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di ilaperla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Siamo noi gli artefici del nostro destino ***
Capitolo 3: *** Demoni ***
Capitolo 4: *** Abbandonare le difese ***
Capitolo 5: *** Nuove proposte ***
Capitolo 6: *** Fuori posto ***
Capitolo 7: *** Affare fatto ***
Capitolo 8: *** Scoperte ***
Capitolo 9: *** Nuova amicizia ***
Capitolo 10: *** False convinzioni ***
Capitolo 11: *** Non è un sogno, è la realtà ***
Capitolo 12: *** Tramonto come il sole ***
Capitolo 13: *** Bugie ***
Capitolo 14: *** Un filo invisibile ***
Capitolo 15: *** Premier ***
Capitolo 16: *** Resta con me ***
Capitolo 17: *** La lunga notte ***
Capitolo 18: *** E' tempo di brillare ***
Capitolo 19: *** Distanze da abbattere ***
Capitolo 20: *** E' una promessa ***
Capitolo 21: *** Una possibilità ***
Capitolo 22: *** Innamorarsi ***
Capitolo 23: *** Verità che scotta ***
Capitolo 24: *** Stare bene ***
Capitolo 25: *** I sogni realizzabili ***
Capitolo 26: *** Come fuoco bollente ***
Capitolo 27: *** L'ancora e il bastone ***
Capitolo 28: *** Dolci desideri ***
Capitolo 29: *** Momenti ***
Capitolo 30: *** La cosa giusta ***
Capitolo 31: *** Un peso ***
Capitolo 32: *** Ascolta il tuo cuore ***
Capitolo 33: *** Niente ha importanza, tranne lui ***
Capitolo 34: *** Consigli materni ***
Capitolo 35: *** Una giornata al parco ***
Capitolo 36: *** Il piano di Liam ***
Capitolo 37: *** Escape ***
Capitolo 38: *** Come una bomba ***
Capitolo 39: *** Accetto ***
Capitolo 40: *** La vita in una canzone ***
Capitolo 41: *** Andrà tutto bene ***
Capitolo 42: *** Sorprese e respiri ***
Capitolo 43: *** Nuovo mondo ***
Capitolo 44: *** Arrivederci ***
Capitolo 45: *** Crazy in love ***
Capitolo 46: *** Il mio inizio sei tu ***
Capitolo 47: *** Scomode presenze ***
Capitolo 48: *** Cuori spezzati ***
Capitolo 49: *** E' tempo ***
Capitolo 50: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
 
               


Quando stai crollando, quando non sai più a cosa aggrapparti, decidi che solo tu hai il potere di reagire, di far dissipare le fiamme dell’inferno.
Cosa serve? Solo un pizzico di buona volontà. Ma è fottutamente difficile.
Cosa rimane di noi se questa volontà manca? Uno scheletro.
Ecco cosa è rimasto nella mia vita.
Uno scheletro che cammina, senza anima e sanza più un cuore che batte.
Sono destinata alle fiamme dell’inferno, che prima o poi mi inghiottiranno con loro. È solo questione di tempo.
 
Chiudo l’armadietto con un colpo, dopo aver prelevato i libri per l’ora successiva. Letteratura.
Attorno a me un chiacchiericcio che rimbomba nelle orecchie incessante.
Vorrei gridare, vorrei urlare di far silenzio. Vorrei che mi lasciassero cuocere nel mio già assordante mutismo.
“Aly, che stai facendo?” Sento una mano che mi percuote e torno con i piedi nel lungo corridoio della scuola.
“Cosa?” Domando.
“Ti sei bloccata. Mi avevi spaventata. Come stai?”
Eloise Hill. Tutta boccoli castani che li scendono sul collo e si adagiano perfettamente sulle spalle esili.
È la mia amica da cinque anni, da quando ho iniziato questa scuola.
Ci siamo riconosciute fin dall’inizio. I nostri occhi spaventati si sono subito trovati e hanno fatto subito amicizia.
“Bene El. Non ti angosciare. Stavo pensando” Spiego con un piccolo sorriso sulle labbra.
Sto bene, almeno oggi, la mia filosofia di vita al momento è di vivere alla giornata. Non chiedere di più di quello che qualcuno, li chissà dove, ci dona.
“Sei sicura? Guarda che se non ti senti bene chiamo tuo padre e ti viene a prendere” E’ preoccupata, tremendamente, la conosco fin troppo bene.
“El, per l’amor del cielo. Sto bene. Ora abbiamo letteratura, la campanella è già suonata e se non andiamo in classe faremo tardi. Muovi i piedi ed entriamo.”
Lei mi sorride, finalmente rincuorata.
Mi prende sotto braccio e ci avviamo insieme nell’aula. Per l’ultima ora di lezione di questo nuovo giorno.
 
Dopo cinque ore di lezioni, finalmente il giovedì mattina giunge al termine.
Non ne potevo più. Voglio andare a casa, infilarmi nel letto, ascoltare un po’ i miei Imagine Dragons e poi andare nell’ultimo posto che mai volessi andare. L’inferno, in pratica.
Esco dal pesante portone in mogano della scuola. “Lady Margaret School of London” con una capienza di ben mille e passa studenti. L’inferno? No, semplicemente una bolgia.
Accompagnata da Eloise, che mi propina tutti i compiti per il pomeriggio, scendo le scale con il mio zaino diligentemente posto dietro le spalle.
Non avessi mai toccato terra, un corpo di una furia mi viene violentemente addosso e casco rovinosamente per terra, sull’ultimo scalino che avevo appena sceso.
“Oddio, scusami. Ti ho fatto male?” Domanda una voce profonda, mentre si piega e allunga una mano per afferrarmi.
“No, figurati. Sono cascata sul morbido” Rispondo mentre mi massaggio il sedere dolorante.
“Scusami ancora, è solo che vado dannatamente di fretta” Continua ad appioppare scuse.
Alzo lo sguardo e finalmente guardo quel ragazzo che mi è venuto addosso.
È alto, tremendamente alto, mi supera di dieci e più centimetri. Ha i capelli a spazzola e una leggera barbetta gli circonda due zigomi pronunciati.
Ha un paio di Rayban che impediscono la visione dei suoi occhi, che si dice essere, lo specchio dell’anima.
Ha un jeans chiaro strappato sul ginocchio destro e una camicia a quadri rossa e blu aperta, mentre si intravede una maglietta bianca, con le maniche arrotolate sui gomiti. E quello che salta subito all’occhio è un tatuaggio sull’avambraccio destro: quattro galloni.
“Non preoccuparti, non è successo nulla” Affermo decisa.
Lui mi sorride e dopo essersi scusato nuovamente sale le scale ed entra nell’edificio.
Mi giro verso la mia amica e la trovo a bocca aperta.
“El? Che ti succede?” Domando mentre le muovo avanti e in dietro la mano sotto gli occhi.
“T-Tu… Sai chi è quello li?” Domanda sconcertata.
“Chi? Quello che mi è venuto addosso? No! Perché lo conosci?”
“Alyssa. Lui è Liam Payne” 

 



Kumusta a tutti!!! 
Nuovo fandom for me. 
Presentiamoci va... Sono ilaperla, scrivo da un po qui su efp, però non ho mai trattato dei One Direction. Diciamo che comunemente scrivo in originale. Ma ho voluto provare questa cosa nuova perchè:
1- tra qualche capitolo finisco la mia prima storia
2- sto diventando un'ossessionata su quei 5
3- mi girava un'idea in testa (stranamente già con un capo e con una coda) e allora ho tentato.
Cosa ne uscirà da sotto? Non chiedetemelo, lo scopriremo insieme? Che ne dite?
Il prologo è uscito piccolino lo so, di solito non so mai che scrivere in questi e mi escono sempre assurdamente corti, ma per i capitoli credo possa fare di meglio.
Quando pubblicherò? Non lo so, per esperienza non voglio più fissare un giorno perchè tendo sempre a uscire fuori dai limiti, un po perchè non ho tempo per pubblicare, un po perchè escono altri impicci.
Che altro posso dirvi? Bho... Non voglio anticiparvi nulla, se avete curiosità tornerò a breve a pubblicare.
Siate clementi con me :) Sono una novellina che si interessa a questo gruppo.
Vamos... A presto! Fatevi sentire. :*

 
                            

                            


 
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Capitolo 2
*** Siamo noi gli artefici del nostro destino ***


 
 

 
"Alyssa. Lui è Liam Payne”
“Un nuovo ragazzo della scuola?” Domando io, mentre mi avvicino al mio rosso fiammeggiante scooter.
“Hai battuto la testa?” E’ al quanto scioccata.
“No. L’unica cosa che ho battuto è stato il mio fondoschiena” Preciso, sganciando la catena che imprigionava la gomma posteriore del motore al paletto.
“Deficiente! È Liam” Torna a dire con gli occhi sognanti.
“Quando ti decidi a dirmi chi è, sarà troppo tardi” Sbuffo.
“E’ un componente dei One Direction” Risponde, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
“One che?”
“Oddio. Ho un’amica fuori dal mondo” Si passa una mano sulla faccia esasperata.
“Che fanno questi tizi?”
“Cantano”
“Se non hanno a che fare con gli Imagine Dragons, non li conosco”
Detto ciò, salgo sullo scooter e Eloise fa lo stesso, aggrappandosi alla mia vita.
Arriviamo, dopo un quarto d’ora, con l’ora di punta londinese, al suo palazzo.
“Abbiamo visto Liam. Non ci credo!” Continua a borbottare.
Sbuffo sonoramente, non vedendo l’ora di mettere piede a casa, in tranquillità.
“Va bene. Però ora devo andare” Mi giustifico io.
“Vai in ospedale oggi?” Domanda tornando seria.
“Si El. Oggi è giovedì e come tutti i giovedì e come tutti i martedì, vado in ospedale” Specifico leggermente sarcastica.
“Mi farai sapere com’è andata?” Domanda apprensiva.
“E che fine fa il segreto professionale?” Domando a mia volta divertita.
“Che si fotta”
Scoppio a ridere e mi trascino anche lei dietro.
Mi abbraccia e dopo un leggero bacio sulla guancia scappa via.
Eloise, la mia amica tutto pepe ma tremendamente apprensiva.
 
“Come si è sentita oggi?” Domanda la psicologa, dietro i suoi occhiali squadrati, mentre prende appunti su un blocnotes.
“Come sempre” Rispondo vaga, mentre guardo fuori dalla finestra, un sole timido sta tramontando facendo diventare il cielo di mille sfumature rosa, rosse e arancioni. E l’unica cosa a cui penso è che vorrei essere li fuori e correre per raggiungere e salutare il sole che va via.
“Cioè?” Domanda lei.
“Dottoressa, con tutto rispetto, ma glielo dico ogni volta che ci incontriamo” Sbuffo esasperata. Non voglio venire a queste sedute.
Il dottore mi ha detto che mi faranno solo bene. Ma questa donna di fronte a me mi porterà solo all’esasperazione.
“Dimmelo ancora una volta Alyssa”
“Inadeguata” Mormoro. “Vorrei trovarmi da tutt’altra parte. Vivere una vita diversa” Rispondo a memoria. Ormai è sempre questa la risposta che le do.
“Perché?”
“Non è quello che chiedono le persone come me? Non vogliono vivere una vita diversa da quella che stanno vivendo?”
Lei si toglie gli occhiali e mi guarda attentamente.
“Siamo noi li artefici della nostra vita Alyssa. Le scelte che prendiamo, le strade che percorriamo, ci segnano. Ci fanno diventare quello che siamo e di conseguenza decidiamo noi stessi della nostra vita” Spiega lei impassibile.
“Lei mi sta dicendo che se sono in queste condizioni la colpa è la mia?” Domando sconcertata.
“Sei tu che decidi se combattere o essere soprafatta”
“Mi creda, non sono io che comando. Io sono solo una marionetta nelle mani del destino” Rispondo e cala il silenzio tra noi.
“Dovrai rivedere le tue priorità cara Alyssa. Devi cercare di metterti l’armatura e scendere in campo a combattere. Parte tutto da qui dentro” Si sfiora la fronte. “Per poi arrivare qui” Porta la mano al petto. “E’ lui che decide. Devi solo lasciarti andare”
Devo lasciarmi andare. Ma verso le fiamme dell’inferno o verso la salvezza?
 
Sdraiata sul letto fisso il soffitto della mia camera.
Stando a come dice la psicologa, siamo noi gli artefici del nostro destino. Ma a quanto pare, io nemmeno ce l’ho un destino.
Sbuffando, esasperata per la piega dei pensieri, mi tiro su e vado alla scrivania accendendo il mio pc.
Subito in chat mi appare Eloise, desiderosa di sapere com’è andata la seduta.
Le racconto le solite cose e chiudiamo la conversazione con l’appuntamento per domani a scuola.
Ad un tratto mi ricordo lo scontro con quel ragazzo e nasce un sorriso involontario.
Il sedere duole ancora un po’, dovrei chiedergli i danni.
Incuriosita, avvio una ricerca su questo fantomatico Liam… Come ha detto che era il cognome?
Cerco su Google e non appena digito solo il nome, milioni di risultati spiccano agli occhi. Payne! Eccolo!
Ha anche un profilo twitter.
Curiosa, apro la pagina e mi perdo nei mille tweet. Questo ragazzo è un tweet dipendente.
Rido ad alcune foto e incuriosita più che mai, cerco su youtube alcuni video delle sue canzoni e ammiro interessata tutti li altri componenti.
Rimango piacevolmente colpita dalle loro canzoni e dall’armoniosità delle loro voci. Devo ammettere che sono veramente bravi. Nulla da togliere ad altri cantanti.
Così, presa dalla curiosità iniziale, decido di seguire proprio il torero che stamani mi ha sbalzata all’aria e, in un moto di pazzia, gli lascio anche un tweet.
 
@Real_Liam_Payn Ti citerò per danni procurati a lesioni personali. Ho il sedere che duole.
 
Sorrido tra me. Chi legge questo tweet, potrebbe rimanere al quanto confuso.
Con un’ultima risatina, spengo il pc e mi infilo sotto le coperte.
Un altro giorno è andato via. Ed è un giorno in meno da vivere.
 
 
“Che hai fatto ieri?” Domanda Eloise, mentre lascia i suoi libri nell’armadietto.
“Dopo che abbiamo parlato in chat, sono andata a dormire” Rispondo sovrappensiero.
“Sei sicura?”
“Dio El. Se mi devi dire qualcosa sputa il rospo” Alzo le braccia al cielo esasperata.
“Non sei entrata su twitter per caso?” Domanda assottigliando li occhi.
“Che fai mi spii?”
“Assolutamente no. Si da il caso che seguo quei cinque e seguo anche te, perciò quello che fai mi esce nella home”
“Ok, ok. Ispettore Derrick. Ho lasciato un tweet innocente”
“Innocente” Ripete dandomi una leggera gomitata.
“Sei una maliziosa” Rispondo ridacchiando.
“Allora, hai sentito qualche loro canzone?” Domanda mentre ci avviamo fuori nel giardino, per la ricreazione.
“Qualcosa, sono bravi” Constato, in cerca di una panchina all’ombra.
Trovo una sotto un pino e trascino Eloise verso quella.
“Già, sono favolosi. Sai che sono a Londra per sponsorizzare il loro film?” Domanda con gli occhi che le brillano.
“Addirittura un film? Sono così famosi?” Dire che sono incredula è dire poco.
“Oh si, hanno letteralmente ai loro piedi milioni e milioni di fan”
“Complimenti” Rispondo ammirata e sbigottita.
“Ma che ci faceva ieri quel Liam alla nostra scuola?” Domando curiosa.
“Ha frequentato questa scuola. Sarà venuto per sbrigare qualche faccenda. Non ne ho idea”
Strano. Quel ragazzo ha frequentato la nostra stessa scuola e io non ne ero a conoscenza. Sono proprio fuori dal mondo comune.
Restiamo in silenzio, godendoci quella mezz’ora di pausa. Chiudo gli occhi per assaporare la tranquillità.
Amo passare il mio tempo qui. Sotto l’ombra di un pino, a parlare con la mia amica, con il leggero venticello caldo che mi scompiglia i capelli scuri già mossi. Mi sento… Viva!
“Che farai oggi?” Domanda strappandomi a quella tranquillità.
“Devo fare i compiti, poi andrò a lezione” Rispondo con ancora gli occhi chiusi.
“Ti va di uscire dopo?”
Apro gli occhi e guardo la mia amica che si morde il labbro impacciata.
“Va bene. Ma perché?”
“Dovrei andare in un posto e mi vergogno”
Sorrido divertita, la mia amica che si vergogna è nuova come spiegazione.
“E sia. Però mi devi offrire un gelato”
“Tutto quello che vuoi” Mi dice abbracciandomi.
 
“Papà! Io esco” Urlo scendendo le scale e fiondandomi all’ingresso, mentre apro la porta.
“Dove vai?” Domanda lui assonnato.
Sbuffo e mi giro a guardarlo.
Un uomo sulla quarantina, alto, magro e con i capelli brizzolati, visibilmente stanco, mi si para nel campo visivo. È provato, triste e assonnato.
Passa le sue giornate in sala operatoria, a guarire chi non ce la fa, dice lui, però non è capace di guarire me.
Io e lui viviamo soli, ormai da anni, da quando mia madre, nonché sua ex moglie, ha deciso di abbandonarci per intraprendere la carriera di giornalista specializzata in guerra, come la definisco io.
Siamo rimasti solo io e lui, in questa casa e alle volte sentiamo la mancanza di quella figura di protezione.
Lui, dal canto suo, non ha voluto e non è riuscito a intraprendere una nuova vita. E mi dispiace. Perché quando sarà il momento non ci sarò più nemmeno io a fargli da spalla.
“Vado a lezione, poi più tardi vado con Eloise in centro” Spiedo posizionandomi la tracolla della borsa, con gli spartiti, sulla spalla.
“Vai con lo scooter?” Domanda apprensivo.
“Si papà, è il mio unico mezzo di trasporto” Spiego con un risolino.
“Sta attenta, per favore” Ecco le solite raccomandazioni.
“Si papà, ora vado. Riposati” Mi avvicino, gli lascio un bacio sulla guancia e scappo via. Senza però evitare di sentire un “Ti voglio bene” che mi riscalda il cuore.
 
Danzo con le dita su quei tasti bianchi e neri, come se fosse l’ultima cosa che io potessi fare prima che l’infermo mi inghiottisca.
Sono completamente in un altro mondo. Un mondo che piace a me, dove non devo mentire su me stessa, dove posso correre a perdifiato senza sentire poi quel dolore lancinante al fianco.
Le note di “Moonlight” di Beethoven risuonano nella stanza, infrangendosi sui muri. Facendo prendere vita fino all’ultimo oggetto inanimato di questa calda stanza.
La testa che oscilla a ritmo forsennato della melodia, le mani che hanno vita propria, senza nessun coinvolgimento con il cervello, che ora è in balia di pensieri tutti suoi personali.
La sonata si conclude con due battute e riprendo quel leggero fiato che mi è venuto a mancare in quei sette minuti scarsi.
Torno sulla terra e mi volto a guardare il professore.
“Strabiliante come sempre signorina Miller. L’invito per l’orchestra scolastica è sempre aperto. Ci pensi meglio”
“La ringrazio professore, ma sono già impegnata” Declino per la centesima volta la sua offerta.
È sempre così, ogni qualvolta finisco un pezzo, mi rimbecca con questo fatto dell’orchestra.
Io voglio solo suonare e sentirmi libera, senza intoppi di alcun genere.
“Sono rammaricato. Ma qualora lei cambi idea, mi faccia sapere. Ora tocca a Richardson!” Torna a dedicarsi al resto dell’aula e io torno al mio posto.
Mi passa accanto un ragazzo che mi sorride e rispondo al suo sorriso immediatamente.
Cedric Richardson, è un portento nel suonare il piano. ogni volta che le dita si appoggiano su quel strumento, ha il potere di farmi viaggiare con la mente, anche se non stia suonando io stessa.
 
La lezione finisce dopo un’ora e mezza e ci avviamo tutti, verso l’uscita.
“Sei stata bravissima oggi Aly”
Mi volto e sbatto gli occhi in due pozzi scuri.
“Grazie Cedric” Rispondo impacciata, strascicando i piedi sul freddo parquet della sala.
“Figurati, allora non ti va di entrare in orchestra?” Domanda anche lui, aprendo la porta di uscita e spostandosi di lato per farmi uscire per prima.
“In verità no. Mi toglierebbe molto tempo ai miei impegni”
“Capisco. Però ti divertiresti” Mi sprona lui.
Nel frattempo siamo usciti finalmente all’aria aperta e posso riprendere a respirare a pieni polmoni.
“Miller! Finalmente ti sei decisa! Muovi quel culo, che siamo in ritardo” Una soave voce giunge alle mie orecchie facendomi ridere.
“Perdonala, la mia amica non conosce le buone maniere” Mi scusa da parte di Eloise.
“Figurati, sembra che abbiate da fare. Dove siete dirette?” Domanda lui.
“In verità non lo so” Mi gratto la nuca in imbarazzo.
“Sarà una sorpresa allora. Non voglio trattenerti. Alla prossima e buona serata Alyssa”
“Grazie Cedric”
Lo guardo andare via, mentre la sua alta figura si intrufola nel sedile di guida di una macchina scura.
“Figo il tipo. Pretendente?” Domanda Eloise alle mie spalle.
“Ma smettila! Non avevi fretta di andare?”
Detto ciò saliamo sullo scooter e dopo le indicazione della mia amica ci dirigiamo a Time Square.
 
“Non ci credo!” Sibilo nervosa.
Mi trovo in mezzo a, credo, altre cento mila individui, urlanti e sudati.
“Ti odio. Lo sai vero?”
“Smettila, è divertente!” Mi apostrofa una allegra ed elettrizzata Eloise accanto a me.
“Divertente un corno. Voglio tornare a casa” Mi lamento, cercando di fare dietro front.
“Non sei curiosa di rivedere Liam?” Domanda.
Ingoio a vuoto e mi giro ad osservarla.
Siamo in mezzo a tutta questa gente, non so come ne perché, ma dovremmo vedere un’uscita straordinaria della band del momento.
Ragazzine urlanti che mi strappano a suon di macete i timpani da tutte le pari e lei mi dice che sarà divertente?
Non ho nemmeno il tempo di risponderle a tono, che una forte musica risuona tutt’intorno.
Non conosco la canzone, ma devo ammettere che è coinvolgente.
Escono a poco a poco tutti i cinque componenti della band e si posizionano per improvvisare una canzone inedita solo per i fan più accaniti, ergo, io che ci faccio qui?
Però devo ammettere che la canzone è simpatica e mi ritrova a canticchiarla involontariamente.
Quando questa finisce, Liam prende il microfono e ringrazia i presenti per invitarli da li a due settimane alla visione del film.
Mi ritrovo a guardarlo con attenzione, i suoi occhi non sono più nascosti dietro quegli occhiali da sole, ma ora posso guardarlo indisturbata. E ne rimango piacevolmente affascinata.
Oggi scuri, bruni e profondi. Sono allegri, fanno capire che quello che sta facendo gli piace. Che è la sua vocazione.
Un po’ lo invidio, perché ha quella grinta, senza pudore, di parlare di fronte a tutta questa gente. Non ha paura del giudizio.
Mentre io, non ho rivelato a nessuno quella che sono, tranne a Eloise, per timore di essere giudicata, di essere apostrofata e di essere trattata con l’ultima cosa che vorrei: pena.
Ho persino paura di entrare a far parte di un’orchestra, che diamine.
Dopo qualche chiacchiera, si congedano tra urla e proposte indecenti, delle fan, facendomi sorridere.
“Allora, chi ti piace tra i cinque?” Domando rivolta alla mia amica.
Lei diventa rossa e prende a balbettare.
“Ma che ti viene in mente”
“Si,si come se non ti conoscessi. Ora per punizione mi accompagni al negozio di musica che devo comprare degli spartiti nuovi”
Lei sorride e mi prende sotto braccio.
“E comunque grazie” Precisa lei.
“Di niente” Le faccio uno scherzoso occhiolino e ci avviamo verso il negozio.
 
Mentre Eloise civetta con la commessa per sapere dove può trovare l’ultimo libro dei One direction, io girovago per le file di dischi in vinile, per aumentare la mia collezione.
Sognante, afferro uno dei Pink Floyd e decido, seduta stante, che questo viene con me a casa.
Con in mano due pacchi di spartiti e con il mio nuovo tesoro, mi volto di scatto e finisco tra le braccia di un ragazzo, constatando la durezza dei suoi muscoli d’acciaio.
Alzando il viso rimango stupefatta.
“Dobbiamo smetterla di incontrarci così” Dice sicuro di se, con un sorriso divertito.


Kumusta a tutti quanti!  
Non spaventatevi.. Non è una maledizone, semplicemente un saluto in filippino :) Mi piaceva..
Orsù, bando alle ciance! 
Eccoci nuovamente qui, capitolo più lungo ovviamente.
Bene, bene, bene. Liam Payne signori e signori.. In questa storia troverete il vero e inimitabile Liam, (mi sembra di stare a vendere un prosciutto alla fiera) e non uno di fantasia.
Anche se alcune cose, le inventerò al momento per quadrare la storia.
Non so che dire, mi sento intimidita, stano a dirlo! Perchè di solito parlo e parlo a vanvera. Per chi mi conosce sa di che sono capace, ma non lo so, in questo fandom mi sento piccola piccola.
Vi chiedo qualche parere per chi legge, sono veramente curiosa di sapere i vostri giudizi.
La storia prometto sarà interessante e pubblicherò settimanamente. Non lasciatemi sola please! 
Siamo una famiglia noi no? 
Confido in voi. :*

                                               

                                               

                                                 

 
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Capitolo 3
*** Demoni ***



 
Avviso di servizio: quando Alyssa canterà, sentite questa http://www.youtube.com/watch?v=ijlbAEJElPY
 

“I-Io, mi dispiace, non volevo” Mi scuso cercando di scappare via.
“Hei, hei. Calma. Non ti mangio. Tutto ok?” Mi afferra per le spalle e mi scruta con i suoi occhi castani, così profondi e lo vedo perdersi nei miei così diversi dai suoi: spaventati e chiari.
La sua vicinanza è inebriante. Dal suo stesso odore, misto a pompelmo e spezie orientali.
“Sto bene. Grazie” Bugia.
Lui mi lascia e mi studia attentamente.
“Pink Floyd?” Domanda accennando al disco.
“Hem si. Ti piacciono?” Domando. Ma che diamine sto dicendo?
“Scherzi? Li adoro!” Mi fa un sorriso incoraggiante, che mi trovo a ricambiare.
“Ora devo andare” Riprende a parlare, dopo aver notato i miei pentagrammi.
“Oh, certo certo. Ciao” Saluto, tornando a guardarmi le punte delle scarpe.
Dio, che deficiente che sono! Non gli ho nemmeno fatto i complimenti. Ma per cosa alla fine? Non sono nemmeno una sua fan.
“Attenta a non andare addosso a nessun altro” Mi strizza l’occhio e salutandomi va via.
Rimango a bocca aperta, mentre lo guardo di spalle uscire dal negozio. Si infila gli immancabili occhiali da sole e non appena esce viene affiancato da un gigante vestito di nero.
Ah, le star!
 
Sbadigliando salgo, svogliatamente, i gradini della scuola. Oggi mi sento stanca, tremendamente e avrei voluto tanto restare a casa, sotto le coperte a dormire. Ma ovviamente, per sane ragioni e per non far preoccupare inutilmente mio padre, ho appoggiato i piedi a terra e mi sono trascinata fino a scuola e oggi in più lo scooter non ne ha voluto sapere di partire. Ottima giornata insomma.
Per fortuna oggi è l’ultimo giorno di scuola e domani inizia il week end. Ciò vuol dire: dormire, pianoforte e musica.
“Hei bella gioia” Eloise, come al solito, mi si getta tra le braccia e mi stringe a se.
“Buongiorno. Non capisco come tu possa essere super attiva di mattina” Cerco di trovare una spiegazione più che logica al suo perenne buon umore.
“Bhè, oggi per fortuna non piove ed è già qualcosa. No?”
“Ottima deduzione signorina Hill”
All’ingresso della scuola troviamo un tumulto di gente, che scruta impazzita la bacheca degli avvisi. Sembra ci sia qualcosa che attrae la loro attenzione.
“Che succede qui?” Domanda sgomenta Eloise.
“Avranno visto qualche seminario interessante” Butto li, non convinta.
“Nah, non credo proprio” Effettivamente, rari sono i casi sia di un seminario interessante in questa scuola, sia che i suoi studenti siano ligi al dovere.
Incuriosite, ci infiliamo tra la folla e la prima cosa che balza agli occhi è un volantino enorme tutto colorato che riporta tali diciture: E’ finito il momento di sognare, prendi le redini e dai voce al tuo desiderio.
È un invito a una gara di canto che si terrà a scuola oggi stesso, nell’auditorium scolastico, ma la cosa che incuriosisce tutti, sono i giudici. Niente poco di meno che loro, il fenomeno del momento, gli One Direction.
“Non ci credo” Sibila, allo stremo dello svenimento, Eloise.
“Hei” Dico afferrandola per un gomito. “Non mi cedere proprio ora, altrimenti come ti faccio a portare in classe”
“Ma che ci fanno qui loro?”
“E che ne posso sapere io. Forse una rimpatriata scolastica” Azzardo. Inverosimile.
Dopo aver trascinato, letteralmente, via Eloise, che voleva strappare il volantino per mangiarselo o più esattamente, metterlo sotto il cuscino quando dorme, torniamo a respirare aria sana e ci dirigiamo agli armadietti.


“Devi partecipare” Esordisce lei, di punto in bianco chiudendo con un colpo l’anta verdone del suo armadietto.
“Come scusa?” Domando io, combattendo ancora per aprire quel deficiente di lucchetto.
“Dico che, dato che sai cantare, perché non provi quella gara?”
“Ma sei ancora fusa per quel volantino? Ti ricordo che non ho mai cantato in pubblico” Rimbecco, finalmente aprendo l’anta e infilando i libri dello zaino, per lasciare quelli dell’ora successiva.
“E non credi essere arrivato il momento di dar sfogo alle tue capacita? Non solo sotto la doccia?”
“Non canto solo sotto la doccia” Rispondo offesa.
“Oh certo, dimenticavo anche quando suoni al piano, rinchiusa in casa”
“Non sei simpatica” Chiudo l’armadietto e spero, anche la conversazione. Ovviamente ho parlato troppo presto.
“Infatti non voglio essere simpatica. Dai Aly, hai una voce fantastica, non credi che a qualcuno possa piacere?” Domanda saltellando con i libri in mano.
“Infatti piace a te, fine della storia!” Mi avvio verso la classe seguita a ruota.
“Ma il volantino diceva di dar voce ai sogni. Non è un tuo sogno far brillare le tue capacità?”
Perché queste parole mi suonano fastidiosamente familiari? Dove le ho già ascoltate?
E come se il cervello mi avesse ascoltata, subito le parole della psicologa tornano a vorticare per la mente, in risposta alle mie domande.
 
"Dovrai rivedere le tue priorità cara Alyson. Devi cercare di metterti l’armatura e scendere in campo a combattere. Devi solo lasciarti andare."
 
La campanella mi riscuote dallo stato di trans. Sbuffando Eloise entra in classe, seguita, ancora confusa da me.
 
Le ore stanno passando stranamente velocemente e si avvicina sempre più l’ora della gara.
Tamburellando con la penna sul libro di letteratura moderna, penso al da farsi.
Ho sempre vissuto nell’ombra, impaurita dalla mia vita, dal mio inferno. Non ho mai scoperto cosa il destino mi prospetterebbe qualora io cambiassi direzione.
Forse ha ragione la psicologa, forse la vita mi sta dando un’altra opportunità di riscatto.
Forse le cose non cambieranno, ma c’ho provato e posso uscirne a testa alta quando il sipario sulla vita si chiuderà.
Scatto la testa alla mia destra e guardo Eloise tutta mogia che prende appunti.
“Ci vado” Sbotto.
Lei si riscuote e mi guarda interrogativa.
“Dove?”
“In auditorium”
Si illumina e mi sorride contenta.
“Hai deciso allora”
“Non ti assicuro nulla, ma ci proverò”
Mi afferra la mano e me la stringe. So che vorrebbe abbracciarmi, ma non è il momento consono, visto che la professoressa parla e girovaga per i banchi.
 
Non appena l’ora finisce, ci dirigiamo in auditorium, gremito di gente. Possibile che la maggior parte degli studenti della scuola siano cantanti? Molto più probabile sono qui per curiosità.
“Guardali un po’. Tutti futuri componenti della band” Scherzo io.
Eloise ridacchia, ma veniamo interrotte dal professore di arte contemporanea che ci intima al silenzio.
“Che ci fate tutti qui? Voglio solo chi deve presentarsi ai provini. Li altri sono invitati a tornare in classe”
La maggior parte dei ragazzi va via con la coda tra le gambe.
“In bocca al lupo” Mi sussurra Eloise, lasciandomi un bacio sulla guancia.
“Crepi, El” Le strizzo l’occhio e mi avvicino, insieme a una cinquantina di altri ragazzi, alle porte.
Il professore ci fa passare e un silenzio rotto da un leggero chiacchiericcio giunge alle nostre orecchie.
Inizio a sentirmi nervosa, come ogni qualvolta devo suonare di fronte a qualcuno che non conosco.
Sul palco dell’auditorium hanno tirato su le pesanti tende rosse di velluto, facendo sfoggio di un pianoforte a mezza coda e una chitarra classica. Tiro subito un sospiro di sollievo, confortata dalla presenza del pianoforte.

In prima fila, sulle poltrone di velluto rosse anch’esse, ci sono in totale sette persone, compreso il professore di arte.
Mi nascondo dietro a un ragazzo alto e possente e mi faccio piccola piccola per evitare di essere guardata.
Sbircio, alzandomi sulle punte, quelle persone.
C’è il professore, insieme alla preside e cinque ragazzi.
Quei cinque che, proprio ieri ebbi la coincidenza, chiamiamola così, di poterli vedere dal vivo.
“Ragazzi. Come avete potuto leggere il volantino, ci saranno dei provini per un progetto di canto. In cosa consiste questo progetto? Voi ora vi accingerete a cantare un brano, un qualsiasi brano a vostra scelta. I ragazzi qui presenti, sono l’obiettivo da raggiungere. Non solo vi giudicheranno, ma chi passerà il provino avrà modo di collaborare con loro. In che modo vi domanderete? Bene, dovete sapere che i ragazzi stanno lavorando a un nuovo disco e hanno avuto l’idea, geniale a mio parere, di collaborare con uno studente che risulterà avere le carte in regola per farlo. Ora non mi dilungo ancora in parole, lascio la parola a loro. Buona fortuna a tutti” Ci spiega la preside, forse, più emozionata di tutti li studenti qui dentro.
Non appena lo saprà Eloise di questa opportunità, si butterà dalla finestra. Dovrò chiudere tutte le inferiate quando glielo dirò.

Vengo strappata brutalmente alla fantasia del volo della mia amica, da una voce roca, che mi fa alzare di scatto la testa e ammirare da chi proviene.
Un cespuglio di ricci e occhi smeraldini sorridono e iniziano a confabulare.
“Ragazzi, ciao! Oddio che emozione. Forse sono più emozionato di tutti voi. Non potete capire che effetto mi ha fatto camminare per quei corridoi” Parla lui.
“Harry, ma che stai dicendo?” Gli domanda un altro componente del gruppo di cui ignoro totalmente il nome. Bene, il riccio si chiama Harry e mi è subito simpatico. Infatti ridacchio per l’espressione appena fatta quando l’amico lo interrompe.
“Louise fammi finire” Si lamenta. Ringrazio mentalmente il cielo perché a quanto pare mi sta miracolando oggi, rispondendo a tutti i miei dubbi. Quasi quasi gli faccio qualche domandina sulla mia vita.
“Ti stavi dilungando” Spiega Louise aggiustandosi il ciuffo.
“Il solito rompi palle. Ops, scusi preside. Allora dicevo, tralasciamo i convenevoli altrimenti questi quattro scalpitano, vi ha spiegato tutto il vostro preside. Date il meglio di voi, ma soprattutto divertitevi” Ci sorride, mettendo in bella mostra due adorabili fossette e lascia la parola a un tizio con un ciuffo a spazzola che lo fa innalzare di alcuni centimetri e con la pelle ambrata.
“Harry, fattelo dire. Hai fatto una presentazione da schifo. Scusatelo. Allora io sono Zayn, chi ha parlato prima è Harry, credo l’abbiate capito, lui è Louise, poi abbiamo Niall e Liam. Credo che qualcuno ci conosca per sentito dire” Strizza l’occhio e io vorrei alzare la mano per confermale le sue parole.
“Siamo qui oggi in veste di giudici, il che non ci è mai capitato, cercheremo di essere obiettivi, senza fare cretinate, vero Harry? I provini si concluderanno tutti oggi, perciò non ce ne andremo di qua fin quando non abbiamo esaminato tutti. I risultati li saprete subito  dopo e per chi passerà il provino spiegheremo tutto. Ci dovete scusare se non ne parliamo a tutti. Ma dato che è un progetto, non vorremmo togliere la sorpresa. D’accordo?”
C’è chi risponde si, chi asseconda con il capo e chi rimane in silenzio come me.

Dopo aver lasciato i nostri nomi, scritti dal professore su un foglio, ci invitano a sederci.
Passo dinanzi al gruppo dei ragazzi e sorrido, sono personaggi particolari, al momento stanno ridendo per qualche battuta sparata da Harry. Mi sembrano così gioviali, allegri e alla mano.
“Hei” Mi richiama una voce.
Mi giro e trovo Liam a sorridermi con le braccia strette al petto, in piedi, appoggiato a una poltrona vicino a Niall.
“Ciao” Saluto io.
“Ci ritroviamo”
“Eh già” Dire che sono in imbarazzo è riduttivo.
Quei due occhi scuri che mi scrutano mi fanno sentire nuda, vulnerabile. Abbasso lo sguardo e mi stringo le mani tra loro intrecciate.
“Sei una cantante allora” Continua lui, cercando di farmi scogliere dall’imbarazzo.
“Non proprio” Preciso io. “Mi piace, ma non ho mai cantato in pubblico” Spiego, finalmente alzando lo sguardo e perdendomi in quegli occhi.
Lui mi scruta, ma poco dopo mi regala un sorriso mozzafiato.
“Non vedo l’ora di sentirti”
“Oh, g-grazie” Cazzo Alyssa, non puoi balbettare!
“Le prove stanno iniziando” Ci avvisa la preside, sedendosi vicino i ragazzi.
“Buona fortuna” Mi strizza l’occhio Liam.
Con un cenno del capo, mi siedo all’ultima fila di poltrone libere e cerco di far rallentare la corsa impazzita del mio cuore.
 
“Alyssa Miller” Sento chiamarmi e mi alzo di scatto.
Ero totalmente persa nei miei pensieri, indispettita dal fatto che non mi chiamassero ancora, ho visto quasi tutti i miei compagni esibirsi, chi egregiamente, chi pessimamente e chi discretamente.
Non vedevo l’ora di togliermi il dente. Come si dice: via il dente via il dolore.
Ma ora che tocca a me, mi si aggrovigliano le budella.
Non è per me questa situazione, io sono abituata a suonare a casa da sola, o con Eloise che si siede ai piedi del pianoforte e rimane ad ascoltarmi in silenzio, o di fronte alla mia classe di musica. Ma non di fronte a tutti questi estranei.
Ma ormai il danno è fatto, mi dico.
Salgo i gradini e mi avvicino al microfono posto al centro del palco. Bene, devo anche presentarmi.
Dio, che situazione imbarazzante.
“Hem… Salve”
Aspetto stupidamente che qualcuno mi risponda e mi prenderei a padellate in testa, da sola.
“Ciao” Sento rispondere il biondino, Niall, e sorrido per ringraziarlo.
“Scusate se sono impacciata. Ma è la prima volta che canto di fronte a così tante persone. Mi chiamo Alyssa, suono il pianoforte da quando ero bambina, perciò oggi mi affido a lui, spero non mi abbandoni nemmeno in questa circostanza. Canterò Demons degli Imagine Dragons. Significa tanto per me. Spero vi possa piacere e niente. Vado” Che presentazione orrenda!
Quasi correndo giungo al pianoforte, lo sfioro come per presentarmi a lui e provo alcuni accordi.
Prendo due sospiri profondi e chiudendo gli occhi, inizio a danzare su quei tasti.

Quando i giorni sono freddi 
E le carte sono piegate 
E i santi che vediamo 
Sono tutti fatti d'oro 

 
Racconto di me, della mia vita, della mia paura di non farcela, di scomparire dal mondo senza aver lasciato traccia.
 
Quando tutti i tuoi sogni falliscono 
e le persone che salutiamo 
sono le peggiori fra tutti 
e scorre vecchio sangue 

 
Il mio destino, che ho così tanta paura di farlo emergere. Paura che sia inadatto per me. Paura di essere l’artefice della mia stessa rovina.
 
Voglio nascondere la verità 
Voglio proteggerti 
Ma con la bestia dentro me 
Non c'è posto per nascondersi 

 
La mia verità, il voler celare a tutti quello che sono, quello che ho dentro. Il mio inferno personale che poco a poco mi inghiottirà con se e non avrò più scampo.
 
Non importa quale sia la nostra razza 
Siamo ancora fatti d'invidia 
Questo è il mio regno che arriva 


L’invidia, si, verso chi è diverso da me. Verso chi si alza ogni giorno dal proprio letto sapendo che aggiungerà giorni alle loro vite, non come me, che andrà a sottrarre un altro giorno di questo patetico scenario che è la vita.
 
Quando senti il mio calore 
Guarda nei miei occhi 
È dove i miei demoni si nascondono 
Non avvicinarti troppo 


Dentro di me c'è il buio 
È dove i miei demoni si nascondono 

I demoni, loro, che hanno preso vita nel mio corpo, mangiandosi la mia anima. Che ne rimarrà di me?
 
Quando il calo del sipario 
È l'ultima cosa 
Quando la luce si spegne 
Tutti i peccatori strisciano 

E così scavano la tua fossa 
E la tua finzione arriva chiamandoti 
per il casino che hai fatto 

 
E non mi resta che fingere, fingere di avere una vita normale, banale e scialba. Quando invece, dentro le cose sono ben diverse. Il voler scappare da una vita di stenti, di panico e sofferenza.
 
Non voglio abbatterti 
Ma sono legato all'inferno 
Nonostante tutto questo sia per te 
Non voglio nasconderti la verità 

 
Sono stanca, stanca di scappare, stanca di mentire, stanca della vita. Voglio solo essere felice e vivere una vita che si rispetti. Una vita normale.
 
Non importa quale sia la nostra razza 
Siamo ancora fatti d'invidia 
Questo è il mio regno che arriva 


Quando senti il mio calore 
Guarda nei miei occhi 
È dove i miei demoni si nascondono 
Non avvicinarti troppo 
Dentro di me c'è il buio 
È dove i miei demoni si nascondono  

Dicono sia ciò che fai 
Io dico che dipende dal destino 
È intrecciato con la mia anima 
Ho bisogno di lasciarti andare 

 
Il destino, questa cosa così effimera, ultraterrena, che decide la nostra sorte. Forse è proprio vero che siamo noi che lo comandiamo. Ma se così fosse, perché ha deciso per me? Perché ha deciso di lasciarmi a combattere questa guerra?
 
I tuoi occhi brillano così luminosi 
Voglio salvare la loro luce 
Non posso fuggire da tutto questo ora 
A meno che non mi mostri come fare
 
 
Chi mi salverà? Chi mi tenderà una mano e mi dirà di non preoccuparmi? Chi si sacrificherà?
 
Racconto di me, di quello che vorrei essere, di quello che vorrei combattere. Racconto del mio destino mancato.
 
Quando senti il mio calore 
Guarda nei miei occhi 
È dove i miei demoni si nascondono 
Non avvicinarti troppo 
Dentro di me c'è il buio 
È dove i miei demoni si nascondono.
 

 

Kumusta a tutti quanti!
Rieccoci qui con il nostro consueto appuntamento, non ho un giorno fisso per pubblicare, ma se mi seguite su facebbok o terrete d'occhio i miei aggiornamenti, una volte a settimana vedrete che aggiornerò.
Allora, che dire di questo capitolo? Forse diciamo che è l'inizio di tutto quello che poi accadrà.
Se siete curiosi, continuate a seguirmi, ne vedrete delle belle e delle brutte.
Conoscete la canzone che canta Alyssa? E' una delle mie preferite e il ragazzo che la canta nel video è bravissimo. Cercavo proprio una versione così, peccato non la canti una ragazza, altrimenti l'effetto sarebbe veramente meraviglioso.
Insomma, che ne pensate della storia? Siete curiosi? Fatemi sapere. Commenti belli brutti, non importa. Vorrei solo dei pareri. Non importa quanto lunghi, basta sapere che ne pensate.
Saluto e ringrazio, chi mi ha aggiunta tra preferiti, ricordati e seguiti. Significa molto per me. E ringrazio anche chi mi ha espresso già il suo parere. Siete state adorabili.
E niente, vi auguro una buona serata, un buongiorno, dipende quando leggerete il capitolo ;)
A presto e un bacione grande.

 



 
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Capitolo 4
*** Abbandonare le difese ***




Non ci credo, ce l’ho fatta. Non solo ho suonato e cantato davanti a gente che non ho mai visto prima, ma sono riuscita a raccontare la mia storia. Non ci posso credere.
Stacco le dita dai tasti e le guardo stupefatta. No, non può essere vero. Non sono realmente qui. Non posso aver fatto davvero come mi ha detto la psicologa.
Finalmente sono scesa in campo, finalmente ho combattuto, finalmente ho detto la verità, anche se nessuno mi capirà.
Fissando le mani sento le guancie umide. E ora perché le lacrime? Questa sostanza a me sconosciuta.
Non piango da quando mia madre è andata via, non piango più nemmeno quando ricordo a me stessa della mia fine. Sono diventata di ghiaccio, ogni sentimento, sensazione che mi si prospetta, mi scivola addosso come olio. Sono diventata un automa.

“Tutto bene?” Domanda qualcuno giù dal palco.

No, non va tutto bene. Però ora, in questo preciso momento, mi sento rinata.
Mi asciugo le lacrime e assecondo con la testa.
Sposto il banchetto e scendo i gradini, con ovviamente tutti gli occhi puntati addosso e vado a sedermi sulla poltrona dove ero prima.
Riprendo a respirare normalmente, devo stare calma, devo riprendere la situazione in mano.
 
Quest’attesa è diventata maledettamente snervante, hanno finito un’ora fa di esaminare tutti e ora siamo fuori in cortile ad aspettare il verdetto.
C’è chi fuma una sigaretta, c’è chi chiacchiera, c’è chi perde tempo con il cellulare poi ci sono io, sdraiata sull’erba sotto al salice con gli occhi chiusi, che ripenso a quello che mi è accaduto li dentro.
Che io abbia ripreso a vivere? E che il cuore abbia ripreso a battere?

“Aly” Eloise grida il mio nome.
Apro gli occhi e la vedo correre a perdifiato verso me, una grande folla si è formata in cortile.
“Cos’è tutta questa gente? E perché sei con il fiatone?” Domando.
Lei si piega sulle ginocchia per riprendere fiato.
“Le lezioni sono finite e ora tutti sono curiosi di sapere chi è stato scelto. Com’è andata?”
Si siede, tipo sacco di patate, accanto a me.
“Abbiamo finito un’ora fa e da allora si sono rinchiusi li dentro e non escono più. El, a me non interessa nessun risultato. Ma sono riuscita a cantare, capisci? Ho detto la verità attraverso la canzone. Mi sono sentita serena, a mio agio, viva. Il mio cuore batteva come un martello”
Lei rimane a bocca aperta per un po’, poi sorridendomi prende a parlare.
“Lo sapevo! Sapevo che dovevi partecipare. Alyssa è normale, hai fatto una cosa a cui sei devota, hai preso le redini in mano e hai affrontato una tua paura e hai vinto. Dovresti esserne fiera”
“Ma lo sono, infatti non riesco a crederci. Le mani avevano vita propria, cantavo senza accorgermene. Ero posseduta da una forza sconosciuta”
“E’ la volontà amica mia”
Le sorrido e capisco che ha ragione. È la volontà che mi manca, la volontà di rendere, quello che rimane della mia vita, degno di essere vissuto.

“I risultati sono pronti” Ci informa il professore di arte e tutti entrano in auditorium.
Affiancata da Eloise, entro anche io in quella enorme stanza.
I partecipanti sono tutti vicino al palco, mentre i ragazzi e i professori sono sul palco.
“Vai. E stai calma” Mi da un bacio la mia amica e mi avvio verso il resto del gruppo.
Sento un paio d’occhi puntati addosso, saranno sicuramente le centinaia di persone alle mie spalle.
Prendo un sospiro e guardo, affascinata, le punte delle mie scarpe.

“Silenzio ragazzi, silenzio” Rimbecca il professore, cercando di far tornare la quiete nella sala.
Ma il vociferare è assurdo, tenendo conto che c’è un gruppo di cantanti, a cui la maggioranza degli studenti in questa scuola è devoto.
“SILENZIO” Urla la preside e magicamente tutto tace.
Sorridendo alzo lo sguardo e rimango stupefatta, da quello sguardo che mi sentivo addosso proprio poco fa. Liam.

Mi sta guardando, con uno sguardo strano, che non ho mai visto addosso a nessuno.
Sembra: curioso, interrogativo, interessato. Un mix di emozioni gli passano sui quegli occhi così profondi e bruni, che ci perderei le ore a fissarli.
Ma il contatto dura poco, perché il professore torna a parlare.

“Ragazzi, fate silenzio per favore. Lo so che ci sono questi cinque ragazzi che vi fanno sognare, ma oggi i protagonisti sono i vostri compagni. Si sono esibiti splendidamente, forse qualcuno un po’ meno, ma non hanno niente in meno a nessun altro. Perché la grinta è quella che sovrasta. Ci sarà solo un vincitore, come dal tronde capita sempre. Ma per chi non ce l’ha fatta, stia tranquillo perché ci saranno altre soddisfazioni. Ora i ragazzi vi diranno qualche parola e poi sapremo il nome del vincitore”
Si fa da parte e passa il microfono a Harry. Subito ridacchio ricordandomi il suo discorso di prima.
E degli urletti nascono in fondo alla sala.
Harry cerca di fare il serio e prende a parlare.

“Ciao ragazzi! Non facciamo troppo casino, altrimenti qua ci cacciano. Niente, volevamo dire che siete stati bravissimi, dobbiamo ammettere che è stato difficile decidere chi far passare. È la prima volta che ci troviamo in questi panni, ma questo progetto necessitava di queste misure. Bene, faccio il valletto. Ragazzi chi vuole pronunciare il nome?” Domanda guardando i suoi compagni.
Niall alza la mano e Harry gli avvicina il microfono. Niall sorride e dice l’ultimo nome che io potessi aspettarmi.
“Alyssa Miller”

No! Non è vero! Questi tizi sono completamente matti! Qualcuno ha fatto uno scherzo di cattivo gusto e ora diranno che è tutta una farsa, oppure qualcuno ha cambiato identità.
Torno momentaneamente in quella sala e sento tutti applaudire e una ragazza accanto a me mi spinge in avanti sorridendo.
Non so cosa fare, sono completamente spiazzata.
Mi invitano a salire sul palco e goffamente ci arrivo. Subito Harry mi abbraccia seguito dal resto del gruppo.
E non l’avrei mai detto, ma nei loro abbracci mi sento bene.
Si complimentano con me e subito dopo mi danno una busta contenente le “istruzioni” per il loro progetto.
Non mi resta che sorridere a tutti loro e scendere nuovamente tra le persone normali.
Subito qualcuno mi viene in contro e mi abbraccia.

“Io lo sapevo! Sei un mito” Eloise ha le lacrime agli occhi e trattiene a stento un pianto isterico.
“Che fai piangi?” Le domando sorridendo.
“E’ che… Oh, fatti abbracciare. Finalmente hai combattuto e hai vinto”
Si El, ho superato questa tappa. Ma la battaglia non mi vedrà mai vincente.
 
Rileggo quello strano biglietto che mi rigiro tra le mani.
 
“50 Underwood Street London”
Ore 10 a.m.
 
Sono fuori ad una villetta di medie dimensioni, ben curata e oggettivamente elegante e facoltosa.
Ho parcheggiato lo scooter, rinsavito, a un palo li vicino e con un sospiro suono il campanello del cancello in ferro battuto.

Sbuca fuori dalla porta sopra le scale, la testa di Louis che mi sorride e mi apre il cancello.
“Alyssa, vieni, ti aspettavamo”
Con passo fintamente sostenuto, salgo le scale e lui si fa di lato per lasciarmi entrare.
“Prego entra. Gli altri stanno ancora dormendo, ma io stavo preparando la colazione. Hai fame?” Mi domanda mentre mi guida verso una porta a sinistra dell’ingresso, intravedendo un salotto alla destra.
“Hem, veramente ho già fatto. Ti ringrazio”
Mi guardo attorno affascinata, la cucina è enorme e ultra moderna. E Louis sa destreggiarsi bene tra tutti quegli utensili.
“Siediti. Tanto tra poco qui sarà una bolgia” Mi sorride prendendo a trafficare con tazze e biscotti.
“Se vuoi ti aiuto” Mi offro, incapace di stare con le mani in mano, mentre sono totalmente a mio disagio.
“Perché no, tieni, metti le tovagliette”

Mentre posiziono quelle tovagliette con disegni divertenti e colorati, sento delle voci provenire dalle scale.
“Lou, spero tu abbia preparato la colazione più enorme della tua vita. Ho una fame” Si materializza, con le mani in quel cespuglio, Harry, che non appena nota una figura diversa da Louis si blocca, facendo sbattere alle sue spalle un assonnato Liam.
“Hazza, ma che cazz…” Non completa la frase perché anche lui si blocca non appena mi guarda.

Ovviamente io, super imbarazzata chiedo aiuto a Louis con lo sguardo.
“Ragazzi, vi ricordate vero, che oggi Alyssa doveva venire a casa per iniziare il progetto?” Domanda divertito lui ai suoi amici.
“Porca puzzola. Me ne ero dimenticato” Dice Harry sprofondando su una sedia.
Liam entra in stanza sorridendo.
“Ciao” Mi saluta.
“Buongiorno ragazzi” Ricambio.
“Ovviamente i due ritardatari stanno ancora dormendo. Vado a chiamarli” Si offre volontario Louis, sparendo fuori la stanza.

“Vivete tutti insieme?” Domando curiosa.
Harry cerca di bofonchiare qualcosa, ma è impedito dal cornetto che sta addentando.
“Quando siamo a Londra per lavoro si, altrimenti ognuno ha la propria abitazione” Risponde Liam squadrandomi da capo a piedi.
Mi sento tremendamente fuori posto, come una forchetta nel bagno.
Eppure dovrei sentirmi totalmente a mio agio, nei miei confortanti jeans e maglietta, mentre loro sono in pigiama. Dannazione!

“Capisco”
“Comunque sei stata un fenomeno l’altro giorno alle prove. Dio, ho amato la tua versione di quella canzone” Si complimenta Harry, deglutendo l’ultimo pezzo di cornetto.
“Mi sono sorpresa io stessa” Incredibile, c’è anche chi mi ha apprezzato.

Louise torna con Zayn e Niall che dopo avermi salutato, si gettano anche loro a fare colazione.
Questi ragazzi sono tremendi. Mangiano come se non ci fosse un domani.

“Alyssa, se vuoi accomodati in salotto. Noi ci cambiamo e arriviamo subito”
Detto questo spariscono sulle scale e io mi dirigo in quello che dovrebbe essere il salotto.
Un divano bianco è al centro della stanza, di fronte ad esso un camino e sopra un televisore capeggia tipo quadro, un grande tappeto ai piedi del divano, un’enorme libreria alle spalle di questo.
Ma la cosa che lascia senza parole, è una gigantesca porta finestra che parte dal soffitto, fin ad arrivare al pavimento, con una tenda bianca tirata sul lato e fermata con un cordone dorato, facendo vedere il panorama del giardino.
Ma la vista non termina qui, c’è un pianoforte a coda nero lucente che esalta la perfezione della sala.

Intimidita, mi avvicino a quest’ultimo e ne sfioro i tasti, senza emettere nessun suono.
“Ti piace?” Domanda qualcuno sulla porta.
Sobbalzo e mi volto a guardare Liam appoggiato con una spalla allo stipite della porta.
“E’ meraviglioso” Ammetto guardandolo avvicinarsi.
“Già, sono d’accordo”
Sorrido e torno a guardare il piano.
“Ami quello che fai, non è vero?” Domanda curioso, avvicinandosi e appoggiandosi al piano accanto a me.
“Cioè?”
“Quando suoni, si è notato. Nascondi qualcosa dentro, che va ben oltre la passione”
Non è possibile. Mi volto a guardarlo con gli occhi sbarrati.
Qualcuno ha capito cosa volevo dire con quella canzone? Qualcuno veramente è riuscito a percepire il mio grido d’aiuto?

“Allora! Siamo pronti qui?” Domanda Harry entrando con gli altri in salotto.
Spezzo il contatto visivo con Liam e sorrido ai nuovi arrivati.
Avrò sicuramente interpretato male, Liam sicuramente avrà capito qualcos’altro. Con la mia corazza mai nessuno è riuscito ad entrare nel profondo e vedere quello che realmente nascondo.

“Parliamo del progetto!” Esordisce Zayn, sedendosi sul divano e facendomi segno di accomodarmi.
Si, sicuramente avrò capito male.

 

Kumusta a tutti quanti voi!
Come state? Siete sopravvissuti alle ultime notizie dei ragazzi?
Santo cielo cristallino, io devo riprendermi! Troppe notizie in così poco tempo e che cavolo! Ci vogliono stecchiti! 
Avete ascoltato la nuova canzone? Spero proprio di si, merita un sacco. E io mi sono commossa come una deficiente mel pezzo di Niall. Amo troppo quel ragazzo! 
E poi.. Avete saputo della terza data in Italia? Mi sono mangiata un braccio, primo perchè è seriamente, spaventosamente lontano da casa mia, ma poi, mia madre mi ha "gentilmente" ricordato che in quel mese sarò presa dalla laurea. Mi sarei buttata dalla finestra. Questo concerto non sa da fare per me! Buonjour tristesse! 
Fatemi sapere, voi ci andrete?
Torniamo al capitolo va.. Com'è? Non è niente di che in verità, ma era necessario. Lo chiamo di "passaggio" chi mi segue sa che adoro questa parola per i capitoli inutili :3
Ma inutile non è! Perchè finalmente Alyssa inizia a sbottonarsi un pò.. 
Vorrei ringraziare chi mi ha aggiunto ai seguiti, preferiti e ricordati. Però vorrei sentire i vostri pareri, perchè per crescere si deve sempre ascoltare chi la pensa bene e chi no.
Perciò vi faccio un appello *prova prova, accende il microfono* VI PREEEGO!! Mi lasciate un commentino piccolo piccolo piccolo? Please! Domani è anche il mio compleanno. Me lo fate un regalino ino ino?? :3

Ora vado. Spero di sentirvi presto. Buona serata.

   
 

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Capitolo 5
*** Nuove proposte ***


 


“Fatemi capire bene, voi volete una traccia nel nuovo cd con la mia voce?” Squittisco, non credendo alle mie orecchie.
“Esatto” Quasi ulula Niall, come un lupo fa quando c’è la luna piena.
Questi tizi, sono pazzi, completamente fuori.
“Quando abbiamo presentato la proposta al produttore ne è rimasto entusiasto. Così abbiamo deciso di andare proprio alla vecchia scuola di Liam per scovare il nuovo talento” Spiega, come se fosse una cosa ovvia, un sorridente Louis.
“Cosa dovrei fare, esattamente?” Domando, mista curiosa e spaventata.
“Quello che sai fare meglio: cantare. E se vuoi, possiamo anche studiare un pezzo che ti vede con il piano” Risponde Harry, ottenendo l’approvazione di tutto il gruppo.
Io, cantare e suonare. Due cose in cui me la cavo, ma che mi fanno stizza da morire.
“E se io non volessi partecipare?” Domando.
Loro rimangono in silenzio, guardandosi l’un l’altro. Sicuramente, non si aspettavano di certo questa domanda.
“Bhè, nessuno ti obbliga, solo che il progetto poi andrà nel dimenticatoio e addio novità” Risponde impacciato Zayn, grattandosi la nuca.
“Posso pensarci?” Domando.
“Ma certo! Solo, per favore, non ci mettere un’eternità, altrimenti poi facciamo vecchi” Risponde Niall strizzando l’occhio.
“Promesso, parola di lupetto”

Loro scoppiano a ridere, ma nel frattempo qualcuno suona alla porta.

Harry si alza e va ad aprire. Non riesco a sentire cosa si dicono, ma lui torna in salotto.
“Liam, c’è la tua dolce metà che ti attende in macchina” Dice, monocorde lui.
Non sapevo Liam fosse impegnato, ma, ovviamente, io non so assolutamente nulla di loro.
Ma la domanda fondamentale è: perché sto guardando con uno sguardo afflitto Liam, mentre si alza dal divano e chiedendo scusa si allontana?
I ragazzi borbottano tra loro e io rimango in silenzio, fissando il caminetto spento.
“Ragazzi io vado, sapete com’è… Alyssa scusami, ma per qualsiasi cosa ci sono loro a cui chiedere”
Detto ciò, Liam si avvia all’ingresso e quando sento la porta chiudersi riprendo a respirare. Non mi ero nemmeno accorta di star trattenendo il respiro.
“Ah, ditemi tutto quello che volete, ma quella li non la sopporto proprio!” Sbotta Harry incrociando le braccia al petto e sprofondando nel divano.
“Hazza, non  intrometterti” Lo rimbecca Zayn.
“Non è minimamente il suo tipo” Si affretta a spiegare Louis.
“Liam è fidanzato?” Domando con un filo di voce io.
“Fidanzato è dire tanto, si sta frequentando da un paio di mesi con questa ragazza, una cotta di scuola superiore che si è rifatta viva ora” Spiega Harry.
“E hanno già litigato” Puntualizza Niall.
“Ragazzi insomma” Si alza dal divano, esasperato, Zayn. “E’ la sua vita. Saranno pure cavoli suoi no?”
Cala il silenzio tombale e nessuno osa più ribellarsi. Almeno per qualche secondo.
“A me non piace” Torna a dire il riccio.
Esasperato Zayn, che combatte da solo contro tre, va in cucina per prendere chissà cosa.
“Allora io vado” Dico io, alzandomi in piedi.
“Vai già via?” Domanda Harry, triste?
“Penso che quello che avevate da dirmi me l’abbiate già detto no?” Domando portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, per mascherare una punta di imbarazzo.
“Oh, certo”                          
“Quello che Harry vorrebbe dire” Si intrufola nel discorso Louis “E’ che riceviamo visite raramente, il nostro manager ci ha vietato di farci vedere in pubblico prima dell’uscita del film e la sua parola è legge. La venuta a scuola è stato del tutto in via eccezionale, dato che era per lavoro”
“Volete dirmi che non uscite?” Domando sbigottita. “Liam è appena andato via”
“Infatti l’ha fatto senza avvisare nessuno, altrimenti non avrebbe avuto l’approvazione. Ma dato che hanno litigato, lui e lei, ha deciso di infrangere le regole”
Ha rischiato. Ecco l’esempio di una persona che se ne infischia delle cose che gli vengono dette. Lui ha la capacità di ribellarsi, ma d’altro canto, non ha nessun problema che l’affligge.
“Mi è venuta un’idea” Li informo.
“Cioè?” Domanda uno speranzoso Niall.
“Che ne dite se chiamo una mia amica e rimaniamo a pranzo? Cuciniamo noi!” Propongo timidamente, non sapendo le loro reazioni.
“Cibo?” Domanda sempre Niall con un luccichio negli occhi.
“Nialler! Ma insomma” Lo strattona Louis ridendo.
“Accettiamo l’offerta” Urla Harry abbracciandomi. Santo cielo, dentro questi corpi da uomini, nascondono anime da bambini.
“Che succede?” Torna in salotto Zayn con un bicchiere colmo di succo.
“Alyssa ha avuto un’idea geniale” Lo informa Niall.
“Sarebbe?” Domanda lui, porgendomi il bicchiere.
“Per me?”
“Certo, sei pallida come un vampiro, bevi, ti farà bene” Risponde Zayn sorridendo.
Rimango stupefatta dalla sua gentilezza. Sono formidabili. E io non li conoscevo per niente. Che deficiente!
“Grazie” Sussurro accettando il bicchiere.
“Ha offerto di prepararci il pranzo”
“Cristo, Niall! Ma di tutto il ragionamento hai solo afferrato l’argomento cibo?” Domanda Harry.
“In pratica Alyssa, sapendo le nostre condizioni, si è offerta di invitare una sua amica e rimanere a pranzo, con l’intento di cucinare loro per noi” Spiega Louis.
“Ottimo! Ci sto” E la parola di mr.Malik è legge!
 
“Tu non stai scherzando vero? Altrimenti giuro che…”
“El, per favore! Non sto scherzando! Porta il tuo sedere qui e tutto andrà bene. Poi ce la caveremo”
“Oddio, oddio non ci credo”
“Quando la smetterai sarà tardi. Ti aspetto tra mezz’ora a quest’indirizzo. Non un minuto di meno e ne uno di più. Ciao”

Chiudo la conversazione telefonica sorridendo. Le prenderà un coccolone, ne sono sicura.
Non so nemmeno io cosa mi sia passato per la testa, quella proposta mi è uscita fuori come se non ci avessi nemmeno ragionato. Invece, dovrei essere a casa a pensare alla loro proposta.
Incidere un brano, con loro. Sarebbe un’opportunità più unica che rara e saprei che sarebbe un grande passo in avanti. Ma ci sono tanti pro e contro da studiare.
Ma forse il bello è proprio questo, gettarsi in un’avventura ignota, che nessuno ha programmato. La mia psicologa ne sarebbe entusiasta.
Ma poi, che ne posso sapere io dell’adrenalina che si proverebbe? Se non tenti non puoi mai capire, no?
Che significa questo? Che dovrei tentare? Dio, sono più le domanda che mi girano in testa, che le risposte vere e proprie.

“Disturbo?” Domanda Niall entrando in salotto.
“Hei, assolutamente no. È casa vostra”
Lui sorride e si siede sul divano accendendo la tv.
“Ti va di vedere qualcosa mentre aspettiamo la tua amica?” Mi domanda.
“Perché no” Rispondo mentre mi siedo accanto a lui.
Dopo un po’ di zapping, decide di fermarsi su un cartone animato dei Looney tunes, che trasmette un episodio del Gatto Silvestro e Titty.
“Non dirmi che ti piacciono” Urlo sorpresa nella sua direzione.
“Non mi piacciono infatti, io li adoro!” Puntualizza lui, quasi fiero.
“Oddio Niall, sei adorabile. E ti confesso, li adoro anche io”
Lui si gira scioccato verso me.
“Non stai scherzando, vero?”
Scoppio a ridere. In dieci minuti scarsi lui è la seconda persona che crede lo stia prendendo per i fondelli.
“No Niall, non lo farei mai”
Lui sorride e torna a guardare un Silvestro disperato, mentre cerca di acciuffare Titty.
“Ho sempre ammirato Silvestro” Dico mentre anche io, guardo quelle scenette ormai a memoria “Da piccola era il mio cartone animato preferito, mi piaceva quel gatto, con tutti i suoi difetti, con quella parlata strana che sputacchiava, ma ammiravo il suo coraggio. È insensato, dopo tutto è solo un pupazzo inanimato, ma mi piaceva la sua tenacia, non si arrendeva mai, continuava imperterrito a cercare di acciuffare quel pennuto”
Ricordo quando mia madre mi teneva tra le braccia e insieme ci sedevamo in salotto, su una poltrona enorme, che poteva contenere benissimo due persone. Lei mi stringeva a se e perdevamo intere serata a guardare le vicende del gatto. Mi piacevano quei momenti, dove eravamo solo io e lei.
Quei momenti dove vivevo una vita normale, accanto a una madre e a un padre che ti amano, con un destino non ancora scritto, con un futuro.
“Non dovrebbe essere così? Normale?” Domanda lui.
“Dovrebbe, ma pensaci, alle volte si ha paura delle conseguenze di un gesto. Si ha paura della verità”
“Ma bisogna buttarsi, altrimenti non sai mai cosa ti sei perso. E i dubbi ti corrodono”
Hai ragione Niall, ma non sono i dubbi che mi stanno corrodendo di già.

“E voi, che state facendo?” Domanda Zayn sedendosi accanto a me.
“Ho trovato un’alleata nei Looney tunes” Dice orgoglioso Niall alla mia destra.
“Ti prego, dimmi che sta scherzando” Al contrario di Zayn afflitto, alla mia sinistra.
Scoppio a ridere e mi trascino i due insieme nella risata.
 
La suoneria del telefono mi strappa al momento fondamentale dell’episodio, in cui Silvestro cerca invano di acchiappare Titty, Niall borbotta per l’interruzione e io mi alzo per rispondere alla chiamata.
“Sono fuori, ma sicuramente ho sbagliato indirizzo, credevo fosse leggermente più piccola questa cosa qui davanti”
“El che stai dicendo?”
“Sono fuori la villa tesoro, aprimi” Chiude la chiamata e scuoto la testa.
Mi dirigo alla porta e apro per constatare veramente che Eloise sia fuori, mentre si tormenta il labbro inferiore saltellando a disagio da un piede all’altro, di spalle.
Quando mi avvicino per aprire il cancello, allungo la mano nello spazio tra le sbarre e la sfioro.
Lei urla e si gira di scatto, facendomi sganasciare dalle risate.
“Ma allora sei deficiente forte!” Si lamenta con una mano sul cuore.
“Oddio, dovresti vederti, sei uno spasso. Su dai entra” Le apro il cancello e lei mi si para accanto.
“Dici che se mi viene un attacco di panico e svengo, loro mi fanno la respirazione bocca a bocca?”
Mi giro a guardarla interrogativa. Lei fa una faccia buffa e sorridendo la spintono.
“Smettila El!”

Entriamo in casa e mi richiudo la porta alle spalle, mentre una curiosa Eloise si guarda attorno, che voglia prendersi qualche souvenir da portare, tipo trofeo, a casa sua?
“Porca miseria, non trovo il mio orologio. Dove sarà andato a finire?”
Proprio in quel momento scende le scale Harry, guardandosi attorno per trovare il suo fantomatico orologio.
Alza la testa, ma l’unica cosa che trova sono due ragazze in piedi sull’uscio.
“Hem… Harry ti presento la mia amica Eloise” Faccio le presentazioni io.
I due rimangono alcuni secondi spiazzati, Eloise sicuramente si sarà dimenticata come si respira e la guardo boccheggiare, per fortuna il primo a riprendersi e ad andarle in soccorso è lui, che le allunga l’enorme mano e si presenta. Lei, dal suo canto, guarda la mano e con una gomitata della sottoscritta, si riprende e grazie a Dio, fa la persona educata.
Si presenta e subito dopo escono li altri tre incuriositi e presentandosi a loro volta.
“Allora, che si mangia?” Domanda Niall, tenendosi la pancia e noi scoppiamo a ridere.
“Cristo Niall, abbiamo due donne in casa e l’unica cosa che pensi è il cibo?” Domanda Zayn andando in cucina e stappandosi una birra.
“Poi è logico che non ha ancora una ragazza” Si lamenta Louis, appoggiandosi con una spalla allo stipite della cucina.
“Ma non manca Liam?” Eloise, mi si avvicina e mi sussurra all’orecchio.
“E’ uscito con la sua ragazza” Risponde Harry, afferrando il discorso.
“Ha una ragazza?” Squittisce lei.
Harry fa un risolino, come a voler confermare alla domanda della mia amica.
“Non lo sapevo” Aggiunge triste.
“Te ne farai una ragione” Dice Zayn uscendo dalla cucina e salendo al piano superiore.
“E’ il suo migliore amico. Lo difende anche quando prende delle decisioni orrende” Dice Niall.
“A voi non piace lei?” Domanda, finalmente io, entrando nel discorso.
“Non è che non ci piace, è una questione di sensazioni, a pelle. La vediamo troppo sulle sue, troppo schizzinosa. Bho, contento lui. Contenti tutti noi, ma può avere di meglio” Ci spiega Louis.
Non conosco niente di loro. Mi appunto in mente di fare una ricerca non appena torno a casa. Mi servono informazioni, ma chiederle ai diretti interessati non mi va. Evviva la mia corazza!
 
“Che prepariamo?” Domando a Eloise, visto che ci hanno lasciate sole dopo ore di persecuzione quei quattro. Non vedono gente nuova da una vita.
Lei si infila il grembiule, allacciandoselo in vita e ci pensa su.
“Ci sono! Che ne dici di pasta con la panna e prosciutto? La facemmo quella volta che rimanemmo a casa tua a mangiare. Uscì bene”
“E pasta sia. Speriamo siano assicurati in caso di avvelenamento”
Lei scoppia a ridere e mi allunga un coltello, con cui dovrei tagliare a listarelle il prosciutto.
Mentre siamo prese a preparare, sentiamo aprire la porta e subito dopo vediamo passare Liam, tornato a casa.
Da un’occhiata di sfuggita alla cucina, ma i nostri occhi si incontrano e sento nuovamente quella fastidiosa presa al cuore. Lui fa per proseguire, ma si blocca e torna indietro.
“Che ci fai qui?”
Eloise fa un piccolo salto e si gira a guardare il nuovo arrivato.
“Mi hanno invitato i tuoi amici, e lei è Eloise la mia migliore amica”
Lui saluta Eloise, ancora, nuovamente, colta da un attacco di mutismo.
“Spero non ti dia fastidio” Aggiungo io, rossa in viso.
Lui mi guarda e mi sorride, facendo allargare le sue labbra. Dio, adoro quell’espressione. Le sue guance si tendono, la sua barba che contorna le mascelle si distende.
“Nessun problema. Anzi, la cucina di Harry è insopportabile. Vi serve una mano? Mi vado a cambiare e torno subito” Detto ciò, sparisce fuori la stanza e lo sentiamo salire di corsa le scale.
“O-mio-Dio” Balbetta la mia amica, ancora con il mestolo in mano, mentre guarda la porta.
“El, riprenditi, altrimenti non arrivi a fine giornata” Ridacchio io, mentre riprendo il mio lavoro di tagliere.
Lei scuote la testa, respira e apre il frigo, in cerca di altri ingredienti.

Mi ritrovo a canticchiare un motivo stupido, rilassata.
Da quanto tempo non passo una giornata spensierata? Da quando non mi capita di canticchiare allegramente?
Che mi sta prendendo? Che siano questi nuovi ragazzi a farmi bene?
Aly, troppe domande. Sai che quando ti imbottisci la testa di troppi interrogativi, poi ne fai indigestione e stai male.
“Che faccio?” A riscuotermi è proprio lui, Liam. Che è tornato in cucina e si sciacqua le mani.
“Chiedi a lei. È lei che comanda” Alza le mani Eloise e lui sorridendo mi guarda aspettando una commissione.
“Hem… Si, pesa la pasta” La pasta! Diamine, sono il ritratto della fantasia.
Lui afferra un pacco di pasta dalla credenza e ne versa tutto il contenuto nello scolapasta, senza pesarla.
“Ma è tanto” Tendo a precisare io.
“Ma tu non hai nemmeno idea di quanto mangiamo noi e se stai pensando alla colazione di stamattina, sappi che quello non era niente” Mi alza il dito indice, in segno di ammonimento e io rido al suo pensiero azzeccato, stavo proprio pensando a questo.
Dall’altra parte della stanza Eloise guarda la scenetta sorridendo compiaciuta tra se.

 

Kumusta a todos.
Come state? 
Stiamo entrando nel vivo della storia, il prossimo capitolo sarà scoppiettante.
Come vi sembra la storia?
Mi dispiace che non ci sia molta partecipazione, perchè vi vedo, state aumentando, ma mi dispiace non ci sia partecipazione.
Lo so, alle volte è un pò scocciante scrivere le recensioni, sono lettrice anche io.
Ma credetemi un vostro parere mi farebbe veramente star bene. 
Sono molto alla mano, chi ha già letto la mia originale lo sa. Se inizio a prendere confidenza inizio a dire cavolate.
Va bene, non c'entra nulla.
Niente, fatemi sapere. Io vorrei iniziare a pubblicare due capitoli a settimana, che ne pensate? Potreste essere d'accordo? Dato che ho un bel pò di capitoli scritti e ormai la mia originale l'ho terminata questa settimana.
Ringrazio comunque chi si sta aggiungendo e ringrazio chi mi appoggia nella storia.
Fatevi sentire dai, so che ci siete! Siete li ;)
Un bacione a tutte e buon fine settimana. Dalla prossima settimana potrei prendere a pubblicare il doppio capitolo. Ditemi voi.
Ciauuuu :*

 



 
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Capitolo 6
*** Fuori posto ***


 
“Cavoli, siete un fenomeno a cucinare” Dichiara Niall, mantenendosi la pancia, dopo aver mangiato tipo tre piatti e mezzo di pasta, contando il fatto che ha mangiato anche la mia di metà.
“E se lo dice lui, potete starne tranquille” Continua Zayn, appoggiandosi alla spalla del biondo.
Noi, dal nostro canto, chi impacciata e chi timida, ringraziamo in silenzio.
“Non siete di molte parole?” Ci domanda Harry a capotavola.
“Lei è quella che parla tanto, ma essendo una vostra fan è impacciata” Dico io, facendo segno a Eloise che mi tira un pizzico sulla mano.
“E tu invece?” Domanda Liam, appoggiando le braccia conserte sul tavolo.
“Lei invece è l’intellettuale, colei che pensa troppo, ma non parla mai” Stavolta a rispondere è la mia amica per me.
“Tipo Amleto” Ci pensa Harry.
“Come cavolo ti escono queste cose?” Gli domanda Louis, girandosi a guardarlo, come d’altronde facciamo tutti noi.
Harry alza le spalle e fa una strana smorfia con le labbra facendo ridere i presenti.

“Perché non ti piace parlare?” Domanda sempre Liam fissandomi.
“Perché preferisco altri modi di comunicare” Spiego scrollando le spalle. Non posso spiegare il mio mondo, la mia confusione, il mio infermo.
“Tipo suonare?” Domanda Louis, intromettendosi nel discorso.
Io assecondo con il capo sorridendo.
Suonare, è sempre stata la mia passione. Il voler cercare di far sentire quello che sento io agli altri. Il volermi sfogare e non trovare altri modi, visto che altri modi sono quasi tutti pericolosi per me.
Amo perdermi tra quelle note, amo il fatto di essere sommersa da quel fracasso quando suono, amo il fatto che quando suono sono me stessa.
“Sei brava in quello che fai” Dice Zayn.
“Ti ringrazio, lo faccio da una vita, perciò non ci penso nemmeno a quello che faccio. Mi esce naturale. Nessuna dote” Alzo le mani in segno di resa.
“Invece credo sia una dote eccellente, molti anche se studiano per un sacco di tempo non riescono mai a venirne a capo. Non è da tutti” Spiega Louis. “Lo so per esperienza, suono anche io il piano, ma spesso mi ingroviglio io stesso” Continua con un sorrisino.
Non so che dire, così rimaniamo in silenzio, giocherellando con le posate.
“Allora, tocca a lavare i piatti. Chi si offre?”
Ovviamente, per senso di ospite, mi dichiaro favorevole a quest’azione. Liam subito alza la mano e sorridendo mi aiuta a raccogliere i piatti e portarli al lavello, mentre li altri si alzano e vanno in salotto.

“Non c’è bisogno che mi aiuti, so fare da sola”
“Guarda che è casa mia, dovrò pur far finta di assolvere le gentilezze del proprietario” Dice lui alzando un sopracciglio e affiancandomi al lavabo.
Rido sinceramente divertita e in religioso silenzio prendo a lavare i piatti per poi passarli a Liam che li sciacqua. Quando abbiamo finito, lui si offre categoricamente di asciugarli. Così io mi siedo sul mobiletto accanto al lavandino, mente lo osservo preso nelle faccende.
“Non sei una nostra fan vero?” Domanda lui, con uno straccio in mano e un piatto nell’altra.
“Beccata” Rispondo io abbassando lo sguardo.
“L’avevo capito. Non sei come le altre” Dichiara lui sogghignando.
“In che senso?”
“Bhè, ci sono due tipi di fan: chi prenderebbe a parlare a macchinetta e getterebbe le braccia al collo piangendo e devo dire che sono molto carine quelle di questo tipo, poi c’è il genere che perde la parola, esempio lampante Eloise. Perciò ne deduco che tu non ci conosci” Spiega, soddisfatto del suo discorso.
“E ti dispiace?” Domando facendo dondolare le gambe.
“No. Assolutamente. Anzi, mi piaci! Cioè, voglio dire… Ci piaci. Non ci giudichi, apprezzi realmente quello che facciamo. Sempre se ti piaccio, cioè… Non volevo dire io, ma tutti noi. Ma che diamine sto dicendo? Non so nemmeno se ti facciamo schifo” Parla a macchinetta e si nota un evidente imbarazzo.
Trattengo una risata, mordendomi il labbro quasi a sangue e scendo giù dal mobile, togliendoli il piatto ormai asciutto, che continua a rigirarsi tra le mani.
“Liam. Calmati. Non vi conosco è vero. Ma ho avuto modo di ascoltare qualche vostra canzone sotto suggerimento di Eloise e siete bravi. Molto, molto bravi. Se non vi ho mai ascoltato prima non è una colpa. È stata solo distrazione, diciamo che ascolto altro”
“E cosa?” Domanda fissandomi.
“Spazio un po’ ovunque, ma i miei preferiti sono gli Imagine Dragons, Sting, i Pink Floyd e i Muse Ho un genere tutto mio. Dipende dal mio umore. Potrei deprimermi con una sonata a pianoforte di Enaudi e potrei saltellare per casa con il rock dei Muse” Sorrido e credo di averlo rassicurato. Lui, per conferma, sorride e prende ad asciugare gli ultimi piatti rimasti bagnati.
Sto per uscire dalla stanza, quando una sua richiesta mi richiama e mi giro a guardarlo.
“Ti va di un gelato? Conosco una gelateria fenomenale”
Subito, senza pensarci e meravigliandomi, accetto al volo. Può considerarsi questa un’uscita in campo?
 

“Prendo solo stracciatella” Dico a Liam, mentre ordina due coni gelato.
Lui ha deciso su un mega cono, doppia panna, e la situazione mi fa sorridere, dato anche il fatto che abbiamo appena finito di pranzare.
Non appena abbiamo avvisato li altri che saremmo usciti, tutti hanno accettato di buon grado e Eloise mi ha strizzato l’occhio, mentre chiudevo la porta. Scuoto la testa divertita e aspetto Liam fuori la gelateria.
Arriva dopo qualche minuto, con due coni completamente diversi.
Afferro il mio e prendiamo a passeggiare affiancati dal Tamigi.
Camminare accanto a Liam è strano. Per quanto ha potuto mascherarsi, con cappello a visiera e occhiali da sole, è stato riconosciuto dai suoi fan e tutti gli hanno chiesto una foto e un autografo. Lui non si è mai tirato indietro, anzi, con un sorriso ha sempre accettato.
Non lo conosco, ma posso giurare che ha un cuore d'oro.

“Com’è?” Domanda lui, riferendosi al gelato.
“E’ ottimo”
“Peccato tu abbia preso solo quel gusto, li dentro ne è pieno di scelte”
Alzo le spalle e torno a dedicarmi al mio gelato.
“Non mangio molto” Spiego, con un filo di voce, credendo che non mi abbia sentita. Ma ovviamente…
“Sei troppo magra, dovresti mangiare di più”
Ridacchio e scalcio una piccola pietra sulla strada. Già, essere troppo magra è compreso nel pacchetto verso l’inferno.
“Cercherò di mangiare di più” Taglio corto, chiudendo il discorso.
Passeggiamo sul ponte e dopo aver finito i gelati ci affacciamo alla ringhiera, per osservare l’acqua che scorre sotto i nostri nasi.
“Hai sempre vissuto a Londra?” Domando incuriosita della sua vita, girandomi a osservare il suo profilo.
E il cuore ha una capriola. È semplicemente fantastico. Quella barbetta che gli incornicia il viso, vorrei tanto sfiorarla e sentirne la consistenza sotto le dita. Fortunatamente torno in me stessa, scuotendo fragorosamente la testa.
“No, ho vissuto per tanti anni a Wolverhampton, ho passato li tutta la mia infanzia e la mia adolescenza. Quando ho iniziato la carriera con i ragazzi ci siamo trasferiti qui. A Wolverhampton ho i miei genitori e ho due sorelle maggiori. E tu? Hai sempre vissuto qui?”
“Da quando ho memoria si. Vivo con mio padre. Abbiamo una villetta in periferia, niente di che. Ma è il nostro nido”

Sorrido involontariamente, ricordandomi le solite raccomandazioni di mio padre di stamattina mentre si girava tra le lenzuola, assonnato per il fatto che stanotte è stato chiamato d’urgenza. Anche quando dovrebbe essere tra le braccia di Morfeo, è sempre li, a recitare la litania di raccomandazioni.
“Solo con tuo padre?” Domanda lui.
“Si. Mia madre è fuori per lavoro. In verità non so nemmeno dove abiti” Spiego cupa.
“Mi dispiace” Si affretta a scusarsi lui.
“Tranquillo. Alla fine non dispiace a nessuno che lei non c’è. Ne minimamente l’è mai passato per la testa a lei, ne a noi. Ognuno prende le decisioni che vuole, no? Lei ha fatto la sua”
Non volevo parlare di questo, ogni volta che se ne parla dentro casa, mio padre si ammutolisce e gli cresce un muso enorme. Ho imparato a non parlarne con nessuno. Perché so che nessuno può riportarla da noi. Sarebbe tutto tempo sprecato.

“Liam? Che ci fai qui?”
Una voce ci fa girare di scatto. E una ragazza non più alta di me, ancheggiando su dei tacchi vertiginosi, si avvicina a noi. È bella, ma ha qualcosa che mi fa scattare e fare un passo in dietro. I suoi capelli lunghi e castani svolazzano qua e la. Il suo viso è coperto parzialmente da occhiali da sole identici a quelli di Liam.
“Hei ciao” Si avvicina lui, lasciandole un bacio sulla guancia.
E subito i miei neuroni fanno due più due.
Ragazza, lui, bacio. No, ti prego! Fa che abbia sbagliato deduzione.
“Ero a farmi un giro con Alyssa, volevo farle provare il gelato più buono di Londra” Spiega lui affiancandola.
Lei mi guarda, inespressiva.
“Giusto, tu sei la nuova componente del gruppo” Dice ridacchiando. E il suo suono è totalmente e completamente diverso al suono della risata di Liam.
Ancora, di nuovo questi pensieri.
“Non sono una componente” Spiego io, sempre imprigionata con le spalle al muro del ponte.
Mi torturo le dita, abbassando lo sguardo. Dio, sono così perfetti insieme.
“Paul non vi aveva detto di non uscire?” Domanda lei tornando a guardare il suo ragazzo.
Liam si passa una mano tra i capelli, impacciato. E mi rendo conto di essere la causa di questa diatriba.

“Scusa Liam, devo tornare. Mio padre sarà in pensiero. Torno a casa vostra per avvisare Eloise. Grazie di tutto. Ci vediamo” Non gli do nemmeno l’opportunità di ribattere, che volto le spalle e corro verso la realtà.
Devo smetterla! Smetterla di scordarmi chi sono realmente! Smetterla di scendere in campo con questi ragazzi. Mi farò solo male. E di sentirmi male ne ho abbastanza.
 

“Eloise, devo tornare a casa” Mi fiondo dentro, quasi ribaltando Harry che mi aveva aperto la porta.
Lei è seduta sul tappeto mentre gioca alla playstation con Louis e Zayn.
“Hei, che succede?” Domanda Harry seguendomi.
Vado al divano, afferro la borsa e me la metto a tracolla. Ho solo un desiderio ed è uscire da qui dentro il più presto possibile.
“Nulla, devo solo andare a casa” Ho il fiatone. E non per la corsa pazzesca che ho fatto, ignorando il lancinante dolore al fianco.
“Ti senti bene?” Domanda la mia amica afferrandomi per le spalle e guardandomi negli occhi.
“Si, i-io sto bene. Voglio solo tornare a casa. Ti prego” Le rispondo con le lacrime agli occhi.

“Ti accompagno io” Dice una voce dietro di me. Niall.
“No, non dovete uscire voi” Sussurro schiarendomi la voce.
“Non se ne parla. E poi non era una domanda. Ma una constatazione. Vieni” Dice lui, aprendo la porta di casa.
“Vai, io ti raggiungo tra poco” Mi dice Eloise, lasciandomi un bacio tra i capelli.
Saluto velocemente i ragazzi, che si erano affacciati nel corridoio per verificare che stessi bene.
Dispiaciuti, ricambiano al saluto, mentre mi chiudo la porta alle spalle.
 

In macchina, fisso la strada fuori il finestrino, torturandomi con i denti il labbro inferiore.
Cosa avrà pensato? Sicuramente che sono una catastrofe naturale, aveva appena fatto pace con la sua ragazza e dopo questa mia uscita si troverà punto e a capo. Sono un disastro.
Ma, soprattutto, perché mi sono presa a cuore quel ragazzo? Dopo tutto non lo conosco e poi stiamo parlando di una persona famosa. L’idolo della gente normale, non come me.
Non di una ragazzina con un sacco di problemi che si domanda se domani metterà piede fuori dal letto.
Mi odio, si mi odio tremendamente. Perché ho avuto questa crisi? Perché voglio solo rannicchiarmi in un angolo e piangere?
Non piango da una vita, anche se con quella canzone, quel giorno, ho aperto nuovamente la diga che mi bloccava il dolore.
Andare a quella gara è stato solo un male. Una battaglia persa in precedenza. Cosa mi aspettavo? Di uscirne vincente? Di farla franca all’inferno? Lui è sempre li, dentro di me, che mi ricorda in continuazione che non andrò da nessuna parte, che lui vincerà prima o poi.

Chiudo gli occhi, per trattenere lacrime amare, disperate, infuocate.
“Come ti senti?” Ad un tratto mi ricordo di non essere sola in questo momento.
Mi passo una mano tra i capelli e sospiro, cercando di riprendere il normale battito del cuore.
“Bene Niall. Grazie per il passaggio. Non dovevi”
“Te l’ho detto. E poi non volevo che andassi da sola a casa tua”
Mi giro a guardarlo. È una persona stupenda. Mi dispiace non averli conosciuti prima, mi sarebbe piaciuto essere una loro fan, vederli crescere, vederli progredire, vedere la loro fama.
“Sei gentile. Ti ringrazio”
Rimaniamo in silenzio per un po’, spezzato subito da una strana suoneria di un telefono.
Niall cerca nelle tasche dei jeans il suo cellulare e accetta la chiamata.
“Liam, che succede?” Domanda e io ho un tuffo al cuore.
“Si, lei è con me”
Ha domandato di me? Probabilmente perché vorrà mettermi in uno scatolone e spedirmi in Australia insieme ai canguri.
“E’ tutto apposto Lee, sta tranquillo. Ok, ci vediamo tra poco. Ciao”
Chiude la conversazione e appoggia il telefono sul cruscotto della macchina.
“Era Liam” Constata con un sospiro.
Io assecondo solo con un cenno della testa, tornando a guardare fuori e osservando il familiare quartiere.

“E’ per lui che stai così?”
Mi giro di scatto e guardo quel ragazzo, così particolare, con un profilo fenomenale. I suoi capelli solo alzati da un po’ di gel, biondissimi, gli occhi quasi non si riescono a vedere, ma si nota quel bagliore, di un azzurro intenso e folgorante. È destabilizzante.
“C-come?” Domando presa di contropiede.
“Era preoccupato perché è tornato poco fa a casa e ti cercava, i ragazzi gli hanno detto che non ti sei sentita bene e che ti ho accompagnato a casa. Faccio la somma e suppongo che tu sia voluta tornare a casa per qualcosa che è successo con lui” Spiega, senza fare una piega lui.
Sospiro e cerco di regolarizzare il respiro, che si è nuovamente fatto affannoso.
“No, Niall. Semplicemente ero agitata per la corsa che ho fatto, dovevo tornare a casa perché mio padre mi aspetta, e poi Liam aveva trovato un impegno”
“Oh, un impegno certo. E questo impegno ha un nome?” Domanda lui con un piccolo sorriso.
“Finiscila biondo. O ti farò la tinta rossa”
Lui scoppia a ridere e si ferma sotto casa. Spegne il motore e si gira a guardarmi.
“Abiti qui?”
Io mi giro a guardare la mia umile villetta, non sarà niente di che, ma è casa.
“Ebbene si”
“Vedo tutto chiuso, la scusa di tuo padre non regge con me” Mi prende in giro.
“E’ che ho da fare un bel po’ di cose” Effettivamente mi ero completamente dimenticata che oggi ho la seduta dalla mia psicologa preferita.
“Va bene, non voglio sapere altro”
Ridacchiando apro la portiera della macchina, ma subito dopo mi giro a guardarlo.
“Grazie Niall. Veramente”
“Figurati. E comunque pensa al nostro progetto, ci farebbe veramente piacere lavorare con te”
Con un cenno del capo scendo dalla macchina e apro il cancelletto di legno. Un ultimo saluto e Niall va via.
Il progetto, avrò molto a cui pensare.

 

Kumusta a voi e ai vostri antenati.
Non chiedetemi il senso del saluto, non saprei come rispondervi.
Bene, bentornati a tutti voi.
Ecco qua un nuovo capitolo. 
Ve l'avevo detto che da qua la storia si faceva più interessante. Ebbene, Alyssa fa la conoscenza di Mirs Potato, hem... Volevo dire Sophia. Smettila di essere villana Ila, non è un bene.
Dicevo? Ah si.. La fidanzata di Payne. A proposito, qual'è il vostro giudizio di questa coppia all'infuori della storia? Indovinate la mia... Ok, non ne parlo più!
Ho deciso di aggiornare due volte a settimana, per iniziare a incrementare con questa storia e anche perchè ho avuto un paio di consensi.
Niente, spero vi piaccia il polpettone che sto ideando. 
Se c'è qualcuno dei miei lettori della mia storia (Perdersi, ritrovarsi e amarsi) li saluto con tutto l'affetto del mondo, perchè state credendo in me e state leggendo qualcosa di diverso rispetto a quello che sono solita postare.
Invece, saluto tutti voi nuovi con altro affetto, perchè state aumentando, però, però però, c'è sempre questo silenzio inquietante... Me paura!
Allora, aggiornerò di martedì e venerdì. Perciò ci becchiamo venerdì.
Fatevi sentire! Ve ne prego in aramaico antico. :)
Un bacione.
-Ila- 
 






 
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Capitolo 7
*** Affare fatto ***




“Raccontami di questo ragazzo” Mi sprona la psicologa, seduta dietro la sua solita scrivania, con il block notes a portata di mano, penna tra le dita e occhiali posati sul naso adunco.
Mi agito sulla mia poltrona verde, cigolando, a disagio.
Le ho raccontato di quello che mi è capitato in questi giorni, l’audizione, la canzone, le lacrime fino ad arrivare alla mia fuga di questa mattina.
“E’ un ragazzo simpatico” Dico io, mentre prendo a torturarmi le dita.
“Alyssa” Mi rimbecca lei, guardandomi da sopra la montatura degli occhiali.
Sospiro e mi perdo, come sempre, a vedere lo spettacolo fuori la finestra. Se c’è una cosa che odio è passare due pomeriggi a settimana qui dentro, però mi piace ammirare come cala il sole a quest’ora. E la stanza della dottoressa offre un quadro reale sul mondo.
Un colpo di tosse e torno in quella maledetta stanza piena di libri che incutono noia non appena ci poggi gli occhi sopra.
“Lei mi sta chiedendo troppo, non so nemmeno io cosa raccontarle di Liam. Non lo conosco. Posso solo dirle quello che ho potuto notare di lui in questi giorni frammentati. Ho visto e ne sono certa, che è una persona fantastica, squisita. Ho visto i suoi occhi e parlavano da soli. Sa, io credo che gli occhi di una persona siano lo specchio della sua anima. E l’anima di Liam è pura. Sorride e sembra sprigionare luminosità. Mi è piaciuto il suo non giudicare quando le ho raccontato di mia madre. Mi è piaciuto anche quando siamo rimasti in silenzio a guardare l’acqua del fiume scorrere sotto al ponte. Non mi sono sentita a disagio. E non mi sono sentita giudicata”
Lei sorride e scarabocchia chissà cosa su quelle pagine bianche. Ad un tratto alza la testa e mi scruta.
“E del suo lavoro cosa ne pensi?”
Scuoto la testa e torno a guardare fuori la finestra.
“Non ci penso, è semplice. Stiamo parlando di un idolo per un sacco di gente li fuori. Gente normale, che canta, balla, si diverte con loro e senza di loro. Poi ci sono io, sono quella che sono, tutt’altro che normale. Perciò me e lui non siamo assolutamente compatibili. Mi farò male e sono stanca di sentire solo dolore”
Lei si toglie gli occhiali e gli appoggia accanto al block notes, posando anche la penna e appoggiando le mani sulla scrivania. Ad occhi chiusi mi domanda.
“E allora, quel’è il suo progetto?”
Quasi soffoco in un risata isterica.
“Il mio progetto? Nessuno. Non sapevo di dover costruire un progetto”
“E il destino?” Domanda ancora lei, aprendo gli occhi.
“Le ho già risposto l’altra volta. Non ci credo nel destino. Guardi lei stessa, ci ho provato, ho provato a buttarmi nella mischia, mettendomi la corazza ed espormi a dei sconosciuti e guardi lei il risultato” Dico, riuscendo a stento a trattenere le urla.
“Io vedo solo progressi. Lei Alyssa, tende a vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto. Lo veda per una volta mezzo pieno. Si renda conto che con quella canzone ha avvicinato persone nuove, indipendentemente dalla loro fama, ho capito che si è trovata bene, che sono persone affidabili e perché non dargli il beneficio del dubbio a una persona in particolare di questi?”
Sgrano gli occhi e la bocca incredula.
Il beneficio del dubbio? Ma di cosa stiamo parlando? È una cosa che non ci sta ne in cielo ne in terra.
“Ci provi Alyssa. Cosa può perdere?”
Cosa posso perdere? Nulla. Ho già perso tutto, compreso la cosa più preziosa di questo mondo: la vita.
 
Apro la porta di casa con una strana sensazione addosso.
Mi sento strana, parlare con la psicologa invece di farmi sentire meglio, mi fa sentire spossata. Quella donna invece di fare in modo di togliere qualche domanda nella mia testa, ha il potere di inculcarmene altre.
Sbuffando accendo la luce, constatando che mio padre non è ancora tornato. Giornata piena nel salvare le altre vite.
Mi tolgo il giacchino e mi stendo sul divano. Incurante del fatto che dovrei iniziare a preparare la cena, ma con nessuna voglia.
Vengo distratta dal telefonino nella borsa che prende a suonare.
Mi tiro su di scatto con mio grave errore. La testa prende e girare e mi blocco. L’afferro con le mani cercando di far calmare quel vortice che mi sta risucchiando. Odio questi momenti, odio il mio corpo che piano piano sta per essere divorato dal demone. Sono troppo magra, non ho mai voglia di mangiare e quando ne ho e mi abbuffo corro a vomitare perché il mio corpo non è in grado di contenere. Sono uno scheletro. Solo un dannatissimo composto di ossa che cerca di reggersi in piedi, fino a quando non arriverà il momento di fermarmi.

Il cellulare smette di suonare per alcuni secondi, poi riattacca incessantemente.
Apro piano gli occhi e accertatomi che il giramento sia terminato, mi alzo e accetto la chiamata.
“Pronto?”
“Aly, Dio santo. Mi hai spaventata. Non rispondevi a nessuna chiamata, stavo per venire a casa tua”
“El, sta calma. Sto bene, ero in ospedale dalla psicologa, sono tornata poco fa ed ero in bagno” Bugia, ennesima bugia.
“Va bene. Come stai?” Domanda, riprendendo a respirare.
“Bene, bene. Tra poco preparo qualcosa per cena. Mio padre tornerà a breve”
“Sicura di stare bene? Oggi è stat…”
“El te l’ho detto. Non ti preoccupare. Ora devo andare. Ci vediamo domani a scuola” L’interrompo perché non ho proprio voglia di parlare di quello che è successo oggi. Non ne avrei la forza.
“Ok, Aly. Buonanotte” Mi dispiace, mentire a quella che è forse, l’unica ragione che mi tiene ancora in piedi.
“Notte El”
 
“Non mangi?” Domanda mio padre accanto a me a tavola, mentre la tv in sottofondo passa un telegiornale locale.
“Non ho molta fame” Rispondo giocherellando con la forchetta tra quella fettina di carne saltata in padella.
“Com’è andata oggi dalla psicologa?”
“Come sempre. Vuole sapere troppe cose”
Lui sorride e passa una mano sulla mia, coprendola visibilmente.
“E’ il suo compito. Dovrebbe farti alleggerire dei pensieri”
“Dovrebbe. È questo che la frega”
Lui ride, sinceramente divertito. Forse tra medici si capiscono, chi lo sa.
“Papà, se tu dovessi decidere tra due strade. L’ignoto e il conosciuto. L’incertezza e la certezza. Cosa percorreresti?” Domando di getto.
Lui mi guarda interrogativo e pulendosi la bocca con un tovagliolo, mi guarda negli occhi.
“Dipende da cosa intendi Aly”
“Voglio dire, se in una delle due strade sai già come andrà a finire, percorreresti l’altra?”
Lui ci riflette un attimo, guardando davanti a se e poi risponde.
“Si, tenterei anche l’altra strada. Alyssa non dobbiamo avere paura dell’incertezza. Perché non importa la meta, ma il viaggio”
Il viaggio. Il mio viaggio.
“Grazie papà”
Lui mi passa una mano sulla guancia e mi sorride. Quest’uomo che ha dovuto sopportare tanti, quanto i miei, se non di più, traumi, riesce sempre a comprendere e a dare una carica in più.
 

“Sono sfinita!” Si lamenta Eloise scendendo i gradini della scuola.
Anche quest’altra giornata è andata, scolasticamente parlando, bene.
Il cielo di Londra è grigio, preannuncia un forte acquazzone e fortunatamente non ci sono impegni per il resto della giornata. Solo studiare per preparami agli esami finali.
“Non lamentarti, ci è andata bene” Osservo io, dopo tutto non abbiamo avuto nessun compito in classe e nessuna interrogazione.
“Ma le cinque ore di lezione dove le metti? Si lamenta lei, strascicando i piedi e aggiustandosi lo zaino in spalle.
“E per concludere non hai nemmeno lo scooter oggi”
“Non è colpa mia se inizia a dare segni di cedimento” Obbietto.
“E’ arrivato il momento di prenderne un altro o direttamente la macchina”
“Non credo mi servirebbe”
Abbasso gli occhi e prendo a camminare verso casa, affiancata da Eloise che sbuffa.
Sono un po’ di giorni che vedo nero, oppure come dice la mia psicologa vedo la metà del bicchiere vuota.
Sarà il tempo, sarà il peso delle domande, sarà che non sentiamo e ne vediamo i ragazzi da quel famoso giorno. Senza nessun contatto. E io credevo veramente che volessero la mia partecipazione al progetto. Ennesimo castello in aria.
“Ti prego Aly, non oggi!” Si lamenta lei e io rimango in silenzio.
C’è di fondo la realtà. La realtà che fa paura. E io non credo proprio che mi servirà in futuro una macchina, mi servirà di più una vita.

Camminiamo in silenzio. Ognuna persa in un proprio pensiero e sicuramente non divertente e allegro.
“Mi fai incazzare quando fai così!” Si ferma di colpo Eloise, quasi battendo i piedi per terra.
Mi giro su me stessa e mi fermo a guardarla a due metri di distanza. Alzo le spalle, come per discolparmi.
“Mi fai incazzare perché non combatti Cristo Santo. Credi che non me ne sia accorta? Credi che non mi sia accorta delle tue lacrime quando sei tornata a casa dei ragazzi senza Liam? Credi che non mi sia accorta che ne eviti di parlare? E credi che non mi sia accorta che ultimamente ti stai lasciando troppo andare? Dio Alyssa! Odio vederti così. Devi combattere, anche se è difficile. Non pensi che io mi stia logorando dentro a vedere la mia migliore amica in questo stato? Tu non puoi abbandonare così le speranze. Fallo per me almeno, ti prego” Sussurra le ultime parole mentre le lacrime le rigano il volto.
Rimango li, a fissarla, colpevole.
Si, perché mi sento dannatamente colpevole. Lei mi vuole bene e so che quando arriverà il momento sarà la prima ad andare via, con me. Mi sento in colpa, perché sarò causa del suo dolore e non posso fare niente. Niente per fermare il demone. Niente, ne io ne lei, possiamo fare niente.
Mi avvicino e l’abbraccio. Perché so che allontanarmi da lei sarebbe inutile. Mi verrebbe a scovare in qualsiasi posto e poi, dove potrei mai andare?
“Mi dispiace. Mi dispiace da morire” Sussurro con la voce rotta da pianto, mentre sento le sue lacrime rigare le sue guancie. La cullo per un tempo indefinito.
“Non farlo più” Sussurra lei affondando la testa nel mio collo.
Nego con il capo e le accarezzo i lunghi capelli.
Dopo poco lei si slega, asciugandosi le lacrime.
“Devi promettermi che reagirai. Che nei momenti di panico mi chiamerai. Mi devi promettere che non mollerai mai la mia mano. Promettimelo!”
Le sorrido e le passo una mano sulla guancia per scacciare una lacrima ribelle, sfuggita ai suoi splendidi occhi nocciola.
“Te lo prometto”
 
Seduta al pianoforte, con in sottofondo i Pink Floyd, pizzico quei tasti per rilassarmi.
Ho appena finito di studiare due capitoli di letteratura e di arte.
Sono sola a casa, nuovamente, dato che mio padre è stato chiamato urgentemente nella sua unica serata libera della settimana.
Sono comodamente rilassata, questo è il mondo che piace a me. Un pantaloncino, una semplice canotta, mentre fuori diluvia e c'è la musica a farmi compagnia.
Ripenso alle parole di Eloise. Quella ragazza riesce a guardarmi dentro e scovare delle cose nascoste anche a me stessa, dovrebbe essere lei la mia psicologa.
Ho paura, ma non posso addossarle anche questa preoccupazione. Ho paura, perché alcune volte sento la spossatezza, sento la testa abbandonarmi e so che questi sono segnali.
Ma non voglio far pesare a nessuno la mia vita. Perché non ce la faccio a vedere i loro occhi, non ce la faccio a leggere sui loro volti la paura, la paura che riflette la mia.

Come se il destino volesse che mi allontanassi da questi pensieri, suonano alla porta.
Riluttante mi alzo, senza spegnere la musica, conscia del fatto che da li a poco tornerò in quel regno.
Apro la porta e il mio cuore si blocca.
“Ciao”
Liam. Liam sulla mia porta.
“Che-Che ci fai tu qui?” Domando ancora imbambolata.
“Non per dire l’ovvio. Ma potrei entrare? Sai… Piove” Dice lui con un sorrisino, muovendo la mano verso il cielo.
“Hem, certo. Accomodati” Mi faccio da parte e lui entra in casa, levandosi la giacca che gli copriva la maglietta nera a mezze maniche.
“Ti ho disturbata?” Domanda lui.
“Oh nono, avevo appena finito di studiare e stavo facendo pausa” Gli faccio segno di accomodarsi sul divano.
Invito che accetta prontamente sedendosi.
“Sento della musica” Osserva lui.
“Si, ero in un’altra stanza. Vado a spegnere”
Così detto mi avvio nella stanza dove prima ero a riflettere, per spegnere il giradischi.

“Wao” Sento la voce di Liam sulla porta e mi giro a guardarlo.
“Questo posto è uno spettacolo” Continua ammirando la stanza.
Leggermente compiaciuta, sorrido e mi dondolo sui piedi.
È la mia stanza preferita. Il mio mondo appunto. Le pareti della stanza sono dipinte di rosso, su una parete ci sono frasi e citazioni di cantanti che hanno fatto la storia, sulle altre due pareti ci sono librerie stracolme di dischi in vinile, appartenuti da mio padre e tramandati a me. Accanto alla porta c’è il giradischi e una piccola poltrona in velluto blu che lo affianca.
E in mezzo alla stanza, sopra un tappeto rosso con striature nere, ho il mio amico fidato pianoforte a mezza coda, lucido e con il coperchio alzato.
“La chiamo stanza della musica” Ammetto.
Lui entra dentro sempre guardandosi intorno
“E’… E’ spettacolare. Posso?” Domanda avvicinandosi alla libreria.
“Certo”
Prende a sfiorare i dischi, messi perfettamente in ordine alfabetico, e ne esce uno dei Police.
“Qui dentro c’è tutta la storia della musica” Afferma, facendo un segno a tutta la camera.
Assecondo con un leggero cenno del capo e mi faccio vicino.
“Questo disco racchiude tutta una storia dietro. È appartenuto a mio zio, rubato con onore da mio padre il giorno del suo compleanno. Lui ama chiamarlo regalo inaspettato. Una vendetta per mio zio per non essersi ricordato del compleanno del fratello. È un disco storico, il primo disco dei Police”
Lui sorride e se lo gira tra le mani.
“Hai oro tra le mani ragazzina, te ne rendi conto?” Domanda sarcastico. Mettendolo a posto.
“Ma sentitelo, il beniamino del momento. Potrei tranquillamente raccontarti storie che tu non potresti nemmeno immaginare dei cantanti che sono qua dentro” Incrocio le braccia al petto e lo guardo con aria di sfida.
Lui mi guarda e subito dopo scoppia a ridere, seguito da me che mi rilasso leggermente.
“Agguerrita la ragazzina”
Mi passa una mano sui capelli e va a sedersi al pianoforte. Mi batte la mano accanto a lui sullo sgabello, un invito a sedermi.
Lo raggiungo, un po’ tremante e mi siedo facendomi piccola, per evitare qualsiasi contatto con lui.

Liam passa le sue dita su quei tasti, formando delle note armoniose.
“Come hai fatto a trovarmi?” Domando seria, spezzando il silenzio opprimente.
“Ho, praticamente, minacciato Niall. Che non voleva dirmi dove abitassi”
Mordo a morte il labbro per trattenere un sorriso, anche se lui non credo lo possa vedere perché è a capo chino, preso a pizzicare quei tasti.
“Come mai?”
Sospira e cessa di giocare, pigiando energicamente il sol diesis, che emette il suo saluto.
“Ero preoccupato. L’altro giorno sei scappata e io… Non avrei dovuto portarti fuori, ma non me ne pento. Io no so…”
“Liam, non devi…” Lo blocco, ma lui mi blocca a mia volta.
“Dimmi che ci hai pensato alla nostra proposta, noi ti vogliamo con noi” Si gira e mi guarda fisso.
Reggo per un po’ il suo sguardo. Quegli occhi, mi sono mancati come l’acqua a un assetato nel deserto. E non ne capisco il motivo. Non ho mai sentito questa forza nascere dal petto e propagarsi per tutto il corpo. Una forza, forse, più potente del demone stesso che dimora nel mio corpo. Ma, non ce la faccio, spezzo il contatto visivo e appoggio lo sguardo sulle mie dita intrecciate.
“Io… Non lo so. Ho degli impegni, lo studio…”
“Organizzeremo tutto. Puoi studiare da noi. Abbiamo un sacco di stanze, oppure Paul potrebbe accompagnarti ai tuoi impegni, non devi preoccuparti di nulla. Devi solo accettare”
E questa richiesta sa di supplica.
Lo guardo, ha lo sguardo implorante, in attesa di una risposta unicamente affermativa. Come se non potesse reggere a un diniego.
E anche se quella è una faccia collaudata per intenerire, cedo e sorridendo mi lascio andare.
“Va bene”
E la risposta che ho in cambio, vale più di mille parole.
Un abbraccio da Liam Payne. E mi sento al sicuro.


Kumusta e buonsalve!
Finalmente Alyssa ha accettato! Sia lode a Payno santificato :)
Volevo chiedervi una cosetta... Secondo voi perchè Alyssa ha tutti questi dilemmi che le girano in testa?
Insomma... Secondo voi cosa ci nasconde?
Sto aspettando il momento opportuno per far svelare i suoi misteri (insieme ai miei)
Forse un pò avete capito.. Maggiormente dopo la discussione con Eloise in questo capitolo.
Bho non so, fatemi sapere se volete (è vero che volete?)
Preghiera in aramaico antico: fatevi sentire dai, dai! 
Vi regalo un Payno :3 Pleeeease!!!
Buon week end a voi tutti. Un bacio e un abbraccio 
-Ila-







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Capitolo 8
*** Scoperte ***



“Fai come se fossi a casa tua” Mi apre la porta Liam, invitandomi ad entrare.
Sorrido per ringraziarlo e subito mi trovo in un abbraccio stretto che mi fa perdere il fiato.
“Allora hai accettato? Dimmi di si ti prego!” Chiede Harry con gli occhi serrati mentre continua a stringere.
“Hazza, credo che se continui a stringere non ti risponderà mai” Lo avverte, divertito, Liam.
“Oh…” Harry molla la presa e riprendo a respirare.
Rido divertita da quel ragazzo, sembra un bambino.
“Si, Harry. Sono dei vostri”
Lui per poco non fa le capriole e corre al piano di sopra gridando della mia decisione.
“Capiscilo, ha qualche neurone fuori posto, i ricci si sono insinuati fino al cervello” Si gratta la nuca Liam e io rido per la situazione.
Se il buongiorno si vede dal mattino, forse e dico forse, non mi pentirò della mia scelta.
“Aly! Che bello rivederti” Appare Niall all’ingresso e io sorrido di rimando.
Quel ragazzo lo adoro, detto fatto lui mi abbraccia, senza però stritolarmi come ha fatto poco fa Harry.
“Dio, Niall, sei un cucciolo di orso” Dico io, passandogli una mano tra i capelli, sempre abbracciandolo.
Lui ridacchia, mi lascia e da un pugno al braccio di Liam strizzandogli l’occhio.
Cosa che non passa inosservata alla mia vista. Sto per chiedere spiegazioni, ma mi interrompono gli ultimi due, Louis e Zayn, che mi accolgono anche loro a braccia aperte.
 
“Vieni, ti faccio vedere una cosa”
Seguo Liam, al piano di sopra, curiosa di sapere cosa ha in mente.
C’è un corridoio abbastanza lungo, con alcune stanze che suppongo essere quelle dei ragazzi.
Arriviamo vicino a una porta bianca chiusa. Lui sorride e la apre, facendosi da parte.
Non capendo entro dentro e trovo la stanza con un letto enorme di legno bianco, con un copriletto celeste. Di fronte una scrivania lo stesso bianca. Con un armadio sull’altra parete. Un’enorme finestra costeggiata da una tenda celeste anch’essa.
Mi giro verso Liam e lo guardo con aria interrogativa.
“Cos’è?” Domando, facendo un cenno della mano alla stanza.
“Ho parlato con i ragazzi, sulla questione di ieri che mi dicesti, studio e impegni, questa è una soluzione a una parte del problema. Puoi stare qui tutto il tempo che vuoi. Puoi tornare da scuola, studiare e poi lavorare insieme a noi. Puoi anche dormire qui quando tuo padre non c’è. Insomma, diciamo una tua seconda casa” Spiega lui, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
“Liam…” Lo riprendo con voce perentoria. Non è normale tutto ciò che mi stanno offrendo. Io ho una vita, insomma… O quello che ne resta.
“Ti prego Aly, non ti sto, cioè… Non ti stiamo chiedendo di venire ad abitare qui. Ma solo di facilitarti nelle cose. Per li spostamenti possiamo aiutarti noi, oppure Paul. Non è un problema, credimi”
Sospiro e guardo quella camera.
È un gesto inaspettato, che mai nessuno avrebbe fatto per me. Certo, loro ne sono vincolati perché devono lavorare con me, non certo per altre motivazioni.
“Va bene, ci possiamo lavorare” Dichiaro io.
“Grandioso! Ora andiamo in cucina che ci aspetta la cena”
Lo seguo fuori dalla stanza e ci rechiamo in cucina, dove Harry combatte tra pentole e utensili.
“Ti serve una mano?” Domando.
“Oh, grazie al cielo. Mi stai salvando la vita. Oggi tocca a me cucinare e quei quattro trogloditi non ne vogliono sapere di aiutarmi”
Liam ridacchia e si allontana lasciandoci soli.
“Ok, Harry. Ti aiuto. Cosa cucinavi?”
“Un pollo al forno, niente di difficile. Anche perché non ne sarei capace. Sono uno che si diletta più sui dolci”
“Ricordami di chiedertene uno” Strizzo l’occhio, prendendogli dalle enormi mani quel povero pollo.
Lui si fa di lato e mi lascia trafficare con il cibo.
“Sai quello che fai” Dice, guardando tutte le mie mosse.
“Cucino quasi sempre io a casa, mio padre è sempre fuori”
Continuo a preparare, mettendo il pollo in una teglia, lo cospargo di spezie e lo inforno.
“Ecco fatto, ora ci tocca sono aspettare” Dico chiudendo il forno e mettendomi le mani sui fianchi.
“Mi sei simpatica” Se ne esce lui, chinando la testa da un lato.
“Oh grazie Harry, anche tu non sei male”
Ridacchia e mi abbraccia, stavolta senza stritolarmi.
Dio, è un tenerone. Il più piccolo del gruppo e lo si capisce facilmente. Probabilmente a stare così tanto tempo tra uomini, si sente anche la mancanza di una figura femminile.
E nessuno li potrebbe capire meglio di me. Manca la figura famigliare di una mamma.
Quanto mi piacerebbe provare un abbraccio da questa, che effetto farebbe. Probabilmente ti metterebbe la carica per affrontare tutto. Proprio come ha fatto ieri l’abbraccio inaspettato di Liam, sullo sgabello del mio pianoforte. Mi ero sentita a casa, mi ero sentita bene, confortata e al sicuro.
“Che fate?” Veniamo disturbati proprio da lui.
“Il pollo è a cucinare e mi sto godendo la mia amica” Dice Harry divertito, slegandosi dall’abbraccio.
“Sei il solito Harold! Dovresti trovarti una ragazza” Si lamenta Liam, assottigliando gli occhi.
“Ci sto pensando” Ammette Harry grattandosi il mento.
Liam lo guarda minaccioso e poi sparisce fuori dalla stanza.
“E’ geloso” Ammicca Harry, tornando a guardarmi.
“Geloso?” Domando stralunata, quasi vorrei ridere dall’affermazione bizzarra.
“Marcio” Risponde ridacchiando e andando in salotto, lasciandomi li incredula.
 
“Si sente lontano un miglio che non sei stato tu a cucinare Hazza, non continuare la tua pantomima” Rimbecca Zayn, minacciando Harry con una forchetta.
Harry continua ad affermare che il pollo sia stato cucinato tutto dalle sue speciali mani. Io sto allo scherzo e ridacchio sommessamente, sorseggiando un bicchiere d’acqua.
“Non hai mangiato un granché” Mi sussurra Niall alla mia destra.
“Non mangio molto la sera” Spiego abbassando lo sguardo sul mio piatto, ancora quasi tutto pieno.
Liam, di fronte a me, mi guarda ispezionando il mio viso, in cerca della verità.
“Ragazzi, che ne dite di uscire stasera? Vi prego! Sto impazzendo qui dentro” Propone Louis alzandosi e iniziando a impilare i piatti vuoti uno sull’altro.
“E dove vorresti andare?” Domanda Zayn.
“Che ne dite del bowling? Possiamo invitare anche le ragazze” Risponde sempre Louis, appoggiando le stoviglie nel lavabo.
Alla parola ragazze mi metto dritta a sedere. Ragazze? Di che stanno parlando?
“Sophia non è a Londra questa settimana. Lei non c’è” Spiega Liam appoggiando un braccio sulla sedia vuota accanto a lui.
Sento un sospiro generale, ma non ci do peso, credendo vivamente di aver sentito male. Ma maggiormente, non capisco se quel sospiro provenga dai ragazzi o da me stessa.
“Allora chiamiamo le altre” Si affretta a ribattere Zayn, alzandosi in piedi.
“Chi sono le ragazze?” Domando impacciata a Niall.
“Le ragazze di Louis e Zayn. Eleanor e Perrie”
“Ah, ora capisco”
Lui sorride e sento Harry agitarsi alla mia sinistra.
“Che succede?” Domando guardandolo.
“Non è che… Sai… Giusto per… Puoi chiamare la tua amica?” Balbetta.
“Eloise?” Domando.
Lui asseconda con la testa e gli sorrido. Hai capito Harry. A Eloise prenderà un colpo.
 
“Ma c’è un sacco di gente” Squittisce Eloise accanto a me.
“Entriamo dall’entrata secondaria e abbiamo la pista del piano di sopra che ci aspetta” Spiega Niall sorridendo.
Siamo in macchina io e la mia amica con i cinque ragazzi, le ragazze di Zayn e Louis ci aspettano all’entrata.
Paul, non era d’accordo su questa uscita. Ma i ragazzi gli hanno assicurato che la pista che hanno prenotato non include nessun altro e poi hanno promesso che torneremo a casa presto. Non per niente, ma domani io e Eloise abbiamo scuola.
La macchina si ferma in una stradina poco illuminata e ci fa scendere, Paul scompare dopo essersi raccomandandoto con i ragazzi, tipo mille volte.
Non appena entriamo nell’anticamera della sala, troviamo due ragazze che chiacchierano tra loro amichevolmente.
Sono, probabilmente, le più belle ragazze che abbia mai visto in vita mia. Proprio come successe con Sophia, mi sento tremendamente in imbarazzo. Mi sento una pezzente, insomma, non avevo proprio idea di uscire questa sera. Anzi, c’è da dire che io non esco mai!
Quando è venuto a prendermi Liam da casa, ho infilato le prime cose che avevo sul letto. Rimanenze della mattina passata a scuola: jeans, maglietta che mi potrebbe andare tre volte e converse logore. L’apoteosi della sensualità.
Le ragazze di fronte e me, sembrano due modelle uscite da una rivista.
Zayn e Louis si avvicinano per salutarle e subito dopo passano alle presentazioni.
“Eleanor, Perrie, loro sono Alyssa e Eloise” Ci presenta Zayn con un sorriso enorme, stringendo affianco la biondina, tutta vispa. Perrie.
Allungo la mano e loro la stringono con un sorriso rassicurante.
Non so perché, ma mi sento più calma, come se avessi passato un test immaginario.
Sono diverse da Sophia, decisamente diverse. Scuoto la testa per questo paragone inutile. Che senso ha pensare alla ragazza di Liam adesso? Già, la sua ragazza…
“Allora hai accettato di collaborare con loro? Non sai come erano agitati” Mi strappa, dal mio teatrino immaginario, Eleanor, prendendo a parlare.
“Oh. Si, ho dato loro la notizia proprio poche ore fa”
“Ti servirà una dose enorme di caffeina quando devi trattare con loro” Mi avverte Perrie sorridendo e facendo svolazzare la sua coda.
“Quando la finite di diffamarci, voi due, possiamo salire” Ci invita scherzosamente Harry, che si affianca a Eloise e si avvia per le scale.

Subito li seguiamo e arriviamo alla pista da bowling, illuminata con luci di mille colori.
È una sala che contiene tre piste, oggi dedicate alla band, ci hanno assicurato che nessun altro può accedervi.
Ci consegnano le scarpe adatte e inseriscono i nomi su un televisore, che ci avviano a giocare, per poi andare via.
Una musica pop si diffonde nelle casse acustiche. Una musica incalzante e orecchiabile che ci farà compagnia durante la partita.
I ragazzi subito iniziano a spintonarsi e a prendersi in giro tra loro su chi riuscirà a battere l’altro.
Sorrido a quella scena, sembrano fratelli. E un po’ ne sono gelosa.
Non so cosa si prova ad avere un fratello o una sorella, essendo figlia unica non ho mai dovuto battibeccare con nessuno, non ho mai riso e scherzato con quella persona sangue del tuo sangue.
L’unica amica che è come una sorella per me è Eloise. Mi è sempre stata accanto, anche quando le ho raccontato del mio inferno personale. Non è scappata via, mi ha abbracciato e mi ha promesso che lei ci sarebbe sempre stata. E credo, la sua promessa sarà fino alla fine.
Mi giro a guardarla, sprizza gioia da tutti i pori quella ragazza. Ride a crepapelle per qualcosa che le ha riferito Harry, insieme credo facciano una coppia di buffoni. Sorridendo, mi domando chi dei due sia il peggiore.

“Sai giocare?” Mi domanda una voce alle mie spalle.
Quasi sobbalzo. Non mi aspettavo lo spostamento di Liam d’accanto ai suoi amici, ora vicini alla parete per scegliere le palle da bowling, alle mie spalle.
“Quasi, ho giocato poche volte” Mi giro a guardarlo, portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“E com’è andata?” Domanda sorridendo.
“Una schifezza” Gli rispondo.
Lui scoppia a ridere e mi passa una mano nei capelli, scompigliandoli, facendomi arrossire fino alla punta dei suddetti capelli.
Calmati Alyssa, per giove! Non puoi prendere fuoco qui in mezzo, non c’è nemmeno un estintore.
“Ti insegno. Ti va?”
“Hem… Certo”
“Allora” Inizia avvicinandosi anche lui, allo scaffale dove ci sono un sacco di palle da bowling di tutti i colori possibili e immaginabili.
“Visto che sei un ruscello di campo, ti consiglio la palla più leggera, anche se avrà minor potenza” Si avvicina a una palla gialla evidenziatore e la tira su con facilità.
“Sarà la tua amica per la serata” Mi strizza l’occhio.
“E tu quale prendi?” Domando curiosa, prendendo con la mano destra la palla che Liam mi sta porgendo.
“Quella nera”
“E suppongo che sia quella che pesa di più”
“Ottima supposizione ragazzina. Vieni” Mi esorta, sorpassandomi e avvicinandosi alla pista.
Dove Zayn ha iniziato per primo, facendo uno splendido tiro, lasciando solo due birilli in piedi. Si susseguono Niall con un tiro che ne lascia in piedi solo uno, poi Harry con un tiro molto fiacco.
“Ecco, lui non lo tenere mai in considerazione” Mi sussurra Liam alla mia sinistra facendomi ridere.
“Mentre ora guarda il grande maestro” Si pompa lui, facendomi alzare un sopracciglio.
Si avvicina con passo sicuro alla pista, porta la mano con la palla sotto il naso, per poi far andare il braccio tutto indietro, carica sul bicipite e fa cadere con forza e velocità la palla sulla pista. Questa rotola e colpisce il birillo centrale, facendo cadere tutti i restanti in un solo secondo. La scena è quasi surreale.
“Buffone” Grida Louis, facendo sollevare gli schiamazzi.
Liam scrolla le spalle incurante, allontanandosi.
“Tocca a te” Mi dice lui, passandomi accanto.
Bene, andiamo a fare una figura di merda.

Ancora con la mia palla gialla in mano, la mia amica, mi avvicino alla pista. Prendo un respiro, sentendomi gli occhi addosso e cerco di rifare al meglio le mosse di poco fa di Liam.
Guardo con sfida i birilli, come se dovessero cadere sotto il mio sguardo, carico il braccio e al tre lascio scivolare la palla sulla pista. Quella però, decide autonomamente, di percorrere una strada alternativa, e va a finire fuori pista.
Maledicendola mentalmente, mi giro incavolata e mi avvicino al mio posto.
“Non sei un buon maestro” Rimbecco verso quel pallone gonfiato che ora sta ridendo a più non posso.
Mi siedo sulle sedie che circondano la pista e metto un finto muso, più che altro arrabbiata con la palla.
Guardo la partita, sorridendo, vedendo che le ragazze non sono poi così diverse da me.
I ragazzi riescono a riscattarsi e tocca nuovamente il mio turno.
Sospirando, afferro la palla e mi avvicino nuovamente alla pista. Stavolta non li guardo quei birilli, chiudo gli occhi e quel che sarà, sarà.
Invece una presa al mio fianco mi fa scattare le palpebre, facendole spalancare.
Sento un fiato tra i miei capelli, che giunge fino al mio collo, provocandomi mille brividi.
Una mano rimane sul mio fianco e l’altra percorre il braccio fino al arrivare alla mano che regge la palla.
“Non sia mai mi dicano che sono un pessimo maestro”
E la sua voce mi fa sorridere. È proprio un orgoglioso.
Le sue dita si posizionano tra le mie, sento i suoi muscoli contrarsi, sento il suo odore inconfondibile di spezie arrivare al mio naso, allontana indietro il braccio, facendo pressione con il suo, lo carica e nel frattempo lo riporta in avanti.
Molla la presa sulla mia mano e io lascio la palla, che stavolta rotola decisa e sicura verso i birilli, colpendoli quasi tutti, facendo rimanere in piedi solo due.

Sorrido compiaciuta, non accorgendomi che quella presenza sia ancora attaccata a me.
Ad un tratto torno in sala e sento Liam annusare i miei capelli e stringere la presa sul fianco. Impacciata e arrossita, non sapendo cosa fare, resto immobile.
“Liam. Puoi venire un attimo?” Sento distintamente la voce di Zayn arrivare alle mie orecchie.
Liam con uno scatto si allontana. E io riprendo a respirare normalmente.
“Arrivo” Dice lui serio, non riesco a guardarlo in volto, dato che sono ancora di spalle, ma sento che mi sta fissando. Ho gli occhi sbarrati e il cuore mi martella in petto.
Lo sento allontanarsi e piano piano mi giro, allontanarmi dalla pista, per guardare le sue possenti spalle irrigidirsi e andare in contro a Zayn. Per un attimo i nostri sguardi si incrociano e trovo nel volto di Zayn rabbia e negazione.
Ma che diamine mi sta succedendo? E perché il cuore ha preso a galoppare ad un tratto?
So perfettamente, che questa volta non si tratta di nessun demone.


Come sempre... Kumusta a tutti voi.
Quanti di voi vorrebbero strozzare quel gran figo di Zayn?
*me alza la mano*
Non doveva, non doveva proprio farlo! Doveva lasciare i miei due ciccini li, vicino la pista a stringersi.
Ma porca di una polpetta affumicata, una volta tanto che Alyssa si stava lasciando andare.
Una volta tanto in cui Liam stava percependo qualcosa.
NO! Viene lui, il saputello, a rovinare tutto.
Argh!!!!
Se ancora non avete capito cosa abbia Alyssa, non preoccupatevi.
E' tutto calcolato dalla mia mente malsana.
Vi informo solo, che sto arrivando a scrivere il capitolo succoso, che mi sta facendo impazzire, c'è da dire.
Va bueno. Torno a studiare. Uff.
Solita preghiera in aramaico antichissimo. Mi fate sapere cosa ne pensate? 
A venerdì. 
-Ila-




 

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Capitolo 9
*** Nuova amicizia ***


“Santo cielo! Manca un mese alla fine della scuola e io me la sto facendo già sotto dall’ansia per tutti questi esami” Sbraita Eloise, mentre usciamo dall’aula a fine giornata, andando verso gli armadietti.
Sono passati due giorni dal bowling, due giorni dalla completa indifferenza di Liam, due giorni in cui ho evitato accuratamente di contattare in qualsiasi modo uno dei cinque, mi sento strana, mi sento la colpevole di un qualcosa di astratto, che mi è solo sfiorato nella mente.
La solita vita ha ripreso il suo cammino, scuola, casa, lezioni di piano e ospedale. La mia routine.
Eloise sbatte lo sportello dell’armadietto facendomi planare nuovamente tra i corridoi della scuola che si stanno affollando di studenti, desiderosi solamente di mettere piede fuori.
“Non mi stai ascoltando” Mi rimbecca lei.
“Scusami, pensavo ai miei impegni di oggi. Dicevi?” Le domando, aprendo a mia volta l’armadietto, togliendo tutti i libri e posandoli nello zaino.
“Ti chiedevo se potevamo studiare insieme oggi”
“Oggi no, sono praticamente sommersa di cose da fare. Devo andare a lezione e poi ho l’incontro con la psicologa”
“Va bene, allora facciamo domani?”
“E domani sia”
Mi avvio verso l’ingresso con Eloise che canticchia qualcosa accanto a me.
“A proposito, quando inizierai a lavorare con i ragazzi?” Domanda innocente.
Mi si spezza il respiro al sol pensiero, mi vengono i brividi partendo dalla spina dorsale.
“Non ne ho idea”
Riprendiamo a camminare verso il mio scooter.
“Dovrai parlarci prima o poi Aly, lavorerete insieme!” Mi avverte, portando le braccia in aria.
Sbuffo, togliendo la catena dalla ruota posteriore e salendoci sopra.
“Meglio poi che prima. El è imbarazzante”
“Cosa? Cosa è imbarazzante Alyssa? Che c’è attrazione tra te e Liam? Anche un cieco se ne renderebbe conto” Spiega, come se fosse la cosa più normale di questo pianeta.
“Ed è normale secondo te? A parte il fatto che non c’è nessuna attrazione” Obbietto mentre metto in moto.
“Normalissimo” Mi risponde, prima di infilarsi il casco e aggrapparsi alla mia vita.
Sfreccio tra le strade per evitare il traffico dell’ora di pranzo.
Attrazione. Questa si che è la cazzata più grande del pianeta! Non c’è minimamente nessuna attrazione tra me e quel ragazzo. E anche se dovesse essere, nel più lontano modo possibile, non sarebbe di certo normale. Lui è fidanzato con una spilungona sexy, è una celebrità, figuriamoci se perderebbe tempo con me e poi devo ricordarmi da sola di quello che sto passando? Non appena scoprirebbe qualcosa del mio mondo interiore, scapperebbe a gambe levate. Perciò, ergo, nessuna attrazione! Nel modo più assoluto.
“Hei genio! Hai sorpassato casa mia!” Mi avvisa Eloise, gridando al mio orecchio.
Alzo gli occhi al cielo esasperata.
Quel tipo mi porterà alla pazzia prima del solito.
 
Mentre sciacquo i piatti sporchi del pranzo consumato con mio padre, in pausa dal lavoro, stranamente in orario, ripasso mentalmente gli accordi del pezzo super complicato che mi ha assegnato il professore di pianoforte per casa.
E ovviamente, l’ho imparato in due ore scarse. Quando si tratta di musica, la mia testa lavora più del solito e in un modo che non gli ho mai visto fare.
“Vai a lezione oggi?” Mi domanda mio padre mentre guarda la tv, facendo zapping annoiato.
“Si” Rispondo concentrata sul passaggio dal sol bemolle al do, senza prestare troppa attenzione a quello che dice.
“E dopo?” Mi domanda.
Mi asciugo le mani, mettendo da parte il ripasso del brano. Mi giro a guardarlo con lo strofinaccio ancora tra le mani.
“All’ospedale” Spiego.
“Aly, stavo pensando, da quando non ti fai degli esami di accertamento?” Mi domanda spegnendo la tv e alzandosi, per venirmi in contro.
Abbasso lo sguardo, mi si spezza il cuore parlare di queste cose con mio padre. Non mi piace vedere la sua preoccupazione, il suo dolore negli occhi. Preferirei mille volte correre in Antartide, pur di non guardare quello sguardo.
“Da un po’” Dico con un filo di voce.
Lui sospira e appoggia una mano al tavolo, aggiustando la tovaglia a quadri.
“Dovremmo andare a fare degli accertamenti. Sai…”
Lo blocco prima che continui.
“Papà, non c’è bisogno. Sappiamo benissimo come sto. Però se ti fa stare tranquillo farò quelle analisi. Però ti chiedo di farle dopo il diploma. Sono sotto pressione. Non mi servirebbe ora, altro materiale per farmi stare in ansia” Alzo la testa e lo guardo negli occhi, come per chiedergli pietà. Come se lui potesse soffiare su quelle fiamme dell’inferno e dissiparle.
“Va bene piccola. Come vuoi tu. Ma non appena finisci la scuola prenoto la visita. D’accordo?”
Assecondo con la testa e lui, accarezzandomi una guancia.
“Andrà tutto bene” Mi sussurra, anche se non è convinto nemmeno lui.
Certo. Andrà tutto bene. Solo se non ci penserò.
 
“Hei straniera” Mi sento chiamare alle spalle.
Ho appena finito la lezione di pianoforte, grazie al cielo è filato tutto per il meglio, senza intoppi.
Mi giro e un sorriso splendente si riflette nel mio campo visivo. Cedric.
“Straniera? Guarda che sei tu quello che non viene a lezioni dalla preistoria” Lo saluto, tirandogli un pugnetto sul braccio.
Lui si passa una mano tra i capelli, mettendoli in disordine.
“Hai ragione, è che sono completamente sommerso dai libri dell’università”
“Capisco. Che ci facevi qui? La lezione è appena finita”
Si gira per controllare se qualcuno è uscito con me dalla porta del palazzo.
“Devo incontrare il professore, vuole parlarmi di una questione dell’orchestra. Per fortuna non è andato via. Altrimenti mi scuoia vivo”
Ridacchio per l’espressione che ha usato. Non l’ho mai conosciuto fino in fondo questo ragazzo, ma suppongo nasconda un carattere d’oro e sensibile. I suoi occhi scuri parlano per lui. Occhi scuri che mi fanno ricordare immediatamente due paia di occhi totalmente diversi ma simili.
Il mio sorriso si spegne, lasciando posto a un’emozione stranita.
“Tutto bene?” Domanda Cedric preoccupato, prendendomi per un braccio.
“Sisi, scusami. Mi sono ricordata di una cosa e devo scappare” Mi giustifico, aggrappandomi sugli specchi.
“Oh, non ti preoccupare. Ci vediamo presto a lezione. Buona serata”
“Grazie. Anche a te”
Mi strizza l’occhio e con un ultimo saluto della mano si intrufola nel portone.
Sospiro, cercando di rimettere in sesto i miei pensieri. La devo smettere di pensare a questa cosa inopportuna!
Mi volto e con passo deciso, mi avvio allo scooter, per andare dalla psicologa.
Il mio cellulare prende a suonare nella borsa. Ci butto la mano per cercarlo, managgia a me che ci metto sempre troppe cose dentro e poi quando cerco una cosa, questa puntualmente si va a imboscare sul fondo della borsa.
Finalmente lo pesco e guardo il numero che non conosco.
“Pronto?” Domando curiosa.
“Alyssa?” Domanda a sua volta, una voce maschile.
“Si, con chi parlo?”
“Niall” Risponde lui divertito.
“Niall? Come fai ad avere il mio numero?”
“Lunga storia. Senti, ti disturbo? Potremmo incontrarci da qualche parte?” Chiede lui, arrivando subito al sodo.
“Veramente ora avrei un impegno. Però tra un’ora sono libera”
“Perfetto. Dove ci troviamo? Ti vengo a prendere io”
“Ho lo scooter Niall. Non c’è bisogno del passaggio”
“Sciocchezze. Ti porto da una parte, perciò niente scooter” E la sua affermazione non ammette repliche.
Sbuffo e cerco una soluzione mentalmente.
“Facciamo a casa mia tra un’ora. Ok?”
“Sarò li puntuale. A dopo Aly”
“A dopo”
Chiudiamo la conversazione. Che vorrà mai Niall da me?
 
Spengo e attacco lo scooter vicino a un palo, all’ingresso del grande ospedale di Londra.
Odio questo posto, lo odio con tutta me stessa. Questo luogo alimenta l’inferno, alimenta la mia frustrazione, alimenta i miei dubbi e alimenta le mie preoccupazioni.
Non ci vedo niente di buono. Mi fa diventare più negativa del normale e odio me stessa per questo fatto!
Perché questo posto mi dovrebbe aiutare e forse lo cerca di fare, ma sono proprio io che mi chiudo in me stessa, credendo che sia sbagliato venire qui.
Preferirei altri modo per guarire: la musica, il pianoforte, un abbraccio, quel ragazzo.
Scuoto la testa infastidita, siamo a un punto di non ritorno.
Sbuffando salgo le scale che mi portano nel luogo più inutile, al momento, per me.
Entrando in reparto, subito la puzza d’alcol, la tristezza e la disperazione, fanno capolino in me.
È uno dei più brutti reparti che ci possa essere. E lo odio, lo odio con tutta me stessa.
Busso alla porta, pregando, con tutta me stessa, che nessuno mi risponda, perché oggi non ho nessunissima voglia di rispondere a quelle domande troppo complicate.
“Avanti” Come non detto.
Apro la porta ed entrando, me la chiudo alle spalle.
“Buonasera Alyssa, prego si accomodi”
Odio anche lei, con questa vocina, come se tutto andasse bene, con quei suoi occhialetti da intellettuale e con la sua fissa nel darmi del “lei”. Santo cielo, ho diciotto anni, non quaranta.
“Grazie”
Appoggio la borsa a terra, vicino alla poltrona e come al solito mi ci siedo, guardando fuori la finestra. Il solito sole che tramonta mi saluta. Sorrido involontariamente, credo che questa sia l’unica cosa che adoro in questo edificio. La vista mozzafiato. E credo che il sole, quell’enorme palla rossa, sia una delle cose che mi mancherà quando il demone prenderà possesso in tutto il mio corpo.
“Come sta oggi?” Mi domanda lei, ancora con gli occhi bassi sul solito block notes. Che diamine ci scriverà sempre? E c'è da dire, non ho ancora detto niente.
“Bene” Rispondo semplicemente, accavallando le gambe.
“Ne è sicura?” E finalmente alza gli occhi, guardandomi da sopra i suoi occhialetti rettangolari.
Alzo le spalle e le lascio scrollare subito dopo.
“Credo, come sempre”
Asseconda con la testa.
“Mi vuole parlare di qualcosa in particolare?”
Quasi mi viene da riderle in faccia. Se crede che io venga da lei, per parlarle spontaneamente, ha proprio capito male.
“No” Rispondo semplicemente.
“Bene, allora le farò qualche domanda io” Abbandona la penna sulla scrivania, e si sporge sullo schienale della sedia girevole che la ospita.
“Com’è il rapporto con suo padre?” Mi domanda e io rimango senza parole. Che c’entra mio padre in tutto questo? Non dovremmo parlare di me?
“Il nostro rapporto va a gonfie vele. Non capisco questa domanda”
“Vede, io so quasi tutto di lei. Cosa fa, i luoghi che frequenta, chi è la persona con cui si confida e so anche per chi prova interesse. Ma non so nulla sulla sua famiglia” Ammette lei, guardandomi fissa.
Alt! Che significa la persona per cui provo interesse? E che diamine le importa a lei del mio rapporto con la mia famiglia?
“La mia famiglia è composta unicamente da mio padre e me, la persona con cui mi confido è Eloise. E basta! Non c’è più nessun'altro nella mia vita”
“Si sbaglia Alyssa. Credo che ci siano tante altre persona che facciano parte della sua vita. Mi vuol parlare di sua madre?”
“Assolutamente no” Ribatto, punta nell’orgoglio.
Questa donna è una cosa anomala. Cosa crede? Che la mia vita sia rose e fiori? Provasse lei ad avere un briciolo della mia esistenza. Del mio destino ormai segnato. Vedrebbe come tutti si allontanino da me.
Lei rimane in silenzio e io cerco di calmarmi.
Alla fine credo lei faccia solo il suo lavoro. Prendo un sospiro e decido di parlarne con qualcuno. Dopo tutto, quando ne parlai con Liam, mi sentì meglio.
“Non parlo molto facilmente della mia vita e lei credo lo sappia bene, ormai. Non parlo di mia madre, semplicemente perché così mi è stato imposto: da mio padre, da me stessa e dal mio cuore. Ne ho parlato, per la seconda volta in vita mia, solo con una persona un po’ di giorni fa. E mi sono sentita bene e non me lo spiego nemmeno. Ho una madre certo, diciamo legalmente. Ma non fa parte della mia vita da troppi anni. Per mio padre è troppo doloroso parlarne, così ho smesso anche io di pensarla e parlarne. Ha preferito abbandonarci, mi ha abbandonata, anche se sapeva benissimo cosa avessi, ha preferito la carriera. E io non ho più sue notizie. E sa la cosa più triste? Che non mi importa. Per lei provo solo odio” Proprio come questo posto, vorrei aggiungere.
Rimaniamo nuovamente in silenzio, ma stavolta non mi va proprio di spezzare questo rumore assordante.
Abbasso gli occhi, e li punto sulle mie dita ossute, intrecciate tra loro.
“L’odio è il sentimento più vicino all’amore. Lo sapeva? Sono separate solo da una linea invisibile”
Scuoto la testa e sorrido divertita.
“L’assicuro, so benissimo distinguere i due sentimenti. E ormai per me, l’odio è il sentimento più conosciuto”
Lei afferra la penna e scarabocchia qualcosa. Sicuramente avrà scritto: segni evidenti di pazzia.
Ridacchio tra me, si, effettivamente mi sto avvicinando molto pericolosamente a quest’altra forma di malattia.
“Come le dico sempre Alyssa, è il caso di rivedere le sue priorità”
Conclude la simpatica psicologa, lasciandomi, come sempre, con l’amaro in bocca.
 
Esco sbuffando da quell’ufficio.
Come era prevedibile, nemmeno oggi abbiamo fatto il punto della situazione.
Percorro quei corridoi in fretta, non vedo l’ora di uscirci da qui dentro. Ne ho il cervello, le narici e l’anima piena.
Quasi mi scontro con una carrozzina, che non avevo proprio visto.
“Guarda dove vai” Rimbecco, parecchio acida. Santo cielo, questo posto mi fa veramente impazzire.
Prendo un sospiro e cerco di calmarmi, ma tutto quello che riesco ad ottenere, è altra puzza di alcol che si fa strada nel naso, provocandomi nausea.
“Scusami” Risponde una vocina da bambina.
Apro subito gli occhi e mi ritrovo questa creatura, con gli occhi troppo grandi per essere normali. Occhi di un marrone scuro splendenti. Sembrano sorridere e cercano di sconfiggere il male di quel reparto.
“Oh. Nono, scusami tu. Andavo di fretta” Riesco a biascicare.
Lei mi sorride e abbassa lo sguardo intimidita. Dal canto mio, mi abbasso sulle ginocchia e le prendo la mano.
“Come ti chiami?”
“Jennifer” Risponde lei.
“Hai un bellissimo nome Jennifer. Io sono Alyssa, ma puoi chiamarmi Aly se ti fa piacere. Tutti i miei amici mi chiamano così”
Lei alza lo sguardo e i suoi occhi brillano di luce nuova.
“Posso chiamarti anche io così? Anche se non sono una tua amica?” Domanda affascinata.
“Che ne dici di diventarlo?” Domando sorridendo a mia volta.
Conosco quello sguardo e se la piccola si trova qui, vuol dire che siamo accomunate dallo stesso inferno.
Lei quasi non trattiene l’euforia. Se potesse, si metterebbe a saltellare.
“Saresti la mia prima amica”
Stavolta, quasi piango io. Come può essere che una bambina così dolce non abbia una persona amica?
Ma subito la risposta si fa ovvia, perché anche su questo punto io e lei siamo uguali. Evitiamo le amicizie, evitiamo gli sguardi di pena, evitiamo tutto ciò che potrebbe ritorcerci contro. E di conseguenza, le persone ci allontanano.
Le sorrido, e le passo la mano tra i capelli ricci corti biondi. Sembra un angelo.
“Allora da oggi in poi saremo amiche. Che ne dici?”
Lei asseconda con la testa, con un sorrisone enorme.
“Jennifer! Dove sei?” Sentiamo una voce allarmata correre verso di noi.
Una signora sui quarant’anni ci viene in contro e si avvicina alla carrozzella.
“Mi scusi, le stava dando fastidio?” Domanda.
Mi alzo in piedi e mi accosto a Jennifer, sempre sorridendole.
“No, stavamo facendo amicizia”
“Oh…” E’ l’unica risposta della signora.
“Jennifer, ora vado. Ci vediamo presto, te lo prometto” Le do un bacio sulla guancia e salutandola con la mano mi allontano.
“Grazie Aly” Sento alle mie spalle.
Mi giro e con un ultimo cenno della mano, saluto quella bambina, troppo magra e troppo debole, per la sua età, dannatamente simile a me stessa.

 
Kumusta a tutti voi, come sempre e per sempre.
In questo capitolo ho svelato troppo. 
E fu così che partirono pomodori, insalate e carciofi. (Del mio orto?)
Ok, ok. Capisco che non ci state capendo una mazza della situazione di Alyssa. Ma in questo aggiornamento, forse potete iniziare a captare qualcosa.
Le vostre ipotesi sono adorabili!!! :3 
Ma sappiate che non aprirò bocca fino al....(da definire) cap. 
Bueno... Vado a vedere che fine ha fatto mia madre. Che mi chiama ma non risponde -_-
Fatemi sapere miraccomando. Un bacione a tutti. E buon fine settimana.




(Cedric)



(Jennifer)



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Capitolo 10
*** False convinzioni ***


Arrivo a casa con un leggero ritardo. Mi guardo attorno ma non scorgo nessuna figura bionda all’orizzonte.
Apro il garage per parcheggiare lo scooter.
La macchina di mio padre, come al solito manca. Sarà a lavoro, come sempre. Per lui lavoro, lavoro e solo lavoro, per non pensare e per dedicarsi, forse, a quello che non è riuscito a fare alla sua unica figlia.
Sospirando chiudo la saracinesca.
“Stavo diventando vecchio” Mi fa sussultare una voce alle mie spalle e nel girarmi faccio cadere le chiavi per terra, portandomi una mano sul cuore.
“Dio, Niall! Mi hai fatto prendere un colpo”
Lui scoppia a ridere, bello come il sole. Che ora ha lasciato spazio a un cielo che man mano sta diventando sempre più oscuro.
Niall è appoggiato alla Range Rover nera, indossa una polo celeste, che gli mette ancora di più in risalto quei pozzi azzurri che ha al posto degli occhi, un semplice jeans chiaro e per terminare le immancabili Nike Blazer.
“Scusami” Mi sorride e i suoi occhi brillano di luce propria.
“Fa nulla” Rispondo rigirandomi e chiudendo come si deve il garage.
Mi avvicino a lui e mi apre la portiera.
“Prego” Mi invita a salire con un cenno della mano.
“Dove andiamo?” Domando salendo sulla grossa macchina.
Lui fa il giro e si siede al posto di guida.
“Per prima cosa cibo! Poi in un posto” Mi strizza l’occhio.
Sorrido a quell’espressione. Sembra un bambino desideroso di far vedere il suo giocattolo preferito.
 
“Facciamo due passi?” Domanda, mentre addenta il suo hot dog riempito di non so cosa.
Accenno un si, sgranocchiando delle patatine fritte con ketchup in una vaschetta di alluminio.
Seguo Niall, mentre mangiamo senza emettere parola.
“Come va?” Domanda alla fine lui, pulendosi le dita in un fazzoletto, per poi gettarlo in un cestino di passaggio per strada.
Si è fatto buio, il sole è oramai tramontato e i mille colori sono spariti, lasciando spazio alle tenebre. Una luna piena è li sul cielo, ammirando la vita di quelle minuscole persone.
Sospiro e scrollo le spalle.
“Bene” Rispondo impacciata, mentre anche io getto la vaschetta ormai vuota.
“Non sembri convincente” Osserva lui, riprendendo a camminare.
“Dove andiamo?” Chiedo io, per cambiare discorso.
Lui si gira e mi sorride.
“Nel mio posto preferito. Vieni” Mi allunga una mano e mi tira, ridendo, verso un parco semi deserto.
Quasi corre verso una collinetta, mentre io incespico sull’erba non vedendo dove mettere i piedi.
Mi aiuta a salire, aggrappandosi a delle rocce e tirandosi su.
Finalmente arriviamo in cima e la vista mi lascia a bocca aperta.
“Ti piace?” Domanda emozionato, come un bambino.
La vista è spettacolare. Londra di sera è sotto di noi. Si può benissimo ammirare il London Eye illuminato, che ci saluta allegro circondato da altre mille lucine. Mi sento così piccola e impotente.
“E’ bellissimo” Sussurro girandomi verso Niall.
“Venivo qui quando tutto questo è iniziato, quando non ero semplicemente Niall. Durante i provini ero sotto pressione e solitamente per schiarirmi le idee, la sera preferivo uscire. Un giorno mi trovai in questo parco abbandonato e incuriosito, presi a girovagarci. Poi vidi questa altura, mi ci arrampicai e tutto questo mi sembrò un sogno” Fa un gesto della mano per indicare il panorama. “E da allora è il mio posto, ci vengo spesso qui. Anche quando non dovrei” Si gira a guardarmi e mi strizza l’occhio.
“Paul?” Domando.
Lui ride e si infila le mani nelle tasche.
“Non puoi capire. È peggio di un mastino”
Scoppio a ridere, accompagnata da lui.
“Forse non gli farebbe piacere sentirsi chiamare così. Dopo tutto fa il suo lavoro”
“Già” Risponde sovra pensiero, calciando una pietra. “Ma molto spesso, tutti tendono a dimenticarsi che siamo solo dei ragazzi. Sai, alcune volte è veramente opprimente quello che facciamo. Non possiamo avere una vita privata, non possiamo uscire tranquillamente per un caffè e non parlo delle fan. Parlo più che altro dei fotografi, del gossip. Paul ci protegge solamente, ma alle volte quello che vorremmo è vivere una vita normale”
Vita normale, tutti che cercano questa cosa difficile da trovare.
Ognuno si lamenta di quello che il destino gli da. Vorremmo tutti vivere delle vite diverse. Peccato che nessuno ha il potere di invertire la rotta. Tranne noi stessi, come direbbe la mia amata psicologa.
Sospiro e mi faccio seria. Niall, quanto vorrei dirti che anche io ne desidero una. Mi piacerebbe iniziare da zero, rinascere e essere diversa.
“Mi hai mentito prima” Dice lui, sedendosi sull’erba.
“Cosa?” Domando stralunata, guardandolo dall’alto.
“Hai detto che stavi bene, ma qualcosa mi dice che non è così”
“Oh” Rispondo io.
“Oh” Mi fa il verso lui,battendo la mano accanto a lui, invitandomi a sedere.
Mi piego sulle ginocchia e mi siedo anche io, portando le gambe al petto.
“E’ complicato” Mi trovo a dire, senza aggiungere altro.
“C’entra Liam in qualche modo?” Domanda sottovoce.
Sospiro e forse questa è tutta la risposta che riesco a dare.
“E' complicato per lui Aly, non riesce a capire quello che gli sta succedendo. Sta passando un periodo strano”
“Non importa Niall, non fa niente. Davvero”
“Invece credo che conti. Non avrebbe dovuto comportarsi in certi modi, deve riflettere prima di fare qualcosa”
Mi giro a guardarlo, sembra arrabbiato, infastidito da qualcosa.
“Ma non ha fatto nulla, è tutto passato”
Lui sospira e mi accarezza i capelli.
“Sei buona Alyssa, non permettere mai a nessuno di farti diventare un’altra”
Sono colpita, colpita da questo ragazzo. Sembra un bambino, però ha un cuore grande. E per la milionesima volta, mi colpisce la maturità di questi ragazzi. Forse è vero che sono cresciuti troppo in fretta.
“Stavo pensando a una cosa” Dice lui, sorridendo e guardando il panorama.
“Cosa?” Domando curiosa.
“Domani dobbiamo registrare il video di una nuova canzone, che ne dici di venire con noi? Ti divertirai e poi ti conviene iniziare a sentire qualche nostro pezzo. Non trovi?”
Andare con loro?
“Non saprei” Rispondo, torturandomi le dita delle mani, intrecciate tra loro.
“Non devi preoccuparti di nulla. Domani ti avviso dove e quando incontrarci. Dai, dobbiamo lavorare insieme infondo. Non farai niente di particolare”
“Va bene” Assecondo senza vie di scampo. Se questo è quello che mi attende, tanto vale iniziare e non prolungare l’agonia.
“Ottimo” Risponde tirandosi su.
“E ora a nanna, domani sarà una giornata faticosa”
Mi riprende la mano e insieme scendiamo da quello che credo, essere diventato anche il mio posto preferito.
 
“Tu.Vai.Alla.Registrazione.Del.Video? Scandisce Eloise, quasi gridando.
“No, ma perché non lo urli, giusto che ci sei?” Alzo gli occhi al cielo, uscendo da scuola.
Ho aspettato fino alla fine delle lezioni, per sganciare la bomba. Appunto per evitare scenate.
“Non provare a sviare il discorso. Non ci posso credere!” Si passa una mano tra i capelli, facendoli ingarbugliare.
“Che ce di male?” Alzo le spalle, mentre mi incammino verso casa. Ci mancava anche oggi lo scooter fuori uso. Ha bisogno urgentemente di una bella revisione dal meccanico.
“Cosa c’è di male? Ma sentitela… C’è di male che è una cosa inedita! Inedita Alyssa, sai che significa vero? Nessuno ne sa niente”
“Ecco, proprio per questo, devi tenere la bocca chiusa. Ti prego”
Lei sbuffa e rimane in silenzio offesa.
Vorrei portarla con me, giuro, anzi! Avere una spalla mi farebbe comodo, anche se sarà mezza rincretinita dai suoi cantanti preferiti. Però almeno, non andrò nella fossa dei leoni da sola.
“Almeno farai qualche foto?” Mi domanda speranzosa, mentre arriviamo al bivio dove ci dobbiamo separare.
“Cercherò El. Farò il possibile”
“Almeno fammi sapere come andrà. E non ti agitare inutilmente, andrà tutto bene”
Ci fermiamo sul marciapiede, mentre le macchine sfrecciano, come al solito, a passo d’uomo, nell’ora di pranzo.
“Ne sei sicura? Non ho un dialogo con loro da tanto”
Lei inarca un sopracciglio e mi guarda strano.
“Loro o… Lui?”
“El, sei insopportabile!” La rimbecco, voltandomi e prendendo a camminare.
“Tanto lo so qual è il tuo dilemma. Divertiti Aly” Grida alle spalle.
Alzo gli occhi al cielo esasperata. Non ha capito un fico secco, non sono agitata per lui! Non sono agitata per il fatto che lo rivedrò, non sono agitata per il fatto che dovrò parlarci. Assolutamente no. Liam non mi mette proprio in agitazione.
 
Mentre sto per aprire il cancelletto di legno, sento il cellulare squillare nello zaino. Mi affretto a tirarlo fuori, con una certa adrenalina che non so proprio da dove esca.
 
Da Niall:
Passo da casa tua tra un’ora. N xx
 
Un’ora? Strabuzzo gli occhi e mi fiondo in casa, incespicando come al solito quando sono agitata.
Apro la porta e per una volta, ringrazio l’assenza di mio padre. Non saprei proprio come spiegare la mia uscita di casa così presto.
Mi tolgo lo zaino e salgo di fretta le scale entrando come una furia nella mia stanza.
Getto lo zaino vicino la scrivania. Afferro un elastico sopra questa e mi faccio una coda al volo, per poi scaraventare le scarpe in un angolo e scendere nuovamente le scale per andare in cucina.
Apro il frigo per ispezionare cosa c’è al suo interno, storco il naso non appena vedo verdure, carne e roba che necessita di troppo tempo per essere cotta.
Sospirando, afferro dei pomodori, insalata e vada per un sandwich al volo.
Accendo la tv e la imposto su MTV, per ascoltare un po’ di musica e sentirmi meno sola in questa casa.
Mentre lavo i pomodori e gli appoggio sul tagliere, il dj fa il suo annuncio alla tv, dopo che l’ultimo pezzo di Adele è andato in onda.
“Ok,ok. Ora tocca a loro, il fenomeno in voga in tutto il mondo gli One Direction. Impegnati al momento nella stesura del nuovo cd, mentre si preparano al debutto al cinema con This is Us. Anno pieno per i cinque. Tour in giro nel mondo. Prossima tappa l’Australia. Hanno tutta la nostra benedizione, sono un concentrato di energia. A voi Live While we’re young”
Mi blocco ad ascoltare le parole dell’annunciatore. Sbalordita. Ecco come mi sento.
Possibile che abbiano così tanti impegni? Possibile che non riescano a vivere una vita come dei ragazzi normali? Possibile che Niall ieri abbia avuto maledettamente ragione?
Il cd, il film e il tour. Come fanno a subire questi ritmi? Sono solamente dei ragazzi dopo tutto. Ma probabile, è proprio la loro forza che li spinge ad andare sempre oltre.
Li invidio, si! Non si abbattono, non si lasciano andare al troppo stress. Forse avranno dei segnali di cedimento, chi non li ha, ma hanno comunque la forza di reagire.
Proprio come te Alyssa, vero? Domanda la mia vocina impertinente.
Te la fai sotto solo per vedere, dopo giorni, quel ragazzo che ti ha fatto bloccare il respiro e fatto battere il cuore.
Certo, sono proprio come me! Fifona!
Mi riscuoto, agitando la testa per scacciare i miei ennesimi castelli in aria.
Guardo la televisione e sorrido per quello che i ragazzi stanno facendo nel video. Amo la loro energia, si divertono con poco e riescono a far trasparire il tutto anche a chi sta dietro un televisore.
La canzone finisce e torno a dedicarmi al panino.
Insomma, cosa potrà accadermi di così male?
 
Giocherello con il telecomando in mano, mentre sono seduta sul divano in attesa di Niall.
Quel ragazzo è puntuale come un treno, ergo, in completo ritardo.
Sbuffo nervosa. Se prima mi ero un tantino rilassata, ora sono nuovamente sulle spine.
Finalmente il citofono suona e esco di casa. Chiudo la porta e scendo di corsa le scale del porticato.
“Scusami” Esordisce Niall, grattandosi la nuca, appoggiato alla macchina.
“Ricordami di aggiungere sempre mezz’ora all’orario che stabilisci” Lo rimprovero avvicinandomi alla macchina.
“Non è colpa mia! E’ Hazza che perde un sacco di tempo con quei ricci”
“Harry?” Domando stralunata.
“Eccomi bimba, mi chiamavi?” Dice una voce mentre il finestrino posteriore della macchina si abbassa.
“E tu che ci fai qui?”
“Bhè vedi… Dovrei girare un video clip” Spiega lui ridendo.
Alzo gli occhi al cielo, e guardo Niall interrogativa.
“Ecco, come dire…”
Ma insomma! Qualcuno qua mi potrebbe spiegare?
“A parole vostre eh…” Rimbecco io, guardando i due.
“Oh, al diavolo! Gli altri tre arrivano più tardi perché dovevano incontrarsi con le loro ragazze” Spiega Harry.
E così si spiega tutto.
E ad un tratto sento un vuoto. Un vuoto che non ha nome. Un vuoto fastidioso, proprio al centro del petto, come se qualcosa fosse stata strappata con forza e il respiro si fosse accartocciato.
Deglutisco a vuoto e mi giro su me stessa.
“Andiamo” Sentenzio aprendo la porta del passeggero della macchina.
“Alyssa…” Mi richiama Niall.
Faccio un sospiro e mi volto a guardarlo.
“Andiamo Niall, o faremo tardi” Dico più tranquilla, accennando un sorriso.
Lui fa un cenno del capo e si accomoda sul sedile.
Va tutto bene, basta non pensarci.


Kumusta e buona pioggia.
Questo tempo lo odio! Mi mettono paura quei lampi e tuoni.
Amo l'inverno ma per me la pioggia è NO.
Detto ciò, torniamo alla storiella.
Mi fa piacere che alcuni di voi mi abbiano detto le loro teorie in merito ad Alyssa.
Mi sono divertita ad ascoltarvi, ma come sapete, non dico niente :P
Che ve ne pare di Nello in questa storia? Forse non è emerso molto. Ma da qui in poi ci sarà moooolto spesso.
E nada, Ah... Questo ve lo devo dire!
Stanotte ho sognato Payne con Sophia -_- però lui voleva stare con me (si, decismanete un sogno) e faceva di tutto per scacciare mrs poteto, adirittura si travestiva da donna per non dare nell'occhio.
Cioè, immaginate io a che livelli sono... -_- scandaloso!
Avete visto il 1D day? Se non l'avete fatto, vi siete persi un mucchio di risate.
Bene, vado... 
Buona serata a tutti quanti!! 
Ci tenevo a ringraziare tutti voi, che mi sostenete sia qui su efp sia su facebook ♥
Vi prego guardatelo... Io sono morta dalle risate! Questo è una delle tante cose che fecero sabato... 
https://www.youtube.com/watch?v=MU1PxIx4-Ng





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Capitolo 11
*** Non è un sogno, è la realtà ***


Arriviamo agli studi di registrazione, mentre una pioggerella fine inizia a bagnare su i tetti delle case e delle macchine.
Il tempo è in perfetta sincronia con la me interiore. Ecco perché si spiega il suo perenne malcontento. Se trae energia da me, possiamo stare sicuri che vedere splendere il sole sarà una cosa più unica che rara.
Per la durata del viaggio, Harry ha cercato di risollevare il morale, inventando al momento qualche battuta di poco conto. Ma si è subito spento, quando ne io ne Niall gli davamo corda. Perciò, per riempire quel vuoto assordante, ci ha parlato solo la radio. Con canzoni troppo vecchie, che hanno composto la storia. E queste mi hanno rilassata, come solo il potere della musica sa fare.
Ma non appena Niall svolta l’angolo e mi appare un comprensorio immenso bianco, con giardinetti tutto intorno, la strana sensazione che avevo addosso ritorna.
Un cancello di ferro inizia a scorrere, facendo entrare l’auto, che viene subito parcheggiata nello spiazzale dedicato alla sosta.
Quando Niall tira il freno a mano, usciamo tutti.
“Andiamo” Mi si avvicina Harry e mi appoggia una mano alla base della spalla per invitarmi a precederlo.
Arrossendo, per questa vicinanza insolita, abbasso il capo e mi avvicino insieme ai due alle porte scorrevoli.
 
“Dove vado io?” Domando incerta guardandomi attorno.
Siamo al secondo piano dello stabile, dove ci sono una serie di porte chiuse bianche, che riportano i nomi dei ragazzi. I camerini.
“Perché non ci aspetti qui?” Mi indica Niall, un salottino dai colori tenui.
“Noi arriviamo subito, ci cambiamo e siamo da te” Aggiunge Harry, incamminandosi verso il corridoio.
Appoggio la borsa e mi siedo vicino ad essa sul divano più piccolo.
“Facciamo presto” Niall si allontana anche lui, voltandosi un’ultima volta per accettarsi che io stia bene.
“Vai tranquillo biondo” Lo rassicuro.
Non appena sparisce nel corridoio, sospiro e mi alzo in piedi.
Non me la sento di stare seduta qui, mentre l’adrenalina mi circola in corpo.
Mi avvicino alla finestra, un’enorme lastra di vetro che percorre la parete per tutta la sua lunghezza e larghezza, si estende dal soffitto al pavimento.
Si affaccia sul giardinetto degli studio. Rimango in attesa che la mia testa viaggi indietro a pochi attimi fa.
Sentire quel dolore al petto, non me lo so proprio spiegare. È come se il mondo mi fosse caduto addosso, ma allo stesso tempo sentivo un vuoto dentro, percorso da una corrente gelida.
Perché me la prendo così tanto? Dopotutto questa non è la mia vita! Come posso, anche solo lontanamente, pensare a un’eventualità che non potrebbe mai essere presa in considerazione? Perché mi aggroviglio così tanto la testa per lui? E perché continuo a pensare che, quella che ha accanto non sia degna di lui?
Non lo conosco nemmeno, ma sento qualcosa. Qualcosa di fastidioso, di opprimente, ma allo stesso tempo familiare, dolce. So che è sbagliato. So che non fa per me. Ma è così forte che mi succhia linfa vitale, e so per certo che non è il demone. No, lui stavolta non c’entra niente. È sempre li che veglia, in attesa che quest’altro sentimento opposto mi faccia a pezzi. Ma che nome dare a questo nuovo arrivato? Che emozione sarà questa sconosciuta?

“Alyssa?” Domanda una voce alle mie spalle.
Mi giro di scatto e trovo Louis a fissarmi, mentre due ragazzi alle sue spalle stanno salendo i gradini scherzando e ridendo tra di loro.
“Louis” Rispondo io, a mo di saluto, un po’ impacciata.
Cosa credevo, che me la sarei data a gambe e non gli avrei visti?
Liam e Zayn si avvicinano e si fermano vicino Louis, mi sento sotto assedio.
“Che ci fai qui?” Domanda Zayn incrociando le braccia al petto, curioso.
“Io… Mi ha invitata Niall” Rispondo mordendomi il labbro, spero solo di non metterlo nei pasticci.
“Niall? E quando?” Continua sempre Zayn.
“Ieri sera”
Louis e Zayn si scambiano un’occhiata, mentre Liam continua a fissarmi con quegli occhi circospetti, mentre cerca di cavarmi qualcos’altro di bocca, faccio finta di non accorgermene e continuo a guardare gli altri due.
“Hai capito Horan, ecco dove se ne andava ieri! Altro che la scusa del Nando’s!” Sghignazza Zayn, divertito.
“Zayn” Lo ammonisce Louis, spintonandolo per una spalla. Lui ancora ridacchiando, va a sbattere contro Liam che sembra ridestarsi.
“Sta un po’ attento” Lo ammonisce, incamminandosi verso il suo camerino. Dopo un attimo sentiamo chiudere con forza la porta.
“Ma che gli prende?” Domanda stralunato Louis.
“Avrà fatto nuovamente lite con Sophia” Alza le spalle, incredulo Zayn.
“Che succede qui?” Domanda Harry, uscendo dal suo camerino
“Hei Styles, sei già pronto?”
“Si. E voi dovreste darvi una mossa, siamo già in ritardo a causa vostra. Muovetevi, io vado giù a prepararmi”
I due si dirigono, come ha fatto poco fa Liam, ai loro camerini. Senza sbattere nessuna porta però.
Mi sento ancora lo sguardo di Liam addosso. In qualche modo sembrava deluso, quasi triste. E poi quell’uscita di scena.
Come può essere? Fino a poco fa lui e Zayn stavano ridendo, non appena mi ha notata ha cambiato espressione.
Sono così maledettamente fuori posto?
“Hei, tutto bene?” Mi domanda Harry avvicinandosi e appoggiandomi la sua mano sulla spalla.
“Cosa?” Domando stralunata.
“Sembri essere totalmente da un’altra parte. Stai bene?”
Accenno un sorriso per tranquillizzarlo e indosso la mia solita maschera di indifferenza.
“Certo Harry, tutto bene”
E questo sembra bastargli. Mi sorride e si mette diritto.
“Bene, perché ora mi accompagni da Lou a domare questi benedetti ricci”
Ridacchio e lo ringrazio mentalmente per la deviazione che ha influenzato sui miei pensieri.
 
“Hei Lou come va?” Domanda Harry sedendosi sulla poltrona girevole, solita dei parrucchieri.
“Hei riccio, io bene” Risponde una ragazza sulla trentina, bionda, mentre aggiusta i vari pettini sul tavolino di fronte e accende le luci dello specchio.
“E Lux come sta?” Le domanda a sua volta Harry, guardando come me, i movimenti della ragazza.
“Lei molto meglio di me, decisamente. Ti saluta”
Rimangono in silenzio per alcuni attimi, mentre inizia ad accarezzare i ciuffi di capelli e inizia a spruzzarci un qualcosa per farli ammorbidire.
Ad un tratto si accorge di me, che sono rimasta sulla porta a guardare i loro movimenti, curiosa, mentre mi guarda dallo specchio.
“E tu chi sei?” Mi domanda puntandomi contro un pettine a forchetta.
“Lei è Alyssa” Risponde per me Harry sorridendo.
“Alyssa? Non mi dire che è la tua nuova conquista Harry, perché altrimenti ti rapo a zero e addio ricciolini”
Lui scoppia a ridere e si gira nella mia direzione.
“Tranquilla Lou, lei è già nelle attenzioni di altri” Mi strizza l’occhio e torna a parlare “A me interesserebbe un’altra persona”
“Ha altre attenzioni? E chi sarebbe quest’altra a cui punti?” Domanda incredula Lou.
“Harry smettila” Lo ammonisco e mi avvicino alla ragazza
“Piacere, sono Alyssa e sto lavorando con i ragazzi sul nuovo cd” Le allungo una mano che prontamente afferra.
“Io sono Luo, la loro parrucchiera e truccatrice”
“Se ti do fastidio vado fuori”
“Scherzi? Assolutamente no, poi quando c’è sotto Harry, che è un adulatore di se stesso, e gli piace che gli altri lo guardino. Perciò accomodati” Mi sorride, indicandomi uno sgabello su cui sedermi.
“Non sono un adulatore” La rimprovera, un offeso Harry.
“Certo, certo. E io sono la regina Elisabetta” Alza gli occhi al cielo Lou, facendo ridere noi due.
Prende ad aggiustare i capelli di Harry e scambiando quattro chiacchiere con me.
 
“Come sto?” Domanda Harry, facendo una piroetta su se stesso.
Sorrido per quanto sia sempre allegro questo ragazzo.
Ha una camicia bianca a piccoli pallini, impercettibili, neri, con i primi tre bottoni sbottonati, che fanno intravedere i suoi tatuaggi. Una collana si appoggia sul petto. Un jeans, troppo stretto, nero gli fascia le gambe e ai piedi degli stivaletti marroni.
“Sei uno schianto Harry” Giudico, mentre sul suo volto si apre un sorriso che mette in evidenzia due adorabili fossette.
“Grazie tesoro. Vieni usciamo di qui”
Ci avviamo fuori la stanza, salutando Lou.
“Oggi registriamo il video di un pezzo nuovo, diciamo una futura colonna sonora estiva”
“La modestia è la tua prima qualità Styles” Lo rimprovero, benevola, dandogli un leggero colpetto sulla spalla.
“Diciamo che ci credo fortemente” E’ la sua scusante.
Sorrido, mentre ci avviciniamo a una scrivanie piena di fogli.
“Avremo tutti una doppia personalità, diciamo che ci trasformeranno in questo video, però oggi registriamo le parti dove siamo noi stessi. Al piano di sopra ci sarà il set” Continua a spiegare lui.
Afferra un foglio e si mette a ripetere, quelle che credo siano le sue battute.
Prendo un plico contenente la sceneggiatura del video e curiosa prendo a leggere.
“Vado sopra a vedere una cosa. Ci vediamo tra poco” Mi informa Harry, allontanandosi.
Assecondo solo con il capo, continuando a leggere. E’ divertente e sorrido tra me.

“Ti piace?” Mi domanda una voce roca alle mie spalle, e il suo profumo mi arriva esaltandomi i sensi, alle narici.
Mi giro lentamente e lo guardo di sottecchi.
“E’ bello”
Lui si appoggia di spalle alla scrivania, con le braccia incrociate.
È splendido, come sempre. Il suo look gli conferisce un’aria da ragazzino, qual è.
“State uscendo insieme?” Domanda ad un tratto e io lo guardo interrogativa.
“Di che parli Liam?”
“Di te e Niall. Lui è un bravo ragazzo” Osserva pensieroso, guardando per terra.
“No, guarda che hai capito male. Io e Niall non stiamo uscendo, semplicemente ieri abbiamo fatto un giro. Niente di più”
“Non devi spiegarmi nulla” Dice lui, allontanandosi.
“Liam per favore. Non andartene” Lo richiamo.
Lui si blocca e rimane per un attimo fermo di spalle, si gira a guardarmi.
Finalmente i nostri sguardi si incontrano e si salutano, dopo tanto tempo.
“Non mi piace quando ti allontani, non mi piace la tua indifferenza”
“Indifferenza?” Domanda sbalordito.
Poi non so come, la sua espressione si trasforma, avvicinandosi a grandi passi a un palmo da me.
“Non credo proprio si tratti di indifferenza” Sputa amaro.
Spalanco gli occhi e per la prima volta, riesco a sostenere uno sguardo. Non ho paura di ritiralo.
Mi guarda furioso, mentre negli occhi vedo passare un lampo, abbagliandoli.
Mi si blocca il respiro e non ricordo più come si espira. Dio santo, è così vicino che riesco a percepire il suo respiro, il suo odore mi è completamente inebriante. Perdo totalmente il lume della ragione e lo fisso, lo fisso e non vorrei più staccarmi, anche se sembrerebbe che vorrebbe mangiarmi a morsi, per quanto è furente.
“Anzi, sei completamente l’opposto dell’indifferenza Alyssa. E non ci capisco più un accidente” Continua, con un tono più calmo. Ma sempre furente.
Non può essere vero, sicuramente sarà un sogno. Tra poco la sveglia suonerà, e un altro giorno di scuola prenderà il suo corso.
Non posso trovarmi di fronte, così vicino questo ragazzo, mentre mi dice che non prova indifferenza nei miei confronti, diversamente da come credevo fino a poco fa.
E allora cosa c’è? Cosa c’è, se non indifferenza tra noi?
Vorrei parlare, vorrei domandargli tutte queste cose. Ma c’è qualcosa che mi trattiene, qualcosa che continua a ripetermi di non perdermi in chiacchiere, ma di approfittare del momento. Nel guardargli gli occhi scintillanti, nel guardargli le labbra dischiuse, mentre respira infuriato. Quelle labbra rosse, carnose, prese d’assalto dai suoi denti, che mordono il labbro inferiore, come a trattenersi. Nel mentre il mio cuore torna a battere, anzi, a trottare. Alzo nuovamente lo sguardo sui suoi occhi e mi ci perdo. È completamente destabilizzante.
“Dobbiamo registrare” Una voce alla spalle di Liam, si fa sentire.
Lui chiude gli occhi e torna a respirare regolarmente. Si allontana di poco, ma è sempre vicino.
Si passa una mano tra i capelli e sbuffa esasperato.
“Dobbiamo parlare” Dice in fine guardandomi.
Sono ancora bloccata con i fianchi alla scrivania, senza fiato, come se avessi corso per cento miglia.
“Devo andare” Sussurra avvicinandosi.
Alza la mano, come ad accarezzarmi, ma la ritira indeciso.
Continua a guardarmi, ma alla fine volta le spalle e va via.
Mi porto una mano al cuore scuotendo la testa.
E per una volta, non vorrei che questo fosse un sogno. Ma vorrei che fosse solamente la realtà.
E quando mi accorgo che è così, un piccolo sorriso spunta sulle labbra.


Kumusta a todos.
Fa freddo, fa veramente e tremendamente freddo. Da me sono arrivati i pinguini e da voi?
Se volete adottare un pinguino per la vita contattatemi (?)
Allora, seriamente ora :)
Vi piace il capitoletto? Stanno registrando, teoricamente, Best song ever. 
Liam, Liam, Liam, ci vuoi dire anche a noi cosa ti passa per la capoccia? 
Se Alyssa è destabilizzante perchè vi sta portando all'esasperazione, Liam a me sta facendo la testa quadrata. 
Ha una psicologia tutta sua, che trovo difficile spiegare. Ma ci riuscirò. Devo riuscirci.
E niente. 
Domanda: chi ci preferite con Alyssa? Niall o Liam?
Secondo me dovrebbero fare una fusione stile Goku e Vegeta e sarebbere il mio prototipo perfetto di ragazzo.
Ok, sto straparlando. Il freddo gioca brutti scherzi.
Fatemi sapere.
Grazie a tutti come sempre. Siete dei grandi!! 
A mercoledì, il prossimo capitolo mi piace particolarmente MOLTO.
Un bacione.
-Ila-





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Capitolo 12
*** Tramonto come il sole ***


Dopo alcuni minuti, decido di salire anche io al piano superiore.
Percorro i corridoi, senza sapere esattamente dove andare, ancora un po’ spossata da quello che è accaduto al piano inferiore.
Ad un tratto sento una canzone e mi giro dalla parte opposta, che sto percorrendo, del corridoio. Percorro un’altra ala e ad un tratto un grande set fa capolino nel mio campo visivo.
La prima cosa che salta agli occhi è il colore che avvolge tutto: bianco, bianco ovunque.
Poi, in seconda battuta, quello che ti fa strabuzzare gli occhi, sono le molte telecamere, rulli, casse e fari.
“Alyssa” Mi sento chiamare.
Giro la testa confusa, da una parte all’altra. Quando trovo Lou appoggiata a una sedia da regista, mi fa segno di avvicinarmi.
“Siediti” Mi indica altre quattro sedie identiche a quella dov’è seduta.
Guardo scettica il nome di Liam, ma deciso di sedermi su un altro terreno: Niall.
“Da quando hanno iniziato?” Domando guardando i ragazzi provare le posizioni.
“Solo alcuni attimi fa, ora devono provare una scena, diciamo la più facile, poi inizieranno con gli assoli”
Assecondo, guardando sempre quello che sta accadendo sul set.
E cerco di mettere da parte quello che è accaduto poco fa al piano inferiore.
“Allora siamo pronti?” Domanda quello che credo sia il registra.
I ragazzi assecondano quasi in coro e si posizionano tutti, chi più avanti, chi più dietro, davanti a una scrivania di un ufficio allestito perfettamente.
La musica parte, ripassano le loro strofe senza nessun particolare, dopo un minuto scarso inizia il ritornello e loro prendono a cantare in coro, iniziando a muoversi, a saltare tra loro e a divertirsi.
Non sembra stiano girando un video, sembrano contenti, allegri. E questo mi fa sorridere. È così strano vederli così, quando li conobbi quel giorno a scuola, sembravano così maturi, persone più grandi della loro età intrappolati in quei corpi di ragazzi ventenni.
Mentre ora, guardarli così, riesco a credere che le parole di Niall ieri sera siano state più che vere, non hanno la libertà di esprimersi come realmente desiderano, troppo oppressi in maschere che gli hanno cucito addosso.
“Spostatevi” Urla il registra con le cuffie in testa, mentre impartisce ordini a destra e a manca.
I ragazzi, senza dare segno di averlo sentito continuano la loro ballata, però poi si allontanano facendo un pò di baccano sulla scrivanie.
Il ritornello si completa, lasciando la parola solo a Liam.
Mi perdo a guardarlo, come è successo prima. E sento un qualcosa all’altezza della pancia, come un leggero formicolio.
Cosa mi sta facendo questo ragazzo? Possibile che  mi stia mandando verso l’inferno? E se così fosse, perché continuo imperterrita a pensarlo? Non mi farà solo male?

“Va bene, fermatevi. Questa scena la faremo più tardi. Ora prendiamo a lavorare singolarmente. Harry, partiamo da te” Sempre il solito registra blocca la scena, mentre gli altri quattro vanno verso le sedie, nonché verso la nostra direzione.
Harry rimane sul set, pronto per provare le sue strofe.
“Bravi ragazzi” Sorride Lou ai nuovi arrivati.
“Abbiamo fatto pena, siamo sempre dei tronchi alle prime battute” Si lamenta Louis sedendosi sulla sua sedia.
Gli altri rimangono in piedi, sorrido a Niall che ha capito che siedo sulla sua di sedia.
Mi sento due occhi puntati addosso, giro il volto in cerca della fonte e trovo Liam che mi guarda come stamattina, prima di andare nel camerino.
La cosa mi fa sussultare e porto lo sguardo sulle mie mani.
Perché fa così? Perché mi sta squadrando come se io avessi fatto lo sbaglio più grande della mia vita?
 
Dopo tre ore di: canzone, di riprese, di strofe e balli. Il registra capisce che è ora di congedare i ragazzi, a cui esce il fumo dalle orecchie.
Lo ammetto, a tutto questo trambusto, continuo a preferire il mio vecchio e dolce pianoforte.
Mentre tutti si recano al piano inferiore con l’ascensore, decido di fare due passi, mentre aspetto che Niall si cambi e mi riporti a casa.
Girovago tra il set e prendendo il cellulare scatto una foto per poi mandarla a Eloise.
Sorrido pensando alla sua reazione, sicuramente si metterà ad urlare e a inveire contro attraverso i messaggi. Vorrei tanto che lei fosse qui con me, le racconterei di quello che è accaduto prima con Liam.
Non so che pensare, è tutto strano. Una parte di me ne è felice, ciò vuol dire che non gli sono indifferente, ma non appena la mente concepisce questo concetto, scuoto la testa e penso che sono una pazza.
Ha già a chi pensare e di certo non sono io. E poi, ci sono io. Non ne vale la pena, il mio destino è già scritto. Non ho speranze.
Come se mi avesse letto nella mente una voce mi fa sobbalzare, facendomi quasi cadere per terra il cellulare.
“Aly?”
“Santo cielo. Mi fai prendere un accidente” Mi volto, fronteggiando quello sguardo che mi fa scalpitare inspiegabilmente.
“Scusami, eri assorta nei tuoi pensieri e non mi avevi sentito arrivare” Spiega Liam, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.
“Non importa” Aggiungo, con un movimento della mano.
“Posso accompagnarti a casa?” Domanda poi, guardandomi.
Spalanco gli occhi incredula, guardandomi attorno in cerca di un appiglio a cui aggrapparmi.
“Per favore” Continua lui, cercando i miei occhi.
E in quel momento decido seduta stante, sarà per il tono di voce, sarà per altro, di accettare.
 
Quando torniamo ai camerini, Niall è già pronto mentre bussa insistentemente alla porta di Harry.
“Hazza, ti sbrighi? Dobbiamo accompagnare Alyssa”
“Sisi, mi sto infilando i jeans, sono pronto”
Quando finalmente apre la porta i due si girano trovando me e Liam a pochi passi da loro.
“L’accompagno io a casa” Spiega Liam, guardando in cagnesco Niall, che sostiene il suo sguardo truce.
Guardo Harry in cerca di aiuto. Non mi piace questa situazione, non capisco che senso hanno questi sguardi che spruzzano saette.
Harry mi sorride e alza le spalle, come se la cosa fosse ovvia.
“Ok Liam, non ci sono problemi. Ti aspettiamo a casa”
Detto ciò si avvia, salutandomi, giù per le scale, seguito da Niall. Che torna subito sui suoi passi, mi lascia un bacio sulla guancia e mi sussurra “Sta attenta”.
Lo guardo interrogativa, ma non mi risponde. Segue Harry fuori dal palazzo.
“Andiamo. Abbiamo avuto la libera uscita dal tuo ragazzo”
“Non è il mio ragazzo, Liam! Non capisco perché tu continui con questa sciocchezza”
Lui sbuffa e mi fa segno di scendere le scale.
Io non lo capisco! Ma che avrà in quella testa quadrata? Poi sono io quella con i problemi. Bhà, a questo punto i miei sono insignificanti rispetto a quello che affligge la mente di Liam. È dannatamente lunatico.
Mi avvio, seguita dal suo sguardo vigile, al parcheggio, verso la sua auto.
 
Il viaggio è abbastanza silenzioso e opprimente, non capisco nemmeno perché non abbia acceso la radio. Almeno avrebbe fatto un po’ di compagnia.
Odio questi silenzi. Sono solita farli rimbombare con la musica, oppure con le frasi di un libro. Non amo il silenzio, mi fa riflettere, mi fa intristire e mi fa ricordare la me che perisce.
Guardo fuori dal finestrino e guardo la strada correre sotto di noi, alberi ormai sbocciati si stagliano ai lati della strada. Il cielo oggi ci accompagna, per fortuna non c’è pioggia.
Sospiro, pensando a quanto naturale siano queste cose. E nemmeno ce ne accorgiamo, vorrei guardarle per sempre. Nostalgica, penso subito dopo che purtroppo non lo farò mai. Ecco, lo sapevo.
I pensieri negativi sono tornati.
Vengo bloccata da una suoneria di un cellulare che non conosco.
Vedo un movimento nella figura accanto a me, quando mi giro a guardarlo, trovo Liam che cerca di sfilarsi il cellulare dalla tasca dei jeans, ma sbadatamente lo fa cadere tra i sedili.
Mi chino a raccoglierlo e nello stesso instante è la stessa cosa che fa lui. Le nostre mani si sfiorano e io le sposto di stacco, guardandolo. Lui continua a guardare la strada, sembra non essersi accorto di nulla.
Distolgo lo sguardo quando lui accetta la chiamata e risponde.
“Dimmi”
“Si, sto accompagnando Alyssa. Non so quando torno” Lo sento rispondere a una domanda dall’altro capo telefonico.
“Sta tranquillo. Non lo farò. A dopo” Riattacca la chiamata e appoggia sbuffando il cellulare sul cruscotto.
“Era Zayn” Mi spiega.
“Siete molto amici” Osservo.
Effettivamente mi è apparso di capire che lo sono, proprio dai loro atteggiamenti. Sembrano pappa e ciccia. Si proteggono sempre a vicenda. Mi sembra di vedere me ed Eloise.
“Già” E’ la sua semplice risposta.
Dato che non continua, torno a guardare il paesaggio che ci circonda. Sperando di non fare altri pensieri non consoni.
“Alle volte esagera però. Mi tratta come un bambino. Non mi vuole mai far sbagliare” Riprende la sua conversazione.
“Gli amici fanno così, cercano sempre il nostro meglio. Evitando strade sbagliate” Aggiungo, ritornando a guardare il suo profilo.
È concentrato sulla strada, ha la mascella tesa e sta pensando a qualcosa. Ne sono sicura.
“E se alle volte vorremmo prendere quella strada sbagliata?” Domanda lui, sempre guardando davanti a se.
Questa domanda mi è tanto familiare. È la stessa che posi, giorni fa a mio padre. Indecisa se accettare il progetto con i ragazzi o meno. Non so ancora, se la scelta fatta sia stata un bene o un male. Ma ho fiducia in quello che mi disse mio padre.
“Allora in quel caso devi solo riflettere con te stesso. Soppesare le scelte e prendere la scelta che ti dice il cuore. Non aver paura di soffrire Liam”
Lui si volta, e finalmente mi guarda.
“Non ho paura” Aggiunge, per poi tornare a guardare la strada.
Sorrido tra me. La paura è la prima cosa che ci rovina e io lo so benissimo. Do buoni consigli agli altri, ma io sono un disastro quando li devo dare a me stessa.
 
“Che ci facciamo qui?” Domando incredula, mentre scendo dall’auto, imitando quello che ha appena fatto Liam.
Mi guardo in torno e un profumo di salsedine mi fa arricciare il naso, lo spettacolo è fantastico.
Ci troviamo a Camden. Che ospita una spiaggia libera, di medie grandi dimensioni.
Il luogo non è molto affollato al momento, c’è qualcuno che è sdraiato su un telo sulla sabbia, c’è chi si avvicina titubante all’acqua e c’è chi passeggia.
“Mi piace questo posto” Spiega lui avvicinandosi al muretto che separa la spiaggia dalla strada.
“Vieni?” Mi domanda, porgendomi una mano.
Intimidita, ma allo stesso tempo curiosa, affetto la mano. Subito rifletto sul mio gesto, con questo ragazzo le cose mi escono naturali, senza stare li a riflettere sul da farsi. Le affronto solamente.
Lui stringe la mia e mi aiuta a scavalcare il muretto.
Quando tocco con i piedi la sabbia, lui ha ancora la mia mano nella sua, senza intenzione di lasciarla.
Arrossisco al gesto, ma sembra non accorgersene, dato che inizia a camminare trascinandomi più avanti.
“Ci venivo spesso qui, quando tutto non era ancora successo” Spiega lui, guardandosi attorno.
“Ci sei mai stata?” Domanda, girandosi a guardarmi.
Scuoto la testa, negativamente e guardo l’acqua estendersi davanti a noi.
Scioglie il nostro legame e subito mi sento persa, mi volto a guardarlo e vedo che si sta sfilando le scarpe e con se i calzini.
Si arrotola i jeans fino al polpaccio e si avvicina all’acqua, lasciandomi qualche passo più distante.
Quando immerge i piedi nell’acqua salata, si gira e mi sorride.
“Vuoi provare?” Domanda, allungandomi nuovamente la mano.
Sorrido di rimando e mi sfilo anche io scarpe e calzini, avvicinandomi titubante.
“E’ fredda?” Domando.
“No”
Quando appoggio, senza esitare i piedi nell’acqua, mi si gela il sangue.
“Brutto scemo! È ghiacciata” Lo rimbecco, mentre lui scoppia a ridere.
“Oddio, dovresti vedere la tua espressione. È da immortalare”
“Vieni qua che ti immortalo io, nell’acqua” Lo minaccio, mentre lui inizia a correre seguita da me.
A un tratto si ferma, facendomi bloccare e prende a schizzarmi.
“Liam! E’ gelida” Lo apostrofo, questa volta scappando io e facendomi rincorrere.
“Sbagliato, è tremendamente gelida” Aggiunge ridendo.
Mentre corro, ovviamente, la mia destrezza vuole che inciampi nei miei piedi.
Quando sto per perdere l’equilibrio, Liam mi tira per un polso facendomi voltare e scontrare col suo petto.
“Tutto apposto?” Domanda, facendosi serio.
“S-si” Rispondo con un filo di voce.
Ormai ne sono certa, la sua vicinanza mi destabilizza. Sento il suo petto fare su e giù, per la corsa di poco fa.
Ha il sospiro affannoso che mi fa bloccare il deflusso del sangue. Il suo profumo mi solletica le narici, sopprimendo l’odore di salsedine.
È la seconda volta che ci troviamo così vicini in questo giorno. Ma questa volta, non ha niente a cui vedere con la prima. Non c’è rabbia, non ci sono lampi nei suoi occhi.
C’è curiosità, c’è abbandono.
Ci fissiamo negli occhi e probabilmente parliamo di cose non ancora espresse, di cose che ci celiamo e vorrei tanto riuscisse a capire quello che ho dentro.
Salvami Liam. Salva la mia vita.
Il mio grido di aiuto inespresso, il mio grido che cerca di uscire fuori da uno sguardo.
Nuovamente la suoneria del telefono ci riscuote, scivolo via dalle sue braccia, abbassando lo sguardo sui miei piedi scalzi, mentre lo sento imprecare sotto voce contro il cellulare.
“Sophia” Risponde girandosi e mettendo le spalle verso me.
Un semplice nome che mi fa spezzare e tornare alla realtà.
Deglutisco a vuoto allontanandomi e tornado alle scarpe. Le infilo, mentre sento punzecchiare qualcosa negli occhi. Non ci faccio caso, conscia del fatto di stare andando verso il patetico.
Com’è possibile che prima di incontrarlo, le lacrime erano sparite dalla mia vita?
Mentre mi allaccio le stringhe, Liam torna accanto a me.
“Dobbiamo tornare” Mi informa con voce atona.
“Certo” Rispondo sollevandomi dall’allacciare le scarpe.
Aspetto che anche lui si ricomponi, mentre guardo il sole tramontare. Amo questo gesto che la natura fa, mi ci sono sempre persa quando lo guardo nascondersi, nell’ufficio della psicologa e ora vederlo su questa distesa d’acqua mi mette i brividi. E subito mi sento anche io come quel sole. Sto tramontando e sparendo.


Kumusta miei bei lettori.
Come state? Me una me... mezza cartuccia, si U_U
Ho partecipato al concorso del Brasile per il concerto dei ragazzi e indovinate?? :D 
No, non sono stata presa -_-
E efp mi prende anche per il culo, pubblicizzando, sotto la schermata della pubblicazione, ticketone con i biglietti dei One Direction a X factor!
Si, decisamente ci sarà qualcuno che ce l'avrà a morte con me.
Non è che siete voi? E monelli.
Sinceramente anche io mi prenderei a padellate e mi affogherei nell'acqua gelida dopo questo capitolo.
Chi aveva pensato a un bacio su quella spiaggia? *me alza la mano*
Invece no :( Perchè sono cattiva, è vero me lo merito.
E niente, che genere di punizione volete infliggermi?
Dal sondaggio della scorsa volta è uscito che preferite Alyssa con Liam, me ne farò un'idea. :D
Si, vi voglio tremendamente bene. Anche voi vero?
Ok, trono a deprimermi. 
Scusate se oggi ho aggiornato un po più in ritardo ma ero presa a pregare il telefono per una chiamata.
C'è qualcuno di voi che andrà al concerto a giugno/luglio?
Ringrazio tutti voi che mi seguite, che mi commentate da un po tutte le parti sui social network.
Ah, chi è che ha twitter? Io fino a sabato non l'usavo più di tanto. Ora mi sono fissata anche li.
Perciò per chi vuole, mi aggiungesse tranquillamente. (Trovate il contatto in fondo)
A venerdì. Un bacione.
-Ila-





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Capitolo 13
*** Bugie ***




“Mi dispiace” Dice Liam, mentre si ferma vicino il mio vialetto di casa.
“Per cosa?” Domando slacciandomi la cintura di sicurezza, con lo sguardo basso.
Abbiamo evitato di parlare per tutto il tragitto e solo Dio sa quanto mi sia sentita in imbarazzo.
Lui sospira e si passa una mano tra i capelli. Mi perdo a guardare quel gesto, quasi sicuramente è un gesto dettato dalla frustrazione per qualcosa. E mi sento tremendamente colpevole.
Ritorno a fissare i miei piedi, con una mano sulla maniglia della portiera, pronta per scappare.
“Per prima, io non dovevo… Cioè, volevo ma non so che mi sta prendendo. Sophia e io… Scusami Alyssa, non riesco nemmeno a spiegarmi”
La situazione sembra così assurda e io ancora più impacciata gli sorrido, notando la sua difficoltà. Sembra così preso dai suoi pensieri, in un modo così complicato.
Decido per il suo bene e anche forse, un po’ il mio, di slegarlo da quell’intricata matassa che si sta aggrovigliando sempre più nella sua testa.
Abbasso una mano e gli sfioro un ginocchio.
“Non ti angustiare Liam, non è successo niente. Va da lei”
Lui fa scattare la sua testa e i suoi occhi bruni si scontrano con i miei. Così diversi, in apparenza.
“Ma…” Cerca di ribattere, guardandomi fisso, volendo trasferirmi senza parole, qualcosa che non riesco ancora a leggere.
“Hai ragione” Sentenzia alla fine, abbassando del tutto il capo e appoggiando le mani sul volante, che lo stringono convulsamente. Torna a guardare la strada davanti a se e serra la mascella.
“Sophia mi sta aspettando”
Un sorriso amaro, nasce sulle mie labbra. E assecondo con la testa.
“Buona serata Liam” Gli auguro scendendo dalla macchina, mentre lui mette in moto.
Non un saluto, nessun cenno.
Non faccio in tempo a chiudere la portiera che lui parte a razzo, lontano da me. Lontano dai miei problemi.
Sospirando mi avvio al cancello di casa.
Si, è la soluzione più giusta. Devo solo spegnere queste fiamme che stanno crescendo secondo dopo secondo dentro me. Delusione o rabbia? Qualsiasi cosa sia, è un sentimento con cui dovrò convivere da ora in poi.
 
Apro la porta di casa e subito mi lascio cadere a peso morto sul divano nel salotto. Sono emotivamente provata. Che cavolo è accaduto in queste ore?
La vicinanza di Liam, le sue parole enigmatiche e la sua non indifferenza.
L’andata al mare, il divertirci spensieratamente per qualche attimo, che però ci ha fatto sentire così simili. Così liberi.
La speranza che potesse essere lui, colui che mi avrebbe liberata dall’inferno.
La caduta, con il naso spiaccicato, nella realtà, con Sophia.
La bugia detta in macchina.
Perché è stata tutta una burla. E me ne rendo conto solo ora. Non è vero che non importa.
Importa eccome. Importa al mio cuore. Perché lui ha sentito quel freno per poi tornare a galoppare tutto a un tratto, mentre eravamo troppo vicini con quel ragazzo. Perché è il cuore il vero protagonista in quei momenti.
Ma che ne posso sapere io, così immatura, così sbagliata, così inadeguata a questo mondo. Come se fossi la persona sbagliata nel momento sbagliato.
Il suono del telefonino nella borsa mi ridesta, allungo la mano per affondarla nella borsa accanto a me.
Leggo il nome e torno a sorridere. Eloise.
“El”
“Aly, dimmi che sei a casa”
“Si, lo sono. Perché?”
“Sono a dice minuti di distanza. Porto una sorpresa, insieme alla pizza ovviamente. A dopo”
Senza ulteriori indugi riattacca.
Scuoto la testa divertita, so che almeno non mi farà crogiolare nei miei pensieri senza via di fuga.
 
Rannicchiata in poltrona, nella stanza della musica, mentre mi rigiro tra le mani un vinile degli Imagine Dragons, suonano alla porta. Stacco la musica e aggiustandomi la tuta che mi sono infilata dopo aver trovato la forza di alzarmi dal divano e andare in camera, vado ad aprire alla mia amica.
“E tu che ci fai qui?” Domando perplessa, quando spalanco la porta e due occhi verdi fanno capolino dall’altra parte della porta.
Harry ed Eloise gridano in coro “Sorpresa” come se fosse il mio compleanno. Ma impossibile, il mio compleanno è passato da ben due mesi.
“Volete spiegarmi?” Domando incrociando le braccia al petto.
“E’ sempre così ospitale?” Domanda Harry all’orecchio della mia amica mentre lei alza le spalle.
“Non sia mai ho fatto rimanere sulla soglia della porta una star. Prego entrate” Li invito, chiudendo poi la porta dietro Eloise che mi sorride sorniona.
Le mimo con le labbra un “Poi mi spieghi” e li seguo in salotto.
“Mi sono persa qualcosa?” Continuo a domandare, facendo segno di potersi sedere.
“No” Risponde vaga la mia amica, mentre la guardo assottigliando lo sguardo.
“Che facevi?” Si guarda attorno Harry.
“Scommetto che era nella stanza della musica” Propone Eloise, sedendosi accanto al ragazzo.
“Stanza della musica?” Domanda sempre lui, affascinato.
“Si rintana li dentro e ci resta ore e ore”
“Non è vero”
“Allora dove sei stata tutto questo tempo? Non mi hai risposto al cellulare”
Sospiro e mi attorciglio le dita con quelle dell’altra mano.
Dire o meno la verità? E io che volevo sfuggire per un paio d’ore da questo filmino che mi si prospetta ogni minuto nella mente.
“Aly! Che mi nascondi?”
“Sei stata con Liam vero?” Domanda Harry, guardandomi curioso.
“Liam?” Quasi urla Eloise.
“Si” Sentenzio io, abbassando la testa.
“E non mi dici niente?”
“Perché tu invece me le dici le cose?” Domando esasperata tornando a guardarla.
“Hei, ragazze calma” Ci rimbecca Harry alzandosi in piedi.
“Aly mi vuoi spiegare?” Torna a domandarmi Eloise, in apparenza abbastanza calma.
Prendo un sospiro e guardo Harry, che mi sorride e mi fa un cenno con la testa di parlare alla mia amica.
“Dopo che i ragazzi hanno finito con le riprese, Liam mi ha offerto un passaggio per tornare a casa e ho accettato. Solo che abbiamo fatto una deviazione e siamo andati alla spiaggia di Camden e siamo rimasti li per un po’” Spiego sedendomi a gambe incrociate sul tappeto ai piedi del divano e apro il cartone della pizza prendendone un pezzo.
Ho lo stomaco chiuso, ma cerco di mangiarne un pezzettino almeno per acquistare un po’ di tempo, conscia che tra poco le domande di Eloise inizieranno a piovere.
Harry mi segue sul tappeto e prende anche lui un pezzo.
“E perché fino a Camden?” Domanda sovra pensiero lei.
“Liam ci andava sempre con i nonni e solitamente li non ci porta facilmente qualcuno” Risponde senza pensarci Harry, con la bocca piena.
Sembra riscuotersi e accorgersi solo in quel momento di quello che voleva dire.
Io ed Eloise lo fissiamo a bocca aperta incredule.
“Come sarebbe a dire che non ci porta facilmente nessuno?” Domanda Eloise alle spalle del riccio.
“Cioè… Insomma, Liam non ci ha portato mai nessuno. Nemmeno Sophia, per quello che ne sappiamo. È legato ai ricordi che quel posto racchiude, noi sappiamo ci abbia portato solo Danielle al tempo”
“Danielle?” Domando finalmente, come se mi fossi risvegliata con una secchiata d’acqua gelida.
“Una sua ex” Mi spiega, senza emozioni Eloise, ancora con lo sguardo perso.
“Non una ex, LA ex” Puntualizza Harry, pulendosi le dita con un tovagliolo.
“Che vuoi dire?” Domando ancora io.
“Danielle è stata una storia importante per Liam, una storia che non ha niente a cui vedere con la fama, Dio solo sa quanto abbia sofferto lui quando hanno deciso di lasciarsi e ora vederlo con Sophia, ci fa incazzare. Perché è come un ripiego, lei non prova realmente amore per lui. Insomma, si incavola per qualsiasi cosa, anche se Liam le lascia la mano per grattarsi il naso! Santo cielo. Lui non vuole sentire ragioni e forse un po’ lo capiamo, ha paura di nuovo di soffrire. Ma non per questo deve stare con una persona che lo sfrutta. E per il momento Sophia non è stata degna, minimamente, di essere portata su quella spiaggia” Spiega Harry, guardando di tanto in tanto l’espressione mia e di Eloise.
“Non capisco perchè ci abbia portato me”
“Sembra che la risposta sia chiara mia cara, non gli sei indifferente” Spiega Eloise, come se la cosa fosse la motivazione più che logica.
“Ma non dire cavolate!” Mi alzo in piedi stizzita.
Non può essere nemmeno lontanamente vero. Ma che diamine! Non conto niente per me stessa, figuriamoci se qualcuno possa interessarsi realmente a me.
“Aly, guarda in faccia la realtà” Si alza anche Eloise, guardandomi seria.
“Io la guardo la realtà El. E sai cosa vedo? Vedo che da un giorno all’altro io possa andare via! Ho paura El! Ho maledettamente paura e quello che ora sento dentro è troppo grande per me. Cosa significa questo? Perché mi sto facendo sempre più domande? Io non ne posso più” Urlo, sentendo delle lacrime uscirmi prepotenti dagli occhi.
Ci passo una mano rabbuiata, mentre le scaccio via. Guardo Harry a bocca aperta, ignaro di tutto, guardo Eloise con gli occhi lucidi, mentre mi si fa vicine e prontamente allunga le braccia per stringermi a se.
“Non devi avere paura. Andrà tutto bene”
“Stronzate” Rispondo atona, appoggiando la testa sulla sua spalla, mentre il suo odore mi calma e mi stende i nervi.
Sono arrabbiata, con me stessa. Per non riuscire più a capire che strada prendere, per non riuscire a tenere queste emozioni e queste lacrime sigillate dentro di me.
Eloise mi passa una mano nei capelli, allisciandoli e cullandomi.
“Non è vero. Hai me, che ti aiuterò sempre”
Non ho la forza nemmeno di obiettare, mentre chiudo gli occhi, cercando di pensare a cosa sarei stata senza lei, che mi fa continuamente da spalla. Probabilmente, l’inferno mi avrebbe chiamata prima del previsto.
Lei si stacca e mi prende per le spalle.
“Asciugati questi occhioni, perché non mi piace quando piangi. C’è una pizza da finire e Harry probabilmente è collassato per terra”
Le sorrido riconoscente, mentre mi asciuga un’ultima lacrima sulla guancia e mi sorride di rimando.
Ci giriamo e troviamo Harry nella stessa posizione di quando l’abbiamo perso di vista mentre ci guarda a bocca aperta.
“Fate tranquillamente come se non ci fossi, del resto che importanza ha se non vi ho capite ragazze” Sbotta lui, passandosi convulsamente le mani sui suoi jeans stretti.
Eloise scoppia a ridere trascinata da me, mentre quelle domande che vorticano nella testa, decidono di arrestarsi per alcuni attimi.
 

Da Niall:
“All’uscita di scuola aspettami, devo parlarti. X”
 
La vibrazione del cellulare richiama la mia attenzione nell’ora di storia contemporanea, mentre il professore, incurante di tutto, spiega preso da chissà quale forma oscura, la guerra fredda e i vari schieramenti.
Senza farmi vedere, apro la casellina dei messaggi e sorrido di rimando.
Non vedo Niall da due giorni, da quando ci siamo lasciati li, in quello studio di registrazione.
Il sorriso sfuma ai ricordi della spiaggia, ma ormai esperta, scaccio quest’ultimi.
Non faccio altro da due giorni, cerco continuamente di tenermi impegnata, per fino andando alle sedute della psicologa, evitando accuratamente di parlarle di Liam, in più mi tengo impegnata con le attività della parrocchia a cui sono enormemente grata e ovviamente, dedicandomi al pianoforte. Iniziando a scrivere qualche battuta per la canzone dei ragazzi, senza molta fantasia in verità, che mi giri in testa.
Mentre il professore apre il libro per indicarci le pagine da studiare, la campanella dell’ultima ora suona.
Quando finalmente si è deciso sulle pagine, infilo il libro e l’astuccio dello zaino per seguire la mandria di studenti, uscire dall’aula.

“Finalmente sei uscita” Mi richiama una voce conosciuta accanto la porta.
“Il prof era preso nel suo mondo” Spiego a una Eloise annoiata.
“Com’è andata?” Domanda lei, affiancandosi a me, mentre andiamo verso gli armadietti per recuperare i libri.
“Bene. El, a proposito, dovresti farmi un favore. Potresti prendere tu il mio scooter oggi?”
Lei chiude l’armadietto e ci si appoggia con una spalla, guardandomi.
“Perché?”
“Ho ricevuto un messaggio da Niall proprio poco fa, ha detto che mi aspettava fuori scuola perché doveva parlarmi”
“Che cosa vuole?” Domanda lei con occhi chiusi a fessura.
“Se prendi lo scooter, ti prometto che te lo dirò non appena torno a casa” La imploro, congiungendo le mani davanti alla sua faccia.
“Va bene, va bene. Però sia chiaro, ogni minimo particolare”
Ridacchio e l’abbraccio.
“Tutto quello che vuoi”
Scrollo l’abbraccio per poi dirigerci a passo svelto fuori la scuola.
In cima alle scale, noto subito la Rang Rover nera lucida di Niall.
“Ci sentiamo dopo El” Le grido, mentre scendo di corsa le scale avvicinandomi alla portiera della macchina.
Quando l’apro per poco non rimango fulminata da quegli occhi così brillanti.
Niall mi sorride, con gli occhiali appesi alla sua maglietta a mezze maniche binache, mentre la mano destra è appoggiata sul volante.
“Buongiorno” Mi saluta.
“Ciao Niall” Rispondo issandomi sul sedile del passeggero.
“Andiamo?” Domanda lui, mettendo in moto.
“Ovunque tu voglia” Rispondo ridacchiando, guardando fuori il vetrino scuro, mentre vedo Eloise che scuote la testa, come se abbia captato la mia risposta.
Alzo gli occhi al cielo pensando a che fine atroce farà il mio motore sotto le sue mani.


Kumusta!!
Dio Egiziano, ce l'ho fatta! Voi non potete minimamente capire quante volte abbia provato ad aggiornare da un'ora bella e buona.
Non riuscivo a evidenziare il testo su word, quando finalmente ci riuscivo non lo incollava su EFP e mi toglieva dei pezzi. Mio Dio! Ho rischiato la nevrosi. 
Ma alla fine, chi la dura la vince! E Ila ha vinto!! Yeah.
Allora, con i pomodori dello scorso capitolo che mi avete lanciato ci ho fatto una bella salsina, vi invito tutti a pranzo così l'assaggiate.
No, seriamente. Mi dispiace di come si sono svolte le cose e probabilmente in questo capitolo non ci avete capito molto.
Punti focali: la "fuga" di Liam, la crisi emotiva di Alyssa, la spalla su cui piangere di Eloise e il biondo Nialler.
Che ci avete capito? Nulla. Lo so, lo so. Ma deve andare così...
Che vorrà Niall da Alyssa? Lo scopriremo martedì! 
Vi ringrazio per tutto l'appoggio che mi date. Siete favolosi!
Avete anche coniato un nome per Alyssa e Liam... Cioè io vi amo! 
Le creatrici sanno a chi mi riferisco! Si a voi. Diavolette ♥
Ebbene il nome è ------> Alyam (dite che a loro piaccia poco la coppia Liam-Alyssa? Io non l'avrei mai detto!)
Non c'è proprio nessuno nessuno che fa il tipo per Niall? Povero Nialler. Io tifo per te sappilo! 
Bene. Buone feste per l'8 Dicembre. 
Un bacione grande!!!
-Ila-





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Capitolo 14
*** Un filo invisibile ***



Niall parcheggia l’auto vicino al parco, il suo posto preferito e scende dalla macchina.
Sorridendo mi avvicino alla sua presenza, non capisco come, ma con lui mi sento a mio agio, rilassata e tranquilla. È un buon amico, per quello che sono riuscita a captare in queste poche settimane di conoscenza, ha un animo dolce e sbarazzino, alle volte sa essere molto più maturo rispetto a tutto il resto del gruppo, ma quando c’è da divertirsi, forse è il primo a fare baldoria.
“Che ci facciamo qui?” Domando ancora con un aria rilassata, finalmente, dopo tanti giorni.
Niall apre il porta bagagli e esce una coperta e uno zaino.
Mi sorrid e felice come un bambino di due anni, ridacchia.
“Pic-nic”
 
Seduti sulla coperta, dopo aver mangiato i panini che aveva diligentemente preparato Niall a casa, guardiamo il paesaggio davanti a noi.
Respiro a pieni polmoni l’aria limpida, senza la presenza di gas nell’aria provenienti dalla città.
È bello essere qui, ci si sente vincenti, imbattibili, come se nulla ti potesse scalfire. Quasi i conquistatori del mondo.
“Mi piace questo posto” Affermo io, mentre Niall si sdraia accanto a me.
“Anche a me”
“Perché mi hai portato qui Niall?” Domando, aggiustandomi i capelli, portati davanti al viso per una folata di vento.
“Volevo staccare  un po’ la presa dal lavoro. Stiamo lavorando come matti per l’uscita del film e del nuovo cd, abbiamo appena finito di programmare le altre tappe del tour dell’anno prossimo e tra poco, dopo che l’estate sia finita, ricominciamo a girare il mondo. Sai, c’è chi dice che è fantastico, e credimi hanno ragione, ma non abbiamo un attimo libero. Dovevo uscire un po’, altrimenti sarei impazzito. Spero di non averti scocciata”
Mi giro a guardarlo, la sua espressione contenta di poco fa, è stata sostituita da un’aria stanca e provata.
“Niall non mi hai disturbata affatto, quando vuoi, per qualsiasi cosa, puoi contattarmi. Posso solo immaginare come siate pieni, ma vedrai che avrete un po’ di tempo tutto per voi”
“Mi manca casa” Continua lui.
Gli passo una mano nei capelli sorridendo, ecco quei momenti a cui pensavo prima, è maturo, ma all’interno nasconde un animo dolce e da orso. A chi non mancherebbe la famiglia dopo un anno di lontananza? Credo a tutti.
“Ci tornerai presto vedrai”
“Aly, posso chiederti una cosa?” Domanda mentre si tira su appoggiandosi sui gomiti.
“Spara”
“Che ne dici di accompagnarmi alla premier del film tra pochi giorni?”
Il respiro mi si spezza in gola e spalanco occhi e bocca, incredula alle sue parole.
“Co-cosa?”
Lui scoppia a ridere e si siede di fronte a me.
“Non spaventarti, è che solitamente vado sempre solo a questi eventi, ma stavolta ho trovato un’amica. E poi tu avrai già finito la scuola quel giorno, ho già controllato”
Mi sorride con gli occhi azzurri che brillano e non posso fare altro che riflettere lo stesso tipo di sorriso.
“Hai controllato? Ma tu, piccolo biondo che non sei altro, avevi già ideato tutto?”
“Più che altro ci speravo. Che risposta mi dai?”
Scuoto la testa divertita e incrocio le braccia al petto.
“Va bene Horan, stavolta hai  vinto tu. Verrò a quella premier”
Lui non appena sente la sentenza, batte le mani e mi abbraccia facendomi ruzzolare sulla coperta.
“Dio Niall. Alle volte sei tremendo peggio di Harry”
“Che offesa”
Scoppia a ridere, mentre ricambio l’abbraccio contenta di sapere di aver fatto felice qualcuno.
 
“Tu cosa?” Urla al telefono Eloise, facendomi allontanare l’apparecchio dall’orecchio.
“El, se la metti così mi sento in colpa e non ci vado più”
“Nono, tu devi andarci, cavolo che fortuna!”
“Dipende dai punti di vista” Sbuffo io, giocherellando con i tasti del pianoforte.
“Che vorresti dire?”
“Niente”
“Aly, sputa il rospo”
“E’ che, riflettendo a mente lucida, ci saranno anche gli altri…”
“E con gli altri, è sottointeso che ti riferisci a Liam” Mi blocca lei, concludendo il mio pensiero.
“El, non so che fare! Più cerco di allontanarlo dalla mia mente, più questo prepotentemente si fa vivo”
“Non ci puoi fare niente, solo affrontarlo” Spiega lei, con voce tranquilla.
“Sai che non affronto mai niente nella mia vita”
“E se stavolta invece ci provassi? Cos’hai da perdere? Rifletti Aly”
Rimango un attimo in silenzio, guardando fuori la finestra della stanza della musica, persa nei miei pensieri.
Cos’avrei da perdere? In teoria niente, in pratica tutto.
“Non lo so, è complicato”
“Niente è complicato amica mia”
In lontananza sento le chiavi girare nelle toppa, segno che mio padre è rientrato da lavoro.
“El devo salutarti, è tornato mio padre e mi aspetta per la cena. Ci vediamo domani a scuola”
“Va bene piccola, per fortuna altri tre giorni e questa prigione finisce. A domani”
Chiudo la telefonata e mi affaccio in corridoio salutando mio padre, con la valigetta in mano e la cravatta al collo allentata.
“Ciao Alyssa, che fai?” Domanda iniziando a salire le scale.
“Suonavo, ora vado a preparare la cena”
“Torno tra poco” Dice lui, infilandosi nella sua camera.
Accendo la tv e apro il frigo per prendere l’occorrente per la cena.
Mentre appoggio le fettine di carne e le patate nel forno, suonano alla porta.
Curiosa, vista l’ora, faccio una piccola corsetta per rispondere al citofono.
“Si?” Domando.
“Alyssa? Sono Liam”
Liam? Che diavolo ci fa a casa mia a quest’ora. Senza rispondere schiaccio il pulsante per aprire il cancello.
Apro la porta e lo vedo avvicinarsi alle scale del porticato, mentre ha le mani in tasca e una camicia a quadri rossa e bianca nasconde la maglia nera al di sotto. Sorrido, ricordandomi il nostro primo incontro, era vestito in modo simile e mi atterrò con un solo colpo.
Quando arriva davanti alla porta, il suo viso è impassibile e il mio sorriso scompare.
“Che ci fai qui Liam?” Domando con una mano sul fianco e una appoggiata alla porta.
“Volevo parlarti”
Com’è che oggi tutti vogliono parlare con me?
“Riguardo cosa?”
“Noi” Risponde lui fissandomi, mentre il mio cuore smette di pompare.
Noi, una parola semplice: tre lettere, due vocali e una consonante.
Possibile che questa parola abbia la capacità di far bloccare il battito cardiaco?
Sono ancora bloccata, fissa a guardarlo, mentre lui mi risponde allo stesso modo, mentre una voce mi riscuote.
“Alyssa, chi è alla porta?” Domanda mio padre affacciandosi alle mie spalle.
“Oh, buonasera” Saluta sempre lui.
“Salve” Risponde Liam.
“Papà, lui è Liam, uno dei ragazzi del gruppo con cui sto lavorando” Spiego io, recuperando un po’ di salivazione.
“Ah si, ricordo. Piacere” Allunga la mano mio padre, che prontamente viene afferrata e stretta dalla presa salda di Liam.
“Piacere mio, scusi se vi ho disturbato è che non ho in numero di telefono di Alyssa, altrimenti l’avrei contattata prima” Risponde lui, tornando a guardarmi.
Abbasso lo sguardo impacciata. Se lui me l’avesse chiesto io gliel’avrei dato più che volentieri.
“Perché non entri e te lo fai dare? Anzi, perché non rimani per cena? Mia figlia aveva appena messo a cucinare qualcosa”
“Non mi sembra il caso, Liam avrà da fare…” Ma non riesco nemmeno a finire la frase che lui è dentro a chiacchierare con mio padre.
Scuoto la testa, maledicendomi per non essere scesa io a parlare direttamente con lui.
Conosco mio padre, amabile chiacchierone, prego per uscirne viva da questa situazione.
 
“Così questa è la tua stanza?” Domanda una voce, ormai conosciuta alle mie spalle.
Ero salita in camera per afferrare una giacca, visto che le temperature serali londinesi non sono proprio delle più calde.
Mi giro e lo trovo con una spalla appoggiata allo stipite della porta, mentre si guarda attorno incuriosito.
È stato qui parecchie volte, ma non ha mai avuto la possibilità di ammirare la mia camera.
“Si” Rispondo con un filo di voce, richiudendo l’armadio.
La mia camera non è niente di che, semplicemente una stanza con pareti arancioni, letto nel mezzo, un armadio al muro e di fronte al letto una piccola scrivania con un pc appoggiato sopra, accanto alla scrivania una libreria contenete i miei libri preferiti e subito accanto una radio.
Non è il mio mondo come la maggior parte delle altre ragazze, il mio mondo è la stanza della musica, è li che trascorro la maggior parte delle mie giornate.
“E’ carina”
“Perché sei qui?” Ritorno a domandare, mentre lo guardo.
Lui torna con i pensieri nella stanza e mi guarda, staccandosi dalla porta e avvicinandosi.
La sua figura sovrasta la mia di molti centimetri e intenzionalmente faccio un passo indietro, andando a sbattere con le gambe al freddo, ferro battuto del letto.
“Volevo parlarti, te l’ho detto” Risponde lui, fermandosi, grazie al cielo, abbastanza lontano da me.
La sua vicinanza mi disarma, divento come creta al sole. Non capisco perché reagisco così, è un’emozione nuova per me. È come avere nella mia testa una guerra combattuta tra ragione e sentimento. Il sentimento non vorrebbe altro che buttarsi tra le braccia di questo ragazzo e vedere l’effetto che fa, se è ancora uguale a quando le sue braccia accolsero il mio corpo la prima volta, il sentimento è desideroso di provare.
Poi c’è la ragione, che mi costringe a tenere i piedi ben piantati per terra, puntandomi il dito contro e ricordandomi che persona io sia, quello che ho dentro e che non merito nessuna attenzione.
“Non so di cosa” Rispondo io, abbassando lo sguardo, desiderosa di svegliarmi da questo incubo, desiderosa di tornare a settimane fa, dove convivevo tranquillamente con il mio inferno ed ero… Cos'ero? Semplicemente uno scheletro che camminava. Priva di emozioni.
“Non fare finta di non capire Alyssa, sai perfettamente di cosa parlo”
Scuoto la testa, ancora con gli occhi puntati sulle mie scarpe, mentre percepisco il suo corpo avvicinarsi.
Ora, di fronte alle punte delle scarpe, ci sono anche quelle delle sue converse.
Alzo la testa e i miei occhi si scontrano con i suoi, possono sembrare così banali e diffusi, ma dentro c’è tutta una storia da scoprire. Quello che è realmente Liam, e non la star famosa. E io voglio conoscerlo.
Ma come la ragione punta i piedi per farmi desistere a questa sensazione, ci si mette anche il destino che io tanto odio.
“Ragazzi, la cena è pronta”
Liam continua a fissarmi con la sua espressione seria, serrando la mascella e i pugni lungo i fianchi.
“Dobbiamo andare” Lo richiamo io, con un filo di voce, mentre lui fa un passo in dietro e asseconda con la testa.
In silenzio lo sorpasso e scendo di corsa le scale.
Perché sono capitata in questa situazione? Qual è il programma del destino? Mi vuol vedere impazzire? Benissimo… E’ sulla strada giusta.
 
“E allora, state lavorando insieme?” Domanda mio padre, sorseggiando il caffè, a Liam.
Io mi alzo dalla sedia e prendo a sparecchiare.
Durante la cena, mio padre ha voluto conoscere meglio questo componente della band. Gli ha chiesto un po’ di tutto e io indirettamente ho conosciuto molte cose di lui e del resto del gruppo. Cose che non sapevo ancora, come i loro debutto, la loro carriera fino ad ora.
E ne ho dedotto, che è davvero stressante essere un personaggio famoso, sia con i pro e con i contro.
“Al momento ancora no, però inizieremo presto. Dopo l’uscita del film, che sarà a giorni” Spiega lui.
“Un film? Wao, siete arrivati anche a questo?”
“I produttori hanno voluto tentare questa nuova cosa e noi ne siamo più che entusiasti”
“Alyssa ci andrai anche tu?” Domanda mio padre rivolo a me.
Io mi blocco mentre infilo l’ultimo piatto nella lavastoviglie.
La premier, e ora come me ne esco da questo impiccio? Non ho avuto ancora modo di parlarne con nessuno eccetto Eloise e lei è di parte, essendo loro fan.
“Ecco io…” Inizio a dire, ma vengo bloccata da Liam che mi sorride.
“Avrai un pass tranquilla, per te e la tua amica, potrete venire insieme a noi sia alla premier che alla festa dopo” Spiega lui.
“Io, veramente… Mi ha invitata Niall” Continuo, come se non mi avesse interrotta.
Alzando lo sguardo lo vedo con la bocca aperta, che subito si chiude, facendo contrarre i muscoli della faccia insieme alla mascella serrata. La barba si stende, incorniciando le labbra che hanno assunto una posizione rabbiosa, lunga e dritta.
“Niall?” Domanda mio padre, non accorgendosi di nulla.
“Si papà, è uno dei componenti del gruppo”
“Capisco, bhè se ti fa piacere vai pure. Non sarà d’intralcio vero Liam?”
Liam si riscuote, spostando lo sguardo da me a mio padre.
“Dovrebbe chiederlo al ragazzo in questione” Risponde duro.
Mio padre rimane un po’ sorpreso, balbettando qualcosa.
“Si è fatto tardi, dovrei andare” Si alza dalla sedia Liam, accompagnato dalla stessa movenza di mio padre.
“E’ stato un piacere conoscerla signor Miller”
“Nessun signore, mi fa sentire vecchio. Chiamami pure Michael”
“Grazie per la cena Michael. A presto”
Detto ciò, dopo aver salutato mio padre si fionda fuori la porta.
Sono in una specie di trans, non mi rendo ancora conto di quello che è successo, com’è possibile che un attimo fa era qui di fronte e ora è fuori?
“Scusa papà. Torno subito” Balbetto.
E prima di rendermene conto, le gambe sono scattate da sole, uscendo fuori in giardino.

Spalanco il cancello, girando la testa prima a sinistra e poi a destra. Non so perché ho reagito così, per la prima volta ho seguito l’istinto.
Lo trovo pochi metri lontano, mentre si dirige alla sua grande macchina nera.
“Liam” Gli urlo dietro, correndo verso di lui.
Si gira e mi guarda ancora arrabbiato, fermandosi in attesa che lo arrivi.
Lo raggiungo, con un leggero sovra fiato, non dovuto certo per la corsetta di qualche metro.
“Che significa questa cosa?” Domando, portandomi una mano al petto, pregando che il batticuore cessi in fretta.
“E’ lui che vuoi?” Domanda a mia volta.
“Cosa?” Rispondo con un filo di voce.
“E’ lui che vuoi Alyssa?” Mi urla, facendosi più vicino.
Lo guardo spaventata e interrogativa, perché si comporta così? Perché ora mi aggredisce?
“Io non voglio nessuno Liam. Niall è solo un mio amico” Gli rispondo, respirando a fondo e facendo calmare il cuore.
“Come lo sono io? Santo Dio, mi fai impazzire” Dice arrabbiato, passandosi una mano tra i capelli.
“I-io non ti capisco Liam”
“Sai la cosa divertente? È che non mi capisco nemmeno io. Non ci sto capendo più um cazzo. Non so che sto facendo, sono perennemente preso dalla tua figura, non so più se quello che sto facendo sia giusto o sbagliato. So solo che dipende tutto da te. Ti rendi conto? È frustrante”
“Di che parli?” Domando, avvicinandomi a lui, mentre stavolta è lui a fare un passo indietro.
“Sto sbagliando Alyssa, non devo pensarti e non devo cercarti. Per favore dimentica queste parole scollegate. Devo andare” Dice lui, mentre mi sorpassa e riprende a camminare.
“Liam!” Lo richiamo mentre lo vedo avvicinarsi a una macchina e premere il pulsante per sbloccare le serrature.
“Liam! Aspetta”
Lui si volta a guardarmi e mi lancia un sorriso, ma non di quelli che tanto mi piacciono, ricchi di dolcezza e spensieratezza. No.
Questo è remissivo, triste e sarcastico.
“Buonanotte Alyssa”
Entra in macchina e mi lascia li da sola, mentre una folata di vento si insinua nella giacca facendomi rabbrividire.
Perché tutto si complica sempre più? Perché devo prendere per forza, quella corazza e affrontare la realtà? Perché mi sembra che la mia realtà sia legata a quel ragazzo che si allontana nella notte all’interno di quella macchina? Perché mi sento legata con un filo invisibile a Liam Payne?


Kumusta miei bellissimi lettori!
(Che certe volte si dimenitcano di me)
Payno gelosone!!!
Quanto è dolce? Quanto mi fa uscire di testa per capire la sua psicologia? TROPPO!
Allora! 
Io AMO Niall James Horan *no, non l'avrei mai detto*
E' dolcissimo ragazzi, un Winnie the Pooh a grandezza naturale! 
Alcune di voi stanno tremando lo so... Perchè hanno paura di Niall nella storia. Buahahahahahah
Si, vi farò penare parecchio!
Fatemi sapere che ne pensate del capitolo (ritorna a pregare in aramaico antico)
Prossimo capitolo: Premier!
Che accadrà? Eheheheheheh
Fate conto che state interagendo con una pazza squilibrata, perciò non vi assicuro nulla.
Con amore, a venerdì.
-Ila-





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Capitolo 15
*** Premier ***



“Morirò d’infarto, ne sono sicura” Si lamenta Eloise, girando per gli scaffali del negozio di abiti, che abbiamo scoperto quella mattina.
Siamo in pieno shopping e per me è tutta una questione nuova. Non per il fatto di fare compere, dato che tutto quello che ho, lo compro da sola, ma per l’occasione.
Eloise, si è aggiunta al gruppo per la premier, invitata da un Harry impacciato. Negare che quei due si piacciono è come negare il fatto che la terra è torna.
E da quando il ragazzo gli ha fatto quelle proposta, alla mia amica è partita una valvola del cervello. Continuando a ripetere che le prenderà un infarto di li a poco.
La scuola è finita e con se tutti gli esami. Da li a pochi giorni ci sarebbe stata la festa per il diploma e al pensiero mi si stringono le budella.
È stato scelto, per ogni classe, un portavoce che leggerà un discorso e nel mucchio il mio nome è spiccato, per doti scolastiche che non sono passate inosservate.
Tutto questo mi fa onore, ma non fa felice la mia milza.
“Che ne dici di questo?” Domanda Eloise, pescando dalla gruccia un vestito verde acido quasi inguinale.
La guardo schifata e le prendo con forza quell’orrore riposandolo al suo posto.
“Lascia che ti spieghi. Saremo davanti a delle telecamere, nonchè davanti a gente famosa e cosa da non tralasciare, davanti ai parenti dei ragazzi. Perciò, francamente El, quel coso fa vomitare. Cerchiamo di non dare nell’occhio eh? Ti va?”
Lei mi guarda spaventata e riprende il suo mantra.
“Morirò d’infarto. Sisi, lo so”
Mollo la presa sbruffando e incamminandomi tra altri scaffali.
La situazione mi fa ridere, come se fossimo a un cabaret.
Non sono in ansia io, o almeno la nascondo bene, mentre ha un attacco d’identità la mia migliore amica. Sempre ferma e posata nelle sue decisioni, con quei ragazzi perde il senno. Ma dopotutto sono i suoi “idoli” e poi c’è anche il fatto di Harry, a cui è particolarmente affezionata.
Sorrido, immaginando i due. Così simili, ma così opposti.
Il sorriso si spegne quando il mio pensiero cade su Liam. Alla sua scenata di alcuni giorni fa a casa. Mi stava per dire qualcosa, ne sono più che certa. Non per altro, ha detto che lo stavo portando alla pazzia.
Che cosa buffa, in verità è lui che mi farà ammattire prima del solito.
Mi nasconde qualcosa e io vorrei tanto sapere cosa sia. Ne ho la necessità, per vivere più serenamente o forse, sparire più velocemente.
Mentre mi soffermo su un abito lungo nero con scollo a cuore, mi squilla il cellulare avvertendomi di un messaggio.
 
Da Niall:
Stai facendo compere? Volevo solo farti sapere che sarò vestito in bianco e nero e no, non sarò il bene e il male. Semplicemente mi troverai nel mezzo. Divertiti e non vedo l’ora di scoprire che cosa tu abbia scelto. N. xx
 
Sorrido allo schermo, quel ragazzo è la dolcezza fatta a persona e sono contenta di fargli d’accompagnatrice in questo giorno così importante. Domani per tutti loro sarà un traguardo voluto e desiderato e ne sono onorata di farne parte.
“Perché sorridi?” Domanda alle mie spalle Eloise, con in braccio due abiti, uno rosso e l’altro bianco.
“Niall mi ha appena informata della sua mise” Sorrido, infilando il cellulare in borsa.
“E perché Harry a me non ha informato di nulla? Oddio e ora?” Inizia lei guardandosi attorno spaesata.
“El, santo cielo. Calmati. Sicuramente non si vestiranno stravaganti. E se Niall si vestirà con il bianco e nero, sicuramente anche gli altri adotteranno lo stesso stile. Non sei sempre tu a dirmi che si vestono coordinati?”
Lei ci riflette su e guardando i vestiti, abbandona quello rosso.
“Hai ragione. Che farei io senza di te?”
“Perché hai lasciato quello rosso?”
“Opto per quest’altro. Tu hai deciso?” Mi domanda, avviandosi ai camerini.
“Diciamo” Sussurro tornando a guardare l’abito che mi aveva colpito, prima di essere richiamata dal messaggio di Niall.
Lo afferro e mi dirigo anche io al camerino.
 
“Al tre usciamo” Mi informa Eloise, dal camerino accanto al mio.
“E sia” Assecondo.
“Uno, due… Tre!”
Scostando la tenda usciamo in sincrono e rimaniamo a bocca aperta fissandoci.
È una dea, non c’è altro da dire.
Un abito bianco stretto, ma allo stesso tempo abbastanza vaporoso, in modo tale da non stringerle, gli scende lungo fin sopra al ginocchio, in vita una cinta quasi invisibile nera le gira attorno ai fianchi, facendo adagiare la parte di sopra in modo morbido, la scollatura, mono spalla, copre il seno fino sotto al collo.
“Wao” Le sussurro, ancora frastornata. È meravigliosa, quel vestito la valorizza in un modo accattivante.
“Anche tu, amica mia. Anche tu” Risponde al mio richiamo. E sorrido.
Mi giro e trovo la mia figura, piccola e minuta allo specchio.
Un vestito nero, lungo fino ai piedi, con una piccola coda arricciato ai bordi, con uno scollo a cuore che mette in risalto il mio piccolo seno, fa sfoggio sul mio corpo.
“Ti sta divinamente” Continua Eloise, giungendo alle mie spalle.
“Non credi sia eccessivo?”
“Assolutamente. Niall impazzirà, insieme ovviamente ad un'altra persona” Mi strizza l’occhio lei, aggiustandosi il vestito.
“El, smettila”
“Non disperare, Liam si mangerà le mani e mollerà quella… Quella!”
“El!” La richiamo.
Lei sbuffa e si infila nel camerino per togliersi il vestito.
“E’ bellissima” Continuo io, imitando lo stesso gesto della mia amica.
“Non ho detto che sia brutta, ma non mi è simpatica”
“Ma se nemmeno l’hai vista”
“Domani la vedrò e confermerò le mie teorie. Sarà insopportabile”
Ridacchio, mentre mi sfilo il vestito. Lo rigiro tra le mani. Si, tu caro vestito, sarai il mio compagno per domani sera.
 

“La macchina è arrivata” Ci avvisa mio padre, urlando dal piano di sotto.
“Ci siamo, ci siamo” Scalpita Eloise, ritoccando un velo di rossetto sulle labbra.
“Non farti prendere dal panico” La richiamo, guardandomi anche io nello specchio.
Quasi stento a riconoscermi. I miei capelli sono raccolti a una coda laterale, mentre i boccoli creati dal ferro scendono sulla mia spalla nuda.
“Scendiamo dai, altrimenti arriviamo in ritardo”
La prendo per mano e cautamente scendiamo le scale per poi trovarci mio padre ad attenderci all’ultimo gradino.
“Ma guardatevi, come siete cresciute” Ci dice lui.
“Papà non iniziare” Lo rimbecco, conscia del fatto che per lui è una gioia vedermi così allegra, mentre mi godo la vita.
La macchina, nel vialetto, suona scocciata per dover aspettare ancora.
“Divertitevi” Ci augura mio padre, stranamente senza le sue solite raccomandazioni.

Saliamo in macchina silenziose, come se il silenzio possa appianare i nostri nervi a fior di pelle.
Sorrido sarcasticamente, se solo mi vedesse la psicologa in questo momento, probabilmente le verrebbe un coccolone.
Mi domando che fine abbia fatto il mio inferno. Nascosto ora in questo vestito, in queste scarpe, in questa macchina che i ragazzi ci hanno fatto recapitare affinchè ci porti da loro sane e salve e in tempo. Dov’è il mio inferno ora? E anche tu destino, dove ti sei nascosto?
Come se potesse rispondere alle mie domande, la macchina si ferma.
Siamo in uno spiazzale enorme, circondato da transenne e gente che urla in modo sovrumano. Ecco il mio inferno.
Davanti a noi si estende un enorme tappeto rosso. Il famoso “red carpet” e un’ansia sconosciuta, che fino a poco fa era celata da una finta calma, inizia a prendere piede.
“Hem, mi scusi, ma è sicuro che dobbiamo fermarci qui?” Domanda Eloise, sporgendosi verso il guidatore.
“Non è che ci sarebbe un’entrata secondaria?” Domanda guardandosi attorno.
“Mi dispiace signorina, ho avuto ordini precisi di farvi scendere qui”
Lei sbuffa, pronta a prendere per i capelli quel gentile signore.
“El, El. Guardami. Andrà bene, che cosa ci sarà di male?”
“Cosa? Ma le hai viste tutte quelle persone? Santo cielo, mi prenderà un infarto”
“Smettila con questo infarto! Lo faremo insieme ok?”
Lei mi guarda e asseconda con la testa.
“Al tre” La sprono io.
“Al tre!” Concorda lei.
Contiamo mentalmente, mentre il signore che fino a poco fa era alla guida, viene ad aprire il mio sportello.
“Tre” Diciamo insieme mentre l’afferro per mano e scendiamo dall’auto.
 
Subito le orecchie vengono colpite dalle note di “I love it” e le urla si distendono attorno a noi.
Siamo nel bel mezzo della frenesia. Personale tecnico che corre da una parte all’altra. Persone famose che si lasciano scattare foto da paparazzi e fan.
“Possiamo ancora scappare, ce la diamo a gambe” Mi sussurra Eloise al mio orecchio.
Ma io non l’ascolto, ancora con la sua mano nella mia, studio il grande spiazzale davanti a noi, in cerca di qualche volto di mia conoscenza.
Dopo un’attenta ricerca, trovo la chioma bionda di Perrie non molto lontana da noi, mentre è vicino ad altre due ragazze.
Trascino Eloise, che fortunatamente decide di collaborare e mi avvicino a lei.
“Ciao” Saluto timida io.
Lei si gira, facendo scontrare i nostri occhi simili, mentre mi sorride.
“Hei ragazze, ci siete anche voi. Dio che bello vedervi” Ci abbraccia lei.
Le due ragazze ci sorridono e subito Perrie fa le presentazioni.
“Ragazze, loro sono le due sorelle di Liam”
Sorrido imbarazzata, non credevo ci fossero anche loro. Felice di conoscere un’altra parte di quel ragazzo, allungo gentile la mano che subito viene afferrata da una delle due.
“Ruth, Nicole, loro sono Alyssa ed Eloise” Ci presenta sempre Perrie.
“Piacere ragazze” Risponde Ruth ancora sorridendo.
“Siete qui da molto?” Domando io per fare conversazione.
“Da un pò, i ragazzi arriveranno a breve e Perrie ci faceva vedere l’anello” Risponde Nicole.
“Anello?” Domanda Eloise alle mie spalle.
“Zayn mi ha chiesto una cosa importante” Risponde in imbarazzo Perrie.
Io e Eloise spalanchiamo la bocca incredule. Lei alza la mano sinistra e ci fa vedere l’anello a tre pietre sull’anulare.
“Oh signore! Tu, lui, cioè voi… Vi siete fidanzati?” Domanda ancora la mia amica.
Perrie asseconda con la testa estasiata.
“Oh mio Dio” Sillaba Eloise, probabilmente presa da una crisi d'ansia.
“Sono contenta per te Perrie” Mi congratulo anche io abbracciandola.
Lei ricambia l’abbraccio e continua a sorridere, come se nulla la possa scalfire.
“Dov’è Eleanor?” Domanda Nicole, guardandosi intorno.
“Arriverà più tardi con Sophia”
A quel nome i nervi di poco fa, dissipati per un po’, riprendono a battere.
Ovviamente, come c’era da aspettarselo ci sarà anche lei.
“E’ la loro prima uscita in maniera ufficiale” Saltella Ruth, felice per il fratello.
La sorrido, freddamente.
Smettila Aly, non puoi reagire così. È la sua vita, indipendentemente da quello che ti stava dicendo l’altra sera dopo la cena a casa tua. Ha la sua vita indipendentemente da quel pomeriggio in spiaggia. È sbagliato! È maledettamente sbagliato.
Ad un tratto la musica si dissipa, lasciando spazio alla voce del presentatore.
“Signori e signore, benvenuti, li stavamo aspettando, ed ora sono qui! Ecco a voi il fenomeno che ha catturato tutto il mondo, date un gran benvenuto e fatevi sentire, per loro. I One Direction”
Ed è il boato. La folla si anima e un sorriso nasce sulle mie labbra, circondato dai brividi. Questa è semplicemente adrenalina. Pura, meravigliosa voglia di vivere.
Dagli altoparlanti escono le note della nuova canzone dei ragazzi, la stessa a cui assistetti alle prove per il video.
Guardo le persona accanto a me, pensando che fino a poche settimane fa, io ed Eloise eravamo in mezzo a quelle stesse persone a Time Square. Sembra essere passato un secolo.

Una macchina grigia si ferma proprio nello stesso punto dove poco fa siamo scese anche noi. Dopo qualche attimo la porta scorrevole si aspre e scendono i ragazzi.
Indubbiamente sono da togliere il fiato, vestiti in modo elegante e impeccabile.
Sorrido all’outfit di Niall, che ha mantenuto la parola su come si sarebbe vestito, completamente di nero, tranne per la giacca sportiva con richiami bianchi. Il suo sorriso è la cosa più bella, dato che fa splendere quegli occhi che ha.
Dietro di lui Harry, e per poco non soffoco nella mia stessa saliva, per una risata trattenuta, facendola sovrastare sul rumore che ci circonda.
“Cuori?” Sento chiedere alla mia destra da Eloise.
“Guarda il lato positivo, ci hai preso in pieno con il bianco” Ridacchio io, continuando a guardare la sua camicia nera ricoperta di cuori bianchi, nel complesso è meraviglioso anche lui.
Ai loro lati ci sono anche gli altri e con lo sguardo mi perdo sul viso di colui, che da qualche settimana mi sta facendo battere il cuore e mi sta facendo andare in contro alla pazzia più nera. Liam.
Come se mi avesse sentito, come un richiamo nostro privato, lui fa scorrere i suoi occhi dal pubblico fino al nostro angolo.
Per un attimo rimane spiazzato, poi mi regala un sorriso. Uno di quelli che solo lui mi sa regalare e il cuore, riconoscendolo, prende a scalpitare come ormai fa di solito.

 

Kumusta bella gente.
Premier arrivata, però non finisce qui. Abbiamo il continuo martedì,. Continuo bello succoso.
Allora. In questo capitolo non c'è molto da dire... Tranne per la frustrazione di Eloise.
Se ve lo state domandando, si, ad agosto (o giù di li) mi vidi la premier su internet e mi rimase impressa la canzone "I love it" che passò nella bolgia di gente.
Avete visto i ragazzi ieri a Xfactor? Fino a ieri erano in Italia.
Me depressa, molto, troppo, assai, infinitamente.
Mi domando come abbia fatto ad affezionarmi così tanto a questi cinque in poco tempo. 
Io li odiavo fino all'estate di quest'anno. Credevo fossero insignificanti.
Ma porco due, ho avuto una metamorfosi scioccante.
E niente, scusate le troppe parole. Ma del capitolo non so che altro aggiungere :P
Il prossimo, si che avrò da parlare.
Grazie a tutti! Siete aumentati tanto e mi fa piacere.
Vorrei sentirvi di più però... 
Ci state? Dai.. Fatemi sapere se vi piace, se vi fa schifo, qualsiasi cosa.
Non mangio ve lo giuro.
A martedì. Un bacio a tutti.
-Ila-







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Capitolo 16
*** Resta con me ***


"Quindi cambia idea 
E di’ che sei mia! 
Non andartene stanotte 
Resta!
Resta con me!"
- Stay; Hurt -

Alla mia socia, che mi ha fatto scoprire questa canzone e me ne ha fatto innamorare.
Perchè è grazie a lei che ho avuto l'idea per questo capitolo.
 


 
“Noi cosa dovremmo fare esattamente?” Domanda Eloise verso Perrie.
“Quando finiscono con le foto e l’intervista, verranno da noi e andremo in sala per vedere il film” Spiega lei, sicuramente tranquilla, dato che conosce esattamente l’ambiente essendo anche lei cantante di un gruppo che tra poco parteciperà anche questo alla premier come ospiti.
Guardo affascinata quello che ci circonda. Sembra totalmente un altro mondo.
Telecamere, flash delle macchine fotografiche, musica, urli e microfoni con i loro propetari, che pongono domande ovunque.
Mi chiedo pigramente se qualcuno si sia accorto di due ragazze che non c’entrano assolutamente nulla con questo mondo. Ma molto probabilmente, ci avranno prese o per qualche parente o semplicemente per qualcuno che lavora li. Abiti a parte.
I ragazzi sorridono in ogni dove, gentili e acconsenzienti in qualsiasi cosa: nelle domande, nelle foto e negli autografi.
Li guardo mentre si mettono in posa all’ennesimo scatto. E sorrido involontariamente: non credevo di trovarmi qui, con queste emozioni contrastanti dentro me.
C’è lo stupore: per aver legato con queste persone che oltre ad essere delle super star, sono anche persone normali, ragazzi normali. Con i loro dubbi, le loro paure e i loro divertimenti.
C’è la gioia: perché ho trovato degli amici, ho trovato Niall con cui ho legato un sacco. È lui che in prima battuta devo ringraziare per essere qui.
C’è paura: perché so che questo sentimento prima o poi dovrà cessare.
E c’è tristezza: perché, in quel momento, capisco benissimo di star soffocando forse il sentimento più forte che qualcuno possa avere.
Sto, per l’ennesima volta, bloccando qualcosa che mi faccia tornare a vivere? Qualcosa che mi faccia tardare l’ingresso nell’inferno?
“Aly, ci dobbiamo avvicinare all’entrata” Mi richiama Eloise, prendendomi per il gomito.
Quel contatto è come un richiamo alla realtà.
“Certo” Assecondo, per poi seguire il gruppo con Perrie e le sorelle di Liam, verso la porta dell’edificio.
Entriamo in questo grande salone, dove alla destra si forma una grande scalinata in ferro, che porta a quello che suppongo essere la sala cinema.
L’ambiente è moderno, con una grande fila di botteghini, ora chiusi per dare spazio all’evento.
Tante persone ci circondano, chi sorseggia un drink, chi semplicemente parla tra se e c’è anche ci mangia qualcosa, offerto da dei camerieri, vestiti elegantemente in livrea.
Poco dopo, finalmente, fanno l’entrata i cinque, protagonisti del giorno.
Zayn sorride felice, verso la sua ragazza avvicinandosi a lei.
Eloise, affianco a me, scalpita imbarazzata mentre vede avvicinarsi Harry affianco a se, che le offre un braccio, che lei prontamente afferra, allontanandosi verso le scale che portano al piano superiore.
Sorrido imbarazzata, mentre Niall si avvicina.
“Siamo vestiti uguali” Esordisce lui, lasciandomi due baci sulle guancie.
“Quando si dice il caso” Lo prendo in giro io, mentre con la coda dell’occhio, vedo Liam e Louis insieme, che si trattengono sulla porta dell’edificio.
“Passata l’ansia?” Mi domanda Niall, conoscendo le preoccupazioni di questi giorni sia mie che di Eloise.
“Ora si” Rispondo regalandogli un sorriso.
Lui mi prende per mano e mi conduce nella sala del cinema.
 
Prendo posto accanto ad Eloise alla mia destra e Niall alla mia sinistra.
Mentre aspettiamo che anche gli altri si accomodino e le luci vengano spente, fanno l’ingresso prima Louis e Eleanor, che ci salutano radiosi, mentre si siedono accanto a Harry, per poi essere seguiti dalla coppia che mi fa sprofondare il cuore nelle viscere.
Liam, con la mano allacciata a quella della ragazza che ebbi la fortuna di vedere solo una volta.
Sophia è radiosa, fasciata nel suo tubino nero, con i capelli di un castano che splende, che le cadono alla sinistra della spalla.
Non vorrei vedere quella scena, ma c’è un qualcosa di masochismo in me, che mi fa tenere gli occhi piantati in quella visione. Che il destino stia sottolineando il suo potere? La sua via?
Sento la mano di Eloise, stringermi il ginocchio, come se volesse tirarmi per un braccio per farmi uscire dai miei pensieri oscuri.
Riprendo controllo di me, mentre loro si siedono accanto a Niall.
Girandomi verso la mia amica, le regalo un sorriso, che ricambia.
La mia solita maschera di indifferenza è stata posta sul volto. Impassibile a quello che mi circonda, impassibile alla me reale.
“Pronta?” Domanda Niall accanto a me, prendendomi la mano sinistra nella sua.
Assecondo con la testa e con un enorme sorriso.
Perché con lui non ho bisogno di nessuna maschera. I suoi occhi, inconsapevoli, hanno l’effetto di tranquillizzarmi e placarmi.
“Pronta” Rispondo mentre le luci si abbassano e il grande schermo si illumina.
 
Quando le luci si accendono, un forte applauso scoppia nella sala.
Durante il corso del film abbiamo riso come dei pazzi, ci siamo commossi e la loro realtà ci è saltata subito agli occhi in modo indescrivibile. Confermando tutti i miei pensieri: ragazzi famosi, ma principalmente ragazzi come noi.
I ragazzi si alzano in piedi e ringraziano con le dovute parole e con sicuramente commozione.
Quando terminano il discorso, vengono chiamati da quello che credo essere il manager per alcune foto.
Noi altre, ci alziamo e ci accomodiamo in una stanza con divanetti, dove le altre persone hanno preso posto per aspettare i ragazzi.
Mi avvicino a Eloise, che mi sorride e mi prende per mano.
“E’ stato fantastico” Dice, con gli occhi sognanti.
“E’ stato bello” Assecondo sorridendole.
“Sei stata forte” Dice poi, stringendomi la mano.
“Per cosa?”
“Per non averla strozzata. Fossi stata io le sarei saltata addosso strangolandola”
Ridacchio, per la sua trasformazione del volto, da sognante i suoi occhi hanno acceso una fiammella di strafottenza.
“El, smettila”
“Ragazze?” Ci chiama Eleanor, entrando in sala.
Io e Eloise ci avviciniamo sorridendo ancora, sorriso che sparisce ad un tratto dopo aver visto la compagnia, che include anche Sophia.
“Vi conoscete?” Domanda Eleanor, per fare le presentazioni.
“Si” Rispondo io.
“No” Mi segue a ruota la mia amica.
“Sophia” Si presenta lei allungando la mano.
“Molto piacere” Risponde con sarcasmo Eloise. Enfatizzando sul molto.
Faccio un colpo di tosse per farla smettere. Sophia sembra non accorgersi di nulla, ma punta lo sguardo su di me, facendomi una lastra a raggi X. Dio, vorrei sprofondare.
“Hei voi, vi stavamo cercando” Entra il sala un sorridente Niall, che sprizza gioia da tutti i pori, saltellando.
Con passo svelto si avvicina a me e porta un braccio sul mio fianco, contatto che mi fa arrossire fino alla punta dei piedi. Adoro questo ragazzo, lo dirò sempre, ma quando esprime il suo affetto in modo così aperto, mi farei più piccola di come sono e mi infilerei in una sua tasca della giacca.
“Vieni, usciamo. Ti presento al mondo” Mi sussurra lui.
“No, aspetta. Cosa?” Domando scansandomi dalla sua stretta.
Niall mi guarda dubbioso e aggrotta le sopracciglia, avvicinandole tra loro.
“Dobbiamo farci delle foto. E tutti le faranno con i propri accompagnatori”
Deglutisco a vuoto. Questo non l’avevo messo in conto. Altro che inferno, qui siamo in attesa di Lucifero.
 
Niall mi prende per mano e stringe la presa come a darmi coraggio.
“Lo so che vorresti essere con qualcun altro oggi” Spiega lui, guardando fisso davanti a se la porta a vetri che ci separa dalla folla ancora sul red carpet.
Mi volto e apro la bocca per parlare. Lo guardo e ha la mascella tesa, un’aria triste e sconfitta.
“Di che parli Niall? Sono qui perché tu sei mio amico e io sono così contenta di farti d’accompagnatrice. Non vorrei essere con nessun altro!” Gli rispondo, consapevole al cento per cento delle mie scelte.
“Nemmeno con lui?” Fa un cenno con il volto sulle scale, mentre Liam e Sophia ridono tra loro, scendendo gli ultimi gradini per poi avvicinarsi alle altre coppie.
“Hei” Lo richiamo, prendendogli la faccia tra le mani e guardandolo fisso negli occhi.
“Togliti quest’idea assurda dalla mente. Sono felicissima di essere qui. Con te. È così, devi credermi. E non mi importa di nient’altro ok?”
Lui asseconda con la testa, facendo illuminare nuovamente le sue pepite negli occhi. Mi sorride e ricambio seduta stante, quell’allungarsi di labbra rosee.
“Ora andiamo li fuori e fai vedere al mondo di cosa sei capace” Continuo io, lasciandogli il viso e depositando un bacio sulla sua guancia sinistra.
Lui ridacchia contento, prendendomi nuovamente la mano destra e stringendola, per poi tornare a guardare davanti a se.
Sorrido felice, per averlo fatto rilassare e averlo convinto finalmente sulla mia decisione.
Ancora con il sorriso su le labbra, prima di voltarmi, getto un’ultima occhiata a quella coppia dietro di noi.
Ma i miei occhi vanno a incastrarsi con un paio castano, che scrutano me e il mio accompagnatore senza espressione. E per un attimo sento quella familiare sensazione allo stomaco, sensazione di disagio. Come se mi avessero colta in fragrante.
Gli occhi di Liam ci fissano e vorrei dare la mia anima per scoprire cosa stia pensando. Peccato che la mia anima appartiene già a qualcuno: l'inferno
.
 
Usciamo e un boato ci accoglie, mentre un centinaio di flash ci colpiscono negli occhi.
Come un riflesso mi porto la mano che fino ad ora era legata a Niall per coprirmi gli occhi.
“Rilassati. Non è nulla” Mi tranquillizza lui.
Prendo un respiro, cercando di far perdere quei battiti in più che tutto ad un tratto ha acquistato il cuore.
Calcolo la respirazione, così come mi è stato imparato.
Abbasso il braccio e torno a sfiorarlo con quello di Niall.
“Come va?” Domanda lui, titubante se prendermi la mano o meno.
Gli sorrido e afferro quelle dita gelate per la preoccupazione.
“Sto bene. Andiamo”
Lui mi sorride e si avvicina a un piccolo botteghino, dove ci fa entrare e chiude la tenda alle sue spalle.
“Che cos’è?” Domando curiosa, sorridendo.
“Una macchina per fototessere. Pensavamo fosse una cosa carina. Quando quella lucina diventa rossa iniziamo a fare i cretini” Spiega lui, sedendosi accanto a me.
Scoppio a ridere, mentre lo guardo armeggiare con lo schermo di fronte a noi.
La lucina prende a lampeggiare con un rumorino che ci avvisa che tra poco gli scatti inizieranno.
Guardo il ragazzo accanto a me e il primo scatto colpisce il nostro viso.
Lui si gira facendo una smorfia e per la prima volta, dopo tanto tempo, mi diverto come una bambina.
 
“Fammi vedere le vostre dai!” Mi punzecchia Eloise, seduta accanto a me.
Apro la borsa e sfilo le fototessere per fargliele vedere. Mentre lei le guarda, ispeziono la grande sala che si estende nel nostro campo visivo.
Siamo alla cena di festeggiamento per l’uscita del film. È una semplice, nei limiti del possibile, villa, affittata dallo staff dei ragazzi per l’occasione. Ci sono una ventina di tavoli, quasi tutti con una decina di posti, tutti intorno alla stanza circolare.
In alto della sala c’è un lampadario stile antico, con tutti i pendenti di cristallo attorno. L’ambiente è neo classico, odio questo stile, ma devo ammettere che in questa villa non è eccessivo.
Al nostro tavolo ci sono tutti i ragazzi con le rispettive accompagnatrici.
Durante il primi piatti, offerti gentilmente da un cameriere in livrea, tutti abbiamo scherzato e riso. Facendo così aumentare il sospetto che questi ragazzi siano, veramente, qualcosa di spettacolare oltre la loro fama.
Veniamo interrotti da un signore distinto, che in mezzo alla sala, con il microfono in mano, si schiarisce la voce, attirando l’attenzione di tutti i partecipanti.
“Buonasera signori e signore, benvenuti alla serata dedicata a quelli che sono diventati un punto fondamentale per tanta gente, in pochissimo tempo, ma per noi saranno semplicemente degli amici. Stasera non è solo la loro festa, ma anche la nostra. Di noi tutti, per esserli stati accanto fin dal principio, per essere qui ora, insieme a loro, in questo traguardo così importante e per esserci sempre. Ora, non mi dilungo più del necessario. Spero vi possiate divertire e con questo apriamo le danze” Detto ciò, fa un passo indietro e dalle casse poste in alto, negli angoli della sala, si alzano delle note di Michael Bublè con Home.  
Le prime persone si alzano, affollando la sala.
Louis e Harry, scortati dalle loro accompagnatrici, prendono posto al centro, iniziando a muovere i primi passi.
“Signorina, mi condede questo ballo?” Domanda Niall, alzandosi e porgendomi la mano destra.
Sorrido di rimando e con un cenno del capo, afferro la sua mano.
“Con molto piacere Horan”
Ci accomodiamo anche noi al centro e iniziamo a dondolare su quelle note così rilassanti.
“Sono veramente contento che tu sia venuta qui. Significa molto” Sussurra lui, un po’ per non rovinare l’atmosfera, un po’ per accentuare il significato.
“E’ stato un onore Niall, credimi. Mi sono divertita e questo non accadeva da un sacco”
“Mi dirai mai cosa nasconde la tua armatura impenetrabile?” Mi domanda serio.
Il mio cuore smette di battere, mentre mi sento con le spalle al muro. Quegli occhi che mi prendono in contro piede e fanno vacillare tutto il mio universo personale. Non oggi, non questa sera, non questo momento.
Scuoto la testa e sorrido.
“Non nascondo nulla”
Questa è la mia maschera Niall.
Lui asseconda, probabilmente per non accentuare il mio disagio.
“Siamo controllati a vista, sai?” Domanda, ridacchiando.
Lo guardo interrogativa, sperando di non constatare che quella persona ci stia veramente osservando. E sperando che siano tutte mie fantasie.
“Liam” Aggiunge lui, mentre la musica si affievolisce e un grande applauso scoppia nella sala, proprio come scoppia il mio cuore.
 
Durante la serata ballo un po’ con tutti, ovviamente non con colui che mi fa bloccare corpo, anima, respiro e cuore.
Perché ammetto che tutto questo è tremendamente sbagliato. Non posso continuare così, perché lui sta bene li dov’è ora, con quella persona a fianco, che durante tutta la serata lo ha appoggiato e sostenuto. Forse un po’ troppo vistosamente, però credo sia li dove dovrebbe essere.
Mentre fantastico su questa cosa, Louis mi lascia la presa, durante il ballo, con un sorrisino particolare.
Subito il mio accompagnatore cambia, diventando proprio il protagonista di quella mia fantasia.
“Alyssa” Chiama lui, con un cenno del capo, mentre si intrufola nella stretta appoggiando una mano sul fianco.
“Payne” Rispondo io.
Le note di Stay di Hurts iniziano a riecheggiare nell’aria.
“Ti diverti?” Domanda lui, guardando in basso verso me.
“Molto, è straordinario tutto quello che fate”
"Facciamo il possibile" Scherza lui, stringendo la presa sui finchi, dondolandosi, trascinando anche me. Facendomi arrossire.
Lui sorride, mentre vengo richiamata dalle parole della canzone.
È strano come il destino certe volte mette il suo zampino. È possibile che questa canzone, con queste parole possa rispecchiare me stessa?
Dire addio a una persona che non è mai stata tua è possibile?
È possibile innamorarsi di qualcuno che non hai mai conosciuto, che non ne sapevi nemmeno l’esistenza fino a qualche settimana fa?
Innamorarsi? È possibile per chi ha la vita segnata come me? Perché questa parola mi fa così paura? Mi sto veramente innamorando di questa persona?
“Stai bene?” Domanda proprio lui, l’artefice di questi dilemmi interiori.
“Alyssa?” Torna a domandarmi, smettendo di dondolare, fissandomi incessantemente negli occhi, preoccupato.
Quegli occhi, che ho così cercato per tanto tempo. Conscia del fatto che potessero aiutarmi.
Perché ho la convinzione che siano proprio i suoi?
Perché ho l’impellente bisogno di accertarmene?
Sollevo una mano impaurita. Impaurita del fatto che possa scappare via. Come sempre. E gli accarezzo una guancia.
La sua barba ispida leggermente accennata fa capolino sotto i miei polpastrelli, come un caldo saluto a questa nuova sensazione.
“Resta con me” Dico guardandolo negli occhi, mentre anche le parole della canzone rimbombano tra noi, come compagne di un viaggio comune.


Kumusta miei prodi.
Capitolo succoso, molto molto succoso.
Vi avevo promesso suspance e suspance avete ottenuto, forse anche più del necessario in verità.
Spero non mi stiate mandando maledizioni, perchè è già un periodaccio di per se.
Uff. Avete sentito che Niall sta uscendo con una modella? Me molto provata.
Chi mi segue su facebook ne potrebbe sapere qualcosa.
Ci tenevo a salutare e ringraziare chi si sta aggiungendo in questo ultimo periodo.
Siete diventati un bel pò e questo mi mette enormente gioia. Perchè vuol dire che state leggendo e vi state appassionando alla vita di Alyssa.
Ringrazio anche chi mi commenta e mi fa sapere sempre le sue opinioni. Sia qui che su facebook. 
Siete adorabili e non saprei che fare senza voi. Perchè sembra una cosa di poco conto, ma ricevere un feedback per chi scrive è fondamentale.
E niente, se potete ascoltate la canzone "Stay" è molto bella e merita.
Vi saluto e vi aspetto venerdì.
Un bacione a tutti quanti.
-Ila-





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Capitolo 17
*** La lunga notte ***


Rimaniamo in silenzio per quello che credo essere un attimo, in quell’attimo tutto diventa sfocato attorno a noi.
Ho paura di portare lo sguardo su quella sala, impaurita del fatto che qualcuno abbia scoperto quello che il mio cuore, incurante della ragione, ha appena formulato.
Davvero mi sono innamorata? Davvero concedo al destino un’altra stoccata al mio fragile cuore?
Il contatto visivo con Liam non cede di un attimo, nemmeno quando il signore che prima ha parlato, torna al centro della sala.
Un forte applauso mi riscuote, facendomi abbassare il volto sul mio vestito che cade gentile per terra.
“Ringraziamo voi tutti che avete partecipato a questa pausa della cena. Ora potete ritornare ai vostri tavoli, è pronto il dessert e poi lasciamo la parola a quelli che sono i protagonisti di questa serata” Richiama lo stesso signore di prima, mentre tutti si dileguano.
“Hei, Aly andiamo?” Domanda Niall, affiancandomi.
Quando si accorge della presenza di Liam, fa scorrere lo sguardo tra noi due interrogativamente.
“Tutto ok?” Mi domanda ancora, circondandomi la vita con un braccio.
Sono pronta, pronta per cogliere la maschera dal suolo, lasciata cadere durante quel ballo e quella canzone troppo veritiera e riporla al suo solito posto, il mio volto.
Alzo lo sguardo verso Niall e gli sorrido.
“Certo”
Con la coda dell’occhio Liam sembra ancora guardarmi, ma evito con tutta me stessa quello sguardo indagatore. Conscia del fatto che migliaia di domande gli staranno vorticando in mente.
Niall mi scorta al tavolo, dove tutti gli altri sono già seduti.
Ci accomodiamo, subito seguiti da Liam, che prende a parlare con Sophia e Zayn, vicini.
Per fortuna la degustazione della torta alle noci, avviene tutto in modo pacifico, anche se mi sento osservata e non ho proprio voglia di vedere da chi provenga quest’occhiata.
Mentre parlo con Niall allegramente, questa sensazione non passa, continua a covare dentro di me e mi sento soffocata, come se qualcuno stesse stritolando la gola e io cercassi un appiglio, un respiro, ma non trovo niente.
Appoggio il tovagliolo sul tavolo e scusandomi, mi alzo per raggiungere il bagno.
 
Mentre mi sciacquo le mani e bagno con le dita il collo, sento che pian piano il respiro si sta regolarizzando.
Ormai, sono solita in queste cose. Il demone, quelle poche volte che lo dimentico in un angolo, subito si sente offeso e prende a scalpitare, facendomi ricordare che lui è ancora li, che non è andato da nessuna parte.
Mi guardo allo specchio e ho compassione per quel viso. Per quell’anima sotterrata dal trucco.
Sospiro al mio riflesso, pentendomi subito del passo fatto poco fa. Mi sono resa vulnerabile e ora eccomi qua, cuore rotto, anima lacerata e situazione non mutata, se non peggiorata. Sono un caso perso.
Sono ancora aggrappata al lavandino, quando sento chiudersi la porta alle mie spalle e il rumore dei tacchi a spillo fare ingresso nell’anticamera.
Alzo lo sguardo e chi mi trovo davanti è assolutamente l’ultima persona che vorrei vedere. Sophia.
La guardo e provo invidia. Invidia perché lei può avere tutto quello che io vorrei. Troppe cose, che vorrei.
Si avvicina al lavandino affianco al mio e si guarda allo specchio aggiustandosi i lunghi capelli castani.
“Ho visto come guardi Liam” Esordisce, aggiustandosi con le dita il rossetto sbavato.
Il mio cuore prende a battere a velocità sostenuta. Merda, mi ero appena calmata.
Impaurita che possa sentire questo batticuore, faccio un passo per allontanarmi ancora di più da lei.
“Come?” Domando, con un filo di voce.
“Hai capito bene” Dice lei, mentre per la prima volta si volta a guardarmi.
“Lascia che ti spieghi due cosette, signorina” Continua avvicinandosi.
Si ferma a pochi centimetri da me e mi fissa negli occhi, in modo tale che le sue parole che fuoriescano da qui a poco, mi rimangano cucite in mente.
“Prima di tutto lui è mio e di te non saprebbe che farsene, ma insomma guardati, dove vorresti andare combinata così? Siete due mondi opposti. Ti conviene fare marcia indietro. Nemmeno se tu fossi l’ultima persona di sesso femminile sulla terra ti verrebbe a cercare. Seconda cosa, potrete anche lavorare insieme, ridere e scherzare, ma lui verrà sempre da me. È da me che verrà a fine giornata e con me resterà tutta la notte. Sono stata abbastanza chiara?”
La guardo con occhi sbarrati. L’unica domanda che mi pongo al momento è: come possa stare, un ragazzo come Liam, così spettacolare, dolce, sincero e premuroso per chiunque, con una ragazza così superficiale, arrogante e cattiva?
Penso che tutto quello che abbia detto sia la verità, penso io stessa che non sia il tipo da far felice quel ragazzo, che non provi nulla lui per me, ma sono sicura anche che nemmeno lei sia così perfetta.
“Mi hai sentito? Cavolo, sei anche sorda” Sbotta lei, girandosi e incamminandosi verso la porta per uscire dal bagno.
“Un altro passo verso Liam e te ne farò pentire” E’ la sua ultima frase, prima di chiudere la porta alle sue spalle.
Tranquilla Sophia, nessun passo. Sono la prima ad abbandonare il campo e tornare alla mia solita vita.
 
Quando torno in sala, i ragazzi sono al centro di questa con i microfoni in mano, ringraziando tutti quanti per aver partecipato alla serata e per averli sostenuti in tutto.
Li guardo e sorrido tra me, non importa di quello che è successo nel bagno con Sophia, non importa quello che è successo con Liam, perché anche se tutto questo finirà, vederli ora li, insieme, affiatati, e anche se non ho partecipato attivamente alla loro discesa, sono orgogliosa di quei cinque, dei loro traguardi e di tutto quello che faranno in futuro.
“Wao” Sento una voce accanto a me e mi giro, continuando a sostenere il sorriso.
“Ti sei divertita?” Domando ad Eloise, affiancandola mentre si avvia al tavolo per recuperare la borsa.
“Moltissimo, è stato un sogno che si avvera. E tu?” Domanda guardandomi e scrutandomi.
Dio, odio quegli sguardi, non riesco a sfuggirgli.
“Poteva andare meglio” Alzo le spalle, recuperando anche io lo scialle.
“Perché?” Domanda con fare indagatore.
Ma grazie al cielo, veniamo interrotte da Niall e Harry che si avvicinano parlottando tra loro.
“Vi va di restare da noi stanotte?” Domanda Harry sorridendoci come un ragazzino.
“Come scusa?” Quasi urla Eloise, facendomi trattenere a stento una risata fragorosa.
“Vi fermate da noi. Dai, sarà divertente” Continua Harry.
“Tu che dici?” Mi domanda Niall avvicinandosi al mio orecchio, per non farsi sentire da quei due che stanno trattando tra loro.
“Non lo so…” Dico mentre il mio sguardo si posa su Sophia e Liam che si abbracciano in modo così normale, come se nulla li potesse scalfire. Forse veramente lei è diversa in sua presenza, forse davvero è quella giusta.
“Non ti preoccupare per lui, credo che si fermi fuori a dormire”
Assecondo con il capo, prendendo il cellulare dalla borse e avvisando mio padre.
 
In macchina, mentre Niall guida, Harry ed Eloise sono dietro che confabulano con Niall, sulla serata appena passata.
Io sorrido alle loro battute, ma dentro sono vuota. Guardo la strada che scorre nella notte, gli alberi corrono veloci ai nostri lati, così come corrono le immagini nella mie mente.
Vorrei tornare indietro a qualche ora fa, non dire quelle parole a quel ragazzo che ha il potere di scombussolarmi.
Nessuno mai è riuscito, in quello che è riuscito ad accendermi dentro lui.
Prima d’ora l’unico che mi faceva nascere emozioni, solo e unicamente negative, è stato il demone.
Ora invece è un po’ come avere in bene e il male dentro. Il bene: il sorriso di Liam. Il male: la consapevolezza del mio destino.
Niall parcheggia l’auto nel vialetto della villa.
“Dove sono gli altri?” Domanda Eloise, scendendo dall’auto.
“Zayn e Liam credo si fermano in albergo, Louis tra poco rientra” Spiega Harry, aprendo la porta e lasciando passare Eloise.
“Vieni, ti faccio vedere dove dormirai” Si offre Harry, prendendo per mano Eloise.
Li guardo sorridendo, mentre salgono le scale. Spero che tra i due ci possa essere qualcosa di più, Harry sarebbe il tipo perfetto per la mia amica.
“Andiamo?” Domanda Niall, appoggiandomi una mano alla base della schiena.
“Ma io non ho niente con me”
“Ti presto qualcosa di mio” Mi strizza l’occhio e con lui anche noi ci avviamo per le scale.
Niall mi lascia un pantaloncino e una canotta e con un bacio sulla fronte mi da la buonanotte, lasciandomi in camera che giorni fa, Liam mi fece vedere per essere occupata da me.
Quando chiude la porta, mi lascio cadere sul letto come un sacco di patate.
Sono nella tana del lupo, ma senza questo.
Svogliatamente, mi alzo e vado in bagno, situato in camera per disfarmi del vestito, che è iniziato ad essere scomodo, e sperando in qualche salvietta per rimuovere il trucco.
Quando sono pronta mi infilo nell’enorme letto, chiudendo gli occhi.
 
Dopo ore, sono ancora qui, che mi giro e mi volto, rotolandomi da una parte all’altra del letto, senza prendere sonno.
Odio questo mio difetto: se non sono nel mio letto, non riesco a dormire pur essendo stravolta.
E odio il fatto che mi si innesca una reazione a catena, non dormire equivale a pensare. Pensare equivale a non dormire.
Sbuffando, scaravento le coperte e mi alzo dal letto.
Mi avvio alla porta e la apro guardando in corridoio. Non si sente nessuno e tiro un sospiro di sollievo.
Scendo le scale con passo felpato, avviandomi in cucina per un bicchiere d’acqua che spero mi tranquillizzi.
Mentre mi avvicino alla cucina, passo davanti al salotto, dove la luna illumina la stanza, riflettendo sul grande coperchio chiuso del pianoforte.
È come un richiamo per le allodole, mi avvicino, passando un dito sui tasti.
Mi accerto che il coperchio sia chiuso e mi siedo sullo sgabello.
Non serve l’acqua, non servono altri rimedi, è lui che mi farà calmare.
Faccio muovere le dita tra quei tasti, il dolce suono è attutito dal coperchio e mi ci immergo completamente.
Come un sub quando entra dopo anni in acqua. Mi rilasso.
“Cosa stai facendo?” Una voce mi fa sussultare, facendo sbattere le mani sui tasti.
“Che ci fai qui?” Domando di rimando a quel ragazzo, appoggiato allo stipite della porta, in canotta e pantaloni del pigiama.
“E’ casa mia” Spiega lui, camminando verso me a piedi nudi.
“Lo so, semplicemente non credevo tu ti fermassi qui, hem… Volevo dire…”
Liam, si siede accanto a me sullo sgabello, su quella porzione di cuscino che lascio solitamente libera.
“Non era serata” Decreta lui, passando un dito sul tasto nero.
“Cosa suonavi?” Domanda, spezzando i miei pensieri, alquanto dirompenti.
“Un motivo che mi gira in testa da un po’ di tempo” Spiego scrollando le spalle.
“Per il progetto?”
“Probabile” Scrollo le spalle, accarezzando i testi, con occhi bassi.
Rimaniamo in silenzio, unico rumore, probabilmente è il mio piccolo cuore che batte all’impazzata per quella vicinanza.
“Non ho avuto modo di chiedertelo prima, ma cosa volevi dirmi mentre ballavamo?”
Ecco, il cuore, che come un bicchiere si rompe e le schegge si conficcano nella mia pelle.
“Quando?” Domando innocentemente.
“Quando mi hai detto di restare. Non capisco, dove dovrei andare?”
E ora che mi invento? Managgia alla mia bocca che non si sta mai zitta. Sempre li a parlare a sproposito e in momenti meno opportuni.
“Da nessuna parte” Sussurro.
“E allora perché mi hai detto di restare, con te, Alyssa?” Domanda girandosi a guardarmi.
Nessuna luce che ci accompagna in stanza, solo la grande luna in cielo, che con i suoi raggi illumina la ciocche dei suoi capelli.
“Non lo so Liam”
“C’è qualcosa vero? Qualcosa che sentiamo” Dichiara, abbassando lo sguardo sulle mie mani che tengono strette il bordo della maglia di Niall.
“Io… Non lo so”
“Se mi dici cosa senti, potremmo provare a capirci qualcosa”
La voglia di aprirmi, come un fiume in piena, con lui è tanta. Scoprire le mie carte, scoprire il mio mondo, le mie paure. Ma c'è la consapevolezza delle parole di Sophia.
Cosa sarò mai per questo ragazzo? Cosa se ne farebbe di me?
La convinzione di essere sbagliata, inadatta, è troppo potente che scavalca di tanto la voglia di espressione della me interiore.
“No Liam, è sbagliato”
“Perché?”
“Insomma guardati… Tu sei… Tu! Io non posso”
Detto questo mi alzo allontanandomi da lui, che mi destabilizza.
Lui continua a fissarmi, alzandosi anche lui e avvicinandosi con una falcata.
“Se mi hai detto quella cosa è perché senti qualcosa, dimmi, ti prego, cosa è!” Mi supplica avvicinandosi sempre di più al mio viso.
“E’ tardi Liam, siamo stanchi”
Lui mi lascia riluttante le mani e abbassa il capo. Non aggiungendo nulla faccio un passo indietro.
“Buonanotte”
Lascio che quella distanza aumenti, credendo, erroneamente, che sia la soluzione migliore.



Kumusta!
E' Natale, si è tutti più buoni, perciò abbassate quelle pecorelle del presepe che avete in mano e parliamone civilmente.
Prima o poi i due capoccioni dovranno parlare no? Ecco, vi assicuro che prima o POI sarà quel momeno :P
No, dai. Vi stupirò promesso.
Il capitolo scorso l'avete apprezzato, mi sa che questo invece andrà in bianco.
Ditemi, o miei prodi, cosa vorreste fare all'adorabile Sophietta?
Io sono indecisa.
Che belle che siete, tutte preoccupate per Niall-Alyssa (come li possiamo chiamare? Nialy?).
Ma no, non vi dirò nulla. Silenzio stampa.
Avviso: (sono la donna degli avvisi per chi mi segue da tempo)
la pubblicazione riprenderà il 3 Gennaio, lo so, è tardissimo.
Ma purtroppo molti non ci saranno a leggere e non vorrei farvi saltare inutilmente i capitoli.
Poi io non starò a casa e dal cellulare è praticamente impossibile l'idea di aggiornare.
Perciò, sperando che tutti siate d'accordo, e mi continuiate ad amare, rimaniamo così.
3 Gennaio 2014
Ritornerò e ritorneranno tutti questi pazzi squilibrati.
Se volete, potete fare un salto nelle altre mie storie, se proprio vi mancherò tanto.
*sogna Ila, continua a sognare*
E nada, in questi giorni continuerò, oltre che a studiare :( anche a scrivere. 

All'ombra delle lucine dell'albero, tutto sarà più dolce e così anche io. 
Non sia mai, potrei diventare zuccherosa.
Bene, vi saluto. 
Ringrazio quelle persone che mi fanno sapere, sempre, cosa ne pensano.
Ringrazio chi si aggiunge.
Ringrazio anche chi ancora rimane nell'anonimato.
Ma mi fate un regalino per Natale (si è tutti più buoni)? Una parola piccina piccina? 
Mi farebbe piacere, tanto ma tanto davvero.
Buon Natale miei prodi e buon anno nuovo.
Non dimenticatevi che mi potete seguire ovunque voi vogliate. Sotto i link.
Vi adoro!
-Ila-

 





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Capitolo 18
*** E' tempo di brillare ***




“Aly, Alyssa, svegliati!” Sento qualcuno strattonarmi per una spalla.
Riluttante apro gi occhi e i raggi del sole mi illuminano fastidiosamente la vista.
Apro e chiudo questi per verificare dove mi trovo. Una stanza all’apparenza sconosciuta si estende attorno a me, ma questo arredamento mi sembra di averlo già visto.
Sento qualcuno appoggiarmi la mano sulla spalla desta e rabbrividisco al contatto. Girandomi mi accorgo che Eloise ha una faccia spaventata.
“Che è successo?” Domando con voce biascicata, mettendomi a sedere.
“Non ti svegliavi. Mi stavo preoccupando”
La testa mi scoppia, continua a battere a suon di tamburo e la sento pesante.
“Ho mal di testa” Spiego, portandomi una mano alla fronte che scotta.
“Vuoi tornare a casa?” Domanda lei apprensiva.
“Si, mi sembra anche di avere qualche linea di febbre”
Lei subito si alza, come se fosse stata punta da uno spillo invisibile e si avvicina alla porta.
“Chiedo in prestito ad Harry qualche vestito” Detto ciò, si catapulta fuori alla porta lasciandomi sola.
Frastornata mi getto nuovamente sul letto.
Mi sento in una bolla ovattata, come se rispondessi ai comandi del cervello a scoppio ritardato. Che cosa fastidiosa, so che ovviamente, avere la febbre per me non è solo la temperatura alta, ma ne comporta tante altre conseguenze.
Bussano timidamente alla porta.
“Avanti”
Un ciuffo biondo entra in stanza, avvicinandosi con una tazza in mano.
“Hei, ho sentito che non stai bene” Spiega Niall porgendomi la tazza e sedendosi accanto a me sul letto.
“Solo un giramento di testa” Sdrammatizzo, accettando di buon grado il caffè.
“Sei riuscita a dormire?”
Deglutisco impacciata, ricordandomi quello che è accaduto ieri notte con Liam.
“Abbastanza”
Rimaniamo in silenzio, mentre giocherello con il liquido nero rimanente.
Considero Niall, ormai, come una persona importante. Un amico e credo di potermi fidare ciecamente di lui, ma l’unica cosa che vorrei fare al momento è riflettere un po’ sulla serata passata. Capire che strada proseguire.
“Se c’è qualcosa che non va me lo diresti vero?” Domanda lui, guardandomi.
Prima che io possa dare una risposta, vera o falsa che sia, Eloise piomba in camera con della roba tra le mani, seguita da Louis.
“Stiamo dando un festino qui?” Domanda lui sorridendo.
“Stavamo giusto per invitarti” Sorrido, mentre mi alzo dal letto.
Ma la mia testa cede e un capo giro mi fa perdere l’equilibrio, mentre chiudo gli occhi per la fitta lancinante alla tempia.
“Hei…” Mi afferra Niall prontamente accanto a me.
Appoggio la testa sul suo petto, mentre la mano destra punta alla tempia, come per trattenere quel demone che vorrebbe uscire e presentarsi alla vista di tutti qui, dentro questa stanza.
“Dio, Aly, forse dovremmo…” Si affretta a proporre Eloise, ma la blocco prontamente.
“No El, sto bene” Dico io, cercando di allontanarmi dalle braccia forti di Niall.
“Non esiste. Non ti muovere. Louis, prendi la mia giacca dalla mia camera, le accompagno io”
Ancora con gli occhi chiusi, sento prendere il mio braccio sinistro e farlo intrecciare al collo del ragazzo, mentre sento sollevarmi le gambe.
“Sei troppo magra Alyssa” Decreta lui, uscendo dalla camera.
Veniamo subito raggiunti da Louis che mi appoggia sulle spalle la giacca di Niall, mentre il suo profumo mi invade le narici.
Facendo forza su me stessa apro gli occhi, mentre lui scende le scale che ci portano all’ingresso.
Passiamo per la cucina, mentre tutti gli altri stanno facendo colazione.
“Accompagno le ragazze a casa” Spiega Niall, aprendo con una mano la porta.
“Che è successo?” Sbotta Liam, correndo accanto a noi.
“Non sta bene”
Eloise ci segue a ruota, salutando con una mano gli altri.
Appoggiata con la testa nell’incavo del collo di Niall, guardo dietro di me, quei quattro sulla porta. Uno più preoccupato dell’altro. Ma come un richiamo, come una cosa ormai famigliare, lo sguardo di Liam si incrocia con il mio.
I miei occhi diventano liquidi e le lacrime vorrebbero spuntare fuori.
Il mio richiamo di aiuto ha il suo nome, me ne accerto solo ora.
 
“Ho chiamato tuo padre, è in ospedale e ho lasciato un messaggio alla segreteria. Quando si libera passa subito di qui” Mi spiega Eloise, rimboccandomi le coperte.
Niall è andato via, sotto mia minaccia.
Non voglio che mi veda così, non voglio che nessuno mi stia vicino quando sono vulnerabile.
“Grazie El, va a casa, i tuoi saranno in pensiero”
“Posso rimanere Aly, vuoi parlarne?” Domanda sedendosi accanto.
“I-io non ce la faccio El” Riesco a biascicare, finalmente, scoppiando a piangere.
“Perché piangi?”
La guardo, e vedo allarme nel suo sguardo. Forse lei è l’unica che mi legge dentro, come nessuno ha mai fatto. Forse può vedere la mia paura, quella dannata paura di andare via senza aver pienamente vissuto, quella paura di lasciare il mondo avendo tante cose in sospeso.
“Ho paura”
“Di cosa? Che è successo ieri?”
Faccio un sospiro e decido di aprirmi e spiegare quello che è accaduto. Sono stanca di mentire, a me stessa in prima battuta, sono stanca di portarmi dentro quel macigno da sola.
“Io, io credo di essermi innamorata”
Lei strabuzza gli occhi e per una volta, vorrei essere io a leggere nel suo animo.
“Come? E di chi?”
“Non lo so, cioè so di chi io mi sia innamorata, ma non so perché. Dio, non volevo che accadesse e invece, è successa proprio la cosa che temevo. Io non posso innamorarmi El, lo capisci?”
Lei mi sorride, come se tutto fosse facile, come se fossimo nati per provare queste emozioni.
“Non possiamo decidere chi amare e non possiamo nemmeno decidere di non farlo. È successo, non puoi prendertela con nessuno”
“Invece posso, diamine, è tutta colpa mia” Dico, sollevandomi sui gomiti e mettendomi seduta con le spalle sulla testiera del letto.
“Mi vuoi dire chi è il fortunato?”
Silenzio. Un silenzio invocato, come se potessi ancora fuggire dal pronunciare quel nome.
“Liam” Sussurro guardandola, per non perdermi la sua espressione.
E quello che ho in cambio è l’ultima cosa che mi sarei aspettata.
Lei si alza, fruga nella mia borsa e quando trova l’oggetto del suo desiderio, torna da me con un braccio puntato sul fianco e l’altro che mi tende il mio cellulare.
“Chiamalo” Dice seria.
“Come?”
“Chiamalo ho detto”
“Chi?”
“Come chi! Liam, deve saperlo”
“No, no, no, no! Tu non hai capito niente. È sbagliato El, in che lingua te lo devo dire? Non ci potrà mai essere qualcosa. Lui ha già Sophia”
Lei scoppia a ridere e lascia il telefono sul comodino, mentre si siede al suo posto di prima.
Lascio un sospiro di sollievo, captando lo scampato pericolo.
“Ma chi? Quella bambola di porcellana?”
“El!” La richiamo.
“Santo cielo Aly, ti sei innamorata del suo ragazzo e la difendo anche?”
“In verità abbiamo parlato in bagno ieri sera, io e lei e mi ha detto di allontanarmi da Liam”
“E chi è lei? La regina indiscussa? Ma per favore…”
“Poi ieri, quando voi dormivate, sono scesa per prendere un bicchiere d’acqua e ho parlato con Liam, non capisci El, per il mio bene devo troncare questa cosa sul nascere”
Lei non ribatte, probabilmente starà pensando al da farsi, cosa che spero non avvenga. Non c’è alcuna cosa da evolvere, bisogna cancellare tutto. Mettere un bel punto e cambiare pagina.
“Ne vale la pena? Dico, troncare?”
“Si” Rispondo flebile.
Nel mentre la porta di casa, giù al piano di sotto sbatte e subito si sentono salire i gradini della scala.
“Aly, come stai?” Domanda mio padre, entrando come una furia dentro la stanza.
“Meglio papà, molto meglio”
“Mi sono preoccupato tantissimo, ti ho comprato del brodo di pollo, lo vado a riscaldare se lo vuoi”
“Grazie”
“Aly, dobbiamo fare quelle analisi” Mi rimbecca lui severo.
“Dopo il diploma” Gli ricordo.
Dopo il diploma sarò pronta per il verdetto che mi attende. Saprò se l’inferno ha preso possesso completamente del mio corpo.
 
Passo la settimana in casa, sospendendo gli incontri con la psicologa, con il corso di pianoforte e con i ragazzi.
Mi costruisco una mia fortezza, incurante del tempo che passa fuori le mie mura.
Cerco di scrivere il famoso pezzo per il progetto e mi accorgo di metterci dentro un pezzo per ogni componente del gruppo, da quello che ho conosciuto, da quello che sono riuscita a vedere. E, strano ma vero, riesco a inserire anche un mio piccolo pezzo, che parla di me.
Ma la situazione è più dura del solito, non sapendo cosa scriverci di mio. Se mai sarà all’altezza.
Picchio quei tasti come se potessero darmi delle idee, come se potessero scrivere loro il mio destino.
 
“Aly, manca mezz’ora! Ci dobbiamo muovere” Urla Eloise, forti dal bagno.
Mi guardo allo specchio. Tunica blu che nasconde i miei vestiti al di sotto, cappello dei maturandi in testa con il ciuffetto giallo alla sinistra, per simboleggiare il non ancora completo percorso di studi.
Tra poco sarà spostato a destra, come per porre un punto a questo percorso.
Mi guardo allo specchio e trovo la me di sempre. Forse un po’ più provata, un po’ più stanca.
Ma quel leggero filo di trucco, può dare la falsa speranza che tutto vada bene.
Chiudo gli occhi e faccio un respiro per tranquillizzarmi.
“Aly! La prof ti sta cercando” Urla ancora lei da dietro la porta.
Quando l’apro la trovo con il pugno alzato, pronta per picchiarlo sul freddo legno.
“Finalmente, pensavo che il water ti avesse risucchiata”
“Spiritosa. Dov’è quella donna?” Domando scendendo nel corridoio.
La scuola è piena di genitori e studenti che si scattano foto e insieme si avviano nel grande auditorium per prendere posto alla cerimonia.
“Signorina Miller. Finalmente!” Sento chiamarmi da dietro le spalle.
La mia professoressa di lettere, stretta nel suo completo color cenere, colei che mi ha trascinata nell’abisso della vergogna, mi detta le disposizioni per salire sul palco e parlare a nome di tutti gli studenti.
Ma chi me l’ha fatto fare?

[Se gradite, ho scritto questa parte ascoltando Right now, ascoltatela] 

“E ora, per chiudere in bellezza questo cammino, quest’anno per i senior, chiamo sul palco una studentessa portavoce di tutti voi, date il benvenuto ad Alyssa Miller”
Ecco, ci siamo, la preside ha sganciato la bomba e ora tocca a me lanciarla il più lontano possibile.
Tutti applaudono e io con un sospiro e un sorriso sulle labbra, mi alzo dalla mia poltroncina di velluto rossa, per dirigermi sul palco.
Solo un mese fa ho fatto la stessa cosa, sono andata su quel palco e ho affrontato le mie paure, che mi hanno portato, nel bene o nel male, alla me di ora.
Ho suonato e cantato davanti a quei cinque, che ora, anche se non lo voglio ammetterlo a nessuno, sono diventati così importanti per me.
Saluto con una stretta di mano la preside che mi lascia posto sul pulpito, al centro del palco.
Prima di iniziare a parlare, guardo quel pubblico, ci sono tutti.
Genitori contenti per i propri figli, mio padre orgoglioso stretto nella sua cravatta grigia che tanto adoro, i miei compagni di studio tutti nelle prime file, Eloise che mi fa segno che tutto andrà bene.
Già, tutto andrà bene.
Faccio un respiro e inizio a parlare, probabilmente con impaccio, ma non importa. Perché sono orgogliosa di trovarmi qui, per tutti loro, vergogna a parte.
“Salve a tutti maturandi. Questo è un giorno così importante per noi. E sono orgogliosa di portare la voce di tutti voi”
Tutti quanti ascoltano interessati e questo, se da una parte mi mette ansia, dall’altra mi rende ancora più decisa a continuare, incurante, per la seconda volta nella mia vita, di prendere l’armatura e scendere in battaglia, affrontando le mie paure.
“Il giorno del diploma è il giorno in cui si esce ufficialmente dal rifugio della scuola superiore per iniziare una vita reale. Ma che ne sarà delle nostre vite? Cosa conta di più, secondo voi, mentre facciamo il nostro ingresso nel mondo? Conta ciò che abbiamo creato? Ciò che abbiamo ottenuto? Cosa conta di più? Ciò che siamo diventati? Bhè non so darvi una risposta, so solo che noi ora navighiamo in un mare aperto. Dobbiamo prendere la corrente finchè è a nostro favore. So che la vita è breve, so che è difficile e le opportunità sono rare ma noi dobbiamo essere pronti ad afferrarle. Dobbiamo essere sempre pronti a ridere, a vedere le meraviglie del mondo, dobbiamo essere pronti a… Vivere! Perché la vita non ci deve nulla”
Guardo quel pubblico, guardo Eloise che trattiene le lacrime e guardo mio padre asciugarsele quelle lacrime.
Sorrido, perché probabilmente stanno pensando a quello che ho in mente.
Sono orgogliosa, di me, di loro, di tutti quanti li dentro. Perché in questi anni, difficili, non ci siamo mai abbattuti e ora i sacrifici ci vengono premiati.
Non piangere per me papà, io sono contenta per  me, indipendentemente da quello che mi accadrà.
“Ora è il momento di brillare, il momento in cui i nostri sogni sono raggiungibili e le possibilità sono immense. Ora è il momento per tutti noi di diventare le persone che abbiamo sempre sognato di essere. Questo è il nostro momento, voi siete qui, voi siete importanti e il mondo ci sta aspettando. Auguri classe 2013”
I ragazzi si alzano e applaudono, facendomi rimanere a bocca aperta, ma subito dopo faccio un passo indietro, sorrido e applaudo anche io.
Perché tutto quello che ho detto è vero.
Si, credo che per la prima volta, la mia psicologa sarebbe contenta per me. Anche una cinica come lei.

 

Kumusta!
Il 3 gennaio 2014 è scoccato!
Buon anno a tutti voi, miei prodi gentil donne/uomini.
State rotolando anche voi, da una parte all'altra, sulla panciotta? Io si, ormai ho deciso!
Non camminerò più e non userò nemmeno più la macchina, tutto ecologico: il mio panzone!
Come avevte passato le feste? Come sono questi nuovi giorni dell'anno?
A me non è cambiato niente... Na schifezza come sempre.
Vaaaa bene. Stop! 
Allora, in questo capitolo mi dispiace, ma non c'è nessun Liam U_U 
Arriverà, forse, nel prossimo.
Piccolo, piccolo annuncio: in alto sopra sopra, sotto il banner, trovate il secondo trailer.
Il primo non mi convinceva molto, sono molto soddisfatta del secondo, perchè non ci date un'occhiata?
Probabilmente ci capirete qualcosa in più, oppure no, I don't know. 
Voi provateci e fatemi sapere ;)
Il discorso che fa Alyssa l'ho rubato da One tree hill, ci ho fatto un bel mix.
Bene, me ne vò a studiare... Voi fatemi sapere!
Saluto tutti, ma proprio tutti, quelli che si sono aggiunti in questi giorni di vacanze.
Ringrazio chi mi fa sapere sempre il suo parere.
E come sempre ringrazio tutti voi, che continuate a leggere.
Un bacione.
-Ila-





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Capitolo 19
*** Distanze da abbattere ***


“Sei stata una grande. Dio, ho pianto così tanto” Si complimenta con me Eloise, stringendomi in uno dei suoi abbracci stritola budella.
Credo abbia preso questo vizio da Harry. Sorrido al pensiero di quel ragazzo ricciolino che mi manca, come tutti gli altri.
“Oh, non esagerare. Non ho detto chissà che” Rispondo dopo che mi lascia respirare liberamente.
“Ha ragione Eloise, sei stata splendida” Mio padre si aggiusta la cravatta e mi sorride, passandomi un braccio sulle spalle.
Adoro quei momenti, le due persone più importanti della mia vita qui con me.
Siamo fuori in cortile, con il ciuffetto del cappello ormai posto alla destra, per simboleggiare il traguardo raggiunto, per confermare i nostri sacrifici.
Qui, sotto il cielo di Londra, in questa giornata di sole, abbastanza singolare, una parte della mia vita si è conclusa. Probabilmente sono sempre più vicina alla mia personale fine, ma per una volta, una sola singola volta, non mi importa. Perché sto così bene. E se deve finire così, sono contenta.
“Che ne dite se vi invito a pranzo?” Domanda Eloise, mettendosi le mani sui fianchi fronteggiandoci.
“Non lo so, che dici papà?”
Lui guarda l’orologio infastidito.
“Piccola lo sai che vorrei tanto, ma ho un’operazione tra mezz’ora. Perché non vai tu? Quando finisci prendi un taxi e torni con calma?” Si giustifica mio padre.
Ecco li, il solito omone, pronto a salvare vite, mai una volta che si tira indietro. È anche questo che mi piace di lui.
“Certo papà, sta tranquillo”
“Scusami Eloise, salutami tanto i tuoi genitori”
“Lo farò Michael”
Mio padre mi lascia un bacio sulla fronte e scusandosi ancora, si congeda.
Certo, amo quell’uomo. Ma mi chiedo perché non ha potuto salvare anche me.
 
“El, non riesco più a mangiare altro. E sai che se mi sforzo, come va a finire” Sussurro alla mia amica, mentre la madre mi riempie nuovamente il piatto di dolcetti alle mandorle.
Per quanto invitanti possano essere, preferisco non fare visite inaspettate al bagno, solo perché il mio corpo si ribella.
“Mangio io, tranquilla” Risponde lei.
Il resto del pranzo si svolge allegramente, con i genitori di Eloise che si congratulano, con il gatto Mofo che vuole essere fatto i grattini, mentre si acciambella sulla pancia e con la sorellina di Eloise di undici anni, che ovviamente, ci riempie di filmini e dvd della sua cara e vecchia band, ormai famosa anche a me.

“Poi che hai fatto con Harry?” Domando alla mia amica, mentre siamo stese da sole sul suo letto, con Mofo acciambellato in mezzo a noi.
“Che dovevo fare?”
“Dico, come siete rimasti? Siete usciti nuovamente?”
“Dopo la premier non ci siamo più visti” Decreta lei, guardando il soffitto con le braccia dietro la testa.
Rimango in silenzio, ascoltando il ronfare del gatto peloso.
“In verità ci sentiamo” Aggiunge lei.
“Cosa? E perché non me l’hai detto?” Mi giro a guardarla appoggiandomi su un gomito.
“Bhè, sei stata male, poi il fatto del discorso. Non abbiamo avuto modo di aggiornarci”
“Capisco, allora?”
“Allora che?”
Sbuffo e torno a distendermi.
“Allora come va?”
“Va bene, cioè ci sentiamo solamente. Di certo siamo più spensierati di te e Liam”
Aggrotto le sopracciglia e rifletto su quello che mi sta dicendo.
“Che c’entra ora Liam?”
“Vuoi negare l’evidenza?”
“El, ti prego, di che stiamo parlando?”
Lei si alza e si mette a sedere a gambe incrociate sul letto.
“Parlo del fatto che dovreste parlare, parlo del fatto che lui è sprecato con quella li. Parlo del fatto che dovresti provarci”
Seguo i suoi movimenti, mettendomi seduta di fronte, facendo incavolare Mofo, mentre con un balzo scende giù dal letto.
“Ne abbiamo parlato El, basta!”
“Però non affronti la situazione” Alza le braccia al cielo, come per sottolineare la mia scemenza.
“Sto affrontando troppe cose ultimamente. Prima il progetto, ora il discorso, tra un po’ le analisi. Sono stanca  Eloise, arriverò al punto di mollare. E dire a Liam che mi sono innamorata di lui è l’ultima cosa che voglio fare”
“Fa strano sentirlo dire lo sai? Tu che non ti sei mai innamorata di nessuno”
“E così devo continuare. Lo devo dimenticare, devo completare questo progetto, dire addio a tutti loro e riprenderò la mia vita” Sentenzio, senza voler sentire ragioni.
“E’ questa, quella che credi la via giusta?”
“No, è quella che credo essere la più facile per la mia anima”
 
Mentre guardo la tv, impostata su un talkshow,  sul mio divano, sento vibrare il telefono accanto a me.
“Niall?” Rispondo dopo aver letto il mittente.
“Aly, mi puoi aprire? Sono fuori casa tua e ho compagnia”
“Come? Aspetta, vengo ad aprirti”
Chiudo la chiamata e a piedi scalzi mi avvio alla porta. Quando l’apro trovo lui, Harry e Louis, insieme a Eloise.
“Mi sono persa qualche passaggio?” Domando, facendomi di lato e lasciandoli accomodare.
“Dovevamo parlare di una cosetta” Spiega Louis, fiondandosi sul divano.
“Ok, di cosa?”
“Posso vedere la tua stanza della musica? Eloise me ne ha tanto parlato” Domanda, con le fossette in bella mostra, Harry.
“Prego, è tutta tua” Gli faccio segno con la mano e lui, accompagnato dalla mia amica, si dirige verso la stanza.
Sorrido alla loro unione delle mani. Certo, loro sono molto più avanti di me e Liam.
Cavolo Alyssa, sei incorreggibile.
“Di che dovevate parlarmi?” Domando, sedendomi accanto a Louis.
“Innanzitutto complimenti per il diploma. Eloise ci ha avvisati troppo tardi. Perché non ci avete detto niente?” Mi interrompe Niall, ancora in piedi, mentre si affianca a me, sedendosi sul bracciolo del divano.
“Bhè… Noi… Non volevamo disturbarvi, non vi sarebbe interessato”
“Spero tu stia scherzando Alyssa! Come cavolo puoi pensare una cosa del genere?” Domanda incavolato il biondo.
Non l’ho mai visto così. Sembra essersela veramente presa, come se avesse mancato un appuntamento importante.
Senza sapere cosa dire, mi blocco e prendo a giocherellare con le dite, intrecciandole e strizzandole.
“Hei, Horan! Non c’è bisogno di prendersela tanto. Alla fine è stata una loro decisione. Ci offriranno qualcosa a giorni. No Aly?” Domanda Louis, appoggiandomi una mano sulla spalla, facendomi un occhiolino.
“Non è per questo!” Brontola Niall, sospirando.
“Aly, quella stanza è stupenda. Voglio una così nella mia” Torna in sala Harry, con occhi brillanti, seguito dalla mia amica sorridente.
“Che succede?” Domanda ancora lui, guardando noi tre sul divano: Niall arrabbiato, Louis divertito, me spaventata.
“Niente Hazza, Niall stava un attimo sclerando. Allora ragazze, noi e questi due siamo in missione speciale oggi” Cerca di cambiare discorso, mentre guardo di sottecchi Niall, che è ancora assorto nei suoi pensieri.
Allungo una mano e stringo la sua, affinchè lui posi lo sguardo su di me.
Quando lo fa, sorrido scusandomi, sperando che lui possa capire e capendomi, lo vedo rispondermi allo stesso modo. Rimango spiazzata nello constatare quanto io e questo ragazzo riusciamo a capirci.
Mi stringe la mano e torniamo a guardare il resto del gruppo.
“Di che si tratta?” Domanda Eloise, sedendosi a gambe incrociate sul tappeto.
“Tu che sei una nostra fan dovresti saperlo” La rimbecca Harry, rimasto in piedi alle spalle della ragazza.
“Non capisco”
“Il compleanno di Liam, tra due giorni”
Mi irrigidisco al sol pronunciare di quel nome. Possibile che il destino mi porti sempre in quella direzione? O sarà semplicemente sfortuna?
“E’ vero! Me n’ero dimenticata” Spiega Eloise, battendosi una mano sulla fronte.
“Stavamo pensando di fargli una sorpresa” Aggiunge Niall.
“Di che genere?”
“Di qualsiasi genere. Lui festeggerà con la propria famiglia al mattino, poi la sera ha prenotato al Funky” Spiega Louis, ma viene bloccato da Eloise, che si alza e a quanto pare, è presa dagli spasmi.
“Funcky?! Tu hai appena detto Funcky?”
“El…” La riprendo io, consapevole del fatto che stia facendo una figuraccia.
Louis e gli altri la guardano abbastanza sconvolti, credo per il fatto di non averla mai vista così, tranne in alcuni casi estremi.
“Hem… Si”
“Eloise stai bene?” Domanda Harry mettendole una mano sulla spalla.
“Zitto tu!” Lo rimbecca, scrollandosi la sua mano.
Io ridacchio in silenzio, è incorreggibile! Ha il suo sogno vivente a distanza di palmo, ma le viene l’infarto al sol pronunziare il locale più in voga di Londra a cui cerca di entrare da tutta la vita.
“Avete la minima idea di che significa per noi comune mortali entrare li dentro?”
“Non proprio” Biascica Niall divertito.
“Ecco. Perciò la mia reazione è più che ovvia. Stavolta la fa Liam a noi la sorpresa”
“El, non siamo state invitate. Smettila” La rimprovero.
“Oh” E’ la sua risposta, che la fa tornare normale.
“Veramente vi ha messo in lista” Spiega Louis.
Io e Eloise ci guardiamo consecutivamente. Lei eccitata, io sconvolta. E no, non è una reazione positiva.
 
È passata un’ora da quando i quattro sono andati via.
Al momento sono stesa sul letto con le cuffie nelle orecchie e gli Imagine Dragons con Bleeding Out, mi fanno compagnia in questa serata di rilassamento.
Sto pensando da un po’ a quella persona, che probabilmente, è diventata un chiodo fisso nella mia mente.
Come ha fatto a inserirci nella lista per i festeggiamenti del suo compleanno, se non ci sentiamo da più di una settimana?
Probabilmente è rimasto sconvolto dalla me pazza, che cambia idea nel giro di poche ore.
Se penso a quello che è capitato alla premier, mi scaverei la fossa con le mie stesse mani.
Come abbia fatto a dare sfogo a quello che avessi dentro, io ancora non me lo so spiegare. E per fortuna, ho richiuso il tutto dentro di me, perché quel confronto riavvicinato la notte a casa sua, è stato destabilizzante e devo ammettere di aver avuto il sangue freddo per essere letteralmente scappata.
Ma si può considerare una risposta lo scappare dalla realtà? Certamente no.
Sbuffando, presa dalla noia, accendo il pc e lo appoggio sulle mie gambe, iniziando a navigare in rete.
Aggiorno Tumblr, e con se anche Twitter. Nelle notifiche vedo che i follower sono aumentati e curiosa ci clicco sopra, rimanendo piacevolmente colpita quando constato che i cinque ragazzi, che ora potrei considerare amici, mi hanno aggiunta alle persone seguite.
Sorridendo entro nel profilo di Liam e indecisa sul da farsi, faccio andare avanti e in dietro la freccetta del puntatore.
Sospirando e mandando a quel paese il bicchiere mezzo vuoto, apro la finestra di dialogo e ci mando un semplice messaggio.
 
A Liam Payne: Ciao!
 
Aspetto un po’, ma non ottenendo nessuna risposta scrollo le spalle e scendo dal letto, trascinandomi in cucina per la mia tisana ai frutti di bosco della sera. Quando torno in camera, noto con sorpresa un riscontro. Appoggio la tazza sul comodino.
 
Da Liam Payne: Aly. Ti stavo pensando sai? I ragazzi mi hanno avvisato. Congratulazioni per il diploma.                                                                                                                                         Come stai?
 
Effettivamente, ci sono rimasta male per il fatto di non sentirlo, da quando andai via dalla loro abitazione, provata.
 
A Liam Payne: Molto meglio, grazie dell’interessamento (anche dopo una settimana) sto scherzando Liam. Grazie.
 
Da Liam Payne: Scusami, veramente! Sono stato impegnato col nuovo cd, io e Louis stiamo scrivendo la maggior parte delle canzoni e sono incasinato. Però ti ho pensato.
 
A Liam Payne: Non importa Liam, tranquillo. Ora che fai?
 
Mi prenderei a calci da sola. Dannazione Alyssa, perché svolti sempre quando si prende in considerazione la voglia di combattere e partecipare alla battaglia? Ti ha detto che ti ha pensata e indubbiamente anche tu lo hai fatto. Perché svincoli in continuazione?
Bene, sto avendo anche un dibattito con la mia mente.
 
Da Liam Payne: Sono a casa con gli altri. Sei sola?
 
Domanda pericolosa, nello stesso momento che inizio a scrivere un’eventuale ipotesi sul fatto di farmi far compagnia da quel ragazzo, mio padre gira le chiavi nella toppa della porta al piano di sotto. No, questa non è sfortuna, è decisamente il destino che mi sta urlando di rimanere alla larga da lui.
 
A Liam Payene: No, è appena tornato mio padre. Notte Liam.
 
Scendo dal letto, per andare a salutare mio padre appena tornato.
Quando scendo le scale lo trovo seduto al tavolo della cucina, che sorseggia un bicchiere d’acqua, assorto nei suoi pensieri.
Si è cambiato dal completo di stamani della seduta, ha ripreso la sua vita reale e con se i soliti abiti da lavoro.
“Ciao papà” Lo saluto lasciandogli un bacio sulla guancia.
“Ciao piccola” Risponde assente.
Qualcosa bolle in pentola e curiosa, gli appoggio una mano sul suo braccio.
“Cosa c’è papà?” Domando preoccupata.
“Aly, ho prenotato la visita in ospedale tra quattro giorni”
Sento indistintamente le fiamme prendere possesso del mio stomaco. Come sarebbe a dire? Perché ha prenotato senza avvisarmi? Perché mi fa questo?
“Perché?” Domando con un filo di voce.
“E’ passato troppo tempo dall’ultima volta Alyssa, sai come vanno le cose. Dobbiamo controllare”
Scuoto la testa e nello stesso momento in cui mi rendo conto che vorrei solo scappare, sento gli occhi inumidirsi.
“Dovevi avvisarmi papà, è la mia vita”
“Non iniziare, so benissimo che non vuoi farti controllare! Maledizione Alyssa, io lo faccio per te”
“Davvero vorresti fare una cosa per me? Lasciami vivere in pace. Non mi importa nulla delle visite”
“Non ti importa?” Urla lui alzandosi di scatto dalla sedia, facendomi indietreggiare.
“Se a te non importa il fatto che tu stia morendo, a me si maledizione!”
Rimango spiazzata da quelle parole. Le lacrime prendono a scendere senza nessun mio permesso.
Morendo. Sto morendo. E probabilmente sto iniziando a farlo proprio dall’interno.
“Grazie papà, per il bel regalo” Sussurro, voltandomi e scappando in camera.
 
Chiudo la porta alle mie spalle e mi sento stravolta. Perché? Perché non posso avere una giornata tranquilla? Perché l’inferno deve sempre farsi sentire in qualsiasi momento?
Asciugandomi le lacrime afferro il pc per spegnerlo, ma vengo distratta da una nuova notifica.
 
Da Liam Payne: Mi sarebbe piaciuto parlarti, anzi, dobbiamo farlo al più preso. Mi manchi Alyssa, mi manchi e non capisco come sia possibile. Comunque tieniti libera per sabato, mi piacerebbe che tu venissi al Moncky per festeggiare il mio compleanno. Ci conto. Buonanotte.
 
Anche se inconsapevolmente, questo ragazzo riesce a lenire le mie cicatrici e a farmi credere che l’inferno sia meno pericoloso di quello che realmente sia.

 

 
Kumusta!
Perdonatemi, sono di corsa, perciò oggi il mio angolo non sarà tanto lungo.
Giorno del diploma, giorno di festa, giorno di lacrime.
Mi state chiedendo sempre di più, di cosa si tratta quella "visita". 
Presto capirete, ve lo prometto, prima di quanto voi possiate immaginare.
Che ne pensate del capitolo?
Fatemi sapere, come sempre.
Unico desiderio, vorrei sentirvi un pochino di più.
Mi sembrate spente, come ormai quelle lucine di natale.
Scappo via, scusatemi. 
Un bacione a tutti.
-Ila-


 
 

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Capitolo 20
*** E' una promessa ***


Facendo un bilancio dei prossimi giorni, mi sento tremendamente in ansia.
Domani è sabato e ci sarà la festa a cui preferirei scappare, invece che partecipare, cosa che vorrei fare anche per il lunedì successivo. Sono sconvolta, tremante e frustrata.
Ho deciso anche di rimanere un po’ da sola, dopo le continue visite di Eloise, che cerca in tutti i modi di non farmi pensare. Ma non sa che scatena la reazione contraria.
Tutte quelle parole, quelle attenzioni, non fanno per me.
È sempre la solita storia, preferisco rimanere da sola a casa, a strimpellare con il pianoforte.

E ora eccomi qua, mentre girovago per le strade di Londra, senza una destinazione ben precisa.
Dovrei cercare un regalo per Liam no? Il fatto è che non so proprio che regalare a un super star come lui.
Già normalmente odio fare i regali, non si sa mai cosa sia giusto prendere. E ti ritrovi poi a fare i soliti banalissimi regali come un profumo, una cinta, una sciarpa. No.
Decisamente non va bene.
Londra è illuminata da un sole simpatico, ma che viene nascosto in certi punti, da delle nuvole dispettose.
Amo questa città, può risultare caotica, opprimente e non c’è niente di più vero. Ma la cosa che amo è il fatto che sia viva. E ciò compensa me stessa. Lei vive per me. Come se fosse una persona, ne sono gelosa. Perché io non potrei fare tutto quello che fa lei. Non posso divertirmi fino a tarda notte, non posso respirare lo smog, non posso semplicemente essere allegra.

Sbuffando, completamente esausta dei miei pensieri, entro in un negozio di elettrodomestici, curiosando tra gli scaffali.
Arrivo nel reparto telefonia e vado a spulciare tra le diverse cover. Sicuramente non sarà un regalo originale, ma chi lo sa, questa volta la sfortuna sarà girata di spalle e non mi vedrà.
Mentre scorro tra tutte quelle cover dai mille colori, me ne colpisce una a cui presto maggiore attenzione.
È una completamente nera, in silicone, ma la cosa spettacolare è il simbolo di Batman che spicca su quel nero di colore argento.
So, senza orma di dubbio, almeno una volta nella mia vita, che Liam abbia una specie di fissazione con questo supereroe.
Sorrido tra me inconsapevole, credendo che lui stesso stia diventando un eroe per tutti. E forse anche un po’ per me.
 
“Dovresti osare un po’” Mi strilla nella cornetta telefonica Eloise.
Mentre passeggio ancora tra le vie del centro, mi guardo nel vetro di una vetrina e guardo la mia espressione scocciata.
“Non credo sia una buona idea”
“Aly, Cristo santo! Invece è una buonissima idea. Vuoi fare colpo su Payne no? Bene. Shopping”
“Non essere assurda El, non voglio fare proprio colpo su nessuno”
“Non rompere le palle. Arrivo tra cinque minuti. Ci vediamo al solito negozio” Detto ciò, mi chiude la conversazione in faccia.
Odio la sua positività. Secondo lei tutto andrà bene sempre, in qualunque cosa.
Festa, per lei significa rimorchio. E associato a me, il rimorchio significa Liam. Liam di conseguenza significa abbattere Sophia.
Dio, credo di non potercela fare!
A passo strascicato, mi dirigo verso il solito nostro negozio di shopping.
Non passano nemmeno cinque minuti, che vedo arrivare Eloise con i suoi occhialoni da sole e un sorriso smagliante.
“Ciao” Saluto, monocorde io.
“Buongiorno raggio di sole. Stavolta decido io il vestito perfetto eh...”
“E quando mai ho scelto io qualcosa?”
“Sempre, non negare! Come alla premier, li ti è andata bene però”
Alzo gli occhi al cielo, già con la voglia di scappare via.
“Vai ad accomodarti in camerino, arrivo tra poco”
Nemmeno il tempo di terminare la frase, sparisce tra i vari manichini e grucce.
 
Giocherello con il cellulare per aspettare Eloise e i suoi vestiti.
Mentre lo rigiro per la milionesima volta tra le dita, lo sento vibrare e sullo schermo appare una letterina.

Da Niall:
Per domani passiamo noi a prendervi. Avvisa Eloise e dille che Harry non vedere l’ora di vederla. Quei due sono dannatamente uguali e questo mi preoccupa. Xx
 
Sorrido allo schermo per le parole di Niall. Effettivamente ha ragione e io l’ho sempre creduto.
“Perché ridi?” Domanda proprio lei, emergendo dalla massa di robe che ha tra le braccia.
“Non stavo ridendo, ma sorridendo. È diverso. Comunque che sono tutte queste cose?”
“Diversi outfit” Marca lei sull'ultima parola.
Si preannuncia un pomeriggio lungo e sofferente.
 
“Questo secondo me è il migliore” Decreta lei, mentre mi guarda allo specchio, girandomi attorno manco fosse una stilista.
“Devo ammettere che hai ragione”
Nel complesso non sono proprio così vomitevole e nemmeno così eccessiva.
Una maglietta nera larga con un cordoncino grigio stretto in vita che lascia sblusata la canotta e un pantaloncino grigio in jeans con alcuni movimenti, danno un tocco di raffinatezza al mio corpo.
Non vanno a stravolgere totalmente il mio stile e ne sono grata.
“Non ci credo! Allora questi sono i prescelti”
Sorrido e mi volto verso la mia amica.
“Grazie El”
Lei si avvicina a mi abbraccia. Perché alla fine, non importa se mi ha trascinata in questo folle shopping. Mi ha fatto ricredere sul mio iniziale pensiero.
La sua compagnia è mille volte meglio del silenzio.
 
Sento bussare alla porta e sollevo faticosamente le palpebre, mettendo a fuoco la stanza attorno a me, illuminata fiocamentente da alcuni raggi che trapassano le persiane chiuse.
“Posso entrare?” Domanda mio padre sottovoce.
Grugnisco e mi rotolo nel letto per riprendere sonno.
“Aly, sto andando via”
Silenzio da parte mia. Non parlo con mio padre dalla serata del diploma.
Mi sono sentita profanata, doveva chiedere anche a me prima di prendere decisioni autonomamente.
Dannazione, è la mia di vita! Sono io che devo scegliere.
Ma forse, quello che mi punge di più è il concetto che nasconde tutto ciò. Il fatto che lui mi abbia preso, metaforicamente, a pugni in faccia con la realtà. E la realtà è dannatamente dolorosa.
“Aly ascoltami. Mi dispiace tanto. Ho agito senza pensarci, ma è da molto che non ti controlli. Hai voluto aspettare la fine del diploma e così abbiamo fatto. Capiscimi ti prego, sono sulle spine”
“Ok papà” Rispondo atona, rimanendo di spalle.
“Non odiarmi Alyssa”
E una piccola lacrima sfugge dai miei occhi.
No, non ti odio papà. È l’ultimo sentimento che sto provando. Non ho la forza nemmeno di pensarlo questo .
Mi dispiace se crede questo, non se lo merita.
Mi giro e lo guardo. Ha un’aria stanca, come se non dormisse da tanto tempo.
“Non ti odio papà. Non fa niente. Faremo queste analisi e staremo bene”
Lui mi sorride e si sporge per abbracciarmi.
“Sarà un semplice esame di routine, te lo prometto” Mi rassicura, come se avesse il potere di far andare bene le cose.
Ma questo potere non ce l’ha, non è mai riuscito a salvarmi prima.
 
Prima di iniziare la dura sessione di preparazione pre-serata con Eloise, decido di fare un salto in ospedale a trovare Jennifer.
Quella bambina mi ha colpito il cuore, così dannatamente uguale a me, con quegli occhioni troppo grandi per il suo viso, come se stesse chiedendo una seconda possibilità, come se stesse chiedendo una vita in cambio. Proprio come me.
Parcheggio lo scooter nel mio solito posto e guarda lo stabile.
Ormai la mia solita sensazione, quando arrivo qui, si impossessa di me.
Sbuffando, volendo solo che Jennifer fosse fuori da queste mura, per incontrarla per esempio al parco, entro dalle porte scorrevoli.
Salgo le scale e mi dirigo nel nostro comune reparto. Come se fosse casa nostra.
Ma una casa non dovrebbe essere accogliente? Qui tutto c’è, tranne accoglienza e spensieratezza. C’è freddo, disperazione, lacrime e quel fastidiosissimo odore di alcol e disinfettante.

Percorro il lungo corridoio, sorpassando la porta delle mia odiata psicologa, fortunatamente il sabato non c’è e non devo sopportare anche il week end le sue cazzate.
La porta della stanza di Jennifer è aperta, ma busso lo stesso, vedendo che ha compagnia.
Lei e sua madre si girano e mi sorridono.
“Aly sei venuta” Mi richiama la piccola, seduta con le spalle appoggiate alla testiera del letto.
“Te l’ho promesso” Mi avvicino scompigliandole i suoi ricci e baciandole una tempia.
“Come stai?” Le domando.
“Io voglio uscire, vedi che bel sole che c’è? Invece tutti mi dicono che devo stare qui. Vuoi uscire con me Alyssa?”
Guardo titubante la madre che con la testa mi fa un segno di negazione.
Torno a sorridere a quella bambina e le lascio una carezza, sulle sue guancie accennate.
“Certo piccola, ma solo quando i dottori ti diranno che puoi uscire. Cosa ti piacerebbe fare una volta fuori?”
Mi siedo accanto a lei e la madre, silenziosa, esce dalla stanza lasciandoci un po’ sole.
“Mi piacerebbe mangiare un gelato. Qui il cibo è orrendo” Si lamenta, come credo sia normale.
Ho provato solo una volta quel cibo e non ho intenzione di riprovarlo facilmente.
“Ottima idea. E poi, che altro ti piacerebbe fare?”
“Sai, in tv ci sono tutti quei bambini che corrono per i parchi giocando, si, questo vorrei fare”
Le sorrido pensando a quanto sia ingiusto che una bambina così dolce e ingenua, non possa provare quello che vorrebbe. Mi sento tanto una privilegiata, anche se so quello che ci accomuna.
“Allora faremo anche questo” La rassicuro.
Lo sguardo mi cade sul suo comodino, con un giornale in copertina dei volti che conosco.
Lei segue il mio sguardo e sembra illuminarsi.
“Li conosci?” Domanda euforica, allungando a prendere la rivista.
“So chi sono” Ammetto.
“Io li adoro. Mi piacerebbe tanto incontrarli, solo per dirli ciao”
Sorrido a quel pezzo di carta colorato, che incornicia i volti dei cinque ragazzi che ultimamente stanno popolando un po’ troppo la mia noiosa vita.
“Se ci credi con tutto il cuore, potrebbe avverarsi”
Lei stringe il giornale al petto e chiude gli occhi.
Ridacchio e le passo una mano tra i capelli.
“Qual è il tuo preferito?” Le domando mordendomi il labbro, un po’ preoccupata per la risposta.
“Louis” Risponde senza battere ciglio lei.
Sospiro e assecondo con la testa.
“E’ simpatico anche a me” Ammetto, ricordandomi quanto Louis possa essere buffo.
Un movimento fuori la porta mi fa riscuotere.
“Jennifer, ora devo andare. Che ne dici se ci rivediamo? Ti prometto che torno presto e ti porto una sorpresa. Ti va?” Dico mentre mi alzo dalla mia posizione sul letto.
“Certo. Sei mia amica Aly”
“Ovviamente piccola. Ora riposati” Le lascio un bacio sulla guancia e con un saluto della mano esco fuori.

Guardo a destra e a sinistra per rintracciare la sua mamma. Sono curiosa di sapere come sta reagendo la piccola alle cure.
Trovo la figura di quella signora, vicino a una madonnina nella sala d’aspetto.
È silenziosa e ha gli occhi chiusi, come se stesse pregando.
La sua testa è abbandonata sul muro e ha l’aria stanca.
Per una frazione di secondo ci rivedo mio padre. La stessa sofferenza. La stessa stanchezza.
Mi si stringe il cuore, non ho una madre accanto e non saprò mai quello che si prova, ma ho un padre che soffre, credo, per tutti e due.
“Signora” La richiamo sedendomi accanto.
“Oh Alyssa ciao” Si riscuote lei guardandomi.
“Non ci siamo mai presentate prima, mi dispiace”
“Non preoccuparti. Ti conosco perché mia figlia non fa altro che nominarti. Io sono Anne”
“Piacere Anne”
Lei mi sorride e poi prendiamo tutte e due a guardare la madonnina.
“Come sta Jennifer?” Le domando.
Lei sospira e chiude gli occhi, come se stesse combattendo anche lei la battaglia insieme alla figlia.
“Si lascia curare, ma si sta stancando. I medici non si pronunciano più di tanto e io non so più che fare”
Assecondo con la testa e mi trovo a percepire la stessa battaglia.
“Io la posso capire sa? Tutti abbiamo delle difficoltà, io posso dirle solo di avere fede e speranza. Di rimanere accanto a sua figlia e di non mollare mai”
Lei torna a guardarmi e mi afferra la mano.
“Lo capisco Alyssa e ti ringrazio. Significa molto per Jennifer vederti”
“E’ stato un piacere”
Così dicendo ci alziamo e Anne mi accompagna alla porta della sala.
“Torna quando vuoi. A lei e a me farebbe piacere”
“Lo farò. Gliel’ho promesso”

 

Kumusta bella gente di città laggiù!
Venerdì è scoccato. 
Capitolo un pò troppo "tranquillo", dipende dai punti di vista... 
Secondo me invece, nasconde qualcosa di importante.
Ma, vi lascio cuocere nel vostro brodo. Posso anche star sparlando troppo.
Che ne dite voi? Idee?
Il prossimo sarà più movimentato, ve lo prometto e ve l'assicuro.
Perciò, non perdere l'appuntamento di martedì. Vi tengo d'occhio eh ;)
Non ho nient'altro da dire.
Tranne che ringraziarvi, per i soliti motivi che sapete ormai benissimo.
*suona il cellulare*
Oh, Harry ha pubblicato un Tweet :)
Dite ciao ad Hazza. 
Buon fine settimana ragazzi. Vi aspetto alla prossima settimana.
Che vi assicuro, nasconderà GRANDI emozioni.
Un bacione.
-Ila-



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Capitolo 21
*** Una possibilità ***



Quando torno a casa trovo Eloise seduta sui gradini del porticato, con le cuffie nelle orecchie, mentre sbatte convulsamente il piede su un gradino.
Mentre mi chiudo alle spalle il cancelletto di legno, prende a urlare.
“Ma dico io, ti sei resa conto di che ora è?”
Alzo gli occhi al cielo esasperata. Possibile mai, abbia sempre da ridire?
“Non ho fatto così tardi El. Non iniziare, ero in ospedale”
La supero, mentre giro le chiavi nella toppa.
“In ospedale? Cosa è successo?” Domanda allarmata.
“Niente. Tranquillizzati. Ero a trovare Jennifer”
Entrando in casa accendo la luce, mentre lei appoggia le buste e la borsa sul tavolo della cucina.
“Chi è Jennifer?”
“Una bambina che ho conosciuto un po’ di giorni fa, siamo diventate amiche e oggi sono voluta andarla a trovare”
“E Jennifer è… Insomma… Lei…”
“Si El, è come me!” L’interrompo, strappandola dall’impaccio.
“Oh. Io non volevo Aly, lo sai che io…”
“El, non ne discutiamo ti va? Godiamoci questa serata e poi si vedrà. Ho già avuto una discussione stamani con papà” Dico, mentre insieme a lei saliamo le scale per dirigerci in camera.
“Non vi siete più parlati dal diploma?” Domanda bloccandosi in mezzo alle scale con la bocca spalancata.
“Esatto” Scrollo le spalle entrando in camera.
Sento lei correre e raggiungermi.
“Non l’hai mai fatto Aly, che ti è preso?”
“Ero arrabbiata ok? Come può prendere certe decisioni senza avvertirmi? E poi pretendere che io reagisca bene?”
“E’ tuo padre. Ha tutto il diritto”
“Non sono più una bambina El, lo sai bene. Non mi interessa niente”
“Sei ingiusta lo sai?” Domanda lei, incrociando le braccia al petto, abbassando la testa.
“Perché sarei ingiusta sentiamo?”
Lei prende un sospiro, è agitata. I suoi movimenti lo dicono per lei.
Ha l’aria sottomessa, lo sguardo triste e non riesce a parlare.
“Perché lui ti vuole bene. Lo fa perché vuole salvarti”
“Lo sai meglio di me che nessuno può salvarmi. Perché essere ipocriti? Preferisco godermi quest’altro po’ di vita”
“Godertela? E come credi di fare eh? Restando qui dentro? Ma se non hai le palle nemmeno di dichiararti con Liam”
Eloise torna a fronteggiarmi e io la guardo incattivita.
Come può mettere Liam in questa conversazione?
“Non puoi nominare lui. Non c’entra nulla! Lo sai che quello che provo è sbagliato”
“Cristo santo Aly! Ti sei fissata. Non è sbagliato. Quando lo capirai?”
“E’ sbagliato El. E’ dannatamente sbagliato. Io non posso affezionarmi e nemmeno lui. Come pensi staremmo poi?”
Questa domanda è il punto centrale di tutto. L’allontanamento. Il dirsi addio. E io sono stanca di dire addio.
Il mio cuore non lo sopporterebbe.
“Con il cuore guarito Aly, così starete” Mi si avvicina e mi accarezza una guancia.
“Non è possibile lo sai. C’è Sophia, c’è la sua vita e poi c’è la mia”
“Fanculo Sophia! Credi davvero che Liam possa stare con un’altra che non sia tu?”
“E’ quello che sta facendo”
“Perché non vi siete ancora aperti l’un l’altro. Riflettici Aly. Me lo prometti?”
La guardo negli occhi. La mia migliore amica. La persona che mi salva sempre. La persona che mi ha accettato conoscendo tutti i miei difetti, compreso l’inferno. Potrebbe qualcun altro accettarmi? Potrebbe essere proprio Liam?
“Ci proverò” Le sussurro, cercando di sorriderle.
Lei ricambia il sorriso e mi passa una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Ottimo. Ora prepariamoci. Tra poco si festeggia!”
 
Mentre infilo il pantaloncino a la canotta, mi fermo a guardarmi allo specchio.
E se Eloise avesse ragione? Se stia semplicemente scappando dal mio destino? Se il mio destino è proprio Liam?
Chiudo gli occhi e rifletto sul da farsi. Se è veramente lui il mio destino, la mia cura, perché lo sto allontanando? Perché non gli sto aprendo il mio cuore?
Dopo tutto è già malato, se dovesse andare male almeno non avrei rimpianti.
Riapro gli occhi e mi fisso nello specchio e la determinazione prende forma sul mio volto, come un fulmine a ciel sereno.
Si, prenderò il destino tra le mani stasera. Ce la farò. Parlerò a Liam e gli dirò… La verità? Non lo so. Ma di sicuro qualche cosa farò.
“Allora, sei pronta?” Domanda Eloise entrando in camera, stretta nel suo vestito blu notte, mentre si aggiusta gli orecchini.
“Gli parlerò” Decreto guardandola.
Lei si blocca e mi guarda a bocca aperta.
“Parlerò con Liam” Ripeto specificando, mentre sorrido.
Eloise si porta le mani alla bocca e dopo qualche attimo inizia a saltellare e a emettere alcuni vagiti, proprio come quei bambini piccoli.
“Non ci credo. Alyssa che prende in mano la situazione. È un evento da scrivere”
“Finiscila” Ridacchio, portandomi una ciocca dietro l’orecchio.
Lei si avvicina e mi posa una mano sulla spalla.
“Andrà bene vedrai”
“Non mi aspetto niente El. Semplicemente gli parlerò, abbiamo rimandato per tanto tempo”
“Sono d’accordo. Ora preparati e usciamo dai. Niall arriverà tra poco”
Assecondo con la testa e mi pettino i capelli con vigore, stasera è la resa dei conti.
Inferno o no, prenderò il destino in mano.
 
“Ma c’è una coda immensa all’entrata!” Sbuffa Eloise, guardando l’ingresso della discoteca, stracolmo di persone.
“Entreremo dal retro” Spiega Harry sul sedile anteriore, accanto a Niall che guida tranquillo.
Io rimango in silenzio, torturandomi le mani, presa dall’ansia e l’agitazione.
I miei palmi stanno sudando, come se ci fosse una fontana nascosta sotto la pelle.
Cerco di non pensarci e chiudo gli occhi, rilassandomi.
Eloise mi stringe il ginocchio sinistro e quando apro gli occhi la trovo a fissarmi, sorridendo.
Sembra assurdo, ma questo mi rilassa e sorrido di rimando.
“Andrà bene” Mi sillaba silenziosamente.
Assecondo con la testa, mentre Niall parcheggia nel grande spiazzale, fermando la macchina.
Quando usciamo, mi colpisce la tranquillità del posto. Così diversa dall’entrata principale.
“Sei mai stata in discoteca?” Mi domanda Niall affiancandomi.
“La verità? No. Non vado pazza per questi posti. Poi i luoghi chiusi mi danno panico”
Lui mi sorride e mi passa un braccio sulle spalle.
“Rilassati, Liam ha prenotato un prive e non saremo in molti. Poi c’è anche una sala esterna. Puoi uscire a prendere una boccata d’aria quando vuoi”
Assecondo, un po’ più calma e insieme a Eloise e Harry, ci dirigiamo all’interno.

C’è un lungo corridoio, che separa l’entrata sul retro con la prima saletta.
In questa, ci sono molti giovani che si scatenano a ritmo di una musica assordante, l’house pompa dalle casse e subito quel ritmo costante batte anche nelle mie tempie.
No, decisamente non è il mio genere.
Niall mi prende per mano e mi tira in un altro corridoio, che ci porta in un’altra sala, stavolta il ritmo è più accettabile: il pop.
In questo corridoio la musica è soffusa, ovattata, perché ancora lontana dalla stanza in questione.
Nel corridoio, ragazzi che parlano tra loro con un bicchiere in mano, sorseggiando il liquido colorato all’interno.
Quando sorpassiamo un gruppetto, sento una voce chiamare.
“Hei straniera”
Solo uno usa questo nomignolo.
Mi giro sbalordita e incontro gli occhi di Cedric.
“Hei” Rispondo io, staccandomi da Niall, mentre anche lui si gira guardando interrogativo il ragazzo.
Eloise e Harry, si fermano anche loro.
“Che ci fai qui? Non credevo potessi mai incontrarti in un posto del genere” Dice lui, con il bicchiere in mano, sorridendomi, forse un po’ troppo brillo.
“Non ti facevo nemmeno io il tipico frequentatore di discoteche”
“Oh nono. Infatti non lo sono. Sono stato convinto da un paio di miei amici. È sabato sera e per il giorno dopo non ho niente da fare” Spiega lui, grattandosi la nuca, imbarazzato.
“Hei, tranquillo. Non ti sto giudicando”
“E tu cosa ci fai qui?” Domanda, guardando i miei accompagnatori.
Probabilmente non ha idea di chi siano, dato il fatto che uno come lui, con passioni simili alle mie, non è il genere di persona che ascolta cose diverse dalla musica tranquilla e rilassante.
“Una festa di compleanno” Spiego, scrollando le spalle.
“Capisco, allora non ti sottraggo altro tempo. Ci vediamo a lezione un giorno di questi”
“Contaci” Gli sorrido.
Lui mi fa segno con la mano per salutarmi e torna dai suoi amici.
“Andiamo?” Domando io, voltandomi verso il resto del gruppo.
“Il tipo ha un’aria familiare” Mi dice Eloise, guardando le spalle di Cedric.
“L’hai incontrato un giorno fuori, dopo la lezione di pianoforte”
Lei si tira uno scappellotto sulla fronte, come se si fosse accesa la lampadina nella mente.
“Si, hai ragione. È carino”
Ridacchio mentre guardo l’espressione di Harry sbigottita.
“Smettila, andiamo su” La riprendo, mentre seguiamo Niall entrare nella stanza da dove proviene la musica pop.
Tanta, troppa gente, balla scatenandosi.
La sala è più grande rispetto all’altra house, in fondo c’è un bar che capeggia per tutta la parete.
Ragazzi che ballano, chi presi dalla musica, chi beve.
“E’ una bolgia” Sussurro all’orecchio di Niall.
“Non lasciare la mia mano ok? Andiamo nel prive”
Buttando un’occhiata dietro, vedo che Harry ha afferrato anche lui Eloise, seguendoci.
Ecco perchè questi posti non fanno per me.
Chiudo gli occhi e non mi faccio prendere dal panico.
Stringo più forte la mano di Niall, fin quando non giungiamo dietro a una porta a vetri, che lui apre e gentilmente tiene aperta per farmi passare.
Ispeziono la stanza e la musica è più affievolita, ci sono divanetti bianchi che ospitano ragazzi che parlano tra loro. Un tavolino nel mezzo contenente dei contenitori con ghiaccio e bottiglie di spumante.
“Hei biondo! Sei arrivato finalmente” Si avvicina un ragazzo con capelli a spazzola, dando una pacca sulla spalla a Niall.
“E Harry dove l’hai lasciato?” Domanda sempre lui, guardando dietro la porta.
Allarmata mi giro, constatando che Eloise non c’è.
“Arriverà a breve” Spiega Niall, stringendo ancora la mia mano.
“E questa ragazza? Nuova fiamma Niall?”
Mi giro a guardare quel ragazzo, decisamente troppo brillo, lo deduco dallo sguardo vitreo e gli occhi rossi.
“Smettila Josh! Lei è Alyssa, una mia amica” Spiega lui esasperato.
Josh alza le mani e fa un passo indietro.
“Niall incazzato, tranquillo fratello. Piacere Alyssa, sono Josh” Dice lui porgendomi la mano.
“Piacere” Rispondo titubante, afferrandogli la mano.
Un movimento alla mia destra mi fa perdere il contatto visivo con quei due ragazzi.
C’è qualcosa che attrae la mia attenzione.
Voltando la testa, Liam fa ingresso nella sala, seguito da Sophia.
I miei occhi si sgranano non appena il mio sguardo è catturato da quel ragazzo.
Il cuore prende a battere, come se stesse correndo già da due ore e il respiro si blocca, suscitandomi una forte emozione.
Lui è li, che sorride a tutte quelle persone che lo circondano, con un cappellino in testa, girato e una maglietta stile giocatore di basket.
Sorrido, vedendo la sua espressione felice, come se avesse tutto quello che necessita li in quel momento. Circondato dalle persone che più ama.
Il suo sguardo vaga per la saletta e quando mi nota sorride, forse, semplicemente perché la mia coscienza lo vuole credere, inclinando la testa di lato.
Sentendomi osservata, abbasso lo sguardo e in quel momento vengo affiancata da Eloise, che mi spinge con il suo fianco.
“Hei, dove sei stata?” Domando.
“Harry mi ha fatto fare un giro fuori. Devi vederlo, è stupendo il giardino”
Assecondo con la testa, tornando a guardare le punte delle mie scarpe.
“Hei, ricorda la promessa” Mi passa un braccio attorno alla vita, sussurrandomi quelle parole nell’orecchio.
Certo, la promessa, basta trovare l’attimo opportuno per parlargli.
Peccato che venga controllato a vista dalla sua ragazza.
 
Mentre sono seduta, giocherellando con un flute di spumante, fuori il giardinetto del prive, guardo il cielo scuro.
È passata più o meno un’ora da quando siamo arrivati.
I ragazzi hanno ballato tra di loro, insieme a amici e alle proprie ragazze.
Pur volendo accompagnarli, sono rimasta poco più di dieci minuti li dentro, stretta tra le tante persone sudaticce che spingono da una parte all’altra.
Il fiato mi è mancato subito dopo e il mio solito senso di oppressione si è fatto vivo.
Perciò ora eccomi qua, da sola, su questa panchina di pietra, a sorseggiare un liquido che non mi piace per nulla, contemplando il vuoto, per di più circondata da alcune coppiette.
Ecco il mio fallimento, non sono riuscita a parlare con Liam, non sono riuscita a dargli il mio regalo e non sono riuscita ad aprirgli il mio cuore. Ottima serata.
Lui è rimasto incollato a Sophia, ballando, festeggiando e divertendosi.
Ergo, questi sono semplicemente segnali di quanto io stia sbagliando tutto.
“Ciao” Una voce maschile si infrange nel mio orecchio ridestandomi.
“Hei” Rispondo a Josh che si è seduto accanto a me.
“Ti annoi?”
“Abbastanza e tu come mai non sei dentro?”
Lui alza le spalle e sorseggia la birra che ha in mano.
Quando si volta a guardarmi capisco che è ubriaco fradicio, peggio di come era prima. I suoi occhi non mentono.
“Questa che numero è di bottiglia?” Domando indicandogliela.
“La seconda” Spiega lui, seguendo la traiettoria del mio dito.
“E da quanto tempo è la seconda?”
Lui ridacchia e riprende a bere. Come si dice, il silenzio vale più di mille parole.
“Sei carina sai?” Domanda lui, staccandosi dal collo della bottiglia, fissandomi.
Mi stringo nelle spalle, irrigidendomi e mi faccio leggermente più lontana.
“Grazie” Biascico, abbassando lo sguardo e facendo roteare per l’ennesima volta lo spumante nel bicchiere.
“E sei qui tutta sola” Sussurra posandomi una mano sul ginocchio nudo.
Sbarro gli occhi impaurita, non emettendo nemmeno un filo di respiro.
Dio, non sta succedendo seriamente.
Guardo Josh farsi sempre più vicino. Non so cosa fare, sono immobilizzata qui, come una perfetta imbecille, senza fare quello che la mia testa mi sta comandando: scappare a gambe levate.
Il mio corpo è come immobilizzato, incosciente delle reazioni nervose che partono dal cervello.
“Niall ha fatto male a lasciarti qui” Sussurra lui, alitandomi nell’orecchio.
Chiudendo gli occhi, cercando di ritrovare la lucidità e grazie al cielo ci riesco, con un movimento repentino mi alzo in piedi, guardando lui che è rimasto sorpreso dalla mia mossa.
“Josh!” Sentiamo chiamare da una voce autoritaria.
Girandoci in sincronia verso la porta a vetri, Liam con le mani nelle tasche, guarda la scena.
“Amico” Lo richiama lui, alzandosi in piedi a fatica.
“Va dentro, ti offro da bene” Aggiunge sempre Liam fulminandolo, sempre con tono di voce inespressivo.
Con un sorriso che mi fa rabbrividire, Josh si trascina nel locale, passando accanto al festeggiato.
Rimaniamo in silenzio. Un silenzio imbarazzante e carico di tensione.
Bene Alyssa, volevi rimanere sola con lui? Ecco la tua possibilità.
Ci siamo.

 

Kumusta e buon salve
Ta-ta-ta-taaaaa... 
Compleanno arrivato. Secondo voi che accadrà?
C'è Giulia che mi sfotte perchè il compleanno arriva a puntino, perchè così si possono parlare.
Ma... Sei così sicura cara mia?
Wahahahahahah hai punzecchiato il cane che dorme :P
E ora è inutile che stai pensando di uccidermi, tanto non lo farai U_U
Secondo voi Alyssa parlerà? Non parlerà? Dirà una mezza verità?
Liam che farà? 
NON ZI ZA! 
Seriamente... Ditemi cosa ne pensate.
Non abbiate timore, non faccio il contrario di quello che dite, giuro! (lo faccio solo con Giulia, ma shhh, che poi mi attacca) 
Bene, aspetto le vostre impressioni e nel frattempo torno a studiare. 
Che cosa triste...
Saluto tutti voi.
Un bacione :*
-Ila-

P.s. Perdonatemi per la figura malandrina di Josh, non me lo vedo un ragazzo del genere.
Era tutta scena Josh, tranquillo amo anche te.

P.s.2 Non so a chi interessa, non so se a qualcuno piace ma voglio ballare la macarena insieme a voi... Vado al concerto di Ligabie a Maggio a Roma. *_* Oh Gesù, vi prego non prendetemi per pazza, ma festeggiate con me la mia pazzia. Non interessa a nessuno ok,ok... 
*torna triste con la testa sul libro*





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Capitolo 22
*** Innamorarsi ***


Mi mordo il labbro inferiore, presa dal panico della situazione.
Quanto può essere rumoroso il silenzio? Me lo sono sempre chiesta, dopo tutto ci vivo in questo, ma ora non ha niente a cui vedere con il mio comune amico.
Questo è fastidioso, opprimente e pesante. Vorrei scappare via e dimenticarmi della promessa fatta ad Eloise.
Non ce la farò mai, non vorrà mai sapere la verità.
“Stai bene?” Rompe il silenzio lui, avvicinandosi.
“Si” Sussurro io abbassando il capo, resami conto di averlo fissato in tutto questo tempo.
“Non mentirmi”
Alzo di colpo lo sguardo e nuovamente mi perdo nel suo volto.
“Ora si” Preciso, dondolandomi suli piedi.
“Non far caso a Josh, quando alza un po’ il gomito tende a fare cose insensate. Ma di una cosa aveva ragione: Niall non doveva lasciarti da sola”
Vedo un lampo attraversare il suo sguardo, mentre prende a squadrarmi dalla testa ai piedi.
“Non ho bisogno della babysitter”
Lui inizialmente mi guarda sconcertato, poi scoppia a ridere, assottigliando i suoi occhi bruni.
“Questa si che è forte. Non puoi rimanere sola in questo genere di posti” Risponde lui, ritrovando il respiro.
Lo guardo leggermente infastidita.
Cosa si crede? Che sia una sprovveduta?
Si ok, prima non ho avuto il completo possesso delle mie capacità, era come se il mio corpo si fosse spento, ma poi ho reagito. E non mi va ora, che mi si faccia la predica.
“E allora torna dentro, non lasciare la tua ragazza da sola” Sputo io, incrociando le braccia sul petto.
Lui smette completamente di ridere, mettendosi dritto.
“Sophia è capace di badare a se stessa”
Punta sull’orgoglio, lo fulmino con lo sguardo e se questo potesse uccidere, lui sarebbe già all’altro mondo.
“E cosa ti dice che io non saprei badare a me stessa?”
“Mi sembra più che ovvio. O devo ricordarti quello che è successo cinque minuti fa?”
“Spero tu stia scherzando Liam, avevo la situazione sotto controllo”
“Dillo a qualcun altro. Non mi freghi”
“Ma che ne puoi sapere tu?”
“Dio, perché non ammetti la realtà? Sei una bambina!” Urla.
E questo mi colpisce più di mille coltelli, più del mio stesso inferno e più della realtà.
Mi blocco li, con la bocca spalancata a guardare quel ragazzo che mi ha colpita e schiantata al suolo.
Ma non lo vedo, è come se fosse trasparente e non ci fosse realmente li.
Bambina, questa parola che mi vortica nella testa.
Sarei una bambina? Una persona che non ammette la realtà?
Quanto può far male questo?
Sento le lacrime pizzicare, non perché mi abbia dato in se per se fastidio quella parola.
Ma perché non mi lascio giudicare da chi non mi conosce. E la realtà è che lui non mi conosce, nessuno può dire di conoscermi!
La cosa più brutta è sentirmi dire che non affronto la realtà, sono stanca di questo concetto.
Dannazione, io l’affronto. E se mi capita di aggirare l’ostacolo è perché non voglio soffrire.
E forse, aprirmi con lui, sarebbe stato un grande pasticcio.
Scuotendo la testa e deglutendo, abbasso lo sguardo per bloccare il magone che sta tornando in cima.
Quando riapro gli occhi, torno a guardarlo, con un leggero sorriso.
“Scusami tanto di aver offeso la tua ragazza, non era mia intenzione. Se ora permetti, dato che sono una bambina, tolgo il disturbo. Non vorrei importunarti più del necessario”
Riesco a biasciare e prendendo la borsetta dalla panchina e appoggiando il bicchiere che ancora avevo in mano, faccio per andarmene.
“Alyssa io…”
Lo blocco tornando indietro, aprendo la borsa e prendendo il pacchetto. Me ne stavo quasi dimenticando, a questo punto non importa più della promessa. Voglio solo andare via.
“Questo è per te. È una sciocchezza, forse roba da bambini. Puoi anche buttarla non importa. Grazie per l’invito Liam. Buona serata”
Non aspetto che ribatta, gli lascio il pacchetto nelle mani e a passo svelto entro dentro il prive.
Ispeziono a fondo la stanza ma non trovo nessuno, non c’è ne l’ombra di Niall ne quella della mia amica.
Sbuffando e maledicendomi per essere venuta qui, esco fuori dal prive immettendomi nella bolgia delle persone che subito prendono a spintonarmi.
Presa dal panico, respiro affannosamente e le lacrime sento che stanno spingendo negli occhi affinchè le lasci libere.
Non so dove andare, non trovo la via d’uscita e perdo il senso dell’orientamento.
La musica che pompa nelle casse e la luce stroboscopica, non mi sono d’aiuto.
Mi blocco li in mezzo, forse vicina o no alla salvezza. Non so che fare.
Se l’inferno ha un volto, lo assocerei a questa situazione.
Vorrei rimpicciolire e accartocciarmi. Chiudere gli occhi e aprirli nella mia camera.
Sento qualcuno che mi blocca il polso e spaventata giro il volto, pronta per combattere, anche se le mie forze sono pari al nulla.
Ma quello che vedo, mi fa rilassare all’istante. Quegli occhi, per quanto pericolosi, per quanto infernali possano essere, mi tranquillizzano.
“Vieni con me” Riesco a leggere il suo labiale e senza forza di oppormi, seguo Liam fuori dalla stanza.
 
Percorriamo il corridoio in silenzio, mano nella mano.
La mia così piccola e ghiacciata, la sua che infonde sicurezza e calore.
No, non è l’inferno. Questo è il paradiso.
Aprendo una porta ci troviamo all’esterno, precisamente nel parcheggio del retro, da dove siamo entrati a inizio serata.
L’aria di fine estate mi colpisce il volto e solo ora mi accorgo di averlo bagnato.
Solo ora mi accorgo che quelle lacrime, che tanto volevano uscire fuori, ce l’hanno fatta anche senza il mio consenso.
Liam continua a camminare ancora per poco, per poi fermarsi, continuando a stringere la mia mano.
“Grazie” Sussurro asciugandomi con il polso le lacrime.
Lui mi lascia la mano e come è già capitato quella volta in spiaggia, mi sento devastata. Il suo contatto è qualcosa di indescrivibile, che mi fa provare tranquillità, che dissipa le fiamme, creandone di altre, ma molto più confortevoli.
“Mi sono comportato da coglione” Dice lui, mentre abbassa lo sguardo, guardandomi.
“Avevi le tue motivazioni”
Lo sento sospirare e a quel punto, prendendo coraggio, alzo lo sguardo fronteggiandolo.
I nostri sguardi si incontrano e ingoio quel magone che si era formato.
“Semplicemente, mi sono incazzato perché ho visto Josh metterti le mani addosso”
Continuo a fissarlo, come se quello che è uscito fuori dalla sua bocca non è sia stato lui a pronunciarlo.
“Perché?” Domando.
Lui scolla le spalle e si allontana di un passo. Passo che subito colmo io, facendone uno nella sua direzione.
“Non lo so. È proprio questo che mi fa uscire di testa. Non so quello che sto facendo”
“Già…” Lo assecondo, sapendo benissimo a cosa si riferisce.
Ultimamente non ho più controllo delle emozioni, mi lascio trasportare e forse è anche quello che sta facendo lui.
“Io… Io ho bisogno di parlare, ho bisogno di capire”
“Cosa c’è da capire Liam?” Domando stanca di tutta questa situazione.
“Cosa c’è da capire? C’è da capire che cazzo è questa cosa che mi lega a te, che mi fa continuamente pensare a te e che mi fa uscire pazzo” Sbotta lui, stavolta facendo un passo verso me, diminuendo notevolmente la nostra distanza.
Impaurita ne faccio uno indietro, ma vengo bloccata da un polso, dalla sua stretta.
“No Alyssa, non scappare. Io ho bisogno veramente, di capire” Mi supplica, con occhi imploranti.
E io mi blocco, come sempre, sono piegata al suo volere.
Ogni volta che mi supplica qualcosa, c’è sempre una forza che mi trattiene e che è pronta ad esaudirlo.
Quando si rende conto che non scapperò, lascia andare il polso e riprende a parlare.
“Da quando ti ho conosciuta c’è stato qualcosa che mi attira verso te, credevo fosse solo frutto della mia fantasia, ma più ci conoscevamo più questo qualcosa cresceva. Vederti con Niall inizialmente mi ha colpito e non positivamente, cioè non l’accettavo. Non capivo perché, sono stato parecchio tempo a pensarci e sono giunto a una conclusione. E vuoi sapere qual è Alyssa?”
Mi domanda, guardandomi fisso negli occhi, come se io potessi capire attraverso i suoi.
Assecondo, perché quello che ci leggo lo trovo impensabile. Non posso crederci.
“Perché voglio essere io accanto a te” Ammette, sussurrando. Come se gridarle, quelle parole, possano volare.
Chiudo gli occhi assaporando il momento.
Quello che leggevo, è la verità.
Ho sempre creduto che gli occhi siano lo specchio dell’anima e questa volta ne ho avuto la conferma.
“I-io…” Sibilo, aprendo gli occhi.
“Ti prego non dire nulla. Dimmi solo se quello che voglio io, lo vuoi anche tu” Dice avvicinandosi sempre più e spostando il suo sguardo sulle mie labbra.
Il suo profumo, mi inebria e lo respiro a pieni polmoni.
E non so con che forza, non so con che volontà, ma assecondo con la testa, per poi tornare a guardarlo.
Lui sorride, alza la mano e mi accarezza la guancia destra, che subito diventa rovente sotto il suo tocco.
Il suo sguardo vaga dagli occhi alle labbra e il mio cuore prende a battere all’impazzata, come se sa, che di li a poco avrebbe perso il lume della ragione.
Avvicinandosi con il volto, Liam guarda per l’ultima volta le mie labbra per poi concentrarsi sui miei occhi.
Con ancora la mano sulla guancia, chiede il permesso, come se non volesse invadere il mio spazio.
Basta un mio cenno del capo, che finalmente, le sue labbra sono sulle mie.
In quell’attimo sospiro, come se un grosso peso fosse scomparso dalle mie spalle, come se l’unico posto in cui volessi essere, fosse quello. Tra le sue braccia.
Liam porta anche l’altra mano sull’altra mia guancia, accarezzandola.
Le nostre labbra, prima si sfiorano e ora si cercano con urgenza, lui mordicchia il mio labbro inferiore, come per volersi accertare, ancora una volta, che il mio volere coincida con il suo.
Ma non sa, che con lui perdo sempre.
Lascio sfuggire un gemito, quando il bacio si intensifica, facendo si che sia la passione a prendere il sopravvento.
Ci cerchiamo, ci inseguiamo e ad un tratto ci fermiamo per riprendere finalmente un po’ di fiato.
Con ancora gli occhi chiusi, sento la sua fronte a contatto con la mia.
Quando sollevo le palpebre lo trovo a fissarmi. Lascia scivolare le mani dalle guancie al collo, per poi correre sulle braccia e aggrapparsi alle mani, incrociando le nostre dita.
“Liam, noi…”
La verità è che non so che dire, l’unica cosa che mi vortica nella mente è Sophia.
Perché per quanto possa essere insopportabile, per quanto io possa non digerirla, la verità è che loro due sono insieme.
“Mmh?” Fa un verso, come per invitarmi a continuare.
“Non è giusto. Tu… Hai Sophia, è sbagliato. Non avremmo dovuto farlo”
Mi allontano di un passo, ma nuovamente, vengo ripresa da quel ragazzo con l’aria confusa.
“No! Non pensare questo. Sistemerò tutto. Non devi preoccuparti” Mi rassicura, avvicinandosi e avvolgendo le sue braccia alla mia vita.
E mi fido, stupidamente forse, ma lo faccio.
Lui posa le sue labbra sui miei capelli e mi dondola con se.
In lontananza sentiamo la porta aprirsi e dei passi frettolosi farsi largo nel parcheggio.
Liam si stacca e si gira a guardare chi sia, liberando anche la mia visuale.

Dalla porta Niall e Eloise escono di corsa guardandosi attorno.
Quando la mia amica scorge la mia figura, si blocca e tira un sospiro di sollievo.
“Aly! Grazie a Dio”
I due corrono da me, Eloise fiondandosi ad abbracciarmi e Niall si blocca con le mani in tasca guardando a intervalli prima me e poi il suo amico.
“Mi sono così spaventata. Non ti trovavamo più. Stai bene?” Domanda Eloise.
“Si, avevo bisogno di una boccata d’aria e Liam mi ha invitata a fare due passi qui fuori”
Lei asseconda con la testa.
“Lee, dentro ti cercano” Lo richiama Niall, con tono severo.
“Oh, ok! Entriamo tutti?” Domanda Liam, guardandoci.
“Io veramente vorrei andare a casa. Sono un po’ stanca” Dondolo sui piedi, incrociando le dita della mano.
Liam sembra voglia dire qualcosa, ma viene bloccato da Niall che mi affianca.
“Ti accompagno io. Ok?”
Guardo Liam, che contrae la mascella e si passa una mano nei capelli.
L’ultima cosa che ci serve, è creare una diatriba.
“Certo Niall” Accetto il suo invito, sorridendogli.
“Bene, andiamo allora”
Eloise mi abbraccia nuovamente stringendomi.
“Chiamami quando ti svegli domani. Così mi racconti” Mi sussurra all’orecchio per poi tornare alla porta.
Liam fa un passo verso di me, guardando Niall, che fa un passo indietro.
Mi lascia un bacio sulla guancia, soffermandosi più del dovuto.
“Buonanotte” Mi sussurra, soffiandomi all’orechcio.
“Grazie. E ancora buon compleanno Liam”
Mi sorride, per poi voltarsi e sparire anche lui dietro la porta.
Sospirando, mi preparo all’interrogatorio con il biondo.
 
Interrogatorio che non avviene.
Silenzio. Completo e perfetto silenzio.
Viaggiamo con questo. Niall ha letteralmente le labbra sigillate, indurite tra loro.
Lo capisco dal suo sguardo, che è furioso.
Non mi ha degnata di uno sguardo, stringe convulsamente il volante, guardando davanti a se la strada.
Esasperata, decido di dar voce alla me che sta scalpitando.
“Starai in silenzio ancora per molto?” Domando.
Lui, come se non ci fossi, continua a guidare.
“Dio Niall! Che ti prende?” Sbotto esasperata.
Ignorandomi, continua a guidare, perso nei suoi pensieri.
Bene, è quello che vuole? Rimanesse nel suo esasperante mutismo.
Non ho assolutamente nessuna voglia di rovinarmi il morale così. Non è giusto.
Nel suo silenzio mi sta giudicando. E non ha nessun diritto di farlo, dopo tutto non sa niente di quello che è successo poco fa. Non era con noi.
Dopo una decina di minuti, scorgo il mio quartiere e tiro un sospiro di sollievo.
Non vedo l’ora di scendere da questa macchina, l’aria è pesante e l’ultima cosa che voglio ora è ritornare con quel peso che mi grava sulle spalle.
Quando Niall accosta al marciapiede, afferro la borsa ai miei piedi e mi fiondo sulla maniglia, ma la porta non si apre.
Riprovo per due volte di seguito, ma questa rimane sigillata.
Incavolata mi volto verso il biondo.
“Mi apri questa maledetta porta?”
“No” Risponde finalmente lui, guardandomi in modo severo.
“Niall mi sto incazzando seriamente. Voglio scendere”
“Volevi sapere cosa avevo? Bene, ora parliamo” Incrocia le braccia al petto.
Ma questo è matto!
Lo guardo furiosa e assottiglio lo sguardo.
“Non me ne importa un accidente” Urlo esasperata.
Se crede che sia lui a dettare legge, si sbaglia di grosso. Continuasse il suo mutismo.
“Ti rendi conto di quello che stai facendo?” Domanda imperterrito lui.
“Voglio andare a casa. Non credo di star facendo chissà che”
“No, con Liam, Alyssa. Che sta succedendo tra voi due?”
Sbalordita, rimango in silenzio.
Bene Alyssa, colpita e affondata.
Questo ragazzo riesce a rovistare all’interno del mio animo maledettamente bene.
“Non ti interessa” Sbotto, abbassando lo sguardo e gonfiando le guancie.
“Mi interessa eccome. Vorrei ricordarti che lui è fidanzato”
Alzo di colpo la testa e lo fulmino con lo sguardo.
“E con questo Niall? Non è successo nulla. Mi ha solo accompagnato fuori”
“Cazzate Aly. Potevate benissimo andare fuori in giardino, ma siete capitati proprio fuori nel parcheggio. E poi conosco benissimo l’espressione di Liam. Non può nascondere nulla. Perciò Alyssa, gradirei la verità”
Lo guardo e non posso fare a meno di pensare che lui sia un mio amico. Che dovrei fidarmi. Che dopo tutto non posso averne così paura di ammettere i miei sentimenti.
“Niall, io mi sono innamorata”

 

*Oh Lady Lady Oscar, tutti fanno festa queando passi tuuuu...*
Hem... Kumusta!
Chi vi scrive non è impazzita, è solamente felice!
Ma voi ci credete...? Quei due si sono baciati! 
Oh Peppa Pig (Anto, ogni riferimento a TE è puro e casuale) per festeggiare stasera mangerò porchetta!
Siete contenti anche voi? 
Porchetta per tutti!
Ok, volete sapere il mio commento per Niall a fine capitolo?
*si, lo vogliamo* bravi ragazzi!
"Niall, levati dalle palle" Semplice, conciso e diretto.
Eddai, non mi puoi far crollare tutto il castello che si è create Alyssa dopo quel fantastico ed eccitante bacio!
Ok la realtà, ma dovrebbe essere abolita da una legge, parlarne dopo i baci!
Volete un'anticipazione del prossimo capitolo?
*si, la vogliamo* Com'è che siete tanto arrendevoli oggi?
Allora! 
Non dirò troppo, ma per gioia di qualcuno, sarà l'incipit per sapere la VERITA'!
Siete contenti? Si che lo siete.
Bene, la buona azione giornaliera l'ho fatta, ora me ne torno... a fare cosa? Qualcosa sicuramente troverò...
Un bacione a tutti quanti!
A martedì e sappiate che per la prossima settimana vi voglio attivi e grintosi, uomo avvisato mezzo salvato.
Altrimenti mi incavolo, sappiatelo!
Buon week and.
-Ila-





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Capitolo 23
*** Verità che scotta ***



“Niall, io mi sono innamorata”
Finalmente sono riuscita a sputare via queste parole, che mi ingombravano l’anima.
Non avrei mai creduto di riuscirlo a dire a qualcun altro diverso da Eloise.
Rimango a guardare l’espressione esterrefatta del mio nuovo amico, qui di fronte a me.
E’ come se non riuscisse a credere alle mie parole, ha la bocca spalancata e sembra essersi imbambolato, come pietrificato.
“Niall?” Lo richiamo, cercando di trascinarlo mentalmente nell’abitacolo, per farlo tornare a parlare.
Sembra riscuotersi, deglutendo e sbattendo le palpebre, mettendo in bella mostra i suoi splendidi occhi.
“Di chi, Alyssa?” Domanda fissandomi, senza abbandonare per un attimo il contatto visivo.
“Liam” Rispondo senza esitazione, stanca di portare dentro quel peso e felice di riuscire ad aprirmi con lui, che ormai considero un amico importante.
Niall si passa una mano tra i capelli e guarda fuori il finestrone anteriore.
“Che casino” Decreta, appoggiando le mani sul volante.
Proprio così Niall, è un gran casino.
Non c’è miglior parola, che possa descrivere al meglio la situazione.
Ci sono troppi fattori che giocano contro di noi: Sophia, la fama di Liam, l’impossibilità di una relazione e non meno importante, il mio inferno.
Se non è questo un pasticcio, sfido chiunque a trovare di peggio.
“Già” Sussurro io, guardando l’entrata di casa.
“Cosa hai intenzione di fare?” Domanda poi lui, posando nuovamente il suo sguardo cristallino su di me.
“Io… Non lo so Niall. Lui non sa i miei sentimenti e non trovo giusto farglielo sapere. Per favore non dirgli nulla”
Niall allunga il braccio sinistro e mi afferra una mano, stringendola.
“Non dirò nulla. Non preoccuparti Aly. Ne uscirai in qualche modo, da questa situazione. Ti aiuterò. Ok?”
E mi ci aggrappo a questa speranza, a questo aiuto. Perché finalmente, qualcuno mi tenderà una mano, non per buttarmi giù, ma per farmi risalire.
 
Quando apro gli occhi, la sveglia segna le 10.30 del mattino.
Mi meraviglio di me stessa, dato il fatto che certi orari li facevo solo tanti anni fa, quando il sabato sera lo passavo con i miei genitori sul divano in salotto, con una pizza, un film e tante risate.
Ricordo che non volevo mai addormentarmi, avrei preferito rimanere la, in mezzo a quei due e non staccarmi mai.
La mattina dopo, poi, mia madre mi lasciava dormire fin quando non scoccava l’ora del pranzo, con quel fastidiosissimo solletico ai fianchi per farmi lasciare il letto. Lo odiavo tanto, ma ora ne provo nostalgia.
Ovviamente poi le cose sono cambiate.
Quei sabati sera non ci sono più stati, come quelle pizze, quei film e quelle risate.
Siamo rimasti io e mio padre e dopo solamente me stessa, che vede la tv da sola e guarda il vuoto accanto a se.
Sbuffando, per la piega dei pensieri, scosto il lenzuolo e scendo dal letto, per dirigermi in cucina per il mio bicchierone quotidiano di latte e caffè.
 
Quando torno in camera, appoggi la tazza contenete quel liquido senza il quale la mattina non riuscirei a fare due più due, sulla scrivania e apro le imposte, facendo entrare un sole timido che si lascia coprire dai nuvoloni grigi.
Mi fermo ad ammirare quello spettacolo che la natura mi offre.
Mi trovo a pensare quanto io sia simile a quel sole. Timido, impaurito, mi lascio nascondere dalla me interiore. Prendo come scusa l’inferno e il destino per non affrontare la realtà.
Ma stavolta lo sto facendo, forse a mie spese, ma il bacio di ieri è stato una cosa impareggiabile.
Ecco cosa si prova a rischiare! L’adrenalina che ti pompa nelle vene, la voglia di buttarti e quando ti accorgi che non importa lo schianto, ti godi il volo.
Sorridendo come un’ebete, vengo trascinata alla realtà dal suono del cellulare, che mi avvisa di un messaggio.
 
Da Eloise: Hai dato un’occhiata a Twitter? Mi spieghi che è successo?
 
Incuriosita, accendo il pc per entrare nell’ormai familiare social network.
Non appena apro la pagina e immetto nome e password, vengo letteralmente colpita agli occhi da mille foto della serata.
Ma la cosa più sconvolgente e da un parte ringrazio il cielo, non è il fatto che ci hanno immortalato me e Liam in atteggiamenti poco consoni, ma le foto che mi si presentano mi fanno contorcere lo stomaco.
Ci sono immagini a bizzeffe, che propinano Liam avvinghiato a una sorridente e sorniona Sophia.
Liam è visibilmente ubriaco e si aggrappa ai fianchi della sua ragazza, facendo cozzare le sue labbra insieme con quelle della ragazza. E quel bacio non ha niente di romantico, trasuda lussuria, passione e sesso selvaggio.
Con un groppone in gola, scorro le foto, articoli e didascalie, per trovarmi ancora e ancora, loro mentre si strusciano, mentre Liam intrappola la ragazza alla fiancata della macchina e finalmente, quando si allontanano nella notte verso un albergo, nella loro lussuosa auto.

Con le lacrime agli occhi e con quel groppone che non riesce ad andare via, chiudo con un tonfo il pc e mi lascio andare a un pianto isterico.
Cosa pensavi Alyssa, seriamente, che lui avrebbe lasciato il suo mondo, la sua ragazza, la sua vita, per una come te? Per una che si nasconde dietro a un dito e non affronta la realtà? Per una che tra un po’ verrà rispedita all’inferno?
Quella nausea che provo, diventa più incessante e scappo in bagno per dare di stomaco.
È sempre li, la mia vita, è sempre li che mi ricorda quello che sono.
Basta un po’ d’ansia, un po’ di agitazione per farmi ricadere nell’oblio.
Mi siedo e appoggio la schiena contro la parete, mentre le lacrime prendono a scorrere interrottamente sulle guancie.
Sapevo benissimo che non avrei dovuto innamorarmi e ora, ben mi sta, questo destino.
Mi afferro le ginocchia al petto e prego affinchè tutte le mie lacrime smettano di sgorgare interrottamente.
 
Quando riesco a lasciare la mia posizione, rimango sorpresa da quante lacrime possano abitare in un corpo di una persona.
Non sono solita piangere, preferisco più chiudermi in me stessa che far affiorare quella sostanza salata.
Non piango da tempo immemore, stare a contatto con questa nuova me, da un paio di mesi, non fa che peggiorare la mia situazione.

Non riesco a rimanere in casa, devo cercare di impegnare i miei pensieri in qualche altra cosa.
Mi lavo la faccia e cambiandomi i vestiti, esco di casa per dirigermi al parco.
È una giornata triste, non solo per il mio animo, ma anche il cielo mi accompagna.
Girovago senza una meta precisa, in verità, passo per il parco e mi torna in mente il desiderio di Jennifer.
Chissà come saremmo potute essere in un’altra vita.
Non avere il destino segnato, non sapere la nostra data di scadenza.
Torno per un attimo al ricordo di domani, chiudo gli occhi e lascio che il vento si intrufoli nei miei capelli.
Non so cosa mi prende, ma vorrei che la fine sia il più vicino possibile, perché mi sento stanca. Priva di voglia di combattere.
 
Cammino fuori dal parco e i miei piedi mi trascinano in una libreria.
Come un richiamo per allodole, decido di entrare e fermarmi a leggere qualcosa.
Cosa c’è di meglio, quando siamo in guerra con noi stessi, se non immergerci nelle cose che amiamo fare?
Passare del tempo con il pianoforte è fuori discussione, non voglio tornare a casa e l’edificio dove tengo le mie lezioni, la domenica è chiuso. Perciò mi immergo nelle pagine di storie a cui avrei tanto voluto partecipare io.
La libreria è grande, ha il piano inferiore stracolmo di scaffali che accolgono vecchi classici e nuove opere letterarie.
Passo due ore piene, mentre cerco quello che fa per me. Quando finalmente decido, vado alla cassa a pagare e mi dirigo al piano superiore, pieno di tavolini con delle lampade poggiate su ciascuno.
Affascinata, ordino al bar un tè ai frutti di bosco e sorridendo, il primo sorriso in questa giornata, mi tuffo tra quelle pagine.
 
Quando sollevo gli occhi, giunta all’ultima pagina del secondo libro, mi accorgo che dalle vetrate non entra più la luce del sole.
Guardo curiosa l’orologio al telefono e rimango sconvolta, nello scoprire che sono già le sette di sera.
Quando sblocco il cellulare, trovo infiniti messaggi e altrettante chiamate, che spaziano da Eloise, Niall per arrivare per giunta a Liam.
Sono scomparsa dal mondo per quasi una giornata intera e non me ne pento.
Non ho nessuna voglia di tornare a casa, di rimettermi a pensare. Tutto sommato sparire dal mondo non è così male.
Declino i messaggi senza leggerli. Non ho intenzione di spiegare a nessuno quello che sento.
Ho il cuore rotto. E lo sapevo, sapevo di star sbagliando.
Mando un messaggio a mio padre, per non farlo preoccupare se quando torna a casa non mi troverà. Spero solo che Eloise non l’abbia allarmato della mia assenza.
 
[Piccola annotazione, vi prego! Ascoltate For blue skies di Strays Don't Sleep]
 
Esco dalla libreria, dopo aver fatto un’ulteriore giro tra gli scaffali.
Ora mi ritrovo a girovagare tra le strade di Londra e mi accorgo di avere fame, dopo tutto non mangio da ieri sera.
Ordino un hot dog, non molto salutare, ma non mi importa di meno.
Infilo le cuffiette nelle orecchie e aziono il lettore mp3 in modalità casuale, che mi accompagna in questa serata.
Devo ammettere che avevo altri piani per oggi, principalmente credevo di ritrovarmi emotivamente in modo diverso.
Stupidamente ed egoisticamente, credevo di poter passare del tempo a conoscere meglio Liam, ad aprire il mio cuore, fargli conoscere meglio la me che si nasconde sempre.
Avevo troppe aspettative e invece ora eccomi qua, mentre girovago da sola senza una meta, mentre centinaia di persone mi passano accanto senza sapere assolutamente nulla di quello che mi vortica in mente.
I miei piedi mi portano a quel parco abbandonato, che Niall mi ha fatto scoprire quel lontano giorno.
Sono passati pochi mesi, invece mi sembra un’eternità fa.
Guardo il paesaggio che si estende sotto i miei piedi e vorrei essere tanto una di quelle lucine.
Poter brillare per qualcuno, poter essere la luce che illumina la vita di una persona.
Sogghignando scuoto la testa, non ho nessuno che sia la mia lucina, inimmaginabile pensare di poterla essere io per qualcuno.
Una lacrima solitaria mi scivola sulla guancia e il venticello serale la spazza via.
Mi fa male dannatamente il cuore, è come se qualcosa ci sia passato sopra e l’abbia rotto in mille pezzettini. E stavolta non c’entra nulla il demone, perché per quanto pericoloso e malvagio possa essere, non ha ancora attaccato quell’organo che mi tiene ancora in vita.

Un rumore di un ramoscello spezzato, mi fa girare in direzione del rumore, spaventata, e quello che guardo è decisamente l’ultima persona che avrei voluto vedere, almeno oggi.
Liam è li, con il fiatone, con il petto che va ritmicamente su e giù per prendere fiato.
Mi asciugo quella lacrima, che ha visto cadere altre sue alleate e ingoio il groppone solito in gola.
Rimaniamo a guardarci e nel frattempo il respiro di Liam si regolarizza.
“Che ci fai qui?” Domanda, rimanendo fermo sul suo posto.
Non trovo la forza di rispondere, mi sento così debole, così fuori posto ogni dannata volta che sono di fronte a questo ragazzo.
“Alyssa, ci hai fatto preoccupare tutti. Che diamine ti è preso?” Urla, visibilmente spazientito.
Chiudo gli occhi e faccio un passo indietro, scuotendo la testa.
“Che ti importa? Non dovresti essere nemmeno qui” Sussurro e credo che non abbia afferrato nessuna mia parola.
Apro gli occhi e lo vedo arrabbiato, con le sopracciglia riavvicinate tra loro.
“Che cazzo significa? Ti stiamo cercando da stamattina. Hai almeno idea di come Eloise si senta? Hai idea di come mi senta io?”
Rimango in silenzio , ma faccio un passo avanti, uno dopo l’altro e scendo dalla collinetta per prendere a camminare.
“Dove stai andando? Maledizione Alyssa. Non scappare ogni dannatissima volta!” Urla, e io mi blocco.
Mi giro e mi sento quel peso sulle spalle che diventa rabbia, vorrei saltargli addosso e rovesciargliela tutta addosso.
“Sto scappando?” Domando.
“Si. Lo fai ogni volta”
Mi avvicino a gli punto un dito al petto, nervosa.
“Sai perché lo faccio Liam? Per salvarmi la pelle. Io non posso stare vicino a te. Non c’è niente di buono in questo”
“Perché?” Domanda, fissando i miei occhi.
“Dannazione Liam! Ma ti senti quando parli? Perché dovrei stare a sentirti? Hai avuto l’indecenza di baciarti con Sophia ieri sera, dopo aver baciato me! Dopo avermi stretta tra le braccia! Con che coraggio tu incolpi me di star scappando!”
Lui rimane in silenzio, come se fosse stato colpito in faccia dalla realtà.
“Tu sei andata via con Niall e lui non è più tornato alla festa” Sussurra.
“E cosa pensi che abbia fatto con lui eh? Hai una così bassa opinione di me?”
Lui rimane nuovamente senza parole e abbassa lo sguardo.
“Il tuo silenzio vale più di mille parole. Basta Liam, stai alla larga da me”
Sbotto, con le ultime parole tremolanti.
Non voglio separami, ma devo! Devo salvarmi. Non posso continuare in questo modo. Impazzirei. È una scelta dolorosa, ma meglio soffrire ora e non quando le cose diventeranno più complicate.
Giro i tacchi e riprendo a camminare. Allontanandomi da quella che credevo potesse essere la mia salvezza.
“Io ti amo”
E come un colpo alle spalle, mi blocco. No, non può essere la realtà. In nessun modo possibile.
Sento Liam avvicinarsi e fermarsi a pochi passi di distanza.
“Ho finalmente capito perché io mi senta così ogni volta che sei nelle vicinanze. Ho capito perché mi sento tremendamente fuori posto con altre persone accanto a me. Ho capito cos’è questa cosa che mi attrae verso te. Ho capito cos’è questo affetto, questa gelosia. Io ti amo Alyssa”
Ho il cuore che prende a battere all’impazzata, come a dire di girarmi, che lui è la direzione da seguire. Ma c’è qualcosa in testa che mi dice, invece, di scappare a gambe levate.
“Tu non puoi amarmi” Sussurro ancora di spalle.
“Posso invece”

“No Liam, è impossibile” Scuoto la testa.
“Perché?”
Rimango in silenzio e sento, anche senza vederlo, che la rabbia sta prendendo il sopravvento nei suoi occhi.
“Girti e guardami negli occhi. Dimmi questo cazzo di motivo!” Urla e punta nel vivo scatto a guardarlo.
“Perché sono malata Liam! E sto morendo” Ammetto, con le lacrime agli occhi, finalmente!
 

Kumusta.
Se avete ascoltato la canzon che vi ho scritto, come ho fatto io mentre rileggevo, probabilmente mi siete morte.
E' troppo bella. Io l'adoro infinitamente.

Hei, calmatevi. 
Lo so che non si capisce niente di quello che ha Alyssa, ma io vi avevo detto che questo capitolo era l'incipit. Nel prossimo FORSE scopriremo :D

No, comunque, vi posso fare un rimpovero vero?
Dove cavolo siete andate a finire tutti quanti?
Eh? 
Probabilmente il bacio non è stato molto accettato?
Niall dalla regia è d'accordo, se così fosse, ok... Prenderò altre vie.
Seriamente, sono abbastanza giù per questo fatto.
Ok, siete aumentati in tanti che seguono, preferiscono e ricordano la storia.
Ma interazione, nada!
Non riusciamo a sorpassare una recensione per capitolo, sul filo del rasoio massimo due.
Non voglio essere petulanete, come certe autrici che dicono che se non arrivato a dieci recensioni al capitolo non aggiornano. Non voglio certamente arrivare a questi livelli! 
Io vi chiedo solamente un'opinione. 
So che leggete il capitolo giusto che ci siete, lasciate due parole in croce.
Sembra poco, come ho sempre detto, ma avere un feedback significa molto.
Non sono pesante, voglio solo essere chiara con voi.
Sono rimasta un pò delusa, ecco!

Buona serata a voi tutti.
Un bacione.
-Ila-

 
 

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Capitolo 24
*** Stare bene ***



 
 

-Ma è vero,
sono ancora infelice
Ma finalmente so cosa devo fare
Devo rinunciare, devo rinunciare.. a te-

Coffee and cigarettes -
Michelle Featherstone 
 

Undici anni prima
 
Alyssa è stesa su una barella, che la portava di corsa nel reparto di terapia intensiva.
Vede tutte quelle lucine sulla sua testa passare velocemente e ne è attratta.
Non sapeva quello che stava accadendo, aveva solamente sette anni. Cosa si può pretendere da una bambina, che solamente poche ore fa era seduta sul divano con i suoi genitori a vedere una puntata dei Looney Tunes?
Si chiede perché la sua mamma non è accanto a lei, vuole piangere, ma c’è qualcosa che blocca la sua voce e le sue lacrime.
Vuole chiedere a quei signori, che finalmente hanno fermato la barella in una sala tutta bianca piena di macchinari, cosa stesse accadendo e dove fosse la sua mamma.
Ad un tratto una voce che conosceva bene, la fa girare la testa.
“Piccola, tra poco ti addormenterai e non sentirai nulla. Sta tranquilla, papà è qui”
Il suo papà, l’uomo che la proteggeva sempre e sempre avrebbe continuato, è li accanto a lei, che le accarezza i capelli, ma lei vorrebbe anche la sua mamma, perché è da lei che ogni volta si getta tra le braccia quando è stanca e quando è triste.
E ultimamente Alyssa è sempre stanca, vuole sempre dormire ed è sempre giù di morale, allontanando sempre i bambini con cui vorrebbe fare amicizia.
Alyssa si ripromette tante volte di cambiare, perché vede anche la sua mamma sempre triste e lei non lo accetta. Ama la sua mamma quando ride, quando la porta al parco e giocano insieme.
Non vuole che anche lei le si allontani, proprio come quei bambini.
Sente le palpebre diventare pesanti e desidera solo dormire.
Per l’ennesima volta si sentì tanto stanca.
 
Quella donna che cammina avanti e indietro da troppe ore, in quella stanza asettica, sta bollendo come una pentola a pressione.
Si domanda, ingenuamente, com’è possibile che ora fosse li! In attesa.
Aveva tra le braccia la sua piccola, quando a un tratto prese a respirare affannosamente, l’ha vista quasi strozzarsi per riuscire a prendere un po’ d’aria.
Sa che Alyssa ha qualcosa che non và, ma non riesce a capire che cosa.

Lei e suo marito, in nove anni di vita, l’hanno vista sempre magra, priva di progressi fisici.
È sempre stata una bambina chiusa, che difficilmente fa amicizia, ma non si sono mai spiegati perché.
Non sapevano nemmeno allora, che Alyssa preferiva rimanere in disparte, perché non veniva accettata principalmente da se stessa e poi dai suoi compagni.
Lei sembrava sempre una bambina, ancora più piccola di quello che realmente era.
Ma loro non lo sapevano, non sapevano quello che ancora è il destino della loro piccola.

Mentre gira per la milionesima volta, attorno a quel perimetro della stanza, la porta della terapia si apre, facendo uscire suo marito, visibilmente provato, mentre si toglie la mascherina e si asciuga la fronte, imperlata di sudore.
“Cosa è successo? Come sta?”
“Ha avuto un abbassamento di pressione” Spiega lui, evitando il contatto visivo con la moglie, perché è cosciente che tra poco lei non avrebbe più creduto alle sue parole.
“Non mentirmi Michel, che cosa è successo li dentro?”
“Tra poco verrà il dottore che l’ha operata, ci spiegherà tutto lui” Aggiunse, anche se lui sa benissimo quello che è accaduto, mentre sua figlia era incosciente.
Quando, poco dopo, sono raggiunti dal suo collega, sua moglie percepisce una brutta sensazione, si aggrappa al braccio dell’uomo che ama, cercando quel po’ di forza per non farla cadere per terra.
“Perché non ci sediamo? Vuole una tazza di caffè signora Miller?” Domanda il dottore, cercando di alleviare un po’ la tensione.
La donna declina l’invito con una negazione del capo, accomodandosi sulle sedie di plastica nere, scomodissime, della sala.
“Vede, vostra figlia ha un problema legato alla mancanza di globuli rossi presente nel suo sangue, questo dà sintomi di spossatezza, palpitazioni, anoressia e com’è capitato oggi, problemi respiratori”
La donna ascolta in silenzio, non sapendo ancora a cosa avrebbe portato questa dichiarazione.
“Tutto ciò porta a un'acuta anemia, che inevitabilmente porta… Alla leucemia” Decreta il dottore, abbassando il tono di voce, come a rendere meno dolorosa la pillola.
E in quella sala il mondo si fermò per un attimo e inevitabilmente, subito dopo, riprese a girare vorticosamente.
“Le-leucemia?” Balba la donna, sperando e pregando di non aver sentito bene.
“Purtroppo si. Siamo nella fase acuta, ma credo che con le dovute precauzioni tutto possa risolversi”
Michel e sua moglie ingoiano a vuoto, quella bile che sentono sempre più affiorare dallo stomaco.
“Lei crede, o ne è certo?” Domanda provato il marito.
“In medicina niente è certo, Michel, lei dovrebbe saperlo, alle volte ci si affida anche alla speranza”
E da quel momento in poi, il destino, non solo di Alyssa, ma anche quello dei genitori fu segnato.
 
Con il passare del tempo, Alyssa fu posta sotto una campana di vetro.
Passa i due anni successivi tra ospedali, cure e risonanze. Che non portano a nessuna conclusione, se non che, alla certezza che dalla leucemia non potrà mai scappare.
È diventata parte di se, che lei ama chiamarla “il suo inferno personale”.
All’età di quindici anni le viene proposto di iniziare un cammino con una psicologa, molto probabilmente per aiutarla a non avere paura della morte, che presto o tardi, la verrà a visitare.
Alyssa si chiude, ancora di più nel suo guscio. Incapace di combattere, incapace di vivere.
L'unico spiraglio, l'unica fonte di luce in quel lungo tunnel: il suo amato e caro pianoforte.
Si aggrappa a lui, si aggrappa a quell'oggetto inanimato che le potrebbe dare un pò di sollievo.
 
L’ultimo colpo, provenne proprio dall’ultima persona che credeva possibile, lo ebbe all’età di sedici anni.
Sua mamma, da quel momento in cui il destino spezzò la vita della figlia, si tuffò nel lavoro, sempre presa nei suoi servizi, fino a quando, le fu proposto un contratto irrinunciabile.
E così, da un momento all’altro, fece i bagagli e si allontanò dal dolore che provava, egoisticamente, anche dalle persone che più amava al mondo.
Promettendo a se stessa, di tornare un giorno. Quando il suo cuore, si sarebbe sentito pronto di affrontare la realtà.
 
***
 
Liam lascia ricadere le braccia lungo i fianchi, come se fossero diventate pesanti tonnellate.
Chiudo gli occhi e faccio rotolare via quelle lacrime che ora mi stanno facendo vedere tutto appannato.
“Tu non puoi essere malata. Sei giovane, non puoi…” Si blocca e lo vedo impacciato, anche lui, come tutti gli altri.
“Lo puoi dire Liam, ho il tumore. È la realtà e per quanto assurdo possa essere, non mi spaventa più”
Lo sento trattenere il fiato, mentre un vento gelido si insinua tra noi, facendomi rabbrividire.
“Ho il tumore e ci convivo da tanti anni ormai. L’ultima clinica, ha optato per vivere al meglio i miei ultimi anni, con una scadenza. Ti rendi conto Liam? Ho una scadenza prefissata”
Alzo lo sguardo e vedo Liam con il suo smarrito, che mi fissa, mentre tiene stretti i suoi pugni.
“In questi anni la mia vita è cambiata, non ho nessuno accanto, perché ogni volta che ammettevo la mia malattia tutti andavano via. Mia madre la prima, sai qual è stata la sua scusa? Mi voleva troppo bene per vedermi deperire” Sogghigno, spostando lo sguardo nel vuoto.
“Chi madre abbandonerebbe mai sua figlia, che sta combattendo questo demone interiore? Mio padre si è preso la responsabilità di tutto, ha cercato migliori medici, ma lui il primo, chirurgo esperto, non è riuscito ad abbattere questo mostro. Mi sono lasciata andare, fino a quando non ho incontrato Eloise. È stata lei la prima a sostenermi, a farmi vivere. Fin quando non sei apparso tu, Liam”
Lui sussulta al sentir pronunciare il suo nome.
“Hai messo completamente il mio mondo sottosopra, mi ero sempre ripromessa di non affezionarmi a nessuno, perché non potevo. Invece, tu sei riuscito ad abbassare le mie difese"
Ammetto, liberandomi di questo peso, ma la verità è un'altra.
"Ma non ce la faccio più. Noi non possiamo condividere niente, io ho il destino segnato Liam, ho la mia data di scadenza e non posso legarmi a qualcuno. Soffrirei io e farei soffrire la persona accanto a me. Perciò, ti prego. Smettiamola qui”
Decreto abbassando lo sguardo.
Il mio cuore sta gridando di non lasciar stare proprio niente, di buttarmi tra le braccia di questo ragazzo, perché è proprio li che dovrei essere.
Poi come al solito, c’è la ragione, che rovina sempre tutto.  E mi appiglio a questa.
Vorrei tanto che Liam dicesse qualcosa, che provasse a fermarmi. Invece rimane li, bloccato. E io ne ho viste tante di queste espressioni.

Sorridendo, giro le spalle e sospirando mi allontano da quel luogo.
Lo sapevo che prima o poi tutto sarebbe finito e ora eccomi qua. Ancor prima di iniziare, tutto finisce.
Il mio demone ne sarà contento, ma al momento sia il mio cuore, che la mia anima, piangono lacrime amare.
 
Quando arrivo a casa, sospiro per il fatto di essere nuovamente sola.
Devo ammettere che alle volte è un pregio tornare a casa, con gli occhi rossi e gonfi e non dover dare delle spiegazioni a un padre troppo apprensivo.
Mi dirigo in camera e prima di buttarmi sul letto, sfilo il cellulare dei pantaloni e mando un messaggio sia ad Eloise che a Niall, rassicurandoli di stare bene.
Cos’è accaduto oggi?
Ho scoperto un tradimento, il mio cuore si è spezzato, il ragazzo che amo ha confessato di amarmi e io che ho fatto? Ho spiattellato la mia realtà, il mio demone, il mio inferno, proprio a quella persona.
Faccio schifo! E no, non sto affatto bene.
Ma d'altronde, a chi importerebbe?
Lascio che le ultime lacrime mi facciano da compagnia solitaria, mentre mi addormento singhiozzando.

 
 
Kumusta!
Innanzitutto perdonatemi il capitolo breve.
Breve ma intenso.
Finalmente avete capito cosa nasconde la nostra Alyssa.
Complimenti a chi ci aveva preso, sapete che ho cercato di farvi sviare, ma credetemi!
Avrei così tanto voluto dirvi che avevate capito tutto.
E' stato veramente difficile scrivere questo capitolo. 
E' stato difficile cercare di capire come ci si sente quando ti diagnosticano una bestia così nera.
Ho cercato di non essere superficiale, di non essere puntigliosa.
Ho fatto una ricerca e mi sono affidata a lei.
Scusatemi, perciò, se ho esagerato o trattato male il tema.
Ora cosa cambierà? Cosa accadrà?
Vi avviso che ci saranno alcuni capitoli più forti di questo da ora in poi.
Perciò io vi chiedo scusa già in anticipo se qualcuno mi odierà, se qualcuno mi darà dell'incompetente o semplicemente non piacerà quello che scrivo.
Io sto scrivendo questa storia con un'idea ben precisa, sperando di farvi suscitare determinate emozioni.

Volevo dirvi grazie dal profondo del cuore!
Vi ho chiesto un favore e siete riusciti a renderlo reale!
La vostra presenza è veramente importante! 
I vostri pareri sono sempre enormente graditi.
Perciò ho deciso che da ora in avanti citerò nel mio angolo, tutte le persone che hanno un pò di tempo da perdere per dedicarmi due parole, perchè lo meritate enormente.

Ringrazio Giulia, che ogni volta che aggiorno mi fa partecipe delle sue emozioni su Facebook.
Ringrazio la mia Tonellina, che mi manda a quel paese ogni volta, perchè blocco tutto sul punto fondamentale.
Ringrazio Aurora, per commentarmi sempre e darmi sempre una marcia in più.
RIngrazio Fraa_Panda, che da poco è entrata anche lei in questa gabbia di matti.
Ringrazio meg_00, che nonostante non ami i cinque, ha dato una possibilità.
Ringrazio Aeryn, che nonostante le minacce, continua ad amare quello che scrivo.

Ringrazio voi che vi aggiungete sempre più.
Io ho sempre quel desiderio, sentirvi.
Vi prego, rendetemi partecipe dei vostri pensieri.

Un avviso importante, per chi non mi segue su facebook, probabilmente porterò in assistenza il computer e non so quando lo potrò ritirare, perciò abbiate pazienza se faccio ritardo a pubblicare. 
Tornerò, si spera, presto!
Seguitemi sui link sotto per rimanere in aggiornamento.
Un bacione e buon week and.
-Ila-





I miei contatti:

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Capitolo 25
*** I sogni realizzabili ***


Quando mi sveglio, contemporaneamente il cellulare prende a vibrare dall’altro lato del letto.
Sbuffando e stropicciandomi gli occhi, appiccicosi, dovuti alle lacrime di ieri sera, spengo con un colpo la sveglia che sta trillando.
Ci siamo, oggi è il giorno della verità. Oggi scoprirò il mio destino e quello del demone.
Sedendomi sul letto, con le gambe penzoloni, infilo le ciabatte e mi dirigo nel bagno, accendendo l’acqua calda della doccia.
Nel frattempo che si riscalda, torno in camera ciabattando e afferro il cellulare.
Ci sono tre messaggi, decisamente tanti per i miei standard.
I più vecchi sono di Niall e Eloise, di ieri sera. Il più recente mi lascia defluire tutto il sangue presente nel corpo. Il suo nome capeggia sulla schermata in un modo troppo autoritario: Liam.
 
Da Niall: Mi hai fatto dannatamente spaventare! Che ci perdevi a rispondere a quel cazzo di telefono? Mi devi delle spiegazioni Aly, non sto scherzando!
 
Sospiro inevitabilmente, ho fatto preoccupare tutti. E sapere che c’è chi si aspetta delle spiegazioni, è l’ultima cosa che mi serve. Spero che Liam non abbia detto nulla, odio vedere pietà nelle persone. Odio vedere come cambiano quando scoprono la verità.
 
Da Eloise: Tu! Brutta stronza. Cosa credevi di fare eh? Ho parlato con Liam.
 
Maledizione!
Mi passo una mano tra i capelli annodati. Che situazione orribile è questa? Un incubo insomma!
 
Da Liam: Non vado da nessuna parte.
 
Mi blocco a guardare quell’ultimo messaggio, porto lo sguardo sul muro vicino al letto e chiudo gli occhi.
Che significa? Perché non corre via a gambe levate?
Cosa c’è di sbagliato in lui?
Sospirando, impedendo che i miei pensieri vadano fuori strada, decido di chiudere fuori questa situazione.
Oggi devo solo concentrarmi su di me. Nessun altro.
Lo devo a me stessa.
 
Quando esco dalla doccia, mi vesto semplicemente e prendendo un sospiro, afferro la borsa con il necessario e scendo le scale.
Sul tavolo della cucina, trovo un post it di mio padre che mi avvisa che mi aspetterà in ospedale.
Grandioso, dovrò anche andare a piedi e maggiormente, da sola come un cane.
Capita così, quando hai più bisogno delle persone, nessuno ti è accanto.
È il tuo destino, mi ricorda fastidiosamente la mia vocina, sempre li nella mia testa.
 
Chiudendo il cancello di casa alle mie spalle, mi volto a guardare la mia casa, con nostalgia.
C’è una strana sensazione che volteggia su di me.
Guardo per l’ultima volta la porta di casa, conscia del fatto che quando tonerò a casa, ci sarà qualcosa di diverso.
Me, il mio destino e il mio inferno.
Con passo malfermo mi avvio nell’ultimo posto in cui vorrei mai andare.
 
Arrivata all’ospedale, guardo il sole ancora leggermente sceso, che il cielo di Londra mi faccia compagnia in questa giornata?
Guardo l’orologio al mio polso e mi accorgo di essere in anticipo di molto, un’idea mi passa in mente e afferro il cellulare, scorrendo la rubrica e pigiando sul simbolo di avvio di chiamata.
Porto il telefono all’orecchio e prendo a passeggiare tra i vialetti del giardino.
“Pronto?” Risponde una voce assonnata, dall’altro capo della linea.
“Ciao, sono io. Scusami per l’ora, ma devo chiederti un favore…”
 
Dopo una lunga mezz’ora, seduta sulla panchina del giardino, vedo avvicinarsi una figura incappucciata, molto probabilmente per non destare sospetti.
Mi alzo e gli vado in contro.
“Grazie per essere venuto”
Lui si abbassa gli occhiali da sole, anche se il sole è veramente pallido in questo giorno.
Due occhi azzurri subito mi sorridono.
“Non preoccuparti”
Louis è qui che mi sorride e credo che quell’espressione sul suo volto mi possa riscaldare le ossa gelide.
 
Ci avviamo insieme al piano di Jennifer.
Quest’idea mi è passata in testa solo poco fa, ero li a rimuginare e mi sono ricordata del suo grande desiderio. E perché non accontentarla?
Non c’è niente di più bello, che esaudire i propri desideri e io lo faccio per gli altri. Perché tutti si meritano questa possibilità.
“Aly, che ci facciamo nel reparto di oncologia?” Domanda lui, guardando l’insegna sopra la grande porta in vetro.
Mi fermo a leggere quella scritta blu che sovrasta prepotente, proprio come sovrasta la mia vita.
“Louis, stai per realizzare un grande sogno per una mia cara amica”
Lui si ferma accanto a me e mi sorride.
“Tu stai bene? Che ci fai di prima mattina in ospedale?”
Mi dondolo sui talloni, incapace se dirgli tutta la verità, ma opto per la menzogna, come sempre.
Non sono ancora pronta per aprirmi con tutti quanti.
“Esami di routine. Andiamo, c’è chi ti aspetta da praticamente sempre”
Lo trascino con me tra quei corridoio, che ancora sono deserti, vista l’ora.
Quando arrivo alla porta socchiusa di Jennifer, faccio fermare Louis vicino allo stipite e bussando due volte entro dentro la stanza.
È avvolta nelle tenebre, avendo la persiana ancora chiusa.
Facendo il meno rumore possibile, accendo la lucina vicino al comodino e mi piego sulle gambe per arrivare meglio al letto.
“Jen, Jennifer” La chiamo, scuotendola un po’.  
Lei riluttante, apre gli occhi e mi guarda spaesata.
“Alyssa?”
“Ciao piccola, buongiorno. Come stai?”
“Ho sonno” Sbuffa lei, mettendosi pancia all’aria.
“Ti ho portato una sorpresa che credo ti piacerà. Che ne dici? Vuoi vederla o vuoi tornare a dormire?”
Lei, curiosa, sbatte le palpebre e si mette a sedere sul letto troppo grande per lei.
“Che cos’è?”
“Brava tesoro. Ti faccio subito vedere. Aspettami, non ti muovere” Le sorrido e alzandomi, corro fuori la porta.
Louis è appoggiato con le spalle al muro, fischiettando, mentre si guarda intorno.
“Louis?” Lo chiamo e lui sembra ridestarsi.
“Qui dentro c’è quella che credo essere la tua più grande fan. Ti prego non giudicarmi male, ma è praticamente pazza di te e…” Non riesco a completare la frase, perché il solito groppone torna in gola.
“E’ malata?” Domanda lui, venendomi in contro.
Assecondo con la testa.
“Lei… Lei… Non so se ce la può fare Louis, vorrei tanto che stesse meglio e vorrei tanto vederla sorridere, ti prego, tu solo hai questo potere”
Lui mi si avvicina e mi posa una mano sulla spalla destra.
“Consideralo fatto. Sarà un onore”
Gli sorrido e mi asciugo gli occhi ormai umidi.
“Ok, quando ti chiamo entra”
Asseconda con il capo e si fa da parte, lasciandomi entrare.
Sorridendo, apro la porta e torno da Jennifer.
Lei è ancora li, non avrà mosso nemmeno un muscolo e mi guarda impaziente.
“Mi prometti che non griderai?”
La sua espressione è ancora interrogativa, ma io le sorrido benevola, accarezzandole i capelli.
“Puoi entrare” Chiamo verso la porta e vedo Louis che entra con un enorme sorriso, abbassandosi il cappuccio e facendo penzolare gli occhiali da sole nello scollo della felpa.
Guardo l’espressione di Jennifer che si trasforma da interrogativa a incredula.
La vedo che vorrebbe parlare ma non riesce.
“Vi lascio da soli” Decreto, allontanandomi e vedendo Louis che le si avvicina e si siede sul letto.
I sogni, alle volte sono le cose più difficili da realizzare, ma solitamente dobbiamo solo accettare quella mano che ci viene offerta, da un conoscente, da uno sconosciuto, che ci dia la forza per rialzarci e perché no, realizzarli.
 
Trovo mio padre, in fondo al reparto deserto di oncologia, che parla fitto fitto con un medico. Stesso camice, stessa aria così lugubre.
Un brivido di gelo mi passa per tutta la spina dorsale.
Facendomi coraggio mi avvicino ai due, che come se si fossero accorti della mia presenza, alzano in sincrono la testa e mi fissano.
“Ciao papà” Saluto sottovoce.
“Ciao Aly, lui è il dottore Smith” Mi presenta il suo collega, che mi sorride benevolo.
“Salve Alyssa, sei cresciuta tanto dall’ultima volta che ti ho visto”
Lo guardo interrogativa, non ricordandomi assolutamente di lui.
“Non mi ricordo di lei, mi dispiace”
Lui scoppia a ridere, facendomi credere di aver sbagliato reparto. Si è ammattito?
“Non ti ricordi di me perché eri troppo piccola”
“Lui è il dottore che ti ha curato a sette anni” Spiega mio padre.
Oh, una rimpatriata? Ma che cosa gentile.
“Salve” Saluto freddamente io.
Odio questo posto e con se tutto quello che ne concerne, compreso questa vecchia conoscenza.
Il dottor Smith mi sorride, ma ad un tratto riprende l’aria professionale di poco fa che aveva adottato con mio padre.
“Alyssa, ora tu aspetta qui. Nel frattempo io e tuo padre guarderemo le tue vecchie analisi. È da molto tempo che non ti sottoponi ad accertamenti, vero?” Domanda lui, guardandomi.
“Non ne vedo l’utilità, visto che sappiamo tutti quanti i risultati” Sbotto acida, come se loro fossero i colpevoli del mio destino ormai segnato.
“Alyssa!” Mi richiama mio padre.
“No Michel, ha ragione. Dopo tutto ha tutto il diritto di essere incavolata. Ma vedi Alyssa, se malauguratamente le cose fossero cambiate in negativo, dobbiamo essere pronti ad affrontare…”
Lo blocco, stufa delle ramanzine.
“Dottore la prego, mi costa tanto essere qui. Perciò prima procediamo, prima posso tornare alla mia solita vita”
Il dottore rimane in silenzio e asseconda con un cenno della mano.
“Michel, possiamo andare. Alyssa, aspettaci qui”
Vedo i due aprire una porta e entrare, parlottando tra loro.
“Come se avessi scelta” Sussurro, andandomi a sedere su delle poltroncine di fronte a quella porta che sicuramente, mi cambierà la vita.
 
Non ne posso più di stare qui, sono seduta su queste sedie da tipo due ore.
I due uomini si sono chiusi li dentro e io ho preso in seria considerazione l’idea di andarmene.
Se questo è uno scherzo, lo stanno portando avanti per troppo tempo.
In queste due ore ho ignorato volutamente il telefono che ha vibrato incessantemente nella borsa, spero solo che Louis non mi stia aspettando. Spero che vada per conto suo e non si offenda per il mio mancato avvertimento.
Con le gambe accavallate, faccio dondolare un piede avanti e indietro, perdendomi con lo sguardo sul pavimento bianco della sala.
Davvero sono così impaurita?
Perché la verità è proprio questa qui. Mi rendo conto di starla solo mascherando.
Ma ho una fottuta e tremenda paura.
Cosa diavolo mi potrà cambiare entrando li dentro? Praticamente tutta la mia vita.
La consapevolezza di star progredendo verso le fiamme.
E la verità è che non voglio. Perché mi merito questo destino?
Cosa ho sbagliato nella mia vita per meritarmi una delle più brutte, fetenti e dannose malattie?
Chiudo gli occhi.
Si, ho paura. Paura di fallire, paura di andare via, paura di avere questa certezza.
Paura semplicemente di morire.

Non mi accorgo della porta che si apre e che si chiude con un piccolo rumore.
Non mi accorgo di quella figura che si siede accanto a me e che rimane in silenzio, mentre io sono ancora persa nei miei pensieri.

 


Kumusta miei giovani lettori.
Ho le mani freddissime perciò perdonatemi se farò qualche errore di battitura.
Allora, eccoci qua. Venticinquesimo capitolo, sono tanti vero?
Mamma mia, come siamo arrivati a questo punto?
Sinceramente non so ancora quanti capitoli avrà questa storia, scrivo di getto e non vi saprei nemmeno accennare a una fine.
Staremo a vedere.
Capitolo scorso molto apprezzato, grazie.
Siete state come sempre gentilissime.
Mi dispiace, veramente tanto, che Alyssa abbia questa malattia.
E con l'esame che effettuerà si saprà cosa l'aspetta e cosa ci aspetta.
Idee?
Avevate capito che stava chiamando Louis?
O avevate pensato a qualcun'altro?
Immagino che presto Alyssa dovrà parlare con Niall e non sarà facile.
Ultima domanda, secondo voi chi è antrato da quella porta?
Bhè... Ritorno nel mio silenzio.
Voi come sempre fatemi sapere che ne pensate.

Ringrazio Aurora, Aeryn, Fraa_Panda, meg_00, Giulia e Tonellina come sempre per tutto.
Vi adoro enormente e mi scuso se vi ho fatto commuovere la scorsa volta.

Ringrazio chi si aggiunge, fatevi sentire! Vi aspetto.
Ci sentiamo venerdì.

N.B. Per il momento nessuna assistenza al computer, resisterò fino a fine febbraio, sperando che il computer non mi abbandoni prima.

I ♥ Y
Bacioni.
-Ila-

Ho scritto una OS sabato, racconta un po di Ila che ancora non conoscete. 
Se volete fateci un salto e fatemi sapere.




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Capitolo 26
*** Come fuoco bollente ***


Quando sospiro e stacco gli occhi dal pavimento, mi accorgo della figura accanto a me e quasi non cado per terra.
“Che ci fai tu qui?” Domando, dopo aver chiuso e aperto la bocca senza emettere nessun suono.
“Hai l’abitudine di sparire e c’è gente che si preoccupa”
“Ti avevo detto di starmi alla larga” Lo rimprovero.
“No mi sembra di averti dato conferma” Sogghigna lui.
Non ci credo, perché diamine Liam è qui, accanto a me che mi sorride con quel sorrisino altamente perfetto e gioviale, come se ora dovessimo andare a fare una passeggiata?
“Chi ti ha det…”
“Eloise, ti sembrerà assurdo, ma ho parlato più con lei in questi due giorni che in due mesi con te” Mi blocca lui, staccando gli occhi da me e posandoli sul muro di fronte a noi.
“Non dovresti essere qui Liam. Dico sul serio. Dovresti starmi alla larga” Ammetto, anche se controcorrente a quello che il mio animo mi sta urlando, abbassando lo sguardo sulle mie mani.
“Perché?” Domanda lui, proprio come ieri al parco, ma stavolta più tranquillo, come se abbia smaltito la rabbia.
“Perché io e te non siamo esattamente compatibili”
“E secondo te questo basta?”
Alzo lo sguardo e lo trovo a guardarmi, come se stesse domandando la cosa più ovvia.
“Basta e avanza, o dovrei stilarti una lista?”
Lui scuote la testa e per un attimo sembra sorridere.
“Non mi interessa. Alyssa, è complicato e io per primo non saprei dirti esattamente perché mi trovo qui, ma la maggior parte delle risposte credo le abbia avute sia io che te, ieri sera”
Resto un attimo in silenzio, assimilando le sue constatazioni.
“Come hai detto tu è complicato, con me non saresti felice Liam e io non posso chiedere questo”
Detto ciò mi alzo, come se la consapevolezze mi avesse punto.
Prego e spero che quella porta si apri il più in fretta possibile, non ne posso più di aspettare. Ormai non posso più tornare in dietro.
“Non me lo stai chiedendo, sono io che mi sto offrendo” Dice lui, alzandosi a sua volta, passandosi le mani nei suoi jeans, come a volerli stirare.
“Ma io non voglio” Sussurro, guardando le mie punte delle scarpe.
“Non è vero” Ribatte lui prontamente.
Io chiudo gli occhi e scuoto la testa, come a volerla far pesare di meno.
“Se realmente non mi vuoi, se veramente vuoi che vada via, guardami negli occhi e dimmelo” Sussurra lui, troppo vicino al mio viso.
Cerco di essere forte, veramente! Ci provo con tutto quello che mi è rimasto in corpo.
Ma alla fine, cosa mi rimane? Nulla. La consapevolezza di non volere nessuno al mio fianco, tranne poche persone e Liam ne fa parte.
Come posso avere la forza di allontanarlo da me, quando il mio corpo, la mia anima mi spingono verso lui?
Lui mi appoggia due dita sotto il mento e fa pressione, facendomi sollevare il viso.
“Guardami” Sussurra.
Alzo lo sguardo, che fino ad ora era rimasto bloccato sulle mie scarpe e lo poso nel suo.
Occhi bruni, mi fissano in attesa.
“Dimmi che non mi vuoi” Alita leggero sulle mie labbra.
Come una doccia fredda, la consapevolezza mi fa svegliare.
Non posso, non posso continuare a fingere.
Sempre guardandolo, scuoto la testa negando.
“Vuoi che resti?” Domanda ancora, come per avere una conferma.
Assecondo con la testa e mi lascio andare.
Perché è semplicemente la verità, non vorrei nessun altro qui con me.
Lui, mi sfiora la guancia destra con i polpastrelli della sua mano e chiudo gli occhi per quella sensazione. Dio, l’ho provata solo una volta ma mi è mancata come l’aria.
Prego perché non si fermi, mille brividi partono da quel punto, dove sta solo sfiorando e si disperdono su tutto il corpo.
Lascio andare un sospiro e le sue dita scivolano un collo, lasciato scoperto dalla mia maglia.
Lui segna i contorni, sfiorando come se fosse una cosa preziosa e delicata, per poi passare la sua mano sulla mia spalla, fino a fare una leggera pressione, affinchè io mi possa avvicinare a lui.
E lo faccio, mi lascio andare.
Mi avvicino e appoggio la testa al suo petto, allacciando le mie braccia alla sua vita.
Subito il suo profumo, che tanto adoro, mi inebria l’olfatto.
Questo è il paradiso, questo è il posto che mi piace, questa è “casa” per quanto assurdo possa essere.
“Ho paura” Sibilo, nascondendo il volto nella maglietta.
“Non ti capiterà nulla. Ci sono io” Sussurra lui, per non rompere il momento, strofinandomi la schiena su e giù con il palmo della sua mano.
E stranamente mi ci affido, anche se so che è tutta una finta. Ma non mi importa, voglio essere presa in giro, sbeffeggiata dalla realtà. Non mi importa, voglio credere, per una volta, che tutto andrà bene.
Ad un tratto sento aprirsi una porta e successivamente, qualcuno schiarirsi la gola.
Mi stacco, riluttante, per trovare mio padre in attesa sulla soglia.
Ha la faccia tirata, nessuna emozione gli traspare sulla pelle. Non so perché, sia preoccupato, o semplicemente si è calato nella parte del suo lavoro.
“Ciao Liam” Saluta lui.
“Salve Michel” Risponde Liam, allacciando le sue dita intorno alle mie.
“Alyssa, puoi entrare” Mi avvisa mio padre, facendosi da parte.
Assecondo con la testa, per poi voltarmi verso Liam.
“Credo tu non possa entrare li dentro” Biascico, con la gola ruvida.
Ho paura a lasciarlo, non voglio. Può sembrare infantile, non ho mai dipeso da nessuno, ma stavolta ho veramente paura di lasciare un porto sicuro, per immettermi nella tempesta.
“Quando uscirai sarò qui. Tranquilla”
Detto ciò mi tira a se stringendomi, lasciandomi un bacio sulla tempia.
Quando mi stacco lui mi fa un piccolo sorriso, che stampo in mente.
Sarà la mia forza! Sarà la mia medicina non appena scoprirò la realtà.
 
Quando riapro gli occhi, il raggio della tac si è appena spento con il suo familiare “bip”.
Esco da quella macchina, che tanto assomiglia a una navicella aliena.
Come vorrei salirci sopra e abbandonare le mie sembianze, crearmi una nuova vita, una nuova me. Liberarmi dei miei panni e vestirne altri.
Il dottor Smith è preso davanti al suo computer, come se gli potesse dare tutte le informazioni che necessita.
“Puoi alzarti” Mi sibila mio padre, materializzatosi accanto a me che mi tende una mano.
Impacciata mi metto a sedere, sentendo un piccolo giramento di testa, ma non gli do corda.
Forte, sarò forte.
In tutta quest’ultima ora qui dentro, tra prelievi del sangue, risonanze e tac, l’unica cosa che avevo a mente era lui.
Chiudevo gli occhi e c’era lui. Che sia diventata la mia ancora? Il mio porto sicuro?
Non lo so, so solo che ne sto iniziando a dipenderne.
Scendo dalla barella tenendo stretto quel camice da sala operatoria che mi è stato offerto.
“Abbiamo finito?” Domando.
“Puoi cambiarti” Mi avvisa mio padre, regalandomi il centesimo sorriso, come se potesse rilassarmi e farmi dimenticare dove mi trovi.
Vado dietro il separé verde e infilo i miei vestiti che avevo precedentemente piegato e appoggiato su una sedia.
L’assonanza che c’è tra questo gesto e il pensiero di poco fa è assurdo. Volevo tanto cambiare panni, ma alla fine questi sono i miei. Il mio destino.
Quando finisco, sono pronta per il verdetto.
Prendo un profondo respiro ed esco da quel piccolo spogliatoio improvvisato.
“Siediti” Mi richiama il dottore, indicandomi la sedia di pelle davanti alla sua scrivania.
Una sedia è già occupata da mio padre, pronto a sapere anche lui il verdetto.
Mi accomodo, assumendo una posizione al quanto nervosa.
“Ok, eccoci qui” Inizia lui.
“Come hai potuto ben vedere, abbiamo fatto tutti gli accertamenti che ci erano consentiti fare. Dalle analisi, per arrivare alla tac. Avevo iniziato a capire qualcosa dalle analisi del sangue, ma volevo avere certezze dalla tac” Continua lui, togliendosi gli occhiali e incrociando le dita tra le mani tra loro.
Sospira e riapre i fogli delle analisi.
Questa attesa è snervante. Insomma!
Lui ha le risposte li, in quella dannatissima cartellina, perché non dice esattamente come stanno le cose?
“Dottore!” Sussurro io, con la gola notevolmente secca.
Mio padre è in silenzio accanto a me, ma sento la sua tensione. È così fitta che potrebbe tagliarsi con un coltello.
Il dottor Smith, chiude la cartellina gialla, contenente le mie vecchie analisi e alza lo sguardo.
Non vorrei l’avesse mai fatto.
Il suo sguardo parla da se e porto una mano alla mia bocca.
No! Non voglio crederci.
Ad un tratto il pavimento è come se si fosse aperto e mi avesse inghiottito con se.
“Lei è peggiorata Alyssa” Decreta lui, dando voce ai miei incubi.
Quello che temevo, si sta avverando.
La gola mi si chiude e non riesco a deglutire.
È così strano, quando le cose che temi, la tua più grande paura si materializza davanti ai tuoi stessi occhi e quella piccola speranza, a cui ti sei aggrappato con tutte le forze, decade, inghiottita dalle tenebre. Dalla realtà.
Mio padre è in silenzio, come d’altronde lo sono anche io.
Cosa si può mai dire quando ti confermano quello che più temi?
“Il tumore si è allargato e si sta diffondendo pian piano. Se prima eravamo nella fase acuta, ora siamo in quella cronica. I globuli rossi sono pochi, molto pochi e in più i linfonodi del fegato si sono ingrossati”
Le sue parole sono come una coltellata, ma giungono alle orecchie offuscate.
Tutto attorno ha assunto una consistenza ovattata, come se la stanza in cui ci troviamo fosse stata inserita di forza in una bacinella piena d’acqua.
“Cosa dobbiamo fare?” Domanda, con una voce preoccupata e flebile, mio padre.
Il dottore prima di rispondere, prende un consistente respiro. Probabilmente non sa nemmeno lui cosa si potrebbe fare in queste situazioni.
“Possiamo iniziare delle cure di chemioterapia, ma non so se…”
Prima che possa continuare, alzo lo sguardo, che fino ad ora è stato incatenato sulle mie ginocchia e lo guardo, interrompendolo. Ho la vista appannata e mi sento la testa scoppiare.
“Quanto mi resta?”
“Alyssa!” Mi richiama mio padre, arrabbiato. Ma semplicemente impaurito di scoprire la verità.
È inutile girarci attorno, siamo qui per un motivo valido.
Il dottore mi guarda e scuote il capo.
“Ho diciotto anni maledizione! Devo saperlo!” Alzo la voce esasperata, con la vista offuscata.
Sono stanca! Stanca delle menzogne, stanca della finta speranza.
È vero, sto morendo e non c’è assolutamente nessun bisogno di rinnegare la realtà.
È sempre stato il mio destino questo, sono nata per questo, no? E ora perché tutti questi finti perbenismi?
“Non lo saprei con esattezza” Ammette lui, continuando a guardare tra le carte.
“Dottore!” Lo richiamo per la seconda vola.
Lui stacca lo sguardo dai fogli e mi guarda negli occhi per la prima volta.
“Mi dica la verità” Sussurro, con la gola così stretta e la testa che mi pompa.
“Un anno”
Ed ecco la mia data di scadenza.
Chiudo gli occhi e lacrime consistenti cadono in caduta libera dagli occhi stretti.
È un incubo. Dovrà per forza esserlo. Voglio scappare, voglio andare più lontano possibile da qui.
Cerco di alzarmi in piedi, ma il movimento è così repentino che la testa decide di rimanere li al suo posto, mentre io casco nell’limbo oscuro.
 

Non so più quante volte vi ho scritto questa parola.
Una semplice parola, ma che oggi mi pesa molto, perchè è sinonimo di felicità, cosa che in questo aggiornamento non c'è.
Perciò non vi saluto con il solito "Kumusta" brillante ma con...
Perdonatemi
Perdonatemi se vi sto facendo male, se vi sto facendo fare il sangue amaro.
Non ricordo chi, ma in una recensione mi scrisse "la vita già è complicata di suo, facci sorridere almeno nelle tue storie".
Perciò chiedo perdono a voi tutti, se ultimamente non vi sto facendo più ridere con le mie battute.
Perdonatemi se vi siete così tanto affezionati ad Alyssa, tanto da stare male con lei, proprio come sta succedendo a me.
Ma io voglio raccontare la vita, la vita che ti sorride e ti volta le spalle.
Vi prometto che farò vivere Alyssa più di quello che si merita.
Vi pormetto che non vi deluderò.
Perdonatemi ancora.

Fatemi sapere cosa ne pensate, come sempre.
Perchè siete diventati veramente fondamentali per me.

Ringrazio meg_00, Aurora, LittleWriter01, laly95, Fraa_Panda e Giulia, per lo scorso capitolo.
Sono orgogliosa di voi!
Un saluto sempre a chi si aggiunge e chi legge.
Spero di sentirvi presto.

Un bacione.



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Capitolo 27
*** L'ancora e il bastone ***


Quando riapro gli occhi, ho la testa pesante.
Mi guardo spaesata attorno, ma quando mi rendo conto di essere nella mia camera tiro un respiro di sollievo.
La stanza è immersa in una luce soffusa, proveniente dalla lampadina sul comodino.
Un incubo. Solo un fottutissimo incubo.
Mi passo una mano sulla fronte gelida.
È stato tutto un incubo, vero? Eppure sembrava tutto così reale.
La stanza, i macchinari, le siringhe, il dottore, Liam…
Liam.
Mi alzo di scatto, provocando inevitabilmente un giramento del capo, che metto da parte.
Se è stato un incubo, tutto quello che mi ha detto e che ci siamo detti, non conta nulla. È stata tutta una finzione.
Facendo penzolare le gambe fuori dal letto, mi prendo la testa tra le mani.
Può un incubo essere un sogno?
Alzo la testa e vedo che il sole sta abbandonando il cielo nuvoloso, strano. Perché sono nel letto?
Non mi ricordo assolutamente di essermi addormentata. Ricordo benissimo che ho visto Louis e Jennif…
Mi blocco e spalanco la bocca!
No. Non può essere vero.
Mi alzo di corsa dal letto e mi affretto ad aprire la porta.
Mi fiondo verso le scale e quando giungo al piano di sotto sento vociferare dal salotto.
Ancora frastornata mi avvicino a passo felpato, ascoltando.
“Che dovremmo fare noi?” Domanda qualcuno, che dalla voce ovattata identifico in Eloise.
“Statele vicini” Risponde mio padre, freddo.
Perché il suo tono di voce è distaccato?
Perché ha la voce come se fosse di ghiaccio?
“Non c’è qualcosa che si potrebbe fare?” Domanda una voce che mi trafigge il costato.
Liam. Perché è qui?
“Purtroppo no, vi prego di non parlarne con lei. È un colpo duro”
E a un tratto rivedo tutto.

Rivedo il dottor Smith dall’altra parte della scrivania.
Rivedo la sua espressione mentre mi dice che non c’è più niente da fare.
Il respiro mi si mozza in gola e porto una mano nel mezzo del collo, come a voler spingere giù quella bile formatasi.
La consapevolezza della realtà di quell’incubo, che incubo non è, mi crolla tra capo e collo.
Ricordo il buio che mi ha colpito tutto a un tratto, dopo aver saputo la notizia.
Non riesco a crederci che il mio destino si è concretizzato.
E la cosa che mi colpisce di più, sono quelle persone li in quella stanza.
Vogliono veramente nascondermi la realtà dei fatti? Vogliono veramente che io non sappia niente dei loro piani? Davvero mi credono così ingenua?
Facendo cadere il braccio lungo il mio fianco, percorro quei pochi passi che mi separano da loro.

“Non mi serve la vostra compassione”
Tre paia d’occhi si voltano e si puntano su di me.
Liam, come se fosse stato punto da uno spillo, si alza in piedi, rimanendo inchiodato sui suoi piedi.
Eloise mi guarda e spalanca gli occhi rossi, mentre mio padre ingoia a vuoto la sua ansia.
“Come ti senti?” Domanda Liam, rimanendo fermo.
“Secondo te?” Domando a mia volta guardandolo, ma non vedendolo.
Sono arrabbiata, furiosa e triste.
Perché? Perché a me?
“Io…” Tenta di parlare lui, ma lo blocco sul nascere.
“Vi dico una cosa e non la ripeterò più” Dico, allungando una mano per bloccarlo, mentre ingoio quella sensazione di blocco in gola, che mi ricorda la sensazione che si ha prima delle lacrime.
Rimangono in silenzio e prendendo un respiro profondo, torno a parlare.
“Non mi serve la vostra compassione. Non mi servono sorrisi falsi e non mi serve la pietà. Ne ho avuta molta in diciotto anni. Quello che vi chiedo è di starmi vicino” Sento pungermi gli occhi e sento che le lacrime stanno tornando a galla, proprio come quella sensazione.
“Vi chiedo di far in modo che quest’ultimo mio anno sia meraviglioso. Perché non voglio avere rimpianti. Io… Sto morendo…” Ammetto a me stessa e alle persone, forse, più importanti della mia vita.
Eloise fa sfuggire un singhiozzo, mentre tira su col naso. Papà è fermo, mentre guarda per terra e Liam mi guarda angosciato.
“E’ vero, sto morendo. Ma vi prego, vi scongiuro. Non trattatemi come una malata terminale, sono sempre Alyssa e per quest’ultimo mio anno, voglio solo… Vivere!” Ammetto sorridendo, anche se le mie lacrime si stanno affollando sul mio volto.
Nessuno parla, nessuno emette un rumore.
E non so perché, ma mi giro e corro nella mia camera, chiudendo la porta alle mie spalle scivolando su di essa, sfogandomi e lasciando campo libero a gocce salate.

Quando mi siedo per terra, sento bussare.
Mi asciugo gli occhi e mi alzo per sentire chi sia dall’altra parte.
“Alyssa, per favore aprimi” Sussurra la voce inconfondibile di Liam.
Abbasso la maniglia e la apro.
Con il cuore che mi batte, con gli occhi invasi dalle lacrime, mi beo di quella figura e so che mi mancherà dannatamente.
Lui con un passo entra nella stanza e dopo aver chiuso la porta, mi abbraccia. Mi tiene stretta, come a non volermi lasciare andare mai più.
Mi abbandono nelle sue braccia e appoggiando una guancia al suo petto, mi lascio andare al mio sfogo, alla mia rabbia e alla mia paura.
“Mi dispiace, mi dispiace tanto” Sussurro, tra le lacrime.
“Shhhh”
“Sono un mostro, non dovresti essere qui” Ammetto, cercando di divincolarmi nella sua stretta, ma lui non si muove minimamente scalfito.
“Sono esattamente dove voglio essere”
Come può essere vero? Come può essere che nell’incubo che ha appena preso forma, io veda una piccola luce?
“Ho paura” Ammetto, mentre le lacrime si quietano un po’.
“Ci sono io accanto a te Aly. Aggrappati a me”
Respiro il suo profumo e mi tranquillizzo e mi rendo conto che lui è realmente la mia ancora, il mio porto sicuro.
“Devi riposarti” Mi sussurra all’orecchio e io assecondo con la testa.
Sono stanca, ma non stanca fisicamente, lo sono emotivamente. È come se un tir mi fosse passato sopra al cuore.
Staccandosi da me, ma tenendomi per mano, si avvicina al letto e scosta le coperte per farmi stendere.
Quando lo faccio, subito la stanchezza piomba su di me e mi fa diventare le palpebre pesanti.
Liam mi rimbocca le coperte e si abbassa per lasciarmi un bacio sulla fronte.
“Non andare via” Lo trattengo per la giacca, quando lui si alza.
Mi sorride e facendo il giro del letto, togliendosi le scarpe e la giacca, rimanendo in jeans e maglietta, si stende accanto a me.
“Chiudi gli occhi. Io sarò qui quando ti sveglierai” Mi assicura, accarezzandomi i capelli.
E io mi fido. Mi fido della sua promessa.
L’ultima cosa che vedo, prima di chiudere gli occhi, sono i suoi arrossati, che lasciano cadere piccole gocce così simili alle mie.
 

Quando mi sveglio, un leggero respiro mi solletica l’orecchio destro.
Apro gli occhi e un leggero sole da il buongiorno dalla finestra.
Due braccia mi tengono stretta al petto dell’uomo dietro di me.
Con dovuta calma, mi giro e sbatto le palpebre un paio di volte per capacitarmi che lui realmente sia qui con me.
Liam dorme sereno, se non fosse per le sue sopracciglia riavvicinate tra loro.
Ha un’aria corrucciata, ma molto tenera.
È la prima volta che lo vedo dormire, sembra in un altro mondo e realmente è proprio così.
Un mondo in cui possiamo essere ciò che vogliamo, un mondo in cui potremmo volare e non aver paura di cadere, un mondo dove tutto si può.
Gli accarezzo i morbidi capelli e lo ringrazio mentalmente, per essere rimasto, per essere la mia ancora.
È proprio quello di cui necessito al momento, qualcuno che riesca a farmi mantenere a galla, mentre tutto il mondo, la realtà e l’inferno, mi tirano giù in profondità.
Facendo meno rumore possibile, mi alzo dal letto e a piedi scalzi, esco dalla mia camera.
Non so se c’è qualcuno in casa, ieri sera, dopo il mio discorso e dopo che Liam ha fatto irruzione nella mia camera, non ho più sentito nulla. Sono collassata a dormire.

Scendendo le scale, mi dirigo in una vuota cucina.
Appoggiato al bancone della cucina, trovo un biglietto di mio padre, che mi avvisa che è al lavoro e che quando tornerà, vorrebbe parlare con me.
Certo, un ennesimo discorso sulla prevenzione, sulle cure. Ma non ha ancora capito che ormai ciò che è fatto, è fatto? Non c’è più nulla da fare?
Alzando gli occhi al cielo, mi dirigo in salotto.
Trovo sul divano, Eloise che dorme in una posizione che sembra veramente scomoda.
Mi si stringe il cuore a vederla.
Lei è sempre accanto a me, in qualsiasi occasione e credo lo sarà fino alla fine, proprio come mi  ha sempre promesso lei.
Avvicinandomi, sorrido a quella ragazza così spigliata, l’opposto di me, a cui sono fortemente legata.
“El! El, svegliati”
Lei emette un sospiro rumoroso, mentre si stropiccia gli occhi impastati dal sonno.
Quando apre gli occhi e mi trova accucciata all’altezza del suo visto, si mette dritta seduta.
“Aly, come ti senti?”
Le sorrido e alzandomi, mi siedo accanto a lei, prendendole le mani.
“Io sto bene. Tu come ti senti?” Le domando, un po’ impaurita di sapere la verità.
Lei scolla le spalle e distacca lo sguardo dal mio.
È impacciata e taciturna, cosa che non è nella sua indole, ma la capisco.
Se fossi io nei suoi panni e mi avessero detto che di li a poco non avrei più la mia migliore amica accanto, probabilmente avrei dato di matto.
“Non lo so” Decreta lei, con voce roca e prende un gran respiro per mantenere la calma.
“Hei, guardami” La sprono ad alzare la testa e quando non lo fa, slaccio la mano dalle sue e con due dita posate sotto il mento, faccio pressione per farmi guardare.
“Se c’è una cosa che non voglio, è vederti triste. Non esserlo Eloise, ti prego. Io ora sono qui, è solo questo a cui devi pensare. “
“Ma io non voglio Aly… E’…” Dice lei, tra le varie lacrime che hanno preso a sgorgare sul suo viso.
“Lo so, non voglio nemmeno io. Ma è successo, non possiamo farci nulla. Quello che mi devi promettere è di stare bene, di divertirci come abbiamo sempre fatto e non voglio vedere più lacrime. Ci siamo intesi?” Le asciugo, con i pollici, quella sostanza liquida e salata.
Lei prende l’ennesimo respiro e asseconda con la testa.
Se una cosa è Eloise, di certo è quella di essere forte. È il mio bastone, lo è sempre stata e continuerà ad esserlo.
“Dov’è Liam?” Domanda, riprendendo il solito cipiglio, ma sempre con le ciglia colme d’acqua.
“E’ su in camera” Ammetto, alzandomi in piedi e passandomi le mani sui pantaloni.
“Capisco”
Rimaniamo in silenzio, ognuna persa nei proprio pensieri.
“Vado a casa, i miei saranno in pensiero. Mi chiami dopo?” Domanda lei, alzandosi e prendendo la borsa dal tavolino.
“Certo”
L’accompagno alla porta e con un lungo e stretto abbraccio ci salutiamo.
 
Quando salgo sopra in camera, mi blocco dietro la porta.
Una parte di me spera stia ancora dormendo, per poterlo continuare a guardare e fissarmi la sua immagine in mentre, affinchè la possa tenere sempre con me anche quando non ci sarà.
Quando abbasso la maniglia della porta e la apro, lo trovo seduto sul letto che maneggia il suo telefono che il viso corrucciato.
Quando mi sente, si alza in piedi e porta il cellulare nella tasca posteriore del suo jeans. C’è qualcosa che non va, lo riesco a percepire.
“Hei” Mi saluta, venendo di fronte a me.
“Ciao” Rispondo timida, non sapendo come comportarmi.
Lui con un passo, allunga le braccia e mi trattiene in uno dei suoi abbracci che ho imparato ad amare.
“Come stai?”
È già il secondo che me lo chiede in mezz’ora, è esasperante.
“Bene Liam, tu?”
Rimane in silenzio e stringe di più la presa.
Questo silenzio, rimbomba nelle orecchie, facendo aumentare la percezione di prima.
“Liam…” Lo richiamo, cercando di muovermi nella stretta.
“Devo tornare a casa… Io… Devo sistemare delle cose” Dice, allontanandosi.
Non riesco a capire, perché si sta comportando così?
Ieri mi aveva assicurato che sarebbe rimasto, perché ora si sta comportando diversamente?
“Cioè?” Domando, inclinando la testa curiosa.
Lui si passa una mano tra i capelli e guarda verso la finestra.
Ad un tratto ripenso alla visione di prima: lui con il cellulare e col volto corrucciato.
“E’ successo qualcosa a casa?” Domando.
“In un certo senso”
“E’ successo qualcosa ai ragazzi?” Riprovo, in modo diverso.
“No, no”
“Allora che cos…” Mi blocco, capendo subito a cosa si riferisce.
“Oh…” Sussurro, voltando le spalle e aprendo l’armadio in cerca di vestiti puliti.
“Aly, devo andare, io…”
“Certo Liam, va pure” Lo blocco, rimanendo di spalle.
“Lei non conta niente, te l’assicuro” Mi alita sul collo, sentendo le sue braccia stringermi la vita.
“Ti capirei se volessi allontanarmi”
“Non lo farei mai. Credimi Alyssa. Ci devo solo parlare e farla finita”
Mi giro e lo guardo negli occhi.
“Pensaci bene” Lo richiamo, guardandogli le labbra rosse, così invitanti.
“Ho già deciso. Ci sei tu”
Detto ciò si avvicina e sigilla queste parole con un bacio.
Bacio che mi è mancato maledettamente tanto.
Non so se le cose saranno difficili, di certo non saranno in discesa, ma poco importa se ho dalla mia parte le persone che contano di più?

 

Stavolta posso dirlo dai...
Kumusta a tutti!
Vi è mancato il saluto verdeggiante vero?
Allora!
Stavolta lo devo mettere in prima battuta.
Grazie!
Grazie perchè mi avete spalleggiato, grazie perchè mi avete capito, grazie perchè siete i lettori più dolci di questo mondo e grazie per avermi perdonato.
Credetemi se dico di essere orgogliosa di voi. 
Vi ho fatto una promessa e la manterrò, non abbiate timore!

In questo capitolo troviamo un'Alyssa che dà lei la carica alle altre persone.
Cosa ne pensate? Cosa accadrà?
E Liam? Ovviamente deve parlare con Sophia, perchè non può più nascondersi.
E Niall? Che fine ha fatto il biondo?
Tante domande.

Un avviso per voi, sto un po rallentando la scrittura per motivi di esami.
A fine febbraio finiscono e starò un po più libera.
Non voglio abbandonare la pubblicazione.
Assolutamente.
Però, almeno per ora dovrete pazientare un pochino, con un aggiornamento solo settimanale.
Scusatemi, ma ho solo due capitoli pronti e non ho molto tempo per scrivere.
Lo faccio più lentamente, solitamente la sera, ma sono stanca e non mi piace più quello che sta venendo fuori.
Sapete che sono sempre stata onesta con voi.
Perciò non allarmatevi! 
Facciamo che fino a fine febbraio pubblico solo il martedì
Giusto il tempo di mettermi in regola con esami e capitoli :)

Ringrazio chi ha lasciato il suo segno nello scorso capitolo.
Grazie a tomea99, aurobot99, Aurora, Fraa_Panda e Giulia, che mi fa la telecronaca su facebook.

Benvenuti ai nuovi lettori e un saluto a chi mi continua a seguire.

A martedì.
Un bacione.

-Ila-







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Capitolo 28
*** Dolci desideri ***


“E se sbagliassi tutto? Se quel poco che mi rimane da vivere lo passassi in errore?”
Ecco la domanda che mi sto ponendo da alcuni giorni.
Ora sono qui, di fronte a me quella donna che ho tanto odiato in questi anni, ma che probabilmente è l’unica che mi saprebbe dare delle indicazioni, delle direttive, qualsiasi cosa.
“Cosa pensa di sbagliare, Alyssa?” Mi domanda, guardandomi fissa e forse anche un po’ intimidatrice.
Subito nella mente mi passa il volto di Liam.
Stamani è andato via da casa, dicendo che avrebbe  sistemato tutto.
Ma ora eccomi qui, senza notizie e con un peso nel cuore.
“Di star sbagliando a far allontanare una persona da un’altra, solo per il mio egoismo”
“Lei crede di essere egoista? E in cosa?”
Alzo lo sguardo, che fino ad ora era piantato sulle mie unghie mangiucchiate e lo poso fuori la finestra.
“Di voler Liam con me” Ammetto.
“E lui cosa ne pensa?”
Sospiro, cercando di alleggerirmi un po.
“Vuole stare con me. E non mi sembra vero, ho paura che lo dica solo perché ha pietà di me, solo perché sto morendo e non vuole vedermi soffrire inutilmente”
La psicologa, per la prima volta, mi sorride.
“Alyssa, in questi anni ho imparato a conoscerla. Lei vede sempre quel bicchiere mezzo vuoto. Non è mai riuscita a vederlo pieno e la comprendo. Del resto ha avuto una vita difficile, ma perché non lasciarsi andare? Perché non dare fiducia a quel ragazzo? Le ha mai dato modo di pensare il contrario? Lui la ama, lo ha ammesso lui stesso”
Ed è vero, non so perché io abbia tutte queste paure, ma forse non ammetto a me stessa che la mia unica paura è solo una.
“Ho paura”
“Di cosa?” Domanda, alzandosi e facendo il giro della scrivania per appoggiarsi al bordo, rimanendo in piedi di fronte a me.
“Di capire che quello che mi rimane è poco. Io voglio vivere, avrei voluto fare tante cose. Invece…” Mentre parlo, la vista mi si appanna, con la consapevolezza di quello che è il mio destino, ora noto a me stessa e anche ad altri.
“Perché non le fa? Perché non si butta?”
Lascio che la domanda non riceva risposta perché non lo so. E mi sento stupida.
“Facciamo una cosa che non abbiamo mai fatto” Esordisce lei, tornando dietro la scrivania.
Apre un tiretto e ne esce un’agenda rossa.
“Qui sopra mi deve scrivere dodici desideri, desideri anche impossibili, ma che lei deve cercare di realizzare. Questo è il compito che le do. Realizzi i suoi sogni. Viva la sua vita. Qui e ora”
Sbalordita, per la prima volta, da questa donna, afferro l’agenda e la stringo tra le mani.
I miei sogni.
 
Quando arrivo a casa, controllo il cellulare, ma non trovo nessuna chiamata da Liam.
Sarà difficile, allontanare una persona che prima di allora significava tanto per te? Non ne ho idea.
Mentre salgo le scale, ripenso a quello che mi ha detto la psicologa.
Forse ha ragione, forse devo sfruttare al meglio quello che mi rimane perché io possa vivere non solo i miei sogni, ma anche lasciare un segno. Una traccia del mio passaggio.
Apro la borsa e ne esco l’agenda rossa.
Mi cambio velocemente e altrettanto velocemente scendo le scale per entrare poi, nella stanza della musica.
Respiro l’odore di vecchi cd.
Avvicinandomi ai scaffali, esco un vinile dei Snow Patrol e lo poso sul giradischi.
Lo posiziono sulla traccia che accompagnerà questo momento.
Le note di Run riempiono la stanza, sussurrando nell’aria parole dolci.
Con l’agenda in mano, mi siedo sulla poltrona di velluto e incrociando la gambe sotto di me, apro la prima pagina.
 
 
I miei desideri

1
-
 
Fisso quel numerino e non credevo fosse tanto difficile riflettere sui miei desideri.
Forse ne ho così tanti che la mia testa non riesce a metabolizzarne nemmeno uno.
Mordicchiando il tappo della penna, guardo il vuoto di fronte a me.
I miei desideri nascosti.
Ed ecco che la lampadina si accende e la mano inizia a scrivere i miei più profondi e arcani desideri.
 
Mentre finalmente riesco a scrivere il primo desiderio, vengo bloccata, da un suono scollegato rispetto al cd.
Affilando l’orecchio, mi accorgo del mio cellulare che suona una melodia allegra, proveniente dal piano di sopra.
Lasciando l’agenda sulla sedia, mi affretto verso il telefono.
Quando ci arrivo ci trovo tre chiamate e un messaggio, il tutto proveniente da Niall.
 
Da Niall: Vieni a casa.
 
Un semplice messaggio ma che mi fa scattare nell’immediato.
Cosa sarà successo?
Subito il mio pensiero corre a Liam, che gli sia successo qualcosa?
Afferro la borsa e ci infilo il necessario, agenda compresa, per poi scappare via.
 

Quando arrivo, finalmente, alle porte di quella casa, ho l’ansia a mille.
Troppi pensieri affollano la mia mente e non so perché, nessuno è positivo.
Scendendo dal taxi, sospiro e mi affretto a suonare il campanello.
Nessuno mi risponde, semplicemente mi aprono il cancello.
 
Mentre apro la porta, lasciata aperta, nessuna voce all’interno di quella casa.
Inizialmente penso a uno scherzo, ma quando chiudo alle spalle la porta e mi avvio nel salone, mi rendo conto di quanto volessi che tutto quanto fosse uno scherzo.
Mille volte meglio di quello sguardo, di quegli occhi gelidi che mi pugnalano dritto al cuore.
Niall è in piedi, vicino al divano, con le braccia conserte, mentre mi guarda freddo, nessuna emozione passa dal suo sguardo e in quel momento capisco che ormai sa tutto.
 
Ingoio a vuoto e sento addosso nuovamente quella sensazione, di lasciare tutto e scappare il più lontano possibile.
Ma non sarà più così. Non più.
“Niall, io…”
“Quando pensavi di dirmelo?” Mi domanda, facendomi cadere il cuore nello stomaco.
L’ultimo barlume di speranza, di via d’uscita, viene calpestato e gettato via.
“Rispondimi!” Urla, slegando le braccia dal petto e facendo un passo verso di me, che sono rimasta impiantata sull’orlo della porta del salotto.
“Avresti mai voluto dirmelo? O ti saresti limitata a fingere ancora e ancora?”
“I-io non volevo Niall, avevo paura e…”
“Mi fidavo di te Alyssa, credevo fossimo amici! Invece mi nascondi una cosa così… Così… Terribile!”
Abbasso lo sguardo, puntandolo sulle mie scarpe.
Sta mettendo in dubbio la mia fiducia.
Non è così!
Quante volte ho voluto parlarne, quante volte avrei voluto ricevere solo un suo abbraccio mentre tutto stava affondando. Anche ora, non voglio che mi urli contro, voglio solo che mi stringa.
Voglio solo il mio amico Niall.
“Come hai…” Cerco di chiedergli con voce roca, ma vengo nuovamente bloccata.
“Come l’ho scoperto? Di certo non dalle tue labbra. Ma da una litigata Alyssa. Da una cazzo di litigata”
Alzo il capo e vedo i suoi occhi fiammeggiare.
Non voglio sia così arrabbiato con me. Non può allontanarmi così.
È vero ho sbagliato, ma non può trattarmi così freddamente.
“Niall ti prego, posso spiegarti” Sussurro, avvicinandomi a lui.
Ma lui mi spiazza, facendo un passo in dietro.
“No Alyssa. Sono schifosamente arrabbiato e non voglio sentire nulla. Non so cosa mi fa più schifo. Ti prego, lasciami stare”
Dopo aver detto questo, mi guarda per l’ultima volta e velocemente esce dalla stanza, salendo velocemente e pesantemente i gradini delle scale.
Quando nell’aria aleggia un rumore di porta chiusa, capisco che suono faccia il cuore spezzato.
 
Rimango li, inerme, in piedi, ferma, in mezzo al salotto.
Guardo il tappeto sotto le mie scarpe e non credo ancora a quello che è accaduto.
In due giorni, in due schifosissimi giorni, ho perso non solo la mia vita, ma anche un amico.
“Aly?” Mi sento chiamare alle mie spalle.
Quando mi giro Harry è sulla porta, seguito da Louis e Zayn, appena entrati in casa.
“Cosa succede?” Domanda ancora lui.
E non so perché, ma l’unica cosa che voglio al momento è gettarmi tra le braccia di qualcuno e piangere sonoramente.
 
Quando finisco la mia cioccolata calda, alzo lo sguardo e li vedo tutti e tre a bocca aperta.
Ho raccontato tutto loro, tutta la verità.
È inutile continuare a fingere, non avrebbe nessun senso e non vorrei lo venissero mai a sapere come è successo a Niall.
La cosa che ancora non mi so spiegare è esattamente come abbia fatto a capirlo.
Ha parlato di una litigata, ma non so proprio di cosa si tratti.
“Noi non sapevamo nulla” Ammette Zayn, passandosi una mano tra i capelli.
“Nessuno sapeva niente, solo Liam lo ha saputo, il giorno dopo il suo compleaano” Sussurro.
“Possiamo fare qualcosa?” Domanda Louis, allungando una mano sul tavolo, posandola sulla mia.
Nego con la testa, guardando Harry.
È l’unico che è rimasto in silenzio, chiuso nel suo angolino da quando ho iniziato a parlare.
Proprio quando sto per chiedergli qualcosa, sentiamo la porta di casa aprirsi.
Dopo alcuni minuti, Liam entra in cucina, visibilmente provato, ma quando si accorge di noi, scatta con gli occhi sul mio viso.
“Che succede? Stai bene?” Domanda apprensivo.
“Certo” Lo rassicuro, sorridendo.
“Noi andiamo. Liam, Paul ti cerca” Dice Zayn, alzandosi dallo sgabello, seguito dagli altri.
Passandogli accanto, Louis lascia una pacca sulla spalla di Liam, prima di uscire dalla stanza.
L’ultimo a varcare la soglia è Harry, che si gira e va via, dopo avermi guardato.
 
Quando tutti vanno via, Liam mi si avvicina e mi accarezza una guancia.
“Che è successo?” Gli domando.
Lui sospira e sembra come se qualcosa gli fosse passato sopra.
Ma d'altronde come dargli torto?
Gli ultimi giorni sono stati pesantissimi per lui.
Apre la bocca per parlare, ma io lo blocco, posandogli un dito sulle labbra.
“Facciamo che me lo dici domani? Devi riposarti. Sarai stanchissimo”
Lui asseconda con il capo.
“Vuoi restare qui?” Mi domanda, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“La tua camera è sempre li a disposizione” Mi sorride.
Mi ritrovo ad accarezzargli i capelli e sorridergli.
Amo questo ragazzo, amo tutto di lui.
Il suo continuare a starmi vicino anche quando gli eventi lo stanno schiacciando.
E come fare a non cedere alle sue proposte?
“Va bene, avviso mio padre”
Scendo dallo sgabello e mi avvio verso il salotto, ma vengo bloccata dalla sua presa al polso.
Quando mi giro, il suo viso è vicino al mio e in un attimo le sue labbra sono sulle mie.
“Mi sei mancata” Ammette lui.
“Anche tu”
E sono certa, mi mancherà per sempre.
 
Quando sono sola in camera, sotto le coperte, guardo il soffitto.
Teoricamente non sto pensando a nulla, fisso solo quel pezzo dipinto di bianco.
Girando la testa, come se qualcosa mi stesse chiamando, vedo la mia borsa posata sulla sedia vicino al letto.
Mi alzo, scostando le coperte.
Afferro l’oggetto del richiamo e mi siedo, nuovamente sul letto, coprendomi le gambe.
Apro l’agenda e finalmente, riesco a scrivere i miei desideri, i miei sogni e ora non mi sembrano così impossibili.
 
 
I miei desideri
 
1- Rincorrere il giorno
2- Correre al parco con Jennifer
3- Cantare insieme agli Imagine Dragons
4- Fare un bagno al mare a mezza notte
5- Incidere una canzone
6- Ballare fin quando i piedi non facciano male
7- Suonare il pianoforte davanti a tanta gente
8- Andare in Italia
9- Comprare un cane
10- Amare
11- Rivedere mia madre
12- Vivere

 

Kumusta!
Vi sono mancata? Vedo che vi sono mancata?
Ammettetelo dai...
Sono viva e vegeta e mi inginocchio ai vostri piedi.
Anzi, teoricamente si inginocchia il mio computer che mi ha lasciato una mattina di un sabato qualunque.
Ha fatto il botto ragazzi miei, era letteralmente scoppiato con tanto di scintille. 
Ma il mio tecnico preferito lo ha salvato, c'è stato una bella settimana sopra ma quel ragazzo è un genio!
E niente... Rieccomi qua! Trallalero rullalà!
Capitolo nuovo!
Niall, desideri, psicologa e Liam.
Tutto in un unico capitolo. Cosa è risaltato maggiormente ai vostri occhi esperti?
Commenti? 
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Io ringrazio tutti, tutti quelli che si sono aggiunti in questa settimana di stasi, chi continua a commentare e chi mi continua a seguire.

Dello scorso capitolo ringrazio meg_00, Aurora e Fraa_Panda.
Mi siete un pochino calati! Spero sia solo un momento.

Ragazzi, vado a studiare che giovedì prossimo ho un esame!
Teoricamente ci si sente martedì prossimo. 
Se non pubblico è perchè starò tipo in ansia isterica per l'esame. Ci si sente su facebook o ovunque vogliate.
Fatemi un in bocca al lupo!

Buona serata e un bacione enorme!

-Ila-







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Capitolo 29
*** Momenti ***


Chiudo l’agenda abbastanza soddisfatta, credendo di aver scritto i miei desideri più profondi e nascosti.
Certo, alcuni sono improponibili, dato che non si esaudiranno mai, ma appunto per questo sono desideri.
Mi alzo dal letto e appoggio l’agenda sulla scrivania, sospirando un po’ a disagio.
Ci sono alcune situazioni da chiarire, alcuni dialoghi ancora da fare.
Mi avvicino alla porta, quasi non accorgendomene, come se il corpo fosse guidato da qualcun altro.
Quando la apro, in casa c’è un silenzio tombale.
Camminando sulle punte, giungo vicino alla porta di Niall.
Incerta sul da farsi, rimango con il braccio sospeso per aria, prima di prendere un respiro e battere per due volte il pugno sulla porta chiusa.
Aspetto qualche secondo, ma dall’interno nessuna voce.
Quando sto per bussare nuovamente, la porta si apre, facendo capolino Niall in pantaloncini e felpa.
Ha il volto corrucciato, quasi arrabbiato.
Non appena i suoi occhi si posano sulla mia figura, fa un passo di lato e mi lascia entrare.
Quasi non ci credo, per la sua accondiscendenza, ma subito mi riprendo. E’ di Niall che stiamo parlando, del mio amico generoso, del mio amico dolce e socievole.
Sorrido tra me, quando mi capacito che forse, chiarire non sarà così difficile.
Il suo animo buono, giocherà un ruolo fondamentale.
“Scusa se ti disturbo” Annuncio io, fermandomi in mezzo alla camera.
Non ero mai entrata qui dentro, nel mezzo della stanza c’è un letto a due piazze sfatto, appoggiato su un tappeto nero.
Di fronte una scrivania piena di fogli e in cima un televisore.
La cosa sorprendente di questa camera è il colore, è invasa dal bianco e dal nero.
A un angolo, vicino a una sedia, una chitarra classica è appoggiata al muro.
Subito accanto un impianto stereo di ultima generazione è quasi invisibile.
“Non mi disturbi” Dice lui, buttandosi a peso morto sul letto, sdraiandosi.
Non so ancora cosa fare, rimango piantata li sui miei piedi.
So solo che vorrei riavere il mio amico, non mi piace questo muro di gomma che ci fa respingere.
“Niall, mi dispiace. Avrei dovuto dirlo prima” Ammetto, torcendomi le dita delle mani.
Lui si alza sui gomiti e mi guarda con un cipiglio.
“Dispiace anche a me”
Facendo un sospiro, vado a sedermi sul lato del suo letto lasciato libero.
“E’ stato difficile” Prendo a spiegare.
Lui rimane in silenzio, affinchè io possa continuare.
Mi siedo a gambe incrociate sul letto e prendo a parlare
“Ho sempre saputo che la mia vita fosse un casino, ho sempre saputo di star male. Non ho voluto mai dirlo a nessuno, credimi! Nessuno lo sa, tranne la mia famiglia ed Eloise. Non mi piacciono come diventano le persone quando lo scoprono. Diventano perbeniste, patetiche, provano pena e a me la pena fa schifo. Mentre altre, decidono semplicemente di scappare. Volevo essere solo una ragazza normale, una che ha le proprie passioni, che a scuola va bene. Poi ho conosciuto voi. Ho avuto paura di dirvelo, ho creduto che prima o poi ci saremmo divisi, che non avremmo legato così tanto. Invece, tutto è accaduto inaspettatamente. Siete diventati miei amici, poi il diploma e mio padre che si impunta per le analisi”
Mi fermo e lo vedo concentrato ad ascoltarmi, non mi guarda, il suo volo è fisso sul soffitto.
“Niall, sapevo che prima o poi le cosa sarebbero cambiate, che la mia malattia sarebbe evoluta. Cercavo solo di nasconderlo a me stessa, ma le cose sono cambiate e non posso farci nulla. Mi è caduto il mondo addosso è vero, ma non me la posso prendere con nessuno. Ti prego Niall perdonami”
Restiamo in silenzio per un pò, io continuo a fissarlo, mentre lui guarda il vuoto.
Ad un tratto si solleva e si siede nella mia esatta posizione.
“Ci sto male Aly, inutile negarlo. Per tutto. Perché nessuno si merita quello che stai passando. Ma l’unica cosa che posso dirti è che non sono arrabbiato con te. Come potrei? Perciò non chiedermi di perdonarti, lo faccio io per primo”
Un sorriso nasce sul mio viso e con un balzo mi trovo legata a lui.
Per il contraccolpo Niall cade indietro e scoppiamo a ridere.
“Mi dispiace Niall, veramente” Sussurro affondando il mio viso nel suo petto, tornando seria.
“Basta così Aly” Dice lui, accarezzandomi i capalli.
“Ti voglio bene” Ammetto, stringendolo. È come un fratello che non ho mai avuto e me ne accorgo solo ora.
Niall è una versione maschile di Eloise.
Caratterialmente sono l’opposto, è vero. Di certo un carattere compensa l’altro.
“Anche io”
Rimaniamo li, stesi uno di fianco all’altro.
“Come l’hai saputo?” Domando, guardando il suo volto.
“Ho sentito Liam e Sophia litigare pesantemente in cucina, quando sono sceso di sotto ho ascoltato proprio quel passaggio”
Mi si mozza il respiro e lui se ne accorge.
“Che è successo tra voi? Sophia non mi sembrava il ritratto della felicità”
È tutta colpa mia, come sempre.
“Liam era con me in ospedale, non so come siano andate le cose. So solo che quando il dottore mi ha dato la notizia sono svenuta e al mio risveglio ero a casa. Non so cosa è successo nel frattempo. E sinceramente non so cosa sta accadendo tra noi”
Nial ridacchia e mi passa un braccio sulle spalle.
“Credimi, per quello che ho sentito li giù, era abbastanza convinto della sua situazione”
“Cosa ha detto?” Domando, cercando di cavargli qualche risposta.
“Non chiederlo a me Aly, faresti meglio a parlarci”
“Non so come l’ha presa. Ti rendi conto? Sono orribile” Ammetto, abbassando il volto e tornando ad appoggiarlo sul suo petto.
“Non dire così. Hai avuto altro a cui pensare. È legittimo”
“Mi mancherà. Mi mancherete tutti” Ammetto sussurrando. Quasi volendo sottolineare il sentimento che provo per loro.
“Aly…”
“E’ la verità Niall. Siete delle persone fantastiche e ora capisco perché chi vi segue lo fa con così tanta enfasi. Non mentite, anche pubblicamente restate quello che siete nella realtà”
“Basta però. Hai mangiato?” Domanda per spezzare il discorso.
Quando nego con il capo, si alza e trascina anche me fuori da quel letto.
“Andiamo a nutrirci” Sorride, aprendo la porta e accompagnandomi al piano di sotto.
 
Io e Niall siamo seduti su gli sgabelli del bancone della cucina.
Lui ha preparato un tè caldo e io l’ho ringraziato almeno una trentina di volte, per questo pensiero, dato che il tè ha un effetto estremamente calmante su di me.
Mi allunga, sorridendo, la scatola dei biscotti al cioccolato e gli sorrido benevola, per il gesto.
Adoro questo ragazzo e lo ripeterò per… Insomma, fin quando potrò.
“Cosa fate qui?” Domanda una voce, alle nostre spalle.
Liam, in tuta, entra in cucina, sedendosi accanto a me.
“Facciamo merenda” Risponde Niall, tirando un gran morso al suo biscotto.
“A mezza notte?” Chiede Liam, sbigottito.
“Quando è fame, l’orario non è importante” Spiega in biondo, scollando le spalle, come se fosse tutto normale.
“Come stai?” Mi domanda Liam, dopo alcuni attimi di silenzio, poggiandomi una mano sul ginocchio.
Niall, deglutendo, si pulisce le mani sul pantalone e biascicando un “Ho sonno, a domani” esce dalla stanza.
Mi pulisco anche io le dita che hanno catturato alcune briciole e mi volto a guardarlo.
“Sto bene” Sorrido, appoggiando la mia mano su quella di Liam, ancora posata sul mio ginocchio.
“Finisco qui e andiamo a dormire. D’accordo?” Decreto io.
Lui asseconda con la testa e aspetta che io finisca.
Quando bevo l’ultimo sorso di tè, scendo dallo sgabello e poso la tazza sporca nel lavello.
Mi volto e Liam è li che mi aspetta con un piccolo sorriso sulle labbra. Mi ci perdo per un attimo nell’ammirare quel volto e mi dimentico per un attimo di dove mi trovo.
E’ la perfezione, così aggraziato ma che nasconde una grande maturità. E io lo amo.
Sorrido di rimando e insieme usciamo dalla stanza senza dire una parola.
Ci fermiamo dietro la mia porta. Un po’ impacciati, ci sorridiamo e ci abbracciamo semplicemente come se avessimo perso la memoria e ci stessimo trattando come due sconosciuti, ci congediamo con un “buonanotte” pronunciato debolmente.
Mentre si allontana, chiudo la porta alle mie spalle e mi do dell’incompetente e della deficiente.
Sono una codarda! Ecco cosa sono.

Dopo essermi cambiata, sbuffando, prendo il telefono e mi siedo sul letto, avvisando Eloise e mio padre della dormita, inaspettata, fuori.
Quando il cellulare mi avvisa che i messaggi sono stati inviati correttamente, mi stendo sul letto, chiudendo gli occhi.
Sapere della presenza di Liam limitata alla porta accanto, mi fa battere più in fretta il cuore.
Questa situazione assomiglia molto a quel maledetto bicchiere mezzo pieno, che si trasforma inevitabilmente in mezzo vuoto. Cosa che mi propina in continuazione la psicologa.
Così vicina, ma così lontana. Ecco come mi sento.
Ne ho abbastanza di tutti questi pensieri, di tutti questi film mentali!
Piano piano mi alzo, per non far scattare i soliti giramenti di testa ed esco dalla stanza.
Con passo felpato, giungo alla sua porta e esitando, decido di aprire senza bussare.

Quando apro la porta, trovo Liam che si sta cambiano la maglietta, rimanendo a metà con la testa infilata e le braccia alzate, mentre i suoi addominali rimangono tesi.
“Oddio, scusa!” Esclamo io, facendo un passo indietro.
“No ALy, tranquilla” Dice lui, infilando del tutto quel tessuto, sorridendomi.
Fa un passo verso me e allunga una sua mano. Rispondendo al sorriso, afferro la sua mano, ma con un colpo veloce, mi attira a se stringendomi con una presa ferrea.
Affonda il naso nei miei capelli e respira forte l'odore, mi perdo inevitabilmente in quelle braccia che tanto mi danno di protezione e conforto.
“Mi sei mancata, sai?” Decreta lui, stringendo la presa sui fianchi, mentre appoggia il suo mento sulla mia testa.
“Ma ci siamo visti stamattina” Ridacchio io, affondando il volto nella sua maglia.
“Ma per tutto il giorno siamo stati lontani”
Non rispondo, perché ammetto che ha ragione ed è mancato terribilmente anche a me.
“Sei stanca?” Mi domanda, staccandosi quel che basta per guardarmi.
“Un pochino” Ammetto.
“Vieni” Si stacca del tutto e mi avvicina alla porta.
“No!” Lo fermo io impacciata e trattenendolo per il polso. So cosa ha in mente di fare e io non voglio.
Quando si gira, il suo volto è interrogativo e io gli sorrido.
“Posso rimanere con te?” Chiedo, imprigionando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Lui, dopo essere rimasto un po’ stralunato, mi sorride e avvicinandosi, mi lascia un bacio sulla tempia.
“Non devi nemmeno chiederlo. Accomodati”
Mi lascia la mano e va a trafficare con dei CD vicino all’impianto stereo.
Curiosa, mi siedo sul letto con le gambe incrociate, guardando ogni sua mossa.
Afferra il CD che cercava e lo infila nello stereo sopra la scrivania.
Prende il telecomando e si siede vicino a me. Mi sorride e pigiando sul telecomando, accende lo stereo per far partire il CD.
Nell’aria, una chitarra prende a suonare un motivetto simpatico. Lo guardo curiosa, ma lui non dice nulla.
Poco dopo, la voce che esce dalla casse è proprio la sua.
Mi apro in un grande sorriso.
“Ma sei tu!” Osservo sbigottita.
“Siamo noi” Precisa lui, ridacchiando.
“Oh, scusami. Hai ragione” Mi correggo, perché subito dopo la voce di Harry dalle casse dello stereo, fa capolino nella stanza.
Quando arriva al ritornello, Liam prende a canticchiare guardandomi.
…But that’s what makes you beautiful
“Quante ragazze hai rimorchiato così?” Lo punzecchio, ridendo.
“Ho perso il conto” Si vanta, prendendomi in giro mentre la canzone termina, lasciando posto ad un’altra.
Mi sdraio e ascolto per un po’ quelle canzoni che non conoscevo ancora. Canzoni che hanno fatto in modo che loro crescessero così tanto e che venissero conosciuti dal mondo.
“E’ il nostro primo CD, la prossima volta ti farò sentire anche il secondo”
“Ci sarà anche una seconda volta Signor Payne? Avete fiducia nelle vostre capacità” Lo canzono allegra.
Sono dannatamente felice di essere qui con lui, che per un attimo mi dimentico del mio destino.
“Hei, uno ci prova eh…” Risponde lui, alzando le mani in segno di difesa.
Scoppio a ridere, seguito dalla sua risata cristallina, così allegra e fresca.
Si sdraia accanto a me, rimaniamo così per un po’. Mi faccio più vicino e appoggio la mia guancia sul suo petto e credo che il mio cuore abbia trovato la sua pace.
“Hai parlato con Sophia?” Chiedo, ricordandomi della lite di cui parlava Niall.
“Gia. Non l’ha presa molto bene” Ammette, con un sospiro.
“Mi dispiace”
“A me no. Forse i ragazzi avevano ragione. Forse avevo solo paura di rimanere solo, di non trovare nessuno accanto”
“Hei” Lo richiamo, alzandomi sui gomiti, sentendo il suo tono di voce.
“Tu sei una persona meravigliosa. Ricordatelo sempre. Non sarai mai solo, nemmeno quando…” Continuo io, per poi bloccarmi, consapevole che quel discorso possa far male sia a me che a lui.
Liam mi tira per un braccio, facendomi cadere nuovamente sul suo petto.
“Mi dispiace, non dovevo parlare” Mi scuso, con il volto affondato sulla sua maglia.
“Con me puoi dire tutto quello che vuoi” Dice con voce flebile.
So che ne soffre, so che dietro la sua offerta nasconde terrore e paura, ne sono consapevole, come può continuare a volere un mostro come me?
Dalle casse passa una nuova melodia, questa volta più tranquilla.
Inizia con la voce di Liam e percepisco subito qualcosa di strano, anche lui sembra riconoscere questo qualcosa e lo sento irrigidirsi.
“Come si chiama?” Domando con voce sottile.
Moments” Risponde lui.
“Mi piace” Ammetto.
Lui mi stringe, come a voler far cessare quella sensazione che si è creata.
“Perché?” Domanda, dopo un po’ di silenzio.
Passano alcuni secondi, prima che io apra nuovamente bocca, mettendo ordine mentale.
“Perché quando io non ci sarò più, tu canterai questa canzone e ti ricorderai di me. Ti ricorderai di noi in questo momento. Ti ricorderai quanto io ti abbia amato Liam e non importa se io non ci sarò più fisicamente. Io ci sarò sempre. In qualsiasi momento” Dico, mentre i nostri occhi si incontrano e si scambiano occhiate silenziose.
Non posso crederci.
Ho ammesso veramente i miei sentimenti?
Ho veramente aperto il mio cuore, finalmente?
Ho veramente iniziato a vedere il bicchiere mezzo pieno?
Liam mi guarda con sguardo incredulo, non dice niente per alcuni istanti e questo mi preoccupa.
Dal suo volto non traspare nulla e rimaniamo a sostenere i nostri sguardi.
Poi, percepisco ancor prima, quello che le parole subito dopo confermano.
Ti amo anche io” Sussurra, accarezzandomi una guancia, prima di avvicinarsi e baciarmi.

 


Kumusta!
Vi scrivo con un neurone in meno e un altro in via d'estinzione.
Avere un esame alle porte fa male al mio intestino e alla mia testa. 
Perciò scusate se sarò di poche, pochissime parole ma ho l'ansia che trabocca dalle mie mani e sono capace di iniziare a scrivere baggianate non inerenti al capitolo.
E' tanto bellino il capitolo, vero? *_*
Questo è stato scritto nei gionri senza pc e devo dire che carta e penna mi fanno un bel effetto.
Scusate se non vi ho risposto alle recensioni della scorsa volta, ma sono veramente schizzata in questi giorni, credo di rispondere quando e se sopravviverò a giovedì.
Volevo ringraziarvi dal più profondo del cuore per le 50 recensioni di questa storia.
Non l'avrei mai detto e ne sono fiera.
Sono fiera di voi e di me. Perchè senza fare nessuna pubblicità questa storia ce la sta facendo.
Alyssa ringrazia di vero cuore.
Grazie a tutti!


Ringrazio tomea99, Aurora, meg_00, Fraa_Panda e tutti quanti quelli che mi fanno sapere tramite facebook le opinioni dello scorso capitolo.

Un grande bacio a tutti voi.
A martedì.

-Ila-








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Capitolo 30
*** La cosa giusta ***


POV LIAM
 
Quando apro gli occhi, sento un’altra presenza accanto a me. Una presenza totalmente diversa da quella che sono solito trovare.
Una chioma castana mi solletica il mento, mentre un fiato dolce e tranquillo mi accarezza il collo.
Non mi sono mai sentito in pace nella mia vita, forse solo una volta, con un’altra presenza anch’essa dannatamente importante per me.
Mi volto appena, per trovare Alyssa che dorme beatamente con una mano appoggiata al mio petto, proprio dove c’è il mio cuore.
È una presa delicata, come se, se ne stesse prendendo cura amorevolmente di quel cuore.
Ed effettivamente è proprio così, ho donato il mio cuore a questa splendida ragazza. Erroneamente?
Tutte le situazioni, casi e persone, potrebbero dire di si. Che è stato un errore, un tremendo errore.
Ma io non ho la forza di ammetterlo, non ora! Non qui guardandola dormire, così in pace con se stessa.
Ricordo quella volta in cui cadde, letteralmente, ai miei piedi. Quella volta a scuola.
Era così piccola, indifesa e timida. Un angelo. Una piccola ragazza d’amare subito.
Poi sentire la sua voce fu il colpo di grazia.
Quella voglia di parlare di qualcosa oscura, profonda, quella sensazione di dover capire il suo grido d’aiuto, ma non riuscire a mettere i pezzi al posto giusto.
Me ne innamorai all’istante.
Come non si fa ad amare una come lei?
Così perfetta, così angelica, ma forse di angelico non ha nulla.
E non per colpa sua, perché il fato le è stato avverso.
Con chi te la puoi prendere in questi casi?
Con Dio?
Con il destino?
Con la vita?
Cosa ha fatto di male, quest’angelo, per meritare ciò?
Devo ammettere che ho ancora pensato a come mi sento io.
Già, come ti senti Liam? Mi domanda sarcasticamente la mia coscienza.
Perché hai mollato quella donna, Sophia, per lei?
Questa domanda è fin troppo facile. Perché la amo.
La amo così tanto, ed è accaduto così velocemente che mi fa paura.
Paura che il cuore abbia capito fin dall’inizio che qualcosa non andasse, quale fosse il problema di Alyssa, così in fretta da non sprecare nemmeno un istante.
Se penso che tra un anno tutto cambierà, non mi sembra vero. Non può essere vero.
Credo di essermi rinchiuso nella consapevolezza che questa ‘data di scadenza’ come la chiama lei, sia tutta una cazzata.
Non è umanamente possibile.

Lei, come se avesse captato i miei pensieri, sospira e si gira di spalle abbracciando il cuscino.
Sorrido inevitabilmente a quella vista. Già, è proprio una piccola donna.
Silenziosamente, scendo dal letto per dirigermi nella sua camera.
Quando entro, sorrido a quel letto sfatto, contento del fatto che abbia deciso di venire a dormire da me.
Un’agenda rossa, attira la mia attenzione, appoggiata sul comodino.
Curioso, so che non dovrei, ma la apro e mi siedo sul letto.
 
I miei desideri
 
  1. Rincorrere il giorno
  2. Correre al parco con Jennifer
  3. Cantare insieme agli Imagine Dragons
  4. Fare un bagno al mare a mezza notte
  5. Incidere una canzone
  6. Ballare fin quando i piedi non facciano male
  7. Suonare il pianoforte davanti a tanta gente
  8. Andare in Italia
  9. Comprare un cane
  10. Amare
  11. Rivedere mia madre
  12. Vivere
 
Mentre leggo, rimango stupefatto.
Sono desideri comuni, credo, a tutti quanti. Non capisco perché li abbia scritti qui, nero su bianco.
Dovrò approfondire.
Infilo l’agenda in borsa, prendo i suoi vestiti appoggiati sulla poltroncina accanto alla scrivania ed esco dalla stanza.
Quando torno in camera, lei dorme ancora e non ho nessuna intenzione di svegliarla. Ha bisogno di riposo.
Ne ha passate così tante dal mio compleanno.
 
Entro in cucina e trovo un assonnato Zayn, che gira convulsamente il cucchiaino nella sua tazza di caffè.
“Hei” Lo saluto, aprendo il frigo per cercare il latte.
“’Giorno” Risponde lui con voce atona.
Afferro il cartone bianco del latte e mi giro per trovare il bricco che lo possa riscaldare.
“Come va?” Domanda Zayne.
Sento i suoi occhi puntati alle mie spalle, in attesa di una mia risposta.
“Credo bene” Rispondo, scrollando le spalle, mentre riempio il recipiente con il latte.
“Credi o ne sei sicuro?” Domanda ancora.
Che cazzo è? Un interrogatorio di prima mattina?
“Sto bene Zayn. Sto fottutamente bene” Quasi urlo, voltandomi esasperato.
Lui mi guarda per un attimo indifferente e poi torna a girare il cucchiaino nella tazza.
“Non va bene” Decreta rassegnato.
“Secondo te?” Domando sarcastico, mettendo il latte sul fornello.
“Ho un’idea, ma spero di sbagliarmi”
Sbuffo esasperato, perché so benissimo quello a cui sta pensando e mi fa girare le palle.
È il mio migliore amico, ma alle volte vorrei tanto prenderlo a pugni.
“Avanti” Lo incalzo.
“Avanti, dimmi che me l’avevi detto. Dimmi che ho sbagliato. Dimmi che ho fatto la cazzata più grande del secolo. Avanti, dimmelo Zayn. Ma sai cosa? Non me ne fotte assolutamente nulla”
Detto ciò, mi volto e inizio a preparare la colazione da portare in camera.
Appoggio il tutto sul vassoio e lo alzo per dirigermi fuori.
“Sai che non te lo dirò” Risponde Zayn, dopo molto.
“Sbagli! Dovresti invece, perché è quello che stai pensando”
“Io penso solo al tuo bene Liam. È normale sia così. Non hai ancora pensato a quello che da ora accadrà. Cazzo, tra poco riprenderemo il tour, ci saranno gli eventi. E tu che fai? Molli Sophia, che stava per essere definita la tua ragazza ufficiale, ormai lo sapevano tutti. Invece ora stai iniziando una cosa totalmente diversa. Liam, Alyssa sta morendo. Come puoi fare una cosa simile?”
Questa è la goccia che fa traboccare il vaso.
Voglio un bene dell’anima a questo ragazzo. Ma alle volte non capisce che non me ne frega nulla delle etichette. Io voglio vivere come mi pare. E se questo consiste far vivere di conseguenza Alyssa, bhè… Preferisco abbandonare le dannatissime etichette di merda.
Mi avvicino a lui, trattenendo la rabbia a pugni chiusi.
“Non me ne frega un emerito cazzo di niente, se non lei! È l’ultima volta che te lo dico Zayn. Se non c’è lei, non mi importa di nulla”
Mi volto di spalle, ed esco dalla stanza in silenzio, mentre Zayn continua a fissare il vuoto davanti a se.
 
Quando apro la porta, spingendola con un piede, trovo Alyssa seduta sul letto che si guarda attorno.
“Buongiorno piccola” Le sorrido, con il mio solito sorriso ritrovato.
“Buongiorno” Risponde, stropicciandosi gli occhi.
“Ho dormito un sacco” Continua guardandomi.
“Eri in letargo. Ti ho portato la colazione. Vuoi mangiare con me?” Domando, posando il vassoio nel mezzo del letto.
“Wao, che meraviglia” Dice lei animata, guardando con occhi brillanti la colazione abbondante sul vassoio, proprio come una bambina.
Dio, potrei guardarla per sempre.
“Certamente” Risponde al mio invito.
“Hai portato tu le mie robe qui?” Domanda, indicandomi i suoi vestiti e la borsa sulla sedia accanto la scrivania.
“Si, sono andato a prenderli appena sveglio”
“Hai per caso preso un’agendina rossa?” Domanda, intimidendosi e abbassando gli occhi sulle sue mani perennemente intrecciate tra loro.
Potrebbe essere più innocente e delicata?
E per un momento mi dimentico di quello che c’era scritto li sopra, ma subito la curiosità riprende il sopravvento.
“Si, l’ho messa in borsa. Cos’era?” Domando.
Lei alza la testa, guardandomi seccata.
“Non dirmi che l’hai letta”
Merda! Merda. Merda. Merda.
Che diavolo le dico? Mentire o verità.
Mentire, significherebbe fare una cattiveria bella e buona.
Dire la verità, significherebbe sotterrarsi con le proprie mani.
Ma visto che stiamo percorrendo questa nuova strada, insieme, non voglio iniziare a prendere sotterfugi.
Mentre sto optando per la verità, lei mi spiazza e prende a parlare.
“Comunque, è un compito che mi ha dato la psicologa. Niente di interessante in verità” Ammette, riabbassando lo sguardo.
Oh no piccola, non è proprio ‘niente di interessante’.
La psicologa, ora capisco.
Sorrido come un bambino, per aver letto e scoperto i suoi desideri più profondi. Perché il mio compito, ora, ha un ruolo ben stabilito.
Prima di sedermi anche io, mi abbasso e le lascio un leggero bacio sulle labbra, sorridendo.
Iniziamo a mangiare in silenzio, mentre lei con la coda dell’occhio mi guarda felice, riacquistando la spensieratezza di poco fa.
Gongolo felice, pensando di aver fatto la cosa migliore allontanandomi da Zayn quando eravamo in cucina e venire di corsa da lei.
Vederla felice è il buongiorno migliore che abbia mai avuto. E questa è la cosa importante: che lei sia felice.
 
 
Questa che sta per iniziare, sarà una giornata lunga e impegnativa e io già non vedo l’ora che arrivi la sera, per infilarmi nel letto e riuscire a dormire.
Alyssa è appena andata via, chiudendo la porta d’ingresso, accompagnata da un taxi.
Avrei voluto accompagnarla io, per tardare ancora di più il distacco, ma devo prepararmi per uscire e sono già in ritardo.
Mentre guardo ancora la porta che è stata appena chiusa dalla ragazza, sbuffo passandomi una mano tra i capelli.
Dio, non ho avuto un attimo di tempo per metabolizzare tutto. So che prima o poi dovrò farci i conti, so che prima o poi il mio naso si schiaccerà contro quella realtà che non voglio riconoscere, perché troppo dolorosa e so che quando me ne renderò contro farà male il doppio.
Ma riconoscere ora le difficoltà che le attendono, che mi attendono e che ci attendono, sarebbe come un omicidio.
So per certo, che fare i conti con la verità mi porterebbe sotto un treno, ed è assolutamente la cosa da non fare.
Perché l’unica cosa che serve a quella ragazza, che è appena andata via di casa, ma che non andrà mai via dalla mia vita, è coraggio e determinazione. E io sarò quella persona da cui avrà questi appigli.
“Hei, ti cerca Paul” Mi dice Louis, poggiandomi una mano sulla spalla, facendomi sussultare.
Sono stato impiantato li per quanto tempo? Non ho nemmeno sentito il telefono squillare, telefono che mi porge Louis con un sorriso tirato.
“Oh, grazie Lou”
Appoggio la cornetta all’orecchio, mentre guardo Louis andare in cucina sbadigliando.
Mi dirigo in salotto e mi siedo su una poltrona.
“Dimmi Paul”
“Hei Liam. Come stai?” Domanda la voce grotta dell’uomo, dall’altro capo.
“Insomma, mi cercavi?”
“Si, gli agenti ti vogliono parlare, ti hanno fissato un appuntamento oggi pomeriggio”
“Sai dirmi il perché?” Domando curioso.
Non ha parlato di tutto il gruppo, solo di me e la cosa mi inizia a sollecitare qualcosa in mente.
“No, mi hanno solo detto questo”
“Capisco, va bene”
“Ti serve un passaggio?”
“No Paul, ti ringrazio”
“Va bene, buona giornata Lee”
“Anche a te”
Chiudo la chiamata pensieroso, che diamine mi vorranno dire?
Mentre mi alzo dalla poltrona, noto la porta finestra aperta sul balcone. Strano, nessuno mai apre questa finestra.
Curioso mi avvicino e constato che qualcuno è fuori di essa.
Quando esco anche io sul balconcino, Harry è seduto per terra mentre guarda pensieroso il paesaggio davanti a se.
Non si è accorto della mia presenza, sembra immerso in un mondo tutto suo, non batte nemmeno le ciglia per quanto è concentrato.
“Hey” Lo chiamo io, mentre lui, finalmente si riscuote.
“Liam!” Dice, mentre sbatte ripetutamente le palpebre, per riprendere coscienza.
“Che ci fai qui?”
Lui stacca lo sguardo da me e lo riporta sull’orizzonte, facendo un sospiro che non sfugge alle mie orecchie.
“Pensavo” Finalmente ammette, dopo alcuni attimi di silenzio.
So per certo, dopo tre anni di convivenza forzata, con i suoi pregi e difetti, che quando Harry pensa è presagio di conflitto interiore, che lo farà stare con il broncio per giorni e giorni.
Poi quel broncio, proprio come è venuto, andrà via da solo, sotto una forte dose di chiacchiere e di caffeina.
“A cosa?” Domando, mentre mi siedo accanto a lui, sul freddo pavimento di cotto del balcone.
Incrocio le gambe e appoggio le mani sulla pancia. La mia abituale posizione d’ascolto insomma.
“Alla vita”
E mi spiazza.
Perché diamine tutti quanti mi vogliono così male? Che ho fatto di così sconvolgente da trovarmi la realtà, quell’ammasso enorme, definito ostacolo, sempre davanti il cammino?
Sarà un segno? Il fatto che non devo aggirarlo ma affrontarlo?
Cazzo! Non va bene.
Con tutto il bene che voglio al riccio, ma oggi non è giornata e lui se ne esce con questa domanda esistenziale a cui io, realmente, non so dare una risposta.
Sospiro pesantemente e aspetto che continui, con nessuna voglia di proseguire io il discorso.
“Ieri Alysaa, bhè lei… Ci ha detto che…”
“Lo so Harry, lo so” Lo blocco, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa sul muro.
“E’… Strano” Ammette, con tono di voce preoccupato.
Strano?
Quasi non gli scoppio a ridere in faccia.
Strano è esattamente l’ultima parola che mi aspettavo per descrivere tutta questa merda.
“Sai, non me l’ero proprio aspettato. Pensavo che Eloise mi avrebbe detto qualcosa, invece saperlo così, mi è caduto il mondo addosso”
“Credo che Eloise non ti abbia detto niente perché non spettava a lei dirlo”
“Hai ragione. Non è questo il problema”
“E qual è?”
Harry rimane in silenzio e riflette su quello che andrà a dire.
Dopo vari sospiri, dopo vari tentativi di far uscire qualche parola, inutilmente, dalle sue labbra, sbuffa e si spettina i ricci ribelli.
“Harry” Lo anticipo.
“E’ una questione delicata e non ti sto dicendo di cambiare il tuo atteggiamento verso Alyssa, perché credo che tu debba fare quello che ti senti di fare, ma qualsiasi cosa tu faccia, io ti prego solo di una cosa. Non farle, come dirò anche agli altri, pesare la sua malattia. L’ultima cosa che dovremmo fare è compatirla”
Il mio amico rimane in silenzio, assorbendo le mie parole.
Lo vedo combattuto e mi chiedo come mai lui l’abbia presa così forte.
Ma subito la risposta è chiara. E’ Harry Styles, è l’uomo più emotivo che ci possa essere, prende tutto a cuore, maggiormente se si sta parlando di un’amica.
“E tu? Liam? Tu come stai?” Domanda il riccio, volgendo i suoi occhi verdi nei miei come a volermi studiare.
“Prendo quello che viene Hazza. E oggi mi si presenta una giornataccia. Perciò alziamoci e affrontiamo una cosa per volta” Svincolo, tirandomi su e spazzolandomi i pantaloni.
Allungo una mano ad Harry, che l’afferra e mi sorride.
“Sei una grande persona Lee, sei quella giusta per lei”
Già, è vorrei esserlo per sempre.

 


Kumusta!
Vi scrivo velocemente perchè sono di fretta, come se ultimamente non lo sono mai.
Sono tornata a casa da poco e non volevo lasciarvi senza aggiornamento.
Ecco spiegato l'orario tardo.
Allora, POV di Liam.
L'idea è partita a random e perchè non prenderla al volo?
Spero vi sia piaciuta, a me molto.
Anche se è stato un pò difficoltoso, parlare di lui.
Scusate se sono presenti degli errori, ma non ho avuto molto tempo per correggere.
Solo questo.
Sappiate che ci sono rimasta male perchè voi aumentate, ma le recensioni calano.
Bho... Non voglio essere pesante, perciò fate come credete.
Ma credetemi, ci rimango molto male.
E questo influisce sulla voglia di scrivere.
Oggi una persona su ask, mi ha chiesto se Turn Back Time era arrivato a metà.
Gli ho detto di si, ma credetemi, avrei voluto dire diversamente.
Va bene. Perdonatemi il sermone.
L'esame è andato benissimo e ringrazio tutti coloro che mi sono stati d'appoggio.

Ringrazio Fraa_Panda e _Amely_ per lo scorso capitolo.

Buona serata a tutti quanti.

-Ila-

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Capitolo 31
*** Un peso ***


POV ALYSSA
 
Nella stanza del grande pianoforte, del palazzo dove ha luogo il mio corso, risuonano le note armoniose e gentili di un’opera di un compositore contemporaneo dei gironi nostri.
Il professore suona, trasportato dalle note, quella melodia.
È allo stesso tempo rilassante ma anche destabilizzante.
È come se ti facesse dormire e sognare, ma si sa… Nei sogni ci sono anche incubi.
Quando credi di stare per sfiorare una cosa, questa viene distanziata da un abisso sotto i tuoi piedi.
E cosa fai? Cadi.
Cadi, ti svegli di soprassalto e ti rincuori pensando che sia solo un incubo, dettato dalla troppa ansia.
Ma come il risvolto della medaglia, c’è anche la parte più dolce: il sogno in cui ripiombi subito dopo.
Ecco qua, cosa fa la musica nella mia vita.
Mi fa sognare e mi fa tremare.
La melodia continua e mi volto per guardare le facce dei miei compagni di corso.
Sono inequivocabilmente rapite da questa musica.
C’è chi l’ascolta attento, aggrottando le sopracciglia.
C'è chi ha gli occhi chiusi per assorbire al meglio il significato.
C’è chi semplicemente ascolta, tranquillo, con la testa posata sul braccio. Cedric.
Sorrido inevitabilmente, quando sentendosi osservato, gira il volto e mi strizza l’occhio.
Torno ad ascoltare gli ultimi attimi della musica, dopo di che il professore si alza e insieme ad un piccolo applauso, fa il giro del pianoforte.
“Questa che avete appena ascoltato, è un arrangiamento di Philip Glass. Chiamata The hours. Ve l’ho fatta ascoltare per uno motivo ben preciso. Questo corso, il mese prossimo, si esibirà proprio con Glass in una rappresentanza teatrale. Suoneranno tutti i miei frequentanti, tra cui voi tutti”
Le parole del professore vengono seguite da un brusio generale.
Spalanco occhi e bocca incredula.
È una opportunità più unica che rara, il corso in se per se non è molto conosciuto, ma il professore sa il fatto suo.
È decisamente il più bravo maestro di musica da camera, che Londra abbia mai avuto.
Un professore in pensione, che dopo i suoi innumerevoli premi e riconoscimenti, si è ritirato nell’angolo a dare lezioni a giovani promettenti che non hanno tempo, soldi e materiale per intraprendere un conservatorio.
Io semplicemente non avevo un futuro da dedicare a uno studio così intenso.
“Dalla prossima settimana ci inizieremo a preparare, psicologicamente e tecnicamente, a questa occasione. L’unica cosa che vi prego, è di partecipare. Senza ripensamenti” Dicendo questo, i suoi occhi si posano, significativi, sul mio banco e su me stessa.
E mi sento colpita e affondata.
La mia paura del palcoscenico. La paura di essere giudicata. La paura di essere sotto a un riflettore.
E il bicchiere mezzo pieno dov’è andato a finire?
E uno dei miei desideri scritti sull’agenda rossa, no?
Volontà.
Ecco cosa mi servirebbe.
“Il compito per la prossima settimana è di trovare un pezzo di Glass che vi ci faccia rispecchiare. Sentitevi dentro quelle note. Quel pezzo che sceglierete lo suonerete con lui. Ora andate e studiate”
Si congeda da noi, mentre i ragazzi prendono a parlare tra loro increduli ancora.
 
“Diavolo, l’avresti mai creduto?” Domanda Cedric alle mie spalle, mentre con una piccola corsetta mi affianca, uscendo dal palazzo.
“In verità no. Credevo avrebbe dato questa opportunità solo a chi segue l’orchestra”
“Non credo, ci sono certi elementi analfabeti lì dentro”
Ridacchio ascoltando il suo tono di voce quasi schifato.
“Allora, hai idee?” Mi domanda.
“Su cosa?”
“Sul pezzo da scegliere. Conosci Glass no?”
“Bhè… Non molto, in verità. Ma so la sua fama”
Cedric si blocca in mezzo al marciapiede e mi guarda, come si guarderebbe un fantasma.
“Tu, non conosci quell’uomo?”
Stavolta scoppio a ridere. Il suo tono è, esattamente, come se avesse visto un fantasma.
“La fai sembrare come una cosa di veramente grave”
“E’ esattamente così. Tu devi venire da me. Ti devo insegnare un po’ di cosette”
Mi blocco e lascio che la mia testa elabori quello che ha appena detto.
“Cosa?” Domando.
“Bhe… Stavo pensando, se non avevi impegni, ci potevamo vedere un giorno di questi per decidere i pezzi” Ammette, dondolandosi sui talloni un po’ impacciato.
Cosa sarebbe questo? Un appuntamento?
Ma no, cosa vai pensando Aly! Sarà un invito dettato dal buon senso del tuo amico. È Cedric, lo conosci da una vita.
“Non saprei, devo un attim…” Vengo bloccata da un colpo di clacson, proveniente da una macchina al lato opposto della strada.
Assottiglio gli occhi per vedere meglio e la macchina di Liam appare più nitida.
Le coincidenze?
“Dicevi?” Mi riprende Cedric, tornando a guardare nella mia direzione, dopo aver fissato la macchina anche lui.
“Si, ti dicevo che non lo so perché devo vedere i miei impegni”
“Non sarà una cosa impegnativa, ci metteremo poc…” Nuovamente veniamo bloccati dal clacson ripetuto.
“Ma che vuole quel tizio?” Domanda esasperato Cedric, allargando le braccia in direzione dell’auto.
“Cerca me” Ammetto.
Lui si volta e mi guarda interrogativo.
“Ti cerca un’auto con i vetri oscurati?”
Vista così sembra una cosa al quanto singolare. Qualcosa che abbia a che fare con un cattivo giro.
Ma semplicemente, lì dentro c’è una persona che non vuol farsi riconoscere.
“Si, ma è il mio…” Stavolta mi blocco io, senza sapere come proseguire.
Che diamine siamo io e Liam?
Amici? Bhè… Forse un po’ di più, anzi, molto di più, dato il fatto che ci siamo confessati i nostri sentimenti.
Fidanzati? Bhè… Decisamente troppo, dato che nessuno sa di noi e nemmeno noi lo sappiamo, non abbiamo ancora avuto modo di parlarne.
“Il tuo?” Domanda incalzante Cedric.
“Lui… E’ un amico” Rispondo, con un sospiro, incapace di prendere una decisione così importante, da sola.
Porto il mio sguardo per terra e vorrei semplicemente che Cedric se ne andasse via.
Nuovamente il clacson suona, ma stavolta non faccio nessuna mossa. Rimango li.
“Spero sia veramente un amico”
E capisco che Cedric non ci abbia creduto, ma non perché pensa che sia qualcosa in più,
ma semplicemente pensa a qualcosa di negativo. Qualcosa contro la mia persona.
“Non è niente di cui preoccuparsi” Decido di chiarire la situazione, tornandolo a guardarlo.
Lui sospira e mi sorride.
“Va bene, ti credo. Però pensaci sul fatto di studiare i pezzi insieme. Ti potrei aiutare”
Gli sorrido di rimando, felice del fatto che mi abbia creduto, realmente o meno che sia.
“Ci penserò. Ci vediamo la prossima settimana”
Ci salutiamo e con un cenno della mano, si allontana, per farmi correre verso l’auto del mio finto amico.
 
Quando apro la portiera dell’auto e mi siedo in macchina, vengo travolta dalle parole di Liam.
“Stavo quasi per uscire da questa dannata auto”
Mi volto a guardare curiosa, un... Liam geloso?
Un conto è quando lo è di Niall, ma veramente lo è di Cedric in questo momento?
“Liam che ti prende?”
“Mi prende che quello stronzo ti era troppo vicino”
“Stai scherzando vero?” Domando sbigottita.
Lui guarda la strada davanti a se e si passa due mani nei capelli.
Prende un sospiro e sbatte le mani sul volante stringendolo convulsamente, quasi ho paura per quel povero oggetto.
“Scusa. È che è stata una giornata di merda” Decreta lui, calmandosi.
“Mi dispiace…”
“No, non preoccuparti. Per fortuna è finita. Cosa vuoi fare?” Domanda, tornando a guardarmi con un accenno di sorriso.
Cavolo, fino a due minuti fa era capace di sbranarmi solo con le parole, ora è tornato il solito Liam.
“Non lo so. Tu che vorresti fare?”
“Vorresti venire a casa? Mangiamo insieme e poi se vuoi fermarti…”
“No Liam, oggi no. Preferisco andare a casa a dormire. Domani devo andare dalla psicologa e voglio prepararmi” Lo blocco, facendo suscitare in lui un piccolissimo cipiglio, cosa che viene subito mascherata con un assenso del capo.
“Va bene, allora per il momento andiamo a nutrirci. Cucina Louis ed è tutto dire”
Sorridendo, per fortuna, mette in moto mentre ci allontaniamo.
 
“Davvero suonerai con Glass?” Domanda Louis, saltellando sulla sedia.
“Non lo so ancora, devo pensarci…” Rispondo, giocherellando con la forchetta nel piatto vuoto.
Liam aveva ragione, Louis cucina da Dio e stranamente ho chiesto doppia porzione. Roba da far spalancare gli occhi a mio padre se fosse stato presente.
“In che senso devi pensarci?”
Liam accanto a me, sembra esterrefatto dalla mia spiegazione, come se non credesse alle sue orecchie.
“Il fatto è che non mi sono mai esibita davanti a nessuno e ho il panico”
“Ma, quando hai suonato per il concorso, hai fatto un figurone” Ricorda Harry, alzandosi e sparecchiando la tavola.
“Era diverso, non c’era gente e non potete nemmeno immaginare quanta ansia stavo provando”
Ricordo come se fosse ieri quel giorno: ansia, paura, volermi dare fiducia, vincere e riscoprire, piacevolmente, l’adrenalina che si instaurava nelle vene.
Ma qui non stiamo parlando di cinque ragazzi come giuria e altri ragazzi che ti guardano per esibirsi anche loro.
Qui si tratta di un grande compositore, di tanta e tanta gente che verrà a guardare, si tratta di stare davanti a occhi che non conosco e già ho il panico al sol pensiero.
“Ma poi le cose sono cambiate” Ribatte prontamente Louis.
“Non lo so ragazzi, veramente”
“Se ha detto che deve pensarci, non rompetele le palle!” Sbotta, alzandosi di colpo, tanto da far oscillare la sedia, un incazzato Zayn.
Cinque paia d’occhi si voltano a guardarlo, sconvolti.
Effettivamente, Zayn ha passato tutta la cena in religioso silenzio.
Nemmeno le battute idiote di Niall e Harry lo hanno fatto sorridere. Sembra perso in uno dei suoi mondi e non riesco a capire cosa gli sia preso.
Sembra ostile verso tutti, verso Liam. E questo è strano, molto strano, perché i due sono praticamente inseparabili, invece oggi non si sono nemmeno guardati in faccia.
Zayn, dopo quella frase incazzosa, gira i tacchi ed esce fuori la stanza, dopo pochi attimi sentiamo la porta dell’ingresso sbattere, portandosi via il ragazzo e la sua furia.
“Ma che gli è preso?” Domanda Niall, rompendo il silenzio sceso nella cucina.
“Avrà litigato con Perrie” Ipotizza Louis, stringendosi nelle spalle.
“Non è in tournée?” Constata Harry, torna a sedersi a fianco di Niall.
“Credo di si, a proposito ragazzi, siete pronti per domani? Se Zayn si comporta come stasera siamo nella merda” Osserva Louis, portandosi le braccia conserte sul piano del tavolo.
Impercettibilmente, Liam si irrigidisce sul suo posto e drizza la schiena, come punto da uno spillo.
“Che farete domani?” Domando curiosa, respirando qualcosa nell’aria, che sa tanto di tempesta.
“Domani iniziamo le prove per il tour, le pause estive sono terminate” Spiega Niall, guardandomi.
Ad un tratto il suo volto si fa interrogativo e passa lo sguardo prima su di me e poi sul ragazzo accanto a me.
“Non lo sapevi?” Chiede.
Nego con la testa, sforzandomi un sorriso tirato, da appoggiare sulle labbra.
Non ci avevo pensato, sapevo che tra poco avrebbero ripreso a girare per il mondo. Ma sembrava lontano anni luce quel momento.
È come se qualcosa, all’altezza del petto, fosse crollata fin sotto i piedi.
È come se quella sensazione di perfezione e di appagamento che aleggia sopra le nostre teste, sia crollata anche lei.
“Finalmente tornerete a far contente le persone che vi seguono” Cerco di sembrare il meno preoccupata di quello che sono, cerco di scacciare quel peso che si è appoggiato sopra lo stomaco.
“Sarà fantastico. Roba da non crederci” Esulta Harry.
Sorrido felice, mettendo finalmente da parte quel macigno, alle loro espressioni felici e spensierate. Si vede lontano un chilometro che fanno quello che amano.
Ad un tratto mi ricordo di quel foglio di carta che è stato per giorni e giorni nella mia borsa.
Scendo di corsa dallo sgabello e corro in salotto per recuperare la mia borsa, appoggiata sul divano.
“Aly, che ti prende?” Domanda, finalmente Liam, dopo quelle che sono sembrate essere ore di mutismo.
Non gli rispondo, troppo occupata a prendermi mentalmente a pugni, per essermi dimenticata una così grande cosa. Troppo presa dagli eventi e non ricordandomi del mio compito, qui per loro.
Frugo nella borsa, alla disperata ricerca di quel foglio bianco con tanti puntini neri e tante frasi.
Finalmente lo trovo e corro nuovamente in cucina, dove Liam è in piedi e gli altri ancora seduti aspettando.
“Sono una completa frana. Lo so e potete dirmelo fin quando vogliate. Mi ero dimenticata di questo” Dico, sollevando il foglio.
Gli occhi dei ragazzi si spalancano.
“Quello è veramente ciò che penso?” Domanda Harry, indicandolo.
“Esatto” Rispondo entusiasta.
Nial scende dallo sgabello e mi si fa vicino.
“Posso?”
Assecondo con la testa e gli passo il foglio.
Lui lo scruta pensieroso e dopo minuti, ore e probabilmente anni, solleva la testa e sorride.
“Questa Aly, è la cosa più bella che io abbia mai letto”
E quel peso sullo stomaco, svanisce, dopo aver visto il suo sguardo e ascoltato le sue parole.

 


Kumusta miei cari!
Sono tornata, spelndente, attiva, gioiosa e tenace.
Turn back time è tornato e con se i nostri adorati Aliam.
Dopo un periodo relativamente infinito, dove tutto ciò che scrivevo mi sembrava una cacatina di mosca e dopo tanto e tanto rimuginarci sopra a questa storia, ho trovato la mia via d'uscita.
Ho preso la mia amata agendina e ho fatto il punto della situazione.
Sto scrivendo i capitoli, ma so per certo cosa accadrà e stavolta non abbandonerò la nave, non che l'abbia mai fatto, perciò potete stare tranquilli o miei adorati lettori.
Spero il capitolo di "nuovo inizio" vi sia piaciuto.
Prometto che tornerò a pubblicare settimanalmente il martedì e sarò pronta a tutte le vostre scarpe e padelle che mi tirerete per avervi fatto attendere tanto.
Che altro dirvi? Più niente... Credo. 

Ringrazio quell'angelo di Amely per le sue parole e per aver fatto una chiacchierata dolcissima con me.
Ringrazio infinitamente Fraa_Panda per il suo continuo esserci che per me è davvero tanto.
Ringrazio le ragazze di facebook.
Ringrazio chi si è aggiunto.
E ringrazio voi che siete rimasti ad aspettarmi.
Vi abbraccerei tutti. 
A martedì.
Un bacione.

-Ila-





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Capitolo 32
*** Ascolta il tuo cuore ***


POV LIAM
 
“Liam, siamo pronti!” Harry mi avvisa, bussando dietro la porta della mia stanza.
“Piccola, ci sentiamo più tardi. Mi chiamano”
“Va bene. Vado un po’ da Eloise, buon lavoro”
“Grazie Aly, a dopo”
Chiudo la chiamata e mi alzo dal letto per andare ad aprire a un impaziente Harry, che scalpita al di fuori della stanza.
“Ti sei rammollito fratello” Esordisce lui, non appena apro la porta, probabilmente ha ascoltato la conclusione della chiamata o semplicemente si è accorto della mia espressione.
Lo guardo con un sopracciglio alzato e mi faccio più vicino.
“Quando vuoi, fratello, posso sempre farti vedere come mi sono rammollito” Sbuffo, avvicinandomi con un pugno alzato e un ghigno stampato in faccia.
Harry fa un passo indietro e alza le mani.
“Ok, ti credo sulla parola”
Scoppio a ridere e gli passo accanto per scendere le scale.
Harry potrebbe essere il più forte tra tutti gli altri quattro, ma per lui alzare un dito anche solo contro un moscerino è un sacrilegio.
Alle volte mi domando a che cavolo gli serviranno mai tutti quei muscoli che continua a sudare e a pompare ogni giorno.
“Alla buon ora” Ci saluta Niall, non appena metto piede, seguito da Harry, in salotto.
“Che succede?” Domando.
“Ci hanno organizzato un’intervista poco fa, dovremmo essere in radio tra un’ora circa” Spiega Louis, con il telefono in mano, probabilmente ha appena interrotto la chiamata con qualche manager.
“Di cosa si parlerà?” Domanda, un silenzioso Zayn, mentre fa zapping sulla tv.
Lo guardo un po’ freddamente, ma anche con un po’ di rammarico.
Non ci parliamo da quella famosa sera dove Alyssa era venuta a cena.
Non ho ancora avuto modo di parlarci, di capire perché ha così tanto risentimento verso quella ragazza e maggiormente, verso la nostra relazione.
Perché la nostra è una relazione, vero?
Ci siamo detti i nostri sentimenti, ma non abbiamo ancora appianato cosa stiamo insieme.
Alyssa evita sempre l’argomento, come se le facesse male.
Come se questa relazione non fosse vera, forse dettato dal fatto del destino avverso.
Ma io mi sento di dire che la nostra è una relazione a tutti gli effetti e non mi importa del futuro, del destino e di quello che ci sarà dopo il famoso anno.
Non ci voglio pensare, mi sono costruito una sorta di barriera per evitarne il pensiero e l’ultima cosa che voglio è tormentarmi con questi pensieri.
Devo solo cercare di far sorridere il più possibile quella ragazza, farla vivere e non farla affogare nel suo destino.
“Probabilmente del tour o del CD” Propone Niall, alzando le spalle dubbioso.
“Spero non chiedano nulla sulla vita privata. Odio quando lo fanno” Si lamenta Louis.
Affettivamente ha ragione.
Quante volte ci hanno stressato su questo punto? Troppe.
Ricordo i pedinamenti con Danielle e nascondere la storia con Sophia è stata dura, specialmente nell’ultimo periodo.
Quando si ha una vita fatta di riflettori, nascondere qualcosa è la prova più difficile.
Ma nascondere alle volte, è sintomo di vergogna. E non credo che quello che stia accadendo ora, possa mai vergognarmi.
“Già” Risponde Zayn, spegnendo la tv e alzandosi dal divano.
“A che ora si inizia?” Domanda Harry, armeggiando con il cellulare.
“Tra mezz’ora arriva Paul”
Resto in silenzio pensando a quello che i manager mi dissero qualche giorno fa: questa intervista era programmata da tempo, nessuno ne sa niente, tranne io, per mettermi in guardia.
Sbuffo e mi passo, esasperato, una mano tra i capelli scompigliandoli.
“Che ti prende?” Mi domanda Niall, sussurrando.
Mi volto a guardarlo, mentre gli altri iniziano a prepararsi per uscire di casa.
“Niente”
“Tutto apposto con Alyssa?”
“A meraviglia”
Niall asseconda con il capo e distoglie lo sguardo, che subito dopo torna su di me.
“Per qualsiasi cosa, sai chi chiamare” Mi avvisa, dandomi una pacca sulla spalla.
“Certo Horan, grazie”
Lui sorride e si avvia anche lui alla porta.
Prendendo l’ennesima boccata di ossigeno, mi preparo mentalmente anche per quest’altra giornata.
 
Dopo un viaggio silenzioso e dopo i soliti accordi radiofonici, ci danno un momento di preparazione.
Preparazione che passo seduto sul divanetto nell’atrio della radio.
Sono maledettamente in pensiero. Sapere cosa domanderanno in quella stanza è un supplizio.
Solitamente sono sempre calmo quando si tratta di interviste e solitamente lo sono maggiormente quando non so di che si tratta.
Certo, è un contro senso. Ma quando si tratta di cose intime mi si surriscalda il sangue.
Purtroppo gli accordi sono questi.
Purtroppo la nostra vita è anche questa.
Zero privacy, zero tatto.
Immerso nei miei ragionamenti mentali, qualcuno si siede accanto a me e ne riconosco subito l’odore.
Tabacco e menta: Zayn.
“Qualcosa non va?” Domanda lui, aspirando la sigaretta.
“Già…” Ammetto finalmente.
Dopo tutto è il mio migliore amico. Anche se ultimamente non abbiamo le stesse idee.
“Ne vuoi parlare?”
Rimango un attimo in silenzio, dubbioso se ammettere o meno la realtà.
E la cosa mi fa sorridere, ho sempre spronato gli altri, ultimamente anche Alyssa, alla verità. Perché non ho mai sopportato le menzogne, viste come un ripiego della realtà. Come una via alternativa alla propria strada.
Che senso ha la menzogna o una mezza verità?
La bugia può alleviare o ingigantire un problema.
Ha senso ostacolare quello che la vita ci mette davanti?
Non voglio essere come quelle persone che si rifugiano in una verità non detta, in uno sguardo non dato. Non lo sono mai stato e non ho nessuna intenzione di esserlo ora.
“Sapevo di questa intervista” Dichiaro, guardando le punte delle mie converse.
“Tutti lo sapevamo” Risponde dubbioso Zayn, guardandosi attorno.
“No Zayn, non capisci. Io so esattamente di questa intervista. So quello che domanderanno”
Lui rimane in silenzio e quando sollevo lo sguardo, guardandolo, capisco che mi sta fissando interrogativo.
“Qualche mattina fa, Paul mi ha chiamato per informarmi che i manager mi volevano parlare. Quando sono andato in direzione mi hanno parlato di questa intervista, che sarà molto importante per dare nuovamente inizio al tour, mi hanno chiesto come andassero le cose con Sophia e per un momento ho tentennato”
Mi fermo un attimo per vedere la sua espressione, che non è mutata di una virgola.
“Si sono incavolati per il fatto che l'abbia lasciata”
E in quel momento Zayn stacca il legame visivo, per fare un gesto come per dire ‘te l’avevo detto’.
“Insomma, mi hanno informato dell’intervista imminente e mi hanno detto che domanderanno della nostra vita privata, perché per loro era arrivato il momento di informare il mondo su Sophia e quando hanno saputo di Alyssa bhè… non ne sono stati felicissimi e hanno detto che comunque, in ogni caso, io debba informare i fan su di lei”
Ecco la verità.
Ho timore, non mi vergono assolutamente della ragazza che ho ora accanto, ma la vorrei proteggere. La vorrei tenere stretta tra le mie braccia e alla larga dalle male lingue.
Perché so, ciecamente, che quel mondo fuori è fatto di pugnali e di nessuna sensibilità.
“Cavolo” Ammette Zayn alzandosi e camminando avanti e indietro.
“Già…”
“Che intenzioni hai?” Domanda, fermandosi difronte a me.
Alzo il capo e scollo le spalle.
“Non lo so Zayn. Non ne ho la più pallida idea”
“Cosa ha detto Alyssa su questa cosa?”
Mi si mozza il respiro e per riparare al danno mi alzo in piedi, per non far vedere la mia ansia.
“Non lo sa”
“Cazzo Liam…”
“Lo so, lo so! Ma se gliel’avessi detto lei mi avrebbe risposto che non ci sono problemi. So com’è fatta. Vede il buono in ogni cosa e non sa cosa la gente potrebbe farle”
Zayn rimane ancora una volta in silenzio con la mascella serrata, prende un’ultima boccata dalla sigaretta e poi la getta nel posacenere vicino al divanetto.
“Lee, non ti dirò quello che è meglio fare. Non lo farò più, perché hai una testa e sai ragionare benissimo. Sei mio amico e so che anche tu hai un animo maledettamente buono, perciò riflettici per un attimo. Non ascoltare quello che ti dice la testa, ma quello che ti dice il cuore. È lì Alyssa, ascolta quello che ti dice lei e vedrai che tutto andrà bene”
Rimango fermo e zitto, questa volta io. Con le braccia lasciate mollemente cadere lungo i fianchi mentre rifletto sulle parole del mio amico.
“Ci vediamo tra cinque minuti dentro”
Mi passa una mano sulla spalla sinistra e me la stringe gentilmente.
Guardandolo allontanarsi ammetto che ha ragione e con un lieve sorriso, sfilo il cellulare dalla tasca interna del jeans e compongo un numero che ho ormai imparato a memoria.
 
“Ed eccoci qui, in diretta radiofonica, con il fenomeno mondiale che ha catturato tutte le attenzioni delle giovanissime e non. Gli One Direction qui con noi, signori e signore” Ci introduce il dj, con le cuffie sulle orecchie, sorridendoci.
Dopo alcuni saluti e battutine di circostanze inizia l’intervista vera e propria.
“Come vi sentite alla vigilia della ripresa?” Domanda, con il solito tono dei speaker radiofonici.
“Siamo gasati, è un’esperienza allucinante e vorremmo non finisse mai” Risponde Niall, con la sua solita allegria e disinvoltura.
“Cosa ne pensate delle vostre amate fan?”
“Bhè, lo hai ammesso tu ora. Le amiamo, letteralmente. Senza di loro non saremmo niente” Spiega Louis.
“Louis, proprio tu sei fidanzato da tempo immemore con una ragazza, come lo è Zayn. Non disturba alle vostre donne tutta questa attenzione da parte di altre ragazze?”
Non so perché, ma capisco che ci siamo.
E per la prima volta, sorrido non vedendo l’ora che arrivi il mio turno. Forse un po’ emozionato, o semplicemente è la solita adrenalina che circola in corpo prima che un evento cambierà la tua vita.
“Perché dovrebbero? Non hanno nessun motivo per esserlo. La cosa importante è saper distinguere vita privata e non” Risponde Zayn.
“Voi due siete già occupati. Parliamo di voi tre ragazzi, siete ancora single? Vi abbiamo visto alla premier in dolce compagnia”
Merda! Questa non ci voleva.
Ci guardiamo in faccia e Niall scrolla le spalle esasperato.
“Credo che… Come abbia detto Zayn poco fa, bisogna conoscere il confine. Per quanto mi riguarda l’importante è stare bene con una persona. Poi quello che sarà, si vedrà” Risponde, enigmatico Harry, come d’altronde è pratico lui.
“Questo vuol dire che Harry Styles è in frequentazione con qualcuna?” Domanda sornione, il dj rivolto ad Harry che alza le spalle e sorride di rimando.
“Questo è uno scoop signori! Ma… torniamo a voi” Continua il tizio con le cuffie rivolto a Niall e a me.
“Liam, ultimamente sei stato visto con la bruna della premier. Cosa ci dici in merito?”
Guardo Niall, che impacciato rimanda lo sguardo, non sapendo cosa fare.
“In verità… Gli  ho rubato l’accompagnatrice” Ammetto, indicando il mio amico biondo.
Niall scoppia a ridere, facendo seguire tutti gli altri.
“Vuoi spiegarlo anche ai nostri amici a casa? E anche a me se per questo…” Domanda lo speaker, incuriosito.
“E’ semplice, mi sono innamorato della ragazza che accompagnava Niall alla premier”
La notizia, non solo blocca il respiro dell’intervistatore, che a quanto pare non si aspettava tutto ciò, ma fa rimanere folgorati anche i miei compagni, l’unico che sorride felice è proprio Niall, che ha un’aria rilassata, come se sapesse questa notizia da un sacco di tempo.
Subito mi rendo conto che non siamo solo noi sei, dj compreso, che ascoltano questa novità, c’è anche tutto il mondo, ma stranamente non mi fa paura.
“E Niall cosa pensa di questa cosa? Insomma, gli hai rubato la ragazza”
Il mio amico scoppia a ridere e ridacchiando cerca di trovare un filo logico.
“Hanno assolutamente la mia benedizione, insomma… lei è una mia carissima amica e lui un mio quasi fratello, cosa vorrei di più?”
“Grazie amico per la tua benedizione” Smuovo la situazione, facendo nascere qualche risatina.
“Insomma, giornata veramente piena di notizie succulenti signori. Questi sono i One Direction e noi ci sentiamo dopo la pubblicità” Il dj aziona un pulsante rosso e nell’aria si sentono le note di una musichetta.
Sorridente e felice, mi tolgo le cuffie guardando i volti dei miei amici.
Non c’è risentimento, non c’è preoccupazione, semplicemente sono felici per me.
Zayn aveva ragione, alle volte il cuore è la chiave di tutto.
“Harold, come reagirà Eloise alla tua performance?” Domanda sorridendo Louis.
Harry smorza il sorriso e diventa ad un tratto bianco in volto.
“Merda” Sussurra, per poi farci scoppiare a ridere.
Controllo il cellulare che vibra in tasca e sorrido per il contenuto del messaggio.
 
Da Aly: Tu sei tutto pazzo.
 
Scrivo velocemente una risposta e torno a rimettermi le cuffie, pronto per il continuo.
 
Ad Aly: Sono il tuo pazzo. 

 
 
Kumusta a todos!
Alleluja! Ci siamo riusciti... Liam finalmente ha svelato al mondo Alyssa!
Cosa ne pensate del consiglio di Zayn? Io lo adoro. 
*Ma và... l'hai scritta tu quella parte* Si ok, è vero. Ma in quella parte Zayn sotterra l'ascia di guerra.
Insomma,  molte mi avete chiesto perchè Zayn era incazzato.
Bene, rispondo: era arrabbiato perchè non voleva che Liam si mettesse con Alyssa.
E non perchè Aly gli stesse antipatica, ma perchè Zayn aveva intuito qualcosa e non voleva che il povero Liam, soffrisse quando... bhè... quando Alyssa EVENTUALMENTE non ci sarà più.
E tutto ciò ha mandato in confusione anche me, visto che proprio Liam mi sta mandando al manicomio.
Insomma, un gran casino!
Ma vedrete che prima o poi tutto tornerà al suo posto, cosa che spero anche io sinceramente :)
Vi è piaciuto il capitolo? Volete farmi degli accorgimenti? Non so, qualsiasi cosa è ben accetta.

Ringrazio Meg, Fraa_Panda, Aurora ed Amely per lo scorso capitolo. Sapete ormai che vi adoro enormente. ♥
Ringrazio chi si aggiunge.
Ringrazio anche chi mi contatta su facebook e in altri social vari.
Ringrazio chi legge e vi invito a farvi avanti. Non mordo lo giuro ;)

Vi auguro una buona settimane e ci sentiamo martedì prossimo. 
Un bacione a voi tutti.
-Ila-





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Capitolo 33
*** Niente ha importanza, tranne lui ***


POV ALYSSA
 
Addormentarsi quando sei presa dai sentimenti è la cosa più difficile che ci sia a questo mondo.
La mente è recettiva, i nervi sono all’erta e le cellule cerebrali in continuo movimento.
Capita quando si ha un esame, la mente prende a pensare tutte le situazioni più allucinanti che ci possano essere.
Capita quando si è tristi, la mente torna a quei momenti e molto spesso le lacrime fanno da padrone.
Capita quando si ha paura e spesso cuore e mente sono in conflitto, uno batte all’impazzata e l’altro dà presagi sconvolgenti.
Capita quando si è felici, non si vuole dormire perché la realtà è migliore della fantasia.
Capita quando si è innamorati.
Già, specialmente quando si è innamorati. Perché mente e corpo sono collegati da un filo sottile.
La mente corre alle parole che si sono dette, ai momenti di tenerezza e il corpo reagisce: il cuore batte forsennato, la pelle è attraversata dai brividi e le gambe cedono.
Ripensare a quella intervista è qualcosa di indescrivibile.
Parole semplici, verità esposte.
“Mi sono innamorato…”
Certo, ormai lo sapevo, ne ero certa. Ma sentirlo in radio, poco dopo che il telefono è vibrato fortemente come se anche lui volesse rendersi partecipe, è tutt’altra storia.
Sentire Liam rilassato e felice, è stato il regalo più grande.
Sono onesta dicendo che non me lo sarei mai aspettata, del resto la mia parte di mente malvagia credeva che non l’avrebbe mai detto, vergognandosi del mio destino, perché avrebbe dovuto rispondere a molte domande.
Ma anche queste volta Liam mi ha sorpresa, non ha fatto nulla di quello che ritenevo avrebbe fatto.
Ed è questa la cosa più sensazionale, non dare mai niente per scontato.
Con un sorriso sulle labbra, nato da quando ho ascoltato quelle parole, mi giro nel letto e abbraccio il cuscino trattenendolo nelle mie braccia come se fosse quel ragazzo che tanto vorrei qui con me.
Chiudo gli occhi e cerco di dormire, anche se so che sarà difficile questa notte lasciarmi andare tra le braccia dell’inconscio.
 
Proprio quando credo di essermi addormentata, una mano appoggiata sulla mia spalla mi percuote.
“Aly, Alyssa. Svegliati”
Mugolo infastidita, portandomi le coperte sulla testa.
Proprio adesso che sono riuscita a dormire deve chiamarmi mio padre?
E poi perché deve svegliarmi così presto?
Dopotutto la scuola è terminata da un pezzo e non ho più questo vincolo.
“Aly, devi alzarti”
Borbottando, mi giro trascinando le coperte con me e apro un occhio, vedendo tutto buio attorno a me.
“Papà, ma che ore sono?” Domando biascicando.
“E’ presto” Spiega lui.
“E allora perché mi hai chiamato? È successo qualcosa?”
Lui sembra divertito e questo mi fa innervosire ancora di più.
“No, non è successo nulla”
“Perché mi svegli all’alba?”
Pronta per tuffarmi nel giaciglio caldo, vengo spiazzata dalle parole di mio padre.
“C’è Liam che ti aspetta” Spiega lui, sorridendo.
“Liam?”
Mio padre asseconda con la testa e si tira su nella sua postura.
“Che ci fa qui?” Domando, mettendomi seduta nel letto rabbrividendo.
“Non mi ha detto nulla. Ti vuole solo fuori di casa tra un quarto d’ora”
Interrogativa guardo ancora il volto di mio padre, scrutandolo, in cerca di qualche spiegazione in più.
Ma lui sorride solamente e si avvicina alla porta per poi uscire.
“Ma che diamine ha in testa?” Domando tra me, pensando a quello che sta facendo quel ragazzo.
Scuotendo la testa, decido di dargli corda e infreddolita, esco dal letto per dirigermi in bagno e darmi una svegliata, visto che di dormire non se ne parla più.

Quando scendo le scale e arrivo in cucina, trovo mio padre che sorseggia il suo caffè mattutino mentre sfoglia una gazzetta del giorno precedente.
“Buongiorno” Mi saluta tutto giulivo.
“Buongiorno papà” Ricambio il saluto, appoggiando la borsa sul tavolo per controllare se c’è tutto dentro.
“E’ un bravo ragazzo, quel Liam”
Ad un tratto mi blocco di qualsiasi azione stia facendo e alzo la testa di scatto, incrociando gli occhi con quelli di mio padre.
Solitamente quando si parlava di ragazzi in questa casa mio padre ha sempre avuto pregiudizi.
Non che se ne parlasse tantissimo, dato il fatto che il mio allontanare le persone funzionava dannatamente bene.
Ma mio padre ha sempre dovuto fare i conti nel ricoprire tutte e due le figure genitoriali, ma solitamente prevaleva quella del padre.
Un padre geloso, un padre accondiscendente solo per le cose che voleva lui.
Ma ora eccolo qui, rilassato e con un sorriso sulle labbra. Pronto a dare una possibilità.
“Lo è” Lo rassicuro, sbattendo le palpebre riprendendo il contatto con la realtà.
“Divertiti e avvisami per qualsiasi cosa”
Chiudo la borsa, me la metto in spalla e mi avvicino al suo posto.
Mi chino leggermente e lascio un piccolo bacio sulla guancia di mio padre. Momenti rari tra noi, ma di vero significato affettivo.
“Lo farò. Buona giornata papà e non stancarti”
Lui ridacchia a prende a sorseggiare il resto del caffè.
“Buona giornata anche a voi tesoro”
Felice come non mai, mi avvicino alla porta, pronta per sapere il motivo della visita mattutina di Liam.
 
Dopo esattamente un quarto d’ora, avvolta nel mio giubbotto e nella mia sciarpona dovuta al clima d’inizio inverno, scendo le scale del porticato e mi avvicino alla grossa macchina nera che mi aspetta sul ciglio della strada.
Tornano per un attimo le sue parole: “Mi sono innamorato…”
E in quel momento non m’importa se ci sono si e no dieci gradi, non m’importa se il sole non è ancora sorto, nulla, non m’importa assolutamente di nulla.
Voglio solo fiondarmi tra le braccia della persona che amo.
Liam, come se avesse percepito tutto le mie idee, fa scattare la portiera e con un sorriso da far crollare le ginocchia, qui, in mezzo alla strada, esce dalla macchina.
Non appena lo vedo sorrido e mi fiondo tra le sue braccia, che si sono aperte non appena mi ha notata.
Che fosse stato sempre questo il mio posto?
Che fosse questa la mia vita?
Che fosse questo il mio destino?
Senza rimorso, senza tristezza, penso che se questo è il mio destino: tra le sue braccia adesso e senza paura penso che potrei anche morire domani.
“Buongiorno” Mi sussurra lui, soffiando tra i capelli.
Sollevo il viso dal suo petto e i nostri occhi si incontrano e presa dall’istinto, mi alzo sulle punte e lo bacio.
Un bacio che trasmette tutto quello che provo: amore, felicità e pace.
“Buongiorno” Lo saluto, staccandomi e tornando a guardarlo.
“Amo i tuoi saluti”
“E io amo te”
L’ho detto! E stavolta senza nessun contesto che girovagasse attorno. Stavolta diretto e semplice.
Per un attimo Liam sembra sorpreso e i suoi occhi si sbarrano davanti alla realtà.
Ma subito dopo tornano anche loro a sorridere e mentre mi abbraccia stretta, sussurra la conferma a tutto quello che ieri ha lasciato traspirare.
“Ti amo anche io”
Il cuore, proprio come me, svolazza e mi lascio andare, per una volta, felice e fiduciosa tra le braccia di una persona a me cara.
 
“Perché mi hai rapita così presto?” Domando, allacciandomi la cintura di sicurezza.
“Perché dobbiamo andare da una parte”
Dubbiosa, mi volto a guardarlo, mentre aziona la freccia per immettersi in carreggiata.
“Nessun indizio?” Domando speranzosa, sorridendogli.
“Nessun indizio” Bofonchia lui ridacchiando, vedendo la mia espressione mutare.
Metto il broncio e guardo fuori dal finestrino, ma il broncio subito dopo si trasforma in un semplice sorriso di appagamento quando Liam appoggia la sua mano sul mio ginocchio e lo stringe per sincerarsi che tutto questo sia una sorpresa.
 
Senza accorgermene, sono caduta in un sonno del tutto non voluto dalla mia testa.
Poco prima che Liam si fermi in un parcheggio pubblico desolato, apro gli occhi e mi guardo intorno.
Non c’è più il buio completo e le tenebre stanno diramandosi.
Mi metto composta, ma una fitta alla testa mi fa chiudere di botto gli occhi e appoggio la testa alla spalliera del sedile, respirando a pieni polmoni.
“Aly, c’è qualcosa che non va?” Domanda preoccupato Liam, dopo aver tirato il freno a mano.
Aspetto ancora qualche secondo prima di aprire nuovamente i miei occhi e lo sguardo passa dal parcheggio, per poi andare sul volto preoccupato di Liam.
Quando la fitta si calma, roba di attimi, gli sorrido e alzo una mano per accarezzargli la guancia dove la sua fresca barba mi solletica il palmo.
“Sto bene. Andiamo?”
Lui mi fa un accenno affermativo e aspetta che io esca dalla macchina per poi seguirmi.
Quando si avvicina nuovamente a me, fuori al parcheggio, mi passa una mano sul fianco attirandomi più vicino e mi posa un bacio sulla testa.
Piccoli brividi mi passano sulla schiena e felice, avvolgo anche io le braccia sui suoi fianchi sentendomi la persona più felice di questa terra.
 
“Che ci facciamo qui?” Domando, guardandomi attorno riconoscendo il posto.
Siamo sul ponte proprio dove tanto tempo fa, io e lui facemmo una passeggiata prendendo un gelato.
Giorni dove nessuno dei due si aspettava questa vita: l’essere insieme, l’essere innamorati l’uno dell’altro, sapere la scadenza.
Subito scaccio via l’ultimo pensiero, affacciandomi dal ponte guardando l’acqua che scorre sotto i nostri piedi.
“Ricordi?” Mi domanda lui, appoggiando le mani sul cemento del ponte.
“Si” Ammetto, guardando il paesaggio che ci circonda, ancora per poco, buio.
Un venticello fresco, scompiglia i miei capelli facendoli volteggiare nell’aria.
Ridacchio per il fatto di assomigliare a una pazza con le ciocche che svolazzando da una parte all’altra, dispettose e allegre.
Sento Liam avvicinarsi, lo vedo prendermi una mano e farmi voltare dalla sua parte.
“Sei bellissima”
Impreparata, arrossisco abbassando lo sguardo.
Lui con la sua mano, sfiora il mio mento facendomi alzare il capo.
“Ti prego, non vergognarti. Sei stupenda e io me ne sono accorto proprio quel giorno qui. Eravamo ancora due sconosciuti, ma guardandoti arrossire mentre mi interessavo alla tua vita è stato fondamentale. Vedevo una ragazza troppo magra, troppo chiusa in se stessa, ma allo stesso tempo sentivo qualcosa dentro, come se ti conoscessi da una vita, come se ci fosse qualcosa che urlava il tuo nome. E sai cos’era Alyssa?” Mi domanda alla fine, guardandomi negli occhi.
Nego con il capo, non riuscendo ad articolare nessuna frase e nessun pensiero logico.
“Era il cuore” Risponde lui, mentre posa il mio palmo sul suo petto, proprio all’altezza di quell’organo vitale.
“Lui aveva capito tutto, ancor prima di rendermene conto io stesso. E mi sento uno stupido se quella volta non ho seguito l’istinto e non mi sono fiondato sulle tue labbra e tra le tue braccia. Ma ora siamo qui, io e te e non ho nessuna intenzione di andare via”
Ammette mentre all’orizzonte una palla di luce rosa, facendo brillare il cielo di arancione con tutte le sue sfumature, ci saluta dandoci il suo personale buongiorno.
Rimango a bocca aperta, per tutto! Per le parole che ho sempre desiderato, per l’atmosfera e per i sentimenti che mai, mai e poi mai abbia provato prima d’ora.
Ma subito, un interruttore mi si accende in mente e mi giro a guardare Liam, che continua a fissarmi e continua a mantenere la mia mano sul suo petto.
“Tu lo sapevi” Capisco ad un tratto.
Lui asseconda con il capo e io sorrido. Sorrido perché non trovo niente di cattivo.
Non importa se ha frugato nell’agenda rossa, non importa se ha scoperto i miei desideri.
Perché, tra quei dodici sogni, lui doveva farne assolutamente parte.
 
“Sei stanca?” Domanda Liam, fermandosi dinanzi a un palazzo enorme circondato da altrettante enormi macchine.
“No” Decreto, slacciandomi al cintura di sicurezza.
Siamo stati tutto il giorno insieme, dopo aver guardato l’alba, ci ha atteso un’enorme colazione dove Liam mi ha costretta a trangugiare ben due cornetti, ma si è accontentato di quell'uno che ho mangiato molto volentieri. 
Quando si è alleghi si possono fare cose che mai ti saresti aspettato, nel mio caso: mangiare.
Siamo stati a fare compere in centro, ovviamente lui è stato circondato da persone curiose che l’hanno fermato e addirittura alcune si sono presentate con me, molto felici della nostra relazione.
Ero sicura che mi sarebbe costata una faticaccia entrare nelle loro grazie, ma forse ho capito che l’importante non è essere altezzose e fuori dalle righe. Dopo tutto, con la figura di Liam accanto non puoi essere così.
Subito dopo siamo andati a pranzo in un pub molto alla mano e ci siamo fermati lì a chiacchierare più del dovuto, poi una passeggiata al parco, il mio e quello di Niall, lontano da sguardi indiscreti.
E mi sono sentita nuovamente a casa, come se il mio posto nel mondo fosse esattamente accanto a quella persona.
Ora siamo qui, a recuperare il cane di Liam dalla sua ex ragazza.
Danielle, ho sentito molto parlare di lei, sia da Eloise sia su twitter.
Non sono preoccupata, perché dovrei?
In verità ho una maledettissima ansia, mentre saliamo nell’ascensore che ci porta negli studi di registrazione del video clip in cui sta lavorando la ragazza.
“Danielle balla da anni, ora sta lavorando con Katy Perry per il suo nuovo singolo…” Spiega Liam, ma viene subito bloccato da me, che lo trattengo con le nostre mani legate.
“Katy Perry?” Domando a bocca spalancata.
Liam scoppia a ridere e facendo un passo verso di me, mi scompiglia i capelli.
“Non è qui. Torna a respirare”
“Tu sei pazzo! Mi stavi facendo prendere un coccolone…” Prima del previsto. Continua la mia mente.
Mi rabbuio e Liam se ne accorge subito, passandomi un braccio sui fianchi.
“Vieni… Andiamo a prendere Loky”
Mi guida verso i camerini, suppongo, invasi da ragazzi che si cambiano fuori le porte invasati.
“Hei bello! Da quando tempo non ci si vede!”
Liam viene fermano da un ragazzo alto, troppo muscoloso e di carnagione bruna.
A prima occhiata mi spiazza, non sembra nemmeno vero! Una statua, ecco cos’è!
A bocca aperta, non mi accorgo di una ragazza che si avvicina sorridendo.
“Tu sei Alyssa?” Domanda una vocina piccola, acconto a me.
Quando mi riscuoto e mi volto a guardarla rimango nuovamente senza parole.
È… Bellissima!
Sorridente, allegra e solare. Danielle.
“Si” Rispondo timidamente.
Lei come se nulla fosse, continua a sorridere, facendomi domandare come non le venga una paralisi facciale.
“Io sono Danielle”
Non l’avrei mai detto.
“Piacere, Alyssa” Le sorrido, non trovando nessun modo per non farlo.
Sembra alla mano, una ragazza semplice e senza nessun pregiudizio.
“Ho sentito molto parlare, ultimamente, di te” Mi strizza l’occhio.
“Dany” La saluta Liam, congedandosi dalla statua di bronzo di prima.
“Lee” Fa un cenno della testa lei, sorridendo ancora.
“Dov’è qual diavoletto?” Domanda lui, guardandosi attorno in cerca del suo… del loro cane.
“Nel mio camerino”
“Arrivo subito” Dice lui, allontanandosi dopo avermi strizzato l’occhio.
Rimango in silenzio, fissandomi le punte delle scarpe interessata.
“Sono contenta che Liam sia con te ora, non mi piaceva quell’altra ragazza” La voce di Danielle mi fa nuovamente sussultare.
“Io… Non so che dire, grazie”
“Non c’è bisogno di ringraziarmi. La cosa importante è che Liam sia felice” Mi sorride benevola.
Liam è veramente felice con me?
“Io, non so se è realmente felice con me” Ammetto e non so nemmeno il perché io mi stia confidando con questa persona che non conosco, addirittura ex dell’uomo che amo.
“E’ semplice. Lui sorride guardandoti dritto negli occhi? Ti stringe possessivamente al suo fianco? Ti mette al centro dell’attenzione?” Mi domanda lei, guardando un punto indefinito davanti a se.
Se mi sorride guardandomi dritto negli occhi? Stamattina l’ha fatto, non appena mi è venuto in contro, appena uscita di casa e anche quando mi ha stretta a se.
Se mi stringe possessivamente? Anche prima l’ha fatto e nell’arco della giornata di oggi non ha fatto altro.
Se mi mette al centro dell’attenzione? Un esempio è guardare l’alba insieme a me, la volontà di esaudire uno dei miei desideri.
E ne sono sicura, la risposta è solo una a tutte queste domande.
“Si” Rispondo, accennando un sorriso.
“Allora è felice Alyssa. Non fartelo scappare” Mi dice lei, tornando, per la prima volta, seria.
Assecondo con il capo, proprio nel momento in cui Liam appare in corridoio con al guinzaglio Loky, che scodinzola.
“Hei, fai il bravo” Richiama Danielle, il loro cane.
“Lo farà” L’assicura Liam.
Dopo le ultime direttive dei due, usciamo dallo studio accompagnati dalla piccola presenza di Loky.
“E’ bellissimo” Ammetto io, fermandomi ad accarezzarlo.
“E’ come avere un cucciolo per se, no?” Mi domanda.
Quando alzo la testa lo trovo a sorridere e capisco tutto.
È una sorta di compromesso a un mio desiderio: comprare un cane.
Non riesco a crederci che in un semplice giorno, non solo il mio cuore ha galoppato come non mai accanto a questo ragazzo, ma è riuscito lui stesso ad esaudire due dei miei dodici desideri.
Può essere reale tutto questo? Posso, dopo tanti anni di pianti di cattiverie e di delusioni, sorridere e sentirmi sicura?
Mi alzo sulle mie gambe un po’ traballante e mi aggrappo alle braccia della persona che amo e che anche lei ricambia. Se questo è un sogno e se dovessi svegliarmi ora non mi importerebbe, perché almeno posso dire di aver stretto a me colui che fa scalpitare il mio cuore, almeno una volta.
“Ti amo tanto, lo sai?” Domando, affondando il mio viso al suo petto.
“Probabilmente meno di quanto io ami te” Sussurra, allacciando il braccio libero ai miei fianchi.
E probabilmente non è fantasia, probabilmente questo è semplicemente il mio destino.

 

Kumusta giovani lettori miei adorati.
E' primavera ormai e le rondini sorridono. Non è bellissimo? Adoro questa stagione, peccato duri poco.
Come state? Spero bene.
Oddio, adoro questo capitolo. Infinitamente tanto e a voi piace?
Che ne pensate di questo nuovo personaggio? Danielle.
Non penso sia rilevante, almeno per il momento. Poi vedremo come si mettono le cose.
Finalmente due dei desideri di Alyssa sono stati esauditi, ma la scalata è ancora tanta.
Volevo avvisarvi che PROBABILMENTE i capitoli saranno più lunghi del solito, non eccessivamente eh, perchè voglio rientrare in un determinato numero di capitoli e unica soluzione è farli più lunghi. 
Poi, staremo a vedere anche per questo punto.

Ragazze vi ringrazio. Per cosa vi domanderete? Ma perchè nello scorso capitolo siete state fantastiche.
Non mi sono mai sentita così felice come lo sono stata nel leggere le vostre recensioni.
Ho tipo saltellato per casa dalla gioia e non esagero. Ho assillato le mie amiche per la notizia :D 
Gente seria e normale, dicevano...
Ringrazio:
Quell'amore di Fraa_Panda tanto zuccherosa nello scorso capitolo.
La fantastica Meg perchè l'adoro incondizionatamente.
Aurora che perennemente mi fa sapere quello che pensa ed è stata la prima a spronarmi.
Afrodite 99 che con poche parole è stata incisiva.
La mia Amely che ovviamente, ormai sa, adoro allo stato puto.
E per finire, ma non di meno importanza tomea99 una mia veterana lettrice che fa sempre piacere trovare.
Grazie a voi lettori che vi aggiungete.
E grazie anche a chi legge silenziosamente ma sapete ormai che sono le vostre parole che mi fanno continuare.

E niente, me ne vò a comprare le sottilette che mamma ha dimenticato, ovviamente, di comprarmi.
Sono peggio di una donna con le voglie.
A martedì.
Un bacione.
-Ila-

P.s. Ciao mia piccola Lore! Che ormai si è infettata da questa storia ♥





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Capitolo 34
*** Consigli materni ***


La tranquillità, la spensieratezza. Ho sempre associato questi due sentimenti a una sola cosa: il mio pianoforte.
Mi ci sono rifugiata in continuazione, tra quei tasti avori e neri, per qualsiasi motivo.
Futile o serio che sia.
Ho sempre cercato di lenire qualsiasi stato d’animo con qualche sonata, con i compositori che più amassi.
Ma mai, avrei creduto che la tranquillità potesse essere stare qui, seduta su un tappeto mentre fuori dalla finestra il mondo continuasse a girare.
Mai, avrei creduto che la spensieratezza potesse essere un muso di un piccolo cagnolino, che si appoggia fiero, sulle tue ginocchia incrociate.
Questo momento, potrebbe essere catalogato come perfetto.
“Guardalo, l’hai già stregato” Osserva la voce di Liam, facendomi sorridere.
Il piccolo Loky è sdraiato di pancia sul tappeto, probabilmente stanco delle mille peripezie compiute da ieri ad oggi, con il suo musetto nero appoggiato sul mio ginocchio.
“E’ un cane strepitoso” Dico, accarezzando le sue orecchie calde e lunghe.
Il cucciolo, si lascia accarezzare chiudendo gli occhi.
È straordinario pensare come dei piccoli esserini, possano donare il cuore a qualcuno. Non ho mai pensato a questa eventualità.
Sono sempre stata avversa ad avere un cane, l’ho sempre desiderato lo ammetto, ma non ho mai avuto l’onore di poterlo avere.
Come avrei mai potuto?
Prendere in considerazione l’idea di un cane a casa mia è sempre stata impossibile.
Con un padre perennemente fuori casa, io fuori per studi. Povera bestiola, ne avrebbe risentito.
Ma nuovamente, Liam ha avuto l’idea di farmi provare, almeno una volta nella vita, cosa significa avere accanto un cucciolo e devo ammettere che è la cosa più dolce che ci sia.
Vengo strappata dai miei pensieri, da un rumore sordo, come quello degli scatti delle fotocamere.
Stordita, mi giro con il capo nella stanza e i miei occhi si posano sul cellulare sollevato di Liam, accanto a me.
Lo vedo trafficare con questo e sorridere.
“Che hai fatto?” Domando, sollevando un sopracciglio.
“Eri adorabile” Spiega lui, sogghignando.
“Fammi vedere Liam!”
“Assolutamente no e ho tutte le intenzioni di farti conoscere al mondo”
Rimango spiazzata dalle sue parole, ma subito un campanello d’allarme giunge alle mie orecchie.
“Tu cosa?” Sbraito, facendo sollevare la testolina di Loky dal ginocchio.
Liam scoppia a ridere e io mi allungo su di lui, cercando di afferrare il cellulare.
“Non ci riuscirai mai” Mi prende in giro lui, continuando a ridere.
“Dai Liam, ti prego. Non lo farai veramente”
Mi blocca i polsi con una sola mano e maledico il fatto di essere tanto mingherlina rispetto a lui.
“Ops… Tweet inviato”
“Ti odio!” Protesto, mettendomi nuovamente seduta a gambe e braccia incrociate.
Loky, dopo essersi alzato e aver assistito alla scenetta, si siede nuovamente accanto a me.
“Non è vero che mi odi” Soffia Liam al mio orecchio, facendomi rabbrividire e sorridere in contemporanea.
Veniamo bloccati da uno scampanellio alla porta insistente.
Sentiamo Louis borbottare dalla cucina, per poi andare ad aprire.
“Dov’è? Dov’è quel mentecatto?” Sentiamo sbraitare una furente Eloise, mentre spalanca la porta e a grandi passi giunge nel salotto.
“Harry?” Domanda sarcastico Louis.
“ Si. Quel defic… Aly! Che ci fai qui? Oh che bel cagnolino” Cambia espressione la mia amica, non appena ci nota seduti sul tappeto.
“El!” La chiamo alzandomi in piedi, sorridendole, cercando di alleviarle l'arrabbiatura che la pervade.
“Sai di Loky, no?”
Lei asseconda con la testa, setacciando la stanza in cerca della sua vittima.
Il suo sguardo è misto fiamme e ghiaccio e non so qual è peggio, proveniente da lei.
“Eloise, che bella sorpresa” La chiama, la voce roca di Harry.
Male. Quel tono non farà altro che farla incazzare ancora di più.
“Tu!” Urla la mia amica, avvicinandosi alle scale da dove scendono Harry e Niall.
“Tu, razza di troglodita. Che diamine hai fatto?” Gli punta un dito contro.
“Io? Cosa?” Domanda, spaventato Harry, facendo un passo indietro, non avendo mai visto Eloise così.
“Credo sia meglio che io vada… a fare compagnia a Loky” Si dilegua Niall, trotterellando nella nostra direzione.
“Tu. Si tu! Cos’è quella cosa della radio eh? Grazie Harry, grazie per averlo fatto sapere prima a me e non a un milione di ascoltatori. E io che pensavo che fossi un deficiente!” Sbraita lei, facendo riferimento all’intervista di qualche giorno fa.
“El, posso spiegarti. Sono stato preso dal momento e…”
“Non mi interessa Harry, sono incazzata nera! Come credi l’abbia preso eh? Non mi hai nemmeno avvisata di quella maledettissima intervista! Sono venuta a saperlo solo perché Aly mi ha spiegato quello che era successo con Liam”
“Volevo dirtelo ma…”
“Niente ma Styles. Mi hai profondamente delusa!” Sentenzia Eloise a bassa voce, abbassando lo sguardo.
Non aspetta una risposta, gira i tacchi e torna alla porta.
Harry sembra ripercuotersi solo quando lei appoggia la mano alla maniglia e mette un piede fuori.
“El. Ti prego!”
Ma non arriva risposta, perché la posta si chiude alle spalle della mia amica.
“Sono un idiota” Si colpevolizza il riccio.
“Per fortuna te ne sei reso conto” Lo canzona Liam, ottenendo un’occhiataccia.
“Non preoccuparti Harry, le passerà proprio come l’è venuta” Lo tranquillizzo, dando una gomitata ad un braccio di Liam che fa finta di accusare il colpo.
“Le parlerai?” Mi domanda speranzoso.
“Le parlerò”
In quel momento sentiamo aprirsi la porta d’ingresso, speranzoso Harry alza la testa ma le sue speranze vengono infrante quando Zayn fa il suo ingresso.
“Che diamine è successo? Eloise era una furia”
Harry alza le braccia al cielo e Niall scoppia a ridere. Esasperato, Harry va via salendo a due alla volta gli scalini della scala.
“Anche per me è un piacere vederti, Hazza” Lo canzona Zayn, entrando in salotto.
“Che mi sono perso? Raccontatemi”
 

Tornare in ospedale è sempre dura, tornare lì dove le tue incertezze sono diventate reali.
Lì dove l’incubo è iniziato e probabilmente finirà, fa un po’ terrore.
“Come va Alyssa?” Domanda la psicologa, non appena metto piede in ufficio.
Sono venuta qui senza preavviso, con l’idea di porre fine alle nostre sedute.
Probabilmente sto sbagliando: abbandonare colei che mi potrebbe dare una mano nell’affrontare i miei ultimi mesi.
Ma sono dell’idea che in questi mesi io voglia altro e non venire qui, in questo posto orrendo, sapendo che questo decreterà la mia fine.
“Mi scusi per essere venuta senza preavviso” Dico, chiudendo la porta alle mie spalle.
Il solito sole che sta tramontando illumina la stanza, facendo brillare le pareti bianche di rosa e arancione.
“Non c’è problema, si accomodi”
Mi siedo nella mia ormai familiare poltrona, sempre posta difronte alla scrivania.
“Allora, cosa la porta qui?” Domanda lei, togliendosi gli occhiali e chiudendo degli schedari che stava visionando fino a poco tempo fa.
“Ho scritto i miei desideri” Esordisco, prendendo un respiro profondo.
“Sono contenta l’abbia fatto e come vanno le cose, nell’esaudirli?”
“Sto avendo una mano, in verità”
“Cioè?” Domanda curiosa, inclinando la testa di lato, attenta alle mie parole.
“Liam ha letto l’agendina e mi sta aiutando nell’esaudirli” Rispondo, vergognandomi, sentendo le guance imporporarsi. 
“E’ una cosa bella”
“Già…”
Rimaniamo in silenzio, come sottofondo solo la lancetta dell’orologio che segna i secondi scorrere.
Come un richiamo perenne per me, del tempo che passa e dell’avvicinarsi sempre più alla meta.
“Cosa la preoccupa Alyssa?” Domanda lei, alzandosi per poi sedersi nella poltrona accanto alla mia.
“Cosa?” Domando di rimando, alzando la testa a fronteggiarla.
“So che non le piace questo posto e so che non viene mai di sua spontanea volontà qui dentro, del resto chi lo farebbe. Ma stavolta lo ha fatto, perché?”
Già, perché?
Ammetto che non è solo per il fatto di dirle “addio” ma c’è qualcosa che mi cova dentro da troppo tempo.
“Perché non mi ha mai dato del tu?” Domando, sbalordendo lei ma anche me stessa.
Lei sorride e si appoggia alla spalliera della poltroncina.
“Bhè, solitamente non do mai del tu ai miei utenti, ma capisco che oggi non siamo dottore-paziente, perciò credo che potrei fare un’eccezione alla regola” Mi risponde, sorridendo sinceramente credo, forse, per la prima volta.
Assecondo con la testa, guardando fuori dalla finestra.
“Mi mancherà questo sole, questo tramonto. Amo come gioca tra le foglie dell’albero” Ammetto, guardando il cielo che pian piano sta abbandonando le sfumature rosse.
“Si, è un bello spettacolo”
“Ho paura” Blocco il respiro non solo a me, ma anche alla donna accanto a me.
Lei rimane in silenzio, non so se per assimilare la bomba scoppiata o semplicemente per lasciarmi proseguire.
“Ho una maledetta paura. Paura nell’abbandonare le persone: mio padre, i ragazzi, Eloise; nel lasciare quel sole e ho la nausea se penso che Liam stia soffrendo al suo interno e preferisce non dirmi niente. Ho paura di troppe cose. Anche delle mie emozioni” Sbotto, lasciando che alcune lacrime mi scorrano dagli occhi.
“Sono altalenante, un attimo prima sono contenta, rido e potrei anche dire di non pensarci, l’attimo dopo sono tornata nel buio, nella consapevolezza che tutto prima o poi finirà. Che IO prima o poi, finirò. È estenuante, mi creda, quando guardo il sorriso di Liam, quando suono al pianoforte e anche quando guardo quel sole, l’attimo dopo aver pensato ‘è bellissimo’ subito mi accorgo che tra pochi mesi non lo rivedrò mai più. Io non so più che fare. Vorrei non avere questa paura che si sta trasformando in pazzia. Mi dica, per favore, cosa posso fare. Ma non voglio un consiglio da medico, io vorrei un consiglio da… da mamma”
Questa è la verità, questo è il mio grido d’aiuto.
Non posso appoggiarmi sulle spalle di un padre che ha il mondo già su di esse, che combatte con la consapevolezza che prima o poi la sua unica figlia non ci possa essere più, proprio come sua moglie.
Mi manca la figura materna, mi manca colei che mi abbracci e mi dica che non sarà nulla di doloroso, che lei prenderà il dolore al posto mio e lo lancerà lontano per non farmelo rivedere mai più.
È questo che mi manca, è questo il pezzo del puzzle mancante.
La dottoressa, si schiarisce la voce e per un attimo vedo i suoi occhi lucidi e limpidi, come se volessero tuffarsi nei miei.
“Quando mi dicono di abbandonare i panni del mio lavoro, di appendere il camice al chiodo, io non lo faccio mai. Sono devota alla mia posizione, credo che tu ormai lo abbia capito. Alyssa, io non ho mai avuto utenti come te, tu non sei solo una persona che chiede aiuto, sei tutto quello che la vita può donare. Sei passione, bravura, uragano, tempesta e quiete. Sei stata la persona più ottusa e più caparbia con cui abbia mai lavorato. Hai un passato veramente duro come lo sarà il futuro, ma lascia che ti dica una cosa: il tuo presente è oro”
Prende un sospiro e allunga la sua mano, per prendere la mia nella sua.
Rimango spiazzata per questo gesto.
Dov’è andata a finire quella donna cinica, dietro i suoi occhiali rettangolari e dietro quella scrivania di mogano?
“Stavolta il mio consiglio è strettamente materno e non farò mai più quello che sto facendo ora. Ma io ti dico una cosa: Liam ti ama, hai degli amici straordinari e tuo padre è dalla tua parte. Non lasciarti sopraffare dalla rabbia o dalla negatività, lascia che il presente ti inglobi in se. Lasciati vivere, non importa per quanto, non importa fino a dove. Ma non andare via con i rimpianti, lascia che la luce del solle continui ad illuminarti e fai del cielo la tua vita”
Conclude lei, mentre una lacrima solitaria le riga la guancia.
Non so perché, ma questo è il miglior consiglio che mi abbia mai dato e sorprendendo sia me stessa che lei, mi sporgo verso il suo corpo e le mie braccia circondano le sue spalle.
“La ringrazio, per tutto. Mi mancherà”
“Mi mancherai anche tu Alyssa. Davvero tanto” Ammette lei, lasciandosi scappare un singhiozzo, mentre ricambia l’abbraccio.
E dopo tanto, troppo tempo, sento sulla mia pelle il calore di un abbraccio materno.
 
Quando esco dall’ospedale, mi blocco sulle scale e come un fulmine a ciel sereno, penso e sono fiduciosa, che un altro desiderio possa realizzarsi.
Con la luce ancora fioca, di un sole che ancora sta dando l’arrivederci al giorno, salgo le scale nuovamente, pronta a lasciarmi vivere e lasciar vivere.

 


Toc-toc, c'è nessuno?
Kumusta a chi c'è.

Questo capitolo è stato difficilissimo scriverlo e non vi dico quello che viene dopo!
La parte con la psicologa la trovo molto toccante e spero vi sia piaciuta. Io ho avuto i brividi nello scriverla. 
Può sembrare banale ma è andata così. Ve lo giuro.
La parte di Eloise e Harry invece è stata divertente. 
Via il solito Harry stronzo e cinico, benvenuto a un Harry preoccupato e sottomesso :P
Sovvertiamo gli schemi.
Perdonatemi se l'aggiornamento è arrivato in ritardo, ma ho avuto un sacco da fare. Ma sono stata brava no? Ho pubblicato in tempo.

Ringrazio la mia adorata Fraa_Panda per lo scorso capitolo e per farmi sorridere con poche e semplici parole ♥
Ringrazio e saluto chi si è aggiunto.

Se avete due minuti, fatemi sapere cosa ne pensate.
Buona settimana e Buona Pasqua! 

Un bacione
-Ila-







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Capitolo 35
*** Una giornata al parco ***


 
 
A te che lotti contro mali che ti straziano.
Spero tu abbia sempre la forza di reagire,
anche quando hai l'età dei giochi e della spensieratezza.

 

Busso timidamente alla porta della stanza di Jennifer, un silenzioso “Avanti” mi fa aprire la porta e sbirciare all’interno.
Non so se l’atmosfera è dovuta al calar del sole e all’arrivo delle tenebre, ma sento nell’aria la puzza di tragedia e disperazione.
Quando metto piede in camera, Jennifer ha gli occhi chiusi e il suo piccolo petto si alza e si abbassa dolcemente, ritmicamente, come un leggero battito d’ali.
I suoi capelli sono legati in una coda molle, sono visibilmente provati e… pochi.
E in quel momento capisco tutto, gli occhi mi si iniettano di lacrime e il primo pensiero che mi passa nella mante è quello di prendere il posto di quella bambina.
Perché? Perché lei? Perché una bambina che non ha colpe?
“Alyssa” Una voce mi riscuote e caccio le lacrime indietro.
L’ultima cosa che io possa fare è farmi vedere vulnerabile dalle persone che amano così tanto, quel piccolo fiore adagiato su quell’ignobile letto.
“Salve” La saluto con voce gracchiante.
“Che si fai qui?” Mi domanda la donna avvicinandosi, affiancandomi e guardando anche lei la piccola.
“Ero venuta dalla psicologa e sono voluta fare un salto da Jenny”
Anne asseconda con la testa, visibilmente persa nei suoi pensieri.
“Come sta?” Le chiedo sottovoce, timorosa di sapere la realtà.
“E’ a metà percorso di chemio”
La realtà conferma i miei pensieri.
Questo è il vero demone. Questo è il vero inferno.
E questa piccola creatura, ha già conosciuto tutta questa merda.
“Come sta reagendo?”
“La indebolisce, dorme sempre e non ha voglia di fare nulla. Si sta lasciando andare Alyssa e io non so più cosa fare”
Anne si copre la bocca con una mano e trattiene un singhiozzo, che però insolente si intrufola tra le dita e scoppia nella camera.
Questa donna è il vero senso di quella che dovrebbe essere una madre.
Stare accanto alla propria ragione di vita, combattere con lei, come se fosse lei stessa un guerriero, che cerca di sconfiggere il nemico.
Questa è l’esatta essenza dell’amore materno.
“Posso chiederle un favore? Un favore che forse, farebbe nuovamente sorridere Jennifer”
Lei si volta verso me e mi guarda curiosa. Si asciuga gli occhi lucidi e mi fa segno di continuare.
“Tempo fa, Jennifer mi confidò di voler uscire di qui e mangiare un gelato fresco. Io voglio esaudire questo suo desiderio. La vorrei portare al parco, farla respirare aria fresca e farla sorridere nuovamente. La prego, mi lasci portare fuori Jenny, le prometto che non le capiterà nulla, veglierò io su di lei”
Anne mi guarda scettica, sposta lo sguardo sulla parete alle mie spalle e riflette sul da farsi.
“Farà freddo”
“La copriremo”
“E se le capita qualcosa?”
“Cosa mai potrebbe accaderle? È un parco, ci saranno bambini che giocano, tanto verde e aria buona, le lasci respirare aria che non sia questa qui, fatta di disinfettante e tragedia”
La donna, fa tornare lo sguardo sul mio volto e con un colpo della testa asseconda.
“Va bene, quando puoi?”
Quasi non sto più nella pelle, ci sono riuscita!
“Domani?” Domando sorridendo, guardando la piccola che dorme tranquilla nel letto.
“Domani” Asseconda Anne.
E vorrei solo svegliare Jennifer e avvisarla che uno dei suoi sogni, così simile al mio, domani si realizzerà.
 

“Ti ho detto che non me ne frega un cazzo” Sbotta Eloise, per la milionesima volta dall’altro capo del telefono.
“El, non credi che tu la stia facendo più tragica del dovuto?”
Un silenzio carico di tensione scorre dopo la domanda.
Credendo che la mia amica abbia attaccato la chiamata, stacco il telefono dall’orecchio ma la cornetta che si riferisce alla telefonata, è ancora verde.
“Da che parte stai Aly?”
“Da nessuna parte! Semplicemente non credo ci sia bisogno di prendersela così tanto”
Lei sospira frustrata e la immagino camminare su e giù per la stanza, come solitamente fa quando è frustrata.
“Ti ricordo che ha spiattellato in diretta qualcosa che io non ero ancora  a conoscenza”
“El, ma non era lui quello che volevi accanto, lui che ti faceva battere il cuore così all’impazzata quando lo sentivi in radio con la sua voce roca?” La punzecchio io, prendendola in giro.
Ma quello che ottengo dall’altro capo del telefono è il silenzio, un assordante e fastidiosissimo silenzio che non rispecchia di certo l’animo della mia amica.
“Eloise?”
“Io non lo so Aly. È tutto così… così strano, capisci?”
Questa domanda ha un tono decisamente troppo familiare per i miei gusti, è come se fossi stata sbattuta indietro a qualche mese fa.
“Dove sono andati a finire i consigli della mia amica che mi propinava fino a poco tempo fa?”
“E’ decisamente troppo diversa la situazione” Sentenzia lei, con voce che non ammette scherzi.
“Tu e Liam siete uguali Alyssa, tu non sapevi nemmeno la sua esistenza prima di allora, invece io?” Si ferma per prendere fiato e io la lascio continuare, sapendo che il punto cruciale della situazione stia arrivando inesorabile “Se fosse tutta fantasia? Se io non provassi sentimenti per Harry al di fuori del suo essere famoso?”
Merda, la situazione è più complicata del previsto.
Ho sempre visto e sentito Eloise fantasticare su un cantante riccio, da tempo immemore ormai. Ricordo quando ne parlava in continuazione nelle lezioni monotone di letteratura, tra vari autori rinascimentali. Ricordo il suo scarabocchiare quel nome, a me sconosciuto, ovunque trovasse uno spazio bianco nei libri così noiosi che la facevano dormire.
Ricordo i suoi occhi brillare quella volta a Time Square, brillare più del sole che brilla alto nel cielo a mezzo giorno. Li ricordo, quegli occhi, sgranarsi quando, quel nome tanto scarabocchiato sui libri, prese vita e le si presentò sotto il naso.
Ho sempre creduto che una fissazione prima o poi avrebbe dato così tanta nausea, fino a svanire.
Invece, quegli occhi brillanti, ci sono sempre stati e sentire ora parlare così Eloise, è come se una cosa che hai sempre visto crescere, stesse deperendo.
“Mi stai dicendo che non provi niente per Harry?” Domando.
Dopo quello che credo essere passato un secolo, la mia amica sospira e lascia cadere un peso dritto sul suo cuore.
“Si”
 

Quando chiudo il cancello di casa alle mie spalle, il telefono inizia a squillare, credo, per la milionesima volta dal giorno precedente.
“Hey” Saluto sorridente, il mittente della chiamata.
“Che stai facendo?” Domanda Liam con voce tranquilla e piena.
“Sto andando in ospedale”
Sento Liam strozzarsi e prendere a tossire convulsamente.
“Liam! Liam che ti prende?” Mi blocco sul marciapiede e mi guardo attorno come se qualcuno potesse aiutare quel ragazzo, anche a distanza.
“Tu… Oh signore! Che hai? Ti senti male?”
“No, perché?”
“Ma… Allora che ci vai a fare in ospedale?” Chiede disorientato.
“Porto Jennifer al parco”
“La bambina che ama Louis?” Riesco a percepire anche il suo sorrisino formatosi sulle labbra.
“Esatto” Sorrido e riprendo a camminare in direzione ‘realizzare i sogni’.
“Liam” Lo richiamo, per avere la sua attenzione.
“Dimmi piccola”
Quel nomignolo, non smetterà mai di far nascere sulle guance le fiamme, ben diverse da quelle dell’inferno.
“Ho parlato con Eloise e abbiamo un problema” Mi riprendo dallo stato di coma.
Spiego brevemente a Liam la nostra conversazione e gli faccio presente che non credo nemmeno lontanamente alla risposta, non schietta, della mia amica. Credo, tutt’altro, che mi nasconda qualcosa, qualcosa che non vuol svelare nemmeno a se stessa.
Non so perché riesca a percepire questa sensazione, forse perché sono stata proprio io la prima ad allontanarmi da quella persona per cui il mio cuore batteva.
“Ho un’idea!” Sbotta lui ad un tratto.
“Sono appena arrivata in ospedale” Lo avviso, guardando l’odiosa scalinata di marmo che mi porta, come sempre, in un mondo che odio infinitamente.
“Va bene, te ne parlerò più tardi”
“A dopo” Lo saluto.
“A dopo, piccola”
 
Quando apro la porta della camera in ospedale, trovo le due donne perfettamente pronte  fasciate nei cappotti e sciarpe.
Jennifer mi sorride radiosa, con un cappellino di lana in testa che le nasconde i boccoli, ormai provati, seduta su una sedia a rotelle.
A questa vista mi si stringe il cuore e vorrei tanto prenderla in braccio e scappare via da questo luogo infetto, ma sicuramente non riuscirei nemmeno a farla alzare da quell’oggetto e sarebbe un grandissimo atto di egoismo farla scappare perché, almeno qui, cercano di aiutarla ad andare avanti.
Com’è strana la vita, siamo maledettamente diverse io e lei ma siamo accomunate dallo stesso destino infame. Un destino che se ne frega dell’età, della razza e dei problemi, un destino che vuol primeggiare su qualsiasi cosa.
“Siamo pronte?” Domando, scacciando via questi pensieri. Almeno per oggi, almeno per queste due ore, la negatività deve rimanere infondo al cuore.
“Certo” Rispondono in coro Jennifer e Anne e l’animo mi si rallegra.
Le vedo più spensierate, più calme, per quanto si possa essere calme in una situazione del genere.
“Allora andiamo. Altrimenti si fa tardi”
 
La passeggiata fino al parco viene monitorata da Anne, che volenterosa, spinge la carrozzella della figlia senza il minimo sforzo.
Chissà che effetto farà, avere una mamma che ti conforta e si preoccupa se hai messo bene la sciarpa, se ti sei coperta perfettamente il collo, se hai preso l’ombrello prima di uscire di casa quando fuori ci sono i nuvoloni.
Per quanto assurdo sia, invidio quella piccola creatura, che si lascia cullare dalle attenzioni della donna che le alza il bavero del cappotto e le lascia un bacio sulla fronte.
Che effetto farà mai essere baciati e stretti dalla propria madre?
“Allora io vi lascio, ci vediamo tra poco” Si alza sulle gambe Anne, dopo essersi chinata a salutare sua figlia.
“State attente”
“Mamma, andrà tutto bene”
“Sono d’accordo con Jenny” Sorrido io verso quella donna, mettendomi lì dove fino a poco fa c’era lei, pronta per spingere la carrozzina.
“Va bene, mi fido di voi. Divertitevi”
Dopo aver avuto le sue rassicurazioni, Anne ci saluta con una mano e si dirige verso qualcosa che spero le possa far staccare, almeno per un po’, la spina dalle varie ansie giornaliere.
 
Quando entriamo nel parco, l’aria si fa stranamente più calda, come se volesse darci il suo personale benvenuto e spero, veramente tanto, che Jennifer possa divertirsi almeno oggi.
“E’ molto bello qui” Dice lei, come se avesse ascoltato i miei pensieri e volesse tranquillizzarmi.
“Si, è molto bello” Ammetto guardandomi attorno.
È una zona di Londra che non avevo mai frequentato, del resto è vicino all’ospedale e qualsiasi cosa sia a meno di cinque chilometri di raggio da quel luogo, non ha mai meritato la mia attenzione. Ma oggi va così.
“Sai una cosa Aly?”
“Dimmi” Rispondo, avvicinandomi a un laghetto, fermando la sedia a rotelle vicino a una panchina dove mi siedo.
“Non sono mai venuta in un parco in vita mia. Mia madre mi ha sempre tenuta in casa, ha sempre avuto paura che mi ammalassi per le mie difese immunitarie basse”
La guardo e rimango spiazzata. Come si fa alla sua età a non aver mai messo piede in un parco?
Un parco è la cosa più innocua che ci possa essere.
“Non hai frequentato la scuola?” Domando, prima di rendermi conto che probabilmente questa sia una domanda indiscreta.
“No, ho sempre avuto maestri privati e da un anno ho abbandonato anche questi”
“Un anno?”
“Si. Sono in ospedale da un anno ormai”
“Oh…”
Non posso credere alle mie orecchie. Un anno? Un dannatissimo e schifosissimo anno?
Non è umanamente possibile.
Lei sta combattendo contro questo schifo da un anno, mentre io me ne sono fregata altamente. Ho voluto vivere il mio surrogato di vita, mentre lei combatteva per averla questa vita.
Come può essere così assurdo il destino?
“Però sembra essere passato velocemente. Ho conosciuto molte persone gentilissime, tra cui anche te, Aly”
Le sorrido e le stringo la sua mano piccola e ossuta, nella mia che di diverso non ha nulla.
“Ci ho messo un pò di tempo, ma sono arrivata”
Finalmente anche lei mi sorride e guarda davanti a se, dove alcune papere hanno preso posto su quel laghetto.
“Ti va di avvicinarti? Ho portato del pane”
Le si illuminano gli occhi e asseconda con la testa.
Mi alzo e facendo scattare la sicura della carrozzina avvicino Jennifer in prossimità del lago.
Le allungo il pane spezzettato, preso dalla borsa, mentre lei getta i pezzi per poi guardare come le papere si avvicinano, quasi prendendosi a beccate per acciuffare il cibo.
Sembra immersa a guardare la scena, mentre sorride estasiata.
Chi ha il diritto di strapparle quel sorriso? Nessuno.
Un sorriso amaro nasce sul mio viso, mentre penso che dopo tutto la negatività, spinta in fondo al cuore, trovi sempre uno spiraglio per salire in superficie.
 
Dopo aver dato da mangiare alle papere, ho fatto assaggiare a Jennifer una piccola coppa di gelato e abbiamo riso per la situazione ambigua: gelato alle porte dell’inverno.
“Non mi sono mai divertita così tanto” Ammette lei, mentre guardiamo dei bambini giocare a pallone sull’erba.
“Se avesse fatto meno freddo, avremmo potuto stenderci sul prato”
“Non importa” Dichiara lei, ancora sorridendo, soddisfatta della giornata appena passata.
“Credo che tua madre arriverà tra poco” Dico, dopo aver dato un’occhiata all’orologio al mio polso.
Lei si adombra per un attimo.
“Che succede?” Le domando preoccupata.
“Sai… per una volta vorrei che fosse mio padre ad interessarsi a queste cose”
Rimango in silenzio, vedendola sospirare, come se volesse liberarsi di un peso.
“Non ha mai accettato la situazione, è sempre stato dell’opinione che in ospedale non avrei mai messo piede, ma mia madre non voleva farmi continuare le cure a casa perché non si sentiva tranquilla. Così hanno iniziato a litigare tra loro, con le loro idee così diverse e io mi sento così colpevole. Hanno divorziato e ora si odiano, mio padre quasi non mi guarda più. Viene a trovarmi raramente e quando lo fa si accerta prima che mia madre non ci sia”
È così strano sentire di qualcuno che non si interessa della vita dei propri figli, è come se un fuoco assopito riprendesse vita dento me.
“Mio padre non odia solo mia madre, odia anche me”
“Non è così” La blocco, mentre spunta fuori quelle parole che probabilmente la stanno logorando.
Lei mi guarda, in attesa che trovi una logica a tutto ciò.
“Ho capito, a mie spese, che le persone si allontanano da noi, quando stiamo affondando, perché non vogliono soffrire, non vogliono vederci deperire. Io credo che tuo padre abbia fatto la stessa cosa non perché non ti voglia bene. Tutt’altro. Te ne vuole così tanto da evitare il dolore, sbagliando senza dubbio. Ma tu non aggrapparti a questa eventualità. Tu aggrappati alla speranza, aggrappati a chi ti sta vicino, loro sanno darti la forza”
I suoi occhi si fanno lucidi e brillano a quel sole opaco.
“Ti ringrazio Alyssa, per tutto quanto. Sei la mia migliore amica”
Sorrido e per risposta, anche i miei occhi luccicano come segno di ringraziamento.
Mi sporgo sulla panchina e abbraccio quel corpicino troppo provato, che spero un giorno trovi pace e serenità.
 

“Allora, sei pronta?” Mi domanda una voce squillante al telefono.
Ho appena messo piede a casa e Liam mi chiama mentre mi tolgo con difficoltà la borsa a tracolla.
“Per cosa Liam?”
“Per il piano ‘salviamo i due zucconi’”
Scoppio a ridere e mi accascio sul divano. Mi guardo attorno e noto l’assenza, perenne ormai, della figura maschile in questa casa.
“Che avete ideato?”
“No cara, cosa IO ho ideato… Gli altri mi appoggiano solamente e lo farai anche tu”
“Agli ordini signor capitano”
“Bene. Ora fai come ti dico”
“Ti ascolto”
E dopo aver sentito il piano di Liam, appoggio anche io questa pensata.


 
 
Kumusta miei adorati.
Spero siate sopravvissuti ai dolci di Pasqua e all'arrosto di Pasquetta.
Pronti per leggere le mie perle di saggezza?
Allora, questo capitolo è stato straziante scriverlo. Perchè mi fa male il petto quando penso a quei bambini, proprio como Jennifer, che combattono una cosa tanto grossa.
Non se lo merita nessuno. E questo capitolo è dedicato a loro.

E' un capitolo un pò triste, per certi versi, ma spero non vi abbia annoiato leggere di questa amicizia tra due persone così diverse, ma tremendamente uguali nel loro destino.

Il prossimo capitolo sarà più attivo e più interessante.
Un avviso che vi faccio è che i capitoli saranno più corposi dal prossimo (credo) perchè le cose da dire sono tante e munitevi di tanta pazienza.

Ringrazio:
Ormai la mia veterana Fraa_Panda, che mi lieta sempre con le sue parole e mi fa sorridere.
La mia adorata Amely, perchè continua imperterrita a sostenermi ed è pronta a "bruciarsi" per me.
La mia amica Loreparda, che non solo mi sopporta giornalmente, (ma anche io sopporto lei) ma mi fa divertire come non mai.
La nuova arrivata Ella_Directioner, per essere entrata a far parte di questa gabbia di pazzi e per avermi fatto sapere cosa ne pensa.

Ringrazio tutti voi che continuate a leggere.
Ringrazio e saluto chi si è aggiunto da poco.

P.s. un saluto doveroso va alla mia puffetta, una lettrice silenziosa ma che è pronta a tirarmi i capelli se una cosa non va come dice lei ♥ Neifele_  

Io vi do appuntamento, come sempre, a martedì.
Una buona settimana a tutti voi.

Un bacione
Vostra ​-Ila-






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Capitolo 36
*** Il piano di Liam ***



 

“Finalmente! Ci stavamo per far crescere la barba” Brontola Niall, non appena apro la portiera del suv di Liam.
“Detto da te biondo, potrebbe essere una buona soluzione” Lo canzona Liam, ridacchiando e accendendo la macchina.
“Ma tu guarda quest…”
“Finitela voi due!” Li rimbecco, smorzando sul nascere la frase di rimprovero dalle labbra di Niall.
I due sono davanti e mi sporgo con la testa tra i loro sedili.
“Allora dove si va?”
“Per prima cosa da Eloise, devi convincerla a farla uscire e a portarla al Funky” Esordisce Liam, contento della sua pensata.
“ Il Funky? Non ti è venuto in mente che io odio quel posto?” Domando, guardandolo a bocca aperta.
Lui si gira verso me smarrito e per poco non gli scoppio a ridere in faccia.
Ha un’aria persa e abbattuta, come se avessi rubato le caramelle dalle mani di un bambino che le guardava adoranti.
Niall, guarda la scena e ridacchia nel suo sedile.
“Cristo Liam, dovresti vedere la tua espressione” Si sganascia lui, aggrappandosi alla maniglia.
“Non ci avevo pensato! Dannazione, avevo preso in considerazione il fatto che ad Eloise piacesse e…”
“Hei, non fa nulla. È andata così e non dobbiamo perderci in chiacchere!”
Liam ritorna a sorridere e lancia un’occhiata da vincitore a Niall, che continua ad avere attacchi di ridarella.
“Niall, smettila” Lo canzono colpendogli con una mano la sua spalla, ovviamente senza scalfirlo.
“Allora, vado da lei e la convinco ad andare al Funky, poi?”
“Noi andiamo a prendere Harry e lo portiamo al locale, ovviamente non diciamo che lì lo aspetta Eloise, altrimenti tutto il piano salterebbe… Poi…”
Liam continua a elargire dettagli su dettagli e la mia mentre raccoglie tutte le notizie e si prepara a metterle in pratica con l’unico obiettivo che i due devono stare insieme.
 
Busso alla porta di Eloise e grazie al cielo mi viene ad aprire proprio lei, con un orrendo pigiama di flanella rosa e con i capelli raccolti in una coda bassa scomposta. La sua espressione mi fa capire tutto.
“Perché sorridi così? Mi fai venire la nausea” Mi saluta lei, non appena si rende conto di chi ha sul porticato.
“Non mi fai entrare?”
Si fa da parte e mi lascia entrare, mi guida al piano di sopra urlando ai genitori, in cucina, che non cenerà.
“Perché non mangi?” Domando, sedendomi sul suo letto.
“Non mi va…”
“El…”
“Aly non mi fare la paternale!” Balbetta lei, sdraiandosi sull’altra parte del letto.
“Che facevi?” Le chiedo guardandomi attorno. La stanza è ordinata, d’altronde nelle vene di Eloise scorre la perfezione, tranne che per la scrivania stracolma di libri.
“Cercavo di studiare” Spiega lei, guardando il soffitto.
Mi stendo anche io e le faccio compagnia, mentre guardiamo insieme quell’unico punto.
“Come va?”
“Abbastanza bene, a febbraio iniziano i test di ammissione e io sto cercando di stare a passo…”
“El, sai a cosa mi riferisco” La blocco, voltando il volto a guardarla.
Lei sospira e chiude gli occhi.
“Così…” Risponde, stringendosi nelle spalle.
“Non vi siete sentiti?”
“Lui ha chiamato fino a stamattina, ma a quanto pare ha gettato la spugna, visto che non gli ho risposto a nessuna chiamata”
“Perché fai così El?”
“Non lo so”
Un silenzio pensante e deleterio ci fa da cornice mentre fissiamo il soffitto e facciamo correre davanti a noi scenari immaginari di quello che sarà il futuro.
Eloise ha paura, come d’altronde ce l’ho anche io. Ma è una paura diversa.
La sua è così opposta alla mia, ha paura che quello che prova per quel ragazzo, che ha sempre seguito e ammirato, possa essere solo un capriccio momentaneo. Dato dalla foga e dalla felicità di conoscerlo.
Ma so per certo, che quei due ragazzi così simili e così complementari possano dar vita a qualcosa di straordinario e perché non aiutare il destino ogni tanto?
“Ti va di uscire?” Domando, dando il via al piano di Liam.
Eloise si appoggia a un gomito e mi guarda dall’altro.
“Tu vorresti uscire? E per andare dove?”
“Per svagarci un po’… Ti va di andare al Funky? Ci mangiamo una pizza e beviamo qualcosa. Niente di così movimentato”
“Chi sei tu? E che ne hai fatto della mia amica?” Domanda lei, facendo nascere sul suo volto un piccolo e quasi impercettibile sorriso.
“E’ qui per farti svagare. Dai su, vestiti e usciamo. Non vorrai rimanere su quei libri per tutta la nottata”
Eloise guarda la scrivania, come se fosse tentata di declinare l’invito e immergersi tra quelle pagine.
Ma stiamo parlando della mia amica, colei che non rifiuterebbe mai un invito nel suo locale preferito anche se fosse in crisi estrema d’amore. Roba che in tutti gli anni che ci conosciamo, non ho mai visto.
“Ok, ok. Non si dica in giro che Eloise abbia rinnegato una serata al Funky” Dice mentre si alza dal letto e scompare nel suo armadio.
Scoppio a ridere, perché la mia teoria non ha avuto pieghe.
Senza farmi vedere, sfilo il telefono dal pantalone e mando un messaggio a Liam, avvisandolo che sta procedendo tutto come previsto.
 
POV LIAM
 
Il telefono suona mentre cerco parcheggio vicino al Funky, roba rara.
Ho sempre amato questo posto e non per la movida in se per se. Più che altro perché per quanto possa essere movimentato questo posto, ha un’altra faccia. Quella più calma e rilassata. Può essere la discoteca più scatenata che ci possa essere, ma alle spalle nasconde un pub tranquillo, con musica di sottofondo e divanetti accoglienti.
E io potrei essere il promoter di questo posto, date le tante volte che ci metto piede. Potrebbero devolvermi una parte del locale se per questo.
Ma oggi i protagonisti devono essere quei due zucconi, uno peggio dell’altra.
“Perché mi state portando in questo dannato posto?”
“Harold, Dio santo. Sei di una pesantezza” Lo rimprovera Niall, seduto accanto a me.
“Taci biondo! Volevo vedere te al mio posto”
Alzo gli occhi al cielo, facendo manovra per far infilare l’auto tra due autovetture.
Raramente vediamo Harry in questo stato, solitamente tende a non affezionarsi quasi mai. Non lo vediamo mai con le solite ragazze per due sere successive.
In tre anni di lavoro insieme, è stato solamente con una ragazza seriamente e a lui quasi non gli importava niente.
È restio nelle relazioni, preferisce passare una notte di divertimento con una sconosciuta, che affidare quel muscolo a qualcuna.
Sa essere il ragazzo più comprensivo e dolce con gli amici, ma sa essere un cuore di ghiaccio nelle relazioni. Non perché non ci creda, ma semplicemente perché evita le situazioni oppressive e imbarazzanti dello stare insieme con il partner.
Non capisco, in verità, perché abbia avuto una metamorfosi con Eloise. Dal momento in cui ha messo piede in casa, imbarazzata e allo stesso tempo super attiva, lui non le ha tolto gli occhi di dosso.
L’ha per giunta invitata alla premier, roba che non faceva da anni: presentarsi a quegli eventi con qualcuna.
Tutti siamo rimasti sorpresi, lui per primo.
Lasciato trasportare da questa corrente che è il sentimento.
Potrei saperne qualcosa? Forse.
“Non mi vedrai mai!” Ridacchia Niall, lanciandomi un’occhiata di intesa.
Harry sbuffa e si passa una mano tra i ricci, facendoli gonfiare.
“Avrei preferito passare la serata con Zayn e Louis e le loro dolci metà”
“E noi ti crediamo. Su Hazza, alza le chiappe e andiamoci a divertire” Lo richiamo io, spegnendo l’auto e uscendo respirando l’aria pungente dell’inverno ormai arrivato.
 
“Alyssa ha parlato con Eloise?” Mi domanda Harry, sussurrandomi all’orecchio mentre io rispondo ad un messaggio.
“Secondo te perché non sono con lei in questo momento? Sta cercando di far ragionare la tua cotta”
“Non sono cotto” Protesta Harry, incrociando le braccia mentre ci incamminiamo a un tavolo.
“E io sono spagnolo” Lo punzecchia Niall.
Harry si blocca e lo guarda come si potrebbe guardare un dolce avariato.
Ridacchio per la loro espressione e girovago con lo sguardo nel locale.
Quando i miei occhi trovano l’oggetto di ricerca, mi avvicino ai due e li invito a prendere qualcosa da bere al bancone.
“Lee, non ho voglia di bere” Si lamenta per la centesima volta il riccio.
“Una coca-cola?” Lo sprono io.
Lui sbuffa e ci accompagna al bancone.
Ci fermiamo a chiedere da bere, proprio a pochi metri di distanza delle due ragazze sedute sole al bancone.
La mia mentre subito ringrazia il cielo per non aver scoperto qualcuno a svolazzare intorno alla mia ragazza.
La mia ragazza, suona bene se rapportato ad Alyssa.
Scaccio via i pensieri, seppur molto interessanti, perché devo concentrarmi sulla nostra missione.
Guardo Alyssa che è l’unica ad essere nella mia direzione, con Eloise di spalle, che non nota niente.
Sembrano prese a parlare di qualcosa e per un attimo mi soffermo a guardare il volto della mia ragazza, ha una piccola ruga tra le sopracciglia, così attenta ad ascoltare per poi esporre un giudizio.
Non avevo mai notato questo particolare e ci rimango affascinato. Quante altre cose mi nasconde quella ragazza? In cuor mio non vedo l’ora di scoprirlo, ma sarei solo avventato e rude se dovessi accelerare i momenti. Già... accelerare, come se noi di momenti ne avessimo tantissimi.
“Ma quella non è Alyssa?” Domanda Harry, che nel frattempo si è seduto ad uno sgabello e a quanto pare abbia intercettato il mio sguardo.
Io tossisco per catturare l’attenzione, che fortunatamente viene catturata dalla persona designata.
“Liam, ragazzi” Ci saluta Alyssa, scendendo dal suo sgabello.
Eloise irrigidisce le spalle, senza ancora voltarsi.
“Che ci fai qui?” Domando, finto sorpreso, allacciando un braccio ai fianchi di Alyssa.
Lei sobbalza per il contatto e io volto la faccia tra i suoi capelli per trattenere un sorriso. Adoro questa sua inesperienza in tutto.
“Eravamo venuti a bere qualcosa. Visto che Hazza si stava deprimendo” Risponde Niall, giocherellando con la cannuccia del suo drink.
“Eloise!” Chiama speranzoso Harry, ma la ragazza oggetto dei suoi desideri, non accenna ad alzarsi.
Ad un tratto lo fa, si volta dalla nostra parte e con uno sguardo che potrebbe uccidere, prima guarda Alyssa e poi con lo stesso sguardo con un’aggiunta di veleno, i suoi occhi cadono su Harry che rimane spiazzato.
Eloise scappa via, rifugiandosi nei bagni, lasciandoci senza parole.
“Merda!” Sbotta Harry, gettandosi su uno sgabello, prendendosi i ricci tra le mani e tirandoseli con forza.
Io e Niall ci guardiamo mortificati, come se il mio piano avesse peggiorato le cose.
“Vado a parlarle” Ci avvisa Alyssa, che staccandosi dalla mia stretta si dirige anche lei ai bagni.
 
POV ALYSSA
 
“Tu lo sapevi” Urla la mia amica, non appena apro la porta del bagno.
È appoggiata con le mani alla balaustra della finestra chiusa.
“El, non capisco quale sia il tuo problema”
“Il mio problema?” Domanda lei staccandosi dal balcone e venendomi vicina.
Per un attimo il mio pensiero corre alla probabilità che tra un po’ mi arrivi un pugno assestato dalle mani ossute della mia migliore amica.
“Il mio problema, Aly, è che non voglio più vederlo”
“Per quale assurdo motivo?”
“Perché, non immagini cosa vogliono quelli come loro?”
“Che intendi dire?” Domando, leggermente irritata per questa conversazione fatta solo di domande.
Il suo volto si incupisce e fa un passo indietro.
“Un giorno stanno con una ragazza, l’altro con un’altra ancora. E no, non parlo di Liam se è quello che stai pensando, lui ti ama e si capisce da chilometri e chilometri di distanza. Io parlo di quelli come Harry, lo seguo da tempo Aly, lo so com’è fatto. Sempre in viaggio, sempre con una diversa e io non voglio essere un’altra tacca sul suo muro. Non ci tengo, sono il suo capriccio momentaneo. Non capisci? Una volta ottenuto quello che desidera, mi mollerebbe in un angolino e mi dimenticherebbe”
Fa un altro passo indietro e recupera la borsa per terra, cercando per qualche secondo qualcosa all’interno, tira fuori un pacchetto di fazzoletti e ne prende uno per soffiarsi il naso.
Guardo tutto, come se non ci fossi lì fisicamente. Ma qualcosa mi risuona nella mente.
“E il beneficio del dubbio?” Domando.
Lei alza la testa e mi guarda interrogativa.
“Ricordi cosa mi dicevi, prima di parlare con Liam? Mi ripetevi in continuazione di tentare, di dare una possibilità. Perché stavolta non fai la stessa cosa? Io non so cosa potrà accadere, ma perché non vivere quello che la vita ci mette davanti? Ora per te si tratta di Harry… Domani sarà qualcos’altro, ma tenta El”
Lei prima di rispondere mi guarda sbigottita e lo farei anche io, visto il mio discorso inaspettato.
“Aly, io…”
“Ragazze!” Liam bussa alla porta, smorzando il nostro contatto.
Quando apro la porta lo vedo leggermente frustato.
“Vi conviene venire giù, Harry sta dando spettacolo”
Guardo Eloise e senza parole tra noi, seguiamo Liam in discoteca, al piano inferiore del Funky.
 
Una folla circonda la postazione del dj, che abbassa la musica e annuncia.
“Harry Styles tra no…”
Viene bloccato dal riccio che sale in postazione e strappa dalle mani il microfono a quel poveretto.
“Ma è ubriaco?” Domando a Liam, alle mie spalle.
Ringrazio tutti gli Dei perché il Funky abbia una passerella riservata, dove ci trascina Liam seguito da Niall.
“Ha bevuto un solo cocktail” Lo giustifica Liam.
“Ma dentro c’era di tutto” Continua Niall.
Eloise guarda preoccupata la scena davanti ai suoi occhi, senza staccare lo sguardo da Harry che traballa da un lato e si appoggia con una mano alla consolle.
“Hei ragazzi, come va? Perché vi state muovendo tutti?” Domanda Harry, senza pensare a quello che dice, visto che tutti sono immobili.
“Fareste meglio a portarlo via” Suggerisco ai due ragazzi alle nostre spalle.
“Però è divertente vederlo in questo stato” Ridacchia Niall, dando una gomitata scherzosa a Liam che sorride e guarda Harry in difficolta.
“Ragazzi!” Li richiamo e loro si riscuotono facendo un passo avanti.
Ma proprio in quel momento Harry si raddrizza e guardando nella nostra direzione, sembra riprendere il controllo di se.
Blocco dal polso Liam che accompagnato da Niall si dirigevano verso il palchetto. Lui si volta a guardarmi e io scuoto la testa per fermarlo.
“Volevo dire solo una cosa a una persona qui tra voi”
Alcune ragazze solto la postazione urlano e Harry slega il contatto visivo nella nostra direzione per guardare la folla.
“Vi prego, vi chiedo solo cinque minuti”
La folla si zittisce.
“Molto spesso mi comporto da coglione, chi mi conosce lo sa e lo sanno anche i giornali. Tendo ad allontanare persone a cui mi affeziono perché non lo so, ma è nel mio carattere. Però stavolta mi è accaduta una cosa strana. Alcuni mesi fa ho conosciuto una persona, una persona simile a me. Una persona che all’apparenza è un leone, pronta a graffiarti e mordere, ma all’interno nasconde un animo da gatto. Non so perché io stia vaneggiando, probabilmente è dovuto a quel drink che il barista mi ha appioppato, non chiedetegli mai qualcosa di super forte perché vi vedo tutti tremolanti. Ma che c’entra? Cosa stavo dicendo? Ah si, quella persona. Niente, vi concludo il siparietto perché mi sto vergognando di me stesso”
Harry fa una pausa e qualcuno ridacchia.
Dio, mi sto vergognando tremendamente io per lui. È come se fosse in mutande lì sopra.
“Quella persona è qui ora e probabilmente ora scapperà via dopo questo mio monologo, ma prima che scappi voglio dirle una cosa: se ho detto quello che ho detto e fatto quello che ho fatto è perché volevo dirlo e farlo. No, non ci hai capito nulla. Il concetto è che questa persona mi piace e non voglio che per delle mie cazzate vada via. Perciò ti prego, persona, resta con me e non te ne pentirai”
Harry guarda nella nostra direzione con un sorriso e subito dopo scende dalla postazione e barcolla verso quello che credo essere il bagno.
“Vi conviene andare a recuperarlo” Sussurro ai due che si allontanano.
“El?” Richiamo la mia amica che continua a darmi le spalle.
Mi faccio vicino e vedo che ha gli occhi lucidi, si volta a guardarmi e tra quegli occhi scorgo un sorriso.
Mi abbraccia e ride felice.
Solo lei poteva essere contenta di questa sorta di dichiarazione di Harry.
Questi due sono spaventosamente identici.
 
 
Non credevo mai mi sarei posta questa domanda.
Domanda che da settimane mi gira in testa e trovare una risposta adeguata sembra così complicato.
Se mesi fa mi avessero chiesto di suonare quello strumento così importante per me, avrei risposto senza battere ciglio un secco e categorico: no.
Sarei stata mangiata dalla paura, dai dubbi e mi sarei rifugiata nella scusa del mio destino miserabile.
Non che non lo sia.
Non che io non lo faccia più.
Ma mi son fatta una promessa, avrei cambiato le carte in tavola. Avrei cercato di cambiare la me negativa, la me paurosa, la me che si nega la vita di una diciottenne qualsiasi. Non perché io sia diversa, odio usare questo termine. Ma nella realtà è proprio questa la verità: sono diversa. Ed è inutile negarlo, non posso farci nulla.
Ma se c’è una cosa che posso fare, è tentare di cambiare, tentare di ottenere una vita che mi è stata sempre negata, una vita vissuta sempre sotto il vetro di una campana immaginaria posta sempre da altri.
 
Con la consapevolezza che il mio desiderio possa trovare un modo per emergere, mi siedo nella stanza con le pareti rosse che tanto amo.
La stanza della musica mi piace perché non cambierà mai, perché questa mi rispecchierà sempre.
È come un bambino: fatto a immagine e somiglianza.
È come un amico: quando nota qualche problema non parla, apre le braccia e ti accoglie.
Può sembrare una stanza inanimata e tecnicamente lo è, ma è l’anima che la contraddistingue.
Un’anima che prende vita non appena tutti quei dischi in vinile prendono a suonare e a far rimbalzare le note tra le pareti.
Appoggio il vinile, nuovo di zecca e nuovo entrato nella mia collezione, sul giradischi.
Il vinile, The hours, di Philip Glass prende a suonare e a volteggiare nell’aria con le sue note.
Amo la sensazione che mi danno questi compositori, hanno la destrezza così naturale di far sembrare un accoppiamento di note qualcosa di sconvolgente.
I brani si susseguono, ma ad un tratto quello che risuona nell’aria mi fa venire i brividi.
Ha disperazione e tormento, ma anche con passaggi spensierati e di allegria.
Incuriosita, giro la custodia del vinile e leggo il titolo: Escape.
Scappare.
Il brano termina e io ancora impiantata al centro della stanza, rimugino sul da farsi.
Afferro il cellulare dalla tasca dei pantaloni e avvio la chimata.
“Pronto?” Risponde il destinatario.
“Ciao Liam”
“Piccola, stai bene?” Domanda lui.
“Si” Mi schiarisco la gola e cerco di rassicurarlo.
“Ti sento strana…”
“Liam, ho preso una decisione” Lo blocco, mentre sta parlando.
“Cioè?”
“Suonerò a quel concorso”


 

Kumusta a tutti!
Sono di corsa e ho tipo due minuti per scrivervi.
Capitolo lungo e spero sia stato spiritoso.
Ho voluto distaccarmi un pò dai problemi di Alyssa e scherzare con Eloise e Harry.
Vedo che questa coppia ad alcuni piace e allora ben venga.
Bhè, fatemi sapere cosa ne pensate e se vi siente divertiti con questi scambi di POV.
Scappo via, che sono in leggero ritardo. Ma ho voluto aggiornare altrimenti se ne parlava stasera e sono stanca morta quando torno a casa.

Ringrazio Fraa_Panda, Amely ed Ella per lo scorso capitolo. 
Vi adoro. ♥

Ringrazio e saluto chi si è aggiunto e chi continua a seguirmi.

P.s. Saluto la mia Bertu, quando arriverà a questo capitolo e lo leggerà. Perchè mi è accanto e perchè si è innamorata perdutamente, a detta sua, della storia. Ti voglio bene sis ♥

A martedì.
Buona serata.
Un bacione.
-Ila-

(Niente foto oggi, ma nel prossimo capitolo ce ne saranno ;))


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Capitolo 37
*** Escape ***


 
Quante volte si può camminare sulla linea retta invisibile dell’asfalto, prima di formare una voragine?
Me lo sto domandando da troppo tempo, esattamente un’ora e trentotto minuti di agonia.
L’attesa è come una piaga fresca di decubido sulla pelle. Ti tira, ti brucia e ti porta alla pazzia.
Chi diavolo me l’ha fatto fare?
Cosa diavolo stavo pensando in quel momento?
Coma mi è passato dalla testa di esibirmi davanti a così tanta gente?
Ho preso anche in seria considerazione l’idea di ritirarmi, di farmi passare per malata. Andrebbe bene qualsiasi cosa: vomito, emicrania, febbre…
Potrei anche fare a cambio con la mia di malattia, peccato sia difficile trovare chi accetti l’idea senza ripensamenti.
Gironzolo, per la centesima volta, come una disperata su quella linea immaginaria, mangiandomi le unghie delle dita.
Un pianista deve averle curate, tagliate alla perfezione, in modo tale da non intralciare la danza che queste effettuano su quei tasti avori ma, presa dall’agitazione, come non trasformare quelle unghie in un campo di battaglia?
“Aly!” Qualcuno mi chiama, aprendo le pesanti tende rosse che danno nel vicolo dove tra poco stramazzerà il mio corpo preso da scatti d’ansia.
“Hey…” Saluto con un fil di voce Cedric.
Lui mi sorride e fa qualche passo avvicinandosi, nel suo impeccabile completo nero con papillon.
È piacevolmente elegante e devo ammettere che gli dona un sacco.
Molte volte ci sorprendiamo di quanto possiamo apparire diversi e impeccabili, solo con un cambio di vestiti o con un taglio diverso di capelli. Dicono che l’apparenza non sia alla base di tutto e credo sia una teoria più che vera, peccato sia appunto “teoria”. Nessuno pensa in primis alla sostanza, ci si perde in superficie come solitamente accade.
Ma stavolta, superficie e sostanza sono impeccabili. In questo giorno, qui dentro, in quel teatro poco distante da noi, sostanza e superficie si eguagliano.
Pronte per dar sfoggio alle qualità che venti ragazzi possiedono.
“Ti stanno cercando dentro. Tra due persone tocca a te”
“Oh…”
L’ansia dentro di me per un attimo rallenta, ma poi prende a pesare ancora di più. Come se abbia preso i chili tutti in una volta.
“Di già?” Domando io, sollevando lo sguardo sul suo viso.
Mi sorride e si infila le mani in tasca, come se fosse imbarazzato.
“Il prossimo sono io”
“Andrai alla grande”
“Ne sei sicura?” Domanda, stranamente impacciato.
“Cedric, sei la persona più in gamba che io conosca del nostro corso. Hai suonato innumerevoli volte nell’orchestra. Che problemi ti fai?”
“Di inciampare?” Mi sorride, mostrando i suoi luminosi occhi color dell’oro.
Sorrido anche io e gli indico le scarpe.
“Bhè, sei fortunato a non avere dei tacchi e un maledetto vestito lungo”
Cedric sorride ancora, facendo un passo verso di me.
“Sei stupenda e non cadrai, vedrai. Andrà tutto bene”
Per quanto ne sia lusingata, qualcosa mi mette in guardia. Come se un campanello d’allarme suonasse dentro me.
E quel campanello prende a scampanellare, ancora prima di vederlo.Ne sento prima la presenza.
Un colpo di tosse, sforzata, fa allontanare lo sguardo di Cedric che fino a un secondo prima era puntato sul mio, imbarazzato.
“Va tutto bene, Alyssa?” Domanda Liam, avvicinandosi a noi, con le mani affondate nel suo pantalone di sartoria.
“Hem… Si, certo”
Mi passa un braccio attorno al fianco e abbassando il volto mi lascia un bacio tra i capelli.
“Sei pronta?”
Prima di rispondere, guardo la faccia attonita di Cedric che ha fatto un passo indietro e ci osserva come si potrebbe guardare un fantasma.
Svincolo la domanda e decido di fare le presentazioni.
“Liam, lui è Cedric, un mio compagno di corso nonché un mio vecchio amico
Spero che l’enfasi posta sull’amico, possa far rilassare il ragazzo teso che mi stringe il fianco con le sue dita lunghe e prepotenti nel voler segnare il suo territorio.
“Lui è Liam…”
“Il suo fidanzato” Continua Liam, come se nulla fosse.
Vedo Cedric per un attimo osservarmi destabilizzato, ma subito riacquista lucidità.
“Piacere. Cedric” Allunga una mano Cedric, nella direzione di Liam.
Lui stacca per un attimo il braccio dal mio fianco e io percepisco una ventata di freddo, che non è data dalla temperatura ostile della serata, portata da questa assenza momentanea.
Sono sicura che la stretta di Liam sia vigorosa e dettata non tanto da una voglia immane di voler stringergli la mano, ma più che altro per gentilezza.
“Piacere mio Cedric”
I due si guardano e sembrano lanciarsi delle saette, che se fossero reali potrebbero dar vita a dei fuochi d’artificio.
“Allora…” Esordisco, cercando di alleviare l’atmosfera.
“…Cedric, sei pronto?”
Cedric si riscuote in un attimo e sembra smarrito, come se si ricordasse solo in quel momento di dove si trovi.
“Devo rientrare e dovresti farlo anche tu. Tocca a noi”
Assecondo con la testa, dandogli ragione.
“Un attimo, arrivo subito”
“E stato un piacere, Cedric” Saluta Liam, facendogli un cenno con il capo.
“Piacere mio, Liam” Risponde freddo l’altro, mentre sposta le pesanti tende ed entra dietro le quinte del palco.
“Che cavolo voleva quel damerino?” Sbotta Liam, non appena vede scomparire Cedric.
“Damerino?” Ripeto, scoppiando a ridere.
“Ma l’hai visto? Con quel papillon”
“Liam…”
“Dove crede di andare? A fare servizio di catering?”
“Liam…”
“E poi come ti guardava? Dio santo, avrei voluto staccargli le braccia a morsi”
“Liam…”
“E poi con quel ‘dobbiamo rientrare’, ma che vuole? Un calcio nelle palle?”
“Liam!”
“Cosa?” Si riscuote, abbassando lo sguardo su di me.
“Sono contenta di vederti qui”
A queste parole il suo solito sorriso riprende possesso del suo posto: le sue labbra.
Mi appoggia le mani sul viso e si piega, lasciandomi un delizioso bacio accennato sulle labbra.
“E io sono contento di vederti, sei stupenda”
“E’ solo un vestito nero, Liam”
“Non parlo di questo” Ammette lui giocando con i nostri nasi, sfiorandoli.
Presa dall’esasperazione e dall’adrenalina, un cocktail alquanto esplosivo, porto le mei mani sul colletto della sua giacca elegante e facendo pressione, abbasso il suo viso alla mia altezza per imprimere le nostre labbra insieme, facendo nascere un bacio appassionato e perché no, anche lussurioso.
Un applauso in lontananza mi avvisa che l’esecuzione è terminata e che è il momento di Cedric.
Riluttante mi allontano da quel bacio che tanto fa tremare le ginocchia.
“Tra un po’ è il mio turno” Sussurro a fil di voce.
“E io sarò lì a vederti”
Presa dall’imbarazzo, abbasso lo sguardo, guardando la fine del vestito lungo, che va a coprire anche le punte delle scarpe.
“Non dire così, mi metti in agitazione”
“Hei… Andrai una meraviglia”
“E se sbaglio? Dio santo… Suonerò con un grande compositore accanto e non ho mai provato con lui, andrò alla cieca”
“Hei, hei… Guardami” Mi esorta Liam, appoggiando le sue mani sulle mie spalle.
Eseguo i suoi ordini, facendo sbattere i miei occhi nei suoi, facendo fondere i due colori tra loro. Aria e terra.
“Fai finta non ci sia nessuno in quella sala. Ricordi quella volta a scuola? Ricordi la sensazione dentro di te? Fatti avvolgere da questa”
Scuoto la testa e prontamente ribatto, non sentendomi a mio agio.
“Quella volta eravamo in pochi Liam, quella volta non c’era  Philip Glass ad accompagnare una sonata”
“Non c’era Philip Glass, ma c’ero io” Risponde accattivante.
“Smettila, montato!” Lo rimbecco, cedendo al sorriso.
Lui allarga le braccia e mi stringe, baciandomi la fronte.
“Non farti problemi Alyssa. Sei stupenda e andrai alla grande. Ora và Cenerentola e fai vedere cosa sei capace di fare”
Allenta la presa, ma prima di lasciarmi andare, gli lascio un bacio sulla guancia e scappo via.
 
Quando giungo dietro le quinte, c’è un gran tumulto di truccatori e parrucchieri che corrono da una parte all’altra.
Ero abituata a vedere il “Royal Opera House” sempre dall’esterno, non ho mai messo piede né come spettatrice, né tanto meno da esecutrice in questo salone immenso.
È un sogno che si avvera, un sogno in piena regola. Tutto sembra volteggiare, come se fosse racchiuso in una fretta pomposa e frenetica.
Tutto ciò che si guarda, sembra immerso nell’eleganza e quelle sfumature di oro che, come senza volerlo, conferiscono un’atmosfera di pacatezza e dolce frivolezza.
Le note di “The Kiss” scelte da Cedric, sono accompagnate da un soave violoncello. Danzano nell’aria e danno tranquillità e sentimento, che al momento sono emozioni che mancano in quelli che devono mettere piede su quel palco maledettamente grande e spaventosamente pomposo.
Mi avvicino alla pesante tenda, posta accanto al palcoscenico e con mano tremante, apro un piccolissimo varco.
Nella luce fioca e oscura, data dall’esecuzione del brano, riesco a scorgere le lucine della platea.
I quattro anelli, circondano il salone e la platea è completamente all’oscuro e immersa nelle note della sonata.
Le ultime note del violoncello si smorzano e un fiume di applausi riempie l’aria, che poco fa era intrisa di note.
Cedric con un inchino si congeda da Philip Glass, che gli sorride e si alza per attendere il prossimo allievo: me.
Con passo malfermo mi avvicino alle scale che portano sul palcoscenico, in quel momento mi si affianca Cedric e con voce gentile mi sussurra “In bocca al lupo” a cui non ho la forza di ribattere.
Prego affinché le mani non mi abbandonino.
Il presentatore tra gli applausi, destinati ancora a Cedric, si fa da parte e annuncia.
“Ms. Alyssa Miller con Mr. Philip Glass, interpreteranno Escape. Buon ascolto”

Con un sospiro, passo dopo passo, affronto il primo ostacolo.
Giungo sul palcoscenico, tra l’applauso delle persone sottostanti e sovrastanti tra le quali si nascondono le persone a cui sono più affezionata, tranne uno, come sempre preso dal suo lavoro.
Scaccio quest’ultimo pensiero e sorrido raggiante. Io che ho il terrore del palcoscenico, eccomi qua ad affrontare le mie paure.
Con una grinta ritrovata, alzo la testa e sorrido al maestro Glass, che mi aspetta vicino al suo piano.
In parallelo, mi aspetta il mio pianoforte a coda lucido, con il coperchio della tavola armonica sollevato, dando sfoggio dei martelletti luccicanti anche loro, ne sono sicura.
Mi avvicino allo sgabello in pelle nera e dando un’occhiata al maestro, sorrido di rimando alla sua espressione divertita.
Con un cenno del capo mi invita a sedermi e non appena sfioro il sedile, le luci si abbassano lasciando solo la luce interna del palcoscenico a farci da compagnia.
Mi prendo il tempo, aspettando l’attacco della prima battuta di Mr. Glass e cerco di far calmare il cuore che batte a trotto non appena ha messo piede su questo pavimento in parquet.
La prima battuta arriva e quando sollevo la mano per posarla sulla tastiera, la magia avviene da se.
Chiudo gli occhi, aiutata dalle note del violoncello che anche in questo caso accompagnano la nostra performance e mi lascio cullare dalla dolce melodia.
Sono enormemente soddisfatta della scelta di questo brano, rispecchia la mia realtà, il mio destino, me stessa e la mia voglia di vivere.
Inizia leggero. Come d’altronde lo è stata la mia vita: un sussurro.
Potrei benissimo essere paragonata a un colpo di vento: si sente ma non si vede.
Molti mi hanno sentita: Eloise, mio padre, mia madre, medici e psicologi. Ma pochi mi hanno visto realmente, quasi nessuno.
Potrebbe essere una disgrazia, ma crescendo mi sono accorta che il silenzio può essere amico, dove le parole non arrivano, dove i comportamenti sono superflui. C’è lui, che ti culla e ti fa compagnia. Il silenzio.
Interrotto a intervalli regolari da: pianoforte, letture e musica dei miei Imagine Dragons.
Poi arriva la parte forte, movimentata e forte.
Con un guizzo delle dita, scivolo tra i tasti bianchi e neri, come una carezza più fortemente accennata.
Come lo è stata la mia vita negli ultimi mesi: Liam, Niall, Harry, Louis e Zayn.
Sono stati la medicina più forte che abbia mai avuto. Un distacco della realtà, la voglia di non mollare, la voglia di combattere anche quando tutto attorno diventa nero. E so che nessuno potrà cacciarlo quel colore, perché prima o poi mi ingloberà.
Proprio come accade alla canzone, che pian piano torna ad essere leggera, come appena accennata.
Così sarà il mio destino.
La mia vita: in penombra, variopinta e inglobata dalle tenebre.
Un’altalena, che prima o poi si arresterà e mi lascerà cadere.
Senza nemmeno accorgermene, la sonata termina, le note finiscono e le luci tornano a brillare.
Un applauso, il mio applauso, sgorga da tutte le parti.
Mi alzo in piedi e saluto, con un leggero inchino, il compositore che ha reso tutto ciò possibile.
Mi soffermo un secondo in più ad assorbire quel momento, l’applauso continua e so per certo, che qualcuno in quella tribuna si stia asciugando le lacrime e qualcun altro ancora si sia alzato in piedi orgoglioso.
Ecco la cosa che mi riempie il cuore: la certezza di aver lasciato qualcosa di buono sul mio cammino e che ci sia qualcuno che ha apprezzato.
Con un sorriso scendo giù dal palco, ma non ancora dalla mia vita. Che deve ancora essere vissuta, almeno ancora un altro po’.

 

Kumusta a voi miei prodi.
Ce l'ho fatta anche oggi, grazie a Zeus!
Sono appena tornata da palestra e il mio primo pensiero è stato a voi. 
Non potevo non pubblicare. Sarebbe stato un omicidio di massa, oppure solo il mio.
Ebbene. Eccoci alla tanto attesa esibizione. 
Allora, ci tengo a puntualizzare che io di pianoforte non ci capisco una cippa, tranne le nozioni base date da... da... bhè chi ha letto "mio primo amore" sa chi!
Se non l'avete fatto vi lascio il link :P

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2421841&i=1
Ogni tanto una piccola pubblicità ci sta sempre.
Allora, a me il capitolo piacicchia. Ditemi voi cosa ne pensate. Mi fareste felice.

Saluto chi si è aggiunto e chi continua a leggere.
Ringrazio chi mi fa sapere sempre cosa ne pensa.
Ringrazio Fraa_Panda (la numero uno :D) e la nuova arrivata qui tra noi Hooliganforever_97.
Chi ha il coraggio di lasciarmi un parere piccolo piccolo?

Buona serata e a martedì.
Un bacione.
-Ila-





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Capitolo 38
*** Come una bomba ***


Noia.
Stato d'insoddisfazione cronica. C’è chi la combatte uscendo di casa, c’è chi preferisce mangiare, c’è chi, per giunta, preferisce camminare avanti e indietro nella stanza e veder scorrere il tempo.
Io, sbuffo sonoramente e conto i ticchetti della lancetta dei secondi della sveglia appoggiata al comodino della mia stanza.
La cosa peggiore è che non mi va nemmeno di aprire il coperchio del pianoforte e giocare con quei tasti.
Ecco il momento in cui avrei voluto un animaletto domestico.
Penso con nostalgia a Loky, è stata un’esperienza soddisfacente averlo con me, con noi, qualche giorno.
È stato un perfetto cane da compagnia, distaccarmi è stato veramente un gran sacrificio. Ma purtroppo la padrona, come d’altronde è giusto che sia, lo reclamava.
Sbuffo per la milionesima volta e mi alzo dal letto, giaciglio di queste ore passate a non far niente, per poi avvicinarmi alla finestra della mia camera.
Sposto la tenda e il giardinetto mi appare bianco.
Sorrido emozionata.
Neve.
Amo la neve, amo questo periodo dell’anno: l’inverno.
Molte persone non lo sopportano, criticandolo per il fatto che sia troppo freddo, troppi capi d’abbigliamento addosso. E certo, c’è chi preferisce andare in giro senza niente, libero di mettersi in mostra.
Invece io amo quella sensazione di gelo fuori, ma quell’atmosfera calda all’interno.
In un albero di Natale illuminato in una stanza vuota.
In quelle lucine particolari, per la strada.
Nelle cioccolate calde e nei biscottini mangiucchiati tra le chiacchiere con Eloise.
Anche quest’anno Londra si è colorata di bianco. Pronta ad un altro inverno. Pronta a quelle emozioni che ci regala in questa fine dell’anno.
E io? Io sono pronta a questo inverno? Al mio ultimo inverno?
Sono pronta a dare i miei saluti a questa atmosfera che tanto amo?
Scuoto arrabbiata la testa e mi allontano dalla finestra.
È mai possibile che ogni minima cosa, ogni maledetta e benedetta cosa, mi riporti al ricordo delle fiamme?
Stavolta lo sbuffo che ne esce, dalle labbra, è più esasperato dei milioni appena passati.
Mi impongo di richiudere i miei pensieri depressivi per il mio animo in fondo al cassetto del mio cuore e in risposta, mi lascio cadere pesantemente sulla sedia della scrivania.
Facciamo progressi: dal letto alla sedia. Una botta di vita.
Picchietto con le dita sul piano in legno della scrivania e decido di fare un giretto online, giusto per passare questa serata di dicembre, sola come un cane.
Liam è a provare con i ragazzi, dato che a inizio anno nuovo riprenderanno il tour.
Sono emozionata per loro, non avendoli conosciuti prima non mi sono mai interessata alla loro carriera e ai loro spostamenti. Superfluo dire che da quando sono entrati nella mia vita, ho iniziato a interessarmi a tutto quello che li racchiude, con la benedizione di Eloise.
Quest’ultima è alle prese con il perdono di Harry, che non la molla nemmeno per un attimo e a quanto ho piacevolmente appreso, le cose si stanno rimettendo in sesto per loro.
Mio padre, non si sa quando tornerà a casa, come sempre.
Da quando ha appreso che la mia malattia ha preso possesso completamente di me, lui ha avuto un effetto distacco.
Un effetto così conosciuto e così familiare a me stessa.
Ci sono rimasta male, inutile nasconderlo. Avrei preferito da lui una mano a cui aggrapparmi. Cosa avrei fatto se non ci fossero stati i ragazzi, Liam ed Eloise? Mi avrebbe lasciato al mio destino?
Dubbi davvero pesanti per me, dubbi che mi lacerano il cuore come una pugnalata.
La stessa pugnalata di tanti anni prima, proveniente dalle piccole e delicate mani di quella figura materna.
Scaccio nuovamente anche questo pensiero e aziono il pc, attendendo la sua accensione.
 
Quando finalmente si è acceso, entro su twitter per girovagare un po’ tra i profili dei miei vecchi compagni di classe. Noto che quasi tutti si stiano dedicando ai test di ammissione ai college, pochi di loro si sono fermati: molti hanno trovato lavoro direttamente nelle loro aziende di famiglia.
Invidiosa, scrollo sempre più giù nella home trovando qua e la tweet di Niall che si gasa per le partite dell’Irlanda vinte.
È da parecchio che io e il biondo non abbiamo un momento tutto nostro, dal giorno del concerto con il compositore, rare sono le volte che ci siamo visti.
Lo capisco, è preso dalle prove e anche per l’incisione del nuovo disco che è imminente. E credo giusta l’ipotesi, che quando ha un po’ di tempo libero vuole dedicarlo a se stesso e rilassarsi, non ascoltare i piagnistei di una ragazzina che gli appesantisce il cuore.
Però mi manca, inutile essere ipocriti. Vorrei che tornassero quei giorni passati al parco, stesi su una coperta a chiacchierare.
Sorrido al ricordo del suo invito alla premier, un giorno che mi sembra lontanissimo oggi, in realtà è distante solo quattro mesi. Come corre il tempo, già… Il tempo tiranno.
Curiosa, digito il nome di Liam nella barra della ricerca e sorrido nel guardare la sua foto, non appena il profilo si carica.
Quanta differenza, quanti sentimenti contrastanti dal giorno dopo il suo compleanno. Ricordo perfettamente quando guardai le foto con una Sophia sorridente al suo fianco, invece ora, c’è una foto totalmente diversa nel suo profilo e per poco non mi si blocca il respiro.
Ci sono io, che guardo Loky amorevolmente, mentre gli accarezzo le orecchie.
Ho uno sguardo rilassato, pienamente a mio agio come se nulla potesse scalfirmi. Ricordo che in quel momento mi sentivo la persona giusta al momento giusto, indifferente del mondo che girasse attorno a me.
Copio la foto nel mio pc e curiosa espando i commenti sotto di essa.
Come mi aspettavo, spaziano dai complimenti gentili agli insulti.
Sospiro rassegnata, Liam mi aveva messo in guardia e non ne sono allarmata, o almeno credo. Non so realmente spiegare come mi senta. Se da un lato mi sento giudicata, come sempre le etichette che mettono addosso le ho sempre odiate, dall’altro lato credo che non dovrei prendermela così tanto. Alla fine, l’importante, è avere accanto quella persona che ti fa cancellare i dubbi, ragazzo o amici che siano, almeno fino a quando il destino non ci metta davanti un’altra strada, un’altra direzione da seguire.
Qual è la mia? Mesi fa non avrei saputo dare nessuna risposta, oggi invece, purtroppo, la risposta è scritta a caratteri cubitali sulla mia testa.
“Alyssa, sei in casa?” Domanda la voce di mio padre, al piano di sotto.
Strano, ero così presa dai miei pensieri che non ho sentito nemmeno la porta d’ingresso aprirsi.
“Si papà, sono in camera” Rispondo ad alta voce, per farmi sentire.
“Ti aspetto giù” Mi fa sapere.
Che ci fa mio padre, alle sette di sera a casa? Strano che non si sia fatto mettere i suoi soliti turni notturni. Probabilmente, vorrà riposarsi dopo i suoi straordinari giornalieri.
Disconnetto il mio profilo dal pc e uscendo dalla camera spengo la luce per dirigermi in cucina.
 
Quando entro in cucina, un odorino invitante stimola il mio olfatto.
Mio padre si sta togliendo la giacca e l’appoggia alla spalliera di una sedia, stirandola con le mani, stranamente impacciato.
“Cos’è questo odore?” Domando.
Lui mi sorride e fa un passo di lato, lasciandomi la visuale della tavola apparecchiata rudimentalmente, mentre nei piatti ci sono due pizze fumanti.
Distolgo lo sguardo e lo punto su quell’uomo sorridente.
“Perché sei a casa così presto papà?”
Lui scrolla le spalle e il suo sorriso per un attimo, si scalfisce, lasciando il posto a un’espressione sottomessa e triste.
“Non posso mangiare una pizza con mia figlia?”
Ah certo… Quando si ricorda di avere una figlia.
“Certo, ma non c’era bisogno di prendere un permesso da lavoro” Gli accuso.
Tutta questa acidità da dove mai spunta fuori? Mi faccio paura per prima io, per poi vedere il volto di mio padre diventare confuso, mentre aggrotta le sopracciglia facendole riavvicinare.
Il fatto è che sono stanca, il mio baratro si sta trasformando in frustrazione.
Sono stanca del fatto che le prime persone che dovrebbero rimanere accanto a me, in questo caso la mia famiglia, siano le prime a correre via da me a gambe levate. Ho così tanto rassicurato Jennifer, quel giorno al parco, ma la verità è che anche io ne ho abbastanza. Prima mia madre, con la sua codardia e ora anche l’ultima persona che mi sarei aspettata.
Me lo sarei aspettata da Liam, da Niall, dai ragazzi. Invece, loro sono rimasti.
Non me lo sarei aspettato da mio padre, invece eccolo qui. Chilometri e chilometri distante da me.
“Io… Bhè… Volevo cenare con te, come una volta” Cerca di uscirsene lui, impacciato.
“Certo” Sbuffo, mentre mi siedo al mio solito posto a tavola.
 
“Come vanno le cose con Liam?” Mi domanda lui, addentando un pezzo di pizza.
“Bene” Rispondo con sufficienza, giocherellando con la mozzarella che si sta raffreddando, sulla pizza.
Non che la pizza non sia uno dei miei cibi preferiti, ma un po’ la situazione in questa stanza, un po’ il suo solito stato di abbandono in cui deperisce lo stomaco, l’ultima cosa che vorrei fare e trangugiare allegramente la pizza in questa serata. Anche perché, so come andrebbe a finire: rigurgitare.
“Quando riparte per il tour?”
Scatto la testa e lo guardo rabbuiata, non può veramente interessarsi alla mia vita in questa mezz’ora qui, seduti come la famiglia del mulino bianco.
“Non vedo perché dovrebbe interessarti”
Lui rimane con la bocca mezza aperta, mentre si blocca con la pizza a metà strada.
Con un sospiro, appoggia quest’ultima nel piatto e mi guarda, congiungendo le mani sul piano del tavolo.
“Alyssa, perché ti comporti così?”
Quasi non scoppio a ridere, per questa domanda, dove sembra cadere dalla nuvole.
“No papà, la domanda è perché ti stai comportando TU così”
“Non ti capisco…”
“No? Bene, ti rinfresco la memoria” Sbotto esasperata mentre congiungo le mani intrecciate vicino al piatto.
“Tre mesi fa mi è stato diagnosticata la fase finale della leucemia, papà. E se te lo fossi dimenticato, ti ricordo che mi è stato dato un anno di vita! Ergo, mi mancano nove mesi di vita. Nove schifosissimi mesi! E dov’eri mentre davo il mio addio alla psicologa? Dov’eri mentre suonavo in teatro? Dov’eri mentre stavo crollando papà? Te lo dico io dov’eri! Eri a infliggerti le tue colpe! Per il fatto che non sei riuscito a salvarmi, la verità è che non puoi fare niente! Nessuno può far nulla” Urlo, tra le lacrime.
Sbatto una mano sul piano del tavolo e mi alzo, facendo strascicare la sedia. “Abbiamo tanto criticato la mamma in tutti questi anni, l’abbiamo diseredata dalla famiglia perché si è comportata come l’ultima madre sulla terra si comporterebbe con una figlia e un marito e tu! Tu cosa hai fatto di così diverso?”
Le lacrime scorrono non solo sul mio volto, ma anche su quello che credevo essere l’unico uomo nella mia vira. E non c’è dolore più grande di vedere mio padre così vulnerabile, pronto a spaccarsi in due per il dolore.
“Non hai fatto nulla di diverso da lei. Mi avere abbandonato al mio destino, mi avete abbandonata come si fa con un giocattolo rotto. Sono rotta, lo so io per prima! Tutti mi dicono di essere forte, ma sai qual è la verità papa? È che non lo sono! E per la prima volta penso che morire sarà la soluzione migliore per me!”
Mi asciugo le lacrime e faccio alcuni passi per uscire da questa maledetta stanza. Come a voler mettere un punto su tutto quanto quello che mi vortica sulla testa.
“Io non ti ho abbandonato” Dice la voce spezzata dalle lacrime di mio padre, che mi fa bloccare sul mio posto, ancora di spalle alla sua figura.
“Non l’ho mai fatto Alyssa e in questo periodo ho fatto tutto, tranne che voltarti le spalle”
Scuoto la testa e mi giro a fronteggiarlo. Lui si è alzato dal suo posto e le sue braccia sono stancamente allungate sui fianchi.
“Ho fatto delle ricerche, ho tentato di trovare una soluzione. Non è vero che ti ho abbandonata”
Rimango in silenzio, senza muovere un muscolo. Le uniche che si muovono sono le lacrime, che scendono copiose dagli occhi e si accalcano sulle guance arrossate.
Lui sospira e si passa una mano tra i capelli. E la risposta a quella remota “soluzione” mi appare sfocata agli occhi.
Sorrido amara e scaccio via le lacrime.
“Ma non si è concluso niente. Vero?” Domando con un filo di voce.
“Io ci ho provato Alyssa, ho tentato con un espianto del midollo osseo, unica soluzione. Ma mi è stato riso in faccia, mi hanno dato del pazzo. Ma può essere un pazzo un padre che cerca una soluzione?”
Faccio un passo verso di lui e ci leggo dentro quegli occhi tutto il rimorso, tutta la stanchezza di aver combattuto tanti anni con la dura realtà.
“Ci hai tentato papà, ma ci siamo arrivati troppo tardi. Quello che è fatto è fatto. Io ti chiedo solo di essere accanto a me, di fare quello che un padre dovrebbe fare per la propria figlia, in fin di vita o meno: il papà. Me lo prometti?”
Lui colma quella distanza, fisica e emotiva che ci è piombata addosso, non solo negli ultimi tre mesi ma da quando a nove anni, mi è stata data la mia sentenza di vita, e mi abbraccia stretta al suo petto, come una risposta silenziosa alla mia richiesta.
Affondo il viso nella sua camicia e dò libero sfogo alle mie lacrime, insieme alle sue.
Tante cose può togliermi il mio personale inferno, ma spero, non mi toglierà mai questo grande uomo che mi tiene stretta. Perché un padre è l’ancora di salvezza nelle giornate di pioggia e di mareggiata che la vita ci presenta nel nostro cammino.
 
Seduta sul tappeto della mia ormai seconda casa, la stanza rossa, ascolto il singolo degli Imagine Dragon, che sembra così dannatamente perfetto per me. Sembra che Dan Raynolds mi abbia studiato per bene e ne avesse fatto uscire un brano tutto per me.
Monster.
Mi sto trasformando in un mostro e lo sento sempre più vicino a me.
La prova a tutto ciò si è verificata due ore fa in cucina.
Cosa sto diventando?
È come se dentro di me non ci fosse solo l’inferno, ma anche una creatura che a poco a poco mi divora in se stessa e prenda il comando di me, anche contro il mio volere.
Mai mi sarei aspettata di reagire in quel modo nei confronti di mio padre.
Superficiale, ecco cosa sono stata.
Ero ferma nell’idea che lui mi avesse allontanato, invece era alle prese nel trovare una soluzione per me.
Perché questo inferno mi sta mangiando anche il cuore, perché?
Mentre il disco torna alle prime note, mi prendo la testa tra le mani e cerco di dare una soluzione a tutto ciò.
Sarà l’ansia, deve essere l’ansia.
Un leggero bussare mi fa allontanare da questi pensieri e sospirare.
“Toc, toc. Si può?”
Alzo la testa e un ciuffo biondo mi si fa capolino nella fessura della porta lasciata aperta.
“Biondo!”
Scatto in piedi e corro ad abbracciarlo.
Niall, sorridendo, apre la porta e con se anche le braccia affinchè mi ci spossa accoccolare.
“Hei ragazzina. Come va?”
“Ora meglio. Dio Horan, da quanto tempo non ti vedo!”
Mi distacco dal suo caldo abbraccio e, prendendolo per una mano, lo faccio accomodare nella stanza.
“Wao, questa stanza è sempre più figa ogni volta che la vedo”
“Sono loro a fare tutto” Dico, facendo segno con la testa al giradischi.
“Figo!”
Niall si avvicina alla postazione e ne prende la copertina, girandosela tra le mani.
Mi fermo a guardarlo. Sono davvero contenta di rivederlo qui, una figura amica manca da troppo tempo alla vista dei miei occhi.
Lui alza il viso e mi sorride e la sua espressione non solo mi rallegra ancora di più, ma mi riscalda interiormente.
“Che mi dici folletto? È dal giorno dell’esibizione che non ci vediamo” Gli dico, sedendomi nuovamente sul tappeto, guardandolo dall’alto.
“Già. Non abbiamo un attimo di pace. Te l’ha detto Liam, vero?”
Assecondo con la testa mentre lo guardo sedersi accanto a me.
Rimaniamo in silenzio mentre il vinile, con la voce di Dan, ci fa da compagnia.
Mi è sempre piaciuto stare con Niall, indipendentemente se parlassimo o meno, proprio come sta accadendo ora. Niall è come un fratello che non ho mai avuto. Non so cosa si possa provare ad avere un fratello, ma credo che se mai lo avessi avuto, i sentimenti sarebbero uguali a quelli che provo quando sono con il biondino qui.
“Alyssa, devo dirti una cosa” Si agita lui, al mio fianco, torturandosi la sciarpa che ha alla gola.
“Che cosa Niall?”
“Bhè vedi… Abbiamo fatto ascoltare il tuo brano ai manager”
“Davvero?” Domando, strabuzzando gli occhi.
“Si”
Perché è così in ansia?
“Non è piaciuto, vero?”
“No… E’ che…”
“Niall lo puoi dire se ha fatto schifo. Non me la prendo”
“Aly…”
“Dopo tutto era il mio primo brano. È logico che doveva essere uno schifo”
“Alyssa ascoltami!” Alza di più la voce e io mi riprendo dal mio nascente shock.
Resto in silenzio, mentre lo vedo prendere un sospiro.
Se davvero non ha fatto schifo, perché è così dannatamente sulle spine e agitato?
Ma come se mi avesse sentito, alza lo sguardo e mi sorride benevolo.
“E’ piaciuto. E ti vogliono a cantare con noi”
Dopo un attimo di sbandamento, scoppio a ridere.
“Dai Horan, potevi inventartela meglio. Ora entreranno gli altri e mi prenderanno in giro, vero?” Domando, ancora con attacchi di ridarella.
Niall, però, mi guarda interrogativo con un sopracciglio alzato.
Subito smetto di sghignazzare e mi metto tesa con la schiena.
“Tu non stai scherzando”
Lui in risposta scuote la testa e mi sorride.
Merda. 

 


Kumusta giovanotte.
Con un bel MERDA, concludiamo il capitolo di oggi.
Capitolo spinoso!
Vi sareste mai aspettate un'Alyssa acidella? Bhè, sinceramente fossi stata in lei avrei sbottato da un bel pò. 
Anche se, il padre le è stato lontano per un motivo ben importante.
Così rispondo a una mia amica che mi chiese: ma non c'è una soluzione alla leucemia?
Che io sappia, con le mie ricerche online, l'unica soluzione oltre alla chemioterapia che blocca, c'è il trapianto del midollo osseo. 
Ecco cosa cercava il padre di Aly, una via d'uscita.
Via nuovamente bloccata dalle fiamme dell'inferno.
Mi sono molto commossa, da sola lo so, mentre scrivevo del dibattito.
Io amo mio padre e non saprei cosa fare se lui da un giorno all'altro mi mettesse da parte.
Poi abbiamo il botto di Niall. La canzone è piaciuta e ora Alyssa deve pensare se cantare o meno con loro.
Apriamo un toto.
Chi mi segue dai tempi di PRA, sa che ogni tanto me ne esco con queste cavolate.
Ebbene, che canzone pensate la nostra Alyssa canterà?
Vi aiuto, è una canzone dei ragazzi dell'ultimo cd.
A voi la parola.
Fatemi sapere che ne pensate del tutto.

Ringrazio chi si è aggiunto, chi continua ad esserci e chi sempre ci sarà.
Ringrazio Fraa_Panda la mia prima in tutto, Amely per esserci come sempre, Nessa per il suo continuo supporto a questi capitoli e la nuova entrata tra noi Erica che mi ha fatto emozionare con le sue parole.

Io vi saluto, vi auguro una buona settimana e vi dò appuntamente a martedì prossimo.
Un bacione.
Vostra sempre
-Ila-





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Capitolo 39
*** Accetto ***


“Hai deciso cosa fare?” Mi domanda Eloise, mentre girovaghiamo senza meta tra le strade di Oxford in una Londra fredda che ospita, ai lati delle strane, una neve ormai ingrigita e spenta.
“In merito a cosa?” Domando, sollevando la testa e guardando la mia amica che ha appese alle braccia, pacchetti e pacchettini imbustati.
“Pronto Alyssa, è Natale. Cosa si fa a natale?”
“Non saprei, l’albero?”
Eloise si ferma in mezzo al marciapiede, facendo così bloccare i passati dietro di lei che iniziano a borbottare e a scansare quella ragazza infagottata nel suo cappotto e nella sua sciarpa di lana.
Mi giro, non trovandola più accanto e la raggiungo.
“Che c’è?” Le domando, trascinandola da una mano per far sbloccare la coda formatasi.
“Siamo agli antipodi con te, amica mia!” Sbuffa lei.
Stavolta è lei a prendermi per una mano e a mettermi di fronte a una vetrina di Ralph Lauren, addobbata a festa con manichini che trasudano eleganza.
“E’ Natale e come vuole la tradizione, ci si scambiano i doni”
“El, non mi fare la predica. So che ci scambiamo regali ogni anno e adoro i tuoi guanti con le renne, però che ci facciamo davanti a una vetrina da uomo? Vuoi dei boxer per Harry?” Domando, facendo un gesto della mano eloquente, nel vedere un manichino con un completo intimo.
“Bhè, l’idea non è male per il regalo di Harry, ma la domanda che ti pongo è: hai pensato a cosa prendere a Liam?” Mi domanda, mentre piega le braccia e le appoggia ai fianchi, assumendo una posizione buffa. Sembra un albero di natale addobbato con pacchetti.
“Avevo pensato a qualcosa di semplice”
“Non dirmi che stavi pensando ad un’altra cover per l’iphone”
“Cosa non andava nella cover?”
“Stiamo parlando di Liam Payne, tesoro”
“E con ciò?”
Lei sbuffa, evidentemente esasperata per la mia testardaggine, ma davvero, non ci trovo niente di male nel mio precedente regalo, anzi! Liam sembra averlo amato, dato che usa spesso quella cover di Batman. Certo un po’ infantile come regalo… Ma ha il suo fascino.
“Ok, allora! La cover ci stava, perché non vi conoscevate ed eravate ancora amici, ma stavolta è diverso. State insieme, siete amanti”
Spalanco gli occhi, alla sua ultima espressione e prendo a torturarmi le mani coperte dai guanti e mi dondolo sui talloni, evidentemente colta in fallo.
“Bhè…” Cerco di protestare, ma ne esce solo un borbottio.
“Che c’è?”
“In verità…”
“Aly, sai che odio quando non capisco. Che c’è?”
“Bhè… Vedi, no- non siamo amanti
Eloise alza un sopracciglio e mi sorride sorniona. Dio, odio quella espressione.
“Lo so cara, dopo tutto sono la tua migliore amica e se fosse accaduto qualcosa me l’avresti detto. Perché non fai in modo che accada?”
“Ma…” Mi strozzo con la mia stessa saliva e prendo a tossire.
“Hei, hei… Calma. Non ho detto niente di che” Dice lei, battendo una mano dietro la mia spalla.
Respiro affannosamente, per riprendere aria.
Quando questa decide di scorrere nuovamente nei miei polmoni, tiro su la testa e guardo la mia amica sbigottita.
“Sei impazzita Eloise?” Urlo, mentre il vento porta via le mie parole.
“Che avrei detto di sbagliato? Non ci vedo nulla di sbagliato”
“No, niente di sbagliato” Ribatto io, fulminandola con lo sguardo.
“Bene, allora visto che ho ragione io, andiamo a farci una passeggiata in questo negozio”
Mi afferra per il braccio e mi trascina dentro al negozio.
“El” La richiamo con un fil di voce, piantando i piedi per terra, inutilmente.
“Guardiamo solamente, ok?”
Detto ciò, sparisce nelle varie corsie di abiti e mi lascia da sola alle porte del reparto uomo.
Sbuffando, decido di dare un’occhiata qua e la.
 
Curiosando, cercando di individuare un qualcosa che possa piacere a Liam, vengo richiamata dal suono del telefono che mi avvisa di un nuovo messaggio in memoria.
Lasciando da parte una maglietta molto interessante e a parer mio molto carina, frugo nella borsa in cerca del cellulare.
 
Da Niall: Per le 17 a casa tua. Nessuna domanda XX
 
Il messaggio di Niall mi fa sorridere, è sempre così qual ragazzo: diretto e spigliato.
Certo, alle volte un po’ troppo diretto, proprio come ora.
Non può mettermi questa curiosità addosso, per poi pretendere di non fargli nessuna domanda.
È ancora primo pomeriggio e ci vorranno due ore abbondanti per arrivare alle 17.
“Hei, ho trovato qualcosa di interessante” La voce di Eloise mi fa sobbalzare e quasi faccio cascare il cellulare per terra.
“Chi è al cellulare?” Domanda ancora lei, ponendosi davanti.
“Niall, mi avvisava che alle 17 devo farmi trovare a casa”
“Per fare cosa?” Sottiglia lo sguardo fissandomi.
La guardo interrogativa.
“Non ne ho idea”
“Stiamo parlando di Niall, il ragazzo che ha un debole per te”
“Un che? Ma sei impazzita El? Niall è come un fratello, è te al maschile”
Lei scuote la mano libera, come per allontanare il mio ragionamento e decretare il suo più soddisfacente.
“E di Cedric? Che mi dici?”
“Che c’entra ora Cedric?” Domando, voltando le spalle e allontanandomi.
“Si vede lontano un miglio che non gli sei indifferente”
“Non è come credi”
“Quello che credo è uguale a quello che crede Liam” Dice, seguendomi a ruota nel negozio.
“E tu che ne sai?” Le chiedo, sfiorando una felpa bianca con cappuccio molto morbida al tatto.
“Abbiamo parlato…” Sussurra Eloise.
“Cosa?” Domando, bloccandomi, stavolta guardandola dritta negli occhi.
Lei è impacciata, come se volesse rimangiarsi quello che ha appena detto.
Ma la fortuna, stranamente, a mio vantaggio vuole che questo non sia possibile.
“Bhè… noi… Il giorno della tua esibizione abbiamo parlato, mi ha detto di Cedric e io credo lui abbia ragione Aly”
“Cosa ti ha detto esattamente?”
Lei sbuffa e giocherella con il mucchio di roba che ha sul braccio. Ora che ci faccio caso è un sacco di roba. Che ne vorrà mai fare? Eloise e la sua passione per lo shopping mi fanno paura.
“Non gli è molto simpatico”
“L’avevo capito questo…”
“Aly, è solamente geloso. Vede in Cedric quello che lui non è”
Rimango strabiliata a apro la bocca più volte per voler mettere delle parole una dietro l’altra e far nascere una frase di senso compiuto. Ma questo non avviene.
Di che avrà mai paura Liam?
Ad un tratto la verità, triste e cruda, mi si getta sulle spalle.
Liam non può avere paura, non c’è nessun altro con cui io voglia stare. Ma egoisticamente, ho pensato solo a me stessa. Gelosia a parte, Liam non può stare con me. È maledettamente sbagliato tutto quanto.
“Non ha nessuna ragione per sentirsi geloso” Ammetto, lasciando cadere le braccia sui miei fianchi.
“Ma ha ragione, io non dovrei stare con lui” Continuo.
“Cosa?” Stavolta, a rimanere sorpresa è Eloise.
“El, è tutto sbagliato. Che ci facciamo in questo negozio? Che ci facciamo a scegliere un regalo che tra poco nemmeno vedrò più. Io non posso stare con Liam, è sbagliato. No, non posso”
Con la testa che pulsa e le lacrime che salgono verso gli occhi e prepotenti vogliono sbalzare fuori, faccio un passo indietro e a testa china cerco di scappare via da quel luogo. Ma, prontamente, Eloise getta da una parte gli indumenti che aveva per se e mi afferra saldamente per un braccio.
“Hei, no. Non devi pensare a queste cose” Mi dice, avvicinandosi a me e stringendomi tra le braccia per far placare la mia angoscia.
Angoscia che cresce, con i singhiozzi e le lacrime.
Patetica, ecco cosa sono.
Egoista, ecco cosa sono diventata.
“El, che persona posso mai essere? Perché trattengo Liam quando dovrebbe scappare da me? Non è giusto per lui. Merita di meglio”
Lei in risposta mi stringe ancora di più, cercando di cullarmi e farmi calmare.
“Ne avete già parlato, Liam ti ama e non vorrebbe essere da nessun’altra parte. Vedrai che una soluzione la troverete”
Scuoto la testa, infossata sulla sua spalla.
“Non esiste nessuna soluzione El, papà ha cercato di tutto. Anche l’ultima speranza è scappata via. Non c’è futuro, non c’è salvezza”
Rimaniamo in silenzio, la giacca di Eloise assorbe le lacrime e anche un po’ del mio sfogo.
“Hai Liam. Hai me, hai i ragazzi e hai tuo padre. Non ti serve più nient’altro” Cerca di farmi calmare lei, con voce strozzata, che cerca di mascherare con un colpo di tosse.
Mi serve una vita Eloise, mi serve un miracolo.
Ma ovviamente, tengo per me questi pensieri e staccandomi lentamente dal suo abbraccio, assecondo con il capo e un piccolo sorriso si dipinge sul volto.
Ho bisogno solo di loro, per sopravvivere. Fin quando il tempo scadrà.
 
 
I miei desideri
 
1- Rincorrere il giorno
2- Correre al parco con Jennifer
3- Cantare insieme agli Imagine Dragons
4- Fare un bagno al mare a mezza notte
5- Incidere una canzone
6- Ballare fin quando i piedi non facciano male
7- Suonare il pianoforte davanti a tanta gente
8- Andare in Italia
9- Comprare un cane
10- Amare
11- Rivedere mia madre
12- Vivere
 
Seduta sul divano, con l’agenda rossa aperta appoggiata sulle gambe, soddisfatta traccio delle linee lungo ben quattro miei desideri.
La psicologa sarebbe contenta di me.
Quattro su dodici, sono pochi. Ma stiamo parlando di desideri per me impossibili. Desideri troppo complicati, troppo distanti da me stessa.
“Quando arriva Niall?” Domanda Eloise, entrando in salotto.
Dopo lo shopping, è voluta rimanere perché parlando con Niall abbiamo capito che ci porterà alla loro casa ed Eloise, giustamente, vuole vedere il suo piccolo riccio. Impossibile farle cambiare idea.
Eccola qui, accanto a me che mi guarda e guarda curiosa l’agenda.
“Cos’è?”
“Niente” Dico, chiudendola in un battibaleno.
Non voglio avere nessun segreto con lei, non l’ho mai fatto e mai lo farò.
Ma l’agenda va oltre il segreto. Oltre il normale.
“Farò finta di crederci. Allora, ti piace il pensierino che ti ho comprato poco fa?” Domanda maliziosa.
“Non mi ci far pensare” Rispondo, sentendo le guance avvamparmi per la vergogna.
Eloise ridacchia e mi da un colpetto col gomito, facendomi sbalzare in avanti.
“Sei carina tutta timida”
“Smettila!” La richiamo.
“Ma è una cosa normale, tra innamorati”
Sbuffo e mi alzo in piedi, aggiustandomi i pantaloni.
“Non per me”
“Alyssa! Non capisco questo tuo modo di vedute. State insieme, fare sesso è una cosa normalissima” Esordisce lei, stendendosi sul divano a pancia in giù.
“Ma se io vado a fuoco solo a sentir nominare quella parola! E poi tu, come te ne sei uscita con quel… Quel… Coso!”
“E’ un completino intimo Aly, niente di volgare”
“Bhè… Bhè… Non Esiste” Rispondo, ricordandomi il contenuto della busta, regalo anticipato della mia amica, diligentemente posto sotto una pila di maglie nell’armadio.
“Sei retrograda, cara amica mia! Non c’è niente di più bello del sesso”
“Oddio” Sussurro, mentre mi copro la faccia con le mani.
Il sesso in casa Miller, è sempre stato un tabù. Crescere con un solo padre non ha facilitato nulla, non avere una madre ha inciso anche su questo tema. Avere solo un padre e anche medico, è stato tragico.
Non che non sappia cosa avviene e come funziona, dato che so esattamente il procedimento tecnico.
Mi manca più che altro la parte “pratica”, la parte così tanto bella che tutti acclamano.
Sono terrorizzata all’idea di perdere la verginità, di provare dolore.
Non capisco cosa tutti enfatizzano così esasperatamente. Si può provare piacere nel percepire dolore?
Non capisco.
Inesperta. Mi suggerisce la mente e ha ragione.
“Aly, non angosciarti. Se capiterà pensa solo a rilassarti”
“Non sarà facile” Borbotto, mentre prendo a girovagare in lungo e in largo per il salotto.
Non pensarci? Come farò a non pensarci avendo a una spanna il corpo di Liam?
Già vado a fuoco con un semplice bacio, non oso immaginare quando... Bhè, quando e se mai tutto ciò accadrà.
Prego che Niall possa suonare quel maledetto campanello e tirarmi da impiccio velocemente.
“Ma ne avete mai parlato? Ti ha mai dato l’impressione che volesse… Concludere?”
“Non che io sappia” Rispondo, riflettendo.
Poche poche sono state le volte che io e Liam abbiamo passato insieme, nel senso più stretto del termine.
Mi viene in mentre quella volta in camera sua ad ascoltare il loro primo cd, ma non è capitato niente di fisico.
Ricordo benissimo il suo di fisico, mentre si infilava la maglia, ma niente più.
Quella sera è stato tutto altamente romantico e perfetto. La prima volta che i miei sentimenti sono venuti a galla.
“Arriverà, arriverà…” Propina la mia amica, proprio mentre il suono del campanello interrompe il nostro dialogo.
Non poteva suonare prima, no vero?
Quell’arriverà mi mette ansia.
 
Quando arriviamo a casa dei ragazzi, Niall mi prende da parte e mi porta nel salotto deserto, con tende alle finestre calate e con un'unica luce proveniente da un albero di Natale posto in un angolo della stanza vicino al pianoforte lucido, con il coperchio sollevato.
Rimango senza fiato e guardo sognante questa visione.
Sono sempre stata abituata ai quei piccoli alberi già confezionati, messi sopra il tavolino del salotto con l’unico sforzo da fare era semplicemente attaccare la presa alla spina della corrente e le lucine appese a quei piccoli rami si sarebbero accese, dando sfoggio di quel piccolo segno natalizio.
“E’… E’ bellissimo” Decreto io.
“Alyssa ascoltami. Non abbiamo molto tempo” Mi dice Niall, visibilmente nervoso, mentre stringe con un po’ di forza il mio braccio.
“Cosa c’è?” Gli domando, staccando con forza la vista su quell’enorme albero illuminato.
“Ci hai pensato?”
“A cosa?”
“Come cosa? Cazzo Aly. Alla canzone! I ragazzi non sanno che te l’ho detto, volevo avvisarti. Ci hai pensato?” Risponde lui, passandosi una mano nei capelli cresciuti, facendo cadere il suo ciuffo al lato del suo viso.
Sembra così piccolo.
Sorrido e lui lascia cadere la mano che fino a poco fa, stringeva il mio braccio.
“Non ho riflettuto molto bene, ma diciamo che in linea di massima so cosa decidere”
“Davvero?” Risponde risollevato, ma ancora abbastanza sulle spine.
“Davvero cosa?” Domanda una voce molto nota, alle nostre spalle.
Con il sorriso ancora in volto, mi giro per far scontrare i miei occhi in quelli di Liam.
Lui è fermo sulla soglia della stanza, con le mani affondate nei jeans e ed è dannatamente perfetto.
Non ci vediamo da giorni e la sua assenza si è fatta sentire più del dovuto. Strano pensare che prima di conoscerlo avevo un vita, o quello che ne assomigliava, diversa senza lui.
È così assurdo che ora lui sia diventato il mio centro, il mio mondo, la mia ancora.
“Hem… Parlavamo di Natale” Si affretta a rispondere Niall, guardandosi attorno e soffermandosi sull’albero nell’angolo.
“Hei piccola” Mi saluta Liam, posando il braccio attorno ai miei fianchi.
“Bhè, io vado a chiamare gli altri. Ci vediamo tra un attimo” Detto ciò, Niall sparisce alla velocità della luce su per le scale.
Sorrido per il suo coraggio che ogni tanto si affievolisce e mi volto verso Liam, scoprendolo a guardarmi.
“Ciao” Lo saluto, improvvisamente timida.
Lui si avvicina e subito le sue labbra si appropriano delle mie.
Un bacio che inizialmente trasuda dolcezza, come un tacito saluto tra loro, come un ricongiungimento.
Ma subito, il contatto si fa bollente ed eccessivo.
Liam fa scivolare una mano, che fino a poco fa era sul fianco, alla base della schiena e porta l’altra dietro alla nuca, facendo avvicinare ancora di più il contatto tra le labbra.
Con la lingua disegna una traccia lungo il mio labbro inferiore, un mio gemito non trattenuto fa si che socchiuda le labbra, dando un varco alla sua lingua che impetuosa arriva a sua destinazione.
Trova la sua compagna e la sfiora, facendo nascere dei brividi lungo la mia spina dorsale e inevitabilmente le gambe iniziano a diventare creta.
Riscuotendo un po’ di ragione, alzo le mani e lascio affondare le dita nei suoi capelli, freschi e profumati.
Mi aggrappo ad essi e lascio che le emozioni per questo ragazzo prendano il sopravvento.
Il bacio dura un’eternità e quando Liam si allontana, gemo di frustrazione, desiderando ardentemente il contatto con le sue labbra.
Lui appoggia la sua fronte con la mia e con gli occhi chiusi, ispira rumorosamente.
“Dio, quanto mi sei mancata”
Quando apre gli occhi improvvisamente, probabilmente sospettoso nel non sentire nulla da parte mia, i suoi occhi si scontrano con i miei e sorridono di riflesso.
“Anche tu, Liam”
“Vieni. Abbiamo delle novità” Sussurra lui, facendo un passo indietro e trascinandomi via.
 
In cucina, ci sono tutti che ci aspettano.
Eloise è seduta accanto ad un Harry felice mentre si tengono per mano, parlottando tra di loro. Gli occhi non mentono.
I loro occhi sono così in sincronia e così limpidi che nulla può scalfirli.
“Siediti” Mi invita Liam, indicando uno sgabello accanto a Zayn che mi sorride e mi aiuta a salirci sopra.
“Mi dovete dire qualcosa?” Domando, guardandoli uno per uno, soffermandomi un po’ troppo su Niall che mi sorride impacciato, come per non farsi scoprire.
“Tombola!” Urla Harry.
Liam scuote la testa, seguito dal ridacchiare di Eloise.
“Dai, siamo in tema” Si scusa il riccio, sorridendo.
“Alyssa, dobbiamo farti una risposta che non potrai rifiutare” Esordisce Louis.
“Del tipo?” Domando, stringendomi nelle spalle.
“Cantare con noi” Butta lì, come se niente fosse, Liam.
Mi volto a guardarlo, con la bocca spalancata.
“Ok, so che ora rifiuterai, ma il tuo brano è piaciuto un sacco ai piani alti. E il concorso diceva di avere una sesta voce e noi bhè… noi ci teniamo che tu cantassi con noi… Se vuoi puoi pensarci, ma siamo di fretta e dobbiamo farlo entro la fine dell’anno, sai con il cd nuovo eh…”
“Liam!” Lo richiamo, bloccandolo, mentre da spettacolo del suo monologo, impacciato.
“Per essere uno che affronta un pubblico di cinquanta mila persone, sai balbettare e parlare a raffica perfettamente” Lo prendo in giro, stringendogli il ginocchio che sfiora con il mio.
“Lo fa solitamente quando è nervoso” Lo difende Niall.
“So quanto ci tenete a questo progetto e non sarò di certo io a sconvolgerlo”
I ragazzi mi guardano strani, allarmati dal fatto che io possa rifiutare. Ma Eloise mi sorride e con un cenno del capo l’assicuro che la mia decisione è quella che ha capito.
“Accetta!” Urla, scendendo dallo sgabello.
“Tu… davvero?” Chiede Liam, seguito dal resto del gruppo.
Assecondo con la testa, mentre tutti mi circondano sbalorditi.
E devo ammettere che un po’ sbalordita lo sono io per prima. Pronta a mettere un’altra striscia su un'altro desiderio avverato.

 


Kumusta bella gente.
O buongiorno, se preferite, anche se Kumusta ormai è diventato il mio grido di battaglia.
Ebbene si, oggi aggiornamento di mattina, precisamente 12.37 perchè oggi pomeriggio ho un po' di cosine da fare.
Non ho mai aggiornato di mattina e mi fa strano.
Vabbè, tralasciando.
Che ne pensate?
Vari punti su cui focalizzarvi: primo tra tutti, questa paura di Alyssa nello stare insieme a Liam, la ragazza si sta accorgendo che Liam è anche lui un ragazzo e come tale ha paure, emozioni e aspettative; poi questa cosa della "prima volta" che mette in ansia la nostra piccola Alyssa; e ultimo ma non meno importante: il concorso!
Avete ancora tempo una settimana per il toto della canzone :D
Fatemi sapere a cosa pensate e qual'è la vostra definitiva.
Non ho svelato niente a nessuno, perciò nessuno è avvantaggiato. 
Perciò, ora la parola spetta a voi.
Sentirvi mi fa sempre bene, e se c'è qualcosa che volete dirmi, sono sempre a disposizione.

Grazie a chi continua ancora ad esserci.
Grazie a Fraa_Panda che mi fa divertire sempre, grazie a Erica che ormai è diventata parte del gruppo e grazie a Nessa che puntualmente mi fa sempre sapere cosa ne pensa del capitolo.
Non saprei cosa fare senza voi.
Un ringraziamento speciale va anche a Giulia, che ha recuperato tutti i capitoli arretrati e mi fa sapere SEMPRE quello che ne pensa. 

Vi auguro una buona settimana e appuntamente a martedì.
Un bacione.
-Ila-







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Capitolo 40
*** La vita in una canzone ***


“Eccoci arrivati” Mi avvisa Liam, parcheggiando davanti a un comprensorio fatto di vetri.
“Questa?” Domando, indicando il palazzo.
“Già. La casa discografica. Sei pronta?”
“Non c’è una risposta di riserva?” Rispondo, slacciando la cintura di sicurezza.
Lui mi guarda e ride, poi lascia scivolare la sua mano sulla mia, solleva le mani intrecciate e mi lascia un bacio sulle nocche facendomi rabbrividire al contatto della sua fresca barba.
Adoro il modo in cui la porta, leggermente rasa ma che al contatto non dà fastidio, anzi, stuzzica in modo positivo ed è portatrice di brividi a fior di pelle.
“Andrà bene, vedrai” Mi rassicura, guardandomi fisso con i suoi occhi così liquidi, come a voler impromere nella sua testa i miei di occhi.
Imbarazzata, abbasso lo sguardo e lo poso sul cambio dell’auto.
“Lo dici perché ormai ci sei abituato”
“Hei” Mi richiama lui, mettendo un dito sotto il mento e sollevando delicatamente il mio viso.
Torna a guardarmi negli occhi, stavolta serio.
“Non hai nulla di cui preoccuparti. Hai una voce fantastica e la canzone è favolosa. È piaciuta a tutti e io ne sono così orgoglioso”
Un piccolo sorriso di gratitudine,  nasce sulle mie labbra ed è il mio modo per ringraziarlo.
Ringraziarlo della sua presenza, sempre e comunque, accanto a me. Sia in questi momenti, che in altri ancora più difficili che sono certa, non mancheranno.
Veniamo richiamati alla realtà, persi negli occhi dell’altro, da un suono di clacson che ci riscuote.
La Range Rover di Niall, parcheggia accanto alla macchina di Liam e dal finestrino posteriore, Harry ci saluta allegro con la sua mano.
“Andiamo?” Domanda Liam, con un ultimo sorriso.
“Andiamo” Assecondo io, ritrovando quella poca forza che avevo in corpo prima di arrivare qui.
 
Entriamo nell’androne del palazzo e dopo un dialogo con la segretaria alla reception, ci fanno andare al quarto piano, negli studi di registrazione.
Nell’ascensore mi impianto nell’angolo trattenendo il fiato e stringendo il corrimano come se potesse darmi ossigeno.
“Forse dovevamo optare per le scale” Sussurra Louis.
“Sto bene” Rispondo con un filo di voce, mentre Liam mi si fa vicino.
Non dice niente, mi prende solo la mano e me la stringe.
“Odio il fatto di non riuscire a resistere negli spazi angusti” Mi lamento, con gli occhi chiusi cercando di regolarizzare il respiro.
“E’ normale soffrire di claustrofobia” Mi tranquillizza Niall.
“Certo, claustrofobia…” Sussurro io, assecondando con la testa.
Il viaggio dura una manciata di secondi, in cui nessuno fiata.
Quando si aprono le porte schizzo via, riprendendo a respirare a pieni polmoni, guardandomi attorno.
Un lungo corridoio bianco, con al muro appesi quadri di dischi e copertine di vinili, di cui alcune ne riconosco subito i cantanti, è percorso da poltroncine nere che all’apparenza sembrano molto comode.
In fondo a questo corridoio una grande porta a vetri opachi ricopre tutta la facciata nel muro, che mi ricorda tanto una porta di ospedale, viene aperta dall’interno lasciando uscire una donna vestita casual che ci viene in contro con i suoi tacchi che riecheggiano sul pavimento di marmo.
“Salve ragazzi. Puntuali come sempre” Saluta lei, con un sorriso sulle labbra.
“Il solito Harry” Risponde Niall.
“Hei, che sono diventato? Un alibi?” Protesta lui.
“Ragazzi tranquilli, lo sapevo che sareste arrivati in ritardo ecco perché ormai so che devo anticiparvi sempre l’orario”
“Sei gentile” Risponde con sufficienza Zayn, appoggiandosi con una spalla al muro.
“Becca, lei è Alyssa” Mi presenta Liam a questa donna.
“Oh, Alyssa. Che piacere! Ho sentito molto parlare di te, ultimamente”
“Hem… Spero bene” Sussurro io, avvicinandomi a Liam.
Questa donna mi mette in soggezione. Il suo sguardo è indagatorie, ma non sembra cattivo. Solo giudicatore.
“La canzone parla per te. Venite, parliamo meglio dentro” Fa un cenno del capo alla porta e girandosi su se stessa, ci precede dento la sala.
Dietro la porta c’è una piccola anticamera, che porta subito dopo a una gigantesca sala divisa in due.
Una parte, dove siamo noi al momento, con addossate al muro una serie di divanetti neri, con un tavolino di medie dimensioni che ospita un posacenere e delle bottiglie d'acqua. Sulla parete opposta, percorsa da vetri doppi, sono posti un mucchio di macchinari, che tanto mi ricordano le consolle dei dj, di quelli che escono alla tv, con tanti pulsantini colorati che ti verrebbe la voglia di pigiarli tutti quanti.
Aldilà del vetro, c’è una stanza buia.
“Allora, prima che arrivino gli altri accomodatevi. Devo darvi alcuni avvisi”
I ragazzi si siedono sui divanetti e Liam mi batte una mano accanto al suo cuscino. Quando anche io mi siedo, Becca ritorna a parlare.
“La canzone è stupenda Alyssa, ma tu ci hai dato solo il testo per il pianoforte, noi l’abbiamo reinventata, abbiamo aggiunto altri strumenti per completarla e…”
“Non ci sarà il pianoforte?” Domando allarmata, bloccando il suo avviso.
Lei rimane per un secondo con la bocca aperta, poi la chiude e mi guarda abbastanza infastidita. Suppongo che non le piaccia essere interrotta.
“Mi scusi” Sussurro con un fil di voce.
“No Alyssa, niente pianoforte. Ma abbiamo solo adottato la tua canzone ai nostri standard” Enfatizza sulla 'tua', come a volermene dare il merito, come un contentino.
“Oh, va… Va bene”
“Non dirmi che ti dispiace…”
“Becca, abbiamo capito” La interrompe stavolta Liam, guardandola in modo strano.
Prima che lei possa replicare, la porta si apre lasciando passare tre uomini, che parlano e ridono tra loro.
“Oh, ecco chi abbiamo qui! I nostri cinque uomini” Acclama un uomo alto, con un fisico molto slanciato, in abito sicuramente firmato.
“Più una giovane donna” Aggiunge un uomo bassino, con dei capelli radi.
“Tu sei Alyssa, vero?” Si intromette anche il terzo uomo, che in confronto agli altri due sembra il più normale.
“Si” Confermo io, alzandomi in piedi seguendo quello che fanno i ragazzi attorno a me.
“Piacere, io sono Karl” Si presenta quello che ha indovinato subito il mio nome.
“Io Steve e quell’omone lì è Joseph, semplicemente Jò” Mi si avvicina l’uomo bassino, che ora associo subito il nome Steve.
“Loro sono i tecnici nonché capi, hanno ascoltato per primi la tua canzone” Mi spiega Niall.
“La tua splendida canzone” Aggiunge Karl, sorridendomi.
“Credimi bambina, raramente siamo d’accordo su qualcosa. Ma la tua canzone ci ha messo subito sulla stessa linea d’onda” Ammette Jò, sedendosi su una poltrona dietro tutti quei macchinari.
“Sono… Sono contenta che vi sia piaciuta”
“Se ci è piaciuta? L’adoriamo” Conferma Steve.
“Bene, ora vado a chiamare i tecnici del suono e possiamo iniziare, voi potete iniziare ad entrare” Ci invita Becca, mentre esce dalla sala.
“Vieni, inizia a prendere confidenza” Mi prende per mano Liam e con un cenno della mano e un buon lavoro auguratoci da quei tre, entriamo nella sala buia che subito non lo è più
 
Rimango a bocca aperta, il più possibile, guardando quello che mi circonda.
Subito un atmosfera calda mi invade.
Pavimento di parquet coperto al centro da un grande tappeto persiano, sopra questo sono posti in modo circolare sei sgabelli.
Difronte a questi, sei altrettanti microfoni sono posti su delle assi piegate ad altezza sgabello.
Attorno anche qui ci sono dei divani, però stavolta rossi, in un angolo c’è un piccolo separé con un microfono di quelli che si usano per il canto di precisione.
“Ma… Ma è un sogno” Cinguetto, ancora guardandomi attorno.
“Hai avuto la nostra stessa reazione della prima volta” Mi si affianca Louis sorridendo.
“Da una sensazione di pace, vero?” Domanda Harry, sedendosi su uno sgabello.
Assecondo con la testa, sedendomi anche io accanto a Niall.
Quando vengo raggiunta da Liam, mi allunga un foglio bianco percorso da una serie di parole.
“Il testo” Mi risponde sorridendo, quando lo guardo interrogativo.
“Oh, hai ragione”
“Allora” Ci richiama una voce fioca.
Mi giro cercando di capire da dove provenga, subito capisco che è Jò dietro il vetro, in collegamento inter fonicamente con noi nella sala.
“Per il momento iniziamo con una prova. Mettetevi le cuffie e quando siete pronti mi date un cenno. La canzone inizia alla seconda battuta d’arresto, seguite il ritmo riportato sul foglio e non preoccupatevi di sbagliare. Le parti sono quelle evidenziate di ognuno di voi. Iniziamo” Ci spiega lui.
Con mani tremanti, afferro le cuffie che penzolano sul microfono e in modo impacciato le infilo sulle orecchie.
È così tutto sconosciuto e nuovo, che mi fa paura.
Non c’è il piano, perciò non so che base mi aspetta. Guardo di sfuggita il foglio e mi accorgo, grazie al cielo, che non sono io la prima a iniziare, scrollo le strofe e guardo il mio nome evidenziato sul ritornello.
Sorrido di rimando, felice di sapere di poter cantare quella parte che racchiude tutta l’emozione della canzone. Una grande responsabilità però.
“Sei pronta?” Mi chiede Liam e la sua voce mi arriva ovattata, dovuta alle cuffie che tra poco mi porteranno in un altro mondo.
Faccio un cenno del capo.
“Non preoccuparti, sai leggere un pentagramma no? Capirai quando devi entrare e non importa se sbagli, è una prova” Mi tranquillizza lui, posando una mano sul mio ginocchio.
“Certo” Sibilo io.
“Pronti?” Chiede Zayn.
Tutti rispondiamo di si e con un cenno del capo, Zayn da lo stacco a Jò da dietro il vetro.
 
Guardo il titolo riportato sopra il foglio e sorrido. La mia canzone. Le mie parole. La mia vita.
Story of my life.
Quando la base inizia a riecheggiare nelle orecchie, ingoio a vuoto, cercando di immergermi nella tranquillità.
Come se fossi stata a casa, davanti al mio giradischi raggomitolata nella mia poltroncina.
Devo ammettere che la melodia non è assolutamente male, anzi, molto melodiosa e ha un effetto tranquillizzante sulla mia pelle.
Con un sorriso, decido e mi impongo di rilassarmi e godermi il momento.
Alla seconda battuta suonata, Harry inizia a cantare.
 
Written in these walls are the stories that I can’t explain
I leave my heart open but it stays right here empty for days
 
Ricordo inevitabilmente le emozioni provate cercando di scrivere la realtà. La mia storia.
Quante volte ho voluto raccontare, espormi, ma alla fine cosa accadeva? Semplicemente rimanevo nel silenzio, vuota.
 
She told me in the morning she don’t feel the same about us in her bones
it seems to me that when i die these words will be written on my stone
 
Liam attacca subito dopo Harry, con la sua voce che farebbe tranquillizzare anche l’animo più ingarbugliato che ci sia a questo mondo.
Mentre canta, si gira a guardarmi con occhi seri come a volermi rimproverare.
Ma la verità è questa. È il passato.
Cosa ho avuto mai dentro me?
Ho sempre avuto terrore, panico e dolore. Ho sempre saputo la complessità del mio infermo, ho sempre saputo di quanto potessero fare male quelle fiamme.
Solitudine. Ecco cosa racchiude in una parola la mia vita, che ora posso dire essere passata.
 
And i’ll be gone gone tonight
the ground beneath my feet is open wide
the way that i been holdin’ on too tight
with nothing in between
 
Tante volte sono voluta andare via, anche quella volta seduta in quello studio, pronta a sapere il mio destino.
Come se qualcuno lo sapesse ciecamente quello che ci attende. Eppure questo è successo.
Proprio come canta ora Zayn, ho voluto cambiare: aria, nome, faccia… vita.
Si, quante volte ho desiderato cambiare.
Ma se mi guardo attorno mi rendo conto che non sarei mai stata qui, con loro, se avessi cambiato strada.
E sono contenta di aver seguito il consiglio di mio padre, quel giorno seduti ad un tavolo come facevamo spesso.
 
The story of my life I take her home
I drive all night to keep her warm and time
Is frozen
 
Guardo la battuta successiva e mi accorgo che è evidenziato il mio nome, proprio su quella che credo essere la frase più significativa del testo.
Questa, è la storia della mia vita.
Non importa se traballante, non importa se breve, non importa se dolorosa.
Io sono questa e dopo tutto, vorrei fermare il tempo.
 
The story of my life I give her hope
I spend her love until she’s broken inside
The story of my life
 
Come a voler enfatizzare il concetto, come a dire: non preoccuparti, noi siamo con te, non ti abbandoneremo; i ragazzi si coalizzano con le note e accompagnano il messaggio.
La speranza: dura e crudele, si lascia desiderare.
La speranza ha sempre popolate le mie notti, i miei giorni. Sperando nella resa dell’inferno.
Ma la speranza mi ha stupito, non ha portato quello che desideravo, ha portato il riscatto.
 
Written on these walls are the colors that i can’t change
leave my heart open but it stays right here in its cage
 
Il messaggio univoco, lasciato trasparire dal ritornello, viene messo da parte con la voce fresca di Niall, che mi sorride non appena ripete le parole riportate sul foglio.
Non si può cambiare il destino ormai scritto, no? Sbagliato!
Ricordo le parole della psicologa, il suo continuo farmi perseverare. Finalmente l’ho capito.
Anche se il cambiamento non ci può stare, bisogna aggirare l’ostacolo in qualche modo.
Non lasciare sopperire il cuore in una triste gabbia.
 
I know that in the morning now i see us in the light upon your ear
Although i am broken my heart is untamed still
 
Liam torna a cantare e una stana scintilla illumina il suo sguardo.
Anche se sono a pezzi, il mio cuore è calmo.   
Vorrei avere la forza di cambiare Liam, cambiare il mio destino, avere il potere di sopprimere sul ticchettio che incessantemente risuona nelle mie orecchie, dentro di me.
So di essere spregevole, so che non solo il mio cuore soffre.
So che nella tua calma racchiudi tanta rabbia. Lasciala evadere Liam, spingimi via, perché io non ne ho la forza.
 
And i’ll be gone gone tonight
the fire beneath my feet is burning bright
the way that i been holdin’ on too tight
with nothing in between
 
E andrò via, proprio come canta inconsapevole Louis.
Andrò via e smetterò di dar dolore, preoccupazione e frustrazione.
Ma lasciami andare Liam, fallo tu. Rompi questa corda che ci tiene uniti. Fallo per me, per noi… per te!
 
The story of my life I take her home
I drive all night to keep her warm and time
Is frozen
The story of my life I give her hope
I spend her love until she’s broken inside
The story of my life
 
And i been waiting for this time to come around
but baby running after you is like chasing the clouds
 
Ho aspettato questo momento per tanto tempo.
Essere amata, amare e lasciar vivere. Ma c’è una fine, come in tutte le cose.
Anche tutto questo finirà, anche tutto questo avrà una data di scadenza.
 
The story of my life I take her home
I drive all night to keep her warm and time…
is frozen
 
La mia storia. La mia vita.
 
The story of my life I give her hope
I spend her love until she’s broken inside
The story of my life
 
Tutti abbiamo una storia, tutti abbiamo una vita. Nessuno sa quando finirà, nessuno sa quello che accadrà.
Ma bisogna accettarla.
Accettare quello che la vita ci dà, buono o brutto, perché la vita e così.
Imprevedibile, meschina, breve, lunga ma una vita.
Degna di essere vissuta in qualsiasi situazione.
 

La canzone si ferma, le cuffie vengono tolte e un silenzio cala nella sala.
Ci guardiamo, ma nessuno emette una parola.
Tutti probabilmente con le parole della canzone che ancora vorticano in mente.
“Hem… Ragazzi?” Ci richiama la voce di Karl, dall’altra parte del vetro.
I ragazzi alzano la testa, mentre io contemplo ancora le cuffie che ho in mano. È come se mi sentissi esposta, come se ora tutti possano comprendere quello che il mio corpo cerca di fingere.
“Siete stati… fenomenali. Davvero. C’era qualcosa nell’aria che vi ha fatto sbagliare davvero poco. Jò li hai registrati, vero?” Domanda Karl al suo socio.
Le parole, così gratificanti e benevole di questa persona passano in secondo piano.
I ragazzi si alzano e per ultima li seguo anche io, fuori da questa sala.
“Allora, secondo me ci vorranno altre due o tre prove e poi sarete pronti per incidere” Ci avvisa Steve.
“Alyssa, sei stata fantastica e queste canzone lo è altrettanto”
Cerco di sorridere e mi dondolo sui talloni.
Non ho idea di quello che sia successo lì dentro, di quello che abbiano visto altri occhi.
In me, invece, c’è stata una sorta di soluzione a tutto questo intrigo.
Una soluzione dolorosa, ma che se alzo gli occhi su quella persona che al momento non ha ancora incrociato gli occhi con i miei e cerca in tutti i modi di evitare il contatto, bhè questa soluzione mi sembra l’unica via: allontanarmi da Liam.
 
Quando abbiamo preso gli ultimi appuntamenti e i tre produttori si stanno ancora complimentando con la sottoscritta, Niall mi si avvicina.
“Ti va di fare due passi al parco?” Domanda.
Mi giro a guardarlo e ha un’espressione seria, diversa dalla sua solita burlona e gioviale.
“Certo” Acconsento.
Cerco di attirare l’attenzione di Liam, ma quando sfugge nuovamente lo sguardo da me, decido di andare via con Niall e di mandargli un messaggio.
“Allora andiamo” Dice lui, appoggiandomi la mano sulla schiena allontanandoci da lì.
 
Dopo una decina di minuti di viaggio, Niall parcheggia la sua auto vicino l’entrata del parchetto, ormai tanto famigliare.
Il viaggio è passato in silenzio, eccezione fatta sulle solite conversazioni sul tempo che promette neve a Natale.
Quando scendiamo dalla macchina, Niall si affretta al cofano per uscire una chitarra, protetta da una custodia nera e una coperta.
“Che ci facciamo con quella?” Domando, indicando la chitarra.
“Vedrai” Mi risponde, finalmente sorridendomi.
Mi prende per mano e mi tira dentro senza accettare prediche. Sembra essersi tolto l’armatura anche lui e finalmente rivela quello che è.
Quando arriviamo sulla collinetta, il cielo è grigio e le nuvole coprono il cielo di Londra.
Niall stende la coperta sul prato, ormai provato dal cattivo tempo e ci si siede come un sacco di patate.
Prende a trafficare con la custodia e ne esce una chitarra classica, con qualche graffio qua e la, segno di averla usata molto.
“Alyssa, ti presento la mia piccola” Esordisce lui, facendo le presentazioni.
“Come, scusa?” Domando, inginocchiandomi vicino lui.
“Hei, non offendere la mia dolce metà. Ha un’anima sai? E tu dovresti saperlo meglio di me, cara pianista”
“Non sono una pianista Horan” Lo correggo, sedendomi.
“Punti di vista”
Gli sorriso, mentre lui inizia a strimpellare qualcosa.
Prendo il cellulare dalla tasca e medito se mandare o meno un messaggio a Liam, se davvero devo iniziare la fase di distacco dovrei evitare messaggi e chiamate. Poi lui è stato così freddo alla fine della canzone.
Come se avesse percepito qualcosa, come se volesse confermare le mie paure.
Sospiro e ripongo il cellulare in tasca.
“Pensi troppo ragazzina” Spezza i miei pensieri, Niall.
“Cioè?” Domando guardando il cielo.
“La canzone, ci ha fatto riflettere. Sai, l’avevamo letta ma non avevamo ancora capito il significato che ne avevi attribuito. Oggi mentre cantavamo, finalmente ci è parso tutto chiaro” Spiega.
“Già”
“Hai descritto la tua vita”
“Non tutta”
“Cioè?” Domanda, appoggiando la chitarra sulle sue gambe.
Parlare o non parlare con Niall? Lasciarmi andare nuovamente? È stato così bello aprire il mio cuore, confidarmi con qualcuno.
Prendo un sospiro e volto la testa per guardarlo.
“Niall, io ho raccontato quello che per me è stata e sarà la vita. E a quanto pare a qualcuno non è piaciuta”
Lui rimane in silenzio e ci riflette un po’ su.
“Parli di Liam?”
Assecondo con la testa e abbasso lo sguardo colpevole.
“Come potrebbe piacergli quel futuro Niall? Come può volere me? Io non faccio per lui. Sono sbagliata”
Lo vedo allungare una mano e con due dita sollevarmi il volto, affinché possiamo guardarci occhi contro occhi.
“Se c’è una cosa sbagliata, è quello che stai dicendo ora. Sai, c’è una canzone che fa al caso tuo”
“Una canzone?” Domando sbigottita, mandando giù quel groppone di ansia e tristezza che si era formato in gola.
Lui asseconda con la testa e riprende la chitarra, con qualche accordo che mi suona famigliare, intona una strofa.
 
You’ll never love yourself half as much as I love you’ll never treat yourself right darlin’
But I want you to
If I let you know i’m here for you
Maybe you’ll love yourself like I love you

Le sue parole sferzano l’aria facendomi rabbrividire e non c’entra nulla l’aria fredda e grigia del mio ultimo dicembre qui a Londra.
No, I brividi sono causati da quello che ha appena cantato Niall, poche parole ma inevitabilmente con un grandissimo significato.
Con un ultimo accordo, appoggia la chitarra sulla coperta e mi sorride.
“Non dubitare mai di quello che sei Alyssa, sei splendida così come sei e se Liam ha deciso di starti accanto un motivo ci sarà sicuramente. Un motivo molto grande”
Ora capisco perché mi senta così legata a questo ragazzo davanti a me.
E non c’è dubbio sul perché lo associo così tanto a quel fratello che non ho mai avuto.
Con un balzo, mi getto tra le sue braccia allacciando le mie al suo collo.
“Ti voglio bene Horan. Grazie”
Lui appoggia la fronte nell’incavo del mio collo e respira a pieni polmoni.
“Ti voglio bene anche io”

 

Kumusta bella gente.
O dovrei dire buon pranzo? Vabbè decidete voi.
Questo capitolo non sembrava finire mai, vero? Non vi dico per scriverlo che faticaccia.
Non è che mi convinca tanto eh, però ci tenevo tanto a pubblicarlo.
La canzone, come potete vedere, è Story of my life.
Perchè proprio questa? 
Perchè quando ho visto il video ho pianto tanto, perchè mi fa emozionare sempre e perchè è la mia preferita dell'ulimo album.
Ci sono molto legata e qua e la ci vedevo qualcosa da attribuire alla nostra Alyssa.
Ne siete rimasti contenti o delusi?
Poi, mi piace molto questo contatto con Niall. Anche se mi fa entrare il cervello in confusione totale. 
perchè c'è qualcosa nel loro rapporto che... Bho.... Vabbè non dico nulla.
La strofa che canta Niall di Little Thinks, inutile dirlo, è quella che più amo.
Ho iniziato a seguire i ragazzi proprio grazie a questa canzone e quel DARLIN del biondo è la mia morte.
Insomma, un capitolo di cui ci tengo tanto.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
E maggiormente cosa pensate del comportamente di Liam e della decisione che vuole prendere Alyssa.
Meditate sulla settima strofa, è nascosta la chiave di tutto :)

Ringrazio chi si è agginto.
Ringrazio chi legge.
E ringrazio Fraa_Panda, Erica e Nessa per lo scorso capitolo.
Sono sempre pronta ad ascoltare anche voi altri, critiche o chi chessia.

AVVISO: non ci sarà aggiornamento martedì prossimo, dato che nel weekand sono a Roma a vedere Ligabue, se quanlcuno di voi è di Roma e vedrà una pazza ruzzolare per le vie non preoccupatevi, sono io.

Buona settimana. 
Tornerò presto, promesso.
Un bacione.
Vostra
-Ila-







 
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Capitolo 41
*** Andrà tutto bene ***


- Stava a me prendere una decisione 
Sapevo che questo era il nostro momento 
Nessuna mi possiederà come tu sai fare 
Nessun’altra mi possiederà, solo tu -

23 - Jimmy Eat World

 
[se volete ascoltate la canzone sopra citata, mi ha aiutata molto con questo capitolo]  


Mi rigiro il pacchetto, perfettamente incartato con una cura quasi maniacale, tra le mani che stanno velandosi di una patina lucida.
Probabilmente tutta quest’ansia era annidata dentro di me da anni e anni.
Scioccamente penso che sia assurdo agitarsi per un regalo, dopo tutto dovrebbe essere una felicità lo scambiarsi dei doni. Maggiormente a Natale.
E allora perché sono in piedi che mi rigiro per la milionesima volta il salotto a grandi passi, mentre mi mordo convulsamente il labbro inferiore?
“Aly, sei ancora qui?” Domanda mio padre, uscendo dal suo studio.
“Hem… si” Balbetto, sbirciando fuori la finestra.
“Liam non è ancora arrivato?”
“No”
Liam.
Il ragazzo che è sempre puntuale, stavolta si lascia desiderare.
Dal giorno delle prove della canzone, si è tramutato in una lastra di ghiaccio, come se anche lui abbia percepito qualcosa nell’aria.
Ci siamo sentiti il minimo indispensabile, quando ci incrociavamo in sala d’incisione lui abbassava lo sguardo e i nostri contatti sono stati sporadici.
Mi si blocca il cuore a pensare che la soluzione migliore sia l’allontanamento.
Ma se da una parte la mia mente opta per questa soluzione, il cuore sta gridando a grande voce di fare marcia indietro. Perché, secondo lui, non è giusto.
Al di là del mio destino, del suo e del nostro insieme. Ora siamo qui, insieme. Qui e ora.
Ma allora perché se penso a quello che dovrà sopportare dopo, anche il cuore fa un passo indietro e rimane in silenzio?
“Sta arrivando, vedrai” Mi tranquillizza mia padre, appoggiandomi una mano sulla spalla.
“Quando hai scoperto di amare la mamma?” Domando a brucia pelo.
Lui sembra essere colpito con un macigno in testa e strabuzzando gli occhi, fa cadere la sua mano dalla spalla e fa un passo indietro.
“Perché me lo domandi?”
Mi stringo nelle spalle e abbasso lo sguardo. La verità è che non lo so nemmeno io.
“Perché non l’ho mai saputo”
Mio padre si allontana, avvicinandosi alla finestra. Scosta le tende e guarda il giardinetto bianco, le previsione del meteo avevano ragione.
Natale innevato a Londra. Mai una volta che si sbaglino.
“Alyssa, non parliamo quasi mai di lei. Fin da quando… da quando siamo rimasti soli noi due, non ho voluto prendere in mano l’argomento e solo ora, con questa domanda, mi accorgo che in te ci sono tanti interrogativi a cui non ho mai dato risposta” Si gira per guardarmi e con passo pesante, si siede sul divano facendomi segno di affiancarlo.
Solo quando mi siedo accanto, riprende a parlare.
“Eravamo giovani, forse troppo giovani per capire quello che ci stava accadendo. Eravamo nello stesso campus, io studiavo per diventare dottore e lei per diventare giornalista. Avevamo dei sogni, avevamo delle speranze. Iniziò come sempre accade: da amici. I nostri genitori si conoscevano e benedirono questa nostra relazione, ma per noi altro non eravamo che due ragazzi con un unico desiderio: quello della libertà. Volevamo laurearci e andare via. E così è stato, ma non senza le lamentele dei nostri genitori”
“Eravate innamorati?” Domando.
Lui scuote la testa e sorride.
“Non ancora, o almeno non lo sapevamo ancora. Partimmo per Londra, in una fredda e piovosa serata d’inverno, un po’ come queste di questi giorni. Avevamo pochi soldi in tasca e ci ritrovammo, per pagare di meno, nello stesso letto di uno squallido motel. E fu in quel momento che mi accorsi che quella donna mi aveva preso il cuore. Era davanti a me, infreddolita e bagnata: un pulcino. Ricordo come tremava, come i suoi capelli le circondavano il volto pallido e stanco. Una consapevolezza mi attraversò la mente, era lei la donna della mia vita. La mia amica e la mia strada”
Si ferma e fissa un punto non definito sul muro. Sorride, come se quel volto fosse davanti a lui ancora una volta. E ho la certezza, che quel volto gli venga in mente ogni notte prima di addormentarsi.
“Perché è andata via?” Domando, sentendo una morsa all’altezza del petto, come se una tenaglia stesse stringendo a più non posso.
“Perché, se c’è una cosa che tua madre ha sempre avuto, è stato il terrore e l'incoscienza”
“Ha avuto paura?”
“Già…”
Rimaniamo in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri.
“Quello che è fatto è fatto Alyssa, il mondo gira così. Siamo nati per gioire, per amare e per soffrire. Non possiamo opporci al dentino” Mi mette una mano sul ginocchio e dopo una pacca, si alza in piedi.
“Ho il timore che anche Liam abbia paura” Sbotto ad un tratto, guardando il pavimento.
“Perché dovrebbe?”
“Perché… ho il mio destino che mi grava sulle spalle papà. È giusto che lui stia con me? È giusto trattenerlo?”
“Non devi chiederlo a me bambina mia. Io ti amerò per sempre, ma tu sei mia figlia. Credo che l’unico che possa darti le risposte di cui necessiti è colui che ha appena parcheggiato qui fuori”
Alzo di colpo la testa e trovo mio padre sorridere, subito dopo un campanello sferza l’aria.
“Va da lui e non avere paura. Lui non è come lei”
Non è come lei.
Lui è Liam.
Sorrido, afferro il pacchetto e con un abbraccio a mio padre, mi fiondo fuori di casa.
 
Quando apro il cancelletto, trovo Liam appoggiato alla sua macchina con una sigaretta tra le dita, mentre se la porta alle labbra.
È consumata, segno che la stesse fumando anche prima.
La sigaretta si anima, infiammandosi, quando Liam ne prende una boccata.
Ne rimango affascinata, sembra così immerso nel suo mondo, così fuori da questo mondo reale.
È la prima volta che lo vedo fumare e mi domando perché sia la prima volta che lo fa davanti a me.
Il rumore del cancello che si chiude fa risvegliare sia me che lui.
Liam alza di scatto la testa e si allontana dalla fiancata della sua auto, dove fino a poco fa era appoggiato. Butta a terra la sigaretta, come se si fosse scottato e ci passa sopra la punta dei suoi anfibi.
“Ciao” Lo saluto timida.
“Ciao”
Con passo felpato mi avvicino a lui, solo un passo ci separa ma c’è qualcosa che mi blocca.
Capisco allora, che il mio piano sta andando a segno, il mio allontanarlo sta funzionando. Ma è davvero questo quello che voglio?
Me lo sto domandando da troppo tempo, ma ora vederlo qui, vedere i suoi occhi brillare e non staccarsi da me, mi fanno capire che è solo egoismo il mio.
Egoismo verso il cuore, che se potesse uscirebbe dalla cassa toracica e abbraccerebbe questo ragazzo.
Il problema è che quando sono con lui tutto il mondo si ferma, perché il mio  mondo diventa lui.
È quando sono lontana che i problemi, le domande mi tormentano.
“Buon Natale”
Già, è Natale, l’atmosfera è calda, si percepisce odore di caramello e zucchero filato nell’aria.
Ma è davvero Natale nell’animo?
Liam mi sorride e non so come, un attimo era difronte a me, l’altro è attaccato a me e mi stringe tra le braccia.
Il suo viso affonda nel mio incavo tra il collo e la spalla e inspira forte il mio odore, la mia presenza.
“Buon Natale Alyssa” Mi sussurra, con le labbra premute contro il mio collo.
Chiudo gli occhi e mi lascio andare a questa sensazione di pace e di vita.
Le braccia, come se avessero vita propria, ancor prima che il cervello ne mandi il comando, si alzano e si attorcigliano sulle sue spalle e subito il suo odore di spezie mi solletica il naso.
E mi accorgo che il Natale ha, finalmente, un mio odore personale e sa di lui. Che la vita ora ha un profumo, ed è il suo.
Questa è la risposta alla mia domanda.
Voglio lui, fin quando il destino me lo permetta.
 
“Dove sono gli altri?” Domando, mentre Liam apre la porta di casa.
Il salotto è al buio, eccezione fatta per l’albero illuminato nella grande sala. La casa è stranamente silenziosa. Nessuna tv accesa, nessuno che canticchia per le scale, nessun Harry che decide di far saltare in aria la cucina.
“Alcuni in giro, Zayn e Louis sono tornati a casa per le vacanze, sai… prima di ripartire” Mi spiega, mentre appende la sua giacca nell’armadio a muro all’ingresso.
“E tu? Non sei andato a trovare la tua famiglia?” Domando, seguendo le sue stesse azioni.
“No, ho preferito rimanere qui” Mi sorride, mentre chiude la porta dell’armadio.
Mi maledico perché ultimamente l’ho tenuto fuori da tutto, credendo fosse stata la soluzione migliore.
Invece, cosa ho ottenuto? Il non far parte della sua vita, non sapevo nemmeno se a Natale fosse stato con me.
“Ti va una cioccolata?” Domanda.
“Certo”
“Spero che Niall ne abbia lasciata qualche bustina. In inverno ne fa fuori le scorte intere” Si lamenta quando, entrando in cucina, non trova le buste di cioccolata solubile nel solito posto.
Io mi siedo su di uno sgabello e l’osservo mentre apre altri cassetti e pensili nella ricerca delle sue bustine.
“Trovate!” Esclama orgoglioso, sventolando in aria delle bustine bianche.
“Cosa preferisci? Fondente, latte o bianca?”
“Bianca” Rispondo a colpo secco.
“Ottimo, anche io”
Liam si arma di pentolino e cucchiaino, prepara la miscela e azionando il microonde lascia cuocere per alcuni minuti.
“Allora, cosa hai fatto in questi giorni?” Domanda sedendosi accanto a me.
“Hem… niente di particolare. Tu?”
“Oltre le prove, niente di eccezionale”
Rimaniamo in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri ma sicuramente pensieri simili.
“Liam io volevo scusarmi con te” Ammetto a brucia pelo. Tolto il dente tolto il dolore, no?
Liam rimane in silenzio, mentre si alza e va a controllare il forno.
Sempre senza spiccicare parola, versa il composto del pentolino in due tazze.
L’unico rumore tra noi e il gorgoglio della cioccolata.
Lui mi avvicina la tazza più capiente ma io allungo la mano verso quella con meno composto.
Si alla cioccolata, ma sono sempre io.
“Per cosa?” Torna a domandarmi dopo aver alzato gli occhi al cielo e aver preso nuovamente posto accanto a me.
“Per la canzone. Per come mi sono comportata dopo la prima prova”
Lo guardo con la coda dell’occhio e lo vedo intento a studiare quanta cioccolata ci sia nella sua tazza. È così assolto, così immerso.
“Stava a significare qualcosa, vero?” Domanda, alzando la testa e guardandomi finalmente.
“Si”
“Stava a significare che ci saremmo lasciati?” Domanda arrabbiato, appoggiando la tazza sul piano della cucina.
“Liam… Io…”
“No Alyssa! Se c’è una cosa che mi fa incazzare è quando non mi si spiegano certe cose. Hai idea di come io mi sia sentito quando ho finalmente capito che voleva dire quella strofa? Cosa volevi fare eh? Andartene, lasciarmi solo come se niente fosse?” E’ arrabbiato.
“No Liam io…”
“Tu credi che io non ti meriti, vero?” Domanda, bloccandomi.
Rimango a bocca aperta, ha capito tutto. Da una semplice canzone, da una semplice strofa, da una semplice frase.
“No Liam, sono io che non merito te” Ammetto, piegando la testa.
“Cristo” Sbotta, alzandosi e dandomi le spalle mentre si passa le mani tra i capelli.
Rimaniamo in quella singolare posizione per poco, per troppo e per infinito tempo.
Le cioccolate calde diventano fredde. Ma i nervi non si dissipano.
Nessuno di noi abbassa le difese, lui è ancora lì con le spalle tese e io lo contemplo senza essere vista.
“Vieni con me” Dice ad un tratto, allungandomi la mano.
È ancora arrabbiato, lo si capisce da chilometri di distanza, ma qualcosa nel suo viso mi dice di non aver paura. Perché lui è sempre il mio Liam.
“Fidati di me”
E mi fido, come sempre. Afferro la sua mano e mi lascio guidare da lui. La mia ancora.
 
Apre la porta della sua camera, immersa nel buio.
Quando mi lascia la mano rimango impiantata al mio posto mentre lui, che conosce fin troppo bene il suo territorio, si avvicina al comodino e accende la lampada.
Lo vedo allontanarsi e trafficare in una cartellina, appoggiata sulla sua scrivania.
Quando trova l’oggetto del suo desiderio, una penna usb, la collega al suo pc e seleziona qualcosa.
Subito dopo, nell’aria risuona la sua canzone accompagnata da una chitarra.
“Non la conosci, è nuova. Ma ti prego, ascolta”
Assecondo con la testa e guardandolo negli occhi mi perdo nel significato di quelle parole.
 
 Only half a blue sky
Candid there but not quite
I’m walking round with just one shoe
I’m a half a heart without you
 
I’m half the man, at best
With half an arrow in my chest
I miss everything we do
I’m a half a heart without you
 
Il suo sguardo è serio e, di sicuro, cerca di trasmettermi quello che davvero la canzone nasconde.
Sono la metà di un uomo senza te.
E capisco, di essere stata crudele. Di essere stata una perfetta stronza.
Il destino è segnato, questo ormai è una certezza. Ma il mio durante non è ancora scritto.
Siamo noi gli artefici, è vero. Aveva ragione la mia psicologa.
Sono stata cieca e insolente!
“Mi dispiace” Sibilo, con gli occhi velati di lacrime.
“Cosa hai capito?” Mi domanda Liam, prendendomi il volto tra le mani.
“Ti ho fatto stare male Liam, sono stata una stupida. Ma io ho così tanta paura. Paura di vederti soffrire e non essere capace di guarirti”
Lui mi si avvicina ancora di più e appoggia la sua fronte sulla mia, mentre le sue dita asciugano le lacrime che scivolano via dai miei occhi.
“No! Tu non mi farai mai soffrire, sai perché? Perché ti amo. E quando si ama, quando si sta insieme, non importa mai come andrà a finire, l’importante è quello che si prova nel durante. E sai cosa provo io quando sto con te? Mi sento la persona giusta, mi sento completo. Sono Liam Payne, il semplice ragazzo. Tutto questo qualcosa significherà Alyssa, no? Significa che ti amo infinitamente. Ti prego, non lasciarmi più fuori dalla tua vita”
“No. Mi dispiace così tanto”
Lui si lascia abbracciare e le sue braccia sono la medicina più importante di questo mondo.
“E’ passata” Mi sussurra tra i capelli.
Animata dall’adrenalina, dalla consapevolezza che questo ragazzo ci sarà sempre anche quando cercherò di metterlo fuori dalla mia vita lui continuerà prepotentemente a rimetterne piede, mi alzo sulle punte e gli bacio il collo, mentre un sospiro di sollievo ne esce fuori.
“Mi sei mancata così tanto” Ammette lui, mentre chiude gli occhi.
Le mie labbra vagano sulla sua mascella, resa ispida dalla barba che giorno dopo giorno si allunga sempre più e trovano le sue di labbra.
“Anche tu Liam” Sussurro.
Quando appoggio le mie sulle sue, sembra che il contatto tra noi si infuochi.
Le labbra si schiudono e quel semplice contatto che prima era un sfiorarsi innocente, prende vita e ci avvolge come fiamma viva.
Il bacio si intensifica, mentre le braccia di Liam si avvolgono più strette alla mia vita come un richiamo di non abbandono, come se volessero farmi impiantare qui con lui, con queste emozioni per sempre.
Passo le mani tra i suoi capelli, così diversi da quando lo conobbi, più folti, li stringo sulla nuca mentre lui mugola un segno di apprezzamento.
Mi sento così bene, così perfetta e così in pace con il mondo… con me stessa.
Pian piano, quasi senza accorgercene, il retro delle mie ginocchia urta con il bordo del letto ma non ci bado più di tanto.
Prendo tra le mani il colletto della maglia a polo di Liam e la stringo, mentre mi lascio cadere seduta su quel letto, accompagnata da lui mentre si inginocchia accanto a me.
Senza lasciare il contatto con le sue labbra, lascio vagare le mie mani sul bordo inferiore della sua maglietta, tirandola leggermente sopra.
Quado scopro che al di sotto la sua pelle è subito a contatto con i miei polpastrelli, fatico a respirare.
La sua pelle calda, così diversa dalla mia, cozza con la consapevolezza di quello che io stia facendo.
Mentre lascio scivolare i polpastrelli tra i suoi abbominali e la sua leggera peluria, Liam fa una leggera pressione sulla mia spalla per farmi stendere.
Il contatto con le sue labbra si interrompe per un attimo e mentre mi stendo e appoggio la testa tra i cuscini, rimango sbalordita sul cambiamento di alcuni tratti di Liam da quando siamo entrati in questa stanza, solo pochi minuti primi.
I suoi occhi sono velati di quello che credo sia desiderio, non più fiammeggianti di ira e le sue labbra ora sono arrossate per l’assalto delle mie a loro spese.
Rimango lì, a contemplarlo e mi si secca la gola quando lui mi sorride malizioso e tira su la sua maglietta.
I miei occhi si beano della sua figura e ingoio a vuoto per riprendere il normale battito cardiaco.
Liam Payne è quello che credo essere il ragazzo perfetto, e stavolta non parlo solo caratterialmente, l’ho sempre ammirato per la sua forza di volontà, la sua determinazione e la sua voglia di esserci, ma stavolta ci aggiungo anche un pizzico di sensualità.
Certo, non posso fare nessun paragone con nessun altro uomo, ma per me questa è la fonte della giovinezza.
Le sue spalle sono fatte apposta per trattenere il peso delle fatiche e sembra non rendersene ancora conto, le braccia possono trattenere facilmente una persona e io ne sono certa, riusciranno a trattenere me, sono forti ma esternamente non sembra essere così. La sua vita è stretta e lascia trasparire degli addominali percorsi da peluria accennati, quelli che avevo solo percepito poco fa. Questa si infrange all’altezza dei pantaloni e chiudo gli occhi nel pensare a come reagirebbe il mio cuore se solo Liam li spostasse un po’.
“Sei bellissima” Mi sussurra, tornando con il suo volto così vicino al mio.
“Come?” Domando, credendo di non aver sentito bene, mentre lo guardo negli occhi.
“Sei così innocente e inconsapevole mentre diventi tutta rossa” Sorride.
“Non sono tutta rossa” Cerco di svignarmela in qualche modo, anche se vorrei solo sotterrarmi dalla vergogna.
“Certo piccola”
Mentre cerco di togliermelo di dosso, Liam mi bacia una guancia e le mie difese crollano e mi rendo conto di quando la mia mente e il mio corpo siano devoti a questo ragazzo.
“Non vergognarti. Sei bellissima” Mi sussurra, facendo sfregare il suo naso con il mio.
Mi bacia e me ne infischio se davvero possa risultare goffa con i miei atteggiamenti.
Le sue mani, silenziose, arrivano al bordo della mia maglia e il mio cuore perde un battito.
“Posso?” Domanda sottovoce, tanto che credo sia stato un alito di vento quello che io abbia sentito.
Assecondo solo con la testa, incapace di articolare una sola parola così facile come può essere si.
Liam afferra a due mani il bordo della maglia e la tira su, mentre sornione accarezza il ventre troppo piatto.
Quando mi sollevo per tirarla via, lui emette un sospiro e rimaniamo tutti e due a torso nudo, fatta accezione per il mio bianco insulso reggiseno e mi maledico sul perché non abbia indossato il regalo di Eloise.
La consapevolezza di Eloise e con se il dibattito sulla prima volta, mi cozzano sulla nuca.
Lo stai per fare davvero per la prima volta Alyssa?
Mi domanda la mia coscienza e per quanto sia rilassata, per quando io ami quest’uomo, non so dare una risposta.
Come per sincerarsi che tutto stia andando per il verso giusto, Liam si appoggia nuovamente su di me e lascia una scia di baci che vanno dal collo alla spalla. Abbassa una spallina del reggiseno e sentire le sue morbide labbra a contatto con la mia pelle nuda mi fanno collassare.
“Ho già detto che sei perfetta?” Mi soffia sulla pelle umida di baci.
“Liam…” Lo chiamo, ma non so nemmeno io perché.
“Sei perfetta” Mi ripete, mentre una sua mano solleva il bordo del reggiseno, insinuando il suo indice a contatto con la pelle turgida.
“Liam!” Lo chiamo, stavolta più decisa mentre la mia spalla si inarca a questo contatto.
Lui avvicina nuovamente le labbra alle mie e ci lascia un bacio carico di fuoco, passione e amore.
Le mie mani, come per invitarlo a qualcosa di più, si spostano sulla sua schiena e ne percorrono tutto il tragitto fino ai jeans che ne ostacolano il percorso.
La sua mano, diversa da quella ancorata al mio seno, scende sul mio ventre sfiorandolo per poi avvicinarsi al bottone dei miei pantaloni e io potrei morire qui, su questo letto tra le sue braccia e mi sembrerebbe la morte più dolce di questo mondo.
Nella stanza si ode solo il rumore di sospiri e finalmente, il rumore dell’asola che lascia il bottone dei pantaloni da solo.
Liam sospira e passa ripetutamente il suo indice sul bordo delle mutandine, come a volermi torturare.
“Liam…” Sussurro al suo orecchio, per avvertirlo che tra poco esploderò.
La sua mano vicina al seno sembra voler litigare con il gancio di apertura di questo e sorridendo lo aiuto a sbottonarlo.
Quando finalmente riesce a togliere via questo ostacolo, lo vedo sgranare gli occhi e leccarsi le labbra involontariamente.
“Che c’è?” Domando allarmata, mentre cerco di tirarmi su.
“No ti prego, resta così” La sua voce roca, è cento volte meglio di altre risposte.
Mi lascio ricadere tra i cuscini mentre lui riprende a baciarmi e mordicchiarmi il collo.
Quando la sua mano, più audace, solleva il bordo delle mutandine emetto un gemito che potrebbe risvegliare i morti.
Sento il suo dito sfiorare la parte più intima di me e credo che per la prima volta in tutta la mia vita, perda il senso del tempo, del luogo e di me stessa.
È una sensazione mai provata prima, brividi attraversano il corpo e un calore si avvolge in tutto il corpo.
Stringo più forte le sue spalle, come a volermi mantenere, paurosa di cadere nell’oblio dei sentimenti e delle sensazioni che mi regala questo ragazzo.
Il suo dito ora stanco solo di sfiorare, prende una strada alternativa e infuoca del tutto il mio essere.
Entra dentro di me, come una presenza pronta a porre fine alla mia esistenza.
“Liam…”
“Lasciati andare piccola” Mi soffia mentre il suo dito danza.
E alle sue parole cedo, mi getto nell’oblio incurante del dolore dello schianto.
Ma come un bunging jumping, mentre cadi ti senti libera e subito dopo hai la paura di affondare, qualcosa ti tira su. La corda, la mia ancora.
Un sospiro più forte di tutti quelli di poco fa, esce dalla mia gola e stringo forte il corpo di Liam, paurosa che possa andare via.
Tutti e due con il fiato corto, riprendiamo a guardarci mentre Liam appoggia la sua fronte contro la mia e il suo respiro fa svolazzare le mie ciocche di capelli finite vicino gli occhi.
“Sono morta?” Domando, mentre il fiato torna a popolare i miei polmoni.
“No piccola, sei viva” Mi sorride, mentre mi lascia un bacio leggero sulle labbra.
Mi stacco da lui e affondo nei cuscini portandomi le mani sul volto.
“Mio Dio, ho creduto di…”
“Di rimanerci secca?” Domanda lui, stendendosi accanto a me, mentre ridacchia.
“Non prendermi in giro Payne” Lo minaccio, puntandogli un dito contro il petto nudo.
“Non lo farei mai” Ammette, alzando le mani per difendersi.
Rimaniamo in silenzio e io mi avvinghio al suo fianco, appoggiando la testa che svolazza sul suo petto, coprendomi con un braccio il seno nudo.
“E’ stato… stupefacente”
“Già…” Asseconda lui.
Ma subito un dubbio mi punge la testa.
“Ma… tu?” Domando.
Liam scoppia a ridere, guardando il soffitto.
“Diciamo che mi è bastato guardarti e maggiormente sentirti per riuscire a rimanerci secco anche io”
“Oddio” Rotolo sul letto, allontanandomi da lui tremendamente imbarazzata.
“Forse sarebbe meglio pulirmi” Sghignazza facendomi ancora di più affondare la faccia tra i cuscini.
Lui scoppia a ridere per la mia reazione e con un balzo si allunga su di me lasciando un bacio tra i miei capelli.
“Vado a darmi una sistemata, cambiati Aly, ci sono maglie a sufficienza nel mio armadio”
Detto ciò si alza e con una sbirciatina lo vedo allontanarsi nel bagno fuori camera, lasciandomi quello suo tutto per me.
 
Quando mi guardo allo specchio del piccolo bagno, vedo degli occhi nuovi.
Occhi visti, occhi finalmente colorati, occhi celesti, occhi vivi.
Non posso crederci.
Non riesco a capacitarmi che quel ragazzo faccia così tanto effetto al mio corpo. Corpo e anima sono sue. Inutile dire il contrario, è sempre stato così. Da quando quel giorno a scuola caddi, letteralmente, come una pera cotta ai suoi piedi.
E ora sono qui, dopo aver vissuto, forse, l’esperienza più emozionante della mia vita.
È questo quello che si prova facendo l’amore?
Stupidamente mi ricordo che non abbiamo fatto l’amore, ma ci siamo andati vicini.
Oddio.
Scuoto la testa e mi nascondo la faccia tra le mani.
Ma non appena controllo nuovamente i miei occhi allo specchio, un sorriso si disegna sulle mie labbra.
È stato sorprendente.
 
Mentre scelgo una maglia nell’armadio di Liam, ricordo che al piano di sotto c’è ancora il suo regalo.
Infilo la prima maglia che mi capita a tiro e strabuzzo gli occhi quando mi rendo conto che questa mi arriva a coprire metà coscia. Maledizione. Quanto posso odiare il mio essere così minuscola?
Sbuffando mi tolgo le scarpe e a passo felpato, faccio sbucare la testa fuori dalla porta aperta della stanza.
Nel corridoio non si vede l’ombra di Liam e sorridendo, decido di fargli una sorpresa e recuperare la busta con il suo regalo.
Passando davanti alla porta del bagno, sento lo scorrere dell’acqua e appoggiando l’orecchio al freddo legno, sento canticchiare allegramente Liam.
Silenziosamente mi stacco da questa e saltellando allegramente scendo le scale che mi portano al piano di sotto.
Da quando tempo non mi sentivo coì in pace con me stessa?
Forse da troppo, forse da poco, non ne ho idea. So solo che ora vale la pena viverla questa vita.
Quando arrivo in salotto, girovago con lo sguardo in cerca della busta. La trovo solitaria sul divano e mentre mi avvicino per prenderla, mi chiedo come Liam reagirà quando scoprirà il contenuto del pacchetto.
Ma quando mi tiro su, il vuoto mi colpisce.
È come se la testa si fosse dimenticata di rimanere attaccata al collo. Lei resta giù, mentre tutto il corpo si solleva.
Nausea e spossatezza subito si fiondano sulle mie spalle facendomi arrancare e barcollare all’indietro fin quando non urto contro il camino.
Le gambe, stanche di gravare sul corpo, si lasciano cadere per terra, mentre rimango confusa su quello che sta accadendo.
Lo stomaco si aggroviglia e le fiamme riprendono a vagare indiscusse dentro di me. Come a sincerarsi che io non me ne dimentichi mai della loro presenza.
Mentre mi rannicchio su me stessa, mi prendo la testa tra le mani e supplico affinchè questa sensazione di vuoto, panico e nausea finisca al più presto.
 
POV LIAM
 
“Alyssa?” Chiamo entrando in camera per avvisarla del mio arrivo, non vorrei sorprenderla in intimo o peggio. Non che questo rischio mi dia fastidio, ma è una questione più sul suo pudore che è molto alto anche se dopo quello che è accaduto poco fa, forse ha abbattuto qualche tacca del suo imbarazzarsi quasi per tutto.
Non sentendo nessun alito in camera, apro la porta ma trovo la stanza vuota.
La porta del bagno è chiusa e sorrido nel pensarla vergognosa mentre si sta dando una sistemata a quei capelli meravigliosi, ma che hanno assunto una forma bizzarra mentre si rotolava vergognosa nel letto.
Infilo dei pantaloni della tuta trovati appesi a una stampella e una maglia che giace sulla sedia della scrivania.
Mi appunto mentalmente di mettere in ordine questa stanza non appena Alyssa decide di rincasare, cosa che spero faccia il più tardi possibile.
Mi guardo attorno e vedo le sue scarpe vicino al letto e il suo reggiseno ancora posato sul letto.
Che non si sia ancora rivestita?
“Alyssa?” La richiamo, bussando lievemente sul legno della porta del bagno.
Ma anche in questo caso non ottengo nessuna risposta.
“Stai bene? Posso entrare?”
E mi sento uno stupido nel parlare da solo, senza ottenere risposta.
Abbasso la maniglia della porta, ma quello che si presenta davanti a me è una stanza completamente al buio e senza anima viva.
Non è nemmeno qui. Dove si è cacciata?
Interrogativo ma anche un po’ impaurito, esco dalla stanza accelerando il passo.
“Alyssa dove sei?”
Se questo è un gioco mi incazzo seriamente! Non esiste fare queste cazzate dopo quello che è successo tra noi.
Ok, non è successo niente di eclatante. Ma per lei è diverso.
La sua innocenza, la sua gracilità. Non può andarsene senza dirmi nulla.
Liam, non è andata via. Le sue scarpe sono ancora in camera. Mi richiama, giustamente, quella vocina dentro la mia testa.
Se è così, dove cazzo è andata a finire?
Apro la porta della sua stanza, credendo troppo facilmente di trovarla lì ma come non detto, non è qui.
Non può essere sparita nel nulla!
Scendo le scale di corsa e la prima cosa che faccio è entrare in salotto. La stanza è illuminata fiocamente dalle lucine natalizie.
Potrei essere sommerso dal silenzio profondo ma così non è.
Si odono dei sospiri profondi e dei lamenti.
Impaurito, stavolta veramente, mi avvicino al divano da dove provengono i lamenti.
Spaventato per quello che potrei trovare, ingoio a vuoto la bile e quando mi faccio più vicino sento il cuore spezzarsi.
 
“Aly” La chiamo, inginocchiandomi accanto a se.
Si tiene la testa tra le mani, rannicchiata per terra contro il divano, mentre fa dei movimenti impercettibili.
Le sue gambe sono nude, la maglia che indossa le copre solo fino alla vita ed è salita troppo sopra, facendola rabbrividire. I suoi capelli cascano tra le mani, nascondendole il volto come una tenda per nascondersi dal mondo.
Ho paura, paura di quello che sta succedendo. Mi sento così impotente, così stupido e fuori luogo.
Alzo la mano desideroso di toccarla, di poterla proteggere ma la blocco a metà strada perché non so cosa fare.
Potrei vederla crollare e non so se ho la forza di assistere a tutto ciò.
Ma questo pensiero è come un lampo a ciel sereno. Non esiste! Io non l’abbandonerò, non la lascerò sola qui a patire chissà cosa mentre io mi lascio corrodere dall’angoscia.
Serro la mascella per trovare coraggio e impongo a quella mano di abbassarsi sulla sua spalla.
Quando la sfioro, Alyssa sobbalza e si tiene più stretta la testa tra le mani.
“Hei piccola, non aver paura. Va tutto bene”
Mento. Dico la verità. Non ne ho idea. Voglio solo vedere i suoi occhi, i suoi stupendi occhi che finalmente in quel letto sono tornati a brillare.
Con questa curiosità le sposto i capelli dietro la nuca e percepisco il suo respiro rilassarsi.
“Concentrati sul respiro piccola, senti il tuo petto sollevarsi e abbassarsi lentamente. Andrà tutto bene, rimani tranquilla. Ci penso io a te” La rincuoro mentre le passo le mani tra quelle ciocche castane che sono diventate troppo fine.
Alyssa, finalmente, alza piano la testa e quasi non rimango soffocato dall’angoscia.
I suoi occhi sono completamente invasi dalle lacrime, mentre quest’ultime si affollano sulle guance.
“Liam” Chiama lei, con una vocina gracchiante mentre mi guarda implorante di salvezza.
“Va tutto bene” L’assicuro, prendendole il volto tra le mani e spazzando via quelle lacrime troppo ingombranti.
Lei asseconda con la testa e si lascia sprofondare tra le mie braccia, affondando la testa nel mio petto.
“Andrà tutto bene”
E non so se questo sia un mantra per lei o per me, per il futuro che ci attende. 

 
 
Kumusta giovani signore. 
La vostra IlaPerla è tornata. 
Dopo tre giorni di pace, di adrenalina e di spensieratezza (e di dolori di piedi, ma questo non lo diciamo in giro) sono tornata a scrivere.
Per chi se lo stia domandando, il concerto è andato una meraviglia *_* C'è nessuno qua che è fan del Liga? Lore, tu non conti :P
Non appena ho messo piede a casa ho iniziato a scrivere, la notte pensavo a come far sviluppare il capitolo e la mattina scrivevo.
E per una volta posso dirlo? Sono soddisfatta del mio lavoro.
Non so se i capitoli così lunghi sono graditi, ma sappiate che d'ora in poi saranno tutti così. Voglio rimanere nei 50 capitoli (massimo) e facendo un piccolo conteggio ne mancano otto alla fine.
Non allarmatevi please.
Cosa ne pensate del capitolo?
A me piace molto il discorso col papà, finalmente abbiamo scoperto come si sono conosciuti.
Bhè... Per la mamma di Alyssa ci sarà tempo per parlarne.
Il cucciolo di panda Liam non è riuscito a rimanere incazzato :D
Capitolo un po'... rosso? Non lo so... Sono rimasta comunque nei confini del rating arancione.
E poi succede il macello. 

Fatemi sapere cosa ne pensate.
Ringrazio Fraa_Panda, Erica e Nessa per lo scorso capitolo.
Ringrazio voi tutti che continuate a leggere e saluto chi si aggiunge.

Vi auguro una buona settimana e spero di sentirci presto.
Un piccolo avviso, ora che mi ricordo, se non dovessi aggiornare puntualmente di martedì il motivo è perchè questo mese iniziano gli esami, devo studiare e nel frattempo cercherò di scrivere.
Ma non temete, che IlaPerla ha sempre portato a termine i suoi compiti. 
(rimanete in contatto sul mio profilo Facebook)
Salutiiiiii
Un bacione.
-Ila- 







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Capitolo 42
*** Sorprese e respiri ***


L’unico rumore udibile nella stanza della musica è lo sbadigliare di Eloise, mentre gironzola tra gli scaffali dei vinili in cerca di non so ancora cosa.
È il decimo giorno senza i ragazzi e lei si è impiantata in casa mia, come una quercia centenaria. Non che la cosa mi dispiaccia, perché è la mia migliore amica e stare con lei è un mix tra spasso, suicidio, ira e divertimento. Ma c’è qualcosa che non va, lo percepisco nell’aria.
Mentre io sono raggomitolata, con una coperta sulle gambe, nella mia poltrona di velluto gironzolo su siti internet con il mio amato e fidato pc.
Le notizie che girano sui ragazzi sono tante, false e vere, riempiono i giornali e le testate pubblicitarie.
Guardo una foto di tutti e cinque su quell’enorme palcoscenico e sorrido quando guardo l’abbigliamento di Liam, ma una cosa colpisce il mio sguardo, causa del mio sorriso: quel cappellino da hip hop scartato a Natale.
Subito il ricordo del giorno di Natale si fa nitido e dei brividi mi scorrono lungo la spina dorsale.
Ho avuto paura, per me e per quel ragazzo che cercava in tutti i modi di tirarmi su, fisicamente e moralmente.
Ho visto il terrore nei suoi occhi, ho visto il panico e l’inadeguatezza.
È stato orribile.
Se dovessi spiegare come si sentisse il mio corpo in quel momento, non ci riuscirei.
È come se ci fosse stata un’altra dimensione che aleggiava su di me.
Un altro mondo che mi stava chiamando, come una calamita.
Non percepivo più nulla, ad un tratto però il contatto con il suolo mi ha risvegliata e così mi sono rifugiata in me stessa. Volevo solo che quelle vertigini e quel senso di spossatezza finisse.
Chiedevo aiuto e subito mi sono sentita chiamare, come un piccolo richiamo quasi impercettibile.
Alyssa.
Un nome pronunciato da quelle labbra, da quella persona che mi sta salvando giorno per giorno.
Alyssa.
Una litania che potrebbe dare suono al mio destino.
Alyssa.
Che ora sembra così vicina.
“Alyssa, mi senti?”
Riprendo il contatto con la realtà e mi ritrovo Eloise difronte.
“Cosa?” Domando.
“Ti chiedevo se ti fossi sentita con Liam oggi”
“Non ancora. Perché?”
Lei sbuffa e riprende a camminare avanti e indietro per la stanza.
Stanca di rimanere in quella posizione, come sotto a una campana di vetro, mi alzo e mi sgranchisco le gambe.
Eloise si lascia cadere sulla poltrona e prende tra le mani il pc, facendo chissà cosa.
“Non sento Harry da giorni” Mi fa sapere.
“Dici sul serio?” Domando mentre cerco qualche vinile interessante dagli scaffali.
“Già… non so perché però”
Il titolo dei Rem cattura la mia attenzione e ne esco il vinile del 1991 “Out of time”.
“Hai provato a chiamarlo?” Posiziono il vinile sul piatto e fisso il puntatore sulla traccia due: Losing my religion.
“Secondo te? Non mi risponde. Niente di nient…” Si blocca.
Mi giro interrogativa, per capire cosa le sia preso e la vedo con gli occhi sbarrati e le sopracciglia che potrebbero sfiorare l’attaccatura dei capelli, bhè… metaforicamente parlando.
“Che c’è?” Le domando, senza ottenere risposta.
“El?” Cerco di richiamarla, ma niente ancora.
È imbambolata, come un fermo immagine.
Mi avvicino alla sua postazione per capirci qualcosa e quando guardo lo schermo del pc, per poco non ottengo la stessa sua espressione.
“Oh cavolo”
“Dillo Aly, oh cazzo! Suona meglio” Mi rimbecca acida, mentre continua a sfogliare quella pagina internet.
Ecco le testate giornalistiche che tanto odio, pronte a far sotterrare l’animo di una persona con poche parole o direttamente con foto che pugnalano il cuore.
Le foto di Harry in macchina con una modella, fanno a lotta per essere le prime tra di loro. È come ricevere un pugno in un occhio.
“Non capisco…” Sussurro, non riuscendo a staccare gli occhi da quel sito maledetto.
Harry sembra essere a suo agio, mentre con una mano tiene il voltante e con l’altra si tiene il labbro inferiore tra le dita. Accanto a se, siede una ragazza che a quanto scrivono sia una modella di Vanity Fair con un cellulare in mano e un paio di occhiali da sole che le coprono il volto.
“Cosa c’è da capire?” Urla lei, mentre si alza in piedi e lascia il pc sulla poltrona.
“Non mi risponde alle chiamate da giorni, è come se non esistessi. E guarda un po’, è a spasso con quella maledetta troia!” Continua, prendendo i capelli tra le mani facendone una crocchia senza forma.
“El, non arrivare a conclusioni affrettare” La rimprovero, mentre prendo il pc tra le mani e lo spengo.
Chiudiamo quest’arma a doppio taglio. So cosa si prova, ricordi ancora vividi del bacio tra Sophia e Liam spaccano ancora il cuore.
Dovrebbe essere cancellato dalla faccia della terra, se si prende in considerazione che è fonte di rottura per molte coppie, e c’è solo da immaginare cosa è capace di fare se queste coppie concernano il mondo dello spettacolo.
“Come fai a proteggerlo Aly?” Sbotta lei, fulminandomi con lo sguardo.
“Io non sto proteggendo Harry, sto proteggendo te. Liam non mi ha detto niente di Harry e sai che se sapesse qualcosa non avrebbe problemi nel dirmelo”
“Oh andiamo. Come credi che possa voltare le spalle al suo amico eh? Stupida. Sono una stupida Aly! Maledetto lui e quel discorso senza senso quel giorno al Funky! Dovevo rimanere sulle mie. Non dovevo lasciargliela vinta!”
“Hei, smettila”
Mi avvicino e le poso le mani sulle spalle, cercando di farla calmare.
Lei è esasperata, sbuffa e cerca di divincolarsi. I suoi occhi sono rabbiosi ma nascondono anche delle puntine trasparenti, segni delle lacrime.
“No, ascoltami” Cerco di reggere le sue movenze e stringo la presa sulle sue spalle.
“Respira e ascoltami”
Lei sbuffa ma poi fa come le è stato detto.
“Ora ti calmi e non cerchi più Harry, vedremo come si comporta. Ma rispondimi a una domanda Eloise”
Lei asseconda con la testa e mi lascia continuare.
“Bene, dove si trovano ora?” Le domando, sempre con una finta calma perché dentro di me vorrei prendere quel riccio e strappargli, capello per capello, la sua criniera.
“A Milano in Italia” Risponde Eloise, con un filo di voce.
Per fortuna sa ogni spostamento di quel quintetto, perché anche se Liam me ne fa una testa quadrata ogni giorno al telefono su i loro vari spostamenti, io dimentico ogni tappa.
Stiamo parlando di tour mondiale e io in geografia sono sempre stata una schiappa.
“Sai cosa faremo ora?” Le domando retoricamente.
Lei nega con la testa e mi guarda preoccupata. Anche io mi guarderei in quel modo se mi vedessi dall’esterno.
“Fai le valigie e andiamo in Italia”
La risposta di Eloise, sul viso, è al quanto eloquente ed è la stessa della mia coscienza.
 
“Non stai scherzando, vero?” Urla il biondino dall’altra parte del capo telefonico.
“No Niall. Te l’ho ripetuto per centocinquanta volte. Non è uno scherzo, arriveremo domani e non devi dire niente a nessuno” Sbuffo, mentre con la cornetta del telefono tra l’orecchio e la spalla, metto a soqquadro l’armadio in cerca di abiti da mettere in valigia.
“Com’è il tempo lì?” Domando, cercando di individuare i capi.
Silenzio.
“Niall?” Lo chiamo.
Silenzio.
“Ci sei?” Guardo lo schermo del cellulare, ma la linea è ancora aperta.
Silenzio.
“Pronto? Niall?”
“Si?” Risponde lui, ritrovando la parola. Sembra perso in un mondo tutto suo.
“Tutto ok?”
“Veramente questa domanda dovrei farla io a te” Mi rimbecca acido.
“Perché?” Domando sedendomi sul letto.
Non so perché, ma questa conversazione sembra prendere una via tartagliata.
“Devo ricordarti io quel collasso che hai avuto tempo fa o deve dirtelo Liam?” Domanda retorico.
“Niall non stiamo parlando di me in questo momento. Eloise ha bisogno del mio aiuto e se non fosse stato per quel riccio, io sarei stata a casa” Sbotto.
Lui tenta di replicare ma lo blocco seduta stante.
“E non dirmi che ci parlerete voi, perché non esiste come motivazione! Eloise deve vederlo negli occhi e se Harry nasconde qualcosa glielo deve dire in faccia e non tramite un telefono che non guarda da giorni!”
A quanto pare, ho tolto le parole di bocca a Niall, che rimane in silenzio e percepisco da qui le sue rotelline girare.
“Tu starai bene?” Mi domanda solamente.
“Si Niall, starò bene. Andrò dal dottore e lo avviserò del viaggio se questo fa stare più sicuro te ed Eloise”
“Non è noi che devi convincere, sei tu che devi prendere la decisione”
Rimango in silenzio e mi getto a peso morto sul materasso alle mie spalle.
“Si Niall, ho preso la mia decisione e per favore, non dire nulla a Liam, si preoccuperebbe e farebbe schifo al concerto di domani”
Sbuffa per la milionesima volta e sorrido nel sentirlo impacciato.
“Va bene ragazzina. Terrò il segreto per me. Quando arrivate?”
“Domani sera” Gli rispondo raggiante, sollevandomi sul gomito.
“Bene, vi manderò una macchina ad attendervi all’aeroporto”
“Grazie paparino” Lo prendo in giro.
“Non c’è di che tesoro”
Con una risata da parte di tutte e due, passo altri dieci minuti con Niall al telefono che mi aiuta a decidere cosa mettere in valigia anche se al momento siamo distanti chilometri e chilometri.
È esattamente il tipo di fratello che ho sempre voluto.
Quando chiudo la chiamata con lui, guardo scettica il cellulare tra le mie mani e me lo rigiro tra le dita pensierosa. Ho promesso a Niall di chiamare il dottore, ma già so cosa mi dirà: negazione. 
Mi negerà categoricamente il viaggio, e io non posso rifiutare. E' troppo importante, più della mia scadenza imminente.
Con un'ultima occhiata al telefono, lo infilo in borsa e riprendo a fare la valigia.
 
Guardo preoccupata il tabellone delle partenze dell’aeroporto.
Prima volta che volo.
Prima volta che viaggio.
Prima volta che mi allontano dalla mia grigia Londra.
“Sei preoccupata?” Domanda Eloise, sedendosi accanto a me con una bottiglietta d'acqua tra le mani.
“Cosa te lo fa pensare?”
Lei ridacchia e si nasconde dietro dei grandi occhiali da sole neri.
“Forse il modo in cui stai strapazzando quelle maniglie della borsa?”
“Oh”
Solo in quel momento mi accorgo di avere ancora a tracolla la mia borsa appoggiata sulle gambe, sto decisamente torturando le maniglie di pelle marrone.
“Non sono nervosa”
“E lo dici a me?” Domanda, mentre si guarda attorno.
“El… andrà bene, vedrai. Da ieri ti ha chiamato vero?”
Lei asseconda con la testa e si fissa a guardare un aereo che sta per decollare al di là della vetrata.
Sposto lo sguardo per non vedere quella scena che mi mette panico e adrenalina allo stesso tempo.
“Bene. È qualcosa”
“Anche se non gli ho risposto?”
“Certo” La rassicuro, mettendole una mano sul ginocchio come solitamente fa Liam.
Veniamo interrotte da una voce di una ragazza che ci avvisa, gentilmente, che l’aereo per Milano Malpensa è pronto al gate cinque.
“Andiamo piccoletta. Ti divertirai”
Mi alzo e le allungo una mano, che Eloise prontamente afferra e sorridendomi ci dirigiamo verso questa nuova esperienza.
 
“E’ stato…” Sibilo, non appena metto piede fuori dall’aereo e con Eloise mi avvio verso il nastro trasportatore, che in teoria dovrebbe riportare il nostro bagaglio.
“Straziante, faticoso, nauseabondo?” Mi propina lei, quasi annoiata. Anzi, del tutto annoiata.
“Esaltante” La correggo.
In lontananza vediamo arrivare le nostre valige: blu e rossa; e ci prepariamo a prenderle con noi, ringraziando tutti i santi del paradiso per non avercele smarrite.
“Ok, che si fa?” Mi domanda Eloise, guardandosi attorno.
In verità non lo so nemmeno io. Con Niall ci siamo accordati che all’arrivo ci sarebbe stata una macchina per noi. Ma che macchina è la domanda?
“Per prima cosa, propongo di uscire da qui” Le indico il cartello con la scritta ‘arrivi’ e poi la porta automatica che si apre ad ogni persona che la passa.
Eloise acconsente, prendendo in mano il suo trolley seguita da me.
Quando usciamo nella hall, una folla ci investe.
“Da dove escono tutte queste persone?” Domando incredula.
“Tesoro, c’è il concerto del tuo fidanzato. Secondo te perché l’aeroporto è preso di mira?” Risponde lei sarcastica e io in risposta mi stringo nelle spalle.
Dio, è il ritratto della felicità, sarcasticamente parlando. Come farò a sopportare questo lato del carattere di Eloise per questi giorni?
Non abbiamo un giorno di partenza, l’importante è stato imbarcarci e risolvere questa questione.
Mi sono imposta che non avremmo mosso un piede fin quando quei due non si parlano, a costo di far slittare le altre date del tour. Bhè… forse questo sarà un problema, ma non mi spaventa.
Mi guardo attorno per cercare l’uscita, ma c’è qualcosa nel mio campo visivo che attira l’attenzione.
Un signore distinto, in giacca e cravatta nera, ha un cartello tra le mani che riporta due nomi “Miller & Hill”.
Rimango a bocca aperta, ferma sul mio posto mentre Eloise cerca di capirci qualcosa su come uscire da questo posto.
“El” La chiamo, sottovoce.
Lei fa un verso strano, ma non mi presta ancora attenzione.
“Eloise Hill!”
“Che c’è?” Mi domanda, inalberata.
Le indico con un dito quel signore e anche lei rimane a bocca aperta.
“Non ci credo”
A passo malfermo ci avviciniamo a quel signore e subito scoppiamo a ridere, alleviando la situazione di gelo e tensione che ci aleggia sulle nostre teste.
Paul con i suoi occhiali da sole neri, così come il suo costume e la cravatta, non appena ci avviciniamo sorride e si togli gli occhiali. Si guarda attorno e subito ripone quell’accessorio su i suoi occhi.
“Che ci fai qui?” Domanda Eloise, stringendo convulsamente il manico del trolley tra le sue dita, riprendendo la sua solita aria tesa che le si è impiantata da due giorni.
“Niall mi ha chiesto gentilmente di venire a prendere dall’aeroporto due nostre conoscenze” spiega lui.
“Ti conviene iniziare a nasconderti Paul, potresti non passare inosservato” Propongo, guardando la tanta gente che si affolla agitandosi nella hall.
“Giusto. Con questo cartello attiravo l’attenzione di parecchie persone”
“Non immagino perché” Ridacchia Eloise.
Paul accenna un sorriso e ci accompagna fuori le porte di una calma e soleggiata Milano.
Subito vicino al reparto arrivi dell’aeroporto troviamo un Suv nero, che decisamente non passa inosservato, ad attenderci.
“La vostra carrozza signore”
“Grazie messere” Ringrazio Paul che gentilmente ci tiene aperte le porte.
 
Il viaggio dura relativamente poco, il percorso aeroporto-albergo è abbastanza leggero intervallato da qualche chiacchiera e una canzone trasmessa alla radio.
Eloise accanto a me non riesce a stare ferma un secondo e quella povera gonna che ha le si è aggrinzita tutta, dovuta alla sua frizione di questa con le sue dita.
Le appoggio una mano sul suo pugno che tiene stretta quella stoffa, come per insinuarle un po’ di fiducia e un po’ di tranquillità.
Lei alza la testa, accorgendosi solo ora di non essere più sull’aereo ma in viaggio verso la verità. Oppure ne è pienamente consapevole, il che è più pericoloso.
“Andrà tutto bene. Calmati” Le sussurro in un attimo di tranquillità, dove Paul accetta una chiamata sul suo cellulare.
“Aly, ho una paura atroce” Si lamenta Eloise, passando lo sguardo da me allo specchietto per controllare Paul che non ci senta.
“Non preoccuparti, non sarà successo niente. Qualsiasi cosa accada avrai me” La rassicuro, stringendo la mano nella sua.
Avrà me. Per sempre. Anche quando il mondo per me smetterà di girare, anche quando le foglie smetteranno di cadere e quando il tempo si fermerà come sospeso nell’aria da una volata di vento gelido.
Eloise non dice niente, mi stringe con forza e quasi prepotenza la mano, per far bloccare i miei e i suoi pensieri che hanno dato il via a quell’emozione che fa diventare gli occhi del colore del cielo.
“Signore, tra poco arriviamo all’hotel. I ragazzi non ci sono, ma li raggiungerete presto” Ci avvisa, facendo bloccare i nostri pensieri, Paul che ripone il cellulare nella taschina della giacca.
“Come?” Domando.
“Avrete dei pass per il concerto”
Io ed Eloise ci guardiamo in volto, con espressione contrastanti. In me veleggia un brivido di eccitazione e come se ci fossimo invertiti i ruoli, Eloise ne è terrorizzata.
Una folla qua e là di persone ci sfilano accanto al Suv, le prime sembrano incuriosite mentre man mano che avanziamo la folla diventa enorme, per i miei gusti, e le vediamo urlare anche senza ascoltarle dato che i vetri del Suv bloccano il suono esterno.
“Che sta succedendo?” Domando incredula.
“Siamo arrivati. Vi lascio all’entrata. Cercate di passare inosservate, quando vi chiamerò in camera voi scendete e chiedete alle reception l'uscita secondaria” Ci ordina Paul, fermando la macchina difronte al viale dell’albergo.
“Ci lasci qui?” Gracchia Eloise, ritrovando la voce.
Paul asseconda solo con la testa, invitandoci a scendere.
“Dai El, l’abbiamo fatto già una volta. Al tre ci fiondiamo fuori. Insieme”
Eloise mi sorride, afferra la mia mano e la stringe con vigore.
“Al tre” Asseconda.
 
“Ma che mangiano la mattina a colazione per gridare così?” Domando aprendo la porta della camera, bloccandomi subito dopo.
“Porca miseria” Sibilo, rimanendo ferma sulla soglia.
“Oh porca puttana” Sputa, più coloratamente, Eloise sbirciando da sopra la mia spalla.
“Ho paura ad entrare” Ammetto, con la mano ancora sulla maniglia di quella porta, ma subito la tolgo da li, impaurita di macchiarla.
“Io no, se è l’ultima volta che sto con Harry, almeno mi godo questa bellezza”
Eloise entra decisa in camera e io, ancora con la bocca spalancata, la seguo dentro.
Tutto trasuda lusso e austerità. Il salottino di entrata ha le pareti sul beige e una gande finestra che da sul cortile esterno, circondata da pesanti tende di seta marroncine con delicati disegni beige che riportano il colore delle pareti. Il divano al centro della camera è bianco con un tavolino intagliato finemente di color marrone scuro, un grande tappeto persiano sovrasta quasi tutto il pavimento.
Ai lati del salotto si aprono due porte scorrevoli con ognuna delle stanze con un sontuoso letto matrimoniale ricoperto di un candido piumone marrone e un’infinità di cuscini di tutti i tipi e dimensioni. Due comodini che riportano lo stile e il colore del tavolino in salotto, sono posti ai due lati del letto e mantengono delle abatjour dorate.
Finestre e tende identiche anche queste del salone  e in ogni camera c’è un bagno che ho paura di esplorare.
“Siamo sicure che questa camera è la nostra?” Domando, ritrovando l’uso delle corde vocali, incredule anche loro a quello che vedono.
“E questa, cara Miller, è una camera normalissima” Mi addita Eloise, sedendosi a peso morto sul letto.
“Non voglio immaginare quelle dei ragazzi” Mormoro, appoggiando il trolley ai piedi del letto dove si è fiondata Eloise.
“Stasera la vedrai” Mi rimbecca lei, posandosi su un gomito.
“Che stai farneticando?” Domando, nascondendo il mio volto nella borsa con la scusa di cercare qualcosa.
“Amica mia, sei un caso perso” Alza gli occhi al cielo Eloise, scendendo dal letto e avviandosi nella sua camera.
Da quando Eloise ha saputo di quello che è successo il giorno di Natale a casa dei ragazzi, non solo è diventata apprensiva dal lato emotivo per l’incidente di percorso avvenuto, ma si è montata la testa sul fatto che io e Liam siamo vicini a… bhè, come dice lei, a fare un passo in più nella nostra personale scala della relazione.
Se solo ci penso mi infiammo e mi chiuderei nel bagno ancora inesplorato.
Cercando di far tornare il mio colorito normale e far cessare questo batticuore che mi impongo categoricamente di non far nascere in questi giorni, guardo l’orologio da polso sgranando gli occhi vedendo l’orario. Sono già le 20.15 e Paul ha detto che alle 21 ci sarebbe venuto a prendere.
“Eloise!” Grido, per attirare la sua attenzione.
“Che c’è?” Mi domanda trafelata, entrando di corsa in camera.
“Siamo in ritardo sulla tabella di marcia” Annuncio, entrando in bagno e rimanendo nuovamente a bocca aperta come un pesce rosso.
“Ma vaffanculo! Credevo fosse successo qualcosa”
E con queste parole Eloise strascina i suoi piedi e torna nella sua camera.
Credo che Paul si arrabbierà per il ritardo che, senza ombra di dubbio, faremo.
 
Dopo quasi due ore
Dopo quattro chiamate al telefono di Paul.
Dopo aver scavalcato letteralmente orde di fan.
Dopo qualche foto con loro, ancora ci devo credere, siamo riuscite a salire sul Suv nero di Paul che ci sta portando al concerto dei ragazzi.
Mentre attraversiamo la strada, alcune ragazze sono in fila all’ingresso dello stadio e mentre passiamo, loro si girano a scrutare la macchina e salutano anche se non sanno chi ci sia dentro. Come una stupida, ma animata della loro spensieratezza, muovo anche io la mia mano e rispondo al loro saluto anche se non mi vedranno mai.
È così sconvolgente come tutti possano apprezzare il talento di cinque ragazzi che hanno iniziato davvero da zero, il loro coinvolgimento, la loro spensieratezza e credo anche la loro semplicità abbiano giocato una parte vincente. Di sicuro tutto quello che ora hanno dalla loro parte è meritato. E in cuor mio spero possano continuare ancora per molto, molto tempo.
Un sorriso amaro prende forma sul mio volto. Mi dispiacerà solo non assistere a tutto quello che il futuro avrà in serbo per loro.
“Siamo arrivati” Ci informa Paul, inserendo il freno a mano e scendendo dall’auto.
Guardo subito Eloise, che ha gli occhi chiusi e stringe la sua gonna a fiori tra le dita. Il tessuto fresco e vaporoso si aggrinzisce tra le sue piccole dita ansiose.
“El, ci siamo” Le sussurro, appoggiandole una mano sulla spalla.
Eloise sembra riscuotersi e con un cenno del capo asseconda nello scendere dall’auto.
“Entrate da quella porta, percorrete un lungo corridoio e quando sarete arrivate all’ultima porta, apritela e vi troverete ai piedi del palco” Ci avvisa Paul, dandoci i pass per il prato.
Ci augura una buona serata e io e Eloise ci avviamo dentro quello stadio enorme.
 
Quando arriviamo sotto il palco, i ragazzi stanno cantando divisi tra i lati del palco.
Il palco è enorme e le luci illuminano tutto lo stadio come fossero le dieci di mattina, con il sole appena alto nel cielo.
Il clima è caldo e tutto rimbomba attorno a noi. Subito vengo catapultata nelle mie solite crisi di panico, ma è tutto un effetto psicologico. Solitamente avviene tutto quando attorno a me c’è troppa gente, ma al momento sotto il palco siamo poche persone.
Alcune ragazze sono impalate mentre muovono solo gli occhi e si guardano attorno confuse, come se non sapessero esattamente dove si trovino e cosa fare.
Questa visione mi fa sorridere e dimentico del mio panico. Mi impongo di rimanere calma.
Come un mantra, chiudo gli occhi e mi focalizzo sul respiro senza tener conto di tutto il rumore che ci sovrasta.
Quando apro gli occhi, Eloise è ancora accanto a me incollata al mio braccio. Le faccio un sorriso rassicurante e alziamo gli occhi per ammirare il palco sovrastato da pezzi di schermi come un puzzle, alcuni fanno vedere alcuni frammenti di paesi con le loro attrazioni principali, alcuni schermi di cui la maggior parte, inquadrano o il pubblico o i cinque ragazzi.
La canzone ha un ritmo conosciuto e coinvolgente, suppongo sia una delle tante canzoni che Eloise mi ha fatto ascoltare in questi giorni per smorzare la tensione che si alleggiava in casa.
Il primo ad avvicinarsi nella nostra direzione è Zayn, che sembra non accorgersi di nulla.
Si ferma a qualche metro da noi, saluta il pubblico e va via come se nulla fosse.
Ridacchio con Eloise per il fatto che non ci ha viste. Come potrebbe essere altrimenti? Nessuno sa che siamo qui tranne…
Come se fosse stato chiamato con il pensiero, un biondo allegro e saltellante viene dalla nostra parte e anche lui si ferma vicino la fossa e canta con il microfono ben piazzato vicino la bocca.
Alzo la mano per farci vedere, ma ovviamente Niall ci snobba allegramente.
“Niall” Urla Eloise.
“Non credo ti senta” Cerco di farle capire, voltando la testa verso la mia amica.
Ma Eloise sorride e agita una mano in saluto.
Quando volto nuovamente la testa, Niall ci sorride e con un cenno del capo saltella nuovamente lontano.
Ma cos’è questo ragazzo? Un folletto irlandese?
Non faccio in tempo nemmeno a rispondere alla mia stupida domanda, che vedo Niall spingere nella nostra direzione Harry, che ha un’espressione altamente confusa e se potesse credo tirerebbe una microfonata in testa a Niall, dato che suppongo stia stravolgendo le loro scalette personali su come spostarsi.
Niall non vuole ascoltare ragioni e mentre il ritornello si ferma per far cantare Louis troppo lontano da noi, sussurra qualcosa all’orecchio di Harry. Quest’ultimo subito solleva la testa e si volta verso noi.
Cerca qualcosa con lo sguardo e quando i suoi occhi incrociano quelli di Eloise riesco a vedere la preoccupazione passargli sul volto. Preoccupazione che subito viene scacciata via da un sorriso che potrebbe far invidia a tutte queste luci qui sul palco.
Quando mi volto per vedere l’espressione di Eloise, quel sorriso che aleggia su Harryè pienamente riflesso in quello della mia amica.
Forse, le spiegazioni non saranno nemmeno necessarie.
Sorridendo, volto la testa per ringraziare silenziosamente Niall ma al suo posto ci sono due occhi marroni che mi guardano sbigottiti.
Liam è vicino ad Harry, con gli occhi che gli potrebbero uscire dalle orbite.
Non posso far altro che sorridere, stringermi nelle spalle e salutarlo con la mano.
Decisamente, una doppia sorpresa.
 
Sono stesa nel letto di questa enorme camera di albergo e non credo a quello che ho fatto.
Se otto mesi fa mi avessero detto che avrei preso un aereo al volto solo per portare Eloise dal suo ragazzo per chiarire una situazione che le stava facendo male, sarei scoppiata a ridere. Perché io non sono mai stata quel genere di persona, io sono sempre stata la ragazza che prima di compiere una qualsiasi azione ci avrebbe pensato su diecimila volte e alla fine avrebbe risposto sempre no.
Perché la tranquillità è la mia casa. Oppure è più giusto dire era?
Tutta questa situazione: i ragazzi, l’amore e il destino, non erano contemplati nei miei piani della vita.
Ma d’altronde, cosa è sicuro in questa vita? Assolutamente nulla.
E la cosa che mi fa più sorridere di tutto, è che non me ne pento. Di nulla. Partendo da quella caduta sulle scale delle scuola. L’inizio di tutto. L’inizio della fine.
Bussando alla mia porta e cautamente, per evitare altri giramenti di testa, mi alzo e scalza vado ad aprire.
Liam mi sorride felice dalla soglia e io mi fermo a contemplarlo.
No, non mi pento di nulla.
“Che ci fai qui?” Mi domanda lui, ancora sorridendomi.
“Vuoi entrare?” Domando in risposta, aprendo ancora di più la porta.
Liam asseconda con la testa e io lo lascio passare.
Non appena chiudo questa e mi volto, vengo travolta dal suo corpo e dalle sue braccia che mi stringono al suo petto in maniera così ossessiva ma altamente protettiva.
“Dio santo, dimmi che non sei un miraggio” Sussurra Liam, tra i miei capelli.
Ridacchio per la sua constatazione e allaccio le mie braccia alla sua vita.
“Mai pensato che un miraggio non è fatto di carne e ossa?”
“Sempre puntigliosa signorina”
Affondo il mio volto sorridente nel suo petto e assorbo tutto il suo odore.
Mi è mancato terribilmente. Credo siano stati i dieci più lunghi della mia vita.
Non riesco a concepire quanto io mi sia legata e imprigionata alla mia ancora.
“Come stai? Sta bene?” Domanda, staccandosi dall’abbraccio mentre mi prende il volto tra le mani.
“Mai stata meglio” Gli sorrido e lui in risposta mi posa un bacio semplice ma con tanto amore sulle labbra.
Quando mi lascia andare, mi avvicino al letto e mi siedo sopra, incrociando le gambe al petto.
“Come stanno quei due?” Domando.
“Suppongo bene, Eloise aveva un’aria abbastanza incazzata e credo Harry le debba delle scuse. Quando siamo in tour siamo letteralmente sbattuti da una parte all’altra e avere contatti con il mondo è veramente difficile”
“Ho notato” Lo prendo in giro, guardandolo.
“Non ho colpe piccola, lo sai vero?”
Assecondo con la testa, mentre Liam mi si fa più vicino e mi appoggia una ciocca di capelli dietro l’orecchio, liberando i miei occhi.
“Sono così contento che tu sia qui”
“Anche io”
Liam si prende il labbro inferiore tra i denti e questo mi fa crollare tutte le difese. La mia ancora ora non è più chilometri e chilometri lontana da me.
Ho sognato da giorni questo momento e ora averlo accanto a me quasi non mi sembra vero.
Mi avvinino e passo la mia mano tra i suoi capelli, più forti e forti rispetto a dieci giorni fa.
Inutile ripetere quanto mi sia mancato.
Ha fatto quasi male, e ora averlo qui è la migliore delle medicine.
Appoggio le mie labbra sulle sue e percepisco nettamente il suo sospiro di sollievo e capisco quanto sia astato difficile anche per lui. E non nego di quanto ancora difficile sarà.
Mi si spezza il cuore ma non ho nemmeno la forza di far continuare il pensiero, perché Liam mi spinge delicatamente sul letto, facendo cospargere il piumone bianco del letto dei miei capelli scuri.
“Ti amo così tanto” Sussurra, mentre allontana le sue labbra dalle mie e posa delicati baci sul mio collo.
Con l’adrenalina che mi corre nelle vene, per tutto questo viaggio inaspettato e la vicinanza del ragazzo che amo, mi faccio forza sulle braccia e mi sollevo.
Liam mi guarda interrogativo, ma la risposta che ottiene è solo un bacio accennato sulle sue labbra mentre il suo corpo mi scivola sotto li mio.
Mi trovo qui, impreparata e allo stesso tempo pronta all’azione tra le sue gambe piegate in modo tale da facilitare la mia posizione.
“Aly…” Inizia lui, ma viene bloccato dal mio dito posato su quelle labbra troppo rosse.
“Ti prego Liam…” Gli sussurro, impaurita.
Perché non ho paura di lui o della situazione, ma ho paura di me stessa per non esserne capace.
“Va tutto bene piccola, ci sono io con te” Mi ricorda lui, proprio come quella volta in salotto a casa sua.
Mi piego e riporto le mie labbra sulle sue, l’unico posto che considero territorio neuro.
Lui mi passa una mano sulla nuca e accentua il bacio. Le lingue che si trovano, fanno perdere il controllo con la realtà. Quest’uomo fa perdere totalmente il controllo.
Più audace, afferro la sua maglietta e la tiro su buttandola chissà dove.
Secondi di passione, secondi in cui tutto quello che si pensa è l’amore, contatto fisico e inebriarsi di quella persona che ora è con te.
Liam si tira su, facendo piegare anche me e come la sua maglietta è volata via, subito la raggiunge la mia.
Gli occhi di Liam sono attenti, pronti a tenermi stretta in qualsiasi momento, pronto a tenermi con se.
Lo guardo e nei suoi occhi riesco a vedermi, una nuova persona. Una nuova Alyssa, cresciuta.
“Sei stupenda”
“E tu bellissimo”
Lui mi sorride e affondo nuovamente le labbra lì dove dovrebbero essere, su di lui. Percorro la sua mascella puntigliosa.
Mentre i suoi sospiri mi inebriano la mente, riesco a percepire il suo desiderio e questo se da una parte mi fa tremare le gambe, dall’altro lato mi rende ancora di più adauce.
Percorro il suo addome e riesco a percepire la sua linea di peli che tanto mi ha affascinata, quando le mie dita si incontrano con la stoffa dei suoi pantaloni lo sento sussultare e il suo sguardo subito corre al mio.
“Va tutto bene” Lo rassicuro, cercando di far andare via quel suo cipiglio.
Bacio la parte di pelle tra le due sopracciglia, ottenendo il suo solito sorriso.
“Sto così bene” Mi sussurra, impaurito di rompere quell’estasi attorno a noi.
Con un sospiro proveniente dalla sua gola, il suo bottone dei jeans viene aperto mentre la mia mano trova il suo desiderio.
Liam sospira forte, mentre io appoggio la mia fronte alla sua.
“Mio Dio” Geme impercettibilmente.
Vederlo così in balia delle sensazioni, è la carica più potente di questo mondo.
Mi sento troppo padrona della mia vita, una vita che ora appartiene a questo ragazzo.
Un ragazzo così famigliare, così importante. Non credevo di poterne appartenere, non credevo di far parte della sua vita.
Solo un anno fa non sapevo nulla della sua esistenza, solo un anno fa il mio destino non era segnato, solo un anno fa io non ero niente.
“Aly ti prego” Mi implora e in risposta aumento il ritmo così destabilizzante.
“Cazzo Aly!” Ringhia tra i denti.
Stavolta il suo tono di voce non è assolutamente rassicurante e leggero, più di un’imprecazione assomiglia a un ringraziamento.
Si lascia andare e raggiunge quelle che per me a Natale sono state le stelle.
Subito dopo il suo cuore riprende qualche battito e un sospiro gli esce dalle labbra.
Liam mi sorride e mi lascia un bacio sulla fronte, mentre mi prende tra le braccia.
“Scusami” Gli sussurro.
“Per cosa?” Mi domanda preoccupato.
“Per non essere all’altezza”
“Alyssa, ti assicuro che non è assolutamente come pensi. Sei stupenda. Grazie”
Gli sorrido e affondo la testa nel suo incavo del collo.
“Sei stanca piccola?” Mi domanda.
Assecondo con la testa.
Liam mi appoggia sul materasso, si solleva dal letto e si china a prendere la sua maglia.
“Tieni, però dovresti toglierti i pantaloni” Mi avvisa.
“Perché non mi aiuti?”
Lui sorride e mi aiuta ad abbassare i miei pantaloni che subito raccoglie e piegandogli li posa sulla poltroncina accanto alla porta.
Io nel frattempo mi infilo la sua maglia bianca, togliendomi il reggiseno e affondo la testa nei cuscini esausta. Non dormo da troppo tempo e il viaggi mi ha praticamente tolto energia.
Mentre tutta l’adrenalina mi abbandona, chiudo gli occhi e percepisco le labbra di Liam sfiorarmi la fronte.
“Buonanotte amore mio” Sussurra, mentre tutto attorno a me diventa impercettibile.

 
 

 

*applauso per IlaPerla*
Kumusta miei bellissimi lettori
FINALMENTE!
Dopo un periodaccio che la vostra autrice preferita (ma quando mai!) ha passato, ieri mi misi tutta allegra ad aggiornare il capitolo, ma... la vostra autrice preferita (nuovamente quando mai!) era bellamente fusa e si dimenticò di pigiare sul tasto "Aggiorna" bene...
Buon... che giorno è oggi? Ah, mercoledì!
Dopo un periodo per IlaPerla di MERDA, con tutta la sfiga che mi è corsa dietro con problemi personali, salute e amichevoli, sono stata rinchiusa in me stessa senza voglia di studiare, di respirare e di scrivere.
Ma come la nostra Alyssa ci insegna, mai buttarsi giù. Sempre combattere.
E ora eccomi qui.

Capitolo come un parto! 
Succede di tutto, come ultimamente sono e saranno i miei capitoli.
Che ne pensate? E non focalizzatevi subito sulla parte finale :D
Abbiamo una Eloise incazzata, una Alyssa determinata, un Niall spaventato e un Liam sorpreso.
Ah... Stavo pensando di fare un pov Eloise/Harry, ma sono indecisa su chi farlo... 
Forse più Eloise, ma secondo voi? Pov accettato?
Non so... Secondo voi ci sta bene?
OPPURE idea geniale, che mi è appena venuta. 
Ci faccio una bellissima OS. Eh? Che ne pensate?
Bene... Mettiamola ai voti.
Chi per il pov?
Chi per l'OS?

E niente, ragazze scusatemi veramente se vi ho fatto attendere.
Ma non ho un attimo manco per respirare ultimamente.
Maledettissima sessione estiva!
Voi fatemi sapere sempre cosa ne pensate.

Ringrazio chi mi ha aspettata.
Ringrazio chi si è aggiunto e chi continua ad esserci.
Grazie a Fraa_Panda, Erica, Amely e Nessa. Sapete che vi adoro incondizionatamente ♥
E a te, si a te che leggi, mi faresti sapere cosa ne pensi?
Mi faresti felice in questi giorni pesantissimi di studio.

Ci sentiamo presto, mie adorate.
Un bacione.
Sempre vosta
-Ila-









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Capitolo 43
*** Nuovo mondo ***



 
Un raggio di sole filtra dalle tende leggere della finestra e si proietta sul mio occhio sinistro, un leggero bacio dato dal cielo per augurarmi una nuova e smagliante giornata.
Stringo il cuscino tra le mie braccia, mentre sono a pancia in giù sul letto e ancora ad occhi chiusi, sorrido per i ricordi che mi si affollano in testa.
Sto bene, non l’avrei mai detto, mi sento al posto giusto nel momento giusto. Sarà strano da dire, ma in questo letto, non ho paura.
Mi sento così orgogliosa di me stessa, per non aver ceduto, per aver preso la decisione di rischiare.
Mi giro sul fianco e allungo un braccio per tastare l’altra parte del materasso, vuota.
Apro di scatto gli occhi e ci trovo il lenzuolo sgualcito e freddo.
Dov’è Liam?
“Liam?” Lo chiamo, senza ottenere risposta.
Dubbiosa su dove sia, scendo dal letto e mi aggiusto la sua maglia salita sopra i fianchi lasciando il mio ventre - troppo magro - e le mie gambe - troppo sottili - alla vista.
Stropicciandomi gli occhi e sbadigliando, entro in soggiorno e trovo la stanza vuota.
Diamine, sono rimasta sola tutta la notte qui?
Il pensiero mi fa rabbrividire.
Guardo la porta chiusa della camera di Eloise e mi domando se sia tornata a dormire almeno lei.
Mi avvicino chiedendomi se bussare o meno. E se ci fosse anche Harry dentro? Mio Dio, che figura.
Accosto l’orecchio sulla porta ma non si ode nessun rumore, abbasso la maniglia in ottone silenziosamente e quando sento la serratura scattare, ci infilo dentro la testa ma non c’è nulla.
La stanza è perfettamente in ordine e inizio a preoccuparmi.
Perché non mi ha avvisata? Dove sarà? Ha chiarito con Harry?
Troppe domande.
Mi affretto nuovamente in camera per cercare il mio cellulare, che non so nemmeno dove sia finito.
Lo cerco ovunque, per poi trovarlo infilato nella felpa indossata la sera precedente.
Scarico.
Alzo gli occhi al cielo, domandandomi se davvero ci sia una forza che ce l’abbia con me.
Quando metto a caricare il cellulare e riesco finalmente ad accenderlo, mi arriva un messaggio della mia amica, che apro seduta stante.
 
Da Eloise: sono fuori. Ti racconto domani xx
 
Ringrazio di questo messaggio, che fa calmare solo un quinto della mia anima.
Nei confronti di Eloise mi sento apprensiva, come se fosse la mia sorellina da proteggere, quando la realtà dei fatti è che l’unica che dovrebbe avere protezione quella dovrei essere io.
Il pensiero viene bloccato sul nascere dal rumore della porta d’ingresso chiudersi.
Mollo il telefonino sul letto e mi affretto a vedere chi è il visitatore.
Credendo fosse Eloise, rimango bloccata sulla porta non appena scorgo Liam togliersi il cappellino da hip hop, mentre si passa una mano nei capelli per ravvivarli.
“Hei” mi chiama non appena mi nota ferma sulla soglia del soggiorno “sei già sveglia?”
“Da quando sei fuori?” Gli domando abbastanza nervosa, incrociando le braccia al petto.
Odio svegliarmi sola, l’ho appena appreso.
Credevo di trovarmi Liam accanto, non egoisticamente, ma razionalmente. Passare una serata come ultimamente sta accadendo a noi, mi ha inculcato nella mente la voglia di svegliarmi tra le sue braccia. Invece questo non è successo, mi sono trovata sola in un letto gelido.
“Da un po’, ero andato a fare una cosa” mi dice lui, avvicinandosi.
Quando allunga una mano per sfiorarmi il braccio, faccio un passo indietro e mi metto sulla difensiva.
“Aly, che ti prende?” Mi domanda, sbarrando gli occhi.
“Mi sono svegliata e tu non c’eri”.
“Lo so”.
“E secondo te, è normale?”
Liam non mi risponde, ma mi guarda dubbioso. Sicuramente si starà chiedendo da dove mi escono questi pensieri di prima mattina.
“Ero andato a fare una cos…”.
“Non mi interessa Liam, ma se hai intenzione di passare una serata come quella trascorsa e hai intenzione di andartene, fallo appena finisci. Perché svegliarmi e non trovarti accanto, non voglio più che accada. Mi sento usata e sporca. E non ho nessuna intenzione di ascoltare le tue cazzate” sbotto e a grandi passi mi allontano per chiudermi in bagno.
Lascio un Liam stupefatto in mezzo al salotto mentre si domanda che diamine mi sia preso.
Non lo so nemmeno io, ho solo voglia di tornare in quel letto, aprire gli occhi e ritrovarmi lui accanto.
 
Aggrappata con le mani al lavandino, guardo il mio riflesso nello specchio.
Il mio volto è stanco, sicuramente provato dal viaggio e dalle poche ore di sonno che mi porto addosso. Gli occhi sono spenti, le guance scarne e le labbra secche.
Faccio totalmente e spaventosamente paura.
Come può quella persona nell’altra stanza dire di amarmi? Sono orribile, ho un destino da far paura, nessuno si avvicinerebbe a una persona come me.
È capitato tante volte, quando ero più piccola alle scuole inferiori. Quando venina fuori la mia malattia, tutti mi si allontanavano, mi puntava il dito contro e mi etichettavano come “diversa”.
Sono sempre stata diversa, mia madre in prima battuta mi ha rifiutato.
Sono un relitto, una vecchia nave che sta andando alla deriva.
Chino il capo e lascio che la bile mi torni su, l’ansia e la tensione mi si affiorano agli occhi e sento per la prima volta, dopo giorni, tanta voglia di piangere e rannicchiarmi su me stessa.
Ma, il pugno di Liam bussa prepotente alla porta e mi fa sobbalzare.
Com’è possibile che arrivi sempre nel momento in cui vorrei abbandonare le mie forze, le mie speranze e gettarmi nel vortice della disperazione? Come fa?
E forse, la risposta è che veramente Liam fa parte del mio destino. Quel destino bello e degno di essere vissuto.
“Aly, ti prego esci fuori” la voce di Liam è attutita dalla porta in legno.
“Hai frainteso tutto. Sei giunta a una conclusione che a me, sinceramente, non è mai passata dalla mente” continua con voce tranquilla e gentile.
Non so cosa dire. Mi sono lasciata andare alla frustrazione.
Non trovarlo accanto è stato così… deleterio. Ed è questo che odio. Il dipendere da una persona.
Negli anni ho sempre evitato questa situazione, perché prima o poi o lei o io, saremmo andati via.
“Stai bene?” Mi domanda, tamburellando con le dita alla porta.
Percepisco la sua ansia e mi sento uno schifo. Peggio che vedere il mio riflesso nello specchio.
“Un attimo” rispondo con un filo di voce.
Liam a quanto pare ha sentito e rimane in silenzio.
Non sentendo più nessun rumore, apro l’acqua del lavabo e mi sciacquo la faccia, sperando che questa angoscia che sento dentro, come se qualcosa di terribile stesse per accadere, vada via.
 
Quando apro la porta del bagno, Liam è seduto sul letto con le dita intrecciate tra loro.
Non appena sente la porta aprirsi, alza lo sguardo e fissa il mio volto in cerca di conferme.
“Scusa” sussurro tra me, ricambiando lo sguardo.
Liam rimane in silenzio, chiedendomi impercettibilmente di continuare, di fargli capire in qualche modo.
“Sono frustata, ho un brutto presentimento dentro di me, che mi sta accompagnando da quando ho aperto gli occhi. Un incubo forse, non ne ho idea. Non ricordo di aver sognato nulla. È come una sensazione che aleggia dentro me, che mi dice di non abbassare la guardia, poi il fatto di essermi svegliata e tu non c’eri. Non so… mi ha fatto sentire indegna, sporca e fuori posto. Sto impazzendo Liam? Perché io credo di si” quando finisco di parlare, mi ritrovo a camminare avanti e indietro nella stanza, prendendomi i capelli tra le mani.
Non riesco a stare ferma, c’è qualcosa dentro che mi sta divorando e non si tratta dell’inferno.
È il presentimento che mi sta chiamando. Ma cosa vuole?
“Basta. Smettila” ringhia Liam, alzandosi e parandosi difronte.
Mi afferra le mani e me le stringe in una morsa, per fermi bloccare fisicamente e far cessare la corsa della mente.
“Non stai impazzendo e tutto quello a cui sei arrivata a conclusione è sbagliato. Perché ti sminuisci in continuazione? Perché non capisci che io ti amo? Cristo Alyssa. Non puoi sbottare ogni volta che la tua testa non si fida. Non sono il tuo passato! Sono il tuo presente e per me sei la persona più importante. Quando te lo metterai in quella testa?”
Rimango in silenzio, mentre assimilo tutte le sue parole.
“Saranno solo pensieri quelli che ti vorticano nella testa. Tutti gli abbiamo e tu di certo non sei da meno. Sei un essere umano Aly, avrai anche tu i momenti ‘no’ ma non è detto che tutto sia reale”.
Mi sento così stupida e piccola. Decisamente una bambina a cui è stato privata la felicità.
Non so perché mi comporto così, non so perché innalzo questi muri. Vorrei solo cancellare e mandare via quella parte della mente che mi ripete in continuazione che niente andrà bene, che sono destinata anche nelle piccole cosa a soccombere.
“Io mi fido di te Liam” sussurro, stringendo le mie mani nelle sue.
“Io non ti farei mai del male piccola. Devi credermi” continua lui, fissando i miei occhi.
“Ti credo” ammetto e mi do forza per spingere i demoni in fondo al mio animo.
Liam mi ama e non farebbe mai nulla per ferirmi. Lo so. Questa è l’unica voce che dovrebbe girare nella mia testa.
“Fai bene, perché ho qui una sorpresa” esordisce raggiante, sorridendo non solo con le labbra ma anche con gli occhi.
“Che sorpresa?”
“Vieni” afferra saldamente una mia mano e mi trascina in salotto.
Curiosa e senza forze per ribellarmi, mi lascio trascinare. Quando Liam ha qualcosa in mentre, non c’è niente e nessuno capace di farlo cedere.
Quando arriviamo in salotto, lui mi ferma e lasciandomi la mano afferra una busta da lettere bianca sul tavolino basso vicino al divano bianco.
“Prometti che non andrai in escandescenza?” Domanda lui, tenendo la busta in verticale nelle sue mani.
“Cosa?”
“Promettimi che non urlerai.”
“Liam, se continui con queste domande ti strappo la busta dalle mani e non sarà piacevole” lo ammonisco con un dito puntato contro.
“Alle volte mi fai paura piccola” ammette Liam, mentre io ridacchio per la sua espressione.
Sembra che tutto il casino di pochi minuti fa sia svanito, sembra che niente sia dietro di noi in guardia ad attaccarci non appena abbassiamo la guardia. Sembra che l’inferno non aleggi sui nostri capi.
“Tienilo a mente allora.”
Liam sorride e mi allunga la busta bianca. È così semplice e insignificante, ma alle volta le cose più semplici e più innocue nascondono grandi segreti.
Sfioro la busta tra le mie mani e quando guardo Liam, lui mi sorride e mi invoglia tacitamente ad aprirla.
Non so cosa ci sia all’interno ma so che ho una dannata voglia di scoprirlo.
Con l’indice che strappa la linguetta della busta, sfioro una carta all’interno. Quando la linguetta è tutta tirata via, apro la busta e ci trovo due biglietti gialli.
Inizialmente interrogativa, non mi sarei mai e poi mai immaginata questo tipo di sorpresa.
Se Liam avesse paura che avrei urlato, in questo momento sta avvenendo totalmente il contrario.
La mia bocca è spalancata per lo stupore e i miei occhi rileggono per la millesima vola quella parole in nero che spiccano sul giallo del biglietto.
 
Imagine Dragons, inizio spettacolo ore 20.30
 
Se è uno scherzo, un dannatissimo scherzo, non è divertente.
Ancora con il volto che traspare incredulità, alzo lo sguardo su Liam che sorride e si dondola avanti e indietro sui talloni.
“St-stai scherzando?” Balbetto, cercando di trovare le forze per far risuonare le corde vocali.
“No” risponde semplicemente lui.
“Dei biglietti?”
“Si.”
“Per gli Imagine Dragon?”
“Si.”
“Per… stasera?”
“Si.”
“Potresti dirmi qualcos’altro invece di quel monosillabo?” Lo prego, girandomi i biglietti tra le mani, come fossero una reliquia.
Liam si avvicina con passo felpato e mi circonda la vita con le sue braccia.
“Non c’è niente da spiegare. Stasera saremo io e te a quel concerto, non era un tuo desiderio?”
E subito la mia mente torna all’agenda rossa sempre presente in borsa.
Lui sa. Ha sempre saputo. Conosce i miei desideri più profondi.
La mia ancora farebbe di tutto per riportarmi in superficie.
“Io… non credevo tu…”
“Hei” mi interrompe avvicinando il suo volto al mio “l’ho fatto perché la tua felicità è la mia. I tuoi desideri sono i miei. Siamo un’unica cosa e non voglio vederti balbettare” conclude sorridendomi.
“Grazie” gli sussurro prima di poggiare le mie labbra alla sue.
In quel grazie, si racchiude la mia devozione per questo ragazzo. Che va oltre i biglietti, oltre tutte le cose materiali che ci sono a questo mondo.
La mia devozione per Liam è qualcosa di ultraterreno, che esisterà per sempre.
 
“Cosa ci si mette ad un concerto?” Domando frugando nella valigia.
Ovviamente non avevo nessun presentimento che, arrivata in Italia per la prima volta, mi aspettasse uno dei più grandi desideri mai avuti in diciott’anni di vita.
“Suppongo qualcosa di comodo” gracchia Eloise dal bagno.
Siamo rimaste noi due sole, dopo quella che sembra un’eternità. Ci sono sempre state altre persone che da ieri, giorno di arrivo, si sono frapposte a noi.
Non abbiamo avuto modo di parlare e di aggiornarci sulle nostre vite, ma specialmente sulla sua di vita.
“Che ne dici?” Domando arrivando in bagno e sventolando un vestito a fiori allegro e fresco, giusto per la temperatura frizzante di un fine gennaio italiano.
“Penso che staresti bene”.
“Ottimo. Aggiudicato”.
Appoggio il vestito al gancio del retro della porta del bagno e mi siedo sul bordo della vasca, ammirando la mia amica mentre si pettina i suoi lunghi capelli.
Eloise mi guarda dallo specchio ma non incrocia mai il mio sguardo, come se avesse paura che le possa leggere nell’animo e giudicarla.
Sospiro e decido di parlare.
“Eloise, che cosa è successo ieri sera?”
Sembra che abbia toccato un nervo teso, visto che la mia amica alla domanda sobbalza e smette di passarsi il pettine sulle sue ciocche.
È titubante, mentre abbassa lo sguardo sulle dita ancorate al lavandino.
Non l’ho mai vista così e mai avrei voluto vederla. Mi si spezza il cuore.
Mi alzo in piedi e mi faccio vicina, ora siamo tutte e due nella prospettiva dello specchio.
Siamo così simili, ma con un animo diverso. Lo so, è la mia migliore amica e potrei elencare tutte le nostre diversità.
“E’ difficile Aly…” cerca di spiegare lei, con voce roca e immediatamente capisco che qualcosa non va.
Non le do il tempo di terminare, che le mie braccia si allacciano alla sua vita per stringerla in un abbraccio spero confortante e stabilizzatore.
Eloise affonda il volto nel mio collo, rimanendo in silenzio. Nessuna lacrima, nessuna parola sussurrata, nessun singhiozzo. Il terrore.
“Che cosa è successo?” Le domando, accarezzandole i capelli.
“Ci siamo lasciati” decreta lei con voce troppo bassa.
“Non è possibile” sussurro, ma la risposta che ne segue mi fa confermare il terrore di prima. Il silenzio.
Mi stacco dall’abbraccio e le imprigiono la ciocca di capelli che le copre lo sguardo, dietro l’orecchio.
I suoi occhi sono vuoti, nessuna emozione. Sembrano morti e ne ho dannatamente paura.
Voglio la mia Eloise indietro, rivoglio la mia amica spensierata, rivoglio l’allegria, la vita.
“Ti va di parlarne?” Le domando.
Eloise asseconda con la testa e si siede sul bordo della vasca, seguita da me.
Vista dall’esterno la situazione sembrerebbe paradossale, ma su di noi aleggia tensione e tormento.
Dopo un attimo di silenzio, prende un sospiro pronta a raccontare.
“Ci siamo presi un po’ di tempo, in verità l’ho chiesto io. È una situazione così difficile e nuova questa per me” chiude gli occhi mentre sta per continuare “non mi fido Aly, inutile negarlo. Si allontana da me su per giù dieci giorni e cosa succede? Sparisce e lo vedo con altre. Non è la vita che fa per me”.
“Lui cosa dice?” Domando, dopo il silenzio che ne segue.
“Non è d’accordo ma lo accetta. Non è stato… semplice”.
“Quando ne avete parlato?”
“Ieri sera” risponde alzando il viso, ma con lo sguardo vacuo.
“Dove sei andata a dormire?”
“Non ho dormito. Sono stata in giro”.
“El…” la rimprovero impercettibilmente.
“No Alyssa, ne avevo bisogno. E poi non volevo disturbare voi due” annuncia, dandomi un leggero schiaffetto sul ginocchio.
“Sai che non dovresti nemmeno pensarle queste cose. Non disturbi mai”.
“Avevate bisogno anche voi dei vostri spazi” aggiunge triste ma subito, come se niente fosse successo, si alza in piedi e mi sorride allungandomi una mano.
“Sei pronta?”
“No” le rispondo prendendo la sua mano.
L’adrenalina del concerto si è assopita dopo la rivelazione di Eloise, ma nel vedere il suo sorriso, quell’emozione ritorna sempre non mettendo da parte l’angoscia per la mia amica.
“Lasciati aiutare” mi propone e come sono solita fare ultimamente, mi lascio nelle mani delle persone che hanno la forza di curarmi.
 
“Non ci credo!” Pigolo quando Liam mi allaccia la sua mano alla mia, mentre camminiamo nei corridoi del teatro dove si terrà il concerto.
Non so se Liam sia mai stato visto in eventi del genere e mi domando se non si stia mettendo nei pasticci.
Cerco di farlo fermare nel suo commino, lui non appena si rende conto della mia stretta più ferrea sulla sua mano si gira verso me fermandosi.
“Qualcosa non va?” Domanda.
“E se ti vedesse qualcuno?”
Come una stupida, non mi sono resa conto che Liam non è una persona come dire… “normale” in questi posti. Non che in altri lo sia, ma qui c’è troppa gente e se solo lo vedesse rischierebbero di far saltare il concerto.
Lui non ha avuto l’adito nemmeno di camuffarsi in un certo senso. Si è vestito come il suo solito, un jeans chiaro con una canotta e camicia aperta. Niente fa capire che si stia nascondendo.
“Non sarebbe un problema” risponde accigliato.
“Liam non sto parlando di me…” lo richiamo, notando quella scintilla nei suoi occhi. Ha paura che mi vergoni? Ci sono già passata.
“Parlo del fatto che manderesti tutto all’aria e io voglio davvero vedere questo concerto”.
“Mi stai cacciando?” Domanda divertito, facendosi più vicino.
“Smettila! Guardati… ti manca solo un cartello sulla testa con una freccia lampeggiante. Tutti ti riconosceranno”.
Lui ridacchia e si tiene stretto il labbro inferiore tra i denti trattenendo le risate.
“Che c’è?”
“Sei così buffa…”
Risentita, allaccio le braccia al petto in attesa della sua pensata a quanto pare più matura dei miei dubbi.
Lui mi posa una mano sulla spalla e mi sorride sornione.
“Ricordi l’area riservata al nostro concerto?”
Assecondo con la testa, ricordandomi Paul con i suoi pass.
Liam, come se avesse letto i mie pensieri, porta una mano alla tasca anteriore dei pantaloni e ne esce due pass da appendere al collo.
Strabuzzo gli occhi scioccata. Non ci avevo minimamente pensato! Ero convinta che stessimo andando, come la gente normale, o nel prato o in tribuna. Ma è di Liam che stiamo parlando e per un attimo non avevo pensato al suo “successo”.
Mi infila un pass al collo, facendolo penzolare per poi fare la stessa cosa su di lui.
“Pensavi che ti averi lasciata in mezzo a quella orda di fan?” Domanda lui, tornando a prendermi la mano.
Era preoccupato per me, quando io non ci avevo nemmeno pensato.
Cosa è questo ragazzo? La mia ancora, ovvio.
“Ero preoccupata più per te” ammetto.
“Ho pensato a tutto Aly, non devi preoccuparti ma solo goderti il concerto”.
Con un cenno del capo e un sorriso, varchiamo la porta che ci porta ad un altro mio desiderio. Un desiderio che credevo irrealizzabile, un po’ come tutti quelli scritti nella mia agendina rossa.
 
Spiegare cosa si provi ad assistere ad un concerto dei tuoi cantanti preferiti, sarebbe impossibile.
Bisognerebbe solo provare.
Ho sempre pensato a questo come una confusione assurda, quasi ero scettica nella qualità delle voci. Avevo paura di rimanerne delusa, invece ora con i primi accordi di Radioactive, capisco che sono state stupide supposizioni le mie.
Le luci si abbassano e solo un riflettore è puntato su Dan Reynolds, tutta la gente inizia a cantare con lui ma gli amplificatori fanno in modo che la sua voce non venga sommersa da quelle di tutte le persone che ci circondano.
Il faro si dissolve e le luci si ampliano facendo scoprire il palco, con tutta la band con l’aggiunta di due nuovi strumenti. Un timbales e un taiko. Ben, il percussionista, inizia a battere sul timbales facendo animare la folla, che presa dal suono e dalla canzone inizia a saltare e a dimenarsi.
La canzone prosegue con il ritornello e le persone seguono il coro che Dan invoca puntando il microfono sulla folla.
Rimango nella mia stessa posizione, mentre Liam alla mie spalle mi stringe le braccia in vita.
Non ho mai visto una cosa del genere, sono catturata dal mio sogno che ora è qui a pochi metri di distanza.
La voce, la folla e le luci sono un mix perfetto per il paradiso. Vorrei che questo momento durasse per l’eternità.
Non ho paura, non mi sento fuori posto. Mi sento così bene, mi sento come se fossi il padrone del mondo.
Si prosegue con la canzone arrivando nuovamente al momento del ritornello.
Non ho nemmeno la forza di intonare quelle strofe che conosco a memoria, sono semplicemente ipnotizzata da tutto ciò.
Ho quasi paura di rovinare l’atmosfera.
Ma quando Dan batte la prima bacchetta sul taiko, il mio cuore inizia a pompare sangue, proprio come se fosse quel tamburo.
Con l’aggiunta del timbales e del contrabbasso, l’atmosfera diventa stratosferica.
Non ho parole per descriverla, è un connubio di emozioni e sensazioni. Vorrei essere capace di dipingerle queste, per imprimerle in qualche modo.
Ma semplicemente mi godo il momento, mi lascio andare.
E quello che ne esce fuori è la perfezione, brividi danzano sulla mia pelle in perfetta sincronia con tutto quello che sta accadendo attorno a me.
Il ritmo aumenta, il taiko suonato da Ben, riempie il mio cuore, tutto si amalgama e quando Dan prende nuovamente in mano il microfono per intonare il ritornello mi trovo a gridarlo anche io, come una liberazione, come una preghiera.
 
I'm waking up, I feel it in my bones
Love to make my systems go
Welcome to the new age, to the new age
Welcome to the new age, to the new age
 I'm radioactive, radioactive
 I'm radioactive, radioactive
 
Una nuova era. Una nuova storia.
È esattamente quello che vorrei io. È esattamente quello che sto facendo io.
E questi, i miei amati Imagine Dragons che sono entrati nel mio cuore da tempo, mi accompagneranno sempre in questa nuova vita.
 
Quando mettiamo piede fuori dal teatro, mi fiondo tra le braccia dell’uomo che ha reso tutto questo possibile.
Che rende tutta la mia rinascita possibile, che ha fatto in modo che non mi lasciassi andare alla deriva di questa tempesta chiamata vita.
Mi aggrappo con forza alle sue spalle, vorrei diventare le sua pelle e il suo cuore che batte.
Vorrei non dovermi mai allontanare da lui, vorrei solo continuare a viverlo. Per sempre.
“A cosa devo tutto questo affetto?” Mi domanda, mentre percepisco il suo sorriso non solo sulle sue labbra ma anche nella sua voce.
Stringe le sue braccia alla mia vita e rimaniamo lì, in silenzio mentre alcune persone ci sfilano accanto. Ci guardano adoranti, ma non si accorgono della presenza di Liam, che ha affondato il viso nell’incavo della mia spalla.
“A te. Grazie Liam, non me lo sarei mai aspettata” gli sussurro, non volendo spezzare questo contatto.
“Vederti cantare e percepire la tua serenità sono i regali più grandi”.
Il cuore accelera i batti, ormai non mi sorprendo più. Sarà sempre così con lui. Sarà per sempre la mia vita, fin quando ci sarà lui al mio fianco.
“Ti amo così tanto” stringo più forte le mie braccia alle sue palle e chiudo gli occhi per bloccare anche quell’emozione che scalpita in gola e che si dirige inesorabile, come solitamente accade, agli occhi.
“E tu non sai nemmeno quanto io ami te” mi risponde lui, lasciandomi un bacio delicato sul collo.
È assurdo come delle persone, come delle situazioni ci facciano star bene e dimenticare di tutto il casino che portiamo dentro di noi.
L’inferno è sempre lì, lo percepisco, ma in questi casi sento di avere la forza e la determinazione di spingerlo in un angolo e godermi quello che la vita mi sta donando.
La speranza. Il riscatto. Liam.
 
Veniamo interrotti dalla suoneria del telefonino di Liam, riluttante lui si stacca dall’abbraccio e sbloccando il cellulare risponde alla chiamata.
“Hazza, come sempre nei momenti sbagliati”.
Attende che Harry gli risponda, mentre afferra la mia mano.
Mi guardo attorno, la gente sta diminuendo e ringrazio il cielo che non facciano caso a noi.
“Si, tra poco arriviamo. Si, ci saremo. Ciao” Liam chiude la chiamata.
Si volta verso di me e sorride.
“Hai mica portato un costume?” Mi domanda.
 
Con un costume improvvisato da una maglietta intima e un paio di pantaloncini prestati da Eloise, immergo i piedi nella piscina dell’albergo.
L’acqua è piacevolmente tiepida ed è un piacere rimanere qui.
L’idea di Harry di rimanere tutti insieme qui a goderci l’ultimo giorno in Italia è stata apprezzata da tutti quanti.
Avrei voluto visitare questa città, ma non era la mia prerogativa purtroppo.
Avrei voluto che Eloise e Harry avessero chiarito i loro problemi.
Guardarli ora, che si comportano come due conoscenti, fa male.
Sono in acqua tutti e due, che si lasciano trascinare dalle battute dagli altri ragazzi. Harry è appoggiato con le spalle al bordo piscina e guarda Eloise giocare con la figlia di Lou, indubbiamente quello che prova Harry è identico a quello che prova la ragazza, ma devono solo avere fiducia nel loro amore, devono darsi una possibilità.
Con un sospiro apro l’agenda rossa, l’ho portata con me anche in questo viaggio.
È diventata come un amuleto, un porta fortuna.
La apro e sorrido nel vedere quelle poche linee tracciate sui desideri. Come possono cambiare così facilmente le cose? Nessuno mi avrebbe mai detto che i desideri più impensabili di questo mondo, a mio avviso i più difficili, si sarebbero avverati.
 
I miei desideri
 
1- Rincorrere il giorno
2- Correre al parco con Jennifer
3- Cantare insieme agli Imagine Dragons
4- Fare un bagno al mare a mezza notte
5- Incidere una canzone
6- Ballare fin quando i piedi non facciano male
7- Suonare il pianoforte davanti a tanta gente
8- Andare in Italia
9- Comprare un cane
10- Amare
11- Rivedere mia madre
12- Vivere
 
Dopo aver tracciato quelle linee scure su altrettanto scuri desideri, rimango sconvolta dallo scoprire come la  maggior parte dei desideri siano stati avverati inconsapevolmente.
Certi alcuni rimpiazzati come questo bagno in piscina, invece che al mare ma lo stesso emozionanti.
Guardo scettica gli ultimi desideri che sono rimasti liberi dalle linee, i più difficili da realizzare.
“Che fai?” Mi domanda Liam, sedendosi accanto a me.
“Pensavo” rispondo, mentre chiudo l’agenda.
Liam mi appoggia la fronte bagnata sulla spalla, facendo gocciolare i suoi capelli sulla mia canotta.
“Mi stai bagnando” lo rimprovero divertita, mentre cerco di allontanarlo.
“Interessante…” mi provoca con la sua voce roca mentre si fa più vicino con le labbra alle mie.
Adoro questo suo lato del carattere, come adoro tutti gli altri che gli appartengono.
Adoro semplicemente lui, così com’è.
“Sto per buttarti in piscina”.
“E’ una minaccia?” Gli chiedo.
“Potrebbe essere” risponde, prendendomi tra le braccia.
“No, ti prego, fammi appoggiare l’agenda almeno”.
“Ti do tre secondi”.
Non faccio in tempo a girarmi e appoggiare l’agenda il più lontano possibile dall’acqua che Liam mi spinge giù con lui.
L’impatto non è destabilizzante, mi tiene stretta tra le braccia e mi impedisce di avere un contatto spiacevole con il fondo della piscina.
Il silenzio attutito dall’acqua è piacevole, i polmoni iniziano a protestare e la forza di Liam mi spinge subito dopo in superficie.
“Ti odio!” Protesto boccheggiando e tossendo, non appena i polmoni riprendono il loro lavoro.
“Sei adorabile”.
“E tu semplicemente stronzo”.
Liam scoppia a ridere, mentre mi tira i capelli indietro.
Quando le sue labbra si appoggiando sulle mie, ho la certezza di dipendere totalmente da questo ragazzo.
Allaccio le braccia al suo collo e mi lascio andare al bacio mentre la sua lingua trova subito la mia e insieme festeggiano questa giornata appena conclusa, fatta di emozioni e vincite.
Tutto mi appare così come dovrebbe essere, così come la vita di ognuno dovrebbe essere.
Liam emette un piccolo gemito impercettibile per tutti gli altri che sono lontani, ma che ha un suono destabilizzante per me.
Stringo le gambe ai suoi fianchi e per la prima volta, mi sento pronta ad amare. A donare tutto il mio essere a una persona.
A un ragazzo che non ha mai nascoso il suo amore per me e per la vita.
A un ragazzo che mette i desideri degli altri al primo posto.
A un ragazzo che non interessa fare notizia.
A un ragazzo che ama quello che fa.
A Liam.
Sono pronta e sono desiderosa di sentire la sua pelle sulla mia, stavolta in modo più profondo in modo più passionale, voglio lasciarmi andare alle sue braccia e alla sua magia.
“Liam” lo chiamo quando lui stacca le labbra dalle mie per riprendere fiato.
“Che c’è?” Domanda, guardandomi fino in fondo all’anima.
“Sono pronta” gli sussurro e la mia voce prende contro piede sia lui che me.
Ho avuto la forza di dirlo ad alta voce, perciò ora non è più un mio pensiero nella mia mente, è un pensiero concreto che non vedo l’ora di realizzare.
Liam rimpiazza l’espressione sorpresa con una interrogativa, impaurito di non aver capito.
“Si Liam” lo sprono.
Avvicino nuovamente le mie labbra alla sue, affinchè capisca che non ho paura, che l’unica cosa che desidero è lui.
Liam risponde al bacio ancorando le sue mani tra i miei capelli.
Sono in paradiso e non mi accorgo di quel telefono che squilla all’impazzata nella borsa appoggiata sulla sdraio vicina al bordo piscina.
Il cambiamento è sempre in agguato.
Anche quando meno te l’aspetti, anche quando inizi a sperare.
 

 

Kumusta miei adorati lettori.
*ilaperla sbuca da dietro la bandiera bianca*
Vengo in pace, giuro!
Heilà, chi si rivede.
Dopo l'esame matto e disperato, sono ancora viva. 
Non vi nascondo che mi sono presa il mio tempo per riflettere e per scrivere.
Sembra un capitolo spicciolo, ma non lo è. Mi ha fatto davvero impazzire.
Allora, non mi dilungo. Breve e concisa.
Alyssa aveva un brutto presentimento, che Liam ha cercato di eliminarlo. Ma per quando Liam possa essere un super eroe, non può mettersi contro il destino.
Vi anticipo che qualcosa di spiacevole accadrà nel prossimo capitolo.
Tadadaaaaaaa.
Cosa pensate che accada?

In questo capitolo... ci sono i miei amori grandi! ♥
Sono contenta che alcune di voi si siano avvicinate agli Imagine Dragons grazie a questa storia, meritano molto. Hanno una potenza e una bravura fuori dal comune.

A proposito di questo... 
Volevo informarvi che ho creato un blog su Tumblr dedicato alla storia. 
C'è proprio Alyssa che condivide. Immagini, foto e musica.
E nella playlist in alto nella pagina, trovate anche tutte (ma proprio tutte) le canzoni fin qui nominate nella storia e alcune anche fuori programma.
Tra quelle troverete anche la versione di Radioactive che Alyssa ascolta al concerto.
Spero di avervi fatto cosa gradita.

http://turnbacktime00.tumblr.com/

Ringrazio tutti voi che avete pazientato per il nuovo capitolo.
Ringrazio chi si aggiunge e chi continua ad esserci.
Ringrazio Fraa_Panda, Hooliganforever_97 e Erica.

A presto e buona settimana.
Sempre vostra
-IlaPerla-

Momento spam, se vi va mi trovate anche su questa nuova storiella

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2663101&i=1

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Capitolo 44
*** Arrivederci ***


 
 



                                                                                      e


-Se hai lottato non hai perso.
Ricorda che la vita è sempre degna di essere vissuta.
Sii sempre forte, anche quando tutto finisce-
 
 
[Bulletproof weeks – Matt Nathanson]
 
 
 
Il dolore.
Tanti ne parlano quotidianamente, per enfatizzare una perdita, uno smarrimento.
Il dolore è quel mezzo che segnala un qualsivoglia tipo di strappo. Uno strappo muscolare, uno strappo sentimentale, uno strappo vitale.
Ci sono tante forme per provocare e ottenere dolore, come pungersi un dito con uno spillo mentre cuci, oppure bruciarsi la mano mentre stai cucinando.
Pochi considerano un dolore una chiamata.
Pochi considerano il danno che potrebbe comportare rispondere al telefono mentre stai riprendendo a respirare.
Pochi sanno che c’è davvero uno filo sottile che separa la gioia dal dolore.
È proprio quello che accade quando la tua testa decide di essere felice.
È proprio quello che accade quando nei più remoti angoli della tua mente avevi quel presentimento che ti stava chiamando a gran voce, ma che imperterrito hai messo da parte dandogli poca importanza.
Il destino si ritorce contro e smetti di sognare e di respirare, nuovamente.
 
Il telefono continua a squillare imperterrito e solo grazie a un momento di silenzio collettivo riesco a sentirne delle note appena accennate.
Ne riconosco la suoneria e aiutata da Liam, percorro il prato, con l’erbetta inglese curata nel minimo dettaglio, per giungere alla sedia sdraio dove è appoggiata la borsa.
Ed è lì che le certezze crollano, ed è lì che la decisione presa solo pochi minuti prima scompare, sommersa dal dolore.
“Pronto?” Rispondo spensierata, perché è così che ci si sente prima della botta che ti riporta a metri sotto il terreno.
“Parlo con Alyssa Miller?” Mi domanda una voce tremolante, sembra stia per scoppiare in una valle di lacrime e il mio cuore sussulta per quel tono di voce.
“Si…” sibilo a bassa voce, impaurita della risposta che tra poco ne seguirà.
“Alyssa, sono Anne la mamma di Jennifer” e il mio cuore si ferma del tutto, facendo sbarrare i miei occhi.
Rimango in silenzio, in attesa della coltellata dritta al petto.
“Lei… lei…” sbotta Anne, scoppiando a piangere mentre dentro di me il mondo crolla, trascinandosi dietro di se la mia anima ma non il mio corpo. Non ancora.
Ascolto in silenzio le direttive della mamma della mia piccola amica e con un cenno di conferma, chiudo la chiamata e mi appoggio pesantemente con le mani alla spalliera della sdraio, pregando che almeno lei mi mantenga in piedi per affrontare il cammino.
Percepisco una corrente d’aria alla mia destra e subito una mano delicata si appoggia sulla mia spalla, trattenendomi a lei.
“Cosa c’è?” Mi domanda Liam, accorso accanto a me. Come sempre.
Mi volto verso di lui e solo in quel momento mi accorgo che nessuna lacrima corre sul mio viso. Nessuna sensazione esterna di come il mio mondo interno sia crollato.
Nessuna disperazione apparente, tranne i miei occhi sbarrati e il mio cuore che galoppa.
Mi aggrappo alle sue braccia per trovarne un porto di salvezza. Liam risponde all’abbraccio, cullandomi e cercando di calmare quel cavallo che ora ha preso posto del mio organo vitale.
“Cosa è successo?” Domanda ancora, stavolta con un fil di voce.
Non voglio rispondere, non voglio dar vita alla realtà.
Affondo la mia testa nel suo petto bagnato e cerco di respirarne tutta la tranquillità che questo ragazzo cerca di donarmi. Inutilmente.
“Jenny… non ce la sta facendo” rispondo dando vita al timore più grande di questo mondo.

 
                                                                                       aaa



Non ho viaggiato spesso e in convogli del genere mai, tranne per il viaggio di andata in Italia. Mi era apparso molto veloce e il viaggio era passato tranquillamente.
Il viaggio di ritorno non sembra passare mai, quelle lancette dell’orologio girano in modo così lento e deleterio che preferirei fare un viaggio a piedi o a nuoto, probabilmente accorcerei i tempi.
Non sono mai stata così irrequieta come in questo momento.
Cerco in tutti i modi di non pensare a quello che mi aspetta una volta atterrata a casa, non riesco a pensare agli occhi di Jennifer destinati a chiudersi. Non può essere vero, non può accadere tutto davvero. Non a una persona così candida, così pura.
Cosa abbiamo fatto di male per sopportare una vita così?
Cosa ha fatto Jennifer, nella sua innocenza, nella sua infanzia, per essere punita così crudelmente?
Ho sempre creduto in una forza maggiore lì su nel cielo. Ma in questo momento mi chiedo perché!
Perché prendere con se un animo che ha ancora tanto da vivere, che ha così tanto da scoprire.
“Alyssa” mi chiama una voce accanto a me.
Sobbalzo per la sorpresa, non resami conto di aver fissato l’oblò dell’aereo per quelli che credo essere secondi.
“Tra poco arriviamo, hanno avvisato di allacciare le cinture” mi comunica Liam, guardandomi attentamente.
Giro lo sguardo intorno e trovo i ragazzi con Eloise che mi guardano a loro volta, curiosi della mia reazione a tutto ciò.
Sono voluti venire con me nonostante le mie, deboli, obiezioni. Non avevo la forza di ribellarmi più del dovuto.
Mi sento come se stessi in una barca alla deriva, mi lascio andare al suo moto ondoso, senza sapere minimamente dove stia andando.
Hanno deciso di prendersi i due giorni di riposo e tornare a Londra. Ho amato il loro gesto, anche se non ho avuto la forza e il modo di dire loro che gli ammiro.
Dietro quella corazza, dietro quella pretesa che tutti hanno di giudicarli, di considerarli solamente delle macchine per sborsare soldi, c’è molto altro. Ci sono loro, ci sono i loro cuori.
“Ok” sibilo impercettibilmente, allacciando la cintura di sicurezza proprio mentre l’aereo fa la sua manovra di atterraggio.
 
Poco dopo, scendendo dall’aereo tutto mi diventa più chiaro.
Il peso sul petto si intensifica e vorrei solo che stessi sognando. Vorrei svegliarmi e rendermi conto che tutto questa tensione, questa ansia siano solo frutto di un incubo.
Mi fermo in mezzo alla pista e lascio che il vento frizzante del mattino presto mi scompigli i capelli, facendoli danzare davanti agli occhi. Occhi che sono stati perennemente sbarrati e coperti da uno strato di velo, come se stessi guardando tutto ovattato. Tutto con occhi non miei.
E’ come se qualcun altro stia vivendo per me e io mi limitassi a guardare il tutto da dietro una vetrata.
Non sono me stessa.
La mano di Liam si intreccia alle mie e sollevo lo sguardo per incontrare il suo, triste.
Senza una parola, mi da una leggera spinta e prende a camminare accanto a me non mollando mai la presa sulla mano.
Con il cuore pesante vado in contro a quella giornata che non avrei mai voluto cominciare.

 
                                                                                       aaa



Entrare nuovamente in quell’ospedale, che per tanti anni è stato teatro dei miei incubi, della mia speranza, della mia medicina, stavolta è presagio di morte.
L’odore di alcol del reparto di oncologia è come un pugno nello stomaco, ma stavolta è l’ultimo dei miei pensieri. Perché colei che ha riempito quelle due ore di viaggio tra l’Italia e Londra e annesso percorso tra aeroporto e ospedale è lei, la persona più delicata di questa terra. Jennifer.
Non appena le porte scorrevoli del reparto si aprono, mi colpisce la figura di un uomo possente seduto fuori la porta della ragazza.
Ha l’aria stanca e provata, i suoi gomiti sono appoggiati sulle gambe e si tiene la testa tra le mani, come se fosse un segno di sottomissione e disperazione.
È un uomo distinto, fasciato nel suo costume nero di sartoria con una cravatta arancione, in contrasto con i muri e l’aria asettica del reparto, allentata al collo.
“Aly, noi andiamo a prendere qualcosa da bere” esordisce Eloise.
Assecondo con il capo e vedo uscire lei con Harry, Zayn e Niall dal reparto.
In silenzio noi rimasti, ci avviamo nel corridoio silenzioso per raggiungere la camera di Jennifer.
Quando passiamo accanto a quel signore, lui alza la testa e i nostri occhi si incrociano per un istante facendo fermare il mio cammino davanti a lui.
Ci guardiamo, come se quegli occhi mi vogliano dire qualcosa.
Ci guardiamo, senza sapere cosa dirci.
Ci guardiamo, parlando di tutto.
E in quel momento capisco chi è quell’uomo disperato. È il padre di Jennifer, il padre che l’ha lasciata fuori da tutto quello che stava combattendo.
Un filo sottile che percorre il mio cuore si incrina.
Quella sensazione che solitamente mi preme il cuore, stavolta lo porta a fermarsi.
Quel padre, così simile a quella madre che non ho mai avuto, sta cercando perdono da quella figlia che ha messo da parte.
Esiste il perdono per questi casi?
Esiste quella forza, che faccia mettere da parte tutta quella mancanza?
Ho pena per quell’uomo, perché non ha vissuto quella giovane donna che è Jennifer. Non ha vissuto i suoi sorrisi, non c’è stato per le sue cadute.
Non c’è redenzione.
“Alyssa?” Domanda Louis avvicinandosi.
“Arrivo” rispondo.
Guardo per l’ultima volta quell’uomo e riprendo il mio cammino.
Non c’è perdono per lui e per quella donna che popola la mia mente da anni e anni.
 
Busso impacciata alla porta di quella stanza, senza aspettare risposta apro sbirciando dentro.
“Noi ti aspettiamo qui” mi avverte Liam.
Con un cenno di assenso varco la soglia trovandomi dentro alla sala principale di quel teatro di terrore.
La stanza è illuminata fiocamente, le persiane della piccola finestra sono chiuse e tra le fessure del legno marrone si spingono a tentoni quei raggi solari oscurati dalle nuvole di un triste cielo londinese.
Ma quello che dà calore alla stanza è quell’amore che si tiene per mano, anche mentre tutto attorno a loro precipita.
L’amore di una madre per la sua unica figlia, per la sua stessa vita.
Jennifer ha gli occhi chiusi e il suo volto chiaro, stanco e provato, è segnato da profondi segni neri di stanchezza sotto gli occhi.
Al suo capezzale c’è Anne, che tiene stretta la mano della piccola nelle sue, con il capo appoggiato sulle braccia leggermente assopita dalla stanchezza.
Il groppone in gola si allarga, facendomi male alla gola, vuole uscire fuori e prendere a gridare la sua disperazione.
Ma è l’ultima cosa che si dovrebbe fare in queste situazioni.
Con passo malfermo mi avvicino ad Anne e le appoggio la mano sulla spalla. Lei si desta e guardandosi attorno finalmente riesce a mettermi a fuoco.
“Alyssa” mi chiama, come a sincerarsi che sono lì.
Non ho il tempo di assecondare con la testa, che quella piccola creatura distesa in quel letto troppo grande per il suo corpo minuto, apre gli occhi faticosamente e mi guarda per un istante, chiudendoli subito dopo. Provata dalla stanchezza.
“Sei arrivata” sussurra lei, con voce quasi trasparente.
Le sorrido, sperando e credendo ciecamente che lei lo possa vedere quell’accenno di sorriso anche ad occhi chiusi.
“Certo che sono qui. Ho tanto di cui raccontarti”.
Anne guarda tutte le mie mosse e quando mi siedo su quel letto accanto a Jenny, lei si alza in piedi per uscire e darci un po’ di privacy.
Le nego con la testa l’azione, invitandola a rimanere con noi.
Non voglio che vada lì fuori e veda quell’uomo, immagino solo quanta sofferenza possa recarle quella vista.
“C’è il mio papà qui, l’hai visto?” Domanda, con voce davvero piccola, Jennifer.
Guardo Anne che è rimasta in piedi in fondo al letto, il suo volto si scurisce più del dovuto ed evita il mio sguardo, trovandosi a fissare la porta chiusa della piccola stanza.
“Si, l’ho visto piccola. Ma dovresti riposarti e non affaticarti” le dico, accarezzandole i fini capelli.
“E’ venuto per me” continua lei. “E’ venuto a chiedermi scusa Aly, non è un pensiero carino?”
“Certo che lo è” le rispondo sorridendo.
“Potremmo andare al parco ora e dare da mangiare agli scoiattoli insieme” sussurra per poi lasciare sul suo volto una smorfia di dolore.
“Amore, non dovresti sforzarti così” le dice la madre, accorsa al suo capezzale.
“Mamma, tu perdonerai mai papà?”
L’aria attorno al letto si appesantisce e abbasso lo sguardo non volendo vedere la sofferenza sul volto della donna.
“Dovresti farlo, possiamo andare a fare picnic in primavere sotto il salice del parco. Papà ne sarà contento” ripete la bambina causando occhi lucidi alla madre.
“Certo piccola mia” le risponde con voce rotta, mentre le stringe la mano.
Ecco cosa fa il cancro, regala speranze gratis.
E così come le regala, credendo di potersi risolvere tutto, te le tira via. Lasciandoti sola.
Lasciando sole le persone che ami, con solo dell’aria tra le dita. Con la consapevolezza di non aver fatto il necessario per trattenerti.
“Mamma, perché stai piangendo?” Domanda Jenny.
Anne si tappa la bocca per evitare che un singhiozzo inopportuno ne esca fuori, chiudendo gli occhi e lasciando che le lacrime scorgano via.
Quale sarà mai il dolore di una madre?
Il dolore, nel vedere la sua stessa vita sfuggirle dalle mani.
 “Alyssa, sei ancora qui?” Domanda la piccola.
“Certo” gracchio e solo in quel momento mi accorgo delle lacrime che hanno preso a luccicare sulle mie guance.
Mi schiarisco la gola, mandando giù quel senso di oppressione che attanaglia la gola ormai da giorni.
“Mi sento così stanca…” sussurra fiocamente Jennifer, mentre cerca senza speranza di sollevare quelle palpebre troppo pesanti per la sua piccola vita.
Un leggero bussare riempie l’aria, seguito subito dopo dal cigolio della porta che si apre facendo rivelare le figure di Liam e Louis che si affacciano sulla soglia.
“Possiamo?” Domanda Louis.
Assecondo con la testa, prendendo tra le mie mani tremolanti quella di Jennifer, attaccata al filo della flebo.
“Jenny, c’è una sorpresa per te” La richiamo.
La piccola, emette un verso impercettibile mentre Louis mi si affianca abbassandosi all’altezza del volto della piccola Jennifer.
“Ciao piccola, ci rincontriamo. Te l’avevo promesso, ricordi?”
“Louis?” Domanda con fatica Jennifer.
“Si” risponde semplicemente il cantante, che ora passa la sua mano sulla fronte della ragazza, accarezzandola e spingendo via quelle goccioline di sudore.
“Sono felice” biascica Jennifer, trovando la forza per parlare.
“Sono felice, il mio papà è tornato, la mia mamma è sempre con me e ho accanto a me degli amici veri”.
“Non parlare amore, cerca di riposarti” la richiama Anne, avvicinandosi al suo capezzale per esordire sua figlia al riposo.
“Sono così stanca mamma… ho tanta voglia di dormire”.
Anne guarda preoccupata la sua bambina, che per quanto possa lottare ancora, stremata, cerca solo sollievo e pace.
“Sono felice mamma” decreta Jennifer, per poi sospirare pesantemente.
E tutto avviene troppo lentamente.
 
Troppe volte ho provato la sensazione di star assistendo a tutto quello che il mondo ci metta davanti, dietro ad un vetro.
Che dia la sensazione di ovattato, di privato.
Come se non stessimo assistendo davvero quello che in quel momento stesse accadendo attorno a noi.
Come se fossimo addormentati. Senza forze per reagire.
In quel momento non mi rendo conto di quello che sta accadendo.
Vengo sollevata pesantemente dal letto e dalle mani di Jennifer, ormai diventate fredde e immobili, da un corpo che mi stringe a se contro il suo torace.
Non riesco a sentire nulla, ma vedo Anne che si inginocchia a fianco al letto e piange.
Piange, nascondendo la testa tra il braccio di Jennifer, che rimane immobile.
La porta si spalanca, facendo entrare due medici vestiti di un lungo camice bianco, seguiti dal padre di Jenny.
Mi chiedo pigramente come si chiami e cosa stia provando in questo momento.
Perché non è anche lui inginocchiato a piangere per la perdita?
Come fa a rimanere lì, con gli occhi sbarrati mentre tutto gli scivola addosso.
Ma percepisco, ormai conosciuto fin troppo bene, quel dolore nascosto dietro indifferenza.
Quelle braccia possenti mi trascinano fuori la stanza, fuori da quel silenzio assordante.
Fuori dalla mia testa.
Chiudo gli occhi e percepisco le lacrime rotolare giù dalle guance.
“Alyssa” un richiamo lontano anni luce.
“Alyssa” un richiamo a cui non riesco ad aggrapparmi.
Voglio tornare lì dentro ed esortare Jenny di non addormentarsi, perché ha la vita da vivere. Perché non può dormire mentre il mondo gira. Perché ha troppe cose da vedere, da conoscere.
Non può addormentarsi dimenticandosi di vivere.
“Alyssa apri gli occhi”.
Ma non ce la faccio, vorrei dare la mia di vita per quella di Jennifer. Per quel che ne vale.
Non è giusto.
Voglio anche io addormentarmi accanto a quella piccola bambina che non conoscerà mia l’amore, le gioie, la spensieratezza.
Un paio di mani possenti mi scuotono dalle spalle, facendomi mettere da parte quei pensieri.
Apro gli occhi, credendo e sperando che tutto quello che è successo nei pochi minuti passati, che sembrano secoli, sia stato tutto frutto della mia immaginazione.
Ma quando focalizzo chi mi sta difronte, i suoi occhi lucidi, chiudo nuovamente la vista lasciandomi andare a un pianto disperato, mentre Liam mi stringe al suo petto cercando, invano, di bloccare la mia disperazione.
                                                                                       aaa



Non ho mai partecipato a dei funerali, non ho mai voluto scoprire come questi si svolgessero.
Volevo solo restare sola con la mia ignoranza.
Invece ora eccomi qua, seduta in quarta fila con gli occhi puntati su un punto indefinito, mentre un cerimoniante in tunica nera professa la sua fede e belle parole per quel corpicino adagiato nella piccola bara di legno bianca, circondata da corone di rose bianche e girasoli.
Accanto a me un’Eloise che si soffia il naso troppe volte in cinque minuti e una sedia vuota dall’altra parte.
Giro la testa per fermarmi a guardare quella presenza che invece non c’è.
I ragazzi non ci sono più.
“Ricorderemo tutti Jennifer come una persona piena di vita, che ora è nelle mani del Signore, dove la sofferenza si è appianata”.
Le parole del sacerdote riempiono l’aria, il volto di Jenny non accenna ad andare via dalla mia mente.
Vorrei poterla ricordare con quell’animo spensierato di quel giorno al parco, vorrei ricordarla con le sue ultime parole, quel “sono felice” dovrebbero essere la forza di tutti noi.
Ma, purtroppo, l’unica cosa che la mia mente fa tornare come input al cervello è la sofferenza.
So quanto abbia sofferto e se c’è una cosa di cui non mi renderò mai capace, è il fatto che non è giusto che lei abbia patito tutto ciò.
Quando mi accorgo che la gente attorno a noi si sta diramando, capisco che la funzione è arrivata a termine.
Eloise si alza in piedi e mi aspetta in fondo alla fila di siede in plastica nera.
Il posto è tranquillo e un sole timido si riflette sulle goccioline di pioggia che si intravedono lungo il prato curato della cappella.
Se si rimane in silenzio per parecchio tempo si potrebbe anche sentire il cinguettare degli uccelli, una melodia da sottofondo al terrore.
Con passo lento, dietro una fila abbastanza considerevole, giungiamo davanti ai parenti della mia piccola amica.
Si sono persone che non ho mai conosciuto, dovuto al fatto che troppo poco tempo è corso nella nostra amicizia. Zii, nonni che mi stringono la mano commossi.
Anne è distrutta, cerca di nascondere quelle lacrime che da due giorni non è riescita a mascherare. Lacrime silenziose ma troppo visibili.
Quando le sono davanti non ho tempo di allungare una mano per stringere la sua, che le sue braccia stringono le mie spalle per attenuare il suo pianto.
E l’unica cosa che penso è che in questo momento servano le braccia della sua piccola a sostenerla e come se mi fosse stata suggerita la mossa, stringo le mie di braccia alle sue spalle, tramutandomi in quella figlia. In quella persona che debba cercare di mantenerla a galla.
“Mi manca così tanto” singhiozza Anne.
“Mancherà a tutti” rispondo ad occhi chiusi, mentre lacrime silenziose rotolano giù sulle guance.
Anne riluttante si stacca da me e stringe le sue mani nelle mie.
“Grazie per tutto Alyssa”.
Nego con la testa cercando il suo sguardo sfuggente.
“Anne non mollare, Jennifer non vorrebbe mai vederti lasciare la speranza. Continua ad averla perché lei sarà sempre con noi” le assicuro, credendo fortemente alle mie stesse parole.
Lei asseconda con la mano e dalla tasca della giacca nera, tira fuori una piccola busta bianca che mi porge.
“Ha scritto qualcosa per te” mi dice, mentre prendo quella busta tra le mie mani.
Rimango colpita dal gesto, mai avrei pensato una cosa del genere.
“Non mollare nemmeno tu Alyssa, fallo per lei” mi invita Anne, riprendendo la mia mano libera nelle sue.
Assecondo con la testa e con un ultimo abbraccio mi allontano da quella donna che ha amato, nel vero senso della parola, fino alla fine il suo stesso sangue.
 
Un piccolo banchetto è posto accanto alla bara di Jennifer, contiene alcune rose bianche da adagiare sul coperchio in mogano bianco lucido.
Ne prendo una e l’appoggio lì dove ora c’è solo il corpo di Jenny, ma non la sua anima.
Glielo prometto.
Non mollerò piccola amica mia, non mollerò nemmeno quando tutto si farà buio.

 
                                                                                       aaa



Seduta sul divano a gambe incrociate, apro la piccola busta bianca contenente la lettere che la mamma di Jennifer mi ha consegnato sotto richiesta della piccola.
La piccola calligrafia della mia amica mi fa sorridere e proprio con questo prendo a scorrere tra quelle parole.
 
Cara Alyssa,
mi hai appena accompagnata nella mia stanza dopo questa giornata meravigliosa passata nel verde del parco.
Non so come ringraziarti per questo pensiero così ho pensato di scriverti una lettera che rimarrà con te per molto tempo, forse più di quel tempo che spetta a me.
Oggi ho potuto capire anche io che si prova a respirare aria fresca, sai… restare sempre qui è un grande supplizio. Tante volte vorrei andare via, ma la mia mamma mi dice che è per il mio bene e io l’ascolto.
Alle volte la vedo preoccupata e cerca di nascondermi le cose brutte.
Ma io so cosa mi aspetta e non l’ho mai detto a nessuno ma tu sei mia amica Alyssa, a te posso dirlo.
Lo so che la mia malattia è una cosa brutta, lo so che porterà a delle conseguenze brutte ma io cerco di non pensarci e fingo.
Ma questa finzione forse sta avendo l’effetto desiderato.
Più non ci penso più la mia malattia sembra un brutto sogno.
So che noi siamo uguali, lo capisco dai tuoi occhi Alyssa. So che anche tu soffri e che il nostro male è uguale, ma tu devi farmi una promessa.
Devi cercare anche tu di mettere da parte questa brutta bestia, devi promettermi Alyssa che tu lotterai, proprio come sto facendo io.
Tu devi respirare l’aria del parco anche per me quando io non potrò più farlo.
Perché Alyssa tu sei mia amica e nessuno potrebbe farlo al tuo posto.
Vivi anche per me, quando io non ci sarò più.
Pensa a me come quelle foglie che oggi danzavano sugli alberi e io abbandonerò mai il mio posto nel tuo cuore.
 
Ti voglio bene Alyssa e grazie, mille volte grazie per essere stata mia amica

 
                                                                                       aaa



La porta bussa proprio nel momento in cui mi infilo sotto le coperte, dopo una giornata spossante com’è stata questa.
Troppe emozioni impresse nella mente, con un unico dolore.
La casa è buia, silenziosa e vuota.
I turni notturni di mio padre sono diminuiti, ma non mancano tutt’ora.
A piedi nudi scendo le scale silenziosamente, accendendo la lampada posta all’ingresso.
Apro la porta dopo aver costatato dall’occhiello chi fosse il visitatore.
“Che ci fai qui?” domando sbalordita nel vederlo.
Non ho tempo di ricevere risposta, perché entra in casa prepotentemente chiudendo la porta alle sue spalle.
Con un gesto fulmineo, mi afferra il viso tra le mani e la sua bocca è tempestivamente sulla mia.
Non riesco a capire cosa stia succedendo ma non appena le sue labbra dischiudono le mie e la sua lingua cerca la mia, per la prima volta dopo giorni mi rilasso sciogliendo la tensione.
Chiudo gli occhi e mi aggrappo alle sue forti spalle ricambiando il bacio impetuoso.
Liam mi solleva gentilmente tra le sue braccia e a tentoni cerca la strada per la mia camera.
 
Non so cosa succederà, no ho la forza nemmeno di pensarlo, ma so che tutte quelle emozioni con l’arrivo del ragazzo si sono dissipate.
Tutta la sofferenza e tutto il terrore non c’è più.
Lui è la mia medicina.
Lui è la mia speranza.
 
Vivrò Jennifer, lo farò fin quando posso.
È una promessa.

 






Non ho voglia di dire nulla su questo capitolo e non me la sento di salutarvi con il mio consueto saluto verdeggiante.
E' un capitolo triste, forse il più triste che io abbia scritto e ho pianto, davvero davvero tanto.

So che avete aspettato moltissimo per questo capitolo e spero, nel mio profondo, che ne sia valsa la pena.
Scusatemi se sono sparita ma ho avuto una sessione estiva davvero tremenda all'università. La fine sta arrivando e non solo per questa storia, e diciamo che un po' il tutto mi ha messo in crisi.
Sappiate che il motivo per cui ho fatto ritardo, oltre agli impegni universitari, è che la fine della storia sta arrivando e diventa tutto complicato e delicato. E non me la sento di scrivere capitoletti giusto per... Li voglio fare bene e corposi.
Perciò perdonatemi se qualcuno di voi si sta stufando, ma Alyssa merita una degna conclusione.

Quest'angolo è senza capo ne coda, molto probabilmente perchè mi ha messo tristezza rileggere le frasi che ho scritto solo ieri.
Perdonatemi se c'è qualche errore, non ho avuto modo di ricontrollare perchè l'html mi ha fatto esaurire!

E niente, ringrazio vivamente chi mi ha aspettato e chi nello scorso capitolo ha recensito. 
A presto, ve lo prometto!
Sempre vostra
-IlaPerla-

Per qualsiasi cosa, sapete dove trovarmi. 

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Capitolo 45
*** Crazy in love ***



[Durante la lettura è obbligatorio l'ascolto di Crazy in love di Sofia Karlberg]
 

A Francesca perché mi ha spronata.
A Roberta perché mi è stata accanto.
 


I look and stare so deep in your eyes
I touch on you more and more every time
                                                                                                                                 
Cause I know I don’t understand
Just how your love you can do what no one else can

 
 
Ossessione.
Può un ossessione avere un nome?
Può un ossessione avere un volto?
Può la mia ossessione essere Liam Payne?
Si può essere dipendenti da un ossessione?
 
Se qualcuno me l’avesse chiesto mesi fa, la mia risposta sarebbe stato un secco no.
Si è ossessionati dal lavoro, dalla scuola, raramente dalle persone. Poche volte da Liam Payne.
 
Difficile dire cosa mi passi per la testa in questo momento, non ricordo nemmeno di che colore siano le pareti che ora strofinano la mia spalla nuda, non so esattamente come ci sia arrivata.
 
Le labbra di Liam sono una droga, un tocca sano per la vita ormai alla deriva. Come il mare che sfiora la bottiglia galleggiante nelle onde.
Io sono quella bottiglia, con la differenza che non ho nessun messaggio all’interno.
Il mio messaggio si è perso, tra le mani di questo ragazzo che ora, avido, accarezza tutto ciò che trova sulla sua strada.
Il suo tocco è stupefacente e inebriante, come se un alcolista non riesca a fare a meno del suo alcool. Io non riesco a farne a meno di lui.
 
Got me lookin’ so crazy right now
Your love’s got me lookin’ so crazy right now
 
Può l’amore far impazzire?
È strano come ci affidiamo alle persone, anima e cuore e abbiamo indietro solo pazzia.
 
Si può impazzire per questa sensazione?
 
Le labbra di Liam sferzano sulle mie, mentre con le sue forti mani mi tiene ferma dai polsi ai miei fianchi.
Gentilmente le sue labbra dischiudono le mie mentre la sua lingua trova la mia immediatamente, come se la stesse cercando da secoli.
Un bacio da far mancare il fiato, un bacio che cerca di arrivare fino al cuore e tirarlo fuori per tenerlo sempre con se. Anche quando il corpo resterà immobile.
 
Affannosamente Liam si stacca dalle mie labbra, mordicchiando il mio labbro inferiore. Apre gli occhi e gli immerge nei miei e solo in quel momento ci vedo la fiamma dell’ardore.
Passione, frenesia e amore. Tutti in un unico colore.
I suoi occhi scuri e ambrati colpiscono i miei fino all’anima.
E basta solo questo a farmi crollare sulle ginocchia, ma Liam non ha nessuna intenzione di lasciarmi andare e lasciando libero un mio polso, porta la sua mano tra i miei capelli.
Li tira via, scoprendo la mia gola così chiara e piccola in confronto alla sua.
Vi si abbandona, lasciando una scia di baci e un affioro di lingua per poi soffiarci sopra che fa nascere sulla mia pelle degli spilli dovuti ai brividi.
 
Brividi di passione.
Brividi di Liam.
 
 
Your touch got me lookin’ so crazy right now
Your kiss got me hopin’ you’ll save me right now
Lookin’ so crazy, your love’s got me lookin’
Got me lookin’ so crazy in love
 
Il suo tocco, le sue mani, la sua bocca mi mandano un unico messaggio in quella bottiglia vuota: ti salverò.
E io mi ci affido, come ho sempre fatto.
Sospirando, lascio che le mie dita affiorano sulla sua barba sulle guance, la sua mascella si irrigidisce e percepisco i suoi nervi tesi al di sotto della pelle.
La mano segue la barba fino alle basette e si sposta sui suoi capelli.
Quando glieli stringo dolcemente, Liam emette un suono roco dalla gola e abbassa il suo volto tra il solco dei miei seni, coperti ancora dal reggiseno. Liberi dalla maglia, lasciata abbandonata tra le scale del piano inferiore.
 
Come un riflesso incondizionato, stringo ancora di più le sue ciocche scure che risaltano prepotentemente sulla mia pelle, come fosse un tatuaggio perenne sulla mia epidermide.
 
Percepisco la lingua di Liam percorrere il profilo del mio seno che affiora sopra il reggiseno e abbandono la testa contro il muro per trovare un appiglio a questa frenesia che percepisco dentro di me, fuori di me.
 
Quando Liam mi lascia liberi tutti e due i polsi, per accarezzare il mio ventre, afferro i bordi della sua maglia e la tiro su, facendo interrompere il contatto delle sue mani con il mio corpo.
Non appena la maglia viene tirata via dalla testa, Liam approfitta di questo momento per portare le sue mani dietro la mia schiena, che si è staccata dalla parete, per sbottonare il mio reggiseno. Unica costrizione ora al suo viaggio libero.
 
Con un colpo secco, facendo rimbombare quel rumore nel mio cuore, sento le spalline diventare sempre più impotenti, fino a che non scivolano via verso i gomiti.
Proprio come scivola via la tensione di questa giornata dal mio corpo.
Quando rialzo la testa, trovo sapiente lo sguardo di Liam sul mio. Sembra non volerlo mollare nemmeno per un secondo, come se stesse studiando e volesse imprimersi quel momento nel suo animo.
 
Finalmente gli sorrido e porto una mano vicino al suo viso per accarezzarlo, Liam chiude gli occhi e appoggia la sua guancia contro il mio palmo.
Quando riapre gli occhi lascia scivolare le sue mani fino alle mie natiche per farci forza e lasciare che mi aggrappi ai suoi fianchi.
 
Gira su se stesso, una volta assicurato che mi mantenga e mi lascia adagiare delicatamente sul piumone del mio letto.
 
If you ain’t there ain’t nobody to impress
Its just the way that you know what I thought I knew
 
Mentre appoggio la testa sul cuscino che capeggia sul letto, guardo Liam che si tiene su con le sue braccia ai lati del mio cortpo.
Lo guardo e non ho paura.
Lo guardo e sento il mio cuore sbocciare d’amore.
Lo guardo e l’unica cosa a cui penso è che non vorrei mai che ci fosse un’altra persona ora qui con me.
 
Passo una mano sulla sua schiena, sui suoi muscoli tesi delle spalle e quando prendo il suo volto tra le mani mi alzo su per far affiorare le mie labbra alle sue.
Come una tacita richiesta, bacio il suo viso. Avida.
“Liam” lo chiamo dolcemente, mentre chiudo gli occhi e mi riposo sul piumone che ci fa da casa.
“Sei bellissima” dice lui, le prime parole di questa serata pazza d’amore.
 
Gli sorrido e lascio che le mie braccia mi ricadono ai lati del mio corpo, lasciando il mio corpo a Liam.
Lui abbassa la testa e posa le labbra sul mio collo, percorrendo poi il petto ora libero.
Quando arriva all’incavo dei seni, sento le sue labbra a contatto con i battiti del mio cuore, come se potesse uscire prepotentemente fuori e fare capolino tra noi.
Liam appoggia una mano proprio dove poco fa le sue labbra hanno accarezzato il cuore.
“Batte per te” gli sussurro, lasciando che le mie guance si colorino di rosso.
“Ti amo” mi sibila, tornando a baciarmi appassionato.
Mentre mordicchia il mio labbro inferiore, le sue mani si muovono, percorrendo il profilo del seno, giocano con questo facendomi mozzare il fiato e vanno oltre.
Scendono delicate sul mio addome, come un battito di ali, impercettibile.
I suoi polpastrelli sembrano toccare le corde di una chitarra immaginaria e quando arriva all’ombelico vi posa un bacio sopra e in quel momento abbasso lo sguardo, trovando i suoi occhi sul mio viso.
“Non immagini nemmeno quello che mi fai” ammette lui, sollevando per un attimo le labbra dalla mia pelle.
Rimango in silenzio, inconsapevole di quello che mi stia accadendo.
E per una volta nella mia vita, percepisco nel mio corpo la curiosità.
Si può andare oltre il piacere che, sempre questo ragazzo, giorni fa mi ha fatto provare?
 
La risposta arriva dalle labbra di Liam, che percorrono il contorno al di sopra dei pantaloni e solo quando mi rendo conto che è riuscito a separare il bottone dall’asola e prende ad abbassare questo indumento, lasciando dei piccoli baci proprio dove prima era il tessuto, lascio cadere la testa pesantemente sul cuscino.
Un altro mondo. Ecco cos’è questo.
Un mondo sospeso al di sopra della verità, delle sofferenze, della vita… di noi stessi.
 
Quando i pantaloni toccano i miei piedi, mi tiro su e guardo Liam che ha lo sguardo basso.
Mi aiuta a portar via con se anche le mutandine e mi stupisco di non provare vergogna.
Percepisce il mio sguardo e subito saetta il suo contro i miei occhi.
A gattoni si avvicina nuovamente con il suo viso al mio e vi poggia un bacio sulla fronte.
 
Mossa da una forza estranea, faccio pressione sulla spalla di lui e lascio che le posizioni si invertano.
Liam partecipa a tutto ciò e si lascia cadere fin dove prima ero io e in quel momento mi manca il fiato.
Vederlo sotto di me, tutto mio, mi lascia la gola secca e boccheggio inesperta.
 
Certo, non è la prima volta e già ci siamo passati da questo passaggio. Ma rivederlo qui, nel mio letto, così perfetto mi fa capire, nuovamente, che è lui quello che voglio.
È lui che voglio accanto.
È lui quello che amo.
 
Con mano tremante, percorro il suo petto avvicinandomi al suo addome percorso dalla linea di peli che si infrangono al di sotto dei suoi jeans.
Passo la mano ripetutamente sulla peluria che spicca dai pantaloni e lo sento trattenere ogni volta il respiro.
Non mi capacito di quello che sia capace di fare solo una carezza.
 
Liam afferra la mia mano e alzo lo sguardo per vederlo implorare, privo di forze, di porre fine alla sua agonia.
Mordicchiandomi il labbro, totalmente rapita da quello che io stia facendo, lascio che le mie mani sbottonino il suo bottone e subito Liam mi aiuta a lasciar scivolare i pantaloni, portando con se anche i suoi boxer che al buio sembrano di un nero pece, proprio come l’oscurità tra noi.
 
Solo in quel momento mi accorgo che ora siamo completamente nudi e perdo tutta la mia facoltà di pensiero e di attività.
Liam percepisce il cambiamento e lascia che le sue labbra siano nuovamente sul mio corpo.
Mentre mi bacia il collo, inverte nuovamente le posizioni, troneggiando ora su tutto il mio corpo.
Continua a baciarmi per tutto il collo e le sue mani affannosamente percorrono i seni, il ventre e finiscono lì dove tutte le mie terminazioni nervose sono sull’attenti.
 
 “Liam…” lo chiamo disperatamente, mentre le sue dita accarezzano la parte inferiore della coscia.
“Lo senti? Senti il mio cuore Alyssa?” Domanda, prendendomi una mano e appoggiandola al suo petto.
Il suo cuore batte affannosamente contro la sua gabbia toracica e gli sorrido. Mi alzo, aggrappandomi al suo collo e vi lascio un bacio sopra.
“E’ tutto tuo” mi sussurra nell’oscurità, illuminando tutto attorno a se.
 
“Sono pronta” dico, appoggiando le mie labbra al di sotto del suo orecchio.
Liam sospira e per un attimo ho paura che tutto questo possa finire da un momento all’altro.
Ma quando percepisco la sue mani al di sotto dei miei glutei, capisco che anche lui lo è pronto.
 
It’s the beat my heart skips when I’m with you
But still I don’t understand
Just how your love can do what no one else can
 
Sollevo il bacino e subito percepisco la presenza della sua eccitazione, si scontra con la mia e perdo per un attimo il fiato.
Liam delicatamente entra in me, trattenendo il suo labbro tra i denti.
Percepisco solo un leggero dolore e chiudo per un attimo i miei occhi, impaurita.
“Guardami” mi richiama, come se volesse trattenermi e non lasciarmi andare alla deriva.
Subito riapro gli occhi e mi fermo a guardarlo, è lui quello su cui mi devo focalizzare. Non il dolore.
Passo le mani sul suo viso, per poi scenderle sulle sue spalle e lasciare che le unghie lo accarezzino delicatamente.
Liam inarca la schiena, entrando ancora più profondamente, lasciando che un genito di dolore esca dalle mie labbra.
“Se potessi, prenderei io tutto il tuo dolore” mi sussurra, abbassando la testa per poi appoggiarla nell’incavo del mio collo.
E so che non si riferisce solo a questo dolore momentaneo, perché Liam è così.
Potrebbe farsi carico di tutti i dolori degli altri, per non veder soffrire chi ama.
 
Stringo i suoi capelli tra le mani, con le lacrime agli occhi per l’amore che provo verso questo ragazzo.
Alzo i miei fianchi per avvicinarmi ai suoi, per fargli capire che non paura. Non finchè lui sia con me.
 
Your love’s got me lookin’ so crazy right now
Your kiss got me hopin’ you’ll save me right now
 
In quel momento non siamo più solo due corpi.
Siamo in collisione.
Siamo un’unica cosa. Indissolubile.
 
Lookin’ so crazy, your love’s got me lookin’
Got me lookin’ so crazy in love
 
Come se il dolore si fosse spaventato dei nostri sentimenti, sparisce proprio come è venuto.
Stringo la presa su di lui, allacciando le braccia alle sue forti spalle, che ora si stringono per dare una spinta a quello che è ora il nostro pazzo amore.
Chiudo gli occhi inebriata, lasciando che la mia testa si posi leggera sul cuscino, portandomi giù anche lui.
 
“Guardami” mi ripete, mentre accarezza il mio viso.
 
Rimaniamo lì a fissarci, mentre i nostri sospiri sono gli unici a vorticare tra noi, spettatori della nostra unione.
“Lasciati andare” sussurra Liam, accelerando il ritmo facendomi perdere un battito del cuore.
“Fallo per me” mi prega, chiudendo gli occhi e sforzandosi sulle braccia.
 
Come un riflesso incondizionato, lascio che la mia frustrazione accumulata in questi giorni escano via da me.
L’inferno.
Sophia.
Mia madre.
Jennifer.
Il cancro.
Il funerale.
E con essa mi ci abbandono anche io.
Percepisco un fuoco percorrermi l’anima, un fuoco mai provato prima, capace di dissipare anche le fiamme nere del mio inferno.
 
Stringo le game tra quelle di Liam e con un gemito lascio che i miei nervi crollino e si rilassino.
 
Got me lookin’ so crazy in love
 
Quando riprendo la ragione, percepisco Liam uscire da me e sdraiarsi accanto con il respiro affannoso.
Ancora con gli occhi chiusi sorrido e percepisco le lacrime rotolarmi sulle guance.
 
Con un movimento sussultorio accanto, le mani di Liam portano via quelle lacrime, lasciandomi un bacio sulla fronte.
“Tutto ok?” Domanda preoccupato.
Apro gli occhi e mi giro su un lato per guardarlo.
I nostri visi sono uno difronte all’altro e anche nel buio, riesco a vederlo.
“Non sono mai stata così bene in vita mia”.
“Allora perché piangi?”.
“Piango perché sono innamorata”.
Rimaniamo in silenzio per alcuni istanti, ognuno perso nel proprio labirinto di pensieri.
 
“Ti amo Alyssa” sussurra, facendo rimbombare le sue parole nella stanza.
Queste, rimbalzano sui muri e si immettono sul mio cuore.
Alzo una mano e accarezzo i suoi capelli, portando via quella leggera patina di sudore.
“Ti amo anche io Liam. E sarà per sempre”.
 
 


Apro gli occhi di scatto e fisso il soffitto illuminato dai raggi di sole fiochi, provenienti dalla serranda della finestra abbassata per metà.
Il fiato di Liam accanto a me, mi fa voltare verso la sua direzione facendomi sorridere.
Tutto è impresso dentro di me, questa notte, il suo respiro, la mia gioia e l’amore.
Mi sorprendo di quanto sia capace questo ragazzo di scollegarmi dalla realtà. Una realtà dolorosa, una realtà senza più il sorriso di Jennifer.
 
Sollevo gentilmente il suo braccio che mi cinge la vita, possessivo, svincolando al di sotto.
Liam borbotta ma non si sveglia, girandosi dall’altra parte del letto.
 
A piedi nudi, cammino nella stanza per prendere la sua maglia e coprirmi la nudità.
Con questa che mi arriva due dita sopra le ginocchia e le maniche che mi coprono le mani, con il suo odore sulla mia pelle, mi avvicino alla libreria, tirando fuori la mia agendina rossa.
 
Accendo la lampada sulla scrivania e sedendomi l’apro, prendendo una penna dal cassetto.
 
I miei desideri
 
1- Rincorrere il giorno
2- Correre al parco con Jennifer
3- Cantare insieme agli Imagine Dragons
4- Fare un bagno al mare a mezza notte
5- Incidere una canzone
6- Ballare fin quando i piedi non facciano male
7- Suonare il pianoforte davanti a tanta gente
8- Andare in Italia
9- Comprare un cane
10- Amare
11- Rivedere mia madre
12- Vivere
 
Sorridendo, guardo le ultime linee tracciate sui miei desideri.
Mi ci perdo un attimo sul penultimo desiderio, irrealizzabile. Troppo grande per essere portato in atto.
Ma non me ne pento, quando ho scritto questi dodici desideri ero consapevole delle loro grandezze. Dell’impossibilità di realizzarli, ma ne sono rimasta sorpresa.
E non mi importa, se qualcuno rimarrà irrealizzato.
Io ora sono soddisfatta.
 
Chiudo l’agenda e mi alzo frettolosamente dalla sedia.
Un lampo buio mi mozza il fiato e per un attimo perdo la connessione e il contatto con la realtà.
Mi aggrappo pesantemente al bordo della scrivania, chiudendo gli occhi e respirando profondamente.
 
No.
Non mi lascerò abbattere.
 
Respiro come se potessi aggrapparmi alla vita.
Ma silenziosamente le lacrime tornano a far visita sulle mie guance e stavolta sono diverse da quelle di questa notte.
 
Lacrime amare.
Lacrime di tristezza.
Lacrime di possessività.
 
Non voglio morire. 


 

Kumusta miei prodi.
Chi vi parla è Ilaperla. 

Allora, vi avviso che qui non parlerò del capitolo perchè questo parla già da solo ma volevo lasciarvi alcuni messaggi.
Non so se qualcuno di voi mi segue anche su facebook, parlo per quelli che non lo fanno.
Avevo specificato lì sopra che avreste perso le mie tracce per un po' di tempo e così continuerà ad essere.
Non lascerò nessuna pubblicità di questo capitolo pechè credo non farebbe differenza e non perchè voglio atteggiarmi a chissà che cosa.
Semplicemente avrò una risposta ai miei dubbi.
Dubbi che mi hanno tormentato per parecchi giorni, facendomi sentire una nullità.
E credetemi, a me non piace piangermi addosso ma quando vedo che una cosa che amo fare non ha "frutti", come studio in diritto, questa non vale più la pena continuarla.
Ed è proprio quello che è successo a questa storia.
Mi dispiace, ma devo essere oggettiva e veritiera.
Sono rimasta delusa, da voi e da me stessa.
Sono rimasta delusa da quelle persone che mi seguivano solo per avere  una recensione in cambio e quando hanno finito la loro storia non si sono più fatte vive.
Sono rimasta delusa da chi mi contatta dicendo di aggiornare ma che non lascia mai un parere.
Sono rimasta delusa da quei numeri che aumentavano nelle seguite ma che sono rimasti fissi nelle recensioni.
Onestamente, mi sono fatta un culo enorme nello scorso capitolo e cosa ho avuto in cambio? Ditemelo voi.

Odio dirvi queste parole ma ho giurato, da tre anni a questa parte, di dire sempre la verità e questa lo è.

Ho fatto tanti sacrifici per questa storia, ok con ritardi ma ho sempre cercato di aggiornare perchè voi me lo chiedevate e poi siete spariti.

Perciò ora, mi dispiace davvero, ma prenderò un po' di tempo per me. 
Nella mia vita stanno accadendo un po' di cose, belle e brutte.
E per forza di cosa devo sospendere la mia vita su Efp. 
Tornerò, certo che tornerò perchè Alyssa ha bisogno di una fine.
Tornerò ma senza entusiasmo, credetemi. 

Perciò... ora potete togliermi anche dalle seguite, ecc..., voi che vi aspettavate delle cose in cambio.
Potete togliermi, voi che siete rimasti delusi da me.
Io la prima mi toglierei, ma non lo farò! Perchè tornerò a combattere.

Scusatemi,voi che davvero ci tenete. E siete tante lo so, ma davvero, sono rimasta fortemente delusa.

Buona continuazione, quando volete io ci sarò sempre per consigli in qualsiasi campo, ma per favori in cambio Ilaperla non ci sarà più.

A presto.
Sempre vostra.
-IlaPerla-

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Capitolo 46
*** Il mio inizio sei tu ***





Vi siete mai chiesti come ci si sente ad essere rinchiusi in una bolla? In quella specie di carta con le palline, quella adatta per gli imballaggi quando si fanno i traslochi?
Io lo so bene.
Ho sempre provato questa sensazione da anni, la prima volta quando tutte quelle lucine mi passavano sulla testa mentre correvano a salvarmi.
La prima volta in cui il mio corpo smetteva di funzionare, la prima volta in cui mi sentivo fuori da me stessa come una spettatrice passiva della vita che correva, la prima volta in cui provai cosa significa la paura.
 
Ora guardo il soffitto, proprio come quella volta, ma ora senza quelle luci che corrono via e mi chiedo quanto ancora io possa resistere. Quanta forza io abbia ancora per aggrapparmi a questa vita.
La sensazione di star cadendo, ma di non toccare mai terra. Non ancora.
 
Un ticchettio mi fa perdere il contatto visivo con il soffitto e faticosamente poso lo sguardo vicino la porta della mia camera.
Eloise mi sorride, proprio come fa da anni. Un sorriso che nasconde tristezza e dolore.
Uno spettatore estraneo ci crederebbe a quel sorriso, senza soffermarsi sugli occhi arrossati. Ma io no, io la conosco da tanto e la sento distintamente quando entra in casa e si soffia il naso.
Lo so che non è il raffreddore, so che non è allergia. So che è tristezza, so che è dolore.
 
Le sorrido anche io e silenziosamente la invito ad entrare.
Eloise colma la distanza con tre passi e si siede sul letto accarezzandomi la testa.
Il suo calore si propaga per tutto il mio corpo e ne sono rincuorata. Questo significa che io stia ancora vivendo, dopo tutto.
Il calore si propaga dentro me e per un momento mi sento meglio.
 “Ciao” la saluto lieve.
“Come stai oggi?” Mi domanda, scrutando i miei occhi.
“Meglio” mento “stamattina sono riuscita ad alzarmi”.
Eloise rimane in silenzio per un po’ impercettibile, per poi scuotere la testa e inspirare.
“Non mentirmi Alyssa”.
Merda.
Sospiro e volto la testa verso la finestra ancora chiusa.
Non so che ore siano, ma vedo la luce filtrare tra le persiane e so che Eloise arriva sempre verso le dieci.
Ormai perdo facilmente la cognizione del tempo, rimango tutta la notte sveglia ascoltando il ticchettio delle lancette dell’orologio sulla scrivania.
Ascoltando il tempo scorrere. Percependo la vita scivolare.
 
“Ho parlato con tuo padre” mi avvisa lei.
Sospiro nuovamente e chiudo gli occhi. So cosa ne seguirà.
“Mi ha detto che non ti alzi da questo letto da settimane e che menti a me e a tutti. Sono tutte stronzate quelle che mi dici Alyssa. Non provi nemmeno a resistere. Non provi nemmeno a combattere. Quante volte ti ho detto di alzarti da questa merda di letto? Ho perso il conto. E tu cosa fai? Mi dici che ci proverai, ma ogni maledetta volta che torno ti trovo qui”.
“Cosa dovrei fare?” Domando silenziosamente, più a me stessa che ad Eloise.
“Reagire”.
“Ho già reagito El, lo sai e lo sappiamo tutti. Ma sta arrivando. Il momento sta arrivando”.
 
Silenzio.
So che gli occhi della mia migliore amica si sono riempiti di lacrime, so che ha ragione. Ma io non ce la faccio più.
È come se qualcuno pian piano mi stesse togliendo le pile necessarie a vivere.
Mi sto lasciando andare e per la prima volta non ho voglia di reagire.
Sono stanca.
 
“Sai che giorno è oggi?” Mi chiede lei, con voce roca.
Nego con la testa, ancora impaurita di vedere quegli occhi.
“Torna Liam”.
 
 
Reagire.
Un passo dietro l’altro.
Combattere.
Sollevarsi pian piano.
Aggrapparsi.
Fare forza sui punti più stabili.
 
Quando rimango sola nella stanza, respiro lentamente guardando ancora il soffitto.
Dopo un’assenza di tre settimane dei ragazzi da Londra è arrivato il momento di fermare il tour per un po’.
Ho cercato di evitare Liam per tutte queste settimane, non volevo si preoccupasse, così ho fatto in modo di sentirlo il meno tempo possibile.
Poche chiamate, pochi contatti.
Liam ha la capacità di percepire come io stia anche a chilometri e chilometri di distanza e non mi andava a genio il fatto che si sarebbe preoccupato e avrebbe messo da parte quello che gli piace fare.
Non mi va che le persone mi ricordino come un peso.
 
Chiudo gli occhi e riprendo a respirare regolarmente.
Ha ragione Eloise, è ancora tempo di combattere, di aggrapparmi a ciò che posso anche con le unghie.
Non è ancora finita.
 
Con gli occhi chiusi faccio forza sui gomiti e mi ci appoggio, alzandomi pian piano.
Ho ancora paura di aprire gli occhi per constatare che tutto si stia frantumando.
Stringo i denti e appoggio i piedi per terra. Solo quando mi siedo al letto prendo la forza di guardarmi attorno.
Questo, per quanto possa essere un gioco da ragazzi, credo sia la parte più complicata.
Vedere la stanza che ti gira attorno, percepire che stai cadendo in un burrone e che nessuno ti salverà è spaventoso.
Respiro.
1…
Percepisco il cuore battere.
Respiro.
2…
Dentro me c’è ancora la linfa che permette di sopravvivere.
Respiro.
3…
E riaprire gli occhi sul mondo, per capire che la fine non è ancora arrivata…
 
...ma è vicina.
 
 
 
“Possiamo anche tornare a casa” Eloise alla mia destra parla distratta mentre armeggia con il telefonino.
Sposto lo sguardo dal finestrino del taxi per guardare la  mia amica.
“Sai preoccupata?”.
“No” risponde troppo velocemente.
“Harry?” Domando accennando un sorriso.
Sono stata così fuori dal mondo sia mentalmente sia fisicamente che Eloise si è imposta di non parlarmi del suo ex ormai ragazzo, per non farmi pesare nessuna situazione.
 
Lei scrolla le spalle, infilando il cellulare in borsa.
“Perché non me ne parli?”
Eloise si volta verso me e mi regala un sorriso incerto.
“Mi manca” ammette semplicemente.
“Penso che la risposta tu già ce l’abbia”.
Lei sospira e la vedo arrovellarsi per la decisione da prendere. Se tentarci oppure no.
La verità è che alle volte ci complichiamo così tanto, anche se le risposte sono sotto il nostro naso.
Crediamo che una cosa sia impossibile, quando la verità è che basta lasciare andare le cose da sole. In modo semplice, genuino. Senza tentare l’impossibile.
 
Le prendo la mano e la stringo tra le mie.
“Sii felice Eloise, solo questo conta” le sussurro.
Mi sorride, stavolta grata e vedo nei suo occhi la consapevolezza di quello che deve fare.
 
 
POV NIALL
 
La cosa che so far meglio?
Se fosse stata un’intervista per la radio avrei detto suonare la chitarra.
La verità è che la cosa che mi riesce meglio è incasinarmi la vita. Come una perfetta ragazzina adolescente.
 
Mi piacerebbe una volta tanto dire la verità.
Ai giornalisti, ai miei amici, a lei.
La verità, caro mondo infame, è che sono un idiota patentato.
Un ventenne che si prende delle cotte colossali, proprio come i ragazzetti insomma, per le donne dei suoi amici.
Maledizione!
Ho sempre odiato, fin da quando andavo a scuola, il fatto che mi piacessero le ragazze dei mie compagni di classe.
Perdevo la testa sempre per quelle che non potevo avere.
Grazie al cielo cottarelle dove il tutto si affievoliva dopo un po’.
 
Semplicemente mi sentivo un perdente.
Chi diamine avrebbe voluto iniziare una relazione con un ragazzino con i denti storti, che amava Justin Bieber e che perdeva il suo tempo nella sua cameretta a strimpellare una chitarra scordata?
Nessuno, appunto.
 
Gocce di acqua calda mi scivolano sulla spalla mentre strizzo gli occhi per aver solo immaginato di provare qualcosa per Alyssa.
Passo le mani tra i capelli esasperato. Apro gli occhi e mi incanto a vedere l’acqua che silenziosa cade su di me.
Non so nemmeno spiegare cosa mi sia preso.
Portarla nel mio posto segreto, dedicarle quella strofa di Little Things a cui tengo tantissimo, portarla con me alla premier. Non mi era mai capitato di portare con me una ragazza ad eventi del genere.
Ovviamente, tutti a fantasticare e io il primo ho fatto galoppare troppo la mia fantasia.
Una piccola parte di me ci credeva, ci sperava che Alyssa provasse qualcosa per me. E non aveva ancora voluto credere del tutto che scorreva tra noi solo amicizia.
 
Quanto la vita è infame?
Ma il problema è che non finisce tutto qui. La parte peggiore deve ancora arrivare.
La parte peggiore è che quella ragazza, così innocente, deve lasciare tutto troppo presto.
La parte peggiore è che non la vedrò crescere come invece dovrebbe. Come è una priorità per tutti.
La parte peggiore è io non posso fare nulla per trattenerla qui con me.
 
Qualcuno bussa alla porta e mi fa sussultare. Quanto tempo ho passato qui sotto?
“Horan! Sei affogato sotto quella maledetta doccia?” Urla Louis, mentre bussa pesantemente sul legno.
“No, è che l’acqua calda non arrivava ancora”.
“Sarà un problema dei tubi, siamo mancati per parecchio tempo”.
“Già”.
“Comunque muovi in culo Horan, le ragazze sono arrivate”.
Sono qui.
Lei è qui.
Qualcosa nel mio cuore si mette in moto e mi odio, perché non dovrebbe essere così. È sbagliato.
“Ok” rispondo lievemente mentre chiudo l’acqua e finalmente mi decido ad uscire da questa trappola mortale.
 
 
Al piano di sotto si sente vociferare. Un chiacchiericcio leggero, smorzato dalla porta della mia camera chiusa.
Non ho ancora il coraggio di vederla, di guardare quell’Alyssa così cambiata da quando la conobbi per la prima volta.
Abbiamo fatto qualche chiamata via Skype mentre eravamo in viaggio e lei era sempre più deperita, ogni maledetto giorno che passava.
Vedere i suoi occhi limpidi però, che brillavano ancora, dava la speranza non solo a me ma anche al mio miglior amico. Liam.
Sentirlo piangere silenziosamente fuori dal bus è stato come un pugno al petto.
Credo di non aver mai sentito piangere Liam prima d’ora. Nemmeno quando la storia con Danielle era ormai destinata a finire.
Sentirlo piangere è stato forse il momento peggiore.
Dove ci porterà il futuro? Sono consapevole che parecchie cose cambieranno quando… bhe, quando il momento sarà arrivato.
 
Sbuffando mi allungo sul letto per prendere, da sotto, la mia chitarra.
Ho un motivo che mi frulla in testa da giorni.
È come se la mia testa volesse scrivere qualcosa, apro la custodia e rileggo i miei appunti scarabocchiati e pieni di linee di cancellatura.
Appoggio il gomito sul letto e prendo a leggere quelle frasi per trovarne un senso.
 
Nuovamente qualcuno bussa alla porta e distrattamente lo invito ad entrare.
“Qualcuno non è sceso a salutarci”.
Quella voce mi fa sussultare e scatto a sedere sul letto.
“Io… io… avevo da fare”.
“Da quando balbetti biondo?”
Alyssa sorride e con un passo strascicato entra in camera.
La prima cosa che noto è di quanto i miei timori siano stati fondati.
È magra, piccola e sembra stanca. Molto di più di quanto potesse apparire su uno schermo del pc.
“No… non sto balbettando”.
“Certo, raccontalo a qualcun altro”.
 
Rimaniamo in silenzio mentre io continuo a fissarla.
Vorrei prendere quello che gli scorre dentro e bruciarlo. Vorrei darle una seconda possibilità. Vorrei darle un pezzetto della mia anima affinché lei possa continuare a vivere.
“Posso?” Mi domanda poi, slacciando il nostro contatto visivo, indicando la parte di letto vuoto.
Mi faccio più in la e la invito a sedersi accanto a me.
La vedo camminare lentamente e aggrapparsi al muro, sul suo volto passa un lampo di dolore ma subito lo maschera sedendosi vicino a me.
Il suo odore di vaniglia mi avvolge. È delicato e dolce, un perfetto profumo da abbinare a questa ragazza.
“Cosa facevi?”
 
Sbatto le palpebre, prendendomi a pugni mentalmente per essere nuovamente incappato in questi particolari che non posso soffermarsi su di lei.
“Componevo” alzo il foglio e faccio vedere quello a cui stavo lavorando.
Alyssa si porta le mani alla bocca mortificata.
“Oddio, sono una stupida. Stavi lavorando e ti ho disturbato per niente”.
“Tu non sei niente”.
“Ma sono una stupida”.
“Bhe… quello forse un po’ si” le sorrido e lei apre un occhio per guardarmi per poi lasciarmi un pugno, troppo debole, sul braccio.
“Horan non sei divertente”.
“Altri direbbero il contrario”.
“Sei tornato modesto a quanto vedo”.
Scrollo le spalle e pizzico le corde della chitarra.
 
“Posso avere l’esclusiva?” Mi domanda sottovoce.
Alzo la testa e la trovo con la testa inclinata di lato, sorridente. E dentro di me gioisco, perché non sta solo sorridendo con le labbra, ma anche i suoi occhi sono allegri.
“Di cosa?” Domando, staccando i polpastrelli dalle corde.
Lei fa segno verso il foglio.
“Non è ancora finita”.
“O andiamo… solo una piccola parte”.
“Ma non l’ha ascoltata nessuno ancora”.
 
Alyssa rimane in silenzio e abbassa lo sguardo sulle sue unghie.
“Potrei non sentirla mai” sussurra.
Il cuore smette di battere, lo sento distintamente. È come un colpo al petto che squarcia tutto sul suo cammino.
“Bhè… insomma, potrei avere altro da fare” sdrammatizza ancora lei, tornando a sorridere.
Ma stavolta il sorriso non ha niente a cui vedere con quello di prima.
Ingoio a vuoto e chiudo gli occhi.
 
Senza parlare afferro la chitarra sulla gamba sinistra e appoggio il foglio sul copriletto.
Gli accordi mi passano nella mente silenziosi, ormai conosciuti a memoria. Sono lì da tre settimane ormai, come se dovessi mettere nero su bianco quello che nascondo.
Perché la verità è che tutti nascondiamo qualcosa.
 
I know how it goes
I know how it goes from wrong and right
Silence and sound
The day ever hold each other tight like us
The day ever fight like us

 
You and I
We don’t wanna be like them
We can make it till the end
Nothing can come between you and I
 
Faccio risuonare l’ultimo accordo improvvisato all’ultimo e lascio che il nuovo silenzio scenda tra noi.
Tutto mi sarei aspettato, tranne quello che accade subito dopo.
Alyssa appoggia la sua testa sulla mia spalla destra e la sento sospirare.
Rimango con il fiato sospeso, riesco a sentire il suo suono delicato del respiro un po’ affannoso, come se sulle spalle le gravasse un peso troppo per lei. Come realmente è.
Il suo odore così gentile e famigliare mi invade le narici e come un riflesso incondizionato, appoggio delicatamente la mia testa sulla sua. In un intreccio fatto di emozione.
You and I” canticchia alla fine lei, riuscendo a sorridere anche con la voce.
 
“Ti è piaciuta?” Le chiedo sollevando la testa e guardandola dall’altro.
Lei rimane in quella posizione. La vedo sorridere e chiudere gli occhi.
“E’ come se tu volessi dire qualcosa con quelle frasi”.
Merda.
“Bhè… in verità… insomma” merda, merda, merda, cosa devo fare? Dirle la verità?
No non posso. Sarebbe tutto sbagliato.
Lei si fida di me, siamo degli ottimi amici e se dovessi aprire il mio cuore sarebbe tutto sbagliato.
Quello che abbiamo costruito fino ad ora verrebbe tutto smontato, per non parlare di quello che accadrebbe con Liam, con il gruppo.
Tutto per cosa? Una mia cotta.
Sarebbe troppo difficile dirle quello che mi passa per la testa e che collega il cuore.
E sarebbe troppo facile dare sfogo ai miei sentimenti senza pensare alle conseguenze. Ma non è possibile.
Nel momento in cui prendo la decisione definitiva, sento qualcosa dentro di me incrinarsi.
 
“Non lo so, è che ultimamente c’è troppo amore nell’aria e mi sono sentito in dovere di contribuire anche io” dico, mentre appoggio la chitarra per terra ed evito lo sguardo di Alyssa.
Cazzo, che diavolo di giustificazione è?
“Ti manca l’amore?” Domanda lei.
“Non sono innamorato da molto tempo Aly. Diciamo che mi sono preso una pausa” le sorrido, non incrociando il suo sguardo.
“Non siamo noi a decidere quando e come innamorarci, Niall. Quando accadrà colei a cui darai il tuo cuore sarà fortunata”.
“Già…” sussurro passandomi una mano tra i capelli freschi di taglio nuovo.
“Andiamo dai, i ragazzi hanno deciso di fare karaoke stasera” annuncia lei, alzandosi lentamente e avviandosi alla porta.
Quando ci arriva, si volta mi sorride e mi fa segno di seguirla.
 
Gia, quando mi innamorerò colei a cui donerò il mio cuore sarà fortunata. Peccato non esserlo anch’io.
Perché una parte del mio cuore sarà sempre legata a te, Alyssa.
 
POV ALYSSA
 
“Diamine Lou, sei tornato senza voce. Ringrazia che il tour sia finito. Altrimenti sarebbe stato come quella volta che facesti cilecca” dice Zayn, mentre si siede in poltrona dopo aver duettato con Louis che arrancava dietro ogni nota di Hakuna Matata del Re Leone.
“Zitto Malik, quella volta fu un eccezione” sdrammatizza il ragazzo, trafficando con un nuovo cd per il karaoke.
“Ricordate la figuraccia?” Domanda Harry ridendo come un forsennato.
“Il povero Niall non sapeva dove mettere la faccia tanto erano le risate” aggiunge Liam, allargando le braccia sulla spalliera del divano.
Io ed Eloise sedute su due sedie del salotto, guardiamo i ragazzi battibeccarsi.
Mi fa piacere vederli così spensierati e in questo momento potrei anche dimenticarmi di tutto il casino che c’è dentro me.
“Come dimenticare il suo acuto esponenziale” ridacchia Niall sorseggiando la sua birra.
“Quando avete finito avvisatemi” risponde Louis immusonito, mentre si siede per terra a gambe incrociate e preme play sul lettore dvd.
“A chi tocca?” Domanda Liam guardandosi attorno.
“Eloise e Harry” annuncio facendo voltare in mia direzione tutti gli sguardi della sala.
Lo ammetto, ho sbirciato il prossimo titolo che aveva in serbo Louis e non ho visto un motivo più ghiotto per farli esibire insieme.
“Non so cantare” obietta la mia amica, incrociando le braccia al petto.
“Non potrai essere peggiore di Hazza” decreta Zayn facendomi l’occhiolino.
Lo ringrazio con un cenno della testa per la dritta, so che cosa hanno passato in queste settimane. Un Harry con il muso lungo attaccato perennemente a un telefono per parlare con la mia amica, che declinava tutte le sue chiamate.
Harry si alza in piedi e aspetta che Eloise gli venga accanto.
“Ricordami di strozzarti” mi fa sapere silenziosamente lei, mentre si alza e raggiunge il riccio.
 
La canzone “Uno sguardo d’amore” della Bella e la Bestia mi sembrava adatta a loro due.
Eloise inizia impacciata a leggere sullo schermo a un metro di distanza da Harry, lui dal suo canto quando arriva il suo turno si fa più vicino e finalmente lei alza il suo sguardo su di lui.
Arranca sulla seconda strofa, impegnata a guardare gli occhi verdi del moro. Harry allunga una mano titubante ma quello che ne segue sorprende non solo lui stesso, ma anche noi che li guardiamo.
Eloise allaccia le sue dita alla grande mano di Harry e gli sorride arrossendo.
Completano in sincronia l’ultima strofa della canzone e con un piccolo saltello, la mia amica si trova tra le braccia del suo non più ex ragazzo, a quanto pare.
Inutile dire che dalla platea si alza un forte applauso.
“Era ora!” Sancisce fischiando Louis.
 
Ad un tratto una mano cinge la mia spalla e quando alzo lo sguardo trovo Liam che mi sorride e mi strizza l’occhio.
“Grande pensata”.
“Era palese che si volevano e non potevo sopportare ancora un altro giorno in più il piagnucolare di Harry nelle video chiamate” rispondo all’enfasi di Liam.
Ma la verità è che sono fatti troppo bene per non stare insieme. Sono come le figurine e gli album da completare, necessari l’uno per l’altra.
“Tocca a noi” mi esorta sorridendo il mio ragazzo, mentre mi allunga una mano.
“Cosa hai in serbo per me?” Gli domando seguendolo.
“Una sorpresa”.
Lo vedo trafficare con i titoli delle canzoni successive.
Mi volto un attimo e vedo i due ritrovati piccioncini seduti accanto, fitti in una conversazione che racchiude solo loro in un involucro di dolcezza.
Suppongo che abbiano milioni di cose da dirsi e da recuperare.
Il mio sguardo si sposta su quel ragazzo biondo che mi sta fissando.
Gli faccio un cenno con la mano e Niall sembra ridestarsi, mi sorride e ricambia il mio cenno impacciato.
Ripenso al discorso di prima avuto nella sua stanza e il suo cambio repentino di visione, lo conosco da poco è vero, ma lo considero uno dei miei più cari amici e credo che mi stia nascondendo qualcosa.
Il problema è sapere cosa, lo vedo chiuso in se steso, nel suo bozzolo e non riesco ancora a comprendere cosa nasconde.
“Pronta?” Mi domanda Liam, passandomi il microfono.
“Sono nata pronta”.
 
Le note di “Il mio inizio sei tu” di Anastasia risuona nella stanza.
Adoro quel film, ricordo ancora la prima volta che lo vidi e una piccola fitta di dispiacere mi risuona come un vecchio eco nel petto.
Mia madre.
 
Venivamo da esperienze sbagliate,
ben lontani dal vedersi mai più
ma siamo qua fabbricanti di sogni,
                   il mio inizio sei tu
 
Sorrido a Liam.
Sono sicura del fatto che abbia scelto apposta questa canzone.
Ripenso a quando ci scontrammo per la prima volta, sconosciuti, con la certezza che non ci saremmo mai più visti in vita nostra.
Quanto può sbagliare la nostra concezione.
La vita ci riserva sempre delle sorprese inattese. E per una volta, questa è una sorpresa meravigliosa. Che ha arricchito la mia vita da tutti i punti di vista.
 
Sconosciuti tu non eri nei piani,
stiam vivendo nuove complicità
ma era un po' che il cuore voleva
Funzionerà
 
Ha funzionato, continua a funzionare e dentro di me funzionerà per sempre.
 
Con te che io voglio riempire i miei giorni
Te che io voglio far veri i miei sogni
Questo viaggio ha porti sicuri
Chiari contorni…
Ci sarò per la fine del mondo
Ci sarò per amarti di più
E così se chiami rispondo
Il mio vero inizio sei tu
 
Perché Liam per me è stato tutto, i miei giorni, i miei sogni, il mio mondo.
E sono felice di andare via con questa consapevolezza.
Sono felice perché sono consapevole che lo amerò per sempre. Fino alla fine.
 
La nostra vita passata
Cercando felicità
Con te un futuro ce l'ho
Lo aspettavo da un po'
Niente ora ci cambierà
 
E questa vita mi ha dato felicità, mi ha dato un futuro, mi ha dato Liam.
 
Con te che io voglio riempire i miei giorni
Te che io voglio far veri i miei sogni
Questo viaggio ha porti sicuri
Chiari contorni…
Ci sarò per la fine del mondo
Ci sarò per amarti di più
E così se chiami rispondo
Il mio vero inizio sei tu
 
La canzone finisce e io mi trovo stupidamente con le lacrime agli occhi e un sorriso raggiante sulle labbra.
Non importa. No, non importa quanto tempo io ancora resti qui.
Sono contenta di quello che il destino mi ha riservato.
Mi ha riservato lui. Liam. Il mio inizio.
 
 
“Grazie per la serata” annuncio mentre scendo dalla macchina, accompagnata da Liam.
“Grazie a te” mi risponde aiutandomi ad aprire il piccolo cancello di ferro della mia villetta a schiera.
“Sarai stanchissimo”.
Liam si ferma difronte e si mette le mani nelle tasche sospirando.
“Sto bene tesoro, tu sarai stanca e vorrei che fossi già a letto”.
Mi avvicino sorridendo e gli appoggio una mano sul suo fianco.
“Non importa, una serata come questa mi mancava da troppo tempo e starti accanto mi ha fatto sentire meglio”.
Lui accenna un piccolo sorriso forzato e la cosa mi fa incrinare il cuore.
Abbasso la testa e fisso i miei piedi mentre Liam rimane in silenzio con lo sguardo perso in alto nel cielo.
È come se volesse svincolare il momento, è come se non fosse qui con me.
“Cosa c’è Liam?” Gli domando torturandomi il labbro, impaurita delle conseguenze alla mia domanda.
“Niente, probabilmente hai ragione tu. Sono solamente stanco”.
Ancora con la testa abbassata accenno a un movimento affermativo della testa.
“Ora vado” annuncio guardando le luci accese della cucina in casa “mio padre mi starà aspettando”.
Sento Liam avvicinarsi e prendermi il viso tra le mani.
I nostri sguardi si incrociano e i suoi occhi brillano di luce propria. Straordinari.
“Ti amo” mi sussurra prima di appoggiare le labbra delicatamente sulla mia fronte.
Chiudo gli occhi per inebriarmi di quella situazione e crogiolandomi nella convinzione che realmente questo gelo sia dovuto al fatto di essere stanco. Dopo tutto abbiamo passato una serata tranquilla insieme e quella canzone è stata simpatica cantarla insieme.
No, non è nient’altro.
Il suo bacio, troppo breve, si scioglie e Liam fa un passo fuori dal cancelletto.
“Buonanotte” lo saluto mentre chiude la portiera della macchina e si allontana nella notte.
E il mio ultimo pensiero mentre guardo i fanalini rossi è che vorrei essere con lui per scacciargli via tutte quelle paure che gli annidano il cervello. E cancellare anche le mie.
 
“Papà, sono a casa” annuncio togliendomi la giacca dalle spalle e appendendola al guardaroba.
Un vociferare sommesso si blocca di colpo dal salotto.
Strano, mio padre ha compagnia? E soprattutto, chi ci viene a fare visita a quest’ora della sera?
A passo malfermo mi avvicino alla stanza da cui provenivano le voci e la prima cosa che mi colpisce è una borsa di medie dimensioni rossa, appoggiata ai piedi del divanetto.
Subito dopo quello che nota la vista è una signora con i capelli a caschetto ben curati biondi che da le spalle alla porta.
È in piedi e difronte a lei c’è mio padre seduto alla sedia del tavolo del salotto.
Sono pronta a chiedere chi sia quella signora ben posata e che ci fa in casa nostra.
Ma la domanda mi muore in gola non appena noto il volto della donna.
Un volto che credevo di aver rimosso dalla mia vista.
Un volto che avevo fatto finta di rimuovere dalla mia vita.
Quegli occhi, sono difficili da dimenticare. Come potrei?
Erano sempre quelli che vedevo prima di addormentarmi. Erano i primi che vidi non appena mi svegliai in quel maledetto ospedale la prima volta in cui l’inferno iniziò a scorrere dentro di me.
E sono gli ultimi che vedo prima che un burrone mi sovrasti.
Sento il cuore palpitare più del normale, sento caldo, mentre la mia voce pian piano si spegne sull’unica parola che mai più avrei creduto di pronunciare in vita mia.
Mamma

 
 
Un grazie sentito con tutto il cuore a chi mi ha dato la spinta, a chi è rimasto e sempre ci sarà.
Grazie per avermi aspettato, ve ne sarò eternamente grata.
Buon anno a tutti voi. 
Vostra
-IlaPerla-

 

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Capitolo 47
*** Scomode presenze ***





In questi momenti, quando il silenzio diventa quasi insopportabile, è come se il tempo si fermasse. Ho sempre desiderato vivere il più a lungo possibile, scoprire cose nuove e viaggiare nel passato non mi dispiacerebbero.
Mi sarebbe piaciuto avere la possibilità di togliere le pile dagli orologi, come se avessi un potere nascosto per bloccare le lancette e compromettere il volere del tempo.
 
Tutto attorno a me è silenzio e mi rendo conto di non star vivendo la vita che mi ero prefissata mesi fa, prima che tutto il mio mondo fosse rivoluzionato.
 
Uno sfiorare delicato della mano mi fa ridestare dal torpore che mi ha assopita, mi rendo conto di essere sospesa su qualcosa e di non avere la forza di aprire gli occhi. Un limbo.
I polpastrelli della mano mi sfiorano il polso e piccoli brividi mi passano sulla spina dorsale.
Mi domando se non stia sognando, ma poi una voce come se provenisse da lontano, mi mette sull’attenti e faccio più attenzione a quello che mi circonda. Con i sensi in allerta.
 
“Dobbiamo parlare di molte come, Michael” una voce soave e leggera mi fa chiedere subito chi ne è il possessore.
“Non mi sembra proprio il caso”.
“Invece dovrebbe, in che condizioni fai vivere tua figlia?” Domanda irosa.
“Mi stai facendo una sorta di predica?”.
“Semplicemente non capisco quello che tu stia facendo, è visibilmente provata. E’ deperita Michael, è svenuta. Questo non ti dice nulla?”.
Sento il materasso sollevarsi e mio padre scandire in fretta la sua rabbia, così forte e precipitosa.
“Tu te ne sei andata. E non hai nessun diritto di sputare le tue stramaledette sentenze!”.
 
Per un attimo mi domando con chi stia parlando. Con chi può mai avere così tanto astio.
Ma poi ricordo, almeno mi sforzo di farlo e quello che ricordo è una persona di spalle con i capelli d’orati corti. Ricordo il profumo nell’aria insolito per quella casa, sempre odorosa di profumo maschile di mio padre.
E in un attimo mi capacito che non è un sogno, ma che semplicemente la vita sta andando avanti anche senza di me. Ma io ne voglio fare parte.
 
Sforzo le palpebre e un verso roco esce dalla mia gola propagandosi per la stanza come un vetro rotto.
I sensi in allerta sentono il vociare tacere e subito dopo la mano possente di mio padre torna a sfiorarmi. Le sue dita accarezzano i miei capelli e il suo fiato caldo arriva a poca distanza dei miei occhi.
 
“Alyssa piccola, riesci a sentirmi?” Domanda lui con voce dolce.
Come se fossero richiamate al dovere, le palpebre si sollevano tremolando la vista e facendola essere appannata.
Sbatto freneticamente queste e mi guardo attorno, la stanza è buia. Solo il chiarore della luna entra impercettibile dalle persiane.
La luce in fondo alla stanza, proveniente dalla porta, è l’unica fonte stabile di luce.
Poi la vedo.
Vedo una donna in piedi vicino al muro e mi domando chi sia. Poi una vocina nella mia testa mi ricorda l’accaduto e mi sento mancare il respiro.
 
“Mamma” sussurro cercando d’alzarmi sui gomiti ma la testa riprende a martellare e un forte senso di nausea mi pervade.
 
Vedo lei spalancare gli occhi e mio padre occupare la visuale, non facendomi vedere più quella donna.
Per quanto tempo ho sperato che lei tornasse? Quasi è impossibile contarlo.
Sono state troppe le notti in cui ho pregato di rivederla, di ascoltare nuovamente le sue favole. Poi sono cresciuta e ho capito tante cose. Ma quella voglia di rivederla non è mai andata via. Anche se so che ormai il nostro rapporto non esiste più, ma ci credevo.
Come si evince da quel diario rosso regalatomi dalla psicologa. Il mio desiderio nascosto.
 
“Alyssa, dovresti riposare” mi esorta mio padre serio.
E non so se per il fatto di essermi sentita male o semplicemente la debolezza che incombe, chiudo gli occhi e mi lascio rapire da un sonno calmo e senza sogni.
 

Quando mi sveglio i raggi di un sole timido, entrano e rimbalzano sui vetri della finestra andando a infrangersi sulle tende tirate di lato.
Mi stropiccio gli occhi, incurante della presenza di una persona alla mia destra.
Quando me ne accorgo, trattengo un sussulto inutilmente. Il mio gridolino fa svegliare mia madre che si era assopita su una sedia accanto al mio letto.
 
“Ti sei svegliata” esordisce lei, guardandosi attorno.
Io rimango in silenzio chiedendomi come mio padre abbia acconsentito a farla rimanere accanto a me. In mente girano ancora i ricordi della loro conversazione di questa notte.
“Hai cambiato molte cose qui” afferma tornando a guardarmi.
Sostengo il suo sguardo per alcuni secondi, poi lo abbasso sulle mie mani che hanno preso a stritolare la coperta sulle mie gambe.
Rimaniamo in silenzio, lei guardandomi e io paurosa di incrociare il suo sguardo. Cosa si dice a una madre che non vedi da otto anni?
“Probabilmente ti domandi cosa ci faccia io qui” mi anticipa lei, sussurrando la mia domanda inespressa.
Rimango ancora in silenzio ma stavolta sollevo lo sguardo curiosa di vedere la sua espressione e quasi mi imbarazzo per lei, che guarda fuori posto il paesaggio al di la della finestra.
“Si” sussurro.
“E’ difficile da spiegare” ammette voltando lo sguardo, guardandomi.
Deglutisco a vuoto, impaurita ma anche desiderosa di scoprire cosa l’ha allontanata da me.
“Sono stati anni difficili Alyssa, non si vive bene dall’altra parte del mondo sapendo che la tua unica figlia stia passando giorni difficili. Ci si sente impotenti”.
“Perché mi hai lasciata sola?” Domanda qualcuno che non sono io. Ma quando lei mi guarda capisco che quella domanda l’ho posta realmente io. Le mie domande finalmente hanno preso voce.
“Perché avevo paura. Il mio volerti bene era troppo e scoprire della leucemia mi ha spezzato il cuore. Non volevo vederti deperire giorno per giorno, non volevo vedere come l’unica cosa che io amassi più di me stessa venisse sopraffatta da qualcosa che io non potevo bloccare. Stupidamente, orgogliosamente, non lo so ancora cosa, ho deciso di accettare un’offerta di lavoro che mi era stata data tempo prima: lavorare come inviata nei paesi in guerra. Non è stata una passeggiata, non è stato facile accettare. Inizialmente pensavo che sarebbe stato per poco tempo, giusto il tempo di capacitarmi di quello che stava accadendo, poi sarei tornata”.
“Ma non l’hai fatto” ammetto con voce roca, indispettita dalle lacrime che tentano di sgusciare fuori.
Ascoltare nuovamente tutto il dolore provato all’età di nove anni riapre cicatrici che credevo, stupidamente, essere rimarginate.
“Quella sensazione, quella finta sensazione di sentirmi meglio non arrivava mai. Mi sentivo continuamente in colpa. E credevo che più tempo fossi stata lontana dalla mia vita, più sarei guarita”.
“Hai fatto finta che io non esistessi”.
“E’ quello che tu credi, mi sono sempre informata sulla tua vita e quella di tuo padre. Non direttamente da lui, c’è tanta gente che ci conosce Alyssa. Ed ecco perché sono tornata”.
La guardo interrogativa mente lei mi sorride.
Non capisco e probabilmente lei se ne accorge e si alza in piedi. Percorre la distanza che la separa dalla borsa appoggiata sulla scrivania, ci rovista dentro e ne prende qualcosa.
Orgogliosa si volta verso di me e mi porge un dépliant ripiegato.
“Cos’è?” Domando sottovoce, prendendo quella carta rilegata fredda, un po’ come me.
“Ho trovato una soluzione a quella sensazione che provavo. Ho trovato una cura alla leucemia”.
Le parole rosse mi colpiscono come un martello pneumatico sul cuore.
Che significa tutto questo?
La sensazione e la finta illusione che mi scorreva dentro, non appena ho visto questa donna, illusa che fosse tornata per l’amore verso la sua famiglia, si sgretolano.
“Questa clinica in Svizzera propone dei trapianti di midolli che potrebbero allungare la vita. Sono ricercatori che stanno sviluppando la teoria, molte persone si sono messe in lista inutilmente ma io conosco il primario e il suo assistente, possono darti una possibilità”.
Parole che vanno a colpire ulteriormente quell’organo nel petto, ripetutamente.
Se non fossi seduta a letto probabilmente sarei capitolata a terra. Tutto mi sarei aspettata, tranne quello che davvero sta accadendo in questa stanza.
Fisso, con mani tremanti, quel volantino colorato. Metterebbe allegria in altre occasioni, sapere che stanno studiando una via di sviluppo al tumore sarebbe una gioia in altri casi. Ma qui tutto sembra paradossale.
“Cosa ne pensi?” Mi domanda lei sedendosi sul letto.
Alzo lentamente la testa e la fisso, sul suo volto pian piano il suo sorriso soddisfatto si affievolisce.
“Tu… tu sei tornata solo per questo?” Le domando deglutendo.
“Alyssa è una grande possibili…”
“Rispondimi!” Finalmente alzo la voce e mi trovo a faticare con il respiro.
Perché tutto questo mistero?
Perché non piantarmi il pugnale dritto in gola?
“Pensavo di farti cosa gradita” sussurra lei, abbassando il capo.
“Non sei tornata per noi? Per me e papà?”
“No Alyssa, la mia vita non è più qui”.
Ed ecco che il pugnale arriva e squarcia tutto sul suo cammino.
Aspettative sbagliate, idee e sogni totalmente inesistenti. D'altronde non si può modificare la vita di quasi dieci anni, è come chiedere al mio inferno di cambiare abitazione.
E la cosa quasi mi fa sorridere per la sua vena comica.
“Io non voglio curarmi” decreto consegnandole il dépliant.
“Co… stai scherzando” mi rimbecca lei fulminandomi con lo sguardo.
“No”.
“Alyssa è assurdo. C’è una probabilità su milione, tu puoi usufruire di questa possibilità e cosa fai? La rifiuti?”
“Papà si è documentato ovunque e più niente è possibile al mio stadio” le spiego seccata, non capisco cosa la trattenga qui ora come ora.
“Probabilmente non ha sentito chi di dovere” sputa lei, alzandosi dalla sedia e incrociando le braccia al petto.
“Mio padre ha sentito fior fior di medici. Non si è dai MAI per vinto e non ammetto che gli si sia accusato di essere immeritevole” gracchio visibilmente risentita.
Che mi tocchino ciò che vogliono, la mia vita, il mio essere, quello che rimane del mio corpo ma non mi si può attaccare l’unica persona che mi è stata accanto quando il mondo -e mia madre per prima- mi hanno voltato le spalle.
 
Le grida richiamano proprio quell’uomo che corre in stanza guardando prima me e poi la donna che per anni gli è stata accanto ma che ora ha deciso di voltarci le spalle.
“Che succede?” Domanda guardandomi preoccupato.
“Questa donna se ne stava andando” gli rispondo continuando a fissare quella che credevo essere una madre, risentita.
Si avvicina alla scrivania, afferra la borsa e appoggia il volantino sul legno scuro.
“Non abbiamo finito qui” conclude girando i tacchi e uscendo dalla stanza.
 
Quando si dilegua giù per le scale, mio padre mi guarda senza emettere parola. Probabilmente sa che parlare ora sarebbe troppo affrettato così, con un cenno del capo, mi lascia da sola socchiudendo la porta.
Mi stendo e affondo la testa tra i cuscini guardando l’albero fuori dalla finestra.
Chiudo gli occhi e lacrime silenziose mi cadono ai lati delle guance.
È assurdo, semplicemente assurdo.
Come può una madre, sangue del tuo sangue, piombare nel mezzo della tua vita dopo che si è allontanata senza una spiegazione e aspettarsi di ottenere delle risposte quando nella mia testa vorticano solo domande.
Come può abbandonare la sua famiglia e decretare senza emozioni che no, non ha nessuna intenzione di salvarla.
Mi giro su un fianco e cerco di spegnere il cervello. Desiderando che quel desiderio sull’agenda rossa si possa cancellare come se non lo avessi mai scritto. Invece il sogno si è tramutato in incubo.
 
 
Poco più tardi dell’ora di pranzo decido di scendere in cucina, l’aria si sta facendo leggermente pesante ma per il mio corpo è ancora presto per abbandonare i lunghi e pesanti maglioni.
Dopo la fatica immane per scendere gli scalini, aggrappata al maniglione, arrivo in cucina e trovo mio padre seduto alla tavola con la testa tra le mani.
Il rumore dei miei passi è attutito dai calzini e lui non sente arrivarmi.
“Papà” lo chiamo appoggiandomi allo stipite della porta aperta.
Lui si riscuote e solleva di scatto la testa.
“Aly… hai fame? Ti riscaldo qualcosa” si offre guardandosi attorno.
“Non importa” lo rassicuro avvicinandomi ai fornelli e accendendo il fuoco sotto la caraffa dell’acqua per un te caldo.
Preparo il mio occorrente immersa in un silenzio pesante che potrebbe tagliarsi con un coltello.
Mi siedo pesantemente alla sedia del tavolo e chiudo gli occhi provata.
“Come ti senti?” Domanda mio padre difronte.
Ci metto molto per riordinare le mie sensazioni interiori mentre giro il liquido ambrato nella tazza per far sciogliere lo zucchero.
“Mi sembra tutto così… assurdo” gli rispondo non staccando lo sguardo dalla tazza fumante.
“Papà tu sai perché è venuta da noi?” domando incrociando il mio sguardo con il suo.
Lui mi guarda impacciato, combattendo con due fazioni al suo interno. So che sa la verità ma non vorrebbe mai ammetterlo. I suoi occhi non riescono a nascondere la verità, è sempre stato così. Fin da quando tutto è iniziato, ricordo ancora i primi giorni quando lui e mia madre volevano cercare di nascondermi quello che era successo, come se volessero nascondere che mi stessi pian piano spegnendo e lo facessi proprio in quel momento.
“Lei, è venuta per una giusta causa” risponde alla fine torturandosi le dita.
“Una causa che noi non accettiamo” lo rimbecco.
Ma quello che ne ricevo in cambio è totalmente l’opposto di quello che credevo.
Il silenzio.
Sbigottita, guardo il volto di mio padre serio, che mi fissa senza emozioni. Ma poi un lampo di risentimento vela il suo sguardo.
“Sai Alyssa, forse dovresti prendere in considerazione l’eventualità che ti ha dato tua madre”.
“Stai scherzando, vero?” Gli domando senza fiato.
“Hai ascoltato tutti i pareri dei medici della Gran Bretagna, ti sei affidato a specialisti di alto livello e ora? No papà. Io non ci credo!”
“E se avessi sbagliato? Alyssa non puoi puntarmi il dito contro. Se c’è una qualsiasi speranza che mia figlia si possa salvare, io mi ci aggrappo con tutte e due le mani”.
Mi alzo spazientita dalla sedia con un colpo veloce, la mia testa ne risente come se avesse sbattuto su uno spigolo appuntito ma non mi importa. Mi sento presa in giro e l’ultima cosa che voglio fare è fargli vedere quanto sono debole.
“Quella donna non sa niente di me! Non sa la mia storia e tanto meno la mia cartella clinica. Tu ti sei fatto peso anche della sua figura in questi anni, hai combattuto con me. Non puoi darmi in pasto alle sue idee non appena se ne presenta l’occasione. Io non ci sto. Io non vado da nessuna parte!”
Senza aspettare la sua risposta, con la sua espressione ancora nel mio campo visivo, corro in camera mia desiderosa di non aver mai voluto rivedere quella persona nella mia vita.
 
 
“E così è tornata…” riassume Eloise calciando una pietra sul marciapiede.
Io alzo la testa verso il cielo e mi soffermo a guardare le varie forme astratte delle nuvole. Alcune vengono colpite dai raggi solari formando dei piccoli sbuffi. E il caso vuole che io mi senta un po’ come quelle nuvole: colpita da un amore materno forse troppo grande per il legittimo proprietario.
“Già…” confermo io affondando le mani nelle tasche della felpa.
Stiamo andando agli studi di registrazione dei ragazzi.
Non sento Liam da quel giorno del karaoke e dopo la visita di mia madre, che ho riposto nel cassetto insieme al dépliant della clinica in Svizzera, mi sono domandata il perché del suo atteggiamento così freddo e scostante.
“Cos’hai intenzione di fare?” Mi domanda Eloise prendendom sotto braccio.
“Dimenticarmene” rispondo senza pensare minimamente a quello che potrebbe significare quel volantino nel cassetto.
“Aly” mi riprende la mia amica fermandosi in mezzo al marciapiede e parandosi difronte “non so di cosa avete parlato e non voglio saperlo se questo significa far soffrire te. Ma ricorda che è una parte di te”.
“Una parte che ha deciso di abbandonarmi tanto tempo fa” preciso guardando una donna con il passeggino al lato opposto della strada.
“Non vuoi ascoltare nemmeno le sue ragioni?” Mi domanda benevola, inclinando di lato la testa.
“Non ce n’è bisogno. Non è tornata per recuperare la famiglia”.
“E tu come lo sai?”
“Me l’ha detto senza giri di parole”.
Guardo per l’ultima volta Eloise negli occhi, cercando di farle capire che non ho nessuna voglia di continuare a parlare di questa situazione semplicemente assurda.
Lei con un cenno del capo mi esorta a lasciar perdere e a continuare la nostra passeggiata fino agli studio di registrazione.
 
“Wela ragazze” ci saluta Harry non appena entriamo nella sala relax.
Eloise lo raggiunge felice mentre Niall mi si avvicina.
“Ciao piccola Alyssa” mi scompiglia i capelli per poi passarmi di fianco e andare a prendere una bottiglia d’acqua.
I ragazzi sono riuniti ad un tavolo scrivendo qualcosa su dei fogli.
“Cosa fate?” Domando guardandomi attorno e constatando l’assenza di Liam.
“Scriviamo qualcosa di nuovo” dice Zayn stiracchiando le braccia in avanti.
“Anche nell’ora di pausa?” Domanda Eloise sedendosi su di una sedia vicino alla porta.
“La fama non aspetta” decreta Louis strimpellando un accordo alla chitarra acustica.
“Dov’è Liam?” Domando facendo un passo indietro, come se potessi vedere meglio la stanza.
“Dovrebbe essere al piano superiore in sala registrazione. L’hanno chiamato per incidere un passaggio alla chitarra” mi riferisce Niall sedendosi al tavolo e sorridendomi.
“Come stai?” Torna a chiedermi, facendosi serio.
“Hem… bene” improvviso, cercando di mascherare il mio corpo e le mie emozioni sotto strati ingombranti di vestiti.
Lui non sembra esserne convinto ma prima che torni alla carica con il suo sguardo indagatore deciso di affrontare le mie energie e andare in cerca di Liam.
“Bhe… vado a cercare Liam” annuncio avviandomi a piccoli passi verso la porta.
“Vuoi una mano?” Mi chiede sottovoce Eloise.
Nego con un piccolo cenno della testa, evitando movimenti bruschi e apro la porta avviandomi al piano di sopra.
 
Il corridoio è semi deserto. Ricordo benissimo come ci si arriva in sala registrazione grazie all’incisione inedita della mia canzone.
Questo ricordo, a settimane di distanza, mi mette ancora i brividi. Non mi sembra vero di aver scritto e partecipato anche con la mia voce a qualcosa di così grande che rimarrà un segno indelebile in un cd.
Tutta quell’emozione e adrenalina vale mille volte la concezione della morte.
Non ci penso così ossessivamente a questo concetto di “fine” o almeno faccio finta di non pensarci. Ma se la mia vita deve andare così, io non sono nessuno per far stravolgere la storia. Nemmeno la possibilità data da quel volantino. Non ci tengo ad avere altri pochi anni di successo, perché so ciecamente che non ho un futuro. Niente può combattere il mio inferno. Io lo so, perché ormai fa parte di me. È come se ci avessi convissuto fin dalla nascita e cresce insieme a me. La realtà, dopotutto.

Quando arrivo alla porta della sala faccio un respiro profondo e appoggio la mano sulla maniglia.
Non ho più paura di scomparire, perché so che questo prima o poi accadrà. Forse a me tutto è accelerato, ma non mi pento di niente.
Lascio fuoriuscire il respiro e abbasso la maniglia.
La sala è silenziosa e a prima occhiata sembrerebbe non esserci nessuno, ma quando mi accorgo della presenza di due persone al di là del vetro infrangibile mi blocco sui miei passi, ancora con la mano sulla maniglia.
Liam e Sophia stanno parlando in sala di incisione e non si accorgono della mia presenza, alleata la luce della sala spenta.
Il gracchiare delle loro voci mi fa capire immediatamente che il microfono di comunicazione tra una stanza  e l’altra è attivo, probabilmente chi è stato qui prima ha dimenticato di spegnerlo.
Chiudendo piano la porta faccio con quanta più delicatezza possibile alcuni passi per avvicinarmi alle casse e ascoltare meglio.
 
Liam ha i pugni stretti e il volto girato da un lato, non guarda in faccia la sua ex ragazza mentre lei continua a parlare.
Non comprendo immediatamente quello che si dicono e mi chiedo pigramente perché lei è qui.
“Stai sbagliando tutto” esordisce lei, afferrando Liam per gli avambracci.
Quel contatto mi lascia con il fiato sospeso, sorprendendomi dal fatto che lui non si divincola dalla presa.
“Eravamo così giusti, così genuini e guardati ora” continua lei scuotendolo.
Liam si lascia andare al movimento come se fosse stanco di tutta la situazione che gli grava sulle spalle.
“Non sei più il ragazzo di cui mi sono innamorata. Ricordi quanta gioia di vivere avevi? Eri combattivo, sempre determinato. È come se quella ragazza ti avesse cambiato. Ma non in meglio Liam come tu e i ragazzi credete, ti ha stravolto in negativo facendoti annullare insieme a lei”.
Sgrano gli occhi quando riesco a comprendere di cosa Sophia lo stia accusando e un pugno al petto mi fa barcollare facendomi appoggiare con le spalle alla porta chiusa.
“Alyssa è stata solo un bene per la mia vita” decreta lui, facendo un passo indietro e guardandola negli occhi.
Il mio nome pronunciato con rabbia mi fa trasalire.
“Stai mentendo Liam, ti ha allontanata da me quando le cose tra noi stavano andando bene. Eri così contento di aver trovato nuovamente un equilibrio dopo Daniell e guardati ora. Stai affondando nuovamente e stavolta più in fretta dell’ultima volta”.
Le sue parole mi bruciano e tutto ciò si alimenta quando Liam non risponde alle verità -perché so che lo sono- di Sophia.
Con che coraggio io sto facendo tutto ciò a questo ragazzo? Non era stata la mia concezione fin dall’inizio di allontanarmi da lui e dai ragazzi per non soffrire e fargli soffrire?
Questa ragazza qui dentro sta solo dicendo la pura e sacrosanta verità e in questo momento mi sento un mostro. Un dannatissimo e orrendo mostro per aver travolto delle vite su cui non ho nessuna pretesa. Quasi simile a mia madre.
“Stai morendo anche tu insieme a lei” urla Sophia prendendo Liam dalle spalle.
Fiotti la lacrime calde sgorgano dai miei occhi per l’ennesima volta in questa giornata, un singhiozzo nasce dal fondo della gola e mi porto le mani alla bocca per trattenerlo.
Un mostro con un anima strappata.
Liam abbassa la testa e si lascia andare ad un abbraccio della ragazza, le sue spalle tremano mentre Sophia gli accarezza i capelli.
Il ritratto di un uomo distrutto. E io ne sono l’autrice.


 

Kumusta a tutti voi miei splendidi lettori!
Toc-toc. C'è nessuno lì? E' IlaPerla che vi chiama *fa dei strani gesti con le mani*
Insomma, vi ricordate di me? Sono quella sadica che fa soffrire i suoi personaggi.

Serietà Ila, serietà perdindirindina!
Allora, come ve la passate?
Che dire, mi scuso enormente per la mia assenza ma nella mia vita in questi mesi è successo DI TUTTO! 
Ho avuto dei seri problemi in famiglia ma che pian piano si stanno mettendo al loro posto e... volete sapere la novità delle novità? MI SONO LAUREATA!
Tadadadaaaaaa ecco perchè sono sparita sotto il mantello dell'invisibilità di Harry Potter ma ero alle prese con i miei ultimi esami e con la stesura della tesi. Un lavoraccio che mi ha tenuta mesi e mesi lontana dalla spensieratezza. Che faticaccia oh! Ma sono soddisfatta del mio operato, una settimana esatta ad oggi avevo la corona d'alloro in testa -Dante mi ha contagiata- ed è stata l'emozione più grande della mia vita.
E detto ciò, volevo avvisarvi che sono tornata a tutti gli effetti, ma non vi assicurerò un aggiornamento a settimana come succedeva prima perchè voglio rimettere in linea le mie idee. 
E niente gente, son tornata e con il botto anche.
Cosa ne pensate? Sono abbastanza fiera di questo capitolo.
Non vedo l'ora di sapere le vostre reazioni, orsù dunque! Fate un regalo di bentornata alla vostra IlaPerla che vi ha pensato tanto tanto.
A prestissimo miei prodi!
Sempre vostra
-IlaPerla-

 

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Capitolo 48
*** Cuori spezzati ***





“Dovresti rispondere” mi esorta il mio vicino di sedia in questo bar semideserto.
La sua voce mi ridesta e mi metto dritta col busto guardandomi attorno. Nel locale ci sono poche persone sedute ai tavoli che bevono birre da quattro soldi, per lo più anziani solitari mentre guardano sul televisore, l’unico a parlare, che proietta una vecchia partita di football.
Solo allora mi rendo conto di aver il telefono appoggiato sul tavolo di legno che ogni tre minuti, a cadenza regolare, prende a illuminarsi senza emettere nessun suono.
Allungo una mano e afferro il cellulare, che proprio in quel momento s’illumina per l’ennesima volta. Pigio il tasto di spegnimento e in quel momento lo schermo si scurisce mentre il nome del mittente lampeggia come se volesse imporre il suo volere.
“Non è proprio quello che volevo dire…” richiama l’attenzione su di se quel ragazzo.
Non so perché ho chiamato proprio lui, ma alle volte vorremmo solo qualcuno estraneo ai fatti. Che non ci giudichi senza protendere per forza verso una parte. Così, ho composto l’unico numero che mi è venuto in mente come un fulmine a ciel sereno. Cedric.
Mi sorride, seduto accanto alla mia sedia, mentre fuori dal bar si sta facendo sera inoltrata.
“E’ l’unica cosa che mi riesce in questo momento, onestamente” allontano da me il cellulare e guardo fuori dalla vetrata del bar mentre i primi lampioni sulla strada s’illuminano.
“Non pensi a quelle persone che ti stanno cercando?” Domanda lui, mentre beve il suo ultimo sorso di cappuccino.
Scrollo le spalle e allungo le gambe sotto il tavolino.
“Le uniche persone che dovevo avvisare le ho già contattate. Papà ed Eloise non staranno in pensiero”.
Lui fa un cenno del capo e gira il cucchiaino in quella tazza che dovrebbe riuscire a catturare le ultime briciole di zucchero, evitando il mio sguardo.
Non so cosa passi nella sua mente al momento, so solo che quando l’ho contattato ero un fiume in piena. Non riuscivo a parlare ma solo a singhiozzare, lui è stato così gentile da venirmi a prendere con l’auto e a portarmi nel posto più lontano dai luoghi che più frequento.
Non so nemmeno cosa gli abbia detto nella foga di cercare un appiglio mentre scivolavo sugli specchi, gli ho detto tutto. Solo questo so.
Gli ho detto della malattia, di mia madre, del discorso tra Liam e Sophia e lui mi ha ascoltato solamente, senza giudicare ne me ne gli altri che mi sono attorno. E non so se questo mi lusinga o m’innervosisca.
“Probabilmente ti chiederei dove tu voglia andare, ma francamente non so se sia una domanda fattibile” dice Cedric appoggiandosi con le spalle alla spalliera della sedia.
Lo guardo e so dove voglio andare. Un posto che per me sarà sempre aperto.
“Invece si, so dove andare” annuncio alzandomi e lasciando degli spiccioli sul tavolo.
 
La scuola di musica è sempre stata per me un porto dove attraccare. Si può considerare come l’inizio di tutto il mio percorso musicale.
Tutto nacque da un regalo dei miei genitori all’età di quattro anni. Un piccolo pianoforte di plastica colorato, associato ad ogni colore un tasto con una nota. Mio padre mi ha sempre detto quanto mi piacesse sedermi per terra e suonare quel piccolo pianoforte fatto di plastica. Aveva provato più di una volta a farmi innamorare di un altro giocattolo ma la mia attenzione era sempre rivolta verso questo. Crescendo, iniziai ad appassionarmi a chi componeva musica classica e il mio primo concerto, lo ricordo con molto affetto, a teatro con uno splendido musicista che suonava la Sonata in do minore di Robert Volkmann, mi fece rimanere impalata nell’ascolto per due ore di fila senza stancarmi minimamente. Era tutto allegro, scoppiettante ma anche quel retrogusto pungente e tormentato. Così iniziai a chiedere se potessi coltivare quella passione e mio padre decise, probabilmente nemmeno ricordo se mia madre fu d’accordo, a iscrivermi ad una scuola per imparare.
E ora eccomi qui. In questa scuola per me ha significato tanto, mi ha dato adrenalina, voglia di fare e non c’è posto, dove vorrei essere in alternativa.
“Ti piace questo posto?” Domando a Cedric.
Sono seduta sullo sgabello del pianoforte a coda in aula magna. Poche volte ho suonato qui dentro, la maggior parte delle volte durante le prove per accompagnare qualche violinista ma mai con un pubblico che mi guardasse. Ora quelle poltroncine di velluto blu scure non sembrano così minacciose.
“Si” risponde lui, seduto sulla prima poltroncina all’inizio della prima fila “e a te?”.
Assecondo con la testa, sollevando il coperchio e mettendo in mostra i tasti scintillanti del pianoforte, ci passo sognante un dito su questi sentendo una stretta al cuore.
Non avrò più la sensazione straordinaria di percepire questa sensazione. Mi mancherà la calma e la passione che questo oggetto, di certo non inanimato, mi riesce a trasmettere e per la prima volta spero che ovunque io andrò ci sia una cosa molto simile a questo, perché non saprei come fare senza. È il mio inizio e la mia fine.
A lui tante volte mi sono aggrappata, sfinita e affondata e ora è paradossale come mi aggrappi alla fine dei miei giorni volendolo portare via con me.
Abbasso la testa e una piccola lacrima sfugge dagli occhi sentendo una forza disumata stringermi il petto.
“Suonami qualcosa” sussurra Cedric impercettibilmente ma che qui dentro tutto risuona amplificato o probabilmente è solo il mio cuore che ha ascoltato il richiamo delle parole.
Sospiro e con mani tremanti inizio a suonare una melodia che mi rimbomba in testa, lasciando che le mani scorrano sulla tastiera senza pensarci.
È la prima melodia che io abbia suonato seriamente, non appena iniziai a saper danzare su questi tasti bianchi e neri, così essenziali ma pur così delicati.
È come se stessi scrivendo una favola e immagino, per la prima volta, seduti su quelle poltroncine tante persone, per la prima volta riesco a proiettarmi in questa sensazione senza provare angoscia e ansia.
Chiudo gli occhi e lascio che tutta questa sensazione mi trasporti via con sé. Nel mio mondo.
Un mio mondo dove non esiste vincere o perdere, dove l’inferno è stato abbattuto dalla volontà di combattere, nel mio mondo dove i desideri nell’agenda rossa nemmeno esistono perché sono così nobili da essere nel conto della vita senza chiederne il permesso, dove l’amore è una cosa semplice e infinita, dove l’amore di una madre sorvoli le distanze, il peccato e la paura, dove l’affetto verso gli amici è così grande da non riuscire a racchiuderlo con le braccia.
Ci metto potenza, ci metto grinta e solo quando suono l’ultima nota, mi rendo conto di star sudando e che ho gli occhi appannati, il fiato mi manca e respiro affannosamente. Solo in quel momento vedo Cedric che mi sta venendo in contro a piccoli passi parlandomi ma io non riesco ad ascoltare. Solo in quel momento mi rendo conto di star davvero lasciando tutto questo e sfinita, mi lascio andare alla sensazione di vuoto e leggerezza. Stanca, stanca di me stessa.   
 
Pov Liam
 
“Non credo sia il caso di fare questo passaggio” afferma Niall sedendosi sul tavolino con la chitarra tra le mani “non ha senso scendere di tono così drasticamente” continua mordendo una matita.
“Potremmo scalare in modo più armonioso così” segue Louis facendo un passaggio rapido e perfetto con la sua chitarra.
“Si, suona meglio. Che ne pensate?” Domanda Harry.
Sento gli altri approvare ma io non dico niente, non interessandomi assolutamente a questo dibattito. Ho una sensazione di gelo che mi percorre le braccia e la rabbia mi fomenta dentro l’anima facendomi credere che tra poco ne uscirà stanando tutti sul mio cammino.
“Base chiama Payne, ci senti?” Domanda qualcuno.
Mi riscuoto e mi volto a guardare i quattro al tavolo mentre cercano di mettere insieme delle note.
“Cosa?” Sento che chiede la mia voce vuota, senza espressione.
“Sei dei nostri o dobbiamo lavorare da soli?” Chiede Zayn allargando le braccia.
Giro la testa rendendomi conto di star seduto nello stesso posto da ore e senza essermi reso conto di nulla quello che mi circondava.
Dall’incontro con Sophia sembra che mi sia ribaltato in un’altra dimensione parallela, fatta solamente di pensieri e parole sussurrate.
Non so che cosa mi prenda ma so solo che quello che mi ha detto Sophia mi ha colpito come un gancio destro dritto allo stomaco, facendomi restare senza fiato e senza pensieri lucidi nella testa.
“Scusate, ho la testa che mi scoppia” mi giustifico portando una mano alla fronte e chiudendo gli occhi. Quello che vorrei fare è restare un po’ per conto mio e capire cosa mi passi in mente. Al momento c’è solo tanta confusione e la sensazione di vuoto che mi pervade è qualcosa di terrificante e doloroso.
“Non ti senti bene?” Domanda Zayn.
“Probabilmente sarà un momento. Tra poco mi passa”.
“Anche Alyssa non stava benissimo prima, vero?” Chiede Niall pensieroso.
Al nome della mia ragazza, scatto la testa verso di lui con aria dubbiosa.
“Alyssa è venuta qui?”.
I ragazzi mi guardano in modo strano, per poi scambiarsi delle occhiate. Il primo che prende la parola è Niall.
“Liam, Alyssa era qui fino a due ore fa, ha detto che veniva a salutarti”.
Il terrore mi passa sul volto e credo che se ne accorgano anche loro, Niall come un riflesso incondizionato si alza in piedi e si blocca a guardarmi.
“Non l’hai vista?” Mi domanda per avere delle certezze.
Rimango con lo sguardo perso nel vuoto e mi guardo attorno in cerca di una fonte che mi dica che fine abbia fatto.
“No…” rispondo con un filo di voce.
“E’… strano” dichiara Harry massaggiandosi il mento “Eloise aveva detto che era con te”.
La mia testa sta lavorando imperterrita e ad un certo punto si blocca.
Se Alyssa non era con me e nemmeno con Eloise, con chi è in questo momento? E se le capitasse qualcosa? E se avesse visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere?
Scatto in piedi e afferro il mio giubbotto di pelle fiondandomi alla porta ma un tarlo mi blocca voltandomi indietro.
“Alyssa è venuta da me in sala registrazione?” Chiedo sperando che se ne sia andata prima. Sperando che il suo cuore non abbia visto, sperando di poterla salvare.
“Si, ci aveva detto che sarebbe venuta a salutarti”.
Merda.
Senza rispondere mi fiondo alla macchina mettendo in moto senza sapere minimamente dove cercarla.
 
Scaravento il telefonino sul sedile del passeggero e sbatto esasperato le mani sul volante appoggiandoci la testa.
Maledizione.
Sono un fottuto coglione, senza cervello e senza giudizio.
Sicuramente Alyssa ha visto quella scena patetica tra me e Sophia. Avrà visto la mia disperazione e avrà ascoltato le parole di quella ragazza che credevo fosse la mia metà, credendo fosse quella persona cui avrei potuto affidare il mio cuore.
Invece inaspettatamente il mio cuore l’ha preso una piccola e delicata ragazzina che nascondeva in se una vita ingiusta e sbagliata. E io la sto perdendo, lo so.
Quelle maledette lancette corrono troppo velocemente per noi. Per noi che non abbiamo ancora vissuto una vita che si rispetti. Per noi che non abbiamo avuto ancora tempo per amarci. Per noi che non stiamo avendo tempo per vivere.
Quante volta ho sperato che fosse un incubo e credo che per la prima volta io abbia davvero capito cosa prova lei, tante volte ha cercato di allontanarmi per non farmi soffrire.
E io come la ripago? Con quello stramaledetto spettacolino di oggi in sala registrazione.
Ho provato a chiamarla almeno un centinaio di volte. Prima risultava acceso e poi ad un tratto, irraggiungibile.
E se le fosse accaduto qualcosa. Quella sensazione di gelo e terrore torna a scorrermi nelle vene facendomi rabbrividire.
Alzo la testa e guardo la sua casa tutta spenta e senza vita.
E per la prima volta mi domando come io possa stare quando lei non ci sarà più. Come sarà la mia vita? Probabilmente proprio come ora è quella casa con le finestre scure e quella porta sigillata.
Chiudo gli occhi e scuoto la testa in preda al panico.
Un uomo perso.
La suoneria del cellulare mi fa sobbalzare e per un momento ringrazio il cielo perché mi abbia fatto chiamare da Alyssa ma il numero sullo schermo è un numero che non conosco e titubante apro la chiamata.
“Pronto?”
“Sei Liam?” Domanda una voce scura e torva.
“Con chi parlo?” Chiedo aggrottando la fronte.
“Liam sono Cedric. Alyssa è in ospedale”.
E se il cuore rotto potesse fare un rumore, sono sicuro di averlo sentito in questo preciso istante.
Paurosamente bene.
 


Kumusta bella gente!
Perdonate il ritardo, ma gli ultimi capitoli sono davvero difficili da scrivere.
Questo capitolo è davvero corto e non è da me. E' stato diffcilissimo scriverlo perchè è il capitolo che anticipa la fine. Mancano due capitoli alla fine di tutto, vi preparo psicologicamente.
Penso però che arriveranno un po' in ritardo perchè voglio scriverli di seguito, così non vi farò penare più del dovuto. Non appena il prossimo è online passerà poco e pubblico l'ultimo.
Vi anticipo già che alla fine ci sarà una OS per concludere in bellezza. Perciò abbiate solo pazienza che di emozioni ce ne saranno.
P.s. ho pianto mentre scrivevo la scena del pianoforte. Immaginate come starò a fine di tutto.
Lasciatemi un piccolo parere che ne ho bisogno per affrontare gli ultimi capitoli. Voglio sentirvi!
Vi abbraccio.

Sempre vostra
-IlaPerla-

 

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Capitolo 49
*** E' tempo ***





Si potrebbe contare da uno a dieci sulla punta delle dita delle mani, il compito sarebbe alquanto semplice ma cosa fare quando quei dieci numeri continuano imperterriti a non diminuire ma ingigantiscono quel tempo scandito, che sembra percorso all’infinito?
Non ho la risposta.
E cosa fare quando sai di dover abbandonare la tua vita, dire addio a tutte le persone che per te sono contate come quei dieci tocchi sulle dita?
Non ho la risposta nemmeno a questo.
O semplicemente non ho più la forza per cercare una risposta.
Ora capisco chi sostiene che un malato terminale si accorge di essere arrivato alla fine e stavolta non c’è nessuno stratagemma per farmi aggirare l’ostacolo. Non più.
La flebo accanto al mio letto scandisce imperterrita quel battito che scorre tra la vita e la morte. Sospeso come un angelo silenzioso che non ti abbandona mai, che veglia il tuo percorso.
Il silenzio è sovrano in questa camera e quasi riesco a sentire lo scorrere di quelle goccioline della bottiglia nella mia vena.
Non ricordo molto di quello che è successo, ricordo solo il mio stato di dormiveglia mentre mi trasportavano in ospedale, ricordo i colori sbiaditi e mescolati delle luci sul mio capo come un pittore maldestro che li ha mescolati sulla tela bianca.
Nuovamente.
Nuovamente quelle lucine mi accompagnavano nella mia corsa in terapia intensiva e nuovamente mi hanno dato il loro benvenuto, per l’ultima volta.
Il silenzio alle volte sa essere rumoroso, fastidioso e comatoso. Non questa volta, è come se mi stesse ascoltando, è come se io potessi parlare tranquillamente con il mio cuore e la mia anima. Tranquillità, è questo che mi dice il silenzio.
Probabilmente in quella flebo ci sono più sedativi che altro, credo di essere arrivata al momento in cui nessun farmaco faccia la differenza, credo che la tranquillità prima o poi mi avvolgerà e per la prima volta vorrei che facesse in fretta. Vorrei semplicemente far parte di queste parete bianche della stanza, vorrei far parte di quel sole in alto nel cielo, vorrei poter seguire una rondine nel cielo, vorrei saper volare. Non mi dispiacerebbe veder il mondo da un’altra prospettiva, far parte del tutto, senza dar fastidio. Non ho paura.
Ancora con gli occhi chiusi ascolto il tremolante parlare fuori la stanza, non riesco a comprendere quello che le voci dicono, semplicemente un sottofondo alla tranquillità e quasi mi da fastidio, quasi vorrei uscire e impartire di far silenzio, di non disturbare questo mio viaggio.
Ma il silenzio si affievolisce per un attimo facendo scattare il rumore della serratura della porta. È un attimo, uno squarcio alla tranquillità durato alcuni attimi, poi nuovamente il vuoto.
Un leggero scalpitio arriva fino al mio letto e poi nuovamente silenzio.
Vorrei aprire gli occhi e vedere chi mi sta affiancando ma le palpebre sono come incollate, infischiandosene della volontà ultima della persona di cui fanno parte.
La mia mano viene accarezzata da un’altra più soffice e più calda, più viva, mentre l’altra estranea mi accarezza i capelli per poi giungere alla guancia.
“Mi dispiace” sussurra una voce profonda e roca, come se avesse pianto per giorni e notti da sola.
“Mi dispiace così tanto” la voce di mio padre riesce a spezzarmi il povero e maltrattato cuore che silenzioso batte piano come se fosse un uccellino appena uscito dall’uovo.
“Non sono stato in grado di darti una vita migliore, una vita che avresti meritato. Ho cercato di combattere contro il destino, ho cercato di poterti dare quell’esistenza che tutti i ragazzi alla tua età dovrebbero avere, che tutti quanti hanno il diritto di avere. Alyssa sei stata la cosa più bella che mi sia capitata nella vita” la sua voce tremolante si spezza a un tratto e mio padre cade in ginocchio vicino al letto premendo la fronte sulla mia mano piangendo silenziosamente.
Come un richiamo lontano, la mia voce risuona in questa tranquillità fatta di singhiozzi e un pianto di un padre che ama con tutte le sue forze, la propria figlia.
“Papà” sibilo con una voce spettrale.
Lui alza di colpo il volto e cerca i cancellare quelle tracce di sofferenza che gli colano dagli occhi, senza lasciare la mia mano nemmeno per un attimo.
“Papà tu…” cerco di parlare ma mi manca il fiato e la gola brucia.
Il sondino attaccato al naso sibila e per un attimo sento che mi manca il respiro, ma devo farcela. Devo combattere quest’ultimo ostacolo. Poi tutto sarà finito.
Lui nega con la testa, accarezzandomi i capelli schiacciati sulla fronte.
“No Alyssa, non sforzarti”.
Con gli occhi lucidi nego e mi lascio accarezzare la guancia, mi ci appoggio sopra quella grande mano che fin da piccola mi ha aiutata a rialzarmi, a lottare, ad accompagnarmi nei giochi, ad aiutarmi a toccare il cielo con un dito sull’altalena al parco.
Chiudo gli occhi e una lacrima scivola via sulla guancia.
“Papà” sussurro riaprendo gli occhi e guardandolo dritto negli occhi.
So che questa volta è l’ultima, so che presto questi occhi non riusciranno più a guardare nient’altro.
“Tu” balbetto “tu sei stato la persona più importante della mia vita e non devi dispiacertene”.
Lui abbassa lo sguardo mortificato, per non far vedere la sua sofferenza.
Tremando, prendo la mia mano che ospita un ago che mi da ancora quella forza di agire, e stringo per quanto posso  la mia nella sua.
“Grazie. Grazie per essermi stato accanto” la vista si offusca ma non voglio mollare. Non ora.
“Grazie per averci provato”.
“Alyssa, io…”
“No papà” lo interrompo riprendendo da dove mi sono fermata “grazie perché sei stato il padre che mi ha capita. Grazie perché sei stato il mio papà”.
Scuote la testa e in un lampo mi stringe a se, piangendo nell’incavo del mio collo.
Piangiamo insieme, piangiamo perché la verità è che mancheremo come ossigeno l’uno all’altro. Perché una parte di noi presto morirà in questo letto.
Piangiamo perché il sipario sta calando silenziosamente su questa nostra esistenza.
“Ti voglio bene” sussurro chiudendo gli occhi e lasciando che quell’uomo mi culli, proprio come ha fatto diciannove anni fa sempre in questo posto. Alla nascita della mia esistenza.
 
Le goccioline della flebo segnano il tempo che passa.
In questo tempo delle vite sono venute al mondo, felici di vivere le loro esperienze, incuranti di tutti i problemi e incuranti di quanto meravigliosa possa essere questa esistenza.
Tante vite in questo tempo sono appese a un filo, chiedendosi quanto ancora dover sopportare la sofferenza, domandandosi quanto tempo ancora dovranno rimanere in bilico.
Il tempo. È questo così incerto e deleterio.
Che cosa effimera.
Non ci accorgiamo delle ore, dei giorni, mesi e anni che passano. Ma ci accorgiamo dei secondi quando qualcosa ci annoia, quando siamo infastiditi, quando qualcosa sta per terminare.
Mi sembra di aver chiuso gli occhi solo poco fa, ma un rumore di sedie mi fa aprire lentamente gli occhi.
Davanti a me c’è quella donna con il caschetto e i capelli color dell’oro.
Quella donna che non mi ha mai lasciato un messaggio, che semplicemente ha abbandonato la nave che stava affondando come un capitano impaurito.
Quella donna che è tornata con prepotenza, con devastazione, ma che sarà sempre mia madre.
Mi sorride.
E mi dispiace, mi dispiace non ricambiare perché di forza non ne ho più.
Sorride rigirandosi e ammirando la fede che ha ancora al dito. Come segno della sua fedeltà e devozione a un uomo che probabilmente amerà per sempre.
Sempre sorridendo, alza lo sguardo sul mio capezzale e inaspettatamente prende voce alla sua realtà.
“Lo amo ancora se tu te lo stessi chiedendo” esordisce per poi abbassare ancora una volta gli occhi sulla fede.
“Sono tornata perché ho visto le tue foto su di un giornale, insieme a quel cantante e per un attimo mi sono rivista io nel tuo sguardo. Avevo tue notizie da amici di famiglia, ma sapevo che qualcosa stesse per cambiare, mi sono documentata e ho trovato quella clinica in Svizzera che mi ha fatto sperare. Ma non avevo fatto i conti con la realtà, che era troppo tardi per tutto” una lacrima rotola sulla sua guancia e punta gli occhi luminosi sul soffitto.
“E’ tardi ormai per chiederti scusa Alyssa lo so, ma voglio che tu sappia che io non ti ho mai abbandonata perché non ti volevo. Sono scappata via dalla paura, dalla sensazione di oppressione, dalla finta sensazione che non ce l’avrei fatta”.
Ascolto e ringrazio che non mi faccia parlare, credo che non ne avrei la forza.
Sotto la mia pelle, quel sangue infetto scorre troppo velocemente e scoprire la realtà è più doloroso del previsto.
“La verità figlia mia, è che non ho passato giorno rimproverandomi di avervi abbandonato. Te e tuo padre, eravate la mia famiglia e non mi perdonerò mai di quello che ho fatto”.
Abbassa la testa e guarda quella fede troppo larga per le sue piccole dita.
Fa il giro del letto e mi viene accanto prendendomi la mano tra le sue gelate.
“Mamma” sussurro guardandola.
Perché la verità è che per quanto una persona ti abbia ferito, ti abbia fatto star male, se questa persona è la tua mamma, quella donna che volenti o nolenti ti ha dato la vita e per te sarà sempre quella figura idilliaca, non puoi fare altro di perdonarla.
Anche dopo una vita di abbandono.
Forse è la forza della morte. Il voler perdonare chi ci ha fatto del male, perché poi non ne avremo più una seconda possibilità.
“E’ così bello sentire questa parola da te” sussurra con la voce rotta.
“Non ti chiedo perdono Alyssa, perché so che non me lo merito. Ti chiedo di capirmi se tu puoi. Comprendi la paura, comprendi la voglia di scappare dagli errori e solo così troverò pace”.
Una nuova lacrima scivola via dai suoi occhi e io accarezzo quelle dita, proprio come succedeva tutte quelle sere sul divano a guardare la tv indisturbate sotto ad una coperta verde.
“Va tutto bene” sussurro.
Lei mi sorride e si china su di me lasciando un bacio sulla mia fronte.
“Sarai per sempre mia figlia Alyssa, questa è una certezza”.
Chiudo gli occhi e sorrido assaporando la sensazione di velluto delle sue labbra sulla mia pelle.
La mia mamma.
 
Il sole sta tramontando con i suoi mille colori e le sue mille sfumature che vanno dal rosso al rosa. Il rosso mi ricorda la mia stanza della musica.
Ricordo che quando iniziai a suonare il piano, mio padre volle adibire una camera della casa solo alla mia passione. Così un giorno ci trovammo, per puro caso, in un negozio di ferramenta ma alla fine lui aveva già architettato tutto.
Comperammo della pittura e delle grande mensole, il pomeriggio dopo mangiato andammo nella stanza e mi informò che quella sarebbe stata la mia stanza preferita. Non aveva tutti i torti.
Passammo il pomeriggio e la sera a pittare, a ridere e a sporcarci l’un l’altro come due bambini. Io lo ero bambina.
Il giorno dopo, quando tornai a casa dopo scuola, trovai mio padre fuori il porticato che mi sorrideva. Non disse nulla, mi afferrò per mano e mi condusse nella stanza che il giorno primo avevamo pitturato con tanto amore e con tanta allegria.
Aveva ragione.
Era stupenda. Era la mia preferita. Era la mia vita.
Da allora non è cambiato nulla lì dentro, nemmeno una frase alla parete, nemmeno un disco in vinile, al contrario man mano si sono andati sempre più ad aggiungere.
È sempre stata il mio nido, il mio punto di ritrovo. Mi ci chiudevo dentro dopo aver fatto la chemio, è quello che mi dava speranza durante quelle orribili sedute. Il pensiero di tornare a casa e di ascoltare un vinile che non avevo ancora scoperto.
La stanza della musica era me. Era e sarà sempre Alyssa.
Nella stanza entra un’infermiera che mi sorride e che cambia bottiglia alla flebo, vorrei tanto ringraziarla ma non ho più fiato, sento le palpebre pesanti e vorrei solo dormire.
Quando esce, poco dopo, sento bussare alla porta e invece di esortare a fare entrare chiunque sia lì fuori, chiudo gli occhi involontariamente.
 
Quando li apro, il tramonto è andato via e al suo posto ci sono due o tre stelle che brillano.
Avverto che la stanza non è più vuota e voltando la testa ci trovo i ragazzi con Eloise seduta sul letto mentre mi guarda fissa.
“Ciao” sussurro cercando di sorridere.
Ma ho l’impressione di aver fatto solo un’orribile smorfia, i miei amici non ricambiano.
Solo allora mi ricordo che i ragazzi non sono al completo.
Solo quando cerco i suoi occhi profondi tra loro, non li trovo e sento mancarmi un battito, cosa che mi fa affaticare con il respiro. Chiudo gli occhi e cerco di trovare il ritmo giusto, evitando di sentire l’odiosa macchina accanto a me.
Perché Liam non c’è?
Il ricordo di Sophia mi fa tribolare. Non può essere, non può averlo fatto. Non può avermi abbandonata come ha fatto mia madre.
Sento gli occhi pungermi e a un tratto non voglio che nessuno mi veda così.
Ho sempre evitato di avere delle relazioni nella mia vita: amici, amori. Per evitare che mi vedessero mollare, che mi vedessero perdere, che mi vedessero morire.
La mano di Eloise mi accarezza il viso e quando riapro gli occhi, la trovo a sorridere tra le lacrime.
“Mi dispiace” le dico.
Lei fa segno di no e ho la certezza che quella ragazza è stata per me la forza che mi è servita per andare avanti. Non la cambierei con nessuno.
Eloise si abbassa e mi abbraccia forte. Sento le lacrime bagnarmi il collo e so per certo che anch’io stia piangendo.
Non ho rimorsi, ci siamo volute bene dal principio, come partecipanti dello stesso percorso.
A un tratto tutti i sorrisi, tutte le risate mi ricordano di quanto la nostra amicizia sia stata importante non solo per me ma anche per lei.
Ci siamo sempre fidate l’una all’altra, confidate i nostri pensieri più profondi e anche quelli più semplici e fraterni. Le vorrò per sempre bene e so che anche lei lo farà nei miei confronti.
“Sarai sempre mia sorella” mi mormora all’orecchio stringendomi ancora di più.
“E tu la mia.”
Un bussare alla porta fa staccare Eloise dalle mie braccia e l’infermiera di prima sbuca da dietro la porta di legno.
“Ragazzi, lasciatela riposare” annuncia, facendosi di lato e aspettando che vadano via.
Eloise mi stringe ancora una volta tra le sue braccia e mi lascia un bacio sulla guancia.
Harry si avvicina subito dopo abbracciandomi e lasciandomi una carezza sui capelli.
Zayn, il burbero e taciturno Zayn, con gli occhi lucidi mi lascia un piccolo fiore accanto al comodino e si piega a darmi un bacio sulla fronte.
Subito gli fa coda Louis, sorridendomi e dicendomi “ci vediamo presto” gli sorrido impercettibilmente e accetto la sua stretta sulla mano libera dalla flebo.
Quando vedo Niall temporeggiare al capo letto, gli sorrido e allungo una mano.
I ragazzi escono, scortando Eloise, mentre il mio amico si avvicina al letto.
Rimaniamo in silenzio, mentre lui mi afferra la mano e guarda fuori la finestra.
“Niall…” lo chiamo facendo abbassare il suo sguardo su di me.
“Lo so” gli ammetto, leggendo negli occhi la sua preoccupazione.
Probabilmente l’ho sempre saputo, probabilmente l’ho scoperto solo da poco. Non lo so.
Quello che so è che Niall ha gli occhi che parlano, ha gli occhi più limpidi che io conosca. Nessuna emozione può essere nascosta neppur volendo.
So quello che prova per me, so cosa vuol dire provare un’emozione verso qualcuno che sta andando via.
Niall mi sorride, cercando di essere forte.
“Da quando?” Mi domanda, cercando di trovare risposta nei miei occhi.
Scrollo le spalle “non lo so” ammetto.
“Ho cercato sempre di non ammetterlo, di far finta di niente ma tu mi hai sbalordito anche questa volta Alyssa, sei davvero una persona speciale, e probabilmente è proprio per questo che io mi sono innamorato di te” ammette, stringendo la sua mano sulla mia.
“Arriverà quella ragazza che ti sconvolgerà la vita Niall Horan, arriverà e io sarò contenta per te. Sarò contenta per il mio migliore amico.”
Niall fa un sorriso amaro e in quel momento ritorna l’infermiera schiarendosi la voce.
“Giovanotto, devi andare.”
Niall si volta e le fa un cenno con il capo. Mi lascia la mano e subito sento un brivido freddo passarmi nelle ossa.
Non ancora.
Non ora.
Si china e mi bacia la tempia.
“Ti avevo già trovato Alyssa.”
 
Pov Liam
 
Quando è troppo tardi per rimediare agli errori, quando ti accorgi che il tuo bicchiere preferito sta per cadere dal tavolo, cosa faresti?
Il primo istinto è di sporgerti per afferrarlo, ma solitamente capita che ti scivoli dalle dita, che sei così vicino da afferrarlo, ma la forza di gravità lo inghiottisce. Lo tira giù fino a romperlo in mille pezzi e tu non devi fare altro che abbassarti e raccogliere i cocci.
È quello che sto facendo io.
Spettatore passivo della distruzione di quel vetro chiamato vita.
Sono seduto su questa maledetta poltrona da ore e ore, ho visto il sole sorgere e tramontare, senza aver trovato ancora il coraggio di spazzare quei cocci di una vita non vissuta a pieno. Di quei cocci che per me sono amore, sofferenza e desiderio.
Codardo.
Sono un codardo, sono proprio difronte alla sua porta, sapendo che da un momento all’altro rimpiangerò di non aver alzato il mio culo di merda per percorrere quei fottuti metri e farmi vedere distrutto dalla persona che amo.
Che razza di persona sono?
Che persona sono diventata?
Abbasso il capo tra le mie mani e vorrei spezzare tutta questa tensione, tutto questo soffrire che ci sta portando via. Vorrei avere la forza di portare via quel corpo di quella persona che sta soffrendo, che presto non ci sarà più.
E io sarò solo, senza una parte della mia anima. Senza vita.
Egoista.
Voglio per me quella persona, voglio continuare a sentire la sua risata, voglio toccarla, sentire il cuore accelerare, il fiato spezzarle quando l’accarezzo, ascoltare le sue melodie al piano che la fanno sentire viva, voglio continuare a vivere Alyssa. Perché è l’unica persona che si merita questa vita, anche se è merdosa, anche se è catastrofica, lei se lo merita.
Invece sta per andare via, sta per abbandonare tutto. E con tutto, anche me.
Una mano sulla spalla mi riscuote ma rimango con il capo abbassato non volendo vedere e ascoltare nessuno. Non sono pronto. Non ne ho la forza e non ne ho voglia.
Perché potrei ritrovarla solo per una sola persona, ma questa non è quella che mi toccherebbe in questo momento, troppo stanca in un letto di questo schifo di ospedale.
La mano mi stringe la spalla.
“Liam, dovresti entrare” la voce profonda e roca di Michael mi smorza l’anima e un groppo, come un nodo troppo stretto, stringe in gola.
Nego con la testa prendendomi i capelli nelle mani.
“Figliolo, non c’è più tempo” mi esorta con la paura nella voce.
E so che devo farlo.
Devo farlo per me.
Devo farlo per lei, perché se lo merita.
Lascio che le mani cadano da sole sulle ginocchia e mi alzo a testa bassa, percorrendo quella minima distanza che mi separa dalla verità.
Dalla morte.
 
Quando apro la porta silenziosamente, mi colpisce la pace della stanza.
Non è un silenzio forzato, sembra più la quiete di un posto eterno. L’odore del piccolo fiore sul comodino profuma l’ara e la fa diventare dolce, quasi perfetta.
Il corpo di Alyssa giace su un letto troppo grande per lei, tanti fili sono attaccati a quella ragazza. Il sondino nasale emette un rumore a cadenza fissa di cinque secondi, il battito cardiaco è lento e stanco e la flebo segna il percorso lento e miserabile della malattia.
Alyssa, la mia piccola Alyssa, ha gli occhi chiusi e sembra essere in pace con se stessa. Anche in quel momento, sembra essere la perfezione che la vita dovrebbe essere orgogliosa di aver avuto.
Sento le gambe deboli e chiudo gli occhi trattenendo grida di disperazione.
“Liam” sussurra lei, senza aprire gli occhi.
Apro i miei e mi faccio vicino. È sorprendente come lei riesca a percepire la nostra forza, il nostro piccolo filo conduttore.
“Hei” mi chino e le lascio un bacio tra i capelli.
La sua pelle è gelata, liscia e quasi ultraterrena. Sembra non essere qui con me, i suoi occhi sono ancora chiusi e vorrei tano che gli aprisse, vorrei vedere quel colore del cielo che prima o poi mi tormenterà l’anima. E io lo so. Sarà un tormento dolce, proprio come il miele per le api ed egoisticamente parlando, non vorrei che andasse via questo splendido ma doloroso tormento.
Lei non mi risponde e mi siedo sul letto accanto a lei, prendendole la mano fredda e sottile, quella sana che non è stata maltrattata perché in quella è come se ci fosse il ricordo di Alyssa guarita, come se ce la potesse fare.
“Scusa” sussurra lei.
Probabilmente sente anche lei la forza che le viene portata via attimo dopo attimo e vorrei tanto che quella stretta di mano prendesse la mia di forza, gliela cederei volentieri. Perché è questo che si dovrebbe fare quando si ama una persona. E io, Dio, se la amo.
“Per cosa?” Le domando, mandando giù quel nodo, sperando che mi abbandoni al più presto.
“Per non essere stata la ragazza che tu cercavi” ammette, aprendo leggermente gli occhi.
Come può dire questo? Come può?
“Ti ho visto piangere” aggiungere lei, cercando di stringere le deboli dita tra le mie.
Stringo la sua mano di rimando e nego con la testa, capendo tutto.
“No tesoro, no. Non pensarlo nemmeno per un secondo. Ti prego” la supplico, ricordando la conversazione con Sophia.
Ricordo le lacrime, lacrime di paura, lacrime di sofferenza ma mai lacrime di rinnego.
“Lo capirei” risponde Alyssa, chiudendo gli occhi nuovamente.
Guardare quel dolore, quella sofferenza è troppo. Vorrei scuoterla dalle spalle e gridarle di rimanere con me, perché lei è stata tutto quello che avrei mai desiderato.
“Tu non immagini nemmeno come mi senta. Alyssa tu, mi hai fatto capire cosa realmente significa l’amore, mi hai fatto capire cosa significa vivere. Se potessi, rivivrei tutto con te, da quel giorno in cui ti feci cadere, tutto. Ti ho amato come nessuno mai, e ti amerò per sempre” le mie parole sono cariche di terrore, la mia voce trema e Dio, lascio che le lacrime mi rigano il volto, stanco di trattenerle. Stanco di tutto.
“Liam” mi chiama lei, boccheggiando ma aprendo gli occhi.
Mi guarda negli occhi e per un momento penso che sia tutta una farsa, che tra poco si alzerà dal letto e mi dirà che era uno scherzo, che voleva solo mettermi alla prova. Poi la finta convinzione decade.
“Ricordi cosa ti dissi tempo fa?” Mi domanda sorridendo.
“Qualsiasi cosa accada, qualsiasi, io sarò sempre con te Liam, nel tuo cuore io vivrò sempre. Proprio come la nostra canzone” sorride ma le lacrime le bagnano le guance e non ho la forza di asciugarle, perché non ho nemmeno la forza per asciugare le mie.
Piangiamo, perché sappiamo che questa è l’ultima volta per noi.
Poso il suo palmo sul mio cuore, proprio lì dove batte quell’organo così complicato, che decide chi amare, quanto battere e cosa provare.
“Ti amo Liam” ammette sorridendo “e non mi pento di nulla”.
Le sorrido, perché lei lo merita.
Lei è stata la forza.
Lei è stata la volontà.
Lei è stata la felicità.
Lei è stata la musica.
Lei è stata l’amore.
“Ti amerò sempre” sussurro senza ripensamenti. Guardandola per l’ultima volta.
 

 



Ebbene eccoci qui, ultimo capitolo di Turn Back Time. Credevo che questo momento mai sarebbe arrivato.
Ho tentennato, ho combattuto con l'ispirazione ma ce l'ho fatta.
Ma non è ancora tutto finito, presto -quando meno ve l'aspettereste- arriverà l'epilogo e metteremo un punto definitivo a tutto questo.
E un po' mi dispiace. 
Ringrazio tutti voi che mi avete aspettata. Vorrei tanto sapere cosa ne pensate. Potete dirmi tutto quello che volete, anzi. Ne sarò contentissima. 
Se avete due minuti da perdere, lasciatemi due parole.
Non mi dilungo sulle cose da dire, perchè ho la battaglia in testa.
Sappiate che l'epilogo è pronto e quando capirò che sarà il momento lo pubblicherò e per allora vi spiegherò tutto e ve ne parlerò.
Un bacione.

Sempre vostra.

-IlaPerla-

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Capitolo 50
*** Epilogo ***




   
A tutti voi lettori che ci avete creduto fino alla fine.
Perché Alyssa vivrà sempre dentro di voi.
Non mollate mai, qualsiasi cosa accada.
 


Il prato del parco era verde rigoglioso e fresco di gocce di rugiada. Se si respirata a pieni polmoni si poteva sentire l’odore di fresco, un odore rilassante e quasi selvatico.
Gli uccellini sui rami dei pini cantavano le loro melodie allegre e i turisti passeggiavano sui viali, alcuni gettavano delle molliche di pane nel laghetto per far felici anatre e cigni.
Un piccolo arcobaleno era apparso alle spalle del boschetto sulla destra del parco, opaco ma colorato, proprio come accadeva dopo un temporale primaverile.
La vita era in piena attività in quel momento e si aveva voglia di far parte di quel quadro fresco, con tanta voglia di vivere.
Un ragazzo era seduto su di una panchina, che ammirava tutto ciò.
Fumava una sigaretta placidamente, senza pensare a quello che avrebbe dovuto fare quella sera.
Un nuovo concerto lo aspettava, una nuova folla da far gridare, da far ridere.
Era abituato a tutto quello stress. Non era abituato a sentire quel peso sul cuore davanti a tanta gente.
Un mese era passato, un mese fatto di grida, d’incubi e di terrore.
Un mese in cui Liam non usciva dalla camera, un mese di attese. Tanto aveva sperato di rivederla varcare quella porta, vederla sorridere e vederla avvicinarsi per dargli un bacio timida, per poi nascondere il viso nell’incavo del suo collo.
Era rimasto lì giorno e notte, in silenzio, ascoltando i passi che si susseguivano pesanti fuori la sua porta. Ma di passi leggeri e delicati, di sorrisi accennati, di baci timidi, non aveva visto nulla.
Ogni notte prendeva il telefono, componeva un numero ormai imparato a memoria e avviava la chiamata. Quando rispondeva la voce della segreteria, un fastidiosissimo messaggio registrato da una voce robotica, aspettava in linea fin quando la chiamata terminava.
Non aveva voglia di parlare con nessuno, litigava in continuazione con Zayn e aveva deciso da giorni di non affrontare quel palcoscenico.
Non lo faceva con cattiveria, non lo faceva per fare un dispetto a tutti quei fan. Lo faceva per se stesso, non voleva crollare in lacrime davanti a tutta quella folla.
Quel giorno si sarebbe riaperto il tour dopo una vacanza di due mesi, vacanza. Quasi si metteva a ridere sguaiatamente.
Aveva passato tutto il tempo chiuso in se stesso, volendo parlare solo con una persona. Ma quella persona non c’era più.
Liam, con un ridicolo cappellino con la visiera e occhiali da sole calati sugli occhi, lasciò che la sigaretta si consumasse da sola tra indice e medio.
Guardava quella vita passare accanto a lui, rimpiangendo quella di una ragazza troppo giovane per aver conosciuto il dolore.
“Hei” una voce accanto a lui lo fece distrarre dai suoi pensieri. Nemmeno si era accorto che qualcuno si era seduto accanto a lui.
Niall aveva i gomiti sulle ginocchia ed era chinato in avanti, guardandolo accanto.
Liam fece un cenno del capo e tornò a guardare il laghetto, mentre due cigni litigavano per un pezzo di pane.
“Non ti trovavamo più a casa e non hai preso il telefono con te” spiegò il biondo, guardando anche lui il lago, percorrendo il tragitto visivo del suo amico.
Liam rimase in silenzio, non facendo caso nemmeno al vocio attorno a loro. Era nella sua bolla personale e non aveva nessuna intenzione di far scoppiare quella situazione.
Perché avrebbe dovuto? Era così a suo agio in quella finta consapevolezza.
“Lee…” lo richiamò Niall, stanco del silenzio protratto da quasi un mese del suo amico “perché non ci parli più?” Chiese tremendamente serio e preoccupato.
Capiva benissimo quello che stava provando Liam Payne, perché era così simile a quello che provava lui ma sapeva che il dolore di Liam era malsano, accentuato, voluto e ottenuto.
Niente di buono.
Sapeva che lo avrebbe portato allo sfacelo e sapeva anche che se il ragazzo non si fosse deciso a combattere, si sarebbe lasciato affogare in quel mare di disperazione.
Liam rimase in silenzio, come ormai accadeva da giorni. Si alzò in piedi dalla panchina, e buttò il mozzicone della sigaretta in uno dei cestini ai lati delle aiuole. Prese a camminare verso casa loro, che distava tre quartieri da lì.
Non volle sapere se Niall lo stesse seguendo, ma ne era certo.
Non sopportava che gli venisse fatta la paternale, l’ultima volta che avevo aperto bocca era proprio per far lite con Zayn, aveva provato delle sensazioni forti. Voleva colpire dritto il suo amico alla mascella, e le parole lo aizzavano contro. Ma lui non era così, lui non era violento e mai lo sarebbe stato.
Sapeva che la rabbia era scaturita dalle parole, dalla sofferenza e allora aveva deciso di non parlare più. Se avesse parlato, sarebbe scattato e avrebbe fatto male a chi non se lo meritava.
“Liam!” Lo richiamò Niall, affrettando il passo e accostandosi accanto.
“Liam per l’amor del cielo, non puoi mandare a puttane tutto” imprecò il biondo, affondando le mani nelle tasche dei jeans.
Liam guardava dritto davanti a se, facendo finta di non ascoltare. Ma questo era, semplicemente una finta.
“Manca anche a me Liam, ma non per questo mi lascio andare. Bisogna reagire, andare avanti. Lo avrebbe voluto anche lei”.
Liam si arrestò di botto e lentamente andò a posare lo sguardo su Niall che si era fermato due passi davanti a lui.
“Tu non sai niente” disse a bassa voce, quasi ringhiando.
Niall negò con la testa e abbassò il capo.
“Io lo so che l’amavi” tornò a parlare Liam, puntandogli un dito al petto “ma non osare farmi la predica. Non ne hai nessun diritto Niall. E se decido di non spiccicare una fottuta parola, lo faccio consapevolmente. Sono cazzi miei. E quando ve lo metterete in quella cazzo di testa tutti quanti, solo allora io potrò iniziare nuovamente a vivere”.
Niall lo guardava, cercava i suoi occhi al di là delle lenti degli occhiali nere.
Ma non c’era bisogno di scommettere di che colore fossero quelle iridi. E non si trattava del colore naturale, ma del rossore attorno alle pupille, delle occhiaie sotto gli occhi e della sofferenza scritta dento.
Rimase in silenzio perché, dopotutto, Liam aveva ragione.
Niall non sapeva il dolore, l’affetto e il legame tra Liam e Alyssa, e non l’avrebbe mai potuto sapere. Ormai Alyssa non c’era più.
Chinò la testa e dopo pochi attimi sentì i passi di Liam allontanarsi da lì.
Alyssa Miller mancava a tutti.
Alyssa Miller mancava tremendamente a Liam Payne.
 
Era arrivato da più di un’ora a casa, era seduto sul divano guardando dritto davanti a se il televisore spento.
Il silenzio lo inondava. Stringeva i pugni sulle ginocchia, prendendo il tessuto dei jeans tra le dita. Stringeva così tanto che un piccolo strattone avrebbe potuto strappare quel pantalone in brandelli.
Quella sensazione, quella rabbia che gli scorreva nelle vene ne era certo, non se ne sarebbe più andata.
Era nervoso, tremendamente instabile e forse Niall aveva ragione, forse doveva parlare con qualcuno, aprirsi. Ma era stupido se l’unica persona con cui voleva parlare non c’era più?
Liam sbuffò esasperato e si prese la testa tra le mani, il silenzio lo opprimeva anche se da un mese era diventato il suo confidente e il suo migliore amico.
I ragazzi sicuramente erano allo stadio per le prove e molto probabilmente non sarebbero tornati a casa prima delle tre di notte.
Il nuovo cd ormai era tra gli scaffali di tutto il mondo, era stato un successo senza eguali e con sé era arrivato il giro del mondo negli stati più famosi del mondo. Diciotto tracce quasi tutte scritte da loro, parecchie erano proprio di quel ragazzo che ancora non aveva trovato il coraggio di ascoltare quel cd.
C’era una traccia, che gli diceva che Alyssa non era stata solo un dolce e amaro sogno. C’era la sua voce lì e se l’avesse ascoltata, non avrebbe retto a tutto ciò.
Il campanello gli fece scattare la testa in alto e volgerla verso la porta.
Non aveva nessuna intenzione di aprire, maggiormente se era qualche giornalista o fan. Rimase seduto lì in attesa di sentire il rumore del cancello chiudersi.
Ma ciò non avvenne. Il campanello suonò per la terza volta e Liam si alzò in piedi per raggiungere la porta d’ingresso. Guardò nell’occhiello e quello che vide lo fece tremare.
Una piccola ragazza, stretta nel suo maglione verde, si guardava attorno circospetta.
Eloise.
Liam fece scattare la serratura e aprì la porta guardando la migliore amica di Alyssa, un po' come se la vedesse per la prima volta.
“Ciao” lo salutò lei, stringendo la borsa sul braccio.
“Ciao El” ricambiò il saluto Liam.
“Posso… posso entrare?” Chiese la ragazza, sbirciando sopra la spalla di Liam.
“Hem, certo” si fece di lato e lasciò entrare quella piccola figura in casa.
Eloise quasi non si riusciva a vedere, piccola com’era, in quell’ambiente. Si disperdeva e Liam si rese conto che gli occhi della ragazza erano spenti e smarriti, proprio come i suoi.
“Non sei insieme agli altri?” Chiese lei, avvicinandosi al divano nel salotto.
Liam rimase in silenzio, sorpassandola e fermandosi pochi passi da lei, incrociando le braccia sul petto.
“No” rispose solamente.
Eloise fece un cenno del capo e si guardò attorno, sperando di trovare qualcosa di familiare.
“Tutto ok?” Chiese Liam guardandola.
Eloise fece un piccolo sorriso e gli si avvicinò.
“Me la cavo e tu Liam?”
Il silenzio che piombò nella stanza era nauseabondo, a nessuno dei due presenti piaceva ma non potevano fare altrimenti, perché tra loro ormai non c’era più quella ragazza che li faceva sorridere e divertire.
“Me la cavo” rispose lui, riprendendo le parole della ragazza.
“Me lo aspettavo” sorrise lei, avvicinandosi al pianoforte nel salotto. Ne sfiorò i tasti scoperti e si voltò a guardare Liam che era rimasto con lo sguardo per terra.
Non gli piaceva guardare quello strumento, non era pronto a suonarlo e non se la sentiva di farsene una ragione. Non ancora.
“Oggi mi è capitata una cosa strana” iniziò Eloise a bassa voce.
“Ero a casa e stavo svolgendo un compito per il college, quando ad un tratto hanno suonato alla porta e un postino mi dava queste” aprì la borsa e ne uscì due buste gialle imbottite.
Si fece avanti e trovò Liam a guardare quegli oggetti.
“Inizialmenteo non avevo capito cosa fossero, c’era il mio e il tuo nome su ogni busta” girò le buste e il ragazzo si rese conto che realmente su di ogni sfondo giallo c’era scritto in corsivo i loro nomi con una penna nera.
“Poi semplicemente ho capito” concluse, allungando la busta di Liam.
Il ragazzo in silenzio la prese e la tastò, era pesante per essere solo una busta delle lettere e se la rigirò tra le mani.
Guardò la sua amica ed Eloise gli sorrise.
“Sai Liam, alle volte la rabbia non basta ad andare avanti. Ci deve essere determinazione e volontà. In questi anni con Alyssa ho capito cosa fosse la caparbietà, cerca di essere quella persona che lei amava, sii come lei”.
Liam rimase in silenzio assorbendo quelle parole, guardò il pianoforte e si rese conto di essere un vigliacco, un inetto e completamente perso.
Eloise gli diede una pacca sulla spalla e si allontanò per andare via.
“El!” La richiamò lui, facendola voltare.
“Cosa avrebbe fatto lei? Cosa avrebbe fatto per non lasciarsi andare?”
La ragazza, la migliore amica di sempre e che sarebbe continuata ad essere per sempre, di Alyssa gli sorrise e guardò la busta gialla.
“Avrebbe vissuto”.
 
Liam aprì la busta gialla e lasciò cadere sul divano bianco il contenuto.
Si sedette accanto e non poteva credere ai suoi occhi.
Due oggetti inanimati lo fissavano.
Uno era un dvd con scritto “1- guardami” e l’altro era un oggetto che conosceva molto bene “2- aprimi”, sentiva il nodo in gola stringersi e il cuore palpitare.
Con mani tramanti inserì il dvd nel televisore e attese che si avviasse.
Il filmato si apriva con l’inquadratura nella sala della musica, le pareti erano come al solito rosse con le scritte nere ed ebbe un tuffo al cuore, ma tutto si aggravò o si calmò quando vide la chioma castana e il sorriso di quella persona.
Credeva di averlo dimenticato, credeva che non lo avrebbe mai più rivisto. Invece lei era lì.
Alyssa si sedette per terra, incrociando le gambe e sorrise alla telecamera.
“Ciao Payne!” Sventolò le mani in direzione dell’obiettivo.
“Come stai? E non dirmi male, perché non accetto questa risposta!”
Liam ridacchiò molto probabilmente per la prima volta dopo tanto tempo ormai. Si portò il palmo della mano sulle labbra tremanti e si perse a guardare quella ragazza che avrebbe voluto stringere ancora una volta, avrebbe voluto sentirne il profumo e avrebbe voluto accarezzare quei capelli ordinati.
Alyssa prese un respiro e giocherellò con le sue dita sottili sorridendo.
“Se stai vedendo questo video, significa che qualcosa è accaduto” riprese alzando lo sguardo all’obiettivo.
“Dio” si coprì il volto con le mani e scosse il capo facendo muovere i capelli “mi sento tanto in imbarazzo” ammise, rialzando la testa ma il sorriso prese il posto ad una espressione seria.
“Ma non importa come mi sento, oggi devo pensare a te tesoro”.
Liam si morse il labbro e per un attimo staccò lo sguardo dalla tv per fissare il muro dietro.
“E’ passato un mese Liam. E probabilmente so come ti senti” continuò portandosi le mani in grembo e allungando le gambe. Non riusciva mai a stare ferma quando si sentiva in imbarazzo.
“Ti sentirai stanco, vero? Non mentirmi” lo accusò sorridendo, puntando un dito alla telecamera.
“Liam, vorrei che le mie parole ti servissero ad andare avanti. Io spero fin da ora che tu possa essere forte e reagire, che tu possa tornare a sorridere presto, e non aspettare così tanto tempo.”
Liam scosse la testa e abbassò lo sguardo colpevole sul tappeto della grande sala.
“Ricordi quando eravamo nella tua stanza ad ascoltare il vostro cd?”
il ragazzo assecondò con la testa, come se lei fosse stata lì davvero.
Lo ricordava, lo ricordava davvero bene. Quel momento in cui il cuore di Alyssa si era aperto per la prima volta.
“Ricordi la mia promessa?”
Gli occhi di Liam si riempirono di lacrime e trattenne il labbro tra i denti per non urlare di disperazione.
Perché gli faceva quello?
Perché lo lasciava ricordare delle cose che mai più avrebbe potuto assaporare?
“Io sarò sempre con te tesoro. Qualsiasi cosa succeda, anche lì con te a un mese di distanza. Mi riesci a vedere Liam?”
Liam scosse la testa, lasciando che le lacrime gli bagnassero le guance.
“Io ci sono Liam. Ci sono nel vento, ci sono nel profumo delle margherite al parco, ci sono nell’arcobaleno nel cielo. Sono accanto a te quando meno ci spererai”.
La voce rotta di Alyssa fece piangere ancora di più Liam che ormai guardava il video sfocato.
Alyssa guardò al soffitto sorridendo e cacciando via quelle lacrime dagli occhi.
“Quanto sono patetica?” Chiese divertita.
“Dovrei rasserenare te e piango io” scosse la testa ma poi tornò a guardare la telecamera sorridendo.
“Non chiuderti in te stesso amore mio, sii forte. Sii caparbio, sii quello che io sarei con te al mio fianco. Non chiuderti in te stesso, non respingere i ragazzi. Anche loro stanno soffrendo, ne sono sicura. Sii quell’ancora di salvezza che sei stato per me.”
Liam sentì il cuore rompersi, capendo di non essere stato tutte quelle cose. Capendo di essere stato l’esatto opposto.
“Me lo prometti?” Domandò Alyssa sorridendo.
“Insieme a questo video ci sarà la mia agenda rossa. La ricordi? I miei desideri.”
Liam abbassò lo sguardo e prese tra le mani quel libricino rosso, rigirandoselo per ammirarlo in ogni angolazione.
“Aprilo, leggi l’ultimo desiderio”.
Liam fece come quella ragazza gli chiedeva e lesse lentamente, come se non volesse credere ai suoi occhi, quella frase.
 
12- vivere
 
“Se non l’ho cancellato non significa che io non abbia vissuto, io ho vissuto più di quello che avrei sperato. Io ho vissuto te, Liam”.
Quest’ultimo sollevò la testa e guardò per l’ultima volta il più grande amore della sua vita che gli sorrideva.
Ne avevano passate troppe insieme, e come un flashback tornò al principio, rivivendo tutto in pochi attimi.
La caduta di Alyssa per averla urtata inconsapevolmente, l’audizione al pianoforte, il gelato sul ponte, il convincerla a collaborare con loro, la stesura della canzone, i desideri, il primo bacio, le litigate, i sorrisi, l’esibizione al pianoforte, sentirsi orgoglioso, l’ospedale, il parco, la verità, il dolore, l’amore, le sorprese, l’appartenersi, i desideri, il mare, loro, insieme.
“Ora tocca a te tracciare quella linea sul mio ultimo desiderio. Perché tu ne sei stato l’artefice Liam, perché mi hai fatto sentire la persona più completa di questo mondo e non semplicemente la malata terminale, mi hai amato e questo lo so. È la certezza che ti farà andare sempre avanti e la mia certezza sarà quella che ce la farai” fece una pausa per riprendere fiato “diventerai una persona magnifica Liam Payne, troverai la felicità e troverai la serenità, ma non sarà niente di cui ti pentirai. Non crucciarti sul mio ricordo, ricordami come una cosa felice, ricordami per l’amore che ci siamo promessi e lasciami andare”.
Il cuore di Liam si strinse al petto soffocato, come se avesse capito che presto avrebbe lasciato la sua forza.
“Prendi in mano la tua vita e vivi. Fai una buona vita amore mio. Un giorno ci troveremo di nuovo e io sarà lì ad aspettarti, alle porte della nostra vita”.
Alyssa sorrise alla telecamera, gli occhi lucidi, le guance rosse e la voglia di combattere.
Ad un tratto lo schermò diventò nero e Liam rimase per alcuni attimi lì a fissarlo.
Glielo doveva.
Doveva trovare la forza di alzarsi e di smetterla di piangere su se stesso. Alyssa non l’avrebbe fatto e lui doveva mantenere una promessa.
Si alzò dal divano, portò con se l’agendina e andò nella sua camera. Rovistò nel cassetto e ne uscì una penna rossa, diversa da quella nera che aveva usato per undici desideri Alyssa.
Deciso, come non mai, tracciò la linea sull’ultimo numero.
“Te lo prometto” sussurrò guardando quel filo rosso.
 
 

In una sera di primavera quattro ragazzi cantavano su di un palco una canzone nel vento.
Il pubblico gridava e acclamava le loro attenzioni.
I quattro ragazzi salutavano e regalavano sorrisi ovunque, contenti di far contente delle altre persone, contenti di essere portatori di felicità e speranza.
In una sera di primavera un ragazzo correva sul palco in ritardo. Sperando di essere in tempo per la sua vita, per il suo perdono.
Liam correva per riprendere quella vita che deve essere vissuta, quella vita che vale la pena conoscere nonostante le difficoltà, nonostante gli ostacoli e nonostante il dolore.
Si bloccò sul palco e sorrise ai suoi amici, perché sapeva che nella vita bisogna avere degli alleati, delle persone che ti aiutano a superare la parte negativa, la parte peggiore. Perché alle volte solo appoggiandosi a qualcuno si può combattere.
Prese in mano il microfono e intonò la canzone ormai avviata.
Guardò su nel cielo di una sera primaverile. Le stelle brillavano sul manto scuro e la luna era compagna del viaggio.
Guardò il cielo e sorrise con le labbra e con il cuore.
Lei ci sarebbe sempre stata. Era una promessa.


 
-Fine-
 

Kumusta miei lettori.
Non ho mai pianto per le cose che scrivo, solitamente mi accade di commuovermi mentre scrivo con la musica adatta nelle orecchie ma poi quando rileggo quello che ho scritto non mi capita mai di piangere. Bhè, non sapevo di oggi.
A distanza di alcune settimane da quando ho finito l'epilogo, mi sono commossa.
Non pensavo che Alyssa mi avrebbe preso così tanto. Abbiamo avuto una relazione travagliata, mi sono resa conto troppo tardi di quanto intricati fossero gli animi dei protagonisti e di quanto difficile è scrivere in un fandom con persone con caratteri già pronti, e quanto lavoro c'è da fare per fargli assomigliare almeno un po' a quello che sono nella vita reale.
A chi mi chiede se avevo già impostato la fine, rispondo che si. Già sapevo che la vita di Alyssa era destinata ad essere questa e non per cattiveria ma perchè so cosa significa. 
Volevo farvi capire di quanto sia preziosa la vita e di quanto vale la pena combattere. Non lasciatevi andare per un non nulla perchè la vita è fatta di battaglie, di pianti ma anche di sorrisi. 
Siate sempre un po' come Alyssa, che si è lasciata andare per tanto tempo ma che alla fine ha deciso di combattere anche per quel piccolo anno che le rimaneva. 
La vita è breve, ma vale la pena di essere vissuta.

Tornando a voi, volevo ringraziarvi. Se potessi lo farei uno per uno ma mi è davvero impossibile. Però, lasciatemelo fare, voglio ringraziare due persone che probabilmente se non ci fossero state avrei abbandonato la barca da moltissimo tempo.
Grazie a Francesca, perchè c'è stata sempre. Ma proprio sempre.
E grazie ad Alessandra, che se non ci fosse stata probabilmente l'epilogo non ci sarebbe mai stato. 
Grazie a tutte quelle persone che hanno continuato a leggere la storia in silenzio ma visto che siamo alla fine, un commento è d'obbligo. Davvero, fatemi sapere tutto quello che ne pensate. Una vostra piccola firma a fine libro. MI fareste davvero super contenta.

E niente, Turn Back Time è ufficialemente finita e per chi voglia, ci rivediamo a settembre con altre storie. 
Buone vacanze e buona vita.

Sempre vostra
-Ilaperla

 

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