Verdementa

di Fiamma Drakon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una coppia complementare ***
Capitolo 2: *** Gigli dichiarativi ***
Capitolo 3: *** Nina French ***
Capitolo 4: *** Appuntamento sotto le stelle ***
Capitolo 5: *** Un triste addio ***



Capitolo 1
*** Una coppia complementare ***


Verdementa 1_Una coppia complementare Una coppia complementare
Il sole di mezzogiorno brillava alto nel cielo senza nuvole della prateria. I suoi raggi caldi e luminosi illuminavano l’erba alta, donandogli un colore acceso e brillante. La giornata serena metteva di buonumore.
Nell’immensa distesa d’erba nulla si muoveva, tranne tre figure che procedevano lentamente, spossate dalla calura del mezzogiorno.
A capo dei tre, camminava una ragazza alta e pallida, con lunghi e ondulati capelli color cremisi che le circondavano il viso per poi scenderle in morbide ciocche sulle spalle e arrivarle fino al bacino. Le sopracciglia erano coperte da alcuni ciuffetti di capelli che le ricadevano sulla fronte a mo’ di frangia. Le sue iridi erano tinte d’una magnifica tonalità di rosso che le faceva somigliare a piccole fiammelle innocue.
Indossava una canotta nera aderente, un paio di jeans scuri strappati alle ginocchia e, nascoste da una grossa risvolta alla fine dei pantaloni, portava un paio di consunte scarpe da ginnastica bianche. I pantaloni erano sostenuti in vita da una sbiadita cintura marrone, alla quale era fissata una catenella d’argento che spariva poi nella tasca sinistra dei jeans.
Aveva un’andatura ed un portamento decisi, le spalle dritte. Pareva essere il classico tipo di ragazza che non andava contraddetta per nessuna ragione al mondo. Più che camminare, sembrava che stesse marciando verso una meta che desiderava raggiungere al più presto.
Subito dietro di lei camminava una bizzarra armatura che la superava in altezza di circa venti centimetri. Dalla sommità della testa gli spuntava un lungo pennacchio bianco che gli arrivava poco più giù delle spalle, sulle quali erano fissati due pezzi di metallo dai quali spuntavano tre punte ciascuno.
Pareva essere fatta di ferro, forse acciaio.
Rispetto alla ragazza, camminava con molta più calma. Pareva, al contrario di lei, un tipo tranquillo.
Molto più indietro di loro, camminava un ragazzo abbastanza... basso. Niente a che vedere con gli altri due suoi compagni di viaggio. Era alto forse un metro e cinquantacinque, massimo uno e sessanta. Il viso era circondato da due lunghi ciuffi di capelli biondi lasciati fuori dalla treccia che raccoglieva il resto della capigliatura. Fra l’attaccatura dei due ciuffi di capelli, se ne stava un capello ribelle, lievemente piegato.
Le palpebre erano calate quasi per metà sugli occhi, nascondendo un poco le grandi iridi color oro liquido.
Indossava un giubbino nero con il bavero rialzato a coprire una parte del collo e provvisto di zip, un paio di pantaloni, anch’essi neri, fermati in vita da una cintura di cuoio marrone, dalla quale pendeva una sottile catenella d’argento, la cui fine era nascosta nella tasca destra dei pantaloni e un paio di stivaletti, neri con le suole rosse, dall’imboccatura larga con uno spacco sul davanti, che si restringevano in corrispondenza delle caviglie, in modo che non si sfilassero. Sopra a tutto, indossava una lunga giacca rossa che gli arrivava fino alle ginocchia, dietro alla quale era disegnata una croce nera avvolta da un filo nero che si ricongiungeva poi con la punta del braccio in basso della croce. Alle mani portava un paio di guanti bianchi.
Camminava piano, con le spalle ricurve, trasportando una valigia.
In realtà, l’unico ad essere fiaccato dalla calura del mezzogiorno era proprio lui, il giovane Edward Elric, l’Alchimista d’Acciaio. Suo fratello minore Alphonse e Fiamma parevano non accorgersi neppure del caldo soffocante che pressava l’aria circostante.
Il biondo sbadigliò.
- Si può sapere quanto manca ancora prima di raggiungere la prossima città? Non so voi, ma io inizio ad avere fame... -
Silenzio. Sembrava che né Fiamma né Alphonse gli prestassero attenzione.
- Ti pareva che non si lamentasse un po’...? - mormorò la ragazza fra sé e sé, alzando gli occhi al cielo.
- Ed è sempre il solito! Quando imparerà a sopportare in silenzio? - pensò Alphonse, spazientito.
- Mi state ascoltando?! EHI! - esclamò Edward, irritato.
Fiamma si voltò di scatto, paonazza. - ABBIAMO CAPITO, MA A NESSUNO DI NOI INTERESSA!!! - urlò, fuori di sé.
Edward parve rimpicciolirsi ancora di più sotto quello sguardo che sembrava d’un tratto una vampata di fuoco pronta ad incenerirlo.
Lei ne aveva fin sopra i capelli delle sue lamentele. Non perché fossero stupide, anche se lo erano, ma per il semplice fatto che in appena due giorni di viaggio lei e Alphonse si erano dovuti sorbire circa una cinquantina di lamentele diverse da parte di Edward. Ormai tenere il conto era diventato il loro miglior passatempo durante le lunghe giornate di viaggio. Lei e Al si divertivano a rammentarsele la sera, prima di dormire, quando Edward era già nel mondo dei sogni.
Quando si fu accertata che il biondo avesse capito il messaggio, si voltò e riprese il cammino.
- Alchimista d’Acciaio un corno! Pensavo che avesse una maggior resistenza ai lunghi viaggi... Alphonse mi aveva detto che avevano viaggiato tanto prima che ci incontrassimo, ma non pensavo che lui potesse avere una pazienza tale da poter sopportare il tappo d’acciaio e le sue noiose lamentele per tre anni. Forse aspira a diventare santo, perché di questo passo lo diventerà di certo! Sicuramente fare da “angelo custode” all’Alchimista d’Acciaio non è un’impresa tanto facile, impulsivo ed energico com’è! Manderebbe fuori di testa chiunque abbia la sua stessa pazienza. Alphonse, invece, è di tutt’altra pasta: benché sia il fratello minore, si comporta come se fosse il più grande dei due e in effetti, forse è meglio così. Immaginarsi Edward nei panni del fratello maggiore fa un’impressione... -. Immersa nel proprio flusso interiore, la ragazza pareva non essersi resa conto che, alle sue spalle, Edward e Alphonse avevano iniziato a chiacchierare.
- Secondo te a cosa starà pensando? - mormorò Edward a bassa voce. - Non so... è concentrata... - gli rispose Alphonse. - Bah... valle a capire le femmine... - bisbigliò il biondo facendo spallucce. Il suo stomaco iniziò a brontolare. - Che fame... - esclamò in tono lamentoso. Be’... era un po’ difficile dargli torto, anche se per Al non era una questione degna di attenzione, nelle sue condizioni. Nonostante tutto, l’ultima volta che si erano fermati per mangiare era stata due giorni addietro, prima di partire. Durante il viaggio poi, Edward e Fiamma si erano accontentati di poco. Ora che erano vicini ad una qualche città, il biondo era di nuovo preda della fame.
Alphonse non gli rispose.
- Ragazzi! Ci siamo! Siamo arrivati! -. Le parole di Fiamma riecheggiarono nel subconscio di Edward con una forza tale che ebbe timore che il petto avrebbe vibrato. Erano davvero finalmente giunti alla meta, per quanto ignota e indefinita?
- Finalmente mangerò qualcosa di decente! - urlò Edward saltellando.
- Ti pareva... sempre il solito... - mormorò Alphonse fra sé. Fiamma aveva iniziato a correre. Era incredibile quanta energia potesse ancora avere in serbo quella ragazza, dopo due estenuanti giorni di cammino senza tregua. Edward, al settimo cielo, le corse dietro saltellando.
Al, rimasto indietro, si affrettò a raggiungerli, per evitare di perderli di vista: era incredibile la percentuale di probabilità che quei due avevano di combinare casini se lasciati da soli anche per pochissime frazioni di secondo.
Correre nell’erba alta della prateria era davvero un’impresa, ma riuscirono a farsi strada fino a che non furono nei pressi della città. Attorno alla periferia, l’erba era tagliata a formare un cerchio perfetto.
Entrati nel raggio del cerchio, i tre si avvicinarono. La prima cosa che li colpì furono i fiori. Non fiorellini di campo, margherite eccetera, ma un vero e proprio giardino botanico. Tutti i fiori che erano possibili da immaginare, probabilmente erano tutti lì. Le mura delle case erano di un caldo e vivace color crema. Alle finestre, vicino alle porte, sui balconi, decine, centinaia, migliaia di fiori. Addirittura ad una delle prime case i tre notarono una parete di gelsomini lunga quasi un metro, che scendeva giù da un balcone. Poi, c’erano rose, garofani, papaveri e chi più ne ha più ne metta. Insomma, più che una città, pareva una ricostruzione piuttosto ben riuscita del giardino dell’Eden.
All’imboccatura della strada che conduceva nella città, c’era un’arcata non molto spessa di marmo bianco. Le colonne che la sorreggevano erano avvolte da tralci d’edera. Sulla parte superiore dell’arcata, era riportato il nome della città: Lilium.
- Alla faccia della piccola cittadina di campagna! - esclamò Edward, meravigliato, guardandosi attorno.
- Che bella città allegra... - aggiunse Fiamma, sorridendo.
Percorsero la strada fino ad arrivare in una grande piazza, al centro della quale c’era una grossa fontana di marmo circondata di rose rosse. All’intorno, era stato allestito un mercato: c’era chi passeggiava tranquillamente osservando le bancarelle, chi faceva la spesa, chi si fermava a discutere. Dava l’impressione di una tranquilla città campagnola.
Fiamma si voltò verso i due Elric.
- Allora... ci fermiamo un po’ qui? - domandò. Lo stomaco di Edward brontolò. - A me va bene! - rispose immediatamente il biondo. Alphonse annuì.
- Bene, allora non ci rimane altro da fare che trovare un albergo e sistemare le nostre cose lì... poi mangiamo, così Ed si mette l’animo e lo stomaco in pace e poi decideremo cosa fare... okay? -. Il prospetto non dispiacque a nessuno. Senza aggiungere altro, Fiamma si avviò verso il centro della piazza.
Edward, Fiamma e Alphonse passarono la mezz’ora successiva a cercare un albergo. La ricerca fu un po’ difficile inizialmente, dato lo scarso orientamento in quel posto sconosciuto, ma alla fine ci riuscirono.
Presero due camere e sistemarono i bagagli, dopodiché pranzarono, con somma gioia di Edward.
Dopo pranzo, uscirono e girovagarono per la piazza. Di tanto in tanto, Fiamma si fermava ad osservare qualche fiore dalle tinte forti, soprattutto l’attiravano quelli rossi: aveva sempre avuto un debole per tutto ciò che era di quel colore. Nero e rosso erano i suoi colori preferiti e, soprattutto, le piaceva lo stridente effetto dei due colori messi insieme.
Più tardi, i tre si spinsero un po’ fuori della piazza.
Mentre percorrevano un’ampia strada alla periferia sud della città, incrociarono un tratto di fiume. Il sole risplendeva sulla superficie liscia dell’acqua cristallina e il suo riflesso mandava chiari bagliori sulla riva coperta da un sottile strato di erba verdeggiante. Qua e là, la superficie del fiume era punteggiata da ninfee dai colori sgargianti.
Fiamma si avvicinò estasiata al ciglio della strada, oltre il quale correva un dolce pendio erboso che conduceva alla riva del fiume.
- Che bello! - esclamò lei, scendendo giù. - Fiamma torna indietro! - la chiamò Edward, ma lei non gli diede ascolto: si sedette a gambe incrociate sul prato ad osservare l’acqua. Il biondo sbuffò, spazientito, prima di raggiungerla assieme ad Al.
- Fiamma... andiamo? - chiese il ragazzo, impaziente. - Che fretta hai? È ancora presto... non abbiamo creature alchemiche alle costole e nessuno ci sta aspettando. Dai, Ed... rilassati... è da tanto che non ci concediamo un po’ di tempo insieme, no...? - rispose lei con calma. Lui s’irrigidì e avvampò improvvisamente. Alphonse, alle sue spalle, osservava la scena divertito: era da tanto che non vedeva suo fratello così imbarazzato. Ovvio: Fiamma era una ragazza diretta, forse anche più di Edward. Il suo concetto di "eufemismo" era ben diverso da quello delle persone normali.
Imbarazzato al massimo, Edward si sedette accanto a lei e unì la sua mano sinistra a quella destra di Fiamma. Il sole fece risplendere di un singolare scintillio la mano della ragazza: a scintillare era stato l’argento dell’anello con rubino che lei portava all’anulare destro. Non era un anello da gran signora: la montatura era semplice, senza nessun ghirigoro arzigogolato. Pareva un piccolo serpente d’argento, nella cui testa stava incastonato un piccolo rubino. Quella era la prova tangibile del loro affetto, ciò che li teneva uniti come un legame invisibile e indissolubile.
Alphonse rimase in disparte ad osservarli: era incredibile come quei due potessero stare così bene insieme. Lui testardo e impulsivo, lei autoritaria e responsabile: si bilanciavano l’un l’altra. Anche se spesso litigavano, andava sempre a finire che si dimenticavano il motivo della disputa e tornavano uniti come prima. La loro non era una relazione a livello fisico, ma piuttosto a livello psicologico: erano l’uno il complementare dell’altra, come se fossero nati al solo scopo di completarsi.
Alphonse non poté fare a meno di ripensare a quando quella relazione era nata e alle novità che aveva portato con sé. Erano stati momenti che, a distanza di così tanto tempo, ricordava ancora perfettamente.
Si sedette a fissare i due in silenzio.
Pian piano, scivolò nei ricordi e ritornò con la mente a due mesi prima, quando tutto ebbe inizio...

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Capitolo 2
*** Gigli dichiarativi ***


Verdementa 2_Gigli dichiarativi Gigli dichiarativi
Era da poco sorto il sole.
Central City era ancora addormentata, mentre le prime luci dell’aurora iniziavano a illuminare il cielo da dietro le montagne.
Il giorno precedente si era concluso l’esame annuale per guadagnare il titolo di Alchimista di Stato: su cento candidati, solo cinque erano riusciti a conquistare tale titolo. Una fra questi era Fiamma Drakon, alla quale era stato assegnato il soprannome di Alchimista Cuorardente, per il segno nero e rosso, simile ad un foro da arma da fuoco, che aveva in prossimità del cuore.
Quella mattina, Edward si risvegliò madido di sudore, il battito del cuore accelerato, come se avesse corso la maratona dei cento chilometri. Erano già cinque notti consecutive che sognava Fiamma e la cosa iniziava ad infastidirlo, dato che il sogno terminava sempre con lei e lui in abiti nuziali davanti al colonnello Mustang nei panni del prete. Le possibilità erano solo due: o stava impazzendo o dietro all’amicizia con la ragazza c’era qualcosa di più... profondo. La seconda ipotesi era sopraggiunta qualche notte prima, quando si era ritrovato a sognarsi in spiaggia con lei, in un’atmosfera davvero romantica.
Le notti di incubi gli gravavano addosso come macigni e influivano non poco sul suo aspetto: quando andò in bagno a sciacquarsi il viso, nello specchio  vide riflesse due occhiaie paurose che gli cerchiavano gli occhi, facendolo somigliare ad un morto vivente. Dopo essersi sciacquato il viso, si sentiva un po’ più sveglio. Doveva esserlo: quella mattina avrebbero preso un treno per le regioni ad ovest di Central City. Si asciugò e, fra uno sbadiglio e l’altro, si vestì. Era incredibile quanto il sonno arretrato lo facesse sentire stanco. Quando si fu vestito, fece per avviarsi verso la porta, ma si fermò. Si voltò verso il letto e ci si sdraiò sopra. Lentamente le palpebre iniziarono a farsi pesanti. Stava ormai per cadere nuovamente addormentato quando la porta si aprì con uno schianto.
Edward sobbalzò e si mise ritto in piedi. Alphonse si alzò e spostò la sua attenzione alla ragazza ferma sulla porta. Fiamma era già vestita di tutto punto e fissava Edward senza sbattere le palpebre, sorpresa.
- Che cos’hai da guardare?! - chiese il biondo irritato. - Sei sicuro di stare bene? Hai delle occhiaie spaventose! - disse la ragazza. Edward si zittì, offeso. - Se ho queste occhiaie è solo colpa tua... - mormorò fra sé e sé.
- Allora... partiamo? Dove andiamo? -. Fiamma era evidentemente impaziente di partire.
- Il treno arriverà in stazione alle undici... non credi che sia un tantino presto per andare? - ribatté Edward con sarcasmo.
- Fratellone, forse è meglio se fai colazione... sinceramente: non hai una bella cera... - intervenne Alphonse.
- Uffa! Non ho niente che non va! - esclamò il biondo spazientito, precedendo i due fuori della camera. Sapeva che non li avrebbe convinti in quel modo, ma non aveva alcuna intenzione di essere oggetto delle loro preoccupazioni: sapeva benissimo cavarsela da solo.
Mentre si avviava verso la sala pranzo dell’albergo, si augurò che la colazione potesse ridargli un po’ delle forze perdute con le nottatacce degli ultimi giorni.
La colazione non sortì, purtroppo, gli effetti sperati. Edward non aveva affatto appetito, il che era parecchio strano. L’alchimista si limitò a mangiucchiare qualcosa e nient’altro. Fiamma e Alphonse lo guardavano fissi, con evidente preoccupazione.
- Ed... tutto bene? Non hai fame? - gli chiese Fiamma, allungando una mano verso la sua. Quando si sfiorarono, Edward avvertì una stranissima e spiacevole sensazione di imbarazzo mista a timore. Non gli era mai successo prima. Si sottrasse al tocco della ragazza. - No... non ho molta fame... - mormorò stancamente.
- Fratellone, non so Fiamma, ma io sono preoccupato... è da un po’ che ti comporti in modo strano... non mangi, parli nel sonno, hai quelle strane occhiaie... - disse Alphonse.
- Parlo nel sonno? - ripeté Edward sorpreso.
- Sì... qualche notte fa ti ho sentito che parlavi a proposito di un matrimonio con Fiam... -. Alphonse s’interruppe e scoccò un’occhiata alla ragazza, immobile seduta accanto a lui. Era improvvisamente diventata rigida. I suoi occhi dalle iridi ardenti fissavano Edward con terrore. Sembrava essere sull’orlo del pianto.
- ... un matrimonio con Fiamma... - terminò con voce flebile. Si alzò automaticamente e si allontanò con una rapidità che rasentava il soprannaturale.
Gli occhi di Alphonse ritornarono sul fratello, che stava a capo chino, con gli occhi spenti.
- Stavi sognando di sposarti con Fiamma davvero? - chiese Alphonse in un sussurro. Edward non poté far altro che annuire: non poteva certo mentirgli così spudoratamente.
- Adesso inizio a capire il perché di quelle occhiaie... - sussurrò Alphonse, più a se stesso che a Edward. Il biondo sospirò, afflitto.
- Non so più cosa fare! Ho paura perfino di andare a dormire, ma tanto poi il sonno arretrato ha la meglio e mi ritrovo punto e a capo la mattina dopo. È un inferno, non ce la faccio più! - esclamò. Sembrava essere sollevato di poter raccontare a qualcuno i sentimenti degli ultimi giorni. Alphonse non lo interruppe. - Sono dibattuto con me stesso. Sto impazzendo per tutto lo stress degli ultimi giorni? Oppure è realmente possibile che la ami? E perché l’amore, se davvero di questo si tratta, fa così MALE?! Io non resisto più Al! Lo sai, non sono mai stato bravo con le faccende di cuore, non sono mai stato innamorato di nessuna, non so cosa voglia dire, so solo che stare con lei mi fa male dentro. Voglio poter dormire di nuovo, parlarle di nuovo senza sentire dolore... voglio di nuovo una vita NORMALE! -. Edward si zittì: probabilmente si era sfogato a sufficienza. Alphonse rimase in silenzio ancora qualche istante.
- Per me dovresti provare... in fondo, se la ami, dirle che ti piace dovrebbe farti sentire meglio. Magari potresti anche scoprire che lei ricambia quello che ipoteticamente provi per lei... se non è d’amore che soffri, allora dovrò portarti da un bravo psicanalista... - disse Al. Edward rimuginò qualche istante sui pro e i contro di quello che Alphonse gli aveva appena consigliato e decise di provare: se la sua crisi emotiva era dovuta ad altro, si sarebbe abbandonato alle cure di uno psicanalista. Sarebbe stato molto meglio che passare il resto della vita chiuso in un manicomio con la camicia di forza.
Il biondo si alzò e si avviò verso la camera di Fiamma: era certo di poterla trovare lì.
- Ah, fratellone... perché non provi a portarle dei fiori? Penso che si sia offesa per prima... - disse Alphonse.
- Offesa... sono io quello che rischia di finire con la camicia di forza a quindici anni e lei si offende per cose del genere... bah! Però forse Al ha ragione... - mormorò fra sé e sé il biondo.
Prima di andare da Fiamma, Edward uscì, diretto in centro.
Nel frattempo, nella camera di lei, Fiamma era in preda ad un contrasto emotivo. Camminava furiosamente avanti e indietro di fronte alla finestra, guardando a terra, rimuginando fra sé: - È tutta colpa mia! È a causa mia che Edward si comporta in modo strano! Non avrei mai pensato che potesse soffrire per sogni che ho anch’io! Oh... forse è meglio se li lasciassi viaggiare da soli, così Edward non soffrirebbe più. Perché sono causa di tutti questi problemi?! Se l’avessi saputo me ne sarei andata subito dopo la fine dell’esame ieri pomeriggio e me ne sarei tornata a casa... dopotutto, non era mia intenzione creare loro tutti questi disagi... -. Questi e molti altri pensieri affollavano la mente della ragazza, competendo fra loro per attirare l’attenzione di lei su di essi. Il rimorso per tutto quello che era successo e la consapevolezza di esserne la causa erano due degli innumerevoli pugnali che sfregiavano nel profondo il subconscio della ragazza. Erano ferite che, prima o poi, sapeva che si sarebbero rimarginate: in fondo, erano solo ferite emotive. Era riuscita a sopravvivere alla morte del suo migliore ed unico amico d’infanzia, sarebbe riuscita a sopravvivere anche a quello. Era terribilmente doloroso separarsi senza aver avuto una chance con Edward, senza potergli dire addio, ma se l’avesse rivisto un’ultima volta prima di andarsene sarebbe stato tutto più difficile.
La ragazza alzò lo sguardo e iniziò a preparare i suoi bagagli. Fu una cosa veloce, dato che viaggiava leggera. Appena ebbe concluso, si sedette sul letto e fissò il cielo azzurro oltre la finestra. Non poteva finire così, ma doveva. Era inevitabile. Se fosse rimasta, Edward avrebbe continuato a soffrire. Partendo, avrebbe impedito almeno a lui di provare altro dolore. Aggiungere altra sofferenza a quella che già provava dopo aver perso Dario non era niente per lei, dato che la trasmutazione umana che le aveva portato via Dario le aveva anche strappato parte della sua anima. La sua sfera emotiva era stata molto danneggiata dal suo tentativo di invadere il territorio divino, il tentativo di sottrarre Dario a una morte inevitabile e le emozioni che provava erano più deboli rispetto a prima di quella trasmutazione. Sarebbe stato facile per lei guarire da quel dolore: uno o due anni, forse di più, ma aveva la certezza di superare la separazione. In fondo, nella vita si incontrano tante persone, ma bisogna anche saper dire addio. Quella era una di quelle volte.
Fiamma sospirò e si alzò. Prese il suo zaino e stava per metterselo in spalla, quando qualcuno bussò alla porta della camera. Sorpresa, poggiò il bagaglio e andò ad aprire. L’unica cosa che vide furono fiori. Tantissimi fiori dai petali bianchi che, ad una più attenta analisi, giudicò essere gigli. Arrossì, imbarazzata, mentre si sporgeva per cercare di vedere chi ci fosse dietro a quel mazzo di gigli. Poi lo vide: un capello biondo ribelle ritto fra l’attaccatura di due ciuffi più consistenti di capigliatura bionda.
- Edward... - mormorò, spostando il mazzo. Dietro poté chiaramente osservare il viso del giovane Alchimista d’Acciaio: teneva gli occhi bassi, aveva le guance infiammate e si mordeva nervosamente il labbro inferiore, evidentemente a disagio.
- Ehm... ecco io... - esordì lui. Fiamma si fece da parte per farlo passare. Lui entrò nella camera di lei e si fermò in mezzo alla stanza. - Allora... che cosa vuoi? - domandò lei in tono molto più scortese di quanto volesse. Edward parve ritrarsi un poco, ma sembrava deciso. Inspirò a fondo e iniziò: - Fiamma... io volevo dirti che... mi piaci. Sì... mi piaci e... -. S’interruppe quando sentì dentro di sé un immenso sollievo, come se si fosse tolto un enorme peso dalla coscienza. Alphonse aveva ragione: soffriva d’amore. Era davvero innamorato di Fiamma, anche se non riusciva ancora a capacitarsi di come o perché fosse accaduto tutto ciò.
Da parte sua, Fiamma non poté fare a meno di rimanere in silenzio, visibilmente scioccata. Forse si era tutto un sogno, doveva esserlo di sicuro. Nella realtà Edward avrebbe mai avuto il coraggio di dirle una cosa simile? Ma soprattutto, avrebbe mai potuto provare amore verso una come lei? Fiamma sbatté più volte le palpebre: era certamente la realtà. Lei avanzò sicura verso il ragazzo, ancora immobile e imbarazzato al centro della stanza. Prese il mazzo di gigli e lo lanciò sul letto, in modo da avere libero lo spazio che la separava da lui e lo baciò. Quello era il suo primissimo vero bacio. Dal canto suo, Edward era rimasto sorpreso dalla mossa improvvisa della ragazza, ma era troppo stordito dalla felicità per potersi sottrarre volontariamente a quel bacio. Si sentiva benissimo, una sensazione nuovissima, mai provata in vita sua. Come fosse un riflesso condizionato, le cinse i fianchi con le braccia, come a proteggerla da un pericolo inesistente.
Fiamma si sentì ardere le guance e, a malincuore, si sciolse dal bacio. Fissò Edward dritto nelle sue profonde iridi color oro: sembravano vive, pronte ad emanare scintille.
- Fiamma... io ti... -. Il dito di lei scivolò lentamente sulle sue labbra, zittendolo.
- Non dire altro. Lo so già... ti amo anch’io - mormorò lei. Il suo tono di voce caldo e affettuoso fece letteralmente sciogliere il biondo, che avvampò di nuovo.
Fiamma lo vide armeggiare con la giacca rossa, alla ricerca di qualcosa. Poi, quando finalmente trovò quello che cercava, arrossì ancor di più: era arrivato il momento più imbarazzante e sincero della sua vita, l'unico modo che aveva per assicurarsi una forse momentanea pace interiore, almeno per quanto riguardava le faccende amorose. S’inginocchiò e le mostrò una piccola scatola nera, dentro alla quale si scorgeva un anellino d’argento simile ad un serpente, nella cui testolina era incastonato un piccolo rubino.
- Oh... Edward...! - esclamò lei, arrossendo. Lui sembrava essere ancora più imbarazzato di prima: si sentiva un emerito imbecille, eppure era assolutamente convinto di quello che stava facendo.
- Fiamma... vorresti farmi l’onore di diventare la mia fid...! -.
- SÌ! Oh, sì Edward, sì! - esclamò lei, felicissima. Edward si rialzò, spiazzato da una reazione tanto energica e le infilò l’anello all’anulare destro. Fiamma lo osservò, estasiata, prima di abbracciare Edward, che ricambiò l’abbraccio con energia.
Alle undici di quella stessa mattina, Edward, Fiamma e Alphonse partirono verso le regioni dell’ovest...
- AL! Ehi, Al! Mi senti?! È ora di andare! -. La voce di Edward riportò bruscamente Alphonse alla realtà. Si volse per guardarsi attorno e notò Fiamma e Edward sul ciglio della strada, mano nella mano.
- Eccomi, arrivo! - esclamò Alphonse, salendo di corsa su per il pendio erboso.
Il pomeriggio era trascorso velocemente. Ormai il sole era prossimo al tramonto e tingeva il cielo di calde tonalità tendenti al rosso e all’arancio. Era uno spettacolo meraviglioso.
Il trio fece ritorno all’albergo, dove Edward e Fiamma cenarono.
Successivamente, i tre si diressero verso le loro stanze. Fiamma si fermò fra le camere e si voltò verso gli altri due.
- Be’... qui ci separiamo. Buonanotte! - esclamò, baciando Edward su una guancia.
- Separarci... guarda che non andiamo mica tanto lontano... ci vediamo domattina... ‘notte... - mormorò, avviandosi nella camera a destra, seguito da Alphonse. Fiamma entrò nella sua stanza e si preparò per la notte. Stanca dopo la lunga giornata e i due giorni di viaggio, la ragazza cadde quasi istantaneamente in un sonno profondo.
Nella camera accanto, mentre Alphonse se ne stava tranquillo steso sul letto aspettando di prendere sonno, Edward si spogliava: si sciolse i capelli, che gli ricaddero in una pioggia di sottili fili d’oro sulle spalle, si tolse la giacca rossa, il giubbino nero, i pantaloni e gli stivaletti, che appoggiò ad una sedia ai piedi del letto. In canottiera e mutande, il ragazzo s’infilò sotto le coperte.
- ‘notte Al... - farfugliò, già mezzo addormentato.
- Buonanotte fratellone... - gli rispose l’altro.
Edward, spossato dalle lunghe giornate di viaggio, scivolò rapidamente nel sonno, mentre Alphonse, nel letto accanto, veniva lentamente avvolto da un tranquillo torpore.

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Capitolo 3
*** Nina French ***


Verdementa 3_Nina French Nina French
Quando Alphonse si risvegliò, il mattino seguente, avvertì il quieto russare regolare di suo fratello Edward, ancora beatamente addormentato nel letto accanto. Era incredibile quanto potesse essere pigro suo fratello, le guerre che doveva fronteggiare tutte le mattine quando doveva svegliarlo. Fortuna che ad aiutarlo aveva Fiamma, altrimenti non aveva idea di come potesse riuscire in quell’impresa titanica che era riuscire a svegliare il famoso Alchimista d’Acciaio.
Cercando di non far rumore, si alzò. Dalla finestra entrava una tenue luce rosata. Era l’alba. Non era mai stato un gran dormiglione, come Edward, perciò non si stupì affatto del fatto di essersi svegliato alle idi del mattino. C’era abituato. Uscì dalla camera e, senza fare rumore, uscì anche dall’albergo. Le strade erano completamente deserte. Probabilmente era l’unico essere vivente al mondo ad avere una sveglia incorporata regolata su “sveglia all’alba”. Oppure era l’unico stupido ad uscire a quell’ora, ma stare da solo di tanto in tanto gli faceva bene. Dopo aver girovagato un po’ per la città, riprese la strada del giorno prima per il fiume: era un posto tranquillo dove probabilmente non si fermava mai nessuno e, se Fiamma e Edward fossero andati a cercarlo, probabilmente avrebbero iniziato dai posti che conoscevano.
In breve, Alphonse arrivò alla strada che fiancheggiava il fiume. Sembrava deserta pure quella. Poi... gli occhi di lui caddero su una figura esile, che fissava il fiume. Era indistinguibile da quella distanza, ma era evidente che fosse una ragazza. I lunghi capelli neri erano una macchia corvina che si mescolava al viola scuro dei suoi vestiti. Quando Alphonse la vide rimase estasiato, mentre un sentimento nuovo che mai aveva provato fino ad allora si faceva lentamente strada dentro di lui...
Era attratto da lei come una scheggia di ferro da un magnete. Fece un passo avanti e lei portò immediatamente la sua attenzione su di lui. Rimase in quella posizione per qualche istante, prima di voltarsi e correre via, sparendo alla vista. Alphonse era ancora immobile, lo sguardo fisso sul punto dove pochi istanti prima era ferma la ragazza. Sembrava in stato catatonico. Era senza parole. Che cosa aveva quella ragazza di così... magnetico? Perché si sentiva vuoto, privato di tutto? Anche se era solo un’anima sigillata ad un’armatura, era pur sempre umano e come tale avrebbe dovuto provare emozioni e pensare. Nell’istante in cui quella ragazza lo aveva guardato, tutto era sparito, lasciandolo completamente vuoto: niente emozioni, niente pensieri.
Fece un passo avanti, incerto. Pian piano, riprese il controllo di sé e scese lungo il pendio erboso che conduceva alla riva del fiume. Si sedette sull’erba e fissò lo sguardo sulla superficie cristallina e perfettamente liscia del corso d'acqua.
La domanda che gli martellava nella mente era solo una, ma lo opprimeva come mai nulla prima di quel momento: - Che cosa di lei lo attraeva a quel modo? -. Difficile dare una risposta, anche perché lui stesso non sapeva precisamente cosa era successo pochi minuti prima. L’unica certezza era che qualcosa era successo. Una ben misera constatazione, ovvia. In quei casi, era Edward quello “bravo ad affermare l’ovvio”. Lui era più profondo e trovava nelle circostanze qualcosa di più. In quel momento, però, non riusciva a trovare niente di coerente e non ovvio riguardo a ciò che era appena accaduto. Circostanza davvero bizzarra, più unica che rara.
- AL! EHI, AL! - gridò una fin troppo familiare voce maschile. Alphonse ritornò bruscamente alla realtà e si voltò verso la strada, dalla quale Edward si stava sporgendo per cercarlo. Quando finalmente il biondo lo vide, scese lungo il pendio e lo raggiunse.
- Finalmente ti ho trovato! Fiamma si è presa un infarto quando è venuta a svegliarmi e te non c’eri. Il bello è che ha fatto prendere un colpo pure a me! Mi ha letteralmente trascinato a cercarti... - disse, mostrandogli il polso sinistro, sul quale erano impressi quattro segni da un lato e uno dall’altro. Evidentemente erano i lividi lasciati dalla salda presa della ragazza. Edward si massaggiò il polso.
- Ha una presa che ha dell’incredibile, mi sembrava di avere il polso chiuso in una morsa d’acciaio! Speriamo che guariscano alla svelta... - mormorò. Alphonse chinò la testa.
- Al... c’è qualcosa che non va? Sembri strano... - indagò Edward, sedendosi accanto a lui, guardandolo. Se avesse potuto, Alphonse sarebbe arrossito.
- No... niente. Dai, andiamo da Fiamma... - disse, alzandosi: non voleva che suo fratello sapesse cosa gli era successo.
Edward lo seguì con lo sguardo, incuriosito dal suo bizzarro comportamento. Era davvero strano che Alphonse si comportasse in modo così anomalo. Non fece domande e si limitò a seguirlo sulla strada verso l’albergo.
- AL! Si può sapere dov’eri finito?! - esclamò Fiamma appena vide Alphonse entrare nell’atrio. - Sono uscito presto... non volevo farti preoccupare... - rispose lui, a disagio. Fiamma sospirò, cercando di riprendere un briciolo di contegno.
- Allora... dove si va oggi? Si torna al fiume? - domandò. - NO! Al fiume no! - la interruppe Alphonse, scuotendo energicamente la testa. Gli occhi degli altri due saettarono su di lui in contemporanea.
- Ehm... cioè... perché non andiamo da qualche altra parte? - azzardò lui. Il ricordo della ragazza lo aveva indotto a fermarli prima di rendersene conto. Fiamma continuò a tenere gli occhi fissi su di lui, senza sbattere le palpebre. Era terribile sentirsi quegli occhi fiammeggianti addosso. - Allora? - chiese Alphonse. - Va bene... facciamo un giro... - gli rispose Fiamma con voce inespressiva, precedendo lui e Edward fuori dall’albergo.
Se non altro, fare un giro avrebbe dato l’opportunità ad Alphonse di dimenticarsi dell’incontro di quella mattina, ma non sembrava proprio che quell’incontro sarebbe rimasto un fatto isolato. Tutto in quel posto, chissà come o perché, gli ricordava quella ragazza. Era strano, eppure Alphonse aveva come la sensazione che presto l’avrebbe rivista.
Le ore trascorsero inesorabili, mentre Alphonse veniva consumato dalla certezza che l’avrebbe rivista. Quel pensiero gli provocava una sensazione che non aveva mai provato né sapeva spiegarsi. Gli ricordava la speranza, ma era un sentimento molto più pressante.
A mezzogiorno, Edward e Fiamma pranzarono. Successivamente, il trio ritornò in piazza. Dopo circa mezz’ora, Fiamma si avvicinò ad Alphonse.
- Perché sei così strano oggi? Ti è successo qualcosa? - gli chiese, fissandolo. Edward camminava davanti a loro e, apparentemente, sembrava non accorgersi della discussione.
- No... non mi è successo niente... - mentì lui.
- Al... anche se sei un’anima legata ad un’armatura, sei un libro aperto. È facile capirti, anche per chi, come me, ti conosce da poco... c’è sicuramente qualcosa che non va... - gli disse la ragazza. Alphonse si dibatteva interiormente: glielo doveva dire o doveva continuare a far finta di niente? Soppesò accuratamente i pro e i contro di ciascuna opzione e scelse per la verità: non era mai stato bravo a mentire.
- Be’... ecco, il fatto è che... - s’interruppe quando vide dove si trovavano. Nell’ultimo tratto di strada non aveva fatto caso a dove andava e seguiva suo fratello che, per qualche strana e perversa ragione, lo aveva riportato sulla strada che costeggiava il fiume.
Quando si fermò, si voltò verso di lui. Ma Alphonse non lo guardava minimamente: la sua attenzione era concentrata tutta sull’esile figura che era ricomparsa nello stesso punto di quella mattina. Fiamma seguì lo sguardo dell’armatura e s’irrigidì quando puntò gli occhi sulla ragazza.
- Non è possibile... è davvero...? - mormorò Fiamma. La ragazza fece un passo avanti e la figura femminile dai capelli neri si voltò verso di loro. Rimase a fissarli per qualche istante poi, molto lentamente, iniziò ad avvicinarsi.
Fiamma fece qualche passo avanti, fino a fermarsi accanto a Edward. L’altra ragazza si avvicinò ancora, scrutando Fiamma. Più si avvicinava, più Alphonse iniziava a scorgere nuovi particolari: il suo sguardo, i vestiti, i capelli... era una ragazzina come tante altre.
Quando fu proprio di fronte a Fiamma, la mora rimase immobile a fissarla, mentre Alphonse la osservava. Era alta all’incirca quanto Fiamma. Aveva lunghi capelli lisci neri che le arrivavano fino ai gomiti e, in fondo, erano tinti d’un verde delicato e tenue, che ricordava molto la menta. In breve, un verde menta delicato. Le ciocche le ricadevano come fili di seta nera attorno al viso pallido. Sulla fronte le ricadevano alcuni capelli più corti, che però lasciavano scoperte le sottili sopracciglia nere. Gli occhi erano grandi e le iridi azzurre somigliavano al colore del cielo terso del mattino. Indossava una maglietta scollata viola che le lasciava scoperto l’ombelico, una gonna viola che le arrivava fino alle ginocchia e un paio di stivali neri con il tacco basso. La gonna era sostenuta in vita da una sottile cintura nera. La corporatura snella la faceva sembrare più aggraziata.
No. Non era come le altre: tutto di lei sembrava enfatizzare quell’osservazione. Al primo impatto ad Alphonse era parsa una ragazzina comune, ma dopo averla squadrata con molta più attenzione, era arrivato alla conclusione che quella ragazza non era... normale. Era qualcosa di più. Di nuovo, Alphonse avvertì la stranissima sensazione che aveva provato quella mattina. Era un’emozione forte, che non era ancora riuscito a definire con certezza. Sapeva solo che era un’emozione che, in misura molto minore, aveva già provato. L’esatta definizione gli sfuggiva di pochissimo.
- Nina...? - mormorò Fiamma, sorpresa.
- Fiamma...? Fiamma Drakon? - le rispose la ragazza in un sussurro. Si strinsero in un abbraccio che lasciò Edward e Alphonse allibiti.
- Voi due vi conoscete? - chiese Edward. Alphonse era senza parole.
- Certo! Prima che mi trasferissi a Jujika, dove mi avete incontrata, lei era la mia migliore amica... - spiegò Fiamma.
Quando l’altra si staccò dall’amica, i suoi occhi saettarono verso Alphonse, che s’irrigidì, imbarazzato.
- Fiamma... chi è lui? - domandò Nina, accennando lievemente ad Al con il capo. La voce della ragazza somigliava al lieve tintinnare del cristallo. Era una voce chiara, flebile, ma perfettamente udibile. Fiamma scoccò un’occhiata sorpresa ad Alphonse, che non accennò parole né movimenti, poi si rivolse di nuovo all’amica: - Lo conosci? - chiese, incuriosita.
- Non proprio... ci siamo incontrati di sfuggita questa mattina... - spiegò Nina. Gli occhi di Fiamma ritornarono su Alphonse. La ragazza inarcò un sopracciglio in modo assai eloquente. Alphonse distolse lo sguardo, imbarazzato. Edward gli diede una lieve gomitata al fianco.
- Meno male che non era successo niente... - mormorò maliziosamente.
- Bene! - esordì Fiamma. Prese per mano Nina e la portò di fronte ad Alphonse, spostando Edward.
- Alphonse... questa è Nina French... Nina... questo è Alphonse Elric... - li presentò la rossa. Nina si strinse nelle spalle, a disagio. Alphonse abbassò lo sguardo, imbarazzato. Era la prima volta che si trovava in una situazione del genere. Il “sentimento ignoto” era ancora più forte ora che Nina era vicina a lui.
Mentre Alphonse rialzava lo sguardo, la sua attenzione cadde sulla catenella argentata che portava fissata alla cintura.
- Sei un’Alchimista di Stato? - chiese, curioso. Nina abbassò lo sguardo sulla catenella ed estrasse da una tasca della gonna un orologio d’argento a carica manuale finemente cesellato, con su impresso l’araldo dell’esercito.
- Sì... ho sostenuto l’esame l’anno scorso... Alchimista Verdementa - rispose lei, lievemente rossa in viso.
- Anche noi siamo...! - esordì Edward, tanto per farsi considerare un po’, ma Fiamma lo afferrò per la treccia e lo trascinò indietro.
- Taci, Ed...! - mormorò a denti stretti. - Ahi, ahi! Mi fai male! - esclamò lui.
Alphonse e Nina si fissarono: le iridi azzurre di lei erano come calamite per lui, mentre i secondi passavano inesorabilmente scandendo quei meravigliosi istanti. Nina si avvicinò a lui, le guance tinte lievemente di rosso. Alphonse si mosse automaticamente verso di lei e in pochi, brevissimi movimenti furono l’uno dinanzi all’altra.
- Guarda Ed... non trovi che siano... carini? - mormorò Fiamma. - Sì, tutto quello che vuoi... mi lasci andare? Sto buono... dai! Lasciami! - esclamò lui, dimenandosi nel tentativo di sottrarsi alla micidiale morsa della ragazza, che teneva saldamente la treccia di capelli biondi come se fosse un guinzaglio.
Nina e Alphonse si scontrarono dolcemente l’un con l’altra. La differenza era smisurata: lui un’enorme armatura di quasi due metri, lei una fragile bambolina di porcellana al confronto. Una leggera brezza soffiò sulla strada, agitando un poco i capelli corvini di Nina. La fine dei ciuffi di capelli color verde menta delicato si muovevano lievemente. Così, a parere di Alphonse, era ancora più bella.
Rimasero in silenzio, così da non rischiare che discorsi detti a sproposito rovinassero quel momento.
- Ehm... Alphonse... - disse Nina timidamente, guardandolo più intensamente di prima.
- Sì...? - domandò lui esitante.
- Ti... ti andrebbe di uscire domani sera? - chiese lei. Per qualche istante, Alphonse rimase in silenzio: la domanda stava arrivando alla sua mente. Quando fu recepita, elaborata e fu inviata la risposta, lui parve riprendersi.
- Sì. Perfetto! - rispose. Lei si aprì in un raggiante sorriso e, alzandosi sulla punta dei piedi, diede un bacio ad Alphonse.
- Ti aspetto domani in piazza alle sette... - disse, prima di fare un passo indietro e allontanarsi.
Lui rimase lì, immobile, come inebetito. - Sei libero di andare... - disse Fiamma, mollando la presa sulla treccia di Edward. Quest’ultimo si avvicinò ad Alphonse.
- Ti piace, eh? Lo ammetto... non è male... - disse il biondo, in tono di chi la sapeva lunga.
- Prego?! - ringhiò Fiamma alle sue spalle. Lui si voltò. - Eh... no, cioè... non intendevo dire che è più bella di te... esprimevo un giudizio! - si giustificò lui, cercando di calmarla.
- Uhm... lo spero per te... - mormorò Fiamma a denti stretti. - Alphonse dove intendi andare domani con lei? - chiese poi la ragazza, voltandosi verso l’armatura immobile al suo fianco.
- Ehm... Al?! - chiese Fiamma, agitandogli una mano davanti al viso. Niente.
- Che cosa credi che gli sia successo? - mormorò lei, preoccupata, rivolta a Edward.
- È andato in stato catatonico, però... ho la soluzione! - disse il biondo, alzando un dito, come se avesse avuto una immediata illuminazione.
- Ed, quando fai così mi metti paura... - commentò Fiamma. Edward la ignorò e si voltò verso Alphonse.
- Guarda Al! C’è Nina! - esclamò.
- Dove?! - domandò l’armatura, guardandosi intorno.
- Visto? Te l’avevo detto che avevo la soluzione! - disse Edward orgoglioso.
- Ma se non sai neanche che cosa vuol dire “catatonico”! - ribatté Fiamma.
Alphonse sospirò, afflitto.
- Che cos’hai? Sei triste? - chiese la ragazza, lasciando perdere Edward. L’armatura non rispose immediatamente.
- No... è solo che... non so come comportarmi con lei... è... difficile... non sono mai uscito con nessuna... - mormorò Alphonse. Edward scoppiò a ridere.
- Tsk! E io che pensavo fossi angosciato per chissà che! Guarda che anch’io non sono mai uscito con Fiamma! - esclamò.
- Ma la sua è una situazione diversa... non uscirei con te per niente al mondo, anche se stiamo insieme... tanto dovrei farti da babysitter e preferisco evitare l’esperienza... - disse la ragazza.
- Non è giusto! Sei cattiva! - ribatté il biondo.
- Dai, Al... vedrai che andrà tutto bene... - lo consolò lei. Il pomeriggio trascorse lentamente, mentre Alphonse si consumava rimuginando sulla sera successiva. Aveva quattordici anni, non era ancora in grado di sostenere tutto quello stress! Fortunatamente il “Fiamma Pronto Intervento” era a due passi. Se non ci fosse stata lei, avrebbe dovuto fare uno sforzo e chiedere comprensione a Edward e, probabilmente, non ne avrebbe avuta. Ma perché le questioni di cuore erano tanto spinose? Forse era nel DNA Elric l’assoluta negazione per tutto ciò che riguarda le faccende di cuore...
No. Doveva rimanere calmo, doveva ritornare Alphonse Elric.
Il pomeriggio era finalmente trascorso. Alphonse era seduto sul suo letto, gli occhi fissi sul cielo stellato fuori della finestra dell’albergo, mentre Edward parlava al vento, convinto che suo fratello lo stesse ascoltando.
Niente. Era ancora lo stesso Alphonse di sempre, eppure si sentiva in qualche modo diverso. Non si sarebbe mai aspettato una situazione del genere, almeno, non in un posto come quello. Ma Nina era... Nina. Semplicemente se stessa. Odiava essere tanto ovvio, ma non trovava niente per esprimere cosa suscitava in lui quella ragazza. Erano sentimenti confusi, difficilmente riconoscibili, anche se il “sentimento ignoto” era sempre lì in agguato, pronto a ritornare all’attacco.
- Al?! Ehi, Al! Mi senti? AL! -
Alphonse alzò lo sguardo e si ritrovò suo fratello Edward davanti, a meno di mezzo millimetro di distanza dalla faccia.
- Sì...? - mormorò l’armatura.
- Posso... parlarti? - chiese Edward. Aveva un tono di voce diverso, più... maturo? Il biondo si sedette accanto al fratellino. Dallo sguardo di lui Alphonse capì che stava per arrivare uno dei rarissimi momenti nei quali Edward faceva la parte del fratello maggiore. Faceva impressione pensare una cosa del genere, eppure era così.
- Senti, Al... riguardo a questa storia di Nina... non credo che dovresti preoccuparti così tanto... sembra più una croce che un amore... senti... - Edward s’interruppe e sospirò, a disagio - ah... uffa! Non so cosa dirti! Non sono bravo in questo genere di situazioni! Ascolta... quando... cioè prima... insomma! Prima che mi fidanzassi con Fiamma... incredibile, non avrei mai creduto che sarei riuscito a dire una cosa del genere, comunque... anch’io avevo qualche crisi, ma non ero così... esplicito... insomma... voglio dire... io almeno mi sfogavo nel sonno, anche se non era precisamente piacevole, ma almeno era un modo, anche se involontario di tenermi la storia di Fiamma per me... ora, questo fatto di Nina, penso che ti stia prendendo un po’ troppo... non voglio dire che tu debba lasciar perdere, accidenti, solo che mi sembra strano vederti così... turbato... insomma... non è una cosa che capita tutti i giorni... quello turbato di solito sono io! - concluse il biondo. Alphonse rimase in silenzio ancora per qualche istante.
- So che non avrai capito nulla di quello che ti ho detto, ma non sono bravo in questi frangenti... - aggiunse poi Edward, imbarazzato. Si alzò e si diresse verso il proprio letto.
- Aspetta... fratellone... - mormorò Alphonse. Edward si voltò, sorpreso.
- Sì...? - chiese.
- Ehm... sono contento che tu abbia provato a... consolarmi. Apprezzo il gesto e, in un certo senso, ho capito cosa volevi dirmi: niente preoccupazioni. Ho capito - disse Alphonse.
- Davvero? Meno male... credevo di essere proprio negato nelle questioni da “fratello maggiore”... - esclamò Edward.
Il biondo sbadigliò vistosamente.
- ‘notte Al... - mormorò, infilandosi sotto le coperte. Alphonse, rincuorato dal tentativo di suo fratello di tirarlo su di morale, gli rispose: - Buonanotte fratellone... -.
Il leggero russare di Edward giunse ben presto ad accompagnare il quieto dormiveglia di Alphonse, che attendeva con trepidazione il giorno seguente, quando avrebbe potuto rivedere Nina.
Dopo quasi un’ora, anche Alphonse prese finalmente sonno. 

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Capitolo 4
*** Appuntamento sotto le stelle ***


Verdementa 4_Appuntamento sotto le stelle Appuntamento sotto le stelle
Il mattino seguente Alphonse si svegliò calmo e rilassato. Rimase disteso sul proprio letto a fissare il soffitto, sovrappensiero, mentre questo veniva illuminato dalla luce del sole che iniziava a filtrare attraverso la finestra.
Quella mattina si era svegliato un po’ più tardi del solito. Purtroppo, la quiete che aveva trovato grazie al sonno non durò troppo a lungo. Verso le sette, Edward si svegliò. Era un evento che aveva dell’incredibile: una delle più uniche che rare occasioni nelle quali si svegliava completamente da solo! Sbadigliando, si alzò e, mentre si stiracchiava, esclamò: - Allora, stasera esci con Nina, vero? -. La fortezza di tranquillità che era andata formandosi nell’inconscio di Alphonse durante la notte fu totalmente rasa al suolo da una semplice frase, una frase che sortì l’effetto di una bomba atomica.
Demolito il forte di quiete interiore, l’angoscia prese di nuovo possesso di Alphonse, mentre Edward si vestiva, ignaro del micidiale effetto delle sue parole.
L’appuntamento era fissato per quella stessa sera. Non c’era neanche il tempo di organizzarsi. Nonostante la sera prima suo fratello e Fiamma gli avessero detto di stare calmo, di calma non ne aveva neanche un po’. Ogni minuto che passava diventava sempre più nervoso. Prima o poi sarebbe stato assalito da una crisi di panico esagerata. Il suo nervosismo, in qualche modo, attirò l’attenzione di Edward, che si voltò verso suo fratello, visibilmente preoccupato. - Al? Al, tutto bene? - chiese, avvicinandosi. Alphonse annuì meccanicamente. In occasioni di assoluto nervosismo come quella, sia lui che Edward andavano in automatico: si muovevano, pensavano e parlavano senza che la coscienza intervenisse. Erano occasioni rare, ma già verificatesi.
Alphonse continuava ad annuire, benché Edward avesse ormai afferrato il concetto. - Ehm... Al? Guarda che ho capito... - mormorò il biondo. Niente da fare: Alphonse continuava ad annuire fissando davanti a sé, imbambolato. - Dannato automatismo... - sussurrò a denti stretti il biondo, chinandosi davanti al fratellino. Ovviamente, essendo Alphonse un’anima legata ad un’armatura, non poteva prenderlo a schiaffi, come invece faceva Alphonse quando ad andare in automatico era lui. - AL! Al, smettila! - esclamò Edward, cercando di farlo ritornare in sé, ma senza alcun esito. Stufo di quella sceneggiata, l’Alchimista d’Acciaio afferrò il pennacchio bianco di Alphonse e gli prese la testa. In quell’istante, lui ritornò in sé. - Fratellone! Ridammela! - esclamò l’armatura. - Prima mi devi promettere che smetterai di angosciarti tanto da arrivare all’esaurimento fino a stasera. Prometti! - ordinò Edward, facendo ciondolare la testa di Alphonse. - Non posso! Non ci riesco! - ribatté quest’ultimo. - Almeno sforzati! Provaci! Non voglio essere costretto a tenerti al guinzaglio fino a stasera! - controbatté il biondo. - Non ti costringe nessuno! - sbottò l’altro. - Sì, mi costringi te! Stai andando fuori di testa per Nina! - sbraitò Edward. Alphonse scattò al suono del nome di Nina e in un istante fu addosso a suo fratello.
L’uscio si aprì con un violento schianto. - Si può sapere che cos’è tutto questo macello a quest’ora del mattino?! - esclamò Fiamma con voce autoritaria. Quest’ultima si fermò sulla soglia di fronte alla scena che gli si parava dinanzi. - Al... perché stai tenendo Ed per la treccia? E Ed... perché hai in mano la testa di Al? Avanti... spiegatemi! -. Il tono era quello di chi conteneva a stento la rabbia e cercava di mantenere la pazienza. All’unisono, i due esclamarono: - Ha iniziato lui! -.
- Non m’importa chi ha iniziato! Alphonse metti giù Ed... Edward, restituisci ad Al la testa... SUBITO! - ordinò Fiamma. I due ubbidirono all’istante. In due mesi di viaggio insieme a lei erano arrivati a stabilire un’unica regola universale che sarebbe valsa fino alla fine dei loro giorni: non irritare mai e per nessun motivo Fiamma, perlomeno non oltre i limiti della sopportazione umana.
- Ora... Al, come ti senti? - chiese la ragazza, ricomponendosi.
- Nervoso... - si limitò a rispondere lui.
-Ok... è una reazione accettabile... avete voglia di uscire oggi? - domandò lei, più ad Alphonse che a Edward. L’armatura annuì e il trio uscì dall’albergo.
Il sole brillava alto nel cielo senza nuvole. Nell’aria aleggiava il profumo tipico dei fiori: rose, fresie, fiori d’arancio e molti altri. Fiamma pareva stranamente più eccitata del solito, probabilmente per l’evento della serata, anche se non era lei ad avere un appuntamento.
Lentamente, il timore e il nervosismo che attanagliavano Alphonse si dissolsero, sostituiti da una sensazione più pressante, che lui identificò come impazienza: era impaziente di rivedere Nina. La malinconia di quella mattina svanì e Alphonse ritornò a comportarsi come sempre, con l’unica eccezione di un piccolo accenno di iperattività. Edward e Fiamma furono stupiti dall’improvviso cambiamento ma, al contempo, sollevati: almeno non soffriva più.
Edward in particolare, era contento che suo fratello non fosse più angosciato: iniziava a preoccuparsi e temeva ripercussioni gravi sul suo inconscio, tipo traumi o cose del genere.
L’ora di pranzo arrivò in un lampo. Edward quella mattina era particolarmente affamato e il pranzo riuscì ad ammansire la sua sorprendente voracità.
Dopo, non si sa il perché, Alphonse insistette per tornare al fiume. Ormai, era diventato il suo posto preferito e forse, pensò Edward, voleva tornarci per controllare se anche Nina era lì.
Quando arrivarono, Alphonse non scorse alcuna esile figura immobile ad osservare il corso d’acqua. Nessuna traccia di Nina. Edward e Fiamma, seguiti a ruota da Alphonse, scesero lungo il pendio erboso che portava alla riva del fiume. La ragazza si sedette e, piegate le gambe, ci appoggiò sopra il mento, mentre osservava la superficie del fiume che risplendeva alla luce solare. Edward si sedette a gambe incrociate vicino a lei, osservando il cielo.
Alphonse, un po’ più in là, stava tracciando qualcosa su un pezzo di terreno dove non c’era l’erba.
- Edward... riguardo a quella cosa che mi hai detto ieri... - mormorò Fiamma, spostando lo sguardo sul biondo seduto accanto a lei, che d’un tratto si era voltato a fissarla, perplesso. - Quale cosa? - chiese, sorpreso. - Ecco... - proseguì lei senza badargli - ... mi chiedevo se... ti andrebbe di uscire stasera? -. La domanda lo aveva colto alla sprovvista. Forse non aveva capito bene: Fiamma gli aveva seriamente chiesto di uscire? - Ehm... va bene... - rispose, titubante. Fiamma sorrise e chinò di nuovo lo sguardo, riportando la sua attenzione sul fiume. In fondo, era il loro primo appuntamento e valeva la pena di tentare.
Edward era imbarazzato dall’improvvisa richiesta della ragazza, ma non gli dispiaceva affatto l’idea. L’unica cosa era che, non essendo mai uscito con nessuna, non sapeva come comportarsi, ma non se ne fece un gran cruccio.
Nel frattempo, Alphonse aveva finito e stava osservando compiaciuto la propria opera: con il gessetto che solitamente utilizzava per tracciare i cerchi alchemici aveva scritto il nome di Nina con una grafia davvero particolareggiata. All’intorno, aveva disegnato rose e gigli. Se non altro, aveva trovato un modo per sfogare l’iperattività.
Il pomeriggio trascorse lentamente. I tre rimasero in riva al fiume fino al tramonto, quando decisero di rientrare in albergo per prepararsi.
Fiamma e Edward si separarono in corridoio con un semplice bacetto sulla guancia. Una volta di nuovo solo con suo fratello, Alphonse fu assalito un'altra volta dal nervosismo che, a quanto pareva, animava anche Edward. Il biondo, infatti, frugava freneticamente nella valigia, alla ricerca di qualcosa di carino da mettersi per l’occasione.
Per Alphonse, il problema dei vestiti era irrilevante.
Dopo aver praticamente svuotato la valigia, Edward si voltò a fronteggiare il putiferio che aveva provocato nella stanza. - E ora che cosa mi metto?! Non ho niente di decente! - esclamò, in preda alla tipica crisi adolescenziale del primo appuntamento. L’indecisione sui vestiti era uno dei punti più critici. - Perché non vai senza la giacca rossa semplicemente? Risolveresti il problema! - consigliò Alphonse. Edward eseguì e si girò verso suo fratello.
- Ti sembrò presentabile? No... ho bisogno di qualcosa di meglio... qualcosa di...! - s’interruppe a metà della frase, mentre uno strano sorrisetto gli si dipingeva in volto.
- Al, mi passi quei pantaloni neri? - chiese, mentre radunava i vestiti sparsi per la camera, lanciandoli alla rinfusa nella valigia. Ne risparmiò solo tre: una camicia bianca a mezze maniche, un paio di jeans blu a vita bassa e un paio di consunte scarpe da ginnastica. Non era proprio l’abbigliamento perfetto, ma probabilmente era il meglio che potesse trovare. Si spogliò in fretta e si mise i nuovi vestiti: jeans e camicia gli stavano un po’ stretti. Le scarpe erano perfette. L’ampia scollatura della camicia lasciava intravedere la canottiera nera sotto. Il biondo si sistemò il bavero e si voltò verso Alphonse, che aveva osservato la scena immobile.
- Allora? - chiese Edward.
- Sì... penso che possa andare... - rispose l’altro. Edward si sedette accanto ad Alphonse. - Sei nervoso? - gli domandò. - Be’... un pochino sì, ma posso farcela. Tu? - domandò a sua volta Al. - Io? Be’... non sono esattamente il ritratto della tranquillità... - gli rispose il biondo con una punta di sarcasmo nella voce.
Rimasero a discutere fino alle sette meno cinque. A quel punto, i due si alzarono in contemporanea e si diressero verso la porta. Appena Edward aprì l’uscio, si trovò di fronte Fiamma.
- Sei... bellissima... cioè, molto più del solito... - mormorò il biondo imbarazzato. Fiamma sorrise.
- Grazie... - mormorò, lusingata. Squadrò Edward per qualche istante, poi prese la treccia del ragazzo e tolse il laccio che la teneva legata. I capelli del biondo gli ricaddero sulle spalle come tanti fili d’oro.
- Ecco... così sei molto più carino... - puntualizzò. Lui rimase immobile, imbarazzato dalla circostanza.
- Andiamo? - chiese Fiamma, avviandosi. Gli altri due la seguirono in silenzio.
Fiamma era davvero bella: per l’occasione aveva messo un vestito rosso sangue aderente che le arrivava fino alle ginocchia. L’ampia scollatura lasciava scoperto il marchio rosso e nero che aveva in prossimità del cuore. La capigliatura color cremisi era più mossa del solito e nascondeva un grosso paio di cerchi d’argento appesi ai lobi delle orecchie. All’anulare destro portava l’anello di fidanzamento di Edward. Ai piedi calzava un paio di stivaletti neri che le arrivavano alle caviglie. Ogni suo passo era accompagnato dal tipico rumore dei tacchi a spillo.
Alphonse era di nuovo nervoso, ma non era nervosismo da crisi di panico, era più un nervosismo dettato dall’impazienza. Di lì a pochi minuti più tardi avrebbe rivisto Nina e l’idea lo elettrizzava. Accelerò il passo. Solo pochi metri lo separavano dalla ragazza dai capelli corvini striati di verde. Appena uscì nella tenue luce della notte, Alphonse si diresse frettolosamente verso la piazza.
E proprio lì, accanto alla fontana, una figura esile stava in piedi, illuminata dalla flebile luce emanata dalle lanterne appese a fili che intessevano una ragnatela di luci sulla piazza.
Alphonse si avvicinò titubante alla ragazza che, non appena lo vide, gli corse incontro e fece per cingergli con le braccia le spalle.
- Alphonse... - mormorò lei. Al contatto con Nina, il nervosismo impaziente del giovane svanì all’istante, sostituito dal “sentimento ignoto”.
Edward e Fiamma erano più indietro e stavano decidendo dove andare.
- Dove vuoi andare? - chiese Alphonse, titubante. Nina rimase in silenzio per qualche istante.
- Andiamo a cena fuori? - propose la ragazza.
- Ehm... - le rispose Alphonse, incerto. Lui non poteva mangiare e, se fossero andati in un ristorante, come avrebbe potuto giustificare il digiuno?
Nina evidentemente si era accorta che non voleva andare al ristorante.
- O se vuoi andiamo in un altro posto... ne conosco uno molto carino... è proprio dietro casa mia! - propose.
- Sì... va bene - accettò Alphonse. Nina lo prese per mano e lo condusse in una strada secondaria. Alphonse era felice come non mai. Era come se il contatto con Nina gli trasmettesse un costante influsso di felicità. Non si era mai sentito così bene con qualcuno.
Pochi minuti più tardi, Nina rallentò fino a fermarsi e si voltò verso Alphonse.
- Siamo arrivati... è proprio qui dietro... - mormorò. Appena girato l’angolo, Alphonse si trovò dinanzi ad un torrente. L’acqua scorreva lentamente, cadendo giù da una piccola cascatella. Le sponde del torrente erano un pendio sul quale spuntavano tantissimi fiori simili a ninfee. Sotto la luce delle stelle, quello scenario appariva più romantico, quasi magico.
Nina lo condusse verso la riva. Lì si sedette e lui accanto a lei.
- È bello, vero? - chiese Nina.
- Sì, ma non bello quanto te... - le disse Alphonse. Lei si voltò verso di lui e lo fissò per qualche istante, stupita. In quel preciso istante, Alphonse identificò il “sentimento ignoto”, che si andava intensificato di secondo in secondo: era l’amore. Era innamorato, era innamorato di Nina. Lei gli sorrise, poi tornò a fissare la superficie del torrente.
- Senti, Alphonse... posso farti una domanda? - chiese Verdementa.
- Sì...? - domandò lui.
- Come mai sei venuto in... armatura? - disse lei, guardandolo di nuovo. Per lui quella domanda era una sorta di schiaffo, la peggior domanda che avesse potuto fargli in un momento simile. Che cosa doveva risponderle?
Abbassò lo sguardo.
- Nina... c’è un... motivo se vado in giro sempre con l’armatura... - esordì lui.
- Cioè? - domandò lei, invitandolo a continuare.
- Ecco... è perché io sono... -. Non riuscì a terminare la frase: non trovava le parole. Dire a qualcuno che non era altro che un’anima legata tramite alchimia ad un’armatura vuota non era una cosa che si poteva dire così, alla leggera.
- Tu sei...? - mormorò Nina, incuriosita.
- Ecco... io sono... - ripeté lui.
- Sì...? - lo invitò a proseguire Verdementa.
- Non posso... non ce la faccio... mi dispiace... - sussurrò lui, chinando il capo.
Nina rimase in silenzio per qualche istante.
- Perché...? - chiese lei, alzando di nuovo lo sguardo su di lui.
- Non voglio mentirti, ma... non riesco a dirtelo... - le rispose Alphonse.
Un improvviso alito di vento spazzò il luogo. Nina si rannicchiò sul posto e Alphonse le si avvicinò, cingendola con le braccia. Stretta nella sua dolce presa, Nina ribaltò all’indietro la testa di lui, che ricadde con un leggero tonfo sull’erba.
Con uno scatto repentino si rialzò in piedi e si allontanò di qualche passo dall’armatura.
- Che... che significa? Dentro sei... dentro sei completamente vuoto... - mormorò lei, spaventata. Alphonse si rimise la testa a posto e si alzò.
- Nina posso spiegarti... - esordì lui, facendo un passo avanti. Lei indietreggiò. Alphonse rimase di stucco quando incrociò gli occhi di lei: era uno sguardo vitreo, rimasto immobilizzato in una maschera di terrore. - Nina... - sussurrò lui.
- No... stammi lontano Alphonse. Non... non... - la ragazza fece ancora qualche passo indietro, prima di voltarsi e correre via.
- Nina... - mormorò lui, atterrito.
Non era possibile. Ma perché tutto era finito così? Si sentiva uno stupido. Perché aveva lasciato che il suo peccato gli rovinasse quella bellissima serata?
Ormai si rendeva a stento conto di dove fosse e di cosa facesse. Interiormente era in uno stato indicibile: dolore, tristezza, odio... emozioni negative che si sovrapponevano le une alle altre. Alphonse si voltò e, barcollando, fece ritorno all’albergo, mentre nel suo subconscio iniziava a formarsi uno squarcio sproporzionato e dolorosissimo.
Quando arrivò in albergo, andò dritto in camera sua e di suo fratello e si stese sul suo letto. Avrebbe tanto voluto morire. Una morte rapida e indolore, che avrebbe cancellato tutta quella tristezza dal suo inconscio. Nella sua mente continuava a presentarsi il ricordo degli occhi terrorizzati di Nina che lo fissavano vitrei. Erano un ricordo orribile che desiderava scacciare con tutto se stesso.
Solo qualche ora più tardi, Alphonse sentì la porta aprirsi e vide comparire Edward. Il biondo aveva uno sguardo trasognato ed un segno di rossetto sulla guancia destra.
Quando i suoi occhi si posarono su Alphonse, riprese subito il solito contegno di sempre e si sedette sul suo letto.
- Divertito? - chiese Edward al fratellino.
Alphonse non rispose.
- Al, che ti è successo? - domandò il biondo.
- È corsa via quando ha scoperto che dentro ero vuoto, ecco cos’è successo! Sono uno stupido, avrei dovuto dirglielo subito, spiegarle come stavano le cose... e invece ho rovinato tutto! - esclamò Alphonse. Non avendo gli occhi per piangere, almeno poteva sfogarsi a parole, anche se le parole non avrebbero mai potuto esprimere il caos interiore di quel momento.
- Io... Al, mi dispiace... - mormorò Edward.
- Di che ti devi dispiacere? Non è colpa tua. È soltanto colpa mia. Tutta colpa mia. E ora lei se ne è andata per sempre. Non la rivedrò mai più! - continuò Alphonse, distrutto. Edward rimase a fissarlo per qualche istante: suo fratello era davvero inquietato e lo vedeva bene. Chi altri poteva conoscerlo meglio di lui, il suo fratellone? Non gli era mai capitato di vederlo così afflitto.
- Al... - mormorò il biondo, sfiorandogli appena il braccio.
- Buonanotte! - esclamò Alphonse, interrompendolo bruscamente. Edward, resosi conto che il fratello non era nella condizione adatta a discutere, lasciò cadere il discorso e si spogliò. Appena pronto, s’infilò sotto le coperte senza fiatare.
Alphonse era ancora arrabbiato e stava lentamente sbollendo da solo: avrebbe avuto una vita intera per essere arrabbiato con se stesso. Appena si fu un poco tranquillizzato, la stanchezza lo colse all’improvviso, facendolo cadere in un profondo sonno tormentato.

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Capitolo 5
*** Un triste addio ***


Verdementa 5_Un triste addio Un triste addio
Quando Alphonse si risvegliò il mattino seguente, sentì come una voragine aprirsi nel suo inconscio, mentre la realtà gli pioveva addosso con la forza di una valanga: Nina non c’era più. Non l’avrebbe mai più rivista. Era una constatazione che gli provocava un immenso dolore che quasi superava il leggero confine che separava il dolore emotivo da quello fisico. Era un sentimento orribile, che lo dilaniava come una spada conficcata nell’anima, dato che non era altro che quello: un’anima legata ad un’armatura. Non aveva niente dell’Alphonse che era stato, l’unica cosa che gli era rimasta era l’anima.
Quando Edward si svegliò, Alphonse era già in piedi. Osservava silenzioso il cielo oltre la finestra e sembrava non essersi reso conto del biondo. Edward sospirò e si accostò al fratellino.
- Al, forse è meglio ripartire... - esordì l’alchimista. Alphonse rimase in assoluto silenzio.
- Sì, cioè... se a te va bene... - precisò il biondo.
Alphonse non rispose di nuovo: stava soppesando l’ipotesi di partire. Se era condannato a non rivedere più Nina, che cos’altro lo tratteneva a Lilium? Però era anche vero che forse avrebbe potuto incontrarla di sfuggita, magari sarebbe riuscito a spiegarle la situazione. Il dolore emotivo, però, lo spinse ad accettare la partenza.
- Sì, fratellone... è meglio ripartire... - mormorò.
Fu il turno di Edward di rimanere in silenzio: l’idea che Alphonse si fosse arreso al dolore gli dava una profonda preoccupazione, ma non ne accennò con lui.
Appena il biondo fu pronto, i due uscirono dalla camera e, riunitisi a Fiamma, andarono a fare colazione.
La ragazza, non appena vide Alphonse, capì che qualcosa non andava: era stranamente lento a reagire, a rispondere. Probabilmente, gli era accaduto qualcosa di brutto durante l’appuntamento della sera prima.
Durante la colazione, mentre Edward mangiava e Alphonse fissava un punto fisso dinanzi a sé, la ragazza si decise.
- Mi scusate un attimo? - chiese, alzandosi.
- Dove vai? - domandò Edward, alzando gli occhi su di lei.
- Ecco... mi sono ricordata di un impegno... torno fra poco! - gli rispose lei, avviandosi di corsa verso l’uscita.
Edward rimase a guardare per qualche istante il punto oltre il quale era appena sparita la ragazza, prima di riportare la sua attenzione sulla colazione.
Alphonse non si era neanche accorto che Fiamma se ne era andata: era imbrigliato in un forte conflitto interiore: la sua voglia di rimanere contro lo sconforto che lo spingeva a partire. Era uno scontro che sembrava non dover finire mai. In mezzo a quel campo di battaglia emotivo, c’era una “zona di sicurezza”, la postazione dalla quale Alphonse cercava di prendere una decisione: rimanere e tentare di riparare a ciò che aveva involontariamente scatenato o partire e cercare di lasciarsi tutto alle spalle? Era una decisione che spettava solo e unicamente a lui.
Appena Edward ebbe finito di fare colazione, lui e il suo fratellino si diressero verso la loro camera per preparare i bagagli.
Nell’atrio, però, Fiamma li fermò.
- Aspettate! Possiamo andare un’ultima volta al fiume? Vi prego...! - li supplicò lei.
- Ma perché?! Ci siamo stati pure ieri pomeriggio! - ribatté Edward.
- Dai, Ed... Al... vi prego...? - chiese ancora, in tono più supplichevole.
- Aw... e va bene... andiamo... - concesse il biondo, esasperato da tanta insistenza.
Seguito da Alphonse, ancora perso nella sua battaglia emotiva che si stava lentamente trasformando in una guerra, Edward si avviò verso la stradina che, dalla piazza, portava al fiume.
- Ora mi spieghi il perché di tanta insistenza! - mormorò l’alchimista all’orecchio di Fiamma, che procedeva a passo svelto verso la meta.
- Spiacente... non posso anticipare niente a... nessuno... - gli rispose lei. Il biondo lasciò cadere il discorso: era incuriosito dalla strana euforia che la sua fidanzata sembrava avere. Che cosa la rendeva tanto allegra? Suppose, senza scervellarsi troppo, che fossero “cose da femmine”.
- Eccoci! Siamo arrivati... - esclamò Fiamma, voltandosi verso i due fratelli Elric, che la seguivano a rilento.
Edward si guardò intorno e posò lo sguardo sulla ragazza. Con sua sorpresa, notò che l’attenzione di lei era rivolta ad Alphonse, che teneva gli occhi bassi, come assorto in chissà quali pensieri.
- Siamo arrivati...! - ripeté lei, enfatizzando le parole.
Alphonse uscì momentaneamente dalla guerra emotiva che stava vivendo e contemporaneamente combattendo e alzò lo sguardo, guardandosi intorno: erano di nuovo lungo il fiume.
Una fitta di dolore lo colpì al ricordo di quando aveva per la prima volta incontrato lì Nina. Il suo sguardo si spostò automaticamente sul punto dove l’aveva...
I suoi occhi caddero sull’ultima cosa o meglio, persona, che si sarebbe aspettato di rivedere. Un’esile figura che avanzava incerta, le mani strette al petto, gli occhi arrossati e cerchiati. Alcuni dei ciuffi di capelli che circondavano il suo viso erano attaccati alla pelle.
Era lì, in uno stato pietoso e gli stava venendo incontro. Un flebile sorriso apparve su quel volto candido, deformato dal dolore. Alphonse rimase impietrito, incapace di muoversi. Nonostante la sofferenza che lei sembrava emanare come un’aura nera, rimaneva comunque un angelo. Un candido angelo addolorato che gli corse incontro e affondò il viso nel suo petto.
- Alphonse... - mormorò Nina, in preda ai singulti.
Lui rimase in perfetto e assoluto silenzio.
- Alphonse... sono stata una stupida... non avrei dovuto trattarti così! - pianse lei.
Lui le cinse la schiena con le braccia: adesso capiva lo strano impulso di Edward di cingere Fiamma quando gli era vicina. Sentiva un senso di dovere nei suoi confronti. Si sentiva in dovere di proteggerla.
Alphonse le prese dolcemente il viso fra le mani e lo alzò, mentre le asciugava le lacrime.
- Nina... - sussurrò lui, togliendole i capelli dal viso.
- Oh, Alphonse... potrai mai perdonarmi? Ti ho fatto soffrire, lo so e ho mentito a me stessa... perché Alphonse... io ti amo... - disse lei tutto d’un fiato, lasciandolo spiazzato. Era innamorata di lui, come lui era innamorato di lei.
- Non m’importa se sei solo un’armatura vuota, io ti amo Alphonse... - proseguì lei.
- Anch’io... - proferì lui in un sussurro quasi inudibile.
Alle loro spalle, Fiamma e Edward osservavano la scena.
- Dì la verità, hai combinato tu l’incontro, vero? - la punzecchiò il biondo.
- Non so di cosa tu stia parlando... - gli rispose lei, alzando lo sguardo al cielo con fare innocente.
- Uhm... va bene... meglio così, altrimenti avrei dovuto ringraziarti... - aggiunse Edward.
- E allora...? Sto aspettando! - esclamò lei, indignata.
- Che cosa? - domandò lui.
Fiamma gli si piazzò di fronte.
- Il tuo ringraziamento... - rispose, avvicinandosi al ragazzo.
Automaticamente, il braccio destro del biondo scattò e circondò i fianchi di Fiamma, che sorrise.
- Vedo che capisci quando ti parlo... - disse in tono ironico.
- Bizzarra circostanza... sarà un effetto collaterale... - mormorò lui, avvicinandosi a lei.
- Malato d’amore? - chiese Fiamma, guardandolo di sottecchi.
Lui fece finta di rifletterci su.
- Sì... malato d’amore... - concluse Edward, prima di baciarla.
Alphonse e Nina erano stretti in un abbraccio pieno d’affetto. La ragazza aveva di nuovo affondato il viso nel petto di metallo di Alphonse e pareva essere intenzionata a non separasi mai più, per nessun motivo, da lui. Però...
Alphonse sciolse la presa e Nina alzò lo sguardo su di lui.
- Nina... noi dobbiamo ripartire... - mormorò lui tristemente.
Lei si rattristò.
- Sì... lo so... sapevo che prima o poi te ne saresti andato... - disse lei.
Alphonse si voltò verso suo fratello, impegnato in un lungo bacio appassionato con Fiamma.
- Ehm... Ed... possiamo posticipare la partenza di qualche ora? - domandò l’armatura.
Edward sciolse il bacio e fissò suo fratello.
- Ti è venuta voglia di restare, eh? D’accordo. Io non ho nulla in contrario... ti va bene se rimandiamo per le tre? - disse lui.
- E io non conto niente? - esclamò Fiamma, indignata.
- Oh, sì... certo che conti... - le rispose il biondo con fare ironico.
- Ed, sei sempre il solito! - disse lei, arrabbiata.
Alphonse lasciò perdere il piccolo litigio e ritornò a fissare Nina. Le iridi azzurre dei suoi occhi sembravano ancora più belle del solito.
- Alphonse... verrò a salutarti... - mormorò lei e fece per allontanarsi, ma lui la fermò.
- No, aspetta... non te ne andare, per favore - le chiese Alphonse.
Lei si voltò di nuovo verso di lui e gli si avvicinò. In punta di piedi, la ragazza riuscì a dargli un bacetto.
- Allora? Che cosa vuoi fare? - chiese lei.
Alphonse ci rifletté su qualche istante.
- Uhm? Dove sono andati a finire Al e Nina? - chiese Edward, perlustrando con lo sguardo la strada vuota.
- Saranno andati a cercare un luogo dove potranno stare un po’ più tranquilli... probabilmente erano stufi di sentirci bisticciare.... - gli rispose Fiamma.
- Già... che cosa facciamo noi nel frattempo? L’ora della partenza è lontana... - disse Edward, sconsolato.
Fiamma si voltò verso il biondo.
- Ti va una sessione di allenamenti extra? Acciaio contro Cuorardente? - gli propose lei entusiasta.
- Ci sto! Non credere che avrò pietà solo perché sei la mia fidanzata... - disse lui, scendendo giù per il pendio erboso.
Fiamma si fermò di fronte a lui.
- Detto da te suona un po’ strano... comunque non credere che ti chiederò pietà! - ribatté lei, partendo all’attacco.
Nel frattempo, Alphonse e Nina erano tornati di nuovo al torrente della sera precedente. Lui le cingeva dolcemente le spalle, mentre le spiegava in linea generale come aveva fatto a diventare un’armatura.
- ... e così il mio fratellone ha legato la mia anima ad un’armatura per salvarmi, sacrificando il braccio destro - concluse Alphonse.
- Dev’essere stato doloroso... aspetta. Hai detto “fratellone”... non sarà mica quel tappetto biondo che litigava con Fiamma? - chiese Nina.
- Sì. Lui è il famoso Alchimista d’Acciaio... spesso ci confondono... - le spiegò lui.
- Be’... mi sembra ovvio... - commentò lei, accennando un sorriso.
Rimasero in silenzio per qualche istante.
- Mi mancherai tantissimo quando te ne andrai... - mormorò Nina.
- Ti ricorderò per sempre... magari un giorno potremmo tornare... - disse Alphonse, cercando di farla stare di buonumore: l’idea di doverla abbandonare lo faceva sentire un verme.
- Alphonse... prima o poi tornerai normale, no? - chiese lei.
- Non lo so... io e mio fratello stiamo cercando di riparare a ciò che abbiamo fatto... perché? - domandò Alphonse, incuriosito.
Nina arrossì.
- Se mai ritornerai normale, verrai di nuovo a trovarmi? Vorrei tanto vederti... normale... e magari... - disse, ancora più rossa.
Lui rimase in silenzio. Aveva capito a cosa alludeva, ma non se la sentiva di prometterle un prossimo ritorno, dato che non era sicuro che potesse riavere il suo corpo. Malgrado la mancanza di sicurezze riguardo la riuscita della loro ricerca, si sentì in dovere di darle almeno una certezza.
- Sì... te lo prometto... - le rispose lui.
Nina si alzò lievemente dal posto e baciò Alphonse di nuovo. Lui avrebbe tanto voluto poter sentire il contatto con le sue labbra, ma non poteva. Ecco perché Nina avrebbe voluto rivederlo da normale essere umano: avrebbe voluto baciarlo. Baciarlo come si baciavano Edward e Fiamma. Avrebbe voluto un bacio da umano a umano e, in chissà quale remota parte di sé, anche lui sentiva di volerlo. Per due persone che si amavano, baciarsi era normale. Ma nelle sue condizioni attuali Alphonse non avrebbe mai potuto dare quella soddisfazione né a Nina né tantomeno a se stesso.
Stretti in un dolce e fragile abbraccio, i due rimasero lì a parlare, osservando il torrente, mentre i minuti trascorrevano velocemente e si trasformavano in ore.
Le tre del pomeriggio giunsero rapidamente e con esse arrivò per Alphonse e Nina il momento della separazione.
Sotto l’arcata dell’ingresso in città attendevano Fiamma e Edward. Alphonse li raggiunse seguito da Nina. Quando fu sotto l’arcata si voltò verso Verdementa, che lo osservava con gli occhi colmi di lacrime e le carezzò il viso.
- Non devi piangere... ti ho promesso che, umano o non, tornerò... - la consolò l’armatura.
- Mi mancherai Alphonse... spero che tu possa tornare presto... fino a quel momento ti aspetterò... - disse lei, sorridendo fra le lacrime che ormai scendevano copiose, rigandole le guance.
Alphonse la strinse ancora in un abbraccio che Nina ruppe dopo pochi istanti.
- A presto... buona fortuna per il viaggio... - mormorò Nina, alzandosi in punta di piedi per baciare un’ultima volta Alphonse. Il suo bacio era incerto, timido, intriso di un amore profondo.
Una leggera brezza spazzò il luogo, alzando leggermente la capigliatura venata di verde menta della ragazza, che fece qualche passo indietro, osservando Alphonse intensamente.
Lui ricambiò quel suo sguardo profondo per qualche istante, prima di voltarsi e avviarsi fuori città, insieme a Edward e Fiamma.
Alphonse si sentiva stranamente svuotato, ma sapeva che quello non era un vero addio, era solo una separazione temporanea. Con quella certezza nell’animo, si lasciò Lilium alle spalle.
Nina fissò il profilo dell’armatura accompagnata da Edward e Fiamma fino a che non fu indistinguibile all’orizzonte. Alphonse se n’era andato, ma le aveva lasciato una speranza, la promessa che sarebbe tornato da lei, che non l’avrebbe abbandonata per sempre. Una fitta di dolore al pensiero della lontananza di Alphonse la colpì improvvisamente, ma fu scacciata quasi immediatamente dalla speranza che prese vita come una fiammella dentro di lei. Non le importava quanto, sarebbe rimasta in attesa. Avrebbe aspettato finché non fosse tornato, perché glielo aveva promesso.

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