Cuore color smeraldo

di Sethunya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri (s)piacevoli ***
Capitolo 2: *** Allora tutto a posto? ***
Capitolo 3: *** Non lasciarmi ***
Capitolo 4: *** Catene spezzate ***
Capitolo 5: *** Le ali della libertà ***
Capitolo 6: *** Brutte notizie ***



Capitolo 1
*** Incontri (s)piacevoli ***


Salve gente! Abbiate pietà di me, è la prima volta che decido seriamente di scrivere una storia e di conseguenza non so ancora comportarmi o se il modo in cui scrivo possa piacere. Sono una ragazza molto timida ed insicura, quindi preferirei avere critiche costruttive invece di insulti, anche perché questi ultimi li trovo inappropriati in OGNI contesto. E niente, non so che dire, a parte che l'età dei personaggi è molto diversa da quella reale del manga/anime, solo che volevo che la cosa funzionasse ahaha vabbè dai, basta chiudere un occhio, l'importante è che l'amore tra il nostro Levi e il nostro Eren, sbocci! Detto questo, vorrei aggiungere che non so se la trama l'abbia già sviluppata qualcuno in modo simile (due famiglie nobili, matrimonio combinato, ecc.); spero proprio di no! Vi assicuro che è un'idea mia, quindi a meno che non abbia un cervello gemello nel corpo di qualcun altro, penso sia l'unica storia con questo contesto!:) se per caso mi sbagliassi segnalatemelo...grazie in anticipo!
Per finire, non ho altro da aggiungere se non...divertitevi! Ahahah davvero, spero vi piaccia perché scrivere è la mia vita. Un bacio :*

 
 
Capitolo uno
Incontri (s)piacevoli


Non mi ricordo ancora bene il giorno in cui ho iniziato a contemplare le stelle con te, oppure me lo ricordo così bene che quasi me ne vergogno, dato che non è da me. 
Sentimenti che ho tenuto repressi per anni, quasi dimenticando di essere umano e poi, un ragazzino dagli occhi color smeraldo, mi ha salvato, facendomi tornare vivo.
All'epoca ero un uomo viziato di una famiglia viziata; eravamo nobili, ma odiavo esserlo, avrei preferito una vita normale e svolgere un'attività che mi appagava e mi concedeva riposo. Essere nobile, nella mia famiglia, richiedeva svolgere incarichi per migliorare il popolo e la città, così da raggiungere un alto tenore di vita. Per uno come me che preferiva stare per i fatti suoi e pensare solo a se stesso, era uno schifo; ma il bello non era ancora arrivato: il matrimonio combinato era alle porte. Mi sono sempre opposto, non volevo mettere su famiglia e avere marmocchi da accudire, per di più con una moglie che non amavo. Che senso avrebbe avuto la mia vita se non l'avessi potuta vivere come volevo io? Infondo però, sono grato a tutte queste cose per avermi fatto conoscere la persona che mi ha cambiato, facendomi vivere così, in parte, la vita che desideravo.

Ero un ragazzo freddo, che non pensava agli altri, poiché in passato l'aveva fatto troppo spesso; in più c'era di mezzo l'amore, ah l'amore, uno schifo doppio! "Con l'amore si sta solo male, non m'innamorerò più", mi ero promesso. Come no! Chi l'avrebbe mai detto che uno stupido ragazzino mi avrebbe fatto credere il contrario? Ma purtroppo, come l'amore faceva schifo prima, di certo non può cambiare.

Mi piaceva passare le giornate in solitudine, pensando e ripensando a ciò che mi aveva fatto diventare un uomo distaccato, sempre con la risposta pronta, quasi apatico o comunque uno che, generalmente, faceva fatica a trasalire le proprie emozioni davanti agli altri. Odiavo farmi vedere fragile, quindi mi si creò attorno al cuore una specie di corazza che mi portò a diffidare di tutti, facendomi passare così per il ragazzo "stronzo", quando in realtà sapevo essere tutt'altro. Infondo avevo così tante emozioni dentro il petto, ma che si incastravano in gola quando provavo ad esternare i miei pensieri più bui. La paura di affezionarmi a qualcuno -dargli tutto ciò che potevo e poi vederlo andare via con in mano ciò che gli avevo donato, con tanto di rifiuto e calpesto- era tanta. Ormai ero un uomo, dovevo autogestirmi, quindi decisi che chiudermi in me stesso era la soluzione più appropriata. Ormai, all'età di trent'anni, pensavo di essere un caso perso; infatti, ragionando sulla mia situazione, dedussi che non c'era nessuno adatto a me, cioè capace di sciogliere le catene che io stesso mi ero costruito. Ma proprio quando ormai ero sull'orlo della disperazione, quando ormai avevo accettato l'idea di dovermi sposare con una donna di cui non provavo nulla, fui salvato da qualcuno che odiavo, odiavo con tutto me stesso, ma che m'insegnò ciò che tutti chiamano "felicità".

La famiglia Jaeger era come noi, Ackerman, una famiglia di nobili origini e quindi ben vista. La mia futura sposa faceva parte di quella famiglia, di conseguenza ero costretto a frequentare cene e feste organizzate da loro. La prima volta che misi piede in quella casa era per pura formalità: dovevo presentarmi a questa Mikasa che sarebbe poi diventata mia moglie. 
Quando bussai alla porta della loro dimora, pensai che mi avrebbe aperto un maggiordomo, ma rimasi sorpreso; quando la porta si spalancò, due grandi occhi verdi illuminarono l'uscio e mi scrutarono, manco fossi un alieno.
-E tu chi sei?-, si rivolse a me il giovanotto; ma come chi sono? Come si permette questo marmocchio? Già non lo sopporto. 
-Levi. Sono venuto per conoscere Mikasa. Piuttosto chi sei tu.-
-Oh salve! Mi scusi, io sono il fratello, non pensavo che un nan..ehm, un uomo come lei avrebbe dovuto sposarla.-
-E io non pensavo che lei avesse un fratello così ingrato. Adesso mi fai entrare?-
Il giovanotto si spostò. Ero già irritato per colpa di quel moccioso, come si era permesso di insultarmi subito per la mia statura? Speriamo che la sorella non sia così fastidiosa, pensai. 
Mi fecero accomodare in un salottino abbastanza ampio, con mobili antichi che, se messi nella giusta atmosfera, possono arrivare a sembrare moderni; l'oro che faceva da ornamento praticamente a tutto, mi fece pensare che, infondo, sposare una ragazza proveniente da una famiglia così ricca non sarebbe stato per niente male. Mentre però elogiavo la loro ricchezza, andando a cercare ogni particolare del salotto quasi come se stessi analizzando una scena del crimine, vidi un filo di polvere "alloggiare" sul mobile delle porcellane. Tsk, partiamo male, malissimo, che schifo! Questo è ben peggio di un omicidio. Ero così intenzionato ad alzarmi e ad andare a pulire che mi venne quasi un tic (sì, odiavo lo sporco, anche quello più fine), ma la porta si aprì e, quando pensavo di vedere finalmente la mia futura moglie, mi apparve di nuovo quel ragazzino seccante.
-Mikasa arriverà tra un attimo. Come ha detto che si chiama?-
-Levi. Mi chiamo Levi. E il fratellino ingrato come si chiama?-
-Eren, ma la prego di non dire che sono ingrato.-
-Ah, chiamarmi "nano" dev'essere un comportamento da persona rispettosa.- dissi e voltai la testa fuori dalla finestra, in modo da farlo pentire e metterlo a disagio.
-Deve ammettere però che non ho torto!-, cosa?! Ancora?!  Le rughe sulla fronte prodotte dalla rabbia stavano iniziando a farsi notare e la vena sul collo a pulsare. 
-Senti moccioso, se non esci con le tue stesse gambe da questa stanza, ti ci butto fuori io con un calcio in culo.-
Lui facendo una smorfia di disapprovazione sparì oltre la porta, lasciandomi solo, con un senso di amarezza in bocca. Prossima volta che lo vedo lo pesto, pensai, sperando che quella giornata finisse in fretta.
Mikasa era carina, devo ammetterlo, ma eravamo troppo simili per creare un bel rapporto; entrambi restii, non molto loquaci e pronti a difendere le proprie idee e i propri ideali. Poi con un fratello così, chi aveva voglia di tornare in quella casa? Avrei dovuto avere sempre tra i piedi quel - com'è che si chiama?- Eren. Arriverò ad avere le rughe precoci per colpa sua, dissi tra me e me. Proprio quando stavo per addormentarmi, una voce nella mia testa mi disse che alla fine quell'idea non era poi così male; ma cosa vado a pensare? Adesso ho pure il cervello fottuto?! Quel moccioso mi ha veramente irritato. 
Quella notte non riuscii a dormire bene, non per il senso di amarezza presente nella mia bocca ancora da quel pomeriggio, ma poiché l'immagine di due grandi occhi verdi rimasero stampati sulle mie palpebre.

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Capitolo 2
*** Allora tutto a posto? ***


Salve a tutti! Grazie per il calore che mi state dando già con il primo capitolo! Questo è il secondo, spero che non vi deluda! Grazie a chi ha recensito il mio primo capitolo (Vyrie, Akira89, IAmTheJoker96), mi ha fatto veramente piacere e lo potete notare dalle mie risposte euforiche! Un bacio grande:* divertitevii!
 

Capitolo due
Allora tutto a posto?

Il mattino seguente dovetti svegliarmi presto per far visita alla corte del re: dovevo parlare con gli altri capofamiglia nobili della città di come procedeva il regno dalle mie parti. Noi nobili avevamo il compito di sorvegliare le attività vicine alla nostra dimora, come -per esempio- le botteghe; dovevamo constatare se l'economia procedeva bene, se era necessario la chiusura di qualche negozio per poterne aprire un altro,  se c'era troppa gente per strada che aveva bisogno di una casa e, inoltre, bisognava controllare quanto la Chiesa influenzasse il popolo. Re e Papa non andavano per niente d'accordo, a quei tempi, quindi bisognava avvisare la corte di ogni minimo spostamento pontificio. Quanto odiavo quando un chierico voleva abbattere muri o case per costruire una chiesa. Parlano tanto di voler aiutare gli altri, ma per i loro interessi economici sbatterebbero intere famiglie per strada, pensavo e, fidatevi, non ero l'unico. Ecco cosa odiavo anche: la società di quell'epoca; le corruzioni, i sotterfugi, il mangiare sulle spalle del popolo, per questo odiavo essere un nobile, odiavo l'ingiustizia e tutto ciò che faceva parte del circolo vizioso dei benestanti. Tutti  sporchi maiali! Questa frase mi passava alla mente il più delle volte, e ringraziavo il cielo che non fossi come gli altri; io cercavo di essere libero, perché anche noi nobili eravamo schiavi dei complotti organizzati dai ranghi più alti, era questa la verità che sfuggiva agli occhi di molti. Io volevo essere libero, e volevo rendere liberi gli altri. Che gesto di carità, eh? Da uno come me, chi se lo sarebbe mai aspettato! Per questo non esternavo certi sentimenti, sarei passato per un rammollito, quando la figura che mi ero costruito raccontava tutt'altro. Dovevo mantenere l'idea di essere un "duro",  che non si faceva minimamente toccare dalla povertà delle strade, quando in realtà la sera non pensavo ad altro e mi sentivo in colpa per come la società si stava costruendo.
Comunque dicevo, dovevo andare alla corte del re per esporre ciò che avevamo osservato in quell'ultimo mese; il tutto veniva fatto in una riunione con i capofamiglia nobili della città, tra cui anche la famiglia Jaeger. Il capofamiglia, Grisha Jaeger, padre di Mikasa ed Eren, era un uomo gentile ma allo stesso tempo misterioso, quasi come se nascondesse qualcosa, ma non m'importava, avevo ben altro a cui pensare. 
Feci colazione da solo, in una casa troppo grande, in cui l'affetto "familiare" era svanito del tutto; questo era un altro fattore che influenzava la mia scelta di avere figli, avevo paura di farli crescere in modo sbagliato o, addirittura, farli diventare come me. E poi chi li vorrebbe dei mocciosi che urlano e basta; se poi si mettono pure a sporcare in giro? Se provano anche solo una volta ad imbrattare i muri, li chiudo dietro le sbarre. Non m'importa quanto possa essere illegale o immorale, sporcare dovrebbe essere severamente punito con i lavori forzati, fin dalla tenera età. Se vi state chiedendo come fosse possibile che io pensassi quelle cose, visto che i bambini piccoli non potevano scontare quella pena, beh, dovete sapere che a me non importava. Pulire era essenziale!
Dopo aver fatto colazione mi feci un bagno freddo, per evitare di pensare al peggio: quegli incontri erano una totale barba! Tutti urlavano se qualcuno diceva qualcosa di sbagliato e io mi divertivo a tirare calci in faccia a chi iniziava ad essere pesante. Dopo una nottata del genere, se qualcuno inizia a diventare insistente, potrei anche arrivare a strangolarlo, tanto potrei dire che era eutanasia, aveva voglia di morire se sbraitava così tanto in mia presenza. I soliti pensieri da persona senza autocontrollo non andavano via soltanto con dell'acqua fredda, ci voleva qualcosa di più, che avevo già trovato ma di certo  non ne ero consapevole. La mia ira veniva spesso punita, non era di certo un comportamento che doveva tenere un nobile, ma non ne volevo sapere. Quelle testine degli altri signori dovevano pur capire che avevano torto e, secondo me, il dolore era lo strumento migliore per la disciplina, anche perché, questo motto, veniva applicato con me quando tornavo a casa se la famiglia Ackerman veniva avvisata dei miei comportamenti violenti. Io non ero il capofamiglia, ma ero l'unico che poteva andare sempre a questi incontri, quindi ero obbligato. 
Appena arrivai a corte, mi fecero spostare in una stanza al piano terra, con al centro un tavolo completamente spoglio e attorno solo scaffali contenenti libri o resoconti dei precedenti incontri. Attorno al tavolo c'erano sei sedie per i sei capofamiglia. Quando entrai ero il penultimo, mancava Grisha Jaeger. Sarà impegnato a cambiare il bavaglino al mocciosetto, ironizzai, ma proprio in quel momento la porta si aprì e quasi non mi venne un colpo.
-Ehi, ancora tu? Che ci fai qui? Questa è roba per grandi.- dissi, per scaricare la tensione.
I due occhi verdi che per tutta la notte mi avevano tormentato erano lì, davanti a me. Non riuscivo nemmeno a capire il perché fossi così agitato; sarà che vorrei prenderlo a pedate, era la mia unica spiegazione, sì, deve essere proprio così.
-Ciao anche a te, Levi. Sono lieto di annunciarti che mio padre non è potuto venire e io, come suo unico successore maschio, sono dovuto venire qui.-
-Resta il fatto che sei un moccioso e pure in ritardo. Ora siediti, e spero che tu sia abbastanza diligente da tenere un discorso con noi.-
-Oh su, Levi, perché sei sempre così duro?-  la voce di Erwin si espanse per tutta la stanza -Infondo è la sua prima volta, dobbiamo metterlo più possibile a suo agio. Accomodati, Eren-
Non sapevo più cosa replicare, perché non era da me sfogare tutta questa rabbia contro quelli nuovi, eppure con lui mi veniva quasi naturale.
Durante la riunione mi sentivo spesso osservato, pensavo fosse un'immaginazione, finché non mi voltai verso Eren; vidi che mi guardava, ma appena si accorse che io stavo ricambiando il suo sguardo, si voltò di colpo coprendosi la faccia. Ma che gli prende? 
Quando fu il mio momento di parlare, notai nella mia voce un leggero tremolio, come se qualcosa mi avesse turbato.
-Beh, devo dire che dalle mie parti è tutto regolare. L'economia procede bene, così come la povertà che si sta affievolendo. Nulla da dire, davvero.-
-Bene- disse Erwin, che era a capo di ogni incontro, -tocca a te, Eren.-
-Oh, eh..- mi voltai verso di lui e notai che i suoi grandi occhi verdi, che in quel momento erano rivolti verso Erwin, avevano delle sfumature che richiamavano l'azzurro. Erano qualcosa di incantevole. Ok, no, sono solo perfetti per essere presi a pugni.
-...quindi non saprei che altro dire, mio padre non mi ha detto nulla, io non sono molto esperto e non mi sono quasi mai interessato, ma evidentemente è una cosa molto importante.-
-Evidentemente?!- di nuovo la mia vena sul collo stava per avere vita propria. -Dove credi di essere? Siamo alla corte del re, un minimo dovresti pure esserti informato! Come successore della famiglia, era un tuo dovere interessarti a queste cose!- urlai.
Eren mi guardò quasi come se l'avessi bastonato, mi fece quasi tenerezza, ma non era questo il momento di perdersi nei sentimenti, dovevo dare una lezione a quel ragazzo.
-Senti- continuai -se non hai intenzione di dire qualcos'altro, allora vattene, non servi a niente qui.-
-Levi, smettila e vieni di là con me.- Disse Erwin, con una voce piena di preoccupazione e rabbia. -Tu Eren stai pure tranquillo e seduto, nessuno vuole cacciarti via.-
Lanciai un'ultimo sguardo fugace ad Eren prima di uscire, ma lui non mi stava più guardando, aveva lo sguardo perso nel vuoto, le mie parole dovevano averlo colpito in pieno.
-Mi spieghi che ti prende?- mi disse Erwin, quando ormai eravamo fuori dove nessuno poteva più sentirci. -Perché lo tratti così male? Non l'hai mai fatto con quelli nuovi, sei sempre stato zitto, anche se avresti voluto urlare.- Quando mi fece questa domanda, nemmeno io seppi che rispondere, nemmeno io sapevo cosa ci fosse dentro di me.
-Erwin, non lo so. Sono molto agitato in questo periodo e la prima volta che l'ho incontrato mi ha fatto così arrabbiare che ora tutto questo mi pare normale.- Bugia, sapevo benissimo che non era tutto nella norma e che in realtà tra me ed Eren, era nato un rapporto strano, diverso. Ma era solo l'inizio, quindi non potevo saltare a conclusioni affrettate, potevo solo pensare che in realtà mi dava fastidio il suo prendere tutto alla leggera.
-Vedi allora di darti una calmata, lo sai che odio avvisare gli Ackerman dicendogli per l'ennesima volta che il loro successore è un cretino irascibile.-
Erwin sapeva sempre come mettermi in riga, era un secondo padre per me, se non l'unico, che mi ha fatto capire molte, moltissime cose. Non potevo far altro che ascoltarlo e pentirmi per ciò che stavo facendo.
-Mi dispiace Erwin. Cercherò di rimediare.-
-Ecco bravo, che sennò sai cosa ti fanno quando torni, se sentono ancora che gli altri capofamiglia si sono lamentati di te.-
Abbassai lo sguardo e aspettai che Erwin rientrasse per prendere un respiro profondo. Non volevo più entrare, mi ero comportato da vero idiota. Possibile che quel ragazzino mi faccia incazzare così tanto?
-Ehi Levi, ciao.- brividi lungo la schiena. Quella voce proveniva da dietro le mie spalle. Mi girai pian piano. All'inizio pensai fosse un miraggio, quando lo vidi, ma poi riprese a parlare.
-Mi dispiace davvero di aver iniziato male la nostra conoscenza, infondo sei il futuro marito di mia sorella Mikasa, quindi dovrei essere più gentile. La verità è che la prima volta che ho visto i tuoi occhi mi sono paralizzato e sono impazzito, non so spiegarti nemmeno se è una cosa normale, solo che sono andato in paranoia e..-
-Zitto. Ho già ascoltato abbastanza. Sembri un ragazzino adolescente che si sta confessando ad una ragazza.- lo guardai in viso:  i suoi occhi si erano spalancati e notai un leggero rossore sulle sue gote. 
-Ma che dici! Io volevo solo scusarmi e cercare di ricominciare tutto d'accapo e tu ti comporti così?-
-Haha, scusami Eren- la sua ingenuità mi fece ridere -allora facciamo finta che non sia successo niente. Infondo, dovrò frequentare molto casa vostra e di certo non posso intossicarmi per un mocciosetto come te.- abbozzai un sorriso.
-Già.- Eren tirò un sospiro di sollievo, portandosi una mano sul petto, come se si fosse rincuorato. -Allora tutto a posto, no?-
-Sì. Tutto a posto.-
Ci guardammo dritto negli occhi e sorridemmo. Ero felice, come un bambino che scartava il suo primo regalo a Natale.
Cosa mi stava succedendo?

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Capitolo 3
*** Non lasciarmi ***


Ehilà! Qui è sempre l'autrice che vi scrive! Ho cambiato nickname, ma sono sempre la stessa! Ora il mio nome sarà Sethunya. Sì, probabilmente non v'importa, ma mi sembrava giusto avvisarvi haha:)
Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente (Vyrie, Akira89, sunlight1993, alchimistadibudino) , siete la mia forza! E grazie a chi segue la storia o l'ha messa tra i preferiti! Siete un amore:)
Bene, ora vi lascio al capitolo...un bacio a tutti!:*

 
Sethunya


Capitolo tre
Non lasciarmi

Dopo l'incontro dei capofamiglia, non vidi più Eren. Era passata ormai più di una settimana; nel frattempo Mikasa venne a dormire da me, quindi rimanemmo insieme per due giorni consecutivi. Ovviamente venne da sola e io dovetti cercare di intrattenerla il più possibile. La prima sera, organizzai una cena solo per me e lei; fu molto imbarazzante. Nessuno dei due parlava molto, ogni tanto spuntava una risatina nervosa per sciogliere il ghiaccio, ma nulla, il muro tra noi sembrava impenetrabile. Io non le dissi molto, le parlai delle mie prime impressioni su di lei e di altre cose a cui non feci molto caso, mi venne spontaneo parlare a vanvera di ciò che stavo pensando.
-Perché parli sempre di Eren?- 
Ah. Ecco di cos'altro avevo parlato.
Rimasi scioccato. Non me ne ero nemmeno reso conto e arrivai a chiedermi se fosse vero. 
-Io? Perché?-
-Appena sono arrivata mi hai chiesto come sta. Poi mi hai raccontato di quando vi siete incontrati la prima volta, di come avete bisticciato durante la riunione alla corte del re, e di come avete fatto "pace".
Non sapevo più che dire, ero con le spalle al muro. Provai a rispondere con la prima cosa che mi venne in mente, ma era una giustificazione palese, chiunque avrebbe capito che in realtà non sapevo nemmeno io il perché.
-Mi sembrava giusto dirti tutte queste cose, poiché comunque è tuo fratello, volevo informarti del nostro rapporto.- detto questo, bevvi un po' di vino. La mia gola stava diventando secca.
Inizialmente Mikasa, dopo quelle parole, mi guardò con aria di sfida, come se stesse aspettando che le dicessi di più. Io dovetti mantenere l'equilibrio tra l'imbarazzo e il rimanere impassibile, ma fortunatamente, dopo una decina di secondi abbassò lo sguardo e, tirando un sospiro di rassegnazione, mi disse solo: "capito". Mi sentii sollevato e per il resto della conversazione cercai di fare più caso alle mie parole. 
Continuammo a mangiare. Il nervoso e l'imbarazzo mi portarono a scuotere la gamba, per scaricare la tensione che avevo in corpo. Lei mi parlò delle sue giornate, del fatto che amava i fiori e che ci teneva tantissimo ad Eren. Disse che avrebbe fatto di tutto pur di non farlo star male anche a costo di uccidere qualcuno.
-Levi, tu cosa provi per me?-
-Cosa?
Da dove gli è venuta in mente questa domanda? Un attimo prima stava parlando di Eren.
-Tu...cosa provi per me?-
Cosa provo per lei? Cosa dovrei provare? Rispetto? Ammirazione?
-Mikasa...io...sinceramente non lo so. So che sei una ragazza molto carina, pronta a difendere ciò che ami, ma non so nient'altro. Dovrei conoscerti meglio, prima di trarre delle conclusioni in merito. Ma perché me lo chiedi? Che l'amore ci sia o no, noi dobbiamo comunque sposarci.-
-Io vorrei che i nostri futuri figli vivano in un'atmosfera di amore. Saranno la mia famiglia, SARAI la mia famiglia e mi aspetto collaborazione da te.-
Cosa sta dicendo? 
-Collaborazione?-
-Sì, collaborazione. Un minimo dovrai pur far finta di amarmi, perché io farò lo stesso, anche se credo che fingere mi verrà molto semplice.-
Era una confessione d'amore? Non ci sto capendo più nulla, tutto quello che sta dicendo mi sta mandando in confusione. Fingere di amarla?
Nel dubbio non dissi niente. Finimmo di mangiare in completo silenzio e non ci guardammo nemmeno una volta negli occhi. Evidentemente nessuno dei due aveva qualcosa da dire o semplicemente riteneva che non c'era più bisogno di parlare. 
Sono queste le giornate tipo che dovrei passare d'ora in poi?, pensai, e proprio in quel momento Mikasa si alzò e uscì dalla porta.
-Bah, fanculo.- quelle erano le ultime parole che dissi prima di andare a dormire.
Nel letto ripensai a lei. Possibile che si sia innamorata di me? Eppure io non sono una persona socievole, non faccio ridere nessuno, com'è possibile? E con il fatto di Eren, che lo proteggerebbe a tutti i costi...Perché me l'ha detto? Come se m'interessasse. 
C'erano un sacco di domande a cui non avevo risposta, ma decisi che dormire era la cosa migliore da fare, al momento. Dopo una decida di minuti mi addormentai, con la luce della luna che penetrava attraverso le finestre.

Quando mi svegliai, il sole era già sorto da un bel pezzo. Il mio stomaco aveva bisogno di qualcosa, quindi mi alzai in fretta e andai nella cucina. Presi qualcosa di leggero e mi diressi verso il salone, per rilassarmi un po'. Quando entrai però, Mikasa era già lì, pronta a mangiare un frutto.
-'Giorno, Mikasa.-
-Oh, ciao.-, disse in modo freddo, non distogliendo mai lo sguardo dal cibo che aveva tra le mani.
Niente, nemmeno uno sguardo. Non mi guarderebbe nemmeno se stessi soffocando.
-Tutto bene? Ieri la serata si è chiusa in un brutto modo.-
-Sì, tutto bene.-
Basta, ci rinuncio. I miei sforzi per non rovinare tutto sembrano vani.
-Tu mi odi?- Mi uscì istintivamente dalla bocca. Non avrei mai voluto, sarebbe stata la madre dei miei figli e approvavo il suo modo di pensare, ovvero di farli crescere in un ambiente perlomeno amorevole. Se mi avesse odiato, sarebbe stato un problema.
Non disse nulla, spalancò solo gli occhi dallo shock, ma i capelli le coprivano quasi tutto il viso, quindi pensai che fosse solo una mia impressione.
Sbattei una mano sul tavolo, stavo diventando impaziente, e lei sobbalzò. Mi aspettavo che piangesse, che urlasse, che dicesse qualcosa, ma niente. Rimase immobile. 
-Quando vai a trovare Eren?- disse all'improvviso, con una voce molto simile ad un sussurro.
Cioè, mi prende in giro? Dopo tutte le cose serie che gli ho chiesto, adesso parla del moccioso?
-Cosa c'entra Eren? Perché dovrei andare a trovarlo?-
-Anche lui parla spesso di te. Dice di essere felice che tu sia il mio futuro marito, che vorrebbe conoscerti meglio e che non mi devo fermare alle apparenze del tuo carattere freddo.-
Eren aveva veramente chiesto di me? Aveva veramente detto tutto ciò? 
Quella ragazza era taciturna e distaccata, eppure tutte le domande che mi fece sorgere lei nel giro di due giorni, mi portarono dritto dritto nel caos. 
-Per il momento vorrei concentrarmi e conoscere te, se me ne dai la possibilità.-
Era questo quello che volevo davvero?
-Grazie Levi, lo apprezzo molto, ma penso che l'abbia capito anche tu che noi siamo incompatibili.-
-Potremmo anche essere incompatibili, ma dobbiamo lavorarci su, se vuoi veramente creare una famiglia calorosa.-
Iniziò a tremare. Forse quella ragazza era più fragile di quanto pensassi. 
I gesti di affetto non erano il mio forte, quindi mi limitai ad accarezzarle la testa. Avevo un cuore anch'io.
-Sei più gentile di quanto pensassi. Eren ha ragione.-
-Strano a dirsi, eh? L'intoccabile Levi che accarezza la testa ad una donna per tranquillizzarla. Diciamo che ho i miei modi per mostrare affetto.- risposi, mostrandole un lieve sorriso. 
Finalmente mi stava guardando.
In realtà non sapevo cosa fosse veramente l'amore. Non l'avevo mai capito, mai toccato, mai provato. Quelle poche volte che avevo creduto di vederlo in qualcuno, poi mi venne portato via.
Avevo degli amici, un tempo; i loro nomi erano Isabel e Farlan. Loro mi capivano, accettavano il fatto che io non fossi un granché nelle relazioni e comprendevano che avevo un modo tutto mio per mostrargli il mio affetto. Purtroppo però, i soldi gli diedero alla testa. Ci allontanammo, noncuranti di tutte le promesse che ci eravamo fatti; avevamo progettato di scappare da qui, viaggiare e vivere una vita che ci permettesse di fare ciò che avevamo sempre sognato. Poi però, di colpo, si trasferirono insieme alle loro famiglie in un altro paese, per vivere in maniera più agiata e divertirsi con tutto ciò che i soldi potevano offrirgli. Io non feci nulla, non mi opposi; mi arresi all'idea di vivere in una società manipolata solo dal denaro. Quella era un'altra ragione per cui volevo diventare libero, volevo rivendicare tutto ciò che mi era stato portato via da una comunità schiava di potere.
-Levi- la voce di Mikasa interruppe il mio flusso di ricordi. -Vieni a casa con me dopo, mangiamo insieme alla mia famiglia. Poi stai da me la notte, proprio come ho fatto io.-
La sua proposta mi sorprese, ma più che questo, il modo in cui lo disse. Mentre la pronunciava, aveva una voce dolce e mi sentii pervadere dall'affetto che voleva trasmettermi con questa sua iniziativa.
-Oh, va bene.- nella mia voce, invece, notai un leggero fremito. Mikasa ce la stava davvero mettendo tutta per amarmi, a meno che non lo stesse già facendo. Questo rimase per me un mistero.

Quando il sole era alto nel cielo, decidemmo di andare a casa Jaeger, dato che sicuramente c'era molta più vita rispetto la mia dimora. 
Appena arrivati, Grisha e Carla, genitori di Mikasa ed Eren, ci stavano aspettando sull'uscio.
-Buon pomeriggio, signore e signora Jaeger.- mi voltai verso la donna. -Lieto di conoscerla, Carla. La scorsa volta non abbiamo avuto modo di presentarci.- feci un inchino e le baciai la mano.
-Il piacere è tutto mio, Levi. Entrate pure.-
Quando entrammo, la mia mente tornò al primo giorno che misi piede lì e sì, pensai anche ad Eren. La sua innocenza era la cosa che mi colpì di più e ogni volta che ci pensavo, non potevo fare a meno di sorridere.
-Levi, cosa preferiresti per cena?-
Carla mi fece ritornare con i piedi per terra.
-Non ho preferenze, va bene qualsiasi cosa.-
La donna mi sorrise, per poi voltarsi e andare via.
-Mikasa, hai voglia di fare un giro per il giardino?- proposi, sorprendendomi di me stesso e di ciò che avevo appena chiesto; avrei voluto veramente avere una famiglia il più affettuosa possibile e per farlo sarei dovuto essere più vicino a Mikasa. Questo desiderio era uno dei pochi che volevo a tutti i costi realizzare.
Lo sguardo della ragazza si riaccese e rilevai una nota di gratitudine nei suoi occhi. Sinceramente, ne rimasi colpito.
-Sì, andiamo, ti parlo dei fiori che io e la mamma teniamo in cura.-
Mi parve di ritornare giovane vedendo il suo sorriso pieno di innocenza. In questo era molto simile ad Eren. 
Le rose che mi fece vedere le assomigliavano: belle, ma con le spine, quindi parzialmente intoccabili, a meno che non sai già in precedenza dove e come prenderle. Il vento leggero che accarezzava le mie guance, la natura e gli stormi di uccelli che volavano liberi nel cielo, mi fecero desiderare ancora più ardentemente di assaporare l'indipendenza a cui aspiravo da sempre.
Quando ormai stava calando il sole, decidemmo di entrare. Dopotutto, avevo passato un pomeriggio spensierato, anche se provavo solo un affetto fraterno per quella ragazza. 

-Ma guarda chi si vede! Il nanetto aggressivo.-
Il mio cuore si fermò. Era una voce proveniente dal corridoio.
-Eren, sempre il solito mocciosetto ingrato.-
-Mi sembra ovvio, dopotutto è così che ci siamo conosciuti.-
Rimasi zitto e immobile. I suoi occhi puntavano dritto ai miei. Non ci muovemmo, ci fissammo e basta. I suoi grandi occhi verdi sembravano ancora più luminosi di sempre. Era più alto di me e questo mi faceva incavolare, ma infondo non m'importava. I suoi capelli erano visibilmente spettinati, era vestito elegantemente e sul suo collo c'era il segno di un morso.
Una figura da dietro le spalle di Eren, però, interruppe tutto e mi fece capire ciò che avevo appena visto.
-Eren, non mi presenti al tuo amico?-
Era una ragazza dai capelli biondi e gli occhi azzurri, con una voce alquanto fastidiosa e scocciata. Iniziai a formulare delle ipotesi, per poi smentirle pensando di sbagliarmi, ma in realtà avevo colpito il bersaglio.
-Oh, sì. Levi, lei è la mia futura moglie, Annie Leonhardt.-
Futura moglie? Ho sentito bene? Non è vero, no.
-Piacere. E così anche il moccioso si sposa?-
Avrei voluto spaccare tutto. Avrei voluto non essere lì. Avrei voluto non sentire quelle parole, non vedere quella persona e scappare, invece non feci altro che un sorriso chiaramente falso.
-Già.- non so se fu solo una mia sensazione, ma Eren non era per niente felice, anzi, sembrava veramente triste.
Ecco. Di nuovo immobili. Eren che fissava il pavimento, Annie che guardava fuori da una finestra e io che cercavo di capire cosa stesse accadendo al mio corpo e alla mia mente. Non riuscivo a capacitarmi delle mie sensazioni. Perché volevo prenderli a pugni entrambi? Perché ero così affranto?
-Vabbè, vado in bagno.- dissi, spezzando il silenzio e andando via il più in fretta possibile.
Stupido moccioso, cosa mi sta facendo? La mia dignità sta andando all'oltretomba!
In realtà non andai in bagno per fare qualcosa di concreto, se non per riprendere la calma che avevo acquisito nel pomeriggio.

Dopo un po' di tempo uscii e andai subito a cercare Mikasa. Dovevo pur sfogarmi in qualche modo!
-Mikasa.-
-Levi! Hai bisogno?-
-Dammela, qui, ora.
Mikasa arrossì tutta. Forse non dovevo chiederglielo in quel modo diretto e rude, mi sa che si sta arrabbiando. Devo essere più gentile, sono suo ospite, dopotutto. Con calma, Levi, hai ancora molto tempo prima della cena.
- P-porco! -
Porco?
-Mikasa, per favore, dammela, non sto più in me.-
-Ma ti stai sentendo?! Sei un maiale!-
Sono io che non capisco o è lei che non ci arriva?
-Non te la darò ora!-
Ok, è lei che non ci arriva.
-Ti sto solo chiedendo una pezza per pulire, non pensavo fosse una cosa scandalosa.-
-Una che?-
-Una pezza, uno straccio, come lo chiami tu?-
-Ah...- era delusa. Cosa stava pensando? -Ma perché?!-
-I vostri servi non sanno svolgere bene il loro lavoro e io vorrei cenare in un ambiente pulito.-
Mikasa mi guardò storto, ma poi mi diede un pezzo di stoffa e io iniziai a pulire il salone in cui giorni prima notai la presenza di polvere, noncurante di ciò che avrebbero potuto pensare gli altri. La pulizia mi divertiva! 
-Levi, cosa stai facendo?!- 
Oh no, ancora lui.
-Potresti essere anche un po' più pacato, Eren. Comunque non vedi? Pulisco.-
-Eh sì, l'avevo capito! Intendevo...perché?-
-Come puoi notare amo la pulizia e non mangerei mai in un salone pieno di polvere, diamine. Questo posto non è per niente cambiato. Direi che è ora di dire ai servi di lavorare meglio.-
-Lo farò, ma tu smettila. Sei abbastanza imbarazzante.-
-Ehi moccioso, vuoi che ti faccio ingoiare tutta la polvere che ho tirato su fino ad adesso?-
Mi avvicinai al suo viso in modo minaccioso, mostrandogli per bene lo straccio sporco. Lui evidentemente non se l'aspettava e arrossì, portando indietro il busto.
-Cos'hai ora? La stoffa sudicia ti fa eccitare?-
Lui arrossì ancora più di prima.
-N..no.-
-Allora togliti quella faccia da ebete che ti ritrovi.-
Lui rimase fermo a fissarmi e anch'io non riuscii a muovermi, quando successe una cosa inaspettata.
Nel giro di un secondo, senza che io potessi opporre resistenza, mi ritrovai le braccia di Eren attorno al collo e il suo viso sulla mia spalla.
-Eren? Cosa ti è saltato nella testa?-
Il calore del suo corpo provocò in me una scarica di energia. Sentivo di averne bisogno ancora. Nel frattempo la mia mano si rilassò, lasciando cadere il panno per terra.
Non lasciarmi.
-Ehi, moccioso. Cosa ti è preso?-
Sentii del bagnato sulla mia spalla e il mio cuore si ruppe in tanti piccoli pezzi. Le sue lacrime sembravano scottare.
Non lasciarmi. 
-Levi, scusa.-
Eren singhiozzava, avrei voluto stringerlo più forte a me. Stavo scoppiando, volevo che quell'attimo durasse per sempre.
Non lasciarmi.
-Va tutto bene?-, chiesi.
Mi avvolgeva in una morsa dal quale non avrei mai voluto liberarmi. Il suo cuore batteva forte, potevo sentirlo. Era il più bel suono di sempre. Gli accarezzai la testa, recitando la parte dell'impassibile, ma avrei voluto fare molto di più.
Ti prego, Eren, non lasciarmi.
-Sì, ora va meglio.-
Quando lo disse, le sue braccia lasciarono il mio collo. Il suo viso ora era ad un centimetro dal mio, ora. Era sorridente, ma con le lacrime agli occhi. Mi sentii morire.
Non dovevi lasciarmi, stupido.
Proprio mentre lo pensai, il mio corpo si mosse da solo.
Mi ributtai tra le sue braccia e iniziai a stringerlo il più forte che potevo.
Non lasciarmi mai più, pensai. 
Ma lui non lo venne mai a sapere.

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Capitolo 4
*** Catene spezzate ***


Eccomi! Ho scritto questo capitolo più in fretta di quanto pensassi! 
Ringrazio, come solito, i recensori (IAmTheJoker96, alchimistadibudino, sunlight1993, Akira89, Vyrie, che adoro tutte), ma anche voi che avete messo la storia tra le preferite o le seguite! Vi ringrazio tantissimo!:) 
In questo capitolo ho fatto Annie più scontrosa del solito, altrimenti non rendeva l'idea! E poi è descritta dal punto di vista di Levi, quindi mi pare normale che non le piaccia, dato che è la futura moglie di Eren hahah basta, non dico più nulla! 
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento! Un bacio :*

 

Sethunya




Capitolo tre
Catene spezzate


Finalmente lo stavo abbracciando come avrei voluto. Sentivo il suo profumo, le sue braccia che mi premevano ancora di più sul suo petto e i nostri cuori che, ormai, avevano un battito unico. 
Non è un sogno, vero?
-Levi, io non voglio sposare Annie.-
Nemmeno io voglio che tu la sposi, Eren.
Pensavo, e avrei voluto dirglielo, dirglielo davvero; avrei voluto fargli sapere i sentimenti che provavo in quel momento, ma non ci riuscii. L'autocontrollo prevalse sull'impulso, quindi mi staccai da lui, per sembrare ancora più convinto di quello che stavo per dire. Misi le braccia conserte davanti al mio busto, lo sguardo serio, il cuore che batteva a mille...
-Eren...-  
Stai zitto, non è questo quello che vuoi. 
-...purtroppo è una decisione che hanno preso i tuoi genitori...-
Non eri tu il primo che voleva essere libero eh, Levi?  Eren è l'unico che può farti assaporare l'emancipazione di cui parli sempre!
-...ed è nostro compito rispettare le cose che ci vengono imposte.-
Sì, era lui l'unico che poteva farmi sentire in quel modo, ma ero di nuovo inerme davanti al potere. 
E così, ancora una volta, questa società dettata dall'alto, mi ha calpestato.
Eren ci rimase male, potevo leggerlo nei suoi occhi. Quei grandi occhi bellissimi, rossi di pianto, ora mi guardavano più affranti di prima.
Ti prego, smettila di guardarmi così! Dì qualcosa!
Eren rimase immobile per qualche secondo, per poi iniziare ad indietreggiare. 
-Io...-
Disse, andando ancora qualche passo indietro.
-...non voglio..-
Ancora.
-...pensavo mi avresti capito!-
Ancora.
-EREN!!-
Si sentì un forte frastuono. Eren inciampò su un tavolino di legno, cadendo così all'indietro e andando contro i vasi di ceramica della madre, rompendone alcuni. Sbatté la testa per terra e io non ci vidi più.
Gli corsi incontro, stavo pensando veramente al peggio, ma fortunatamente lui era ancora cosciente e non portava segni di lesioni. Mi venne di nuovo l'istinto di abbracciarlo quindi mi accovacciai, ma proprio mentre mi stavo avvicinando a lui con le braccia pronte a prenderlo, mi respinse. Mi diede una forte manata sul petto e io, dato che non me l'aspettavo, mi sbilanciai all'indietro. 
Il dolore fisico che provai in quel momento non era per niente paragonabile a quello che provavo dentro. 
-Non toccarmi...- disse, con il braccio ancora proteso davanti a sé.
Eren, perché? Perché mi hai abbracciato prima? Perché ora mi stai respingendo?
-Cosa ti è preso adesso? Prima morivi per un mio abbraccio, come un fedele cagnolino, e ora mi respingi?-
Dovevo stare veramente zitto, ma ero talmente ferito da quel rifiuto, che le parole mi erano uscite da sole. Ero arrabbiato, diamine se ero arrabbiato! Proprio quando stavo mostrando il me stesso -che avevo tenuto nascosto per così tanto tempo- a lui, quest'ultimo mi spinse via.
-Non sono un cagnolino! Pensavo fossi più maturo, pensavo che avresti capito le mie parole! Invece mi sbagliavo! Siete tutti uguali!-
I suoi grandi occhi bagnati di lacrime mischiati con le parole che aveva appena pronunciato, mi provocarono un taglio netto sull'animo.  
Oh no Eren, ti sbagli. Non sai quanto vorrei farti credere il contrario, abbattere questo schema imposto dalla società e renderti felice, ma da solo mi è impossibile.
-Pensa quello che vuoi, allora. Fidati però se ti dico che ti stai sbagliando.- è questa l'unica cosa che dissi, con gli occhi sgranati perché sconvolti dall'immagine di quel ragazzino che aspirava alla libertà proprio come me. Me lo sentii, fin da quando mi abbracciò, che il nostro obbiettivo era lo stesso e questa ne fu la conferma.
Dopo la mia affermazione non mi mossi. Rilassai i miei occhi e lo guardai dritto nei suoi, finché lui distolse lo sguardo e alzandosi in maniera brusca, sparì oltre la porta. I miei nervi non ce la facevano più; mi portai una mano sul cuore e iniziai a stringere il tessuto dei miei abiti, portando in giù la testa e avvicinandola all'arto che avevo sul petto, con il dolore che mi si poteva leggere in faccia. Mi lasciai andare per terra e mi sedetti, senza forze.
Levi, non sei una donna! Sei un uomo di trent'anni, riprenditi!
Rimasi ancora alcuni secondi fermo in quella posizione, poi mi ricomposi il più in fretta possibile: non mi era concesso che qualcuno vedesse il "forte" Levi ridotto in quello stato. 
Mi guardai attorno: c'erano cocci sparsi ovunque, alcuni polverizzati che richiamavano la sabbia, si erano appostati sui miei pantaloni. In tutto i vasi rotti erano due, su cinque, quindi non era un danno grave.
La porta d'un tratto si spalancò e vidi Carla con gli occhi strabuzzati che mi fissava sulla soglia.
-Oh caro, tutto apposto? Spero che non ti sia fatto male!-
-Tutto bene signora, mi scusi per il casino, pulirò tutto in un attimo.-
-Non fare nulla tu, chiamerò chi è di dovere!-
La mia fronte si stava corrugando e tra le sopracciglia si stavano formando le solite rughe dall'irritazione.
Tsk, vuole veramente chiamare quegli incapaci? 
-Oh vedi? Non stai bene! Hai uno sguardo che fa paura,Levi! Vai a riposarti prima di cena! Posso leggere ciò che stai pensando! Dev'essere stato veramente brutto vedere Eren cadere in quel modo!-
Oh sì signora Carla, rimanga nella sua più disperata utopia. La realtà che si cela dietro il mio sguardo racconta tutt'altro. Quei sudici dei servi stanno arrivando per pulire al posto mio, eh?
Mi rialzai, e mi tolsi la polvere di dosso; Carla ormai era in corridoio ad urlare a qualcuno di correre subito nel salone. Mi diressi verso la porta e qui vidi entrare la donna delle pulizie.
-Vedi di pulire bene, che ultimamente la famiglia Jaeger si sta lamentando dei tuoi servigi.-
La donna mi guardò terrorizzata, ma poi annuì e si diresse velocemente, a testa bassa, verso i cocci dei vasi.
Bene, le ho fatto abbastanza paura.
Quando superai la porta, la voglia di cercare Eren mi assalì; volevo chiedergli scusa per le brutte parole che gli avevo rivolto. Veramente, non era mia intenzione! Poi però mi ricordai il perché della mia rabbia, ovvero il suo rifiuto con tanto di "schiaffo" e repressi le mie voglie. 
-Se ha bisogno mi cerca lui, io non corro dietro ai mocciosi.-
Detto questo, mi accorsi di come Eren mi aveva fatto tornare uno stupido bambino che giocava a capire cos'era l'amore. Dovevo smetterla e concentrarmi sul mio matrimonio.
Mentre vagavo per la casa, trovai Mikasa; le chiesi di indicarmi dove avrei potuto fare un bagno e mi mostrò una stanza infondo al corridoio. Mi ci diressi subito, avevo bisogno di rilassarmi. 
Quando arrivai davanti la stanza, c'era la porta chiusa, ma io l'aprii lo stesso, senza farmi intimidire da quel "segnale".
Per coprire la vasca da eventuali occhi indiscreti, c'era posizionato un paravento innanzi.
Iniziai a spogliarmi delle mie vesti, quando sentii un rumore. Pensai fosse un qualcosa proveniente da fuori, quindi mi avviai alla vasca, ancora con l'intimo addosso; ma quando spostai il paravento...
-LEVIIIIII!!!-
Una figura tutta arrossita mi aveva appena urlato.
- E-Eren?!-
Era proprio lui. Volevo voltarmi ma non ce la feci, poiché sentii come se qualcosa mi tenesse fermo.
I miei occhi caddero sul torace nudo di Eren: era magro, quanto muscoloso, non troppo scolpito, ma nemmeno tutto pelle e ossa. Era giusto, diciamo.
No, non giusto...perfetto. 
SBAM!, in un attimo mi ritrovai un panno sulla faccia che mi impedì di guardare oltre.
-Levi!! Vattene! Non sono un quadro da esposizione!-
-Scusami, non pensavo fossi qui. E poi chi ti guarda! Me ne vado subito.-
Tornai dai miei vestiti per mettermeli addosso e uscire, ma Eren mi corse incontro con addosso solo un panno che copriva le parti più intime, continuando così il dibattito.
-Sei tu che mi stavi guardando, vecchio pervertito!!-
-Haha quanto mi fai ridere, sei veramente uno spasso Eren. Adesso sei tu quello che si sta mostrando! Vestiti.-
Eren diventò di nuovo tutto rosso in viso e mi fissò dalla testa ai piedi come se fossi una figura divina. Finalmente quegli occhi color smeraldo mi guardavano come desideravo.
-Senti, lo so che sono bello, però evita di sbavare.- dissi, con un accento ironico.
Il ragazzo si mise una mano davanti la faccia e si voltò, dandomi le spalle.
- N-non stavo sbavando, sei solo un bugiardo!-
-Però mi stavi fissando, o sbaglio?-
-E con questo? Eri lì davanti a me, stavamo discutendo, cos'altro potevo guardare?-
-Dai, questa scusa è così ben studiata che ti credo. Comunque, hai finito di lavarti?-
- S-sì, puoi andare.-
Guardai la sua schiena. Le spalle erano forti e larghe, una goccia di acqua gli stava scendendo per tutta la colonna vertebrale che si vedeva appena, e i muscoli dorsali erano più scolpiti di quanto pensassi.
-Bene, ora vestiti ed esci.- dissi, per controllare l'impulso di abbracciarlo ancora.
-C..certo.-
Sorrisi, soddisfatto delle sue reazioni. Mi piaceva l'idea che diventasse così tanto imbarazzato in mia presenza; mi faceva sentire superiore, sembravo quello indipendente.
Il solito mocciosetto ingenuo.
E così, pensando alla sua innocenza e sorridendo come un ebete, mi feci uno dei bagni più rilassanti dell'ultimo periodo.

L'ora di cena arrivò e ci riunimmo tutti alla grande tavolata.
Mi aspettavo che alla cena si unisse anche Annie, quindi mi preparai psicologicamente. Io e Mikasa ci sedemmo vicini; come capotavola c'erano Grisha e Carla, e i posti difronte i miei erano ancora vuoti, ma ormai si sapeva già a chi sarebbero appartenuti. Mentre io e Grisha parlavamo dell'incontro alla corte in cui venne anche Eren (mi chiese perdono per la sua poca preparazione), la porta del salone si aprì ed entrarono il moccioso con la bisbetica biondina.
-Oh! Eccovi! Stavamo aspettando voi!- esclamò Carla, invitandoli ad accomodarsi.
-Sempre in ritardo Eren, allora è una cosa abituale per te.- dissi. Avevo un braccio appoggiato sullo schienale della sedia, mentre l'altro era piegato sul tavolo; le gambe accavallate, il busto leggermente spostato verso sinistra, quasi come se stessi dando le spalle a Mikasa -seduta alla mia destra- e la testa dritta verso quella di Eren.
-Non mi capita spesso, in realtà.-
Lo guardai con fare interrogativo, ma lui non appena lo notò, si sedette rapidamente. Gli toccò il posto difronte al mio.
Oh piccolo Jaeger, stasera ci divertiamo. 
Volevo veramente stuzzicarlo il più possibile, per fargli capire il fastidio che mi dava vederlo tutto pappa e cicca con Miss felicità.
-Allora Eren, che mi racconti? Hai già deciso dove fare il matrimonio?- iniziai così, tranquillamente.
-No. Annie ha detto che ci vuole pensare su.-
-Ah, Annie.- il mio sguardo ora era solo per lei. -Hai qualche idea?-
-No.- rispose, guardandomi alquanto scocciata.
Non la sopporto!
-Ma dai, una ragazzina come te, non vorrebbe una festa tutta ornata di rosa? Con i giocattoli qui e là magari, così da soddisfare le voglie da moccioso di Eren.-
Un calcio da sotto il tavolo mi arrivò direttamente allo stinco. Alzai gli occhi verso la sedia difronte a me: Eren era veramente arrabbiato. Avrei voluto continuare, se non fosse per gli sguardi di rimprovero da parte dei signori Jaeger. 
Oh, cavolo, non sto ragionando più. Che ti salta in mente! Quel ragazzino ti ha fatto un buco nel cervello?
-Dai, scusate, si scherza. So che Eren sarà un bravo marito quindi, Annie, non sottovalutarlo.- dissi, per calmare le acque.
Il ragazzo mi guardò a bocca aperta, mentre Annie fece finta di non aver sentito. 
-E tu tratta bene mia sorella, ci tengo molto più di quanto sembri.- disse Eren, serio.
Stai giocando la mia stessa moneta, eh?
-Tranquillo, puoi stare sereno, ci tengo al mio matrimonio.-
-Eren, davvero, tranquillo.- Mikasa si aggiunse al discorso -Sono io quella più preoccupata per te.- detto ciò, fissò Annie con gli occhi che traboccavano di cattiveria. 
-Credi che io possa far del male al tuo adorato fratellino?- la biondina ribatté. La cosa stava seriamente degenerando.
-Sì, lo penso davvero! Non mi sei mai piaciuta e te lo dico chiaramente, non ho paura di una ragazza lagnosa come te.-
Il carattere forte e deciso di Mikasa mi piaceva; almeno in questo andavamo d'accordo.
-Ha parlato la scontrosa.-
-Ragazze, non sarebbe ora di smettere? Siamo ad una cena, non ad un dibattito politico.-
Ecco che la voce di Grisha interruppe tutto.
Mikasa, che prima aveva spinto il busto in avanti in segno di sfida, lo ritrasse indietro, sbattendo la schiena contro la sedia, tutto accompagnato da uno sbuffo. Annie non si era mossa mai: braccia conserte, gambe accavallate e testa sempre leggermente spostata verso il vuoto. Mi chiesi cosa potesse provare quella ragazza sempre così silenziosa e restia; di sicuro doveva aver provato qualcosa di talmente forte da avergli azzerato tutti i sentimenti. O almeno era questo quello che voleva far credere agli altri. Non eravamo così diversi, infondo, ma la cosa che ci differenziava ero lo spirito combattivo: io avrei fatto di tutto per il mio obbiettivo, mentre lei sembrava lontana dalla sua stessa vita, come se si fosse arresa all'idea di tutto ciò che la circondava.
Ci servirono le nostre portate e io parlai il più gentilmente possibile ai signori Jaeger, per fare il ruffiano e scusarmi del polverone che avevo sollevato. Con il padre parlammo di Erwin, che era destinato a sposare Henji, una donna un po' pazza e fissata con i casi psicologici umani. Grisha voleva conoscerla, quindi appoggiai la sua idea e decidemmo di contattarlo per un incontro. Io proposi di far venire anche Mikasa, così da fargliela conoscere. 
-Eren, perché non vieni anche tu con Annie?- esordì Grisha. 
Ecco, così facciamo diventare la cosa pubblica, come se non mi desse già abbastanza fastidio.
-Certo, perché no!- e così chiudemmo il discorso.
Con la madre parlai di come amavo la pulizia. Fu abbastanza imbarazzante quando disse che sarei diventato la "donna di casa" , laddove sarei andato a convivere con Mikasa, ma ci risi sopra, non potevo darle torto. La ragazza invece, sembrava non divertirsi affatto.
Possibile che solo con me ed Eren sia gentile?

Tra le chiacchiere il tempo volò e la cena si concluse; Carla mi indicò la mia stanza, cosicché avrei potuto pernottare lì da loro. 
Io salutai Mikasa con una carezza sulla testa, di baciarla non me la sentivo ancora e lei sembrava pensarla allo stesso modo. 
Mi diressi verso camera mia, quando ci  trovai fuori Eren ed Annie.
Si stavano baciando.
-Se dovete fare i piccioncini, fatelo in camera, non davanti le stanze altrui.-
Eren aveva in volto la paura, Miss felicità sempre impassibile. Rimasi un attimo imbambolato, sperando che dicessero qualcosa, sperando che Eren mi prendesse e mi portasse via, ma non disse nulla.
-Camera di Eren è qui, io sono venuta a trovarlo.- disse Annie, con un'aria contrariata.
-Questo non vi da il permesso di fare i vostri comodi in corridoio.-
Detto questo, non rivolsi nemmeno uno sguardo ad Eren, ma con la coda dell'occhio vidi che abbassò la testa e la girò in una traiettoria diversa da quella che aveva prima. Entrai in camera e sbattei la porta alle mie spalle.
Non potevo credere a quello che avevo appena visto. Eren che baciava Annie, un incubo.
Chissà che stanno facendo ora...
Come al solito, pensai sempre alle peggio cose. Mi stavo riducendo a diventare una femminuccia piagnucolona. 
Volevo intervenire, non potevo lasciarli fare i propri comodi come se nulla fosse, nella stanza accanto alla mia tra l'altro. Prima di agire però, mi misi a pensare: dovevo comportarmi da uomo maturo. Un uomo maturo non sarebbe andato ad intrigarsi negli affari altrui, anche se questo significava star male. Rinunciai subito all'idea di fare qualcosa e, di nuovo, avevo il cuore affranto.
Mi sto uccidendo con le mie stesse mani.
Mi affacciai alla finestra, appoggiando i gomiti sul davanzale, e incrociando le braccia una sopra l'altra.
La luna era veramente grande quella sera e la luce che rifletteva, in parte, copriva le stelle. L'aria che tirava era fresca e non esitai un secondo ad assaporarne il gusto con un respiro profondo: potevo sentire il dolce profumo della natura e l'odore di una tempesta in arrivo. 
In quel momento di piena solitudine, desiderai di poter tornare a non provare nessun sentimento, sarebbe stato meglio per la mia incolumità. C'era un ammasso di gabbie da distruggere prima di poter raggiungere ciò che nascondevo, per questo ero difficile da avvicinare o da comprendere. Infondo, le catene che mi ero costruito, servivano a non avvicinarmi a nessuno, aspettando che fosse qualcun altro a romperle. Nemmeno uno si era mai impegnato veramente prima d'ora, se non quel ragazzino, Eren. Quel che aveva portato avanti lui nel giro di qualche settimana era strabiliante, mi faceva quasi paura perché era ad un passo dal liberarmi, ma non ci riusciva mai. Non avevo pensato all'idea che potesse farmi così male quando qualcuno ci avrebbe provato; lo stavo realizzando pian piano, perché senza accorgersene questa persona disposta a svincolarmi, stava spezzando tutte le ossa del mio braccio e della mia mano, lasciandomi inerme ogni volta. Non riusciva mai a rompere del tutto ciò che mi teneva fermo, però poi tornava a consolarmi, ci riprovava facendomi male ancora e se ne andava di nuovo. Praticamente, sia il mio corpo che la mia anima non ce la facevano più, erano stanchi, ma dovevo recitare la parte del duro, dell'intoccabile. 
Com'è possibile che solo due grandi occhi verdi mi stiano facendo tutto questo?
Rilassai le palpebre, per farmi trasportare dal silenzio, ma qualcosa andò storto.
-ANNIIIEE!- 
Mikasa? Era lei?
-TI CONVIENE ANDARE SUBITO IN CAMERA TUA!-
Cosa sta succedendo lì fuori? In questa casa non si può stare un attimo tranquilli!
Sospirai e mi diressi verso la porta. Quando l'aprii c'era Mikasa infuriata, con difronte Annie ed Eren senza maglietta.
-Mikasa, stai tranquilla, il tuo fratellino non lo stavo stuprando! Era consenziente.-
Lui era cosa?
-Ehi, ehi, cosa state combinando?-
Appena Eren mi vede sobbalzò, accendendosi sul viso.
-Levi, a te da fastidio se io ed Eren passiamo una nottata diversa dal solito? Lo chiedo a te che sei il vicino di stanza. Lei non c'entra nulla, eppure si ostina a mettersi in mezzo.- mi chiese Annie.
Cosa dovevo dire? Certo che mi dava fastidio! Quella era l'occasione giusta per sputare tutta la verità, travestita da scusa.
-Annie, mi sembra normale che se fate rumore io m'innervosisco, quindi se non volete vedere un Levi alquanto incazzato, vedete di fare silenzio.-
-Quanto siete pallosi, tutti e due. Siete fatti l'uno per l'altra. Eren, tu non dici niente?-
Il ragazzo, che precedentemente cercava di nascondersi, si mostrò ancora più imbarazzato di prima.
-Cosa devo dire, ci hanno beccati sul momento e mi sembra giusto interrompere tutto.-
Bravo Eren, stai iniziando a darmi soddisfazioni. 
-Appunto, quindi ora togli i tuoi tentacoli da mio fratello e vai a dormire! Che questa è casa mia, decido io cosa fare!- affermò con sangue freddo Mikasa.
Uuuh, questa era dura da digerire!
-Dai, ci siamo chiariti. Annie vai a dormire, anche tu Eren...le vostre cose le farete un altro giorno.-
Bravo anche tu, Levi!
Annie, adirata, scoccò un bacio sulle labbra di Eren e se ne andò via; Mikasa mi chiese scusa per il casino e la seguì a ruota. Rimanemmo solo io e il piccolo Jaeger.
-Bene, me ne vado in camera. Notte.- dissi, senza rivolgergli nemmeno uno sguardo.
Beccarli sul momento mi  aveva scosso. Era come se mi avessero preso a pugni
Stavo per chiudere la porta alle mie spalle, quando qualcosa me lo impedì. 
-Eren, leva il tuo piede o te lo chiudo qui in mezzo, non ho paura.-
-Levi per favore, devo parlarti. Posso entrare?-
Non riuscii a capire ciò che mi stava accadendo per qualche secondo, ma mi affrettai comunque ad accettare la sua proposta.
-E va bene, entra, ma va a finire che tua sorella picchia anche me. Non la facevo così gelosa!-
-Mikasa lo è sempre stata di me, fin da quando eravamo piccoli. Sono parte di lei infondo, come lo è per me.-
Non mi ero mai accorto del legame profondo che univa quei due, era qualcosa di magico.
Lui si sedette sul letto e io rimasi in piedi, appoggiato alla finestra: un po' d'aria era ciò che mi serviva, quella stanza stava iniziando a diventare un ambiente troppo stretto e opprimente.
-Avanti, che dovevi dirmi?-
Ero in ansia, non sapevo ciò che stava per pronunciarmi e non avevo neanche qualche idea su cui concentrarmi per scacciare i pensieri negativi.
-Ti ricordi di quando eravamo solo io e te nel salone?- iniziò. -Ecco, quando ti ho abbracciato è perché avevo bisogno di conforto. Io non amo Annie, non provo niente per lei, se non quella misera attrazione sessuale su cui mi concentro per non deprimermi rendendomi conto che il nostro matrimonio sarà una vera miseria, ma non è questo il punto.- Esatto, evita di soffermarti su certe cose. -Ciò che sto cercando di dirti è che, insomma...grazie. Hai cercato di consolarmi seppure ci conosciamo da poco tempo. -
Ancora una volta una scarica di energia si espanse per tutto il mio corpo e restare fermo senza fare niente mi sembrò per un attimo impossibile. Un lieve rossore sulle sue gote risaltò di più il colore azzurro che si celava dietro quello verde dei suoi grandi occhi, che ora aspettavano una risposta, fissandomi dal basso.
Mi girai di scattò, per trattenere i miei impulsi e guardai fuori dalla finestra.
-Figurati, non è un problema. Anzi mi dispiace per la tua caduta e tutto ciò che è avvenuto dopo.-
-Già, quando ti ho respinto.-
Perspicace il ragazzo.
-Ecco, per quanto riguarda la rabbia di quel momento- continuò -posso assicurarti che era questione di un attimo. Se ecco...se ora tu mi volessi abbracciare...- Eren, dove vuoi andare a parare? Stai sgretolando il mio autocontrollo. -...io non me lo farei ripetere due volte.-
Spalancai gli occhi dalla sorpresa. Mi diedi di nascosto un pizzicotto da solo, per vedere se non era un sogno tutto quello che stava accadendo, ma provai dolore. Era tutto reale.
Non riuscii a dir nulla, rimasi immobile e abbassai la testa in segno di resa. Non sapevo che fare, ero troppo emozionato per potermi muovere, non capivo più nulla, era la prima volta che non controllavo più il mio corpo e, inoltre, la mia mente non voleva capacitarsi del fatto che non era un'allucinazione. Quelle parole lui le aveva dette veramente.
-Allora io vado, Levi...scusa il disturbo.- disse Eren, alzandosi e pronunciando quelle parole con tristezza e delusione.
Ancora nessuna risposta da parte mia, solo silenzio. Quell'atmosfera mi stava facendo impazzire, il mio cuore stava per scoppiare.
Che aspetti Levi? Liberati da quelle catene, fallo per te, provaci una volta per tutte a contribuire alla distruzione dei tuoi stessi vincoli!
Quando Eren stava per girare la maniglia della porta, io lo bloccai, facendolo voltare con il corpo verso di me. Fu una questione di un attimo. Mi avvicinai con il mio viso al suo il più in fretta possibile, in modo che lui non potesse ribattere subito. Ma, inaspettatamente, lui non si tirò indietro.
Le mie labbra e le sue, ora, erano unite in una danza dalla quale era difficile staccarsi. Misi le mie braccia attorno al suo corpo e lui appoggiò le sue sulle mie spalle, distendendole in avanti e richiudendole alla fine con le mani.
Il suo corpo sotto il mio tatto era fragile e tremava, quasi avesse paura di quell'amore strano che stavamo vivendo. Potevo sentire i muscoli dorsali che, quello stesso pomeriggio, vidi, spogli di ogni abito. 
Per quegli attimi, tutti i miei pensieri più brutti, tutto il mio passato e le cose recenti che mi scossero, sparirono, lasciando spazio alle emozioni che stavo provando in quel momento. Ero confuso, troppe erano per dirle tutte quelle sensazioni, ma di sicuro ero felice, più che mai. 
Le mie mani erano spinte da una forza ultraterrena: non stavano un attimo ferme, andavano su e giù per tutta la schiena di Eren, fino ad arrivare alla nuca, dove gli strinsi dolcemente i suoi capelli tra le mie dita. Erano così soffici. 
Lui non si mosse più di tanto, era imbarazzato e aveva paura di fare qualche errore se si fosse lasciato andare. Si limitò a spingere, con una mano, la mia testa contro la sua, per provare ancora più emozioni; con l'altra andò a cercare una delle mie, per poterla stringere più forte che poteva e passarmi così tutte la trepidazione che stava provando in quegli attimi.
Il cuore di Eren batteva, batteva forte, ma non importava, perché anche il mio era praticamente impazzito. Il sapore dell'aria mischiato a quello delle sue labbra, mi portarono ad  uno stato paradisiaco, che mai avevo provato fino ad ora. 
E mentre Eren mi prese lentamente la mano, potei sentire le ossa rotte ricostruirsi e le catene, finalmente, sciogliersi.
La stanza ormai non era più troppo stretta.
Per la prima volta nella mia vita mi sentii veramente libero
.

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Capitolo 5
*** Le ali della libertà ***


Salve! Scusatemi davvero tanto per il ritardo, ma sono così maledettamente impegnata! Finalmente sono in vacanza, un po' di divertimento anche per me hahah
Comunque vi avviso fin da subito che sarò lenta a pubblicare i capitoli! Uno alla settimana ci sarà sicuramente, non preoccupatevi!
Ringrazio chi ha recensito il mio capitolo precendente (Vyrie, sunlight1993, Akira89), siete grandiose! E, come al solito, un grazie a chi ha aggiunto la storia tra le preferite o le seguite!:)
Ho preso in considerazione il consiglio di sunlight1993, ovvero di fare alcune parti POV Eren, quindi ne ho approfittato per provarci! Ditemi come vi sembra, che al massimo nelle parti più importanti facciamo parlare anche il mocciosetto ;)
Un bacio a tutti dalla vostra autrice:*
Sethunya




Capitolo quattro
Le ali della libertà


Eren's POV:
Levi ci aveva beccati. Io e Annie seminudi, pronti per fare qualcosa di cui mi sarei pentito, come tutte le altre volte, ma che avrei voluto fare per scaricare ciò che tenevo in corpo. Non avevo la possibilità di avere chi volevo, di vivere come volevo, quindi il sesso mi permetteva di godere almeno un po' su tutto lo schifo che sarebbe diventata la mia vita.
Ma, come ho detto prima, Levi ci aveva beccati. In realtà ci aveva scoperti Mikasa, ma non era tanto importante quanto lui, che era l'ultima persona a cui avrei voluto far vedere quella scena. Dopo aver mandato via Annie, decisi di parlare con Levi; dovevo spiegargli tutto. E così feci.
Entrai in camera sua, dissi tutto quello che dovevo dire: gli chiarii lo "spettacolo" a cui aveva appena assistito, lo ringraziai per avermi supportato, mi scusai per averlo rifiutato aggiungendo che, infondo, avrei voluto un altro suo abbraccio.
Lui niente, impassibile; guardava fuori dalla finestra senza voltarsi e io iniziai a pensare che, probabilmente, non gli importava nulla di me. Mi alzai, andai alla porta dicendo qualche parola per dileguarmi in maniera cordiale, ma proprio mentre la stavo per aprire, le sue mani mi presero i fianchi e mi fece girare verso di lui. Fu un attimo: le sue labbra erano sulle mie.
Non me l'aspettavo neanche un po', ma ero così felice!, felice e imbarazzato, oserei dire.
Mi lasciai trasportare da quel vortice che erano diventate le mani e le labbra di Levi, assaporando ogni istante e cercando di aggrapparmi a tutte le sensazioni che provavo. In realtà non feci molto, oltre a stringerlo più forte a me e a prendergli la mano: non sapevo che fare! Con Annie era tutto più facile, non m'importava se fossi sembrato un emerito idiota, ma con lui...
Finalmente tutti i miei dubbi su ciò che provava Levi (e, sinceramente, anche su ciò che sentivo io) sparirono e una luce ancora più chiara e bella si fece spazio tra i miei pensieri. Il mio copro tremava da quanto volevo esternare l'emozioni di quel momento, ma trattenni i miei istinti e mi feci controllare da Levi. Ero la marionetta di un amore strano e complicato, eppure in quel momento non era di mio interesse; avevo solo bisogno del calore del suo corpo. 
I suoi baci, spinti ma delicati, le sue mani, veloci ma dolci, e il suo corpo, piccolo ma potente, mi facevano stare bene. Non avevo bisogno di altro e avrei voluto che tutto quello non finisse mai; ma nel frattempo, la realtà che ci circondava, mi fece perdere un attimo tutta la gioia che stavo provando, perché quell'amore sembrava non poter continuare nelle condizioni sociali della nostra epoca. Avrei voluto amare chi volevo (ovvero lui), avrei voluto vivere una vita lontana dai canoni che venivano imposti dalla comunità e sapevo che per Levi era lo stesso. 
Eravamo diversi, ma avevamo lo stesso sogno e, in più, provavamo qualcosa l'uno per l'altro.
Quindi è questo ciò che tutti chiamano il "destino"?
I nostri baci avevano un sapore di libertà: entrambi in quel momento sentivamo di poter raggiungere persino le stelle, potevamo spiccare il volo con le ali che, con un solo bacio, ci eravamo  riusciti a creare. Era tutto così meraviglioso che non sembrava vero e, ad ogni suo bacio, mi toglieva un po' del mio respiro.
Ricordo ancora della prima volta che lo vidi: era così buffo, ma la luce che lasciava intravedere nei suoi occhi grigi ed allungati, trasmetteva qualcosa di più profondo. Come me, lui era stanco di tutta quella situazione -del matrimonio combinato- e avrebbe voluto scappare chissà dove. Fu come se con un solo sguardo, riuscii a capirlo e a comprendere tutte le ombre del suo passato; il suo carattere freddo e prepotente confermò le mie ipotesi. Per questo lo stuzzicai, per capire il suo vero animo facendolo traboccare di rabbia. Quel giorno in cui piansi sulla sua spalla era una sorta di richiesta d'aiuto, ma ricevetti solo rimproveri, quindi mi passò alla mente l'idea che, in realtà, l'immagine che mi ero fatto di lui era solo un'illusione. 
Non so cosa mi attirò di Levi e non so nemmeno quando capii che non provavo solo comprensione nei suoi confronti bensì anche amore, ma so per certo che, con quei suoi baci inaspettati, mi fece sperare ancora una volta nella possibilità di una via d'uscita da questa vita segnata. All'inizio lo odiavo, eccome se lo odiavo, ma era di quell'odio che offusca l'amore. Lo odiavo, ma lo volevo tutto per me; ero arrivato a non sopportare Mikasa, mia sorella, perché avrebbe potuto viverlo, e inoltre pensai che Levi l'amasse davvero. Eppure, nel momento in cui lui mi prese i fianchi -facendomi sentire tutta la voglia di possedermi che cercava di affogare per non spingersi troppo oltre e, eventualmente, ferire il mio stato d'animo- tutti i miei dubbi, tutte le mie pare mentali che per settimane avevano oscurato la mia vista, mi lasciarono spazio ad una visione del mondo tutta nuova. 
Lo amavo, come non avevo fatto con nessuno prima. 
Avevo una tale paura di questo sentimento così forte, che quasi volevo gettare via tutto, ritornando a quello stato di prigionia che per anni avevo vissuto, ma il sapore della libertà era così percepibile sulle labbra di Levi, che superò tutto il resto.
-Levi- interruppi un attimo i nostri baci per dirgli una cosa che mi premeva -grazie per avermi mostrato la mia ala mancante,- Levi era incredulo, non capiva -ora, per favore, fammi volare come ho sempre sognato, ma per far sì che ciò avvenga, tu devi accompagnarmi, perché sei tu il possessore della parte perduta. Tu non le vedi, ma io sì, sono così chiare ai miei occhi che potrei disegnartele: noi due, insieme, formiamo le ali della libertà che io ho cercato per anni. Grazie!-
Levi mi sorrise, quasi come per prendersi gioco del mio essere un po' infantile, ma poi aggiunse:
-Voglio vederle anch'io. Promettimi che me le disegnerai, sarei più che felice nel prestarti la mia ala.-
I miei occhi si illuminarono -finalmente qualcuno mi capisce- quindi gli dissi di sì con un cenno del capo.
E i baci ripresero.

Levi's (sì, come la marca) POV:
Le parole di Eren mi fecero veramente prendere in considerazione l'idea di un'esistenza delle ali della libertà di cui aveva parlato, perché anch'io sentii di poter volare grazie alle sue attenzioni. Poteva sembrare una cosa alquanto infantile, ma detta da lui era una cosa veramente magica. Ci stavamo ancora baciando: Eren appoggiato alla porta con la schiena e io difronte a lui, con una mano intrecciata nella sua e l'altra appoggiata delicatamente sul suo dorso, mentre lui giocava con i miei capelli; ma, proprio in questo momento, sentimmo bussare alla porta.
Potei leggere il panico che incombeva negli occhi di Eren.
-Levi, sono Mikasa. Eren è lì con te?-
Mi schiarii la gola con un colpo di tosse e risposi:
-Sì, il moccioso è venuto a scusarsi, ora ti apro.
Eren si precipitò a sedere sul letto, cercando di acquistare un viso normale e composto.
Io mi aggiustai un attimo i capelli e aprii la porta.
-Oh Eren, eccoti! Pensavo fossi andato da Annie!
Mikasa si precipitò addosso ad Eren, abbracciandolo e chiedendogli scusa per la sceneggiata che aveva creato lei stessa.
-Tranquilla Mikasa, è tutto apposto, non preoccuparti. Levi mi ha tranquillizzato, ero nervoso, pensavo che tu fossi arrabbiata- disse Eren, lanciandomi uno sguardo d'intesa.
-Vedi Eren? Avevo ragione, lei non è arrabbiata con te, ma con Annie- intervenni, per sorreggere il discorso. Dire a Mikasa di quello che era successo tra me e il suo adorato fratellino mi avrebbe portato direttamente alla fine dei miei giorni ma, dopotutto, prima o poi avremmo dovuto confessare ogni cosa.
-Grazie Levi, per esserti preoccupato per Eren. Hai ragione, ce l'ho solo con quella bisbetica! Fare tutto così, in casa nostra! Anche tu Eren, però!
-Scusami, è stato l'attimo, la situazione...
-D'accordo, ti perdono! Ora posso dormire serena. Vado a dormire! Mi raccomando, fatelo anche voi il più presto possibile! A domani- e con mia grande sorpresa, mi diede un bacio sulla guancia. Evidentemente la devozione che provava nei miei confronti per aver rianimato l'animo di Eren era tanta.
-... a domani- risposi poi, con un attimo di esitazione, ma ormai Mikasa aveva già chiuso la porta.
Il silenzio ora era parte predominante della camera. Il nostro bacio fu interrotto così all'improvviso, che la magia di quegli attimi svanì. Eren guardava in basso, immerso nei suoi pensieri e io lo fissavo, con le spalle contro la porta e le braccia conserte, cercando di decifrare ciò che avrebbe potuto pensare. 
Eravamo entrambi preoccupati di dove ci avrebbe portato quell'amore "maledetto", ma questo si sapeva; la domanda che mi posi fu: e ora, saremo pronti a portare avanti ciò che abbiamo iniziato? Forse dovevo pensarci due volte prima di baciarlo.
In un attimo mi pentii di ciò che avevo fatto; mi odiavo, pensavo di aver rovinato tutto, di aver fatto una stronzata irreparabile, ma di aspettare non ne avevo più voglia.
Passammo dei minuti così, con Eren perso nel vuoto e io perso a guardarlo, al che decisi di parlargli.
-Eren- sobbalzò, come se stesse sognando, per poi guardarmi -tutto bene?-
Non avevo la più pallida idea di come mi sentissi io. 
Preoccupato? Infelice? Impaurito?
- S-sì, scusa, è che mia sorella mi ha portato alla realtà.
Già, la realtà, uno schifo.
-Immaginavo. Perdonami se ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio.
-No!- rispose immediatamente Eren, con voce alta e sicura -non devi scusarti, lo volevo anch'io, ma ora sono turbato. Non so come potremo andare avanti, Levi, non ci è concesso.
Quelle parole, seppure in cuor mio me l'ero ripetute all'infinito, furono come mille pugnalate al petto. Non volevo ancora crederci che, proprio quando finalmente avevo trovato la via della felicità, un altro ostacolo mi si era piazzato davanti; di conseguenza cercai di soffocare la verità ai miei occhi, ma era così luminosa e distinta che non potei fare a meno di vederla.
Io ed Eren eravamo destinati a separarci.
Quelle iridi color smeraldo che ora mi fissavano in attesa dell'esito dei miei pensieri, mi fecero riacquistare fiducia.
-Lo so benissimo Eren. Se non vuoi continuare allora finiamola qui direttamente e chi s'è visto s'è visto.
Il mio battito si fermò per un attimo. 
Dimmi che vuoi metterti alla prova, avanti.
Spalancò gli occhi e rispose il più in fretta possibile con un "Almeno proviamoci", deciso e conciso.
Ecco di nuovo che il mio cuore riprese vita. 
Menomale!
-D'accordo, proviamoci, ma sai che questo segreto non possiamo tenerlo a lungo, vero?
-Certo, ed è per questo che stavo pensando di scappare insieme a te.
Le sue parole mi sembrarono frottole in un primo momento, ma quando iniziai ad analizzarle, pensai che l'idea non era male. Troppe però erano le difficoltà.
-Ma dove andremo? Cosa faremo? Dove mangeremo? Purtroppo è una cosa troppo avventata. 
-Proprio per questo faremo passare qualche giorno, in cui metteremo su soldi e scorte di cibo e...
-Calmati.- lo interruppi -dovrei veramente fare affidamento su un moccioso come te?-
Gli occhi sognanti di Eren tornarono alla normalità.
-Perché non dovresti? Smettila di fare il duro e ascoltami, se vuoi davvero portare avanti questa storia.
Il senso di indipendenza che era racchiuso in quella frase mi sorprese, per cui decisi di assecondarlo.
-E va bene, dimmi cosa ha pensato la tua mente di moccioso maturata da un momento all'altro.
Eren sorrise e riprese a parlare ottimista.
-Come stavo dicendo, dobbiamo sicuramente aspettare dei giorni. Non dico troppi, meno di una settimana anche, dipende da quanto ci mettiamo! Dobbiamo raccogliere ciò che ci è possibile: cibo, denaro, oggetti per la sopravvivenza, ecc. Per ripararci, inizialmente, so già da chi andare: Armin Arlert; è un ragazzo di campagna, un amico d'infanzia e quindi di fiducia. Potrebbe ospitarci in un primo momento, finché non avremmo portato le nostre scorte in una vecchia casa nelle vicinanze del bosco. Non è niente di che, alcune cose sono rotte, ma per arrangiarci senza recare troppo disturbo ad Armin è il massimo, siccome è sperduta.
Ascoltavo con interesse tutta l'energia che ci stava mettendo per portare avanti la nostra storia; era qualcosa di sorprendente: finalmente qualcuno avrebbe fatto di tutto per me.
-...poi cerchiamo di trasferirci in un'altra città, lontana da questa e viviamo come semplici contadini. Dovremmo partire la sera, quando nessuno ci vede, sennò...-
-Eren- troncai un attimo il suo discorso.
-Sì? ho detto qualcosa di sbagliato?
-Oh, no, sembra tutto così maledettamente funzionante. Solo...grazie.-
Sul volto di Eren si formò un rossore acceso e i suoi occhi si bagnarono di lacrime, teoricamente di felicità. E così, con la voce tremante, riprese ad espormi il suo discorso, finché non ci addormentammo insieme, nello stesso letto, abbracciati.

La luce che penetrava dalle finestre mi svegliò.
Eren non c'era più.
Mi alzai di corsa, un po' preoccupato e mi recai nel salone per fare colazione, speranzoso di trovarci Eren. E così fu.
-Buongiorno, nano.-
Sorrisi, compiaciuto. Era bello vederlo di prima mattina, così felice e pronto a stuzzicarmi.
-'Giorno, moccioso. Mikasa?-
Il suo volto divenne viola.
-Perché mi chiedi di mia sorella? Hai già cambiato idea?-
Scoppiai in una risata fragorosa: era da tanto che non succedeva.
-Ehi, sei geloso?- andai a sedermi nel posto accanto al suo.
Ecco che arrossì di nuovo.
-..forse- rispose, guardando in una traiettoria diversa dalla mia.
Toc toc, fecero alla porta. Un servo era venuto per annunciarci che Grisha aveva bisogno di parlarci.
-Eren, hai detto qualcosa a qualcuno? La tua parte infantile può aver urlato ai quattro venti i nostri piani.
-Sei impazzito? Ovvio che no! Comunque andiamo.
Quando arrivammo nello studio del signor Jaeger, lui ci fece accomodare su delle sedie di fronte alla sua.
-Vi ho chiamati perché ho ricevuto risposta da Erwin. Domani andremo a fargli visita, ognuno con le rispettive mogli.
Ah, Erwin. Almeno a lui dovrei parlare di Eren, mi posso fidare. Sicuramente non gli confiderò dove o cosa abbiamo intenzione di fare: la prudenza non è mai troppa.
-Certo signor Grisha,- risposi -le ha già detto l'orario?
-Nel pomeriggio.
Sorrisi, abbassando il capo in segno di gratitudine.
-Però, puoi farmi un favore? Vi ho chiamati qui apposta per questo; andate dal sarto a farvi fare degli abiti nuovi, sarà un incontro elegante, seppure si tratta di Erwin. Lui è un uomo di classe e dobbiamo farci vedere altrettanto sofisticati.
-Quindi vorrebbe che io ed Eren andassimo in città?- dissi, pensando a come sarebbe potuta essere una giornata solo me ed Eren. Finalmente saremmo stati un po' più liberi.
-Esatto e, dato che vorrei che ci andaste subito, verso ora di pranzo fermatevi alla locanda di Pixis. Sarà lieto di accogliervi, ho già mandato qualcuno ad avvisarlo e a pagarlo! Vi darà il cibo e una camera, in cui alloggerete senza stare a tornare indietro per domani. Il mattino seguente, quando il sole sarà alto, passeremo a prendervi in carrozza. La dimora di Erwin non dovrebbe essere troppo distante dalla locanda. Pranzeremo da lui!
Io ed Eren a dormire da soli? Insieme?
Sapevo di averlo fatto la notte stessa, ma l'idea di avere una camera tutta nostra senza nessuno che avrebbe potuto intromettersi, mi piaceva.
-Signore, almeno mi permetta di pagare l'abito di Eren.
-Grazie Levi, ma non ce n'è bisogno. Pagherò anche il tuo, ormai fai parte della famiglia. Basta chiacchiere, preparatevi ed uscite! Dal sarto dovrebbero venire anche le ragazze, andate a chiamarle.
-Padre, ma Mikasa ed Annie faranno la stessa cosa?
-Certo, dovranno pur legare in qualche modo? Su su, andate.
Il signor Jaeger, come al solito era sbrigativo e di poche parole, ma lo ringraziai per la sua immensa disponibilità. Sebbene mi avesse offerto tutte quelle cose, mi lanciava comunque sguardi d'odio misti ad ammirazione; non gli andavo a genio, ma il mio essere risoluto e col sangue freddo, anche in occasioni politiche, gli era sempre piaciuto.
Quando chiudemmo la porta dell'ufficio alle nostre spalle, mi rivolsi ad Eren:
-Un'intera giornata con un moccioso come te? Vedi di non lagnarti troppo, altrimenti ti metto in castigo.
Lui mi guardò serio, per poi rispondermi:
-Un nano vorrebbe prevalere su di me? Ma non scherziamo...-
Appena sentii quelle parole, con forza e accortezza, lo spinsi contro il muro facendogli appoggiare la schiena. Mi misi difronte a lui, con una mano in tasca e l'altra appoggiata alla parete vicino alla sua testa; con fare superiore, protesi il busto fino ad arrivare viso contro viso con Eren che, inevitabilmente, avvampò.
-Il tuo corpo non la pensa come hai appena detto eh, piccoletto?
Lui non disse nulla, spalancò solo gli occhi restando immobile col fiato corto. Io rimasi ancora qualche secondo fermo in quella posizione, per poi sciogliere i muscoli e scoppiare in una risatina che cantava vittoria. 
-Dai, vieni, andiamo a chiamare quelle due.
Lui annuì vigorosamente e mi seguì a ruota.
Ogni volta che ero in sua presenza il mio corpo tornava ad essere pieno di un qualcosa che non mi era chiara, ma che di sicuro era veramente positiva. Mi dava la forza per andare avanti.

Nel mattino tardi uscimmo io, Eren, Annie e Mikasa. Decidemmo di andare a piedi  in città, senza far scomodare qualcuno o farci notare troppo.
Annie stava continuamente appiccicata ad Eren e io e Mikasa eravamo pronti a fulminarli continuamente. Eren estremamente imbarazzato, cercava di scappare dalle sue continue moine; Annie non era tipo da queste cose, eppure quando  in sua presenza c'eravamo anche Mikasa ed io, faceva di tutto pur di farci incazzare. Non so perché, probabilmente si divertiva.
Durante il tragitto parlavamo del più e del meno; spesso c'erano intervalli silenziosi in cui si sentiva solamente lo scalpiccio  dei nostri piedi sulla ghiaia del sentiero che portava in città, ma ognuno si sforzava di tirare fuori un argomento per parlare da persone civili, senza creare casini o discussioni. 
Io e Mikasa come al solito stavamo distanti l'uno dall'altra; scherzavamo, facevamo la battutina, ma di tenerci per mano o altro, non se ne parlava.
Arrivammo dal negozio del sarto: era piccolo, pieno di lana e varie stoffe, tutto in disordine e disposto male quindi, come al solito, il mio lato da perfetta donne delle pulizie non poteva stare zitto.
-Salve signore,- mi rivolsi al sarto -siamo venuti per farci fare dei vestiti su misura, ma vedo che gli acari della polvere ci hanno preceduto.-
I tre ragazzi cercarono di trattenere le risate, ma con scarsi risultati.
-Vedo che ai giovani d'oggi piace scherzare! Venite, prometto che d'ora in poi sistemerò meglio questo posto.
-Ci scusi lei signore- intervenne Eren -se abbiamo l'ottavo nano con noi: Lucidino. Lucidino, fai ciao ciao al sarto!
-EREN.- ed ecco le mie sopracciglia che iniziavano a puntare verso il basso e le rughe tra di esse che si stavano formando. Eren non smetteva più di ridere; il suono della sua ilarità mi fece scaldare il cuore. Annie, Mikasa e il sarto cercarono di trattenere, nuovamente, le risa; quando però mi girai con sguardo minaccioso verso le ragazze, loro cercarono di riprendersi mettendosi a parlare di cose veramente senza senso.
-Ma guarda, all'improvviso siete diventate amiche?-
Notai sui loro volti che mi avevano sentito, ma cercarono comunque di far finta di nulla, continuando a parlare di come il sole brillava quel giorno o di quanto poteva essere bello fare il bagno la sera.
La cosa mi divertiva assai, anche se ero diventato lo zimbello della situazione, mi fecero stare veramente bene; da tanto tempo non avevo degli amici, o perché non piacevo a nessuno o perché ero io stesso che non volevo qualcuno. Ci fu un periodo in cui pensai che avere degli amici era inutile, perché la vita prima o poi te li porta via; ma all'età di trent'anni, mi concedetti un po' di "svago", lasciandomi trasportare dalla loro gioia di vivere.

Quando finimmo dal sarto, uscimmo tutti assieme, decidendo di andare a mangiare da Pixis: aveva sia sala ristoro che camere, quindi se avessimo mangiato lì, non ci sarebbe stato nessun problema.
Il sorriso enorme stampato sulla faccia dell'uomo, mi accolse con tanta benevolenza all'interno del locale:
-Salve Pixis, da quanto tempo!-, dissi cercando di essere il più cordiale possibile.
-Levi! Sei proprio tu? Oh ma ci sono anche Eren e Mikasa! Quanto siete cresciuti! Venite, il signor Jaeger mi ha già spiegato tutto!-
Ci fece accomodare in una stanza dove i mobili in legno avevano la meglio; tavoli e sedie in legno, ben lavorato e sistemato in modo grazioso e rasserenante per gli occhi,  il tutto ornato da 
fiori colorati con una fragranza che stuzzicava le narici; c'erano anche degli uomini che suonava alcuni strumenti per accompagnare i pranzi e le cene degli ospiti, in modo da rallegrare la giornata a tutti. 
-Mi piace molto questo posto.- dissi, soddisfatto.
-Evidentemente il signor Jaeger ha pensato di mandarti in un luogo adatto alle tue aspettative da Lucidino.- disse Annie, provocando la risata degli altri, stavolta non più trattenuta. Io ammisi a me stesso che la sua battuta fosse buona e sorrisi.
Non so come mai, ma all'improvviso diventammo tutti molto più socievoli e uniti; tutti che scherzavano, ridevano, si divertivano e mi chiedevano perché io mi contenessi sempre quando dovevo ridere. Il perché non lo seppi nemmeno io, ero veramente felice e mi stavo svagando, ma ridere di buon gusto non mi riusciva facilmente, c'era ancora qualcosa che mi bloccava.
-Grazie, ragazzi, purtroppo nemmeno io riesco a comprendermi, ma giuro che non ero così allegro da tanto tempo.-
MI guardarono con meraviglia, come se fosse strano che io provassi sentimenti positivi.
-Non guardatemi così, sono umano anch'io.
E tutti scoppiarono a ridere, mentre io non riuscivo a comprenderne la ragione.
-Bella battuta Levi!- disse Eren tra le risate.
-Mocciosi di merda!- risposi, ridendo, perché non lo pensavo realmente, mi avevano fatto passare una giornata diversa, mi avevano fatto vivere. 
Non ci capacitavamo del perché fossimo così in sintonia, ma non ne facemmo un dramma e continuammo a mangiare.

Verso il pomeriggio tardi le ragazze se ne andarono, mentre io ed Eren uscimmo un po', per dirigerci in una distesa di verde nei pressi di un lago, ad ammirare il crepuscolo.
Ci sedemmo sotto la chioma di un albero di ciliegio in fiore: era primavera.
Un vento fresco faceva cadere i petali rosa dai rami, che si andavo ad incastrare nei capelli soffici di Eren. 
Il suo viso, i suoi occhi, il lago, i fiori: era tutto spettacolare, da togliere il fiato; assaporavo ogni minimo istante, non mi lasciavo mai scappare di vista uno stormo di uccelli nel cielo o qualche pesce che saltava fuori dall'acqua, per non parlare di Eren, sembrava così innocente e di un'insicurezza che faceva pensare all'imbarazzo, che non fissarlo mi veniva impossibile. Ogni tanto lo sorprendevo a guardarmi.
-Levi- disse lui, ad un tratto, per attirare la mia attenzione -ti ho disegnato le ali della libertà.- Mi porse quindi un foglio, con sopra il disegno di due ali dai colori diversi (blu e bianco) che si univano, quasi a formare uno stemma. Era molto bello, Eren aveva preso veramente in considerazione la mia proposta e io ne fui molto grato.
-Non è affatto male. I miei complimenti.
-Ora riesci a vederle? 
Mi chiese con quegli occhi grandi che trasmettevano una dolcezza unica.
-No,- risposi -ma se ti bacio le vedrò- e così feci. Mi avvicinai a lui, con una mano presi il suo mento e avvicinai dolcemente il suo viso verso il mio; ancora una volta non oppose resistenza.
Mentre ci stavamo baciando, pensai veramente di averle viste dietro di noi. La sua ala s'intrecciava con la mia, e ancora una volta spiccammo il volo verso l'infinito dei nostri sogni.

Quando ormai fu ora di cena, decidemmo di passare dal sarto per farci dire quando sarebbero stati pronti i vestiti.
Io ed Eren parlavamo di tutto, anche se lui era imbarazzato; potevo sentirmi libero di dire tutto quello che volevo, perché sapevo che lui avrebbe capito ogni minima parola e ogni minimo mio gesto. Non mi riconoscevo più, il Levi "vecchio", cioè quello duro e distaccato da tutti, stava per essere sopraffatto da quello "nuovo", gentile e con la battuta pronta. Fin quando non ebbi conosciuto Eren, non potei capire cosa voleva dire "cambiare per amore"; quel ragazzino mi ha insegnato tanto e gli devo veramente tutto.
Tra una risata e l'altra, arrivammo alla porta del negozio; all'interno c'era il sarto che era già a buon punto, grazie anche all'aiuto di altri tre sottoposti: ognuno doveva creare un abito a testa.
Il capo ci accolse dentro dicendoci che l'indomani mattina sarebbero già stati pronti, aggiungendo che eravamo fortunati ad essere dei nobili a cui gli indumenti venivano fatti nel minor tempo possibile.
Grazie signore per infierire, ci ha classificati come viziati, pensai. Però, guardando Eren, realizzai che tutto sarebbe finito nel giro di qualche giorno. Finalmente avrei avuto una vita normale con la persona per cui provavo qualcosa di veramente forte. Non ero ancora pronto a dirgli di amarlo, ero così scosso dai miei stessi sentimenti, che dovetti aspettare un po' prima di metterli in ordine.
Andammo fuori, salutando -sforzatamente- in maniera gentile il signore, per poi fantasticare sul nostro futuro. No, questo era Eren, il solito mocciosetto che esternava con facilità tutto quello che provava, io mi limitai ad ascoltare e figurare nella mia mente le immagini che mi descriveva. Non potevo credere che finalmente era arrivato il giorno di diventare libero, allontanandomi da tutta questa gente ipocrita e con la doppia faccia. Avrei potuto vivere con la persona che volevo,senza obblighi né restrizioni, in una casa normale senza pregiudizi o ingiustizie. Ma a quell'insieme di sensazioni positive, si fusero la paura e l'ansia. 
Saremmo riusciti veramente nel nostro intento?

Era arrivata ormai ora di dormire. Ci ritirammo nella nostra stanza: era ancora fatto tutto di legno. C'erano un tavolo, degli specchi, un piccolo armadio e il bagno; non era molto spaziosa, ma nessuno dei due si aspettava una camera di lusso, era comunque una locanda.
In più, c'era un letto matrimoniale.
-Eren, sei sicuro di non aver detto a tuo padre qualcosa, vero?
-Sicurissimo. Credo che se l'avesse saputo non saremmo neanche qui.
-Eppure sembra tutto così perfetto che sto iniziando a spaventarmi.
Eren mi prese la mano e mi guardò dritto negli occhi:
-Va tutto bene, Levi. Noi ce la faremo.
Rimasi esterrefatto: come faceva ad esserne così sicuro?
Io stesso, che fino a quel momento ebbi il sangue freddo, stavo iniziando a lasciarmi andare tra le braccia del timore.
Mi limitai a sorridere, ma Eren, insoddisfatto, mi prese e mi baciò. 
-Ti ho detto che andrà tutto bene, credimi.
Ancora, quegli occhi verdi mi stavano guardando con rimprovero.
-D'accordo, ti credo.- dissi poi, per tranquillizzarlo, includendoci anche un bacio.
Eren si lasciò andare e la cosa stava iniziando a farsi accattivante.
Lo buttai sul letto e mi misi sopra di lui, continuando a baciarlo e sollevandogli leggermente la maglietta per infilarci le mie mani sotto. Ora, queste ultime, percorrevano tutto il torace di Eren, millimetro per millimetro e, sotto il mio tocco, era delicato. Lui, come al solito, stava immobile e si lasciava manipolare dalla furia in cui mi stavo trasformando.
-Levi, se vuoi facciamolo.
Inutile dire cosa, ormai era evidente che entrambi volevamo che succedesse. Era passato solo un giorno, ma ci sentivamo già pronti, poiché pensavamo di essere destinati a stare insieme. Ognuno aveva trovato la propria anima gemella nell'altro e non avevamo paura di fare un passo così grande; non volevamo avere rimpianti.
-Sei sicuro?- chiesi, per non fare cose imprudenti.
-Sì, è una buona occasione e io sono convinto di ciò che ti ho chiesto, seppure sia passato così poco.
Sorrisi e non me lo feci ripetere due volte. Pian piano gli tolsi i vestiti, senza sembrare troppo rude o frettoloso: volevo rendere tutto perfetto. Gli diedi innumerevoli baci sul collo e sul petto, in maniera delicata ma allo stesso tempo sensuale; mi divertiva farlo impazzire. Eren era rossissimo in volto e cercò di stuzzicarmi a sua volta, con esiti non troppo coinvolgenti; non m'importava, era così tenero che mi venne voglia di stringerlo ancora di più a me.
Dopo un po' di "coccole", finalmente arrivammo al fatidico momento: facemmo l'amore.
Non era sesso, non era qualcosa che fai solo per provare eccitazione, era qualcosa di più, qualcosa d'indescrivibile, ma veramente forte. Fui pervaso da un vortice di emozioni positive e mi sembrò di stare in un altro mondo, il nostro mondo, quello mio e di Eren. Ci abbracciavamo, ci baciavamo, ci sussurravamo cose, insomma, ci sentivamo vivi. Non era la mia prima volta dal punto di vista sessuale, ma la era dal punto di vista sentimentale. Tra le sue braccia trovai purificazione e passione, cosa totalmente nuova per me. Con quel ragazzo, mi sembrò di fare tutto come se fosse la prima volta: dagli sguardi fugaci fino ad arrivare alle cose più forti.
Il mio cuore bruciava di passione, era come se non ne avessi mai abbastanza; spesso ci guardavamo dritto negli occhi e, giuro, sembrava che fossimo una cosa unica.
E tra un bacio rubato e due anime unite più che mai, finimmo la serata stremati, ma felici.
Ci addormentammo così, abbracciati, nudi e col cuore pieno di gioia, inconsapevoli della notizia che ci sarebbe giunta il giorno seguente.

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Capitolo 6
*** Brutte notizie ***


Eccomi! Sono tornata! Scusate lo stra-mega ritardo, ho veramente avuto molto da fare! Prometto che mi farò perdonare e aggiornerò sempre il più in fretta possibile!
Ringrazio chi ha recensito il mio capitolo precedente (Irene60, Akira89) e spero che recensiate anche questo, seppure l'ho pubblicato così tardi. Grazie anche a chi continua a seguire questa povera storia.
Spero comunque di non deludervi e che la vostra attesa sia, in parte, ripagata con questo capitolo.
Un bacio,
Sethunya




Capitolo sei
Brutte notizie


Eren's POV:
Io e Levi  facemmo l'amore. Le emozioni che provai furono indescrivibili; se dovessi cercare di spiegarle non ci riuscirei, sarebbe inutile, la mente è vuota ma il cuore pieno, pieno di sentimenti che non hanno fine. 
L'idea di farlo con lui all'inizio mi preoccupava, insomma, con un uomo non mi era mai capitato, né tanto-meno pensavo che sarebbe accaduto. Invece, in quel momento, capii cosa vuol dire la frase "non è solo sesso, ma anche amore". Dentro ero ardente di eccitazione, ma sembrava solo una piccola briciola in confronto a tutto l'affetto che provavo per Levi. Non m'importava di sembrare impacciato, volevo buttarmi e fare la prima cosa che mi passava per la testa, senza pensarci troppo; non ero molto bravo a farlo impazzire con i miei giochetti, ma non sembravano dispiacergli così tanto, quindi continuai, perché volevo molto di più: volevo sentirlo tutto mio. 
Quegli occhi ghiaccio, che al nostro primo incontro mi guardavano come se fossi solo un impiccio, ora erano un oceano di meraviglie; ora, mi osservavano come se fossi la cosa più fragile di questo mondo e, ad ogni suo movimento di bacino, si accertavano che io non mi rompessi.
Qualsiasi cosa succeda tra di noi, non ti dimenticherò mai, Levi!, pensai, ma un attimo dopo ero già perso tra l'infinito che eravamo diventati noi due insieme.

Levi's POV:
Il mattino seguente, quando mi svegliai, Eren era da un lato del letto tutto raggomitolato; era così dolce che mi venne voglia di strapparmi il cuore dal petto. Lentamente, gli spostai una ciocca di capelli dal viso, per poter ammirare meglio la sua espressione da moccioso angelico.
Sembra innocente, pensai e sorrisi alla mia stessa battuta. Sentii che le mie gote stavano arrossendo e non riuscii a togliermi quella faccia da ebete che avevo mentre contemplavo il volto di quel ragazzo. Mi accorsi di essermi cacciato in una trappola diversa da quella in cui vivevo prima: l'amore. 
Avevo così tante domande a cui avrei voluto rispondere -"perché mi piace un ragazzo", "cosa comporterà questa relazione"- ma si azzeravano nell'istante in cui Eren mi era accanto. Ora valevano poco, ora volevo solo vivere il presente, ora volevo solo volare con lui. Avrei voluto proteggerlo da tutto e da tutti, invecchiare con lui sperduti da qualche parte, con pochi spiccioli ma con tanto amore; avrei voluto svegliarmi sempre in questo modo, con il suo viso ad un centimetro dal mio: sarei stato l'uomo più felice del mondo.E io ci credevo, ci credevo eccome! Sapevo che ce l'avremmo fatta e non mi perdevo ad affogare tra i pensieri negativi, bensì stavo a galla in quelli positivi. Sì perché, quando hai un sorriso così bello accanto, non puoi far altro che pensare che andrà tutto bene.
Ora la mia mano era appoggiata sulla sua guancia e, sebbene il mio tocco fosse lieve, Eren si svegliò. Io ritrassi la mano, imbarazzato. Lui aprì dolcemente gli occhi e sorrise, poiché notò che ero io quello che l'aveva accarezzato.
-Inutile che fai finta di niente, ti ho beccato! Buongiorno, Levi- disse, strofinandosi i palmi delle mani sulle palpebre.
-Zitto, moccioso.- dissi io, girandomi dall'altra parte più imbarazzato di prima. -Scusa se ti ho svegliato- aggiunsi poi, senza mai voltarmi verso di lui.
-Non fa nulla, non mi è dispiaciuto.-
Abbassai la testa in segno di resa, sorridendo, nella speranza che lui non mi vedesse in faccia, sembravo una ragazzina innamorata.
-Dai, adesso sbrigati, dobbiamo andare dal sarto.- riferii ad Eren, con fare superiore.
Lui si limitò ad annuire un po' contrariato, mettendosi a sedere sul letto e strofinandosi una mano tra i capelli. In fondo si era appena svegliato, ma la situazione in cui eravamo mi mise a disagio, quindi aggiunsi qualcosa per cambiare discorso e per non parlare più delle mie "carezze rubate di nascosto". 
Ci lavammo entrambi per poi andare a fare colazione al piano di sotto nella locanda di Pixis.
-Buongiorno ragazzi!- esclamò l'uomo, -avete dormito bene?
-Sì, grazie.- risposi, accennando un lieve sorriso -puoi portarci qualcosa da mangiare? Andiamo un po' di fretta.
Pixis annuii energicamente e si precipitò in cucina, uscendone con i mano dei dolci, della frutta e qualche bevanda. Lo ringraziammo entrambi e non ci facemmo scrupoli nel mangiare. Eren sembrava un bambino incapace di consumare qualcosa senza sporcarsi e, seppure la cosa mi risultava dolce e buffa allo stesso tempo, esordii con un: "Fai schifo, Jaeger." 
Lui arrossì, si coprì velocemente la faccia con il braccio e cercò di pulirsi quello che gli era possibile. Non riuscendo bene nel suo intento, gli spostai dolcemente il braccio che aveva gelosamente tenuto davanti il viso, e con il mio fazzoletto gli pulii gli angoli della bocca.
-Tipica scena da film.- disse, -manca solo il bacio.
-Tch, non provarci, moccioso.- ribattei, trattenendo una risata, ma tenendo comunque lo sguardo apparentemente da duro.
La sua espressione ora era combattuta tra il divertimento e l'amarezza, ma cercò di ricomporsi subito, gonfiando il busto e tossendo per finta. Io lo fissai, partendo dai capelli: potevo sentire la loro sofficità sotto le mie mani; scesi a guardare gli occhi, quelli che mi colpirono già dal primo giorno in cui ci incontrammo. Per me non erano solo due banali iridi verdi, ma erano molto di più: era come se tutte le cose belle contenute su questa terra, si incontrassero lì dentro, dando vita ad un bellissimo color smeraldo. Arrivai al naso e, successivamente, contemplai le labbra: per me erano perfette. Ero fermo, la tazza in mano vicino la bocca, gli occhi vispi che andavano su e giù per scrutare ogni minimo particolare di quel ragazzo, finché lui se ne accorse.
-Sono ancora sporco?
Le sue parole interruppero il flusso dei miei pensieri, che andavano da quelli più dolci a quelli più "sporchi", facendomi tornare con la mente alla realtà.
-Oh...no, tranquillo.- spiegai, riprendendo a sorseggiare dalla mia tazza.
Lui rimase un po' incredulo, perché probabilmente sapeva che nascondevo qualcosa e non lo stavo guardando senza un motivo; nonostante ciò, riprese a mangiare e non parlammo fino alla fine del pasto.

Uscimmo dalla locanda di Pixis -salutandolo e promettendogli che lo saremmo andati a trovare- per andare a ritirare i vestiti che, ormai, dovevano già essere pronti. Non parlammo più della nostra intenzione di scappare, forse perché troppo preoccupati che il nostro piano non funzionasse o forse perché troppo eccitati per farne parola; comunque sia, Eren mi raccontò vari aneddoti della sua vita, in modo che potessi conoscerlo meglio. Io non proferii parola sul mio passato, non perché non mi fidassi di lui, ma poiché non volevo turbarlo con racconti tragici rispetto ai suoi più allegri. 
In un batter d'occhio arrivammo al negozio, più sistemato e pulito del giorno precedente: il sarto l'aveva presa sul serio la mia battuta.
-Salve, siamo venuti qui per ritirare i nostri abiti.- dissi, stando sulle mie.
-Oh, sì, son proprio qui. Cambiatevi, se volete...lì, dietro il paravento. Purtroppo ne ho solo uno, dovrete cambiarvi assieme, ma non penso sia un problema, dal momento che siete due uomini.
Nessun problema signore, anzi.
Lanciai uno sguardo provocatorio ad Eren e lui rimase zitto, fissando dall'altra parte rosso in viso e allargandosi il colletto della camicia che, probabilmente, in quel momento stava diventando troppo stretto. Non importava se la sera prima avessimo fatto l'amore, era un'altra situazione, un'altra atmosfera; in quel momento, anche se si trattava solo di cambiarsi, l'imbarazzo c'era, ma io amavo divertirmi stuzzicando Eren, quindi non persi l'occasione. 
Prendemmo i vestiti e andammo dietro il paravento; il ragazzo mi chiese se fosse necessario che lui si girasse mentre mi sarei cambiato e io, ovviamente, negai. Per gentilezza gli chiesi lo stesso, ma lui rispose con un "no" un po' impacciato.
-Forza, cambiati o faremo tardi.- gli raccomandai.
Lui non disse niente, si affrettò a svestirsi tenendo sempre lo sguardo basso e non proferendo parola, quindi io parlai di nuovo:
-Suvvia, Eren, sciogliti un po', ieri sera sembravi un leone, mentre adesso sembri uno struzzo che si nasconde.
-Levi!- divenne rossissimo. -Non dire cose così imbarazzanti con tanta disinvoltura!
-Sei veramente divertente, lo sai?- risposi poi io, mordendomi il labbro e fissandolo dritto negli occhi.
- M-mi fa piacere...- disse, iniziandosi ad abbottonare la camicia, ma sbagliando la sequenza dei bottoni.
-Si vede che sei un moccioso, eh... Dai, vieni qui, faccio io.
Così dicendo mi avvicinai, gli presi tra le mani la camicia e iniziai ad aggiustargliela come di dovere. Lui teneva gli occhi puntati verso l'alto trattenendo il respiro, deglutendo a fatica e rumorosamente. Richiamai la sua attenzione e, non appena il suo sguardo incontrò il mio, gli diedi un bacio, aggrappandomi alla cravatta ancora slacciata. Lui in un primo momento rimase immobile, ma poi mi diede uno strattone.
-Levi! Non capisco cos'hai stamattina! Se ci vedesse qualcuno?
-Calmo Jaeger, ho controllato, non avrei mai baciato un moccioso come te in pubblico.
Non ribatté, bensì iniziò ad annodarsi la cravatta nervosamente. Io ero più esperto con questo tipo di vestiario, quindi feci più in fretta e, quando fui pronto, con prepotenza, gli ripetei di muoversi; lui annuì e io andai nell'atrio del negozietto, quando entrarono anche Annie e Mikasa.
-Il nano malefico è arrivato prima di noi- esordì la biondina.
Io non risposi, mi limitai a fulminarla con lo sguardo mentre mi mettevo i guanti.
Eren finalmente ci raggiunse e, nel vederlo, ammisi a me stesso che quel completo gli donava. Nel taschino della giacca aveva un fazzoletto dal colore verde che richiamava tantissimo quello dei suoi occhi; i capelli erano portati all'indietro e, nel momento in cui me ne accorsi, capii il perché ci avesse messo così tanto a cambiarsi, sebbene gli donavano un aria da vero "figo".
-Che bello che è mio fratello!- esclamò Mikasa, con Annie visibilmente sbalordita.
Misi da parte i miei pensieri da teenager sdolcinata e rimproverai le ragazze per esser arrivate così in ritardo, aggiungendo che le avremmo aspettate solo se avessero fatto in fretta.
Sì, odio i ritardi, se non si fosse ancora capito.
Dopo una manciata di minuti, si presentarono con due bellissimi vestiti di seta che cadevano sui fianchi, accentuandoli, e che scendevano con una serie di drappeggi fino alla caviglia: Mikasa ne aveva uno dal colore porpora che richiamava quello del mio fazzoletto, mentre Annie dal colore verde che richiamava quello di Eren. Le avevano pensate proprio tutte per questo pranzo; d'altronde, Erwin era un pezzo grosso della società e fare brutta figura non ci era concesso, anche se era un mio grande amico.

La carrozza ci venne a prendere come fu stabilito e, quando arrivammo, il "sopracciglione" (così nominato per le sue sopracciglia eccessivamente grandi) ci stava aspettando all'entrata della sua dimora. Ci salutammo tutti e ci presentò la sua futura moglie, Hanji Zoe; era una donna slanciata, magra, con i capelli castani raccolti e, dietro gli occhiali rettangolari, nascondeva gli occhi color nocciola. Era logorroica, soprattutto sul suo lavoro ma, allo stesso tempo, era molto disponibile ad ascoltare. Un po' si notava quella pazzia di chi ha a che fare con casi rari umani, ma non era di certo un problema. 
Il pranzo si svolse molto bene, con discorsi sia lievi che maturi; era un susseguirsi di dibattiti con toni disciplinati: dopotutto, Erwin, era anche il capo degli incontri mensili tra capifamiglia, quindi era naturale che mantenesse atteggiamenti da persona dotta; in seconda poisizione -se così si può dire- c'ero io, poiché ero capace di assecondare i suoi discorsi grazie alla vita che, giorno per giorno, mi stava rendendo sempre più saggio con i suoi insegnamenti. Purtroppo, tra questi, c'era quello che avevo appreso maggiormente, ovvero che la felicità è una stronza e, quelle volte in cui si mostra, non hai nemmeno il tempo di assaporarla fino in fondo che, alla fine, sparisce.
-Levi- disse Erwin, -dopo discorsi molto profondi e, talvolta, anche violenti, noi del consiglio siamo arrivati alla conclusione che tu dovrai diventare re.- 
Quasi sobbalzai dallo stupore, non sapevo se esserne felice o meno, ma i miei dubbi non durarono tanto poiché l'uomo continuò il suo discorso e la scelta mi sembrò più che evidente.
-Di conseguenza, il tuo matrimonio dovrà concludersi tra due giorni. Non ti preoccupare dei preparativi, ci sto pensando io, tu prenditi del tempo da passare con Mikasa. Allora, ne sei felice?-
Rimasi scioccato, con la bocca asciutta, senza parole.
Ho sentito male, vero?
Non avevo il coraggio di guardare in faccia Eren, non sapevo come comportarmi, non avevamo ancora preparato niente, nemmeno il nostro cervello a questa "fuga d'amore".
Il pensiero di rinunciare ad Eren mi fece venire i brividi e il cuore mi si fermò. 
Mi ricordo anche che, in quel momento, pensai che sarebbe stato meglio se non avesse più ripreso a battere.

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