Il flautista

di alida
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I mostri non esistono ***
Capitolo 2: *** Serata al circo magico ***
Capitolo 3: *** Patto di amicizia ***
Capitolo 4: *** Immagini tra i rami ***
Capitolo 5: *** Pozione liberatoria ***



Capitolo 1
*** I mostri non esistono ***


Erano quasi le cinque del pomeriggio, quando il signor Lupin entrò nella camera del figlio e lo trovò addormentato nel suo letto. Remus non era abituato a fare la pennichella pomeridiana, non era più un bambino piccolo. Tuttavia, quell’estate, il caldo si era fatto sentire parecchio, e nel pomeriggio la spossatezza e l’afa si combattevano solo con un riposino.

Il signor Lupin guardò suo figlio, il suo unico figlio. I capelli castani chiari, gli occhi verdi, la pelle bianca, il mento appuntito, e pensò che gli somigliasse, sebbene i parenti dicessero che era la copia della mamma. Lo guardò con aria trasognata, poi dolcemente cominciò a scuoterlo per svegliarlo.

Il bambino, che aveva già otto anni, incominciò a lamentarsi e poi stiracchiandosi e strofinandosi gli occhi con le mani strette a pugno, aprì gli occhi e mise a fuoco l’immagine davanti a se. Il suo papà gli sorrideva, tenendo in mano tre biglietti per “Il circo magico”.

Remus lanciò un gridolino di gioia e abbraccio forte il suo papà mentre gridava: “Sì, che bello. Il circo magico. Ci saranno un sacco di creature fantastiche. Papà, come hai fatto a procurarti i biglietti? E’ da giorni che dicono che c’è il tutto esaurito!”.

L’uomo fu entusiasta della reazione del figlio, in un certo senso se lo aspettava. Da quando era piccolissimo, a Remus avevano sempre affascinato le creature fantastiche e anche se non frequentava ancora la scuola, si era fatto comprare i libri che riguardavano l’argomento in questione. Passava le ore a leggere, e desiderava conoscere sempre di più.

Il signor Lupin prese fiato e rispose: “Semplice, li avevo prenotati da due mesi! Lo spettacolo è alle sette, perciò alzati, vestiti e poi vieni al piano di sotto. Dobbiamo uscire per le sei, perché ci vorrà una mezzora per raggiungere la passaporta, e poi dobbiamo avere il tempo di sistemarci con comodo una volta arrivati alla “Spianata rosa”.

La “Spianata rosa” era una pianura in cui di solito erano organizzati grandi spettacoli. Alle volte, i gruppi teatrali itineranti montavano il loro palco lì, altre volte si potevano trovare i musicisti, si organizzavano partite di Quidditch  per i tornei estivi degli anatroccoli, che erano le squadre dei bimbi tra i cinque e i sette anni. Quell’estate la Spianata ospitò il circo!

Remus si stava vestendo, quando una leggera musica lo distrasse. Cercò di capire da dove partisse la musica. Guardò se nella camera fosse entrato qualcuno, ma non vide nessuno. Guardò sotto il letto, dentro l’armadio ma ancora niente. La musica intanto continuava. Era una musica lieve ma che incuteva un po’ di ansia, un certo timore. Era la musica di un flauto che penetrava nella testa e faceva vibrare il corpo.

Remus cominciò a spaventarsi sempre più e ancora mezzo vestito, scese di corsa al piano inferiore e andò dalla mamma. –Aiuto, mamma. Aiuto-.

 La donna lo accolse tra le braccia e vedendo il bambino spaventato chiese:-Cosa è successo, Remus-. –C’è un mostro in camera mia!-.

-Un mostro?- rispose lei –E che mostro sarebbe? Sei sicuro che vuoi andare al circo? Non è che ti spaventerai a vedere quelle creature?-.

-No, mamma. Non ho paura del circo. Ti dico che c’è un mostro in camera mia!-

-E che aspetto avrebbe questo mostro?-

-Non lo so! Non l’ho visto!-

-Come sarebbe a dire, come fai a dire che c’è un mostro se non lo hai visto!-

-L’ho sentito, mamma. Suonava. Vieni su. Dai mamma, vieni in camera, ho paura!-.

La donna poco convinta, si alzò e col figlio salì le scale per ritrovarsi nella cameretta di Remus. Tutto era in ordine, il letto era stato rifatto, sulla scrivania c’erano dei libri e qualche giocattolo, gli armadi erano chiusi. Per tranquillizzare il figlio, la signora diede un’occhiata anche sotto il letto, ma non trovò nulla. Remus teneva le orecchie ben aperte ma nessuna musica invase la stanza.

La mamma lo rassicurò e poi gli disse: -Finisci di vestirti, altrimenti non faremmo in tempo! E ricordati che i mostri non esistono. Esistono creature magiche, forse un po’ mostruose ma nessuna di queste si mette a suonare nelle camere dei bambini!-. Diede un bacio al figlio e uscì dalla stanza.

Remus riprese a vestirsi, quando d’un tratto la musica tornò. Lieve, angosciante. Il bambino prese a vestirsi sempre più velocemente. Non doveva aver paura i mostri non suonavano nelle camere dei bambini. Non doveva aver paura. Si girò verso l’armadio per prendere un giubbotto e lo vide.

Non era un mostro, era un signore vestito di viola, con i capelli lunghi e teneva in mano un flauto. Se ne stava in piedi accanto all’armadio e sorrideva. Poi con un sussurro chiese a Remus: -Vuoi vedere il futuro, piccolo Remus?-.

Il maghetto pensò alla passaporta, al circo, agli amici, alle caramelle che avrebbero comprato nelle bancarelle lungo il sentiero che portava alla Spianata e rispose:-Si, fammi vedere-.

Il flautista, per tutta risposta, cominciò a suonare. La stanza divenne un grande spartito, dove le note si rincorrevano nell’aria su un pentagramma che ondeggiava tra il letto e il soffitto. Comparvero i fantasmi di strane creature a sette zampe, di creature con due teste, di piccoli animaletti urlanti, animali con artigli, e creature che sembravano quasi umane ricoperte di peli lunghissimi. Poi tutto si fece buio e le note scemarono su una palla tra il giallo e il bianco su cui si riflettevano due piccoli puntini verdi.

Poi ci fu una luce fortissima che costrinse Remus a ripararsi gli occhi con le mani. Quando levò le mani, Remus, non vide più nessuno. Il flautista non c’era più e la stanza era tornata com’era sempre. Allora prese la sua roba e con i suoi genitori andarono verso la passaporta.

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Capitolo 2
*** Serata al circo magico ***


L’eccitazione si faceva sempre più forte, ad ogni passo che lo avvicinava alla passaporta, Remus, si sentiva sempre più elettrizzato. Finalmente avrebbe visto con i suoi occhi le creature dei libri di scuola. Pensava, con orgoglio, che quando dopo due mesi sarebbe entrato ad Hogwarts avrebbe potuto raccontare a tutti di essere stato al circo magico, dove aveva potuto vedere animali di cui sapeva già tutto. I suoi compagni lo avrebbero ascoltato con stupore e ammirazione.

Alle sei e un quarto raggiunsero una vecchia scatola di metallo, che prima doveva essere stata usata per contenere biscotti, e capì che quella era la loro passaporta. Strinse le mani dei genitori e con un salto attraversarono un tunnel d’aria colorata, dove tutto ruotava velocemente. Alla fine del passaggio, atterrarono in un boschetto. I tre seguirono il percorso tracciato. C’erano indicazioni ogni cento metri circa, cartelli che apparivano al loro passaggio per poi scomparire, pietre che si illuminavano per segnare il sentiero e alberi che, quando qualcuno sbagliava la strada, abbassavano i rami per bloccare il passaggio.

-Stai molto attento, Remus- lo istruiva il padre –La natura è nostra amica ma se la contraddici, anche solo una volta, può diventare molto crudele-.

Remus aveva letto diverse storie sulle foreste, sapeva che alcune erano molto pericolose e percorrerle poteva portare a perdere la ragione, altre erano abitate da creature cattive che mangiavano i bambini piccoli e lasciavano le loro ossa come monito ai maghi e alle streghe che, incautamente, attraversavano le loro case. Durante le notti di luna piena si poteva anche incontrare i lupi mannari e il loro morso condannava le vittime ad una vita dannata.

Finalmente giunsero alla Spianata rosa. Quanta gente! C’erano tanti bambini accompagnati dai genitori, le creature erano dentro a delle gabbie e non si poteva avvicinarsi troppo perché si correva il rischio di agitare le bestie. I guardiani stavano attenti che tutto fosse in regola.

Remus ebbe il suo gelato, le sue cioccorane, le sue caramelle tutti i gusti+1, era al settimo cielo. Quando davanti a se, incredibile, ecco 2 grandissimi draghi! Wow, tutto era perfetto. Era un continuo susseguirsi di:-Mamma, guarda qui-. –Papà, guarda là-.

Erano le nove. La serata era andata per il meglio. Il signor Lupin si rivolse alla moglie e disse:-Che ne dici se torniamo a casa, Remus sembra soddisfatto-.

-No, papà dai! Voglio andare di nuovo dai draghi-.

-Facciamo così- risposero i genitori –Noi ti aspettiamo qui. Tu vai ma solo cinque minuti poi ritorna-.

Remus incominciò a correre verso i draghi, che bella serata, continuava a ripetersi. I draghi erano grandissimi, le ali aperte raggiungevano quasi i dieci metri e sputavano fuoco come a dare spettacolo. Ecco di nuovo, che il piccolo Remus, sentì la musica di un flauto. Fu colto un po’ alla sprovvista da queste note, aveva immaginato che l’uomo vestito di viola si sarebbe presentato solo in camera sua. Invece lo sentiva anche lì e girandosi riuscì a vederlo.

Sedeva per terra con le gambe incrociate, e suonava ancora quel flauto. Le note erano spente, non tintinnavano nell’aria e non producevano nessun divertimento. Nessuno sembrava accorgersi del flautista. 

Remus lo guardava incuriosito, lo vide alzarsi e dirigersi verso il boschetto e decise di seguirlo. Quel signore lo affascinava parecchio. Però doveva anche tornare indietro, i suoi genitori lo stavano aspettando. –Solo cinque minuti- gli avevano detto.

Il bambino si fermò, fece per voltarsi quando il mago parlò: -Non hai visto ancora tutto quello che ti avevo mostrato. Vuoi proseguire o no?-.

Il flautista aveva ragione, c’era la palla gialla con i puntini verdi. Remus non l’aveva vista in nessuno dei libri che possedeva a casa sua. I genitori non gli avevano mai parlato di una creatura simile. Doveva essere un pesce, pensava il bambino. Era un’occasione unica! Andò avanti ancora un po’. La musica del mago vibrava nell’aria, gli alberi sembravano incantati, non si muovevano più. Le pietre smisero di brillare.

Si faceva sempre più tardi, e della creatura non c’era l’ombra. Si era stancato di aspettare e decise di tornare indietro. Si voltò e fu un attimo. Un essere che sembrava un cane ma molto più grande, alto come un uomo, peloso con i denti appuntiti e gli artigli al posto delle unghie si lanciò su di lui.

Gli artigli della bestia affondarono nella carne del bambino, che con gli occhi e la bocca spalancati non riusciva né a muoversi né a gridare. Il sangue cominciò a sgorgare dal fragile petto e la bestia addentò la spalla del maghetto.

I genitori di Remus erano preoccupati. Il loro figlio non li aveva mai disubbiditi, forse si era perso, pensarono. Il signor Lupin cominciò a cercare il bambino, chiese a tutti i passanti e per ultimo si rivolse ai guardiani. Alcuni dissero di aver visto un bimbo dirigersi verso il boschetto. Un vecchietto fermò il signor Lupin e gli disse: -Io ho visto il bambino e al suo passaggio ho sentito una musica angosciante. Gli antichi maghi dicevano sempre che non si deve ballare al ritmo del flauto che canta per la luna!-.

Un pugnale ghiacciato che gli sventrò l’anima. Questo sentì il signor Lupin, quando trovò il suo unico figlio sopra le foglie bagnate di sangue nel boschetto. Remus aveva gli occhi aperti, il volto bagnato dalle lacrime, volto verso la luna.

Una luna piena ora gialla, ora bianca, dove si riflettevano gli occhi verdi del piccolo mago.

 

 

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Capitolo 3
*** Patto di amicizia ***


Cap 3

Albus Silente aveva organizzato tutto. Il bambino avrebbe potuto frequentare la scuola. Non c’era alcun pericolo. Nessuno si sarebbe fatto male. Remus non era sicuro di voler andare a scuola. Lui non era un bambino normale, era una brutta creatura magica. L’avevo letto in un libro nuovo, il terzo capitolo era intitolato “Lupi mannari”. Lui era diventato questo.

Non avrebbe parlato con i suoi nuovi amici del circo magico. Aveva voglia di dimenticare. Non ne poteva più neanche di sentire parlare della luna. Non voleva vederla. Voleva notti senza luna e senza stelle. Voleva qualcosa per sconfiggere il suo male.

I medici al San Mungo avevano detto ai suoi genitori che non esisteva una cura per la sua malattia, anche se si stavano studiando delle nuove pozioni con le quali i malcapitati avrebbero sofferto di meno. I genitori gli erano stati vicino, eppure Remus sentiva che qualcosa si era rotto per sempre.

Il binario 9 e ¾ fu semplice da trovare e attraversare. Salutò i genitori e salì in treno. In uno scomparto c’erano tre ragazzi che chiacchieravano, a Remus diedero l’impressione di conoscersi già e così lui non ebbe il coraggio di entrare. Nello scomparto successivo c’erano una bambina e un bambino, due posti erano liberi. Si fece coraggio e disse: -E’ libero?-

-Si, certo. Entra pure- fece la bambina dai capelli rossi.

Remus si accomodò e si presentò: -Piacere, io mi chiamo Remus Lupin-.

-Io sono Lily Evans- fece la bambina con un sorriso.

-Io mi chiamo Severus Piton- si presentò il bambino.

-Anche voi siete del primo anno?- domandò Remus.

-Si, finalmente a scuola non vedo l’ora che ci smistino. I miei genitori sono babbani e nelle scuole babbane non esiste lo smistamento. Però so tutto perché me l’ha raccontato Sev. Tu, dove vorresti andare?- chiese Lily.

Remus si rese conto che i due si conoscevano già e rispose: -A mi piacerebbe andare tra i Grifondoro, ma scusate se sono entrato in questo scompartimento, non credevo vi conosceste e non vorrei essere di troppo-.

-Non sei di troppo, non preoccuparti- fece Severus –I tuoi genitori sono maghi?-

-Si, entrambi- risposte Remus – E i tuoi?-

-Solo mia madre, mio padre è un babbano. Io credo che andrò tra i Serpeverde. La maggior parte dei parenti di mia madre è serpeverde, anche se qualcuno è andato fra i Tassorosso -.

I tre continuarono a parlare. Si trovavano simpatici e decisero che in qualsiasi casa fossero stati smistati, sarebbero rimasti amici.

E così fu. Due grifondoro e un serpeverde divennero amici, inseparabili. Remus spesso stava male e questo non passava inosservato né a Sev né a Lily. Un giorno Sev aspettò Rem all’uscita dell’aula dopo la lezione di trasfigurazione. Voleva chiarimenti dall’amico.

-Ciao Rem, senti ti devo parlare-

-Va bene Sev. Dai andiamo fuori, tanto abbiamo un’ora buca-

-Lo so che forse non siamo così amici. Almeno per me sei un amico e spero di esserlo anch’io per te…-

-Certo che sei mio amico, Sev. Cosa ti fa pensare il contrario?-

-Ci sono cose che tu non mi dici. Che cosa hai? Stai male? Soffri di qualche malattia di cui non mi vuoi parlare? Rem lo sai che io resterò sempre tuo amico vero?-

Remus rimase in silenzio. Non sapeva cosa dire, voleva confessare all’amico il suo problema ma non sapeva da che parte cominciare. Inoltre non era proprio sicuro della reazione che avrebbe avuto Sev. Forse, non lo avrebbe più voluto avere vicino. Era comprensibile, del resto lui era un lupo mannaro! Cercava di riordinare i suoi pensieri, quando Severus gli venne incontro dicendo: -Ho notato che manchi sempre durante i periodi di luna piena-

Remus si sentì in trappola: -Cosa significa. Mi spiavi per caso. Allora sappi che anch’io ho notato che mi nascondi qualcosa. Perché i tuoi genitori non ti scrivono? Perché non parli mai di loro?-

Severus abbassò gli occhi a terra poi con rabbia rispose: -Non ti si può chiedere niente! Io pensavo che fossi mio amico e che potessimo parlare di tutto!-

-Si, siamo amici, però se parlerò io, dovrai parlare anche tu-.

I due bambini si guardarono negli occhi. Occhi neri che sembravano  aver conosciuto l’abisso. Occhi verdi che sembravano sbiaditi dalla sofferenza. I due si sedettero e si confidarono. La solitudine del primo, due genitori sempre pronti a litigare e un padre che svalutava suo figlio in ogni momento, davanti a tutti. La sofferenza del secondo, la sensazione di sentirsi un mostro, il timore di essere respinto.  

Due anime che si trovarono e che strinsero un patto di amicizia: -Qualsiasi strada avessero intrapreso nel futuro, ciascuno dei due avrebbe fatto il possibile per far star meglio l’altro-.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Immagini tra i rami ***


Il tempo trascorreva lento. Le ore di lezione sembravano non finissero mai. Remus, Severus e Lily erano dei bravi studenti. Grazie a loro, spesso le case di appartenenza guadagnavano preziosi punti. Remus amava la Trasfigurazione, Lily e Severus eccellevano in Pozioni.

Tutti e tre passavano molte ore in biblioteca. Nessuno di loro era un patito di Quidditch e così durante le partite preferivano andare al lago nero oppure ai margini della foresta proibita. Un pomeriggio, mentre si giocava Serpeverde contro Corvonero, i tre andarono sulla Torre di Astronomia.

Severus era pensieroso e guardava il cielo come a cercare il coraggio di parlare. Lily se ne accorse e chiese: -Allora, non mi dirai  che ci vuole in Grifondoro per trovare il coraggio di parlare tra amici-.

Il Serpeverde la guardò e disse: -Non si tratta di coraggio. Promettetemi che non mi giudicherete? Promettetemelo!-.

Remus e Lily fecero un cenno di assenso. E Severus cominciò a parlare: -Ho conosciuto un mago, che apprezza le mie doti di pozionista e vorrebbe che io lavorassi per lui-.

-E’ fantastico- esclamò Remus –Sev, sei molto giovane. Non mi vorrai dire che hai intenzione di lasciare la scuola?-.

-Non è questo il problema-

-E qual è?- domando Lily

-Quel mago pratica la magia nera e vuole insegnarla anche a me. Dice che potrei diventare un grande mago-.

Lily e Remus sembrarono impensieriti. –Non mettiamo in dubbio le tue qualità ma Sev la magia nera è pericolosa. Non bisogna praticarla, mai-.

-Quel mago ti trascinerà nei guai-.

-Voi non capite. Non è come pensate. Non esistono la magia nera e la magia bianca. Non esistono la magia buona e la magia cattiva. Esistono solo maghi buoni e maghi cattivi che usano la magia a loro piacimento-.

-Non è così- insistevano i Grifondoro –la magia nera non può portare a niente di buono-.

-Voi credete davvero, che Silente non conosca la magia nera? Certo che la conosce, ma è un mago buono e non la usa per fare del male. Se non conoscessimo la magia nera come faremmo a combatterla?- si difendeva Severus.

-Silente è uno dei più grandi maghi della storia della magia. Non puoi paragonarti a lui. E poi come si chiamerebbe questo mago-.

-Tom Riddle-

-Cosa? Quel Tom Riddle che parla sempre male dei babbani e che definisce le persone che non sono nate da maghi come “Sporchi Mezzosangue”?-.

-Si è lui. Lo so, è sbagliato quello che dice ma mi insegnerà…-

-Ti insegnerà a odiarmi!- disse Lily, scossa dalle parole dell’amico.

-No, questo non succederà mai. Remus, diglielo tu. La magia nera ci può essere utile…-.

-No, la magia nera mi ha trasformato in un mostro. Come puoi pensare che io sia d’accordo con la tua scelta-.

-Rem, non puoi dire questo. Io non ho che te-.

-Allora lascia Riddle, ritorna in te. Se e quando tornerai, io ci sarò-.

-Aspettate….Lily…Rem….-. Severus continuò a chiamarli ma i suoi amici non si voltarono. Severus aveva voglia di piangere, non credeva che se ne fossero andati così. Perché non avevano avuto fiducia in lui. Lui non si sarebbe mai lasciato trascinare in questioni poco pulite, ed era sicuro che prima o poi Riddle avrebbe rivisto la sua posizione nei confronti dei babbani.

Iniziò a camminare, non sapeva bene dove sarebbe andato. Aveva solo voglia di camminare, come se quell’azione lo potesse allontanare dall’abbandono degli amici. Era sconvolto, si sentiva agitato ed ebbe l’impressione che qualcuno lo seguisse. –Rem, Lily? Siete voi?- chiese con voce spaventata.

Nessuno rispose. In sottofondo cominciò a diffondersi una leggera musica. Severus non era tipo da farsi impressionare facilmente, però quella melodia cominciava a diventare straziante. –Chi è? C’è qualcuno?-. Dei rami si mossero e lì in piedi accanto ad un albero comparve un mago vestito di viola che suonava il flauto.

 –Vuoi conoscere il futuro, giovane Severus?- gli chiese il mago.

Severus pensò a Remus, a Lily, a Riddle, alla magia bianca e nera e si chiese se quel mago fosse un mago buono o cattivo. Pensò a cosa ne sarebbe stato di lui e con sicurezza, rispose di sì.

La musica si fece più intensa e i rami degli alberi si fecero fitti, le foglie si unirono e crearono un grande cartellone verde, dove passarono delle immagini: Riddle con uno sguardo minaccioso, delle maschere argentate e un tatuaggio nelle braccia dei maghi che lo seguivano, Severus che preparava pozioni, e poi Remus inginocchiato e piangente davanti alla luna piena. 

Finite le immagini, il sole si fece intenso e Severus fu costretto a chiudere gli occhi per poi riaprirli e constatare che il flautista non c’era più.

 

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Ringrazio tutti coloro che stanno leggendo la ff.

In particolare Mizar che ha lasciato una recensione e ha inserito la ff tra i preferiti.

La storia non prevede scene d'azione. Lo stesso flautista non è un personaggio che analizzerò nei suoi comportamenti e sentimenti. Non sarà determinante nella storia. Rappresenta il futuro in quanto tale. Cosa succederebbe se noi conoscessimo il nostro futuro? Potremmo non essere in grado di interpretarlo oppure potremmo credere che sia il frutto diretto delle nostre scelte. O forse potremmo decidere di cambiarlo. Tuttavia la figura del flautista non da spazio a quest'ultima opzione. Il futuro è quello che è, quello che ci viene mostrato. Il flautista perciò non è nè buono nè cattivo perchè tra ciò che mostra e ciò che si realizza non ci sono discrepanze. In realtà l'unico modo che abbiamo per creare il nostro futuro è vivere il quotidiano. Chi si fa dire da un altra persona quale sarà il suo futuro ha già deciso di non crearsene uno suo, perchè ha ceduto ha un'altra persona questo privilegio.

Stasera pubblicherò l'ultimo capitolo, che sto rifinendo. Spero di fare cosa gradita. Alida

 

 

 

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Capitolo 5
*** Pozione liberatoria ***


Remus e Lily si chiedevano spesso come stesse Severus. Lo incontravano a lezione, in biblioteca, nei corridoi ma non avevano il coraggio di rivolgergli la parola. Si sentivano in colpa per averlo lasciato solo in un momento in cui, forse, avrebbe avuto bisogno di qualcuno che gli stesse vicino e lo aiutasse a capire che Riddle voleva solo usarlo.

Da canto suo Severus non sembrava cambiare idea. Ogni giorno si tuffava nello studio di nuove pozioni, di nuovi incantesimi, sempre più potenti, sempre più pericolosi. Riddle, che ormai si faceva chiamare il signore oscuro, non si accontentava dei soliti incantesimi, ne voleva sempre più e sempre più precisi e che facessero sempre più male. Severus continuava il suo lavoro. Alle volte si sentiva in colpa ma andava avanti perché far parte di un gruppo ampio, gli dava un senso di sicurezza. Quella sensazione l’aveva sentita solo nei primi anni di Hogwarts, quando lui e Remus erano ancora amici.

Il serpeverde sapeva che più in là si sarebbe spinto, più conoscenza avrebbe acquisito e più risultati avrebbe ottenuto. Anche se per il momento il vantaggio era esclusivamente per l’oscuro signore. Le riunioni dei mangiamorte erano terribili ma la sua causa era nobile.

Essere marchiati era stato doloroso e la maschera che doveva indossare era molto fastidiosa. Sia per l’anima sia per il corpo. Con le maschere nessuno aveva più un’identità, erano senza volto, senza espressione, tutti uguali, senza nessuna differenza. Il corpo, in questo caso il braccio, era legato al signore oscuro. Attraverso il marchio erano richiamati all’ordine, alla sudditanza.

La scuola terminò. Lo studio delle pozioni e della magia nera proseguiva. Anche senza scuola, Severus continuava a cercare nuovi libri, sempre più antichi, per scovare un altro ingrediente, un dosaggio più specifico, un’antica leggenda.

A forza di cercare, una sera finalmente, trovò quello che da anni cercava. Comprò gli ingredienti, li mischiò pazientemente e pronunciò l’incantesimo. Una nuvola azzurra si sollevò dal calderone, la pozione era riuscita. La versò dentro un’ampolla e se la mise in tasca.

Quando arrivò a casa dei Lupin, chiese di Remus. Stranamente il licantropo si trovava a casa ma non invitò l’amico ad entrare. Uscì e vedendo Severus chiese:

-Sei tornato. Suppongo che abbia deciso di cambiare e tornare ad essere quello che eri?-

-No, mi dispiace Rem. Ho già fatto la mia scelta anni fa-.

Remus non riusciva a comprendere: -Allora che cosa ci fai qua-.

-Credo che la guerra stia per iniziare e sono venuto a salutare un amico che ho sempre tenuto nel cuore. Un amico cui feci una promessa e che non ho mai tradito. La guerra ci vedrà su posizioni opposte ma sappi che spero di poterti ritrovare, anche solo per un attimo, quando la pace ritornerà-.

Remus con gli occhi un po’ lucidi chiese: -Ne è valsa la pena?-.

E Severus porgendogli l’ampolla rispose: -Sì, ne è valsa la pena-.

Il serpeverde chinò la testa e voltandosi si allontanò lentamente. La notte era buia e le stelle brillavano in cielo, sempre più luminose. Severus avvolto nel suo mantello nero, camminava per Notturn Alley quando in un angolo vide una figura muoversi nell’oscurità. Strinse gli occhi e vide il musicista di anni prima che suonava un flauto da cui non uscivano note ma solo vibrazioni mute.

Il flautista chiese: -Non hai visto ancora tutto ciò che ti avevo mostrato. Vuoi vedere?-

Severus rispose di sì. Davanti a lui si formò una bolla d’aria in cui dentro corsero delle immagini:  Remus che usciva di casa e si dirigeva verso il bosco, in un posto isolato, dove non c’era nessuno cui poter fare del male, nessuno da ferire.

 La luna non era ancora comparsa in tutta la sua pienezza e Remus era abbastanza tranquillo. Si sedette sopra un masso ed aspettò che il momento della trasformazione giungesse. Prese l’ampolla che Severus gli aveva portato e lesse: Pozione della felicità. Gli scappò un sorriso. Severus gli aveva dato un’ampolla di Felix Felicis, l’ultimo regalo del suo ex-amico era un po’ di felicità. Aprì l’ampolla e mandò giù il contenuto.

Quella notte sarebbe stato un lupo felice. Alzò lo sguardo al cielo e si tenne pronto, la luna uscì da dietro una nuvola in tutta la sua pienezza ma Remus Lupin non tremò, non gli si strapparono i vestiti, non gli si allungarono le pupille.

 Rimase Remus Lupin, semplicemente l’uomo, il mago, che la luna gli aveva impedito di essere. E guardando l’ampolla vuota si rese conto che, davvero, Sev aveva mantenuto la sua promessa e pensando a come lui, invece, l’aveva infranta, si lasciò cadere sull’erba e pianse lacrime amare.

Quando la bolla d’aria scoppiò, Severus si ritrovò solo, ancora una volta il flautista era scomparso. Agli occhi del servo di Voldemort, le lacrime di Rem sarebbero servite a ripulire tutti i suoi errori. E mentre andava all’ennesima riunione maledetta, pensava sinceramente che davvero ne fosse  valsa la pena.

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Allora cosa ne dite? Vi è piaciuta? 

E' una storia un po' insolita. Rileggendola mi sembra completa. Ho lasciato il flautista in ombra, l'ho voluto presentare sfuggevole come la sua musica. 

Questa idea del flautista mi è venuta sabato sera, quando sono andata alla presentazione di un libro sulle "creature magiche in Sardegna". Alle letture del testo si alternava la musica di un flautista e devo dire che le sue melodie erano proprio irreali, poi, a me, il flauto traverso è sempre piaciuto! Mi sembra uno strumento da sogno!! 

Ringrazio coloro che hanno letto e che leggeranno. Coloro che hanno lasciato un commentino (fri rapace, Mizar). Coloro che hanno inserito la ff tra i preferiti (Mizar, kagome994) e tutte le persone che commenteranno.

p.s. Colgo l'occasione per informarvi che la mia ff Canzoni e personaggi, è stata cancellata dal sito perchè non conforme al regolamento. In pratica i testi delle canzoni (non mie) non possono superare il 30%  del testo complessivo. Sono sconsolata, non mi rendevo conto di violare qualche regola, vi chiedo scusa e vi mando un grosso bacio.

 

 

 

 

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