Il miracolo dell'amore

di moira78
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Senza ricordi ***
Capitolo 2: *** Speranze ***
Capitolo 3: *** Correndo Da Te ***
Capitolo 4: *** Ricordi Lontani…. ***
Capitolo 5: *** Intermezzo ***
Capitolo 6: *** Il Miracolo dell’Amore ***
Capitolo 7: *** Di Nuovo Insieme ***



Capitolo 1
*** Senza ricordi ***


Senza Ricordi

 

Nell’incoscienza del vuoto, Ranma si rese conto di una cosa sola: un dolore lancinante alla testa gli impediva di pensare. L’unica cosa che ricordava era il proprio nome. I suoi pensieri recenti erano stati spazzati via come polvere inutile da un vento gelido e per niente confortevole.

Provò a muoversi, ma sentiva qualcosa di irto e duro sotto la schiena; ora gli era anche difficile respirare: se solo quella cosa non fosse stata conficcata sulla sua spina dorsale…..ma dov’era? All’improvviso riuscì a comandare alla sua mente di riemergere dalla tenebra del dolore, e cominciò a sentire la propria coscienza diventare più reale, più concreta, e con essa anche il ricordo sembrava riaffiorare lentamente. Ma cos’era quella sensazione di secchezza della gola? Non era sete, ma era a suo modo qualcosa di più….opprimente, che non avvertiva solo in gola, ma ovunque. Gli si stringeva lo stomaco, e le pulsazioni gli si irradiavano ovunque; il respiro era corto e lievemente sibilante, ma capì che non era solo per l’oggetto a punta sotto le spalle. Quella era paura. Paura e un qualcosa di misto all’angoscia ed alla disperazione. Si sforzò di richiamare a sé i ricordi: il matrimonio con Akane era fallito rovinato dai suoi amici-nemici….ma quello era successo tempo fa, quando lui aveva ancora 17 anni. Quanti anni aveva ora? Diciotto, certo, aveva festeggiato quasi contemporaneamente ad Akane. Suo padre si era ubriacato, e Happosai gli aveva regalato un reggiseno speciale…razza di maniaco! E poi? Era iniziato l’ultimo anno di scuola, e Soun aveva ricominciato a dire che si dovevano sposare. Ma possibile che nessuno si faceva gli affari propri e tutti volevano decidere per lui? Avanti di qualche mese….era estate, e al mare….no, più avanti. L’autunno era alle porte, ricordava le foglie che cadevano…mucchi di foglie, MILIONI di foglie, cespugli interi, alberi…la foresta! Era partito con Akane, Ryoga e Ucchan per un viaggio di allenamento tutti insieme. Avevano passato delle splendide giornate, tutti insieme, attorno al fuoco, e poi…e poi era successa una cosa brutta, una cosa molto brutta. Il terrore arrivò insieme alla consapevolezza di essere sveglio. Aprì gli occhi e vide spuntoni di roccia pendere su di lui come stalattiti. Si spostò di qualche centimetro e vide il grosso sasso appuntito che gli aveva quasi spezzato la schiena. Una grotta, era in una grotta! Qual’era la cosa brutta che lo stava facendo tremare di paura come un bambino stupido? C’era un burrone…un burrone alto, rivide la sua mano aprirsi e chiudersi cercando di prendere, di afferrare, poi un grido…no…un coro di grida, uno era il suo. Ma COSA voleva prendere? Una cosa blu…un pezzo di stoffa…un lembo di vestito, una mano rosea. Akane. Spalancò gli occhi rabbrividendo come di una febbre devastante. Smise per un attimo di respirare, e il cuore sembrava volerla fare finita una volta per tutte di battere.

Akane stava morendo.

 

Poggiò una mano per terra cercando di fare leva per alzarsi, e sentì la goccia di un qualcosa di caldo cadergli tra l’indice e il medio. Vide che era sangue. Usò anche l’altra mano e si inginocchiò. Un’altra goccia rossa. Sedette sui calcagni e con le dita si sfiorò un punto dietro la nuca: era lì che si era ferito, dove cominciava la sua treccia arruffata e spettinata. Stava correndo in quella grotta buia cercando la luce dell’uscita ed era capitombolato in uno strapiombo di qualche metro; era caduto male, e aveva battuto la testa e la schiena svenendo. Ma per quanto? Mezz’ora? Un’ora? Stupido, stupido STUPIDO!! Aveva perso del tempo prezioso per la fretta di arrivare alla fonte dell’acqua della vita, dove cresceva anche il muschio che avrebbe guarito Akane.

Ma perché avevano deciso di andare in un luogo così pericoloso come il bosco di Ryugenzawa? Lì aveva già rischiato una volta di perderla, quando credeva che si fosse innamorata di Shinnosuke. E poi, la battaglia col drago dalle otto teste…..

Quando aveva allungato la mano lei gliel’aveva presa con un sorriso facendogli toccare il cielo con un dito. Aveva ritrovato la sua Akane. Ma ora lei rischiava la vita, forse era già….no, non doveva pensare a quello, ora doveva solo farsi forza e ignorare il dolore lancinante alla testa per non perderla davvero.

Si alzò, e il mondo divenne grigio. Lottò contro la sensazione di svenire, e si rimise a correre. Cadde, si rialzò, cadde di nuovo, di nuovo riprese: era quasi il tramonto.

 

Il fuoco crepitava sulle foglie secche, e Ryoga aggiunse un altro tronco. Sospirò, e alzò gli occhi verso Ukyo. La ragazza lo fissò coi suoi grandi occhi marroni e accennò un sorriso che non le riuscì, mentre poggiava un altro panno bagnato sulla ferita di Akane. Aveva una profonda ferita alla tempia, un’altra al braccio rotto.

Ryoga riuscì a parlare in un soffio, con una voce dolce che non sembrava nemmeno la sua “La mia povera Akane. E’svenuta da almeno quattro ore….Ucchan, sei sicura che….” La ragazza riuscì a regalargli un sorriso stavolta: “Il suo cuore batte, piano ma batte. Il suo respiro è debole, ma respira. Posso quasi dire che è stata fortunata a….bè insomma lo sai”

Ryoga prese un respiro profondo “E’in coma, vero?” “Credo proprio di sì. E’stato difficile fermare l’emorragia al suo braccio rotto. Credo che si sia ferita fino alla vena del braccio. Ha perso molto sangue anche alla testa, e ha preso una gran brutta botta” “Ha perso troppo, troppo sangue….il braccio l’abbiamo steccato e medicato, ma sulla testa….quella ferita…” Le lacrime gli salirono agli occhi, e il ragazzo afferrò una manciata di terriccio con una rabbia talmente accorata che gli sanguinarono le dita. Ukyo gli prese la mano, e strizzò delicatamente col panno bagnato qualche goccia d’acqua sui tagli. Lui alzò il viso e la guardò con occhi grandi come quelli di un bambino. “Non è facendoti del male che la salverai….vedrai che Ranma tornerà con il muschio che la guarirà” Ryoga annuì; la sua bocca tremò, ma si asciùgò le lacrime e sfiorò delicatamente il viso bianco di Akane. “La ami molto, vero?” Ryoga annuì “Akari è la mia fidanzata” dichiarò “Ma per Akane….per lei provo qualcosa di molto bello. E’ stata la prima amica che ho avuto, il primo amore, lei è stata speciale per me” “:::come io sono stata speciale per Ranchan…peccato che l’amicizia sia così diversa dall’amore…” Ryoga la guardò con un sorrisetto tagliente “E’strano che tu ti prenda cura della fidanzata del tuo Ranma in maniera così attenta e amorevole” La ragazza abbassò gli occhi tristemente. “Lei è troppo importante per Ranma, non sopporterei di vederlo soffrire per la perdita di Akane” “Ma c’è dell’altro…vero?” Ryoga ammiccò, e Ukyo scosse la testa per riavviarsi dal viso i lunghi capelli castani con un movimento che al ragazzo sembrò molto affascinante. “E’ vero –disse la ragazza con la spatola-le voglio bene anch’io; diamine, checchè io ne dica è mia amica anche Akane, e non mi piacerebbe affatto vederla morire” Ryoga le rivolse un sorriso dolce che la fece quasi arrossire “Sei molto buona, Ucchan. Ranma ha ragione a volerti bene” Stavolta arrossì davvero “Che dici Ryoga, non hai mai parlato così…..” Ryoga si rese conto della sua frase e arrossì a sua volta. Sussultò sentendo una mano di Ukyo posarglisi sulla guancia “Anche tu – disse lei – sei molto buono, sei un caro amico” Ryoga si sentì avvolto da un profondo senso di affetto per la piccola Ukyo, così come per Ranma e per tutti quelli che definiva suoi “nemici”. Era sempre stato solo, ma da quando aveva ritrovato Ranma e conosciuto l’allegra brigata del Furinkan la sua vita era stata piena di amicizia e avventure. Era grato al destino di aver conosciuto persone speciali come Ucchan. Prese la mano che la ragazza gli aveva posato sul viso e la strinse. Ranma sarebbe tornato presto, e tutto sarebbe stato di nuovo al suo posto.

 

Il bosco si infittiva, e le ombre si stavano allungando. Ranma sentì crescere dentro di sé il terrore di perdersi come faceva sempre quello stupido di Ryoga. Se solo non fosse caduto e svenuto in quella grotta……l’acqua della vita era servita per poco, per troppo poco, e non sarebbe bastata a lungo: Akane era troppo grave, aveva bisogno di quel dannato muschio che prima cresceva sul corpo di Orochi. Era una fortuna che avessero deciso di piantare l’albero della vita, su cui il muschio si riproduceva accanto alla sorgente, non avrebbe dovuto perdere tempo a lottare con quel mostro.

Mentre correva vide aprirsi davanti agli occhi la valle, e sentì le gambe così leggere che avrebbe potuto volare: lì c’era la fonte, e lì c’era…..Il mondo si fermò, la testa ronzava incessante. Un grido muto gli salì alla gola (“Perché, perché!!!”) come quel giorno che Akane sembrava volerlo abbandonare per un altro (“Vuoi più bene a lui che a me?!”) e lui aveva corso (“Perché Akane, cos’ha lui che io no ho, PERCHE’!!!!”) e aveva gridato :”PERCHEEEEEEE’!!!????!!!!”.Il grido risuonò nell’aria vuota e fredda, e il ronzio aumentò.

Il muschio non c’era più.

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Capitolo 2
*** Speranze ***


Speranze

Akane si mosse, e Ryoga si accostò a lei e le strinse una mano “Akane…”

Ucchan era seduta un poco più in là, assopita, ma scattò al richiamo di Ryoga “Che c’è, cosa….” Il terrore le si disegnò negli occhi: la ferita alla testa aveva ripreso a sanguinare, e i suoi capelli corvini cominciarono a tingersi lentamente…..

“RYOGA! Che fai lì impalato, corri a prendere dell’acqua fresca!” Il ragazzo si mosse, e gli parve di rispondere come in un incubo, il vento gelido che gli scuoteva i capelli e la bandana gialla e nera. “S-subito…” Riempì il secchio attento a non cadere in acqua, e corse barcollando verso Ucchan che ora era china sull’amica. “Santo cielo-mormorò-la ferita si è riaperta, l’acqua della vita…non fa più effetto!” Stavolta fu Ryoga a riprendere il controllo della situazione. Immerse il panno nell’acqua, e lo premette con forza alla tempia della povera Akane, che ora gemeva di dolore. Il panno umido si colorò in fretta di vermiglio. “Maledizione…Ucchan….cosa devo fare?!” Suo malgrado la ragazza si ritrovò disperata e accecata dalle lacrime “Io…io non lo so…ma dov’è finito Ranma!” Akane sussultò nel sonno….ora sentiva delle voci ma….non erano quelle dei suoi due amici. Ryoga armeggiava col disinfettante, la cassetta del pronto soccorso si rovesciò, e si ritrovò a dover decidere tra l’alcool e la tintura di iodio. Ukyo strappò un pezzo di garza pulita, e tese la mano al ragazzo perché si decidesse tra una delle due bottiglie. Lo guardava con gli occhi grandi pieni di paura e speranza. Ryoga sentì il mondo vacillare….alcool?! Cosa le avrebbe mai fatto? La ferita andava chiusa, non disinfettata, non le avrebbe salvato la vita così; sentì la rabbia montargli in corpo, e in un gesto convulso gettò le due bottiglie lontano. Il rumore dei cocci che si rompevano riecheggiò nella sua anima “Ryoga-singhiozzò Ukyo-ma che fai…?” “CHE COSA CREDI CHE LE FACCIA UN’ALTRA MEDICAZIONE, EH?” La ragazza ammutolì, tremante davanti alla sua furia “CI SERVE QUALCOSA PER CHIUDERLE QUELLA DANNATA FERITA SULLA TESTA, PENSI CHE UN PO’DI ALCOOL LE SALVI LA VITA?!” Lo sguardo fisso su di lui, la mano premuta sulla bocca, Ucchan vide Ryoga perdere la calma come mai gli era successo, nemmeno con Ranma. Era furibondo, completamente fuori di sé “Sta impazzendo davanti alla morte” pensò sconclusionatamente. Il vento aumentò, e Ryoga divenne rosso in volto; una vena pulsava ritmicamente sulla sua tempia “CI SERVE UN MIRACOLO DANNAZIONE, NON UN PO’ DI…..” La sua frase fu interrotta. Ucchan aveva letto da qualche parte che a persone in preda a crisi isteriche o di pianto nulla era meglio di un sonoro schiaffone, e il ceffone che rifilò a Ryoga le bruciò la mano e gli stampò per giorni le cinque dita sulla faccia. “Pensi che così facendo la stiamo aiutando?! Credi che cedere alla disperazione sia la migliore delle soluzioni?!” sibilò ad un esterrefatto Ryoga. Lui la guardò incredulo, col cervello in subbuglio, non era neanche più sicuro di dove si trovasse. Si portò la mano alla guancia gonfia con lo sguardo fisso su di lei, poi si guardò il palmo con un’espressione idiota. “Non volevo colpirti, ma tu…eri così…così…” Si nascose il viso tra le mani, e scoppiò a piangere. Ryoga si alzò lentamente “Mio Dio-pensò-se è un incubo svegliatemi subito!”, si diresse verso di lei e le posò una mano sulla spalla “Scusami” La ragazza smise di singhiozzare, e lo fissò con gli occhi umidi come di rugiada. “Hai fatto bene a schiaffeggiarmi, ho perso la calma, scusa” Ukyo scosse la testa, significando che non faceva nulla, poi disse con voce impastata “Se solo potessimo farle una trasfusione….è così pallida!” “Sì-ammise lui-ma ha smesso di sanguinare, l’acqua della vita le ha fatto un po’ di bene” Lentamente Ucchan si chinò su di lei e cominciò a bendarle daccapo la ferita, con una dolcezza che non avrebbe mai immaginato di possedere. Ryoga le si sedette accanto.

 

Ranma sapeva che in quel bosco molta gente si recava a raccogliere il muschio della vita, ma non pensava che fosse finito. Camminò come uno zombie fino alla sorgente, cadde in ginocchio vicino all’albero nudo e affondò le mani nella terra umida. Senza sapere perché, cominciò a scavare a mani nude nel terreno, tagliandosi, rompendosi le unghie, sporcandosi di terra anche il volto, dove goccioline di sudore formarono una nera fanghiglia. Si infilò nella buca fino ai gomiti, gemendo, imprecando, strappandosi la camicia, frenetico e disperato. Poi spazzò via il terriccio in un gesto esasperato, e si portò le mani alle orecchie come per non sentire la verità, sporcandosi i capelli e le tempie. L’urlo gli salì alla gola “NOOOOOOO!!!”

 

In diciott’anni della sua vita, Akane non aveva mai visto un fiume più luminoso. Non credeva che a Riugenzawa ci fossero acque così limpide. Sorrise, ma il sorriso le si spense sulle labbra, e un’esclamazione di stupore le si disegnò muta sulla bocca; non poteva credere di averla vista. Lei era….morta, morta tanti anni fa, quando era piccola, e Kasumi gliel’aveva detto con le lacrime agli occhi quando era tornata da scuola….non poteva essere lei, eppure…..

Davanti a lei sorrideva sua madre.

 

Ryoga sussultò “Ha detto qualcosa…” Ukyo accostò l’orecchio alle sue labbra esangui, e ciò che udì le fermò il respiro. Notando la sua espressione spaventata, Ryoga si agitò “Che c’è, che dice?!” Ucchan lo guardò incredula, inghiottì e rispose in un soffio “Ha detto…mamma”

 

La vedeva attraverso una strana nebbia bianca come il latte, e scorgeva appena il suo volto, ma seppe subito che era lei “Mamma” Fece un passo verso di lei, ma la donna alzò una mano e uscì dalla nebbia “No” le disse, e ad Akane parve una frase telepatica “Mamma…perché sei qui?” “Questo è il Luogo mia cara” “Il…luogo?” “Akane, figlia mia, sei tu ad essere venuta da me” “Io? Ma allora sono….” Il dito di sua madre la fece tacere “Ssst! Non dirlo…non è ancora ora” “Mamma perché sto così male, mi scoppia la testa!” La donna sorrise “Figlia mia, sei ferita gravemente, e la tua vita si sta consumando come una candela…ma non attraversare questo fiume, non ancora” “Ma allora…” “Questo è il Luogo, un limbo dove giacerai in attesa della Vita Nuova” “Ma io non voglio morire…” “Mi dispiace tesoro, ma quella rupe….sei stata molto fortunata a non giungere al di Qua immediatamente, i tuoi amici stanno cercando di salvarti, vedi?” Akane lo vide. Vide Ranma giacere disperato su un fosso, e Ryoga e Ucchan..stavano facendo una cosa strana. “Mamma?” Il suo volto stava scomparendo, e al suo posto vide un braccio che si scopriva, una mano…una siringa…un laccio. Tutto ruotò attorno a lei, e il buio la sommerse di nuovo.

 

Ryoga lottò col laccio emostatico stringendolo con i denti, porse la siringa ad Ucchan e la afferrò per le spalle “Ascoltami!” le intimò “Ora tu lo farai, volente o nolente TU LO FARAI, MI HAI CAPITO UCCHAN?!” La ragazza tremava “Io…potrei farti del male, non sono capace!” “Neanch’io, stupida! Ma so quel che basta per tentare, ora ascolta! Sarei disposto a morire per lei, a darle ogni goccia di sangue del mio corpo se servisse a salvarle la vita!” “Ma…” “NON DISCUTERE UCCHAN!” Le urlò in faccia “Akane morirà comunque se non ci proviamo! Non voglio lasciarla morire senza nemmeno aver tentato l’ultima carta, SONO STATO CHIARO?” “S…sì” Ryoga strinse il pugno, e le indicò il punto in cui la vena era più visibile “Qui Ucchan, presto!” La ragazza annuì, impotente. Tremava dalla testa ai piedi, aveva il TERRORE di sbagliare, di ucciderlo, ma la sua mano fu più ferma di quanto avesse mai potuto sperare. L’ago entrò nel braccio di Ryoga.

 

Ranma nascose la testa fra le braccia, perduto, e pronto a morire insieme ad Akane pur di restarle accanto. Nei suoi grandi occhi blu si accesero punte incandescenti che gli bruciarono, e poco dopo sentì fresche lacrime scorrergli sulle guance; righe bianche spiccavano sul volto annerito dal fango “Perché deve finire così” Mormorò con voce rotta.

Una lacrima si staccò pigramente dal mento, e cadde in fondo alla buca che Ranma aveva scavato poco prima, brillando come una stella. Il ragazzo con la treccia la vide cadere, la seguì rapito con lo sguardo, finchè nuove lacrime gli appannarono la vista. Brillava qualcosa in fondo alla nuda terra, e Ranma fu sicuro che fossero le lacrime a distorcergli la luce, poi guardò più attentamente, si morse il labbro e si asciugò il viso velocemente. Avvicinò il volto alla fossa e vide cosa effettivamente sembrava brillare di luce propria.

Era un piccolo seme.

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Capitolo 3
*** Correndo Da Te ***


Correndo Da Te

Ryoga giaceva in un angolo con una garza sul braccio. Ucchan era stata così precisa e delicata che gli si era formato solo un piccolo forellino rosso che gli pizzicava appena. Decise che sarebbe stata brava anche a trasferire quel poco di vita ad Akane, e la seguì con lo sguardo mentre faceva uscire l’aria minuziosamente dalla siringa, sacrificando solo qualche gocciolina rossa in un lieve spruzzo; tastò il braccio sano di Akane con attenzione, e punse appena la sua pelle, trasferendo in lei un po’ di speranza. Akane sussultò lievemente, ma respirò una tremante boccata d’aria e si rilassò. Ucchan sospirò affranta “Speriamo serva a qualcosa…..accidenti, non avrei mai creduto che da cuoca di Okonomiaky sarei finita a fare trasfusioni” Ryoga le sorrise debolmente “Sei stata bravissima, vedrai che le sarà utile”

 

Ranma guardò il seme con occhi così grandi e stupiti che sembrava avesse visto qualcosa di estraneo al mondo terrestre. Quel seme…poteva essere la fonte della cosiddetta pianta della vita, l’albero che era stato fatto crescere là vicino proveniva da un seme anch’esso. C’era un solo modo per saperlo: Ranma accumulò tra le mani una zolla di terriccio umido e vi pose il seme al centro. Raccolse l’acqua della vita con la mano e la versò sul seme. Quel che seguì fu fantastico.

Come gli animali crescevano così in fretta e così a dismisura in quel bosco, così quel seme mise immediatamente delle radici lunghe e forti, dalle quali si eresse in meno di un minuto un albero forte, nodoso, giovane….e cosparso di MUSCHIO DELLA VITA!

Ranma esultò, e raccolse a manciate il muschio che ancora andava formandosi. Lo strinse fra le mani e riprese a correre “Aspettami Akane, sto arrivando!”

 

Akane stava sognando il primo giorno di scuola. Ranma era appena arrivato e lei già sentiva il suo cuore battere più forte quando lo vedeva. Le suscitava curiosità quel ragazzo “trasformista”, bastava un po’ d’acqua fresca e PUM! diventava una ragazza. Pensava sempre che gli uomini fossero stupidi e rozzi, ma non credeva nemmeno che avrebbe mai provato qualcosa per un ragazzo che cambiava sesso! Eppure…scoprì che non le importava. Pensò al suo viso dolce e sincero, ai grandi occhi blu che somigliavano al mare; quando li guardava temeva di affogare trai suoi flutti. E le sue labbra, pronte a spalancarsi per dire cattiverie, per farle le linguacce, per stringersi in un ghigno di terrore davanti ad un innocuo gattino…eppure si era chiesta mille volte come sarebbe stato baciare quella bocca così impudente, posare le proprie labbra sulle sue, per farlo tacere una volta per tutte e assaporare, scaldarsi….Pensò al suo corpo armonioso: che fosse uomo o ragazza possedeva proporzioni perfette. Ricordò con imbarazzo che addirittura il suo seno era cresciuto più del proprio, e quello l’aveva fatta infuriare…era addirittura più femminile di lei! Ma poi ricordò l’armonia dei suoi movimenti mentre si allenava come uomo. La canottiera umida di sudore, muscoli guizzanti che erano umidi anch’essi, così come la fronte e i bei capelli legati. La linea decisa ma delicata della mascella serrata, lo sguardo attento, concentrato, le gambe forti che tiravano calci…quante volte era arrossita davanti a quelle braccia, chiedendosi come sarebbe stato essere stretta contro il suo torace muscoloso e caldo!

“Ranma, ti prego, aiutami a tornare da te, io……io ti amo”

 

Ucchan scorse Ryoga che aveva alzato la testa all’improvviso, in ascolto. Aveva sentito anche lei il nome appena sussurrato da Akane. “Ryoga…?” Chiamò incerta. Sapeva come si soffriva ad amare senza essere corrisposti, ah se lo sapeva! Ma ora non doveva pensarci: era quasi l’alba, e Ranma non era ancora tornato.

 

Lentamente, nella nebbia, Akane vide la figura di Ranma disegnarsi in contorni sempre più netti. Allungò una mano, correndo verso di lui, ma un dolore lancinante alla tempia la fermò; si toccò la testa, e vide il sangue. Quando si voltò indietro, sua madre era in piedi e la stava aspettando.

 

Ucchan si alzò per correre incontro a Ranma; Ryoga aveva scorto la sua figura nella nebbia, e aveva gridato il suo nome.

Mentre si alzava, Ukyo lanciò uno sguardo speranzoso ad Akane “Forza-pensò-fatti forza Akane, Ranma è venuto a….”Il pensiero fu spezzato, e la ragazza registrò due cose: Ryoga chino su di lei con le lacrime agli occhi che tamponava la ferita con un panno umido, e la piccola pozza di sangue che aveva tinto quasi tutta la chioma di Akane; la ragazza giaceva pallida, e il suo petto non si alzava né si abbassava più. L’acqua della vita aveva esaurito il suo miracolo. Akane era morta.

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Capitolo 4
*** Ricordi Lontani…. ***


Ricordi Lontani….

Ranma vide Ukyo che stava per corrergli incontro, e sorrise lievemente, rincuorato da un gesto che faceva presagire il meglio. Ma il sorriso gli morì sulle labbra quando la vide girarsi e chiamare il nome di Akane. Vide i suoi amici precipitarsi su di lei, chiamare il suo nome dieci, cento volte, e vide Ucchan girarsi a guardarlo mentre si avvicinava: i suoi occhi erano pieni di lacrime e privi di speranza.

 

Akane si trovò tra due fuochi: Ranma da un lato, lo sguardo triste, implorante, che le chiedeva: “PERCHE’”?, sua madre dall’altro, sorridente e rassicurante. Fece un passo verso di lei, e sentì il dolore alla testa affievolirsi un poco; a metà strada non sentiva più dolore. Ranma era lontano, e lei era così stanca, e sentì la pacatezza dell’Altro Lato drogarle la mente. Era così infinitamente…giusto; vide una luce, ed entrò.

 

Mentre correva, Ranma sentiva le sue gambe muoversi al rallentatore, era ancora troppo lento…la sua mano si tese verso di lei, mentre la chiamava, disperato, certo che fosse finita per sempre.

 

Ryoga continuava a tamponare, e Ucchan improvvisò un massaggio cardiaco; come si faceva quando il cuore cessava di battere? Si guardò le mani, e aprì le dita…pose la destra sulla sinistra, per fare forza, le posizionò al centro del suo petto immobile e spinse ritmicamente: uno due tre…. Accecata dalle lacrime vide le sue mani distorcersi, ma non smise un momento “Non respira più!” Gridò. Ryoga la fissò, intontito, e capì: c’era ancora una cosa da fare. Si chinò su di lei, strinse con delicatezza le sue narici e pose le labbra sulle sue, rabbrividendo solo per un attimo al contatto: non era bello come un primo bacio, perché le sue labbra erano fredde. Poi soffiò, per riempire col suo fiato i polmoni vuoti di Akane.

 

“Che cosa le stai facendo! MAIALE, CHE LE FAI!!!????” Ucchan si voltò senza smettere il massaggio “Stupido la sta aiutando a respirare!”. Ranma si inginocchiò accanto a loro, e li scacciò "Andate via, non vedete che…che….” Il pianto gli spezzò la voce. Armeggiò con il muschio, posandolo delicatamente sulla ferita, massaggiando piano, sporcandosi le mani del suo sangue. Ukyo si alzò in piedi, prese un riluttante Ryoga per la spalla e lo condusse un po’ più in là.

 

Il muschio fece effetto, la ferita scomparve come per magia, ma Akane non dava più segni di vita.

Ranma rabbrividì contro il corpo rigido di lei, e un terribile senso di dejà-vu gli invase i sensi: quella volta…in Cina…lei si era salvata, accadrà anche ora “Deve accadere – pensò –che farò se tu mi lasci? Ora respira Akane, come l’altra volta, mettimi una mano sulla guancia, dimmi che mi senti, ti prego!” Ma le parole non uscivano dalla sua bocca, perché un pianto amaro gli impediva di formularle. La prese in braccio con amore infinito, la cullò, Dio com’era…inerme.

 

Ryoga e Ukyo singhiozzavano silenziosamente, non osando avvicinarsi a Ranma.

Lui si incamminò piano, con Akane morta fra le braccia.

 

Il sole era ormai alto nel cielo, e in un angolo Ranma giaceva inginocchiato con Akane fra le braccia. Il tepore l’aveva abbandonata, e nessun raggio di sole avrebbe più scaldato quel corpo; quel corpo che lui aveva stretto tante volte per impedirle di farsi male e di cadere, quel corpo che solo ora che era privo di anima, lui poteva stringere con amore. “Troppo tardi – bisbigliò – ora è troppo tardi per dirti quanto ti amo” Il vento gli scompigliò i capelli sciogliendogli parzialmente la treccia, le lacrime non si fermavano, e il flusso di parole gli uscì come il mormorio del vento “Quando…quando Nabiki ci fece quello scherzo, te lo ricordi Akane? Voleva essere la mia fidanzata per spillarmi dei soldi; mi ha affittato, mi ha venduto a tutti, e io gliela volevo far pagare; quando ti ho presa fra le braccia non sapevo che eri tu.…ma quello che ho detto era vero. Io ti ho amato sempre, in silenzio, e la mia dannata timidezza mi impediva di dirtelo. Ero..ero geloso, sai? Quando credevo che amassi ancora il dottor Tofu, io…temevo di perderti, e ti avevo trovata da così poco tempo. Eri così bella con i capelli lunghi, e per colpa mia si sono rovinati tutti….poi però mi sei apparsa ancora più carina coi capelli corti…e quando andavamo a scuola….Eravamo sempre in ritardo, ricordi? Tu correvi con la cartella in mano, e io ti seguivo….eri come una calamita, mi attiravi a te con uno sguardo, col tuo bel sorriso…e ti ricordi quando abbiamo fatto “Romeo e Giulietta”? Dio, Akane, quanto desideravo baciarti, ma non volevo davanti a tutti, volevo che fossimo soli, che fosse…speciale. Quando mi hai attirato a te il cuore mi è scoppiato nel petto, e poi…e poi ho scoperto il nastro adesivo sulle tue labbra….ma ora tu…tu non ti sveglierai con un bacio, non è vero?” Si chinò un poco, e sfiorò le sue labbra gelide con le proprie, ma nonostante ciò, una scossa attraversò il suo cuore. “Ecco, l’ho fatto solo adesso che sei morta…Akane…per favore apri quegli occhi grandi e belli, deridimi perché sto piangendo, dimmi che è tutta una bugia, fammi la linguaccia, dammi dello stupido, ma ti prego, dimmi che vivrai ancora per me…Akane….Akane!”

Ricordi, ricordi lontani; Ranma correva in bilico sulla rete di recinzione, Akane più giù che lo seguiva. Sorrisi lievi, appena accennati…non avrebbe sorriso mai più. Non più lotte furiose per lei, che si offendeva alle allusioni che Ranma, da stupido che era, faceva. Ma non era per insultarla davvero, voleva provocarla, vedere la rabbia di lei trasformarsi nei tentativi di colpirlo, per poterla schivare, afferrare, toccare senza compromettersi…sentire la sua risata allegra ed i suoi grugniti furiosi di disappunto. Voleva di nuovo volare con lei sui tetti, stringendosela al petto per non farla cadere mai, proteggerla, proteggerla per tutti gli anni della sua vita. Vederla di nuovo gelosa quando era in compagnia “femminile”, e rivedere nei suoi occhi castani quel brivido di amore furioso che le accelerava i battiti del suo piccolo cuoricino, e lui poteva quasi sentirli. Le aveva letto dentro una storia bella e diversa da quella che lei gli raccontava ogni giorno.

Lei soffriva quando lui era lontano; con chi aveva lottato furiosamente…con Saffron? Quello che era certo, era che le aveva visto il sollievo negli occhi perché lui era salvo, e gli aveva buttato le braccia al collo, e lui aveva sentito il suo corpicino fragile e caldo fremere d’amore e di gioia. Lui era rimasto senza parole, il cuore che gli batteva nelle orecchie, e il cuore di Akane…oh il suo cuore se lo sentiva battere sul suo stesso petto, battere di gioia, di amore.

“Quanto vorrei – le disse ora piangendo – quanto darei per non averti contraddetta in quel dannato litigio tra noi…tu non ti saresti allontanata, non saresti caduta…non abbiamo neanche fatto pace maledizione! E ora che…che voglio dirti che ti amo…tu non puoi sentirmi….”

 

Stavolta Akane non rispose, e Ranma pianse dolorosamente abbracciandola con una tenerezza infinita, posando le sue guance umide contro le sue guance fredde, facendo scorrere su di esse calde lacrime d’amore.

E come quando si trovava sul ciglio del fosso scavato dalle proprie mani, vide le sue lacrime danzare “Ma non compiranno il miracolo come prima” Pensò. Ma rivide il luccichio del seme, e riflettè che stavolta nessun albero della vita avrebbe salvato Akane. Lui, stupido idiota, le aveva fatto il torto di cadere in quella maledetta grotta e di svenire per ore perdendo tempo prezioso. Lui era il solo ed unico colpevole, e…..guardò accanto alla spalla inerte di Akane, dove era apparso il luccichio, e vide che in effetti non c’era nessun seme della vita: quello, era uno specchio.

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Capitolo 5
*** Intermezzo ***


Intermezzo

Quando Shampoo aveva saputo del viaggio del SUO Ranma con quei due, era andata su tutte le furie. Mousse aveva cercato di farla ragionare: erano partiti da più di due settimane, ed erano in quattro. Nessuna delle due avrebbe gettato le braccia al collo a Ranma davanti all’altra, e sicuramente non davanti a Ryoga. Ma poi era venuto il commento infelice: “A meno che Ryoga non si perda…” Shampoo aveva lanciato al ragazzo uno sguardo furioso “In quel caso Akane manderà la Ragazza-Spatola a cercarlo, e resterà da sola col mio Lanma! Eh no! Sapevo che dovevo andarci anch’io, l’ho saputo troppo tardiii!!” Mousse aveva tentato di calmarla “Ma Shampoo, stai tranquilla, ormai staranno per tornare…” Shampoo non lo ascoltava nemmeno “Io li raggiungerò, dovessi pedalare su quella bici anche di notte!” Poi si battè il pugno nella mano “A meno che non mi riprenda…” Mousse si rivolse alla sedia indifferente e chiese “Cosa? Che devi riprenderti Shampoo?!” La ragazza lo guardò di sottecchi “Idiota di una talpa…il vecchio maniaco ha ciò che cerco!” Mousse riflettè “No, SHAMPOO!”

La seguì fino a casa Tendo, dove la vide insieme ad Happosai; ma era impazzita? Faceva tutta la carina con lui, lo stava facendo ingozzare di sake e….”ADESSO BASTAA!” Gridò catapultandosi nel dojo colmo di gelosia. Shampoo lo atterrò col gomito: “Idiota, ora che dorme tu strilli così?” “Do…dorme?” “Si e questo è il momento di riprendermi ciò che apparteneva alla mia bisnonna, così potrò raggiungere il mio Lanma!”

Mousse non capì finchè non sentì l’acqua gelida che lo sommergeva, trasformandolo, e vide Shampoo che prendeva un oggetto dall’armadio del maniaco, lo metteva nello zaino assieme al bagaglio, e partiva in picchiata con la sua bici lasciandolo solo a starnazzare la sua gelosia alla luna.

 

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Capitolo 6
*** Il Miracolo dell’Amore ***


Il Miracolo dell’Amore

Fu allora che la sua lacrima cadde sullo specchio greco che aveva rubato Happosai qualcosa come mille anni addietro, lontano da quel dolore.

 

E fu allora che il miracolo si compì.

 

Quella che si sprigionò, fu la luce più bella che Ryoga avesse mai visto in diciotto anni di vita; guardò Ukyo e le vide negli occhi la stessa impressione. Improvvisamente le lacrime e il dolore cessarono per loro due, e un senso di pace e giustizia li invase fino in fondo all’anima, e quando i loro sensi furono colmi di questo senso celeste di beatitudine, la nebbia nei loro cuori sparì, e il sole del giorno prima tornò a splendere.

 

Ranma non vide la luce…ne fu invaso, e Akane…lei era la luce stessa. Sentì il corpo di lei fremere, e poi levarsi nell’aria come fosse una piuma. Chiuse gli occhi, accecato, dissetandosi di quella luce, dimenticando ogni disperazione; era come uscire da un incubo che era sembrato così reale da infettargli ogni sentimento positivo e gettarlo nell’oblio.

Ma ora vide Akane un po’ più in là camminargli incontro, con lo zaino in spalla. Anche lui aveva uno zaino, ma non ne sentì quasi il peso….vide Ryoga e Ucchan discutere un po’ più in là accanto ad un albero ritorto…lo stesso che ieri…”Sono già passato di qua” Pensò senza stupore. Ora vide i suoi amici guardarsi intorno, increduli, cercando di capire quale strana magia li aveva riportati nello stesso luogo…e nello stesso momento di alcune ore prima.

Ma quando vide Akane raggiante e sorridente corrergli incontro gridando il suo nome, si dimenticò di loro.

 

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Capitolo 7
*** Di Nuovo Insieme ***


Di Nuovo Insieme

 

Shampoo spiava i due e, quando li vide corrersi incontro, quasi si pentì di ciò che aveva fatto.  Era giunta là con la speranza di rivedere il suo Ranma e invece aveva trovato il caos.

 

Akane stava fra le sue braccia, e Ryoga e Ucchan erano in un mare di lacrime. “E’ morta….la mia rivale non esiste più!” Aveva pensato.

 

Poi aveva visto Ranma disperato, che le diceva parole che lei non avrebbe mai potuto ascoltare; la rabbia aveva lasciato il posto ad una consapevolezza dolorosa: lui amava Akane, e lei non poteva fare niente per impedirlo. Sapeva che non avrebbe mai potuto amare più nessun altra, che avrebbe sofferto per quella perdita per il resto dei suoi giorni. E lei odiava vederlo soffrire per un’altra. Ma non aveva altra scelta: poteva ridargliela solo lei, aveva ciò che poteva ridare la vita ad Akane.

 

Guardò dolorosamente Ranma che piangeva per il suo perduto amore, e capì che voleva solo renderlo felice: amare qualcuno non è anche questo? Avrebbe rinunciato a lui per rivedere il sorriso sulle sue labbra e nei suoi grandi occhi blu. “E allora forza, cosa aspetti?!” Si era detta. Lasciò cadere lo specchio greco dal ramo su cui era salita per spiare; per compiere il miracolo bastavano solo un po’ di lacrime, e Shampoo sapeva che quello non era un problema.

 

“Addio Lanma, spero che sarai felice…”

 

Silenziosamente era scivolata via, ma si ritrovò lei stessa a tornare indietro nel tempo. Con un lampo, si ritrovò al suo ristorante, dove pianse sconsolata tutto il suo dolore. Ma in fondo al suo cuore, sapeva di aver fatto felice l’uomo che amava.

 

Ora Ranma stringeva Akane fra le braccia, e le sussurrava tutta la sua gioia nell’averla di nuovo con sé. Il ricordo non era stato cancellato.

 

Akane lo guardò: “Ranma, è….un miracolo” Lui la strinse più forte “Sì, lo è”

 

Ukyo e Ryoga erano rimasti impietriti, e quando lui fece per correre da Akane lei lo trattenne per un braccio “Ucchan, ma cosa…” “No. Ryoga lasciali stare, non c’è posto per te, né per me fra di loro: li vedi?” Ryoga annuì, li vedeva bene.

 

Ranma posò un bacio leggero frai suoi capelli, e Akane lo guardò “Ranma” Lui la fissò “Mh?” “Io ricordo…tutto; anche stavolta. Hai detto…” “Sì” Disse lui arrossendo, e la ragazza sentì l’animo sprofondarle dentro agli occhi annebbiati di lui. “E’ così?”

“Certo sciocca; io ti ho…sempre….sempre amata, non me ne sono reso conto fin quando non ho rischiato di…di…” Lei gli posò un dito sulle labbra, sorridendo “Ssssst! Lo so, anch’io ti ho sempre amato, scemo” Le lacrime le scendevano senza controllo “Akane…cosa…?!” “E’ che sono felice” Ranma sorrise “Anch’io”
La baciò teneramente, ed entrambi seppero che anche se fossero tornati indietro nel tempo di altri mille anni, nulla, neanche il destino avrebbe potuto cambiare i loro sentimenti.

 

Il sole ammiccò, e scese dietro la montagna. Il dirupo era lontano, e il vento si calmò, lasciando in silenzio i due innamorati, lasciando che a parlare fossero loro; le parole d’amore, si sa, sono solo una leggera brezza calda.

Era tempo di tornare a casa, e dimenticare tutto. Ora dovevano pensare solo a tutto l’amore che erano in grado di darsi per il resto delle loro vite.

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