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di J22
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Road to... ***
Capitolo 2: *** Le stelle son desideri... di felicità ***
Capitolo 3: *** Un bacio ancora ***
Capitolo 4: *** Em's POV ***
Capitolo 5: *** Welcome. Willkommen. Bienvenidos. ***
Capitolo 6: *** A volte ritornano ***
Capitolo 7: *** This is me ***
Capitolo 8: *** The Jenna thing ***
Capitolo 9: *** Cocco o fragola? ***
Capitolo 10: *** Le verità di Kahn ***



Capitolo 1
*** Road to... ***


Spencer non aveva mai dato alcun problema ai suoi genitori. Era sempre stata la classica ragazza dalla vita prestabilita. Da padre e madre avvocati di spicco non poteva che nascere, guarda un po’, un altro avvocato. E poco importava se già sua sorella maggiore, Melissa, avesse intrapreso la stessa strada.
A Spencer nella sua vita erano chieste soltanto due cose: studiare ed eccellere. O meglio, studiare per eccellere. A dir la verità poi, sin dall’infanzia lei non si era limitata solo allo studio. Nel manuale del figlio ideale era previsto anche lo sport, di importanza quasi pari. E Spencer, infatti, era il capitano della squadra di lacrosse della Rosewood High School, ma non disdegnava anche altri sport come tennis, golf, equitazione, arco, scherma. Entrando nella sua stanza la vista era subito invasa dalla miriade di attestati, trofei e medaglie. Ce n’era per tutti i gusti. Subito dopo, lo sguardo si spostava sulla libreria. Occupava un’intera parete, roba da far impallidire la Biblioteca di Alessandria. Gialli, biografie, storici, romanzi, classici e chi più ne ha più ne metta. Un pozzo di cultura quella ragazza, -E ce n’è tanti altri in soffitta!- amava ripetere con orgoglio alle amiche.
Già, le amiche. Spencer non si era mai posta il problema, ma in fondo di amiche ne aveva ben poche. Non era sua abitudine vedersi con qualcuno per un caffè, invitare a casa sua per un film o un pigiama party. L’unico momento in cui poteva dire di aver ospitato qualcuno, o essere stata ospitata da qualcuno, era quando aiutava nello studio alcune sue compagne di classe. Lei era infatti la “tutor” più ambita, e lo faceva non tanto per filantropia, quanto per dimostrare una volta di più quanto eccellesse.
Tra le ragazze che più spesso aveva frequentato in queste occasioni ce n’erano tre in particolare: Aria Montgomery, Hanna Marin e soprattutto Alison DiLaurentis. Alison era la Queen Bee, la si amava o la si odiava. Si era con o contro di lei, non c’erano altre alternative. Ma non per Spencer. La odiava, ma a che pro mettersi contro? Le interessava solo proseguire al meglio la carriera scolastica, avere la possibilità di dedicarsi esclusivamente a studio e sport, perché la UPenn era lì all’orizzonte e non avrebbe ammesso alcuna distrazione, alcun passo falso. Allora cos’era meglio di un tacito compromesso? E tutto ciò stava bene anche ad Alison, ovviamente in cambio di lezioni private estese anche alle amiche Hanna ed Aria.
Insomma, la vita della giovane Hastings procedeva spedita verso il successo.
 
-Sono a casa!- annunciò Spencer dopo aver lasciato la bici nel vialetto ed essere entrata di corsa in casa. La pioggia non l’aveva risparmiata e, bagnata fradicia, dopo un’intensa giornata trascorsa tra lezioni, test e fatiche da rappresentante scolastica, ora non desiderava altro che immergersi nelle calde e soffici bolle della vasca a idromassaggio. -Mamma ho trovato questa busta della US Airlines. Avranno sbagliato destinatario?-
-Aprila e lo scoprirai- rispose Veronica Hastings sorseggiando la sua tazza di tè caldo.
Spencer voltò la busta e lesse il suo nome e il suo indirizzo. No, non avevano sbagliato, quella busta era proprio per lei! Ma non ricordava di aver mai prenotato un volo. Diede un’occhiata rapida a sua madre, che non ricambiò, per poi affrettarsi ad aprirla.
Due biglietti, uno andata e l’altro ritorno. Prima classe.
Date, 07/20-08/21.
Tratta, New York-Roma, Roma-New York.
-Ma… ma sono per me?-
-Sei tu o no Spencer Hastings?-
-Sì… ma perché…?-
-…io e tuo padre abbiamo apprezzato il tuo impegno in quest’anno scolastico, che stai concludendo con il massimo dei voti, e abbiamo ritenuto giusto premiarti con un viaggio. E dove se non Roma, la patria del Diritto?-
-Ma tranquilla, non ci andrai da sola. C’è un’associazione organizzatrice, ci saranno ragazzi da tutti gli Stati Uniti…vedrai, ci sarà tanto da vedere e da imparare!- la interruppe Peter Hastings, improvvisamente materializzatosi in sala da pranzo.
Spencer non credeva ai propri occhi e alle proprie orecchie. Un viaggio in Europa, in Italia in particolare, era nel suo elenco di cose da fare prima di morire. E Roma poi, bè Roma rappresentava il top. -Oh io davvero non so… non so che dire, non so come ringraziarvi! Vi voglio bene, davvero!- urlò correndo a stringere in un forte abbraccio i suoi genitori che si guardavano soddisfatti, mentre una lacrima le rigava il viso.
 
Un mese era trascorso in men che non si dica, tra burocrazia, shopping e impegni organizzativi vari, Spen si trovava già nel Mercedes di suo padre, colmo di bagagli e diretto verso l’aeroporto JFK di New York.
-Guarda Spencer, il gruppo è quello lì con la bandierina. Con il pass ti riconosceranno.-
-Mi raccomando signorina, ricordati il perché del viaggio-
-Certo papà-
Salutò tutti, anche Melissa, che le mostrò un insolito affetto e la riempì di raccomandazioni. Afferrò i trolley, uno per mano e si diresse verso il suo gruppo, dove fu calorosamente accolta dal capogruppo.
-Spencer Hastings?-
-Sì!-
-Va bene, ci siamo tutti. Possiamo andare. Ragazzi, seguitemi!-
Il gruppo non era molto nutrito, una ventina di ragazzi al massimo. Il suo posto in aereo era vicino al finestrino, ideale per far sì che lei per tutto il viaggio non rivolgesse la parola a nessuno, occupando il tempo tra la lettura, l’osservazione delle nuvole e i suoi sogni, che poi spesso si sovrapponevano alle altre due.
 
Più di dieci ore dopo, l’aereo atterrava a Fiumicino. Spencer era nel pieno del sonno, e aveva già perso l’occasione di ammirare una panoramica di Roma dall’alto. Ma fortunatamente il rombo fu tanto forte da svegliarla.
Scesa dall’aereo, con la sua comitiva attese il check-out e recuperò le sue valigie.
-Seguitemi, andiamo al pullmino!- urlò la guida con in mano un’anonima bandierina a stelle e strisce.
Spencer non sentì nulla di tutto questo, ed in un attimo si ritrovò sola. Il suo gruppo non era più nei dintorni.
“No no no! Maledetta me con la testa tra le nuvole! Saranno quelli lì con la bandierina. Ma che geni, decine di gruppi con la stessa bandiera! Un po’ di fantasia no eh?! Vediamo, provo ad andare di qui…”
-Ei, sei tu Spencer Hastings?- si sentì bussare da dietro.
-Sì…-
-Fa’ vedere il pass… uhm, sì. E anche la foto… sì, sei tu.-
-…già…-
-Eravamo già sul pullman e si sono accorti che mancavi, così mi hanno chiesto di venirti a recuperare.-
-Sei tra gli organizzatori?-
-No, ma sono del gruppo. Diciamo che ho un ottimo senso dell’orientamento.-
-Giuro, in genere anch’io, ma stavolta…-
-Non preoccuparti! Ora andiamo, prima che partano senza di noi!
-Subito ma… tu sei?-
-Hai ragione, che maleducata! Emily… Emily Fields.-

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Capitolo 2
*** Le stelle son desideri... di felicità ***


-Ragazze, eccovi finalmente! Spencer, ci hai fatti preoccupare.-
-Mi scusi signor Brown, non so cosa mi sia preso. Mi dispiace di avervi fatto perdere tempo.-
-Non fa nulla, l’importante è che ora ci siamo tutti. Allora prendete posto, possiamo partire!-
Spencer ed Emily si sedettero nelle ultime file, l’una di fianco all’altra. Em, in cui si mescolavano tratti latinoamericani e asiatici, era persa con lo sguardo sulle strade di Roma attraverso il finestrino, e Spencer mai si sarebbe sognata di distrarla se non per necessità. Una necessità che in quel momento sentiva, seppur senza alcun valido motivo.
-Allora anche tu qui per “apprendere il Diritto Romano”?- banale… ma in quel momento non le veniva altro pretesto.
-Ehm… in realtà no. Tu?-
-Già…- rispose sospirando -i miei sono entrambi avvocati, e io dovrei intraprendere la stessa strada. E quindi hanno ritenuto opportuno regalarmi una “vacanza” qui per un mese…-
-Haha mi dispiace… per me è davvero una vacanza! Mio padre lavora nell’esercito… per questo conoscevo già l’aeroporto, ci sono stata per raggiungerlo quando era di base giù in Sicilia.-
-Wow! Ed è ancora in Italia?-
-No, ora è in Texas, dove ho vissuto praticamente tutta la vita. Ma da settembre io e mia madre ci trasferiremo a Rosewood e…-
-Rosewood?? In Pennsylvania?!-
-Sì, è stata trasferita al dipartimento di polizia di lì. Perché, la conosci? Saresti la prima a dirmelo!-
-La conosco?! Ci vivo!-
-Non ci credo…-
-Giuro!-
-Ma è fantastico! Non sai quanto mi consola conoscere già qualcuno. Frequenterò la Rosewood High School…-
-Anch’io, e credo che condivideremo molti corsi!-
 
Giunte all’ostello studentesco, le ragazze condivisero la stessa stanza. Le giornate erano organizzate in modo che una metà fosse destinata a lezioni e attività di gruppo, mentre nell’altra parte di giornata, generalmente quella pomeridiana, i ragazzi erano liberi di svolgere qualunque attività essi volessero.
Spencer ed Emily trascorrevano ore intere insieme, continuando a conoscersi sempre meglio. Spen era affascinata da quella ragazza dalla pelle ambrata, i capelli lunghi e scuri, il fisico tonico, il look semplice e la mente aperta, libera.
Ammirava soprattutto questo della sua nuova amica: la spensieratezza. Sebbene fosse evidente la sua devozione per la famiglia, sembrava non avvertire nessuna pressione. Evidentemente, i suoi genitori non avevano ritenuto di dover decidere il futuro della loro figlia. Le avevano lasciato la piena libertà di esprimersi, di inseguire le sue ambizioni, i suoi sogni, di scegliere della propria vita, e questo poi era evidente nel suo modo di affrontarla, la vita. Emily era una ragazza semplice, allegra, gentile. Più che le boutique di via Condotti, aveva preferito gelaterie, pizzerie, rosticcerie e negozi pop. Spencer era abituata a Burberry, Vuitton, Prada, ristoranti stellati e costose gioiellerie, ma quest’alternativa sembrava proprio non dispiacerle.
 
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-Spencer! Spencer… svegliati!- sussurrò Emily strattonando l’amica. Era notte fonda.
-mmmmmh… mamma altri 5 minuti…- farfugliò la ragazza voltandosi di spalle e coprendosi la testa con il lenzuolo.
-Spencer! Dai… sono Emily! Svegliati!-
-Un momento… solo un altro giro sull’unicorno…-
Emily sbuffò e strappò via la coperta con un movimento brusco dal corpo di Spencer.
-Ehi, ma che ti prende?!- riprese quest’ultima dopo essersi svegliata di soprassalto.
-Alzati, devo mostrarti una cosa…-
-Che?! Ma sai che ore sono?-
-Certo, ed è proprio per questo che ti sto chiedendo di seguirmi!-
-Che vuoi fare?-
-Usciamo.-
-Non si può ora!-
-Abbassa la voce. Prendi, ti serviranno solo le ciabatte.- disse Emily con un fil di voce, porgendo le pantofole all’amica. Questa la guardò un attimo interdetta, poi si alzò e decise finalmente di seguirla.
Em si mosse verso la porta della stanza e l’aprì lentamente guardandosi intorno. Il corridoio era buio.
-Stammi dietro.- disse a Spence, prendendole una mano e tenendo con l’altra il suo iPhone, l’unica fonte di luce. Le due percorsero rapidamente il corridoio fino a giungere a una scala. Salite due rampe si trovarono di fronte ad una porta metallica. -Siamo arrivate, dobbiamo solo oltrepassare questa porta. Il problema è che non so come aprirla.-
Spencer la guardò storto, incuriosita -Hai una forcina?-
-Sì, ma ora non serve che ti sistemi i capelli!-
-Dammi qua. Fammi luce e fidati di me.-
La mora smanettò con la serratura per qualche secondo. Sentito un leggero scatto si allontanò, e fu in quel momento che la porta si aprì. -Sim sala bim!- esclamò soddisfatta.
-Un avvocato che scassina porte, eh?- rise Emily.
-Mio padre nascondeva i suoi libri migliori nel suo studio, ma era sempre chiuso a chiave. E io ero curiosa!-
-Va bene… adesso vieni con me.- disse la latina, riprendendole la mano.
Lo scenario era semplicemente la terrazzina della residenza. Emily andò dietro la cabina della cisterna, raccolse una busta e ne prese due asciugamani, che stese per bene sul pavimento. La vista era su Roma, le sue chiese, palazzi, monumenti .
-Em, è bellissimo qui.- disse Spencer affacciata alla ringhiera che dava sul panorama della Città Eterna.
-Già, Roma è bellissima… ma in realtà stanotte non è lei che guarderemo. Vieni qui  e stenditi accanto a me.-
La mora obbedì, lasciandosi guidare ancora dall’amica. -Sai che giorno è oggi?- chiese questa.
-10 agosto?-
-La notte delle stelle…-
-Bè, in effetti in questo periodo la Terra attraversa lo sciame delle Perseidi e…-
-Sì Spencer ma non è questo il punto!- la interruppe bruscamente Emily -… è la notte di San Lorenzo. Si dice che quando vedi una stella cadere devi esprimere un desiderio, ma non rivelarlo a nessuno, altrimenti non si avvererà.-
-Wow… non basterebbero tutte le stelle del cielo per esaudire i miei desideri-
-Puoi provarci!- esclamò Emily con un sorriso incoraggiante, poggiando la testa sull’asciugamano e cominciando ad osservare il cielo. Lo stesso fece Spencer.
Entrambe videro molte stelle cadere in quella notte.
Lo spettacolo mozzafiato le aveva addormentate sognanti, senza accorgersi delle mani intrecciate l’una nell’altra ormai da ore.
Quando Emily riaprì gli occhi notò che non erano più il buio e l’argento della luna ad avvolgerle, ma ormai il rosa e il celeste pallido dell’alba. Ma qualcos’altro avvolgeva delicatamente il ventre della latina: il braccio bianco e sinuoso di Spencer, la cui guancia era delicatamente poggiata sulla sua spalla.
-Spencer è tardissimo, dobbiamo andare…- bisbigliò la ragazza a malincuore, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-No… ancora?-
-Sì, è l’alba. Se non torniamo ora ci beccheranno in corridoio.-
-Ma uffi!-
Raccolti gli asciugamani, le due rientrarono nella residenza e sgattaiolarono nella loro camera. Spencer entrò subito in bagno e vi uscì dopo una rapida doccia.
-Comunque è stato uno spettacolo bellissimo. Grazie.- disse strofinandosi i capelli bagnati ad Emily, che era stesa sul suo letto.
-Figurati! Che desideri hai espresso?- le chiese sorridendo maliziosamente.
-Ehi, io voglio che si avverino!- esclamò la mora lanciandole un cuscino.
La battaglia terminò solo quando suonarono le sveglie. Era l’inizio di un’altra bellissima giornata. 

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Capitolo 3
*** Un bacio ancora ***


-Aò, guarda ‘n po’ ste pischelle! Ma che se stanno a dì?-
-‘A Francè, quelle stanno a parlà inglese!-
-Ah sì? E mo’ guarda qua sto American boy…-
Spencer ed Emily erano a Trastevere. Quella sera erano uscite con la comitiva, ma si erano allontanate un attimo per comprare una bottiglietta di acqua fresca. Qui erano state notate da Francesco e Lorenzo, due ragazzi romani.
-Le signorine prendono da bere?- chiese il primo avvicinandosi spavaldamente alle due, che erano al bancone del bar.
Entrambe si voltarono stupite, ma fu Spencer a rispondere per prima, facendo intendere di non aver capito, dato che il ragazzo aveva parlato italiano.
-Oh, già… allora dicevo… ehm… iu gherls…- il volto abbronzato di Francesco si stava velocemente colorando di un rosso che ben esaltava il verde dei suoi occhi e il castano chiaro dei capelli.
A tirarlo fuori dall’imbarazzo fu proprio Lorenzo, che aveva ascoltato la scenetta a distanza ed era ora sopraggiunto provvidenzialmente alle spalle dell’amico, in suo soccorso.
-Ragazze, vi chiedeva se aveste già preso da bere- ripeté in inglese, sfoggiando il suo bellissimo sorriso -Ah, comunque io sono Lorenzo e lui…-
-…Francesco!-
Spencer ed Emily si scambiarono dei sorrisi complici, e la mora era lì per rispondere quando fu proprio la latina ad anticiparla -No grazie, già fatto. Comunque io sono Emily, e lei Spencer.-
L’attimo di silenzio successivo fu dovuto allo stupore, suscitato anche in Spencer, per l’italiano sfoggiato dalla ragazza.
-Ah va bene. Allora non potete dire no ad una passeggiata sul Tevere- propose Francesco.
-Ok!- rispose stavolta Spencer, al quale subito si affiancò Lorenzo, il classico ragazzo italiano dai capelli e gli occhi scuri, con una corta barbetta alla moda che gli conferiva un fascino da gladiatore.
Il Tevere, su cui si riflettevano le luci di Roma, era bellissimo e ideale per quella serata che stava facendo scoprire alle due americane un altro tratto dell’Italia, il fascino del latin lover mediterraneo. Che, a dir la verità, sembrava aver colpito esclusivamente Spencer. La ragazza infatti trascorse tutto il tempo mano nella mano con Lorenzo, a discutere del più e del meno, ovviamente in inglese, alternando slinguazzate a destra e a manca. Quando poi erano ormai stesi sul prato, sotto un cielo che aveva acconsentito a fare da perfetta cornice, dopo vari scambi di tenerezze approvò la proposta del ragazzo di allontanarsi dagli amici e consumare il suo sogno di una notte di mezz’estate romana.
Ed Emily, invece? Bè lei no. Aveva sì passato buona parte della serata a chiacchierare con Francesco, in italiano. E si era anche divertita molto. Lui era un ragazzo simpatico, solare, divertente e molto gentile. Avevano parlato delle loro vite, dei loro sogni, viaggi, sport. Ma quando anche loro si erano ritrovati sotto le stelle, non ci fu verso. Emily si limitò a concedere solo baci stampo e qualche coccola, tra l’altro anche molto fredda e distaccata. E nonostante si stesse divertendo, in realtà era ancora lì solo per assecondare e accontentare Spencer, ma sarebbe tornata ben volentieri in residenza al più presto.
-E’ tardi, ora sarebbe meglio se tornassimo.- disse finalmente Spencer.
-Vi accompagniamo in residenza allora…- propose Francesco.
-…NO!- lo interruppe Emily -Dovremmo raggiungere le nostre compagne-
-Ok ok. Se volete vi accompagniamo da loro.-
-D’accordo- sorrise Spencer, ricevendo un’occhiata storta dall’amica.
-Allora, domani ce ribecchiamo?- chiese Lorenzo cingendo la vita di Spencer in un romantico abbraccio, quando furono ormai giunti nei pressi della comitiva.
-Domani partiamo…- rispose malinconicamente Spencer.
-Uff… è stato un onore conoscerla, signorina. Ci sentiremo ancora, non è vero?-
-Certo… un bacio ancora!-gli rispose la ragazza, afferrando il colletto della camicia del ragazzo e tirandolo a sé per poi abbandonarsi ad un ultimo lungo bacio.
-Allora buon viaggio!- augurò Francesco.
-Già, grazie…- fece Emily, accennando un sorriso palesemente finto.
 
-Ok, ora mi dici che ti è preso!- esclamò Spencer appena rientrate, sbattendo la porta della stanza.
-Di che parli?-
-Lo sai benissimo… Francesco!-
-E allora?- rispose l’altra lanciandosi su letto.
-Allora?! Emily, sei stata insofferente tutta la serata, assente…-
-Dovevo imitarti, Spence?-
-No! Insomma, non dico questo, ma…-
-…ma che t’importa?!-
-Emily questa era l’ultima serata, dovevamo divertirci! Dovevi godertela, e invece…-
-Godermela? Tu davvero mi stai dicendo di godermela? E magari vuoi anche insegnarmi come si fa?- fece la latina, rimettendosi in piedi con un’espressione tra il sorriso sarcastico e lo sguardo furioso -Spencer… io non so se tu sappia cosa voglia dire, ma io ho una  mia vita, una vita sociale a casa… questa era una vacanza, non l’occasione di compiere assurdità a caso per fingere che la tua vita non sia un vero schifo!- Esclamò con tono di voce crescente. Spencer continuava a fissarla negli occhi, incredula per ciò che le aveva appena sentito dire. Ma gli occhi cominciarono a bruciarle e gonfiarsi di lacrime, costringendola a distogliere lo sguardo e volgerlo alle valigie, che chiedevano di essere ricomposte. Tradimento. Questo avvertiva.
Quella non era la Emily che aveva conosciuto. Cosa le era preso? Perché quella sparata improvvisa e perché tanta rabbia?
Aveva davvero creduto di potersi fidare di quella ragazza, le aveva raccontato molti aspetti della sua vita, molti suoi sogni, paure e problemi. E che potesse arrivare ad utilizzare quelle sue confidenze come arma no, non l’avrebbe mai immaginato.
 
L’indomani tonarono a Fiumicino. Quella vacanza era già finita, era volata. Il viaggio sembrò troppe volte più lungo rispetto all’andata, e si cercava di ammazzare la noia con la musica, i libri, il sonno. Nessuna parola, nessuna chiacchiera con la vicina di posto. Solo un triste silenzio.
Allo scalo Spencer trovò i suoi genitori ad attenderla. Salutò velocemente gli organizzatori e le altre compagne e corse in auto, impaziente di tornare nella sua Rosewood.
Due ore dopo era in camera sua, già intenta a sistemare sulle mensole i souvenir acquistati a Roma.
Tra le mani le capitò una foto: lei ed Emily davanti al Colosseo. Due facce buffe. Un selfie che erano riuscite a stampare, con la promessa di appenderlo in camera, una volta tornate. Spencer la prese delicatamente in mano, la osservò bene. Una lacrima le percorse la guancia per poi cadere sulla foto.
Al diavolo la promessa.
Tradimento. Ancora.

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Capitolo 4
*** Em's POV ***


Nell’altro lato degli USA, Emily spendeva ormai le sue giornate a preparare scatoloni su scatoloni di roba e cianfrusaglie varie da portare con sé a Rosewood.
Lei aveva appeso la foto proprio accanto all’attestato di partecipazione alla prima gara di nuoto, quando aveva solo otto anni. A quell’attestato era sempre stato dedicato un posto d’onore isolato sulla parete, perché Emily lo considerava addirittura più importante di quello relativo alla prima vittoria, e nient’altro quindi meritava di affiancarlo. Finché, di ritorno da Roma, non aveva trovato quella foto, e lei sì che lo meritava.
In realtà non c’era stato bisogno di cercarla nelle valigie. Aveva saputo quanto fosse frequente perdere i bagagli al check-out, così non aveva voluto rischiare e l’aveva nascosta ben stesa tra le pagine del libro che aveva portato con sé per il volo.
Ora si ritrovava ad osservarla, piena di nostalgia. La staccò, la voltò.
 
“08/20
Last day of Rome,
But not of our endless friendship!
KISSES,
         Your -S”

 
Ricordava! Erano state in una copisteria dove avevano implorato una stampa immediata dalla macchina fotografica. Poi Spencer aveva chiesto e ottenuto un pennarello rosso con cui scriverle la dedica, ma quando fu il turno di Emily, le due udirono la voce di mr. Brown che richiamava tutti all’ordine e le costringeva ad affrettarsi.
-Non preoccuparti Em, stasera avrai tutto il tempo… o domani in aereo! Altrimenti che facciamo in dieci ore?!-
Nessuna delle due immaginava che sarebbe finita così.
 
Emily sentiva in cuor suo un forte senso di colpa. Era stato un colpo basso, non avrebbe dovuto e lo sapeva bene.
La situazione di Spencer era difficile, lo aveva capito. Il suo vivere in una gabbia dorata per la quale aveva dovuto vendere la vita, e non per sua scelta. L’aveva vista cambiare, risorgere almeno in quel mese a Roma in cui si era potuta comportare da ragazza comune della sua età, con i suoi sogni, fantasie e piccole “pazzie” che rendevano speciale ogni giornata. L’aveva vista prendere ogni giorno un pezzettino di coraggio in più e cominciare a raccogliere le parole da dire ai genitori, una volta tornata, per dichiarare la ferma volontà di prendere per la prima volta in mano la sua vita. E forse in quella notte assurda con Lorenzo aveva voluto provare l’ebrezza di prendere una decisione da sé. Sì, forse una decisione un po’ estrema e azzardata, ma dal grande valore simbolico, una sorta di rito di iniziazione.
E invece? Invece Emily era riuscita a spegnerla con una sola frase, e con poche parole l’aveva ributtata giù, in tutti i sensi. Per questo Em si mordeva le mani.
 
Ma poi Spencer che ne sapeva? Come aveva potuto pretendere che anche lei si lanciasse in quell’avventura senza neanche sapere tutto, senza conoscerla davvero? Cosa sapeva di ciò che aveva dovuto passare prima, durante e dopo il coming out… appunto, cosa sapeva della sua omosessualità? Nulla, e per questo non avrebbe dovuto impicciarsi negli affari suoi, pensava la latina.
Con rabbia strinse la foto e la inserì velocemente tra le pagine del suo diario personale, lanciato poi in uno scatolone.
 
-Emily tesoro, hai preso tutto?-
-Sì mamma, le mie valigie sono già in auto…-
-E le scatole dei ricordi?-
-Sto portando l’ultima giù…-
-Va bene, allora possiamo partire. Wayne, vieni a trovarci al più presto, d’accordo?-
-Farò il possibile- rispose il padre di Emily, baciando sulle labbra sua moglie. -Em, mi raccomando fa’ la brava- disse abbracciando teneramente la ragazza.
-Certo papà-
Il Suv di Pam Fields rombò e partì alla volta della Pennsylvania, sarebbe stato un viaggio lunghissimo, ma tutto andò per il meglio.
-Ecco la nostra nuova casa…- annunciò Pam.
-E’ bellissima!- rispose Emily abbracciando sua madre.
-Lo penso anch’io. Saremo felici qui, vedrai. Ora entriamo, domani arriverà il camion delle spedizioni!-
-Hai ragione, riposiamoci un po’!-
 
 
 
 
ANGOLO -J22
Ciao! :D
Allooora.. capitolo breve breve con cui si conclude la prima parte della ff.
Emily è finalmente partita per Rosewood, ma presto scoprirà che la vita in questa piccola cittadina è solo apparentemente semplice. Certo, con Spencer accanto sarebbe stato tutto più facile.
Ma non c’è da perdere le speranze! Spesso le parole non dette sono quelle più importanti…
Vedremo nei prossimi capitoli a cosa porteranno i loro inevitabili contatti ravvicinati, e soprattutto come Emily sarà accolta dalla comunità di Rosewood!
Intanto vorrei ringraziare di cuore chi recensisce, chi segue e anche semplicemente chi decide di dedicare un po’ del suo tempo leggendo questa mia prima storia: GRAZIE! ^.^ 

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Capitolo 5
*** Welcome. Willkommen. Bienvenidos. ***


Bisogna assolutamente inserire la storia in codice html, altrimenti il testo verrà fuori tutto attaccato. Per istruzioni guardate il riquadro azzurro affianco e se non sapete cos'è l'html, utilizzate la prima delle due opzioni, l'editor di EFP.-Spencer!-
-Sono su-
-Puoi scendere un minuto?-
-Arrivo!-
Spencer scese di corsa le scale ed entrò in cucina, dove trovò sua madre Veronica intenta ad infiocchettare un cesto ricco di ogni ben di Dio.
-Scusa tesoro se ti ho interrotto, ma che ne dici di prenderti una pausa e portare questo cesto ai nuovi arrivati?-
-Quali nuovi arrivati?-
-Una famiglia che si è trasferita qui a Rosewood da ieri. Non so bene chi siano, ma abitano di fronte ai Cavanaugh e hanno un figlio. Credo gli farebbe molto piacere ricevere un omaggio di benvenuto, che ne pensi?-
-Sono d’accordo!- rispose la ragazza entusiasta -Torno subito!-
Per gli Hastings era un’abitudine accogliere i nuovi arrivati in questo modo. La reputazione era un fattore troppo importante, e ogni cittadino, soprattutto i nuovi, dovevano avere un’ottima idea di quella famiglia.
 
Giunta nei pressi di casa Cavanaugh, una residenza tetra e dalle finestre sempre oscurate, si guardò intorno ed effettivamente quasi di fronte notò una villa che era stata evidentemente appena abitata.
«Qui c’erano i Williams» pensò.
Con passo spedito si diresse verso il patio, ma proprio prima di suonare il campanello la sua attenzione fu attirata da uno scatolone aperto, pieno di libri. Spencer era una di quelle persone fermamente convinte che dai gusti musicali e letterari di una persona si potesse capire molto del suo carattere. Per questo, presa dalla curiosità vi diede una rapida occhiata. C'era effettivamente molta roba, di diverso genere. Molte erano le biografie dei grandi personaggi dello sport, e molti anche i romanzi. In cima a questi ce n'era uno che subito le sembrò familiare: «Il ritratto di Dorian Grey», di Oscar Wilde.
«Ma guarda, è la mia stessa edizione... e anche qui ci sono ammaccature sulla copertina. Allora era proprio un difetto tipografico. Pagine ingiallite... un altro amante del vintage... sembra proprio il libro che regalai ad E... un momento!» con un brutto presentimento prese in mano il cellulare e controllò la data: 2 Settembre. Emily aveva detto che si sarebbe traferita proprio nei primi giorni del mese. A quel punto era quasi tutto chiaro, ma le occorreva un'ultima prova. Socchiuse un'anta dello scatolone cartonato e vi trovò una ricevuta adesiva della ditta di spedizione, che recitava a caratteri cubitali: «to Fields Emily». Ecco chi erano i nuovi vicini. A prendere il sopravvento fu innanzitutto il panico.
E se ad aprire la porta fosse andata proprio Emily? Cosa le avrebbe detto? Come avrebbe reagito? Era troppo dubbiosa delle sue emozioni per poter rischiare.
Controllò rapidamente che la madre avesse messo nel cesto un biglietto di benvenuto intestato. Sì, c'era.
Ci pensò ancora un'altra volta, ma quando udì la voce di Emily parlare all'interno della casa non ci perse altro tempo, lasciò la scatola davanti all'ingresso e scappò via, sperando che nessuno l'avesse notata.
 
-Spencer sono a casa!- annunciò Veronica quando in tardo pomeriggio tornò dal lavoro. -Ei, che stai mangiando?- chiese dopo che la figlia, intenta a masticare, le aveva risposto solo con versi sconnessi.
-Cookies... ne vuoi uno?- rispose finalmente lei.
-No grazie. Allora Spencer, come ti è sembrata Pam Fields?- chiese improvvisamente Veronica.
La ragazza sollevò di scatto lo sguardo, per poi riporlo rapidamente sui libri e continuare a mangiare. -Simpatica! Molto... simpatica-
-Ah sì? E suo figlio invece?-
-Lui non era in casa-
-Capisco. E oltre a queste informazioni, il cesto non ti ha raccontato anche che si tratta di una figlia, non di un figlio?-
-Ma che stai delirando?- chiese la ragazza ridendo, fingendosi tranquilla senza ancora alzare gli occhi.
-Spencer! Solo il cesto ha avuto un contatto diretto con la famiglia Fields! Il cesto e io, che ho incontrato Pam al parco. E smettila di mangiare, guardami! … Mi ha ringraziata per il regalo di benvenuto trovato fuori all'ingresso, e quando le ho detto che era impossibile, perché il nostro cesto lo aveva portato personalmente mia figlia Spencer mi ha risposto di no, che nessuna Spencer aveva suonato al loro campanello, e che nel pacco trovato fuori il biglietto diceva chiaramente: «da Peter, Veronica, Melissa e Spencer Hastings». Ora io mi chiedo, come diavolo ti è venuto in mente!?-
-Mamma...-
-No, non mi importa. Non voglio sentire spiegazioni, sei anche brava ad inventare quando serve. Mi hai disobbedito, hai provocato una figuraccia alla tua famiglia, quindi ora va' di sopra e rifletti sulle tue azioni. E per stasera non userai né computer né telefono-
-...ma ascoltami...!-
-Vai!- ordinò categorica.
Veronica non sapeva di Emily. O meglio, aveva visto le foto della vacanza e aveva sentito parlare sommariamente di quella ragazza nonostante Spencer cercasse di evitare l'argomento. Ma non aveva idea di come fosse finita e soprattutto che sarebbe stata proprio lei a trasferirsi a Rosewood.
La mora salì in camera e chiuse a chiave la porta. Senza neanche indossare il pigiama spense le luci, strinse un cuscino tra le braccia e si addormentò.
 
L’indomani mattina Spencer scese in sala da pranzo per la colazione, dove trovò Veronica intenta a leggere il giornale prima di andare a lavoro.
-Dopo colazione vai dai Fields-
-Perché?-
-Per presentarti e chiedere scusa-
-Non posso…- disse la ragazza dopo un attimo di esitazione.
-…o non vuoi?-
-…-
-Va’ a vestirti-
A quel punto Spencer scattò in piedi furiosa -Io conosco già Emily!-
-Come?-
-Emily, la figlia dei Fields! E’ lei la ragazza con cui ho trascorso le vacanze a Roma-
-E allora il problema dov’è?-
-E’ che è finita male!-
Veronica distolse finalmente l’attenzione dal giornale e poggiò sul tavolo gli occhiali da lettura.
-Lo sai che domani inizia la scuola e dovrai comunque vederla ogni giorno, vero?-
-Certo, ma la scuola è grande e anche se forse frequenteremo molti corsi insieme, riuscirei ad evitarla. E non è lo stesso che suonare al suo campanello, trovarsela di fronte per poi dire cosa, “Ciao Emily, benvenuta a Rosewood, sono felice di vederti!” o “Ciao Emily, grazie per aver rovinato la vacanza più bella della mia vita!”?! No grazie!-
- … Non ti chiederò cosa è successo, ma sappi che ti assumi le responsabilità delle tue azioni-
-Certo mamma, avevi dubbi?- esclamò, risalendo rapidamente in camera.
 
Indossate velocemente tuta, scarpe da ginnastica e cuffiette, Spencer si diresse al parco, dove sperava di sfogare nella corsa la sua rabbia e disperazione. Ma non le bastò, così andò in palestra, dove trovò conforto nel sacco da boxe. Colpiva più forte che poteva, senza alcuna tecnica. Per questo fu costretta a tornare a casa con delle fasciature ai polsi. Nel dolore trovò conforto. Ma appena uscita dalla palestra scorse Emily che, in bici, esplorava la sua nuova città. Fece in tempo a nascondersi dietro un portone per non farsi notare dalla ragazza, ma a distanza qualcuno aveva osservato tutta la scena.

 


#SPOILERalert cap.6

Era una sensazione strana. Si sentiva osservata, ma non c’era nessuno nei paraggi, ne era certa.
Terminata la conversazione si recò al suo armadietto e lo aprì per dargli una sistematina. Ma due mani alle sue spalle le coprirono gli occhi.
-Un nuovo anno è iniziato, sarò mai perdon…?-
-Allora eri tu a seguirmi?-
 

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Capitolo 6
*** A volte ritornano ***


Finalmente l’anno scolastico ricominciava. Ok, “finalmente” solo per Spencer.
Per questo che sarebbe stato l’ultimo anno, la ragazza aveva deciso di tentare un’impresa titanica: partecipare ad almeno un corso per ogni ambito e superarlo con una A. La sua agenda si ritrovava così già piena di impegni, lezioni di inglese, italiano, storia europea, diritto ed economia, arte, letteratura, matematica, chimica, biologia oltre ai numerosi sport. E in più si sarebbe ricandidata al consiglio studentesco! Sarebbe stata dura, ma presentare alla UPenn un curriculum del genere le avrebbe garantito un’ammissione ad occhi chiusi.
 
La prima lezione del primo giorno fu proprio quella di storia tenuta dalla prof. Montgomery, la mamma di Aria. Spencer entrò in aula e si sedette al primo banco, senza guardarsi attorno.
-Buongiorno ragazzi e bentornati- disse la prof -Prima di iniziare la lezione vorrei presentarvi la vostra nuova compagna. Emily Fields…- indicandole di alzarsi –Vedrai, ti troverai molto bene qui.- concluse sorridendole.
Emily tornò a sedersi, non prima di aver udito un fischio di approvazione dal ragazzo più popolare della scuola, Noel Kahn. In tutto ciò, Spencer era stata l’unica a non voltarsi verso la nuova arrivata, fingendosi indaffarata nello scrivere la prima pagina del nuovo quaderno.
 
In quel periodo a scuola c’era una forte rivalità tra Alison e Mona. Mona era un’ex sfigata che al terzo anno, il penultimo delle high school, si era presentata totalmente cambiata. Non si sapeva bene cosa fosse successo, solo che dopo una vacanza estiva a Cape May era tornata in versione queen bee, una versione talmente ben riuscita da scatenare le ire di Alison, e da lì era partita la guerra. Spencer era riuscita a restare immune a quella faida, e a pranzo sedeva solitamente con Andrew, Lucas ed altri membri del “circolo dei secchioni”, come li chiamava Alison.
Anche quel giorno Spencer entrò in sala mensa, dirigendosi  verso il suo tavolo, quando sentì qualcuno chiamare il suo nome.
-Spencer! Ehi!- La ragazza riconobbe subito la voce, e infatti alzando lo sguardo capì che era stata proprio lei a chiamarla: Alison -Spencer, perché non ti siedi qui?-
La mora diede un’occhiata al tavolo. C’erano Ali, Hanna, Aria e… Emily!
-Ali, magari un’altra volta. Oggi devo parlare con…-
-Dai, non farti pregare! Vieni con noi!-
Diede un’occhiata a Andrew, che ricambiò annuendo. Così, invertendo la direzione si portò al tavolo di Alison.
-Emily, lei è Spencer. È la cervellona della scuola, potrà darti una mano in tutte le materie- spiegò la bionda entusiasta ad una imbarazzatissima Emily –Non è vero Spen?- aggiunse volgendole lo sguardo.
-S-sì, certo.-
-Grazie, ne sarei felice…- rispose timidamente la latina.
-Di’ un po’ Em. Sei qui già da qualche giorno… come ti è sembrata Rosewood?- chiese curiosa Hanna, distraendosi finalmente dal sacro rito dell’applicazione dello smalto.
-Mmmh, mi sembra una cittadina tranquilla dai. Solo… il primo giorno c’era fuori di casa uno scatolone con i miei libri, e sono sicura ci fosse anche il mio diario. Ma non l’ho più trovato!-
-Stai dicendo che qualcuno l’ha rubato?- la interrogò Aria, con gli occhi sgranati.
-Bè, non vedo altra spiegazione. L’ho portato, di questo ne sono certa ma non so più dove cercare…-
-Tesoro, ti assicuro che qui a Rosewood avrai di meglio da fare piuttosto che scrivere uno stupido diario. Ora hai delle amiche che sapranno custodire i tuoi segreti.- fece Alison sorridendo e inclinando la testa, com’era solita fare in questi casi. Emily annuì con un flebile sorriso. -Spencer, come mai così silenziosa oggi? Dai, parlaci un po’ di Roma!- cambiò discorso la bionda.
La mora sentì un pezzo di sandwich andarle di traverso. In tutto quel tempo non aveva ancora guardato Emily negli occhi. -Certo Ali, ma magari un’altra volta. Mi sono ricordata di un appuntamento con la prof Sandoval, quindi ora scappo! A dopo!- In un attimo era scomparsa.
-Aveva fretta la ragazza- fece Alison –E tu Em, anche tu sei stata in Europa?- chiese, incrociando le mani e poggiandovi il viso.
-Io… sì, anch’io. Comunque devo andare anch’io adesso. Il preside mi ha chiesto di andare da lui prima della lezione. Vi ringrazio per l’accoglienza!- Emily raccolse lo zaino e si diresse nel corridoio, ma non esattamente nella direzione giusta.
-Non-c’è-di-che…- mormorò Ali, seguendola con lo sguardo.
-Ei ma sono tutti strani oggi?- s’interrogò Hanna.
-Ragazze, questo sarà un anno lungo e molto divertente.- sogghignò la bionda.
 
Spencer parlava con la Sandoval della lettera di presentazione da inviare al college, ma ogni tanto distoglieva gli occhi e si distraeva. Era una sensazione strana. Si sentiva osservata, ma non c’era nessuno nei paraggi, ne era certa.
Terminata la conversazione si recò al suo armadietto e lo aprì per dargli una sistematina. Ma due mani alle sue spalle le coprirono gli occhi.
-Un nuovo anno è iniziato, sarò mai perdon…?-
-Allora eri tu a seguirmi?-
-Cosa?!-
-Mi stavi osservando sin da quando parlavo con la Sandoval!-
-Io?! Ma se fin ora ero in mensa!-
Spencer si liberò gli occhi e si voltò sbuffando. –Ok ti credo, ma ora cosa vuoi da me?-
-Mi manchi, e vorrei tanto che mi perdonassi…-
La mora rimase un attimo con le braccia incrociate e lo sguardo fisso. Quella persona era stata molto importante nella sua vita. Era Toby Cavanaugh, il ragazzo con cui aveva rotto qualche mese prima.
-Non posso… non so se riuscirò a superarlo… ma sicuramente non a breve…- gli rispose guardando il pavimento per nascondere il velo di lacrime che stava calando sui suoi occhi.
-Spencer te l’ho detto… non è come credi! Non lo è mai stato! Ero costretto a farlo, lei mi ricattava!-
 
Flashback
Era il 19 Marzo e per Spencer era un giorno speciale: il compleanno di Toby, il primo da festeggiare insieme. La loro storia d’amore continuava ormai da Natale, e procedeva a gonfie vele. Il piano della ragazza era semplice: fingere di avere un impegno fuori città per poi presentarsi a sorpresa in mattinata a casa del ragazzo e dargli la sveglia con il suo famoso tiramisù, ovviamente a forma di cuore. Si era perfino procurata le chiavi dell’appartamento per potervi entrare e correre in camera. Ma giunta in camera da letto, ciò che vide fu insostenibile per i suoi occhi. Toby e la sua sorellastra, Jenna, in atteggiamenti fin troppo intimi. La ragazza restò impietrita, ma prima di scappare via ebbe il tempo di lanciare il tiramisù verso la strana coppia.
-Oh no! Spencer!- urlò il ragazzo scattando fuori dal letto appena si accorse di ciò che era accaduto –Aspetta!-
Riuscì a raggiungerla proprio quando era sull’uscio e la voltò a sé –Posso spiegarti!-
Ma i suoi tentativi furono resi vani dal violento schiaffo ricevuto dalla sua ormai ex fidanzata, che liberatasi dalla presa scappò disperata verso casa. Fu un brutto colpo per la ragazza, destinato a segnarla a lungo.
Non credette mai alle spiegazioni addotte da Toby. Non la stava tradendo, cioè non volontariamente. Qualche anno prima, Jenna era diventata cieca in seguito ad una esplosione nel garage in cui si trovava in quel momento. Toby era riuscito a portarla fuori dalle fiamme, ma tutti lo additarono come colpevole, condannandolo al riformatorio. Fu qui che scattò il ricatto di Jenna, che era in realtà innamorata del suo fratellastro. Gli promise che lo avrebbe scagionato, ma solo in cambio del suo amore… almeno quello fisico. E così fu. Quando Toby si innamorò di Spencer cercò di porre fine a questa storia, ma non gli fu possibile. Il ricatto reggeva ancora, pena il finire da un momento all’altro ancora in riformatorio, o peggio, in carcere. I veri colpevoli dell’esplosione non furono noti, ma intanto quel 19 marzo per Spencer era diventato un giorno da incubo.
 
-Ne riparliamo, ora ho lezione- concluse Spencer sgattaiolando in classe e lasciando lì sul posto uno sconsolato Toby.
 
Terminate le lezioni tornò a casa, ma prima di entrare ancora una volta si guardò sospettosamente attorno. La sensazione provata a scuola non era ancora svanita. Appena chiusa la porta dietro di sé, qualcuno bussò.
-Ciao Spencer.-
Il viso della mora cambiò colori ed espressioni almeno dieci volte. Passava dal felice al triste, dall’emozione alla rabbia.
-Emily. Come hai…-
-Ho chiesto un po’ in giro, non è stato difficile trovare questa casa.-
-Sì, siamo piuttosto famosi in città…-
-E non è una villa che passa inosservata- sorrise timidamente la latina.
-Già- il silenzio calato era alquanto imbarazzante, e nessuna delle due sembrava voler prendere in mano la situazione.
Dopo la discussione con sua madre, Spencer aveva pensato più volte a quel momento, e lo aveva immaginato in molti modi diversi. Nessuno di questi si era però realizzato. Era sicura di avere tante cose da dire, ma in quel momento le uscirono di bocca solo le parole più scontate -Vuoi… entrare?-
-No, tranquilla.- rispose Emily togliendo le mani dalle tasche e cominciando a gesticolare nervosamente –In realtà sono qui per… parlarti. Dovrei spiegarti tante cose, e vorrei farlo. E ti prego, permettimelo.-
-Ok… vuoi che andiamo da qualche parte in particolare?- chiese la mora dopo un attimo di esitazione.
-Mi fido di te!-
 
Il motore della macchina di Spencer si spense. Erano giunte finalmente al posto prescelto.
Non sapeva esattamente perché avesse scelto quel luogo, sembrava fosse stata la macchina a guidarla. Era un posto ricco di significato per lei, lì erano successe tante cose. Ad esempio il suo primo bacio… con Toby.
Erano alla roccia dei baci.

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Capitolo 7
*** This is me ***


Il posto era immerso nel verde. Un ruscello rigoglioso e delle eleganti betulle facevano da contorno a quella roccia su cui le due si sedettero, al centro della piccola radura.
-E’ proprio un bel posto.- disse Emily, ammirando il paesaggio.
-Sì, ci vengo spesso quando cerco solo silenzio e pace…-
-Ho molto da scoprire qui…-
-Già…-
Ci fu un silenzio assordante, ma ricco di significato, prima che Emily riprendesse la parola.
-Spencer… ti chiedo scusa. Ci sono cose di me che non ti ho detto e che dovresti sapere…-
La mora la guardò silenziosamente negli occhi, ma il suo silenzio fu un assenso.
Emily prese le mani dell’amica tra le sue e cominciò il suo racconto.
-Sono cresciuta a Killeen perché mio padre è stato quasi sempre di base a Fort Hood. Ho frequentato le scuole lì e sono sempre stata molto popolare. Ero il capitano della squadra di nuoto e soprattutto delle cheerleader, ed ero fidanzata con Ben Coogan, un ragazzo fighissimo. Insomma, ero felice. Un giorno arrivò in città una ragazza, Maya St. Germain. Anche suo padre era un militare, per questo si era trasferita lì. A scuola volle subito far parte delle cheerleader, e ci conoscemmo proprio alle selezioni. Era brava, entrò in squadra. - sorrise debolmente - Diventammo amiche, molto, e ci vedevamo spesso anche fuori dalla scuola… prima con le altre ragazze, poi sempre più sole. Mi stava cambiando. Con il suo modo di fare, di essere, mi stava insegnando cosa fosse realmente la vita, la bellezza delle cose semplici ma vere. Io ero ancora con Ben, ma in quel periodo preferivo passare il mio tempo sempre più con lei e sempre meno con lui. Non sapevo cosa mi stesse prendendo, davvero. Pensavo fosse un problema di coppia, così lo lasciai. Gli dissi semplicemente che non provavo più gli stessi sentimenti. In realtà pensavo che quei sentimenti li sentivo ancora, sì, ma forse non più per lui. Un giorno stavamo provando una piramide, e Maya cadde battendo la testa. Perse conoscenza per qualche ora, ma ero al suo fianco quando si svegliò. Disse che per tutto il tempo in cui era stata incosciente aveva sentito la mia presenza e mi ringraziò… con un bacio. Lì persi tutte le mie certezze. Mi rinchiusi in casa per due giorni e capii quale fosse la mia nuova unica certezza: amavo Maya. Corsi da lei, capimmo che eravamo fatte l’una per l’altra. Non fu semplice farlo capire anche ai miei genitori. Pensarono di mandarmi in terapia, e lo fecero. Ma non serviva, ovviamente. Pian piano capirono anche loro, ero omosessuale. Ma ero felice così, e col tempo lo furono anche loro. La squadra delle cheerleader però non lo accettò, ed entrambe fummo espulse. Capii quanto fossero false e frivole quelle amicizie, e quanto non mi servissero. Avevo già tutto ciò di cui avevo bisogno per essere felice, e non avrei mai voluto rinunciarci. A Natale sarei dovuta partire con i miei per qualche settimana, - continuò dopo un attimo di pausa in cui le lacrime cominciavano già a mostrarsi - così un giorno prima decidemmo di passare una giornata speciale, dato che non ci saremmo viste per un po’. Stavamo andando al palaghiaccio, guidava lei. È stato un attimo. Ricordo solo un urto fortissimo, poi mi sono svegliata in ospedale. Chiedevo continuamente di Maya, ma nessuno mi dava risposte. Solo quando tornai a casa seppi che non ce l’aveva fatta, era morta sul colpo. Lo shock è stato terribile, ho lasciato il nuoto, ho lasciato tutto. Lì ho davvero avuto bisogno di una psicologa. Ma ogni luogo, ogni piccola cosa mi ricordava di lei. Per questo mia madre ha chiesto il trasferimento, il più lontano possibile. Per questo sono qui…-
-Emily… oh mio dio, mi dispiace…- disse Spencer abbracciandola. Era distrutta da quella storia, l’aveva davvero emozionata.
-Quella notte a Roma io non potevo… scusami…-
-No, non devi scusarti…- mormorò la mora.
-Scusami! Scusami!- esclamò Emily disperata, scoppiando in una crisi di pianto.
-Ehi… Emily… sshhh…-
Il tempo si fermò.
Spencer era riuscita a calmare l’amica. Come?
Bè, solo premendo le labbra delicatamente sulle sue. Fu un attimo, sembrò un’eternità.
Emily aprì gli occhi ma non si staccò, anzi li richiuse.
 
In macchina calò di nuovo il silenzio.
-Quella ragazza, Alison… mi è sembrata simpatica.- disse all’improvviso la latina.
Spencer s’irrigidì un attimo –Devi far attenzione a quella ragazza…-
-In che senso?-
-Non esserle nemica, ma neanche troppo amica-
-E’ successo qualcosa tra voi?- chiese Emily aggrottando la fronte, con tono curioso.
La mora continuò a guardar dritto e provò a cambiare discorso. -Hai davvero perso il diario?-
-Sì… ma non l’ho perso. Me l’hanno rubato.-
-Cosa c’era?-
-Bè… la nostra foto… e tutto ciò che è successo a Roma.- rispose la latina arrossendo.
-Tutto?-
-Tutto!-
Il nervosismo salì alle stelle. Quel tutto significava proprio… tutto!
-Io sono sicura me l’abbia preso… la stessa persona che oggi mi seguiva.- continuò Emily.
Spencer sussultò e improvvisamente svoltò a destra verso una piazzetta di sosta, dove si fermò.
-Ehi, che ti prende?-
-Hai idea di chi fosse?-
-Ovviamente no! Perché?-
-Ho avuto anch’io quella sensazione oggi… inizialmente pensavo fosse Toby, poi… bè… tu.- mormorò.
-Io? Ma anche no! Strano comunque…-
-Già. E vuoi sapere cos’altro è strano? Alison che mi invita al suo tavolo e mi chiede di Roma.-
-Uhm… ora che ci penso, quando sei andata via mi ha chiesto se fossi stata anch’io in Europa, come se già sapesse la risposta.-
Spencer schioccò le dita, come sempre quando le sembrava di aver risolto un dubbio.
-Un momento… non starai mica pensando che…- insinuò Emily restando a bocca aperta.
-Se non è così ne voglio la prova.-
La mora rimise in moto l’auto e ripartì verso casa.
 
Quella sera avrebbe avuto molto a cui pensare.
Innanzitutto come smascherare Alison. Ne era certa, era stata lei a rubare il diario e a seguirle, quel giorno. Ma perché, cosa aveva in mente? C’era bisogno di un piano ben organizzato, Ali era molto furba e non sarebbe caduta in tranelli banali.
Il pensiero fisso però fu il ricordo di quel momento. Non riusciva a darsene una spiegazione, ma non provava pentimento, anzi. Provava una sensazione strana… una sorta di soddisfazione mista a incertezza. Si addormentò solo quando riuscì a convincersi che quello era stato solo un bacio di conforto, nato spontaneamente solo per coccolare l’amica in preda alla disperazione.
Sperava che di questo fosse convinta anche Emily.
 
I pensieri di Emily erano gli stessi. Il bacio di Spencer l’aveva stupita, e aveva risvegliato sensazioni e sentimenti tenuti nascosti per lungo tempo. Ma non gliel’avrebbe fatto pesare. Aveva deciso di darle il suo tempo, il tempo di capire se fosse stata o meno una casualità, un impulso dovuto alla delicatezza della situazione, all’istinto di consolarla.
Anche perché nel frattempo avrebbero avuto altri problemi da risolvere.

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Capitolo 8
*** The Jenna thing ***


-Lo hai portato?-
-Certo-
-Ci somiglia?-
-No… è identico!-
-Ok, andiamo.-
 
-Spencer, Emily!-
-Ciao Ali!-
-Mi fa piacere che siate insieme… avete già fatto amicizia?- chiese maliziosamente la bionda, accompagnata da Aria.
-Sì sì, ma in realtà noi ci conoscevamo già!- rispose Emily.
-Vero. Sai, ci siamo incontrate a Roma, eravamo nello stesso gruppo…- continuò Spencer.
-Davvero? Ma è fantastico! Em sei stata molto fortunata a fare amicizia con qualcuno di Rosewood prima ancora di arrivare qui!- disse Aria.
-Bè, sicuramente. E sapete una cosa? Ho anche ritrovato il diario!-
-Ah sì?- chiese ancora Alison.
-Eccolo qui!- Emily lo mostrò alle amiche e ad Alison, che subito lo prese tra le mani e lo girò e rigirò più volte, per poi riconsegnarlo alla padrona -Distrattamente lo avevo lanciato in un cassetto qualsiasi, appena arrivata, e poi ci avevo messo su una valanga di maglie. Se non mi fossi ricordata all’improvviso non l’avrei mai ritrovato!- spiegò la latina.
-Sono contenta per te Em. Mi stava anche spaventando l’idea di qualcuno che andasse in giro rubando gli oggetti personali degli altri! Posso tirare un sospiro di sollievo adesso…-
-Hai ragione Aria, sono più sollevata anch’io.- disse Ali, sorridendo nervosamente –Bè allora io vado ragazze, ci vediamo più tardi!- salutò fuggendo alla vista delle altre.
Spencer ed Emily non persero l’occasione, liquidarono immediatamente Aria e cominciarono a seguire Alison, che videro aprire l’armadietto, cercare qualcosa per poi trovarlo e metterlo in borsa, non prima di essersi ben guardata attorno, preoccupata. In quel breve attimo Emily lo aveva riconosciuto –Eccolo, è il mio diario!-
-Sshh! Non avevo dubbi…-
-Ok, dobbiamo recuperarlo. Non può restare nelle sue mani, è pericolosa!-
-Io spero non lo abbia ancora letto tutto…- fece Spence, beccandosi un’occhiata sconfortata dall’amica. –Comunque ho un’idea, lascia fare a me.-
-D’accordo... a domani allora.-
-A domani.-
 
-Toby, ti prego!-
-Ti rendi conto di ciò che mi stai chiedendo?-
-Sì ma… te lo giuro, è importante…- implorò la mora giungendo le mani.
-Spencer, è solo un diario! E poi come fai ad essere certa che lo abbia lei??-
-Perché lo abbiamo visto! E per Emily non è solo un diario… Toby, per favore fallo per me!-
-Bè, per come la stai mettendo non sembra sia importante solo per Emily… cosa stai nascondendo?-
Spencer si prese un attimo di pausa. Dire quel che stava per dire non era facile. Significava riaprire un caso e soprattutto venir meno ad una promessa. Inspirò profondamente e poi la buttò lì.
 -Ok, mettiamola così. Se lo farai… ti dirò tutta la verità sulla cosa di Jenna!-
-Cosa?! Sei caduta così in basso Spencer?! Che ne sai tu di quel che è successo?? Ma smettila!!- urlò il ragazzo sentendosi preso in giro.
-SShhh… io lo so. Io… ero lì… quella notte. E posso dirti la verità!-
 
-Tre cupcake red velvet con glassa al cioccolato, grazie!-
-Ecco a lei!-
Hanna e Aria uscirono dal negozio per dirigersi a casa di Alison. La queen bee aveva organizzato un pigiama party e le due amiche avevano pensato bene di portare il dolce.
-Non vedo l’ora di addentarlo!- esclamò Hanna già pregustando quelle deliziose tortine.
-Ei calma golosona, arriviamo da Alison prima!- rise Aria, che portava il pacchetto.
-Mmmh spero che almeno i cupcake riescano ad addolcirla… questi giorni è intrattabile.-
-Oh bene, pensavo fosse solo una mia impressione…- sospirò la più bassa.
-Eh no. È isterica, nervosa e…-
-… e ha uno strano atteggiamento nei confronti di Emily-
-Uhm, che intendi?-
-Non so… spesso ho beccato Alison a guardarla intensamente, e qualche giorno fa l’ho vista seguirla…-
-Aria, mi stai spaventando-
-Oh no-no… voglio dire, potrebbe essere anche solo una mia impressione.-
-Lo spero! E poi… mi sembra che Emily stia legando molto più con Spencer. E ne sono felice. Sai, in fondo Spencer è una brava ragazza e sono contenta che abbia ritrovato qualcuno con cui confidarsi, parlare…-
-Hanna, lo so che ti manca… manca tanto anche a me.-
-Vorrei che tutto tornasse come prima- mugolò la bionda.
-Bè… non credo che Ali lo permetterà mai. Ei, ma quella non è…- sussurrò Aria sgranando gli occhi.
-… che ci fa Spencer con Toby?? Pensavo non si rivolgessero più la parola!-
-Anch’io! Ma a quanto pare non è così… e sembra anche una discussione accesa…- notò la mora guardando ancor più attentamente all’interno del Brew attraverso la vetrina.
-Ci avviciniamo? Non ci hanno ancora viste!- propose Hanna beccandosi un’occhiata storta dall’amica -Che c’è? All’improvviso non sei più curiosa??-
-No Han, non mi sembra il caso. E poi è tardi, Ali ci aspetta!-
-oook!- sbuffò l’altra, facendosi trascinare via verso casa di Alison.
 
Spencer e Toby erano seduti al Brew, effettivamente tutto fuorché un luogo lontano da occhi indiscreti.
-Ok Toby… non è facile per me e…-
-Spencer… è stata una tua idea, e non puoi più tirarti indietro.- disse Toby fissando i suoi in quelli della ragazza, che istintivamente cercò di fuggire lo sguardo.
-Lo so. Bè... devi sapere che quella sera…
 
Flashback
Alison era profondamente arrabbiata con Jenna. Come si era permessa quella ragazza appena arrivata di rifiutare la sua amicizia? Avrebbe dovuto pagarla, avrebbe dovuto capire chi comandasse. Quella sera Hanna, Aria, Spencer e Ali si erano riunite per un pizza party a casa di quest’ultima. La serata procedeva tranquilla tra cibo, schiamazzi, film e confidenze fin quando Ali non vide, attraverso la finestra, la sua “nemica” Jenna entrare nel garage della sua villa.
Le ragazze avevano abusato dell’alcol fino ad essere leggermente brille, tutte tranne la queen bee, come sempre.
-Credo che stasera faremo qualcosa di nuovo- disse allontanandosi con nonchalance dalla vetrata. –Guardate cosa ho qui…- da un cassettino del salotto prese una scatolina da cui estrasse un petardo e un accendino.
-Ei che ci fai tu con un petardo?- chiese perplessa Spencer.
-Mmmh, niente di che. Roba di Jason.- tagliò corto lei –Allora, volete divertirvi o no? Andiamo!-
Alle ragazze non erano chiare le sue intenzioni, ma ancora una volta decisero di assecondarla.
Rapidamente giunsero all’esterno del garage.
-Un momento Ali, cosa vuoi fare?- chiese preoccupata Hanna.
-Non avete mai notato che quel pervertito di Toby vi spia nelle vostre case? Bè, è il momento di dargli una bella lezione. Nessuno si farà male, ma se sarà intelligente capirà il messaggio…- disse d’un fiato, lanciando velocemente il petardo acceso all’interno del garage prima ancora che le altre avessero il tempo di opporsi.
Il boato fu violentissimo, ma a sconvolgere le ragazze fu un urlo straziante quanto imprevisto.
-Alison, c’è qualcuno lì dentro!-urlò Spencer ad una Ali dall’espressione al tempo stesso spaventata e soddisfatta.
 
-… Alison ci fece giurare di non parlarne con nessuno, anche perché ci saremmo andate di mezzo tutte.- continuò Spencer, ormai in lacrime.
Toby era sconvolto e arrabbiato –Ma… lei sapeva che lì dentro ci fosse Jenna?-
-Continua a negarlo, ma io sono convinta di sì… solo che l’ho capito troppo tardi. Anche Hanna e Aria non le credevano, ma… Toby devi sapere che lasciare Alison non è semplice. Lei… se vuole sa come tenerti legata a sé finché tu non decidi di rischiare… e ci perdi sempre qualcosa. Loro hanno deciso di non rischiare.-
-E’ assurdo-
-In quel momento ho capito che l’amicizia con Alison era tossica, e non avrebbe portato a nulla di buono.-
-E’ per questo che hai lasciato il gruppo?-
-Sì… ho accettato di mantenere il segreto ma ho deciso di allontanarmi e ricominciare. Anche se sento ancora la mancanza delle mie piccole Aria e Hanna Banana.- sorrise malinconicamente la mora.
-Ok, ehm… è terribile ma… come so che tu non stia inventando tutto adesso?-
Spencer esitò un attimo, poi ruotò il braccio destro per mostrare una piccola cicatrice da ustione, più o meno a metà avambraccio –Questa… tutti sanno che è un’ustione da forno. In realtà dopo il botto cercai di entrare nel garage e salvare Jenna, ma fui invasa da un pioggia di detriti bollenti da cui riuscii a proteggermi in qualche modo. Mi spaventai e feci in tempo ad uscire, perché subito dopo ci fu un’altra esplosione… ma questo è quel che mi è rimasto…-
-Per tutto questo tempo ho subito i ricatti di Jenna. Lei non conosce la realtà!- esclamò il ragazzo battendo una mano sul tavolino.
-E non deve! Toby, te lo sto chiedendo in ginocchio…-
-Ne riparleremo, Spencer. Comunque d’accordo, cercherò di recuperare il diario…-
-Grazie, grazie, grazie! Ah e… Toby… se puoi, non leggerlo.- aggiunse al ragazzo che, confuso più che mai, si alzò e andò via.
 
-Avevo davvero bisogno di una mano. Toby, non so come ringraziarti… una birra?-
-Oh no-no Jason, grazie. Sono passato per caso e ti ho visto al lavoro, e tutto qui…- sorrise il ragazzo fradicio di sudore. Non era lì per caso, naturalmente. L’indomani della rivelazione di Spencer aveva deciso di mettersi all’opera ed entrare in casa diLaurentis, ovviamente in assenza di Alison, con la scusa di dare un aiuto a Jason, alle prese con i lavori di costruzione di un piccolo capanno sul retro.
-Jason, posso andare un attimo in bagno? Ho bisogno di rinfrescarmi un po’, sono sudatissimo!-
-Ma certo. È su!- rispose l’amico.
Il ragazzo salì e si diresse dritto in camera di Alison. Tutto perfettamente in ordine.
“Ok, da dove comincio?”. Aprì cassetti, sparpagliò un po’ di roba qua e là, aprì borse. Poi notò un altro cassetto, ma era chiuso a chiave. Doveva contenere qualcosa di troppo importante… forse proprio il diario. Toby conosceva abbastanza Alison, l’aveva frequentata per un po’ proprio prima che sua madre fosse rinchiusa al Radley. Istintivamente aprì il cassetto dell’intimo, e la chiave era proprio lì. “Stai invecchiando Ali, troppo prevedibile” pensò soddisfatto. Aprì il cassetto sigillato e come c’era da aspettarsi, c’era il diario di Emily.
-Eccomi! Oh ne avevo proprio bisogno, mi sento rinato!- esclamò appena tornato in giardino.
-Già, oggi credo sia una delle giornate più calde dell’anno. Dai, tra un po’ abbiamo finito!-

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Capitolo 9
*** Cocco o fragola? ***


-“Lorenzo”! Il primo che capita in vacanza, eh Spencer?!- urlò furioso Toby entrando nell’aula dove Spencer, sola, stava riordinando gli appunti. La ragazza capì immediatamente.
-Toby, posso spiegarti… non è come pensi!- rispose.
-Non è come penso certo, è come me la racconterai tu invece. Non voglio neanche ascoltare cosa inventerai Spencer, mi hai stancato e… deluso.- continuò il ragazzo, abbassando la voce per un attimo.
-No, Toby…-
-Ecco il tuo diario- si rialterò lui, facendo volare il quadernetto sul banco. Lanciò un ultimo sguardo agli occhi lucidi della mora, voltò le spalle e uscì.
Spencer aprì il diario proprio alla pagina incriminata. Effettivamente il modo in cui Emily aveva raccontato la nottata giustificava la reazione di Toby. Ma non poteva neanche biasimarla. In fondo era il suo punto di vista. All’improvviso un brivido le percorse la schiena. Era molto probabile che Alison avesse già letto quelle pagine.
Oh al diavolo! Ho ben altri problemi ora”.
Uno di questi aveva appena fatto capolino dalla porta.
-Spencer… hai intenzione di restare qui fino a domani?- disse scherzosa Emily, dirigendosi verso l’amica. Ma non poté fare a meno di notare lo strano atteggiamento di Spencer –Ehi, va tutto bene?-
-Certo- replicò la ragazza sfoggiando un timido sorriso –Guarda qui, il diario-  si affrettò, porgendoglielo.
-Grande! Come hai fatto?-
-… talento- tagliò corto lei, beccandosi un’occhiata perplessa dall’amica –Andiamo dai!-
 
La lezione di educazione fisica era iniziata, e come sempre la professoressa Wright non  si era risparmiata. Emily stava percorrendo il quarto dei dieci giri di campo quando Alison le si affiancò. Come tutte, indossava la t-shirt bianca e i pantaloncini blu, mentre i suoi biondissimi capelli erano raccolti in una coda, con qualche ciocca libera per darle il tocco in più. Emily non poté fare a meno di cogliere questi particolari.
-Em, aspettami!-
Emily sentì l’amica e si fermò, continuando solo a corricchiare sul posto finché, in qualche secondo, la bionda non l’affiancò.
-Sei pronta per la maratona eh!- scherzò questa.
-Ehi, anche tu non scherzi!-
-La popolarità richiede sacrifici… jogging ogni giorno, ad esempio- precisò Alison, sorridendo –Emily, ci sarai alla festa?-
-Quale… festa?- chiese la mora.
-Il party di Noel Kahn! Lo organizza ogni anno, ed è la festa più in della città… c’è la Rosewood che conta!-
-Davvero? Non ho ricevuto nessun invito-
-Mmmh, guarda nel tuo armadietto. Devi esserci Em!- esclamò Alison salutando la ragazza con un occhiolino e accelerando improvvisamente. Il suo corpo nella corsa si muoveva in maniera così armonica e sensuale che solo l’idea della festa a cui non era stata invitata riuscì a distogliere la mora.
Ma non era così. Appena tornata all’armadietto notò un biglietto infilato in una delle fessure: “to Emily”, recitava.
 
2 giorni dopo…
Erano ormai le 22 quando Emily sentì suonare alla porta.
-Emily, è per te!- urlò Pam dall’ingresso.
-Lo so mamma, eccomi Sp…- s’interruppe Emily scendendo in un lampo le scale nonostante i tacchi -…Ali?!-
-Sorpresa!- urlò la bionda avvolgendole le braccia al collo.
Emily cedette all’abbraccio, e guardando oltre l’amica notò la sua cabriolet con all’interno Hanna e Aria, che prontamente agitarono le braccia per salutarla. La latina rispose con un sorriso forzato.
-Ehi allora?! Credi stiano aspettando noi per iniziare? Su andiamo!- esclamò Alison tirandole il braccio.
-Aspetta Alison!- urlò Emily ritraendosi –Non posso venire ora-
-E perché?-
- …sto aspettando Spencer. Eravamo d’accordo che saremmo andate a piedi per le 10-
Alison aggrottò la fronte, ma subito si riprese –Oh già, che sbadata! Ehm, mezz’ora fa abbiamo incontrato Spencer al parco… sua madre le ha affidato delle commissioni all’ultimo minuto, e lei non sarà pronta per il party prima delle 11. E quindi ci ha chiesto di venirti a prendere e portare noi.- sorrise furbescamente.
-Non mi ha detto nulla…- s’insospettì la mora.
-Stava per farlo, ma poi ha incontrato noi e l’abbiamo rassicurata. Scusami, ero talmente felice di vederti che ho dimenticato di dirtelo, e le mie amiche di ricordarmelo…!- concluse Ali rivolgendosi con tono canzonatorio ad Hanna e Aria, che dopo un attimo di sorpresa annuirono sorridendo.
Emily non era del tutto convinta. Prese in mano il cellulare, nessun messaggio né chiamata, ma erano già le 22.15, e il ritardo non era proprio abitudine di Spencer. Forse Alison era sincera… e poi, se anche Aria e Hanna avevano confermato bè, c’era da fidarsi. -D’accordo, andiamo allora!- chiuse dietro di sé la porta e saltò in auto.
 
Lo schermo del telefono di Spencer si illuminò proprio mentre giunse davanti all’ingresso di casa Fields: un MMS anonimo, conteneva una foto. Spencer l’aprì e non ebbe difficoltà a riconoscere le sue tre vecchie amiche e… Emily, insieme, nell’auto della queen bee. La foto riportava data e ora in cui era stata scattata. Esattamente qualche minuto prima. Non le fu necessario cercare in casa la latina, aveva già capito tutto, e fu forte la tentazione di tornare a casa.
Ma alla fine vinse l’orgoglio, croce e delizia per la giovane Hastings, e la strada intrapresa fu quella della tenuta dei Kahn.
 
Il viaggio in auto fu breve e allietato dalle risate delle ragazze, ma di tanto in tanto il pensiero di Emily tornava a Spencer. Cosa era successo? Come mai non l’aveva avvisata personalmente, o con un semplice messaggio? Poco male, tra qualche minuto quelle domande gliele avrebbe poste direttamente, pensava, e non ne vedeva l’ora. Non vedeva l’ora di rivederla.
All’ingresso della tenuta c’era un buttafuori a cui gli invitati presentavano l’invito. Subito alle sue spalle, un lungo sentiero ciottolato e affiancato da candele al profumo di lavanda conduceva alla costruzione, niente più di un moderno capanno sfarzosamente addobbato. C’erano tutti, Mona, Jason, Jenna (Jenna???!!!), Lucas, Paige, e tanti altri vecchi e nuovi studenti della Rosewood High.
-Wo wo wo… che sballo la nostra nuova arrivata!- esclamò Noel Kahn dirigendosi verso Emily&Co. L’aspetto della latina era effettivamente strepitoso, la scelta di un tubino non troppo elegante era stata ideale, e il blu si addiceva perfettamente alla sua carnagione scura.
-Smettila Noel, la imbarazzi!- intervenne prontamente Alison.
-Ehi, è la mia festa, sto semplicemente facendo gli onori di casa… sei gelosa Ali?- chiese ironicamente il ragazzo.
-Ooh andiamo “padrone di casa”, prendiamo qualcosa da bere. Ragazze aspettatemi, arrivo subito- disse la bionda, perdendosi velocemente con Kahn nella folla che si accalcava attorno al bancone dei drink, dove Toby stava dando un insolito spettacolo da giocoliere.
Emily, Hanna e Aria rimasero lì dov’erano, a ballare sul posto, quando alla latina tornò il dubbio –Ragazze, Spencer non vi ha detto altro? Se sarebbe venuta o… se le fosse successo qualcosa?- chiese fermandosi.
-Cosa? Emily, non ti sento!- fece Aria approfittando di un improvviso aumento del volume della musica; in realtà aveva sentito benissimo, ma sapeva che qualunque risposta sarebbe potuta essere rischiosa, e così non dimenticò di dare anche una leggera gomitata ad Hanna, evitando che rispondesse a sproposito come il suo solito.
-Dicevo… Spencer…- disse Emily parlando più forte.
-Ah no no… ehi guarda lì- rispose Hanna voltando di forza la latina verso la direzione del suo indice, che indicava un bel ragazzo biondo. –Figo eh?-
-Ehm… sì, e chi è?- chiese Em confusa.
-Il mio ex ragazzo- mormorò la bionda.
-Ex?-
-E’ finita in estate.-
-Mi dispiace.-
-Lascia perdere, voleva arrivare vergine al matrimonio, troppo per i tuoi standard, vero Hanna?- s’intromise Alison, tornata giusto in tempo per umiliare l’amica e strappare una risata alle altre. –Emily, vieni con me- disse, porgendole la mano. La latina la seguì, e insieme giunsero nel giardino sul retro del capanno.
-Ascolta, so che siamo partite male- iniziò bionda.
-Che intendi?- chiese Em, fingendosi stupita.
-Il diario ad esempio, l’ho rubato io… e ora so che lo hai di nuovo tu… non so come, ma è così.-
Emily annuì e continuò a fissare i suoi occhi in quelli azzurri della ragazza, che nonostante fosse in difetto, sembrava ancora in pieno controllo della situazione. –Em, io ho letto il diario, tutto. So tutto, tutto ciò che è successo in Italia.-
-Avresti potuto evitarlo Alison!-
-Certo, avrei potuto. Ma sai come ci si sente quando si scopre finalmente che qualcuno è come te?-
-Vuoi dire che…?-
-Voglio dire questo- sussurrò Alison spingendo Emily sul muro e scostandole una ciocca dal viso. Prima che questa potesse reagire, premette le sue morbide labbra su quelle della mora. Era diverso, pensò Emily, diverso dal bacio di Spencer. Lei era stata così delicata quel giorno, le era piaciuto così tanto il suo odore di cocco. Ma Alison ora stava marcando il suo territorio, imprimendo con rabbia il suo aroma di fragola, e lei non reagiva, e in men che non si dica sentì la mano calda dell’amica accarezzarle il seno e lentamente scendere sul ventre, poi sui fianchi… il tempo si era fermato e lei era ancora un manichino con gli occhi chiusi, immobile. Una mano di Alison le accarezzava il viso, mentre l’altra scese ancora, s’infilò sotto il vestito e si mosse verso le intimità. In quell’istante Em riprese il controllo del suo corpo e della sua mente, l’allontanò con forza, le mollò uno schiaffo e fuggì nel capanno. Alison, anche lei come se improvvisamente tornata nel mondo reale, si toccò il labbro. No, non sanguinava, ma il suo cuore sì. Alzò lo sguardo e notò una spia rossa. Sì, la videocamera di sorveglianza aveva ripreso tutto.

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Capitolo 10
*** Le verità di Kahn ***


-Em, dov’eri finita?- la voce di Hanna distolse i pensieri della latina, che dopo essere fuggita da Alison vagava per la sala da ballo in preda alla confusione, frastornata dalla musica ad alto volume e soprattutto dallo shock per ciò che era appena successo.
-Ero in bagno e c’era molta fila. Comunque ora devo scappare via, non mi sento per niente bene!- cercò di tagliare corto lei.
-Mai accettare da bere dagli sconosciuti, soprattutto a Rosewood!- la rimproverò Aria con fare da mammina.
-…ehi, ma non è Spencer quella?!- esclamò Hanna mentre molleggiava a ritmo di musica sorseggiando un Mojito, sporgendosi oltre Emily e beccandosi una gomitata imbarazzata da Aria.
Emily si voltò di scatto –Cosa? Dov’è? Non la vedo!- c’erano ancora tutti, ma non Spencer.
-Ma no Em, nessuno ha ancora visto Spencer stasera… Hanna dev’essersi senz’altro sbagliata.-
-ehm… sì…sì ora che ci penso meglio non era lei… ehi che c’è? Ho bevuto anch’io, tsk!- ma il tentativo di Hanna e Aria di rimediare fu inutile; Emily lanciò uno sguardo carico di sospetto alle due, strappò il polso dalla presa della mora e fuggì fuori dalla sala… no, Spencer non era neanche fuori.
Provò a telefonarle. Il telefono squillava, ma nessuna risposta. Riprovò, ma niente. Riprovò ancora, con insistenza, ma questa volta il telefono risultava spento o non  raggiungibile. Decise di andare a casa Hastings per vedere se fosse lì, e lungo il tragitto passò anche dal parco, ma la ragazza non era neanche lì. Sbirciò poi dall’esterno la stanza di Spencer, sperando in una luce accesa, ma niente. Riuscì attraverso le finestre a cogliere Peter e Veronica bersi un vino d’annata in salotto. Ma la sua amica no, non c’era. “Andiamo, dove sei Spence?” pensò. Provò ancora una volta a telefonare, ma la risposta non cambiò. Cercò di riflettere, ma pensò che per avere un’idea in più sul dove fosse andata la mora avrebbe prima dovuto capire cosa stesse provando in quel momento.. gioia? No. Rabbia? Tristezza? Beh, forse sì. In fondo un’idea su come fossero realmente andate le cose quella sera, Emily cominciava ad averla. Alison l’aveva ingannata, aveva organizzato tutto nei minimi dettagli e con la complicità di Hanna ed Aria era riuscita a farle credere nella sua buona fede. E Hanna aveva ragione, Spencer era stata lì e l’aveva vista… e chissà che avesse visto altro. Quindi sì, rabbia e tristezza, Spence era andata da qualche parte a sfogare questi sentimenti. Ma dove?
In quel momento Emily si rese conto che, forse, ancora non conosceva abbastanza bene quella ragazza. Decise quindi di aspettarla lì, seduta sui gradini d’ingresso della villa.
 
Spencer pensava che quella sarebbe stata la serata della definitiva riconciliazione. Aveva pensato che, proprio per quella sera, avrebbe fatto coming out e al diavolo le conseguenze! Sarebbe stata disposta a litigare con la famiglia e con gli amici se non l’avessero accettata, pur di restare con Emily si era detta in grado di lasciare Rosewood ancor prima del diploma e fuggire lì dove a nessuno sarebbe interessato del suo orientamento sessuale. Emily era ovviamente all’oscuro di questi suoi buoni propositi, e Spencer si chiese se le sarebbe importato qualcosa. Ormai aveva dubbi anche su quelle che, fino a qualche ora prima, rappresentavano delle incrollabili certezze.
 
Era l’alba quando Emily si svegliò rendendosi conto che la notte era passata, e di averla trascorsa interamente accovacciata sulle scale d’ingresso di casa Hastings. Spencer non era ancora passata di lì. Decise comunque di tornare a casa, prima che Veronica e Peter uscissero di buon mattino per una sessione di footing, come ogni domenica, e la trovassero lì sdraiata.
-Oh tesoro, mi stavo preoccupando sai! La prossima volta che decidi di trascorrere la notte fuori devi avvisarmi va bene? Ho provato anche a chiamarti ma non rispondevi e…- Pam l’accolse stringendola in un abbraccio carico di sollievo.
-Scusami mamma, ho dimenticato di riaccendere la suoneria, ma non preoccuparti, è andato tutto bene.-
-Dove sei stata?-
-Oh… ehm… da Alison. La festa è finita tardi e ci siamo fermate a casa sua- improvvisò lei, cercando di essere più credibile possibile.
-Em, fa’ attenzione a quella ragazza… anzi fai attenzione a tutti qui, non conosciamo ancora nessuno qui. Oh, tranne Spencer ovviamente. Di lei puoi fidarti, tesoro.-
Emily la fissò un attimo, -Già…- rispose abbassando lo sguardo.
-Oh che stupida, non hai fatto colazione vero? Avrai tanta fame! Preparo i tuoi pancake preferiti!-
-No mamma, tranquilla non ho fame. Ho solo… sonno. Scusami, vado in camera. - fece la ragazza correndo su per le scale.
Pam annuì delusa, ma il suo istinto di mamma aveva capito che qualcosa non andava.
 
In realtà, Spencer a casa ci era tornata. Appena aperto il cancello, aveva notato Emily sull’uscio, e la sensazione di svegliarla era stata fortissima. Ma l’orgoglio aveva vinto, e così, recuperate le chiavi del capanno, aveva deciso di trascorrere lì ciò che restava della notte.
 
SOS! TRA 10 MINUTI AL BREW!
 
Così recitava il messaggio che, nel tardo pomeriggio, svegliò sia Emily che Spencer.
Ad inviarlo era Hanna.
 
Le ragazze accorsero al bar. Spencer ricordò quanti pomeriggi avesse passato lì quando faceva parte della combriccola di Alison, prima del fattaccio di Jenna.
Arrivò Aria, e subito dopo Emily, che provò a rivolgerle uno sguardo non ricambiato. Qualunque scambio di parola fu interrotto da Hanna, che arrivò correndo sui tacchi.
-Ragazze, avete visto Alison? - chiese affannata.
-No… è successo qualcosa? – fece Emily, beccandosi un’occhiataccia da Spencer.
-Non lo so… ma dopo ieri sera non risponde a messaggi e telefonate! –
-E’ successo qualcosa ieri sera? – chiese la Hastings a metà tra il sarcastico e il preoccupato.
-No… no… eravamo tutte alla festa e… Hanna, sai se è tornata a casa? – la incalzò Aria.
-No, cioè io pensavo di sì… ma in realtà non sapevo, perché beh… dopo che tu sei andata via, io poi… beh… sono uscita con Caleb e…-
-Caleb chi? Il nuovo arrivato??-
-Sì Aria, ma ora non è questo il punto… sono andata via con lui, perché Ali mi ha incoraggiata a farlo… mi aveva detto di non preoccuparmi, si sarebbe fatta accompagnare da Noel… ero tranquilla. Ma dopo decine di chiamate senza risposta, poco fa sono andata a casa sua e sua madre mi ha detto che non era ancora tornata! -
-Oh povera Jessica, avrà già chiamato la polizia! –
-Ecco, in realtà a Jess ho detto che in effetti Ali era a casa tua, Aria, e che da sbadata l’avevo dimenticato… -
-Cooosa?? Scherzi Hanna?! Oddio non posso crederci… e se avesse chiamato mia madre per assicurarsene? Sono nei guai, sono nei guai! –
-Ok ragazze, calma! – intervenne Spencer –Innanzitutto Aria, se Jessica avesse chiamato tua madre, lei ti avrebbe già cercata, giusto? –
-Beh, in effetti… -
-Ottimo… quindi reggiamo il gioco per ora… e andiamo da chi ha visto per ultimo Alison. Che dovrebbe essere Noel a quanto pare! –
-Già – confermò Hanna.
-Perfetto, allora andiamo… guido io! –
Hanna e Aria seguirono Spencer nella sua auto, ma Emily non si mosse ancora.
-Ehi, che aspetti? Non vieni con noi? – chiese Aria tenendo ancora aperta la portiera del vano passeggeri.
-Sì… eccomi! – e la affiancò. Subito dopo l’auto sgommò, sfrecciando nella direzione di villa Kahn, che quella notte aveva già provocato troppi problemi.
 
-Uh-oh! A cosa devo la visita di queste belle ragazze? Non sarete mica venute a cercare altro alcol… è tutto sold out, belle! – Noel le accolse divertito e al tempo stesso stupito, ma prontamente le invitò ad accomodarsi.
-Noel, stanotte io sono andata via dopo Aria, e Alison mi ha detto che l’avresti riaccompagnata tu… l’hai fatto, vero? – iniziò Hanna.
-Che razza di domanda è? – rispose lui lanciandosi sul divano.
-Noel per favore, è importante – lo pregò Aria, che con lui aveva avuto un flirt qualche mese prima.
-Alison non è con voi? – sembrava si fosse accorto solo allora di questa stranezza.
-Come puoi vedere, no! –
-Uhm… sì, certo che l’ho accompagnata io. –
-Fin sotto casa? –
-Sì, Emily. –
-Che ora era? – lo interrogò Spencer.
-Beh, non ricordo… sapete… forse non ero molto lucido. –
-Devi impegnarti ora, Noel! – esclamò la mora.
-Ehi ehi ehi, sta’ calma Hastings – fece lui sogghignando –Sicuramente dopo che sei andata via tu! Erano forse… le 4? Sì, le 4 credo. – guardò ancora una volta Spencer, che nel frattempo si era irrigidita avendo colto le occhiate imbarazzate delle amiche.
-D’accordo… hai notato se qualcuno le girasse intorno durante la festa? Insomma… movimenti strani? – riprese Emily.
-Mmmh non credo… ma forse tu ne sai di più a riguardo, Em? –
-Ci mostri i filmati delle telecamere di sorveglianza? – azzardò Hanna.
-Telecamere??-
-Già, o meglio ancora telecamere-spia! Andiamo Noel, è storia vecchia e la conosciamo tutti! – continuò Spencer.
-Ma cosa state insinuando? Nessuno spia nessuno qui! – si alterò Noel scattando in piedi –Andate immediatamente via da casa mia! –
-Potrebbero esserci delle risposte lì! –
-Uscite subito… – fece il ragazzo aprendo la porta.
-Noel… -
-Ora! –
Le ragazze attesero un attimo, ma dato che non si calmava, decisero di assecondarlo e andare via. In poco più di 10 minuti il ragazzo era stato un fiume in piena, lanciando frecciatine forse non così casuali.
E proprio mentre le quattro liars s’infilavano in macchina –Ah, Spencer – urlò –Mi fa piacere vederti tanto preoccupata per Alison… stanotte non l’avrei mai detto! –
 
-Ci ha prese in giro – Aria decise di interrompere così il silenzio che era calato in auto.
-Già, in tanti modi… tu a quale ti riferisci? – chiese Hanna.
-Le telecamere… esistono davvero –
-Lo sapevo! – esclamò la bionda battendo il palmo sullo ginocchio –E dove le troviamo? Soprattutto, dove troviamo le registrazioni? Noel le avrà sicuramente già fatte sparire…-
-Tu sai ancora aprire qualunque serratura, vero Spencer? … Spence? -
Spencer, pur essendo alla guida, fu riportata con la mente sulla terra solo dal richiamo della sua piccola amica. –Sì sì –
-Bene… allora ci vediamo stasera alle 10, a casa tua. Noel partirà tra poco, avremo accesso libero alla villa. –
-Mi raccomando, se avrete bisogno chiamate subito anche me ed Hanna, a qualunque ora – si assicurò Em.
-Già… e quali luoghi sono ripresi dalle telecamere? E… un momento, tu come sai tutti questi segreti, piccola Aria? -
-Dimentichi il periodo con Noel, cara Hanna Banana? Comunque non so con certezza quante ce ne siano… sicuramente una all’ingresso del capanno, una all’interno… sospetto anche di una in bagno. –
-Che maiale! –
-Ah, ovviamente un’altra inquadra il giardino sul retro. – concluse, rivolgendo un sorriso malizioso e soddisfatto alla sua amica Hanna.
Emily, a dir la verità un po’ assente fino ad allora, ebbe un sussulto. Ma nessuno lo notò.

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