Love Potion

di Lerenshaw
(/viewuser.php?uid=681105)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Forgetful Cointreau ***
Capitolo 2: *** The usual one - Gin & Tonic prelude ***
Capitolo 3: *** A shoulder to count on ***
Capitolo 4: *** Admonishment ***



Capitolo 1
*** Forgetful Cointreau ***


Era stata una lunga nottata. Erano molti i clienti giunti al bar quella notte: la tipica confusione di un venerdì sera, giorno in cui la settimana era terminata e iniziava il week-end…o almeno così era per molti. Gestirli tutti era stata un’impresa, soprattutto perché lui era l’unico barista, e proprietario, di quel locale. Beh, aveva spesso ricevuto il suggerimento di assumere degli aiutanti a dire il vero, ma… ah, al diavolo! «Chi fa da sé fa per tre» era il ritornello che ripeteva sempre a quella domanda. Nonostante la fatica, però, riusciva comunque a cavarsela da solo e a gestire tutti i clienti, dal primo all’ultimo.
Quella notte non era affatto diversa dalle precedenti. L’orario di chiusura era già passato da un pezzo. Sentiva la stanchezza addosso, tuttavia, aveva ancora faccende da sbrigare prima di poter chiudere: doveva sistemare le bottiglie, lavare i bicchieri, spazzare il pavimento, riordinare il bar per la serata successiva. C’era molto da fare, sì, ma al momento non poteva fare granché.
Il bancone appena tirato a lucido, un bicchiere di whiskey e un uomo. Rinchiuso nel suo silenzio, egli cingeva il bicchiere con presa salda, la testa leggermente china, come se egli stesse scrutando la bevanda color ambra. Il barista lo fissava con un certo sospetto, mentre puliva una delle bottiglie che aveva usato quella sera, strofinandola più e più volte fino a farla luccicare. Perché era ancora lì? Quell’uomo… nonostante il bar avesse chiuso già da mezz’ora, egli era ancora lì, seduto, muto, e non aveva ancora dato un sorso al suo drink. Cercava di farsi beffa di lui? Tsk, i clienti! Nonostante fosse suo compito capirli, e a volte ascoltarli e consolarli, così come si ascoltano i migliori amici, non riusciva proprio a comprenderli. Quel tipo era proprio strambo! Era entrato con aria afflitta e con un sorrisetto forzato aveva ordinato del whiskey; poi, si era seduto allo sgabello, aveva preso il proprio telefono, lo aveva controllato e, con un sospiro, lo aveva ricacciato in tasca, lanciando un’occhiata al barman e attendendo la sua bevanda con pazienza. Era passata un’ora, ormai, e non aveva ancora aperto bocca. Letteralmente! Cosa avrebbe fatto un altro barista al posto suo? Forse, avrebbe dovuto dirgli qualcosa, ma… non sapeva farci con i clienti. Sapeva che se avesse detto qualcosa, l’altro si sarebbe sicuramente innervosito, finendo magari per lasciare il bar senza pagare il conto, o peggio, attaccando briga con lui. Dopo averci rimuginato un po’ su, ripose con calma la bottiglia che aveva appena lucidato, posò lo strofinaccio sul bancone e si avvicinò lentamente all’uomo.
-Deduco che ormai sia caldo. Vuole che le metta dell’altro ghiaccio?-
L’uomo finalmente si destò dalla trance in cui sembrava esser caduto. Sollevò lo sguardo spaesato e guardò il barista.
-Ah… la ringrazio, ma non c’è n’è bisogno. Mi scusi.- rispose, la voce mostrava una certa tristezza.
L’altro lo osservò per qualche minuto in silenzio.
-Freddo ha un sapore migliore. In più, è dissetante. Ma non la forzerò a gustarlo in questo modo, se non ne ha voglia.-
-Non si preoccupi. Non c’è n’è davvero bisogno!- si affrettò a rispondere quello.
Non era riuscito a guardarlo bene in faccia precedentemente, dandogli un’occhiata veloce mentre serviva un cliente e l’altro, tuttavia, ora aveva l’opportunità di rimediare e prestare più attenzione al suo insolito cliente. Guardandolo più da vicino, con calma e con curiosità, poteva notare molte cose di lui: il suo abbigliamento era piuttosto casual, molto giovanile e molto alla moda. Indossava abiti di marche note, ma non troppo costose, e molto in voga tra i ragazzi liceali. Inoltre, aveva un viso piuttosto giovane, il quale gli dava qualche anno in meno. Era un viso innocente, con lunghi ciuffi castani che lo incorniciavano ai lati, sotto ai quali si nascondevano dei grandi occhi del medesimo colore e uno sguardo addolorato.  Il barista non avrebbe mai creduto di trovarsi davanti un ragazzo maggiorenne, bensì un ragazzino. Tuttavia, la sua bellezza fisica non era ciò che lo interessava maggiormente. Ciò che più gli premeva sapere era cosa lo aveva ridotto in quello stato, il perché non avesse ancora bevuto, il perché fosse rimasto zitto per più di un’ora seduto a quello sgabello. La vista gli stringeva il cuore.
Il barista aprì leggermente la bocca. Voleva dire qualcosa, provare a farlo parlare, ma… non voleva sembrare invadente, né immischiarsi nella vita dell’altro. Insomma, li ascoltava pure i clienti, lui, ma solo se erano i primi a prendersi la confidenza necessaria per iniziare a raccontare vita, morte e miracoli di sé stessi. Non chiedeva niente e non gli interessava sapere niente, non perché non avesse a cuore i suoi clienti, ma semplicemente perché a volte erano solo volti ed ordinazioni che non avrebbe mai più rivisto o con cui non avrebbe più avuto contatti. Tra l’altro, il suo carattere non lo rendeva granché socievole, perciò si teneva a distanza da loro quanto più possibile. Ma quel tipo… beh, era diverso. Se fino a poco prima non vedeva l’ora che se ne andasse, adesso sentiva la necessità di stargli vicino e ascoltare la sua storia.
-Ehi…- fece, portando una mano sul fianco e una dietro la testa -l’alcool non è una buona soluzione ai tuoi problemi. Certo, potrebbe arrivare a parlarti ad un certo punto, ma… se hai bisogno di sfogarti con qualcuno, sarebbe meglio una persona reale non trovi?-
Il pensiero probabilmente non era stato espresso al meglio, ma sperava che il ‘sentimento’ fosse giunto a destinazione. Voleva dargli una mano, perciò se gli andava bene poteva trovare in lui una figura amica.
-Mi scusi. Non volevo causarle problemi… io… non mi sento particolarmente in vena stasera…- rispose l’uomo con voce flebile, stringendo di più il bicchiere fra le mani. -Credo che finirò di bere questo drink e me ne andrò.-
-Non volevo darti fretta.- lo rimbeccò l’altro, mentre l’uomo si accingeva finalmente a bere quel whiskey. -Hai un’aria afflitta e si vede che vorresti parlarne con qualcuno.-
Il moro non si scompose e bevve tutto d’un sorso l’ormai tiepido whiskey, posando subito dopo il bicchiere sul bancone.
-Si è fatto davvero tardi, mi scusi. Sarà meglio che lasci il locale. Mi dica il conto, per favore.-
Ignorò volutamente le parole del barman, dicendogli quella frase con un’espressione piuttosto desolata. Beh, se non aveva voglia di parlare, era pure libero di farlo. Tuttavia, il barista si sentiva un po’ seccato. Avrebbe voluto davvero aiutarlo in qualche modo, soprattutto per il modo in cui il ragazzo si era comportato, ma non ce n’era possibilità. Era contrastato dal lasciar perdere oppure fermarlo, tuttavia, optò per la prima.
-700 yen.-
L’altro prese il portafogli dalla tasca interna della giacca e posò delle banconote sul bancone, congedandosi e lasciando il suo posto, affrettandosi subito dopo verso l’uscita.
Era andato ormai. Beh, non poteva far niente. Finalmente poteva finire di sistemare tutto e tornare a casa. Era stanco e per il momento non voleva più sentir parlare di clienti e gente afflitta. Voleva semplicemente stendersi sul letto e fare una bella dormita. Quella giornata lo aveva distrutto; inoltre, era la prima delle tre notti del week-end e ciò significava che avrebbe passato altre due serate così.
-----------------------------
Era passato ormai un mesetto da quel venerdì sera e per il momento quel cliente non era più tornato al locale. Continuava a pensarci e scervellarsi su cosa lo avesse turbato così tanto, ma non trovava risposta. Ne aveva sicuramente visti di clienti strani, ma tutti avevano un comportamento “normalmente" insolito. In cuor suo sperava che tornasse e che magari si decidesse a parlare… ah, ma perché dannarsi tanto per un cliente? Sicuramente era rimasto deluso per via del proprio lavoro, o di un sentimento non corrisposto, o…sì, beh, quel genere di cose. Non doveva preoccuparsi, dato che non lo avrebbe rivisto mai più. Era semplicemente uno dei quei clienti che metteva piede in un bar solo una volta, lo testava e poi non ci tornava più. Esatto, proprio così. Cercò di lasciare da parte i propri pensieri mentre continuava a servire i clienti, cercando di dare il meglio di sé anche quella notte.
Velocemente, erano già arrivate le tre e quando i suoi occhi notarono la posizione delle lancette sul quadrante dell’orologio da polso, tirò un sospiro di sollievo. Il locale si  era leggermente svuotato. Entro un’ora avrebbe cercato di chiudere e subito dopo sarebbe tornato a casa a riposarsi. Ne  sentiva proprio il bisogno. Finì di mescolare alcuni liquori e nel mentre vide qualcuno sedersi al bancone.
-Un Cointreau e un midori, per favore.- disse una voce.
Un uomo castano, alto, con abiti molto giovanili, e un ragazzino vestito allo stesso modo dai capelli di un azzurro chiaro presero posto agli sgabelli del bancone. Ebbe giusto il tempo di porgere il cocktail che aveva appena preparato ad un cliente e di dare il benvenuto ai nuovi arrivati, quando si accorse di ciò: l’uomo che adesso sedeva di fronte a lui era lo stesso che gli aveva dato molto a pensare ultimamente. Si trattava proprio di lui, senza ombra di dubbio. Tuttavia, contrariamente all’ultima volta, egli aveva un’espressione piuttosto allegra e parlava tranquillamente con il suo amico. Sembrava proprio un'altra persona! Come aveva immaginato, quella volta aveva semplicemente preso una bella batosta, che si trattasse del lavoro o della sua ragazza, e quindi preoccuparsi era stato stupido da parte sua. Oh, giusto! Non voleva mettere in dubbio l’altro cliente, ma doveva accertarsi che il piccoletto fosse davvero maggiorenne.
-Per favore, signore, mi mostri la sua carta d’identità.- fece il barista.
Il ragazzino lo fissò coi suoi occhi azzurri, ora ridotti a due fessure, mettendo subito la mano in una tasca della giacca ed estraendo subito qualcosa. L’altro sgranò subito gli occhi incredulo. Una banconota da diecimila yen? Ma cos…? Dove si era procurato tutti quei soldi un ragazzino come lui? E soprattutto, voleva forse corromperlo? Si riprese e ricambiò l’occhiata minacciosa del ragazzino con una altrettanto provocatoria. Quello, però, non si scompose minimamente e reclamò ancora una volta il suo alcolico, con voce sottile.
-Un midori, per favore. Il più forte che ha.-
Che faccia tosta! Osava ancora chiedergli quel drink? E ora, allungava sul banco la mano, sotto la quale vi era la banconota arrotolata. Guardò il suo amico, il moro, il quale fece un sorrisino imbarazzato, quasi volesse supplicare il barista di chiudere un occhio a riguardo.
-Solo per questa volta, su~.-
Osservò per benino i due e la banconota con indecisione. Non aveva altra scelta a quanto pare: se non voleva scatenare un putiferio, o attirare la curiosità degli altri clienti, doveva far finta di nulla e accontentarli. In più, l’occasione si rivelava perfetta per poter sia guadagnare due nuovi clienti, sia per apprendere qualche notizia sul moro. Non poteva farsi scappare un momento come quello, visto che aveva agognato tanto per farlo realizzare. Già, chissà cosa avrebbe sentito!
-Provvederò subito.- rispose, prendendo la banconota e cacciandosela subito in tasca, lontana da occhi indiscreti; poi si voltò di scatto e allungò una mano per prendere una per volta le bottiglie necessarie. Infine, si mise all’opera.
Una volta che il pericolo sembrò esser passato, i due si rasserenarono e ripresero a parlare.
-Beh, Ai-chan, dimmi un po’ del tuo nuovo singolo. Sono così curioso!-
-Ti entusiasmi troppo facilmente. Non è nulla di che.-
-Su, non essere così modesto! Voglio dire, hai fatto un grande successo nel giro di due settimane! Il tuo debutto è stato più veloce di qualunque altro! Scommetto che il tuo prossimo concerto farà ‘tutto esaurito’. Già sento le fan in delirio prima del tuo arrivo sul palco! Ahhh, che invidia!-
-…. Non capisco perché la cosa ti faccia esaltare così tanto. Insomma, non è nulla di speciale essere un cantante. Canti dalla mattina alla sera, scrivi canzoni da quattro soldi, fai sceneggiate su un palco lungo mezzo chilometro, sorridi a fan scalmanate. Andiamo, Reiji. Vuoi anche tu una vita così… noiosa?-
-….. sai, tu ce l’hai fatta. Ti invidio per questo. Comprendo benissimo come ti senti, alla luce di ciò che mi hai detto, ma… era ciò che io sognavo da tempo. Volevo esserci io su quel palco. Avrei voluto poter sorridere alle fan, cantare canzoni mentre ballo danze strane, cantare dalla mattina alla sera in giro per il mondo. Era la vita che desideravo per me.-
-Non ti serve. Una vita normale può darti lo stesso piacere. Inoltre, risparmi molte energie.-
-Ecco i vostri cocktail, signori.- si  intromise il barista, finalmente porgendo loro i bicchieri con gentilezza.
Nessuno dei due rispose con un grazie. Sembrava che l’atmosfera allegra fosse improvvisamente svanita per lasciar posto ad un’aria funebre. Il moro aveva uno sguardo demoralizzato, leggermente simile a quello di allora, gli occhi un pochino lucidi, come se il discorso avesse potuto ferirlo ulteriormente e farlo piangere, se avessero continuato. Invece, il ragazzino aveva uno sguardo molto serio. Aveva avvicinato a sé il bicchiere e aveva preso a scrutarlo. Non guardò il suo amico, né aggiunse parole di scuse o di consolazione - almeno, non finché ci fosse stato il barista-, ma rimase a fissare il suo bicchiere dalla forma triangolare, in cui il liquido verde sembrava un po’ risplendere, una ‘allucinazione’ dovuta molto probabilmente alla luce del locale. Dopo un poco aveva preso a giocherellare con la fetta di limone posta sull’orlo del bicchiere. Al contrario, il moro… beh, lui era rimasto a fissare il giovane e non aveva affatto toccato il suo bicchiere. Probabilmente si aspettava che l’altro continuasse il discorso o che si scusasse per esser stato duro.
-Scusa, un Margarita!- gridò qualcuno dall’altro capo del bancone.
“Accidenti!” pensò. I soliti ubriaconi. Purtroppo per lui, non era il momento di stare ad origliare ciò che i clienti dicevano -e se lo avessero saputo, chissà cosa avrebbero fatto!-, perciò rimbeccò il cliente con una classica scusa e prese subito subito un bicchiere da una dispensa ai suoi piedi, poi si voltò nuovamente verso lo scaffale dietro di sé, prese le bottiglie, e iniziò a preparare la bevanda successiva.
-Ti auguro tanta fortuna con la tua carriera.- riprese il moro, qualche istante dopo aver visto il barman girarsi.
-Ti ringrazio. Fortunato o meno, mi piacerebbe davvero poter realizzare il tuo sogno, o farti vivere la mia esperienza, così capiresti cosa intendo con ‘vita noiosa e stressante’. Se avessi potuto scegliere, avrei voluto continuare gli studi in pace e tranquillità.-
-Fino a prova contraria, nessuno te lo impedisce.-
-… a parte le fan e gli impegni di lavoro, vuoi dire.-
-….-
-E comunque, Re….-
-Insomma, ma quanto ci vuole per questo dannato Margarita!?- tuonò la stessa voce di prima, mentre un botto sul bancone si udì, simile ad un piccolo scoppio.
-Arriva, arriva! Dannato ubriacone! Ti ricordo che devi ancora saldare il conto di ieri!- sbraitò a sua volta il barman, prendendo una piccola ciotola in cui aveva versato del sale e portandola con sé assieme ad una fetta di lime. -Spero che ti sia dimenticato come berlo e che il sapore ti disgusti così tanto da farti lasciare all’istante questo posto!-
Guardò l’uomo con disapprovazione mentre posava il bicchiere, la fetta di lime e la piccola ciotola di vetro con il sale. Il cliente, un uomo sulla mezza età, sbottò qualcosa. Era un cliente di fiducia, abituale nel week-end, e aveva un conto aperto da mesi in quel posto. Si trattava di un povero impiegato che sfogava la sua frustrazione in una serie di bicchierini, i più forti che c’erano, perdendo poco a poco lucidità. Solitamente, già dopo il secondo giro iniziava a mostrarsi sbronzo e a ‘sfidare’ qualsiasi cliente gli fosse vicino ad una gara di bevute, scommettendo persino i suoi soldi! Inutile dire che non finiva mai bene per lui… Il barista portò una mano sul fiancò e sospirò, scuotendo la testa, e dopo un po’ raggiunse un altro cliente al lato opposto del bancone.
Non aveva potuto ascoltare più niente riguardo ai due clienti ‘speciali’. Era piuttosto interessato al loro  discorso, ma il dovere lo chiamava. Quel poco che aveva sentito, però, era stato più che sufficiente a placare la sua curiosità (parzialmente!). E così, i due erano dei cantanti, eh? Questo spiegava perché il ragazzino non si fosse fatto problemi ad ordinare la bevanda e a dargli tanto generosamente una banconota di grosso taglio. Ovviamente, la fama dava certi privilegi e, onde evitare guai, lui stesso aveva preferito assecondare il piccoletto. Comunque, famoso o meno che fosse, a lui non importava. Non gli importava nemmeno della pubblicità che ne avrebbe ricavato, se quel ragazzino fosse tornato con altra gente famosa, o se ne avesse parlato ai suoi  colleghi. Per il momento era semplicemente curioso di conoscere meglio il moro. Sembrava strano poter provare una certa simpatia per un cliente, eppure quel tipo era stato uno dei pochi ad aver destato maggiormente interesse. Probabilmente era semplicemente dovuto al suo comportamento insolito: non era riuscito a scacciarlo dal bar tempo addietro, se non a orario di chiusura inoltrato. Chissà se anche quel giorno sarebbe accaduto di nuovo?
Continuava a preparare altre bevande a diversi clienti, o portava loro il conto. Pian piano molti stavano lasciando il locale, che ora sembrava un posticino piuttosto tranquillo. Anche l’uomo sembrava voler smettere, nonostante le sue parole affermassero l’esatto opposto. Il barment ebbe giusto il tempo di chiamare un taxi per farlo prelevare, quando i due lo chiamarono.
-Un altro giro di Cointreau, per favore.-
-Subito.- rispose il barista, prendendo una bottiglia e versando il liquido nel bicchiere.
Questa volta, però, il moro lo ringraziò e gli sorrise. L’altro strabuzzò gli occhi per lo stupore.
-Dunque, Ai-chan, come ti dicevo prima ieri mi è capitata una cosa divertentissima in ufficio!-
La voce un tantino stridula e lagnosa del ragazzo lo fece riprendere. Aveva delle faccende da barman da sbrigare, perciò dovette desistere anche in quel momento dall’ascoltarli, allontanandosi subito.
 
Dopo nemmeno mezz’ora anche il moro gli aveva chiesto il conto. Beh, in tempo per la chiusura, senz’altro. Aveva atteso con ansia il suo arrivo, tuttavia il lavoro lo aveva tenuto impegnato e aveva appreso così poco. Se non altro, ne aveva almeno avuto la possibilità! Anche se si trattava di poco era pur sempre un inizio, un indizio utile per scoprire di più sui due. Si sentiva uno stalker a fare certi pensieri, però… si trattava semplicemente di curiosità, no? Non poteva di certo far male, si disse. Cacciò i suoi pensieri dalla testa e continuò il suo lavoro, facendo il conto e mostrandolo ai ragazzi.
Il ragazzino uscì il suo portafogli e prese un’altra banconota di grosso taglio dallo stesso, posandola sul bancone.
-A.. Ai-chan, non puoi pagare tu per me! Che figura mi fai fare?!- esclamò il moro con tono lagnoso, mettendo una mano sulla sua per fermarlo.
-Ecco. Se vuole, può tenere anche il resto.- rispose il ragazzino, impassibile.
-No, no, un momento! Pago io. Lasci stare.- replicò l’altro, mettendo una mano nella tasca del pantalone per prendere il portafogli.
Mentre quello cercava di rassicurare il barista con un certo sorriso, assicurandogli che avrebbe pagato lui, l’altro si era alzato dallo sgabello, senza aspettare di ricevere il resto o di aver trovato un chiarimento col suo amico, e si diresse verso l’uscita.
-Noooo, aspetta! Ai-chan, Ai-chan!-
La scena fu piuttosto comica. Il moro si alzò di scatto e corse dietro al suo amico, lasciandosi cadere il portafogli, mentre il barista osservava il tutto allibito, allungando lentamente una mano per richiamare l’attenzione dell’altro. Ma fu inutile. Ormai, quei due se n’erano andati. Già. Era rimasto con un’altra banconota di grosso taglio in mano, ancora insicuro di cosa avrebbe dovuto farne. Beh, poteva sempre tenere in conto il resto e tenerlo di riserva per la loro prossima visita, così sarebbe stato un po’ come un regalo della casa, o considerarla una mancia. Ad ogni modo, il barista notò il portafogli e corse a raccoglierlo, prima che qualche cliente potesse allungare le mani. Era un bel portafogli di pelle, marrone scuro, bello pieno a giudicare dal peso. Lo aprì per cercare la carta di identità del proprietario e quando la trovò ne lesse le informazioni.
-Kotobuki Reiji…- disse con voce bassa, simile a un bisbiglio. -Reiji, uh?-
Alzò lo sguardo in direzione della porta mentre pronunciava quel nome. Sentiva che l’altro sarebbe tornato molto presto per riprendersi l’oggetto smarrito, ma chissà se quel giorno sarebbe stato quello stesso o il successivo. Oppure, avrebbe potuto cercarlo all’indirizzo segnato sulla carta di identità. Annuì con uno sorriso sghembo dipinto sul suo volto. Dopodiché, controllò il suo orologio da polso. Erano quasi le quattro, così richiamò tutti i clienti per invitarli a lasciare il locale.
Dopo che tutti ebbero pagato il conto e se ne erano andati, finalmente poté sistemare tutto e chiudere definitivamente, pensando al morbido letto che lo attendeva a casa. Stava lavando i bicchieri, quando ad un tratto sentì qualcuno prima bussare alla porta, poi suonare il campanello. Chi mai poteva essere a quell’ora? Il bar era chiuso. C’era persino il cartello a indicarlo!  Lasciò il suo lavoro e si diresse alla porta, pensando che effettivamente qualcuno che avrebbe potuto cercarlo c’era.

-----------
"l'angolo del fanwriter"
Salve a tutti! Mi chiamo Lerenshaw e questa è la mia seconda fic. Spero viviamente sia di vostro gradimento e che il primo capitolo vi sia piaciuto! Confesso, l'idea è nata da un drama cd di Utapri in cui veniva proposto un AU in cui ogni personaggio svolgeva un lavoro diverso da quello di cantante. Nel caso di Ranmaru si parlava del barista e... da tempo desideravo vederlo dietro un bancone! *ride* Tra l'altro, sto leggendo un manga che si chiama Bartender e la cosa prende in parte ispirazione anche da lì. Trovo piuttosto divertente dover ambientare la mia storia in un bar e dover prendere confidenza con termini che conosco poco, ma è per me una buona occasione per imparare qualcosa. Perciò, se c'è qualche errore di "documentazione", siate liberi di farmelo notare e siate clementi (anzi, sarei felicissima se poteste segnalare falsità, qualora ne incontraste). Hmm, cos'altro posso dire? Vi ringrazio ancora per la lettura e spero ancora che la storia possa piacervi! Grazie in anticipo a chi commenterà e... un favore! Se aggiungessimo Ranmaru e Reiji -e anche Ai- alla lista dei personaggi, per favore lasciate un voto! Io per prima ne sarei grata! E con questo, grazie ancora! Ci vediamo al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** The usual one - Gin & Tonic prelude ***


Suonarono ancora una volta, prima che il barista  potesse raggiungere la porta. Poteva davvero trattarsi di un cliente? L’insistenza con cui suonavano adesso il campanello lo stava innervosendo. Erano appena le quattro del mattino ed era molto stanco. Se si fosse trattato di uno scherzo…! Non appena appoggiò la mano sul pomello si sentì un po’ teso. Esitò un attimo prima di girarlo e aprire così la porta. E se fosse stato qualche malvivente in cerca di soldi? Magari voleva rapinarlo o… nah, non era il caso di pensare al peggio. Scosse la testa per scacciare via quei cupi pensieri e con decisione, finalmente, girò il pomello, spalancando la porta.
I suoi occhi strabuzzarono per la sorpresa. Davanti a sé c’era proprio lui, Reiji Kotobuki, il possessore del portafogli. Respirava affannosamente, i capelli erano leggermente scompigliati, gocce di sudore gli grondavano dalla fronte e aveva uno sguardo molto preoccupato; ne doveva dedurre che avesse cercato l’oggetto in questione dappertutto. Senza batter ciglio, il barman lo fece entrare e accomodare ad uno degli sgabelli presso il bancone.
-Grazie mille…- rispose l’altro, mentre tentava di riprendere fiato.
L’altro corse subito a prendere un bicchiere e offrirgli un po’ d’acqua, poi si sedette accanto a lui per rassicurarlo e farlo calmare. Era in un pessimo stato e finché non si fosse accertato che stava bene, non si sarebbe mosso minimamente da lì. Reiji bevve in un sorso il bicchiere d’acqua che l‘altro gli aveva gentilmente offerto, poi lo poggiò sul bancone. Respirava ancora affannosamente e faceva lunghi e profondi respiri per aiutarsi a recuperare il fiato. La sua ricercava doveva esser stata estenuante e chissà per quanto tempo aveva corso! Ad un tratto, il moro prese a fissare gli occhi eterocromatici dell’altro.
-Scusi… ma ho bisogno di chiederle… un favore.-
-Ehi, non sforzarti. Sta’ tranquillo. Ce l’ho io.-
Il moro lo guardò confuso, alzando un sopracciglio.
-Non  ti preoccupare. Ho io il tuo portafogli. Sei tornato per quello, no? Aspetta qui e riprenditi, mentre vado a prendertelo.-
A quelle parole e un sorriso appena abbozzato del barista, Reiji si sentì più sollevato. Fece un sospiro di sollievo quando apprese la  notizia, contento che i suoi soldi e i suoi documenti erano al sicuro e non in chissà quali mani. Quel barista… per fortuna era stato lui a trovare l’oggetto smarrito! Lo osservò mentre la sua figura spariva dentro una stanza dietro il bancone e aspettò il ritorno della figura amica con un sorriso stampato sulle labbra. Tutto è bene quel che finisce bene, no? Passò giusto un minuto e finalmente lo vide uscire sventolando il portafogli con la mano destra.
-Eccolo qui. Ti è caduto quando il tuo amico se n’è andato e gli sei corso dietro.-
-La ringrazio davvero tanto, signore. E’ stata una lunga giornata per me! Grazie a Dio non mi tocca chiuderla in bellezza. Già…- rispose il moro, fissando il suo triste sguardo su alcune bottiglie dietro al bancone.
Nessuno dei due disse nulla per qualche minuto. Reiji continuava a fissare le bottiglie, come se si fosse incantato, assorto in chissà quali pensieri e ricordi, chissà quali preoccupazioni. Di contro, il barista non sapeva cosa dire o fare per aiutarlo. Si sentiva leggermente a disagio e per esasperazione si portò una mano alla fronte. Quella scena gli pareva familiare, in un certo senso. Si trattava forse di un dejà vu? Sperava vivamente che gli eventi dell’ultima volta non si sarebbero ripetuti ancora. Non aveva intenzione di starsene lì impalato a fissare una persona imbambolata, ignara del fatto che magari qualcuno avrebbe voluto lasciare il locale e andarsene a dormire. Senza neanche pensarci due volte, prese un highball, un bicchiere dal fondo cilindrico, dal collo di media altezza, e lo poggiò su una base dietro il bancone, un piano in granito verde su cui erano poggiati alcuni strumenti del mestiere. Con un rapido scatto si voltò verso l’alto scaffale tappezzato di liquori ed esaminò attentamente le stesse bottiglie che il suo cliente stava guardando. Cosa poteva preparargli per farlo rallegrare? Aveva bisogno di qualcosa che lo risvegliasse da quel torpore, una bevanda capace di risollevargli il morale e, magari, qualcosa che potesse dargli un’improvvisa carica di felicità, di fiducia o di autostima. Nonostante l’atteggiamento allegro e spensierato di Reiji, il barman sapeva benissimo che nascondeva sentimenti irrequieti. Tra l’altro, anche se adesso non lo avrebbe ammesso così su due piedi, soprattutto ad un estraneo, a meno che non fosse stato ubriaco, era stato proprio il moro ad ammettere con franchezza la propria invidia nei confronti del più piccolo. Tuttavia, non poteva mentire a se stesso. Anche se ci avesse provato, quanto altro avrebbe potuto durare così? Era evidente che qualcosa non andasse e finché non ne avesse parlato lui di sua spontanea volontà, nessuno avrebbe potuto aiutarlo e il problema non si sarebbe risolto.
Finalmente, dopo averci pensato su per un momento, ebbe un’idea. Prese un paio di bottiglie e si voltò verso il bancone, dove l’altro pareva esser ancora in trance. Scosse la testa, impietosito per la vista, poi versò con estrema cura prima del rum, attento a non versarne più del dovuto, spremette una fetta di lime e infine versò il contenuto dell’ultima bottiglia, il cui liquido era trasparente come l’acqua. Dopodiché, prese un cucchiaio dal manico allungato, la cui parte centrale ricordava una spirale, e mescolò la bevanda con molta cura e attenzione, onde evitare che il cocktail potesse rovinarsi. L’ultimo tocco per completare il drink fu l’aggiunta di un goccio di Q Tonic.
-Ehi! Su, bevi questo. Ti rimetterà in sesto.- disse, posandogli il bicchiere sul bancone.
L’altro prese a fissarlo, piuttosto incuriosito dalla bevanda che il barista gli aveva gentilmente preparato.
-Grazie…- disse con un filo di voce, mostrandosi piuttosto confuso e sospetto; non smetteva di esaminare il cocktail, scrutandolo da ogni angolazione possibile.
-Tranquillo, non è avvelenato. Bevilo e subito ti sentirai meglio.-
Reiji alzò appena un sopracciglio, senza pronunciar parola, poi buttò un’occhiata al suo alcolico, successivamente al barista, e ripeté la cosa un paio di volte, finché l’altro non scosse nuovamente la testa con un rumoroso sospiro, poi gli intimò di bere il cocktail, con un ringhio. Spaventato, il moro diede finalmente una presa salda al bicchiere e lo portò alle labbra, bevendolo tutto d’un sorso, con sguardo piuttosto rassegnato: cos’altro avrebbe potuto andare storto quel giorno?
Quando posò il bicchiere sul piano in legno, mosse le pupille per guardarsi intorno, come se stesse cercando qualcosa. La sua espressione malinconica non era ancora svanita, eppure c’era qualcosa di diverso in lui. Posò i suoi occhi sul barista.
-Cosa… cos’era questa bevanda?-
-Rum & Q Tonic. So che è un pochino forte, ma… pensavo ne avesse bisogno.-
-No, non è quello il problema. Trovo che sia buono. E poi… in qualche modo mi sento più sollevato.-
Il barman sorrise. - Ne sono contento. Se vuole, posso prepararle un altro bicchiere.-
-No… sarà meglio che vada. Sa, domani lavoro. Ho bisogno di riposare. La ringrazio ancora per il portafogli… e per il drink, ovviamente.-
Scivolò dalla sedia e ricacciò il portafogli nella giacca. Dopodiché, fece un cenno con la testa al barista e si avviò verso la porta. Giusto prima di uscire, la mano appoggiata sulla maniglia senza far pressione, voltò il capo verso l’altro.
-Oh, dimenticavo. Vorrei provare ancora quel drink, la prossima volta.-
E con quelle parole svanì oltre la stessa, chiudendola alle spalle.
Che tipo strambo, pensò, e un sorriso ingentilì il suo volto, gli angoli della bocca leggermente arricciati. Scosse la testa, dopodiché finì di sistemare il locale e chiudere definitivamente.
----------------------------------------
 
L’indomani, il barista pensava ancora a ciò che era successo quella notte. Gli eventi di poche ore prime erano ancora vividi nella sua mente e occupavano in essa un grande spazio. Pensarci gli metteva una certa allegria. Reiji gli era…sì, simpatico. Beh, era un tipo che serbava moltissime soprese. Non era facile da comprendere, ma qualcosa l’aveva imparata. Un suo collega barista, tempo addietro, gli aveva insegnato a riconoscere dei segnali trasmessi dal corpo che permettevano di capire la vera natura di una persona, il loro vero stato d’animo, o il loro vero io. Ecco, essere un barista, diceva, non era questione di saper preparare un drink o meno. A lui spettava anche un altro compito, di natura più umanistica: saper ascoltare i clienti ed esser per loro come degli amici, dei confidenti. Per poter fare ciò, era necessario capire la loro natura, studiare attentamente il cliente dal modo in cui parlavano, dalla loro postura, dal drink che ordinavano… piccole cose che però dicevano molto del suo conto. Quel tipo ne aveva fatta di strada nel mondo dei baristi e sicuramente ne sapeva più di lui. Gli era ancora grato per quegli insegnamenti e chissà, sperava che un giorno si sarebbero rivisti per scambiare ancora due chiacchiere, consigli… roba da baristi.
Non era nemmeno mezzogiorno. Vagava da solo per le strade di Tokyo, girovagando per il mercato. Aveva un sacco di cose da fare tra cui la spesa e l’acquisto di merce per il bar. Passando accanto ad un negozio di televisori, la sua attenzione fu catturata dal programma che veniva mandato in onda proprio in quel momento. I suoi occhi eterocromatici si fecero grandi per lo stupore.
 
Una sala circolare, parquet, pareti gialle, una finta finestra sul lato più lungo, piante, tante piante sparse qua e là per il salotto; al centro della stanza, una poltrona di aspetto piuttosto regale, come fosse appena uscita dall’inventario di un antiquariato, situata sulla sinistra, mentre più a destra c’era un divano color rosa pastello, lungo tanto da poter ospitare quattro o cinque persone. Sulla prima poltrona era seduta una giovane donna giapponese dai lunghi capelli scuri e lisci appena piastrati, un sorriso smagliante e indosso abiti dai colori sgargianti. Sulla seconda era seduto, invece, un ragazzino dai capelli azzurri e l’aria vagamente annoiata. Quando la telecamera lo riprendeva, la linea dritta che gli faceva da bocca diventava lievemente ricurva.
-Buongiorno a tutti, cari telespettatori. Oggi abbiamo il piacere di presentare l’esclusiva intervista con la star del momento: Ai~ Mikaze!-
-‘Giorno.- fece il ragazzo, abbozzando un sorriso e ondeggiando la mano.
-Ci dica, signor Mikaze, come si sente ad essere la star più promettente e più giovane del mondo dello spettacolo?-
-Confesso che non mi sento affatto così importante. Sono un semplice ragazzo come molti miei coetanei.-
-Ahaha, modesto come sempre, signor Mikaze! Suvvia, lei è una grandissima star! Ci racconti qualcosa sul suo nuovo singolo, Futari no Monogram!-
-Mi lusinga, signorina. Ebbene, so benissimo che è prematuro parlare di un nuovo singolo, ma in ufficio continuano ad arrivare lettere su lettere e così non abbiamo potuto dire di no alle innumerevoli fan che mi supportano. Grazie mille, ragazze.- disse, facendo un finto sorriso e socchiudendo leggermente gli occhi.
-La data è già stata decisa? Alcuni informatori fidati ci dicono che nel giro di due settimane potrebbe già essere in commercio.-
-Ecco… L’unica cosa che posso dire a riguardo è: continuate a seguire “Radio A.I.dol.-
-Avete sentito ragazze? Per maggiori informazioni sul nuovo singolo dovrete ascoltare la trasmissione radiofonica “Radio A.I.dol”, frequenza 97.05.-
 
Ai Mikaze. Già, ricordava perfettamente quel ragazzino. Il fenomenale cantante che aveva avuto uno strepitoso successo in poche settimane. Tuttavia, una cosa continuava a sfuggirgli: perché non sembrava affatto entusiasta del suo lavoro? Inoltre, non si sforzava minimamente di mostrarsi interessato ai fan, o di provare amore per il suo mestiere! Come se tutti potessero essere cantanti! E tanto famosi, per giunta! Ripensò proprio alla conversazione del giorno prima, al moro costantemente depresso, molto probabilmente a causa del suo insuccesso come cantante, e alle parole del piccoletto: cosa poteva esserci di più importante della sua attuale posizione? Certamente, essere un idol non era cosa facile fra continui impegni di lavoro, spettacolo, cinema, tournée , festività importanti sempre bloccate per “cause di forza maggiore”, eppure, poteva  vedere il lato positivo della cosa: soldi, fama, tutte cose che gli avrebbero sicuramente dato un futuro migliore. Con i soldi poteva permettersi tutto no? Ad ogni modo, chi  avrebbe potuto reggere una vita fatti di sacrifici, se non con una buona motivazione o una forte passione? Entrarci era difficile e rimanere nel giro era una missione suicida. Scosse la testa, quando il suo sguardo si posò incuriosito su un gruppo di ragazzine appiattite contro la vetrina, interessate all’intervista, squittendo ogni qualvolta Ai apriva bocca. Scosse ancora una volta la testa, sospirando, dopodiché si rimise in marcia.
------------------------------------------
 
Era passato qualche giorno da quando aveva visto l’intervista. Nel frattempo aveva fatto le sue dovute ricerche, preso da un impeto di curiosità. Sapeva che non avrebbe trovato molto, ma tutto ciò che aveva scoperto erano informazioni inerenti la carriera del giovane A.I. - il suo fantasioso nome d’arte. Girava voce su internet che le due lettere, oltre che ricordare il suo nome, erano l’acronimo di qualcos’altro, ma nessuno ne conosceva l’origine, né il cantante si era mai azzardato a parlarne. “E’ un segreto” diceva. Era un prodigio sin da piccolo, aveva letto, e il suo talento era  stato finalmente riconosciuto dall’intera nazione. Inoltre, era anche un musicista. Insomma, era nato per essere nel mondo della musica. Del suo amico, però, non aveva scoperto molto. Certo, aveva inserito il suo nome nel motore di ricerca, ma i risultati erano innumerevoli e c’erano molti omonimi. Ammesso che avesse trovato qualcosa, rimaneva un dubbio: si trattava davvero di lui?
-Scusi, un midori, per favore.-
Una voce molto debole e gentile lo colse alla sprovvista.
-Mi scusi, ma non abbiamo ancora aperto.- rispose, voltandosi verso il suo cliente.
Non appena ebbe di fronte a sé il suo cliente, sgranò gli occhi per lo stupore. Di fronte a sé c’era il ragazzino dai capelli azzurri, il quale ricambiava lo sguardo sorpreso del barista in cagnesco, la mano nascosta dentro la giacca, pronta a prendere qualcosa. Il più grande sorrise, scuotendo leggermente il capo.
-Non ce n’è bisogno. Chiuderò un occhio per stavolta.-
Senza proferire il parola, il ragazzo si ricompose, ricacciando in tasca una banconota, molto probabilmente. Mentre il barman prendeva le bottiglie e seguiva a preparare il drink, Ai guardò il locale con sguardo inespressivo, leggermente snob.
-Reiji mi ha detto che questo è il miglior bar di tutta Tokyo…- iniziò, riflettendo ad alta voce. -Eppure, mi sembra molto comune. Non capisco cosa ci trovi di speciale in questo posto.-
L’altro non si scompose. Aveva appena finito di versare il contenuto in un bicchiere e stava mescolando i due liquidi, quando il più giovane aveva espresso i suoi pensieri, ma evitò di esprimersi sull’opinione dell’idol. Abbozzò leggermente un sorriso, rallegrato del fatto che al moro piacesse il locale. Infinte, fece scivolare il bicchiere sul bancone, porgendolo al ragazzino. Ai osservava il bicchiere avvicinarsi con sguardo vuoto, privo di emozioni, la testa ora lievemente china.
-Mi fa piacere che il tuo amico abbia trovato di suo gradimento questo locale. Potrebbe trattarsi del drink speciale che gli ho offerto l’altra sera?-
Non ebbe alcuna reazione a quella domanda. Il giovane avvicinò lentamente il bicchiere a sé, mettendo le mani a conchetta attorno al gambo, e prese a fissare la bevanda dal colore quasi fosforescente.
-Per drink speciale intendi quello che gli hai offerto per pietà?-
Quelle parole furono alquanto inaspettate e il barista non spiaccicò parola per qualche minuto. Probabilmente sì, si trattava di pietà prima ancora di essere altro, ma voleva davvero aiutarlo. Anche se non era ancora suo amico, voleva esserlo e stargli vicino come tale. Capiva che il moro aveva bisogno di aiuto e aveva un aspetto molto angosciante. Qualunque “amico” avrebbe cercato di tirare su quello in difficoltà, no?
-…. Volevo solo aiutarlo. Le uniche due volte in cui è entrato in questo bar da solo, Reiji si è sempre mostrato triste. E’ palese che voglia confidarsi con qualcuno e che cerchi aiuto, ma… non vuole parlarne e di certo non sarò io a forzarlo. Gli ho semplicemente offerto un drink che lo rallegrasse un po’, tutto qui. Non faresti anche tu così, se ti trovassi in una simile situazione?-
-Finché non mi capiterà, non saprò mai cosa sarò in grado di fare. Mi occupo solo del presente e delle sue certezze, non di ipotetiche realtà che potrebbero non avverarsi mai.- rispose freddamente Ai, continuando a fissare la bevanda, ora giocherellando con un’oliva posta sull’orlo del bicchiere.
-Probabilmente hai ragione. Si tratta di punti di vista.- rispose l’altro, rimettendo a posto le bottiglie appena usate. -Tuttavia, non riesco ad essere indifferente a certe situazioni, a volte.-
Nonostante quell’avverbio fosse enfatizzato, isolato alla fine della frase, il piccolo idol non si scompose. Sembrava un robot, impassibile ad ogni questione umana inerente le relazioni sociali, i sentimenti, ogni cosa che andava oltre le equazioni matematiche in esso scritte, leggi universali che dettavano il suo comportamento.
-Potrai provarci quanto vuoi, ma dubito che le cose cambieranno.-
-Che intendi dire?- replicò il barista, voltandosi di scatto verso il ragazzo dai capelli azzurri e chinandosi leggermente sul bancone.
-Quello che ho detto. A breve te ne accorgerai anche tu.-
Ai strinse con forza il gambo del bicchiere e lo portò alla bocca, bevendo in un sorso il liquido color smeraldo. Dopodiché, poggiò lo stesso con molta lentezza, poi portò una mano alla giacca, prese una banconota di grosso taglio dal taschino interno e la poggiò sul bancone. L’altro sospirò.
-Non so dove vuoi arrivare col tuo discorso, ma… insomma, non puoi piombare qui prima dell’orario di apertura, farmi un discorso simile e piazzarmi come sempre una banconota di grosso taglio con molta nonchalance! E’… assurdo!-
-Hai ragione.- disse l’altro ritirando la banconota e ricacciandosela in tasca. -Fa’ finta che io non sia mai venuto qui, allora, e che non abbia mai iniziato questa discussione.-
Il barman si morse appena il labbro, pensando che forse non avrebbe dovuto dire quelle parole, vedendo come i suoi guadagni andavano via con la stessa velocità del loro arrivo. E quel ragazzino, poi… era davvero difficile riuscire a parlarci! Ma come facevano quei due ad essere amici?  Scosse la testa in rassegnazione.
-….. Va bene, lo scoprirò da me. Sarà molto più facile che farla parlare.- replicò, cercando di non mostrare segni di impazienza dopo l’ultimo gesto compiuto dal suo cliente.
Intanto, il piccolo si stava preparando per lasciare il locale, aggiungendo alcuni indumenti e accessori al suo look, probabilmente per sviare i paparazzi e passare inosservato per le strade della città.  Lo sguardo inquisitore del ragazzo al bancone si posò su di lui, scrutandolo dalla testa ai piedi. Effettivamente, il barista avrebbe voluto fargli qualche domanda in più, ma sapeva che non avrebbe avuto una risposta certa. Inoltre, doveva studiare il modo più adatto di porgli la domanda, poiché anche quello avrebbe influito sull’esito. Però, non ce ne fu il tempo.
All’improvviso, si udì un rumore metallico, alcuni campanellini che tintinnavano ogni qualvolta la porta del bar fosse aperta, un’esigenza del barista in caso non fosse stato al bancone. Non era ancora arrivato l’orario di apertura, ma i clienti arrivavano già? Ma che cos…? Il  barman si voltò in direzione della porta e, in attonimento, strabuzzò gli occhi nel vedere che il cliente appena arrivato era proprio la persona di cui stavano parlando qualche minuto addietro, Reiji.
-Ai-chan!! Che piacevole sorpresa vederti qui!- disse il moro avvicinandosi a passo spedito verso il bancone, con le braccia spalancate e un sorriso a trentadue denti. -Sei venuto qui perché te ne ho parlato così tanto? Hehe.-
-Oh, Reiji. Volevo solo gustarmi in solitudine un drink. - rispose il ragazzino, alzando leggermente il volto verso l’amico. Poi si voltò verso il barista e disse -Beh, sembra che oggi sia il tuo giorno fortunato.- E con tali parole salutò il moro e varcò l’uscio, lasciandosi tutto alle spalle.
-Scusalo.- fece il ragazzo con sguardo dispiaciuto.
Prima di riprendere il suo discorso, si sistemò su uno sgabello, poggiando i gomiti sul bancone e aspettando che il barman si riprendesse. Questi  era rimasto scioccato dalla scena, sbattendo un paio di volte le palpebre, cercando di capire cosa fosse successo. Dopo qualche secondo, però, si riprese e decise di rivolgere le sue attenzioni sul suo coetaneo.
-Ai è una persona particolare. Non è cattivo, ma ha questo suo atteggiamento molto distaccato verso tutti. Non parla molto e non ama dare confidenza al prossimo. Anch’io ho difficoltà con lui, spesso non ci intendiamo, ma… la nostra “convivenza” è forzata e quindi devo sforzarmi di trovare un modo per andarci d’accordo. Non è male, quando riesci finalmente a parlarci.-
-“Convivenza”? Che intede?- chiese l’altro, incuriosito dalle sue parole.
-Ah, ecco… non in quel senso, ovviamente! Hehe, io e Ai ci siamo conosciuti in un’agenzia per idol. Attualmente sono impiegato alla “Saotome” come manager, colletto bianco e mansioni minori. Ho conosciuto Ai quando ha varcato la soglia dell’agenzia per un provino come cantante in un gruppo di idol, ma i capi hanno capito subito il suo talento e l’hanno fatto debuttare subito come solista. Una decisione un po’ affrettata, secondo me, ma… sa cavarsela.-
-Capisco…- rispose l’altro, ascoltando il discorso con molto interesse, annuendo ogni tanto.
-Come ho detto, sono una specie di tuttofare e per questo mi è stato affidato spesso l’incarico di fargli da manager, finché quello attualmente in carica non avesse accettato. Stava già lavorando per un altro idol, sempre all’interno dell’agenzia, ma viste le straordinarie doti di Ai, non ha perso un attimo e ha mollato il suo ragazzo per buttarsi su un pesce grosso.- aggiunse, scrollando in fine le spalle. -Sai com’è…-
Il mondo dei cantanti: se sei fonte di guadagno, sei qualcuno, altrimenti puoi soltanto marcire di fame, aspettando un buon samaritano che ti conduca in cima alla classifica, mostrando a chi ha dubitato di te che sei meglio di quanto immaginavano. Un mondo difficile, lo sapeva benissimo, e molto inaffidabile - motivo per cui aveva scartato a priori l’idea di diventare un idol. Pensare a tutto il marciume che c’era dietro il mondo dello spettacolo lo faceva soltanto innervosire… Annuì ancora una volta, poi cercò di sviare l’argomento su qualcosa di più allegro, nonostante fosse nato in lui il desiderio di saperne di più sul moro. Chissà cos’altro avrebbe potuto raccontare del suo lavoro? L’ inizio della sua carriera, i suoi colleghi, il suo capo, i suoi desideri, la sua depressione… già, era evidente che il motivo fosse il suo lavoro, vista la sua posizione.
-E’ una posizione difficile, la sua, ma… sono sicuro che tutto si sistemerà presto. Inoltre, essendo il manager del signor Ai, sono sicuro che la consideri già un amico. Forse anche un fratello!- disse, cercando di fare un sorriso abbastanza rassicurante.
-Probabile…- fece il moro con un tono leggermente malinconico, seguito da un leggero sospiro. -Ma non credo sia così. Quel ragazzo… è davvero difficile da comprendere ed inavvicinabile. Non saprò mai come aiutarlo, se non so cosa pensa. Mi duole pensare che sia finito in un mondo così crudele contro la sua volontà.-
-Come ho detto, signor Kotobuki, il suo amico serba sicuramente dei sentimenti di amicizia per lei, ma lo dimostra con difficoltà. Non si abbatta. A modo suo, le ne è davvero grato.-
Fece un cenno con la testa e gli occhi un po’ socchiusi, il moro, grato delle parole del barista. Erano molto confortanti per lui e sapeva che quella figura non gli avrebbe semplicemente offerto un drink, ogni volta che avrebbe preso posto al bancone, ma gli avrebbe anche offerto supporto morale, se ce ne fosse stato bisogno.
-Per favore, potrei avere ancora un bicchiere di quell’alcolico che mi è stata offerta l’altra sera? Credo di averne proprio bisogno.-
-Subito!- rispose il barista, scattando verso lo scaffale e prendendo le bottiglie necessarie.
Non si perse in chiacchiere e preparò all’istante la bevanda alcolica richiesta dall’ospite, mentre questi inclinava leggermente la testa e la poggiava sul palmo della mano destra, gli occhi ridotti a fessure e intenti a carpire ogni segreto del mestiere.
-Sa,- iniziò con voce più allegra -Lei è una persona molto disponibile, signor Barista. Non solo lavorate con grande passione, servendo alcolici uno dopo l’altro ai suoi clienti, ma si offre anche di dare consigli a chi ne ha bisogno. Anche lei si è mai trovato in una situazione del genere?-
Versò un’ultima goccia di Gin Tonic, prima di sollevare lo sguardo verso il moro. Che strana domanda! Era interessato a conoscerlo meglio o glielo chiedeva giusto per conversare un po’? Inoltre, no… non avrebbe potuto parlare così apertamente delle sue esperienze di vita, del suo passato, di sé. Si sentiva leggermente a disagio, sconcertato, al punto di dover interrompere la preparazione del drink, essendo poco concentrato.
-…..diciamo che non riesco a provare indifferenza verso chi ha bisogno di aiuto. Ma soltanto raramente.- rispose, distogliendo lo sguardo dal suo interlocutore e posandolo sugli strumenti sparsi sul ripiano in marmo.
L’altro intuì che non voleva parlarne, perciò evitò di domandare altro, vedendo soprattutto con quanto disagio e fatica aveva risposto.
-E’ una cosa che apprezzo. Gli altri baristi mi intimano di lasciare subito il bar quando mi mostro nel loro locale con un muso appeso.- disse, lasciandosi scappare un risolino ironico. -Ma lei mi ha lasciato fare, mi ha consigliato… è la prima volta che ricevo un simile trattamento in un bar. E’ una cosa bella. Voglio dire, mi fa capire che un barista non è un automa e che è un uomo anche lui, una persona sensibile e altruista come me.-
Quelle parole di lusinga… per un breve istante si sentì ancor più a disagio e imbarazzato. Stava ricevendo indirettamente dei complimenti dal suo cliente, il quale stava sottolineando aspetti del suo carattere che non hai mai mostrato apertamente. Aveva iniziato a lavorare come barista dopo la maturità, ma non aveva mai permesso alla sua natura altruistica di venire fuori… a parte in rare eccezioni. E quell’eccezione, adesso, sedeva di fronte a sé.
Ancora imbarazzato, prese un cucchiaio per mescolare le bevande e con molta lentezza iniziò a fonderle, vendendo come gradualmente il colore si alterava, il ghiaccio che prendeva una forma leggermente diversa, finché il mix non rese il liquido tutt’uno. Completò il lavoro aggiungendo una fetta di limone, poi servì il bicchiere al suo cliente.
-Mi fa piacere sapere che i servizi di questo locale siano di suo gradimento. Si senta libero di venire quando vuole e di rivolgersi a me come se fossi il suo secondo confessore, come se questo fosse un secondo confessionale.- rispose, mentre i suoi occhi bicromatici fissarono per un breve periodo le pupille scure del giovane.
-Mi permette anche di chiamarla per nome? Sarebbe bello poter dare confidenza al mio barista di fiducia, non crede?- domandò Reiji con un tono alquanto allegro.
I lineamenti del barman si fecero più duri e uno sguardo di disapprovazione aveva rimpiazzato il precedente sorriso.
-Se la cosa è di suo gradimento, faccia come crede.- rispose in tono secco. -Il nome è Ranmaru.-
-Su, Ranran, non fare il timidone! Ormai sono un cliente di fiducia!- rispose esultante Reiji.
-Ra…Ranran!?- tuonò quello, sgranando gli occhi per l’improvviso cambiamento dalla troppa formalità dell’altro alla piena informalità. -Inoltre, sono soltanto tre, quattro volte che frequenti il mio bar. Non sei un cliente fisso a tutti gli effetti!- replicò, nascondendo l’imbarazzo dietro un tono acido e critico.
-Beh, al momento sembrano poche, ma conto di venire ancora qui. Potrei portare degli amici in futuro!- fu la gioiosa risposta del moro.
Ranmaru scosse la testa e replicò con un mugugno. - Fa’ come ti pare.-
Con un sorriso vittorioso, il moro prese con una mano il bicchiere e lo portò all’altezza della fronte, sollevando leggermente il capo per ammirare l’effetto che la luce creava, filtrando attraverso il vetro trasparente, rifranta dal ghiaccio modellato come rocce dal colore diamantino. La osservò per qualche secondo, ma un gentile ronzio portò il ragazzo a posare nuovamente il bicchiere sulla superficie in legno.
Si trattava del suo telefono cellulare, che aveva nel taschino sinistro della giacca. Con molta calma prese l’apparecchio elettronico e accettò la chiamata.
-Pronto? Oh, signor Saotome! Sì. Sì. Assolutamente. Potrei fare qualcosa a riguardo, ma… d’accordo. Ho capito, sì. Va bene. Sarà fatto.-
Una lunga pausa.
-Erm… a proposito, direttore… Ecco… Mi chiedevo se per caso ha dato una sbirciatina a quel documento che le ho portato stamattina. Sì, ho lasciato tutto in una busta sulla sua scrivania. Come dice?-
Alzò appena le sopracciglia, lanciando un’occhiata all’orologio.
-Sì, nessun problema. Passo subito da lei. A tra poco.-
La calma che possedeva poco prima di prendere il telefono mutò subito in una chiara preoccupazione. Chiuse subito la chiamata, ma gli occhi erano ancora incollati allo schermo. Cosa…? Ranmaru osservò il tutto in silenzio, lucidando la superficie del bancone come se nulla fosse.
-Scusami, ma il lavoro chiama. Prima, però, finirò questo buonissimo drink!- fece Reiji, cercando di apparire poco turbato dalla chiamata e “abbattendo” il temporaneo muro che si era eretto fra di loro.
Dopodiché, riprese il bicchiere in mano e bevve tutto d’un fiato la bevanda. Dopo averlo posato nuovamente, lasciò la sua postazione, rassicurando il suo nuovo amico che avrebbe saldato il conto successivamente.
----------------------------------------------------------------
 
Ebbe una serata molto impegnativa, ma ciononostante riuscì a cavarsela come sempre. Era stanco e non vedeva l’ora di chiudere il locale e tornare a casa per farsi una bella dormita. Mentre sbrigava le faccende all’interno del locale, si domandava quale fosse il motivo della chiamata di quel pomeriggio. Beh, pensandoci bene, poteva trattarsi soltanto di rogne. Il mondo dello spettacolo mascherava una realtà piuttosto fastidiosa, di cui nessuno era a conoscenza. Chi lo era, invece, fingeva di non saperne nulla a riguardo e preferiva vederne il lato positivo. Ecco perché non era diventato un idol. A che pro, poi? Non voleva cantare per delle ragazzine invaghite del suo look stravagante, o cantare canzoni d’amore troppo mielose, o fare estenuanti tournée in paesi asiatici di cui non conosceva il nome. Apprezzava la musica, ma come forma di svago personale, da suonare in privato con qualche amico, al massimo. Ad ogni modo, quel poveretto ci era dentro e sembrava amare quel mondo.
Aveva ormai finito di sistemare il locale, ma i campanelli appesi alla porta tintinnarono. Un cliente. E molto probabilmente sapeva già di chi si trattasse.
-Reiji?- domandò, guardando verso la porta.
Non ricevette alcuna risposta. L’ospite si trascinò verso il bancone e si lasciò cadere su uno sgabello, poggiando le braccia sul bancone e poggiando la testa su di esse.
-Un bicchiere del solito, per favore.- rispose il moro, senza degnare di uno sguardo il barista, con voce appena udibile.
Cosa poteva essere successo a quell’incontro? Aveva paura a chiederglielo.



//angolo dell'autrice//
salve a tutti!  scusate l'immenso ritardo con cui posto questo capitolo, ma ho avuto un po' di problemi che hanno ostacolato la stesura del capitolo e la sua pubblicazione, ma adesso è tutto passato e con una mente più rilassata e serena riesco a pensare meglio alla storia :D ad ogni modo, grazie a tutti quelli che hanno recensito e che stanno supportando la fan fiction! scusate se non ho risposto prima, ma lo farò adesso, proprio dopo il capitolo - che spero sia stato di vostro gradimento (tra l'altro ho scritto di più stavolta!)-, come si soleva fare ai vecchi tempi *ride*

Un ringraziamento a:

-Starishadow ben fatto! spero che siano presto aggiunti, perché ho intenzione di scrivere altro su di loro *coff coff* li adoro tanto quanto adoro gli starish, onestamente! soprattutto reiji e ranmaru!  sono contetissima che ti piaccia l'ambientazione (anche se come  ho detto, mi sono ispirata a un drama CD della serie) provando a immaginare una possibile storia. Haha, mi dispiace, ma non ti farò spoiler! :3 lascerò che siano gli attori a rivelare i propri segreti, a tempo debito! ;)

-Lyel cara, quanto tempo! :D chiedo viena per la lunga attesa, ma spero che la lunghezza del capitolo ti renderà felice (anche se a me piace scrivere più di 10 pagine a capitolo)! ti ringrazio per le info utili che mi hai passato,  riguardo i prezzi dei cocktail e il resto e fortunatamente qui non ho dovuto cimentarmi con la conversione in yen -mi farà diventare pazza!- spero che anche in questo capitolo Ai sia stato di tuo gradimento, anche se credo mi vorrai uccidere per quella parte XD XD ma non me ne pento, perché è troppo divertente... sai, giusto per sdrammatizzare un po'! e sì, quei due sono una bella coppia! mi piacciono molto insieme! come una mia amica mi ha fatto notare, ricordano un po' tokiyaxotoya, che sono la mia coppia preferita, perciò... ;)

-pinky_neko grazie mille! mi rende felice sapere che il primo capitolo è interessante, nonostante la storia vera e propria debba cominciare! ^^ e ti ringrazio per i complimenti sul mio stile! comunque sia, come dicevo a Starishadow, l'idea per la trama mi è venuta in mente pensando a un drama CD di Utapri in cui si parla di un ipotetico lavoro degli idol se non fossero cantanti e a quell'idea ho aggiunto un tocco personale (per fortuna esiste wikipedia e per fortuna ci sono dei siti utili per quanto riguarda il mondo dell'alcool!). spero che la trama possa appassionarti sempre più, man mano che progredisco con la storia e.... grazie mille per il supporto! :) stay tuned!

Vi ringrazio ancora per il supporto e per l'interesse verso questa storia, soprattutto per averla inserita tra le storie seguite! ^^ spero di aggiornare presto la storia con un nuovo capitolo e spero di non deludervi! alla prossima! ^_^ (perdonate il disastro che l'html ha combinato rendendo la storia un mattone per i vostri occhi, ma devo capire come funziona e penso che ne modificherò l'aspetto nei prossimi giorni!)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** A shoulder to count on ***


Il tempo sembrava essersi fermato. Il barista era paralizzato, la schiena leggermente ricurva sul bancone. Voleva accertarsi che stesse bene, che non fosse successo nulla di grave e capire se potesse fare qualcosa per aiutarlo, seppur minima. Tuttavia, nessuno proferì parola, nessun gesto interruppe quella quiete e il tutto sembrò così… deprimente. Reiji continuava a fissare il proprio grembo, tenendo la testa china, quasi nascosta grazie ai suoi lunghi capelli color nocciola. Doveva trattarsi di  qualcosa di molto grave, almeno per lui. Se solo avesse potuto aiutarlo, dire qualcosa per farlo sentire meglio…
Un attimo di esitazione interruppe quella scena ormai fuori da ogni misura di tempo. Una mano del barista si stava sollevando lentamente dalla superficie in legno, pronta ad avvicinarsi al cliente, in segno di conforto; si fermò. Non avrebbe dovuto. Per il momento era meglio lasciarlo solo, farlo bere, se ne aveva voglia, e farlo rilassare. E se ciò non fosse bastato, Reiji avrebbe anche potuto parlargli, con molta confidenza. Ranmaru lo avrebbe sicuramente ascoltato e aiutato, se si fosse trattato di qualcosa in suo potere.
-Subito.- fece con voce debole e malinconica il barman.
Fissò ancora una volta il corpo quasi statuario dell’altro, poi, con un sospiro sommesso, si voltò verso lo scaffale alle sue spalle e cercò le bottiglie necessarie per preparare il cocktail. Prese una bottiglia bianca leggermente opaca e la strinse fortemente nella mano sinistra. I suoi occhi eterocromatici la fissarono con sguardo affranto. Non era quello il drink di cui aveva bisogno in quel momento. Se Reiji credeva che si sarebbe sentito meglio subito dopo averne bevuto un sorso, si sarebbe sbagliato di grosso. Ranmaru lo sapeva benissimo. In tutta onestà, non sapeva nemmeno lui cosa avrebbe potuto offrire ad un’anima tormentata, ma sapeva decisamente che quella bevanda non era affatto indicata per la situazione corrente. Avrebbe potuto prepararne un’altra, tanto il suo cliente non lo degnava minimamente di uno sguardo. Eppure, l’etica del buon barista gli ricordava che non era una buona idea. Scorse con la coda dell’occhio il ragazzo al bancone, senza notare alcun cambiamento. Infine, si ricompose, prese il necessario per realizzare il cocktail e sistemò il tutto sul ripiano alle sue spalle.
-Ehi, ecco qui la bevanda. Ti darà forza.- disse ancora una volta con la stessa voce debole e malinconica.
In risposta, Reiji alzò appena il capo, così da permettere ai suoi occhi di visualizzare la figura amica interamente, poi sussurrò un grazie con voce appena udibile. Tuttavia, come era suo solito fare in momenti di crisi e profonda depressione, non cambiò posizione, dando inizio al preludio di una scena vagamente familiare. Ranmaru scosse la testa. Dopo qualche istante di silenzio, fissò un punto vuoto nella stanza, meditando su cosa dovesse fare. Non avrebbero risolto niente così, perciò doveva esser lui a prendere l’iniziativa -come sempre. Si tolse il grembiule e lo gettò sulla superficie in granito dietro il bancone, dopodiché lasciò la sua postazione per sedersi accanto “all’amico”.
-….Ascolta, non so proprio cosa sia successo, ma mi dispiace moltissimo. Vederti in quello stato non mi lascia affatto indifferente. Se c’è qualcosa che posso fare per aiutarti, devi soltanto parlare, chiaro? Solo una parola.-
Non ricevette alcuna risposta.
Ranmaru sospirò pesantemente. -Insomma! Senti, Reiji, la vita non è tutta rosa e fiori, lo capisci?! Che si tratti di lavoro, di una delusione amorosa, o di qualsiasi cosa, a volte bisogna semplicemente ingoiare certi rospi e andare avanti. Quando senti di non potercela fare più, beh… puoi sempre chiedere aiuto ad un amico.- disse ad alta voce, leggermente infuriato, assumendo un tono più composto riguardo l’ultima frase. -Non sono certamente degno di tale fiducia, ma se dovessi vederti mal riparato… non sarò solo il tuo barista.-
Pronunciò quell’ultima frase con un leggero imbarazzo. Non  era il tipo da fare simili discorsi ed era quasi la prima volta che parlava con tanta confidenza ad un cliente. Era abituato a ricevere ramanzine o commenti amichevoli, non a darne. Scosse ancora la testa e si grattò la nuca con la mano destra, aspettando in silenzio una possibile reazione da parte dell’altro. Trascorsero ancora qualche minuto in silenzio, finché il moro non decise di aprir bocca, parlando in un tono quasi sommesso.
-...non puoi…capire… E’ difficile… non riesco più a sopportarlo… mi impegno moltissimo, ma… è sempre così inutile…-
Pian piano la sua voce diventava un singhiozzo. Che stesse per piangere? Il barista portò una mano sulla spalla dell’altro, rattristato per ciò che lo affliggeva.
-Vorrei solo realizzare il mio sogno… non chiedo nient’altro. Ma è un mondo difficile… lo so benissimo… non è importante l’impegno, la passione… nulla conta. Bisogna essere fortunati e a me.... manca proprio questa qualità.-
-Ehi, su! Non dire così. Ora cerca di calmarti un po’ e raccontami tutto con calma, va bene?-
Finalmente Reiji guardò Ranmaru. Gli occhi erano lucidi, ma non avevano versato una lacrima, contrariamente a ciò che la sua voce aveva fatto credere. Avrebbe voluto farlo, ma qualcosa lo tratteneva -probabilmente la sua dignità, o il fatto di non essere in stretta confidenza col suo barista. Portò una mano su quella del suo “confidente” e inclinò leggermente il capo su di essa.
-Grazie per il tuo conforto. Stai facendo davvero molto per me. Ma… questa storia è semplicemente stupida... e incasinata. Non dovresti stare a sentire le mie insulse lamentele.-
Uno dei sopraccigli argentati di Ranmaru si sollevò appena.
-Va tutto bene- fece quello, cercando di mantenere un tono piuttosto pacato -sono qui per aiutarti, se ne hai bisogno. Lunga o meno che sia la tua storia, sentiti libero di parlarmene. E se vuoi un altro drink, te lo preparerò subito. Non scapperò, sta’ tranquillo.- concluse, mentre i suoi lineamenti si facevano più delicati e un sorriso si estendeva sulle sue labbra.
Il moro ricambiò con sguardo pieno di gratitudine, abbozzando un triste sorriso sulle sue labbra, poi annuì. Si ricompose, riposando le mani sulle ginocchia, e si girò, così da avere il suo interlocutore di fronte a sé e fece un sospiro profondo. Prese del tempo per esporre il proprio discorso, cercando  un punto da cui iniziare il suo racconto.
-Hai presente la chiamata che ho ricevuto prima, vero?- domandò.
Ranmaru annuì prontamente.
-Ecco… l’azienda per cui lavoro, la “Saotome”, è un’agenzia di idol e star televisive. Ti ho detto che lavoro come tuttofare al momento, però non è quello che vorrei. Sono passati cinque o sei anni, o forse anche più, da quando ci sono entrato per la prima volta. All’epoca ero semplicemente un ragazzino con un grande sogno e non avevo idea delle difficoltà che la vita presenta. Ero spensierato, allegro... un gran sognatore.- 
Fece una pausa, portando lo sguardo in un punto vuoto. 
-Ma sai, io ci ho provato. Chiesi un appuntamento per un provino e l’ottenni! Carico di entusiasmo e pensieri positivi, mi presentai alla sede, pronto ad incontrare il famosissimo Shining Saotome. Non potevo crederci! Mi avevano dato la chance di farmi cantare davanti ad una leggenda della musica giapponese e proprio quella celebrità mi avrebbe giudicato! E ingenuamente, m’immaginavo già Saotome farmi applausi e lusingarmi, supplicandomi di entrare nella sua azienda, un futuro roseo davanti a me, grida di fan al mio passaggio e tante altre cose che un ragazzino potesse immaginare. Quando finalmente entrai nella stanza dove avrei sostenuto il provino, Saotome mi accolse molto freddamente. ‘Non ho molto tempo, perciò si sbrighi. Tra dieci minuti devo incontrare una famosa band, e sa come sono le star… non amano attendere.’ disse, con quella sua voce profonda che tanto ammiravo. Cercai di non farmi prendere dall’ansia e lasciarmi buttare giù. Insomma, era un uomo famoso; ovvio che non avesse tempo da perdere con un ragazzino come me, pensai. E così, cantai. Mostrai ciò che io ritenevo il mio unico talento e cantai. Mi lasciò cantare l’intera canzone. Al termine, tremavo come una foglia. Avevo paura. Saotome era seduto alla sua poltrona, aveva uno sguardo serio e sentivo i suoi occhi fissi su di me attraverso le lenti scure dei suoi occhiali da sole. Restò in silenzio per un po’ e poi… il verdetto.-
Nel momento in cui pronunciò quell’ultima parola, lo sguardo abbattuto prese a fissare il pavimento. Fece una pausa, cercando di farsi coraggio e continuare a raccontare il suo tormento. Ranmaru, intanto, aveva preso a guardarlo con pietà, addolorato dalla triste storia che il ragazzo aveva passato. Un cantante… e ancora una volta, tornava a pensare a quanto infame fosse il destino di chi fosse risucchiato in quel mondo. Chiunque vi entrasse, non ne usciva poi a testa alta. Prima o poi anche quelli sulla cresta dell’onda sarebbero finiti sommersi dalla stessa. La fine arriva per tutti, vincitori e vinti. E allora cosa rimarrà?
Le sue iridi colorate si muovevano in su e in giù mentre analizzavano la figura davanti a sé, fremendo leggermente. Quel silenzio rendeva tutto ancor più grave e l’angoscia pendeva ormai su di lui.
-‘Signor Kotobuki… la sua performance non è affatto male. Al contrario. Non credo che lei sia un artista qualunque: ha un discreto talento. Eppure, non sono del tutto convinto. Al suo personaggio manca qualcosa. Purtroppo, però, credo che quel qualcosa sia legato alla sua crescita.’ Mi disse, con un tono abbastanza serio da farmi correre un brivido lungo la schiena. Il modo in cui mi espose la sua opinione, mi fece in un certo senso presagire che non si trattava di nulla di buono. Ma all’epoca ero soltanto un ragazzino ambizioso e non volevo accettare la sconfitta. Intuii che c’era ancora speranza e mi aggrappai alle sue parole: ‘Dal suo curriculum vedo che è già maggiorenne. Le andrebbe di lavorare in questa azienda, per noi, e assistere i nostri talenti? Penso che si tratti di un’ottima opportunità per lei di stare al contatto con professionisti e di far crescere il proprio talento.’-
Si fermò lì, inclinando leggermente il capo e dando al suo interlocutore un finto sorriso. Probabilmente, si aspettava una sua reazione.
-Se questo è tutto ciò che ha detto, deduco che chiunque avrebbe potuto cadere nel tranello…- fece il barista, esponendo il suo punto di vista.
-Mi rallegra sapere di non essere l’unico a pensarla così. E infatti, quelle furono le sue parole. Un posto in quell’azienda e l’opportunità di crescere professionalmente, lavorando come assistente, inizialmente. Ecco, non avevo ancora chiaro cosa mi fosse stato proposto, e non lo capisco tutt’ora, tuttavia, ogni giorno mi spettava una mansione diversa, con la subdola promessa che ciò mi sarebbe stato d’aiuto. Un inganno… avevano semplicemente bisogno di un povero sfigato che si bevesse le loro chiacchiere e facesse il lavoro sporco per loro, molto spesso gratuitamente. Sì, una specie di stagista, insomma…- spiegò in tono sarcastico, nuovamente guardando in un punto vuoto della stanza con un mesto sorriso. -Come un cretino, me la sono bevuta… ed è così che per più di cinque anni ho lavorato senza sosta e con zelo, affinché qualcuno notasse la mia “crescita” e decidesse che potessi debuttare. Ci ho creduto tantissimo e… sono ancora qui, guardami: squattrinato, sconosciuto, amareggiato. Ad ogni modo, non c’è molto da dire riguardo questi anni di duro lavoro e continue richieste sulle mie possibilità. Ho soltanto avuto promesse, promesse, promesse, nient’altro che futili promesse di un qualcosa che non avverrà né ora, né mai.-
Fece una pausa. La voce inizialmente sarcastica iniziava a mostrare la vera tristezza del giovane, trovando un piccolo sfogo in quel tono auto-denigratorio e frustrato, provato dall’amara esperienza che la “Saotome” gli aveva dato. Reiji si morse un labbro, cercando di trattenere i suoi sentimenti. Era troppo debole in quel momento e loro troppo forti. Quel discorso stava semplicemente dando spazio ad un io fortemente abbattuto e una volta aperto il vaso di Pandora, il giovane sentiva che avrebbe toccato il fondo, che avrebbe perso quel briciolo di dignità che gli era rimasta.
-….sai, un po’ di tempo fa mi capitò di sentire l’assistente di Saotome parlare con dei colleghi. Erano in una sala ricreativa, vicino ai bagni. Stavo giusto per andarci, quando li sentii parlare. ‘Sai, quel poverino sgobba dalla mattina alla sera come facchino e crede che certi compiti gli siano davvero utili. Mi chiedo se si sia reso conto che non sarà mai un cantante.’, ‘Mah, l’ho sentito cantare e non lo trovo male, sinceramente…’, ‘Credimi, c’è di meglio. Ti sei chiesto perché non è stato preso subito?’, ‘Ad ogni modo, ho sentito una discussione col presidente su di lui. Diceva che lo avevano assunto con quella scusa solo perché eravamo a corto di personale, all’inizio. Il direttore stava pensando di farlo davvero debuttare, ma… shh, non ditelo a nessuno, intesi? Dovrebbe fare il fantoccio dell’azienda e coprire tutte le bravate che combinano i nostri ragazzi. Infatti, prima di proporre quest’idea al vicepresidente, il direttore stava pensando allo scandalo del nuovo gruppo. Accidenti, se continuano così ci servirà davvero un capro-espiatorio su cui far ricadere la colpa!’-
Ranmaru si sporse in avanti di scatto, estremamente irritato per la conversazione che quelle persone avevano fatto. Possibile che ci fosse gente così malvagia? Stavano ridendo della disgrazia di un loro collega, di qualcuno che probabilmente non aveva fatto nulla di male, se non trovarsi nel posto sbagliato. Già, quel posto, come qualunque altra agenzia, era il covo del male. Che razza di mondo era? Perché era diventato così? Era la più grande delusione per chi desiderava cantare: non c’era spazio per gli appassionati. Nel mondo dello spettacolo tutto ciò che contava erano soldi e fama. Se piacevi e sapevi venderti, eri in Tv; se non sapevi farlo, ne restavi fuori. Tutti quei pensieri lo mandavano in bestia.
Reiji fece caso a quel gesto improvviso e alzò le mani, invitandolo a calmarsi.
-Scusami… sarà meglio sorvolare su questo argomento. Mi duole ancora pensare che il direttore abbia pensato ciò. Penserai che io sia un cretino ad esser rimasto lì, nonostante questo episodio, ma… voglio davvero cantare. Voglio davvero poter salire su un palco e render felice qualcuno con le mie canzoni. Ci credo ed è per questo motivo che ho spacciato quelle parole per pura finzione, un inganno da parte di gente invidiosa… l’ho fatto per il mio sogno, un comportamento dettato dalla mia stupidità. Comunque sia, oggi ho avuto l’ennesima conferma che i miei sforzi sono stati vani. Per quanto frustranti, questi anni di lavoro mi hanno fatto aprire gli occhi e mi hanno insegnato ciò che non  sapevo del mondo dello spettacolo. In un certo senso, mi sono stati molto utili, oprattutto i miei incarichi da manager. Facendo forza su queste esperienze, ho pensato di metter su una nuova unità idol e di inserirmi come cantante, ma indovina un po’? La band è stata respinta e il direttore mi ha severamente ammonito di non perdere tempo con queste sciocchezze, perché non è ancora arrivato il mio momento.-
La voce ormai tremava e i suoi occhi si erano fatti lucidi. Stava per cedere e Ranmaru non aveva idea di cosa sarebbe successo in una simile situazione. Perché, pensava, perché doveva essere un mondo così spietato? Perché la passione di qualcuno non poteva essere sufficiente per cantare? Cosa poteva spingere qualcuno ad essere così crudele con un ingenuo sognatore? Portò lo sguardo in basso, pensando che una risposta c’era: la crudeltà, l’avidità, i soldi… fama e ricchezza erano ciò che mandava avanti il mondo. Il talento? Era inutile se non fruttava. Sbatté un pugno sul tavolo.
-Dannazione!- tuonò la sua voce profonda, carica di risentimento.
Digrignò i denti e fissò il vuoto, arricciando le dita sempre più, con forza, finché non sentì un lieve pizzico al palmo della mano. Era come se provasse i sentimenti di Reiji: la sua frustrazione, la rabbia immensa roderlo dall’interno, la sete di vendetta… già, voleva dimostrare che nonostante il loro tentativo di ostacolare il suo sogno, un giorno il moro sarebbe davvero diventato un cantante, e di successo. Socchiuse gli occhi per un momento, cercando di calmarsi. Si era lasciato trasportare e la cosa non andava bene… doveva confortare il suo cliente, non agitarsi. Doveva trovare una soluzione, altrimenti non avrebbe avuto senso farlo sfogare.
-Reiji…- iniziò a voce bassa. -Immagino tu abbia ancora molto da dire, riguardo stasera. Ti prego di non continuare. Basta così.- Il tono della voce doveva sembrare pacato, ciononostante era udibile ancora una traccia della rabbia appena manifestata.
Poggiò una mano sulla spalla del moro, sporgendo il busto in avanti verso di lui, per guardarlo dritto negli occhi.
-So di non poter fare molto, ma… voglio davvero aiutarti. Ti aiuterò ad uscire da questa storia. Per il momento, vorrei che tu dimenticassi l’accaduto e ti riprendessi. Dopo… penseremo a come risolvere la cosa. Hai la mia parola.-
Con voce seria e decisa, il barista pronunciò quelle parole, lasciando l’altro sbalordito. Il moro annuì leggermente, confuso, domandandosi cos’avesse in mente il barista. Eppure, si sentiva un po’ rassicurato. Quella richiesta non gli pareva affatto insensibile. Ora che si era scrollato un enorme peso di dosso, si sentiva meglio e più tranquillo. Finalmente gli occhi smisero di luccicare e il ragazzo ritrovò il controllo di sé, come se non fosse successo nulla. Il cambiamento rasserenò il barman, il quale lasciò lo sgabello e tornò dietro al bancone. Riempì un bicchier d’acqua e lo bevve, cercando di calmarsi per l’agitazione appena presa.
-Per stasera, credo che sia meglio finirla qui.- fece, voltandosi lentamente verso il cliente. -Va’ a casa e fatti una bella dormita. Dimenticati tutta questa storia, perché ti prometto che troverò un modo per tirarti fuori da questa dannata faccenda!-
Il morò spalancò gli occhi, toccato dal modo in cui l’altro aveva reagito alla sua storia. Era sorpreso. D’altronde, Ranmaru era un estraneo e non aveva nulla a che vedere con lui, ma nel momento in cui aveva appreso la sua storia, aveva deciso di aiutarlo, senza batter ciglio. Sentiva sincerità e una certa forza nelle sue parole. Forse, dietro quell’apparenza un po’ scorbutica, il barista era una persona dolce e gentile... Chissà?
Reiji sorrise, annuendo. -Ti ringrazio di cuore, Ranmaru. Anche se non ci conosciamo da molto, sento di potermi fidare di te. Troverai un modo, ne sono sicuro. Non so davvero come ringraziarti.-
-Er... Lascia stare. Non ce n’è bisogno.- rispose, distogliendo lo sguardo dal moro, le gote leggermente arrosate. -Ad ogni modo, ti chiamo un taxi. Hai bisogno di riposarti.- 
-Già. Ne ho proprio bisogno. Grazie ancora di tutto.-
---------

Quella scena continuava ad apparigli nella mente come una visione. Erano passate appena poche ore da allora, ma l’idea di risolvere il tutto, e al più presto, lo aveva tenuto sveglio tutta la notte, senza mai svanire. Non appena qualche raggio di sole lo colpì in volto, annunciandogli l’inizio della giornata, Ranmaru si alzò e fece colazione. Mentre sorseggiava del caffé, diede un’occhiata ad alcune inserzioni pubblicitarie scritte sul giornale. Non sarebbe stato facile trovare qualcosa per il suo amico, ma tentare non poteva far male. Non c’era nulla di interessante; c’era da aspettarselo. Finì di bere del caffé e poi si sbrigò per uscire di casa. Stare all’aria aperta lo avrebbe aiutato a pensare a qualcosa, sicuramente. E se nulla gli fosse venuto in mente... Beh... Poteva sempre ripiegare su quell’unica soluzione. Già. A meno che qualcuno non l’avesse tirato fuori da quel pasticcio, non avrebbe avuto altra soluzione.
Scosse la testa per scacciare quei pensieri. Non appena fu pronto, chiuse la porta dietro di sé e girò la chiave nella serratura. Dopodiché, si affrettò a lasciare il palazzo e iniziare la sua routine quotidiana.


Angolino dell’autrice
Buon anno e buone feste a tutti con gran ritardo! Scusatemi, ma ho avuto tanti impegni con l’università e seppur (non uccidetemi adesso) il capitolo fosse mezzo pronto da tempo, continuavo ad esitare perché non mi convinceva... Non so, ma la piega troppo deprimente non mi convinceva, anche se dopo mesi devo dire che è necessaria. Soprattutto non mi convinceva la parte di Saotome, ma la mia beta-reader mi ha detto “Ma tu non sai com’è Saotome, quindi è più che plausibile. Insomma, non mi ispira molta fiducia... Secondo me è cattivo.” e così mi sono convinta. Ad ogni modo, devo rimediare per il ritardo e (probabilmente) la pessima qualità del capitolo, perciò proverò a fare del mio meglio per il prossimo. Oh, e potrei avere una sorpresa... Se il tempo e l’ispirazione permettono. Vi avviso che potrebbe volerci un po’ prima del prossimo aggiornamento, poiché dalla settimana prossima iniziano gli esami, quindi... Abbiate un po’ di pazienza e perdonatemi! 
Passando alle recensioni, un grazie a
-Lyel, grazie mille, cara! Sono contentissima di sapere che Ai è piuttosto IC e se sbaglio, mi raccomando, segnala eventuali errori! Mi dispiace, ma dovrai abituarti prima o poi a vederlo come tale. Insomma, è abbastanza figo e ce lo vedrei tantissimo -mancato barista. Mi fa piacere sapere che ti è piaciuta quella scena! Visto che la storia è un po’ deprimente, e io non riesco a tenere a freno il mio (stupido) umorismo, ogni tanto mi scappa metterci qualcosa di comico. Anche perché appena ci sarà qualcosa tra i due, non mancheranno di certo scene divertenti! Sul raiting... Devo vedere. Volevo fare qualcosa di tenero, ma vediamo un po’. Per quanto riguarda il finale, invece, “che sei cattiva!” (cit. Necessaria di un “orribile fansub”) purtroppo la storia procede a rilento, quindi ti tocca aspettare, ma mi farò perdonare. *occhiolino*
-pinky_neko, grazie mille per seguire la storia! Mi dispiace che la lunghezza sia un po’ problematica, visto che devi leggerla a pezzi, però è nel mio stile dilungarmi anche quando non voglio, quindi per te sarà tipo un “amo et odii”, haha. Mi fa piacere sapere che ti piace il modo in cui li descrivo e a riguardo posso anche darti una spiegazione - tanto role play su tumblr nel ruolo di Tokiya e ho ruolato tantissimo con dei Reiji e un Ranmaru (poverini, dovevano sempre ritrovarsi alle prese con delle mie stupide idee, haha) e anche una mia abilità di analisi (?). Ad ogni modo, no, non credo che seguirò la trama originale. Poiché mi sono ispirata a dei drama CD per la storia, ogni personaggio fa qualcosa di diverso rispetto alla professione di idol. Non mi ricordo con esattezza cosa facesse Ai, ma non lo renderei un robot. O almeno, non si parlerebbe della sua natura, sta’ tranquilla! Pian piano, arriveremo al sodo, quindi avrai modo di capire dove vuole andare a parare la storia, non ti preoccupare.
-Starishadow, grazie mille anche a te per seguire la storia! Se questo già ti fa emozionare, allora non vedrai l’ora di leggere il seguito! Haha, ci vorrà un po’, ma pian piano anche questa storia decollerà! Per la parte di Ai ti riferisci a quella della banconota? Mi sono divertita tantissimo a scriverla! Purtroppo il mio umorismo si farà sentire, anche quando non serve -giusto per rimettere tutto in equilibrio, altrimenti qualcuno potrebbe avere istinti suicidi a causa della depressione di Reiji. 
P.s. Come ho detto, c’è una sorpresa. Se il tempo permette, forse riuscirò a postarla a breve, altrimenti sarà dopo gli esami. Se dovessi scrivere altre ReiRan ti avviserò, non ti preoccupare! *sorride*
Infine, un grazie a tutti i lettori anonimi. Spero che la storia sia di vostro gradimento. Se mai voleste fare delle annotazioni, sentitevi liberi di commentare o di scrivermi in privato! Alla prossima!  p.s. chiedo venia per la forma estetica del capitolo, ma io e gli html siamo come gli inglesi e i francesi... non riuscirò mai a districarmi con tutte quelle formule. Grazie per la comprensione!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Admonishment ***


Era giunto il momento di aprire il bar per la sua attività quotidiana, permettendo a molti ubriaconi di poter entrare finalmente. La cosa lo irritava terribilmente. Ma non avevano da lavorare? Già dalle sei, sette del pomeriggio si mettevano in fila di fronte alla porta del bar, ansiosi di poter entrare e dar sfogo ai propri problemi, tra un bicchiere e l’altro, come se quello fosse l’unico modo per risolvere le questioni che affliggevano le loro vite. Se avesse fatto anche lui così, sarebbe cambiato qualcosa? Era una domanda che si poneva sempre guardando quegli sciatti colletti bianchi accasciati sul bancone dopo nemmeno tre bicchierini, ma poi finiva col scuotere la testa e dirsi che un simile problema non ci sarebbe mai stato, perché tanto, lui, era un barista. Eppure, strano a credersi, ma anche uno come lui aveva problemi, già, e il suo era un grosso problema. 
Tra un’ordinazione e l’altra, o durante l’attesa, il barista rifletté su ciò che dal giorno prima continuava a tormentarlo. Era teso. Molto. Non aveva preso accordi con Reiji, né avevano fissato una scadenza. Si erano lasciati con la semplice promessa di un aiuto da parte del barman, ma nulla di più. Se Reiji fosse venuto, cosa gli avrebbe detto? Non è che non avesse idee, però... Non aveva ancora preso una decisione seria riguardo al da farsi e il tutto era solo un “forse”. E poi...
-...rista? Ehi, barista! Stai dormendo in piedi? Guarda che il drink non te lo pago oggi!- fece un cliente seccato, iniziando subito a tormentare il giovane.
-Ah, insomma! Non sei l’unico che vorrebbe dimenticare tutto con un bicchierino!- rimbeccò l’altro, alquanto innervosito.
Quel giorno non aveva proprio voglia di lavorare, ma che poteva farci? Gli toccava. Non poteva fare altro per sopravvivere. Non c’erano molte strade da prendere per lui.
Scosse la testa, cercando di lasciarsi alle spalle il problema, almeno finché non avesse terminato la serata, e si dedicò all’impaziente cliente.


L’orologio segnava circa le due quando ormai il locale sembrava essere pieno. I clienti arrivavano uno dopo l’altro, sedendosi alcuni al bancone, alcuni a dei tavolini in fondo alla stanza. Il posto non era grande, ma lo spazio era sufficiente da permettere la presenza di alcuni tavoli accanto al muro, di un bancone con le relative sedie e lo scaffale delle bottiglie e l’ignota presenza di una stanza, dove il barista lasciava le sue cose e dove la maggior parte delle scorte si trovava. Era davvero difficile gestire quel posto da solo, eppure era già un paio d’anni che lavorava in quelle condizioni. Aveva retto il ritmo e se non aveva ceduto prima, non poteva di certo cedere adesso. All’improvviso, il telefono prese a squillare, interrompendo il solito tram tram. Sentendone il suono, Ranmaru non si allarmò più di tanto, convinto che la chiamata in arrivo fosse per un cliente, o ancora, ipotizzò che qualcuno chiamasse per riservare un posto. Si congedò dal cliente che stava servendo e si affrettò a rispondere.
-Pronto?-
-Alle quattro passo a prenderti. Sarà meglio per te aver finito di lavorare, intesi?-
-Pronto? Con chi parlo? Pronto?-
La sua voce profonda continuò ad echeggiare nella cornetta del telefono, mentre un sonoro rumore gli ricordò che avevano riattaccato. Una conversazione veloce e molto chiara, si disse con sarcasmo. Sbatté le palpebre alquanto sbigottito, rimanendo immobile accanto al telefono, sperando di capire cosa fosse successo. Cosa poteva esserci da capire, però? Doveva essersi trattato di uno scherzo -e su questo ne era molto sicuro!- e non era stato affatto divertente. Non aveva tempo per le sciocchezze e lasciò perdere l’accaduto, per rimettersi subito a lavoro.


Dopo qualche ora, finalmente era arrivato l’orario di chiusura, che nel week-end tendeva ad estendersi di più a causa degli ubriaconi, ma anche di quelli che, ormai diventati clienti abituali, chiedevano al loro fido barista di lasciarli divertirsi ancora un po’, e spesso invitandolo ad alzare il gomito assieme a loro - invito che era sempre costretto, con contentezza, a declinare.
La campanella del locale trillò e un nuovo cliente mise piede nella stanza. Questi schioccò le dita e ordinò agli ultimi clienti rimasti di andarsene, onde evitare di ritrovarsi immischiati in brutti affari, allarmando così i clienti più lucidi. Gli altri non lo calcolarono, ma presto furono minacciati per benino al punto che dovettero lasciare il locale.
Ranmaru, dal canto suo, guardò la scena un po’ perplesso, ignaro di cosa stesse succedendo e ignaro di come comportarsi. Tra l’altro, con un’entrata simile, il nuovo arrivato lo aveva decisamente spaventato. Ma quando trovò le parole e lo spirito per reagire, il losco figuro si era seduto con le braccia conserte al bancone. Era una persona di statura piccola e minuta, a giudicare dall’aspetto, con indosso una bombetta che gli copriva la testa e un soprabito, entrambi di colore blu scuro. Dal cappello spuntavano dei capelli color ciano, tuttavia, seppur la cosa gli sembrasse familiare, non osò azzardare ipotesi.
-E lei... Chi sarebbe?- domandò con voce bassa, cercando di essere il più cauto possibile.
La persona alzò la testa, mostrando finalmente il volto.
-Mi sembri sorpreso. Eppure te l’avevo detto che sarei venuto.- rispose quella con voce sottile e inespressiva.
-T-tu?! Ma che diavolo ti salta in mente?! Mi piombi nel locale e mi cacci via i clienti?!- tuonò Ranmaru, sporgendosi in avanti sul bancone per avventarsi sulla sua conoscenza e prenderla per il colletto del vestito. -Cavolo! Hai la benché minima idea di cosa hai combinato?!-
Quella rimase impassibile, come se non gli importasse nulla dei sentimenti del barista, né delle sue lamentele, e soprattutto, sicuro che non ci sarebbe stato pericolo per la sua incolumità.
-Te l’ho già detto: ti avevo avvisato. Non ti ho visto fuori, perciò sono venuto a ricordarti che avevamo un appuntamento.-
-Avvisato? Quando?- domandò confuso.
-Te ne sei già scordato? Fantastico. Spero che la tua memoria sia corta, così potrai tirarti fuori da questo casino con più facilità.-
-Ma che cavolo...? Senti, Ai, sarai pure un idol, ma non puoi fare quello che vuoi!-
Il ragazzo non si curò di quella frase e spostò il suo sguardo dalle iridi bicromatiche del barista a una delle sue mani che lo teneva per il colletto del soprabito. Con aria snob, si portò una mano al collo e la posò su quella dell’altro, sollevandola e allontanandola da sé.
-Ti aspetterò fuori. Chiudi tutto perché non torneremo qui.-
Ranmaru lo lasciò andare, tirando poi un lungo sospiro, mentre il giovane si allontanava con molta calma. Non c’era verso di tener testa a quel moccioso viziato. Ogni volta faceva quello che voleva e non c’era modo di fargli capire che, magari, stesse sbagliando. E ancor più fastidioso era il suo modo di fare e di comportarsi: non curante e altezzoso. Non gli importava niente di nessuno e guardava tutti dall’alto al basso, squadrandoli e categorizzandoli come “gente inferiore”, persone con cui non c’era motivo di sprecare il proprio fiato, né il proprio tempo.
Si rassegnò e decise dunque di seguire i suoi ordini, togliendosi subito il grembiule e prendendo le sue cose, pronto per chiudere il locale e lasciare il posto.

Non appena fu fuori, cercò l’idol con gli occhi, ma non lo trovò. Al suo posto, invece, adocchiò una berlina nera parcheggiata dall’altro lato e notò che questa aveva un finestrino semi abbassato. Doveva essere lì dentro. Attraversò e fece il giro del veicolo per entrare dal lato del marciapiede. Aprì lo sportello, si chinò e salì in macchina. Ai non si scompose minimamente, semplicemente, fece un cenno con la testa e l’autista mise in moto l’auto. Ciò mise fortemente a disagio il barista e una serie di domande e considerazioni presero a tormentarlo. Ai era proprio un ragazzino viziato, si disse, e non aveva nemmeno bisogno di comunicare col proprio autista: un cenno e puff, questi lo scorazzava dove voleva. O forse... 
Notò delle strani luci colorate nel vuoto, sospese a metà tra il retro dell’auto e la parte anteriore. Capì che probabilmente ci fosse un vetro a separare le due parti dell’auto e che magari fosse abbastanza spesso per permettere l’insonorizzazione. Il che spiegava la precedente scena. “Figo...” pensò tra sé e sé sarcasticamente. Tuttavia, era ancora convinto che il ragazzino si desse troppe arie. Infatti, questi non lo stava ancora degnando di uno sguardo, continuando a scrutare qualcosa attraverso il finestrino. Ranmaru tirò un sospiro prima di interrogarlo.
-Perché hai messo in scena tutto questo?- chiese, mostrandosi apparentemente calmo.
-..... Te l’ho detto: ti sei cacciato in un grosso guaio.-
-Non ho idea di cosa tu stia parlando.- replicò, cercando a stento di non spazientirsi.
-Lo sai benissimo, invece. Si tratta di lui.-
-Lui?- ripeté quel pronome con un bisbiglio. -Se per lui intendi Reiji, forse ho una mezza idea del perché sono qui.-
-......-
-Cos’ha combinato?-
-Non ne sai davvero nulla o stai solo fingendo?- domandò il ragazzino in tono secco, finalmente degnando il barman di uno sguardo. Probabilmente voleva scrutarlo per capire come condurre la conversazione.
-No, davvero, non ho idea di niente. Se c’è qualcosa che devo sapere, informami tu.-
Ai sospirò.
-Quel cretino è venuto in ufficio con una lettera di dimissioni.-
L’altro sgranò gli occhi.
-Cosa!?-
-Aveva intenzione di presentarla al direttore stamani stesso.-
Non appena sentì quella frase, il più grande voltò leggermente il capo, facendo una smorfia per la disperazione e chiudendo gli occhi. Quel cretino! Ma che aveva intenzione di fare? Ranmaru stava davvero iniziando ad esasperarsi.
-Dimmi che non l’ha fatto!-
Ai fece una pausa prima di rispondere. -Non proprio. Non ho alcun modo per dimostrarlo, ma credo di averlo fermato in tempo.-
Un altro sospiro da parte del barista. Questa faccenda gli stava causando fin troppi problemi e ciò lo stava stressando terribilmente.
-Spero vivamente che sia così. Ma cosa gli è saltato in mente?-
-E’ quello che vorrei sapere da te.-
Il barista fece un lungo respiro, scrutando il vuoto, pensando a cosa rispondere al giovane idol. Non aveva davvero idea di cosa frullasse nella mente del moro. Tra l’altro, non si erano nemmeno visti quel giorno -e adesso aveva una mezza idea del perché. Rifletté sugli avvenimenti della sera prima. Quello era l’unico indizio in suo possesso e forse avrebbe dovuto mettere al corrente il ragazzino. Lo fissò negli occhi, la testa leggermente inclinata di lato, meditando su quale fosse la scelta migliore da prendere.
-Sei al corrente di come se la passa il tuo amico...- disse in un tono che pareva a metà fra una affermazione e una domanda.
Il piccolo non rispose.
-Devo prenderlo come un sì?- gli domandò, cercando di controllarsi.
Non gli piaceva quando Ai faceva lo snob e si comportava come se tutto fosse ovvio e come se la gente potesse leggergli nella mente, o ancora, come se tutti dovessero sottostare ai suoi ordini. Era davvero snervante! In quel momento sentiva che avrebbe potuto prenderlo a schiaffi e dirgli di smetterla con quel suo comportamento “altezzoso”: di imperatore ne bastava e ne avanzava uno soltanto, no?
-D’accordo. Non vuoi parlare. “Chi tace acconsente”, giusto? Come dicevo, Reiji è in una situazione piuttosto difficile. Ieri mi ha parlato della sua “carriera” presso la Saotome e mi ha implicitamente chiesto di aiutarlo. A dire il vero, sono rimasto mortificato e impietosito dal suo racconto e per questo ho deciso di aiutarlo di mia spontanea volontà.-
Ai inclinò leggermente il viso.
-Perché? Cosa ti spinge a provare pietà verso qualcuno che non ha mai provato a cambiare il proprio destino?-
Ranmaru lo guardò confuso.
-Che significa?-
-Non è altro che una vittima passiva degli abusi che riceve. Non l’ho mai visto cercare di cambiare la sua situazione. Questo significa che non vuole, che, in fondo, gli fa comodo fare la parte della vittima, non trovi?-
Quelle parole gli sembrarono come un insulto.
-Cosa diamine dovrebbe significare il tuo discorso? Potrà anche non averci provato, ma ciò non significa che la cosa non lo ferisca. Alcune persone non sono forti, non sanno come reagire alle difficoltà che incontrano nel loro cammino, ma non per questo significa che amano essere compatiti!- tuonò, prendendo a gesticolare e per poco non rischiando di colpire il ragazzo, cosa che non gli sarebbe dispiaciuta, in effetti. -Non credo tu possa capire, ma... Speravo che standogli vicino tu lo conoscessi meglio di me. Sai benissimo cosa passa, come soffre e cosa vorrebbe dalla vita. Tu hai tutto, non puoi comprendere, ma Reiji... sta lottando con tutto il suo impegno per realizzare il proprio sogno e tu affermi il contrario. Davvero, non capisco. È stato il tuo manager, avete vissuto insieme, eppure, mi sembra di capire che in realtà tu lo odii. Perché?-
Gli occhi di Ai divennero due fessure.
-Non rispondermi con un’altra domanda. Sono io ad averti chiesto qualcosa, rispondimi.-
Ranmaru scosse la testa, bofonchiando qualcosa, prima di riprendere ad inveire contro il più piccolo.
-Va’ al diavolo! Non ho ancora capito cosa tu voglia da me, ma non è con questo atteggiamento che l’avrai! Aiuterò Reiji a qualsiasi costo, che tu lo voglia o meno. Se hai qualcosa in contrario, stammi... Anzi, stacci alla larga! E ora, accosta la macchina. Voglio scendere.-
Ai lo scrutò senza fiatare. I suoi lineamenti erano poco turbati da quel trambusto; giusto le sopracciglia parevano leggermente corrucciate. Rimase in silenzio per un po’, prima di proferire parola.
-Va bene. Se sei pronto a soffrire, non ti auguro altro. Spero che sarai in grado di sopportare le conseguenze delle tue azioni.- rispose con un filo di voce che non mostrava alcun risentimento nei confronti dell’altro.
Poi si voltò verso la parte anteriore dell’auto e fece un cenno all’autista, il quale decelerò la velocità dell’auto. 
Il più grande non disse nulla. Meditò sul significato di quelle parole e non appena l’auto sembrò essersi fermata, scese. Non proferì alcuna parola, bensì, sbatté con forza la portiera della berlina, prendendo a camminare a passo spedito verso una direzione, sicuro di sé.


Il suo appartamento distava qualche isolato. Prima di recarsi lì, decise che era meglio fermarsi nel parco lì vicino e meditare su quanto era accaduto: tutti quegli avvenimenti si erano susseguiti senza sosta, dandogli un bel problema. Continuava ancora a domandarsi perché mai s’era impicciato in certi affari. Beh, Reiji gli era simpatico e, in un certo senso, sentiva che avevano qualcosa in comune. Sì. C’era qualcosa che li legava e c’era un motivo per cui si erano incontrati. Destino, coincidenze... Il nome non era poi così importante. Ciò che più importava era il motivo, la ragione di tutto ciò che vedeva protagonisti loro due. Chissà? E ancora, un interrogativo più grande lo metteva in guardia su ciò che il futuro gli avrebbe riservato: la sofferenza. Perché mai Ai continuava a proporgli una visione negativa del moro? Cosa poteva esserci che non andasse con lui? Certo, non lo conosceva bene, ma sentiva che poteva fidarsi di lui, che non c’era “pericolo”.
Puntò gli occhi al cielo, mentre meditava su tutto ciò e sorrise mestamente.
-Qualunque cosa possa riservarmi il futuro, io sono pronto.-

----

Dopo un intero semestre, finalmente ritorno con un nuovo capitolo di questa storia. Chiedo venia per la minore lunghezza e la scarsa presenza di eventi, ma è un capitolo che ho scritto con tanta difficoltà (effettivamente così come lo vedete adesso è pronto da mesi, solo non mi convinceva). Ho deciso di usarlo come capitolo di transito per passare ad una parte più "movimentata" della trama e quindi nel prossimo spero di riuscire a regalarvi di più. Inoltre, questa bella fanfiction ha quasi un anno, motivo per cui mi son detta "Beh, portiamola avanti!" e spero proprio di riuscire a pubblicare il nuovo capitolo in occasione del suo compleanno. Vi ringrazio infinitamente per l'attesa, per il sostegno -attraverso le recensioni, i preferiti e tutti i modi possibili- e spero davvero di non deludere le vostre aspettative.
Passiamo alle recensioni (scusate l'attesa):
*Lyel: mi fa piacere sapere che il capitolo ti sia piaciuto e spero che sarai clemente con questo. Spero che l'Ai di questo capitolo non ti abbia deluso, perché sinceramente mi piace tenerlo così, anche per sdrammatizzare la situazione. Ad ogni modo, sì, Reiji è proprio provato dalla sua situazione e per ovvi motivi Ranran non può fare a meno di andargli incontro (che tenero!). Purtroppo per te, non posso rilasciare altre news riguardo la soluzione... :3 Dovrai attendere i prossimi capitoli per scoprire come i due risolveranno la cosa. 
*Starishadow: dovrò aspettarmi un altro "Sei tornata", haha. Purtroppo, sì, come ben sai con lo studio e tutto non sono riuscita ad aggiornare prima e non ero molto convinta del capitolo, come ho già ribadito. Ad ogni modo, già, Shining è il cattivo -ho dato l'headcanon- e Reiji si trova a dover affrontare questa difficile situazione. Ma non temere, perché Ranran riuscirà a fargli tornare il sorriso sulle labbra! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto e che la mia dose di umorismo non abbia portato dell' "oocccciù"  :)
*Pinky_neko: ed ecco qui il capitolo! Grazie per la comprensione e spero vivamente che questo breve capitolo sia di tuo gradimento. Son contenta di sapere che Shining sia ben visto in qualità di cattivo -anche perché me ne sto convincendo pian piano, grazie a questa storia- e per quanto sia stato duro nei confronti di Reiji portandolo alla depressione, prometto che tornerai presto a vedere il moro sorridere! :) Parola di okaasan! Sì, Reiji e Ranmaru sono teneri e un Ranmaru tanto tenerone fa commuovere anche me nella stesura del capitolo. Tranquilla, la sua soluzione farà sorridere tutte e farà fangirlare tantissimo, visti gli sviluppi che ho in mente.
Ringrazio tutte per i commenti e il supporto! Alla prossima,
Lerenshaw

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2779146