Destino beffardo

di koralblu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** New home ***
Capitolo 3: *** Unforeseen ***
Capitolo 4: *** Crying ***
Capitolo 5: *** AVVISO ***
Capitolo 7: *** I'm sorry ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
Prologo
 Avevo sempre saputo di stare antipatica alla sorte, chiamatasi anche destino, e mi sono sempre chiesta che cosa avessi fatto di male per meritarmi la iella nera che, puntualmente, veniva a farmi visita ogni singolo minuto della mia breve esistenza. Il destino non era stato generoso con me: una semplice ragazza non troppo bella, con semplici occhi marroni-verdi, e capelli ondulati biondo cenere, tendenti al marrone. Il mio fisico, tanto formoso nei primi quattro anni di liceo da farmi guadagnare l'appellativo di '' belenottera spiaggiata'', si era trasformato completamente il quinto anno, passando da una taglia 46, ad una scarsa 40. Non seppi mai che cosa capitò al destino quell'anno; forse un atto di benevolenza nei miei confronti per ripagarmi dei tanti torti subiti in precedenza, o semplicemente uno piccolo, ma fortunato sbaglio del destino. Fatto sta che quell'anno, dovetti buttare nella spazzatura tutti i miei vestiti, e -sciaguratamente- anche i reggiseni; la mia amata taglia quinta era stata sostituita da una scarsa terza.. La mia altezza poi, non aiutò per niente; un metro e sessanta di pura ciccia e ''sfigaggine'', per citare i miei fantasiosissimi compagni di scuola. L'unica nota positiva nel mio aspetto erano le lentiggini che ricoprivano lievemente le guance e il nasino alla francesina; tratti ereditati dalla mia nonna preferita, una donna forte e dolce che ho sempre ammirato tantissimo. E' stata lei, fin da quando ero solo un pargoletto, a prendersi cura di me, poichè i miei genitori erano sempre impegnatissimi con il lavoro. Figlia di due avvocati; altra beffa del destino. Per il loro ''eccitante lavoro'' perciò, io e la mia famiglia, composta da ben sette persone, non abbiamo trascorso molto tempo insieme. Si, avete capito bene: sette persone. Ho ben quattro fratelli che, seppur uno più diverso dall'altro, amo incondizionatamente con tutto il cuore. Nicolò, mio fratello maggiore, ha dieci anni più di me, ed è -coincidenza delle coincidenze- anche lui un affermato avvocato, oggi operante in un prestigioso studio legale di New York. Giovanna, la secondogenita, ha due anni in meno di Nicolò, ed è una splendida mamma, sposata con mio cognato Salvatore, un direttore di banca famoso in tutta Italia. Ora, sia loro due, che i loro due gemelli, vivono a Milano, e, da come se la passano, non possono di certo lamentarsi di nulla. Gabriele è il terzogenito. Gabri è sempre stato il mio fratellone preferito, poichè abbiamo solo tre anni di differenza, e riusciamo a capirci al volo, senza bisogno di parlare. Fin da quando era piccolo, Gabri ha sempre desiderato diventare un pugile; mi ricordo ancora di tutte le notti che passava di fonte alla televisione a guardare gli incontri di box, e di tutti i tagli e lividi che si è procurato durante le risse a scuola, o, come le chiamava lui, ''gli allenamenti fuori orario''. Per quanto fosse forte e deciso, il mio Gabri, però, non è riuscito ad imporsi, arrendendosi così al volere dei miei genitori, che, dopo mesi e mesi di stremanti pressioni, sono riusciti a convincerlo ad inscriversi alla facoltà di legge. Ora è al terzo anno, e, seppur odi ciò che studia, si impegna al massimo per non deludere le aspettative dei miei genitori. Io, invece, sono Amanda, Amy per gli amici e per i familiari, ho diciannove anni, e sono la quartogenita. Diciamo fin da subito, tanto per mettere in chiaro le cose, che io sono la pecora nera della famiglia. Così, mi chiamano, poichè  non mi sono lasciata abbindolare dai miei genitori a diventare ciò che non voglio essere. L'ultima della famiglia, Emilia, è una bambina di appena nove anni, che ha il avuto il dono di una straordinaria bravura nella danza. Infatti lei è, oltre a me, l'unica eccezione della mia famiglia. Non credo che i miei genitori permetteranno che un simile talento venga sprecato. Poi ci sono loro: l'avvocato Renato Vivaldi, e l'avvocatessa Maria Denti. Entrambi, fin da quando erano giovani, sono sempre stati ambiziosi. Tutti gli scopi che si erano prefissati sono stati raggiunti e addirittura superati di molti chilometri. Inoltre, ho sempre pensato che, se non avessero avuto fortuna in quel campo, avrebbero potuto sfondare come modelli. Il destino ha voluto che, infatti, entrambi avessero non solo un fisico scolpito nel marmo dagli Dei greci, ma anche un intelligenza fuori dal comune. Tutti voi, però, dopo questa minuscola descrizione, potrebbero vedere i miei genitori come delle macchine fredde e senza sentimenti a cui importa solo della carriera e di nient'altro. Errore molto comune e anche molto stupido; sia mai madre, che mio padre, hanno trascorso, seppur non siano stati molti, ogni singolo momento libero insieme alla loro famiglia, portandoci ogni domenica a fare qualche gita, e in estate passando intere settimane senza alzare una cornetta, poichè volevano trascorrere più tempo possibile con noi. Ci hanno amati, e ci ameranno più della loro vita. Hanno sempre preteso il massimo da noi, solo perchè hanno sempre creduto nelle nostre capacità e nel nostro futuro. Il futuro. Ogni volta che pronuncio questa parola, sia l'ansia che la speranza mi assalgono, facendo a pugni per prevalere sull'altra. Da una parte l'ansia poichè non so cosa porterà con se l'avvenire (nel mio caso, di sicuro iella allo stato puro) mentre dall'altra, la speranza poichè è da una vita intera che sogno e spero di realizzare il mio più grande progetto. Fin da quando ero piccola, infatti, ho sempre sognato di diventare un'importante ed affermata scrittrice di successo. Quando, però, comunicai la notizia ai miei genitori, alla veneranda età di dieci anni, ovviamente si fecero delle grosse grasse risate, non prendendo minimamente sul serio il mio sogno. Questo, oltre ad indignarmi fino alla punta dei capelli, mi fece anche desiderare ancora più ardentemente di dimostrare loro che non erano stupide fantasie da bambina, ma un vero e proprio sogno che avrei realizzato, a qualunque costo. All'età di quindici anni, quando vinsi un premio regionale per il migliore racconto comico, sbaragliando ben millecinquecento partecipanti, i miei genitori iniziarono a ricredersi, e a prendere sul serio il mio progetto, spronandomi a dare il cento per cento, e ad impegnarmi con tutta me stessa; e lo feci, anzi. Diedi il duecento per cento, frequentando uno dei migliori licei di tutta la regione, con i migliori voti dell'istituto. Per cinque anni mantenni la media del 10 e lode in tutte le materie, guadagnandomi così l'invidia di metà scuola, e gli insulti della parte restante. Uscì dalla scuole superiore con il massimo dei voti, come tutti si aspettavano, rendendo così fieri sia i miei professori, sia i miei genitori. Ma non me stessa. Non ho mai amato studiare in generale, figuriamoci trascorrere cinque anni in quel liceo, in compagnia di gente stupida ed invidiosa. Se non fosse stato per i miei due migliori amici, Marco e Lorena, chiamata da tutti Lory, probabilmente avrei mandato tutto al diavolo nel giro di pochi mesi. Le persone mi hanno sempre giudicata una sfigata che non ha altro scopo nella vita che non studiare. Io, ovviamente, li ho sempre lasciati credere quello che volevano. Non ho mai risposto a nessuna provocazione; non perchè non avessi la grinta, o il coraggio, ma perchè le loro parole non mi ferivano. Certo, mi davano parecchio fastidio, soprattutto l'insulto '' Biondina con le smagliature, ma non me ne curavo più di tanto. Avevo in mente solo il mio sogno. Quello era la mia ancora di salvezza. L'unica cosa che mi spronava ad andare avanti. Finalmente, dopo cinque lunghi anni di pura agonia, in cui la mia pazienza avrebbe fatto concorrenza ad un maestro di yoga, sono uscita da questo incubo infernale; certo, mi sarebbero mancati da morire Mark e Lory, ma ci saremmo sempre potuti rivedere. E poi, noi tre siamo e saremo sempre inseparabili. Ora, nel giorno del mio diploma, posso mandare a quel paese tutte queste persone idiote e senza cervello, e vivere una nuova vita, che avrà inizio il prossimo mese, quando mi trasferirò a Firenze, per frequentare l'istituto di scrittura più rinomato della città. Aspetto questo momento da tutta una vita, e sapevo che d'ora in poi tutto sarebbe andato per il meglio; ma non avevo messo in conto un piccolissimo particolare: il volere del destino beffardo. E, a quanto pare, questo destino, non sembra volermi tanto bene. 

Saleve a tutti!  Non mi aspettavo di pubblicare un'altra storia mentre ne sono in corso altre due. E' stato inaspettato, soprattutto per me. Ma trovo davvero che sia una storia carina, che prenderà via via una sfumatura sempre più profonda e matura. Non ho potuto relegarla. esigeva di essere scritta. 
Io, letteralmente, AMO Amanda. E' ironica, buffa, testarda e soprattutto forte. E credo che, se verrà come spero, mi innamorerò  anche del protagonista maschile.  Beh, che dire, io spero con tutto il cuore che questa storia possa piacervi e chissà, magari anche strapparvi un sorriso o una risata.  Grazie a tutti coloro che ''spero'' leggeranno questa storia. Spero sia all'altezza delle vostre aspettative. Un grosso bacio a tutti! Koralblu

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Capitolo 2
*** New home ***


New home
-Sei sicura di aver preso tutto?- mi chiese mia madre, per la centesima -e spero ultima- volta. 
-Si mamma, ti ho già detto di aver ricontrollato tutto almeno diecimila volte! Non sono più una bambina-. L'ennesimo sbuffo di quella estenuante giornata. Consiglio per i posteri: mai farsi aiutare dalle proprie madri a traslocare. MAI. 
-Sei proprio sicura cara? Non vorremmo far tornare tuo padre indietro per prendere qualcosa- Molte volte nella mia vita mi sono chiesta perchè le madri debbano sempre stressare fino allo stremo, e mettere così alla prova la pazienza dei loro figli. Purtroppo, non sono mai riuscita a trovare la soluzione a questo mistero. Peccato; sarebbe stato bello trovare il rimedio perfetto per far smettere di tacere le proprie madri una volta per tutte; e soprattutto, far tacere la mia. Maria Denti, avvocatessa di grande fama, famosa per la sua pacatezza e la sua forza sul posto di lavoro; peccato che, per noi povere sei anime condannate a vivere con lei, appena la Signora avvocatessa varcava la soglia di casa, si trasformava in una creatura logorroica e altamente irritante. Non che non adorassi mia madre, per carità. L'avevo sempre stimata e rispettata per la sua forza e per la sua determinazione; c'era però un lato del suo carattere che detestavo con tutte le mie forze, e da cui speravo di non aver ereditato nulla. In questo speciale giorno, inoltre, la mia cara mammina stava dando libero sfogo a questo ''fantastico'' lato del suo carattere, rendendo il livello della mia soglia di sopportazione pari alla temperatura del polo nord. 
-Ti prego Amy, ricontrolliamo un'ultima volta. Non vorrei mai che tu debba ritrovarti a vivere senza qualcosa di essenziale- L'essenziale per mia madre, tanto per specificare, equivaleva alle forcine per capelli, e allo spazzolino da denti. Ma, pur di farla tacere, acconsentii, ritrovandomi per l'ennesima volta ad aprire e ricontrollare tutti gli scatoloni. 
-Mie principesse, siamo pronte?- Sia lodato il cielo e sia fatto subito santo quest'uomo! Mio padre, bellissimo ed elegante come sempre, fece capolino nella mia stanza, guardandosi intorno con fare preoccupato. 
-Dobbiamo caricare tutta questa roba? Non è un po' troppo?- Il solito. Mio padre, anch'esso un importante e rinomato avvocato, sempre scrupoloso e diligente al lavoro, si trasformava non appena varcava la soglia di casa, ed esattamente come mia madre, cambiava improvvissamente, passando dall'essere diligente e scrupolo ad essere l'uomo più pigro esistente sulla faccia della terra. Per questo motivo, tutti i lavori manuali di casa, fino a tre anni fa, venivano svolti da mio fratello Gabriele, o come lo chiamiamo noi ''Gabri il tutto fare''. Ora, se è mia competenza e soprattutto alla mia portata, sono io ''l'uomo di casa'', che svolge tutti i lavori. Che destino infame il mio! 
-Robby! Cosa dici?!? Pensa a cosa farebbe la nostra piccola Amy se non trovasse qualcosa di cui ha bisogno! Cosa farebbe? Oddio, non ci voglio nemmeno pensare.- Sia io che mio padre, -come dice il detto ''buon sangue non mente''- alzammo gli occhi al cielo, divertiti, ma anche leggermente irritati dalla solita scenata melodrammatica della mamma. Arriverà un giorno in cui non riuscirò più a sopportarla; e sento che quel giorno si avvicina inesorabilmente sempre di più.
-Cara, Amy ha diciannove anni. Sa badare a se stessa, e soprattutto sa dove andare a prendere la roba se qualcosa le serve- Mi fece l'occhiolino il mio furbo papino, e sentii  nascere dentro di me un immediato moto d'affetto verso quell' affascinante uomo qual'era mio padre. 
-Forza muoviamoci! Il camion dei traslochi arriverà a minuti- trillò la mamma, per spezzare quell'attimo di complicità che si era creato fra me e mio padre. Fin da quando ero piccola infatti, la mamma era sempre stata un pochettino gelosa del fatto che trascorressi più tempo con mio padre, che con lei, e sopratutto, del legame speciale che era nato fra noi. Eravamo dei complici, e non solo padre e figlia. Certo, amavo entrambi incondizionatamente, ma era la compagnia di mio padre che preferivo di gran lunga, forse per il fatto che entrambi eravamo e siamo fin troppo simili. Stessi capelli biondo mossi, stessi occhi marroni-verdi, e soprattutto stesso carattere deciso e forte. Ero sempre stata fiera di avere un padre così, e ancora di più lo ero per aver ereditato quei tratti del suo carattere. Mio padre, però, a differenza di come pareva agli occhi della gente, non era un uomo perfetto; possedeva tanti piccoli difetti che solo noi della famiglia conoscevamo e avevamo imparato ad adorare. Per esempio, quando rideva, il suono che usciva dalle sue labbra, assomigliava al verso che emettono i cinghiali. Noi ci scherziamo sopra adesso, ma mi raccontarono che quando ero piccola e sentii per la prima volta la sua risata, scoppiai in lacrime, e ci vollero venti minuti buoni per calmarmi. Giovanna ha ereditato, sfortunatamente per lei, la risata di nostro padre. Ma a suo marito la sua risata piace da morire, perciò felici loro, felici tutti.  
-La mia bambina sta per partire; mi mancherai così tanto Amy- disse mio padre, sull'orlo delle lacrime. Un altro piccolo tratto del suo carattere che mio padre non mostrava mai, era la sua sensibilità
-Oh papà.. ti prego non piangere- Ero legatissima a lui. Mi sarebbe mancato tantissimo; come tutta la famiglia del resto. Solo pensare di non sentire più i battibecchi di mio padre e mia madre, le canzoni stonatissime di Emilia, e perfino l'abbaiare del cane, mi faceva contorcere lo stomaco dalla nostalgia. Per quanto mi sarebbero mancati, però, la felicità di realizzare il mio sogno era ineguagliabile. ''Ti brillano gli occhi'' continuava a ripetermi Lia, tutti i giorni da quando avevo trovato quell'appartamento, a Firenze.. E più il tempo passava, più la mia felicità diventava fastidiosa, perfino per me. Finalmente stavo per coronare il mio più grande sogno: diventare una scrittrice. Questa passione nacque quando, all'età di nove anni, la maestra ci diede come compito quello di scrivere un racconto fantastico, completamente inventato da noi. Il mio fu talmente bello e scritto bene, che la maestra si volle congratulare personalmente con  miei genitori per la mia bravura. Da quel giorno, nacque in me il desiderio di dare vita a mondi completamente inventati dalle mie mani; mondi fantastici, in cui la tutto poteva essere possibile. Mondi in cui rifugiarmi per evadere dalla realtà quotidiana, e trovare, finalmente, un po' di pace. Più avanti, quando maturai abbastanza per capire che sarebbe stato quello il mio futuro, nacque in me il desiderio di trasmettere qualcosa agli altri. Ho sempre pensato che, in ogni libro, bello o brutto che sia, ci sia un messaggio, e sta alla bravura dello scrittore riuscire a trasmettere questo messaggio agli altri. Ed è proprio questo  il mio scopo: riuscire a trasmettere un messaggio agli altri e riuscire a lasciare una traccia nei loro cuori, e soprattutto nella loro anima, la parte più profonda che ogni persona possiede. 
Ci abbracciammo per interminabili minuti, io e mio il babbo pigrone. Ora avevo anche io gli occhi gonfi e lucidi per le lacrime. Stupida sensibilità ereditaria. Ci guardammo in viso, e scoppiammo a ridere entrambi, poichè vederci sull'orlo delle lacrime era troppo per due caratteri forti come i nostri. Dovevamo sdrammatizzare in qualche modo.
-Su, ora è meglio andare.O chi la sente più il sergente di ferro- mi staccai da mio padre, ridacchiando e allo stesso tempo rabbrividendo per la sua battuta. Mia madre poteva veramente trasformarsi in un sergente se lo voleva. E non era per niente un bene.
In meno di un'ora, tutti gli scatoli erano al loro posto, nel camion dei traslochi. Avremmo dovuto impiegarci solo una mezz'oretta, quaranta minuti massimo,  considerando che erano stati pagati ben quattro operai  per aiutarci con il trasporto, ma mia madre, però, come suo solito, mise bocca su tutto, facendo spostare mille volte le scatole, e portando quasi al limite la sopportazione di quei poveri operai, e soprattutto la nostra. ''No, quello più pesante va sotto!'' ''Questo va girato verso destra!" "Oddio così lo romperete!". Fui felice di non essere uno di quei ragazzi; prima di tutto, poichè avrei veramente sboccato, rivolgendo a mia madre i più colorati degli insulti..in secondo luogo, poichè anche se erano passati solo per un'ora sotto ''le grinfie del sergente di ferro'' sembravano davvero esausti. Non potevo biasimarli.  All'ennesimo richiamo di mia madre, non ressi più, e implorai mio padre con lo sguardo di farla smettere di gridare, o l'avrei seriamente sepolta viva sotto tutte quelle scatole. Lui sembro capire al volo, poichè vidi riflessa nei suoi occhi, ma la mia stessa espressione sofferente. ''Io la amo, tesoro mio. Ma certe volte vorrei veramente scambiarla per un gatto; almeno lui se ne starebbe un po' zitto'' mi rivelò un giorno, in confidenza. E non potevo essere più d'accordo con lui; e poi, io amavo i gatti. 
-Cara, dobbiamo avvisare i vicini di tenere Lia con loro per qualche ora. Vai tu, mentre io aiuto a sistemare le ultime cose qui- Vidi mia madre battersi una mano sullo fronte, e borbottare un ''me ne ero completamente dimenticata'', per poi percorrere quei pochi metri di distanza dal vialetto dei nostri vicini alla velocità della luce. 
-Grazie-mormorai sotto voce, temendo stupidamente che mia madre potesse sentirmi. Mio padre sorrise, e -controvoglia- aiutò a portare nel furgone gli ultimi scatoloni rimasti.
Dopo aver messo a punto le ultime cose, mi voltai verso casa, salutandola con lo sguardo per un'ultima volta. ''Non stai andando in guerra" mi rimproverai.
-AMY! AMY!- sentii le urla quasi disperate di mia sorella, e non feci in tempo a rispondere che subito mi ritrovai fra le braccia un fragile corpicino di una bambina di appena nove anni. Strinsi forte mia sorella a me, conscia che quell' abbraccio sarebbe dovuto bastare per un bel po'.
-Mi prometti che farai la brava, Lia? Non preoccuparti per la mamma. Basta farla blaterare su cose inutili, e smetterà subito di rimproverarti- Sentii la sua risata sulla mia spalla, rotta subito dopo da un singhiozzo mal trattenuto. Non voleva farsi vedere piangere, la mia sorellina. La staccai da me, e la guardai in viso, gli occhi velati dalle stesse lacrime che facevano scorrevano lungo le sue guance.
-Farò la brava Amy, te lo prometto!- Sorrisi, stampando sulla fronte di mia sorella un veloce bacio. La guardai negli occhi; ''Ci vediamo presto'', le promisi con sguardo. Lei sembrò capirlo, poichè annuii, stampandosi un sorriso sornione su quel viso rigato dalle lacrime. Salii in macchina, mentre mia sorella si dirigeva dai nostri vicini, salutandola un ultima volta con la mano. ''Mi mancherai tanto sorellina''. 
- Sei pronta Amy?- mio padre mi riscosse dai miei pensieri, guardandomi di sottecchi dallo specchietto retrovisore. Sorrisi a mio padre, e quel gesto valeva più di mille parole.  Si, decisamente. Ero pronta per vivere la vita che avevo sempre sognato. 
Arrivammo a Firenze nel giro di troppe ore. O almeno, parvero troppe a me. L'impazienza di arrivare, e la paura che mi attanagliava lo stomaco avevano reso quelle ore veramente troppo lunghe. Quando arrivammo sotto quella che doveva essere ''la mia nuova casa'', quasi mi slogai un polso per la foga che misi nell'aprire lo sportello.
-Così mi rompi la macchina!- sentii strillare a mio padre, prima di sbattere la portiera e dirigermi velocemente verso il portone. 
Il palazzo era esattamente come lo ricordavo, benchè lo avessi visto solo una volta. L'edificio, di un colore tendente al grigio, contava tre piani, e un piccola terrazza, da cui mi avevano assicurato si vedessero le stelle. Il giardino che la circondava mi aveva rapita fin da subito; avevo sempre pensato che fosse la parte migliore della mia nuova casa. La palazzina era poco distante dal centro della città, in un quartiere tranquillo ma ricco di vita. Il mio, anzi nostro, appartamento era all'ultimo piano. Fin dalla prima volta che lo avevo visto me ne ero innamorata. Appena la porta veniva aperta, il sole penetrante da un enorme porta finestra, accoglieva i suoi ospiti, rendendo l'ambiente ampio e luminoso. Sulla sinistra, di fianco alla porta-finestra, faceva capolino un meraviglioso divano di pelle bianca, fatto risaltare ancora di più dal parque scuro, di un color mogano molto acceso. Di fronte ad esso, vi era un enorme libreria, all'interno della quale era incastonato un televisore di ultima generazione; non credo però avrei avuto modo di usarlo molto spesso. Ero sempre stata restia all'uso di mezzi elettronici, se non in momenti di necessità, e sicuramente non avrei cambiato le mie abitudini qui. A dividere la zona soggiorno, dalla cucina, vi era una bellissima parete con inserti d'oro, quasi a creare l'effetto di rampicanti che si intrecciano. La parte bella però, non erano gli inserti di quella parete, ma COSA vi era incastonato all'interno: un magnifico acquario, ricco di almeno una decina di specie diverse di pesci strani e colorati. Ne ero rimasta incantata fin da subito, ed era stato quell'elemento, a convincermi totalmente, e farmi dire quel fatidico ''si, la prendo''. La cucina, era ampia e splendente, modernissima e soprattutto provvista di tantissimi, forse troppi aggeggi presso che inutili. Non ero un'amante della cucina, e preferivo preparare pietanze semplici e veloci. Diciamoci pure la verità: ero una frana totale in cucina. Da quando mandai quasi a fuoco la casa, cercando di cucinare un uovo al tegamino, inoltre, la mamma non mi fece più avvicinare a quella zona assolutamente ''VIETATA'' per me. Secondo me era un'esagerazione. La mia stanza si trovava a pochi metri dalla parete della libreria; grande e spaziosa. Decisamente troppo grande, perfino per i miei gusti. Ma non potevo di certo lamentarmi. Era stata una fortuna trovare quel bellissimo appartamento in così poco tempo. L'unica nota dolente era il bagno; purtroppo la mia coinquilina si era scusata, dicendo che la casa fosse provvista un solo bagno. Pazienza. Avremmo fatto dei turni, o qualcosa del genere. Quella casa era assolutamente perfetta, e niente avrebbe potuto farmi cambiare parere, men che meno uno stupidissimo bagno. 
Salii malamente le scale, trascurando completamente il fatto che quella palazzina, oltre a tutte le fantasticherie di cui era provvista, contava anche della presenza di un ascensore. Ma ero troppo euforica per perdere tempo con quell'aggeggio; sicuramente, mi avrebbe portato via del tempo, rendendomi ancora più nervosa ed impaziente. E se c'era qualcosa che odiavo, era perdere tempo.
Quando arrivai all'ultimo piano, quasi corsi lungo al corridoio, tanta era l'impazienza di arrivare. Mi ritrovai, senza nemmeno accorgermene, davanti alla ''fatidica'' porta, dove avrei visto per la prima volta la mia nuova coinquilina. Speravo fortemente, che fosse una persona socievole e gioviale con cui stringere una lunga e duratura amicizia. Con queste speranze e con uno smagliante sorriso, suonai il campanello. Non attesi molto prima che la porta si spalancasse, e rivelasse quella che doveva essere, in teoria,''la mia coinquilina'', femmina. Mi ero sbagliata. Non era semplice iella la mia, ma puro e incondizionato odio nei miei confronti.

Buona domenica a tutti! Si lo so, dovrei concentrarmi sulle altre storie e lasciar perdere questa per un po', ma purtroppo non riesco a staccarmi; è troppo carina *^* 
Nel prossimo capitolo incontreremo (come forse avete capito) il protagonista maschio di questa storia. Tenete a bada gli ormoni eh u,u 

Tornando seri, volevo ringraziare tutte le persone che hanno letto questa storia, e l'hanno messa fra le seguite. Purtroppo non ho ricevuto ancora nessuna recensione, e questo mi lascia un po' l'amaro in bocca. Forse non vi piace questa storia? :c Comunque, ringrazio davvero con il cuore tutte le persone che mi sostengono, e che mi spronano a dare sempre il meglio. Spero di non deludere le vostre aspettative, e lasciare qualcosa nei vostri cuori, Un grosso, grasso abbraccio! A presto. Koralblu

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Capitolo 3
*** Unforeseen ***


Unforeseen

Avevo sempre saputo di stare oltemodo antipatica a chiunque ci fosse lassù; dovevo aver ereditato una qualche sottospecie di maledizione che si tramandava di generazione in generazione fra le figlie quartogenite della nostra famiglia. Potrebbe sembrare assurdo, e lo è in un certo senso, ma davvero non ci può essere altra spiegazione a cotanta cattiveria da parte della sorte.
 Davanti a me, infatti, in teoria, sarebbe dovuta venire ad accogliermi una dolce ragazza dai capelli corti corvini, dagli occhi azzurri e vispi,  piena di allegria e vitalità; almeno, questa era la descrizione della mia coinquilina che mi era stata fatta dall' uomo che ci affittava l'appartamento. Purtroppo non avevo mai avuto modo di incontrare questa ragazza, poichè quando ero venuta a vedere l'appartamento, lei era ad un importantissimo corso della sua facoltà, a cui purtroppo non aveva potuto rinunciare. Inoltre, sempre in teoria, sarebbe dovuta venire LEI ad aprire questa porta,  e sempre lei a darmi il benvenuto e mostrarmi la nostra nuova casa. 
Ma CHI mi ritrovai davanti in quel momento non avrebbe mai potuto assomigliare,anche solo lontanamente, ad una donna. Tutt'altro. Di fronte a me, infatti, se ne stava bello e tranquillo un ragazzo che doveva avere all'incirca la mia età. L'altezza, che ad occhio e croce doveva essere di circa un metro e ottanta e il fisico statuario di questo ragazza non potevano certamente appartenere ad una ragazza. Inoltre c'era da dire che non era nemmeno una visione tanto brutta. Diciamoci pure la verità: era un figo da paura. Capelli biondo cenere, occhi di uno strano colore, quasi marrone caramello, labbra piene e un sorriso da far sciogliere perfino il ghiaccio. Se poi aggiungiamo anche le gambe sode e le spalle larghe, potete benissimo capire che razza di pensieri a luci rosse stava formulando in quel momento il mio cervello.  ''Respira Amy, respira. E' solo uno stra figo da paura, non gli salterai addosso'' Si certo. Come no. ''Vallo a dire ai miei ormoni'' avrei voluto rispondere al mio cervello. 
A ridestarmi da questi pensieri però, fu il ghigno che comparve sulla bocca di quel fig..ragazzo. -Ti piace ciò che vedi?- mi chiese, in viso stampato un sorrisetto che io chiamavo ''da schiaffi''. Ormai avevo imparato a riconoscerlo; era quello che i miei vecchi compagni usavano per prendersi gioco di me. 
Mi irrigidii all'istante, sebbene quella voce a mio parere ''da orgasmo'' fece vibrare ogni singola cellulare del mio corpo. Una volta sedati gli ormoni, per non fare la figura della stupida gli risposi a tono. Peccato che ciò che dissi provocò una fragorosa risata da parte sua. 
-Tu dovresti essere una donna- Ecco la mia uscita infelice. Davvero brava Amanda. Così ora, oltre a pensare che tu sia una ragazzetta in prenda agli ormoni, penserà che tu sia anche una stupida. Davvero brava.
Dopo interminabili minuti di risate in cui quell'idiota si era anche tenuto la pancia con due mani, ritornò a guardarmi, sempre con quella scintilla di divertimento ormai ben conosciuta. -Ah, se vuole signorina posso prenotare un appuntamento con il medico sedutastante. Ma credo che a piangerne il lutto ci sarebbero troppe donne; perciò ho paura che dovrà accontentarsi di questo- disse in tono falsamente angosciato, mostrando con la mano tutto quel ben di Dio. Dio, se avessi avuto a portata di mano una spranga avrei infierito su quel corpo da urlo, togliendogli quel sorrisino odioso dalla faccia. 
Feci molti respiri profondi, inspirando ed aspirando l'aria dalla bocca, come mi aveva insegnato mio padre. Con una famiglia così numerosa e soprattutto così irritante, la pazienza non bastava mai, ed era sempre e costantemente messa a dura prova. E forse d'ora in poi lo sarebbe stata anche con lui. 
-Mi potresti spigare GENTILMENTE chi sei TU?- Marcai per bene le parole, quasi come fossero un avvertimento. Ma l'idiota qui presente non sembrò intuirlo. Avevo capito che genere di ragazzo avevo davanti: il solito bello, stronzo e altamente stupido. Quello che si divertiva a  fare battutine idiote sul sesso e a schernire le persone, calpestando così la loro dignità e i loro sentimenti. Avevo avuto a che fare con questo genere di persone per ben cinque anni, e ne avevo piene le scatole. 
Doveva esserci un errore. Il proprietario, un certo Gianni, mi aveva assicurato che in questa casa vivesse UNA RAGAZZA, e non una sottospecie di gigolò senza cervello. Doveva per forza esserci una spiegazione valida; forse avevo sbagliato porta o piano. Non poteva essere lui la mia coinquilina. Magari era un...
-Perchè sghignazzi?- mi chiese lui, confuso ed irritato dal sorrisetto che mi era nato quando avevo pensato alla possibilità che lui in realtà non fosse totalmente uomo.
-Gianni mi ha detto che in questa casa viveva una ragazza, e io adesso ho di fronte un ragazzo..magari tu, sotto sotto, e NELL'INTIMITA', non sei totalmente un ragazzo- la buttai li, e vidi nascere sul suo viso un espressione talmente buffa da farmi scoppiare a ridere come una pazza.
 Lo sconcerto e l'indignazione che poi lessi nei suoi occhi, misti alla faccia da pesce lesso che aveva assunto, mi fecero appoggiare alla parete per non crollare a terra. Dopo un primo momento di totale shock, il ragazzo si ricompose, riprendendo quello sguardo divertito di poco prima.
-Posso assicurarti di essere UOMO in tutto e per tutto. Magari con una dimostrazione pratica...- e mi fece l'occhiolino, assumendo su quella faccia da schiaffi un sorrisetto malizioso che avrebbe fatto concorrenza a modelli in copertina di Armani. A quelle parole sbiancai, smettendo immediatamente di ridere. Mi ritrovai a deglutire, la mente totalmente in black out. 
''May day, may day, ormoni chiedono aiuto. Ripeto: ormoni in subbuglio chiedono aiuto'' Stupidi ormoni da diciannovenne. Perchè dovevano impazzire solo per un frase di un stupido babbuino senza cervello? ''Perchè è sexy da morire'' sentii urlare dai miei ormoni, ormai totalmente impazziti. Dovevo tirarmi al più presto fuori da quella situazione.
-Mi potresti spiegare chi sei tu, per favore?- Bravissima Amy, non bisogna dargli corda. 
Lo sentii sbuffare, forse infastidito dal fatto che non avessi risposto alla sua provocazione
-Vieni dentro e ti spiego. Infondo, ora questo è il NOSTRO appartamento no?- calcò sulla parola nostro, e io mi sentii sprofondare sotto terra. Nostro? Aveva detto nostro?
-Che..cosa significa?- biascicai con voce stridula, segno dell'attacco isterico imminente. 
-Oh non lo sai? Da oggi saremo coinquilini.- sentii la rabbia montarmi dentro, e in men che non si dica lo raggiunsi, e cercando di apparire il più minacciosa possibile gli puntai un dito contro.
-IO, vivo QUI insieme ad una COINQUILINA FEMMINA. Ora smetti di prendermi in giro e dimmi chi diamine sei tu!- Dovevo congratularmi con me stessa per il tono duro e deciso; peccato che il babbuino qui di fronte non faceva altro che ridere sotto i baffi, prendendosi chiaramente gioco di me
-La ragazza con cui dovevi condividere la casa è mia sorella. E' stata chiamata l'altro ieri a Roma per uno stage importante, e starà via per un paio di mesi. Così ha chiesto aiuto al suo fratellone, chiedendomi di restare qui per non farti pesare troppo le bollette e tutto il resto. Ovviamente ho accettato. Sai quanto ci divertiremo?-disse ammiccando l'idiota, senza staccare gli occhi dai miei. Ma io non lo stavo ascoltando; ero caduta in una sorta di trans non appena aveva pronunciato le parole ''stage'' ''restare qui''. Ma perchè diamine nessuno mi aveva avvisato?
Troppo imbambolata com'ero, non mi accorsi dei passi alle mie spalle, e di una voce troppo acuta e squillante. 
-E tu chi saresti?- O no. Non lei. Non mia madre. Lei non doveva assolutamente sapere che avrei dovuto vivere con un ragazzo. E tanto meno mio padre: geloso com'era, mi avrebbe sicuramente imposto di fare le valigie e ritornarmene a casa con loro. Ed io non avrei mai potuto realizzare il mio sogno. 
Dovevo aver assunto un'aria terrorizzata, poichè il ragazzo mi tranquillizzò con gli occhi, e mi fece capire di starmene zitta.
-Voi dovete essere i genitori di Amanda? E' un vero piacere conoscervi-  Mi girai di scatto, completamente shoccata da ciò  aveva detto quel babbuino. Ma che cavolo voleva fare? Iniziai a tremare, preparandomi al peggio. Addio casa dove ho messo piede per cinque minuti. Avremmo potuto passare bei momenti insieme. 
I miei genitori si guardarono, visibilmente confusi e dopo puntarono gli occhi su di me. E ora?
-Oh non dovete preoccuparvi; non sono quello che credete. Stavo giusto spiegando ad Amanda di essere il fratello della sua coinquilina. Purtroppo lei è dovuta scappare per una commissione urgente, così mi ha chiesto di venire qui e aiutare vostra figlia a sistemarsi.- Se prima nei miei occhi c'era puro e semplice terrore, ora era stato completamente spazzato via da confusione e riconoscenza. Come diavolo faceva a mentire così bene? Insomma, era talmente bravo che per un momento mi ero chiesta se quella fosse la vera spiegazione, e se non mi avesse preso in giro per tutto questo tempo. E poi, perchè mi aveva coperta? Era ovvio che il bambinone qui presente amava mettermi in situazioni imbarazzanti, e quella era un occasione davvero troppo ghiotta per non approfittarne. Allora perchè aveva messo su quella messa in scena?
Persa nei miei pensieri, non mi accorsi che mi madre si era buffata fra le braccia del ragazzo, e che lo stava elogiando quasi fosse una Divinità.
-Ma che ragazzo premuroso e gentile! Che caro che sei! Sei proprio un bravo ragazzo! Non dovevi disturbarti- Si mamma certo; credo proprio che non la penseresti così se avessi sentito le proposte indecenti che questo ragazzo PREMUROSO mi ha fatto poco prima. O forse, anzi probabilmente, mia madre avrebbe dato la colpa a me, incolpandomi di averlo in qualche modo ''istigato''.
 Era talmente affascinata dal babbuino, che non si accorse nemmeno degli sbuffi di mio padre, che guardava la scena con un che di irritato ma allo stesso tempo divertito. Oh papà, se sapessi che dovrò vivere con questo ragazzo per qualche mese non saresti così tranquillo. 
-No signora, davvero mi creda, è un piacere aiutare questa ragazza.- Faceva pure il lecchino ora? Sentivo già il vomito in bocca per il tono zuccheroso con cui aveva pronunciato quelle parole. Davvero disgustoso. 
-Cara, ti senti bene?- sentii mio padre avvicinarsi, e posarmi una mano sulla spalla. Vidi l'idiota davanti a me sghignazzare, e gli lanciai un'occhiataccia che avrebbe potuto bruciare l'intera foresta amazzonica. 
-Si papà sto bene. Forse è stato il viaggio a scombussolarmi- mentii, rassicurando il mio dolce premuroso papino. Non potevo di certo dirgli che il malessere era dovuto alla falsità del babbuino qui presente. 
-Amanda riposati pure, mentre noi portiamo su la tua roba- Per la centesima volta in quella giornata, il ragazzo mi sorprese, lasciandomi ancora una volta senza parole. 
Il tono con cui pronunciò quelle parole era lo stesso che aveva usato poco prima con mia madre, ma vi era nascosto un non che di gentile. No, impossibile. Me l'ero di certo immaginato. 
Così passarono le due ore successive. Scatolone dopo scatolone, tutta la mia roba venne portata nel mio nuovo appartamento. Mi sentivo felice dopotutto; va bene che forse avrei dovuto condividere l'appartamento con una sorta di babbuino in calore, ma non importava. Tutto ciò che avevo desiderato si stava realizzando. Il mio futuro mi aspettava; era li di fronte a me, pronto per essere vissuto. E non avrei mai permesso ad uno stupido babbuino di interferire con il mio sogno. No, questa volta non l'avrebbe avuta vinta il destino. Questa volta avrei vinto io.

Buonasera a tutti! Purtroppo devo comunicarvi una brutta notizia. Starò via per due settimane, se non di più, e non potrò aggiornare prima della metà di agosto. Spero possiate perdonarmi :c 
Bene, parliamo del capitolo. Che sfacciato questo ragazzo! Mi piace! :P Comunque vedrete che sarà molto diverso da come si mostra ora u.u non potrei mai creare personaggi senza cervello e malati di sesso. Comunque, voglio ringraziare tutti che seguite, recensite e leggete i capitoli di questa storia. Vi invito sempre a farmi sapere cosa pensate di questi capitoli, se vi piacciono, oppure se ci sono errori che volete segnalarmi. Sono sempre felice di poter tornare sui miei passi e vedere correggiere dove ho sbagliato. Oltre a questo, non credo ci sia altro da dire. Spero di tornare al più presto, e vi prometto capitoli fumanti il giorno stesso in cui tornerò. Un grosso bacio a tutti, e ancora infinite grazie! <3 mi mancherete. A presto! Koralblu

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Capitolo 4
*** Crying ***


-Mamma, per la centesima volta; sto bene!- Erano passati appena venti minuti da quando avevo salutato i miei genitori, ma già avevano iniziavano a chiamarmi ogni cinque minuti per assicurarsi che stessi bene. Anzi, non i miei genitori, ma solo mia madre. 
Un'altra chiamata e giuro che avrei bruciato il telefono. 
-Si mamma davvero. Ora devo sistemare la roba; ti richiamo dopo- e chiusi la telefonata, spegnendo finalmente quell'aggeggio tecnologico che odiavo con tutta me stessa.
-Genitori apprensivi, eh?- se ne uscì il babbuino, fissandomi dall alto in basso mentre se ne stava appoggiato allo stipite della porta della mia camera.
Non gli risposi, continuando a svuotare gli scatoloni stracolmi di libri. Avevo deciso di adottare la strategia ''ci sei, ma non ti parlo'',speravo che, almeno in questo modo, avrebbe smesso di punzecchiarmi. Tutto inutile. Non recepiva il messaggio. Beh, d'altro canto cosa ci si può aspettare da un babbuino con mezzo neurone?
-Cos'è, vuoi giocare al gioco del silenzio? Guarda che conosco giochi molto più interessanti- e detto questo, ammiccò spudoratamente nella mia direzione. 
Voltai di scatto la faccia, rossa come un peperone, e puntai lo sguardo sullo scaffale vuoto dove avrei dovuto riporre i libri. 
Calmina Amanda; tieni a bada gli ormoni.
 Lo ignorai, non degnandolo nemmeno più di uno sguardo, e iniziai a mettere a posto la stanza. 
Stranamente, invece di continuare a tormentarmi con le sue frecciatine il ragazzo si dileguò, fischiettando un motivetto irritante.
Ora che ci pensavo, non conoscevo nemmeno il suo nome. Se proprio dovevamo vivere insieme, non mi sembrava garbato chiamarlo ''Tu'' o ''babbuino''; anche se devo dire che l'ultimo soprannome gli si addiceva proprio. 
Usci così dalla porta della stanza, facendo attenzione a non fare troppo rumore. Sentivo dei rumori di pentole in cucina, così intuii che il babbuino stesse cucinando. 
Beh, c'era almeno un aspetto positivo in lui. Stava preparando la cena per tutti e due. Non me lo sarei mai aspettata da un tipo così. 
Entrai silenziosamente in cucina, cercando di farmi piccola piccola per non disturbarlo, ma quando entrai, ciò che vidi mi lasciò perplessa. 
-Perchè ci sono le mille pentole sul bancone?- chiesi al babbuino che ancora tirava fuori dagli scaffali mille pentole.
-Uhm? Ah dici queste? Beh, non avendo idea di quale pentola tu usi per cucinare,per sicurezza le ho tirate fuori tutte- se ne uscì lui, tranquillo come non mai. Speravo vivamente di aver capito male.
-Puoi spiegarti meglio?- gli chiesi, il sopracciglio già alzato per l'irritazione, e la mano serrata a pugno
-Se devi cucinare, voglio che tu lo faccia com'eri abituata a casa. E dato che non sapevo qual...- lo interruppi subito, non appena capii che no, purtroppo non mi ero sbagliata.
-E TU PRETENDI CHE IO CUCINI LA PRIMA SERA IN CUI HO MESSO PIEDE QUI, MENTRE HO PASSATO TUTTA LA GIORNATA A TRASLOCARE?!- Ero furibonda. Avevo davvero pensato che questo ragazzo avesse dei lati positivi, ma ora capii che non c'era nulla di buono in lui. Nulla. Nessuna qualità e nessun senso del tatto. Era solo uno stupido babbuino.
-..Ehm, si?- No, basta. Era davvero troppo. 
Presi la prima padella che trovai, e gliela puntai contro.
-Ascoltami bene stupido babbuino che non sei altro- iniziai il mio discorso in modo maturo e diplomatico - se pensi che d'ora in poi io sarò la tua servetta, ti sbagli di grosso. Saremo costretti a vivere insieme, perciò cerca di moderarti con me, oppure ti taglierò in tanti piccoli pezzettini e li sarò da mangiare ai cani. Ci siamo capiti?- sibilai velocemente, senza nemmeno rendermi conto di quello che dicevo. Ero davvero troppo arrabbiata per farci caso.
Vidi il babbuino sghignazzare, per poi prendermi il mento con due dita -Adoro le gattine focose- disse ammiccando, con un sorriso da divo di Hollywood. 
Peccato che con me non attaccava; anzi. Servì a farmi perdere definitivamente il controllo. Con tutta la forza che avevo, impugnai la padella e la tirai li dove il sole non batte. 
Il lamento da animale ferito che uscì dalle sue labbra fu il suono più bello che avevo mai sentito.
-Me..la..pagherai brutta strega- sibilò il babbuino a denti stretti. Ah, minacciava pure?
Non sapeva con chi aveva a che fare. E poi, strega a chi?! 
Ero già pronta per tirargli un altro colpo, ma quando lo vidi accasciarsi a terra capii che forse, ma proprio forse, avevo esagerato. 
Provai ad allungare una mano nella sua direzione, volendolo aiutare, ma allontanò la mia mano con un gesto secco. 
Ahia, l'avevo fatta grossa. Avevo davvero esagerato, e me ne rendevo sempre più conto dal colore verdognolo del suo viso. Presi immediatamente del ghiaccio dal congelatore, e dopo averlo avvolto in un asciugamano, glielo passai. Stranamente, accettò il mio aiuto, e dopo molto richieste insistenti si convinse a farsi aiutare per raggiungere il divano. 
La scena, se vista da occhio esterno, doveva sembrare davvero comica. Un ragazzo disteso su un divano, con il ghiaccio sui gioielli di famiglia, e una ragazza che gli sedeva affianco, rassicurandolo che andava tutto bene. All'improvviso, scoppiai a ridere. 
Una di quelle risate isteriche che non si sa cosa le scaturisca, e non si sa quando finiranno. 
-Che cosa ridi, assassina di testicoli! Ti giuro che se gli hai procurato qualche danno, ti legherò al letto e ti raserò a zero!- minacciò, con tono fin troppo serio.
Smisi immediatamente di ridere, figurandomi nella mente l'orribile scena; io, legata al letto, mentre urlo disperatamente al babbuino di fermarsi e non fare stronzate..ma lui non mi ascolta e inizia a raparmi la testa. 
Non l'avrei mai permesso. Avrei chiamato la polizia se fosse stato necessario.
-Brava, vedo che hai capito- mi disse lui, tutto contento di avermi zittita. 
-Ho ancora la padella in mano. Non ti conviene provocarmi- lo minacciai io, senza paura di tenergli testa. Avevo affrontato tipi anche peggiori di lui. Non sarebbe stato certo un babbuino senza cervello a mettermi a tacere. Ricordo ancora quando in seconda media un ragazzino mi prese in giro per i miei capelli. Continuava a tirarli, e iniziava a farmi male. Così, prendendo coraggio lo fronteggiai, intimandogli di smetterla. Ma lo stupido non voleva capire; così, dopo avermi quasi strappato una ciocca di capelli, gli tirai un punto sui denti. Che soddisfazione fu quella. Una vera liberazione. Peccato che le due settimane di punizione le beccai io, e non lui. Raccontò a tutti di essere stato aggredito, e fu talmente convincente che tutte le mie giustificazioni servirono solo per far arrabbiare ancora di più il preside e i miei genitori. Da quel giorno ho sempre cercato di moderarmi e controllarmi. Ma quando era troppo, era troppo. 
-Oh principessa, cos'è, la tinta ti è entrata nei capelli? Mi sa che il tuo cervello è andato definitivamente. - mi disse il babbuino, con un ghigno maligno stampato in faccia.
-Ci sono razza di citrullo. E io non sono tinta!- sputai fra i denti. Lo odiavo. Odiavo il modo in cui mi guardava. Sembrava che hai suoi occhi fossi solo uno stupido scarafaggio, pronto per essere schiacciato in ogni momento. Ma io non ero uno scarafaggio; non ero una nullità. 
Mi alzai di scatto, con le lacrime agli occhi, e mi diressi nella mia stanza. 
Me n'ero andata da quel posto dove tutti mi guardavano in quel modo. Avevo abbandonato per sempre quel mondo. Tutti gli scherni e gli insulti appartenevano al passato; e questo doveva rimanere tale. Ma allora perchè il suo sguardo mi aveva fatto così male?
Non volli darmi una risposta. Semplicemente mi accasciai sul letto, e piani tutte le lacrime che avevo trattenuto fino ad allora. Piansi per tutti gli insulti e i dispetti che avevo subito nel corso di quei cinque anni. Piansi per non essere stata capace di ammettere che in realtà avevano fatto male. 
E ancora bruciavano. Bruciavano come fuoco incandescente, e le lacrime non riuscivano a spegnere l'incendio che stava divampando in me. E per una volta, forse la prima, mi sentii davvero debole. 
Dopo due ore, tutta la stanchezza di quel giorno mi permise di addormentarmi, e caddi in un sonno profondo fatto di padelle e di babbuini.

Ciao a tutti! Ed eccomi dopo tre settimane! Come state? Voi mi siete mancati tanto. 
Beh, ecco a voi il capitolo. Lo so, non è dei migliori, ma prometto che il prossimo sarà all'altezza delle vostre aspettative. Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno letto e seguono questa storia. Un grosso bacio, a presto! <3

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Capitolo 5
*** AVVISO ***


Buonasera a tutti. So che è un bel po' che non aggiorno, e immagino non sia stato rispettoso nei vostri confronti. Ma per tutto ce una spiegazione, e l'ha pure questo ritardo. Mi scuso infinitamente con tutte le persone che seguono e attendono i capitoli di questa storia, ma questo periodo è per me difficilissimo. Sto attraversando un periodo davvero buio e difficile, e non mi sento per nulla ispirata. Davvero dovete scusarmi, ma per me non è facile parlarne, e tanto meno darvi questa delusione. Spero che con il vostro supporto almeno troverò un po' di quella forza che mi è venuta a mancare. Vi voglio bene. A presto -Koralblu

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Capitolo 7
*** I'm sorry ***


Quando mi svegliai e provai ad aprire a fatica gli occhi, la luce del sole mi investì come un lampo, costringendomi a immergere la testa nel cuscino. La testa mi doleva terribilmente, come se un martello pneumatico ci stesse scavando dentro. Mi alzai lentamente dal letto, dirigendomi verso lo specchiera. Ed ecco l'orribile e atroce verità: sembravo un mostro.
 La mia faccia faceva davvero spavento; occhi spenti e stanchi, ancora arrossati per le lacrime versate, una carnagione più pallida della fusione di Mortisia Adams e un cadavere, e per concludere uno splendido nido d'uccello al posto dei mie capelli.Perfetto. Peccato che non avessero preso me nel film ''La sposa cadavere''; sarei stata sicuramente perfetta.
Con un grugnito e davvero pochissima voglia, mi avvicinai alla porta. Speravo con tutte le mie forze che il babbuino si fosse smaterializzato o ancora meglio, risucchiato da un buco nero. L'unica cosa che volevo evitare, era di incontrarlo,e soprattutto mentre ero in questo meraviglioso stato. Feci un bel respiro e abbassai la maniglia. 
Aprii la porta di un centimetro, stando attenta a captare il minimo rumore. Nulla. 
Quello era il mio via libera. Finalmente il karma era dalla mia parte.
Mi diressi verso la porta che mi era stata indicata come il bagno, e la aprii con il sorriso sulla faccia.
Sorriso che, nel giro di due millesimi di secondo, scomparve. Cos'avevo detto prima? Il karma girava dalla mia parte? 
No, lui mi aveva sempre odiato, e ora che avevo incrociato sulla mia strada questo babbuino, sembrava trovarci ancora più gusto a tormentarmi. 
Infatti, come avrebbe potuto resistere a farmi trovare davanti una scimmia con solo i boxer addosso, e me in queste pietose condizioni?
Era un'occasione troppo ghiotta.
 Ed eccomi così, davanti a un ragazzo quasi nudo -e che ragazzo- che mi guardava con un ghigno mezzo divertito e curioso. Mettiamoci anche il mio stato da zombie semi-umano, ed ecco che risultava fuori la più grossa figura di merda della mia vita.
Farfugliai qualcosa di incomprensibile in preda all'imbarazzo più totale, rossa come non lo ero mai stata, per poi chiudere all'istante la porta che avevo spalancato.
-Ehi principessa curiosa, se volevi vedermi senza maglia, potevi semplicemente chiedere- Sentire la sua voce dall'altra parte della porta, che mi prendeva in giro era davvero troppo. 
-Il bagno è libero principessa. Vado a vestirmi- Mi disse lui aprendo la porta, mentre io mi ero girata istintivamente dall'altra parte. Sentii dei passi allontanarsi, e una porta sbattere. Non me lo feci ripetere due volte, e mi defilai in bagno; una doccia fredda, avrebbe sicuramente sbollito gli ormoni e la vergogna. 
Dopo mezz'ora, con un'asciugamano legato sopra il seno e i capelli bagnati, uscii dal bagno.
-Alla buon'ora principessa. Non ce la facevo più ad aspettarti.  Ho fame, e vorrei mangiare- disse lui, indicando con un gesto del mento la sedia vicino alla sua. 
-Bene, mangia e strozzati.- e me ne andai, sbattendo la porta. Cosa dicevo? Di ritenermi una persona matura?
Senza alcun dubbio.
Sentii dei colpetti alla porta, ma non ci badai. Dopo essermi vestita con dei pantaloncini corti e una semplice canotta nera, cercai di dare una forma a quella matassa informe; i tentativi furono tutti inutili, e così fui costretta a raccoglierli in una coda. 
Intanto i colpi alla porta erano sempre più insistenti e forti. Decisamente non mi sembrava il caso che buttasse giù la porta, e, anche se di mala voglia, gli aprii.
-Che vuoi?- la mia più che una domanda, sembrava una minaccia
-Ci siamo svegliate dalla parte sbagliata del letto eh?- Gli lanciai un'occhiata affilata, sperando di potergli appiccare fuoco con la sola forza del pensiero
- Lasciami passare- 
-No- e si posizionò davanti a me, con le braccia incrociate e il mento alto
-Non ti è bastato l'incontro ravvicinato di ieri con la padella? Se ti manca posso rimediare- Lo vidi impallidire e portarsi le mani sui suoi ''preziosi'' gioielli
-No,grazie- Mi rispose allora con la voce simile a quella di un gattino spaurito
Lo spostai malamente, dirigendomi in cucina. Lui mi seguì e si sedette di fianco a me. 
Restammo in silenzio per tutta la durata della colazione; io intenta a immergere i biscotti nel latte, e lui a sorseggiare il caffè. 
-Per la spesa, direi di andare due volte al mese e prefissare un budget. Ecco, non so com'eri abituata tu, ma io e mia sorella di solito facevano spesa grande due volte a settimana, dividendoci la spesa. Potrebbe andare bene?- 
-Ok- Risposta veloce e laconica. Non avevo proprio voglia di parlare con lui
-Per le pulizie, potremmo alternarci una volta a settimana. Di solito sbrigavamo le faccende di domenica mattina, una volta a settimana. Ti va bene?- Mi chiese, e se no lo avessi conosciuto, avrei detto che sembrava quasi timoroso.
-Va bene- Finii di inzuppare il mio nascondino nel latte, e bevvi tutto d'un sorso. 
Stavo per alzarmi dal tavolo, ma la sua voce mi bloccò.
-Sei arrabbiata?- Alzai gli occhi su di lui, e rimasi sconcertata dal fatto che tenesse lo sguardo basso e che avesse parlato a voce bassissima. Ma non risposi. 
Non perchè fossi arrabbiata; ormai la furia momentanea era passata. Piuttosto ero ferita. Anche se mi costava ammetterlo, le sue parole avevano toccato uno dei miei punti dolenti. Ma non lo avrei mai ammesso. Men che meno davanti ad un tipo del genere
-Senti, ho sbagliato ieri. Mi sono comportato in modo scortese, e ti chiedo scusa. Ma non te lo ripeterò più, quindi fattelo bastare- e detto ciò si alzò dalla sedia, portando la sua tazza in cucina.
Ero colpita dalle sue parole, e senza nemmeno accorgermene, spuntò sul mio viso un sorriso.
-Ci penserò- gli risposi, dopo averlo raggiunto in cucina. Il mio sorriso, però, gli fece capire il significato celato dietro quelle parole
-Mi chiamo Thomas- mi disse all'improvviso. -Non ho avuto modo di dirtelo prima- disse, sperando subito dopo nella sua camera. 
Ed io, come una povera scema, rimasi imbambolata in mezzo alla stanza. 
Thomas, era proprio un bel nome
                                                            ***
-Preparati! Voglio portarti a fare un giro in città- se ne uscì il babbu...volevo dire Thomas, comparendo dal nulla. 
Il mio povero cuore ebbe un sussulto, e fui veramente tentata di sfruttare un'altra volta la padella, per poi affogarlo nella tazza del cesso.
-Sei forse impazzito!?!?- gli urlai contro, come un gatto a cui avevano appena pestato la coda.
-Che c'è, non ti piace come idea?- mi disse lui in tono deluso.
-Intendo dire che mi hai fatto prendere un colpo.- ''Idiota'' non c'era bisogno di dirlo...era sottinteso.
-Ah. Comunque che ne dici?- riacquistò il suo tono allegro, guardandomi con gli occhi che brillavano.
-No so..ho ancora molta roba da sistemare..- In verità,però, non avevo proprio voglia di sistemare le ultime cose rimaste negli scatolini, e chiudermi i casa. Era una giornata così bella...
-Ma è una giornata così bella!- strillò come un bambino, disintegrandomi l'apparato uditivo. 
I suoi cambi d'umore mi facevano uscire di testa. Un momento prima era un latin lover pronto a sedurre, e quello dopo un bambino allegro e pimpante. E poi siamo noi donne quelle strane.
-Ma veramente...- provai a ribattere, zittita subito dopo da una mano posata sulla mia bocca.
-Niente ma. Tu ora esci con me da questa casa, altrimenti ti ci porto di peso- affermò lui, enfatizzando con cenni affermativi della testa.
-jfvhdujvhvjdbjvfhjdhfb- provai a dire, ormai viola in viso. Quell'idiota mi stava soffocando.
-Cosa?- mi chiese lui con espressione interrogativa.
-JERHJVHJDFVIEFUVJNDFJ- 
-Puoi spiegarti?- Voleva che mi spiegassi?
Gli morsi una mano. Ben gli stava.
-AHI! MI HAI FATTO MALE!- frignò Thomas come un bambino
-Mi stavi soffocando!- Gli risposi acida, avvinandomi alla porta. -Andiamo?-
Il broncio sparì immediatamente dal suo viso, e saltellò felice nella mia direzione. -Andiamo mia principessa.-
                                                                ***
Il centro storico di Firenze era davvero meraviglioso. L'atmosfera era così fresca e frizzante, che non sapevo da che parte girarmi. Il sole caldo di fine estate era un tocca sana per i il mio umore. Avevo fatto bene ad uscire. 
Thomas al mio fianco non faceva altro che sballottarmi da una parte all'altra della città, indicandomi i vari monumenti e i ristoranti che gli erano piaciuti di più.
-Oh, qui si mangia una pizza favolosa! Costa un po', ma ti assicuro che è davvero buonissima.- continuava a ripetere, trascinandomi da una via all'altra. - Qui ci sono stato la settimana scorsa e ho mangiato della pasta al forno buonissima.- disse tutto contento, indicandomi quello che doveva essere un ristorante tutt'altro che a basso prezzo.
- In realtà- cominciai io cauta - sono più una tipa da fast food. Non mi piacciono molto i ristoranti- gli confessai, abbassando la testa. -Ne le pizzerie.
-Non ti piace la pizza!?- mi chiese lui, guardandomi come se avessi un terzo occhio sulla fronte.
-E' ovvio che mi piaccia la pizza! Ho solo detto che non mi piacciono i ristoranti e le pizzerie in se. Il luogo, non ciò che cucinano.- specificai, cercando di smentire quell'eresia. Io idolatravo la pizza; la cura dei miei nervi.
-Per fortuna! Beh, quindi sta sera ordiniamo una pizza? No ho voglia di cucinare- 
I miei occhi si accesero immediatamente, come se mi avesse appena informato della vincita di un milione di euro. 
-Ovvio!- quasi gridai, saltellando sul posto come una bambina su di giri
-E pizza sia- mi rispose accarezadomi i capelli, e prendendomi per mano.
''E pizza sia''Gli avrei risposto, se non mi fosse mancata l'aria nei polmoni.
 
Buona sera a tutti, belli e brutti! Come state? Vi sono mancata? Voi si, tantissimo! Non vedevo l'ora di scrivere, ma purtroppo i miei impegni scolastici mi hanno tenuta lontana dal computer per un po', e solo oggi sono riuscita a trovare un momento per un nuovo capitolo. 
Inoltre, ripetto a qualche settimana fa, dove avevo il morale a terra, sto molto meglio. Mi sto riprendendo a poco a poco,e questo anche grazie al vostro sostegno. Un grazie a tutti coloro che mi hanno scritto e che hanno continuato a credere in me. 
Ed ora passiamo ai piccioncini
Chi, come me, non ama Thomas? (Finalmente sappiamo il nome di questo povero ragazzo)
Io semplicemente amo i suoi cambiamenti di umore. Come amo l'acidità di Amanda. Se esistessero davvero li abbraccerei per ore e ore.
Ok, momento follia finito. 
Ringrazio tutti coloro che hanno, pazientemente, aspettato un nuovo capitolo. Scusatemi davvero per il ritardo. 
Beh, che dire, sono contenta di aver aggiornato. Vi prego di farmi sapere quello che pensate del capitolo, o vanno bene anche consigli su come descrivere i muscoli di Thomas eh u.u
Ok, metto a  cuccia gli ormoni. Graze davvero a tutti. Siete fantastici. Un bacio e a prestissimo! <3

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