L'inverno dell'anima

di Baldr
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La via dei rimorsi ***
Capitolo 2: *** L'intreccio di intrighi ***
Capitolo 3: *** Legami di sangue ***
Capitolo 4: *** Università Culver ***



Capitolo 1
*** La via dei rimorsi ***


Kamar







La via dei rimorsi

 

Le stelle tremolavano nel cielo dove, mentre Hati, la luna dal tenue alone azzurro, si tuffava nell’oceano a occidente, Mani, dal fulgore rosato, ne aveva preso il posto accanto alla candida Skadi. Sembrava quasi che gli astri tremassero, percependo il tumulto che agitava l’animo del principe cadetto che, all’apparenza, rimirava la volta celeste, sdraiato sulla soffice erba che danzava, seguendo l’impercettibile melodia suonata dal vento. L’aria era pregna dell’aroma dell’erica che aveva acceso di colori le colline a nord di Asgard.

«Loki.»

La voce di Frigga lo strappò al livore che gli stava corrodendo l’anima. Sciolse le mani da dietro la nuca e si alzò in piedi, volgendosi verso la regina.
«Madre» esclamò Loki, avvicinandosi a lei; prese le mani che ella le offriva e fletté il busto per omaggiarle con un bacio rispettoso, ma sterile. La delusione aveva indurito il suo cuore e l’affetto che nutriva per la donna faticava a sfuggire al suo cupo umore. «Questo luogo non si addice a una regina, soprattutto a questa tarda ora» aggiunse con un sorriso spento.

Frigga colse quell’asprezza nei modi di fare del figlio e sorrise benevola. «Come stai?» Come Odino e i due principi erano rientrati da Alfheim, i figli erano andati a festeggiare con gli amici ma, quando si erano ritirati per coricarsi, Loki si era allontanato da palazzo. I suoi poteri la avevano informata di quell’evento ben prima che Odino sottoponesse i due eredi alla prova per decidere chi di loro lo avrebbe sostituito sul trono. Quello era il motivo per cui ella si era recata sulle colline, dove sapeva avrebbe trovato il secondogenito.

«Bene» rispose prontamente il ragazzo, ormai diventato uomo. Innanzi allo sguardo penetrante della madre, Loki strinse le labbra, intuendo come sua madre comprendesse il suo malessere e fosse preoccupata a riguardo. A volte aveva l’impressione che Frigga riuscisse a leggergli nell’anima. Il principe abbassò il capo, portando l’attenzione sulle proprie mani ancora intrecciate a quelle della donna. «Ho deluso Padre. Di nuovo» soffiò, deglutendo con rammarico.

Frigga scosse il capo. «Non dire così...»

Loki sollevò le iridi di smeraldo, puntandole in quelle di lei. «È così. Ho visto il suo sguardo su Alfheim e, ti assicuro, era tale a quello che mi ha rivolto in molte altre occasioni. L’ho deluso.»
«Capita a tutti di sbagliare...» mormorò lei e il figlio si scostò con un gesto secco, dandole le spalle.

Loki alzò lo sguardo al cielo, arricciando le labbra in una smorfia di disappunto e poi si voltò verso di lei, sollevando la mano sinistra per accompagnare le parole: «Io non ho sbagliato. Ho fatto quello che andava fatto per garantire un futuro solido ad Asgard. Ho fatto quello che qualunque re avrebbe dovuto fare» spiegò accorato.

La madre intrecciò le dita sul grembo, guardandolo con espressione pacifica. Il marito le aveva raccontato ciò che era accaduto su Alfheim, dove i due principi erano stati sottoposti alla medesima prova. Ciascuno di loro era stato incaricato di accompagnare il futuro erede al trono degli elfi della luce nel cuore della foresta sacra. Egli era apparso loro come un bambino viziato e maleducato, che li aveva tediati per tutto il tragitto, sino a quando la sua vita non si era trovata a dipendere dalle scelte di chi lo scortava.

Thor, nonostante le offese e le umiliazioni, gli aveva salvato la vita, mentre Loki aveva lasciato che spirasse, privandolo volontariamente della possibilità di sopravvivere.

Da quell’azione, Odino aveva dedotto che il secondogenito fosse pronto a colpire un alleato in difficoltà, approfittando della sua debolezza e aveva deciso di scartarlo, preferendo invece Thor.

«Raccontami come è andata» sussurrò Frigga, sorridendogli amorevolmente.

L’espressione del figlio si indurì. «Sai già com’è andata: Thor ha superato la prova e diventerà re fra tre anni.»
Lei scosse il capo, socchiudendo gli occhi per pochi istanti, poi afferrò la stoffa della gonna, la sollevò un poco e si sedette sull’erba.

Loki la guardò diffidente, spiazzato da quell’azione e sollevò un sopracciglio quando Frigga lo invitò, con un gesto della mano, ad accomodarsi al suo fianco.

«Voglio sentirlo narrare da te, voglio conoscere come lo hai vissuto tu e non tramite le parole di terzi, che filtrano i fatti tramite il proprio modo di percepire il mondo. Loki, dimmi cosa ti è successo su Alfheim, per favore.»

Lui strinse le labbra, ispirando a fondo, per poi sbuffare e sedere alla sinistra di Frigga. Lei sorrise e gli posò la mandritta su una coscia, offrendogli il palmo.
L’espressione di Loki si addolcì e scosse il capo, la guardò e con le mani accennò a quel gesto materno: «È infantile» commentò.
La donna sollevò un sopracciglio e sorrise. «Sei mio figlio e nel mio cuore di madre sarai sempre il mio bambino.»
Lui sorrise, lasciando che l’affetto che nutriva per Frigga trasparisse anche nelle iridi scintillanti come le numerose stelle che impreziosivano i cieli di Asaheim. Posò la mano su quella che la madre gli offriva e le strinse dolcemente il pugno tra le dita. Scese il silenzio, disturbato solo dal frinire dei grilli che annunciavano l’arrivo dell’estate. Lui osservò il palazzo stagliarsi fulgido contro il cielo. Le stelle sembravano incoronarlo, attestando che Asgard e i suoi abitanti fossero i difensori dell’ordine in tutti i nove regni. Loki, in realtà, non lo vedeva; davanti ai suoi occhi scorrevano le immagini della sua prova, i suoi ricordi ripercorrevano gli eventi e le sue scelte e tutti gli apparivano logici e ineccepibili.

Loki spostò lo sguardo su Frigga e le raccontò di come avesse camminato nella sacra foresta elfica, di come avesse combattuto contro un imponente cinghiale dal manto bianco, privato dei propri poteri dalle peculiarità di quel luogo antico quanto Yggdrasill stesso. Le parlò del principe Diarmuid morente che si era rivelato debole, inadatto a regnare e a mantenere l’alleanza con Asgard e della sua decisione di non salvarlo, per non intaccare il potere che Odino aveva faticosamente costruito nell’arco dei secoli. Era sua convinzione che gli elfi avrebbero potuto scegliere un nuovo regnante che, facilmente, si sarebbe rivelato migliore del giovanissimo principe.

Frigga lo ascoltò senza mai interromperlo e, solo quando Loki tacque, prese parola. «Perché pensi di aver deluso tuo padre?»

Il principe sospirò addolorato. «Perché ho disubbidito: ci era stato detto di servire e proteggere Diarmuid e accontentare ogni sua richiesta. Ho disatteso invece il suo ultimo ordine, venendo meno al volere di Odino.»
La donna strinse impercettibilmente le labbra. «Tesoro, disubbidire non sempre è sbagliato e Odino questo lo sa bene. Ma se invece tu fossi stato superficiale nella tua scelta? Forse non hai ponderato la situazione come tuo padre si aspettava che tu facessi...»
Loki la guardò perplesso. «Ho valutato la possibilità che a Diarmuid venisse affiancato un tutore, che lo avrebbe accompagnato sino alla maggiore età, ma non conoscendo quest’ultimo, ho ritenuto che l’attuale rapporto che lega Asaheim ad Alfheim sia l’ideale al momento e che, quindi, Re Finn avrebbe potuto prolungare la sua carica piuttosto che abdicare in favore dell’erede.»
Frigga sorrise e sollevò una mano, posandola sulla guancia del figlio. Anche se non lo era davvero, lo aveva cresciuto, plasmato e lo amava come sangue del proprio sangue. Capiva quel suo modo di ragionare che poteva apparire contorto e oscuro, ma vedeva anche la luce che Loki inseguiva in quei ragionamenti.

«La personalità di un individuo è la somma delle sue esperienze, Loki. Da piccolo eri timido, taciturno, non sei forse cambiato crescendo?» chiese con tono gentile.

Lui aggrottò la fronte, poi chinò il capo, schiudendo le labbra. «Pensi che sarebbe potuto cambiare crescendo?»
Frigga continuò a sorridere amorevolmente. «Sarebbe cresciuto e magari avrebbe trovato una persona con cui condividere il peso del trono.»
Loki sollevò lo sguardo e la rimirò alla luce delle due lune rimaste in cielo. «Un consigliere che potesse educare, mitigare e guidare...» mormorò, mentre quella nuova consapevolezza lo colpiva come un’epifania.

«Tuo padre non stava testando la capacità di essere re dell’elfo, ma la tua e quella di tuo fratello… e un re deve essere lungimirante, deve saper guardare lontano» spiegò paziente.

Lui si passò una mano sul viso. «Sono stato cieco, avrei dovuto salvarlo, invece questo mio errore di valutazione mi è stato fatale.»
Frigga sorrise. «Non essere così duro con te stesso. Sei ancora con noi e assieme a tuo fratello potrai fare di Asgard un posto migliore.  Entrambi siete nati e cresciuti per essere re. Thor sarà un buon sovrano anche grazie ai tuoi consigli.»
Loki avvertì un brivido, che gli corse lungo la schiena al pensiero di affiancare Thor sul trono. Il principe sii vide nel ruolo che Frigga ricopriva al fianco di Odino e si immaginò a riprendere le sembianze di Jarnsaxa. Con i polpastrelli di indice e medio si sfiorò le labbra e poi un nodo gli si strinse allo stomaco. Era un’illusione, un errore in cui non doveva più accadere. Amava Thor, ma entrambi non potevano permettersi di indulgere in quello sbaglio. Jarnsaxa non sarebbe mai più apparsa, era morta e tale doveva essere anche quell’insana ossessione per il fratello.

Loki riportò l’attenzione sulla madre, le sorrise e si sporse verso di lei per posarle un bacio affettuoso sulla gota. «Grazie per farmi dono della tua esperienza» disse sincero, quindi si alzò e le porse le mani, aiutandola a rimettersi in piedi.

Ritornarono a palazzo, conversando di incantesimi e Frigga si rese conto che ormai vi erano poche cose che poteva insegnare al figlio in quel campo. Anzi, Loki era uno sperimentatore e, probabilmente,avrebbe potuto dispensare il proprio sapere a lei.

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La luce filtrava attraverso le ampie vetrate della biblioteca di corte, assumendo le sfumature di colore delle figure dipinte sui vetri. Nell’area di lettura, a pochi metri dalla porta, poche erano le figure chine sui pregiati tomi che, solitamente, affollavano gli imponenti scaffali che si elevavano sino al soffitto affrescato.

Le abitudini di Loki lo portavano a leggere rinchiuso nei propri appartamenti, ma aveva lasciato le proprie stanze alle cure dei domestici e si era ritirato in quell’ala del palazzo in cerca di quiete. Il silenzio aleggiava nell’ampia sala, creando un’atmosfera magica, pregna dell’odore delle pergamene e della carta antica, mentre il pulviscolo danzava sui raggi di luce senza che nessuno si curasse della polvere.

Il rumore della porta non attirò alcuno sguardo, come invece accadde per la parola pronunciata ad alta voce, senza alcun rispetto per quel luogo.
«Fratello!»
Loki sollevò lo sguardo su Thor, sollevando un sopracciglio e assumendo un’espressione stupita.

Thor sorrise teso e si avvicinò al suo tavolo con passo pesante, mentre sguardi di disappunto accompagnarono il suo incedere. «Ti ho trovato! Desideravo...»
Il cadetto sollevò una mano davanti alle labbra, zittendolo e poi gli indicò la sedia innanzi a sé. «Fratello» sussurrò, «comprendo come tu non sia avvezzo a questo luogo ma, ti prego, modera il tono di voce e limita la tua irruenza» disse severo, scrutandolo intensamente.
Il dio del tuono aggrottò la fronte e parlò, lasciando che la sua voce possente violentasse la quiete. «Scusa!» Davanti allo sguardo gelido del minore, chiuse la bocca e si sedette, rimanendo in silenzio. Prese uno dei tomi impilati vicino a Loki e arricciò le labbra, leggendone il titolo, per poi appoggiarlo sulla superficie di legno. Portò le iridi celesti su Loki, trovandolo nuovamente intento a leggere e sospirò.

«Fratello...» sussurrò, sporgendosi verso il cadetto, «sei arrabbiato con me?»
Loki si limitò a sollevare gli occhi e a fissarlo. «Come, scusa? Perché dovrei?»
Thor lo guardò a disagio, appoggiò gli avambracci sul tavolo e spiegò sommessamente: «Perché Padre ha scelto me...» Si ritrasse, appoggiando la schiena allo scranno. «Quando ieri siamo andati a festeggiare, sei sparito. Non ci ho pensato subito, ma stamane mi è venuto il dubbio che potessi essere adirato con me» ammise candidamente il suo timore.

Loki poté scorgere i sentimenti del fratello, scorrere impetuosi e limpidi dietro le barriere celesti che erano i suoi occhi, senza che nulla potesse inquinarli. Thor si era preoccupato al punto di andarlo a cercare in quel luogo a lui così poco familiare.

Loki scosse il capo. «Non mi stupisco che tu abbia impiegato un’intera notte per formulare un pensiero così complesso» commentò sommessamente, per poi sorridere radioso. «Non sono arrabbiato con te. Il mio biasimo va unicamente alla persona che ha causato il mio fallimento...» Il pensiero corse a Odino e Loki si irrigidì. Possibile che una parte di sé considerasse suo padre colpevole?

«L’unico responsabile sono io e le scelte che ho effettuato» assicurò il dio degli inganni sottovoce, scacciando l’idea che aveva fatto capolino alla sua mente.

Thor lo afferrò per un braccio e lo fissò duramente. «Non hai colpe. Anche io avrei potuto fallire la prova, Diarmuid ha rischiato di morire anche con me, non sono stato sufficientemente abile da proteggerlo come avrei dovuto» sentenziò deciso, attirandosi le occhiate degli studiosi presenti e suscitando qualche parola di biasimo.

Thor si alzò stizzito. «Smettetela» tuonò rivolto agli sconcertati spettatori. «Sono il vostro futuro re e sto discutendo di cose importanti con mio fratello!»
Loki si passò le dita sulla fronte con un’espressione di fastidio, si alzò, afferrò il fratello per un braccio e lo trascinò fuori. Lo guardò duramente e Thor allargò le braccia.

«Ho capito che bisognava fare silenzio, ma là dentro pare che non si sia liberi di starnutire senza destare astio!»
Il principe cadetto sollevò le sopracciglia e poi scoppiò a ridere, stringendosi l’addome con il braccio sinistro e soffocando l’ilarità con il pugno destro.

«Fratello, sei irrecuperabile!» commentò Loki, passandosi una mano sotto l’occhio destro, per poi dare una pacca sulla schiena di Thor, il quale gli passò un braccio sulle spalle.
«Non mentire, Loki. Senza di me saresti perso! Nessuno è in grado di farti ridere come ci riesco io!»
Il giovane sorrise e annuì. «Questo è vero, hai una dote unica per riuscire a far ridere il buffone di corte.»
Thor si fermò e gli mise le mani sulle spalle. «Non sei un buffone. Sei mio fratello e nessuno può insultare la tua persona. Neanche tu.» Si fissarono per alcuni istanti e, quando Loki annuì, Thor gli diede un paio di pacche sulle spalle, poi si incamminò lungo i corridoi di palazzo, assieme a lui.

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Il temporale imperversava sulla città, versando violente scariche di pioggia sui tetti dei palazzi di Asgard. Coloro che erano stati colti dall’acquazzone lungo le strade, si stava affrettando per cercare un riparo.
Loki, con il cappuccio ben calato sul volto, avanzava lungo l’acciottolato, diretto alla sua meta, mentre il cielo si incupiva, inginocchiandosi innanzi all’imminente notte.

Il principe si guardò attorno con rammarico: anche nel Regno Eterno esistevano zone oscure come quelle, zone dove la legalità era messa a dura prova. Da bambino ne era disgustato, mentre ora le trovava utili per i propri studi. Alcune pozioni richiedevano ingredienti insoliti, rari, talvolta illegali e i bassifondi costruiti a ridosso del porto erano il luogo ideale per trovarli.

Quella sera, però, non erano le pozioni a condurlo nelle bettole da marinaio.
Loki alzò lo sguardo, sollevando con una mano il cappuccio per osservare l’insegna del bordello. Non aveva paura di essere riconosciuto, visto che aveva magicamente mutato i propri tratti, in quelli di un uomo dai capelli rossi, gli occhi azzurri e una corta barba. Deglutì, strinse le labbra e controllò lo spiazzo davanti l’edificio a due piani. Non era la prima volta che si recava in una casa di piacere, ma mai in quella zona e mai…

Il principe sbuffò, a grandi passi raggiunse la soglia ed entrò. Socchiuse gli occhi per abituarli alla penombra ancora più marcata di quella che, all’esterno, preannunciava le tenebre. Si schiarì la gola, infastidita dal fumo che riempiva l’ambiente angusto dal soffitto così basso da trovarsi a poco meno di una spanna sopra alla sua testa. Decine di occhi si posarono sulla sua figura e, quando una donna dal prosperoso seno si avvicinò, lui si decise ad abbassarsi il cappuccio sulle spalle.

Lei lo squadrò e sorrise. «Non sembri un marinaio.»
Loki sollevò l’angolo delle labbra verso l’alto in un mezzo ghigno. «Non importa quel che sembro, ma quel che desidero.»
Il sorriso di lei si allargò. «Cerchi compagnia?» Lui annuì impercettibilmente e lei gli diede le spalle. «Seguimi.» La donna si incamminò, ancheggiando, e Loki la seguì, guardandosi attorno con discrezione. Allucinogeni, liquori illegali, prostituzione: la sala era un caleidoscopio di perversioni.

Quella che si rivelò essere la proprietaria, fermò una cameriera, scambiò con essa due parole e poi proseguì, conducendo Loki in una stanza adiacente. L’odore di chiuso lo colpì come un pugno allo stomaco.

Poco dopo il loro ingresso, da dietro un pesante arazzo che adornava la parete che aveva innanzi, si palesarono una decina di donne, di diverse età, un paio erano avvenenti, mentre altre erano divorate dalla sifilide.

«Quale preferisci?» gli domandò la matrona.
Lui le studiò, tentato di sceglierne una, ma non era lì per quello. «Vorrei una compagnia particolare, sebbene costoro siano tutte molto graziose.»
La donna sollevò le sopracciglia. «Lo sai che il servizio si paga in anticipo, vero?»

Loki scostò il mantello e le lanciò una sacca, gonfia di monete d’oro. Lei ne saggiò il peso con diffidenza, sciolse il legaccio e sgranò gli occhi, incredula. Afferrò un pezzo di metallo e lo addentò, per saggiare la purezza del metallo.
La matrona sii volse alle altre donne e le scacciò con gesti frettolosi. «Sciò, via di qua e chiamatemi i ragazzi. Thrud, mandami Oddar.»

Pochi istanti dopo, a uscire da dietro l’arazzo, furono dei giovinetti, alcuni fin troppo giovani e dai lineamenti efebici. Loki si avvicinò e li studiò attentamente, uno dopo l’altro.
«Quanti anni hai?» domandò a un ragazzotto, sollevandogli il mento per guardarne gli occhi azzurri.

«Tredici» rispose il ragazzo, fuggendo il suo sguardo.
Loki vide il rossore diffondersi sul suo volto e gli atteggiamenti tipici di chi è abituato a mentire ma non lo fa con cura. Inoltre, il giovane era troppo alto per l’età che dichiarava. Lo colpì con un manrovescio. «Non mentirmi, argr(*)
Il giovane, tenendo la mano sulla guancia dolorante, alzò lo sguardo spaventato sulla proprietaria, alla quale si era avvicinato un marinaio con la faccia poco rassicurante. Lei gli passò la sacca di soldi ricevuti da Loki e si avvicinò al cadetto.

«Mio signore, perdonatelo. La colpa è mia che gli ho sempre detto che ha tredici primavere, ma in realtà ne ha tre in più» assicurò, manipolando la menzogna per giungere alla verità.

Mentre lei parlava, Loki osservò il marinaio: era poco più alto di lui, con un fisico robusto come quello di Thor, il viso bruciato dal sole e i capelli che, sotto lo sporco, dovevano essere biondi.
«Allora?» La domanda della donna lo strappò dai suoi pensieri e Loki la guardò crucciato.

Lei sorrise e ripeté: «Scegliete il giovane Snorri?»
Loki tornò a guardare il sedicenne e poi annuì. «Sì.»
«Ottima scelta» rispose lei e gli indicò una scala accanto alla quale aspettava una cameriera. «Vi accompagnerà alla stanza che vi ho fatto riservare» aggiunse.
Lui si incamminò ma, come mise il piede sul primo gradino, si voltò e tese il braccio verso il marinaio. «Voglio anche lui.»
La matrona sgranò gli occhi. «Ma… mio signore!»
«Il denaro che ti ho dato basta a mandare avanti questo porcile per una luna intera, ma se non avrò anche quell’uomo, me lo riprenderò e ne dovrai fare a meno» minacciò Loki con voce tagliente.
Lei strinse le labbra e guardò il marinaio che scosse il capo e lei lo zittì con un gesto secco della mano. Sorrise e fece una riverenza. «Lo avrete!» assicurò remissiva.
«Bene. Prima di farli salire, fate a entrambi un bagno: cercate di togliergli di dosso l’odore di fumo e pesce.» Loki seguì quindi la cameriera che lo condusse al piano superiore.





 
(*)Argr nella lingua dei vichinghi era l’aggettivo che indicava un omosessuale che, nelle rapporti, aveva il ruolo di passivo.

Ed eccoci al seguito di Nel passato. Non so quanto saranno veloci gli aggiornamenti, perché è ancora in scrittura. Potrebbero esserci molti più errori rispetto a prima, perché i corvi sono migrati su altri trespoli, quindi ci sono meno occhi a controllare gli strafalcioni che scrivo ^^'
Grazie per chi ha seguito Nel Passato ed è approdato qua desideroso di leggere il seguito. Grazie a chi è appena arrivato, invece.
Per chi fosse interessato può leggere anche Nel Passato.

Grazie a tutti i lettori.
Se la storia vi piace, per cortesia, mettetela nei preferiti/seguiti/ricordati per darle visibilità.

Per chi fosse interessato, può passare a trovarmi presso il mio gruppo su facebook:
https://www.facebook.com/groups/166812243512009/
Se trovate errori, orrori o semplicemente volete farmi sapere la vostra opinione, mandatemi un pm o potete lasciare una recensione: non mordo!
Daniela

 

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Capitolo 2
*** L'intreccio di intrighi ***


Kamar







L'intreccio di intrighi

 

Sdraiato sul letto sfatto, Loki osservava il soffitto polveroso della stanza del bordello. Doveva riconoscere che, in quei tre mesi, si erano dati decisamente da fare per ripulirla e renderla accettabile ai suoi occhi. Era il loro cliente preferito e lo trattavano con ogni riguardo.

Quando sfuggiva alla noia di palazzo, si recava lì, camuffandosi magicamente. Capitava almeno una volta ogni fase lunare e quasi ogni notte sperimentava qualcosa di nuovo. Uomini o donne, non aveva preferenze, aveva imparato che i piaceri della carne rimanevano tali anche con partner del medesimo sesso e non comprendeva l’ostilità che certe pratiche riscontrassero nella morale comune. Aveva scacciato i propri amanti ed era rimasto solo, come dopo ogni amplesso, perso nei propri pensieri. Troppe volte l’idea che Odino avesse sbagliato a valutare quel giorno su Alfheim lo sfiorava.

Frigga aveva ragione, le persone cambiano con il tempo e le esperienze, ma Asgard non poteva permettersi di affidarsi a un re irresponsabile. Thor era altruista e coraggioso ma non aveva senno, era un fatto così evidente, che Loki non capiva il motivo della scelta di Padretutto.

All’inizio, il cadetto aveva pensato che Odino avrebbe preso in mano l’educazione di Thor, correggendo tutti i suoi sbagli, ma era trascorsa una luna e ancora nulla era cambiato.

Lui stesso aveva provato a far aprire gli occhi al fratello, ma tutto era stato vano. Thor era pieno di boria e la consapevolezza di essere destinato al trono, aveva alimentato quel lato del suo carattere.
Loki iniziava a vedere con disagio il giorno in cui Thor avrebbe preso il posto di Odino, temeva per le sorti di Asgard. Una volta re, l’ego del fratello sarebbe stato completamente fuori controllo e Thor non avrebbe più ascoltato nessuno, nemmeno lui. Già adesso Loki faticava a far sì che il fratello gli desse retta, dubitava che in futuro avrebbe potuto avere su di lui una grande influenza.

E se il maggiore non lo avesse più seguito, chi avrebbe mitigato il furore a cui spesso cedeva?

Nessuno. Non ci sarebbe riuscito nessuno e sarebbe stata la rovina, sarebbe stata guerra e, al solo pensiero, Loki rivedeva gli eserciti nanici decimare gli einherjar(*) asgardiani.
Il dio degli inganni chiuse gli occhi. Doveva riposare un poco, prima di ritornare a palazzo. Doveva liberarsi di quei pensieri, ma ormai nemmeno le notti di passione riuscivano in quell’intento. Serrò la mascella, quando percepì un lievissimo rumore. Non era suono che un normale orecchio potesse udire, era la vibrazione di uno dei fili della magia, che permeavano l’ambiente naturale e univano ogni cosa del creato, all’albero che tutto aveva generato.
Un usufruitore di magia era vicino, aveva richiamato a sé la trama, per far scattare la serratura della stanza, senza che alcunché risuonasse nella quiete notturna.

Chi sei per essere così pazzo da entrare nelle mie stanze? Un mago che non percepisce il mio potere?
La mente di Loki era protesa verso l’intruso, lo percepiva pur avendo gli occhi chiusi e seguiva il passo leggero che faceva scricchiolare le assi, subito zittite dal sapiente uso del seidr.
Seidr. Sei dunque una donna? O sei forse un uomo che vuol farsi biasimare dagli altri asgardiani?
Loki era tentato di aprire gli occhi e focalizzare quella figura, ma voleva aspettare che si avvicinasse al letto.
La ragazza si fermò accanto al letto, osservando l’uomo, vestito solo coi calzoni, sdraiato su di esso. Indugiò con lo sguardo sui lineamenti del suo viso, prima di sfilare dalla cintura una sottile ampolla. La stappò e si sporse in avanti, appoggiandosi appena contro il materasso e tese  la mano verso la bocca di Loki, per poter rovesciare sulle sue labbra il contenuto della fiala.

La mano di Loki scattò e l’afferrò per il polso, la strattonò tirandola sul letto e lei si ritrovò schiacciata sul materasso, con l’uomo a gravarle sull’addome. Le aveva immobilizzato i polsi sopra la testa con una mano e con l’altra afferrò la fialetta.
Loki l’avvicinò alle nari e ne odorò il contenuto, poi sorrise e si chinò sulla sconosciuta, sussurrandole all’orecchio: «Pensa un po’, ne è rimasta un po’ nell’ampolla...» Avvicinò il contenitore alle labbra di lei, che si irrigidì, cercando di ritrarsi. Lui le lasciò i polsi e le afferrò la testa, costringendola a stare ferma.
«N-no!» protestò lei, cercando di allontanare le labbra dalla mano con la fiala che ormai le premeva sulla bocca.
Loki le tappò il naso e la tenne stretta per lunghi istanti, in cui lei si dibatté con forza. Il bisogno d’aria la costrinse ad aprire la bocca e ad accogliere il fluido che cercava di evitare. Lentamente, la rabbia della giovane si spense e la sconosciuta si acquietò. Loki la lasciò e si sedette sul bordo del letto, passandosi le mani tra i capelli, per allontanarli dal viso. Tenne le iridi, magicamente azzurre, sul volto della giovane, illuminata dalle fiamme morenti del fuoco che scoppiettava stanco nel camino.
Il dio degli inganni le accarezzò il crine, scuro alla debole luce, di una tonalità simile a quella delle fattezze che aveva assunto. Rosso erano quindi i capelli di quella ragazza. Le sfiorò la pelle, liscia come la seta, e disegnò l’ovale di quel volto perfetto, dagli zigomi decisi e gli occhi velati che lo osservavano.
Loki sorrise. «Chi sei?» le chiese, appoggiando la schiena alla testiera del letto.
Le lunghe ciglia della donna ebbero un fremito, prima che lei si umettasse la labbra e rispondesse a quella domanda: «Lorelei.»
Loki cercò di ricordare se lo avesse mai sentito come nome, ma non aveva memorie di esso. «Hai preparato tu la pozione dell’ubbidienza?»
«Sì» rispose con voce piatta.
«Perché volevi somministrarmela?» chiese ancora, tenendo lo sguardo fermo sul suo volto.

«Affinché tu mi seguissi» mormorò lei, senza che alcuna emozione trasparisse dalla sua voce.

Loki sollevò un sopracciglio e poi si sporse verso Lorelei. «Interessante. Sono proprio curioso di sapere il perché.»

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Si erano lasciati i bassifondi alle spalle e Lorelei precedeva Loki, mentre lui la seguiva tenendo alta la lanterna. I loro passi rintoccavano sul selciato curato, mentre costeggiavano le mura che cingevano un grande giardino. E proprio quelle mura varcarono, superando una porticina secondaria della quale Lorelei aveva la chiave.

Il giardino celato all’interno era meraviglioso, ricco di alberi, arbusti, fiori e rampicanti; l’aria  era profumata dalla moltitudine di glicini che si intrecciavano alla struttura del pergolato che sporgeva dal portico che costeggiava l’ampio parco, al centro del quale una fontana zampillava placida.
Lorelei guidò Loki vicino alla vasca, poi guardò in direzione del vicino gazebo, cinto in una gabbia di fiori dalle tonalità viola che ricadevano in grappoli, come un sontuoso drappo.
«Bentornata, sorellina, ben fatto» esordì una voce di donna appartenente a una figura celata dalla vegetazione. Un’ombra abbandonò il gazebo e si avvicinò a Lorelei e Loki. Lui la vide alzare la mano destra e un globo luminoso si accese sul suo palmo, illuminando l’area con una luce fredda, vagamente rosata.

«Sei stata brava, Lorelei» disse ancora la sconosciuta, avvicinandosi a Loki. Era più alta rispetto alla giovane, con una criniera bionda che ricadeva in morbidi boccoli, ricoprendole la schiena lasciata nuda dalla tunica verde pastello che le fasciava il corpo statuario.
Quando si avvicinò, Loki vide il bel sorriso sparire dal viso avvenente e la paura dell’ignoto accendersi nelle iridi di giada.

«Cosa?» ringhiò, tramutando il globo di luce in un proiettile di energia mistica, che attraverso il corpo dell’illusione del principe cadetto, che si dissolse nel nulla.
La donna serrò i denti allarmata, mentre gli occhi saettavano per il cortile. «Stupida Lorelei, ti sei fatta ing...» Si immobilizzò, quando avvertì il piatto della lama gelida, posarsi sul collo.
La sconosciuta deglutì e spostò lo sguardo sulla figura apparsa dal nulla al suo fianco e sorrise. «Avevo percepito la potenza della magia in te, straniero. Ti assicuro che non è mia intenzione nuocerti» mormorò tesa, per poi sfoderare uno dei suoi migliori sorrisi.
Quel sorriso diede un qualcosa di familiare al suo viso e improvvisamente la mente di Loki si tuffò nei ricordi dell’infanzia.
Il principe rammentò una festa del raccolto, quando ancora aveva appena quattordici anni, di come quel giorno il suo fisico gli avesse permesso di seguire la famiglia a quell’appuntamento di gioia. Era rimasto incantato davanti a una bancarella dove piccole riproduzioni dei soldati degli eserciti dei nove regni facevano bella mostra di sé. Ne aveva adocchiata una e aveva pregato Frigga di prendergliela, poiché voleva regalarla a Thor. La madre lo aveva accontentato e lui, con il suo piccolo regalo stretto tra le dita, aveva cercato il fratello con lo sguardo, scorgendolo mentre si allontanava. Lo aveva seguito, correndo nel vicolo dove il maggiore si era inoltrato e, con il fiatone, lo aveva sorpreso per la prima volta alle prese con una ragazza.

Thor, colto in fallo, gliel’aveva presentata e poi, nelle settimane successive, lo aveva sfruttato per potersi incontrare di nascosto con la bionda per la quale aveva perso la testa. E un giorno non la vide più, Thor gli disse che lei era partita per i territori del sud.
«Amora...» disse, allontanandosi.
Lei aggrottò la fronte, poi la sua risata argentina, si unì al gorgogliare della fontana. «Dopo tutti questi anni mi avete riconosciuto? Complimenti, principe Loki.»
Lui continuò a sorridere, sebbene il vedersi scoperto così lo indispettiva. Riprese il suo vero aspetto e iniziò a camminare attorno alla fontana, piegandosi per sfiorare con le dita l’acqua fresca. «Ammirevole. Credevo di essermi camuffato bene.»
Amora si avvicinò alla vasca e vi si sedette, per poi rivolgersi alla sorella: «Lorelei, porta del vino per il nostro principe.» Lorelei si allontanò a passo svelto e Amora riportò lo sguardo su Loki.

«Un trucco impeccabile, mio signore, sono giunta alla vostra identità solo dopo alcune indagini. Una sera, mentre ero per strada, ho percepito il vibrare del seidr e mi sono accorta che preveniva dalla vostra figura e mi ci sono voluti alcuni minuti per capire che avevate mutato il vostro aspetto. Siete veramente abile nell’uso del seidr ed è sorprendente considerato il fatto che...»
«Sono un uomo?» domandò Loki, fissandola gelidamente, prima di sorridere. «Dimmi, Amora, qual è il tuo piano? Immagino tu non abbia mandato tua sorella a cercare di drogarmi, senza averne uno.»
Lei sorrise, passandosi le lunghe dita sottili, nei capelli lucenti come le stelle che brillavano in quella notte di fine estate. «Forse non crederete alle mie parole, ma il mio unico desiderio e confrontarmi con voi.»

Loki si accomodò al suo fianco, senza distogliere lo sguardo dal suo volto. «Hai proprio ragione: non ti credo.»
Amora arricciò le labbra, con espressione divertita. «Mio principe, comprendo la vostra diffidenza visto il modo in cui vi ho fatto condurre qua, ma se mi fossi palesata apertamente, la vostra reputazione ne avrebbe risentito» spiegò con voce melliflua. «Quello che più agogno, è la possibilità di condividere con voi la conoscenza, scambiarci alcuni nostri segreti per migliorare le nostre abilità e difendere le nostre macchie» aggiunse, posando una mano sul petto di Loki, risalendo verso il suo collo.
Lui l’afferrò con uno scatto, senza distogliere lo sguardo da quello di Amora. «È forse una velata minaccia la tua?»
Lei sostenne gli smeraldi che sembravano volerne sondare l’anima e continuò a sorridere. «Mio principe, sono fedele ad Asgard e sono pronta a dimostrare la mia lealtà alla famiglia reale, anche testimoniando il falso. Sappiamo tutti come nessuno possa scampare al vigile guardiano che sorveglia il Bifrost. Prima o poi Heimdall si accorgerà del tuo trucco e allora la tua reputazione verrà ridotta in minuscoli brandelli che verranno trasportati dal vento in ogni angolo di Asaheim. E a quel punto tutti sapranno e tutti ti additeranno. Ma se una donna garantisse per te… in cambio di reciproci favori...»
Loki si alzò con un movimento fluido. «Ho capito» disse, congiungendo le mani dietro la schiena e camminando con aria pensierosa, dedicando vaghe occhiate al giardino che li accoglieva. La sua attenzione si spostò su Lorelei, di ritorno con un vassoio, una caraffa d’argento e calici d’oro. Il principe ne riempì due con il liquido scarlatto dall’aroma deciso e si avvicinò ad Amora, offrendogliene uno.
«Ciascuno di noi, sarà quindi il maestro dell’altro e il garante in caso di difficoltà. Ho inteso correttamente?»
Amora si alzò in piedi, dopo aver accolto la coppa e brindò, facendo tintinnare il metallo. «Esattamente, Loki.» Sotto lo sguardo del principe, bevve per prima imitata poi dall’uomo.
Loki appoggiò il bicchiere sul vassoio e passò le dita sulle labbra. «Bene. Inizieremo domani. Troviamoci nella radura degli abeti dopo il mezzodì.»
«Non sarebbe forse più indicato un luogo più...» si azzardò a dire Amora, ma lui la interruppe.
«Domani, alla radura degli abeti» ripeté, fissandola duramente.
Amora abbassò lo sguardo e fece un’educata riverenza. «Come desideri.»

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Loki aveva lasciato che i mesi trascorressero, illudendo Amora di avere la situazione in pugno. Le aveva fatto credere di aver ceduto ai suoi incanti e ai suoi filtri che annichilivano la volontà e di essere folle d’amore per lei. E a quel punto lei aveva pian piano mostrato il suo vero interesse: il trono. L’incantatrice si era avvicinata a Thor con discrezione e lo aveva irretito, finendo nuovamente tra le possenti braccia del primogenito di Odino, dimenticandosi di Loki, che aveva ripreso i suoi studi, decisamente più proficui che le scarne informazioni che Amora gli aveva concesso. Ma era normale aspettarselo: nessun incantatore rivelava mai i propri segreti, non tutti almeno.
Seduto su una delle panchine nei pressi della fontana che rappresentava la tregua con Jotunheim, all’interno del parco più imponente della capitale, Loki controllava i propri appunti, segnando su un taccuino appoggiato accanto a sé eventuali note. Udì il rumore dei passi sulla ghiaia del vialetto farsi sempre più vicino e, con suo profondo disappunto che non palesò in alcun modo, si fermarono proprio di fronte a lui.
«Loki.»
Lui sollevò le iridi su Fandral, che gli aveva rivolto la parola, poi spostò lo sguardo su Volstagg, alla destra dello spadaccino e su Hogun, alla sinistra. Chiuse il taccuino di appunti, anche se dubitava che quei tre potessere capire di cosa trattassero le scritte vergate con grafia ordinata e sottile, poi sorrise loro. «Amici, posso aiutarvi in qualche modo?»
I tre si scambiarono un’occhiata, poi Fandral si lisciò i baffi biondi e parlò: «Dovresti far qualcosa per la tua donna.»
Loki inarcò un sopracciglio, assumendo un’espressione perplessa. «La mia… cosa?»
Volstagg sbuffò, gonfiando le guance paffute. «Quell’Amora!, insomma, si comporta in maniera inopportuna.»
«Credo di non afferrare il senso di questo discorso» commentò Loki, interiormente divertito.
«Oh, Loki, vedi di riportarla al tuo ovile!» sbottò Fandral, iniziando a perdere la pazienza.
Loki sorrise. «Amici, perdonate, quale correlazione ci sarebbe tra Amora e un ovile? Ella non è una pecora...»
«Ma tu invece sei becco!» insinuò Volstagg.
Loki rise. «Ancora questa storia… Se a voi non piace l’elmo della mia armatura...»
«Mio principe» esordì Hogun, «quello che cercano di dirti, in maniera poco educata, è che la dama che è spesso stata vista con te in atteggiamenti intimi, sembra si sia avvicinata molto a tuo fratello.»
«Anche troppo» aggiunse Volstagg, tamburellando con le dita sulla stoffa della casacca, tesa sull’addome.
Loki si alzò e mise una mano sulla spalla di Hogun. «In realtà ho inteso perfettamente, mio pacato amico, ma non vedo il motivo per cui dovrei preoccuparmi.»
«Ma come!?» si intromise Fandral. «Non la frequentavi, forse?»
Lui gli sorrise.«Esatto. Hai anche utilizzato il corretto tempo verbale. Frequentavo. La fiamma scaturita dalla comune passione per le arti arcane, si è spenta e Amora, per quanto avvenente, non solletica più il mio intelletto. Per tanto, non ho alcun diritto per intromettermi nei suoi nuovi interessi.»
La delusione comparve sul volto dei tre guerrieri e qualche imprecazione sommessa sfuggì alle labbra di Volstagg.
«Capito» replicò Hogun. «Grazie.» I tre guerrieri si allontanarono e Loki rimase di nuovo solo.
Il dio degli inganni sorrise, raccolse i propri appunti e li fece scomparire magicamente, poi si incamminò verso una delle uscite del parco. Era intimamente soddisfatto. Se anche Amora avesse minacciato di ricattarlo per averlo sorpreso a frequentare luoghi non idonei a un virile principe di Asgard, le sue parole non sarebbero state credute, soprattutto dopo quella volta che si era fatto sorprendere da una guardia, all’interno dei giardini di palazzo in atteggiamenti inequivocabili, proprio con la stessa Amora. In realtà, era stato lui stesso a esortare il capitano degli einherjar a controllare meglio l’interno delle mura, poiché gli era sembrato di vedere persone sospette aggirarsi nel parco. Aveva orchestrato tutto, ritorcendo contro Amora il suo ricatto. Quell’evento, abbastanza ravvicinato alla seduzione operata dall’incantatrice nei confronti di Thor, aveva segnato la fine di quell’insulsa relazione.

Ormai prossimo ai cancelli, Loki percepì una presenza, celata dietro uno degli stipiti di granito. Istintivamente, avvicinò la mano all’impugnatura del pugnale, pronto a estrarlo all’occorrenza. Quando oltrepassò l’ingresso, ai piedi vicino alla parete intravide una figura. Era evidente non stesse facendo nulla per nascondersi e, quindi, finse di accorgersi di lei e la fissò.
Sif gli sorrise, rivolgendogli un cenno del capo come saluto.
Lui sorrise per educazione e l’apostrofò con un: «Buongiorno, Lady Sif», prima di proseguire.
La guerriera lo seguì e gli si affiancò in silenzio.
Non si rivolsero la parola per più di cinque minuti e Loki, per quanto infastidito dalla presenza della donna, rimase apparentemente calmo, salutando le persone che incrociava lungo la via.

«Pensi di darmi attenzione?» esordì Sif, sconfitta da quel silenzioso gioco fatto di ostinazione.

Lui la fissò negli occhi chiari e sorrise. «Perdonami. Non mi ero accorto che mi seguivi» spiegò con un sorriso che lei ricambiò.
«Bugiardo» commentò Sif, scuotendo il capo. «Hai parlato con tuo fratello di recente?» chiese poi.

«Sono molto impegnato con lo studio e immagino che Thor lo sia con gli allenamenti» ribatté tranquillo.
«Sono tre giorni che Thor non si presenta all’arena» lo informò Sif e quelle parole fecero volgere su di lei lo sguardo di Loki.
La perplessità sul volto del dio durò un solo istante e fu presto soppiantata da un sorriso tranquillo. «Siano ringraziate le Norne. Forse mio fratello ha deciso di seguire il programma di Padretutto e iniziare un’attenta e severa preparazione in vista del ruolo che lo attende.»
Sif sorrise e scosse la testa. «Sicuramente sarà così. Ma, in nome di Asgard, parla con tuo fratello. Quando lo avrai fatto, mi troverai al palazzo di Heimdall.» Si fermò sul ciglio della strada e l’attraverso, lasciando solo Loki, il quale riprese a camminare.
Qual era lo scopo di quella chiacchierata? Dove voleva arrivare Sif?
Disturbato dalle parole della guerriera, Loki fermò una guardia, afferrandola per il braccio. «Hai visto mio fratello?» chiese altero.
«Era nella sala degli strateghi, mio principe, quando vi son passato innanzi per la ronda.»
Loki annuì e si incamminò verso la stanza indicatagli. Un sorriso gli comparve sulle labbra, rassicurato. Se Thor era là, significava che le insinuazioni di Sif non riguardavano i problemi millantati dagli altri tre guerrieri. Eppure, si rese conto lui stesso, che il sorriso che increspava le sue labbra era finto, nervoso.
Raggiunto l’ampio salone dove il Consiglio di Guerra si riuniva durante gli sforzi bellici, Loki vide Thor chino sul tavolo delle mappe.
«Fratello» esordì, avvicinandosi a lui, «qualcosa minaccia la pace dei nove regni?»

Thor rimase con lo sguardo assorto sulle piante topografiche che ingombravano il tavolo. «Voglio attaccare Alfheim» disse, alzando lo sguardo su Loki. Sorrise raggiante e gli mise le mani sulle spalle. «E tu mi aiuterai!»
Loki aggrottò la fronte. «Ad attaccare gli elfi della luce? Perché?»
«Per l’infame prova a cui ci hanno sottoposto. Tu dovresti voler la loro disfatta più di me, visto che per colpa del loro inganno hai mancato l’obiettivo» rispose Thor risoluto.
Un campanello d’allarme suonò nella mente del dio degli inganni, che sorrise. «È vero, ma dichiarare guerra ad Alfheim, perdere un prezioso alleato… Padre non lo permetterebbe mai...»
Thor scosse il capo. «Hai equivocato. Il mio desiderio è recuperare un oggetto che lady Amora ha perduto in un suo viaggio ad Alfheim» spiegò.

Loki rimase impassibile, mentre nella sua mente i campanelli si erano tramutati in fanfare. «E cosa mai potrebbe essere così importante, da rischiare l’antica alleanza con gli elfi?»
«Andvaranautr(*)» rispose il fratello. «È un cimelio di famiglia che Amora ha perduto e io sono fermamente intenzionato a renderglielo.»
«Thor, quell’anello è proprietà degli elfi da molto, molto tempo. Da prima che Amora nascesse. Dubito che ella abbia potuto perderlo» fece notare Loki.
«Sciocchezze! Stai forse mettendo in dubbio le parole di una dama?»
Loki vide una rabbia flebile accendersi nelle iridi celesti del fratello e arricciò le labbra. «No di certo. È evidente che mi sia sbagliato. Prima di decidere se aiutarti o meno, permettimi di sistemare alcune cose, poi valuterò la tua richiesta.»
Thor sorrise e gli diede una pacca poderosa sulla spalla. «Allora vai, non farmi attendere troppo!»
Loki sorrise e si congedò, lasciando a passo svelto la sala. Non appena fu nel corridoio, l’espressione si fece glaciale.
A che gioco stai giocando, Amora?, si domandò, affrettandosi verso il palazzo di Heimdall. Doveva vedere lady Sif e sapeva che non gli sarebbe piaciuto.


 
(*)Gli einherjar sono i caduti in guerra che vengono accolti nel Valhalla, secondo il mito. Nel movieverse credo siano semplicemente i soldati di Asgard.
Nel mito norreno, Andvaranautr è un portentoso anello in grado di produrre oro, ma che fu maledetto da chi lo creò, destinando i possessori alla distruzione.

Per chi fosse interessato può leggere anche Nel Passato.

Grazie a tutti i lettori.
Se la storia vi piace, per cortesia, mettetela nei preferiti/seguiti/ricordati per darle visibilità.

Se trovate errori, orrori o semplicemente volete farmi sapere la vostra opinione, mandatemi un pm o potete lasciare una recensione: non mordo!
Daniela

 

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Capitolo 3
*** Legami di sangue ***


Kamar







Legami di sangue

 

Himinbjörg, il palazzo di Heimdall, dominava sul ponte dell’arcobaleno e dalla balconata, sul lato occidentale dell’edificio, Loki poteva vedere la via multicolore che collegava la sala del Bifrost alla residenza del guardiano.

«Una mattina Amora è venuta all’arena» raccontò Sif, porgendogli un boccale. «Ha portato un’otre, per permettere a Thor di dissetarsi. Ho notato subito qualcosa di diverso in tuo fratello dopo che aveva bevuto, ma era una sensazione. Però, quella scena si è ripetuta più volte e il cambiamento di Thor si è fatto sempre più evidente.»

Loki strinse la coppa tra le dita, aveva visto come le due sorelle fossero abili con le pozioni. Guardò il vino all’interno del bicchiere e ne sondò la genuinità con la magia, senza che Sif se ne accorgesse. Solo allora bevve tranquillo e si passò la lingua sulle labbra, per prolungare il gradevole sentore del liquido sul palato.

Il dio degli inganni puntò le iridi di smeraldo su Sif, studiandone l’espressione. «Perché me ne stai parlando?»

«Perché non è naturale, sembra qualcosa di… magico o un trucco e tu sei un esperto in entrambi i campi» rispose la guerriera con determinazione.

Lui sorrise divertito. «Le tue parole mi lusingano.»

«Non volevano essere un complimento» ribatté lei, facendo accentuare il sorriso sulle labbra dell’uomo.

«Era palese, mia cara. Mi pare, però,  che io non sia l’unico esperto nei trucchi e negli inganni. Anche tu hai tenuto comportamenti degni di una vera ingannatrice.»

L’espressione di Sif si indurì. «Smettila. È storia passata, sono errori di gioventù. Se sei qui ora è perché anche tu temi per il futuro di Asgard.»

Loki lasciò il balcone e attraversò il grande salone dalle pareti d’oro e avorio. Si fermò davanti alla finestra rivolta verso il palazzo e guardò le torri svettare davanti al disco azzurro di Hati. «Preparerò un elisir in grado di liberare la mente di Thor dagli effetti di qualsiasi pozione e tu dovrai farglielo bere.»

«Non puoi darglielo tu?» domandò lei, che lo aveva seguito con discrezione.

Loki scosse il capo. «Amora è furba, sa che sono un alchimista e sospetto che abbia impartito a Thor l’ordine di non accettare bevande da me. Ma dobbiamo comunque fermarla, la pace è a rischio.»

Sif annuì. «Allora vediamo di sbrigarci.»

«Per una volta, Lady Sif, mi vedo costretto a darti ragione» rispose lui, consegnandole il bicchiere. Ignorò volutamente il lieve contatto di pelli che avvenne e gli sguardi si incrociarono solo per un saluto formale. Si allontanò, dirigendosi verso il proprio laboratorio.

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Loki e Sif camminavano l’uno fianco all’altra, lungo l’ampio corridoio, dove imponenti e pregiate statue li seguivano con immutabili e severi sguardi vuoti.

Era ormai trascorsa una settimana e per tre volte Sif aveva somministrato a Thor le pozioni che Loki aveva preparato con maestria, ma gli atteggiamenti di Thor non erano mutati.

Le porte degli appartamenti di Odino si aprirono al loro arrivo e Loki entrò senza indugiare. Sif rallentò appena il passo, ma lo imitò, seguendolo. Raggiunsero una stanza attigua, dove re e regina li stavano aspettando seduti al massiccio tavolo di pietra lavorata.

«Padre, Madre» salutò Loki, inginocchiandosi innanzi a loro. Lo stesso fece Sif, portandosi il pugno al petto.

«Qualche mutamento» domandò Odino, invitandoli ad alzarsi con un cenno della mano.

«Purtroppo nessuno» informò Sif.

«Ogni mio antidoto è risultato vano, non ho idea di come annullare l’effetto dell’elisir di Amora. Ho fallito...» ammise Loki avvilito.

Odino alzò una mano e sorrise benevolo. «Non ti puoi incolpare di qualcosa che non dipende da te» disse, mentre Frigga si alzò e si diresse a una mensola dalla quale prese un libro, prima di tornare al tavolo. «Tua madre ha scoperto qualcosa riguardo l’elisir che da giorni cerchi di combattere» aggiunse Padretutto.

Loki sgranò gli occhi e poi guardò Frigga, intenta ad aprire il libro. Si avvicinò al tavolo e lei girò il tomo, permettendo al figlio di leggere la pagina ingiallita, dove un nastro di seta dorata aiutava a tenere il segno.

Il labbro inferiore del cadetto tremò. «Senz’anima...» mormorò Loki con una punta di angoscia nella voce. Il principe alzò le iridi sul volto materno. «È un composto proibito, i suoi effetti sono micidiali e non esiste antidoto per neutralizzarli.»

Frigga annuì gravemente. «La scienza di Asgard non ha mai trovato rimedio, è vero.»

«Questo non vuol dire che non esista» intervenne Odino. Loki lo guardò stupito e il padre proseguì. «Vi era un popolo famoso per gli affermati alchimisti che annoverava tra le sue genti e loro conoscevano l’antidoto per contrastare l’elisir senz’anima.»

«Qual è questo popolo?» chiese con irruenza Sif. «È palese come, a palazzo, Thor non sia più il solo soggiogato da quell’intruglio, la situazione sta precipitando. Dobbiamo andare da questi alchimist e chiedere il loro aiuto, prima che Asgard sia perduta.»

Odino sospirò e Loki fissò la guerriera, con espressione grave.

«I giganti della terra» disse il principe con tono piatto.

Sif schiuse le labbra e poi scosse il capo. «Ma loro sono...»

«Estinti» confermò con dolore Odino. «Ma non dobbiamo perdere le speranze: ho inviato degli esploratori nelle antiche fortezze dei giganti, affinché esaminassero i testi sopravvissuti alla guerra, nella speranza che le nozioni alchemiche possano essere recuperate.»

«Su Midgard hai inviato qualcuno, Padre?»

Odino fissò Loki e scosse il capo. «I giganti della terra che si sono rifugiati su Midgard, non hanno eretto città. Inoltre, il regno è cambiato molto nel corso dei secoli. Ormai le nostre gesta non sono altro che leggende e i midgardiani hanno dimenticato i nostri insegnamenti.»

«Sono all’oscuro dell’esistenza di Yggdrasill?» domandò stupita Sif e Odino annuì.

«Vorrei il permesso di andare su Midgard» disse Loki risoluto. «Ho conosciuto e studiato magia da un gigante della terra su quel pianeta e, spero, il mio maestro abbia lasciato qualche scritto nascosto. Dammi la possibilità di cercarli.» Il cadetto sostenne lo sguardo del genitore, che alla fine annuì.

«Ma cerca di non rivelarti. L’ignoranza dei midgardiani è per loro una difesa. Se sapessero quali creature popolano i nove regni, potrebbero farsi divorare dalla paura» lo ammonì Odino.

Loki annuì. «Farò in modo che non si accorgano della mia presenza.»

Frigga si alzò, aggirò il massiccio tavolo e gli prese le mani. «Fai attenzione.»

Lui le sorrise e le rivolse un inchino. «Stai tranquilla, Madre.»

Odino si alzò, si avvicinò a lui e gli mise le mani sulle spalle. «Ti auguro di avere fortuna. Fino al tuo ritorno faremo di tutto per occupare Thor in attività che non arrechino danno ad Asgard.»

«Stai attento, Padre. Sotto l’influsso del Senz’anima, potrebbe arrivare a nuocere persino a te.»

Frigga gli accarezzò il viso. «Tuo padre è in gamba e non dimenticare che so ancora mettere in riga tuo fratello.»

Loki sorrise, annuì e si congedò, seguito da vicino da Sif.

«Durante la mia assenza, cerca di tenere lontano Thor da Amora» le ringhiò Loki.

«Sai perfettamente che è impossibile, quindi vengo con te» ribatté la guerriera.

Lui si fermò e si voltò a fissarla, sorridendole. «Temo di aver capito male.»

«Hai capito benissimo. Ad Asgard sono inutile ma, se ti accompagno, potrò aiutarti. Midgard è vasto, in due potremo dividerci i compiti. E ti potrò fare da guardia del corpo.»

Il principe sollevò un sopracciglio. «Vorresti proteggermi? Non ne vedo la ragione.»

«Smettila di chiacchierare e muoviamoci» sentenziò Sif, dandogli un amichevole pugno sulle spalla.

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La luce del ponte dell’arcobaleno si spense e Loki e Sif si ritrovarono avvolti dalle tenebre di una notte senza stelle. Il freddo era pungente e non si stupirono nell’avvertire sulla pelle il gelido bacio di qualche sparuto fiocco di neve. Nell’aria v’era il sentore di resina e i due asgardiani scorgevano a malapena le sagome di imponenti sempreverdi nascosti nell’oscurità.

«Dove siamo?» chiese Sif, cercando di orientarsi.

«Esattamente dove arrivammo l’ultima volta che venimmo su Midgard» rispose Loki.

«Stiamo cercando qualche traccia di Angrboda?» gli chiese la guerriera, indagando i dintorni con lo sguardo, alla ricerca di eventuali minacce.

Loki rimase un poco in silenzio e poi si incamminò. «C’era un villaggio da questa parte.»

Lei scosse il capo e lo seguì, scocciata. «Sono passati secoli dalla nostra ultima visita...»

«I midgardiani non si saranno estinti per questo. Troviamoli e studiamoli: se vogliamo passare inosservati, dobbiamo imparare le loro usanze e confonderci tra di loro.»

«Direi che per iniziare, dovresti dirmi cosa stiamo cercando veramente» disse con tono duro Sif.

Lui si voltò a guardarla, smettendo di camminare. «Cercando veramente?» chiese innocentemente.

Lei sorrise. «Ti conosco. Non sei in grado di ideare un piano semplice e lineare. A te piace complicare le cose, quindi dubito che siamo venuti qui solo per cercare tracce della tua vecchia maestra. Lei e… i tuoi figli sono stati uccisi dai giganti di fuoco… no?»

Loki percepì tutto il sospetto che gravava su quel no. Come tutte le donne, Sif aveva un sesto senso invidiabile e solleticarlo con le menzogne poteva risultare controproducente. Non poteva rivelare chi aveva realmente ucciso Angrboda, o la vendetta che si era preso sarebbe potuta ritorcersi contro di lui. Doveva centellinare le informazioni o rispedire Sif ad Asaheim.

«Angrboda non era solita scrivere nulla, trasmetteva le sue conoscenze per via orale. Prima di morire, però, ha protetto i figli, salvando loro la vita. Forse loro sanno dove possiamo trovare qualche testo dei giganti della terra.»

Sif lo guardò incredula. «Ma abbiamo visto i corpi! Thor in persona li ha portati ad Asgard, li ho visti ardere sulle pire!»

Lui le sorrise e le si avvicinò, sussurrandole all’orecchio: «Non fidarti mai dei tuoi occhi, se hai a che fare con degli arcanisti.»

Sif strinse le labbra a quella vicinanza e rabbrividì.

Loki se ne accorse e il sorriso si fece quasi feroce. «Tremi, mia cara? Il tuo corpo non ha ancora dimenticato, nevvero?»

Lei lo spintonò, riprendendo ad avanzare. «Fa freddo, stolto. Non fregiarti di meriti che non hai.»

Lui rise. «Sicura che io non abbia alcun merito?» la punzecchiò divertito.

Lei scosse il capo, sorridendo. «È acqua passata, Loki. Sino a quando non sarò indicata come la miglior guerriera di Asgard e il mio essere donna sarà visto come una limitazione, non mi concederò alcuna distrazione.»

«Direi che hai raggiunto i tuoi obiettivi, ormai» rispose lui, continuando a seguirla.

Lei gettò un’occhiata alle proprie spalle, continuando ad avanzare. «È forse un segnale di apertura nei miei confronti? Una specie di proposta?»

Loki contrasse la mascella e l’espressione del viso si indurì. Avrebbe dovuto rispondere, ma esitò.

Sif non parve darvi peso, anzi, si fermò e si inginocchiò a terra. «Il terreno è strano» mormorò.

Loki fece comparire sul palmo della mancina un globo di luce verdastra, che illuminò il rado sottobosco tagliato in due da un’insolita striscia nera stesa al suolo. Ai lati e al centro vi erano dipinte delle linee bianche che seguivano l’intero percorso di quello che sembrava un sentiero, che si estendeva sin dove la vista arrivava. I due asgardiani la osservarono per qualche istante.

«È sicuramente una strada» commentò Loki.

Sif annuì. «Sì, non capisco perché usino questo materiale per rivestirla, non mi pare adatto agli zoccoli dei cavalli.»

«Seguiamola: ci condurrà a un abitato» replicò il principe, mettendosi in marcia.

Camminarono per quasi un’ora, quando Sif si voltò, scrutando le tenebre alle proprie spalle. «Credo stia arrivando… qualcosa» commentò, riferendosi a un bagliore lontano.

Entrambi individuarono una luce muoversi velocemente tra i tronchi, percorrendo la strada che si erano appena lasciati alle spalle.

«I midgardiani hanno evoluto i loro mezzi di trasporto» commentò Loki, osservando l’imponente camion che sbucò da dietro la curva.

L’automezzo li raggiunse, rallentando sino a fermarsi al loro fianco. Il finestrino dal lato  passeggero si abbassò e un uomo sulla quarantina, dalla barba castana brizzolata, li guardò perplesso. Sorrise divertito. «La macchina vi ha lasciati a piedi mentre andavate a una festa in maschera?» domandò.

Sif aggrottò la fronte, non sapendo bene cosa rispondere. Poco prima che il camion li raggiungesse, Loki aveva lanciato un incantesimo per poterne afferrare il linguaggio, in caso avvenisse un dialogo e aveva fatto sparire il globo luminoso.

Loki sorrise e annuì con disinvoltura. «In realtà stavamo tornando. Sarebbe così gentile da aiutarci?»

«Non avete il cellulare?» domandò il camionista.

«Purtroppo no. Avevo detto a mia sorella di prenderlo ma… lo ha dimenticato» spiegò Loki.

Sif aggrottò la fronte e gli sussurrò all’orecchio: «Di che cosa stai parlando?»

Lui continuò a sorridere, tenendo lo sguardo sull’autista. «Non ne ho idea, ma reggimi il gioco.»

Lei sorrise a sua volta e a fil di labbra gli rispose: «Spero che la tua lingua d’argento non si sia arrugginita in questi anni.»

La nevicata stava acquistando forza. L’umano sbloccò la portiera. «Avanti, salite!»

Loki aprì lo sportello e si fece da parte per far salire prima Sif. «Lei è veramente gentile, buon uomo.»

Una volta che furono entrambi a bordo, il camion ripartì, percorrendo la strada deserta. I fari erano l’unica luce a fendere le tenebre.

Loki lasciò Sif alle prese con il midgardiano, che faceva un sacco di domande, e si perse a scrutare la strada, cercando qualche punto di riferimento. Quando il camion giunse sulla cima di un dosso, rivelando la presenza di una città sulle coste di un fiordo, Loki ebbe l’impressione che un’immagine del passato si sovrapponesse al presente. Si fece attento e riconobbe il profilo di uno dei monti, volse lo sguardo dove sapeva avrebbe dovuto esserci un masso a lui ben noto e ne individuò la sagoma. Appoggiò le mani al finestrino.

«Ehi» esordì il camionista, «se devi vomitare, accosto!»

Lui lo guardò un istante e poi annuì. «Sì, devo scendere.»

Sif lo guardò perplessa, mentre il midgardiano rallentò e fermò l’autocarro.

Loki si catapultò fuori, dirigendosi a lunghi passi verso la boscaglia.

Sif scese a sua volta e guardò le spalle del signore degli inganni scomparire nell’oscurità. Si volse verso il camionista. «Grazie del passaggio.»

Lui aggrottò la fronte. «Aspetta, non vorrete inoltrarvi nel bosco di notte?!»
«Non si preoccupi, grazie ancora» replicò lei, chiudendo lo portiera e lanciandosi all’inseguimento di Loki. Ne seguì le tracce, sino a quando non lo trovò, accovacciato ai piedi di una sporgenza rocciosa che emergeva dal muschio del sottobosco. «Cos’hai trovato?» gli chiese.

Con lo sguardo perso sulla pietra ricoperta da un soffice manto di un verde cupo di muschio e dal candore della neve, Loki vedeva rune antiche, invisibili a chi era estraneo alla magia.

«È qui che Angrboda morì...» disse, alzandosi in piedi.

Sif sospirò. «Quindi è qui che i giganti di fuoco l’hanno uccisa...»

Protetto dalle tenebre, lui sorrise a quella menzogna, che aveva già vendicato da molti anni. «Già» rispose pacato. «Ora ho la certezza che i suoi figli sono ancora vivi e hanno lasciato un indizio per trovarli. Dovremo giocare alla caccia al tesoro e convincerli ad aiutarci.»

Sif lo afferrò per un braccio. «Dovremmo trovare i tuoi figli? Li stai cercando per aiutare Asgard o spinto da un irrefrenabile istinto paterno?» La donna sottolineò volutamente la paternità di Loki, cercando di coglierne le reazioni del volto.

Lui sollevò un sopracciglio. «Ti credevo più intelligente, mia cara.»

«Smettila di chiamarmi “mia cara” e spiegati» sibilò arrabbiata.

Loki sorrise e le passò un braccio sulle spalle, incamminandosi lentamente. «Angroboda era un’esperta di pozioni, i suoi figli sono nati per colpa di una di esse. Mi drogò e il resto lo conosci. Ho ragione di credere che Angrboda fosse una valida alchimista esospetto che lei conoscesse anche l’antidoto per annullare gli effetti del senz’anima e salvare Thor. Dei tre ragazzi che ha partorito, la femmina era la più portata con le pozioni, quindi sarà lei che dovremo trovare e spingerla ad aiutarci.»

Sif lo fissò stupita, con una luce di speranza sul volto. «Quindi, se la troviamo, forse...»

«Risolveremo tutti i guai di Asgard» concluse Loki, sorridendo tagliente.

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Sif camminava con passo deciso, percorrendo la distanza che la separava dall’uscita dell’aeroporto. Per confondersi tra i midgardiani aveva indossato abiti semplici, un pantalone, una maglia e una giacca neri come i capelli legati in un’alta coda di cavallo. I vestiti erano in realtà una creazione di Loki, che camminava al suo fianco, facendo rintoccare i passi all’unisono con quelli della guerriera. Aveva camuffato, grazie alla magia, gli abiti e le armi con cui erano arrivati a Midgard ed era lui a occuparsi degli spostamenti.

Avevano visitato l’Europa, inseguendo gli indizi lasciati dai tre figli di Angrboda, per poi partire alla volta del nuovo continente e rimanere invischiati negli enigmi di Hela a New Orleans. Per riuscire a scovare la tappa successiva, avevano impiegato quasi un mese, durante il quale Sif aveva scoperto quanto potesse essere camaleontico Loki. Sembrava a suo agio in qualsiasi situazione.

Avevano abbandonato la Louisiana ed erano atterrati nella Virginia Occidentale, in una piovosa giornata di inizio ottobre.

Le porte scorrevoli si aprirono al loro passaggio e il vento forte scompigliò i capelli di Sif.

Loki sorrise. «I capelli lunghi sono un impedimento» la schernì con velata malignità.

«Sei solo invidioso. Se ti facessi crescere i capelli, forse potresti assomigliare un po’ di più a un vero guerriero asgardiano» lo punzecchiò lei.

Lui arricciò le labbra, con sguardo divertito. «Colpo basso, mia cara.»

«Pensavi di avere l’esclusiva?» ribatté lei spavalda. Lo vide sul punto di risponderle, ma improvvisamente distolse lo sguardo, lasciandolo vagare attorno a sé. Sif aggrottò la fronte. «Cosa succede?» domandò preoccupata.

«È qui...» Loki le afferrò il polso, mentre un autobus sfrecciò davanti a loro.

La folata d’aria spostata dal mezzo, però, investì gli altri passanti. Nessuno si era accorto della loro sparizione.

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Sif boccheggiò, cercando di riprendersi da quell’improvviso spostamento magico. «Per l’amor di Odino, che cosa è stato?» chiese, guardandosi attorno confusa.
Alti palazzoni tutti uguali, di colore rosso scuro, si affacciavano sulla strada dove i due asgardiani erano apparsi. Era una zona che lasciava trasparire il proprio degrado, rendendolo palese persino ad alieni quali erano lei e Loki.

Lui si guardò attorno, come in preda a una strana ebrezza. «Un rapido sistema per spostarsi.» Sorrise. «È Hela, la sento. Deve essere là» spiegò, accennando a uno degli edifici.

Sif si guardò attorno, studiando l’ingresso del condominio e le persone che si trovavano in zona. «Sei sicuro?» gli chiese senza guardarlo. «Immagino possa renderti felice sapere che i tuoi figli sono vivi, ma mio fratello si sarebbe accorto di loro, nulla sfugge a Heimdall. Non mi ha mai parlato di loro, quindi non mi capacito di come siano riusciti a evitare il suo sguardo per così tanto tempo.»
Loki si rabbuiò e la guardò duramente. «Non so come sia possibile, ma ti assicuro che percepisco chiaramente Hela. Forse Heimdall sta divenendo troppo anziano per il suo compito» rispose, attraversando la carreggiata e raggiungendo il palazzo.

Sif si affrettò a seguirlo, maledicendo mentalmente la sensibilità di Loki. Poteva fare l’indifferente quanto voleva, ma a lei era chiaro come avesse una spiccata predisposizione a sentirsi ferito o non all’altezza. Da quando Odino aveva scelto Thor come successore, aveva notato più volte reazioni che a un occhio attento sarebbero apparse come insignificanti, ma che lei aveva ricondotti alla contorta indole del cadetto e si era convinta che Loki fosse semplicemente geloso del successo del fratello.

Raggiunsero un pianerottolo e Loki si fermò davanti a una delle porte che si affacciava su di esso. Allungò una mano verso la maniglia, ma Sif gli toccò la spalla.

«La mia spada» sussurrò piano.

«Per quale motivo?» chiese lui, guardandola con sospetto.

«Perché sono passati secoli dall’ultima volta che hai visto tua figlia e per metà appartiene alla stirpe dei giganti. Non sappiamo nulla di lei e di come potrebbe accoglierci.»

Loki sorrise. «Credo che dovremmo cercare di gestire l’incontro parlando, senza ricorrere alla minaccia delle armi.»

Sif lo afferrò per il bavero del cappotto con cui Loki si camuffava tra i mortali. «Fammi prendere la mia spada» scandì lentamente.

Lui arricciò le labbra e poi sorrise, inclinando la testa verso una spalla.

Sif percepì il familiare peso della propria arma con il braccio destro e lasciò scivolare la spada fuori dalla manica della giacca, stringendone l’impugnatura e traendo sicurezza da quel semplice gesto.

Loki tese nuovamente la mano verso la maniglia, ma lei gliela fermò, sfiorandogli l’avambraccio. «Vado prima io. Sei il principe ed è mio compito difendere la famiglia reale.»

Lui sorrise beffardo. «Ma quanta premura» disse, rivolgendole un inchino ed esortandola a entrare a gesti.

La porta non era chiusa a chiave ed entrarono senza problemi, ritrovandosi in uno stretto corridoio. A circa metà di esso, vi erano due archi, uno di fronte all’altro, che conducevano ad altre sale. Percorrendolo tutto, invece, avrebbero potuto solo curvare a destra.

Sif avanzò silenziosamente, tenendo la lama occultata dietro l’avambraccio destro. Loki, alle sue spalle, osservò ogni cosa nei minimi dettagli. Piccoli quadri appesi alle pareti, mostravano disegni fatti con carboncino, ritratti, paesaggi, nature morte.

A sinistra si apriva il vano che ospitava la cucina, piccola, ordinata, un lieve profumo di biscotti aleggiava ancora nell’aria. A destra invece c’era il soggiorno, con due divanetti, un tavolo di legno con un paio di panche, una libreria e un piccolo televisore a tubo catodico.

Non sembrava esserci anima viva. Loki indicò il fondo del corridoio e Sif si avviò, sbirciando oltre la curva a destra.

Il corridoio proseguiva, presentando altre due porte, una per lato. Sif accostò l’orecchio a ciascuna di esse, cercando di individuare la minima presenza. Loki volse lo sguardo verso destra, irresistibilmente attratto dal seidr che proveniva da dietro la parete.

Improvvisamente Sif lo vide afferrare la maniglia della porta sinistra e cercò di afferrarlo con decisione per un polso. Le sue dita però strinsero l’aria e, contemporaneamente, udì lo scatto della serratura dell’altro ingresso. Si voltò e vide Loki, quello vero, aprirlo e imprecò a denti stretti, affrettandosi dietro al principe.

Entrarono in una stanza che odorava di lavanda e naftalina, con un piccolo tavolo rotondo al centro e una donna anziana a esso seduta.

Lui si avvicinò e le scrutò le iridi velate dalla cataratta.

Sif si era avvicinata alla porta che dava sulla camera adiacente e la trovò vuota. «Dov’è Hela?» chiese a Loki, portando lo sguardo sulla donna.

La vecchia sorrise, scoprendo i denti consumati dal tempo. «È passato così tanto tempo dalla tua ultima visita, padre» disse con voce flebile e sibilante, posando le mani sul tavolino per aiutarsi ad alzarsi. Quando fu in piedi, l’illusione si era ormai dissolta.

Sif deglutì, indietreggiando lentamente, mentre Loki alzò lo sguardo sul volto della donna che ora superava di qualche dita i due metri. La sua statura era enfatizzata ulteriormente dall’elmo che le cingeva il capo come una corona, la quale si estendeva in forme arzigogolate e simmetriche, la cui superficie nera pareva risucchiare la debole luce della stanza senza finestre, rischiarata unicamente da una plafoniera sul soffitto. Il volto di Hela era parzialmente coperto da una visiera di metallo, che ne celava lo sguardo dietro un’inespressiva maschera dall’aspetto umano.



 
Non ho note per questo capitolo. L'unica cosa che posso dire è: odio fare i periodi così lunghi ç__ç

Per chi fosse interessato può leggere anche Nel Passato.

Grazie a tutti i lettori.
Se la storia vi piace, per cortesia, mettetela nei preferiti/seguiti/ricordati per darle visibilità.

Se trovate errori, orrori o semplicemente volete farmi sapere la vostra opinione, mandatemi un pm o potete lasciare una recensione: non mordo!
Daniela

 

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Capitolo 4
*** Università Culver ***


Kamar







Università Culver

 

Loki sollevò lo sguardo sul volto mascherato di Hela, mentre lei aggirò il piccolo tavolo che li separava. Lui alzò una mano, per far cenno a Sif di stare ferma e non fare mosse azzardate.

Il dio degli inganni sorrise, ostentando tranquillità. «Non sei più una bambina, l’altezza è un dono che hai ereditato sicuramente da tua madre» le disse, valutando che la donna doveva superare i due metri di almeno una spanna, complici gli stivali dai lunghi tacchi, che ne slanciavano ulteriormente la figura.

«E la bellezza, invece, l’ho ereditata da mio padre» rispose Hela, incamminandosi verso il corridoio. «Sapevo che saresti venuto, ma non mi è stato possibile scoprire il perché» aggiunse, guidandoli sino al salotto, dove si accomodò sul divano, stendendo le gambe sulla seduta e appoggiando il fianco al bracciolo. «Quindi, padre, perché vieni a cercarmi secoli dopo che la tua gente ha ucciso mia madre?»

«Noi asgardiani hanno combattuto i giganti di fuoco che hanno ucciso tua madre e credevamo che foste morti anche voi tre» intervenne Sif, difendendo l’onore della propria gente.

Hela spostò impercettibilmente lo sguardo verso di lei, prima di rivolgersi a Loki: «È la tua nuova fiamma?»

«Sono venuto perché ho bisogno del tuo aiuto» rispose lui, offrendole un’adeguata riverenza e ignorando la sua ultima domanda. «Angrboda era abile con le pozioni e io necessito di preparare l’antidoto per l’elisir senz’anima» proseguì Loki, senza distogliere lo sguardo da lei. Fu proprio per questo che scorse quella piccola vibrazione del seidr e capì di essere di fronte a un’illusione. Non lasciò trapelare nulla sul volto, ma si concentrò per individuare la vera posizione di Hela. Come la percepì, si voltò di scatto in direzione di Sif e vide figlia di Angrboda apparire dal nulla. Loki strinse i pugni, digrignando i denti a labbra serrate.

Hela sorrise. «Sei sempre stato il miglior allievo di mia madre, ti sei reso conto molto rapidamente di dove io fossi e hai capito immediatamente che fosse troppo tardi» disse, alzando la mano sinistra tra le cui dita correva un sottile filo di energia dorata, che scompariva tra i capelli di Sif.

Le iridi di Loki scivolarono su quel legame intangibile e poi si puntarono su Hela. Il dio rivolse alla figlia un sorriso gentile. «Lasciala libera, cosa mai potrai ottenere da una donna che non ha mai imparato a stare al suo posto?»

Hela lo scrutò in viso, cercando di sondargli l’anima e alla fine premette le labbra tra loro. «Perché non punirla, quindi? O forse c’è qualche legame che lo impedisce? Forse qualche sentimento, magari lo stesso che hai negato a mia madre, ti impone di difendere costei?»

«Il sangue» rispose Loki. «Sif è asgardiana e non posso permettere che un mezzo gigante quale tu sei leda alla sottile tregua che vige tra Asaheim e Jotunheim.»

Hela strappò il filo dorato dalla nuca di Sif con un colpo secco e la donna cadde a terra, priva di sensi. Loki non si mosse ed evitò di distogliere lo sguardo da quello della figlia che lo fissava intenta a sua volta.

«Spero che un sonno ristoratore non leda a questa tregua tra mondi che non mi hanno mai riguardato» disse lei con tono freddo, «ma necessitavo di un po’ di riservatezza per conversare con te.»

Loki sorrise. «Avrai tutta la riservatezza che Heimdall ci concederà.»

Hela lo guardò gelidamente. «Credi che io mi preoccupi del vostro divino impiccione? Ho impedito ai suoi acuti sensi di scorgere me e i miei fratelli dal giorno stesso in cui nostra madre è stata uccisa. E non dai giganti di Muspellsheim.» Sottolineò con tono carico di disprezzo l’ultima frase.

Un sorriso tagliente increspò le labbra di Loki e il dio materializzò dal nulla, sul palmo della mano, un medaglione e Hela lo riconobbe immediatamente come proprietà di Angrboda.

«So perfettamente cos’è successo e chi l’ha uccisa ha pagato, te lo posso assicurare» mormorò Loki con voce suadente.

Lei alzò una mano e sfiorò il monile, percependo ancora una debole traccia di seidr materno, nonostante tutti i secoli passati. «Mamma ha impresso i suoi ultimi istanti di vita in questo gioiello...» mormorò con una punta di commozione. Chiuse il pugno, lo posò sul petto e si allontanò verso la finestra, dando le spalle a Loki. La corona e gli abiti che sottolineavano il suo potere scomparvero e, davanti al dio degli inganni, rimase una ragazza normale, dai capelli neri, lunghi fino al bacino, raccolti in una semplice treccia.

«Per cosa ti serve l’antidoto?» domandò Hela senza voltarsi.

Loki ragionò su quella domanda, se Hela era abile quanto la madre, mentirle poteva essere un azzardo. «Per salvare mio fratello» confidò dopo quella breve riflessione.

Lei si voltò, scrutandolo con le iridi eterocrome. «E per salvare tuo fratello, saresti disposto ad aiutarmi a  salvare il mio?»

Loki aggrottò la fronte e la esortò senza parole a spiegarsi.

«Abbiamo dovuto affrontare molti pericoli» raccontò lei allora. «Midgard sa essere insidiosa, anche se dubito tu possa credermi. Quando gli Europei hanno scoperto questo continente, che per loro era nuovo e sconosciuto, spinti dalla curiosità siamo venuti sino a qua. Ma su questa terra era precipitata una minaccia provieniente dagli spazi più profondi. Quando io e i miei fratelli incrociammo quella creatura, la combattemmo e riuscimmo a sconfiggerla, ma pagammo un prezzo che per Jormungandr si rivelò molto alto. Quel giorno egli morì.»

Loki socchiuse le labbra, per poi umettarsele appena. «Jormungandr… è morto?» Hela annuì e lui allargò le braccia. «Mi dispiace per la tua perdita, ma non capisco come io possa aiutarti a salvarlo.»

«Ho messo in stasi la sua essenza, quella che alcuni midgardiani oggi chiamerebbero anima» rispose lei.

Il padre sollevò le sopracciglia, non riuscendo a celare il proprio sconcerto. «Hai… fatto cosa? Hela, è una delle cose più aberranti che si possa fare, tua madre mi mise bene in guardia in merito.»

Lei coprì la distanza che lo separava dal padre, fissandolo agguerrita. «Asgard non aveva forse giurato di proteggere i nove regni? Dov’era quando Midgard aveva bisogno di lei? La verità è Asgard si sta indebolendo, si crogiola nei fasti di un passato che non esiste più e ozia, cullandosi nell’odio che prova per i giganti. La pace con Laufey vi ha inflaccidito, vi ha resi indifferenti e mentre voi banchettate e vi concentrate solo su ciò che porta lustro alla casa di Odino, regni come Midgard sono abbandonati a loro stessi» sibilò furente, per poi battersi le mani sul petto. «Io e i miei fratelli non abbiamo mai abbandonato la via che nostra madre ha scelto per noi, abbiamo sempre protetto questo pianeta, ma solo uniti abbiamo la forza di difenderlo per davvero e nessuno può permettersi di mal giudicare il mio operato. Ho bisogno di mio fratello, così come questo regno ne ha!»

«Angie non era la paladina di Midgard» ribatté Loki.

«Lo credi davvero?» rispose Hela, scuotendo il capo. «Stolto, la luce di Asgard ti ha accecato. I midgardiani erano animali timorosi, ignoranti e dotati di scarso intelletto. Poi tu hai fatto loro uno scherzo, orchestrato da mia madre, rammenti?» disse, cercando lo sguardo di smeraldo del padre, che sembrava non comprendere.

«La scintilla della civiltà, padre. Quello che per voi era uno scherzo permise agli esseri umani di elevarsi oltre lo status di animale; essi impararono a dare un significato a quello che li circondava, inventando divinità per spiegare l’incomprensibile. E il passo per svelare l’ignoto fu naturale e permise alle civiltà di crescere e migliorarsi. Gli esseri umani sono creature passive, la maggior parte di loro vive senza mai cambiare ciò che altri hanno scelto per loro; necessitano di una spinta, di qualcosa che li guidi e li sproni a dare il meglio, qualcosa che li faccia vivere veramente » spiegò Hela.

Loki scosse il capo divertito e lei lo guardò perplessa. «Hai mai pensato che un’interpretazione di quello che dici potrebbe essere la schiavitù?»

Hela sospirò. «Lo so, ma non è mai stata nostra intenzione. Inoltre mettere in catene un intero regno credo che avrebbe attirato anche l’attenzione di Odino.»

Loki annuì e si allontanò, raggiungendo il divano, sul quale si accomodò scompostamente, distendendo un braccio lungo lo schienale. «La minaccia che avete affrontato e che è costata la vita a Jormungandr: cos’era di preciso?»

Lo sguardo di Hela lasciò trasparire la sofferenza che le causava pensare al fratello. La donna chinò il capo e si appoggiò con i lombi al tavolinetto, chiudendo gli occhi e lasciando che i ricordi corressero indietro di alcuni secoli.

«Non so dire di preciso cosa fosse. Sembrava un Deviante(*), ma aveva i poteri di un Eterno(*). È giunto dallo spazio per sottomettere l’intero pianeta. Aveva un’arma portentosa e siamo riusciti a sconfiggerlo solo quando Jormungandr è riuscito a toglierla e l’ha ingoiata. Quell’oggetto era così potente, che l’energia in esso contenuta lo ha ridotto in pezzi...» raccontò Hela con tono sommesso, trattenendo il dolore sordo che non si era mai spento.

«Dov’è finita l’arma?» chiese Loki e Hela lo guardò con disappunto.

«È perduta. Un simile oggetto è bene che sia scomparso, avrebbe potuto minacciare l’intero pianeta; ha ucciso Jormungandr» replicò lei stizzita.

Loki assunse un’espressione addolorata e si alzò, avvicinandosi a lei. «Non essere adirata, ma gioisci. Ho deciso di aiutarti, ma quello che mi chiedi di fare è pratica proibita ad Asgard.»

Hela lo guardò con attenzione e attese che lui proseguisse.

«Mi pare che tu abbia detto che sei in grado di nasconderti allo sguardo di Heimdall. Insegna anche a me a farlo, affinché possa compiere quello che mi chiedi» mormorò Loki.

«Posso celarti io stessa allo sguardo del guardiano» rispose lei.

Loki scosse il capo e sorrise. «Ma è la conoscenza che io ambisco. Mi chiamano, talvolta, dio della magia, non posso permettere che parte delle arti arcane mi siano precluse.»

Hela sollevò una mano, afferrandogli il mento con pollice e indice. «Credo che possa considerarsi un equo scambio, ma direi di suggellare il nostro patto in maniera più formale. Discuteremo il piano, ti illustrerò come intendo agire e tu, rinomato stratega di Asgard, mi suggerirai come migliorarlo. E io ti insegnerò...»

«Anche di alchimia» intervenne Loki, ma Hela gli mise la mano sul viso, spingendolo mollemente indietro.

«Non tirare troppo la corda, padre. Magari se mi soprenderai in maniera positiva, potrei prendere in considerazione di insegnarti tutto quello che so, ma dubito che questo possa mai accadere.»

Loki arricciò le labbra e poi sorrise. «Sta bene» proferì con tono piatto.

Hela portò lo sguardo su Sif e si accovacciò di fianco alla guerriera. «E di lei cosa ne vuoi fare? La sua testimonianza potrebbe metterti nei guai» disse, alzando lo sguardo sul padre.

«Ci penserò a tempo debito» rispose Loki. «Ora, esponimi il tuo piano.»


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Il sole splendeva e l’erba, tagliata all’inglese, sembrava un tappeto di smeraldi, interrotto dai vialetti del campus. Nel suo ufficio del primo piano, il rettore David Freeman leggeva con attenzione i curriculum che stava vagliando. Una vaga profumazione floreale scaturiva dai petali secchi riposti in una ciotola sull’imponente scrivania di mogano, ma non riusciva a coprire il sentore di tabacco, che aveva ormai impregnato le pareti rivestite di legno e i vecchi tomi presenti sugli scaffali.

David alzò lo sguardo su Loki e Sif, seduti davanti a lui sulle comode sedie di velluto rosa antico, e chiuse la cartella dopo avervi riposto i documenti. «Signori Odinson, la Culver è lieta di avervi nel suo organico. Vi farò subito assegnare un alloggio» disse, per poi alzarsi in piedi e tendere la mano verso Loki.

Lui lo imitò e ricambiò la stretta con un sorriso. «La ringrazio, signor Freeman, spero che le nostre ricerche possano portare lustro a entrambi.»

I due asgardiani si congedarono e lasciarono l’edificio, immettendosi sul viale pedonale che tagliava per il prato ben curato.

«Sei sicuro che questa farsa sia necessaria?» chiese Sif, camminando con passo deciso al fianco di Loki.

Lui sorrideva divertito, cogliendo le occhiate di interesse che solo la loro vista era in grado di indurre in quella bolgia di giovani mortali che si muovevano per il campus. «Secondo te come dovremmo comportarci? Vuoi forse che mi metta a urlare che siamo creature provenienti da un altro mondo e che l’esistenza degli esseri umani è per noi paragonabile a un battito di ciglia?» ironizzò, sorridendo divertito.

«Non intendevo dire questo. Quello che non capisco è il perché di questa messinscena. Perché dobbiamo far finta di essere dei ricercatori? Hanno una cultura primitiva e retrograda...» replicò Sif sottovoce.
«Hanno i semi della genialità anche loro. Necessitano solo… di staccarsi dai loro limitati schemi mentali...» Loki si zittì, percependo l’avvicinarsi di qualcuno alle proprie spalle. Passi veloci, affrettati, due persone.

«Dottori Odinson?» esclamò una voce di donna e lui e Sif si girarono verso l’umana, accompagnata da un uomo, che rimase qualche passo più indietro.

«Sì?» esordì Loki, studiando i due con discrezione, soprattutto l’uomo, che sembrava intimidito.

«Sono Elizabeth Ross, sono lieta di conoscervi. Io e il dottor Banner siamo stati informati del vostro arrivo. Vi hanno assegnato al nostro progetto di ricerca» spiegò la donna, spostandosi una ciocca corvina dei lunghi capelli dietro l’orecchio.

Loki sorrise. «Capisco» disse e tese una mano in segno di saluto, come aveva imparato a fare dai midgardiani. «Piacere di conoscerla dottoressa Ross» disse con una stretta decisa, per poi rivolgersi all’umano, «dottor Banner, Loki e Sif Odinson. Io e mia sorella siamo onorati di lavorare con voi» mentì con disinvoltura. Detestava quell’inghippo, ma se voleva che Hela preparasse l’antidoto per salvare Thor, doveva sottoporsi anche a quel capriccio.

L’uomo si fece avanti e ricambio la stretta di mano. «Piacere nostro» rispose, sorridendo goffamente. «Ammetto che siete diversi da come mi ero immaginato.»

«Per quale motivo?» chiese Sif, partecipando a quel rituale di socializzazione.

«Quando il rettore ha parlato di due norvegesi, mi aspettavo il classico stereotipo nordeuropeo alto, biondo e con gli occhi azzurri...» spiegò Bruca, sfregandosi le mani per sfogare la tensione. Era più a suo agio nel proprio laboratorio.

Sif sorrise. «Posso immaginare la sua delusione...»

Lui scosse il capo. «Oh, no, non sono deluso. La vostra altezza ha soddisfatto egregiamente la mia immaginazione.»

Elizabeth lo prese a braccetto. «Li portiamo al laboratorio?»

«Non saprei, Betty, sono appena arrivati, magari vorranno prendere confidenza con la nuova città» Bruce espose il suo dubbio a bassa voce, ma Loki intervenne sorridendo.

«Saremmo invece onorati. Prima ci aggiornate, prima potremo cominciare a lavorare» obiettò il dio degli inganni, con voce solare.

La ricercatrice sorrise. «Ottimo, allora seguiteci!»

 
* Devianti ed Eterni sono alcune delle razze del multiverso Marvel. Non chiedetemi dettagli, perché io ne so meno di voi ^^’

Per chi fosse interessato può leggere anche Nel Passato.

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Daniela

 

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