldin aveva sentito tutto. Xigbar lo aveva tanto rimproverato, e poi lui faceva anche di peggio: aveva mandato tutto a monte. Perplesso, il bruto si chiese cosa fare ora. Di tornare da Xemnas non se ne parlava, non a mani vuote. E poi lui detestava l’ambiente che quel ragazzo voleva creare, tutto così calmo e ordinato.
Decise di fare l’unica cosa che sapeva fare: spaccare teste, partendo da quelle dei Nobodies. Si avviò, con al seguito i suoi sgherri, quando dall’altra parte del corridoio vide una figura imponente, con una fasciatura alla testa e una pesante spranga in mano. Solo un ragazzo nel campus era più grosso di lui.
“Lexaeus…”
“Xaldin. Ma che piacere. Come vedi, mi hanno dimesso. O meglio, mi sono dimesso.” Avanzò lentamente.
“Purtroppo non sono riuscito a coltivare il mio interesse per la lettura durante la convalescenza, ma sto recuperando. Specialmente, in questo periodo mi trovo molto d’accordo con le idee del signor Thomas Hobbes: Nel periodo in cui gli uomini non hanno un potere che li tenga in estasi, sono in una condizione chiamata guerra; e il diritto di natura è la libertà che ha ogni uomo di usare il proprio potere, per preservare la propria natura, la propria vita.”
Due ragazzi lo caricarono, forse convinti di poterlo sopraffare perché ferito. Grosso errore: lui ne sollevò uno e lo sbatté con violenza contro il muro fracassando gli armadietti, mentre con la spranga aveva assestato un paio di colpi ben precisi alle ginocchia dell’altro, incapacitandolo.
Xaldin non si mosse. Non era un codardo, ma Lexaeus era effettivamente grosso. E arrabbiato. E armato.
“Dai, Lexaeus, tu non vuoi questo, no? Tu sei un tipo tranquillo.”
“Non vi è cosa come la tranquillità perpetua della mente mentre siamo qui; poiché la vita stessa non è altro che movimento, o non può essere nulla senza desiderio, o senza razionalità, o senza paura.
Il gigante era sempre più vicino. Qualcuno dietro Xaldin scappò via, e lui per la prima volta non li biasimò.
“Mia madre ha partorito due gemelli: la paura e ME!”
“Ok, ok, lasceremo in pace i tuoi amici! Va bene? E non ci vedrai più! Parliamone!”
“Le parole sono il denaro degli sciocchi. Sto per compiere il mio ultimo viaggio, un grande salto nel buio.”
E la spranga calò, segnando il primo e ultimo atto di violenza volontaria di Lexaeus.

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Capitolo 13
*** Parte Tredicesima ***


NOBODIES UNIVERSITY – PARTE TREDICESIMA

Xemnas sedeva dietro al palco della sala principale, sorseggiando del tè mentre leggeva l’ennesimo volantino del giornale della scuola. Era fin troppo chiaro che i Nobodies si erano impossessati anche di quella struttura. Ormai tutti avevano letto o saputo degli eventi della giornata in qualche modo, tant’è che il palco che ora doveva ospitare gli spettacoli artistici era vuoto.
Nonostante tutto ciò che era accaduto, il presidente del Consiglio non era turbato, il suo comportamento era impeccabile. Ma per una volta, era curioso: genuinamente curioso di vedere cosa avevano riservato per lui. Se non altro, avevano attirato la sua attenzione.
Un brusio di sottofondo lo spinse ad uscire sul palco e verificare di persona la situazione. La sala era ormai gremita di studenti, tutti attirati dall’annuncio di Zexion e desiderosi di osservare l’epilogo della faccenda.
Eppure, nessuno si prese gioco di lui o lo affrontò apertamente: incuteva ancora timore in tutti, sebbene i suoi subordinati avessero fallito. Beh, quasi tutti.
Il Rettore suo padre incedé fra la folla e lo fissò.
“Xemnas, cosa sta succedendo? Cosa significa tutto ciò?”
“Solo delle spiacevolezze causate da individui molesti, Rettore. Col tuo permesso, provvederò a farli rimuovere appena avuti i nominativi di tutti i colpevoli.”
“Non parlo di questo! Ciò che questi… Nobodies… dicono, è la verità? Hai usato ricatti e violenza per sottomettere gli altri studenti? Hai abusato della tua autorità? Esigo una spiegazione!”
‘Prima mi chiedi di darti una mano a mantenere l’ordine, e poi ti lamenti del mio operato? Senza di me, questa marmaglia farebbe il comodo suo, e i tuoi preziosi risultati e trofei andrebbero ad altri istituti.’
Xemnas era disgustato dalla codardia del padre, ma non lasciò che ciò alterasse le sue emozioni. Non avrebbe ceduto a bassi istinti solo a causa sua.
“Un momento Rettore, signore. Vorrei scambiare qualche parola con suo figlio.”
Roxas apparve sul palco, fra lo sgomento generale. Il presidente sorrise: ecco quindi l’autore di tutto.
“E tu chi saresti, giovanotto?” chiese Ansem.
“Mi chiamo Roxas. Sono iscritto all’Accademia da quest’anno.”
“Una matricola. Cosa mai puoi volere da mio figlio? Non ritengo siano affari che ti riguardano.”
“Invece sì. Vede, sono io il responsabile ultimo di ciò che è successo oggi, faccio parte dei Nobodies.”
Mentre nella sala piombava il silenzio e il Rettore s’indispettiva, la matricola guardò Xemnas.
“Sono state dette un sacco di menzogne sul mio conto. Mi è stato chiesto di testimoniare il falso con l’inganno e di prendermi l’odio generale, tutto per il Consiglio degli studenti. Ma non cerco giustificazioni per ciò che ho fatto: la vendetta non è giustificabile. E sono qui per prendermi la colpa anche delle azioni dei miei amici, per davvero stavolta. Ma prima voglio sfidare suo figlio a una competizione, come è previsto dal regolamento. Sfido Xemnas a una gara di scacchi.”
Lo shock stavolta fu davvero generale: il Rettore rimase esterrefatto, persino Xemnas mostrò sorpresa.
Quella matricola lo sfidava, per giunta nella sua disciplina preferita!
Ansem lo osservò con nuova luce negli occhi, poi decise: “E sia. Non sarebbe opportuno in questa situazione, ma tutti hanno diritto a difendersi, come dico sempre. Acconsentirò a questa sfida dopodiché deciderò chi è responsabile e di cosa. Potete iniziare.”
Furono allestite in fretta scacchiera e sedie e i due sfidanti presero posto.

“E quindi rischi il tutto per tutto. Vale davvero la pena, prendersi un tale disturbo solo per la vendetta?”
“Non è solo vendetta. Tu hai molto potere e parecchio carisma. Puoi benissimo dare la colpa ai tuoi sottoposti dichiarandoti all’oscuro di tutto, e rimpiazzarli con altri. È te che voglio, la partita finisce solo quando sconfiggi il Re.”
Erano ancora all’inizio del gioco, quando si schierano i diversi Pedoni per liberare i pezzi successivi. Roxas, essendo bianco, aveva iniziato per primo, portando molto avanti due delle sue pedine.
“Giusta deduzione. E in più, questa apparentemente inutile partita si rivelerà cruciale: chi trionfa in un gioco di strategia influenza il giudizio dei presenti, ergo chiunque vincerà apparirà nel giusto a prescindere. Molto astuto. Ammetto che mi ero sbagliato sul tuo conto… Roxas. Non sei più una pedina, sei finalmente stato promosso a Re. Ma mi chiedo“ -E mentre parlava, Xemnas mangiò una delle due pedine col suo stesso Re- “Se sei davvero in grado di portare la corona. Ti muovi con troppa cautela, dai troppa importanza a tutti i tuoi pezzi. Se ti fai degli scrupoli, verrai schiacciato.”
Roxas non aveva nemmeno notato il Re uscire allo scoperto. Xemnas era davvero un fuoriclasse: sapeva come distrarti con mosse inutili e far passare inosservati i movimenti cruciali. Il suo Re era tornato rapidamente al sicuro dietro i suoi pezzi una volta compiuta l’uccisione.
Ma il biondino non si sarebbe arreso. Non stavolta.
“Ti sbagli. Non sto cercando di convincere la massa. Noi abbiamo rivelato i vostri inganni, ora lasceremo che decidano con la loro testa. Se vorranno continuare a odiarci sarà loro diritto, ma sarà anche e sopratutto una loro libera scelta. È te che voglio convincere. Voglio dimostrarti che hai torto, e che ordine e potere non sono tutto nella vita. Non senza amici.”
L’Alfiere di Xemnas mangiò un altro Pedone, ma venne poi mangiato dall’Alfiere di Roxas, eliminato a sua volta da un altro pezzo.
“Gli amici si sacrificano per te. Non perché sono pezzi da usare a tuo piacimento, ma perché vogliono che tu faccia tesoro del loro aiuto per vincere.”
Sul tetto, Axel e Saix guardavano le nuvole, entrambi troppo malandati per rimettersi in piedi. Il rosso sorrise: “Coraggio, Roxas.”
Xemnas non si aspettava quella mossa. Non era la migliore risposta in quel frangente, ma proprio per questo era imprevedibile e quindi pericolosa. Infastidito, mosse avanti un Cavallo: al prossimo turno avrebbe messo il Re sotto scacco, costringendolo a muoversi in altre caselle ugualmente pericolose.
Ma Roxas scambiò di posto il Re con una delle Torri, eseguendo un arrocco.
Stizzito, Xemnas dovette riportare il Cavallo nella posizione precedente.
“Gli amici possono essere il tuo scudo in caso di necessità.”
In un corridoio scuro, con ben sette corpi privi di sensi a terra, Lexaeus si concesse un sospiro di stanchezza, non essendo ancora perfettamente guarito. Si sedette e chiuse gli occhi, rimpiangendo di non poter assistere alla partita dell’amico. Ma sapeva che se la sarebbe cavata benissimo anche da solo.
Una delle Torri di Xemnas era riuscita ad avanzare di un bel tratto, mettendo in pericolo numerosi pezzi di Roxas, finché non venne mangiata da un Cavallo. Invece di andare a mangiare un altro pezzo, aveva compiuto un movimento a elle all’indietro, comportamento abbastanza inusuale.
“Ci sono situazioni che da solo non puoi gestire. Gli amici servono anche a questo, sostenendoti con doti che a te mancano.”
Zexion era rimasto ormai solo nella cabina della stazione radio, e si divertiva a lanciare i dadi che aveva prelevato nel club di Vexen. “Di nuovo un triplo sei. Se non fossi un uomo di scienza, crederei nel destino. Se esiste la fortuna essa è dalla tua parte, pivello.”
Raramente Xemnas si era trovato così in difficoltà. Il piacere iniziale aveva presto ceduto il posto a un nuovo sentimento che il presidente non conosceva. Era… paura? No, impossibile. Lui non poteva avere paura. Era perfetto e privo di inutili emozioni infantili. Purtroppo, analizzare la sua situazione interiore lo aveva deconcentrato: non vide che la Regina avversaria aveva mangiato la sua, e continuava nella sua opera di distruzione. Mangiò ben cinque pezzi prima di venire eliminata.
“A volte potrebbero essere un po’, ehm… irruenti, ma puoi trovare amici anche dove non ti aspetteresti.”
Larxene uscì fuori dalla stanza pulendosi le mani, e abbaiò ordini alle ragazze che la fissavano senza fare niente.
“Beh? Non avete altro da fare? Bisogna preparare il giornale, nel caso succeda qualcos’altro! Andate a monitorare la situazione, invece di rimanere impalate con la bocca aperta!”
Mentre quelle obbedivano in fretta, lei guardò verso la sala principale. Odiava perdersi gli eventi popolari. “Suonagliele anche da parte mia, soldo di cacio.”
Il presidente ormai non capiva più cosa accadeva. Stava perdendo? Lui? Contro una matricola? Non poteva permetterlo. Scagliò in avanti il suo Re e mangiò un Cavallo. Era una delle sue tattiche preferite, giocare col Re, ed era una strategia che aveva ideato lui stesso. Non aveva importanza che poteva finire sotto scacco muovendosi nelle caselle adiacenti, finché poteva tornare indietro al sicuro.
“Bene, non mi sembra tu possa muoverti in un posto sicuro. Scacco Matto, direi.” Annunciò Roxas.
Xemnas sulle prime non se ne accorse. Poi lo vide.
Uno dei due Pedoni iniziali, ignorato dopo la perdita del suo compagno, aveva pian piano risalito la scacchiera, era diventato una Regina, e dalla sua posizione poteva mangiare il Re, se questi fosse tornato indietro. Non c’erano più caselle sicure.
“Un’ultima cosa, la più importante di tutte. Non ha importanza quanto forte o che abilità abbia una persona. Perfino la più inutile, quella che era sempre sotto ai tuoi occhi può rivelarsi importante. E tutte insieme, possono superare anche la più ardua delle sfide.”
Di fuori sul prato, Demyx e Luxord si godevano un po’ di ombra sotto una quercia.
“Lux, a te non va di andare ad assistere Roxy? Potrebbe servirgli una mano.”
“Nah. Sono sicuro che sta benissimo. E poi la nostra parte l’abbiamo fatta.”
“Heh, hai ragione. Succeda quel che succeda, ora un po’ di riposo non ce lo toglie nessuno.”

Il silenzio che avvolgeva la platea poteva essere tagliato con un coltello. Xemnas aveva perso a scacchi, e contro una matricola.
Il presidente si alzò in piedi, e si rivolse al Rettore: “Padre, non crederai certo a ciò che dice questo ragazzo! Ti ricordo che è stato lui a causare quell’incidente a metà anno! È ovvio che ora lo neghi, vuole approfittarsi della tua-“
“Adesso basta!” Una terza figura arrivò sul palco. Una ragazzina minuta, coi capelli scuri e il faccino arrabbiato.
“Xion?” Dissero Roxas e Xemnas assieme.
Lei puntò il dito contro quest’ultimo: “Fratellone! Non solo commetti atti atroci, ma quando vieni sconfitto tenti di appellarti a papà? Ah, non sei cambiato, era così anche quando ti battevo ai videogiochi!”
Nessuno nella sala poteva essere più scioccato di Roxas in quel momento. Xion quindi era… impossibile!
“Cosa… tu… non… io… non devi...” Farfugliò Xemnas, ormai completamente in tilt. Venire rimproverato pubblicamente dalla sua sorellina era troppo.
Lei lo ignorò e parlò ad Ansem: “Papà, posso confermare tutto ciò che ha fatto il Consiglio studentesco. Violenze, estorsioni, imbrogli: è tutto documentato, anche se ci ho messo un bel po’ ad ottenere prove sufficienti.”
“Tu… come fai a sapere tutte queste cose?”
“Oh, me l’ha chiesto mamma. Diceva che Xemnas stava diventando incontrollabile ultimamente, ma che tu eri troppo distratto per accorgertene, quindi voleva che io dessi un’occhiata.”
A quanto pare nemmeno il Rettore era esentato dalle critiche della figlia. Ansem si guardò in giro imbarazzato, e disse: ”Oh, va bene! A voi due voglio vedervi in privato, per discutere della faccenda! Tutti gli altri, fuori! Lo spettacolo è finito!”

Roxas sedeva su una panchina in un corridoio, vicino all’ufficio del Rettore. La sua mente era in stato di shock: non riusciva a pensare a niente, non alla sua vittoria, non a Xion, non a cosa sarebbe accaduto ora.
Una figura uscì dallo studio e si sedette accanto a lui. Dopo un po’ Xion si azzardò a chiedere: “Sei arrabbiato?”
“Arrabbiato? E per cosa?”
“Per… non averti detto chi ero! All’inizio, non lo reputavo importante e quando sei diventato un Nobody pensavo non ti avrebbe fatto piacere; poi avrei voluto, ma mi hai allontanata e non c’è stata occasione.”
“Tranquilla. Voglio dire… capisco perfettamente, in più ci hai aiutato un sacco di volte, compreso oggi. Davvero, non ti sarò mai grato abbastanza Xion.”
Lei arrossì e distolse lo sguardo. “Figurati, per così poco. E poi, mi sembra che te la sia cavata benissimo anche da solo! Hai giocato davvero bene. Mi piacerebbe giocare con te, in futuro.”
“Ah, davvero? Aspetta, in futuro? Quindi-“
“Sì! Mio padre ha ascoltato la mia versione, e ha concordato che eravate nel giusto. Chiuderà un occhio sulle vostre azioni, se promettete di non causare problemi. Oh, e il Consiglio degli studenti è stato sciolto.”
Roxas era fuori di sé dalla gioia. Così tanto che abbracciò la ragazza, facendole assumere un color rosso acceso.
“Grazie, Xion, davvero! Sei una benedizione! Ora scusami, ma vado a dirlo agli altri!” E corse via come un razzo.
Xion lo guardò allontanarsi e sorrise. Ora era davvero il momento di festeggiare. Avrebbero avuto tutto il tempo per stare assieme dopo.

Un paio di mesi più tardi…

“Sei pronta? Guarda che ci aspettano!”
“Solo un attimo! Ormai ho quasi ucciso il boss finale!”
“Andiamo… cosa dovremmo dire agli altri poi, che eri impegnata a fare questo?”
“Dici così solo perché tu sei morto subito… là! Vinto! Ok, possiamo andare!”
Roxas e Xion camminavano per il viale, in una calda giornata di fine Agosto. L’appuntamento era proprio davanti alla fontana nella piazza centrale, nel Distretto Commerciale.
“Ehi… alla fine, come va con tuo fratello?” Chiese Roxas mentre camminavano.
“Meglio! Non è ancora pronto per relazionarsi col mondo esterno come una persona civile, ma sta migliorando. Mi chiede spesso di te quando giochiamo assieme.”
Come previsto, gli altri erano già lì. Demyx fu il primo ad avvistarli e gli andò incontro assieme ad Axel. Lexaeus leggeva seduto a un tavolino ma ripose in fretta il libro, mentre Zexion faceva lo stesso col suo palmare.
“Ecco la coppietta dell’anno! Vi eravate persi?” Li canzonò Demyx.
“Disquisire sugli affari privati altrui, molto delicato Dem” Disse Zexion.
“Ah, dagli tregua. Se non possiamo prenderci in giro tra di noi, quando dovremmo farlo?” Intervenne Axel.
“Anche un’azione a prima vista riprovevole è positiva se contribuisce alla felicità generale, così diceva John Stuart Mill. Più o meno.” Concluse Lexaeus.
Roxas non riuscì a trattenere un sorriso: gli erano mancati simili battibecchi, dopo tutto quel tempo.
Era da quando Lexaeus era stato dimesso completamente che non si riunivano tutti assieme, con Zexion che si era dovuto cercare un lavoro, Axel e Demyx che dovevano lavorare alla tesi e lui con la sua relazione con Xion. Ma ora erano tutti lì… o meglio, quasi tutti.
Il restante arrivò poco dopo, quando Luxord e una recente aggiunta si fecero vedere.
“Ed ecco finalmente gli ultimi ritardatari! Cos’è, una moda fra le coppie quella di arrivare in ritardo?”
“Mio caro Demyx, un vero gentiluomo non rivela mai i suoi segreti, tantomeno le ragioni che lo hanno indotto a trattenersi-“
“Ah, tacete tutti e due! L’unico motivo per cui siamo arrivati tardi è che lui doveva fare il mago al compleanno del cuginetto e quei marmocchi hanno pure chiesto il bis!” Tagliò corto Larxene.
Poi puntò un dito contro Luxord e aggiunse: “Ora ti diverti, ma ricordati che in autunno dovrai lavorare sodo! Sei passato al secondo anno per miracolo, ma non tollero che tu rimanga indietro! Ti darò una mano, ma se non vedo risultati saranno dolori!”
Roxas rise assieme agli altri. Era forse l’unico che non era rimasto scioccato dall’annuncio del loro rapporto, ripensando alla famosa “cosa” che aveva sottratto dall’armadietto di Larxene tempo addietro: un biglietto per lo show di magia della città, un evento principalmente per bambini. Forse gli unicorni non erano prova del fatto che lei era una ragazza dolce, tutt’altro. Ma chi l’avrebbe mai detto che Larxene fosse una fanatica di magia?
Lei lo riscosse dal suo torpore con una dolorosa gomitata nelle costole.
“Mi raccomando Roxy, tu trattala bene la tua signora, eh? Noi donne possiamo rivelarci letali e colpire quando meno ve l’aspettate!”
“Ah, a proposito!” disse Demyx. “Fra pochi giorni non c’è Miss Campus? Xion, pensi di partecipare?”
“Ma che bellissima idea, le nostre dame sul palco ad esibirsi, una gioia per gli occhi.” Rincarò Luxord.
“Eh? Cosa? Io non… Roxas?” Squittì la ragazza, imbarazzata.
“Mi sembra una splendida idea!” Rise il biondino, divertito.
“Già che siamo in vena di partecipazioni, perché non facciamo una cosa bella e vi iscrivo tutti? I costumi ce li ho ancora, sapete.” Ghignò Larxene, un sorriso malevolo in faccia.
I tre ragazzi capirono l’antifona e smisero di stuzzicare Xion.
“Se avete finito, ci aspetterebbe la spiaggia, sempre che non ci caccino via per rumori molesti.” Disse Zexion, ormai avviatosi.
Axel corse avanti, seguito a ruota da tutti. “Coraggio! L’ultimo che arriva pianta l’ombrellone!”

Roxas osservò la scena e non poté fare a meno di pensare che in fin dei conti c’era giustizia a questo mondo.
Avevano incontrato delle difficoltà, ma ora erano tutti lì e non gli restava altro che godersi questi giorni tutti assieme.
Poi le vacanze estive sarebbero finite e l’Università avrebbe riaperto.
L’ex-matricola inspirò e raggiunse gli amici.
Sarebbe stato un anno fantastico.

FINE

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