Tales of Wolves and Hunters

di R e d_V a m p i r e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** » File 07. The scientist and the boy with wolf's eye. ***
Capitolo 2: *** » File 068. The wolf's prayer. ***
Capitolo 3: *** » File 0415. The King and the Phantom. ***
Capitolo 4: *** » File 05. The Mountain's hunger. ***
Capitolo 5: *** » File 015. The Ghost Wolf. ***



Capitolo 1
*** » File 07. The scientist and the boy with wolf's eye. ***


Tales of Wolves and Hunters

» File 07. The scientist and the boy with wolf's eye.





La prima volta che Shintaro vede Kazunari pensa che sia davvero piccolo fra i due alti Cacciatori nelle loro divise nere, capaci di farli sembrare ancora più imponenti di quanto siano, che lo scortano.
Rimane perplesso nel vedere lo strano terzetto varcare le porte automatizzate del suo laboratorio e non può fare a meno di concentrare la propria attenzione sullo smilzo ragazzino dalla zazzera corvina che sembra tutto meno che spaventato come dovrebbe essere qualcuno che si ritrova serrato fra due uomini come quelli; piuttosto non fa che guardarsi curiosamente attorno, cercando di sporgersi quanto più possibile oltre i due per poter cogliere meglio i particolari della stanza in cui è stato portato, finendo soltanto per essere bruscamente afferrato per le spalle e riportato al proprio posto con uno strattone che non ha bisogno di altro per lasciare intendere che gli conviene starsene buono e non fare casino.
Qualcosa dice a Shintaro che con un tipo del genere è una raccomandazione del tutto inutile, ma non si sofferma a pensarci più di tanto e scuote il capo riportando la sua attenzione sugli accompagnatori di quel piccolo prigioniero.
Se davvero è un prigioniero, ovviamente. Ma continua a non capire perché portarlo da lui. Checché ne dicano gli altri, con i loro puerili sberleffi, quel posto non è certo una cella di detenzione. Per quello c'è il Terzo Settore.
Si schiarisce la voce, dando in un piccolo colpo di tosse contro il pugno chiuso vicino alle labbra, prima di distendere le dita fasciate accuratamente da strette bende di lino bianche e premere elegantemente il medio a sollevare il ponte degli occhiali neri per sistemarli meglio sul naso.
«Potrei sapere, di grazia, il motivo della vostra visita?» il tono gli esce molto più scocciato di quanto in realtà sia ma non è il tipo che ammette i propri errori e, men che meno, si prende pena per scusarsi con qualcuno che è, a conti fatti, un proprio sottoposto. Sono loro ad essere in torto per il solo fatto di avere interrotto il suo lavoro e spera caldamente che sia per un ottimo motivo se intendono ancora far vedere le loro brutte facce alla Base.
«Ci scusi per l'intrusione Midorima-san, ma Akashi-sama desidera che esaminiate questo ragazzo.» è il più alto dei due a parlare, quello con la pelle scura e l'aria nervosa. Shintaro lo riconosce distrattamente come l'ex numero otto della divisione Rakuzan. Nebuya o qualcosa di simile, gli pare di ricordare, ma non ne è molto sicuro e neppure gli interessa. Del resto, se è stato degradato e ridotto a fare da cane da guardia e portavoce, non si merita altro.
In ogni caso l'occhiata perplessa che scocca loro da dietro le lenti serve a far svegliare l'altro Cacciatore, un viso anonimo che non suscita in lui alcun tipo di ricordo, che si mette quasi buffamente sull'attenti raddrizzando le spalle e stringendo con più vigore la presa sulla spalla del ragazzino. Sul volto di quest'ultimo si dipinge una smorfia infastidita ma ha il buon senso di non dire nulla.
«Il suo nome è Takao Kazunari, ha diciassette anni. Mezzosangue, suo padre è un comune impiegato di Kobe e sua madre una commessa di origini canadesi. E' al secondo anno delle medie superiori all'istituto Waseda, fa parte della squadra di basket della sua scuola dove gioca per il secondo anno di fila come titolare con il ruolo di playmaker» spiega con voce neutra, lo sguardo fisso innanzi a sé che non incrocia neppure per sbaglio quello del ragazzo in camice bianco oltre l'ingombra scrivania di vetro in fondo alla stanza.
Il suddetto non riesce a togliersi l'aria accigliata, arcuando le sopracciglia e trovando quantomeno fastidioso tutto questo. Un po' perché credeva che il ragazzino fosse più piccolo e invece ha giusto tre anni meno di lui, un po' perché ancora non riesce a capire che diamine ci faccia lì e perché gli stiano facendo perdere tempo sciorinandogli la storia della sua vita.
Quello che hanno chiamato Takao riesce ad avere un contatto visivo che duri più di un secondo con lui, approfittandosi del fatto che sia in sovrappensiero, e gli rivolge un grosso sorriso sventolando una mano sopra la spalla con fare a dir poco infantile per cui si merita, a parere di Shintaro, l'ennesima scrollata da parte del Cacciatore di colore.
«E quindi?» ha la forza di far suonare ancora distaccata la sua voce, ignorando i lamenti borbottati del più piccolo.
Il tizio che non gli dice nulla si apre in un lieve sorrisetto, senza cambiare posizione di una virgola ma guardandolo con la coda dell'occhio «E' stato soprannominato dai suoi compagni e dai tifosi Hawkeye.»
Gli occhi verdi di Midorima hanno un leggero spasmo, la pupilla si dilata e poi si restringe. Infine torna a sistemare gli occhiali, chinando il viso e rimanendo a contemplare i fogli su cui stava lavorando.
«Capisco. Lasciatelo pure qui e andate, vi richiamerò io ad esami conclusi.»

«Come ti chiami?»
Shintaro solleva per un attimo lo sguardo dalla siringa a cui sta applicando un ago sterilizzato, valutando l'ipotesi di ficcarla nel braccio dell'altro senza prendere alcuna precauzione. Sarebbe divertente e, forse, smetterebbe di dare inutilmente fiato alla bocca e tediarlo come ha fatto da quando i suoi due carcerieri lo hanno lasciato lì.
Ma visto che è un professionista si limita a sospirare e stringergli una mano sul polso per tenerlo fermo.
«Non ti interessa» borbotta, tastando la pelle delicata poco sotto il laccio emostatico che gli ha legato - non senza parecchie difficoltà - qualche minuto prima.
Ma Takao non sembra farsi andare bene la risposta e si agita sulla sua sedia, facendogli scivolare via il pollice dalla vena che aveva finalmente trovato e ottenendo di essere guardato con una smorfia di disappunto tutta sopracciglia verdi comicamente corrucciate.
«Vuoi stare ferm-»
«L'uomo nero ti ha chiamato Midorima. Ma è il tuo cognome, vero? Quindi come ti chiami? E quel coso è troppo stretto, sicuro di averlo messo bene? Quanto ci metti per un prelievo?»
Shintaro ha l'aria vagamente allucinata nel tornare a guardarlo in viso, tenendo la siringa sollevata perché l'ago non si infetti e debba cambiarlo di nuovo con un altro - il terzo, per la precisione, vista la fine fatta dagli altri due.
«L'uomo ner... senti, se non stai zitto e immobile rimarremo così finché quel ''coso'' non ti avrà fatto andare in cancrena il braccio. E ti avviso che sono molto bravo ad amputare arti, è la cosa che mi diverte di più.»
Malgrado la totale assenza di espressività sul viso del più grande ad avvalorare le sue parole, Takao deve decidere che non stia affatto scherzando e perciò deglutisce a vuoto e cerca di rimanere tranquillo. Per quanto può.
«...non mi hai detto ancora il tuo nome, però!» a quanto pare rimanere in silenzio è la parte più difficile.
Il giovane scienziato ha un fremito al sopracciglio destro, un tic che si fa vivo solo quand'è particolarmente stressato e pronto per commettere un omicidio. Di solito tendono a lasciarlo sbollire da solo, nel buio del suo laboratorio e fra i suoi strani esperimenti, quando succede ma quel ragazzino non può certo conoscere le sue abitudini e quindi continua a rivolgergli un gran sorriso che si estende agli occhi di un particolare blu quasi metallico - devono essere le influenze occidentali della madre, perché per il resto sembra un normalissimo ragazzo giapponese.
Midorima decide che può essere magnanimo, questa volta. Riavvicina l'ago alla pelle e ricambia persino il sorriso, socchiudendo gli occhi.
Prima di affondare senza alcun preavviso.
«Shintaro»

Takao ha ancora il broncio per essere stato infilzato con così malagrazia ma segue comunque con lo sguardo quello che ha deciso di rinominare Shin-chan - rischiando di ottenere, di conseguenza, di essere bucherellato di nuovo - destreggiarsi fra i vari vetrini su cui ha apposto gocce del suo sangue, cartelle piene di dati incomprensibili, appunti scritti con una grafia ancor più incomprensibile («Bah, dottori») e microscopi futuristici degni del miglior film di fantascienza che abbia mai visto nella sua breve vita.
Il problema non è tanto non capire cosa l'altro stia facendo, ma perché lo stia facendo. E soprattutto dove diamine si trovi e come mai c'è stato portato.
E' stato prelevato alla fine delle lezioni, quella mattina, costretto a seguire quei due tizi in un macchinone nero dai vetri oscurati che faceva tanto 007. Peccato però che sia stato bendato e che non abbia la più pallida idea dell'itinerario del viaggio, figurarsi la meta visto che la benda gli è stata tolta solo una volta all'interno di quel posto.
Un' altra persona l'avrebbe trovato a dir poco spaventoso, per lui è invece incredibilmente eccitante. Ed interessante.
Ok, magari un pochino preoccupato lo è. Ma sa di non aver fatto nulla di male. E quando hai la coscienza a posto non hai nulla da temere, no?
«Ne Shin-chan... ma perché sono qui?»
Alla fine lo chiede anche, stufo di giocherellare con i bordi del cerotto che tiene la garza che ha sul braccio, rivolgendo un'occhiata curiosa al ragazzo dai capelli verdi - sul serio? Chissà se sono naturali - che si è di nuovo chinato su uno di quei marchingegni per controllare i Kami soli sanno cosa. Magari che abbia dei globuli rossi transgenici o una roba del genere.
Shintaro non risponde subito, si prende un po' di tempo per finire di fare l'ultimo della serie di controlli che ha condotto fino a quel momento, poi sospira e torna dritto sfilandosi gli occhiali.
Il moro si accorge che: uno, ha tutte le dita della mano sinistra fasciate, dalla base alla punta. E si domanda perché. Due, i suoi occhi hanno un taglio particolare e delle ciglia davvero fitte. Anche il loro colore è molto bello. E sembrano incredibilmente stanchi, con lievi ombreggiature bluastre che prima non aveva notato. Non deve dormire molto o, almeno, non deve averlo fatto bene di recente. E tre... lo sta fissando in modo strano.
«Avrai notato da te che la tua capacità visiva è molto più sviluppata di quella dei tuoi compagni, vero? Non sarai stupido fino a questo punto, voglio sperare, nanodayo.»
Takao sgrana appena gli occhi ma poi abbassa lo sguardo e il viso, smettendo di dondolare infantilmente le gambe.
Quando ha quell'espressione seria lì è quasi bello, riflette distrattamente lo scienziato. Salvo rimproverarsi l'attimo dopo per un pensiero così assurdo e sistemarsi, per l'ennesima volta, la montatura scura sul naso.
«Riesco a vedere molto più lontano... molte più cose. Da che punto stanno per muoversi gli avversari, in che modo lo stanno facendo anche se non sono nella mia linea d'aria. Ogni loro movimento. E' per questo che mi chiamano Hawkeye, sai»
«Lo so» commenta tranquillamente Shintaro, che deve nascondere un leggero sorriso divertito nel vedere l'altro alzare il capo di scatto e guardarlo con vivido stupore.
«Però quel soprannome è teoricamente sbagliato. Il tuo è l'occhio di un lupo
«Un lupo?»
Midorima comprende la perplessità di Takao, non potrebbe essere altrimenti e sarebbe strano il contrario, ma non può fare a meno di sentirsi un poco infastidito per le sue reazioni infantili. Cos'ha, dieci anni?
«Hm. Effettivamente in potenza potrebbe essere qualsiasi grande carnivoro non estinto che appartenga ad una delle tre grandi famiglie: canidi, felidi o ursidi. Ma per convenzione usiamo quel termine, dato che è questo il nome che gli è stato dato nel corso dei secoli. Lupi mannari.»
Il più grande tace, in attesa di una reazione da parte dell'altro. Si aspetterebbe qualsiasi cosa, davvero, le reazioni più disparate: che lo prenda in giro, che si metta a ridere reputando tutto uno scherzo, che lo insulti o si spaventi.
Certo non si aspetta di vederlo sgranare gli occhi che luccicano in modo strano e schiaffarsi una mano con foga sul petto.
«E così io sarei un lupo mannaro?»
Shintaro si sente legittimamente confuso. E' la prima volta che si trova davanti qualcuno che sembra felice, addirittura quasi sollevato, da un'opportunità simile. E' cresciuto in una famiglia di Cacciatori, è stato allevato come un Cacciatore e da tale istruito anche se ha scelto di prendere una via traversa evitando di scendere direttamente in campo contro quelle creature. Contro i mostri.
E ora quel ragazzo sembra non vedere l'ora di sentirsi dire che è uno di loro. Assurdo. O forse quel tizio è solo pazzo.
«Beh no. Non propriamente. Nel tuo corredo genetico c'è una traccia del dna mutato, probabilmente un tuo parente deve esserlo o esserlo stato. Hai ereditato l'incredibile capacità visiva dei licantropi, ma soltanto questo. Non puoi trasformarti e non hai nessun'altra delle loro doti.»
«Oh»
Sembra quasi deluso adesso. La scintilla nel suo sguardo si spegne e torna ad abbassarlo. Davvero, Midorima non lo capisce. E' in una situazione terribile già così, se fosse stato davvero un licantropo non risvegliato per lui non ci sarebbe stata alcuna possibilità. Ma quel ragazzo non sembra capirlo.
«Ragazzino... Takao. Sei stato portato qui perché avevano il sospetto che tu potessi possedere una capacità del genere. Ma era solo un sospetto. Appena chiamerò di nuovo quei due e gli darò i risultati sarà una certezza. E... potresti non tornare a casa. Hai visto e sai troppo. Sei, troppo.»

Shintaro è immobile, i vetrini caduti per terra. C'è vetro e macchie di sangue, l'odore stesso delle tracce ematiche che stava visionando gli arriva alle narici. Ma è niente in confronto al profumo fruttato che avverte quando il naso viene solleticato dai lisci capelli scuri del ragazzino che gli si è lanciato letteralmente contro, aggrappandosi al suo camice e seppellendo il viso nel suo petto.
E' più basso di lui di tutta la testa, si rende conto, trattenendo persino il fiato perché non sa cosa fare.
La stretta di Takao è salda ma le sue spalle tremano appena e forse sta piangendo, forse no, non saprebbe dirlo.
Non è mai stato bravo a capire certe cose. A capire gli altri.
«Non glielo permetterai, vero? Tu non gli permetterai di farmi del male, Shin-chan, lo so! Non ho fatto niente, non ho scelto io di avere questa capacità. Non ci volevo nemmeno venire qui! Volevo solo tornare a casa a mangiare i takoyaki di okaa-san. Non ho mai fatto del male a nessuno perciò perché dovrebbero farlo a me? Non è giusto!»
E' la prima volta che gli capita qualcosa del genere, che ha che fare con qualcuno di quelli che viene catturato. Non ha mai parlato con nessuno di loro, ha solo fatto il suo lavoro e li ha riconsegnati agli altri Cacciatori. Senza neppure voler conoscere i loro destini, una volta superate a ritroso le porte del suo laboratorio.
Ma adesso, quel ragazzino così pieno di vita... gli sembra ingiusto che debbano strappargliela solamente perché ha ereditato qualcosa di straordinario e senza desiderarlo.
Forse è egoista da parte sua, dato che non è il primo in cui vengono rivelate tracce del gene e capacità simili. Ma è il primo con cui ha parlato. Il primo con cui si è trovato a suo agio, cosa che in quel posto non è mai riuscito a fare... neppure con gli altri membri della Generazione dei Miracoli.
Il primo che l'ha fatto sorridere e vacillare sulle sue certezze. Oh, non smetterà certo di credere da un giorno all'altro a tutti i suoi ideali solo per questo. Ma, forse, potrebbe iniziare a pensare che non tutto ciò che fanno i Cacciatori è corretto. Che potrebbero esserci altri modi per arrivare allo stesso scopo.
Esistono per difendere la razza umana dai mostri, eppure non sono forse alla loro stregua se consegnano alla morte un ragazzo solamente perché non è completamente umano? Solo perché ha qualcosa in più.
Midorima sfiata, chinando il capo, gli occhi nascosti dietro il riflesso delle lenti. Abbassa le braccia e cinge, incerto, i fianchi sottili di Takao mentre la mano libera va a premere delicatamente sulla sua nuca. Avverte il proprio corpo rilassarsi, in qualche modo, quando sente quello più piccolo dell'altro ragazzo cessare di tremare.
«No, non glielo permetterò. Ti do la mia parola nanodayo»



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»Angolino di Red: uhuhh, eccomi tornata con una raccolta. Una raccolta legata, per chi l'ha letta (e chi non l'ha letta la legghi -??-), alla mia mini-long cheungiornofiniròdiaggiustarelopromettomanonèquestoilgiorno ''He's a Monster. Beautiful Monster''. In realtà non è proprio necessario che si sia letta quella, ma l'universo in cui mi muovo è lo stesso. L'idea mi frullava in testa già da un po' ma non ho mai avuto il tempo di mettermi sul serio a scrivere - fino ad ora, ovviamente.
''Tales of Wolves and Hunters'' vuole raccogliere, come suggerisce il titolo, OS (o in casi peggiori Flash) su Cacciatori e Licantropi. I membri della Generazione dei Miracoli saranno i protagonisti, ma non mancheranno anche i loro compagni. I capitoli, divisi in file, tratteranno dei primi incontri fra Cacciatore e Licantropo e si sposteranno avanti nel tempo per vedere come i rapporti si sono evoluti. Avviso già da ora che non tutte le coppie saranno CacciatorexLicantropo e non tutti i capitoli tratteranno di questa distinzione o di coppie in generale. Non so ancora quanti effettivamente saranno i capitoli, ma mi affido a Raziel per questo. ...sah. Anyway, il rating potrebbe salire. Nonsisamai.
Ho voluto iniziare con Midorima e Takao perché... perché sì. Sono l'amore (?) e non ho mai scritto su di loro e quindi dovevo assolutamente rimediare. Ok, Kazunari non è proprio un vero licantropo... ma possiamo passarci sopra. Ho modificato le età di entrambi, cosicché Shin-chan sia più grande di tre anni del nostro playmaker (ne ha venti, quindi). Non è stato spiegato benissimo cosa faccia alla Base, è vero, ma chi ha letto la precedente e aggiunge ciò che ha scoperto con questa OS può intuirlo. E' facile.
Come qualcuno di voi avrà capito (o anche no) il numero del file rappresenta il numero della maglia dei ragazzi nella Teiko. Almeno per i capitoli di ''incontro'' utilizzerò quelli. Andando avanti poi potrei utilizzare quelli delle successive squadre. Vediamo come mi sento ispirata, oh.
Che altro? Spero che questi due non siano risultati troppo OOC ma, ripeto, è la prima volta che mi cimento con loro e quindi ci alzo le mani. Nobody is perfect, dicevano.
Se avete domande, suggerimenti o correzioni da farmi sarò lieta di ascoltarvi! Anche solo per sapere cosa ne pensate, ecco.
Quindi ci vediamo il prossimo capitolo. Torno a lamentarmi per il dente del giudizio e il caldo soffocante.
Gné.

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Capitolo 2
*** » File 068. The wolf's prayer. ***


Tales of Wolves and Hunters


» File 068. The wolf's prayer.



La prima volta che Daiki vede di nuovo Ryouta, dopo essere saltato giù dal furgone in corsa della divisione Tōō, crede che gli occhi dorati dal taglio felino che lo guardano con apprensione siano quelli di un fantasma e sorride pensando che, dopotutto, forse non è così male morire se significa poter stare di nuovo con lui. E magari chiedergli scusa per tutto ciò che ha fatto, per tutto quello che non ha detto.

La prima volta che Ryouta vede di nuovo Daiki, dopo averlo recuperato mezzo assiderato - e con varie costole incrinate per via della caduta ad alta velocità - da sotto il vecchio albero dove aveva finito per accasciarsi, crede che il sorriso che il Cacciatore gli rivolge sia la cosa più bella che abbia mai visto e decide che vuole rivederlo ancora e ancora e che, quindi, non può assolutamente lasciarlo morire.

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Il furgone in cui hanno caricato il Cacciatore dagli occhi blu sfreccia a velocità folle fra gli alberi e sembra quasi sempre un miracolo quando, malgrado i bruschi slittamenti sulla strada gelata, non si schianta mai contro nulla o si ribbalta fra i cumuli di neve.
E' una macchia nera fra tutto quel bianco vorticante, appena distinguibile se a seguirla con lo sguardo non fossero gli occhi di un licantropo.
Accucciato fra cespugli ghiacciati, il gigantesco esemplare di leopardo delle nevi sbuffa nervosamente e ogni tanto dà una leccata alla ferita che spicca rossa sulla zampa destra; uno squarcio che si nota netto fra il pelo candido e che brucia dannatamente ma, più di tutto, arreca un fastidio non solamente fisico. E' stato così stupido a calpestare una di quelle trappole rivestita d'argento che quegli stronzi in nero hanno pensato bene di piazzare un po' ovunque e lasciarsi dietro probabilmente come ricordino o, forse, per evitare che qualcuno di loro si avvicinasse alla zona dove stavano effettuando la manovra di recupero del loro compagno!
Maledizione a quel tizio, maledizione a Kise e maledizione anche a se stesso! Avrebbe dovuto uccidere quell'essere umano quando ne aveva l'occasione, senza lasciarsi convincere dalle lagne di quell'idiota e dall'assurdità del suo gesto.
Segnare un umano, un Cacciatore!, come proprio compagno per difenderlo dal Branco. Soltanto a quella testa vuota di un lupo ossigenato sarebbe potuta venire in mente un'idea geniale di tale portata.
Kasamatsu riflette sulla possibilità, quantomai appagante al momento, di cacciare definitivamente quel deficiente e dargli così la punizione che si merita per averli traditi proprio con il loro nemico oltre che aver rischiato di metterli tutti in pericolo.
Ma lo straziante ululato che gli giunge alle orecchie, perfettamente udibile nonostante le raffiche della tormenta, lo fa pentire immediatamente dei propri pensieri e socchiudere, infastidito questa volta dalla propria debolezza nei confronti di quegli stupidi dei membri della sua famiglia, gli occhi scuri. Ha potuto percepire benissimo il dolore nella melodia del lupo, del tutto differente da un verso creato soltanto per intimorire.
Il canto che continua a risuonare per tutto quell'angolo di foresta è il requiem per un compagno perduto. Nessuno si avvicinerà a Kise per le settimane a venire, dopo averlo udito, rispettando la sua sofferenza e lasciandolo solo a piangere la perdita della propria metà.

- Stupido idiota, era soltanto un Cacciatore! Cosa avevi intenzione di fare? Anche se non ti avesse ucciso lui sarebbero stati i suoi compagni a farlo. Ti hanno risparmiato unicamente perché la loro era una missione di recupero e questo tempaccio non gli avrebbe permesso di fare altro!
La trasmissione dell'Alpha è simile ad un ringhio che rimbomba fastidioso nella mente, interrompendo il flusso di pensieri e scalzandoli via con prepotenza per poter ottenere tutta la sua attenzione.
E' fastidioso ed invasivo, ma è l'unico modo che hanno per comunicare tra di loro quando sono in quella forma. Questo Kise lo sa ma non gli evita comunque di scoprire le zanne per mero riflesso, affondando le zampe nella neve fresca ed artigliando il terreno congelato che si trova sotto fino a sentire dolore sotto gli artigli.
Vorrebbe ignorare il capobranco, riprendere ad ululare e farlo finché non avrà più fiato in corpo, ma sa perfettamente che ha già superato abbondantemente il limite e che non può permettersi anche questo. Così si fa forza e chiude gli occhi, sentendoli bruciare fastidiosamente - vorrebbe dare la colpa al vento che soffia incessantemente fra le fronde imperlate di pioggia e cariche di neve, ma non ha neppure la forza di prendersi in giro da solo.
- Aominecchi non mi avrebbe mai fatto del male, tu non lo conosci! Ed era... E' il mio compagno, ho solo cercato di difenderlo! Non avresti fatto così anche tu? Non lo avreste fatto tutti quanti? Ma non ha più importanza, adesso, no? E' andato via. Lo hanno ripreso con loro. Non lo rivedrò più, perciò puoi stare tranquillo e darmi la punizione che preferisci.
- Kise...
- Devo lasciare il Branco? Oppure chiederai agli altri di darmi la caccia ed uccidermi? Avanti grande Alpha, emana la tua sentenza!
- Non ho nessuna intenzione di cacciarti o ucciderti, per la Luna! Sei un grandissimo stupido, i cuccioli sono mille volte più intelligenti di te e non si sarebbero mai cacciati in questo casino, ma- aspetta, quello cos'è?
La voce mentale di Yukio ha subito una brusca variazione, passando ad una tonalità a tratti allarmata ed a tratti incuriosita. Ryouta riapre gli occhi, preoccupato, strofinando con più forza la zampa sul terreno e sbuffando aria calda fra le fauci serrate.
- Cosa? Cosa è succeso?
Per lunghi attimi c'è solo il silenzio ed il suono della neve che continua a cadere e il lupo quasi si convince che il contatto si sia spezzato e la trasmissione caduta per chissà quale motivo. La cosa lo preoccupa, non può negarlo, al punto da decidersi a muoversi per cercare di raggiungere il punto in cui si trova il capobranco. Non ci sono tracce da seguire e la figura del leopardo ha la (s)fortuna di confondersi facilmente col paesaggio, così deve basare tutto sugli odori che sente concentrandosi per cercare la traccia che gli serve.
- Muovi quel culo peloso e corri, idiota. La Luna mi sia testimone quando dico che esiste qualcuno persino più stupido di te e che ovviamente l'hai conosciuto tu. Lui è qui, non chiedermi come sia possibile. Ma sembra messo parecchio male.
E Kise non ha bisogno di ulteriori spiegazioni per correre come non ha mai fatto prima.

Quando incrocia la figura di Kasamatsu, tornato umano, il cuore del lupo aumenta freneticamente il ritmo dei suoi battiti e copre persino il fiatone causato dalla corsa sfrenata.
Lo affianca con un unico balzo, accucciandosi, e quando si rialza non lo fa su quattro zampe ma sulle due gambe leggeremente instabili, per cui deve aggrapparsi al braccio dell'altro licantropo per ritrovare l'equilibrio ed evitare di cadere.
Il mannaro dai capelli corvini lo lascia fare, anche se gli scocca un'occhiata insofferente ed è tentato di colpirlo e scrollarselo di dosso, ma poi torna a guardare ai piedi dell'albero che ha vegliato fino a quel momento ed appiattisce le labbra.
«Credo si sia buttato dal furgone, ma non saprei dirti quando è successo. Li ho persi di vista ad un certo punto. Ma a quella velocità e con questo tempo... se non fosse un Cacciatore, probabilmente a quest'ora sarebbe già morto da un pezzo» mormora, cautamente, cercando di utilizzare quanto più tatto possibile nel trarre una conclusione che sa quanto possa essere dolorosa per il fratello «E non so neppure quante speranze ci siano che sopravviva, con quelle ferite.»
Kise rimane in silenzio, immobile, soltanto il corpo scosso da lievi tremiti. Il suo viso è bianco come la neve che li circonda, adesso.
E gli occhi dorati, sganati e velati da una patina lucida che li rende incredibilmente più luminosi, sono fissi sulla figura sdraiata fra le radici sporgenti. Una macchia nera e rossa e in tutto quel bianco che ferisce la vista.
Aomine è pallido in viso, sdraiato sulla schiena, con i capelli scarmigliati ed il capo tenuto sollevato da un giubbotto arrotolato sotto la nuca che deve avergli sistemato il felino per aiutarlo a respirare, visto che sembra faticare a farlo. Ha le labbra esangui, quasi blu per il freddo, malgrado una coperta termica scura come il suo abbigliamento gli sia stata avvolta malamente attorno.
Il lupo deglutisce, strizzando gli occhi che pizzicano e distogliendo per un attimo lo sguardo, perché quella stoffa che lo aiuta a trattenere ancora un poco di calore sembra quasi un drappo funebre.
Sente il proprio nome mormorato dall'Alpha, ma è solo un rumore che giunge ovattato in sottofondo e che non lo aiuta a riprendersi dalla trance che lo induce ad avanzare, barcollando, fino a cadere in ginocchio davanti al suo compagno.
Poco importa che il Cacciatore non lo consideri così e che non gli importi nulla di lui. Che abbia preferito lasciarlo e tornarsene con i suoi compagni. Anche se, adesso, non sa cosa pensare. Cosa credere. Perché si è lanciato da una vettura in corsa, rischiando di ammazzarsi, se davvero niente di quello che hanno vissuto in quelle settimane è stato importante?
Vorrebbe chiederglielo ma riesce soltanto ad allungare una mano tremante per allontanare una ciocca che sembra quasi blu da quel viso amato, cercando di essere il più delicato possibile.
«Daiki...» mormora, pronunciando finalmente il suo nome. Suona così strano adesso fra le labbra, ha un sapore dolce e amaro come veleno al contempo.
Ed il respiro viene bruscamente trattenuto, quasi si spezza in gola, quando le palpebre dell'essere umano tremano appena per poi sollevarsi a fatica su due occhi incredibilmente blu.

Aomine non sa quanto tempo sia passato da quando è sfuggito alla vigilanza di Satsuki e ha aperto di scatto il portellone del furgone, gettandosi senza remore o preoccupazione per la folle velocità e senza controllare a cosa effettivamente stava andando in contro. Ha avuto il tempo di sentire l'invettiva di Imayoshi e l'urlo di Momoi, poi qualcuno che cercava di trattenerlo per la coperta che aveva ancora sulle spalle e infine soltanto il dolore per l'impatto, il freddo della neve e il vento sferzante.
Ha rotolato, senza riuscire a trovare nulla per appigliarsi e frenare la caduta, finché la sua corsa non è terminata contro un masso sporgente. Allora si è trascinato fino ai piedi di quell'albero, con le ultime forze rimaste, e lì ha perso i sensi. Non ricorda altro, se non le fitte al petto e l'avvertire quasi impossibile provare a respirare. Alla fine ha perso anche sensibilità, non avvertendo più il freddo così pungente ma non riuscendo neppure a muoversi.
Sentire quella voce chiamare il suo nome, perciò, e vedere poi quegli occhi che è sicuro siano ormai perduti e solalmente per colpa sua - l'ha detto quell'infame di Shouichi, del resto, perché non avrebbe dovuto credergli? - non l'ha potuto che convincere del fatto che sia morto. O stia per morire, in ogni caso, non è importante.
Spiegherebbe perché vede lui adesso. Non aveva forse pensato che fosse un angelo, la prima volta in cui aveva visto l'uomo dietro la bestia?
Un angelo con zanne e artigli, certo. Ma così lontano dai mostri che ha combattuto per tutta la vita...
Avrebbe voluto avere più tempo, per stare con lui. Avrebbe voluto avere più coraggio, per proteggerlo e ammettere di ricambiare quel sentimento con cui ha difeso lui. Invece non ha fatto altro che ucciderlo.
«M-mi... di-spia..ce»
Lo scandisce a fatica, cercando di articolare le parole anche se parlare è difficile e muovere le labbra che sente congelate è un vero tormento.

Kise trema un po' di più, scuotendo il capo e chinandosi su di lui. Appoggia la fronte contro la sua e chiude gli occhi per nascondere le lacrime, stringendolo fra le braccia con delicatezza per non aggravare le sue condizioni e fargli provare più dolore e portandoselo vicino al petto, al cuore, cercando invano di trasmettergli il proprio calore.
«Shh... non sforzarti»
«K-kise... Ryo... Ryouta...» ma quello continua, testardo come sempre, specchiandosi in quegli occhi che ricordano la luna nel suo splendore. O forse il sole? Adesso non saprebbe dirlo con certezza. E' difficile continuare a metterlo a fuoco, inizia tutto a diventare sfumato ed i contorni si anneriscono.
Fa un po' paura, ma si aggrappa al viso che ancora vede. A quegli occhi. «S-sì... la mia... risposta... è sì»
Ed è la dichiarazione migliore che avrebbe mai potuto fargli, perché il lupo comprende perfettamente cosa voglia dire con quelle poche parole sussurate come se ogni sillaba fosse una coltellata.
Le lacrime che cadono dagli occhi d'oro del licantropo hanno il tempo di bagnare il viso del Cacciatore prima di congelarsi in piccoli cristalli.
Solo dopo qualche istante si rende conto che il battito su cui si era concentrato si fa sempre più fievole, così come il respiro dell'altro. E non può fare altro che stringerlo di più, scuoterlo appena con disperazione.
«No... ti prego no...» singhiozza, quasi senza voce «Ti prego...»
L'Alpha, alle sue spalle, distoglie discretamente lo sguardo da quella scena straziante, a disagio. Si sente di troppo in quel momento eppure non ha la forza di lasciare solo il fratello. Non se lo perdonerebbe mai, conosce quel lupo e sa perfettamente che, pur dimostrandosi forte ed indipendente, è una creatura tremendamente fragile.
«Kasamatsu! Ti supplico!»
Sobbalza quando si sente chiamare, quando voltandosi di nuovo incrocia gli occhi ardenti della Bestia e non quelli velati di dolore del ragazzo che ha davanti e che si aggrappa al suo compagno come se ne andasse della propria di vita. Intenzionato a non lasciarlo andare.
Irrigidisce le spalle, perché in quelle poche parole ha sentito già tutto quello che gli serve per capire il tenore della richiesta. Ed è una responsabilità troppo grande.
Eppure...
Eppure, se non accettasse, Kise non glielo perdonerebbe mai. Lo sa. Andrebbe spontaneamene via dal Branco, diventerebbe un reietto o peggio. Non vuole pensare ad un'eventualità peggiore, in effetti.
«E' un Cacciatore» tenta, ma risulta incerto persino alle sue orecchie.
«E' il mio compagno» c'è così tanta forza in quella singola parola che il leopardo si sente come se fosse stato schiaffeggiato e quasi barcolla. Quello sguardo è così intenso da bruciare, difficile da sostenere.
Non ha mai visto Ryouta così, da quando lo conosce, mai. Lo sta sfidando apertamente, incurante della gerarchia. E tutto solo per quel ragazzo.
«Yukio, ti prego. Me ne prendo piena responsabilità, qualsiasi cosa succeda. Ma fammi provare. Non posso lasciare che muoia senza avere almeno tentato!»
Il felino lo sa, lo capisce. C'è una piccola parte di lui che vorrebbe ancora lottare, far valere la sua supremazia. Ma, alla fine, volta le spalle alla coppia e schiocca la lingua contro i denti, con un suono sordo.
E poi c'è di nuovo l'immenso leopardo che si perde fra la tormenta e svanisce alla vista.
Ma Kise lo ha sentito comunque.
«Ricorda, qualsiasi cosa accada è una tua responsabilità. Non farmene pentire»

Kise sente ancora il sapore del sangue in bocca e sa già che sarà difficile farlo andare via. Strofina il dorso della mano contro le labbra, in un altro futile tentativo di cacciare la sensazione, e poi lascia andare il capo contro la parete di legno alle sue spalle.
Inspira ed espira rapidamente, cercando di isolare gli odori che gli pungono comunque le narici, chiudendo gli occhi con aria stanca dopo aver dato un'ultima occhiata al letto vicino al camino dove arde allegro un fuocherello che tenta come può di non guardare e che gli ha causato non pochi problemi accendere.
Chi occupa il materasso ha il respiro pesante e frammentato, il corpo scosso ogni tanto da convulsioni che lo fanno tremare e lamentarsi sommessamente nel sonno. Ogni tanto va a detergergli la fronte, rinfrescandogli la pelle ardente, e gli ha già cambiato tre volte la fasciatura al braccio destro. Purtroppo la zona dove l'ha morso continuerà a sanguinare e la ferita non si rimarginerà fino alla sua prima mutazione. Ed anche allora rimarrà la cicatrice a testimonianza di quanto successo.
Nell'attesa di sapere se il processo ha funzionato, però, se è riuscito ad infettarlo - Sacra Luna, suona orrendo persino pensarlo - non può fare altro che pregare silenziosamente perché la sua vita sia salva.
E perché, se si risveglierà, lo perdoni per ciò che ha fatto. Che gli ha fatto.
Si stringe le ginocchia al petto Kise, proprio come quando era bambino e pregava con tutte le sue forze perché qualcosa accadesse. Quando la settima notte del settimo mese, ogni anno, alzava speranzoso lo sguardo al cielo recitando haiku affinché la Tessitrice Celeste esaudisse i desideri che aveva scritto con grafia sgraziata ed infantile sui tanzaku colorati che le sue sorelle preparavano per lui che credeva ancora in certe leggende.
Vorrebbe chiedere a Orihime, ancora una volta, che accolga le sue preghiere e salvi il suo amore. Perché lei sola sa cosa vuol dire essere separati dal proprio sposo, quanto doloroso sia non poter vedersi più e desiderarlo così tanto.
Ma questa non è la settima notte del settimo mese e lui non ha striscioline di carta da appendere a rami di bambù troppo alti per un bambino di otto anni.
Ha soltanto da pregare la Madre Luna, l'unica divinità a cui quelli come loro è ancora concesso credere, affinché accetti Aomine tra i suoi figli. E lo riporti da lui.
«Kise...!»
Nel delirio della febbre, Daiki ha ancora la forza di pronunciare il suo nome. Lo cerca e Kise non può fare altro che alzarsi e sfidare il suo timore per le fiamme nel tornargli accanto e sedersi al suo fianco. Nello stringergli con forza una mano che trema terribilmente fra le sue e carezzargli il volto sudato con disperata dedizione.
«Sono qui» mormora, chinandosi su di lui e poggiando le labbra sulle sue roventi.
Il bacio sembra avere, in qualche modo, il potere di calmare il giovane che sembra quasi rilassarsi. I lineamenti farsi distesi.
Il lupo sorride, portandosi la sua mano alle labbra e baciandogli poi le nocche, stringendola forte «Sono qui, Aominecchi, e non ti lascio. Perciò vedi di lottare e di vincere anche questa volta, 'kay? Lo so che puoi farcela»
Chiudendo gli occhi può avvertire la stretta essere ricambiata ed il suo cuore si riempie ancora una volta di speranza.
La loro non può essere solo una maledizione, non quando può salvare una vita. Non quando può salvare lui.
Non gli importa se alla fine lo odierà per quello che gli ha fatto. L'importante è che possa tornare a guardare i suoi occhi e ammirare il suo sorriso strafottente.
Che il suo compagno torni da lui.
«Mi fido di te.»


_____________________________



»Angolino di Red: scritta per l'AoKise Day, per la giornata mondiale del Bacio e per il Tanabata (anche se c'è solo un riferimento). Ed in clamoroso ritardo per tutti e tre, ma se non faccio le cose in ritardo io non sono una persona felice e contenta, comprendetemi. E poi c'è caldo, sono giustificata ad andare a rallentatore. Seh.
In realtà non si tratta di un vero primo incontro, visto che quello si è visto nella precendente ff, ma ci tenevo davvero taaanto a scriverla e ho avuto l'ispirazione per farla e quindi sì.
Per chi si è chiesto cosa sia successo dopo che Aomine ha avuto la geniale idea di buttarsi giù dal furgone quando quell'amabile personcina di Imayoshi l'ha gabbato informandolo della morte di Kise, e come sia diventato un licantropo. Taaa-daaa-n.
Kasamatsu, povera stella, anche se non mi sta particolarmente simpatico ho voluto inserirlo comunque perché la sua parte l'ha fatta. Per chi volesse vederci anche un accenno di KasaKise... beh. Beh. Non dico no ma neppure sì (?)
Ovviamente come per la precedente OS, il numero del file corrisponde alla maglia dei personaggi al tempo della Teiko (sei per Aomine e otto per Kise).
Ringrazio chiunque sia passato per leggere, chi ha messo la raccolta nelle seguite e nelle ricordate. Ovviamente se volete lasciarmi un vostro parere sarò felice di leggerlo!
Per il momento, vi lascio alla prossima e torno a squagliarmi.
*Antòfacaldo*

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Capitolo 3
*** » File 0415. The King and the Phantom. ***


Tales of Wolves and Hunters

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La prima volta che Seijuro vede Tetsuya è al funerale di okaa-san.
E' una tiepida mattinata di inizio primavera, il sole gioca a nascondino fra le nuvole che disegnano forme astratte nell'ampio cielo di Chunzenjiko giocando a riconcorrersi sulle campagne tanto amate da Himawari Akashi. E' per questo che otou-san ha deciso di seppellirla qui, fra i fiori di campo che raccoglieva in estate e appuntava ai graziosi cappellini di paglia con cui ornava i lunghi capelli rossi, come ultimo pegno d'amore e per rispettare le sue volontà.
Non c'è alcuna alta pira funebre per lei, ma una bara candida su cui sono adagiati i suoi fiori preferiti - i girasoli, ne portava anche il nome - che viene calata lentamente nella terra buona che ha calpestato fin da bambina e l'ha vista crescere e diventare una splendida donna e madre.
E' stata la malattia a portarsela via, del resto, uscendo sconfitta da una battaglia diversa da quelle che aveva portato avanti per tutta la vita. Non può esserci dunque il consueto addio per i Cacciatori, sebbene siano tutti lì a renderle omaggio per l'ultima volta.
Seijuro non si avvede subito di Tetsuya, a dire il vero quasi non lo nota nascosto com'è dietro le gambe di suo padre finché non è proprio Eijiro-san a portare l'attenzione su di lui posandogli una mano su di una spalla e convincendolo con gentilezza a venire fuori dal suo nascondiglio.
L'unico figlio dei coniugi Kuroko è un bambino talmente delicato da sembrare effimero come un sogno, il bianco ed il celeste sono gli unici colori che predominano in lui e spiccano prepotentemente contro gli abiti neri del lutto che indossa. Sembra quasi essere stato dipinto a pennellate, c'è qualcosa in lui che parla di irrealtà e destabilizza l'unicogenito degli Akashi dandogli l'impressione che abbia davanti una creatura inconsistente e inafferrabile.
Del resto basta distogliere un poco lo sguardo perché svanisca dal proprio campo visivo, si smetta di notarlo come se non avesse alcuna presenza.
Dall'alto dei suoi dieci anni appena compiuti, Seijuro lo trova affascinante.
Tetsuya assiste silenzioso alle presentazioni e le discussioni dei grandi, finché non è il momento di fare le condoglianze. Avanza di un passo, allora, fermandosi prima davanti a Reitaro-san ed esprimendosi in un composto ed elegante inchino mormorando il suo dispiacere per la perdita.
Quando è il turno di passare al figlio, esita un istante nell'incrociare quegli occhi rossi che sembrano studiarlo e non rivelano una briciola del dolore che dovrebbe provare un bambino a cui è stata strappata via la madre così presto.
Eppure non vacilla che un secondo, affrettandosi a chinare il capo.
«Sono molto addolorato per la tua perdita, Akashi-kun» recita, come fatto poco prima con il padre.
Seijuro lo guarda ancora per qualche istante, in silenzio, consapevole del disagio arrecato nel più grande che per educazione non può alzare il capo finché non è il suo interlocutore a permetterglielo rispondedogli. Quando si rende conto che Kuroko-kun non si muoverà da quella posizione, nonostante il lieve tremito delle spalle e l'irrigidimento del corpo, solo allora sorride impercettibilmente e china a sua volta il capo.
«Ti ringrazio.»

Il bambino dai capelli e gli occhi rossi è, per Tetsuya, un vero mistero.
Certamente sa che si tratta dell'unico figlio e pertanto successore diretto del Primo Generale del Cerchio di Tokyo, ovvero l'organo principale che raggruppa al suo interno tutti i Cacciatori giapponesi, e che malgrado la giovanissima età sia uno dei migliori fra i loro coetanei. Effettivamente non sono poche le voci che corrono sul fatto che faccia parte di quella che chiamano Generazione dei Miracoli, un gruppo di ragazzini nati con peculiari capacità che li rendono i più forti e talentuosi Cacciatori della loro epoca.
Sembra che tutti nutrino gradi speranze verso di loro e che, per questo motivo, li abbiano addestrati duramente fin dalla più tenera età perché diventassero invincibili.
Ed è quella l'impressione che dà Akashi-kun, anche adesso che è seduto sulla seggiola di legno di un'altalena legata da corde robuste al ramo più basso dell'ombrosa quercia - la più lontana dall'ampia veranda della villa dove si sono riuniti a parlare tutti gli adulti presenti, ora che la cerimonia è terminata. Tiene la schiena ritta, le mani sottili già rovinate da alcune cicatrici che si notano in controluce ben strette attorno alle ruvide corde, i piedi fermi ed uniti in una postura composta che per nulla si addice ad un gioco.
In realtà Kuroko ha la strana sensazione di stare davanti ad una sorta di Re seduto sul suo ricco trono e nutre l'istinto di abbassare lo sguardo. Oppure scappare via. Entrambi sono forti ed entrambi vengono sedati nel momento in cui il silenzio viene spezzato dalla voce del più piccolo.
«Non ti ho mai visto alla Base» è una constatazione, non una domanda, accompagnata da uno sguardo inquisitorio che per il bambino più grande è difficile da sostenere. Nessuno mai lo guarda negli occhi per troppo tempo. In realtà, nessuno mai lo guarda. Sono davvero in pochi quelli che si accorgono di lui, spesso risulta difficile persino ai suoi stessi genitori.
Tetsuya sposta il peso da un piede all'altro, incerto, stringendo le labbra fra di loro e poi sfiatando, rassegnato. Non può evitare di dargli una risposta e starsene in silenzio come fa sempre, questo è più che chiaro.
«Ho ancora dieci anni» fa notare, pacatamente.
«E allora?»
Akashi lo guarda con aria di sufficienza, un sottile sopracciglio rosso elegantemente sollevato, come se avesse appena udito una risposta che reputa oltremodo sciocca.
Ha il potere di far sentire oltremodo sciocco il giovane Kuroko, in ogni caso.
«L'Addestramento inizia a dodici anni per quelli normali» solo al termine della frase si rende conto dell'imperdonabile gaffe fatta e sgrana impercettibilmente gli occhi, rivolgendo uno sguardo appena illuminato dall'ansia al suo interlocutore. Insomma, ha appena detto che non lo trova normale ed è offensivo, lo capisce anche lui.
«Non volevo-»
«''Normali''» lo zittisce Seijuro, pronunciando il termine con una scintilla divertita nello sguardo cremisi e nella linea delle labbra. No, decisamente non sembra il bambino che il suo corpo mostra di essere «Appunto. Ma tu non sei normale, Kuroko-kun, per cui lo ripeto: perché non ti ho visto alla Base?»
Non c'è scherno e non c'è offesa nelle sue parole. L'erede degli Akashi è mortalmente serio e, pare, anche piuttosto interessato ad ottenere una risposta che, lascia intendere dal modo in cui socchiude gli occhi, spera non essere stupida quanto quelle che gli sono state precedentemente date.
Il bambino dai capelli azzurri si stringe un poco nelle spalle, intimorito, avvertendo il battito del suo cuore aumentare e rimbombare nelle orecchie. Capisce distrattamente che si tratta di un principio di attacco di panico, ma cerca di respirare affondo ed ignorarlo.
Come fa lui a saperlo? Se lo chiede, e forse la domanda si riflette fin troppo chiaramente nei grandi occhi celesti poiché il sorriso sulle labbra sottili dell'altro si allarga e assume una piega soddisfatta.

Scacco matto. Seijuro sa di averlo ormai in pugno ma si sente abbastanza magnanimo dal non voler giocare oltre con lui. Sembra così fragile, dopotutto, e quasi in procinto di avere una crisi. Sarebbe noioso se dovesse richiamare gli adulti per soccorrerlo e, scommette, per lo stesso Kuroko sarebbe un'umiliazione farsi trovare in certe condizioni.
«E' difficile accorgersi di te, se non ti si guarda direttamente. Nemmeno io ti ho notato fin quando tuo padre non ti ha presentato. La tua mancanza di presenza è davvero affascinante, Kuroko-kun, non riesco a credere che nessuno di quegli stolti fino ad oggi si sia reso conto del tuo incredibile potenziale. Quando hai iniziato a svilupparla?» sembra davvero molto interessato, piega il capo su di una spalla e lo osserva in attesa. Come un gatto che studi il piccolo topolino prima di decidere come mangiarlo.
Tetsuya deglutisce a vuoto, strofinandosi con una punta di nervosismo l'avambraccio ed artigliando poi la stoffa della giacca nera che indossa. Inizia a sentire caldo, malgrado spiri un lieve venticello che smuove le fronde dell'albero e gli accarezza il viso ed i capelli, scompigliandoglieli.
Obaa-san gli ha fatto promettere che non avrebbe rivelato mai a nessuno il suo segreto. Che nessuno degli altri Cacciatori, al di fuori della sua famiglia, sarebbe dovuto venire a conoscenza delle sue capacità. Troppo pericoloso e poi non è mai stato niente di così eccezionale dal meritare l'interesse del Cerchio.
Eppure non riesce proprio ad impedirsi di rispondere al volere di Akashi. Ha qualcosa di ipnotico, un carisma magnetico in grado di affascinare e asservire anche gli adulti - lo ha notato durante il funerale e poi dopo, quando tutti sono passati a fare le condoglianze a padre e figlio.
«Io... sono così da quando sono nato, per quanto posso ricordare. Hanno sempre fatto fatica a notarmi, senza che facessi nulla in particolare. Non è una cosa così interessante.»
«Io non credo.» sorride ancora Akashi, mentre si alza dalla dondola e gli si avvicina a passi tranquilli.
Anche se è più basso di lui, Kuroko si sente comunque in soggezione ad averlo davanti e finisce per chinare lo sguardo. Non capisce cosa sta succedendo a dire il vero, e questo aumenta la sua ansia.
«Ne, Kuroko-kun, che ne diresti di anticipare il tuo addestramento ed entrare a far parte della divisione Teiko
Gli occhi azzurri del maggiore si sgranano, donando per la prima volta al viso del fantasmino una parvenza d'espressione.
«Stai parlando della Generazione dei Miracoli?» lo sussurra, perché potrebbe aver capito male. E' impossibile che gli venga proposta una cosa del genere. Lui non è niente di particolare. Non può neanche pensare lontanamente di essere paragonato a quei geni.
Akashi deve intuirlo perché il suo sorriso si ridimensiona e il visetto dai tratti infantili si fa più serio.
«Ora come ora non hai alcuna chance di essere uno di noi. Le tue attuali capacità non te lo permettono, siamo tutti più avanti nel programma e la nostra padronanza delle innate è di molto superiore alla tua. Questo vuol dire che  dovrai impegnarti il doppio degli altri, perché non hai avuto alcun addestramento prima di oggi. Pensi di potercela fare, Kuroko-kun?» domanda e la sua voce suona quasi dolce, adesso. Così come invitante sembra la piccola mano che tende verso di lui, guardandolo negli occhi come se fossero due adulti.
Tetsuya ricambia il suo sguardo, lo sostiene, sospira e alla fine decide.
«Farò del mio meglio, Akashi-kun.»
E' impossibile dire di no al Re, dopotutto.
E Seijuro questo lo sa, mentre stringe la sua mano e sorride di nuovo creando una catena che il tempo non sarà in grado di spezzare. Non del tutto, mai.
«Non lo metto in dubbio Kuroko-kun» 

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Capitolo 4
*** » File 05. The Mountain's hunger. ***


Tales of Wolves and Hunters

» File 05. The Mountain's hunger.




La prima volta che Atsushi vede Tatsuya, cerca di colpirlo in pieno viso con un destro di tutto rispetto.
Fortunatamente il ragazzo più grande, nonostante l'occhio coperto, è lesto a schivare il pugno spostando velocemente il peso alla sua sinistra e ruotando la spalla in modo che venga solo sfiorato e senta lo spostamento d'aria sul viso. Solo un istante d'esitazione e si sarebbe ritrovato con lo zigomo fratturato, data la potenza che quel bestione è in grado di imprimere nei suoi colpi.
Il gigante dai capelli viola grugnisce, infastidito, ondeggiando pericolosamente sulle lunghe gambe nel rimettersi faticosamente ritto perché per tentare di prendere in pieno quel tipo si è sbilanciato troppo in avanti e ha rischiato di cadere. Il fatto che quello non si sia fatto colpire, poi, lo rende ancora più nervoso.
Himuro sfiata, dopo aver trattenuto per qualche istante il respiro, tornando ritto e stringendo leggermente i pugni ai fianchi pronto ad affrontarlo di nuovo se avesse la balzana idea di provare a colpirlo ancora. Non ha ben capito la dinamica, ad essere sinceri.
Forse quel tizio grande e grosso è stato infastidito dal fatto che non si sia accorto della sua presenza finché non ha avuto la bontà di dare in un colpetto di tosse per palesarla.
Col senno di poi prendere alla sprovvista un Cacciatore conosciuto per essere una montagna dalla forza erculea con le facoltà mentali di un bambino di dieci anni non è stata proprio l'idea migliore che abbia avuto nell'ultimo periodo.
Anzi, correzione: seguire Taiga in Giappone è stata una pessima idea. Apparire alle spalle di quel Murasakibara senza palesare prima la propria presenza è stata solo mera distrazione.
«Ehi, amico, calma...» tenta, sollevando una mano con il palmo aperto e rivolto verso di lui. Un po' come si fa con certi animali feroci per calmarli e rassicurarli che non si abbia alcuna cattiva intenzione nei loro confronti.
Certo, se quel tipo riprova di nuovo a cambiargli i connotati non assicura che si limiti soltanto a schivarlo.
«Io non sono tuo amico.»
Fa presente il gigante, voltandosi lentamente verso di lui e osservandolo con un'espressione non molto intelligente.
Eppure, in quegli occhi violetti dalle palpebre pesanti, Himuro riesce a leggervi qualcos'altro. E' solo una scintilla ma riesce comunque a farlo irrigidire e ricambiare il suo sguardo apparentemente assente con uno sospettoso. Quel tizio può essere tutto, ma non è un idiota.
Nel momento stesso in cui lo realizza, capisce anche che potrebbe essere interessante avere un rapporto con lui. Quantomeno vantaggioso.
Certo, il problema è instaurarlo quel rapporto. Cosa non propriamente facile se la persona che vuoi avvicinare ti guarda come se stesse valutando il modo migliore per staccarti la testa dal collo.
Himuro deglutisce e maledice mentalmente Kagami ancora una volta.
«No, certo. Non sai neppure il mio nome. Io sono Himuro Tatsuya»
«...»
No, così non va bene. Il giovane che ha davanti continua a fissarlo, senza dire nulla, ma questo è decisamente preoccupante. Preferirebbe essere mandato a fanculo o attaccato di nuovo che scrutato in quel modo.
Lo mette quasi a disagio.
Ad ogni modo non si è presentato a sua volta. Brutto segno.
Pensa, Tatsuya, pensa.
«Mentre tu sei... Murasakibara Atsushi, numero cinque dei Miracoli della divisione Teiko. Giusto?»
Murasakibara batte una sola volta le palpebre, lentamente.
«Sai tante cose di me Murochin»
Himuro sembra sorpreso «Muro-» scuote il capo, all'inarcarsi pericoloso di un sopracciglio violetto del suo interlocutore, preferendo soprassedere sul nomignolo «-beh, sì. Sono un Cacciatore anch'io. Della Street di New Yo-»
«Lo so» lo fredda, con tono apparentemente annoiato, Atsushi. Poi si guarda attorno, grattandosi una guancia, con aria pensosa - cosa che stona un po' con l'espressione addormentata «Ho fame
Il più grande è basito ma, grazie all'inespressività del suo viso, riesce a non farlo trasparire. Non che sia convinto che l'altro lo avrebbe notato o se ne sarebbe interessato in alcun modo. Sembra del tutto a suo agio nell'osservarsi attorno come se si aspettasse di vedere spuntare dal nulla un ristorante o qualcosa del genere. Invece ci sono soltanto le mura d'acciaio del corridoio del Primo Settore della Base di Tokyo.
«Io ho fame Murochin!» si lagna ancora, petulante come un moccioso, rivolgendosi direttamente all'americano questa volta.
Himuro non si stupirebbe granché nel vederlo pestare i piedi e mettere il broncio.
«Mi hai capito? Ho fame!»
Tatsuya sbatte le palpebre, distogliendo lo sguardo dal suo viso corrucciato, sospirando a metà fra l'esasperato ed il rassegnato.
Beh una su due l'ha azzeccata.


«Credo che dovrei andare a cercare mio fratello...»
Il Cacciatore americano non ha ancora capito com'è finito ad ospitare quel bestione nella stanza al Secondo Settore che divide con Kagami per quei pochi giorni che passeranno distaccati nella sede giapponese dell'Ordine.
Ma la mensa era chiusa e non si sa ancora orientare alla Base, è lì solo da una manciata d'ore in fondo, oltre al fatto che Murasakibara gli stava procurando un principio di emicrania con i suoi capricci. L'unica cosa che gli è venuta in mente sono state le merendine nello zaino di Taiga. Spera che il fratellino non se la prenda troppo quando scoprirà che la sua scorta è stata miseramente saccheggiata.
«Ne hai un'altra Murochin?» Atsushi dà dimostrazione di averlo ignorato, allungando una mano grande come un piatto da portata verso di lui mentre si lecca via le briciole dalle dita dell'altra senza nemmeno guardarlo.
Tatsuya abbassa lo sguardo sulla montagnola di cartacce ai piedi del gigante, tranquillamente seduto sul suo letto, e apre la bocca per ribattere qualcosa. Possibilmente di piccato e molto scocciato.
Ma lo sguardo ingenuo che Murasakibara gli rivolge, speranzoso di una risposta positiva e del tutto disinteressato ad altro che non sia una merendina, lo induce a lasciar perdere e scrollare le spalle sospirando.
Ha perso il conto delle volte in cui l'ha fatto da quando l'ha conosciuto, solo un paio d'ore prima.
Quasi lo rimpiange in versione ''macchina da guerra'' che tenta di spaccargli la faccia.
«No, Atsushi, mi dispiace» scandisce attentamente le parole, senza smettere di guardarlo negli occhi. Malgrado le sue origini giapponesi è stato cresciuto in America e ha modi di fare occidentali. In ogni caso il bestione non gli è sembrato particolarmente colpito dall'uso del suo nome proprio. Senza suffissi, tra l'altro. L'ha preso come un via libera a continuare così.
«Le hai mangiate tutte» aggiunge, tanto per convincerlo che effettivamente non sia più rimasta nemmeno una briciola da ingurgitare e non gli stia nascondendo nessun pacchetto sopravvissuto alla sua fame atavica.
«Mh.»
Murasakibara non sembra convinto e Himuro è tentato di aprire quanto più velocemente può la porta a cui è appoggiato e fuggire in corridoio. Potrebbe utilizzare la sua Perfect Fakes, suppone che con un tipo con una soglia d'attenzione così scandalosamente bassa non debba metterci neppure troppo impegno.
Prima ancora che possa attuare la sua strategia, però, si ritrova a sobbalzare impercettibilmente ricambiando lo sguardo di due occhi viola troppo vicini.
Non si è nemmeno accorto che il Miracolo si fosse alzato dal letto, figurarsi essersi avvicinato tanto da sentire il suo fiato dolciastro per via di tutti i dolci ingurgitati contro le labbra.
Himuro si volta appena, fissando incerto la mano che il gigante ha piazzato sul metallo al lato del suo viso; sa perfettamente che non ha alcuna possibilità di aprire quella porta con lui a bloccarla. La forza smisurata di Murasakibara è il motivo per cui è entrato a far parte della Generazione dei Miracoli.
«Atsu-» il nome del giapponese viene soffocato in un bacio vorace.
A dire il vero, più che baciarlo, sembra che Atsushi stia cercando di mangiargli le labbra. E' tutto un gioco di denti e labbra, morsi e leccate che gli impediscono di respirare e ragionare correttamente.
Prima ancora che possa realizzarlo ha la sua lingua in bocca. E' prepotente come un bambino persino in questo, vuole prevalere e arriva a mordere senza pietà quando si sente respinto dalle mani dell'americano contro il suo petto.
Tentativo ridicolo, Himuro ne è consapevole, è come tentare di smuovere una montagna. Ma Murasakibara è violento, fa male, può sentire il sapore del proprio sangue ed è certo che anche lui se ne sia accorto ma non gli interessi perché invece di rallentare lo preme di più contro la porta e gli sfila con uno strattone la maglia dai pantaloni aderenti della divisa, quasi strappandola, per poter tastare la sua pelle nuda ed artigliarla aggrappandosi al fianco sporgente.
Quando la vista inizia ad offuscarsi per la mancanza d'ossigeno, ecco che la sua bocca viene abbandonata e si ritrova a prendere una boccata d'aria che gli brucia la gola e fa quasi lacrimare gli occhi. Ma non importa, credeva davvero di soffocare.
Atsushi non si arrende, però, e mostra quanto sia ancora affamato scendendo ad accarezzargli il collo con le labbra, leccando la pelle delicata e poi affondando i denti nell'incavo con la spalla.
Fa male anche questo, ma quello che sfugge all'americano è un gemito di piacere.
Tatsuya sgrana gli occhi, sorpreso da se stesso e dalla reazione che ha il suo corpo a quello gigantesco del ragazzo che gli preme contro.
Combattere è in ogni caso inutile, quindi opta per abbandonarsi a quella tortura piacevole reclinando il capo contro la porta e offrendo la gola a quel predatore persino più pericoloso dei mostri che cacciano.
Quel ragazzo non sembra neppure umano, effettivamente. Se solo non fosse un Cacciatore e non lavorasse per il Cerchio giapponese sarebbe del tutto sicuro che sia un licantropo.
«Hm... adesso sono sazio Murochin» il sussurro roco contro il suo orecchio lo fa sussultare e deve premere forte le labbra fra loro, a costo di farsi male, per non lasciarsi andare ad un altro gemito.
Stordito alza lo sguardo sull'immenso Cacciatore ma quello non sembra affatto colpito da quanto successo. La passione, la ferocia e la fame sembrano davvero essere scomparse lasciando solo la sua solita aria annoiata.
«Potresti farmi uscire? Sto perdendo tempo e Akachin si arrabbia se arrivo tardi all'allenamento»
Celia, come se fosse qualcosa che gli è stato detto di mandare a mente e ripetere in situazioni come quelle.
Himuro annuisce, incerto, spostandosi in silenzio e rimanendo altrettanto in silenzio a guardare Murasakibara sparire in corridoio. Solo quando non vede più nemmeno una ciocca di quei capelli viola si permette di chiudere di nuovo la porta e tirare una testata contro il metallo.
«Cosa cazzo è successo?»
Sente ancora le labbra bruciare, per non parlare dei morsi che gli riempiono il collo su cui stanno già quasi spuntando sicuramente dei lividi. Una mano pallida scatta a coprirlo, come se potesse cancellarli.
La cosa peggiore, però, è sicuramente il doloroso e imbarazzante rigonfiamento al cavallo dei pantaloni.
«Ohi, Tetsuya, sei dentro?»
Oh... e ovviamente Taiga e il suo pessimo tempismo.
Cazzo. Letteralmente.
Come gliela spiega ora questa al fratellino senza causare un incidente diplomatico tra Cerchi?



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»Angolino di Red: come avevo detto, più avanti avrei potuto alzare il rating della raccolta. E figurarsi se non lo facevo con questi due? Non potevano avere un primo incontro più ''intenso''.
Spero, ancora una volta, di aver mantenuto abbastanza IC i caratteri di entrambi.
Ringrazio little_astrid e Giuliacardiff per aver fatto sentire il loro parere sul precedente capitolo, e lo faccio anche con i lettori silenziosi e con chi ha messo la raccolta nelle seguite, ricordate e nei preferiti. Se volete dirmi la vostra siete liberissimi di farlo, nel bene e nel male, non vi mangio tranquilli!
Avviso che i primi incontri stanno terminando. Rimangono solo l'incontro tra Kuroko e Kagami, quello tra Akashi e Nijimura (yes, per gli amanti della coppia, gioite!) e quello dei Miracoli.
Che altro dire? Ci vediamo alla prossima OS!
Ciaossu

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Capitolo 5
*** » File 015. The Ghost Wolf. ***


Tales of Wolves and Hunters

» File 015. The Ghost Wolf.






La prima volta che Tetsuya vede Taiga lo fa attraverso gli occhi del lupo che assistono secondo dopo secondo alla sua caduta giù dal Brooklyn Bridge; dal momento in cui mette il piede in fallo correndo lungo il parapetto di sinistra, al modo in cui agita quasi comicamente le braccia per aggrapparsi ad uno dei cavi che finisce però per scivolargli fra le dita, fino al tuffo di schiena che solleva alti schizzi e lo vede inabissarsi fra le acque fredde e pericolose dell'East River.
In realtà Kuroko, col senno di poi, non saprebbe dire cosa di preciso di quella scena appena vista lo abbia spinto ad uscire dal suo nascondiglio di corsa, mangiandosi i metri che lo separano dalla riva, fino a bloccarsi proprio ad un passo da questa per rannicchiarsi sulle zampe posteriori e compiere un lungo balzo in avanti che termina proprio in quelle stesse acque. E' folle tuffarsi di propria volontà nello stretto considerato come la velocità di queste riesca a portare in breve, e senza dare modo di capire come, gli incauti bagnanti fino in mare. Ci sono pochi appigli a cui poter far ricorso per impedire alla corrente di trascinarti via.
Ma il grosso lupo grigio è un abile nuotatore e riesce, se pur con un po' di fatica, a raggiungere il punto in cui ha visto sparire il corpo del ragazzo dai capelli rossi. Non ci pensa due volte perciò, quando non lo vede riemergere, ad inabissarsi a propria volta.
I suoi polmoni sono in grado di incamerare una quantità d'ossigeno sufficiente a rimanere in apnea per svariati minuti, ma basta solo qualche secondo perché si avveda del giovane privo di coscienza che sta rapidamente scendendo verso il basso. Gli abiti neri che indossa sono quelli di un Cacciatore e, fortunatamente, il materiale di cui sono fatti non li rende un ostacolo come le normali stoffe. Li conosce bene, d'altronde fino a nemmeno tre mesi prima li indossava anche lui.
Probabilmente è per questo se finisce a stringere delicatamente la morsa dei denti sul braccio che gli è più vicino, poco sotto il gomito, attento a non incidere troppo la carne e strapparglielo via o ferirlo più del necessario. Ha imparato piuttosto in fretta a destreggiarsi con quella forma e le sue nuove capacità, sebbene all'inizio non fosse stato affatto facile, così riesce a riemergere insieme al ragazzo e guadagnarsi, con non poche difficoltà data la corrente che li respinge, la riva nel giro di qualche minuto che gli sembra un'ora intera.
A guardarlo dall'esterno probabilmente sembrerà uno di quei cani addestrati per salvare la gente in mare. Se qualcuno del Branco di New York lo vedesse in questo momento, si giocherebbe sicuramente anche quel barlume di fiducia che si è così faticosamente conquistato nelle ultime settimane.
Il fatto è che non può lasciare morire un suo ex compagno. Non può lasciare morire una persona. Qualsiasi sia la fazione di cui fa parte. In fondo è stato questo suo senso di giustizia ad ogni costo a portarlo ad oggi e fargli perdere tutto. Ma non se ne pente, a dispetto di quel che si possa pensare. Di quello che sicuramente gli altri Cacciatori d'Argento avranno pensato dopo l'incidente.

Non deve essere molto più grande di lui. Forse potrebbero essere persino coetanei anche se l'altro gode di una stazza che ricorda più un armadio che un ragazzo, oltre che di diverse decine di centimetri in più.
Kuroko ci riflette mentre recupera le sue sembianze umane dopo averlo depositato sdraiato di schiena sulla pietra fredda, forse per distogliere la mente dal dolore della mutazione che, per quanto veloce possa essere, non lo risparmia mai. Si chiede spesso se un giorno smetterà di provarlo o almeno si attenuerà un poco, ma non ha avuto finora nessuno a cui esporre questi e altri dubbi ed, in ogni caso, dopo tre mesi continua a fare un male cane come la prima volta. Quindi buttandola lì direbbe proprio di no.
Fortunatamente la notte ha avvolto nella sua materna coltre la Grande Mela già da un pezzo e l'unica cosa ad illuminare quella zona è lo spicchio di luna che riflette pallido in lontananza il tenue brillare delle poche stelle che riescono a vedersi nonostante l'illuminazione della città.
Ad ogni modo è abbastanza tardi perché nessuno passi di lì e si faccia qualche domanda sul perché ci sia un ragazzo completamente nudo e bagnato chino su di un altro visibilmente svenuto e altrettanto fradicio. Effettivamente potrebbe essere facilmente frainteso ed incappare in non pochi guai.
Non che questo risulti essere un vero problema nella mente di Tetsuya considerato come sia totalmente occupata nel concentrarsi sul giovane da rianimare. E' pallidissimo, ha le labbra quasi bluastre e i capelli sono come alghe sanguigne appiccicate al viso; deve aver bevuto, quindi l'unica cosa che gli viene in mente è il dover fargli espellere l'acqua dai polmoni nel minor tempo possibile. Più tempo passa più la sua prodezza rischia di diventare inutile.
Certo è che non aveva ancora fatto la respirazione bocca a bocca con le capacità che ha ora, quindi deve andare molto cauto nella forza che appone premendo le mani sovrapposte l'una sopra l'altra al centro del torace, ma soprattutto non l'aveva mai fatto in abiti adamitici. Alla Base gli hanno insegnato come reagire ad ogni situazione, ma deve essersi decisamente perso quel corso.
Trova che non sia il momento adatto per fare dell'ironia, con le labbra appoggiate su quelle fredde del Cacciatore ed impegnato ad insufflare aria nella speranza di indurre l'altro a rigettare il liquido che ha bevuto, ma non può impedirsi un piccolo sorriso divertito. Ignorando ovviamente il debole calore alle guance, sintomo di un imbarazzo che la sua proverbiale inespressività riesce a mascherare con successo. Da chi non è dato sapere, visto che il ragazzo che tenta di salvare è privo di coscienza.

Quando Taiga rinviene, scattando seduto mentre tossisce acqua e saliva e respira come se lo facesse per la prima volta, ringrazia mentalmente chiunque ci sia lassù per averlo riportato con il culo per terra. Credeva che stavolta sarebbe morto davvero. Come diavolo ha fatto ad essere così stupido da perdere l'equilibrio in quel modo? E' una delle prime cose che insegnano durante l'addestramento! Se Tatsuya o Alex lo venissero a sapere probabilmente farebbe meglio a rituffarsi di propria volontà nelle acque gelide dell'East.
Sente la testa girare, probabilmente per il brusco cambio di posizione, i polmoni in fiamme e la gola grattare fastidiosamente. Oltre a diversi brividi di freddo che è quasi sicuro siano sintomo di un bel raffreddore - è difficile per quelli come loro ammalarsi seriamente e lui è anche più resistente dei suo compagni in quel senso.
«Se non fossi stato un Cacciatore saresti morto. E' stato sciocco distrarsi in quel modo.»
Grazie tante, eh, come se non lo sapessi. Kagami passa il dorso della mano contro le labbra, asciugando l'acqua che ancora cola dagli angoli, trattenendosi dal pronunciare quelle parole a voce soltanto perché è davvero difficile al momento recuperarla per farlo.
Solo dopo qualche istante di black out, come se fosse entrato in stand by, realizza che con lui c'è qualcun altro. E quel qualcun altro è un ragazzino visibilmente e totalmente nudo, dalla pelle pallidissima solcata da svariate cicatrici - alcune vecchie e quasi sbiadite, altre recenti -, intento a scrollarsi l'acqua di dosso come se fosse un animale. Svariate goccioline sfuggono dai capelli di un inusuale azzurro, più scuro perché bagnati, e finiscono per colpirlo in pieno viso.
Taiga si ritrova ad aprire e chiudere la bocca, dando sicuramente all'altro l'impressione di essere un grosso pesce rosso. Un grosso pesce rosso particolarmente stupido e con le guance in fiamme.
Kuroko lo fissa perplesso, seduto per terra a gambe incrociate con le mani serrate alle caviglie, non riuscendo a capire perché improvvisamente l'altro abbia distolto lo sguardo ed iniziato ad indietreggiare malamente sulla schiena.
Adesso sembra una sorta di enorme tartaruga rovesciata sul dorso.
«Uhm? Stai bene?»
«T-tu...! Perché... perché diavolo sei nudo... io... cosa...»
Il licantropo sbatte un paio di volte le palpebre, unico segno evidente della sua confusione, abbassando poi lo sguardo sul proprio corpo. Rimane in silenzio ma si morde il labbro inferiore, incerto, come se adesso fosse in qualche modo a disagio o preoccupato. Stabilirlo è difficile visto che il suo viso mostra sempre la stessa espressione assente.
«Oh, questo. Temo che sia inevitabile, finisco sempre per strappare i vestiti. Di solito mi porto un ricambio ma non pensavo di dover salvare qualcuno dall'annegamento» parla con un tono sommesso, quasi dolce, sicuramente ingenuo. Come se fosse la risposta più naturale del mondo.
Ovviamente per Taiga non lo è per nulla, anche se continua a tenere testardamente il capo voltato di lato per non guardarlo. Non dovrebbe, lo sa, soprattutto perché è abituato alle docce comuni con i suoi compagni della Street ma... ma... ecco, quello non è un suo compagno. E' un estraneo. Un estraneo nudo.
Una mano va alle labbra, distrattamente, avvertendo il fantasma di un tocco. Un ricordo nell'incoscienza.
Un estraneo che...
«T-tu mi hai baciato!» sembra sinceramente sconvolto, nel puntargli un indice tremante contro. Abbastanza da essersi dimenticato di non doverlo guardare, almeno.
Il ragazzo dai capelli azzurri china il capo di lato, su una spalla, e per qualche strano motivo al Cacciatore ricorda un cucciolo. Questo lo imbarazza ancora di più.
«Tecnicamente quella era respirazione bocca a bocca. Tecnica basilare di prontosoccorso in caso di annegamento, per l'appunto» fa notare, mitemente.
«G-giusto» borbotta, dopo interi attimi di silenzio, quello. «Gra-»
Ma non completa la parola perché una scintilla di comprensione passa nei sottili occhi rossi sormontati da assurde sopracciglia fulve - sul serio, sembrano gli spicchi di mela come kaa-san li tagliava quando Kuroko era bambino.
«Aspetta. Hai detto che è inevitabile che i vestiti ti si strappino» inizia, cautamente. Una mano scivola piano verso il basso, alla ricerca del manico del pugnale d'argento che tiene all'interno dello stivale.
Tetsuya si accorge perfettamente di quei movimenti, per quanto attento sia l'altro, ma non si scompone e i suoi grandi occhi azzurri rimangono puntati con sicurezza sul suo viso «Hm hm»
Il più grande dei due inspira, avvertendo ancora una fastidiosa fitta al petto nel farlo «Tu sei un licantropo
Pronuncia la parola in un tono talmente basso che, se Kuroko non fosse proprio quello di cui lo ha appena accusato, non l'avrebbe neppure sentito. Sembra un bambino che voglia nascondere una parolaccia alle orecchie dei genitori.
Il lupo socchiude gli occhi, sospira e poi annuisce lentamente, continuando a fissarlo. Ma non azzarda nessuna mossa neppure quando l'altro, con uno scatto felino, si porta sopra di lui premendogli la lama del pugnale alla gola.
L'argento brucia a contatto con la pelle ed è davvero fastidioso, sente le lacrime risalire agli angoli degli occhi senza poter fare nulla per fermarle ma, anche così, continua a non muoversi. Non tenta nemmeno di toglierselo di dosso.
«Fa... fa male...» pronuncia solo, fiocamente, con una nota di dolore nel tono incolore.
Taiga respira pesantemente, l'odore salmastro dello stretto in cui è finito che ancora gli pizzica le narici ma che, adesso, si mescola ad uno più delicato e buono anche se pungente. Gli ricorda i boschi dove da piccoli con suo fratello facevano i picnic le domeniche d'estate. Questo lo destabilizza più della mancata reazione dell'altro.
«Perché mi hai salvato? Sai perfettamente cosa sono io» ha usato il termine esatto, dopotutto, e gli ha parlato come se conoscesse bene i Cacciatori. Ma perché uno dei mostri che braccano e uccidono avrebbe dovuto rischiare la vita per salvare quella del proprio nemico naturale?
Kuroko sa che se l'argento continuerà a stare a contatto con la sua pelle rimarrà indelebile la cicatrice e che, a differenza delle altre, non guarirà mai del tutto e farà sempre male. E' una cosa che vorrebbe evitare ma vuole evitare anche di usare la forza con quel ragazzo.
«Nessuno... nessuno merita di morire»
Kagami sgrana gli occhi e indietreggia, ritirando il coltello, fissando attonito l'altro ragazzo portarsi la mano al collo e tremare leggermente.
A questo non era preparato. Lo hanno addestrato ad uccidere quelli come lui senza esitazione, non a parlarci. Nessuno gli aveva mai detto che le bestie potessero essere più umane degli stessi esseri umani.

Il giovane lupo legge la confusione e lo smarrimento sul viso di quello che dovrebbe essere un nemico ed è più dispiaciuto per questo che per la pelle che sente ardere sotto le dita e l'acre puzzo di carne bruciata che avverte lieve. Non gli importa neppure del dolore che rende faticoso trattenere le lacrime. Quello passerà, la ferita piano piano guarirà grazie alla sua capacità di rigenerazione.
Il dubbio che ha instillato nel ragazzo dai capelli rossi, quello no, non potrà sparire allo stesso modo.
«Il mio nome è... Kuroko, comunque» riesce a parlare dopo quelli che sembrano interi minuti di silenzio. Un silenzio pesante che non sopportava più, quasi un fastidio sulla pelle. E dire che di norma lui lo adora. Ci ha vissuto a stretto contatto per quasi tutta la vita e negli ultimi mesi gli è stato un compagno fedele più di quanti ne abbia avuti.
Più di...
«Kuroko? Sei giapponese? Effettivamente non sembri americano. Neanch'io lo sono totalmente...» Kagami parla, parla tanto e non si rende conto neppure di cosa dice. Sa solo che deve parlare o probabilmente impazzirebbe. E' sconvolto ed è visibile. Ma almeno ha riposto la sua arma e si è messo seduto ad una distanza ragionevole dal suo interlocutore. E' già qualcosa.
«Io sono Kagami. Kagami Taiga, della divisione Street del Cerchio di New York. E questo è assurdo...»
Kuroko sente un moto d'affetto per quel ragazzo e un piccolo sorriso comprensivo gli affiora sulle labbra.
«E' un piacere fare la tua conoscenza Kagami-kun. Sei la prima persona con cui parlo da quando sono arrivato qui... sai, il Branco del posto non è proprio amichevole con gli stranieri.»
Non sa perché gliene sta parlando ma sente che con quel ragazzo dalle sopracciglia assurde può confidarsi. Non l'ha ucciso quando poteva, dopotutto, anche se forse non dovrebbe tirare troppo la corda. I suoi nervi potrebbero cedere da un momento all'altro.
Kagami annuisce, frastornato, anche se non può proprio capire. Con i licantropi di solito non è che vada a bere un goccio al bar, quindi non può sapere come diamine il Branco tratti chi sconfina nei suoi territori.
«Non... non fai parte di un Branco anche tu?» domanda, nervosamente. Perché potrebbe voler dire che ci sono altri mannari in circolazione oltre quelli insediati lì. E ci manca solo dell'altro lavoro o uno scontro tra clan, per quanto potrebbe essere da una parte utile.
Il ragazzino, sembra così esile e giovane che non gli darebbe quindici anni, lo fissa per qualche istante e poi si stringe nelle spalle spostando lo sguardo sul profilo del Brooklyn Bridge alla loro sinistra.
«No. Io... non sono nato così. Lo sono diventato da poco e non ho ancora avuto modo di unirmi a nessun Branco.»
Il Cacciatore annuisce in silenzio, rimanendo a guardarne pensieroso il profilo. Poi qualcosa sembra scattare nella sua mente e torna a guardarlo con sospetto. E un filo di timore.
«Hai detto di chiamarti Kuroko e vieni dal Giappone...»
L'interessato si irrigidisce appena ma non si muove né torna a guardarlo o risponde alle sue parole.
«...circa tre mesi fa» continua imperterrito l'altro «un membro della Teiko di Tokyo è stato dato per disperso durante un raid a Mori. Si trattava di uno della Generazione dei Miracoli. Dicono che sia stato morso da uno dei licantropi che si trovavano nella foresta.»
Kuroko si agita, irrequieto, e con un unico elegante movimento si alza in piedi e gli dà le spalle «Ora devo proprio andare Kagami-kun. Sono contento che tu stia bene. Rimettiti»
Taiga rimane a guardare l'altro incamminarsi, accigliato. Non si alza, ma si sporge comunque in avanti e non distoglie lo sguardo dalla sua schiena «Tu sei Kuroko Tetsuya, il Fantasma. Ti credono tutti morto!»
Tetsuya si ferma, esita un secondo.
L'ultima cosa che Taiga vede, prima che svanisca fra le ombre, è uno scorcio del viso e l'innaturale azzurro dell'occhio del lupo. E la sua voce che aleggia nell'aria, intrisa di rimpianto e qualcos'altro che non riesce ad identificare.

''Ed è meglio così.''

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