L'apocalisse del tempo

di Newtmasinmyveins
(/viewuser.php?uid=194683)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io salvavo Elijah ma James salvava me. ***
Capitolo 2: *** Il caos del cuore. ***
Capitolo 3: *** Mi hai salvato ancora una volta. ***



Capitolo 1
*** Io salvavo Elijah ma James salvava me. ***


Image and video hosting by TinyPic


Io salvavo Elijah ma James salvava me


“Ti odio. Ti odio perché in un attimo mi hai fatto stare bene. Ti odio perché costantemente penso a te.
Ti odio perché sei uno stronzo, e a me piace da morire.
Odio il modo in cui ti sogno.
Odio il fatto che non riesco a guardarti negli occhi.
Odio il fatto che solo pensandoti ho i brividi e l’unico modo per riscaldarmi è immaginarmi tra le tue braccia.
Odio volerti, amarti, odiarti.
Odio pensare a quanto sia crudele la vita.
Odio cercare il tuo profumo ovunque e dovermene separare.
Ti odio.
Ti odio perché ti amo e non posso averti.
Tua sorella, Jane.

 
Quante volte ci troviamo seduti a un tavolo con una penna in mano intenti a scrivere chissà quale poema? Beh, parecchie volte. Questa è una delle lettere che non ho mai spedito, punto primo: non conoscevo l’indirizzo del destinatario, punto secondo, non avrebbe migliorato nulla.

Quante volte vorremmo dire “ ti odio “ a una persona solo per poi aspettare di cadere tra le sue braccia? Tante, lo so.

Spesso ci illudiamo che qualcuno ritorni da noi e chieda scusa del male che in passato ci ha fatto, ma non è così.

Purtroppo io mi sono illusa, e per illusa intendo in tutto. Credevo di poter sorridere e proseguire, fingendo che tutto andasse bene. Avevo un piano … volevo cambiare ciò che ero, lottare per scoprire la verità, crearmi una nuova vita, essere un’altra persona, senza passato … Un essere umano vivo, ma non è così facile; i brutti ricordi rimangono sempre lì … ti seguono, e per quanto tu lo voglia non puoi sfuggirgli. Fingi di stare bene, di sorridere e quando le persone e ti chiedono – Come stai?- Non vogliono veramente una risposta.

Sono ancora a Cabret, mia sorella Nicole mi guarda dalla soglia, il suo sguardo è accigliato, cupo, ma non me ne meraviglio. E’ così da un po’. Non capita tutti i giorni di essere catapultati in un mondo dove nulla è normale e per di più avere origini malefiche, ti fa nascere la voglia di cavarti il cuore e gettarlo via. Togliersi il cuore dal petto quante volte lo pensiamo? Infinite, soprattutto dopo delusioni amorevoli.

Non mangio da giorni né parlo con qualcuno, accenno monosillabi come Sì, va bene … forse, dopo. - Il problema è che ho un trauma. Come puoi accorgerti di amare tuo fratello? Semplice: non sai che è tuo fratello. Il tuo migliore amico è stato ucciso da un uomo crudele alias mio padre e scoprire che Elijah -che si era finto tutto zucchero e cannella- desiderasse la mia morte, mi strazia ulteriormente.

«Jane non può continuare così. » Nicole mi accarezza i capelli e mi lascia un bacio sulla fronte ormai fredda. Giorno e notte li trascorro interrottamente davanti alla finestra che ho deciso di non chiudere, il vento mi rilassa. E’ come se fossero due mani che mi accarezzano in continuazione rassicurandomi che in fondo non sono sola.

«Sto bene, davvero.- dico rassicurandola e facendo ricadere il mio sguardo di nuovo sul foglio.-Sai dov’è ? » chiedo poi, mentre dentro di me il peso sullo stomaco s’ingigantisce, pensarlo e pronunciare il suo nome mi fa male.

«E’ partito, Malkfoc ha voluto così. - abbassa lo sguardo e si siede al bordo del letto, le sue mani sono sulle mie ginocchia gelide.- Devi reagire, Jane. »  scuoto la testa a destra e sinistra, sono arrabbiata con il mondo intero.

«Malkfoc, ma chi è lui per dire che James si chiama Drake ed è mio fratello?Chi è per aver ucciso Elijah?Chi è per costringermi a rimanere qui? Chi è lui per dire che sono la figlia di un tale viscido verme? » sbotto adirata, sono in piedi. Ho scaraventato in aria la sedia e tanti altri oggetti che non so neanche precisamente cosa siano. Nicole è spaventata, mi fissa inespressiva.

«E’ nostro padre, Jane …»sussurra ponendomi le braccia in segno di abbraccio. Mi accoccolo e do inizio alle mie
lacrime.
 
RETURN
Ho dato ascolto a Nicole, ho staccato la spina.

Ha insistito tanto con Malkfoc, al tal punto che il crudele vampiro mi ha concesso di far ritorno sulla terra a patto che non mi facessi uccidere.  Sono dai miei veri genitori, certo, sono anche quelli di Nicole, ma a lei non sembra importare più di tanto, per quanto male le faccia, ha vissuto più su Cabret che in Nord Carolina.

“Mi sono abituata” ha detto giustificandosi e con un bacio in fronte- gesto copiato da mia madre - mi ha dato l’arrivederci.

Si ritorna alla vita comune e grazie alla magia, i miei genitori non hanno notato la mia assenza, l’unica cosa figa. Ricordo quasi tutto di quei mesi trascorsi su quei pianeti che, all’occhio umano sono inesistenti.

Ho ripreso il ritmo “umano” e per quanto inizialmente preferivo tornare a Micenesis, stare sulla terra mi ha fatto riprendere le abitudini da asociale.
Beh, non proprio; grazie ai corsi di trigonometria ho conosciuto Nathan, un ragazzo bruno dagli occhi verdi niente male e la sua amica d’infanzia Julia, entrambi sono molto simpatici, e spesso il sabato sera esco con loro. Siamo un trio niente male, ed è grazie a loro se il mio umore è leggermente migliorato ma … quando arriva sera, tutte le vacanze diventano grandi e cominciano a farsi sentire…

C’è James che come un martello pneumatico continua a battermi nella testa. Tra le tante persone che ho conosciuto sul ” buon e cattivo pianeta “, lui è l’unico che non ha mai abbandonato i miei pensieri.

Dopo che Malkfoc mi ha rivelato chi fosse realmente c’è stata un’esplosione, dove tutti chi più e chi meno siamo rimasti leggermente feriti, si sospetta che sia stata l’anima di
Elijah … Malkfoc sostiene che non sia morto. James, invece, è partito chi sa per quale resort … altro che frasi dolci, tutte bugie. Sono trascorsi cinque mesi e di lui nessuna traccia, gli ho scritto esattamente centocinquantadue lettere, prova che non ha mai abbandonato la mia mente.

 Lettere mai inviate.

Lettere mai ricevute.

Stupide frasi dove esprimo quanto mi manca e quanto mi piacerebbe trascorrere del tempo con lui, anche litigare … d’altronde era quello che ci riusciva meglio.

La verità è che, anche se mi dà fastidio e lo nego: James mi manchi un casino.

La scuola è ormai agli sgoccioli e devo dare il meglio di me poi chissà, c’è la possibilità che quest’anno i miei prenderanno le ferie per andare in qualche villaggio di agriturismo: ho bisogno di distrarmi.

Da quando molte cose sono venute a galla, guardo i miei sott’altra luce, se prima li stimavo adesso fatico a credergli; come hanno potuto nascondermi la verità, credevano che gli avessi presi per pazzi?

Fatto sta che comprendo anche la loro difficoltà, gli adulti non credono nella magia e appena avviene uno “strano evento” anziché assumere certezze, sono ancora più increduli.
A volte i miei pensieri si volgono ad Alyson e beh … chissà cosa penserà di me?L’unica capace di salvare Micenesis e di uccidere il nemico Malkfoc è sua figlia, pertanto se morirà lui -per colpa del legame-morirò anch’io. Come può essere bizzarra la vita, eh?

Mi preparo per andare a scuola, non ho mai nulla da mettermi e come sempre il mio modo di abbinare è degenerato, che schifo!

“Mmh … meglio mettermi qualcosa di più leggero.” Penso e apro l’armadio.

“Che barba, gli abiti leggeri sono in alto ed io sono l’ottava nana di Biancaneve.” Sbuffo ma non tutto è perduto.

«Mi servirebbe l’asta prendi abito … dove l’ho messa? » dico ad alta voce e quasi mi viene un tuffo al cuore quando ricordo la fine di quella mazza.

Ma certo, come ho fatto a dimenticarla!

«Tu ... tu c-chi sei? » balbettavo, dal terrore impugnai l'asta prendi abito, tremavo peggio di una foglia, ma trovarmi in casa un maschio, con me solo in accappatoio e tra l'altro anche in quella giornata mi faceva impazzire … non ragionavo più.

«Potrei dirtelo ... se solo togliessi questa mazza. »sorrise di gusto. Avanzò e sfiorò l'asta e con mio stupore la frantumò...

«C. . .Cosa? »Sgranai gli occhi... avevo bisogno di una visita (?) Vedevo cose sovrannaturali.

«Non ci vuole niente ... »disse come se per lui fosse stato uno scrocchio di dita e continuò,-Le cose che costruiscono qui, non durano per sempre...- abbassò lo sguardo e indietreggiò . Tra le mie mani non rimase neanche un piccolo pezzo di asta, era sparita.

I ricordi fanno male, sono capaci di ucciderti.

«James la tua assenza e la tua mancanza dureranno per sempre, l’amore per noi mondani è ciò che più di umano esista. » dico credendo che Drake fosse da qualche parte, nascosto, a sentirmi.

«Jane, sei pronta? Non puoi fare tardi anche oggi! - chi parla è mia madre che dal piano di sotto avrà già preparato la colazione. Bene o male sono vestita, indosso: una maglia a maniche lunghe ma leggera, un pantalone che mi arriva alle ginocchia e le mie fidate converse nere. Mi reco in bagno, dove ovviamente non trascuro la mia igiene personale: mi lavo i denti, mi pettino per bene e decido di unire i miei fastidiosissimi capelli rossi in una coda alta; il caldo comincia a farsi sentire, ma dopotutto, maggio è un bel mese.Scendo le scale frettolosamente, in spalla il mio zaino contenente abbastanza libri da poter accendere un falò.-Come mai vai così di corsa? »chiede  alzando un sopracciglio, da un po’ di tempo crede che mi veda con qualche ragazzo, solo perché ho frequenti sbalzi d’umore e non ho il ciclo.

«Il  professor Brown ha detto che vuole farci vedere un esperimento prima dell’orario di lezione, non voglio perderlo per nulla al mondo. » fingo, accennando un sorriso e lasciandole un frivolo bacio sulla guancia; addento una fettina di pane e mi do alla fuga.

Nonostante siano appena le 8:00 per strada, c’è davvero tanta gente, non credo che oggi andrò a scuola … ci sono cose più importanti, ho altri piani.
Come ribelle o pazza, definite voi, mi reco al famoso vicolo, lo stesso, dove vidi l’uomo di Malkfoc rapinare e lo stesso che stranamente si aprì permettendo l’accesso a Micenesis.
So che mi serve lo strano aggeggio di James, quel proiettore dove poggio la mia mano ma … ho bisogno di vedere, di provare.

Come cinque mesi fa, è l’unico vicolo non trafficato; mi addentro notando leggermente che la via è molto più scura rispetto al resto della città.

«Foster, poggia la tua mano qui … Sei l’unica salvezza. »Poggiai la mano dove mi aveva chiesto, ovvero sull’aggeggio a forma di proiettore , ed ecco … qualcosa di strano stava per avvenire.

 Il muro che prima ci aveva impedito di passare stava svanendo, la cosa strana era che non ci fosse una strada per continuare a camminare e rifugiarsi, non c’era nulla … da strada si era tramutato in un precipizio.


«Ma sei impazzito? »Chissà come, ma avevo intuito il suo gesto folle; gli mancava  decisamente qualche rotella.

Mi sporsi per vedere cosa c’era se ci fossimo buttati e non sbagliai a pensare che la parte settentrionale del Carolina, ma anche quella meridionale comunicavano con l’oceano Atlantico e quello che c’era sotto noi, sembrava essere proprio quello. Lo sguardo soddisfatto di James mi faceva capire che dovevamo gettarci. Ero tra due fuochi. Anime che volevano uccidermi, e l’altro … LA MORTE LANCIANDOMI NEL VUOTO, e se non sarei morta nel volo, sicuramente dopo nell’ oceano. In poche parole dovevo CREPARE.


«James, » lo chiamai per la prima volta , un nodo mi stringeva in gola, numerose fitte attorcigliavano il mio stomaco,si voltò meravigliato, forse erano secoli che qualcuno non lo chiamava...

«Dobbiamo buttarci, » continuava a ripetere senza farmi finire di parlare.

«Ma moriremo! » sbattei i piedi a terra, le mani si muovevano da sole, volevo trovare un appiglio per arrampicarmi, e volevo che ne so ...volare (?) Non gli chiesi se sapeva volare o cose del genere, mi sembrava troppo banale e poi sicuramente ci avrebbe pensato prima...

« Decidi tu, - disse rivolgendosi a me, - O ci gettiamo con i corpi o con l'auto... »

«Ma sei impazzito? Non c'è l'opzione di non buttarsi ? »Non finii di continuare la frase che qualcosa o qualcuno mi trascinava da dietro, come se non volesse farmi  buttare...Lo apprezzavo. Quando mi voltai, rabbrividii era un uomo simile a quello che in mattinata mi aveva seguito

 “Se non ci fosse questo maledetto muro, mi getterei all’istante.” dico, mentre alle mie spalle sento dei passi.

Credo che appartengano a comuni mortali, mi volto.

Non è possibile.

Cinque mesi.

Centocinquantadue giorni.

Notti intere a piangere e aspettarlo.

«Togliti, devo passare.» mi dice con il suo tono arrogante, freddo, distaccato. M’immaginavo diversamente il nostro incontro.

Rimango in silenzio per qualche istante, il tempo di capire perché quel distacco tanto glaciale quanto cattivo.

«J … James, » balbetto e stavolta non mi sbaglio: è davvero lui. Sgrano gli occhi, incredula di vedere quello che ho dinanzi.

«Come sai il mio nome? »domanda sgarbato, io semplicemente non riesco a crederci. Si volta e mi fissa come se fossi una qualunque.

E’ impossibile.

Il mio sguardo si scurisce, non nego che le lacrime vogliano scendere e bagnarmi le guance, ma trattengo.

«Beh, ci si vede. » fa spallucce e si volta tornando a camminare.

Il mio cuore è a pezzi.

Dove starà andando? Nei suoi occhi aveva qualcosa di diverso, se fosse soggiogato?

Diamine. Come può mancarci chi ci tratta uno schifo e che doppiamente stupidi, possiamo amarlo?

Una cosa è certa: quell’energumeno non è il mio James e farò di tutto per riportarlo da me.

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Spazio Autrice:Okay...ehm...fatemi riprendere! Eccomi quiiiii*-* di nuovo con questi due cuccioletti e con le loro disavventure, esattamente dopo un anno ho deciso in un continuo, tutto merito di Andra. Non m'importa se seguirete o meno la storia, fa bene a me scriverla,ormai da troppo tempo sono affezionata ai miei Janes :3 Spero che avete notato un linguaggio diverso e non ci siano molti ORRORI, sono leggermente maturata ...o almeno lo spero. Scriverei per ore, ma no...le cose migliori sono quelle non dette^^e beh...spero di sentirvi anche per consigli*-* La troppa euforia mi ha portato a pubblicare subito, vi adoro! Spero di non avervi deluso con questo primo capitolo :3 Baci ^^
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il caos del cuore. ***


Image and video hosting by TinyPic


Il caos del cuore


Avrei dovuto rincorrerlo, ma no … basta.

Basta davvero con forse avrei dovuto, se, ma … doveva andare così e non lo dico perché sono fatalista, semplicemente perché non ci credo più, non credo più nel bellissimo ed emozionante NOI.

Non c’è mai stato un NOI.

Tutto è accaduto incredibilmente ma non significa nulla. James non è realmente mio ed io non sarò sua.

Credo che sia una sciocca a rimanere qui, in piedi, e come un ebete domandarmi perché i passanti mi fissano; c’è qualcosa di sbagliato in me, sicuramente.

Abbasso il capo e senza fare troppi ripensamenti mi dirigo verso casa, mamma sarà già a insegnare e papà è uscito all’alba, non riesco ad andare a scuola, non ne ho voglia.

Chiudo la porta di casa e mi spaparanzo sul divano, sono irrequieta.

“Dovrebbe esserci del gelato” penso, ed è una vera impresa fare alzare il mio didietro da questa comoda poltrona, con strani movimenti riesco a mettermi in piedi, cammino gloriosamente verso il freezer, rimango delusa, però, constatando che non c’è più nulla;“ L’avranno finito.”

«Quando sono di quest’umore, è d’obbligo il gelato in casa, accetto anche cioccolato. » blatero come se qualcuno potesse sentirmi. Imbronciata mi scaravento nuovamente sul divano e impugno il telecomando schiacciando un canale qualsiasi.

«A mia madre dichiarerò la verità, sono stanca di dover nascondere tutto anche a lei … non siamo più le stesse. Sono sicura che capirà. » continuo a ripetermi, sperando che la sua reazione non sarà delle più drastiche.

“No, non può essere.” Penso portandomi le braccia sul petto, in televisione c’è proprio quel film.

Il film che ho masterizzato accuratamente sul dvd, il film che ho visto con James.

«E’ finito. »pronunciai con un filo di voce.

«Molto bello. . . – sussurrò , sembrava che non riuscisse a parlare. -Mi ha colpito, Jane. » ammise. Ero incredula.

« Anche a me … è come se fosse la prima volta, è il mio film preferito. Non so quante volte l’ho visto. »risposi. James era più simile di quanto immaginassi, persino nel carattere; Forse per questo non andavamo d’accordo.

«Beh … mette in risalto la fugacità della vita. Se vuoi una cosa falla, sii egoista. Adesso, però stop con la tristezza. Oggi è il tuo compleanno e non è giusto che tu sia triste. » Era totalmente cambiato. Effetto “ I pugnali volanti?” Ero incredula e stupefatta. James riusciva sempre a farmi ricredere sul suo conto.

«Ma perché? Che diavolo! » sbraito, scaraventando il telecomando per aria, “l’oggetto volante “ avrebbe fatto brutta fine se non fosse stato per il tappeto che ha alleviato l’urto.

Come nei film, il mio cellulare squilla nel momento più opportuno. Sbuffo.

Mi sporgo allungando la mano verso il tavolino, rimanendo ancora comodamente sdraiata; è difficile ma non significa che non ci riesca.

Afferro il cellulare e con aria trionfante rispondo.

«Allora sei viva! » è Julia che, inaspettatamente, non ha un’aria rilassata bensì nervosa: non è da lei; cerco di non fare gaffe e mi concentro a dare risposte docili per le sue domande a trabocchetto.

«Sì Julia, scusami se non ho avvisato né te né Nath ma avevo dolori di stomaco e non sono venuta a scuola …» camuffo la voce fingendomi seriamente ammalata.

«Ah … mi dispiace, spero che almeno per stasera ti passi. Abbiamo messo tutte noi stesse per preparare la festa di Nath- sussurra, sicuramente riccioli neri è nei paraggi. Oddio, è vero: è il compleanno del mio quasi migliore amico, come ho fatto a dimenticarlo? Certo che pensare James mi fa dimenticare il resto.-Comunque hai fatto bene a restare al letto, il professor Brown non è venuto e ci hanno permesso di uscire. Se ti sentivi meglio, andavamo al capannone per sistemare gli ultimi preparativi. – Per il compleanno di Nathan cioè il 27 maggio, Julia ed io “amiche più strette”, avevamo pensato di affittare un capannone e poiché Nathan è uno dei più conosciuti della scuola, hanno contribuito molte persone sia all’affitto sia al regalo. Saremo circa cinquanta ragazzi e Julia ed io, ci siamo occupate di tutto ovviamente alle spalle di Nathan, è stata una vera impresa giacché il rompiscatole era sempre con noi; abbiamo dato tutte noi stesse, ma io potrò andarci? Con l’umore che ho, non sono in vena di feste, tutti gli sforzi saranno sicuramente stati vani.- Jane, vuoi che passi dopo aver fatto un giro a casa di Nathan?- mi chiede premurosamente, ah se sapesse che tipo di mostro sono. -Sai, dicono che è probabile morire il giorno del proprio compleanno anziché negli altri 364 dell’anno.» soffoca una risata mostrando visibilmente ironia. Non è tanto errato, anch’io stavo morendo il giorno del mio compleanno, ero con James in quel posto magico quanto indimenticabile.

«Sì, -rispondo convinta-se fossi in te farei un giro più a casa sua che mia , ma scusa … adesso non è lì con te? » arriccio la fronte e mi appollaio comodamente sulla poltrona.

«Ah, ah! Ti sembra che Nathan Waters “sono il migliore” va a scuola il giorno del suo compleanno?» riprende lei con una leggera aria da saputella e antipatica, ma non lo è affatto.

«Giusto, beh … ora è meglio che mi riposi, per stasera voglio essere in gran forma.» affermo poco convinta, Julia non fa pretese e agganciamo.

“Forse il tipo che ho visto non era il mio James, sarà stata un’allucinazione simile a quella che ebbi su Cabret con quella brutta guardia.” Penso, mentre dalla mia mente non riescono a sparire gli occhi di James leggermente bluastri con chiazze dorate e così stranamente tristi: quello sguardo era così spento, sembrava essere un’altra persona.

Mi alzo lentamente fissando inespressiva la tv che come sua virtù fa scorrere immagini, suoni e colori … credo che la vita le somiglia molto: le pubblicità sono le pause che ci prendiamo per riflettere e quando poi inizia il film, ritorna la finzione … la paura e tutte le altre sensazioni.

Crediamo di essere diversi, di distinguerci, ma come diceva Shakespeare: il mondo è un teatro e ognuno ha la propria parte. Nessuno è sincero davvero e noi nella bugia “bella e grossa voragine” non siamo nient’altro che insignificanti moscerini scopiazzati.

Decido di mangiare l’insalata con i wurstel, perché non ho fatto colazione? Ah già, dovevo correre da James, quante cose ho fatto per lui, lui non avrebbe neanche tentato un minimo sforzo. Devo smetterla di dare tutta me stessa a chi non merita e soprattutto di pensare, quanti ragazzi della mia età trascorrano il tempo a pensare? Pochi.

Accenno un’occhiata scadente al divano, indecisa dove consumerò il mio pasto: sul divano a guardare la tv (il che fa molto depressa e da bigotta) o in camera mia con delle belle cuffie e musica alta fino a rompermi i timpani? Opto per la seconda e, strisciando un piede dietro l’altro affronto i 15 scalini che mi condurranno in camera mia.

Sono a metà quando stranamente il campanello suona.

“Forse è la tv, ho dimenticato di spegnerla.” Penso grattandomi la testa. Al mio essere pigro non passa neanche per la testa scendere per spegnerla ma se mia madre dovesse trovarla accesa, non ne sarebbe felice anzi, inizierebbe la sua paternale sull’energia e lo spreco per poi inevitabilmente andare a parare sulle bollette salate. A malincuore scendo dando così ascolto alla minuscola parte di me “responsabile”. Fisso la tv con aria di sfida poi la spengo. “Se ti avessi spenta prima, non sarei dovuta scendere.” Ma il problema non è stato risolto: il “campanello” continua a suonare e sembra tanto quello di casa mia. Mi avvicino al portoncino con aria interrogativa e notevolmente preoccupata.

«I miei non saranno di sicuro» sibilo, mentre percepisco la tensione aumentare. Stringo la maniglia e chiudendo gli occhi apro la porta, incurante di cosa possa pensare il mio ospite vedendomi in uno stato di trance.

Apro gli occhi di scatto e in un primo momento non vedo nessuno o meglio: mi sembra che non ci sia nessuno. Abbasso lo sguardo e il respiro sembra appesantirsi, ha perso la sua regolarità, il cuore batte all’impazzata. Guardo, osservo e la folta chioma bionda riccioluta è inconfondibile: è proprio James, quello strano ibrido di angelo e umano che poche ore fa mi ha palesemente ignorato. E’ in ginocchio, sembra sofferente. Sposta leggermente il capo, quel poco che mi basta, per capire che è ferito al costato sinistro poco sotto al cuore, una chiazza di sangue sulla sua bella e preziosa tuta nera micenesiana.

Crollo sulle ginocchia arrivando circa alla sua altezza, delicatamente gli alzo il mento per poterlo fissare dritto negli occhi. Sta delirando. Una spada laser simile alla sua è situata proprio dove scorrono minuscole gocce di sangue … tremo.

«Tu … - bisbiglia, cercando di sforzarsi-Tu che sai il mio nome, aiutami. » mi dice e ancora non posso crederci: davvero non si ricorda di me.

Cerco di mantenere la calma e senza urtare la ferita tento di alzarlo, non riesce a reggersi in piedi e per questo cingo il suo braccio al mio collo e con il mio braccio destro gli mantengo il fianco.

«Riesci a salire quindici scalini? » chiedo, intenzionata già in partenza a scaricarlo in camera mia.

Fa cenno di si con il capo e con un po’ di pazienza, scalino dopo scalino, ci avviciniamo sempre più alla mia stanza.

Un’impresa abbastanza difficile, ma ciò non significa che essendo ardua è impossibile.

Riesce a sedersi sul mio letto e lentamente a stendersi.

”Quanto mi fa male vederlo in questo stato.”

«Vuoi riposare, mangiare? » chiedo, sperando di non risultare assillante.

«Dovresti togliermi questa cosa … secondo dopo secondo risucchia le mie forze. » con “cosa” si riferisce alla spada infilzata nel costato. Deglutisco.

Sarò capace di una cosa del genere?

«Va … va bene.» balbetto e mi reco subito in bagno a prendere la valigetta del pronto soccorso.

“Speriamo che io non lo uccida.”

Faccio un bel sospiro profondo, impugno la valigetta e sì: sono pronta.

Entro in camera apparentemente rilassata, non voglio che pensi che sia incapace.

Accenno un flebile sorriso e mi siedo di fianco a lui sul letto.

Chiude gli occhi, è proprio un angelo.

Prendo del disinfettante adatto alle ferite e assieme ad un batuffolo di ovatta cerco di disinfettare la zona sofferente.

«Non c’è bisogno che disinfetti, estraila … il sangue smetterà di uscire se metterai questo. » mi porge un flaconcino con un liquido trasparente, sembrerebbe acqua ma ha sicuramente una funzione medica magica.

Acconsento con il capo eseguendo come mi ha detto; sebbene mi faccia impressione toccare la spada laser e tirarla fuori dal suo petto, devo pensare al suo bene: sta soffrendo molto.

«Uno … due … tre. » al tre estraggo la spada e non do il tempo all’aria di accarezzare la fresca ferita che spargo il liquido medicinale. Si contorce sotto di me, digrigna i denti … il medicinale deve bruciargli, ma starà meglio, ne sono sicura.

«G … grazie umana Jane. - bofonchia e quasi non ci credo, si sarà ricordato di me? Prima che potessi chiedergli come abbia fatto a ricordarsi il mio nome, mi legge nella mente-Beh, il tuo nome l’ho letto lì …» proferisce puntando la porta, dove in una scritta abbastanza grande c’è scritto: ” Stanza di Jane”.

Che illusa che sono! Mi fingo indifferente, intenzionata a scendere al piano di sotto e cercare di capire.

«Ti lascio riposare. » avviso e anche se non volevo farla notare, la delusione è visibile chiaramente sul mio volto. Chiudo la porta e scendo la scala a chiocciola.

Vorrei addentare il panino, ma ormai la fame è passata. E ancora una volta James non si ricorda di me.

Spaparanzata sul divano mi sento strana, sono eccitata che James sia qui e in un certo senso al sicuro, dall’altro preoccupata … chi gli avrà mai tirato quella freccia/spada? Sicuramente un nemico, e decisamente non Malkfoc … sarebbe stato un suicidio per il cattivo in questione.

Mentre i pensieri vagano in cerca di una risposta ben fondata, qualcun altro bussa alla porta, non sarà mica Julia?

Mi alzo silenziosamente cercando di capire chi sia guardando dallo spioncino ma vedo soltanto la strada.

“Avranno sbagliato” affermo facendo spallucce, non m’importa più di tanto. Torno al divano ma qualcosa attira la mia attenzione, un foglio bianco ripiegato accuratamente è sulla moquette. Mi abbasso per prenderlo, aprendolo senza esitazioni.

In bella calligrafia c’è scritto: “Ciao Jane, sono tornato.”

Il tutto è molto inquietante, sia per la frase sia per com’è stato scritto. Il misterioso non ha usato inchiostro bensì sangue.


Spazio Autrice: Carissimi lettori, perdonate il madornale ritardo e gli erroracci. Questo capitolo lo vedo diverso dagli altri, sicuramente tutti abbiamo notato il cambiamento di James e credo che dobbiamo soffermarci. Inoltre, il punto più importante è il misterioso uomo che ha scritto il biglietto...Pensate a Malkfoc? Beh, non credo...d'altronde se ferisce " i suoi figli" è come se si autocondannasse a un suicidio. Mi piacerebbe sapere il vostro parre nelle recensioni! Perdonate ancora gli errori e mi auguro che stiate trascorrendo buone vacanze.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Mi hai salvato ancora una volta. ***


Image and video hosting by TinyPic

Mi hai salvato ancora una volta


Ho ancora tra le mani il foglio con scritto la frase inquietante, la leggo ripetitivamente ma farlo non mi porterà alla soluzione. Ho bisogno di sapere di chi si tratta.

Sobbalzo avvertendo qualcuno alle mie spalle: è James.

Mi guarda passivo, cercando la giusta parola per iniziare un discorso di cui non ho la minima idea.

Deglutisco vedendolo avvicinarsi alla porta, vuole andarsene?

«Che vuoi fare? » domando con tono accusatorio, lui si arresta voltandosi lentamente nella mia direzione,

«Beh … -inizia grattandosi la testa dai riccioli d’oro- credo sia giusto andare, ti ho già dato troppo disturbo, dimentica tutto. » accenna una smorfia di compiacimento e si dirige a passo spedito verso la porta.

Rimango per pochi secondi ferma. Sono ibernata. Sembra la fine di una relazione e non può trattarmi così, non gli darò la possibilità di farmi soffrire di nuovo.

«Tu non vai da nessuna parte- sbotto e non mi sono resa conto di averlo detto. Si volta corrucciando la fronte confuso- voglio credere che tu non ti ricorda di me, ma non mi permetterò di perderti per la seconda volta. Ti ho aspettato per cinque mesi e sai a quanto equivalgono? A centocinquantadue giorni, dove eri, James? Io piangevo, mi rifiutavo di mangiare … la tua mancanza era percepibile fin dentro le ossa. Ti ho sempre accettato senza se e senza ma, anche quando ho scoperto che il tuo vero nome era Drake, anche quando ho scoperto la tua vera natura. Io di noi non dimenticherò mai nulla e se ora vuoi andare … -faccio segno con la mano di andarsene- Sei libero di farlo ma a quel punto capirò quanto sono stata importante per te. » dico come un fiume in piena, sono visibilmente esasperata.

Mi osserva pensieroso. Dovevo dirglielo, sarei esplosa e come mio solito, mi sarei rifugiata in camera a piangere, allontanando il resto del mondo, inconsapevole che la vita va comunque avanti. Con o senza chi vorresti al tuo fianco.

Continua a guardarmi con espressione indecifrabile, «Ho l’impressione che tu mi conosca …» risponde naturale come se quello che gli ho detto non l’abbia destabilizzato neanche un pochino.

Assumo un’espressione simile al what the fuck? Espiro e ispiro provando a concentrarmi, massaggio le tempie cercando di fargli capire almeno il minimo.

«Sì, direi che ti conosco ma tranquillo: anche tu conosci me. Ti dicono niente Alyson?  Micenesis o Cabret?- sbuffo vedendo il suo assenteismo- Uno di questi nomi ti è familiare? » cerco di sforzarmi dando i maggior indizi ma tutto sembra inutile.

Scuote il capo a destra e sinistra segno di no ed io crollo sul divano, demotivata.

«Mi dispiace … non era mia intenzione deluderti, sei stata gentile ad aiutarmi …»

Era il minimo.

Sì, ti avrei risposto era il minimo perché tu James, con la tua bastardaggine, i tuoi giorni no, tu mi hai sempre salvato.

E poi dopo quello che abbiamo trascorso insieme, credo proprio di amarti.

In fondo non so, ma ho quella strana sensazione che mi prende ogni volta che ti vedo arrivar, e che mi uccide ogni volta che stai andando via.

Come sabbia tra le mani te ne stai andando di nuovo.

Stringi la maniglia e abbozzi un sorriso forzato, proferisci un leggero «Ciao …» e la porta che si chiude mi vieta di vederti.

Non posso rincorrerti. Non voglio.

Se hai deciso di dimenticarmi un motivo ci deve essere, però avresti potuto dirmelo, oggi sarei andata avanti con la mia vita, senza rimorsi o rimpianti e, invece, ancora una volta mi hai complicato tutto.

Un giorno ti dimenticherò te lo prometto.

***


Sono le 19:00 e non ho ancora ricevuto una chiamata da Julia, che anche lei si sarà dimenticata di me? Intanto i miei non sono ancora tornati da lavoro ed io guardo impassibile l’armadio, aspettando che qualcuno mi suggerisca cosa indossare. Andare alla festa del tuo “quasi migliore amico” in cattivo stato non è una bella idea, ma non posso fare questo a Nathan, lui non c’entra. Devo rimboccarmi le maniche e sorridere come ho fatto negli ultimi cinque mesi.

Ho finto di essere una ragazza normale, con una vita tipica di una diciassettenne.

A malincuore opto per un vestito nero aderente e corto, per una volta direi di abbandonare felpe e converse.

Julia si è raccomandata di indossare abiti trasgressivi e alla moda, direi di aver centrato in pieno, sicuramente sarà contenta e stupita.

Al vestito scollato decido di abbinare tacchi non tanto alti: non sono una modella e il rischio che possa inciampare o cadere è del 101%; nonostante non siano tacco dodici ma stivali ricordo, che quando li indossai l’ultima volta (due anni fa) facevo fatica a camminarci tanto è vero che mi si bloccò la circolazione, sembravo e sarò un tirannosauro rex.

Mi precipito in bagno notando di essere in ritardo. M’immergo nell’acqua calda, permettendo alle bolle di bagnoschiuma di ricoprire il mio corpo esile, chiudo gli occhi cercando di fermare i pensieri ma tutto continua a girare intorno al nome James.

Perché deve essere sempre tutto così complicato?Non poteva ricordare, stare insieme? So bene che per certi versi sia mio fratello e siamo legati a Malkfoc da un legame di sangue ma ci vogliamo o almeno mi voleva.

FLASHBACK

- Malkfoc non è l’unico tuo nemico. -

- Quanti altri ne ho? – dissi, inizialmente sottovalutavo.

- Diciamo due pianeti … Cabret e … Micenesis. –morse il labbro inferiore.

- Micenesis? – domandai incredula. Stupita.

- Già. – ammise rassegnato.

- Non può andare meglio, –risposi sarcastica.

- Sei sicuro? Non può essere? Smettila con gli scherzi, ok? – mi agitai, ma non servì a nulla; Il biondo per tenermi a bada, mi toccò le spalle e fissandomi negli occhi facendomi perdere il fiato sussurrò,

- Finché ci sarò io, nessuno ti farà del male. – 
- Jane, guardami negli occhi. – dolcemente prese il mio viso tra le sue mani delicate, ma allo stesso tempo forti da poter uccidere 10 demoni tutti assieme.

Ti aspetterò, perché amare significa anche rinunciare e se ami Elijah come dici, non interferirò … -Ingoiò. Era giusto. Non obbligava. Io, continuavo a denudarmi dalle lacrime. Piangevo ininterrottamente.

E sappi che … Sei stupenda quando sorridi. Dimentica e proseguiamo. –

Sorrisi. Era questo che dovevo mostrare a lui e a chi mi circondava: Un sorriso , una finta me, una me serena... anche se dentro stavo morendo.

RETURN

Non so come ma mi sveglio, accorgendomi di essere in ritardo. Esco dalla vasca in fretta e furia e quasi rischio di rompermi l’osso del collo per una scivolata epica.

Una diciassettenne maldestra come me, capace di mettere a repentaglio la sua vita in poche e innocue mosse, com’era capace di salvare un pianeta? A distanza di mesi, continuo a chiedermelo.

Avvolgo il mio corpo nell’asciugamano azzurra e con il phon asciugo i capelli. Impiego circa venti minuti dopo di che passo a vestirmi, indossando: biancheria intima nera, il vestito dello stesso colore con una leggera scollatura sul seno, collant color pelle e gli stivali neri. Riguardo al trucco, decido di andarci leggera, con solamente mascara e lipgloss. Per i capelli, scelgo uno chignon che me li tenga ben legati, facendo ricadere in avanti solo una ciocca.

Le feste non mi sono mai piaciute, le ho sempre affrontate con un umore spento, figuriamoci dopo quello che è successo ma devo mettere tutto da parte, devo farlo per Nathan.
Mi osservo allo specchio e ora viene la parte più difficile: indossare un sorriso.

Un sorriso che non deve essere falso o almeno non sgamabile.

Quanto è difficile, sembra che ogni volta che mi sforzi di sorridere, la voglia di piangere aumenta ed è frustante.

Faccio un sospiro e neanche il tempo di rilassarmi che il campanello suona.

Mamma e papà hanno le chiavi quindi sicuramente sarà Julia che è passata a prendermi.

“Dai, Jane … puoi farcela” sussurra la mia vocina incoraggiante e come un attore sta per andare sul palco, m’incammino verso la porta. Spengo tutte le luci di casa, assicurandomi di aver chiuso tutte le porte e le finestre. Sono pronta per il party “supermegagalattico”.

Apro la porta e ad accogliermi c’è Julia in tutta la sua bellezza: i suoi boccoli biondi ricadono sulle spalle, un rossetto rosso acceso richiama il pantalone dello stesso colore stracciato, ha un top nero merlettato e come scarpe dei tacchi che solo a guardarli mi provocano vertigini.

«Wow …» le dico e siamo sorprese l’una dell’altra.

«No cara, sei tu stupenda!- esclama, prendendomi la mano e facendomi girare su me stessa per avere l’intera visuale.- quanto scommetti che catturerai l’interesse della squadra di football dell’ultimo anno? - fa gli occhi a cuoricino e come sua abitudine inizia a fantasticare, dovrebbe sapere che il mio cuore appartiene a un altro.- hai mai visto quel palestrato moro, con i tatuaggi e il piercing sul naso?

E’ amico di Nathan, potrebbe presentarcelo o meglio presentartelo. » Ah Julia, quante volte devo dirti che non mi piacciono i tatuaggi e i piercing? Inoltre, il mio cuore è già occupato, tu non lo sai perché non capiresti, la mia “metà “non fa parte di questo mondo.

Sbuffo evidenziando la mia disapprovazione.

«E va bene, troveremo un altro pollo.» sibila, ammiccando un sorrisetto furbo. Sebbene sia di pessimo umore, con una battuta, la mia amica è sempre capace di mettermi su di morale, per fortuna che c’è lei.

Salgo sul motorino indossando il casco, augurandomi vivamente che i collant non si strappano.

Il capannone dista solo a pochi isolati; arrivate, notiamo che la gran parte degli invitati si sta nascondendo sotto il gran tavolo, il buio regna e Julia all’interno della sua borsa nasconde l’interruttore che premerà per accendere le luci e il tabellone con scritto “Happy birthday Nath”. Poiché la festa è a sorpresa, abbiamo chiamato Nathan con una scusa banale:

Julia ed io stavamo facendo un giro con il suo Beverly e improvvisamente la benzina è finita.

Il nostro fidato amico è arrivato in un batter baleno e anche mezzo assonnato, è elegante come pochi. Un gilet blu scuro con una camicia bianca, pantaloni beige e delle scarpe eleganti ma al tempo stesso sportive. Come fa a essere sempre così impeccabile? Forse è per questo che ha vinto due candidature come rappresentante della High.

«Accipicchia, siete fantastiche. -esclama scendendo dal suo motorino e privandosi del casco.-Dove stavate andando? » corruccia la fronte, sospettoso.

«In un locale ma niente di che …» risponde Julia immediatamente, ma Nath non sembra crederle.

«Julia ti ho sempre detto di non sottovalutare il carburante, metti caso che Jane non c’era e restavi qui sola, al buio … poi peggio: pensa se non c’ero io. » enuncia pavoneggiandosi, gran difetto di Nathan riccioli neri: si crede Dio sceso in terra e mi ricorda tanto qualcuno …

«Stamattina perché non sei venuto a scuola? » domanda la mia amica scoccando la lingua.

Nathan Waters sembra innervosirsi.

«Davvero me lo chiedi?» prende la tanica con il carburante per versarla nel serbatoio del Beverly.

Julia si allontana, io cerco di distrarre Nathan.

«Vuoi che ti faccia luce con il cellulare? Non credo tu veda molto …» dico gentile, ma il moro sbuffa e in piena fronte si presenta una ruga, la ruga dell’incazzatura.

«Beh, non vi capisco.- dice ignorando la mia domanda- Siete le mie grandi amiche e oggi non vi ho proprio sentito, ora vi siete accorte che sono mancato a scuola?Uno come me che manca a scuola, non è strano? » mi volge uno sguardo acceso d’ira, mi viene da ridere. Julia è sparita ma fortunatamente m’invia un messaggio giusto in tempo, prima che la situazione degeneri e io mando a monte l’intero piano:

Messaggio da Julia alle 20:30
E’ ora, avvicinatevi al capannone.

«Per di più Julia è sparita e … -blocca la sua parlantina guardando il serbatoio –Jane, te ne intendi di motori? » mi domanda algido e sono sicura che sia un tranello.

«N-no … » balbetto, grattando la testa.

«Te lo spiego in termini meno tecnici: la benzina c’è, non è finita.- gira le chiavi e il motorino si accende tranquillamente- allora? » abbozza un sorriso serafico, sembra che ha capito tutto ma almeno è più rilassato.

«Beh Nath, io ti spiego un’altra cosa- dico fingendomi seriamente arrabbiata per poi sfociare la mia finta rabbia in un gran sorriso- buon compleanno …» esclamo ad alta voce cosicché Julia possa sentirmi e accendere l’illuminazione: le luci vanno dal rosso al blu, dal verde all’arancio e l’intermittenza con cui la grande scritta “Buon compleanno Nath”, trasmette gioia e serenità. Julia ed io siamo state impeccabili e per la prima volta mi sento realizzata.

Nathan mi stringe forte e non mi aspettavo che si commuovesse, i suoi nervi crollano vedendo metà scuola sbucare da sotto il grande tavolo: i ragazzi si affrettano a uscire dalla tana con sorrisi smaglianti, ovviamente c’è anche chi impreca per aver ricevuto una pestata sul naso, a chi mancava l’aria e chi vuole già fiondarsi sul buffet. Julia ci raggiunge con una trombetta e ci abbracciamo tutti e tre fino a perdere il fiato.

«Credevo lo aveste dimenticato.» dice giustificando la rabbia di poco prima, ci stacchiamo lentamente e finalmente torniamo a respirare. Julia ride come la matta

«Come potevamo dimenticarci del tuo compleanno, forse tu avresti potuto scordarti i nostri …» canzona ma continua a ridere ed io l’affianco.

«Sicuramente li avrei dimenticati …» afferma confermando ogni nostro minimo dubbio. Gli scompiglio scherzosamente i capelli e tutti e tre iniziamo a farci il solletico.

«Scherzo: io vi adoro.- dice poi, liberandosi dalla presa.- corro a salutare gli ospiti, mi raccomando ballate. » si allontana, ballando sulle note di Say it right di Nelly Furtado.

«Ma guarda che cucciolo, è riuscito benissimo … visto Jane?- Julia ammicca un sorriso e porta alla bocca un cocktail alla frutta.-mi raccomando rilassati, la vita è bella, guarda là -indica un gruppo di ragazzi palestrati- … niente male. »

«Hai ragione.» le rispondo e non sto mentendo. Devo smetterla di correre dietro chi non mi vuole, devo iniziare a vivere, con il tempo James diverrà solo un lontano ricordo.

«Guarda, quello moro con il ciuffo biondo ti sta facendo l’occhiolino … - mi fa notare la mia migliore amica ed è vero: sembra che al tipo interesso.-che ne dici di avvicinarci … oh Jane, sembra che la fortuna ti assiste, - mi informa  Julia, Nathan è proprio andato dal tipo intrigante.- su andiamo!- esclama spintonandomi qua e la, oppongo resistenza ma mi accorgo di creare spettacolo, ancora una volta devo assecondare le pazzie della mia amica modella. Mi avvicino al gruppo di bellocci con un sorriso da paralisi facciale, cercando di evitare figuracce.

Julia si avvicina al nostro amico abbracciandolo da dietro «Nathan, non ci posso credere … stai crescendo e sei così carino» gli pizzica la guancia e seguito da me e dal gruppo di ragazzi “fighi” riccioli neri se la ride di gusto. Intanto, Julia neanche stavolta ha sbagliato, il tipo dal ciuffo biondo mi guarda per davvero e accenna sorrisi frequenti. Abbozzo un sorriso scherno distogliendo lo sguardo.  

Con permesso abbandono il gruppo, avvicinandomi al buffet. Il gran capannone è tutto occupato: ci sono coppie che si baciano come se non ci fosse un domani e, per quanto mi fanno schifo, li invidio; chi, nonostante non si conosca, balla o meglio si struscia spudoratamente e chi, come me, è alone e cerca di colmare l’assenza stando al cellulare.

Prendo una bibita non alcolica, mi giro e involontariamente mi scontro con qualcuno,

«Scusami …» enuncio mortificata, alzo leggermente il capo e, il destino sembra proprio scherzare con me: il moro con il ciuffo biondo.

«Tranquilla … - dice con un sorriso wow - l’importante che non mi sia sporcato … - fa un colpo di tosse- intendevo dire l’importante che non ti ho pestato un piede, ti avrei fatto male …» dovevo immaginarlo, è uno di quei tipi tinti e pinti o linti o come si dice.

«Non ti ho mai visto a scuola …» gli dico cercando di non mostrare la mia natura da asociale.

«Posso dire lo stesso di te» ammicca un sorriso sornione e morde la cannuccia, sbaglio o vuole fare il provocante? Potrà essere bello quanto vuole, ma nessuno batte il mio James.

Che ridicola, ancora lo penso e, ancora lo definisco mio … non è mica un cioccolatino!

«Arrivo sempre presto e ne approfitto per ripetere …» liquido, prendo un salatino.

«Sgobbona e bella … un abbinamento raro- ride e la sua risata è irritante, come si permette di darmi della sgobbona? Okay, non è chissà che brutta parola, ma poteva dire studiosa. Inarco un sopracciglio nervoso- comunque mi chiamo Liam» tende la mano come da consuetudine ed io sto per stringergliela ma improvvisamente, le luci iniziano ad andare a ritmo scoordinato e poi … si spengono assieme alla musica.

C’è baccano, agitazione ed io mi sento persa. L’unico a essermi vicino è Liam, ma non mi rassicura per niente. Improvvisamente sento qualcosa insinuarsi tra le mie gambe, ma non capisco cosa sia.
Sbarro gli occhi e vorrei urlare, ma nell’agitazione sono una delle tanti voci spaventate. Urlo, mi dimeno, ma nulla sembra ritornare normale. Il mio corpo è sospeso in aria, sento delle voci che ridono, mentre a me viene da piangere.

Urlo con tutta me stessa ma a breve anche questo mi è vietato, qualcuno mi tappa la bocca e sono fottuta: adesso non solo non riesco a urlare ma mi è diventato difficile persino respirare. Che scherzo bastardo è? Cerco di opporre resistenza ma chiunque esso sia è più forte di me. Ho gli occhi chiusi, mi sento maledettamente stanca e cerco di dimenticare che ci sono mani che toccano ovunque.

«Non male la tipa …» dice uno e non è difficile captare le loro intenzioni.

«Mi sono sempre piaciute le rosse, ti ricordi quella del primo anno Liam? Ci sapeva proprio fare … » dice un altro e vorrei coprirmi le orecchie, che schifezze sono costretta a sentire? Mi fanno sedere sull’asfalto freddo e  finalmente, grazie alla luce di un lampione, riesco a vedere i loro volti: il gruppo di prima senza ombra di dubbio.

Ho i piedi freddi ed è normale, strattonandomi ho perso gli stivali.

Cerco di dare calci ma tengono la stretta ben salda. Sono due, due bifolchi schifosi.

«Che ne dici se non stracciamo queste calze? »domanda quello che non conosco avvicinandosi rapidamente, continuo a scalciare ma non si allontana, quello stronzo di Liam ride con gusto. Sono entrambi un po’ brilli, ma quello che non conosco lo è notevolmente di più.

Serro gli occhi, sudo e tremo, nessuno riesce a sentirmi. Perché per una volta non può andarmi tutto normale? Si avvicinano alla mia gamba salendo a passi d’elefante, sento uno strappo. Bastardi.

Continuo a urlare ma mentre uno scarta “il regalo”, l’altro m’impedisce di chiedere aiuto. Sono finita.

Le lacrime mi bagnano le guance, uno dei due mi palpa anche il seno, credevo che la mia prima volta sarebbe stata con qualcuno che amavo o per dirla tutta: James.

L’unico che ha senso in questa vita spoglia.

A un tratto un tonfo inaspettato mi desta. Spalanco gli occhi di scatto. I due approfittatori sono sull’asfalto accanto a me e sembrano imprecare per un dolore improvviso, strano.

Non so cosa sia successo ma è il momento giusto per scappare; cerco di alzarmi ma dinanzi a me si presentano degli scarponi neri, alzo lo sguardo.

E inaspettatamente ci sei tu a tendermi la mano con il tuo sorriso inspiegabile.

«T … tu» balbetto tremante, si abbassa e dolcemente mi prende in braccio.

Questo contatto, il tuo profumo rimasto immutato, non posso crederci. Tutto sembra essere come una volta.

I tuoi occhi sono nei miei e i miei nei tuoi.

Sembra che il mondo si sia fermato, siamo solo tu ed io su questo pianeta.

Mi sento leggera, tutte le preoccupazioni sono svanite in un istante.

«Stai bene? - mi domandi retorico ed io non faccio altro che fissarti incantata, sono una bambina che ha visto babbo natale.- ti porto a casa. - guardi la mia gamba scoperta e cerchi di non darci peso, hai leggermente irrigidito la mascella … ti conosco James, sei arrabbiato. Dai un calcio a Liam e un altro al suo amico sfigato e come farebbero i grandi boss ci sputi addosso. Ho sempre odiato queste cose villane ma quello che quei due stavano facendo a me? Quello faceva proprio schifo.

James di te non odio proprio niente.

Inspiegabilmente sei sempre pronto a salvarmi.

Mi accoccolo al tuo petto caldo e chiudo gli occhi, finalmente sentendomi protetta, al sicuro.

Sei il mio angelo, non c’è altra spiegazione ... anche stavolta mi hai salvato ancora una volta.

 

Spazio Autrice:
Con calma sono un po' ovunque, tra la scuola, le altre storie,
non potevo dimenticarmi degli amorini che
mi hanno spinta a scrivere dai tempi dei tempi!
Non so davvero che dire di questo capitolo, ho cercato di calamarmi il più possibile
e per interrogazioni che ho, non posso pubblicare se non ora.
Spero di sentirvi, baci *-*

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3209704