Tra la vita e la morte - Il segreto del vampiro (libro primo)

di Conodioeamore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** II CAPITOLO UNA NUOVA CASA ***
Capitolo 3: *** II CAPITOLO: Una nuova casa ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


LISANDRO: Cos’è, amore? Perché sei così pallida? Come mai le rose del tuo volto appassiscono così in fretta?
ERMIA: Forse per mancanza di pioggia, eppure potrei inondarle con la tempesta dei miei occhi.
LISANDRO: Ahimè, da quando ho potuto leggere o udire di racconti o storie vissute, il corso di un vero amore non è mai andato liscio: o c’era differenza di nascita…
ERIMIA: Sventura! Chi è troppo in alto non può legarsi a chi è in basso. LISANDRO: c’era differenza di età …
ERMIA: Dispetto! Chi è troppo vecchio non può unirsi a chi è giovane.
LISANDRO: dipendeva dalle scelte dei parenti…
ERMIA: Inferno! Scegliere l’amore con gli occhi degli altri.
 
(WILLIAM SHAKESPEARE, Sogno di una notte di mezz’estate, ATTO I, SCENA I)



Mi chiamo Lucile Wilkinson ed ho deciso di raccontarvi la mia storia. Di come la mia vita è cambiata quando ha conosciuto Gabriel, il mio migliore amico. Fino a qualche tempo fa avrei creduto che le favole e i racconti dell’orrore non esistessero.
Quando leggevo libri che parlavano di vampiri, demoni e altre creature immaginarie, mi catapultavo nella protagonista. Ma ora so che sono reali. Tutti i racconti che mi diceva mia mamma sul lupo sotto il letto, la brutta fine che ha fatto quella sfigata di cappuccetto rosso, è tutto vero, o in parte, certo non come noi ce li immaginiamo, stile Baffy l’ammazza vampiri, ma quasi.
Sono cresciuta in una vecchia tenuta nella campagna inglese, quindi non ho molta esperienza con il mondo degli umani. La mia famiglia mi ha sempre tenuta segregata dentro il castello. Eppure per una strana ragione ci siamo dovuti trasferire urgentemente.
Abbiamo abbandonato la nostra casa dal giorno alla notte e nessuno mi ha dato una spiegazione. Ho soltanto sentito di sfuggita il consigliere di mio padre dare l’allarme.
Poi hanno iniziato ad urlare: «Gli Hunters sono qui.»
Gli Hunters sono i cacciatori di vampiri. Coloro che ci hanno creato migliaia di anni fa. Ora, invece, sono incaricati di mettere fine alla nostra esistenza, perché non tollerano più che i vampiri hanno il controllo su molte cose.
Durante la fuga sono rimasti uccisi molti dei nostri sudditi. Quindi ormai siamo quasi senza difese. Non abbiamo nemmeno avuto l’occasione di dare loro una degna sepoltura.
Dicono che siamo noi i mostri, ma a me sembra il contrario. Non riesco a spiegarmi per quale motivo, ci disprezzino così tanto. In fondo sono nostri creatori. Anche se loro hanno poteri che superano al di là quelli nostri. Sono degli angeli, e come tali hanno il compito di rappresentare il Bene.
Mentre noi, secondo loro, rappresentiamo il male perché ci nutriamo di sangue. Sfugge loro un piccolo passaggio, e cioè che non abbiamo chiesto noi di essere trasformati in dei mostri che si cibano di sangue umano.
Volevano creare degli esseri che fossero come loro. Pari in bellezza, forza e in poteri. Ci hanno anche donato l’immortalità. Però qualcosa è andato storto. Perché appena crearono i primi esemplari, quest’ultimi iniziarono a commettere un omicidio dopo l’altro.
Così gli Angeli decisero di dare loro la caccia. Alcuni sono stati massacrati, mentre altri si nascosero ed iniziarono a trasformare altra gente.
Furono soltanto in sei a salvarsi. Quei sei, essendo i più antichi vampiri al mondo, eressero un proprio governo. Istaurarono delle leggi che ogni creatura della notte avrebbe dovuto rispettare, altrimenti pena la morte.
Una delle famiglie più antiche è la mia. La famiglia reale. 
 

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Capitolo 2
*** II CAPITOLO UNA NUOVA CASA ***


La nuova residenza non è affatto male. Devo ammettere che supera di gran lunga le mie aspettative. Credevo che saremmo andati a vivere in un appartamento, invece no. È una casa semplice che nonostante la facciata impeccabile e gli infissi tinteggiati di fresco ha un aspetto molto antico. Ci vengono incontro due signorine che ci salutano educate e molto gentilmente, prendono le nostre borse. La porta si apre con un ronzio e ci ritroviamo davanti una stanza luminosa, simile in tutto e per tutto ad un atrio. Anzi, è un atrio. Io ed Eléa ci guardiamo intorno sbalordite. È completamente diverso dal palazzo dove siamo cresciute. In questa nuova residenza si respira un’aria diversa dal solito. È più pulita, ti mette di buon umore. Immediatamente sul mio viso compare un ampio sorriso. «Ti piace, principessa?» mi domanda papà. Io mi volto verso di lui con il sorriso ancora stampato sulle labbra. «Sì, è veramente fantastica.» Non avrebbe potuto scegliere residenza migliore. Preferisco questa al castello dove sono cresciuta, benché questa sia molto più piccola. «Vi mostro il castello» ci dice una delle due giovani donne. Veniamo accompagnati su per una scala e lungo un corridoio tortuoso con molti angoli di quarantacinque gradi e di tanto in tanto un paio di gradini in su o in giù. Il panorama dietro le poche finestre che oltrepassiamo è sempre diverso: a volte un grande giardino, oppure il proseguimento dell’edificio o ancora un piccolo cortile. È un percorso interminabile, su pavimenti di legno o di pietra a mosaico, oltre numerose porte chiuse, sedie collocate lungo le pareti, dipinti a olio, librerie piene di volumi rilegati in pelle, statue e armature equestri. Sembra un museo. Una volta finito il giro, i miei genitori decidono di riunirci tutti quanti nella sala rivestita di legno scuro. Anche il soffitto è fatto di legno scuro e ogni superficie è decorata con artistici bassorilievi in parte colorati. Pure i mobili sono scuri e imponenti. L’ambiente potrebbe risultare buio e opprimente, ma dalle grandi finestre lungo un lato, affacciate su un giardino fiorito, la luce del giorno inonda la stanza. A mia madre non sembra piacere gran che questa residenza. Meglio. Qualunque cosa che a lei non piace, automaticamente io la adoro. Solo per puro spirito di contraddizione. Vanille definirebbe la nuova casa: «un rispettabile palazzo» per via delle numerose stanze, i quadri, i pennelli in legno e le antichità che la riempiono. Da piccole ci piaceva avventurarci in esplorazione ogni volta che veniva a trovarmi. Il fatto poi che fosse severamente proibito ficcanasare in giro rendeva la cosa ancora più intrigante. Sviluppammo strategie sempre più raffinate per non farci scoprire da mia madre o dal mio precettore. Negli anni individuammo diversi scomparti segreti e addirittura una porta segreta che affacciava su una biblioteca piena di antichi volumi. Si trovava nel sottoscala, dietro un dipinto ad olio che ritraeva un cavaliere dallo sguardo torvo, che impugnava una spada. Guardo gli oggetti intorno a me. «Non è affatto male» commenta mia cugina. Anche a lei questa casa piace. Sono sollevata, perché di sicuro mia madre non si metterà a sollevare una discussione sulla scelta del mobilio, se anche ad Eléa piace. Dopo qualche secondo, nella sala fanno il loro ingresso il resto del consiglio ristretto di mio padre con le loro rispettive famiglie (o quel che ne rimane.) Il consigliere, Anselm Cavendish, affiancato dal figlio Rufin. Un ragazzo di diciassette anni con i capelli castani e i riflessi rossi ed occhi marroni. Xavier Gascoyne, Nestore Hinchinghooke, Odicon Lennox, Vasianos Hamilton, il fratello di mia madre. Appena varcano la soglia del salone, si inchinano al cospetto di mio padre. Mi faccio strada tra gli uomini, per cercare Vanille e Pierre, però non li vedo. «Dove sono Pierre e Vanille?» domando a Rufin. Il ragazzo ha sempre avuto un comportamento alquanto distaccato con me e per questo mi è risultato sempre alquanto antipatico. «Sono in giardino» mi risponde secco. Sorrido e mi avvicino ai miei genitori, che intanto avevano iniziato a parlare con gli altri vampiri. «Papli, posso uscire in giardino dagli altri?» gli domando. Papli si guarda intorno, alla ricerca degli altri ragazzi. Poi mi risponde con un: «D’accordo.» «Fantastico!» esordisco. Come è suo solito, mia madre deve rovinare tutto. «Lucile, le buone maniere! Per l’amor del cielo!» mi riprende. «Rufin, Eléa andate con lei.» «Come desiderate, mia regina» le risponde Rufin, poggiando una mano all’altezza del cuore ed inchinandosi al cospetto dei miei genitori. Mi affretto ad uscire in giardino e vado a raggiungere Vanille e Pierre. Quest’ultimo indossa un completo nero, in tinta con i suoi capelli. Neri come le piume dei corvi. I suoi occhi sono di un azzurro così intenso che mette paura. Mi sorride con uno dei suoi sorrisi dolci e sereni. È il mio migliore amico sin dall’infanzia. Anzi, il mio unico amico, se escludiamo Vanille ed Eléa. I miei genitori, in accordo con il padre, hanno deciso perfino di farci sposare, un giorno. Non che mi dispiaccia, anzi. Voglio molto bene a Pierre, credo di avere perfino una cotta per lui. È solo che l’idea di vederci sposati mi spaventa un poco. Un giorno sarò la sovrana della stirpe della notte, e accanto a me avrò Pierre. Sembra tutto così tenebroso e romantico, al tempo stesso. «Lucy!» esordisce Pierre non appena mi vede. Gli ricambio il sorriso. I raggi del sole di metà gennaio, rendono gli alberi del giardino ancora più spogli di quanto non lo siano già. Non c’è neve, al contrario di Londra. Ma qui siamo a Roma, e il clima è decisamente diverso. Gli vado incontro e lo abbraccio. «Pierre, finalmente sei arrivato!» Lui, per tutta risposta, mi afferra al volo e mi alza, facendomi roteare per aria. Entrambi scoppiamo a ridere come due ragazzini di dieci anni. Non sembriamo per niente una coppia di promessi coniugi. Il che è alquanto strano, perché è quello che dovremmo sembrare.

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Capitolo 3
*** II CAPITOLO: Una nuova casa ***


La nuova residenza non è affatto male. Devo ammettere che supera di gran lunga le mie aspettative. Credevo che saremmo andati a vivere in un appartamento, invece no. È una casa semplice che nonostante la facciata impeccabile e gli infissi tinteggiati di fresco ha un aspetto molto antico. Ci vengono incontro due signorine che ci salutano educate e molto gentilmente, prendono le nostre borse. La porta si apre con un ronzio e ci ritroviamo davanti una stanza luminosa, simile in tutto e per tutto ad un atrio. Anzi, è un atrio. Io ed Eléa ci guardiamo intorno sbalordite. È completamente diverso dal palazzo dove siamo cresciute. In questa nuova residenza si respira un'aria diversa dal solito. È più pulita, ti mette di buon umore. Immediatamente sul mio viso compare un ampio sorriso. «Ti piace, principessa?» mi domanda papà. Io mi volto verso di lui con il sorriso ancora stampato sulle labbra. «Sì, è veramente fantastica.» Non avrebbe potuto scegliere residenza migliore. Preferisco questa al castello dove sono cresciuta, benché questa sia molto più piccola. «Vi mostro il castello» ci dice una delle due giovani donne. Veniamo accompagnati su per una scala e lungo un corridoio tortuoso con molti angoli di quarantacinque gradi e di tanto in tanto un paio di gradini in su o in giù. Il panorama dietro le poche finestre che oltrepassiamo è sempre diverso: a volte un grande giardino, oppure il proseguimento dell'edificio o ancora un piccolo cortile. È un percorso interminabile, su pavimenti di legno o di pietra a mosaico, oltre numerose porte chiuse, sedie collocate lungo le pareti, dipinti a olio, librerie piene di volumi rilegati in pelle, statue e armature equestri. Sembra un museo. Una volta finito il giro, i miei genitori decidono di riunirci tutti quanti nella sala rivestita di legno scuro. Anche il soffitto è fatto di legno scuro e ogni superficie è decorata con artistici bassorilievi in parte colorati. Pure i mobili sono scuri e imponenti. L'ambiente potrebbe risultare buio e opprimente, ma dalle grandi finestre lungo un lato, affacciate su un giardino fiorito, la luce del giorno inonda la stanza. A mia madre non sembra piacere gran che questa residenza. Meglio. Qualunque cosa che a lei non piace, automaticamente io la adoro. Solo per puro spirito di contraddizione. Vanille definirebbe la nuova casa: «un rispettabile palazzo» per via delle numerose stanze, i quadri, i pennelli in legno e le antichità che la riempiono. Da piccole ci piaceva avventurarci in esplorazione ogni volta che veniva a trovarmi. Il fatto poi che fosse severamente proibito ficcanasare in giro rendeva la cosa ancora più intrigante. Sviluppammo strategie sempre più raffinate per non farci scoprire da mia madre o dal mio precettore. Negli anni individuammo diversi scomparti segreti e addirittura una porta segreta che affacciava su una biblioteca piena di antichi volumi. Si trovava nel sottoscala, dietro un dipinto ad olio che ritraeva un cavaliere dallo sguardo torvo, che impugnava una spada. Guardo gli oggetti intorno a me. «Non è affatto male» commenta mia cugina. Anche a lei questa casa piace. Sono sollevata, perché di sicuro mia madre non si metterà a sollevare una discussione sulla scelta del mobilio, se anche ad Eléa piace. Dopo qualche secondo, nella sala fanno il loro ingresso il resto del consiglio ristretto di mio padre con le loro rispettive famiglie (o quel che ne rimane.) Il consigliere, Anselm Cavendish, affiancato dal figlio Rufin. Un ragazzo di diciassette anni con i capelli castani e i riflessi rossi ed occhi marroni. Xavier Gascoyne, Nestore Hinchinghooke, Odicon Lennox, Vasianos Hamilton, il fratello di mia madre. Appena varcano la soglia del salone, si inchinano al cospetto di mio padre. Mi faccio strada tra gli uomini, per cercare Vanille e Pierre, però non li vedo. «Dove sono Pierre e Vanille?» domando a Rufin. Il ragazzo ha sempre avuto un comportamento alquanto distaccato con me e per questo mi è risultato sempre alquanto antipatico. «Sono in giardino» mi risponde secco. Sorrido e mi avvicino ai miei genitori, che intanto avevano iniziato a parlare con gli altri vampiri. «Papli, posso uscire in giardino dagli altri?» gli domando. Papli si guarda intorno, alla ricerca degli altri ragazzi. Poi mi risponde con un: «D'accordo.» «Fantastico!» esordisco. Come è suo solito, mia madre deve rovinare tutto. «Lucile, le buone maniere! Per l'amor del cielo!» mi riprende. «Rufin, Eléa andate con lei.» «Come desiderate, mia regina» le risponde Rufin, poggiando una mano all'altezza del cuore ed inchinandosi al cospetto dei miei genitori. Mi affretto ad uscire in giardino e vado a raggiungere Vanille e Pierre. Quest'ultimo indossa un completo nero, in tinta con i suoi capelli. Neri come le piume dei corvi. I suoi occhi sono di un azzurro così intenso che mette paura. Mi sorride con uno dei suoi sorrisi dolci e sereni. È il mio migliore amico sin dall'infanzia. Anzi, il mio unico amico, se escludiamo Vanille ed Eléa. I miei genitori, in accordo con il padre, hanno deciso perfino di farci sposare, un giorno. Non che mi dispiaccia, anzi. Voglio molto bene a Pierre, credo di avere perfino una cotta per lui. È solo che l'idea di vederci sposati mi spaventa un poco. Un giorno sarò la sovrana della stirpe della notte, e accanto a me avrò Pierre. Sembra tutto così tenebroso e romantico, al tempo stesso. «Lucy!» esordisce Pierre non appena mi vede. Gli ricambio il sorriso. I raggi del sole di metà gennaio, rendono gli alberi del giardino ancora più spogli di quanto non lo siano già. Non c'è neve, al contrario di Londra. Ma qui siamo a Roma, e il clima è decisamente diverso. Gli vado incontro e lo abbraccio. «Pierre, finalmente sei arrivato!» Lui, per tutta risposta, mi afferra al volo e mi alza, facendomi roteare per aria. Entrambi scoppiamo a ridere come due ragazzini di dieci anni. Non sembriamo per niente una coppia di promessi coniugi. Il che è alquanto strano, perché è quello che dovremmo sembrare.

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