Reebok blu

di mattmary15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 2: *** Londra - settembre 2013 ***
Capitolo 3: *** Muse, alieni e sogni infranti ***



Capitolo 1
*** Incontri e scontri ***


Disclaimer: I fatti narrati sono di mia pura invenzione e anche se mi piacerebbe da morire conoscere Matt e Dom, questi fatti non me li hanno mai raccontati loro!


LONDRA DICEMBRE 2010

La stanza sembrava il luogo di un attentato. La semioscurità tentava di nascondere il disastro che regnava al suo interno.
I cuscini del divano rosso erano finiti tutti sul pavimento, la colonnina dei cd giaceva ormai in terra rovesciata, gli involucri di plastica schiacciati e scheggiati. La tenda della finestra socchiusa era per metà staccata dai ganci del soffitto. Bottiglie di liquore vuote ovunque facevano bella mostra di se stesse come amanti abbandonate nei loro letti all’alba. Due delle quattro sedie del tavolo erano rovesciate, la terza era stata usata per fracassare lo specchio a parete in fondo alla camera. I vetri erano schizzati fino alla porta di ingresso. Non era stata risparmiata neppure la Manson che si era contorta in uno spasmo innaturale ai piedi della parete piena di foto strappate che ritraevano la band durante il concerto di Wembley spezzandosi in due.
Dom se ne stava immobile vicino allo stipite della porta incerto sul da farsi. Fissava il centro della camera come si guarda il cuore di un tornado sapendo che la devastazione intorno ha tutta origine li.
Li se ne stava il suo migliore amico. Accasciato per terra, testa fra le mani. Immobile dopo aver devastato ogni cosa in quella camera, immobile.
Entrare nella stanza e manifestare la propria presenza poteva significare riaccendere la rabbia tremenda che aveva distrutto ogni apparente normalità di quella camera.
Fece un passo e immediatamente una mano con il palmo aperto verso di lui gli intimò di fermarsi.
“Matt..”
Nessuna risposta. Solo quella mano.
“Matt. Ti prego non fare così. Ho fatto una cazzata! Lo so! Ma, ti prego, non fare così. Ti abbiamo cercato ovunque ieri sera. Chris è andato fuori di testa. Io sapevo che eri qui. Lo sapevo, ma volevo lasciarti un po’ di tempo. Pensavo mi avresti chiamato, cercato, anche solo per fare a pugni. Poi ho capito che avresti fatto a pugni solo con te stesso e sono corso qui. Lasciami entrare.”
Matt sembrava avesse passato la notte a girare e rigirare il video di Hysteria. Dom si sentì tremendamente in colpa e riprese a camminare verso di lui. La chioma di capelli neri si mosse e Dom si morse il labbro inferiore con forza.
Gli occhi blu di Matt erano gonfi e rossi. Il viso pallido e teso sembrava davvero uno di quelli degli alieni che il ragazzo tanto amava.
“Dom perché mi hai fatto questo?”
Il batterista si lasciò cadere sul pavimento di fronte a lui.
“Matt mi dispiace. Davvero. Potrei dire che non so come sia successo ma la verità è che è scattato qualcosa dentro di me ieri pomeriggio quando me la sono ritrovata fuori dalla porta dell’appartamento. Ovviamente cercava te. Era tremendamente agitata, sembrava ferita, arrabbiata, non so. Piangeva e all’improvviso, a vederla così, ho pensato che era talmente indifesa, fragile che poteva spezzarsi da un momento all’altro se non l’avessi presa tra le braccia! Quello che è successo dopo è stato uno sbaglio. Avevate litigato, ultimamente litigate spesso e quasi sempre perché tu la allontani, io… mi dispiace. Non volevo ferirti. E’ che io, io, le voglio bene.”
Gli occhi di Matt tornarono a guardare il pavimento.
Dom pensò che aveva sbagliato a parlare in quel modo. Avrebbe dovuto dire al suo migliore amico che, trovarlo a letto a scoparsi la sua ragazza era stato un odioso incidente dovuto all’alcool e all’erba. Avrebbe dovuto dirgli che forse doveva picchiarlo, trattarlo una merda, trovarsi una nuova ragazza e perdonarlo.
Invece se n’era uscito con la storia che Matt l’aveva allontanata e che lui le voleva bene! Idiota al cubo!
“Matt..”
Improvvisamente la sua voce. Roca per il pianto.
“Dom, non ce la faccio. Continuo a vederti mentre ti spingi dentro di lei. La sento gemere. E’ andato tutto a puttane. Io non ce la faccio.”
Dom sentì il sangue gelare nelle vene. Cosa non riusciva a fare? Dimenticare? Perdonare? Suonare con lui? Essergli amico? Vivere? Che cosa aveva fatto? Chiuse gli occhi e abbassò la testa facendola aderire alla fronte dell’amico. Rimasero così per quasi un’ora nella quale Dom pensò a come diavolo uscire da quella situazione e soprattutto a come ci era finito.

LOS ANGELES LUGLIO 2010

Matt aveva perso il senso del tempo. Gli succedeva sempre in aeroporto e anche quella volta non aveva fatto eccezione. In particolar modo accadeva quando Dom si allontanava per andare a comprare qualcosa, una bottiglietta d’acqua magari o un giornale. Improvvisamente si sentiva smarrito e il tempo si dilatava. Non avrebbe saputo dire se aspettava da dieci minuti o da due ore, quando la vide. Doveva essere un po’ spaesata. Cercava forse il tabellone dei voli. Aveva un bagaglio a mano. Verde. I capelli raccolti con un elastico. Biondi. Gli occhi coperti da un paio di occhialoni. Non sapeva di quale colore. Gli occhi, perché le lenti erano nere. Era bella e snella nelle sue reebok blu con la bandierina del regno unito sul lato. Si impose di non fissarla ma continuò a cercarla con lo sguardo fino a che non chiamarono il volo per Londra. Allora sentì una mano sul braccio e Dom lo trascinò all’imbarco. Pensò uno di quei suoi pensieri catastrofici. Pensò che non l’avrebbe rivista mai più. Si sentì stranamente triste. Ultimamente si sentiva come fuori di sé o forse di nuovo il Bellamy di un tempo. Quello che non era libero di fare niente. Un tempo non aveva soldi, ora era la fama ad impedirgli di fare anche le cose più banali. Come offrire il proprio aiuto ad una ragazza carina e sperduta in un aeroporto. Dom si accorse che qualcosa non andava e lo scosse.
“Cosa c’è che non va?”
“Nhh”
“Davvero?”
“Ahah”
Dom rimase a fissarlo. Sapeva che quando Matthew faceva così, c’era qualcosa che lo infastidiva. Gli tirò un pizzico.
“ Ahia”
“Così impari a dire cazzate. Cosa c’è?”
Matt guardò il pavimento lucido e fece spallucce.
“C’era questa ragazza con i capelli raccolti e un paio di occhiali neri e aveva bisogno di qualcosa. Io avrei voluto avvicinarmi. Poi ho pensato che mi avrebbero riconosciuto e sarebbe scoppiato un casino. Così sono rimasto fermo.”
“Quando?”
“Poco fa.”
“Hai fatto bene. Era carina?”
“Aveva un paio di reebok blu che mi piacevano.”
“Quindi sei giù per le scarpe?”
Chiese Dom per farlo sorridere mentre passavano davanti alla fila d’imbarco con il loro biglietto prioritario.
Matt rise e scosse il capo.
“Sono giù perché era bella e c’era qualcosa nel suo modo di fare che mi ha ricordato te.”
Dom lo fissò e mosse leggermente la testa di lato con fare interrogativo.
“Ecco vedi? Mi riferisco a questo! Alla tua stramberia!”
Dom stava per colpirlo con la rivista quando la loro attenzione fu attirata da una discussione scoppiata nella fila. Un ragazzo alto e robusto se la stava prendendo con una signora con un bambino in braccio. Il bambino gli aveva sporcato la maglietta agitando un gelato.
“Ehi! Ma che modi sono? E’ solo un bambino e la signora ha chiesto scusa. Non siamo troppo nervosetti per essere in vacanza?”
Il ragazzo si girò verso chi l’aveva rimproverato e reagì con uno spintone. La ragazza finì fuori dalla fila. I capelli raccolti si sciolsero mentre un paio di stewart l’aiutavano a rialzarsi. Lei puntò i piedi. Un paio di piedini dentro delle reebok blu.
Matt sorrise alla sua personale musa portafortuna e si avvicinò alla hostess.
“Mi farebbe la cortesia di far viaggiare quella signorina in prima classe? Non vorrei che fosse ancora importunata. Metta la differenza sul mio biglietto.”
“Mi spiace non si può fare signor?”
“Bellamy. Matthew Bellamy e sono certo che si può fare!”
La hostess annuì arrossendo e fece salire Matt e Dom sull’aereo.


LONDRA SETTEMBRE 2010

Dom non aveva veramente capito cosa Matt avesse visto in Allyson Park quel giorno in aeroporto.
Come al solito aveva seguito un’intuizione. Che si era rivelata vincente. Tanto per cambiare.
Ally era un fotografo. Ed era una matta. Sapeva essere tanto scrupolosa nel proprio lavoro quanto devastante nel tempo libero. Matt l’aveva trovata subito attraente ma, in quel periodo stava ancora cercando di far funzionare le cose con Gaia e la frequentava solo in quanto le aveva affidato l’incarico di realizzare le foto del visual book dell’ultimo album.
In quel periodo Dom l’aveva conosciuta meglio. Spesso Ally, padre londinese e madre di Dublino, si univa a Tom e gli altri. Dom stanco di fare da incomodo a Matt, Gaia, Chris e Kelly, li raggiungeva nei vari locali in cui passavano le interminabili serate.
Scoprì, in questo modo, che Ally suonava la chitarra, cantava niente male, ballava da dio e beveva come una spugna. Scoprì che adorava i bambini, i cani, le borse di Michael Kors e le canzoni dei Muse. Apprese col tempo anche tutta una serie di inezie come la sua passione per le patatine, che aveva un sacco di nei sulla schiena, che odiava i tatuaggi e che tra gli alcoolici preferiva il rum. Col tempo si rese conto che il suo colore preferito era il blu, faceva una collezione di ciondoli e che si stava innamorando di lei. Ultima inezia: Ally era totalmente, irrimediabilmente, dolorosamente innamorata di Matt.
Glielo aveva confessato una sera mentre tentava di riportarla a casa completamente ubriaca. Aveva urlato cercando di stare in piedi.
“Dom tu ami Matt? Perché non dovresti? Tutti lo amano. Io però lo amo più di tutti!”
Non che Dom si fosse fatto alcuna illusione. Sapeva che era solo una questione di tempo. Quando li vedeva gomito a gomito a guardare gli scatti e scegliere quelli più adatti, vedeva chiaramente un’intesa che Matt non aveva mai mostrato di avere con nessun’altra donna. Si ricordò di quando Matt gli aveva detto che Ally era simile a lui. Forse Matthew credeva veramente che non sarebbe mai successo nulla fra loro e che sarebbe rimasto per sempre con Gaia, ma lui sapeva che il momento sarebbe arrivato prima o poi.
E il poi arrivò prima del previsto. Gaia era arrivata a Londra con l’idea di fare una sorpresa a Matt e invece la sorpresa l’aveva ricevuta lei quando li aveva trovati avvinghiati e nudi sullo sgabello del Kawai nello studio di registrazione. Matt l’aveva affrontata e le aveva detto che per nulla al mondo sarebbe tornato indietro.
Già… il poi era arrivato, come un temporale settembrino prima che si possa capire che l’estate è finita, prima che lui potesse cancellare dal proprio cuore quella sensazione che aveva provato la prima volta che aveva pensato di amarla.

DICEMBRE 2010

Dom era rimasto nel loro appartamento.
Chris e Kelly lo avevano invitato per una cenetta in stile natalizio. Anche se mancavano ancora diversi giorni al Natale a casa Wolstenholme si girava già tutti vestiti di rosso. I bambini di Chris sembravano i piccoli aiutanti di Babbo Natale delle favole Disney.
“Passo per stasera” aveva detto al telefono.
Non lo faceva per noia. Si divertiva sempre in quella casa. Lo faceva per Matt.
Da qualche giorno arrivava sempre intorno alle 10 completamente ubriaco. Si lamentava del fatto che Ally fosse opprimente, che non lo comprendesse più, che però non poteva lasciarla perché l’amava più di stesso, perché lei era l’unica a fargli vibrare l’anima, a fargli sentire voglia di comporre nuova musica, a farlo sentire vivo, a farlo morire a letto. Con nessuna stava bene come con lei ma il punto era sempre lo stesso. Aveva paura di legarsi troppo ad una persona. Dom lo sapeva. Lo capiva. Sapeva che occorreva essere maltratti ogni tanto per restare così vicini a lui. Lui lo sapeva, ma Ally?
Erano le 10.15 quando il campanello suonò. Fuori il temporale imperava. Di nuovo il campanello.
“Eccomi Matt. Portarti le chiavi no?” disse aprendo.
Ciò che vide lo spiazzò.
Ally in piedi, completamente zuppa, senza cappotto. Tremava.
“Cazzo Ally ma che è successo?”
Il torace della ragazza si alzava e abbassava velocemente. Troppo.
“Ally… stai… bene?”
Nessuna risposta.
“Ally, vieni dentro”
Finalmente due parole.
“Matt c’è?” Dom scosse il capo “Non so dove sia. Mi ha lasciata in un bar dopo che abbiamo litigato ed è andato via dicendo che se ne andava a fanculo e che non mi sopporta più. Io lo amo ma guarda come sono ridotta” disse tremando e guardandosi i piedi “non sono più io”.
Dom la vide scoppiare a piangere e non poté non pensare che quelle belle reebok blu si erano rovinate sotto la pioggia esattamente come lei si era ridotta uno straccio a stare con Matt.
L’amore l’aveva consumata in pochi mesi.
Ally fu percorsa da uno spasmo e barcollò.
“Ally! Ma porc!” Dom la strinse e all’inizio pensò che quel nodo alla bocca dello stomaco fosse uno strano senso di compassione.
“Ally… tesoro…”
“Non è nulla Dom. Da qualche giorno non sto molto bene. La tensione o forse questo maledetto virus che prende lo stomaco. Mi viene da vomitare” disse correndo verso il bagno.
Dom la seguì.
“Ti apro l’acqua calda. Spogliati e fai una doccia. Ti sentirai meglio. Ti prendo un pigiama di Matt.”
Al solo sentire quel nome scoppiò di nuovo a piangere.
“Mi odia…”
“Non ti odia.”
“Non mi vuole più…”
“Non è così”
“E’ perché sono diventata una brutta persona, vero Dommeh?”
A sentire pronunciare il suo nome in quel modo Dom si avvicinò e la strinse di nuovo. Capì. Capì che Matt non aveva il diritto di ridurre le persone in quel modo. Renderle tanto dipendenti da lui e poi trattarle come se fossero date di tourneé da cancellare.
Ally singhiozzò tra le sue braccia.
“Ally tu sei una persona splendida. Sei una donna fantastica e non devi permettere a nessuno tantomeno a Matt di farti sentire sbagliata. C’è chi farebbe carte false per avere anche una sola delle tante chance che tu hai dato a quella testa di cazzo!”
Le parole di Dom scossero la ragazza che si calmò un poco. Dom le sollevò il capo e la costrinse a guardarla negli occhi.
“Sei così bella. Sei così matta” disse ridendo “sei una forza della natura, un genietto, hai delle qualità che è raro trovare nella stessa persona per cui ora smetti di piangere, fai questa doccia e dopo vieni di la per un tea.”
Ally lo strinse per non lasciarlo andare. I suoi occhi imploravano un’altra dose di sicurezza e affetto. O forse no? Brillavano. Dom ne fu confuso. Si avvicinò al suo viso seguendo una sensazione. Il bacio fu una conseguenza naturale. Le labbra umide di lacrime e pioggia di lei si unirono a quelle secche per la paura di lui. Appena le loro lingue si incrociarono Dom perse ogni controllo e l’esitazione svanì. Cominciò a toglierle gli abiti bagnati di dosso e a baciarla ovunque. Di rimando lei gli sfilò la maglietta e prese ad armeggiare con la cintura.
Dom non aveva la pazienza di aspettare. Aveva aspettato troppo a lungo. La sollevò e la portò nella sua camera da letto incurante che desse proprio di fronte a quella dove Ally e Matt facevano l’amore ogni fottutissima notte. Ebbe cura di infilarla sotto le coperte mentre i capelli bagnati di Ally inumidivano il cuscino e si sistemò sopra di lei.
Quando Ally allargò le gambe per dargli libero accesso al suo corpo e gli strinse entrambe le mani dietro la nuca, Dom scivolò dentro di lei con una semplicità che non aveva mai sperimentato nonostante le decine di ragazze che si era fatto. Cominciò subito a spingere perché quel rapporto nasceva da mille preliminari che non aveva mai potuto sperimentare con lei ma che aveva immaginato sentendo i suoi gemiti a letto con Matt. Prese ad ansimare a voce alta udendo i gemiti di lei e arrivò rimanendole sopra a fissarla mentre si mordeva il dorso di una mano per soffocare il piacere.
Solo allora sentì una strana sensazione di inquietudine pervadergli il corpo. Si sollevò un poco e girò la testa verso la porta.
In piedi, la testa contro lo stipite, una figura se ne stava nella penombra. Fu Ally a dire il suo nome.
“Matt…”
Come se sentire pronunciare il suo nome lo avesse risvegliato, Matt lasciò cadere le chiavi di casa e corse via.
“Dom che abbiamo fatto? Dobbiamo parlargli!” disse Ally cercando la sua biancheria sotto le lenzuola.
“No. Vado io. Ci devo parlare io. Tu stai tranquilla” disse fingendo una calma che non aveva “andrà tutto a posto.”
Si alzò e si diresse verso il bagno pensando che non poteva mostrare ad Ally quale terrore lo avesse pervaso al pensiero che gli era balenato in testa. Matt poteva sopportare un tradimento. Lo aveva già fatto. Ma due? Chiuse gli occhi e li riaprì guardandosi nello specchio.
“Devo chiamare Chris.”

LONDRA DICEMBRE 2010

Passò un’ora prima che Matt si scuotesse. Come niente fosse si appoggiò a Dom e si alzò. Raggiunse i resti dello specchio che restituì mille pezzi di Matt. I cocci di una persona ferita.
“Dom”
“Dimmi”
“Ascoltami, ecco cosa faremo.”
Dom sentì che stava per impartire degli ordini e pensò che ne aveva tutto il diritto anche se ebbe paura.
“Io non la voglio più vedere. Posso accettare di perdonare te. Sì, ti posso perdonare davvero. Con tutto il mio cuore. Ma lei no. Lei deve sparire. Sei disposto a non vederla più?”
Dom sentì il proprio cuore perdere un battito. Le aveva detto che sarebbe andato tutto bene. Ripensò alle parole che gli aveva detto Chris al telefono dopo aver cercato Matt per tutta la notte in ogni bar di Camden.
“Hai fatto una cazzata. Spera che ti voglia ancora parlare e se lo fa, tu stai zitto Dom perché se vorrà il tuo sangue io glielo darò! Matt riesce a malapena a costruire relazioni e tu che fai? Gli porti via in un colpo solo sia la sua donna che il suo migliore amico? Dubito che dopo stasera i Muse esisteranno ancora!”
Dom chiuse gli occhi e pianse.
“Si Matt. Non la vedremo più. Io troverò il modo di cancellare quello che è successo stanotte perché tu sei la persona più importante per me.”
“Allora andiamo via insieme a Nizza per qualche giorno. Ho bisogno di non pensare a niente. Vuoi?” disse voltandosi e mostrando l’espressione più dolorosa che Dom avesse mai visto. Annuì.
Il giorno dopo erano a Nizza. Per quanto ne seppe Dom, fu Tom a dire ad Ally che tra lei e Matt era tutto finito e che doveva andare via dal loro appartamento.
Quando tornarono a Londra Matt aveva già trovato una nuova casa. Dom passò a prendere alcune cose nel vecchio appartamento. Il letto della sua camera era stato rifatto e di Ally non c’era più alcuna traccia, neppure una foto, non si erano salvate neanche le calamite che lei amava attaccare al frigo.
Fu tentato di fare il suo numero ma aveva fatto una promessa al suo migliore amico così diede un’ ultima occhiata e si richiuse la porta alle spalle.
Quando restituì le chiavi al portinaio si sentì in colpa come un ladro che scappa. Non era andato tutto bene, ma aveva sbagliato e tutti sanno che quando sbagli, paghi. Tutte le dannate volte.

 

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Capitolo 2
*** Londra - settembre 2013 ***


LONDRA SETTEMBRE 2013

La tourneé era finita. Almeno la parte più difficile. Restava il Sud America ma in quel posto li adoravano anche se suonavano solo Starlight strafatti e senza accordare gli strumenti.
Scese dal taxi e guardò l’orologio: 20.30.
Aveva giusto il tempo di una doccia e poi doveva raggiungere gli altri per una cena con pochi amici.
Così almeno aveva detto Matt. Sapeva però che da quando viveva con Kate, i pochi amici di Matt erano almeno una cinquantina di persone appartenenti al jet set.
Si strinse nel cappottino color cammello. Il tempo di settembre di Londra era già gelido. Le nuvole minacciavano pioggia.
Si tirò dietro il trolley per qualche metro. Era stanco. Non aveva voglia di vedere gente estranea. Ebbe improvvisamente malinconia dei tempi in cui Matt stava con Gaia. A lui non era mai andata a genio, tuttavia il Matt che stava con Gaia era adorabile. Impulsivo, creativo, sciatto se vogliamo anche tormentato, ma vivo. Da quando aveva scelto Kate, Matt era cambiato. Sembrava finto. Normale. Kate lo adorava. Lui lo detestava. Ne aveva parlato anche con Chris che aveva chiuso la conversazione con poche parole lapidarie.
“Stai dicendo che lo preferivi infelice? Howard tu sei strambo!”
Già. Strambo. A Matt piaceva la stramberia di Dominic. Forse non era più così? Poteva aver deciso che quella dote improvvisamente lo infastidiva? Il tempo passava per tutti, pensava Dom, forse era lui a dover finalmente accettare un’inversione alla normalità.
Si bloccò.
Su un lato della porta di ingresso del suo appartamento se ne stava una figura minuta in un giacchetto di jeans. I capelli biondi erano raccolti in una coda. Il collo bianco e sottile fasciato da una sciarpa azzurra.
Inizialmente la sensazione di deja-vu gli portò alla memoria una giornata di freddo inverno. Forse una vigilia di Natale? No. Il Natale non c’entrava proprio nulla.
Ai piedi portava un vecchio paio di scarpe da ginnastica. Un paio di reebok blu.
La valigia gli cadde di lato e fece un passo indietro non appena la figura avanzò qualche passo nella sua direzione.
Quando li separava un metro lei parlò e la sua voce fece una nuvoletta di fumo nell’aria.
“Ciao Dom.”
Era un fantasma. Il fantasma della suo peccato mortale che era apparso dal suo personalissimo inferno per tormentarlo non appena aveva pensato male della relazione tra Matt e Kate.
“Ally…”
“Allora ti ricordi ancora di me!”
Dom avrebbe voluto dirle che mai avrebbe potuto dimenticare il suo viso, i suoi occhi così simili a quelli blu di Matt, alla sensazione di vergogna che lo assaliva ogni volta che ricordava la sera che aveva fatto l’amore con lei.
“Sì.”
“Immaginavo che non ti avrebbe fatto piacere rivedermi, ma non pensavo avresti fatto una faccia così tremenda!” disse lei strofinandosi le mani che sembravano congelate nonostante non facesse poi tanto freddo.
“Dio Ally, è che fra tutta la gente che potevo immaginare di trovare sotto casa, tu sei davvero l’ultima persona a cui avrei pensato!” rispose tutto d’un fiato.
Era vero, non necessariamente un pensiero cattivo, ma vero nella sua crudezza.
Ally scosse le spalle.
“Ho bisogno di parlarti Dom. E’ una cosa importante…”
“Come hai trovato il mio appartamento?” provò a cambiare discorso il batterista.
Ally sorrise e Dom osservò i suoi lineamenti. Era bella. Sembrava stanca e più magra di come la ricordava. Era triste? Sembrava che Lucifero avesse deciso di divertirsi con lui e l’avesse rispedito indietro di tre anni!
“Me l’ha trovato un amico. Dom ti prego…”
“Ally, devi andartene.”
La freddezza con cui gli uscirono le parole fece male allo stesso Dom.
“E’ davvero una cosa importante Dom. Dopo quello che è successo non mi sarei presa la briga di farmi ferire ancora se non lo fosse.”
Dom prese le chiavi di casa dal cappottino e la superò trascinandosi dietro la valigia.
“Noi due non abbiamo niente di cui parlare. Mi dispiace. Addio Ally.”
La porta si chiuse dietro le sue spalle e Dom sentì la testa girare.
Ally abbassò il capo e guardò per terra.
Le sue belle reebok blu erano davvero malridotte. Come lo era lei. Avvertì un forte dolore al petto ma non si mosse. Avrebbe accettato di subire qualunque umiliazione, avrebbe preso tutti i colpi che c’erano da prendere.
“E’ troppo importante Dom e tu mi ascolterai” disse immaginando che potesse sentirla e incamminandosi verso casa.

Dom tremava sotto il getto bollente della doccia.
Perché all’improvviso Ally si era materializzata sotto casa sua? Dopo tre anni poi! Tre anni in cui non aveva mai provato a contattarlo né di persona né per telefono o mail. Certo, lui non era facile da trovare. Il successo lo aveva reso “invisibile” ai più, ma lei l’aveva comunque scovato. Perché ora? Qual era la cosa “davvero importante” di cui voleva parlargli?
Il suono del cellulare ovattato dal fruscio dell’acqua corrente lo fece uscire di corsa dalla doccia.
Il display diceva “BELLS”.
“Ehy Matt!” disse fingendo un’aria tra l’allegro e il seccato “Sono praticamente sotto la doccia. Che vuoi?”
“Dirti di non fare tardi. Stasera Kate ha invitato una tipa che, a quanto pare, stravede per te! Mettiti su qualcosa di carino e soprattutto di facile da togliere!” aggiunse ridendo. Sembrava felice.
“Farò un po’ tardi…” provò a dire Dom.
“Non ci provare Dom!”
“A fare che?”
“A bidonarmi stasera! C’è un sacco di gente figa!”
“Meno male che dovevamo essere in pochi stretti.”
“Da quando sei diventato così noioso?”
“Ma fammi il piacere Bells! Pensi che quei manichini di L.A. con cui te la fai ultimamente siano lo sballo migliore che c’è?”
“Dom non faccio questioni con te stasera. Vino e cucina italiani! Datti una mossa. Ti voglio qui al mio fianco. E poi Kate ci tiene!” concluse chiudendo la conversazione.
“Kate ci tiene un cazzo!” disse ad alta voce “Meno vi sto intorno più lei è contenta! Quella mi detesta!”
Ad ogni modo non sapeva deludere Matt così prese un paio di jeans neri, una maglia rossa con degli stampi scuri e una giacca grigio fumo e si “diede una mossa”.
Quando arrivo all’enorme casa di Matt a Primrose Hill, le stanze erano già illuminate e diverse auto riempivano il vialetto.
Chris era già li con Kelly che lo abbracciò calorosamente. In confronto al suo saluto, quello di Kate sembrò il benvenuto della Strega di Narnia ai principi umani.
Dom si guardò intorno. Erano tutti volti noti. Non ricordava il nome di nessuno di loro ma sapeva che erano tutti famosi. Non riusciva a credere che Matt trovasse piacevole circondarsi di gente che conosceva da meno di due settimane.
“Sei tra noi Dom?” chiese Kate che non perdeva occasione per far notare a Matt che il comportamento del suo migliore amico fosse quanto meno imbarazzante.
Matthew lo guardò con la sua aria tra il serio e il divertito.
“Va tutto bene amico? Hai la faccia di uno che sta per essere torturato.”
Dom avrebbe voluto rispondergli che era esattamente così che si sentiva.
“Sono stanco.  E credo di avere preso l’influenza.”
Matt si fece cupo in volto e gli si avvicinò.
“Era per questo che non volevi venire? Stai male?”
Dom annuì.
“Vieni di sopra con me ti prendo un’aspirina.”
Dom lo seguì volentieri.
Quando furono soli in bagno Matthew chiuse la porta.
“Dom stai davvero male o c’è qualcos’altro che non va?”
Per un istante Dom pensò di dire solo “Ho visto Ally stasera. Te la ricordi? La donna per cui hai mandato a puttane la tua storia da romanzo con Gaia e che hai trovato a letto con me solo pochi mesi dopo. Quella che per cui abbiamo rischiato di rovinare persino la nostra amicizia!”
“Ho l’influenza e francamente sono un po’ deluso perché avrei preferito stare a casa a guardare ‘L’impero colpisce ancora’ sul divano con te, Chris, Kelly e i bambini. Tom ci avrebbe chiamato una pizza e mi sarei addormentato con te che fai l’imitazione di Darth Fenner!”
Matt rise di gusto e gli andò vicino abbracciandolo.
La sua voce improvvisamente si fece triste.
“Lo so. Kate è stata sola per mesi e ha messo su questa casa dal niente. Si è occupata di Bing ventiquattro ore al giorno. Ci teneva. Domani sera sono da te e ti preparo il tea alla cannella, ci vediamo tre o quattro episodi di Battlestar Galactica e ti canto la ninna nanna!” concluse “Puoi scegliere la canzone!”
Dom odiava quel telefilm e storse il naso.
“Sostituisci Battlestar con Star Trek e ci sto. Ora dammi quell’asprina!”
Concluse tirandogli una gomitata.
La serata passò meno peggio del previsto. La tipa che Kate gli aveva presentato era noiosa ma Chris rimediò facendole sedere accanto Kelly. Un paio di minuti sul tema figli e la tipa scomparve.
“Funziona sempre!” disse lei divertita.
A fine serata Dom salutò il suo migliore amico e decise di tornare in macchina con Chris dato che aveva alzato il gomito come sempre.
In macchina tutto il buon umore della serata passò e gli prese la sbornia triste.
“Chris sono un pezzo di merda!” disse piagnucolando e lo ripeté fino a casa.
Il bassista si dotò di pazienza infinita e se lo caricò in spalla per portarlo dentro casa.
“Ora Dom vai a letto e dormi bene”
“Chris sono…”
“Un pezzo di merda… si l’ho capito. Dom sei solo ubriaco.”
“Sono una brutta persona!”
“Sei la persona migliore che conosca!”
“Ho visto Ally…”
A quelle parole Chris lo prese per le spalle.
“Cosa hai fatto tu?”
“Ally mi è venuta a cercare e io non l’ho fatta neppure parlare. L’ho cacciata! Sono un pezzo di merda e lei, lei sembrava distrutta, bellissima ma distrutta! Sono un pezzo di merda!”
“No Dom, non lo sei. Hai fatto bene. Lei non fa più parte della tua vita. Pensa che ripresentarsi dopo tanto tempo come se niente fosse, comporti che tu la debba ascoltare? Se Matt lo sapesse ci resterebbe troppo male. Hai fatto bene.”
“Ma era una cosa importante!”
“Dopo tre anni? Senti Dom, Dio solo sa se io ho il diritto di accusare qualcuno! Ma lei non ha fatto bene né a Matt né tantomeno a te. Quella donna porta solo problemi. Meglio così. Ti sei chiesto se magari è nei guai? Potrebbe avere bisogno di soldi! Stalle alla larga mi raccomando!”
Dom annuì e si buttò tra le coperte. Quando sentì la porta chiudersi si alzò e andò alla finestra.
Le parole di Chris risuonarono nella sua mente.
“Magari è nei guai! Magari ha bisogno di soldi!”
Se Ally fosse stata davvero nei guai e lui ce l’avesse lasciata ancora una volta, non se lo sarebbe davvero perdonato. Ad ogni modo l’aveva mandata via. Almeno Matt, nella sua mega villa, avrebbe dormito sonni tranquilli.

L’indomani mattina Matt fece suonare il telefono di Dom alle 10.
“Non starai ancora dormendo?”
“Non più adesso!”
“Vestiti e vieni a correre con me! Qui c’è un parco meraviglioso!”
“Matt tu non sei mai andato a correre in vita tua!”
“C’è sempre una prima volta! E poi a te non è sempre piaciuto?”
“Sì ma non di sabato mattina! Il massimo sforzo che farò sarà quello di uscire per una mega colazione a base di cornetto crema e amarena!”
“Dom ti odio! Un’ora e sono da te!”
Dom sorrise mettendosi a sedere sul letto. Mai dire a Bells che mentre lui fa qualcos’altro, qualcuno mangia! Si vestì in fretta intenzionato a passare dal mercatino delle pulci prima di raggiungere Matthew al loro locale preferito a Kensigton.
Afferrò le chiavi di casa e aprì la porta.
Fu così che quasi la travolse.
Ally era di nuovo sotto casa sua. Stessi abiti della sera prima. Alla luce del sole il suo viso era davvero pallido.
“Ally cosa ci fai di nuovo qui?” disse dissimulando sicurezza “Ieri non sono stato abbastanza chiaro?”
“Oh si che sei stato chiaro brutto coglione, ma forse non mi hai ascoltata bene ieri sera! Ti devo dire una cosa e tu mi ascolterai o giuro su Dio che ti pianto un cazzo di casino grande quanto la tua bella casa! Me lo devi Howard!”
Pallida, magra, stanca, infelice ma era davvero sempre Ally.
“Ok” disse sconfitto “vieni dentro.”
La ragazza scosse il capo.
“No. Sali in macchina devo farti vedere una cosa.”
“Ok ma fra un’ora devo essere a Kensigton altrimenti ne parliamo un’altra volta”
“Mi bastano venti minuti”
Dom salì in macchina cercando di mantenere un’aria seccata e distaccata. Ally si allontanò dal centro e raggiunse la zona di Manor House.
Parcheggiò in una traversa e gli fece cenno di seguirla.
“Ti trovo bene Dom. Dico davvero. Io invece ho un paio di problemi…”
Dom si fermò.
“Ally se hai bisogno di soldi…”
La ragazza si bloccò e lo fulminò con lo sguardo.
“Mettiamo subito le cose in chiaro. Non voglio un centesimo da te! Non è per questo che ti ho portato qui. Voglio farti vedere una cosa e basta.”
Riprese a camminare e lo guidò dentro Finsbury Park.
Si fermarono ai margini di un campetto lontano da occhi indiscreti. Nel campo c’erano dei bambini di un asilo nido che giocavano con palloni, formine e sabbia.
“Non so da dove cominciare Dom”
“Comincia e basta”
“Lo vedi quel bambino laggiù?” disse indicando un bimbo che incespicava continuamente inseguendo una palla. Dom annuì.
“E’ mio figlio.”
Dom deglutì.
“Ha due anni. Ha solo me. Voglio che tu mi prometta che se fra qualche anno dovesse avere bisogno di qualcosa, tu ci sarai.”
Dom guardò il bambino, poi Ally che guardava il bambino, poi di nuovo il bambino.
“Cosa stai cercando di dirmi Ally? Che qual bambino è mio figlio?”
“No!” esclamò la ragazza.
“No Dom non è tuo figlio o no Dom sto cercando di dirti che è tuo figlio ma non so come fare?”
“Sto cercando dirti che non so se è tuo figlio Dom, ma che se dovessi scegliere qualcuno a cui lasciare il compito di pensare a lui, io sceglierei te.”
Lo disse con una calma disarmante.
“E perché dovrei prendermi la responsabilità di un bambino che non so se sia mia figlio Ally? Perché tre anni fa ti ho fatto un torto?”
Ally si sentì mancare.
Lo disse tutto d’un fiato Dom, pensando che non avrebbe potuto pronunciare un’altra parola. Distacco, doveva dissimulare indifferenza. Se quel bambino non era suo, allora era di Matt? Guardò di nuovo il bambino.
“Come si chiama?”
“James.”
“Perfetto!” esclamò con un accenno di isteria “ Come James Bellamy o come James Howard?”
Ally lo guardò fisso negli occhi.
“Non lo so.” Disse lei con gli occhi lucidi “Credimi…”
“Che cosa dovrei fare ora Ally? Dirti che sono felice? Dirti che ne parlerò a Matt?”
Un lampo di terrore attraversò lo sguardo della ragazza.
“No. Matthew non lo deve sapere.”
“Perché? Potrebbe essere lui suo padre!”
“Lo odierebbe come ha odiato me. Ti impedirebbe di vederlo, di prendertene cura, così come ti ha impedito di continuare a vedere me.”
Dom abbassò lo sguardo per la vergogna. Sapeva perfettamente che aveva ragione anche se lui non aveva lottato. Aveva vigliaccamente lasciato decidere Matt. Il tono di Ally si fece più dolce.
“Dom c’è un motivo se ti ho cercato dopo tre anni. Se fosse dipeso da me Jamie sarebbe rimasto per sempre mio figlio e basta” si fermò, prese un respiro e continuò “ma è successa una cosa, di cui preferirei non parlare adesso. Ovviamente sei libero di mandarmi al diavolo, io non ti cercherò più” concluse.
Dom rimase di stucco.
“Stai dicendo che se ti dicessi che non voglio avere niente a che fare con questa storia, tu non ti faresti più vedere?”
Ally si voltò e prese la strada per uscire dal parco.
“Andiamocene Dom o non arriverai in tempo al tuo appuntamento.”
Il batterista capì che parlava sul serio. Non l’avrebbe più rivista. Non ne avrebbe saputo più niente. Si girò di nuovo a guardare il bambino e lui si mise a correre verso di loro. Gli passò davanti senza guardarlo e raggiunse la donna.
“Mamma!”
“Jamie, che fai qui? Torna dalla maestra!”
Il bambino scosse la testa imbronciato e Dom lo osservò con attenzione. Aveva i capelli castano chiaro, quasi biondi come quelli della madre e un paio di zaffiri al posto degli occhi. La carnagione era chiara e nonostante non fosse molto alto sembrava più grande della sua età. Tirò su col naso un paio di volte.
“Jamie fila subito dai tuoi amichetti. Mamma deve andare a lavorare. Vengo a prenderti più tardi. Ora saluta l’amico di mamma e vai.”
Il bambino alzò la testa per fissare Dom e rimase fermo con la testa piegata di lato per un paio di secondi. Poi sollevò una manina e si grattò il naso.
Dom non poté fare a meno di pensare che conosceva solo una persona che faceva quel gesto in quell’identico modo.
“Ciao!” disse a voce alta e si mise a correre nella direzione dalla quale era venuto.
Dom lo seguì un po’ con lo sguardo e poi tornò a fissare Ally.
“Ok Ally, facciamo a modo tuo. Aspetterò che tu mi dica che cosa sta succedendo. Fino ad allora però non venire sotto casa mia. Questo è il mio numero” disse tirando fuori un bigliettino dalla tasca dei jeans “chiamami se hai bisogno di me. Stasera, domani, fra un mese. Io ci sarò. Ma a Matt…”
“Matthew non deve saperne niente. Questo me lo devi promettere Dom. E stavolta niente scherzi!”
Dom la fissò come se con lo sguardo volesse cavarle i segreti che custodiva in quella cassa toracica così piccola. Rispose con decisione.
“Che tu ci creda o no, non è mai passato giorno che io non abbia pensato a quanto sia stato meschino a non tornare da te quella sera. Sono successe molte cose da quel giorno e quel bambino ne è la riprova. Non dirò nulla a Matthew ma tu dovrai fare una cosa per me.”
Ally portò il peso del proprio corpo da una gamba all’altra e lo invitò a chiedere.
“Voglio vedere Jamie in settimana. Diciamo mercoledì. Dove vuoi tu.”
“Ad una condizione.”
“Dimmi.”
“Jamie è mio figlio. E resterà tale. Niente test del DNA Dom. Né ora né mai. Diversamente le nostre strade si dividono qui.”
Dom guardò l’orologio.
“Ok. Ma ora dammi uno strappo dalle parti di Kensigton.”

La macchina di Ally si fermò in una traversa della strada principale. Per tutto il tragitto erano rimasti in silenzio. Dom scese dall’auto e lei lo salutò con un cenno del capo.
“A mercoledì Ally.”
“A mercoledì Dom.”
L’auto ripartì e lui si affrettò ad entrare nella sala da tea.
Matt era già al tavolo con tre fette di torta a circondare la tazza fumante. Le guardava come si guarda un problema di matematica di cui non si riesce proprio a calcolare la soluzione.
“Comincia da quella alla frutta o non ti resterà spazio se mangi prima quella al cioccolato!” disse Dom divertito. Matt lo guardò come se fosse stato illuminato e inforcò un pezzo di crostata ai mirtilli.
“Sei un ritardo!” disse a bocca piena.La cameriera si affrettò a prendere la sua ordinazione.
“Tea alla vaniglia e una brioche crema e amarena.” Praticamente il solito.
Matt divorava la torta ma lo guardava come aspettasse risposte.
“Ho fatto tardi al mercatino delle pulci.”
“E non hai comprato niente?”
“Niente. Lo sai che quando sono di fretta poi non compro nulla!” Da quando si era alzato non stava dicendo che bugie.
“Senti Dom, lo so che da qualche tempo mi trovi odioso ma non devi dirmi bugie!” La cameriera gli servì il tea e per poco non se lo fece versare addosso.
“Che cazzo dici?”
“Dico che ultimamente mi stai raccontando un sacco di palle. Io però so la verità!” disse con il suo solito ghigno malefico. Come faceva Matt a sapere la verità se neanche lui aveva capito che diavolo stava succedendo dalla sera prima?
“A te non piace Kate!” A Dom scappò una risata isterica. A questo si riferiva l’imbecille!
“Ne abbiamo già parlato Matt. Non deve piacere a me!”
“Tu sei il mio migliore amico! Ti ‘deve’ piacere!”
“Non è andata molto bene con l’ultima che mi è piaciuta!” lo disse d’istinto e se ne pentì immediatamente. Matt si rabbuiò e smise di torturare a torta al cioccolato con la forchetta. Dom gli posò una mano su un braccio.
“Scusa è stata una battutaccia! Kate è favolosa! La mia è solo invidia per il suo guardaroba strafico!” cercò di cambiare espressione. Di tutta risposta Matt si grattò il naso con una mano e lo guardò.
“Dom sto cercando di dirti che non voglio che questa situazione ci allontani. Tu mi sei indispensabile!” Ogni volta che il cantante parlava così Dom sentiva un calore nel cuore che lo bruciava.
Mai in vita sua si era sentito importante come quando Matt gli diceva che gli voleva bene. Eppure quella stessa mattina, nel parco di Finsbury, guardando quel marmocchio, per la prima volta aveva sentito qualcosa in grado di generare lo stesso calore.
“Matt, perché hai deciso di avere un figlio?” Matt scoppiò a ridere.
“Che cazzo di domanda è?”
“Dico sul serio. E’ stata Kate a volere un figlio o lo desideravi tu?”
“Dom non mi piace questo discorso. Non lo so, non ci ho mai pensato. E’ successo tutto insieme. Io e lei, il disco, l’arrivo del bambino. Siamo stati trascinati dagli eventi. E’ la vita.”
“Si ma a te piace?”
“Diciamo che, al momento, non dividerei questa torta al cioccolato neppure con quel marmocchio adorabile!” disse ridendo e trangugiando il dolce. Dom abbassò la testa e sorrise. Matt pensò che lo aveva fatto finalmente ridere.
Dom, invece, ritornò alle parole di Ally circa il fatto che se avesse potuto scegliere il padre di James avrebbe scelto lui. Furba la tipa! Finirono la colazione quasi all’ora di pranzo.
“Facciamo un saldo da Harrods!" disse Matt all’improvviso mentre camminavano con i cappelli in testa e gli occhiali da sole enormi.
“Ok” rispose Dom.
I magazzini erano sempre belli. Decorati all’inverosimile e pieni di merce all’ultima moda.
“Andiamo al reparto videogiochi così stasera mega partita alla ps!”
Vedere Matt allegro e spensierato era bello. Forse aveva ragione Chris. Era immerso in questi pensieri quando finì davanti al reparto giocattoli. La sua attenzione fu attratta da una batteria  in miniatura esposta nel settore dedicato alla musica.
Matt lo sorprese alle spalle.
“Scommetto che stai pensando ad un regalo per Buster!” Dom trasalì.
“Se gli regali una batteria, Kelly ti ammazza! Lo sai che Buster non è tranquillo come suo padre! Aspetta aspetta… è per questo che mi hai fatto quella cazzo di domanda prima!” Dom annuì con un’altra bugia.
“Comunque la prendo” disse “piacerà anche a Chris!”
Alla cassa Dom pagò uno sproposito la batteria e Matt si informò su quante persone potevano giocare quel Lost Planet rimanendo deluso che non ci si potesse giocare in sei!
Fuori dal grande magazzino Matt chiese a Dom se voleva andare da lui ma l’amico gli rispose che voleva tornarsene a casa.
“Ricordati quello che ti ho detto prima Dom. Tu sei sempre in cima alla lista perciò non fare scherzi e parla con me. Capito?” lo abbracciò e si infilò nel taxi.
Dom continuò a camminare a piedi ancora un po’ poi si fermò e fece il numero di un suo amico.
“Mark? Sono Dominic. Sì sto bene. Avrei bisogno di un piacere. Lavori ancora nella polizia di Londra? Bene. Mi rintracceresti una persona? Sì, una donna. Ho perso il suo numero. Il nome? Allyson Park. Mark è una cosa riservata. Mi mandi un sms? Ok grazie!”
Dom chiuse la telefonata e fece cenno ad un taxi di fermarsi.
“Dove?” chiese il tassista.
“Notthing Hill”
Il display dell’I-phone si illuminò.
“227 Hallow Road -  Manor House” disse ad alta voce.
“Mi scusi?” chiese il tassista che non aveva capito dove dovesse andare.
“Mi porti al 227 di Hallow Road nel distretto di Manor Haouse.”
Il taxi si perse nel traffico.

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Capitolo 3
*** Muse, alieni e sogni infranti ***


Muse, alieni e sogni infranti.

Matt cercava di farsi dire le cose come stavano.
Era seduto e determinato.
Non si sarebbe alzato da lì neppure con le cannonate.
La stanza era immersa nel silenzio.
Alzare la voce o usare la forza non sarebbe stato d’aiuto.
Da quando era rientrato si era chiuso lì dentro e aveva escluso il resto del mondo.
“Avanti parla!” disse e allungò una mano.
Sotto una leggera pressione cominciò a sussurrare strane cose. Idee che non gli passavano per la mente da tanto tempo.
E Matt ascoltò. Si fidava di lui, soprattutto quando erano soli. I pensieri, dapprima sussurrati, montarono in una melodia struggente e il pianoforte gli disse esattamente le cose che voleva sapere.
Venne fuori una musica che sapeva di Chopin e che aveva l’espressione triste di Dom della sera prima. Riflettersi negli occhi del suo migliore amico e non provare piacere in quello che si vede è angosciante.
La musica si fece più triste. Fuori era giorno, dentro notte fonda.
Sapeva.
Sapeva che Dom aveva ragione.
Chi erano tutte quelle persone che da un po’ di tempo gli giravano per casa?
Amici.
Amici di chi? Non suoi. Questo era certo.
Amici di Kate.
Kate chi?
Sorrise e la musica si fece una sorta di prelude.
Già chi era Kate?
Interlude.
Un intermezzo. Che bella musica. Un pensiero felice. No. Non felice, leggero.
Che portava a cosa?
Nocturne.
La melodia non era triste ma Matt la trovò soffocante. Come se il piano stesse cercando di liberare tutte le corde e sciogliere qualcosa che era rimasto custodito all’interno di esso per un’eternità.
‘Perché hai deciso di avere un figlio Matt?’
Serenade.
La melodia divenne una sorta di ninna nanna.
Perché pensava a questo ora? Improvvisamente non fu più solo. Dal piano si era liberato una sorta di spirito. Forse un’ombra. Era lì affianco a lui a carezzargli gentilmente le mani che scorrevano lungo i tasti bianchi e neri. La sua Musa. Da quanto tempo non veniva a trovarlo? Le sorrise senza guardarla. Sentiva il suo tepore e la sua luce diffondersi nella stanza.
“Dimmi avanti, cosa c’è nella mia musica che non ti piace?”
La Musa sedette accanto a lui e quella sensazione gli riportò alla mente un ricordo carico di piacere.
Si sentì gli occhi pungere.
“Perché mi fai questo? Perché torni da me così?” disse a voce bassa cercando di richiamare l’immagine della madre che lo ascoltava suonare il piano. Neanche lei poteva battere in dolcezza il ricordo che aveva richiamato involontariamente.
Le lacrime rigavano il suo viso mentre la musica diventava meravigliosa.
Raccontava di un appartamento immerso nel silenzio e di un letto disfatto dove l’unico suono è quello di una voce di donna che canta Dreamcatcher tra risolini e solletico. Il ragazzo a dorso nudo se la stringe come se volesse farla diventare parte di se stesso. Lei sfugge, canticchia, solleva un cuscino e glielo lancia, poi si riavvicina e gli si siede a cavalcioni addosso prendendogli il viso fra le mani. Lo bacia con lentezza e dolcezza infinita. Può sentire la sua voce.
“Ti amo, Matt. Ti amo come se non esistesse un domani e oggi fosse l’ultimo giorno del mondo! Perché non facciamo l’amore come se veramente fosse l’ultimo giorno del mondo?”
Matthew senti le guance rigate di lacrime e guardò di lato la Musa negli occhi.
Lei di rimando svanì e lui si ritrovò solo.
Il rumore alla porta quasi lo spaventò.
“Che bella, è nuova?” chiese Kate che era rimasta sulla porta e non si era data pena di accorgersi che il suo Matt piangeva.
Il pianista si asciugò gli occhi con il dorso della mano.
“Che c’è Matt?”
“Niente Kate, ho sudato. Fa caldo qui! Ho fame, mi prepari un toast?”
“Devo uscire amore, ho i provini del nuovo film!”
Matt scosse le spalle.
“Ok. In bocca al lupo”
Kate era andata. Lui era di nuovo solo. Non diede al pianoforte un’altra possibilità.

Dom scese dal taxi e guardò la casa.
Aveva due piani, ma al terreno doveva abitare qualcun altro perché da una cucina si sentiva ridere. Fece appena in tempo a guadagnare un posto dove non essere visto che un auto si fermò. Ally scese dalla macchina con in braccio Jamie. Un’altra ragazza l’aiutò.
“Grazie Claudia. Non so come farei senza di te!”
“Figurati. Se non ci aiutiamo fra di noi? A proposito… non mi hai più detto com’è andata con Dominic!”
“Mamma, fame!”
“Solo un momento amore! Te lo racconto più tardi al lavoro.”
“Bene o male? Non farmi stare sulle spine!”
“Né male, né bene. Non sono convinta che mi creda ma almeno non mi ha detto di sparire. Comunque non so se ho fatto la scelta giusta. Ha detto che vuole vedere Jamie”
“Allora è andata bene!”
“Bene? Io voglio che Jamie resti con me! E poi non sono sicura che si tenga la cosa per sé. Se lo dice a Bells dovrò espatriare!”
“Lo chiami ancora così?”
Ally si rabbuiò e strinse di più Jamie.
“Fa freddo qui. Porto Jamie dentro.”
“Ok, ok. Messaggio ricevuto! A più tardi!”
Ally rincasò e Dom decise che mercoledì Ally avrebbe dovuto dargli qualche spiegazione perché una strana inquietudine si stava impossessando di lui.

“E anche questa è fatta!” disse soddisfatta Kelly guardando gli addobbi per la festa di Buster. Si voltò verso il marito per chiedergli che ne pensava e lo trovò assorto a guardare il telefono. Sul display c’era il numero di Dom.
“Terra chiama Amore. Amore ci sei?”
Chris si scosse e aprì le braccia per farle posto più vicino possibile al suo cuore.
“Che c’è Chris?”
“Sono preoccupato per Dom”
“E perché?”
“Perché ha rivisto Ally. Proprio ora tu tutto sembrava filare liscio!” disse sconfortandosi.
“Dopo tanto tempo? L’ha cercata lui?”
Chris scosse il capo.
“Ed è per questo che sono preoccupato. Che cosa mai vorrà?”
Kelly guardò il pavimento e si irrigidì.
“Amore che c’è?”
“Devo dirti una cosa Chris. Promettimi che non ti arrabbierai”
“Kelly quando fai così mi fai venire voglia di bere! Parla!”
“La sera che successe quella cosa orribile di Matt e Dom, tu andasti a cercarli ricordi?”
Chris annuì.
La mattina dopo chiamò a casa Tom che voleva il duplicato delle chiavi dell’appartamento dei ragazzi. Gli chiesi per cosa gli servissero. Lui mi raccontò di Dom e Matt che erano partiti per Nizza e che Matt gli aveva chiesto di ‘sgomberare’ l’appartamento. Tu eri stanco e dormivi così non ti ho svegliato. Andai io con lui.”
“Cosa?”
“Chris non ti arrabbiare. Ally mi piaceva. Era una buona amica. Mi dispiaceva che fosse cacciata di casa in quel modo. Tom non è mai stato un tipo particolarmente delicato. Infatti quando arrivammo lì cominciò a raccogliere tutte le cose di Ally in un cartone. Lei era ancora lì. Uscì dal bagno in condizioni pietose. Capì subito ciò che stava succedendo così mi scrisse un indirizzo su un pezzo di carta si infilò scarpe e giacca e mi abbracciò dicendomi che era dispiaciuta. Di mandarle a quell’indirizzo le sue cose. Piangeva e continuava ad asciugarsi le lacrime. Mi sorrise e corse via. La guardai allontanarsi in strada quasi correndo. Non potetti fare nulla ma ho sempre pensato che Dom e Matt sono stati molto, troppo crudeli con lei. Quella sera pensai che se c’era un po’ di giustizia quei due l’avrebbero rimpianta per sempre una ragazza come Ally!”
Chris convenne con lei che no, non era stata trattata bene ma le ribadì che era stato un miracolo se Matt aveva perdonato Dom. Kelly si fece seria.
“Io non la penso così. Comunque ti prego Chris di non metterti in mezzo!”
“Cosa?”
“Non dire a Dom quello che deve fare. A lui Ally piaceva davvero!”
“E Matt ne era innamorato follemente!”
“Se lo fosse stato non avrebbe dovuto trattarla in modo da spingerla tra le braccia del suo migliore amico!”
“Ok Kelly, la vediamo diversamente. Comunque sono preoccupato!”
“Sono adulti. Devono imparare a comportarsi come tali!”
Chris trovava che il broncio della moglie fosse adorabile.
“Ok. Perché noi due non andiamo un po’ di sopra prima che i nostri adorabili cuccioli tornino dal giro con la baby sitter?”
Kelly sorrise e lo trascinò al piano di sopra.

I giorni erano passati velocemente e il mercoledì Dom si presentò sotto casa di Ally. Non osava suonare. Udì provenire delle risate dal cortile posteriore così fece il giro della casa.
Due bambini giocavano con una palla. Uno di loro era Jamie. Era talmente intento a fissarlo che non si accorse della palla da tennis che lo centrò in pieno viso. Si portò una mano alla faccia e poi raccolse la palla.
James gli si parò davanti.
“Palla mia!”
“Buongiorno a te!”
“Mia palla!”
“Me l’hai tirata sul naso!”
“Mia!”
L’altro bimbo corse in casa.
“Dom! Che ci fai qui?” era la voce di Ally.
“E’ mercoledì e tu non hai chiamato. Così sono venuto io! Non sei l’unica che ha degli amici in grado di recuperare un indirizzo!” disse sorridendo.
Ally si portò le mani sui fianchi. Dom sentì qualcosa tirare i pantaloni. Abbassò di nuovo lo sguardo su James.
“Mia palla!”
“Vorresti per cortesia restituire la palla a Jamie?”
“Ah e il signorino non sa chiederlo con gentilezza?” disse inginocchiandosi.
Jamie strinse i pugni.
“Ahhhhhhhh!!” urlò con un acuto che costrinse Dom a mollare la palla per tapparsi le orecchie.
“Sai mia cara Ally, non credo che serva un esame del DNA per scoprire da quale mappa genetica ha preso il timbro di voce!”
Lo disse in modo così schietto e ironico che Ally scoppiò a ridere seguita a ruota da Dom. La scenetta montata da Jamie servì a rompere il ghiaccio e la mattinata volò mentre Ally raccontava tutte le marachelle che Jamie aveva combinato all’asilo nido.
“Non deve essere stato facile crescerlo da sola” disse Dom facendosi serio.
“Lo è stato invece! Il tempo è passato senza che me ne accorgessi!”
“Ally perché ora? Voglio dire… perché sei venuta da me?”
Ally fece attenzione che Jamie non ascoltasse.
“I miei genitori non approvavano la mia professione di fotografa, non approvavano la mia relazione con Matt. Quando ho scoperto che ero incinta, volevano che abortissi. Li capisco. Erano persone in vista e non volevano una ragazza madre per casa. Così me ne sono andata. In cinta non era facile fare il fotografo per le riviste di moda. Nessuno vuole sul set una che vomita più spesso di quanto non cambi rullino! Così ho cercato un altro lavoro. Dicono che non c’è più discriminazione verso le donne che aspettano un bambino, ma non è vero. Trovare un posto fisso è stato più difficile che partorire! Mi ha aiutata Henry. E’ un vecchio scorbutico che ama il rock e che tiene su un pub a Camden.”
“Camden? Cazzo Ally sei ud un soffio da Matt e non vi siete mai incontrati?”
“Diciamo che non esco molto e che credo che Matt non frequenti più certi postacci!”
Ally lo disse con un tono tra l’amaro e l’ironico che fece sorridere allo stesso modo Dom. Ally non lo vedeva da anni eppure sapeva esattamente quanto Matt fosse cambiato.
“Comunque Dom, la mia storia finisce qui. Ho avuto un po’ di problemi dopo il parto. Jamie è un bambino fragile e io…”
L’inquietudine di Dom tornò a farsi sentire come una spina fastidiosa sottopelle.
“Ally, Jamie è malato?”
La ragazza non si mosse e tuttavia dentro di sé provò soddisfazione perché Dominic sembrava davvero agitato all’idea che il bambino potesse non stare bene.
“No Dom, Jamie sta benissimo. Certo, lo vedi da te che non è un gigante, ma se la cava. All’asilo fa impazzire la maestra!”
“Allora perché ora?”
“Perché ultimamente sono terrorizzata all’idea che possa succedermi qualcosa e che lui non abbia nessuno. Certo Henry e Claudia gli vogliono bene, ma Henry è già in là con gli anni e Claudia sa a malapena pensare a se stessa! In questi tre anni siete diventati dei miti, ma forse nella tua vita c’è ancora un po’ di posto per un bambino che non ha alcuna pretesa se non quella di essere seguito una volta ogni tanto. Ha bisogno di qualcuno che gli guardi le spalle. Punto.”
Dom si grattò la testa e guardò il bambino che continuava a giocare con la palla da tennis. D’istinto si alzò e gli andò vicino.
“Mia palla!” urlò Jamie pensando che Dom volesse togliergliela.
“Facciamo una cosa, se mi dai quella palla da tennis ti do in cambio una cosa misteriosa che sta dentro una scatola graaande!” disse Dom allargando le braccia in modo plateale.
A Jamie si illuminarono gli occhi. Annuì con il capo porgendo la palla da tennis enorme nella sua manina. Dom prese la palla e la lanciò ad Ally, dopo di che si allontanò sotto lo sguardo dubbioso del bimbo. Tornò con un pacco davvero enorme.
“Dom non dovevi! Non è per questo che ti ho cercato!”
“Ally sta zitta ed aiutami!”
Jamie lanciò un urlo in una tonalità extraterrestre cominciando a strappare la carta del pacco. Quando Dom ebbe completato il montaggio della mini batteria consegnò due bacchette a Jamie mostrandogli come doveva suonarla.
Non dovette provarci a lungo. Il bambino gli strappò letteralmente le bacchette di mano e cominciò a seguire un motivetto che forse girava nella sua testolina.
“Ah però! Se la cava alla grande! Questo senso del ritmo so da quale mappa genetica l’ha preso!”
“Dom sei rimasto sempre l’imbecille di un tempo!”
“Grazie Ally, anche io ti voglio bene!” disse ridendo di gusto.
“Henry non sarà molto contento Dom…”
“Può insegnargli qualche canzone rock dei suoi tempi!”
“Ridi ridi, se capiti sotto le grinfie di Henry avrai poco da ridere!”
Nonostante le minacce di Ally il resto della giornata filò senza incidenti e a sera i tre si salutarono con un abbraccio.
“Ciao zio Dom!” disse Jamie ancora con le bacchette in mano ed un sorriso da orecchio ad orecchio. La batteria lo aveva conquistato.
“Ciao nanerottolo! Mi raccomando, basta con la batteria stasera! Non fare arrabbiare la mamma.”
Il bambino fece di no con la testa.
“Grazie di tutto Dom. Davvero… ti confesso che avevo tanti dubbi su te che vieni qui, Jamie che gioca insieme a te e su tutto il resto. Ora so che non mi sono mai sbagliata sul tuo conto.”
Dom si guardò i piedi.
“Ally non dire altro. E’ stato tutto molto naturale per me, anche se prima di arrivare avevo una paura tremenda, lo confesso. Ti auguro una buona notte” concluse avvicinandosi un poco.
Lei strinse Jemie e gli porse una guancia. Dom poggiò le sue labbra solo un poco. Rimase un istante in più così come volesse trovare una parola da sussurrargli nell’orecchio. Si staccò da lei sentendo una manina di Jamie carezzargli il viso.
Lasciò la casa con la pallina da tennis stretta forte in una mano. Salì in macchina e si diresse canticchiando verso casa di Chris.

La festa era cominciata già da un po’ e la casa pullulava di bambini che correvano e strillavano senza sosta.
Kelly supervisionava tutti facendo attenzione che nessuno si facesse male. Chris e Matt se ne stavano un po’ in disparte dopo che Matt aveva terrorizzato tutti i bambini con una storia sugli extraterrestri.
“Dom è in ritardo…”
“Sono certo che sta arrivando.”
“Chris, Dom è strano ultimamente”
Il bassista fece finta di non capire.
“Non viene più da me come prima. Non vuole mai dormire a casa. Credi che ce l’abbia con me per qualche motivo?”
“Oltre a quello che sei un gran rompicoglioni?”
Matt gli diede una gomitata.
“Ok, ok. Credo che Dom non voglia fare da terzo incomodo ora che vivi con Kate. Poi credo che anche lui abbia bisogno del suo spazio.”
“Pensi che stia frequentando una tipa?”
Chris fu salvato dal suono del campanello. Dom piombò nel salone con un pacco enorme in mano.
“Tanti auguri Buster!!! Vieni dallo zio subitissimo!”
Matt gli corse vicino agitando le braccia.
“Corri Buster vieni a vedere che stupendo regalo ti ha portato lo zio Dom!”
Buster cominciò a scartocciare il pacco lasciando Matt a bocca aperta non appena la carta rivelò che si trattava di un modello telecomandato di un camion rosso fuoco.
“Optimus Prime!” urlò Baster “grazie zio! Dai trasformiamolo!”
I due cominciarono ad armeggiare come avessero la stessa età.
“Matt! Dai Matt, dacci una mano!” urlò Dom.
Matt si scosse e si chinò anche lui a dare una mano. In breve erano tutti a ridere su come il magnifico Optimus Prime non avesse un’aria molto solenne con una gamba sbilenca e la testa ancora conficcata nel corpo.
Quando la festa era quasi finita e ormai tutti i bambini erano tornati a casa, Matt si avvicinò a Dom con una coca cola in mano.
“E la batteria che fine ha fatto?”
Dom si passò una mano tra i capelli come quando sbagliava il tempo in una delle canzoni che provavano e fece spallucce.
“Ho pensato a quello che avevi detto riguardo al casino e a Kelly e l’ho sostituta con il robottone! Ho pensato che a Buster sarebbe piaciuto.”
“Non dovevi stare a sentire me… dico un sacco di cazzate…”
Dom gli diede un colpetto sul braccio.
“Questo lo so, ma alla fine meglio così. Ora sarà meglio che me ne torni a casa” fece recuperando il giubbino di pelle nero.
“Ma come vai già via? Perché non ci vediamo un bel film? Oppure usciamo a fare un giro!”
Gli occhi di Matt trasmettevano una sorta di malinconia. Dom sospirò.
“Ok usciamo, ma diciamolo anche a Chris o finisce che si offende davvero stavolta!”
Chris rifiutò con dispiacere perché doveva aiutare Kelly a mettere a letto i bambini ancora sovraeccitati dalla festa.
In breve i due furono in auto.
“Dove si va?” chiese il batterista.
“Mmm…” fu la risposta di Matt.
“Chelsea?”
“No”
“Primrose?”
“No”
“Notting Hill? C’è quel locale carino dietro il nostro vecchio appartamento”
Dom si pentì subito di aver menzionato il vecchio appartamento vedendo come un baleno passare negli occhi blu dell’amico.
“Ho trovato! Facciamo un giro a Camden! E’ una vita che non ci vado! Possiamo fare un salto al Pride! Dai è deciso! ”
“Come ‘è deciso’? La mia opinione non conta? E’ tardi e Camden è lontana. Inoltre è mercoledì… al Pride non ci sarà nessuno!”
“Meglio, niente fan a darci il tormento solo musica e wiskey! Non avevi suggerito Primrose? Camden Town è a due passi da lì! Non sarai diventato la classica rockstar bacchettona! Quante sbornie ci siamo presi laggiù? Daiiiii!”
Dom mise in moto. Matt canticchiava la canzone che passava in radio e lui non riusciva a capire perché più cercava di restare fuori dai guai, più ci finiva. Matt aveva un radar speciale per trovare le cose che più lo mettevano in difficoltà? Forse davvero era stato rapito dagli alieni che gli avevano impiantato un fottutissimo chip in testa! Quando giunsero a Camden, Dom parcheggiò più vicino possibile al Pride. Sapeva che Ally lavorava da quelle parti, le aveva promesso che non avrebbe detto nulla dei loro incontri a Matt e non voleva rischiare un incontro fortuito.
“Dom si può sapere che cazzo hai? Sembra che tu sia a km da qui!”
“Ma no, stavo cercando di orientarmi, è un botto di tempo che non veniamo da queste parti!” rispose il batterista.
“Sei serio? Questo posto ce lo siamo spaccati fino a qualche tempo fa. Quanto tempo è?”
“Tre anni” disse Dom camminando.
Matt perse qualche metro. Era passato così tanto? Decise che per quella sera non si sarebbe concesso di pensare a niente. Avrebbe solo bevuto e riso con Dom.
E così fece. Anzi no. Al Pride la serata era dedicata agli Stone Roses e il gruppo che si esibiva era piuttosto bravo. Le note di Ten Years Love Story accompagnavano una pinta dietro l’altra e le risate dei due ragazzi non si contavano più. Alla birra seguì un’intera bottiglia di Jameson e tra i fumi dell’alcool Matt notò uno strano via vai dal bagno.
“Dom, guarda lì… dieci ad uno che lì dentro passano roba buona…” disse il moro sottovoce.
“Sarà…”
“Dom…”
“No Matt!”
“Se non ci vai tu, ci vado io!”
Il biondo sbuffò e si alzò. Dopo qualche minuto tornò indietro indicando la tasca posteriore dei jeans. Matt reagì battendo le mani e lanciandosi in un risolino acuto.
“Andiamo fuori di qui!” riprese Dom.
“Ok!” esultò Matt passandogli un braccio intorno al collo “Sei il mio mito, Dom!”
“Un cazzo. Non sappiamo neanche che roba è… Vogliamo farci della merda?”
“Prendo un’altra bottiglia e andiamo in macchina a vedere le stelle!”
Così fecero. Una volta in auto tirarono fuori la bustina con quattro pillole dal leggero colore rosa.
“Due per ciascuno!” urlò Matt lanciandosele giù in gola insieme ad un altro sorso di wiskey.
Dom decise che una pasticca era anche troppo e una volta mandata giù si rese conto che quella notte la sua auto sarebbe rimasta lì dov’era.
Venti minuti dopo ridevano e guardavano il cielo come due stupidi. Matt cominciò a vedere dischi spaziali e ogni genere di oggetto volante. Dom rideva e, ad ogni indicazione, aggiungeva “ciao alieno, benvenuto… è un botto che ti aspettiamo!”
Un’ora dopo Matt aprì gli occhi socchiusi e disse elegantemente due parole.
“Devo pisciare”.
Aprì lo sportello e scese dall’auto barcollando.
Dom, che era leggermente più vigile, si fiondò dietro a lui.
“Cazzo vai da solo?”
“Non esiste che mi guardi mentre piscio!”
“Sei fradicio!”
“In verità ti dico” urlò solennemente “che sono in grado ancora di tenermelo da solo!” disse indicandosi il cavallo dei pantaloni. Dom rise.
“Ok ma se tra cinque minuti non sei tornato, vengo a cercarti. Chi è dentro, è dentro, chi è fuori, è fuori!” lo canzonò.
Matt avanzò con fatica verso l’angolo della strada nascosto sotto il ponte e abbassò la lampo dei pantaloni.
Alcune voci gli fecero capire che qualcuno si avvicinava e si affrettò a nascondersi nel buio. Erano due ragazze. Ridevano. Pensò che se si fosse fiondato fuori dal buio urlando, di certo le ragazze si sarebbero prese un bello spavento. Soffocò un risolino. Dom aveva ragione. Era fatto. Si riparò meglio dietro l’angolo.
Effettivamente erano due ragazze. Una aveva un caschetto castano, l’altra una coda di cavallo bionda. Dovevano aver sentito il live sugli Stone Roses perché cantavano allegramente un ritornello.
“Let me put you in a picture, let me show you what I mean, The Messiah is my sister,ain’t no king, she’s my queen!” *
Forse fu la roba che aveva preso oppure l’alcool che aveva in corpo a dargli la sensazione di conoscere la voce di una di quelle ragazze. Si sporse un po’ dall’angolo e le guardò spintonarsi un po’ a vicenda, come se si stessero prendendo una gioco dell’altra.
Sollevò lo sguardo e la vide.
Erano passati due anni dall’ultima volta che aveva guardato il suo viso, usato i suoi occhi per specchiarsi e sentirsi una persona felice, godere di quel suono che faceva quando rideva. Nonostante la roba, nonostante l’alcool, la riconobbe immediatamente. Non c’erano dubbi. In quell’angolo di Camden immerso nel buio e nell’odore di pesce andato a male, Matt rivide Allison Park.
Tornò di colpo a nascondersi dietro l’angolo e rimase fermo fino a che le ragazze non si furono allontanate poi, come colpito da una meteora invisibile, si piegò in due e vomitò tutto ciò che aveva mangiato e bevuto.
Si ricordò di Dom solo quando udì la sua voce che lo chiamava.
“Matt! Dove cazzo sei finito? Così mi fai preoccupare, vieni fuori!”
Matt inspirò, si asciugò le labbra con la manica della camicia, espirò e uscì dal buio.
“Sono qui. Dom, sono stanco, portami a casa.”
Dominic si accorse subito che qualcosa non andava e pensò che la pessima cera di Matt dipendesse dalle pasticche che avevano assunto. Lui però non si sentiva male.
“Dai, vieni, ti riaccompagno. Forse è meglio se ti stendi.” Lo prese per un braccio e lo guidò fino all’auto. Matt si fece persino agganciare la cintura di sicurezza da Dom senza muovere un dito per tutto il tragitto.
“Vuoi che ti porti su?” chiese il batterista parcheggiando sotto casa Bellamy. Matt annuì. Dom lo liberò dalla cintura e lo tirò fuori dall’auto. Prese le chiavi dalla tasca dei pantaloni di Matt e aprì la porta di casa dell’amico. L’ingresso era immerso nell’oscurità. Dom decise che tra azzardare le scale al buio e rischiare di svegliare la padrona di casa, era meglio tentare la sorte con le scale.
Era quasi riuscito a trascinare Matt nella stanza degli ospiti quando la luce del corridoio si accese all’improvviso.
“Ma che diavolo succede?” la voce di Kate risuonò leggermente alterata alla vista di Matt apparentemente ubriaco. Indossava una lunga veste da camera bianca che le solleticava i piedi nudi. Dom pensò che era davvero bella. Non come quelle attrici che sembrano favolose di giorno e che diventano irriconoscibili una volta lavato via il trucco. Kate era bella.
“Mi spiace Kate, io e Matt abbiamo alzato un po’ il gomito. Non volevamo svegliarti.”
“Lui ha alzato il gomito, tu mi sembri abbastanza sobrio!”
“Fidati, è solo apparenza!” fece il batterista con tono canzonatorio.
“Comunque riportalo di sotto. In quelle condizioni non ce lo voglio qui. Rischia di svegliare Bing che si è addormentato dio solo sa grazie a cosa!”
“Kate, è distrutto. Se dorme sul divano, domani sarà uno straccio e dobbiamo essere in radio per un paio di pezzi dal vivo. Lo metto a letto. Non darà fastidio a nessuno.”
“Dom,” disse lei avanzando con le braccia incrociate sotto il seno “so che sei il suo più caro amico ma, credimi, quando sta con te Matt peggiora drasticamente i suoi comportamenti.” Kate non aveva l’aria di chi ha finito ma Dom avvertì l’impellente esigenza di andarsene comunque. “Matt ora ha una famiglia! Non può più comportarsi come un ragazzino! Tu forse sei diverso, non vuoi prenderti impegni ma lui ha fatto una scelta diversa!”
Dom s’accorse che Matt si muoveva tra le sue braccia ma Kate non diede segno di accorgersene.
“Kate, non ho intenzione di avere questa conversazione con te. Tu sei la sua compagna, io un suo amico. Non c’è motivo per cui non dobbiamo andare d’accordo, vero?” Kate sollevò le mani al cielo.
“Vedi come fai? Tu non ti fai mai un problema, Dom! Lo dice sempre anche Matt: non è il caso di preoccuparsi, prendiamo esempio da Dom! Dom fa così, Dom dice questo! Eppure non credo che tu sia un esempio da imitare!”
“Vedi Kate, io non ho mai pensato di dover essere un esempio per nessuno. Però voglio bene a Matt!”
“Gli vuoi bene facendolo ubriacare in quel modo o gonfiando continuamente il suo ego? Questo non fa bene a Matt.”
“Io non gonfio il suo ego, io penso sinceramente che sia una persona speciale e credevo che lo pensassi anche tu visto che ci stai insieme!”
“Non accetterò provocazioni da te! Riportalo in salotto o sveglierete Bing!”
“Lo metto a letto. Ha bisogno di andare a letto!”
“Dom, questa è casa mia! Riportalo di sotto ho detto e poi vattene!”
A quelle parole, finalmente, Matt si scosse. Agitò un braccio davanti a sé come a voler allontanare Kate e poi parlò piano.
“Sta’ zitta.” Né Kate, ne Dom fiatarono nel sentire il tono con cui il ragazzo aveva parlato “Non permetterti mai più di cacciare Dom da questa casa. In fondo lui è l’unico, tra quelli che la frequentano, che io conosca. Se non ti sta bene, è un tuo problema. Non ho mai anteposto nessuno a Dom, hai capito?”
“Come puoi parlarmi così?” fece Kate come riprendendosi dallo shock causato da quelle parole “Io sono la madre di tuo figlio!”
“E per questo dovrei amarti incondizionatamente?” le chiese Matt guardandola fisso negli occhi.
“No, ma dovresti rispettarmi incondizionatamente!” fece lei.
Matt parve barcollare all’indietro poi si voltò verso Dom.
“Mi dispiace, Dommeh. Non è colpa tua. Forse non è neanche colpa sua. Sono io. Mi basta sempre un tanto così” disse indicando con due dita uno spazio piccolissimo “per mandare tutto a puttane!”
Dom lo trascinò nella camera degli ospiti mentre Kate si ritirò senza dire una parola nella stanza di Bingham.

Note:
* Si tratta del ritornello di Love spreads degli Stone Roses, uno dei miei gruppi preferiti.

 

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