Slice of Life

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Delusioni. ***
Capitolo 2: *** Finalmente! ***
Capitolo 3: *** Andrà tutto bene! ***
Capitolo 4: *** Io ti volevo! ***
Capitolo 5: *** Vivi! ***
Capitolo 6: *** Paura e dolore. ***
Capitolo 7: *** Anelli. ***
Capitolo 8: *** Insieme. ***
Capitolo 9: *** Sbagli ***
Capitolo 10: *** Viaggio rimandato. O forse no!!! ***
Capitolo 11: *** Si va e si......viene!!! ***
Capitolo 12: *** Un errore imbarazzante! ***
Capitolo 13: *** Lampo e tuono. ***
Capitolo 14: *** Il fuggitivo. -prima parte- ***
Capitolo 15: *** Il fuggitivo. - seconda parte - ***
Capitolo 16: *** Hai fatto il cretino??!! ***
Capitolo 17: *** Telefonate pericolose ***
Capitolo 18: *** Solo alla fine! ***
Capitolo 19: *** Uno splendido libro! ***
Capitolo 20: *** Tutto ciò che voglio.... ***
Capitolo 21: *** L'ascensore. ***
Capitolo 22: *** Fine del gioco. ***
Capitolo 23: *** And the Winner is ?..... ***
Capitolo 24: *** Tu sei quello... (prima parte) ***
Capitolo 25: *** Tu sei quello... (seconda parte) ***
Capitolo 26: *** Buongiorno!! ***
Capitolo 27: *** Sacrificio ***
Capitolo 28: *** Uno strano primo appuntamento ( prima parte ) ***
Capitolo 29: *** Uno strano primo appuntamento (seconda parte ) ***
Capitolo 30: *** Smoking in affitto. (prima parte) ***
Capitolo 31: *** Smoking in affitto. (seconda parte) ***
Capitolo 32: *** Strane Reazioni ***
Capitolo 33: *** Sorprese e un po' di più. ***
Capitolo 34: *** Stringimi le mani, amore. Stringimi le mani. ***
Capitolo 35: *** Quello che avviene dopo! ***
Capitolo 36: *** Dio!, come ti amo. ***
Capitolo 37: *** Trucchetti!! ***
Capitolo 38: *** Mangia, prega, ama. - Mangia - ***
Capitolo 39: *** Mangia, prega, ama. - Prega - ***
Capitolo 40: *** Mangia, prega, ama. - Ama - ***
Capitolo 41: *** Gita in barca. ***
Capitolo 42: *** Il vero premio ***



Capitolo 1
*** Delusioni. ***


DELUSIONI

( missing moment di Il sapore del piacere. Per chi volesse leggerla e capire come è iniziata:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2720797&i=1  )
 
“Io ti amo, Jensen!” disse quasi con amarezza Jared, fissando il suo compagno, visibilmente colpevole.
“Lo so!” rispose con timidezza Jensen.
“Ti ho sempre amato e questo tu lo sai!” ribadì con più dolore nella voce.
“Lo so. Anche io, Jared!” fece non riuscendo a trovare una scusa plausibile per quello che aveva fatto.
“E allora …perché?”
“Ti giuro…ti giuro che non volevo…”
“Perché mi hai fatto questo?!”
“Non pensavo potesse succedere. Non pensavo di poter arrivare a…..a tanto!” ammise senza nascondere la sua palese colpa.
“Perché?!” sembrò quasi piagnucolare, Jared.
“Per favore…per favore…perdonami. Rimedierò…te lo giuro. Io farò…”
“Farai cosa , Jensen!!?? E’ tardi ormai!!!” esclamò esasperato a  quel punto il giovane.

Rimasero per un attimo in silenzio. Il giovane ancora amareggiato. L'altro, sempre più in colpa.

“Ti avevo chiesto solo di registrarmi la finale di Masterchef!!!” riprese a lamentarsi Jared.

“Lo so, piccolo. Lo so…. ma fammi spiegare!!” continuò Jensen.
“Al diavolo!! Sapevi che ci tenevo….erano tre giorni che ti supplicavo di premere solo REC. Ti avevo detto che quella cena mi avrebbe tenuto al locale più del dovuto. Dovevi premere solo REC. Che cosa c’era di difficile??!” lo riproverò irritato dal casino di cavi e prese che regnava nel loro soggiorno.
“Ma io…”
“Io ti ho registrato il tuo pallosissimo documentario del National Geographic sulle civiltà estinte dei …Nata…Pala…Paya…..” asserì con decisione anche se non ricordava quel maledetto nome.
“Nabta Playa.” lo corresse istintivamente Jensen che venne immediatamente fulminato dallo sguardo di ammonimento del giovane compagno.
“Guarda qui!? Sembra che sia esploso un negozio di elettronica. Che diavolo è successo, me lo spieghi?!” fece curioso, poi, Jared, notando l’intreccio insensato di  cavi che Jensen aveva creato collegando l’impossibile.
“Ascolta. Stavo per iniziare la registrazione, quando mi ha chiamato il prof. Morgan……”
“E cosa?..... parlare e premere un semplice tasto è troppo per te?!” ironizzò Jared, mentre si chinava per cercare di rimediare al casino elettrico che aveva “inventato” Jensen.
“No!! Ma stavo per farlo quando Morgan mi ha detto che lui partirà per delle ricerche non so per che parte sperduta del mondo e ha convinto il Preside Beaver ad affidarmi la sua cattedra. Capisci, Jared?” cercò di rendersi convincente. “Sarò di ruolo fin quando non tornerà….e io…io …insomma….mi è presa l’ansia o l’euforia o non so che cosa, e nel girarmi per rimettere a posto il telefono, ho…ho tirato via i cavi del televisore. Ho cercato di rimetterli in ordine, e riavviare tutto ma quando mi sono spostato per prendere il telecomando ho urtato il registratore e si sono allentati i suoi fili….” Spiegava con enfasi, sperando di riuscire a spiegare quegli infernali minuti in cui tutto sembrava essere andato storto. “….sai…lo sai che rimettere filo con filo non è il mio forte. Chiedimi di spiegarti dove come e quando è nato, cresciuto e finito un popolo, ma non chiedermi di collegare uno stupido registratore. Lo sai…lo sai ..che vincerà lui!” fece sconfitto e poi per dare forza a quella sua mancanza: “Presa A  per il cavo C2. Porta di uscita B4, per collegamento in entrata F6……insomma? Cos’è la battaglia navale?!” fece esasperato.
“Tu fa schifo a battaglia navale!” gli ricordò Jared immerso tra quei cavi.
“Lo so!!!!!” affermò con decisione Jensen. Era la conferma di quello che stava cercando di far presente al giovane compagno.
Jared stava ancora chinato e nascosto tra il televisore e le altre apparecchiature ad esso collegato. Era assurdo!!

Jensen era riuscito perfino ad incasinare l’apparecchio dell’ADSL. E quello era wire-less!!!

Dio!! però, lo amava anche per questo. Jensen era tanto sexy e preparato nel suo campo, quanto impedito in ogni cosa che fosse ricollegabile all’elettronica. Era come se fosse geneticamente incompatibile con ogni cosa che avesse un minimo di elettricità in sé.

Quando Jared si rese conto di aver rimesso ogni cavo e ogni presa al posto giusto, fece un sospiro soddisfatto. Uscì lentamente da dove era rannicchiato, facendo attenzione a non staccare di nuovo i cavi.
“Ok! Ora è tutto di nuovo apposto.” Fece guardando ancora un po’ seccato il compagno che da una certa distanza lo guardava ancora in colpa. “Riuscirai a non incasinare di nuovo tutto?!” lo provocò e Jensen abbozzò.  Infondo se lo meritava.

“Sei….sei ancora arrabbiato?!” azzardò dopo qualche minuto, mentre gli porgeva una birra fresca.
“Non lo so. Ci tenevo a quella finale. C’erano un paio di idee che mi sarebbero state davvero utili al Peccato di gola.” Fece evitando ancora di guardarlo, anche se ormai, l’arrabbiatura era passata. Voleva solo tenere Jensen un po’ sulle spine. Adorava quando aveva queste occasioni, perchè sapeva che il compagno, ex spogliarellista, avrebbe trovato il modo per farsi perdonare.
“Andiamo….non tenermi il muso!” fece Jensen, addolcendo il tono e abbassando la voce di quel tanto che una certa scarica attraversò la schiena di Jared.

Ecco , ci siamo!, pensò già leggermente agitato il giovane cuoco.

“Sarò un rispettabile docente universitario per un bel po’. La cosa...la cosa non ti fa…piacere!?” fece calcando il tono sull’ultima parola e piazzandosi davanti a lui. Jared lo vide schiacciare un tasto del telecomando dello stereo.
L’unico oggetto rimasto incolume dalla “catastrofe Ackles”.
 
Sentì partire una musica e già dalle prime note, quella melodia lo riportò a cinque anni prima. Su un palco di uno Streep - club.
“Ce..certo!” balbettò senza rendersene conto.
Diamine, Padalecki! , controllati!, si ammonì nella sua mente, mentre Jensen aveva preso a muoversi sensualmente davanti ai suoi occhi.

“Non ti ricorda niente questa musica?!” fece sensuale, mentre abbassandosi piano verso il compagno, seduto sul divano, con le mani, piano, gli entrava sotto la camicia.
“S…sì. Cer…certo!” ansimò a causa del tocco di Jensen.
“E in nome di quel ricordo….non puoi….perdonarmi?” fece ammiccando suadente, mentre gli si sedeva a cavalcioni.
“Io veramente ricordo l’enorme imbarazzo che questa…canzone….grazie a te…” fece sporgendosi in cerca di un bacio che arrivò , però, troppo leggero e sfuggente. “….ha causato!” finì, non troppo soddisfatto di quel contatto.
“Io invece , ricordo che questa canzone mi ha cambiato la vita!” sembrò correggerlo Jensen, mentre gli lasciava una lenta e sensuale scia di baci che si avventurava tra collo, spalle, e torace.
“Gesù!!!” sospirò in estasi Jared, quando una mano di Jensen, gli accarezzò voluttuosamente il cavallo dei pantaloni e mentre il compagno non smetteva di baciarlo languidamente. “E come…come può una canzone dei Gotan Project…averti …oddio!!....” esclamò dopo un ennesimo approccio di Jensen che godeva nel vedere Jared così preso da lui e dalle sue attenzioni. “…averti…cambiato la vita?!” riuscì a concludere.
Jensen si drizzò, abbandonando a malincuore quell’angolo del collo del compagno che adorava infinitamente.

Guardò  Jared negli occhi. E il suo sguardo era sincero. I suoi occhi meravigliosamente verdi e brillanti perché specchio di ciò che provava per Jared e per il desiderio che sentiva per lui.
“Mi ha portato a te!” disse come se fosse la cosa più semplice del mondo. “Mi ha portato al tuo amore. Mi ha portato a conoscerti e a capire che non ci sarai che tu nella mia vita. Sempre. Per sempre, amore mio!” confessò con una decisione che però venne tradita comunque dall’emozione che quelle parole gli avevano causato.
“Jensen…” fece Jared, profondamente colpito da una tale dichiarazione.

Loro si amavano e se lo dicevano spesso. Se lo dicevano tanto. Se lo dicevano sempre.

Ma per uno strano motivo , quella sera, le parole di Jensen gli avevano colpito e trafitto il cuore. In senso buono, naturalmente.
“Ti amo anch’io, Jensen. Ti amo più di ogni altra cosa. Sono uno chef, ma credimi, amore mio, tu sei l’unico ingrediente che è capace di dare sapore e senso alla mia vita. Senza di te, niente avrebbe significato!” fu la sua dolce e innamorata replica.

Naturalmente non ci vuole un genio, per capire, che la musica continuò a suonare e loro continuarono a ….
Beh! il resto immaginatelo voi: Jared e Jensen, innamorati, un divano, una musica sexy.
Non è difficile come cosa, no?

 
“È meraviglioso 
quando arriva il momento 
in cui capisci che starai bene”

(Amazing, Aerosmith)
 


N.d.A.: E ciao  di nuovo a tutti! Come spiegato nell'introduzione questa sarà una sorta di raccolta di semplici pezzi di vita dei J2.
Non ci sarà un filo conduttore tra una storia e l'altra. Ogni storia, ogni "pezzo di vita" è un racconto singolo. L'unico aspetto comune saranno Jared e Jensen e quello che li lega o che li ha legati o che li legherà di storia in storia. 
Spero che le storie vi piacciano e come sempre dico: Signori e signore, se leggete , recensite, perchè recensire fa bene all'anima!!

Baci, Cin!!

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Capitolo 2
*** Finalmente! ***


FINALMENTE!!

Jared si inarcava in estasi, imprigionato sotto l’inebriante calore che il corpo di Jensen gli procurava. Il biondo lo baciava languidamente su tutte le parti del corpo che riusciva a raggiungere dalla sua posizione,  senza trascurare mai, per troppo tempo, quelle magnifiche labbra , da cui di tanto in tanto, ansimi di soddisfatto piacere,  risuonavano eccitanti ed eccitati.
Jared voleva godersi ogni momento di quel momento di così intima passione, ma quando le dita, attente e premurose di Jensen, iniziarono a solleticarlo e poi ad invaderlo gentilmente, ricercando con delicata premura quel punto preciso dentro di lui, che lo avrebbe fatto impazzire…impazzì.
Le sue mani, istintivamente, si andarono ad aggrappare al cuscino sfatto sotto la sua testa. Le gambe si contrassero contro il materasso di quel letto complice di tanta passione. La sua bocca richiese affamata , il sapore di Jensen.

Il maggiore lo assecondò e senza smettere di accarezzarlo intimamente, si sporse verso il suo giovane amante e lo baciò. Con passione. Le sue labbra si unirono a quelle di Jared con morbido languore. I loro sapori uniti, fecero da afrodisiaco che operò su entrambi gli amanti.
Si spinsero frenetici, uno contro l’altro e in quel gesto, Jensen si ritrovò ad affondare ancora di più nell’intimità di Jared che gemette, ansimando, sorridendo della scarica di piacere che lo aveva appena attraversato.

Non resisteva più. Jensen era un Dio a letto. Un Dio delicato, appassionato, premuroso…mai sazio, mai egoista nel chiedere e nel dare e lui, Jared, era pienamente felice di essere il cibo preferito di quello splendido Dio in terra.

No. Jared non resisteva più.

“Scopami, Jensen. Adesso, ti prego, scopami!!” fece annebbiato da quel piacere , inarcandosi ancora contro il suo amante e usando termini che mai si sarebbe sognato o immaginato di poter dire.
Ma in quel preciso momento, accadde qualcosa. Qualcosa che lo sconvolse.
Jensen abbandonò l’intima presa che aveva su di lui. Fermò il suo agire amoroso. E sembrò perfino scostarsi da quel corpo che fino a pochi attimi prima stava possedendo.
“No!” disse piano guardando il volto affannato e arrossato di Jared. “Io non voglio scoparti , Jared!” fece ancora e ancora: “Io non voglio più scoparti!”

A quel punto, Jared sentì crescere dentro di lui una sorta di disagio, di vergogna. Si sentì fortemente in imbarazzo a stare così, in quella posizione così esposta, dopo avere detto quelle cose. I corpi nudi, vicini.
Ancora evidentemente eccitati eppure Jensen aveva detto di “no” e si era tirato indietro.

“Jensen, io non….” Provò a chiedere mentre con una mano cercava perfino un lembo di lenzuolo da potersi tirare addosso, anche se Jensen glielo impedì, fermandolo, prendendolo sena prepotenza dal polso.
“Io voglio fare l’amore con te, Jared. Io voglio amarti, non scoparti.”

Gli occhi di Jared si addolcirono immediatamente e quelle parole, quella spiegazione fu come un tuffo al cuore.
“Jensen!” esclamò colpito e liberandosi dalla presa di Jensen, portò la mano , ormai libera, sul volto del compagno, ma disse niente perché vedeva, perché sapeva che Jensen aveva altro da dire.
“Sono stanco di vederti solo nei week-end. Sono stanco di essere quello del fine settimana. Sono stanco di essere la scopata in attesa di quello giusto.” sembrò sfogarsi. “Io…io voglio essere il tuo ragazzo , il tuo compagno e voglio che tu sia il mio. Solo mio. Voglio che la tua sia l’ultima chiamata che ricevo la sera per dirmi buonanotte e voglio essere il primo a chiamarti la mattina per darti il buongiorno.” continuò con un enfasi che sapeva di speranza. “Voglio portarti al cinema anche di mercoledì e non solo quando ci capita di stare insieme. Voglio venirti a prendere a lavoro e voglio che tu mi accompagni ai miei stupidi stage di formazione quando li organizzano fuori città. Voglio….oddio!!...” fece ridendo nervosamente, perché forse  per la prima volta, in quel momento così assurdo, si era reso conto di quello che stava dicendo.

Jared lo guardò. Aveva gli occhi lucidi dall’emozione. Gli tremava lo stomaco e la sua mano non riusciva a smettere di accarezzargli il viso.
“Che cosa…che cosa vuoi Jensen?!” gli chiese dolcemente invitandolo a continuare quella che nella mente e nel cuore del giovane era la lista di richieste più bella e dolce che avesse mai sentito in vita sua.
“Voglio poter portarti in vacanza. Partire insieme , solo noi due. Insieme e non trovarci in qualche squallido motel. E non per un paio di giorni. No! Una vera vacanza, da organizzare insieme. Su cui litigare per cosa o dove andare. E voglio ridere delle foto assurde e imbarazzanti che rivedremo al nostro ritorno. Io….io voglio stare con te, Jared. Davvero.” fece poi, diventando improvvisamente serio. O forse nervoso, perché sapeva di aver finito e che ora toccava all’altro parlare.

Jared si mosse appena, solo per poterlo guardare meglio. Il corpo ormai si era rilassato e anche la mente. Non provava più disagio per come era iniziato quel discorso.
Accarezzò ancora quel bellissimo viso sospeso su di lui. Guardò quegli occhi verdi brillare come fari. Vedeva quelle deliziose lentiggini sparire piano piano dal viso di Jensen, man mano che il compagno si rilassava.
“Ho sognato e risognato questo momento, queste parole… da settimane!” rispose finalmente il giovane , mentre un enorme sorriso gli illuminava il viso. “Avrei voluto trovare il coraggio di dirle per primo, ma ogni volta che ci provavo vedevo in te una sorta di riserbo e…”
“Oh mio Dio!! per me…per me era lo stesso.” esclamò stupendosi Jensen.
“Oramai vivevo solo perché arrivasse l’ennesimo fine settimana. Solo perché arrivasse il momento in cui ti avrei rivisto. Dio! che stupidi siamo stati…quanto tempo abbiamo sprecato!!” fece baciando le labbra di Jensen che ormai erano fisse in un sorrise felice.
“Questo vuol dire che tu….che anche tu….” Sembrò voler comunque chiedere, Jensen, sentendosi impacciato nel farlo.
“Sì, Jensen. Voglio stare con te. Voglio essere il tuo ragazzo e il tuo compagno e voglio provare con tutto me stesso a far funzionare questa storia tra noi!” rispose con entusiasmo Jared e ricevendo in cambio un abbraccio forte e caloroso.

I due risero, un po’ per il nervosismo scemato, un po’ per la situazione , un po’ per tutto, ma comunque risero.

Poi, Jared , piano e dolcemente riprese il suo posto vicino al corpo caldo di Jensen e sensualmente gli accarezzò il viso, per poi scendere lungo il collo fino ad aprire la sua mano grande e decisa sulla spalla del compagno, così da tirarselo ancora più vicino.

“Jensen?” lo chiamò dolce, sussurrando il suo nome sulle labbra dell’altro.
“Mmmh!!”
“Fa’ l’amore con me, Jensen!” fu la dolce e intima richiesta che Jensen accolse sospirando di felicità.

I loro respiri affannati , i loro gemiti appassionati, i loro nomi sussurrati sulle labbra e sul cuore di entrambi furono la perfetta colonna sonora di quel magnifico momento d’amore. Le loro mani che non facevano altro che cercarsi, i loro corpi che si bramavano esasperati quando solo per poco tempo restavano lontano l’uno dall’altro. E poi il piacere!!
Oh!, il piacere fu avvolgente, caldo, invadente nel corpo e nella mente dei due ragazzi.
E quella meravigliosa spossatezza che li invase immediatamente dopo, paradossalmente, fu l’apice di quel piacere.

Ancora stretti in un caldo abbraccio, Jared sul petto di Jensen, si beava del dolce battito con cui il cuore di Jensen lo cullava e lo rilassava.
“Jensen!?”
“Sì. Dimmi piccolo!”
“Mi piacerebbe!” fu la richiesta criptica del giovane.
“Ti piacerebbe …cosa?” chiese perplesso ma sereno , Jensen.
“Mi piacerebbe fare una vacanza con te. Una vera vacanza, intendo.” suggerì dolcemente.
“Tutto quello che vuoi. Ovunque tu voglia andare. Devi solo chiedere!” lo assecondò Jensen , stringendoselo vicino.
“Davvero?”
“Davvero.”
“Mi piacerebbe andare in montagna. No!...no, aspetta. No!” fece ripensandoci. Jensen anche se non poteva vederlo in faccia , ormai lo conosceva bene e sapeva che in quel momento, sul viso del ragazzo, avrebbe visto quella tipica espressione di un bambino che non sa scegliere in un banco pieno di dolci.  “Il mare. Sì, sì. Mi piacerebbe andare al mare. Sono anni che non ci vado e mi piacerebbe andarci con te. Ti va?”
“Certo che mi va. Dammi solo il tempo di organizzare!”
“No!” esclamò quasi offeso Jared, tirandosi su in modo da poterlo guardare negli occhi. “La tua promessa era che l’avremmo organizzata insieme!” fece con un finto ma dolcissimo broncio.
Jensen sorrise, si sporse per baciare quel bellissimo broncio.
“Hai ragione. Perdonami. Lo organizzeremo insieme!”
 
Fu la notte più bella ed eccitante e accattivante ed inebriante di quello che fu l’inizio della loro storia.
Ma la loro storia , quella che venne dopo, è come si dice : tutta un’altra storia.
Una storia che forse un giorno verrà raccontata o che forse rimarrà sospesa nella mia e nella vostra immaginazione!!

 
 
“Perchè ogni cosa che faccio 
l'importante è che la faccia con te. 
La mia vita è appena cominciata 
perchè ho finalmente trovato qualcuno”

( I finally found someone, B.Streisand  ft B.Adams )

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Capitolo 3
*** Andrà tutto bene! ***




ANDRA’ TUTTO BENE!


Misha arrivò trafelato al piano di chirurgia dove gli avevano detto fosse stato portato d’urgenza Jensen, dopo che Jared lo aveva trovato riverso e svenuto nel suo camper, solo qualche ora prima e solo meno di mezz’ora dopo aver finito le riprese dell’ennesimo episodio di SPN.

“Jay?..Jay!! come sta? Che è successo?” si informò non appena vide il giovane collega seduto ad una sedia , in evidente e nervosa attesa di notizie.
“Appendicite!” rispose all’amico che gli si sedeva vicino anche per riprendere fiato. “Ci crederesti? Una stupida appendicite, stava per….Dio!!... l’avrebbe ucciso!!”
“Cosa?...perchè dici così?” chiese , Misha, stupendosi di quell’affermazione così tragica.
“I dottori dicono che era quasi peritonite e che se non lo avessi trovato in tempo, …insomma….solo qualche ora e lui…lui…” quasi boccheggiò alla sola infausta e tremenda prospettiva.
“Beh! vedrai che si rimetterà in fretta e che di sicuro da oggi in poi, non ti rimprovererà più se scordi qualcosa!” cercò di rassicurarlo. Infatti Jared aveva trovato Jensen in quelle condizioni assurde, solo perché, fortunatamente, aveva dimenticato il suo I-pad  nel camper del maggiore.

“Lei è arrivata!?” fece poi, Misha.

“E’ per strada. Sua moglie sta arrivando. L’ho chiamata non appena sono arrivato in ospedale. Ho ancora la delega per le emergenze, ma dato che Colleen era a Vancouver, i dottori hanno voluto una sua conferma, anche se telefonica, per procedere con l’operazione.” Spiegò, guardando di tanto in tanto l’ascensore, in attesa di vederci uscire la moglie di Jensen, da un momento all’altro.
“Ok! Perfetto!” disse solo, l’amico.

Un attimo dopo, come previsto, Colleen Ackles usciva a passo svelto dall’ascensore. Si recò velocemente verso i due colleghi del marito e con aria preoccupata si rivolse a Jared.
“Come sta? Ti hanno detto qualcosa? Hanno finito di operarlo?!” chiedeva in evidente apprensione.
“Tranquilla è in buone mani. Vedrai che tra un po’ verranno a dirci che sta bene e che potremo vederlo!” provò a tranquillizzarla, Jared.
I tre stettero per ancora lunghi minuti fermi, impacciati, nervosi, in quel corridoio asettico e vuoto.

Poi, fu Misha ad interrompere quella specie di stasi emotiva.
“Sentite, io torno agli studio. Vado ad informare gli altri delle condizioni di Jensen e a rassicurarli che andrà tutto bene. Avete bisogno di qualcosa?” fece mentre recuperava la sua giacca.
“No. Grazie!” fece Colleen. “Sto bene  così!”
“E tu, Jared?” rivolgendosi al giovane collega. “Ti serve qualcosa, amico?!”
Jared ci pensò su un attimo e poi si ritrovò a fissare i suoi abiti.

Dio!! era ancora con gli abiti di scena di Sam Winchester.

Guardò Misha e quasi con vergogna ammise: “Beh! amico. Mi faresti un favore se quando torni mi porti qualcos’altro da indossare!” fece mostrando i suoi vestiti.
Misha capì immediatamente e annuì convinto. “Certo! Prima di tornare qui, passo per il tuo trailer e ti prendo qualcosa, ok?”
“Ok! Grazie, Misha. Sei un amico!” fece con dolcezza Jared, rincuorato da tanta lealtà.
Altro che Castiel! Misha era un amico vero. Era reale.

Jared sorrideva ancora quando le porte dell’ascensore si chiusero portando via Misha. Un attimo dopo, come l’amico, anche il suo sorriso sparì inghiottito in una smorfia di severa freddezza.

“Che ci fai qui, Colleen?!” chiese alla donna al suo fianco. “ Ti ho avvisato solo perché mi è stato richiesto dai medici. Non c’è bisogno che tu resti!”
“Ma io sono la moglie amorevole. Devo stargli accanto. Ricordi? Nella salute e nella malattia!!” fece con tono sprezzante Colleen.
“Voi state divorziando. Devi solo ricevere i documenti già firmati da Jensen e poi …”
“E poi cosa, Jared?” fece con tono severo la donna. “Fin quando non firmerò quei documenti, io, sono e sarò la sig.ra Ackles!” fece con aria di sfida.
“Tu non sei più la moglie di Jensen. Tu hai smesso di essere sua moglie quando hai iniziato a scoparti tutto quello che ti respirava intorno!” l’accusò con aria di rimproverò Jared.
“No!! Io ho smesso di essere sua moglie quando tu hai iniziato a scoparti Jensen!” replicò con sdegno.
“Cosa? ma che stai dicendo??!!” esclamò Jared sconvolto da quell’accusa. “Quello…quello che è successo tra me e Jensen…è successo molto dopo quello che gli hai fatto tu. Non c’entra nulla e non azzardarti a metterlo sullo stesso piano delle schifezze che gli hai rifilato tu, con i tuoi sporchi tradimenti.”
“Puoi metterla come vuoi, Jared. Ma agli occhi della stampa non farà molta differenza la tempistica delle nostre…..scopate!” lo provocò Colleen. “Quando quello che c’è tra voi….quando la vostra schifosa relazione verrà alla luce del sole…altro che stelle e arcobaleni.  Sarà peggio dell’oscurità contro cui combattono Sam e Dean!!” lo ammonì crudelmente.
“Io…io non ti permetto di…di…”
“Cosa? Jared, cosa non permetti??!!” quasi lo aggredì sibilando tra i denti per non attirare troppo l’attenzione su di loro. “Mi fai schifo, Jared. Mi fate schifo entrambi. Quello che fate mi fa schifo. Quello che siete, mi fa schifo.” Rinsaldò prendendo cattiveria e forza dal fatto che Jared non riusciva a reagire, colpito da ciò che sentiva.

E allora, Colleen, colpì ancora. “Ma te lo ripeto: fin quando non avrò firmato le carte del divorzio, io sono sua moglie e l’unica cosa che tu potrai avere sarà il suo culo!” offese e subito dopo , girò sui tacchi, e lo lasciò per andare a chiedere informazioni.
Jared rimase allibito e sì!, sconvolto e ferito, da quelle parole.
 
Erano vere ed era assurdo quello che lo univa a Jensen?
Erano state dette solo per ferire e Colleen sapeva come e dove colpire?
 

Non ci riusciva. Jared in quel momento, colpito dalle affermazioni della cosiddetta sig.ra Ackles e preoccupato dalle condizioni di Jensen, davvero non riusciva ad essere lucido.
Il trillo di un messaggio sul suo telefonino lo riportò alla realtà.
Era un messaggio di Misha.
 
Non ascoltarla. Qualsiasi cosa dica. Non ascoltarla, Jay. Jensen ti ama e tu ami lui. Ok!, amico!? Ci vediamo dopo. Torno il più presto possibile!
 
Ringraziò mentalmente il caro amico, anche se al tempo stesso lo rimproverò di non avergli spedito prima quel messaggio.
 
Circa un quarto d’ora dopo, un infermiere si avvicinò a Jared.
“Il suo amico è in stanza ma non riusciamo a trovare sua moglie per avvisarla!” fece dispiaciuto.
“La chiamo io, ma….” E poi fece leggermente in imbarazzo. “…nel frattempo posso vederlo?”
“Certo! Ma non lo stanchi. È ancora intontito dall’anestesia.” Si premunì.
“Pochi minuti, lo giuro!” promise sincero. “Mi..mi scusi!?” fece richiamando l’infermiere.
“Mi dica!”
“Lui…sta bene?!” chiese con apprensione.
“Tranquillo! Il suo amico tra un paio di giorni starà una favola!!” lo rassicurò il ragazzo sorridendogli amichevolmente.
 
Quando entrò nella stanza, Jensen aveva gli occhi chiusi e non aveva il viso verso la porta , ma lo aveva girato verso la finestra.
Jared si avvicinò e dolcemente gli accarezzò la guancia esposta. La pelle liscia e poi il leggero ruvido della barba lunga, per modo di dire, di una giornata.
Il viso di Jensen era rilassato nonostante quello che aveva passato in quelle ore frenetiche. Le labbra , anche se leggermente spaccate, a causa dell’anestesia e dell’evidente intubazione, erano comunque lucide e piegate in un timido sorriso.

Jared continuò ad accarezzarlo, a seguire, leggero, il profilo dello zigomo fino al mento pronunciato, fin quando quel timido sorriso, si accese definitivamente.
“Sei sveglio?!” fece sorpreso Jared.
“Mmh!!” annuì appena. “Ma mi piace quando mi accarezzi così, convinto che io non me ne accorga!” lo stupì Jensen, girandosi e guardandolo, finalmente.
“Tu ti sei sempre accorto che….”
“Ogni volta, piccolo!” finì per lui, Jensen, sorridendogli ancora. “Ma ora, dimmi una cosa. Perché io sono finito sotto i ferri e tu hai un aspetto da far paura?!” chiese alquanto preoccupato, notando gli occhi tristi di Jared.

Per quanto , Jared, fosse felice di vedere e sapere che Jensen stava bene, le parole di Colleen gli vorticavano ancora nella testa.

“Credimi, non è stato affatto bello trovarti riverso a terra, privo di sensi. Chiamarti e non avere risposta.. giuro che me la pagherai cara questa giornata!” lo rimproverò ironico, mentre era ben altro che voleva nascondere.
Ma Jensen lo conosceva bene e sapeva che prima o poi, sarebbe riuscito a scoprire cosa nascondeva Jared.
“Hai ragione!” disse con tono remissivo. “Mi farò perdonare, lo giuro!” mentre cercava la mano di Jared, che veloce raggiungeva la sua. “Però, adesso, avrei bisogno di una cosa!” fece ancora senza mai smettere di guardarlo negli occhi che cercavano solo Jared. Come quelli di Jared non chiedevano altro che guardare  Jensen.
Jared lo guardò e non ebbe bisogno che il compagno gli confidasse ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Sorrise,  lo accarezzò ancora, premuroso , amorevole e poi si chinò verso di lui.

Il tocco tra le loro bocche fu gentile, delicato, ma pregno di amore. Le loro labbra si sfiorarono lentamente, attente a non trascurare o sprecare quel tempo che gli era stato concesso per danzare insieme.
“Ciao!” mormorò dolcemente Jared ancora rapito dalle labbra di Jensen.
“Ciao!” rispose Jensen, sorridendogli nello stesso modo dolce e complice.
 
“Lo dicevo io!! Che schifo!” starnazzò una voce stridula accanto alla porta.
 
A quella voce decisamente inappropriata , i due si allontanarono. Jensen guardò Jared sorpreso per quella presenza indesiderata.
“Mi dispiace, ma il dottore sapeva che lei era a Vancouver e ha voluto un suo assenso per l’operazione. Sono stato costretto a chiamarla, ma non sapevo si sarebbe presentata!” fu la giustificazione di Jared allo sguardo interrogativo del compagno.
Jensen capì e non ci fu rimproverò nello sguardo che poi rivolse al giovane ancora al suo fianco, di lato al letto.

Poi si voltò verso quella che , sperava, fosse sua moglie ancora per poco.
“Che ci fai qui, Colleen? Per quello che ne so, qui non ci sono dottori o semplici inservienti a cui piace la roba usata. E’ tutta gente per bene! Quindi puoi anche andartene e trovarti un altro posto in cui svendere le tue….grazie!” fece sarcastico, Jensen.
Il biondo odiava esprimersi in quel modo e dentro di lui sentiva lo stomaco contorcersi e sapeva che non erano i medicinali a farlo stare così. Ma Colleen?….lei…lei era capace di tirare fuori il peggio da lui!
“O mio caro!” sorrise beffarda la ragazza. “Vedi di trattarmi bene o potrei anche metterci tempo per firmare le carte del divorzio o forse…..forse potrebbe anche venirmi voglia di chiamare quella mia amica  del Blaze Gossip e raccontarle la mia triste vita matrimoniale!” fece con tono ironico e minaccioso.
“Fallo Colleen e non avrai un centesimo di quello che abbiamo pattuito nell’accordo. Dì una sola parola di quello che c’è tra me e Jared prima che siamo noi a farlo, mettici un giorno di più a firmare le carte del divorzio dopo che ti saranno arrivate e giuro che non vedrai un solo cent!” e questa volta fu Jensen a minacciarla ed era serio.
Collen si rese conto che Jensen era dannatamente serio e guardandolo bene, sembrava perfino furioso.
“E questo che diavolo vorrebbe dire?!” fece senza cercare di scomporsi più di tanto.
“Questo, significa, che il mio avvocato ha tante di quelle foto di te che ti scopi metà del nostro quartiere, giardiniere compreso, che gliene basterebbero la metà per evitarti anche l’incombenza di presentarti in tribunale e farti sbattere fuori un attimo dopo senza niente in tasca!” le spiegò Jensen. “Ma…” fece poi, soddisfatto della rabbia che vedeva sul volto della sua ex.
“Ma , cosa?!” ringhiò lei, vistosamente a disagio. Ma non in colpa!
“Ma non è quello che voglio. Quello che voglio, è darti quello che ti ho promesso e darti così la possibilità di sparire per sempre dalla mia vita. Dalla nostra vita!” specificò poi, prendendo di nuovo la mano di Jared, che aveva ascoltato in silenzio quello spiacevole scambio di battute, ma che mai, si era allontanato da vicino al suo compagno.

“Stronzo!” l’apostrofò Colleen un attimo prima di decidere di smetterla e andare via.
“Puttana!” rispose quasi per istinto Jensen, vedendola andare via infuriata.

Quando sentì il respiro tornare più tranquillo, Jensen, si voltò verso Jared e stranamente lo vide che sorrideva o meglio che cercava di non farlo palesemente.
“Che c’è?....che hai da ridere?!”
“No…niente!!” cercava di contenersi il giovane, riuscendoci malamente.

Sapeva quanto era stata dura per Jensen agire in quel modo. Trattare in quella maniera una persona, anche se quella persona era Colleen. Lo conosceva bene e Jensen era quello, tra i due, che, se durante una litigata riceveva una sonora rimproverata, era sempre il primo ad abbozzare e dire “Ok! Ci prendiamo una birra, ora?

“Jared??!” lo richiamò Jensen, non capendo.
“Stronzo? Puttana?” gli fece presente Jared. “E’ ironico sentirle dire ….così!” ridendo più esplicitamente.
Jensen fece mente locale e non potè che ridere di conseguenza.
 

Circa dieci minuti dopo, Misha fece capolino nella stanza del collega.
Sorrideva nel vederli sorridere.
“Ehi? che mi sono perso? Qualche minuto fa, sono quasi stato travolto dall’uragano Colleen!!” fece entrando in stanza.
“Eccoti qui!!” esclamò Jensen, felice di vedere l’amico.
Misha era quello con cui i due ragazzi si erano confidati, convinti della sua lealtà, quando tutto tra loro era iniziato. Ed era ancora l’unico a sapere tutto. Misha era costantemente presente come amico e confidente ed era un punto d’appoggio in quel loro momento di….cambiamento.
E i due, sapevano che ci sarebbe sempre stato. Puro stile Castiel!!!!
“Mi chiedevo quanto ci avresti messo, amico!” fece , ancora, Jensen, mentre riceveva un’amichevole pacca sulla spalla da parte del collega.
“Non prendertela con me!” provò a giustificarsi con aria innocente. “Dovevo prendere dei vestiti decenti per il tuo amico , qui…” fece indicando Jared che rideva sommessamente. “Dal suo camper!” sottolineò con enfasi.
“Oddio!” esclamò perplesso Jensen.
“Già!! Hai idea che cosa significa cercare dei vestiti in quel caos su quattro ruote che lui continua a chiamare trailer!?” fece più sereno, perchè vedeva uno sguardo comprensivo sul volto di Jensen.
“Ti capisco, amico e ….” fece remissivo. “….scusa!” e poi scoppiarono entrambi a ridere.
“Ehi!! se non ve ne foste accorti, io sono qui!” fece fintamente offeso, Jared, che piano si sedette sul bordo del letto, accanto a Jensen.

Il maggiore smise di ridere , cercando di riprendere fiato con calma, anche perché ridere di gusto, gli tirava dolorosamente sui punti. Approfittò del fatto che Misha si era allontanato per poggiare i panni di Jared su una poltroncina e che avendo ricevuto una chiamata era uscito dalla stanza, e alzando una mano verso il viso , oramai sereno del giovane compagno, sorrise dolcemente.
“Lo so che sei qui e qui dovrai sempre rimanere!” fece con innamorata convinzione.
Jared si appoggiò nella culla di quella mano. “Ma Colleen?!” si ritrovò a chiedere.
“Andrà tutto bene. E’ solo questione di tempo, ma andrà tutto bene!” lo rassicurò e sporgendosi appena, chiese di nuovo le sue labbra a conferma di quello che aveva promesso.
 
Un bacio timido, precursore di una forza più potente.
Avanguardia di un sentimento che giorno dopo giorno si faceva sempre più forte.
L’amore tra Jared e Jensen.

 
 
                                                                                                                                                               “Io sono così grato che tu sia nella mia vita, Tu riempi il mio cuore e riempi il mio cielo”
(Tonight, Marco Mengoni)

 


N.d.A.: Rieccomi con un nuovo aggiornamento della SOL. Aggiorno oggi perchè mancherò per qualche giorno e non so se riuscirei a farlo nei prossimi giorni. Spero che questa nuova storiella vi piaccia. Io ho adorato Misha. Spero capiate perchè.

Ps: Naturalmente mi andava di non mettere il vero nome di Dannell che reputo una persona fantastica. 
Quella della mia storia è una vero a propria son o bitch e quindi ho preferito mettere un nome fittizio.

Un bacio grande!
Cin.

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Capitolo 4
*** Io ti volevo! ***


IO TI VOLEVO!

Jensen è un organizzatore di eventi. Uno dei più apprezzati e pagati dello stato.
È abituato a tenere tutto sotto controllo, a comandare e a reggere i fili  e le fila di ogni cosa che sia sotto la sua responsabilità. Ma questo suo carattere a volte dispotico e a volte fin troppo prepotente e autoritario, non riesce a tenerlo fuori dalla sua vita privata.

Jared, è il compagno di Jensen. Da cinque lunghi anni. E se prima, il loro era un vero e proprio idillio amoroso, questo cambiamento nel carattere di Jensen, destabilizza profondamente la vita di Jared, che si sente ormai solo un dipendente della loro relazione e non “l’altra parte delle mela!”

Dopo un acceso litigio e dopo che Jared finalmente apre gli occhi al compagno su come si è sentito trattato, di come è stato trattato e di come Jensen non se ne sia reso conto troppo preso dalla sua insana “ superiorità”, Jared lo lascia.

I primi giorni da single passano velocemente per Jensen, poi piano piano però si rende conto di quello che ha perso, di colui che ha perso.
Sente il vuoto lasciato da Jared farsi pesante sul suo cuore. La mancanza anche fisica e concreta di Jared, gli fanno male.
Non averlo più intorno, fa male. Non sentire più la sua risata cristallina , fa male.
Non vedere più il suo viso la mattina appena sveglio, o l’assenza quei suoi baci dati all’improvviso,  fa male.
Il non sentire più le sue mani che lo accarezzano, la sua voce che gli parla, le sue espressioni quando lo  ascoltava  gli mancano terribilmente.

E sì! Fa male. Fa tutto tremendamente, terribilmente male.
 
L’ultimo evento da organizzare , di Jensen, è una serata Karaoke Italiana per una società di cui Jared è intermediario finanziario.
I suoi collaboratori notano che il loro boss è su un altro pianeta. Quasi non lo riconoscono e decisamente restano sbalorditi quando, dopo aver visto entrare nella sala della festa un Jared accompagnato da un emerito “signor nessuno” , vedono, ad un certo punto della serata,  salire Jensen sul palco e sistemarsi al pianoforte.
All’inizio, le note e gli accordi sono insicuri, la voce è titubante. L’accento incerto.
Ma il senso e l’emozione con cui quella canzone viene cantata e a chi viene dedicata, arriva forte e violenta come un pugno in pieno viso.
 
“Prima di andar via
c'è qualcosa che
voglio dirti adesso
E mi ascolterai
anche se per te
oramai è lo stesso.
Non ci crederai, forse riderai,
ti sembrerò un po' fuori tempo
Ma la verità
è che non ho avuto mai
niente di più bello
di te, di te…. confesso
 
Io ti volevo vivere, ma ti sapevo uccidere
Io ti volevo stringere, ma non ti sapevo prendere
Io ti volevo complice, ma ti sapevo escludere
Io ti volevo fragile e ti lasciavo piangere
Io ti volevo cogliere ma non ti lasciavo crescere
Io ti volevo vincere e ti ho saputo perdere
Ma ti volevo, ti volevo, ti volevo
 
Poi sei andato via
e stavolta sai
sono io che ho pianto
E ora non ho più
quel potere che
che ti inchiodava accanto.
Non ci crederai, forse riderai
ma se ti salvi sono contento
Libero da me
e ora sono io
schiavo di un ricordo
di te, di te ….confesso
 
Io ti volevo vivere, ma ti sapevo uccidere
Io ti volevo stringere, ma non ti sapevo prendere
Io ti volevo complice, ma ti sapevo escludere
Io ti volevo fragile e ti lasciavo piangere
Io ti volevo docile e non ti lasciavo scegliere
Io ti volevo vincere e ti ho saputo perdere
Ma ti volevo, ti volevo, ti volevo
 
Perché la verità
è che non ho avuto mai
niente di più bello
di te!”
 
 
Quando quella  canzone finì prima sulle labbra di Jensen, e poi sulla tastiera del pianoforte, un timido applauso iniziò a risuonare nella sala , per poi diventare uno scroscio entusiasta di approvazione.
Tutti si guardavano intorno sbalorditi della sorpresa messa in atto dall’organizzatore.
 
Solo gli occhi di Jared e Jensen sembravano non aver altro da guardare che loro stessi, riflessi negli occhi, l’uno dell’altro.
 
Jared avanzò verso il palco, come calamitato, mentre Jensen ne scese. Si limitò a scavalcarlo. Non usò nemmeno le scalette laterali.
Quando furono al centro della sala, l’uno di fronte all’altro, fu Jensen il primo a parlare.
 
“Ti supplico, perdonami!” disse e Jared sapeva che era sincero.
“Non farlo mai più. Non lo sopporterei ancora!”
“Mai. Mai più. Non accadrà mai più.” Giurò mentre gli prendeva le mani. “Io ti amo!”
“Ti amo anch’io, Jensen.” Rispose emozionato il giovane.
 
I due , ignorando completamente il pubblico che ormai li fissava sbalorditi e anche emozionati, assistendo a quella dolcissima e romantica riappacificazione, sancirono quella loro nuova unione con un bacio.
Si abbracciarono forte, come se fossero stati secoli lontani. Le loro mani sembravano voler riappropriarsi di quella proprietà che solo per poco tempo gli era stata negata.
E solo quando un ennesimo applauso di sollievo e felicità, sottolineò quel momento felice, i due si resero conto di essere decisamente sotto l’attenzione di tutti.
Sorrisero timidamente e scusandosi a destra e sinistra o ringraziando chi si  congratulava, lasciarono la sala per tornarsene a casa loro.
 
Lì di certo, avrebbero potuto approfondire con più soddisfazione quello che sarebbe stato un nuovo inizio del loro amore.

 
 
N.d.A.: Lo so! Sono allo sclero puro. Perdonatemi, vi supplico.
E’ una storia assurda, senza senso, e decisamente improbabile. Il più inconcepibile Slace of Life che potesse essere mai scritto da mente senziente.
Ma non so perché,  durante la festa patronale della mia città, era ospite Masini e  quando ho sentito questa canzone, mi si è “flashata” in testa questa cosa.
Chiedo ancora scusa e mi metto in posa per il plotone d’esecuzione.
 
Baci, Cin!

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Capitolo 5
*** Vivi! ***


VIVI!

“Dimmi perché? Dimmi perché non riesci ad amarmi. Dimmi perché non riesci a lasciarti andare!!” esclamò esasperato Jared, guardando l’espressione afflitta e colpevole di Jensen, fermo di fronte a lui.
“Jared io…”
“Smettila con i tuoi “Jared io, Jared ma, Jared, Jared , Jared.” Parla per una buona volta. Dopo l’altra sera, pare che tu voglia fare concorrenza a Giuda in persona. Mi sembri la personificazione del tradimento. Che diavolo ti è preso, Jensen?!” fece , sperando in una risposta più sensata.

Che arrivò. Che fece male, però.

“L’altra sera è stata un errore, mi dispiace!” ammise Jensen abbassando lo sguardo.
“Cosa?!” fece il ragazzo, stupendosene. Come poteva essere stato un errore qualcosa che era avvenuta con così tanto trasporto e passione?
“Quel pomeriggio avevo avuto un….cioè…era stata tutta una giornata pesante. Emotivamente pesante.” Provò a spiegarsi e forse a cercare di scusarsi. “Io avevo bisogno di…sostegno. Di…conforto e…”
“E venire a letto con me, era l’unica soluzione per farti sentire meglio?!” ironizzò offeso e sarcastico.
“No!!” esclamò immediatamente. “No.No.No. Ti prego non…non volgarizzare quello che è successo tra noi. Io…” provò ancora a mediare con le emozioni del suo giovane interlocutore.
“Dimmi tu che cosa devo pensare Jensen. Perché io sto impazzendo a cercare di capire i tuoi stati d’animo. Un giorno ci sei con la tua complicità e  un giorno nemmeno mi calcoli.”

Jensen sospirò affranto. Quel suo legame con Jared era iniziato in sordina, poi era diventato più forte. Poi si era lasciato baciare e lo aveva baciato. Ma non si era mai spinto oltre.
Non fino a quella famosa sera.
E Jared aveva ragione di reagire così.
Ma Jared non sapeva tutto e ora, dopo quello che era successo tra loro, quella notte, aveva il diritto di sapere.

Il biondo prese coraggio e cercò mentalmente le parole giuste.
“Io non posso darti quello che vuoi, Jared. Mi dispiace.” fu il prologò  di quella verità. “Io ci tengo a te, credimi. E tanto. Ma amo un altro e forse lo amerò per sempre.”
Jared lo fissò incredulo. Erano davvero quelle le parole che aveva appena sentito? Era davvero Jensen , l’uomo che le aveva appena pronunciate? E perché il tono era così maledettamente dolce?
“Jensen, ma…”
“So che non ho scusanti. Di sicuro i miei atteggiamenti sono stati sbagliati e me ne assumo ogni responsabilità.” continuò Jensen. “ Ma ora ti chiedo , ti supplico, solo di fare un ultima cosa per me.”
Jared lo fissava ancora e senza spiegarsi il perché, si ritrovò ad annuire. Ma solo perché sentiva il disperato bisogno di una spiegazione sensata che non fosse la risposta che aveva avuto da Jensen.
“Vieni con me, Jared. Ho bisogno di mostrarti qualcosa.”
 
Quando entrarono nel complesso ospedaliero di Houston, un sorridente infermiere gli andò incontro.
“Ciao, Jensen. Come mai qui oggi?!” domandò. Era chiaro che Jensen era di casa in quell’ambiente.
“Si, lo so. Ma oggi avevo mezza giornata libera e ho pensato di fare un salto.” spiegò mentre gli stringeva la mano amichevolmente. “Che giornata è oggi?!”

Che strana domanda!, pensò Jared.

“Relativamente buona. Voleva stare al sole.” fu la risposta e poi fece segno che potevano andare tranquillamente anche se non era orario di visita.
Jensen guidò Jared verso una camera infondo al lungo corridoio. Quando entrò, il giovane notò che la camera era arredata in modo semplice anche se non sembrava quella di un ospedale. Era decisamente più accogliente.

Accanto alla finestra, seduto su di una poltrona, un uomo di circa quarant’anni, guardava o meglio sembra fissare il vuoto oltre quella finestra. Il volto deciso, ma con un espressione gentile, leggermente ingenua. Scuro di capelli e con un taglio che glieli lasciava scarmigliati. I suoi occhi erano di un blu intenso e brillavano alla luce del sole. Il suo sguardo, però non brillava come quel colore che gli dipingeva le iridi.
No! Il suo sguardo era perso, lontano, assente.

Jared vide Jensen avvicinarsi all’ospite della stanza. Gli vide accarezzargli il viso gentilmente, amorevolmente. Lo vide baciargli delicatamente la fronte e sussurragli un dolcissimo “Ciao, amore mio!”
Ma sul volto dell’altro, niente sembrava essere cambiato. Nessuna emozione a quel contatto.
Jensen si voltò verso Jared e gli fece cenno di avvicinarsi e di sedersi accanto a lui, sulla panca che aveva avvicinato all’uomo in  poltrona.
“Jared…ti presento Misha!” disse sorridendo all’assente. E poi piano, Jared, vide Jensen accarezzargli la mano sinistra e soffermarsi sul piccolo anello d’oro che vestiva un anulare fin troppo magro.
“E’…è sposato?!” chiese istintivamente.
Jensen sorrise ancora.
“Siamo sposati!” confessò. “ Da cinque meravigliosi anni.” rispose accarezzando sempre la stessa mano per poi passare ai lineamenti assenti dell’uomo.
“Oddio!” esclamò Jared completamento preso alla sprovvista e quell’emozione che gli esplose dentro, lo portò ad alzarsi e ad allontanarsi dai due.
“Posso immaginare quello che provi e posso accettare la rabbia che senti per me, in questo momento. Ma Jared..”
“Ma allora perché?...perchè tu sei…insomma noi..” alludendo a quello che era successo tra loro.
“Già. Quello!” intuì Jensen e si allontanò piano da Misha, per poter raggiungere Jared. “Quella giorno i dottori mi avevano detto che la situazione di Misha stava peggiorando. Velocemente.” e poi sospirando dolorosamente concluse: “Non gli resta molto.”
L’espressione di Jared mutò immediatamente quando scorse il dolore nella voce e negli occhi di Jensen.
“Ero sconvolto. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Ma non immaginavo così in fretta. Non sapevo che saresti venuto a casa mia  e quando hai capito che non stavo bene e mi hai abbracciato e mi hai baciato, io…io….ho sbagliato e ti chiedo scusa, Jared.” chiese ancora perdono.
“Ok!..Ok!...basta così. Ne parliamo dopo, da un'altra parte magari.” fece il giovane, spostando lo sguardo su Misha. “Che cos’ha?!” chiese.
Jensen si avvicinò di nuovo a Misha e gli si sedette di fronte un'altra volta, prendendogli la mano.
“Circa due anni fa gli hanno diagnosticato l’Alzheimer. Nella forma più precoce e violenta. Lui si allontanava da me giorno dopo giorno. Sembrava che si perdesse ora dopo ora. Il dottore che lo aveva in cura mi disse che il suo cervello era come un quartiere che andava incontro ad un black-out. Casa dopo casa, si sarebbe spento tutto. Per sempre. La luce non sarebbe mai più tornata.”
“O Gesù! Ma lui è così….giovane! Non è giusto.” sussurrò Jared colpito da quel racconto.
“Non sai quante volte me lo sono ripetuto anche io. Ma dirmelo giorno dopo giorno, notte dopo notte, non è servito a cambiare le cose.” ammise amaramente Jensen.
Jared si avvicinò ancora.
“Hai detto che sta peggiorando.”

Jensen sembrò tremare a quell’affermazione. Il suo respiro tremò. Il suo petto tremò.

“I dottori mi hanno riferito che quella cosiddetta luce sta per spegnersi anche in quelle zone del cervello che regolano le …funzioni vitali e quando questo accadrà, lui….lui potrebbe andare incontro a dei collassi o qualcosa di peggio.” spiegò, accarezzando il viso del marito che nemmeno sembrò accorgersi di quel tocco d’amore.
 
Jared vide quel gesto. Non seppe dirsi se perdonava Jensen di avergli tenuto nascosto un segreto del genere.
Ma , oddio!
Quella carezza. L’amore e la devozione con cui era stata donata e la totale indifferenza con cui era stata accettata, gli spezzò il cuore.
Un lato della sua mente accusava Jensen di averlo usato quella sera. L’altro lato, ne comprese la disperazione.
 
“Vi lascio da soli.” fece il giovane, sentendosi quasi un terzo incomodo.
“Jared, no. Aspetta, io…”
“No.” si apprestò a dire. “Prenderò un taxi per tornare” disse per rassicurare Jensen.
“Jared!”
“Ti chiamerò io, Jensen!” asserì con un tono che forse a Jensen sembrò più duro del solito tono di Jared. Ma non disse niente.
Come poteva ?
E poi sapeva che Jared non avrebbe chiamato.
 
Tre giorni dopo, Jensen era a casa sua. Rimetteva in ordine alcuni documenti dell’ospedale, quando sentì bussare alla porta. Andò ad aprire e si trovò davanti Jared.
“Ciao!” disse al giovane fermo davanti all’uscio di casa sua.
“Posso entrare?!”
“Certo. Scusami!” e fece spazio per far entrare Jared. Gli fece strada in cucina dove , decisamente regnava più ordine che nel piccolo soggiorno. Prese una birra dal frigo e la porse al giovane appoggiato al bancone. “Credo che tu ne abbia bisogno!” vedendo lo sguardo teso e nervoso del ragazzo.
Jared la prese e ne fece un lungo sorso, lasciando decisamente sorpreso Jensen.
“Wow!! Ma che hai?!” esclamò.
Jared allora si allontanò dal bancone della cucina e gli andò di fronte. Sembrava che dovesse fare un discorso che lo terrorizzava a morte ma di cui era dannatamente sicuro.

“Ok! Ti dirò questa cosa una sola volta. Solo oggi. Poi andremo avanti con le nostre vite!” e a quella premessa Jensen pensò di averlo perso per sempre anche come amico.
Ma Jared riuscì a sorprenderlo.
“Non rinuncerò a te, Jensen. Non ci rinuncerò mai. Non ci riesco. In questi giorni mi sono detto e ridetto di lasciar stare. Che eri fuori dalla mia vita. Che era troppo. Che tutto quello che era il tuo mondo…era troppo. Per me.” fece con decisione e Jensen si ritrovò ad annuire come per dargli ragione. “Ma ogni singola volta che me lo ripetevo non facevo altro che ricordarmi di che persona meravigliosa tu sia Jensen. Il tuo amore per Misha, la tua devozione nei suoi confronti. Perfino il tuo senso di colpa per quello che è successo tra noi, me lo ha ricordato.”
“Jared, io..”
“No, ti prego. Lasciami finire.” lo fermò per paura di perdere il filo del discorso che sembrava stampato a fuoco nel suo cervello. “Tu sai quello che io provo per te, ma da oggi, ti giuro che da me avrai solo appoggio, sostegno, sincerità, lealtà. Ti starò vicino solo come amico. E ti aiuterò ogni volta che ne avrai bisogno e anche quando non ne avrai o penserai che puoi fare da solo. Ti aiuterò con Misha in qualunque cosa possa servire dentro o fuori la clinica perché so, perché ho capito che far stare bene Misha , fa stare bene te. E io voglio che tu stia bene Jensen. Il più possibile.”

Jensen fu profondamente colpito da quella promessa, ma era qualcosa che non poteva chiedere a Jared. Non era giusto e glielo disse.
“Jared non è giusto. Non è giusto per te e io non posso chiederti di farlo. A me basta che tu…”
“Ma sono io a volerlo fare. Tu non mi stai chiedendo niente.” lo corresse il giovane, sempre più convinto delle sue parole.
“Jared!” sussurrò dolcemente Jensen.
“E poi..” e ora sapeva che questa era la parte più difficile e prese un respiro. “….e poi quando…quando tutto sarà… finito…” e sentì un dolore in mezzo al petto quando vide Jensen chiudere gli occhi a quel destino che sapeva troppo vicino. “…io non verrò da te. Ti lascerò il tuo spazio. Ti lascerò tutto il tempo che ti serve per rimettere ordine nella tua vita. Ti concederò tutto quello che ti serve fin quando non ti sentirai pronto a ricominciare. E nemmeno allora verrò da te.” lo stupì ancora Jared e Jensen lo guardò stranito di una simile affermazione. Era strana anche se non pensava che Jared fosse tipo da una simile schermaglia, data la situazione.
No!, Jared non lo era. E glielo dimostrò.
“Voglio che sia tu a venire da me, perché voglio che tu lo faccia sapendo che io ci sarò sempre e comunque. Perché io non ti ho mai abbandonato. Perché non ti farò affrontare più niente da solo. Io ti amo Jensen e ti aspetterò fin quando non sarai tu a dirmi che non devo più farlo.” concluse sentendosi quasi più leggero.
Per un attimo ci fu solo silenzio e i loro occhi che non riuscivano a smettersi di cercarsi.

Poi un singhiozzo inconsulto fuggì via dal petto di Jensen. Poi, un altro e un altro ancora, fin quando non divenne pianto. Jared gli corse vicino e lo abbracciò forte. Se lo strinse al petto, provando a confortarlo.
Gli sussurrava di calmarsi, che andava tutto bene, che lo avrebbe aiutato e gli  accarezzava la testa nascosta nell’incavo del suo collo. Sembrava quasi come se Jensen stesse piangendo per la prima volta, da quando era in quella situazione,  tanta era la disperazione che stava tirando fuori.
Quando il temporale, sembrò essere passato, ancora stretti nell’abbraccio di Jared, il giovane provò a rassicurarlo ancora.
“Tu sosterrai Misha. Io sosterrò te.”
“E chi sosterrà te!” sussurrò Jensen, mentre si ricomponeva.
“Io ho le spalle larghe. Me la caverò!” provò a rassicurarlo. Gli sorrise e Jensen riuscì a ricambiare.
 
Sette mesi dopo, Jensen era alla porta di Jared.
La luce di Misha si era spenta definitivamente sei mesi prima. Jared gli era stato vicino fino ad un paio di giorni dopo il funerale, ma poi, aveva mantenuto la sua promessa.
Jensen bussò e quando gli venne aperto, il volto dolce di Jared lo inondò di un piacevole calore. Il giovane gli sorrise.
I due si guardarono, senza dirsi niente al momento. O forse dicendosi tutto.
Poi, un lieve imbarazzo si palesò sul volto di Jensen.

“Ti va…di…smetterla di..aspettarmi?!” chiese con impacciata vergogna.

L’espressione di Jared si addolcì ulteriormente e Jensen vide il giovane deglutire e poi quello che gli sentì dire, sembrò ridargli la speranza di riavere un futuro.
“Ti amo. Vieni a casa!” disse il giovane porgendogli una mano e invitandolo ad entrare in casa sua.

La luce di Misha si era spenta, ma forse, solo perché, una più grande doveva essere accesa. Jensen sapeva che lo avrebbe amato per sempre, ma sapeva anche che l’ultima parola che Misha era riuscito a sussurrargli prima di lasciarlo era stata “Vivi!”
E Jared era l’unico che poteva ridare a Jensen un motivo per vivere.


 
“Non ho che te…Non ho che te
che cosa ho fatto per meritarmi tanto
                                                                                                                                                                                       Non ho che te....                                                                                                                                              Ti chiedo scusa se non ti darò abbastanza
ti chiedo scusa se ti chiederò pazienza”

(Non ho che te, Ligabue)
 


N.d.a.: Davvero non so che dire. Solo: non odiatemi, vi prego!!
Baci, Cin!!

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Capitolo 6
*** Paura e dolore. ***


PAURA E DOLORE.


Jared si lamentava parecchio e Jensen vedeva quanto il compagno stesse soffrendo in quel momento.
Era palese.
Ed era frustrante non poterlo aiutare in nessuna maniera.

“Ok!, piccolo. Resisti. Tra un po’ saremo dal dottore, vedrai che lui ti aiuterà. Vedrà quello che c’è da fare e ti rimetterà in sesto….”
“Dio!! Jensen questo dolore….sto impazzendo. Mi sta perforando il cervello…oddio!!!” si lamentava ancora, il giovane, che delicatamente, veniva accompagnato nella macchina dal maggiore.
“Dieci minuti, amore mio. Solo dieci minuti e vedrai che risolveremo. Te lo giuro!!” e mettendo in moto, partì a razzo.
“Ti prego…ti prego, Jensen, fa presto. Dio! che male!!” si lamentava tenendosi tutto, perchè il dolore che sentiva era diventato talmente forte che non avrebbe saputo nemmeno più dire che cosa lo provocava.
“Ci siamo. Vedi? Siamo arrivati.” Fece parcheggiando alla meglio peggio e raggiungendo il giovane compagno che era già sceso dalla macchina.

Salirono verso l’ambulatorio medico. Jensen fece sedere Jared su una delle sedie della sala d’attesa e raggiunse l’infermiera alla reception.
“Salve. Ho chiamato poco fa.”
“Il sig. Ackles?!” chiese l’addetta.
“Sì. Il mio compagno sta soffrendo parecchio e mi è stato detto che il dott. Morgan lo avrebbe visitato al più presto.” fece con apprensione il biondo.
“Sì. Sì. Certo. Il dott. Morgan mi ha avvisato. Dovrete solo attendere cinque minuti. Il tempo che il dottore concluda la visita che è in corso e poi vi riceverà.” Rispose compiacente. Jensen la ringraziò e ritornò accanto a Jared che era ancora visibilmente sofferente.
“Allora ?!” fece il giovane.
“Cinque minuti, piccolo. Solo cinque minuti.” Lo rassicurò Jensen mettendogli una mano sulla gamba per confortarlo.
“Jensen…io…io ho…paura!” sussurrò quasi in imbarazzo.
“Non devi averne. Ci sono io con te, no?” gli disse, sorridendogli. “E fin quando ci sono io, non ti accadrà niente di male. Vedrai, tra un po’ passerà tutto. Te lo prometto.”
“Jensen..entri…entri con me?!” fece ancora con gli occhi supplichevoli. Quegli stessi occhi che lo piegavano ogni volta.
“Amore, sai che il dott. Morgan non vuole che.,…”
“Ti prego. Questa volta è diverso….io..” ma restò in sospeso.
“Ok! Proverò a convincerlo a farmi entrare. Va bene?!” fece passandogli la mano sulla guancia.
“Grazie!” sussurrò Jared, grato di quella concessione.
 
Circa cinque minuti dopo, come promesso, l’infermiera chiamò il nome di Jared.
“Sig. Padalecki?, il dott. Morgan può riceverla adesso!”
Jared e Jensen si alzarono insieme e raggiunsero la porta dello studio medico. Bussarono ed entrarono e andò ad accoglierli il medico.
“Jared che succede?!” fece apprensivo.
“Sto impazzendo dal dolore, dottore. È scoppiato all’improvviso e non resisto più!” fu la spiegazione molto esplicita del giovane.
“Ok! Entra. Vediamo che succede.” Fece il medico, invitandolo ad entrare e poi quando vide anche Jensen proseguire verso la scrivania , si fermò. “Jensen, dove pensi di andare. Sai che non puoi restare!”
“La prego dottore. Lui sta così male questa volta….mi metterò lì, lontano…nemmeno si accorgerà di me.” Promise con aria innocente.
“La prego dottore!” supplicò anche Jared mentre si accomodava al suo posto.

Il dottore guardò prima perplesso e poi esasperato, i due giovani.
“Per la miseria, Jared!!” esclamò sconfitto. “Ma è possibile che ogni volta che vieni dal dentista tutto diventa una tragedia greca?!” affermò anche se non poteva smettere di sorridere di quella innata paura del suo paziente. “Sei un ragazzone di quasi due metri. Sei praticamente un armadio che cammina, ma quando si tratta di venire da me, diventi ….il leone di Oz!!”
“Non ci riesco…so che lei è uno bravo, ma ….cioè …..tutti quegli affari…” disse guardando gli attrezzi del mestiere del dentista. “E’ più forte di me. Mi terrorizzano!”
“E tu?!” disse poi , guardando Jensen che sogghignava in un angolo. “Tu lo assecondi ogni volta!” sembrò rimproverarlo.
“Ehi!! non è colpa mia. Io ci provo a fargli capire che non sentirà nulla. Ma lo vede anche lei, dottore. Vede in che stato si riduce?! Diventa un bambino di 4 anni, quando deve venire qui.” asserì indicando il giovane che si teneva ancora la guancia dolorante. “Andiamo!! Solo per questa volta. Mi faccia restare!” ammiccò amichevolmente.

“Come devo fare con voi!!” fece sfinito il medico. “Ok! Tu salta su quella poltrona e apri la bocca.” ordinò a Jared. “E tu…” fece poi a Jensen. “..siediti alla mia scrivania e se solo provi a toccare una delle mie caramelle gommose giuro che ti tiro i denti uno alla volta. E senza anestesia. Intesi?” concluse con aria minacciosa.
“Giuro che terrò la bocca chiusa!” giurò Jensen, segnandosi la bocca.

“Va bene, Jared. Vediamo che è successo lì dentro!” disse invitando il giovane a mostrargli i denti. Ma prima di aprire , Jared, lo guardò implorante e Morgan capì.
“Ok! Fa il bravo e giuro che ti darò anche oggi il tuo lecca lecca alla fragola!” disse per convincerlo e tranquillizzarlo.
“Ciliegia!” lo corresse il giovane.
Morgan sospirò sconfitto. “Ok! Ciliegia. Ora, apri!”

E Jared obbedì e mentre un sonoro “AAAAA” risuonò nel laboratorio, la voce impastata di Jensen, esclamava soddisfatta: “Caspita, dottore!! Ha cambiato marca di caramelle. Sono squisite!!”

“Lo giuro! Vi detesto!” esclamò, sconfitto, Morgan mentre continuava a visitare Jared.

 



N.d.A.: Non so voi, ma anche io , come questo povero Jared, mi riduco così, quando vado dal dentista. E’ più forte di me!!!
Anche se non mi spiego perché uno che cura i denti, abbia costantemente vasetti di caramelle da offrire ai suoi pazienti.
E’ come offrire una sigaretta ad un asmatico, no??!!
 
Baci, Cin!

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Capitolo 7
*** Anelli. ***


ANELLI.


Minneapolis, agosto 2015. Convention di Supernatural.


Siamo agli ultimi incontri, gli ultimi panel e come scaletta prevedeva, a chiudere le battute finali di quell'ennesima convention, dovevano esserci il Gold panel dei J2 alle 17 e poi il loro solito panel conclusivo prima dei saluti di tutto il cast, alle 22 circa. Un vera domenica piena di domande, sorrisi, emozioni più diverse.

Quella domenica,  prima della chiamata sul palco delle 17, quando Jared e Jensen, facevano quello che di solito usavano fare in attesa del loro “turno” per gli incontri, i due, decisero di ritagliarsi un po’ di tempo per loro.
Di tempo “privato” , solo per loro.
Il luogo prescelto, fu la stanza di Jared che i due raggiunsero in momenti diversi e orari diversi per non destare sospetti.
Già ne giravano di voci in giro. Quindi era meglio non gettare benzina sul fuoco.
 
Quando Jensen entrò nella stanza di Jared, dopo aver magistralmente evitato un addetto al piano, il biondo si ritrovò in una stanza vuota.
Un senso di delusione lo pervase. “Jared?!” chiamò.
Nessuna risposta, fin quando due braccia forti lo avvolsero completamente cogliendolo alle spalle. Jensen sobbalzò ma gli bastarono solo pochi infinitesimali attimi per riconoscere immediatamente quel calore e quel profumo. Quell'abbraccio.
“Ehi?! vuoi farmi prendere un colpo?!” lo rimproverò lasciandosi abbracciare, però.
“C’hai messo una vita. Dove diavolo eri finito?!” replicò il giovane alle sue spalle che piano gli accarezzava il collo con la bocca.
“Lo so, piccolo. Ti chiedo scusa, ma sono passato da Misha. Volevo vedere se stava bene e se aveva bisogno di qualcosa!” si giustificò.
“Il mio eroe!” sussurrò Jared. E poi poggiando il mento sulla spalla appoggiata al suo petto. “E sta bene?” chiese sinceramente interessato. Erano ancora sconcertati e onestamente infuriati per quello che era accaduto a Misha.  “Se vuoi che andiamo da lui, non ci sono…”, ma Jensen lo fermò, apprezzando il fatto che Jared era disposto a rinunciare ad uno di quei pochi momenti che si potevano concedere, pur di star vicino ad un amico.
“No, tranquillo. Mi ha detto che sta bene. Tra un po’ se ne va a letto e domani sarà il solito Misha di sempre, ammaccature a parte. E poi ..mi ha praticamente messo alla porta, quando ho resistito alle sue avances!” disse poi, immaginando la reazione che sarebbe arrivata di li a poco.
“Come scusa?!” esclamò Jared , girandogli intorno e andandosi a sistemare di fronte a lui.
“Beh! sai com’è? Ha detto che se per colpa sua , noi due avessimo perso “l’attimo”, l’unica cosa che poteva fare era provare a sostituirsi a te e cercare di….” rivelò innocentemente anche perchè Misha era l'unico a sapere di loro e di quello che realmente li legava.
“Ma che gran figlio di….” stava per dire Jared che fu prontamente zittito da un bacio mozzafiato di Jensen. Una mano sul fianco del giovane e l’altra dietro la nuca per impedirgli di “sfiggirgli”!

Quando il biondo lo fece respirare di nuovo, Jared si passò la lingua sulle labbra , come se stesse assaporando ancora il sapore di Jensen.
"Padalecki , non sarai mica geloso?!" lo provocò  il maggiore.
"Ci puoi giurare, Mr. Ackles. Sono geloso. Sono molto geloso!" rivelò con uno sguardo che non ammetteva repliche e che fece fremere di bramosia anche l'animo di Jensen. Bramosia che divenne tenerezza quando Jared parlò ancora. "Tu non immagini quello che provo ogni volta che penso a lei che..." confessò non riuscendo a portare a termine la frase.

Infondo erano loro quelli in difetto. Loro vivevano in segreto quella terribile e straordinaria seconda vita, come il più intrepido supereroe vive il suo segreto.

"Lo so, piccolo. Credimi, lo so!" fece dolcemente e comprensivo, Jensen, cercando, in quel modo, di far comprendere al compagno segreto, che per lui era la stessa cosa. Che provava le stesse forti emozioni. "Ma ora siamo insieme. Prendiamoci questo momento. Godiamoci ogni minuto, ti va?" 
"Non chiedo di meglio, amore mio!" gli sussurrò dolcemente, Jared, mentre lo spingeva gentilmente verso il letto.

I vestiti finirono velocemente gettati alla rinfusa su tutto ciò che colpirono, quando i due amanti si spogliarono. Le mani ansiose, cercavano di prendere possesso di ogni parte del corpo amato, ma in quella lotta al predominio , fu la tenacia di Jared a vincere.
Il più giovane sapeva dove colpire:  il collo, la dolce e decisa piega della spalla, quel piccolo triangolo di pelle subito sotto il ventre.
Sapeva che , anche solo sfiorare, quelle zone “strategiche” del corpo d Jensen, avrebbe fatto capitolare il maggiore.
E così fu!
Jensen si ritrovò completamente in balia della passione di Jared. Definitivamente conquistato dal suo agire appassionato, soggiogato dai suoi baci e le sue carezze sempre più intime e …invadenti.

Quando quel dolce limite, quel caldo valico fu oltrepassato , Jensen non resistette e si inarcò contro il corpo di Jared.
“Oddio!!  Di più….di più!!” si ritrovò quasi a supplicare.
Jared , a quella preghiera, si lasciò completamente andare. Era lui quello che guidava il gioco, ma era Jensen il vero padrone. Il padrone del suo cuore.
“Tutto. Tutto quello che vuoi!” rispose a quell’invito, invadendolo con la sua virilità. Spingendosi dentro di lui con dolce prepotenza. Conquistando tutto ciò che Jensen gli concedeva di conquistare. Tutto se stesso.

I due cedettero finalmente al più viscerale degli istinti: quello di appartenersi completamente. Carnalmente. Profondamente. E in quella unione fisica, anche quella mistica fece la sua parte, perché ogni volta che i due si amavano in quella maniera, tutto diventava un sogno, un mondo a parte. Un mondo solo loro.
E poi il piacere, e gli ansimi trattenuti, e i respiri affannati, e le bocche che ancora si cercavano, e gli occhi che non smettevano di brillare, e le bocche di sorridere.
 
Quando, verso le 16.30, il telefonino di Jared , squillò, il giovane si sporse verso il suo comodino per afferrarlo, e in quel movimento non potè evitare di strusciarsi addosso al corpo di Jensen, che gli dormiva accanto e che mugugnò di dissenso quando sentì il calore di Jared abbandonare la sua pelle.
"Pronto?!...Clif? sì, sono in camera. Come?....cosa???" fece come allarmato. "Porca miseria...io...io mi sono addormentato...cavolo!! non mi sono accorto dell'orario. Dammi dieci minuti!!" e poi mentì spudoratamente. "Jensen è arrivato?!" chiese e a quella strana domanda, Jensen cercò di scacciare il sonno in cui anche lui era profondamente scivolato dopo che Jared lo aveva così magnificamente sfinito. "Ok!! Ok!! lo chiamo io. Saremo nella hall in meno di venti minuti!!"
"Che succede?" bofonchiò Jensen ancora stordito dalla sonnolenza e baciando il petto glabro che lo aveva completamente sovrastato per rispondere al telefono.
"Succede che sono le quattro e mezza!" disse baciandolo velocemente e sgusciando fuori dal letto.
"Cazzo!!! alle cinque abbiamo il Gold!" esclamò Jensen imitando i movimenti frenetici di "rivestimento" del compagno.
"Perchè credi, Clif, ci abbia chiamati, genio?!" lo provocò Jared che ormai era quasi pronto e come lui, anche Jensen.

Si guardarono intorno per vedere se avevano preso tutto e poi si fissarono uno con l'altro per due motivi. Uno: quello più pratico e pubblico e cioè se erano presentabili. Due: per guardarsi ancora un attimo con gli occhi innamorati.
Fuori da quella stanza , sarebbe ricominciata la recita.

"Esco prima io!" fece Jared, per ovvie ragioni, dato che la stanza era la sua. "Poi, ti faccio il solito squillo per il "via libera"!"
"Ok!" convenne Jensen e poi : "Jared!?" lo richiamò prima che il giovane uscisse.
"Sì?"
"Ti amo, piccolo!" disse sorridendogli.
Jared si avvicinò a lui, ignorando la fretta che incombeva su di loro. Gli abbracciò il viso con le mani e lo attirò a lui per un bacio lento e dolcissimo.
"Ti amo anche io, Jensen!"
 
Dopo il Gold Panel, i due, restarono per qualche momento in compagnia dei loro colleghi, come succedeva spesso, fin quando Jensen non vide Jared fissarlo con apprensione, o meglio, lo vide fissargli insistentemente la mano destra.
Con tranquillità, per non dare nell'occhio, si staccò dal gruppo con cui stava conversando e fece in modo da ritrovarsi accanto a Jared.
"Che hai?" chiese sottovoce.
"Jensen dov'è il tuo anello?!" chiese con altrettanta discrezione il più giovane, facendo finta di niente.
 
Avevano preso , quasi, come abitudine, sfilarsi i loro anelli nuziali, quelle volte in cui stavano insieme. Per loro, era come un segno di rispetto verso, quell’altra loro vita.
Erano consapevoli che mai e poi mai avrebbero fatto soffrire mogli e figli. Ed erano consapevoli che non sarebbero riusciti a vivere l’uno senza l’altro.
Perciò, innocentemente, quando si amavano, avere le loro mani nude da ogni legame, li trasportava in un mondo, in un universo, in cui loro erano libero di amarsi.
 
Jensen istintivamente portò il suo sguardo all'anulare che era inaspettatamente nudo.
"O cavolo!!! Credo di averlo dimenticato sul tuo comodino. Dopo quello che mi hai fatto in camera..." fece abbassando ancora di più la voce, "....ho ancora la testa tra le nuvole!!"
"Sssh!! sta zitto!!" esclamò imbarazzato. "Tu sei pazzo!!" fece poi ridendo.
Un attimo dopo i due vennero richiamati per la consueta sessione di foto con i vari fan e quando riuscirono a riparlarsi di nuovo in privato, Jensen colpì ancora.
"Padalecki, stasera, prima del panel, è il mio turno. Tieniti libero." gli sussurrò con uno sguardo malizioso che solo Jared poteva interpretare nel suo vero significato. "In camera mia. Appena finisci!" sembrò quasi ordinare e Jared si sentì letteralmente fremere d'aspettativa, mentre lo vedeva allontanarsi per delle foto di gruppo.
 
Come previsto la passione scoppiò di nuovo. Famelica, appassionata e dolce al tempo stesso. Disperatamente silenziosa per rimanere segreta, mentre era un urlo di immensa estasi, gridato solo nel profondo delle loro anime unite.

L'orario del panel serale arrivò e come sempre i due giovani, si presentarono, sorridenti , amabili e disponibili con tutti.
Anche se,  nel ricordo di quello che era appena successo nel segreto della stanza di Jensen, non riuscivano a smettere di cercarsi, anche solo con lo sguardo.

Smaniavano di toccarsi. Non vedevano l’ora di poter stare ancora insieme e quando sul palco, durante l’ultima domanda, le loro mani si incrociarono “diplomaticamente” sulla spalla dell’ingenua e inconsapevole fan, nessuno dei due riuscì ad interrompere quell’intreccio di dita.

E poi quasi come un deja-vu, il colloquio di sole poche ore prima sembrò ripetersi, solo all'inverso.
"Piccolo, dov'è il tuo anello?" chiese questa volta , Jensen.
Jared si fissò la mano e poi la nascose immediatamente nella tasca dei pantaloni, imbarazzato. "OPS!!! " esclamò e facendo spallucce.
Jensen scosse la testa , sconsolato. Stavano davvero giocando con il fuoco.
"Porca miseria, Jared!! Dovremmo stare più attenti. Se quelle fanatiche delle fanfiction notano una cosa del genere, hai idea di che cosa sarebbero capaci di scriverci sopra??!!" esclamò metà tra il preoccupato e il divertito.
Jared, gli sorrise malizioso. "Sicuramente qualcosa di stuzzicante!!" rispose ammiccandogli.
"Sei un pervertito!" sussurrò Jensen.
"Ma ho ragione." rinsaldò, avvicinandosi discretamente.
Jensen lo fissò, perplesso.
Si arrese.
L'amore per Jared, lo “sbaragliava” ogni volta. "Sì. Hai ragione!!!"

 
Noi due avevamo fino a ieri i nostri amori veri
                                                                                                                                                              sembravano per sempre                                                                                                                                                                                                                         e adesso invece siamo qui 
e nessuno capirà che sto con te
…”
(Stare senza di te, Pooh)
 


N.d.A.: Allora questo ennesimo “ictus” è colpa di due immagini gentilmente offerte dall’inesauribile fonte che è il fandom di SPN
1) http://endlessskyblog.tumblr.com/
2)http://40.media.tumblr.com/6eed0ad3ad4e8926fb79b472a879593a/tumblr_ntowo4Q1Fc1qk08xko1_250.jpg
 
E poi è anche colpa di Lylyy che dopo aver sclerato con me sulla foto n.2 mi ha “gridato” di scriverci qualcosa su.
Come dire di no!!?
 
Come al solito, attendo fiduciosa una vostra opinione su storia e immagini!!!
Baci, Cin!!!

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Capitolo 8
*** Insieme. ***


INSIEME.

Jensen se ne stava seduto su di una panchina  nel parco poco lontano da casa sua.
Era pensieroso. Era amareggiato. Jensen era triste.
E in quello stato d’animo continuava a fissare le nocche della sua mano sinistra, visibilmente arrossate e doloranti.
Poco più su, sul suo anulare, la piccola fedina d’oro bianco, sembrava non voler brillare, vergognandosi di quello che era stata costretta a fare.

“Sei qui!” fece una voce, quella voce, appena alle sue spalle e Jensen inspirò nervosamente. Nascose , impacciato, la mano segnata e nemmeno si voltò verso il giovane che ora, con calma, si sedeva al suo fianco. “Sapevo che ti avrei trovato qui!”  fece ancora, l’altro.

Jensen si voltò appena , ma quel movimento anche se accennato, gli permise di vedere il labbro spaccato e gonfio, dove, solo qualche ora prima il suo pugno si era andato ad infrangere con insensata rabbia.

“Jared….so che non serve a niente, ma…mi dispiace. Mi dispiace sul serio!” sussurrò dolorosamente imbarazzato.
“So che ti dispiace, ma questo non servirà a niente. Il tuo anello mi ha scheggiato un dente e credimi, le spese del dentista saranno tutte a tuo carico!” fece con un tono che Jensen non riuscì a comprendere in pieno. Così , anche se timoroso, azzardò.
“Quindi dovrò inserirle nella lista che consegnerò all’avvocato per il divorzio quando…”, ma Jared non lo lasciò finire.
“Il divorzio?!” domandò stranito. “E’ per questo che credi che sia venuto a cercarti?....per chiedere il divorzio?” e questa volta c’era quasi un senso di rimprovero in quella sua domanda a cui Jensen non seppe rispondere.

Così Jared continuò.

“Quello che è successo non mi piace e sarei ipocrita a dirti che non te la farò pagare..” iniziò sorridendo appena. “…ma Jensen, io ti amo e non manderò all’aria tutto quello che c’è tra noi, per un pugno. Ne ho presi molti di più e molto più forti nella mia vita, credimi!!” cercò di sdrammatizzare per poi diventare di nuovo serio. “Ma quello che voglio è sapere perché?” domandò preoccupato. “Voglio sapere perché l’uomo che ho conosciuto e che è qui vicino a me adesso, di cui mi sono innamorato follemente, che ho assillato fino allo sfinimento perché mi sposasse e con cui voglio vivere per tutto il resto della mia vita , ha pensato che l’unico modo per non confidarsi con me fosse prendermi a pugni. Non è da te, amore mio. Non sei tu.” fece girandosi di più verso il corpo del compagno che lo ascoltava emozionato, come emozionata era la luce che brillava liquida nei suoi bellissimi, ma tristi,  occhi verdi. “Il Jensen che conosco io mi avrebbe baciato pur di farmi tacere durante una delle nostre litigate e non avrebbe mai e poi mai agito come hai fatto tu oggi. Quindi, per favore, dimmi che cosa ti è successo!?” fece prendendogli le mani e accarezzando dolcemente quella segnata.

Jensen avrebbe voluto abbracciarlo in quel momento, dirgli di dimenticare tutto. Che non sarebbe mai più successo niente del genere. Ma
Jared non lo meritava. Jared meritava la verità.
Quella assurda e sconvolgente verità che da una settimana lo aveva distrutto emotivamente.

Così prese coraggio e infilò una mano nella tasca interna del suo giaccone e ne tirò fuori una busta bianca. La porse a Jared che la prese, perplesso.
“Me l’hanno consegnata a mano , una settimana fa! Ho provato a rimediare, a farmi ascoltare, a cercare una…soluzione. Ma non ci sono riuscito!” disse affranto , mentre il giovane la guardava incerto.
“E’ di uno studio legale!?” fece notando l’intestazione stampata sulla busta.
“Assunta da mio padre!” confermò Jensen. “Leggi. Leggila!” suggerì anche se non voleva che Jared lo facesse. Ma era l’unico modo per chiarire tra loro.
Jared obbedì e dopo aver sfilato il foglio dalla busta, lo aprì e iniziò a leggere. Man mano che gli occhi scorrevano su quelle parole così ufficiali e impersonali, lo sguardo sul suo volto divenne da curioso a sconcertato.
Durante la lettura, guardò più volte Jensen al suo fianco, guardò il suo dolore profondo.
Capì la sua reazione violenta.

E quando arrivò alla fine di quella comunicazione legale, non poteva ancora crederci.

“Oh mio Dio!!...non può…non può averlo fatto….non può averti fatto una cosa del genere!?” mormorò sconvolto, rileggendo ancora quelle parole sperando di averle interpretate male. Ma era un avvocato anche lui e difficilmente avrebbe potuto fraintendere quei termini.
“Mi ha disconosciuto, Jared. Mio padre dopo avermi escluso dal suo testamento, mi ha fatto  elegantemente comunicare che ha concluso la pratica per rinunciare alla patria potestà su di me. Mi ha diplomaticamente informato che non sono più suo figlio!” constatò ironicamente, ma solo per nascondere il senso di forte dolore che provava fin dentro l’anima. “I genitori dei peggiori assassini non arrivano a tanto, ma lui…io sono solo gay e ho sposato l’uomo che amavo e lui, lo ha fatto!” disse in un sospiro che dovette lottare con tutte le sue forze per finire tra le sue labbra.
Jared strinse quella lettera tra le mani e per un attimo dovette appoggiarsi con i gomiti alle ginocchia, come se avesse avuto bisogno di sorreggere con più forza quello che aveva scoperto.

Ma come poteva il padre di Jensen , avergli fatto una cosa del genere? Jensen era una persona magnifica. Un uomo di una lealtà e moralità impeccabile. La dedizione sincera che metteva in tutte le cose che faceva era ammirabile. La sua generosità nelle associazioni benefiche di cui faceva parte era sempre qualcosa che colpiva positivamente chiunque lo conoscesse.
Aveva solo un unico difetto. Lo amava. Jensen amava un uomo e questo per suo padre era un peccato e una colpa imperdonabile.
Non era giusto. Non era assolutamente giusto e Jensen non lo meritava.

Prese un respiro profondo, si rimise dritto e con pochi ma decisi gesti, strappò in numerosi pezzi la lettera che aveva tra le mani.
Jensen lo guardò sorpreso e stranito. Non capiva. Poi lo vide alzarsi e puntarsi davanti a lui.
“Che si fotta!” esclamò deciso guardando , orgoglioso di quella sua uscita, lo sguardo perplesso del compagno. “Che tuo padre si fotta e lo faccia alla grande.” Ripetè più deciso e convinto. “Non ti vuole come figlio? Bene! Anzi, no!! Perfetto!” ribadì. “Vuole dire che sarai solo mio marito. Solo mio. Meglio ancora…” continuando quella sua presa di coscienza. “Sai che ti dico? Domani andremo in comune e chiederemo di iniziare le pratiche per cambiare cognome così potrai chiudere del tutto con lui. Sì!! Faremo così!!” disse risoluto e certo che quella fosse la cosa giusta da fare.

Jensen sorrise e per la prima volta in quelle ore assurde, fu un sorriso sincero. “Jared…Jared, no!” cercò di riportare il giovane compagno alla realtà. “Se cambiasi cognome, dovremmo annullare anche il matrimonio  e io non….”
“E chi se ne frega!!” esclamò Jared lasciando Jensen letteralmente basito.
“Cosa?”
“Io ho sposato te. La meravigliosa persona che sei. Ho sposato l’amore che ci lega. Non il tuo cognome. Annulleranno questo matrimonio? ok!, ne faremo un altro. Ti sposerò comunque, Jensen. Qualsiasi sia il tuo nome. Diamine!!! Ti sposerei anche se ti chiamassi…..Topolino!” disse sorridendo e sperando così di trasmettere a Jensen un po’ del suo amorevole entusiasmo. E funzionò.
Jensen gli andò incontro e lo abbracciò , lo abbracciò forte come quando uno che sta per annegare trova rifugio in una boa. Rise sommessamente , nascosto con il viso, nel collo di Jared, mentre il giovane ricambiava con enfasi quella stretta.

“Che c’è? Perché ridi?” chiese dolcemente a Jensen.
Jensen si spostò il giusto per potersi guardare occhi negli occhi.
“Davvero mi sposeresti anche se il mio nome fosse Topolino ?” chiese scherzando.
Jared ci pensò su un attimo e poi rispose. “Topolino Padalecki. Suona bene!!” asserì convinto. “Che ne dici?”
“Ma quanto sei scemo!!” rise Jensen. “E poi io devo cambiare il cognome e non il nome.” gli ricordò. “Io voglio continuare ad essere il tuo Jensen. Per sempre!” gli sussurrò, ora, molto dolcemente sulle labbra ancora un po’ schiuse da un timido sorriso.
“E lo sarai , amore mio. Come io sarò per sempre il tuo Jared. Nessuno …nessuno potrà mai cambiare questo!” fece annullando lo spazio tra loro e baciandolo, delicatamente.

Ne avevano passate tante insieme per avere quello che avevano e come al solito, insieme, erano riusciti a superarne un’altra. La più dura.

 


“Dopo tutto ciò che mi hai fatto 
Penserai che ti disprezzo 
Ma alla fine, voglio ringraziarti 
Perchè mi hai reso molto più forte” 

(Fighter, C. Aguilera)

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Capitolo 9
*** Sbagli ***


SBAGLI

Quella notte c’era qualcosa che non andava. Il modo in cui Jensen stava facendo l’amore con lui, proprio non convinceva Jared.
Il compagno era sì passionale nei suoi movimenti, ma a volte era fin troppo prepotente e …aggressivo.

“Jensen…Jensen…non…non così…” cercava di mitigare quel muoversi quasi incontrollato. “Mi stai facendo…male!” mormorò provando ancora, anche muovendosi con le gambe, che non trattenevano più il corpo di Jensen, a cercare più dolcezza in quell’atto intimo.
Jared era confuso perché se da un lato le parole che Jensen continuava a ripetergli - “Tu sarai mio.. io non ti perderò mai…nessuno ti farà mai del male…Io ti amo…non ti lascerò mai…non sarai mai di nessun altro…mio..mio…” -  in un'altra situazione sarebbero state un incentivo ad amarsi ancora di più e più  profondamente. I gesti possessivi e dolorosi con cui quelle parole venivano accompagnavano , stonavano decisamente e quando un affondo più deciso e violento lo fece tremare di dolore, Jared quasi gridò.

“Jensen….Jensen…basta…basta! Fermati….mi fai…mi fai male…Jensen!” lo richiamava, ma il maggiore era così preso e perso in quella sua confusione che sembrò nemmeno aver sentito le richieste del suo giovane compagno.
Jensen raggiunse il piacere da solo, crollando sul corpo di Jared e nascondendo il viso nella curva contratta del corpo ancora imprigionato sotto di lui.

Per la prima volta da quando stavano insieme , non ci furono baci, quei dolcissimi baci del dopo amore. Non ci furono carezze. Non ci furono sospiri appagati. Non ci furono sorrisi complici e mani che pigre accarezzavano quelle parti di corpo appena arrossate da carezze più appassionate
Jared sentiva le gambe tremare a causa dello sforzo compiuto per contrastare i movimenti di Jensen, ma turbato da ciò che era successo, rimase fermo. Incapace di capire quello che era successo.
Jensen gli aveva detto che lo amava , che era suo, che nessuno gli avrebbe fatto del male eppure gliene aveva appena fatto e un tale comportamento non era da Jensen. Non del Jensen che lui amava con tutta la sua anima.
Poi, Jensen si mosse e senza dire niente, senza nemmeno guardarlo, si spostò da lui e si sedette sul bordo del letto. Solo allora Jared, contraendo le gambe, si accoccolò su se stesso, tirandosi addosso il lenzuolo del loro letto. Gli diede le spalle.

Istanti terribili di silenzio. Forse di imbarazzo. Sicuramente di silenziosa colpa.

Poi, fu Jared a rompere quel silenzio.
“Io ti amo, Jensen. E non so che cosa ti sia successo stasera. Giuro che non ne ho idea. Ma ti conosco e tu non sei così e se vuoi parlarmi, se vuoi confidarti e dirmi che cosa ti ha reso quello che mi hai mostrato poco fa, io ti ascolterò e tutto finirà qui. Lo giuro!“ disse con uno strano tono pacato Jared ma dandogli ancora le spalle.

Jensen lo ascoltava. I gomiti appoggiati alle ginocchia. Le mani tra i capelli. La testa che gli pesava per i pensieri che si affollavano. L’anima che gli pesava ancor di più per la colpa consapevole di quello che aveva appena fatto alla persona che di più amava al mondo.
Si odiò. Si odiò con tutto se stesso e stava per dire qualcosa, quando quello che disse Jared, gli mostrarono con infinta chiarezza quello che aveva provato il suo amato compagno.

“Ma ti giuro anche,.." continuò ranicchiandosi intorno al suo cuscino: "... che se quello che è successo stasera, accadrà di nuovo…tra noi è finita. Mi perderai per sempre!”, dopo di che Jared non disse altro.

A quell’avvertimento Jensen non potè fare altro che mettersi una mano sulla bocca per reprimere la rabbia che sentiva dentro. La vergogna, il dolore. E tutto era rivolto contro di lui e non contro Jared. Il suo caro, amato, adorato Jared.
 

Quando la mattina arrivò, Jared sospirò assonnato. Era ancora abbracciato al cuscino come si era addormentato la notte prima. Si girò piano verso il posto che da quattro anni era il posto di Jensen.
Vuoto!
Jensen non c’era. Si guardò assonnato in giro e poi con sorpreso stupore vide le ante dell’armadio di Jensen aperte. I cassetti socchiusi, gli scaffali quasi del tutto vuoti. Si mise seduto sul letto, strabuzzando gli occhi per mettere a fuoco quello che vedeva.
“Jensen??” chiamò guardando verso il corridoio, sperando che una voce o solo un rumore gli facesse capire che Jensen c’era. “Jensen???!” fece più forte. Ma nessuno gli rispose.
Non poteva crederci!! Si guardò ancora in giro e sentiva le gambe pesanti e stupidamente pensò che se si fosse alzato, non lo avrebbero retto  in quel momento.
Si voltò verso il comodino di Jensen, anche quello con i cassetti appena schiusi.
E poi la vide.
Una busta bianca. Appoggiata alla piccola abat-jour. Sul bianco della carta, in blu, il suo nome.
Si sporse e raggiunse la lettera. Le mani gli tremavano. L’aprì e iniziò a leggerla.
 
“Jared, amore mio. Mio solo amore. Mio unico amore.
Ti prego, perdonami.
Non ci sono scusanti per il mio comportamento orribile di stanotte. Non ci sono giustificazioni che potrebbero assolvermi. E di certo non potrò mai biasimarti se mi starai odiando.
Stanotte…Il modo in cui io ti ho…Dio! che vergogna!!!  Perdonami, perdonami!!
Ma almeno una spiegazione te la devo.
In questo periodo è successo qualcosa. Qualcosa che non credevo fosse possibile potesse ancora accadere ai giorni nostri. Qualcosa di svilente, di mortificante.
Mi  è stato mostrato un mondo in cui non ti voglio, amore mio. Un mondo di cui non voglio tu faccia parte. Mai!!
Non voglio che tu ne venga sporcato, in nessun modo.
Ho provato a combatterlo, ma Lui è stato più forte di me e ha vinto. Mi ha piegato. Mi ha spezzato.
Il mio errore è stato quello di sfogare su di te, sulla persona che invece avrei dovuto proteggere da tutto quello che mi stava accadendo, la mia frustrazione e il mio rancore e di questo ti chiedo ancora perdono.
Ti prego, ti supplico….perdonami, amore mio!
Ho avuto modo di pensare, dopo le tue parole e hai ragione. Devo capire, ma per farlo senza farti soffrire, devo , mio malgrado, andarmene. Allontanarmi da te. Tenerti al sicuro. Anche da me.
Per favore, Jared, odiami per quello che ho fatto e non per quello che sto per fare.
Lasciarti.
 
Ti amo. Ti amerò per sempre.
J.”
 
Jared arrivò alla fine di quella lettera assurda e struggente con le lacrime agli occhi. Quelle parole, quella colpa, quella protezione, quel continuo chiedere perdono e chiamarlo “amore mio”…quello era il suo Jensen. Innamorato, protettivo, sincero.
Il giovane crollò sul letto, la lettera tra le mani. Il nome di Jensen sussurrato sulle labbra. La confusione per quell’abbandono nella mente.
 

Passarono settimane da quella mattina e Misha , amico fidato sia di Jared che di Jensen, non ne poteva più di veder soffrire il suo giovane amico. Sapeva quello che era successo tra i due e cosa più importante sapeva quello che era successo a Jensen, ma su richiesta del maggiore, aveva promesso di non farne parola a Jared.
Ma ora era troppo!!  Jared non si dava pace, anzi si dava la colpa dell’allontanamento di Jensen.
“Sono stato troppo duro…..avrei dovuto capire….avrei dovuto intuire…lui stava male e non ho capito niente….ho visto solo quello che ha fatto e non cosa lo ha spinto a farlo….” diceva ogni volta che Misha cercava di distrarlo.
Così una mattina Misha gli rivelò tutto, ma di certo non immaginava il modo in cui Jared avrebbe reagito.
 

“Vi era stato detto di metterlo a posto e non di fare di lui un martire, maledetti stupidi!!

 
Il telefonino di Jensen, trillò.
Vide il nome di Misha lampeggiare sullo schermo, ma aveva passato l’ennesima notte in bianco e non gli andava di sentire il fraterno amico, che lo rimproverava di essere andato via e di aver lasciato Jared, per qualcosa che poteva essere chiarita.
Rifiutò la chiamata. Posò di nuovo il cellulare sul comodino al suo fianco e sospirò esausto.
“Non oggi, amico. Scusami!”

Un attimo dopo, il telefonino trillò ancora e a Jensen parve quasi che il suono fosse più insistente. Quella strana sensazione , questa volta lo obbligò a rispondere.
“Misha?..che c’è amico?!” fece sperando che la prima frase non fosse, come tutte le volte “Devi tornare!”
Jensen…devi tornare!” fece la voce all’altro capo del telefono, anche se , Jensen, doveva ammettere che il tono era diverso. C’era preoccupazione.
“Misha…te l’ho detto. Ho bisogno di tempo…Jared ha bisogno di tempo e forse…” stava per rispondergli, quando Misha lo anticipò.
Jared non ha bisogno di tempo!….lui…lui ha bisogno di te!” asserì con apprensione.
Il moro non ce la faceva a dire le cose come stavano.
Sapeva che Jensen amava Jared in un modo dolcemente surreale, talmente era profondo. Ed era in nome di quell’amore che si era costretto ad allontanarsi dal giovane.
“Mish…lui è forte. Lui è…”, ma Misha lo fermò ancora. Doveva dirglielo e basta.
Lui è in ospedale!” rivelò senza prendere fiato.
 
Per un secondo il tempo si fermò. Tutto tacque. Jensen smise di respirare. Il suo cuore cessò di battere.
 
“Cosa!?” disse ma lo disse talmente piano che Misha quasi non lo udì.
Jensen, ascoltami. C’è stato un incidente e Jared…lui…è conciato male. Ti prego, per l’amore che gli porti. Torna qui!...il più presto possibile.” disse, ma nessuno gli rispose dall’altro capo.
“Jensen?....Jensen?? …per l’amor di Dio…rispondimi!!”
Ma Jensen non poteva rispondergli, troppo preso a correre per le scale del  motel in cui alloggiava per raggiungere la sua macchina.
Poche ore…solo poche ore e sarebbe tornato da Jared.
Ma quell’ansia terrifica e le migliaia di “O mio Dio!!” che la sua mente  aveva iniziato a gridare subito dopo le parole “lui è in ospedale!” pronunciate da Misha, lo confondevano e lo rendevano lucido allo stesso momento. Non sapeva che cosa avrebbe potuto fare per Jared, ma sapeva perfettamente che doveva stargli vicino.
 
“Abbiamo concluso la seconda serie di controlli e per adesso non ci sono cambiamenti, Jensen!” fece il medico che teneva in cura Jared. “Purtroppo è ancora in coma e so che può sembrare ….preoccupante… questa situazione, ma a volte il coma può portare giovamento al fisico che lentamente riesce a ritrovare un proprio equilibrio anche da solo.”
“Pensare positivo?  E a questo che devo aggrapparmi, dottore?!” domandò sarcastico Jensen, che solo dopo il suo arrivo in ospedale seppe davvero che cosa fosse successo a Jared.
“No. Ma essere negativo di certo non ti aiuterà e non aiuterà lui.” rispose guardando il giovane inerme nel letto di ospedale. “Comunque, ora..dovresti seguirmi e firmarmi alcune carte.”
Jensen annuì mesto, ma prima di uscire dalla stanza si avvicinò al letto di Jared , si chinò sul suo viso ancora segnato dai colpi ricevuti e gli accarezzò piano i lineamenti che parevano comunque rilassati e sempre sempre dolcissimi.
“Torno subito, amore mio.” gli sussurrò all’orecchio e poi gli sfiorò le labbra con un bacio leggero.
Nell’uscire incrociò lo sguardo amichevole di Misha.
“Tranquillo, va’. Resto io con lui!” fece l’amico e Jensen lo ringraziò solo con un cenno del capo.
 
Quando una decina di minuti dopo, Jensen fece ritorno alla stanza di Jared , quello che sentì e il modo in cui veniva detto , lo colpì profondamente.
Misha piangeva e chiedeva scusa.

“Mi dispiace, amico mio. Dio solo sa quanto mi dispiace per quello che ti è successo. Se non ti avessi detto tutto…. Se non ti avessi detto di quello che era accaduto a Jensen, del modo in cui lui ne soffriva. Se non ti avessi rivelato tutto…..tu…tu non saresti andato al suo ufficio…non avresti affrontato quel bastardo…non…sarebbe successo…Oddio…Oddio che ho fatto!!” ripeteva e piangeva il ragazzo. “Come potrai mai perdonarmi. E Jensen? Lui…lui…non mi perdonerà mai!” singhiozzava addolorato. “Ma io volevo solo che tu sapessi, che tu capissi che Jensen non voleva comportarsi come ha fatto, che ti amava , che ti ama ancora e che non smetterà mai di amarti. Volevo che tu smettessi solo di soffrire come ti vedevo soffrire…per favore…per favore, amico mio….svegliati….svegliati! La colpa è mia, solo mia….ti prego….” e a questo punto le parole si confusero completamente con i singhiozzi del pianto.

“Misha?!” fece la voce alle sue spalle.

Misha , che era seduto su una sedia accanto al letto di Jared, si tirò su di scatto. Jensen lo fissava confuso dalle parole che aveva appena sentito. I suoi occhi brillavano, ma il moro non sapeva se quella che vedeva negli occhi dell’amico era rabbia o delusione o rancore.
Vide Jensen avvicinarsi a lui, lentamente. Ma non si mosse perché dentro di se , sapeva che avrebbe meritato qualsiasi sfuriata, anche fisica, da parte dell’amico.
Quando furono di fronte, vide Jensen stringere le mani nervosamente e si aspettò che il pugno arrivasse da un momento all’altro e quando vide l’amico alzare le braccia, chiuse gli occhi istintivamente.
Ma il pugno non arrivò.
Misha sentì, invece, le braccia forti di Jensen , abbracciarlo stretto.
Un singhiozzo tremante sfuggì dalle labbra di Misha, mentre Jensen cercava di rassicurarlo.
“Non è colpa tua, Misha. Non darti la colpa di qualcosa di cui non hai colpa. Essere leali, sinceri, dire la verità, a volte non è sempre facile e come per il male, anche per il bene bisogna accettare le conseguenze….” E a quelle parole Misha ricambiò, sollevato, l’abbraccio. “Tu sei stato leale con me, sincero con Jared e la verità non può essere una tua colpa. La colpa è di quei bastardi che hanno fatto questo!” disse sciogliendo l’amico dal suo abbraccio.

Entrambi avevano gli occhi lucidi per l’emozione ed entrambi, guardando Jared, sperarono fortemente che tutto si risolvesse per il meglio.
 

Passarono altri giorni. Jensen trascorreva le giornate intere in ospedale. Non lasciava mai Jared, almeno che non fosse strettamente necessario.
Una mattina, mentre aspettava che il dottore uscisse dalla stanza del compagno, venne raggiunto dall’ispettore che seguiva il caso di Jared e dall’ultima persona che si aspettava di vedere. Il capo dell’azienda per cui lavorava. Da cui era stato licenziato per condotta immorale, dato che era gay. Ma questo fu omesso, naturalmente.

“Che cosa ci fa lei qui?!” fece con tono rabbioso, puntandogli l’indice contro.
“Jensen, lo lasci parlare!” fece il poliziotto, frapponendosi tra i due.
“Se sono scuse quelle che viene a portare, beh! se le risparmi. Non mi servono e di certo non servono a Jared!” accusò ancora.
“Ha ragione, Jensen!” fece Morgan, presidente capo della Morgan INC.  “Lei ha tutte le ragioni di questo mondo per odiarmi. E io ho tutte le colpe che le danno il diritto  di odiarmi!” prologò l’uomo.
Jensen lo guardò un attimo stranito. “Che cosa vuole, Morgan?!”
“Non voglio giustificarmi. Non avrebbe senso. Non servirebbe a nulla. Ma voglio che lei sappia come sono andate le cose e come sono state risolte. Io ero fuori per dei congressi, quando il consiglio ha messo a capo della sua sezione, quell’essere abietto che ha causato tutto questo. Io non l’avrei mai licenziata, Jensen. Non per quel motivo assurdo.” disse con sincera franchezza. “Sono un manager. Un uomo d’affari e difficilmente mi privo di chi fa un ottimo lavoro, come lei. Così, quando mi sono arrivate le carte che la riguardavano, ho fatto dei controlli e da quello che ho scoperto, dalla persona impeccabile e professionalmente etica che risultava da quella carte, io non riuscivo a spiegarmi a che cosa era dovuto una tale giustificazione di licenziamento. Ma non potendo agire in prima persona, ho infiltrato un mio fidato collaboratore tra i suoi ex colleghi e ho scoperto tutto. Le vessazioni che lei subiva in ambito lavorativo, gli orari assurdi a cui era costretto, il vile ricatto di presentarsi con una compagnia diversa al party aziendale, fino all’ingiusto licenziamento.”
Jensen lo ascoltava e in poche parole , Morgan , aveva descritto il periodo più brutto della sua vita.
“Poi…” fece, Morgan, continuando. “..poi ho scoperto che cosa avevano fatto al suo compagno. Dio!! che animali!” esclamò, non riuscendo a trattenersi. “ Ridurlo in questo stato perché aveva chiesto spiegazioni del suo licenziamento. Aizzare un vero e proprio branco per …”
“La prego…no…la prego!” sussurrò Jensen non volendo nemmeno lasciare che la sua mente immaginasse un gruppo di omofobi frustrati che picchiavano a sangue Jared.
Morgan capì a che cosa si riferiva quel’esortazione del giovane e tacque. Mortificato, amareggiato.

A quel punto intervenne l’ispettore. “Jensen siamo qui per avvisarla che il gruppo è stato rintracciato. Tutti quelli che hanno partecipato o solo assistito all’aggressione, sono stati fermati e arrestati e subiranno le ripercussioni di legge. Compresi quelli ai vertici dell’azienda Morgan INC.” precisò e Jensen guardò stupito il suo ex datore di lavoro.
“Ho fornito io stesso i nominativi. Non voglio certa gente nella mia azienda. Voglio persone come lei, Jensen. E spero che quando tutto questo si risolverà, vorrà onorarmi di un colloquio privato.” Fece posandogli una mano sulla spalla. “Nel frattempo, voglio rassicurarla che tutte le spese mediche di cui il suo compagno avrà bisogno e delle eventuali terapie post dimissioni, saranno tutte a carico della Morgan INC.”
“La ringrazio. Ma non ce n’è bisogno. Penserò io a Jared.” fece compìto Jensen.
“Lo so e non dubito minimamente che lei possa farlo, ma per favore…io mi sento comunque colpevole e responsabile di quello che è successo a lei e a Jared. Mi lasci provvedere e rimediare almeno in questo.” chiese ancora con più gentile insistenza.
“Grazie!” si arrese alla fine , Jensen.
 
Una mattina, finalmente, il sole sembrava dover tornare a splendere ancora.
 

Jared aprì lentamente gli occhi. La luce gli dava fastidio e dovette stringerli parecchie volte per riuscire a vedere meglio. L’infermiera che era poco distante da lui, gli si avvicinò e il suo sorriso era la felicità fatta persona.
“Ma buongiorno a te, splendore!” fece sottovoce,  guardando il giovane ancora un po’ confuso.
Jared provò a parlare, ma un dolore alla gola lo fece gemere silenziosamente.
“No! Non sforzarti. Sei stato intubato per qualche giorno e hai la gola irritata. Quindi per un po’, silenzio e tanto gelato. Ti va?” fece amorevole.
Il ragazzo annuì e le sorrise in ricambio. Poi si guardò intorno, nella stanza e i suoi occhi tornarono a bruciare, quando si fermarono su un immagine in particolare.
Jensen, in una posizione assurda, dormiva su una poltrona poco lontano da lui. Aveva il viso pallido e gli occhi segnati e dalla lunghezza della sua barba, era evidente, che era da  giorni che non si sbarbava.
Jared si voltò di nuovo verso la rubiconda infermiera che stava controllando i suoi parametri prima di andar ad avvisare il medico, dello sperato risveglio.
“Io….io….lui…” balbettò, non riuscendo a dire altro, ma guardando verso Jensen.
“E’ raro vederlo dormire. E’ arrivato qui il giorno dopo del tuo ricovero e non siamo più riusciti a mandarlo via! Non c’è stato verso, né di giorno né di notte.” gli disse l’infermiera, guardando il ragazzo addormentato con un dolce compiacimento. “Vuoi che lo svegli?!” fece poi.
Jared annuì ancora, ma con più entusiasmo questa volta e quell’entusiasmo fece sorridere l’infermiera che si allontanò da lui e si avvicinò a Jensen.
Ma nel farlo si mise tra di loro.

“Jensen?...dolcezza?? devi svegliarti!” fece scuotendolo leggermente per la spalla.
Jensen mugugnò prima un attimino, ancora assonnato. Poi , quando la richiesta da parte della donna si fece più decisa, aprì gli occhi.
“Sì, Rose. Sì. Adesso esco. Vado via prima che arrivino i dottori. Come al solito. Non preoccuparti…” fece ancora assonnato.
“No. Non è per questo che ti ho svegliato. C’è qualcuno che vuole vederti!” gli disse.
Jensen, sovrappensiero, si sporse a guardare nel corridoio, ma non vide nessuno che lo aspettava al di fuori della stanza.
“Ma chi…” chiese guardando la donna che gli sorrideva.
“Acqua, tesorino. Prova nella stanza, forse troverai il fuoco!” fece spostandosi solo un po’. E non appena lo fece, Jensen piegò la testa, per poter vedere oltre la sagoma che gli copriva la visuale su Jared.

E lo vide!

O meglio, vide di nuovo quei dolcissimi occhi guardarlo. Vide la luce brillante dei suoi occhi illuminarlo di nuovo. Rivide quel timido sorriso che fu la prima cosa di cui si innamorò follemente.
Il cuore iniziò a battergli furiosamente, la gola si seccò, il suo respiro divenne aritmico a causa dell’emozione che gli stava esplodendo dentro.

Stava sognando?
Jared era sveglio, lo guardava e gli sorrideva?

Si alzò piano dalla poltrona e sorpassò la donna che si fece definitivamente da parte lasciandolo passare.
 
Quando fu ad un solo passo dal letto, Jensen si fermò.
Le sue labbra iniziarono a tremare e l’emozione ebbe il sopravvento.
Cadde in ginocchio accanto al bordo del letto del compagno e iniziando a piangere dal sollievo, dalla felicità e dall’amore che sentiva, prese ad accarezzare la testa di Jared.
“Amore mio…amore mio…amore mio…” ripeteva in dolci singulti, mentre gli accarezzava i capelli, le guance, gli zigomi prominenti. “Sei sveglio….sei tornato da me…..sei tornato da me..sei sveglio…amore mio…amore mio… amore mio.” sussurrava.
E Jared sorrideva. Felice di rivedere il suo amato Jensen. Beandosi di nuovo dei suoi tocchi, delle sue carezze.
“Ti amo…” riuscì a dire.
“Ti amo anch’io. Ti ho sempre amato. Oh Dio, Jared. Perdonami….non ti lascerò mai più, piccolo. Per nessuna ragione al mondo. Ti amo….ti amo….ti amo…” rispose Jensen a quella silenziosa dichiarazione.
“So tutto…” fece ancora Jared, ma glielo disse sorridendo per non mortificare il compagno, ancora in ginocchio accanto a lui.
“Lo so…lo so….e risolveremo tutto. Ma ora l’importante è che tu ti rimetta al più presto. L’importante è che ci riprendiamo la nostra vita.” lo rassicurò Jensen.
 
Quando i dottori entrarono nella stanza di Jared, avvisati da Rose, il giovane era ancora tra le braccia di Jensen, e si godeva in estasi, il suo ritorno alla vita e al suo amore.

 


“Voglio vivere e morire per te
rubare il sole dal cielo per te
Le parole non possono dire cosa può fare l’amore
Per te voglio esserci”

(I’ll be there for you, Bon Jovi)

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Capitolo 10
*** Viaggio rimandato. O forse no!!! ***


VIAGGIO RIMANDATO. O FORSE NO!
 
"Non lo so, Misha!" si rammaricava Jared parlando con il suo amico. "Forse io l'ho spinto troppo con la cosa di quel viaggio. Forse lui non voleva, magari aveva già dei programmi e io l'ho costretto a cambiarli...io...io non lo so. Ma il fatto che ieri sera non si sia presentato quando dovevamo partire e che da allora non si è fatto sentire, beh!!!" diceva scuotendo tristemente la testa.
"Ascolta, Jared ..magari c'è una spiegazione a tutto questo. Forse non è come pensi. Forse ...." cercava di incoraggiarlo.
 
"Forse ho solo fatto un gran casino!" fece la voce di Jensen , poco distante dal loro tavolo.
 
"Jensen?!" lo richiamò sorpreso Jared guardando il compagno.
Jensen lo guardò e dovette farsi violenza per non correre ad abbracciarlo quando vide la tristezza che la faceva da padrona sui dolci lineamenti del compagno.
"Perdonami!" disse solo. "E se puoi, lascia che ti spieghi!"
"Che cosa devi spiegarmi , Jensen?", chiese con un leggero risentimento il giovane. "Perchè sono seduto in questo posto invece di stare su un aereo per l'Italia come avevamo programmato da mesi?!"
"Lo so, piccolo. Lo so. Ma vorrei avere la possibilità di spiegare quello che è successo!" rispose Jensen, avvicinandosi al tavolo e sapendo che meritava al cento per cento il tono ironico del compagno.
 
"Ok! Credo che io debba lasciarvi soli!" fece Misha mentre si alzava dal tavolo.
 
"No, amico. Resta!" lo fermò invece , Jensen, facendogli cenno con la mano di restare dov’era.
"Jensen,  non penso che io debba...." era sicuro che il discorso era alquanto privato e benché la maggior parte delle persone presenti in quel ristorante li stavano già fissando, Misha si sentiva comunque di troppo.
"Credimi , Mish. Se le cose andranno come devono andare, avrò bisogno di te, amico!"
"E come dovrebbero andare le cose!?" intervenne ironico Jared.
"Jared , Misha è il mio migliore amico e comunque vadano le cose stasera voglio...", ma poi si corresse: "...vorrei che fosse presente! Per favore!" fece, addolcendo il tono.

Jared annuì, naturalmente. Misha era anche un suo carissimo amico anche se lo aveva conosciuto solo dopo che aveva iniziato a frequentare Jensen.

"Allora?!" lo interrogò di nuovo, il giovane.
"Allora!" fece eco Jensen, cercando il modo di iniziare quelle che doveva essere sì, una spiegazione, ma anche una richiesta di scuse. "Il fatto è questo: ieri mattina avrei dovuto ricevere un pacco. Il contenuto avrei dovuto darlo a te e tutto questo, avrebbe dovuto trasformare il nostro viaggio in un viaggio ancora più speciale."
"Io non ti seguo." riferì quasi atono Jared.
"Avevo progettato tutto, avevo sistemato fino all'ultimo dettaglio ma quel maledetto corriere , ieri mattina , non si è presentato e ha mandato tutto all'aria. E io ero così deluso e infuriato che non ho avuto nemmeno il coraggio di chiamarti. Ma sono stato così stupido da non pensare a come ti saresti sentito quando non mi avresti visto arrivare." spiegò con una tale enfasi, che ormai la gente intorno a loro , aveva smesso perfino di mangiare per vedere come quei due andavano a finire.
Perfino i camerieri avevano smesso di servire  e di tanto in tanto anche dalla cucina, qualcuno faceva capolino fuori e poi correva dentro per riferire, molto probabilmente.
 
"Uno schifo. Ecco come mi sono sentito!" gli fece presente Jared, con un tono sarcastico.
"Mi dispiace. Gesù!, tu non sai quanto mi dispiace, ma quel...."
"Sì, l'ho capito. Il maledettissimo corriere!" lo parafrasò Jared. "Ma ora, posso sapere che cosa c'era di così importante in quel pacco, da impedirti di prendere quell'aereo?"
Jensen annuì e poi mise una mano in tasca.
"Questo!" fece mostrando a Jared  una scatoletta nera rifinita delicatamente in oro.
"Cosa....Jensen, cosa..." balbettò Jared, strabuzzando gli occhi dalla più che evidente sorpresa.
 
"O mio Dio!" si sentì dire da una voce tra le persone che stavano osservando quello che stava accadendo. Una brunetta curiosa non si era riuscita a trattenere.
 
"No. Credo che quella sia una mia battuta.", la riprese gentilmente Jared guardandola appena e poi tornando a fissare il compagno, la sua mano e l’oggetto che quella mano custodiva così gelosamente e gli si spezzò il fiato quando Jensen aprì il piccolo scrigno e gli mostrò la coppia di delicate fedine in oro bianco che spiccavano sul velluto blu notte dello scatolino. 
 
Un “Ooooh!!” emozionato si soffuse nella sala.
 
"O mio Dio!" ripetè Jared visibilmente emozionato e al tempo stesso disorientato mentre cercava di mettersi in piedi.
"No. Sta’ seduto. Scendo io da te!" disse Jensen andandosi a mettere in ginocchio davanti al compagno che lo fissava quasi inebetito.
“Jensen?...cosa…cosa stai facendo?!” sia allarmò Jared che ormai era sicuro essere sotto l’attenzione di tutti. Lo erano da tempo ormai!!!!
“La cosa giusta, spero!” sospirò Jensen, anche se non smetteva mai di sorridergli.
 
Jensen prese una delle due fedine , la strinse forte tra il pollice  l’indice e la alzò davanti a Jared, i cui occhi brillavano più dell’oro che aveva dinnanzi.
“Per favore  perdonami per queste ultime ore, ma l’ho fatto solo perché avrei voluto trasformare un semplice viaggio nel nostro viaggio di nozze.” Fece mentre gli prendeva la mano destra.
“Jensen…” sussurrò a corto di fiato Jared. “Io…..”
“Jared, vorresti farmi l’onore di sposarmi?!” gli chiese dolcemente, Jensen.
“Oddio!!” ansimò Jared, preso decisamente alla sprovvista.
E allora Jensen cercò di mitigare quel momento, notando il disagio del compagno.
“Te lo ripeto, avevo programmato tutto, per filo e per segno.” Disse, invitando il compagno a guardare dietro di lui.
Jared seguì il suo indizio e si ritrovò a fissare il volto rubicondo di un altro loro amico.
“Pastore Beaver?!”
“E già, ragazzo!!”, disse il religioso che stringeva tra le mani la sua inseparabile Bibbia. “Ora tocca a te decidere se fare di questa serata una cena di nozze o una pizza tra amici!” ironizzò sull’esito di quella risposta ancora non data.
 
Poi sentì le mani di Jensen, stringere le sue e tornò a fissare, emozionato , il compagno ancora in ginocchio davanti a lui.
“Di una cosa voglio che tu sia certo, Jared. Comunque vadano le cose stasera, qualunque sia la tua risposta, voglio che tu sappia che le cose tra noi non cambieranno. Ti amo e ti amerò sempre. E faremo comunque il nostro viaggio. Ma voglio anche che tu sappia che…”, e sorrise malizioso:  “ …che continuerò a chiedertelo.”
“Allora chiedimelo!” lo sorprese Jared.
“Cosa…” fece colpito da quell’improvvisa decisione che vedeva sul volto del compagno. Gli occhi di Jared brillavano, ma sul suo viso, Jensen, non riusciva a scorgere la risposta che cercava.

Sì?
No?

“Avanti, chiedimelo.” lo incoraggiò ancora.
Quello era il momento della verità. Jensen fece un respiro profondo e obbedì.
“Jared, mio unico amore, vuoi sposarmi?!”
Jared sospirò fremente a quella domanda e incapace di sostenere l’emozione che sentiva dentro, abbassò il capo verso il petto a scosse la testa.
 
Quel movimento, agli occhi di Jensen, fu come  un pugno nello stomaco. Ma aveva fatto una promessa. Le cose tra loro non sarebbero cambiate.
Poi Jared alzò la testa a tornò a fissare l’immenso verde che lo stava guardando.
“Jensen, mio solo amore…sì, ti sposo!”
“Cos….davvero?...” esclamò sorpreso Jensen che lo abbracciò senza pensarci ancora troppo.
“Voglio sposarti, voglio fare quel viaggio con te e voglio che quel viaggio diventi il nostro viaggio di nozze!” gli disse Jared , ancora stretto in quell’abbraccio, mentre intorno a loro un applauso fragoroso riecheggiava insieme ad urla festose. Perfino dalla cucina si sentì arrivare l’entusiasmo, mostrato da un assordante rumore di stoviglie.
 
Si sposarono quella sera stessa e quel semplice ristorante divenne la loro sala ricevimenti. Fu un matrimonio strano, assurdo. Il pastore Beaver li sposò, Misha fece loro da testimone e festeggiarono con quelli che semplicemente avevano assistito al tutto. Conoscevano appena metà di quella gente, e l’altra metà solo di vista.
Ma avevano comunque tutto quello che serviva. Loro due, insieme.
 
 
Circa 36 ore dopo, Jared si svegliava , stiracchiandosi beato e sorridente nel letto di una lussuosa stanza di un albergo nel centro storico di Roma.
Si girò appena verso il ragazzo , che sveglio prima di lui, lo stava guardando sorridendogli. Suo marito.
“Buongiorno, amore mio!”
“Buongiorno a te, Jensen!” sussurrò ancora assonnato, mentre gli si avvicinava per baciargli le belle labbra carnose. “Siamo davvero sposati!?” disse guardando l’anello al suo dito.
“Siamo davvero sposati!” confermò dolcemente Jensen, baciandogli la mano su cui brillava la fede nuziale.
“E siamo davvero in viaggio di nozze in Italia?!” chiese sorridendo ancora di più.
“Sembra proprio di sì, piccolo!” rispose Jensen, spingendolo appena contro il materasso e imprigionandolo sotto di lui.
“Sai.. che c’è chi dice che Roma sia la capitale dell’amore?!” riferì Jared che, sentendo Jensen che iniziava a baciarlo in modo sempre più languido, iniziò a sistemarsi meglio contro il corpo del compagno.
“E chi siamo noi per negare una simile verità?!” sembrò ironizzare Jensen, mentre oltre ai baci, iniziava anche ad accarezzare lentamente e sensualmente , in posti sempre più intimi, il suo novello sposo.
“Anzi…noi….noi dovremmo….essere..testimoni di…oddio!!....sì…” esclamò Jared, quando le dita di Jensen si fecero dolcemente strada verso quell’intimo paradiso infernale.
“Testimonieremo, Jared. Ti giuro che testimonieremo tanto!!” lo assecondò maliziosamente , Jensen, rubandogli l’ennesimo “Sì!” con uno dei tanti baci che aveva intenzione di donargli in quella che sarebbe stata una lunga e magnifica luna di miele italiana.

 
                                                       

“Proverò a mostrarti che ora e per sempre io sarò il tuo uomo”
(Now and Forever, Richard Marx)

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Capitolo 11
*** Si va e si......viene!!! ***


Si va e si....viene!
 

Jared e Jensen erano nel loro appartamento. Erano giorni che non si vedevano a causa di una conferenza che Jensen aveva dovuto seguire per conto del prof. Morgan , ancora assente. E, come docente di ruolo e sostituto di Morgan, aveva l'obbligo di adempiere a certi doveri universitari.
Questo l'aveva portato a stare via da casa e da Jared per oltre una settimana e ora , che si erano ritrovati, non riuscivano a starsi lontani.
 
Il primo bacio che si erano scambiati appena si erano rivisti, era stato dolcissimo e carico d'amore. Poi, dopo qualche parola dolce e mille ripetuti "Ti amo" e "Mi sei mancato!" tutto era scivolato verso la provocazione ...maliziosa.
"Sai!" fece Jensen mentre gli baciava piano e ripetutamente le belle labbra sottili. "Vorrei che cucinassi per me!" gli suggerì con uno strano sorriso, mentre se ne stavano beatamente abbracciati sul loro divano.
"Io cucino sempre per te!" replicò Jared che sopra di lui, ricambiava  quei dolcissimi baci.
"Vorrei che tu cucinassi per me.....nudo!" precisò , allora, più che malizioso l’ex stripper.
Jared lo fissò stupito, ma di certo non offeso o imbarazzato. Gli piaceva “giocare” con il suo compagno. E ogni tanto si concedevano qualche trasgressione innocente che serviva solo per tenere accesa viva la fiamma della loro passione.
Anche se a loro bastava stare insieme per accendersi!!
 
Il giovane chef, ricambiò quel sorriso malizioso e impose le sue regole.
"Ad una condizione!"
"Sarebbe?!" fece Jensen sistemandosi meglio accanto al corpo amato.
"Tu ballerai per me!” dichiarò guardandolo fisso in quel verde smeraldo che brillava nei suoi occhi. “Nudo!!"  puntualizzò  mentre sensualmente scendeva a baciare il collo del compagno.
Questa volta fu Jensen ad essere colpito.
Non che ballare gli portasse imbarazzo. Non che farlo per Jared gli portasse imbarazzo. Era l’idea di farlo nudo che gli creava qualche pensiero e si sentì arrossire al solo pensiero. Ma infondo, era stato lui ad iniziare quel gioco e ora non poteva e soprattutto non voleva tirarsene fuori.
"Credo che abbiamo un accordo!"
"Credo di sì!!!" sospirò soddisfatto il giovane che riprese a baciarlo esattamente da dove aveva smesso un attimo prima.
 
Qualche sera dopo…..
 
"Ehi, piccolo??!! sono a casa!!" esclamò Jensen rientrando nel loro appartamento.
"Sono in cucina!"
Quando Jensen si avviò verso la cucina, trovò Jared dietro al bancone , intento e concentrato ai fornelli. Era decisamente a suo agio in quell'ambiente. Il giovane compagno aveva due grandi passioni nella sua vita: la cucina e Jensen.
 
La prima, la cucina, era fatta di soddisfazioni puramente materiali che aveva messo in conto sarebbe potuta anche finire.
La seconda, Jensen, era la vita stessa. E quella non avrebbe avuto mai fine.
 
La cosa che lo stupì era che Jared indossava una camicia aperta e poi vedeva chiaramente che aveva il grembiule legato in vita.
"Ti do una mano?!" si offrì gentilmente, ma Jared lo fermò prontamente.
"No, grazie! E' tutto pronto. Tra un minuto è in tavola!" rispose sorridendogli. “Potresti versare il vino, però!!” suggerì indicando la bottiglia al centro del tavolo già imbandito.
Jensen lo fece. Si sedette a tavola e iniziò a versare il vino mentre guardava ancora quel meraviglioso ragazzo che gli aveva cambiato la vita.
Un attimo dopo i suoi occhi si spostarono sui pettorali nascosti appena dalla camicia indossata da Jared e sorridendo , ripensò, al loro accordo “peccaminoso”!
"I patti non erano questi, però!!", disse con tono basso e tranquillo. "Non hai rispettato il nostro accordo!"
Jared ricambiò quello sguardo suadente e sorrise malizioso. "E chi ti dice che io non l'abbia fatto!?"
"Beh!..." esclamò Jensen indicando il vestiario, anche se inusuale, dello chef.

In quel momento Jared sorridendogli sghembo, si lasciò cadere la camicia dalle spalle e rimase a petto nudo. E sorrise amabilmente vedendo Jensen che gli versava da bere e poi serviva se stesso, continuando a guardarlo anche se adesso iniziava a sembrare confuso.
Poi, con nonchalance il giovane, si liberò anche del grembiule gettandolo in un angolo del piano cottura. Afferrò i due piatti portata e venne fuori dalla cucina.
Completamente nudo. Mostrando tutta la sua statuaria bellezza.
 
Jensen lo vide e rimase letteralmente con la bottiglia del vino a mezz’aria che continuava a mescere nel suo bicchiere ormai al colmo e traboccante.
Era decisamente colpito, sorpreso e senza parole.
I suoi occhi continuavano a vagare frenetici lungo tutto il corpo del giovane compagno.
La linea perfetta degli addominali ben delineati. Il disegno perfetto del suo torace tornito. La decisa muscolatura delle braccia e delle lunghe gambe. Il colore delicato della sua pelle appena ambrato dalle luci soffuse che riempivano la stanza. Perfino la magnifica bellezza della sua …natura mascolina.
Jared era una visione! Una visione che lo lasciava ogni volta senza parole.
 
"Credo che il bicchiere sia pieno!!" fece notare Jared sorridendo soddisfatto e indicando il bicchiere che spariva sotto il vino.
 
"Maledizione!!" imprecò Jensen , rinsavendo e vedendo il casino che aveva fatto. Cercò di ripulire alla meglio, mentre Jared che sembrava del tutto a suo agio, prendeva posto a tavola.
Jensen lo fissò incredulo. Non aveva mai visto Jared così intraprendente.
"Davvero?! Lo hai fatto davvero!!" fece stranito.
"Era il nostro accordo!" rispose semplicemente il giovane.
"E tu credi che sul serio io riesca a mangiare con te...così!!?" indicando quello splendido corpo nudo di fronte a lui.
"Io me lo auguro perchè sono stato ai fornelli per ore. Questo filetto mi è costato fatica. Ho messo in pratica tutte le mie conoscenze per renderlo più morbido...succulento...e appetitoso.” fece con voce bassa e cadenzata. “Sai!? Ci vuole poco perché tutti diventi….duro!" ma quelle che sembravano essere le spiegazioni di semplice arte culinaria, alle orecchie di Jensen, che ormai si era costretto ad accavallare le gambe per avere un certo sollievo,  arrivarono come stilettate di provocazioni sensuali.
"Ti odio quando fai così!!" rimproverò bonariamente.
"Io ho solo cucinato per te…. come avevo promesso!" rispose innocentemente.
"Già..lo...vedo!!" convenne alquanto agitato Jensen.
"E mi aspetto che tu balli per me...come avevi promesso.!" ribadì, ora, con un tono ben diverso, Jared.
"Già!"
Il giovane prese il suo bicchiere e con aria soddisfatta, infondo aveva ottenuto una delle tante reazioni che si era prefisso di ottenere dal suo magnifico compagno, lo issò per brindare. "Ok!!, credo che ci voglia un brindisi!"
"Decisamente!!” fu d’accordo Jensen, anche perché aveva decisamente bisogno di bere, per andare avanti. “A dove ci porterà questa serata!" propose, sporgendo il bicchiere verso Jared.
Jared sorrise malizioso e issando il bicchiere davanti a lui fino a farlo tintinnare con quello del compagno, rispose al brindisi.
"Al divano , allora!!"
"Al divano?!" chiese stupito Jensen.
"Fidati!" fu la risposta ammiccante che ricevette.
 
La cena proseguì così, tra le provocazioni di Jared che di tanto in tanto si alzava dal suo posto per prendere quello che serviva in tavola e i sospiri trattenuti di Jensen o i suoi tentativi di trovare una posizione più comoda sulla sua sedia. E naturalmente i suoi “Smettila di ridere!!” rivolti a Jared ogni volta che il giovane lo vedeva letteralmente soffrire sulla seduta.
“Vorrei servire il dolce sul divano, se non ti dispiace!” chiese Jared gentilmente.
“Cosa?...sì…sì…come vuoi!” assecondò Jensen, mentre si alzava da tavola.
“Naturalmente, dopo che …avrai ballato per me!” precisò Jared, fissandolo come una belva fissa la sua preda.
“Adesso?!” chiese quasi in imbarazzo, Jensen.
 
Dio!!, cosa era capace di fargli quel ragazzo!!
O magari tutto quello che si diceva era vero: il lavoro sedentario , rammollisce. Cucinare è la cosa più erotica che possa esistere.
E loro stavano diventando come i loro lavori. Per lo meno Jared, si stava impegnando parecchio!!!
 
“Perché no?!” domandò Jared. “Avrai bisogno di zuccheri dopo la tua esibizione, no?!” fece ironico.
Ma Jensen non voleva essere da meno in quel loro gioco. Essere un docente universitario non lo aveva rammollito!!
Drizzò le spalle mostrando tutta la sua prestante fisicità e si avvicinò di nuovo al tavolo dove Jared era ancora seduto.
“Come vuoi, dolcezza!” sembrò volerlo provocare, poggiando i palmi sul bordo del tavolo, sporgendosi verso il giovane. “Io vado di là a prepararmi. Quando torno, ti voglio su quel divano. Mani in vista…” lo avvertì e poi con tono più suadente continuò, vedendo che non aveva perso il tocco e il compagno deglutiva timidamente a vuoto. “Non mi toccherai. Non ti toccherai. Fin quando non ….” e si avvicinò all’orecchio del compagno per sussurrargli piano l’ultima delle sue regole. “….non potremo farlo insieme!” e poi spostandosi piano con il suo viso contro quello di Jared, si avvicinò alle labbra sottili del giovane che istintivamente si protesero verso quelle più languide e piene di Jensen. Ma questi, sadicamente, si allontanò e il bacio che Jared richiedeva rimase perso nell’aria.
“Jensen…” sembrò richiamarlo per avere quello che gli era stato negato.
“Ricordi, amore mio?...non puoi toccarmi!!” e dicendo così si allontanò soddisfatto verso la camera da letto.
 
Che diamine!! Ho sofferto fino ad ora io. Che soffra anche lui un po’!!!, pensò mentre si chiudeva la porta alle spalle e iniziava a spogliarsi.
 
Jared fece come aveva chiesto Jensen. Prese dal frigo una ciotola piena di fragole ricoperte di cioccolato ed un’altra colma di soffice panna. Li avrebbe poggiati sul tavolino che campeggiava  davanti al sofà.
Andò a sedersi al centro del divano e si rese conto che sarebbe stato del tutto….indifeso. Jensen aveva avuto il tavolo dalla sua per nascondere la sua “sofferenza”.  Lui, invece , si sarebbe ritrovato completamente esposto.
Stava pensando a come rimediare a quella situazione, quando sentì una musica sensuale  provenire dal loro stereo. Poco dopo, dalla camera da letto fece capolino Jensen.
 
E puff!!
Il respiro di Jared si fermò all’istante. Il suo cuore dopo aver avuto una drastica battuta di arresto, riprese a pompare velocemente. Istericamente.
I suoi occhi si rifiutavano di guardare altro che non fosse il magnifico corpo di Jensen che avanzava verso di lui.
La curva decisa delle sue spalle che si muoveva in sincrono con i movimenti dei suoi fianchi, delle sue cosce , dei suoi piedi , passo dopo passo. Quella leggera particolarità delle sue gambe tornite e muscolose che davano alla sua camminatura un movimento ancora più sensuale.
Il disegno perfetto dei suoi addominali scolpiti. Nemmeno Photoshop sarebbe stato in grado di ricreare un effetto simile.
Il profilo del suo viso. Deciso e infinitamente dolce al tempo stesso. Il colore verde dei suoi occhi. Quegli occhi sempre fissi su di lui. Quegli occhi che sentiva su di lui anche quando non erano insieme.
 
E quando il biondo gli fu davanti in tutta la sua bellezza, Jared intercettò l’unica pecca di quella visione.
“Non…sei…nudo!” mormorò comunque agitato e indicando il boxer nero che aderiva come una seconda pelle sul corpo di Jensen.
Jensen ammiccò e infilando solo la punta del dito indice al di sotto dell’elastico, seguì piano la linea della sua pancia, facendolo schioccare  dal lato opposto.
“Non volevo toglierti tutto il divertimento!” disse sorridendogli maliziosamente. “Sai!? In ricordo dei bei vecchi tempi!” alluse al suo vecchio lavoro.
“Questo non migliora la situazione, se penso alle mani che ti hanno toccato prima di me, mentre ti esibivi!!” fece con una punta di rancore.

No! Era decisamente gelosia!

“Ti confesso una cosa.”, rispose Jensen, iniziando a muoversi sensualmente davanti al suo unico “cliente”. “ Nessuno,……” e le sue mani passavano dal suo corpo a quello del giovane che lentamente si faceva rapire da quei movimenti. “…su quel palco,…” e ora accennava a sedersi sulle gambe di Jared , che agitato, iniziava a respirare affannosamente. “… mi ha mai toccato prima di te.” volle rivelare Jensen mentre le sue mani accarezzavano sinuosamente il torace di Jared che ormai più che respirare, palpitava furiosamente.  “Tu, come dire….”, continuò mentre i suoi fianchi si muovevano a ritmo lento e sensuale di quella musica.“ …sei stato il primo!”
 
Jared , incatenato occhi negli occhi con il suo amante, cercava con discrezione di portarsi un qualche tipo di sollievo, durante quella sorta di confessione,  ma invano, dato che ogni volta Jensen lo fermava, rimproverandolo.
“No, no!! Non puoi toccarti..” ricordava e poi quando il giovane tendeva una mano verso di lui, quasi come a chiedere aiuto: “…e non puoi toccare me!” disse alzandosi di nuovo e sorridendo soddisfatto della reazione ben visibile che svettava sul corpo del giovane compagno. “Dovresti respirare, Jared!!” lo provocò, mentre gli dava le spalle e continuava a muoversi a tempo di musica. “O esploderai!” alludendo alle condizioni in cui era Jared.
Jared continuava a fissarlo ipnotizzato. Guardava quei muscoli tendersi magnificamente. Guardava le parti di quel corpo su cui aveva lasciato molte e molte volte carezza appassionate, delicate , intime. Guardava quella linea particolare del corpo di Jensen in cui , sensualmente le sue dita , andavano alla ricerca del piacere da dare e da ricevere. Si perdeva sulla curvatura sensuale della schiena, su cui, appagato, aveva ceduto al sonno , cullato dal suo ritmico respiro.
 
Tutti quei particolari esplosero nella sua testa come un abbagliante flash di eccitazione concentrata e il giovane, istintivamente, afferrò un cuscino e si coprì l’ormai più che evidente eccitazione.
Jensen notò il movimento e sorrise di quella sua vittoria. Lentamente tornò di fronte al compagno, così da poterlo guardare.
“Quello…” fece indicando il cuscino che copriva l’intimità di Jared. “….non è leale.”
Jared si aggrappò al provvidenziale cuscino e replicò prontamente.
“Nemmeno quelli!” alludendo ai boxer di Jensen, che dovette capitolare all’evidenza.
“Allora , penso che sia arrivato il momento di smettere di giocare, non credi?!” azzardò Jensen, anche perché , pure lui cominciava a sentire l’intimo di cotone essere piuttosto fastidioso e stretto.
Jared era comunque un puro spettacolo erotico , visto in quella maniera. Sul quel divano. Nudo. Pronto. Accaldato.
“Decisamente!” rispose quasi sollevato Jared  e deglutì quando Jensen gli fece cenno di avvicinarsi a lui, con il solo gesto dell’indice.
 
Il giovane si alzò dal suo posto, lasciando cadere il cuscino che lo copriva e raggiunse il compagno , in piedi di fronte a lui.
Le loro mani si sfiorarono. Il calore del loro corpo era un potente afrodisiaco a cui nessuno dei due sapeva avrebbe resistito ancora per molto.
E poi la voce di Jensen.
“Toglimeli!” sussurrò strusciando il cotone dei boxer sulla nudità eretta di Jared.
Il giovane respirò affondo e senza mai smettere di guardare il compagno infilò gentilmente le dita al di sotto dell’elastico dei boxer e iniziò spingerli verso il basso. Lavorava piano, accarezzando la pelle delicata dei fianchi, del ventre teso , per poi lasciare una carezza più pressante sui glutei contratti di Jensen.
Il biondo si mosse per rendere quell’operazione più veloce, ma Jared lo fermò.
“Fermo! Faccio io!” disse con la voce che era ridotta ad un sibilo basso e sensuale. E così dicendo iniziò a scendere per accompagnare la caduta dei boxer del compagno, verso il pavimento.

Quando l’indumento fu alle caviglie, Jared con movimenti gentili, invitò il compagno a sfilarli completamente. Poi li afferrò e li gettò via lontani da loro.
Ma non tornò su. O meglio, non tornò su velocemente.
La sua risalita fu lenta e accompagnata da baci languidi e umidi e quando il giovane arrivò all’altezza dei fianchi del compagno, lasciò che l’eccitata virilità gli accarezzasse il viso e poi iniziò a baciarla e lambirla con le sue labbra. Fin quando non la fece sua.
In quel preciso momento, Jensen sentì una potente scarica elettrica attraversarlo da capo a piedi ed era certo che sarebbe caduto e che le sue ginocchia non sarebbe state più in grado di sostenerlo se non fosse stato pronto ad aggrapparsi alle spalle del giovane inginocchiato davanti a lui.
 
Sentiva l’avvolgente calore della bocca di Jared, circondarlo. Sentiva la delicata carezza della sua lingua su tutta la sua lunghezza. Sentiva la sfrontatezza dei suoi denti pressare e stuzzicare nei punti giusti. Perfino il lento e cadenzato movimento che vedeva fare a quella meravigliosa testa,  lascivamente impegnata sul suo inguine, era una scarica di piacere che lo faceva tremare. E solo quando capì che stava per perdere il controllo riuscì a richiamare il compagno in enorme vantaggio.
“Jared….no…non così!!…Andiamo…andiamo di là!!” provò a suggerire e volendo portare a ben altri livelli quel loro momento.
Jared , soddisfatto, alzò gli occhi infuocati di desiderio sul volto del suo amante e nonostante lo facesse a malincuore, abbandonò quel suo peccaminoso banchetto.
Ma non assecondò la richiesta di Jensen.
Strinse la presa che aveva sui fianchi del compagno e con forza , ma non con rudezza, e lo sospinse letteralmente sul divano alle loro spalle, imprigionando Jensen sotto di lui.
 
“Credimi!! Il divano andrà benissimo!!” sussurrò roco di desiderio.
 
Jensen esclamò un “Ehi!!” di pura sorpresa ma questo non fermò entrambi dal rimanere abbracciati , anzi il maggiore rimase sorpreso nel vedere che Jared sembrava esattamente cosa fare. Come se avesse studiato perfino le posizioni.

Che lo avesse fatto sul serio???

Il giovane con delicata decisione invitò Jensen a tenere una gamba fuori dai cuscini del divano in modo che potesse tenere un piede poggiato a terra. E poi l’altra gamba la posizionò, flettendola, in modo che rimanesse imprigionata tra il suo corpo disteso su quello di Jensen, e la spalliera del divano.
Si mosse piano, sul corpo del compagno, come a cercare la giusta posizione. Come a voler stuzzicare i loro corpi ormai impazienti e vicini. Si mosse ancora e scese appena più in basso e in quel movimento Jensen sentì la virilità di Jared scivolargli via dal ventre teso e rimanere piacevolmente abbracciata nella linea intima del suo fondoschiena.
“Jared…non…non credi che il nostro…letto…sia più comodo?!” provò ancora a suggerire tra un affanno e l’altro. Tra un bacio di Jared e l’altro.
“No.” Sospirò Jared sul suo collo. “Non lo credo!” fece e senza indugiare e senza avvertire, avvertendo contro la sua virilità, l’umida presenza dell’intima apertura del compagno, si issò deciso sul corpo di Jensen. Nel corpo di Jensen.
 
Un respiro strozzato. Un grido silenzioso. Gli occhi stretti. Le bocche aperte in cerca d’aria. Il cuore che impazziva. La mente che si perdeva.
 
Un piacere immenso e un dolore sottile,  si fecero strada in entrambi gli amanti che si ritrovarono uniti nel corpo e nell’anima. Jared aveva conquistato senza fatica alcuna, ogni cosa appartenesse a Jensen e Jensen gliel’aveva concessa senza opporsi.
Il giovane, dopo un attimo di piacevole smarrimento, iniziò a muoversi prima piano, in modo da prendere di più. In modo da poter, voler riempire con tutto se stesso  il corpo di Jensen.
Jensen, di suo, istintivamente , in quell’affondo di Jared, aveva portato le mani ad aggrapparsi al cuscino del bracciolo del divano e la gamba che giaceva fuori dai cuscini, come per istinto, andò ad abbracciare il fianco di Jared. Quei movimenti, quei gesti, erano compiuti come se avesse voluto assecondare quella potenza che sentiva sovrastarlo.
“Oddio!! Jared…” ansimava mentre Jared si muoveva più ritmicamente dentro di lui e non smetteva mai di baciarlo, di voler sentire il suo sapore. 

Jensen lo faceva impazzire. Impazziva quando lo vedeva camminare. Impazziva quando lo vedeva uscire dalla doccia, o quando lo accarezzava semplicemente la mattina prima di uscire e lui era ancora a letto. Impazziva quando lo guardava e gli diceva “Ti amo e sarà sempre così!
Impazziva quando lo sentiva fremere di passione mentre erano a letto e Jensen lo chiamava come a dire “Solo tu mi fai provare questo!!
 
“Respira!” gli sussurrò a quel punto Jared, mentre, discretamente , cercava con i piedi,  l’appoggio contro l’altro bracciolo.
Jensen lo guardò confuso, perso in quelle meravigliose sensazioni. Ipnotizzato dal volto di Jared. “Io….cosa??!!” sussurrò.
“Respira…affondo!” ripetè con più fermezza Jared.
Senza spiegarsi perché, Jensen obbedì a quel premuroso comando.
Inspirò affondo e nel momento di quel respiro, Jared puntò i piedi contro il bracciolo e si spinse con decisione dentro il corpo del compagno.
Gridarono entrambi. Ma non di dolore.
Il piacere di quell’unione sconvolse entrambi. Chi dava e chi riceveva.
La concretezza di quel legame fisico li portò istintivamente ad abbracciarsi forte, quasi disperatamente. I corpi che tremavano ma che temevano di allontanarsi e perdere tutto.
“Respira!” fece ancora Jared , stretto in quell’abbraccio.
E Jensen respirò  ancora e ancora Jared si mosse, spingendosi di nuovo contro il bracciolo e nel corpo di Jensen,  fin quando stare fermi l’uno contro l’altro, l’uno dentro l’altro, non divenne impossibile.
Jared godeva nella sensazione di riempire di sé, il corpo di Jensen. Abbandonandolo per poi riconquistarlo più affondo.
Jensen si beava in quella sensazione di completezza che Jared, in un modo talmente passionale e appassionata, gli stava donando. Fremendo di disappunto ogni volta che sentiva farsi concreta l’assenza del corpo di Jared, dentro di lui.
 
Affondi e contrazioni. Affondi e contrazioni.

Affondi e contrazioni, fin quando Jared non afferrò le mani di Jensen e le riportò al di là del bracciolo sopra la testa del compagno.
“Dì il mio nome, Jensen!” sussurrò ormai al limite. “Dì il mio nome e io invocherò il tuo!” fu l’appassionata preghiera per poter raggiungere il culmine di quell’amplesso, insieme.
“Jared!!” sussurrò affannato, ansimante , Jensen.
“Jensen!”
“Jared!”
“Jensen!”
“Jared!!!”
Sempre più forte. Sempre  più forte. Sempre più forte.
Fin quando fu il piacere a farli gridare.

Un piacere talmente forte da sembrare a tratti doloroso e impossibile da sopportare se non ansimando ancora più forte. Come a voler scaricare almeno con la voce e il respiro ciò che si era provato così profondamente.
 
Per quelli che sembrarono minuti infiniti, Jared rimase nascosto, protetto , con il viso , nella dolce curva del collo di Jensen. Stretto tra le sue braccia. Riscaldato dal calore del suo corpo.
E Jensen!! Beh!!
Jensen non sapeva se avrebbe mai più potuto respirare in maniera normale dopo quella sera. Sapeva che ogni volta che avesse avuto Jared e quel divano nella stessa visuale, qualcosa sarebbe di certo scattato in lui. Strinse più forte quel corpo abbandonato e sfinito che lo copriva così magnificamente e di cui sapeva non poter fare più a meno. Non se voleva continuare a vivere!!!
 
Jared ormai gli era entrato dentro e non nel senso fisico della parola.
Jared ormai era parte della sua anima. Quella più dolce, più importante. Quella parte di anima che viveva di solo amore. L’amore che provava per Jared.
 
“Ora capisco perché hai brindato al divano!!” riuscì a dire, giusto per distrarsi da quei suoi pensieri. E sorrise quando sentì il giovane ridere contro il suo petto.
Stettero così ancora un po’. Riposandosi uno tra le braccia dell’altro.
 
Poi una mano di Jared , discretamente, ritornò ad accarezzare l’intimità rilassata di Jensen. Massaggiandola delicatamente, quasi timorosamente. Stuzzicando gentilmente con le lunghe dita la base della sua natura.
Il maggiore non si sottrasse a quelle avance , ma non potè non chiedere, incuriosito.
“Jared, ma cosa…insomma… noi…” cercò di mettere insieme, ma era difficile dato che Jared , lentamente e cautamente si era fatto più deciso nei suoi movimenti. Chiari movimenti.
 
“Tranquillo. Preparo solo la seconda portata!” rispose malizioso.
 
“Tu sei pazzo!” esclamò Jensen afferrandolo e attirando il volto del giovane verso di lui, così da poterlo baciare.
“Sì!! Di te!” fu la risposta che ebbe, prima di vedere il giovane che gli si metteva cavalcioni e lo guardava con lo sguardo di uno che aveva chiare aspettative!
Le mani di Jared si fecero più audaci. I suoi movimenti più ….invitanti.  I suoi fianchi iniziarono un sensuale movimento, lento e ritmico come la più ritmica delle maree.
Inevitabile la reazione di Jensen. Il maggiore prese ad accarezzargli il torace che si muoveva suadente sopra di lui. Lentamente le sue mani scendevano ad accarezzare l’intimità esposta di Jared e libera di pulsare sul suo ventre teso.
Segno che anche per il giovane, come per Jensen, l’ora del  “riposo” era finito.
I baci divennero di nuovo languidi, appassionati. Umidi dei loro sapori.
Bastò poco perché i loro corpi reagissero a quello che sentivano già nelle loro menti, nel loro stomaco e …anche più in basso.
 
“Ti voglio!” gli sussurrò Jared senza smettere di muoversi, dondolandosi sensualmente sul bacino di Jensen.
“Mi a…”  - avrai-  stava per rispondere Jensen, quando Jared lo anticipò.
“Dentro di me!” sembrò concludere quella richiesta.
Il respiro di Jensen si fermò per un attimo. La sua mente mise a fuoco la dolcissima richiesta.
L’attimo dopo, brandiva gentilmente i fianchi del giovane compagno e lo accompagnava piano a scendere sulla sua virilità ormai più che pronta a donare piacere e a prenderne altro.
Jared gettò la testa all’indietro, quando si sentì completato da Jensen e sorrise. E sorrise ancora muovendosi su di lui e assecondando i movimenti che Jensen faceva per approfondire i suoi affondi.
Jensen lo guardava , estasiato.  Quasi in venerazione.
Vedere Jared in quella maniera era …era…..era…
Non trovava nemmeno la parola adatta per spiegarlo a se stesso. Ma voleva che Jared lo guardasse.
Contraendo i suoi addominali, si tirò su e si ritrovò con Jared praticamente sedutogli addosso. Cercò di sistemarselo meglio contro di lui e  facendo  forza sulle sue stesse gambe, riuscì a girarsi, imprigionando Jared , che lo seguiva nei movimenti, tra il suo corpo e la spalliera del divano.
Il maggiore si sedette sui talloni e questo permise a Jared di allacciargli le gambe intorno alla vita. 
Quella situazione era qualcosa che esaltava entrambi poiché Jensen era portato naturalmente a spingersi in avanti per non allontanarsi da Jared e Jared, con le gambe in quella posizione concedeva a Jensen lo spazio per muoversi dentro di lui.

E sentirlo in quel modo profondo era magnifico, eccitante, erotico ma anche disarmante.
Il giovane si sentiva privo di difese anche se sapeva che nessun male gli sarebbe stato fatto. Jensen non lo avrebbe mai permesso!
 
Erano vicini.  Tanto vicini.
Mio Dio!! forse non lo erano mai stati così tanto!!!
 
Jensen si muoveva potente contro di Jared, dentro di lui. Il fatto che il giovane gli fosse praticamente seduto in braccio, gli permetteva di affondare con forza e passione, senza però, mai, oltrepassare il limite che avrebbe portato al dolore.
 
Concedendosi in quella maniera, entrambi gli amanti raggiunsero il piacere estremo. Una sublime scarica che contrasse le dita dei piedi fino al tremito e spezzò loro il respiro.
Jared  gettò le braccia al collo del compagno quando l’orgasmo lo raggiunse potente e liberatorio, ridendo di pura soddisfazione mentre baciava le labbra ancora tremanti del suo amante.
Jensen si tese contro il corpo di Jared, quando l’amplesso lo portò a riversarsi invadente e caldo, nel corpo del giovane che avvinghiato a lui rideva appagato e lo baciava come se baciarlo potesse riportare entrambi ad un ritmo più regolare del respiro.
 
Un ultimo bacio, più tranquillo. Più avvolgente. Conferma di tutte le emozioni forti e profonde che avevano provato quella sera.
 
Ancora legati da quell’abbraccio, i due  si lasciarono cadere sui cuscini, accarezzandosi, sorridendosi complici, baciandosi a volte con baci appena accennati.
 
Poi, fu il riposo. Quella piacevole spossatezza che porta ad un sonno leggero ma comunque ristoratore.
Passò un ora. Forse meno. Forse più.
Ma comunque sia, nessuno dei due ebbe l’idea di allontanarsi dall’altro.
 
Jensen destandosi per primo da quella cosiddetta “pace dei sensi” si ritrovò a fissare il tavolino poco distante da loro, su cui campeggiavano invitanti le fragole al cioccolato e la panna.
“Ehi!! piccolo!”
“Mmmh!!” fu la risposta al richiamo di Jensen.
“Ti prego dimmi che quella roba sul tavolino ci servirà solo per  rimetterci in forze!!” ironizzò su quella sorta di frenesia da cui si erano lasciati conquistare quella sera.
“Onestamente!!!! ….ora che mi ci fai pensare…” fece malizioso mentre gli baciava il petto su cui il respiro regolare di Jensen lo aveva cullato fino a quel momento.
 
E poi furono le fragole messe in fila sul ventre di Jared. Fu la panna cosparsa sul petto di Jensen.

Fu Jared che nell’estasi di una nuova passione gridava:  “Sposami!! Sposami!!!”
Fu Jensen che in quella stessa estasi, felice, rispondeva:  “Sì! Sì!! Sì!!!”
 
 
                                                           
      “Perché tutto di me ama tutto di te….   

Dammi tutto di te e ti darò tutto di me…”
(All of me, John Legend)
 
 
N.d.A..: Ultime notizie dall’angolo della vergogna.
Non so che cosa mi sia preso. Ogni tanto ritorno ai tempi di “Ti amo…ti voglio….”
Il prete mi sta già aspettando per la confessione.
Ps: naturalmente non serve quella sottospecie di genio ritardato che è in me, per dire, che sono ancora Jared lo chef e Jensen lo stripper ( Il sapore del piacere, Delusioni)  i protagonisti di questa storia!!!

Dio!!! anche il titolo!!!....ma si può?!

 

Sì, Padre, arrivo!!!
 
Baci, Cin!!!

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Capitolo 12
*** Un errore imbarazzante! ***


UN ERRORE IMBARAZZANTE

Jared sentì la porta dell’appartamento sbattere con un tonfo secco. Un attimo dopo vide entrare Jensen.
“Cavolo!” pensò allarmato. “Questa volta sono davvero  nei guai!”

Il maggiore lanciò la sua giacca sul divano e non disse una parola. Si limitò solo a squadrare il compagno che era restato fermo immobile dove era e sembrava stesse cercando le parole per giustificare quello che era successo.
“Jensen, lo so…sei arrabbiato….deluso…lo so. Ne hai tutti i motivi , ma …”
“Ma cosa?” lo fermò l’altro.
“Ma lasciami spiegare, per favore. Non è come pensi!” provò a mediare con la furia che vedeva sul volto di Jensen.
“Spiegare? Spiegare?? No!!” lo rassicurò rabbioso. “Credimi, ora non voglio né sentirti, e tanto meno vederti. Quindi lascia stare e ti prego per un po’, per un bel po’,  fa come se io non esistessi, ok?!” fece ancora il biondo, sorpassandolo e cercando di raggiungere quella che non sarebbe più stata la loro camera da letto per parecchio tempo.
Ma Jared lo raggiunse velocemente e lo fermò per un braccio , costringendolo a voltarsi e a guardarlo.
“Ascoltami, ti prego!” supplicò ancora. “Io…”
“Non ti voglio ascoltare, Jared. Anzi , non ti voglio nemmeno vedere adesso.” lo rimproverò e poi mentre cercava di andare ancora via, si fermò e si girò verso il compagno che lo guardava amareggiato. “Hai idea di come mi sono sentito? Hai idea di quello che ho provato a starmene seduto in quel vagone, sorridendo come un imbecille ad ogni stramaledetto estraneo che faceva capolino nella cabina, pensando che ogni volta dovevi essere tu ad entrare?  Tu…” fece ora, più furioso. “Tu mi hai detto di prendere quel treno. Di aspettarti. Di mettere addirittura gli stessi vestiti che indossavo quel giorno. Tu mi hai detto che avremmo festeggiato il nostro terzo anniversario nell’esatto posto in cui tutto era iniziato!” faceva mentre la voce si assottigliava per la rabbia e la delusione.
“E doveva essere così, piccolo!”
“Non….non osare chiamarmi così. Non ti azzardare a chiamarmi “piccolo” o ti giuro che ti prendo a pugni, Jared!” lo minacciò seriamente convinto che nello stato d’animo in cui era, lo avrebbe fatto di sicuro. “Come hai potuto, Jared?! Come hai potuto farmi una cosa del genere? Dimenticarti di una cosa che avevi perfino organizzato tu? Come….” Ma non riuscì a concludere, sinceramente, ferito.
“Per favore…posso…..posso parlare? Puoi farmi spiegare?” provò ad intervenire Jared avvicinandosi al compagno. “Per favore!” chiese ancora più colpevole.

Jensen lo guardò e non potè negare che Jared sembrava davvero ferito e in colpa mentre gli chiedeva di avere la possibilità di spiegarsi.
“Hai due minuti. Dopo di che puoi cominciare a scegliere il divano o la poltrona dello studio ….per stanotte e per quelle che verranno!” fu la concessione offerta.
Jensen si impose davanti al giovane compagno incrociando le braccia al petto e anche se , in quel momento e con quel broncio infuriato, Jared, non riusciva a non trovarlo incredibilmente sexy, il giovane si costrinse a focalizzare il cervello e tutta la sua attenzione su quello che doveva dire per tirarsi fuori dal quel guaio apocalittico.
“Io…non ho dimenticato il nostro anniversario. Lo giuro.” Iniziò con calma , dopo aver preso fiato. “Avevo organizzato tutto. Tutto fino all’ultimo dettaglio.”
“Il che comprendeva il darmi buca su quel treno?” fece sarcastico Jensen.
“No!!” esclamò. “No! Jensen, no!” si ostinava a ripetere. “Io ho solo fatto un solo tremendo stupido errore.” ammise alla fine e a Jensen parve perfino che Jared stesse arrossendo. “Io non mi sono ricordato che in questo periodo, la compagnia ferroviaria che usiamo , raddoppia le corse, mettendone una che parte prima e così quando sono arrivato in stazione, ho visto il treno che era in partenza e ci sono salito senza rendermi conto che quella era la prima corsa..” cominciò ad imbarazzarsi. “..e non la nostra solita corsa.”
Jensen lo guardava sbalordito. Era una storia assurda, comicamente assurda ma talmente inconcepibile che sarebbe stato stupido da parte di Jared inventarla.

E in un certo senso spiegava perché Jared era già a casa!!

Jared era palesemente in imbarazzo mentre finiva il suo racconto.
“Io non ho mancato al nostro anniversario, Jensen. Io non ti ho dato buca. Dio! non lo avrei mai fatto. Non l’ho mai fatto!!” affermò con decisa enfasi sperando che almeno questo il compagno glielo facesse passare per buono. “Io ho… Dio! come’è imbarazzante!” disse passandosi una mano sul viso accaldato dall’agitazione. “ Io ho sbagliato treno!!” ammise alla fine. “Ho solo….purtroppo….sbagliato treno!!” e tirò un enorme sospiro, sollevato almeno di essere riuscito ad arrivare alla fine del suo racconto.
Jensen lo fissava. Gli occhi stretti in una fessura verde brillante. Le labbra contratte in una smorfia di indecisione. Lo sguardo perplesso e incredulo.
“Tu….cosa?” chiese il biondo.
“Io …ho …sbagliato….treno!” confessò di nuovo. “Avrei voluto chiamarti, ma tutti quei cavi elettrici e i sottopassi…..”
“Davvero?!” fece ancora più incredulo.
“Sì!” ammise abbattuto.
“Hai sbagliato treno?!” e il giovane annuì colpevole. “Tu hai organizzato tutto e poi vai a sbagliare …treno!?” fece ancora tra l’incerto e lo scettico.
“Sì, Jensen. Mi ero accorto di essere in ritardo e così quando sono arrivato al binario, sono salito sul treno che stava per partire, convinto di aver preso quello giusto!” disse ancora.

Per un attimo ci fu silenzio. Per un attimo i loro occhi si incontrarono  e si scontrarono in una muta ricerca di sincerità richiesta e concessa.
Poi accadde quello che Jared non si sarebbe mai aspettato e che lo lasciò letteralmente senza parole.
Jensen scoppiò a ridere. Ma a ridere di cuore, di gusto. Il ragazzo rideva talmente forte che ad un certo punto dovette tenersi il fianco dal dolore che sentiva alla milza e aveva le lacrime agli occhi.

Jared lo guardò sbalordito e sorpreso mentre Jensen si sbellicava , letteralmente, dalle risate.
“Ma…..ma cosa…cosa…” balbettò incerto.
“Hai ….sbagliato…treno…” diceva tra una risata e l’altra. “Oddio!!....” e rideva ancora. “Non posso crederci. Mr. “Quest’anno organizzo tutto io!”, è saltato sul treno sbagliato!!!” diceva ridendo ancora di cuore.
Jared anche se non se rendeva conto, sorrideva, ma più che altro la sua era una risata nervosa perché aveva pensato che avrebbe dovuto penare parecchio per farsi perdonare da Jensen per quel casino.
E ora, invece, il compagno era di fronte a lui, piegato in due dalle risate, e …rideva. Di lui.

“Oddio!!” esclamò alla fine Jensen, mentre cercava di riprendere un certo contegno.
“Tu….tu….non sei…più arrabbiato?...con me?” azzardò Jared,usando tutta la sua aria innocente.
“Oh!, sì che lo sono!!” Disse invece mentre sorrideva ancora. “… e dovrai impegnarti molto per farti perdonare, ma questa storia è…..è talmente assurda che non può non essere vera!!” confessò al giovane che finalmente riusciva a respirare di nuovo in maniera più regolare, dato che il pericolo, quello vero, sembrava essere scampato.
Ne avrebbe trovati di modi e mezzi per farsi perdonare dal suo amato e incredibile Jensen!!

Non chiese altro, si limitò a raggiungere Jensen e a stringerlo forte. Gli chiese ancora scusa, mentre piano prendeva a baciarlo e ad ogni bacio corrispondeva una richiesta sincera di scuse, fin quando insieme non raggiunsero la loro camera.
Jensen si distaccò solo un po’ e guardò malizioso Jared.
“Non è così che ti farai perdonare!” fece spostando lo sguardo sulle mani del compagno che gli stavano aprendo la camicia.
“Lo so!” ammise candidamente Jared, mentre, però, non accennava a fermarsi. “Ma da qualche parte dovrò pur iniziare.” Lo provocò per poi baciarlo in modo lento e languido come sapeva piaceva a Jensen, che infatti , sospirò soddisfatto tra le sue labbra e tra le sue braccia.
“Non basterà questo!” disse quando Jared gli permise di respirare.
“Lo spero tanto, perché avevo in mente molto altro!” disse sorridendogli, mentre chiudeva la porta della loro stanza e iniziava entusiasta, la sua penitenza d’amore.
 
Circa due settimane dopo, Jensen era di nuovo su quel treno, come al solito. Lo stesso treno che lo portava a lavoro ogni giorno  e che ogni giorno lo riportava a casa con Jared. Ma quel giorno Jared non c’era. Non era andato a lavoro perché si sentiva influenzato e Jensen l’aveva convinto a prendersi una  giornata di riposo.
A quell’ora, il vagone era quasi sempre vuoto, tranne che per il controllore all’inizio della carrozza che si fumava la solita sigaretta. Tanto sapeva che nessuno si sarebbe lamentato.
All’improvviso la porta della cabina si aprì.
“Tu che ci fai qui!?” esclamò sorpreso Jensen, nel vedere Jared entrare e chiudersi la porta scorrevole alle spalle. “Non eri malato?!” fece in attesa ancora della prima risposta.
“Mi dispiace. Ho mentito!” confessò sorridendo sensualmente mentre si avvicinava al compagno, dopo aver bloccato la porta della cabina.
“Che …vuoi …fare?!” disse leggermente agitato , Jensen. Anche se iniziava a sentirsi eccitato dalla situazione.
“Voglio festeggiare il nostro anniversario!” rispose con un tono sempre più basso il giovane.
“Il…nostro anniversario….è pass…” stava per dire, quando notò una cosa che lo sorprese tanto da fargli quasi dimenticare che Jared lo stava praticamente stringendo all’angolo della cabina. “Tu…tu hai gli stessi…gli stessi vestiti di quel giorno!” affermò certo del suo ricordo.
“Wow!! Che memoria, amore mio. Quindi, come vedi ….” fece sensuale mentre si avvicinava ancora. “…possiamo festeggiare!” affermò mentre metteva le mani sulla parete ai lati della testa di Jensen, che si ritrovò così, letteralmente , imprigionato dal corpo del compagno.
Jensen deglutì l’eccitazione che sentiva in quel momento. Jared era così vicino. Il suo corpo era così vicino. Le sue labbra erano così meravigliosamente vicine alle sue. Perfino il suo respiro lo avvolgeva come una nebbia profumata.
“Io però…non…indosso quelli…di…di quel giorno!” fece presente mentre gli metteva le mani sui fianchi.
“Non temere, piccolo. A questo possiamo rimediare facilmente!” lo rassicurò, mentre con un movimento veloce e sensuale, spostava le mani e le infilava al di sotto della maglietta e tirandole su, mentre gli accarezzava il torace già affannato, gliela sfilava dalla testa , lasciandolo a petto nudo.
“Buon anniversario, Jensen!” fece ammirando lo splendore ansante che gli stava di fronte.
“Buon anniversario a te, Jared!” rispose Jensen, mentre gli lanciava le braccia al collo e si appropria di quella bocca che non faceva altro che invitare ad essere baciata.
 
Distante da  quella cabina e da quello che stava accadendo al suo interno, il controllore continuava a fumarsi la sua sigaretta.
Conosceva i due ragazzi da tempo e aveva visto Jared entrare nella cabina qualche minuto prima.
Era un uomo di mondo e quindi, sapientemente, intuì, che non era il caso di andare a chiedere il biglietto.
Per questa volta, avrebbe fatto correre e avrebbe atteso di risentire la chiusura della cabina scattare ed aprirsi di nuovo.

 
 


Io sono solo un’anima le cui intenzioni sono buone,
Oh Signore, non lasciare che io sia frainteso)

(Please don’t let me be misunderstood, Nina Simone)
 

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Capitolo 13
*** Lampo e tuono. ***


LAMPO E TUONO!

“Perché?...perchè mi stai facendo questo?...che cosa ti ho…” esclamava esasperato Jensen, guardando il compagno di fronte  a lui.
“Tu….tu non sei più lo stesso.” lo anticipò Jared e guardando quasi con colpa la terapista che era tra loro, ancora seduta alla sua poltrona mentre i due giovani, giravano per lo studio come due leoni in gabbia.
“Smettila! Smettila di guardare lei. Che cosa sa lei che io non so? Che cosa devi dirmi di così assurdo da sembrare tu voglia il suo appoggio?!” accusò arrabbiato.

Jared prese coraggio. Fece un respiro profondo e decise finalmente di confessarsi al suo compagno come giorni prima si era confessato con la dott.ssa Cross.
“Io…io ti amo, Jensen. Lo giuro!”
“Allora perché?!” quasi piagnucolò  Jensen.
“Fallo finire, Jensen!” suggerì con tono calmo la Cross. “Ascoltalo!”
“Non so cosa sia successo dopo che hai avuto quell’incidente. Dopo che quel maledetto autobus ti ha investito. Ma quando sei tornato a casa io ho iniziato a vedere dei….cambiamenti.” spiegò anche se sembrava perplesso.
“Jared?!” lo richiamò piano Jensen
“Tu eri tu…ma…non eri…più tu!” si ritrovò a dire. Sapeva che quello che aveva detto poteva non avere senso, ma nella sua testa, nella testa di Jared, tutto aveva senso.
Il senso di quello che lui si era ritrovato a vivere con quel “nuovo” Jensen.

Jensen, lo guardò. Incredulo. Confuso.
“Io…io non riesco a capire!” sussurrò.

Jared si appoggiò stanco ad una libreria alle sue spalle e anche se sapeva che era giusto quello che stava per dire, sapeva anche che quelle stesse parole avrebbero ferito Jensen profondamente. E lui odiava ferire Jensen.
“Prima di quell’incidente tu eri sempre felice..” iniziò tenendo un tono dolce in quello che diceva. “..tu dovevi sorridermi e baciarmi ogni mattina perché “così..” dicevi “..ora inizia una bella giornata!”!.....tu mi costringevi ad uscire fuori di casa quando sentivi che stava arrivando un temporale, mi costringevi a stare sotto l’acqua e a volte non riuscivi a smettere di ridere per il senso di libertà che quel gesto ti infondeva e poi…”
“Poi cosa, Jared?!” lo spronò la Cross, vedendo che Jared aveva abbassato lo sguardo forse imbarazzato o intimorito dal ricordo di quel “poi”.
“Poi, mi abbracciavi e mi riportavi in casa e …..facevi l’amore con me…” disse guardando solo Jensen. “…. perchè dicevi che eravamo noi il vero temporale. Lampo e tuono. Inseparabili. Sempre insieme. Perché l’uno non esisteva senza l’altro. Ora…” e abbassò di poco la voce chiaramente in imbarazzo. “…a malapena mi tocchi.”

Jensen si sentì sprofondare quando sentì Jared proferire quelle parole.

Sapeva che qualcosa era cambiato in lui da quando era ritornato a casa, ma nella sua cosciente incoscienza non pensava potesse essere qualcosa del genere.
E’ vero si sentiva diverso!
Ma non riusciva a capire come e cosa poteva essere diverso in lui.

“Jared io non voglio che tu ti senta così. Sai che ti amo.” Disse senza usare un tono duro o di rimprovero. Poi quasi, come se un dubbio lo avesse colto: “Lo sai …che ti amo?”
Jared non riuscì a rispondergli, però. Lo guardava solo. E prima che potesse rispondere , intervenne per lui la Cross.
“Jared, questo cambiamento che vedi in Jensen è qualcosa che hai notato solo in campo familiare, nel vostro privato o anche sul posto di lavoro?!”
Jared sembrò quasi ringraziare quella domanda provvidenziale della Cross, che gli aveva impedito di rispondere alla domanda di Jensen.
“No, il suo cambiamento riguarda tutta la sua…la nostra vita.” rispose tornando a guardare Jensen, che improvvisamente sfinito e turbato dalla “non risposta” di Jared , si era seduto, o meglio, era caduto, su una poltrona del piccolo salotto. “Prima tu non ti facevi scrupoli a coprire il turno di uno dei nostri dipendenti che sapevi essere in  difficoltà. Andavi da lui, gli davi due giorni e non ci pensavi due volte a sfilarti la cravatta e a prendere il suo posto alla catena di montaggio. Ora…mio Dio! Jensen, tu….tu hai licenziato Frank. Quell’uomo ha una moglie e due figli e tu lo hai licenziato in tronco perché ha portato la figlia dal medico e ha tardato di un ora…come? Come hai potuto?...senza dirmi…niente?!” e lo chiese sofferente, angosciato.
“Io…io…non…” balbettò, perchè onestamente non sapeva come giustificare una tale azione. Il senso di colpa lo invase, ma allora se adesso stava male, perché lo aveva fatto? Improvvisamente, si sentì come se fosse due persone. Solo che una , molto probabilmente, la miglior parte di lui, era ancora agonizzante su quel marciapiede.
“Il sabato passavi ore a giocare alla X-box con DJ e diventavi uno scaricatore di porto quando ogni santa volta, DJ ti stracciava ad ogni singolo gioco. Eri un campione solo a Pac-Man, ma ti ostinavi a perdere ogni volta contro Felicia solo per il gusto di vederla ridere. Ora, sono mesi che non li vedi, che non ci parli. Loro che erano come un fratello e una sorella per te.” Gli ricordava ancora Jared, avvicinandosi un poco alla poltrona da cui Jensen, ascoltava quasi impietrito le sue incoscienti colpe.
“Io pensavo che….io credevo di aver avuto una seconda possibilità….e pensavo di dover sfruttare meglio la mia vita!” disse senza troppa convinzione e molta più colpa.
“Jensen, la vita si vive. Non si sfrutta. Ed hai ragione , hai avuto una seconda opportunità, ma allontanare tutte le persone che ami da te, non è vivere. Allontanarti da me e allontanarmi da te, non è vivere.” gli fece presente, anche se tristemente, Jared. “Io ti amo, ma ….che Dio mi perdoni!!…non…non ce la faccio a …continuare così.” disse alla fine, mentre Jensen scattava in piedi a quella terribile premessa di un addio.
“Jared….no!” sussurrò.
“Io rivoglio il mio Jensen. Rivoglio le sue risate. Rivoglio quel bacio ad ogni mattina. Rivoglio la sua generosità. Rivoglio i suoi improperi mentre gioca e perde. Rivoglio quel sorriso che lo illuminava ogni volta che vedeva sorridere Felicia! Rivoglio il suo amore, quello di cui mi sono innamorato sei anni fa. Quello che mi ha fatto sospirare fino a pochi mesi fa, quello se sembra si sia perso tra i corridoi di quel dannato ospedale. Io….” Ma un doloroso nodo alla gola, gli impedì di continuare. “Mi dispiace!! Mi dispiace!! Io…io non ce la faccio!!” e scusandosi ancora, uscì quasi correndo dallo studio della Cross.
“Jared….Jared…” lo richiamò Jensen, anche se la Cross gli chiese con apprensione di non seguirlo. Che non era il momento giusto.

Jensen, non si spiegò come, ma obbedì e crollò di nuovo nella poltrona.

La dottoressa gli diede tempo di riprendersi un attimo. Di recuperare. Di assimilare le sensazioni e le emozioni. Di comprendere le parole del compagno appena fuggito. Di accettare quella nuova condizione.
“Come stai , Jensen?!” gli chiese andando a sedersi accanto a lui.
“Non bene.” Rispose appena Jensen fissando il vuoto.
“Cosa senti?!” chiese ancora.
“Dolore!” fu la risposta istintiva.
“Bene!” convenne quasi soddisfatta la Cross, sorridendo dolcemente allo sguardo perplesso del suo paziente. “E’ un punto di inizio.”
“Soffrire e provare dolore? Che cosa possono portare dei sentimenti simili?!” chiese incerto.
“Stai già soffrendo e provi già dolore. Da qui, puoi solo capire come stare meglio. Puoi andare solo avanti.” fu la semplice spiegazione della terapista che sembrò riaccendere quella fiamma viva che si era spenta in lui.

Jensen non vide Jared per giorni e passò ore intere a parlare con la Cross e la dottoressa vedeva Jensen cambiare sotto i suoi occhi.
Lentamente, seduta dopo seduta, vedeva approcciarsi a lei, quel Jensen tanto amorevolmente descritto da Jared.
L’ultimo giorno, il ragazzo  si presentò da lei con un mazzo di fiori. Era un tripudio di colori.
“Sono magnifici , Jensen, ma non ce ne era bisogno!” fece accettando comunque il floreale presente.
“Dottoressa Cross, io vivevo in un mondo colorato che stupidamente ho scolorito con una mia errata visione di quella “seconda opportunità”. Lei mi ha ridato la possibilità di riprendermi ogni colore. Lo sa?...” fece entusiasta il ragazzo. “Ieri mattina sono andato da Garth e poi da Felicia e ho chiesto loro scusa. Li ho pregati di prendermi a schiaffi se mi avessero visto di nuovo trasformarmi in Darth Vader….”
“Oh, andiamo!! Non era così terribile!!” scherzò la donna.
“Oh sì, che lo ero. Ho parlato con i miei amici, mi sono davvero reso conto della persona che stavo diventando credendo di diventare una persona migliore. Ho capito che il disagio che loro provavano , lo provavano perché io per primo era a sentirmi a disagio. E poi…poi stamattina sono andato da Frank. Ricorda? Il dipendente che ho licenziato. Ho chiesto scusa anche a lui. Gli ho assicurato che gli avrei pagato tutti gli stipendi non riscossi e mi sono fatto carico delle spese mediche della figlia che sta male.”
“Sul serio?!” chiese vedendo di fronte a lei , finalmente la persona che le era stata descritta prima dell’incidente.
“Sì, è stato un momento toccante. Lui ha pianto  e io nemmeno a dirlo, sembravo una donna in piena crisi ormonale da gravidanza!” esclamò facendo ridere entrambi.

Poi divenne serio e la Cross capì a chi , ora, i pensieri di Jensen, erano rivolti.
“Gli hai parlato?” ma Jensen fece cenno di “no” con la testa.
“Lo hai visto almeno?!” . Ancora  “no”.
“Che cosa ti frena?!” chiese.
“Ho paura!”
“Paura di che?”
Jensen sospirò e poi strinse forte le labbra, fino quasi a farle sbiancare.
“Che non mi voglia più. Che non si fidi di quello che gli potrei dire. Che non creda più in me. Ho paura di capire che è …”
“..finita?” concluse per lui la Cross.
“Già!” ammise amareggiato. “Risolvendo tutti i casini che ho fatto in questi mesi assurdi, ho l’impressione di…insomma che…lui ci sia. Vigliaccamente, se evito di affrontarlo, evito di sapere la verità.”
“Jensen, tu stai percorrendo un labirinto. In questo labirinto , per andare avanti, devi affrontare delle prove, che tu stai affrontando e vincendo. Ma, mio caro, vincere significa andare avanti e andare avanti significa arrivare alla fine. Arrivare alla fine significa…”
“Affrontare Jared!” convenne Jensen.
 
Qualche giorno dopo, Jared era nel suo ufficio, poco distante da quello di Jensen, che invece da giorni, era vuoto.
Sentì un magone bloccargli il respiro al pensiero che tutto fosse finito.
Sentì la mancanza di Jensen pesargli come un macigno sul cuore.
Sentì la colpa, per averlo trascinato a quella terapia di coppia che aveva aperto il loro vaso di Pandora tutto personale, gridargli stridula nella mente. “Dovevi tenere la bocca chiusa e tenertelo così com’era, grandissimo stupido romantico!!
 
Jared è atteso in sala riunioni. Ripeto, Jared è cortesemente atteso in sala riunioni!” fece un'altra voce che non era quella della sua colpa, ma quella di Felicia che lo avvisava che era richiesta la sua presenza.

Fece un respiro profondo che terminò con uno sbuffo quasi liberatorio. Abbassò lo schermo del computer, dopo aver guardato un ultima volta l’immagine del desktop che ritraeva lui e Jensen felici, e si avviò verso la sala riunioni.
Attraversando i corridoi non potè non notare i vari risolini delle persone che lo incrociavano, a cui lui sorrideva in ricambio, per cortesia, ma che sinceramente non capiva.
Poi quando , finalmente, arrivò alla porta della sala e vi entrò, capì il perché di quei comportamenti.

Al centro della sala c’era Jensen. Camicia e jeans. Niente cravatta, niente giacca, niente completo classico da dirigente aziendale. Solo lui, il ragazzo di cui si era perdutamente innamorato e che credeva di non vedere mai più. Deglutì , non sapendo cosa dire.
Jensen aveva tra le mani uno strano oggetto. Jared lo fissò e lo riconobbe. Era uno specchietto laterale di un automezzo.
“Ciao, Jared!” fece Jensen sorridendogli.
Jared avrebbe dovuto rispondergli, ma la prima cosa che gli uscì dalle labbra fu: “Che diavolo è quello?!”
Jensen abbassò lo sguardo verso l’oggetto tra le sue mani e sorrise. Si avvicinò di più al compagno che lo fissava perplesso.
“Questo è…” disse mostrandolo al giovane. “…lo specchietto dell’autobus che mi ha mandato al tappeto e che mi ha fatto diventare la brutta copia di me stesso!” asserì serio.

“Molto brutta!!” fecero le voci di DJ e Felicia, che insieme agli altri assistevano con trepidazione l’esito di quell’incontro.
“Già! Molto brutta!” convenne Jensen sorridendo ai due amici.

Jared guardò i tre e si sentì confuso. “Ok! Possiamo arrivare al punto di questa situazione assurda?!”
Jensen annuì, sereno. Come da tanto tempo, Jared, non lo vedeva essere. “Il punto di questa situazione assurda, come la chiami tu, è che sembra essere arrivato il momento di metterci finalmente la parola fine. Per il bene di tutti!” disse serio.
Jared sentì un brivido scorrergli lungo tutta la schiena. Che il momento, quel momento, fosse sfortunatamente arrivato?
“Che significa….cosa…cosa vuoi dire?!” balbettò incerto Jared. “Intendi…io…io e te?!” azzardò preoccupato.
“Decisamente intendo io e te, Jared!” rispose il maggiore , intuendo quello che stava passando furioso nella mente di quello che assolutamente doveva tornare ad essere la parte che completava il loro temporale. Lampo o tuono, era indifferente.
“Jensen, ma….”
“Aspetta!” lo fermò Jensen. “Spaccalo!” disse poi, porgendogli lo specchietto.
“Cosa?!” domandò stranito Jared.
“Rompilo!” insistette, mettendoglielo praticamente tra le mani.
“Ma…”
“Fallo a pezzi. Mandalo in frantumi. Fa a lui, ciò che lui ha fatto a noi!” disse alla fine, soddisfatto. “Questo pezzo di ferro e vetro è stato capace di distruggere quello che c’era tra noi. La vita che c’eravamo così duramente costruiti. Non posso…non possiamo permettergli di vincere, Jared. Io….” ma non fece in tempo a finire quello che stava per dire che Jared scagliò con forza verso il pavimento l’oggetto tra le sue mani.
 Il vetro andò in frantumi e per un attimo, solo un attimo, storditi tra il crepitio del vetro e il tonfo secco dell’acciaio, i due , si ritrovarono di nuovo su quel marciapiede sporco di sangue.
Uno a chiamare disperatamente aiuto, l’altro, inerme a terra senza la capacità di reagire nemmeno al dolore.

Poi, però, accadde qualcosa.
I due si guardarono negli occhi e improvvisamente si ritrovarono uno di fronte all’altro in quella sala riunioni. Jared era confuso, ma non disperato e Jensen?  Lui..lui stava bene e gli sorrideva.

“Wow!!” esclamò Jensen. “Sembrava che tu non aspettassi altro!!”

Jared lo guardò. Gli sorrise. Gli andò vicino. Ed era sereno, perché vedeva di fronte a lui, quegli occhi verdi che erano tornati a brillare. Vedeva di nuovo quel sorriso sincero. Vedeva gli amici intorno a loro, felici di rivedere entrambi. Vedeva di nuovo il suo Jensen.
I due , ora, erano vicini. Molto vicini. Non riuscivano a smettere di guardarsi. Di sorridersi.
 
“Ok! Bella gente!!” esclamò Felicia poco distante da loro. “Spettacolo finito. Ognuno al proprio posto di combattimento! Forza, tutti fuori di qui!! Questa sta per diventare una riunione privata.” disse con malizioso entusiasmo , tirandosi dietro anche DJ.
 
Quando furono soli, Jensen prese le mani di Jared e le strinse tra le sue, dolcemente.
Jared chiuse gli occhi, beandosi di quel semplice tocco. Da quanto tempo, Jensen non gli prendeva le mani in quel modo.
“E adesso?!” chiese in un sussurro, il giovane.
“Adesso, se tu mi vuoi ancora, ci riprendiamo la nostra vita esattamente così com’era, prima dell’incidente.” Fu la risposta semplice di Jensen.
“E se tu dovessi tornare a ..”
“Fare lo stronzo?!” concluse per lui Jensen sorridendo ad un Jared che timoroso , annuiva. “Tranquillo!, ho già avvisato DJ e Felicia che se dovessi prendere di nuovo una brutta piega , hanno il mio permesso di suonarmele di santa ragione. Riguardo a te…”
“Riguardo a me?!” fece curioso.
Jensen sospirò e le mani che prima stringevano le mani di Jared, dolcemente andarono ad incorniciargli il viso.
“Amami. Amami come hai sempre detto di amarmi. E io tornerò ad amarti come ti ho sempre amato. Voglio baciarti di nuovo ogni mattina e voglio fare l’amore con te con o senza temporale.” disse sorridendogli sereno. “Voglio starti di nuovo vicino come quando ti lamentavi di essere la tua ombra. Voglio tornare a vivere , vivendo di te, amore mio. Ti prego, perdonami se io…..”

Un bacio!

Un bacio quasi disperato mise fine alle accorate richieste di Jensen. Jared si era sporto verso di lui. Non resistette. Quelle parole erano le parole più belle che avesse sentito da mesi.
Le uniche che voleva sentire, anzi, risentire e poi Jensen gli era mancato troppo. Gli mancava da mesi e mesi e riaverlo di nuovo, era qualcosa che non poteva aspettare ancora.
Le loro labbra si ritrovarono in una dolce danza fatta di tocchi languidi e stuzzicanti morsi. I loro respiri tornarono a far respirare entrambi della stessa vita. Le mani che si stringevano sul viso del giovane e sui fianchi del maggiore, impedivano ad entrambi di allontanarsi troppo o troppo presto.
Si sentivano incapaci di allontanarsi. Volevano entrambi che quel bacio dolcissimo e delicato, durasse all’infinito.

Poi , quando , anche se controvoglia, si separarono, rimasero fronte contro fronte. Pensiero contro pensiero. Anima vicino anima.
“Ti ho ritrovato!” sussurrò Jared.
“Sì, amore mio. E solo tu potevi farlo. Ricordi?” disse anche lui sottovoce, dolcemente. “Lampo e tuono. Non possiamo esistere, se non insieme!”



 

Amore mio 
ma come ho fatto a restare in silenzio di fronte a te 
non ti mai detto le cose che ho dentro. 
Perdonami, capiscimi”

(Dolore e forza, B. Antonacci) 
 
 

N.d.A.: Lo so! Ho ripescato la cara Dott.ssa Cross. Ma dato che già in Terapia d'urto ha fatto miracoli per i nostri tormentati J2, pensavo che anche questa volta potesse essere di aiuto.
E poi, era quella che costava meno!!
Baci, Cin!

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Capitolo 14
*** Il fuggitivo. -prima parte- ***


IL FUGGITIVO
- PRIMA PARTE -



Jensen stava finendo di riordinare il suo ambulatorio.
Era stata una giornata più o meno tranquilla  e i suoi ospiti animali, nel vero senso della parola, dato che il ragazzo era un veterinario, erano stati davvero disciplinati. Perfino l’isterico chihuaua che si era rotto una zampina per rincorrere un gatto randagio, sembrava stranamente calmo quel pomeriggio.
Aveva appena sistemato le gabbie e lasciato da mangiare e da bere quel tanto che serviva per la notte ed era ormai pronto a spegnere tutto, quando si ricordò di non aver chiuso a chiave la porta sul retro.
Era meglio rimediare, dato che avrebbe dovuto passare la notte sul divano nell’ufficio del suo ambulatorio a causa del cane pastore che aveva operato quella mattina. L’animale stava più che bene, ma lui voleva essere sicuro che anche durante la  notte tutto filasse liscio.
 
Attraversò il piccolo magazzino scorte e si accorse che la porta era socchiusa. Non doveva essere socchiusa.
Si guardò un attimo intorno. Guardò sommariamente tra gli scaffali paralleli tra loro. Aprì la porta e uscì appena nel vicolo. Non c’era nessuno. Rientrò e quando stava per richiudere, qualcosa di freddo e cilindrico gli premette alla tempia.
 
“Non fare sciocchezze o giuro che ti sparo!!” fu il minaccioso avvertimento.
 
Il medico deglutì a vuoto, dopo aver costretto il suo cervello a riprendersi e a rimanere concentrato.
“Senti…questo …questo è un ambulatorio veterinario..” cercò di spiegare mantenendo la calma. “Se credi che ci sia un tesoro nascosto in cassaforte, caschi male , amico!”
“Non cerco tesori e non voglio soldi. Ho solo bisogno che si calmino le acque lì fuori!” rispose il ragazzo ancora nascosto dall’ombra della stanza.
Jensen lo guardò di sghembo, per quanto poteva e rimase sorpreso da quell’affermazione.

Quando all’improvviso sentì chiamarsi dalla reception, nella sala di ingresso dell’ambulatorio.
 
Jensen sobbalzò , temendo una reazione da parte dello sconosciuto, che di istinto gli premette la canna alla testa.
“Sscch!!!” sibilò l’estraneo. “Non una parola. Andrà via!” fece.
“No. Non lo farà. È un mio amico e conosce i miei orari!” disse, preoccupato che da un momento all’altro potesse scoppiare l’inferno. “Non voglio guai nel mio ambulatorio, tra i miei animali. Non mi interessa chi sei e cosa vuoi. Voglio solo che tu vada via.” Fece deciso.
“E’ quello che voglio anche io!” replicò l’altro cercando di controllare la sua voce e il suo affanno.
“Ok!, allora ascolta. Il tipo là fuori è un poliziotto e…”
“Cosa??!” fece sibilando frustrato, tra i denti, la sua apprensione.
“…e se non vado fuori o almeno gli rispondo, verrà di qua e addio alla tua fuga per la vittoria!”

Il ragazzo sembrò tentennare. Jensen lo vedeva spostare lo sguardo da lui, allo spiraglio di visuale sull’altra stanza e poi ancora su di lui.

“Ok! Va’ da lui. Ma tieni presente che da qui ho un ottima visuale. Niente scherzi. Niente parole in codice o che so io. Niente allusioni o inizio a sparare. Intesi?!”
“Sei tu quello con la pistola!” argomentò Jensen.

Il veterinario si ricompose immediatamente e si preparò ad andare verso l’amico.
“Tenente Collins, che ci fai qui?? Quell’orso del tuo capitano ha bisogno di me?! O magari la iena della tua collega??” scherzò, come faceva sempre, sui tanti appellativi che Misha stesso aveva affibbiato a qualcuno dei suoi colleghi e superiori.
“No, Jensen. Niente scherzi. Ascoltami!” fece serio, l’altro.
Jensen mutò immediatamente. Misha era davvero serio. “Che c’è amico?!” chiese mostrando preoccupazione. Infondo anche se doveva fingere era davvero preoccupato.
“Dalle stanze di sicurezza del Tribunale , qualche ora fa è scappato un uomo accusato di omicidio. E’ stato avvistato da queste parti e stiamo perlustrando la zona, quindi….” fece continuando a guardare fuori e tutto intorno.
“Ok!! Se vedo qualcosa di strano ti avviso!” rispose senza pensarci.
“Cosa??” esclamò allarmato Misha. “Io voglio che tu chiuda tutto e te ne vada a casa immediatamente. Quel tipo è pericoloso e furbo tanto da sfuggire a tre dei nostri. Quindi, fin quando non è tutto al sicuro, ti voglio lontano da questa zona, intesi?” sembrò ordinare. “Dove hai parcheggiato?!” chiese poi.
“Nel vicolo. All’ingresso sul retro. Come sempre!” rispose Jensen, guardando appena verso l’altra stanza, sapendo che dall’altra parte, qualcuno guardava loro.
“D’accordo. Spegni tutto e vattene a casa. La Gang del bosco, per stasera dovrà cavarsela da sola!” fece ironizzando sugli animali che Jensen avrebbe dovuto lasciare per la notte.
“Misha, ma io ho dei…” provò a replicare.
“Senti, lo so che loro per te sono pazienti come una persona lo può essere per un chirurgo, ma per favore, fa’ come dico.” insistette il poliziotto. “Per favore, amico!”.
Jensen pensò che Misha non era di certo uno che si faceva prendere dal panico o che magari esagerasse quando la cosa era più che rimediabile. Quindi , data la situazione, evitò di replicare.
“Che ha fatto?...dico, il tipo che è scappato!?” si ritrovò a chiedere sapendo che stava rischiando parecchio.
“Ha ucciso il suo compagno, sparandogli alla testa. Forse un omicidio passionale!” rivelò l’ufficiale.
“Sul serio?”
“Già!!” fece pensieroso e Jensen notò quello che sembrava essere un tentennamento.
“Ma non mi sembri…come dire….convinto!” azzardò allora.
Misha lo fissò.

Conosceva Jensen da oltre dieci anni. Dai tempi del liceo.
Poi lui era entrato in accademia e l’amico aveva frequentato l’università per seguire la sua indole da “dott. Dolittle” come la chiamava lui.  Si conoscevano bene. Migliori amici, in verità. E Jensen riusciva sempre a capire quando c’era qualcosa che non lo convinceva o magari c’era qualcosa su cui c’avrebbe messo la mano sul fuoco.
Beh!! anche questa volta Jensen aveva fatto centro e Misha, sulla risoluzione di quel caso, di certo , la mano sul fuoco non ce l’avrebbe messa.

“Non lo so, amico. Questo tizio è accusato di un omicidio cruento , portato a termine a sangue freddo. Ma allora perché dopo essere riuscito a sottrarre la pistola d’ordinanza al suo agente di custodia, non gli ha sparato? Perché quando è scappato e ha avuto l’opportunità di far fuori altri due poliziotti, ha preferito andare per tetti?
E poi…e poi la cosa più strana. Il poliziotto che lo ha seguito giù per la scala antincendio è scivolato ed è caduto malamente. La caduta gli ha provocato un taglio profondo alla gamba.”
“E…allora?!” chiese curioso, Jensen, sapendo di star tirando la corda.
“Lo abbiamo trovato con la gamba bendata alla meglio peggio e il poliziotto dice che non è stato lui a fasciarsi la gamba anche se non sa dirci chi è stato, perché è svenuto subito dopo la caduta!” confessò Misha.
“Ha soccorso il poliziotto prima di darsi alla fuga?!” chiese perplesso e sorpreso Jensen.
Misha fece un leggero cenno del capo come se non volesse né annuire né negare quello che era o meno  successo. “Comunque!!!” fece poi, riprendendo in mano la conversazione. “Fa’ come ti ho detto. Chiudi tutto e vattene a casa. Ci sentiamo domani, ok!?” e andò via.
“Ok!” bisbigliò Jensen restando dov’era fin quando non vide Misha uscire. Gli andò dietro e chiuse la porta di ingresso a chiave.
 
Con sensazioni e timori che non riusciva a decifrare, andò verso il magazzino dove sapeva esserci il suo inatteso ospite, ma quando entrò, si trovò davanti un immagine ben diversa da quella che si sarebbe aspettato.
Il giovane era riverso a terra, svenuto. Un braccio abbandonato dietro la schiena e l’altro, la cui mano stringeva la pistola, rilassato davanti allo stomaco.
Vista la posizione,  evidentemente , il ragazzo si era lasciato scivolare contro il muro e poi lentamente si era accasciato, privo di sensi.
 Ma perché, poi?
Accese la luce e capì. Era ferito. Il suo aggressore era ferito ad una gamba che sanguinava vistosamente.

A quel punto, una persona saggia, avrebbe preso il telefono e chiamato la polizia, non prima di aver chiuso un simile soggetto all’interno del magazzino così da impedirgli qualsiasi fuga.
Sì, questo andava fatto!
E allora perché, invece, la prima cosa che venne in mente a Jensen, fu quella di soccorrerlo?
Gli andò vicino. Gli tolse la pistola riponendola in un cassetto dell’archivio alle sue spalle. Controllò la ferita che risultò essere una ferità da arma da fuoco.

Questo Misha però non glielo aveva detto!!!!! Evidentemente uno dei suoi poliziotti non aveva riservato al ragazzo la pietà che lui aveva riservato loro.

Guardò il suo inaspettato e inusuale paziente. I capelli sudati e spettinati ricadevano sul viso contratto dall’evidente dolore che la ferita gli doveva causare. Ma nonostante tutto sembravano lineamenti gentili e dolci. Le labbra sottili si muovevano appena , così, come era impercettibile il suo respiro.
Non sembrava un assassino a sangue freddo. Ma infondo era la stessa cosa che dicevano Ted Bundy.
Comunque si lasciò guidare dal suo primo istinto e pensò che se quel ragazzo lo voleva davvero morto, di occasioni per farlo, ne aveva avute. Invece lui era ancora vivo e vegeto.
 
Prese tutto il necessario per le suture, per disinfettare e bendare. Ripose tutto nella sua borsa, pistola compresa, e la mise in macchina.
Poi tornò nel magazzino e dopo aver controllato che nei dintorni e che nel vicolo non ci fosse nessuno, si caricò a spalle lo svenuto e lo adagiò sui sedili posteriori della sua macchina. Ci buttò sopra una coperta così da nasconderlo e dopo aver rimesso in ordine il magazzino e ripulito la macchia di sangue sul pavimento, chiuse gli occhi, sospirò affondo e andò via, sperando che quella sera , il destino non lo mettesse alla prova più di quanto stesse già facendo.
 


Quando riaprì gli occhi, Jared , si rese conto di essere sdraiato in un letto. In una stanza che non aveva niente a che fare con il pavimento sui cui si era reso conto star scivolando mentre osservava il suo sedicente ostaggio e il poliziotto con cui stava parlando.
Senza pensarci, provò a tirarsi su, ma una fitta lancinante alla coscia sinistra, lo fece gemere sonoramente. Il dolore lo costrinse a sbattere, letteralmente, la testa di nuovo sul cuscino.
In quel mentre, Jensen, fece capolino nella stanza.
“Sei sveglio!?” constatò forse sorpreso. “Il calmante che ti ho dato pensavo che ti avrebbe tenuto ko per almeno un'altra ora!” disse come se quella situazione fosse normale.
Jared non disse niente. Osservò con diffidenza lo sconosciuto. Poi spostò lo sguardo sul vistoso bendaggio che aveva alla coscia e guardò di nuovo il veterinario.
“Sì. Sono stato io. Stavi perdendo molto sangue. Sai!? Capita quando ti sparano mentre fuggi.” Ironizzò Jensen avvicinandosi solo di un po’ al suo ospite. “Quelli sono un paio di jeans puliti. Dovrebbero andarti bene!”
Jared stringendo i denti così da poter sopportare il dolore, si costrinse a mettersi seduto, anche se la fitta che sentiva pulsargli nella gamba gli impediva di sedersi dritto. Afferrò lentamente il paio di pantaloni e piano provò ad infilarli.
“Dove sono?!” chiese con un filo di voce, mentre finiva di sistemarsi.
“A casa mia!” fu la risposta semplice.
Il giovane si guardò ancora in giro come se stesse cercando qualcosa e poi sulla scrivania poco distante da lui e dal letto su cui era seduto, la vide.
La pistola.
La guardò. La fissò.
Sembrava quasi come se volesse che la pistola lo raggiungesse con la sola forza del pensiero. Ma quello che Jensen gli disse, lo sorprese, più del fatto che quel tipo gli avesse messo l’arma ad un solo passo.

“Sì. E’ quella che mi hai puntato alla testa. Se vuoi, puoi riprendertela. Io di certo non mi opporrò!” suggerì stranamente.
“Scommetto che la polizia sta già arrivando, così io prendo la pistola, loro fanno irruzione e mi piantano una pallottola in fronte perché penseranno che sto per farti fuori come credono abbia fatto già con Matt.” Disse tutto di un fiato, anche se Jensen non potè non notare la forte amarezza che , specie nelle ultime frasi, il tono di voce, del ragazzo, aveva assunto.
“Niente telefonata. Niente polizia. Niente assalto delle forze speciali. Lo avrei fatto al mio ambulatorio, non credi? Ma sei libero di andartene e di sistemare le tue cose come meglio credi!” fece Jensen mostrandogli la porta di ingresso.
“Perché?!” chiese sinceramente stupito Jared.
“Perché, cosa?!”
“Perché stai facendo questo? Tu…tu potevi consegnarmi al tuo amico poliziotto e fare anche la parte dell’eroe cittadino. Invece mi porti a casa tua, mi curi e a quanto pare mi permetteresti perfino di scappare indisturbato!!” spiegò davvero incredulo.
Jensen gli si avvicinò, poi andò verso la scrivania  e prese la pistola e tornò verso di lui. Gli porse l’arma, ma rimase perplesso quando vide che il giovane non la prese.
“Lo faccio perché a quanto pare non tutti nella polizia sono convinti della tua colpevolezza.  Perché, a quanto pare, potevi far fuori tre poliziotti e non lo hai fatto, preferendo andare per tetti e scale. Lo faccio perché a quanto pare hai preferito rischiare di essere preso piuttosto che lasciare che uno dei poliziotti che ti ha sparato, morisse dissanguato.  Lo faccio perché oggi pomeriggio avresti potuto uccidermi tranquillamente e non lo hai fatto!” spiegò porgendo ancora la pistola.
Pistola che ancora fu ignorata.
Jared abbassò lo sguardo come un bambino che è stato scoperto dopo aver commesso una marachella.
Jensen gli porse l’arma. Ancora. Insistendo.
Alla fine Jared scosse il capo in segno di diniego.

“Odio le pistole!” confessò , in imbarazzo.

Ma lo disse con un tono talmente di ribrezzo che non poteva essere una menzogna.  A Jensen sembrò quasi come se avesse tremato nel dirlo.
“E allora come hai fatto a sparare al tuo compagno a sangue freddo e alla testa per giunta!?” domandò all’improvviso.
“IO NON HO UCCISO MATT!!” quasi urlò esasperato.
Chissà quante volte gli avevano chiesto in quelle ore!!
Poi, Jensen lo vide mettersi le mani tra i capelli e lo sentì ripetere sommessamente “Io non ho ucciso Matt…Io non ho ucciso Matt…Io non ho ucciso Matt…”, e allora dopo aver riposto in un cassetto la pistola, andò a sedersi accanto al ragazzo.
“Il mio nome è Jensen. Vorrei aiutarti perché…..che Dio mi aiuti davvero non lo so, ma credo che tu sia innocente.” fece mettendogli una mano sulla spalla in segno di conforto.
Il giovane girò appena lo sguardo su di lui e senza spiegarsi come, capì che poteva fidarsi.

Tanto che aveva da perdere??!!

“Il mio nome è Jared.” Disse sottovoce.
“Ok, Jared. Vuoi dirmi che cosa è successo?!” domandò.
“E’ questo il problema!!!” rispose esasperato l’altro.
“In che senso?!”
“Io non lo so.  Non lo so!!” ripetè con più enfasi.
“Spiegati. Avanti.” Lo incoraggiò il biondo.
“Io sono un tecnico informatico. Circa un mese fa una compagnia mi ha contattato per propormi di soprassedere ad un corso di aggiornamento dei suoi impiegati. Sono tornato una settimana fa e quando sono andato all’appartamento…”
“Quello che dividevi con il tuo compagno?!” chiese innocentemente.
“Nooo!” si esasperò decisamente. “Matt e io non stavamo insieme. Lui non era il mio compagno!!” si giustificò.
“Ohw!!! Scusa!” disse imbarazzato Jensen. “Mi sembrava di aver capito che tu fossi…”
“E lo sono. Sono gay, ok?!” ammise quasi seccato.
“Non scaldarti troppo. Sto solo cercando di capire e poi….se la cosa può aiutarti a fidarti di me, siamo nella stessa barca in fatto di gusti!” ironizzò.
Jared lo guardò stupito e non seppe cosa dire. In un'altra occasione, in un'altra situazione, in un altro universo in cui lui non era un ricercato per omicidio, sapendo che quel ragazzo era gay, si sarebbe dannato l’anima pur di uscirci insieme, ma ora….
 
“Allora, vuoi spiegarmi?!” si frappose la voce di Jensen tra i suoi pensieri.
 
“Io e Matt siamo….” e poi a malincuore, si corresse.  “…eravamo amici da anni. All’inizio ci siamo anche frequentati per un po’, ma poi abbiamo capito che non eravamo fatti per stare insieme. L’averlo capito ci ha permesso di rimanere amici. Decidemmo di prendere un appartamento insieme , per dividerci le spese. Niente altro.” Confessò.
“Che è successo mentre eri via?!” domandò quasi dolcemente Jensen.
“Due settimane dopo che andai via , lo chiamai e lui mi disse che aveva conosciuto uno. Che questo tipo sembrava essere quello giusto…sai?, cose che si dicono ai primi appuntamenti perciò non ci feci caso più di tanto. Ma poi…” e per un attimo rimase in silenzio come se stesse rivivendo tutto.
“Poi, cosa?!” domandò Jensen.
“Una settimana dopo, lo richiamai e lui…sembrava diverso. Triste…nervoso….” Confessò.
“Gli hai chiesto che cosa avesse?!”
“Certo e lui mi confessò che il ragazzo con cui usciva si era come trasformato in un'altra persona. Lo chiamava in continuazione con un numero anonimo, se lo ritrovava inaspettatamente davanti al suo ufficio o magari davanti casa anche quando non dovevano vedersi. Insomma quei gesti che all’inizio potevano sembrare romantici, sembrava si stessero tramutando in una sorta di …ossessione!” azzardò la parola.
“Matt ha provato a parlargli?!” chiese ancora.
“Quando qualche giorno fa tornai a casa, non sembrava nemmeno lo stesso Matt che conoscevo. Chiudeva la porta a chiave, notte e giorno. Guardava spesso dalla finestra come per controllare la strada. Sussultava ad ogni squillo di telefonino. Gli dissi che non poteva continuare così. Che doveva sistemare le cose , che se serviva doveva andare alla polizia. Ma lui non voleva, era spaventato. Mi confessò che alcuni giorni prima quando aveva provato a parlargli, il ragazzo aveva reagito in maniera violenta. Lo aveva preso a schiaffi e aveva gettato all’aria metà soggiorno di casa.”
“Che bastardo!!” si ritrovò ad affermare Jensen. “Tu lo conosci, lo hai mai visto?!”
“No. Purtroppo no. E Matt non mi ha mai detto il suo nome. Mi disse che voleva fare le presentazioni per bene, quando fossi tornato a casa…..oddio, Matt!” esclamò poi, ripensando a quanto l’amico doveva aver sofferto e al fatto che lui non era stato capace di difenderlo.
“Come ti sei trovato invischiato in tutto questo? Perché la polizia ti ha arrestato?!” chiese Jensen.
“Il giorno in cui Matt è stato ucciso io non ero in casa. La mattina dovevo consegnare i tabulati e i resoconti della mia trasferta. Gli promisi che sarei tornato per ora di pranzo così da fargli compagnia. Era circa l’una quando rientrai e …” deglutì sconforto, orrore, e forse ancora l’odore del sangue rappreso. “…non appena misi piede in casa capii che c’era qualcosa di strano. Uno strano odore. Uno strano silenzio. Chiamai Matt ma non mi rispose. Andai verso il soggiorno e fu allora che lo vidi.”
“Vedesti chi?!” chiese Jensen con l’ansia di chi sta per scoprire l’assassino.
“Vidi Matt, riverso a terra. La sua testa in una pozza di sangue. Schizzi del suo sangue e del suo cervello macchiavano la parete vicina….Mio Dio!!! non potrò mai dimenticarlo!!” quasi piagnucolò. “Gli sono andato vicino. L’ho appena sfiorato nella vana speranza che si muovesse o respirasse. Ma niente. I suoi occhi erano aperti, privi di vita. Inespressivi. Mi accorsi di essermi sporcato le mani di sangue quando lo avevo toccato e istintivamente mi ritrassi. Per quanto mi sentissi scioccato e spaesato e terrorizzato, io…io sapevo quello che dovevo fare: non toccare niente. Chiamare la polizia. Aspettare il loro arrivo e soprattutto evitare di vomitare sul luogo del delitto.”
“Perché non lo hai fatto, allora?!” domandò perplesso Jensen.
“Perché un attimo dopo che mi allontanai appena dal corpo di Matt, non capii più nulla!” confessò.
“Sei ……svenuto?!” 
“No. O meglio sì, ma solo perché qualcuno mi ha colpito alle spalle mettendomi ko. Prima di chiudere gli occhi ricordo solo di aver visto delle parole che mi passavano davanti agli occhi. Mi sentii muovere e anche se inconsciamente credo di aver reagito. Sono certo di essermi aggrappato a qualcosa , di aver graffiato qualcosa. Ma poi….”
“Parole?!” fece stranito Jensen.
Jared sembrò concentrarsi   per ricordare quelle parole.  “Timebo…mala….mecum…” ma poi ci rinunciò, sconfortato, perché non ricordava altro.
Non timebo mala, quotiam tu mecum es.” suggerì Jensen.
“Sì!” esclamò forse felice Jared.
Non temerò la morte, poiché tu sei con me.” recitò l’altro. “E’ un verso della Bibbia, dai Salmi! Fa' parte del brano che di solito si legge ai funerali.” spiegò Jensen. “Poi, che è successo?!”
“Quando ho ripreso i sensi ho fatto solo in tempo a vedere l’irruzione della polizia nell’appartamento. Ero ancora confuso e stordito dal colpo ricevuto mentre i poliziotti mi sfilavano dalle mani la pistola e mi ammanettavano e un terzo mi leggeva i miei diritti.” spiegò rassegnato.
“Hai detto tutto questo alla polizia?”
“Credi che non lo abbia fatto? Andiamo!!!” esclamò sarcastico. “Ma sai a volte come sono fatti gli sbirri, no? Hanno un cadavere, un uomo in stato confusionario sporco di sangue. Armato. Aggiungici il particolare che chiunque mi ha colpito sapeva come non lasciare segni e poi l’effetto scabroso che i due sono gay e vivevano insieme ed ecco il caso di omicidio passionale della settimana!”
Jensen abbozzò appena, perché  a volte era quello che succedeva, ma si rifiutava di far di tutta l’erba un fascio.
“Non tutti sono così, Jared!” lo ammonì con calma.
“Già!!! il tuo amico poliziotto!” replicò ironico.
“Sì! Il mio amico poliziotto!” fece piccato.

Jared poteva ironizzare su tutto e tutti e Jensen glielo avrebbe concesso data la sua situazione, ma Misha….beh!, Misha era intoccabile.
La lealtà e l’etica professionale dell’amico erano indiscusse e nessuno doveva permettersi di metterle in discussione. 

“Se tu non mi fossi collassato privo di sensi nel magazzino, lo avresti sentito dire che non è per niente convinto della tua colpevolezza e che si guarderà per bene in giro prima di chiudere il caso.” Disse con ferma convinzione.
Jared , dopo aver ascoltato quella specie di sfogo, si sentì confuso.

Che doveva fare?
Andare? Restare?
Fuggire? Consegnarsi alla polizia?



N.d.A.: Lo so, avete ragione!!! Ma proprio non ce l'ho fatta a non dividere questa Slice. Troppo lunga da postare per intera, così.....
Ma non temete ( e molti di voi staranno dicendo: No , tranquilla!! chissene....) e avreste ragione.

Comunque , la seconda parte è in fase di correzione, quindi abbiate solo un po' di pazienza. PLEASE!!!!!

A presto.
Baci, Cin!!!!

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Capitolo 15
*** Il fuggitivo. - seconda parte - ***


IL FUGGITIVO. SECONDA PARTE

Ancora una volta, fu la voce di Jensen a riportarlo alla realtà.

“Lasciami chiamare Misha!”
“No!!” rispose di istinto.
“Spiegagli quello che è successo!”
“No!! Non servirebbe!” era davvero combattuto.
“Fidati di lui come ti sei fidato di me!!!” insisteva Jensen.
“Tu …tu non sei….” Balbettò confuso.
“Non sono un poliziotto, ma niente poteva impedirmi di chiamare la polizia. Porca miseria, Jared!!! Si vede lontano un miglio che sei innocente ma paradossalmente hai tutto contro di te e credimi….credimi, se c’è qualcuno che può aiutarti, quello è Misha!” provò a convincerlo con tutto le sue forze.
Quella conversazione andò avanti per un po’ fin quando Jared convinto o forse solo stanco e rassegnato, si lasciò persuadere del tutto da quel suo provvidenziale quanto inaspettato “complice”.
 
Misha era ancora in giro con il suo collega quando ricevette la telefonata strana di Jensen.
“Ehi, Jensen?!”
“….”
“No, non ho staccato. Siamo ancora in perlustrazione. Problemi? Sei a casa?!” volle assicurarsi.
“…”
“Cosa? Amico , non posso adesso!!”
“…”
“E’ davvero così urgente, Jensen?!”
“…”
“Ok! Tranquillo, va bene!” lo assecondò tranquillizzandolo. “Dammi mezz’ora. Devo recuperare la mia macchina e ti raggiungo a casa tua!” e mise giù.
“Problemi?!” fece il suo giovane collega.
“Non lo so. Ma ascolta potresti coprirmi? Devo capire che succede!”  fece, mentre insieme, raggiungevano la sua auto.
“Tranquillo, se mi chiedono di te, dirò che stai perlustrando un'altra zona!” lo assicurò l’altro.
“Magnifico. Grazie. Ti devo un favore, Milligan.” Disse mentre metteva in moto la sua macchina.
Mentre cercava di mettere in moto la sua macchina!!
“Catorcio infernale!!” imprecò. “Non adesso!! Non puoi abbandonarmi adesso!!!” disse battendo furioso le mani sul volante.
“Ok! I favori diventano due. Scendi!!” esclamò il giovane. “Ti ci accompagno io dal tuo amico!” e si avviarono.
 
Quando Misha bussò alla porta dell’appartamento di Jensen, l’amico gli andò ad aprire immediatamente.
“Vieni dentro!” esclamò Jensen afferrandolo per la manica della giacca e tirandolo all’interno dell’appartamento.
“Wow!!!! Ma che diavolo ti prende??!!” esclamò Misha, che ora, oltre ad essere confuso era anche decisamente curioso. “Mi dici che è successo?!”
“Sei solo?!” chiese stranamente , Jensen.
Misha lo guardò strano , non capendo il perché di quella domanda.
“La mia macchina non è partita. Mi ha accompagnato il mio collega ma è andato via.” disse solo perché sembrava che Jensen aspettasse con ansia una risposta.
“Promettimi che non darai di matto!” sembrò volersi assicurare Jensen.
“ Sai che dirmi così peggiora la situazione, vero?”
“Promettimi che ti comporterai  da quel poliziotto onesto e privo di pregiudizi quale sei!” continuò il ragazzo.
“Ok! Basta così, Jensen. Che cazzo hai combinato?!” e questa volta era serio.
Jensen fece un respiro profondo e poi si fece poco da parte. In quel momento Jared entrò nella soggiorno dove i due stavano parlando.
“Ma che…..” esclamò sconvolto, prima di reagire.
Fu un attimo e l’istinto da poliziotto di Misha prese il sopravvento.
 
Assassino.
Sospettato in fuga.
Jensen.
Amico.
Pericolo.
Assassino.
Sospettato in fuga.
Pericolo.
Pistola.
Scarrellare.  Via la sicura. Puntare.
 
Un attimo e Jared si ritrovò con la pistola di Misha puntata contro.
 
Ma quello che stonava in quella scena era che Jensen , vedendo Misha reagire così istintivamente, si era messo tra l’amico e Jared.
“Jensen levati di mezzo. Che cazzo fai??!!” urlò contro l’amico che gli copriva la visuale sul fuggitivo.
“Metti giù la pistola, Misha. Mettila giù ti prego. Non serve, credimi. Non serve!!”continuava a dire Jensen, restando nella sua posizione e spostandosi man mano che anche Misha si spostava per aggiustare la visuale.
“Ma che cosa dici, Jensen?? Spostati. Non sai quello che stai facendo!!” cercava di fargli capire il poliziotto.
“No!! Sei tu quello che sta facendo un errore.” esclamò convinto e poi lasciando completamente basito l’amico, continuò. “E’ innocente. Devi credermi. Jared è innocente!”
“Jared?? Siamo al “Jared”? sul serio????” fece furioso. “Hai idea del casino in cui ti sei ficcato, grandissimo incosciente!” lo rimproverò continuando a puntare la pistola. “Hai idea di quanti reati stai commettendo tenendo un fuggitivo in casa tua. Un uomo accusato di omicidio di primo grado??! Porca miseria!!! Lo hai…lo hai perfino medicato!!!” sembrava volerlo far ragionare.
“Andiamo!!! Smettila. Tu sei il primo che non sei convinto della sua colpevolezza. Ammettilo!!!” lo provocò Jensen.
“Sono solo mie impressioni.  Ma  per cambiare tutta la situazione ci vogliono prove  e devono essere prove talmente solide da poterci costruire sopra un castello di cemento e non di carta.”affermò forse con un pizzico di amarezza Misha.
“Ok! Magari non ci sono prove. Magari mi sbaglio e lui  mi ha preso in giro fino ad adesso. Ma per favore…per favore tu…tu ascoltalo e se quello che ti dirà non ti convincerà nemmeno un po’, allora, lo porterai in centrale e verrò anche io, d’accordo?!” propose Jensen, ma la reazione di Jared , sorprese il poliziotto. Decisamente.
“Cosa?...no!!!, non erano questi i patti, Jensen. Ti ho detto che avrei accettato solo se tu ne fossi rimasto fuori. Non permetterò che tu finisca nei guai. Non voglio!!” contestò deciso il giovane accusato.

Misha assistette interdetto a quello scambio. Ma che stava succedendo?
Jensen sembrava così sicuro dell’innocenza di quello che per lui era comunque uno sconosciuto e Jared, beh!!, quale assassino si preoccupa che un suo complice possa avere guai con la legge?
Qualcosa non quadrava!
“Ok! Basta! Finitela!!” disse intromettendosi in quell’alterco. “Tutti e due!!!!!” gridò ai due che continuavano nel loro battibecco, ma che tacquero immediatamente all’ordine di Misha.
Il poliziotto li fissò. Entrambi. Poi fece un respiro profondo come se avesse messo ordine in quello che andava fatto.
“Allora facciamo le cose con ordine!” dispose inflessibile. “Prima cosa: la pistola. Quella che hai sottratto alla guardia di sicurezza! Dov’è?” fece guardando Jared anche se fu Jensen a rispondere.
“Il cassetto accanto a te.” e il poliziotto l’aprì. Ci guardò dentro, osservò l’arma deposta, poi la prese e se la infilò dietro la schiena, incastrandola nella cinta dei pantaloni e la giacca. “Tu…” disse severo rivolto a Jensen. “Siediti sul divano. Non muoverti e bocca cucita, chiaro?!” e Jensen non potè che obbedire.
Poi Misha , spostò lo sguardo sull’altro. “Tu….dimmi tutto quello che hai da dire. Ma ti avverto…” fece quasi minaccioso. “…se mi accorgo che mi stai prendendo per il culo, ti sbatto io stesso in cella e butto via la chiave!” e anche l’altro non osò replicare nulla. “Forza! Parla!” ordinò.

Jared allora disse tutto. Ogni cosa che aveva detto a Jensen. La ripetè a Misha che lo ascoltava con attenzione e anche se il poliziotto non lo ammetteva a voce alta, doveva concedere alla storia la sua verità e la coerenza dei particolari.  Jared andava avanti e indietro nell’appartamento mentre ripercorreva passo dopo passo l’evolversi di quell’incubo in cui non sapeva nemmeno come ci era finito.
Quando finì il suo racconto, il giovane si fermò a guardare il poliziotto che sembrava stesse ancora esaminando tutto ciò che aveva sentito.
“Cazzo!” fu la prima espressione che esplicitò la situazione in cui si trovava l’ufficiale di polizia.
“E’ innocente , Misha. E tu devi aiutarlo!” sembrò quasi ordinare l’amico.
Misha guardò Jensen, poi guardò di nuovo Jared. Guardò i suoi occhi.
Maledetti specchi dell’anima.
Quel ragazzo era dannatamente innocente e quando lo sentì sussurrare un disperato “La prego! Non ho ucciso Matt! Per favore mi aiuti!”, il poliziotto seppe cosa fare.
“Ok! Ti credo. Voglio crederti." ribadì convinto. "Ma tu dovrai…..” ma non fece in tempo a finire la frase che il suo giovane collega fece irruzione, pistola spianata alla mano, nell’appartamento di Jensen.

“Milligan, che cazzo fai??” fece furioso e sorpreso.
“Tranquillo, Collins. Ci sono io. Meno male che non sono andato via subito…Stavo quasi per andarmene quando alla finestra ho visto questo bastardo e allora sono entrato a darti man forte. È questo che fanno i colleghi, no??!” diceva mentre teneva la pistola puntata contro di Jared.
“Misha….” Lo richiamò Jensen, che era schizzato in piedi, spaventato da quello che stava succedendo e anche perché il collega di Misha sembrava piuttosto esaltato dalla situazione.
"Adam, Adam!! metti giù la pistola e risolviamo questo casino in maniera meno Rambo style, ok?" cercò di calmare la situazione.
"Calm....Calmare la situazione?? Porca miseria, Misha. Ti accompagno qui, e cinque minuti dopo vedo questo bastardo nello stesso appartamento in cui ci sei tu. Salgo per guardarti le spalle e lo trovo addirittura con un ostaggio e tu...tu mi chiedi di calmarmi?!" domandò quasi isterico. "Calmarmi un cazzo!! Io gli faccio il culo a questo figlio di puttana prima che lui ammazzi di nuovo un povero disgraziato!" fece puntando meglio la pistola contro Jared che istintivamente indietreggiò contro il muro.
"Mio Dio!! Ti prego… no!!!" mormorò il giovane credendo che il poliziotto stesse per fare fuoco.

Ma accadde qualcosa che in un momento fece gelare a tutti quelli che tenevano gli occhi fissi sul giovane poliziotto armato.
Quando Milligan aveva puntato nuovamente e con più decisione l’arma contro Jared, la manica della sua camicia, che già era in parte arrotolata sul braccio che sosteneva il peso della pistola,  si tirò ancora di più verso l'alto, lasciando gran parte dell'avambraccio del giovane, scoperto. Gli occhi di Misha, Jensen e Jared si fissarono come ipnotizzati su quelle poche parole che lentamente erano apparse sul braccio di Milligan.
 
Non timebo mala, quotiam tu mecum es. 
 
I tre si guardarono sbalorditi, confusi , straniti dalla verità che si stava delineando tragicamente e inaspettatamente , davanti ai loro occhi.
I loro sguardi passavano freneticamente, ma paradossalmente a rallentatore, dal fissarsi increduli, a fissare l'idioma tatuato su cui un graffio più che evidente ne arrossava una parte.
 
"....Prima di chiudere gli occhi ricordo solo di aver visto delle parole che mi passavano davanti agli occhi. Mi sentii muovere e anche se inconsciamente credo di aver reagito. Sono certo di essermi aggrappato a qualcosa , di aver graffiato qualcosa.... "
 
Fu l'incredulità di Jared a riportare il tempo ad uno scorrere regolare.
"Tu..." sussurrò appena Jared. "Sei stato tu!!" fece diretto a Milligan.
"Che cosa dici??" fece incurante l'altro.
"Tu ....tu hai ucciso Matt!"
"Cosa??!" rispose il poliziotto ridendo nervosamente. "Ma che cazzo stai dicendo!!?"
"Quel tatuaggio...quelle parole....eri tu. Tu lo hai ucciso e poi mi hai gettato addosso tutta questa merda. Perchè?? Perchè???" finì per gridargli addosso.
"Jared...no!" cercò di calmarlo Jensen. Il ragazzo aveva paura di una reazione spropositata da parte del poliziotto, anche perchè non gli vedeva assolutamente abbassare la pistola puntata contro di Jared.
"Adam..." fece Misha cercando di avvicinarsi al collega su cui viso era apparsa un espressione paura mal celata. "Adam...metti giù la pistola."
"Misha?? andiamo....lo sai che cosa sta cercando di fare questo figlio di puttana. Sa di essere finito e vuole cercare di spostare su qualcun altro la sua colpa!!" provò a spiegare.
“Ok! E’ come dici tu, ma andiamo, dammi ascolto. Metti giù la pistola!” cercò di calmarlo.
“Misha tu non puoi….”
“Io non voglio e non posso niente, Adam. Quello che ti chiedo è di abbassare quella cazzo di pistola e lasciare che me ne occupi io.” fece con tono deciso e autoritario il più alto in grado.
Adam sembrò titubare ancora. I suoi occhi fissavano ogni cosa di quelle persone che lo stavano fissando a loro volta.
“Io…io credo di …poterlo fare!” sussurrò mentre abbassava appena l’arma da fuoco.
Jensen socchiuse gli occhi come per ringraziare quella sorta di resa e anche Jared si rilassò stremato , appoggiando la schiena contro il muro dietro di lui.
“O forse no!” proferì improvvisamente dopo, Milligan.
Il suo braccio si tese di nuovo. La mano si contrasse forte e decisa intorno al calcio della pistola. Il suo dito indice premette senza esitare sul grilletto ancora armato e fece fuoco.
Il rumore fu assordante. Secco e paradossalmente rimbombante nella stanza. La puzza di polvere da sparò invase immediatamente l’aria, pungendo e bruciando nelle narici. Il lampo dello sparo sparì immediatamente lasciandosi dietro solo dolore e terrore.
 
Misha cadde rovinosamente a terra. Un gemito strozzato uscì dalla bocca del poliziotto ferito alla spalla, mentre un “No!!” allarmato risuonò all’unisono dalle bocche di Jared e Jensen.
Il primo istintivamente cercò di raggiungere il ferito ma la pistola puntata prontamente di nuovo verso di lui, bloccò ogni suo tentativo di soccorso. Jensen, invece, più vicino all’amico , non esitò a chinarsi su di lui e a mettergli la mano sulla ferita sanguinante, così da poter diminuire la perdita.
“Misha…Misha…” lo chiamava Jensen, preoccupato dalla sofferenza che vedeva sul volto dell’amico poliziotto. Il proiettile poteva avergli lacerato un nervo o magari reciso un vaso o forse gli si era incastrato nell’osso. Comunque la vedeva, la cosa era decisamente dolorosa e pericolosa. “Sta’ calmo. Sta’ fermo. Più ti muovi più sanguini….sta’ buono. Ci penso io alla ferita!!” cercava di rassicurarlo Jensen.
“Io non sono uno dei tuoi animaletti, Jensen!!” ironizzò Misha mascherando una fitta di dolore con un sorriso smorzato.
“No!! I miei animaletti non fanno così tante storie quando li curo!” replicò Jensen, mentre premeva per cercare di fermare il sangue.
“A nessuno di loro hanno mai sparato e…” ma questa volta una fitta fu più dolorosa delle altre.
“Ti…ti prego. Sta’ calmo!” e questa volta Misha vide gli occhi decisamente lucidi e terrorizzati del giovane amico.
“Adam…” mormorò guardando quello che credeva essere un suo “onorevole” collega.
“Non doveva andare così, Misha. Come non doveva finire come è finita con Matt!!” fece improvvisamente. “Gli avevo detto che se dovevamo stare insieme doveva mollare tutto. Che sarei bastato io. Che non gli sarebbe servito altro. Che non avrebbe avuto più bisogno di nessuno! Dovevo esserci solo io!!” iniziò a spiegare quasi con uno sguardo spiritato.
“Volevi anche farlo respirare solo in tua presenza!?” azzardò Jared ma subito se ne pentì quando la canna della pistola tornò a fissarlo minaccioso.

“Adam…sei….sei già…in un gran casino…..tu...” e Misha cercò di sopprimere la sensazione di nausea causata dal dolore per avere la forza di continuare. “..tu hai ucciso un uomo….hai fatto ricadere la colpa su un innocente e ora…ora hai…hai sparato ad un poliziotto. Fermati…ora!!! O arriverai alla sedia elettrica prima che tu riesca a dire  “Fanculo  tutti!!”
“Fanculo tutti!” parafrasò ironicamente Adam. “Vedi sono ancora qui!” disse ancora, avvicinandosi appena e scalciando via la pistola del collega a cui aveva appena sparato.
“Per favore…per favore….lascia che prenda qualcosa per curargli la ferita!” si intromise Jensen mostrandogli le mani completamente sporche del sangue di Misha. “Sta’ perdendo troppo sangue!”
“Non c’è bisogno che tu lo curi. Non servirebbe….dato che sta per morire!” fece serafico. “Dato che state per morire tutti!”
“No!!” sussurrò Jared, guardando terrorizzato Jensen e l’amico tra le sue braccia.
Si sentiva in colpa. In colpa per aver trascinato Jensen nel suo problema. Colpevole per essersi lasciato convincere a chiamare Misha. Colpevole perché quel proiettile doveva essere riservato a lui e a nessun altro.
“Per favore….lasciali andare. Sono io…sono io quello che ti ha scombinato i piani, no?? Prenditela con me….non con loro!!” cercò di convincerlo.
“Jared , nooo!!” esclamò Jensen.

Ma Adam lo guardò con aria sufficiente. “E a che servirebbe? Vedi…ora, ti dirò come andranno le cose!” e si mise meglio in mezzo ai tre che lo osservavano, chi con paura, chi con disgusto e rabbia. “Come dire….la versione ufficiale!” proferì sarcastico.  “Dunque…” fece grattandosi la tempia con la punta della sua pistola. “…Stasera ho accompagnato il mio coraggioso collega a casa di un suo amico che si diceva in difficoltà e mentre lui si assicurava che l’amico stesse bene, io, l’ho aspettato in macchina. Ma poi, quando sono uscito per fare due passi, dalla finestra dell’appartamento al piano rialzato in cui è entrato Misha, ho visto il fuggitivo a cui tutti i distretti di polizia stavano dando la caccia, aggirarsi nell’appartamento di Ackles.” Continuava a spiegare come se stesse davvero facendo rapporto.
“Mi sono mosso con attenzione e mentre stavo raggiungendo la porta dell’appartamento ho sentito degli spari e mi sono precipitato all’interno dell’abitazione. Quando sono entrato ho visto il corpo senza vita di Ackles, morto nell’esatta maniera del compianto Matt…” fece guardando verso Jensen che deglutì a vuoto il senso di paura che gli aveva gelato la schiena quando Matt gli aveva puntato alla testa la pistola. “…poi solo più in là, ho visto il corpo del mio collega e mentre stavo cercando di raggiungerlo per controllare se fosse effettivamente vivo o morto, ho visto fare capolino da una stanza interna , il pericoloso Padalecki.” Fece indicando con entusiasmo Jared.
“Da bravo e coscienzioso poliziotto quale sono, ho gridato l’Alt, facendomi riconoscere e poi vedendo che il fuggitivo stava per fare di nuovo fuoco, ho sparato per primo. E l’ho ucciso. E a questo punto lacrime per il collega caduto, cordoglio per la vittima innocente, gloria per me per aver eliminato il cattivo di turno. E tutti vissero felici e contenti!!!” esclamò soddisfatto e poi fissando i tre che lo guardavano decisamente spaesati volle precisare. “Tranne voi, naturalmente!” e caricò la pistola, puntandola di nuovo contro Jared.
“No!!” fece allarmato Jensen.

“Adam no….fermati!! Non farlo…” lo spronò Misha muovendosi piano tra le braccia di Jensen. “Non farlo!!!” lo esortò ancora, mentre la sua mano destra cercava una disperata fermezza.
“Devo farlo!!” sibilò Adam e poi come se fosse in piena follia, puntando la pistola dritta contro il petto di Jared : “Non timebo…..”
“Adam….no!!” provò ancora Misha.
“… mala, quotiam…”, ma non riuscì a finire.
 
Tre colpi di pistola anticiparono quello che sarebbe stata una tragica fine.
 
Il sangue caldo e viscido di Adam Milligan schizzò in parte sul viso e in parte sul torace in tensione di Jared che a causa di quella situazione aveva trattenuto il fiato. Il giovane vide il poliziotto stralunare gli occhi e boccheggiare in cerca di aria. Vide la sua camicia  tingersi e inzupparsi lentamente di rosso.
“…tu mecum es!!” sibilò in un rantolo affogato nel suo stesso sangue prima di crollare al suolo privo di vita. Senza più una minima reazione.

Subito dopo un'altra immagine si palesò davanti agli occhi sconvolti del giovane.
Misha tra le braccia di Jensen, aveva il braccio teso verso di lui. Nella sua mano destra, ancora stretta e fumante, la pistola che si era messo dietro la schiena quando aveva deciso di credergli. Quella che aveva sottratto alla guardia di sicurezza quando era riuscito miracolosamente a scappare.
Per alcuni interminabili momenti i tre rimasero in silenzio. Ognuno perso nei propri pensieri su come fossero riusciti a scampare a quella situazione assurda.
Poi il suono delle sirene.
 

Quando i soccorsi e i rinforzi arrivarono sul posto, trovarono Misha seduto al divano e Jared e Jensen che si prendevano cura di lui. Il poliziotto spiegò al collega più alto in grado presente, quello che era successo, ma purtroppo non riuscì ad evitare che le regole venissero applicate. Jared fu comunque portato in centrale per gli accertamenti di rito. Anche a Jensen fu chiesto di lasciare una deposizione firmata, mentre, fortunatamente , per Misha , la ferita risultò molto meno pericolosa di come era sembrata. Il proiettile era entrato e uscito senza fare danno alcuno, quindi per il poliziotto qualche giorno di riposo sarebbe bastato per rimettersi in pieno.

Era sera inoltrata quando l’ufficiale , dopo aver firmato, contro il parere dei medici che lo volevano in osservazione almeno per quella notte, si presentava alla centrale. Salutò alcuni colleghi di turno, sorridendo placidamente ai complimenti che riceveva per come aveva agito in quella situazione.
Poi , chiese di vedere Jared.
Il ragazzo era ancora nella stanza degli interrogatori e gli sorrise sinceramente felice quando lo vide entrare.
“Ehi!! ma non dovresti essere in ospedale!!?” gli chiese alzandosi e andandogli incontro per poterlo salutare con un abbraccio non troppo forte.
“Le infermiere non erano un granché e sono uscito!!” scherzò il poliziotto.
Misha guardò il volto stanco del ragazzo, ma in qualche modo, in quella stanchezza riuscì a scorgere una sorta di serenità per la situazione risolta.
“Mi dispiace che tu debba comunque passare la notte qui, Jared. Ma purtroppo è la prassi fin quando tutti gli incartamenti del caso non saranno pronti  e inviati al procuratore che farà cadere ogni accusa.” Spiegò davvero dispiaciuto.
“Tranquillo, Misha. Sapere di dover passare una notte qui dentro per questo motivo non è pesante come sapere di doverla passare perché tutto il mondo ti crede un assassino feroce.” sembrò rassicurarlo Jared. “Ti devo la vita e la devo anche a Jensen. Voi non mi conoscevate. E onestamente io sono ancora un emerito sconosciuto per voi eppure non avete esitato  e io…io…” ma l’emozione gli fermò le parole in gola e Misha si ritrovò ad accarezzarlo come un fratello maggiore conforta il proprio fratellino.
“Va’ tutto bene. Andrà tutto bene. E da domani riavrai la tua vita.” lo rincuorò il poliziotto. “Il nostro amico dov’è?”
“Jensen?!” e Misha annuì. “Ci hanno separati del tutto quando siamo arrivati qui. Dicevano che doveva rilasciare una dichiarazione e poi mi hanno portato qui. Non so se sia ancora in centrale o meno.” Riferì incerto.
“Ok! Me ne occupo io. Ascolta! Tra un po’ un mio caro collega verrà a prenderti in consegna per portarti alle celle. Gli ho chiesto di metterti in quella di isolamento, ma…” e vedendo lo sguardo allarmato del ragazzo: “…ma tranquillo!! Lo farà solo perché non voglio che tu stia in mezzo ai detenuti normali. Lì dentro non  avrai problemi e forse riuscirai a farti anche qualche ora di sonno. Credimi ne hai bisogno!!!” lo incoraggiò amichevolmente e Jared sembrò decisamente più sollevato.  “Domani , verrò qui e mi assicurerò che le carte siano spedite in tribunale immediatamente e poi ti porterò a casa!”
“Misha…grazie, ma no!!..tu…tu devi riposare. Quando mi faranno uscire…prenderò un taxi e …”
“…e vuoi vedermi morto??!” scherzò allarmato Misha.
“Cosa?!” sorpreso.
“Se Jensen viene a sapere che non ho fatto il poliziotto buono fino alla fine, mi ammazza!” e due risero.
 
Passarono alcuni giorni , tra le pratiche in centrale e quelle più importanti e ufficiali in tribunale, dopo dei quali, Jared fu di nuovo un uomo libero a tutti gli effetti.
La prima cosa che fece fu andare sulla tomba di Matt. Salutò un ultima volta l’amico scomparso e pianse. Pianse perché la sua vita era finita in quel modo. Pianse perché non aveva saputo proteggerlo e magari capire quello che stava effettivamente passando. L’unica cosa che sembrava rincuorarlo fu che almeno l’ultima volta che si erano visti, si erano abbracciati e lui lo aveva rincuorato. Sorrise a quel ricordo e decise che a quello si sarebbero fermati i suoi ricordi su Matt. Non avrebbe ricordato altro.
 
Salutò un ultima volta e andò via.
Ora, era il momento di ringraziare qualcun altro. Quel qualcuno che non gli era mai passato di mente. Il ricordo di quegli occhi di un verde assurdo non lo avevano mai abbandonato nemmeno quella notte in isolamento.


Quando entrò nell’ambulatorio veterinario, non c’era nessuno alla reception. Jensen doveva essere nel retro o forse nella sala dove c’erano le gabbie degli animali.
 
Diavolo di un chihuaua indemoniato. Ti ho lasciato solo per una notte e tu guarda che cosa sei stato capace di combinare!!
 
Sentì provenire dall’altra stanza. Ma non c’era rabbia nel tono , anzi, era decisamente un tono divertito e Jared si ritrovò a sorridere. Suonò il caratteristico campanello posto sul bancone e la voce chiara ma al tempo stesso calda e profonda di Jensen rispose a quel richiamo sonoro.
Arrivo!!! Solo un attimo!” e poi quasi come se quello che stava per dire fosse più confidenziale : “Smettila di aprire e uscire dalla tua gabbia o giuro che ti castro!” e poi ancora: “Andiamo!!! Non  guardarmi così, lo sai che stavo scherzando!!
Un attimo dopo, Jensen usciva dalla stanza dei ricoveri e rimaneva decisamente sorpreso nel vedere la persona che lo stava aspettando.
Gli sorrise. Di cuore.
E Jared non potè che ricambiare nello stesso caloroso modo.
“Ehi!!” fece il biondo.
“Ehi!!” rispose Jared facendo appena il giro del bancone per avvicinarsi a Jensen.
“Allora: incubo finito?!” ironizzò Jensen notando un volto e dei lineamenti decisamente più rilassati e sereni di come ricordava.
“Stai guardando un uomo completamente libero!” rispose soddisfatto , Jared.
Silenzio. Imbarazzo.
“Hai visto Misha?!” si ritrovò a chiedere Jensen.
“Sì!” rispose immediatamente l’altro. “ Si è fatto in quattro per assicurarsi che tutto l’incartamento giuridico arrivasse al procuratore il prima possibile. Lui…lui è stato davvero ..fantastico!”  ammise con riconoscenza.
“Te lo dicevo che non tutti i poliziotti sono cattivi. E se poi hai la fortuna di conoscerne uno che ha anche la sindrome dell’angelo custode, Beh!! sei a cavallo!!” scherzò Jensen. Ed entrambi risero.
Poi Jared , si fece di nuovo serio. “Io però sono qui per un altro motivo.”
 “Cioè?!” domandò curioso il medico.
“Dopo quello che hai fatto per me, quello che hai passato a causa mia, io non….insomma, mi sono accorto di non averti mai detto grazie!” gli disse. “Quindi: grazie!”
“Non ce n’era bisogno.” lo rassicurò Jensen. “L’importante è che tutto sia finito per il meglio. Che tu stia bene e che la tua vita ritorni ad essere quella che era prima di…” disse anche se sentì una sorta di caldo imbarazzo avvampargli il viso.
Jensen aveva fatto il giro del bancone per raggiungere Jared dall’altro lato e non si erano nemmeno accorti di essere uno di fronte all’altro. Uno speculare all’altro.

Jared gli si era fatto più vicino. Teneva il volto basso. Quasi timidamente mentre si avvicinava a Jensen, si guardava le scarpe, i piedi che timorosi, mettevano passi insicuri verso il giovane medico.
“Io volevo….” sussurrò senza aver ancora il coraggio di guardarlo negli occhi. Quegli occhi verdi che si erano illuminati quando lo avevano visto.
Dio!! quanto erano belli quegli occhi!!
“Cosa….volevi?!” sussurrò Jensen, anche lui intimidito dalla situazione e dalla vicinanza. Aveva visto Jared accorciare la distanza tra loro e aveva impedito al suo corpo di arretrare, anzi.
“Volevo….cioè….io…” quasi balbettava mentre il suo viso si faceva sempre più vicino a quello di Jensen, che con sua infinita sorpresa, ma immensa felicità, non indietreggiava.
“Tu??” fece Jensen, sporgendosi appena verso il volto del giovane.
 

Non farlo, Jensen. No, no, no. Lo conosci appena e ti ha fatto quasi ammazzare.
 
Ti prego, ti prego……fa’ che non mi respinga. Lui è così speciale!! Mi ha salvato la vita! Ti prego…..
 
Non puoi, Jensen. Non.……Al diavolo!! Si è fidato di te, e si sarebbe fatto ammazzare per te.
 
Voglio solo avere una possibilità con lui. Voglio capire se noi potremmo mai…un giorno…magari….
 
Basta così. Se mi bacia, risponderò al bacio e che Dio mi aiuti!!
 
Basta così. Se lo bacio e lui risponde al bacio che Dio mi aiuti!!
 

“Io…” ma non disse altro, perché il respiro di Jensen gli arrivò come una folata primaverile e lui ne fu completamente conquistato. Gli bastò avanzare appena per annullare ogni spazio tra di loro e appoggiare le sue labbra su quelle morbide e in attesa di Jensen.
Fu un bacio gentile, leggero. Che molti definirebbero romantico.  
Le voci che entrambi sentivano nelle loro menti, restarono improvvisamente in silenzio, dimentiche di tutti gli avvertimenti che fin ora avevano osannato.
La labbra si sfioravano lente, come a conoscersi. I loro sapori si mischiarono appena, ma quel tanto bastò a suscitare in entrambi uno dei più piacevoli fremiti che avessero mai provato.
Lentamente una mano di Jared raggiunse il viso di Jensen. Lo accarezzò piano. Lo trattenne con gentilezza perché quel bacio potesse avere un magnifico seguito.
Anche Jensen sentì l’esigenza di approfondire quel contatto e così con una mano si aggrappò al fianco di Jared e con un gesto gentile, invitò il giovane ad avvicinarsi al suo, finendo così, appoggiato al bancone della reception.
Ora, anche i loro corpi, poterono godere del calore che si stava sprigionando in quel semplice contatto di labbra.
Si allontanarono solo per un momento, fissandosi negli occhi. Cercando la cosa giusta da dire. La cosa giusta da fare.
Ma non c’era altro da fare.
Jensen gli gettò le braccia al collo e prese a baciarlo con più passione. E Jared rispose, estasiato, allo stesso impeto. E questa volta fu un bacio caldo, intenso, languido e intimo. Pieno di fuoco e di calore. Fu un bacio che nessuno dei due avrebbe facilmente dimenticato.
Fu un bacio lungo e avvolgente tanto che nemmeno l’impertinente chihuahua, sfuggito di nuovo  dalla sua gabbia e intento a tirare il suo dottore per la gamba del pantalone, riuscì a fermare. Jensen lo scalciava via piano, senza fargli male e per quanto sentisse la sua pestifera insistenza, non ci pensava affatto a lasciare andare quelle meravigliose labbra che lo stavano baciando e che lui voleva ancora baciare.
 
Poi, anche se a malincuore, fu Jensen a distaccarsi. Respirando ancora l’uno il respiro dell’altro.
“Credo di non aver mai ricevuto un ringraziamento simile da nessuno!!” sussurrò Jensen sorridendo appena.
“Non giudicarmi male, ma , ne sono felice!” sorridendo in ricambio.
Si ricomposero, senza mai smettere di sorridersi o di guardarsi.
“Ascolta! Rimetto il terzo incomodo al suo posto….” fece Jensen recuperando il cagnolino che iniziò a muoversi festoso tra le sua braccia e che lo guardò quasi deluso quando il suo amico lo mise in una gabbia a cui appose un lucchetto inaccessibile. “…E poi volevo andarmi a prendere una tazza di caffè. Mi fai compagnia?!” chiese sperando dentro di lui che la risposta fosse un sì.
“Certo. Non chiedo di meglio. E poi…magari…..potremmo metterci d’accordo su una…cena?!” azzardò Jared.
Jensen lo fissò e se fosse stato più sfrontato e istintivo gli avrebbe risposto “Cena, colazione, pranzo e tutto quello che vuoi!”, ma lui non era ne sfrontato né istintivo anche se quello che aveva provato quando aveva baciato Jared era stata una vera e propria esplosione di sensazioni meravigliose.
Quindi riprendendo il controllo della sua mente rispose: “Calma cowboy !” fece mentre si toglieva il camice e si infilava la sua giacca. “Non che la cosa non mi interessi, ma che ne dici di fare le cose con calma?!”
Jared lo aiuto a sistemarsi il colletto della giacca e in accordo con lui, lo assecondò: “D’accordo. Mi va bene.” Rispose sereno e poi ironizzando: “Anche perché da quello che ho sentito, non conviene fare l’evaso con te. Rischierei la castrazione!!” riportandogli la minaccia che Jensen aveva fatto all’isterico chihuahua.

Jensen lo fissò per un attimo . “Hai intenzione di scappare via da me?!” lo provocò.
A quella domanda Jared , lo avrebbe abbracciato e baciato ancora, di nuovo, fino alla sfinimento, ma si diede contegno.
“La mia intenzione, in verità, era l’esatto opposto!” ammise con una punta di malizia.
Jensen lo fissò e un attimo dopo entrambi scoppiarono a ridere.

 


“Ora ho realizzato… 
                                                                                  è il modo in cui ti muovi ,                                                                                                                                    è la tua  voce che chiama il mio nome
.                                                                                                                              E ' il sapore delle tue labbra .....”
(Forevermore, Broken Iris)

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Capitolo 16
*** Hai fatto il cretino??!! ***


HAI FATTO IL CRETINO??!!

Quando Jensen tornò a casa, dopo aver lasciato il set della nuova sit , in cui lui e Jared ormai recitavano da circa due anni e che riscuoteva i suoi bei consensi tanto da assicurarsi già una terza stagione, l’attore texano sapeva che l’aspettava un pomeriggio, una serata difficile  e molto probabilmente anche una notte insonne.

Erano passati circa dieci anni da quando lo show di Supernatural aveva chiusi i battenti alla gloriosa stagione numero 15.
I due attori avevano fatto altre cose , a volte separati e a volte insieme e poi li era stata proposta questa sit, girata a Los Angeles, che per lo più era improntata sulla loro vita, sugli amici che ne avevano e ne facevano ancora parte e su come, i due, affrontavano la vita sui set più disparati.
E poi, accettando, avevano soprattutto la possibilità di restare in contatto con tutti gli attori, ormai amici, che avevano lavorato con loro: Misha, Jim, Ty, DJ, Felicia, Rob, Rich….insomma tutti.
Quel nuovo show era una sorta di porto di passaggio per ogni “supernatural guest”!!
 
Ma poi, era successo il “casino”, come lo aveva chiamato Jensen.
Il biondo si era fatto infinocchiare come un pivellino da un fan troppo….troppo!!!
E ora ne avrebbe dovuto pagare le conseguenze con Jared.
 
Entrò in casa e come prima cosa chiamò il compagno. Jared. Suo marito ormai da più di dieci anni.
Niente!! Silenzio assoluto.
Sentì dei rumori al piano di sopra e salì per controllare.

Andò verso la stanza di Jay, loro figlia. Quel piccolo fagottino imbacuccato di rosa che presentarono alle loro famiglie , dopo aver superato il periodo più brutto della loro vita, ormai, era una signorinella di dieci anni, vispa e intelligente. Fin troppo sagace per l’età che aveva e “maschiaccio” al punto giusto da far imbestialire le sue amiche di scuola e far “sbavare” tutti i bamboccetti che volevano guadagnarsi la sua simpatia.

“Ehi!” la richiamò aprendo la porta della sua camera. “Posso?” chiese il permesso.
“Ehi!! papà!!” fece la ragazzina. “Che hai combinato?!” fu lo strano saluto accompagnato da uno sguardo indagatore.
“Cosa?...io…niente. Perché?!” domandò con aria innocente anche se si sentì immediatamente in imbarazzo e in colpa.
“Non fare l’attore con me, papà. Non funziona!!” lo rimproverò Jay, saltando giù dal letto su cui stava ascoltando musica dal suo I-pad.
“Io…io non faccio….Lascia perdere!!!” fece sconsolato. “Hai visto tuo padre Jared?!”
La ragazzina lo fissò ancora e poi, ebbe pietà, per l’ansia che gli vedeva scritta in volto.
“Dieci minuti fa ha chiamato Nonna Simmons per farla stare con me. Lui ha detto che doveva uscire o rischiava di diventare vedovo!” disse.
“Ohw!!??!” quasi balbettò Jensen.

Cavolo!! Jared doveva essere davvero infuriato se rinunciava a stare con Jay nel giorno in cui non aveva riprese sui set.

Mentre ancora Jensen cercava di calmare almeno i suoi pensieri, Jay lo richiamò alla realtà.
“Hai fatto il cretino, papà!?” fu la domanda spassionata della figlia.
“Cosa??….”
“Perché se hai fatto il cretino dovresti chiedere scusa!!” gli fece presente con motivata convinzione. “E al più presto!” concluse e Jensen non ebbe tempo di ribattere che il campanello di casa lo costringere ad abbandonare il suo inutile tentativo di spiegazioni.

Scese al piano terra e andò ad aprire.
Era l’anziana babysitter di Jay: Nonna Simmons. I tre ormai la chiamavano così perché era la donna che aveva chiesto di essere chiamata in quel modo. I suoi figli erano distanti e lei vedeva i suoi nipoti così raramente che Jay le era entrata nel cuore e poi anche Jay stravedeva per lei, specie quando le permetteva di cucinare torte dai gusti assurdi.
“Nonna Simm…”
“Ma sei cretino??!!” fu il rimprovero/saluto a cui dovette sottostare Jensen. La donna gli rifilò sotto gli occhi la rivista in cui lui baciava o veniva baciato da un aitante giovanotto che non sembrava avere nessuna voglia di lasciarlo andare e intorno alla foto del bacio altri piccoli riquadri in cui Jensen appariva sorridente e più o meno abbracciato al giovanotto in questione.
“Mio Dio!!!” sussurrò Jensen togliendo dalle mani della donna il giornale gossipparo.  “Per favore…per favore…non lasciarle vedere a Jay. Lei…..lei….non…”
“Già, come se i giovani di oggi avessero bisogno dei giornali per sapere le cose!!” gli fece presente l’anziana e vide un puro sguardo di terrore negli occhi di Jensen.
“Sono nei guai!! Nemmeno Dean è stato  mai in guai come questa genere di guai!!” disse tra sé e sé, decisamente frustrato.
“Ok!” lo fece rinsavire nonna Simmons. “So che c’è una spiegazione. Che deve esserci una spiegazione a tutto questo. Perciò, ora, esci da questa casa. Trova il tuo furioso marito e sistema questo casino. Alla piccola Jay ci penso io. Proverò a tenerla lontana dai giornali virtuali e non. Mi inventerò qualcosa.” Disse amorevolmente sorridente mentre spingeva fuori di casa l’attore.
 
Jensen sospirò affondo e mise a fuoco ciò che doveva fare.
Sapeva dove trovare Jared. Ne era certo al cento per cento.

Poco fuori Los Angeles, c’era un piccolo agriturismo. Una famiglia meravigliosa aveva acquistato il ranch e l’aveva adibito ad una sorta di B&B, ma con tanto di animali da fattoria e maneggio per la ippoterapia.  I due attori se ne erano innamorati appena lo avevano scovato e di tanto in tanto ci andavano per fuggire alla caotica vita della città degli angeli e anche perché Jay, come loro, adorava quel posto.
E poi, nonostante quella parte terribile della loro vita passata fosse andata, Jensen sapeva che per Jared, di tanto in tanto, non era così. Il giovane attore per quanto avesse “assimilato” quello che avevano passato, aveva bisogno, una tantum, quando i ricordi del rapimento o dello stupro ritornavano furiosi a farsi avanti nella sua mente, di alcuni momenti di solitudine.
Jensen lo sapeva e per quanto cercava di stare vicino a Jared meglio che poteva, sapeva che il compagno aveva bisogno di quei momenti per mettere di nuovo a “tacere” tutto. Di rifugiarsi in quella sorta di angolo di paradiso.
 
Quando arrivò alla reception , Jensen, venne accolto dall’anziano proprietario, Frank.
“Ehi, Frank! Come stai, amico mio?!” lo salutò cordialmente, mentre l’altro gli andava incontro per abbracciarlo.
“Jensen!! Dov’è la mia adorata Jay?” chiese guardando alle spalle dell’attore come se stesse cercando la “piccola principessa di casa”.
“Mi dispiace.  Jay non c’è. Sono venuto per…”
“Lui.” finì al posto di Jensen. “Mi sa che hai fatto il cretino, ragazzo mio!!”
 
Dio!! c’era qualcuno che non lo avrebbe chiamato così, in quel giorno assurdo??
 
“Me lo stanno dicendo talmente in tanti, che credo, lo diventerò sul serio!” ironizzò, Jensen.  “Dov’è lui?” chiese poi, affranto.
“Nella vostra solita stanza!” riferì mettendogli una mano sulla spalla in segno di incoraggiamento. “Va’. Vedrai che metterete tutto a posto!”
Jensen annuì grato e sperò davvero di riuscire a sistemare tutto.
 
Arrivò alla stanza che di solito prendevano in affitto e bussò piano ma deciso.
Sentiva il suo cuore impazzire e nella sua mente mille modi di giustificarsi per quello che era successo, ma quando Jared gli aprì e gli vide tramutare un espressione triste in gelida e furiosa, tutto nella sua mente si azzerò all’istante e si spense.
Gli occhi di Jared avevano spento quella luce. Erano rossi, lucidi e immensamente tristi. O delusi.
“Che ci fai qui?!” chiese atono Jared.
“Posso ….entrare?!” azzardò Jensen.
“Certo! Ma lo fai a tuo rischio e pericolo!” rispose minaccioso Jared.
Jensen deglutì.
Cavolo!! Se Jared era infuriato. I suoi occhi erano diventati ad un tratto talmente brillanti di rabbia che Jensen a malapena riusciva a sostenere il suo sguardo.
“Rischierò!” e Jared si spostò appena per farlo entrare.

Jensen avanzò nella stanza e sobbalzò di sorpresa quando Jared sbattè con decisione la porta per richiuderla. Poi il giovane lo superò, senza degnarlo di uno sguardo e lentamente si andò a mettere dinnanzi a lui e incrociò le braccia al petto.
Jensen si sentiva letteralmente sotto esame. Da dove iniziare per non sembrare banale? Per non dare l’impressione di doversi davvero giustificare per qualcosa di cui non aveva colpa?
“Jared, io…”
“Cosa?” lo bloccò severo, il giovane compagno.
“So che è banale, ma…ma non è come pensi!”.
 
Dio!! se era banale come inizio.
 
“E come sarebbe, Jensen? Cosa devo pensare?!” lo provocò Jared, puntando il dito verso un tavolo su cui campeggiavano alcuni giornali in cui Jensen era ritratto sia sorridente e in "avvenente" compagnia e poi addirittura impegnato in un bacio dal “gusto appassionato” con qualcuno che non era Jared.
“Oddio!” si ritrovò a sussurrare quasi disgustato anche dalla sua stessa immagine ritratta.
Guardò Jared. Guardò la rabbia, la delusione e il dolore sul suo volto e si sentì morire. “Ti prego…ti prego, lascia che ti spieghi!” chiese quasi disperatamente.
“Spiegarmi cosa? che le cose stanno cambiando? Che lui è una sorta di crisi di mezza età anticipata?” provò perfino a sembrare pungente. “Guarda quelle foto, per l’amor di Dio!!!” urlò poi, esasperato. “Pensa a cosa proverà Jay quando le vedrà!!”
“No. No. No… a lei sta pensando Nonna Simmons. Non ha ancora visto niente , per questo ti chiedo di risolvere adesso la cosa, prima che tutto ci sfugga di mano. Per favore.” lo esortò facendosi più vicino e soffrendo nel vedere Jared che si allontanava da lui. “Jared, ascolta. Guarda quelle foto!” fu la richiesta strana.
“Le ho già guardate abbastanza e continuano a farmi schifo, Jensen!” fece addolorato.
“No, non hai capito. Guardale per bene. Non è come sembra. Tutto …tutto sarà durato al massimo…non lo so…5 secondi….” provò a spiegarsi Jensen.
“Non credo. Non prendermi in giro, Jensen. Ci sono talmente tante foto di te e lui e del vostro momento idilliaco …”
“Esatto!!!” esclamò Jensen, ma che immediatamente dopo, si rese conto di aver cannato sul tempo.

Esclamare “esatto” mentre Jared diceva “momento idilliaco” non era stata una genialata.

“Oddio!! Giuro che sto per prenderti a pugni Jensen!” lo minacciò seriamente Jared.
“Sì, scusa…ho sbagliato i tempi, ma quello che volevo dire è: guarda bene la foto del bacio. Guarda le posizioni. Guarda me . Guarda lui….è sempre lo stesso momento. Sono solo le angolazioni che sono diverse. Hai mai pensato, prima di mettermi al patibolo,  che non fosse un solo fotografo ma tanti che non aspettavano altro??!” e questa volta era Jensen quello a sembrare esasperato.

Jared si sentì improvvisamente confuso e si ritrovò a guardare le foto e non poteva non negare che in effetti era quello che Jensen gli stava spiegando con tanta enfasi. Era solo l’angolazione che cambiava da scatto a scatto.

“Questo non migliora la tua situazione, Ackles. Anzi!! Cos’è? Vi siete messi anche in posa??” fece non volendo cedere.
“Ascolta!” fece Jensen, cercando di riconquistare la calma della mente e del respiro. Infuriarsi e iniziare a litigare non avrebbe portato da nessuna parte. “Riconosci quella strada?” chiese mostrando una delle tante foto.
Jared la guardò e aggrottò le sopracciglia riconoscendo la via. “E’….è la Richmond.”
“Esatto.”

Questa volta l’ “esatto” era al posto giusto.

“Ero in quella via perché c’è quella pasticceria in cui fanno quei cupcake dai gusti strani e  assurdi che Jay tanto adora. Volevo portargliene qualcuno, quando il tizio avanti a me…” disse indicando l’altro nella foto, “…crolla a terra. Gli sono andato vicino e l’ho aiutato ad alzarsi e lui ha iniziato a ridere e mi ha detto che a volte gli succede di fare cose strane e iniziare a ridere senza motivo. La cosa mi ha fatto sorridere…” mostrando le foto in cui i due sorridono insieme e Jensen tiene il ragazzo per le braccia. “Non lo so se mi stavano già seguendo. Non lo so se era una cosa preparata. Se quel tipo faceva parte di tutto, ma un attimo dopo che l’ho tirato su e solo per gentilezza gli ho sistemato la camicia dalle spalle…” mostrandogli la foto in cui la sua mano era sulla spalla del “sospettato”. “…ma un attimo dopo me lo sono trovato attaccato addosso. Che mi baciava. Ma ti giuro….ti giuro Jared che quel bacio….quella ….cosa... è durata poco più di 5 secondi e non un infinità come può sembrare da queste foto.“, fece infine gettando di nuovo sul tavolo il giornale che aveva tra le mani. “Simon, il nostro avvocato, ha già contattato le varie redazioni e sai che sa farsi sentire e risultare terrificante quando chiede qualcosa. Entro domani sarà tutto sparito!”

Jared aveva ascoltato ogni parola. Aveva seguito quel discorso discolpante guardando le foto che Jensen gli indicava. Jensen che sorrideva, ma di un sorriso gentile e non complice. Jensen che afferrava l’altro dal gomito come per sostenerlo e non per abbracciarlo. La mano di Jensen aperta sulla spalla di quello sconosciuto e non stretta per tenerselo vicino. Jensen baciato.
Sì, ora Jared lo vedeva! Jensen che veniva baciato e non baciava.

Nessuno meglio di lui sapeva i modi e le movenze di Jensen quando baciava: con tutto il corpo, con tutto il trasporto e la dolcezza di cui era capace.

E in quella foto il compagno sembrava decisamente spaesato e a disagio.
Perché….perchè quelle cose non le aveva viste prima?
Perché la prima cosa che la sua mente invasa e confusa dalla gelosia più sfrenata era riuscita a fare, era stata quella di infuriarsi con Jensen?
Semplice. Era geloso.
Nessuno poteva o doveva toccare o solo provare a pensare di poter toccare il suo Jensen.

Guardò di nuovo il maggiore di fronte a lui, fermo, che aspettava la sentenza.
Guardò di nuovo quelle foto e quasi in imbarazzo cercò una posizione più comoda sulle gambe che sentiva talmente in tensione da fargli male.

“Perché non me lo hai detto subito?!” sembrò volersi giustificare Jared.
Jensen sorrise appena.
"Aspetta!! Fammici pensare!! Ah sì!!” fece con entusiasmo. “Forse perché sei letteralmente fuggito via da casa nostra, lasciando addirittura nostra figlia sola prima dell’arrivo di nonna Simmons e sei venuto a rintanarti qui?!” rispose sarcastico.
E solo allora Jared si fece prendere da un sottile panico. Era vero!! Aveva lasciato Jay da sola quando aveva visto quelle foto, anche se l’aveva avvisata che non sarebbe rimasta sola. Ma Jensen, che lo conosceva perfettamente, riconobbe ogni lineamento sul suo viso terrorizzato.
“Tranquillo!! La nostra piccola sta benissimo. Nonna Simmons è con lei e grazie a te, entrambe credono che io sia un cretino!” provò a smorzare la situazione. “ E anche Frank lo crede!” sottolineò deluso.
Questa volta sorrise anche Jared.

E il mondo di Jensen tornò a brillare!!!

Jensen sentiva che la tensione cominciava a scemare e allora azzardò ad avvicinarsi almeno di qualche passo al suo splendido marito che però ancora non aveva nessuna intenzione di abbassare le braccia ancora strette e incrociate sul petto.
“Quando la smetterai di fare quello geloso?!” provò a domandare senza sembrare pungente.
“Io …non…sono geloso!” asserì Jared che però sembrava non troppo convinto di quella sua affermazione.
“No??” ironizzò Jensen. “Amore mio, quel povero concierge dell’albergo alle Hawaii in cui passammo il viaggio di nozze , quando ha saputo che saremmo tornati per il nostro anniversario, ha pregato che gli venisse cambiato turno pur di non incrociarti.” gli rivelò avvicinandosi ancora.
“Beh!!  ti sorrideva troppo!”
“Lo faceva con tutti.”
“Ed era troppo cordiale!”
“Doveva esserlo!”
“Ed era fastidiosamente gentile!”
“E’ il suo lavoro!!”
“Lo stai difendendo!!??”
“No!, voglio solo che tu capisca che devi smetterla.” fece mettendo le sue mani sulle braccia ancora conserte del giovane. “Smettila Jared. Smettila di essere geloso. Non ne hai motivo perché non esiste motivo che io rinunci a te in qualsiasi modo o per chiunque altro.”
“Non ce la faccio! Io…io non riesco a sopportare l’idea che tu un giorno , anche se c’è Jay,…che ….tu …magari…possa…..” balbettava emozionato e nervoso per la presenza sempre più vicina di Jensen.
Jensen gli accarezzò le braccia con vigore, come per rassicurarlo, dato che lo aveva sentito perfino tremare.
Poi senza accelerare troppo le cose in quel chiarimento tra loro, gli accarezzò dolcemente il viso sempre più dai lineamenti addolciti.
“Ora voglio che tu dimentichi questa stronzata della foto e che mi ascolti attentamente.” disse deciso, Jensen, ma comunque con tono dolce.
“Jensen, ma lui….”
“Ascoltami. Per favore!” chiese di nuovo e Jared non potè non perdersi nella dolcezza di quel verde che lo stava guardando implorante. “Tu sei l’unico e sarai sempre l’unico per me. Sei stato il mio passato. Sei il mio presente e io non riesco a concepire un futuro in cui tu non sia quel futuro stesso.” confessò facendo di quella carezza leggera un tocco più consistente sul volto di Jared.

Il giovane vi si abbandonò, lasciandosi cullare dal calore della mano di Jensen e un attimo dopo , facendo sue le parole del compagno dimenticò lo sconosciuto, le foto e tutto quello che avevano causato.
Si gettò letteralmente tra le braccia del marito che altro non chiedeva che poterlo abbracciare di nuovo.

Un bacio, caldo e intimo, a tratti disperato, segnò la loro riappacificazione e se Jensen non riusciva a smettere di accarezzare la testa di Jared nascosta tra il suo collo e la sua spalla, Jared non riusciva a smettere di stringerlo e tenerselo vicino.
“Sai!!” fece il giovane ancora protetto in quell’abbraccio di puro amore. “Alcuni psicologi dicono che l’innamorato che usa troppe parole per dichiararsi o non è sicuro dei suoi sentimenti o ha qualcosa da nascondere!”
Jensen sorrise e afferrando il compagno per le spalle così da potersi guardare negli occhi, gli baciò le labbra sottili.
“Allora da oggi non dirò più niente se non che ti amo. Queste saranno le uniche parole che le mie labbra pronunceranno ogni volta che staremo insieme!” promise Jensen, e se anche Jared ne fu colpito, dopo un po’ divenne serio e forse deluso.
Jensen lo guardò. Perplesso.
“Psicologi del cavolo!!! Loro non sanno che cosa sei, quanto sia meravigliosa la tua voce mentre mi dici queste cose. Non sanno quanto sia meraviglioso sentirti raccontare a nostra figlia tutto il bello che questa vita ci ha concesso di vivere insieme!” esclamò entusiasta. “Non smettere mai di parlarmi d’amore, amore mio. Non smettere mai di amarmi, Jensen!”
“Smettere di amarti?...chiedimi di morire, sarebbe più facile!” replicò Jensen.
“Ti amo, Jensen.” disse oramai sereno Jared.
“Ti amo anche io, Jared e voglio che tu non dubiti mai più del mio amore per te!”
“Mai più, amore mio. Mai più!” si promisero entrambi.
 
Fare l’amore fu il gesto più semplice che i loro cuori riuscirono a compiere. Stringersi come se l’uno fosse la salvezza dell’altro era qualcosa di estremamente naturale.
Sussurrarsi mille “Ti amo!” e infiniti “Per sempre!” era, come sempre, la più dolce e soave delle preghiere.
Spingersi fin dentro l’anima dell’altro, ritrovare quella luce che solo il loro amore riusciva a far brillare, era il Paradiso. Raggiungere quella inebriante vetta fatta di solo piacere, era pura estasi.
Rimanere abbracciati, appagati, sorridenti e di nuovo in pace, era uno di quei momenti che, come tutte le volte, sarebbe divenuto eterno.
 
Il sereno era tornato. E anche se quella nuvola passeggera minacciava tempesta, il sole aveva avuto la meglio.
“Che ne dici di chiamare Jay, piccolo?!” fece Jensen cercando di riprendere aria tra la miriade di baci con cui Jared lo stava, di nuovo, così meravigliosamente torturando.
“Sì. È un ottima idea.” convenne il giovane.
 
Le loro mani sempre unite.
 
Il telefono squillò dall’altro capo.
“Papà?!” fece la voce squillante della piccola Jay.
“Jay, amore mio. Tutto ok, vero?!” fece con la voce emozionata , sentendo la vocina serena che gli aveva risposto.
“Sì, papà. Sto facendo una torta con nonna Simmons. Papà Jensen è con te?!” chiese poi.
“Si, piccola. È con me. Tra un po’ saremo a casa. Lo giuro.” la rassicurò il giovane padre.
“Bene!!” esclamò entusiasta. “Allora mi farete da cavie!” li avvisò.
“Non vedo l’ora, angelo mio!” rispose Jared.
“Mi passi papà Jensen?” chiesa la figlia.
“Ti sento, amore. Sei in vivavoce!” le disse l’altro padre.
“Avevi fatto il cretino?!” e Jensen si mise istintivamente la mano sul viso con quel gesto che tanto era divenuto caratteristico del suo “vecchio Dean”. “Perché se avevi fatto il cretino, dovevi chiedere scusa!” ci tenne a precisare. “Hai chiesto scusa?!”

Jared ormai rideva senza contegno e anche le risate di nonna Simmons erano più che udibili.
“Io non ho fatto il cretino!!” sospirò, Jensen, decisamente affranto

 

Io e te abbiamo una storia 
O non te lo ricordi?..... 
Ma, tesoro, è davvero quel che vuoi?...corre voce che….” 

(Rumors has it, Adele)
 

N.d.A.:  Era da un po’ che avevo in mente un piccolo sequel di “Preghiere” e dopo il missing moment “Vuoi tu..”, questa shot  è come se chiudesse una sorta di trilogia.
Spero vi piaccia. E a tutti coloro che hanno amato Preghiere quanto l’ho amata e la amo io, questa è per voi!!!
 
Baci, Cin!!

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Capitolo 17
*** Telefonate pericolose ***


TELEFONATE PERICOLOSE!

America. Canada. Vancouver.
Set di Supernatural. Undicesima stagione. Durante le riprese dell’episodio 04: Baby.
Caso risolto. Mostro bello che andato.
Ultime scene da girare: Castiel chiama i Winchester.
 
“    -    Questo è un caso semplice. Prova a rilassarti.
  • Ok!
  • Leggi un libro. Guarda un po’ di Netflix.
  • Cos’è un Netflix?
  • Va’ nella mia stanza. Accendi la Tv e vedrai che ci arriverai da solo.
  • Ok! Però chiamate se avete bisogno.
  • Intesi, Cas. Grazie!!…..
 
Ma poi qualcosa succede appena i protagonisti finiscono le loro battute per quella scena e Jensen sfila di mano il telefono a Jared.

Misha non è inquadrato, ma è comunque presente sui vari set, perché la sua “parte” in quell’episodio è solo….telefonica.
Jensen e Jared sono seduti ancora nell’Impala di scena, mentre il terzo protagonista invisibile è seduto accanto al regista ed è ancora al telefono con “Dean”.
I due amici non staccano la telefonata perché Jensen ha voglia di scherzare.
 
“Dimmi che indossi, Cas!!” chiede con tono caldo il finto cacciatore e sorride quando sente dall’altro capo del telefono ridere e non solo Misha.
“Cosa?!” fa’ l’altro stupito al momento.
“Non fare il timido, angioletto. Dimmi che hai addosso!”
 
Chi li ascolta già sa dove andranno a finire. Qualcuno si mette perfino comodo per assistere alla scenetta.
L’ennesima gag! Ma una di quelle  che non verranno mai mostrate.
 
“Che intendi, Dean?!” decide di stare al gioco Misha.
“Andiamo angioletto. Hai addosso quel tuo trench così sexy, anche adesso che non ci sono!?”
“No, Dean. Indosso solo un paio di tuoi pantaloni e una maglietta….”
“Mmmmh!!” ghigna l’attore con tono suadente. “Sono quelli che ti ho lasciato sul letto!?”
“Già, quando sei andato via dalla mia stanza!”
 
Accanto a Jensen, Jared guarda stranito la strana conversazione. Cerca di sorridere, ma il suo è più una smorfia stentata.
 
“Che ne dici di indossare il tuo trench, Cas?!” lo stuzzica Jensen chiamandolo sempre con il nome del suo personaggio e sa che Misha farà lo stesso
“Ma qui dentro fa caldo?!”
“Solo… il tuo trench, Cas!”
“Oh!!” sospira il finto angelo.
“Oh!!” fa eco un po’ Jensen, un po’ Dean.
 
Le risate diventano sempre più consistenti e i due stanno al gioco. Tanto ormai di Destiel o Cockles e chissà quale altro nome vogliano inventare, ce ne sono a migliaia.
Una in più , una in meno, che male poteva fare.
Tanto sia Jensen che Misha, sapevano che in qualche modo quel loro scherzo sarebbe arrivato in rete.
 
“Sei con me, Cas?!” lo richiama il biondo.
“No, Dean. Sono ancora al bunker.” e a quell’affermazione Jensen dovette  trattenere una risata.
Guardò di soppiatto Jared al suo fianco che fingeva di ridere e continuò quella follia, aspettando che la scena successiva fosse pronta.
 
“Che ne dici di toccarti per me, angioletto!?” provoca ancora l’altro dall’altra parte del telefono.
“A me piace di più quando sei tu a toccarmi!” rincara la dose il finto angelo al telefono.
“Lo so. Ma vedi c’è più di uno Stato tra di noi, quindi la necessità aguzza l’ingegno, non credi?!” finge di giustificarsi.
“Diventi sempre più saggio, Winchester!”
“Già. Fin troppo. Che stai facendo, Cas?!” continua mentre di tanto in tanto sorveglia Jared al suo fianco, stranamente concentrato , dato che sono in pausa.
“Mi sto togliendo l’impermeabile lentamente, come piace a te!”
“Magnifico. Riesco a vederti, sul mio letto, nudo, mentre ti stai….”
 
“E….STOP!!” interviene la voce di Wright, il regista della puntata.
“Quando voi due  scemi avrete finito di fare i cretini, concludiamo la puntata. Che ne dite?!” disse rivolto a Misha al suo fianco e facendo cenno a Jensen ancora nell’Impala nei panni di Dean.
“Ma ci stavamo divertendo!!” si lamentò Misha.
“Collins, smamma. Tu hai finito!” fece categorico indicandogli l’area benessere allestita poco distante dal set.
E poi rivedendo alcuni suoi appunti e fulminando con lo sguardo quelli che ancora stavano ridendo, richiamò tutti all’ordine.
“Ok! Giriamo l’ultima scena!” è l’ordine impartito.
 
Nell’Impala, Jensen si ricomponeva e quando si girò a guardare verso Jared, suo compagno sia sul lavoro che nella vita reale, notò che c’era qualcosa di strano.
“Ehi, tutto ok?!” chiese sfiorandogli appena la gamba.
“Sì!” rispose secco Jared. “Sono solo stanco!” si giustificò. “Tutte queste scene nella macchina, mi stanno facendo atrofizzare le gambe!!....voglio solo andare a casa!”
“Ok!” rispose anche se non era sul serio convinto che fosse solo quello.
 
Le riprese iniziarono di nuovo e dopo qualche ora, tutto il “girato” fu portato al sicuro pronto per il montaggio.
Jared e Jensen si avviarono ai loro camper, dopo un po’ raggiunti da Misha.
“Ehi, J2!!?” li richiamò l’amico e collega. “C’è un bel posto qui vicino. Tra mezz’ora , ci andiamo a fare una birra con i ragazzi?!” fece entusiasta mentre poggiava una mano sulla spalla di Jensen.
“Sarebbe grandioso. Ci vuole proprio. Che ne dici Jar…”, ma il giovane lo fermò prima che finisse.
“Andate voi. Io sono stanco. Magari vi raggiungo dopo!” disse quasi seccato e senza dare a Jensen o all’altro modo di insistere, si avviò verso il suo alloggio.
“Jared??!”
“Ma che ha?!” chiese confuso Misha.
“Dice che è stanco!” rispose per niente convinto Jensen continuando a vedere la figura del compagno allontanarsi.
“Sì, l’ho sentito anche io, ma….che ha?!” ripetè ancora l’altro.
 
Dopo circa un ora  , tra il salutare tutti e rimettere insieme le loro cose , Jensen e Misha stavano per accodarsi alla comitiva con cui avrebbero passato un po’ di tempo. I due attori erano seduti ad aspettare gli ultimi ritardatari su una panca per gli attrezzi, e ridevano di cuore. Jensen faceva quel suo tipico gesto con la testa all’indietro mentre Misha gli batteva amichevolmente la mano sul petto, come se volesse dar forza a quello che stava facendo ridere il suo amico.
Il biondo cercava di riprendere fiato quando vide arrivare anche Jared.
Gli è passata, grazie a Dio!” pensò sollevato ma non aveva appena di finito di avere quel pensiero che vide Jared rabbuiarsi di nuovo. “Ehi, Jared?! Ti unisci a noi?!” provò comunque ad insistere.
“Volevo…perché mi dispiaceva lasciarti da solo. Ma a quanto pare sei comunque in ottima compagnia.” rispose sarcastico puntando il dito verso Misha, che lo fissò sbalordito per quella risposta.
“Ma che dici, piccolo?!” gli rispose Jensen , sinceramente colpito da quella risposta insensata.
“Non….non osare!” lo minacciò , il giovane, alludendo al nomignolo appena usato dal maggiore.
E facendo dietro front ritornò al suo camper. Sbattè la porta del camper talmente forte che il rumore arrivò fino a loro.

“Jensen ma che cazzo hai combinato? Che gli hai fatto a quel poverino?” esclamò Misha.
“Cosa?...io…io non ho fatto niente. Non gli ho fatto niente!!” si difese con forza. “E’ da qualche ora che va avanti così. Gesù!! Se non sapessi che lì sotto è più che ben fornito, avrei il dubbio che fosse in sindrome premestruale!!”
“Altro che sindrome, Jensen. Il tuo fidanzato è nero. È furioso. E stiamo parlando di Jared!!” ci tenne a precisare l’altro.
“E questo che significherebbe?!” completamente all’oscuro di quello che Misha intendeva fargli capire.
“Che Jared non si arrabbia. Mai. Non con te. E soprattutto non con me!!” fece convinto. “Lo hai visto? Se avesse avuto una pistola , ci avrebbe sparato!”
“Io…non…ho ..fatto…niente!” cadenzò la sua difesa. “E’ da dopo le ultime scene che va avanti questa cosa. Un attimo prima rideva , un attimo dopo è diventato la versione maschile di Frozen!”
“Le ultime scene…di oggi?!” chiese perplesso l’interprete di Castiel.
“Sì!”
“Quelle con la telefonata a me…cioè a Cas?!”
“Sì e allora?!” ribattè quasi con tono seccato Jensen.
“Dio!! Ackles. Sei un texano grande e grosso, ma hai l’ingenuità di Cappuccetto Rosso davanti al lupo in camicia da notte!!” fece sconsolato, Misha.
“Cosa?!” esclamò con un ottava sopra Jensen.

Misha sospirò sconfortato.

“Hai presente quella telefonata tra noi o meglio tra Cas e Dean? Quella che di certo non farà parte della puntata?” ricordandogli le scene della giornata.
Jensen fece mente locale al momento in questione. “Ma per la miseria, Misha!! Era uno scherzo. Ridevano tutti. Non può essere arrabbiato per quella stronzata!!” e poi per un attimo, ripensando al modo in cui , in effetti, Jared lo guardava in quei minuti, nell’Impala, cominciò a farsi venire qualche dubbio. “E’ arrabbiato per quella stronzata?!”
“Jensen, Jared non è arrabbiato. Jared è geloso.” gli rivelò con semplicità e con quello sguardo innocente tipico di Castiel
“Geloso?? Di chi??” esclamò confuso.
“Ehi, così mi offendi!” fece sinceramente offeso il collega.
“Ma che dici, Misha!...Tu sei….tu sei sposato. Siamo venuti a casa tua e di Vicky centinaia di volte. Per la miseria!, vi abbiamo perfino interrotti mentre eravate nascosti nel capanno degli attrezzi del vostro giardino!!” gli ricordò gesticolando nervosamente.
“Sì, ma c’avete scoperto solo perché cercavate un posto per voi!!” ci tenne a precisare Misha, ricordando l’episodio imbarazzante su cui poi avevano riso fino alle lacrime!!
“Jensen, ma lo hai visto? Hai sentito il suo tono?” disse poi, Misha, ritornando serio e con un tono amichevole.
Jensen lo guardò.
Ripercorse velocemente quelle ultime ore.
Quello che aveva fatto o detto. Il modo in cui Jared aveva reagito.
La reazione all’invito serale e poi la reazione a quando l’aveva visto con Misha. Di nuovo.
Infondo, ammise a se stesso, ne passava di tempo con Misha!! E anche a quelle poche convention a cui Jared non partecipava , Misha era una presenza continua.

“O cazzo!!” sussurrò. “Mi sa che l’ho fatta grossa questa volta!” fece alzandosi in piedi.

“Credo proprio di sì, amico mio!”
“Ma io non volevo. Io stavo solo scherzando. Non volevo farlo arrabbiare o …” e poi ebbe come un illuminazione. “Oddio!! Misha devo ….devo chiedere scusa anche a te?!” chiese imbarazzato. Forse, quello scherzo, poteva aver dato fastidio anche all’amico , che però, non si era tirato indietro, per non mortificarlo.
“Caro il mio Ackles innamorato, ce ne vuole per offendermi con una telefonata erotica!” lo rassicurò l’amico e collega.
Jensen sorrise, perché aveva capito che l’amico non era offeso.
“Ma dai!! Non era male!!” cercò di riprendere punti.
“Jensen, tra di noi , sono io quello esperto in situazioni…. “spinte”… e dovresti saperlo. La tua telefonata stile “CasaErotica!” da uno a dieci, era al massimo un due!”
“Nooo!” fece deluso.
“Amico mio, quando vorrai far eccitare sul serio qualcuno solo con una telefonata, vieni dal maestro.” disse indicandosi con fare orgoglioso.  “Ora va! Rimetti le cose apposto con il tuo Romeo!!” disse mostrandogli il camper di Jared.
“Ehi, io sono Romeo!” replicò Jensen mentre si avviava dopo aver abbracciato velocemente l’amico.
“Senti, non sto mica a pensare chi sta sopra e chi sta sotto!!” gli disse mentre lo vedeva correre via. “Principianti!” esclamò soddisfatto mentre , richiamato, da alcuni ragazzi della crew, si avviava a passare la sua serata.
 
Jensen bussò piano alla porta del camper di Jared.
“Avanti!” fece la voce cupa di Jared.
“Ehi!, sono io!”
“Cos’è? Tu e Misha avete trovato chiuso?!” domandò sarcastico il giovane.
“No, non ci sono andato!”
“Perché?!” chiese atono.
“Mi mancavi tu!”
Jared ingoiò a vuoto. Jensen sapeva sempre come colpirlo. Anche solo con le parole. Ma questa volta ne avrebbe dovute usare per farsi perdonare.
“Non mi sembrava. Anzi, mi sembrava che ti stesso divertendo già un mondo con Misha!”
“Jared….” cercò di richiamarlo per spiegare le sue ragioni o solo per chiedere scusa.

“Ma come….come hai potuto fare una cosa del genere!?” inveì improvvisamente.

“Jared non volevo. Io stavo solo scherzando. Non credevo che..”
“Tu non volevi, tu non sapevi, tu non vedevi….” lo rimproverò severo, Jared.
“Per favore.  Io…..” provava  a farsi sentire Jensen. Anche se inutilmente.
“Cazzo, Jensen. Non ti è passato per la mente che sentirti dire certe cose …particolari…ad un altro , avrebbe potuto infastidirmi o farmi….male?!” e questo fece  male a Jensen.
“Ma lo stavo facendo con Misha!” cercò ancora di scusarsi.
“Lo facevi con un altro!” ribadì il giovane fermo al centro del camper con le braccia conserte sul torace affannato.
“Posso parlare?!” chiese Jensen, cercando di restare calmo e calmare così anche Jared.
Jared non rispose, ma gli fece un semplice gesto stizzito con la mano, come ad invitarlo ad andare avanti.
 
Jensen, fece un respiro profondo e piano si avvicinò al compagno che lo fissava furioso.
Dio! quant’era bello in quel momento.
Beh! Jared era bello sempre, ma in quel preciso momento era qualcosa di ….wow!! Gli occhi furenti che brillavano. Il viso teso. L’espressione decisa. La mascella volitiva contratta. I muscoli che guizzavano sotto la camicia di flanella. Ancora quella a scacchi rossa e nera di Sam.
Ma come poteva solo pensare di poter tradire qualcosa di così bello?!
Per un momento a Jensen vennero in mente le parole di Paul Newman quando parlava della compagna: “Perché cercare un semplice hamburger quando a casa tua hai una bistecca di primo taglio!
Certo il paragone non era il massimo, ma il senso spiegava tutto!!!
 
“Jared , ora voglio che tu mi ascolti!” fece avvicinandosi ancora e facendo come per parlare , colse invece di sorpresa Jared.
Lo afferrò per le spalle e lo spinse contro la parete del camper.
Un attimo dopo era sulle sue labbra. Baciava le labbra di Jared con passione. Ne saggiava ogni centimetro gustandone il sapore. Lo baciò con talmente tanta foga che Jared riusciva a stento a riprendere fiato tra un attacco della bocca di Jensen e l’altro.
Jared sentiva la presa forte del compagno sulle sue spalle. Sentiva il suo calore sulle sua labbra. Il suo sapore nella sua bocca. Il suo respiro soffocare il proprio.
In un primo momento provò a resistergli, ma poi…beh!!, come poteva resistere ad un bacio del genere. Come poteva resistere a Jensen?
Dopo averlo convinto ad ascoltarlo in quel modo poco ortodosso ma molto efficace , Jensen si spostò appena e rimase fermo, in quella sua posizione di dolce predominio, guardando Jared negli occhi, ora molto più docili.

“Io voglio solo te..”, sussurrò baciandogli appena le labbra ancora leggermente schiuse. “Io guardo solo te…”, scendendo verso il collo.  “ Io voglio toccare solo te. E da te solo voglio essere toccato.”, passando alla mandibola e poi a quel piccolo spazio nascosto dietro l’orecchio. “Io voglio che tu sia l’unico a spogliarsi per me e voglio essere l’unico a spogliarsi per te.”, tornando a catturargli le labbra. “Io ti amo e non voglio trovare frasi romantiche o metafore sdolcinate per fartelo capire. IO TI AMO!” e questo lo disse con una decisione disarmante. “E’ stato uno stupido scherzo, un pessimo scherzo, uno scherzo non accadrà mai più.” sembrò voler e dover promettere al suo dolcissimo ma gelosissimo Jared.
“Ma Misha….”
“Misha è un amico e tu lo sai!” lo rassicurò mentre gli accarezzava i lineamenti più tranquilli.
“Sì, ma sembri così sereno quando sei con lui!” fece, vergognandosi di quella sua insicurezza.
“Può essere!, ma quello che provo e che sento quando sono con te non ha eguali. E’ impareggiabile!” lo rincuorò Jensen, baciandolo ancora.
 
Jared fece un respiro profondo e lentamente, si liberò della presa che Jensen aveva ancora su di lui. Intorno a lui, dato che il maggiore non aveva mai smesso di abbracciarlo.
Anche se a malincuore, mise dello spazio tra loro e si sentì stupidamente in colpa quando vide lo sguardo stranito con cui Jensen lo guardava e forse chiedeva una spiegazione per quell’allontanamento.
“Non così!” fece Jared allontanandosi del tutto.
“Ma Jared, cosa….io….” ed era sinceramente spaesato.
Pensava che fosse tutto risolto. Aveva chiesto scusa. Si era cosparso il capo di cenere. Gli aveva detto che lo amava.
Allora perché?

“Ho bisogno di un po’ di tempo!” fece in un sussurrò Jared.
“Cosa?!” quasi esalò Jensen. Non potè negare a se stesso di aver sentito una leggera scarica di terrore scorrergli lungo la schiena.
“Dammi un po’ di tempo, Jensen!” ripetè ancora e poi uscì dal suo caravan lasciandosi dietro un Jensen basito e senza parole.
 

Passò circa un ora da quando Jared se ne era andato lasciandolo da solo nel suo camper. E Jensen era rimasto lì, ad aspettarlo. Si era seduto sul divanetto e aveva aspettato.
E quella era stata l’ora più lunga della sua vita.
Ad un tratto il suo telefonino squillò e l’attore trattenne per un attimo il respiro quando vide il nome di Jared illuminarsi sul display.
“Ehi, piccolo. Dove sei?!” chiese ansioso.
“Nel tuo camper!”
“Non muoverti. Arrivo tra un minuto e parliamo, per fav….”
“No!” lo fermò deciso Jared. “Resta lì e io resterò qui. “
“Ma….”
“Almeno per un po’!” insistette dolcemente e con la voce stranamente bassa.
“Jared, non puoi…” provò ancora Jensen che non sapeva che pensare.
E tutto sembrò ancora più confuso quando Jared parlò di nuovo. E lo fece con un tono di voce che fece rabbrividire Jensen.
“Dimmi che indossi Jensen!”
“Co…come?” balbettò il maggiore.
“Dimmi che cosa hai addosso!” fece più deciso Jared.
“Ma cosa…”
“Andiamo, Ackles. Gioca con me. Ricordi? La lontananza aguzza l’ingegno!” lo stuzzicò usando le stesse parole che lui aveva usato con Misha in quel loro scherzo che era stato la causa di tutto.
“Ma io sono a meno di dieci metri da te!” gli fece presente Jensen, ancora leggermente confuso dalla situazione in atto.
“Assecondami, Jensen!”
“Oddio, vuoi davvero…insomma, tu vuoi….” sorrise nervosamente nel tentativo di dirlo.
“Fare sesso telefonico con te?, Sì. Farti eccitare solo con la mia voce? Ancora , sì. Farti godere? Decisamente , sì!” e la sua voce era un chiaro preludio di quello che aveva in mente.
“O mio Dio!” sospirò Jensen, già leggermente accaldato da quello che stava accadendo.
 
Era strano per loro, ma se serviva a rimettere le cose apposto, al diavolo l’imbarazzo e la vergogna!!
 
“Da quello che sento hai già iniziato, amore mio!” lo provocò sensualmente il giovane.
“Jared…”
“Sssh!! Dove sei?!” sussurrò Jared.
“Sul tuo divano!”
“Benissimo, allora mettiti comodo e immagina che le mie mani ti sbottonino lentamente la camicia!” iniziò.
“E tu…”
“Io farò lo stesso con la mia, immaginando le tue mani su di me. Calde, grandi..decise mentre mi accarezzano il petto e poi più verso i fianchi e poi ancora possessive sulla pelle appena nascosta dai miei boxer già troppo stretti!” sembrò volerlo rassicurare e provocare.
“Gesù!!” esclamò con la voce tremante Jensen, mentre quello che sentiva cominciava a torturarlo piacevolmente.
“Non essere blasfemo, Jensen.” lo ammonì Jared. “Pensa solo a me!”
“E’ questo il problema!” sembrò scusarsi il maggiore.
“Ora…scendi piano sul tuo petto…..la tua pancia. Accarezzati immaginando che sia la mia lingua a farlo!”, fece quasi sospirando le parole. “…slacciati i jeans, Jensen. Piano , lentamente….. immagina che siano le mie mani a farlo e poi….”
“..e….e…poi?!” sospirava Jensen ormai succube dei comandi erotici di Jared.
“E poi toccati, immaginando che sia la mia bocca a prenderti!” lo spiazzò il giovane.
“O Santo Cielo!!” esclamò immediatamente dopo , Jensen e Jared sorrise soddisfatto al respiro affannato che sentiva arrivare dal telefono.

E’ vero, sorrideva, ma stava anche cercando di mantenere il controllo e non era una cosa semplice. I suoni di Jensen, i suoi ansimi, i suoi gemiti, non erano mai una cosa semplice da ignorare.
Erano benzina sul fuoco!!!
 
“Così va meglio!!” provò a scherzare sull’educata esclamazione di Jensen.
“Jared mi farai impazzire, piccolo!”
“E’ quello che voglio, Ackles. Voglio che tu perda la testa per me.”
“Troppo… tardi!” fece ansimando.
“Che c’è, Jensen….ti sento….affaticato!” chiese con la voce comunque provata.
“Eccitato!” rispose senza pensarci Jensen.
“Ti aiuta sapere che lo sono anch’io, mentre penso che siano le tue mani ad accarezzarmi tra le gambe?!, mentre immagino che siano le tue dita a farmi tremare lo stomaco dal piacere!?” e meno male che voleva aiutarlo!!!!
“Noooo!!” esclamò quasi come una sorta di disperazione Jensen, dall’altro capo del telefono. Quello non era erotismo, era tortura!!!
“Muovi la tua mano Jensen.” lo incoraggiò allora , il giovane compagno. “Immagina che sia io che mi muovo su di te. Immagina di essere sotto di me, dentro di me….”
“O  mio….” quello era decisamente un colpo basso.
“Senti il calore della nostra pelle sudata, ascolta i movimenti dei nostri corpi che si scontrano. Sentì il piacere che arriva piano,…. che sale inarrestabile….”
“Jared….Jared….” ansimava ormai senza controllo, Jensen.
“…sempre più veloce, sempre più veloce… che brucia  dal basso ventre fino ad arrivare…..”
“Oddio, Jared!!!” fu il rantolo strozzato che arrivò in chiusura di quelle erotiche esortazioni.
“Sìììì!” esclamò affannato e soddisfatto anche il giovane.
 
Per un attimo silenzio. O per lo meno da entrambi gli apparecchi telefonici, solo respiri affannati e nomi sussurrati.
 
“Jensen?!” lo richiamò flebilmente Jared.
“Mmmh!” fu la semplice risposta. “Dio!! non posso credere che lo abbiamo fatto sul serio!!”
“Già, ma è stato….”
“Fantastico?!” finì  per lui Jensen.
“Fantastico e frustrante!” precisò Jared.
“Che vuoi dire!?”
“E’ decisamente meglio dal vivo!!” fece ridendo sommessamente.
“Concordo!”
 
Poi ancora un attimo di silenzio.
Fu Jared a parlare ancora. “Ma , insomma…da uno a dieci…..che voto daresti?!”
“Da uno a …..”, ripetè Jensen, un attimo stupito della richiesta. E poi come se avesse collegato frase, faccia e momento. “Da uno a dieci??! Da uno a dieci??” esclamò scioccato perché aveva capito tutto. “Che bastardo!!, te l’ho detto Misha di fare una cosa del genere?!”
Jared rise per telefono, anche perché aveva capito che il tono del compagno non era arrabbiato ma solo  confuso. Forse!!!
“Avevo bisogno solo di qualche consiglio…particolare!!” cercò di giustificarsi.
“E lui è salito in cattedra come Sharon Stone di Basic Instinct ?!”
“Vestito bianco a parte!!” convenne Jared.
“Che figlio di…”
“Andiamo. E’ stato bravo, no? Dato i risultati!” lo fermò ancora.
“Questa gliela faccio pagare. Dovrà guardarsi le spalle da oggi in poi!” minacciò serio, Jensen.
E che cavolo!! E poi l’idea delle telefonata era stata sua e non di Jared!!
 
“Sai che è pericolosa una minaccia simile fatta da te!”
“Ma come siamo diventati maliziosi, Padalecki!!” e poi scoppiarono a ridere.
 
“Ehi, Jensen?!” fece un attimo dopo il giovane, ormai sereno.
“Che c’è piccolo?!” e lo era anche Jensen.
“Quando ci vuoi a venire al tuo camper?!” fu la richiesta quasi accorata.
“Jared, sono sudato, appiccicoso e sporco. Dammi dieci minuti per farmi una doccia, ok?!”
“Ma io sono ancora sul tuo divano e sono mezzo nudo e onestamente….mi sento ancora un po’….insomma…..Jensen?..Jensen??” lo richiamò non sentendo più nulla provenire dall’altro capo del telefono. “Jensen, ci sei?”
“Sì, sono qui!!” fece la voce di Jensen appena entrato nel suo camper.

La doccia l’avrebbero fatta dopo. Decisamente molto, molto dopo!!!

 

 
“..è tutto più bello
il tuo sguardo, i tuoi lineamenti, i tuoi movimenti.
E finisce così, la tua danza finisce sul mio petto.
E' finita così, con quattro gocce d'amore, qui sul mio petto…”

( Danza sul mio petto, B. Antonacci)
 



N.d.A.:  Ma perchè dopo aver visto il meraviglioso episodio dedicato alla impareggiabile Baby, a me è venuta in mente questa cosa?
Non lo so. Davvero non lo so.
Spero che abbia un senso o forse sarebbe meglio dire, dato che quei tre sono impeccabili padri di famiglia, che senso non ne abbia!!!
Insomma, mi sono spiegata o sto farneticando ancora??

Fatemi sapere o datemi il numero di un  buon psichiatra!

Baci, Cin!!!




 

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Capitolo 18
*** Solo alla fine! ***


SOLO ALLA FINE!

“Sentite, lo Stato non può liquidare il sig. Collins con un risarcimento iniquo, una stretta di mano e delle sentite scuse!” fece Benedict , l’avvocato di Collins. “Qui si parla di venticinque anni di carcere fatti ingiustamente!”
“Non si tratta di un risarcimento iniquo. Stiamo parlando di oltre 20 milioni di dollari!” ribattè Sheppard che rappresentava lo Stato.
E mentre i due avvocati si battibeccavano in termini di legge, Jared , il mediatore di quella situazione, osservava colui che rappresentava la “contesa”

L’uomo, bruno di capelli, gli occhi blu costantemente puntati verso il basso, taciturno o forse timido o forse a disagio, sembrava non interessarsi alla questione. Lui continuava a scribacchiare qualcosa su un taccuino che aveva davanti.

“Misha che cosa ne pensa lei?” fece allora il giovane mediatore.
“Parlo io per il sig. Collins!” si intromise Benedict.
“Qui non siamo in tribunale avvocato. Anzi, siamo qui, proprio per non andarci in Tribunale. Quindi in questa sede il sig. Collins ha tutto il diritto di dire quello che pensa e che vuole!” lo riprese con decisione.
Poi tranquillizzando di nuovo il tono si rivolse al suo pseudo assistito.
“Che cosa vuole lei, Misha. Che cosa crede sia giusto per lei?!” domandò ancora con un tono più amichevole che formale.
“Jared…posso…posso chiamarla Jared?” chiese l’altro.
“Puoi darmi anche del tu!” lo rassicurò Jared.
“Perfetto!” fece compiaciuto, lasciando andare sul tavolo la penna con cui aveva scritto fino a quel momento. “Vedi Jared. Sono stato in carcere per venticinque anni. Avevo 15 anni quando sono stato arrestato e condannato per l’omicidio di un uomo a cui stavo cercando di salvare la vita. Oggi , sono finalmente un uomo libero. Quello che voglio è ricominciare a vivere, per quanto la cosa sia possibile. Quello che credo sia giusto per me è smettere di essere arrabbiato con il sistema, la giustizia o il fottuto destino. Quello che mi serve è avere la possibilità di rifarmi una vita.” disse come risposta alla domanda che gli era stata fatta. “Tutto il resto lo lascio a voi. Decidete voi…a me andrà bene tutto.”
“Misha, ma si tratta di un risarcimento da milioni di dollari!” gli ricordò Jared.
“Qualunque sia la somma mi ridaranno gli anni che la prigione mi ha tolto?” fece di rimando Misha guardandolo negli occhi.
Jared fissò quegli occhi blu infinitamente orgogliosi ma altrettanto tristi. Non poteva mentirgli. E poi mentire non faceva parte del suo lavoro. “No, Misha. Mi dispiace!”
“Allora la mia risposta non cambia: decidete voi.” Si alzò e lasciò gli avvocati a discutere, sorridendo appena a Jared che lo seguiva con lo sguardo.

…..

“Allora come sta andando con il caso Collins?! Sheppard mi tiene informato, ma preferisco la versione imparziale.” chiese Jensen seduto alla sua scrivania e alludendo alla versione di Jared. L’ufficio della Procura era un ufficio elegante e per quanto fosse caotico , sembrava che ognuno sapesse esattamente dove andare e che cosa fare.

Diverso dall’ufficio legale in cui lavorava Jared. Un vero Purgatorio. La confusione in Terra.

Il giovane sedeva nella poltrona di fronte alla scrivania del Procuratore assegnato al caso di cui si stava occupando lui con la sua mediazione e di tanto in tanto , l’avvocato alzava lo sguardo dalle sue carte e fissava l’altro, dall’altro capo del tavolo.
“Quando mi hai detto che la Procura non voleva che questo caso arrivasse in Tribunale potevi dirmelo che il motivo era che si trattava di un risarcimento da oltre venti milioni di dollari. Mi è venuto quasi un colpo quando Benedict ha detto la cifra!” sembrò rimproverarlo Jared.
“Lo sai che mi piace farti delle sorprese!” scherzò il procuratore.
“Non sono queste le sorprese che mi piace ricevere. Quando entro in una stanza per una mediazione, voglio avere tutto sotto controllo. O non posso fare bene il mio lavoro!” e questo sì, che era un vero e proprio rimprovero.
“Jared, tu sei il migliore nel tuo lavoro. Ed è per questo che ti ho richiesto per questo caso. Vedrai che quando avrai finito, tutti andranno a casa felici e contenti.” sembrò volerlo rassicurare.
“Jensen…Jensen, questa volta è diverso. Quell’uomo….Misha..” iniziò, per spiegare il perché si sentiva così preso da quel caso.
“Misha?!” fece eco Jensen, sorpreso del tono confidenziale che Jared aveva usato.
“Collins.” si corresse l’altro.

Sapeva il perché di quella replica da parte di Jensen. Entrare troppo in empatia con i “casi” rischiava di diminuire la lucidità con cui avrebbe
trattato la mediazione.

 Comunque , continuò a spiegare. “Lui …lui non ha più niente. Non ha più i suoi vecchi amici. Le sue abitudini. La sua casa. Ha perso tutto e sembra non volere altro. Non è una questione di soldi Jensen. C’è molto di più sotto!”
“Jared, stammi a sentire. E’ un caso come un altro. Non farti coinvolgere, non più del dovuto o ne uscirai a pezzi. Tratta la cosa professionalmente. Non mi va che sia tu quello che poi ci dovrà rimettere!” e questo, Jensen, lo disse, con vera apprensione. Si conoscevano da anni e da anni collaboravano e Jensen sapeva che a volte Jared, si lasciava coinvolgere oltre il professionale …..coinvolgimento.
“Jensen è più di una questione di soldi!” disse quasi amareggiato.
“Jared non sei un assistente sociale. Sei un mediatore. Agisci da tale!” replicò professionalmente il procuratore e così dicendo, si alzò dalla scrivania. Infilò alcune carte nella sua borsa e battendo affettuosamente la mano sulla spalle del giovane, si avviò a lasciare l’ufficio.
Si voltò un attimo ancora per guardare Jared che era rimasto fermo con i palmi appoggiati al tavolo di  legno e ancora assorto nei suoi pensieri.
Fece un respiro profondo sentendosi quasi in colpa.
“Ascolta! Ho un paio d’ore di buco per pranzo. Ci vediamo e magari ne parliamo ancora? Ti va?” lo invitò sperando di potergli essere di aiuto in quel momento.
Jared si voltò e solo con gli occhi sembrò ringraziarlo. “Sì. Sì, mi va!”
“Ok! Allora ci vediamo dopo!”
“Jensen?”
“Sì?”
“Grazie!”
“Aspetta a ringraziarmi. Ho detto che ne avremmo parlato e non che avrei fatto qualcosa!!” lo stuzzicò e facendogli l’occhiolino andò via.

…..

Qualche giorno dopo, all’ennesimo incontro con i legali di entrambe la parti in causa, l’unico che mancava era Misha. Era un incontro importante in cui si sarebbe dovuto arrivare ad un accordo sulla cifra reale da dare in risarcimento.
“Rob, dov’è Misha?!” chiese Jared.
“Non lo so. Sto provando a chiamarlo da stamattina ma l’unica cosa che sono riuscito ad avere da lui è un messaggio con cui mi ringrazia di tutto.” spiegò con un tono decisamente apprensivo.
“La ringrazia di che? Qui siamo ancora in alto mare?!” ironizzò Jared e prese il suo cellulare. “Mi dia il numero di Misha!”
L’avvocato prima tentennò e poi acconsentì.
Chi meglio di un mediatore avrebbe potuto convincere il suo cliente a farsi vivo?
Jared si scusò con quelli nella stanza e andò nel suo ufficio per telefonare a Misha.

“Collins?….Misha?”
“Sì?!” fece la voce dall’altro capo del telefono.
“Sono Jared!”
“Salve Jared! Lo sai? Stavo per chiamarti!”
“Ti offendi se ti dico che non ci credo nemmeno un po’?!” disse con un tono scherzoso.
“No. Ma hai ragione. Non ti avrei chiamato!” confessò serenamente.
“Misha dove sei? Perché non sei qui all’incontro?E’ importante che tu sia presente!” cercò di convincerlo.
“Grazie di tutto Jared. Davvero. Ma non credo che ci sia altro per me. Né in quella stanza né fuori!” fu la risposta anche se non proprio rassicurante.
“ Misha ma che significa? Dove sei?! Dimmelo, vengo lì e ne parliamo, ok?!” e ora il tono del giovane mediatore era decisamente allarmato.
“ Addio e grazie ancora!” fece pacatamente.
“No, no, no, Misha??? Misha?? Dive sei? Dimmi dove sei?” quasi gridò Jared a quel saluto per niente rassicurante.
“Addio Jared!” e mise giù.
“Mishaaaa!!” gridò ancora e poi corse fuori dal suo ufficio, ignorando i richiami di Benedict e Sheppard.

Correva per le scale del suo ufficio e nello stesso tempo cliccava frenetico sul suo cellulare.
“Jensen??” chiamò affannato data la corsa.
“Jared?? Che c’è? L’incontro è già finito?!” si informò il procuratore.
“No…no. Ma devi farmi un favore. È importante. Vitale!!” precisò ansioso.
“Che ti serve!”
“Chiama quel tuo amico….Ty…”
“Il tecnico delle intercettazioni?!”
“Sì….per favore…deve aiutarmi! Jensen….per…per favore…” e in quel momento uno stridore di freni.
“Guarda dove vai…idiota!!” fu la voce che arrivò all’orecchio di Jensen.
“Jared???” lo richiamò allarmato Jensen attraverso il telefono.
“Sono qui…sto…sto bene. Mi sono solo distratto un attimo!” cercò di scusarsi il giovane.
“Dannazione, Jared!! Sei per strada?” chiese agitato Jensen.
“Sì, sto’ andando al distretto.” Spiegò Jared.
“Senti, io lo chiamo ma tu…tu datti una calmata e guarda dove metti i piedi, ok?!” disse perentorio.
“Va’ bene. Sarò al distretto tra dieci minuti!”
“Jared?!” lo richiamò.
“Sì. Ho capito!” rispose l’altro.

…….

Quando Jared riuscì a trovare Misha, l’uomo era seduto su una panchina che dava su un grande spiazzo. O meglio, si capiva che lì prima c’era una qualche costruzione che poi con gli anni era stata demolita. Ciò che ne rimaneva era ancora visibile di tanto in tanto tra le erbacce troppo cresciute.
“Posso sedermi?!” fece Jared che si sedette senza aspettare risposta.
“Come hai fatto a trovarmi?!” chiese l’altro senza smettere di guardare il vuoto che aveva davanti.
“Ho qualche buon amico in polizia. E un ottimo aggancio alla procura. Tracciare l’ultima chiamata non è stato difficile!” spiegò soddisfatto il giovane.
“Mmmmh!!”  replicò semplicemente il moro.
“Misha, cosa vuoi?!” chiese poi, Jared, sapendo che Misha avrebbe capito il vero senso di quella domanda.
E Misha lo capì.
Lo guardò appena e sorrise ancora meno.
“Quello che voglio….quello che volevo non posso averlo. Non più. E tu non puoi fare niente perché questa cosa possa cambiare!” esordì amaramente.
“Ti prego , spiegami. Lascia che ti aiuti!”
Misha gli battè una mano sul ginocchio come per rassicurarlo che non lo riteneva responsabile.
“Sai! I primi anni in carcere sono stati gli anni in cui ho dato sfogo alla mia rabbia e alla frustrazione di trovarmi in una situazione che non meritavo. Mi ripetevo giorno dopo giorno, notte dopo notte, rissa dopo rissa, che non era giusto. Non…era…giusto!”, ribadì con una luce negli occhi che Jared gli vide per la prima volta. “Poi, un giorno in cui passai il limite, mi misero in isolamento per una settimana e fu allora che trovai il compromesso con quella sorta di sopravvivenza. Iniziai a non pensare più alla rabbia e alla voglia di vendetta.”
“A cos’altro pensasti?” azzardò Jared sorridendo innocentemente al sorriso sghembo con cui Misha stesso gli sorrise.
L’uomo guardò davanti a loro, come se davanti a loro ci fosse la risposta a quella domanda. “Iniziai a pensare a mia moglie,…” e Jared spalancò gli occhi dalla sorpresa. Misha non era mai stato sposato dato che aveva 15 anni quando fu arrestato.

Ma poi Jared capì e una tristezza profonda gli attanagliò lo stomaco.

“Pensai a quella splendida moglie che avrei baciato ogni sera prima di spegnere l’abatjour della nostra camera. Che avrei infastidito con il solletico prima di fare l’amore con lei. Avrei pensato alle volte che avrei detto a mio figlio che quell’azione che aveva fatto durante la partita di football era stata un vero capolavoro e che ero orgoglioso di lui. E avrei scelto con cura le velate minacce da fare al pretendente di turno della mia bellissima figlia!” concluse quasi con dolcezza Misha. Incredibilmente senza rancore.
“Misha, io…” ma non riuscì a dire altro perché il nodo che aveva in gola non glielo permetteva.
“Vedi, Jared?!  E’ questo che mi è stato tolto e che non posso più avere e che , per quanto tu ti stia impegnando, nemmeno tu puoi darmi. Mi è stata tolta la mia possibilità di avere una vita normale.”
“Non è tardi, Misha!” cercò di convincerlo Jared.
“Amico mio….sono un uomo che ha passato gran parte della sua vita in carcere. Quale donna credi che vorrà farsi carico di un simile peso!” chiese retoricamente. Vedeva Jared che cercava una risposta disperatamente. Per la prima volta lo vedeva in difficoltà, senza parole.
Decise da toglierlo da quell’imbarazzo.
“Sai che cosa c’era su questo terreno?”
“No!” fece sottovoce Jared.
“Casa mia.” disse quasi felice come se la stesse vedendo ancora. “Era una bella casa. Grande e con un grande giardino sul retro! I miei genitori persero tutto quando io fui arrestato. Vendettero tutto per pagare l’avvocato e le spese legali e finirono in una roulotte. E poi al cimitero comunale.”, fece ora, con una nota d’amarezza e colpa. “Ora è uno spazio vuoto!” e poi voltandosi appena verso Jared si mise una mano al centro del petto. “Questo è uno spazio vuoto..” disse battendosi il petto e in quello stesso momento una lacrima rigò il volto del giovane che lo stava ascoltando. “.. e vorrei tanto che nessuno passasse quello che ho passato e che sto passando io, Jared. Vorrei tanto , ma come posso aiutare ….se non riesco nemmeno ad aiutare me stesso?!”

Quanta disperazione c’era in quella frase appena sussurrata. Jared lavorò freneticamente con la mente per poter trovare una risposta. Doveva trovare una risposta.
“Uno spazio vuoto!” sussurrò Jared ancora colpito da quelle parole e da quel gesto e poi ….ecco!!!, sembrò avere l’illuminazione. “Certo!!!! Uno spazio vuoto!” esclamò balzando in piedi, cogliendo di sorpresa lo stesso Misha.
“Ma cosa….”
“Ti darò ciò che vuoi Misha. Credimi, ma devi fidarti di me!!” disse mentre freneticamente cercava  e prendeva il suo cellulare.

“Jensen?!”
“…”
“Dobbiamo vederci. Ora!!”
“…”
“No…non per quello. Ho la soluzione del caso Collins. E ho bisogno del procuratore più in gamba del Tribunale!”
“…”
“Sì, lo so che ho chiamato la persona giusta!!” e corse via non prima di aver chiesto all’uomo che lo guardava sbalordito e confuso di restare dov’era.

…..

“Allora l’accordo è questo: il terreno sui cui sorgeva la proprietà del sig. Collins gli viene restituita. Lo Stato si impegna a costruire un centro di recupero di tutto rispetto per giovani disadattati e il sig. Collins ne sarà responsabile percependo uno stipendio regolare come funzionario statale.”
“Ma questo non è possibile ….” replicò Sheppard.
“ Avvocato Sheppard io penso che lo Stato abbia offerto venti milioni di dollari ben sapendo che la richiesta poteva essere molto più alta dato il danno materiale e morale subito dal sig. Collins. E’ stato in carcere da uomo innocente per venticinque anni. Quindi credo che sia molto più soddisfacente per lo Stato stesso accettare questa proposta che vi è stata fatta. ” concluse Jared, certo che Sheppard non poteva replicare ancora per molto.
“Padalecki, la Procura non….” stava per negarsi ancora.
“La Procura , in nome dello Stato che rappresenta, appoggia in pieno l’accordo del mediatore…” si fece avanti Jensen, appena arrivato, sorprendendo tutti. “…sempre se la parte in causa, nella persona del sig. Collins, è in accordo con la proposta del mediatore.” e così dicendo guardò Misha.
Anche Jared si voltò a guardare l’uomo.

“Non è mai stata una questione di soldi!” disse Misha.

“Lo so, Misha. Allora che cosa vuoi? Che cosa credi sia giusto per te?” chiese , ponendogli esattamente le stesse domande della prima volta che si conobbero.
Misha guardò le persone intorno a lui. Guardò quell’enorme spazio vuoto che forse poteva essere riempito e qualcosa si accese di nuovo in lui. “Accetto la proposta!”
“Grandioso!!” esclamò Jared porgendogli la mano che venne stretta con decisione dall’altro.
“Bene!” fece compiaciuto anche Benedict. “Credo che ci siano delle carte da firmare. Possiamo andare al mio ufficio e concludere tutto.” disse mentre si avviava alla macchina.
Con lui c’era anche la sua segretaria, Vicky.
Misha le aprì lo sportello per farla entrare in macchina e la ragazza gli sorrise cortese e l’uomo arrossì decisamente.

Jared e Jensen videro la scena e sorrisero ed entrambi sperarono che davvero ci fosse un modo per Misha di riprendersi quella vita che gli era stata negata ingiustamente.
 

I due rimasero, almeno per il momento, in disparte, guardando il gruppo che si sistemava per andare.
“Mi piace quando intervieni in modo autoritario e professionale!” fece sottovoce Jared.
“Davvero?!” rispose Jensen, con tono discreto.
“Già!” ammise malizioso.
“E come mai quando invece siamo a letto, detesti che sia io a decidere certe cose?!” lo provocò, l’altro.
“Perché a letto comando io, caro il mio procuratore!” lo stuzzicò il mediatore.
“E da quando, scusa?!” chiese perplesso Jensen.
“Da quando sono passati la bellezza di tre giorni e non mi hai detto che mi ami!” e poi fissandolo con decisione. “Tre giorni!!” ribadì aiutandosi anche con le mani.
“Wow!! È quasi un reato da condanna!” ammise colpevole Jensen.
“Ci puoi giurare, Ackles! Qui si ipotizza un reato di omissione aggravata!” lo avvertì serio.
“Mi piace quando usi termini legali!” fu invece la risposta maliziosa del procuratore.
“Vediamo se ti piacerà ancora stanotte quando ti costringerò a chiedere la clemenza delle corte!” lo minacciò languidamente Jared.
“Allora credo che dovremmo andare a casa. Così avrò la possibilità di intavolare la mia difesa!”
“Che sia qualcosa di molto consistente, procuratore…” ammiccò. “..perché la giuria sarà alquanto esigente!!”
 
Circa un ora dopo…
Facciamo anche due…
Forse tre!!!
 
Jared crollò, per l’ennesima volta, sfinito, sul corpo sempre accogliente del suo compagno che , per l’ennesima volta, se lo strinse forte vicino, godendo del suo calore . Respirando a sincrono con il suo respiro ancora affannato.
Fare l’amore era sempre un esplosione di felicità e piacere per i due ragazzi. Appartenersi fino a raggiungere le proprie anime. Spingersi fin quando il corpo dell’altro poteva accogliere, accogliere fino al punto in cui l’altro poteva donare , era una sensazione che non aveva eguali.
Sentire i propri ansimi affannati ed eccitati fare da eco a quelli del proprio amante era melodia pura. Tremare di piacere uno tra le braccia dell’altro, pura estasi.
 
“Oddio!!, quando dicevi che la giuria sarebbe stata esigente, credevo che….”
“Mentissi?!” disse sorridendo Jared. “Sai che non mento mai quando si tratta di noi.”
“Lo so.” convenne Jensen, attirando il viso del giovane compagno verso di lui, così da poterlo baciare.
“E poi erano giorni che non riuscivamo a stare un po’ insieme. Io con il caso Collins , tu con quello che ne girava attorno….”
“Ma hai sistemato tutto, amore mio.” disse soddisfatto e orgoglioso di lui, Jensen.
“Già, non senza il tuo aiuto, però. Sai ?, questa vittoria è una di quelle che mi fa amare il mio lavoro. Misha ha avuto quello che voleva e con cui potrà ricominciare e tutti ne trarranno benefici.”disse mentre si sistemava sul petto di Jensen che lo abbracciava e che gli lasciava pigre carezze lungo la schiena.
“Mi piaci da impazzire!” esordì Jensen alla fine di quel discorso.
“Beh! stiamo insieme da quattro anni. E’ il minimo!!”asserì Jared anche se dentro di lui qualcosa aveva tremato perché il suo cuore aveva ben inteso il vero senso di quell’affermazione da parte di Jensen.
“Sai che cosa intendo. Che mi piace questo lato di te così appassionato e altruista. Mi piace il modo in cui ci metti il cuore quando capisci che c’è qualcuno da aiutare veramente. Mi piace la luce che vedo nei tuoi occhi quando sai di aver fatto del bene. Mi piace l’idea di far parte di questo tuo mondo…”
“Jensen..” sussurrò emozionato Jared baciandogli piano quella parte di petto sotto cui sentiva battergli il cuore.
“Io….”
“Jensen tu non sei parte del mio mondo. Tu sei parte della mia vita. Una vita che ho capito di vivere appieno, lavoro o no, solo da quando sto con te. Da quando ti sento dire che mi ami e da quando posso dirtelo io.” confessò spostandosi a malincuore da quella sua posizione e issandosi appena sopra il compagno che lo fissava innamorato.
“Allora dimmelo. Dimmelo adesso. Dimmelo subito!” ed era l’ordine più bello a cui Jared voleva obbedire.
“Ti amo, Jensen. Ti amo da morire. Tu sei stato la mediazione meglio riuscita di tutta la mia carriera! Mi ci è voluta una settimana per convincerti ad uscire con me, ma alla fine l’ho spuntata.” disse baciandolo sorridendo in quello stesso bacio.
“Ti confesso che avrei accettato alla seconda offerta!” lo stupì Jensen.
“Cosa??!” esclamò sorpreso il giovane.
“Era così divertente vederti sfoderare le tue armi oratorie per convincermi e poi era una scusa per costringerti a venire nel mio ufficio tutti i giorni!!” confessò soddisfatto mentre cercava di fermare le mani di Jared che cercavano vendetta.
“Ma che figlio di….”
“Ah no!!!! Questo è oltraggio alla corte, Padalecki!!” lo ammonì Jensen, ribaltando le loro posizioni e bloccando il giovane sotto di lui.
Si guardarono, in silenzio, e nei loro occhi la passione, l’amore e il desiderio si accesero di nuovo. Jensen si abbassò per baciarlo, piano, languidamente, intimamente. Godendo del modo in cui Jared si lasciava baciare e ricambiava quel bacio d’amore.
“Accetterò la condanna!” sussurrò Jared mentre Jensen, sorridendo, iniziava a scendere verso il suo collo e poi sempre più in basso, bacio dopo bacio.

 


“Combatti per la giusta battaglia in ogni momento,
                                                                      ogni minuto, ogni giorno….è l’unico modo….”

(Triumph, Fight the good fight)


 


N.d.A: Questa idea mi ha affascinato da quando era solo una "lampadina" nella mia mente contorta. So che i J2 non sono i veri protagonisti, ma sembrano esserlo solo di contorno, ed era questo che mi piaceva. Anche per cambiare un POV ogni tanto.
E poi non ho mentito.
Infondo la storia si chiama Solo alla fine!!
E ciò che c'è tra loro si capisce solo alla fine!!!
Baci Baci!!!

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Capitolo 19
*** Uno splendido libro! ***


UNO SPLENDIDO LIBRO!

Jensen rientrò a casa che era passata la mezzanotte.
Andò in camera e si spogliò lentamente per non fare rumore e per non svegliare l’altro. Anche se sapeva che l’altro non dormiva.

Quel turno in ospedale era stato parecchio pesante.
Erano più di quindici anni che faceva l’infermiere specializzato, ma ciò che era successo quella sera non era qualcosa a cui uno ci si poteva abituare.
Alla morte non ci si abituava mai!
 
Si infilò a letto spostando il meno possibile le coperte e rimase di spalle al compagno che continuava a tenere il suo respiro costante e regolare.
Jensen si sentiva sfinito. Si sentiva svilito.
E quasi istintivamente si rannicchiò su sè stesso. Sentiva freddo e non riusciva a riscaldarsi.

“Jared…” sussurrò piano, quasi impercettibilmente. Senza voltarsi e rimanendo in quella sorta di posizione fetale.
“Mmh!” fu la risposta che ottenne al suo richiamo.
“Lo so…lo so che noi…che abbiamo litigato…”
“Lo so anche io, Jensen.” replicò sarcastico l’altro.
Jensen non rispose a quel sarcasmo. Non ce la faceva.
“Ti prego….ti prego puoi…..solo…” sospirò snervato da come si sentiva. “…solo per un po’…potresti abbracciarmi?!” parve , alla fine, supplicare.
Jensen sentì pochi movimenti alle sue spalle e poi vide la luce accesa sul comodino del giovane compagno spegnersi e non sentì altro.

No. Jared non lo avrebbe abbracciato e allora si rannicchiò di più, cercando di ignorare la stretta al cuore e allo stomaco che lo stavano torturando.

Un secondo dopo, due braccia forti e calde, lo avvolgevano completamente. Il calore del corpo di Jared lo avvolse trascinandolo via da quell’inferno, verso un paradiso più accogliente.
Il fiato di Jared sul suo collo era l’aria che gli permetteva di respirare. Le mani di Jared che lo accarezzavano con una dolce  pigrizia lo stavano rinsavendo lentamente. Il freddo piano piano lo abbandonava lasciando spazio a quel meraviglioso senso di conforto.
“Jensen, che è successo?!” mormorò appena Jared senza mai smettere di far sentire la sua presenza al compagno che sentiva tremare flebilmente tra le sue braccia.
Jensen non disse molto.
“Juliette…..Juliette!”
Jared capì. Conosceva la storia.
“Mi dispiace tanto!” rispose a quel nome e si strinse ancora al corpo di Jensen. “Quando è successo?!” chiese prima di baciare la testa che si era rifugiata nella piega del suo braccio stretto ad abbracciarlo.
“Due ore fa!”
 
Quando Jensen si svegliò la mattina, si rese conto che era ancora molto presto e che Jared , ignorando la sua richiesta di “….solo per un po’..”, lo teneva ancora abbracciato a lui. Stretto, come se niente potesse o dovesse portarlo via.
Sorrise appena, ringraziando Dio, per quel magnifico ragazzo che aveva al suo fianco e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare di nuovo dal sonno.
 
Erano circa le otto, quando Jensen andò in cucina per prendersi un caffè. Quando si era svegliato Jared non c’era e non era nemmeno in casa.
Si sedette al tavolo e spezzettò qualche biscotto, ma oltre al caffè, non riuscì a mandare altro giù. Il suo stomaco era ancora chiuso.
Per Juliette.
Per la lite con Jared.
Per Jared che lo aveva abbracciato ma che ora non c’era in casa e non lo aveva nemmeno avvisato che usciva.
 
Mentre ancora, Jensen, si arroventava il cervello per quei dubbi, la porta di casa scattò e Jared entrò con in mano una scatola di ciambelle e il giornale.
“Sei già pronto?!” fece il giovane, un po’ deluso, vedendo il compagno già vestito e pronto per un nuovo turno in ospedale.  “Sono uscito a prendere il giornale e poi ho visto queste e so che ti….piacciono!” disse mostrando i dolci.
“Credevo fossi andato già a scuola e allora….” sentendosi in imbarazzo per tutti i pensieri che aveva avuto fino ad un attimo prima.
“E’ venerdì Jensen. E lo sai che il venerdì ho una sola ora di lezione alle dieci e poi i colloqui con gli studenti a mezzogiorno!” sembrò ricordargli.
Jensen sospirò confuso, forse imbarazzato per quella dimenticanza. “Già! è venerdì. Ma è che io…”

“Come stai, Jensen?!” gli chiese all’improvviso Jared, non troppo abituato a vedere il compagno in quella situazione.

Jensen non rispose subito. Anche perché non sapeva cosa e come rispondere e si limitò a incerti: “Io…noi….tu….” e solo quando , dopo aver respirato affondo, si sentì più lucido, guardò Jared che ancora aspettava una risposta.
“Jared….mi dispiace.”
“Di cosa?!” rispose il giovane mentre gli si faceva vicino.
“Mi dispiace se ieri notte..io…Insomma so che avevamo litigato e che tu avresti anche potuto non…”
“Jensen mi stai per caso chiedendo scusa perché stanotte hai avuto bisogno del mio appoggio? Credi che per me sia stato un peso doverti confortare?” fece con tono serio e preoccupato.
“No…no…”, rispose allarmato e poi con più fermezza: “No!”
“Bene! Perché questo sì, che mi ferirebbe.” gli ribadì Jared.

A Jensen in quel momento venne come una sorta di panico. Non voleva assolutamente che Jared pensasse una cosa simile.
“No. Io non voglio…non voglio ferirti, Jared. Non lo vorrei mai. Te lo giuro!” gli disse alzandosi dal suo posto e andando incontro al compagno, che non esitò un attimo prima di mettergli le mani forti sulle spalle contratte dalla tensione. Voleva che Jensen sentisse quella sua forza e che capisse che lui non lo avrebbe lasciato in quello stato.
“Ok!Ok! allora dimmi: come stai?!” gli ripetè con più dolcezza.
Il biondo si perse nella dolcezza con cui Jared lo stava guardando e confessò ciò che lo stava turbando.
“Per la prima volta…per la prima volta ho avuto paura per noi, Jared!”
“Per noi?!” domandò confuso.
“Conosci la storia di Juliette.”, fece Jensen e Jared annuì. “Lei decise di curarsi qui, perché c’era il suo ragazzo. Arrivò perfino a litigare drasticamente con i suoi, pur di restare qui a Houston e quando il suo ragazzo è sparito, lei non ha avuto il coraggio di richiamare i genitori. Nemmeno quando la malattia ormai non le lasciava più scampo, nonostante cercassi di convincerla….il suo orgoglio è stato più forte di lei. E ieri è morta. E ora non potrà più parlare con nessuno, con i suoi genitori. E nessuno di loro avrà mai più la possibilità di chiarirsi , domandare scusa, ricevere perdono. Niente. Finita così.” E alla fine di quel suo triste resoconto Jensen era quasi isterico.

No!, in verità, a Jared, Jensen parve spaventato.

Cercò così di calmarlo. Lo fece sedere di nuovo e provò a parlargli con tutta la dolcezza e la calma di cui Jensen, in quel momento, aveva bisogno.
“Amore mio, per quanto tutto questo mi dispiaccia, cosa c’entra con noi?!”
Jensen lo guardò. Una sua mano si alzò per andare ad accarezzare il volto crucciato ma comunque dolcissimo di Jared.
“Non voglio più litigare con te Jared. Ti prego non litighiamo più. Non sopporto l’idea che possa succedere qualcosa e noi non ….non avessimo la possibilità di…”, ma non finì, perché un bacio dolcissimo di Jared gli stava chiudendo gentilmente le labbra. Il giovane in ginocchio davanti a lui, si era issato sulle ginocchia e lo aveva baciato gentilmente.
E Jensen si abbandonò a quella pace.
Ritrovò la sua calma in quel bellissimo bacio. Risentì il battito regolare del suo cuore grazie a quel contatto meraviglioso.
L’amore di Jared, per Jared, sfavillò esattamente come aveva sempre brillato.
 
Quando Jared si allontanò dal suo viso erano solo i loro occhi mantenere unito quel legame tra loro.
“Ti prego promettimelo!” insistette dolcemente Jensen, rimanendo fronte contro fronte.
“No!” rispose deciso Jared.
“Ma ….”
“Io non voglio smettere di litigare con te, Jensen.” asserì con docile decisione, Jared. “Io adoro litigare con te. Adoro vedere l’esasperazione far brillare quel magnifico verde dei tuoi occhi. Adoro vedere la tua espressione quando litighiamo e sai che hai ragione e io torto. E amo alla follia quando invece ti guardo e vedo che sai che tu hai torto e io ragione.”, rivelò sorridendo amorevolmente. “Amo il modo in cui incroci le braccia al petto come un bambino capriccioso. Amo il modo in cui prendi in giro me quando faccio il broncio.”, lo provocò arricciando appena le labbra e rendendole imbronciate e sorrise nel vedere Jensen finalmente sorridere. “Impazzisco di gioia quando mi baci dopo aver litigato. E impazzisco quando facciamo l’amore per fare pace.”, fece ancora, imprigionando il volto del compagno tra le sue mani. Tenendolo al sicuro. “Perciò, no. No, Jensen. Non voglio smettere di litigare con te!” ribadì, baciandogli le labbra piene e appena tremanti.
Jensen rispose al bacio con la stessa dolcezza, abbracciando il giovane compagno e stringendoselo al petto. Stretto a lui, per sentirne il calore. Stretto al suo petto, perché i loro cuori potessero battere insieme. Stretto tra le sue braccia, perché niente , ora, sul serio, potesse portarglielo via.
 
Jared si beò di quel momento e mai come in quel momento stesso, ebbe conferma di ciò che lui e Jensen erano
“Amore mio…” fece il giovane. “…noi siamo anime gemelle. E di questo ne sono convinto. Possiamo litigare, gridare di gioia e urlare di rabbia o stare semplicemente in silenzio, ma le nostre anime sapranno sempre quello che proviamo l’uno per l’altro, perché si leggono dentro.”
“Tu mi leggi dentro?!” chiese con tono leggermente ironico Jensen.
“Jensen, tu sei il libro più bello che io abbia mai letto!” fu la risposta che ebbe in cambio.
“E cosa farai quando arriverai alla fine del libro?!” chiese con tono dolce Jensen, accarezzandogli il viso adorato e adorante.
“Ricomincerò d’accapo!”

 


Quando la sera sfuma e appaiono le stelle 
e non c'è nessuno ad asciugare le tue lacrime
potrei stringerti per un milione di anni 
per farti sentire il mio amore”

(Make you feel my love, Adele) 

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Capitolo 20
*** Tutto ciò che voglio.... ***


TUTTO CIO’ CHE VOGLIO…..


Erano chiusi nella camera da letto da ore. Avevano un week-end tutto per loro e Jared e Jensen avevano deciso di passarlo a casa, in piena tranquillità. Facendo le cose più semplici. Amandosi ogni volta che ne avevano voglia o sentivano quell’intima necessità di appartenersi.
Jensen era ancora a letto mentre Jared era in bagno per farsi una doccia.
Erano i primi caldi di quella che si preannunciava un calda estate e il più giovane già iniziava a patire quelle temperature. Quindi, ogni tanto spariva per andarsi a “sbollire” con una doccia fresca.
 
Quando uscì dal bagno, aveva indosso solo un asciugamano legato intorno alla vita e Jensen non potè che bearsi di quella immagine. I capelli ancora un po’ umidi ricadevano ribelli sulle spalle nude. Fortunate goccioline d’acqua gli scivolavano lungo il torace ben delineato fino a concludere quella loro corsa tra le pelle e la spugna abbracciata ai fianchi ben torniti.
Il giovane però aveva un espressione ben diversa da quella che aveva quando lo aveva lasciato a letto per andarsi ad infilare sotto la doccia. Ora sembrava lontano, pensieroso. Forse triste.
E quando, invece di raggiungerlo di nuovo, Jensen lo vide sedersi sulla poltrona di fronte al letto, capì che cosa turbava i pensieri del suo giovane e dolcissimo amante.
“Jared..”

Il giovane non rispose, ancora assorto dai quei suoi pensieri che credeva segreti.

“Jared, dovresti parlare con lei!” suggerì con dolcezza. “Non puoi continuare a tormentarti così. Non puoi continuare a tenere questo segreto.”
“Lo so. Hai ragione.”  Convenne Jared, che si lasciò scivolare nei cuscini della comoda poltrona.
“Ma, cosa, allora?!” lo anticipò Jensen.
Jared sospirò esasperato, forse esausto di farsi sempre la stessa domanda e come al solito non avere o trovare la giusta risposta.
“Io…io devo trovare il momento e le parole giuste.” Sembrò volersi giustificare.
“Sei un procuratore, Jared. Il momento e le parole giuste , dovrebbero essere il tuo pane quotidiano!” lo provocò Jensen, mettendosi seduto per potergli parlare meglio. Sapeva di doverlo spingere verso quella direzione, perchè ormai erano mesi che Jared si tormentava in quella scelta.
“Jensen, io le voglio bene. Un bene dell’anima, tu lo sai!” sussurrò nascondendosi il volto tra le mani, come se si vergognasse di quello che aveva appena detto.
“Piccolo, è proprio perché so quanto le vuoi bene, che non puoi continuare a mentirle così. Più le mentirai, più porterai avanti questa menzogna, più farà male quando sarai costretto a dirle tutto.”

Jensen sapeva che dire a Jared una cosa del genere  gli avrebbe fatto male, ma non poteva evitarlo, semplicemente perchè era la stramaledetta verità.
Quanto mai le menzogne facevano bene alle relazioni!?

“Jensen tu non capisci….io….Dannazione!!” fece frustrato. “Ogni volta che mi decido. Ogni volta che sto per dirle tutto, che sto per dirle ogni cosa, lei mi abbraccia e mi dice quanto sia felice, quanto mi ama.. e io..io… divento di nuovo un codardo e non le dico più niente!” continuò ad autoaccusarsi il giovane.
“Jared, lo scoprirà prima poi. Lo verrà a sapere se non da te, da qualcun altro. Questa cosa….” indicando quello che avevano intorno e loro stessi: “..questa cosa non resterà segreta a lungo.
Niente rimane segreto per sempre!”
Jared sospirò. Jensen aveva ragione.

Avevano rivelato perfino i segreti di Fatima!! Che vita avrebbe potuto mai avere quel loro segreto???

“E’ mia madre, Jensen!” esclamò sfinito. “E quando le dirò che ho mandato all’aria il matrimonio che stava preparando per noi due, mi ucciderà e poi ucciderà te perché lei non lascia mai le cose a metà!!” fece con un sorriso nervoso.
“Andiamo, Jared!!” sospirò affranto Jensen. “Le spiegheremo tutto. Vedrai!! Capirà!!” cercò di consolarlo.
“No. Non capirà!” replicò deciso l’altro. “Jensen, mia madre sta architettando il nostro matrimonio da quando tu mi hai fatto la tua proposta davanti ai suoi occhi. E lo hai fatto inginocchiandoti davanti a me, come il più romantici dei film.” Sembrò volergli ricordare. “Sai che cosa significa questo per una madre “wedding planner” mancata?” domandò retorico. “Significa follia pura. Significa carta bianca su ogni scelta.” Rispose prima che Jensen potesse dire qualcosa.
“Jared , andiamo. Non….”
“Mia madre ha deciso già dove deve andare ogni singolo addobbo che adornerà il giardino di casa sua, dove dovrà essere celebrato il matrimonio…” gli spiegò con inquietudine. “…sa esattamente dove dovrà sedersi ogni singolo invitato.  Quante candele dovranno esserci su ogni tavolo per il ricevimento. Per l’amor di Dio, Jensen….mi ha preso le misure per il vestito e ha preso anche le tue!!” esclamò esasperato.
Già!! in effetti era stato un attimo inquietante quando , quel giorno a pranzo dalla donna, i due ragazzi si erano ritrovati ricoperti di carta da modello e metri da sarta.
“Oddio!!” si ritrovò a sussurrare. “Sì…in effetti…..”
“E oramai io non so più che scusa prendere quando lei continua a chiedermi perché diavolo non passiamo dalla sarta per la prova dei vestiti!!” riferì.
“Cosa vuoi fare, allora?!” chiese Jensen, dolcemente, mentre si alzava da letto legandosi alla vita il lenzuolo che fino a pochi momenti prima gli copriva le lunghe gambe.
“Non lo so, amore. Non lo so. So solo che ho fatto un gran casino!” rispose scuotendo la testa.
“Casino?!” replicò perplesso Jensen. Che Jared avesse o stesse avendo dei ripensamenti?
“Jensen lei voleva solo avere il “suo” matrimonio. Come tutte le madri e io che faccio?..vengo a New York con te, per un week-end e ti convinco a sposarmi nell’arco di poche ore. Una firma dal giudice di pace e via. Matrimonio fatto e consumato!!” e schiaffeggiò indispettito la gamba del compagno vicino a lui, quando gli vide sul viso un espressione decisamente soddisfatta al ricordo di come avevano “consumato” quel loro matrimonio non previsto.
Non in quel modo almeno!!

Jensen gli sorrise ancora. Questa volta in modo diverso: dolce, comprensivo, rassicurante. Gli si mise di fronte e invitò il giovane marito a socchiudere le gambe così che lui vi ci si potesse sedere sopra , divaricando appena le proprie.
Jared lo guardò. Si perse in quegli occhi meravigliosamente verdi che brillavano ogni volta che lo guardavano. E sorrise sentendosi confortato quando Jensen gli mise le mani intorno al viso.
Non resistette. Jared si tirò su di scatto e andò ad abbracciarsi forte al busto forte del compagno che lo accolse con la stesso trasporto.
Jensen gli accarezzava la schiena con movimenti pigri e lenti mentre sentiva Jared sussurrare nascosto contro il suo petto , timidi “Come glielo dico!!?”
Poi, Jensen, con dolcezza costrinse il giovane a guardarlo e quando i loro sguardi furono di nuovo uno legato all’altro, il maggiore si chinò appena per baciarlo.
“Ora, ascoltami!” fece con calma. “Tutto ciò che voglio è vederti felice. Non chiedo altro. Ti amo. Ti amo immensamente e io…io non riesco a sopportare di vederti così affranto e in colpa…”
“Jensen, io non….”
“No, sta' zitto e ascoltami!” fece con convinzione. “Ora ti dirò una cosa, ma non voglio che tu fraintenda. Ok?”
“Ok!” fece remissivo.
“Lunedì mattina andremo da Robert..”
“Benedict?!” domandò perplesso Jared.
“Sì, esatto.” Convenne Jensen.
“Ma …è ….è un… divorzista?!” quasi balbettò Jared.
“Esatto di nuovo!” ironizzò Jensen.
“Cosa?...no!!” esclamò stranito Jared. “Io non…”, ma non riuscì a dire altro perché Jensen gli stava chiudendo la bocca con un bacio che non lasciava repliche.
Quando il maggiore gli lasciò libere le labbra , Jared restò a fissarlo stralunato, confuso.
“Posso continuare?!” chiese sarcastico rubandogli un ultimo bacio leggero a fior di labbra e Jared annuì appena. “Andremo da lui, gli spiegheremo la situazione e cercheremo un modo per far annullare il matrimonio contratto a NY, così da poterne celebrare uno qui , a Houston, con tutti i sacri crismi. Conclusione: tua madre felice, tu felice, io felice!!” concluse certo di aver trovato la soluzione perfetta.
Jared lo guardò stranito e Jensen , per la prima volta non riuscì a decifrare la sua espressione.

“TU. SEI. FUORI. DI. TESTA!!!!”  gridò Jared che cercò di spingerlo via, mentre invece Jensen, poggiandogli le mani al petto, lo costringeva a stare giù e lo teneva prigioniero della poltrona. Conosceva perfettamente Jared, e sapeva che se lo avesse lasciato alzare da quella sedia, il giovane compagno, avrebbe cominciato ad andare in giro per la stanza come un leone in gabbia , infuriato.
“Fammi alzare!!” ringhiò Jared.
“No. E dimmi perché sarei fuori di testa!!” insistette Jensen.
“Perché non ho nessuna intenzione di annullare il nostro matrimonio!!” disse senza pensarci sopra troppo a lungo.
“E allora come intendi risolvere la questione, Matlock?!” lo provocò Jensen.
Jared per un attimo ingoiò una possibile risposta, poi però, sembrò accettare quella che era l’unica soluzione di quella situazione assurda.
“Parlerò con lei. Le dirò tutto. Le chiederò perdono di questa …follia d’amore. E se servirà….cavolo!!, piangerò come un dannatissimo bambino che sa di aver fatto un casino con i fiocchi!!” spiegò risoluto.
“E come la metti con il matrimonio?!” gli ricordò Jensen accarezzandogli il viso.
“Le dirò che potrà organizzare il ricevimento più sfarzoso che le verrà in mente, che non le negherò un solo fiocco o un solo fiore da usare come addobbo. Che avrà carta bianca su ogni cosa voglia avere per realizzare il “suo” matrimonio! Torta e colombe compresi!!” riferì , certo che quella fosse l’unica possibilità di scampo.
“Sicuro?” fece Jensen vedendo sul volto del giovane una dolce decisione.
“Sicuro.”
“Ok! Lo faremo insieme!” asserì allora il maggiore, facendo sua quella stessa decisione.
“Davvero?!” domandò sorpreso Jared.
“Ricordi? In ricchezza e in povertà. In salute e malattia. Nella buona e nella cattiva sorte! ….e credo..” sorridendogli appena: “…che dopo che tua madre saprà quello che abbiamo fatto, la nostra non sarà una sorte …come dire….tranquilla!” scherzò.
“Così non mi aiuti, Jensen!” sospirò afflitto Jared, abbracciandosi a l marito.
“Vediamo se ti aiuto così!” fece Jensen.
Con un movimento leggero, li liberò del lenzuolo che aveva attorcigliato in vita e scivolò piano verso il bacino del compagno, che ebbe un sussultò di piacere quando vide quel gesto.
“Ti amo, Jared. Matrimonio o non matrimonio. Ti amo!” disse Jensen mentre iniziava a baciarlo lungo il collo teso da quello che stava accadendo. “Ti starò sempre accanto qualsiasi sia la tua decisione. Qualunque cosa tu scelga di fare. Ti amo. Ti amerò sempre.” E piano le sue mani scesero ad accarezzare sensualmente il petto, sempre più affannato di Jared, beatamente imprigionato sotto di lui.
Jared lo guardava, rapito. Trepidante. Sempre più accalorato dal modo in cui Jensen stava su di lui. Dal suo tono di voce. Da ciò che gli stava dicendo.

Mio Dio!!, quando lo amava.  Faceva quasi male al cuore tutto l’amore che provava per Jensen.
NY, Houston, una cappella gestita da Elvis a Las Vegas, il deserto più caldo o la calotta polare più gelida…non aveva importanza.
Avrebbe sposato Jensen mille e mille volte e in mille posti diversi.
 
“Che cosa ho fatto per meritarmi te, amore mio!” rispose Jared afferrandosi ai fianchi di Jensen, tesi a causa della posizione in cui era seduto sulle sue gambe.
“Eri bravo a scuola..” disse baciandogli un labbro. “…sei sempre stato un bimbo ubbidiente..” baciandogli anche l’altro. “ Non dicevi bugie e….” scendendo piano sul collo per poi seguire la linea forte della spalla. “…e ogni volta che chiedevi un dono a Babbo Natale chiedevi il “giocattolo più bello!” fece sorridendo ammiccante.
Jared ricambiò, sensuale, quegli stessi baci e con la stessa malizia chiese: “Saresti tu il….giocattolo più bello?”
Jensen fece spallucce e arricciò imbronciato le bellissime labbra quando si rese conto che anche l’asciugamano di Jared era di troppo.
“Diciamo che ti permetterò di giocare con me anche adesso, se farai il bravo e ti farai togliere questo inutile pezzo di stoffa!” fece tirando appena la spugna.
Jared non se lo fece ripetere due volte e si mosse quel tanto da poter permettere a Jensen di tirare via l’asciugamano.
 
Un attimo dopo, entrambi nudi, entrambi abbracciati, non permisero nemmeno all’aria di intromettersi tra i loro corpi uniti.
La piccolezza della poltrona rese i loro movimenti impercettibili ma comunque intimi e profondi. Un dondolio ritmico e sensuale che accendeva di volta in volta il loro desiderio. Jensen si spingeva contro il corpo accaldato e irresistibile del compagno, mentre Jared, rapito dalla sensualità con cui Jensen “danzava” su di lui, non poteva fare altro che assecondare quei docili affondi e perdersi nel corpo del compagno.
Quando il piacere più intenso li raggiunse, lasciandoli estasiati e sfiniti uno tra le braccia dell’altro, ancora in quell’intima posizione,  fu Jared , quello che cercò di riprendere per primo quella lucidità che meravigliosi gemiti e affannati respiri, avevano portato via.
 
“Mi amerai lo stesso e in questo modo, anche dopo che mi avrai visto supplicare perdono a mia madre?!” gli sussurrò piano.
Jensen si spostò appena e lasciando quel confortevole posto che era il collo di Jared, si tirò su per guardare il compagno negli occhi. Gli sorrise.
“Supplicheremo perdono insieme!” lo rassicurò, baciandolo ancora e poi, quasi come se all’improvviso gli fosse venuto in mente qualcosa:
“Jared..prima hai …hai per caso …detto…. “colombe” ?!” domandò perplesso.
“Non chiedere, amore mio. Non chiedere!” rispose frustrato e tornando ad abbracciarsi al suo Jensen.
 

Due giorni dopo……
“Mamma ….mamma ti prego…..non lo abbiamo fatto perché non volevamo il matrimonio che stavi organizzando tu…”
“E allora cosa?!” fece la donna con le lacrime agli occhi.
“Noi volevamo solo…..solo sposarci!” si intromise Jensen.
“Perché cosa credi che volessi io? Mandarvi in guerra???!” fece quasi offesa e Jensen si ammutolì, colpevole.
“Mamma….mamma per favore. Hai ragione. Non avremmo dovuto. Non così!!”
“E allora perchè lo avete fatto?!” chiese , confondendo quella domanda in un singhiozzo amaro.
“Perché ci amiamo. Perché siamo innamorati e a volte gli innamorati fanno cose incomprensibili agli occhi degli altri.”
“Jared, ma…” cercò di replicare la donna. Non ci riuscì anche perché vedeva quella luce particolare negli occhi del figlio. Quella luce che aveva iniziato a brillare solo da quando aveva conosciuto Jensen.
E poi guardò Jensen, e nei suoi occhi, vide quella stessa identica luce.
“Non volevo….non volevamo farti soffrire. Devi credermi!” pregò ancora.
“La prego..” sussurrò in colpa anche Jensen, avvicinandosi al giovane marito.
La donna riprese il controllo. Si asciugò il viso e poi si avvicinò ai due giovani che rimase fermi e in attesa di quella che sembrava essere la sentenza o la punizione più che dovuta.
“E va bene. Posso anche perdonarvi….” Iniziò con calma.
“Oddio ti ringrazio!!” esclamò entusiasta Jared.
“Ma…” lo fermò la madre.
“Ma?!” fece eco Jensen notando uno sguardo non proprio rassicurante sul volto della donna.
“Voglio il ricevimento. Come l’ho sempre sognato.”
“Lo avrai!” l’assecondò Jared.
“E come lo stavo preparando.” continuò lei.
“Addobbi e fiori compresi!” convenne Jensen.
“E la torta!” proseguì certa che non le avrebbero detto di no. “Con tanto di taglio e foto!” azzardò ancora.
“Assolutamente!” fecero in coro i due neo sposi.
“E voglio anche le mie colombe!” continuava mentre ormai di nuovo in preda alla frenesia della “missione ricevimento” spariva dal soggiorno per recuperare tutte i suoi giornali e preventivi vari.

I due ragazzi restarono nel soggiorno, felici di aver scampato il pericolo.
Poi Jensen, decisamente spaesato, guardò Jared e titubante chiese:
“Mi dici a che diavolo servono le colombe?!”
“Non chiedere, amore mio. Non chiedere!!” rispose Jared, esattamente come gli aveva risposta la prima volta
.
 



“Guardami toccami stringimi
Regalami un istante
Tra quelli nostri più intensi
Un attimo importante
Fammi sorridere abbracciami
Rendimi felice…”

(Un attimo importante, A. Britti)

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Capitolo 21
*** L'ascensore. ***


L’ASCENSORE!

Le porte dell’ascensore si chiusero e i due occupanti si scambiarono a malapena uno sguardo di cortese saluto, anche perché uno dei due era impegnato in quella che sembrava essere una conversazione piuttosto accesa e doveva essere anche parecchio incazzato dato che schiacciò con violenza il tasto per il ventiduesimo piano.

“Sei un bastardo Tom. Ti avevo detto che se lo avessi fatto ancora, ti avrei sbattuto fuori di casa. Beh! Indovina?? Tu ti sei sbattuto Frank. Io ti sbatto fuori. E’ finita!!” ringhiò infuriato e mise fine alla conversazione.

L’altro, fermo all’angolo opposto della cabina meccanica, lo aveva guardato con discrezione e non aveva potuto non notare i lineamenti decisamente belli del ragazzo. I capelli biondi, quasi rossicci, ma non eccessivamente. La decisone della sua corporatura ben definita. E poi quegli occhi. Dannatamente verdi che se anche li aveva appena visti, non erano passati inosservati.
Alzò di poco lo sguardo per osservare il suo vicino che sembrava voler riprendere il controllo dopo quella sfuriata telefonica.

“E’ sempre uno schifo quando succede così!” affermò senza scomporsi più di tanto e guardando subito dopo quando mancava per il suo di piano. Il ventesimo.

“Come scusa?!” ribattè ancora agitato l’altro.
“Scusa! Non è mia abitudine ascoltare le conversazioni degli altri, ma data la nostra situazione….” affermò indicando il luogo ristretto in cui si trovavano.
“Sì. Già!!” convenne. Non poteva dargli torto anche perché lui non era stato per niente discreto mentre liquidava Tom. “Comunque hai ragione. E’ uno schifo!”
“Sembra che non lo facciano mai apposta e che tutto sia sempre colpa dell’altro!” affermò ancora quello che continuava a parlargli senza calcare mai troppo sul tono.
“Wow!! Conosci Tom?!” ironizzò il neo-single mentre riceveva in risposta un sorriso altrettanto ironico.
Quel ragazzo era alto, con un fisico decisamente imponente. Aveva i capelli lunghi quasi fino alle spalle, castani ma non tanto scuri. I suoi occhi erano di un colore chiaro indefinito: verdi, forse lievemente azzurri ma di certo c’erano delle venature dorato o forse ambrate a colorargli le iridi.
Quello sguardo che sembrava scrutarlo eppure pareva appena guardarlo
Tutto di lui sembrava essere indefinito e questo lo rendeva decisamente attraente.
 
Cavolo, se è affascinante!
Dio!, che occhi!
 
Il biondo rimise il cellulare nella tasca della giacca e porse la mano al suo vicino.
“Piacere! Io sono….” stava per dire il suo nome quando l’altro lo fermò.
“No!” fece il giovane.
Il suo sguardo era mutato. Era deciso. Concentrato. E il colore dei suoi occhi era come se si fosse acceso di un qualche desiderio nascosto.
Con movimenti lenti aveva messo via anche il suo di cellulare e i suoi occhi sembravano studiare, scrutare il suo interlocutore sconosciuto.
“Niente nomi. Almeno per una volta. Niente nomi!” sussurrò con un tono basso e vibrante mentre afferrava con decisione ma non rudezza la mano ancora tesa verso di lui.
“Ma io…” balbettò l’altro, decisamente colto alla sprovvista.
“Fermami…. se non vuoi!” e in un attimo azzerò lo spazio tra di loro e si avventò sulle labbra schiuse dalla sorpresa di quel suo inatteso partner.
Il biondo non  lo fermò. Decisamente non lo fermò.
L’impavido baciatore, elettrizzato dal non essere stato respinto, spinse con cautela l’altro contro la parete dell’ascensore e solo dopo aver stuzzicato con sensualità quelle bellissime labbra carnose, si staccò a malincuore da loro.
Guardò quei meravigliosi occhi verdi che avevano ripreso a fissarlo tra un misto di desiderio insoddisfatto e incredulità …incredula.
“Non mi hai fermato!” asserì dolcemente soddisfatto e al tempo stesso spaventato dal fatto di non essere stato fermato.
“Non volevo fermarti e non…” ma sembrò quasi imbarazzarsi di quella che era la conclusione della sua frase.
“Non…cosa?”
“Non volevo fermarmi!” soffiò appena dalle labbra.

I due si guardarono, in silenzio. Nessuno si mosse da quella stretta in cui erano finiti. Entrambi sentivano che qualcosa stava accadendo. Improvvisa, insensata, irragionevole, sconsiderata.
Ma entrambi non riuscivano a spiegarsi , nel segreto delle loro menti, del perché non riuscivano ad allontanarsi.
“E allora non fermiamoci!” azzardò colui che aveva preso l’iniziativa.
L’altro guardò i tasti che si illuminavano di piano in piano e ne mancavano ancora diciotto e la tastiera elettronica segnalava che nessuno aveva richiesto una fermata al piano.
Guardò quegli occhi di un colore indefinito le cui sfumature ambrate sembravano brillare d’oro. Sorrise appena al leggero tremore che vedeva su quelle labbra che l’avevano appena baciato. Anzi, che gli avevano appena tolto il fiato.
 
Da quando non veniva baciato così!?
Da quando non provava quello che stava provando in quel momento? Paura, eccitazione, adrenalina.
Sapeva , sentiva che anche l’altro si trovava nella sua stessa eccitante confusione, glielo leggeva sul viso.
Ma se il primo passo non era stato il suo, questo lo sarebbe stato.
 
“E allora non fermiamoci!” confermò il biondo, trovando il coraggio in quell’inaspettato desiderio che sentiva già pulsargli al basso ventre. Allungò la mano verso la tastiera dei comandi e premette il pulsante di arresto.
La cabina si fermò a metà tra due piani.

……

I movimenti benché frenetici non erano mai bruschi, ma erano avvolti da una patina di passione. Le mani raggiungevano, vogliose, la pelle al di sotto delle loro camicie, stringendo e brandendo con caldo desiderio quella pelle che già scottava al pensiero di quello che stava accadendo e che sarebbe accaduto.
Il ragazzo dagli occhi di ambra , pur non smettendo mai di guardare quel suo inaspettato amante, fece scendere le mani verso la cintura dei pantaloni iniziando a sbottonare con movimenti ansiosi la cinta e poi la cerniera e in quel tentativo, la sua mano accarezzò gentilmente l’ormai esposto desiderio dell’altro che gemette e si aggrappò istintivamente ai fianchi ben torniti e sodi del giovane.
Il pantalone scivolò lungo le gambe e il contatto tra i loro bacini divenne più consistente e deciso e caldo e fremente e….pazzesco!!!
“Anche tu!” sussurrò ansimante il biondo e la sua voce era roca di languida voglia.
Non c’è bisogno di dire che il giovane che non smetteva mai né di accarezzarlo né di baciarlo, non se lo lasciò ripetere.
“Toglimeli tu!” ghignò sulle labbra carnose e arrossate dell’amante che , veloce e tremante, obbedì.
In un attimo entrambi avevano i pantaloni calati, i corpi vicini, le loro intimità che  affamate e frementi si deliziavano di quel sensuale strusciamento.
“Girati!” fece quello più giovane e quando l’altro lo guardò quasi spaurito fece ancora, sorprendendolo: “Vuoi?!” e sembrò quasi una preghiera.
Il biondo deglutì e senza lasciare al suo cervello tempo per analizzare la cosa, si girò faccia alla parete metallica della cabina. Alzò le mani all’altezza del viso , poggiando i palmi contro il metallo, come per sostenersi. Sentì l’altro sistemarsi dietro di lui, contro di lui. La liscia carezza del cotone dei boxer fu sostituita da quella più sensuale del calore della pelle.
E poi , lenta quasi timida, sentì il palesarsi di quella presenza intima e allora si mosse per assecondare i movimenti e facilitare …il resto.
 
Tutto ciò che accadde fu fuoco, fu magia. Fu passione, fu follia.
 
Furono ansimi accaldati, respiri affannati, sospiri tremanti,  movimenti cadenzati. A volte veloci, a volte lenti e profondi.
Un dolore sottile. Un godimento avvolgente.
Furono mani intrecciate. Dita con le dita. Dorso contro palmo. Labbra contro labbra.
Baci sulle braccia. Baci sulla nuca.
Un muoversi ritmico. A volte esigente , a volte  esitante.
E poi fu il piacere. Forte, caldo, sconvolgente. Profondo!!
Inaspettatamente travolgente.
Soffocato in un grido contro il dorso di una mano e su una schiena tesa e tremante.
E poi avvenne. La cosa più sconvolgente.

Un abbraccio.


Quelle mani che fino a quel momento stringevano delle mani contratte alla parete, ora, lentamente, scendevano verso il petto ansimante del biondo e lì si fermavano come per sostenerlo, per chetare quel respiro affannato. Le braccia lo stringevano e lui non riusciva a sottrarsi a quell’abbraccio e tremò quando a quella stretta, un bacio leggero dato alla base della nuca si mostrò , quasi timido.
E anche l’altro tremò , quando un braccio del biondo, piegandosi all’indietro, andò a posarsi sulla curva della sua schiena ancora appoggiata a lui. Il tocco di quella mano fu calda, gentile e decisa al tempo stesso.
“Stai… bene?!” si ritrovò a chiedere il ragazzo ancora stretto a quel corpo caldo.
“Sì!” rispose in un sospiro , il biondo, fermo in quella stretta. Decidendo, stranamente, di godersi quel momento assurdo.
C’avrebbe pensato dopo a darsi dell’incosciente!!!

……

L’ascensore riprese la sua corsa mentre i due riassettarono i loro vestiti.
Uno potè infilarsi la camicia di nuovo nei pantaloni, l’altro no. Il suo piacere aveva lasciato tracce sulla stoffa che non sarebbero passate inosservate.
Allora sistemò la camicia al di sopra dei pantaloni.
Tutto in rigoroso silenzio. Un silenzio che veniva interrotto di tanto in tanto solo da uno sguardo fuggevole che continuavano a scambiarsi. Fuggevole quanto i loro sorrisi sfuggenti.
Furono presentabili appena in tempo quando l’ascensore si fermò al ventesimo piano. Il classico “ding” sembrò riportare entrambi alla realtà.
Il ragazzo dagli occhi di ambra si diede un ultima occhiata e naturalmente guardò un ultima volta quel ragazzo le cui iridi verdi avrebbero fatto impallidire il più prezioso degli smeraldi.
 
Le porte della cabina si aprirono sul corridoio del piano.
“Ciao, sconosciuto!” fece il ragazzo prima di uscire. Sulle labbra un qualcosa di felice e triste allo stesso tempo. Espressione identica di chi lo stava guardando andare via.
“Addio….sconosciuto!” rispose quello rimasto nell’ascensore.
Poi le porte si chiusero per riaprirsi al ventiduesimo piano.

....
 
Il biondo uscì dalla cabina e si diresse nel suo ufficio. Doveva cercare  un modo per “rimediare al suo incidente” ben visibile sui suoi pantaloni.
La camicia avrebbe potuto anche tirargli un brutto scherzo!!
“Jensen!!!!” fu il richiamo allegro che arrivò poco dopo. “Alla buon ora! Ma dove eri finito?”
“Misha, ciao!! C’era traffico e poi….e poi non sono in ritardo!!”
“No. Non sia mai che Mr. Ackles sia in ritardo!!” scherzò Misha, collega di Jensen.
“A che devo tutto questo entusiasmo?!” domandò il ragazzo mentre con uno straccio cercava di strofinare la stoffa dei pantaloni. Quella zona appena accanto alla cerniera.
“Che hai fatto?!” domandò invece di rimando Misha.
“Stupidissimo caffè!!” inventò al momento. “Allora?” ripetè cercando di sviare lì attenzione da lui e da quello che stava facendo.
“Oggi si festeggia!!!” esclamò entusiasta l’amico.
“Cosa o chi?”
“Il nuovo responsabile di settore.” Rispose con tono riverenziale, Misha.
“Ma non doveva arrivare tra due giorni?!”
“Sì, ma a quanto pare, vuole dare un occhiata in giro. Dicono che sia uno in gamba!!” riferì mentre metteva in disordine le cose sulla scrivani dell’amico.
“Finalmente ci affiancano uno che sa il fatto suo?!” domandò ironico e nel frattempo rimetteva in ordine il caos che aveva creato Misha sul suo tavolo da lavoro.
“Lo spero , amico. Quel Marv era un vero incubo. E aveva anche deliri di Onnipotenza!” ripensando al periodo di sei mesi orribili con l’ormai ex collega.
“E infatti lo hanno rinchiuso!” gli ricordò Jensen. “Il poveretto ha avuto un esaurimento nervoso con i controfiocchi!!!” fece mentre finiva di sistemarsi.
Misha lo guardò e soddisfatto di quello che vedeva gli sorrise.“Ok! Sei apposto!” gli disse. “Dai!, sbrigati. Si festeggia al ventesimo!”
“Al ventesimo?” fece quasi con terrore.
 
Non al ventesimo. C’è lui al ventesimo. E se dovessimo incontrarci. E se ci incrociassimo nei corridoi o Dio non voglia di nuovo in ascensore. No. Non al ventesimo!!
 
“Sì, perché non ti piace il ventesimo?” domandò sorpreso Misha che vedeva quell’aria sperduta sul volto dell’amico. “Gli uffici legali…quelli amministrativi…i bagni ben accessoriati…musica soffusa…tutti che parlano con discrezione….sembra quasi l’anticamera del Paradiso.” sembrava tentarlo.
“Ma al ventesimo c’è….” …..stava davvero per dirlo? E dire cosa poi? Il nome, un nome. Ma ops!! Non c’era nessun nome da dire.
“C’è…chi?” fece l’altro, confuso.
“No…niente…nessuno!!” balbettò negando lo sguardo al collega curioso..
Qualcosa non andava. Misha decise che decisamente qualcosa non andava. Guardò Jensen e lo fece nel suo solito modo. Strinse gli occhi e piegò di lato la testa e Jensen tremò, perché allo sguardo di Misha non sfuggiva niente, soprattutto se riguardava lui: Jensen, il suo migliore amico.
“Che mi venga un colpo!” sibilò Misha.
“Misha…”

Ecco! L’aveva scoperto.

“Hai fatto sesso!”
Infatti!!
“Misha!!” cercò di sorvolare.
“Hai fatto sesso e nemmeno da tanto!!” insistette l’amico con più enfasi.
“Cazzo!!…vuoi abbassare la voce. Che diavolo ti prende!!?” gettandosi verso la porta del loro ufficio per chiuderla , così da rendere la conversazione meno pubblica.
“Quando….chi…come…dove!!!” si affrettò ad informarsi.
“Vuoi anche il codice fiscale?!” ironizzò retorico Jensen.
“No, ma se ha avuto la fortuna di accedere alle tue grazie, chiedigli se ha una sorella!!” scherzò.
“Misha…”
“Chi è?!” chiese Misha.
“Io..”
“Andiamo, Jensen. Sono il tuo migliore amico e sono anche quello che ti ha aperto gli occhi sul quel bastardo di Tom. Mi merito di sapere da chi ti sei fatto leccare le ferite!” lo stuzzicò ammiccando.
“Non diventare volgare.” Lo redarguì l’altro.
“Sei tu che pensi male! Andiamo chi è?...”
“Mish…”
“…Lavora qui?” insistette più curioso.
“Misha!!”
“…O almeno in questo edificio?” azzardò ancora.
“Misha!!!!!!”
“…lo conosco?” domandò ostinato.
“No e non lo conosco nemmeno io!” sbottò esasperato da quel terzo grado e sentendosi immediatamente a disagio quando si rese conto di quello che aveva appena rivelato.

Gli occhi verdi vagarono per un attimo su ogni stupido particolare di quell’ufficio , cercando un qualsiasi motivo per non incrociarsi con quelli con cui lo stava fissando Misha.

“Come scusa?!” sussurrò incredulo l’amico. Gli occhi di quell’assurdo blu , stretti in un’espressione indagatoria.
“Io ….non …lo conosco!” fece imbarazzato.
Misha lo guardò ancora per un attimo. La cosa lo stupì, naturalmente, ma non potè non notare il palese senso di colpa e vergogna che aleggiava come un avvoltoio intorno al suo amico.
“Jensen tu hai fatto sesso e questo è un dato di fatto.”affermò convinto. “Ma davvero mi stai dicendo che lo hai fatto con uno sconosciuto?!” domandò ancora.
 
Jensen e lui erano amici da anni. Aveva dimenticato perfino da quando lo erano. Lui fu il primo a sapere della sua omosessualità e gli era stato costantemente accanto anche nei periodi più difficili. E naturalmente Jensen aveva dato a Misha lo stesso appoggio quando era Misha a trovarsi in difficoltà con il gentile sesso.
Il biondo era un ragazzo fortemente legato alla sua privacy e ci credeva parecchio alle relazioni. Quelle vere, però. Non come quelle in cui lo aveva fatto ritrovare Tom. Non era un bacchettone, ma non era nemmeno un tipo alla Christian Grey.
Jensen fondamentalmente era un romantico. Quindi , quella cosa dell’ascensore davvero lo aveva stupito.
 
“…” Jensen non rispose. Non sapeva che rispondere. Come giustificarsi. Come spiegare.
“MA BRAVO IL MIO RAGAZZO!!!!!” esclamò all’improvviso e al colmo di quella che sembrava felicità. "E dove sarebbe successo il miracolo?!" Misha sapeva di dover agire in quel modo o Jensen si sarebbe dato la croce per giorni.
Jensen sentì il rossore bruciargli il viso e non sapeva davvero come confessare al suo amico quella follia temporanea che lo aveva travolto. Sapeva che Misha non avrebbe mollato a quel punto della storia e quindi l'unica cosa che riuscì a fare fu guardare, attraverso le vetrata del suo ufficio,  verso le porte dell'ascensore che era stato l'unico testimone di quella stessa follia. Splendida , splendida follia.
Misha , leggermente confuso, seguì lo sguardo dell'amico e strabuzzò gli occhi quando collegò l'imbarazzo di Jensen al punto che l'amico fissava.
"Nell'ascensore?" azzardò incerto.
".." annuì.
"Stamattina prima di venire al lavoro, hai fatto sesso con uno sconosciuto nell'ascensore di questo ufficio?" domandò andandogli vicino.
"..." annuì ancora. Sempre più in imbarazzo.
"Dimmi che non mi stai prendendo per il culo, Jens."
"..." e ancora in imbarazzo , questa volta negò.
Misha si passò le mani nei capelli rendendoli ancora più sconvolti di come già di solito li portava, ma che, chissà per quale misteriosa ragione, lo rendevano estremamente attraente per tutte le ragazze che lavoravano con lui . E anche per quello che non lavoravano con lui!!!
Il ragazzo tornò a fissare Jensen che continuava a macerare nella sua vergogna.

"Tu. Sei. Il mio. Eroe!!" esclamò enfatico gettando le braccia all'aria come se gridasse il più plateale degli halleluia!

"Cosa??!" si sorprese Jensen.
"Era ora, Jens. Tom ti stava risucchiando l'anima con la sua bastardaggine di traditore e ora finalmente..."
"Cosa, Mish? Cosa??", e questa volta , una sorta di frustrazione piegò la sua voce. "Ho fatto sesso con un emerito sconosciuto in un ascensore, ti rendo conto?!"
"Jensen, metà della popolazione mondiale sogna segretamente di vivere quello che hai fatto tu!" provò a rassicurarlo.
Se di rassicurazione si poteva parlare, data la situazione!!
"Questo non mi fa sentire meglio. Cavolo, Mish!! Non sono un ragazzino in piena crisi ormonale che non sa controllarsi. E se ci avessero scoperti? e se lui fosse..non lo so..." cominciò a spiegarsi nervosamente, gesticolando come faceva ogni volta che era nervoso.
"Cosa? Uno psicopatico? Un serial killer?"
"Tu non capisci!" lo ammonì esasperato mentre si muoveva freneticamente per la stanza.
Misha gli andò vicino e lo afferrò per un braccio, costringendolo a fermarsi e a guardarlo.
"Jensen, amico. Io ti capisco benissimo. Hai rotto con Tom, eri arrabbiato Ti sentivi ferito, amareggiato, triste e in quel momento il tuo corpo e la tua mente non chiedeva altro che stare meglio. L'altro, chiunque egli sia, non ha fatto altro che trovarsi al posto giusto al momento giusto!!"
"No, Mish. No. Non può essere così facile!"
"La vita non è facile. Le scelte non sono facili. L'unica cosa facile è accettare ogni passo che facciamo in questa vita mentre compiamo quelle scelte!" gli fece presente Misha. E questa volta era serio e voleva aiutarlo.
“E se la mia fosse stata una scelta che..”
“Senti, non sto dicendo che da oggi devi andartene in giro a fare sesso con chiunque si renda disponibile. Questo no. E non sarebbe da te. Quello che sto dicendo è che è successo. Punto e basta. E credimi …te lo leggo in faccia che la “cosa” non ti è dispiaciuta!” gli disse ma senza fargliene una colpa.
“Misha…”
“Non negarlo, Jensen. Lo sai che con me non puoi mentire!”
“Lo so.” ammise.
“E allora cosa?!” chiese ora con più complicità Misha.
Jensen per un attimo fissò il vuoto oltre la finestra del suo ufficio. Fu come trovarsi di nuovo in quell’ascensore, in quel calore, in quella follia, avvolto da tutto ciò che aveva provato. Gli sembrò di sentire ogni singola scarica elettrica che gli aveva attraversato il corpo fino alla vetta del piacere.
“E’ stato tutto così …intenso e …..assurdo e….forte e….appassionante!” si limitò a raccontare. “So che può sembrare insensato, che forse non avrà nemmeno senso, ma non è stato solo…sesso.” e questo lo disse quasi con  convinzione.
“Perché dici così?!” domandò perché davvero voleva capire.

A Jensen, dopo quella domanda di Misha,  sembrò di risentire perfino quel tremore che aveva sentito quando quel gesto era stato compiuto.

“Quando…quando tutto è finito…lui…lui…” ed ora c’era imbarazzo cercando di semplificare quel momento e quelle sensazioni.
“Lui …cosa?!” fece Misha che pendeva letteralmente dalle labbra dell’amico.
“Mi ha tenuto abbracciato. Per un po’….lui mi ha tenuto stretto!” confessò con una punta di emozione.
Misha restò in silenzio, guardando Jensen e l’espressione che aveva sul viso. ascoltando ciò che l’amico gli stava confidando e il modo in cui lo stava facendo. “Wow!! Mi sa che Mr. Ascensore ha lasciato il segno, amico mio.”
“Ma che dici!!??” sembrò riaversi Jensen.
“Senti, una ragione di più per scendere al ventesimo. Con la scusa del party di benvenuto, ti fai un giro per il piano e vedi se lo riesci a trovare!!” suggerì Misha.
“Cosa?? ….No! non potrei  mai!” fece quasi in panico, Jensen.
“Ok!, allora dimmi come è fatto e te lo trovo io!!” esclamò Misha mentre afferrava  Jensen e lo trascinava con lui alla festa.

…….

Il rinfresco era già iniziato quando Jensen e Misha arrivarono. Vari gruppetti di colleghi si scambiano battute divertite sia sul nuovo responsabile che su quello vecchio.
Misha si avvicinò ad uno dei loro colleghi e chiese chi fosse il festeggiato. Un ragazzo gli indicò quello che stava parlando con il direttore Sheppard.
“Ok! Jensen. Vieni, nuovo collega avvistato!” fece mentre si avvicinavano ai due.
Sheppard li scorse e Misha lo sentì dire chiaramente:
“O magnifico. Finalmente!!! Jared voglio presentarle Jensen, il nostro più valido collaboratore nel campo della progettazione!!”
Il nuovo responsabile  si girò a quell’invito a fare conoscenza e il sorriso che aveva sulle labbra, sparì immediatamente. Come congelato.
Lo stesso accadde a Jensen.
 
Quegli occhi che mi sono entrati dentro!
Quello sguardo che mi ha fatto tremare!!
 
I due ragazzi rimasero per secondi infiniti a fissarsi. Sui loro volti la confusione più completa.
“Tu…”
“Tu sei…”
“Fantastico, già vi conoscete. Allora mi scuserete ma devo raggiungere un attimo il direttore Beaver.” ma nessuno dei due ragazzi sentì una sola parola di ciò che stava dicendo Sheppard, troppo persi a rivedersi  e ricordarsi in ben altra situazione.
 Solo Misha rimase con loro e continuava a fissarli perplesso. Fissava lo sguardo di puro terrore di Jensen e quello altrettanto sconvolto del nuovo collega.
Poi la lampadina si accese.
“Oh cazzo!!” esclamò con un filo di voce. “Lui è Mr. Ascensore?!” domandò incredulo a Jensen che non riusciva a togliere lo sguardo da colui che adesso sapeva chiamarsi Jared. Annuì soltanto all’amico.
“Mr. Ascensore?!” azzardò Jared, guardando Jensen.
“Idea mia!” fece orgoglioso Misha. “E comunque toglietevi quell’espressione dalla faccia….tutti e due….o metterete i manifesti su quello che è successo!” sembrò avvertirli poi.
Jensen a quell’avvertimento guardò di scatto Misha e poi ancora una volta Jared.
“Scusate…scusate….ma io…io devo andare….oddio!! Ho bisogno di aria.” fece, Jensen, cercando di riprendere il controllo.
“Jensen, ma che…”
“Mi dispiace, Misha. Ci vediamo dopo….o magari ti chiamo…scusate ancora!!” continuò prima di scappare praticamente dall’area relax in cui c’era il piccolo party di benvenuto.
“No, aspetta. Non andartene!!! Aspet….” azzardò Jared che nel tentativo di seguire Jensen, venne prontamente fermato da Misha che lo afferrò per un braccio. “Ma cosa…?”
“Io e te dobbiamo fare due chiacchiere prima che ti permetta di andargli dietro!” fece serio Misha tenendo ferma la sua presa sul braccio di Jared.
“E chi sei?..sua madre?!” rispose stizzito Jared.
“No , il suo migliore amico. Il che è peggio, perché i migliori amici non hanno istinto materno. Il che significa che quei tuoi occhi da cucciolo spaurito non hanno effetto su di me!!” ammise con tono deciso e un‘espressione severa a cui Jared , inspiegabilmente cedette.
“Che cosa sai di preciso?!” azzardò verso Misha.
“Tutto , tranne i particolari piccanti!” rispose il bruno abbassando il tono della voce e tirando Jared verso un angolo più appartato della stanza e sorridendo quando vide Jared arrossire.
“Non è una cosa che ….che faccio spesso. A dire il vero…è…è stata la prima volta che mi è successa una cosa del genere!” ammise. Ma perché stava dicendo una cosa così ad un emerito sconosciuto?

Semplice! L’emerito sconosciuto sapeva dove poteva essere Jensen e se voleva saperlo doveva per lo meno fargli capire che non era un ninfomane che girava per gli ascensori a fare sesso con chiunque.

“E di certo non è da Jensen, credimi!” gli fece presente Misha.
“Tu sai dove è andato?!” domandò sperando in una risposta veloce.
“Credi davvero che io ti dica dove è andato Jensen?”
Addio  risposta veloce!!!
“Sì, se vuoi che io risolva o rimedi in qualche modo!”
“Senti…” fece Misha incrociando le braccia al petto e mettendosi tra Jared e la direzione di uscita dalla stanza. “… ora come ora, tu mi piaci… diciamo al 30 per cento. Quindi ce ne vorrà per farti recuperare qualche punto percentuale. Perciò …” rimase in sospeso facendo cenno al giovane di parlare e spiegarsi.
Jared tentennò. Ma chi era questo Misha per pretendere una simile spiegazione?
Ma l’espressione decisa e autoritaria che aveva non gli dava scampo. O metteva fine a quella conversazione o niente Jensen. Si morse appena il labbro inferiore e decise di assecondare le richieste del cosiddetto “miglior amico”.
“E’ successo qualcosa in quell’ascensore.”
“Questo lo so e …” fece Misha che si sorprese quando Jared fermò la sua risposta.
“E, cosa?”
“…e a quanto pare lo sa anche Jensen.” ammise , notando il guizzo di gradita sorpresa sul volto del giovane. “35 per cento. Va’ avanti!”
“E’ stato qualcosa di…non lo so…non saprei come spiegarlo.” affermò confuso anche se Misha potè notare un leggero sorriso incurvare le labbra del giovane che ripercorreva mentalmente quei momenti.
“Provaci!” lo incoraggiò.
“Non è stato solo sesso!” lo disse senza pensarci il che diede a quell’affermazione una veste di sincerità e poi , riflettè Misha, era esattamente la stessa cosa che gli aveva confidato Jensen.
“40 per cento…” fece Misha per farlo parlare ancora.
“Il suo sguardo, il modo in cui mi ha guardato, il modo in cui i suoi occhi mi hanno fissato un attimo prima che lo baciassi…”
“Lo hai baciato tu per primo?” domandò sorpreso.
“Sì…” e per un attimo si sentì come uno di quei ragazzini che vengono sorpresi dai padri a baciare le loro preziose figlie.
“50 per cento! Continua.”
“Non so che cosa è successo stamattina tra noi due, ma ora so che lui è qui e da quando l’ho rivisto l’unica cosa che mi gira in testa è che voglio capire che cosa è davvero successo lì dentro!!” fece indicando l’ascensore. “Non riesco a pensare ad altro. Non riesco a non pensare a lui! Io….io guardo te e….vedo lui!!”
 Misha lo guardò, anzi, forse lo studiò.
“Ok! Ora ti dirò una cosa.” fece incrociando le braccia al petto e fissandolo così intensamente che Jared si sentì quasi in imbarazzo. “Io sono uno che diventa terribilmente antipatico e vendicativo quando qualcuno, chiunque sia, scombina la vita del mio migliore amico. Rovinare l’esistenza di chi gli incasina le giornate diventa quasi un ossessione, una missione per me.” Sembrò avvisarlo.
“Io non voglio né rovinargli la vita, tantomeno incasinargli tutto il resto. Io voglio solo…”
“Quello che tu vuoi non mi interessa.” gli fece semplicemente presente Misha, mostrandosi indifferente ai buoni propositi di Jared. “A me interessa solo che Jensen stia bene e sia felice perché c’ha già pensato l’ultimo stronzo a farlo star male.”
“Tom?” e Misha lo guardò stranito e sorpreso. Ma annuì appena. “Jensen lo stava liquidando per telefono quando ci siamo trovati nell’ascensore stamattina.”
Ora Misha capiva tutto e soprattutto la reazione di Jensen, anche se già da prima l’aveva immaginato.

“Per favore, Misha. Dimmi dov’è Jensen!? Ti prego….Dimmi dove può essere andato adesso?!”
Misha era davvero tentato di lasciar stare. Ma vedeva l’espressione di Jared e aveva visto quello stesso “segreto entusiasmo” sul volto di Jensen.
Sperò di non fare una stronzata ma decise di dare una possibilità a Jared e se poi si fosse rivelato un disastro avrebbe passato la vita a chiedere scusa a Jensen. “Sulla Maine Street c’è una piccola caffetteria. Di solito va’ sempre lì quando ha bisogno di schiarirsi le idee.”
“Grazie….grazie!!” diceva speranzoso Jared mentre si allontanava da Misha.
“Ehi!! Jared?”
“Cosa?”
“Non farmi diventare antipatico!!” sembrò ricordargli minaccioso.
“Vedrai, sarò il tuo secondo miglior amico!!” promise il giovane.
“Te lo auguro!!” disse mentre Jared spariva dietro le porte dell’ascensore.

……

Jared arrivò alla caffetteria che gli aveva indicato Misha e in effetti Jensen era lì. Seduto da solo, ad un tavolo d’angolo. Lo vedeva fissare una tazza di caffè. Gli occhi persi nel fumo che veniva fuori dalla tazza. Lo sguardo visibilmente teso e confuso. I suoi occhi però, quei bellissimi occhi verdi, brillavano comunque tanto da essere splendidi anche oltre la vetrata del locale.
Per un po’, Jared, restò fermo all’altro lato della strada. Non era indeciso se entrare. Lui voleva entrare nel locale e raggiungere Jensen più di ogni altra cosa. Ciò che lo frenava era la paura di quello che doveva dire.
Fece un respiro profondo e si convinse che le parole sarebbe venute non appena fosse stato alla presenza di Jensen. O almeno così si augurava!!!

Attraversò ed entrò nella caffetteria. Jensen non si era ancora accorto di lui e fu per questo che quando Jared fu vicino al suo tavolo, strabuzzò gli occhi dalla sorpresa e da un pacato panico.
“Tu…tu che ci fai qui?!”  chiese guardandosi discretamente intorno.
“Io…” stava per rispondergli Jared, ma…
“Come hai fatto a trovarmi!?”
“Veramente io l’ho….”. Ci riprovò ancora ma Jensen si rispose da solo.
“Misha!!! Scommetto che è stato lui!”
“Non avercela con lui. L’ho praticamente costretto a dirmi dov’eri. In verità l’ho pregato di dirmelo!” difese l’amico assente, Jared.
Pregato??!!
 
“Che cosa vuoi…Jared!?” ora sapeva come si chiamava lo sconosciuto.
“Voglio chiarire le cose tra noi…Jensen!” e sì! Anche lui sapeva il nome dell’altro.
 
“Non credo che ci sia molto da spiegare. Siamo adulti e sappiamo benissimo quello che è successo e che non sareb….”
“No!!” lo fermò Jared. “Non dirlo. Non dire che “non sarebbe dovuto succedere”!!” e Jensen percepì una certa nota di dispiacere nel tono di voce che aveva utilizzato Jared.
“Dio!!, ma ti rendi conto…Io…tu…un ascensore…da sconosciuti…” sibilò riassumendo il loro primo “incontro”.
“Jensen…Jensen…noi saremo colleghi.”
“Appunto!!”
“Lavoreremo spalla a spalla, a stretto contatto!”
“Esatto!!”
“Passeremo tre quarti della nostra giornata insieme!”
“Giusto!”
“E questo…”
“E questo non ti crea problemi visto quello che è successo tra noi?!” sibilò tra i denti, con un tono quasi esasperato.
“No!” rispose secco Jared , lasciando spiazzato Jensen.
“Ma…”
“Non vedo l’ora di iniziare, Jensen.” lo stupì ancora, il giovane.
“Io non ti seguo, scusami!”
“Ok! Ti farò questo discorso solo questa volta dopodiché lascerò a te ogni decisione.” Fece sporgendosi contro il bordo del tavolo.
“Ma di cosa stai….” esclamò Jensen, indietreggiando quasi istintivamente verso la spalliera della sedia.
“Ti prego…ti prego lasciamo finire.”
“….”
“E’ successo qualcosa in quell’ascensore stamattina!” iniziò, Jared.
“Decisamente qualcosa!!” ironizzò il biondo, fissando lo sguardo verso la tazza del caffè che stringeva tra le dita.
“Già!!.....Ma….ma non mi riferivo a quello o almeno…solo a quello.” Precisò l’altro.
“E a cosa allora?”
Jared  fece un respiro lungo, quasi come se quello che stava per dire avesse bisogno di molto fiato. O forse prendeva solo coraggio.
“Il modo in cui ci siamo toccati. A come ci siamo guardati o baciati. Il modo in cui le nostre mani si sono cercate. Il modo in cui ci siamo abbracciati…dopo!” ricordò ad entrambi ed entrambi sentirono un certo calore che piano e lento saliva dallo stomaco fino al viso.
“Tu…tu..mi hai ..abbracciato!” sembrò volersi giustificare.
“E tu non ti sei sottratto!”, replicò Jared sorridendogli. Poi tornò serio. “Non è stato solo sesso, Jensen.”, affermò dolce ma deciso e il suo tono era maledettamente calmo e per un attimo Jensen lo odiò perché lui invece stava tremando dentro. “Era come se quello che è successo doveva succedere e noi non siamo stati in grado di opporci, ma solo assecondarlo. Ci siamo dati dei momenti per tirarci indietro e nessuno dei due lo ha fatto. Forse perché non sapevamo i nostri nomi e credevamo che tutto sarebbe finito lì, forse perché semplicemente lo volevamo o forse perché in fondo al nostro cuore sentivamo che doveva accadere!”
“Jared…. ma cosa stai cercando di dirmi?!” disse fissandolo, cercando nel suo sguardi e nelle sue parole, una risposta a tutto quello che stava accadendo.
“Oddio!!” esclamò Jared. Il giovane si poggiò contro lo schienale della sua sedia e per un attimo restò a fissare lo sguardo intenso di Jensen.
 
Dio!! che cos’era Jensen!!! Se nella sua testa non ci fosse stata quella vocina che continuava a gridargli “Se lo baci adesso, prima di chiarire, Misha ti uccide!!” , al diavolo tutto!, lo avrebbe baciato.
 
“Quello che sto cercando di dirti, è che vorrei che quello che è successo non fosse la fine ma l’inizio di qualsiasi cosa debba iniziare!”
Ecco! E’ fatta!!!!
“Co….cosa?!” balbettò Jensen. Davvero Jared voleva iniziare qualcosa con lui….dopo solo qualche ora che si erano conosciuti?
Ok! Si erano più che conosciuti, ma insomma……
“Mi piaci Jensen. Mi sei piaciuto non appena hai messo piede in quel maledetto, anzi no, benedetto ascensore. Mi sei piaciuto quando ti ho avuto vicino a me tanto da sentire il battito frenetico del tuo cuore. E mi è piaciuto anche quello. Mi sei piaciuto mentre scomparivi dietro le porte dell’ascensore. Mi sei piaciuto quando sei letteralmente scappato dal party e mi sono incantato a guardarti attraverso la vetrata di questo locale.” disse con convinzione rimanendo in quella sua posizione rilassata contro la sedia.
“Jared, noi….noi non…” cercava di dire qualcosa Jensen. Ma quello che Jared gli aveva appena detto lo aveva decisamente scombussolato.
Piacevolmente scombussolato.
Anche perché Jared , in quel momento, aveva una luce tutta sua che gli faceva brillare gli occhi.
 
Dio!! che cos’era Jared!!! Se nella sua testa non ci fosse stata quella vocina che continuava a gridargli “Se lo baci adesso, prima di chiarire, Misha ti uccide!!” , al diavolo tutto!, lo avrebbe baciato.
 
 “Non sono qui per costringerti a qualcosa. Non lo farei mai e poi Misha credo mi ucciderebbe!”
“Sì, lo farebbe!” E ucciderebbe anche me, se lo facessi!
“Sono qui per chiederti di provare  a fare un passo alla volta. Vedere se quello che pensiamo sia scattato, sia davvero qualcosa su cui crederci.” cercò di rendere plausibile come previsione per una futura relazione tra loro.
“Cosa proponi!?” fece Jensen appoggiando i gomiti sul tavolo.
“La normalità!” rispose Jared imitando il gesto dell’altro.
“Normalità?!” ripetè perplesso il biondo.
“Un “Ciao, come stai?!” la mattina e poi magari un caffè a metà mattinata. Poi se ti va, ogni tanto potremmo pranzare insieme alla mensa aziendale o magari fuori. E quando vorrai, una birra …dopo il lavoro, magari guardando la partita al bar. Normalità!!” spiegò innocentemente.
“Mi piace la normalità!” affermò Jensen, sorridendogli.
“E a me piaci tu, ma questo già lo sai.” gli ripetè piano. Il tono calmo e dolce. Quasi una carezza.
Jensen abbassò gli occhi. In imbarazzo, ma piacevolmente colpito. La batosta che aveva avuto con Tom  era stata pesante e aveva creduto che ce ne avrebbe messo di tempo per fidarsi ancora.
Ma ora, davanti a lui, c’era Jared.
Quello che era diventato prima un amante, poi uno sconosciuto e ora gli stava chiedendo di diventare qualcosa di più. Se tutto, tra loro, fosse andato bene, come nel profondo del suo cuore si augurava, la loro, sarebbe stata una storia dalla tempistica tanto incredibile quanto improbabile.
“….” farfugliò qualcosa, Jensen.
“Scusami? Non ho capito! Perdonami!” fece gentilmente Jared.
“Anche tu …mi piaci!” disse più ad alta voce, mentre puntava gli occhi brillanti in quelli di Jared che iniziarono a brillare anche loro quando Jensen si confessò con quell’apprezzamento.

Jared a quel punto non resistette e se anche agì con discrezione affiancò la sua mano a quella che Jensen teneva appoggiata sul tavolo, così da farle sfiorare. Accarezzare. E sorrise quando Jensen non ritrasse la sua. Ma anzi con un dito cercò un discreto intreccio con un dito della sua mano.
“Allora?!”
“Allora che?!” replicò Jensen gentilmente.
“Vuoi…vuoi provarci?” domandò speranzoso Jared, guardando le loro mani vicine. “Ci proviamo, Jensen?!” guardando, ora, Jensen.
Il ragazzo fissò le loro mani e poi il giovane di fronte a lui. Sorrise.
“Proviamoci!” facendo spallucce.
“Magnifico! Magnifico!” esclamò entusiasmato Jared che si sentì immediatamente più sollevato.
Per un attimo restarono così. Ad assaporare quel momento di intesa che si era creato così naturalmente.
Almeno quello!!!

Quando la cameriera si avvicinò al loro tavolo per chiedere se avevano bisogno di altro, i due dissero di no e Jensen chiese il conto.
“Bene! Credo che ora sia tempo di tornare in ufficio.” affermò Jared.
“Sì, lo credo anche io.” Convenne l’altro e prima di alzarsi dai loro posti , Jared, sembrò scattare come se avesse avuto una folgorante idea.
“Ehi , Jensen?!!”
“Che c’è?!!” chiese sorprendendosi di quello scatto.
“Che ne dici? Domani prendiamo un caffè insieme e poi magari potremmo andare a pranzo e se la giornata non è pesante magari a fine lavoro ci andiamo a fare una birra in un bar carino che ho trovato l’altra sera e…”
“Ehi!!!” lo fermò Jensen, sbalordito ma sorridente. “Hai appena fatto fuori tre punti della tua “lista di cose da fare con calma” in meno di un minuto!!”
“Hai ragione! Non sono bravo con le liste!!” affermò innocentemente Jared e i due risero, ormai non più in imbarazzo.
E Jensen non potè non notare quanto bello fosse il sorriso di Jared. Lo illuminava tutto e i suoi occhi ridevano insieme al suono cristallino della sua risata. Jared sembrava dolce. Jared era dolce. Perfino in quel loro momento in ascensore lo era stato, nonostante tutto.  E il modo in cui lo aveva cercato poi e gli aveva parlato, non faceva altro che confermarglielo.
E allora, sì. Jensen voleva provarci. Jensen voleva davvero provarci.
 
Il biondo lasciò paga e mancia sul tavolo e con Jared uscì dal locale. Parlarono lungo il tragitto: di come fosse assurdo ma bello quello che era successo, di quello che provavano. E quando il silenzio si univa a loro in quella passeggiata, i due si guardavano e  si sorridevano soltanto. Già complici.

.....
 
Quando arrivarono nel palazzo che ospitava i loro uffici, i due ragazzi entrarono e si ritrovarono davanti l’ascensore. Di nuovo!
Jensen premette il pulsante di chiamata.
“Come te la cavi con le scale , Jared?!” chiese all’improvviso.
“Come?” perplesso per quella richiesta.
“Beh!! stiamo per riprendere lo stesso ascensore….insieme!!”
“Giuro che farò il bravo questa volta!” rispose Jared , sorridendo sghembo all’allusione velata di Jensen.
“Mmmh!.....Sei bravo a mantenere le promesse?!” chiese ancora, Jensen. Anche se Jared nel suo tono non potè non notare una certa provocazione.
“Parola di scout!” rispose il giovane mettendosi la mano sul cuore, mentre le porte della cabina si aprivano e Jensen vi entrava .
“Bene, perché io no!” ammiccò Jensen mettendosi in un angolo dell’ascensore e sorridendo sornione allo sguardo sorpreso e basito di Jared. “Che fai, resti lì o …vieni con me?!” domandò languidamente prima di bagnarsi appena le labbra con la lingua.
“Io…io…io…” balbettò l’altro, rimanendo fermo sul posto e sentendosi inebetito da quella ….che cos’era?
Un’allusione? Una provocazione? Una tentazione?
 
E mentre Jared continuava con le sue domande , Jensen restava fermo ad aspettarlo.
Fin quando…..
“Peccato. Risposta sbagliata!” affermò con tono calmo Jensen mentre schiacciava il pulsante del 22esimo piano.
Le porte della cabina si chiusero sullo sguardo spaesato di Jared che guardava Jensen che gli faceva un divertito “Ciao” con la mano.
 
Circa dieci minuti dopo, Jared entrava nell’ufficio di Jensen e si chiudeva la porta alle spalle. Jensen, vicino agli scaffali del suo archivio , si voltò di scatto verso il suo nuovo “collega” ma non ebbe modo di dire niente perché le labbra calde e affamate ed esigenti di Jared lo stavano baciando con palese entusiasmo. Entusiasmo a cui Jensen non riuscì a sottrarsi. E a detta tutta non voleva sottrarsi.
Le loro teste si inclinavano verso quell’angolazione che permetteva alle loro bocche di prendere e dare di più. Le mani intorno ai loro visi , strette, così da tenersi il più vicino possibile. I respiri affannati, prigionieri tra le loro bocche unite.
“Avevi detto di essere uno bravo a mantenere le promesse!” sospirò Jensen quando le labbra di Jared gli permisero di parlare.
“La mia promessa era legata al viaggio in ascensore e qui….qui non siamo in ascensore!” sembrò giustificarsi Jared, mentre non riusciva a capire come mai avere la sua fronte appoggiata a quella di Jensen potesse farlo stare così bene.
“Hai ragione. Sbaglio mio!” si scusò innocentemente Jensen mentre le sue mani accarezzavano piano la nuca di Jared nascosta dai capelli lunghi.
“Ti va di sbagliare un altro po’!?” chiese, sfiorandogli appena le labbra con le sue.
“Sbagliando si impara, no? E io sono uno a cui piace infinitamente imparare!!” rispose, con il respiro affannato mentre si avvicinava lento a quelle labbra che già richiedevano di lui ancora e ancora.
E a cui lui , capì, in quel momento, difficilmente si sarebbe negato!

 



“Che sia per sempre un giorno 
solo un attimo 
che sembri un pericolo 
che sia per scherzo, sbaglio 
o per miracolo 
purché sia tempesta”
( Tempesta, Malika Ayane) 

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Capitolo 22
*** Fine del gioco. ***


FINE DEL GIOCO!

“Non andartene, ti prego!! Jensen…per favore …non…non andartene!” fece con uno sguardo colpevole il giovane compagno, al ragazzo che lo guardava con aria ferita e truce.
“Smettila Jared!!” lo rimproverò il maggiore, fermo sulla sua posizione.
“No…ascoltami. Non volevo, te lo giuro. Rimedierò. Cambierò!!” cercò di giustificarsi, provando a sembrare sincero. Era sincero.
“No, questa volta non mi…” ribattè dispiaciuto Jensen.
 
Quante volte Jensen aveva sentito la stessa scusa? Quante volte lo aveva perdonato? Quante volte Jared c’era ricascato?
Perché questa volta doveva essere diversa dalle altre?
 
“Jensen, ascoltami…..” provò ancora, l’altro, cercando di diminuire la distanza tra loro. Cercando un minimo contatto tra le loro mani.
Ma Jensen si scansò di scatto.

“NO!! La prima volta ho fatto finta di niente.” Iniziò quel suo rimproverò che Jared sapeva di meritare. “La seconda ho sopportato in silenzio. Ma questa volta…..questa volta mi hai fatto male. Davvero male, Jared.” disse con tono amareggiato. “Non ce la faccio più.”
“Jensen, no. Non dire così! Non farlo!” sentì di dover supplicare vedendo il gesto che il compagno stava per fare.
 “Sul serio, questa volta è finita. Non ti permetterò più di farmi una cosa del genere.” continuò deciso Jensen.
“Per favore….”
Jensen, con un gesto stizzito, gettò senza rimorsi lo scatolo che aveva tra le mani nel secchio della spazzatura.
“Noooo!!” quasi piagnucolò il più giovane.

“Cazzo, Jared!!! Sai che cosa significa giocare a Twister con te??”, esclamò quasi sollevato quando richiuse il coperchio della pattumiera. “Il fatto che tu adori questo stupidissimo gioco, non significa che io debba ridurmi come un invalido per una settimana!” lo rimproverò mentre si massaggiava vigorosamente una spalla, evidentemente dolorante.
“Ma è così divertente!!” provò ancora a mediare Jared, che guardava dispiaciuto l’angolo dello scatolo ludico , spuntare dal secchio.
“Per te!!”, asserì convinto Jensen. “Il fatto che tu sia alto due metri e riesca a raggiungere ogni dannatissimo colore non giustifica il fatto che io debba essere riempito di calci e gomitate ogni sacrosanta volta. Dio!!! hai idea che cosa significa avere un tuo ginocchio nel fianco per tutto quel tempo. Cavolo!, avrò questo livido per settimane!!” disse esasperato, mostrando al compagno il fianco decisamente arrossato e su cui, Jared doveva ammettere, sarebbe presto spuntato un vistoso livido.
“Eddai!! Ammetti che diverti anche tu!!” cercò di sdrammatizzare il giovane.
“Sìììì!” rispose sarcastico l’altro. “Fin quanto Elastic man…” fece additandolo, “… non inizia a sragionare!”
“Ma va’!! non esagerare. Confessa che una o due volte in… una o due posizioni, non l’hai trovato perfino eccitante!!” provò a sviare il discorso, mentre si avvicinava sensualmente al compagno che invece aveva deciso di non dargli corda. 
Infatti, deciso a non cedere, aveva incrociato la braccia al petto, così da mantenere una certa distanza da Jared che ormai lo aveva bloccato tra il bancone della loro cucina e il suo corpo.
“Wow!! Non ci provare Padalecki. Non è aria!” lo avvertì serio.
“Perché?...deve essere “aria” per farti eccitare?!” lo provocò Jared, passandogli le braccia intorno alla vita e attirandolo a sé, così da far carezzare appena i loro bacini.
“Smettila, Jared. Sul serio. Sono ancora tutto un dolore!” disse provando a svincolarsi da quella presa sensuale.
“Uno in più , uno meno!” ammiccò allusivo Jared.
“Ma che stai…..” replicò con aria offesa il compagno.
“Ok! Ok!  Scusa, scusa!!” chiese perdono, sorridendogli. “Facciamo così…” propose poi, accarezzandolo per cercare di addolcirlo.
 
Cavolo!, Jensen era davvero infuriato questa volta!
Cavolo!, Jensen era davvero bellissimo infuriato!
 
“…potrei farmi perdonare portandoti di là e magari facendoti un bel massaggio. Che ne dici?!” suggerì dolcemente.
“Massaggio?!” ripetè non proprio convinto delle intenzioni del giovane compagno.
“Solo massaggio? Lo giuro! Voglio solo farmi perdonare.” promise Jared.
 
Circa venti minuti dopo, Jared era ancora inginocchiato sul letto e Jensen era beatamente steso a pancia sotto, perso nei massaggi e nei tocchi premurosi con cui Jared si stava facendo perdonare.
Poi, però, quei tocchi divennero più accattivanti.
Le mani di Jared si attardavano sulla forte linea dei fianchi del maggiore. I pollici disegnavano lenti cerchi sui muscoli della schiena. Il calore di quelle stesse mani, riscaldava con voluttà la tensione che faceva tendere i muscoli delle cosce tese del maggiore.

“Ti piace?!” sussurrò appena Jared sentendo il compagno sospirare di beatitudine.
“Oddio, sì!” esclamò in estasi. “Mi odierò per quello che sto per dire, ma è quasi meglio del sesso!”
“Allora vuoi che continui?!” sembrò quasi provocarlo Jared che teneva un tono di voce sempre basso.
“Ti uccido se smetti!” lo minacciò serio , Jensen.

E allora Jared, sorrise. Iniziò a salire lentamente lungo la schiena, muovendosi con le mani. Pressando e massaggiando con una dolce forza lungo tutta la spina dorsale. Fino ad arrivare all’altezza delle scapole e poi alla base della nuca.
“Scusa , ma se devo fare questo…” disse massaggiando quel piccolo incavo alla base del collo. “…devo spostarmi.” e in un attimo si mise a cavalcioni sulle gambe di Jensen che sussultò quando sentì quel movimento.
“Jared…”
“Schh!! Tranquillo, rilassati.” Suggerì flebilmente Jared che insieme alle mani , iniziò a muovere anche il resto del corpo per accompagnare quel movimento.
Naturalmente Jensen non potè resistere a lungo e Jared, furbamente, sapeva cosa stava facendo.

Infatti, dopo pochi minuti, i respiri di Jensen divennero ansimi accelerati e quelli di Jared , alle sue spalle, di certo non miglioravano la situazione.
“Jared?!” lo richiamò in respiro tremolante.
“Mmhh!!” rispose a malapena.
“Piccolo, credo che sia…… “aria”!” fece Jensen ansimando vistosamente.
“Speravo che lo dicessi. Stavo per impazzire!” esclamò Jared che sollevandosi su una sola gamba, permise a Jensen di rigirarsi sotto di lui e quando furono uno di fronte all’altro, ci fu solo passione e ci furono baci fatti di quella stessa passione.
 
Inutile dire che anche tra le lenzuola giocarono a Twister. Inutile dire che questa volta non ci fu chi vinse e chi perse. Inutile dire che la partita finì pari, lasciando più che soddisfatti entrambi i giocatori!!!
 
Inutile dire che , più tardi, quella stessa sera, Jared recuperò il gioco dalla spazzatura.
Non riusciva a separarsene dato che gli permetteva di avvinghiarsi al suo Jensen anche solo per gioco. Di farlo arrabbiare. Di supplicare il suo perdono per poi ritrovarsi stretti tra le lenzuola del loro letto.

 

“…mi mettevi fuori combattimento
E allora ti ho detto
Fammi tremare per tutta la notte…”

(You shook me all night long, AC/DC)

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Capitolo 23
*** And the Winner is ?..... ***


AND THE WINNER IS ?.....

Quando Clif fece due giri dei set, invece che parcheggiare, Jensen capì che c’era qualcosa che non andava.

“Ehi, Clif. C’è qualche problema, amico?” chiese guardandolo dallo specchietto.
“Cosa?...No.” rispose scoperto per quel giro in più. Così l’autista cercò di rimediare. “Ma se becco di nuovo quell’attrezzista che parcheggia credendosi il padrone dell’universo, gli foro tutte e quattro le gomme del furgone.”
“Datti una calmata, Clif!!”,lo ammonì amichevolmente l’attore. “Guarda che non c’è scritto da nessuna parte del mio contratto che devi sbarcarmi davanti per forza all’ingresso principale del set. Non mi rompo se vado a piedi. Fermati qui, dai!!”
“Ok!, come vuoi!”, fece ormai sicuro che tutto all’interno del set fosse a posto. “Comunque….Jared è già qui. Sono andato a prenderlo prima oggi.” gli riferì prima di lasciarlo andare.
“Sì, mi ha mandato un messaggio ieri sera. Dice che dovevano sistemargli degli abiti di scena, prima delle riprese di oggi.” convenne Jensen chiudendo lo sportello del SUV. “Ci vediamo in giro.” fece poi salutandolo.
“Sì.”
“E..Clif?” lo richiamò prima di entrare nel padiglione attrezzato.
“Sì?”
“Lascia stare i caffè oggi. Solo tisane rilassanti. D’accordo ?!!” scherzò, facendo ridere anche l’altro.
 
Quando, però, l’attore entrò nel capannone del set in cui avrebbe dovuto girare, si rese conto della strana calma che aveva intorno.
“Mi sa che Clif ha sbagliato set!” ma non fece in tempo a finire quel pensiero che un entusiastico e caloroso “CONGRATULAZIONI!!”  lo investì.
In un primo momento l’attore sobbalzò per la sorpresa , ma poi, quando vide tutti i suoi amici andargli incontro festosi, sorridergli e dargli affettuose pacche sulle spalle si rilassò immediatamente.
La notizia che aveva vinto ai People Choice Award si era sparsa immediatamente e tutti, cast e crew al completo, avevano voluto festeggiarlo.
Davanti a tutti, lui. Jared.

Il suo collega, il suo migliore amico, quello che comunque era diventato un fratello di tutto rispetto anche al di fuori della scena dello spettacolo.  Erano stati testimoni di nozze uno dell’altro. Jared aveva chiamato lui quando seppe che stava per diventare padre e Jensen aveva fatto lo stesso e perfino dopo l’ecografia di Danneel in cui seppe che sarebbe stata una bambina.
Jared c’era sempre nei momenti in cui la timidezza di Jensen tornava a farsi viva. Jensen c’era sempre nei momenti in cui i timori e le insicurezze di Jared si ripresentavano a rovinare la vita del giovane attore.
Erano l’uno il sostegno dell’altro. Come i loro personaggi, si guardano le spalle a vicenda.
 
“Scommetto che tu non ne sapevi niente, vero??!” fece abbracciandosi al giovane collega che si congratulava con lui.
“Giuro che mi hanno detto tutto quando sono arrivato!” si difese Jared. “Questa volta è lui il colpevole!” fece poi indicando Misha che li raggiungeva sorridente.
“Ti avevo detto che l’avresti spuntata, Ackles!!” fece abbracciandolo. “Ti aspetto dopo , durante la pausa per girare una cosina che ho in mente, per i fan. Tanto per ridere!!”
“Ma non la fermi mai quella mente bacata!!?” scherzò il biondo abbracciando il collega.
“Chiedimi di non respirare. Mi sarebbe più facile!!” ironizzò in risposta prima di ritornare dagli altri amici e colleghi che iniziavano a brindare in onore di Jensen.

Jensen poi si rivolse a Jared che era ancora al suo fianco e gli vide sul volto una strana espressione. “Tutto ok?” chiese sottovoce.
“Sì, tranquillo.” lo rassicurò l’altro.
“Sicuro? E’ tutto a posto? Davvero?!” chiese ancora non troppo convinto della risposta avuta.
“Al cento per cento.”
“Ma?”…infondo lo conosceva bene, lo conosceva da dieci anni e sapeva che c’era un “ma”.

Il volto di Jared mutò, ma in un espressione che solo Jensen conosceva.

“Ma avrei voluto congratularmi con te…a modo nostro.” disse cercando di non calcare troppo il tono di quell’affermazione anche se nel cuore di Jensen era comunque arrivata forte come un tuono. “…A modo mio!” rinsaldò il giovane, guardandolo di sfuggita per non dare troppo nell’occhio, dato il gran numero di gente che avevano intorno.
Jensen cercò di controllare il suo respiro e di rimanere impassibile, mostrando comunque il suo miglior sorriso cortese a tutti quelli che ancora si congratulavano con lui.
“Jared…avremo il nostro ….momento giusto.” rispose a bassa voce, ma con dolcezza.
“Già!” convenne quasi con delusione il giovane. “Il nostro solito momento giusto.” ironizzò poi.

Jensen stava per ribattere , quando Sabri, la responsabile del trucco, si avvicinò a loro.
“Ok, ragazzoni. Festeggiamenti finiti. Tu…” disse rivolgendosi a Jared. “…ti aspettano in sartoria. Tu…” fece poi a Jensen. “Con me. Devo pestarti per bene!!!” scherzò alludendo al trucco che avrebbe dovuto applicare a Jensen per le scene da girare.
I due , scambiandosi un ultimo sguardo pieno di tutto quello che c’era di segreto tra loro, si allontanarono l’uno dall’altro.
 
Quando Jensen fu seduto sulla poltrona del caravan del trucco, Sabri gli si avvicinò con un barattolo.
“Bene, Jensen. Ora ti applico questa crema protettiva così poi potremo iniziare con il trucco.”
“Ok, basta che non sia quell’assurdità alla vaniglia. Non mi va di sentirmi come un bignè per tutto il giorno!” si lamentò l’attore, ricordandosi ancora dei tentativi di assaggio da parte del pazzo di Misha e poi ricordandosi anche di come invece Jared, nel suo camper si era beato di quel sapore dolce che aveva, baciandolo e mordendolo sensualmente fino a farlo impazzire.
“Che ne dici di ….avocado?!” esclamò la ragazza guardando la scritta sul barattolo.
“Dì la verità, ti piace torturarmi, vero??!”  arrendendosi alle mani della truccatrice.
 
Circa cinque minuti dopo, la ragazza aveva finito di applicare la crema. “Ora devi tenerla per dieci minuti. Tornò da te subito, ok!?”
“E chi si muove!” affermò vedendola uscire dal camper.
Quando fu solo, gli occhi dell’attore andarono meccanicamente sul suo cellulare appoggiato al piano di lavoro della truccatrice. Si guardò intorno, accertandosi che fosse solo nel caravan e una volta certo , digitò un numero dalla rubrica. Ma non era una chiamata.
 
Erano messaggi.
Erano sempre messaggi tra loro.
 
“Ehi?!”
Attese qualche momento sperando nella risposta. Sperando fortemente che Jared potesse rispondergli e che non fosse tra le mani isteriche delle sarte.
Ehi a te!” ebbe in risposta.
“Tutto a posto?!”
Certo!
“Tra noi….intendo!”
Tranquillo!” e poi subito dopo. “Il fatto è che a volte mi manchi talmente tanto ..da fare male.
“Mi dispiace!”
Di cosa?...perchè ti amo in questo modo?!
“Perché sono io la causa di questo tuo star male!”
Dimmi che mi ami anche tu nello stesso modo e smetterò di stare male!
“Ti amo anche io nello stesso modo!”
Vedi?...stò già meglio!

Jensen sorrise. Si sentiva sollevato anche se sapeva che c’era ancora qualcosa. Quindi digitò.

“Ma?”
Come fai a sapere sempre che c’è un “ma”?
“Perché ti conosco e perché ti amo!”
Hai ragione! C’è un “ma”!
“Sarebbe?!”
Perché dobbiamo andare avanti così? Perché dobbiamo tormentarci in questa maniera e cercare per noi solo dei “momenti giusti”? Sono stanco dei “momenti giusti”. Voglio che il nostro momento sia SEMPRE.
“Jared, piccolo!! Lo sai anche tu il perché!”

E per un po’ Jensen attese trepidante la risposta. Ebbe paura di quel silenzio, allora digitò ancora con le dita tremanti.

“Jared…ti prego!!”
Sì. Sì….lo so. Ma fa male lo stesso!

Il biondo prese un respiro profondo, immaginando che il suo amante segreto stesse facendo lo stesso dall’altra parte del telelfono.
“Ascoltami. Tu ami Gen e non c’è amore più grande di quello che provi per i tuoi figli e io so, lo so con tutto me stesso, che non faresti mai qualcosa che potesse ferirli o farli soffrire. E so , che tu sai, che per me è lo stesso nei confronti di Dany e della mia piccola JJ. Amiamo troppo le nostre famiglie per sconvolgerle nella maniera in cui le sconvolgeremmo.”

Mentire loro in questa maniera non mi fa sentire meglio!
Quella risposta arrivò troppo in fretta , come se fosse già pronta da qualche parte nella mente del giovane attore.
 
Jared tremò quando scrisse quel messaggio e Jensen tremò quando lo lesse.
Ora doveva capire. Doveva sapere. E avrebbe dovuto accettare.
 
“Possiamo fermarci. Possiamo smetterla. C’abbiamo provato già una volta e non ci siamo riusciti. Ma ora….ora forse siamo più forti. Più consapevoli. Forse questa volta potremmo riuscirci se è quello che vuoi!”
 
Di nuovo quel terribile silenzio. Ma questa volta Jensen sapeva che avrebbe dovuto sopportare anche la più infausta delle risposte.

“E’ quello che vuoi, Jared?!”
Non ci riuscirei. Non riesco nemmeno ad accettare l’idea di perderti. Perciò preferisco mentire. Sono un attore. mentire è il mio mestiere!
“Jared non scherzare, ti prego. Non su questo!”
Non scherzo, Jensen. Non voglio perderti. Non voglio nemmeno pensare di non averti più nella mia vita. Tra le mie braccia. Sulla mia bocca….
“Jared….” e lo scrisse con la stessa emozione con cui la sua mente aveva pronunciato il nome.
Dentro di me!
“Piccolo!!” e senza rendersi conto questo lo disse a voce alta mentre digitava le lettere sulla tastiera.
Ascolta. Gen , per il weekend, va a San Francisco dai suoi e porta i ragazzi con lei. Tornerà Lunedì. Che ne dici, perciò, di ritagliarci quel “momento giusto”?
“Sarebbe fantastico. Anche Dany è fuori per un set pubblicitario. Avremmo del tempo per noi, per parlare, riflettere e capire cosa e come…”
NIENTE!!
“Come scusa?!”
Capire cosa e come …niente. Ti voglio, Jensen. Ti voglio nella mia vita esattamente come ti HO adesso. Non voglio cambiare niente di quello che c’è tra noi. Nemmeno una virgola.  Per favore dimmi che per te è lo stesso. Per favore, Jensen..dimmi che per te è lo stesso!!
“Non intendo perderti, Jared. Tu sei l’altra mia vita. Quella che è solo mia e non del mondo che ci circonda.”
E allora vieni da me questo week end e lasciamo il mondo fuori.
“Verrò da te!”
 
Mezzora dopo, Jensen era truccato per la scena da girare e Jared era pronto anche lui.
I due raggiunsero il set quasi nello stesso momento e i loro occhi si incrociarono, complici, lontani dagli sguardi degli addetti ai lavori.
Quando furono vicini, il giovane lo guardò sorridendogli.
“Mi sembri felice, Ackles!” ironizzò.
“Mi aspetta la vita. Non potrei che essere felice, Padalecki!” rispose senza pensare a chi poteva sentire quella risposta.
Sicuro che niente era stato rivelato in quelle parole. Che tutto era ancora al sicuro nei loro cuori innamorati.

 
 
N.d.A.: E dopo questo sclero si unisce al coro che grida CONGRATULAZIONI A JENSEN!!!
Qui di seguito la “cosina” che il pazzo di Misha ha girato con Jensen per ringraziare i fan che hanno votato.
https://www.youtube.com/watch?v=-S9bRYdqh58
Fatevi due risate.
Misha come Castiel ancora non ha imparato il concetto di “spazio personale”!!!!
 
Baci, Cin!!!

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Capitolo 24
*** Tu sei quello... (prima parte) ***


TU SEI QUELLO…  

Jensen ormai si sentiva allo stremo delle forze.
Sapeva che se avesse chiuso gli occhi difficilmente si sarebbe svegliato di nuovo.
Fece un profondo respiro, conscio che forse sarebbe stato l’ultimo e quando stava per abbandonarsi a ciò che sembrava essere l’inevitabile, qualcuno sfondò la porta di quel nascondiglio che ormai lo celava al mondo da quanti giorni ne aveva perso il conto.

“Jensen ..ti ho trovato…..Calmo. E’ finita!!” fece quella voce concitata e colma di speranza e conforto. “Ti porto fuori. Tra un po’ sarai fuori di qui. Si prenderanno cura di te, ma tu devi resistere, ok!! Solo un piccolo sforzo. Un ultimo sforzo, Jensen. Non farmi scherzi…non dopo tutto quello che ho fatto per trovarti, amico!!!”

Jensen aprì appena gli occhi e la persona che lo stava soccorrendo , in quel momento, era solo un ombra. Ma non perché lui non la vedesse, ma semplicemente perché chiunque lui era, stava davanti alla leggera sfera di sole che filtrava da una fessura della finestra. Erano una perfetta eclissi: sole, sconosciuto, lui.

Vedeva i contorni di quella figura. Vedeva il riverbero del sole tra le ciocche di capelli, ma tutto il resto, sfortunatamente, era solo un ombra che lo stava portando in salvo.
Cercò di assecondare i movimenti del suo soccorritore e quando provò ad alzarsi , le gambe cedettero per la debolezza.

“Tranquillo, ti tengo io.” Fece quella dolce e decisa che però era ancora e solo una voce.

Poi tutto si spense e si riaccese per pochi attimi qualche minuto dopo. Jensen si rese conto in quel piccolo sprazzo di coscienza che era fuori. All’aria aperta. Sdraiato sull’erba fresca e umida di rugiada. Ma quell’odore di muschio e terra bagnata fu così bello.
“Unità 4 a centrale. Ostaggio in libertà. Richiedo immediato intervento di supporto medico all’altezza della statale….” , poi tutto si spense di nuovo.
 

Circa venti giorni dopo, Jensen era di nuovo seduto sul divano di casa sua. O meglio sul divano di casa dei suoi genitori. Sua madre,  puntando tutto sul suo "potere di madre" lo aveva decisamente supplicato di stare qualche giorno a casa con loro. Giusto per assicurarsi che lui stesse bene e che si fosse rimesso completamente.
"Tesoro, mi ha appena chiamato la zia Betsy. Tra un po' sarà qui per farti un saluto e..."
"Oddio, mamma. La zia Betsy, no!!" si lamentò il ragazzo.
"Ma tesoro, sono tutti così felici che tu stia bene. Non puoi..." rispose la donna ammonendolo dolcemente.
"Mamma, sono infinitamente grato dell'affetto che tutti mi stanno dimostrando. Davvero! Lo giuro. Ma la zia Betsy…Quando mi vedrà non farà altro che piangere e ringraziare Dio che io sia salvo e io passerò un’ora a consolarla e a passarle fazzolettini di carta!!" spiegò supplichevole il ragazzo.
"Ma Jensen..." e in quel richiamo apprensivo il campanello di casa Ackles suonò. "Vado io!" fece la donna sorridendo alla benevole esasperazione del figlio.
Qualche minuto dopo la madre di Jensen tornò in compagnia.
"Jensen , hai visite!" fece cordiale al figlio che stava ancora di spalle agli ospiti.
"Zia Bet..." fece comunque cordiale e sorridente , ma il resto del nome gli restò in gola , bloccato dallo stupore. "Lei non è la zia Betsy!" fece sorpreso mentre continuava a fissare il giovane in abito scuro che lo guardava sorridendo.

Era alto, parecchio. Capelli lunghi alla spalla, castani, leggermente ondulati. Due occhi dall'apparenza dolci ma al tempo stesso che e
esprimevano forza.

"No, non sono la zia Betsy. Almeno che lei non abbia una zia alta quasi due metri, e che militi nell'FBI!" ironizzò , quello che si rivelò essere un agente.
"No, decisamente. E mi creda se mia zia Betsy facesse parte dei vostri uffici, metà dei segreti di Stato sarebbero già on-line sul suo blog di pettegolezzi." Ironizzò Jensen.
"Tipo Gossip Girl!?" scherzò l'altro.
"Peggio. Molto peggio!" asserì Jensen. "Mi scusi, lei è ?" fece poi il biondo.
"Mi chiamo Padalecki. Jared Padalecki e sono un agente dell'FBI. Avrei bisogno di farle qualche altra domanda riguardo al suo rapimento." riferì , ora, con tono ufficiale.
"Ma dopo tre settimane , credevo che ormai tutto fosse in mano al Procuratore di Stato?!" riflettè Jensen, perplesso.
"Sì, ma abbiamo bisogno di qualche ultimo particolare, giusto per .....chiarezza di indagini!"spiegò l’agente.
"Naturalmente. Prego , si accomodi." e in quel momento il campanello suonò di nuovo.
"Mamma?!"
"D'accordo, questa deve essere davvero la Betsy. Di lei me ne occupo io, voi potete stare tranquillamente nello studio di tuo padre. Le dirò che stai riposando e le metterò davanti una  bella fetta di torta." fece complice la donna.
"Grazie, mamma!", rispose il ragazzo che piano si metteva in piedi e indicava all’agente la porta che avrebbe dovuto prendere.  "Ehi! Ma'?" richiamò la madre.
"Sì, tesoro?!"
"Mi metti da parte una fetta?!" le ricordò sorridendo.
"Già fatto, amore!" rispose ammiccandogli dolcemente.
"Ti voglio bene!"
"Te ne voglio anche io!" e poi Jensen raggiunse il federale che gli teneva la porta cortesemente aperta.
 
Quando furono nello studio privato, Jensen si sedette alla poltrona di suo padre , mentre Jared si accomodò di fronte a lui, su un altra poltrona.
“Allora ?” fece Jensen. “Come posso aiutarla, agente Padalecki!?”
“Per cominciare può chiamarmi Jared , se vuole!” si offrì il giovane agente.
“Se lei mi chiama Jensen!” replicò l’altro.
“Affare fatto.” E poi lo fissò per un attimo. “Come sta, Jensen?!”
Quella domanda lasciò Jensen confuso per un attimo, ma poi rispose comunque.
“Stare per morire di stenti non è piacevole, Jared. Ma il mio corpo si sta riprendendo meglio di quello che si aspettavano i dottori. Ho ancora qualche problema con i reni che devono riprendere a carburare , ma tutto sommato sto bene e mi ritengo fortunato!” rispose.
“Mi fa piacere!” asserì soddisfatto l’agente.
“Ma per quanto io le sia grato di questo suo interessamento, non credo che l’FBI l’abbia mandata qui, per conoscere i miei miglioramenti clinici!” riflettè, scrutando curioso il suo interlocutore.
"No, infatti." ammise in colpa e sorridendo appena. "Sono qui perché ho bisogno di sapere alcune cose."
"Spari pure!"
"Vorrei sapere se ha mai avuto modo, durante il suo rapimento, di avere sentore del vero motivo per cui era stato rapito!" e Jared vide Jensen quasi sbiancare a quella sua domanda. Quindi qualcosa c’era.
"Perchè...questa domanda?!" quasi sussurrò in evidente disagio.
"E' così allora?...non era solo una questione di riscatto. C'era ben altro sotto!" asserì il federale.
"Io non ho mai detto che..." provò a negare.
"Jensen, non vorrei farlo ma devo. E lei dovrebbe essere sincero con me almeno per rispetto a quelli che non ce l’hanno fatta!!” riferì quasi seccato Jared.
Jensen non capì quell’uscita da parte dell’agente e lo guardò stranito e evidentemente colpito. “Quelli che…ma di che sta parlando!?”
“Lei non sa…”, mormorò appena Jared vedendo la palese e sconvolta sorpresa sul volto dell’altro.  “Jensen che cosa le ha detto il procuratore riguardo al suo ritrovamento?!”
“A sentire lui: l’essenziale. Poiché c’avrebbe pensato il suo ufficio..” fece indicando Jared. “… a tutto il resto”
“Oddio!! Se n’è lavato le mani!” fece ad alta volta anche se avrebbe dovuto tenerlo solo per lui.
“Non ci sto capendo più niente, Jared. Che cosa devo sapere? Che significa “quelli che non ce l’hanno fatta..”?” chiese allora , Jensen, in evidente agitazione.

“Jensen lei non era da solo in quel nascondiglio.” Cominciò a raccontare il federale.

“Cosa?...certo che lo ero…”, fece il ragazzo, ricordando quei giorni passati al buio o nell’assoluto silenzio. “Per giorni ho chiamato per attirare l’attenzione e nessuno mi ha mai risposto, tranne quelli che mi hanno preso e che minacciavano di uccidermi se non smettevo di parlare!”
“Nessuno poteva risponderle perché erano già morti.”, rivelò con quella che voleva sembrare calma o forse rassegnazione.
“Cosa?!” esalò appena Jensen.
“Circa due mesi fa altre due persone sono state rapite. Entrambe omosessuali. Entrambe con una certa visibilità sociale. Entrambe che ricoprivano posti dirigenziali di notevole importanza come la sua, Jensen.” gli riferì, Jared
“Chi…chi erano?!”
“Timothy Olson e Alex Smith. Li conosceva?!” chiese.
Jensen fece mente locale ma non riuscì a mettere insieme nome e volto.“Solo di nome, ma non sapevo che il fatto che non si sentisse più parlarne da un po’ era dovuto ad un loro rapimento.”
Jared annuì. “Abbiamo tenuto, in accordo con le famiglie, tutto segreto. Nella speranza di trovare un punto di accordo con i rapitori, ma inutilmente.”
“Li hanno uccisi?”
“Sì. Nello stesso modo in cui intendevano uccidere lei!” riferì pacatamente.
“Cosa…”
“Morti di stenti!”
“Niente cibo e niente acqua?!”
“Sì. Per settimane fin quando non….”
“Lo stavano facendo anche a me!” riferì Jensen, rabbrividendo al ricordo delle sensazioni di debolezza e spossatezza che aveva provato.
“Per questo le chiedo, Jensen. Perché un tale accanimento? Perché questa sorta di punizione così crudele?” insistette Jared.
“Io…io..”
“Jensen?!” lo richiamò ancora con più veemenza.
“Ha ragione.” ammise alla fine, l’altro.
“Su cosa?!”
“Era una sorta di punizione!”
“Per cosa?!”
“Per essere ciò che siamo. Come siamo. E ricoprire posti importanti nonostante tutto.” rivelò amareggiato.
“Un momento. Lei mi sta dicendo che è stato rapito perché, secondo loro, essendo un omosessuale, non era “autorizzato” a ricoprire un posto di rilievo in società?” azzardò come ipotesi.
“A quanto pare, quelli come me, non ne erano degni Non siamo degni!” rafforzò. “Non siamo….normali, giusti…sani. E qualcosa di sbagliato non può ricoprire posti decisionali.”
“Dio!! E’ assurdo!” convenne Jared. Quando aveva capito che c’era ben altro sotto ai rapimenti avvenuti, pensava più a qualcosa di politico e non ad una ragione simile.
“Non credo che la loro intenzione fosse arrivare ad un accordo di riscatto , quanto , invece, arrivare a far accettare il loro assurdo messaggio: ciò che è sbagliato, va eliminato!” continuò mestamente Jensen, che si era lasciato andare con la schiena alla poltrona.
“Perché non lo ha riferito al procuratore?!”, fece Jared, sorpreso di una tale omissione. “Una rivelazione simile potrebbe far scattare il reato di tortura. Quei bastardi potrebbero finire in carcere per tutta la vita.”
“Non posso!” rispose immediatamente e deciso Jensen, scattando in avanti verso il suo interlocutore.
“Come? Perché?”, si sorprese il giovane. “ Li abbiamo presi tutti. Non deve temere alcuna ripercussione contro di lei o qualsiasi membro della sua famiglia!” sembrò volerlo rassicurare.
“Non è questo.”
“E allora cosa?!”

“I miei genitori!” rivelò quasi con amarezza.

“…” e Jared non capì.
“Loro non lo sanno.” Confessò Jensen, guardando una foto di lui e suoi genitori abbracciati davanti alla sede della loro società.
“Cosa?...Ma…Jensen. Io ero certo che lei fosse dichiarato da anni ormai e non…”
“E lo sono. E vivo tranquillamente la mia vita così com’è. E i miei genitori ne fanno parte serenamente.” asserì Jensen.
“Allora non capisco!”
“Quando mio padre si ritirò dagli affari, lui e mia madre quasi mi supplicarono di prendere posto a capo della società di famiglia. Io a quel tempo mi guadagnavo da vivere come fotografo freelance e mi piaceva. Giravo il mondo, vedevo posti magnifici e la paga non era male. Mi stavo facendo anche un nome. Ma capii che avevo anche un dovere verso i miei genitori e così, li assecondai e presi il posto di mio padre, relegando la fotografia ad un semplice hobby!” raccontò senza rancore verso quella sua decisione.
“Questo le fa onore, sul serio, ma ….mi perdoni, io ancora…”
“Ha idea di che cosa proveranno i miei genitori se io confessassi questa cosa? se dicessi loro che sono stato rapito e lasciato a morire di fame e sete, perché ricoprivo un posto di lavoro a cui loro mi avevano designato!?” domandò retoricamente, passando una mano su quei volti impressi sulla foto.
“Oddio, Jensen!! Lei non…”
“Ne morirebbero, Jared. Il senso di colpa li schiaccerebbe. Si sentirebbero come la causa di quello che ho dovuto passare. Ha idea di quello che significa per dei genitori sentirsi causa delle sofferenze di un figlio? Hanno già sofferto abbastanza. Quindi se avete preso quelli che mi hanno rapito e che hanno ucciso Timothy e Alex e avete in mano tutto quello che vi serve per sbatterli in galera, per favore…”, fece emozionato. “..per favore, Jared, non mi costringa a rivelare altro!”
“Verrà comunque fuori al processo!” asserì quasi con dolcezza il federale.
“Quando accadrà, farò in modo di tenere i miei lontani dal Tribunale.” rispose risoluto Jensen che videntemente l’aveva già messo in previsione.

Jared abbassò gli occhi, in cerca di una soluzione o forse , semplicemente di qualcosa da dire che fosse appropriato alla situazione e al modo in cui Jensen lo aveva praticamente supplicato.
“Siamo così simili eppure così diversi!” mormorò il federale in quella sua sorta di concentrazione.

“Come…scusi?!” con la voce ancora rotta.
“I suoi genitori  convinti che lei sia all’altezza di ogni posto. I miei che non mi ritenevano all’altezza di niente!” ammise senza pensarci.
Jensen per un po’, rimase basito da quell’affermazione. Aveva compreso in che cosa erano differenti, ma non capiva ancora in cosa erano simili. Poi, mettendo insieme le cose e le situazioni, intese.
“Lei è…cioè.. insomma…”
“Fantastico!!” esclamò Jared sorridendo apertamente. “Un omosessuale che ha paura di dire la parola omosessuale!” lo provocò ironico.
“No!!!”, ribattè colpito l’altro. “ Ma… è che non ero sicuro di aver capito bene e poi non sapevo che il Bureau ammettesse i gay nelle file dei suoi agenti!”
“Quando feci il test di ingresso e poi quello di ammissione i miei punteggi furono talmente alti che la commissione non aveva appigli per escludermi dall’accademia.” si confidò, orgoglioso di quella sua vittoria.
“E i suoi non ne sono orgogliosi!?”
“Credo che i miei abbiano dimenticato perfino la mia data di nascita!” ammise amaramente.
“Mi dispiace!”
“Non è colpa sua e neanche mia. Comunque….” stava per continuare quando Jensen lo anticipò, ansioso di conoscere la decisione ufficiale.
“Allora cosa ha deciso, Jared?!”
“Capisco il suo timore e lo comprendo e onestamente, anche se non ho avuto l’onore di conoscere suo padre, ho trovato sua madre di una dolcezza unica. Quindi credo che quello che abbiamo per concludere le indagini, sia più che sufficiente.” concluse con immensa gioia del ragazzo di fronte a lui.
“Oddio!! La ringrazio infinitamente. Sul serio. Grazie, Jared!!” esclamò sollevato il biondo per poi rimanere un attimo impensierito.
“Che cosa c’è?” fece Jared colpito da quel mutamento improvviso.
“E’che vorrei davvero lasciarmi questa storia alle spalle!”
“Che cosa glielo impedisce?!”
“Beh!...insomma…tutto quello che ancora deve….” pensando a tutta la burocrazia che sarebbe seguita prima del processo e agli interrogatori e tutto il resto.
“Jensen, mi dia retta. Abbiamo preso tutti quelli che facevano parte del gruppo di rapitori, perciò, una volta che il procuratore avrà formalizzato le accuse ad ognuno di loro, vada via. Compri il primo biglietto per il primo aereo verso il primo posto che le viene in mente e sparisca per almeno due settimane. Nessuno la biasimerà.” suggerì sincero Jared.
“Crede davvero che sarebbe possibile!?”
“Chi glielo potrebbe impedire!’” replicò con decisione il federale prima di congedarsi da lui.


Circa un mese dopo…. 

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Capitolo 25
*** Tu sei quello... (seconda parte) ***


Circa un mese dopo….

Jensen se ne stava beatamente sdraiato su un lettino da spiaggia a godersi il sole di quella splendida giornata. Il calore del sole era molto piacevole e gli trasmetteva una meravigliosa sensazione di pace e benessere.
“Mi scusi se la disturbo, sig. Ackles!” fece la cameriera , con educazione, sperando di non disturbare o essere inopportuna.
“Non si preoccupi. Mi dica!” rispose cordiale e sorridendole il ragazzo.
“Il barman si chiedeva se gradirebbe assaggiare il suo ultimo cocktail. Avrebbe piacere di avere una sua opinione.” fece la ragazza.
“Con infinito piacere. Sono sfacciato se ne chiedo due!?” fece Jensen, ammiccando.
“Assolutamente. Sarà un nostro piacere.” e andò via con la sua ordinazione.
 
Jensen si issò sui gomiti e fissò il mare davanti a lui. Vide una figura muoversi tra le onde , che si godeva il lento sciabordio dell’acqua.
Alzò una mano e salutò verso quella figura che guardava verso di lui e che dopo alcune bracciate, usciva dai flutti marini.
Dio!! sembrava Nettuno in tutto il suo divino splendore.
 
“Ben svegliato!” fece l’altro quando arrivò accanto al lettino.
“Già, credo di essere davvero crollato!” ammise con un lieve imbarazzo.
“Io direi…svenuto!” convenne l’altro.
“Ehi!! non è colpa mia se tu sembravi insaziabile stanotte!” replicò malizioso.
“Beh!! non è che tu mi sembrassi interessato ad altro se non al fatto che io continuassi!” e dopo quest’affermazione  il giovane si chinò per baciargli le labbra rosse e carnose.
Jensen sentì il piacevole sentore del sale marino sulla sua bocca e quello molto più avvolgente del ragazzo che lo stava baciando.
“Agente Padalecki…non sarà coercizione di testimone, questa?!” fece quando le loro bocche si separarono per non smettere di sorridersi.
“Assolutamente. Mi dichiaro innocente. L’indagine è chiusa e lei , mio caro Ackles, ha già rilasciato la sua testimonianza. Quindi, il caso è archiviato. E poi se non ricordo male …” fece ammiccando e inginocchiandosi accanto al lettino, così da potergli stare più vicino. “…sei stato tu a chiedermi di seguirti in questo viaggio!”
“E ti giuro che lo farei ancora e ancora.” ammise  fissandolo in un modo che Jared si sentì quasi a disagio.
“Davvero!?” si costrinse a chiedere, sorpreso, Jared.
“Il modo in cui mi sei stato vicino, prima e durante e dopo le indagini. Il modo in cui mi hai sostenuto quando ho dovuto raccontare ogni cosa di quei giorni assurdi e come hai tenuto fuori i miei genitori quando le cose si facevano più…pesanti. E poi…e poi quel primo bacio!” ricordò sorridendo dolcemente. “Wow!! Quello che ho provato quando ci siamo baciati la prima volta, è stato qualcosa di indescrivibile: paura, adrenalina, entusiasmo, terrore. Voglia di smettere e continuare allo stesso tempo.” fece accarezzandogli il viso sorridente che lo guardava.
“Ne parli come se ti fosse piaciuto!” scherzò il più giovane.
“Mmmhh!” ghignò. “Appena appena.” ammise con tono deluso.
“Ahh!!! Ma davvero!!???” fece offeso l’altro che gli diede immediatamente una pugno sul braccio per poi  guardarsi e ridere di cuore, entrambi.
“Non avrei mai immaginato che da una assurda situazione come quella che ho passato, ne sarebbe derivata una così sorprendente e bellissima.” ammise alla fine Jensen.
Jared lo guardò sereno di vedere serenità sul volto dell’altro.

“Sono felice che tu stia bene, Jensen.” gli disse davvero convinto di quelle sue parole.
“Lo sono grazie a te, Jared. Grazie a quello che è successo tra noi, che sta nascendo e che spero continui.”
“Lo spero davvero anche io.” rispose Jared e poi balzando in piedi con uno scatto agile: “Ok! Allora che ne dici di alzarti da qui e….”
“Nooo!!!” si lamentò Jensen. “Si sta così bene!”
“Sì, lo so. Ma voglio farti stare ancora meglio. Ora, andiamo in camera. Ci facciamo una doccia veloce..” cominciò ad organizzare il giovane.
“Doccia veloce…. Già non mi piace la tua idea!” si lamentò malizioso.
“Avremo tempo per quello!” intuì il federale. “Ci vestiamo e andiamo al molo!”
“Al molo? Che andiamo a fare al molo!?” domandò sorpreso Jensen, mentre si tirava su in piedi.
“Mi hanno detto che c’è una gelateria fantastica. Voglio comprarti un gelato e voglio farti vedere il tramonto più bello che tu abbia mai visto e poi voglio baciarti mentre i tuoi occhi hanno ancora la luce di quel tramonto che li fa brillare e….” si ritrovò a dire Jared , quando ebbe il viso di Jensen a pochi centimetri dal suo.
“E basta così, altrimenti sarò io a baciarti adesso e non so se riuscirò a smettere!” sussurrò Jensen.
 

Poco dopo, Jared usciva dalla gelateria e porgeva un gelato a Jensen che era seduto sulla staccionata del molo. Le gambe leggermente aperte per bilanciare il peso. Lo sguardo perso verso il sole acceso dei più vivi colori del tramonto. Quelle leggere rughe che gli incorniciavano gli occhi meravigliosamente verdi e il sensuali gioco di lentiggini che era , in quei giorni, più evidente a causa del sole, e poi quel sorriso quasi timido che era più bello di una risata sincera.
Era bellissimo. Jensen era davvero bellissimo in quel momento e Jared per un po’ si incantò a guardarlo. Fu solo una goccia di gelato che gli cadde sulla mano a farlo riavere da quei suoi pensieri.

“Com’è il tuo gelato!?” chiese a Jensen.
Il biondo ne assaggiò ancora un po’ e poi guardò l’altro, quasi trasognante.
“Assaggia da solo!” lo invitò, ma invece di porgergli il cono, si sporse verso le labbra del giovane , offrendo le sue.
Jared non se lo fece ripetere due volte. Si girò appena, così da finire tra le gambe del biondo e dopo avergli passato un braccio intorno alla schiena per sostenerlo, unì con vigore e gentile passione le loro labbra. Gustò prima il sapore di crema, poi quello più forte della nocciola e poi quello inebriante e avvolgente che era solo di Jensen.
Nacque un bacio morbido , lento, intimo. Accompagnato dai movimenti ritmici delle loro labbra unite e delle loro teste sempre in cerca dell’angolazione perfetta.
Fu Jensen ad allontanarsi per primo e quando stava per baciarlo ancora, l’immagine che si ritrovò davanti sembrò gelarlo.
Jared aveva il sole alle spalle.
Come in un flashback, Jensen  si ritrovò a rivivere quello che aveva vissuto mesi prima quando fu liberato.
 
Erano una perfetta eclissi: sole, sconosciuto, lui.
Vedeva i contorni di quella figura. Vedeva il riverbero del sole tra le ciocche di capelli, ma tutto il resto, sfortunatamente, era solo un ombra che lo stava portando in salvo.
 
Solo che lo sconosciuto questa volta aveva il nome e il volto di Jared. 
Quel ricordo improvviso lo fece vacillare e quasi cadde dalla staccionata, ma Jared fu pronto a tenerlo.
 “Tranquillo, ti tengo io!” fece Jared con tono dolce e deciso.

"Tranquillo ti tengo , io!"
 E di nuovo un ennesimo flash di quel momento assurdo.

Jensen fissò stranito e confuso Jared che gli stava di fronte. Sulle sue labbra un espressione che il federale non avrebbe saputo intendere se felicità o meno.
“Jensen che hai?!” fece apprensivo.
“Tu…tu sei….tu…” quasi balbettò
“Jensen ma cosa…”
“Tu sei quello…..quello che mi ha tirato fuori da quel nascondiglio!” affermò con decisione sapendo di non sbagliare.
“Jensen non…”
“Non mentirmi. Non dire di no!” affermò scendendo dalla staccionata. “Tu sei quello che mi ha salvato!” fece poi mettendogli una mano sul braccio.
“Jensen io non volevo che…” sembrò voler negare ma per quale motivo poi, Jensen non se lo spiegava.
“Perché…perché non me lo hai detto?!” lo incalzava.
“Che importanza avrebbe avuto?!” domandò perplesso Jared, vedendo l’enfasi del compagno.
“Nessuna…credo. Ma perché non dirmelo?!” e davvero non capiva.
Jared sospirò sconfitto e si poggiò alla staccionata.
“Quando sono venuto a casa tua quel giorno per farti delle domande e tu non mi riconoscesti…fu ….fu allora che decisi di non dirti chi ero.” raccontò.
“Perché?!”
“Perché mi avevi già colpito, Jensen. La tua storia, la tua forza, mi avevano già colpito prima che tutto questo….che tutto quello che è iniziato tra noi, potesse iniziare. E quando capii che davvero qualcosa stava nascendo, decisi di non dirti niente.” rivelò sperando che Jensen comprendesse quella sua specie di eroico segreto.
“Jared ma io avrei dovuto sapere che eri…”
“No, Jensen. No!” fece convinto il giovane. “Volevo che qualsiasi cosa stesse nascendo tra di noi, fosse qualcosa nata tra Jared e Jensen e basta.”
“Perdonami, ma non capisco!”
“Tu sei un uomo di affari con un importante rilievo sociale e civile e le tue giornate, a volte, dovrebbero essere di 48 ore per poter affrontare tutti gli impegni che hai. Io sono un operativo dell’FBI e non sono messo meglio di te riguardo ad impegni di lavoro.” affermò con decisione.  “Perciò, quanto credi possa essere normale la nostra vita quando ritorneremo a casa?!” fece quasi dispiaciuto.
“Un attimo, mi stai dicendo che una volta andati via da qui, tra noi è…” azzardò spaventato incredulo , Jensen.
“Cosa? No, no, no!!!” quasi gridò Jared. “Assolutamente. Non ci penso nemmeno!”, lo rassicurò prendendogli il viso tra le mani per dare forza alle sue parole. “Quello  che voglio dire è che sarà più difficile stare insieme  così tranquillamente. Ed è per questo che volevo che almeno per adesso fossimo solo Jared e Jensen e non le persone che si sono conosciute a causa di qualcosa di doloroso e assurdo.”
Jensen si sentì profondamente colpito da quelle parole. La richiesta di Jared era una richiesta semplice e sincera e lui la condivideva appieno perché sapeva che il giovane aveva ragione. Quando quella vacanza sarebbe finita e loro fossero tornati alla vita reale, quel sogno fatto di mare, tramonti, baci al gusto di gelato sarebbe stato difficile da ritrovare.

Il biondo si rilassò completamente in quella presa che Jared aveva su di lui e gli poggiò le mani sui fianchi. Gli sorrise amorevolmente.
“Ok! Da adesso noi due faremo un patto.” Fece convinto.
“Un patto?”
“Già!! Quando tutto questo sarà finito…”, disse guardandosi intorno e alludendo al posto. “…quando saremo di nuovo alla vita reale, non importa quello che farò io al lavoro o il caso che starai seguendo tu. Quando saremo soli, quando staremo insieme saremo solo Jared e Jensen. Io e te. Semplicemente!” concluse sorridendo. “Ti va?!”
“Non chiedo di meglio!” rispose rilassato il giovane, baciandolo subito dopo. “Quindi ora siamo solo io e te?!” domandò con una discreta malizia che Jensen riconobbe ormai già come familiare.
“Sì!”
“E allora che ne pensi se “io  e te” ce ne tornassimo in albergo per essere degli “io e te” un po’ più intimi?!” stringendosi a lui.
“Dico che siamo lontani dal nostro albergo e che qui ce ne uno in cui sono stato un paio di volte e che è sempre felice di ospitarmi!” fece il biondo trascinandoselo praticamente dietro.
 

Poco dopo Jared, su indicazione di Jensen, si sedeva su un divano, mentre lui si avvicinava con discrezione alla reception e al concierge di turno.
“Mr. Ackles che piacere vederla dopo quella sua triste e orrenda parentesi!”fece l’uomo in doppio petto da lavoro.
“Grazie, George. E’ un piacere anche per me vederla.” rispose gentile.
“In cosa posso aiutarla , signore?!”
“So che le chiedo tanto, ma vede sono qui per passare qualche giorno di riposo ma a quanto pare la mia guardia del corpo non è abituata al vostro splendido sole. Sarebbe possibile avere una stanza almeno per questa notte così che il mio amico si possa riprendere!” fece Jensen indicando un Jared visibilmente afflitto che si teneva la testa.
“Ma naturalmente. La sua solita stanza va bene?!” suggerì.
“E’ perfetta, George. Non so come ringraziarla!”
“Mi creda signore, il fatto che lei abbia pensato a noi è già un ringraziamento.” rispose da protocollo.
Il concierge fece cenno ad un valletto che fece strada ai due ragazzi.
 
Aspettare che il valletto del piano si richiudesse la porta della loro stanza alle spalle fu quasi doloroso.
Bastò sentire il clic della serratura magnetica per corrersi uno nelle braccia dell’altro. Un bacio urgente e un altro ancora più esigente e poi ancora un altro disperato che chiedeva di più e ancora di più.
Le mani si rincorrevano esperte nello spogliarsi  ma esitanti nel toccarsi quasi come se volessero gustarsi ogni lembo di pelle che veniva scoperto e accarezzato e poi toccato e toccato ancora.
 E quando finalmente furono nudi, uno di fronte all’altro, una sorta di quiete li avvolse e i due si guardarono. I loro occhi seguivano il profilo di ogni muscolo in tensione. Le mani, ora, calme e leggere, carezzavano quasi solleticando, la linea delle braccia e delle schiene, inarcate così che i loro bacini potessero languidamente combaciare.
Un bacio leggero, a fior di labbra. Un sorriso gentile per salutare quel bacio e poi Jensen cercò la mano di Jared e quando le loro dita trovarono un perfetto incrocio, il maggiore si spostò, invitando il compagno a seguirlo, verso la camera da letto.
Fu un incontro d’amore appassionato. I richiami affannati si rincorrevano sulle loro labbra ogni qual volta che un bacio smetteva di sfamarli. Le loro braccia continuavano ad abbracciare perché desiderose di sentire sempre più forte la vicinanza dell’altro. La pelle rabbrividiva ogni volta che troppo spazio si frapponeva fra i loro corpi sudati e accaldati.
E poi, le loro maschili intimità. Urgenti di essere finalmente appagate, bramose di trovare quel posto in cui anche il loro piacere avrebbe trovato la soddisfazione più pura.
Jared si inarcò sensuale quando conquistò il calore di Jensen e gemette quando il compagno  contrasse i muscoli  intorno alla sua virile natura.
Poi fu l’estasi. La frenesia dettata da cadenzati affondi e dalle gambe avvinte ai fianchi. I respiri agitati e spezzati da ondate di piacere improvvise. Le mani che tiravano le lenzuola in cerca di sostegno. Le mani che si attardavano sulla pelle dei fianchi per assecondarne i movimenti.
Nomi ripetuti, nomi sussurrati, nomi pregati di dare di più, nomi supplichevoli di prendere altro.
E infine l’amplesso. Devastante, forte, appassionato, cercato fino allo sfinimento. Gridato tra le labbra fino ad una risata nervosa ma appagata.
Fino a godere dell’ultima sensazione di umida sensazione fuori e dentro i propri corpi.
E poi….e poi la pace.
Ancora abbracciati, ancora vicini, ancora uno tra le braccia dell’altro.
 

Verso le nove di mattina , un cameriere, in compagnia di George bussò alla stanza dei due.
Gli aprì Jensen, avvolto nell’accappatoio di spugna dell’albergo.
“Buongiorno , Mr. Ackles. La direzione sarebbe onorata di offrirle la colazione!” fece sbirciando nella camera mentre accompagnava il cameriere con il carrello pieno di ogni bontà, al centro della stanza.
Jensen notò lo sguardo curioso dell’uomo e lo anticipò.
“Lo sa George? Avete i divani più comodi su cui io abbia mai dormito!” si fece avanti, Jensen.
“Non capisco, signore. C’era qualcosa che non andava con il suo letto?!” si preoccupò di chiedere il responsabile dell’albergo.
“Beh! purtroppo il mio ospite è stato parecchio male stanotte ed è crollato praticamente al centro del letto e mi sono dovuto accontentare del divano.” spiegò con convinzione, indicando al concierge , il divano disfatto solo pochi attimi prima di aprire la porta.
“Ma Mr. Ackles perché non ci ha avvisato di questo disagio. Le avrei assegnato un'altra stanza!” fece con tono amareggiato e contrito.
“Lo so. Ma come le ho detto …lui è stato davvero male e non mi andava di lasciarlo da solo. Spero che stamattina vada meglio, ma se ci dovessero essere problemi, me lo faccia sapere  e le liberiamo comunque la stanza.” azzardò sapendo già in anticipo quale sarebbe stata la risposta dell’addetto.
“Non lo dica nemmeno per scherzo. La stanza è sua fin quando ne avrà bisogno o fin quando il suo …assistente…..non si sarà ripreso. Anzi mi faccia sapere se ha bisogno che chiami un medico!” si offrì, George.
“Oddio!! Spero di no!” esclamò credibile , Jensen. E poi, si avviò discretamente verso la porta seguito dai due. “Non dubitavo della sua cortesia George!” li congedò entrambi con una cospicua mancia.
Chiuse la porta della stanza e guardò con appetito le cibarie del carrello.
 
“Ok! Spiegami quella messa in scena!” fece Jared che sentendo lo scambio di battute, si era tenuto come defilato per non mettere in imbarazzo  Jensen.
 
“Non pensare male, piccolo.” rispose sorridendo Jensen ammirando il suo amante avvolto solo con un telo intorno ai fianchi.
“Non chiamarmi piccolo” replicò piccato Jared imponendosi di fronte al compagno.
“Ok!” fece l’altro, alzando le mani in segno di resa.
“Allora?” insistette Jared e Jensen capì che gli doveva una spiegazione plausibile e sincera , soprattutto.
“Allora ascolta!” fece mettendosi di fronte a lui e incrociando la braccia al petto. “George è un brav’uomo e un buon diavolo. Ma passa per essere la gazzetta ufficiale dei gossip di questo posto. Se gli avessi fatto capire che la stanza ci serviva per ben altro e che tra noi c’è ben altro, tra meno di dieci minuti , l’atrio dell’albergo si sarebbe riempito di giornalisti gossippari alla ricerca della foto dell’imprenditore scampato a triste sorte e del valoroso agente dell’FBI che lo ha salvato e che adesso sono qui in una sorta di fuga romantica. E quindi addio alla nostra vacanza.” , fu la spiegazione a cui Jared non seppe non dare credito. “E io decisamente voglio godermi con te ogni giorno che ci rimane da passare qui.”
“Sul serio?” fece fintamente non convinto Jared.
“Jared …sono gay dichiarato da anni e vivo felicemente e tranquillamente la mia condizione e so che anche per te è lo stesso. L’unico motivo per cui ho glissato adesso è il motivo che ti ho appena spiegato.” asserì Jensen rinsaldando la sua giustificazione.
Jared ormai era più che convinto di quello che aveva sentito e poi ormai conosceva Jensen e sapeva leggere il disagio sul suo volto quando mentiva. Lo aveva visto quando aveva dovuto mentire alla madre su quello che era successo realmente durante il suo sequestro. E Jared aveva memorizzato quell’espressione di colpa.

Si avvicinò appena, ma non tanto.
“Quello è per noi?!” fece indicando il carrello della colazione.
“Hai fame?”
“Muoio di fame!”
“Credo che dovrai meritartelo!” fece Jensen prendendo da una coppa di vetro una succulenta fragola a cui diede un sensuale morso, per poi passargli davanti e dirigersi verso la camera da letto trascinandosi dietro il carrello della colazione.
“Mi stai ricattando?!” lo ammonì Jared.
“No, ti sto tentando!” fu la risposta ammiccante, mentre allentava la cinta dell’accappatoio e mostrandosi appena al suo amante.

Ciò che avvenne dopo fu, di fatto, la colazione a letto più eccitante e soddisfacente che i due avessero  mai fatto
.
 
 
“E dimmi che sarai sincero ogni giorno con me
E non avrai più paura di amarmi perché 
Perché questa non è 
 un'avventura per me 
E non avere paura perché 
più ti stringo e più ho voglia di stringerti a me”

(Dimmi che non hai paura, Modà)

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Capitolo 26
*** Buongiorno!! ***


BUONGIORNO!!!

Quando la sveglia suonò alle sette e mezza del mattino, la mano di Jared la raggiunse a tentoni, schiacciando prima il telecomando del televisore, poi facendo quasi cadere la bottiglietta d’acqua e poi, solo alla fine, raggiunse il pulsante snooze della radiosveglia, facendola tacere.

Erano svegli ormai, quasi da mezzora e da mezzora non facevano altro che baciarsi.

E già!!
Perché per Jared non c’era miglior modo di cominciare una giornata che iniziandola baciando il suo Jensen, che naturalmente apprezzava e gradiva questa sorta di sveglia mattutina.
E poi era quasi un patto tra loro: se Jensen concludeva le loro giornate, baciandolo come se non avesse aspettato altro per tutto il tempo, Jared, il mattino riprendeva da dove si erano fermati la notte prima.

“Piccolo…piccolo…non che io non apprezzi, anzi….”cercava di dire Jensen tra un bacio e l’altro. Seguendo i movimenti delle labbra di Jared sulla sua pelle accaldata, cercando di raggiungere le mani del compagno che si attardavano sui suoi fianchi stretti al corpo del giovane.
“Allora cosa!?” replicò senza dargli troppa importanza Jared, che non si lasciava scoraggiare e continuava in quel suo piacevolissimo intrattenimento.
“Dovremmo proprio alzarci. Tu devi andare a lavoro e anche …oddio!!” esalò quando Jared raggiunse quella parte del collo appena nascosta dal suo orecchio. “…mi odio….per questo….ma anche io devo andare. Alle …alle nove devo essere in ufficio…e…porca miseria!!” quasi gridò, quando una mano del giovane si insinuò prepotentemente ma dolcemente tra le sue gambe, accarezzando il suo calore più intimo e lambendogli l’intimità che già mostrava non essere indifferente a ciò che stava accadendo..
“Dicevi…qualcosa?!” lo provocò Jared, sorridendo dell’affanno di quel disperato desiderio in cui stava gettando il suo compagno.
“Sì…che ti odio!” ribadì Jensen, sporgendosi per baciarlo quasi famelicamente e gemendo quando Jared risposte quasi con più foga di lui.
“Non è vero. Non mi odi!”
“Sì... ti odio quando fai così!”
“No! Tu mi ami!”
“Sì. Ti amo!” e si lasciò torturare ancora, fin quando fu come preso da un ondata di lucidità.
“Dai!…Dai, Jared…basta!!... adesso. Dobbiamo andare. Dobbiamo alzarci. C’è quel maledetto posto che si chiama lavoro e che ci fa affannare ogni giorno e che ci permette di pagare il mutuo di questa casa, che ci aspetta. Andiamo , fa’ il bravo!”, fece con tono a dir poco paternalistico. “Sai!! A volte dicono che lavorare possa portare anche soddisfazione!” sembrò perfino volerlo convincere.
“Vediamo se riesco a trovare un altro modo per trovare soddisfazione, amore mio!” disse con la voce roca di desiderio mentre si stendeva completamente sul corpo di Jensen e usando una docile prepotenza, lo obbligava a fargli spazio tra le sue gambe.

Sapeva che il maggiore avrebbe provato a fermarlo e allora, previdente, gli chiuse le labbra con un bacio e con un movimento ritmico del bacino iniziò a muoversi contro quello del suo amante. Il bacio , divenne per Jensen, immediatamente una droga a cui non sapeva rinunciare , anzi, da cui chiedeva decisamente un’overdose.
E poi a quel bacio languido e caldo si aggiunsero i movimenti cadenzati di Jared , della sua intimità ormai presente contro la propria, ormai più che esigente.

“E’ ufficiale. Adesso ti odio!” ansimò Jensen, mentre le sue mani raggiunsero il fondoschiena del giovane per attirarlo ancora più vicino.

Le loro intimità strusciarono umide e frementi una contro l’altra e questo fece gemere anche Jared che , lentamente, si sentiva scivolare verso il piacere assoluto.
Cosa che gli succedeva ogni volta che aveva Jensen accanto a lui, stretto a lui. Unito a lui.

“Dio!! E’ bellissimo quando mi odi così!” ironizzò il giovane che si lasciva stringere dal compagno. “E ora credo che mi farò odiare di più!” sussurrò lascivo all’orecchio del biondo prima di sistemarsi meglio e scivolare dentro di lui.
Un respiro strozzato e stranamente appagante risuonò nella stanza da letto.

Ecco! Erano una cosa sola! Di nuovo! Ancora.
E come ogni volta era bellissimo.

I movimenti erano suadenti, sensuali. Gli affondi di Jared erano forti ma gentili, profondi ma senza osare oltre il limite.
E Jensen si lasciava completare, concedendo tutto ciò che di lui poteva concedere. Fin quando Jared e la sua passione non raggiunsero quel punto magico che sembrò elettrizzare la passione e il desiderio di entrambi.
Il maggiore iniziò ad incoraggiare l’amante a continuare. A prendersi di più, a muoversi di più.
Il giovane , galvanizzato da tante appassionate richieste, poggiò una mano lungo il fianco del compagno così da accompagnare i suoi movimenti, da aiutarlo a trovare quell’angolazione perfetta e quando sentì Jensen gemere vistosamente un accalorato “Prenditi tutto di me!!” a causa di un affondo più che vigoroso, gli mise una mano sulla bocca come per placare quelle richieste d’amore.

“La tua voce….no…Ti prego…no!!…o mi farai perdere il controllo!” sussurrò in preda alla passione più calda e alludendo alle invocazioni appassionate del suo amante. La voce di Jensen in quei momenti era qualcosa che avrebbe reso vano ogni afrodisiaco. Bastava quel suono basso e caldo e avvolgente a far perdere ogni cognizione di lucidità al povero Jared. Gli bastava sentire Jensen mormorare il suo nome, o solo sussurrarlo per farlo volare verso il piacere, figurarsi sentirsi di dire "Prenditi tutto di me!", mentre facevano l'amore in quel modo.

In verità, la voce di Jensen gli faceva questo effetto anche fuori dal letto, ma fuori dal letto aveva imparato a controllarsi!!

Jensen fissò i suoi occhi accesi di desiderio e con la sua mano spostò dalle proprie labbra , quella  di Jared. La baciò e poi richiese le labbra dell’altro. Baciò anche quelle.
Si sistemò meglio contro il corpo di Jared , sentendo la virilità del giovane scivolargli più affondo, conquistando tutto ciò che era rimasto da conquistare dentro di lui.

“Perdi il controllo!” suggerì languido, mentre contraeva i muscoli intorno all’intimità del compagno che si ritrovò a dover stringere i denti per sopportare la scarica di piacere che lo aveva attraversato quando Jensen aveva provocato quei movimenti muscolari.

“Tu mi vuoi morto!” esalò affannato con la sua fronte contro quella di Jensen.
“Sì e ti ucciderò io se adesso non mi porti in Paradiso!” rispose l’altro, baciandolo ancora.
Non ci fu bisogno di altre parole.
La loro danza d’amore riprese, più appassionata e passionale di come era iniziata. I loro respiri si affannarono ancora di più, rincorrendosi in cerca di appagamento , ma trovando solo altro piacere. Le loro mani si muovevano sui corpi come a voler toccare e prendere possesso di ogni centimetro di quella pelle sudata e accaldata dall’amore.
E i loro occhi.
I loro occhi non smettevano mai di cercarsi e trovarsi e legarsi in uno scintillio fatto di amore e passione e desiderio e complicità.
Il soffice rumore della loro pelle che si scontrava, l’andamento sensuale dei loro corpi verso il basso e verso l’alto. Quel ritmico affondare e contrarre i muscoli della passione, li stava lentamente ma inesorabilmente portando verso quel baratro fatto di infinito piacere in cui loro oramai si lasciavano cadere ogni volta che facevano l’amore.
E quel baratro li accolse di nuovo. Immenso, avvolgente, caldo, quasi insopportabile. Li sconvolse con i suoi tremiti.
Li rese euforici con il suo oblio.
Li avvolse con il suo calore e poi, quando, lento, iniziò a scemare, li lasciò placido sul fondo di quel baratro così che bacio dopo bacio, respiro dopo respiro, “Ti amo” dopo “Ti amo”, potessero risalire verso la cima.
 
Jensen stringeva ancora un braccio intorno alla schiena e uno sul fianco del suo impetuoso amante e concentrandosi sul respiro dell’altro, cercava di rendere il proprio più ritmico e regolare.
Jared scivolò dolcemente via, rimanendo molto vicino al corpo del compagno. Co un dito seguì il profilo perfetto del viso dell’altro , sostando appena sul contorno delle labbra carnose e arrossate e ancora lievemente schiuse e in cerca di aria.
“Allora….soddisfatto?!” chiese ironico.
“Tu….tu sei….tu…” cercò di mettere insieme una sotto specie di rimprovero quando le labbra del più giovane chiusero le sue in un bacio deciso ma gentile.
Jensen , naturalmente, rispose al bacio. Come non farlo!?
“Come credi che io possa andare al lavoro dopo….dopo questo?!” fece imbronciato e mostrandosi decisamente esausto ma felicemente appagato.
“E allora non ci andare!” suggerì con aria innocente Jared.
Jensen lo fissò, perplesso da quella richiesta.
“Resta qui…con me. A casa. Nella nostra stanza. Nel nostro letto.” Suggerì semplicemente.
“Un giorno tutto per noi?!”
“Un giorno tutto per noi!” confermò il giovane, mentre gli accarezzava il petto che ormai seguiva un respiro regolare.
“Non ci prendiamo un giorno….non ricordo nemmeno.” fece con aria quasi incredula. “I nostri uffici se la caveranno!”
“Solo io e te!” fece Jensen davvero tentato di accettare quella proposta, anche se Jared non lo vedeva ancora convinto.
“Jensen?!” lo richiamò piano.
Jensen spostò lo sguardo e sorrise all’espressione esitante che vide sul volto del giovane amore.
“Mi porterai ancora in Paradiso?!” chiese abbracciandoselo stretto.
“Tutte le volte che vuoi, amore mio!” rispose sorridendo Jared, perdendosi in quell’abbraccio così caldo. 
“Jared?”
“Mmhh!?” fece sistemandosi il più vicino possibile al corpo di quell’uomo che tanto amava.
“Buongiorno, piccolo!” disse con tono dolce e caldo.
“Buongiorno, amore!” rispose amando ogni momento che passava a respirare l’odore di Jensen.



Tra me e te, fantasia giochi aperti e grandi idee…
che cos'è? dillo tu. Cosa siamo insieme noi.
Siamo tutto e di più….
Buongiorno bell'anima….”
(Buongiorno Bell’anima, B. Antonacci)

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Capitolo 27
*** Sacrificio ***


SACRIFICIO


“Dimmi perché?… Ho fatto qualcosa di sbagliato? ho fatto qualcosa a te di cui…” provò a capire Jensen, completamente frastornato dalla decisione che aveva preso Jared.
“No, Jensen. No!”
“ E allora, perché…perchè vuoi lasciarmi, Jared!?”
“Per la ragione più semplice, Jensen.” rispose con un tono fastidiosamente calmo.
“…”
“Non ti amo più.” rivelò atono. “Io…. non ti amo più!” ripetè quasi come per rendere più reale quella assurda verità
“Cosa?!” riuscì a malapena a dire Jensen.
“Non voglio usare scuse o giri di parole. Non lo meriti. Tu meriti la verità. E data la situazione è l’unica cosa che posso darti adesso.” e glielo disse come se avesse semplicemente letto le indicazioni di una medicina da somministrare.
“Quando?!” si ritrovò a chiedere stordito da quelle parole.
“Quando …cosa?!”
“Quando hai capito di non amarmi più!?” precisò con dolorosa amarezza, Jensen.

Jared sembrò fare mente locale per poter rispondere.
E poi quando parve aver deciso cosa dire, fissò lo sguardo insensatamente inespressivo su Jensen.
“Ricordi la cena che diede Misha a Natale scorso?!” fece chiedendo all’altro di fare mente locale sul quel momento.
“Natale scorso?...ma nemmeno c’è stata quella cena!! L’annullarono perché io ebbi quello stupidissimo incidente di macchina.” ricordò Jensen.
“Esatto e quella sera, dopo la tua chiamata dal pronto soccorso, l’unica cosa che mi ritrovai a pensare mentre entravo in macchina per raggiungerti, fu “una cena tra amici andata in fumo!”. Solo quello!” fu la risposa a quel ricordo.
Jared vide il volto di Jensen spegnersi. Il dolore e la confusione erano palesi sul tremore delle sue labbra, nel luccichio dei suoi occhi in cui quel verde aveva smesso di brillare.
 
Aveva fatto male.
Gli aveva fatto male!!
Un male profondo e crudele.
 
“Oddio!” mormorò Jensen, passandosi una mano prima tra i capelli e poi sul viso. Gesto che fu fatto più per nascondere tra le dita quelle lacrime che volevano gridare dalla rabbia.
“Ascolta….” fece Jared. Il suo voleva essere un misero tentativo di migliorare la situazione.
“Un attimo…un attimo…siamo a luglio.” lo fermò, stranito, Jensen. “Sette mesi….da Natale sono passati sette mesi. In tutto questo tempo tu….tu cosa….insomma le volte che sei stato con me, che mi dicevi che mi amavi, che facevi l’amore con me….cosa…”
 
Ora! Doveva farlo ora.
O non ci sarebbe riuscito più a mettere fine a tutto.
 
“Mentivo.” Rispose semplicemente.
“Cosa?!” esalò ormai sfinito Jensen che sentì il suo stomaco contorcersi.
“Ho mentito per tutto il tempo e mi….mi dispiace!” disse sapendo che quel “mi dispiace” sarebbe servito a poco.
“Hai…mentito?!” domandò incredulo e con la voce che era quasi un sussurro.
 
Jensen non riusciva a crederci.
Chi era il ragazzo che lo stava uccidendo in quella maniera così feroce?
Dove era finito Jared? Quello stesso Jared che non faceva altro che dirgli che lo amava e che glielo dimostrava ogni volta che gli era vicino? Perché ora davanti a lui c’era quel tipo che gli stava facendo il cuore in mille senza nemmeno sentirsi in colpa?
 
“Ho cominciato a forzare alcuni atteggiamenti verso di te e con il tempo…quei nostri …momenti intimi, sono diventati solo…sesso!” spiegò con incredibile e assurda facilità.
Jensen stralunò gli occhi. La sua bocca si schiuse per la dolorosa sorpresa di quell’affermazione data con così tanta semplicità. Sentì il suo stomaco contrarsi per la rabbia e la sua anima implodere per il dolore. “Mi viene da vomitare…”
“Jensen…” cercò di parlare Jared.
“No. Sta’ zitto. Jared, sta’ zitto.”, fece alzando una mano e mettendola come confine tra loro due. Non poteva permettere a Jared di avvicinarsi. Non in quel momento. perché, onestamente , non sapeva come avrebbe reagito se il giovane avesse provato in qualche modo di toccarlo. “Io…io devo uscire…devo andarmene da qui!” fece afferrando la sua giacca su una sedia vicina.
“Lo capisco.” convenne tristemente Jared. “Ma quando tornerai proveremo a parlare e a….”
“No. Quando tornerò non voglio più trovarti qui. Non voglio trovare nessuna delle tue cose in questa casa. Non voglio nemmeno sentire il tuo odore.  Porta via tutto o dovrai andartele a prendere nella spazzatura! ” lo avvertì con un tono feroce che Jared non sapeva nemmeno Jensen avesse.
E quando cercò di parlare ancora, Jensen lo fermò….ancora.
“Questa non è più casa tua! E credimi….. io non sto mentendo” asserì improvvisamente gelido.
“Jensen….mi dispiace!” azzardò un ultima volta. “Di cuore!” cercando di sembrare davvero dispiaciuto.
“Vaffaculo, Jared.” fu la risposta del maggiore. “Di cuore!”  e andò via, sbattendosi la porta alle spalle.
 
Quello, paradossalmente, fu  il momento più brutto della vita di Jared!
 
……
 
 
Misha uscì dallo studio in cui si era defilato quando aveva sentito arrivare Jensen. Lui era nella camera da letto e per non creare problemi, aveva ripiegato per lo studio, ma da lì, aveva comunque potuto ascoltare tutto.
Restò a qualche passo di distanza da Jared che , vedeva, a stento restava calmo.
“Sei un grandissimo figlio di puttana, Padalecki.” Esclamò con tono contrariato.
“Misha…”
“Mi vuoi spiegare perché…perché lo hai fatto?” fece indicando la porta da cui era appena uscito Jensen.
Jared si girò verso di lui.
Il volto triste . L’espressione mesta. Il corpo stanco.
Il sorriso con cui piegò le labbra sottili era amaro e appena accennato.

“Perché sto per morire, Misha.” fu la risposta alla domanda. “E per niente al mondo voglio che Jensen si ritrovi a vivere in questo incubo.”

“Jared, tu non stai per morire.” cercò di confortarlo l’amico dottore.
“Misha, non indorarmi la pillola. Lo hai sentito anche tu il neurochirurgo. Il tumore al pancreas anche se benigno è in una posizione anomala e difficile. Ha detto che i casi come il mio hanno avuto una riuscita bassissima. C’eri anche tu quando mi ha dato il 20% di possibilità di sopravvivenza.” disse con una certa rassegnazione a ciò a cui andava incontro.
“Ma perché tenere fuori Jensen? perché allontanarlo in questo modo? É….è stato crudele!” ammise con una punta di rimprovero.
“Perché voglio che Jensen si rifaccia una vita. Voglio che sia felice!” asserì con la voce rotta dall’emozione.
“Già, perché, cavolo!! Il ragazzo che è uscito da questa casa sprizzava felicità da tutti i pori!!” ironizzò Misha.
“Ora è arrabbiato, deluso, ferito. Ma soprattutto mi odia ed è quello che voglio. Non mi rimpiangerà. ” sembrò spiegare come giustificazione a quello che aveva detto a Jensen.
“Jared, Jensen ti sarebbe stato accanto!” gli fece , però, presente, l’altro.
Ora, Jared, sorrise. E sorrise davvero.
“Ci puoi giurare che mi sarebbe stato accanto.” Ammise orgoglioso dell’uomo a cui aveva appena spezzato il cuore. “Lui avrebbe lottato per me, con me, anche se la possibilità che io sopravviva all’operazione fosse stata dell’uno per cento. Ma è questo, ciò, che ho voluto evitargli. Non se lo merita. Io lo amo troppo per gettargli quest’incubo addosso.”

Misha anche se non accettò , comprese le amorevoli motivazioni del giovane amico.
“Sei un dannato stupido testardo!”, fece sconsolato mentre ritornava in camera da letto per recuperare la borsa che stava preparando con Jared quando Jensen era rientrato. “Vieni, prendi la tua borsa. Ti porto in ospedale!”
 
…….
 

Jared passò la settimana seguente tra analisi, controlli, esami radiologici. Misha seguiva tutto il suo percorso clinico affiancando il neurochirurgo che lo avrebbe operato e ormai mancava un solo giorno all’operazione.
“Allora , come ti senti?!” fece appuntando l’ennesimo dato sulla cartella clinica di Jared.
“Come uno che si avvia al patibolo!” scherzò.
“Jared…” lo riprese, ammonendolo solo con lo sguardo.
“Lo so, scusa. Umorismo macabro. Ma sono nervoso.” si giustificò.
“Lo posso capire. Comunque cerca di riposare stanotte. Domani mattina verranno verso le otto per iniziare la preparazione del preoperatorio.” lo avvertì.
“Tu ci sarai?!” chiese quasi di istinto e Misha gli sorrise amichevolmente.
“Non vado da nessuna parte, amico mio!”
“Misha?” fece ancora , Jared.
“Sì!?”
“Se dovesse andare male….”
“Jared non pensare in negativo!” provò a tranquillizzarlo.
“Se dovesse andare male….” , ripetè accarezzando il volto sorridente immortalato su una piccola foto che aveva tra le mani. “…dillo tu a Jensen. Per favore! Ma digli solo quello che è successo e niente altro, ok?”
Misha sentì un groppo in gola quando si costrinse ad accettare una simile promessa. deglutì a forza. “Ok!, ma ora riposa!”
Il medico uscì dalla stanza del giovane amico, ma qualcosa nello stomaco gli si contorceva e non era solo il nervosismo dell’operazione a cui avrebbe partecipato. O almeno non solo quello.
 
…...
 

“Jensen!?”
“Ehi!! Dottore!”, lo salutò Jensen che era accanto alla scrivania della sua segretaria. “Che ci fai qui a quest’ora?!” chiese , dato che erano le otto di sera.
“Avrei bisogno di parlarti, Jensen!” fece anche se il suo tono era palesemente nervoso. Jensen era un consulente finanziario e conosceva Misha da anni. Era stato lui a consigliargli di mettere insieme un gruppo di validi medici per fondare una clinica di tutto rispetto.
“Ehi, Misha. Tutto ok? Problemi finanziari con la clinica perché se è così posso provare a ….” azzardò , quindi.
“No. No. No….la clinica non c’entra.” si affrettò a negare.
“E allora cosa ?”
“Jared!” fece solo.
Jensen lo fulminò con lo sguardo. “No!” rispose seccamente , mentre l’espressione amichevole con cui era stato accolto fu inghiottita da una fatta di pura rabbia e doloroso risentimento.
“Cosa… “no”?”
“Jared è argomento “no”!” replicò seccato, Jensen, allontanandosi dalla sede della segretaria.
“Aspetta, ascoltami.” provò ancora, andandogli dietro. " Ti prego!!"
“Mi ha lasciato. Nella maniera più assurda. Con le parole più assurde. Con la giustificazione più assurda.” gli ricordò Jensen.
“Per favore. Per favore. In nome dell’amicizia che ci lega da anni…ascoltami.” e lo chiese con un tale trasporto che Jensen non riuscì a dirgli di no.
Il consulente fece un respiro profondo e una smorfia di indecisione deformò i suoi lineamenti già tirati dall’argomento che voleva affrontare l’amico dottore. 
Ritornò dalla ragazza seduta alla sua scrivania.
“Jenna, chiudi questa pratica e poi, se vuoi, puoi andare a casa. Per oggi abbiamo finito.” fece senza sembrare troppo autoritario.
“Grazie, Jensen.” fece lei, cominciando a sistemare le sue cose.
 
Poi il consulente guardò di nuovo, severamente, il medico che attendeva la decisione.
“Tu. Vieni nel mio ufficio!”
“Grazie!” e lo seguì.
 
…….
 
 
“Ok! Ti ascolto. Ma fa che sia una cosa veloce.” lo avvertì.
“Jared sta male!” riferì in fretta.
“Lui…sta male?!”, rispose ironicamente , Jensen.  “Io invece sto’ un Pasqua!!” allargando le braccia con un gesto esasperato.
“No, non hai capito. Sta' male fisicamente." precisò Misha, avvicinandosi all’amico.
"Beh! se intendi che si sente anche lui come se qualcuno gli avesse infilato un tizzone ardente nel cuore....gli darò il benvenuto nel club!!" proseguì sarcastico il biondo.
"No. Ascoltami.” E fece un respiro profondo. “Jared ha un tumore. Al pancreas. Ed è…grave.”

Ecco, era fatta!!

Misha vide il torace di Jensen fermarsi per alcuni momenti. Sentì il rumore del respiro dell’altro abbandonare i rumori della stanza in cui erano. Gli occhi verdi erano dolorosamente stupiti e fissi su di lui. Ebbe come l’impressione che Jensen fosse una statua di ghiaccio.
 “Cosa?!” mormorò il biondo.
“E’ per questo che ti ha lasciato!” spiegò come  prima cosa.
“Non….non capisco…che….cosa….cosa….” farfugliò il ragazzo che dovette trovare un appoggio alla sua scrivania.
“Agli inizi di giugno ha fatto dei controlli e dato che gli esami del sangue risultavano sballati, ho approfondito e ho scoperto che c’era qualcosa che non andava. Gli ho fatto fare una TAC e ho scoperto il tumore.” riassunse in poche parole.

Se andava bene, per i particolari ci sarebbe stato tempo.

“Io…io …non  non lo sapevo…ma come…”, fece confuso mentre , istericamente i suoi occhi passavano dal fissare Misha e confusi punti nel suo ufficio. “Perché non me lo ha detto?...Perché non me lo hai detto prima?!” fece poi andando vicino all’amico.
“Jensen, sono il suo medico curante. Sono legato a lui dal giuramento. Non potevo!” provò a giustificarsi.
“E adesso, allora?!” fece deluso.
“Adesso è la situazione…che è….è diversa.”
“Diversa, come? Diversa, perché?” chiese nervosamente.
“Perché domani mattina lo operano e io non potevo tacere una cosa del genere.” riferì calmo. C’era già abbastanza agitazione nei sentimenti di Jensen. I suoi, da medico, poteva tenerli a bada.
“Operano?…come operano?!” fece Jensen.
“La sua condizione clinica è….complicata. Le possibilità che l’operazione riesca è bassa e Jared rischia di non…”
“No. Non dirlo. Non farlo!!” lo fermò prima che potesse finire la frase. “Non…dirlo!”

Misha si avvicinò all’amico che completamente sconvolto si era dovuto sedere sul bordo del tavolo da lavoro. Gli si mise di fronte e poggiò le mani sulle spalle contratte e curve di Jensen.
“E’ per questo che ti ha lasciato Jensen. Perché voleva evitarti tutto questo e quello che potrebbe venire dopo se l’operazione…..”
“Mio Dio! Mio Dio!!” sussurrava Jensen, ripensando al modo in cui Jared lo aveva convinto che voleva lasciarlo.
 
Quelle parole dette così facilmente. Quel tono così freddo. La completa mancanza di rimorso mentre gli diceva che non lo amava più. Erano solo bugie. Assurde bugie con cui Jared stava recitando per allontanarlo da lui in quel momento in cui lui avrebbe dovuto essergli più vicino del solito.

Come? Come non aveva potuto accorgersi che quello non era il suo Jared a parlare?
Quello stesso magnifico e dolcissimo ragazzo che tremava ogni volta che gli diceva “ti amo”? Che non dormiva sereno se le loro mani non si toccavano? Che si illuminava di puro amore ogni volta che i loro occhi si incatenavano dopo aver fatto l’amore?
 
“Per favore. Jensen , ti prego. Non puoi abbandonarlo. Ha fatto quello che ha fatto perché ti amava. Perché ti ama.”, fece ancora Misha, ma non ebbe bisogno di dire altro perché Jensen lo stava già trascinando fuori, pronto a raggiungere Jared in ospedale.
 
…...
 
 
Quando arrivarono in ospedale, Jensen corse verso la stanza che Misha gli aveva indicato essere quella di Jared, ma non vi trovò nessuno dentro.
“Dov’è?” chiese ritornando verso l’amico dottore.
“Come ..dov’è?!” si stupì l’altro.
Misha corse nella stanza delle infermiere e chiese alla caposala dove fosse Jared.
“Il sig. Padalecki ha avuto un improvviso calo pressorio. Il dott. Sheppard lo ha visitato e ha deciso che lo avrebbe operato immediatamente. ” riferì l’infermiera presenta nella stanza.
“Cosa???” esclamarono entrambi.
“Dove?!” chiese poi, autoritario, Misha.
“Sala 4.” Rispose la caposala.
Jensen si passò le mani tra i capelli con un gesto disperato. Misha, invece rimanendo lucido, disse all’amico di aspettare nella stanza di Jared e che lui si sarebbe unito all’equipe medica in sala operatoria.
“Misha…”, lo richiamò allarmato Jensen. “Ti prego…lui….lui…non…”
“Giuro che vivrà.” e corse verso la sala in cui avevano portato Jared.
 
Molte ore dopo. Ore disperatamente lunghe e snervanti, Jensen , si ritrovò seduto in corridoio a fissare una tazza di caffè ormai fredda e decisamente poco invitante.
“Sig. Ackles?!” lo richiamò un infermiera.
“Sì?!”
“La prego, mi segua. Il dott. Collins e il dott. Sheppard vogliono parlarle!” fece gentilmente.
“Hanno finito?!”
“Sì. Circa 45 minuti fa.”
“E come sta…Jared?!”
“Parli con i dottori, signore. Avrà tutte le risposte!” e gli aprì la porta dello studio privato dopo aver bussato compostamente.
Jensen entrò appena nella stanza. Le gambe gli tremavano e si sentì morire quando vide Misha e l’altro medico che lo fissarono senza scomporsi più di tanto.

Misha era accanto alla scrivania, visibilmente provato. E la cosa atterrì Jensen.
Mentre l’altro medico era seduto alla poltrona, intento a scartabellare delle carte.
Li guardò. No, anzi. Li fissò.

“Io….io non..non riescò a decifrare le vostre espressioni!” disse stupidamente Jensen.

Misha guardò il suo collega e poi di nuovo l’amico. Lo stesso fece l’altro dottore.
Poi un leggero sorriso sghembo apparve sulle labbra del medico seduto.
“Venga, Jensen. Le dico come ho salvato il suo Jared!!”
 
…...
 
 
Jared aprì lentamente gli occhi.
La prima cosa che vide, fu la luce chiara e brillante che filtrava tra le persiane della finestra. Li richiuse appena e poi ci provò di nuovo. E questa volta restò a fissare quella splendida luce che poteva ancora ammirare perché era vivo.
Respirò o forse fece semplicemente un sospiro di sollievo.
Era vivo. Era davvero vivo. Misha aveva mantenuto la sua parola data fin dalla prima volta che scoprirono il tumore. Ma lui ne aveva comunque dubitato e ora , era vivo, ma era solo.
Lui…il suo amato lui, non c’era. Non c’era più.
 
“Ciao, piccolo!”
 
Il giovane ignorò ogni sensazione di torpore che avvertiva, ogni senso di indolenzimento che provava ai muscoli di tutto il corpo e costrinse la sua testa a voltarsi verso il punto da cui quel saluto era arrivato.
“Tu…tu…” riuscì a dire a stento. La gola gli faceva male a causa dell’intubazione che aveva subito durante l’operazione.

Jensen gli si avvicinò. Il suo volto anche se stanco e ancora appena preoccupato, era sereno, felice.
E Dio! era dolcissimo.
I suoi occhi lo erano. Il modo in cui lo stava guardando lo era. Perfino il modo in cui l’indice gli stava appena sfiorando il dorso della mano legata ad una flebo, lo era.

“Jensen…tu….io non….” cercava di mettere insieme qualcosa, ma sinceramente, ancora non ne era lucidamente in grado.
Jensen intuì la confusione del giovane appena sveglio. Capì i pensieri che gli si affollavano nella mente su quello che aveva fatto per allontanarsi da lui e provò a mediare l’angoscia che vedeva sul volto di Jared.
“Non credere che non mi dovrai ripagare di questa settimana di inferno che mi hai fatto passare, ma l’importante è che tu stia bene adesso.” fece il biondo accarezzandogli la fronte sui sostava una frangia scomposta.
Jared non riuscì a rispondere niente. I suoi occhi erano fissi su Jensen. Sulla dolcezza che gli leggeva sul viso. Sui suoi occhi incatenati ai propri.
Nelle orecchie quel “Ciao, piccolo!” che continuava a suonare come una splendida melodia.
“Io…io..” e poi non riuscì a dire altro.

In un attimo, il flash di quello che gli aveva detto solo una settimana prima lo inondò insieme al senso di colpa. Il modo in cui lo aveva ferito fece di nuovo male. L’espressione che quell’assurdo giorno vide sul volto di Jensen, gli ferì di nuovo la mente e gli occhi.
Non riuscì a trattenersi. Scoppiò a piangere.
Un pianto disperato, forse liberatorio. Un pianto a cui la mano calda di Jensen diede immediato conforto, accarezzandogli la guancia.

“No, no, no…Jared….no. Calmati!” faceva Jensen con un tono basso e rassicurante. Accarezzandolo ancora. Baciandogli la fronte corrugata dai singhiozzi del pianto. Tergendo delicatamente le lacrime che gli segnavano il viso.
“Mi dispiace…mi dispiace….mi dispiace..” continuava a ripetere tra i singhiozzi, mentre Jensen, invece, cercava ancora di consolarlo e di farlo calmare.
“Tranquillo….tranquillo. So tutto. Misha mi ha detto tutto. Mi ha spiegato tutto. È tutto passato.” lo rassicurò sedendosi , poi, sul bordo del letto.
“Ti ho fatto così male!” si accusò il giovane. “Con quelle parole….così assurde e crudeli…io…io…”
Jensen gli sorrise. Di sicuro gliene avrebbe dette di tutti i colori quando Jared sarebbe stato meglio, ma quello non era il momento.
“Ascolta. Hai smesso davvero di amarmi?” domandò stranamente.
“Cosa?..No..mai!! Non potrei mai…smettere di amarti. Io non…” rispose immediatamente Jared, raggiungendo con la mano libera quella che Jensen gli teneva poggiata sul cuore. Stringendola forte.
“Ok! Allora non mi hai fatto del male!” lo consolò. “Ma voglio che tu ora faccia una cosa per me!” fece vedendo che il respiro del compagno era ancora agitato.
“Tutto…farò tutto…quello che vuoi, Jensen!” gli rispose cercando ancora la mano di Jensen.
Il maggiore assecondo il gesto legando le loro mani e senza smettere di sorridergli: “Voglio solo che tu ora ti calmi. Voglio che tu stia bene. Voglio riavere il mio Jared e voglio riportarti a casa nostra il più presto possibile!”
“Casa…nostra?” ripetè trasognante e felice.
“Casa nostra , amore mio.” gli fece eco Jensen, chinandosi e baciandogli dolcemente le labbra.

Il bacio più dolce, più vero, più delicato eppure quello più forte e colmo di un amore che aveva superato il più brutto del momenti.

 



L'unica cosa di cui sono sicuro - è il modo in cui facciamo l'amore
L’unica cosa da cui dipendo - è che noi rimaniamo sempre forti
Con ogni parola e ogni respiro, ti sto pregando
Ti prego perdonami - non posso smettere di amarti…”

(Please forgive me, Brian Adams)

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Capitolo 28
*** Uno strano primo appuntamento ( prima parte ) ***



"E' tutto qui?" chiese Jared poggiandosi allo stipite della porta di ingresso dell'edificio del condominio in cui abitava.
"Tutto qui...cosa?" rispose Jensen fissandolo mentre gli sorrideva sghembo.

Jared incrociò le mani sul petto e issandosi in tutta la sua altezza e Jensen , d’istinto, raddrizzò le spalle solo per guadagnare quei pochi centimetri che gli servivano per arrivare ad un certo “equilibrio” tra i loro sguardi.
Il giovane maestro fece un passo verso il ragazzo che lo guardava appoggiato al Discovery del vigile del fuoco. Corpo di cui Jensen faceva parte.
"Mi bacerai, Jensen. Giuro che prima o poi mi bacerai e quando lo farai non vorrai più lasciarmi andare!" asserì con decisione.
"Presuntuoso!!" ironizzò l’altro.
"No, affatto! Ma vedo come mi guardi!" lo provocò Jared.

Jensen per un momento restò in silenzio senza mai distogliere gli occhi da Jared che sentiva quello sguardo smeraldino fisso su di lui.
"No!" fece poi il vigile del fuoco.
"No...cosa!?"
"Non ti bacerò, Jared. Non almeno fin quando non avremo un primo vero appuntamento." E questa volta fu il biondo a mostrarsi più che deciso in quello che diceva.
"Ma cosa...siamo usciti già tre volte??!" esclamò sbalordito Jared.
"Quelli non erano appuntamenti. La prima volta abbiamo bevuto solo un paio di birre dopo che ti ho recuperato per strada dopo che quel catorcio di macchina che tu ti ostini a chiamare macchina, ti ha mollato a pochi metri dalla mia caserma.",  gli ricordò sorridente. "La seconda... il mio capitano mi ha detto di darti una mano per organizzare la visita dei tuoi bambini dell'asilo alla caserma dei pompieri. ", continuò il suo resoconto di quelli che per lui erano incontri ma per Jared erano appuntamenti. "La terza, stasera per inciso, mi hai chiamato per sistemare le ultime cose per l'incontro del punto due!!"
"Non ci posso credere!!" asserì basito ma senza sembrare offeso il più giovane, che lanciò le braccia al cielo in segno di un divertito gesto di esasperazione.
Jensen non riuscì a non ridere a quel gesto e volle colpire ancora. Ma nel modo più accattivante possibile.
"Credimi Jared, quando avremo il nostro primo appuntamento, sarai tu quello che non vorrà più lasciarmi andare."
A quell’affermazione – meravigliosa affermazione – Jared si ammutolì e tornò serio.
"Presuntuoso!!!" convenne copiando Jensen.
"No, affatto! Ma vedo come mi guardi!" lo parafrasò il biondo sorridendogli maliziosamente per poi lasciarlo e avvicinarsi alla macchina.
Lo salutò con un altro sorriso ammiccante e mentre si avviava ad andarsene, Jared gli gridò allegramente dietro: "Mi bacerai, Ackles. Prima o poi mi bacerai!!!"
 

Qualche giorno dopo, Jared era in una delle aule dell'asilo in cui lavorava da ormai sei anni, insieme alla classe del secondo anno, quando uno dei suoi bambini richiese la sua attenzione.
"Che c'è, piccolo?!" chiese con fare dolce.
"Mi fa paura!" sussurrò appena.
"Cosa ti fa paura, Anthony?" chiese premurosamente, mettendo una mano sul visino spaventato del suo piccolo alunno.
Il piccolino , con aria timorosa, alzò lo sguardo verso un angolo della stanza e Jared  seguì con lo sguardo il punto indicato dallo stesso sguardo del bambino.
Un lampo di panico investì anche il giovane maestro.
“Tranquillo. Ci sono io qui!” cercò di rassicurarlo.

Poi deglutì e si sforzò di mantenere la calma. Doveva farlo per la sicurezza dei suoi piccoli allievi.
“Ok! Bambini, sapete che vi dico? Oggi è una bellissima giornata e a me davvero non va di restare in questa stanza al chiuso. Quindi adesso ci mettiamo in fila con calma e ce ne andiamo in giardino a giocare.” Esclamò tenendo un tono di voce comunque tranquillo.
Jared indicò cosa fare e i bambini ubbidienti si misero in fila e si avviarono nel corridoio verso l’uscita in giardino. In quello tragitto , Jared, bussò all’altra classe, la terza.
Genevieve, la maestra, dalla sua cattedra, gli andò incontro.
“Ehi, Jay!! Non sapevo uscissi in giardino con….”, ma Jared la fermò con un cenno della mano.
“Ascoltami, Gen!!, prendi i bambini ed esci il più velocemente possibile dalla scuola!” l’avvertì, cercando di non far traspirare troppa ansia dalle sue parole.
“Cosa? ma che…”
“Ti spiego tutto dopo, ma tu , ora, fa quello che ti dico. Senza panico e velocemente!”
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e con una scusa plausibile fece mettere anche i suoi allievi in fila e li invitò a seguirla in giardino per dei giochi.
Quando le due classi ormai erano quasi all’ingresso, Samantha, la responsabile e maestra della prima classe, andò incontro ai suoi due colleghi. La donna era rientrata per prendere del materiale didattico e i suoi bambini erano già in giardino.
“Ragazzi, che succede? Come mai tutti fuori?” si informò gentilmente.
Gen che aveva solo eseguito un ordine di Jared non seppe rispondere e lasciò che a farlo fosse il collega.
“Sam, nella mia classe c’è una crepa che avanza a vista d’occhio lungo tutto il soffitto. Credo che tra un po’ il solaio con tutto quello che c’è sopra verrà giù.” La informò mentre si assicurava che tutti stessero uscendo dall’edificio scolastico.
“ O mio Dio!!” fecero le due donne guardando sia le mura della scuola che i bambini.
“Dobbiamo tenere i bambini fuori e il più lontano possibile dall’edificio. Chiamiamo i pompieri e vediamo cosa….” ma mentre Jared suggeriva cosa fare i suoi occhi andarono verso la sua aula e vide il piccolo Anthony sulla soglia dell’aula.
“Anthony!!” gridò in direzione del bambino che sembrava atterrito e che istintivamente si rifugiò di nuovo all’interno della classe.
“ Oh Gesù!!” fece Genevieve,  impaurita dalla situazione.
“Allontanate i bambini, chiamate i pompieri. Penserò io a lui. Veloci!!” ordinò correndo di nuovo verso la classe.

Le due maestre corsero e cercando di rimanere il più calme possibili per il bene dei loro bambini, fecero come Jared aveva detto.
 
All’interno dell’edificio, invece, Jared cercava di mostrare al piccolo impaurito, la sua espressione più dolce e rassicurante. Di tanto in tanto guardava la crepa sul muro che avanzava impietosa e a cui si aggiungeva anche un preoccupante scricchiolio di travi. Jared anche se non poteva ignorare quei rumori, cercava di convincere il piccolo a seguirlo, dato che il bambino si era rifugiato sotto la scrivania ad angolo e si rifiutava di seguirlo.
Un rumore più forte, convinse Jared a lasciare da parte le maniere dolci e tutta la pedagogia e la psicologia infantile che aveva appreso e  spostando tutto , afferrò il piccolo per le braccia e lo tirò fuori e questo, automaticamente, scatenò l’isteria del bambino.
“Ascolta, calmati, ti metto giù ma tu devi correre, ok? Ora corriamo e vediamo se sei più veloce di me, va bene ?!” e quella semplice sfida sembrò calmare il piccolo.
Jared lo mise a terra e gli diede la mano stringendola forte e iniziarono a correre, ma non appena furono a metà del corridoio , un pauroso scroscio di muri frantumati riecheggiò alle loro spalle.
Erano a pochi metri dall’uscita principale e Jared strinse forte la mano del bambino e con uno strattone se lo portò in braccio e se lo strinse al petto, cercando di aumentare la velocità della sua fuga.
Il fragore del crollo sembrava seguirli e ad un passo dalla porta , Jared si voltò e vide il solaio crollare dietro di loro e allora lanciò letteralmente il piccolo Anthony fuori dall’edificio, temendo di non riuscire ad uscire in tempo.
Il piccolo in un attimo, senza rendersene conto, si ritrovò steso sull’erba del giardino scolastico con le due maestre che gli correvano incontro per aiutarlo e consolarlo.

Alle loro spalle una nuvola di polvere e calcinacci fu l’unica cosa che uscì dalla porta principale dell’asilo.
Di Jared nessuna traccia.
Il piccolo asilo cittadino era crollato su sé stesso. Parte del tetto non esisteva più. A segnalarne ancora l’esistenza solo le mura perimetrali e una folta coltre di polvere.
A spezzare l’assurdo silenzio che si era creato, solo i lamenti spaventati dei bambini e gli incoraggiamenti dolci delle due maestre. Dopo qualche minuto, le sirene dei pompieri si unirono a quei piccoli lamenti.


*****

“Ehi Jensen!!” lo richiamò Ty, collega da anni di Jensen in quella caserma dei pompieri.
“Sì?!”
“Senti, so che oggi è il tuo giorno libero, ma ci hanno appena chiamato per un solaio crollato. Ci dicono che è rimasto incastrato qualcuno sotto. Ci dai una mano?!” chiese, sicuro che il collega non si sarebbe mai rifiutato.
“Ma certo.” Rispose, infatti.  “Dove è successo?!”
“Non ci crederai mai. E’ la scuola dove il capitano Morgan ti ha mandato per organizzare la visita guidata!”
“L’asilo cittadino?” chiese sbalordito.
“Sì….Non ci lavora quel tuo amico…..Jared?!”
“Oggi, no. Ma muoviti….comunica al capitano Morgan che prendiamo il Discovery e raggiungiamo l’autobotte che è già partita!” disse risoluto mentre si infilava la tuta di protezione dei vigile del fuoco.
“Ma Morgan è..”
“Muoviti, Ty!!” gridò autoritario.
“Ok!” e corse all’ufficio del capitano che stava , anche lui, per prepararsi a raggiungere il luogo dell’incidente.


*****

Dieci minuti dopo, Jensen, Ty e il capitano Morgan , a bordo del Discovery raggiungevano l’asilo semi crollato e mentre Jensen si rendeva conto della situazione, Morgan chiedeva cosa fosse successo alle due maestre.
Poi si congedò, indicando  loro l’ambulanza che le aspettava per dei controlli, dato che erano visibilmente provate e preoccupate per le sorti del loro collega.
“Jensen?!” richiamò il graduato e Jensen prima di farlo parlare lo informò sulla situazione.
“Sarà dura, capitano. Dobbiamo trovare un punto di accesso che sia abbastanza stabile o tutto quello che è rimasto in piedi, finirà per crollare definitivamente. Non credo che potremmo fare altro che rimuovere tutto dall’esterno.”
“Pulizie di primavera?!” ironizzò Ty.
“Calcinaccio dopo calcinaccio. Lì sotto deve essere come un dannato gioco degli Shangai. Se muoviamo il pezzo sbagliato , viene definitivamente giù tutto.” asserì il vigile.
“Ok! Sono d’accordo. Approntate tutto per l’intervento e dite alle società della luce e del gas, di interrompere la fornitura in questa zona, fin quando non avremo finito.” Ordinò Morgan che aveva ascoltato con attenzioni quello che ormai era il suo braccio destro nonché caro amico.
“Chiamo immediatamente!” fece Ty, allontanandosi per obbedire.
“Allora, sappiamo chi c’è là sotto?!” chiese Jensen. Anche se era preoccupato, sapeva che non era Jared. Il giovane gli aveva detto che aveva dei giorni di ferie.

Ma allora perché non riusciva a capire quella strana morsa allo stomaco che sentiva e il volto preoccupato e tentennante di Morgan.

“Jens…”
“Capitano.” rispose in attesa di una risposta che sembrava essere difficile da dare. Jensen si avvicinò al suo superiore e con più discrezione si rivolse ancora a lui. “Jeff…che succede?!”
“Jared.” disse il capitano.
“Jared…cosa?!” fece perplesso. “Ti ho parlato di lui, ma non credo che questo sia il momento adatto per…”
“E’ Jared quello lì sotto.” lo interruppe sottovoce.

Jensen deglutì a vuoto. No! Non era possibile. Jared non doveva essere lì.

“No. Jared è in ferie.” disse infatti anche se la voce tremò appena nel pronunciare quelle parole.
Morgan comprese e cercò di spiegargli con calma quello che era successo.
“Il maestro che doveva essere di servizio oggi si è dato malato e Jared ha rifiutato le ferie. Da quello che mi hanno detto le sue due colleghe, è rientrato un attimo prima del crollo perché uno dei bambini era spaventato e non voleva uscire e quando erano quasi all’uscita, Jared ha praticamente lanciato fuori il bambino ma lui non  ha fatto in tempo ad uscire e il crollo lo ha investito”
“Oddio…” esalò Jensen che si girò di scatto verso le macerie che aveva alle spalle e iniziò a fissarle con paura e preoccupazione.
“Senti!!” proseguì amichevolmente Morgan. “…so che tra voi….insomma….”
“Jared….io….lui…” balbettò appena il vigile, momentaneamente privo di lucidità. Ora, nei suoi pensieri, c’era solo la disperazione che sotto quel cumulo di rovine ci fosse imprigionato Jared. “Noi…”
“Data la vostra situazione personale, non credo che sia il caso che tu partecipi alle operazioni di soccorso. La cosa è abbastanza grave e lui potrebbe anche non essere…”
“No!!” esclamò atterrito da quella possibilità e improvvisamente rinsavito. “Lui è vivo e sarò io quello che lo andrà a prendere. Sono un vigile del fuoco e il mio lavoro è salvare vite. E lì sotto c’è una vita da salvare, quindi, Capitano ….lasciami fare il mio lavoro!”
“Jensen, io non….”
“JD, lasciami fare il mio lavoro. Io devo trovarlo e salvarlo!” disse con tono risoluto.

Morgan ci pensò un attimo guardando le macerie dell’asilo e poi tornò a fissare lo sguardo del suo collega e ci vide risoluzione e fermezza e soprattutto lucidità. In quello sguardo c’era tutto quello che serviva ad un vigile del fuoco.
“Va bene, come vuoi. Ma che sia chiaro…se mi renderò conto che non ci sono possibilità per risolvere al meglio questa situazione, non rischierò la tua vita. Chiaro?” stabilì severo.
“…” Jensen non rispose.
“Ackles…siamo intesi?!” ripetè con più autorità.
“Intesi.”

“Ok. Salva quella vita!” fece dandogli una pacca sulla spalla per incoraggiamento.

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Capitolo 29
*** Uno strano primo appuntamento (seconda parte ) ***


Quando Jared riprese i sensi si sentì per un attimo spaesato, confuso, stordito, poi all’improvviso un dolore lancinante alla gamba lo fece gemere vistosamente. Si rese conto che poteva muovere le mani e lentamente si tastò in direzione del dolore che sentiva.
Mosse leggermente la testa e si accorse che era completamente sovrastato da due travi che fortunatamente, nel modo in cui si erano incrociate, lo tenevano bloccato a terra ma non lo schiacciavano. L’unica pecca di quella sfortunata fortuna, era la sua gamba incastrata sotto una delle due travi.  Era piegata all’indietro in un modo innaturale. Il tallone gli sfiorava la coscia e sentiva i muscoli tesi all’inverosimile. Cercò di spostarla, di spingerla in modo da liberarla dal peso della trave, ma inutilmente. L’unica cosa che ottenne fu l’ennesima scarica di dolore che partì furiosa dal ginocchio fino al cervello.

“Oddio!! Oddio!!” sussurrò non riuscendo a vedere una qualsiasi via di scampo.
Non poteva dire da quanto era lì sotto, ma il dolore costante, la gola che gli bruciava, la bocca impastata di polvere e calce rendevano quel non essere cosciente del tempo trascorso ancora più duro da comprendere. Forse tutto era appena successo, forse invece erano già passate ore mentre lui era privo di sensi.
Forse era morto e quello che stava vivendo era l’ultima cosa che aveva fatto in vita.
Fin quando…

“Jared!!…Jared!!!…” si sentì chiamare non poco lontano.

Il maestro , di primo acchito, credette che fosse solo nella sua mente. Che la voce di Jensen, trovandola bellissima e calda, fosse la sola cosa che potesse confortarlo in quel momento e quindi la sua mente in quel momento gli stava tirando quello scherzo immaginario.
Ma poi….

“Jared…mi senti??” la voce ritornò e non pareva immaginaria anche perché sembrava avvicinarsi sempre di più e perciò Jared azzardò un richiamo a quella voce.

“Jensen?!!” fece cercando di utilizzare più voce possibile.
“Jared!!..sì sì….sono qui, Jared. Sto arrivando. Sto venendo a prenderti!!” fece quella che ormai, Jared sapeva, non era più solo una voce ma la presenza concreta di Jensen.
“Non è possibile!!... Jensen!!” gridò più forte.  “Jensen sono qui…..sono qui….” ripetè ancora.
A quell’esortazione il pompiere lo chiamò di nuovo rassicurandolo.
“Jared…tranquillo. Adesso arrivo…”
Jared rise istericamente , incredulo di quello che stava accadendo ma poi cercò di calmarsi  e la prima cosa che gli venne in mente fu anche la cosa più assurda.
“Ok! Ok! Ma è pericoloso! Per …favore , sta’ attento!!”
“Ehi! così mi offendi. Sono io quello che viene a salvarti e tu mi dici di stare attento!?” esclamò Jensen che ormai lo aveva raggiunto scendendo da uno scavo che si era ricavato tra le macerie che li sovrastavano.
Jared lo fissò, solo per un attimo.

Dio!! il sorriso di Jensen.
Dio!!  il verde dei suoi occhi meravigliosi.

“Scusa…scusa….” fece quasi in imbarazzo.
“Ok! Posso perdonartela!” scherzò il vigile che premurosamente , quasi istintivamente, si ritrovò ad accarezzargli il viso sporco di calcinacci.
Jensen si accertò delle condizioni di Jared e poi si fermò un attimo per parlare con il giovane maestro.
“A quanto pare hai fatto l’eroe?!” disse mentre gli passava un po’ d’acqua.
“Un eroe lento , però!”ironizzò Jared, dopo averlo ringraziato.
“Non tanto da non salvare la vita di quel bambino!”gli fece però presente e dopo quell’affermazione Jared si fece prendere come dal panico. E’ vero aveva lanciato fuori Anthony, ma il crollo, gli aveva impedito di vedere se il bambino era effettivamente in salvo.
“Oddio….Anthony…lui…lui sta bene?!” chiese atterrito.
“Sì, sì. Sta benissimo ed è già tra le braccia dei suoi genitori. Come tutti gli altri. E lo devono a te, Jared. Li hai praticamente salvati tutti, oggi!”lo rassicurò Jensen, non nascondendo una punta di orgoglio.
“Io ho solo….solo fatto…”
“La cosa giusta al momento giusto. Esattamente come fa un eroe!” asserì il vigile passandogli un altro po’ d’acqua.
“Smettila o mi farai arros…” ma non riuscì a terminare la frase perché una violenta fitta di dolore gli si propagò di nuovo dalla gamba bloccata in malo modo, facendolo gemere dolorosamente.
“Jared…Jared ??”
“E’ la gamba. Dio!!! Mi fa male da morire….a volte è come se si stesse staccando…il dolore è….è insopportabile.” Si lamentò pressandosi la coscia contratta dalla posizione, con la mano.
“Ok! Fammi dare un occhiata!” e si allontanò dal giovane per avvicinarsi all’altro lato così da poter vedere in che condizioni era realmente la gamba.
Era piegata sotto la trave, ma non sembrava recisa in alcun modo. E non c’era sangue. Questo poteva essere un buon segno. Almeno così sperava Jensen!
“Va bene, vediamo cosa posso fare!” e prese la sua radio di servizio. “Capitano?!”
Sì, Jensen. Ti sento forte e chiaro.” Fece la voce dall’altro lato.
“Ho trovato Jared. Due travi lo bloccano a terra ma fortunatamente non lo schiacciano. Ha solo una gamba piegata sotto la trave più bassa. Devo trovare un modo per liberargliela.” comunicò con calma.
Controlla la situazione e vedi se è possibile usare un pallone pneumatico gonfiabile.” fu il suggerimento dall’alto.

Jensen obbedì e osservò il modo in cui le travi erano incrociate. Poteva funzionare. Lo avrebbe gonfiato fino all’altezza che gli avrebbe consentito di tirare via la gamba di Jared ma senza de stabilire il precario equilibrio delle due travi e se la cosa funzionava poteva lasciare il pallone in pressione per dare più agio al giovane e forse avrebbe potuto perfino tentare di tirarlo via da lì sotto.
“Sì. Si può provare. Vengo su a prenderlo. Preparate tutto il necessario. In cinque minuti sono lì.” e si spostò di nuovo per tornare da Jared.
“Già te ne vai?!” fece il giovane sorridendogli. “Pensavo che ti stessi divertendo?!”
“Mi diverto talmente che vado a fare rifornimenti!! Ti va una birra?...patatine??”rispose con lo stesso tono, Jensen. “Ok! Ora ascoltami.” fece poi, tornando serio. “Vado a prendere un gonfiabile. Mi aiuterà a tirarti fuori la gamba e se le cose vanno per il verso giusto, potrei anche tirarti via da sotto queste travi. Tu stai tranquillo, ok?!”
“Non ci mettere troppo!”lo esortò flebilmente Jared che ormai cominciava  risentire della situazione.
“Farò in un attimo.”e gli accarezzò il viso sudato e sporco di polvere a calcinacci.

Fu un attimo. Un attimo in cui i loro occhi si fissarono. Non ci furono parole. Non servirono parole. E quel silenzio a loro bastò a rivelare ciò che ancora non era stato rivelato.

Poi Jensen andò via.

*****

Quando il pallone fu gonfiato all’altezza giusta, Jensen si posizionò in modo da poter sistemare la gamba di Jared.
“Ok! Sei pronto?” lo avvertì il vigile.
“Sì!” rispose l’altro.
“Jared….farà un male cane ma tu resisti.”
“Ci proverò.”
Poi il vigile attivò la trasmittente.
“Ok, Misha. Sono in posizione.” avvertì.
Misha , il paramedico accorso sul posto , si apprestò a dare tutte le indicazioni che servivano a Jensen per aiutare Jared.

Bene. Metti una mano sulla coscia e con l’altra mano afferra saldamente la caviglia e segui un movimento naturale fin quando la gamba non è in posizione dritta. I muscoli potrebbero essere troppo in tensione e le ossa bloccate. Quando la gamba sarà dritta, afferra con entrambe le mani la caviglia di Jared e tira con forza e con decisione verso di te fin quando non senti in crac!

“Cosa?!” fece quasi spaventato il pompiere.

E’ necessario, Jensen. Devi riallineare l’arto.” Confermò il paramedico con voce decisa.

“Ma farà…”

Un male cane!” finì il paramedico dall’altro lato.

“Questo gliel’ho già detto!!” ironizzò Jensen, per coprire la sua preoccupazione.
“Guarda che ti sento, anzi sento tutti e due.” si intromise Jared. “Ascolta, Jensen. Fa’ quello che devi. Non può fare più male di così. Se questa cosa serve a rimettermi a posto la gamba e a far diminuire il dolore, fallo. Fallo e basta. Ti prego!!!”
“Ok!Ok!!”lo assecondò Jensen e mise le mani nel modo in cui Misha gli aveva spiegato. “Pronto?”
“Sì!”
“Al tre!?”
“Al tre!”
“Uno….”
“Uno…”
“Due..”
“Du….” ma senza aspettare che Jared ripetesse e arrivasse il tre, Jensen drizzò la gamba e la tirò con uno scatto secco verso di lui.
Jared gridò di dolore in sincrono con quel crac che aveva preannunciato Misha e Jensen lo vide stringere i pugni sul terreno smosso, in cerca di un qualsiasi sostegno che potesse aiutarlo a sopportare il dolore provato.
“Figlio…di…puttana….!” lo insultò anche se Jensen non si ci fece caso. “Che fine a fatto quel cazzo di tre!?!” imprecò ancora.
“Che linguaggio, maestro.” cercò di distrarlo.
“E’ il linguaggio di uno che ti prenderà a calci in culo non appena sarà fuori da qui!!” continuava a sfogarsi Jared.
“ Che direbbero i suoi allievi se la sentissero adesso!?” andava avanti Jensen, vedendo che comunque Jared iniziava a rilassarsi.
“Loro… direbbero….direbbero…che…che….io….io..” beh!! forse si stava rilassando troppo. Anzi, sembrava proprio che stesse perdendo i sensi.
“Jared?” lo chiamò. “Jared che hai?” ma vedendo che il giovane non gli rispondeva Jensen lo chiamò con più forza. “Jared???”
Jensen si spostò velocemente dalla sua posizione per raggiungere Jared dall’altro lato delle travi. Quando gli fu vicino si rese conto che il giovane era effettivamente svenuto. “Cavolo!!” e preoccupato di quella reazione imprevista chiese soccorso. “Misha? Misha mi senti?”

Sì, Jensen. Ti sento, che succede?!” fu la pronta risposta.

“Jared è…è svenuto. Ma non mi piace…perché lui…lui respira appena ma il suo battito sembra impazzito.” gli spiegò apprensivo.

Ok! Me l’aspettavo. E’ l’effetto clamp.” Rispose immediatamente Misha.

“Effetto che ?”

Effetto clamp. Hai presente quelle pinze da chirurgia che si usano per fermare il flusso sanguigno?, beh!! la gamba di Jared , piegata in quella maniera ha praticamente fatto la stessa cosa. Ha bloccato per un po’ il flusso sanguigno o almeno lo ha rallentato fortemente e quando tu l’hai rimessa in posizione , il flusso è ripreso ed è come se fosse schizzato al cervello.”gli spiegò in breve e semplicemente il paramedico.

“Ok, e allora io che faccio adesso?!”

Devi ristabilire il flusso. Devi regolarizzarlo!

“E come?” decisamente preoccupato di non esserne in grado.

Respirazione artificiale e massaggio cardio-respiratorio! Quindici massaggi, un insufflazione. Fin quando non senti il battito e il respiro più regolari.” Fu l’indicazione.

“Ma lui non è in arresto!!” gli fece presente il vigile.

Ed è per questo che le compressioni e le insufflazioni sono la metà.

“Ok!, va bene. Va bene!!” disse, convinto, ma neanche tanto.
Jensen fece come gli era stato detto. Puntò le dita sullo sterno di Jared e contò le costole e quando arrivò al centro posizionò la base del palmo della sua mano al centro dello sterno e iniziò a comprimere. Poi inspirò e respirò nella bocca di Jared e poi di nuovo con il massaggio.
Alla terzo ciclo , il vigile del fuoco controllò il battito e il respiro , ma ritenne che il cuore pulsava ancora velocemente quindi andò avanti e solo dopo aver dato ancora aria a Jared, si accorse che il giovane aveva gli occhi di nuovo aperti e lo stava fissando.
Cos’era un sorriso quello sulle labbra del giovane!?
“Ehi!!” fece il pompiere. “Ben tornato!” disse mentre gli accarezzava il viso visibilmente più roseo, anche se ancora provato.
“Potevi dirmelo… che bastava che….. demolissi la scuola per convincerti…. a baciarmi.” scherzò Jared intuendo quello che era successo.
“Ma non ti arrendi mai?!”
“Non intendo farlo con te!” rispose Jared.
“Smettila e dammi una mano. Il pallone tiene, ora ti tiro fuori da sotto queste travi .” disse volendo sviare sull’argomento.
Non era quello decisamente il momento. Non voleva davvero iniziare qualcosa tra loro circondato da delle macerie. Gli sembrava di cattivo augurio.
“Ci provo.” disse Jared poggiando bene le mani a terra e assecondando i movimenti del suo soccorritore.
 
Quando fu fuori da sotto le travi, Jared vide Jensen prendere di nuovo la sua trasmittente.
“Ok! Jared sta bene. L’ho tirato fuori ma nelle condizioni in cui è, non può risalire da dove sono sceso io e di certo io non posso trascinarlo fuori. Quindi, dato che, almeno per il momento la situazione è stabile,  noi restiamo qui e voi finite di fare pulizie e ci venite a prendere.” Comunicò con tranquillità al suo superiore.
“Dovresti andare via , Jensen!” disse invece Jared, non troppo convinto di quella decisione.
“Cosa? e lasciarti qui tutto da solo??” ironizzò Jensen appoggiandosi ad una delle travi e sistemandosi Jared vicino.
“Hai detto che la situazione è stabile perciò non c’è bisogno che tu…”
“Ok! Stammi a sentire!” lo fermò e Jared nella sua voce scorse una forte decisione. “Non  me ne vado. Non esiste che io ti lasci solo qui sotto, chiaro?!”
“Ma tu….”
“Chiaro?!”ripetè più forte.
“Chiaro.” Si arrese. E poi scherzò ancora. “Sembra quasi come se ci tenessi a me!”
“Certo che ci tengo. Sto organizzando il nostro primo appuntamento e non posso permettere che tu mi dia buca. Un asilo che ti crolla addosso non è una scusa plausibile!” ironizzò il vigile.
“Caspita!! Sei uno esigente!?”
“Molto. Credimi, molto!” e questa volta non c’era decisione nel tono ma solo dolcezza. Dolcezza che causò in Jared una scarica ben diversa da quella che sentiva muovendo la gamba ferita.

*****

Jensen si sistemò meglio accanto a Jared, aspettando così che i suoi colleghi facessero il loro lavoro ai “piani alti”, ma ad un certo punto vide Jared respirare come se fosse in difficoltà, come se facesse dello sforzo.
“Jared? Jared che hai?!” chiese preoccupato.
“Non lo so…è..è come se mi mancasse l’aria. Mi sento come se non avessi più aria!”
Jensen si allarmò per quella spiegazione. Forse Jared aveva dei danni interni che non aveva calcolato. Forse non stava così bene. Chiamò di nuovo dalla radio portatile.
“Capitano? Capitano, mi serve Collins!” avvertì con apprensione.

E’ qui. Te lo passo!
Sono qui, Jensen. Che succede?!” intervenne Misha.

“Jared respira male o meglio, lui dice che si sente come se gli mancasse l’aria! Che succede?!” domandò in ansia.

Tranquillo, Jensen. E’ colpa dell’adrenalina che scema. I valori stanno calando quindi il corpo di Jared comincia a risentire dello choc. Ora ti
faccio calare giù una bombola d’ossigeno e vedrai che tutto andrà bene. Ma voglio che tu faccia una cosa per me!


“Cosa?” chiese  preoccupato Jensen.

Alza al massimo il volume della tua trasmittente e mettilo sul torace di Jared e poi mettiglielo accanto alla bocca. Voglio ascoltare il suo respiro.” Gli spiegò il paramedico.

“Ok! Dammi un secondo.” e si mosse e da dove i pompieri stavano portando avanti le loro operazioni, Misha accanto al capitano Morgan , sentivano dalla loro trasmittente i movimenti compiuti dal vigile in “missione sotterranea”
Misha si avvicinò l’amplificatore della trasmittente all’orecchio e con la mano libera si chiuse l’altro, così da poter eliminare più rumori possibili. Anche se con difficoltà, al suo udito arrivò il battito soffuso del cuore di Jared e poi, dopo che Jensen ebbe spostato la radio, potè sentire anche il suo respiro. Non vi erano rantolii o rumori che potessero far pensare a qualcosa di più grave. Quindi concluse che la sua prima ipotesi fosse la diagnosi giusta. Il corpo si adeguava a quello che gli era successo.

Ok, Jensen!”, riprese la comunicazione. “E’ come pensavo. È tutto a posto. Vi mando giù l’ossigeno.

“Grazie, Mish.” Fece il vigile con il tono decisamente più sollevato.

“Ringrazialo anche da parte mia!” si sentì in sottofondo dopo il ringraziamento di Jensen.

Non c’è di che , Jared. Sai!? Hai una bella voce , nonostante tutto. Devi essere un tipo davvero affascinante e posso capire perché…” scherzò Misha per cercare di allentare la tensione.

“Frena , Dott. Stranamore !! Jared è impegnato, quindi cercati qualcun altro con cui flirtare!” lo bloccò Jensen, ma senza sembrare offensivo.

Sono sposato, Jens. Non stavo flirt…” .
“Sì, sì….come vuoi!” e mise via la trasmittente interrompendo quello che stava dicendo l’amico paramedico.

Sorrise poi, vedendo che Jared sorrideva a lui.
“Che c’è?!” chiese, quindi, forse un po’ in imbarazzo.
“Così…sarei impegnato?!” lo provocò Jared.
“Ci puoi giurare. Io non sono uno da coppia aperta, che sia chiaro! Se qualcuno o qualcosa deve essere mia, deve essere mia e basta!” dichiarò con fare stoico.
“Mi piacerà!” fu la strana ammissione di Jared.
“Ti piacerà…cosa?!”
“Essere tuo!”
Un richiamo dal tunnel da cui era sceso Jensen spezzò il momento.
Ty gli stava mandando giù l’ossigeno per Jared. Il vigile del fuoco si avvicinò allo scavo e afferrò la bombola e incitò i colleghi a darsi una mossa.
“Tieni…respira!” fece mettendo la mascherina sulla bocca di Jared che respirò profondamente e mostrando con la sola espressione del suo volto di stare già meglio.
“Grazie!” fece poi il giovane maestro.
“Non c’è di che!” rispose amabilmente Jensen e poi gli si mise di nuovo vicino e fece in modo che il ragazzo potesse poggiare la testa sulle sue gambe.
Quasi naturalmente la mano di Jensen si andò a posare sul petto di Jared che altrettanto istintivamente vi si aggrappò.
 

Circa due ore dopo, i due venivano fatti uscire. Jared fu prontamente raggiunto da Misha e il suo collega Rich che gli bloccarono come da regolamento il collo con un collare e lo misero sulla lettiga per poterlo issare in ambulanza. Ma prima che le porte del mezzo si chiudessero, Jensen raggiunse il giovane e richiamò la sua attenzione.
“Ehi?!”
“Ehi!”
“Ci vediamo dopo, ok?!”
“Ci conto!” e dopo quel breve scambio, Misha chiuse i portelloni del mezzo e disse all’autista di partire.

*****

Quando Jared si svegliò in ospedale, con sollievo fissò lo sguardo sul bianco del soffitto della stanza di ospedale in cui era stato ricoverato. Non c’era più polvere o calcinacci o puzza di terra intorno a lui. Ora sentiva solo…aria. Aria pulita.
E si sentiva bene. Davvero bene!!
Anche se durante la notte aveva chiesto degli antidolorifici, i dottori gli avevano assicurato che tutto sarebbe andato per il meglio.
 
“Ben svegliato!” lo raggiunse la voce poco distante da lui. Una splendida voce.
 
Si voltò in direzione di essa e il volto sorridente e gli occhi brillanti di Jensen lo avvolsero e lo catapultarono in uno stato di benessere straordinario.
“Non credevo che tra i tanti compiti dei vigili del fuoco ci fosse anche l’obbligo di vegliare su coloro che avevano salvato.” Fece il giovane tirandosi appena un po’ su e appoggiandosi al cuscino.
“Ok! Se la metti così, posso andare via!” fece mezzo offeso l’altro facendo cenno ad alzarsi per andarsene.
“Non provarci nemmeno, Ackles. Rimetti il tuo culo su quella sedia!” disse ridendo e facendo ridere anche Jensen.
“Allora , come ti senti?!” fece il vigile.
Jared sospirò appena, si guardò la gamba ferita stretta in un tutore e se la massaggiò appena.
“I dottori dicono che non c’è niente di gravemente lesionato. Un mese con questo affare e della buona fisioterapia e tornerò al cento per cento!” riferì soddisfatto di quello che nonostante tutto, si rivelava essere il minore dei mali.
“Magnifico!” esclamò sollevato Jensen.
“E tu?... Come stai?” fu la domanda che arrivò a sorpresa da parte di Jared.
“Ehi!! Non ero io quello bloccato sotto mezzo asilo. Io sto alla grande!” rispose con enfasi Jensen.
“Già. Lo vedo e credo di doverti dire ancora grazie per avermi salvato! Sono in debito!”
“Tranquillo! Troverò il modo per farti sdebitare!” rispose maliziosamente, mentre si avvicinava al letto del ragazzo e gli lasciava una leggera carezza sul dorso della mano.

Jensen stava per dire altro quando un infermiera si affacciò alla stanza e gli disse che era ora di andare via perché l’orario delle visite mattutino era terminato da un po’. Jensen la ringraziò cortesemente e si scostò dal letto di Jared per riprendere le sue cose. “Ora ..riposa!” fece con tono fintamente severo rivolto al giovane che lo guardava prepararsi per andare.
“Ok!” obbedì l’altro e mentre Jensen si avviava all’uscita Jared lo richiamò.
“Comunque, ho vinto io.” affermò orgoglioso.
“Come scusa?!” chiese Jensen, stranito.
“Ho vinto io. Alla fine mi hai baciato!” affermò pacatamente vittorioso.
Jensen si sorprese a quell’affermazione e assicurandosi che nel corridoio non ci fosse nessuno, tornò verso Jared che lo guardò sorridente ma timoroso. Lasciò le sue cose di nuovo sulla sedia e poggiò le mani ai lati del cuscino di Jared che si ritrovò così, bloccato dal corpo del vigile.
Il biondo si chinò su di lui, sorridendo nel vedere che Jared schiacciava quasi istintivamente la testa contro il cuscino. I volti vicini, i respiri mischiati, gli occhi incatenati dai loro sguardi.
E poi la magia.
 “Questo… è un bacio!” gli sussurrò a fior di labbra e poi posò le sue, calde e morbide, su quelle di Jared , più sottili ma comunque invitanti.
Il bacio fu sensuale e gentile. Le loro bocche sembravano fatte per stare insieme. Sembrava che finalmente , due metà da tempo divise, si fossero ritrovate nel loro perfetto incastro. Jared si abbandonò completamente alla docile sopraffazione delle labbra di Jensen e lasciò che l’altro si prendesse tutto il suo respiro.
Jensen si appropriò delicatamente delle labbra del suo giovane compagno. Lo baciò con premura , con gentilezza, stringendogli le labbra sottili tra le sue più esigenti.
Ci fu un momento in cui entrambi respirarono lo stesso respiro, sentirono i loro cuori battere all’unisono. Fu un momento in cui entrambi si sentirono uno parte dell’altro e questo li fece gemere silenziosamente nel segreto delle loro labbra unite.
Quando Jensen si allontanò appena da lui, non ebbe la forza di allontanarsi del tutto poiché vide Jared ancora con gli occhi chiusi, perso in quello che quel bacio aveva donato loro. Allora poggiò la sua fronte a quella dell’altro e con la stessa dolcezza con cui lo aveva baciato gli disse: “Questo è solo l’anticipo del nostro primo appuntamento!” e rise quando anche Jared rise.

Poi si tirò su e sistemò il lenzuolo sul petto del ragazzo che continuava a fissarlo trasognante. “Ci vediamo!”
“Jensen…tornerai domani?!” chiese quasi timoroso  Jared.
“No!” fu la risposta inaspettata da parte di Jensen che gli sorrise quasi malinconico. E poi quando vide l’ombra di delusione rattristare il viso fino a quel momento raggiante di Jared, completò la sua risposta. “Torno stasera, piccolo!” e il volto di Jared si illuminò di nuovo, sia per la promessa che per quel vezzeggiativo così dolce che sapeva sarebbe stato solo per lui.
E Jensen ricambiò quel sorriso, perché sapeva che colui a cui aveva affibbiato quel vezzeggiativo gli avrebbe decisamente sconvolto la vita.
No!! Gliel’aveva già sconvolta. E gli piaceva.
Dio!!! se gli piaceva!!!
Quella storia sapeva di buono. Doveva andare bene e loro c’avrebbero lavorato con tutta l’anima per farla diventare un PER SEMPRE!!
 
Una settimana dopo, Jensen andò in ospedale per aiutare Jared che era stato dimesso e dato che il giovane aveva ancora il tutore e che era quindi impossibilitato a guidare, il vigile si offrì di dargli un passaggio.
Quando Jared raggiunse il parcheggio, vide parcheggiata in bella mostra una luccicante Chevy Impala del 67 completamente nera e cromata. Jensen vide il giovane guardare la macchina con apprensione e indeciso su come interpretare quell’espressione, gli andò vicino.
Jared lo guardò con aria stranita.
“Questa è la…tua macchina ?”
“Già!!” fece orgoglioso il vigile. “Ti piace?”
“E’…”
“Bellissima?” suggerì.
“No. É….”
“Stupenda?!” e ancora.
“No. È…è…”
“Meravigliosa?!” e ancora.
“Assurda!!”
“Già, assurda!” convenne anche Jensen e poi come se si fosse reso conto dell’aggettivo appena usato. “Un attimo!! Come : assurda!!?”
“E’ enorme ….è inquietante…è nera….è una….”
“…..meraviglia storica della General Motors!” asserì con orgoglio Jensen , carezzando piano la carrozzeria della macchina.
“Un attimo…aspetta…non c’era…” fece pensieroso come se stesse recuperando un ricordo. “Non c’era uno show…uno di quelli strani…sul paranormale…ma sì!! I due fratelli che viaggiavano su una macchina alla caccia del male…” disse enfatizzando sulle breve trama. “Era…era questa!!” esclamò convinto di essere nel giusto.
“Ma cosa…” cercò di non dargli soddisfazione Jensen.
“ Sei un fan e ti sei fatto la macchina di uno show televisivo??!” domandò esterrefatto.
Jensen tentennò per un attimo su quello che doveva dire o su che avrebbe dovuto dire e poi sbottò.
“Loro “si sono fatti” la mia macchina. Io l’ho presa prima che quello show avesse inizio!” ribadì offeso. Forse!
Jared colpito da quell’affermazione osservò la macchina e poi soffermò il suo sguardo sulla targa e sulla data che vi era incisa sopra e sorrise, soddisfatto, nel rendersi conto che avrebbe messo spalle al muro il suo sorprendente compagno.
“E come mai la data di immatricolazione sulla targa è solo di quattro anni fa. Quello show va avanti da oltre dieci anni!” affermò vittorioso.
“Lo sai che ti dico?!” fece seccato Jensen , mentre si avviava la posto di guida.
“Cosa?!” lo provocò.
“Non ti aiuterò a salire in macchina. Farai tutto da solo così impari a disprezzare una passione. La mia piccola non si merita di essere sminuita così!!”
“Oddio!! La chiami anche come la chiamava il protagonista!!” esclamò iniziando a ridere.
“Sali in macchina, Padalecki…. o te la farai a piedi fino a casa tua zoppicando come House!!” disse entrando in macchina e aprendogli lo sportello dal posto di guida.
Jared si infilò in macchina cercando di contenere la sua risata ma che non riusciva a trattenere, vedendo lo sguardo meravigliosamente offeso e furioso di Jensen, che metteva in moto e si avviava verso casa sua.
“Ok! Ok!! Smettila di tenermi il broncio!” fece ormai tranquillo Jared , durante il tragitto verso casa sua. “La tua Impala è bellissima!!” lo elogiò elogiando la macchina.
“Mi stai solo prendendo in giro!” fece ancora offeso Jensen che si costringeva a tenere gli occhi fissi sulla strada.
“No, lo dico sul serio. Non sono un esperto di quello show, ma mi sembra perfino meglio dell’originale!” azzardò sperando nel giusto effetto.
“Ci puoi giurare che la mia Piccola è la migliore!!” fece orgoglioso Jensen che ritornò a sorridere. “ E poi se sai come il protagonista chiama la sua macchina, vuol dire che anche tu lo seguivi!” lo stuzzicò, Jensen, guardandolo di sottecchi.
“Touchè!” ammise Jared alzando le mani in segno di resa. “Ma io almeno lo guardavo per ben altri motivi.” cercò di giustificarsi.
“E sarebbero?!” chiese curioso , ma Jared non gli rispose. Il giovane si limitò ad ammiccare sapientemente e Jensen , trattenendo appena un sorriso, volle comunque ammonirlo. “Ehi!! non ti facevo così superficiale!!”
“Superficiale?? Ma li hai visti quei due….wow!!!” esclamò compiaciuto.
“Ok! Basta. Basta così. Non avremo questa conversazione!” lo zittì Jensen senza però smettere di sorridere.
Fin quando una mezza affermazione di Jared non lo incuriosì.
“Tu sei….” fece Jared.
“Io ..cosa?!”
“Tu continui a sorprendermi.” asserì placidamente il giovane, guardandolo.
“Ed è un male?!”
“No!!! Assolutamente. Adoro essere sorpreso. E ho capito che adoro quando sei tu a farlo!” ammise quasi in imbarazzo.
Oramai stavano insieme,  era più che palese, ma alcune cose erano ancora difficili da confessare.
“E io ho capito che mi piace sorprenderti!”
“Davvero?!”
“Adoro vederti sorridere e il sorriso che hai quando qualcosa ti sorprende è …un colpo al cuore.” ammise mentre fermava la macchina davanti all’ingresso della casa di Jared.
“ Ed è un male?”
“No!!, assolutamente.” Rispose come aveva fatto Jared poco prima e i due si sorrisero complici di quel piccolo scambio di battute. “Vieni, ti aiuto a scendere.”
 
Quando Jared entrò in casa sua, tirò un sospiro di sollievo. Erano settimane che non ci metteva piede da dopo il crollo e con piacere si guardò in giro, posando gli occhi anche sulle foto della sua famiglia.
“La tua collega, Justine, mi ha detto dove tenevi la chiave di scorta. Ho dato una sistemata e ti ho preso qualcosa per il frigo. Era decisamente un frigo sconsolato quando sono venuto la prima volta.”
“Cosa?!”
“Oddio!! Spero che non ti dispiaccia se io…” si giustificò il maggiore.
“Cosa?...no, hai frainteso. No!!! Anzi , grazie, ma non avresti dovuto. Tutto questo disturbo nel ripulire o nel fare scorte.”
Jensen si sentì sollevato perché credeva di aver oltrepassato un limite che ancora non gli era dovuto e quando vide che Jared gli sorrideva, gli andò vicino e lo aiutò a sedersi comodamente sul divano.
“Disturbo?....questo è il minimo che potessi fare per il mio ragazzo!” fece dolcemente ma con un che di accattivante e sorrise quando vide gli occhi di Jared brillare di entusiasmo.
“Il tuo…..ragazzo?!” gli fece presente Jared, tenendogli la mano stretta nella sua.
“Mi sembrava che la cosa fosse chiara ormai?!” rispose l’altro fissando le loro mani unite.
“Sì..sì…certo , ma….”
“Ma…cosa?!”
“Vedi..il fatto è che il tuo ragazzo avrebbe bisogno di ben altro adesso!” suggerì decisamente rilassato dalla situazione.
“E cosa? Chiedi e ti sarà dato!”
“Io vorrei…”
“Dell’acqua?!” fece Jensen.
“No.”
“Hai fame?!”
“No!!”
“Un cuscino, magari?!” più apprensivo.
“Smettila. Voglio che mi baci, scemo!!” e così dicendo, si afferrò alla camicia del compagno e lo attirò a sé.

Le loro labbra si scontrarono con entusiasmo. Si saggiarono e si stuzzicarono con enfasi. Mille sensazioni iniziarono a vorticare nelle loro menti. Confusione, passione, agitazione, voglia di assaporare ogni momento, ogni centimetro conquistato e concesso. L’unione dei loro sapori li inebriò di rinnovato entusiasmo e il bacio divenne quasi esigente, le mani dolcemente frenetiche intorno alle loro spalle e alle loro teste vicine, quasi a non volersi allontanare. La concessione da parte di entrambi a far danzare le loro lingue in una docile danza, approfondì quel contatto già tanto forte e appassionato. Un gemito silenzioso sottolineò il piacere che entrambi stavano provando fin quando la mera necessità di un respiro più regolare non li costrinse ad allontanarsi, ma solo per restare fronte contro fronte.

“Voglio il mio primo appuntamento!” sussurrò Jared concludendo quella richiesta con un altro piccolo bacio a fior di labbra.
Jensen sorrise e ricambiando il bacio non potè che rispondergli.
“Farò in modo che ogni giorno per te sia un primo appuntamento.”
“Così rischi che io non ti lasci più andare.” gli rammentò Jared, ricordandogli quella loro specie di scommessa.
“E’ quello che voglio, perché vedi…ti ho baciato e non voglio più lasciarti andare. Quindi ora tocca a me , impedirti di andare via.”
“Tranquillo, non vado da nessuna parte. Non più. Non ora che ti ho con me!!” promise Jared in un ennesimo dolcissimo bacio.




“…sto pensando a come le persone si innamorino in modi misteriosi
Forse solo toccandosi con la mano
..Perciò ora…..
…Poggia la tua testa sul mio cuore che batte
Sto pensando ad alta voce
Che forse abbiamo trovato l'amore proprio qui!”
(Thinking out loud, Ed Sheeran)

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Capitolo 30
*** Smoking in affitto. (prima parte) ***


Jensen se ne stava vicino al bancone del bar , in attesa che il barman lo servisse.
Misha, ormai, lo aveva convinto ad accompagnarlo a tutte le sue manifestazioni benefiche. E lui aveva le sue buone ragioni per assecondare l’amichevole richiesta del suo fraterno amico.
“Cosa le porto, signore?!” fece il barman , avvicinandosi a lui.
“Cosa avete di buono?!” chiese fissando un po’ il barman e un po’ la vetrina degli alcolici alle sue spalle.
“Tutto ciò che vede!”, rispose con un tono gentile ma che onestamente sembrò anche leggermente allusivo. E quando sul volto del suo cliente, il barista, notò un leggero sorriso di approvazione, volle come sviare l’attenzione su altro. “E’ qui per la raccolta fondi della Collins Society ?”
“Anche per quello.”
“Anche ?!” chiese stupito il ragazzo che stava per servirgli un flute di spumante italiano.
“Mi hanno detto che il bar è gratis e che molto probabilmente anche il ….barista… lo è!” azzardò guardandolo con malizia , ma anche timorosa attesa.
Il barman per un attimo si guardò intorno, per accertarsi che il suo collega non gli fosse troppo vicino. Poi fissò quello splendido uomo dagli occhi verdi che lo stava fissando di rimando in attesa della sua risposta.
Gli sorrise e si sporse appena sul bancone. Discretamente , Jensen , seguì lo stesso movimento, sporgendosi verso di lui.
“Per il bar, non ci sono problemi. E’ gratis. Per il barista….”, e attese quel tempo giusto per far fremere di attesa anche il suo interlocutore.
“…dovrà fare decisamente  di meglio che una semplice allusione!” e dicendo così, gli poggiò davanti il calice ancora spumeggiante e si allontanò richiamato da un altro ordine.

Jensen rimase a fissarlo , rapito dalla bellezza e dal modo con cui si era approcciato a lui. Perso in quei pensieri, venne raggiunto da Misha.
“Allora amico!? Come va?” chiese il moro notando lo sguardo completamente disinteressato alla festa di Jensen. “Fatto nuove amicizie!?” azzardò puntando lo sguardo verso il punto in cui Jensen guardava e finendo a fissare il barman , da loro, poco distante. “Ancora??!” fece quasi esasperato, quando capì.
“Credo di essermi innamorato, Mish!” affermò senza ombra di dubbio.
“ Di Jared?!” fece stranito il giovane manager.
“Jared!!” ripetendo quasi con tono ipnotico quel nome. “Già!!” ammise e in quel momento il suddetto Jared si voltò verso di loro e sorridendo in modo decisamente sexy, gli fece anche un occhiolino a dir poco allusivo, passandosi lentamente una mano tra i capelli fluenti.
“Cazzo!” esclamò con discrezione Misha dopo aver sospirato pesantemente.
“Che c’è?!” fece Jensen, senza mai smettere di guardare il ragazzo intento nel suo lavoro.
“Devo andarmi a cambiare i pantaloni!”
“Cos…perché?!” domandò perplesso Jensen.
“Perché sono etero e sposato eppure quel tipo mi ha fatto appena venire nei pantaloni!” asserì senza mezzi termini.
“Ma sarai scemo!?!” esclamò tra il nervoso e il derisorio, Jensen.
“Ti piace? Conquistalo. Te lo porti a letto? Sposalo!” dichiarò Misha con tono solenne poggiando una mano sulla spalla dell’amico.
“Addirittura!!” fece sbalordito Jensen per quella cosiddetta perla di saggezza.
“Ehi!! sono un tipo all’antica io.“ affermò quasi offeso Misha, mente sistemava la cravatta perennemente ribelle.
“Già. Perché ti sei sposato tutte quelle che ti sei portato a letto?!” domandò ironico Jensen, mentre toglieva le mani dell’amico e lo aiutava a sistemarsi.
“No, ma ho sposato quella che mi ha conquistato!” e lo lasciò proprio per raggiungere sua moglie che faceva ancora gli onori agli ospiti della festa.
 

Quando il party ormai giunse al termine, Jensen si avviò all’uscita della grande sala addobbata per l’occasione. Era notte inoltrata e l’aria , anche se appena autunnale, era ancora piacevolmente tiepida.
“Aspetta qualcuno?!” fece una voce alle sue spalle.
“In effetti , sì.” rispose Jensen voltandosi e trovandosi di fronte lo sguardo sorridente del barman.  Jared.
Jared gli si fece appena più vicino. I suoi occhi percorrevano l’intera figura di Jensen, che non riusciva a capire se ci fosse solo sfrontatezza in quello sguardo o anche …altro. Il che, lui, l’avrebbe decisamente preferito.
“Appuntamento di fine serata?!” azzardò Jared.
“No, decisamente. Solo una cosa innocente tra amici, ma di certo nessuno si offenderà se cambio i miei programmi per qualcosa di più….interessante.” disse sorridendo al barman con cui non aveva fatto altro che scambiarsi occhiate languide e ammiccanti per tutta la sera da dopo quel piccolo scambio di battute.
“Perfetto!” fece il giovane barista, che senza esitare, azzerò lo spazio fra di loro, e catturò, in un bacio quasi famelico, le labbra dell’altro.

Una mano del barista andò a catturare la nuca di Jensen, così da avere una presa decisa su di lui. Mentre l’altra, il barista, la fece scivolare velocemente e languidamente , al di sotto della giaccia , in modo da poter accarezzare con decisione la schiena forte che , a causa di quel bacio così irruento, si era inarcata istintivamente contro di lui.
Le bocche si cercavano con desiderio, le labbra godevano della perfezione con cui si incastravano. Ma in quel bacio appassionato fu la lingua di Jensen ad oltrepassare il dolce valico delle labbra di Jared. I loro sapori di mischiarono. Birra, scotch e il loro semplice sapore.
Per entrambi fu come bere un cocktail perfetto.

Quando solo la maledetta necessità di respirare costrinse i due giovani ad interrompere il bacio, Jensen rimase a fissare il ragazzo di fronte a lui. Si perse nell’ambra dei suoi occhi, ritrovò la strada sul sorriso che Jared gli faceva e decise di perdersi di nuovo, quando un altro leggerissimo bacio di Jared dato a fior di labbra, gli carezzò piano la bocca ancora schiusa e in cerca di altro.
“Vieni, ti porto in un posto!” gli sussurrò Jared , piano, come se ci fosse qualcuno intorno a loro che potesse sentirli.
“Devo preoccuparmi?!” domandò perplesso Jensen.
“Non tanto. Solo che, per dove ti voglio portare , il tuo Armani, sarà un tantino fuori luogo!” sembrò amareggiarsi il barista.
“Se ne farà una ragione!” asserì Jensen, cercando di riprendere il controllo. “E poi almeno che non sia un rave party sotto un ponte, il mio Armani , fa’ sempre la sua figura.” asserì orgoglioso.
“In verità, io pensavo al mio appartamento!” lo spiazzò decisamente. “Non è una gran sala come questa, ma nemmeno un sottoponte da rave party.”
Jensen deglutì all’idea e poi, con aria complice, replicò. “Come dicevo: il mio Armani se ne farà una ragione.”

Il soggiorno di casa nemmeno li vide, tanto i loro movimenti erano pieni dell’urgenza di raggiungere la camera da letto. I vestiti furono lasciati via via lungo il tragitto e di tanto in tanto qualche risata nervosa dovuta alla difficoltà nel finire di spogliarsi, spezzava il ricorrersi dei loro ansimi.
Quando finalmente il letto li accolse, fu Jared ad avere la meglio in quella loro lotta sensuale.
Essere più alto di Jensen lo aveva decisamente messo in vantaggio, ma di questo certamente non se ne rammaricava.
Il biondo si lasciò baciare e accarezzare e plasmare dalle grandi mani di quell’amante così appassionato e ricambiava con la stessa passione, torturando con baci languidi il collo del più giovane. E poi le labbra più sottili che sparivano tra le sue più carnose. E poi quei leggeri morsi appena sotto l’orecchio , seguiti immediatamente da altri baci che facevano fremere di piacere , Jared sdraiato sopra di lui.
Tutto divenne più caldo ed esigente, quando le mani di Jared si spostarono tra le gambe dell’altro, che concedendogli il permesso, lasciava loro lo spazio per addentrarsi verso un piacere più profondo.
E se Jensen tremava ad ogni tocco di Jared, quei tocchi che si facevano sempre più intimi nel corpo del biondo, Jared, si costringeva a controllare il respiro per non farsi sopraffare da quello che gli procurava il vedere Jensen abbandonarsi a lui in quel modo.
Poi, non ci fu più spazio per l’attesa.
L’urgenza di arrivare alla fine di quel piacere che entrambi si stavano donando, divenne insopportabile e Jared scivolò piano dentro il corpo del compagno, ormai, pronto ad accoglierlo. I movimenti furono sincroni , perfetti. Lenti e veloci al momento giusto. Appassionati e dolci ogni volta che dovevano essere appassionati e dolci. E quando torturarsi oltre non era più possibile, i due amanti lasciarono che l’amplesso esplodesse avvolgente e forte, lasciandoli senza fiato. Lasciandoli tremanti e affannati , uno tra le braccia dell’altro.
 
Le gambe ancora allacciate dietro la schiena di Jared.
Le braccia ancora strette intorno ai fianchi di Jensen.
Fin quando il respiro non ritornò , più o meno, normale e un sorriso appagato e soddisfatto, piegò le labbra di entrambi, che poco dopo si ritrovarono distesi, uno accanto all’altro.
In silenzio. Solo a fissarsi.
 
 

Quando Jensen si svegliò in quel letto che era ancora così accogliente, accanto a lui vide  Jared. Ancora profondamente addormentato.
Dio! quanto era bello quel ragazzo.
Jensen sentì una morsa allo stomaco ripensando al modo veloce con cui quegli occhi dolci e ambrati, quel sorriso dolce e ammiccante, quello sguardo intelligente ma anche molto furbo, l’avevano velocemente conquistato.

Possibile che una cosa del genere potesse accadere in quella maniera? A lui?

Si alzò piano dal letto, per non disturbare il sonno dell’altro e sempre in silenzio, andò verso il bagno, recuperando dei pantaloni di tuta dimenticati su una sedia. Chiuse con attenzione la porta e per un attimo si fermò a guardare la persona che lo fissava con la sua stessa espressione dallo specchio.
“Sei davvero nei guai, Ackles!” fece a colui che lo guardava e che gli aveva appena detto la stessa cosa.
Aprì il rubinetto dell’acqua e si sciacquò il viso, sperando che quella confusione un po’ a causa dei pensieri e un po’ causa del sonno , andasse via. Prese l’asciugamano e se la passò sul viso.
 
In quel momento due braccia forti lo strinsero da dietro incrociandosi con dolcezza sul suo petto e attirandolo verso un corpo ancora più forte.
L’asciugamano cadde dalle mani di Jensen, colto di sorpresa.
Un bacio calmo e caldo appena nella curvatura tra spalla e collo lo fece tremare. Quell’odore dolce e mascolino che lo aveva inebriato tutta la notte e gli si era stampato nel cervello, lo invase di nuovo. Mentre delle mani grandi ed esperte avevano preso ad accarezzargli il torace , ora, leggermente ansante.
Deglutì per riprendere il controllo.

“Mi dispiace , non volevo svegliarti!” fece al ragazzo che gli stava alle spalle e che non accennava a lasciarlo andare o solo liberarlo dal suo abbraccio.
“Non mi hai svegliato. È che mi piace vederti camminare nudo per la stanza!” disse sorridendo malizioso.
“Abbiamo dei vizi a quanto pare!” scherzò Jensen.
“Tu… sei il mio vizio!” replicò Jared , baciandolo ancora , solo dall’altro lato del collo che Jensen gli offriva con molto piacere.
“Buono a sapersi!” ironizzò, cercando di farsi spazio tra quelle braccia e rigirandosi verso di lui. Si ritrovò così faccia a faccia con il suo amante.
 
“Buongiorno , piccolo!”
“Buongiorno , amore mio!”
 


“Allora, quando la smetterai di venire a tutte le feste organizzate da Misha e in cui io devo lavorare?!” chiese Jared sorridendogli amorevolmente.
“Non lo so. Il fatto è che il sabato sera senza di te è noioso e dato che Misha vuole una compagnia che ogni tanto non parli solo di soldi, affari e incassi vari, mi sacrifico per la causa.” esclamò con tono nobile. “E poi sono una meraviglia con quell’Armani, no?!”
“Un vero splendore. Anzi, fin troppo, direi. Ho beccato uno o due facoltosi, mogli comprese, a fissarti con uno sguardo che non mi piaceva affatto!” e invece nel tono di Jared non c’era niente di nobile, anzi era decisamente seccato.
“Non mi fare il geloso, Jared. Lo sai che vengo solo per te!” fece baciandogli le labbra incredibilmente invitanti.
“Cos’è? Una velata battuta con  doppio senso volgare?!” lo richiamò strusciandosi appena su di lui.
“Andiamo , non cadrei così in basso. E poi…”
“E poi?”
“Non pensi che stanotte sia stata già abbastanza movimentata, perfino per noi due!?” gli ricordò sorridendo, sbirciando appena verso la camera da letto alle loro spalle, dove un letto decisamente sotto sopra, mostrava ancora i segni della loro passione.
“Direi…fantasticamente movimentata.”, fece orgoglioso il giovane sistemando meglio contro il corpo di quel meraviglioso compagno con cui ormai condivideva la sua vita da più di tre anni. “Ascolta….Lunedì ho un giorno libero.  Che ne dici se dopo che hai restituito il vestito, ce ne andassimo da qualche parte, almeno nel pomeriggio, quando hai finito di lavorare?!” suggerì, Jared, sperando in un sì come risposta.
“Sarebbe magnifico!! Dall’ufficio mi avevano già avvisato che avevo qualche giorno da prendermi, quindi potrei approfittarne e poi non devi preoccuparti per il vestito.” acconsentì Jensen, mentre gli carezzava pigramente la schiena.
“Come e perché? Il negozio che lo affitta è chiuso di lunedì?” chiese tranquillamente mentre lasciava piccoli baci sul volto del compagno.
“No , è che io….insomma….l’ho acquistato!” ammise, anche se con titubanza, Jensen, tra un bacio e l’altro.
“Tu..hai …comprato quell’Armani?!” fece mentre l’abbraccio in cui ancora teneva stretto Jensen perse improvvisamente vigore. “E quanto lo hai pagato, scusa?!” domandò poi, decisamente serio, mentre si allontanava solo di un po’ da Jensen, ma il giusto per poterlo guardare meglio.
Jensen si sentì improvvisamente sotto esame.
Non navigavano nell’oro.
Jared si faceva in quattro per racimolare più serate possibili e da quando Misha lo aveva ben inserito nel giro delle cene di beneficenza, le cose cominciavano ad andare per il meglio. Le mance a volte erano anche più alte del salario. Ma era comunque solo un barman e Jensen era un responsabile di reparto di elettronica in un Wallmarket.
Arrivare a fine mese non era una tragedia, ma nemmeno potevano permettersi…un Armani.

Il maggiore bisbigliò qualcosa di incomprensibile  di cui Jared capì solo: “.. e 200 dollari!”
Jared lo guardò perplesso, confuso. “Scusa , non ho capito?....hai detto 200 dollari? Hai pagato quel vestito di alta moda solo 200 dollari?”
“ Già!!” fece Jensen sorridendogli.
“Ma è fantast…”
“Più mille!” frenò il suo entusiasmo Jensen.
L’espressione di compiaciuta sorpresa di Jared, divenne una più gelida e furiosa, in meno di un secondo.
“1200 dollari?” ripetè attonito. “Hai pagato quel vestito 1200 dollari?” acuendo il suo tono di voce che ormai era decisamente contrariato.
“Ma vedi…” provò a spiegare Jensen che ormai era completamente libero dalla presa di Jared.
“Cosa devo vedere Jensen!?!”, inveì seccato.
Si allontanò definitivamente dal compagno e uscì dal bagno.

L’attimo delle piccanti coccole mattutine era definitivamente diventato… “fuggente”!!

 “Porca miseria!! Ma che ti dice la testa?” lo ammonì decisamente infuriato mentre finiva di rivestirsi. “Fra due settimane ci scade l’affitto. La nostra macchina sta esalando i suoi ultimi respiri. E Dio non voglia, vada definitivamente in malora anche il tritarifiuti della cucina. E tu? Tu che fai?” , continuava in quel più che meritato rimprovero, mentre si aggirava infuriato nella loro camera da letto. “Hai la felice idea di spendere 1200 dollari per un  vestito?!”
“Jared per favore, stammi a sentire. Io…” provò a giustificarsi Jensen, uscendo anche lui dal bagno e raggiungendo il giovane in camera.
“No, senti. Ora, lascia perdere. Questo è troppo!!” sbottò esasperato. “Sono talmente incazzato con te, che non riuscirei ad essere lucido e potrei dire cose di cui potrei o anche no, pentirmi. Ma una cosa ti dico e di questo sono sicuro: Lunedì, cerca di fare di tutto per restituire quel coso!” fece indicando il vestito riposto sulla poltrona e uscendo furioso dalla loro camera da letto, dopo essersi sbattuto la porta alle spalle.
 
Jensen era il maggiore tra i due, ma decisamente in quel frangente si era dimostrato essere quello più irresponsabile. Jared aveva ragione. Una dannatissima ragione, ma anche lui aveva le sue ragioni per aver agito in quel modo.
Non aveva mai visto Jared così infuriato. Mai!
Avevano avuto le loro liti. Chi non ne aveva?! Anzi, a volte Jensen se le andava a cercare , perché il sesso rappacificatore con Jared, era qualcosa di meravigliosamente estasiante.
Ma ora, consapevolmente, Jensen, aveva capito di averla fatta davvero grossa. E capì anche che sarebbe stato inutile provare a giustificarsi con Jared. Sapeva che il giovane compagno aveva bisogno di tempo per calmarsi. Ma, in tutta franchezza, quel “Adesso è troppo!” gli risuonava ancora furioso nelle orecchie e lo spaventava a morte.
Non voleva perdere Jared. Non a causa di uno stupido vestito.

Decise di lasciare al compagno tutto il tempo di cui aveva bisogno e così, Jensen, si costrinse a restare in camera da letto. Cercò di occupare il tempo rimettendo in ordine la camera, il bagno, alcuni vestiti messi più o meno alla rinfusa nel loro armadio.
I Vestiti.
Il Vestito.
L’Armani.
Jensen si girò e lo vide ancora lì. Appoggiato malamente sulla piccola seduta ai piedi del letto. Tutto quel casino per uno stupido vestito. E se quando lo aveva preso sapeva bene perché lo faceva, ora lo avrebbe davvero fatto a brandelli con le proprie mani.
Quando era uscito dalla camera, per mangiare qualcosa o almeno provarci anche se aveva lo stomaco chiuso, si accorse che Jared non era in casa.
E a malincuore si rese conto che il compagno aveva lasciato il cellulare sul tavolo, segno palese che non voleva essere disturbato.
“Che cazzo hai combinato Jensen!” si ammonì da solo. “ Se qualcosa va male , sarà solo colpa tua!”
Aprì il frigo , vide della frutta. Ne immaginò solo il sapore e già aveva la nausea, così richiuse tutto e si sedette pesantemente sul divano. Sentì il silenzio della casa. E lo odiò.
Jared portava la vita in quella quattro mura. Jared era la vita.

Si guardò in giro, senza aver una meta concreta per il suo sguardo e quando arrivò a fissare il suo cellulare sul tavolino di fronte al divano, si sporse e compose un numero.
“Jensen, amico mio?!” squillò la voce amica dall’altro parte del telefono.
“Ho fatto un casino, Mish!”
“Ok! Sputa il rospo e dimmi tutto!” rispose apprensivo l’amico.









N.d.A.: Era da tanto che non aggiornavo le Slice. E così, eccomi qui!!Spero che questa mia ultima vi piaccia.
Il finale entro Mercoledì. GIURO!
Divertitevi (spero!!)


Baci, Cin!

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Capitolo 31
*** Smoking in affitto. (seconda parte) ***


Jared era uscito di casa e non riusciva a pensare ad altro che al casino che aveva combinato Jensen. Odiava quando era lui a dover fare l’economo di casa. Odiava doversi sentire sempre quello responsabile soprattutto quando, conoscendo la comunque, responsabilità di Jensen, a volta il compagno faceva quei colpi di testa così….fuori di testa!!
 
Loro due si erano incontrati, piaciuti, innamorati e persi l’uno dell’altro talmente velocemente  che risero come pazzi di quella stessa “velocità” la prima sera nell’appartamento che avevano deciso di condividere.
Ma si amavano, avevano capito che era davvero amore, quello con la A non maiuscola ma stratosferica, visibile dalla luna e sapevano, quindi,  che tutto sarebbe andato bene.
Perché non avevano agito di testa, ma soprattutto di cuore e Jared era uno di quelli che credeva che il cuore difficilmente sbagliava.
 
Ma quei 1200 dollari avrebbero fatto decisamente comodo alle loro finanze e Jensen lo sapeva , quindi Jared davvero non capiva, non riusciva a spiegarsi il perché di un gesto simile da parte dell’altro.
Ma si rese comunque anche conto che non è che avesse dato modo al compagno di spiegarsi. Gli aveva solo urlato contro rimproverandolo di essere stato uno sconsiderato. Si rese conto di essersi comportato esattamente come si comportava suo padre, quando non gli lasciava mai la possibilità di spiegarsi.
E lui odiava quei momenti di dittatura paterna! Dio, se li odiava!!!
Fece dietro front e tornò verso casa sua e di Jensen.
 
Quando entrò nell’appartamento, lo trovò al buio. Non c’era odore di cucina, nemmeno di pizza o di un qualsiasi altro take-away.
Si sentì paradossalmente in colpa. Perché c’era solo un motivo che impediva a Jensen di mangiare ed era lo star male emotivamente più che fisicamente.
 
Il giovane andò verso la loro camera da letto e sentì provenire dall’interno una musica soffusa.
“Oddio! Nina Simone!” sussurrò affranto Jared ma anche commosso, perchè sapeva che  ogni volta che Jensen ascoltava quella cantante, era perché si sentiva in colpa, perché sapeva di aver sbagliato e perché stava cercando un modo per rimediare e solo la voce calda e tranquilla della Simone, della sua cadenza blues dolcemente disperata, riusciva a mostrargli lucidamente cosa fare.
Lentamente , Jared, aprì la porta ed entrando appena, vide Jensen seduto alla piccola scrivania accanto alla finestra della camera. I suoi occhi erano lucidi, più del solito. I suoi lineamenti tristi, fin troppo. La sua postura era appesantita dalla litigata avuta - o non avuta - quella mattina.
Jensen forse si era accorto della sua presenza o forse no, o forse voleva solo continuare a sentire Nina Simone che diceva “Tu non sai che cos’è la vita quando ami qualcuno nel modo in cui io amo te!
“Jensen….”
Jensen si voltò verso di lui e un sorriso amaro apparve e scomparve immediatamente dal suo viso. Non disse niente ma si alzò dal suo posto e fece per spegnere lo stereo da cui proveniva la musica.
“No. Non spegnere.” lo fermò Jared avanzando ancora verso di lui.
 Jensen si fermò e ancora non disse niente.
“Possiamo parlare?!” chiese dolcemente e decisamente meno arrabbiato di come lo era quella mattina.
Jensen annuì appena abbassando solo di un po' il volume dello stereo.
I suoi movimenti erano lenti, quasi centellinati. Andò a sedersi sul bordo del letto e guardando Jared che lo osservava quasi addolorato per quella mestizia che il maggiore mostrava, attese che il giovane parlasse.

Jared andò a prendersi la sedia su cui prima era seduto Jensen e la sistemò in maniera tale che fossero uno di fronte all’altro.
“Non voglio litigare. Non mi piace litigare con te. Litigare davvero con te.” e sorrise quando Jensen addolcì lo sguardo a quel prologo. “Voglio solo sapere perché? Non è da te fare cose del genere. Tu non sei uno che fa follie del genere. O meglio, di follie ne fai ma mai, mai hai messo a rischio la nostra vita.” gli fece presente Jared cercando di non facendo sembrare quelle sue parole un ennesimo rimprovero. Lui voleva solo capire.
“Nemmeno adesso volevo metterci a rischio, credimi, Jared!” disse finalmente.
“Lo so, lo so. Ed è per questo che non  mi spiego perché tu…”
“L’ho fatto per paura!” confessò finalmente.
“Paura?!”, si sorprese. “ Di chi? Di cosa?”
“Di perderti!” confessò guardandolo negli occhi.
 
E non mentiva, perché Jensen non sapeva mentirgli e Jared lo sapeva. Perché Jensen non riusciva a sostenere il suo sguardo quando sapeva che stava mentendo.
Ma ora Jensen lo stava fissando dritto negli occhi.
 
“Perdermi?” chiese colpito da quella confessione. “Ma di che cosa stai parlando, Jensen?!”
Jensen fece un respiro profondo e ormai sapeva che dopo quella sua uscita, se avesse provato a finire lì il discorso, Jared, al contrario, non glielo avrebbe permesso. E allora  decise di mettere in pratica il consiglio che Misha qualche ora prima gli aveva dato per telefono
 
“Sii sincero perché è ciò che merita Jared. Digli la verità e dopo che lui ti avrà preso a schiaffi, chiedi perdono. Ancora. Ti perdonerà, perché come te, anche lui non vive se non può amarti.”
“Grazie, Misha!”
“E poi ricordarti: se ti piace , conquistalo. Se te lo porti a letto, sposatelo!!”
 
Jensen guardò intensamente Jared che aspettava ancora una spiegazione a quella sua così assurda confessione.
“E’ così che ci siamo conosciuti, Jared. Tu a servire cocktail e io al di là del bancone.”
“Non ti seguo, Jensen. Che cosa c’entra questo con il fatto che tu hai paura di…”
“Non lavori più nei soliti bar alberghieri. Ora hai un tuo giro, ti sei fatto un nome e ti richiedono i più facoltosi manager della città per servire ai loro party. Feste di Misha comprese!!” confessò quasi con esasperazione.
“Ma cosa…”
“E se un giorno a chiederti da bere non fosse un semplice responsabile di reparto, ma uno alla ….Christian Grey? Se a darti il suo numero di telefono fosse qualcuno che può offrirti una vita migliore di quella che posso darti io? Se fosse uno che gli Armani se li fa cucire su misura invece di andarli a prendere in affitto?” confessò con una punta di terrore ed imbarazzo.
“Dimmi che stai scherzando, Jensen!!”  fece decisamente sbalordito, Jared.
“No. Perché credi che io abbia preso a venire alle feste in cui lavoravi? Davvero pensavi che lo facessi per dar man forte a Misha? Misha è un anfitrione eccellente e non ha bisogno di me per sopportare tutti quei Paperon de’ Paperoni a cui spilla soldi per beneficenza. Io venivo a quelle feste per te. Per poterti …oddio!!, come è imbarazzante..ma sì, è così….lo facevo per tenerti d’occhio!” confessò quasi con esasperazione quella sua debolezza.
“Tenermi d’occhio?!” gli fece eco Jared che ormai , anche se completamente sconcertato, lasciava che Jensen gli dicesse tutto.
“Ma non perché non mi fidassi di te. Io ci avrei messo la mano sul fuoco per te, ma era degli altri che non mi fidavo. Era del modo come alcuni di loro ti guardavano che non mi fidavo e che mi facevano impazzire dalla gelosia.” confessò ancora.
“Gli altri? Quali altri?!” chiese non capendo a chi Jensen si stesse riferendo.
“La seconda volta che venni alla festa, convinto da Misha, vidi uno di quei damerini metterti nel taschino oltre alla mancia anche un biglietto da visita e quando vidi che tu non lo gettasti via, non lo so….qualcosa è scattato. Paura, terrore, insicurezza…chiamalo come vuoi e allora ho iniziato ad affittare quello stupido vestito e a venire ad ogni festa per  vedere chi….”

Jensen stava per concludere quella sua onesta confessione , quando uno schiaffo, come previsto da Misha, gli arrivò in pieno viso.
Per alcuni momenti , Jensen, rimase con il viso girato verso il punto in cui il ceffone lo aveva costretto. Deglutì. Iniziò a sentire un lieve bruciore sulla guancia.

“Tu sei… un grandissimo…figlio di puttana!!” lo apostrofò Jared , tirandosi su e gettando via con un calcio maldestro,  la sedia su cui aveva ascoltato tutto quello che aveva avuto da dire Jensen.
Il maggiore si voltò a guardarlo, sorpreso da quella reazione. Sia da quella verbale che fisica.
“Jared, io…” ma anche questa volta non fece in tempo a finire, perché Jared lo afferrò per il colletto della camicia e lo costrinse ad alzarsi. Jensen era certo che lo avrebbe colpito ancora. Ed era certo di meritarselo.
Invece ciò che fece Jared, fu semplicemente - semplicemente? – spingerlo con forza sul letto.
Jensen finì di peso, quasi al centro del materasso, tanto fu forte la spinta del compagno.
Un attimo dopo, Jared gli era addosso e si appropriava con passione delle sue labbra.
“Davvero credi che io….possa lasciarti….”, fece baciandogli con vigore la base del collo. “…rinunciare a te..”,  salendo piano verso la mandibola di Jensen contratta dal piacere e dalla sorpresa. “…a quello che c’è tra noi…”, seguendo languidamente la linea del mento. “…alle tue labbra…”, appropriandosene quasi con appassionata voracità. “…ai tuoi occhi che sento su di me, anche quando siamo lontani…”, permettendo all’altro di respirare appena prima di baciarlo di nuovo. “…alle tue mani che sono le uniche a sapere come toccarmi per farmi impazzire…”mentre anche le sue, ora, si muovevano lente ma appassionate lungo il corpo di Jensen, che decisamente sconvolto da quello che stava succedendo , decise di non reagire, e di lasciare che Jared lo rimproverasse un altro po’.
Jared lo guardò talmente intensamente che Jensen pensò gli stesse leggendo l’anima e questa sensazione lo fece tremare, mentre il compagno, per un attimo, guardò verso lo stereo ancora acceso, come a voler dar ragione alle parole che ne venivano fuori “Tu non sai cos’è la vita quando ami qualcuno nel modo in cui io amo te!”.
Tornò a fissare Jensen, che decisamente sconvolto, piacevolmente sconvolto, dal modo in cui Jared stava dibattendo le sue ragioni, ora, gli aveva afferrato i fianchi per tenerselo vicino.
“Tu credi davvero che io possa rinunciare all’amore che ci lega in questo modo meraviglioso e assurdo?!” baciandolo ancora ma adesso con più dolcezza e intimità.
Prima di rispondere, a Jensen vennero in mente ancora la parole di Misha: Era stato sincero, le aveva prese da Jared e ora doveva chiedere perdono.
“Perdonami. Perdonami , amore mio.  So che tu non faresti mai una cosa del genere. Lo so, ti giuro che lo so. Ma sono io che sono….”
“Pazzo?!” finì per lui, Jared, che nel frattempo si stava lentamente adoperando per sfilargli la maglietta.
“Sì. Di te.  Di come sei. Di come mi fai essere. Di come mi ami. Di come ti fai amare. Amo tutto di te. Quello che si vede e anche quello che non si vede. Quello che mostri agli altri e quello che mostri solo a me.” mentre assecondava i movimenti di Jared che lo stava finendo di spogliare, sfilandogli con gesti lenti ma decisi il jeans che indossava. “Amo la tua voce quando risuona cristallina in una risata e  quando invece è la tristezza a renderla paradossalmente dolce. Amo i tuoi occhi che sanno guardarmi fin dentro l’anima. Amo il tuo corpo che sa amarmi fin dentro l’anima.” e anche i pantaloni di Jared finirono ben lontani da loro.
E un altro bacio e suoi sensuali suoni fecero da colonna sonora agli ultimi indumenti che raggiunsero il pavimento, lasciando i due amanti nudi e stretti uno tra le braccia dell’altro.
“Perdonami, per favore , perdonami!” sembrò quasi supplicare prima di baciarlo ancora ed essere baciato con la stessa voluttà.
“Dimmi che lunedì riporterai indietro quel vestito. Non ne hai bisogno, non più!” richiese con calma.
“Ho chiamato il proprietario del negozio. Ha fatto un eccezione. Se lo è già ripreso!” indicando la sedia vuota dove “l’arma del delitto” era sempre stata.
“Bravo il mio ragazzo!!” sibilò malizioso Jared mentre lo baciava ancora, ma con una lentezza più sensuale.
“Jared..”
“Mmmh?!” mugugnò il giovane mentre scendeva piano lungo il suo collo teso e mentre le dita delle mani si intrecciavano per sopportare le scariche di piacere che bacio dopo bacio,  li facevano fremere.
“So…so..che questo è…è il momento meno adatto per chiedertelo, ma…io…io devo farlo!” biascicò Jensen, pregando con tutto se stesso , di non combinare un altro casino.
“Devi chiedermi cosa?!” replicò Jared mentre si sistemava meglio accanto al corpo del compagno, incastrando le loro gambe in un sensuale intreccio, così da potersi accarezzare intimamente.
“Perché…”
“Perché..cosa?!”
“Perché quella sera….oddio!!...” dovette però esclamare Jensen quando una mano di Jared si adoperò calda e decisa a stuzzicare la sua virilità.
“Continua se ci riesci!” lo provocò Jared, baciandogli le labbra appena schiuse.
“Quel…quel bigliettino da visita …perché non lo hai buttato….come….come hai fatto con gli altri?!” e non appena finì quella sua domanda, Jensen se ne pentì amaramente, poiché vide Jared fermarsi e issarsi su di lui per fissarlo severamente.
Ma il panico che gli attanagliò in quel preciso momento, svanì miracolosamente non appena Jared gli sorrise tranquillo.
“Perché quel bigliettino me lo diede Richard Speight della Speight & Benedict, una società che si occupa di formazioni professionali.” spiegò con calma e forse anche una certa vena di dolcezza. “Mi disse che mi avrebbe ricontattato e lo ha fatto. Mi vuole nella sua sede il mese prossimo perché vorrebbe che tenessi un corso di barman. Naturalmente retribuito e decisamente ben pagato!”
Jensen a quella risposta deglutì. Ne aveva fatta un'altra. Non grave ma comunque si sentì in colpa. Abbassò lo sguardo colpevole e sussurrò un sincero “Mi dispiace!”
Jared di tutta risposta, gli carezzò il viso e lo costrinse a guardarlo negli occhi.
“Ascolta. Che ne dici di buttarci questa storia alle spalle e riprendere da dove abbiamo lasciato la sera della festa di Misha?!” suggerì con dolcezza, Jared.
“Beh!! quella sera ci siamo ….divertiti parecchio!” rispose malizioso il compagno.
“In verità io avrei una o due idee per divertirci anche adesso. Siamo a buon punto…” fece schiacciandosi contro il corpo di Jensen che istintivamente si inarcò contro il suo. “…e mi piacere usare le mani non solo per fare dei cocktail strepitosi. In questo momento , a dire la verità, mi piacerebbe usarle per fare ben altro!”
“Credimi, puoi usare le tue mani per fare quello che vuoi!” esclamò entusiasta Jensen che gli portò velocemente le braccia intorno al collo per poterselo avvicinare il più possibile.
“Sarai il mio cocktail più buono!” scherzò il giovane.
“Non vedo l’ora che tu mi assaggi!” lo stuzzicò l’altro gettandosi in un bacio decisamente mozzafiato.

In realtà da quel momento in poi tutto fu un qualcosa da mozzare il fiato. Ogni carezza, ogni bacio, ogni volta che la pelle si scontrava frizionandosi voluttuosamente, sudata, lucida.
Gli ansimi, i fremiti, i movimenti dei loro corpi intrecciati che passavano dall’essere strenuamente lenti a incredibilmente appassionati per poi rallentare ancora come se cercassero di ritardare il più possibile il fine ultimo di quel loro fare l’amore.
Ma quando perfino i loro corpi si rifiutarono di concedere altro tempo, i due amanti, si abbandonarono al piacere più completo e profondo che quell’amplesso potesse concedergli.
Si strinsero forte , le loro mani si cercarono quasi istericamente quando l’orgasmo li raggiunse caldo e stordente fino a lasciarli esausti e appagati e felici e vicini. Tanto vicini da poter sentire l’uno il furioso battito del cuore dell’altro.
 
“Devo confessarti una cosa, piccolo!” fece Jensen, mentre Jared cercava il giusto incastro post-amore accanto al corpo del compagno.
“Che cosa?! ma ti prego….”, fece guardandolo atterrito. “…dimmi che non hai comprato qualche altra assurdità.” ma entrambi risero.
“No, tranquillo. Ho imparato la lezione.”,  ci tenne a precisare Jensen, tirandoselo vicino.“Ho chiamato Misha, quando te ne sei andato!”
“Ok. E?”
“E contro ogni mia volontà mi sono ritrovato a seguire i suoi consigli!” ammise affranto.
“O mio Dio!! Non ti riconosco più. Stai lontano da me!!” scherzò Jared allontanandosi appena ma solo perché sapeva che Jensen lo avrebbe attirato ancora di più verso di lui. E così fu, infatti.  “E cosa ti ha consigliato Mr. Wise Man!?”
“In verità ha detto poco.” ammise mostrando sorpresa.
“Davvero? Misha?!” scherzò Jared.
“Già!! Ha detto che avrei dovuto dirti la verità, cosa che ho fatto. Che le avrei prese..”
“Cosa che hai fatto!” convenne compiaciuto Jared.
“Già e a proposito. Hai un destro pesante, amore mio. Dovrò stare attento a farti incavolare la prossima volta.”,  concordò Jensen, passandosi la mano sulla guancia colpita. “E che avrei dovuto chiedere perdono e dato dove siamo e quello che abbiamo appena fatto, credo di essere stato perdonato.”
“Non cullarti troppo su questo ultimo  punto.” lo stuzzicò Jared.
“In realtà l’ultimo punto è un altro. Una sorta di regola di vita, a sentire Misha!” riflettè Jensen, incuriosendo il compagno che si issò piano su un gomito per poterlo guardare.
“Sarebbe?”
“Se ti piace, conquistalo. Se te lo porti a letto, sposatelo!” recitò, ripetendo il mantra dell’amico Misha.
“Jensen , ma cosa…”
“Noi ci piacciamo e decisamente siamo andati anche oltre il semplice piacersi. Ci siamo conquistati a vicenda….” iniziò a dire, guardando Jared.
“Jensen…”
“ Sull’andare a letto insieme, beh!! se solo questa stanza potesse parlare.” fece con aria quasi soddisfatta.

E poi tirandosi appena un po’ più su, così da poter poggiare la schiena alla spalliera del letto e guardare Jared dritto negli occhi: “ Quindi, amore mio….”
“Oddio, Jensen!” sospirò Jared che forse aveva intuito dove quel discorso sarebbe andato a parare.
“Sposami, Jared. Fa’ di me un uomo onesto!” e lo disse con tutto l’amore e la sincerità che poteva mostrare e dimostrare a Jared.
Il giovane completamente basito e sorpreso da quella inaspettata proposta, chiuse per un attimo gli occhi, respirò affondo e in un attimo provò a pensare alla sua vita senza Jensen.
Riaprì gli occhi e seppe cosa rispondere.

“Sì.”
 


Vivo e respiro per te 
                                                                                                                                  Ma a che serve, se non ho te?
                                                                                       Tu non sai che cos’è la vita
se ami qualcuno
                                                                                                               nel modo in cui io amo te.”

(To love somebody, Nina Simone)

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Capitolo 32
*** Strane Reazioni ***


S T R A N E   R E A Z I O N I

“Posso entrare?” domandò timoroso, Jared. Il giovane era appoggiato appena allo stipite della porta della loro camera da letto e sapeva che avrebbe dovuto ringraziare ogni Dio o Dei esistenti se Jensen , gli avesse detto di sì.
“Vaffanculo, Jared!”  fu la risposta decisa e rabbiosa.
Addio ringraziamenti divini !!!
 
Jared sospirò. Sapeva che si meritava quella rabbia e quella risposta ma non poteva permettersi di lasciar correre. Amava troppo Jensen per non rimettere a posto le cose tra loro , specie dopo quello che era appena successo.
Fece un altro piccolo passo nella stanza, senza esagerare. Il suo fu quasi un movimento impercettibile. Ci provò ancora.

“Hai ragione!” iniziò, sperando di aprirsi una breccia. “Mi merito questa tua rabbia. Io non ho scusanti per come mi sono comportato e non ho nessuna intenzione di replicare a nessuno dei tuoi …rimproveri. Accetterò tutto!” sembrò promettere sinceramente. “Ma ti prego…ti prego. Possiamo parlare?!” chiese infine quasi con una esasperata decisione.
Jensen alzò il suo sguardo ferito sul compagno in cerca di penitenza. Ma era ancora furioso e …offeso per buttarsi tutto alle spalle. Aveva ancora voglia di fargliela pagare. Di farlo sentire in colpa. Anche se sapeva che poi anche lui si sarebbe sentito in colpa per averlo fatto stare male.

Il loro amarsi incessantemente era un circolo vizioso!!
Meraviglioso, fantastico ma comunque un circolo vizioso.
 

“Vuoi parlare di cosa, Jared?!” inveì quindi. “Di come tu mi abbia umiliato ? Di come sia stato mortificante per me quello che è successo di là? Di come mi sia sentito mentre  mi ridevi in faccia senza ritegno dopo che io… dopo che io…” e la rabbia sembrò farsi di nuovo furente.
“Jensen, ti prego…” provò a calmarlo Jared.
“Tu non hai idea di quello che mi è costato!” gli fece presente Jensen, con aria amareggiata. “Tu  mi conosci. Nessuno mi conosce meglio di te e nessuno meglio di te, sa, quanto sia difficile per me fare certi gesti.”
“Lo so, lo so…e mi dispiace così tanto. Credimi, potessi tornare indietro , io non …” e il giovane sembrava davvero dispiaciuto di come si era comportato verso il compagno.
“Io ho pensato per giorni e giorni a quello che avrei dovuto fare e dire. Ho ripassato mentalmente ogni sillaba dicendomi che era giusto così. Che il momento era giusto. La persona, i sentimenti …lo erano!”
“Oddio, Jensen!! amore mio…ti prego..” e questa volta la voce di Jared era sinceramente incrinata e in colpa.”

“Per la miseria Jared!!” sbottò all’improvviso. “Io ti ho chiesto di sposarmi!” esclamò alterato. “In ginocchio!” sottolineò. “Con tanto di scatola e anello!” disse ancora e la sua voce sembrò cedere all’emozione, mentre Jared, in colpa, non riusciva nemmeno più a chiedere scusa.

“Io..io…” balbettò appena.
“E tu mi hai guardato come se io fossi appena arrivato da Marte e mi hai riso in faccia. Mio Dio!! ridevi così forte che avevi le lacrime agli occhi!” gli ricordò, cercando di fargli capire come lo avesse ferito
“Lo so…lo so…mio Dio!...lo so!”
“Smettila di ripetere che lo sai. Dimmi perché?” gridò davvero infuriato. “Dimmi perché mi hai trattato così?” e lo voleva davvero sapere perché Jensen si rifiutava di credere che Jared, dopo un gesto del genere da parte sua, potesse essere così superficiale e crudele.
“Jensen , io…” provò a spiegare il giovane ma Jensen, che all’improvviso parve nel panico lo fermò.
“Però ti prego, dimmi la verità. Solo questo ti chiedo. Lo accetterò anche se dovesse essere che questa mia proposta ti ha fatto capire che tra noi è finita!” azzardò mentre la sua voce diventava un sussurro insicuro.
Jared allora, non potè aspettare oltre.
Si avvicinò veloce al suo compagno e prima di dare quella che era la spiegazione alla sua reazione, lo baciò.

Lo baciò con una dolce irruenza e  quel bacio fu talmente inaspettato che Jensen non riuscì a sottrarsi, ma anzi, si fece facilmente ( troppo facilmente) conquistare. Jared gli abbracciò il viso con le mani, così da poter essere la guida di quel bacio e quando fu certo della resa del compagno, lentamente, allontanandosi da lui, bacio dopo bacio, mise tra loro solo una minima distanza.
“Uno: sono stato un prefetto stronzo a reagire così alla tua splendida proposta di matrimonio.” Iniziò.
“Allora perché….” Si agitò Jensen, ancora felicemente prigioniero delle braccia del compagno.
“Fammi finire!” disse serio zittendolo con un  altro bacio che non venne rifiutato. “Due: sono stato uno stronzo a non riuscire a controllarmi nella mia più che stupida ed inappropriata risata!”
“Ma…” e ancora , Jensen, venne zittito.
“Ti ho detto: fammi finire!” e lo baciò ancora. “Tre: prova solo a pensare che tra noi possa finire e la prossima volta non ti bacerò ma ti prenderò a pugni!”
Jensen sorrise  e per un attimo sembrò pensare a cosa dire..
“Ok! Ma allora…” disse e si fermò aspettando di essere costretto al silenzio di nuovo.
Jared lo fissò socchiudendo appena gli occhi e inconsciamente assecondò il desiderio segreto del compagno. Un altro bacio. Più lento, più languido. A tratti più romantico degli altri.

“Ascoltami..” fece Jared sistemandosi meglio addosso al corpo di Jensen che , improvvisamente si sentì come creta tra quella mani grandi e calde che erano le mani di Jared. “So che la mia reazione è stata offensiva e sconsiderata e decisamente senza senso. Ma credimi, ti prego , credimi…ho reagito così perché in quel momento, quando ho messo a fuoco quello che stava succedendo, quello che mi avevi appena chiesto, il modo in cui lo hai fatto, il modo in cui me lo hai chiesto…in quel momento…io mi sono sentito l’uomo più felice del mondo.”
“Cosa?!” e fu solo un sussurro carico di sorpresa quello che scivolò via dalle labbra di Jensen.
“In quel momento stavi realizzando ogni mio sogno o desiderio. In quel momento hai annientato ogni mia remota paura di non poter avere una famiglia, un marito, un compagno, e se Dio vorrà  dei figli. In quel momento quello che ho sentito è stata una felicità talmente immensa che non sono riuscito a fare altro che ridere.”
“Ridere?!” ripetè un attimino confuso Jensen, che però, ormai gli sorrideva, evidentemente più sereno dopo quella confessione.
“Ma la mia, credimi , amore mio, non era una risata denigratoria. Ma era pura e semplice felicità. Non mi era mai successa una cosa simile e ne sono rimasto stupito e sconvolto anche io e penso che se fosse successo a me, avrei reagito esattamente come te. Ma ti giuro, Jensen….ti giuro con tutto me stesso che ti amo e che , sì, non chiedo altro dalla vita che poterti sposare.” Concluse con una dolce decisione.
 
Per un attimo i due  rimasero in silenzio.
Jared aspettava una qualsiasi reazione da parte del compagno. Jensen , sembrava lo stesse ancora analizzando per capire se quella che gli era stato appena rivelata fosse la verità.
Ma Jensen, sapeva anche , che Jared non gli mentiva mai.
Non su cose così importanti.
Bugie bianche, per lo più per nascondere qualche casino dovuto al suo carattere esuberante, ma mai e poi mai, quello splendido ragazzo di cui si era innamorato indicibilmente e che altrettanto indicibilmente lo amava, gli avrebbe mai mentito su una cosa del genere. Su un passo di vita del genere.
 
Allora, lentamente, si liberò dall’abbraccio del compagno. Si scansò qualche passo da lui e infilò una mano in tasca.
Tirò fuori quello stesso scatolino blu che aveva già tenuto tra le mani solo  meno di un’ora prima. Lo aprì e sorrise intenerito al discreto scintillio del delicato anello d’oro bianco.
Jared fissò quei movimenti di Jensen, imprimendoli a fuoco nella sua mente.
Sapeva, ne era consapevole, che in quel momento, tutto della sua vita, della loro vita insieme , si stava decidendo. E ne aveva una paura tremenda, perché sapeva anche, di aver fatto un gran casino questa volta.

Poi…
Poi il sogno.
Il sogno che diventava realtà.
Una seconda volta.
 
Jensen piegò lentamente una gamba e quasi a rallentatore si mise in ginocchio davanti ad un Jared letteralmente basito. Alzò verso il giovane il piccolo gioiello, simbolo di un amore più sacro e poi guardandolo nello stesso modo in cui lo aveva guardato la prima volta o forse, con in viso, ancora più amore, si dichiarò di nuovo.
“Jared, amore mio, mio unico e solo amore. Avevo chiesto alla vita un amore vero e lei mi ha donato te. Il mio amore per te è diventato giorno dopo giorno talmente grande che ora non posso più tenerlo solo per noi, ma voglio mostrarlo al mondo intero. Sei entrato nella mia vita come un temporale e poi sei diventato uno splendido sole che brilla solo per me e che riscalda il mio cuore e la mia anima ogni volta che ti sento pronunciare il mio nome in una semplice richiamo, in una risata cristallina o in un sospiro d’amore. Mi confidasti con un dolcissimo timore che mi amavi e che saresti stato mio per sempre e che io sarei stato tuo per sempre.
Ora, oggi, io, memore di quella tua promessa, ti chiedo di sposarmi e di rendermi l’uomo più felice del mondo. Per sempre.”
 
Jared , incredibilmente colpito da quella rinnovata dichiarazione d’amore, sentì il suo cuore palpitare talmente forte che ebbe paura di avere un altro attacco, ma questa volta, sorprendentemente , accadde l’esatto contrario.
Il giovane cadde in ginocchio, esattamente di fronte al compagno , e prendendogli le mani che custodivano ancora il pegno d’amore, le strinse tra le sue e iniziò a singhiozzare, tentando forzatamente di trattenersi.
“Oddio…ora…ora piangi?!” domandò confuso Jensen, che oramai non sapeva più come chiederglielo.
Jared cercò di contenersi e tirando su con il naso, provò a rispondergli.
“Sì…sì…”
“Sì, piangi? O sì, mi sposi?!” si ritrovò a chiedere il maggiore.

Jared non esitò ancora, sopraffatto ormai dall’emozione. Gli gettò le braccia al collo e in quel gesto caddero goffamente tutti e due sul pavimento e iniziò a baciarlo.
“Sì…sì…ti sposo. Ti sposo , Jensen. Ti amo e ti sposo….e ti amo….e ti sposo…” e più continuava e ripetere quelle poche parole, più riempiva di baci un più che ormai strafelice Jensen, che rideva sollevato e sereno di come si era risolta quella situazione e della splendida conseguenza quella situazione avrebbe portato.

 


 Sposami
Oggi e ogni giorno
Sposami
Dimmi di si…”

( Merry me, Train)

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Capitolo 33
*** Sorprese e un po' di più. ***


S O R P R E S E   E   U N   P O ’   D I   P I U ’ ! ! !


“Va bene così?” chiese Jensen mentre si muoveva esperto sul corpo del compagno.
“Oddio!! È meraviglioso. Non smettere…non smettere!!”  rispondeva sulla via dell’estasi, Jared. Le mani di Jensen su di lui, avevano, ogni volta, una sorta di magia che gli annullava ogni capacità di rimanere lucido.
“Vuoi che spinga ancora un po’?” fece Jensen, con la voce appena un po’ più bassa ed invitante.
“O Gesù!! Sì, per favore, sì!!” e poi, Jared, con un sospiro di puro piacere un po’ troppo accentuato e che di certo avrebbe negato fino alla morte di aver fatto: “Sì!! Lì, continua…Oh mio.....!! Sì, continua così!!”
“Ok! Ma devo ….”
“Fa’ quello che vuoi. Non sarò io a fermarti. Anzi…”,  lo anticipò il giovane fermando a metà la richiesta del biondo.“Ti uccido se ti fermi adesso!”
“WoW!!! Siamo arrivati alle minacce!” scherzò Jensen, passandogli le mani sempre più calde e pressanti lungo i fianchi per poi scendere sulle cosce che si tesero non appena il tocco del ragazzo le raggiunse, per poi rilassarsi immediatamente quando quello stesso tocco divenne quasi un movimento ipnotico. E poi ritornare lungo le braccia e sul collo e sulla schiena pronta a plasmarsi sotto la loro pressione così sensuale e calda.
“Scusa…scusa…ma il fatto è che tu….oddio!! tu mi fai impazzire quando mi tocchi così e io…io perdo ogni cognizione.” sembrò volersi giustificare Jared.
“Stai dicendo che la colpa è solo mia se tu stai gemendo come una verginella alla prima notte di nozze e io mi ritrovo a dover sudare per arrivare fino alla fine ?!” domandò anche se con tono scherzoso , Jensen.
“Tu continua a muoverti così, continua a toccarmi così e giuro….oh Sì!!! Sììì…lì…lì….” si ritrovò ad ansimare e supplicare prima di concludere la sua promessa.
“Dicevi?!” sogghignò Jensen.
“Io…sì..sì. Io dicevo…che giuro che se finirai quello che stai facendo così magnificamente, mi prenderò quella settimana di ferie che mi spetta e ce ne andremo finalmente lontano. Io e te.” disse tutto di un fiato prima che un altro sospiro di meraviglioso benessere glielo potesse spezzare quello stesso respiro.

A quella promessa, Jensen si fermò. Sospese ogni suo movimento, ogni cosa stesse facendo e che stava facendo letteralmente andare in estasi Jared.
 

“Jared Tristan Padalecki, stai davvero cedendo per un massaggio ben fatto!!??”
 

Jared a quel richiamo e non sentendo più su di lui le mani del compagno, si rigirò sulla schiena, si alzò appena dal letto issandosi sui gomiti così da poter guardare Jensen lontano da lui poco meno di un passo e gli sorrise sincero e speranzoso.
“Sono giorni che mi dici che hai voglia di andartene via per un po’. Che vuoi staccare dai turni assurdi dell’ospedale , ma purtroppo per colpa mia, non possiamo mai farlo. Il semestre che si chiude, i test di verifica dei miei alunni, il mio impegno nel comitato insegnanti…”
“Che bastardo!!” sibilò quasi divertito Jensen a quell’sorta di ammissione di colpa. “E cosa faresti?, o meglio: manterresti ancora questa tua promessa anche se io adesso mi girassi e me ne andassi lasciandoti così?!”

Jared lo guardò e si vergognò un attimo.

Aveva capito che Jensen aveva davvero bisogno di ferie. Lui, più di chiunque altro era stato testimone di quanto era faticoso sia fisicamente che psicologicamente il lavoro di Jensen.
Ma Jared, dopo l’incidente, la dura e difficile fisioterapia era riuscito a riprendere il suo posto di docente di storia e si sentiva a volte come se non avesse voluto perdere un altro giorno di quel lavoro che tanto amava. Ma allo stesso tempo, se pur innocentemente non aveva capito che Jensen aveva bisogno di lui. Solo di lui e di quello che c’era tra loro.
Un grande, grandissimo amore.
E quello doveva avere la priorità su tutto.
 
“Allora? che faresti?!” lo incalzò Jensen, incrociando le braccia al petto.
“Manterrei comunque la mia promessa!” disse senza nemmeno pensarci.
Jensen che non si aspettava quella risposta, era pronto a ribattere ma rimase con le parole in gola a ciò che Jared gli aveva, invece , risposto.
“Sul serio?!” disse sottovoce.
Jared si tirò su a sedere sul bordo del letto e con un gesto gentile e lento, alzò una mano come a richiamare il compagno vicino a lui.
Jensen gli andò vicino e guidato dalla presa della mano di Jared e dai suoi movimenti, si ritrovò in ginocchio davanti al giovane compagno.
“Sì, sul serio, amore mio. Sono stato assente in questi giorni, troppo preso dal mio lavoro di insegnante e non mi sono reso conto di quanto tu avessi bisogno di staccare la spina.”
“Oddio, sì…ne ho…ne ho davvero bisogno.” convenne con un tono esasperato Jensen, ringraziando Dio silenziosamente del fatto che Jared avesse capito.
“Allora senti che facciamo. Finisci questo turno, io consegno la mia domanda di ferie e tra due giorni ci rendiamo invisibili al mondo intero. Ci stai, dottore?!” domandò ironico Jared, mentre accarezzava il viso entusiasta del compagno.
“Cavolo, se ci sto!” esclamò Jensen issandosi sulle ginocchia così da arrivare con il suo viso davanti a quello del compagno.

Un attimo dopo, un bacio pieno d’amore , di riconoscenza, di serenità e complicità, legava i due ragazzi che si tenevano abbracciati stretti, l’uno all’altro.
Jensen si aggrappò al collo del giovane , incrociandogli le braccia appena dietro la nuca. Jared invece, di natura più possessiva, se lo strinse vicino, abbracciandolo con le braccia. Cingendogli l’intera schiena premuta contro il suo petto.

“Jared…” sibilò ad un certo punto Jensen, quasi ansimante.
“Mmhh!?” mugugno Jared , ancora tentato dalle belle labbra piene del compagno imprigionato tra le sue braccia.
“Mi stai…stritolando, piccolo!” gemette Jensen. “Dio!! quasi  non respiro.”
“Scusa….” fece Jared allentando la presa. “Il fatto è che a volte ho paura di fare qualcosa di sbagliato e rischiare di perderti!” confesso quasi in imbarazzo, Jared. “Così ti stringo forte per non farti andare via!”
“Io non andrò mai via da te. Mai!” gli giurò Jensen, baciandolo ancora.
“Wow!” sorrise poi Jared. Più sereno. “Questa sì che è una promessa.”
I due risero di quel loro momento così dolce. Non che non ci fosse dolcezza tra loro, anzi. Ma a volte, quella loro così intima complicità, riusciva comunque a colpirli fin dentro l’anima.
“Ok! Che ne dici di finire il massaggio. Hai ancora i muscoli della schiena un po’ tesi e io ti voglio in forma per la nostra vacanza!” fece, ad un certo punto Jensen, spingendo di nuovo il compagno sul letto.
“D’accordo. Ma io avrei un problema!” confessò Jared, mentre si sistemava sul materasso.
“Davvero? E quale?” chiese incuriosito Jensen, mentre si metteva tra le mani un altro po’ di crema da massaggio.
“Ricordi quando mi facevi la riabilitazione ?”
“Certo!” fece stranito Jensen, da quella domanda.
“Ricordi anche che ti dissi che alcune volte io…insomma …per me era difficile farmi toccare da te…”
“Certo!!” rispose ancora sicuro Jensen e poi, solo dopo un attimo, mise a fuoco il “ricordo” che voleva far venire alla luce Jared. “Ohw!! Ohw!! Quelle volte!!”  ripetè facendo mente locale.
“Esatto.  “Quelle volte”!” gli fece eco Jared, malizioso.

Jensen allora, per tutta risposta, si sfilò la maglietta che indossava, buttandola sulla prima sedia che trovò vicino e si avvicinò lentamente al letto, sotto lo sguardo attento e già acceso di desiderio del compagno.
“Beh!! diciamo che tra massaggio e crema per il massaggio , siamo già a buon punto!” fece sensuale mentre si puntellava con un ginocchio sul letto così da poter poi gattonare sul corpo di Jared.
“De…decisamente!”
“Io sono senza maglietta.” disse innocentemente , Jensen.
“Sì!” sibilò Jared mirando la forma bellissima e ben delineata del busto del compagno dottore.
“Tu sei senza maglietta!” continuò l’altro.
“Già!” e deglutì desiderio e impazienza.
“E levarti questi pantaloncini non credo sarebbe difficile!”
“No, assolutamente.” lo rassicurò Jared. “Ma tu hai…hai i jeans e quelli…quelli credo che…”
“Tranquillo.” gli rispose Jensen, issandosi su di lui.

Lentamente mise le mani sulla cinta e la levò con pochi abili gesti, senza mai distogliere lo sguardo da quello del compagno che già iniziava a respirare più velocemente. Poi , il maggiore, con due dita, si sbottonò anche il bottone dei pantaloni e lentamente fece scivolare verso il basso la zip cromata. “Ora…che ne dici? Da qui..puoi continuare tu?” chiese decisamente malizioso.
“Non chiedo di meglio. Anzi, se continui a toccarti così, giuro che divento geloso delle tue stesse mani!” sibilò ormai saturo di desiderio. In astinenza da Jensen.
Il giovane con un poderoso scatto di reni, si issò seduto sul letto. Fermò le mani del compagno che lascive e provocanti si stavano insinuando nel suo stesso jeans e afferrandole per i polsi, le tirò fuori dai boxer che avevano appena oltrepassato.
“Non ti azzardare ad andare oltre, dottore!”
“Che prepotenza, professore!” si imbronciò sensuale , Jensen, mentre lasciava che le mani di Jared, avessero la meglio.
Un attimo dopo, il fisioterapista , si ritrovò imprigionato sotto il meraviglioso corpo del suo giovane compagno.
“Il massaggio può aspettare. Ora ho altro per la testa!” quasi ringhiò Jared, conquistando quella parte di collo che sapeva far impazzire Jensen.
“Da..davvero?!”
“Sì, davvero!” convenne mentre piano scivolava con le labbra affamate lungo la spalla di Jensen per poi conquistare ogni porzione di pelle che in quel momento riteneva appetibile.
“E cosa…cosa ti passa…per la testa!?” azzardò sorridente Jensen.
“Far gemere come una verginella alla prima notte di nozze un medico di mio conoscenza!” lo parafrasò Jared, che soddisfatto del fremito che aveva sentito lungo tutto il corpo del compagno, iniziava a scendere sul torace e poi gli addominali e sempre sempre più giù.
“Non vale. Ora mi rubi anche le battute?!” sembrò replicare Jensen che già iniziava a strattonare le lenzuola tra le sue mani.
“.. “anche..”? Perché , che altro ti avrei rubato?!” disse sottovoce Jared mentre continuava a saggiare il corpo, i brividi e i tremiti di Jensen.

A quella domanda , Jensen, lasciò andare le lenzuola e incorniciò con le mani il volto del compagno. Dolcemente lo costrinse a guardarlo beandosi dello sguardo che gli vedeva in volto. Desiderio, passione, amore, dolcezza.
Dio!! cos’era quel ragazzo. Quegli occhi, quel viso, quelle labbra. Quello sguardo.
“Il cuore, piccolo. Mi hai rubato il cuore!” confessò senza smettere di guardarlo e sorridendogli amorevolmente quando vide un infinita dolcezza prendere sopravvento sul volto del compagno. “Mi hai rubato il cuore.”

Jared, lentamente ritornò verso il viso di Jensen e gli posò un bacio leggero sulle labbra piegate in un sorriso appena accennato. Jensen gli aveva salvato la vita in un certo senso. Era stato paziente e comprensivo durante la sua riabilitazione. Era stato soprattutto tollerante con quello che era successo con quel casino di Misha. E poi si era lasciato amare e lo aveva amato senza più limiti o incertezze.
Era lui. Jensen era la sua metà, quella a cui non avrebbe più saputo rinunciare. Di cui non avrebbe più potuto fare a meno. Jensen era l’amore della sua vita.
“Dio!, quanto ti amo!” disse ad un soffio dalle belle labbra del medico, che piano , con le mani , lo aveva abbracciato, circondandogli la schiena e tenendolo contro il suo corpo.
“Ti amo anche io, Jared.” E poi ancora un bacio a suggello di quella dolcissima dichiarazione fatta quasi a fil di voce.

 Per un po’ i due rimasero così, stretti l’uno all’altro, godendosi i loro respiri regolari e sereni, beandosi del battito dei loro cuori unisoni.
“Jared?!”
“Che c’è?”
“Che fine ha fatto la verginella della prima notte?!” domandò Jensen non riuscendo però a non ridere di quella richiesta.
“Oddio!! Che ingiustificabile mancanza da parte mia!” si scusò teatralmente Jared mentre dopo averlo baciato con passione, riprendeva la sua tortura appassionata.
E poi come una vecchia celebre canzone “…furono baci e furono sospiri!

 
 




N.d.A.: questa cosina è collegata ad una mia storia di qualche tempo fa intitolata “Sorprese” che trovate  qui. Se volete leggetela e fatemi sapere . Mi farà un immenso piacere.  Baci baci!
Cin.

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Capitolo 34
*** Stringimi le mani, amore. Stringimi le mani. ***


STRINGIMI LE MANI, AMORE. STRINGIMI LE MANI!

Amare Jensen era qualcosa di fisicamente totalizzante.
Fremere , tremare, sospirare con lui, di lui, per lui, era un’emozione che invadeva Jared fin dentro l’anima. Che lo completava in ogni sua più piccola e remota cellula. Jensen gli si concedeva, ogni volta, completamente, senza remore. Senza esitare.
Jensen si dava e donava tutto quello che di più profondo e amorevole poteva offrirgli perché sapeva che Jared avrebbe ricambiato con la stessa dolce e appassionata maniera.

Fare l’amore con Jensen non era solo un mero atto fisico dettato dalla passione del momento o dalla necessità di riappacificarsi dopo una lite o il solo sancire ciò che c’era tra loro. Amarsi era un’esperienza diversa ogni volta, in ogni suo bacio, o carezza o di un semplice sfiorar di dita.

Fare l’amore con Jensen era l’amore che smetteva di essere qualcosa di astratto per divenire la più bella delle consapevolezze.
Ma era quando Jensen pronunciava quelle poche dolcissime parole che il mondo di Jared si illuminava. Poche , semplici, ma meravigliose parole dette a fior di labbra. Appena pronunciate sulle sue di labbra.
 
“Stringimi le mani , amore. Stringimi le mani!”
 
Ed era in quel momento che Jared le stringeva , forte. Dolce.
Era in quel momento che il mondo spariva e rimanevano solo loro due e il respiro unisono che , sopraffatto dal piacere appagante che giungeva poco dopo, a fatica riusciva a ritornare regolare e calmo.
Era in quel momento che si lasciavano cadere uno tra le braccia dell’altro. Infinitamente felici.
Infinitamente innamorati.
 


Cedere alle romantiche avance di Jared era la cosa più bella che Jensen faceva. Il giovane sapeva come ammaliarlo e conquistarlo , ogni volta. Sapeva come abbattere ogni sua barriera. Sapeva come amarlo, dove toccarlo , accarezzarlo o solo sfiorarlo in quel modo che solo Jared sapeva e che ogni volta gli faceva chiudere gli occhi per assaporare la beatitudine di quel momento intimo.
Jared lo amava in ogni modo possibile e non solo fisicamente.
Quando facevano l’amore , il modo in cui conquistava il suo corpo , era pregno di dolcezza e passione. Di calma e sicurezza. Jared avanzava dentro di lui senza mai sottrarre nulla al loro piacere. Senza mai essere egoista. Centimetro dopo centimetro. Respiro dopo respiro. Ansimo dopo ansimo. I suoi movimenti erano sempre ritmicamente cadenzati perché sapeva che era così che piaceva a Jensen.
L’oblio del piacere li stordiva e li confondeva solo alla fine.
E Jensen, non riusciva a resistere a quella bellissima predominanza. Tra loro non c’era chi doveva o chi voleva. Era il momento a dettare le regole. Era la passione a mostrare cosa e come doveva essere compiuto.
E quando dentro di lui, Jensen, sentiva che quel meraviglioso baratro di piacere si faceva prepotente e inevitabile, pronunciava quelle parole che ormai erano come una sorta di preghiera da esaudire ogni volta.
 
“Stringimi le mani, amore. Stringimi le mani!”
 
Era a quel punto che quella meravigliosa danza d’amore diventava un tango appassionato e travolgente.
Jared gli stringeva le mani. Jensen se le lasciava stringere.
Ed era allora che i fianchi di Jared languidamente si contraevano per spingersi di più, e più sensualmente nel corpo di Jensen. Per raggiungere quel punto segreto che avrebbe fatto fremere di piacere il suo bellissimo amante. La sua virilità avanzava con dolce prepotenza nel calore più intimo di Jensen che completamente sopraffatto dalle mirabili sensazioni che Jared gli provocava , muoveva i suoi di fianchi per andare incontro ai movimenti del compagno.
Pelle contro pelle. Intimità contro intimità.
Respiri. Affanni. Sudore. Passione.
 

“Non fermarti….non fermarti….”
“Sì…sì….sì…”
“Ancora…ancora….ancora…”
“Ti voglio….ti voglio…”
“Oddio….”
“Oh sì!!!”
 
E poi l’orgasmo. Forte. Caldo. Sconvolgente. Avvolgente. Appagante.
E poi quel bacio languido e lento.
Quel bacio dato guardandosi negli occhi ancora appannati e lucidi dal piacere.
Quel bacio che si perdeva dolcemente tra le loro labbra ancora piegate in un timido e appagato sorriso.
Quell’ultimo bacio a sancire la conclusione di un meraviglioso amplesso.
 
 
Jared ancora abbandonato tra le braccia di Jensen, in cui era felicemente crollato, se ne stava beatamente rilassato sul suo petto e seguiva il respiro, ormai regolare, di Jensen che pigramente gli carezzava la schiena ancora lievemente madida di sudore.
“Sai?! Mi è piaciuto tanto questa volta!” sussurrò Jensen con la voce che sapeva di un lieve imbarazzo.
Jared sorrise sul petto del compagno, sistemandosi meglio.
“Beh!! grazie. Cerco sempre di dare il meglio di me in queste situazioni!” rispose ironico.
Jensen sorrise anche lui, però non volle dargli soddisfazione.
“Scemo!” asserì convinto. “E presuntuoso!!” precisò ancora.
“Ehi!” esclamò il più giovane issandosi appena su un braccio per poter vedere il viso del biondo. “Sei stato tu ad iniziare!”
“Io non intendevo…..questo!” disse con fare piccato indicando loro e il loro letto sfatto.
Jared rese più raggiante il suo sorriso e dopo aver lasciato un bacio leggero giusto al centro del petto di Jensen, sul punto in cui sapeva battere più forte il suo cuore, legò i suoi occhi chiari in quelli più verdi del compagno e il suo sguardo divenne serio ma non severo o offeso. Era dolce. Era complice.
Era Jared.
“Lo so!” lo riprese gentilmente. “Ma vorrei sapere comunque a cosa ti riferivi, amore mio!” fece, sporgendosi meglio sul corpo del compagno così quasi, da sovrastarlo.
Jensen si lasciò coprire, perché , per lui, non c’era niente di più bello al mondo che godere del calore del corpo di Jared. E non importava che fuori vi fossero quaranta gradi.
“Il modo in cui mi ha stretto le mani!” disse solo.

Jared non lo lasciò continuare, sorpreso da quell’uscita. Quel gesto , infondo, era qualcosa nessuno dei due riusciva più a rinunciare, era come se fosse l’ultimo pezzo del puzzle che mettevano insieme ogni volta che facevano l’amore. Quello che rendeva perfetto ciò che già era meraviglioso.
“Io ti stringo sempre le mani e tu le stringi a me. Sai che non riuscirei più a rinunciare a questa nostra…cosa!” sembrò stupirsi Jared.
Jensen, prima di rispondergli, allungò una mano verso quella di Jared e la strinse. Poi se la portò alle labbra e la baciò dolcemente.
“Anche per me è così, ma questa volta ..non lo so…quello che ho provato…sentito…era come se ti stessi aggrappando a me, oltre che stringermi. Era come…”
“Ma è così, Jensen!” lo fermò Jared, spiazzandolo. “E’ sempre così!”
“Davvero?!” si ritrovò a chiedere Jensen.
“Ogni volta che ti stringo le mani, che sia fuori o dentro questo letto, io mi aggrappo a te e tu ti reggi a me. Non può essere e non voglio che sia una cosa diversa da questa, perché farlo, stringerti in quel modo, mi fa sentire vivo. Mi sentire che sono parte di te, che tu sei parte di me. E che insieme siamo perfetti. Perché l’amore che c’è tra me e te è perfetto.” disse come se quello che avesse detto fosse la cosa più normale che uno potesse dire.
Solo dopo si rese conto degli occhi verde smeraldo che lo fissavano immersi in un luccichio pregno di emozione.
“Jensen ?!” sussurrò sorpreso dallo sguardo emozionato con cui Jensen lo scrutava.
“Ti amo. Dio solo sa quanto ti amo. Talmente tanto da non rendermene conto. Talmente in profondità da sentirmi soffocare quando non so dove sei. Sei la mia aria, la mia luce nel buio, il tepore per il riposo, l’appoggio sicuro in ogni mia incertezza. Non so cosa io abbia fatto per meritarmi te, amore mio, ma ti giuro che ringrazio Dio ogni giorno di avermi donato te.” fu l’innamorata risposta alla confessione di Jared.
 
Un bacio lento, quasi centellinato, fece da firma a quello che sembrava , o che di certo era, una promessa d’amore incondizionato.
“L’unica cosa che hai fatto…” disse Jared, dopo aver abbandonato a malincuore le labbra di Jensen. “…è stata quella di lasciarti amare da me e permettermi di amare te. Solo questo!!”
“Io lascerò sempre che tu mi ami e ti amerò sempre, ma…”
“ Ma?!” si sorprese Jared , stringendo lo sguardo sul compagno che però sorrideva dolcemente.
“...ad una condizione!”
“Quale?!” chiese curioso il giovane.
Jensen si sistemò sul materasso e contro la testiera del letto, in modo da poter aderire meglio al corpo di Jared.
“Stringimi le mani, amore. Stringimi le mani!”
Jared gli sorrise apertamente e prendendo tra le sue , le mani di Jensen, rispose a quella condizione.
“Anche io ho una condizione!” disse ad un fiato dalle labbra di Jensen.
“Quale?!”
“Stringimi le mani, amore. Stringimi le mani!” lo parafrasò con una certa malizia.
 
Le loro mani si strinsero, ancora. Poi i loro corpi, ancora. Poi le loro labbra, ancora.
E poi furono di nuovo una cosa sola!
Perfetta!
Unica!



N.d.A.: Niente da dire. Solo una botta di fluff amoroso!!!
Baci, Cin.

 

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Capitolo 35
*** Quello che avviene dopo! ***


QUELLO CHE AVVIENE DOPO!

Quello che avviene dopo che hanno fatto l’amore ha sempre un qualcosa di spossatamente romantico. Di incredibilmente intimo. Più del sesso stesso. A volte!!!
 
Jared è ancora sdraiato quasi completamente sul corpo di Jensen. Una delle sue gambe abbraccia pesantemente quelle di Jensen, appena piegate in una posizione più rilassata di quella che avevano fino a qualche attimo prima, mentre seguiva il ritmo dei movimenti sensuali dei fianchi di Jared, avvinghiato sopra di lui e il suo bacino.
Jensen è appena un po’ più in alto di lui, così da poggiare la schiena alla spalliera del letto. Così da essere in una posizione tale da poter baciare la testa e i capelli, anche se magnificamente disordinati, del più giovane. Quel gigante di quasi due metri che in quel momento gli sta schiacciando dolcemente il petto e che segue istintivamente il suo stesso respiro.
Il ritmico su e giù dei loro toraci è ancora lievemente affannato. Ma a nessuno dei due importa.
Il sudore sulla loro pelle comincia a farsi freddo. Ma a nessuno dei due importa anche questo.
L’odore e il naturale disagio appiccicoso dell’appagante risultato del loro piacere, impregna l’aria con quel suo umore particolare. Ma onestamente ai due amanti appassionati, questo importa ancora meno delle altre cose.
 
Jared inclina appena un po’ la testa così da poter baciare quella calda parte di corpo che gli sta facendo da cuscino e sorride felice, credendo che il suo compagno non  se ne accorga. E prima di baciarlo ancora, inspira affondo il suo odore, così fresco, così intimo, così pregno dell’amore e non solo di quello fisico.
Jensen, rabbrividisce solo un po’ quando le labbra calde e morbide di Jared lo sfiorano prima  e lo baciano con decisione subito dopo. Ma è un brivido piacevole. Più che piacevole.
E’ una bellissima sensazione elettrica, o forse solo un solletico, che gli corre da quel lembo di pelle marchiato da Jared fin tutta la spina dorsale e che poi esplode piacevolmente nel cervello, riaccendendo immediatamente i ricordi della passione appena consumata.
 

La bocca di Jared su di lui, la sua sul collo di Jared. Le mani del più giovane che si aggrappavano alle sue spalle, sostenendosi e allo stesso tempo ricercando un modo per unire di più i loro corpi.
La proprie mani che si stringevano appassionatamente sui fianchi del giovane amante, guidando, accompagnando, intimando dolcemente quel sensuale ritmo tra dare e ricevere.
Le loro virilità, una voluttuosamente esposta che mostrava  il suo umido piacere sul ventre del biondo. L’altra, prepotentemente e sensualmente impegnata a raggiungere quel punto più segreto e intimo nel corpo del giovane.
I loro ansimi, i gemiti, i respiri a volte strozzati dal piacere, a volte esalati da una sorta di momentaneo appagamento.
I “sì!” e gli “Ancora!” mormorati alle orecchie, o detti con più decisione quando un momento di piacere diventava più forte di uno appena passato. E poi, i sempre più appassionati “Muoviti così!” o “Ti prego, fallo ancora!” o ancora “Non fermarti, non fermarti!!”
E infine quel dolcissimo e immancabile “Ti amo!!” sussurrato l’uno sulle labbra dell’altro quando l’estasi li riportava lentamente , sfiniti e appagati, alla realtà della loro camera da letto.


 
“Dovresti smetterla!” sibilò appena, con la voce impastata sia dalla spossatezza che dal compiacimento, Jensen.
“Di fare cosa?!” domandò con tono innocente Jared, baciandolo ancora e con più decisione, mentre si sistemava meglio accanto al corpo del biondo.
“Di fare questo. Se non ricordi male, più di due ore fa è cominciato tutto così e avevamo detto che dovevamo solo riposare!” rispose , forse, ironicamente, Jensen. “E invece….”
“Hai ragione!” ammise con aria colpevole, l’altro. “Ma che colpa ne ho io se ho un compagno che mi fa perdere ogni lucidità quando è nudo al mio fianco?!”
“Se era questo il problema, potevi dirmelo!”
“Ah sì!?”
“Certo! Avrei messo un pigiama. Magari uno di quelli di flanella pesante con un bell’orsetto sul davanti e con tanto di scritta “Buonanotte” !” lo prese in giro.
“Credimi, amore mio. Pigiama o non pigiama, la situazione non sarebbe cambiata. Avrei solo perso più tempo a spogliarti!” rispose invece , l’altro.
“Sei un maniaco!”
“No, sono solo perdutamente innamorato di te!” disse con una tale decisione e semplicità che quelle parole a Jensen parvero la poesia più bella mai ascoltata.
Non disse altro. Gli sorrise. Lo attirò lentamente verso il suo viso, sporgendosi appena verso quello del giovane che avanzava. La sua lingua guizzò veloce sulle sue labbra accarezzandole e inumidendole, rendendole così, una calamita potente per Jared.
“E io amo perdutamente , te, Jared!” gli respirò sulle labbra appena schiuse, prima di mettere fine a quel respiro, iniziandone un altro condiviso con Jared.
Un bacio. Lento, dolce, privo di passione ma colmo di un amore profondo. Qualcuno avrebbe potuto definirlo casto, puro. Emblema di un legame indissolubile.
 
Quando le loro labbra si separarono, ciò che rimase furono due splendidi sorrisi appagati e felici.
Jared riconquistò la sua posizione sul quel corpo che sapeva essere solo suo, che sarebbe stato solo suo. Jensen, consolidò quel contatto, intrecciando gentilmente le loro gambe e stringendo il corpo del suo immenso amore tra le sue braccia.
Erano in pace, una pace tutta loro. Una pace solo loro.
 

“Jensen?!” lo richiamò sottovoce Jared come a non voler disturbare quel momento.
“Mmh!!??” sospirò Jensen, per lo stesso motivo.
“E’ stato bellissimo, vero?!”
“Sì!”
“Sentirti dentro di me in quel modo dolce e appassionato, lo è stato!”
“Sì!”
“Vedere il tuo piacere in sincrono con il mio, lo è stato!”
“Sì!”
“Avere la voglia e il desiderio di farlo ancora, lo è!”
“Si!!”
Poi, un attimo di silenzio.
 
“Hai intenzione di dire sempre e solo “Sì!” ad ogni cosa che ti dirò o chiederò, Jensen?!”
“Sì!” rispose, ridendo appena.
 
Il giovane si issò, indispettito, sul corpo del compagno che lo guardava sinceramente divertito e decise di togliergli quel sorrisetto impertinente dalla faccia. Sapeva che quello che stava per chiedergli avrebbe decisamente destabilizzato Jensen e la sua mania per le cose fatte nel modo giusto. Sorrise di rimando al maggiore, ma se nel sorriso di Jensen c’era divertimento, in quello di Jared c’era sfida.
“Allora sposami!!” lo spiazzò.
Per un attimo gli occhi di Jensen brillano di stupore, sorpresa, forse paura!!
Il sorriso divenne del tutto impercettibile.
Le mani che prima lasciavano pigre carezze sulla schiena del più giovane , lentamente risalirono lungo il suo corpo fino a raggiungere ed incorniciare il viso di Jared.
Poi, il sorriso di Jensen tornò ad illuminare il suo bellissimo viso.
“Ed io che credevo non me lo avresti mai chiesto!!” rispose sorridendo di più allo stupore che invece c’era ora sul volto di Jared. “Sì. Sì che ti sposo!” disse ancora prima di baciarlo e lasciare che la sorpresa del più giovane si trasformasse in puro entusiasmo in quel bacio stesso.
Jared voleva sorprenderlo e invece , per l’ennesima volta era stato Jensen a sorprendere lui.
“Davvero tu…tu vuoi..” biascicò tra un bacio e l’altro che Jensen ancora gli stava dando.
“In verità, non aspettavo altro. Stava quasi diventando una tortura!!” esclamò Jensen.
“Ma io credevo che…insomma…che avresti voluto essere….cioè…”
I lineamenti di Jensen divennero, in un modo quasi inspiegabile, di una bellissima dolcezza. “Amore mio, mi hai sempre accusato di essere uno a cui piace organizzare e avere il controllo della maggior parte delle cose che fa…”
“In effetti!” convenne , forse in colpa il più giovane.
“Ma su questa, volevo che fossi tu a decidere. Volevo che fosse una scelta tutta tua. Tanto, comunque e in qualunque modo o momento ti saresti deciso a chiedermelo, la mia risposta sarebbe stata sempre la stessa: Sì!” ammise con la più sfacciata sincerità.

“Davvero?!”
“Sì!”
“Veramente?!”
“Sì!!!”
“Sul serio?!”
“Sì. Sì. Sì e ancora mille volte sì! Io ti sposo, Jared!”
 
Inutile dire che quell’inutile ripetersi, servì solo a Jared per riprendere la sua posizione e iniziare a stuzzicare in modo più che provocatorio e malizioso, quello che da quel momento in poi era diventato il suo promesso sposo.

 
 




“Sto meravigliosamente
perché vedo nei tuoi occhi la luce dell’amore
e la cosa più strana di tutto questo
è che tu non ti rendi conto
di quanto ti amo…”

(Wonderful Tonight, Eric Clapton)

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Capitolo 36
*** Dio!, come ti amo. ***



 

Jensen si infilò a letto con un sorriso a trentadue denti. Con un gesto veloce si sfilò il pantalone del pigiama e i boxer e li gettò sulla sedia nell’angolo della camera da letto.

Quello che stava per succedere era il giusto e meraviglioso compimento di una più che splendida giornata.

Stava per fare sesso.

No! Non sesso.

Stava per fare l’amore.

Con Jared. Il suo Jared.

Con quel ragazzo meraviglioso e incredibile che aveva conosciuto la bellezza di sei anni prima. Di cui , era sicuro, si fosse innamorato prima che l’altro potesse dire “Piacere , Jared!”. Il ragazzo che aveva letteralmente assillato perché gli desse una possibilità come ragazzo prima, compagno poi, fidanzato ancora dopo e poi ancora, dopo aver preso un grosso respiro, a cui aveva chiesto di sposarlo, sperando con tutta la fibra del suo essere che Jared dicesse di si.

E Jared lo disse e un attimo dopo lo aveva baciato con un trasporto tale che Jensen, alla fine di quel bacio, aveva avuto quasi difficoltà a respirare regolarmente, a causa delle emozioni che aveva scatenato quel bacio. Dell’amore di cui era portatore. Della promessa che aveva sugellato.

E oggi, era il loro primo anniversario di matrimonio.


 

Avevano festeggiato in locale con i loro amici più cari, anche se Jensen avrebbe preferito di certo qualcosa di più romantico e che includesse solo la loro presenza. Ma Jared era così. Amava condividere i momenti più felici della sua vita con le persone a lui più care e a Jensen non dispiaceva affatto assecondarlo in questi suoi aspetti così conviviali.

Poi doveva ammettere che essere festeggiati da amici come Misha, Rob, Rich, Felicia e tutti gli altri della loro comitiva era davvero qualcosa a cui non si poteva rinunciare.

E ora era lì, in quel letto. Agitato e felice della più eccitante aspettativa.

Jared era in bagno e da lì a poco sarebbe andato da lui e avrebbero concluso alla grande i loro festeggiamenti. Solo loro. Alla loro maniera. Con tutto l’amore e la passione che ogni volta riuscivano a dimostrarsi.

Sentì la porta del bagno scattare e istintivamente si sistemò al centro del letto, aprendo appena il lenzuolo dal lato del compagno.

Finalmente Jared venne fuori e lo sguardo entusiasta di Jensen, in un attimo divenne, una sorta di sorriso stentato e tirato.

Aveva regalato a Jared un ciondolo con un pendente discreto su cui c’era inciso una semplice “J” accompagnato con un biglietto su cui c’era scritto

Il mio nome, il tuo nome. Noi due insieme. Per sempre!

Ti amo, J.”


 

Jared aveva sorriso quando aveva aperto lo scatolino e aveva visto il prezioso dono. Lo aveva baciato e poi aveva sussurrato a Jensen, con quella sua voce bassa e calda e sensuale e suadente: “Stasera, quando saremo solo io e te, indosserò solo questo e potrai avermi tutta la notte!” e poi gli aveva sorriso malizioso e soddisfatto quando aveva visto Jensen deglutire di desiderio e urgenza che quella festa finisse il più presto possibile.


 

E invece, ora, Jared, era sì, davanti a lui. Ma indossava la sua vecchia tuta con cui dormiva di solito e soprattutto un’assurda maglietta su cui c’era scritto un ben poco beneaugurante “Siamo chiusi!”

Aveva lo sguardo decisamente poco sensuale e decisamente …arrabbiato?


Jensen si mise a sedere dritto al centro del letto e cercò di capire che cosa era cambiato nell’arco di poche ore.

“Jared ma cosa…” stava per dire quando il giovane lo anticipò.

“Cosa? Ti aspettavi un fine serata diverso?!” disse con sarcasmo accentuato.

“Beh! In effetti avevo in mente decisamente altro!”

“So benissimo che cosa avevi in mente, che cosa ti aspettavi. Ma, beh!! Mi dispiace. Per te, la serata è finita qui, amico! Ma puoi sempre usare la doccia fredda, se proprio ti serve!” disse mentre si sedeva dalla sua parte del letto e si preparava a dormire.

Jensen per un attimo restò sconcertato. Ma che diavolo era successo?

“Un attimo…un attimo…Jared?!”

“Buonanotte , Jensen!”

“Ok! Ti darò la buonanotte, come vuoi, finirà così. Ma per l’amore di Dio, mi dici che cosa è successo?” fece deciso a capire qualcosa. Mise la mano sulla spalla del marito e fece pressione così da farlo voltare verso di lui. “Io vorrei…”

“Lo so che cosa vorresti. Ma non avrai niente da me stanotte. E per altre molte notti ancora, credimi!”

“Ok! Ora basta. Non mi frega niente di stanotte, di quello che mi aspettavo, di quello che mi avevi promesso. Non mi frega del sesso o di tutto il resto. Voglio solo che tu adesso mi parli e mi spieghi perché hai la faccia di uno che vuole commettere un uxoricidio!” sbottò deciso.

“Oh!! Credimi. Io…io…”

“Ma che diavolo è successo?!” esclamò frustrato Jensen, a quel punto, dopo quella mal celata esitazione del giovane.

“Chiedilo a John il barista che non faceva che offrirti da bere, o a Ted il cameriere che ha dimenticato una mancia su un tavolo pur di portarti la tua birra. O..o sì, puoi chiederlo perfino a Jenny, la responsabile di sala, che ha lasciato il suo posto per portarti lo smacchiatore e quasi le si smontavano i fianchi mentre ti sculettava intorno!” sbottò finalmente Jared, mentre scostava con astio la mano di Jensen dalla sua, gli dava le spalle e dopo essersi tirato addosso le lenzuola, sistemava con nervosismo la testa sul proprio cuscino.

Jensen per un attimo rimase senza parole. Sconcertato da una tale situazione. Confuso da quelle parole o accuse o che cosa diavolo erano quelle assurdità che aveva appena sentito!

“John…Ted..Jenny..” ripetè a bassa voce. Ma cosa?

Poi collegò i gesti dei ragazzi nei suoi confronti e comprese quello che agli di Jared erano potuti sembrare.

“Jared..” lo richiamò con voce calma, sentendosi comunque intenerito da quella manifestazione di gelosia e volendo cercare di sistemare la cosa e non tramutarla in una furiosa lite inutile. “Hai frainteso, piccolo!”

Jared si voltò di scatto verso di lui, sedendosi velocemente così da stare alla sua altezza, poiché Jensen era ancora seduto al centro del letto.

“Non osare chiamarmi Piccolo e no. Non ho frainteso. So quello che ho visto e non sono stupido!” lo avvertì e poi puntandogli l’indice al centro del petto, continuò. “Se dovevi arrivare a questo, potevi avere almeno il buon gusto di farlo in un giorno diverso dal nostro primo anniversario di matrimonio, Ackles!” e spinse appena con il dito sul torace del compagno che non riusciva a smettere di guardare e adorare e amare quella furia che gli vedeva dipinta sul volto.

“John, Ted e Jenny sono i TJ2!” gli riferì con calma.

Jared per un attimo restò basito. “Chi?!” chiese confuso e ancora furioso.

 “I TJ2. Sono una band che io curo da un po’ di tempo dato che essere impresario musicale è il mio lavoro. Una settimana fa li ho fatti avere il loro primo contratto con tanto di royalties e tra un paio di mesi, avranno il loro primo tour come band di apertura concerti.”

“Cosa..cosa…”

“Jenny e Ted sono sposati. John è il fratello di Jenny. E a questo punto credo di doverti anche dire che credo proprio che quello che hai visto siano stati semplici segni di gratitudine per quello che ho fatto, Padalecki!” concluse la sua “ammissione di colpa”, Jensen.


 

Jared rimase interdetto. Arrossì vistosamente quando si rese conto dell’enorme gaffe che aveva commesso, soprattutto tenendo conto del fatto che sapeva capire bene quando Jensen gli mentiva. E per l’amor di Dio, Jensen in quel momento era la personificazione della sincerità.

E allora?

Che diamine gli era venuto in mente di accusarlo in quel modo senza nemmeno pensare prima di chiedere spiegazioni e poi di accusarlo?

“Oddio…io…io..” oramai in colpa. “Mi dispiace, Jensen. Mi…mi dispiace!” disse ancora, sinceramente mortificato e mentre con quella stessa mortificazione cercava una via di uscita dal loro letto.

Ma Jensen, per nulla arrabbiato, anzi al contrario, onorato di quella gelosia nei suoi confronti, trattenne il giovane e con un gesto deciso ma gentile, lo costrinse spalle al materasso e un attimo dopo lo teneva dolcemente prigioniero sotto di lui.

“Ora , tu, mi stai, a sentire. Intesi?!” gli disse con docile decisione.

Jared ancora avvilito per quella sua madornale svista, annuì soltanto.

Jensen, allora, con movimento leggero sistemò la frangia che ricadeva sulla fronte di Jared, lasciandogli così il bel viso scoperto.

“Ecco, il mio bellissimo e gelosissimo marito!” affermò soddisfatto di quello che vedeva.

“Jensen, mi…mi…”

Ma Jensen lo baciò piano. Piano saggiò le labbra sottili del ragazzo, gustandone a pieno il sapore così afrodisiaco.

“Smettila di dire che ti dispiace. Non sono arrabbiato. Un po’ deluso, sì, perché non mi hai parlato chiaramente dall’inizio invece di inveire contro di me in quel modo, ma amore mio, no, non sono arrabbiato con te.” e lo baciò ancora.

“Ma io..”

“Io ti amo!” fece all’improvviso Jensen, fermando ogni possibile giustificazione del giovane. “Vedi?, Vedi che mi fai , Jared?” domandò retorico all’altro. “Io lo stavo solo pensando e invece la mia bocca non ha resistito e ha dovuto dirlo. Io ti amo. Oddio, vedi? Di nuovo. E ti amo e ancora, ti amo.”

“Jensen..” sussurrò Jared , ormai, al limite dell’emozione che stava provando in quel momento.

“Amo tutto di te. Ti amo ogni giorno, ti amo ogni notte. Provo a ripetermi che non devo dirtelo così spesso perché potrei stancarti, ma è dura. Non ci riesco e quindi…Ti amo, ti amo così tanto che ti sento dentro di me , sempre e sempre e sempre. Sei come una malattia da cui non voglio guarire e di cui spero non trovino mai la cura. Non mi interessa che non mi fa respirare per quanto ti amo, che quando sei lontano non mi va di mangiare , di dormire, di lavorare. Ma poi so che devo farlo perché, paradossalmente , l’amore che nutro per te mi spinge a vivere , perché vivere significa amarti ancora. Amarti di più. Perciò ti amo, Jared. E non esiste che io possa amare un altro o solo pensare di essere capace di amare qualcuno che non sia tu.”

Jensen disse queste parole con un tale trasporto che Jared non riuscì ad infilare una sola sillaba e questo gli permise di ascoltare tutto. Di imprimersi nella mente quella meravigliosa dichiarazione d’amore che Jensen gli aveva appena fatto.

Il giovane alzò una mano verso il viso innamorato che lo stava guardando e piano gli carezzò dolcemente il profilo leggermente contratto ma sempre dolce.

“Cosa pensi io possa mai dire dopo quello che mi hai appena detto!?” chiese con voce gentile. “Non mi permetterai di chiederti ancora scusa…”

“No, non lo farò!” gli diede ragione Jensen e Jared sorrise.

“Ma dirti solo che ti amo anche io sembra così ….miserabile!”

“Tu mi ami, Jared?!” chiese , allora, Jensen, come se stesse chiedendo conferma di un qualcosa che si sa già esista.

“Io vivo per amarti, Jensen. Dio!, come ti amo!”


 



Dio, come ti amo!
Non è possibile avere tra le braccia tanta felicità.
Baciare le tue labbra che odorano di vento.
Noi due innamorati come nessuno al mondo.
Dio!, come ti amo”

(Dio, come ti amo. D. Modugno)

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Capitolo 37
*** Trucchetti!! ***


TRUCCHETTI

Jared se ne stava appoggiato allo stipite della sua porta di ingresso. Lo sguardo basso, forse pensieroso, a tratti incerto su ciò che forse voleva dire.

Di fronte a lui, Jensen, non sembrava messo meglio del suo compagno.

Si frequentavano da un po', ma non erano mai andati oltre il classico bacio della buonanotte.

Jensen ormai aveva imparato che Jared era uno che voleva fare le cose con calma e non se la sentiva di spingerlo a fare un passo di cui, probabilmente non si sentiva ancora pronto. Jared gli piaceva troppo per forzarlo o solo "provocarlo" in quel senso, rischiando di farlo allontanare da lui. Quando lo aveva conosciuto aveva avuto la forte sensazione che Jared sarebbe stato quello giusto e non voleva assolutamente rischiare di rovinare tutto.

Sapeva che quel "passo" sarebbe arrivato prima o poi e Jensen avrebbe aspettato pazientemente. Con l'aiuto di qualche, molte docce fredde, ma avrebbe aspettato.

"Jared, che c'è? Non sei stato bene stasera?! A cosa stai pensando?" provò a spezzare quell'empasse tra loro.

Jared alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise appena.

“Sto pensando a se devo chiederti di salire da me o meno?” lo spiazzò il più giovane.

Jensen tremò dentro di lui, ma cercò di non mostrare quell’ansia e quella felicità che sentiva per quel dubbio appena confessato.

“Credi che sia una buona idea?” cercò di mediare il biondo ma non ricevendo risposta e quindi: “E comunque se non ne sei ancora convinto per me va bene. Io ci sarò sempre, lo sai. Io voglio che….”

“Io voglio chiederti di salire!” lo fermò Jared sorridendo malizioso, mentre un sorriso radioso illuminò il volto di Jensen.

“Ne sei...certo?!” provò ancora, Jensen.

“Sì e il fatto che tu voglia prima di tutto che io ne sia certo, mi ha convinto che è ciò che voglio. Che tu sei ciò che voglio!” rispose, mentre con una mano accarezzava il profilo del compagno e piano lo avvicinava a lui, così da poterlo baciare.

Di un bacio dolce, lento, languido a tal punto che entrambi si ritrovarono a sospirare uno sulle labbra dell’altro e poi quando la porta dell’appartamento di Jared si aprì davanti a loro e si chiuse alle loro spalle…..

 

Muoviti, muoviti….”

Vai avanti, continua...così….”

Grandioso!!”

Sto andando a fuoco!”

Resisti...resisti….sto per...”

Fa’ presto….fa’ presto!!”

Oddio!!”

Sìììì!!”

 

Spalla a spalla, sdraiati, nudi, nel letto di Jared, i due amanti sorridevano soddisfatti.

“Wow!!” esclamò Jensen. “E’ stato qualcosa di….”

"Fuori da ogni aspettativa, vero?" suggerì sorridente Jared.

"Decisamente!" convenne soddisfatto Jensen.

Un sorriso timido. Uno sguardo complice.


Poi......


“Già! Ti avevo detto che Clash Royal ti avrebbe conquistato una volta che avessi iniziato a giocare!”

“E’ stato assurdo, stavo per andare a fuoco, ma ...”

“Ma quel trucchetto che ho usato, ha salvato il tuo bel culetto dal perdere la partita e farti arrivare al quarto livello.” concluse soddisfatto e orgoglioso dell’aiuto fornito, Jared.

“ Fantastico. Appena iscritto e sono già al quarto livello!” convenne Jensen fissando lo schermo del suo cellulare.

Poi uno sguardo fuggevole tra i due. Sguardo che divenne immediatamente più intenso quando Jared, sfilò gentilmente il telefonino via dalle mani del suo amante e lo posò sul comodino.

“Cosa...” esalò Jensen, seguendo i movimenti lenti del ragazzo.

“Devo confessarti che ho anche qualche altro trucchetto da mostrarti, ma che non hanno nulla a che fare con Clash Royal!” gli rispose malizioso, mentre guidava Jensen verso il basso , così da farlo sdraiare completamente sul materasso e così che lui potesse sovrastarlo con il proprio corpo.

“Trucchetti?!” domandò sorridendo Jensen, mentre si sistemava contro il corpo del giovane.

“Sì, molti molti trucchetti da fare con le …..mani….” rispose suadente mentre proprio con le mani scendeva ad accarezzargli i fianchi fino quasi a solleticargli i muscoli delle gambe, soddisfatto di sentire sotto le sue dita , la pelle di Jensen rabbrividire. “...e con la ….” e così dicendo si tese verso l’orecchio del biondo come per confessare un segreto che doveva rimanere tale.

Jensen si immobilizzò istintivamente nell’attesa che Jared gli sussurrasse quel segreto e tremò quando la voce del suo amante gli sibilò lussuriosa: “...con la lingua!”

“Oddio!!” esalò Jensen, a quella rivelazione, tremante e con le labbra appena socchiuse.

“ A meno che tu non voglia ancora giocare?!” lo provocò Jared iniziando a scendere lungo il torace , baciandone il petto ben scolpito, gli addominali marcati, e sempre più in basso verso l’accattivante linea del basso ventre.

“Il mio….cellulare...è...è scarico e non ho...non ho con me….Oddio!!...” si ritrovò ad esclamare o forse ansimare, Jensen, quando un bacio di Jared si fece più intimo. “...non ho il caricabatterie. Quindi se tu vuoi… se io...insomma se vogliamo ...” cercò di rispondere ancora lucidamente.

Molto poco lucidamente!!!

“Ok! Mi basta così.” confermò maliziosamente deciso Jared e riprese con entusiasmo a mostrare a Jensen i suoi “trucchetti”!

“O Santa Madre…...”


 


 

Fammi volare ….lui allunga la mano 
e si tocca l'America 
Fammi l'amore forte sempre 
più forte come fosse l'America 
Fammi l'amore forte sempre 
più forte ed io sono l'America  ..”

( America, G. Nannini)

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Capitolo 38
*** Mangia, prega, ama. - Mangia - ***


Ps: Slice in tre parti!!!



MANGIA

“Ehi! Mish!! Indovina?” fece Jensen, entrando in casa, e non riuscendo a trattenere l’entusiasmo che sentiva dentro.

C’aveva messo anima e corpo per avere quell’incarico. Si era impegnato al massimo nel fare le cose al meglio: ogni progetto, ogni particolare, ogni ricerca di mercato.

Tutto era stato fatto con minuzia di particolari e i suoi superiori l’avevano capito e quindi premiato.

La direzione degli uffici di merchandising distaccati in Italia. Roma, per la precisione.

Dio! la città eterna.


Misha sbucò dal corridoio, non appena si sentì richiamare.

“Jensen, sei già qui?” chiese come se non se lo aspettasse e nel suo sguardo c’era preoccupazione e una mal celata delusione.

Ma Jensen non ci fece caso e prendendogli le mani, lo attirò a lui e lo baciò. Con passione, slancio e poi, quando liberò il compagno se lo trascinò in soggiorno.

“Ho avuto l’incarico, Mish!” dichiarò con soddisfazione. “Sono il nuovo direttore della sede distaccata a Roma.”

“Roma!” gli fece eco Misha.

“Già!” replicò quasi trasognante Jensen, mettendosi a fare su e giù per il soggiorno che sembrava essere l’unica maniera per scaricare l’entusiastica adrenalina che sentiva dentro. Sprizzava felicità da tutti i pori.

Poi ad un tratto, il biondo si girò di scatto verso il compagno e lo guardò fisso e serio. Come se la più chiara delle epifanie gli si fosse appena palesata davanti agli occhi. “Sposami!”

L’altro, per un attimo, smise di respirare e socchiuse gli occhi come per rendersi conto di quello che aveva sentito. “Cosa?!” esalò Misha, incredulo.

“Sposami. Subito. Prima di partire. Abbiamo un paio di settimane e ce la faremo ad organizzare tutto…”

“Jensen..”

“Vieni con me, parti con me come mio marito. Iniziamo quella nostra vita insieme di cui abbiamo parlato tante volte….”

“Jensen, io…”

“Facciamolo, Mish! E’ il momento giusto. Quello giusto. Lo so, lo sento. Noi possiamo farc…..” continuava a dire Jensen mostrandosi più che entusiasta di quella sua romantica idea, quando ad un certo punto i suoi occhi verdi si posarono su qualcosa appena vicino il divano del soggiorno. Due valigie.

Non disse nulla. Le sue mani lasciarono quelle del moro di fronte a lui che ad un tratto, mostrò tutto il suo dispiacere e imbarazzo.

Sul volto di Jensen solo quell’espressione che voleva dire “E quelle che significano?!”

Misha, che lo conosceva bene, intese e rispose.

“Te l’ho detto. Sei tornato troppo presto!” fu la risposta a quella domanda mai fatta.

Risposta pensata nel modo sbagliato. Detta nel modo peggiore.


“Te ne stavi andando? Così?” fece interdetto Jensen, allontanandosi di qualche passo dal compagno. “Saresti andato via senza dirmi niente?! Per-perché?”

“Jensen, sapevo , non avevo dubbi che avresti avuto quell’incarico…perché sei un grande, sei in gamba e sei il migliore in quello che fai e i tuoi capi non potevano scegliere uomo migliore.”

“Questo non mi spiega …quelle!” disse indicando le borse da viaggio piene.

“E sapevo che mi avresti chiesto di sposarti. Ho trovato le fedine nel cassetto alto del comò. E io non….” continuò quasi in imbarazzo, Misha. “..non voglio!”

Jensen deglutì a fatica.

“Non capisco. Cosa non vuoi? Partire o sposarmi?!”

Misha lo fissò, fissò per un attimo la stanza in cui erano e che avevano sistemato insieme. Fissò per un attimo il divano su cui a volte…molte volte…avevano fatto l’amore oppure si erano semplicemente addormentati vicini. Poi tornò a guardare Jensen e non ebbe il coraggio di rispondere.

Lo fece Jensen per lui, improvvisamente gelido.

“Entrambe!” e Misha chinò il capo, colpevole. “Ma perché?!” quasi sussurrò Jensen.

“Io ci tengo a te, Jensen. Ci tengo davvero.”

“Tu…ci tieni…a me?!” fece stranito, l’altro. Tenere? Che cos’era suo fratello? Stavano insieme da anni. Convivevano e condividevano una vita insieme da anni. Facevano l’amore quasi tutte le sere e Misha ci teneva soltanto a lui?

“Tu vuoi una vita insieme, una casa, dei figli magari..un giorno.”

“Ne abbiamo parlato….tante volte. Che cosa è cambiato adesso?”

“Tu lo vuoi rendere reale. A me piace solo l’idea!” e lo disse tutto di un fiato, talmente veloce che a Jensen quelle parole arrivarono come un proiettile in pieno petto. Non aveva parole. La sua mente non riusciva a rimanere lucida e a mettere insieme una qualsiasi frase per sistemare quello che stava accadendo.

Nemmeno Misha sapeva cosa altro dire, anche perché si rese conto di aver detto già tanto e di aver fatto anche tanto male. Così non disse altro e fece per sorpassare Jensen così da poter prendere le sue valigie e andare via , ma non appena fu spalla a spalla con quello che era ormai il suo ex compagno, la mano di Jensen, sorprendendolo, gli si strinse intorno al polso.

“Io ti amo! Parliamone!” disse il biondo quasi con disperazione.

“Rinunceresti a quello che hai appena ottenuto e cancelleresti gli ultimi dieci minuti?!” domandò Misha.

Jensen deglutì e l’unica cosa che riuscì a rispondere fu ancora: “Parliamone!”


Misha chiuse gli occhi e non ebbe nemmeno il coraggio di guardare l’uomo al suo fianco. Jensen era magnifico ed era stato un compagno superlativo. Non avrebbe potuto chiedere di meglio. Ed era per questo che si sentiva uno schifo e un bastardo in quel momento. Ma la voglia di continuare la sua vita senza legami veri e concreti era più forte del senso di colpa che provava adesso. Quindi l’unica cosa da fare era andare via il prima possibile.

“Mi dispiace!” e si liberò in fretta. In fretta prese le sue cose e in fretta fece per uscire dal loro appartamento. Un appartamento che avevano preso in affitto da più di due anni, subito dopo aver deciso di convivere. Prima di uscire definitivamente, si girò un’ultima volta a guardare Jensen e mai prima di quel momento aveva visto sul volto del biondo un’espressione di una simile glacialità e durezza. Era certo: Jensen lo stava odiando. E come biasimarlo?

“Entro stasera ti farò avere la mia parte dell’affitto. Buona fortuna Jensen!”

“Tieniteli i tuoi soldi. Non mi servono. E ora sparisci per sempre!” ringhiò Jensen voltandosi e andando verso il bancone della cucina.

Misha capì di essersi meritato quell’astio profondo, quindi non replicò e augurò di nuovo buona fortuna a Jensen, prima di chiudersi la porta alle spalle.


Un secondo dopo, ancora nel corridoio, il moro , sentì un rumore di cose andate in frantumi provenire dal suo ex appartamento. Continuò a camminare come se la cosa non gli appartenesse o solo come se non fosse dipesa da lui.

 


Gettare all’aria quei pochi oggetti di creta e vetro che adornavano il tavolo penisola della cucina, era stata l’unica valvola di sfogo che Jensen riuscì a recuperare per sfogare appena la rabbia che sentiva dentro.

Urlare?, non ne sarebbe valsa la pena. Piangere?, troppo orgoglioso.

Per infiniti secondi, il ragazzo restò a fissare il tappeto di cocci che si allargava sul pavimento. Cercò di collegare ad ogni frammento un momento della vita vissuta con Misha, quella vita, che, come quei soprammobili, era finita in frantumi. Poi , come se qualcosa fosse finalmente chiara nella sua testa, drizzò le spalle, fece un profondo respiro e andò verso il mobile sotto il lavandino. Lo aprì, ne tirò fuori la pattumiera e una paletta e iniziò a raccogliere tutto, ripulendo il pavimento.

Con movimenti meccanici, rassettò tutto. Poi andò in camera da letto, chiuse le ante dell’armadio lasciate aperte da Misha. Sospirò, tremante, un paio di volte, fermo davanti al legno satinato delle porte scorrevoli e poi scosse energicamente la testa come a riaversi da quella realtà. Da quello che era appena successo.

Afferrò un asciugamano pulita e andò verso il bagno.

Poi fu solo un susseguirsi di azioni: vestiti nel cesto della biancheria, box doccia aperto, acqua calda, bagno schiuma , le mani tra i capelli e poi sui muscoli ancora tesi, e poi sul viso per mischiare le lacrime all’acqua che portava via il sapone. Fuori dalla doccia, davanti al lavabo, schiuma da barba, rasoio, mano sul vetro per aprire una visuale attraverso il vapore sullo specchio. Occhi negli occhi con sè stesso.

“Ce la farai! Ce la farai! Ce l’hai sempre fatta. Devi essere solo più forte senza di lui. Ce la farai!”

E quando quel mantra sembrò averlo convinto, Jensen, si infilò un pantalone della tuta e una maglietta e tornò in cucina. Aprì il frigorifero e osservò con attenzione quello che vi era all’interno. I colori degli alimenti quasi lo confusero.


 

Mangia quelle uova e avrai gli incubi stanotte!

Gli fece eco la voce di Misha nella testa.

Non ti fa bene mandare giù tutto quel formaggio!

Ancora!

Continua con quel gelato al cioccolato e vedrai che indigestione!!

E ancora!


 

Per lo meno ora sapeva quale sarebbe stata la sua cena.

Uova strapazzate con formaggio fuso e per consolazione una bella tazza di gelato al cioccolato coperto di pistacchi e panna.

Mangiò tutto, con gusto. In silenzio. Ignorando lquella voce che lo rimproverava ancora.

La notte non ebbe incubi. Dormì placidamente.

L’unico pensiero che di tanto in tanto lo portava a dover trovare una nuova posizione, era l’assenza che sentiva al suo fianco. Ma la consapevolezza che cambiare la sua vita, quello che aveva, quello che si era così faticosamente costruito, per qualcuno che comunque non voleva restare, gli diede , lentamente, di nuovo pace.


 

Due settimane dopo, Jensen, era su un aereo per Roma, pronto ad iniziare una nuova vita e godersela come si era goduto quelle uova  e quel gelato.

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Capitolo 39
*** Mangia, prega, ama. - Prega - ***


PREGA

Era ormai quasi un mese e mezzo che Jared era ospite del suo amico Massimo, che aveva un agriturismo al centro di Monteverde, nel quartiere Gianicolense a Roma. Era un posto bellissimo, immerso tra le colline romane. Da un lato, le rasserenanti distese romane, dall’altro, i meravigliosi Sette Colli di Roma. Una bellezza per gli occhi, una pace per l’anima.

Ma ogni volta che il giovane americano, dal patio della sua stanza, si incantava su quella vista, non poteva che ritornare con la mente al perché si era ritrovato a fuggire da Austin fino ad arrivare nella città eterna.

E in quei pensieri, era come se tutta la meraviglia che si ritrovava di fronte perdesse colore e profondità. Così si ritrovava a sospirare frustrato, a volte amareggiato , perché si rendeva conto che non riusciva a venire fuori da quel suo malinconico stato d’animo.

“Ehi! Jay!?” fu la voce di Massimo a richiamarlo. “Non ti ho visto a colazione. Tutto bene?”

Jared si voltò verso di lui. Un sorriso timido, quasi accennato. Ringraziò l’amico per l’interessamento ma rispose che quella mattina non aveva molta fame.

“Wow!! Questa sì che è bella!” cercò di farlo ridere l’amico. “Quando un cane non mangia, vuol dire che qualcosa non va!” fece ancora, anche se Massimo sapeva benissimo quello che affliggeva il giovane davanti a lui. Ne sapeva abbastanza, ma non voleva intromettersi più di tanto, anche perchè voleva che fosse l’amico ad aprirsi quando fosse stato pronto a farlo.


 

Quando, Massimo, se l’era visto davanti con quella valigia troppo grande per un semplice weekend romano, aveva subito inteso che non si trattava di una vacanza ma di una sorta di fuga.

Jared, gli aveva detto che il padre era morto e che lui non riusciva più a restare ad Austin e l’unica cosa che era riuscito a fare era prendere il primo volo.


 

“Resta fin quando ne hai bisogno, Jay. Sei tra amici qui!” lo rassicurò il ristoratore, accompagnandolo verso quella che sarebbe stata la sua stanza.


 

Ma ora, non che fosse stanco di averlo in giro, tutt’altro. La cosa che lo stancava era il fatto che Jared ancora non riuscisse a tirar fuori quello che lo angustiava e che lo rendeva un Jared così diverso dal Jared che conosceva e ricordava lui: solare , allegro, vitale. Un vero uragano di energia positiva.


 

E ora su quel balcone era proprio arrivato al limite e l’italiano sbottò.

“Ok! Basta così!!” disse severo e Jared si voltò finalmente verso di lui, stupendosi di quell’uscita così dura e inaspettata.

Massimo gli si fece di fronte. “Sei arrivato più di un mese fa. Mi hai a malapena detto quello che era successo e per quanto io possa essermene dispiaciuto , credo che dopo un mese e mezzo, il dispiacere per la morte di qualcuno, si possa metabolizzare. Non dico dimenticare ma almeno accettare.”

“Max, tu non puoi…”

“Cosa? Capire?!”

“Esatto!”

“Spiegamelo allora.” Esclamò Massimo. “Cazzo, Jay. Giulio Cesare era meno depresso di te quando vide Bruto e capì che lo avrebbe fatto fuori. Quindi , ora, o sputi il rospo e mi dici che cazzo è successo ad Austin o fai i bagagli e ti trovi un altro posto in cui deprimerti.” E lo disse con una serietà e una severità che nemmeno pensava di avere.

Jared lo fissò stupito per un simile out out. Per un attimo si sentì ferito, ma poi, subito dopo, si convinse che non poteva più approfittare della pazienza con cui Massimo lo aveva accolto. Strinse le labbra, annuì appena e deglutì dispiacere.

“Ok! Preparo le mie cose. Dammi un’ora e ti libero la stanza!” fece sorprendendo l’amico che lo fissò a bocca aperta. Era decisamente un'altra la reazione che voleva avere da Jared.

L’americano fece per superarlo, quando la mano di Massimo lo afferrò per un braccio, fermandolo.

“Aspetta…aspetta. Che fai? Cazzo, Jared!, ma davvero credi che ti manderei via??!! Siamo amici da anni.”

“Ma tu…”

“Io volevo solo spingerti a parlarmi. A confidarti. Non mi piace vederti in queste condizioni. Posso capire il dolore che provi per la morte di tuo padre, ma ormai lui è andato. È in pace. Devi darti pace anche tu, amico mio. Ti fa male stare così. Lo so, lo vedo!” finì di dire con la voce sempre più amareggiata ma anche dolce.

“Mi dispiace, Max. Ma quello che è successo …è…è…”

“Lo so che non sono affari miei. Lo capisco. Ma per favore , credimi, io ci sarò quando vorrai tirar fuori tutto. Quando avrai bisogno di alleggerire quello che hai qui…” gli disse puntandogli un dito sulla fronte. “..che hai qui..” puntando quello stesso dito dritto contro il cuore..” e poi aprendo la mano e poggiando il palmo giusto al centro del petto, lì, dove vive l’anima. “…e qui. Dovrai solo chiamarmi!” concluse, abbracciandolo calorosamente.

Jared non si sottrasse da quell’abbraccio, anzi, lo assecondò e lasciò che il suo calore lo rincuorasse.

Quando i due si allontanarono, Massimo gli sorrise amabilmente e gli diede due buffetti fraterni sulla guancia.

“Sono da basso , se hai bisogno!”

Jared annuì, ma un attimo dopo, prima che Massimo andasse via da lui, le parole gli volarono via prima dalla mente, poi dalla bocca, come fatte di vita propria.

“Non mi ha mai accettato!” disse solo.

Massimo si voltò verso il ragazzo e lo guardò. Non era certo di aver capito bene.

“Jared, cosa…chi non ti ha mai accettato?” gli fece eco , sperando che il ragazzo non ci ripensasse e si chiudesse di nuovo in sé stesso.

Jared sospirò e come se si fosse improvvisamente svuotato di ogni forza, si lasciò cadere su una delle poltroncine del patio. “Mio padre. Non mi ha mai accettato. O meglio non ha mai accettato quello che sono. Come sono.”

“E cosa saresti, scusa?!” fece confuso l’italiano.

“Max, io sono gay.”

“ Lo so e con questo, mi ripeto: cosa saresti?!”

“Lui non lo accettava. Non riusciva a farsene una ragione.”

“Stai scherzando? Non si può non accettare un figlio solo perché è gay. Potrei prendere a calci in culo il mio fino a lasciarlo su una sedie a rotelle se sapessi che si droga o stronzate simili, ma non perché è gay. Non c’è colpa o scelta nell’essere gay. Lo si è e basta. E comunque non significa essere meno o più di un qualsiasi etero.”

“Purtroppo non sei tu mio padre.”

“O cazzo, Jay!!” fece affranto e incredulo, l’altro.

“Quando a sedici anni feci coming out, il primo a cui lo dissi fu lui. Pensavo che fosse la cosa giusta, che lui mi avrebbe appoggiato. Sai?! Quella cosa padre-figlio…” Raccontò il giovane, ironizzando sul finale.

“E invece?!”

“La sera stessa, avevo le valigie pronte, preparate da lui e la porta di casa spalancata pronta a chiudersi alle mie spalle.”

“Te ne andasti?!”

“Mi mandò via. Lievemente diverso, non credi?!”

“Jay, mi…mi dispiace.” E lo era sul serio.

Jared era una persona fantastica, intelligente. Un organizzatore di eventi con un’agenda che traboccava impegni anche con VIP di un certo calibro. Uno di quei ragazzi, insomma, che le madri più “all’antica” avrebbero indicato come un buon partito sia per una figlia che per un figlio!! “Che è successo, poi? Come l’avete risolta?”

“Non l’abbiamo risolta!” fu la risposta amareggiata e forse il cardine dello stato d’animo di Jared.

“Cosa?!”

“Quando mi cacciò, provai per mesi a contattarlo ancora. Provai e riprovai a riagganciare un se pur minimo rapporto. Era mio padre e io rimanevo comunque suo figlio. Volevo provare. Ma quando , dopo l’ennesima telefonata lui mi ringhiò contro tutto il suo disgusto dicendomi che ero un pervertito, un abominio dannato da Dio e condannato all’Inferno, che lui mi rinnegava come figlio e come sangue del suo sangue, qualcosa mi fece capire che dal giorno in cui mi confidai con lui, avevo smesso di avere un padre.” Fece alzandosi dalla sedia e fissando il paesaggio che si stagliava davanti a lui.

“Jay…Jay, no. Tu non sei…non sei assolutamente ciò che lui pensava…”

“Lo so, Max. Lo so. Io sono in pace con quello che sono, il mondo in cui vivo e lavoro se ne sbatte altamente di chi mi porto a letto. Quello che mi angoscia è che lui adesso è morto e io..io…” e a questo punto la voce iniziò a incrinarsi.

“Jay, andiamo…”

“Vedi, nel mio profondo io speravo….io speravo ancora in una …una….”

“Riappacificazione?!” e Jared annuì soltanto oramai troppo emozionato per riuscire a parlare.

“Mi ha odiato e forse mi odiava anche mentre era sul letto di morte e forse anche io l’ho odiato per qualche anno, ma era…era mio padre. Lui…lui era mio padre!” Gli occhi lucidi, il fiato corto, i singhiozzi appena trattenuti, le parole appena pronunciate. “Io…io…gli volevo…gli volevo…” e poi non riuscì più a parlare.

Massimo gli corse vicino e lo abbracciò forte, stringendolo tra le sue braccia. Carezzandogli , quasi massaggiandogli la schiena scossa dal pianto. Cercando di calmarlo. Di calmare quei disperati “gli volevo bene” che Jared continuava a ripetere con il viso nascosto in quell’abbraccio.

Quando l’italiano capì che la tempesta stava iniziando a passare e chetarsi, si allontanò con lentezza da quella stretta fraterna. Accompagnò Jared di nuovo verso il basso, verso la sedia e lui fece lo stesso sedendosi di fronte a lui.

“Ora , ascoltami. Ascoltami bene!”

“Max, io…”

“Sta’ zitto, Padalecki e stammi a sentire.” e si drizzò le spalle come per rendere le sue parole più importanti. “Ci sono alcune frasi a cui faccio sempre riferimento quando sono a terra , messo meglio di te…” specificò , rubando un sorriso al giovane. “..ma comunque a terra.”

“Ti va di condividerle? Mi farebbero comode in questo momento!” fece con aria stanca Jared.

“Non chiedo di meglio.” Esclamò compiaciuto l’italiano. “Allora, UNO: Rifiutare di amare chiunque per paura di soffrire è come rifiutarsi di vivere per paura di morire. Tuo padre ti amava anche se non riusciva a capirlo.”

“Max..”

“DUE!” lo fermò. “Sorridi anche se il tuo sorriso è triste perché più triste di un sorriso triste c’è solo la tristezza di non saper sorridere. Pensa a tuo padre sia quando ti sorrideva che quando ha aperto quella porta di casa. Può averla chiusa, ma credimi , come te, avrà pianto quando lo ha fatto.”

“Non ne sono certo. Io…”

“TRE!!” lo fermò ancora. “Non arrenderti mai, perché quando pensi che tutto sia finito, è il momento in cui tutto ha inizio!

“Inizio?” ripetè con poca convinzione Jared.

“Jay, sei giovane , intelligente. Un gran bel pezzo di ragazzo. Il tuo passato, quello con tuo padre, non può segnare la fine di tutto quello che la vita ha da darti. Fa’ che quello che è successo a te, sia di insegnamento. Ti faccia da guida. Ti renda capace di amare nel modo in cui tu non sei stato amato o almeno in cui volevi essere amato!” e questo lo disse con gli occhi lucidi, dato che anche Jared lo guardava nello stesso modo.

Poi il giovane si poggiò con le spalle alla sedia e si passò le mani sul viso come a volersi rimettere in sesto.

“Wow!!” esclamò colpito mentre riprendeva a respirare regolarmente. “Antica saggezza romana?” ironizzò.

“Jim Morrison, amico. Che cavolo!! Jim Morrison!!” lo rimproverò l’amico, accusandolo di non aver riconosciuto i mantra del carismatico cantante statunitense.

Quell’offeso, ma fraterno rimprovero, fece scoppiare a ridere entrambi e quando quella risata pian piano scemò in singhiozzi accennati, Jared porse la mano all’amico.

“Grazie, Max. Grazie di cuore!” e la strinse con decisione quando Massimo gli porse la sua.

“Quando vuoi, idiota!” e si alzò dalla sedia, facendo per andarsene. “Ti aspetto di sotto. Mia moglie ha fatto quella pasta che adori. Quindi vedi di farti venire fame e scendi a pranzare con noi, intesi?”

“Intesi.”



Jared mantenne la promessa e pranzò con i suoi amici. Il temporale sembrava passato e quella notte, nel suo letto, Jared trovò la forza per pregare per l’anima di suo padre. E al contrario di quello che gli augurarono le dure parole paterne, il giovane supplicò per il padre, perchè fosse in pace nel posto più bello del Paradiso.

Pregò fortemente, che un giorno, quando Dio avesse concesso loro di rincontrarsi, tutto sarebbe stato come doveva essere tra padre e figlio.

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Capitolo 40
*** Mangia, prega, ama. - Ama - ***


AMA


Lavorare nella sede distaccata di Roma, si rivelò, per Jensen, più entusiasmante di quanto avesse potuto pensare o solo immaginare.

Erano oramai più di due mesi che era alla direzione del suo ufficio e i risultati , più che positivi, non tardarono. Come gli entusiasti complimenti della sede principale negli USA.

Era quasi Natale e Jensen, come premio per quelli che lo avevano affiancato nel suo lavoro, volle organizzare una festa natalizia in un bell’albergo romano. Chiese alla sua assistente personale, Brianna o Bri come la chiamava lui, di contattare un organizzatore di eventi che potesse prendere l’incarico e soddisfare le sue richieste.

“Siamo sotto Natale, Mr. Ackles. Sarà difficile trovarne uno adesso. Ma vedrò di fare il possibile!” disse con aria preoccupata.

“So che ce la farai. Ti ho vista all’opera Bri e ho capito che sono poche le persone che riescono a dirti di no.” la elogiò Jensen.

“Ci puoi giurare!!” replicò la ragazza, facendogli l’occhiolino e rimettendosi al telefono.

 

Mezz’ora dopo, Bri richiamava Jensen, affacciandosi appena all’ufficio del suo capo.

“Ce l’ho!”

“Hai cosa?!” fece distrattamente Jensen, che era concentrato al suo pc.

“L’organizzatore!”

“Ohw!!” esclamò facendo mente locale. “Sì. Fantastico. E chi è?!” chiese curioso, il giovane direttore.

“Si chiama Jared Padalecki.”

“Cos’è? polacco?”

“Origini forse. Comunque è americano. Del Texas, come te, da quello che ho saputo. E’ qui in una specie di anno sabbatico!”

“Ma allora non…” si ritrovò a pensare Jensen che se era in pausa lavorativa, non poteva o meglio non voleva accettare incarichi.

“Per farla breve..un amico di un amico di un amico conosce un certo ristoratore, Massimo. L’ho chiamato e gli ho spiegato la situazione e lui ha dato il mio numero a Jared e Jared mi ha richiamato e ora , tu, Mr. Ackles, hai il tuo organizzatore di eventi.”

“Magnifico. Ma?” la spiazzò.

“Ma?!” ripetè infatti, sorpresa, la giovane assistente.

“ Sì , “ma” , perché ho la vaga impressione che c’è una sorta di sottile ricatto in atto in questa cosa!”

“Wow!!” esclamò profondamente colpita. “Sei bravo!! " fece colpita la giovane. "Sei davvero in gamba come dicono!!” , dopo che quel “ma” era stato scoperto.

“Ti ringrazio. Quindi?”

“L’unica richiesta di Padalecki è che la festa sia fatta nel locale di quel suo amico, Massimo. Mettiamola così , i due devono ricambiarsi dei favori personali!!”

“Tutto qui?!” chiese perplesso , Jensen.

“Tutto qui!” confermò la ragazza.

“OK! Cancella la prenotazione già fatta e fissa una data nel nuovo locale.” risolvette in fretta il biondo, soddisfatto.

“Agli ordini.” E fece per andarsene , quando piroettando sui tacchi, ritornò indietro e bussò di nuovo.

“Dimenticato qualcosa?!”

“In effetti, sì.”

“Sarebbe?”

“Lui sta venendo qui!”

“Lui chi?”

“Padalecki. Jared. Padalecki.”

“A…a fare….che?!”

“A quanto pare è uno davvero in gamba a cui piace parlare con il diretto interessato dell’evento, prima di organizzarlo. E poi lui, cioè, sì, insomma…”

“Lui che?”

“Insomma…lui è…”

“Bri, non ti ho mai vista balbettare. Quindi sono davvero preoccupato. Sputa il rospo!!” la incoraggiò Jensen.

“Lui è ..della tua squadra!” disse sorridendo e ammiccando appena un po’.

“Della mia…” e poi collegò la cosa. “Ohw!!! Lui è…”

“Già.” annuì entusiasta.

“Eri troppo imbarazzata prima. Ti prego dimmi che non mi ritroverò davanti una sorta di farfalla svolazzante con tanto di sciarpa di raso rosa e piume tra i capelli!!”

“Al contrario.” Ci tenne a precisare la ragazza. “Da quello che mi hanno detto è uno che farebbe impallidire Thor!” sogghignò per poi continuare. “E non quello finto dei fumetti ma quello di Chris Hemsworth!!” sottolineò con tono malizioso.

Jensen apprezzò timidamente quella precisazione anche se cercava in ogni maniera di rimanere stoico e professionale.

Ma , doveva ammettere a sé stesso, che era da tempo che non si approcciava con qualcuno in quel senso. Anche se si era fatto una ragione di come era finita la sua storia con Misha, la voglia di poter ancora avere quello che pensava di avere avuto in passato, ogni tanto tornava a chiudergli lo stomaco. Sentì le mani che gli sudavano appena, segno di un nervosismo sempre più presente.

“Quando?!” si ritrovò a chiedere alla ragazza che lo scrutava con un che di divertito.

“Quando cosa?!”

“Quando arriva? Per quando hai preso l’appuntamento?!”

“Sì. L’appuntamento.” ripetè e guardando sul suo tablet, rispose con una mal celata indifferenza : “Tra mezz’ora!”

“Mezz…..” biascicò Jensen. “E me lo dici adesso?!”

“Lui mi ha chiamato e ha detto che era in zona e non volevo farti perdere l’occasione.”

“L’occasione??!!” replicò perplesso. “Stiamo ancora parlando della festa o delle confidenze fatte quella sera dopo quella bottiglia di Vodka!?” la rimproverò bonariamente Jensen mentre si alzava dalla scrivania e si dirigeva in bagno per darsi una sistemata.

Jensen si era reso subito conto che Bri sarebbe diventata una sua fidata confidente , anche a livello personale, infatti, dietro l’aspetto di una diligente e sveglia segretaria, la ragazza aveva dato prova di essere sincera, leale , affidabile e decisamente discreta, quando il dirigente aziendale voleva essere solo un ragazzo semplice.


 

Una sera , dal nulla del suo cellulare era rispuntata fuori una foto di Misha , Bri l’aveva vista e innocentemente e per mera curiosità, aveva fatto qualche domanda.

Gli occhi di Jensen si fecero immediatamente lucidi a quel ricordo e Bri, comprese. Si avvicinò a quello , che in quel momento, non era il suo capo ma solo un ragazzo vulnerabile e gli posò una mano sul viso, accarezzandolo dolcemente.

Sputa il rospo. Ti ascolto!” gli aveva sussurrato e Jensen si era fidato e le aveva raccontato tutto.

Credevo mi amasse come io amavo lui!” fu l’inizio della sua storia. “Ma a lui piaceva solo l’idea di quello che invece io volevo rendere reale.”


 

Aveva passato la notte in ufficio a causa di una pratica importante, aveva addosso i panni del giorno prima e su cui sembrava averci dormito tutta l’allegra famiglia degli Aristogatti.

“Dio!! sono uno sfacelo!” disse guardandosi allo specchio. “Bri, nell’armadio c’è una camicia pulita, per favore….”

“Sì, sì, sì…sta’ calmo. Hai tempo per renderti presentabile!” fece lei, chiudendosi alle spalle la porta dell’ufficio e andando verso il piccolo armadio delle “emergenze”, come lo chiamava lei.

“Non voglio che lui pensi che sta per organizzare un evento per uno che non è nemmeno in grado essere presentabile ad un appuntamento di lavoro e ….”

“Jensen..” lo richiamò con un certo tono di delusione, Bri.

“Crederà che sia stato messo qui…..”

“Jensen!!”

“…. per chissà quali motivi!!” disse lasciando libero sfogo ad un’insensata insicurezza.

“Ok! Basta così, Ackles!” e questa volta il richiamo fu deciso e autoritario. “Non lo conosci. Non sai nemmeno davvero che aspetto abbia. Potrebbero avermelo descritto come un Dio e magari è un elfo bitorzoluto e gobbo. Potrebbe essere un emerito stronzo. O forse un incapace. Non lo so io e non lo sai tu.” continuò quel suo rimprovero. “Quello, però, che io so e che tu devi finalmente capire è che comunque questo Jared sia, non è Misha. Misha ha già fatto i suoi danni e il suo tempo e tu, caro il mio Jensen, non permetterai a nessuno di farti fare di nuovo quello che ha fatto lui. Sei in gamba, sei forte, sei rispettato e ben voluto e ti meriti tutto quello che hai ottenuto fin ora. E porca miseria, sei di una bellezza da mozzare il fiato anche con i vestiti che fanno schifo!” asserì guardando il ragazzo che cercava di stirarsi i vestiti addosso, passandoci vigorosamente le mani sopra.

“Bri…” fece sorridendole grato per quel provvidenziale rimprovero.

“Ora, togli la giacca e la cravatta.” ordinava imperiosa mentre un attonito e poco convito Jensen comunque le obbediva. “Metti solo questa camicia pulita e resta così. Credimi, se è intelligente come dicono, lo conquisterai e rimedierai un bell’invito a cena o magari, se non è così, ti farà almeno un bello sconto sul preventivo.” finì maliziosa.

“Bri, non credo che sia il caso!” rispose Jensen mentre si sistemava la camicia nei pantaloni.

“No? E allora perché ti stai prendendo tanta pena per fare bella figura con lui?” lo provocò, la ragazza. “Se non ricordo male, un mese fa, a quel meeting al terzo piano, ci sei andato in jeans e non è che te ne sia fatto tanti di problemi!” gli ricordò ironica.

“Era un incontro informale!” provò a giustificarsi Jensen.

“Sì, con i capoccioni dell’azienda!” lo rimbeccò Bri, che un attimo dopo correva alla sua scrivania per rispondere al telefono.

Jensen la vide annuire e poi sorridere a trentadue denti facendogli il segno dell’OK!.

“Cazzo!” si ritrovò a sussurrare Jensen, decisamente nervoso per quell’incontro.

“Il nostro amico è in anticipo. Sta salendo adesso!” fece la segretaria sporgendosi appena nell’ufficio.

“Ok!Ok!”

“Lo faccio venire da te non appena arriva o vuoi che lo tenga un po’ sulle spine qui con me? Magari, mentre aspetta, potrei stuzzicarlo descrivendoti come uno alla Christian Grey, che ne dici?” scherzò, mica tanto, Bri.


 

“Dico che mi piacerebbe scoprire da solo se ho davanti un provetto Grey o un più romantico Romeo!” fece la voce calda ma divertita poco distante da loro.


 

Jensen abbassò la testa, il mento contro il petto con un evidente gesto di frustrazione. Di sicuro nella sua testa vorticava frenetica la frase “Che figura di merda!

Bri, scattò indietro, lasciando il passaggio libero all’ospite anticipatario, sorridendo in evidente imbarazzo.

“Wow!” cercò di spezzare l’imbarazzo, la ragazza. “Mi avevano detto che stava prendendo le scale!”

“A quanto pare si sono sbagliati!” replicò gentilmente Jared, entrando nell’ufficio di Jensen.


 

L’imprenditore, si drizzò e tirò indietro le spalle non appena Jared fu accanto alla sua scrivania. Cercando di ignorare l’imbarazzo che ancora sentiva , porse la mano al suo ospite per salutarlo. Saluto che venne prontamente ricambiato.

“La scusi…ci scusi…” si corresse. “Signor….”

“Jared. Va benissimo Jared!” fece cordialmente, il giovane, mentre si accomodava.

“Ci scusi, Jared. E non si preoccupi, Bri non sarà più un problema in questo incontro o in quelli di cui lei avrà bisogno se accetterà di organizzare l’evento.” lo rassicurò Jensen.

“Come mai?!” fece la ragazza, curiosa.

“Già! Come mai?!” si intromise Jared, divertito da quel siparietto.

“Sei stata appena licenziata!” la spiazzò Jensen, sorridendole compiaciuto.

“E’ la quarta volta che mi licenzi questo mese.” si lamentò Bri, mentre si apprestava ad uscire dall’ufficio di Jensen. “Ti ricordo che mi hai promesso una crociera se arrivavo a cinque!”

“Va’ fuori!!” la rimproverò bonariamente il biondo, suscitando la risata di Jared.


 

Jared stava ancora sorridendo, quando Bri chiuse la porta e Jensen si sedeva alla sua poltrona.

“Di certo, renderà le sue giornate meno pesanti di quelle che potrebbero essere!” asserì Jared, riferendosi allo splendido spirito allegro di Bri.

“Sono qui da meno di tre mesi e ringrazio Dio ogni giorno per aver avuto Bri al mio fianco. E’ un ottima amica oltre che un assistente impeccabile. Non riuscirei più a fare a meno di lei, oramai.”

“Non mi sembra uno che ha bisogno di un aiuto.” affermò quasi senza rendersene conto, Jared.

“A volte non si ha sempre e solo bisogno di un aiuto lavorativo, non crede?”

“Concordo. Non sa quanto!!”

“Ok! Visto che abbiamo già un punto di incontro , che ne dice di mettere da parte le formalità?!”

“Non vedevo l’ora che me lo chiedessi!” convenne Jared.

 

Circa quattro mesi dopo…..

“O Dio santissimo….dove …dove hai imparato a fare questa cosa….” ansimò Jensen mentre Jared continuava a farlo impazzire baciandolo e accarezzandolo lungo l’interno coscia fino a risalire a quell’invitante triangolo inguinale.

“Da nessuna parte, amore mio…sei tu che mi ispiri!!” rispose Jared, mentre sinuosamente risaliva ancora più su , lungo il corpo del compagno e beandosi di come vedeva il corpo del suo amato inarcarsi per il piacere che lui gli stava procurando.

 

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Da quando si erano conosciuti , nell’ufficio di Jensen, i due ragazzi, avevano subito capito di avere una certa chimica che gli legava. I primi tempi furono decisamente “informali”: un caffè, qualche birra al bar, un aperitivo la domenica mattina che finiva sempre con una passeggiata tra le bellezze romane. Poi, più la confidenza diventava normale, più quello che stava nascendo tra loro diventava reale.

Jensen aveva insistito a che Jared partecipasse alla festa che aveva organizzato, e poi a quella festa ne seguì l’invito a quella di fine anno da parte di Jared, sempre al locale di Massimo che fu ben lieto di vedere il giovane amico sorridere di nuovo come ricordava. L’amico romano lo aveva praticamente assillato quando aveva saputo della possibilità di organizzare quella festa per un importante società americana e soprattutto quando aveva saputo chi era che richiedeva di Jared. Era un occasione che Massimo non poteva lasciarsi sfuggire.


 

E poi , al veglione, ci fu il rintocco della mezzanotte e i due ragazzi vicini non riuscirono ad impedirselo. Occhi negli occhi, vicini troppo vicini. I fuochi d’artificio che festeggiavano l’inizio del nuovo anno, brillavano nei riflessi delle loro iridi.

Un passo in avanti da parte di Jensen, la testa di Jared che si chinava appena verso il volto dell’altro. I respiri quasi azzerati, le labbra piegate appena da un sorriso timido a causa del pensiero di quello che stava per accadere.


 

“Jensen?!” sussurrò Jared.

“Mmh!?” fece Jensen non riuscendo a spostare lo sguardo dalla bocca e dagli occhi del giovane.

“Ho una voglia matta di baciarti prima che finiscano i rintocchi!”

“Allora fallo. Sbrigati. O sarò costretto a rimettere indietro l’orologio pur di farmi baciare da te!”

E si baciarono. Il primo bacio dato al primo secondo del primo minuto della prima ora del primo giorno dell’anno.

Come non poteva essere quello il segno di un nuovo inizio?


 

Poco distanti da loro , Massimo , sua moglie e Bri, guardavano felici quello che stava accadendo. Avevano brigato ogni volta che era stato possibile per fare stare i due insieme. Inventandosi problemi logistici al locale, difficoltà con i fornitori e ogni tipo di “bugia bianca” pur di fare in modo che Jared e Jensen potessero stare da soli e risolvere quei problemi che in realtà non c’erano.

Patrizia , la moglie di Massimo, sembrava davvero soddisfatta e asserì compiaciuta: “Amore non è privo di arguzia. Cupido colpisce o con la freccia o con l’astuzia!”

Bri, la guardò sorpresa. “Dio!! quanto adoro Shakespeare!!” esclamò. E i tre risero di cuore e continuarono a godersi la serata.


 

Da allora, Jared e Jensen, sembrarono diventare inseparabili. Forse la voglia di conoscersi, forse il desiderio di avere qualcuno con cui condividere quei meravigliosi momenti che la vita stava donando loro.

Sta il fatto che Jared, lasciò la stanza al locale di Massimo e prese in affitto un appartamento, decidendo di spostare il suo lavoro, almeno momentaneamente, in Italia. Infondo , per organizzare eventi, poteva anche farlo da lì e se ci sarebbe stato qualche inghippo, avrebbe preso un volo per risolvere il tutto. E poi, non è che a Roma, mancassero personaggi o motivi per organizzare feste a tema o meno.

Jensen, invece , confermò la sua disponibilità a rimanere nella sede italiana con soddisfatta approvazione dei suoi capi e dopo un paio di mesi da quelle decisioni, Jared si ritrovò, sorprendentemente, a lasciare il suo neo appartamento e a fare di nuovo i bagagli.


 

“Vieni a vivere con me, Jared!”

“Ne sei sicuro? Non che io non voglia, tutt’altro. Ma non vorrei che …”


 

Una lieve indecisione dovuta a quello che si erano raccontati, l’uno dell’altro. In quel periodo in cui i due si conobbero, Jared gli aveva confidato del suo scontro con il padre, della sua morte e del periodo di depressione che ne era seguito, poiché non erano riusciti ad appianare la loro situazione. Di contro Jensen, gli parlò di Misha, di quelli che erano i suoi sogni e di quelli che invece Misha non condivideva e naturalmente del modo poco amichevole con cui avevano chiuso la loro storia.

 

******************************************************************************************************


 

Ora nella loro camera da letto, Jared stava dimostrando a Jensen, quando gli fosse di ispirazione e sembrava davvero davvero molto soddisfatto di come ci stava riuscendo.

“Vieni qui!” sospirò Jensen, attirando verso di lui, quell’incredibile amante. “Vieni qui e baciami!”

Jared non se lo lasciò ripetere due volte. Si issò sul compagno e si appropriò con passione e dolcezza di quelle splendide labbra arrossate e umide del loro piacere. La loro morbidezza, il loro sapore avvolgente, il modo in cui lasciavano, quasi furtivamente, che la lingua vi sfuggisse di tanto in tanto per giocare con la propria sempre pronta ad accoglierla.

“Dio! quanto mi piace baciarti!” sospirò Jared, baciandolo ancora.

“La cosa è reciproca!” lo assecondò Jensen, portandogli le braccia al collo per tenerselo più vicino, mentre con movimenti lievi si sistemava meglio sotto il corpo del ragazzo.

Jared sospirò rumorosamente, nascondendo per un attimo la testa tra il cuscino e il collo di Jensen e respirando a pieno l’odore del biondo.

“Che cosa mi hai fatto, Jensen?!” lo sentì sussurrare il diretto interessato che credendo che Jared si riferisse a quello che stavano facendo , si ritrovò a rispondere: “Spero qualcosa di buono, piccolo. Ma posso migliorare se tu…” e a questo punto si aspettava una se pur minima risata da parte del ragazzo.

Cosa che non arrivò. Anzi , un sospirò forse più esasperato lo fece rabbrividire.

“Jared?!” lo richiamò dolcemente.

“Che cosa mi hai fatto?!” ripetè Jared, questa volta guardandolo.

“Io non….” e poi vedendo il modo in cui Jared lo stava fissando, volle sapere davvero a che cosa stava facendo riferimento il giovane, anche se la cosa cominciava a fargli tremare lo stomaco. “Jared a cosa ti riferisci? Cosa….”

“Mi hai sconvolto la vita, Jensen. Ci sei entrato come una leggera pioggia e poi sei diventato un uragano che continua a sconvolgermi. Giorno dopo giorno. E io non ne sono mai stanco, anzi.”

“Jared, io…”

“Non voglio che finisca , Jensen. Non voglio più stare senza di te, senza il tuo uragano che mi sconvolge. Non voglio mai smettere di avere questo…” disse indicando loro, ancora abbracciati. “…e tutto il resto. E voglio che tu voglia la stessa cosa.” fece poi con un tono deciso ma dolce. “Voglio essere il tuo uragano, voglio che diventiamo la tempesta perfetta e voglio trovare pace solo tra le tue braccia e che tu la trovi tra le mie.”

“Oddio…non…non farmi questo… io…” si ritrovò quasi a singhiozzare Jensen, completamente sconvolto e preso di sorpresa da quelle parole. “Non ….non ce la farei di nuovo a ….”

“Ma cosa…cosa …” quasi balbettò Jared, preso di sorpresa dal velato terrore che vedeva improvvisamente dipinto sul volto di Jensen.

“Non farmi anche tu una cosa del genere, ti prego. Non tu!” continuava a dire Jensen, quasi come se quello che aveva accanto a lui, non fosse il ragazzo che gli aveva appena fatto una magnifica dichiarazione d’amore. Fin quando il biondo non si mise una mano sugli occhi come se si vergognasse o si disperasse di quello che stava accadendo.

Jared allora, ora decisamente sorpreso da come Jensen aveva reagito, si tirò su a sedere e si portò dietro anche il compagno ancora agitato.

“Jensen, non mi vuoi?..non vuoi che tra noi…” si azzardò a chiedergli per cercare un senso a quello che stava accadendo.

“Dio!! è così…così..”

“Così, come , Jensen?!”

“Imbarazzante e svilente!” fu la risposta decisamente inaspettata che Jared si ritrovò a sentire.

Poi, quando vide che Jensen evitava ancora il suo sguardo cercando di nascondere il suo colpevole, il giovane, fece un respiro profondo e decise di prendere il controllo della situazione.

“Ok! Ok! Credo che tutti e due abbiamo bisogno di chiarire quello che è appena successo.” fece con tono risoluto. “Io ti ho appena detto che non esiste che io ti lasci, in nessun modo e tu invece mi stai chiedendo di non farti una cosa del genere. Va bene! Spiegami!” fece cercando lo sguardo di Jensen.

Il biondo , capo ancora chinato, sussurrò qualcosa. Forse un nome.

“Ripeti, non ho capito!” lo incoraggiò Jared che si fece più vicino al compagno.

“Misha.” Ripetè Jensen e questa volta i suoi occhi verdi , brillanti di senso di colpa trovarono quelli più chiari e sorpresi di Jared, di fronte a lui.

“Ok! Misha.” gli fece eco Jared senza però mostrare alcun tipo di risentimento. “E puoi dirmi che cosa c’entra lui e quello che ti ha fatto, con noi?”

“Quello che mi ha fatto.” fu la risposta criptica di Jensen.

“Spiegami!”

“Lo sai…te ne ho parlato, del modo in cui è finita tra noi.”

“Sì e con questo?!”

“Lui aveva già deciso di lasciarmi, aveva capito quali erano le mie intenzioni, quello che davvero provavo per lui. Eppure prima di farlo, prima di andare via, non faceva altro che programmare la nostra vita insieme, dicendomi che mi amava, che non sarebbe cambiato nulla tra noi se non migliorato. E poi..e poi..”

“E poi si è comportato da vero stronzo!”

“Già!” convenne quasi sorridendo Jensen e poi tornando serio, guardò Jared. “E ora tu, quello che hai appena detto, il modo in cui lo hai detto, il modo in cui mi stavi …amando…” sussurrò appena imbarazzato, come se si fosse reso conto solo in quel momento che erano ancora a letto, uno di fronte all’altro , nudi o per lo meno, quasi nudi se non fosse per le provvidenziali lenzuola accartocciate attorno ai loro corpi. “E’ stato come un flash. Mi sono sentito di nuovo come in quell’appartamento di Boston mentre lui andava via. In un attimo ho pensato che era finita , anche con te. Che tra qualche giorno o settimana, sarei tornato a casa e avrei visto le tue valigie pronte e tu già sulla porta e io non…non…” ma il resto di quello che stava per dire, rimase intrappolato tra la sua bocca e quella di Jared.

Sì, perché Jared lo stava baciando. Ed era quasi un bacio disperato. Era come se con quel bacio, il giovane, avesse voluto cancellare quei ricordi così dolorosi dalla mente di Jensen e avesse, invece, voluto far restare solo il ricordo di quello che lui gli stava dando e che aveva ancora intenzione di dargli.

Quando Jared si allontanò da Jensen e dalle sue labbra, con una mano gli carezzò piano il viso decisamente sorpreso. Piacevolmente sorpreso.

“Ora ascoltami. Per favore e ti prego di credermi. Puoi farlo? Per me?!” chiede dolcemente.

Jensen annuì guardandolo come se ne fosse ipnotizzato.

Jared prese un respiro profondo.

“Io ti amo.”

“Jared, tu…”

“Aspetta, fammi finire!” lo rimproverò amorevolmente. “Ti amo e sono più che certo che quello che sento per te è davvero amore. Me lo dice la mente e me lo dice il cuore. Non sono Misha, non lo sono mai stato e mai lo sarò. E se la cosa può farti piacere e farti stare più tranquillo io detesto le cose che rimangono solo idee. Io voglio che i miei desideri , al momento giusto, diventino realtà. E tu, Jensen, sei un mio desiderio, quello più bello e prezioso. E voglio una vita con te e voglio che quella vita smetta di essere solo un idea e diventi reale il prima possibile. Naturalmente se anche tu vuo….” e questa volta fu Jared e rimanere a metà frase.

Jensen gli si era praticamente gettato fra le braccia , gettando le proprio intorno al collo del giovane. E lo stava baciando e in quel bacio i due finirono di nuovo distesi sul letto. Jared schiena al materasso, Jensen su di lui e non riusciva a smettere di baciarlo.

“Dillo di nuovo!” iniziò a sussurrare sulle labbra di Jared. “Dillo di nuovo!”

Jared sorrise a quella romantica irruenza. “Voglio una vita con te.”

“No, non questo. Dì ancora che mi ami!”

“Ti amo! Ti amo, Jensen!” rispose il giovane , abbracciandolo per le spalle e con un rapido movimento, capovolse le loro posizioni, imprigionando Jensen sotto di lui. “Ti amo!” disse ancora. Baciandolo ancora.

Jensen sorrise e Jared potè giurare di non aver mai visto quel sorriso sul volto del compagno. Era radioso. Era sincero. Era sereno.

“Jensen…dio!! sei talmente bello quando sorridi così.” si ritrovò a dire Jared, ammaliato.

“Abituati, allora. Perché mi vedrai sorridere spesso così, perché è quello che mi succede quando sono innamorato.” Rispose estasiato Jensen.

“Tu?!”

“Certo, scemo. Certo che ti amo anch’io!” e lo disse sorridendo ancora. Sentendosi al settimo cielo. “Ti amo, Jared. Ti amo!”


 

Qualche sera dopo, i due erano distesi sul loro divano, guardando un film. La trama li aveva colpiti. Jared per un motivo, Jensen per un altro.

Nel finale l’attrice, una splendida e bravissima Julia Roberts, spiegava le sue ragioni. Quelle ragioni che l’avevano spinta ad intraprendere il viaggio sia mistico che fisico, che aveva intrapreso.


Alla fine sono arrivata a credere in una ricerca che io chiamo “La Fisica dell’Anima”, una forza della natura governata da leggi reali quanto la legge di gravità. La regola di questo principio funziona più o meno così:
Se sei abbastanza coraggiosa da lasciarti indietro tutto ciò che ti è familiare e confortevole e che può essere qualunque cosa, dalla tua casa a vecchi rancori, e partire per un viaggio alla ricerca della verità, sia esterna che interna, se sei veramente intenzionata a considerare tutto quello che ti capita durante questo viaggio come un indizio, se accetti tutti quelli che incontri strada facendone degli insegnanti, e se sei preparata soprattutto ad affrontare e perdonare alcune realtà di te stessa veramente scomode, allora la verità non ti sarà preclusa.”


Jared e Jensen sospirarono compiaciuti e rilassati dopo che quelle parole lasciarono spazio alla colonna sonora dei titoli di coda.

Si guardarono, felici, innamorati. Certi di aver trovato la loro “verità” l’uno nel cuore dell’altro, dopo aver intrapreso un viaggio personale che li aveva portati a conoscersi.

Sapevano, dopo essersi scambiati un bacio dolcissimo, che avrebbero vissuto cibandosi dell’amore che provavano l’uno per l’altro. Che avrebbero pregato che quell’amore non avesse mai fine. Che avrebbero amato ogni giorno, ogni istante, l’amore stesso che li aveva uniti in quel modo così profondo.


 

 

Il nostro futuro è lastricato di giorni migliori. Non sto più scappando… tu sei la persona di cui ho bisogno per essere libero…”

(Eddi Vedder, Better Days, colonna sonora di Mangia, prega, ama)


 

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Capitolo 41
*** Gita in barca. ***


“Ehi!” fece , Jared,  appoggiandosi allo stipite della porta botola che dava sul vano motori della barca.
“Ehi, a te!!” esclamò Jensen, voltandosi appena a quel saluto.
“Allora, Capitan Braccio di Ferro, ce la farai a rimettere in acqua questo Titanic?” lo provocò il più giovane. 

I due amici, colleghi, approfittando di un lungo ponte lavorativo, avevano convinto le loro ragazze a seguirli in una gita in  barca. Le due cabine letto, avrebbero permesso alle due coppie di avere la loro privacy.

Jensen si voltò verso l’amico e ripulendosi le mani dal poco grasso che le sporcava, fece qualche passo verso di lui, così da poter prendere la bottiglia di birra che l’altro gli stava porgendo, sorridendo.
“Non offendere la mia barca. Non è il Titanic e non farà la fine del Titanic. Abbiamo solo un paio di candele sporche, vero tesoro?!” fece accarezzando la pompa dell’acqua.
Jared buttò giù un altro sorso e poi, trattenendo una risata, prese in giro, l’amico, provetto marinaio.
“E’ quasi inquietante vederti parlare così con il motore di una barca!”
“Se c’è chi può parlare alle piante, io posso parlare alla mia barca!” replicò piccato, Jensen, rimettendo a posto gli attrezzi che aveva appena usato.
“Ok! Ok!!! non ti scaldare.” fece il giovane, alzando le mani in segno di resa.
Jensen rise a quel gesto. Bevve ancora e poi scrutò appena dietro le spalle dell’amico.
“Dove sono le ragazze?!”
“Scese a terra!” rispose Jared.
“Scese a terra? Come mai?” domandò sorpreso.
Jared si avvicinò un altro po’, guardandosi a destra e a sinistra. Osservando il vano motore. Poi rispose, quasi senza guardare il suo interlocutore.
“Una loro amica di qui, ha saputo che eravamo attraccati al molo e le ha chiamate. A quanto pare c’è una sorta di notte rosa in città e le nostre amorevoli ragazze, hanno preferito accettare l’invito piuttosto che passare una notte in stallo, qui a bordo. Torneranno domani verso le dieci. Ora, in cui, sperano tu abbia fatto la magia.” spiegò con noncuranza.
“Ma davvero?” replicò sorpreso.
“Davvero!!”
Il volto di Jensen, a quel punto, improvvisamente, mutò espressione. Da sorpreso a stuzzicante. Quasi eccitato. “E sai questo cosa significa?!” fece con un tono reso roco da quello che aveva in mente.
Jared sorrise perché aveva già intuito dove l’altro voleva andare a parare, ma decise di stare al gioco.
“Più o meno, ma perché non mi chiarisci tu le idee?!” lo provocò, lasciando su un piano d’appoggio, la sua birra e sfilando dalle mani quella dell’altro.
“Questo significa che abbiamo la notte tutta per noi!” asserì sensuale.
“Davvero?!” sussurrò Jared, deglutendo appena mentre Jensen annuiva malizioso e lo raggiungeva. Ormai meno di un passo tra loro.
Jared non attese oltre e gli poggiò le mani sui fianchi così da poterselo tirare vicino. “Questo sì che mi piace come programma.” disse sorridendo.

Stavano insieme, segretamente, da circa due anni. Ma un’insensata paura di vivere quel loro legame alla luce del sole, li aveva portati ad optare per una relazione segreta , coperta da una relazione più “normale”, con le loro due attuali compagne.
Avevano appena messo su una compagnia di computer che sembrava andare a gonfie vele, e temevano che fare un coming out, in questo momento, avrebbe rischiato di danneggiare quello per cui avevano così tanto lavorato.
Si erano promessi più volte, che presto tutto si sarebbe risolto e loro avrebbero avuto la loro vita. Insieme. Ma non avevano messo in conto di affezionarsi alle due ragazze. E l’ultima volta che erano riusciti a stare insieme, da soli, avevano fatto il punto della situazione e avevano deciso che alla prima occasione avrebbero chiarito con le compagne. Anche se stavano insieme da poco, non meritavano una simile menzogna.

Ora, nel segreto di quella barca, Jared si stringeva a Jensen. E Jensen passava le braccia intorno alla vita del compagno.
“E io sarò lieto di mostrarti ogni passo del mio di programma!!”
“Che hai in mente!?” sibilò ansioso per l’aspettativa, il più giovane.
Jensen, sorrise. Con quel suo sorriso impertinente che Jared tanto amava. Anzi forse , si era innamorato prima di quel sorriso e poi del suo padrone!!!
Il biondo si strusciò appena contro il corpo dell’altro. Giusto per stuzzicarlo un po’!
“Io...tu...sesso...” iniziò ad elencare con fare seducente, baciando il compagno sul profilo del collo. “Un paio di birre...una pizza...di nuovo sesso...” baciandolo ancora, risalendo lungo il mento, dove vi lasciò anche un leggero morso. “Un bagno in notturna..ancora sesso...” arrivando finalmente alle labbra, schiuse dai leggeri gemiti,di Jared.
“In acqua?!” fece il più giovane, sorridendo comunque all’idea di quell’incontro “marino”!
“Se lo fanno i delfini e gli altri abitanti del mare, possiamo farlo anche noi!” asserì convinto, il biondo, attirandolo verso il suo viso, con la chiara intenzione di baciarlo come ormai non faceva da giorni.
“Noi non siamo abitanti del mare!” ritraendosi appena, ma solo per stuzzicare il compagno.
“Non importa!! ci daremo da fare lo stesso!” recuperando lo spazio tra loro.
“Mi piace questo programma!!” fece Jared, risalendo con le mani, lungo la schiena ben delineata e muscolosa del compagno stretto a lui.
“Sapevo che ti sarebbe piaciuto. Anche perché sono giorni che non metto le mani su quel tuo bel cu….”
“Ehi!! non rovinare il momento!!” lo fermò Jared e subito dopo, baciandolo con passione. Rubandogli quel bacio che stava, da minuti, cercando di dargli Jensen.
Fu inebriante baciarsi di nuovo, senza il timore di essere sorpresi da qualcuno. In quei giorni di navigazione, avevano potuto farlo solo in piena notte, di rado, sfruttando la momentanea assenza delle ragazze, intente o ad abbronzarsi o a fare qualche bracciata tranquilla. Ma erano comunque baci veloci, fugaci. Rubati, letteralmente.
Ora,invece,erano liberi di appartenersi di nuovo.
Jared, preso e perso in quel bacio, in quello scambio di sapori ritrovati che erano i sapori di Jensen; esaltato dalla sensazione della lingua di Jensen che carezzevole si appropriava di nuovo della sua compagna, spinse il compagno verso un ripiano in legno appena dietro la schiena del biondo.
Lo bloccò tra quel piano e il suo corpo e la reazione dei loro corpi non si fece attendere. Un gemito eccitato risuonò nella piccola stanza.
Jared infilò una gamba tra quelle di Jensen e fece una leggera pressione. Jensen si inarcò alla piacevole sensazione che quel movimento gli arrecò, solleticandolo lungo tutta la spina dorsale. E gemette tra i denti quando Jared rinsaldò la sua stretta e si mosse ancora contro di lui, con chiare intenzioni.
“Quando...quando devo aspettare...perchè tu...ti dia una mossa?!” lo provocò Jensen.
Il viso di Jared si accese di desiderio puro e incontenibile. Si staccò dal corpo del compagno e lo guardò quasi volesse mangiarlo.
“Non ho nessuna intenzione di..bruciare...tutto con una…. sveltina qui dentro!” rispose e con un movimento deciso ma non rude, afferrò il compagno per il polso e se lo tirò letteralmente dietro, intento a raggiungere la prima cabina letto che avrebbe trovato lungo il corridoio.
Aprì la cabina che era quella di Jensen e vi spinse dentro il legittimo proprietario. Si avvicinò a lui e poggiandogli le mani sul petto muscoloso, lo spinse con gentile vigore sul letto che Jensen aveva alle spalle.
Il biondo vi cadde sopra. Si ritrovò seduto sul materasso e con i gomiti poggiati ai lati dei fianchi, così che potesse stare sollevato e vedere cosa faceva il più giovane. Sorrise malizioso e con una piacevole ansia per quello che aspettava , o meglio desiderava, accadesse da giorni.
Così poggiò un piede sul bordo del letto e fece per tirarsi su e raggiungere il centro del materasso, quando Jared lo fermò.
“No!!” disse deciso, quasi con un tono famelico. “Non muoverti. Resta così. Per me!!” e Jensen si ritrovò a deglutire al tono usato dal compagno. Ma obbedì e rilassò di nuovo la gamba verso il basso.
Jared con movenze lente, quasi feline, poggiò le mani sulle ginocchia del biondo e divaricandole sensualmente, vi si inginocchiò al centro.
“Ja...Jared...” balbettò Jensen, che sentiva già il respiro affannarsi.
“Ssshhh!” sibilò Jared che spostò le mani verso la cinta dei jeans dell’altro, liberò il bottone d’acciaio dalla propria asola, accarezzando il profilo dell’intimità già prominente a causa dell’eccitazione, accompagnò verso il basso prima la cerniera e poi con un gesto deciso, afferrò i jeans e li abbassò completamente, sfilandoli insieme all’intimo.
“Cazzo!!!” si ritrovò ad esclamare Jensen, sorpreso dalla virile iniziativa del compagno. Istintivamente, i gomiti cedettero e il biondo si ritrovò a cadere verso il morbido materasso. Un attimo dopo, un forte calore e una docile pressione lo fecero inarcare senza che se ne rendesse conto.
Alzò di poco la testa e questo bastò per fargli vedere la visione più erotica che potesse sperare: la bocca di Jared meravigliosamente impegnata su di lui. Che lo saggiava, lo gustava, lo inalava, lo ingoiava con una lentezza quasi snervante.
Sembrava come se Jared si stesse prendendo tutto il tempo del mondo per farlo impazzire in quel modo così lascivo.
“Per l’amore di Dio…..Jared….io...io….” ansimò, aggrappandosi nervosamente alle lenzuola di cotone.
Jared, abbandonò soddisfatto quel suo agire, e sollevando lo sguardo impertinente, sebbene accaldato, verso quello affaticato del compagno, sorrise.
“Cosa..Jensen?...non era questo quello che volevi?!” lo provocò malizioso.
“Sì...sì...sì...” gemette ancora, cercando di ritornare almeno un po’ lucido, Jensen. “Ma non….non così!!”
“ohw!!! mea culpa!” lo prese in giro Jared, tirandosi su e , a cavalcioni, si poneva all’altezza del suo amante. “Forse tu ti aspettavi prima una cena , fiori e cioccolatini. Che maleducato sono stato. E io che pensavo….” ma non fece in tempo a finire quella sua presa in giro , che Jensen, lo afferrò per le spalle, e con un gesto agile e veloce, capovolse le loro posizioni.
Una risata cristallina, esplose sonora, nella cabina e subito dopo venne messa a tacere da un bacio altrettanto rumoroso, fatto di schiocchi e mugolii soddisfatti.
“Wow!!!” fece Jared quando Jensen lo lasciò di nuovo respirare.
“Già!!” convenne, il biondo e poi osservandolo: “Ma tu sei ancora troppo vestito!” fece alludendo al fatto che lui era solo in maglietta e nudo dalla vita in giù, mentre Jared indossava ancora i suoi bermuda e la polo.
“Potresti rimediare...che ne dici??!” lo incoraggiò il più giovane.
“Con piacere!” e un attimo dopo, Jensen era preso a sfilare di dosso al suo splendido compagno , quei pochi indumenti che ancora aveva addosso. E finendo di spogliare anche sé stesso.
Oramai nudi, i due amanti, si lasciarono andare alla passione, dell’amore più travolgente. Le gambe intrecciate alla perfezione, i muscoli tesi quasi fino allo spasmo, i corpi che si inarcavano affinché i bacini collidessero uno contro l’altro in un ritmo eroticamente incessante. Le mani che si cercavano in carezze, prese sensuali, tocchi intimi. Le dita sinuose che oltrepassavano caldi valichi. Le loro voci che si rincorrevano, i loro gemiti che li incitavano a continuare ad alimentare quel fuoco così inebriante. Il calore di quella passione, il ritmo di quel loro fare l’amore, la voglia di continuare, il desiderio impellente e quasi doloroso di oltrepassare il limite e conquistare l’acme del piacere più intenso.
E quando questo avvenne, il respiro si fermò in gola. Le bocche aperta in un grido silenzioso. Gli occhi si incatenarono in uno sguardo di puro e semplice amore che ormai di lussuria non aveva più niente.
Le labbra lentamente si avvicinarono, richiedendosi a vicenda, portandosi pace e respiro.
E poi il silenzio della soddisfazione, fisica e non.
E poi ancora, una risata piena e fragorosa quando Jensen se ne uscì con un: “Ok!! e adesso pizza e birra e poi il secondo round!!”

Nel frattempo, in una stanza di motel, in città….
Le due “amorevoli ragazze”, placidamente sdraiate in un letto, tra lenzuola che ne coprivano appena la nudità, respiravano ancora a fatica, piacevolmente affannate e soddisfatte del loro incontro amoroso.
“Quando credi lo capiranno, quei due testoni, che è ora di mettere fine a questa situazione? So, che non sanno di noi e so che ignorano che sappiamo di loro. Ma onestamente….” fece la rossa. Compagna di Jensen.
“Lo so! Comincia ad essere paradossale come situazione!!” convenne  la brunetta, compagna di Jared.
“Già!”
“Diamogli questa notte e noi prendiamoci questa notte. Domani affronteremo il discorso e vedrai che torneremo a casa molto più felici di quando siamo partiti. Sia noi, che loro!!!”

Sulla barca, i due ragazzi,dopo una pizza e un paio di birre, placidamente sdraiati in un letto, tra lenzuola che ne coprivano appena la nudità, respiravano ancora a fatica, piacevolmente affannati e soddisfatti dal secondo round.
Fu Jared , questa volta a parlare, interrompendo il silenzio fatto solo di respiri appena appena di nuovo regolari.
“Jensen...”
“Mmmh!?” mugugnò Jensen mentre vedeva il compagno mettersi su un fianco così da poterlo guardare meglio.
“Parlerò con lei domani, quando tornerà a bordo e vorrei che tu parlassi con...” asserì con decisione Jared.
Jensen lo fissò, ma non c’era astio o risentimento sul suo volto.
“Jared ne sei sicuro?” chiese comprensivo.
“Mai stato più sicuro di qualcosa.” rispose il più giovane. E poi facendo un respiro profondo, spiegò le ragioni di quella decisione, che ormai non poteva più attendere di essere presa. “Ti amo e non ce la faccio più a vivere così. Ti voglio solo per me. E mi sembra di impazzire quando so che tu e lei...”
“Jared lo sai che io e lei non...” ma Jared lo fermò e riprese a parlare.
“Lo so , lo so. Ma non puoi negare che sia accaduto.” cercò forse di giustificare quella loro situazione assurda. E rafforzandola , perfino: “Come non posso negarlo io!”
“...” e a quella consapevolezza, Jensen, si ritrovò a deglutire, un segreta e furiosa gelosia.
Jared lo percepì comunque, poiché era il suo stesso sentimento.
“Ma per quanto siano poche...non sopporto che siano altre mani quelle che ti toccano o che sia un’altra bocca quella che ti bacia. Non ce la faccio più. Ti prego...per favore..io..io...” e a quel punto la sua voce sembrò incrinarsi per l’emozione.
Jensen gli si fece vicino, mettendosi nella sua stessa posizione,su un fianco. Gli carezzò il viso appena teso a causa di quel discorso e provò a rasserenarlo.
“Ok! Ok!!!...se è quello che vuoi, se ne sei sicuro, io sarò al tuo fianco, al 100 per 100.” gli fece e diede forza. E poi sorridendogli dolcemente: “Confesso che anche io non riuscivo a pensare a niente quando sapevo che avresti passato la notte tra le sue braccia. Quindi...basta così: tu sei mio. Io sono tuo. E niente altro conta!”

Jared sorrise radioso a quella confessione o forse a quel giuramento di appartenenza. Si sporse verso il compagno e richiese dolcemente le sue labbra.
Fu un bacio dolcissimo, pacato. Sereno. Tanto privo di frenesia quanto colmo d’amore.
Poche ore ancora e nessun segreto avrebbe più fatto ombra su quel loro amore che ora, come la barca appena riparata da Jensen, era pronto a salpare verso la più bella delle avventure: una vita insieme.

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Capitolo 42
*** Il vero premio ***


IL VERO PREMIO

Jared se ne stava ancora beatamente sdraiato nel letto della sua stanza d’albergo. Il primo impegno era nel pomeriggio e quindi aveva deciso di godersi, il più possibile, una pigra mattinata dopo aver passato un’entusiasmante nottata.

La comunicazione di aver vinto ai Teen Choice Awards lo aveva , sì, entusiasmato perché era l’ennesima conferma che i fan lo amavano e che non c’era motivo di dare attenzione ai soliti haters che cercavano, di tanto in tanto, di screditare il loro lavoro, il loro show , lui o la sua amicizia con Misha. O peggio la sua relazione sentimentale.

Ma , quella stessa comunicazione , al tempo stesso lo aveva intimorito perché si era ritrovato a pensare che forse, dopo quella che sarebbe stata l‘ultima stagione di Supernatural, difficilmente avrebbe avuto la fortuna di riavere quella stessa magia che quello show era riuscito a creare. E questa idea, quando lo raggiungeva, di tanto in tanto, lo mandava in crisi.

Perso in quel pensiero, si ritrovò a stringere forte la mano che teneva nascosta sotto il cuscino. Era a pancia sotto e quella posizione gli permise di abbracciarsi a quello stesso cuscino, quasi a voler resettare tutto e passare a lui quello che gli stava passando per la testa.
 

Fu in quel momento che il materasso si mosse appena e un caldo peso lo schiacciò dolcemente contro le lenzuola.

Un aroma inebriante e inconfondibile.

Un tocco gentile ma deciso allo stesso tempo.

Un respiro immediatamente sincrono al suo.

E poi quella voce.

Quella stessa voce che lo accompagnava durante l’80% delle sue giornate; che gli mancava quando non la sentiva; che lo calmava; che lo rallegrava.

Il suo corpo e la sua mente reagirono quasi per istinto. Per abitudine.

Si rilassarono immediatamente.


 

...Ti amerò, baby, per sempre.

Ci sarò per sempre e un giorno, sempre.

Ci sarò fin quando le stelle smetteranno di brillare.

Finchè i cieli non bruceranno....

E so che quando morirò sarai nella mia mente.

E ti amerò. Sempre….”
 

“Bon Jovi?!” fece sorridendo quando Jensen, dopo quel suo personale buongiorno, non gli baciò delicatamente il collo.

“Ehi!! Bon Jovi spacca. Quando occorre!!” rispose il biondo, facendo sua quella che fu una famosa battuta del suo ben noto personaggio telefilmico.

“Già!!” convenne, sistemandosi meglio sotto il corpo del compagno. Ritrovandosi, pochi momenti dopo, a grugnire di disappunto quando sentì Jensen, scivolargli al fianco e riprendendo quello che era il suo lato del letto.

Jared si voltò meglio , così da mettersi su un fianco e stare di fronte a Jensen.

“A che stai pensando, Jay?!” chiese Jensen dopo averlo guardato appena. Lo conosceva talmente bene che gli bastava poco per capire che lo sguardo che aveva Jared non era solo lo sguardo di uno che si era appena svegliato.

“A niente!” provò a rassicurarlo perché se Jensen conosceva lui, lui conosceva Jensen e sapeva che il biondo sopportava tutto e tutti, ma non riusciva a sopportare di vederlo turbato o preoccupato. Specie se capiva che era qualcosa che potevano affrontare in due.
 

Era cominciato così fra loro. Con una semplice frase: “Possiamo affrontare tutto se stiamo insieme.” e da allora era quello che avevano fatto.

Lo show: insieme. La consapevolezza nell’accettare il fatto che quell’amicizia era diventata qualcosa di molto molto più grande: insieme. Dirsi “Ti amo”: insieme. L’amore, anche quello fisico: insieme. Il dichiararsi al mondo: insieme.

 

“Sai che non puoi mentire. Non con me!” lo riprese docilmente Jensen.

“Lo so!” ammise Jared, sporgendosi verso il compagno e solo con gesto accennato , richiese un bacio.

Bacio che arrivò, lento, dolce, caldo, profondo. Appagante.

“Allora? A che stavi pensando?” insistette dolcemente dopo essersi costretto a smettere di baciare Jared.

“A noi. A te. Alla notte scorsa!” provò con più decisione Jared.

Jensen arricciò ammiccante, le labbra, ripensando anche lui a quelle ore notturne in cui si erano amati a volte con passione , a volte con estrema dolcezza.

“Potrei dartela buona, ma….non mi convinci!!” e detto questo, gli passò delicatamente la mano lungo il profilo del viso e Jared se ne beò completamente. “Vediamo se indovino, ok?”

“Mmmhh!” convenne il più giovane posando la sua mano sul fianco nudo del compagno. Appena sopra la cinta dei jeans che Jensen indossava.

“La tua testolina sta rimuginando su quel premio e su un mistico significato che ti sta facendo arrovellare il cervello!” ironizzò, sapendo comunque di aver colto nel segno.

Jared sbuffò, scoperto.

“Dio!! odio il modo in cui mi conosci!” confessò nascondendo il viso contro il torace dell’altro.

“Davvero?!” scherzò Jensen, ridendo appena.

“No. Lo adoro!” rivelò baciando quel piccolo lembo di pelle che aveva a portata di labbra. “Mi fa sentire protetto.” disse ancora.

“Lo sai che se per Dean, la missione è proteggere Sam, la mia, è proteggere te!” ammise Jensen senza nemmeno pensarci.

Jared alzò lo sguardo verso il compagno. Completa adorazione. Da parte di entrambi.

“Jensen..” sussurrò.

“Io ti amo, Jared. Lo sai che ti amo , tanto.”

“Sì, Jensen. Lo so e tu sai che io ti amo nello stesso modo.”

“E allora sai che voglio condividere con te tutto. L’amore , la serenità e , come adesso, anche quei pensieri che riescono a turbarti.” lo incoraggiò a confidarsi. “Quindi...dimmi come posso aiutarti.”

“Supernatural sta per finire!” iniziò con il dire, Jared.

“Ok. Va’ avanti!”

“Tu hai questo progetto musicale che è partito alla grande. Io quello del reboot di Walker e che sembra cosa fatta. Misha, si è lanciato nell’editoria culinaria.” continuò.

“E cosa c’è di tutto questo che ti turba?!” domandò, per farlo confidare completamente. “Sembrano tutte belle cose!”

“E lo sono. Lo sono. Ma….”

“Ma?!”

“Ma Supernatural ci teneva insieme e..” e in quel momento , Jensen, capì tutto. E senza che il compagno andasse avanti, lo abbracciò forte.

“Quel premio non una pietra tombale, Jay.” gli disse Jensen. “Non è la fine di tutto. È solo la conferma di tutto il lavoro che abbiamo...che hai fatto!!” fece con convinzione. “Una volta che lo show sarà finito, sarà solo lo show a finire.”

“Jensen, ma….”

“La follia di Misha non ci lascerà mai. Il nostro legame con lui non finirà, solo perché avremo strade diverse!” disse ancora.

“Sono quelle strade diverse che mi spaventano!!” ammise poi, abbassando lo sguardo.

Jensen gli mise una mano sotto il mento e lo costrinse a guardarlo di nuovo. Si sporse, lo baciò piano, dolcemente, lentamente.

“Potremo non lavorare più insieme come lo stiamo facendo adesso, ma ti giuro sulla mia vita...”

“Jensen non giurare!” sembrò quasi supplicarlo Jared.

Jensen scosse il capo e divenne ancora più serio. “Ti giuro sulla mia vita...” ripetè con più convinzione: “...che non ti lascerò mai. Che ti amerò per sempre. Che non importa se per un po’ faremo lavori diversi, ma ti assicuro che questo...” fece indicando loro due vicini: “...che noi, non cambierà mai.” e poi con una dolcezza che per un secondo fermò il cuore di Jared: “Non smetterò mai di amarti.”

“Neanch’io, Jensen. Non smetterò mai, non potrei!” rispose abbracciandosi di nuovo a lui.

“Va’ meglio?!” gli chiese Jensen, mentre le sue mani gli carezzavano piano e sinuosamente la schiena.

“Sì.”

“Ok. Ok!!” convenne soddisfatto, Jensen.

“Jensen!” lo richiamò, il giovane.

“Sì?!”

“Sei tu!” disse solo.

Jensen lo fissò un attimo interdetto per quell’affermazione. “Sono io, cosa?!”

“ Il vero premio. Il premio più bello che questa vita potesse darmi!” e sorrise quando vide Jensen arrossire per quel complimento così inaspettato.

Poi sorrise di più, quando negli occhi del compagno vide incendiarsi una scintilla che sapeva riconoscere molto bene. “Jensen?!”

“Sai che i premi bisogna meritarseli!” convenne il biondo, ammiccando maliziosamente, mentre tirava giù il lenzuolo che copriva parte del corpo di Jared.

“Pensavo che stanotte potesse bastare per...” ma Jensen lo fermò, iniziando a sovrastarlo, mentre Jared lo lasciava fare, ben lieto.

“Diciamo che stanotte è valsa come nomination. Ora, vediamo come va la vera premiazione!!” asserì sensuale mentre si appropriava delle labbra di Jared e quando gli permise di respirare di nuovo, gli fece l’occhiolino e sbottonandosi, con una mano, i jeans, tirandoli appena verso il basso: “And the winner is?”

Bastò poco perché i due amanti si ritrovassero avvinghiati nella più dolce delle passioni. Jensen sovrastava il corpo del compagno , muovendosi su di lui, dentro di lui, con movimenti lenti , sensuali, decisi e godeva di ogni gemito di piacere che rubava dalle labbra di Jared.

Il più giovane, perso nel piacere che il compagno gli stava donando, si beava di tutte le sensazioni profonde ed eccitanti che il loro fare l’amore gli donava ogni volta. E sempre in una maniera magnificamente diversa.

Ma questa volta c’era qualcosa che non andava. Aveva gli occhi chiusi, come a voler sopportare quei meravigliosi brividi, quando all’improvviso si rese conto di non sentire più Jensen muoversi. Respirò e aprì gli occhi e si ritrovò lo sguardo lucido di lussuria del biondo che lo fissava come se lo stesse memorizzando centimetro per centimetro.

“Jensen...cosa...” ansimò, perdendosi in quel verde brillante che lo fissava come fosse in venerazione.

Jensen non rispose, non subito. Si tirò su piano, senza perdere quel legame intimo che li teneva uniti, e si mise seduto sui talloni. Con una mano carezzava un fianco di Jared, con l’altra prese ad accarezzargli il torace, poi l’addome, poi il ventre e poi risalendo di nuovo , fermò la mano giusto sul punto in cui sentì il cuore di Jared battere furiosamente.

“Jensen!!” lo richiamò dolcemente Jared, vedendo il compagno quasi perso in quei gesti che stava compiendo.

“Dio!! ...sei così bello. Quando mi ami...quando ti fai amare….tu..tu sei così...”

“Jens, ti prego!” sussurrò Jared, sentendosi arrossire più di quanto non si sentisse già accaldato dato il momento.

Jensen sorrise. Gli sorrise.

“Lo vedi?” fece accarezzandogli dolcemente il profilo e riprendendo a muoversi lentamente. “Anche questo...anche questo ti rende bellissimo.”

Jared a quel punto, non resistette più. Con un colpo deciso di reni si issò fino a ritrovarsi seduto in grembo a Jensen. Si sollevò appena, aggrappandosi alle sue spalle, per dare modo al compagno di distendere le gambe e permettere così , ad entrambi una posizione più comoda.

Jensen lo fece. Distese le gambe e aiutò Jared a distendere le proprie fin quando non si ritrovò con quelle gambe chilometriche avvinghiate ai suoi fianchi.

Dio!, come erano vicini adesso. Entrambi gemettero per la profondità del loro essere uniti. Talmente uniti che il solo dondolarsi l’uno verso l’altro , scatenava dentro di loro un immenso piacere. Jared si spingeva verso il basso, Jensen si inarcava verso l’altro. Una danza sensuale, ritmica , calda, eccitante.

E poi il piacere , quello più forte. Più sconvolgente. Più assordante. Quello che li lasciò fermi, uno contro l’altro. Abbracciati. Ansimanti. Appagati. Immensamente felici.

“Ti amo!” gli respirò sulle labbra Jared, un attimo prima di baciarlo.

“E io amo te.” rispose Jensen. “Per sempre!”


 

N.d.A.: Ciao a tutti. Tempo fa , quando Jensen vinse ai TCA, scrissi una shot “And the winner is...”.

Quest’anno è stata la volta di Jared e non potevo esimermi. Spero che vi sia piaciuta quella su Jensen , spero vi piaccia questa su Jared.

PS: per chi non l’avesse riconosciuta, la canzone che Jensen canticchia a Jared è Always, dei Bon Jovi perché…...Bon Jovi, rocks!! On occasion!!


 

:))))


 

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