Mai giudicare un libro dalla copertina di Demon Heart (/viewuser.php?uid=398769)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Correvo
come una saetta sui tetti delle case di Los Angeles, mentre il vento
mi sferzava quasi con violenza; sentivo l'adrenaina a mille, cercando
di velocizzare la mia corsa.
«Prendetela!
Non lasciatevela sfuggire!» questa voce riecheggiò
alle mie spalle,
mentre dei passi si affrettavano per raggiungermi.
Non
rallentai per nulla, saltando sulla casa successiva, mentre sentivo
un bambino chiamare la madre ed indicarmi.
Era
molto raro vedere qualcuno che praticava Parcour, ed in quella
splendida e, a volte, rumorosa città era un evento
più unico che
raro, a causa della polizia e della vigilanza.
Una
volta atterrata, feci leva sulle gambe, riprendendo la mia sfrenata
corsa, come al solito ben meritata.
Ero
cambiata molto nell'ultimo periodo...
Non
facevo altro che cacciarmi nei guai, spesso e volentieri frequentavo
pessime compagnie e abbastanza raramente evitavo di ascoltare i
consigli di mio fratello.
Con
un balzo finii sul tettuccio di un'auto blu scuro, e pochi secondi
dopo mi ritrovai coi piedi sull'asfalto.
Ripresi
la mia corsa contro il tempo, sfrecciando tra le auto bloccate nel
traffico, cercando fra le tante qualcuna familiare in cui
nascondermi.
Presa
dai miei pensieri, mi scontrai contro qualcuno, perdendo
l'equilibrio.
Fortunatamente
per me, la mia "vittima" mi afferrò una mano, avvolgendomi
la vita con l'altro braccio.
Fu
allora che lo guardai per la prima volta...
Aveva
la carnagione lievemente abbronzata ed un profilo che lo faceva
assomigliare ad un latino, e non avevo idea se lo fosse o meno; due
occhi profondi come pozze di petrolio e spettinati capelli nero.
Mi
regalò uno dei sorrisi più belli che avessi mai
ammirato, ma subito
dopo, mi riscossi sentendo le voci dietro di me aumentare.
«Eccola!»
urlò con tutta la voce che aveva in corpo, per farsi sentire
da
tutti i componenti della sua banda.
Sorrisi
al ragazzo, correndo via e saltando su una macchina poco lontana, per
arrampicarmi su un edificio non molto alto.
Trascorsi
più di un'ora dopo quel fatidico incontro a correre,
cercando di
passare per le stradine secondarie e più nascoste,
intenzionata a
concludere in gran bellezza.
Mi
fermai davanti ad un immenso edificio, guardando alle mie spalle, per
assicurarmi non mi avessero ancora raggiunta.
Sorrisi,
entrando all'interno del palazzo ed allontanandomi velocemente dalle
porte di vetro, per non farmi vedere, semmai fossero passati di
lì.
Tirai
un sospiro di sollievo, gironzolando per la struttura, senza una meta
precisa.
Non
ero mai stata lì, e ne ebbi la certezza quando mi
spuntò davanti
un'insegna con la scritta "Roque Records"; era seguita da
poster di vari gruppi musicali, Boy Band, per l'esattezza.
Da
lontano intravidi un divano rosso, che sembrava essere parecchio
comodo ed accogliente.
Presi
la rincorsa, buttandomici di peso ed incrociando le braccia dietro la
testa.
Chiusi
gli occhi per qualche secondo, intenzionata a riposarmi per un bel
pò.
Dopo
nemmeno una decina di minuti, sobbalzai a causa di grida che si
susseguivano, stordendomi quasi.
Deglutii
voltandomi verso la porta che si trovava alla destra del divano,
poggiando i piedi sul tavolo e beandomi dell'atmosfera.
«Questo
succede perchè VOI, stupidi cani scimmia, non fate altro che
distrarvi, spesso e volentieri trascurando il vostro la-»
l'omone
non molto alto e dalla barba non troppo folta, interruppe il suo
discorso, puntandomi lo sguardo addosso e squadrandomi da capo a
piedi.
Notai
che aveva un paio di occhiali da sole ed uno strano cappello in
testa; immaginai fosse il "proprietario" di quel posto
immenso.
Dopo
un primo attimo di smarrimento, si avvicinò a me di qualche
passo,
con una strana espressione in viso.
«E
tu saresti?» chiese inarcando un sopracciglio, senza togliere
gli
occhi dai miei piedi sul tavolo.
Mi
morsi un labbro, scostando i piedi e rivolgendogli uno strano
sorriso, che nemmeno io sapevo ben definire.
Mi
scappò una risatina, continuando ad osservare il suo viso,
lievemente rosso dalla rabbia che cercava di controllare.
«Chi
diavolo sei?!» sbraitò ormai al limite; se con uno
sguardo fosse
possibile ferire, a quest'ora mi avrebbe completamente ucciso.
Notai
solo allora quattro ragazzi alle sue spalle e riconobbi il secondo,
alla sinistra dell'uomo.
Lo
squadrai appena, sorridendo al ragazzo che poche ore prima mi aveva
"salvata" da una bella caduta.
Gli
sorrisi allegramente, e lui fece lo stesso.
Fu
un'istante che sentii delle grida provenire dal corridoio, e sbiancai
vedendo un uomo alto e parecchio ben piazzato.
Sollevai
lo sguardo, osservando il condotto dell'aria; potevo passarci
tranquillamente.
Saltai,
dando un colpo sullo sportellino che si aprì, con un rumore
metallico; con un secondo balzo afferrai il bordo del condotto e
riuscii a salire appena il tempo, mentre una mano cercava di
afferrare la mia gamba.
«STOP!
Cos'è questo?! Chi era quella ragazzina sul set?»
Sentii una voce
sbraitare, diversa da quella del tizio con gli occhiali
«Dobbiamo
rigirare questa scena, da poco prima che apri la porta ed il
continuo.»
Ridacchiai
appena, scuotendo la testa; ero finita su un set cinematografico a
quanto pareva, e riconobbi solo in successione la voce di
Andrès.
Scesi
da dove ero passata poco prima, atterrando sul tavolo evitando di far
rumore; non diedi il tempo ai presenti di avvertire il regista, che
tra l'altro, mi voltava le spalle, e gli saltai addosso.
«Ma
che-» lo sentii esclamare, cominciando a girare
vorticosamente su se
stesso.
«Andrès
mi deludi» affermai senza riuscire a trattenere le risate
«non mi
riconosci nemmeno?» gli tirai appena le guance, mentre mi
sistemò
su di se, prendendo le mie gambe, per non farmi cadere.
Lo
sentii ridere appena, mentre mi fece scendere dalla sua schiena.
«Finalmente
ti sei fatta viva, dopo tutto questo tempo» mi
rimproverò appena,
senza perdere il sorriso, poi si rivolse al resto dei presenti che
osservavano la scena tra il curioso ed il divertito «voi
prendetevi
pure una pausa, possiamo continuare anche dopo.»
Mi
indicò la porta rossa da cui, pochi istanti fa era uscito
quel
gruppetto, avanzando ed entrando nella stanza; lo seguii a ruota,
passando davanti ai presenti e tirando leggeri schiaffetti sulle
guance dell'uomo con occhiali e cappelli.
Trattenne
a stento la rabbia, mentre mi affrettai a chiudere la porta.
La
sala era molto spaziosa e di colore rosso cremisi, ospitava vari
macchinari che servivano a registrare canzoni ed audio.
Andrès
si mise comodo su una delle sedie che erano sistemate nella sala, e
mi invitò a sedermi sul divano in pelle nera che aveva di
fronte.
«Allora,
qual buon vento ti porta qui?» ridacchiò appena,
mentre mi lasciai
andare alla comodità di quel magnifico divano «E'
da molto che non
ho tue notizie...»
Storsi
appena il naso, scuotendo la testa.
«Il
lavoro va come al solito, però sto cercando di superare il
blocco
dello scrittore che mi ha assalito da una settimana» mi
lasciai
sfuggire una risatina dove era possibile scorgere una nota nervosa.
«Tranquilla,
supererai anche questa» sorrise rassicurante, sporgendosi per
darmi
una pacca sulla spalla «Una delle poche novità che
ti riguardano,
di cui sono a conoscenza, è il fatto che la tua fama da
"Dragone
Rosso" aumenta sempre più»
Mi
morsi il labbro inferiore, guardandolo colpevole «In effetti
si...
oggi mi stavano inseguendo i 66Route»
Inarcò
un sopracciglio, scrutandomi attentamente «Sai... sei
cambiata
parecchio, e non solo in aspetto. Non sei più quella che eri
prima
di»
Non
gli lasciai finire la frase, cercando di sviare il discorso, per
quanto mi fosse possibile «E con la tua carriera invece? Vedo
che ti
stai dando da fare!»
«In
effetti si, questa stagione dei Big Time Rush ha aumentato di
parecchio gli ascolti» sorrise allegro, mentre ci scambiammo
un
cinque.
«Ma
complimenti» mi lasciavo spesso coinvolgere nell'allegria
degli
altri, quasi percependo le loro emozioni «Ed il mio caro
fratellino?
Come se la passa?»
Era
da molto che non vedevo mio fratello, e la cosa mi intristiva non
poco; mi ero allontanata da lui per evitare di coinvolgerlo nei guai
in cui ero incastrata spesso e volentieri.
«Se
la cava, soprattutto riesce ad interpretare alla perfezione il
personaggio che gli abbiamo assegnato nella serie» sorrise,
non
nascondendo la sua fierezza.
Continuammo
a parlare del più e del meno, non ci vedevamo da tanto.
Andrès
era una persona fantastica, come un secondo padre per me e David, mio
fratello maggiore.
Lo
conobbi quando la mia "metà" intraprese la via del
successo in televisione, cominciando ad interpretare ogni genere di
personaggio.
Da
allora si creò un legame come tra padre e figli, anche
perchè
spesso seguivo David alle riprese, nascondendomi nei condotti per non
apparire nell'inquadratura.
Amavo
sentirlo e vederlo mentre interpretava quei ruoli.
Dopo
quella lunga chiacchierata di un'oretta ed oltre, lasciammo quella
stanza, dirigendoci verso le telecamere di ripresa ed il resto dei
presenti.
Da
lontano intravidi i quattro ragazzi di prima discutere animatamente,
mentre mi fermai per scusarmi con "Gustavo Rocque".
«Bene,
ora dobbiamo girare la scena del Palm Woods, e tu» mi
puntò un dito
contro, sfiorandomi il naso «Potrai rivederlo se ti
va»
Sorrisi
allegra, ringraziandolo di cuore; non vedevo l'ora di fare una
sorpesa al mio fratellino adorato.
Mentre
parlavo con Andrès, uscimmo dall'edificio e lui mi
indicò una
limousine con cui dovevamo raggiungere la nuova meta.
«Che
ne dici di andare con i ragazzi? Così potete far
conoscenza.»
Sembrava entusiasta che interagissi con altri ragazzi, così
accettai
la proposta e mi incamminai verso il veicolo.
L'autista,
rimasto fino a quel momento in piedi e rigido, accanto all'auto, mi
aprì lo sportello; lo ringraziai, alquanto imbarazzata,
salendo e
mettendomi comoda sul sedile alle spalle del conducente.
Mi
sistemai più al centro, così potevo stare
più comoda, ma parlai
troppo presto.
I
quattro ragazzi di prima, entrarono come delle furie animali, mentre
due si mettevano comodi sul MIO sedile.
Rimbalzai
appena sul sedile, mentre uno dei due azzardò la cosiddetta
mossa
del "braccio sulle spalle di lei".
«Allora
splendore, il mio nome è James Maslow, il tuo
invece?» la sua voce
mi arrivò all'orecchio chiara e ferma, mentre mi voltai
verso di
lui.
Aveva
i capelli castano chiaro e due occhi verdi magnetici, che avrebbero
attirato l'attenzione di chiunque.
Storsi
appena il naso, prendendogli il polso «Piacere
Maslow» cominciai,
mentre gli sollevai appena il braccio, facendoci passare sotto la mia
testa «Io sono Spencer Cade» gli portai il braccio
disteso sul
fianco «e non provarci con me, grazie»
Gli
regalai un ampio sorriso, notando il suo faccino confuso e
trattenendomi a stento dal ridere.
«No
aspetta, mi stai rifiutando forse?» chiese ancora
più confuso «Sono
James Maslow io!» lo sentii affermare tra il deluso e
l'isterico.
«Si,
ti sto rifiutando soprattutto perchè non ti ho mai visto
prima d'ora
e non abbiamo mai parlato» risposi ovvia, senza abbandonare
la mia
espressione semi-divertita.
«James...
mi deludi... Una Friendzone posso capirla anche, ma
questo...»
Cominciò serio, il biondo seduto di fronte, poi
ridacchiò appena,
presentandosi «Kendall Schmidt»
Aveva
anche lui degli occhi verdi, più chiari e sfumati di
azzurro; doveva
amare i braccialetti visto che ne aveva un bel pò al polso.
Il
moro doveva essere sull'orlo di una crisi isterica e non potei fare a
meno di scoppiare a ridere, cercando di nascondere il viso.
«Non
è mai stato così divertente Friendzonare un
ragazzo» mi voltai
verso di lui, e la sua espressione corrucciata non giovò
alla mia
risata.
Scossi
appena la testa, tirandogli una pacca sulla spalla, senza abbandonare
il sorriso che avevo dipinto in viso «Suvvia, c'è
sempre una prima
volta»
«E
dimmi, la tua prima volta c'è stata?» mi voltai
verso il moro
seduto accanto a Kendall.
Capelli
castano scuro come i miei, occhi castano scuro ed un'espressione
maliziosa in viso.
Ci
misi alcuni secondi per analizzare la frase, rimanendo in silenzio.
Scossi
la testa, voltandomi verso il ragazzo che mi aveva impedito di cadere
ed afferrai il casco da Hockey che aveva in testa, giocandoci appena
«Non penso che siano domande da fare ad una completa
sconosciuta»
sollevai il viso dal casco, guardandolo beffarda «E' questo
il tuo
scarso metodo di seduzione?»
Vidi
il suo sorriso scomparire per qualche istante, poi ritornò
come
prima.
«Touchè»
ridacchiai appena, mettendomi il casco, che mi andava leggermente
largo «In ogni caso sono Logan Henderson, dovresti conoscere
questo
nome» qui il suo sorriso si fece più ampio.
Finsi
di riflettere qualche minuto, poi scossi la testa «Spiacente
per te,
ma la mia conoscenza su questo "Logan Henderson" è tanto
approfondita quanto la mia conoscenza del greco.»
«E
quanto conosci il greco?» chiese il ragazzo alla mia
sinistra,
osservandomi divertito.
«Zero
assoluto» sorrisi, lasciandomi affondare nel sedile, quando
sentii
un braccio sulla spalla.
«Sicura
che non ti interessa nemmeno una serata con il tuo idolo?» mi
voltai, mentre James avvicinava appena il suo viso al mio.
Sorrisi,
sporgendomi verso di lui come per baciarlo, mentre sorrideva
soddisfatto.
A
pochi centimetri di distanza gli lasciai uno schiaffo sulla guancia,
mentre osservavo il rossore comparire sulla sua pelle non troppo
chiara.
«Questo
è per non avermi ascoltata» lo spinsi appena,
allontanandolo da me
ed osservando gli altri ridacchiare.
«Tu!
Come hai osato!» si voltò verso di me, con uno
scatto d'ira
improvviso.
Il
quarto ragazzo, si sovrappose tra me ed il castano, per evitare
l'imminente lite.
Si
voltò verso di me, sorridendo allegro e porgendomi la mano
«Ed io
invece, sono Carlos Pena»
Ricambiai
sia la stretta di mano che il sorriso «Piacere mio»
lo guardai
negli occhi, accorgendomi che erano davvero profondi «E
grazie per
stamattina» ridacchiai nervosa, mentre il casco mi
coprì appena gli
occhi.
Lo
scostai appena, guardando fuori dal finestrino, accorgendomi che
eravamo bloccati nel traffico; questa era uno dei lati negativi di
Los Angeles.
Scossi
la testa, aguzzando la vista e guardando sul tettuccio dell'auto
accanto; scorsi un ragazzo con il cappuccio della felpa che gli
copriva il viso, mentre sventolava uno zainetto verde militare.
Sbiancai,
accorgendomi che era il mio e mi sollevai di scatto avvicinandomi al
finestrino «Quello è mio!» urlai di
colpo, facendo sobbalzare i
ragazzi che mi tenevano compagnia.
«Cosa?»
chiese Kendall stralunato.
Aprii
il finestrino, sporgendomi appena «Ridammi quello
zaino.» sembrava
più un ordine che una richiesta, la mia.
«Vieni
a prenderlo» mi disse con voce profonda, saltando sulla
macchina
davanti.
Mi
imbronciai, uscendo dal finestrino ed arrampicandomi sul tettuccio
della Limousine.
«Ma
che fai?!» sentii la voce di Logan chiamarmi, mentre
raggiungevo con
un salto, la macchina su cui era l'incappucciato.
Lo
osservai appena; statura media, corporatura robusta e ricci neri che
uscivano dal cappuccio. Felpa larga e pantaloni non molto aderenti.
Doveva
fare anche lui Parcour, visto che comincio a saltare sulle auto, fino
a salire su un tetto.
Lo
seguii, lievemente titubante, aggrappandomi al davanzale di una
finestra con le mani e sollevandomi, per saltare sul tetto e
seguirlo.
Notai
che era rimasto lì, come se volesse farsi seguire.
«Che
vuoi?» chiesi squadrandolo da capo a piedi.
«Solo
restituirti lo zainetto» si calò il cappuccio,
osservandomi e
porgendomelo.
«Qual'è
il trucco?» ero sempre stata un tipo diretto, e di certo non
nascondevo quello che pensavo.
Lo
vidi farsi sfuggire una strana risatina, lanciando la sacca, che
afferrai al volo.
«Nulla,
volevo solo rivederti» vidi la sua espressione addolcirsi,
mentre
cominciò ad avanzare verso di me.
«Io
non volevo, però.» risposi con tutta
l'acidità in mio possesso.
Vidi
il sorriso scomparire, per far strada ad un'espressione triste e
malinconica.
«Spenny,
ti prego...» puntai i miei occhi nei suoi, scorgendo quel
velo di
tristezza che aveva caratterizzato me per quasi nove mesi.
Scossi
la testa, avvicinandomi al bordo del tetto e mettendomi lo zaino
sulle spalle «Mi dispiace, ma non è stata colpa
mia.»
Mi
lasciai cadere, atterrando su un'auto parcheggiata, mentre cominciai
a cercare la limousine bianca che avevo lasciato.
C'era
ancora traffico, quindi non dovevano essere lontani; mi lanciai a
capofitto tra le auto, saltando su alcune di esse di tanto in tanto,
per cercare il veicolo dall'alto.
Pochi
secondi e le auto ripresero la loro corsa, e riuscii a saltare in
tempo sul marciapiede accanto.
Sospirai, gonfiando le guance e rassegnandomi; ora
dovevo fare la strada a
piedi, senza nemmeno conoscere la direzione da prendere.
La
cosa mi avrebbe decisamente rubato non poco tempo.
Angolo
autrice
Allora,
premetto col dire che non ci saranno autolesionisti, Mary Sue, Gary
Stue e ancora non ho chiare tutte le idee per la storia.
Questo
capitolo è come un piccolo Prologo, dove Spencer incontra i
Big Time
Rush, anche perchè avevo voglia di fare una storia con tanto
di
incontro e non partire allo sbaraglio.
Inoltre,
dico già da ora che questa è la storia e non
saranno ben accette
lamentele del tipo "non mi piace la coppia", "non mi
piace il finale", "non mi piace la scena blablabla" o
altre di questo genere.
Questo
perchè essendo io l'autore, qui, ho il pieno controllo dei
personaggi, e lo stesso chiunque scriva.
Spero
di aver attirato la vostra attenzione verso la storia anche se come
inizio lascia un pò a deludere ( almeno me, non so voi)
Detto
questo, vi invito, se volete, a partecipare alla storia, questo
perchè volevo aggiungere una o due amiche/amici di Spencer,
per non
trasformarla nel classico "Lupo Solitario che manda il mondo a
quel paese".
In
pratica delle OC; se vi va potete scriverlo in una recensione e
mandarmi il personaggio in chat, ovviamente niente Mary Sue e Gary
Stue anche su questo lato.
(cioè
niente personaggi perfetti)
Con
questo concludo senza trattenervi oltre, e spero in qualche
recensione ;")
Come
ultima cosa, volendo potreste proporre idee se volete, così
da dare
spazio anche ai lettori.
Salutoniiiih (piccolo
sfogo visto che amo le "h")
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Quando
arrivai all'agoniato Palm Woods ero stremata; fuori l'entrata mi
piegai in due per riprendere fiato, mentre i piedi doloranti non si
decidevano a darmi tregua.
Sospirai,
raddrizzandomi e varcando l'entrata, ritrovandomi vari ragazzi che
chiacchieravano tra loro, mentre uno strano omaccione in divisa,
riccio e dalle lenti dalla forma rettangolare era dietro la
reception.
Scossi
la testa, avviandomi verso una poltrona nera e lasciandomi andare
alla sua morbidezza.
Notai
una ragazza avvicinarsi; alta come me, magra, capelli lunghi e neri,
caratterizzati da ciocche rosse disperse nella capigliatura.
«Sei
nuova?» nella sua voce scorsi curiosità, molta
curiosità ed un
pizzico di "superiorità" «Che ruolo
interpreti?»
continuò, senza nemeno darmi il tempo di rispondere alla
prima
domanda.
Rimasi
stordita per alcuni secondi, colta alla sprovvista, poi sorrisi e
risposi tranquilla «No, non sono una componente del cast,
sono qui
solo per sbrigare alcune faccende»
«"Alcune
faccende" su un set cinematografico?» chiese, inarcando un
sopracciglio; sicuramente pensava a quanto fossi strana.
Le
regalai un sorriso falso, mentre gran parte dei miei capelli
cascò
sulle mie spalle, mostrandosi in tutta la loro lunghezza e bellezza.
In
effetti si... amavo i miei capelli, ed io ero come ossessionata dalla
loro cura.
Il
mio parrucchiere di fiducia continuava a ripetermi che avevo dei bei
capelli e che, semmai avessi voglia di tagliarli, sarei dovuta
andare da lui.
Erano
molto lunghi, infatti mi arrivavano ai fianchi; avrebbe potuto
ricavarci una parrucca.
Mi
riscossi dai miei pensieri, e per tutto il tempo non avevo
abbandonato quel sorrisetto che riservavo davvero a pochissime
persone.
«Si,
anche perchè non penso sia vietato» cercai di non
mostrarmi troppo
acida, per non coltivare cattive amicizie.
Stava
per ribattere, quando sentii la voce di Andrès che mi
chiamava a
gran voce.
«Spencer,
eccoti finalmente» mi tirò un pugno sulla spalla,
senza esagerare
«Avevi voglia di farti la strada a piedi o cosa?»
Ridacchiò
appena, mentre lanciavo un'occhiata alla ragazza con cui stavo
parlando pochi minuti prima, come a farle capire che con lei avevo
chiuso il discorso.
La
vidi assottigliare gli occhi, per poi allontanarsi ed avvicinarsi ad
altri ragazzi.
«Diciamo
che ho avuto un piccolo "contrattempo"» mi lasciai
scappare una strana espressione perplessa che lo fece ridere.
«I
ragazzi si sono preoccupati da morire quando sei uscita dal
finestrino dell'auto» affermò, senza riuscire a
trattenersi dalle
risate «Kendall ha cominciato ad urlare così forte
che persino
l'autista l'ha sentito.»
Mi
trattenni a stento dal ridere, passandomi una mano tra i capelli per
scostare il mio adorabile ciuffo ribelle dagli occhi «E che
diceva?»
«"Quella
si vuole ammazzare! Fermatela! Si ammazzerà!"» qui
evitai di
trattenermi ridacchiando non poco divertita, mentre lui mi tirava una
pacca sulla spalla «Evita di fargli prendere un infarto, mi
serve
per lo Show.»
Scossi
la testa, continuando a sorridere divertita; non erano tanto male
quei ragazzi, magari potevamo andare d'accordo.
«Non
preoccuparti, se qualcosa ti risarcirò i danni»
ridacchiai, mentre
inravidi da lontano Kendall, dirigersi lentamente verso di noi;
quando mi riconobbe accelerò il passo, ritrovandosi accento
ad
Andrès.
«Ma
la vedi?! Prima esce dal finestrino come fosse una porta e poi
eccola!» Mi pntò un dito contro, che quasi mi
sfiorò il naso.
Incrociai
gli occhi per osservare quel dito, facendo un'espressione abbastanza
buffa; era una delle abitudini che mi accompagnavano da quando ero
bambina.
«Scusa
mamma, non lo faccio più» ridacchiai, osservando
la sua espressione
stralunata.
Si
riscosse, pizzicandomi la guancia e rivolgendosi poi al regista
«Per
quanto riguarda la scena, ne rimane una sola da girare per questo
episodio.
Lo
facciamo domani oppure ora?»
Guardai
l'orologio che aveva Andrès; era mezzogiorno passato.
Lo
vidi scuotere la testa e sorridergli «No, la gireremo la
settimana
prossima, insieme a quelle del nuovo episodio. Dovreste prendervi
tutti una pausa. Domani devo andare ad un incontro importante a cui
non posso assolutamente mancare.» Si scostò appena
da noi, portando
il megafono che aveva in mano alla bocca e parlando con esso
«Ragazzi, potete andare a casa. Ci vediamo direttamente la
prossima
settimana, e vedete di rispettare il solito orario»
Si
alzò un chiacchiericcio allegro, mentre ognuno sistemava le
proprie
cose per poter abbandonare l'edificio.
Intravidi
da lontano una chioma biondo scuro avvicinarsi al gruppetto che si
era formato tra alcune poltrone; sorrisi, portando le mani alla bocca
per poi urlare «Biondo! Che mi combini?!»
Risi
divertita, mentre cominciò a guardarsi intorno abbastanza
confuso;
era l'unico biondo del gruppetto, quindi ero stata fortunata.
Lo
vidi voltarsi nella mia direzione, poi allontanandosi appena dal
gruppo, per avvicinarsi a me e Kendall.
Mi
sistemai il casco di Carlos, che avevo ancora in testa e cominciai a
correre verso David.
Lo
vidi voltarsi per darmi le spalle, correndo verso l'ascensore poco
distante.
Amavo
placcare le persone, ma ero quella classica eccezione di ragazza che
si avvicinava alla natura animale di un giocatore di Rugby.
Lo
avevo quasi raggiunto, così mi lanciai su di lui con un
balzo,
facendolo cadere a terra, mentre continuavo a stringerlo.
«Ancora
hai paura dei miei placcaggi, fratellino?» ridacchia,
lasciandogli
un bacio sulla guancia ed alzandomi, per evitare di cadere a causa di
qualche suo giochetto.
«E'
normale, sorellina» ridacchiò appena, alzandosi e
dandomi una pacca
sul casco, facendomelo cadere davanti agli occhi «Finalmente
ti fai
vedere dopo tanto»
Sollevai
lo sguardo su di lui, notando la sua espressione malinconica; gli
sorrisi lievemente, piegando la testa lateralmente.
«Sai,
non è facile la situazione in cui sono, e lo
sai...» cercai di
sdrammatizzare, sorridendo appena.
«Si,
lo so... Ma di certo non puoi reagire in questo modo solo
perchè ti
hanno ferito.» Incrociò le braccia al petto,
osservandomi
severamente.
Mi
sovrastava, nel vero senso della parola; io ero solo un metro e
sessanta, ed avevo un fisico non molto muscoloso mentre lui superava
il metro e ottanta, muscoloso ma non troppo.
Il
lato positivo era che non ero grassa, anzi; ero nella norma ma avevo
le forme al posto giusto.
Lui
aveva degli occhi azzurri che ho sempre adorato, mentre io avevo
degli occhi verde smeraldo, con sfumature dorate.
Altra
differenza era l colore dei capelli, David era biondo, e portava i
capelli corti, che potevano essere, anche se lontanamente, paragonati
a quelli di Logan; i miei erano castano scuro, e come lunghezza
arrivavano ai fianchi.
Erano
mossi, e da bagnati risultavano ancora più lunghi.
Entrambi
andavamo fieri dei nostri capelli, eravamo i "fratelli della
cura maniacale del capello".
Chinai
la testa, abbassando lo sguardo; il suo era l'unico che non sarei mai
riuscita a sostenere.
«Dai,
non soffermiamoci sul passato e guardiamo il presente.»
sviò il
discorso, sapeva che mi faceva male parlarne.
«Già,
infatti manca poco per concludere il mio libro» sorrisi
allegra,
trascinandolo con me.
Mi
sollevo da terra, facendomi volteggiare per un pò, per poi
lasciarmi
di nuovo toccare la terra con i piedi.
«Congratulazioni
allora» mi sorrise allegramente, regalandomi un caloroso
abbraccio.
Ne
avevo bisogno da molto e ricambiai stringendolo forte.
Quando
ci allontanammo, notai i quattro membri dei Big Time Rush avvicinarsi
a noi, ed il viso di Kendall non poteva certo definirsi allegro o
gioioso.
«Cade»
il suo tono di voce risultò duro e freddo e non aveva nulla
a che
fare con quello con cui si era rivolto a me.
«Schmidt»
mio fratello rispose con la medesima freddezza, puntando gli occhi in
quelli dell'altro.
Storsi
appena il naso, a disagio per quella che mi sembrava una
rivalità
coltivata già da tempo; non ero però intenzionata
ad intromettermi,
anche perchè non volevo schierarmi da nessuno delle due
parti.
Incrociai
le braccia al pette, osservando entrambi con attenzione, come a voler
scorgere con uno sguardo i loro pensieri più profondi.
Notai
il proprietario del caschetto sorridermi, mentre gli risposi,
togliendomi l'elmetto dalla testa e passandoglielo, sussurrandogli
uno "scusa" appena percettibile.
«Già
adocchiato una nuova ragazza?» storsi il naso alle parole di
Kendall; mi aveva scambiato per una di quelle ochette che non
perdevano mai occasione per farsi notare da Dave.
«E
se anche fosse?» inarcai un sopracciglio, in sincronia con
mio
fratello ma con alcune differenze, il suo era derisorio, come il
sorriso che aveva dipinto sulle labbra; il mio era nervoso, come
l'espressione corrucciata che mi aveva assalito.
Gli
stava reggendo il gioco, e non doveva farlo; avrebbe solamente
scatenato un putiferio... Mi trattenni a stento dal tirargli un pugno
sulla spalla, anche perchè stava interpretando un ruolo che
non
doveva minimamente immaginare di farlo, il mio.
Stava
imitando il mio comportamento, e la cosa non mi andava per nulla a
genio; aveva cominciato a farlo perchè voleva mostrarmi
quali
fossero le conseguenze e cosa accadeva nelle situazioni, se fossi
stata un osservatore esterno.
«Beh,
se anche fosse, dovresti vergognarti, anche perchè hai da
solo un
giorno mollato quella mora nel modo più cruento
possibile.» notai
il ragazzo, incrociare le braccia al petto, sollevando appena il
mento, per poterlo guardare meglio; anche se di pochi centimetri, era
più basso dell'altro.
Sapevo
della sua ultima "ragazza", anche perchè l'avevo vista
correre via piangendo, dopo essere uscita da casa sua; ogni tanto,
durante la mia assenza, passavo a controllare la casa, riordinare
oppure osservare come si comportava mio fratello.
Non
c'erano dubbi che era un vero bastardo con le sue "ragazze"
o fan, ma aveva cominciato a comportarsi male anche con i ragazzi,
limitando la sua cerchia di amici.
«Lei
mi ha chiesto una serata insieme, ed io l'ho solamente
accontentata.»
si lasciò sfuggire una risatina, mentre con un braccio mi
circondò
la vita «quindi non ho fatto nulla di male.»
Sbuffai,
scostandomi da lui e guardandolo imbronciata, incrociando le braccia
al petto e guardandolo fredda.
«David.»
il mio era come un ordine silenzioso, e sul mio viso non c'era
nemmeno l'ombra di un sorriso, ma solamente un'espressione fredda e
distaccata.
«Spenny?»
mi fissò per alcuni secondi, inarcando un sopracciglio,
sorpreso;
solitamente gli reggevo il gioco, anche per allontanare parecchie
delle oche che lo circondavano, ma non questa volta.
Rimasi
a fissarlo, mentre roteò gli occhi, sospirando e lasciandosi
cadere
le braccia lungo i fianchi.
«Non
è una di quelle oche con cui mi vedete spesso»
sorrise, voltandosi
verso di me «Lei è la mia sorellina»
Notai
Schmidt irridìgidirsi e voltarsi verso di me di scatto
«Come?»
Scossi
la testa, affiancandomi a mio fratello e sorridendo appena
«Io e
David siamo fratelli»
Da
quella posizione riuscivo ad osservare tutti e quattro i ragazzi,
escluso mio fratello; notai James con un sopracciglio inarcato, con
una lieve espressione sorpresa in volto, Logan aveva uno strano
sorriso, come se avesse ottenuto una conferma riguardo una sua
ipotesi, Carlos era rimasto immobile, con la bocca lievemente aperte,
mentre reggeva in mano il casco nero.
Kendall
aveva gli occhi completamente sgranati e ci fissava intensamente come
fossimo due alieni.
«E'
una storia lunga e contorta, ho chiesto io a Dave di non spargere la
voce su di me, anche perchè non amo particolarmente le
telecamere o
le interviste» cominciai mentre mi torturavo il labbro
inferiore con
i denti «In ogni caso, io devo andare.»
Mi
allontanai velocemente da David, anche perchè non avevo
intenzione
di farmi fermare.
Si
voltò verso di me, corrucciato.
«Spencer,
non ti sei fatta vedere per quasi due mesi. Ricompari, parliamo ed
ora te ne vai?» sembrava davvero molto arrabbiato, ma non
potevo
farci niente; se gli stavo lontana, avevo i miei motivi.
Scossi
la testa, mettendomi il cappuccio della felpa in testa e guardandolo
di sfuggita «Mi dispiace, ma sai che non posso fermarmi a
parlare
troppo.»
Cominciò
a correre verso di me, scattai, santando contro la parete per
prendere con più velocità la curva.
Continuai
a correre, fin quando non riuscii a seminarlo dopo aver svoltato in
un paio di stradine.
«Ci
vediamo in giro, fratellone» sussurrai, vedendolo sfrecciare
davanti
al vicoletto in cui mi ero nascosta.
Sospirai,
incamminandomi lentamente verso la fine del vicolo, per poter
raggiungere una zona non molto lontana di Los Angeles.
Lungo
il tragitto, ripensai alla mia vita di prima, ed a quella che invece
ero costretta a vivere ora.
Prima
ero quasi sempre a casa, per scrivere; avevo dei sogni e delle
ambizioni.
Volevo
intraprendere una carriera da scrittrice, pubblicare libri e magari
anche laurearmi in giurisprudenza.
Erano
cose che mi accompagnarono fino all'anno precedente; poi cominciai a
frequentare un ragazzo che aveva attirato la mia attenzione.
Dopo
le esperienze passate, mi ripromisi di evitare qualsiasi relazione
con i ragazzi, ma mi lasciai trascinare.
Jordan
era un componente di una banda, ed era risaputo che le bande non
portavano mai a nulla di buono; mio fratello continuava a ripetermi
che sbagliavo a stare con lui e che dovevo allontamarmi, ma non lo
ascoltai.
Per
questo ora mi ritrovo in questa alquanto scomoda situazione...
Quando
mi accorsi che Jordan era soltanto una pessima compagnia, era troppo
tardi ed in breve mi ritrovai a capeggiare una banda che coltivava
solo rivalità con quella dei 66Route, banda del mio "ex
ragazzo".
Mi
lasciai cadere su una delle panchine del parchetto che avevo
raggiunto; non era molto frequentato, anche perchè non era
un
quartiere molto sicuro.
Presi
dal mio zainetto un libro nero, dalla copertina vellulata; passai
lentamente la mano su di essa, soffermandomi sulla scritta bianca
"Jolly", che la caratterizzava.
Era
il cosidetto "libro nero"; era un grande disonore perderlo
o lasciarlo in mani non affidabili.
Stavo
per aprirlo, per sfogliarne le pagine, alcune delle quali ingiallite,
che sentii delle voci.
Sobbalzai,
sistemando velocemente il libro nello zainetto che sistemai sulle mie
spalle, mentre sentivo le lattine all'interno tintinnare.
«Ora,
ti dispiacerebbe degnarmi di una spiegazione?» riconobbi la
voce di
James, mentre i passi frettolosi che pochi istanti prima erano
ovattati a causa della lontananza, sembrava che si avvicinassero
sempre più.
Sussultai,
notando che c'erano sia i ragazzi della band che David, ed erano
diretti al parchetto dove mi ero rifugiata.
Cominciai
a guardarmi intorno, alla ricerca di un nascondiglio; non volevo
farmi trovare, ma dovevo sapere cosa stessero combinando in questa
zona.
Sospirai,
lasciandomi cadere nella siepe che avevo alle mie spalle, agendo come
al solito, d'istinto.
«Senti,
voi mi avete voluto seguire, io voglio solo ritrovare mia
sorella.»
Qesto era David, che pareva abbastanza nervoso.
Lo
osservai dalla siepe, spezzando un rametto che minacciava di finirmi
in un occhio; li osservai mentre il Dave si metteva al centro del
parco, osservandosi intorno.
Sapeva
che quello era la mia "casa", anche perchè avevo lasciato
la mia firma; respiravo con lentezza, evitando qualsiasi movimento
che avrebbe potuto farmi scoprire, mentre il mio sguardo rimaneva
fisso su quei ragazzi.
«Visto
che è quello che volete sapere, Spencer è mia
sorella, ha venti
anni e non vive più con me. Queste sono le uniche cose che
posso
dirvi.» Sbuffò, voltandosi verso i quattro, ma
soffermandosi su
Kendall; dovevano proprio odiarsi quei due.
Storsi
il naso, mentre sentii qualcosa sfiorarmi la schiena; mi trattenni a
stento dall'urlarle, temendo fosse un serpente o un qualche strano
animale, ma fortunatamente era solo un cane che mi aveva fiutato.
Si
allontanò non molto tempo dopo, facendomi sfuggire un
sospiro.
Non
ebbi nemmeno il tempo di voltarmi che mi sentii afferrare per il
cappuccio, qualcuno mi trascinò fuori dalla siepe, mentre
cominciai
a dimenarmi.
«Giù
le mani!» urlai, senza smettere di agitarmi.
Mi
calmai solo quando riconobbi mio fratello; dovevo aver fatto rumore tra
la siepe, per scacciare il cane.
«Allora?»
il suo tono apparve severo, mentre incrociava le braccia al petto e
mi osservava come un padre con la figlia.
«Mi
era caduta una cosa» mentii spudoratamente, facendo una
strana
espressione, che doveva avvicinarsi a quella di un innocente
coniglietto.
Magari
si sarebbe sciolto con un pò di dolcezza, così
giocai la carta
degli "occhioni da cucciolo".
La
sua espressione non cambiò e mi ritrovai a sbuffare di
nuovo,
guardandolo nervosa.
«Cosa?»
gli chiesi, mettendomi seduta sullo schienale della panchina,
piegandomi in avanti ed osservandolo.
«Spencer,
non ti sembra il momento di ritornare a casa?» chiese, senza
mostrare cedimenti, mentre mi osservava attentamente.
Magari
quello di fissare male e freddamente le persone era un "vizio di
famiglia"; tutta colpa del DNA.
Non
notai nessun cedimento, così scossi appena la testa
«David, lo
sai... Se torno ti coinvolgo con la questione 66Route» puntai
i miei
occhi nei suoi, smeraldi contro due laghi.
Scosse
la testa sorridendomi dolcemente ed allargando le braccia.
«A
me non è mai importato nulla delle conseguenze»
per tutto il tempo
non staccò i suoi occhi dai miei, incastrandomi
completamente e
facendomi sorridere.
«Cosa
c'è per pranzo?» ridacchiai, sorridendogli
allegramente.
Come
al solito non ero riuscita a rifiutare e mi ero lasciata trascinare;
una delle cose positive è che invitai anche i Big Time Rush,
anche
se due persone non erano molto attratte dall'idea.
(Visto
che mi sono soffermata troppo su questa situazione, sorvolo il
ritorno a casa e passo direttamente al pranzo)
Visto
che nessuno aveva molta voglia, decidemmo di mangiare in un Mc
Donald's, anche perchè avevo voglia di abbuffarmi cone
un'animale.
Eravamo
seduti al tavolo, in attesa che arrivasse una qualche cameriera a
prendere l'ordinazione ed un pesante silenzio era calato su di noi.
La
tensione poteva essere tagliata con un coltello...
«Allora»
cercai disperatamente un argomento di cui parlare, anche per rompere
il ghiaccio, visto che la situazione tra i ragazzi era imbarazzante
«Parlatemi un pò di voi, su» sorrisi
verso i ragazzi, cercando di
tirar fuori qualche punto in comune tra loro e mio fratello.
«Magari
possiamo soffermarci sul fatto di quanto sia magnifico, e di te, che
hai osato rifiutarmi» fu James a parlare, che
cominciò a fissarmi
insistentemente.
«Sai,
mi fai pensare che non hai mai avuto una ragazza...» cercai
di
stuzzicarlo, trattenendo un sorriso.
Notai
Logan strozzarsi con l'aria, mentre gli altri evitarono di
trattenersi dal ridere.
Cominciò
a parlare, sistemandosi con attenzione i capelli che, dovevo
ammetterlo, erano fantastici «Per tua informazione, ho avuto
moltissime ragazze, e tutte sono rimaste soddisfatte del servizio
che-» «Non voglio sapere!» lo interruppi
bruscamente, senza
trattenere un'espressione che si avvicinava al disgustato
«Non ci
tengo ad immaginarti mentre fai "cose" di cui preferirei
non parlare»
Mi
scossi appena, mentre un brivido gelido mi attraversò la
schiena, al
solo immaginare una cosa del genere.
«La
mia piccola ed ingenua sorellina» disse David, passandomi un
braccio
attorno al collo e scompigliandomi i capelli.
«Non
toccare i miei capelli!» non riuscii a trattenermi dallo
sbraitargli
contro, cercando in tutti i modi di sfuggire alla sua presa.
Una
volta libera, presi il mio amato pettine dal mio zainetto,
osservandomi nella vetrina e sistemandomi i capelli con grandissima
attenzione
Notai
gli sguardi incuriositi dei ragazzi, mentre James sorrideva
soddisfatto «Sa ragionare benissimo la ragazza»
«Una
delle cose che non sapete di mia sorella, è che è
una maniaca della
cura attenta e perfetta del capello» ridacchiò
appena, facendo
segno che cìfossi fuori di testa, mentre gli scoccai
un'occhiata
gelida.
«Beh,
i nostri James e Logan solo dei maniaci della cura dell'aspetto
fisico in generale, ma James si sofferma di più sui
capelli»
affermò Carlos, senza trattenere la sua risata contagiosa.
Scossi
la testa, ridendo allegramente «Si, ma c'è da dire
che, modestie a
parte, i miei capelli sono Fa-vo-lo-si» sottolineai l'ultima
parola,
mettendoci enfasi e muovendo ad ogni sillaba la testa dal lato
opposto a dove si trovava.
Qui,
nemmeno Logan riuscì a trattenersi, e fortunatamente, tra
una cosa e
l'altra, ero riuscita a distruggere il muro di ghiaccio che si era
creato.
Notai
una cameriera avvicinarsi a noi, visto che era arrivato il nostro
turno di ordinare.
«Ragazzi,
ora si mangia, quindi non azzardatevi a distrarmi, parlarli,
interromperi o rubarmi cibo dal piatto.» attirai l'attenzione
degli
altri, stabilendo serie regole di sopravvivenza, anche
perchè non
ero per nulla intenzionata a mangiare poco o niente.
«Mangi
davverò così tanto?» chiese Logan,
fissandomi ed inarcando un
sopracciglio; nonostante la mia fisionomia, mangiavo a
quantità
industriale.
Gli
scoccai un'occhiata con cui avrei potuto spaventare persino il leone
più vìferoce del mondo, mentre digrignai appena i
denti, chinando
il capo e rendendo lugubre la mia espressione.
«Sono
affamata come una capra irlandese, quindi taci.» sibillai,
con una
voce che ricordava vagamente Tremotino.
«Facciamo
così, a mangiare, vai a casa loro, e il resto delle cose a
casa
nostra.» affermò mio fratello, guardandomi serio.
Mi
voltai, osservandolo attentamente; gli regalai un sorriso che fece
assomigliare il mio viso al musetto di un coniglietto, così
lo feci
ridacchiare.
«Ma
che faccino carino» scoccai un'occhiata truce a Kendall, che
si
scostò appena, fino a poggiare la schiena contro lo
schienale, come
per paura che potessi arrampicarmi sul tavolo e sbranarlo nel vero
senso della parole.
Sorrisi
appena, lasciando scomparire quella traccia di allegria dal mio viso,
quando la cameriera si avvicinò con un menù
già pronto... Eppure
non avevamo ordinato nulla.
Angolo
Demon
Salve
lettori :3
Qui
con il secondo capitolo!
Penso che anche se molto lentamente, stia
portando la storia verso la parte leggermente più
interessante.
Ma
cosa sarà mai il Libro Nero che aveva Spencer?
Ma
chi lo sa uwu
Finirà
qui la rivalità tra Kendall e David? O continuerà
per molto?
Perchè
la ragazza chiama "casa" quel parco poco frequentato?
Quale
sarà il suo passato? Cosa nasconde?
Domande
che rimarranno per molto, senza risposta.
Ringrazio
coloro che seguono la mia storia e le recensioni del primo capitolo
Spero
solo che non sia dovuto al fatto che ho chiesto delle OC
In
ogni caso, i ruoli nella storia, chiarisco anche qui che saranno
decisi sia da me che dai loro "proprietari", sia per non
allontanarmi dalla trama (che sono intenzionata a rispettare), sia
per impedire ruoli simili.
Inoltre,
vi chiedo di mandare le schede compilate SOLO tramite MP.
Con
questo vi saluto, ed al prossimo capitolo!
Intanto,
visto che mi ruba parecchio tempo inviare le OC a tutti, metto qui la
scheda (connessione lenta e pochissimo tempo libero)
Nome:
Cognome:
Eventuale
soprannome:
Età:
Sesso:
Data
di nascita:
Nazionalità
e città di provenienza:
Aspetto
Fisico:
Abbigliamento:
Aspetto
Caratteriale:
Hobby:
Sport:
Abitudini:
Cose
che Odia:
Cose
che Ama:
Altro:
Fobie/Tic:
Famiglia:
Relazione
(se si fidanzerà e con chi; i rapporti di amicizia eccetera):
Eventualmente
come e se conosce Spencer:
Segni
Particolari:
Persone
con cui va d'accordo:
Interessi:
Gruppo
Sanguigno:
Professione
(lavoro o lavori part-time e se lavora):
Rancori:
Sogno:
Punti
deboli:
Punti
di forza:
Difetti:
Pregi:
Altra
occupazione:
Animale
Domestico:
Dove
e con chi vive:
Nemici:
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Osservai
confusa la cameriera, anche quando spinse il vassoio verso di me.
«Scusi,
ma credo abbia sbagliato tavolo... Noi non abbiamo ancora
ordinato»
mi grattai appena il naso, come facevo spesso quando ero nervosa o
imbarazzata.
La
cosa strana era che quello era il mio menù preferito, che
però solo
mio fratello conosceva.
«Nessun
errore» la ragazza, sorridendomi rassicurante.
La
osservai con attenzione; aveva capelli neri, lunghi fino alle spalle,
occhi nocciola, più chiari rispetto a quelli di Logan. Era
abbastanza alta, o meglio, sicuramente più di me, ed
indossava una
divisa costituita da un pantalone nero ed una maglietta del medesimo
colore, con una stampa del nome della ragazza e dell'insegna del
locale.
Storsi
appena il naso, accorgendomi che era la cameriera che mi serviva di
solito, ma non si sarebbe mai permessa di preparare un'ordinazione
senza chiedere.
«Il
menù lo ha ordinato un ragazzo al bancone, chiedendomi di
portarlo a
questo tavolo» sorrise dolcemente, guardandomi; doveva
immaginare
fosse il mio "ragazzo".
Scossi
la testa, spingendo il vassoio verso di lei e chiedendo «E'
ancora
nel locale il ragazzo?»
La
vidi annuire, così le sorrisi appena «Scusa per il
disturbo, ma
puoi riportarglielo e dirgli da parte mia che non deve azzardarsi
più? Cerca di usare queste parole»
«Capisco»
mi sorrise appena «Intanto prendo le ordinazioni,
così non sarete
costretti ad attendere oltre.»
Mi
sorrise, cominciando ad annotare i vari cibi da preparare,
dopodichè
si allontanò, dirigendosi al bancone e trafficare con vari
oggetti.
Ci
davamo del tu, visto che per me era un'abitudine andare in quel
locale, e per lei servirmi al tavolo.
«Come
mai hai rifiutato? Potevamo cominciare a mangiare» Carlos non
doveva
aver preso bene il mio rifiuto, anche perchè stava morendo
di fame.
Ridacchiai
appena, trafficando nello zainetto e trovando una tavoletta di
cioccolata «Volendo ho questa, visto che penso siate
affamati»
Gli
passai la tavoletta, mentre chiusi di colpo lo zaino, notando mio
fratello che si sporgeva per spiarne il contenuto.
«Ma
è la borsa di Mary Poppins o cosa?»
ridacchiò allegro, io gli
tirai un pugnetto sulla spalla per risposta.
«C'è
solo l'indispensabile» sorrisi allegramente, sistemandolo sul
tavolo
per chiuderlo meglio.
«Mi
fai vedere il libro?» alzai lo sguardo, cancellando ogni
traccia di
divertimento sul mio viso, guardando David.
«David.»
bastò pronunciare il suo nome per placare almeno in parte,
la sua
curiosità.
«Dai,
in fondo hai visto che di loro non c'è da
preoccuparsi» cercò di
convincermi, tirando nella questione i ragazzi, che guardarono
confusi sia me che lui.
«Non
è questo. Prima di tutto, nemmeno tu dovresti saperlo, ed
ancora non
sono contenta di questa cosa. Non l'ho digerita» il mio tono
apparve
duro, mentre lo guardai gelida.
Odiavo
trattarlo male, ma quella questione era tabù per me; nessuno
doveva
esserne a conoscenza, questa era una delle regole.
Ma
lui lo sapeva; non potevo impedirgli di essere curioso, ma di certo
non potevo mostrarlo ad altri.
Fortunatamente
la cameriera interruppe il nostro piccolo "battibecco",
portando ciò che avevamo ordinato poco prima.
Nonostante
avessi spezzato il ghiaccio, tra Kendall e David non scorreva ancora
buon sangue; ne erano prova le frecciatine che si lanciavano a
vicenda durante il pranzo.
Eppure,
cosa strana ma vera, evitavano di esagerare.
«Sorellina,
puoi allontanarti un secondo? E' una cosa tra ragazzi» mio
fratello
mi riportò con i piedi per terra.
Era
sempre stato un tipo diretto, che qualche volta non riusciva a
trattenersi dal dire quello che pensava; a differenza mia, aveva
autocontrollo.
Io
invece, non riuscivo proprio a nascondere nulla.
Mi
allontanai dal gruppetto, andando verso una vetrina poco distante;
spiai al suo interno, poggiando le mani al vetro ed accostando anche
il viso.
Notai
che era una ferramenta, così entrai all'interno.
Era
ampia e ben tenuta; molto luminosa anche.
Si
avvicinò un uomo mingherlino e non esageratamente alto,
sorridendomi
appena «Cosa posso fare per te, piccola?»
Sorrisi,
continuando a guardarmi intorno «Mi servirebbero alcune
cose»
estrassi dallo zainetto un foglio, indicandogli alcune cose
specifiche.
Si
allontanò per qualche minuto, ritornando poco dopo con una
borsa
sigillata.
«Ecco
a te» mi porse l'oggetto, senza abbandonare il suo sorriso.
«Spencer,
sei qui?» avvertii una voce alle mie spalle, mettendo in
fretta la
borsa nello zaino, come per paura di essere scoperta, e porsi
all'uomo la carta che usavo per pagare nei negozi.
«Sono
qui, Dave» risposi calma, cercando di risultare naturale.
«Che
ci fai in una ferramenta?» chiese incuriosito, guardandosi
intorno,
mentre notai i ragazzi fuori, che parlottavano tra di loro,
lanciandoci delle occhiate di tanto in tanto.
«Nulla,
mi serviva una cosa» Inserii il pin, in modo tale da
permettere il
prelievo.
Pochi
attimi dopo e mi passò la carta, sorridendomi
«Ecco a te, ed alla
prossima»
Gli
fui grata per aver evitato di chiamarmi per nome, anche
perchè dopo
avrei dovuto spiegare a mio fratello perchè passo spesso e
volentieri in quella ferramenta.
Conosceva
l'esistenza del Libro Nero, ma non il suo contenuto.
Mi
diressi a passo spedito verso la porta, uscendo dal negozio, seguita
da mio fratello.
«Spencer,
volevo dirti delle cose» fece cenno verso i ragazzi, che
annuirono.
Lo
vidi sorridere e sussurrare un "grazie".
«Sai
che Andrès deve andare ad un incontro tra registi»
cominciò,
poggiandosi al muro, come fosse in cerca di un sostegno «In
sintesi,
mi ha chiesto di andare con lui, così da potermi passare
qualche
altro ruolo da interpretare»
Gli
sorrisi allegra «E non è positivo?»
«Si
ma, non voglio lasciarti sola a casa» a queste sue parole
storsi il
naso, piegando lateralmente la testa.
Avevo
capito dove voleva andare a parare.
«Vuoi
che vada dai Rush?» chiesi, incrociando le braccia al petto e
squadrandolo.
«In
effetti si, ma ovviamente passerai a casa per farti le valigie
ora»
continuò, senza abbandonare la sua preoccupazione.
Gli
sorrisi, cercando di rassicurarlo «Tranquillo, posso
capire»
cominciai, osservandolo attentamente «Ma ti fideresti a
lasciarmi
con quattro ragazzi che ricordano vagamente le bestie della
prateria?»
Ridacchiò
a queste parole, scuotendo la testa «Anche se non andiamo
molto
d'accordo, c'è da dire che sanno essere responsabili, quando
voglio.
Poi non penso che oseranno allungare le mani più di
tanto» qui
scoccò un'occhiataccia ai quattro, facendomi scappare una
risatina
divertita.
«Va
bene, accetto» decisi di accontentarlo, anche per non farlo
preoccupare durante il viaggio.
Sapeva
che se fossi rimasta sola, sarei scappata di nuovo al parco.
Di
sera, Dave mi accompagnò alla casa dei ragazzi e mi
aiutò a portare
la valigia alla porta.
Mi
reputava ancora una ragazzina fragile, e sorrisi a questo pensiero;
mi ricordava quei genitori iperprotettivi che non vogliono lasciare
che i figli crescano.
Per
lui non ero ancora cresciuta e non esitava a tenermi sotto la sua ala
protettiva, trattandomi alcune volte, come fossi sua figlia.
Suonai
il campanello, attendendo che qualcuno aprisse la porta; nel
frattempo abbracciai mio fratello, come quando facevo spesso da
piccola.
«Fa
attenzione» sorrisi, sussurrandogli «Ti voglio
bene, fratellone»
«Anche
tu piccoletta» mi scompigliò appena i capelli, ma
non mi lamentai;
in fondo, era parte di me «Devo andare o perderò
il volo. Ci
rvediamo tra qualche giorno»
Lo
salutai con la mano, mentre lo osservavo salire in auto e partire;
non mi ero accorta che Logan, in quel frangente di tempo, aveva
aperto la porta.
«Buonasera
anche a te» mi fece voltare, come per farmi notare la sua
presenza.
«Ciao
Logie» ridacchiai, tirando una pacca sulla spalla e varcando
la
soglia di quella che dovevo considerare casa mia per i giorni
successivi.
Mi
stiracchiai le braccia, fino a sentire scricchiolare le ossa e,
lasciando la valigia quasi accanto all'entrata, raggiunsi il salone,
lasciandomi cadere sul divano.
Il
moro scosse la testa, chiudendo la porta e raggiungendomi, sedendosi
poi accanto a me.
«Allora?
Come hai intenzione di passare il tempo?» aveva usato un tono
alquanto malizioso, come l'espressione che aveva dipinta in viso.
Inarcai
un sopracciglio, squadrandolo appena e decisi di mettere in chiaro le
cose «Puoi scordarti qualsiasi cosa. Se hai bisogno, chiama
una di
quelle ochette che ti sbavano dietro.»
Non
trattenne una risata divertita, mentre si sporgeva verso di me
«Qualcosa mi dice che con te non avrò vita
facile»
Sorrisi
compiaciuta, accavallando le gambe e sporgendomi a mia volta, facendo
toccare le nostre fronti «E penso che abbia
indovinato»
Sorrise
a sua volta, ma aveva una strana nota che non riuscivo ad inquadrare
«Sai che però rende la situazione più
interessante?»
Una
stranissima sensazione prese il sopravvento su di me, mentre portava
una sua mano sulla mia coscia.
Gliela
pizzicai, costringendolo ad allontanarsi «Non ci provare
nemmeno»
«Prima
o poi cederai» sogghignò, riavvivandosi i capelli
con una mano
«Tutte cedono»
«E'
una sfida questa?» socchiusi appena gli occhi, osservandolo
attentamente, poi mi lasciai scappare una risatina «E tu
pensi che
io sia come le altre?»
Scosse
la testa, puntando i suoi occhi petrolio nei miei
smeraldo«Assolutamente no. Con le altre il divertimento
è davvero
poco. Cedono troppo facilmente»
Storsi
il naso, sorridendo in un modo strano che non riuscivo a definire
nemmeno io «Che ne dici di una scommessa?»
Intravidi
una strana luce balenargli negli occhi, mentre ritornava il suo
sorrisetto malizioso; doveva essere una sua caratteristica.
«Che
scommessa?» appariva incuriosito, e la cosa si faceva sempre
più
interessante.
«Dovrai
farmi cadere ai tuoi piedi» sorrisi sadica, facendo leva
sulle
braccia e sedendomi sul bracciolo del divano «Ma se non ci
riuscirai, dovrai farti una corsa per Los Angeles, la zona
più
affollata-»
«Tutto
qui?» chiese confuso, inarcando un sopracciglio.
Non
sapevo se ridere o meno, visto che avevo in mente qualcosina di
estremamente imbarazzante.
«No,
dovrai indossare solo un reggiseno fluorescente ed un paio di boxer;
inoltre dovrai portare una sirena, di quelle che emettono quello
squillante suono. Nessun altro vestito, nessuna parrucca, niente
occhiali da sole e cappelli. Potrai indossare le scarpe
volendo.»
notai un'espressione a metà tra il confuso ed il
terrorizzato, il
che, mi fece scappare una risatina «Per un'ora e mezza,
ovviamente
dovrai correre.»
«Ucciderai
la mia dignità» mi osservò con
attenzione, come fosse in cerca di
qualcosa.
«Si,
ma fa nulla» sorrisi divertita, dandogli delle piccole pacche
sulla
guancia.
«Se
vincerò io, dovrai fare un video, in cui confessi
pubblicamente di
amarmi, ed ovviamente che sono il migliore, il più bello,
magnifico
e-» cominciò il suo elenco da narcisista,
così scossi la testa,
interrompendolo.
«Si,
hai reso l'idea. In pratica tu vuoi lapidare il mio buon
nome»
trattenni a stento na risata, mentre gli porsi la mano.
«Esattamente»
confermò, stringendomela, come a sigillare un accordo.
Continuò
a stringermi la mano per molti secondi, che mi parvero ore.
«Posso
riavere la mia mano?» chiesi, inarcando un sopracciglio
mentre sul
mio viso prendeva forma un'espressione interrogativa.
Non
ebbi il tempo di reagire, che mi tirò verso di se, facendomi
cadere
non so nemmeno io come, di schiena, sulle sue gambe.
Storsi
il naso, mentre continuava ad osservarmi, senza allontanare
nè
avvicinare il viso dal mio; a quanto pareva, era cominciata la
guerra.
Da
quella posizione non riuscii a non osservare con attenzione il
sorrisetto che però non lasciava trasparire i suoi
più profondi
pensieri; eppure, i suoi occhi, era come se ti scavassero dentro
l'anima, e potessero leggere tutti quelli degli altri.
Ricambiai
il sorriso, con uno simile al suo, che però non lasciava
intendere
che emozione raffigurasse.
«Un
bel sorriso!» una terza voce interruppe il momento, mentre ci
avvolse una luce intensa.
Mi
voltai sorridendo e mostrando un pollice in su, come a dire "ottimo".
«Carlos,
si può sapere che diamine combini?» la voce di
Logan apparve non
poco contrariata, mentre lasciava la mia mano e si alzava di colpo,
facendomi rotolare sul tappeto.
«Logan!»
sbattei un paio di volte le palpebre, mentre avvertii un secondo
flash.
In
quel frangente di tempo, Kendall raggiunse la stanza, bloccandosi
quando si accorse che ero sdraiata a terra come un cadavere.
«Allora...
Prima di tutto, spiegatemi che avete da urlare. E secondo...
perchè
Spencer è sdraiata a terra? Il divano non è
abbastanza comodo?»
sentii il suo sguardo su di me, mentre il moro era indeciso se
mandare Kendall al diavolo e pestare Carlos, oppure spiegare parte
della situazione al biondo.
Alzai
il braccio, salutando Kendall ed attirando la sua attenzione su di me
«Puoi chiedere a Logan perchè sono qui»
Avvertii
la risata divertita del latino arrivarmi alle orecchie
«Kendall, ti
sei perso una scena esilarante!»
«Carlos,
perchè hai scattato la foto?» notai il ragazzo che
mi aveva fatto
cadere per errore, ma che continuava ad assalire l'altro, senza
aiutarmi, avanzando appena.
Gli
tirai un pugno sulla gamba, costringendolo ad indietreggiare e
mettendomi seduta.
«Che
ho fatto ora?» si rivolse a me, quasi ferito.
«Mi
stavi distruggendo una costola!» gli risposi, alzandomi da
terra.
Mi
avvicinai alla credenza dalle porte in legno e vetro, osservando il
mio riflesso e sistemai i capelli.
Potevano
anche chiamarmi "fanatica dei capelli" o con qualsiasi
altro stupido soprannome, ma quella ero io, l'unica, la sola, la vera
Spencer Cade, e non sarei mai cambiata per nessuno.
O
meglio, non di nuovo...
Buttai
i capelli in avanti, scuotendoli appena e cercando di scompigliarli
non troppo e renderli più vivaci; rialzai la testa,
osservando il
risultato allo specchio e sorridendo soddisfatta.
Mi
affiancai a Carlos, sistemandomi di fronte a Logan, mentre Kendall si
avvicinò per rendersi partecipe della cosa.
«Mio
fratello ha chiesto a Carlos di tenere d'occhio me e tenerlo
aggiornato sulla mia "relazione" con le persone che
frequento e mi circondano; così lui ha ben pensato di
scattare delle
foto che poi vedrà» spiegai, mentre Carlos annuiva
con un sorriso
dipinto in viso.
«E
tu lo sapevi?!» la voce di Logan si alzò di
un'ottava, non aveva
preso bene la notizia.
«No,
semplicemente l'ho scoperto per conto mio. Io so tutto di tutti,
nessuno escluso. Potete considerarmi un Dio» sorrisi
divertita dalle
espressioni che avevano dipinte in viso.
Ridacchiai,
scuotendo la testa ed andando verso quella che doveva essere la
cucina «Io ordino la pizza; ne volete?» chiesi
affacciandomi dalla
porta, osservando le tre facce ancora sconvolte.
«Ovviamente!»
fu la voce pimpante di Carlos a rispondere, che mi raggiunse
trotterellando.
Chiamai
la mia pizzeria di fiducia, ordinando le agoniate pizze.
Il
proprietario ed i pizzaioli erano di origine Italiana, patria della
pizza, quindi con lui si andava sul sicuro; altro aspetto positivo
era che aveva assunto da non molto tempo, anche dei cuochi,
così da
lasciar circolare anche piatti tipicamente italiani.
Potevamo
considerarlo un ristorante, sotto alcuni punti di vista.
«Che
ne dici di aiutarmi, Los?» mi rivolsi al latino, che intanto
frugava
nel frigo e nella credenza.
«A
fare cosa?» chiese osservandomi curioso; anche se non ci
conoscevamo
da più di un giorno, avevamo legato particolarmente.
«Scommetto
che cercavi qualcosa di dolce» ridacchiai, poggiandomi al
bordo del
lavello, portandovi anche le mani.
Mi
guardò colpevole, poi scosse la testa «Si, ma non
c'è niente»
Notai
la sua espressione imbronciata, e non trattenni una risatina
divertita.
«Visto
che sono le sei, ed ho ordinato le pizze per le nove, che ne dici di
accompagnarmi al supermarket? Magari preparo un dolce» alle
mie
parole, il suo viso si illuminò, urlandomi un "torno subito"
mentre correva su per le scale.
Ipotizzai
per prendere un giubotto, visto che l'aria era abbastanza fresca;
sorrisi dolcemente, scuotendo la testa ed avviandomi verso l'uscita,
mentre infilavo il giubotto di pelle nera, aspettandolo alla porta.
«Dove
vai?» era la voce di Kendall, che incuriosito, mi aveva
raggiunto.
«E
chi lo sa» ridacchiai, aprendo la porta e scostandomi appena
«Non
preoccuparti, biondo. Torno subito.»
Un
tonfo ci vece voltare entrambi, osservando un Carlos che saltava le
scale due a due, senza preoccuparsi del rumore assordande che
provocava.
«Andiamo!»
non ebbi il tempo di dire nulla, che mi prese per un braccio,
trascinandomi fuori dalla casa, lasciando un Kendall abbastanza
sconvolto, alla porta.
Continuammo
a camminare a passo svelto, ridendo e scherzando come due
quattordicenni spensierati, fin quando non arrivammo a destinazione.
Presi
un carrello, cominciando a spingerlo ed entrando nell'edificio,
seguita dal moro.
Cominciammo
a gironzolare, alla ricerca dei vari ingredienti mentre Carlos mi
seguiva, guardandosi intorno alla ricerca delle gelatine alla frutta.
Ne
andava matto.
Mi
sollevai sulle punte dei piedi, per poter arrivare allo scaffale
più
in alto e prendere la polvere di cacao.
«Los,
mi aiuti?» chiesi, senza voltarmi a guardare il moro.
«Arrivo»
disse, camminando all'indietro, senza smettere di cercare le
gelatine.
Non
feci in tempo a fare o dire nulla; Carlos mi finì addosso,
spingendomi e facendomi perdere l'equilibrio.
Caddi
nel carrello mentre il ragazzo a terra, finendo contro la cesta, che
cominciò a muoversi, acquisendo un pò di
velocità.
«Fermate
quel carrello!» mi ritrovai urlando, reggendomi ai bordi,
mentre il
latino si rimise subito in piedi, correndo nella mia direzione.
Mi
voltai, notando che mi avvicinavo sempre più allo scaffale
dei cibi
in scatola.
«Ma
che sfiga...» ebbi il tempo di sussurrare, poi un forte tonfo
ed una
marea di scatolette mi cadde addosso, e cercai di attutire i colpi,
parandomi con le braccia e raggomitolandomi.
«Penny,
sei viva?» la sua voce era rotta dal fiatone che aveva; in
fondo, mi
aveva rincorso per tutta la lunghezza del negozio.
Mi
sollevai, facendo rumore con le scatolette, mentre mi prese in
braccio, per farmi scendere dal carrello.
Avevamo
combinato un casino...
«Ora...
che facciamo?» chiese, rimettendomi coi piedi per terra.
«Rimettiamo
tutto a posto... anche se ci metteremo più tempo del
previsto»
ridacchiai, guardandolo divertita «Però voglio
rifarlo.»
Lasciammo
libero sfogo alle nostre risate, affrettandoci a sistemare le scatole
sugli scaffali ed andare alla cassa; dopo mezz'ora, ci ritrovammo a
camminare lungo il vialetto di casa Rush.
Appena
misi piede sul tappeto situato davanti alla porta, fui trascinata
all'interno dell'abitazione, seguita da Carlos.
«Si
può sapere dove siete stati? E' da più di un'ora
che siete fuori.»
la voce di Kendall apparve fredda, come se volesse rimproverarci.
Scambiai
uno sguardo d'intesa con il divertimento fatta persona, e scoppiammo
a ridere divertiti sia dalla situazione, anche perchè i
ricordi di
quello che era successo poco prima, riaffioravano velocemente.
«Smettetela
di ridere e parlate.» il suo tono autoritario,
peggiorò la
situazione; poggiai la schiena contro la porta, scivolando fino a
sedermi a terra, il tutto senza smettere di ridere.
Il
ragazzo, invece, si teneva con le mani al mobile che era in
corridoio, abbandonando le borse della spesa a terra, mentre si
sganasciava dalle risate.
«Non
puoi capire Kendy, Los mi ha quasi ucciso» tra una risata e
l'altra
cercai di spiegargli la situazione, che ancora non era ben chiara.
«Avete
bevuto o cosa?» Logan aveva raggiunto il compagno,
osservandoci come
fossimo alieni impazziti venuti da chissà quale lontano e
sconosciuto pianeta.
Scossi
la testa, cercando di riprendermi; mi sollevai, recuperando la borsa
ed andando verso la cucina, voltandomi verso "l'abbronzato"
«Los, mostragli il video»
In
effetti, avevamo un video che ritraeva l'intera scena, da quando
cercavo di prendere la cioccolata in polvere, a quando abbiamo
sistemato le lattine.
Per
nostra fortuna, il ragazzo addetto alla sicurezza era simpatico e ci
aveva passato una copia del video, divertito anche lui.
Ci
aveva raggiunti all'uscita, facendoci preoccupare; pensavamo di
essere nei guai, poi ha chiesto il permesso di metterlo sul web,
facendoci ridere ovviamente.
Poggiai
le borse sul tavolo, lanciando il giubotto su una sedia e cominciando
a trafficare tra pentole e stoviglie.
Poco
dopo mi raggiunse un Carlos divertito, mentre le risate degli altri
arrivavano fin dove mi trovavo.
«Avevi
detto che ti avrei aiutato» attirò la mia
attenzione, facendomi
voltare; mi ritrovai di fronte un faccino affranto, con gli occhi
lucidi.
Il
trucco degli occhioni dolci...
Sorrisi
addolcita, tirandogli le guance e dicendo «Se vuoi aiutarmi,
certo
che puoi.»
Recuperò
il sorriso, mentre tra chiacchiere e risate, reparavamo la torta.
Carlos
era andato a lavarsi le mani, mentre io mettevo il dlce nel forno,
regolando tempo e temperatura.
«Ma
che è successo qui?» la voce di Logan mi arrivo
limpida alle
orecchie, mentre gettava uno sguardo prima agli arnesi da cucina
sporchi, poi a me, che ero ricoperta di zucchero e lievito.
Sorrisi,
scuotendo la testa e prendendo alcune delle cose da lavare
«Se
stasera mangerete il dolce, sarà merito mio e di
Carlos»
Mi
avvicinai alla lavastoviglie, cercando di aprirla, nonostante avessi
troppe cose tra le mani.
«Aspetta,
ti aiuto» ridacchiò il moro, aprendola ed
aiutandomi a sistemare le
cose all'interno.
Una
volta chiusa, mi osservai alcune ciocche di capelli, storcendo il
naso.
«Sarà
meglio che vada a farmi una doccia» sospirai, osservandolo
poggiato
allo stipite della porta.
«Vuoi
che ti tenga compagnia?» disse, assumento un tono decisamente
troppo
malizioso.
«No
grazie, magari Los ha bisogno di una mano» gli sorrisi,
abbastanza
"spaventata".
Non
gli diedi tempo di ribattere, e mi fiondai in salotto, urlando
«Dov'è
il bagno? E la mia camera?»
«Vuoi
che ti accompagni, picc-Ma che diavolo hai fatto?!» era stato
James
a parlare.
Doveva
essere rientrato da non molto, e mi riservò uno sguardo
tutt'altro
che allegro.
«Mi
sono messa ai fornelli, non fare domande.» ridacchiai, mentre
osservavo Kendall fissare la televisione «Kendy, mi
accompagni tu?»
Sorrisi
nel vedere la tua espressione corrucciata, per nulla contento del
soprannome.
«Non
chiamarmi così, ti prego...» mi
implorò, rivolgendomi la sua
attenzione «E perchè io?» chiese poi,
inarcando un sopracciglio.
«Perchè
so per certo che non mi salteresti addosso» risposi con fare
ovvio.
«Nemmeno
io lo farei!» era stato James a parlare «Tanto
sarai MIA.»
Gli
riservai uno sguardo tra lo sconvolto ed il terrorizzato, mentre
Kendall abbandonava il divano, per raggiungermi.
«Meglio
che ti accompagni io, per davvero.» scosse la testa,
guardando
terrorizzato James «Mi preoccupa sempre più quel
ragazzo...»
Non
riuscii a trattenere una risata, mentre sollevavo la valigia,
cominciando a salire le scale.
«Vuoi
una mano?» tese una mano verso la mia valigia, come per
prenderla,
ma io la scostai appena.
«Tranquillo,
ce la faccio» dissi, poggiando a terra la valigia, una volta
raggiunto il piano superiore.
Mi
guidò lungo il corridoio, indicandomi le varie stanze,
rivelandomi i
loro proprietari; James, Kendall, Carlos e Logan.
Mi
ritrovai la stanza di fronte a quella del moro dal sorriso malizioso;
non mi era andata tanto male. James si che mi preoccupava...
«E
grazie» mi voltai verso il biondo, sorridendogli allegra
«Kendy»
Lo
vidi sospirare, mentre scuoteva la testa «Fa come fosse casa
tua,
Penny» sorrise, per poi voltarsi e scendere le scale.
Rimasi
qualche secondo ad osservarlo; era un bravo ragazzo, anche se non
andava d'accordo con mio fratello.
Bello
d'aspetto e ben piazzato; gentile, cordiale e simpatico, anche se
forse un pò freddo.
In
effetti potevo capirlo, visto che non ci conoscevamo così
bene, ma
io mi ero già fatta un'idea su di lui. Magari
è anche un gran
rubacuori, e ridacchiai a questo pensiero.
Ritornai
in me, aprendo la porta, spintonando la valigia nella stanza e
facendo per entrare a mia volta, ma una voce mi bloccò.
Mi
voltai, sorridendo, inquadrando il ragazzo che mi aveva lanciato
contro lo scaffale; notai che aveva solo un'asciugamano avvolta
attorno alla vita.
Rimasi
con la bocca lievemente aperta, visto che avevo appena pronunciato
metà del suo nome, mentre l'altra mi morì in gola.
Osservai
il petto nudo, abbronzato e con un lieve accenno di muscoli; poteva
almeno vestirsi prima di chiamarmi.
«Siamo
vicini di stanza» sorrise allegro, avvicinandosi e
riscuotendomi dai
miei pensieri.
Mi
ero ovviamente soffermata sullo "spettacolo" che mi aveva
gentilmente offerto, anche perchè è normale che
vi cada l'occhio.
Sorrisi
a mia volta, piegando appena le testa, per poterlo guardare meglio,
visto che l'altezza non me lo concedeva.
«A
quanto pare si» spostai le mani dietro la schiena, unendo le
mani
«Non pensi sia il caso di metterti qualcosa addosso prima di
beccarti una broncopolmonite?» ridacchiai, seguita da lui.
«In
effetti si» mi scompigliò i capelli, indicandomi
una stanza in
fondo al corridoio «Lì c'è il bagno, se
dovesse occorrerti»
Con
questo scomparve nella sua stanza, lasciandomi lì; sospirai
appena,
entrando in quella che doveva essere la mia stanza.
La
scrutai con attenzione.
Le
pareti erano dipinte di un bellissimo azzuro indaco; un'armadio
troneggiava sulla parete frontale a dove si trovava il letto ad una
piazza e mezza.
Accanto
all'armadio era sistemata una libreria colma di libri, che subito
attirò la mia attenzione, ma l'avrei ispezionata dopo il
bagno caldo
che mi aspettava.
Le
lenzuola blu notte facevano risaltare le pareti; ad uno dei lati del
letto c'era un comodino anch'esso blu, su cui era posizionata una
sgargiante lampada a fantasia delfino.
Di
fronte la porta, c'era invece un'ampia finestra, mentre nell'angolo
poco distante, una chitarra classica pativa la solitudine, ad
esclusione della scrivania affiancata.
Sorrisi
involontariamente, immersa nei miei pensieri.
Mi
riscossi, prendendo l'occorrente per lavarmi ed il mio semi-adorato
accappatoio rosa con le orecchiette sul cappuccio.
Corsi
velocemente verso il bagno, con solo l'accappatoio addosso, ed un
"piccolo" beauty case tra le mani. Mi fiondai nella
stanza, mentre venivo investita da un calore che amavo letteralmente.
Osservai
la stanza, notando poi la vasca di fronte a me.
Sapevo
che i ragazzi erano abituati a fare la doccia, quindi scartai l'idea
che qualcuno fosse arrivato lì prima di me.
Cominciai,
lavandomi i capelli ed impiegandoci quasi mezz'ora; li sistemai con
un'asciugamano tenendoli fermi sulla nuca, poggiando poi shampoo e
balsamo sullo specchietto del lavandino.
Mi
immersi nella vasca, aprendo l'acqua calda e cercando di rilassarmi.
L'acqua
era ormai arrivata quasi dieci centimetri dall'orlo; decisi
così di
controllare l'orario.
Mi
sollevai, sporgendomi per prendere il cellulare.
Fu
un attimo...
Sentii
un forte rumore di vetri rotti, provenire dalla finestra della
stanza; persi l'equilibrio e cercai di afferrare la mensola in ferro
battuto per reggermi, facendola solo cadere con me.
Mi
ritrovai con la testa quasi sommersa dall'acqua, mentre la mensola mi
teneva bloccata nella vasca.
Cercai
di chiudere l'acqua, senza riuscirci; provai ad urlare, per
richiamare i ragazzi al piano inferiore, senza successo.
Finii
solamente col riempirmi la bocca d'acqua; la sputai, prendendo aria e
cercando di spostare la pesante mensola, ma era incastrata.
Per
la prima volta, in tutta la mia esistenza, mi resi conto cosa
significasse aver paura di perdere la vita.
Angolo
Demon
Buonsalve~
Eccoci al terzo capitolo
Come
andrà mai a finire? Ma soprattutto, i ragazzi si
accorgeranno in
tempo di Spencer, oppure finirà in ospedale?
Ah
beh, non vi spoilero niente
Per
quanto riguarda le OC, potrebbero comparire dal sesto capitolo, anche
perchè amo far star le persone con l'ansia.
Comincio
col dirvi che ho già in mente un finale fantastico, che
potrebbe
farmi odiare, ma dettagli :3
Intanto
ringuazio tutti coloro che seguono la storia e recensiscono :3
Detto
questo, vi lascio ed alla prossima!!
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Carlos
Era
da quasi un'ora che Spencer era entrata in bagno; l'avevo vista
correre con un accappatoio rosa che non avrei nemmeno lontanamente
immaginato potesse indossare.
Mi
alzai dal divano su cui eravamo seduti, osservando le scale; una
stranissima sensazione prese il sopravvento, mentre sentii qualcosa
tirarmi la maglia.
«Qualcosa
non va, Los?» mi voltai verso Kendall, a cui non
sfuggì la
preoccupazione che dovevo aver dipinta in volto.
«E'
da più di un'ora che è chiusa in bagno»
affermai, tornando a
fissare le scale.
«In
fondo è una ragazza, è normale che passi ore in
bagno» era stato
James a parlare stavolta, che voleva rassicurarmi.
«Beh,
le altre ragazze non usano i finestrini per uscire dalle auto,
nè
gironzolano illegalmente su set cinematografici»
ridacchiò
divertito Logan.
La
cosa non giovò di certo alla mia preoccupazione.
«Ti
piace?» era stato Kendall ad ammiccare, e lo guardai come a
dire
"hai bevuto o cosa?".
Lo
vidi sorridere e scuotere la testa «Se stai più
tranquillo, vai a
controllare»
Sorrisi
a mia volta, andando verso le scale e cominciando a salire.
«E'
proprio cotto» sentii James ridacchiare.
«E'
solo una tua impressione» era stato Logan a parlare,
seguì poi un
suo sbuffo.
Sapevo
che aveva mirato a Penny già dalla prima volta che l'aveva
incontrata, e la cosa non che mi piacesse molto.
Era
il classico ragazzo stronzo che non evita di sfruttare le ragazze che
gli andavano dietro, però era una brava persona.
Affidabile
ed un grande amico, su questo non c'erano dubbi, ma non volevo
trattasse la nostra nuova amica come tutte le altre.
Preferivo
pensassero che avesse attirato la mia attenzione, almeno potevo
essere più sicuro di tenere alla larga Logan.
Nulla
contro di lui, ma non era nella sua natura essere umile o graziato,
soprattutto col gentil sesso.
Arrivato
in cima alla rampa di scale, cominciai ad avvicinarmi al bagno,
bloccandomi quando vidi un leggero velo d'acqua a terra.
«Spencer!»
urlai ill suo nome invano, senza ottenere risposta.
Sentii
gli altri smuoversi, uno dei tre urlò «Carlos, che
succede?»
Non
gli diedi retta, ed aprii di colpo la porta del bagno.
Il
rubinetto era ancora aperto, mentre il pavimento della stanza era
interamente ricoperto d'acqua; lei era nella vasca, con la testa
completamente sommersa.
Mi
affrettai a sollevare la mensola, peccato fosse incastrata.
«Ragazzi!»
urlai una seconda volta, mentre Kendall corse in bagno, seguito dagli
altri due.
James
mi aiutò a sollevare la mensola, mentre Logan ed il biondo
la
tiravano fuori dalla vasca.
Lasciammo
la mensola in contemporanea e, mentre il castano si occupava della
vasca, io mi affrettai a recuperare l'accappatoio.
La
avvolgemmo facilmente, visto che era decisamente grande per lei.
Logan
chiamò l'ambulanza, che intanto dava indicazioni.
«Devi
farle un massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca»
affermò, mentre spiegava al telefono la strada per arrivare
a casa
nostra.
«Come
si fa un massaggio cardiaco?!» Kendall aveva le mani tra i
capelli,
e non aveva la minima idea di come fare per farla rinvenire.
Chiusa
la chiamata, si avvicinò Logan, che cominciò a
fare pressione sul
suo petto, cercando di farla riprendere.
In
tutto questo, mi sentivo inutile; lei era lì, ed io non
stavo
facendo niente per aiutarla.
«Andiamo
a prenderle dei vestiti» James attirò la mia
attenzione, annuii,
seguendolo, lanciando prima un'ultima occhiata alla mora che non
voleva riprendersi.
Mi
fermai poco prima di lasciare la stanza, richiamando il mio amico.
La
finestra era rotta, mentre il pavimento sotto era costellato di
milioni di pezzi di vetri rotti, al cui centro troneggiava un mattone
di dimensioni per nulla modeste.
Non
poteva essere una casualità...
Spencer
I
quattro ragazzi erano seduti sul divano ed ascoltavano le varie
istruzioni dei medici che mi avevano soccorso.
Continuavo
a sentire la testa pesante, mentre rispondevo alle domande di routine
del medico ancora in mia compagnia.
Voleva
assicurarsi che non presentassi alcun genere di anomalia, e non
sapevo se esserne felice o meno.
Ero
quasi morta affogata, il che era una cosa davvero orribile, se si ama
l'acqua.
Essere
uccisi da ciò che si ama è la maledizione
peggiore che possa
esistere, pensai
tra me e me,
mentre la donna prendeva gli ultimi appunti.
«Non
preoccuparti» mi guardò e sorrise dolcemente
«E' tutto finito»
Sollevai
il capo, guardandola negli occhi; erano della stessa
tonalità di
verde dei miei.
Riuscii
a dire solo una cosa, che fece irrigidire l'infermiera «E'
come se
avessi visto la vita passarmi davanti agli occhi...però era
buia»
Mi
sorrise rassicurante, avvicinandosi e sedendosi accanto a me, sul
letto della mia stanza «Puoi stare tranquilla, sei al
sicuro»
Avevo
delle lacrime agli occhi, e non riuscivo a trattenerle; non potevo
piangere davanti a qualcuno, ma non potevo farne a meno in quel
momento.
Era
come se tutta la sicurezza che mi caratterizzava, mi avesse
abbandonata, lasciandomi priva di ogni difesa.
Rimasi
in silenzio, mentre mi accarezzava la testa, lasciando poi la stanza
e dirigendosi al piano inferiore.
Notai
che si scatenò un forte fermento quando raggiunse il salone;
intanto
mi appostai vicino alle scale, per origliare la conversazione che si
stava svolgendo.
«Allora?
Come sta?» era la voce di Kendall che non nascondeva la sua
preoccupazione.
«Sta
bene, il peggio è passato, ma è ancora scossa
dall'accaduto»
stavolta parlò l'infermiera che fino a pochi minuti fa era
con me.
«Il
mattone e la finestra rotta fanno presupporre un tentato omicidio, un
avvertimento oppure un semplice atto di vandalismo, ma la cosa che
lascia un punto interrogativo, è come abbiano fatto a
coglierla
proprio nel momento in cui era in piedi nella vasca...»
questa
invece era una voce sconosciuta, eppure mi ricordava qualcosa...
«Sono
l'agente Steihn, della distretto di polizia 7 di Los
Angeles.» vi fu
una lieve pausa; immaginai stesse mostrando il distintivo, come era
solito fare.
Steihn...
avevo sentito già quel nome.
Mi
era familiare, ma decisi di non soffermarmici troppo, in quel
momento.
«Mi
scuso per l'intrusione, ma avendo trovata la porta aperta ne ho
approfittato per entrare.»
«Si
certo, e se vede un uomo con un coltello nel petto, lei da un secondo
colpo, visto che ormai è già morto.»
ridacchiai appena all'ironica
affermazione di Logan, da alcuni punti di vista non sembrava un tipo
molto affidabile, ma c'era qualcosa in lui che invece ti convinceva
del contrario.
Rapidamente
mi balenò il mente: il rumore di vetri rotti, il mattone, io
che
perdo l'equilibrio, poi l'acqua ed il colpo alla testa.
Strinsi
con forza gli occhi, scuotendo il capo come per dimenticare.
Poi
un flash, sgranai gli occhi e mi persi nei miei pensieri.
*FlashBack*
«Allora
Spencer, io ti farò delle domande, a cui tu dovrai
rispondere. Se
dici il vero, la macchina reagirà in un modo, se dici il
falso,
segnalerà che ha parlato la tua immaginazione.» Un
uomo di statura
media, vestito in giacca e cravatta mi sistemò delle fasce
ai polsi
ed al busto, mentre ero seduta su una sedia.
«Capito?»
prese posto accanto ad un pc, digitando alcune cose.
«Si,
ho capito.» risposi con la sicurezza che mi caratterizzava.
Ero
nervosa, anche perchè mi stavano interrogando con una
macchina della
verità.
«Qual'è
il tuo nome?» chiese atono, osservandomi, mentre guardavo
nella
telecamera che avevo di fronte.
«Spencer
Cade.» prima risposta andata.
«Dove
eri il 6 Luglio?» continuò, abbassandosi appena
gli occhialetti ed
osservandomi.
«Ho
trascorso l'intera mattinata in biblioteca; ho fatto un salto in
ferramenta poco prima della chiusura per effettuare degli acquisti.
Poi sono andata al vecchio parco abbandonato, passando lì il
resto
della giornata.» raccontai con calma e precisione, senza
saltare
nulla.
«Poi?
Cosa hai fatto dopo?» voleva approfondire l'argomento.
Sospirai,
scuotendo lievemente la testa e tornando poi aguardare la telecamera
«Sono stata tutto il tempo a decorare una delle rampe grigie,
visto
che le consideravo troppo monotone. Quello era il mio territorio,
quindi potevo stare tranquilla. Poi ho ovviamente aggiornato il Libro
Nero; come ben sapete è essenziale.» mi lasciai
scappare un
sorriso, e lo stesso fece anche l'uomo.
«Si,
lo sappiamo. In successione?» chiese, facendo scorrere
velocemente
le mani sulla tastiera, provocando un leggero e piacevole ticchettio.
«Poi
mi sono arrampicata sull'albero con la casa, quella che costruii con
mio padre» sorrisi a quel ricordo «Sono entrata ed
ho sistemato le
mie cose, ovviamente chiudendo a chiave la porta e le finestre. Poi
sono andata a dormire, senza mai svegliarmi. Lo ricordo
perchè non
sognai nulla...» rimasi alcuni secondi a fissare il vuoto,
poi mi
riscossi, notando che l'uomo mi osservava.
«Hai
assistito alla morte di Orland Spikerest?» questa era la
domanda che
mi fece capire una cosa; le cose si stavano facendo molto scottanti.
«Si...»
fu semplice la mia risposta.
«Hai
visto l'aggressore in viso?» bang! Fu peggio di un colpo
sparato al
cuore. In quel momento volevo solo morire.
Si
susseguirono degli attimi di silenzio, in cui l'uomo non smetteva di
osservarmi, ma io non ero nel presente.
Stavo
rivivendo mentalmente la scena, il che mi fece scorrere alcune
lacrime, che però nascosi chinando il capo. Sospirai
riprndendomi e
sollevandomi, senza dar segno di cedimento.
«Non
posso parlare. Sapete benissimo. Posso essere spericolata, una
"ragazzetta di strada in grado solo di correre sui tetti" o
come volete chiamarmi. Ma se oso fare un passo falso, non mi
preoccupo per me, ma delle persone a me care.» fiera,
sollevai il
mento e mi mostrai in tutta la mia personalità
«Non permetterò più
a nessuno nemmeno di sfiorare nessuno delle mie famiglie.»
Sospirò,
rendendosi conto che non sarebbe stato in grado di cavare un ragno
dal buco.
«Guarda
nella telecamera e rispondi all'ultima domanda» feci come
detto,
attendendo la domanda «Ricordi che fantasia hai usato per
decorare
la rampa?»
Sorrisi
dolcemente, senza distogliere gli occhi dalla telecamera
«Ovviamente...» sussurrai con un fil di voce
«Un ricordo in onore
di Spike; ho raffigurato lui che sorrideva, su un palazzo, circondato
da milioni di stelle. Poi una frase... la ripeteva lui, come per
rassicurarsi. "E' quando è più buio che l'uomo
vede le
stelle"»
«Con
questo abbiamo concluso. Agente Tylor Steihn, distretto di polizia 7.
Deposizione di Spencer Cade.» affermò freddo,
mentre registrava le
ultime cose prima di concludere.
Fu
da quell'episodio che decisi di lasciare la casa in cui vivevo con
David, per dedicarmi ad una vita diversa e lontana dal mondo.
*Fine
FlashBack*
Ritornai
al presente, riprendendomi dallo stato di shock in cui ero
precipitata e corsi in camera mia.
Mi
cambiai velocemente, indossando un pantalone nero, leggero e
lievemente largo; una maglietta semplice, rossa.
Corsi
al piano inferiore, notando che gli sguardi di tutti erano puntati su
di me.
Sorrisi
in direzione dei ragazzi, ritornando seria, puntanto i miei occhi
sull'agente speciale.
«Agente
Steihn, sono ancora in tempo per fare quella deposizione?»
Vidi
un sorriso fiero farsi largo sul suo volto, mentre mi scrutava con
attenzione «E se cercassero di "vendicarsi"?»
Scesi
gli ultimi tre scalini, ritrovandomi faccia a faccia con lui
«Dovranno passare sul mio cadavere, ma in ogni caso, per chi
osa
camminarmi addosso, sarà l'ultima azione che
compirà.»
Secondo
alcuni punti di vista avevo un pessimo carattere, ma quella ero io;
era giunta l'ora della ribellione, e sarei stata io a scatenarla.
Sorrise
appena e scosse la testa «Sai che significherà
andare in centrale?»
Spostai
lo sguardo sui presenti, mentre i medici lasciavano tutto nelle mani
di quell'uomo che avevo già incontrato altre volte.
«Loro
ovviamente verranno con me. Inoltre, voglio sia per loro che per mio
fratello il massimo della sorveglianza e della sicurezza.»
patteggiare con un agente di polizia; era una delle cose che chiunque
vorrebbe fare almeno una volta nella vita.
«E
per te?» chiese inarcando un sopracciglio.
«Io
non ho bisogno di protezione. Voglio solo fargli scontare la pena che
merita. Massimo avrà qualche osso rotto.»
ridacchiò, prendendo le
chiavi della sua auto.
Nuovamente
quei fili addosso, quella telecamera puntata su di me, il computer e
la sedia che mi aveva già ospitato una volta. Presi un bel
respiro,
in attesa della prima domanda.
«Qual'è
il suo nome?» prima le solite domande di routine, poi sarebbe
passato alle domande serie.
Dopo
quelli che dovevano essere una decina di minuti di domande che non mi
erano nuove, passò all'artiglieria pesante, come la
chiamavamo
tutti.
«Lei
ha visto in volto l'aggressore di Orland Spikerest?»
puntò gli
occhi su di me, che, dopo aver sospirato, continuai a guardare la
telecamera.
Sapevo
che i quattro stavano assistendo all'interrogatorio; lo avevo chiesto
io, per poter avere "compagnia".
Vero,
il vetro impediva me di vedere loro, anche se loro potevano vedere
me; a me bastava che ci fosse qualcuno su cui contare, sapere che mi
sarebbero stati accanto.
«Si,
ed ho interamente visto l'accaduto.» risposi, facendo uno
strano
sorriso.
Era
come se mi sentissi più leggera.
Senza
attendere altre domante, ripresi la parola.
«Eravamo
seduti sulla grande rampa, io e Spike. Era il soprannome che io ed il
gruppo avevamo dato ad Orland.» spiegai, mentre lo sentivo
annuire
ed osservarmi con attenzione.
«Stavamo
discutendo di quale sarebbe stato il nostro prossimo colpo, visto che
eravamo come un panino con salame e formaggio fuso.»
ridacchiammo
entrambi per il paragone.
Infatti
passavamo sempre le giornate insieme, mentre la notte ci sistemavamo
entrambi sulla mia casetta.
«Ad
un certo punto, notammo uno strano fermento da lontano, così
decidemmo di nasconderci, anche perchè, diciamocelo, io ero
ancora
alle prime armi, mentre lui correva per Los Angeles già da
tempo.
Salimmo sul tetto della vecchia fabbrica abbandonata, osservando ma
lì trovammo una brutta sospresa.»
Ebbi
un attimo di cedimento, come fossi nell'indecisione tra il se
continuare o meno.
«Continua
pure» parlò serio; avrebbero potuto ricavare tutte
le informazioni
per chiudere il caso, dopo un anno.
«Me
ne vergogno... di non aver parlato prima. Ma che potevo fare? Non
è
piacevole sapere che la tua vita è appesa ad un filo, e
qualcuno ha
un paio di forbici che da un momento all'altro può
usare.» scossi
la testa, riprendendomi e prendendo fiato, per non permettere alle
emozioni di prendere il sopravvento.
«Lì
c'erano il gruppo dell'Anarchy. Era il più temuto, ma ora
è UNO dei
più temuti. Si accorsero di noi, ma all'inizio non
sembravano avere
cattive intenzioni. O meglio, era il ragazzo che li capeggiava a non
averne. Gli altri erano come delle comparse che sarebbero intervenute
nel momento opportuno. Ricordo ancora il suo nome... Xavier Jaksons.
Si faceva chiamare "The King", perchè si considerava il re
indiscusso. Il capo supremo. Si avvicinò a noi, cominciando
a fare
domande, ma ovviamente lasciavo rispondere solo Spike, visto che
sicuramente avrei combinato qualche disastro. Poi chiese di parlare
solo con me, e mi allontanò dal mio amico.
Cominciò a parlarmi del
suo gruppo, come se avesse zucchero in bocca. Mi accorsi che erano
tutte balle, anche perchè conoscevo la fama dell'Anarchy,
non ero
così sprovveduta. Mi chiese di entrare nel suo gruppo,
ovviamente solo io. Rifiutai, così ritornai da Spike.
Nemmeno il tempo di
voltarci, che cominciarono a rincorrerci. Noi ovviamente cercammo di
essere più veloci. Corremmo verso il centro abitato,
pensavamo che
non avrebbe fatto nulla tra le gente ma ci sbagliammo.»
Interruppi
il racconto, con lo sguardo perso nel vuoto.
«Poi,
cosa è successo?» si allungò verso di
me, prendendo la mia mano
tra la sua e stringendola come per darmi sicurezza.
Gli
sorrisi grata, stringendo la sua a sua volta e continuando
«Spike mi
aiutò a saltare su un tetto più alto degli altri,
così potevo
nascondermi. Non fece in tempo ad arrampicarsi, che quel buffone lo
prese.
Osservai
la scena in silenzio, chiamando la polizia.
Lo
hanno picchiato per molto tempo, con forza anche. Cercava di
trattenere i versi di dolore, forse per non farsi sentire da me...
Notai che "il re" prese qualcosa di luccicante, poi mi
accorsi che era un coltello. Non volevo fare nulla...»
sospirai,
scuotendo piano la testa «Urlai così forte da far
correre più
persone possibili sull'accaduto, uscii allo scoperto, mentre sentivo
le sirene della polizia farsi sempre più vicine. Mi
sputò poche
parole, che però mi lasciarono una forte inquietitudine
addosso.
"Con questo hai segnato il tuo destino e quello di tutti quelli
che ti circondano". Corse via, mentre raggiunsi Spike. Gli presi
la testa tra le mani. Poggiandola sulle mie gambe. Si metteva spesso
così, quando ci rilassavamo...» sorrisi a quel
dolce ricordo,
facendolo scomparire poco dopo «La polizia ci stava
raggiungendo.
Era ricoperto di sangue, eppure sorrideva " non importa di che
fine farò, a me basta che non ti succeda nulla. Non dire
niente alla
polizia però, potresti finire nei guai con l'Anarchy, e non
voglio... Ne soffrirei. Ricorda, è quando è
più buio che l'uomo
vede le stelle." Lui sorrideva, ma io piangevo. Non ho mai
pianto così tanto in vita mia. Rimasi tutto il tempo con
lui, fin
quando non ha esalato il suo ultimo respiro. Da allora eccomi. Sono
Spencer Cade, ed accuso Xavier Jaksons di omicidio colposo.»
Sorrise,
mentre concluse la sua dichiarazione.
Mi
sentivo leggera, come se tutti i problemi della vita non fossero
tali.
Quasi
due mesi dopo
Sospirai,
beandomi della fresca brezza che creava lievi grinze sull'acqua.
Il
sole splendeva alto nel cielo, mentre io avevo deciso di concedermi
un pò di relax, per staccare la spina da tutto.
Ero
su un materassino gonfiabile, a rilassarmi in piscina, in una calda
giornata estiva.
Nella
precedente settimana, il re era stato preso ed arrestato, lo stesso
tutti i seguaci che quell'orribile e gelida sera di autunno portarono
via il mio Spike.
Non
avevamo bisogno di dirlo, nè di renderlo pubblico o altro;
eravamo
una coppia a tutti gli effetti, tranne per il fatto che passavamo
insieme tutto il tempo quasi, ma non stavamo sempre a scambiarci
effusioni romantiche. Non era nella nostra natura.
Da
allora intrapresi una strada da solitaria finchè...
I
miei pensieri furono interrotti da un urlo; capii al volo,
così
lanciai i miei occhiali da sole sull'erbetta, mentre mi avvicinavo al
bordo.
Tolsi
il materassino, mettendolo al sole.
Stavano
arrivando i ragazzi, che sicuramente si sarebbero lanciati in
piscina, ignorando chiunque e qualunque cosa potesse intralciarli.
Ridacchiai,
vedendoli correre verso la piscina, mentre lanciavano i borsoni sotto
il solito albero.
Era
un'abitudine la loro.
Si
bloccarono ad un centinaio di metri da me, squadrandomi da capo a
piede.
Mi
sentii lievemente in imbarazzo, ma non lo diedi a vedere; non ero
abituata a mettere il mostra il mio fisico, il che lasciava un
incognita a non poche persone.
Non
mi lamentavo delle curve, anzi, ma non era piacevole sentire sguardi
puntati addosso, mentre sei in costume, accanto ad una piscina.
«Buttiamola
in acqua!» un secondo urlo, squarciò i miei
pensieri, mentre il
sorriso divertito che avevo in viso si trasformò in una
"fantastica
espressione di puro terrore".
Cominciarono
a correre verso di me quattro bestie senza padrone, ed io feci lo
stesso, ovviamente verso la direzione opposta alla loro.
Non
esageravo nel correre troppo veloce, anche perchè eravamo ai
bordi
di una piscina, e non ero intenzionata a sfracassarmi il cranio.
Carlos
fu il più veloce e mi saltò addosso come una
furia animale, seguito
poi dagli altri tre che ci placcarono del tutto.
«Non
azzardatevi!» cominciai a dimenarmi, aggrappandomi al latino
come
fosse la mia unica ancora di salvezza.
«Ma
che succede?» era David che ci stava raggiungendo.
«Dave,
aiu-» non riuscii a finire la frase che Los si
buttò in acqua,
trascinandomi con se, mentre gli altri esultavano allegri.
Mi
staccai dal ragazzo, andando verso il fondo, aggrappandomi ad uno dei
pioli della scaletta, visto che arrivavano fino al fondo.
Due
metri di fresca profondità.
Mi
venne da sorridere lievemente, mentre aspettavo una loro reazione.
Ero
un'appassionata nuotatrice sin da piccola, ed avevo conservato degli
ottimi polmoni anche grazie al Parcour.
Notai
Carlos mettere la testa in acqua, come per controllarmi.
I
miei capelli sciolti, in balia dell'acqua, coprivano la maggior parte
della visuale degli altri.
«Spencer!»
sentii delle grida preoccupate, mentre il ragazzo in acqua, cercava
di avvicinarsi velocemente.
Sorrisi,
ormai a corto d'ossigeno e ritornai in superficie, ridendo e
guardando i presenti.
Notai
mio fratello che aveva un'espressione tra l'arrabbiato ed il
divertito, mentre Kendall e James erano abbastanza sconcertati.
Carlos
mi seguì in superficie, pizzicandomi la gamba.
«Certo
che sei proprio una bastarda» ridacchiò Logan,
mentre stritolavo la
guancia del mio Rush preferito.
«Modestamente»
imitai un inchino, guardandolo compiaciuta.
«Giochi
con noi in acqua?» Kendall mi regalò un sorriso
ampio, mentre
continuavo a giocare con le guanciotte del mio amico.
Potevo
tranquillamente dire migliore amico; gli dovevo davvero molto, anche
perchè avevamo un legame davvero forte.
Molti
nel gruppo ci chiamavano "la nuova possibile futura coppia",
ma io non condividevo l'idea, e lo stesso lui.
Eravamo
grandi amici, ma di certo non una "possibile coppia"!
Ne
avevo parlato con lui, seriamente; mi aveva detto quello che pensava,
e fui felice di sapere che avevamo la stessa opinione.
«Mi
pare ovvio» sorrisi, alzandomi ed avvicinandomi ai ragazzi.
«Sai
che oggi il colore dei tui occhi risalta molto?» era stato
Logan a
parlare, che non mi scollava gli occhi di dosso.
«Henderson,
non solo ti stai letteralmente mangiando mia sorella con gli occhi,
ma ci provi anche? In più davanti al fratello.»
adoravo quando Dave
faceva il fratello protettivo; mi ricordava che ci teneva molto a me.
Ridacchiai,
strizzandogli le guance e squittendo divertita «Il mio
fratellone
gelosone»
Gli
altri non si trattennero dal ridere, il che fece ampliare il sorriso
che avevo dipinto sul volto.
Da
quando avevo conosciuto i ragazzi, David si era sforzato di essere
più gentile con loro, e tra una cosa e l'altra, ci
ritrovammo a
vivere tutti e sei nella stessa casa, per non annoiarci.
Però,
non potevano mancare i soliti battibecchi tra Kendy e lui; qualche
volta anche con Logan, visto che si soffermava spesso ad osservarmi
e, sfortunatamente per lui, non sfuggiva nulla al mio adorato
fratellone.
«Vorresti
dirmi che loro non stanno facendo lo stesso?» rispose piccato
il
moro, indicando James e Kendall.
«In
effetti si...» mi nascosi appena dietro mio fratello, mentre
il
"bello del gruppo" si sporgeva verso di me.
Sospirai,
avvicinandomi a lui, che sorrise compiaciuto; gli sorrisi a mia
volta, sporgendomi come per baciarlo e socchiudendo gli occhi.
«Davanti
tuo fratello lo fai?!» il tono di Dave si era alzata di
un'ottava;
sapeva essere più isterico, inquietante e dai forti istinti
omicida
di tutte le fan che aveva dietro.
Notai
che James mi imitò, mettendomi una mano sul fianco scoperto;
a pochi
centimetri dalle sue labbra sussurrai un "beccato".
Sgranò
gli occhi, non fece in tempo a reagire che gli tirai uno schiaffo,
spingendolo poi in piscina, ondaggiando i capelli.
«Non
hai ancora imparato la lezione» ridacchiai, mentre i due non
ancora
bagnati scoppiarono a ridere.
«Non
puoi farlo!» urlò James, spostandosi i capelli
dagli occhi, mentre
Carlos gli si avvicinava divertito.
«Ops,
ma io l'ho già fatto» dissi, fintamente
dispiaciuta, imitando
un'espressione triste per alcuni secondi, poi tornai sorridende...
«Dovresti
sapere com'è fatta» rise divertito, mentre
schizzò dell'acqua alla
"povera vittima".
«Non
infierire!» Il più grande si lanciò
letteralmente addosso
all'altro, cominciando una lotta acquatica.
Mi
avvicinai a mio fratello, sporgendomi verso il suo orecchio e
sussurrandogli alcune cose; ci scambiammo un sorriso complice, per
poi decidere di passare all'azione.
«Logan,
volevo chiederti, c'è qualche ragazza che ti
interessa?» fu mio
fratello ad attaccare, il che mi fece capire molte cose.
Rimase
dapprima perplesso poi si riprese, mentre gli altri osservavano
curiosi la scena; intanto mi spostai accanto a Logan, senza dare
troppo nell'occhio.
«Non
saprei» rispose vago, sorridendo malizioso nella mia
direzione.
Quando
mi sorrideva così gli avrei volentieri spaccato il muso.
«No
perchè sai, ti scopi ogni sera una nuova ragazza, il che mi
fa
presupporre che tu non abbia interessi» continuò
David, facendomi
sputare addosso a Kendall il thè freddo che stavo gustando.
«Spencer!»
scoppiai a ridere, mentre mi guardava fintamente arrabbiato.
«Si
dia il caso, che sono loro a fare tutto, io le accontento
solo»
rispose Logan, incrociando le braccia al petto e continuando il
"discorso."
L'argomento
si faceva scottante, e non sapevo se stare al gioco ancora un
pò o
lanciare Logan con gli altri, in acqua.
Avevo
voglia di sedermi, ma rimasi in piedi, pronta ad ogni segnale.
«E
fra tutte, non ce n'è una che ti piace?» mio
fratello inarcò un
sopracciglio squadrandolo da capo a piedi.
La
cosa stava prendendo una brutta piega... Era noto che Logan provasse
interesse per me, ma a quanto pareva, mio fratello voleva scoprire a
fondo le carte dell'altro, come per tstare sicuro.
Voleva
semplicemente sapere se fosse interessato a me perchè ero
una
ragazza, per il mio aspetto e corpo o perchè gli piacevo
davvero.
A
me la cosa non era mai interessata più di tanto, anche
perchè avevo
decisamente troppe cose a cui pensare; quella sera sarei andata al
mio parco, per controllarne le condizioni ed assicurarmi che girasse
tutto per il verso giusto.
«Se
anche fosse?» lo osservò a sua volta, dando le
spalle a me e
Kendall, che osservavamo in silenzio.
Mi
ero spostata accanto al biondo, in modo tale da poter tenere sotto
mira il giovane dagli affascinanti occhi petrolio.
Scossi
la testa, cercando di scacciare quel pensiero.
Io
che facevo commenti positivi su un ragazzo?!
Mai.
Ma
quegli occhi erano come quelli di Spike...
«Sarei
molto curioso» notai mio fratello fare dei passi verso Logan.
Sospirai,
decidendo di agire.
Sussurrai
a Kendall di darmi una mano, e sorrise compiaciuto.
«Mi
stupisci ogni giorno sempre più»
ridacchiò, andando vicino David.
«Che
ne dite di calmare i bollenti spiriti?» cercò di
bloccare la marcia
di Dave verso Logan, mettendosi tra i due.
Era
davvero un bravo ragazzo, quel biondino; all'inizio non scorreva buon
sangue tra me, mio fratello e lui e la cosa pesava anche sugli altri,
ma avevamo fortunatamente risolto.
O
meglio, Kendall e David non evitavano di lanciarsi frecciatine a
vicenda; eppure mi aveva accettato, nonostante il pessimo carattere
che mostravo all'inizio.
Mi
ero "calmata" in parte, ma rimanevo la stessa ragazza
strafottente che salta sui tetti e si metteva nei guai.
Eppure,
con mio fratello, non riuscivo a comportarmi come con gli altri,
eppure nemmeno con i quattro cantanti ci riuscivo. Ero ricaduta
nuovamente in quel baratro, che molti chiamano "amicizia".
Annuii
distrattamente verso Kendall, e lui fece lo stesso, mentre Carlos e
James si allontanarono, capendo le nostra intenzioni.
Spingemmo
entrambi, facendo cadere i due in acqua.
David
riemerse, scuotendo la testa come un cane bagnato e scoccò
un'occhiata fulminante prima a me, poi al biondino.
«Avevamo
un accordo» sbraitò, mentre non trattenevo le
risate.
Logan
mi regalò uno sguardo per nulla amichevole, togliendosi gli
occhiali
da sole e poggiandoli sul bordo, sistemandosi i capelli.
«Infatti
ho tenuto fede all'accordo, ma ci sei finito per errore anche
tu»
sorrisi vittoriosa, avvicinandomi non più di tanto all'acqua.
«Siamo
gli unici asciutti ora!» rise vittorioso il mio complice,
avvicinandosi all'acqua «Siamo i re della piscina»
«Kendall
il bordo!» lo avvertii, accorgendomi del fatale errore che lo
fece
trascinare in acqua.
Scossi
la testa, alzando le braccia al cielo; ero l'unica ancora asciutta.
Unica...
Quel
pensiero mi fece rabbrividire, mentre notai i ragazzi uscire
dall'acqua; sarebbe iniziata una vera e propria guerra.
Passammo
il resto della mattinata a rincorrerci e lanciarci in acqua, come
bambini che volevano divertirsi.
Camminavo
per le strade della città, che però conoscevo
come le mie tasche.
Arrivai
dopo poco al parco abbandonato, squadrandolo con minuziosa
attenzione, senza trovare nulla fuoriposto.
Era
rimasto tutto come ben ricordavo, e la cosa mi fece sorridere; ero
ancora temuta e rispettava, ne andavo fiera ma questo avrebbe
significato anche avere guai.
Spazzai
via quei pensieri, avvicinandomi alla grande rampa, passando poi una
mano sul disegno ancora intatto.
La
pittura spray che resisteva alle intemperie costava davvero molto, ma
non esitai ad acquistarla per dedicare quel graffito a Spike.
Raffigurava
lui, un ragazzo sempre sorridente dalla carnagione chiara e dagli
aruffati capelli castani; gli occhi erano neri, come quelli di Logan.
Aveva
le braccia incrociate al petto, un sorriso che avrebbe fatto
sciogliere chiunque; era sotto un cielo stellato, mentre avevo
scritto una piccola frase sulla sua felpa; "E' quando il cielo
è
più buio, che l'uomo vede le stelle".
*FlashBack*
Ero
raggomitolata in un angolino del tetto della vecchia fabbrica, mentre
osservavo da lontano le luci della rumorosa Los Angeles, quando la
mia lunga meditazione fu interrotta da un giovane castano molto alto.
«Spencer,
tutto bene?» chiese sedendosi accanto a me, mentre mi
poggiava una
mano sulla spalla.
«Non
lo so... io non sono abituata a questa vita» sussurrai,
tornando a
guardare le luci «Sono scappata di casa, lasciando a mio
fratello
solo uno stupido biglietto di carta, senza contare che non so
arrampicarmi sui tetti e devo usare le scale, poi» fui
interrotta
dalla sua risata, così mi voltai ad osservarlo tra il
perplesso ed
il piccato.
«E'
normale all'inizio, sei qui da solo qualche giorno.» mi
sorrise
rassicurante «E' solo questione di abitudine. Tu segui me, e
ti
insegnerò a cavartela qui fuori, ed a farla franca ogni
volta.»
Gli
sorrisi a mia volta, mentre mi brillavano gli occhi dall'emozione
«Davvero?»
«Ovvio,
Penny» ridacchiò, scompigiandomi i capelli ed
osservando il
graffito che avevamo appena fatto «Hai talento...»
sussurrò
soffermandosi sulle figure che avevo fatto io.
«Beh,
esageri. Diciamo solo che immagino la successione; il prima
è un
foglio bianco, ed il dopo? Che sarà mai? Come la vita,
quasi»
spiegai, guardandolo a mia volta.
Un
mastodontico leone a due teste troneggiava sul muro dell'edificio che
avevamo di fronte; sul leone una scritta in grande Jolly&Spike.
Di
certo non potevo usare il mio nome vero, altrimenti mi avrebbero
sgamato.
*Fine
FlashBack*
Fui
riportata alla realtà da alcuni rumori alle mie spalle; ebbi
appena
il tempo di voltarmi ed inquadrare un'ombra, che subito mi fu
addosso.
Angolo
Demon
Salve
mondo~
Qui
Demon, con un nuovo capitolo.
Ebbene,
cosa sarà l'ombra che ha visto Spencer?
Ovviamente
io lo so, ma non ve lo dico.
Mi
scuso in anticipo, visto che non so se possa essere considerato un
capitolo interessante.
Tornando
a noi, ringrazio coloro che seguono questa storia e coloro che la
recensiscono e visto che tra un pò (non voglio contare i
giorni,
altrimenti soffrirei...) comincia la scuola, quindi
aggiornerò con
un lungo distacco tra un capitolo ed un altro.
Magari
una volta al mese, poi non so; fatto sta che mi sto portando avanti
con i capitoli (anche se sono ancora al capitolo 7, visto che pensavo
sul se continuare l'altra fanfiction in corso o meno).
Con
questo concludo, anche perchè non ho molto da dire.
Alla
prossima!
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Senza
pensarci due volte, afferrai il braccio del mio aggressore,
spingendolo a terra e piegandoglielo dietro la schiena.
«Lasciami!»
feci come chiesto, mentre mi allontanavo per mettere una distanza di
sicurezza tra me e la figura.
Era
sera, e c'erano solo i pali della luce ad illuminarci.
Guardai
meglio la figura.
Era
una ragazza piuttosto bassa e minuta, ipotizzai fosse una ragazzina,
ma dovetti ricredermi.
I
suoi capelli mossi e rossi, tendente al color carota mi erano
familiari; le arrivavano appena sotto le spalle, incorniciandole il
viso dai tratti delicati e dalla carnagione molto pallida, mettendo
in risalto le lentigini sbarazzine che adornavano le guance ed il
naso.
Altro
segno particolare erano gli occhi azzurri eterocromatici, decisamente
poco comuni, oserei dire.
Indossava
una felpa e dei leggins, entrambi neri, come anche le comode All Star
del resto.
«Saresti?»
chiesi, inarcando un sopracciglio ed incrociando le braccia al petto.
Non
ero intenzionata nè all'uscire dall'ombra, nè a
togliermi il
cappuccio dalla testa.
«Questo
non è posto per te.» la sua risposta mi
arrivò fredda e diretta,
facendomi sorridere.
Io
l'avevo riconosciuta, anche se non ci eravamo parlate altre volte.
«Ma
davvero?» ridacchiai appena «E come fai a
saperlo?» chiesi,
dondolando sui piedi.
Rimase
in silenzio, osservandomi con attenzione; scossi la testa,
avvicinandomi e togliendomi il cappuccio.
La
vidi sgranare appena gli occhi, ma si riprese subito dopo.
«Gli
altri ti cercano da quando sei scomparsa.» puntò i
suoi occhi nei
miei, come a volermi intimorire.
«Posso
immaginarlo» sussurrai, guardandomi poi intorno
«Che ci fai qui?»
le chiesi freddamente.
Era
molto amica di Maps, un componente della mia banda, ma di lei
conoscevo solo il nome, Fleur.
La
accogliemmo volentieri, anche se non mi avvicinai nè a lei,
ne agli
altri nuovi arrivati; mi allontanai anche da quelli che conoscevo da
tempo, questo dopo la morte del mio compagno.
Mi
ero stufata di affezionarmi alle persone, per poi vederle scomparire
per sempre, davanti ai miei occhi.
Mi
sarebbe piaciuto non poco spaccare il muso a quello schifoso che si
considerava il capo dell'Anarchy.
Tornai
ad osservarla, lievemente arrabbiata; era risaputo nella banda che
nessuno doveva osare mettere piede in quel parchetto, a meno che non
abbia il mio permesso.
«So
quanto ci tieni a questo posto, lo sanno tutti.»
scostò una ciocca
di capelli dal viso, osservandomi da capo a piedi «Da quando
sei
sparita dalla circolazione, abbiamo organizzato dei turni per
controllare costantemente il parchetto.»
Sorrisi
appena a quelle parole; anche loro rispettavano il castano che mi
aveva guidato, questo anche perchè se non fosse stato per
lui, il
gruppo non sarebbe esistito.
Tornai
a guardare la rampa da Skateboarding, soffermandomi sul viso
graffitato.
La
mia compagnia rimase in silenzio per alcuni secondi, decidendo poi di
lasciarmi.
«Dove
vai?» chiesi senza voltarmi.
«Non
penso serva più controllo qui.» rispose
semplicemente.
Mi
morsi appena il labbro, sollevando il capo e perdendomi ad osservare
le stelle.
Ero
arrivata ad una biforcazione e per procedere dovevo fare una scelta
importantissima.
Continuare
la mia vita in strada, con la banda Shark73, oppure vivere con mio
fratello una vita normale?
Avrei
passato sicuramente una notte insonne...
Il
mattino seguente mi risvegliai appena il sole fu alto nel cielo,
questo perchè mi ero addormentata sulla rampa, dove ero solo
seduta
a pensare.
Mio
fratello si sarebbe sicuramente preoccupato non vedendomi, ma non ero
molto interessata alla cosa.
Mi
alzai, recuperando il mio zaino e prendendo le bombolette spray
colorate.
Mi
avvicinai al muro della grande fabbrica, dove era dipinto il simbolo
dell'Anarchy.
Agitai
la bomboletta grigio-azzurra, cominciando a graffitarci sopra, una
figura che ovviamente avrebbe causato grossi problemi.
A
fine opera, mi scostai, osservando soddisfatta il risultato.
Corsi
a sciacquarmi velocemente le mani, riponendo i colori nello zaino e
presi la macchinetta fotografica, scattando la foto al mio nuovo
graffito.
Sorrisi,
sedendomi a terra e prendendo il Libro Nero.
Lo
aprii, cominciando a sfogliarlo, osservando i graffiti che avevo
fatto nel corso della mia "vita".
Arrivai
ad una pagina bianca, dove incollai la foto, annotando alcune
informazioni.
Chiusi
il quaderno, soffermandomi sulla copertina vellutata, mentre un
sorriso ebete mi adornava il viso.
*FlashBack*
Avevo
ancora 17 anni, ed erano ormai tre mesi che vivevo per strada,
insieme a Spike ed il nostro rapporto si rafforzava, insieme alle mie
capacità nella pratica del Parcour.
Spesso
lo vedevo sfogliare un libro nero, che però nascondeva ogni
volta
che mi avvicinavo a lui.
Quella
mattina ero intenta a graffitare una luna ed un sole, quando un paio
di mani mi coprirono gli occhi.
«Indovina
chi sono?» ridacchiò una voce contro il mio
orecchio.
Finsi
di pensarci, mettendomi la bomboletta in tasca e poggiando le mani
sulle sue «Ned?» chiesi ridacchiando.
Spostò
le mani, scoccandomi un bacio sulla guancia e sorridendomi
«Chi
sarebbe questo Ned?» chiese, senza nascondere la sua gelosia.
Ridacchiai,
tirandogli un pugnetto sulla spalla e scuotendo la testa «E'
il
primo nome che mi è passato per la testa»
Lo
vidi sorridere «E' giunto il momento che tu sappia alcune
cose»
Mi
disse serio, passandosi nervoso una mano tra i capelli.
«Se
intendi come nascono i bambini, non preoccuparti...lo so»
risposi
squadrandolo divertita.
Ridacchiò,
scuotendo la testa «Riguarda il libro che ho spesso tra le
mani»
«Quello
nero?» chiesi sorridendo; finalmente avrei avuto le mie
risposte.
«Si.
E' il Libro Nero, tutti i Writer ne hanno uno. E' di vitale
importanza e perderlo è un disonore. Esso è come
un diario, dove
annotiamo tutti i graffiti che facciamo, con fotografie, informazioni
e stati d'animo dell'autore ovviamente. Obbligatoriamente anche data
e luogo.» mi spiegò calmo e pacato.
«Come
un diario di bordo?» chiesi, piegando la testa di lato.
«Esattamente.
Però devi tenerlo nasconsto e conoscerne solo tu l'esistenza
ed il
significato. Anche se tu sai che ne ho uno anche io, non è
un
problema» mi porse un libro nero dalla copertina vellutata,
con una
scritta bianca "Jolly"«Questo è il tuo»
sorrise,
passandosi una mano tra i capelli, lo faceva spesso «Ci sono
foto ed
informazioni sui graffiti che hai fatto fino ad ora, ed ovviamente,
anche quelli che abbiamo fatto insieme»
Presi
il libro, sfogliandolo curiosa e notando che era tutto corretto
quello che aveva detto.
Gli
sorrisi allegra, abbracciandolo di slancio «Grazie
Spike.»
*Fine
FlashBack*
Chiusi
il libro nero, dopo aver finito di scrivere il necessario,
riponendolo con cura nello zainetto, insieme alla macchina
fotografica istantanea.
Mi
alzai, mettendolo sulle spalle e guardando fiera il graffito.
Uno
squalo enorme che divorava la "A" cerchiata dell'Anarchy,
mentre capeggiava la scritta Jolly sulla coda dell'animale.
Sorrisi
orgogliosa, correndo poi verso la città, riprendendo a
saltare sui
tetti.
Era
giunto il momento di dimostrare che lo Squalo Jolly non si sarebbe
lasciato più sottomettere, ma avrebbe sottomesso.
Passai
l'intera giornata a correre per le strade di Los Angeles, grafitando
su ogni stemma dell'Anarchy, il simbolo che mi raffigurava.
Lo
Squalo Jolly.
Guardai
l'orologio della stazione, la mia ultima tappa, rendendomi conto di
aver passato l'intera giornata fuori casa, senza mangiare nè
avvertire mio fratello.
Cominciai
a correre verso casa, fermandomi davanti alla porta per riprendere
fiato.
La
aprii lentamente, cercando di fare meno rumore possibile; sorrisi nel
trovare le luci spente, indicava che stavano dormendo tutti.
Lasciai
le scarpe all'entrata, camminando senza pantofole e solo con dei
calzini fluorescenti.
Feci
per andare in cucina, quando tutte le luci del soggiorno si accesero,
facendomi bloccare e mordere l'interno guancia.
Beccata.
«Dove
sei stata?» mi voltai di scatto, sgranando gli occhi nel
vedere che
non era mio fratello.
Capelli
mori e spettinati, occhi neri profondi ed un'espressione dura sul
viso.
Sospirai,
posando lo zaino a terra, avvicinandomi a Logan, con estrema cautela.
«Mio
fratello?» chiesi, osservandomi intorno, come se potesse
saltare
fuori da un momento all'altro.
«Ti
ho fatto una domanda.» incrociò le braccia al
petto.
Storsi
il naso, abbassando appena lo sguardo e soffermandomi sul suo petto,
abbastanza visibile grazie alla maglia aderente, indossava poi, un
paio di pantaloni larghi.
Doveva
essersi, e sorrisi al pensiero, addormentato sul divano, visto che
aveva un'espressione in viso che lo confermava.
«Anche
io ne ho fatta una.» risposi, ritornando a puntare i miei
occhi nei
suoi.
Vidi
che mi scrutava con attenzione, come se volesse leggermi nell'anima;
non lasciavo mai traspirare emozioni e venivo familiarizzata ad un
robot.
Incrociai
a mia volta le braccia al petto, senza fiatare, come a fargli capire
che con me era tutto inutile.
«Hai
mangiato?» chiese, addolcendo appena lo sguardo ed
osservandomi.
«No,
ho avuto un pò da fare» risposi sincera, anche se
volevo dire di
si.
Una
delle cose che mi caratterizzava era la sincerità e
l'incapacità di
mentire; non sapevo mentire e non riuscivo a trattenermi mai dal dire
quello che pensavo.
Lo
vidi sospirare, mentre mi indicò la cucina.
Mi
voltai, andando verso il frigo e prendendo il latte, decidendo di
prendere una semplice cioccolata calda.
Presi
gli ingredienti, mentre lo guardai, poggiato allo stipite della
porta.
«Ne
vuoi?» chiesi indicandogli la scatola di Chobar.
«Si
grazie» accettò, senza spostarsi dalla sua
postazione, mentre
mettevo il pentolino con il cioccolato ed il latte sui fornelli.
Ci
vollero pochi minuti, spostai il pentolino sul tavolo, dove avevo in
precedenza sistemato due tazze ed una confezioni di biscotti al
cioccolato.
Mi
lavai nuovamente le mani al lavandino della cucina, ascigandole poi
con un panno.
«Allora?»
infranse il silenzio che era calato su di noi, mentre versavo la
cioccolata nelle due tazze.
«Allora
cosa?» chiesi, guardandolo con la coda dell'occhio,
sorridendo
appena.
Dovevo
ammettere che era messo abbastanza bene fisicamente, anche se non
suscitava molto interesse in me o meglio, io affermavo di non esserne
interessata.
Non
volevo cadere nuovamente e passare quello che ho già passato
per ben
due volte.
Misi
da parte quei pensieri, riportando la mia attenzione sulle tazze.
«Tuo
fratello non è qui perchè è dovuto
partire per girare alcune scene
di un film. Tornerà tra qualche settimana» mi
voltai a guardarlo,
mentre era ancora sulla soglia della porta, e non smetteva di
osservarmi.
Da
quando ero entrata in casa, non aveva fatto altro che guardarmi, ma
non come guardava una qualsiasi ragazza, soffermandosi sulle curve,
ma si soffermava sul viso.
«Capito...
e gli altri?» chiesi, riportando la mia attenzione alla
cioccolata,
sistemando poi il pentolino nel lavandino, nonostante fosse rimasta
altra cioccolata.
L'avrei
presa dopo.
«Kendall
è andato a trovare i fratelli, visto che si fermano in
città per
qualche giorno, Carlos si è addormentato un'oretta fa e l'ho
portato
a letto, e James sembra scomparso dalla faccia della terra.»
ridacchiò appena, scuotendo la testa ed avvicinandosi al
tavolo,
prendendo posto, mentre gli porsi la sua tazza.
«E
come mai tu sei sveglio?» chiesi incuriosita, sedendomi di
fronte a
lui e prendendo un biscotto, inzuppandolo nella tazza.
«Tu
dimmi dove sei stata, e ti rispondo» sollevai lo sguardo,
mentre un
sorrisetto si dipingeva sul suo volto.
Mi
aveva messa all'angolo.
Ridacchiai,
guardandolo negli occhi e scrutandolo attentamente.
«Sono
tornata al vecchio parco, ed ho corso in giro per la città;
dovevo
"sistemare alcune cose"»gli spiegai, senza staccare gli
occhi dai suoi.
Dovevo
ammetterlo, adoravo quegli occhi.
«Che
genere di cose?» chiese, facendomi inarcare un sopracciglio.
«Oggi
non avevi candidate da portare a letto o cosa?» chiesi,
mangiando il
biscotto, guardandolo vittoriosa.
Non
ero tipo con cui intraprendere una conversazione basata troppo sul
personale.
Lo
vidi sorridere malizioso, scuotendo la testa «Ne avevo, ma
non sono
così stronzo da farlo mentre la sorella minore di un mio
amico è
scomparsa.»
Mi
sorprese la cosa, ma decisi di non indagare oltre.
«Devo
ripetere la domanda o la ricordi?» chiese, mangiando un
biscotto che
aveva immerso nella tazza di cioccolata calda.
Sospirai,
alzandomi per recuperare lo zaino, mentre mi seguiva con lo guardo;
estrassi il Libro Nero, cercando l'ultima fotografia scattata, che
non avevo ancora incollato, anche se avevo scritto le informazioni.
La
presi tra le mani, porgendogliela.
La
prese per il bordo, come per evitare di sporcarla, osservandola con
attenzione.
«L'hai
fatto tu?» chiese, senza staccare gli occhi dalla foto.
«Lo
squalo si, la "A" è invece il simbolo
dell'Anarchy.»
dissi prendendo la foto che mi stava porgendo e la riposi nel libro,
chiudendolo e rimettendolo nello zaino.
Rimanemmo
alcuni minuti in silenzio, anche perchè non ero molto brava
ad
intrattenere conversazioni.
Sollevai
lo sguardo dalla tazza, notando che mi stava osservando.
«Perchè
continui a fissarmi?» chiesi, mangiando un altro biscotto.
Ridacchiò
appena scuotendo la testa, osservando con attenzione il biscotto che
aveva in mano, come se ci trovasse qualcosa di estremamente
interessante.
Mi
fece sorridere; bevvi dalla tazza la cioccolata rimasta sul fondo,
sentendo la bocca invasa di quella dolce e calda pietanza.
Quando
allontanai la tazza dal viso, mi accorsi che mi stava osservando con
uno strano sorriso dipinto in viso.
Lo
scrutai muovendo solo gli occhi, rimanendo immobile, come una statua.
«Hai
della cioccolata sulla punta del naso» una secchiata gelida,
che mi
fece arrossire do botto ed alzare; presi un fazzoletto, pulendomi
come meglio potevo.
«E
c'era bisogno di fissarmi come un pazzo?» sbottai, cercando
di
cancellare il velo di imbarazzo che mi aveva causato.
Io?
Imbarazzata?
Stavo
cominciando ad avere problemi davvero seri, per provare una cosa che
si avvicinasse anche minimamente all'imbarazzo.
Quella
non ero io, o meglio, non ero più io.
Fu
la sua risata divertita a riportarmi al presente, mentre si sporgeva
sul tavolo, verso di me.
«In
realtà avresti ancora della cioccolata sul viso»
sorrise malizioso,
mentre cercavo di allontanarmi il più possibile da lui,
capendo dove
voleva andare a papare.
«Spencer!»
la voce ancora impastata di Carlos lo fece allontanare di colpo, e
gli sorrisi divertita dalla situazione.
Ero
baciata dalla fortuna, diciamocelo senza troppi giri di parole.
«Carlos!»
urlai a mia volta, allargando le braccia, mentre mi si
fiondò
addosso come se non mi vedesse da chissà quanti anni.
Per
poco non caddi dalla sedia, e la cosa mi fece ridacchiare, mentre ero
intrappolata in un tenero abbraccio, di quelli che non ricevevo da
davvero tanto.
Lo
strinsi a me, come se potessi far si che l'abbraccio non finisse
più.
Si
scostò appena, guardandomi negli occhi «Ma si
può sapere che fine
avevi fatto?» mi chiese, senza troppi giri di parole.
«Ero
in giro per Los Angeles, dopo ti mostro perchè»
ridacchia,
scompigliandogli ancor più di quanto non fossero, i suoi
capelli
«Cioccolata?» chiesi alludendo alla tazza a forma
di pinguino,
ancora sporca di cioccolato.
«Ne
è rimasta?» chiese speranzoso, guardandomi con gli
occhi di un
cucciolo bisognoso di coccole.
«Vi
prego, adesso non limonate davanti a me, non vorrei rimettere anche
la cena dello scorso Natale, per quanto siete diabetici.»
Logan e la
sua delicatezza di elefante lo fece staccare di colpo da me,
imbarazzato.
«Oh
Logan, io che sto nella stanza accanto sento ogni notte il tuo letto
che sbatte contro la parete e "la tua principessa della serata"
urlare come una scimmia in calore, eppure non mi lamento» lo
guardai
vittoriosa, mentre rimase spiazzato dalle mie parole.
Ridacchiai,
notando che scartò la testa lateralmente, come a voler
nascondere
che la situazione gli provocasse un lieve imbarazzo.
Sentii
la risata del mio migliore amico riecheggiare, mentre gli sussurrava
un "Ti ha spento con una sola frase", cercando di non
farmela sentire, visto che mi ero allontanata per recuperare il
pentolino e riempire la tazza di Carlos, riscandandone il contenuto.
Adoravo
quel latino, non solo perchè è stato il primo dei
Rush a legare con
me, ma perchè era come qualcosa che mi spingesse verso di
lui, manco
fossimo due calamite opposte, che si attraggono.
Eppure
mi trascinava ogni volta nel suo mondo fatto di risate e
divertimento.
Ritornai
al tavolo, mettendogli la tazza davanti, e sedendomi accanto a lui.
Ad
un tratto mi ricordai di mio fratello, così mi allontanai
dai due
che parlavano animatamente, per farmi sentire dopo più di
ventiquattro ore.
Presi
il cellulare, guardando l'orario; l'una e mezza di notte.
Ebbi
un piccolo cedimento; magari sta dormendo, pensai, nah,
tanto si sveglierà e risponderà sicuramente.
Forse ero un pò cattiva, ma
era nel mio carattere trattare almeno un pò male le persone.
Composi il suo numero, e
dopo tre squilli sentii la sua voce impastucchiata dal sonno.
«Pronto?»
si susseguì un sonoro sbadiglio, non aveva visto il mittente.
«Sono
io, fratellone» risposi dolcemente, sedendomi sul terzo
scalino
della rampa che portava al piano superiore.
«Spencer!»
il suo acuto mi stordì l'orecchio, costringendo ad
allontanare il
cellulare.
«Ho
capito, ma non urlare o chiudo la chiamata!» risposi alzando
lievemente la voce, accorgendomi di aver interrotto i due ragazzi,
che avevano sicuramente puntato lo sguardo nella mia direzione.
«Non
alzare la voce con me.» rispose duro, senza dar segno di
cedimento
«Dimmi dove diavolo sei stata da ieri sera ad ora. Ti sembra
l'ora
di tornare a casa?!» mi sbraitò contro, facendomi
innervosire non
poco.
«La
smetti du urlarmi addosso?! Se non te ne fossi accorto ho superato la
maggior età e credo di essere anche se in minima parte
responsabile.» risposi con la stessa durezza nel tono di voce.
«Dove
sei stata?» chiese, senza addolcire la voce.
«Ho
sbagliato a chiamarti. Ciao e Buonanotte.» dissi acida,
scostando il
cellulare dall'orecchio.
«Non
azzardarti ad attaccare oppure-» non gli diedi il tempo di
finire la
frase, che chiusi la chiamata, sospirando nervosa.
Sicuramente
avrei passato la nottata sveglia, dopo un litigio del genere, anche
se questo era niente.
Eravamo
così noi.
Litigavamo,
vero, ma la maggior parte delle volte perchè lui si ostinava
a
trattarmi come una bambina, ripetendo che voleva solo proteggermi.
Vero
questo, ma io volevo anche vivere la mia vita, ed odiavo le persone
che cercassero di tagliarmi le ali prima che potessi spiccare il
volo.
Sentii
bisbigliare dalla cucina, riuscendo ad afferrare la frase "pensi
sia il caso di andare a controllare?"
Non
ci feci molto caso, alzandomi per recuperare lo zaino e correre
silenziosamente per le scale, raggiungendo la mia camera.
Richiusi
la porta, facendo meno rumore possibile e lanciando lo zainetto sul
letto.
Poggiai
la schiena contro la porta, tenendomi la testa fra le mani e
scuotendola appena.
«Cosa
sono diventata...» sussurrai, afferrando lo specchio sul
comodino ed
osservandomi con attenzione.
Profonde
occhiaie mi contornavano gli occhi; se fossi andata in cina i panda
mi avrebbero sicuramente scambiata per un loro simile, invitandomi a
mangiare bambù e bere deliziosa acqua di fiume.
Non
che l'idea mi dispiacesse, ma se si dovesse vivere allo stato brado,
ci sarebbero sicuramente meno problemi da affrontare.
I
capelli spettinati come al solito, ma che mantenevano la loro
fantastica forma ed il loro volume, su questo lato somigliavo ad
un'attrice di film horror che, ovviamente, viene uccisa.
Sospirai,
alzandomi e posando lo specchio, prendendo dall'armadio il mio
morbido pigiama a peluche, con fantasia a gattini.
Uscii
dalla stanza, controllandomi intorno e zampettando velocemente verso
il bagno, richiudendo la porta silenziosamente, intenzionata a fare
una doccia veloce.
Presi
l'accappatoio dal mobiletto apposito, appendendolo all'attaccapanni
accanto al box doccia.
Tolsi
velocemente tutti i vestiti, lanciandoli alla rinfusa a terra,
aprendo l'acqua calda, cominciando a mettere il bagnoschiuma sulla
spugna, insaponandomi e schiacquandomi poco dopo.
Uscii
dopo quella che doveva essere minimo una mezz'oretta, a giudicare
dalle nuvole di vapore che rendevano la visuale della stanza
decisamente scarsa.
Sospirai,
cercando a tentoni, l'accappatoio che mi strinsi addosso, come fossi
in un caldo abbraccio.
Aprii
piano la porta, sorridendo nel vedere il corridoio buio e deserto,
illuminato dalla fioca luce che entrava da alcune finestre messe
seguendo un ordine casuale.
Uscii
lentamente, spegnendo la luce e richiudendo la porta, correndo
velocemente verso la mia stanza, come per paura di incontrare
qualcuno. Sentii alcune voci provenire dalle scale; dovevano essere
Logan e Carlos.
Li
intravidi con la coda dell'occhio, mentre aprivo la porta,
così mi
fiondai all'interno della stanza, chiudendo a chiave la porta, prima
che potessero aprirla.
Non
avevo voglia di parlare con nessuno, compreso Los.
Mi
vestii velocemente, non vedendo l'ora di buttarmi sul letto.
Tolsi
la chiave, poggiandola sul comodino, accanto alla lampada, buttandomi
a peso morto sul letto e guardando il mio zaino logoro.
Era
vecchiotto, ma non l'avrei sostituito per nulla al mondo.
Lo
poggiai sulla scrivania, sedendomi sul davanzale della finestra, su
cui avevo sistemato dei cuscini, come secondo letto o divanetto
quasi.
Puntai
lo sguardo oltre la vetrata, lasciandolo scorrere su ciò che
circondava quel lato della casa, sorridendo e pensando alla grandezza
di quella città.
Sospirai,
cominciando a prendere stranamente sonno, dopo una buona mezz'ora
passata a fissare il nulla.
Rimasi
sul davanzale, ormai nel dormiveglia; sentii il rumore della chiave
nella toppa, ma ero decisamente troppo stanca per aprire gli occhi.
«Spencer?»
era un sussurro, e non riuscivo bene ad identificare chi fosse il
proprietario di quella voce, ma non ci feci molto caso.
Sentii
uno strano calore, mentre venivo sollevata e messa su una superficie
sicuramente più morbida del davanzale, ipotizzai il letto.
Mi
lasciai cullare dolcemente, da quella morbidezza, sentendo un calore
sulla fronte, ed un sussurro che mi augurava "buonanotte".
Caddi
tra le braccia di Morfeo, lasciando che tutti i pensieri ed i
problemi mi scorressero addosso come la doccia che avevo fatto
precedentemente.
Angolo
Demon
E
rieccomi~
comincio
col dirvi che "Compagnia" nel capitolo, non ho sbagliato a
scrivere compagna, ma intendevo proprio "compagnia".
Spero
di essermi fatta capire, anche se non mi sono espressa come dovuto.
Per
quanto riguarda Maps, non è ovviamente il vero nome ma un
soprannome, questo perchè i Writers sono considerati dei
vandali e
graffitare è appunto un atto vandalico che dovrebbe essere
punito
dalla legge.
Eppure
la nostra Spencer lo ha detto ad un poliziotto, se non erro e quindi
qualquadra non cosa.
Detto
questo ringrazio infinitamente le persone che recensiscono e seguono
la storia (sinceramente non avrei nemmeno lontanamente immaginato
suscitasse tutto questo interesse, quindi vi ringrazio)
Detto
questo, ricordate che amo giocare con la vostra curiosità,
quindi:
Chi
sarà quella ragazza? Che legame ha con Spencer?
Siamo
davvero sicuri che l'Anarchy sia stata sradicata bene?
Io
non credo, anzi. Ho parecchie cose in programma (e premetto col dire
che qualcuno soffrirà ed alla fine)
Un
grande grazie a tutti i lettori, a coloro che seguono e recensiscono
la storia! <3
Penso
possa concludere qui, quindi vi saluto ed al prossimo capitolo!
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Ripensando
al passato, mi rendevo conto sempre più che non ero
più come una
volta, ma ero cambiata radicalmente.
All'età
di 17 anni abbandonai casa mia, allontanandomi anche da mio fratello
per poter inseguire la libertà.
Ero
insicura come pochi, lasciavo che gli altri più forti
avessero la
meglio su di me, e se lanciavano frecciatine che mi riguardavano, me
le lasciavo scivolare addosso, dando loro poco conto.
Il
mio sogno nel cassetto era quello di intraprendere la carriera di
scrittore, cosa non del tutto facile, visto che Los Angeles era la
città dei sogni, ma come li creava, li distruggeva anche.
Spesso
e volentieri mi lasciavo andare ai sentimenti, prendendo le solite
cottarelle da ragazzina, coltivando la passione per gli idoli del
momento e cercando di allungare la mia lista di amici.
Eppure
ero una di quelle poche persone a prendere l'amicizia seriamente,
mettendoci anche l'anima, nonostante quasi nessuno meritasse un
trattamento del genere.
Anche
se mi ferivano, volevo credere fosse solo un passo che aveva
sbagliato, eppure mi lasciavo ferire di continuo, spesso anche dalle
stesse persone, ma non mi arrendevo.
Non
abbandonavo la mia idea, continuando a sperare che le persone
potessero cambiare.
Intrapresi
la mia vita per strada, incerta sul da farsi, insicura e fragile.
Spike
mi prese sotto la sua ala protettiva, accogliendomi come fossi sua
sorella, e trattandomi come fossi qualcosa a cui teneva più
della
sua stessa vita.
Mi
aiutava a crescere caratterialmente, cambiandomi anche.
Non
voglio che gli altri continuino a ferirti, non meriti un trattamento
del genere, mi
ripeteva.
Voleva proteggermi, e su
questo non c'erano dubbi.
Rafforzai il mio carattere,
cominciando a coltivare una lingua biforcuta a cui, la lingua delle
vipere, facevano un baffo.
La mia difesa divennero le
parole, mentre creavo una corazza indistruttibile attorno a me, per
impedire che qualcuno potesse anche solo scalfirmi.
Il sorriso divenne parte di
me, come anche la sicurezza, l'arroganza, la presunzione,
l'irresponsabilità, la sadicità e la malizia.
Eppure rimanevo la ragazza
fragile ed affettuosa, ovviamente che si nascondeva dietro un potente
ed indistruttibile guscio.
Il legame che avevo con quel
fantastico castano dagli occhi petrolio si rafforzava, mentre
affinavo la mia tecnica di Writer e quella nel Parcour.
Eravamo una coppia
inseparabile, non era necessario scambiarci effusioni romantiche o
ripetere che stavamo insieme per farlo capire.
Ci chiamavano la coppia
dello Squalo Jolly e del Drago Spike.
Una strana accoppiata, vero,
ma eravamo entrambi forti e diversi dalla massa.
Seguivamo una strada tutta
nostra, per nulla asfaltata, fieri di essere quello che eravamo e con
l'idea di poter abbattere l'unica cosa che impediva a noi e le altre
bande di girare senza preoccupazioni.
L'Anarchy.
Era un gruppo di delinquenti
che si divertiva a comandare e rendere la vita impossibile a
chiunque, distruggendo sogni, speranze e vite.
Non si facevano scrupoli ad
eliminare chi fosse un pericolo per loro, per questo cancellarono
Spike dalle nostre vite.
Avevano paura di lui.
Paura che potesse spodestare
il re ed eliminare il gruppo.
Paura che portasse alla luce
tutte le malefatte che avevano combinato, e tutte le morti che
avevano causato.
Paura che il loro regno del
terrore potesse finire.
Picchiato
senza pietà e lasciato a morire lontano da chiunque, lontano
dalla
sua casa, con solo me al suo fianco; eppure diceva che io ero il suo
tutto.
Ero contenta che sia morto
con un sorriso dipinto sulle labbra e con me al suo fianco, contenta
di averlo visto un'ultima volta.
Contenta di aver visto la
sua uscita di scena degna del suo nome.
Quella fu la fine della
rivoluzione del Drago Spike, ma l'inizio della furia inconstatata
dello Squalo Jolly.
Allora non dissi nulla alla
polizia di ciò che vidi, perchè dovevo
rafforzarmi.
Dalla sua morte, mi
allontanai dai murales, allenandomi nel Parcour fino allo stremo e
fino all'avere le ossa rotte.
Cambiai il mio nome,
cominciando a farmi chiamare con l'appellativo di Dragone Rosso,
senza graffitare sui muri però; correvo solamente, aiutando
coloro
che venivano puntati dall'Anarchy o dalla 66Route, attirando
l'attenzione su di me e distogliendola da loro.
Mentre correvo lungo la mia
strada, come un Dragone Solitario, attorno a me si raggruppavano
varie persone, dando così vita all'esercito che un giorno
avrebbe
fatto trionfare i propri sogni e le proprie speranze, distruggendo i
segni del passaggio di persone che non meritavano di passeggiare per
le nostre stesse strade.
Rafforzavo i miei muscoli
compiendo movimenti decisamente pericolosi, dedicandomi anche alla
lotta ed alla palestra.
Creai il gruppo degli
Shark73.
All'inizio eravamo solo io
ed un ragazzo di dimensioni e forza per nulla modeste.
Cominciammo a seminare il
panico per Los Angeles, scacciando i componenti dell'Anarchy.
In successione si aggiunsero
anche altri, formando l'unica banda che riusciva a tener testa ai
palloni gonfiati che si attorniavano a The King.
Ignorai ogni genere di
avvertimento sul quanto fosse pericoloso, decisa come non mai ad
infrangere il regno del terrore che avevano creato.
Era in ballo la mia vita, ma
poco mi importava.
Il mio scopo, era finire
quello che Spike aveva iniziato, e sarei andata fin in fondo.
Prima
di tutto questo ero perennemente alla ricerca di qualcosa che potesse
cambiarmi, dandomi anche una spinta in più.
L'avevo
trovata.
Potevano
nascondersi, ma io li avrei trovati comunque; potevano provare a
passare sulla mia testa, ma sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbero
fatto.
Potevano
circondarsi d'ombra attendendo il momento di colpire, ma tremavano.
Avvertivo
la loro paura, come uno squalo con la sua preda.
Il
piccolo ed indifeso "Squaletto Jolly", come osavano
chiamarmi all'inizio, era diventato il temuto Squalo Jolly, che non
si sarebbe fermato nemmeno davanti alla morte.
Il
flusso continuo dei miei pensieri venne bruscamente interrotto da un
lampo che squarciò il cielo, preparandomi all'arrivo del
suono che
segue il veloce fascio di luce.
Sentii
bussare alla porta, mentre il fragore del tuono fece la sua comparsa.
Sospirai,
rimanendo in silenzio, per nulla intenzionata ad aprire la porta.
Riportai
la mia attenzione alla finestra, sistemandomi meglio sul davanzale,
abbracciandomi le gambe e poggiando la testa alla parete.
Osservavo
le gocce di pioggia abbattersi violentemente contro la lastra di
vetro, poco dopo intravidi l'ennesimo lampo susseguito, dopo alcuni
attimi di silenzio, dal boato comunemente chiamato tuono.
«Spencer?»
l'ennessimo richiamo mi fece sbuffare stufata, mentre sentii il
sumore della chiave che girava nella toppa.
La
porta si spalancò di colpo, rivelando James con una chiave
fra le
mani.
«Hai
una copia delle chiavi della mia camera?»
chiesi, marcando la
parola "mia" ed inarcando un sopracciglio.
Si
grattò nervosamente la nuca prima di rispondermi
«Kendall ha una
copia delle chiavi di tutte le camere»
«E
come mai?» non staccai gli occhi da lui nemmeno per un
secondo,
scrutandolo attentamente, come se volessi leggergli nell'anima.
«Una
volta Carlos ha perso la chiave ed è rimasto chiuso in
camera tutto
il fine settimana, fino a quando non è venuto il
fabbro» ridacchiò
divertito, cercando di smorzare, anche se senza successo, l'atmosfera
tesa.
Dal
litigio avuto la sera precedente con mio fratello, ero rimasta
segregata in camera mia e non esageravo a pensare il mio
umore è
come questo tempo...
«Come
ti senti?» mi voltai verso la finestra, mormorandogli un
"bene"
in risposta.
Se
mi avesse guardata negli occhi, sicuramente non mi avrebbe creduta.
In
lontananza, la voce di Kendall richiamò il moro, che lo
raggiunse
subito, lasciandomi in solitudine e con la porta semi-aperta.
Brontolai
parole decisamente poco gentili, avvicinandomi e cercando di chiudere
la porta.
"Cercando",
visto che era stata bloccata da un piede.
«Ehy»
la voce della penultima persona che avrei voluto vedere in quel
momento; l'ultima era decisamente David.
«Che
vuoi?» la mia risposta fu secca, come uno spiedo che infilza
un Corn
Dog.
«Come
stai?» chiese spingendo la porta, fino a farmi allontanare ed
aprirla del tutto.
«Come
dovrei stare, scusa?» chiesi guardandolo beffarda e con un
sopracciglio inarcato.
Quel
ragazzo era uno dei pochi che riusciva facilmente a far riemergere la
parte peggiore di me.
Mi
osservò divertito, squadrandomi da capo a piedi,
soffermandosi poi
sul petto.
«Mi
fai uno squillo quando hai finito la radiografia?» lo
incenerii con
lo sguardo, incrociando le braccia al petto.
«Non
è di certo colpa mia se vesti attillato» scese con
gli occhi,
cercando di migliorare la visuale del mio sedere.
«Cos'è?
Fai l'ironia?» risposi piccata «vesto
così perchè sto comoda, non
come le tue amate sgualdrinelle che vogliono solo farsi
"notare"»
Un
sorriso malizioso si allargò sul suo viso, mentre due
adorabili
fossette comparivano ai lati della bocca.
«Gelosa?»
Quella
piccola parolina di sei lettere, fece crollare tutto l'autocontrollo
che mi impediva dal tirare un pugno al moretto e sbattergli la porta
in faccia.
«Gelosa?
Io? Di te?» non mi trattenni dal ridere, scuotendo la testa;
in quel
momento mi fregava poco o niente di quello che potessero provocare le
mie parole «Io non sono e mai sarò gelosa di uno
come te. Mai.»
evidenziai l'ultima parola con un gesto delle dita, spintonandolo poi
fuori dalla camera e sbattendogli la porta in faccia.
Gli
era andata meglio del previsto almeno... mi ero risparmiata il pugno,
e non era cosa da poco.
«Spencer!»
la sua voce tuonò furiosa.
Il
moretto non è abituato ad esser trattato così,
ridacchiai tra
me e me, mordicchiandomi il labbro inferiore.
Lui
poteva essere stronzo, ma io ero la personificazione della
stronzaggine, poco ma sicuro.
Presi
le chiavi di casa e della mia camera, buttandole nello zainetto.
Il
tempo non era dei migliori, vero, ma non avevo voglia di vedere
nè
sentire nessuno.
Indossai
velocemente una felpa pesante, aprendo la finestra e lasciando che il
vento e le goccioline d'acqua mi sferzassero il viso.
Presi
una grande boccata d'aria, mettendo il mio amato zainetto sulle
spalle e lanciandomi dalla finestra ed aggrappandomi al ramo di un
albero vicino.
Pochi
altri salti e finalmente arrivai coi piedi a terra, mentre sollevavo
lo sguardo verso la finestra.
«Spencer
fermati!» notai Logan sbraitarmi contro per farmi tornare
indietro,
ma non lo ascoltai.
Cominciai
a correre, senza una meta precisa, col solo scopo di allontanarmi da
quella casa.
Dopo
una buona mezz'ora mi intrufolai in un bar appartato, fradicia fino
al midollo e coi capelli intrisi di pioggia.
Sospirai,
sentendo un brivido scorrermi lungo la schiena, mentre mi affrettavo
a prender posto ad un tavolo più appartato.
«Cosa
posso portarti?» una giovane cameriera dagli occhi azzurri e
dalle
lunghe trecce blu scuro, sicuramente tinti, attirò la mia
attenzione.
«Una
cioccolata calda, grazie» le sorrisi, sfregandomi le mani.
Scribacchiò
qualcosa sul suo blocco, sorridendomi a sua volta «Colta alla
sprovvista?»
Ridacchiai,
scuotendo la testa «In questo periodo nessuno si aspetterebbe
un'acquazzone del genere» confermai, cercando di frizionare i
capelli con le mani.
«Ti
porto un asciugamano?» chiese gentilmente, ed io annuii in
risposta.
Dieci
minuti dopo avevo una calda e fumante cioccolata calda sotto il naso,
ed un'asciugamano sulla testa.
Sospirai,
cominciando a bere lentamente la mia bevanda, osservando le
goccioline infrangersi contro il vetro.
Stranamente,
mi ritrovai a riflettere sugli strani comportamenti di James e Logan,
senza contare che addirittura Carlos non sembrava in se.
Come
si dice sempre, parli del diavolo e spuntano le corna.
In
quel preciso momento, entrò un ragazzo nel locale, fradicio
quanto
me, e notando la somiglianza con ìl latino, sistemai in
testa
l'asciugamano, cercando di coprirmi il volto.
Sorrisi
appena, notando che si era seduto ad un tavolo parecchio lontano dal
mio, così potevo stare più tranquilla.
Cercò
di passarsi le mani lungo le braccia, come per riscaldarsi.
Una
strana sensazione mi pervase, facendomi scuotere la testa; in fondo,
io volevo stare lontana da lui, perchè dovrebbe passarmi per
la
testa l'idea di avvicinarmi?!
Fatto
sta, che mi alzai, avvicinandomi a lui con l'asciugamano tra i
capelli, la tazza calda fra le mani e lo zainetto in spalla.
Io
darmi ai sentimentalismi? Direi che semplicemente non mi pareva
giusto nei suoi confronti, ma nemmeno io sapevo bene perchè.
Forse
perchè era il mio migliore amico...
«Siamo
nella stessa situazione» ridacchiai, storcendo il naso nel
vedere
che aveva una semplice maglietta a maniche corte ed un pantalone che
arrivava al ginocchio.
Sollevò
il viso infreddolito, guardandomi e cercando di accennare un sorriso,
ma sembrava aver i muscoli congelati.
«Ehy
Penny» un lieve sussurro, poco prima di starnutire.
Scossi
la testa, mettendogli l'asciugamano in testa ed intimandolo ad
asciugarsi.
Si
sfregò energicamente i capelli, cercando di asciugarli il
più
possibile; sospirò, scostandosela dal volto e lasciandosela
in
testa, come avevo fatto io poco prima.
«Ti
sembra il caso di uscire con questo tempo?» mi
guardò con
un'espressione imbronciata, arricciando il naso.
«A
quanto posso vedere, nemmeno tu sei a casa» ridacchiai,
allungandomi
per tirargli un lieve pugnetto.
«Ti
siedi o aspetti l'invito?» cercò di stuzzicarmi,
facendomi scappare
una risatina divertita.
«Mi
siedo, tranquillo» scossi la testa, sedendomi sul divanetto
accanto
a lui, e porgendogli la tazza di cioccolata calda ancora fumante.
«Cioccolata?»
chiese, squadrandomi attentamente.
«Ovviamente!
Su, bevi, sei parecchio più infreddolito di me»
sorrisi dolcemente,
continuando a tenere la tazza vicino al suo viso.
«Beh,
visto che insisti tanto, accetto» ridacchiò,
prendendo la tazza e
scoccandomi un bacio sulla guancia.
Passammo
molto tempo a chiacchierare del più e del meno, senza far
mancare
battute squallide e divertenti.
«Spencer,
dobbiamo parlare» ad un tratto si fece serio, puntando i suoi
profondi occhi scuri nei miei, che apparivano stranamente
più chiari
del solito.
Non
riuscii a fare a meno di deglutire; avevo sempre pensato che nelle
parole "Dobbiamo Parlare" ci fosse qualcosa di oscuro e
maligno e spesso, quella supposizione, si era rivelata esatta.
«Dimmi
tutto» affermai cercando di mantenere la calma e non farmi
sopraffare dall'agitazione.
«Riguarda
noi due, Logan e James» continuò, senza staccare
gli occhi dai
miei.
Annuii
come a dargli consenso per continuare il discorso che aveva ed allo
stesso tempo non aveva cominciato.
«Penso
tu abbia notato strani comportamenti in tutti e tre» sembrava
più
un'affermazione che una domanda «Il punto è che
c'è di mezzo una
scommessa» si scostò appena da me, come per paura
che potessi
saltargli addosso e sbranarlo, manco fossi una tigre del Bengala.
«Uhm...
che scommessa?» chiesi titubanta, voltandomi per osservarlo
meglio.
«Logan
e James hanno fatto una scommessa su chi dei due ti avrebbe
conquistata per primo ed il perdente avrebbe dovuto lavare tutti i
panni sporchi dell'altro, riordinargli la camera e preparare i pasti
per un mese.» si morse il labbro inferiore, osservandomi come
un
bambino che aveva appena confessato di aver combinato un qualche
guaio.
Non
mi trattenni dal ridere, scuotendo violentemente la testa e cercando
di tenere gli occhi aperti per guardarlo.
«Non
sei arrabbiata?» chiese, osservandomi circospetto.
«Oh,
si. Sono arrabbiata, ma non con te» ridacchiai, pizzicandogli
la
guancia «Anzi, ti ringrazio per avermi parlato di questa
scommessa»
lo guardai riconoscente, continuando a sorridere.
«Davvero?»
prima di riaccostarsi a me si accertò della cosa, per poi
mettermi
un braccio sulle spalle e scompigliarmi i capelli «Questo ed
altro
per te, piccoletta»
«Però,
devi aiutarmi» gli dissi, cercando di ritornare seria.
«A
fare?» mi osservò curioso, sollevando un angolo
della bocca.
«Voglio
vendetta» sussurrai, mentre un sorriso sadico si faceva largo
sulle
labbra di entrambi.
Se
ci chiamavano gnomi malefici, c'era un motivo, oltre ad essere bassi.
Parlammo
per un tempo indeterminato, prima di uscire dal locale, rimanendo
sotto il portico all'esterno.
«Ora
come faccio...» aveva sussurrato fra se e se Carlos.
Ci
pensai qualche minuto, mentre un lampo di genio mi folgorò
quando il
mio sguardo si posò sul negozio di abbigliamento di fronte
al bar.
«Possiamo
comprare qualcosa li» diedi voce ai miei pensieri, osservando
il
moretto.
«Ma
ci bagneremo di nuovo» brontolò, guardandomi
imbronciato.
Scossi
la testa, facendogli reggere il mio zaino, mentre sfilavo la felpa,
restando con un semplice top da corsa.
Arrossì
appena, voltando subito lo sguardo e facendomi ridere.
Corremmo
velocemente, io con lo zaino sulla testa e lui con la mia felpa.
Entammo
nel negozio ridendo come due bambini al Lunapark, mentre in commesso
alla cassa ci guardava sconcertato.
«Io
prendo una felpa, che sto morendo di freddo»
ridacchiò, dirigendosi
verso il settore maschile.
Lo
seguii a ruota, passando lo sguardo sui vari indumenti.
Si
accorse solo dopo qualche minuto della mia presenza «Ma non
vai nel
settore delle ragazze?» mi osservò confuso,
passando lo sguardo sul
mio corpo.
«Secondo
te come mai le mie felpe sono così larghe?» chiesi
ridacchiando ed
allungandomi verso una felpa nera con la scritta "Shut up Bitch,
I'm a Fabulous Unicorn".
Sorrisi,
cercandone una misura non troppo grande nè troppo piccola.
«Ma
quindi» non gli lasciai continuare la frase, interrompendo il
suo
pensiero sul nascere.
«No,
solo alcune felpe prendo dal settore maschile, altre ed il resto dei
vestiti al femminile.» chiarii, cercando di provare la felpa,
che
però ero riuscita non so come ad arrotolare su se stessa nel
tentativo di metterla.
Mi
aiutò Carlos, ridendo divertito e facendomi imbronciare come
una
bambina stizzita.
«Prendo
questa» affermai, cominciando a dirigermi alla cassa per
pagare
l'acquisto ed "usarlo".
Fatto
lo scontrino, staccai il cartellino prezzo/marca, indossando la mia
nuova felpa ed abbandonandomi al suo confortevole calore.
Misi
la felpa bagnata in una busta, cercando di infilarla nello zainetto;
prima o poi l'avrei rotto, tanto dalle cose che ci mettevo dentro.
Notai
degli ombrelli, vicino alla cassa, decidendo di prenderne uno grande
da usare, visto che il cielo non accennava a placarsi.
Mentre
effettuavo il pagamento, intravidi il mio amico venire verso la
cassa, con due felpe tra le mani, una nera ed una rossa.
«Ho
preso anche un ombrello» pigolai allegramente, contenta del
non
dovermi inzuppare nuovamente, anche se non mi dispiaceva l'idea di
correre sotto la pioggia.
Ma
allo stesso tempo, avrei voluto evitare una broncopolmonite
fulminante.
«Ottimo»
sorrise allegro a sua volta, passando gli abiti al cassiere, che
cominciò a calcolare il prezzo.
«Non
prendi un paio di pantaloni?» chiesi, squadrandolo
attentamente «Mi
sa che ti conviene»
Lo
vidi pensarci su ed annuire, scattando nuovamente tra i vestiti.
Sorrisi,
scuotendo la testa e passando la carta di credito al cassiere,
dicendo di effettuare il pagamento con quella.
Ridacchiò
appena, sorridendomi e cominciando a digitare alcune cose.
Pochi
istanti dopo, Carlos aveva aggiunto alle felpe un pantalone sportivo
nero, frugando nelle tasche del proprio alla ricerca di qualcosa.
Il
ragazzo dietro al bancone digitò altre cifre, comunicando il
prezzo
e passandomi la macchinetta per inserire il mio codice Pin.
Notai
il moretto stralutano, mentre balbettava frasi sconnesse prima di
riprendersi.
«Ma
che stai facendo?!» mi parve di riconoscere la nota nervosa
che
spesso caratterizzava la voce di mio fratello.
«Ma
nulla» sorrisi angelica, riprendendo la carta e passando al
ragazzo
sia il pantalone che la felpa nera «Fila a cambiarti, che si
torna a
casa»
Brontolò
qualcosa prima di sparire, mentre mi affrettavo a rinchiudere anche
la felpa rossa nel mio zainetto.
Per
mia fortuna non avevo portato le bombolette, altrimenti sarebbe stato
molto complicato.
Ritornò
poco dopo, afferrandomi per un braccio, recuperando l'ombrello che
avevo comprato e cominciando a trascinarmi.
«Ma
si può sapere che combini?» chiese, squadrandomi
attentamente,
incrociando le braccia al petto, una volta fuori dal negozio.
«Semplicemente
ho pagato il conto. Consideralo un regalo» lo guardai con una
facciotta da cucciolo ferito, a cui nessuno era mai riuscito a
resistere «Non vorrai mica rifiutare e ferire i miei
sentimenti?»
Lo
vidi addolcirsi appena, scuotendo la testa ed attirandomi a lui in un
caldo abbraccio «Ma la prossima volta pago io»
Ogni
volta che facevamo qualcosa insieme, pretendeva di pagare lui, ma di
certo non ero intenzionata a fare da mantenuta.
Ridacchiai,
aprendo l'ombrello ed invitandolo a seguirmi sotto di esso.
Percorremmo
la strada per tornare a casa appiccicati sotto quell'ombrello,
chiacchierando animatamente e perfezionando i dettagli sul piano di
vendetta che avevamo organizzato.
Si
prospettava una serata piuttosto movimentata.
«Ma
chi ha messo in mezzo questa scommessa?» mi voltai,
osservando il
castano rifletterci qualche secondo.
«Se
non sbaglio James, visto che voleva confrontare i suoi metodi di
conquista con quelli di Logan, e l'altro ha accettato»
spiegò,
ridacchiando divertito «Ti prego, non dire che sono stato io
a
parlartene o mi spellano»
«Non
permetterò che ti facciano una cosa del genere»
ridacchiai a mia
volta, mentre la nostra casa faceva la sua comparsa nella nostra
visuale, avvolta da un velo di nebbia.
Arrivati
davanti alla porta di casa, mentre Carlos si affrettava ad aprire la
porta, io chiudevo l'ombrello, per poi abbandonarlo nel portaombrelli
all'ingresso.
«Spencer!»
una voce sgraziata mi arrivò alle orecchie come il brontolio
dello
stomaco di un elefante, facendomi sbuffare.
«Che
diamine vuoi?» sbottai, stringendomi nella felpa, senza
degnarlo di
uno sguardo.
«Ma
si può sapere che ti prende?» sembrava parecchio
arrabbiato, e non
riuscii a fare a meno di sorridere, voltandomi verso di lui.
«Non
sei abituato ad essere preso a porte in faccia?» gli chiesi,
dando
alla mia voce un tono da bambina tenera ed innocente.
«Non
è questo» assottigliò gli occhi neri,
senza staccarli dai miei.
«Mi
dispiace per te, ma la cosa non mi interessa» gli dissi
sorridendo,
voltandomi verso il ragazzo che mi aveva tenuto compagnia sotto la
pioggia «Cioccolata calda o latte?»
«Cioccolata
calda!» urlò, per poi correre in cucina.
«No
Carlos! Non ci provare!» urlai a mia volta, raggiungerlo e
saltargli
addosso «Non avvicinarti ai fornelli!»
«Ma
solo questa volta» mi fece scendere, guardandomi con un
facciotto da
cucciolo a cui non sarei mai riuscita a resistere.
Sbuffai,
scuotendo la testa «Va bene Los» ridacchiai,
scompigliandogli i
capelli e sedendomi sul tavolo della cucina, osservandolo all'opera.
«Noi
non abbiamo ancora finito di parlare» disse Logan, entrando
in
stanza e posizionandosi di fronte a me.
«Vogliamo
parlare davvero di cose parecchio interessanti che scopro grazie ad
"anche i muri hanno le orecchie?"» chiesi, inarcando un
sopracciglio ed osservandolo divertita.
Sbiancò
appena, senza distogliere lo sguardo; chissà come sarebbe
andata a
finire.
☸☬Angolo
Oscuro☬☸
Salve
a tutti!! Qui Demon!
Sono
in ritardo, lo so D:
ma
ho avuto già dall'inizio molti impegni, senza poi contare i
compiti
a scuola
In
ogni caso ecco il capitolo sei*^*
Una
breve descrizione per chiarire alcune cose su Spencer e sul
"mondo
esterno" diciamo.
Che
ne dite?
Detto
questo non vi trattengo oltre e chiudo!
Alla
prossima *^*
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