Nel profondo trovo solo parole

di bennytop
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la cruda realtà ***
Capitolo 2: *** Cosa mi stava succedendo davvero? ***
Capitolo 3: *** Non so come, ma ringrazio che sia accaduto ***
Capitolo 4: *** Strategia ***
Capitolo 5: *** Perdono ***
Capitolo 6: *** Incalcolabile ***



Capitolo 1
*** la cruda realtà ***


LA CRUDA REALTÀ

-Vostra figlia è la classica ragazza troppo matura per la sua età, non ho altro da aggiungere. Statele vicino e datele tempo, quando vorrà, sarà lei a parlare con le persone. Perfettamente sana e perfettamente intelligente, anzi: troppo intelligente per noi, semmai. Arrivederci-
Queste sono le parole che lo psicologo rivolse ai miei genitori dopo il mio determinato silenzio persistente da una settimana. Come mai mi sono chiusa nel mutismo? Facile, per protesta: la mia generazione non cura più il valore delle parole e men che meno è consapevole dell'importanza che può avere una parola al posto di un' altra. Non per questo ho rinunciato al sublime incanto delle parole. Leggo, ascolto e soprattutto...
...scrivo, ma questo non lo sa nessuno. Trovo di vitale importanza che questo mio sciocco bisogno di scrivere rimanga taciuto, proprio come la mia voce.
Perchè? Confesso, a questa domanda non so cosa rispondere. Non so spiegare cosa mi spinga a scrivere e, vi giuro, questo mi crea un senso di frustrazione atroce. Tuttavia, non posso fare a meno dell'inebriante sensazione che ottengo dall'accostare le lettere, sceglie con cura ogni parola, ascoltare la minima sfumatura di assonanze e consonanze, assorbire il significato di una frase, gustare l'aroma di un discorso...
E, se posso modestamente contribuire anche solo con una minuscola infinità del vortice dei racconti, toccherò le vette del regno popolato dai miei pensieri.
Senza parole, come potremmo vivere? Senza numeri, come potremmo vivere? Loro sono i nostri codici. Una volta che si padroneggiano in realtà creano dipendenza, ma una dipendenza sana e piacevole oltre ogni dire, basta solo riuscire a percepirne l'importanza e il valore.

-Tesoro, sono preoccupato per te. Ora non vuoi più parlare neanche al tuo papi? Ti stai isolando sempre di più bambina mia, non voglio che vai via-
Mio padre aveva gli occhi lucidi. Questo. Fu questo a spingermi a parlare: la sua sete di sentire la mia voce, le parole che solo io avrei potuto pronunciare. Io e nessun altro.
-Papà non preoccuparti, io sto bene e il mio silenzio ha ragione di esistere. Devo lanciare un messaggio ancora più forte delle parole: la mancanza, l'assoluta privazione di queste. Ma con te e mamma contiuerò a parlare!-
-Un messaggio ancora più forte....Ormai è già una settimana-
-Abbi fiducia in me-
-Cosa ti ha spinto in questo tuo assurdo progetto-
-Tutti i ragazzi della mia classe mi hanno preso in giro-
-Non ci credo! Cosa insegnano oggi ai ragazzini di prima media? Non sarai troppo permalosa?-
-No. Ormai la situazione è insostenibile. Ci insegnano le stesse cose, ma evidentemente per comportarsi così non si deve aver appreso molto-
-Il dottore ha ragione- -Su cosa in particolare?-
-Il modo in cui parli, non riesco nemmeno ad immaginare i pensieri che riesci a fare figliola. Perchè hai voluto crescere così in fretta?-



Spazio autrice Niente mi è costato (piacere e dolore) come scriver questa storia. Per renderla una storia “vera e sentita” ho duvuto attingere alla mia vita reale, ciò rende ancora più amara la situazione. Se faccio ciò, è perchè sono certa che umilmente comtribuisco nel mettere ancora una volta il mistico circolo che lega PAROLE-EMOZIONI-VITA. Grazie a chi regala un batuffolo del suo tempo alla mia storia. Spero di ricevere commenti per grescere in questa esperienza. Cercherò di aggiornare in prima possibile. Ancora grazie.

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Capitolo 2
*** Cosa mi stava succedendo davvero? ***


NON LO SO, MA QUALCUNO LO SA DAVVERO? Perchè avevo fretta di crescere? Volevo scappare dalla situazione attuale. Non sopportavo più le prese in giro e la vendetta del silenzio non stava raccogliendo il risultato sperato, ma continuavo perchè con certa gente non avevo nulla da spartire. La situazione stava precipitando: si prendevano gioco di me ogni singolo girno, tanto che mi ritrovavo a pregare che la lezione non finisse mai per non sorbirmi i commenti del cambio dell'ora, ovviamente indirizzati a me medesima. Mi tormentavano per pochi e futili motivi come il vestirsi alla maschiaccio, non avere né cellulare né computer, essere poco aggiornata sulle tendenze e, ciò per cui invece rimasi molto triste, la mia fede. Non che fossi chissà quanto credente, precisiamo, non avevo una fede così smisurata. Andavo in chiesa perchè i miei genitori mi portavano e mi avevano sempre insegnato che fosse un peccato non andare, punto. Il capitolo fede e chiesa poteva essere chiuso lì. Ci rimasi male, però, perchè si trattava proprio di un angolo della mia famiglia. Così iniziai a interrogarmi e in poco tempo fissai i miei valori: 1- se non ti apprezzano, non ti meritano; 2- se non ti vogliono bene, non sapranno mai cosa significhi che voglia tu bene a loro 3- nonostante tutto cerca di portare del bene 4- segna la vita delle persone che incontri 5- non farti calpestare 6- cerca di essere felice Ora riconosco che forse non ero così serena. Il mio non manifestare emozioni mi aveva reso apatica e fredda, senza che me ne rendessi conto. Stavo attraversando una fase depressiva... Anche se ero già una ragazzina matura lo stress era troppo da gestire, troppo, e non ce l'ho fatta. La depressione mi aveva preso la voce: parlavo sempre meno anche con i miei genitori, non leggevo più, non scrivevo più, non ascoltavo più musica. Stavo ferma, sul letto, a dormire, oppure, per cambiare, mi sedevo sull'erba del giardinetto e ciondolavo. Come tutte le studentesse discritamente brave al primo posto i compiti e lo studio, solo questo mi teneva ancora legata a qualche processo attivo della mia vita. Un giorno mia madre arrivò con un pacchetto regalo, si trattava del mio regalo per la promozione. Ricordo ancora la mia pagella con il numero 7 predominante, un ottimo in religione, un 9 in motoria, un 8 in italiano e un 10 in arte. Il piccolo pensierino era un delizioso libricino in carta di riso color avorio, con una delicata rilegatura arancio-dorata, mentre sulla copertina troneggiavano tre foglie secche dipinte di acrilico giallo. Un piccolo capolavoro che mi misi a sfogliare... ...ahimè, non custodivo fra le mani un libro da leggere, bensì un libro da scrivere. Non osai mai macchiare con la mia scarsa abilità e gran durezza quel piccolo tesoro, “lui” stava già iniziando la sua funzione terapeutica: mi stava facendo riappacificare con me stessa.... Le pagine non scritte mi sevivano come specchio in cui riflettere le mie senzazioni. Fu così che mi resi davvero conto di aver attraversato un brutto periodo che mi aveva ferita. Finalmente più consapevole, potevo finalmente reagire. Spazio autrice Niente mi è costato (piacere e dolore) come scriver questa storia. Per renderla una storia “vera e sentita” ho duvuto attingere alla mia vita reale, ciò rende ancora più amara la situazione. Se faccio ciò, è perchè sono certa che umilmente comtribuisco nel mettere in moto, ancora una volta, il mistico circolo che lega PAROLE-EMOZIONI-VITA. Grazie a chi regala un batuffolo del suo tempo alla mia storia. Spero di ricevere commenti per crescere in questa esperienza. Cercherò di aggiornare in prima possibile. Ancora grazie.

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Capitolo 3
*** Non so come, ma ringrazio che sia accaduto ***


NON SO COME, MA RINGRAZIO CHE SIA ACCADUTO Il primo giorno di seconda media ero terrorizzata che segnasse l'inizio di una nuova epoca grigia, invece, andò anche peggio. Iniziarono a fare gli indifferenti, il che in realtà non mi dispiaceva, dopotutto era esattamente quello che, in un certo senso, avevo cominciato io l'anno scorso. La situazione rimase invariata fino a novembre poi iniziò il mio cammino negli inferi. Oltre agli insulti, ora mi spintonavano, mi facevano sgambetti, mi rubavano la cancelleria e io non volevo fare la spia con i prof: quindi, dissi delle mezza verità a mia madre e cercai di perseverare nel raggiungere i migliori voti possibili a scuola. Effettivamente, almeno in quell'ambito, facevo progressi: avevo tutti otto e nove, tranne il consueto 7 in inglese, tuttavia temevo che tali novità sarebbero presto diventate nuove manovre di schermo. Ci fu una verifica di storia, una verifica particolarmente difficile a marzo. Studiai moltissimo e benissimo, ma prima della verifica, aprendo l'astuccio trovai solo la matita, mi avevano rubato tutte le biro. Non sapevo che fare sulle prime, poi presi un respiro profondo e iniziai a rispondere tutto in matita. Ad un certo punto il ragazzo dietro di me mi tira una ciocca della coda di cavallo. Non ci feci caso, pensai al quotidiano scherzo. Poi mi bisbigliò: -Romy, per favore dettami l'esercizio 5- L'esercizio 5 consisteva nell'abbinare i fatti storici alle rispettiva date e, conseguentemente, al rispettivo personaggio storico. Convinta di averlo fatto giusto, ma rancorosa nei confronti dei miei compagni di classe lo ignorai, ma poi mi ricordai che suo papdre era molto esigente poiché chiedeva sempre al figlio di prendere nove o dieci. Così gli dettai i numeri con cui abbinai gli elementi. Poco dopo mi chiamò ancora, mi girai lievemente. Mi aveva infilato una biro nel collo della camicia, una biro blu con dei palloni da rugby dipinti sopra: mi stava aiutando. Finita la verifica lo ringrazia e gli resi la biro. -Tienila Romy, le tue le hanno buttate nel cestino, mi dispiace per quello che ti fanno ma non voglio che prendano in giro anche me- Mi strinse la mano, rimettemmo a posto i banchi e cominciammo un altra lezione. Qualcosa quel giorno scattò, non so come, ma ringrazio che sia accaduto. Spazio autrice Niente mi è costato (piacere e dolore) come scriver questa storia. Per renderla una storia “vera e sentita” ho duvuto attingere alla mia vita reale, ciò rende ancora più amara la situazione. Se faccio ciò, è perchè sono certa che umilmente comtribuisco nel mettere in moto, ancora una volta, il mistico circolo che lega PAROLE-EMOZIONI-VITA. Grazie a chi regala un batuffolo del suo tempo alla mia storia. Spero di ricevere commenti per crescere in questa esperienza. Cercherò di aggiornare in prima possibile. Ancora grazie.

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Capitolo 4
*** Strategia ***


STRATEGIA Finalmente capii che non era tutto il gruppo classe contro di me, ma l'intero gruppo classe era trascinato da pochi bulli. Il non essermene accorta prima si spiega se consideriamo che venni schernita da tutti, ma in quel momento sembrò fin troppo chiaro anche a me che qualcuno agiva nell'ombra. Immediatamente controllai il cestino. Le mie biro non erano lì. Cercai in quello nel bagno delle ragazze: bingo. Delle ragazze solo una era andata in bagno prima della verifica, mentre io venivo interrogata alla lavagna: Giulia. In quel momento non mi preoccupai del fatto che lei fosse più forte, più alta e più grossa di me, andai da lei. -Scusa Giulia...- -Non rompere sfigata, aria- -Ridammi le biro che mi hai buttato nel cestino del bagno, prego- -Cosa?- -Hai capito bene- Un coro meravigliato di “Oh....” si sollevò dalla classe, mentre grida divertite strillavano a Giulia di ridarmi le biro. Un dettaglio. Andò verso il bagno solo dopo che Marco le disse ironico:-Dai Giulia, altrimenti frigna!-. Mi riportò le biro, tuttavia nessuno terrebbe davvero delle biro recuperate da un cestino del bagno, compresa me. Misi un fazzoletto davanti alla mano e ci avvolsi le biro, poi le buttai nel cestino vicino alla lavagna e dissi: -Meglio lavarsi le mani se non vuoi rischiare di contrarre un virus. Grazie per le biro ma la prossima volta gradirei prestartele io, non c'è bisogno che te le prenda da te-. Con mia grande fortuna entrò il prof che chiuse provvidenzialmente l'episodio; almeno così creddetti. Durante la lezione arrivò un bigliettino: “Ti aspetto fuori dalla scuola, Giulia”. Talmente sicura di sé si era pure firmata. Improvvisamente la paura mi attanagliò lo stomaco, non riuscivo più a ragionare, avevo erso il mio sangue freddo. Volevo davvero piangere, lo volevo tantissimo, ma mi rifiutai di dare loro questa soddisfazione: mi rifiutai di dare loro altro potere su di me. Dovevo pensare in fretta perchè la campanella sarebbe suonata tra pochi minuti. Finsi che mi sanguinò il naso (succedeva spesso in quel periodo) per fuggire dalla bidella. Alla bidella Angelina raccontai tutto e lei mi consigliò di chiamare i miei e farmi venire a prendere... -Però, bambina mia, così non affronti il problema- Aveva ragione, ma cosa potevo fare io? Piccola e debole. Inoltre non avevo certezza alcuna che Giulia mi avrebbe aspettata da sola. -Cosa posso fare signora Angelina?- -Pensaci da sola. Dimostra a te stessa che sei intelligente- Mi alzai di botto. La campanella era già suonata, in classe non c'era più nessuno. Raccolsi lo zaino e avrei potuto raggiungerli ma una frase mi attraversò la mente: “Dovevo vincere definitivamnete”. Il libro di “Ender's Game”, fu lui a salvarmi. Mi immedesimai nel personaggio e la mia mente iniziò leggera a liberarsi su strategie. Non sarei scesa per nascondermi tra la folla, né avrei chiamato i miei. Ritornai da Angelina chiedendole di osservarmi dalla finestra nel caso avessi avuto bisogno di aiuto. Quando tutto il piazzale della scuola fu vuoto raggiunsi la mia carnefice. -Non pensavo ne avessi il coraggio- Non le diedi risposta. -Non hai paura?- Dentro di me stavo tramando, ma riuscì a rimanere impassibile: -Non più, perchè sei solo una bulletta arrogante che si nasconde dietro la sua forza invece di crescere. Io non ti ho mai fatto niente, eppure ti sei fissata su di me. Continua così! Circondati di falsi amici mostrandoti come una tosta! Voglio vedere se non ti tratteranno come una pezza quando non sarai più un'attrazione!- Avevo toccato il suo punto debole: non aveva amici abbastanza seri da ascoltare i suoi problemi. Mi fisso intensamente, caricò un pugno, dritto al mio petto. Lo schivai, lei si abbassò e all'ultimo indirizzò il pugno al suolo. -Non voglio picchiarti perchè hai ragione, ma ti farò terra bruciata intorno- -Come credi, quando cresci chiamami- -Aspetta...- Si mise a piangere e io andai ad abbracciarla. Odio vedere la gente piangere. Mi strinse forte, poi mi sussurrò un “scusami” e scappò via. Decisamente ero rimasta basita sotto il mio immoile sgruardo spento. Spazio autrice Niente mi è costato (piacere e dolore) come scriver questa storia. Per renderla una storia “vera e sentita” ho duvuto attingere alla mia vita reale, ciò rende ancora più amara la situazione. Se faccio ciò, è perchè sono certa che umilmente comtribuisco nel mettere in moto, ancora una volta, il mistico circolo che lega PAROLE-EMOZIONI-VITA. Grazie a chi regala un batuffolo del suo tempo alla mia storia. Spero di ricevere commenti per crescere in questa esperienza. Cercherò di aggiornare in prima possibile. Ancora grazie.

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Capitolo 5
*** Perdono ***


PERDONO     
Sebbene il mio rapporto con i compagni di classe non si riappacificò mai del tutto, la strada aveva intrepreso la sua discesa, finalmente.
Concluso l'esame orale di terza media sparii più in fretta possibile dalla circolazione...
Non mi presentai nemmeno alla pizzata di classe. Finalmente mi sentivo libera, quel nodo fastidioso che mi bloccava il respiro si era sciolto e, con lui, anche tutte le mie ansie.
Decisi di andare a proseguire gli studi in città, ma ignoravo quanto l'esperienza vissuta mi avrebbe condizionato. Ormai ero diffidente, seria, taciturna, timida e a tratti imbronciata. Ci vollero due anni buoni per iniziare a riprendermi: così, mi misi ad analizzare il mio vissuto. La conseguenza più grave era il non manifestare emozioni, ma il danno più serio era l'esser ormai estranea ai cambi di emozione.
Mi spiego meglio: avvertivo solo le sensazioni più forti. Rabbia, frustrazione, tristezza, amore molto spesso rimanevano mischiate fra loro dandomi quel senso di pseudo-equilibrio e monotonia. Sembravo sempre con lo sguardo perso nel vuoto, come il navigante che scruta gli astria per riconoscere la stella della la rotta maestra.
Anch'io un giorno trovai la mia stella.
Una ragazza riuscì a scalfire le mura difensive che mi ero costruite, talmente resistenti che io per prima non riuscivo più a distruggere. Lei diventò la mia stella. Come ogni stella brilla di luce, ma lei così fulgida e limpida mi rimandò la mia stessa luce: la parte di me ancora capace di commuoversi. Riconobbi la bellezza che lei ogni giorno iniziò a riservarmi e che io, istintivamente, ricambiai poco a poco.
Rispondendole con semplice sincerità, imparai meglio a conoscere me stessa, finchè non riconobbi la bellezza che ci accomunava: l'amicizia, e la bellezza che lei vedeva in me: autenticamente me stessa.
Bellezza. Parolina semplice che crea ridondanza nella mia mente, ma proprio in questo modo giunsi alla consapevolezza che ci fosse ancora qualcosa di buono in me stando con gli altri.
L' importantissima svolta fu, tramite l'affetto per la stella, provare un poco di umile affetto per me stessa, rispettandomi di più, volendomi più bene.
Feci pace con me stessa e con il mio passato, che iniziò a sembrarmi meno adombrato, benchè soffrissi ancora nel parlarne a qualcuno.
Li perdonai, li perdonai tutti, bulli, arroganti, vigliacchi.
Li perdonai sinceramente poiché feci mie le fondamentali parole: “Ciò che non ti distrugge ti rende più forte”.


DEDICA: Dedico questa storia alla mia stella, alla mia Luce.


SPAZIO AUTRICE:
Niente mi è costato (piacere e dolore) come scriver questa storia.
Per renderla una storia “vera e sentita” ho duvuto attingere alla mia vita reale, ciò rende ancora più amara la situazione.
Se faccio ciò, è perchè sono certa che umilmente comtribuisco nel mettere in moto, ancora una volta, il mistico circolo che lega
PAROLE-EMOZIONI-VITA.
Grazie a chi regala un batuffolo del suo tempo alla mia storia.
Spero di ricevere commenti per crescere in questa esperienza.
Cercherò di aggiornare in prima possibile.
Ancora grazie.

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Capitolo 6
*** Incalcolabile ***


INCALCOLABILE
premessa: se volete leggere (grazie), leggete fino alla fine (anche le n.a), grazie mille.

Riuscii a riscoprire le piccole cose che mi piaceva fare: camminare nel bosco, leggere, cantare, ascoltare musica, scrivere. Oh scrivere, quanto mi era mancato, ma finalmente avrei potuto condividere ciò che si agitava dentro di me con qualcuno.
Mi sto riferendo alla mia luce, la mia migliore amica  Brigit*.
Ritrovai la gioia dell'abbandonarmi alla musicalità delle parole.
Imparai a dialogare di più anche con i miei genitori.
Poi l'incalcolabile.
Mio padre ebbe un infarto.
Una settimana in terapia intensiva a lottare contro la morte, e io non ero con lui. In quei giorni ero dalla mia amica per rilassarci e studiare in vista delle verifiche di fine anno. Seppi di mio padre al mio ritorno, tre giorni dopo.
Nei girni di ospedale lo guardavo con il fiatone, mentre era disteso e intubato su quel lettino di ospedale. Mia mamma piangeva, io non riuscivo consumata da rabbia e incredulità.
Riuscivo solo a pensare istericamente: “Papà non andartene così, sei uno stronzo non mi hai nemmeno aspettato per salutarmi. Papà questa me la paghi, quando ti riprenderai ti faccio vedere io. Perchè non migliori papà? Perchè non stai tranquillizzando la mamma? Quanto starai ancora così papà? Sono un egoista papà, lo so che stai soffrendo ma preferirei che mi parlassi. Sei stanco papà. Se non ce la fai, lasciati andare, abbandonati a Dio papà. Dio deciderà se rimandarti da noi”.
Passarono le ore, ore amare di dubbio e agonia. Ore eterne e strazianti.
La macchina fece un rumore forte, irregolare e incalzante.
Silenzio.
Un display di un macchinario si era spento.
Panico.
Di nuovo quel rumore. Che diavolo stava succedendo?
-Mamma chiama subito l'infermiera-
L'infermiera stava giusto per entrare in camera quando....
- Rrromy...-
-Papà? Oddio!-
-Stavo per andare ma il Signore mi ha ricacciato qui perchè non ti avevo ancora salutata-
-Signore ti ringrazio- risi con le lacrime agli occhi.
Risate isteriche e piene di tensione e commozione uscirono dalla intensiva_02
In quel momento iniziai a scrivere la storia (che state leggendo), la storia di questi ultimi anni in cui feci lo sbaglio più grande della mia vita: gettai troppo tempo alle ortiche riflessa sulla mia tristezza.
Ho capito, mi sono scottata dal provare quanti ostacoli puoi trovarti sul cammino.
Basta tristezza, basta dolore, prendiamo dalle piccole cose di ogni giorno la forza per superare la nostre tempeste.
Quel giorno piansi, piansi e non me ne vergogno, le mie lacrime erano un tributo a mio padre, un tributo alla sua vita, un inno alla vita.
Capitolo corto a conclusione di un capitolo della mia misera esistenza.
CI TENGO CHE CHI “MI” LEGGE CAPISCA CHE NON SARÀ MAI SOLA, NELLE DIFFICOLTÀ NON ABBIATE PAURA A CHIEDERE AIUTO, A PIANGERE, LASCIATEVI CONSOLARE, LASCIATEVI SEMPRE VOLER BENE!
Questi sono i motivi per cui ho deciso di pubblicare questa ff: quello sopra esplicitato e per prendere finalmente e definitivamente il volo dal passato verso il mio domani, più serena, più fiduciosa, più me stessa, autenticamente me stessa.
Credo nel valore delle parole, credo che abbiano un effetto terapeutico sull'animo umano: quindi, se non volete credere a me, almeno un pochino credete in quel che vi sto comunicando. Ben importante è la forma, ma le parole comunicano la sostanza.
Grazie a chi regala un batuffolo del suo tempo alla mia storia.
Spero di ricevere commenti per crescere in questa esperienza.
Ancora grazie.
*Dea delle arti nella cultura celtica, conosciuta come la Minerva del Baltico*

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