Again

di Wontbeperfect
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 2013 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Primo febbraio, 2021.


"È assurdo dover lavorare il lunedì. Lo è ancora di più lavorare di lunedì, in pieno inverno, nel giorno del tuo compleanno" dissi a me stesso mentre il rumore fastidioso della sveglia iniziava a cessare. Sbuffando e maledicendo la vita più che potevo, mi alzai dal letto e andai in cucina per farmi un caffè. Stropicciai gli occhi; quando li riaprii essi caddero sul l'orologio della cucina. 
6:58
Merda, ero in ritardo.
Così lasciai perdere il caffè e mi diressi subito sotto la doccia e una volta finito in camera mia, dove mi vestii con la solita camicia bianca e i jeans neri.
Quasi corsi per arrivare alla macchina, la quale si trovava parcheggiata fuori dalla mia piccola villa nella periferia di Londra. 
La tratta non sarebbe stata lunga: 25 minuti e sarei arrivato a lavoro.
Accesi la radio e rimasi veramente stupito quando parti 'demons' degli Imagine Dragons. Buona musica di prima mattina: almeno c'era qualcosa di positivo in questa giornata. Lavoravo in una libreria, una di quelle enormi in cui tra gli scaffali ti potevi perdere. Certo, non era chissà che, però non era neanche così male come credevo sarebbe stato all'inizio della mia carriera qui. 
Ormai lavoravo in quella libreria da tre anni, la monotonia era all'ordine del giorno.
Il mio compito era soprattutto quello di sistemare i libri negli scaffali, ma spesso e volentieri mi ritrovavo a fare cassa e nelle pause cercavo sempre di rimorchiare qualche ragazza, ma i miei tentativi fallivano sempre miseramente. Arrivato nel grande parcheggio fuori la libreria, uscì dalla macchina ed entrai: la serranda del negozio era abbassata ancora per metà, così dovetti abbassarmi in po prima di entrare. 
"Auguri Styles!" urlarono i miei colleghi, ed io non potrò fare a meno di sorridere mentre battevano le mani in mi onore.
"È così sono ventisette, dio amico, il prossimo mese ti daranno la pensione!" Scherzò louis, venendomi incontro per darmi una pacca sulla spalla.
"Molto spiritoso, davvero. Ma ora ci conviene iniziare a lavorare" dissi guardando i miei colleghi.
Tra tutti, Christina, la mia capa, annui. "Harry poco fa sono arrivati dei pacchi, sicuramente si tratta di un nuovo libro. Ho preparato un po' di spazio sia in vetrina che in negozio, in modo da poter dedicare un angolo a questa nuova creazione. I pacchi li ho fatti lasciare in magazzino, li trovi lì"
"Ordini capo", le sorrisi e iniziai ad andare verso il magazzino.
Una volta visti i pacchi, tirai fuori il mio taglierino dalla tasca e iniziai ad aprirli.
Tirai fuori un libro blu notte in cui veniva rappresentata una casetta in mezzo ad un grande giardino, un giardino che conoscevo fin troppo bene.
Iniziò a mancarmi l'aria, tutto ruotava intorno a me quanto lessi il nome dell'autore.
Corsi fuori dall'edificio, non ascoltandolo le parole dei miei colleghi e al volo presi il telefono per comporre un numero.
"Harry?"
"Niall, ce l'ha fatta.. Lei ce l'ha fatta" dissi con un filo di voce e poi riattaccai.

Quel giorno uscii prima dal lavoro. 

Era stata una giornata parecchio strana: una volta tornato dentro la libreria, sentivo di non essere più lo stesso.

Cioè no, ero sempre io, Harry.. Ma qualcosa non andava.

"Sto bene, scusate l'interruzione", dissi a bassa voce, i miei colleghi si limitarono ad annuire e per tutto il giorno non mi rivolsero parola. Per quanto potesse sembrare strano, ne ero davvero grato. Parlare avrebbe soltanto accresciuto questo dolore dentro di me.

Un libro. Un fottutissimo libro.

Ci era riuscita. In parte, anzi, buona parte di me era contenta del fatto che avesse realizzato uno dei suoi più grandi sogni e niente, possa avere tutto il successo che merita.

Ma l'altra parte di me.. Oh beh, quella era tutta un'altra storia.

Ero incazzato nero, non potevo credere al fatto che di tutto ciò di cui la sua fantasia e la sua mente avrebbero potuto creare, lei avesse scelto la sua storia, la sua vita. Ma come cazzo le era venuto in mente? Non era una vita facile la sua, non lo era mai stata.

È stata un susseguirsi di gioie, dolori, rapporti iniziati e drammaticamente crollati davanti a qualche parola di troppo. Ma a quanto pare, nonostante i cocci rotti, era riuscita a rimettere insieme quel bellissimo vaso e a portare dentro di sé solo i fiori più belli. E quel libro, era la prova evidente che il suo dolore fosse reale e che l'avrebbe uccisa ogni giorno, per sempre. 

E poi c'ero ovviamente io... Io. Quello stronzo che ha potuto solo che rovinarla. 

Mi sentivo quasi parte integrante di quel romanzo, dopotutto, quel dolore non se l'era procurata da sola, no.

C'era Harry che riusciva ad alimentarlo sempre di più.

Quando tornai a casa provai a chiamare ancora Niall, magari aveva saputo qualcosa.

Era sua sorella, acquisita. Sua madre era sparita misteriosamente e suo padre conobbe Maura, la mamma di Niall in qualche festa in Irlanda e dopo due anni decisero di sposarsi.

Ma lei aveva sempre avuto un carattere forte e deciso. Non le andava bene una cosa? Scappava.

E così fece.

Sono passati esattamente quattro anni.

Quattro fottutissimi e lunghissimi anni senza di lei, qui, con me.

Il telefono di Niall squillava a vuoto e senza neanche accorgermene, avevo passato tutta la notte a leggere il suo romanzo, sperando di trovare tra le righe, quel dolore che le avevo afflitto, quasi come se sperassi che quelle stesse parole avessero avuto lo stesso effetto distruttivo su di me.

Ma ovviamente non fu così, che idiota che sono stato anche solo a pensare una cosa del genere.

Quando chiusi il libro, me lo portai sotto le narici. Stupido, lo so.

Ma nella mia mente malata sparavo che lei avesse toccato quel libro e avesse lasciato impresso il suo inconfondibile odore di muschio bianco.

Ma non fu così.

No.

L'odore era forte, ma lo sprigionava la carta.

Lei non c'era più.. Non era più qui.

E credo che proprio in quel pensiero la mia mente iniziò a crollare.

Flashback di lei che scriveva sul mio tavolo in cucina, sul divano, sul letto, sul tappeto davanti al camino. In braccio a me, rannicchiata su se stessa.

Le sue guance rosse al solo pensiero che potessi leggere qualcosa di suo. 

I fogli che diventavano indomabili durante le sere d'estate poiché il vento li innalzava con la sua forza presente, e poi li faceva ricadere giù quando se ne andava.

Lei era come il vento, regolava le mie emozioni.

La sua immagine iniziava a diventare troppo nitida davanti a me, così presi un bicchiere d'acqua. Mi avrebbe fatto solo che del bene.

Ma la sua immagine diventò sempre più reale, viva, davanti a me.

Un rumore di vetro che si infrange sul muro dove voleva esserci lei, o meglio, la sua immagine prodotta dalla mia mente.

Un suono assordante di vetri rotti in antitesi con il silenzio delle mie lacrime.


Come promesso, eccomi qui con un'altra storia, scritta dalla 'me' di oggi. Ci vediamo al prossimo aggiornamento, fatemi sapere come vi sembra. 
Claudia, x.

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Capitolo 2
*** 2013 ***


Agosto, 2013

"May Charlotte Emilia, sei pronta?"

Sono le 4:30 del mattino e questa è la mia sveglia, ossia mio padre.Mi stiracchio un po' e mi ricordo di rispondergli. " Sì papa, 15 minuti e sono giù".

Sia io che lui sappiamo che non saranno mai quindici minuti ma pazienza, di tempo ne ho.Mi alzo dal letto e mi accorgo che fa fin troppo freddo per essere la prima settimana di Settembre qui a Roma.Vado direttamente in doccia, sperando che l'acqua calda scaldi questa fredda giornata che mi aspetta.Mentre l'acqua scorre, penso a come stia per cambiare la mia vita e, con un filo di malinconia, mi viene da ripensare a tutto quello che sto lasciando alle spalle: la mia famiglia, i miei amici, la mia casa, la mia vita qui.Tra qualche ora sarò su quell'aereo che mi porterà a Londra. E' il mio sogno da quando avrò avuto..quanto? Quindici anni? Eppure, ora che si sta realizzando sempre di più, io sono qui e sto morendo di paura per quello che accadrà.E' da stupidi, ma non riesco a fermare i miei pensieri per quanto io lo desideri. Uscita dalla doccia, infilo il mio bagnoschiuma nel beauty e mi posiziono davanti allo specchio. Asciugo i capelli e decido di lasciarli lisci, tanto i boccoli mi si rovinerebbero in viaggio. Mi trucco con il solito eye-liner, mascara e rossetto bordeaux. e' un'ossessione-credo-quel colore.Mi infilo i miei soliti jeans, un maglioncino leggero bianco e le converse, ovviamente bianche anche quelle.Credo di essere pronta, così prendo il mio cappotto nero e scendo le scale."Papà sono pronta, possiamo andare" grido per le scale mentre trascino giù la mia valigia.Appena arrivo davanti alla porta, mi volto e vedo mio padre in cerca delle chiavi e mia zia in lacrime. "Dai zia, avevi promesso che non avresti pianto", sorrido per poi andare ad abbracciarla. "Lo so, e infatti ora smetto", afferma asciugandosi il viso con la manica della vestaglia. "Ma non posso che essere felice per la mia bambina che sta per frequentare l'università, in un altro stato per di più!". Le bastano queste poche parole per scoppiare di nuovo in lacrime. "Okay ragazze mie, sarà meglio andare o qualcuno qui perderà l'aereo" dice papa. "Ti voglio bene, zia"."Te ne voglio anche io Lottie, tanto. E chiama appena arrivi e stai attenta e ricordati.." decido di bloccare il suo elenco con un abbraccio per poi lasciarle un bacio sulla guancia. "Lo prometto, ma fammici arrivare a Londra, okay?" sorrido per poi allontanarmi, e mi allontano sempre di più, fino a quando non arrivo a chiudere la portiera dell'auto mentre papà mette in moto la macchina.Arrivati in aeroporto, saluto in fretta mio padre e mi avvio per fare tutti i controlli.Sono le nove e l'aereo sta decollando.Guardo fuori dal finestrino e ancora una volta mi ritrovo a pensare alla mia vita futura.Sperando che sia migliore di quella che ho sempre avuto.A scuola non avevo grossi problemi, anzi, sono una di quelle tipiche secchione che in classe alzano sempre la mano, ma non troppo da diventare le cocche dei prof, mai.Ma è come se nella mia vita, io non avessi mai vissuto veramente. Sempre chiusa in camera mia a scrivere o leggere, ad ascoltare la musica. Non credo che fosse per mancanza di compagnia, ho molti amici, ma non volevo aprirmi al mondo. O perlomeno a quel posto. Sentivo che non mi apparteneva del tutto, sapevo che non era quello il mio posto. Ecco perché ora il mio aereo è atterrato e io sono ufficialmente a Londra.Sento già che l'aria qui è diversa, meno opprimente rispetto a quella di Roma. Ho i soldi necessari per un taxi, ma decido comunque di prendere il bus. Almeno non sarò da sola a combattere contro i miei pensieri. Devo essermi addormentata perché quando riapro gli occhi, sono a Victoria Station.Recupero il mio valigione e mentre cammino per arrivare alla biglietteria maledico me stessa per aver portato l'intera libreria di camera mia invece di qualche maglietta in più. Faccio la mia tessera della metropolitana e l'impiegato mi lascia un foglio da compilare.Charlotte Emilia May. Ho 19 anni. Sono di Roma.Può sembrare strano dato il mio cognome, ma mia madre è italiana, o forse, era, non lo so. So solo che non l'ho mai vista. Mentre mio padre è di Mullingar, un piccolo paese in Irlanda. Credo si sia trasferito a Roma quando aveva 10 anni perché voleva girare il mondo, e invece si è fermato alla sua prima tappa del viaggio per sposare una ragazza italiana e mettere su famiglia. Assurdo.Ho sempre ammirato il suo coraggio, e ogni giorno prego sempre affinché quando sarò più grande ne abbia tanto quanto lui perché ora non sento proprio di averne. Riconsegno il modulo compilato e prendo in mano la tessera.Cammino avanti e la passo sopra la macchinetta per entrare definitivamente nella metro.Quando le porticine dietro di me si chiudono, nella mia mente immagino un sipario che si chiude: davanti a me, c'è la mia nuova vita, dietro.. Qualcosa con la quale non volevo più aver niente a che fare.

Ciao a tutte! Eccomi qui con il secondo capitolo!
Vorrei solo dirvi una cosa che vi faciliterà la lettura della storia: attente alle date che troverete come titoli dei capitoli. Detto ciò, buona lettura e ci vediamo al prossimo aggiornamento ❤️
Ps. Drag me down è qualcosa di meraviglioso. 
Claudia, x

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