The winding road to our destiny

di elev
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***
Capitolo 3: *** Parte 3 ***



Capitolo 1
*** parte 1 ***


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Parte 1

 

 

"FLASHBACK al 19 settembre, Crash Down:

TURISTA: “Signorina, mi scusi se glielo chiedo ma… qualche membro della sua famiglia ha testimonianze riguardo l’incidente dell’UFO?”

LIZ: “Uhm, forse dovrei mostrarvi questa…”

(Liz estrae una fotografia sbiadita in bianco e nero raffigurante il corpo di un marziano, Maria la guarda e scuote la testa e con la caraffa del caffè in mano raggiunge un tavolo dove due uomini che stanno discutendo.)

MARIA: Ancora caffè?

Uomo#1: No, vattene!

LIZ: Mia nonna scattò questa fotografia sul punto dell’impatto prima che il governo facesse sparire tutte le prove…

Jennifer (turista #2): Chi altro è a conoscenza dell’esistenza di questa immagine?

LIZ: lo so io ed ora anche voi….

Jennifer: Woah!

LIZ: torno subito da voi, non mostratela a nessuno, mi raccomando!

Jennifer (turista#2): No....

(Liz e Maria si dirigono verso il bancone)

MARIA: Che truffatrice che sei! Oh, e Max Evans ti sta fissando di nuovo.

LIZ: Non fare congetture, Maria! È solo una tua invenzione!

[Liz rivolge lo sguardo verso Max seduto ad un tavolo in fondo al locale con Michael. Max alza gli occhi, la guarda velocemente e riabbassa lo sguardo.]

LIZ: Max Evans? Quello con quelle fossette… no…!.

MARIA: e con quegli occhi dolci ?!.

LIZ: Maria!!

LIZ: Anche se fosse io esco con Kyle! Kyle è leale, mi apprezza e….

MARIA: sembra che stai parlando di un barboncino!

(al tavolo la lite aumenta e uno dei due uomini estrae la pistola)

MARIA: Liz!!

(tutti i presenti si buttano a terra tranne Liz che cade a terra raggiunta da un proiettile)

MARIA: Liz......

[Max vede Liz a terra e corre da lei per aiutarla,

Michael tenta di fermarlo)

MAX: Lasciami!

MICHAEL: Max, che cosa vuoi fare?

MAX: [a Maria]: Chiama un’ambulanza!

[Max apre la divisa di Liz, il sangue esce abbondante dal ventre]

MAX: Andrà tutto bene…

Jennifer (Turista #2): Oh mio dio!

MICHAEL: andate via!

MAX: Liz, LIZ! Devi guardarmi ora, Liz, guardami!

[Liz apre lentamente gli occhi e lo guarda. Lui posa una mano sulla ferita e la guarisce]

MAX: Ora è tutto a posto, stai bene.

MICHAEL: Dammi le chiavi, Max!

[Max gli lancia le chiavi della Jeep, rompe una bottiglia di Ketchup e la versa sul ventre di Liz]

MAX: Hai rotto una bottiglia di Ketchup quando sei caduta a terra. Non dire niente a nessuno, ti prego!”

 

***

 

 


 

"Liz, ci sei?"

La ragazza chiuse il diario, lo posò sul bracciolo della sedia, si affacciò al terrazzo e sorrise.

“Ciao!”, Disse dolcemente.

“Disturbo?”

“Affatto, sali!” Lo invitò raggiante.

Si erano visti poche volte fuori dalla scuola prima della sparatoria al Crash Down[1], quando Max Evans l’aveva salvata da morte certa. Le cose erano cambiate velocemente e ora anche lei, l’insospettabile sedicenne Liz Parker, comune studentessa di Roswell New Mexico, aveva un segreto da nascondere.

Qualche giorno dopo la sparatoria, sul ventre di Liz era apparsa una strana impronta argentata che - benché fosse sparita qualche tempo dopo- Kyle Valenti, il capitano della squadra di football della scuola, aveva casualmente fatto a tempo a scoprire una sera che aveva riaccompagnato a casa la ragazza. Prima che la presenza di quel Max Evans scombinasse i suoi piani e prima che il comportamento di Liz nei suoi confronti era cominciato a cambiare. A Kyle, Evans, non era mai piaciuto e ora che per colpa sua Liz lo aveva mollato, avrebbe volentieri evitato di incontrarlo anche solo per caso nei corridoi della scuola. Da quando suo padre aveva iniziato ad indagare su alcune fotografie che raffiguravano il cadavere di un uomo morto nel 1969 marchiato con l’impronta argentata di una mano all’altezza del cuore, aveva cominciato a stargli alla larga come gli aveva raccomandato suo padre benché preoccupato per l’incolumità di Liz.

I sospetti dello sceriffo su ciò che era successo durante la sparatoria e subito dopo, l’aveva portato ad interrogare tutti gli studenti della West Roswell presenti al Crash Down quella mattina. Max e Michael, d'altronde erano stati visti da alcuni turisti uscire dal locale e partire con la Jeep. Il fronte comune delle versioni raccontate a Valenti li aveva, in un certo senso, uniti tacitamente. Una forza magnetica aveva cominciato ad attrarla verso quel ragazzo così enigmatico malgrado quella sera al Crash Festival[2], l’avesse avvertita che “erano diversi” e che pur avendo tanto desiderato che ci fosse qualcosa in più tra di loro, non avrebbero mai potuto mettersi insieme. La loro amicizia, in bilico sul precipizio di un’ardente e nascosta passione a cui nessuno dei due avrebbe potuto cedere, li aveva portati a frequentarsi più spesso. Che fosse per una bibita al Crash Down dopo la scuola quando Liz e Maria erano di turno oppure per qualche ricerca sul loro passato “particolare”. Da qualche giorno, ogni incontro casuale dopo gli incidenti della festa alla vecchia fabbrica di sapone, le provocava una strana sensazione alla bocca dello stomaco facendola sentire eccitata e preoccupata ma allo stesso momento felice. Le visite serali di Max sul terrazzo, ogni volta che doveva parlarle di qualche cosa di importante la rendevano particolarmente appagata. Questa era una di quelle occasioni.

Max la raggiunse velocemente salendo la piccola scala anti incendio.

“Sei un fulmine…”

“E che ci vuole?”. Liz lo trascinò per un braccio controllando la finestra della sua stanza “puoi rimanere solo pochi minuti…”

“Senti… io volevo… volevo dirti che ho pensato a lungo all’altra sera…”

“Anch’io” rispose Liz sognante.

“Quando ho visto lo sceriffo trascinarti via per interrogarti mi sono sentito morire! Il fatto di conoscermi ti ha incasinato la vita…” Max la fissò con espressione colpevole.

“No, al contrario!” Rispose la ragazza con decisione.

“Ne sei proprio sicura?”

“Sicurissima!” Sorrise.

“Allora vado...”

Liz si rabbuiò improvvisamente. “Perché?”

“Perché se non andassi le cose cambierebbero...”

“Cambiare come?...” Chiese incuriosita la ragazza sorridendo a due centimetri dal viso del ragazzo.

“Dovrei toccarti i capelli che sono cosi morbidi”, disse spostandole una ciocca dietro l’orecchio. “Dovrei dirti che non mi importa dove andremo a finire perché sarò con te...”

“...nient'altro?”

“Dovrei fare questo....” Max annullò la distanza e la baciò timidamente per poi staccarsi subito dopo.

Liz sorrise, tirò a sé il ragazzo con decisione aggrappandosi alla t-shirt e rispose al tocco prendendogli le labbra tra le sue in un bacio appassionato. Lui la abbracciò stretta carezzandole le spalle con i palmi delle mani mentre le labbra si schiudevano alla scoperta di una nuova, sconosciuta e pericolosa passione. Liz si inebriò di quel calore meraviglioso a cui non avrebbe mai più voluto rinunciare.

 

 

****

 

 

“Liz ti senti bene?” Chiese Maria all’amica. La fissava mentre puliva il bancone ininterrottamente da mezz’ora. Ormai l’acciaio era diventato uno specchio.

“Uh huh”, rispose l’altra con lo sguardo perso nel vuoto davanti a sé stringendo lo strofinaccio.

“Pronto?! Terra chiama Liz!” Insisté Maria inarcando un sopracciglio. “Liz, quella macchia ormai è pulita! Mi vuoi dire che succed…”

La campanella della cucina la richiamò all’ordine interrompendo la conversazione, se tale si poteva definire. Maria De Luca abbandonò momentaneamente Liz incantata e si diresse, scuotendo la testa, verso la cucina.

La ragazza si sporse verso l’interno. Michael, con grembiule e bandana si passò il braccio sulla fronte “stupida griglia!” Inveì. Poi, con un gesto della mano “modificò la struttura molecolare[3]” (era così che amava definire il suo potere) dell’Hamburger bruciacchiato facendolo tornare normale.

“Ehi! Che cavolo stai facendo?!” Esclamò Maria afferrando il piatto pronto. Michael, che fino a quel momento era rimasto girato di spalle, si voltò con un’ espressione sfrontata, la fissò per un istante ed esclamò “cuocio gli hamburger non vedi?”

“Hu huh, non hai ancora imparato a non bruciarli a quanto vedo!”. Maria lo rimproverò agitando il dito verso la griglia su cui dei nuovi pezzi di carne stavano anch’essi per incenerire. “Non puoi continuare a rimediare i tuoi pasticci usando i tuoi poteri.”

“Ah sì? E chi lo dice?”

“Te lo dico io!” Lo zittì la bionda avvicinandosi minacciosamente a lui con il viso. “Michael, hai messo di nuovo la maionese sugli “anelli di saturno[4]” che avevo ordinato senza! Muoviti ragazzo dello spazio, le ordinazioni aumentano e i clienti aspettano!”

“Cerchi di nuovo di farmi diventare perfetto stile “Max-mister-responsabilità”? Perché non esci con lui visto che ti piace tanto?” Michael abbassò lo sguardo incontrando gli occhi della ragazza ormai ridotti ad una fessura.

“Non sto cercando di farti diventare…oh, al diavolo!” Maria alzò le mani al cielo “Mi farai impazzire…”

“Oh sì…stasera da te? Potremmo riprendere il discorso di oggi nella stanza dei cancellini…” Chiese Michael con un sorrisetto soddisfatto e le braccia incrociate al petto.

“Chiudi la bocca!”

“Sei tu che insisti sempre con questa storia del dialogo…”, protestò il ragazzo.

“E comunque non ti ho ancora perdonato per aver baciato quella C—“ il nome le morì in gola.

“Se non l’avessi fatto non avremmo scoperto che era una skin[5]!”

“Non mi interessa!” Urlò Maria arrabbiata, “sei stato con lei, Michael!”

“Ti ho già spiegato com’è andata, cosa vuoi ancora?! I fiori e il bagno schiuma in regalo? Beh scordatelo Maria! Non diventerò un romantico principe azzurro perfettino come Max!”

“Chiudi il becco cretino, e torna al lavoro!”

“Max non è un perfettino!” La voce di Liz precedette la sua comparsa sullo stipite della porta. “Volete piantarla di criticarlo voi due?” Aggiunse poi, concentrandosi per rimanere seria abbastanza da sembrare offesa. “Lui è…”, gli occhi sognanti e lucidi la tradirono. Pensare a Max la trasformava automaticamente in una versione di sé raggiante e luminosa di luce propria.
“Sì lo sappiamo… Max è Max”, dissero in coro Maria e Michael. “E comunque Miss Parker noi due dobbiamo parlare, tu non sei normale!”
“Maria! Io non mi sento affatto normale!” Affermò la Parker con un grande sorriso. Maria trascinò Liz per il grembiule fuori dalla cucina “Ok, ok, è stato il bacio del secolo ma ci sono trenta clienti che aspettano là fuori e prima che tu muoia per autocombustione perché non sei con lui a fare… altri esperimenti sulle tue visioni cosmiche, ho bisogno di te per servire, non puoi abbandonarmi!”

“Io credo invece che dovrebbero andare avanti per scoprire di più…” Disse Michael ancora affacciato alla finestrella con entrambe le braccia appoggiate sul davanzale.
“Ancora tu?” Maria, scocciata, si voltò e fissò quelle braccia muscolose arrossendo per un attimo.
“I- io non credo che…” rispose Liz imbarazzata e le guance le si colorano di rosso porpora.
“Tranquilla, amica” ribadì Michael serafico, “gliene ho già parlato stamattina, dopo che sono venuto a sapere di quei flash sul punto d’impatto!”
“Michael!”, Maria lo fulminò con lo sguardo.
“No, Liz tu non farai nulla, ti prego!” Implorò l’amica scuotendola per le spalle con entrambe le mani.
“E dai! È un esperimento scientifico no? Vi presto il mio appartamento e…”, ammiccò Michael dietro di lei.
“Ah ecco spiegato perché volevi venire a casa mia, vero Michael?”, Ridacchiò Maria.

“I- io devo andare, i clienti….” Liz fu improvvisamente invasa da una incontrollabile sensazione di calore. Di immenso calore. Si precipitò a grandi passi fuori dalla cucina servendo più “anelli di saturno” ed “esplosioni aliene” in quella mezz’ora che durante tutta la giornata e cercando di dimenticare i discorsi di poco prima e soprattutto il volto di Max che s’illuminava quando entrava nel locale e la notava da lontano.

***

Era quasi sera quando le scorte di frutta per i frullati finirono e Liz entrò nel magazzino sul retro del Crash Down. Due minuti dopo uscì all’indietro tenendosi aperta la porta con una spalla. Fu in quel momento che urtò contro qualcosa o meglio qualcuno. La frutta le cadde a terra e fu invasa di nuovo da quella strana sensazione che provava quando era con… “Max!! I-io facevo soltanto scorta di…” Liz si inginocchiò a terra cercando di raccogliere i frutti più velocemente possibile.

“Tutto bene?”
“C-certo, perché?”, Rispose la ragazza stringendo più forte la bacinella tra le braccia e cercando di evitare quegli occhi magnetici che la fissavano sorpresi.
“Spero non sia colpa mia, insomma…ti ho spaventata?!” Chiese il ragazzo con voce dolce ma preoccupata.
“N-no… Max che dici! Sono io che… oggi sono un vero disastro”, si rialzò e Max le porse l’ultima fragola sfiorandole leggermente le dita. Liz deglutì.
“C-che cosa c’è Max? In definitiva… perché sei qui?”
“Uhm n-noi non abbiamo più parlato dopo… dopo quella sera sul terrazzo quando…” “Ci siamo baciati?” Liz completò la frase fermandosi in piedi di fronte a lui. “Max!”, sorrise “Non ti preoccupare, io sto bene!”
“Beh allora… ne sono felice”, Max sorrise leggermente poi tornò serio. Lei sollevò lo sguardo: lui la stava guardando con un’ intensità tale da farle accelerare i battiti del cuore.
“Ci sarebbe dell’altro…”
“R-Riguarda quello che ho visto quando mi hai salvata al crash down quel giorno e l’altra sera quando ci siamo baciati vero?” Chiese titubante.
“Liz, sei sicura di volerlo sapere…?”
“Certo! Ma è una cosa normale che io veda certe cose… quando…”
“Quando ci baciamo?” Max la guardò imbarazzato. Liz annuì impercettibilmente.

Liz, io non leggo nel pensiero, ma quando ti ho guarita quel giorno ho stabilito un collegamento con te e mi è apparsa una sequenza di immagini... prima mi è apparso il tuo viso, poi tu con quel vestito con le conchiglie e ho capito cosa provavi.”

“Quel… quel vestito lo mettevo veramente, l’avevo completamente dimenticato! Ommioddio! Max, ma è terrificante! Mia madre insisteva per farmelo indossare e…”
“Eri così piccola e… tu te ne vergognavi vero?” Concluse Max teneramente.
“È stato il giorno più imbarazzante della mia vita fino a questo momento…” strillò Liz coprendosi gli occhi con le mani.
“Senti Liz, io… io…non ci ho mai provato prima, ma... forse posso invertire il collegamento, e così tu vedrai me, sentirai i miei pensieri.
Ora devo toccarti...
Rilassati, e cerca di liberare la mente.”

Max posò delicatamente i palmi delle mani sulle tempie della ragazza e la guardò intensamente negli occhi. Poco dopo Liz si sentì avvolgere da un fascio splendente di luce in cui le apparve un cielo stellato, poi la stessa meravigliosa galassia violacea che le era apparsa quando si erano baciati la prima volta. Si avvicinò ad essa e le comparve il viso di un bambino, quello che probabilmente poteva essere lui quando lei l’aveva conosciuto in terza elementare. Ora lo riconobbe. La stava osservando mentre rideva insieme alla sua amica Maria davanti alla scuola. In seguito i suoi timidi sguardi mentre la osservava da lontano, la sua espressione sconvolta mentre la notava a terra in una pozza di sangue e poi il calore della sua mano che la riportava in vita quel giorno al Crash Down. Riusciva a sentire tutto quello che lui stava provando... a percepire la sua solitudine...per la prima volta vide chi era realmente Max Evans, e vide sé stessa come lui la vedeva…e la cosa più sorprendente era che ai suoi occhi era... bellissima.

“Ha funzionato?”
Liz inspirò profondamente ma l’aria quasi le bruciò i polmoni, annuì sconvolta e incantata. Gli occhi lucidi di lacrime tradirono la sua commozione. Era entrata nel suo cuore.
“Scusami… ti senti bene? Dovevo chiederti una cosa Liz, ma… forse è meglio che io vada….”, si diresse verso l’uscita del magazzino.
“NO!” Esclamò d’improvviso, con voce arrochita… “ehm cosa dovevi chiedermi Max…?” Disse in un soffio… avvicinandosi e posando una mano sopra alla sua appoggiata sulla maniglia della porta.
“Liz…io… io non so se sia veramente la cosa giusta ma… Michael e Isabel dicono che dovremmo andare avanti per scoprire di più su questi flash, insomma magari potremmo vedere qualcosa in più…e scoprire qualche cosa del posto da cui proveniamo.”
“Michael e Isabel?! E tu Max? Tu cosa pensi?”
“Io… Liz non posso chiederti tutto questo!”
“È importante per te Max. Mi fido di te.”
“Non faremo niente senza deciderlo insieme!” Gli occhi ambrati di Max, prima bassi, si posarono nuovamente sulle sue labbra rosee facendola arrossire leggermente.
“Max…” mormorò Liz stringendo ancor più la mano del ragazzo sotto la sua. L’intensità del suo sguardo su di lei le provocò di nuovo quella strana sensazione di vuoto sotto i piedi e un buco nello stomaco. Sbatté le ciglia per un momento e scosse la testa, “sono venti minuti che sono chiusa in questo magazzino…” sorrise “forse sarebbe meglio uscire prima che mio padre o Maria ci trovino…”
Max annuì roteando gli occhi dispiaciuto da quella “interruzione”. “Ci vediamo stasera…”
Liz sorrise al pensiero di passare la serata con Max, poi trattenne una risata mordendosi le labbra immaginando l’espressione sconvolta di Maria se le avesse rivelato quanto le era appena successo.
“A stasera”, aggiunse poi, mentre lo guardava uscire dalla porta sul retro.

Il resto del pomeriggio trascorse così lentamente che Liz desiderò di avere il potere di far scorrere il tempo più velocemente a tal punto che le bruciarono gli occhi e il suo cuore prese a battere tanto rapidamente da farle girare la testa. Fissò per l’ennesima volta l’orologio appeso al muro del Crash Down e fu tentata di spostare manualmente le lancette. Alla fine del turno raccontò a suo padre che quella sera avrebbe dovuto studiare per un importante test di scienze. Senza dargli il tempo di replicare uscì di corsa dal locale sfilandosi quel ridicolo grembiule verde.

Chiamò Maria sul cellulare camminando avanti e indietro per la stanza ma non ottenne risposta. Nemmeno i sali che le aveva prestato funzionarono. Poco dopo aprì tremolante il rubinetto della doccia prendendo dei respiri profondi e regolari. L’acqua tiepida che le scorreva sul corpo la fece rilassare quel tanto da sentirsi pronta per quel… come avrebbe dovuto considerarlo? Appuntamento? Lei e Max non erano mai usciti…ufficialmente, Serata con un amico? Erano davvero solo amici? Squallido test scientifico? Liz lisciò il tessuto della gonna poi strinse entrambe le mani in un pugno e respirò profondamente dirigendo lo sguardo verso la finestra che dava sul terrazzo. L’ondata di eccezionale caldo di quei giorni stava passando e la brezza notturna di Roswell, New Mexico le mosse leggermente i capelli.

Liz infilò un golfino e uscì dalla finestra scavalcando il davanzale. Scese abilmente la scaletta anti incendio e si diresse a passo sostenuto verso l’appartamento di Michael.

Da quando era fuggito dalla topaia in cui viveva con quell’alcolizzato di Hank e aveva chiesto aiuto a Phil Evans –il padre di Max e Isabel- per poter ottenere l’emancipazione e vivere da solo, l’appartamento di Michael era spesso il punto di ritrovo dei cinque ragazzi. Cosa avrebbe scritto sul suo diario domani? “Tre dicembre, sono Liz Parker e… l’ho appena fatto la prima volta con un alieno?” Al solo pensiero di scrivere davvero quella frase si sentì improvvisamente…. Felice. Poi realizzò che era arrivata all’appartamento, era in piedi davanti alla porta da almeno tre o quattro minuti e cominciò a sudare freddo.

Dei passi si avvicinarono alla porta che si aprì poco dopo. “È arrivata!” Disse una voce rivolgendosi alle altre due persone all’interno dell’appartamento. “Come stai?” Chiese Michael guardandola e grattandosi la fronte.

“T- tutto b-bene..”, balbettò varcando la soglia e incrociando lo sguardo di Max.
“Liz! Stai una favola! Ora noi dobbiamo andare, vero Michael?”, Isabel sbucò dalla stanza accanto sistemandosi la borsetta e tirando l’amico verso l’uscita.
“Ciao fratellino!”, Ridacchiò ammiccando prima di chiudersi la porta alle spalle.

Rimasero in silenzio per qualche istante poi Max si avvicinò dolcemente alla ragazza. “L-Liz i-io…”, cominciò.
“Ora stanno facendo il tifo per te come in una partita di football?” Chiese Liz cercando di trattenere una certa agitazione.
No, non è affatto così… o meglio… sì…. Vogliono che andiamo avanti fino a scoprire dove porta tutto questo…” Max la guardò negli occhi “ma non credo che io….”
Max!”, il cuore le si sciolse mentre osservava il suo sguardo intimorito. Era spaventato quanto lei, o forse, se possibile, di più.
Anch’io voglio scoprire dove porta tutto questo.” Liz si spostò i capelli mostrandogli una grossa bruciatura argentata comparsa alla base del collo.

Max si avvicinò e Liz si sentì invadere il corpo del suo calore; un brivido di puro piacere le percorse la schiena quando lui, toccandola con il palmo della mano, la guarì.
È scomparsa”, le sussurrò dolcemente vicino all’orecchio.
Grazie!” Liz sorrise e avvicinò il viso a quello di Max finché le loro labbra furono separate soltanto da una frazione di centimetro. Poteva sentire il suo respiro. Stava ancora contemplando quello che sarebbe potuto diventare, di li a poco, il suo tempio di adorazione -sarebbe bastato un movimento minimo- quando abbassò lo sguardo. Max aveva tolto la mano dai suoi capelli e ora le percorreva la pelle vellutata lasciando una traccia splendente lungo la guancia, sul collo, sul braccio fino alle dita dove la sua mano si intrecciò alla sua. Liz ne rimase spaventata e incantata allo stesso tempo.

“M-Max…”, deglutì e chiese con esitazione “tu sai cosa sta succedendo?”
No…” Lui aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma non uscì nessun suono. Tutto quello che riuscì a fare fu una timida smorfia con l’angolo della bocca.
Togliti la giacca ora.” Disse maliziosa.
L-la giacca?” Balbettò. “Va bene…”

Max si liberò del giubbotto in pelle e Liz cominciò a sbottonargli la camicia. Gliela sfilò con delicatezza. Il suo pomo d’Adamo si sollevò e si abbassò, deglutiva nervoso ed incerto.

Davanti a quel corpo perfetto, a quella pelle soda e a quei muscoli definiti, a Liz mancò letteralmente il respiro e il suo stomaco fece un viaggio sul suo personale ottovolante. Davvero sotto le vesti di quel ragazzo serio e misterioso c’era tutto questo? Liz sorrise dentro di sé. Le era capitato, quell’estate al campeggio, di fermarsi a guardare qualche ragazzo a torso nudo mentre giocavano a volley. No, davvero nulla di che. Ripensò alla sua breve storia con Kyle e roteò gli occhi… non erano mai andati oltre a qualche bacio innocente. Proprio nulla a che vedere con tutto questo. Max era davvero pieno di sorprese e soprattutto bello da toglierle il fiato.
Quando alzò lo sguardo lui socchiuse gli occhi, lei gli accarezzò timidamente il petto nudo con le dita e sentì il battito del suo cuore.
Non riesco a fare come fai tu…”, il suo viso si incupì per un istante: lei non poteva illuminarlo.
Io sono luminoso dappertutto, anche il mio cuore brilla”, Max sorrise a pochi centimetri dalle labbra della ragazza “non puoi vederlo perché sta dentro…”
Max… non… non possiamo farlo…”
Si lo so”, rispose lui prendendole il viso tra le mani.
Pensi che potrei ammalarmi?” Max le accarezzò i capelli “Non so niente di me… nemmeno chi sono…”
Il segno sul collo è andato via quando mi hai toccata”, Liz lo abbracciò sfiorandogli la nuca insinuando le mani tra i suoi capelli corvini “può darsi che sia uscito perché non mi toccavi da troppo tempo…”, sospirò. “Sarebbe pazzesco se fosse così”, proseguì in totale adorazione, “sì, sarebbe un vero disastro”.

Max cercò le labbra della ragazza ma non le trovò, poi, con una mossa sensuale le sollevò il mento con due dita.
Non posso chiederti di fare qualcosa che potrebbe essere dannosa per te!”
Si lo so…”
Non ho idea di cosa sia quello che sta accadendo fra noi”, disse sfiorandole la guancia con la punta del naso.
Lo so. So che tu conosci cose di me che non dovresti conoscere!”

Max le percorse il collo con una scia di piccoli baci. Il loro calore quasi le bruciarono la pelle. Si sarebbe riempita di bruciature, se era questo il prezzo da pagare per stare con lui. “So anche che mia madre mi ucciderebbe se sapesse quello che sto facendo” disse maliziosamente prima che le loro labbra si incontrassero finalmente una prima volta in un bacio dolce e timoroso. Sentì un leggero tremore nelle sue mani mentre le carezzavano nuovamente il viso, e poi, scendendo, si avvolgevano attorno ai suoi fianchi, tenendola stretta. Max sgranò gli occhi e sorrise guardandola con ardore “Sì, lo credo anch’io!”

Non riesco a smettere…”, Sussurrò lei.

Max la guardò con occhi lucidi che tradivano tutto il suo desiderio, riuscì solo ad annuire e Liz affogò nei suoi occhi scuri. Poco dopo si ritrovò stretta tra le braccia forti di quel ragazzo meraviglioso. Si aggrappò a lui con tutta la forza che possedeva. Un nuovo brivido le percorse il corpo sotto il top tinta unita quando improvvisamente lui si chinò su di lei baciandola con passione, schiudendo le labbra, prendendole il labbro inferiore tra i denti, solleticandole con la lingua l’interno della bocca e trascinandola sotto di lui sul divano poco più in là.

Ora di loro rimanevano soltanto due corpi calamitati in un universo parallelo dove l’uno non poteva stare senza l’altro. Un mondo fatto di mani intrecciate, labbra affamate e lingue che si cercavano saziandosi l’uno dell’altra con urgenza. Max le carezzò la pelle infilandole una mano sotto la maglietta. Avrebbero dovuto andare oltre o sarebbe bastato questo? Liz era ancora combattuta sul da farsi quando le apparve il flash: un’antenna di ricezione poco lontana dalla statale 285, degli uomini armati, uno strano brusio e un oggetto. Il deserto.

“Oh mioddio, Max….” esalò in un gemito.
“Che c’è? Stai bene?” Sussurrò lui preoccupato baciandole il palmo di una mano.

“OH-MIO-DIO!!” Ripeté un’altra voce poco distante. I due ragazzi si staccarono, sollevarono lo sguardo arrossato in direzione di chi li aveva interrotti.
“Maria!?” Strillò Liz.
“Che cosa stavate facendo?! Liz!”, Fece la bionda con tono di rimprovero rimanendo con la bocca aperta. “Uhm n-noi…” Max si alzò dal divano aiutando Liz prendendola per mano.
“Maria!”, La richiamò Liz, “ora puoi chiudere la bocca! Che ci fai qui? Non dovevi uscire con Michael?”
“S-sì…” mormorò lei. “Io… io l’ho aspettato per due ore, visto che non arrivava e credevo mi avesse presa in giro sono venuta qui. Insomma come potevo credere che davvero aveva intenzione di portarmi fuori e non starsene a casa a guardare la partita di football?! Beh a quanto pare comunque sono arrivata in tempo prima che questa casa ricadesse su sé stessa a causa di un’esplosione interstellare…vero Liz? Forza, tesoro ti porto a casa!”.


***

La porta della stanza si chiuse alle spalle e Liz ci si appoggiò contro, sospirò, poi sorrise. Cercò il diario nel suo nascondiglio segreto pronta ad annotare tutte quelle meravigliose sensazioni che aveva provato poco prima. Se solo Maria non li avesse interrotti. Dove sarebbero andati a finire? Sicuramente in un posto che sarebbe stato meglio evitare… Liz lisciò la pagina bianca e mordicchiò il tappo della penna quando sullo schermo del suo cellulare apparve il nome “Maria”.

“Liz! Sei impazzita per caso?!”, strillò l’amica senza convenevoli.
“Maria… ci siamo lasciate dieci minuti fa… se avevi qualche cosa da dirmi non potevi farlo di persona?”
“Liz! Non cambiare discorso! Sapevo che tra te e Max Evans c’era qualche cosa e immaginavo che prima o poi sarebbe uscito allo scoperto ma… non pensavo che ti saresti buttata letteralmente su di lui alla prima occasione! Sono la tua migliore amica e credevo che ne avremmo parlato prima di….oh mio dio ho bisogno dei miei sali per riprendermi!”
“Maria!”, Ridacchiò Liz, “va tutto bene e non è successo niente!”
“Amica mia che ne sai se… insomma se alieni e umani non fossero compatibili? Se ti ammalassi o peggio diventassi una di loro anche tu?”
“Non ti preoccupare, Max mi ha detto che non c’è nulla di diverso tra alieni e umani a parte… il terzo occhio e le antenne…ma per quelli ci vuole qualche mese!”, Liz cercò di rimanere più seria possibile. Maria si zittì per qualche secondo poi sbuffò.
“Maria, ti ho già detto che noi non abbiamo… e poi Max non farebbe mai nulla se io non fossi d’accordo!”
“Ah, quindi eri d’accordo? E se il suo lato alieno suggerisse di eliminarti dopo “l’uso”?…”
“Maria!”, la canzonò Liz divertita, “Stai farneticando! E poi guarda che ti ho vista con Michael l’altra sera al Crash Down!”
Maria sbuffò nel microfono del telefono. “Liz! Era seminudo! E poi con Michael si è trattato solo di qualche succhiotto….”
“Ti ricordo che anche tu hai baciato un alieno… sei ancora viva no?”, Liz si morse il labbro per non scoppiare a ridere. Maria sicuramente avrebbe dato fondo alle sue riserve di sali omeopatici, quindi decise di non continuare oltre il discorso.
“Calmati, Maria!”, le disse, “ne riparliamo domani a scuola…. Buona notte!”
“’Notte Liz!”.

Liz scosse la testa e ripose il telefono. Riprese il diario abbandonato poco più in là sul letto ancora aperto sulla pagina bianca. Non sapeva se sarebbe stata in grado di tradurre nero su bianco ciò che aveva provato quella sera ma probabilmente quelle sensazioni non l’ avrebbero fatta respirare tanto presto: almeno finché non si sarebbero rivisti. “Fluttuare” ancora per un po’ in quel limbo fatto di Max Evans e di tutte le splendide emozioni che le faceva provare anche solo con uno sguardo era quello che voleva… almeno per quella sera se lo sarebbe concesso. Ripensò a quei suoi occhi colmi di dolcezza quando le rivolgeva un sorriso e si chiese se anche Max, ora che avevano stabilito una connessione, aveva provato le stesse cose o le stava provando in quel preciso istante o la stava sentendo?

Poco dopo un sussurro attirò l’attenzione della ragazza che uscì sul terrazzo illuminato da due grosse candele e si affacciò.

Dal cono d’ombra sul piazzale intravide l’unico volto che avrebbe voluto vedere in quel momento, gli unici occhi in cui avrebbe voluto imbattersi. Sorrise e lo stomaco fece una capriola su sé stesso.
“Non riuscivo a dormire!” Disse guardandola dal basso.
“Max?!”, bisbigliò sorpresa, “Cosa ci fai qui?”
“È il momento sbagliato vero?”
“Che dici! Sali!”
M
ax sorrise dolcemente e la raggiunse sul terrazzo. “Mi dispiace per prima… Maria mi ha trascinata via senza che potessi…salutarti” sussurrò Liz prima di ogni altra cosa. “Non fa niente”, disse Max con gli occhi bassi. Le prese la mano e intrecciò le dita alle sue, con l’altra le carezzò il viso e si avvicinò all’orecchio “Sai Liz, io non ce la faccio a starti lontano a…”, cercò le sue labbra, “ a non toccarti…so che tutto questo non dovrebbe succedere, che noi siamo diversi e che probabilmente non dovrei chiedertelo ma… cosa hai visto in quei flash?”

“Max… ho visto l’antenna di ricezione, quella non lontana dal punto d’impatto. C’erano degli uomini e… e poi ho sentito un suono. Nel deserto c’è qualche cosa. Sento che dovremmo andarci per vedere se da lì possiamo scoprire altro!”, Liz lo guardò intensamente, “Facciamolo stanotte!”, Aggiunse convinta stringendogli di più la mano.
“Potrebbe essere pericoloso, Liz!”
La ragazza sorrise “Quando sono con te sono al sicuro”.
Max le baciò la fronte prendendole il viso tra le mani e aggiunse “Andiamo!”
Liz infilò un giubbotto pesante, spense le candele e scese la scaletta raggiungendo Max sulla Jeep parcheggiata poco distante.
Due fari nella notte illuminarono la strada fino al deserto sulla statale 285. Dopo quasi mezz’ora di viaggio i due ragazzi si fermarono nascondendo il veicolo dietro ad una duna.

***

“Dovremmo cercare altri indizi, magari laggiù vicino all’antenna”, propose la ragazza indicandola con il fascio di luce della torcia. Camminarono in silenzio e, raggiunta l’antenna, il sibilo si fece più forte.
“Max! È quello che ho sentito nella visione!”
I due ragazzi si presero per mano e perlustrarono la zona. All’improvviso il suono scomparve e un fruscio tra alcuni cespugli secchi interruppe le loro ricerche. Corsero in quella direzione ma Liz inciampò cadendo sul terreno sabbioso. Quando cercò di rialzarsi un dolore pungente le invase il corpo. “Liz! Sei ferita?” Chiese il ragazzo precipitandosi vicino a lei. “Va… va tutto bene” rispose lei “ho solo un taglio sulla gamba… credo di essere inciampata su questo coccio di vetro”. Liz indicò la bottiglia rotta e osservò la ferita alla ricerca di qualche frammento di vetro rimasto nel taglio.

“Posso aiutarti io…” mormorò Max

Liz tolse l’ultimo frammento prima che il ragazzo potesse guarirla con un gesto della mano; appena lo toccò l’immagine del locale dei suoi genitori le si parò davanti agli occhi, subito dopo, due uomini che litigavano in un angolo del Crash Down e improvvisamente il viso dell’uomo che aveva estratto la pistola e che subito dopo aveva premuto il grilletto. Liz spalancò gli occhi e si portò una mano al petto. “Oddio Max!”, disse con voce roca, “L’ho visto…”

Max la guardò sorpreso “chi hai visto Liz?”

“Il giorno della sparatoria, l’uomo che mi ha sparata…lui è stato qui”

Una figura scomparve correndo e barcollando nella notte.

“Mi dispiace per…” disse la ragazza mentre Max le guariva la ferita. “Liz! Non ti preoccupare, l’importante è che tu stia bene! Forse è meglio tornare a casa…”

Tornarono alla Jeep e Liz, seduta sul sedile del passeggero, rivolse lo sguardo verso il magnifico cielo stellato che vegliava sopra di loro. Sorrise. “Max? Pensi che una di quelle potrebbe essere il vostro pianeta?”. Ci fu un’inaspettata nota di amarezza in ciò che voleva essere un pensiero del tutto romantico: quale ragazza non avrebbe voluto trovarsi nel deserto con un ragazzo del genere?! “Non lo so” sospirò, la guardò negli occhi e le sorrise dolcemente.
"
Max… Hai sempre detto che noi non possiamo stare insieme, che sarebbe stato complicato e troppo pericoloso…ora però io sento che potremmo farcela… lo vorrei tanto. Anche se tutte queste ricerche significano che… dovrò mettere in conto che un giorno tornerai con Isabel e Michael alla vostra vera casa! Non te ne andrai così presto vero?”, Chiese Liz malcelando la tristezza. Max le passò un braccio attorno alle spalle stringendola a sé e baciandole la tempia. “Liz, non so da dove provengo, quale sia il mio destino, perché sono qui… ma il solo pensiero che io un giorno potrei ferirti mi uccide; ti ho trascinata in questa storia senza chiederti il permesso e non dovevo farlo. Ho complicato le cose. Ho sempre creduto che rimanere nell’ombra fosse la cosa migliore ma da quel giorno al Crash Down la mia vita è cambiata, sono uscito allo scoperto e salvandoti ho sentito di “avere uno scopo”, di volere anche qualcos’altro: con te, far parte della tua vita.” Liz appoggiò la testa alla sua spalla, “Max, siamo noi che decidiamo il nostro destino. Il giorno che mi hai salvata io ho cominciato a vivere…”, mormorò. Assaporò il suo profumo, il suo calore e la sua vicinanza chiudendo gli occhi. Avrebbe potuto stare così per tanto, molto tempo. “Qualunque sia il mio destino e dovunque io vada a finire sarò sempre con te, Liz Parker”, furono le parole appena sussurrate del ragazzo.


[1] Il Crash Down è il ristorante dei genitori di Liz, arredato totalmente in stile “alieno”.

[2] La cittadina di Roswell organizza feste in stile alieno per ricordare l’incidente avvenuto del 1947, secondo il quale una navicella spaziale si schiantò nel deserto nel luglio dello stesso anno. Le dinamiche ed il ritrovamento di alcuni corpi alieni sono stati nascosti dall’esercito dicendo che si trattava in realtà di un pallone sonda. Durante questa festa i cittadini di Roswell si travestono con costumi da extraterrestre e una finta navicella spaziale viene fatta schiantare contro le rocce.

[3] Michael e Isabel hanno il potere di modificare la struttura di oggetti o alimenti passandoci semplicemente una mano sopra oppure stringendo l’oggetto tra le mani. Max ha lo stesso potere ma può guarire le persone colpite da un corpo estraneo (quindi non di resuscitare chi, per via naturali, muore).

Isabel può entrare nei sogni delle persone come spettatrice esterna (quindi non può intervenire).

[4] Al Crash Down tutto è in stile alieno, anche i piatti proposti. Per questo portano nomi strani tipo “anelli di saturno”, “esplosioni aliene” o “Men in Black”.

[5] Gli “skin” sono i nemici dei nostri alieni, nella serie televisiva appaiono durante la seconda stagione. Essi vivono attraverso dei corpi altrui. La loro pelle dopo qualche tempo inizia a deteriorarsi obbligandoli a cambiarla a ritmi regolari. Michael scopre che Courtney, la seconda cameriera del Crash down, è una di loro con un metodo che Maria gli perdonerà con molta fatica.

Le frasi in corsivo sono dialoghi originali "presi in prestito" dalla serie tv. Questa storia è stata scritta unicamente per passione.

 

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


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***

 “Che ne diresti di… uhm ‘Alien’ in seconda serata il prossimo fine settimana?” Alex abbassò il giornale aperto sulla pagina dei film senza smettere di fissare Isabel Evans seduta di fronte a lui a uno dei tavoli del Crash Down. La ragazza aggiunse un’altra abbondante razione di salsa tabasco al gelato alla crema che stava mangiando senza alzare lo sguardo verso il suo interlocutore; “smettila di fissarmi così, Alex”, disse scocciata, “mi stai mettendo a disagio”.

Il ragazzo aprì la bocca colto di sprovvista, poi sgranò gli occhi e si schiaffeggiò la fronte con una mano “oh… oh scusa, scusa Isabel… io… io davvero non volevo…. A-allora che ne dici?” Chiese stropicciando l’angolo di una pagina del giornale.

Isabel gli dedicò un’occhiataccia inarcando un sopracciglio “Davvero tu vorresti portare ME a vedere quella robaccia?” Da quando aveva fatto “una passeggiatina” nei suoi sogni, aveva capito che potevano fidarsi e benché Alex Whitman fosse una fonte inesauribile di imbarazzanti figuracce involontarie, Isabel lo riteneva un ragazzo dolce e intelligente. Uno dei pochi che non le fissava solo la scollatura bramando qualcosa che andasse oltre ad un appuntamento normale o a una semplice amicizia. Cosciente del debole che il ragazzo nutriva nei suoi confronti, si divertiva a metterlo alla prova e il più delle volte lui finiva per arrossire e, cercando di rimediare, rasentava la paranoia.

“Ma stiamo parlando di un capolavoro della fantascienza e poi potrei vantarmi, solo con me stesso s’intende, di aver visto Alien con un’alie…oh… oh mio dio! Scusa… Scusami tanto Isabel… sono davvero un imbecille!” Esclamò. “Ti vanterai ancora per poco, terrestre! A forza di scherzare con il fuoco diventerai verde molto presto…” la ragazza lo fissò con espressione intimidatoria, trattenendosi dal scoppiare a ridere. Alex impallidì torturando la cannuccia infilata nel bicchiere del frullato che stava bevendo.

“Alex! Rilassati! Sei molto più carino quando non cerchi di renderti interessante a tutti i costi, credimi!”, Lo richiamò lei con dolcezza facendolo arrossire. “D’accordo, allora per prima cosa il vecchio Alex Whitman ti pregherebbe di far sparire quella schifezza dal tuo piatto”, indicò con una smorfia il gelato mischiato con la salsa tabasco[1], “mi fa venire la nausea! Per quanto io cerchi di abituarmi all’idea che tu… voi… non sei di queste parti, no! Decisamente non ce la faccio!”. Isabel arricciò le labbra colorate di un rossetto rosso porpora e agitò il cucchiaio sopra il dolce “Oh, Alex!”, disse, “sei proprio straordinario sai?”

“Allora potresti sceglierlo tu il film, che ne dici?”. Alex sorrise mostrandole il programma del cinema.

“Vi interrompo?”, Chiese Max avvinandosi al tavolo della sorella.

“Max! Il mio fratellino coscienzioso e responsabile… allora? Ci sono novità?”, Esclamò lei sorridente.

“Iz!”, La calmò lui lanciandole un’occhiata di rimprovero, “abbassa la voce, ci potrebbero sentire….”.

La gioia sparì all’istante dal viso della bionda lasciando spazio alla solita espressione imbronciata. “Smettila di essere tanto serio e puntiglioso, sei così irritante Maxwell!”

“Lo sai che odio quando mi chiami così!”, brontolò lui afferrando una carta menu.

“Ok, ok, allora…Che cavolo vuoi Max?”, Sbuffò Isabel alzando gli occhi al soffitto.

“Uhm”, mormorò ad alta voce il ragazzo, “Avrei proprio voglia di… “una visione celestiale” con salsa ai mirtilli…”, ridacchiò soddisfatto.

“Oh, non sai quanto la vorrei anch’io”, la voce di Liz interruppe Max che si voltò sorridendole incantato.

Isabel squadrò il fratello, sotto gli occhi sgranati di Alex e scosse la testa “Max Evans ha imparato a scherzare? Devo essere impazzita! Ragazzi comunque se non la smettete di flirtare rischiamo un ricovero per iperglicemia… bah mi viene la nausea!”.

“Ehm…”, si ricompose Liz stringendo il blocchetto per le ordinazioni, “vi porto dell’altro ragazzi?” Isabel ed Alex fecero spallucce.

“Devo parlarvi, dov’è Michael?” Chiese Max osservando il locale da sopra la spalla.

“Cos’è? Ti hanno beccato nella stanza dei cancellini con Liz?”, Aggiunse Isabel sarcastica. “Non scherzare Iz, è importante! Si tratta di ciò che abbiamo visto…. Liz ed io…”

“Scusami Max, ma né io né Alex vogliamo sapere i dettagli di ciò che combinate di notte tu e lei….”, lo interruppe Isabel.

“Non si tratta di questo! Ma di ciò che è successo nel deserto!”

“Che cosa?! Ci avete dato dentro anche nel deserto?”, La voce sprezzante di Michael si avvicinò al gruppo, seguito dallo stesso che si sedette sul bordo dello schienale della panca.

“Chi l’ha fatto nel deserto?!”, Esclamò Maria che non aveva perso l’abitudine di ascoltare i discorsi altrui.

“Di sicuro non io con te Maria, anche se sarebbe un’esperienza unica… per te naturalmente!”, Sogghignò Michael arrogante. “Già!”, sibilò Maria De Luca, “l’esperienza unica semmai sarebbe abbandonare te nel deserto e filarmela finché sono in tempo…”

“Uh huh, con la macchina di tua madre? Rimarresti a piedi dopo mezzo chilometro”, rise Michael tagliando un altro pezzo di torta al cioccolato e prelevandolo dall’alzatina sul bancone.

“Ehi!”, Strillò lei.

“Che vuoi ora?”, Ridacchiò Michael fissandola con gli occhi socchiusi e le braccia appoggiate sulle ginocchia.

“Primo: non offendere la mia Jetta! Secondo: quella torta è per i clienti e la devi pagare!”

“Comunque anch’io sono un cliente!” Rispose lui irrorandola di salsa tabasco.

“La stai rubando!”, Maria fece una smorfia nel vedere quella povera fetta di torta cucinata amorevolmente da sua madre annegare nella salsa rossiccia. “Non so come si possa mangiare una cosa del genere!”

“Mmmh, dolce e piccante!”, Rispose soddisfatto.

“È…. illegale, tu sei illegale!”

“Arrestami!”, Ribatté il ragazzo con la bocca piena.

“Ti piacerebbe eh!” ammiccò lei.

“Omioddio, ragazzi, cercatevi una stanza vi prego!”, Interruppe Isabel cercando di evitare le occhiate divertite di Alex. “Max”, proseguì, “vuoi dirci che succede così possiamo andarcene?”

“Non è divertente, Iz!”, L’apostrofò il fratello.

“Liz ha visto l’uomo che l’ha sparata… lui è stato nel deserto!”, Annunciò Max.

“Che cosa? Liz, perché non mi hai detto nulla?” Esclamò Maria prendendo l’amica a braccetto.

“E lui? Vi ha visti?” Fu la domanda preoccupata di Isabel.

“N-no io l’ho visto in uno dei flash che ho avuto quando sono caduta su una bottiglia di vetro poi ho sentito un rumore ma era buio e…” Spiegò Liz con un filo di voce.

“Se tu non ti fossi esposto quel giorno, Max, non saremmo qui a parlarne e lei – indicò Liz con un gesto della mano– sarebbe solo una banale cameriera del Crash Down che è stata sparata da un tizio di cui a noi non dovrebbe fregare nulla…” Ringhiò Michael.

“Stai dicendo che sarebbe stato meglio che fossi morta?”, Liz si passò una mano tra i capelli e gli occhi si velarono.

“Sei veramente un idiota, Michael!” Rispose Maria sferrandogli un calcio negli stinchi e un ceffone sulla nuca.

“Come al solito siete tutti contro di me! Predichi la prudenza e poi… alla prima occasione che fai? Ti fiondi sul primo essere umano in difficoltà?! Bravo Max, complimenti per la coerenza!” Brontolò l’altro massaggiandosi il collo.

“Smettila Michael, nessuno ce l’ha con te! Di lei possiamo fidarci.”, lo rimproverò Max, “È solo colpa mia, io mi sono esposto e anche se sinceramente lo rifarei… ora dobbiamo essere prudenti!” Disse avvolgendo le spalle di Liz con il braccio. “Il punto è che dobbiamo scoprire chi è, cosa vuole quell’uomo da Liz, da noi… e l’unico posto dove possiamo trovare degli indizi è nell’ufficio dello sceriffo!”

“Da Valenti?!”, Strillò inorridita Isabel, “Non starai parlando sul serio vero?”

“Agiremo quando lo sceriffo non è di turno”.

“Come pensi di entrare Max? Non vorrai attirare l’attenzione… di nuovo…” mormorò Isabel osservando gli altri clienti con circospezione. Fortunatamente nessuno stava guardando nella loro direzione, ma se avessero continuato a lungo con quei discorsi “strani”, avrebbero finito per attirare attenzioni indesiderate.

Questo anche se si trovavano a Roswell, e a Roswell succedevano sempre cosa abbastanza strane da mettere certi argomenti sulla bocca di tutti. La gente era abituata a sentire parlare di misteri e di alieni almeno una volta al giorno ma rimaneva sospettosa.

 “Non credo che entrare nell’ufficio dello sceriffo sia un grosso problema”, replicò Michael mostrando i palmi delle mani soddisfatto, “non c’è serratura che tenga…”

“Io non penso sia una buona idea… da quando hai fuso la serratura dell’armadietto di suo figlio, lo sceriffo ti tiene d’occhio più del solito”, aggiunse Liz.

“Questa volta non lascerò traccia, tranquilli! Ho visto una finestra abbastanza nascosta dalla visuale della strada da cui potrei accedere, vi aprirò dall’interno.”.

 “Ok, allora è deciso: Michael entrerà dalla finestra aprirà le porte dall’interno a Liz e a me, tu Isabel terrai d’occhio i corridoi e se arriva qualcuno saprai distrarlo mentre noi daremo un’occhiata agli schedari”, annunciò Max. Isabel gli strizzò l’occhio e sorrise.

“E noi?”, Si lagnò Maria indicando se stessa e Alex, “Non potete coinvolgerci in questa storia e tagliarci fuori alla prima occasione!”

 “Tu e Alex seguirete lo sceriffo con la tua macchina appena smonterà dal turno… ci farete sapere se per caso dovesse tornare indietro!” Michael le rivolse un sorrisetto sarcastico.

“Prima critichi la macchina di mia madre ed ora la vorresti utilizzare per i vostri scopi?” Sbuffò Maria.

“Con la boccaccia che ti ritrovi non posso certo portarti con me nell’ufficio dello sceriffo! Attireresti l’intera Roswell con i tuoi schiamazzi!”, Rispose Michael beffardo.

Maria digrignò i denti sull’orlo di una crisi nervosa e sputò “io con quello non ci parlo!”

“È proprio questo il punto Maria: tu non devi parlare!” Rispose Michael alzandosi dalla sua postazione.

“D’accordo, ora piantala Maria e anche tu Michael!”, Liz la abbracciò leggermente calmando l’isteria dell’amica. “Quando si parte?”

“Non stasera, ti prego”, disse Isabel dirigendo lo sguardo verso Max. “È la seconda volta che mi costringi a raccontare una balla a mamma e papà sul motivo per cui passi le notti fuori casa con la Jeep! Odio mentire, soprattutto a nostra madre! L’altra sera non ha fatto altro che farmi domande su di te, Max!”.

“Credi che sospetti qualche cosa di… noi?” Domandò alla sorella con un velo di terrore negli occhi.

“Non credo, ma lo sai anche tu che quando è triste o preoccupata passa le ore a riguardare i vecchi album di quando eravamo bambini… non ho voglia di passare la serata ad aprire scatole di kleenex!”, si spazientì Isabel.

Max rivolse un tacito cenno di assenso alla sorella e decise che non aveva poi tutti i torti. La loro madre riusciva ad essere davvero pesante quando voleva! Se solo avesse immaginato quale segreto le nascondevano i suoi figli…

Quindi decise di proporre il prossimo fine settimana come giorno utile per la loro “missione”.

“Ma noi dovevamo uscire, Isabel!”, Protestò Alex deluso. Lei lo guardò e scosse dispiaciuta la testa in segno di dissenso.

 

***

“Hanson!”, Jim Valenti richiamò il suo vice mentre infilava il grosso cappello da sceriffo.

“Sì Signore!” Dei passi si avvicinarono veloci e un uomo sui trentacinque anni si affacciò alla porta dell’ufficio con espressione affaticata.

“È tardi, vado a fare il solito giro di controllo in città, poi me ne vado a casa! Finisci quegli incarti e vai a bere una birra giù al pub!”, Annunciò Valenti.

“D’accordo sceriffo!” Un sorriso apparse sul viso dell’uomo “È una buona idea! Sicuramente lì avrò occasione di incontrare qualcuno di interessante… più di quelle che ho stando qua dentro insieme a l…”.

“Insieme a me? Che succede, non ti piaccio più Hanson? Mi spezzerai il cuore giovanotto!”, Scherzò lo sceriffo.

“S-si Signore, cioè N-no Signore!”, balbettò. “Senza offesa, Signore ma credo che basti poco…” aggiunse Hanson sistemandosi la cravatta.

“Vai a casa figliolo, sei stanco!”, Esclamò il capo della polizia di Roswell congedandosi.

Percorse il corridoio lentamente fino alla porta d’ingresso facendo eco con i tacchi degli stivali da cowboy che indossava.

Salì sul pick-up parcheggiato poco distante dall’ingresso della centrale e mise in moto dirigendosi verso la periferia della cittadina proprio mentre i fari di una WV Jetta si accesero e si spensero per due volte.

“Eccolo! Eccolo” Strillò Maria agitandosi sul sedile del conducente.

La risposta all’agitazione della ragazza fu il rumore prodotto dall’apertura di una busta di patatine seguito da uno sgranocchiare nervoso e da un rutto. Maria si voltò verso il suo compagno di missione che, momentaneamente, le ricordò il cassonetto della spazzatura sul retro del locale dei genitori di Liz.

“Alex!” Disse dopo averlo osservato per qualche minuto disgustata, “fai veramente schifo!”

Il ragazzo si fermò stringendo ancora qualche patatina nella mano destra, inclinò la testa e la guardò sorpreso con le guance gonfie come quelle dei criceti quando fanno scorta di cibo. “Cofa?”, chiese soffocato sputacchiando alcuni pezzetti.

Maria, agitò l’indice verso il mare di briciole unte cadute accidentalmente sul sedile, tra il freno a mano e la leva del cambio e sui tappetini. “Non potresti stare più attento? Guarda che disastro! Quanto ti ho autorizzato a mangiare nella macchina di mia madre credevo volessi fare uno spuntino non aprire una filiale di MC Donald’s! Sembra che non mangi da mesi! Mia madre mi condannerà ai lavori forzati appena si accorgerà dello stato di quest’automobile!”.

 “Scusami Maria ma… queste missioni segrete mi mettono appetito!” Alex deglutì succhiandosi il pollice e l’indice. “Si certo come no!” Esclamò lei “le missioni che si chiamano Isabel Evans? Sorvoliamo sul fatto che non hai stile nel vestire e che sei troppo paranoico, ma se diventerai anche brufoloso e grasso, Isabel non uscirà più con te!” Sghignazzò Maria che conosceva Alex Whitman e le sue paturnie come le proprie tasche. “Smettila di mangiare come se non ci fosse un domani e aiutami a tenere d’occhio l’auto dello sceriffo”.

***

Liz e Max si appostarono nell’angolo buio di un vicolo cieco che si affacciava sulla strada principale e attesero di veder spuntare Michael dietro il grosso portone d’ingresso della centrale di polizia.

Max diede l’ennesima occhiata alla traversa davanti a loro. Fortunatamente, a quell’ora era deserta. Poi rivolse lo sguardo verso Liz che gli sorrise timidamente.

“Hai paura?”, Chiese.

“Perché? Dovrei averne?”, Rispose lei senza stringendosi al braccio del ragazzo senza smettere di guardarlo negli occhi. Max sorrise e abbassò lo sguardo sulle mani della ragazza che nel frattempo si erano intrecciate alle sue.

“Tu ne hai?” Sussurrò Liz.

“Forse dovrei… mi spiace soltanto coinvolgerti in questa storia…sei sicura di… perché se non vuoi, non ti costringerò!”

“Max! Io credo di volerlo invece” sussurrò lei tranquillizzandolo.

Nel frattempo Michael sbucò dalla porta d’ingresso e, gesticolando, fece loro cenno di muoversi.

Max le baciò una tempia e sussurrò “andiamo!”

Attraversarono la strada di corsa, varcarono la soglia e salirono in silenzio una rampa di scale. Sul pianerottolo spuntò la figura esile di Isabel che bisbigliò “Coraggio ragazzi qui è tutto tranquillo! Ho modificato il caffè della guardia di picchetto in un lassativo, credo che lo terrà occupato per un po’!”.

La luce fioca dei lampioni sulla strada filtrava attraverso le serrande abbassate per metà della finestra da dove Michael era entrato, proiettando le ombre allungate dei ragazzi sulle pareti bianche.

Davanti all’ufficio dello sceriffo, Michael passò una mano sopra la serratura e un lieve bagliore comparve sotto la pelle illuminandola. La serratura scattò e la porta si aprì lentamente.

 

***

 

Michael si sedette sulla sedia girevole dietro la scrivania dello sceriffo Valenti gonfiando le guance e infilandosi le dita tra i capelli, dopo che per un’ora avevano passato in rassegna tutti gli schedari.

“Anche qui niente”, disse Liz richiudendo un pesante cassettone di ferro.

“Eppure deve esserci qualche cosa!”, Insisté spazientito. “Liz, sei sicura di aver visto bene? Non sono venuto qua per niente…” Liz abbassò le braccia alla ricerca di una risposta efficace da dare. Quel ragazzo con i capelli tanto spettinati da sembrare un porcospino non l’aveva mai accolta in modo particolarmente amichevole dopo che aveva scoperto il segreto sulla loro provenienza. Malgrado Max gli avesse ripetuto fino alla nausea che di lei potevano fidarsi, Michael Guerin aveva sempre preferito seguire il suo istinto e non perdeva l’occasione di metterla continuamente in dubbio, parlandole bruscamente e vedendo con estrema diffidenza il suo legame con Max.

“Ho capito, avrei dovuto fare di testa mia, come al solito!” Sbottò.

 “Michael! Ti ho già detto che di Liz possiamo fidarci…”, lo rimbeccò Max dall’angolo opposto della stanza. “Non sei l’unico coinvolto in questa storia, piantala di pensare sempre e solo a te stesso!”

“Non penso solo a me stesso… ma a noi! Si chiama istinto di sopravvivenza! E tu insisti a difendere Miss perfettina”.

“Ehi!” Protestò Liz “Ora stai esagerando Guerin!”

“Secondo me non c’è niente perché non hai visto niente, ti sei inventata tutto vero Liz?”, Chiese Michael rabbioso.

“Sta’ zitto Michael! Finiscila di sfogare le tue frustrazioni sulla mia amica!”, disse una voce femminile entrando dalla porta.

“Maria?!” Esclamò il ragazzo, “pensavo di essere riuscito a liberarmi di te per qualche ora! Ti si è già rotta la macchina?” Sibilò Michael ironico trovandosi naso a naso con la ragazza.

“Tutte queste tue premure mi commuovono”, disse Maria con aria tagliente, “spiacente ‘ragazzo dello spazio’, questa volta, per quello che sto per dire, non potrai fare a meno di me!”.

“Cosa ci fate qui?”, S’intromise Liz notando Alex accanto allo stipite della porta. “Non dovevate seguire lo sceriffo?”

“Valenti ha girato per Roswell circa tre quarti d’ora, poi ha parcheggiato davanti a casa e l’abbiamo visto scaricare degli incarti”, disse Alex cercando con gli occhi la considerazione di Isabel. “Quindi abbiamo pensato che potessero interessarci e siamo tornati qui per dirvelo!”.

“Potevate telefonare!” suggerì Michael sprezzante squadrando Maria.

“L’avremmo fatto e io mi sarei risparmiata “il piacere” di rivedere la tua faccia, Michael, ma qualcuno qui ha dimenticato di ricaricare il credito a quanto pare…” sbuffò lei estraendo il cellulare spento dalla tasca laterale dei pantaloni del ragazzo. Michael la fissò in silenzio per qualche secondo muovendo il labbro inferiore. “Ma bene!” Sbottò, “allora a quanto pare gli indizi che cerchiamo sono nella tana del lupo! Ora, Max, quale dei tuoi brillanti piani ci proponi?”

Max rimase in silenzio.

“Ho parcheggiato poco lontano da qui, mettete tutto a posto… insomma fate le cose che fate di solito…” Maria gesticolò indicando le cassettiere aperte e i lucchetti forzati, “poi possiamo partire!”.

“E dove vorresti portarci con quel… catorcio?” Sogghignò Michael voltandosi.

“È ovvio no?” sbuffò lei volgendo gli occhi al soffitto “A casa dello sceriffo, andiamo lì con una scusa e recuperiamo i documenti”.

“Ok, dove sono le chiavi?”, Michael allungò il palmo di una mano verso la ragazza che lo guardò sbalordita. “Forza!”, ripeté, “dammi quelle stramaledette chiavi Maria, mi serve la tua auto!”

“Che coosa?” Sbraitò lei, “vorresti andarci da solo? Spiacente io e la Jetta siamo un pacchetto unico. Dove va lei, vado anche io. Non mi fregherai la macchina un’altra volta!”.

“L’avevo solo presa in prestito…” protestò Michael.

Maria non smise di fissarlo con aria di sfida sventolandogli le chiavi davanti al naso.

“E va bene…. Puoi farmi compagnia! Infondo potrei anche sfruttarla… a mio favore!” Ammiccò il giovane.

“Io credo che dovremmo andarci tutti”, disse Isabel, “Tu Liz potresti entrare con una scusa…. Da ex ragazza di Kyle potresti distrarlo mentre noi cerchiamo ciò che stiamo cercando!”

“Isabel ha ragione, dovremo andare insieme. Questa storia ci coinvolge tutti.” Disse Max stringendo la mano a Liz.

“Io… Io non credo che Kyle voglia vedermi…. dopo che abbiamo rotto! E poi, sentiamo, con che scusa dovrei riuscire a distrarlo?” Liz si guardò attorno incerta.

Maria ci pensò per qualche istante poi s’illuminò: “idea!” Esclamò sollevando l’indice.

“Tu ed io, Liz! Ci faremo trovare nei pressi di casa Valenti con la Jetta che guarda caso, avrà una gomma bucata.

“Secondo te Kyle ci sistemerebbe la macchina alle dieci passate di sera?” Chiese Liz scettica.

“È chiaro!” Esclamò Maria “Kyle non potrà rifiutarsi di aiutarci perché primo: ti sbava ancora dietro, secondo: lavora come meccanico da Fred nel pomeriggio dopo la scuola e terzo: io guarda caso dovrò finire urgentemente un giro di consegna di torte per mia madre!”

“Alle dieci passate di sera? E ti ricordo che ci sarebbe anche lo sceriffo da distrarre…”.

“E allora? Che problema c’è? Gli racconterò che ci siamo perse tornando dalla periferia, che ho dovuto guidare piano perché l’auto faceva uno strano rumore e poi, sulla via di casa, mi sono accorta di avere ancora una di quelle torte al cocco che gli piacciono tanto e che mia madre voleva assolutamente regalargli. Lui ha un debole per mia madre.” Maria roteò gli occhi, “anche se mi fa venire la nausea solo il pensiero.” “Gli dirò che non potevo certo farle fare brutta figura ma poi abbiamo bucato. Ovviamente nel frattempo ci daremo  da fare per trovare la cartella dei documenti”. Spiegò con naturalezza.

Michael la fissò con espressione stupita per alcuni secondi e poi, con la solita sfrontatezza disse “Bella storia, davvero. Ma c’è un piccolo dettaglio… la tua auto non ha le gomme bucate e funziona …”

“Appunto! A questo ci penserai tu!” Esclamò lei contenta di essere riuscita a farlo tacere.

“Io?”

“Si capisce! Non sei stato tu a far esplodere il radiatore l’ultima volta che hai “preso in prestito” la mia auto? Questa volta, la differenza è che te lo chiedo io. Mi raccomando, fai qualche cosa che anche quella testa di rapa di Kyle possa sistemare facilmente”. Rispose Maria.

“Tu e Liz cominciate a partire mentre noi vi raggiungeremo con la Jeep. Non possiamo certo farci notare nei pressi di casa Valenti. Aumenteremmo soltanto i sospetti dello sceriffo nei nostri confronti” disse Max.

Liz e Maria uscirono silenziosamente dall’edificio seguite poco dopo da Isabel, Michael, Max e Alex.

 

***

“Non preoccuparti Liz ci sono io!” Disse Maria cercando di decifrare i pensieri dell’amica sul suo viso teso mentre parcheggiava la Jetta poco lontano da casa Valenti.

“E proprio per questo che mi preoccupo!” Rispose l’altra divertita.

Poco distante, dal buio, apparvero i fari della Jeep da dove scesero Michael e Max.

Michael si avvicinò all’auto e sfiorò una delle gomme che si sgonfiò sibilando. Poi, con un gesto della mano passò sul cofano da cui filtrò un lieve bagliore che si spense subito dopo.

“Fatto.” Disse a voce bassa. “Ora è meglio sparire, non vorrei che a Kyle venisse in mente di fare una scenata di gelosia, eh Max?!” Disse ironico trascinando l’amico per la maglia.

“Stai attenta!” Mimò Max con le labbra voltandosi un’ultima volta verso Liz.

“Ehi! Non mi auguri buona fortuna?” Strillò Maria irritata fulminando Michael con gli occhi. Lui si voltò, fece spallucce e borbottò controvoglia qualcosa che somigliava a “buona fortuna e adesso vai che stai perdendo tempo!”.

Maria scosse la testa guardandolo mentre se ne andava con Max. “Devo smetterla di sperare che prima o poi gli venga un barlume di romanticismo!”

“Ma dai Maria!” Esclamò Liz, “scommetto che non ti piacerebbe più! Non costringerlo, scommetto che ti vuole bene più di quanto credi! Forza ora, dobbiamo andare da Valenti!”

Le due ragazze si fermarono davanti alla casa dello sceriffo e Liz inspirò profondamente prima di suonare il campanello. Due voci ovattate smisero di inveire, probabilmente, contro la televisione e alcuni passi si avvicinarono lasciando intuire la sagoma di un uomo dietro la tenda. La serratura scattò dall’interno e la porta si aprì.

“Signorina Parker?!” Disse la voce profonda dello sceriffo con un velo di stupore, “cosa la porta qui a quest’ora? È nei guai o le è venuta in mente qualche altra cosa che voleva dirmi sul coinvolgimento di quel ragazzo… Max Evans il giorno della sparatoria al Crash Down o magari su ciò che è accaduto alla fabbrica di sapone l’altra sera?” Chiese sospettoso.

La telecronaca della partita di football trasmessa dalla piccola televisione nel soggiorno fece da sottofondo ad un assai patetico tentativo di dare un motivo credibile alla presenza sua e di Maria sul pianerottolo della casa. “Beh… sceriffo…, no veramente… forse…” biascicò Liz arrossendo leggermente.

“Noi siamo qui perché… perché abbiamo bucato e la Jetta non si avvia più, suo figlio Kyle potrebbe aiutarci a sistemarla?”, Cinguettò Maria interrompendo l’imbarazzante tentativo dell’amica.

“Maria De Luca!” Esclamò lui scandendo ogni lettera. “Come sta Amy… ehm sua madre?” Continuò. Gli occhi color ghiaccio dell’uomo s’illuminarono.

“Beh… lei sta benissimo e anzi starebbe ancora meglio se io potessi finire il giro di consegna delle torte!”

“Uhm” mugugnò l’uomo grattandosi il mento “due ragazze sole in giro a quest’ora…non avrete bevuto spero! Avete avvisato i vostri genitori? Potrei farlo io…” propose.

“Se suo figlio potesse darci una mano… ehm diciamo che faremmo prima e sicuramente mia madre non avrebbe nulla in contrario se per scusarci del disturbo una di quelle torte al cocco… diventasse sua!” Continuò Maria ignorando le domande dello sceriffo.

Valenti girò la testa verso l’interno dell’appartamento e urlò: “Kyle! È per te ragazzo!”.

Nessuno rispose.

“Kyle!” Insisté.

“Cosa c’è ora, pa’?” Chiese una voce scocciata da oltre il corridoio. Kyle avanzò strisciando i piedi verso il soggiorno poi alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Liz che impallidì per un istante. “Miss Texas?! Cosa ci fai qui? Già stufa di quell’… Evans, se non sbaglio, vero? Beh, mi complimento con te, Parker, per la velocità con cui riesci a cambiare idea. D'altronde dimenticavo questa tua mania di volere sempre ciò che non hai!” Esplose con sarcasmo.

Liz negò impercettibilmente con il capo e rimase in silenzio.

 

“Kyle!” Lo biasimò il padre, “ti sembra il modo di trattare le tue amiche?”

“Non sono mie amiche” borbottò a bassa voce il figlio.

“A me sembrano così carine…! Non è nella tradizione dei Valenti negare l’aiuto a chi è in difficoltà!”.

“Sia chiaro che se in tutto questo c’entra Max Evans, potete scordarvi di me e del mio aiuto per qualsiasi altra cosa in futuro!” Avvertì il ragazzo quando gli fu spiegato cosa c’era da fare. “Vado a prendere gli attrezzi, voi aspettatemi qui.”

 

Maria si offrì di andare a recuperare la torta in macchina, accompagnata dallo sceriffo che le illuminò la via con una torcia.

Prima di voltarsi lanciò un’occhiata d’intesa a Liz che si precipitò nel soggiorno alla ricerca degli incarti.

Sul tavolino del salotto, accanto a due lattine di birra aperte, erano impilate alcune riviste di football. Liz continuò la ricerca tra i libri riordinati in una grossa libreria di legno e aprì velocemente tutte le ante inferiori con risultati poco incoraggianti.

Quando varcò la soglia della cucina sorrise tra sé e sé “chi mai lascerebbe degli incarti di lavoro in cucina?” si chiese. Tornò in salotto e girò su se stessa alla ricerca di nuove idee. In quel preciso istante notò un piccolo scrittoio posto in un angolo del corridoio che portava alle stanze da letto, con mani tremanti aprì un cassetto, poi un altro e poi un terzo senza trovare nulla di interessante.

Con la speranza ridotta ad un lumicino e il cuore che le batteva forte contro il torace, aprì la porta socchiusa della stanza da letto che doveva essere dello sceriffo. Quando gli occhi si abituarono al buio, in un angolo del letto la vide: una grossa mappa ricolma. Liz la prese e fece per aprirla. Alcune fotografie sbiadite svolazzarono fuori, notò un verbale che portava la data della sparatoria e diverse schede anagrafiche. “H.Davis, 20145 Rio Grande Ave., Santa Fe, NM 87501” lesse. Afferrò tutto facendo sparire il malloppo sotto la giacca.

Quando le voci di Maria, di Kyle e di suo padre si avvicinarono alla casa, corse verso l’uscita e poco dopo, Maria le sorrise facendole intendere che era andato tutto alla grande.

“Ringrazia ancora tua madre da parte mia” disse lo sceriffo stringendo la scatola della torta come fosse un tesoro prezioso. “Anzi”, continuò posandola sul tavolo in salotto, “potrei chiamarla personalmente, dirle di non preoccuparsi, che siete qui e ringraziarla per il pensiero gentile…”

“Signor Valenti, non si preoccupi, ora che è tutto sistemato torneremo dritte a casa” si affrettò a rispondere Maria.

“Ok, ragazze allora occhio alla velocità e dritte a casa, nessuna confidenza. Gira della brutta gente a Roswell!” Si raccomandò Jim Valenti con voce autorevole.

“Pa’ se la pianti di dare consigli possiamo anche vederci il secondo tempo della partita….” Interruppe Kyle annoiato.

“Ma figliolo…” protestò l’uomo fissando dispiaciuto le due ragazze. “Scusatelo, è sempre così scorbutico…”

“Arrivederci sceriffo, grazie di tutto Kyle!” Aggiunse Liz in fretta trascinando Maria per il cardigan.

Quando la porta si richiuse Liz buttò fuori tutta l’aria trattenuta e mostrò raggiante il malloppo a Maria che soffocò un urlo di gioia e aprì la portiera della Jetta “mia madre mi ucciderà se si dovesse accorgere che ho fatto sabotare la sua auto da un alieno, rapito le sue creature e che oltretutto ce n’è una in meno!”

“Maria! Non le avrai detto di….” Chiese l’amica allarmata.

“Intendi che Michael è un alieno? Liz! Mi sottovaluti, sono una tomba in queste cose! Anche se immagino la sua faccia se dovesse sfuggirmi qualche cosa!”.

Liz la squadrò con espressione inquieta poi scoppiarono entrambe in una fragorosa risata.

 

Quando raggiunsero gli altri alla Jeep, Isabel dormiva appoggiata alla spalla di Alex che la guardava con tenerezza. Michael, appoggiato alla portiera con le braccia conserte, non si trattenne dal sorridere intuendo, dall’espressione sul viso delle due ragazze, la riuscita del loro piano. Max raggiunse rapidamente Liz, le circondò dolcemente il fianco con un braccio e le sussurrò all’orecchio qualcosa che la fece sorridere.

Si diedero appuntamento per il giorno dopo e risalirono gli uni sulla Jeep e le altre sulla Jetta, diretti a casa.

 


[1] Come ognuno di noi anche i tre alieni hanno un piccolo vizio: la combinazione di cibi estremamente dolci con quelli estremamente piccanti!

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Capitolo 3
*** Parte 3 ***


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**3**

La luce del sole del New Mexico era dorata e filtrava attraverso le tende della sua stanza illuminandole la pelle. Era stata una lunga notte. Maria scalciò il piumone, con il viso affondato nel cuscino e gli occhi semichiusi tastò il comodino alla ricerca dell’orologio quando una leggera risata la spaventò facendola cadere dal letto.

La ragazza si rialzò velocemente imprecando. “Ma chi cav… Michael!” Esclamò poi, rimanendo a bocca aperta.

Il ragazzo, seduto sul cornicione della finestra, sorrise.

“Da quando entri in camera mia dalla finestra e ti senti autorizzato a sostare sul mio davanzale?” Reclamò Maria, ripresa dallo stupore iniziale. “Perché? È vietato?” Chiese beffardo. “Passavo di qui per caso, ho visto la finestra aperta e mi sono fermato!”

Maria cercò di replicare a tanta irriverenza ma per un istante rimase senza parole, poi strillò “Questa è violazione di domicilio! E se ti avesse visto mia madre?! Avrebbe sicuramente pensato che…!”

"Ti sarebbe piaciuto che fosse stato così, vero?"  Commentò serafico il ragazzo.

Maria lo osservò con stupore e rabbia poi sbraitò “Michael! Se passavi per caso non dovresti essere ancora qui, lo dice la parola! Comunque entrare in casa mia e sedersi sul cornicione mentre dormo… non credi che sia un tantino strano? Dovrò ricordarmi di chiudere le finestre la prossima volta…”

Michael si grattò un sopracciglio e replicò senza scomporsi “Anche se le chiudessi…non mi fermeresti!”

“Davvero, si può sapere almeno che cavolo vuoi e perché sei qui Michael?”

“Nient’altro?” Sputò malizioso.

“Allora?” Strillò lei gesticolando nervosamente con le mani.

Michael scese dal davanzale ed entrò nella stanza. “Volevo solo controllare se eri al sicuro e poi sei tu che dici di volere più romanticismo”.

“Al sicuro? Che cosa credi possa succedermi?”

“N-non lo so… c’è tanta di quella gente strana a Roswell…” giustificò lui.

“Strana come te che ti diverti a spaventare le ragazze presentandoti seduto di buon’ora sul davanzale della loro finestra… Farmi cadere dal letto non è esattamente la definizione di ‘gesto romantico’ ” bofonchiò lei mimando le virgolette con le dita, “se volevi sapere come stavo, non potevi aspettare di vedermi a scuola o al crash down?”

“No!” fu la risposta.

“Perché no?” Chiese Maria confusa.

“Oggi è sabato e non c’è scuola. Al Crash Down ci sono andato ma non c’eri e mi sono preoccupato, va bene?”.

La sua risposta la colpì per un attimo, aggiungendo più confusione al groviglio di emozioni che stava provando. Per un attimo, Maria avrebbe voluto perdersi negli occhi scuri di Michael, ma tutto quello che riuscì a fare fu sputargli contro con esasperazione. “Te lo ripeto Michael, questo non è preoccuparsi, questo è farmi rischiare un infarto precoce!”

“Mi spiace di aver visto la finestra aperta!” Ribatté offeso serrando la mascella.

“Anche a me, di averla lasciata aperta!” Rispose con foga Maria. “Se tu ti fossi preoccupato veramente, e se fossi un ragazzo come gli altri, saresti venuto a casa mia e vedendomi tranquilla mi avresti svegliata con dolcezza, magari preparandomi un caffè o portandomi dei cornetti! Non avresti certo fatto in modo che mi procurassi qualche livido!”

“Già, sorvoliamo che non sono nemmeno di questo pianeta…” borbottò lui.

“Che cosa vuoi allora?” Sbraitò Maria al limite della pazienza.

“Devi vestirti, è tardi! Gli altri ci aspettano!” Rispose bruscamente.

Maria voltò lo sguardo verso la sveglia che segnava quasi le nove. “Oh porco cazz…! Sono in ritardo! Potevi dirmelo Michael!” La ragazza arraffò alcuni vestiti. “E voltati che devo vestirmi!” Strillò.

Il ragazzo rivolse sbuffando lo sguardo verso la finestra aperta e quando Maria fu pronta, poco dopo, si fermò di fronte a lei fissandola e impedendole il passaggio.

“Che hai da guardare ora?” Chiese nervosa.

“Niente!” Rispose lui corrugando la fronte e voltandosi per uscire di nuovo dalla finestra.

“Sei…carina….” Borbottò senza farsi sentire.

 

Maria e Michael raggiunsero il Crash Down dove Liz e gli altri li aspettavano sorseggiando del caffè cercando di ignorare il plico dei documenti chiuso sul tavolo di fronte a loro.

Liz riservò un’occhiata di biasimo all’amica quando la vide entrare dalla porta principale e mormorò “quanto ci hai messo?”. Grazie al cielo a quell’ora del mattino il locale era ancora poco frequentato e il ritardo di Maria non fu notato più di quel tanto.

Maria ignorò il rimprovero addentando uno dei due muffin ai mirtilli che aveva in mano, si avvicinò al tavolo ed aprì la cartella senza convenevoli. Fece passare i fogli come se sfogliasse un comune rotocalco. “Santa Fe…?” Borbottò con la bocca piena.

“È l’unico indizio che abbiamo.” Rispose Isabel seccamente.

“Andiamoci e scopriamo se questo indirizzo significa qualche cosa”, suggerì Liz pacatamente.

“Ma ci vogliono tre ore per arrivarci!” Protestò Maria incrociando lo sguardo dell’amica.

“Sentiamo, cosa avresti intenzione di raccontare stavolta ai nostri genitori?” Continuò la ragazza incupendosi.

“Il vantaggio di essere orfano…” ridacchiò Michael sarcastico guadagnandosi un’occhiataccia da Max e Isabel.

“Che facciamo una gita?” Propose Liz speranzosa.

Michael si agitò sulla sedia rischiando di cadere “siamo nel bel mezzo di un’indagine e lei pensa a fare gite!?” Esclamò contrariato.

“E allora? Anche durante la guerra i soldati trovavano il tempo per divertirsi pur combattendo il nemico per il resto del tempo. Per televisione ho visto delle testimonianze che…”

“Ahh, ecco “discovery channel-Liz”! Che cavolo centra? Mica siamo in guerra!” Strillò Michael interrompendola.

“A parte che sarebbe una copertura ma visto che siamo tutti stressati per gli esami… e se ci svagassimo per un fine settimana?” Ribatté Liz

“Svagarci?” Chiese Max “Mi piace come idea”, disse poi ricambiando il sorriso di Liz.

“Non so cosa ci sia di divertente nell’andare in cerca di un tizio di cui abbiamo solo l’iniziale e il cognome e del quale non sappiamo nulla tranne il fatto che centra qualche cosa con la sparatoria al Crash Down…” sbuffò Maria.

“Da quando sei diventata tu quella prudente?” Chiese Liz.

“Da quando, ho rischiato di doverti venire a trovare al cimitero per il resto della mia vita! Liz! Sei quasi morta, ci pensi?!” Maria gesticolò nervosamente con le mani. “Comunque rassegnati, dovrò seguirti amica. Tu e Max Evans siete troppo occupati a scambiarvi occhiatine e sorrisi languidi al posto di preoccuparvi dei pericoli che potremmo correre….” “Non credi di essere un tantino paranoica, Maria?” Protestò Liz

“Ehi, lo faccio per voi… qualcuno deve pur pensarci no?” Rispose lei.

Max e Liz si sorrisero imbarazzati. Isabel sbuffò alzando gli occhi al soffitto, poi si rivolse al fratello con tono incerto “sei sicuro che sia una buona idea, Max?"

“Un po’ di distrazione non ci può nuocere, Iz" rispose  Max dolcemente. “Maria ha ragione”, proseguì, “dobbiamo stare attenti ma niente ci impedisce di unire l’utile al dilettevole per una volta… basta non parlarne con nessun altro fuorché i presenti”.

“Nemmeno con…. Alex?” Mormorò Maria alzando lo sguardo vedendo entrare il ragazzo dalla porta principale del Crash Down e avvicinarsi al loro tavolo. “C-ciao Alex!” Balbettò poi.

 “Cos’è che non bisogna far sapere in giro? Forza ragazzi, non fatevi pregare” insisté, “cosa stavate tramando senza di me?”

Il gruppo rimase in un imbarazzante silenzio.

“C’entrano quegli incarti vero?” Continuò Alex indicando il tavolo.

Maria e Liz si scambiarono un’occhiata rassegnata “Beh, infondo è coinvolto anche lui e dovrebbe sapere….” Biascicò la prima cercando con lo sguardo il consenso degli altri.

 “O-Omioddio, non sarà illegale spero…” balbettò il ragazzo.

“Alex!” lo richiamò Isabel, “ora calmati! Devi soltanto prometterci che terrai la bocca chiusa!”

Alex annuì dubbioso.

“Andiamo a Santa Fe” rivelò Liz.

“Santa Fe?” Ripeté l’amico inarcando un sopracciglio, “cosa c’è a Santa Fe?” Chiese. Poi s’illuminò “Oh…. Fico! Ho sempre desiderato visitare il museo del pueblo nativo e… Isabel, potremmo visitarlo insieme che ne dici? Poi potremmo osservare insieme il cielo stellato, pare che sia fantastico da quelle parti e Maria tu potresti chiedere la Jetta in prestito a tua madre così viaggeremo più comodi. Io porterò il materiale da campeggio di mio padre mentre qualcuno di voi si occuperà del cibo.” L’entusiasmo di Alex era incontenibile, Liz e Maria si scambiarono uno sguardo divertito e scossero leggermente la testa.

“È una grande idea, Alex” rispose Isabel senza mostrare grande esaltazione.

“Questo pomeriggio dopo il turno ci troviamo qui” disse Liz senza staccare gli occhi dalle labbra e da quella minuscola lentiggine che Max aveva sopra il labbro superiore.

Nel primo pomeriggio i fratelli Evans salirono sulla jeep diretti a casa di Michael. Trovarono l’amico pronto sull’uscio. Appena l’automobile si fermò, il ragazzo saltò a bordo senza aprire la portiera e borbottando qualche cosa a proposito della stazione radio su cui era sintonizzato lo stereo, si sistemò sul sedile posteriore.

Max svoltò a destra dirigendosi verso il centro di Roswell, il sole delle prime ore pomeridiane aumentava i contrasti tra i colori e l’aria tiepida gli spostò i capelli corvini dalla fronte.

La Jeep si fermò poco dopo davanti al Crash Down, il ragazzo spense l’automobile proprio nell’istante in cui la porta del locale si aprì e Liz spuntò sulla soglia illuminata dai raggi solari. La ragazza incontrò i suoi occhi, lo guardò intensamente e gli sorrise. Max  desiderò che quel momento potesse durare per il resto della sua vita. Non si sarebbe stancato di ammirare il modo in cui i capelli scuri di Liz riflettevano i raggi del sole diventando quasi brillanti. Non si sarebbe stancato della fossetta che le si formava accanto al labbro quando gli sorrideva, del modo in cui si avvicinava a lui o della dolcezza con cui lo sfiorava quando era preoccupata per qualche cosa che lo riguardasse. L’ambiente circostante sembrò improvvisamente rallentare e il cuore di Max perse un battito.

 

“Dovevi proprio portarti dietro tutta quella roba?” La voce sprezzante di Michael rivolta a Maria -che depositava soda, salsa tabasco, cibo e una vecchia radio a batterie sul sedile- interruppe quell’idillio.

“Non provare a toccarla!” Rispose lei con gli occhi ridotti ad una fessura.

“Che gita sarebbe senza provviste?” Continuò.

“Infatti non è una gita!” Sbottò lui.

“Si che lo è! Dobbiamo anche divertirci ricordi?”

“Non me ne frega un accidente dei nativi e del cielo stellato!” Borbottò Michael scocciato.

“Senti ragazzo dello spazio”, disse Maria avvicinandosi al suo viso “Potresti almeno cercare di non risultare il solito guastafeste!”

“Non emetterò inutili esclamazioni di ammirazione davanti a delle stupide vetrine di un museo contenenti pezzi di legno colorati di discutibile gusto appartenenti ad antenati che non sono nemmeno i miei!” Sputò lui.

“Già, almeno potresti fare finta per rispetto mio!?” Sbraitò Maria.

“Scusami se non mi comporto come una di quelle scimmie ammaestrate! Perché non mi accetti così come sono e la pianti di cercare di cambiarmi?”

“Sei sempre così impossibile!” Ribatté Maria. La ragazza gli voltò le spalle e prese posto sulla Jetta sbattendo la portiera.

“Finalmente qualche cosa per cui siamo d’accordo!” Ringhiò Michael.

 

***

Il viaggio proseguì in silenzio per due ore quando la Jetta si fermò di colpo spegnendosi e sbuffando un candido vapore dal cofano. Maria imprecò e prese a pugni il volante.

“Problemi?” Chiese una voce maschile affacciandosi al finestrino del conducente. “Non ce n’erano finché non l’hai toccata tu!, Michael!” Urlò Maria “cosa hai fatto alla mia macchina?”

“Perché credi che la tua stupida macchina sia sempre tra le mie priorità?” Rispose il ragazzo sempre più sprezzante.

“Fai qualcosa, qualunque cosa. Mettila a posto! E subito!” Strillò la ragazza.

“Non potresti usare uno dei vostri…. Trucchi alieni?” Interruppe Alex sporgendosi in avanti slacciando la cintura di sicurezza.

Max, Liz e Isabel raggiunsero il gruppo dopo pochi istanti.

“Che succede?” Chiese Liz.

“Che succede?” Sbraitò Maria “Succede che sono qui, dispersa in un posto arido e polveroso che non è nemmeno segnalato sulla cartina, dove non passa un anima viva; sotto il sole, con una sete incontrollabile e ho anche bisogno di un bagno, con questo rottame che non vuole saperne di funzionare e… e lui – indicò Michael con un dito- non me lo vuole mettere a posto!”

“L’avevo detto io che era un catorcio!” Rise lui incrociando le braccia al petto.

“Sta.zitto!” Ringhiò Maria.

“Smettetela!” Ordinò Isabel, “Michael! Non sei d’aiuto così!”

“Spiacente ma non posso farci niente se qualcuno si è dimenticato di fare il pieno!”

“Come scusa?” Chiese Maria passandosi una mano sulla fronte.

“Questo ferrovecchio ha finito la benzina!”

“Un momento!” Disse Liz indicando un vecchio segnale arrugginito a bordo della strada, “quel cartello laggiù segnala una stazione di servizio potremmo fermarci lì per un attimo e fare rifornimento!”

“Vorresti lasciare qui la Jetta da sola?” Protestò Maria.

“È un’automobile, non una persona!” Commentò Michael

“Preferisci che abbandoni te?” Rispose lei, “sai, dicono che il deserto favorisca la meditazione….”

“Andiamo Maria!” Disse Liz, interrompendo l’ennesimo battibecco.

I ragazzi salirono, stringendosi, sulla Jeep che si avviò guidata da Max, verso l’area di sosta segnalata.

Maria scese per prima precipitandosi, seguita poco dopo da Liz, verso il bagno. Alex e Michael entrarono nel vecchio emporio di legno. Le insegne esterne oscillavano e stridevano alla brezza calda. Le assi di quelle quattro pareti fatiscenti sembrava rimanere sospese per miracolo.

Alex tossicchiò reagendo alla polvere del locale quando un anziano commesso si sporse dallo stanzino di servizio. “Chi c’è?!” Gracchiò.  

“Noi…” iniziò Michael, ma fu subito interrotto “Da dove venite con quelle facce?”

“Da Roswell e siamo rimasti senza benzina...” rispose il ragazzo agitando la tanica.

“Roswell?” Ripeté con voce stridula “Brutta gente in quel posto! Brutta gente…” Dichiarò. Poi riducendo gli occhi ad una fessura “non si vedono spesso stranieri da queste parti!”

“Allora possiamo…?” Chiese Michael spazientito.

“Ah si… certo certo… Sono dieci dollari ragazzo” disse l’uomo pigiando infastidito sui tasti della cassa registratrice, “ma dovrete farvela da soli, io sono troppo vecchio per sollevare certi pesi”. Poi tornò  a borbottare tra sé e sé qualche cosa circa l’età e i bei tempi passati.

 

***

“Potresti piantarla con quella musica? O vuoi farci scoprire?” Max dedicò un’occhiataccia alla sorella che sbuffò e abbassò il cd che teneva vicino all’orecchio.

“Tu usi i tuoi poteri tutto il tempo e io non posso?” Si lamentò la bionda.

“Non uso i miei poteri davanti a tutti!”

“Non mi risulta! Quel giorno con Liz te lo sei già dimenticato?!” Sbottò Isabel.

“Con lei è diverso….”

“Certo che è diverso!” Urlò Isabel “Praticamente ti mancava la bandierina ‘Ehilà sono un alieno, prendetemi!’, Max ti hanno visto tutti!”

“Abbassa la voce Iz, non potevo lasciarla morire!” Protestò Max con coinvolgimento.

“Hai sempre l’ultima parola! Credi davvero che troveremo qualcosa a Santa Fe?”

“Isabel, se non ci andiamo non lo scopriremo mai e ora cerca di toglierti quell’espressione dalla faccia, non la sopporto!” Commentò Max quando la sorella si incupì.

“Agli ordini capo!” Soffiò Isabel scendendo dall’automobile.

 “Con tutto quello che abbiamo da fare loro devono perdere tempo là dentro?” Commentò Michael ad alta voce fermandosi davanti alla porta chiusa del bagno delle signore.

“Chissà quali orrende malattie avrei potuto prendermi là dentro e…” Strillò Maria aprendo la porta.

“Una più o una in meno che differenza vuoi che faccia!” Sghignazzò Michael avvicinandosi al parcheggio dove sostava la Jeep. “Attento Guerin! Il deserto si avvicina!” lo avvertì Maria senza voltarsi.

I ragazzi riempirono la tanica, raggiunsero la Jetta che fu rifornita e partirono guidando per un centinaio di miglia su quella striscia di asfalto nero che separava di netto il paesaggio dalle mille sfumature di marrone e rossiccio, arido e bruciato dal sole del New Mexico, alla volta di Santa Fe.

***

Max parcheggiò la jeep accanto ad un edificio dove il sole rosso su fondo giallo sulla bandiera del New Mexico esposta su una parete sventolava alla brezza leggera.

Maria e Alex sulla Jetta giunsero poco dopo.

“Quale sarebbe ora il nostro piano?” Chiese Isabel distogliendo lo sguardo da quella bandiera colorata.

“Abbiamo un piano? Non sappiamo nemmeno dove dormiremo stanotte!” Rispose Maria.

“Per questo ci sono i sacchi a pelo” rise Michael. “Io non ci dormo là dentro!” Si lagnò la ragazza dipingendo una smorfia schifata sul volto. “E allora perché hai occupato mezza jeep con tutta quella roba da campeggio?” Chiese Michael innervosito.

Maria gli rivolse uno sguardo truce, poi alludendo al museo, si rivolse ad Alex e disse “non volevi visitare quello?”

Alex, nascondendo la sua delusione riguardo alla possibilità sprecata di poter far colpo su Isabel, annuì in silenzio. “Vengo con te!” Esclamò Maria.

Per la prima volta dall’inizio del loro viaggio il gruppo si divise.

In verità non le interessava molto ma Maria in cuor suo pensò che mollare tutti per ripicca nei confronti di Michael sarebbe stata una, benché minima, soddisfazione per il suo orgoglio.

“Te la farò pagare ragazzo dello spazio”, pensò mentre varcava la soglia dello stabile.

 

***

 

La piazza centrale era deserta. Il rombo del motore della jeep, unico rumore percepibile in quel momento, rimbombò sulle pareti grezze delle piccole abitazioni poste come mattoncini delle costruzioni ai bordi della strada. I loro spigoli arrotondati e le tendine dai colori bruciati dal sole donavano all’ambiente un aspetto quasi irreale.

“Se non avessi la certezza di non essere di questo pianeta direi che un’astronave è già passata di qui e noi non ce ne siamo accorti!” Disse Isabel guardandosi attorno.

“È l’ora della siesta, la gente sarà a casa a riposare!” Rispose Liz.

“Quale gente? Non c’è un’anima viva o quasi” Ribatté Michael seguendo con lo sguardo un gatto che spariva sotto ad un cespuglio, “Pensate davvero di trovare qualche cosa qui?”

“Senti, ci sarà un posto tipo….quello!” Esclamò Max alludendo al leggero chiacchiericcio che usciva dalla piccola finestra “è una taverna potremmo chiedere indicazioni…”

Liz osservò quella casa fatiscente alla ricerca di un’insegna, un segno che le indicasse con certezza che si trattava davvero di una tavola calda e non di una casa infestata da zombie o fantasmi che sarebbero usciti di lì a poco.

Cercò di ignorare quel pensiero e seguì i tre amici varcando la soglia del locale.

Impiegarono qualche istante ad abituarsi alla luce fioca dell’interno e all’odore penetrante di fritto frammisto a Whiskey scadente che li assalì senza possibilità di scampo.

La porta cigolò richiudendosi. Come risvegliati da un incantesimo, gli scarsi avventori piegati sui loro bicchieri mezzi pieni, si voltarono contemporaneamente. Una decina di paia di occhi ora li fissava in silenzio.

Il barista dietro al bancone, un uomo tarchiato con la barba incolta, smise di asciugare il bicchiere che aveva in mano e si fermò ad osservarli con iniziale sorpresa, poi con sospetto socchiudendo gli occhi ingialliti.

“Quién eres? Qué quieres? La cocina està cerrada!” Sbottò seccamente.

“No queremos comer” rispose Liz avvicinandosi al bancone, “ci servirebbero delle indicazioni”.

“Uh uh” borbottò l’uomo grattandosi il mento. “Dispersa nel bosco cappuccetto rosso? Non hai paura del lupo tesoro?” Continuò allargandosi in un sorriso sdentato.

Liz indietreggiò di un passo. Quell’uomo sudaticcio la metteva soggezione. Forse davvero da lì a poco sarebbero spuntati gli zombie oppure lo stesso barista si sarebbe trasformato in uno di loro. Per un momento davanti agli occhi le apparve un uomo dalla pelle raggrinzita che la fissava con due occhi incavati e iniettati di sangue

“Stai bene Liz?” La voce di Max che nel frattempo l’aveva raggiunta fece sparire quell’orrenda visione. Liz scosse la testa e annuì.

“Tranquilla, chica”, disse il barista, “scherzavo!”

“Benvenuti a Santa Fe!” Disse, e scoppiò in una fragorosa risata battendo entrambi i palmi delle mani sul bancone.

Ordinarono una bibita mentre il barista li riempiva di domande. Nessuno badò a Michael che nel frattempo aveva trovato una distrazione.

“Allora?” Sbottò Isabel ad un certo punto seccata da tutte quelle domande, “Sa dirci dove si trova questo posto?” Continuò indicando il foglietto dove avevano segnato l’indirizzo.

***

“Cento dollari signori!” la voce di Michael interruppe i discorsi prima che l’uomo potesse rispondere alla domanda di Isabel, “Cento verdoni che faccio centro sull’asso di fiori da qui girato di spalle!” Annunciò il ragazzo allontanandosi ancora di più dal bersaglio appeso infondo al locale.

“È impossibile!” Vociò qualcuno. “Non ce la farai mai, ragazzo!” Esclamò qualcun altro.

“Scommetto sullo straniero” disse un altro estraendo una banconota dal portafoglio.

“Imbecille!” Borbottò Isabel.

Un folto gruppo di persone si raccolse attorno a Michael che non esitò a lanciare la freccetta ad una velocità mostruosa attraverso la stanza. Il  proiettile, guidato da un veloce gesto della mano del quale nessuno si accorse, si conficcò esattamente al centro della carta da gioco suscitando l’euforia dei presenti.

Il brusio di fondo si ammutolì quando Max si fece largo tra la folla, prese l’amico per un braccio e lo trascinò in un angolo del locale.

“Stai barando!” Latrò a denti stretti. Michael lo fissò stranito.

“Ti ho detto di non usare i poteri in pubblico!” Ribadì Max.

“Dillo più forte Max, non credo che tutti i presenti abbiano sentito bene!” Rispose sarcastico.

“Smettila, Michael! Lo capisci che potrebbe essere pericoloso?”

“Grazie per il sermone reverendo!” Sbuffò il ragazzo cercando di liberare il braccio dalla solida presa di Max.

“È una cosa seria!” Continuò “Non verrò a salvarti quando faranno di te una cavia da laboratorio!”

“Non hai detto che dovevamo divertirci? Ecco io stavo facendo proprio quello!” Protestò Michael.

“Ho detto divertirci, non attirare l’attenzione, idiota!”

Liz e Isabel finirono il caffè mentre il barista spiegava loro la strada per arrivare a rio Grande Ave.

I ragazzi ringraziarono l’uomo e uscirono dal locale.

“Che paese di suonati!” Esclamò Michael prendendo a calci le pietre sull’asfalto.

“Già. E tu ti integri alla grande, vero?” Rispose Isabel sarcastica.

“Sarà, ma intanto chi ha guadagnato questi?” Chiese mostrando trionfale le banconote alla bionda.

“Sei sempre così infantile!” Sbuffò lei.

 

***

 

 “James! James!” Un uomo si avvicinò ad Alex e Maria reggendosi ad un bastone da passeggio.

“Quel tizio ce l’ha con te” disse Maria all’amico abbassando voce.

“Intendi quel tizio che parla da solo?...” Rispose il ragazzo voltando la testa sopra una spalla.

“Non voltarti!” Esclamò Maria aggrappandosi al braccio di Alex “E se fosse un pazzo-assassino?”

“Aspetta James! Vuoi fermarti?”

“C-credo che stia davvero parlando con me…” constatò il ragazzo voltandosi incerto.

“James! Sei proprio tu?” Insisté il vecchio guardandolo dal basso verso l’alto.

Alex lo guardò confuso scorgendo un’improvvisa luce nei suoi occhi spenti. Quante volte aveva dato il contentino a qualche anziano che gli chiedeva qualche cosa o lo scambiava per un parente? Forse avrebbe dovuto essere sincero per una volta.

“N-no, si sbaglia signore” balbettò, “I-io non sono…James!”

“Ma che dici, ragazzo!” Esclamò l’altro sfiorandogli una guancia con le dita ossute e tremanti. “Come può essere? Sei tu!”

“Io mi chiamo Alex, Alex Whitmann, ho diciassette anni e non so chi sia quel James e nemmeno chi è lei!” Il ragazzo, spazientito da tanta insistenza, si voltò pronto ad andarsene.

“Whitmann!” Urlò l’uomo con voce stridula colpito da una folgorazione, “James Whitmann!”

Alex si irrigidì. “C-cosa?”

“Conosci James Whitmann?”

“M-mio… nonno?!” Balbettò incerto il ragazzo, “lei conosceva mio nonno?” Chiese meravigliato.

Il vecchio si bloccò. “Lo sapevo che c’entravi qualcosa, ragazzo! Siete due gocce d’acqua! Sei tale e quale a lui quando ci arruolammo nell’esercito!”, Spiegò con un velo di nostalgia. “Ah che bei tempi!”.

“Non l’ho mai conosciuto.” Rispose Alex.

“E dimmi ragazzo, che cosa ti porta in questo posto dimenticato da Dio?”

“Io… i miei amici cercavano una persona in Rio Grande Ave…”

“Allora dobbiamo andare da quella parte”, disse l’uomo  indicando la direzione con il bastone. “Dobbiamo?” Chiese Maria inarcando un sopracciglio.

“Vi accompagnerò io” rispose l’uomo “quattro passi a piedi me li faccio volentieri”.

***

Max e Liz si avvicinarono all’abitazione. Liz suonò al citofono che risuonò strozzato all’interno della stanza, seguito dall’abbaiare di un cane. “Sta zitto Rufus! Stupida bestiaccia! Ah, quando la smetterai di abbaiare inutil…” La porta si aprì “e voi chi siete e che diavolo ci fate qui?” Chiese una donna inarcando un sopracciglio.

“Q-questo è il 20145 di Rio Grande Ave.?” Chiese Liz avvicinandosi al piccolo cancello in legno.

“Chi lo vuole sapere?” Tuonò la donna infilando le mani nelle tasche del grembiule.

“Sono Liz Parker. Il Signor Davis vive qui?” Insisté Liz.

La donna spalancò gli occhi per un istante poi tornò imbronciata, “Parker? Mai sentita! Il signor Davis non vive qui. E ora se ne vada!.” Concluse pronta a rientrare in casa.

“A-aspetti!” Balbettò Liz “Lei lo conosce? È una parente?”

La donna sbuffò abbassando le spalle e, avvicinatasi a Liz con aria minacciosa, sbraitò alzando gradualmente la voce “ Senta Signorina Parker, non so cosa voglia da me e nemmeno mi interessa! E ora sparisca assieme al suo amico prima che chiami la polizia!”.

Liz si irrigidì fissando quella donna mentre tornava in casa. Max si avvicinò e le prese dolcemente la mano.

“Sa dove posso trovarlo?” Tentò un’ultima volta.

La donna si fermò a metà del vialetto sbuffando, poi si voltò, “non insista più, addio!” Soffiò.

“Hei, calmati Estelle! Vecchia isterica!” Esclamò una voce maschile avvicinandosi all’abitazione.

“Ray? Sei tu?” Chiese la donna voltandosi.

“Smettila di strillare” disse l’uomo, “Questi ragazzi sono amici….”

“E cos… oh Cristo Santo, ma lui è tale e quale a….” Esclamò Estelle.

“Sì, certo! È suo nipote!” Rispose Ray accompagnando Alex posandogli una mano sulla spalla.
Liz e Max assistettero sorpresi alla scena. Cosa ci faceva il loro amico Alex con quell’uomo? E cosa centrava suo nonno?

“Forza Estelle!” La incitò Ray quando il gruppo fu raggiunto anche da Michael, Isabel e Maria. “Vuoi dare a questi ragazzi le informazioni che cercano?”

“Oh… oh sì certo!” Balbettò, “È molto semplice in realtà…ma accomodatevi, vi prego!”

Estelle fece strada nel corridoio dell’abitazione. “Vi preparo del caffè?” Chiese senza attendere una risposta, poi proseguì “ditemi, da dove arrivate? Non avete l’aria molto riposata…”

Max, Michael, Isabel, Liz, Maria e Alex attraversarono il lungo corridoio che dall’ingresso portava al salotto soffermandosi di tanto in tanto sulle numerose fotografie antiche appese alle pareti.

“Pensavo di aver evitato quello stupido museo…” Bofonchiò Michael, il quale venne subito zittito da Maria con una gomitata. Infine presero posto nel piccolo salotto arredato con antichi mobili di legno scuro.

“Tu ragazzo…” disse la donna rivolta ad Alex raggiungendo gli ospiti con un vassoio carico.

“Alex” disse lui a bassa voce “mi chiamo Alex”

“Dovresti vedere questa fotografia”, Estelle posò il vassoio facendo tintinnare le tazze una contro l’altra.

Afferrò una cornice argentata contenente un’immagine sbiadita in bianco e nero e gliela porse.

“Lui era tuo nonno” Disse indicando l’uomo alto e magro in divisa militare in piedi sulla sinistra.

“Questo invece era mio padre, tuo nonno gli ha salvato la vita.”

Alex sorrise commosso e chiese “che fine ha fatto allora suo marito?”

“Mio marito, Harry Davis è morto da quasi due anni, per questo non vive più qui!” aggiunse Estelle asciugandosi gli occhi con il dorso di una mano.

“Morto? Da due anni?” Esclamò Maria inorridita tappandosi la bocca con una mano.

“Ehm… Maria voleva dire che ci dispiace davvero molto, signora.” Rimediò Michael prima che la ragazza potesse rivelare troppi dettagli. Non sarebbe stato prudente.

“È sepolto al Rosario Cemetery di Santa Fe. Non capisco perché vi interessi tanto ma… se proprio ci tenete…..” Rispose mestamente la donna.

***

“Tutta questa storia è orribile, se non c’è il marito della signora Davis là sotto allora chi dovrebbe esserci?” Chiese Alex fissando inquieto la lapide su cui era riportato il nome H.Davis 1950 – 2007. “Magari si è finto morto per poter scappare su una qualche isola deserta!” Ridacchiò Maria.

 “Come mai allora c’era il suo nome sui verbali della polizia?” Replicò Michael “Come ti vengono in mente certe stronzate?”

“Beh? Forse non sono l’unica a credere che ci sia qualcosa di meglio là fuori che una vita a Roswell o a Santa Fe!” Rispose la ragazza “Ma tu che ne sai, non sei nemmeno di queste parti!”. Michael socchiuse gli occhi “e allora perché diavolo non abbiamo ancora trovato nessuna traccia?”

“Bisogna avere pazienza! Non è certo stando lì a litigare che troveremo qualche cosa!” Disse Liz spazientita inginocchiandosi accanto alla tomba.

La ragazza sfiorò la terra quando un alone azzurrognolo le comparve davanti agli occhi quasi accecandola. Ritrasse velocemente la mano e il bagliore si spense poco dopo.

“Forse dovremmo scavare!” suggerì Max sedendosi accanto a Liz.

“Non possiamo farlo, non ora! Non è prudente!” Commentò Isabel osservando lo stanzino del custode con la coda dell’occhio. “Troviamo un posto per la notte piuttosto.”

I ragazzi tornarono sui propri passi, ripresero le automobili e si fermarono in una radura poco distante dalle ultime case di Santa Fe.

Montarono la tenda in silenzio e radunarono qualche ramo secco per un fuoco.

Liz, incapace di prendere sonno, si sedette sotto l’unico albero stringendo le ginocchia tra le braccia e ascoltò il fruscio leggero delle foglie sopra di lei.

Il chiacchiericcio di Maria e Alex lasciò ben presto spazio al silenzio della notte, interrotto soltanto da qualche grillo. Fu in quel momento, osservando il cielo stellato, che Liz provò una strana sensazione. Una sensazione forte che la portò ad alzarsi improvvisamente e a recuperare la torcia nello zaino.

Prima di andarsene si fermò ad osservare il viso rilassato di Max addormentato poco distante. Liz sospirò e tornò sui propri passi camminando, attenta a fare meno rumore possibile, lungo la stradina che portava al cimitero di Santa Fe.

Una fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco la sorprese quando il cancello in ferro battuto cigolò nell’aprirsi.

La ragazza si guardò attorno in cerca di chiunque potesse averla vista malgrado fosse buio. Il cuore riprese a battere normalmente quando notò che anche lo stanzino del custode era chiuso.

Illuminò una lapide per volta alla ricerca di quella che avevano visitato nel pomeriggio.

Non appena la scorse, si fermò e trattenendo il fiato si accovacciò di fronte posando la torcia nell’erba accanto a sé.

“Liz!” Sussurrò una voce facendola trasalire. La ragazza si voltò. “Max?!” Esclamò. Il ragazzo, poco distante, la guardava serio.

“Cosa ci fai qui? Perché mi hai seguita?” Chiese.

“Non riuscivo a dormire e ho visto che non c’eri…” giustificò lui senza toglierle gli occhi di dosso.

“Max! Non puoi seguire ogni mio passo!”

“Ma… dovevamo farlo insieme, Liz, non puoi farlo da sola!” Disse poi.

“Tu non capisci!” Esclamò la ragazza d’un fiato concentrandosi per mantenere un tono di voce più fermo possibile. “Devo farlo! È una cosa che mi riguarda e devo scoprire cosa c’è sotto questa faccenda! È l’unico modo che ho per uscire da questo incubo che mi perseguita, Max!”

“Ne sei proprio sicura?” Chiese Max gentilmente cercando di capire quello che Liz stava provando e il motivo per cui era così importante per lei andare a fondo in quella vicenda.

Le prese la mano stringendola delicatamente “potrebbe essere pericoloso!” Disse.

Lei annuì lentamente “lo so” rispose. “Mi dispiace Max,” disse amaramente abbassando lo sguardo sulle loro mani unite, “non saremmo qui se non avessi avuto quella stupida visione. È colpa mia, vi ho coinvolto tutti. Forse ha ragione Michael: salvarmi vi ha messo tutti nei pasticci.”

“Prima di tutto niente che ti riguarda è stupido! E poi da quando ti ho salvata io sento di aver cominciato finalmente a vivere.” La rassicurò Max.

“M-max… i-io..” balbettò Liz. Le lacrime le pizzicarono gli occhi. Il ragazzo la  zittì premendole la punta dell’indice sul labbro. Le prese il volto tra le mani e guardandola dritto degli occhi tracciò il contorno del labbro superiore con il pollice, salì lungo la linea del naso fino alle palpebre. Il suo tocco era caldo e delicato. Liz lo guardò con stupore. Aveva sempre ubbidito a quella voce interiore che le suggeriva giornalmente quanto Max avesse ragione sul fatto che dovevano essere soltanto amici. Se avesse ceduto alle sensazioni che provava quando gli stava vicino, avrebbe messo in pericolo non solo sé stessa ma anche il resto del gruppo. Liz strinse le mani un pugno. Non poteva cedere ora. Resistette per un altro attimo.

Doveva toccarlo!

“S-sei sicuro che sia una buona idea?” Sussurrò prima di chiudere gli occhi lasciarsi cullare da quella sensazione meravigliosa. Il ragazzo continuò ad esplorarle il viso con espressione seria finché Liz inclinò lentamente la testa baciandogli delicatamente il palmo di una mano poi il polso.

Max deglutì e portandole una mano tra i capelli, dimezzò le distanze tra loro. Liz si sentì invadere da un calore che non aveva mai provato prima. Il battito del suo cuore accelerò quando Max le percorse le labbra con la lingua facendole schiudere con un tocco passionale, caldo e disperato allo stesso momento. L’universo con vastissime galassie colorate le apparve davanti agli occhi, tutto ciò che Max provava per lei le invase la mente.

“Affronteremo questa cosa insieme!” Sussurrò poi staccandosi.

Cominciarono a scavare smuovendo delicatamente la terra finché un raggio di luce biancastra fuoriuscì dal terreno. Incuriositi continuarono la ricerca ed infine estrassero un oggetto duro ma gelatinoso. Alla vista aveva l’aspetto di un cristallo e  la luce che emetteva pulsava alternandosi da fioca ad accecante. Max e Liz si guardarono senza parlare, lo ripulirono dal terriccio tenendolo tra le mani. All’improvviso la luce si spese sotto i loro volti attoniti.

“Già, insieme!” Esclamò una voce familiare avvicinandosi.

“Maria! Cosa ci fai qui?” Ringhiò Liz a denti stretti nascondendo il cristallo sotto il maglione.

“Cosa ci fate voi invece!” Strillò la ragazza “Dovevamo tornare qui domani tutti insieme invece vi trovo qui a… a…” continuò balbettando.

“Pomiciare?! Non avete perso il vizio a quanto pare!”

“Michael!” Esclamò Maria voltandosi stizzita verso il ragazzo “Mi stavi seguendo?” Michael si strinse nelle spalle "E perché dovrei seguirti?"

"Che cosa ci fai qui, Michael?"

“Niente. Non riuscivo a dormire e così mi sono fatto una passeggiata. È vietato?”

“Mi stavi seguendo!”

"No!"

"Sì è così invece!" Sbottò Maria alzando notevolmente il tono della voce.

“È buio, è pericoloso aggirarsi da soli in un cimitero!” Ribatté lui lasciandola di stucco per un istante.

Il ragazzo scrollò le spalle. “Allora, grande leader, vuoi dirmi che cosa avete trovato là sotto? Perché c’era qualcosa vero?” Domandò Michael ignorando gli sguardi di Maria ancora confusa.

“Niente! Non c’era niente.” Borbottò Max dileguandosi dalla presa dell’amico che lo scrollava stringendogli un braccio.

“Non cercare di nascondermi le cose Maxwell, tanto lo scoprirò a modo mio!” Annunciò il ragazzo riprendendo il sentiero da dove era arrivato senza aspettare nessuno.

“Credo che dovremmo dirglielo prima che combini qualche disastro” Sussurrò Liz raggiungendo Max e prendendolo per mano.

“Glielo diremo al momento giusto. Prima voglio scoprire di cosa si tratta. Non voglio che agisca impulsivamente come al solito!” Rispose dolcemente il ragazzo.

“Ecco Romeo e Giulietta dispersi nel bosco! Dove eravate finiti?” Chiese Isabel Evans sbadigliando.

Max la guardò impassibile. Se Isabel non aveva iniziato facendogli una scenata davanti a tutti allora c’era qualche cosa sotto. “Glel’hai detto!” Disse infine lanciando un’occhiata di rimprovero a Michael.

“Detto cosa?” Protestò lui.

“Gliel’hai detto.” Concluse Max per la seconda volta.

Isabel abbassò gli occhi torturandosi le unghie curatissime, “potevi avvisare anche noi però, Max!”

“Veramente è colpa mia”, Interruppe Liz, “sono stata io e lui… lui mi ha seguita!”.

“Va bene, va bene”, disse Isabel alzando le mani in segno di resa. “Tanto se avete trovato qualche cosa lo scoprirò lo stesso! So come estorcere le informazioni a mio fratello!” Rise.

“Mentre eravate là fuori Alex ed io abbiamo ammirato un fantastico spettacolo di stelle cadenti! Vero Al?” Esclamò entusiasta strizzando un occhio al diretto interessato che arrossì fino alla punta dei capelli.

“Non sapete che vi siete persi!” Ribadì con aria superiore.

Maria e Liz si guardarono sbalordite.

Il cielo si stava già schiarendo quando i ragazzi ripresero la via per Roswell, più allegri di quanto lo erano stati all’andata.

 

***

Isabel e Michael scesero dalla jeep all’inizio della via che portava verso casa. Max proseguì con Liz. Posteggiò la jeep davanti al Crash Down. Slacciò la cintura di sicurezza avvicinandosi alla ragazza che gli sorrise. Le carezzò il viso incontrando ben presto le sue morbide labbra contro le proprie. Chiuse gli occhi e assaporò quel momento consapevole di doversi staccare di lì a poco. “Che cosa racconterai ai tuoi?” Sussurrò.

“Non ti preoccupare” disse Liz infilando le dita tra i capelli corvini del ragazzo. “I miei sono stati fuori tutto il fine settimana, torneranno stasera tardi!”

“Ah, davvero?” Chiese lui sgranando gli occhi. “Potrei farmi preparare uno di quei frullati alla frutta, pare che là dentro ne facciano di meravigliosi” Disse accennando con la testa verso il Crash Down.

Liz lo guardò maliziosa. Si avvicinò alle sue labbra e bisbigliò “E tu sei un frequentatore assiduo a quanto pare! Ti sarai mica preso una cotta per la cameriera vero?” Il bar è chiuso ma… potrei fare un’eccezione!”

Scesero mano nella mano dal veicolo e, ridendo, Liz girò la chiave nella serratura.

“Stai zitto!” Ordinò “E se ci sente qualcuno?” Chiese prima di venir stretta in un abbraccio focoso e le labbra del ragazzo si avventarono di nuovo sopra le sue.

 

***

“Dove sei stata signorina?” Chiese freddamente Amy De Luca appena vide la figlia entrare dalla porta d’ingresso.

Maria rimase di stucco.

“Dove sei stata con la mia auto?” Urlò la donna. “Rispondi!”

“Mamma… te l’ho detto… mi serviva per andare al cinema con Liz…”

“Sì certo, conosco la scusa!” Sbraitò.

“Ma mamma…!”

“Niente da fare Signorina. Ora mi spiegherai per filo e per segno dove sei stata tutto il week end senza nemmeno chiamare tua madre. Oggi ho incontrato lo sceriffo Valenti, mi ha ringraziata per una torta che io non gli ho mai regalato! Centri qualcosa tu in questa storia?”

“I-io devo andare a studiare. Domani abbiamo un test di letteratura e…. il turno al Crash Down!” Balbettò la ragazza.

“Tu non andrai da nessuna parte!”

“Ma il test…”

“Sto parlando con te e mi aspetto una spiegazione dopotutto sono sempre tua madre e tu hai solo diciassette anni! Comunque faresti bene a cominciare a preoccuparti del tuo futuro se non vorrai continuare a lavorare in quello stupido bar per tutta la vita! I tuoi voti non sono certo quelli di Liz!”

“I miei voti non saranno mai come i suoi, mamma!” Urlò Maria “Forse perché io non sono Liz! E poi, sentiamo, cosa avrebbe di stupido il Crash Down? Non diventeremo certo ricche grazie ai tuoi stupidi portachiavi a forma di alieno e alle torte che regali allo sceriffo… Almeno io ho uno stipendio fisso”.

“Stipendio che spargi al vento sempre appresso a quel…. Michael scommetto! Perché è di lui che si tratta vero? Da quando è andato a vivere da solo non fa altro che chiederti favori.”

“È il mio stipendio! Lo spendo come mi pare!”

“Tesoro!” Disse la donna con voce più calma “Non sto dicendo che non ti puoi divertire… dico solo che sarebbe davvero il caso che tu valutassi le possibilità che hai per il futuro. Altrimenti rimarrai tutta la vita qui a Roswell!” Aggiunse con un velo di tristezza.

“Magari è questo che voglio!” Rispose Maria senza abbassare la voce. La gola, a furia di urlare, le aveva cominciato a bruciare.

“Fantastico!” Gridò la madre alzandosi dalla sedia “La massima aspirazione di mia figlia è quella di rimanere in questa città, sposare il primo buono a nulla e magari sfornare dei figli!” Amy raggiunse la figlia e la voltò posandole una mano sulla spalla. “Non buttare via la tua vita Maria!” Aggiunse quando gli occhi ormai le si erano velati di lacrime.

“Perché vuoi sempre pianificarmi la vita?”

“Maria!” Sbuffò la donna, “non commettere i miei stessi errori!”

Stai dicendo che sono stata un errore? Ho rovinato i tuoi piani?”

“Tesoro no, dico solo che…”

 “È stata solo una stupida gita! Almeno io esco con gente della mia età, non vado a spassarmela con i cinquantenni!” Urlò la ragazza alludendo chiaramente allo sceriffo.

Maria si avviò verso la porta e Amy la seguì tristemente con lo sguardo sospirando. In quel preciso istante si rese conto di quanto infondo sua figlia le somigliasse.

“Tranquilla ma’, Michael ed io non facciamo sesso, non abbiamo pianificato il matrimonio… anzi a dire il vero non so nemmeno se gli piaccio veramente.” Sputò Maria voltandosi un’ultima volta prima di sparire in camera da letto sbattendo la porta.

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