Nobodies University di DARKOS (/viewuser.php?uid=824911)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** Parte Terza ***
Capitolo 4: *** Parte Quarta ***
Capitolo 5: *** Parte Quinta ***
Capitolo 6: *** Parte Sesta ***
Capitolo 7: *** Parte Settima ***
Capitolo 8: *** Parte Ottava ***
Capitolo 9: *** Parte Nona ***
Capitolo 10: *** Parte Decima ***
Capitolo 11: *** Parte Undicesima ***
Capitolo 12: *** Parte Dodicesima ***
Capitolo 13: *** Parte Tredicesima ***
Capitolo 1 *** Parte Prima ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE PRIMA
Era una bella giornata alla Twilight Town University, mentre la
campanella che annunciava l’inizio delle lezioni squillava
rumorosamente. Roxas saliva in fretta i gradini dell’ingresso
principale, a disagio. Era nervoso perché era il suo primo
giorno come matricola, e non aveva idea di cosa lo aspettava. Nessuno
dei suoi amici era lì con lui: Hayner avrebbe lavorato
nell’officina di famiglia, Pence aveva scelto un istituto
informatico, e Olette si era trasferita in un’altra
città per studiare recitazione.
Perso nei suoi pensieri, non si accorse di dove stava andando e
sbatté contro un’altra persona.
“Ehi! Guarda dove vai, imbranato!” Roxas
alzò lo sguardo e vide che era finito addosso a una ragazza
alta e bionda, che lo fissava con degli occhi malevoli.
Il biondino si ricompose e provò a scusarsi “M-mi
dispiace, i-io non vo-volevo…” Poteva sentire il
profumo della ragazza da lì, e lo rendeva nervoso, quanto
quel viso truccatissimo che lo fissava.
“Aw, ma che carino, balbetta! Voi matricole siete
così innocenti, mi fate una tenerezza! Da
mangiarvi!” Intanto la ragazza si avvicinava con fare
provocatorio.
“Dai Larx, non lo traumatizzare già dal primo
giorno!” La chiamò una ragazza del suo gruppetto.
“Umpf. Va bene, avrò tutto il tempo dopo. Scappa
ragazzino, oggi è il tuo giorno fortunato…
forse.”
Roxas non se lo fece ripetere due volte e scattò nel
corridoio, giusto in tempo per la prima lezione introduttiva alle
matricole, tenuta dal rettore Ansem.
“..e per finire, ricordatevi di rivolgervi al professor
Eraqus per qualsiasi cosa. Gli esami verranno redatti dal professor
Xehanort e le comunicazioni dal professor Yen Sid. È tutto.
Passate un buon semestre.”
Il ragazzo non poté non assumere un’espressione
scettica. “Ma se non passo bene nemmeno il primo
giorno” mormorò.
Secondo giorno. Corridoi.
Roxas sbadigliò, mentre si trascinava verso la prossima
aula. Ieri notte era così nervoso che non aveva chiuso
occhio. E il suo compagno di stanza Luxord continuava ad esercitarsi
con le carte nel tentativo di abbordare le ragazze…
“Ehi, soldo di cacio!” Fece una voce alle sue
spalle. Roxas si voltò giusto in tempo per ricevere un
pallone da basket dritto in faccia, che lo mandò disteso per
terra. Appena si riebbe, tra le risate generali vide tre ragazzi
più grandi che lo fissavano. Uno coi capelli lunghi e neri
che rideva, uno coi capelli blu che lo fissava in modo gelido, e al
centro uno coi capelli rosa e l’aria strafottente, il
più vicino a lui.
“Attento alla palla” disse in tono canzonatorio.
Poi gli tese la mano. “Non te la prendere. È un
rito di passaggio che facciamo a tutti. Dai, ti aiuto a
rialzarti.” Poi prese Roxas e lo buttò di nuovo
sul pavimento, suscitando altre risate. “Ehi, ma che abbiamo
qui? “Dataspazio avanzato? Ma che secchione! Sai che
anch’io seguo quel corso? Mi presteresti il tuo libro,
vero?”
Roxas non rispose. Sapeva che se avesse tentato di riprendersi il
libro, gli altri due sarebbero intervenuti. Non poteva far altro che
aspettare che si stancassero…
“Yo, Marluxia!” Un oggetto di legno
passò a grande velocità e colpì il
bulletto proprio sulla testa, mandando anche lui lungo per terra, anche
se si rialzò subito. Un ragazzo dai capelli rossi stavolta
arrivò a riprendersi la tavola di legno e il libro che
Marluxia aveva fatto cadere a terra.
“Attento allo skateboard” lo canzonò il
nuovo arrivato. “Dunque, ora ammetti pubblicamente di avere
bisogno dell’aiuto delle matricole per passare gli esami?
Come se i tuoi voti non fossero già noti a tutto il
campus!” Un nuovo coro di risate si levò dalla
folla riunita, mentre la faccia di Marluxia avvampava di rabbia e
vergogna. “Axel! Tu, brutto-“
“Ehi, Saix.” Axel ignorò completamente
Marluxia, e parlò al ragazzo blu. “Dunque
è questo che fate ora? I prepotenti con le matricole? Xemnas
lo sa? Faresti meglio a fargli rapporto, lo sai quanto ci
tiene.”
Saix non lo fissò nemmeno, ma comunque disse
“Marluxia. Xaldin. Andiamocene, per il momento.”
Mentre la folla si disperdeva, il rosso si avvicinò a Roxas.
“Tieni. Il tuo libro. E non lasciarti intimorire da quelli,
insieme non ne fanno uno di cervello. Il loro capo, d’altro
canto… ma perché non hai reagito?”
Roxas accettò il libro, ma non si rallegrò.
“E cosa cambiava? Nulla, mi sarei reso ancora più
ridicolo. E neanche ora è cambiato nulla, appena
sarò da solo si vendicheranno.”
Axel lo fissò, imperscrutabile. Poi disse: “Ehi,
hai da fare dopo le lezioni? Mi sa di no, sei solo al secondo giorno.
In ogni caso, cancella tutti i tuoi impegni e vieni al dormitorio est,
stanza 713. C’è qualcuno che voglio
presentarti.”
Detto questo, schizzò via, verso la sua prossima lezione.
“Non dimenticarti, stanza 713! Non te ne pentirai!”
Roxas rimase lì imbambolato, poi scosse il capo e si
avviò verso il corridoio.
“La vita qui sarà più dura di quella
che pensavo…”
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Capitolo 2 *** Parte Seconda ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE SECONDA
Quello stesso giorno, all’ora di pranzo, Roxas si trovava
nella mensa col suo vassoio, cercando un posto dove sedersi. Era solo
il secondo giorno, ma i gruppetti erano già ben delineati ai
tavoli.
Guardò a destra, e vide un tavolo occupato esclusivamente da
ragazze, le più popolari del campus. Tra queste
c’era Larxene, che chissà come si accorse che lui
la stava fissando. Alzò gli occhi e sorridendo ironicamente
gli fece un saluto con la mano. Nei suoi occhi, una scintilla di
perfidia.
Roxas si girò rapidamente verso sinistra, e un po’
in disparte, vide Marluxia e i suoi compagni che pranzavano in modo
chiassoso. Un ragazzo con una cicatrice alla guancia si accorse di
Roxas e lo indicò a Marluxia con una gomitata. Lo sguardo di
quest’ultimo avvampò di rabbia.
“Proprio un bell’inizio”,
sospirò il biondino, scegliendo un tavolo vuoto. Almeno ci
fosse stato Luxord… ma sembrava che non gli fosse
più permesso frequentare i tavoli della mensa, dopo un gioco
di prestigio mal riuscito. Anche se lui considerava l’aver
bruciato mezzo edificio come un successo, in realtà.
“Uhm… posso?” una vocina dietro Roxas lo
fece ritornare coi piedi per terra e lo costrinse a girarsi. A parlare
era stata una ragazza minuta, coi capelli neri e lo sguardo gentile.
“Dicevo, posso sedermi? Se ti sto infastidendo me ne
vado…” e già si stava avviando, quando
Roxas la trattenne. “N-NO! Cioè, no, non mi dai
fastidio. Puoi sederti, se ti va.” Il viso della ragazza
parve illuminarsi. “Grazie! Non sono molto a mio agio con
molte persone, e non ci sono molti tavoli, considerato il numero degli
studenti, mi chiedo come mai…”
“ Probabilmente a causa di uno studente che voleva mangiare
il fuoco con le mani…”
“Come?”
“No, nulla.” Roxas si sentiva stranamente a suo
agio con la nuova venuta. Non era quella che potevi definire una
bellezza, ma nemmeno bruttina. Era un diverso tipo di bellezza, un
qualcosa di più carino e silenzioso. Improvvisamente
ricordò dove l’aveva già vista
“Quindi, sei anche tu una matricola, vero? Ti ho vista alla
lezione introduttiva ieri.”
Lei rimase sorpresa, la piccola bocca aperta in una
“o” di sorpresa. “Oh, sì!
Quindi anche tu, vero? Io sono Xion. Piacere.”
“Roxas. Tu che corsi hai deciso di fare?”
Continuarono a chiacchierare amabilmente per il resto del pranzo, e
scoprirono anche di avere molti hobby in comune. Alla fine si
salutarono, andando a seguire le ultime lezioni pomeridiane. E Roxas
era così contento dell’incontro, che non si rese
conto i suoi piedi lo avevano portato proprio alla stanza numero 713.
Il biondino esitò, chiedendosi se non era meglio andarsene
ed evitare ulteriori guai, quando la porta si spalancò e
comparve Axel. “Roxas! Ci contavo, che venivi!” E
senza dire altro lo trascinò dentro.
Dentro la stanza regnava un caos che Roxas nemmeno credeva possibile,
tra fumetti, aeroplani di carta e altre cose. C’erano altre
tre persone: uno sul letto che suonava un sitar, un piccoletto davanti
a un computer, e un gigante che leggeva un libro su una poltrona. Axel
fece una rapida presentazione: “Quello sul letto è
Demyx, il taciturno laggiù Lexaeus, e questo qui
è Zexion, il nostro cervellone. Lui invece è
Roxas, la matricola di cui vi parlavo prima.” Roxas, li
salutò, sentendosi a disagio. Demyx smise di suonare e lo
osservò, fischiando. “Tu sei Roxas, eh? Dimmi,
cosa hai fatto perché Marluxia ti prendesse di
mira?”
“Nulla, ovviamente. A quelli piace prendere i deboli come
esempio.” Zexion parlò senza nemmeno distogliere
lo sguardo dallo schermo. “Io ne so qualcosa… a
proposito Axel, ci dobbiamo aspettare una ritorsione per la tua
bravata?”
Il rosso alzò le spalle. “Oggi a pranzo
c’era anche Xigbar. Se per controllare Marluxia o per
pianificare vendetta ancora non saprei.”
Roxas, ormai curioso, si azzardò a parlare. “Ma
esattamente chi sono quelli? Da come ne parlate, sembrano quelli che
contano qui.”
Demyx scoppiò a ridere e Zexion sbuffò.
“Puoi ben dirlo” iniziò Axel
“Saix, Xaldin, Xigbar e Marluxia… ciascuno di loro
controlla qualcosa qui, dalle squadre sportive al cibo degli studenti.
Il loro capo è Xemnas, il figlio del rettore. A patto che
mantengano l’ordine per conto suo, lui gli lascia fare quasi
quello che vogliono.”
Roxas a queste parole impallidì, pronto a svenire. Tra
tutti, aveva fatto arrabbiare gli uomini del numero uno nel campus!
Senza dire altro, si girò verso l’uscita.
“Ehi, matricola! Dove vai?” chiese Demyx.
“Mi sembra ovvio, Dem” lo riprese Zexion
“francamente, non lo biasimo più di
troppo.”
Axel fermò Roxas e lo guardò negli occhi, per la
prima volta serio. “Se vuoi scappare, fallo pure. Ma allora
loro sapranno di aver vinto, e anche tutta
l’Università. Se invece vuoi dimostrargli di che
pasta sei fatto e prenderti la tua rivincita, noi siamo qui. Allora,
che ne dici? Vuoi fuggire dalla sfida? Tanto mi sembra tu ci sia
abituato.”
Roxas si fermò a quelle parole. Ripensò ai suoi
amici, ai problemi incontrati… a Xion. No, non sarebbe
fuggito. Non stavolta. Guardò i suoi nuovi compagni. Non un
briciolo di derisione nei loro occhi. Anzi, era… fiducia?
“Quando cominciamo?”
Axel annuì, Zexion sorrise e Demyx improvvisò un
motivetto col sitar. Lexaeus chiuse il libro, si alzò e
disse le prime parole che Roxas gli avesse mai sentito dire:
“Benvenuto nei Nobodies.”
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Capitolo 3 *** Parte Terza ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE TERZA
“Capisco. Quindi non te la sei passata bene” disse
Xion. Ultimamente, si incontravano sul tetto dell’edificio
principale per chiacchierare durante la pausa pranzo. Erano passati
dieci giorni dall’inizio dell’anno accademico, e
per Roxas quello era uno dei momenti più belli. Sebbene Xion
si limitasse molto ad ascoltare e commentare, più che a
parlare di sé. “Bene, ad ogni modo ti sei fatto dei
nuovi amici, devi esserne contento!”
“Immagino di sì” disse Roxas, mentre
scendevano le scale “Axel ha detto di aspettare che arrivi il
momento giusto, e di “volare basso” per ora. Non so
proprio cosa abbia in mente.”
“Mmh… però ti ha comunque aiutato, e
nemmeno ti conosceva, no? Axel mi sembra una brava persona. Dovresti
fidarti di lui.”
Roxas represse a stento un sospiro. Avrebbe tanto voluto
sapere cosa pensava Xion di lui… stava quasi per chiederlo,
quando una voce lo riscosse. “Toh, Roxas! Ecco
dov’eri!”
Luxord venne verso di loro dal corridoio, con dei segni rossi sul viso.
“Ehi, Luxord. Ehm… cosa ti è successo?
Un altro esperimento fallito?” Da quel che il biondino
ricordava, il suo compagno di stanza si stava preparando su un numero
dell’invisibilità, non avrebbe dovuto recare
problemi.
“Oh, al contrario, un successone! Sono riuscito a rendermi
invisibile all’occhio umano e a girare indisturbato! Il
problema è che dopo qualche minuto l’effetto
è svanito… e pare che le ragazze negli spogliatoi
non abbiano gradito molto l’intrusione… ma a
proposito, noto che c’è una fanciulla con
te!”
“U-uhm, sì, io sono Xion” la ragazza era
parzialmente nascosta dietro Roxas. “uhm, stavi per
caso sbirciando le ragazze negli spogliatoi?”
Roxas intervenne subito. “M-ma no! Stava solo scherzando! Lui
in realtà ha un grande rispetto per le donne!
Vero?”
“Ma certo. Io valuto una giovane donna più della
mia stessa vita.” E così dicendo, fece il
baciamano a Xion. “Ora devo andare, a dopo Roxas! Au revoir,
mademoiselle!” E si avviò.
Xion ridacchiò. “Conosci gente davvero
interessante.”
“Anche troppo.” Roxas sospirò.
L’aveva fatto perché non voleva che Xion pensasse
che frequentasse pervertiti… ma anche perché
Luxord era simpatico e leale, a modo suo. “Senti…
so che può sembrare stravagante, ed infatti lo è,
ma non vuole fare nulla di male. Si spinge solo un po’
più in là dei limiti, a volte.”
Xion sorrise. “Va bene. Se lo dici tu, ti credo.”
Axel indicò un gruppetto di ragazzi chiassosi che uscivano
da una stanza. “Quelli lì. Sono i migliori
elementi del team di football, e in generale anche degli altri sport.
Xaldin li tiene a bada e li usa quando servono muscoli…
parecchi muscoli.”
Roxas deglutì. Molti di quei ragazzi erano anche tre volte
più grandi di lui. Non voleva pensare a cosa poteva
succedergli se l’avessero preso in antipatia. “Poi
c’è il giornale del campus, anche detto
“Gossip Club”. Gestisce tutto ciò che
riguarda gli studenti e le novità, oltre anche a dettare le
mode del momento. Possono distruggere una persona anche senza forza
bruta, attaccando la sua reputazione. Marluxia ne è
incaricato. Infine, abbiamo il comitato di organizzazione, che si
occupa di monitorare tutti gli eventi dell’accademia, da che
cosa si serve a pranzo fino alle gite d’istruzione e ai
giochi di fine anno. Non devo certo dirti quanto utile è
tutto ciò ai fini di Lord Xemnas. Se ne occupa
Saix.” Roxas notò una punta di amarezza nella sua
voce.
“Tutto qui? E i club di musica e di informatica?”
“Aaah, non me ne parlare” Demyx era con loro oggi.
“Una volta c’era quello di musica, ma Xigbar
l’ha cancellato perché “non era utile ai
fini dell’accademia”. Ai loro fini,
casomai… Stessa cosa per informatica: i nerd non sono ben
accetti. A proposito, non parlarne davanti a Zexion, o non
finirà mai di lamentarsene.
E c’è anche un club del libro, ma è
gestito dal gran capo Xemnas in persona. Lexaeus non ha nemmeno provato
a iscriversi.”
Axel annuì. “Giusto, dimenticavo. Xigbar non
gestisce nessuna componente, ma è l’ombra di
Xemnas, e gli riferisce tutto. La sua parola è la parola di
Xemnas, ricordalo. Dunque, questo conclude il tour dei meccanismi del
campus, ora possiamo… sì, Roxas?”
Il ragazzo aveva alzato la mano, come in classe. Un po’
imbarazzato, disse:“Beh, ecco… non avete parlato
di voi. Voi chi siete? Cosa fanno i Nobodies?”
Axel e Demyx si guardarono. Poi il rosso
spiegò:“Noi siamo i reietti. Siamo quelli che non
sono stati accettati dal programma di Xemnas e che si sono rifiutati di
accettarlo. Siamo dei veri e propri “Nessuno”, che
vengono ignorati di proposito dalla maggior parte della
massa.”
“E occasionalmente infrangiamo qualche regola”
Aggiunse Demyx. “Ma sai che ti dico? Non cambierei questo
stile di vita per nulla al mondo. Ci sono meno preoccupazioni e ci si
diverte un sacco.”
Roxas mugugnò, poco convinto. Avrebbe voluto avere anche lui
quella spensieratezza.
Axel condusse i due verso il corridoio centrale, pieno di armadietti,
teche e studenti da ogni parte. “Bene. Come dicevo, ora sei
informato, ed è giunto il momento della tua prova.”
Roxas si bloccò. “Eh? Aspetta, quale
prova?”
“La prova di iniziazione” spiegò Demyx.
“Non che non ci fidiamo, ma ogni cadetto deve dimostrare di
poter spingersi un po’ più in là degli
altri. È la prassi.”
“Va bene, ma cosa volete che faccia?”
Il discorso tornò ad Axel. “Beh, in
realtà non sono stato del tutto sincero prima.
C’è un altro gruppo di potere nel campus. Le
majorette.”
Roxas divenne confuso. “Vuoi dire le ragazze?”
Demyx divenne pallido. “Non sono solo
“ragazze”, Roxy! Sono LE ragazze! Le più
popolari! Tra fidanzate e idol, hanno più
popolarità e controllo di quanto pensi.”
“E voi volete che io…”
“Ti introduca nel loro club e prenda un oggetto del
leader.” Disse Axel con semplicità.
“COSA? Ma sei pazzo! Potrei finire espulso!”
“Solo se ti prendono. Questa è la sfida, Roxas. Mi
avevi detto di essere pronto.” Ora i due erano seri di nuovo,
e lo guardavano.
La matricola si fece coraggio. “E va bene, lo
farò… ma almeno ditemi chi è il leader
di questo gruppo.”
Con nonchalance, Axel indicò un manifesto su una parete
senza nemmeno voltarsi. Al biondino stavano per cedere le ginocchia.
‘No. Tutto ma non questo.’
Il manifesto diceva “Ancora una volta, Larxene del secondo
anno si riconferma Miss Campus! Chi le strapperà il
titolo?”
Di colpo, Roxas rimpianse il club dello sport.
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Capitolo 4 *** Parte Quarta ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE QUARTA
Roxas si muoveva fra gli armadietti, attento a non fare nemmeno il
più piccolo rumore. Certo, avevano scelto di fargli compiere
la prova quando tutti gli studenti erano a lezione, ma la prudenza non
era mai troppa.
Il club delle ragazze era molto simile a come Roxas se lo aspettava:
pulito, ordinato, con un gradevole profumo… anche se ogni
tanto c’era qualche tacca su un muro e alcuni pacchetti di
sigarette. O meglio, Roxas credeva fossero di sigarette.
Il biondino scosse la testa: non era il momento di curiosare. Doveva
prendere ciò per cui era venuto e andarsene, Axel era stato
chiaro. “Teoricamente le ragazze non fanno parte della
congrega di Xemnas” aveva detto, “ma so per certo
che quella smorfiosetta di Larxene ha comunque una specie di accordo
con loro: loro la lasciano libera e lei di tanto in tanto gli passa
vari pettegolezzi utili. E questo è bastato a farle vincere
il trofeo di Miss Campus l’anno scorso, sebbene di solito le
matricole nemmeno superano le selezioni. Quindi, voglio che tu prenda
quel trofeo nel suo armadietto, in modo tale che lei sappia che noi
sappiamo e recepisca l’avvertimento: sarà una
strega con un bel faccino, ma non è stupida.”
“Ehi ehi ehi, un momento!” aveva protestato Roxas
“Non ti sembra un po’ eccessiva come
iniziazione?”
“Mh? Affatto. Io e Demyx siamo troppo noti (in senso
negativo, ovvio), e senza un alibi saremmo i primi sospettati di tutti.
Lexaeus, puoi capire tu stesso che le missioni di infiltrazione non
sono il suo forte. Zexion, beh… meglio che non ti dica i
suoi voti ai test di corsa. Ma tu sei svelto, e sei nuovo di qui:
nessuno sospetterà mai di te!” Aveva concluso il
rosso, soddisfatto.
Roxas non aveva potuto fare altro che capitolare. Non era riuscito a
dire ad Axel che invece era molto probabile che Larxene si sarebbe
avventata su di lui, perfino senza prove.
Tuttavia, ora era in preda al panico: gli armadietti erano tutti
uguali, come avrebbe fatto a trovare il suo? Mentre si guardava
intorno, uno tra di essi catturò la sua attenzione.
Sì, era il suo. Roxas si diresse verso l’unico
armadietto cosparso di teschi, simboli del fulmine e foto di Larxene.
Con una mano tastò la superficie, e con l’altra
ruotò la manopola. Poteva non sembrare guardandolo, ma era
molto bravo con le serrature; era sempre riuscito ad aprirle con
facilità. Questa non fu da meno, e in breve Roxas si
ritrovò ad ammirare la più grande collezione di
unicorni che avesse mai visto. Ce n’erano di tutti i tipi,
anche solo come portachiavi e illustrazioni. Roxas rimase
sbalordito, prima di pensare che forse il furto del trofeo era la cosa
che avrebbe danneggiato Larxene di meno. Parlando di trofei, una coppa
d’oro con pietre preziose svettava tra gli equini. Roxas
stava per prenderla, quando udì la porta del club aprirsi
alle sue spalle. La matricola terrorizzata chiuse in fretta lo
sportello e si nascose sotto un tavolo, sperando che le sedie e le
borse lo nascondessero alla vista.
Dalla sua posizione non poteva vedere molto: solo due paia di gambe che
entravano nella stanza. Ma perché così presto? Le
lezioni non potevano essere già finite!
Ebbe presto risposta quando un paio di gambe disse all’altro:
“Santo cielo, che noia quella lezione! Il professor Merlino
saprebbe rendere noioso perfino un film dell’orrore, se lo
raccontasse lui… abbiamo fatto bene ad andarcene,
Larx!”
“Non me ne sono andata per quello. Figurati, può
parlare quanto vuole… è che oggi ho degli affari
da sbrigare.” Inutile dire che al suono di questa voce Roxas
si fece pallido come il suo completo nero quando Luxord decise di
mostrargli gli effetti della sua polvere sbiancante.
“Ohhh! Ti vedi con Marluxia, per caso?”
civettò l’altra.
“Cosa? No! Come puoi dire questo!”
“Oh, tesoro, lo sa tutto il club che hai il tuo giro con loro
–non che ti biasimi, ci affascina come hai le mani in pasta
ovunque- e con lui ti vedi spesso. Non che mi dispiaccia, fate una
bella coppia!”
“Mpf. Comunque, no, oggi è…
è un’altra cosa.”
Mentre parlavano, il primo paio di gambe aveva preso una borsa da uno
scaffale, e l’altro l’aveva presto imitato.
Sembravano pronti ad andare, e Roxas già tratteneva a stento
i sospiri di sollievo, quando due gambe si fermarono vicino al suo
tavolo.
“…aspetta. Qualcosa non va.”
“Uh? Che intendi, Larx?”
“Il mio armadietto. Era chiuso a chiave. Ora
è aperto.”
L’altra emise un sospiro di sorpresa, più per
scena che per altro. “Un ladro? Forse quegli orribili
ragazzacci dei Nobodies?”
“Nah. Non è da loro compiere errori
così grossolani.” Controllò in fretta
il contenuto dell’armadietto. “Qui non manca
niente. Forse mi ero scordata di chiuderlo. O forse” e le
gambe si mossero minacciose verso il tavolo “qualche
ladruncolo poco svelto è ancora qui.”
Il cuore di Roxas batteva così forte che pensava
l’avrebbero scoperto anche solo da quello. Ormai
c’era poco che potesse fare: lasciare che lo trovassero o
consegnarsi lui stesso e risparmiare tempo. In entrambi i casi, non si
metteva bene. Poteva quasi sentire la brama da predatore di Larxene
mentre scostava le prime borse…
“U-uhm! Scusate…” fece una vocina
flebile.
Per un istante tutto si fermò. Poi si udì la voce
di Larxene “Ah, sei tu, bambolina. Sei così
silenziosa che non mi accorgo mai della tua presenza. Ebbene? Volevi
dirmi qualcosa?”
Xion alzò un poco la voce “S-sì, in
realtà: poco fa ho visto Xigbar che ti
cercava… sembrava fosse urgente.” Poi vide cosa
stava succedendo, e aggiunse: “Oh! Mi dispiace!
L’armadietto… sono stata io ad aprirlo, dopo aver
visto la combinazione. Ero curiosa, perché ammiro molto
senpai come donna, ma mi vergognavo di dirlo, e
così…”
“Heh. Non hai bisogno di scusarti. Una donna deve essere
pronta a spingersi in là a volte, e almeno hai dimostrato di
avere buongusto. Ma” e si avvicinò a Xion
“Non farlo più. Sei una bambola carina, ma potrei arrabbiarmi se accadesse di nuovo. Capisci,
bambolina?”
“S-scì…” dalla voce Roxas
capì che Larxene aveva preso Xion per le guance.
“…Bene. Allora noi ce ne andiamo. Vediamo cosa
vuole Xigbar. Metti in ordine, se te ne vai.”
Rimasti soli, Xion chiuse la porta. “Uhm… Roxas?
Puoi uscire, ora.”
L’altro non se lo fece ripetere. Né rimase
sorpreso: era ovvio Xion avesse qualche motivo per addossarsi una colpa
non sua. Rotolando fuori, disse: “Ti ringrazio davvero tanto.
Mi hai salvato. Ma come sapevi che ero qui?”
Xion ridacchiò, con quella risatina dolce appena udibile che
a Roxas piaceva tanto: “Essere bassa a volte ha i suoi
vantaggi. Dalla mia prospettiva, ti vedevo molto chiaramente. E dopo
quello che mi hai raccontato, non ci ho messo molto a capire la
situazione. Allora ho detto al Larxene quello che voleva sentirsi dire
per convincerla” spiegò con semplicità,
come se fosse la cosa più naturale del mondo. Anche se Roxas
pensò che capire QUELLA situazione e inventare sul momento
una storia plausibile era invece degno di ammirazione.
“Ho un po’ di paura a chiedertelo.
Perché mi hai difeso? Non sai nemmeno cosa stavo facendo
qui.”
Xion lo fissò. “Allora dimmi: cosa stavi facendo
qui? Ti ho difeso perché volevo sentire la tua versione dei
fatti, anche se le altre non erano molto inclini a farlo. Mio padre
dice sempre che tutti hanno diritto a difendersi.” Poi, dopo
una pausa, aggiunse: “Confido che tu abbia una giusta
motivazione.”
Roxas deglutì. Come poteva dirglielo? In quel momento,
ammettere di voler ricattare una ragazza non sembrava
un’azione eroica. Poi la fissò a sua volta, e
decise di usare l’unica carta a suo favore: la
sincerità.
Xion ascoltò in silenzio, e alla fine disse:
”Capisco. Quindi Axel e gli altri volevano una
prova.”
“Sei…non sei arrabbiata?”
“No. Immagino che gli scherzi, se non nascondono fini
malvagi, facciano parte della natura dei ragazzi… come
infrangere le regole. E, beh, diciamo che Larxene se
l’è un po’ cercata.”
Roxas era addirittura più sollevato di quando lei e la
sua amica erano andate via.
“Però, Roxas… non posso permetterti di
rubare qualcosa ora dal club, proprio sotto i miei occhi.
Capiscimi…”
“Ah! Ma certo, ma certo! Sei stata gentile… fin
troppo gentile! Allora, io vado! Grazie ancora!”
Si stava già avviando, quando ad un tratto si
fermò. Con un ghigno, si voltò verso Xion e
disse, fingendosi esasperato: “Ma non eri stata tu a dire che
di Axel ci si poteva fidare?”
“Teehee” rise lei, imbarazzata.
Tornato alla stanza 713, Roxas aveva esposto in breve cosa fosse
successo agli altri.
Pensava che si sarebbero dimostrati delusi per il suo fallimento, ma
con sua sorpresa la loro attenzione era rivolta a tutt’altro.
“E così l’ha allontanata facendosi
venire in mente che Xigbar la cercava?” disse Axel, sdraiato
su un letto mentre fissava il soffitto. Lexaeus commentò:
“La scelta migliore. Xemnas era poco plausibile, e gli altri
non avrebbero destato il suo interesse abbastanza in fretta.”
“E poi l’ha adulata, sapendo quanto a lei piaccia.
L’adulazione è l’unico momento in cui
l’ego di Larxene le offusca la capacità di
giudizio. Quello, e il non voler far aspettare Xigbar,
l’hanno fatta muovere.” Concluse il rosso. Demyx
fischiò di ammirazione.
“La ragazza ha del potenziale, davvero” aggiunse
Zexion. “Strano non mi sia giunta alcuna voce al riguardo.
Vuoi che faccia qualche ricerca, Axel?”
Axel si alzò. “No. Lei ci ha aiutato, non la
ricambieremo ficcando il naso nei suoi affari.”
Guardò Roxas. “Beh, sono contento tu sia qui tutto
intero, ad ogni modo.”
Roxas era però giù di corda, specialmente dopo
aver sentito tutte queste lodi su Xion, che lo avevano reso consapevole
del suo fallimento. “Sì, anche se Larxene
mangerà presto la foglia. E non ho potuto recuperare il
trofeo…”
“Ah, quello! Tranquillo, non mi aspettavo ce la facessi. E
Larxene non ti ha visto, quindi non può provare nulla. Ora
sei finalmente uno di noi.”
Il biondino rimase a bocca aperta. “Come! Ma se ho
fallito!”
“Ehi, stando al tuo racconto, hai aperto
l’armadietto, no? Hai avuto il coraggio di farlo, e anzi, ce
l’avevi quasi fatta. Che poi per un contrattempo tu non sia
riuscito a completare l’incarico, beh, non lo trovo
rilevante. Qualche obiezione?”
Lexaeus scosse la testa, sorridendo. Il silenzio di Zexion era
eloquente: se avesse avuto qualcosa da ridire, l’avrebbe
detto. Demyx disse tutto allegro: “Lo sapevo che aveva la
stoffa.”
Roxas era così felice, che non si chiese nemmeno se lo
stessero incoraggiando perché l’avevano visto
depresso. Non gli importava. Aveva finalmente trovato gente che teneva
a lui, e che non se la prendeva per un suo errore. Non poté
fare altro che scuotere la testa con muta riconoscenza.
“Bene, ora che abbiamo un altro uomo, possiamo iniziare i
piani futuri… ehi, Roxas! Dove vai?”
“Beh, al mio appartamento. Pianificare non è il
mio forte, quindi se avrete bisogno di me-“
“Questo mi va bene. Ma io non uscirei senza scorta.”
Stavolta fu Roxas a fissare Axel. “Ma avevi detto che non
corro pericoli…”
“Ho detto che non ci sono prove su di te, il che significa
che non verrai espulso. Ma credi davvero che a Larxene, serva un
motivo? Lexaeus, accompagna il ragazzo, ti va?”
Roxas tutto a un tratto si ricordò di una cosa.
“Ah! Axel! Forse ho comunque preso qualcosa di utile
dall’armadietto. Non sarà il trofeo,
ma…” E porse ad Axel il suo bottino di guerra.
Per la prima volta, Roxas vide Axel rimanere di stucco. Zexion si
avvicinò con la sedia a rotelle. Demyx sbirciava da sopra i
due. “Urca, Roxy! Bel lavoro!”
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Capitolo 5 *** Parte Quinta ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE QUINTA
Le stelle brillavano nel cielo notturno. Non era nemmeno troppo tardi,
ma essendo il finire dell’anno, le giornate erano
più corte. Roxas incedeva tra i viali, seguito da vicino da
Lexaeus. Certo, non si poteva dire che passassero inosservati, ma la
mole del gigante teneva alla larga qualsiasi importuno. Non che ce ne
fossero troppi, comunque: solo qualche coppietta intenta ad amoreggiare
al chiaro di luna, e occasionalmente qualche studente anziano che aveva
alzato un po’ il gomito.
Roxas si sentiva però ancora un po’ a disagio dal
silenzio della sua taciturna scorta, quindi provò ad avviare
una conversazione.
“Ehm, bella serata, vero? Ci sono un sacco di
stelle… e molti studenti che si divertono!”
“Già.”
“Mi vergogno a dirlo, ma provo un po’ di
imbarazzo… io non ho mai avuto una ragazza! E, e tu, invece?
Se posso chiedere…”
“No.”
Dopo quel tentativo, Roxas lasciò perdere, anche
perché pensava di averlo ormai offeso, con quella domanda un
po’ troppo riservata. Era ovvio che Lexaeus gli avesse
proibito di chiederglielo.
Ma rimase sorpreso quando Lexaeus sorrise, incrociando le braccia.
“No: non ne ho mai avuta una. La mia statura ha sempre
provocato un certo timore a chi mi sta attorno. Ma in realtà
non rifiuto mai una buona conversazione.”
“Davvero? Mi era parso che non volessi parlare, rispondevi
solo a monosillabi.”
“Questo perché le tue erano domande di pura
circostanza: non ti sarebbe nemmeno interessata la mia risposta. Io
ritengo che le parole abbiano un giusto peso a seconda delle
circostanze. Se c’è qualcosa che veramente mi vuoi
chiedere, fai pure.”
Roxas pensò che ormai doveva avere i suoi pensieri scritti
in faccia, visto che tutti lo leggevano come un libro aperto. Oppure
era capitato assieme a persone davvero uniche, persone che sentiva di
voler conoscere meglio.
“Allora, dimmi: come mai ti sei unito ai Nobodies? E che
interessi coltivi?”
“Ah, due domande interessanti. E collegate fra loro,
più di quanto si pensi. Dunque, io adoro leggere, come forse
quel chiacchierone di Demyx ti avrà detto. Poesia, classici,
romanzi, lettere… è tutto magnifico, ai miei
occhi. Centinaia di parole e immagini che si combinano per dare luogo a
storie e pensieri sempre nuovi. Tuttavia, diciamo che
l’ambiente dove sono cresciuto non era proprio culturalmente
stimolante, e ho dovuto imparare a difendermi. Qui, le cose sono
addirittura peggiorate: Xemnas e i suoi aboliscono qualsiasi forma di
libero pensiero, e spezzano chiunque non si pieghi. Ma io non sono
così facile da spezzare… non fisicamente, almeno:
quindi mi hanno attaccato sull’immagine. Per tutto il primo
anno, hanno messo in giro voci sul mio conto, che ero violento, che
nella mia scuola avevo anche mandato un professore
all’ospedale, che ricattavo quelli più deboli.
Nessuno si avvicinò più a me, dopo queste
diffamazioni.”
Roxas ascoltò tutto questo, ammutolito.
All’inizio, anche lui si era fatto trarre in inganno dalle
apparenze, e pensava che il gigante fosse una specie di guardia del
corpo. Ma ora vedeva Lexaeus sotto una nuova luce: era un fine
pensatore, e un patito dell’arte. E il biondino poteva anche
capire che dietro a tutte quelle parole c’era un animo
sensibile, che non apprezzava la violenza. E il pensiero che fosse
stato soggetto ad un simile bullismo psicologico, solo
perché aveva tenuto fede ai suoi principi, lo riempiva di
rabbia cocente, tanto che dovette imporsi di smettere di stringere le
mani.
Lexaeus intanto era come perso nei suoi pensieri, lo sguardo fisso in
lontananza.
“Poi, l’anno successivo, arrivò una
giovane matricola che mi parlò come se nulla fosse. Credevo
fosse costretto da una specie di penitenza, era già successo
prima, ma lui iniziò ad attaccare bottone, a parlarmi dei
suoi interessi e dei suoi progetti. E alla fine, mi chiese se mi
andasse di unirmi a lui e al piccolo gruppo che stava mettendo in
piedi. ‘Ci farebbe comodo uno col tuo spirito e il tuo amore
per la lettura’, aveva detto. Era la prima volta che qualcuno
vedeva in me altro oltre ai muscoli. Così conobbi Axel e i
Nobodies.”
Mentre parlavano, erano ormai arrivati al dormitorio delle matricole.
Roxas salì le scale, si voltò e disse:
“Grazie. Non solo per avermi scortato, ma per avermi detto
tutto ciò. Vedrai che le cose cambieranno.”
Il gigante sorrise, con quel suo sorriso goffo, ma con una
sincerità ineguagliabile. “Bene, cadetto. Ma ora
riposati. Finora hai visto le stoccate, ma presto osserverai un vero
colpo in stile Nobodies.”
I due si congedarono, e Roxas entrò nell’edificio.
Appena entrato in stanza, la prima cosa che notò furono i
vari gomitoli grigi appallottolati sul pavimento. Preparandosi
già mentalmente al peggio, chiamò il compagno di
stanza. “Luxord, e questi cosa sono?”
Questi arrivò subito, tenendo nelle mani due…
Roxas non poteva crederci. “Ah, Roxas, tempismo perfetto.
Potresti aiutarmi, qui? Non riesco da solo.”
“Luxord, perché hai in mano due CONIGLI? No, non
dirmelo. Volevi fare il numero del cilindro.”
“Ah, non un semplice numero del cilindro, mio caro amico! Il
doppio numero del cilindro! Doppi roditori, doppia magia! Ma
c’è stato un contrattempo, io non
sapevo… il venditore mi aveva assicurato che erano maschi
tutti e due!”
A quelle parole, Roxas si voltò verso i gomitoli per terra,
e notò come si muovevano debolmente. Non è che
non potesse crederci. Non VOLEVA crederci. “Lux, il tuo
incantesimo ha avuto i cuccioli!”
“Sì, lo so… domani
provvederò a riportarli al negozio, ora però
aiutami a raccoglierli!”
Dopo che ebbero sistemato la nidiata in uno scatolone, il biondino si
accasciò sul letto, sfinito dalla giornata. “Sai,
forse supereresti l’anno se ti impegnassi di meno in queste
cose. Non dico che devi abbandonare le tue, ehm, inclinazioni, ma
almeno moderarti!”
Il prestigiatore sbuffò. “Oh, avrò
tutto il tempo di moderarmi, in futuro! Questi sono gli anni migliori,
amico mio! La libertà, le occasioni, le ragazze! Devo
sfruttare questo tempo finché posso!”
Roxas scosse la testa, troppo stanco per ribattere. Eppure, mentre pian
piano scivolava nel sonno, non poté fare a meno di pensare
che forse anche Luxord avrebbe combinato qualcosa di buono…
forse si stava soffermando troppo sulle apparenze anche con lui.
Larxene rovistava tra gli oggetti del club, in piena agitazione.
Vestiti volavano, soprammobili finivano in terra, ma a lei non
importava. Nulla importava, tranne ritrovarlo. Dove poteva essere?
L’aveva messo nella borsa! Se non saltava fuori – o
peggio, se saltava fuori in posti sbagliati – la sua
reputazione era rovinata. Eppure, per quanto cercasse, non lo trovava,
nonostante stesse sprecando preziose ore di sonno per assicurarsi di
non essere scoperta dalle amiche. Furibonda, capovolse
l’ennesimo cassetto per l’ennesima volta.
“Non c’è! Non c’è
da nessuna parte!”
“Perso qualcosa?”
Xigbar sostava sulla porta, con un’espressione di
divertimento sul volto. Larxene gli si avventò contro, in
preda al panico. “Tu! Se sei stato tu, giuro che-“
“Calma. Non so nemmeno cosa hai perso. Ma mi sono fatto
un’idea di cosa è successo. Vedi, dopo che sei
venuta a cercarmi, sostenendo che ti avessi mandata a chiamare io, ho
iniziato a pensare a questo… buffo malinteso. E poi mi sono
chiesto: chi avrebbe interesse nel creare confusione e metterti in
ridicolo?”
“I Nobodies.” Larxene riacquistò la
calma, e valutò la situazione. “Ma non
è possibile. Non è il loro stile, e sarebbero
troppo riconoscibili.”
“Ah, ma non tutti. Vedi, pare che abbiano reclutato un nuovo
cadetto, un nuovo volto a cui far fare il lavoro sporco. Axel
è stato visto i primi giorni, mentre fraternizzava con
lui-“
“Taglia corto. Chi è? Chi è il
colpevole? Dimmi il nome!”
Xigbar sorrise ancora di più, viscido. “Pare si
chiami Roxas. Capelli biondi, basso, porta una polsiera a scacchi. E
sembra sia lui il responsabile del piccolo furto ai tuoi
danni.”
Xigbar aveva la fama di essere un ragazzo senza paura e coi
nervi d’acciaio, abbastanza da fare da intermediario con
Xemnas. Eppure perfino lui si fece istintivamente indietro, alla vista
della faccia di Larxene. Quella gelida furia era anche peggio della
rabbia cocente che mostrava di solito.
“Va bene, allora. Vogliono la guerra? E guerra
avranno.”
Il ragazzo sorrise. “Perfetto. Posso contarti tra i nostri,
allora? Ci sono cose che vorremmo tu facessi per
noi…”
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Capitolo 6 *** Parte Sesta ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE SESTA
“Ci siamo?”
“Non ancora.”
Roxas si trovava nella sala monitor, il luogo dove si trovava la
centralina di comando che decideva cosa veniva proiettato sui vari
schermi disseminati per il campus. Si potevano anche controllare le
telecamere di sorveglianza, gli altoparlanti e il gigantesco schermo
nella sala conferenze: Zexion l’aveva definito il cuore
informatico dell’istituto. Proprio lui si trovava seduto
lì ora, manipolando i server con una facilità
inaudita, assieme ad un nervoso Roxas. Era bastato simulare una
telefonata al responsabile della sala monitor, il professor Cid, per
farlo allontanare. Ora, Axel lo stava intrattenendo fingendosi un
impiegato della Paopu Fruit e sostenendo che poteva partecipare ad un
concorso per vincere una vacanza al Resort Destiny Islands. Intanto,
Roxas aveva usato la sua abilità con le serrature per
introdurre Zexion nel cuore, e ora erano lì, con Lexaeus un
piano più sotto a fare la guardia.
Era rischioso. Molto rischioso.
Tutto era iniziato pochi giorni prima. Ormai era finito il primo
semestre (per Roxas era durato fin troppo poco, a causa di tutte le
esperienze passate), e gli studenti già guardavano alla
breve pausa che ci sarebbe stata, e soprattutto allo spettacolo di
metà anno, una serie di giochi e forme di intrattenimento
organizzate dai vari club per divertire il corpo studenti. O come
l’aveva definito Zexion, “Una pagliacciata per
tenere buona la massa e al tempo stesso dimostrare che Xemnas controlla
tutto”. Già, perché anche dietro a
questo c’era lo zampino di Xemnas e i suoi. “Pane e
circo per il popolo,” seguitava a dire.
“L’hanno fatto per due anni consecutivi, ma
stavolta basta. Ora che abbiamo il giusto numero di uomini e
preparativi, ci pensiamo noi.” Roxas dimenticava spesso che
pur avendo la sua stessa età, Zexion aveva saltato vari
gradi grazie ai suoi risultati accademici. Era al terzo anno, un anno
sopra Axel.
Questi aveva finito di illustrare il piano. “Ecco
ciò che faremo. Un po’ rischioso, ma se ognuno
farà la propria parte, nessuno ci rimetterà, e i
Nobodies avranno segnato un gran bel punto alla fine del primo tempo.
Domande?” Guardò tutti, specie Roxas. Su di lui
indugiò a lungo, poi si girò verso Zexion.
“Ehi, Zex-“
“Se stai di nuovo cercando di convincermi a scambiare te e
Roxas, come suppongo, sappi che è fiato sprecato.”
Il rosso si agitò, contrariato. “Il mio ruolo
è il meno pericoloso, e lui invece è con te.
Quando metteremo in atto il piano, i più svegli capiranno
subito e verranno nella sala monitor! Sarete nel centro della
tempesta!”
“Ed è per questo che abbiamo Lexaeus, il teppista
che ha mandato un docente all’ospedale, di guardia. Se sono
davvero i più svegli, non si avvicineranno”
ribatté Zexion. Lexaeus non diede segno di essersela presa,
ma seguiva tutto con attenzione.
“Senti Axel, se vuoi prenderti più rischi o
proteggere il nuovo venuto, c’è quello che ci ha
portato dalla sua prova d’iniziazione. Usa quello, e non
avremo più problemi.”
Axel si mise una mano in tasca, e osservò il bottino di
guerra di Roxas. Poi lo mise in un libro su uno scaffale.
“No, questo può ancora servire, e poi
c’è poco tempo. Hai ragione, questo è
il piano migliore.” Ma mentre usciva dalla stanza, Roxas lo
sentì mormorare a denti stretti: “Eppure vorrei
tanto fare di più.”
La matricola non aveva detto niente riguardo al piano. Ovviamente era
terrorizzato, e i peggiori scenari lo avevano assalito nelle notti
precedenti al giorno fatidico; ma ormai era rassegnato. Aveva fatto una
scelta, e non si sarebbe tirato indietro. In più, aveva
ormai imparato a conoscere i Nobodies, e aveva passato molto tempo con
loro: a parlare di musica con Demyx, di videogiochi con Zexion, di
libri con Lexaeus. Con Axel poi, si trovava molto bene: era una persona
affabile e cordiale, che ti ascoltava sempre con la massima attenzione
e aperta ad un sacco di argomenti. Ma non erano tanto le tematiche
delle loro discussioni a rendere piacevole la sua compagnia, quanto il
fatto che Axel prendeva tutto con ottimismo, seguendo la sua filosofia
di vita: una filosofia incentrata sull’aiutare il prossimo,
sull’essere onorevoli e soprattutto, sul vivere
l’attimo, senza badare alle critiche esterne. Una visione che
alcuni potrebbero definire leggera, ma in realtà Axel sapeva
essere anche molto profondo, quando voleva. Roxas aveva però
notato che non era incline a parlare del suo passato, ma gli andava
bene. Ognuno aveva diritto alla propria privacy. Aveva passato un
semestre magnifico con quei ragazzi, i suoi nuovi amici, ed era
disposto a tutto pur di aiutarli.
Inoltre, con suo immenso sollievo Xion era partita per un breve viaggio
all’estero; le sarebbe mancata molto, ma almeno non sarebbe
rimasta coinvolta in tutto questo.
Per questo ora era là, assistendo mentre Zexion isolava
alcune telecamere e prendeva il possesso di altre, mostrando come la
sala conferenze fosse ormai piena di gente. In quel momento il rettore
Ansem stava parlando sul palco, probabilmente un discorso commemorativo
e un’introduzione agli spettacoli, il tutto condito dai suoi
ammonimenti sullo studio.
Presto avrebbero iniziato, e durante la prima esibizione Xigbar avrebbe
notato la loro assenza tra la folla e avrebbe mangiato la foglia.
Sempre se non l’aveva già fatto.
“Ci vuole ancora molto?” chiese il biondino per
l’ennesima volta.
“Un po’ di pazienza” rispose Zexion,
imperturbabile. “Se lo faccio ora, qualche studente ancora in
giro potrebbe notare la confusione, e riferire subito tutto a Marluxia.
Aspettiamo l’inizio dello spettacolo, quando tutti saranno
rilassati.” Roxas annuì, non riuscendo
però a liberarsi dell’ansia che lo invadeva.
Finalmente, fece il suo ingresso il club di danza, che
deliziò il pubblico con le sue coreografie e nastri
colorati. Ci furono un sacco di mormorii di piacere per la sala, che si
tramutarono in veri e propri applausi quando i ballerini formarono un
arco dal quale passarono Marluxia, Xaldin e Xigbar, tutti sorridenti
mentre salutavano il corpo studenti e gli insegnanti.
Zexion osservava con una smorfia di disgusto.“Ed eccoli qui,
a ricordare da subito che è grazie a loro che ci sono questi
svaghi… non vedo Xemnas. Strano. Immagino abbia deciso di
presentarsi verso la fine, per suscitare più effetto. Bene,
direi che è ora.” E premette un pulsante sulla
tastiera dinanzi a lui.
Tutte le luci nella sala si spensero, e sullo schermo a parete comparve
un video di Demyx che, parzialmente camuffato, iniziò a
suonare una sua versione di “Nobody’s
Listening”, sostituendo alcune parole della canzone con
attacchi e prese in giro a Xemnas e il suo gruppo. Contemporaneamente,
dal soffitto caddero degli striscioni colorati con frasi quali
“Pensa con la tua testa!” e “Abbasso il
consiglio degli studenti!”, nonché pupazzi
rappresentanti i vari membri del consiglio studentesco ripieni
d’acqua su tutti i presenti.
Roxas, che era all’oscuro di quest’ultima parte,
guardò Zexion, che sorrise. “Axel e Lexaeus devono
aver fatto qualche straordinario notturno… pare che il
nostro capo non abbia accettato la sua piccola parte in questo piano,
dopotutto.”
“Ma, Demyx? I professori forse non lo riconosceranno, ma le
persone che lo conoscono sì.”
“Ah, non ci badare. Ho già provveduto a cancellare
ogni traccia da questi computer. Senza prove, la parola di uno studente
da sola non basta per sentenze gravi, non importa quanta influenza
abbia. E poi lui adora mettersi in mostra così.”
Zexion diede un’ultima occhiata al monitor, che mostrava
un’aula ora in preda al caos. “Ma forse ora
dovremmo andare.”
Uscirono fuori dalla stanza e si precipitarono verso l’uscita
antincendio. Arrivati lì, Zexion scese di sotto e Roxas
salì al terrazzo, come stabilito; separandosi, avrebbero
ridotto i sospetti. A quel punto, Roxas avrebbe solo dovuto aspettare
l’inevitabile annuncio che a causa di problemi tecnici tutti
gli studenti potevano lasciare l’edificio, ed andarsene a
festeggiare con gli altri. Con una scarica di adrenalina in corpo, la
matricola sfrecciò fra i corridoi in cerca della porta per
il terrazzo.
“Vai da qualche parte?”
Una figura sbucò da dietro un armadietto e lo
inchiodò al muro con un braccio. Roxas tentò di
liberarsi, ma la presa di Xaldin era paragonabile a quella di una
tenaglia.
“E cosa ci è toccato dalla lotteria degli sfigati?
Ah, il nuovo arrivato! Il che significa che Larxene ha preso il
secchione. Immagino sarà molto delusa, ma meglio
così per tutti. Soprattutto per te, credimi.”
Xaldin immobilizzò Roxas con un braccio dietro la schiena,
costringendolo a fissare il suo interlocutore. Xigbar.
Questi sorrideva in modo spietato. “Immagino vi siate sentiti
soddisfatti, per il vostro brillante piano, non è
così? Colpire durante lo spettacolo di metà
anno… come siete prevedibili. È molto meglio
attaccare all’improvviso, quando il tuo nemico pensa di aver
vinto.” E fece un gesto eloquente, per sottolineare che era
proprio quello che loro avevano fatto ai Nobodies. “Appena le
luci si sono spente, quello è stato il nostro segnale per
intervenire. Sapendo dove andare, siamo venuti qui anche prima di voi.
Questo è vero lavoro di squadra, pivello.”
Roxas capì che erano finiti in una trappola fin dal primo
momento, anche se non capiva come avevano fatto a farsi
scoprire… e immediatamente realizzò che anche gli
altri dovevano essere stati catturati.
Xigbar indovinò a cosa stava pensando. “Ti
preoccupi per i tuoi compari, eh? E fai bene. Era da tanto che volevamo
toglierci questo sassolino dalla scarpa, e la clemenza non è
una delle tante discipline che impartiamo ai nostri collaboratori. Ma
mi preoccuperei dopo, se fossi in te. Perché tu, amico mio,
hai un trattamento di favore, un posto privilegiato col tuo nome
scritto sopra.”
Lo fissò un’ultima volta, prima di dare un secco
ordine al suo aguzzino. “Ok, Xaldin. Portiamolo in fretta da
Lord Xemnas.”
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Capitolo 7 *** Parte Settima ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE SETTIMA
Roxas avanzava per un lungo corridoio bianco, in un’ala mai
vista dell’istituto, proprio vicino agli studi dei
professori. Tutto, dalle pareti ai mobili, era di un bianco puro,
innaturale: ti dava la sensazione di essere fuori posto, un essere
inetto e sporco che era capitato per sbaglio nella sala di un signore.
E ripensando a quanto gli era stato detto dai suoi amici, probabilmente
era un effetto voluto.
Xigbar e Xaldin arrivarono di fronte a una grande porta color ocra, e
quest’ultimo si fermò, passando il prigioniero a
Xigbar.
“Già, Xaldin, a te non piace l‘atmosfera
lì dentro, eh?”
L’altro grugnì. “Vado a vedere
com’è andata agli altri. Niente errori
stavolta.”
Mentre si allontanava, Xigbar aprì la porta e condusse Roxas
all’interno. “Bene, vogliamo entrare? È
maleducazione far aspettare chi ti è superiore.”
Tutto considerato, l’interno della stanza era abbastanza
ordinario, rispetto a quanto Roxas si era aspettato.
C’erano studenti, per la maggior parte del terzo anno, che
leggevano libri, ripassavano le lezioni, si intrattenevano con dei
giochi da tavolo. Il tutto con della leggera musica classica in
sottofondo. Eppure una sensazione di disagio s’intromise nel
biondino. C’era qualcosa di davvero sbagliato lì.
Xigbar arrivò al centro della stanza e lì si
fermò, davanti a una massiccia scacchiera di metallo, molto
elaborata. E dietro la scacchiera, un ragazzo dai capelli grigi e lo
sguardo più freddo e calcolatore che Roxas avesse mai visto.
Nessuna emozione sembrava trasparire da quegli occhi dorati, eppure ti
davano comunque la sensazione di leggerti nell’anima, e non
in una maniera piacevole.
“Così tu sei Roxas. Un buon lavoro,
Xigbar.” La voce di Xemnas era pari
all’espressione, priva di sentimento e profonda.
Indicò il posto dall’altro lato della scacchiera.
“Siediti.” Disse, con un tono che non ammetteva
repliche. Roxas si sedette, mentre Xigbar si spostò di
qualche passo all’indietro, lasciandoli apparentemente soli.
Xemnas intanto muoveva dei pezzi, anche se prima del loro arrivo non
c’era nessuno a fargli da avversario. Roxas ne aveva sentito
parlare da Lexaeus: alcuni giocatori, invece di giocare una partita
intera, disponevano i pezzi in modo da creare alcune situazioni
difficili da contrastare, e provavano a uscirne fuori. Di norma era
più un allenamento che un tentativo di uscirne vincitori,
visto che spesso si ricreavano situazioni prese da partite di
professionisti.
“Mi sono giunte voci sul tuo conto” riprese il
presidente del comitato studentesco, mentre continuava la sua partita
contro un avversario inesistente. “Ti sei introdotto nel club
delle majorette senza permesso, hai iniziato a frequentare personaggi
di dubbio gusto, e assieme a loro hai tramato per rovinare la cerimonia
di metà anno, nonché aiutato a manomettere la
sala monitor del professor Cid. Niente male, per una
matricola.” E qui alzò gli occhi per fissarlo.
Roxas aveva una paura matta, ma restituì lo sguardo.
Ricordava le rassicurazioni di Zexion: loro non avevano niente di
concreto. “Non so di cosa stia parlando… signore.”
“Oh, puoi anche rilassarti; non sei qui perché ci
serve una confessione. Abbiamo già tutto ciò che
ci occorre. Pensa invece a questa come alla tua seconda
occasione.” Roxas si fece più attento. Non capiva
a cosa stava alludendo Xemnas.
“La prima impressione è la più
importante, tanto nella vita quanto qui nel campus: essa può
rovinarti per sempre, o farti vivere le migliori esperienze possibili.
Ma ad alcuni individui molto fortunati è concessa
un’opportunità per modificare la propria
immagine… se sono abbastanza furbi da coglierla. Tu hai
fatto delle scelte, nei mesi passati qui. Scelte gravi e discutibili.
Ma hai ancora il beneficio del dubbio; sei solo una matricola, e
immagino che lo stile di vita di quei parassiti ti sia sembrato
allettante. Ma ora ti sei ravveduto, e hai optato per scelte
più sagge.”
Roxas finalmente capì. Gli stavano chiedendo di passare
dalla loro! Prima ancora che potesse rispondere, Xigbar si
accodò: “Pensaci bene, pivello. Hai altri tre anni
da passare qui. ALMENO. E a seconda della tua risposta, potrebbe essere
l’esperienza più piacevole della tua
vita… o un vero incubo. Ci serve solo un tuo cenno di
assenso.”
Xemnas riprese, stavolta dimostrando almeno un pizzico di
umanità nella voce: “So che non scorre buon sangue
tra te e i miei ragazzi. Ma posso far cambiare tutto quanto, farti
partire con una fedina immacolata. L’importante nella vita
non è tanto chi sei, ma chi conosci. Fai le giuste amicizie
e controllerai la partita a tuo piacimento.” E
così dicendo, mosse un altro pezzo sulla scacchiera,
mangiando un alfiere. “Dunque, Roxas?”
Roxas rifletté. Pensò per l’ennesima
volta a quanto gli era capitato. Non aveva mai chiesto di finire in
quella situazione. Alla fine, non era forse rimasto semplicemente
invischiato in affari altrui? Certo, aveva dato il suo consenso di
volta in volta, ma che altra scelta aveva? Stavolta ne aveva una, una
scelta reale. Poteva dimenticarsi di tutti, farsi nuovi amici, e vivere
la sua vita in modo normale.
Normale. Quel singolo vocabolo accese una luce nella sua testa.
Finalmente aveva identificato l’elemento di disagio che lo
pervadeva in quella stanza, ciò che vi era di sbagliato nel
mondo di Xemnas.
Tutti gli studenti svolgevano le loro azioni senza traccia di emozione
o divertimento, come automi. Nessuno guardava dalla loro parte, nemmeno
un briciolo di curiosità nei loro confronti. Perfino la
musica classica, si ripeteva ciclicamente senza mai variare. Tutto
ciò non era normale. Non era così che ragazzi e
ragazze della loro età dovevano comportarsi: non
c’era chiasso, non c’erano risate, non
c’erano sentimenti. Un mondo freddo, vuoto, senza cuore.
Roxas aveva la sua risposta, e guardò Xemnas, sorridendo.
“Ha proprio ragione: nessuno sano di mente sceglierebbe di
rovinarsi invece di vivere le migliori esperienze. Ed è per
questo che rifiuto!” Pronunciò le ultime parole
urlando, cercando di spezzare quell’ambiente. Alcuni studenti
si voltarono brevemente, per poi tornare alle loro mansioni dopo
un’occhiataccia di Xigbar.
“Lei li chiama parassiti, ma quei parassiti vivono ogni
momento della loro vita al massimo, senza preoccupazioni di apparenza o
etichetta! Qualcuno potrebbe definirli irresponsabili… ma se
la scelta è tra essere irresponsabile o un burattino nelle
sue mani, rinunciando alla mia individualità, preferisco
restare irresponsabile a vita! Non tradirò mai i miei amici,
e qualunque cosa voi abbiate in mente, noi la supereremo.”
Xigbar sembrò turbato dalla sua rinnovata fiducia; ma Xemnas
sorrise, per la prima volta. “Bene, sembra che Axel avesse
visto giusto con te. Sei leale, qualità che apprezzo, anche
con chi mi ostacola. Ma mi chiedo quanto valore avrà la tua
lealtà per i tuoi “amici” quando
sapranno che sei stato tu a tradirli.”
Roxas non capì. “Cosa? Io non ho tradito proprio
nessuno!”
“Oh, ma l’hai fatto, invece. È sempre
stato il tuo obiettivo fin da subito: hai finto che Marluxia ti stesse
importunando, in modo da avvicinare Axel; hai effettuato la prova
d’iniziazione contando sul nostro appoggio, in perfetta
comodità; e infine, li hai messi nelle mani del consiglio
appena venuto a conoscenza del loro piano.”
“Questo non è vero! Non ho mai fatto niente di
simile!”
“Non l’hai ancora capito? La verità non
ha alcuna importanza. Il tuo gigante dal cuore d’oro
è un esempio sufficiente. Conta solo ciò che la
gente vuole vedere. E tu dirai a tutti esattamente quello che vogliono
sentire. E prima che tu ti ribelli con un altro bel discorsetto, lascia
che ti mostri qualcosa. Vexen, se non ti dispiace.”
Detto questo, Xemnas fece avvicinare un ragazzo dall’aria
molto vecchia, allampanato, che portava con sé alcuni
fascicoli. Il presidente ne prese uno e lo aprì.
“Dunque… Zexion, colpevole di aver manomesso
svariati sistemi elettronici del campus, tutti ai danni degli studenti.
È un vero peccato, aveva un’ottima
media… ma c’è la possibilità
che anche quella fosse tutta opera delle sue manipolazioni ai
server.”
Ne prese un altro, e poi un altro ancora: “Demyx, quando il
club musicale fu eliminato, si rifiutò di restituire la
chitarra proprietà dell’accademia. In
più, qui sono riportati vari episodi di vandalismo ai danni
della facoltà… e non ha nemmeno una buona media a
salvarlo. Finirà in mezzo a una strada. Lexaeus, beh, girano
tante brutte voci sul suo conto, e pare che proprio oggi abbia anche
aggredito degli studenti. Il massimo a cui può aspirare
è la libertà vigilata, sempre se gli
permetteranno di frequentare ancora luoghi pubblici.”
Mentre parlava, mostrava a Roxas foto e prove schiaccianti per ognuno.
La matricola era allibita: Xemnas avrebbe potuto incriminarli quando
voleva. I dati, però, erano abbastanza vecchi: ancora non
spiegavano il fallimento di quella giornata.
“Ah, eccolo qui: la nostra punta di diamante. Axel, colpevole
di aver apertamente diffamato il consiglio studentesco, di aver
istigato altri studenti, di essersi fatto beffe delle
autorità del campus, di aver commesso più volte
atti vandalici… un bel repertorio, non
c’è che dire. Ce n’è
abbastanza per il carcere, direi, appena potrà essere
processato come adulto.
“Bene, Roxas, ecco la situazione. Non vuoi avere nulla a che
fare con noi? Benissimo. Ma questa storia ha bisogno di un cattivo. E
tu sarai quel cattivo, o tutti i tuoi amici faranno una brutta fine.
Dopodiché, ti lasceremo per sempre in pace. Non avremo
bisogno di ostacolarti: l’intero campus sarà tuo
nemico. Allora?”
Roxas fissò il tavolo di fronte a lui, sconcertato. Avevano
vinto. E lui aveva perso. Non poté fare altro che mormorare
un debole assenso, decidendo il suo destino.
“Molto bene. Xigbar, accompagnalo fuori: abbiamo
già pronta la sua deposizione. Ora che abbiamo anche la sua
conferma, non ci serve più.”
Mentre Xigbar lo riconduceva fuori dalla stanza, Roxas si
girò e pronunciò un’unica parola,
incapace di pensieri più complessi:
“Perché?”
Ma Xemnas capì ugualmente. “Perché mi
è più utile. Se avessi eliminato i Nobodies con
la forza, li avrei resi martiri e oggetto di emulazione, creando nuovi
nemici con le mie stesse mani. Così invece, tra loro
crescerà l’odio e il risentimento, e gli studenti
li vedranno solo come un mucchio di doppiogiochisti. Se chiedi invece
perché proprio tu… a volte il pedone
può rivelarsi il pezzo più utile in una
strategia.”
E detto questo, portò il suo pedone dall’altro
lato della scacchiera, facendolo diventare una regina, e mettendo il re
avversario in scacco matto. Poi le porte si chiusero e Roxas non vide
più nulla.
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Capitolo 8 *** Parte Ottava ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE OTTAVA
Ovunque andasse, tutti si fermavano a fissarlo. Terzo anno, secondo
anno, matricole come lui: chi distoglieva in fretta lo sguardo, chi lo
fissava apertamente sperando in un pretesto per menare le mani, chi
mormorava malignità al suo passaggio. Roxas pensava che la
cosa peggiore al mondo era risultare invisibile alle persone; ora
avrebbe tanto voluto esserlo.
Non si poteva dire che il consiglio studentesco perdesse tempo.
Marluxia doveva essersi prodigato, per far sapere a tutto il campus gli
orribili misfatti a suo carico nel minor tempo possibile. Quanto in
fretta la gente credeva alle bugie. Era come aveva detto Xemnas: la
gente non vuole la verità, vuole una storia, vuole dei buoni
e dei cattivi, e vuole che alla fine i buoni trionfino sui cattivi. Non
c’era posto per la verità.
Alla fine, il tragitto del biondino si arrestò. Stanza 713.
Col cuore tremante, Roxas bussò ed entrò.
La camera era molto meno affollata dell’ultima volta, sia per
oggetti che per persone. Mancavano un sacco di libri, effetti
personali, persino il computer; e riguardo alle persone,
c’era solo Demyx, con in mano uno scatolone. Questi
notò la porta aperta e l’intruso.
“Ah. Sei di nuovo qui.”
Il tono era gelido, di una serietà che mai si sarebbe
aspettato da Demyx. Evidentemente le notizie erano arrivate anche
lì. Roxas si tirò un po’ indietro, a
disagio.
“Tranquillo Roxy, non mi ci sporco le mani con te. Non sono
una persona violenta. Ora, se sei venuto a prendere
qualcos’altro da questo posto fai pure, non mi importa
più. Altrimenti, fammi un favore e levati di
torno.”
“Dove… dove sono gli altri?” chiese la
matricola confusa.
Demyx assunse un’espressione stupita. “Dove sono
gli altri? Beh, vediamo: Zexion sono venuti i genitori a prenderlo, e
chissà quando rivedrà la luce del sole, Axel non
lo so, perché non me lo dici tu? L’ultima volta
che l’ho visto, Saix e Xaldin lo stavano scortando. Quello
è il tuo settore, mi sembra.”
“Demyx…”
Lui lo superò con uno spintone. “Roxas…
non sono nemmeno arrabbiato o in cerca di vendetta. Vivi e lascia
vivere è il nostro motto, e se ci riesci, combina un qualche
scherzo: e tu ce l’hai fatta, eccome. Ci siamo cascati tutti
in pieno. Ma non chiedermi ora di comportarmi in modo amichevole o
anche solo di starti a contatto. Non dopo Lexaeus.”
Gli occhi del biondino si spalancarono. “Perché?
Cosa è successo a Lexaeus?”
Il musicista si girò un’ultima volta.
“Perché non vai a vedere con i tuoi
occhi?”
L’infermeria dell’istituto vantava materiali
all’avanguardia, per ogni evenienza possibile.
C’era chi diceva che tutto quell’armamentario era
eccessivo per dei ragazzi, ma vista l’importanza di alcune
giovani promesse, non si era badato a spese.
E Roxas ringraziava quell’eccesso, ora che vedeva in che
pietoso stato era ridotto l’amico.
Lexaeus era incosciente, con fasciature e pesanti stecche su tutto il
corpo. Una mascherina per l’ossigeno lo aiutava a pompare
ossigeno nei suoi malandati polmoni. La faccia era piena di lividi,
rendendo il volto a stento riconoscibile.
Pareva che fosse stato attaccato da vari membri dei club sportivi: quello
di judo, quello di basket, quello di rugby. Ovviamente, la versione
ufficiale era che fosse caduto dalle scale: perfino nella loro
situazione di superiorità non avevano avuto il coraggio di
affrontarlo lealmente.
Un velo di lacrime coprì gli occhi di Roxas, mentre
osservava forse la più dolorosa delle ingiustizie. Lexaeus
era un ragazzo gentile e un fine pensatore, che non chiedeva altro di
vivere tranquillamente senza rinunciare ai suoi ideali. Non se lo
meritava.
‘Qual è la giustizia qui? Come si può
tollerare una cosa del genere, e lasciarla impunita?’
Pensava, tormentato. Mai prima d’ora aveva trovato la sua
impotenza così dolorosa. Scosse la testa affranto.
“Non si può fare niente. La forza e la paura fanno
girare il mondo, e chi non si piega viene spezzato.”
Un rumore lo fece svegliare di soprassalto. A giudicare dalla luce
all’esterno, doveva essere mezzogiorno passato. Roxas si
alzò, intorpidito, identificando l’origine del
rumore. Studenti che parlavano allegramente, sotto la sua finestra.
Chiuse le imposte e si ributtò sul materasso.
Era passata una settimana, e le vacanze di metà anno erano
finite. Le lezioni riprendevano, gli studenti tornavano nelle aule;
solo Roxas rimaneva dov’era, incapace di muoversi. Si era
rintanato nella sua stanza per tutto il tempo, mangiando raramente e
dormendo la maggior parte del tempo. Meglio che trovarsi sotto
l’odio collettivo del campus. Anche se non se ne curava
troppo: nulla aveva più importanza.
Ormai anche Xion doveva aver fatto ritorno. Si chiese se avesse
già saputo degli eventi, e cosa ne pensasse. Xion, la
ragazza che lo aveva difeso e che aveva creduto in lui…
I suoi pensieri furono interrotti quando Luxord entrò nella
camera, con un sorriso tirato in volto. Roxas non l’aveva
più visto, immaginando che fosse andato direttamente in
vacanza, o che non volesse più stare con un delinquente come
lui.
“Ah, Roxas. Sei sveglio. Bene. Ehm… dormito bene?
Ero passato anche prima, ma appunto, non eri in condizione di
parlare.”
Il suo comportamento suscitò un vago interesse nella
matricola. Luxord era di solito così eloquente,
così spensierato, e ora parlava a scatti. Nervosismo per le
cose che aveva fatto il compagno? Ma in quel caso, non sarebbe venuto
lui a parlargli di sua volontà, per ben due volte.
“Non hai sentito, Lux? Non sono nient’altro che un
criminale, che per giunta ha tradito i suoi compari. Meglio se non ti
fai più vedere assieme a me.”
“Ah… certo. Quello. Io…”
“Sai una cosa?” Roxas si alzò e
fissò fuori dalla finestra. “Prima di venire qui,
probabilmente ero come gli altri. Sarebbe bastato non incontrare Axel,
e sarei stato fra la massa, credendo a tutto ciò che il
consiglio mi propinava. E chi lo sa, forse sarebbe stato meglio
così.”
Girandosi, però, il biondo vide il suo compagno genuflesso,
che toccava il pavimento con la fronte. “Luxord?”
“Perdonami! È stata tutta colpa mia! Sono stato io
a dire a Xigbar del vostro piano! Non pensavo sarebbe andata a finire
così!”
Sulle prime Roxas non capì il senso di quelle parole. Poi
realizzò, anche se non riusciva ad accettarlo.
Afferrò Luxord per le spalle, pur essendo più
piccolo di lui.
“Che cosa vorresti dire? Perché avresti fatto una
cosa simile?”
“Io… loro sono venuti da me. Una ragazza mi ha
dato un appuntamento, e poco tempo dopo ero circondato da colossi, e
Xigbar mi ha iniziato a fare delle domande. Diceva che non sarebbe
successo nulla di grave, e che se non avessi risposto non mi avrebbero
mai fatto promuovere… ma te lo giuro, non avevo idea di cosa
vi avrebbero fatto: non mi hanno detto nulla, mi hanno solo estorto le
informazioni. Ma ti capisco se mi odi. Sono io il vero cattivo qui, un
vigliacco. Puoi anche picchiarmi, se vuoi.”
No, Roxas non voleva picchiarlo. Capiva perché Luxord aveva
fatto quello che aveva fatto: la paura, e il non voler affrontare da
solo una battaglia già persa in partenza. Come al solito,
Xemnas e i suoi alleati vincevano perché molti erano
spaventati, e gli altri erano troppo pochi e troppo isolati per poter
fare qualcosa.
E lì, Roxas realizzò la vera importanza dei
Nobodies, le vere ambizioni di Axel: il suo non era un Gruppo dove
facevi quello che volevi e combinavi scherzi, serviva a riunire chi
voleva combattere, e tutelare chi aveva paura. Un sogno magnifico, una
speranza per tutti.
E un sogno che poteva, anzi, doveva rinascere. Mollò la
presa sul compagno e andò a vestirsi.
“Luxord”, disse Roxas, con voce salda.
“Alzati e accompagnami. Usciamo.”
“Uscire? Va bene, ma a fare cosa?”
“A vendicarci.”
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Capitolo 9 *** Parte Nona ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE NONA
Roxas percorreva i corridoi a grandi falcate, noncurante degli sguardi
di chi incrociava. Non era più importante, ma stavolta per
altri motivi. Dietro lo seguiva un perplesso Luxord.
“Roxas, ma dove vuoi andare? Hai detto di volerti vendicare,
ma come? Non puoi mica prendere d’assalto il consiglio
studentesco!”
Già, non poteva. Si era mosso grazie a una scarica di
adrenalina, ma ora realizzava che gli serviva un piano. E per qualsiasi
piano, gli servivano alleati.
“Luxord, ho un incarico per te. Mi devi aiutare a trovare gli
altri…”
“Trovare gli altri? Un attimo, amico mio: sono mortificato
per cosa è successo, ma non penso di poterti aiutare! E poi,
ormai i tuoi compagni sono dispersi chissà dove,
no?”
Era spaventato, Roxas se l’era aspettato. Ma doveva
insistere, doveva convincerlo che potevano farcela. ‘Se non
ci riesco con lui, non ho speranze.’
“Lux, ascoltami: ho davvero bisogno di te. Non dicevi che
volevi vivere questi anni al massimo? Senza preoccuparti degli altri?
Bene, i Nobodies la pensano come te. E sono sempre in cerca di nuovi
membri.”
“Io? Un Nobody?”
“Non sei arrabbiato per come sei stato trattato? Non vuoi
vendicarti dei torti subiti? Questa è la tua
occasione.” Il biondino si fermò un momento, e
sorrise. “Ho imparato a conoscerti. I tuoi trucchi non sono
male. E avremo tutti bisogno di intrattenimento, quando sarà
finita.”
Luxord fissò l’amico con sorpresa. Era la prima
volta che gli dicevano cose simili. Roxas si rivide un po’ in
lui, ripensando a come Axel e gli altri l’avevano spronato a
credere in se stesso.
“In tal caso io… diamine, hai ragione!
Sì, accetto. Sono dei vostri.”
“Allora sei ufficialmente un Nobody. E come tale, devi
passare una prova. Non è sfiducia, tutti devono dimostrare
di essere affidabili. È la prassi.”
“Ho capito. Cosa devo fare?”
“Cerca di scoprire dove sono Demyx e Axel, e cerca di
metterti in contatto con Zexion, se ci riesci. Qualsiasi piccola
informazione sarà utile. Ci aggiorniamo il
pomeriggio.”
“Va bene, ma perché il pomeriggio?”
Roxas lo guardò strano. “Perché ora ci
sono le lezioni. Anzi, sono già in ritardo.”
Le lezioni terminarono e Roxas si precipitò fuori,
dirigendosi al parco dove si era dato appuntamento con Luxord.
“Roxas? Sei tu?”
Quella voce lo fece fermare all’istante. Esitando, il ragazzo
si girò solo per ritrovarsi davanti Xion che lo fissava.
“Xion. Ciao, sei… sei tornata.”
“Sì, ieri. Roxas, ho saputo di, beh, ho sentito le
ultime notizie. È… è vero?”
Roxas andava di fretta, ma non poteva lasciare che credesse a quelle
falsità. Non lei, nemmeno per un momento. Con uno slancio la
afferrò per le spalle, sebbene ciò lo fece
arrossire come un peperone.
“Xion, ascoltami. In questo momento non sono nelle condizioni
di spiegarti. Ma devi credermi, non sono come mi hanno dipinto, anche
se ora non posso provarlo. Non ti chiedo di darmi ragione senza una
prova, ma... concedimi il beneficio del dubbio finché non
posso dimostrarlo. Solo questo.”
Lei lo fissò, un’espressione sorpresa ma a parte
quello indecifrabile.
“Va bene. Posso aspettare, immagino. E, se vuoi che ti dia
una mano… qualunque cosa…”
Roxas considerò l’offerta, ma poi
rifiutò. Detestava che fosse coinvolta anche lei, che
già l’aveva aiutato e non c’entrava
nulla.
“No, ti ringrazio. È una cosa che
gestirò da solo, o meglio, coi ragazzi. Ora devo davvero
andare. Ci vediamo a lezione!” E riprese la sua folle corsa.
Luxord lo attendeva, nervoso ma eccitato. Superata la paura iniziale,
il ruolo della spia lo entusiasmava: era fatto così.
“Allora? Novità?” Chiese Roxas, ansante.
“Non molte. Come già sapevamo, Axel è
stato preso da Saix e Xaldin e non è più stato
visto da allora. Demyx, sei stato sicuramente tu l’ultimo a
parlarci. Ma forse ho qualcosa.”
E così dicendo porse un piccolo congegno a Roxas, che lo
prese incuriosito. Dall’altoparlante uscì fuori
una voce familiare. “Felice di sentire che sei tutto intero,
recluta.”
“Zexion! Sei tu! Da dove chiami?” Roxas era
felicissimo di sentire finalmente uno dei suoi amici.
Luxord era compiaciuto. “L’anno scorso mi ero
rivolto a lui per l’elaborazione di una trasmittente in grado
di poter origliare le… beh, non è rilevante ora;
meno male che funziona ancora.”
“Chiamo da casa dei miei genitori: mi hanno messo in
punizione, ma per fortuna ne sanno di elettronica quanto il professor
Merlino. Luxord mi ha già informato su tutto, Roxas.
È una brutta situazione, ma non irrecuperabile.”
“Quindi ci aiuterai?” Roxas era sempre
più euforico.
“Ma certo. E non pensare a quello che ti ha detto Demyx:
anche lui ti avrebbe aiutato, saputa la verità. I Nobodies
non lasciano nessuno in pericolo. Non dovevi fare il martire per noi,
ma tanto l’avremmo fatto tutti al posto tuo. Passando al
resto… Demyx posso rintracciarlo, se Luxord mi aiuta; ad
Axel dovrai pensarci tu.” Zexion si interruppe per
riflettere. Quando parlò, la sua voce era più
grave. “Da quello che ho capito, è probabile che
anche Axel abbia incontrato Xemnas. Immagino gli abbia fatto la tua
stessa offerta, e che lui abbia rifiutato. Da lì in poi
è tutta speculazione, purtroppo.”
Roxas non era scoraggiato: ci era arrivato anche lui. Uno come Axel
faceva gola a Xemnas. “Tranquillo, è
già un punto di partenza. Da qui ci penso io.”
“Roxas, ancora una cosa. Questo richiederà tempo.
Molto tempo. Dobbiamo trovare gli altri, radunarci e organizzare la
controffensiva. Il tutto sotto lo sguardo del consiglio degli studenti,
e con te odiato da tutto il campus. Non sarà facile, anzi,
senza protezione sarà impossibile.”
“Lo so. Ho un piano.”
“Davvero? Mi sorprendi, pivello. Molto bene allora.
È un piano sicuro?”
La matricola deglutì. “No. Per niente.”
Ormai stava scendendo il crepuscolo, e tutti gli studenti stavano
andando a cambiarsi prima di iniziare le loro attività
notturne. Ma chi aveva attività di club rimaneva un
po’ di più, e Roxas sperava proprio in questo.
Arrivato alla porta, fece un gran respiro e la aprì.
Cinque ragazze lo fissavano, stupefatte; e su una poltrona, Larxene
aveva gli occhi sgranati e un’espressione a metà
tra la furia e la gioia.
“E quindi torni sulla scena del misfatto, e di tua
volontà! Magnifico, non sono nemmeno dovuta andarti a
cercare. Cos’è, ti eri stancato di rifugiarti nel
tuo buco?”
“Esattamente, ed è per questo che sono
qui.” Roxas mantenne lo sguardo fisso, sperando che tale
solidità si estendesse anche alle sue gambe.
“So che ti abbiamo fatto dei torti. Io personalmente, anche
se ero nelle tue mire già da prima. Non ho scusanti, e non
mi aspetto che tu mi perdoni: ma non sono qui per lasciarmi punire.
Forse dopo, se lo riterrai opportuno.”
Aveva suscitato abbastanza interesse da essere ascoltato. Larxene
girò leggermente la testa e lo fissò con occhi
diversi.
“Ah, sì? E perché sei qui?”
“Perché voglio il tuo aiuto.”
Le ragazze nella stanza rimasero basite. Il loro capo
scoppiò a ridere. “Ma tu pensa! Beh, te lo
riconosco, tappo, hai fegato. Pare che il moccioso sia diventato un
uomo… un mezzo uomo. Purtroppo per te, non penso proprio di
accontentarti, non vedo alcun profitto per me nel cambiare fazione.
Anzi, non vedo alcun motivo per lasciarti andare via con le tue gambe
senza insegnarti un po’ di disciplina e poi consegnarti al
miglior offerente, a dirla tutta.”
Roxas se l’era aspettato. In tutta tranquillità,
mise una mano in tasca ed estrasse un oggetto, mostrandolo solo a
Larxene.
“Capisco. Ma penso che questo potrebbe farti cambiare
idea.”
Di nuovo, l’espressione di Miss Campus mutò,
stavolta in terrore e furia cieca.
“Tu, piccolo ladro! Ridammelo immediatamente,
oppure-“
“Oppure? Puoi prenderlo con la forza, ma lo vedranno tutti.
Se invece ci aiuti, lo riavrai senza problemi e in tutta
discrezione.”
“Questo è uno sporco ricatto!”
“Sì, lo è. Ma sono affari. Allora,
abbiamo un accordo?”
Larxene digrignò i denti, ma alla fine si calmo e
addirittura sorrise, anche se era comunque livida.
“Mi ero davvero sbagliata su di te. A quanto pare hai anche
tu delle zanne nascoste, eh? Va bene. Hai il tuo accordo. Alla fine non
mi importa più di tanto chi vince o chi perde.”
Guardò le sue subordinate, ma quelle avevano già
fiutato il pericolo e si erano dileguate, non volendo restare da sole
con lei dopo.
Roxas stava per fare altrettanto, ma lei si avvicinò e con
voce suadente gli disse: “Attento però, piccolo.
Più forte è la preda, più mi emoziona
la caccia.”
Il ragazzo si avviò fuori dalla stanza con la pelle
d’oca. Sarebbero state lunghe settimane. Ma non si sarebbe
arreso. Mai.
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Capitolo 10 *** Parte Decima ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE DECIMA
Le settimane passarono, e divennero mesi.
Roxas frequentava comunque le lezioni, non potendosi permettere di
rimanere indietro, assieme a una sempre taciturna Xion. Era lievemente
distante, ma lui la capiva: non poteva completamente simulare
indifferenza di fronte a quelle voci. Gli bastava che lo trattasse
normalmente.
D’altro canto nemmeno lui aveva il tempo o
l’energia di dedicarsi alle relazioni: dopo le lezioni, era
sempre in giro a rintracciare Axel, o in camera a pensare. Il tutto
senza farsi scoprire, ma le ragazze di Larxene sapevano il fatto loro,
riuscendo non solo a coprirli ma anche a ottenere informazioni utili.
Era proprio di quello che parlava con Zexion tramite il trasmettitore,
nella sua stanza.
“Ancora non mi capacito di come Xemnas non ci abbia
scoperti.”
“Io direi che era prevedibile, invece” fece Zexion.
“Lui di te non pensa nulla, ti ritiene un debole: gli servivi
solo per prenderti la colpa e basta. Se invece accettavi il suo invito,
avrebbe comunque gettato fango sui Nobodies e avrebbe ricavato un altro
scagnozzo. Con Axel fuori dai giochi, non ha modo di anticiparci, per
il semplice motivo che una nostra offensiva non gli passa minimamente
per la testa.”
‘Beh, lo vedremo.’ Roxas represse la rabbia, per il
momento. “E del resto che mi dici?”
“Ricapitoliamo. Il consiglio sapeva delle nostre mosse, e ha
aspettato che fossimo separati e incriminati per prenderci. Ma a quanto
pare avevano già dati su di noi, non gli serviva una
confessione, spiegando perché abbiano convocato solo voi
due. Quindi, dopo che Axel ha rifiutato l’offerta, che ne
è stato di lui? Il vero dilemma.”
La matricola fissò il soffitto. Arrivavano sempre a quella
singola domanda, eppure sentiva che qualcosa gli sfuggiva. Lui,
l’avevano lasciato andare. Perché era ormai
bollato come traditore, e perché il senso di colpa da solo
l’avrebbe schiacciato, se Luxord non gli avesse
detto…
DIRE. Un’idea schizzò nella mente di Roxas.
“Zexion, Xemnas doveva sapere che Axel avrebbe rifiutato, gli
fa guerra da due anni. Cosa mai gli avrà detto per tentare
di convincerlo?”
Il silenzio durò poco, anche il cervellone aveva capito.
“Ma certo… gli ha detto tutto. Proprio come a te.
Sicuro, avrà fatto più leva sul suo fallimento
come leader e ribelle, ma il succo sarà stato il medesimo.
Il problema è che dopo il suo diniego, non potevano lasciare
che Axel andasse in giro a dire la verità, non con te a
piede libero. Evidentemente non si aspettavano un doppio rifiuto.
Quindi, Axel non poteva rimettere piede nel campus, a qualunque
costo.”
Roxas iniziò a camminare nervosamente.
“Devono aver tenuto Axel all’oscuro del mio
ricatto, in modo che credesse di essere lui l’unico martire.
Così, in cambio della sua lontananza, gli fanno credere che
qui vada tutto bene. Il problema è che ancora non sappiamo
dov’è!”
“Io so dov’è.”
“Cosa? Dove?”
“Roxas, sei qui da troppo poco per saperlo, ma… il
motivo per cui Axel non parla del suo passato è che riguarda
Saix. Sono cresciuti assieme, in una casa comune per orfani. Pare
fossero inseparabili, finché Saix non conobbe Xemnas al
liceo, allontanandosi da Axel.”
Roxas rimase immobile. Realizzò che la rivalità e
l’odio di Axel per Xemnas risalivano a molto prima di
chiunque altro.
“Zex, sai l’indirizzo?”
Il quartiere povero, noto anche col suo nome ufficiale di Secondo
Distretto, ospitava quasi tutte le case comuni della città.
Quando gli orfani che non trovavano famiglia crescevano, potevano
vivere assieme in queste case mentre lavoravano per sostenersi. Non il
più equo dei sistemi, ma almeno dava una parvenza di
opportunità.
Roxas si trovava lì ora, nella zona più esterna,
in un quartiere a lui ignoto e pieno di gente non proprio
raccomandabile. E stava pure calando il sole.
“Forse avrei dovuto venire di domenica.”
“Forse avresti dovuto portarti una scorta.” La voce
di Zexion non lo abbandonava mai.
“Credevo Luxord ti servisse per le tue indagini sul
campo.”
“E chi pensava a Luxord? Io intendevo Larxene.”
“E poi protezione DA LEI chi me la forniva?”
“Acuta osservazione.”
Il collegamento fu interrotto dal biondino quando giunse davanti a un
casolare, un ex magazzino ora ristrutturato almeno in parte. Il posto
era quello. Facendosi coraggio, Roxas mise una mano sulla maniglia.
“Questo non è posto per te, ragazzino.”
Una mano apparve da dietro e lo tirò via, trattenendolo e
costringendolo a voltarsi. Cinque ragazzi erano sbucati da dietro,
probabilmente pedinandolo da un po’. Erano tutti
più grandi di lui, fuori dall’età
dell’istruzione. Che a prima vista potevano anche non aver
mai ricevuto.
“Credo ci sia stato un equivoco, mi avete scambiato per
qualcun altro.”
“Oh, ma senti come parla bene questo! Nessun errore, signore,
solo il tuo essere al posto sbagliato nel momento sbagliato. Saix ci
aveva chiesto di intervenire se vedevamo un tappo sospetto aggirarsi
nei paraggi, e noi ci prendiamo cura degli amici.”
Il biondino provò a divincolarsi, ma l’aggressore
era fortissimo, muscoli generati dal ripetuto lavoro manuale. Forse
anche lui avrebbe dovuto passare meno tempo sui libri e più
in palestra, specie visto che era la seconda volta che si ritrovava in
questa situazione. Si fissò un promemoria mentale per dopo.
Un altro si avvicinò, scrocchiando le nocche con fare
minaccioso… quando fu colpito da un potente gavettone, di
quelli pieni di acqua gelida e detriti, in pieno volto.
Barcollò coprendosi il volto dolorante.
“Ma cosa…”
Roxas non perse tempo, e assestò una gomitata al suo
aguzzino distratto. Intanto, altri proiettili pieni d’acqua
piovevano sui malcapitati, lanciati a piene mani da una figura molto
familiare.
“Su, su, coraggio! Ce n’è per tutti! Non
siate timidi!”
“Demyx! Sei tu!” Roxas era così felice
che avrebbe potuto piangere. Ma le sorprese non erano finite.
Due ceffi erano a terra, colpiti e disorientati, ma gli altri tre erano
pronti a intervenire.
Uno venne però fermato da un terzo intruso.
“Ehilà, dabbenuomo! Vorrebbe vedere una
magia?”
“Ma che? Spostati, idiota!”
Luxord tese una mano chiusa avanti. “Suvvia, non faccia
così! Si addolcisca, prenda una mentina!”
E aprì la mano, rivelando la caramella. “No, eh?
Forse vorrebbe del denaro? Una moneta, magari? O due?”
E mentre parlava, apriva e chiudeva la mano cambiandone ogni volta il
contenuto. Lo sgherro fissava il tutto, ormai ipnotizzato.
“Lei è di gusti difficili, mio caro signore! Ma
ora guardi, lancerò le monete in aria e diventeranno
colombe!”
“Non ci credo! Non puoi farlo!”
“Ah, sì? Allora guardi, e
vedrà…” Luxord lanciò le
monete in aria, portando il suo spettatore ad alzare lo sguardo, e lo
colpì con un nodoso bastone che teneva nell’altra
mano.
“…Le stelle!”
Demyx teneva sapientemente a bada l’altro tizio, mentre
l’ultimo si avventò contro Roxas,
finché un pugno ben assestato non lo mandò per
terra.
Axel si ergeva ora nel ring improvvisato. Si rivolse
all’avversario di Demyx, l’unico ancora in piedi.
“Raijin, questi sono miei amici! Prendi gli altri e
vattene!”
Quello non se lo fece ripetere due volte, sorreggendo la vittima dei
gavettoni, mentre gli altri lo seguivano barcollanti. I tre combattenti
si riconciliarono.
“Demyx, mi sei mancato!” disse Roxas.
Questi si mosse, a disagio. “Beh, Zexion e Luxord mi hanno
trovato e mi hanno detto tutto. Senti, perdonami, sono stato un
vero…”
“Non fa niente, davvero.” La matricola era troppo
felice per curarsene. “L’importante è
che siamo tutti assieme. Bel lavoro, Luxord!”
Il ragazzo gonfiò il petto, orgoglioso. “Beh, noi
Nobodies non abbandoniamo gli amici!”
Si intromise Axel. “Cosa siete venuti a fare qui?”
Roxas ritornò serio. “Axel, siamo qui per te. Devi
tornare con noi.”
Un’ombra di dolore passò sul volto del rosso.
“No, Roxas. Non posso. Vi ringrazio, ma fareste meglio a
tornare a casa, e a dimenticarvi di me. Abbiamo perso.”
“No! Non abbiamo perso! Questa storia non è
finita!” Roxas lo bloccò per un braccio.
“Mi hanno detto tutto! Hanno provato a reclutare anche me, e
mi sono preso la colpa di tutto! Ci hanno mentito, Axel!”
Il ragazzo lo osservava in stato di shock.
“Che… cosa?”
“Xemnas ha organizzato tutto. Ti ha eliminato, smantellato i
Nobodies e rovinato la mia vita. O almeno così crede. Noi ci
stiamo riprendendo, e non gli permetteremo di farla franca! Ma abbiamo
bisogno di un leader. Ci servi, Axel.”
Axel guardò Roxas, poi gli altri due, e tornò a
fissare l’amico, con uno sguardo sempre più lucido.
“No, Roxas, ti sbagli. È chiaro che non vi serve
un leader, non più. Ma immagino potrei farmi rivedere per
un’ultima burla.”
Un sorriso feroce gli comparì sul volto.
“E sarà la migliore burla di
sempre.”
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Capitolo 11 *** Parte Undicesima ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE UNDICESIMA
La stanza 713 era di nuovo affollata, sebbene non come prima: Luxord,
pur costituendo un rimpiazzo più ingombrante di Zexion, non
riusciva a riempire il gigantesco vuoto lasciato da Lexaeus.
Tutti evitavano di parlarne da quando Roxas aveva informato Axel e di
guardare verso il suo solito sedile, ma l’assenza era
dolorosamente presente nei cuori di tutti.
Cercando di distrarli, Axel prese finalmente parola.
“Allora, cosa abbiamo?”
“Io e Zexion, oltre ad aver cercato Demyx, abbiamo dato
un’occhiata al campus e alla situazione generale”
Spiegò Luxord. “Sono state applicate severe misure
disciplinari dopo l’incidente. Ora c’è
il coprifuoco per tutti gli studenti indipendentemente
dall’anno di frequentazione, e se vieni scoperto vicino ai
laboratori fuori dall’orario di lezione sono guai. Stessa
cosa se ti attardi nei corridoi o se attacchi briga con qualcun altro.
Fortunatamente anche Xemnas e i suoi devono attenersi a queste regole,
almeno in pubblico.”
Intervenne la voce robotica di Zexion. “È una ben
magra consolazione, in confronto a quanto hanno ottenuto. Il consiglio
è popolare come non mai, tutti gli studenti lo appoggiano. E
adesso tutti i nostri volti sono noti, e chiunque ci vedrà
lo riferirà a Marluxia il prima possibile.”
Demyx prese parola: “Luxord, tu non eri coinvolto, la tua
faccia non è nota. Di te non si accorgeranno.”
“Dimentichi il mio esperimento per trasformare i metalli in
oro nel laboratorio di chimica.”
“Ah, già… quante ragazze avevano perso
i capelli?”
“Solo sette, ma per fortuna stanno ricrescendo. Le mura
invece le hanno dovute rifare completamente. Eppure ritengo che me la
sarei ancora potuta cavare, se l’auto del rettore non fosse
finita sul campanile.”
“Insomma, siamo in un bel casino.” Demyx si
sdraiò sul letto.
Axel era rimasto impassibile, ascoltando tutto e riflettendo.
“Chi si assicura che le regole vengano rispettate?”
Di nuovo Zexion rispose. “C’è bisogno di
chiederlo? Il consiglio studentesco. Ma deduco la tua domanda fosse
incentrata più sul come. Usano i soliti mezzi, manipolando
le informazioni e usando i membri dei loro club, minacciandoli
di… dubito abbiano più bisogno di minacciarli, in
realtà.”
Axel continuò: “Quindi i membri dei club godono di
privilegi e di sorveglianza ristretta, se non totalmente
assente”.
Roxas capiva che l’amico aveva avuto un’idea.
Sorrise: sapeva di poter contare su di lui, nel momento del bisogno.
Ma Zexion era puntiglioso come al solito. “So cosa stai
pensando, Axel. Ma non riusciremmo mai a infiltrarci in qualche team,
nemmeno con tutto il travestimento del mondo. Vengono fatte ispezioni
severe, spesso da Xigbar in persona. Sarebbe come gettarsi nella tana
della tigre.”
“Non necessariamente. Se non ho capito male,
c’è un club non controllato da loro disposto ad
accettarci, no?”
Demyx divenne pallido e si alzò di scatto. “No.
Non lo stai proponendo davvero.”
Il rosso lo fissò, implacabile. “Non abbiamo
più molta scelta” sentenziò.
Il sorriso della matricola si spense.
Roxas aveva prima pensato che non c’era niente di peggio
dell’essere invisibili, poi dell’essere odiati. Ora
si era nuovamente ricreduto. Camminava a testa bassa, cercando di non
farsi notare assieme a Demyx e Luxord che avevano assunto un
atteggiamento simile. Il motivo era palese, considerato che indossavano
uniformi femminili con tanto di parrucche e un leggero trucco. Demyx
era ancora fuori di sé.
“Non ci posso credere! Questa è la cosa
più umiliante possibile! Se ci scoprono,
l’espulsione sarà l’ultimo dei miei
problemi!”
Roxas la pensava come lui, ma ritenne di doverlo calmare.
“Però Axel ha ragione. Quello delle ragazze
è l’unico club non sorvegliato, e
basterà nominare Larxene per tenere a distanza persino
Xigbar.”
“Bah! La fa facile perché lui non passerebbe
inosservato neanche truccandosi, con i suoi capelli, e quindi sta
comodo alla base! Ci mancava solo che non andasse dalle ragazze a
chiedere il favore!”
Il biondino trovava già quello una cosa di cui rallegrarsi:
non voleva nemmeno immaginare uno scenario dove lui chiedeva a Larxene
di travestirlo da ragazza, era sicuro lei avrebbe dato sfogo a tutta la
sua perversione, occupandosene personalmente. E in effetti, quando era
tornato Axel aveva faticato a incrociare il suo sguardo, e Roxas aveva
preferito non chiedere.
Demyx continuava a mugugnare. “Me la pagherà. Ha
un debito con me che non potrà estinguere nemmeno dopo
anni… Lux, come mai sei così tranquillo tu? Non
sei irritato?”
“Mh? No, non particolarmente. Anzi, è una buona
esperienza per scoprire cosa si prova a essere donna. Mi domando se
questi abiti erano di qualcuno, e in tal caso di chi.”
“…Ma chissà come mai non hai una
ragazza.”
“Vero? Me lo chiedo anch’io!”
Finito il battibecco e calmato Demyx i tre si diedero da fare, seguendo
le istruzioni di Zexion. Luxord si recò ai campi sportivi,
dissimulando indifferenza e agendo appena nessuno lo notava. La sua
destrezza con le mani lo aiutò mentre allentava bulloni,
sganciava sostegni e manometteva vari apparati. Finito il sabotaggio,
terminò il suo compito ascoltando Zexion mentre apriva la
centralina elettrica dei monitor dello stadio di football.
Demyx andò al club del giornale del campus, fingendosi una
studentessa interessata alle imminenti selezioni di Miss Campus, che si
sarebbero tenute durante la pausa estiva, e a come il giornale avrebbe
gestito la cosa. Una volta fatto il nome di Larxene, Marluxia
diventò estremamente galante, e lo invitò per un
tour del club. Demyx non si lasciò sfuggire
l’occasione, facendo un sacco di domande soprattutto sul
metodo informatico di pubblicazione e diffusione delle notizie.
A Roxas uno dei compiti più pericolosi. Zexion si era
mostrato molto interessato alla parte del suo racconto riguardante
Vexen.
“Lui mi era sfuggito: è il presidente del club
dell’occulto, una congrega di fissati che pensavo Xemnas
ignorasse volutamente. Evidentemente lo tollerava in cambio delle
informazioni incriminanti su di noi. Dobbiamo distruggere qualsiasi
cosa abbiano, o è una battaglia persa in partenza.”
Per questo dovevano recarsi nel loro club, nel seminterrato
dell’edificio principale. La matricola arrivò fino
a lì ed entrò, trovandosi di fronte a una stanza
malamente illuminata piena di locandine di giochi di ruolo e film di
fantascienza.
Per fortuna la sorveglianza era inesistente, visto che nessuno che
tenesse alla propria reputazione veniva mai da quelle parti. Finora.
Zexion non c’era mai stato, ma dalle piantine che aveva
scaricato sapeva che i computer erano in una stanzetta attigua. Roxas
individuò la porticina e si mosse silenziosamente, mentre
tutto il club era dall’altra parte, impegnato a fare non
sapeva bene cosa.
“20! Colpo critico! Decapito il Goblin e mi prendo tutto
l’oro e le pozioni di Mana!”
Quella voce bloccò Roxas, che inarcò un
sopracciglio prima di entrare nello stanzino. Ecco un lato di Xion che
non si sarebbe mai aspettato.
Il trasferimento dati fu rapido e privo di imprevisti. Lesto, il
biondino si precipitò fuori nella stanza centrale e poi nel
corridoio, pronto a fuggire a gambe levate appena fosse stato
ragionevolmente lontano…
“Ehi, tu! Un attimo!”
La matricola si bloccò, e Zexion troncò il
collegamento radio. Non per codardia, ma per non rendere udibile il
ronzio dell’apparecchio. Dei passi si avvicinarono, e Roxas
fu costretto a voltarsi verso la fonte.
Che si rivelò essere Xigbar. Evidentemente qualcuno passava
persino lì, la voce di Xemnas che sorvegliava Vexen. E se
l’aveva visto? Se l’avesse scoperto, avrebbe capito
tutto, e il piano sarebbe fallito ancora prima di incominciare. Forse
era meglio darsela a gambe, e lasciarlo nel dubbio.
La frase che seguì bloccò il suo flusso di
pensieri.
“Ma che strano, vedere una ragazza tutta sola qui
giù. Coltivi gli stessi interessi di quegli stramboidi
lì dentro?”
“Oh, no… io sono una nuova, e mi chiedevo solo
cosa ci fosse qui… non sapevo ci fosse un club.”
Disse Roxas, il falsetto reso ancora più acuto dal terrore
che lo attanagliava. Ma ciò che successe dopo gli fece
gelare il sangue per altri motivi.
“Capisco. Beh, se ti va, conosco un posto
più… appartato e romantico. Sai, io sono uno che
conta, e so come intrattenere una signorina.” La voce di
Xigbar si era ridotta a un sussurro.
“No! Cioè, no, grazie, il presidente…
Larxene voleva darmi un incarico, e sarà meglio non farla
attendere…”
“Comprendo, sono anch’io ligio al dovere. Ma tieni
a mente che l’invito è sempre valido,
ok?”
Roxas promise che ci avrebbe pensato e si dileguò
più in fretta possibile, desideroso di liberarsi di quei
vestiti.
Oggi era andato tutto bene, e fra tre giorni si sarebbe giocata la
partita decisiva.
Perché fra tre giorni c’erano i giochi di fine
anno.
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Capitolo 12 *** Parte Dodicesima ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE DODICESIMA
“I giochi di fine anno. Se pensavate che lo spettacolo di
metà anno fosse roba grossa, preparate a ricredervi, qua si
tira fuori l’artiglieria pesante. Competizioni sportive,
spettacoli e gare accademiche d’intelligenza, per una
giornata all’insegna del divertimento.”
“Uhm, a parte il soldo di cacio lo sappiamo tutti,
genio.” Disse Larxene.
“Beh, era per fare scena…”
Mugugnò Demyx.
“Qualcuno mi dica che mi trovo in questo buco per un motivo
preciso, o la prossima scena che vedremo è testa di triglia
qui con trenta centimetri del mio stivale su per il-”
“Non è solo una competizione” interruppe
in fretta Axel. “Come il precedente, è anche
propaganda per il Consiglio. Ma è anche l’unico
momento dove tutti gli studenti, i professori e perfino il personale
saranno presenti e potranno giudicare personalmente senza venire sviati
da Marluxia. Per noi quindi, un’ottima occasione per
redimerci. Ed è là che colpiremo.”
“L’anno scorso non avete fatto nulla?”
Chiese Roxas.
Intervenne la voce di Zexion. “Non potevamo. È
comunque un ambiente con sorveglianza strettissima e rigorosa, e noi
eravamo anche troppo pochi all’epoca. Più gente
significa anche più occhi e orecchie all’erta. Ed
è stato meglio, visto che Xemnas poteva incriminarci
facilmente già allora.”
Axel parlò di nuovo: “Ma stavolta, dovremmo aver
fatto tutto alla perfezione. Quelle prove non esistono più,
e Vexen gode di scarsa credibilità, Xemnas ci rimetterebbe a
usarlo come testimone. Abbiamo eseguito la nostra…
manutenzione sul campo sportivo, io ho preso accordi e riscosso favori
da un paio di amici, e abbiamo il materiale del giornale per te,
Larxene.”
“Già. Mi sembra strano sia filato tutto per il
meglio. Normalmente voi imbranati vi fate prendere la mano e
organizzate scemenze colossali.”
Demyx stava per risponderle a tono –circostanza della quale
non si sarebbe pentito mai abbastanza- e Roxas lo precedette.
“Ho voluto io così. Qualcosa di troppo grande e
dannoso non ci aiuterebbe. Dobbiamo dimostrare di essere amici degli
studenti, non contro di loro.”
“Ha! Il nano ha un po’ di cervello! E a differenza
dell’altro nano, anche un po’ di
virilità.” Si sentì una breve
interferenza dall’altoparlante. Zexion probabilmente
approfittava del non essere visto per sfogarsi un po’.
“Bene, dovreste tutti imparare da lui. Ha concluso di
più la matricola che voi in due anni o
più.”
E se ne andò con la sua parte del piano ben nascosta, per
leggerla con più calma. Si potevano dire tante cose di
Larxene, ma almeno era un’alleata capace.
“Befana” sibilò Demyx. “Zex,
ma tu non ce la fai a venire per i giochi?”
“I miei genitori sono molto scossi dalle mie, ehm,
‘inclinazioni da teppista’, come le hanno definite
loro. Pensano che la lontananza mi farà solo bene, e si
parla di cercare un nuovo istituto in estate. Cioè, non se
ne parla, ma l’ho capito.”
La testa di triglia fischiò. “Mi spiace,
amico.”
“Così è la vita. Non dobbiamo andare
alla stessa scuola per restare amici. Ora riposiamoci, due giorni
ancora, e poi la fine di tutto. Ma Roxas, tu sei sempre convinto di
quello che hai pensato?”
Roxas sapeva che Axel si riferiva al passaggio più discusso
del piano, la sua parte. Persino Larxene aveva aggrottato le
sopracciglia, ma non aveva detto niente. La matricola annuì.
“Sì. Devo farlo, o per me non ci sarà
vittoria in ogni caso.”
Anche Axel annuì, ma non era del tutto convinto.
“Va bene. Ma stai attento.”
E finalmente arrivò il gran giorno: i giochi di fine anno.
Tutto il campus era in fibrillazione, gli studenti vestiti a festa
(tanto non ci sarebbero state lezioni quel giorno, sarebbe stato
impossibile per gli insegnanti ottenere attenzione), c’erano
bancarelle piene di cibo al posto dei soliti distributori, e striscioni
colorati un po’ ovunque. La giornata si sarebbe svolta
così: la mattina ci sarebbero state le gare sportive, poi
una pausa all’ora di pranzo assieme ad un opuscolo extra del
giornale, in seguito gli spettacoli artistici e cinematografici, e
infine il talent show nella sala principale verso sera.
Quest’ultimo era l’unico evento dove partecipava
anche Xemnas, che avrebbe accettato una sfida da qualsiasi studente in
una qualunque disciplina praticata nel campus, ma era una montatura:
nessuno avrebbe mai osato sfidare il presidente, anche
perché era bravo in qualsiasi materia, dalle scientifiche
alle umanistiche. Come al solito, Braig avrebbe lanciato una sfida
semplicissima perdendo con umiltà.
Tutti erano così elettrizzati dalla giornata che li
aspettava, da essersi perfino dimenticati dei Nobodies e della cautela.
Erano pur sempre ragazzi alla fine di un anno accademico, dopotutto.
Le gare sportive iniziarono. Xaldin diede sfoggio di grandi
capacità atletiche ed enorme resistenza, partecipando in un
sacco di competizioni di seguito, e sempre risultando il migliore.
Rimaneva solo la corsa a ostacoli. Xaldin aveva saltato la partita di
basket solo per recuperare forze in vista della gara finale. Prese
posizione sulla linea di partenza… e accanto a sé vide Demyx,
in tenuta sportiva, che lo guardava come se per lui essere
lì fosse la cosa più naturale del mondo.
“Ehilà! Bel tempo per correre, non è
vero? Facciamo del nostro meglio!”
Marluxia osservava il tutto da una posizione privilegiata. Sapeva che
quei perdenti stavano macchinando qualcosa, e che avrebbero agito oggi.
Evidentemente l’umiliazione ricevuta non gli aveva insegnato
nulla.
Sorrise, al pensiero della promozione che avrebbe ottenuto occupandosi
del caso da solo, quando un braccio comparì da dietro
tappandogli la bocca.
“Wow, tu sei il famoso Marluxia! Devi farmi un autografo! Ti
dispiacerebbe venire con me un attimo?” E se lo
trascinò via.
La corsa si svolse senza problemi, sebbene Xaldin continuasse a
guardarsi indietro per paura di qualche ritorsione. Ma Demyx non
sembrava nemmeno intenzionato a vincere, correva allegramente senza
sforzarsi troppo. Alla fine il colosso si accorse di essere rimasto
troppo indietro per osservarlo, e decise che non gli importava
più. Purtroppo ormai la distanza era troppa, e i suoi
ragazzi non avevano ricevuto ordine di farlo vincere, per cui alla fine
la medaglia per il terzo posto fu consegnata a uno Xaldin schiumante di
rabbia.
Demyx ritirò il suo medaglione di partecipazione e si
congedò con un sorriso. Il rasta giurò vendetta.
Marluxia invece si dibatteva in un armadietto vuoto, incollato ad esso
con del nastro adesivo per pacchi che gli bloccava anche la bocca.
“Mffff! Mrghhhh!”
Luxord fece finta di accostarsi a sentire meglio.
“Come dici? La porta aperta ti fa corrente? Tranquillo, ora
te la chiudo!”
“Grrrr! Mgggg!”
“Sì, sì, sono sicuro stai proferendo
minacce terrificanti… ma ora ho da fare. Manderò
qualcuno più tardi, se mi ricordo. Divertiti!”
E chiuse l’armadietto, allontanandosi. Ci sarebbe voluto un
po’ prima che notassero la sua assenza, e ancora di
più per individuarlo.
“Ecco il numero che preferisco: la sparizione
dell’idiota.”
Xaldin sbatté Demyx al muro con violenza. Erano in un luogo
appartato, sotto le scale antincendio.
“Ehi, che succede, amici?” chiese il Nobody con
aria sorpresa.
“Basta scherzi! Cosa stai tramando?”
“Io? Niente! Mi ero solo detto che, visto che le lezioni sono
sospese, potevo pure farmi una corsetta…”
“Ora basta sacco d’immondizia! Non sono venuto qui
per farmi prendere in giro!”
“Ah no? Di solito dove vai?”
La pazienza di Xaldin era al limite: lasciò cadere Demyx e
si mise in una posa da boxe.
“Va bene mezza tacca. Vediamo che sai fare.”
“Ah no, te la prendi con la persona sbagliata! Io non sono
una persona violenta. E tu?”
“Io? Ahahahah! Chiedilo a quel fesso del tuo compare Lexaeus!
O ad altre femminucce che hanno provato a dirci cosa fare! Credo che
l’ultimo abbia ancora la testa nel water!”
“Capisco. E che mi dici di loro?”
Demyx indicò una telecamera, che stava riprendendo tutto,
sonoro incluso, trasmettendolo direttamente sui megaschermi dello
stadio per chiunque fosse ancora alla cerimonia di premiazione.
Xaldin aggrottò le sopracciglia, non capendo la situazione.
Quella telecamera non avrebbe dovuto essere rivolta lì. I
rumori provenienti dallo stadio si erano fermati. Avevano sentito?
Si girò verso Demyx, ma quest’ultimo si era
già dileguato da un pezzo.
La pausa pranzo fu meno rilassata del solito, dato che non solo voci
sull’episodio si erano diffuse a macchia d’olio, ma
per qualche strano motivo il giornale era uscito comunque nonostante
l’assenza di Marluxia, e riportava l’incidente e
altre informazioni strettamente confidenziali sul Consiglio nei minimi
dettagli.
Xigbar era fuori di sé. Contattò subito
quell’idiota di Xaldin, promettendogli che avrebbe mitigato
la sua punizione se avesse trovato quell’altro imbecille di
Marluxia o uno dei Nobodies, poi si mise lui stesso alla loro ricerca,
tenendosi in contatto con Vexen.
“Allora? Li hai trovati?”
“Purtroppo no, signore, nessuno li ha visti, e i ragazzi che
mi ha affidato sono come scomparsi! Ma ho scoperto come hanno fatto a
manomettere i sistemi! È stato Zexion!”
“Ma no! E io che pensavo fosse stato il professor Merlino!
Smettila di sottolineare l’ovvio e datti da fare!”
Vexen lasciò che si sfogasse. Era ovvio che non capisse: era
una mente inferiore anche lui. Ma lui, il presidente del club
dell’occulto, vedeva il disegno completo.
Con un sorriso, chiamò la polizia e disse che un pericoloso
hacker si trovava in una certa abitazione e stava manomettendo le
strutture dell’accademia, poi si rilassò sul
sedile. Era andato un paio di volte a casa di Zexion, quando avevano
lavorato ad un progetto assieme. I genitori avrebbero saputo che il
figlio gli aveva disobbedito, e ci sarebbero state gravi conseguenze. E
senza Zexion, tutti gli altri sarebbero caduti preda della sua mente
brillante.
Il ragazzo magro e allampanato si concesse una breve risata
intellettuale. Presto Xemnas avrebbe avuto un nuovo braccio
destro…
Il monitor esplose davanti a lui, proiettandolo all’indietro.
Vexen si rialzò, stupefatto. Qualcuno aveva manomesso il suo
computer quando lui non c’era. Lentamente, collegò
i tasselli.
“Hanno ottenuto i file dal mio server…”
“Esatto. E anche installato un virus particolarmente potente
che si è attivato a un mio comando. Mi sorprende tu ci abbia
messo così tanto per accorgertene.”
Vexen si voltò, solo per trovarsi davanti Zexion, in carne
ed ossa.
“Tu! Cosa ci fai qui? Dovresti essere in punizione!”
“Oh sì, e giustamente non hai previsto che un
criminale come me avrebbe infranto un castigo. I miei complimenti. Ah,
in questo momento probabilmente la polizia sarà arrivata a
casa mia, e avrà trovato la nota di riscatto scritta da un
rapitore anonimo, quindi mi sa che i miei genitori hanno altro a cui
pensare.”
“Sei pazzo! E cosa pensi che succederà quando
sapranno che era tutto finto? Sarai in un mare di guai! La tua carriera
sarà rovinata per sempre!”
“Sai che mi importa. Ci sono cose ben più
importanti, anche se dubito riuscirai mai a capirlo. Ora in piedi,
Vexen. È tempo di regolare i conti.”
Questi si rialzò, di nuovo sorridendo. “Ah, ma
guardati Zexion… sempre pronto a giudicare la gente
dall’alto in basso, nonostante la statura. Ma sei solo uno
stupido. Siamo soli, qui. Quanto pensi che ci metterò a
battere un nano come te? Io sono il migliore tra i due! Lo sono sempre
stato!”
E si avventò su Zexion, che gli torse il braccio dietro la
schiena, lo colpì al collo e alla nuca, e lo
mandò al tappeto con un calcio alla tempia.
“Il nano qui presente ha avuto mesi di castigo per scaricarsi
un programma di karate fai-da-te. Certo non vincerò una
competizione, ma posso senza dubbio mettere a tacere viscidi fissati
come te. E comunque io non guardo tutti dall’alto in basso,
solo voi pavoni troppo presi a camminare a testa alta per guardare dove
andate a sbattere. Mi chiamano genio, ma c’è un
ragazzo là fuori che è molto più
intelligente di me.”
Sul tetto dell’edificio principale, Saix sentiva il vento
sferzare sul suo volto. Gli piaceva quel posto, isolato dagli altri e
così pacifico. Ma oggi era lì per un altro
motivo: aspettava qualcuno, e sapeva che non sarebbe mancato
all’appuntamento. E così fu.
“Yo, Saix.” Axel entrò dalla porta
comunicante sul lato opposto del quadrato.
“Axel. Alla fine sei venuto.”
“Non potevo mancare, mi conosci. Sono l’anima della
festa.”
“Solo di recente. Una volta non ti importava della massa o
degli eventi mondani, e passavi i pomeriggi da solo a dormire o con me
a giocare e leggere i fumetti.”
“Si beh, le persone cambiano, come tu ben sai. Non potevo
dormire in eterno. E in realtà ho dormito più di
quanto tu creda, ma ora sono sveglio. Saix, sono qui per
finirla.”
Il ragazzo dai capelli blu si girò finalmente a fissarlo.
“E così alla fine hai trovato il coraggio. Alla
buon’ora. Sicuro tu non voglia vendicarti su Lord
Xemnas?”
“C’è chi vuole quella rivincita molto
più di me, e non gliela negherò. In fin dei
conti, tu sei sempre stato ciò che voglio.”
Mentre parlavano, i due ex-amici si erano mossi verso il centro del
tetto e si erano spogliati della giacca, rimanendo con la semplice
camicia e le maniche arrotolate fino ai gomiti. Entrambi alzarono i pugni.
“Come ai vecchi tempi. …avrei voluto ci fosse un
altro modo.”
“Ciascuno di noi ha scelto la propria strada, Axel. Questo
è l’unico modo.”
Iniziarono a picchiarsi come mai prima di allora, non curandosi di
difendersi o evitare i colpi, ma prendendoli in pieno e restituendoli
con gli interessi.
A un pugno seguiva una capocciata, a un calcio un colpo di gomito.
Senza più parlare, si scambiarono tutte le emozioni represse
fino a quel momento e imbottigliate negli anni: la rabbia, la
tristezza, l’angoscia. E si ritrovarono, vicini come erano
stati un tempo. Alla fine di tutto, non importava chi avrebbe vinto o
perso, loro sarebbero tornati nemici. Avevano ormai le loro vite, i
loro ideali e i loro gruppi di amici.
Ma solo per quel giorno erano tornati i due inseparabili amici di una
volta, che combinavano scherzi e si azzuffavano nel Distretto.
Tant’è che nonostante le facce gonfie e ammaccate,
stavano entrambi ridendo.
I due caricarono l’ennesimo pugno e si colpirono a vicenda.
Intanto, Marluxia era riuscito a liberare un braccio e fare abbastanza
rumore da farsi sentire.
Gli aprì una ragazza di Larxene, che lo liberò
del tutto e lo fece uscire: a giudicare dalla luce del giorno, era
pomeriggio inoltrato. Il ragazzo si voltò furibondo e le
gridò addosso: “Dove? Dove sono?”
Lei si impaurì, ma rispose con voce tremante: “Ne
abbiamo presi un paio. Luxord e quella matricola. Sono da questa
parte!”
E lo guidò per il corridoio. Sulla faccia di Marluxia
comparve un ghigno famelico: presto si sarebbe vendicato, infliggendo
ai due un dolore e un’umiliazione dieci volte più
pesanti di quelle calunnie che aveva scritto sul loro conto. La ragazza
arrivò davanti a una porta, la aprì e gli fece
segno di entrare. Marluxia si catapultò dentro e
afferrò la prima sedia che trovò, pronta a
spaccarla su uno dei due malcapitati, ma si bloccò: era
un’aula vuota.
Dietro di lui, Larxene si mosse silenziosamente e chiuse la porta a
chiave.
Xigbar non sapeva più cosa fare: Marluxia era sparito, Vexen
non si era più fatto sentire dopo quello strano scoppio,
Saix era irreperibile. Possibile che lui fosse l’unico
rimasto? Tuttavia, questo significava anche che Xemnas avrebbe avuto
meno persone con cui prendersela. Deglutì, ma
all’improvviso sentì una voce. O meglio, la
sentirono tutti poiché veniva emessa da ogni altoparlante
del campus.
Era di nuovo Demyx, che narrava le ultime bravate ai danni del
Consiglio studentesco, e invitava tutti a leggere l’imminente
edizione del giornale per tutti i particolari.
Suo malgrado, Xigbar sorrise: erano in trappola. Contattò nuovamente
Xaldin e poi si diresse per primo alla stazione radio per gli annunci,
desideroso di prenderli con le sue stesse mani.
Entrato, spalancò la porta e colse Demyx di sorpresa,
premendo il pulsante per spegnere le trasmissioni e non farsi sentire.
“Ascoltami, razza di pezzente! Pensi di aver vinto? Pensi che
ora tutti vi ascolteranno? Quelli sono gli stessi babbei che fino a
ieri vi odiavano a causa di tutte quelle bugie che si sono bevuti!
Crederanno a ciò che noi diciamo loro di credere! Pecore dal
primo all’ultimo, docenti inclusi! E ora, scoprirai cosa
succede a chi fa davvero arrabbiare il Consiglio, stavolta non ve la
caverete con una sospensione, vi spediremo tutti in galera, dove
dovreste stare!”
Un piccolo applauso risuonò da una sedia accanto. Un
più attento esame rivelò che la sedia ospitava
Zexion.
“Davvero una bella arringa: la vera faccia
dell’impassibile Xigbar, il braccio destro di Lord Xemnas.
Una persona che apparentemente reputa tutti stolti e poi non sa la
differenza fra acceso e spento, e che il pulsante per compiere le due
azioni è il medesimo.”
Xigbar osservò il pannello comandi. Effettivamente, il
pulsante che aveva pigiato ora era su ON. Non ci aveva fatto caso,
credeva stessero ancora trasmettendo.
Mentre il terrore cominciava a invaderlo, un rumore lo fece voltare.
Era Luxord, che stava scrocchiando minacciosamente le nocche.
“Io non sono una persona violenta, Xigbar: ci sono altri che
lo sono al posto mio.” Disse Demyx, premendo di nuovo il
pulsante su OFF.
“Luxord! Andiamo, non essere impulsivo, dai… posso
darti tutto ciò che vuoi! Un posto privilegiato da Xemnas!
Anzi meglio, mi metto al tuo servizio! Di sicuro ti servirà
una spalla, no?”
“No. Ma ti darò una scelta, come tu
l’hai data a me: o ti spezzi le gambe da solo, o lo faccio
io. Niente di personale, figurati, è solo la mia parte nel
piano. Di certo capirai.”
E mentre il braccio destro di Xemnas tremava, Zexion riaccese
brevemente le comunicazioni: “Tutti nella sala principale per
il gran finale. Non mancate!”
Xaldin aveva sentito tutto. Xigbar lo aveva tanto rimproverato, e poi
lui faceva anche di peggio: aveva mandato tutto a monte. Perplesso, il
bruto si chiese cosa fare ora. Di tornare da Xemnas non se ne parlava,
non a mani vuote. E poi lui detestava l’ambiente che quel
ragazzo voleva creare, tutto così calmo e ordinato.
Decise di fare l’unica cosa che sapeva fare: spaccare teste,
partendo da quelle dei Nobodies. Si avviò, con al seguito i
suoi sgherri, quando dall’altra parte del corridoio vide una
figura imponente, con una fasciatura alla testa e una pesante spranga
in mano. Solo un ragazzo nel campus era più grosso di lui.
“Lexaeus…”
“Xaldin. Ma che piacere. Come vedi, mi hanno dimesso. O
meglio, mi sono dimesso.” Avanzò lentamente.
“Purtroppo non sono riuscito a coltivare il mio interesse per
la lettura durante la convalescenza, ma sto recuperando. Specialmente,
in questo periodo mi trovo molto d’accordo con le idee del
signor Thomas Hobbes: Nel
periodo in cui gli uomini non hanno un potere che li tenga in estasi,
sono in una condizione chiamata guerra; e il diritto di natura
è la libertà che ha ogni uomo di usare il proprio
potere, per preservare la propria natura, la propria vita.”
Due ragazzi lo caricarono, forse convinti di poterlo sopraffare
perché ferito. Grosso errore: lui ne sollevò uno
e lo sbatté con violenza contro il muro fracassando gli
armadietti, mentre con la spranga aveva assestato un paio di colpi ben
precisi alle ginocchia dell’altro, incapacitandolo.
Xaldin non si mosse. Non era un codardo, ma Lexaeus era
effettivamente grosso. E arrabbiato. E armato.
“Dai, Lexaeus, tu non vuoi questo, no? Tu sei un tipo
tranquillo.”
“Non vi
è cosa come la tranquillità perpetua della mente
mentre siamo qui; poiché la vita stessa non è
altro che movimento, o non può essere nulla senza desiderio,
o senza razionalità, o senza paura.”
Il gigante era sempre più vicino. Qualcuno dietro Xaldin
scappò via, e lui per la prima volta non li
biasimò.
“Mia madre ha
partorito due gemelli: la paura e ME!”
“Ok, ok, lasceremo in pace i tuoi amici! Va bene? E non ci
vedrai più! Parliamone!”
“Le parole
sono il denaro degli sciocchi. Sto per compiere il mio ultimo viaggio,
un grande salto nel buio.”
E la spranga calò, segnando il primo e ultimo atto di
violenza volontaria di Lexaeus.
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Capitolo 13 *** Parte Tredicesima ***
NOBODIES UNIVERSITY – PARTE TREDICESIMA
Xemnas sedeva dietro al palco della sala principale, sorseggiando del
tè mentre leggeva l’ennesimo volantino del
giornale della scuola. Era fin troppo chiaro che i Nobodies si erano
impossessati anche di quella struttura. Ormai tutti avevano letto o
saputo degli eventi della giornata in qualche modo,
tant’è che il palco che ora doveva ospitare gli
spettacoli artistici era vuoto.
Nonostante tutto ciò che era accaduto, il presidente del
Consiglio non era turbato, il suo comportamento era impeccabile. Ma per
una volta, era curioso: genuinamente curioso di vedere cosa avevano
riservato per lui. Se non altro, avevano attirato la sua attenzione.
Un brusio di sottofondo lo spinse ad uscire sul palco e verificare di
persona la situazione. La sala era ormai gremita di studenti, tutti
attirati dall’annuncio di Zexion e desiderosi di osservare
l’epilogo della faccenda.
Eppure, nessuno si prese gioco di lui o lo affrontò
apertamente: incuteva ancora timore in tutti, sebbene i suoi
subordinati avessero fallito. Beh, quasi tutti.
Il Rettore suo padre incedé fra la folla e lo
fissò.
“Xemnas, cosa sta succedendo? Cosa significa tutto
ciò?”
“Solo delle spiacevolezze causate da individui molesti,
Rettore. Col tuo permesso, provvederò a farli rimuovere
appena avuti i nominativi di tutti i colpevoli.”
“Non parlo di questo! Ciò che questi…
Nobodies… dicono, è la verità? Hai
usato ricatti e violenza per sottomettere gli altri studenti? Hai
abusato della tua autorità? Esigo una spiegazione!”
‘Prima mi chiedi di darti una mano a mantenere
l’ordine, e poi ti lamenti del mio operato? Senza di me,
questa marmaglia farebbe il comodo suo, e i tuoi preziosi risultati e
trofei andrebbero ad altri istituti.’
Xemnas era disgustato dalla codardia del padre, ma non
lasciò che ciò alterasse le sue emozioni. Non
avrebbe ceduto a bassi istinti solo a causa sua.
“Un momento Rettore, signore. Vorrei scambiare qualche parola
con suo figlio.”
Roxas apparve sul palco, fra lo sgomento generale. Il presidente
sorrise: ecco quindi l’autore di tutto.
“E tu chi saresti, giovanotto?” chiese Ansem.
“Mi chiamo Roxas. Sono iscritto all’Accademia da
quest’anno.”
“Una matricola. Cosa mai puoi volere da mio figlio? Non
ritengo siano affari che ti riguardano.”
“Invece sì. Vede, sono io il responsabile ultimo
di ciò che è successo oggi, faccio parte dei
Nobodies.”
Mentre nella sala piombava il silenzio e il Rettore
s’indispettiva, la matricola guardò Xemnas.
“Sono state dette un sacco di menzogne sul mio conto. Mi
è stato chiesto di testimoniare il falso con
l’inganno e di prendermi l’odio generale, tutto per
il Consiglio degli studenti. Ma non cerco giustificazioni per
ciò che ho fatto: la vendetta non è
giustificabile. E sono qui per prendermi la colpa anche delle azioni
dei miei amici, per davvero stavolta. Ma prima voglio sfidare suo
figlio a una competizione, come è previsto dal regolamento.
Sfido Xemnas a una gara di scacchi.”
Lo shock stavolta fu davvero generale: il Rettore rimase esterrefatto,
persino Xemnas mostrò sorpresa.
Quella matricola lo sfidava, per giunta nella sua disciplina preferita!
Ansem lo osservò con nuova luce negli occhi, poi decise:
“E sia. Non sarebbe opportuno in questa situazione, ma tutti
hanno diritto a difendersi, come dico sempre. Acconsentirò a
questa sfida dopodiché deciderò chi è
responsabile e di cosa. Potete iniziare.”
Furono allestite in fretta scacchiera e sedie e i due sfidanti presero
posto.
“E quindi rischi il tutto per tutto. Vale davvero la pena,
prendersi un tale disturbo solo per la vendetta?”
“Non è solo vendetta. Tu hai molto potere e
parecchio carisma. Puoi benissimo dare la colpa ai tuoi sottoposti
dichiarandoti all’oscuro di tutto, e rimpiazzarli con altri.
È te che voglio, la partita finisce solo quando sconfiggi il
Re.”
Erano ancora all’inizio del gioco, quando si schierano i
diversi Pedoni per liberare i pezzi successivi. Roxas, essendo bianco,
aveva iniziato per primo, portando molto avanti due delle sue pedine.
“Giusta deduzione. E in più, questa apparentemente
inutile partita si rivelerà cruciale: chi trionfa in un
gioco di strategia influenza il giudizio dei presenti, ergo chiunque
vincerà apparirà nel giusto a prescindere. Molto
astuto. Ammetto che mi ero sbagliato sul tuo conto… Roxas.
Non sei più una pedina, sei finalmente stato promosso a Re.
Ma mi chiedo“ -E mentre parlava, Xemnas mangiò una
delle due pedine col suo stesso Re- “Se sei davvero in grado
di portare la corona. Ti muovi con troppa cautela, dai troppa
importanza a tutti i tuoi pezzi. Se ti fai degli scrupoli, verrai
schiacciato.”
Roxas non aveva nemmeno notato il Re uscire allo scoperto. Xemnas era
davvero un fuoriclasse: sapeva come distrarti con mosse inutili e far
passare inosservati i movimenti cruciali. Il suo Re era tornato
rapidamente al sicuro dietro i suoi pezzi una volta compiuta
l’uccisione.
Ma il biondino non si sarebbe arreso. Non stavolta.
“Ti sbagli. Non sto cercando di convincere la massa. Noi
abbiamo rivelato i vostri inganni, ora lasceremo che decidano con la
loro testa. Se vorranno continuare a odiarci sarà loro
diritto, ma sarà anche e sopratutto una loro libera scelta.
È te che voglio convincere. Voglio dimostrarti che hai
torto, e che ordine e potere non sono tutto nella vita. Non senza
amici.”
L’Alfiere di Xemnas mangiò un altro Pedone, ma
venne poi mangiato dall’Alfiere di Roxas, eliminato a sua
volta da un altro pezzo.
“Gli amici si sacrificano per te. Non perché sono
pezzi da usare a tuo piacimento, ma perché vogliono che tu
faccia tesoro del loro aiuto per vincere.”
Sul tetto, Axel e Saix guardavano le nuvole, entrambi troppo malandati
per rimettersi in piedi. Il rosso sorrise: “Coraggio,
Roxas.”
Xemnas non si aspettava quella mossa. Non era la migliore risposta in
quel frangente, ma proprio per questo era imprevedibile e quindi
pericolosa. Infastidito, mosse avanti un Cavallo: al prossimo turno
avrebbe messo il Re sotto scacco, costringendolo a muoversi in altre
caselle ugualmente pericolose.
Ma Roxas scambiò di posto il Re con una delle Torri,
eseguendo un arrocco.
Stizzito, Xemnas dovette riportare il Cavallo nella posizione
precedente.
“Gli amici possono essere il tuo scudo in caso di
necessità.”
In un corridoio scuro, con ben sette corpi privi di sensi a terra,
Lexaeus si concesse un sospiro di stanchezza, non essendo ancora
perfettamente guarito. Si sedette e chiuse gli occhi, rimpiangendo di
non poter assistere alla partita dell’amico. Ma sapeva che se
la sarebbe cavata benissimo anche da solo.
Una delle Torri di Xemnas era riuscita ad avanzare di un bel tratto,
mettendo in pericolo numerosi pezzi di Roxas, finché non
venne mangiata da un Cavallo. Invece di andare a mangiare un altro
pezzo, aveva compiuto un movimento a elle all’indietro,
comportamento abbastanza inusuale.
“Ci sono situazioni che da solo non puoi gestire. Gli amici
servono anche a questo, sostenendoti con doti che a te
mancano.”
Zexion era rimasto ormai solo nella cabina della stazione radio, e si
divertiva a lanciare i dadi che aveva prelevato nel club di Vexen.
“Di nuovo un triplo sei. Se non fossi un uomo di scienza,
crederei nel destino. Se esiste la fortuna essa è dalla tua
parte, pivello.”
Raramente Xemnas si era trovato così in
difficoltà. Il piacere iniziale aveva presto ceduto il posto
a un nuovo sentimento che il presidente non conosceva. Era…
paura? No, impossibile. Lui non poteva avere paura. Era perfetto e
privo di inutili emozioni infantili. Purtroppo, analizzare la sua
situazione interiore lo aveva deconcentrato: non vide che la Regina
avversaria aveva mangiato la sua, e continuava nella sua opera di
distruzione. Mangiò ben cinque pezzi prima di venire
eliminata.
“A volte potrebbero essere un po’, ehm…
irruenti, ma puoi trovare amici anche dove non ti
aspetteresti.”
Larxene uscì fuori dalla stanza pulendosi le mani, e
abbaiò ordini alle ragazze che la fissavano senza fare
niente.
“Beh? Non avete altro da fare? Bisogna preparare il giornale,
nel caso succeda qualcos’altro! Andate a monitorare la
situazione, invece di rimanere impalate con la bocca aperta!”
Mentre quelle obbedivano in fretta, lei guardò verso la sala
principale. Odiava perdersi gli eventi popolari. “Suonagliele
anche da parte mia, soldo di cacio.”
Il presidente ormai non capiva più cosa accadeva. Stava
perdendo? Lui? Contro una matricola? Non poteva permetterlo.
Scagliò in avanti il suo Re e mangiò un Cavallo.
Era una delle sue tattiche preferite, giocare col Re, ed era una
strategia che aveva ideato lui stesso. Non aveva importanza che poteva
finire sotto scacco muovendosi nelle caselle adiacenti,
finché poteva tornare indietro al sicuro.
“Bene, non mi sembra tu possa muoverti in un posto sicuro.
Scacco Matto, direi.” Annunciò Roxas.
Xemnas sulle prime non se ne accorse. Poi lo vide.
Uno dei due Pedoni iniziali, ignorato dopo la perdita del suo compagno,
aveva pian piano risalito la scacchiera, era diventato una Regina, e
dalla sua posizione poteva mangiare il Re, se questi fosse tornato
indietro. Non c’erano più caselle sicure.
“Un’ultima cosa, la più importante di
tutte. Non ha importanza quanto forte o che abilità abbia
una persona. Perfino la più inutile, quella che era sempre
sotto ai tuoi occhi può rivelarsi importante. E tutte
insieme, possono superare anche la più ardua delle
sfide.”
Di fuori sul prato, Demyx e Luxord si godevano un po’ di
ombra sotto una quercia.
“Lux, a te non va di andare ad assistere Roxy? Potrebbe
servirgli una mano.”
“Nah. Sono sicuro che sta benissimo. E poi la nostra parte
l’abbiamo fatta.”
“Heh, hai ragione. Succeda quel che succeda, ora un
po’ di riposo non ce lo toglie nessuno.”
Il silenzio che avvolgeva la platea poteva essere tagliato con un
coltello. Xemnas aveva perso a scacchi, e contro una matricola.
Il presidente si alzò in piedi, e si rivolse al Rettore:
“Padre, non crederai certo a ciò che dice questo
ragazzo! Ti ricordo che è stato lui a causare
quell’incidente a metà anno! È ovvio
che ora lo neghi, vuole approfittarsi della tua-“
“Adesso basta!” Una terza figura arrivò
sul palco. Una ragazzina minuta, coi capelli scuri e il faccino
arrabbiato.
“Xion?” Dissero Roxas e Xemnas assieme.
Lei puntò il dito contro quest’ultimo:
“Fratellone! Non solo commetti atti atroci, ma quando vieni
sconfitto tenti di appellarti a papà? Ah, non sei cambiato,
era così anche quando ti battevo ai videogiochi!”
Nessuno nella sala poteva essere più scioccato di Roxas in
quel momento. Xion quindi era… impossibile!
“Cosa… tu… non…
io… non devi...” Farfugliò Xemnas,
ormai completamente in tilt. Venire rimproverato pubblicamente dalla
sua sorellina era troppo.
Lei lo ignorò e parlò ad Ansem:
“Papà, posso confermare tutto ciò che
ha fatto il Consiglio studentesco. Violenze, estorsioni, imbrogli:
è tutto documentato, anche se ci ho messo un bel
po’ ad ottenere prove sufficienti.”
“Tu… come fai a sapere tutte queste
cose?”
“Oh, me l’ha chiesto mamma. Diceva che Xemnas stava
diventando incontrollabile ultimamente, ma che tu eri troppo distratto
per accorgertene, quindi voleva che io dessi
un’occhiata.”
A quanto pare nemmeno il Rettore era esentato dalle critiche della
figlia. Ansem si guardò in giro imbarazzato, e disse:
”Oh, va bene! A voi due voglio vedervi in privato, per
discutere della faccenda! Tutti gli altri, fuori! Lo spettacolo
è finito!”
Roxas sedeva su una panchina in un corridoio, vicino
all’ufficio del Rettore. La sua mente era in stato di shock:
non riusciva a pensare a niente, non alla sua vittoria, non a Xion, non
a cosa sarebbe accaduto ora.
Una figura uscì dallo studio e si sedette accanto a lui.
Dopo un po’ Xion si azzardò a chiedere:
“Sei arrabbiato?”
“Arrabbiato? E per cosa?”
“Per… non averti detto chi ero!
All’inizio, non lo reputavo importante e quando sei diventato
un Nobody pensavo non ti avrebbe fatto piacere; poi avrei voluto, ma mi
hai allontanata e non c’è stata
occasione.”
“Tranquilla. Voglio dire… capisco perfettamente,
in più ci hai aiutato un sacco di volte, compreso oggi.
Davvero, non ti sarò mai grato abbastanza Xion.”
Lei arrossì e distolse lo sguardo. “Figurati, per
così poco. E poi, mi sembra che te la sia cavata benissimo
anche da solo! Hai giocato davvero bene. Mi piacerebbe giocare con te,
in futuro.”
“Ah, davvero? Aspetta, in futuro? Quindi-“
“Sì! Mio padre ha ascoltato la mia versione, e ha
concordato che eravate nel giusto. Chiuderà un occhio sulle
vostre azioni, se promettete di non causare problemi. Oh, e il
Consiglio degli studenti è stato sciolto.”
Roxas era fuori di sé dalla gioia. Così tanto che
abbracciò la ragazza, facendole assumere un color rosso
acceso.
“Grazie, Xion, davvero! Sei una benedizione! Ora scusami, ma
vado a dirlo agli altri!” E corse via come un razzo.
Xion lo guardò allontanarsi e sorrise. Ora era davvero il
momento di festeggiare. Avrebbero avuto tutto il tempo per stare
assieme dopo.
Un paio di mesi più tardi…
“Sei pronta? Guarda che ci aspettano!”
“Solo un attimo! Ormai ho quasi ucciso il boss
finale!”
“Andiamo… cosa dovremmo dire agli altri poi, che
eri impegnata a fare questo?”
“Dici così solo perché tu sei morto
subito… là! Vinto! Ok, possiamo andare!”
Roxas e Xion camminavano per il viale, in una calda giornata di fine
Agosto. L’appuntamento era proprio davanti alla fontana nella
piazza centrale, nel Distretto Commerciale.
“Ehi… alla fine, come va con tuo
fratello?” Chiese Roxas mentre camminavano.
“Meglio! Non è ancora pronto per relazionarsi col
mondo esterno come una persona civile, ma sta migliorando. Mi chiede
spesso di te quando giochiamo assieme.”
Come previsto, gli altri erano già lì. Demyx fu
il primo ad avvistarli e gli andò incontro assieme ad Axel.
Lexaeus leggeva seduto a un tavolino ma ripose in fretta il libro,
mentre Zexion faceva lo stesso col suo palmare.
“Ecco la coppietta dell’anno! Vi eravate
persi?” Li canzonò Demyx.
“Disquisire sugli affari privati altrui, molto delicato
Dem” Disse Zexion.
“Ah, dagli tregua. Se non possiamo prenderci in giro tra di
noi, quando dovremmo farlo?” Intervenne Axel.
“Anche
un’azione a prima vista riprovevole è positiva se
contribuisce alla felicità generale,
così diceva John Stuart Mill. Più o
meno.” Concluse Lexaeus.
Roxas non riuscì a trattenere un sorriso: gli erano mancati
simili battibecchi, dopo tutto quel tempo.
Era da quando Lexaeus era stato dimesso completamente che non si
riunivano tutti assieme, con Zexion che si era dovuto cercare un
lavoro, Axel e Demyx che dovevano lavorare alla tesi e lui con la sua
relazione con Xion. Ma ora erano tutti lì… o
meglio, quasi tutti.
Il restante arrivò poco dopo, quando Luxord e una recente
aggiunta si fecero vedere.
“Ed ecco finalmente gli ultimi ritardatari!
Cos’è, una moda fra le coppie quella di arrivare
in ritardo?”
“Mio caro Demyx, un vero gentiluomo non rivela mai i suoi
segreti, tantomeno le ragioni che lo hanno indotto a
trattenersi-“
“Ah, tacete tutti e due! L’unico motivo per cui
siamo arrivati tardi è che lui doveva fare il mago al
compleanno del cuginetto e quei marmocchi hanno pure chiesto il
bis!” Tagliò corto Larxene.
Poi puntò un dito contro Luxord e aggiunse: “Ora
ti diverti, ma ricordati che in autunno dovrai lavorare sodo! Sei
passato al secondo anno per miracolo, ma non tollero che tu rimanga
indietro! Ti darò una mano, ma se non vedo risultati saranno
dolori!”
Roxas rise assieme agli altri. Era forse l’unico che non era
rimasto scioccato dall’annuncio del loro rapporto, ripensando
alla famosa “cosa” che aveva sottratto
dall’armadietto di Larxene tempo addietro: un biglietto per
lo show di magia della città, un evento principalmente per
bambini. Forse gli unicorni non erano prova del fatto che lei era una
ragazza dolce, tutt’altro. Ma chi l’avrebbe mai
detto che Larxene fosse una fanatica di magia?
Lei lo riscosse dal suo torpore con una dolorosa gomitata nelle costole.
“Mi raccomando Roxy, tu trattala bene la tua signora, eh? Noi
donne possiamo rivelarci letali e colpire quando meno ve
l’aspettate!”
“Ah, a proposito!” disse Demyx. “Fra
pochi giorni non c’è Miss Campus? Xion, pensi di
partecipare?”
“Ma che bellissima idea, le nostre dame sul palco ad
esibirsi, una gioia per gli occhi.” Rincarò Luxord.
“Eh? Cosa? Io non… Roxas?”
Squittì la ragazza, imbarazzata.
“Mi sembra una splendida idea!” Rise il biondino,
divertito.
“Già che siamo in vena di partecipazioni,
perché non facciamo una cosa bella e vi iscrivo tutti? I
costumi ce li ho ancora, sapete.” Ghignò Larxene,
un sorriso malevolo in faccia.
I tre ragazzi capirono l’antifona e smisero di stuzzicare
Xion.
“Se avete finito, ci aspetterebbe la spiaggia, sempre che non
ci caccino via per rumori molesti.” Disse Zexion, ormai
avviatosi.
Axel corse avanti, seguito a ruota da tutti. “Coraggio!
L’ultimo che arriva pianta l’ombrellone!”
Roxas osservò la scena e non poté fare a meno di
pensare che in fin dei conti c’era giustizia a questo mondo.
Avevano incontrato delle difficoltà, ma ora erano tutti
lì e non gli restava altro che godersi questi giorni tutti
assieme.
Poi le vacanze estive sarebbero finite e
l’Università avrebbe riaperto.
L’ex-matricola inspirò e raggiunse gli amici.
Sarebbe stato un anno fantastico.
FINE
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