Attrazione Fatale

di Shiren
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cold Mountain ***
Capitolo 2: *** Bad Day ***
Capitolo 3: *** Pride and Prejudice ***
Capitolo 4: *** Green Face ***
Capitolo 5: *** Red Underwear and lot of drink ***



Capitolo 1
*** Cold Mountain ***


Note: Questo capitolo non è molto lungo, ma serve come introduzione. Il rating "Giallo" è soprattutto per la presenza di parolacce (uso comune nel linguaggio, ormai). Accetto critiche e complimenti e ringrazio in anticipo chi si avventurerà a leggere questo breve capitolo.



Sono incazzata. Mi hai fatto male accidenti.
E non mi vieni neanche a chiedere scusa…
Ma che razza di stronzo sei?
A volte mi chiedo come faccio a volerti così bene…


Eravamo andati in montagna per le vacanze di Natale. In cinque avevamo affittato un piccolo chalet a buon prezzo ed eravamo partiti quasi subito dopo la fine della scuola. Avevo guidato io, alternata a Luca, fino alla baita, con il bagagliaio e il tetto della macchina (la polo blu di mio padre) strapieni di valigie e attrezzature da sci o snowboard.
Ci divertimmo anche in macchina ricordo, mettendo su Cd di vecchi artisti tra cui un disco di Baglioni di mia mamma trovato nel cruscotto o un Cd di Ligabue che aveva portato Claudia. Cantavamo a squarciagola mentre Luca guidava facendo smorfie disgustate per la nostra deprimente intonazione. Antonio e Daniela seguivano il coro, il primo forse con meno entusiasmo, ma povero, soffriva di mal d’auto.
Arrivammo allo chalet con il sorriso sulle labbra e dopo che io ebbi aperto la porta in legno ci affrettammo a “svuotare” la macchina che, se avesse avuto sentimenti o parola avrebbe sicuramente implorato pietà.
Antonio e Luca (e dire che dovrebbero essere loro gli “uomini”!) la prima cosa che fecero fu di sedersi per terra per non sistemare le nostre cose, ma, a forza, li tirammo in piedi e cominciammo ad aprire le valigie, fare i letti e cose di questo genere, d’altra parte qualcosa dovevamo pur fare calcolato che il pomeriggio saremmo dovuti andare a sciare e la sera i letti dovevano essere fatti.
Una volta finito mi proposi di preparare da mangiare (non per vantarmi, ma a 18 anni ero già un piccolo genio in cucina) e, nonostante Luca continuasse ad insinuare che li avrei avvelenati tutti, misi mano alle nostre scorte e pensai a qualcosa da preparare.
Mentre cucinavo, ricordo perfettamente un momento in cui erano usciti tutti a giocare a palle di neve e io, solitaria ma tranquilla pensavo ai fatti miei. Quando sentii due braccia circondarmi la vita e una testa coperta da riccioli neri che si posava sul mio collo.
“Fa freddo fuori”
Io, rossa, cercai di non farmi vedere in viso e risposi con un mugolio d’assenso. Deglutii e poi cercai di farmi uscire qualche parola dalla bocca.
“Certo, se esci in maniche corte…”
Luca era il mio migliore amico. Ed era l’unico a sapere della mia attrazione per lui.
“Mi scaldi?” mi disse con una voce ironica che ormai ripeteva da quasi un anno.
“Dai non prendermi in giro…Sto cucinando” cercai di scrollarmelo via senza troppo entusiasmo, ma lui non mollò la presa. Era strano perché non si era mai comportato così.
Ero io quella appiccicosa con lui, che aveva bisogno di quel contatto indispensabile, anche se era un fatto che faceva parte esclusivamente del mio carattere. Udii la porta aprirsi e d’istinto sbiancai e fece un leggero sobbalzo che percepì soltanto Luca.
“Cosa vuoi che pensino?” mi sgridò in un sussurro.
Poi mi lasciò e io riuscii di nuovo a concentrarmi su quello che stavo facendo. Era più forte di me.
Finché ero io a toccarlo, ad abbracciarlo normalmente, andava tutto bene, ma quando era lui ad avvicinarsi o a me capitava di toccarlo in punti particolari senza farlo apposta, il mio cervello si scollegava. Andavo in corto circuito.
Non ero innamorata, ma provavo un’irrefrenabile attrazione per lui. Era davvero il mio migliore amico, non avevo mai avuto un rapporto come lo avevo con Luca, ed era proprio questo il motivo per il quale non provavo più di un’attrazione per lui. Avrei odiato me stessa se l’avessi perso come amico. Mi sarei odiata terribilmente.
“Ragazzi, purtroppo più dei panini non potevo fare con quello che c’era…più tardi vado a fare la spesa e per stasera faccio qualcosa di più sostanzioso”
“Come più tardi?”
“Dany non hai visto come nevica? Oggi di andare, almeno per me, non se ne parla”
“Effettivamente non credo sia il caso…E poi, dai il primo giorno stiamocene tranquilli”.
Dopo mangiato Antonio e Claudia si addormentarono beatamente sul divanetto e dopo poco, anche Daniela sprofondò tra le braccia di Morfeo con ancora il libro tra le mani.
“Siamo rimasti soli” sorrise Luca.
“Non mi pare”
“Beh, dipende da come la vedi. Mentalmente siamo rimasti soli. Fisicamente no”
“Che filosofo”
“Oh, che palle! Perché devi fare così?” sbottò.
Lo guardai con occhi perplessi.
“Cosa stai dicendo?”
Mi prese per un braccio non troppo delicatamente e mi portò fuori chiudendo piano la porta.
“Perché deve essere così…distante, ecco, quando scherzo così? Sembra quasi che…”
Mi teneva ancora il braccio e abbassò lo sguardo. Io lo presi per i gomiti.
“Che…cosa?”
“Che tu provi qualcosa di più per me…”
Risi. “No”.
“Sei sicura?”
“Al cento per cento”. Era contento. Sapeva che il nostro rapporto si sarebbe distrutto se io mi fossi innamorata di lui, e non voleva. Mi somigliava molto da quel punto di vista.
A quel punto mi si avvicinò e mi abbracciò stretta e io ricambiai mentre trattenevo le lacrime. Era il mio migliore amico cazzo! Non volevo perderlo, sarebbe stato troppo per me.
Quando entrammo era ancora tutto in silenzio a parte il leggero russare dei tre dormienti.
Io e Luca ci sedemmo al tavolo e cominciammo a giocare a carte.

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Capitolo 2
*** Bad Day ***


Un paio di ore dopo si erano svegliati tutti e tre, uniti nell’avere delle facce catastrofiche. Io, risi in particolare di Daniela che aveva gli occhiali tutti storti e i capelli che andavano da tutte le parti.
“Si può accendere la radio?” mi chiese Claudia.
“Si, certo, guarda che per accenderla devi premere quel tasto nero a destra, ecco brava…”.
Si udirono le voci dei VJ e poi annunciarono la successiva canzone in classifica, ma non riuscii a sentire il titolo perché Antonio aveva fatto uno sbadiglio talmente rumoroso da coprire anche il suono della radio; così sentii le prime note e crollai seduta sulla sedia.


“Una è troppo poco...due sono tante
Quante principesse nel castello mi hai nascosto
TI VOGLIO BENE...te lo dicevo anche se non spesso
TI VOGLIO BENE...me ne accorgevo prima più di adesso
Tre sono poche..quattro sono troppe
Quante quelle cose che hai rinchiuso nel castello e ancora…
TI VOGLIO BENE...e nonostante tutte le attenzioni
TI VOGLIO BENE...dall’altro ieri invece da domani non lo so”


‘Cambia ti prego…Cambia canzone…’
Fu quello che pensai , ma che non riuscii a dire. La voce mi si era fermata in gola.


“Vorrei ringraziarti vorrei stringerti alla gola
Sono quello che ascoltavi, quello che sempre consola
Sono quello che chiamavi se piangevi ogni sera
Sono quello che un po’ odi e che ora un po’ ti fa paura
Vorrei ricordarti che ti son stato vicino
Anche quella sera quando ti sentivi strano
E ho sopportato
Però adesso non rivoglio indietro niente
Perché ormai secondo te ho tutto quello che mi serve
Un applauso forte sotto le mie note
Una copertina ed anche un video forte
Fidanzate tante quante se piovesse
Anche se poi le paure son le stesse
Ora che ho sempre tantissimo da fare
Dici che non ho più tempo per parlare
Ma se solo bisbigliando te lo chiedo
Tu sarcastico ti tiri sempre indietro
E quindi...”


Mi presi la testa fra le mani, piegata su me stessa, cosciente del fatto che, quasi sicuramente mi stavano guardando. Trattenevo le lacrime, sapendo che sarebbe arrivato il punto, in cui non sarei più riuscita a trattenermi e il fiume avrebbe rotto la diga.
Scuotevo la testa leggermente tra me e me non so nemmeno io per quale motivo, forse per convincermi che non era quella la canzone che stavano trasmettendo, no, era solo frutto della mia immaginazione…
O forse cercavo di scacciare via quei pensieri che mi ronzavano in testa come api.


“Sono trascorsi rimpiangendo i miei sogni
E in quanto a te so solo che se ti vedessi
Sarei più stronzo di ciò che ti aspettassi
È terminata l’amicizia da due ore
Ho seppellito l’incoscienza del mio cuore
In 4/4 ti racconto
Disilluso e non contento
L’allegria e la magia che hai rovinato
Ti ho visto camminare mezzo metro sopra al suolo
Dire in giro “sono amico di Tiziano”
E rassicurarmi di starmi vicino
Poi chiacchierare al telefono da solo
Dietro l’ombra di sorrisi e gesti accorti
Sono passati faticando i nostri giorni
E per quanto non sopporti più il tuo odore
Mi fa male dedicarti il mio rancore
E quindi...”


Ecco. Era arrivato.
“L’allegria e la magia che hai rovinato”.
Quella canzone per me erano le parole che mi avrebbe detto Luca se io avessi rovinato tutto.


“E’ che ti sono debitore di emozioni
E’ che al mondo non ci sono solo buoni
Magari questo lo sapevo ma è diverso
Viverlo sulla tua pelle come ho fatto io con te
E fu Latina a farci unire e poi pagare
Una canzone può anche non parlar d’amore
E ancora con tutto il cuore te lo dico
Anche se da due settimane non sei più
Mio amico..”


Scoppiai a piangere, sempre chiusa in quella mia posizione innaturale e sentii a malapena che qualcuno spegneva la radio. Qualcuno che aveva finalmente capito che quella canzone mi faceva male.
Mi accarezzarono la testa, mi toccarono le braccia. Cercando invano di consolarmi, di sciogliere quella posa insormontabile.
“Cos’è successo prima? Che le hai fatto?” sentii Claudia accusare qualcuno. Luca ovviamente.
“Che c’entro io? Abbiamo solo giocato a carte…”
Alzai il viso, rigato dalle lacrime che, per una volta, non aveva fatto colare il trucco quella volta inesistente. Mi alzai sorridendo, per quello che riuscivo e dirigendomi al bagno dove mi guardai allo specchio inorridita e mi sciacquai gli occhi con l’acqua fresca, in contrasto col mio viso che era bollente. Poi un bussare sommesso interruppe il mio momento.
“Si?” risposi debolmente.
“Posso entrare? Sono Luca”
Aprii la porta e gli feci cenno di accomodarsi (per quanto fosse possibile in un bagno) per poi richiuderla alle mie spalle subito dopo. Si sedette sulla tavoletta del water dopo averla abbassata e io mi appoggiai allo stipite della porta incrociando le braccia sul petto.
“Che hai?” mi domandò guardandomi negli occhi.
Io ci pensai su. “Se ti rispondessi niente me lo chiederesti di nuovo, quindi o ti dico una bugia o ti dico la verità”. Ci mise qualche secondo a metabolizzare la mia frase, poi, con un tono a metà fra stupito e incredulo mi chiese:
“E’ per me che piangevi?”
Scossi il capo con un sorriso poi inclinai la testa da un lato in una posa riflessiva che assumevo molto spesso quando non sapevo esattamente come rispondere.
“No, non esattamente. Sai benissimo che io mi faccio tutti i miei flash mentali” risi “In questo caso quella canzone mi fa pensare a come reagiresti tu se tra noi succedesse qualcosa…E io ci sto di merda”.
“Non l’ho ascoltata, a cosa ti riferisci?”
“A un po’ tutta la canzone a dire la verità, se mai ti capitasse di leggere il testo penso che capiresti tu stesso, ma sono frasi come ‘L’allegria e la magia che hai rovinato’, oppure ‘E’ che ti sono debitore di emozioni’ che mi colpiscono e mi fanno star male, capisci?”
“Più o meno…Comunque ho afferrato il concetto”
Sospirò e poi si alzò avvicinandosi un po’ di più.
“Sai che non sono molto bravo a consolare le persone, più che dirti ‘stai tranquilla va tutto bene’ non sono capace a dire, ma stavolta preferisco stare zitto. Quindi, se vuoi, abbracciami, farò altrettanto. Altrimenti usciamo da qui e torniamo di là dagli altri come se nulla fosse”.
Era il discorso più lungo che gli avessi mai sentito fare. Sorrisi e mi buttai praticamente tra le sue braccia stringendolo come lui aveva fatto con me qualche ora prima fuori dalla porta.
“Sono un disastro, rovino sempre tutto”.
Poco dopo essere uscita dal bagno, mi feci accompagnare da Daniela a fare la spesa. Avevo scelto lei apposta perché era la ragazza che, tra le due, mi conosceva meno. Sapevo che mi avrebbe fatto domande, ma sapevo anche che non avrebbe avuto sospetti con bugia detta bene. Infatti, spacciai il mio pianto per post ciclo e lei, comprensiva, mi disse che era capitato anche a lei.
Dopo aver fatto la spesa tornammo a casa e io mi misi subito ai fornelli. Calcolato lo scarso pranzo preparai come primo piatto una carbonara e feci anche un tiramisù, il dolce che amavo di meno fare perché era troppo semplice, ma anche quello più sbrigativo da preparare se il tempo non era molto.
Apprezzarono tutti le mie capacità culinarie e anche Luca si limitò a mangiare senza dire niente sorridendo quando gli feci notare con non si lamentava e quindi che non stavo avvelenando nessuno.
La sera ci sedemmo sui divanetti nel salottino, con il camino acceso e parlammo un po’ del più e del meno. Claudia raccontava i suoi pettegolezzi, Antonio raccontava le sue solite barzellette che facevano ridere sempre e io, Dany e Luca partecipavamo come pubblico, finché un cellulare squillò in un attimo raro di silenzio.
Vidi il mio migliore amico alzarsi e rispondere e, dopo un momento toccarsi la testa con una mano e uscire dalla porta. Ci guardammo tutti perplessi, ma senza ridere. L’aria era chiara: era successo qualcosa.
“Ragazzi, è quasi l’una. Se vogliamo andare a sciare domani mattina ci conviene andare a dormire”.
Furono tutti d’accordo e salimmo le scale per prepararci per la notte mentre io cominciavo a preoccuparmi della lunga telefonata. Mi misi a letto e dopo pochi minuti sentii le scale di legno scricchiolare e sollevata capii che Luca era rientrato. Vidi un’ombra passarmi davanti al viso e quando mi sentii toccare la spalla sussultai.
“Giulia?”
Mi misi a sedere sul letto.
“Che c’è?”
“No, niente, stai giù…Volevo chiederti una cosa…”
“Si dimmi”
“Ecco, ho bisogno di parlare con te. Posso dormire nel tuo letto? Con te è inteso…o è un problema?”
Beh, si che era un problema calcolata la mia inevitabile attrazione, ma capii che era un brutto momento e che quella mia stupida fissa doveva passare in secondo piano.
“Nessun problema”
Inoltre saremmo stati un po’ stretti. ‘Aiuto’ pensai.
Si sdraiò sotto le coperte accanto a me, cingendomi la vita con braccio per essere più comodo e appoggiandomi la mano sulla schiena.
“Un mio amico ha avuto un incidente. L’hanno investito” sussurrò.
“Oddio. E’ in ospedale?”
“Si,ha rischiato il coma, ma l’hanno preso in tempo e ora, anche se è grave, ma non rischia di morire…”
“Dio, Luca. Mi dispiace…ha battuto la testa?”
“No, no per fortuna…Ma ha una gamba e un braccio rotti e ha sfregato la faccia sull’asfalto quindi è abbastanza sfregiato ora”.
Ora che mi ero abituata al buio non mi fu difficile guardarlo negli occhi. Gli accarezzai una guancia e gli diedi un bacio sulla fronte.
Lui mi strinse di più e appoggiò la sua testa sul mio petto.
“Ehm, Luca” non potei evitarlo.
“Mmm?”
“Non stringermi così tanto” Lo sentii sogghignare e si stacco un po’ da me. Separazione solo momentanea perché poi mi baciò sulla guancia e poi sul collo.
“Vuoi che ti salti addosso?” sussurrai ironica.
“Magari mi farebbe dimenticare per un po’ questa brutta situazione” rispose lui, un po’ più serio di me.
Mi guardò negli occhi e, stringendomi, mi baciò sulle labbra. Prima delicatamente poi sempre meno quando anche io cominciai a baciarlo. Mi toccò i capelli, le spalle e io ricambiavo perché era ciò che volevo finché un impulso venuto da chissà dove non mi aiutò a fermarlo. Mi allontanai e gli posai un dito sulle labbra.
“No. Ricordati cosa ti ho detto oggi. Puoi dormire qui se vuoi, ma dormiamo. Non altro, d’accordo?”
“Va bene, buonanotte” e per salutarmi mi diede l’ennesimo, ultimo bacio sulle labbra.

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Capitolo 3
*** Pride and Prejudice ***


Il giorno dopo mi alzai prima di tutti e tra me e me fui contenta così. Se gli altri ci avessero visto dormire insieme si sarebbero fatti le loro idee (giuste in parte) e avrebbero fatto domande, cosa che volevo evitare a tutti i costi.
Con il frigorifero pieno della spesa fatta il giorno prima, ebbi una scelta più vasta su cosa preparare e infine decisi per delle crepes alla nutella. Cominciai a sbattere l’uovo con lo zucchero, poi aggiunsi la farina e il latte e, una volta che la consistenza della pastella fu quella giusta, presi la pentola media e finii di fare le crepes che predisposi su un piatto che misi in tavola insieme a nutella e marmellata.
Fu forse il profumo delle crepes calde o il fatto che era ora di svegliarsi, sta di fatto che pochi minuti dopo scesero tutti quanti con le facce una più assonnata dell’altra.
Io evitai di guardare Luca negli occhi.
“Come mai hai quella faccia così fresca e sveglia? Da quanto tempo sei in piedi?” mi chiese Antonio.
“Mmm…più o meno una mezzoretta…”
Mangiammo tranquillamente parlando di chi avrebbe sciato, chi usato lo snowboard o di chi non voleva rischiare la vita e preferiva al massimo usare lo slittino.
“Claudia ma dai! Provaci almeno, scendi a spazzaneve, ti faccio vedere come si fa!” esclamai, un po’ divertita per questa sua insistenza e un po’ infastidita.
“Ah, beh…Allora siamo a posto!”
Fortuna che la mattinata era cominciata bene, e se è vero che il buongiorno si vede dal mattino…

“Giulia?”
Due ore e mezza dopo ero in un bar con Luca per bere qualcosa di caldo, mentre Antonio faceva compagnia ad una testarda Claudia e Daniela se la spassava ancora sullo snow.
“Mmm?” gli risposi continuando a guardare verso il bancone apparentemente in attesa del mio thè al limone.
“E’ da stamattina che non mi guardi in faccia…Stai bene?”
Annuii continuando a evitare il suo sguardo. Con la coda dell’occhio lo vidi alzarsi bruscamente per sedersi di nuovo accanto a me oscurandomi la visuale con la felpa grigia.
Fui costretta a guardarlo.
“Va bene, ho fatto una cazzata ieri sera. Non dovevo baciarti”
“No, credo di no”
“Il fatto è che abbiamo un problema”
Lo guardai perplessa. Di che stava parlando?
“Quale problema?”
“Mi è piaciuto. E vorrei rifarlo ora, anche qui”
“Ah” fu l’unica cosa che riuscii a dire. Watson abbiamo un problema, voglio baciarti ancora. O cazzo.
Non sapevo assolutamente cosa dire, né cosa fare dato che mi aveva preso in contropiede. Generalmente avevo la situazione sotto controllo, ma queste cose mi hanno sempre mandato nel pallone.
Ero confusa e in panico perché, da una parte avrei voluto saltargli addosso in ogni momento in cui mi stava a meno di un metro (quell’istante compreso), dall’altra ero d’accordo sul fatto che ci fosse un enorme problema.
“Non dici niente?”
“Non so se sia una buona idea qui davanti a tutti…E comunque Luca, non prendermi in giro per favore”
Lo guardai negli occhi e parlavo seriamente. Insomma, ero stata io fino a quel momento a essere interessata a lui, ero io quella che lo cercava e tutto e ora? Ora le situazioni si ero quasi ribaltate, sommate al fatto che io ero completamente e assurdamente confusa.
“Non ti sto prendendo in giro sul serio”
“Trovo difficile solo il fatto che tu sia serio” ammisi con un leggero sorriso.
“E invece trovi male…”
Mi si avvicinò accarezzandomi velocemente i capelli e dandomi un bacio talmente e pericolosamente vicino alle labbra che per poco non cedetti quell’orgoglio che mi tratteneva dal baciarlo immediatamente con passione.
“Sarà meglio se torniamo dagli altri…” affermai semplicemente alzandomi dalla panca su cui ero seduta e invitando quindi anche Luca ad alzarsi.

La sera, verso le sei e mezzo, ci trovavamo tutti nella nostra baita. Stavamo guardando un po’ di Tv, io sdraiata sul divano con la testa appoggiata alle gambe di Luca.
Mentre socchiudevo gli occhi sentii Daniela e Claudia confabulare qualcosa, ma parlavano a voce troppo bassa perché io le potessi sentire. Udii solo le parole “usciamo” e “chiama Antonio”, oltre alla parola da cui intuii le cose, cioè “soli”.
Sentimmo la porta chiudersi e sorrisi. “Lo stanno facendo apposta” mugugnai rivolta a Luca.
“Cosa?”
“A uscire tutti e tre, a lasciarci da soli…Lo stanno facendo apposta” ripetei sorridendo.
“Ti da fastidio?” mi chiese con un tono di voce neutro.
“Un pochino…Diciamo che preferirei non pensassero quello che pensano. Non so se mi sono spiegata”. “Si credo di si. Comunque io continuo a guardare la Tv, semmai mi addormento…”
Dopo neanche cinque minuti udii il suo respiro farsi più pesante e capii che si era addormentato. Poco tempo dopo caddi anch’io nel mondo dei sogni, i quali stranamente non ricordai al mio risveglio un’ora dopo.
Mi svegliò Claudia scuotendomi un po’ violentemente.
“Giulia! Se non ti svegli Daniela si mette a cucinare! Non voglio morire così giovane!”
Dany non era esattamente una brava cuoca, così, un po’ assonnata mi alzai e scoprii che le gambe di Luca erano state sostituite, in modo evidentemente molto gentile se non mi avevano svegliato, da un paio di cuscini.
Facendo finta di niente mi diressi verso la cucina sbadigliando e aprii il frigorifero…
“Vediamo…Sono le sette e mezza, non riesco a fare qualcosa di troppo lungo e complicato, finirei domattina. Va bene polenta e gorgonzola? C’è anche dell’altro formaggio o il ragù fatto in caso della signora del bar se non vi piace il gorgonzola” affermai pensando.
“A me il gorgonzola piace” disse Daniela.
“Io e Antonio ragù” rispose Claudia.
Mancava qualcuno all’appello e non ve n’era traccia. Decisi di chiedere qualcosa, d’altra parte penso l’avrebbe fatto qualunque persona normale.
“Scusate la domanda, ma dov’è Luca?”
Daniela e Claudia si scambiarono uno sguardo e io alzai gli occhi al cielo, le avrei strozzate un giorno o l’altro, lo sapevo.
“E’ andato a prendere qualche ramo per il camino…penso che tornerà fra poco, comunque a quello che so la polenta gli piace…ma non ci metterai tanto a farla?”
Scossi la testa.
“No, è quella in buste che ho preso al supermercato, è buona! Per quanto riguarda il contorno, beh io metto in tavola sia formaggio che ragù, quando torna si prende quello che vuole”.
Detto questo cominciai a far bollire l’acqua con dell’olio mentre gli altri tre preparavano la tavola. Pochi minuti dopo comparve sulla porta un ragazzo coperto di neve con dei rami tra le braccia.
“Qualcuno mi da una mano per favore?” imprecò.
Io sorrisi e cominciai a versare il contenuto della busta rimestandolo con un cucchiaio di legno, Antonio corse ad aiutarlo. Diedi una scaldata al ragù della signora del bar, Aghata si chiamava. Sedemmo a tavola e Luca scelse il ragù, mentre io presi un po’ di tutti e due, alla fine mi piacevano entrambi!
“Dove eravate finiti oggi verso mezzogiorno, eh?” chiese Claudia maliziosa rivolta a me e Luca. Io quasi mi soffocai con l’acqua che stavo bevendo in compenso Luca le rispose:
“Non sono affari tuoi”. Lo guardai stranita. Non era da lui sbottare in quel modo.
“Scusa tanto eh! Era solo una domanda”
“Eravamo al bar, prendevamo qualcosa da…”
“No, Giulia, fammi capire, anche se eravamo da qualche parte a lei importa qualcosa? Potevamo anche essere andati ad ubriacarci e allora?”
“Fanculo Luca”.
Fantastico, pensai. La cena si era letteralmente rovinata.
Claudia andò nella stanza con i letti al piano di sopra a chiamare Thomas, il suo ragazzo, per sfogarsi un po’ e noi finimmo in silenzio di mangiare e altrettanto silenziosamente sparecchiammo.
Di chiederle scusa, per Luca, non se ne parlava, troppo orgoglioso e testardo. Anche perché alla fine quello che aveva detto lo pensava veramente, ok, il modo di fare era sbagliato, ma purtroppo la gente commette questo errore tutti i giorni. Pensiamo qualcosa e lo diciamo, a volte, con un modo di fare sbagliato magari persino cattivo. Ma non chiediamo scusa e perché? Siamo tutti troppo orgogliosi e convinti di ciò che abbiamo detto che il tono di voce e la cattiveria passano in secondo piano.
Mentre Daniela e Antonio provvedevano ad asciugare come meglio potevano i rami e ad alimentare il fuoco del camino, Luca venne da me in cucina, mentre io riempivo la lavastoviglie.
“Posso darti una mano?” mi chiese appoggiandosi con un fianco al frigorifero. Lo guardai sollevando un sopracciglio.
“Buffone. Come se non ti conoscessi…non vuoi darmi una mano”.
“Cercavo solo di essere gentile”
“Va bene, ma resta il fatto che non era la tua vera intenzione”
Sbuffò.
“Va bene è vero”.
Sorrisi.
“Lo sai che hai esagerato con Claudia?”. Mi guardò in modo strano, come se dubitasse di quello che avevo detto.
“Anche oggi, il fatto che sono usciti per farlo apposto ecc…ha dato fastidio anche a me…Lo sai che non sopporto chi si fa i cazzi degli altri”.
Annuii. Si che lo sapevo, eccome.
Mi avvicinai e lo abbracciai dolcemente appoggiando la fronte sull’incavo del suo collo e della spalla. “E questo cos’è?” mi chiese sussurrando.
“Un abbraccio da amici. Un abbraccio che dice ‘Ti voglio bene’…al di là di tutto” e con quell’ultima frase volevo dire un sacco di cose, forse troppe da poter dire in cinque minuti e fu come se lui l’avesse capito perché non mi chiese nulla.

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Capitolo 4
*** Green Face ***


Passarono i giorni e ogni mattina ci svegliavamo facendo colazione e andando a sciare, a parte una volta che c’erano le piste chiuse a causa di una piccola valanga e della neve che scendeva fitta.
La mattina del 31 dicembre ci svegliammo di buon umore e io, per l’occasione, preparai i toast con marmellata e nutella disegnando su ognuno o il numero 3 o l’1 alternandoli in modo da formare tanti “31” disposti sui tovaglioli appoggiati sul tavolo.
Con Luca in quei giorni era stato tutto piuttosto normale, forse un po’ più attaccati del solito, ma a parte abbracci e dormite sul divano non c’era stato nient’altro.
Non c’erano stati altri baci o peggio, qualcos’altro anche perché gli altri avevano capito fin troppo e non volevamo (io in particolare) che capitasse qualcosa che confermasse le loro teorie.
Quella mattina però ero un po’ tesa, d’altra parte era il giorno di Capodanno e insomma…succedono tante cose a Capodanno, si sa.
Nel pomeriggio sarebbe arrivato Thomas, il ragazzo di Claudia che sarebbe rimasto lì fino al 2 Gennaio, ossia il giorno della nostra collettiva partenza.
Guardai Luca e capii che la mia tensione in confronto alla sua faccia non era niente: il suo viso aveva assunto un colorito quasi verde, sembrava che stesse per vomitare.
“Ehm…Stai bene?” gli chiesi scuotendogli un braccio.
Lui per tutta risposta annuì senza aprire bocca.
Non mangiò e, a causa dei prezzi che erano aumentati per quel giorno, fummo costretti a rimanere in baita, anche se io, Daniela, Claudia e Antonio trovammo comunque un modo per passare il tempo, almeno per un po’.
Uscimmo e con la neve cominciammo a costruire un pupazzo di neve a pochi metri dalla baita, con Luca che ci guardava seduto sulla panca sotto la finestra mantenendo lo stesso colorito e la stessa espressione che aveva a colazione. Di tanto in tanto noi quattro ci scambiavamo occhiate come per chiederci “Ma siamo sicuri che non stia male?”, ma poi lasciavamo perdere perché, sapendo com’era fatto Luca, chiederglielo nuovamente non sarebbe servito.
Quando rientrammo con le mani semi-congelate nonostante indossassimo i guanti, ci fiondammo davanti al camino acceso per riscaldarci e rimanemmo lì una buona mezzora.
Dopo pranzo, Daniela e Antonio andarono al palazzetto del ghiaccio, seguiti da Claudia che sarebbe stata un’oretta con loro fino all’arrivo di Thomas.
Luca ed io rimanemmo soli e così ebbi l’occasione di chiedergli il motivo della sua faccia orrenda di quel giorno. In quel momento era seduto sul divano avvolto da una coperta di lana di uno strano color prugna e io mi avvicinai sedendomi vicino a lui.
“Hey” gli dissi con l’intenzione di attirare la sua attenzione, anche se ci riuscii relativamente.
Infatti non si mosse dalla sua posizione, né girò la testa nella mia direzione, ma mi rivolse solo lo sguardo. “Si può sapere che ti prende?” sbottai quasi.
Fece un sospiro impercettibile e poi brontolò qualcosa che non capii.
“Scusa? Sai mi è sfuggito il concetto” ironizzai.
“Oggi è Capodanno” borbottò di nuovo stavolta in modo perlomeno comprensibile.
Lo guardai con un sopracciglio alzato.
“Si lo so…Quindi?”
“Quindi insomma, il detto…la situazione…”
A dire la verità ero arrivata al dunque, ma ero bastarda e volevo che me lo dicesse lui, così lo forzai.
“Continuo a non capire”.
Mi stavo trattenendo dal ridere. La situazione era decisamente ridicola.
Alla fine lo vidi liberarsi un po’ di quella coperta, sicuramente caldissima, e guardarmi con una faccia buffa e notai che aveva ripreso un po’ di colore, anzi, era quasi rosso.
“Giulia…Sai benissimo a cosa mi riferisco. ‘Chi tromba a Capodanno tromba tutto l’anno’ e così via…” sbottò.
A quel punto scoppiai a ridere.
“Cosa ridi?” urlò.
“Dai, è divertente!” biascicai mentre ero piegata in due dalle risate.
A quel punto, non so se era veramente divertito pure lui o se fu solo contagiato dalla mia risata, ma cominciò a ridere a sua volta e infine cominciammo a farci il solletico a vicenda finendo per terra avvolti dalle coperte che ci facevano un effetto tipo camicia di forza.
Ci guardammo negli per dei secondi che sembrano sempre interminabili e so che se mi avessero chiesto “Cosa stai pensando?” io avrei risposto “Non ne ho la minima idea”. Gli misi le braccia dietro al collo e infila la testa tra la sua spalla e il collo, abbracciandolo.
“Mi sei mancato sai?” sussurrai.
“Come ti sono mancato?” rispose perplesso.
“Ultimamente non eri più lo stesso. Era quasi come se stessi cercando…di evitarmi. E avevo paura di perdere il nostro rapporto, di perdere il mio migliore amico”
Lo sentii sorridere e poi mi strinse.
“Ero solo un po’ pensieroso e sai che sono uno che si tiene le cose per sé”
“Già fin troppo” ammisi.
Poi lo scansai un po’.
“Dai Luca ora alziamoci perché se tornano gli altri e ci trovano così penseranno male per i prossimi cento anni!”.


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Volevo ringraziare coloro che mi hanno lasciato le recensioni fino ad ora e quindi:
-marionettenspieler: sono contenta che ti sia piaciuto =)
-Elena Olsen: nonostante il tuo non sia stato un commento del tutto positivo, mi ha comunque fatto piacere. Il fatto del pianto, purtroppo può sembrare esagerato, ma lei è terrorizzata di perderlo e nelle parole di quella canzone sente tutta la rabbia, il rimpianto, che lui potrebbe riversarle addosso se mai dovesse succedere qualcosa tra di loro.
-beab: grazie mille, spero continuerai a leggere! -Niis: Che dire? Grazie! Mi hai fatto capire che hai seguito bene il percorso dei primi capitoli e che sei rimasta "affascinata" dall'intrigo, mi hai dato un'enorme soddisfazione!
ps: per la correzione sulle 'braccia di Cupido' avevi ragione, è Morfeo, ho avuto probabilmente un momento di confusione XD.

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Capitolo 5
*** Red Underwear and lot of drink ***


Verso le quattro erano tornati tutti in baita, compreso Thomas, che avrebbe dormito con Claudia sul divano letto che non avevamo ancora aperto.
A turno ci infilammo sotto la doccia e poi, noi ragazze ci chiudemmo nella mansardina per vestirci. Daniela si era portata praticamente tutto l’armadio e a me, che non sono il tipo che indossa spesso vestiti, prestò un vestito verde acqua, a maniche lunghe, con la gonna semi-stropicciata che lo rendeva un po’ meno serio. Sotto misi i pantacollant neri al ginocchio e le ballerine, dato che con i tacchi sono impedita.
Daniela invece indossò un paio di jeans aderenti che le evidenziavano le gambe lunghe e un top rosa piuttosto scollato, infine le decolleté.
Claudia fu la più lunga a decidersi e infine optò per un vestito nero e marrone con un ampio scollo sulla schiena e che le arrivava a metà coscia e ai piedi un paio di scarpe con il tacco dorate.
Ci truccammo e raggiungemmo gli altri, ma davanti ai nostri occhi trovammo una sorpresa. Mentre ci vestivamo avevano addobbato tutta la stanza con palloncini ovunque rossi e oro e avevano preparato la tavola. Ma la cosa che ci sorprese di più, soprattutto Daniela, era la presenza di Alessandro, il suo ragazzo, che fino all’ultimo aveva detto di non poter venire perché era malato.
Daniela gli corse incontro e io ebbi il tempo di fare le mie considerazione sull’abbigliamento della fauna maschile.
Erano tutti vestiti bene. Antonio, il solito elegante, indossava dei pantaloni di Burberry, una camicia a righe molto semplice e raffinata e infine una sciarpa di seta beige.
Thomas portava una camicia simile a quella di Antonio con pantaloni neri, mentre Alessandro aveva una camicia bianca e dei jeans scuri con una cintura di Gucci.
Infine c’era Luca, che in quel momento guardava il soffitto con aria di indifferenza e appoggiato sul tavolo con un braccio. Indossava anche lui una camicia, ma a differenza degli altri era nera, mentre sotto aveva un paio di jeans che come al solito lasciavano “intravedere” i boxer, quelli rossi con lo squalo.
Guardandolo mi venne in mente che anche noi ragazze avevamo messo dei completi intimi rossi, d’altra parte era Capodanno!
Quando raggiunsi l’ultimo gradino mi diressi verso la cucina per preparare la cena, ma mi sentii prendere per un braccio e, voltandomi, vidi Luca.
“Stasera non cucini tu, te l’abbiamo risparmiato. Fra poco arriveranno le pizze per tutti”
Lo guardai a bocca aperta.
“Grazie io…Siete stati grandi stasera, tra i palloncini e le pizze…”
“Ehm, ehm” si intromise Thomas. “Le pizze va bene. Ma per i palloncini lasciamo stare! Fortuna che avevo una pompa per gonfiarli in macchina, perché questi due fancazzisti non hanno alzato un dito!” esclamò ridendo. Nonostante il discorso accusatorio rideva, per fortuna.
Io sorrisi e guardai male Luca e Antonio. Poi mi venne in mente una cosa.
“Ma scusate, come avete fatto a ordinare le pizze se non sapete i nostri gusti?”
“Beh per Claudia, Thomas lo sapeva. Per Daniela c’era Alessandro, e per te…Antonio lo sapeva” mi rispose Luca facendo spallucce.
‘Ah’ pensai. ‘Lo sapeva Antonio. Oddio Giulia chi se ne frega! È una pizza!’ continuavo a rimuginare, da stupida.
Un’ora dopo arrivarono le pizze, sette cartoni fumanti che odoravano di pomodoro caldo e gusti misti.
La mia era ovviamente al salame piccante, mentre quella di Daniela era con melanzane e ricotta. Ale, Claudia e Thomas avevano una margherita ciascuno e infine Antonio una quattro formaggi e Luca wurstel e patatine.
Mentre mangiavamo ci raccontavamo qualche barzelletta, progetti per il nuovo anno e situazioni scolastiche, per noi cinque che ancora andavamo a scuola. Thomas e Ale, lavorando, erano un po’ esclusi dal discorso e infatti ne parlammo per poco. Ma penso che avrei preferito parlare di scuola piuttosto che farmi rovinare la cena da un commentò poco opportuno.
“Giulia, Mirko l’hai più sentito?” mi chiese Ale mentre addentava un pezzo della sua pizza.
Io, per tutta risposta, presi il bicchiere colmo di birra e trangugiai l’intero contenuto in due soli sorsi e nel frattempo vidi Daniela dargli una gomitata piuttosto violenta nel fianco. Evitai di incrociare lo sguardo di Luca per il tempo che rimaneva alla fine del pasto, ma quando non guardava nella mia direzione, con la coda dell’occhio osservavo i suoi comportamenti: rideva, mangiava, beveva…come tutti gli altri. Ma non c’era ombra di dispiacere. Io mi ero sentita morire, avrei voluto scavarmi una fossa ed infilarmici e lui niente. Era davvero così poco interessato a me?
Più tardi, mettemmo un po’ di musica, senza preoccuparci del volume grazie al fatto di essere in una baita circondata da alberi e io mi versai un bel bicchiere di spumante.
“Festeggi in anticipo?” mi chiese Luca scherzoso spuntando dal nulla, e comparendo proprio nell’angolino dove mi ero rifugiata.
“No…mi faccio solo un bicchiere in più…”
“Con tutti gli alcolici che abbiamo preso c’è da far ubriacare un esercito” constatò sempre scherzoso. Gli sorrisi e sorseggiai lo spumante.
A mezzanotte meno cinque, uscimmo portando i bicchieri e lo champagne che avevamo comprato con una colletta degli ultimi soldi che ci rimanevano e quando udimmo degli scoppi e nel cielo osservammo i fuochi d’artificio che esplodevano in fantastici giochi di colore e di fantasia, alzammo i calici e bevemmo tutti.
Con la testa che sentivo ormai un pochino pesante abbracciai e baciai tutti sulle guancie, facendo gli auguri, nel mentre bevevo un lungo sorso di champagne tra una persona e l’altra.
Mezzora dopo ero davanti al tavolo, con un bicchiere di birra in mano e quando riaprii gli occhi dopo averli chiusi un secondo di più, mi appoggiai al tavolo per non cadere. La stanza aveva cominciato a girare e mi sentivo un sorriso idiota sulle labbra che non riuscivo a controllare.
Ero ubriaca, schifosamente ubriaca.
Mi guardai intorno e riuscii a rendermi conto che distinguevo ancora le persone, così andai alla ricerca, per quanto la mia mente e le mie gambe me lo permettessero, di qualcuno in particolare. Ricordo che era tra Antonio, Daniela e Alessandro e stavano ridendo, forse per l’alcool, o forse per qualcosa che li aveva fatti effettivamente ridere…non saprei. Ma io imperterrita continuai a camminare (suppongo in modo decisamente storto) e raggiunsi Luca.
Lo abbracciai, o meglio, mi lasciai andare tra le sue braccia e poi, dopo averlo guardato in faccia mi avvicinai ancora di più e lo baciai. Davanti a tutti.
Penso che se me lo avessero raccontato da sobria avrei detto che non era possibile una cosa del genere, io non avrei MAI fatto una cosa del genere. Eppure era proprio quello che stavo facendo.
Ero ubriaca d’accordo, ma il fatto è che lo stavo baciando, anche se, cosa ancora peggiore, lui non sembrava essere dispiaciuto dalla cosa, anzi ricambiava.
I ricordi di lì in poi sono vaghi,le uniche cose che mi vengono a mente sono che salimmo le scale poco dopo, dei vestiti per terra (i nostri!) e una bella sensazione di calore.

La mattina dopo mi svegliai con un mal di testa impressionante e, prima di aprire gli occhi, constatai che ero abbracciata ad un corpo nudo che mi abbracciava a sua volta.
Aprii gli occhi e vidi quel volto fin troppo familiare a pochi centimetri da me e per poco non urlai. ‘Sono andata a letto con Luca! Oddio, oddio, oddio!’ pensai ‘E gli altri ci avranno visto, oltre che sentito! O-mio-Dio!’.
“Mmm…Buongiorno” lo sentii bofonchiare. Io non gli risposi e mi rannicchiai sotto le coperte.
“Oh, che hai?” mi chiese.
“Sei nudo” risposi con la voce da bambina.
“Non sono il solo” scherzò.
Volevo piangere. Volevo disperatamente piangere e mi stavo trattenendo con tutte le mie forze.
“È successa quella…cosa?” gli domandai aprendo gli occhi a fatica e osservando una sua spalla per non guardarlo negli occhi.
“Guarda che non è mica una malattia. E comunque si, anche se non eravamo molto presenti mentalmente, né io, né soprattutto te”.
Vidi che stava per alzarsi, ma io gli presi un braccio fermandolo.
“No, non te ne andare per favore. Resta qui con me ancora cinque minuti”.
Luca annuì, tornando ad occupare la metà del letto che, in teoria, era per una sola persona.


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Stavolta ho aggiornato presto! Ringrazio Nells per il suo commento!

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