L'inverno dell'anima di Baldr (/viewuser.php?uid=343232)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La via dei rimorsi ***
Capitolo 2: *** L'intreccio di intrighi ***
Capitolo 3: *** Legami di sangue ***
Capitolo 4: *** Università Culver ***
Capitolo 1 *** La via dei rimorsi ***
Kamar
La
via dei rimorsi
Le
stelle tremolavano nel cielo dove, mentre Hati, la luna dal
tenue alone azzurro, si tuffava nell’oceano a occidente,
Mani, dal fulgore rosato, ne aveva preso il posto accanto
alla candida Skadi. Sembrava quasi che gli astri tremassero,
percependo il tumulto che agitava l’animo del principe
cadetto che, all’apparenza, rimirava la volta celeste,
sdraiato sulla soffice erba che danzava, seguendo
l’impercettibile melodia suonata dal vento. L’aria era
pregna dell’aroma dell’erica che aveva acceso di colori le
colline a nord di Asgard.
«Loki.»
La
voce di Frigga lo strappò al livore che gli stava corrodendo
l’anima. Sciolse le mani da dietro la nuca e si alzò in
piedi, volgendosi verso la regina.
«Madre»
esclamò Loki, avvicinandosi a lei; prese le mani che ella le
offriva e fletté il busto per omaggiarle con un bacio
rispettoso, ma sterile. La delusione aveva indurito il suo
cuore e l’affetto che nutriva per la donna faticava a
sfuggire al suo cupo umore. «Questo luogo non si addice a
una regina, soprattutto a questa tarda ora» aggiunse con un
sorriso spento.
Frigga
colse quell’asprezza nei modi di fare del figlio e sorrise
benevola. «Come stai?» Come Odino e i due principi erano
rientrati da Alfheim, i figli erano andati a festeggiare con
gli amici ma, quando si erano ritirati per coricarsi, Loki
si era allontanato da palazzo. I suoi poteri la avevano
informata di quell’evento ben prima che Odino sottoponesse i
due eredi alla prova per decidere chi di loro lo avrebbe
sostituito sul trono. Quello era il motivo per cui ella si
era recata sulle colline, dove sapeva avrebbe trovato il
secondogenito.
«Bene»
rispose prontamente il ragazzo, ormai diventato uomo.
Innanzi allo sguardo penetrante della madre, Loki strinse le
labbra, intuendo come sua madre comprendesse il suo
malessere e fosse preoccupata a riguardo. A volte aveva
l’impressione che Frigga riuscisse a leggergli nell’anima.
Il principe abbassò il capo, portando l’attenzione sulle
proprie mani ancora intrecciate a quelle della donna. «Ho
deluso Padre. Di nuovo» soffiò, deglutendo con rammarico.
Frigga
scosse il capo. «Non dire così...»
Loki
sollevò le iridi di smeraldo, puntandole in quelle di lei.
«È così. Ho visto il suo sguardo su Alfheim e, ti assicuro,
era tale a quello che mi ha rivolto in molte altre
occasioni. L’ho deluso.»
«Capita
a tutti di sbagliare...» mormorò lei e il figlio si scostò
con un gesto secco, dandole le spalle.
Loki
alzò lo sguardo al cielo, arricciando le labbra in una
smorfia di disappunto e poi si voltò verso di lei,
sollevando la mano sinistra per accompagnare le parole: «Io
non ho sbagliato. Ho fatto quello che andava fatto per
garantire un futuro solido ad Asgard. Ho fatto quello che
qualunque re avrebbe dovuto fare» spiegò accorato.
La
madre intrecciò le dita sul grembo, guardandolo con
espressione pacifica. Il marito le aveva raccontato ciò che
era accaduto su Alfheim, dove i due principi erano stati
sottoposti alla medesima prova. Ciascuno di loro era stato
incaricato di accompagnare il futuro erede al trono degli
elfi della luce nel cuore della foresta sacra. Egli era
apparso loro come un bambino viziato e maleducato, che li
aveva tediati per tutto il tragitto, sino a quando la sua
vita non si era trovata a dipendere dalle scelte di chi lo
scortava.
Thor,
nonostante le offese e le umiliazioni, gli aveva salvato la
vita, mentre Loki aveva lasciato che spirasse, privandolo
volontariamente della possibilità di sopravvivere.
Da
quell’azione, Odino aveva dedotto che il secondogenito fosse
pronto a colpire un alleato in difficoltà, approfittando
della sua debolezza e aveva deciso di scartarlo, preferendo
invece Thor.
«Raccontami
come è andata» sussurrò Frigga, sorridendogli amorevolmente.
L’espressione
del figlio si indurì. «Sai già com’è andata: Thor ha
superato la prova e diventerà re fra tre anni.»
Lei
scosse il capo, socchiudendo gli occhi per pochi istanti,
poi afferrò la stoffa della gonna, la sollevò un poco e si
sedette sull’erba.
Loki
la guardò diffidente, spiazzato da quell’azione e sollevò un
sopracciglio quando Frigga lo invitò, con un gesto della
mano, ad accomodarsi al suo fianco.
«Voglio
sentirlo narrare da te, voglio conoscere come lo hai vissuto
tu e non tramite le parole di terzi, che filtrano i fatti
tramite il proprio modo di percepire il mondo. Loki, dimmi
cosa ti è successo su Alfheim, per favore.»
Lui
strinse le labbra, ispirando a fondo, per poi sbuffare e
sedere alla sinistra di Frigga. Lei sorrise e gli posò la
mandritta su una coscia, offrendogli il palmo.
L’espressione
di Loki si addolcì e scosse il capo, la guardò e con le mani
accennò a quel gesto materno: «È infantile» commentò.
La
donna sollevò un sopracciglio e sorrise. «Sei mio figlio e
nel mio cuore di madre sarai sempre il mio bambino.»
Lui
sorrise, lasciando che l’affetto che nutriva per Frigga
trasparisse anche nelle iridi scintillanti come le numerose
stelle che impreziosivano i cieli di Asaheim. Posò la mano
su quella che la madre gli offriva e le strinse dolcemente
il pugno tra le dita. Scese il silenzio, disturbato solo dal
frinire dei grilli che annunciavano l’arrivo dell’estate.
Lui osservò il palazzo stagliarsi fulgido contro il cielo.
Le stelle sembravano incoronarlo, attestando che Asgard e i
suoi abitanti fossero i difensori dell’ordine in tutti i
nove regni. Loki, in realtà, non lo vedeva; davanti ai suoi
occhi scorrevano le immagini della sua prova, i suoi ricordi
ripercorrevano gli eventi e le sue scelte e tutti gli
apparivano logici e ineccepibili.
Loki
spostò lo sguardo su Frigga e le raccontò di come avesse
camminato nella sacra foresta elfica, di come avesse
combattuto contro un imponente cinghiale dal manto bianco,
privato dei propri poteri dalle peculiarità di quel luogo
antico quanto Yggdrasill stesso. Le parlò del principe
Diarmuid morente che si era rivelato debole, inadatto a
regnare e a mantenere l’alleanza con Asgard e della sua
decisione di non salvarlo, per non intaccare il potere che
Odino aveva faticosamente costruito nell’arco dei secoli.
Era sua convinzione che gli elfi avrebbero potuto scegliere
un nuovo regnante che, facilmente, si sarebbe rivelato
migliore del giovanissimo principe.
Frigga
lo ascoltò senza mai interromperlo e, solo quando Loki
tacque, prese parola. «Perché pensi di aver deluso tuo
padre?»
Il
principe sospirò addolorato. «Perché ho disubbidito: ci era
stato detto di servire e proteggere Diarmuid e accontentare
ogni sua richiesta. Ho disatteso invece il suo ultimo
ordine, venendo meno al volere di Odino.»
La
donna strinse impercettibilmente le labbra. «Tesoro,
disubbidire non sempre è sbagliato e Odino questo lo sa
bene. Ma se invece tu fossi stato superficiale nella tua
scelta? Forse non hai ponderato la situazione come tuo padre
si aspettava che tu facessi...»
Loki
la guardò perplesso. «Ho valutato la possibilità che a
Diarmuid venisse affiancato un tutore, che lo avrebbe
accompagnato sino alla maggiore età, ma non conoscendo
quest’ultimo, ho ritenuto che l’attuale rapporto che lega
Asaheim ad Alfheim sia l’ideale al momento e che, quindi, Re
Finn avrebbe potuto prolungare la sua carica piuttosto che
abdicare in favore dell’erede.»
Frigga
sorrise e sollevò una mano, posandola sulla guancia del
figlio. Anche se non lo era davvero, lo aveva cresciuto,
plasmato e lo amava come sangue del proprio sangue. Capiva
quel suo modo di ragionare che poteva apparire contorto e
oscuro, ma vedeva anche la luce che Loki inseguiva in quei
ragionamenti.
«La
personalità di un individuo è la somma delle sue esperienze,
Loki. Da piccolo eri timido, taciturno, non sei forse
cambiato crescendo?» chiese con tono gentile.
Lui
aggrottò la fronte, poi chinò il capo, schiudendo le labbra.
«Pensi che sarebbe potuto cambiare crescendo?»
Frigga
continuò a sorridere amorevolmente. «Sarebbe cresciuto e
magari avrebbe trovato una persona con cui condividere il
peso del trono.»
Loki
sollevò lo sguardo e la rimirò alla luce delle due lune
rimaste in cielo. «Un consigliere che potesse educare,
mitigare e guidare...» mormorò, mentre quella nuova
consapevolezza lo colpiva come un’epifania.
«Tuo
padre non stava testando la capacità di essere re dell’elfo,
ma la tua e quella di tuo fratello… e un re deve essere
lungimirante, deve saper guardare lontano» spiegò paziente.
Lui
si passò una mano sul viso. «Sono stato cieco, avrei dovuto
salvarlo, invece questo mio errore di valutazione mi è stato
fatale.»
Frigga
sorrise. «Non essere così duro con te stesso. Sei ancora con
noi e assieme a tuo fratello potrai fare di Asgard un posto
migliore. Entrambi siete nati e cresciuti per essere
re. Thor sarà un buon sovrano anche grazie ai tuoi
consigli.»
Loki
avvertì un brivido, che gli corse lungo la schiena al
pensiero di affiancare Thor sul trono. Il principe sii vide
nel ruolo che Frigga ricopriva al fianco di Odino e si
immaginò a riprendere le sembianze di Jarnsaxa. Con i
polpastrelli di indice e medio si sfiorò le labbra e poi un
nodo gli si strinse allo stomaco. Era un’illusione, un
errore in cui non doveva più accadere. Amava Thor, ma
entrambi non potevano permettersi di indulgere in quello
sbaglio. Jarnsaxa non sarebbe mai più apparsa, era morta e
tale doveva essere anche quell’insana ossessione per il
fratello.
Loki
riportò l’attenzione sulla madre, le sorrise e si sporse
verso di lei per posarle un bacio affettuoso sulla gota.
«Grazie per farmi dono della tua esperienza» disse sincero,
quindi si alzò e le porse le mani, aiutandola a rimettersi
in piedi.
Ritornarono
a palazzo, conversando di incantesimi e Frigga si rese conto
che ormai vi erano poche cose che poteva insegnare al figlio
in quel campo. Anzi, Loki era uno sperimentatore e,
probabilmente,avrebbe potuto dispensare il proprio sapere a
lei.
La
luce filtrava attraverso le ampie vetrate della biblioteca
di corte, assumendo le sfumature di colore delle figure
dipinte sui vetri. Nell’area di lettura, a pochi metri dalla
porta, poche erano le figure chine sui pregiati tomi che,
solitamente, affollavano gli imponenti scaffali che si
elevavano sino al soffitto affrescato.
Le
abitudini di Loki lo portavano a leggere rinchiuso nei
propri appartamenti, ma aveva lasciato le proprie stanze
alle cure dei domestici e si era ritirato in quell’ala del
palazzo in cerca di quiete. Il silenzio aleggiava nell’ampia
sala, creando un’atmosfera magica, pregna dell’odore delle
pergamene e della carta antica, mentre il pulviscolo danzava
sui raggi di luce senza che nessuno si curasse della
polvere.
Il
rumore della porta non attirò alcuno sguardo, come invece
accadde per la parola pronunciata ad alta voce, senza alcun
rispetto per quel luogo.
«Fratello!»
Loki
sollevò lo sguardo su Thor, sollevando un sopracciglio e
assumendo un’espressione stupita.
Thor
sorrise teso e si avvicinò al suo tavolo con passo pesante,
mentre sguardi di disappunto accompagnarono il suo incedere.
«Ti ho trovato! Desideravo...»
Il
cadetto sollevò una mano davanti alle labbra, zittendolo e
poi gli indicò la sedia innanzi a sé. «Fratello» sussurrò,
«comprendo come tu non sia avvezzo a questo luogo ma, ti
prego, modera il tono di voce e limita la tua irruenza»
disse severo, scrutandolo intensamente.
Il
dio del tuono aggrottò la fronte e parlò, lasciando che la
sua voce possente violentasse la quiete. «Scusa!» Davanti
allo sguardo gelido del minore, chiuse la bocca e si
sedette, rimanendo in silenzio. Prese uno dei tomi impilati
vicino a Loki e arricciò le labbra, leggendone il titolo,
per poi appoggiarlo sulla superficie di legno. Portò le
iridi celesti su Loki, trovandolo nuovamente intento a
leggere e sospirò.
«Fratello...»
sussurrò, sporgendosi verso il cadetto, «sei arrabbiato con
me?»
Loki
si limitò a sollevare gli occhi e a fissarlo. «Come, scusa?
Perché dovrei?»
Thor
lo guardò a disagio, appoggiò gli avambracci sul tavolo e
spiegò sommessamente: «Perché Padre ha scelto me...» Si
ritrasse, appoggiando la schiena allo scranno. «Quando ieri
siamo andati a festeggiare, sei sparito. Non ci ho pensato
subito, ma stamane mi è venuto il dubbio che potessi essere
adirato con me» ammise candidamente il suo timore.
Loki
poté scorgere i sentimenti del fratello, scorrere impetuosi
e limpidi dietro le barriere celesti che erano i suoi occhi,
senza che nulla potesse inquinarli. Thor si era preoccupato
al punto di andarlo a cercare in quel luogo a lui così poco
familiare.
Loki
scosse il capo. «Non mi stupisco che tu abbia impiegato
un’intera notte per formulare un pensiero così complesso»
commentò sommessamente, per poi sorridere radioso. «Non sono
arrabbiato con te. Il mio biasimo va unicamente alla persona
che ha causato il mio fallimento...» Il pensiero corse a
Odino e Loki si irrigidì. Possibile che una parte di sé
considerasse suo padre colpevole?
«L’unico
responsabile sono io e le scelte che ho effettuato» assicurò
il dio degli inganni sottovoce, scacciando l’idea che aveva
fatto capolino alla sua mente.
Thor
lo afferrò per un braccio e lo fissò duramente. «Non hai
colpe. Anche io avrei potuto fallire la prova, Diarmuid ha
rischiato di morire anche con me, non sono stato
sufficientemente abile da proteggerlo come avrei dovuto»
sentenziò deciso, attirandosi le occhiate degli studiosi
presenti e suscitando qualche parola di biasimo.
Thor
si alzò stizzito. «Smettetela» tuonò rivolto agli
sconcertati spettatori. «Sono il vostro futuro re e sto
discutendo di cose importanti con mio fratello!»
Loki
si passò le dita sulla fronte con un’espressione di
fastidio, si alzò, afferrò il fratello per un braccio e lo
trascinò fuori. Lo guardò duramente e Thor allargò le
braccia.
«Ho
capito che bisognava fare silenzio, ma là dentro pare che
non si sia liberi di starnutire senza destare astio!»
Il
principe cadetto sollevò le sopracciglia e poi scoppiò a
ridere, stringendosi l’addome con il braccio sinistro e
soffocando l’ilarità con il pugno destro.
«Fratello,
sei irrecuperabile!» commentò Loki, passandosi una mano
sotto l’occhio destro, per poi dare una pacca sulla schiena
di Thor, il quale gli passò un braccio sulle spalle.
«Non
mentire, Loki. Senza di me saresti perso! Nessuno è in grado
di farti ridere come ci riesco io!»
Il
giovane sorrise e annuì. «Questo è vero, hai una dote unica
per riuscire a far ridere il buffone di corte.»
Thor
si fermò e gli mise le mani sulle spalle. «Non sei un
buffone. Sei mio fratello e nessuno può insultare la tua
persona. Neanche tu.» Si fissarono per alcuni istanti e,
quando Loki annuì, Thor gli diede un paio di pacche sulle
spalle, poi si incamminò lungo i corridoi di palazzo,
assieme a lui.
Il
temporale imperversava sulla città, versando violente
scariche di pioggia sui tetti dei palazzi di Asgard. Coloro
che erano stati colti dall’acquazzone lungo le strade, si
stava affrettando per cercare un riparo.
Loki,
con il cappuccio ben calato sul volto, avanzava lungo
l’acciottolato, diretto alla sua meta, mentre il cielo si
incupiva, inginocchiandosi innanzi all’imminente notte.
Il
principe si guardò attorno con rammarico: anche nel Regno
Eterno esistevano zone oscure come quelle, zone dove la
legalità era messa a dura prova. Da bambino ne era
disgustato, mentre ora le trovava utili per i propri studi.
Alcune pozioni richiedevano ingredienti insoliti, rari,
talvolta illegali e i bassifondi costruiti a ridosso del
porto erano il luogo ideale per trovarli.
Quella
sera, però, non erano le pozioni a condurlo nelle bettole da
marinaio.
Loki
alzò lo sguardo, sollevando con una mano il cappuccio per
osservare l’insegna del bordello. Non aveva paura di essere
riconosciuto, visto che aveva magicamente mutato i propri
tratti, in quelli di un uomo dai capelli rossi, gli occhi
azzurri e una corta barba. Deglutì, strinse le labbra e
controllò lo spiazzo davanti l’edificio a due piani. Non era
la prima volta che si recava in una casa di piacere, ma mai
in quella zona e mai…
Il
principe sbuffò, a grandi passi raggiunse la soglia ed
entrò. Socchiuse gli occhi per abituarli alla penombra
ancora più marcata di quella che, all’esterno, preannunciava
le tenebre. Si schiarì la gola, infastidita dal fumo che
riempiva l’ambiente angusto dal soffitto così basso da
trovarsi a poco meno di una spanna sopra alla sua testa.
Decine di occhi si posarono sulla sua figura e, quando una
donna dal prosperoso seno si avvicinò, lui si decise ad
abbassarsi il cappuccio sulle spalle.
Lei
lo squadrò e sorrise. «Non sembri un marinaio.»
Loki
sollevò l’angolo delle labbra verso l’alto in un mezzo
ghigno. «Non importa quel che sembro, ma quel che desidero.»
Il
sorriso di lei si allargò. «Cerchi compagnia?» Lui annuì
impercettibilmente e lei gli diede le spalle. «Seguimi.» La
donna si incamminò, ancheggiando, e Loki la seguì,
guardandosi attorno con discrezione. Allucinogeni, liquori
illegali, prostituzione: la sala era un caleidoscopio di
perversioni.
Quella
che si rivelò essere la proprietaria, fermò una cameriera,
scambiò con essa due parole e poi proseguì, conducendo Loki
in una stanza adiacente. L’odore di chiuso lo colpì come un
pugno allo stomaco.
Poco
dopo il loro ingresso, da dietro un pesante arazzo che
adornava la parete che aveva innanzi, si palesarono una
decina di donne, di diverse età, un paio erano avvenenti,
mentre altre erano divorate dalla sifilide.
«Quale
preferisci?» gli domandò la matrona.
Lui
le studiò, tentato di sceglierne una, ma non era lì per
quello. «Vorrei una compagnia particolare, sebbene costoro
siano tutte molto graziose.»
La
donna sollevò le sopracciglia. «Lo sai che il servizio si
paga in anticipo, vero?»
Loki
scostò il mantello e le lanciò una sacca, gonfia di monete
d’oro. Lei ne saggiò il peso con diffidenza, sciolse il
legaccio e sgranò gli occhi, incredula. Afferrò un pezzo di
metallo e lo addentò, per saggiare la purezza del metallo.
La
matrona sii volse alle altre donne e le scacciò con gesti
frettolosi. «Sciò, via di qua e chiamatemi i ragazzi. Thrud,
mandami Oddar.»
Pochi
istanti dopo, a uscire da dietro l’arazzo, furono dei
giovinetti, alcuni fin troppo giovani e dai lineamenti
efebici. Loki si avvicinò e li studiò attentamente, uno dopo
l’altro.
«Quanti
anni hai?» domandò a un ragazzotto, sollevandogli il mento
per guardarne gli occhi azzurri.
«Tredici»
rispose il ragazzo, fuggendo il suo sguardo.
Loki
vide il rossore diffondersi sul suo volto e gli
atteggiamenti tipici di chi è abituato a mentire ma non lo
fa con cura. Inoltre, il giovane era troppo alto per l’età
che dichiarava. Lo colpì con un manrovescio. «Non mentirmi,
argr(*)!»
Il
giovane, tenendo la mano sulla guancia dolorante, alzò lo
sguardo spaventato sulla proprietaria, alla quale si era
avvicinato un marinaio con la faccia poco rassicurante. Lei
gli passò la sacca di soldi ricevuti da Loki e si avvicinò
al cadetto.
«Mio
signore, perdonatelo. La colpa è mia che gli ho sempre detto
che ha tredici primavere, ma in realtà ne ha tre in più»
assicurò, manipolando la menzogna per giungere alla verità.
Mentre
lei parlava, Loki osservò il marinaio: era poco più alto di
lui, con un fisico robusto come quello di Thor, il viso
bruciato dal sole e i capelli che, sotto lo sporco, dovevano
essere biondi.
«Allora?»
La domanda della donna lo strappò dai suoi pensieri e Loki
la guardò crucciato.
Lei
sorrise e ripeté: «Scegliete il giovane Snorri?»
Loki
tornò a guardare il sedicenne e poi annuì. «Sì.»
«Ottima
scelta» rispose lei e gli indicò una scala accanto alla
quale aspettava una cameriera. «Vi accompagnerà alla stanza
che vi ho fatto riservare» aggiunse.
Lui
si incamminò ma, come mise il piede sul primo gradino, si
voltò e tese il braccio verso il marinaio. «Voglio anche
lui.»
La
matrona sgranò gli occhi. «Ma… mio signore!»
«Il
denaro che ti ho dato basta a mandare avanti questo porcile
per una luna intera, ma se non avrò anche quell’uomo, me lo
riprenderò e ne dovrai fare a meno» minacciò Loki con voce
tagliente.
Lei
strinse le labbra e guardò il marinaio che scosse il capo e
lei lo zittì con un gesto secco della mano. Sorrise e fece
una riverenza. «Lo avrete!» assicurò remissiva.
«Bene.
Prima di farli salire, fate a entrambi un bagno: cercate di
togliergli di dosso l’odore di fumo e pesce.» Loki seguì
quindi la cameriera che lo condusse al piano superiore.
(*)Argr
nella lingua dei vichinghi era l’aggettivo che indicava un
omosessuale che, nelle rapporti, aveva il ruolo di passivo.
Ed eccoci al seguito di Nel passato. Non so quanto saranno
veloci gli aggiornamenti, perché è ancora in scrittura.
Potrebbero esserci molti più errori rispetto a prima, perché
i corvi sono migrati su altri trespoli, quindi ci sono meno
occhi a controllare gli strafalcioni che scrivo ^^'
Grazie per chi ha seguito Nel Passato ed è approdato qua
desideroso di leggere il seguito. Grazie a chi è appena
arrivato, invece.
Per chi fosse interessato può leggere anche Nel
Passato.
Grazie a tutti i lettori.
Se la storia vi piace, per cortesia, mettetela nei
preferiti/seguiti/ricordati per darle visibilità.
Per chi fosse
interessato, può passare a trovarmi presso il mio gruppo
su facebook:
https://www.facebook.com/groups/166812243512009/
Se trovate errori, orrori o semplicemente volete farmi
sapere la vostra opinione, mandatemi un pm o potete
lasciare una recensione: non mordo!
Daniela
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Capitolo 2 *** L'intreccio di intrighi ***
Kamar
L'intreccio di intrighi
Sdraiato
sul letto sfatto, Loki osservava il soffitto polveroso della
stanza del bordello. Doveva riconoscere che, in quei tre
mesi, si erano dati decisamente da fare per ripulirla e
renderla accettabile ai suoi occhi. Era il loro cliente
preferito e lo trattavano con ogni riguardo.
Quando
sfuggiva alla noia di palazzo, si recava lì, camuffandosi
magicamente. Capitava almeno una volta ogni fase lunare e
quasi ogni notte sperimentava qualcosa di nuovo. Uomini o
donne, non aveva preferenze, aveva imparato che i piaceri
della carne rimanevano tali anche con partner del medesimo
sesso e non comprendeva l’ostilità che certe pratiche
riscontrassero nella morale comune. Aveva scacciato i propri
amanti ed era rimasto solo, come dopo ogni amplesso, perso
nei propri pensieri. Troppe volte l’idea che Odino avesse
sbagliato a valutare quel giorno su Alfheim lo sfiorava.
Frigga
aveva ragione, le persone cambiano con il tempo e le
esperienze, ma Asgard non poteva permettersi di affidarsi a
un re irresponsabile. Thor era altruista e coraggioso ma non
aveva senno, era un fatto così evidente, che Loki non capiva
il motivo della scelta di Padretutto.
All’inizio,
il cadetto aveva pensato che Odino avrebbe preso in mano
l’educazione di Thor, correggendo tutti i suoi sbagli, ma
era trascorsa una luna e ancora nulla era cambiato.
Lui
stesso aveva provato a far aprire gli occhi al fratello, ma
tutto era stato vano. Thor era pieno di boria e la
consapevolezza di essere destinato al trono, aveva
alimentato quel lato del suo carattere.
Loki
iniziava a vedere con disagio il giorno in cui Thor avrebbe
preso il posto di Odino, temeva per le sorti di Asgard. Una
volta re, l’ego del fratello sarebbe stato completamente
fuori controllo e Thor non avrebbe più ascoltato nessuno,
nemmeno lui. Già adesso Loki faticava a far sì che il
fratello gli desse retta, dubitava che in futuro avrebbe
potuto avere su di lui una grande influenza.
E
se il maggiore non lo avesse più seguito, chi avrebbe
mitigato il furore a cui spesso cedeva?
Nessuno.
Non ci sarebbe riuscito nessuno e sarebbe stata la rovina,
sarebbe stata guerra e, al solo pensiero, Loki rivedeva gli
eserciti nanici decimare gli einherjar(*) asgardiani.
Il
dio degli inganni chiuse gli occhi. Doveva riposare un poco,
prima di ritornare a palazzo. Doveva liberarsi di quei
pensieri, ma ormai nemmeno le notti di passione riuscivano
in quell’intento. Serrò la mascella, quando percepì un
lievissimo rumore. Non era suono che un normale orecchio
potesse udire, era la vibrazione di uno dei fili della
magia, che permeavano l’ambiente naturale e univano ogni
cosa del creato, all’albero che tutto aveva generato.
Un
usufruitore di magia era vicino, aveva richiamato a sé la
trama, per far scattare la serratura della stanza, senza che
alcunché risuonasse nella quiete notturna.
Chi
sei per essere così pazzo da entrare nelle mie stanze? Un
mago che non percepisce il mio potere?
La
mente di Loki era protesa verso l’intruso, lo percepiva pur
avendo gli occhi chiusi e seguiva il passo leggero che
faceva scricchiolare le assi, subito zittite dal sapiente
uso del seidr.
Seidr.
Sei dunque una donna? O sei forse un uomo che vuol farsi
biasimare dagli altri asgardiani?
Loki
era tentato di aprire gli occhi e focalizzare quella figura,
ma voleva aspettare che si avvicinasse al letto.
La
ragazza si fermò accanto al letto, osservando l’uomo,
vestito solo coi calzoni, sdraiato su di esso. Indugiò con
lo sguardo sui lineamenti del suo viso, prima di sfilare
dalla cintura una sottile ampolla. La stappò e si sporse in
avanti, appoggiandosi appena contro il materasso e tese
la mano verso la bocca di Loki, per poter rovesciare
sulle sue labbra il contenuto della fiala.
La
mano di Loki scattò e l’afferrò per il polso, la strattonò
tirandola sul letto e lei si ritrovò schiacciata sul
materasso, con l’uomo a gravarle sull’addome. Le aveva
immobilizzato i polsi sopra la testa con una mano e con
l’altra afferrò la fialetta.
Loki
l’avvicinò alle nari e ne odorò il contenuto, poi sorrise e
si chinò sulla sconosciuta, sussurrandole all’orecchio:
«Pensa un po’, ne è rimasta un po’ nell’ampolla...» Avvicinò
il contenitore alle labbra di lei, che si irrigidì, cercando
di ritrarsi. Lui le lasciò i polsi e le afferrò la testa,
costringendola a stare ferma.
«N-no!»
protestò lei, cercando di allontanare le labbra dalla mano
con la fiala che ormai le premeva sulla bocca.
Loki
le tappò il naso e la tenne stretta per lunghi istanti, in
cui lei si dibatté con forza. Il bisogno d’aria la costrinse
ad aprire la bocca e ad accogliere il fluido che cercava di
evitare. Lentamente, la rabbia della giovane si spense e la
sconosciuta si acquietò. Loki la lasciò e si sedette sul
bordo del letto, passandosi le mani tra i capelli, per
allontanarli dal viso. Tenne le iridi, magicamente azzurre,
sul volto della giovane, illuminata dalle fiamme morenti del
fuoco che scoppiettava stanco nel camino.
Il
dio degli inganni le accarezzò il crine, scuro alla debole
luce, di una tonalità simile a quella delle fattezze che
aveva assunto. Rosso erano quindi i capelli di quella
ragazza. Le sfiorò la pelle, liscia come la seta, e disegnò
l’ovale di quel volto perfetto, dagli zigomi decisi e gli
occhi velati che lo osservavano.
Loki
sorrise. «Chi sei?» le chiese, appoggiando la schiena alla
testiera del letto.
Le
lunghe ciglia della donna ebbero un fremito, prima che lei
si umettasse la labbra e rispondesse a quella domanda:
«Lorelei.»
Loki
cercò di ricordare se lo avesse mai sentito come nome, ma
non aveva memorie di esso. «Hai preparato tu la pozione
dell’ubbidienza?»
«Sì»
rispose con voce piatta.
«Perché
volevi somministrarmela?» chiese ancora, tenendo lo sguardo
fermo sul suo volto.
«Affinché
tu mi seguissi» mormorò lei, senza che alcuna emozione
trasparisse dalla sua voce.
Loki
sollevò un sopracciglio e poi si sporse verso Lorelei.
«Interessante. Sono proprio curioso di sapere il perché.»
Si
erano lasciati i bassifondi alle spalle e Lorelei precedeva
Loki, mentre lui la seguiva tenendo alta la lanterna. I loro
passi rintoccavano sul selciato curato, mentre costeggiavano
le mura che cingevano un grande giardino. E proprio quelle
mura varcarono, superando una porticina secondaria della
quale Lorelei aveva la chiave.
Il
giardino celato all’interno era meraviglioso, ricco di
alberi, arbusti, fiori e rampicanti; l’aria era
profumata dalla moltitudine di glicini che si intrecciavano
alla struttura del pergolato che sporgeva dal portico che
costeggiava l’ampio parco, al centro del quale una fontana
zampillava placida.
Lorelei
guidò Loki vicino alla vasca, poi guardò in direzione del
vicino gazebo, cinto in una gabbia di fiori dalle tonalità
viola che ricadevano in grappoli, come un sontuoso drappo.
«Bentornata,
sorellina, ben fatto» esordì una voce di donna appartenente
a una figura celata dalla vegetazione. Un’ombra abbandonò il
gazebo e si avvicinò a Lorelei e Loki. Lui la vide alzare la
mano destra e un globo luminoso si accese sul suo palmo,
illuminando l’area con una luce fredda, vagamente rosata.
«Sei
stata brava, Lorelei» disse ancora la sconosciuta,
avvicinandosi a Loki. Era più alta rispetto alla giovane,
con una criniera bionda che ricadeva in morbidi boccoli,
ricoprendole la schiena lasciata nuda dalla tunica verde
pastello che le fasciava il corpo statuario.
Quando
si avvicinò, Loki vide il bel sorriso sparire dal viso
avvenente e la paura dell’ignoto accendersi nelle iridi di
giada.
«Cosa?»
ringhiò, tramutando il globo di luce in un proiettile di
energia mistica, che attraverso il corpo dell’illusione del
principe cadetto, che si dissolse nel nulla.
La
donna serrò i denti allarmata, mentre gli occhi saettavano
per il cortile. «Stupida Lorelei, ti sei fatta ing...» Si
immobilizzò, quando avvertì il piatto della lama gelida,
posarsi sul collo.
La
sconosciuta deglutì e spostò lo sguardo sulla figura apparsa
dal nulla al suo fianco e sorrise. «Avevo percepito la
potenza della magia in te, straniero. Ti assicuro che non è
mia intenzione nuocerti» mormorò tesa, per poi sfoderare uno
dei suoi migliori sorrisi.
Quel
sorriso diede un qualcosa di familiare al suo viso e
improvvisamente la mente di Loki si tuffò nei ricordi
dell’infanzia.
Il
principe rammentò una festa del raccolto, quando ancora
aveva appena quattordici anni, di come quel giorno il suo
fisico gli avesse permesso di seguire la famiglia a
quell’appuntamento di gioia. Era rimasto incantato davanti a
una bancarella dove piccole riproduzioni dei soldati degli
eserciti dei nove regni facevano bella mostra di sé. Ne
aveva adocchiata una e aveva pregato Frigga di
prendergliela, poiché voleva regalarla a Thor. La madre lo
aveva accontentato e lui, con il suo piccolo regalo stretto
tra le dita, aveva cercato il fratello con lo sguardo,
scorgendolo mentre si allontanava. Lo aveva seguito,
correndo nel vicolo dove il maggiore si era inoltrato e, con
il fiatone, lo aveva sorpreso per la prima volta alle prese
con una ragazza.
Thor,
colto in fallo, gliel’aveva presentata e poi, nelle
settimane successive, lo aveva sfruttato per potersi
incontrare di nascosto con la bionda per la quale aveva
perso la testa. E un giorno non la vide più, Thor gli disse
che lei era partita per i territori del sud.
«Amora...»
disse, allontanandosi.
Lei
aggrottò la fronte, poi la sua risata argentina, si unì al
gorgogliare della fontana. «Dopo tutti questi anni mi avete
riconosciuto? Complimenti, principe Loki.»
Lui
continuò a sorridere, sebbene il vedersi scoperto così lo
indispettiva. Riprese il suo vero aspetto e iniziò a
camminare attorno alla fontana, piegandosi per sfiorare con
le dita l’acqua fresca. «Ammirevole. Credevo di essermi
camuffato bene.»
Amora
si avvicinò alla vasca e vi si sedette, per poi rivolgersi
alla sorella: «Lorelei, porta del vino per il nostro
principe.» Lorelei si allontanò a passo svelto e Amora
riportò lo sguardo su Loki.
«Un
trucco impeccabile, mio signore, sono giunta alla vostra
identità solo dopo alcune indagini. Una sera, mentre ero per
strada, ho percepito il vibrare del seidr e mi sono accorta
che preveniva dalla vostra figura e mi ci sono voluti alcuni
minuti per capire che avevate mutato il vostro aspetto.
Siete veramente abile nell’uso del seidr ed è sorprendente
considerato il fatto che...»
«Sono
un uomo?» domandò Loki, fissandola gelidamente, prima di
sorridere. «Dimmi, Amora, qual è il tuo piano? Immagino tu
non abbia mandato tua sorella a cercare di drogarmi, senza
averne uno.»
Lei
sorrise, passandosi le lunghe dita sottili, nei capelli
lucenti come le stelle che brillavano in quella notte di
fine estate. «Forse non crederete alle mie parole, ma il mio
unico desiderio e confrontarmi con voi.»
Loki
si accomodò al suo fianco, senza distogliere lo sguardo dal
suo volto. «Hai proprio ragione: non ti credo.»
Amora
arricciò le labbra, con espressione divertita. «Mio
principe, comprendo la vostra diffidenza visto il modo in
cui vi ho fatto condurre qua, ma se mi fossi palesata
apertamente, la vostra reputazione ne avrebbe risentito»
spiegò con voce melliflua. «Quello che più agogno, è la
possibilità di condividere con voi la conoscenza, scambiarci
alcuni nostri segreti per migliorare le nostre abilità e
difendere le nostre macchie» aggiunse, posando una mano sul
petto di Loki, risalendo verso il suo collo.
Lui
l’afferrò con uno scatto, senza distogliere lo sguardo da
quello di Amora. «È forse una velata minaccia la tua?»
Lei
sostenne gli smeraldi che sembravano volerne sondare l’anima
e continuò a sorridere. «Mio principe, sono fedele ad Asgard
e sono pronta a dimostrare la mia lealtà alla famiglia
reale, anche testimoniando il falso. Sappiamo tutti come
nessuno possa scampare al vigile guardiano che sorveglia il
Bifrost. Prima o poi Heimdall si accorgerà del tuo trucco e
allora la tua reputazione verrà ridotta in minuscoli
brandelli che verranno trasportati dal vento in ogni angolo
di Asaheim. E a quel punto tutti sapranno e tutti ti
additeranno. Ma se una donna garantisse per te… in cambio di
reciproci favori...»
Loki
si alzò con un movimento fluido. «Ho capito» disse,
congiungendo le mani dietro la schiena e camminando con aria
pensierosa, dedicando vaghe occhiate al giardino che li
accoglieva. La sua attenzione si spostò su Lorelei, di
ritorno con un vassoio, una caraffa d’argento e calici
d’oro. Il principe ne riempì due con il liquido scarlatto
dall’aroma deciso e si avvicinò ad Amora, offrendogliene
uno.
«Ciascuno
di noi, sarà quindi il maestro dell’altro e il garante in
caso di difficoltà. Ho inteso correttamente?»
Amora
si alzò in piedi, dopo aver accolto la coppa e brindò,
facendo tintinnare il metallo. «Esattamente, Loki.» Sotto lo
sguardo del principe, bevve per prima imitata poi dall’uomo.
Loki
appoggiò il bicchiere sul vassoio e passò le dita sulle
labbra. «Bene. Inizieremo domani. Troviamoci nella radura
degli abeti dopo il mezzodì.»
«Non
sarebbe forse più indicato un luogo più...» si azzardò a
dire Amora, ma lui la interruppe.
«Domani,
alla radura degli abeti» ripeté, fissandola duramente.
Amora
abbassò lo sguardo e fece un’educata riverenza. «Come
desideri.»
Loki
aveva lasciato che i mesi trascorressero, illudendo Amora di
avere la situazione in pugno. Le aveva fatto credere di aver
ceduto ai suoi incanti e ai suoi filtri che annichilivano la
volontà e di essere folle d’amore per lei. E a quel punto
lei aveva pian piano mostrato il suo vero interesse: il
trono. L’incantatrice si era avvicinata a Thor con
discrezione e lo aveva irretito, finendo nuovamente tra le
possenti braccia del primogenito di Odino, dimenticandosi di
Loki, che aveva ripreso i suoi studi, decisamente più
proficui che le scarne informazioni che Amora gli aveva
concesso. Ma era normale aspettarselo: nessun incantatore
rivelava mai i propri segreti, non tutti almeno.
Seduto
su una delle panchine nei pressi della fontana che
rappresentava la tregua con Jotunheim, all’interno del parco
più imponente della capitale, Loki controllava i propri
appunti, segnando su un taccuino appoggiato accanto a sé
eventuali note. Udì il rumore dei passi sulla ghiaia del
vialetto farsi sempre più vicino e, con suo profondo
disappunto che non palesò in alcun modo, si fermarono
proprio di fronte a lui.
«Loki.»
Lui
sollevò le iridi su Fandral, che gli aveva rivolto la
parola, poi spostò lo sguardo su Volstagg, alla destra dello
spadaccino e su Hogun, alla sinistra. Chiuse il taccuino di
appunti, anche se dubitava che quei tre potessere capire di
cosa trattassero le scritte vergate con grafia ordinata e
sottile, poi sorrise loro. «Amici, posso aiutarvi in qualche
modo?»
I
tre si scambiarono un’occhiata, poi Fandral si lisciò i
baffi biondi e parlò: «Dovresti far qualcosa per la tua
donna.»
Loki
inarcò un sopracciglio, assumendo un’espressione perplessa.
«La mia… cosa?»
Volstagg
sbuffò, gonfiando le guance paffute. «Quell’Amora!, insomma,
si comporta in maniera inopportuna.»
«Credo
di non afferrare il senso di questo discorso» commentò Loki,
interiormente divertito.
«Oh,
Loki, vedi di riportarla al tuo ovile!» sbottò Fandral,
iniziando a perdere la pazienza.
Loki
sorrise. «Amici, perdonate, quale correlazione ci sarebbe
tra Amora e un ovile? Ella non è una pecora...»
«Ma
tu invece sei becco!» insinuò Volstagg.
Loki
rise. «Ancora questa storia… Se a voi non piace l’elmo della
mia armatura...»
«Mio
principe» esordì Hogun, «quello che cercano di dirti, in
maniera poco educata, è che la dama che è spesso stata vista
con te in atteggiamenti intimi, sembra si sia avvicinata
molto a tuo fratello.»
«Anche
troppo» aggiunse Volstagg, tamburellando con le dita sulla
stoffa della casacca, tesa sull’addome.
Loki
si alzò e mise una mano sulla spalla di Hogun. «In realtà ho
inteso perfettamente, mio pacato amico, ma non vedo il
motivo per cui dovrei preoccuparmi.»
«Ma
come!?» si intromise Fandral. «Non la frequentavi, forse?»
Lui
gli sorrise.«Esatto. Hai anche utilizzato il corretto tempo
verbale. Frequentavo. La fiamma scaturita dalla comune
passione per le arti arcane, si è spenta e Amora, per quanto
avvenente, non solletica più il mio intelletto. Per tanto,
non ho alcun diritto per intromettermi nei suoi nuovi
interessi.»
La
delusione comparve sul volto dei tre guerrieri e qualche
imprecazione sommessa sfuggì alle labbra di Volstagg.
«Capito»
replicò Hogun. «Grazie.» I tre guerrieri si allontanarono e
Loki rimase di nuovo solo.
Il
dio degli inganni sorrise, raccolse i propri appunti e li
fece scomparire magicamente, poi si incamminò verso una
delle uscite del parco. Era intimamente soddisfatto. Se
anche Amora avesse minacciato di ricattarlo per averlo
sorpreso a frequentare luoghi non idonei a un virile
principe di Asgard, le sue parole non sarebbero state
credute, soprattutto dopo quella volta che si era fatto
sorprendere da una guardia, all’interno dei giardini di
palazzo in atteggiamenti inequivocabili, proprio con la
stessa Amora. In realtà, era stato lui stesso a esortare il
capitano degli einherjar a controllare meglio l’interno
delle mura, poiché gli era sembrato di vedere persone
sospette aggirarsi nel parco. Aveva orchestrato tutto,
ritorcendo contro Amora il suo ricatto. Quell’evento,
abbastanza ravvicinato alla seduzione operata
dall’incantatrice nei confronti di Thor, aveva segnato la
fine di quell’insulsa relazione.
Ormai
prossimo ai cancelli, Loki percepì una presenza, celata
dietro uno degli stipiti di granito. Istintivamente,
avvicinò la mano all’impugnatura del pugnale, pronto a
estrarlo all’occorrenza. Quando oltrepassò l’ingresso, ai
piedi vicino alla parete intravide una figura. Era evidente
non stesse facendo nulla per nascondersi e, quindi, finse di
accorgersi di lei e la fissò.
Sif
gli sorrise, rivolgendogli un cenno del capo come saluto.
Lui
sorrise per educazione e l’apostrofò con un: «Buongiorno,
Lady Sif», prima di proseguire.
La
guerriera lo seguì e gli si affiancò in silenzio.
Non
si rivolsero la parola per più di cinque minuti e Loki, per
quanto infastidito dalla presenza della donna, rimase
apparentemente calmo, salutando le persone che incrociava
lungo la via.
«Pensi
di darmi attenzione?» esordì Sif, sconfitta da quel
silenzioso gioco fatto di ostinazione.
Lui
la fissò negli occhi chiari e sorrise. «Perdonami. Non mi
ero accorto che mi seguivi» spiegò con un sorriso che lei
ricambiò.
«Bugiardo»
commentò Sif, scuotendo il capo. «Hai parlato con tuo
fratello di recente?» chiese poi.
«Sono
molto impegnato con lo studio e immagino che Thor lo sia con
gli allenamenti» ribatté tranquillo.
«Sono
tre giorni che Thor non si presenta all’arena» lo informò
Sif e quelle parole fecero volgere su di lei lo sguardo di
Loki.
La
perplessità sul volto del dio durò un solo istante e fu
presto soppiantata da un sorriso tranquillo. «Siano
ringraziate le Norne. Forse mio fratello ha deciso di
seguire il programma di Padretutto e iniziare un’attenta e
severa preparazione in vista del ruolo che lo attende.»
Sif
sorrise e scosse la testa. «Sicuramente sarà così. Ma, in
nome di Asgard, parla con tuo fratello. Quando lo avrai
fatto, mi troverai al palazzo di Heimdall.» Si fermò sul
ciglio della strada e l’attraverso, lasciando solo Loki, il
quale riprese a camminare.
Qual
era lo scopo di quella chiacchierata? Dove voleva arrivare
Sif?
Disturbato
dalle parole della guerriera, Loki fermò una guardia,
afferrandola per il braccio. «Hai visto mio fratello?»
chiese altero.
«Era
nella sala degli strateghi, mio principe, quando vi son
passato innanzi per la ronda.»
Loki
annuì e si incamminò verso la stanza indicatagli. Un sorriso
gli comparve sulle labbra, rassicurato. Se Thor era là,
significava che le insinuazioni di Sif non riguardavano i
problemi millantati dagli altri tre guerrieri. Eppure, si
rese conto lui stesso, che il sorriso che increspava le sue
labbra era finto, nervoso.
Raggiunto
l’ampio salone dove il Consiglio di Guerra si riuniva
durante gli sforzi bellici, Loki vide Thor chino sul tavolo
delle mappe.
«Fratello»
esordì, avvicinandosi a lui, «qualcosa minaccia la pace dei
nove regni?»
Thor
rimase con lo sguardo assorto sulle piante topografiche che
ingombravano il tavolo. «Voglio attaccare Alfheim» disse,
alzando lo sguardo su Loki. Sorrise raggiante e gli mise le
mani sulle spalle. «E tu mi aiuterai!»
Loki
aggrottò la fronte. «Ad attaccare gli elfi della luce?
Perché?»
«Per
l’infame prova a cui ci hanno sottoposto. Tu dovresti voler
la loro disfatta più di me, visto che per colpa del loro
inganno hai mancato l’obiettivo» rispose Thor risoluto.
Un
campanello d’allarme suonò nella mente del dio degli
inganni, che sorrise. «È vero, ma dichiarare guerra ad
Alfheim, perdere un prezioso alleato… Padre non lo
permetterebbe mai...»
Thor
scosse il capo. «Hai equivocato. Il mio desiderio è
recuperare un oggetto che lady Amora ha perduto in un suo
viaggio ad Alfheim» spiegò.
Loki
rimase impassibile, mentre nella sua mente i campanelli si
erano tramutati in fanfare. «E cosa mai potrebbe essere così
importante, da rischiare l’antica alleanza con gli elfi?»
«Andvaranautr(*)»
rispose il fratello. «È un cimelio di famiglia che Amora ha
perduto e io sono fermamente intenzionato a renderglielo.»
«Thor,
quell’anello è proprietà degli elfi da molto, molto tempo.
Da prima che Amora nascesse. Dubito che ella abbia potuto
perderlo» fece notare Loki.
«Sciocchezze!
Stai forse mettendo in dubbio le parole di una dama?»
Loki
vide una rabbia flebile accendersi nelle iridi celesti del
fratello e arricciò le labbra. «No di certo. È evidente che
mi sia sbagliato. Prima di decidere se aiutarti o meno,
permettimi di sistemare alcune cose, poi valuterò la tua
richiesta.»
Thor
sorrise e gli diede una pacca poderosa sulla spalla. «Allora
vai, non farmi attendere troppo!»
Loki
sorrise e si congedò, lasciando a passo svelto la sala. Non
appena fu nel corridoio, l’espressione si fece glaciale.
A
che gioco stai giocando, Amora?,
si domandò, affrettandosi verso il palazzo di Heimdall.
Doveva vedere lady Sif e sapeva che non gli sarebbe
piaciuto.
(*)Gli
einherjar sono i caduti in guerra che vengono accolti nel
Valhalla, secondo il mito. Nel movieverse credo siano
semplicemente i soldati di Asgard.
Nel mito norreno, Andvaranautr è un portentoso anello in
grado di produrre oro, ma che fu maledetto da chi lo creò,
destinando i possessori alla distruzione.
Per chi fosse interessato può leggere anche Nel
Passato.
Grazie a tutti i lettori.
Se la storia vi piace, per cortesia, mettetela nei
preferiti/seguiti/ricordati per darle visibilità.
Se trovate errori, orrori o semplicemente volete farmi
sapere la vostra opinione, mandatemi un pm o potete
lasciare una recensione: non mordo!
Daniela
|
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Capitolo 3 *** Legami di sangue ***
Kamar
Legami di sangue
Himinbjörg,
il palazzo di Heimdall, dominava sul ponte dell’arcobaleno e
dalla balconata, sul lato occidentale dell’edificio, Loki
poteva vedere la via multicolore che collegava la sala del
Bifrost alla residenza del guardiano.
«Una
mattina Amora è venuta all’arena» raccontò Sif, porgendogli
un boccale. «Ha portato un’otre, per permettere a Thor di
dissetarsi. Ho notato subito qualcosa di diverso in tuo
fratello dopo che aveva bevuto, ma era una sensazione. Però,
quella scena si è ripetuta più volte e il cambiamento di
Thor si è fatto sempre più evidente.»
Loki
strinse la coppa tra le dita, aveva visto come le due
sorelle fossero abili con le pozioni. Guardò il vino
all’interno del bicchiere e ne sondò la genuinità con la
magia, senza che Sif se ne accorgesse. Solo allora bevve
tranquillo e si passò la lingua sulle labbra, per prolungare
il gradevole sentore del liquido sul palato.
Il
dio degli inganni puntò le iridi di smeraldo su Sif,
studiandone l’espressione. «Perché me ne stai parlando?»
«Perché
non è naturale, sembra qualcosa di… magico o un trucco e tu
sei un esperto in entrambi i campi» rispose la guerriera con
determinazione.
Lui
sorrise divertito. «Le tue parole mi lusingano.»
«Non
volevano essere un complimento» ribatté lei, facendo
accentuare il sorriso sulle labbra dell’uomo.
«Era
palese, mia cara. Mi pare, però, che io non sia
l’unico esperto nei trucchi e negli inganni. Anche tu hai
tenuto comportamenti degni di una vera ingannatrice.»
L’espressione
di Sif si indurì. «Smettila. È storia passata, sono errori
di gioventù. Se sei qui ora è perché anche tu temi per il
futuro di Asgard.»
Loki
lasciò il balcone e attraversò il grande salone dalle pareti
d’oro e avorio. Si fermò davanti alla finestra rivolta verso
il palazzo e guardò le torri svettare davanti al disco
azzurro di Hati. «Preparerò un elisir in grado di liberare
la mente di Thor dagli effetti di qualsiasi pozione e tu
dovrai farglielo bere.»
«Non
puoi darglielo tu?» domandò lei, che lo aveva seguito con
discrezione.
Loki
scosse il capo. «Amora è furba, sa che sono un alchimista e
sospetto che abbia impartito a Thor l’ordine di non
accettare bevande da me. Ma dobbiamo comunque fermarla, la
pace è a rischio.»
Sif
annuì. «Allora vediamo di sbrigarci.»
«Per
una volta, Lady Sif, mi vedo costretto a darti ragione»
rispose lui, consegnandole il bicchiere. Ignorò volutamente
il lieve contatto di pelli che avvenne e gli sguardi si
incrociarono solo per un saluto formale. Si allontanò,
dirigendosi verso il proprio laboratorio.
Loki
e Sif camminavano l’uno fianco all’altra, lungo l’ampio
corridoio, dove imponenti e pregiate statue li seguivano con
immutabili e severi sguardi vuoti.
Era
ormai trascorsa una settimana e per tre volte Sif aveva
somministrato a Thor le pozioni che Loki aveva preparato con
maestria, ma gli atteggiamenti di Thor non erano mutati.
Le
porte degli appartamenti di Odino si aprirono al loro arrivo
e Loki entrò senza indugiare. Sif rallentò appena il passo,
ma lo imitò, seguendolo. Raggiunsero una stanza attigua,
dove re e regina li stavano aspettando seduti al massiccio
tavolo di pietra lavorata.
«Padre,
Madre» salutò Loki, inginocchiandosi innanzi a loro. Lo
stesso fece Sif, portandosi il pugno al petto.
«Qualche
mutamento» domandò Odino, invitandoli ad alzarsi con un
cenno della mano.
«Purtroppo
nessuno» informò Sif.
«Ogni
mio antidoto è risultato vano, non ho idea di come annullare
l’effetto dell’elisir di Amora. Ho fallito...» ammise Loki
avvilito.
Odino
alzò una mano e sorrise benevolo. «Non ti puoi incolpare di
qualcosa che non dipende da te» disse, mentre Frigga si alzò
e si diresse a una mensola dalla quale prese un libro, prima
di tornare al tavolo. «Tua madre ha scoperto qualcosa
riguardo l’elisir che da giorni cerchi di combattere»
aggiunse Padretutto.
Loki
sgranò gli occhi e poi guardò Frigga, intenta ad aprire il
libro. Si avvicinò al tavolo e lei girò il tomo, permettendo
al figlio di leggere la pagina ingiallita, dove un nastro di
seta dorata aiutava a tenere il segno.
Il
labbro inferiore del cadetto tremò. «Senz’anima...» mormorò
Loki con una punta di angoscia nella voce. Il principe alzò
le iridi sul volto materno. «È un composto proibito, i suoi
effetti sono micidiali e non esiste antidoto per
neutralizzarli.»
Frigga
annuì gravemente. «La scienza di Asgard non ha mai trovato
rimedio, è vero.»
«Questo
non vuol dire che non esista» intervenne Odino. Loki lo
guardò stupito e il padre proseguì. «Vi era un popolo famoso
per gli affermati alchimisti che annoverava tra le sue genti
e loro conoscevano l’antidoto per contrastare l’elisir
senz’anima.»
«Qual
è questo popolo?» chiese con irruenza Sif. «È palese come, a
palazzo, Thor non sia più il solo soggiogato da
quell’intruglio, la situazione sta precipitando. Dobbiamo
andare da questi alchimist e chiedere il loro aiuto, prima
che Asgard sia perduta.»
Odino
sospirò e Loki fissò la guerriera, con espressione grave.
«I
giganti della terra» disse il principe con tono piatto.
Sif
schiuse le labbra e poi scosse il capo. «Ma loro sono...»
«Estinti»
confermò con dolore Odino. «Ma non dobbiamo perdere le
speranze: ho inviato degli esploratori nelle antiche
fortezze dei giganti, affinché esaminassero i testi
sopravvissuti alla guerra, nella speranza che le nozioni
alchemiche possano essere recuperate.»
«Su
Midgard hai inviato qualcuno, Padre?»
Odino
fissò Loki e scosse il capo. «I giganti della terra che si
sono rifugiati su Midgard, non hanno eretto città. Inoltre,
il regno è cambiato molto nel corso dei secoli. Ormai le
nostre gesta non sono altro che leggende e i midgardiani
hanno dimenticato i nostri insegnamenti.»
«Sono
all’oscuro dell’esistenza di Yggdrasill?» domandò stupita
Sif e Odino annuì.
«Vorrei
il permesso di andare su Midgard» disse Loki risoluto. «Ho
conosciuto e studiato magia da un gigante della terra su
quel pianeta e, spero, il mio maestro abbia lasciato qualche
scritto nascosto. Dammi la possibilità di cercarli.» Il
cadetto sostenne lo sguardo del genitore, che alla fine
annuì.
«Ma
cerca di non rivelarti. L’ignoranza dei midgardiani è per
loro una difesa. Se sapessero quali creature popolano i nove
regni, potrebbero farsi divorare dalla paura» lo ammonì
Odino.
Loki
annuì. «Farò in modo che non si accorgano della mia
presenza.»
Frigga
si alzò, aggirò il massiccio tavolo e gli prese le mani.
«Fai attenzione.»
Lui
le sorrise e le rivolse un inchino. «Stai tranquilla,
Madre.»
Odino
si alzò, si avvicinò a lui e gli mise le mani sulle spalle.
«Ti auguro di avere fortuna. Fino al tuo ritorno faremo di
tutto per occupare Thor in attività che non arrechino danno
ad Asgard.»
«Stai
attento, Padre. Sotto l’influsso del Senz’anima, potrebbe
arrivare a nuocere persino a te.»
Frigga
gli accarezzò il viso. «Tuo padre è in gamba e non
dimenticare che so ancora mettere in riga tuo fratello.»
Loki
sorrise, annuì e si congedò, seguito da vicino da Sif.
«Durante
la mia assenza, cerca di tenere lontano Thor da Amora» le
ringhiò Loki.
«Sai
perfettamente che è impossibile, quindi vengo con te»
ribatté la guerriera.
Lui
si fermò e si voltò a fissarla, sorridendole. «Temo di aver
capito male.»
«Hai
capito benissimo. Ad Asgard sono inutile ma, se ti
accompagno, potrò aiutarti. Midgard è vasto, in due potremo
dividerci i compiti. E ti potrò fare da guardia del corpo.»
Il
principe sollevò un sopracciglio. «Vorresti proteggermi? Non
ne vedo la ragione.»
«Smettila
di chiacchierare e muoviamoci» sentenziò Sif, dandogli un
amichevole pugno sulle spalla.
La
luce del ponte dell’arcobaleno si spense e Loki e Sif si
ritrovarono avvolti dalle tenebre di una notte senza stelle.
Il freddo era pungente e non si stupirono nell’avvertire
sulla pelle il gelido bacio di qualche sparuto fiocco di
neve. Nell’aria v’era il sentore di resina e i due
asgardiani scorgevano a malapena le sagome di imponenti
sempreverdi nascosti nell’oscurità.
«Dove
siamo?» chiese Sif, cercando di orientarsi.
«Esattamente
dove arrivammo l’ultima volta che venimmo su Midgard»
rispose Loki.
«Stiamo
cercando qualche traccia di Angrboda?» gli chiese la
guerriera, indagando i dintorni con lo sguardo, alla ricerca
di eventuali minacce.
Loki
rimase un poco in silenzio e poi si incamminò. «C’era un
villaggio da questa parte.»
Lei
scosse il capo e lo seguì, scocciata. «Sono passati secoli
dalla nostra ultima visita...»
«I
midgardiani non si saranno estinti per questo. Troviamoli e
studiamoli: se vogliamo passare inosservati, dobbiamo
imparare le loro usanze e confonderci tra di loro.»
«Direi
che per iniziare, dovresti dirmi cosa stiamo cercando
veramente» disse con tono duro Sif.
Lui
si voltò a guardarla, smettendo di camminare. «Cercando
veramente?» chiese innocentemente.
Lei
sorrise. «Ti conosco. Non sei in grado di ideare un piano
semplice e lineare. A te piace complicare le cose, quindi
dubito che siamo venuti qui solo per cercare tracce della
tua vecchia maestra. Lei e… i tuoi figli sono stati uccisi
dai giganti di fuoco… no?»
Loki
percepì tutto il sospetto che gravava su quel no. Come tutte
le donne, Sif aveva un sesto senso invidiabile e
solleticarlo con le menzogne poteva risultare
controproducente. Non poteva rivelare chi aveva realmente
ucciso Angrboda, o la vendetta che si era preso sarebbe
potuta ritorcersi contro di lui. Doveva centellinare le
informazioni o rispedire Sif ad Asaheim.
«Angrboda
non era solita scrivere nulla, trasmetteva le sue conoscenze
per via orale. Prima di morire, però, ha protetto i figli,
salvando loro la vita. Forse loro sanno dove possiamo
trovare qualche testo dei giganti della terra.»
Sif
lo guardò incredula. «Ma abbiamo visto i corpi! Thor in
persona li ha portati ad Asgard, li ho visti ardere sulle
pire!»
Lui
le sorrise e le si avvicinò, sussurrandole all’orecchio:
«Non fidarti mai dei tuoi occhi, se hai a che fare con degli
arcanisti.»
Sif
strinse le labbra a quella vicinanza e rabbrividì.
Loki
se ne accorse e il sorriso si fece quasi feroce. «Tremi, mia
cara? Il tuo corpo non ha ancora dimenticato, nevvero?»
Lei
lo spintonò, riprendendo ad avanzare. «Fa freddo, stolto.
Non fregiarti di meriti che non hai.»
Lui
rise. «Sicura che io non abbia alcun merito?» la punzecchiò
divertito.
Lei
scosse il capo, sorridendo. «È acqua passata, Loki. Sino a
quando non sarò indicata come la miglior guerriera di Asgard
e il mio essere donna sarà visto come una limitazione, non
mi concederò alcuna distrazione.»
«Direi
che hai raggiunto i tuoi obiettivi, ormai» rispose lui,
continuando a seguirla.
Lei
gettò un’occhiata alle proprie spalle, continuando ad
avanzare. «È forse un segnale di apertura nei miei
confronti? Una specie di proposta?»
Loki
contrasse la mascella e l’espressione del viso si indurì.
Avrebbe dovuto rispondere, ma esitò.
Sif
non parve darvi peso, anzi, si fermò e si inginocchiò a
terra. «Il terreno è strano» mormorò.
Loki
fece comparire sul palmo della mancina un globo di luce
verdastra, che illuminò il rado sottobosco tagliato in due
da un’insolita striscia nera stesa al suolo. Ai lati e al
centro vi erano dipinte delle linee bianche che seguivano
l’intero percorso di quello che sembrava un sentiero, che si
estendeva sin dove la vista arrivava. I due asgardiani la
osservarono per qualche istante.
«È
sicuramente una strada» commentò Loki.
Sif
annuì. «Sì, non capisco perché usino questo materiale per
rivestirla, non mi pare adatto agli zoccoli dei cavalli.»
«Seguiamola:
ci condurrà a un abitato» replicò il principe, mettendosi in
marcia.
Camminarono
per quasi un’ora, quando Sif si voltò, scrutando le tenebre
alle proprie spalle. «Credo stia arrivando… qualcosa»
commentò, riferendosi a un bagliore lontano.
Entrambi
individuarono una luce muoversi velocemente tra i tronchi,
percorrendo la strada che si erano appena lasciati alle
spalle.
«I
midgardiani hanno evoluto i loro mezzi di trasporto»
commentò Loki, osservando l’imponente camion che sbucò da
dietro la curva.
L’automezzo
li raggiunse, rallentando sino a fermarsi al loro fianco. Il
finestrino dal lato passeggero si abbassò e un uomo
sulla quarantina, dalla barba castana brizzolata, li guardò
perplesso. Sorrise divertito. «La macchina vi ha lasciati a
piedi mentre andavate a una festa in maschera?» domandò.
Sif
aggrottò la fronte, non sapendo bene cosa rispondere. Poco
prima che il camion li raggiungesse, Loki aveva lanciato un
incantesimo per poterne afferrare il linguaggio, in caso
avvenisse un dialogo e aveva fatto sparire il globo
luminoso.
Loki
sorrise e annuì con disinvoltura. «In realtà stavamo
tornando. Sarebbe così gentile da aiutarci?»
«Non
avete il cellulare?» domandò il camionista.
«Purtroppo
no. Avevo detto a mia sorella di prenderlo ma… lo ha
dimenticato» spiegò Loki.
Sif
aggrottò la fronte e gli sussurrò all’orecchio: «Di che cosa
stai parlando?»
Lui
continuò a sorridere, tenendo lo sguardo sull’autista. «Non
ne ho idea, ma reggimi il gioco.»
Lei
sorrise a sua volta e a fil di labbra gli rispose: «Spero
che la tua lingua d’argento non si sia arrugginita in questi
anni.»
La
nevicata stava acquistando forza. L’umano sbloccò la
portiera. «Avanti, salite!»
Loki
aprì lo sportello e si fece da parte per far salire prima
Sif. «Lei è veramente gentile, buon uomo.»
Una
volta che furono entrambi a bordo, il camion ripartì,
percorrendo la strada deserta. I fari erano l’unica luce a
fendere le tenebre.
Loki
lasciò Sif alle prese con il midgardiano, che faceva un
sacco di domande, e si perse a scrutare la strada, cercando
qualche punto di riferimento. Quando il camion giunse sulla
cima di un dosso, rivelando la presenza di una città sulle
coste di un fiordo, Loki ebbe l’impressione che un’immagine
del passato si sovrapponesse al presente. Si fece attento e
riconobbe il profilo di uno dei monti, volse lo sguardo dove
sapeva avrebbe dovuto esserci un masso a lui ben noto e ne
individuò la sagoma. Appoggiò le mani al finestrino.
«Ehi»
esordì il camionista, «se devi vomitare, accosto!»
Lui
lo guardò un istante e poi annuì. «Sì, devo scendere.»
Sif
lo guardò perplessa, mentre il midgardiano rallentò e fermò
l’autocarro.
Loki
si catapultò fuori, dirigendosi a lunghi passi verso la
boscaglia.
Sif
scese a sua volta e guardò le spalle del signore degli
inganni scomparire nell’oscurità. Si volse verso il
camionista. «Grazie del passaggio.»
Lui
aggrottò la fronte. «Aspetta, non vorrete inoltrarvi nel
bosco di notte?!»
«Non
si preoccupi, grazie ancora» replicò lei, chiudendo lo
portiera e lanciandosi all’inseguimento di Loki. Ne seguì le
tracce, sino a quando non lo trovò, accovacciato ai piedi di
una sporgenza rocciosa che emergeva dal muschio del
sottobosco. «Cos’hai trovato?» gli chiese.
Con
lo sguardo perso sulla pietra ricoperta da un soffice manto
di un verde cupo di muschio e dal candore della neve, Loki
vedeva rune antiche, invisibili a chi era estraneo alla
magia.
«È
qui che Angrboda morì...» disse, alzandosi in piedi.
Sif
sospirò. «Quindi è qui che i giganti di fuoco l’hanno
uccisa...»
Protetto
dalle tenebre, lui sorrise a quella menzogna, che aveva già
vendicato da molti anni. «Già» rispose pacato. «Ora ho la
certezza che i suoi figli sono ancora vivi e hanno lasciato
un indizio per trovarli. Dovremo giocare alla caccia al
tesoro e convincerli ad aiutarci.»
Sif
lo afferrò per un braccio. «Dovremmo trovare i tuoi
figli? Li stai cercando per aiutare Asgard o spinto da un
irrefrenabile istinto paterno?» La donna sottolineò
volutamente la paternità di Loki, cercando di coglierne le
reazioni del volto.
Lui
sollevò un sopracciglio. «Ti credevo più intelligente, mia
cara.»
«Smettila
di chiamarmi “mia cara” e spiegati» sibilò arrabbiata.
Loki
sorrise e le passò un braccio sulle spalle, incamminandosi
lentamente. «Angroboda era un’esperta di pozioni, i suoi
figli sono nati per colpa di una di esse. Mi drogò e il
resto lo conosci. Ho ragione di credere che Angrboda fosse
una valida alchimista esospetto che lei conoscesse anche
l’antidoto per annullare gli effetti del senz’anima e
salvare Thor. Dei tre ragazzi che ha partorito, la femmina
era la più portata con le pozioni, quindi sarà lei che
dovremo trovare e spingerla ad aiutarci.»
Sif
lo fissò stupita, con una luce di speranza sul volto.
«Quindi, se la troviamo, forse...»
«Risolveremo
tutti i guai di Asgard» concluse Loki, sorridendo tagliente.
Sif
camminava con passo deciso, percorrendo la distanza che la
separava dall’uscita dell’aeroporto. Per confondersi tra i
midgardiani aveva indossato abiti semplici, un pantalone,
una maglia e una giacca neri come i capelli legati in
un’alta coda di cavallo. I vestiti erano in realtà una
creazione di Loki, che camminava al suo fianco, facendo
rintoccare i passi all’unisono con quelli della guerriera.
Aveva camuffato, grazie alla magia, gli abiti e le armi con
cui erano arrivati a Midgard ed era lui a occuparsi degli
spostamenti.
Avevano
visitato l’Europa, inseguendo gli indizi lasciati dai tre
figli di Angrboda, per poi partire alla volta del nuovo
continente e rimanere invischiati negli enigmi di Hela a New
Orleans. Per riuscire a scovare la tappa successiva, avevano
impiegato quasi un mese, durante il quale Sif aveva scoperto
quanto potesse essere camaleontico Loki. Sembrava a suo agio
in qualsiasi situazione.
Avevano
abbandonato la Louisiana ed erano atterrati nella Virginia
Occidentale, in una piovosa giornata di inizio ottobre.
Le
porte scorrevoli si aprirono al loro passaggio e il vento
forte scompigliò i capelli di Sif.
Loki
sorrise. «I capelli lunghi sono un impedimento» la schernì
con velata malignità.
«Sei
solo invidioso. Se ti facessi crescere i capelli, forse
potresti assomigliare un po’ di più a un vero guerriero
asgardiano» lo punzecchiò lei.
Lui
arricciò le labbra, con sguardo divertito. «Colpo basso, mia
cara.»
«Pensavi
di avere l’esclusiva?» ribatté lei spavalda. Lo vide sul
punto di risponderle, ma improvvisamente distolse lo
sguardo, lasciandolo vagare attorno a sé. Sif aggrottò la
fronte. «Cosa succede?» domandò preoccupata.
«È
qui...» Loki le afferrò il polso, mentre un autobus sfrecciò
davanti a loro.
La
folata d’aria spostata dal mezzo, però, investì gli altri
passanti. Nessuno si era accorto della loro sparizione.
Sif
boccheggiò, cercando di riprendersi da quell’improvviso
spostamento magico. «Per l’amor di Odino, che cosa è stato?»
chiese, guardandosi attorno confusa.
Alti
palazzoni tutti uguali, di colore rosso scuro, si
affacciavano sulla strada dove i due asgardiani erano
apparsi. Era una zona che lasciava trasparire il proprio
degrado, rendendolo palese persino ad alieni quali erano lei
e Loki.
Lui
si guardò attorno, come in preda a una strana ebrezza. «Un
rapido sistema per spostarsi.» Sorrise. «È Hela, la sento.
Deve essere là» spiegò, accennando a uno degli edifici.
Sif
si guardò attorno, studiando l’ingresso del condominio e le
persone che si trovavano in zona. «Sei sicuro?» gli chiese
senza guardarlo. «Immagino possa renderti felice sapere che
i tuoi figli sono vivi, ma mio fratello si sarebbe accorto
di loro, nulla sfugge a Heimdall. Non mi ha mai parlato di
loro, quindi non mi capacito di come siano riusciti a
evitare il suo sguardo per così tanto tempo.»
Loki
si rabbuiò e la guardò duramente. «Non so come sia
possibile, ma ti assicuro che percepisco chiaramente Hela.
Forse Heimdall sta divenendo troppo anziano per il suo
compito» rispose, attraversando la carreggiata e
raggiungendo il palazzo.
Sif
si affrettò a seguirlo, maledicendo mentalmente la
sensibilità di Loki. Poteva fare l’indifferente quanto
voleva, ma a lei era chiaro come avesse una spiccata
predisposizione a sentirsi ferito o non all’altezza. Da
quando Odino aveva scelto Thor come successore, aveva notato
più volte reazioni che a un occhio attento sarebbero apparse
come insignificanti, ma che lei aveva ricondotti alla
contorta indole del cadetto e si era convinta che Loki fosse
semplicemente geloso del successo del fratello.
Raggiunsero
un pianerottolo e Loki si fermò davanti a una delle porte
che si affacciava su di esso. Allungò una mano verso la
maniglia, ma Sif gli toccò la spalla.
«La
mia spada» sussurrò piano.
«Per
quale motivo?» chiese lui, guardandola con sospetto.
«Perché
sono passati secoli dall’ultima volta che hai visto tua
figlia e per metà appartiene alla stirpe dei giganti. Non
sappiamo nulla di lei e di come potrebbe accoglierci.»
Loki
sorrise. «Credo che dovremmo cercare di gestire l’incontro
parlando, senza ricorrere alla minaccia delle armi.»
Sif
lo afferrò per il bavero del cappotto con cui Loki si
camuffava tra i mortali. «Fammi prendere la mia spada»
scandì lentamente.
Lui
arricciò le labbra e poi sorrise, inclinando la testa verso
una spalla.
Sif
percepì il familiare peso della propria arma con il braccio
destro e lasciò scivolare la spada fuori dalla manica della
giacca, stringendone l’impugnatura e traendo sicurezza da
quel semplice gesto.
Loki
tese nuovamente la mano verso la maniglia, ma lei gliela
fermò, sfiorandogli l’avambraccio. «Vado prima io. Sei il
principe ed è mio compito difendere la famiglia reale.»
Lui
sorrise beffardo. «Ma quanta premura» disse, rivolgendole un
inchino ed esortandola a entrare a gesti.
La
porta non era chiusa a chiave ed entrarono senza problemi,
ritrovandosi in uno stretto corridoio. A circa metà di esso,
vi erano due archi, uno di fronte all’altro, che conducevano
ad altre sale. Percorrendolo tutto, invece, avrebbero potuto
solo curvare a destra.
Sif
avanzò silenziosamente, tenendo la lama occultata dietro
l’avambraccio destro. Loki, alle sue spalle, osservò ogni
cosa nei minimi dettagli. Piccoli quadri appesi alle pareti,
mostravano disegni fatti con carboncino, ritratti, paesaggi,
nature morte.
A
sinistra si apriva il vano che ospitava la cucina, piccola,
ordinata, un lieve profumo di biscotti aleggiava ancora
nell’aria. A destra invece c’era il soggiorno, con due
divanetti, un tavolo di legno con un paio di panche, una
libreria e un piccolo televisore a tubo catodico.
Non
sembrava esserci anima viva. Loki indicò il fondo del
corridoio e Sif si avviò, sbirciando oltre la curva a
destra.
Il
corridoio proseguiva, presentando altre due porte, una per
lato. Sif accostò l’orecchio a ciascuna di esse, cercando di
individuare la minima presenza. Loki volse lo sguardo verso
destra, irresistibilmente attratto dal seidr che proveniva
da dietro la parete.
Improvvisamente
Sif lo vide afferrare la maniglia della porta sinistra e
cercò di afferrarlo con decisione per un polso. Le sue dita
però strinsero l’aria e, contemporaneamente, udì lo scatto
della serratura dell’altro ingresso. Si voltò e vide Loki,
quello vero, aprirlo e imprecò a denti stretti,
affrettandosi dietro al principe.
Entrarono
in una stanza che odorava di lavanda e naftalina, con un
piccolo tavolo rotondo al centro e una donna anziana a esso
seduta.
Lui
si avvicinò e le scrutò le iridi velate dalla cataratta.
Sif
si era avvicinata alla porta che dava sulla camera adiacente
e la trovò vuota. «Dov’è Hela?» chiese a Loki, portando lo
sguardo sulla donna.
La
vecchia sorrise, scoprendo i denti consumati dal tempo. «È
passato così tanto tempo dalla tua ultima visita, padre»
disse con voce flebile e sibilante, posando le mani sul
tavolino per aiutarsi ad alzarsi. Quando fu in piedi,
l’illusione si era ormai dissolta.
Sif
deglutì, indietreggiando lentamente, mentre Loki alzò lo
sguardo sul volto della donna che ora superava di qualche
dita i due metri. La sua statura era enfatizzata
ulteriormente dall’elmo che le cingeva il capo come una
corona, la quale si estendeva in forme arzigogolate e
simmetriche, la cui superficie nera pareva risucchiare la
debole luce della stanza senza finestre, rischiarata
unicamente da una plafoniera sul soffitto. Il volto di Hela
era parzialmente coperto da una visiera di metallo, che ne
celava lo sguardo dietro un’inespressiva maschera
dall’aspetto umano.
Non
ho note per questo capitolo. L'unica cosa che posso dire è:
odio fare i periodi così lunghi ç__ç
Per chi fosse interessato può leggere anche Nel
Passato.
Grazie a tutti i lettori.
Se la storia vi piace, per cortesia, mettetela nei
preferiti/seguiti/ricordati per darle visibilità.
Se trovate errori, orrori o semplicemente volete farmi
sapere la vostra opinione, mandatemi un pm o potete
lasciare una recensione: non mordo!
Daniela
|
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Capitolo 4 *** Università Culver ***
Kamar
Università Culver
Loki
sollevò lo sguardo sul volto mascherato di Hela, mentre lei
aggirò il piccolo tavolo che li separava. Lui alzò una mano,
per far cenno a Sif di stare ferma e non fare mosse
azzardate.
Il
dio degli inganni sorrise, ostentando tranquillità. «Non sei
più una bambina, l’altezza è un dono che hai ereditato
sicuramente da tua madre» le disse, valutando che la donna
doveva superare i due metri di almeno una spanna, complici
gli stivali dai lunghi tacchi, che ne slanciavano
ulteriormente la figura.
«E
la bellezza, invece, l’ho ereditata da mio padre» rispose
Hela, incamminandosi verso il corridoio. «Sapevo che saresti
venuto, ma non mi è stato possibile scoprire il perché»
aggiunse, guidandoli sino al salotto, dove si accomodò sul
divano, stendendo le gambe sulla seduta e appoggiando il
fianco al bracciolo. «Quindi, padre, perché vieni a cercarmi
secoli dopo che la tua gente ha ucciso mia madre?»
«Noi
asgardiani hanno combattuto i giganti di fuoco che hanno
ucciso tua madre e credevamo che foste morti anche voi tre»
intervenne Sif, difendendo l’onore della propria gente.
Hela
spostò impercettibilmente lo sguardo verso di lei, prima di
rivolgersi a Loki: «È la tua nuova fiamma?»
«Sono
venuto perché ho bisogno del tuo aiuto» rispose lui,
offrendole un’adeguata riverenza e ignorando la sua ultima
domanda. «Angrboda era abile con le pozioni e io necessito
di preparare l’antidoto per l’elisir senz’anima» proseguì
Loki, senza distogliere lo sguardo da lei. Fu proprio per
questo che scorse quella piccola vibrazione del seidr e capì
di essere di fronte a un’illusione. Non lasciò trapelare
nulla sul volto, ma si concentrò per individuare la vera
posizione di Hela. Come la percepì, si voltò di scatto in
direzione di Sif e vide figlia di Angrboda apparire dal
nulla. Loki strinse i pugni, digrignando i denti a labbra
serrate.
Hela
sorrise. «Sei sempre stato il miglior allievo di mia madre,
ti sei reso conto molto rapidamente di dove io fossi e hai
capito immediatamente che fosse troppo tardi» disse, alzando
la mano sinistra tra le cui dita correva un sottile filo di
energia dorata, che scompariva tra i capelli di Sif.
Le
iridi di Loki scivolarono su quel legame intangibile e poi
si puntarono su Hela. Il dio rivolse alla figlia un sorriso
gentile. «Lasciala libera, cosa mai potrai ottenere da una
donna che non ha mai imparato a stare al suo posto?»
Hela
lo scrutò in viso, cercando di sondargli l’anima e alla fine
premette le labbra tra loro. «Perché non punirla, quindi? O
forse c’è qualche legame che lo impedisce? Forse qualche
sentimento, magari lo stesso che hai negato a mia madre, ti
impone di difendere costei?»
«Il
sangue» rispose Loki. «Sif è asgardiana e non posso
permettere che un mezzo gigante quale tu sei leda alla
sottile tregua che vige tra Asaheim e Jotunheim.»
Hela
strappò il filo dorato dalla nuca di Sif con un colpo secco
e la donna cadde a terra, priva di sensi. Loki non si mosse
ed evitò di distogliere lo sguardo da quello della figlia
che lo fissava intenta a sua volta.
«Spero
che un sonno ristoratore non leda a questa tregua tra mondi
che non mi hanno mai riguardato» disse lei con tono freddo,
«ma necessitavo di un po’ di riservatezza per conversare con
te.»
Loki
sorrise. «Avrai tutta la riservatezza che Heimdall ci
concederà.»
Hela
lo guardò gelidamente. «Credi che io mi preoccupi del vostro
divino impiccione? Ho impedito ai suoi acuti sensi di
scorgere me e i miei fratelli dal giorno stesso in cui
nostra madre è stata uccisa. E non dai giganti di
Muspellsheim.» Sottolineò con tono carico di disprezzo
l’ultima frase.
Un
sorriso tagliente increspò le labbra di Loki e il dio
materializzò dal nulla, sul palmo della mano, un medaglione
e Hela lo riconobbe immediatamente come proprietà di
Angrboda.
«So
perfettamente cos’è successo e chi l’ha uccisa ha pagato, te
lo posso assicurare» mormorò Loki con voce suadente.
Lei
alzò una mano e sfiorò il monile, percependo ancora una
debole traccia di seidr materno, nonostante tutti i secoli
passati. «Mamma ha impresso i suoi ultimi istanti di vita in
questo gioiello...» mormorò con una punta di commozione.
Chiuse il pugno, lo posò sul petto e si allontanò verso la
finestra, dando le spalle a Loki. La corona e gli abiti che
sottolineavano il suo potere scomparvero e, davanti al dio
degli inganni, rimase una ragazza normale, dai capelli neri,
lunghi fino al bacino, raccolti in una semplice treccia.
«Per
cosa ti serve l’antidoto?» domandò Hela senza voltarsi.
Loki
ragionò su quella domanda, se Hela era abile quanto la
madre, mentirle poteva essere un azzardo. «Per salvare mio
fratello» confidò dopo quella breve riflessione.
Lei
si voltò, scrutandolo con le iridi eterocrome. «E per
salvare tuo fratello, saresti disposto ad aiutarmi a
salvare il mio?»
Loki
aggrottò la fronte e la esortò senza parole a spiegarsi.
«Abbiamo
dovuto affrontare molti pericoli» raccontò lei allora.
«Midgard sa essere insidiosa, anche se dubito tu possa
credermi. Quando gli Europei hanno scoperto questo
continente, che per loro era nuovo e sconosciuto, spinti
dalla curiosità siamo venuti sino a qua. Ma su questa terra
era precipitata una minaccia provieniente dagli spazi più
profondi. Quando io e i miei fratelli incrociammo quella
creatura, la combattemmo e riuscimmo a sconfiggerla, ma
pagammo un prezzo che per Jormungandr si rivelò molto alto.
Quel giorno egli morì.»
Loki
socchiuse le labbra, per poi umettarsele appena.
«Jormungandr… è morto?» Hela annuì e lui allargò le braccia.
«Mi dispiace per la tua perdita, ma non capisco come io
possa aiutarti a salvarlo.»
«Ho
messo in stasi la sua essenza, quella che alcuni midgardiani
oggi chiamerebbero anima»
rispose lei.
Il
padre sollevò le sopracciglia, non riuscendo a celare il
proprio sconcerto. «Hai… fatto cosa? Hela, è una delle cose
più aberranti che si possa fare, tua madre mi mise bene in
guardia in merito.»
Lei
coprì la distanza che lo separava dal padre, fissandolo
agguerrita. «Asgard non aveva forse giurato di proteggere i
nove regni? Dov’era quando Midgard aveva bisogno di lei? La
verità è Asgard si sta indebolendo, si crogiola nei fasti di
un passato che non esiste più e ozia, cullandosi nell’odio
che prova per i giganti. La pace con Laufey vi ha
inflaccidito, vi ha resi indifferenti e mentre voi
banchettate e vi concentrate solo su ciò che porta lustro
alla casa di Odino, regni come Midgard sono abbandonati a
loro stessi» sibilò furente, per poi battersi le mani sul
petto. «Io e i miei fratelli non abbiamo mai abbandonato la
via che nostra madre ha scelto per noi, abbiamo sempre
protetto questo pianeta, ma solo uniti abbiamo la forza di
difenderlo per davvero e nessuno può permettersi di mal
giudicare il mio operato. Ho bisogno di mio fratello, così
come questo regno ne ha!»
«Angie
non era la paladina di Midgard» ribatté Loki.
«Lo
credi davvero?» rispose Hela, scuotendo il capo. «Stolto, la
luce di Asgard ti ha accecato. I midgardiani erano animali
timorosi, ignoranti e dotati di scarso intelletto. Poi tu
hai fatto loro uno scherzo, orchestrato da mia madre,
rammenti?» disse, cercando lo sguardo di smeraldo del padre,
che sembrava non comprendere.
«La
scintilla della civiltà, padre. Quello che per voi era uno
scherzo permise agli esseri umani di elevarsi oltre lo
status di animale; essi impararono a dare un significato a
quello che li circondava, inventando divinità per spiegare
l’incomprensibile. E il passo per svelare l’ignoto fu
naturale e permise alle civiltà di crescere e migliorarsi.
Gli esseri umani sono creature passive, la maggior parte di
loro vive senza mai cambiare ciò che altri hanno scelto per
loro; necessitano di una spinta, di qualcosa che li guidi e
li sproni a dare il meglio, qualcosa che li faccia vivere
veramente » spiegò Hela.
Loki
scosse il capo divertito e lei lo guardò perplessa. «Hai mai
pensato che un’interpretazione di quello che dici potrebbe
essere la schiavitù?»
Hela
sospirò. «Lo so, ma non è mai stata nostra intenzione.
Inoltre mettere in catene un intero regno credo che avrebbe
attirato anche l’attenzione di Odino.»
Loki
annuì e si allontanò, raggiungendo il divano, sul quale si
accomodò scompostamente, distendendo un braccio lungo lo
schienale. «La minaccia che avete affrontato e che è costata
la vita a Jormungandr: cos’era di preciso?»
Lo
sguardo di Hela lasciò trasparire la sofferenza che le
causava pensare al fratello. La donna chinò il capo e si
appoggiò con i lombi al tavolinetto, chiudendo gli occhi e
lasciando che i ricordi corressero indietro di alcuni
secoli.
«Non
so dire di preciso cosa fosse. Sembrava un Deviante(*), ma
aveva i poteri di un Eterno(*). È giunto dallo spazio per
sottomettere l’intero pianeta. Aveva un’arma portentosa e
siamo riusciti a sconfiggerlo solo quando Jormungandr è
riuscito a toglierla e l’ha ingoiata. Quell’oggetto era così
potente, che l’energia in esso contenuta lo ha ridotto in
pezzi...» raccontò Hela con tono sommesso, trattenendo il
dolore sordo che non si era mai spento.
«Dov’è
finita l’arma?» chiese Loki e Hela lo guardò con disappunto.
«È
perduta. Un simile oggetto è bene che sia scomparso, avrebbe
potuto minacciare l’intero pianeta; ha ucciso Jormungandr»
replicò lei stizzita.
Loki
assunse un’espressione addolorata e si alzò, avvicinandosi a
lei. «Non essere adirata, ma gioisci. Ho deciso di aiutarti,
ma quello che mi chiedi di fare è pratica proibita ad
Asgard.»
Hela
lo guardò con attenzione e attese che lui proseguisse.
«Mi
pare che tu abbia detto che sei in grado di nasconderti allo
sguardo di Heimdall. Insegna anche a me a farlo, affinché
possa compiere quello che mi chiedi» mormorò Loki.
«Posso
celarti io stessa allo sguardo del guardiano» rispose lei.
Loki
scosse il capo e sorrise. «Ma è la conoscenza che io
ambisco. Mi chiamano, talvolta, dio della magia, non posso
permettere che parte delle arti arcane mi siano precluse.»
Hela
sollevò una mano, afferrandogli il mento con pollice e
indice. «Credo che possa considerarsi un equo scambio, ma
direi di suggellare il nostro patto in maniera più formale.
Discuteremo il piano, ti illustrerò come intendo agire e tu,
rinomato stratega di Asgard, mi suggerirai come migliorarlo.
E io ti insegnerò...»
«Anche
di alchimia» intervenne Loki, ma Hela gli mise la mano sul
viso, spingendolo mollemente indietro.
«Non
tirare troppo la corda, padre. Magari se mi soprenderai in
maniera positiva, potrei prendere in considerazione di
insegnarti tutto quello che so, ma dubito che questo possa
mai accadere.»
Loki
arricciò le labbra e poi sorrise. «Sta bene» proferì con
tono piatto.
Hela
portò lo sguardo su Sif e si accovacciò di fianco alla
guerriera. «E di lei cosa ne vuoi fare? La sua testimonianza
potrebbe metterti nei guai» disse, alzando lo sguardo sul
padre.
«Ci
penserò a tempo debito» rispose Loki. «Ora, esponimi il tuo
piano.»
Il
sole splendeva e l’erba, tagliata all’inglese, sembrava un
tappeto di smeraldi, interrotto dai vialetti del campus. Nel
suo ufficio del primo piano, il rettore David Freeman
leggeva con attenzione i curriculum che stava vagliando. Una
vaga profumazione floreale scaturiva dai petali secchi
riposti in una ciotola sull’imponente scrivania di mogano,
ma non riusciva a coprire il sentore di tabacco, che aveva
ormai impregnato le pareti rivestite di legno e i vecchi
tomi presenti sugli scaffali.
David
alzò lo sguardo su Loki e Sif, seduti davanti a lui sulle
comode sedie di velluto rosa antico, e chiuse la cartella
dopo avervi riposto i documenti. «Signori Odinson, la Culver
è lieta di avervi nel suo organico. Vi farò subito assegnare
un alloggio» disse, per poi alzarsi in piedi e tendere la
mano verso Loki.
Lui
lo imitò e ricambiò la stretta con un sorriso. «La ringrazio,
signor Freeman, spero che le nostre ricerche possano portare
lustro a entrambi.»
I
due asgardiani si congedarono e lasciarono l’edificio,
immettendosi sul viale pedonale che tagliava per il prato
ben curato.
«Sei
sicuro che questa farsa sia necessaria?» chiese Sif,
camminando con passo deciso al fianco di Loki.
Lui
sorrideva divertito, cogliendo le occhiate di interesse che
solo la loro vista era in grado di indurre in quella bolgia
di giovani mortali che si muovevano per il campus. «Secondo
te come dovremmo comportarci? Vuoi forse che mi metta a urlare
che siamo creature provenienti da un altro mondo e che
l’esistenza degli esseri umani è per noi paragonabile a un
battito di ciglia?» ironizzò, sorridendo divertito.
«Non
intendevo dire questo. Quello che non capisco è il perché di
questa messinscena. Perché dobbiamo far finta di essere dei
ricercatori? Hanno una cultura primitiva e retrograda...»
replicò Sif sottovoce.
«Hanno
i semi della genialità anche loro. Necessitano solo… di
staccarsi dai loro limitati schemi mentali...» Loki si
zittì, percependo l’avvicinarsi di qualcuno alle proprie
spalle. Passi veloci, affrettati, due persone.
«Dottori
Odinson?» esclamò una voce di donna e lui e Sif si girarono
verso l’umana, accompagnata da un uomo, che rimase qualche
passo più indietro.
«Sì?»
esordì Loki, studiando i due con discrezione, soprattutto
l’uomo, che sembrava intimidito.
«Sono
Elizabeth Ross, sono lieta di conoscervi. Io e il dottor
Banner siamo stati informati del vostro arrivo. Vi hanno
assegnato al nostro progetto di ricerca» spiegò la donna,
spostandosi una ciocca corvina dei lunghi capelli dietro
l’orecchio.
Loki
sorrise. «Capisco» disse e tese una mano in segno di saluto,
come aveva imparato a fare dai midgardiani. «Piacere di
conoscerla dottoressa Ross» disse con una stretta decisa,
per poi rivolgersi all’umano, «dottor Banner, Loki e Sif
Odinson. Io e mia sorella siamo onorati di lavorare con voi»
mentì con disinvoltura. Detestava quell’inghippo, ma se
voleva che Hela preparasse l’antidoto per salvare Thor,
doveva sottoporsi anche a quel capriccio.
L’uomo
si fece avanti e ricambio la stretta di mano. «Piacere
nostro» rispose, sorridendo goffamente. «Ammetto che siete
diversi da come mi ero immaginato.»
«Per
quale motivo?» chiese Sif, partecipando a quel rituale di
socializzazione.
«Quando
il rettore ha parlato di due norvegesi, mi aspettavo il
classico stereotipo nordeuropeo alto, biondo e con gli occhi
azzurri...» spiegò Bruca, sfregandosi le mani per sfogare la
tensione. Era più a suo agio nel proprio laboratorio.
Sif
sorrise. «Posso immaginare la sua delusione...»
Lui
scosse il capo. «Oh, no, non sono deluso. La vostra altezza
ha soddisfatto egregiamente la mia immaginazione.»
Elizabeth
lo prese a braccetto. «Li portiamo al laboratorio?»
«Non
saprei, Betty, sono appena arrivati, magari vorranno
prendere confidenza con la nuova città» Bruce espose il suo
dubbio a bassa voce, ma Loki intervenne sorridendo.
«Saremmo
invece onorati. Prima ci aggiornate, prima potremo
cominciare a lavorare» obiettò il dio degli inganni, con
voce solare.
La
ricercatrice sorrise. «Ottimo, allora seguiteci!»
*
Devianti ed Eterni sono alcune delle razze del multiverso
Marvel. Non chiedetemi dettagli, perché io ne so meno di voi
^^’
Per chi fosse interessato può leggere anche Nel
Passato.
Grazie a tutti i lettori.
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Daniela
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