Certe cose non cambiano mai

di Ragdoll_Cat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 Parte 1 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 Parte 2 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


In questo mondo quotidiano, / che somiglia tanto al libro delle Mille e Una Notte, / non c'è un solo gesto che non corra il rischio / di essere un'operazione di magia.
(Jorge Luis Borges)
 
 
*
 
Seduto comodamente sul sedile del taxi che dall'aeroporto lo stava conducendo a casa, Steve osservava senza interesse le strade di Washington D.C.
Era rimasto lontano da quella città per più di un anno mentre insieme a Sam aveva perlustrato il globo alla ricerca di Bucky.
Dopo mesi di ricerche, indizi, vicoli ciechi, imboscate, i due amici erano ad un punto morto.
Tentare di rintracciare un fantasma si era rivelato più difficile del previsto, quindi avevano deciso di dividersi per avere più possibilità.
 
All'aeroporto di L.A. si erano salutati, Sam diretto in Florida, dove un suo ex-commilitone dopo il congedo dal servizio effettivo, aveva deciso di trascorrere la sua vita da civile; quest'ultimo tuttavia era ancora in contatto con alcuni dei vecchi compagni e chissà, magari avrebbero avuto fortuna.
Sam era ben deciso a non demordere e quindi continuava a cercare un minuscolo appiglio per non arrendersi; lo doveva a Steve e a Riley.
Seguendo il suo istinto invece, Steve si era imbarcato per Washington.
Il perché di quella scelta non era chiaro nemmeno a lui; da una parte il ragazzino di Brooklyn anelava il ritorno a casa, però Steve in cuor suo sentiva di aver agito per il meglio.
 
Mentre pensava a queste cose, il taxi era finalmente giunto a destinazione, quindi pagò la corsa, afferrò il suo borsone e scese.
Erano le tre del pomeriggio e l'intera strada era illuminata dalla luce dorata del sole.
 
Steve entrò nel palazzo e dopo aver salito rapidamente le scale, estrasse da una tasca dei jeans le chiavi che avrebbero aperto la porta dell'appartamento numero quattro.
 
L'odore di polvere e stantio arrivò immediatamente alle sue narici, facendogli storcere il naso.
Abbandonò il borsone all'ingresso per andare ad aprire le finestre per far entrare aria fresca e luce.
L'ambiente era fastidiosamente caldo, del resto era fine giugno ormai e l'estate era appena iniziata.
 
Steve riprese in mano il bagaglio, con l'intento di svuotarlo e lavare gli abiti sporchi che esso conteneva, quindi si diresse verso il bagno e caricò la lavatrice. 
Ora sul fondo del borsone rimaneva solo una cosa: il lucente scudo circolare di Captain America.
 
Uscì dalla stanza da bagno e si fermò, sempre con la sua sacca in mano, di fronte al muro bianco.
 
Già, quel muro.
 
Quella parete era stata attraversata dai proiettili che avevano quasi ucciso Fury, sparati dal Soldato d'Inverno.
Non da Bucky, ma da quella macchina assassina creata dall'HYDRA.
Istintivamente serrò la mandibola, quella notte era impressa a fuoco nella sua memoria.
Da quella notte tutto era cambiato.
Lui stesso non era più quello di prima, infatti era aumentata in lui, la consapevolezza riguardo ad essere Captain America, di ciò che questo comportava.
Servire e proteggere.
 
Ora all'interno dell'appartamento non vi era nulla né disordine né qualche oggetto sistemato al posto sbagliato.
Subito dopo il ferimento di Fury, una squadra della scientifica dello S.H.I.E.L.D. era arrivata sul luogo dell'attentato e aveva raccolto prove e reperti; il giorno successivo un'altra squadra aveva ripulito tutto, tappando i fori nel muro e risistemato l'appartamento.
Sembrava che nulla vi fosse accaduto; sul giradischi c'era ancora l'ultimo disco che stava ascoltando, in attesa.
 
Si sedette sulla poltrona davanti al camino e per qualche istante fissò il vuoto, continuando a tormentare le maniglie del borsone; cosa stava facendo? 
Era inutile girarci intorno, lui era tornato a Washington perché a New York non c'era nulla o nessuno da cui tornare. Lo scudo che portava abitualmente sulle spalle era diventato più pesante e Steve Rogers, il ragazzo di Brooklyn stava impallidendo sempre più, rischiando così di scomparire per sempre.
Come avrebbe potuto trovare Bucky? Era ancora vivo? Più di una volta in quei lunghi mesi era stato tentato di mandare tutto al diavolo, per paura di perdere anche Sam.
Sam, il primo amico del ventunesimo secolo che non fosse un Avenger, che aveva conosciuto nel modo più normale possibile, mentre correva, che lo aveva aiutato senza chiedere nulla in cambio.
Un vero amico, proprio come Bucky.
Steve aveva pochi pilastri nella sua vita e non aveva di certo l'intenzione di rinunciarvi.
Lui era un soldato, non era abituato a restare fermo e a non far nulla o a compiangersi.
Doveva ricaricare le batterie e poi rimettersi in pista!
 
Animato da una nuova vitalità, si alzò e si diresse in camera sua e pescò dal primo cassetto del comodino le chiavi della Harley.
 
Uscì di casa richiudendo la porta alle sue spalle e scese fino al garage comune dell'edificio.
In un angolo sotto ad un telo impolverato la sua moto era lì ad attenderlo, pronta per accompagnarlo in quel nuovo viaggio.
Si fermò al primo distributore che trovò aperto, fece il pieno e poi partì verso la sua meta.
 
Dopo circa venti minuti era arrivato davanti ai cancelli della casa di riposo “Chesapeake Bay”.
Parcheggiò la motocicletta, spense il motore ed entrò.
 
Ignorò il cubicolo delle infermiere e percorse sicuro il lungo corridoio, memore delle visite passate e si arrestò davanti alla porta numero 215, la camera di Peggy.
Anche se la malattia aveva debilitato parecchio la sua memoria, quando era riposata Peggy era ancora fonte di conforto per lui e lo spirito indomabile che la contraddistingueva non era di certo venuto meno.
 
Bussò ed attese.
 
-Avanti!-
 
Con un po' d'emozione aprì la porta e fece per entrare ma si bloccò sull'uscio quando notò che la signora anziana che occupava la stanza non era Peggy.
 
-Mi scusi! Ho sbagliato stanza, non volevo disturbarla.-
 
-Si figuri giovanotto, nessun disturbo.-
 
-Arrivederci!-
 
-Arrivederci!-
 
Steve richiuse la porta perplesso; avevano spostato Peggy in un'altra stanza?
Fece dietrofront e camminò fino alla postazione delle infermiere.
 
All'interno del cubicolo c'era solo un'infermiera, china su delle cartelle, sul tesserino appuntato al taschino della divisa c'era scritto Susan.
 
-Mi scusi?-
 
-Sì?- gli rispose senza interrompere il suo lavoro.
 
-Stavo cercando Peggy Carter.-
 
-Peggy Carter? Non mi dice niente, sono nuova ma se ha un momento di pazienza, la mia collega Sheila sta per tornare, può chiedere a lei- disse in maniera un po' brusca.
 
-Grazie- rispose Steve, cortese come sempre.
 
Finalmente Susan alzò lo sguardo e si rese conto che Steve la stava fissando e cambiò subito tono.
 
-È una sua parente, per caso? Sua nonna?- domandò melliflua.
 
-Bé...- disse Steve un po' in imbarazzo, non era facile spiegare la situazione, stava temporeggiando quando l'arrivo provvidenziale di Sheila lo salvò.
 
-Signor Rogers! Da quanto tempo!-
 
L'infermiera era una vecchia amica di Steve, infatti l'aveva conosciuta l'anno prima quando era andato a trovare Peggy per la prima volta.
 
-Eh sì... il lavoro mi ha tenuto parecchio occupato, soprattutto all'estero...-
 
-Davvero?- riprese Susan -e di cosa si occupa?-
 
-Consulenze... logistiche- e questa da dove gli era uscita? Natasha aveva ragione, lui era un pessimo bugiardo, meno parlava meglio era; tuttavia nessuna delle due parve accorgersi della bugia mal raccontata.
 
-Signor Rogers, purtroppo devo darle una brutta notizia- continuò l'infermiera più anziana.
 
Cosa? Steve tornò a focalizzarsi su Sheila.
 
-Quale notizia?-
 
-La signora Carter... è venuta a mancare.-
 
Morta.
 
Peggy.
 
Peggy era morta.
 
La sua Peggy non c'era più.
Un altro pilastro era crollato e questa volta per sempre.
Steve Rogers aveva perso un altro pezzo del suo passato; era più solo che mai.
 
Chinò il capo e strinse i pugni, non avrebbe pianto, non ora almeno. Non doveva essere il solito melodrammatico.
 
-Quando?- riuscì a domandare con voce roca.
 
-A fine gennaio, mi dispiace...-
 
-Io... io...- non riusciva a formulare una frase completa -io... grazie... arrivederci.-
 
Salutò le due donne e si incamminò verso l'uscita.
Risalì sulla motocicletta, stava per ingranare la marcia, quando udì qualcuno.
Si voltò e vide Sheila che gli disse, tendendogli nel contempo un foglietto:
 
-Signor Rogers, in teoria non dovrei darle queste informazioni, poiché non è della famiglia...-
 
-Cos'è?-
 
-Il recapito della nipote di Peggy, non so se potrà esserle utile...-
 
-Grazie.-
 
-Si figuri, è stato un piacere, arrivederci!-
 
-Arrivederci!-
 
Sheila lo salutò con un gesto amichevole e rientrò.
 
Steve passò la mano sul viso stanco e diede uno sguardo al foglietto su cui c'era scritto:
S. Lowell  Ufficio 836 Dipartimento di storia Georgetown University.
37th & O Streets NW
Washington DC
 
“S”, Sharon forse?
Sharon, lui l'aveva conosciuta come Kate e mai si sarebbe aspettato che la giovane infermiera fosse in realtà un'agente dello S.H.I.E.L.D. né tanto meno che fosse la nipote di Peggy.  
Era in città?
L'avrebbe scoperto quanto prima, diede gas e partì.
 
In pochi minuti era arrivato a Midtown e all'università.
Dopo aver parcheggiato si diresse verso il dipartimento di storia.
Studiò il pannello informativo e dopo essersi orientato salì fino al terzo piano.
Un box informazioni lo accolse in cima alle scale, dove un giovane dall'aria piuttosto annoiata lo apostrofò:
 
-Serve aiuto?-
 
-Sì... stavo cercando la signorina Lowell, grazie-
 
-In fondo al corridoio, se non è nell'ufficio cerchi in biblioteca, al quinto piano.-
 
-Grazie.-
 
Steve percorse il corridoio per intero e una volta giunto davanti ad una porta con i vetri smerigliati, si fermò.
Una lista di cognomi elencati di fianco a quest'ultima indicava che l'ufficio non era privato, ma bensì comune.
Bussò ed attese, ma nessuno venne ad aprire.
Memore delle informazioni ricevute poco prima, cercò le scale che l'avrebbero condotto alla biblioteca.
 
Entrò e come da prassi firmò il registro al Security Desk.
Erano quasi le cinque del pomeriggio e l'enorme biblioteca era deserta e Steve per la prima volta temette di non riuscire a trovare nessuno.
 
C'era silenzio, non udiva nulla quindi si mise a perlustrare i vari corridoi.
La biblioteca era immensa, scaffali ricolmi di libri si estendevano a perdita d'occhio, rendendo difficile orientarsi.
Non sapeva nemmeno chi stesse cercando, non era sicuro che fosse Sharon e se fosse stata una trappola?
Era diventato estremamente paranoico, durante quei mesi.
Alla fine ne ebbe abbastanza e decise di agire.
 
-Signorina Lowell? È qui?-
 
Ripeté la domanda ad intervalli regolari, stava quasi per rinunciare quando udì un flebile “Sì” provenire dal settore che si trovava alla sua destra. 
Seguendo il suono di quella voce, svoltò nel corridoio laterale dove l'odore di vecchi libri si fece più forte, evidentemente lì erano conservati i libri più antichi e delicati.
 
-Signorina Lowell?-
 
-Quassù!-
 
Steve alzò la testa e finalmente la vide.
 
La voce apparteneva ad una ragazza dai capelli castani, che si trovava in cima ad una scala a pioli e stava riponendo un libro all'interno dello scaffale.
 
-Salve!- gli disse con un sorriso.
 
-Salve!-
 
-Cosa posso fare per lei?-
 
-Potrebbe scendere? Devo chiederle una cosa...-
 
-Un momento solo, signor...- continuò lei mentre iniziava a scendere.
 
-Steve. Steve Rogers.-
 
All'udire quel nome la giovane si fermò e abbassò nuovamente lo sguardo e domandò con curiosità mista ad aspettativa:
 
-Steve Rogers? Quel Steve Rogers?-
 
-Sì... ci conosciamo?-
 
-No, mi scusi che maleducata, sono Selene Lowell...-
 
La ragazza era quasi arrivata in fondo alla scala, mancavano appena sei pioli al pavimento, quando improvvisamente scivolò.
Si sarebbe di sicuro fatta male, cadendo a terra, ma Steve agì d'istinto e la afferrò al volo.
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Salve a tutti quanti!
Finalmente mi sono decisa a pubblicare in questa sezione.
Era ora! 😊
E come prima cosa ho fatto morire Peggy. Che brava! *sarcasmo mode on*
 
Note tecniche:
Il nome della casa di riposo è un omaggio al primo insediamento dei coloni europei in Virginia.
Riguardo alla scena della scala, ho riflettuto a lungo e chiesto pareri e alla fine ho deciso che la storia doveva andare così.
Se avrete fiducia in me non ve ne pentirete!
Ora vi lascio, dandovi appuntamento al prossimo capitolo, se lo vorrete!
Ciao!
Ragdoll_Cat
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 
In generale, è una regola: più la carta e l'ortografia sono cattive, più la busta è sporca, più il contenuto è serio e importante. (Lev Tolstoj)

 
 
 
 
 
 
*
 
Quando quella mattina Selene aveva deciso di indossare le scarpe nuove per recarsi al lavoro, non avrebbe di certo potuto immaginare che le suole di cuoio ancora lisce delle ballerine non avrebbero offerto la giusta resistenza al legno levigato del piolo della scala.
Quante volte si era arrampicata su quella scala alla ricerca di uno specifico libro per le sue ricerche? Centinaia probabilmente; e altrettante volte ne era ridiscesa senza alcun problema, svelta e sicura come un gatto.
 
La giovane quel giorno si trovava in biblioteca in quanto la professoressa Hall, Capo dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea, in vista di un convegno che si sarebbe svolto il mese successivo, che avrebbe trattato la rivoluzione medica sui campi di battaglia, le aveva assegnato il compito di redigere una relazione sull'evoluzione del ruolo delle infermiere. 
Selene, che aveva basato la maggior parte della sua carriera universitaria sull'emancipazione femminile era di conseguenza, la più competente per qualsiasi ricerca in tale campo. 
Finalmente era riuscita a trovare il libro che le interessava, “Notes on Nursing” scritto da Florence Nightingale.  
Aveva trascorso la maggior parte della giornata su quel trattato studiando con profitto; ora dopo aver trascritto le nozioni che le servivano era pronta per andarsene.
 
La giornata era stata lunga e faticosa e non era ancora finita, pensò. 
La relazione era ancora a metà, ma l'avrebbe terminata quanto prima, a casa ovviamente, perché la biblioteca stava per chiudere.
Era in cima alla scala quando, le parve di udire una voce chiamarla insistentemente.
Si concentrò ed effettivamente nella biblioteca c'era qualcuno che la cercava. Chissà chi era...
 
-Signorina Lowell? È qui?-
 
-Sì- Chi mai poteva essere quel temerario che la chiamava a gran voce?
 
Finalmente una testa bionda sbucò dagli scaffali e Selene udì nuovamente la domanda:
 
-Signorina Lowell?-
 
-Quassù!- gli rispose, ancora in cima alla scala, poiché stava riponendo il volume.
 
Steve alzò la testa e finalmente la vide.
 
Selene abbassò lo sguardo e gli disse con un sorriso:
 
-Salve!-
 
-Salve!-
 
-Cosa posso fare per lei?-
 
-Potrebbe scendere? Devo chiederle una cosa...-
 
-Un momento solo, signor...- continuò lei mentre iniziava a scendere.
 
-Steve. Steve Rogers.-
 
All'udire quel nome la giovane si fermò e abbassò nuovamente lo sguardo e domandò con curiosità mista ad aspettativa:
 
-Steve Rogers? Quel Steve Rogers?-
 
-Sì... ci conosciamo?-
 
-No, mi scusi che maleducata, sono Selene Lowell...-
 
Steve Rogers era lì! Era riuscito a trovarla!
Felice ed emozionata per quell'incontro inaspettato iniziò a pensare a quello che avrebbe potuto dirgli, mentre riprendeva la discesa lungo quella scala già mille volte usata.
 
Non si sarebbe mai aspettata di scivolare e quindi la sorpresa le fece perdere l'appiglio al piolo che stringeva con la mano destra.
Istintivamente chiuse gli occhi e serrò le braccia al petto nel tentativo di minimizzare la superficie d'impatto ed attese il dolore della caduta che però, per sua fortuna, non arrivò mai.
 
Giunse, invece, una voce preoccupata alle sue orecchie:
-Tutto bene?-
 
Solo allora quindi si arrischiò a sollevare una palpebra seguita subito dall'altra.
I suoi occhi verdi si specchiarono in quelli azzurri di Steve, che la osservava con apprensione.
 
-Sì, tutto bene, grazie.-
 
-Sei sicura? Sembri un po' scossa- le disse continuando a tenerla in braccio -Hai fatto un bel volo.-
 
-Colpa di queste stupide scarpe- esclamò lei additando le colpevoli del misfatto -Tranquillo sto bene- continuò -Ora puoi mettermi giù, grazie.-
 
Steve si riscosse e fece scendere Selene.
La giovane nel tentativo di recuperare un po' di contegno, posizionò una ciocca di capelli che le era sfuggita dalla coda finendole così davanti agli occhi, dietro l'orecchio sinistro.
Poi con voce gioiosa gli disse tendendogli in contemporanea la mano:
-Selene Lowell, grazie per avermi presa al volo!-
 
-Steve Rogers, non c'è di che- le rispose stringendogliela.
 
-Signorina Lowell...-
 
-La prego mi chiami Selene...- gli disse sorridendo.
 
-Steve e dammi del tu- infatti una delle prime cose che il Capitano aveva imparato era che nel 21° secolo vigeva un approccio più colloquiale a discapito della formalità.
 
Selene non era una ragazza ingenua, infatti sapeva benissimo perché Steve era lì; per questo gli disse:
-Questo non è il luogo adatto per parlare, quindi seguimi Steve.-
 
Selene davanti e Steve subito dietro percorsero insieme i vari corridoi, poi una volta usciti dall'enorme locale si diressero verso l'ufficio di Selene.
Quest'ultima aprì la porta e di diresse verso la più piccola e ordinata scrivania della stanza.
 
-Allora Steve immagino che tu sia qui per la nonna.-
 
-Nonna?-
 
-Scusami, la forza dell'abitudine. Peggy non è o meglio non era mia nonna, ma io la chiamavo così.
Sei stato alla casa di riposo vero?- continuò la ragazza -Avevo lasciato un mio recapito, sapevo che prima o poi saresti arrivato.-
 
-Non so come iniziare...-
 
-Allora non farlo, lascia parlare me...-
La giovane iniziò a raccontargli di come aveva conosciuto Peggy anni addietro, quando suo nonno era divenuto ospite della stessa casa di riposo della donna.
Un incontro fortuito il loro, ma che in breve tempo era sfociato in un legame che poteva benissimo essere considerato un alla stregua di un rapporto nonna-nipote.
-...Ho un plico da consegnarti da parte della nonna.-
 
-Un plico?-
 
-Sì, lo conservo a casa mia e c'è il tuo nome scritto sopra, quindi credo proprio che sia tuo.-
 
-Cosa contiene?-
 
-Non lo so. È sigillato. Ora...- Selene si interruppe e diede uno sguardo al suo orologio da polso -sono quasi le diciotto; io adesso dovrei tornare a casa. Se hai piacere ci potremmo trovare domani mattina, decidi tu dove.-
 
Steve a quel punto si era fatto impaziente e quindi le disse:
-Avrei un po' di premura; se vuoi posso offrirti un passaggio...- sorprendendo pure se stesso, per la spontaneità con cui si era offerto.
 
-Va bene, se non è un disturbo, accetto molto volentieri!-
 
Steve attese qualche minuto, mentre Selene raccoglieva alcuni fogli scritti in maniera fitta e li riponeva con cura nella borsa da lavoro.
Fatto questo uscirono e Selene richiuse a chiave la porta.
 
Mentre si dirigevano verso il parcheggio Selene gli spiegò che normalmente lei andava al lavoro in bicicletta, ma quella mattina una sua collega era passata a prenderla e quindi avrebbe dovuto fare parecchia strada a piedi, quella sera, quindi l'invito di Steve era capitato proprio a fagiolo.
 
-Dove hai parcheggiato l'auto?-
 
-Veramente sono arrivato con quella- le rispose indicando la lucente Harley Vivid Black 2012 Softail Slim 2012.
 
Selene a quel punto si fermò; era parecchio nervosa...
 
-Cosa c'è? -
 
-Ecco... non credo che sia una buona idea... non sono mai salita su di una motocicletta... ti confesso che ho un po' di paura.-
 
-Non devi averne, fidati di me- replicò salendo sulla moto.
 
-D'accordo.-
 
Selene prese posto dietro a lui e poi gli disse:
-Wisconsin Ave, all'angolo con Gardfield Street vicino a Bryce Park.-
 
-Ricevuto! Pronta?-
 
-Sì! Parti!- gli rispose decisa.
 
Partirono e quando si dovettero fermare a causa di un semaforo rosso Steve girò un poco il capo, e le domandò, con una punta di divertimento nella voce:
-Sei ancora intera?-
 
Selene che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi chiusi, si rilassò un pochino e li aprì, assieme alla bocca per rispondergli in maniera affermativa; le braccia attanagliate attorno alla vita di Steve invece non diedero alcun segno di cedimento.
 
Dopo pochi minuti arrivarono a destinazione e una volta parcheggiata la moto Steve disse:
-È stato così terribile? -
 
-No, è stato divertente! La prossima volta però indosseremo il casco, ok?- gli rispose rivolgendogli nel contempo uno dei suoi luminosi sorrisi che Steve avrebbe imparato a conoscere.
 
-D'accordo.-
 
Selene gli fece strada ed insieme salirono fino al terzo piano del condominio, per poi entrare nell'appartamento F.
 
C'era silenzio, si percepiva solamente il ronzio quieto del frigorifero in cucina, alla loro sinistra e nulla più. 
A destra si estendeva il soggiorno e da lì un breve corridoio conduceva alla camera da letto e al bagno attiguo.
Alle finestre delle tende bianche e gialle di spesso cotone, schermavano il calore ma permettevano alla luce di filtrare; l'ambiente era così al tempo stesso fresco e luminoso. 
Selene aprì comunque una finestra e una corrente d'aria nuova percorse tutto il soggiorno.
 
-Posso offrirti qualcosa Steve? Acqua, del tè freddo...-
 
-No, grazie sto bene così.-
 
-D'accordo, aspetta qui, torno subito. Fai come se fossi a casa tua.-
Detto questo Selene sparì lungo il corridoio.
 
Steve iniziò a girare per casa, quasi senza rendersene conto. 
Si avvicinò alla mensola del caminetto per osservare le foto che vi erano allineate.
Ritraevano Selene e suoi cari in vari episodi di vita familiare: il giorno della laurea, il matrimonio del fratello, l'anniversario dei genitori, il battesimo del nipote e così via...
Sul tavolino di vetro che si trovava fra il divano e la televisione c'erano pure delle istantanee, scattate quasi a tradimento, durante una partita di tennis, Selene bambina che dormiva sul divano con un gatto lungo il fianco, momenti di vita vera, momenti che Steve aveva dimenticato...
 
La cosa che colpiva di più comunque erano le librerie stracolme di libri.
Steve diede una rapida occhiata alle coste di alcuni volumi; edizioni economiche erano vicine a quelle più ricercate, rilegate in brossura o addirittura in pelle. 
I vari libri erano suddivisi per argomento, che spaziavano dalla storia dell'arte fino al giardinaggio, passando per romanzi rosa e trattati accademici; non mancavano neppure i classici della letteratura, i thriller moderni o le biografie di personaggi storici; ce n'erano alcuni scritti in greco, altri in latino, parecchi in italiano e tutti erano stati indubbiamente letti più e più volte. 
 
Selene amava i libri, addirittura più di lui e questa scoperta chissà perché lo fece sorridere.
 
In quel momento Selene ritornò da lui, reggendo,con un po' di fatica, fra le braccia una grossa scatola di cartone spesso. 
Sul coperchio marrone spiccava, a causa del suo colore vistoso una grande busta gialla.
La padrona di casa l'apostrofò dicendogli:-Hai trovato qualcosa di tuo gradimento? - indicando, con un cenno del capo, la libreria.
 
Steve la liberò prontamente di quel peso e le domandò:
-In che senso?-
 
Selene gli indicò il tavolo della cucina, quasi ad invitarlo ad appoggiare la scatola lì e gli rispose:
-Se hai trovato un titolo che ti ha colpito, prendilo pure, te lo presto volentieri.-
 
-Come in biblioteca?-
 
-Esattamente!-
 
Durante quello scambio di battute il cuscino peloso che, fino a quel momento era rimasto a dormire nella sua cesta, si rianimò rivelandosi per quello che era in realtà; un bellissimo gatto birmano dagli occhi blu.
Il nuovo elemento si fece notare con un lungo miagolio molto significativo, voleva essere accarezzato quindi si strusciò sulle gambe della sua padrona e poi si avvicinò pure all'ospite.
Steve si accovacciò per poterlo accarezzare; il felino iniziò così un concerto di fusa, completamente soddisfatto.
 
-È un bel gatto, Selene, come si chiama?-
 
-Dastan.-
 
-Che nome insolito.-
 
-Già... è persiano; a seconda della pronuncia può significare sia “mascalzone” che “storia”.-
 
-Lo trovo molto appropriato- le disse in virtù delle letture appena scoperte.
 
-Vero?-
 
Steve grattò un'ultima volta la schiena del gatto per poi riportare l'attenzione sulla scatola che Selene gli aveva portato. 
Era parecchio grande e anche un po' pesante; portarla a casa in moto era fuori discussione.
 
-Ti dispiacerebbe tenerla per un altro giorno? Devo organizzarmi per il trasporto.-
 
-Affatto! Ma la busta puoi prenderla, sai? Non è incollata- gli rispose Selene passandogliela.
 
-Grazie mille.-
 
-Aspetta, ti lascio i miei numeri, quello di casa e il cellulare, così ci sentiamo e ci possiamo organizzare.-
 
Detto questo la ragazza si avvicinò al telefono che si trovava in cucina e scribacchiò i numeri su di un post-it che poi attaccò alla busta che Steve teneva in mano.
 
-Ecco qua!- gli disse con un sorriso.
 
-Ora devo proprio andare...- dichiarò mentre sistemava la busta all'interno del giubbotto. 
 
Selene gli aprì la porta e disse:
-Ti accompagno.-
 
Scesero insieme le scale e una volta usciti, Steve risalì sulla motocicletta e salutò Selene:
-Ciao Selene!-
 
-Ciao Steve! Vai piano, mi raccomando!-
 
Il Capitano rise per quella raccomandazione e partì; Selene dal canto suo restò ferma a guardarlo fino a quando non fu sparito completamente alla sua vista e solo allora rientrò in casa.
Una volta tornata nel suo appartamento riprese in mano la scatola e la riportò in camera sua; fatto questo la giovane osservò la foto che teneva sul comò e che la ritraeva insieme alla sua nonna acquisita, scattata durante la festa di compleanno di quest'ultima e mormorò:
-Ti voglio bene, nonna- prima di uscire dalla stanza e tornare in salotto.
 
*
 
Steve aprì la porta del suo appartamento; lanciò con noncuranza le chiavi della moto all'interno della ciotola che era appoggiata sulla consolle dell'ingresso. 
Una volta richiusa la porta con uno spintone si diresse verso la cucina; non per mangiare un boccone poiché non aveva né fame né viveri ma semplicemente per poter esaminare con cura la grossa busta gialla che gli aveva consegnato Selene.
 
La osservò a lungo, non aveva nulla di speciale; era una semplice busta gialla imbottita con la plastica a bolle e che aveva di sicuro visto giorni migliori. 
Gli angoli erano un po' ammaccati, ma l'inchiostro nero che lo indicava come destinatario, era lucido e perfettamente leggibile. 
Continuò a rigirarla fra le mani per qualche minuto, interrogandosi sul possibile contenuto. 
Era difficile immaginare cosa avrebbe potuto trovare al suo interno a causa dell'imbottitura bollosa.
 
Steve ormai divorato dalla curiosità si alzò e cercò un paio di forbici, che inopinatamente si trovano all'interno del cassetto delle posate.
Tagliò con un gesto deciso la patella della busta e ne rovesciò il contenuto sul tavolo. 
Altre buste caddero da quella gialla, che si sparsero a raggiera sulla superficie lignea.
 
Lettere?
Peggy gli aveva scritto delle lettere?
 
Sempre più perplesso Steve ne afferrò qualcuna e solo allora notò che sul lato frontale di ognuna vi erano impressi dei numeri o meglio delle date... 2012, 1955, 1946, 1950 e così via...
 
Dopo averle messe in ordine cronologico si fece coraggio ed aprì la prima. 
Un paio d'ore più tardi, dopo averle lette tutte più volte, Steve le rimise all'interno della busta originaria ed uscì nuovamente da casa. 
Sistemò la busta nella tasca interna del giubbotto e iniziò a camminare; aveva bisogno di schiarirsi la mente e una lunga passeggiata gli parve una buona idea.
 
Dopo quasi un'ora di cammino, durante la quale aveva continuato a rimuginare riguardo alle parole che aveva letto, si rese conto dei chilometri macinati e quindi si fermò per cercare di orientarsi.
 
Si trovava in una zona di Washington a lui sconosciuta eppure allo stesso tempo c'era qualcosa di familiare. 
All'improvviso capì il perché di quel senso di déjà vu; era vicino alla casa di Selene.
 
Quasi senza rendersene conto si rimise in marcia e dopo poco tempo era giunto davanti al condominio in cui abitava la giovane. 
Erano da poco passate le nove e mezza di sera, e dandosi mentalmente dello stupido, pigiò il tasto del citofono che recava l'etichetta "Lowell".
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice (estremamente lungo):
Ciao!
Care lettrici e cari lettori, dovete dirmi se sono troppo prolissa e farraginosa. 
Capitolo troppo lungo? Troppo corto?
Ci sono dei buchi nella trama?
Ci sono errori grammaticali?
Come vi è sembrata Selene? Simpatica? Antipatica? Saccente?
Aspetto le vostre opinioni.
 
La scena della moto è stata davvero molto difficile da scrivere!
Lo sapete il perché?
Perché scrivere “Selene... stringiti forte a me!” e “Speravo che me lo dicessi in altre circostanze... molto platoniche, ovviamente!” era una tentazione molto forte!
Sono stata brava a resistere? ^_^
 
Ci sono due “Easter Egg” nel capitolo che si riferiscono al numero dell'appartamento e il nome del gatto, niente di che, comunque.
 
Volevo ringraziare DalamarF16 per il modello della moto di Steve; è quella che si vede alla fine di “The Avengers” ed è l'unica moto che Steve non distrugge... pensateci! In TFA la usa come ariete-bomba contro la base HYDRA, in TWS mentre sta scappando dal Triskelion frena improvvisamente e la moto carambola più volte sul ponte e in AoU la lancia addirittura contro una jeep! O.O
 
Altri ringraziamenti:
 
Grazie mille a Natalia_Smoak, Eruanne, Ella Rogers, LadyRealgar e DalamarF16 per le vostre recensioni.
 
DarkLady_, Ella Rogers, haley1994, LadyRealgar e Natalia_Smoak (ex julia_95) per aver scelto di seguirla;
DarkLady_, Sandra Prensky e Sofy_Candy per aver scelto di ricordarla;
Ella Rogers, la mia sister, per averla scelta per la sua lista delle preferite.
 
Informazione di servizio: la pubblicazione avverrà mensilmente, mi dispiace, ma davvero non posso fare altrimenti.
Se volete che vi avvisi quando pubblico, mandatemi un messaggio, nessun problema.
Alla prossima!
Ciao!
Ragdoll_Cat

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Un piccolo gatto trasforma il ritorno in una casa vuota nel ritorno a casa.
(Pam Brown)

 
 
*
 
Selene nel corso degli anni aveva affinato la sua capacità di concentrazione; infatti mentre studiava o comunque era impegnata in qualcosa d'importante tutto attorno a lei spariva completamente. 
La sua mente funzionava a compartimenti stagni e quel giorno non era stato diverso. 
Dopo aver salutato Steve infatti, si era immersa nella lettura degli ultimi appunti che le avrebbero permesso di terminare la relazione per la professoressa Hall.
Una volta conclusa la sua fatica inviò il documento via e-mail, sperando che la docente (famosa in tutto l'ateneo per la sua pignoleria) ne fosse soddisfatta. 
Fatto questo decise che una doccia era d'obbligo prima di cena. 
Fu proprio durante il pasto, un semplice piatto di spaghetti con il pomodoro, che il laptop si illuminò. 
Selene andò a vedere e la risposta che la professoressa le aveva inviato la fece sorridere.
 
Gentile Signorina Lowell il suo è un lavoro eccezionale.
A tal proposito sarò lieta di averLa come ospite alla conferenza che si terrà martedì 7 luglio p.v.
Cordiali Saluti.
T.Hall
 
Bene fino a quella data era libera! 
Nessuna vacanza in posti lontani, però; infatti stava risparmiando per potersi pagare il viaggio a Singapore che avrebbe fatto a Natale per andare da suo fratello Albert.
Quindi per quell'estate si sarebbe limitata a bagni di sole nei parchi di Washington e qualche partita a tennis con Vicky, la sua dirimpettaia e amica.
 
Selene terminò di cenare e dopo aver caricato la lavastoviglie si sedette sul divano ed accese la TV. 
Dopo un rapido zapping non trovando nulla di suo interesse, optò per la lettura iniziando così un libro che giaceva ormai da settimane, quasi dimenticato sul comodino. Accoccolata sul divano con Dastan appoggiato al fianco era in paradiso.
Però... non riusciva a concentrarsi; rileggeva sempre il medesimo paragrafo, senza riuscire ad andare avanti.
I compartimenti stagni evidentemente erano in sciopero. 
La sua mente continuava a ritornare al suo incontro con Steve.
L'impatto emotivo che quell'incontro così inaspettato aveva scatenato era stato davvero forte.
Per fortuna era rimasto l'unico tipo di colpo!
La sensazione di cadere era ancora ben impressa nel suo cervello e il solo pensiero la faceva rabbrividire.
 
No, non era per quello; si sentiva in colpa per non avergli detto delle ultime volontà della nonna, ecco qual era la verità.
 
Iniziò distrattamente a grattare le orecchie vellutate di Dastan mentre si interrogava sul contenuto della busta e sperò che al suo interno ci fosse qualcosa di bello.
Era altresì curiosa di scoprire cosa contenesse quella malconcia scatola di cartone che custodiva ormai da mesi.
Quando la nonna era morta lei aveva chiamato i “veri” parenti per informarli della notizia e loro (in quanto impossibilitati) le avevano affidato l'intero onere della faccenda.
Quindi era stata lei a contattare il legale di Peggy ed organizzare il funerale.
Selene, poi, aveva riordinato l'intera stanza e aveva catalogato oggetti e ricordi e li aveva consegnati in toto alla famiglia; quanto aveva sofferto nello svolgere quel lavoro, le sembrava quasi di violare la privacy della nonna.
Dopo il funerale l'avvocato della donna aveva letto il testamento; Peggy non si era dimenticata di Selene e le aveva lasciato un piccolo legato.
La giovane era rimasta spiazzata dalla scoperta, non voleva privare nessuno di qualcosa, ma il figlio di Peggy le aveva sorriso e l'aveva rassicurata.
 
Una volta tornata a casa aveva aperto il pacchetto che lei stessa aveva confezionato alcuni giorni prima; dentro c'era una piccola scatolina di legno dipinta di bianco e decorata con dei piccoli fiorellini azzurri.
Era il carillon di Peggy, che fino all'ultimo momento era rimasto sul comodino accanto a lei.
L'interno era foderato con della seta rossa e nascondeva una piccola coppia di ballerini che danzava sulle note di una melodia sconosciuta (in seguito aveva scoperto che si trattava del Bolero di Ravel).
I due ballerini non erano l'unica cosa contenuta all'interno del carillon. Infatti vi era pure una busta bianca, indirizzata a Selene. 
Era la cosa più preziosa che la giovane possedesse ed ogni tanto la rileggeva e tutte le volte quelle parole, scritte da quella straordinaria donna, le erano di ispirazione e confronto.
 
La giovane era immersa nei suoi pensieri e quindi sobbalzò quando udì il suono del citofono.
Chi poteva essere?
 
Si alzò e si diresse verso la porta e staccò la cornetta bianca dal supporto di plastica: -Chi è?-
 
-Sono Steve. Steve Rogers.-
 
-Steve?-
 
-Sì. È un brutto momento?-
 
-No, no... sali!- gli rispose Selene mentre premeva il bottone che avrebbe aperto il portone.
 
Un paio di minuti più tardi suonò il campanello e Selene aprì la porta e disse: -Steve, accomodati.-
 
-Grazie! Ti ho disturbato?-
 
-Affatto! Posso offrirti qualcosa?- gli domandò mentre richiudeva l'uscio.
 
-No, grazie.-
 
-Cosa c'è? Sei venuto per la scatola?- indagò la giovane mentre faceva strada verso il salotto.
 
-No, non sono venuto qui per questo… No, volevo chiederti una cosa in realtà...- replicò Steve accomodandosi sul divano.
 
-Dimmi pure.-
 
-Esattamente come hai conosciuto Peggy?-
 
-È una storia lunga Steve...-
 
-Non ho fretta.-
 
-In questo caso… d’accordo.-
 
Selene iniziò a raccontare…
 
-Dunque dopo la laurea mi era stato offerto un posto come ricercatrice alla Georgetown University, lavoro che ho accettato. Questo è stato un bene in quanto nel gennaio del 2011 a seguito di un episodio di TIA, mio nonno Charles è divenuto ospite della casa di riposo, perché era troppo pericoloso per lui continuare a vivere da solo. Ero la sua unica parente in città, perché i miei genitori erano e sono tuttora dei giramondo e mio fratello viveva all’estero già da allora; quindi andavo a trovarlo molto spesso... Ho conosciuto Peggy il 21 marzo del 2011…-
 
-Come fai a ricordarti anche la data, scusa?-
 
-Non sottovalutare le mie capacità mnemoniche, Steve, io mi guadagno da vivere grazie alla mia memoria… e poi stavo giusto per spiegarti il perché…-
 
-Scusa vai avanti.-
 
-Stavo dicendo…-
 
 
*****
 
Selene stava amabilmente chiacchierando con il nonno nella sala comune quando l’arrivo inaspettato di un corriere che doveva consegnare un gran mazzo di narcisi, creò un po’ di trambusto.
 
Gli anziani ospiti erano rimasti piacevolmente sopresi di quella novità, che aveva attirato la loro attenzione e quindi erano molto curiosi.
 
La destinataria del regalo si rivelò essere Edwina Burnett.
 
A quel punto quell’impicciona di Gladys le domandò: -Chi ti manda quei fiori?-
 
Edwina le rispose: -Il mio caro e defunto marito era solito regalarmi nel primo giorno di primavera, un mazzo di narcisi; ora che non c’è più sono i miei figli che continuano la tradizione-.
 
Nonno Charles diede di gomito a Selene, quasi ad invitarla ad agire; Selene gli lanciò uno sguardo d’intesa, aveva capito perfettamente il messaggio. Si alzò dalla sedia e disse alla signora Edwina: 
-Vuole che le porti il mazzo in camera per metterlo in vaso?-
 
-Lo faresti veramente? Cara ragazza! Sei così gentile! Con quelle gambe lunghe farai in un lampo!-
 
-Certo! Qual è il numero della sua camera?-
 
-È la numero 214-.
 
-Vado e torno!-
 
Selene, grazie alle sue gambe lunghe, in pochi minuti aveva raggiunto la porta della camera 214; entrò, posò il mazzo sul letto e dopo aver preso il vaso di vetro che si trovava sul cassettone ed averlo riempito d’acqua vi mise i fiori.
 
Ricollocò il vaso sul comò ed uscì richiudendo la porta dietro di sé.
 
Stava per tornare nella grande sala, quando la porta della camera 215 si aprì all’improvviso e sull’uscio comparve una figura.
 
-Buongiorno!- disse Selene.
 
-Buongiorno!- le rispose l’anziana donna mentre con un po’ di fatica usciva dalla stanza. Camminava con l’ausilio di un bastone e sembrava un po’ malferma sulle gambe.
 
Però era vestita di tutto punto con una gonna grigia ed un cardigan color lampone sopra una camicetta bianco panna; i capelli grigi erano ben ravvivati e il rossetto rosso sulle labbra era stato applicato con cura.
 
Selene provò istintivamente della simpatia per lei e le disse: -Posso darle una mano?-
 
-Un braccio sarebbe preferibile.-
 
-Certamente!- le rispose offrendole il braccio destro, con un sorriso, per aiutarla a camminare.
 
-Come ti chiami?-
 
-Selene Lowell, signora.-
 
-Lowell? Sei nipote di Charles Lowell?-
 
-Sì, è mio nonno.-
 
Nel frattempo erano arrivate in sala comune ed una volta entrate la signora Edwina le domandò:
-Tutto fatto?-
 
-Tutto a posto!-
 
-Grazie mille, cara!-
 
-Si figuri! È stato un piacere!-
  
-Come sei educata e gentile! Fortunato l’uomo che ti sposerà!-
 
-C’è tempo per quello!- rispose Selene con un sorriso.
 
-Quanti anni hai, cara?- era stata Gladys a parlare adesso.
 
-Ventiquattro, quindi non preoccupatevi per me!-
 
-Non aspettare troppo però!-
 
-Dovresti uscire con mio nipote Marcus! È un dottore..-
 
-Il mio Walter è un avvocato, se vuoi la prossima volta che viene a trovarmi te lo presento...-
 
Selene era finita in un bel guaio e purtroppo per lei non sapeva come uscirne; ma per fortuna l'anziana signora, che era ancora appoggiata al suo braccio la cavò da quell'impiccio: -Lasciatela stare! Selene è una ragazza intelligente saprà cavarsela! Ora, vorresti accompagnarmi da tuo nonno, per cortesia?-
 
Selene annuì e la condusse verso il fondo della sala, dove suo nonno si trovava, ridendo dentro di sé per come quella arzilla signora era riuscita a zittire quelle due chiacchierone.
 
-Selene! Dov'eri finita?-
 
-Scusa nonno, ero finita fra gli amorevoli artigli di due nonne desiderose di divenire bisnonne!- gli rispose Selene -Per fortuna qualcuno è venuto in mio soccorso!-
 
-Peggy! Sei incredibile!- disse Charles mentre la nipote aiutava la donna a sedersi.
 
-Suvvia! Non è stato niente di che!-
 
-È stato strepitoso invece! Non so davvero come ringraziarla! In genere scambio due parole con loro quando le vedo, ma quando partono in quarta riguardo ai loro nipoti sono piuttosto pesanti...-
 
-Fanno così con tutte... anche con mia nipote Sharon...-
 
-Allora è proprio un vizio!-
 
A quella affermazione seguì una bella risata da parte di tutti e tre.
 
-Nonno... come mai non mi avevi mai detto che finalmente eri riuscito a trovare un po' di compagnia?-
 
-Tesoro mio... sono vecchio... la mia memoria inizia a fare cilecca...-
 
-Puoi rimediare adesso... avanti! Sono sicura che questa storia mi piacerà!- lo spronò Selene.
 
-D'accordo... in verità Peggy ed io ci eravamo già conosciuti anni fa... o meglio, io mi ricordavo di lei...-
 
-Davvero?-
 
-Qual è la storia che ti raccontavo sempre quand'eri una bambina?-
 
-Me ne hai raccontate tante! La tua preferita comunque era quella riguardo al tuo salvataggio in Italia, durante la Seconda Guerra Mondiale, per mano di Captain America...-
 
-Esattamente! Dopo essere stato liberato, assieme ai miei compagni, abbiamo marciato fino al campo degli Alleati ed indovina un po' chi era presente a darci il bentornato?- continuò Charles indicando Peggy con il pollice.
 
-Aspetta... sul serio?- domandò Selene guardando sia il nonno che Peggy.
 
-Peggy Carter, piacere di conoscerti!-
 
-Caspita! Cioè, piacere mio signora Carter!-
 
-Tuo nonno è un gran chiacchierone, un giorno abbiamo iniziato a parlare del più e del meno e così abbiamo fatto amicizia... mi ha parlato dei suoi nipoti e del fatto che tu abbia seguito le sue orme, decidendo di laurearti in storia... mi ha anche detto che sei molto gentile ed altruista...-
 
-Nonno... è per questo motivo che Edwina e Gladys vogliono farmi conoscere i loro nipoti?-
 
-Molto probabilmente sì...-
 
-Ed ecco spiegato perché prima la signora Carter mi aveva definito intelligente...-
 
-Sei arrabbiata?-
 
-Con te nonno? Mai!- replicò Selene abbracciandolo.
 
A quel punto Peggy le disse: -Posso darti un consiglio, Selene?-
 
-Certamente!-
 
-Non accontentarti del nipote di qualcuno! Trova il compagno giusto e non lasciartelo scappare per nessun motivo!- concluse Peggy con la voce un po' incrinata.
 
-D'accordo! Lo terrò a mente!-
 
Da quel giorno quando Selene passava a trovare il nonno si fermava a parlare anche con Peggy.
La mente dell'anziana donna ogni tanto si annebbiava, segno inequivocabile della malattia che l'affliggeva ma il suo spirito rimaneva forte e saldo.
 
Passarono alcuni mesi e nel giorno del suo venticinquesimo compleanno Selene ricevette dal nonno un magnifico regalo: un gattino; e non un meticcio, bensì un gatto di razza.
 
Selene telefonò immediatamente a suo nonno, per ringraziarlo:
-Nonno! È bellissimo! Grazie! Ma non dovevi spendere così tanti soldi!-
 
-Sciocchezze, angelo mio! Tanti auguri!-
 
-Grazie! Ti voglio tanto bene!-
 
-Anch'io! Aspetta... Peggy vuole farti gli auguri... te la passo!-
 
-Buongiorno Selene! Tanti auguri!-
 
-Grazie mille!-
 
-A parte il gatto hai ricevuto altro?-
 
-Sì, i miei genitori e mio fratello mi hanno regalato una collana e un paio di orecchini a forma di cigno. Non appena riesco a liberarmi verrò a trovarvi e così vi farò vedere ogni cosa... A presto!-
 
Peggy, che in quei mesi si era affezionata alla ragazza, nell'udire quelle parole sentì il cuore colmarsi di gioia.
 
*****
 
-... ecco com'è andata la storia...-
 
-Tuo nonno vive ancora lì?-
 
-No... è morto due mesi dopo il mio compleanno; per questo motivo Dastan mi è tanto caro, è l'ultimo regalo che mi ha fatto- gli rispose chinando il capo e lasciando che i capelli le nascondessero il volto.
 
-Però hai continuato a frequentare la casa di riposo.-
 
-Mi ero affezionata a Peggy, era una grande donna, in parte è merito suo se noi donne siamo riuscite ad arrivare ai vertici della società!-
 
-A parte te, c'era qualcuno che andava a trovarla ogni tanto?-
 
-Non che io sappia; un paio di volte ho incrociato un uomo sul finire della quarantina, un po' stempiato ma non mi sembrava un suo parente...-
 
-Ma perché? Aveva una famiglia, no?-
 
-Dopo l'aggravamento dell'Alzheimer non voleva che i suoi parenti la vedessero in quello stato... glielo aveva chiesto lei... però alla sottoscritta non aveva detto nulla e aggiungici il fatto che io sia incredibilmente testarda, quindi ho continuato ad andare da lei.-
 
-Selene... lei ha sofferto?- le domandò Steve una volta di più.
 
-No- gli rispose con voce ferma e sicura -un attimo prima era lì, il momento dopo non c'era più.-
 
-Tu eri lì?-
 
-Le ho tenuto la mano fino alla fine.-
 
-Grazie.-
 
-Volevi sapere altro?-
 
-No... adesso ho tutte le informazioni che mi servivano- le rispose Steve.
 
-Oh... è una cosa positiva?-
 
-Sì... Ho aperto il plico- replicò lui, estraendo la busta dal giubbotto -conteneva delle lettere.-
 
-Lettere?-
 
-Esattamente; vuoi leggerle?-
 
-Io...- Selene era combattuta; nel corso degli anni aveva letto, per fini di studio, parecchie lettere personali. Tuttavia questa volta era diverso; non doveva leggere per documentarsi o cose simili. Le sembrava quasi di essere prossima a varcare una soglia proibita in quando conosceva il mittente e il destinatario era seduto accanto a lei.
Era tentata di rifiutare ma vide qualcosa, una sorta di muta preghiera negli occhi color genziana di Steve, quindi ricacciò in gola il cortese rifiuto che stava per esternare e disse:
-Con piacere.-
 
Anche lei notò le date scritte sulle varie buste e iniziò la lettura.
 
Nella stanza calò il silenzio rotto solamente dal ticchettio dell'orologio appeso sopra il caminetto e dalle fusa di Dastan che aveva scelto le gambe di Steve come nuovo giaciglio.
 
Selene leggeva rapidamente, maneggiando con cura quei fogli preziosi e via via scopriva un lato della nonna a lei sconosciuto.
Un lato fragile e forte allo stesso tempo. Le parole che aveva scritto oltre mezzo secolo prima erano l'esternazione di un sentimento forte e reale.
Da quelle pagine trasparivano emozioni contrastanti quali, dolore, sconforto, perdita, rabbia eppure erano legate a doppio filo ad un unico sentimento.
Un sentimento che poteva essere definito solo come Vero Amore e che Selene stessa sperava di trovare un giorno.
 
Quando ebbe finito di leggere l'ultima lettera, quella datata 2012, Selene aveva gli occhi lucidi.
Si voltò verso Steve e disse: -Grazie per avermi permesso di leggerle.-
 
-Tutto bene?-
 
-È la seconda volta che mi fai questa domanda oggi; dovrei essere io a fartela, quindi tutto bene?-
 
-Non lo so...-
 
-Neanch'io. Vorresti aprire la scatola adesso?-
 
-Non so nemmeno questo...- le disse Steve con un sospiro.
 
Il momento che ormai rischiava di diventare fin troppo malinconico, fu interrotto dal borbottio dello stomaco di Steve.
 
-Steve esattamente da quanto tempo non mangi?-
 
-Da quando ho lasciato Los Angeles stamattina; ho mangiato qualcosa in aereo ma non un gran che.-
 
-Aspetta qui un secondo.-
 
-Dove vuoi che vada?- le rispose indicando il gatto che dopo averlo eletto miglior cuscino del divano stava ronfando beatamente sulle sue ginocchia.
 
-Meglio così- disse prima di sparire in cucina.
 
Rimasto solo Steve, riprese ad osservare il soggiorno di Selene. Non era più ordinato come qualche ora prima, quando era entrato in quella casa per la prima volta.
Adesso vi era quel leggero disordine che caratterizzava una casa abitata.
Il laptop sul tavolino di fronte al divano per esempio; oppure il libro abbandonato sui cuscini di quest'ultimo.
In quell'ambiente si respirava proprio l'aria di casa, di focolare.
Quell'atmosfera era la stessa che c'era a casa sua, almeno fino alla morte di sua madre e poi solo in quella di Bucky.
 
Dopo l'attacco a Pearl Harbor quelle quattro mura erano solo un luogo di passaggio e di riposo, perché il desiderio di arruolarsi aveva cancellato tutto il resto.
Praticamente era dal 1942 che non respirava quella tranquillità.
 
Steve era così immerso nei suoi pensieri che non udì la voce di Selene che lo stava chiamando:
-...eve! Steven! Mi senti?-
 
-Sì, sì... scusa!-
 
-Ti chiamavo ma non rispondevi!-
 
-Stavo pensando...-
 
-L'avevo sospettato... dai vieni in cucina- gli disse Selene mentre sollevava Dastan afferrandolo per la collottola per poi depositarlo nella sua cesta.
Steve si alzò e si diresse in cucina dove poté togliersi i peli che Dastan gli aveva lasciato come ricordo, grazie alla spazzola adesiva che Selene gli aveva dato e dopo essersi lavato le mani si sedette al tavolo della cucina.
Selene, dopo essersi lavata le mani a sua volta, con fare cerimonioso gli mise davanti una scodella di ceramica e gli disse: -Buon appetito!-
 
Steve scrutò l'interno della ciotola e con stupore vide del... gelato!
 
Evidentemente la sua sorpresa gli si leggeva in faccia tant'è vero che Selene gli disse: -Cosa c'è? È tardi ormai, qualsiasi pietanza ti appesantirebbe troppo. Il gelato invece è un alimento bilanciato e perfettamente digeribile. Quindi non fare quella faccia e mangia!- accompagnando il tutto con un sorriso.
 
Detto questo si sedette di fronte a lui con una scodella più piccola ed iniziò a mangiare lei stessa.
 
Steve ridotto al silenzio da quella logica inattaccabile, capitolò ed affondò il cucchiaio nel gelato; non lo mangiava da moltissimi anni e aveva scordato che fosse così buono.
Selene aveva scelto il classico binomio cioccolata-fiordilatte sia per lei che per lui e caspita se funzionava!
 
La giovane gli rivolse un sorriso soddisfatto e quando notò che Steve iniziava a raschiare il fondo gli domandò: -Ne vuoi ancora?-
 
-No grazie, basta così!-
 
-Nessun problema...-
 
-Bé allora... un altro po' mi farebbe piacere...-
 
-Subito!- replicò lei alzandosi -Ero sicura che ti sarebbe piaciuto!- continuò mentre gli riempiva nuovamente la scodella -Ecco qua!-
 
-Grazie!-
 
Dastan uscì proprio in quel momento, dalla sua cesta e si strusciò contro le caviglie di Selene, quasi geloso del fatto che l'attenzione della sua padrona fosse focalizzata su Steve.
 
-Guarda un po'... siamo gelosi, eh?-
 
Dastan sfoderò la sua arma più efficace, il suo charme...
Si distese sul fianco ed iniziò a fare le fusa, per poi mostrare la pancia in tutta la sua bellezza.
 
-Cena più spettacolo di Dastan il Magnifico! Quanto sei fortunato Steven?- gli disse Selene ridendo; poi versò un po' di latte nella ciotola di Dastan che soddisfatto si ritirò per mangiare
-Eccolo sistemato!-
 
-Hai finito?- gli domandò poi indicando la scodella.
 
-Sì, grazie.-
 
Selene sparecchiò velocemente e mise le tazze nel lavandino.
 
-Hai visto che avevo ragione? Il gelato fa miracoli; è sempre una garanzia!-
 
-È la tua regola di vita?-
 
-Più o meno...-
 
-Credevo che fosse “Mai indossare stupide scarpe per recarsi al lavoro”- le disse con una punta di divertimento nella voce.
 
-Attento Steven...- gli rispose socchiudendo gli occhi nel tentativo (pressoché inutile) di sembrare minacciosa -Comunque io sono scivolata a causa tua!-
 
-A causa mia?-
 
-Esattamente!-
 
-Vorresti spiegarmi il perché, di grazia?-
 
-Io ero in cima alla scala, bella tranquilla, quando tu sei arrivato all'improvviso e con la tua premura mi hai fatto compiere un'azione sconsiderata... ecco perché...-
 
A quelle parole Steve iniziò a ridere di gusto e Selene lo seguì immediatamente, non notando che negli occhi di Steve si era accesa una scintilla di genuino divertimento che non brillava ormai da troppo tempo.
 
-Adesso ti senti abbastanza forte per aprire la scatola?- gli chiese Selene non appena riuscì a riprendere fiato.
 
-Sì!-
 
-Bene! Vado a prenderla, così potrai...-
 
Selene non poté terminare la frase poiché Steve la interruppe con un: -Potremo.-
 
-Come?-
 
-Voglio scoprire cosa contiene quella scatola insieme a te- le disse guardandola negli occhi.
 
-Oh... OK- rispose lei, spiazzata -Aspetta qui.-
 
Selene tornò dopo pochi istanti e posò la scatola sul tavolino basso che si trovava di fronte al divano, poi andò alla scrivania e prese un paio di forbici che sarebbero servite a tagliare le cordicelle che erano saldate al cartone con della ceralacca.
 
Steve, che nel frattempo si era tolto la giacca e l'aveva appoggiata su di un bracciolo del divano, sollevò il coperchio e poi insieme a Selene guardò all'interno della scatola.
 
A prima vista, quello scrigno malconcio, sembrava contenere degli oggetti inutili ma...
Steve prese il primo libro che vi era contenuto e con gli occhi che gli pizzicavano un po' iniziò a sfogliarlo.
Selene seduta accanto a lui, in silenzio, lo osservava consapevole che in quel momento stava accadendo qualcosa di straordinario.
 
-Incredibile!-
 
-Cos'è incredibile Steven?-
 
-Questo è tutto il mio passato!- le rispose con voce gioiosa.
 
-Davvero? È incredibile, hai ragione!-
 
-Guarda! I miei libri! Le fotografie...-
 
Steve non riusciva a credere ai suoi occhi; infatti credeva che i suoi effetti personali fossero andati in parte perduti ed in parte esposti al museo. Peggy evidentemente era riuscita a salvare quelli più importanti.
Ora dopo decenni Steve si riavvicinava al suo passato.
 
-Le mie prime dog-tags!-
 
-Prime?-
 
-Sì. Vedi? Come reparto di appartenenza era indicata la RSS. Dopo l'azione di Azzano, era stato fondato l'Howling Commando, quindi nuove piastrine per tutti i nuovi membri.-
 
-Capisco- gli disse Selene -cos'altro c'è?-
 
Sempre più incredulo, Steve, estrasse un malconcio portafoto.
Al suo interno c'erano poche fotografie ma per lui erano le più belle e preziose del mondo.
La prima infatti ritraeva i genitori di Steve nel giorno delle loro nozze.
 
-Sono i tuoi genitori, vero?-
 
-Sì.-
 
-Come si chiamavano?-
 
-Joseph e Sarah- le rispose mentre estraeva una piccola scatolina di velluto da quella di cartone; l'aprì e altrettanto velocemente la richiuse per poi nasconderla con un gesto fluido sotto la sua giacca.
 
Selene tuttavia non notò nessuno di quei gesti, in quanto era ancora impegnata a guardare la fotografia; ne era rimasta conquistata. 
La foto ad occhio e croce doveva avere cento anni eppure era ancora bella e luminosa, con i dettagli perfettamente visibili.
La sposa, seduta su di una sedia, sorrideva con un po' di imbarazzo, mentre il marito in piedi accanto a lei, le appoggiava la mano sulla spalla sinistra con fare protettivo.
Selene rivedeva molto Steve nei suoi genitori; lo sguardo fiero e serio era quello di suo padre ma era stemperato dalla dolcezza di quello materno.
 
-Sei il ritratto di tuo padre! Siete identici!- esclamò -A parte il colore dei capelli, quello lo hai preso da tua madre.-
 
-Dici davvero?-
 
-Certamente ed è un complimento! Guarda! Come volge la testa, il portamento fiero e...- continuò Selene indicando la foto.
 
-Va bene, va bene ho capito...- la interruppe Steve, leggermente in imbarazzo; si schiarì la voce e voltò pagina, rivelando la foto dell'Howling Commando.
 
-Sono loro? I membri del Commando? -
 
-Sì.-
 
-Come si chiamavano?-
 
-Jim Morita, Jacques Dernier, Dum Dum Dugan, Montgomery Falsworth, Bucky Barnes e Gabe Jones.-
 
“Bucky...”
Incapace di continuare Steve guardò nuovamente nella scatola ed estrasse l’ultimo oggetto che esso conteneva: un quaderno con la copertina di cartone.
 
Il suo quaderno degli schizzi. Peggy era riuscita a salvare pure quello.
 
Steve lo sfogliò; mentre era in tournée per far passare il tempo durante le lunghe pause disegnava qualcosa, per tenersi impegnato.
 
-L’avevo quasi dimenticato…- mormorò.
 
-Sai disegnare? Sei bravissimo!-
 
-Smettila!-
 
-È vero! Guarda! Hai mantenuto la prospettiva del treno; la penisola italiana è perfetta! Io se ho una matita in mano è solo perché sto scrivendo un cruciverba. Quindi… lasciati adulare per un secondo, Signor Sono-Troppo-Modesto-Per-Accettare-Un-Complimento!-
 
-Adulare?- le chiese con un sorriso.
 
-Sì… in maniera vergognosa aggiungerei- gli rispose sorridendo di rimando.
 
In quel momento dall’ultima pagina cadde un ritaglio di giornale, piegato in quattro, che Selene raccolse prontamente.
 
La giovane lo passò a Steve che lo aprì.
 
C’era qualcosa di tenero ed innocente allo stesso tempo, nello vedere la testa bionda di Steve e quella castana di Selene talmente vicine da sfiorarsi mentre entrambi leggevano il titolo cubitale dell’articolo vecchio di decenni.
 
“CAPTAIN AMERICA INSIGNITO DELLA MEDAGLIA AL VALORE”
 
Eh sì, era uno degli articoli dedicati a lui dopo l’azione di Azzano. Il giornalista aveva raccolto le varie testimonianze dei diretti interessati con tanto di foto; il Colonnello Phillips, il Tenente Carter, alcuni soldati salvati dall'azione eroica di Steve.
 
In quel momento l’occhio di Steve cadde sull’orologio e fu solo allora che notò l’ora tarda.
 
-È tardissimo! Devo andare!- esclamò -Scusami se mi sono intrattenuto così a lungo!- riprese mentre iniziava a riporre i suoi ricordi nella scatola.
 
-Come pensi di portarla fino a casa? Con la moto? È lo stesso problema di oggi.-
 
-Veramente sono venuto a piedi, quindi prenderò un taxi.-
 
-A quest’ora? No, ti accompagno io e non discutere!-
 
-In bicicletta?-
 
-Sì, ti carico sul portapacchi… ho l’auto parcheggiata in garage, simpaticone... Andiamo! Il tempo di indossare un paio di scarpe e sono pronta.-
 
Cinque minuti dopo erano seduti nella 500 blu di Selene che come lei stessa la definì era “elegante come una berlina e scattante come un go-kart”.
 
-Indirizzo per favore...-
 
-1614 Connecticut Ave NW; vicino Dupont Circle.-  
 
-Bene! Cinture allacciate! Vuoi farti il segno della croce o dire una preghiera prima che io metta in moto?-
 
-Perché?-
 
-Perché non conosci il mio stile di guida, immagina quindi che sia una sorta di assicurazione.-
 
-Tu non hai fatto niente di tutto questo oggi quando sei salita sulla moto.-
 
-Sicuro?- replicò Selene alzando un sopracciglio.
 
A quel punto Steve capitolò e prima di farsi un veloce segno della croce le disse: -D’accordo, hai vinto.-
 
Partirono dunque e quando furono più o meno a metà strada Selene gli domandò: -Hai fatto tutta questa strada a piedi? Caspita!-
 
Dopo circa dieci minuti erano arrivati.
 
-Eccoci! Sani e salvi!-
 
-Grazie!-
 
-Di nulla!-
 
Steve aveva la mano sulla maniglia, pronto per aprire la portiera, quando un pensiero improvviso gli passò per la mente.
 
-Selene…-
 
-Dimmi.-
 
-Vorrei sdebitarmi in qualche modo...-
 
-Sdebitarti? Per cosa? Per il gelato? Non era niente di che...-
 
-Posso invitarti a cena?- continuò lui ignorando le proteste della giovane.
 
-Certamente!- gli rispose Selene anche se era rimasta spiazzata dalla domanda.
 
-Domani sera?-
 
-Va bene, a che ora?-
 
-Alle diciannove?-
 
-Perfetto! Ma niente di troppo ricercato. Il mio limite massimo è di due forchette per pasto!-
 
-Va bene, passerò io a prenderti.-
 
-Allora ti aspetterò… buonanotte Steven.-
 
-Buonanotte Selene.-
 
Detto questo Steve scese e restò ad osservare la sagoma dell'auto che si allontanava nel buio della notte, prima di entrare in casa continuando a stringere fra le braccia la scatola di cartone.
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice:
Un capitolo al mese, giusto? Siamo ancora in ottobre, giusto? Perfetto! ^_^
 
Non so se si capisce ma sto cercando di far emergere il concetto di casa o meglio della sua assenza nella vita di Steve.
Infatti secondo la lingua inglese “house” significa casa in senso materiale, mentre “home” in senso affettivo... “We can go home...” capito?
In italiano questa divisione si perde un po'... pazienza!
 
Secondo voi fra Steve e Selene c'è stato lo Zing?
 
Il carillon di Peggy si vede in Agent Carter ed è questo.
 
La foto del Commando è questa.
 
L'indirizzo che Steve dice a Selene non è inserito a caso... cercate su Internet “Zorba's Cafe Washington D.C.” poi usate Street View, fate girare leggermente la foto verso destra e... voilà! ^_^
 
Dopo tutti questi dettagli non richiesti è giunto il momento del grande annuncio!
Verranno pubblicate le lettere di Peggy! Siete contente/i?
 
Ma ditemi cosa vi aspettate dalla cena?
Aspetto i vostri commenti!
Piccola anticipazione, nel prossimo capitolo Selene porterà Steve in un luogo di perdizione.
Sì, avete letto bene e probabilmente avete pensato male.
Sempre nel prossimo capitolo capirete il titolo della storia (almeno lo spero!).
 
Saluto le tre nuove arrivate: Delta_97,Strix e Lady Windermere, grazie per aver scelto di seguire la mia storia!
 
Ringrazio anche Natalia_Smoak, Ella Rogers, LadyRealgar, DalamarF16 (doppio grazie per la consulenza automobilistica), Sandra Prensky e Lady Windermere per le recensioni! 
Grazie ragazze! ❤️
 
Alla prossima!
Ragdoll_Cat
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 L'amicizia è una cosa strana: non si può stabilire da che cosa nasce, ma quando c'è la si sente. 
 
(Nancy Hartwell)
 

 
 
*
 
Steve si svegliò presto, come sua abitudine e poi andò a correre.
 
Si sentiva pieno d’energia e voglia di fare.
 
Una volta tornato dal suo giretto di solo trenta chilometri in poco più di quaranta minuti, si fece una doccia, più come rituale che per reale necessità.
 
Mentre era in coda al bar per pagare il caffè gli arrivarono due SMS in rapida sequenza. Estrasse lo smartphone dalla tasca dei jeans; era un residuato dello S.H.I.E.L.D. che Natasha gli aveva regalato dopo averlo criptato, ovviamente. Solo gli Avengers avevano quel numero, perché erano gli unici amici di cui si fidasse e Sam naturalmente.
 
Steve aprì il primo messaggio, che proveniva proprio da Sam, recitava così:
Ciao Steve! Ho parlato con Eric, ha detto che proverà a chiedere qualche favore, ma non promette nulla! Io comunque non mi arrendo! Fatti sentire! Ciao, Sam.
 
L’altro invece era stato inviato da Natasha:
Ciao! Sarai tornato a casa ormai; spero che tu sia riuscito a trovare il tuo amico. Io invece ho intenzione di continuare il mio tour. François ti saluta! Stammi bene! :)
Era un messaggio in codice, le vecchie abitudini da spia di Natasha erano dure a morire; dunque a quanto pare era da qualche parte in Francia e non era da sola. François era la variante francese di Francis e l'unico membro dei Vendicatori che aveva come secondo nome Francis era Clint.
La scoperta, che i due ex-agenti dello S.H.I.E.L.D. erano insieme, ebbe su di lui un effetto tranquillizzante, si sarebbero di certo guardati le spalle a vicenda.
 
Steve rispose ad ambedue i suoi amici e dopo aver fatto colazione acquistò qualche provvista.
 
Trascorse il resto della giornata chiuso in casa guardando nuovamente il suo tesoro e rileggendo le lettere.
 
Nel primo pomeriggio cercò su Internet un ristorante per la serata e dopo aver chiamato per prenotare un tavolo si fece un’altra doccia. Indossò un paio di jeans beige, con cintura in tinta e una camicia azzurro chiaro.
 
Uscì di casa verso le diciotto e trenta, fermò un taxi e si fece lasciare vicino alla casa di Selene, perché prima di arrivare da lei doveva fermarsi da un’altra parte.
 
 
 
Selene invece aveva trascorso la giornata (la prima giornata di vacanza ricordiamolo) lavorando alacremente per pulire la casa.
 
Aveva fatto due lavatrici, poi via di asciugatrice, passato l’aspirapolvere, spolverato, lavato il pavimento di tutte le stanze e poi aveva pulito il bagno.
 
Vicky era passata verso le quattro per fare due chiacchiere riguardo al picnic condominiale del 4 luglio.
 
-Selene! Hai tempo per me?-
 
-Certo! Entra, almeno mi fermo un momento!- le disse Selene lasciandosi cadere a peso morto sul divano.
 
Vicky era la sua migliore amica e quando erano insieme ridevano come matte.
 
-La signora Browne inizia ad agitarsi per il picnic; io le ho promesso che avrei preparato le insalate ma la sua più grande preoccupazione è il barbecue...-
 
-Perché? Tim è bravissimo!-
 
-Quest'anno forse non potrà esserci, è di turno alla caserma dei pompieri.-
 
-Accidenti! Non ci voleva!-
 
-Tu conosci qualcuno?-
 
-Io? No, purtroppo...-
 
-Farai lo stesso la torta, non è vero? Adoro le tue torte al doppio cioccolato!-
 
-Certamente!-
 
-Dopo dovrò giocare almeno due ore per riuscire a bruciare le calorie extra!-
 
-Probabilmente, però ne sarà valsa la pena! Anzi perché non chiedi a Tim di giocare con te? Sareste un’ottima coppia di doppio, voi due! Anzi non solo quella…-
 
-Cosa sono queste insinuazioni?-
 
-Dai si vede lontano un miglio che siete cotti l'uno dell'altra!-
 
-Ma non hai niente di nuovo da raccontarmi? Ci sono novità?- domandò Vicky nel tentativo di sviare il discorso.
 
-Sì, parteciperò alla conferenza della professoressa Hall, non vedo l'ora!-
 
-Sei terribile! Non mi stavo riferendo a quello!-
 
-Vicky cosa stai dicendo?-
 
-Non fare l'ingenua con me, non attacca! Mi domandi di Tim e di come sia un possibile partner di tennis e tu non mi dici nulla riguardo al tuo misterioso ospite di ieri sera? È un possibile candidato per un eventuale partita di doppio misto?- in quel momento Vicky sembrava un piccolo e sfrontato folletto biondo, con gli occhi castani che brillavano maliziosi e Selene si sentì avvampare sotto quello sguardo così incuriosito -Sei arrossita! Lui chi è?-
 
-Certo che sono arrossita! Mi guardi con quegli occhi indagatori! -
 
-Esagerata! Avanti sputa il rospo!-
 
-Non c'è nessun rospo! È solo un amico!-
 
-Ti conosco da anni e non ti ho mai visto arrossire per un amico- replicò Vicky facendo il segno delle virgolette alla parola “amico” -quindi parla!-
 
-D'accordo, ieri sera è venuto a trovarmi Steve Rogers, contenta?-
 
-Sì, certo come no! Ieri sera è venuto a trovarti Captain America!- le disse Vicky in tono scherzoso –I miei complimenti! Non ti facevo una così brava attrice!-
 
-Vicky, ma cosa stai dicendo? È la verità! Quando mai ti ho mentito? Quando?-
 
-Mai in effetti... quindi è vero? Frequenti Captain America?-
 
-Io non frequento Captain America, Vicky!-
 
-Mi stai dicendo che non vi vedrete mai più?-
 
-Cos’è tutto questo interesse per la mia vita sentimentale? Mi ricordi le vecchie signore della casa di riposo, dai!-
 
-Non svicolare!-
 
-Va bene, va bene… stasera esco a cena con Steven. Contenta?-
 
-Cosa?!?-
 
-Non fare quella faccia!-
 
-A che ora? Sei ancora tutta in disordine! Devi farti la doccia, lavarti i capelli, come pensi di vestirti?-
 
-Adesso inizi a farmi paura…-
 
-Forza muoviti! Me ne vado, così non disturbo, però domani voglio sapere tutti i dettagli!- replicò Vicky alzandosi dal divano.
 
-Va bene, va bene… a domani Vicky! Ciao!-
 
Erano le cinque del pomeriggio e Steven sarebbe arrivato solo due ore più tardi, quindi aveva tutto il tempo per prepararsi.
 
Dopo essersi fatta la doccia, Selene si accinse a pettinarsi ed ad asciugarsi i capelli, che sciolti arrivavano a sfiorarle le spalle. Mentre era impegnata in questa attività ripensò al giorno in cui aveva scoperto che Steven era vivo.
 
*****
 
 
 
Era una magnifica giornata di maggio a Washington D.C. e Selene era in missione: doveva trovare un regalo per il compleanno della sua amica Vicky.
 
Mentre era in caffetteria e stava finendo la colazione Selene rispose ad una chiamata dei suoi genitori: -Tesoro! Come stai?-
 
-Sto bene, mamma!-
 
-Non indovinerai mai da dove ti sto chiamando!-
 
-Quando dici così non è mai un buon segno…-
 
-Da Boston!-
 
-Non vi sopporto, quando fate così! Nessuno dei due!-
 
-Non è vero!-
 
-Invece sì!- le rispose la figlia ben sapendo che in realtà stava scherzando.
 
-Adesso devo andare, ti saluto papà!-
 
-Ciao mamma! Tanti baci!-
 
Selene riagganciò e ricominciò a girare il cucchiaino nel suo cappuccino. Era terribilmente invidiosa! I suoi genitori erano ad Harvard a tenere una conferenza e lei invece era a D.C.
Per quanto amasse la capitale, Boston durante il mese di maggio era meravigliosa! I suoi anni universitari erano stati i più belli ed interessanti, si era fatta tanti amici e aveva incrementato notevolmente il suo bagaglio culturale.
 
Dopo la laurea aveva fatto domanda per un posto da ricercatrice e per un po' aveva sperato di essere contattata dall'ufficio del personale di Harvard, ma a quanto pare non era abbastanza qualificata per poter entrare subito nella Ivy League. Quando le avevano offerto il posto alla Georgetown aveva immediatamente accettato, perché almeno sarebbe stata vicino al nonno e poi chissà magari in futuro il suo sogno si sarebbe avverato.
 
Nel frattempo aveva finito di fare colazione, quindi si era diretta verso il centro e i suoi negozi irresistibili!
 
Mentre era in centro ad ammirare le vetrine notò un capannello di gente intorno ad un negozio di televisori; incuriosita decise di avvicinarsi per poter osservare meglio.
Quello che vide la lasciò esterrefatta. 
Erano scene di guerra, quelle, ma non in una città lontana, quella era New York!
Le immagini che si accavallano le une sulle altre venivano trasmesse in diretta; c'erano degli orribili mostri -erano alieni forse? Probabilmente sì, visto che fuoriuscivano da un enorme portale nel cielo- che tentavano di conquistare la città.
Ma c'era qualcuno che combatteva per l'umanità. 
Riconobbe infatti la lucente armatura volante di Tony Stark, l'eccentrico miliardario, proprietario della torre che in quel momento era sormontata dal quel terribile buco nero. 
Un armadio di muscoli dalla pelle color verde saltava di palazzo in palazzo abbattendo le navi volanti come se fossero fatte di carta.
Fulmini e lampi illuminavano il cielo azzurro quasi fossero controllati da qualcuno;
-È Thor, il dio del tuono!- mormorò una voce alle sue spalle. 
Nuove immagini le permisero di notare un arciere che dai tetti abbatteva alieni come fossero delle mosche e una donna con i capelli rossi come il fuoco che si batteva come una furia. 
E poi lo vide, un scudo circolare. Era sporco, macchiato di una sostanza che molto probabilmente era il sangue di quei cosi, ma i colori della bandiera americana, con i quali era dipinto si vedevano ancora.
 
Uno scudo.
 
 
 
     SCUDO.
 
                   SCUDO.
 
                                 SCUDO.
 
Steve!
 
Si staccò dalla vetrina e il suo posto fu immediatamente occupato da qualcun altro, ma a lei la cosa non importò. 
Si voltò verso la strada e corse verso la prima fermata dell'autobus che vide.
Il suo cervello le aveva dato un semplice comando, doveva andare da Peggy, doveva andare da lei il più velocemente possibile.
 
Salì praticamente al volo e dopo aver attraversato l’intera città e aver cambiato la linea per tre volte finalmente scese. 
L'autobus l'aveva lasciata a due isolati dalla casa di riposo e Selene corse a perdifiato, per tutta la strada, con la borsa che le sbatteva dolorosamente lungo il fianco.
 
Entrò come una furia e quando vide Sheila le chiese: -Dov'è Peggy?-
 
-In camera sua, perché?-
 
Una volta ottenuta l’informazione Selene imboccò il corridoio senza nemmeno ringraziare o dare alcuna spiegazione.
 
Doveva sbrigarsi era quasi l’ora in cui Peggy accendeva il televisore per guardare le repliche di “General Hospital”, ma quel giorno la programmazione aveva subito un’importante modifica.
 
Signore ti prego, non portarmela via, ti prego, ti prego…
 
Raggiunta la camera 215 bussò con urgenza ed entrò senza attendere risposta.
 
-Peggy?- disse con voce titubante.
 
L’anziana signora parve non udirla, presa com'era dalle immagini che venivano mostrate dalla televisione.
 
-Peggy?-
 
-Lui è vivo…-
 
-Lo so…-
 
-Steve è vivo…- continuò Peggy stringendole la mano.
 
Selene in quel momento rivide per un attimo la bella donna che era stata un tempo, sembrava di nuovo giovane; i suoi occhi brillavano per la gioia.
 
-Lo so… Steve è vivo!- le rispose abbracciandola.
 
Grazie Signore!
 
Selene prese una sedia e si sedette accanto alla donna e non le lasciò la mano fino a quando il portale non venne chiuso in maniera definitiva; solo allora Selene si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, in cuor suo però sapeva che quelle persone eccezionali –i Vendicatori, come erano stati immediatamente ribattezzati dai media- ce l’avrebbero fatta, fin dal momento in cui aveva notato lo scudo di Steve.
 
Era strano pensarlo in vita, il nonno prima e Peggy poi, le avevano raccontato molte storie su di lui. Sapeva che si era sacrificato per salvare New York quasi settant’anni prima e di conseguenza Peggy aveva dovuto vivere il resto della sua vita senza di lui. Finora almeno.
 
-Dobbiamo chiamarlo, dobbiamo trovare il modo di contattarlo!- esclamò.
 
-No!- la voce di Peggy era decisa.
 
-Perché no?- Selene era confusa.
 
-Non voglio che mi veda così! Sono vecchia adesso! Voglio che mi ricordi com'ero un tempo... -
 
-Ma... a lui non importerà!-
 
-Promettimelo!- insistette Peggy.
 
-Va bene…  Calmati adesso, nonna per favore... cioè Peggy.-
 
-Nonna? Da dove ti è uscita?-
 
-Boh- replicò Selene alzando le spalle con noncuranza –mi è uscito di getto, scusa…-
 
-No, mi piace; se vuoi potrai continuare a chiamarmi così.-
 
-D’accordo… nonna! Posso chiederti un favore?-
 
-Certamente!-
 
-Se Steve, dovesse mai arrivare qui da te non mandarlo via, d’accordo?-
 
-Va bene!-
 
-Promettimelo!-
 
-Te lo prometto!- le disse Peggy con un sorriso –Sai una cosa Selene? Saresti un'ottima diplomatica.-
 
-Solo? Ambasciatrice o niente!- replicò Selene con tono scherzoso, prima di volgere nuovamente lo sguardo alla televisione, dove veniva inquadrato per la prima volta l’Helicarrier dello S.H.I.E.L.D. -Hai visto? Chissà cos’è…-
 
-È un velivolo dello S.H.I.E.L.D.-
 
-E cosa sarebbe esattamente lo S.H.I.E.L.D.?-
 
-Il mio passato…-
 
Selene si voltò verso Peggy, no verso la nonna, con un’espressione particolarmente perplessa stampata in faccia: -Come?- le domandò.
 
-Quanto tempo hai?-
 
-Ho tutto il tempo del mondo.-
 
-Allora mettiti comoda, sarà una storia lunga…-
 
 
*****
 
Selene si riscosse dai suoi pensieri; erano passati tre anni ormai da quel giorno, dal giorno in cui aveva scoperto così tante cose e che come promesso non aveva rivelato a nessuno, nemmeno ai suoi genitori.
 
I capelli erano ormai asciutti, con ancora indosso l'accappatoio aprì l'armadio per scegliere cosa indossare per la serata.
Dopo qualche minuto di riflessione optò per paio di jeans leggeri color rosa chiarissimo e una maglietta di seta colorata, che sembrava quasi un quadro fiorito dipinto con gli acquarelli nei toni del rosa, dell'azzurro e del verde. 
A quel punto si occupò dei capelli che dopo l'asciugatura erano incredibilmente elettrici; decise quindi di pettinarli all'indietro fermando le ciocche ribelli con delle forcine, lasciando così la fronte scoperta.
Per il suo make-up scelse la semplicità; un velo di cipria e poi annerì le lunghe ciglia con del mascara, prese il tubetto del gloss e lo applicò con mano leggera sulle labbra. Perfetto!
Uscì dal bagno e si diresse verso il comò, dove poi aprì il suo portagioie, il bellissimo carillon bianco, ed estrasse i suoi orecchini a forma di cigno, insieme all'orologio.
 
Indossò un paio di bassi sandaletti bianchi, incrociati sulla parte superiore del piede, che possedeva ormai da parecchie estati; quindi non sarebbe di certo scivolata con quelli ai piedi.
Ecco fatto, era pronta!
 
Prese il giubbino di jeans dall'attaccapanni, perché l'aria notturna avrebbe potuto rinfrescarsi un po'; mise il cellulare e il borsellino nella clutch scintillante.
Ora non le restava che aspettare l'arrivo di Steven; al suono del citofono sarebbe scesa in strada, così da non farlo salire inutilmente.
 
 
 
Steve nel frattempo era arrivato davanti al palazzo di Selene, stava per suonare il citofono, quando il portone si aprì poiché un anziano signore aveva deciso di portare il suo cagnolino a fare una passeggiata. Steve gli tenne il portone aperto, così da aiutarlo nell'impresa.
L'uomo lo osservò da dietro un paio di spesse lenti quadrate e gli domandò: -Appuntamento galante ragazzo?-
 
-Più o meno...-
 
-Eccellente!-
 
-Arrivederci!-
 
-Arrivederci e grazie!-
 
Steve a quel punto entrò e salì rapidamente le scale, erano le sette in punto, quando suonò il campanello dell'appartamento di Selene.
 
Selene andò ad aprire, evidentemente Steven doveva aver incrociato uno dei vicini, bypassando così il citofono.
-Steven! Sei in perfetto orario!-
 
Il sorriso che aveva sulle labbra se possibile divenne ancora più grande quando Steve le porse il mazzo di fiori che teneva in mano.
 
-Grazie! Rose rosa! Le mie preferite!- esclamò alzandosi sulle punte per dargli un leggero bacio sulla guancia -Entra un momento, così le metto nell'acqua- continuò mentre annusava estasiata i boccioli.
 
Selene si diresse verso la cucina, dove prese un vaso di vetro dal davanzale della finestra, lo riempì d'acqua e poi vi posizionò le rose. Soddisfatta le portò in salotto, dove avrebbero fatto una bellissima figura, sul tavolino di vetro di fronte al divano.
 
-Ecco fatto! Ora possiamo andare!-
 
Selene aprì la porta e dopo che Steve fu uscito, lei richiuse la porta dietro a loro, bloccandola con due giri di chiave.
 
-Dove siamo diretti?- indagò -Sono affamata!-
 
-Ho prenotato un tavolo in un ristorante qui vicino, possiamo prendere un taxi se vuoi.-
 
-No, no, facciamo due passi.-
 
Usciti dal palazzo si incamminarono fianco a fianco verso il “Rosselli's”, un piccolo ristorante italiano.
 
Una volta entrati nel locale, furono accolti dal quieto mormorio dei commensali e dall'invitante profumo di ragù.
Furono condotti al loro tavolo, dove Steve cortese come sempre, scostò la sedia di Selene per aiutarla ad accomodarsi.
 
-Grazie!-
 
Anche Steve si sedette e il cameriere porse loro i menù.
Ordinarono entrambi un antipasto e le lasagne, Steve in aggiunta anche una gustosa bistecca; non presero del vino limitandosi a chiedere due bottiglie d'acqua frizzante.
 
-Ti dispiace?- le chiese Steve dopo che il cameriere si fu allontanato.
 
-Cosa dovrebbe dispiacermi Steven?-
 
-La bistecca, il mio metabolismo brucia velocemente, ho bisogno di nutrimento.-
 
-Figurati! Vuol dire che quando avrò terminato di cenare, ti intratterrò con qualche aneddoto buffo! Sei sicuro comunque che insieme alla bistecca tu non voglia del vino rosso? Dicono che sia un'ottima accoppiata!-
 
-Dicono?-
 
-È una cosa risaputa... io te l'ho solo riferito, in realtà io sono astemia.-
 
-Come mai?-
 
-Lo sono e basta, non c'è nessun perché, non ho mai avuto il desiderio di provare l'alcol... pensi che questo faccia di me una persona noiosa?- gli domandò, lanciandogli un’occhiata fintamente interrogatoria.
 
Il pensiero di Steve andò ai suoi amici, Tony che beveva whisky come se fosse acqua, Clint e Natasha che facevano complicate gare alcoliche le cui regole gli sfuggivano, Bruce che si limitava alla birra per timore di perdere il controllo e Thor... bè lui era Thor; poteva scolarsi il triplo del whisky di Tony ed essere ancora in grado di articolare frasi complicate. Poi c'era lui, il suo metabolismo bruciava quattro volte più veloce rispetto ad un normale essere umano, quindi anche su di lui l'alcol non faceva effetto, però nei mesi in cui aveva cercato Bucky insieme a Sam capitava spesso che a fine giornata bevessero una birra insieme, per godersi la reciproca compagnia e se si trovavano in un bar Sam, reso ancor più loquace dalle birre, riusciva ogni volta, ad attaccare bottone con la barista di turno. Prima della guerra beveva raramente a causa delle sue scarse finanze da un lato e per la sua salute malferma dall’altro; però Bucky non gli aveva mai fatto pesare le sue mancanze rinunciando molto spesso ad uscire con gli altri giovani del caseggiato proprio per non lasciarlo da solo, anche se, un anno durante i festeggiamenti di San Patrizio Bucky si era ubriacato e quindi il piccolo e gracile Steve, aveva dovuto riportarlo a casa, facendo un’enorme fatica e dopo era quasi svenuto a causa di un attacco d’asma; quando lo aveva saputo Bucky si era sentito in colpa, ma Steve lo aveva rassicurato, per una volta si era occupato lui del suo migliore amico e la cosa lo aveva reso orgoglioso.
Quelli erano i suoi migliori amici e quando erano un po' alticci erano piuttosto divertenti, ed in quel momento gli mancavano tutti, ma Steve non aveva ritenuto nemmeno per un momento Selene noiosa a causa della sua scelta. Era intelligente e divertente, quindi le disse:
-Assolutamente no!-
 
-Hai ragione! Sono noiosa per altri motivi!- gli rispose ridendo.
 
-Non ci credo!-
 
-Dici così solo perché non mi conosci ancora bene, ma lo capirai molto presto, quando inizierò a tartassarti con aneddoti storici e citazioni latine.-
 
-Non vedo l’ora!-
 
Allora Selene a quel punto disse: -Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis- al che di fronte all’espressione perplessa di Steve, tradusse immediatamente –La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, nunzia dell’antichità. Visto? Te l’avevo detto che avrei iniziato a parlare in latino…-
 
-Chi è l’autore di questa perla di saggezza?-
 
-Cicerone; avrei altre citazioni, ma non vorrei farti scappare urlando ancor prima di aver iniziato di cenare.-
 
-Addirittura urlando?-
 
-Hai piena libertà riguardo alla tua strategia, scegli l’opzione migliore.-
 
-Restare e combattere!- le rispose con un sorriso, non era mai scappato in vita sua, non avrebbe di certo iniziato ora.
 
-D’accordo, allora preparati!-
 
Nel frattempo erano arrivati gli antipasti e quindi iniziarono a mangiare; Steve domandò a Selene qualcosa in più riguardo alla sua famiglia e la ragazza iniziò a raccontargli dei genitori, Hank famoso antropologo culturale e Katherine filosofa classica.
 
-… e poi c’è mio fratello Albert; lui… è la pecora nera di famiglia…- gli disse con una voce mortalmente seria.
 
-Oh…-
 
-Già… è un ingegnere!- continuò lei scoppiando a ridere.
 
-Mi hai fatto prendere un colpo!-
 
-Lo so, lo so… succede a tutti!-
 
-Pensavo che fosse qualcosa successo qualcosa di grave!- riprese Steve, trattenendo a stento un sorriso.
 
-La nostra famiglia ha una lunga discendenza di laureati in materie umanistiche, quindi Albert effettivamente è una pecora nera! Dovresti vederlo alle riunioni di famiglia, lo tartassano di domande sulla vita, sulla letteratura e lui risponde con formule e integrali!-
 
-Dovreste far pagare il biglietto! Deve essere uno spettacolo incredibile!-
 
-Lo sai che ci avevo pensato? Purtroppo Albert non torna spesso a casa, quindi lo spettacolo non è sempre assicurato.-
 
-Dove vive?-
 
-A Singapore, con mia cognata Rebecca e mio nipote Jason.-
 
A quel punto era arrivata la bistecca di Steve, che chiese a Selene: -Studiare storia è sempre stato il tuo sogno? Oppure avevi altri progetti?-
 
-Beh... la storia ha sempre fatto parte della mia vita- replicò lei grattandosi la punta del naso -Quand'ero bambina avrei voluto diventare un'archeologa, sai trovare antiche civiltà e scoprire i misteri del nostro passato; nonno Charles per farmi divertire, mi disegnava delle mappe del tesoro su della carta da forno, che aveva precedentemente “gratinato” nel forno appunto, così da farle sembrare autentiche e io cercavo il tesoro per tutta la casa...-
 
-Sembra divertente...-
 
-Lo era! Alcune le ho perfino incorniciate, te le mostrerò!-
 
-Come mai non hai inseguito il tuo sogno allora?-
 
-Perché ho scoperto una cosa, Steven... sono incredibilmente schizzinosa! A quindici anni sono andata in campeggio, è stata un'esperienza terribile! Non sono fatta per vivere in tenda e senza acqua corrente.-
 
-Non ci credo!-
 
-È la pura verità! A volte per le mie ricerche devo strisciare in soffitte polverose e cadenti o inoltrarmi in scantinati umidi e puzzolenti, ma a fine giornata torno a casa e posso concedermi una doccia bollente… e poi hai idea a quante vaccinazioni e profilassi antibiotiche dovrei sottopormi? Non ho l’intenzione di ridurmi a un puntaspilli, grazie tante.-
 
-Ma sei felice?-
 
-Più di quanto potessi immaginare! Ma ora basta parlare di me… raccontami qualcosa di te.-
 
-Tipo cosa?-
 
-Non lo so, quello che vuoi, la prima cosa che ti passa per la testa.-
 
Steve si appoggiò con la schiena alla sedia, perfettamente a suo agio e le disse: -Non c’è niente di particolare da raccontare, tutto quello che c’è da sapere su di me lo puoi vedere allo Smithsonian…-
 
-Punto uno, quella mostra è dedicata a Captain America, io voglio sapere qualcosa su di te, Steven e punto due io non sono mai andata a vederla quella mostra.-
 
Steve che stava bevendo dell’acqua quasi si strozzò ad udire quelle parole: -Cosa? Un’appassionata di storia come te?-
 
-L’esposizione è stata curata da Herbert Wright; è un incompetente. Suo padre è amico di non so quale senatore e quindi è stato raccomandato. Scommetto che ci saranno degli errori o delle inesattezze, lungo tutti i padiglioni…-
 
-Avresti potuto mentire comunque e dire che ti era piaciuta…-
 
-Mai! Ti avrei raccontato che mi era piaciuta tantissimo una certa foto e tu mi avresti chiesto se era quella vicino alla porta d’emergenza, io te lo avrei confermato, solo che vicino alla porta non vi erano esposte delle fotografie e puf! il castello di carte sarebbe crollato; in aggiunta arrossisco in una maniera a dir poco vergognosa… in poche parole sono una pessima bugiarda Steven.-
 
-Ma riesci a mantenere un segreto?-
 
-Quello sì, non ho mai rovinato nessuna festa a sorpresa in vita mia!-
 
Steve sorrise per la risposta che Selene gli aveva rivolto; si stava divertendo molto, come non gli succedeva da anni e il merito era di quella ragazza che gli stava di fronte. Anche Selene si stava divertendo parecchio in compagnia di Steven; la sua premura e cortesia l’avevano favorevolmente colpita, era davvero felice di averlo finalmente conosciuto. Si era confidata con lui, gli aveva raccontato della sua infanzia e i suoi sogni, ora fra di loro c’era un ultimo segreto che doveva ancora essere rivelato; “Più tardi” si ripromise, “Più tardi gli racconterò tutto” . Gli altri clienti del ristorante li osservano con un po' di invidia, perché Steve e Selene sembravano una coppia affiatata e che rideva per le stesse cose.
 
Terminata la cena, che Steve insistette a pagare, uscirono dal ristorante e iniziarono a camminare senza una meta precisa, o meglio Steve non aveva una meta precisa, in quanto a Selene, quest’ultima sapeva benissimo qual era la loro destinazione.
Infatti dopo un quarto d'ora di cammino erano arrivati alla gelateria preferita dalla giovane.
 
-Perché siamo venuti fino a qui?-
 
-In questo luogo di perdizione? Per via del tuo metabolismo! Dopo cena ci vuole un bel gelato! E come minimo dovrai prendere una coppetta da quattro palline! Offro io! Non si discute!- gli rispose entrando nel locale.
 
Cinque minuti dopo erano nuovamente all'esterno con i loro gelati in mano; Steve con un'enorme coppetta e Selene con un più modesto cono da una pallina.
 
-Cos'hai scelto, Steven?-
 
-Cioccolato, nocciola, torrone e pannacotta, e tu?-
 
-Panna variegata al biscotto croccante al cioccolato!-
 
-Sembra buona...-
 
-Vade retro!- disse Selene nascondendo il cono dalla vista di Steve -Caschi male Steven, il mio gelato non lo divido con nessuno, sono troppo egoista!-
 
-Tu? Egoista?-
 
-Esattamente!- replicò lei continuando imperterrita a mangiare il suo tesoro.
 
Nel frattempo mentre stavano camminando, erano entrati in un parco e chissà come mai alla fine si erano seduti su delle altalene.
 
Selene fece un respiro profondo e disse: -Steven ho una confessione da farti.-
 
Steve la guardò perplesso e le domandò: -Una confessione?-
 
-Sì, riguarda la nonna…-
 
Steve serrò istintivamente la mascella, quelle parole non promettevano niente di buono, ma si fidava di Selene quindi le fece un cenno con il capo come ad invitarla a proseguire.
 
La giovane parlò così: -Ti ho detto che ho dovuto occuparmi io del funerale e delle sue ultime volontà, te lo ricordi, vero?-
 
-Certo.-
 
-Aveva espresso il desiderio di essere cremata e che le sue ceneri fossero disperse nel vento.-
 
-Perché mi stai dicendo questo?-
 
-Perché hai il diritto di saperlo, non voglio che tu ti affanni a cercare una tomba che non esiste, non sarebbe giusto nei tuoi confronti- continuò mentre tormentava nervosamente le catenelle dell’altalena.
 
-Non devi preoccuparti, ma grazie per la sincerità.-
 
-Non sei arrabbiato con me?- gli domandò con voce titubante.
 
Steve la guardò con occhi tristi, ma Selene non vi lesse nessuna accusa nei suoi confronti; infatti le rispose: -Sono rattristato Selene, ma non arrabbiato, non potrei mai arrabbiarmi con te. Sei stata accanto a lei fino alla fine, è più di quanto non abbia fatto io… Hai esaudito il suo ultimo desiderio… Perché dovrei essere infuriato? Piuttosto dimmi, dove hai disperso le ceneri? -
 
-In Cornovaglia!-
 
-In Cornovaglia?-
 
-Era il suo ultimo desiderio, quindi ho preso l’aereo e sono partita alla volta della Gran Bretagna. Quando sono arrivata a Porthkerris, soffiava un vento freddissimo! Il cielo e il mare erano entrambi grigi, era fine gennaio dopotutto. Enormi cavalloni si abbattevano sulla scogliera. Di fronte a quello spettacolo della natura, così indomabile che mi ricordava Peggy, mi ha permesso seppur per un momento di sentirla ancora accanto a me…-
 
Selene a quel punto, si interruppe incapace di continuare e Steve le coprì una mano con la sua come per farle intendere che aveva capito. Restarono così per qualche istante immersi entrambi nei propri pensieri.
 
Fu Selene la prima a parlare: -Steven? Posso farti una domanda?-
 
-Certo!-
 
-È molto personale e indiscreta, quindi se non vorrai rispondermi, nessun problema.-
 
-Stai tranquilla Selene, non c’è più alcuna domanda a cui io non abbia risposto, indiscreta o meno.-
 
-Stavo ripensando alle tue “Dog tags”, lì c'è scritto che sei cattolico... ecco… dopo il male che hai visto, dopo tutto quello che hai vissuto e tutte le battaglie che hai combattuto... tu credi ancora in Dio?-
 
Steve era abituato alla gente che gli rivolgeva le domande più strane ed assurde, ma questa era la prima volta che qualcuno gli chiedeva una cosa così profonda e personale.
 
-Onestamente? Non lo so più… una volta ti avrei risposto di sì, senza alcun minima esitazione ma ora… devo riflettere; mi hai davvero spiazzato con questa domanda sono sincero; quindi lascerò la domanda in sospeso e ci ragionerò con calma, poi ti darò una risposta esauriente- le rispose Steve –E tu Selene? Credi in Dio?-
 
-Io credo! E non solo perché anch’io sono cattolica per via delle mie origini, ma perché nella vita bisogna credere in qualcosa, altrimenti come possiamo andare avanti, se non crediamo in niente? A volte è facile cadere nello sconforto, quando il Male sferra un suo attacco e ti domandi, dov’è il Bene? Dov’è l’amore di Dio in tutto questo? Io l’amore lo vedo nelle persone che lottano per il Bene, giorno dopo giorno affinché il Male non possa vincere e io traggo da lì la mia forza e la mia speranza per un futuro migliore.-
 
Steve l’aveva ascoltata attentamente, senza perdersi nemmeno una sillaba, trovandosi d’accordo con Selene. Non era forse per questo che lui si era arruolato? Per fare del bene ed aiutare chi era in difficoltà. Non si era candidato per entrare nell’esercito per dimostrare qualcosa, questo non lo aveva capito nessuno, ma per poter fare la differenza fra il Bene e il Male.
 
-Scusa Steven, non volevo farti una paternale, parliamo d’altro se vuoi…-
 
-Non mi è dispiaciuto ascoltarti e riflettere su cose importanti, in genere le persone mi chiedono cose del tipo: “Quante cose sono cambiate dai tuoi tempi, eh? È difficile abituarsi?” e cose così…-
 
-Beh ti sei ibernato nel ventesimo secolo! L'umanità si è evoluta tantissimo in poco tempo! Se ti fosse successo nel Medioevo o ai tempi dell'Impero Romano, non ci sarebbe stata molta differenza fra prima e dopo... all’inizio del secolo c’è stato il primo volo e nel 1969 l’uomo ha camminato sulla luna… comunque ci sono delle cose non sono cambiate dai tuoi tempi.-
 
-Ad esempio?-
 
-Vediamo…- a questo punto Selene, inconsciamente iniziò a dondolarsi sull’altalena, come quando era una bambina…
 
-Non ti viene in mente niente?- le domandò Steve divertito.
 
-Non mi distrarre Steven, sto pensando…-
 
-Strano avrei detto che tu stessi giocando…-
 
A quel punto Selene ebbe un lampo di genio! L’altalena!
 
-Ma certo! L’altalena! Pensa Steven! Il principio che permette all’altalena di funzionare è sempre lo stesso! Da centinaia di anni!-
 
-Hai ragione!-
 
-Certo che ho ragione! Ed adesso guarda! Vedrai quanto lontano riesco ad arrivare!-
 
Detto questo Selene si staccò dall’altalena per poi ricadere a terra a qualche metro di distanza: -Hai visto? Prova a battermi!-
 
-Ma quanti anni hai? Cinque?- replicò Steve anche se in realtà si stava divertendo parecchio.
 
-Non essere sciocco! Ne ho ancora quattro! Forza! Chi perde paga pegno!-
 
-E sia! Preparati alla sconfitta!-
 
Erano decenni che Steve non saltava dalle altalene, ma si ricordava ancora i trucchi che gli aveva insegnato Bucky e questi accorgimenti gli permisero di superare Selene di parecchi metri.
 
-Ho vinto!- le disse.
 
-Hai imbrogliato!- replicò Selene imbronciata –Hai aspettato che soffiasse il vento da Est per avere più slancio!-
 
-Guarda che l’Est non si trova da quella parte!-
 
-E come fai a saperlo? Giri con una bussola in tasca, per caso?-
 
-Esattamente!- disse lui mostrandogliela dopo averla estratta dalla tasca dei jeans.
 
-Sul serio? Io scherzavo!-
 
-Non me ne separo mai… era di mio padre…-
 
-Questa bussola era di tuo padre?-
 
-Era il regalo di nozze da parte di mia madre; l'ha usata durante la grande guerra e poi è stata rispedita a casa... insieme a lui.-
 
-Com'è morto?-
 
-Gas mostarda; nel maggio del '18. Il suo plotone era stato attaccato all'alba, lui è riuscito a salvare i suoi compagni, indicando loro la via contro vento. Era rimasto indietro per aiutarne il più possibile, però la nube lo ha raggiunto.
Ho scoperto la verità sono nel 1936 quando è morta mia madre per via della tubercolosi che aveva contratto a causa della stretta vicinanza ai malati; fra le sue cose ho trovato il resoconto del superiore di mio padre in cui veniva descritto come un eroe.-
 
Selene lo aveva ascoltato in silenzio mentre ripensava alla foto che aveva visto il giorno prima; ora i genitori di Steve le apparivano sotto una luce diversa.
 
-Eri destinato ad essere ciò che sei, Steven. I tuoi genitori ti hanno trasmesso l'amore per il prossimo e lo spirito di abnegazione. Dovresti esserne fiero!-
 
-Lo sono. È la prima volta che parlo di loro dopo anni...-
 
-Quindi grazie per avermene parlato.-
 
-Selene?-
 
-Dimmi…-
 
-Vorrei parlarti di un’altra persona… hai mai sentito parlare di Bucky Barnes?-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo mio:
 
Ciao!
 
Capitolo denso di informazioni! È stato troppo lungo e/o complicato? L’ho lasciato in sospeso di proposito, altrimenti sarebbe diventato ancor più lungo…
 
Come vi è sembrata la cena? Vi è piaciuta? Steve è OOC? Ve lo chiedo perché lo faccio sorridere parecchio e come sappiamo bene, Steve è un pochino ombroso ultimamente.
 
Natasha invia gli smile nei messaggi, lo si vede all’inizio di TWS, quando arriva il messaggio sul cellulare di Steve riguardo alla missione sulla Lemurian Star.
 
Un pizzico di Clintasha ci voleva, però io non sono molto abile con i messaggi in codice, spero di avervi fatto ridere comunque.
 
Riguardo all’abbigliamento Steve per la cena, ho spudoratamente copiato un outfit di Chris.^_^
 
Ecco le foto: questa e questa.
 
Selene gioca a tennis! Generalmente gioca contro Vicky ma se fra la sua amica e Tim scoccherà la scintilla a Selene servirà un compagno per il doppio. Ed eccolo qua. Che ne pensate?
 
Questi sono gli orecchini cigno di Selene. Non sono bellissimi?
 
Il vecchietto con il cagnolino era Stan Lee! Non potevo non metterlo! Ma voi lo avevate già capito, non è vero?
 
Riguardo alla mostra su Cap al museo c'è un errore sul serio! Sulla lastra di vetro su cui hanno inciso la biografia di Bucky si legge chiaramente: “Born in 1916…” e poi in fondo al pannello si leggono distintamente le date di nascita e di morte e sono “1917-1944”!
 
Quando poi Steve e Natasha sono a Camp Leigh, la registrazione di Zola afferma che è stato catturato nel 1945 e Bucky era caduto dal treno pochi minuti prima. L’incidente era avvenuto il 31 dicembre 1944 alle ore 23.59 per caso? Dubito fortemente.
 
Ma non sono stata l'unica ad accorgersene, vero? 
 
Per chi se lo stesse chiedendo dallo scorso capitolo, il nonno di Selene, Charles è questo qui. È quello alle spalle di Bucky e che indossa il cappello con lo stemma dorato.
 
Quasi dimenticavo! Come avrete di sicuro notato, Selene ha nominato una cosa che non è cambiata dai tempi in cui Steve era bambino; nei prossimi capitoli svilupperò questo dettaglio in maniera più approfondita e che sfocerà in un gioco fra Steve e Selene, quindi se avrete la voglia di partecipare, fatevi sotto! ^_^
 
Mandatemi un messaggio privato con qualche “cosa” che non è cambiata ed io vedrò di inserirla nella storia. Ovviamente dovete dirmi chi fra Steve e Selene l’ha pensata, così vedremo chi vincerà e soprattutto cosa! ^_^
 
Io ho già pensato a varie “cose” state tranquille!
 
Grazie a Ella Rogers, LadyRealgar, DalamarF16 e Lady Windermere per le vostre recensioni.
 
Grazie a DalamarF16 per aver scelto la mia storia per la sua lista delle preferite e SweetSmile per aver scelto di seguirla!
 
Grazie a tutti voi lettori e lettrici silenziosi, spero di poter leggere le vostre opinioni in futuro e se continuerete ad essere silenti, spero che la storia continui ad appassionarvi! ^_^
 
Momento pubblicità: vi consiglio la storia di DalamarF16 Friendship and loyalty con Matt e Foggy nella sezione “Daredevil” .
Nella sezione “Thor” invece troverete Panacea Project di LadyRealgar.
 
Alla prossima!
Un bacione!
Ragdoll_Cat

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 Bisogna essere in due perché la verità nasca: uno per dirla e l'altro per ascoltarla. 
(Henry David Thoreau)
 

 
 
*
 
-Vorrei parlarti di un’altra persona… hai mai sentito parlare di Bucky Barnes?-
 
Il tono scherzoso di Steve era stato immediatamente sostituito da uno molto più grave.
 
Selene aveva notato questo cambiamento e quindi si era limitata ad annuire brevemente un paio di volte.
 
-Cosa sai dirmi di lui?-
 
-Molto poco. Quello che sanno tutti; sergente del 107° fanteria. Prigioniero di guerra, liberato durante l'azione di Azzano. In seguito membro dell'Howling Commando e l'unico ad essere caduto sul campo durante la seconda guerra mondiale- snocciolò rapidamente Selene; la giovane si fermò non appena capì che aveva completamente frainteso la domanda di Steven; si morse nervosamente il labbro inferiore prima di continuare -scusami, io ti ho parlato del Sergente Barnes, ma in realtà tu mi hai chiesto se conoscevo Bucky. No, non ho mai sentito parlare di Bucky; raccontami qualcosa di lui Steven- concluse.
 
-Quanto tempo hai?-
 
-Tutto il tempo del mondo.-
 
A quel punto si risedettero sulle altalene e Steve dopo aver preso un profondo respiro, iniziò a raccontare.
 
-Bucky è il mio migliore amico, mio fratello, Selene
È difficile per me ricordare un solo momento della mia infanzia in cui Bucky non era presente; abitavamo nello stesso gruppo di case popolari, dividevamo lo stesso cortile...-
 
-Quando e come vi siete conosciuti? Eravate compagni di giochi?-
 
-Dunque, io avevo cinque anni e lui sei e ci siamo conosciuti durante una zuffa...-
 
-Come?-
 
 
*****
 
 
 
Era un settembre particolarmente afoso e tutta Brooklyn soffocava sotto una cappa d'umidità che rendeva difficile anche respirare.
I bambini però sembravano immuni a tutto ciò e correvano allegramente e lanciavano gridolini di gioia.
Uno di loro però non poteva seguirli a causa della sua salute malferma; quel bambino era Steve.
Le spalle magroline si alzavano e si abbassavano rapidamente per via della respirazione accelerata, dovuta al suo problema d'asma. I grandi occhi azzurri, nascosti da un impertinente ciuffo di capelli color del grano, osservavano con bramosia quei giochi, quelle corse a lui preclusi. Tuttavia c'era qualcosa in cui nessuno poteva batterlo: il gioco delle biglie.
Era bravissimo, riusciva a vincere ogni volta, perché prima di agire pianificava attentamente una strategia che gli permetteva di non perdere nemmeno una sfera, quasi fosse un capitano dell'esercito il cui obiettivo era sì vincere, ma allo stesso tempo riportare a casa tutti i suoi soldati, sani e salvi.
Non infieriva sugli sconfitti, infatti non teneva per sé le biglie che gli sarebbero spettate in quanto vincitore, ma le restituiva ai legittimi proprietari, perché per lui l'importante era stare insieme agli altri.
 
Quel giorno però era andata diversamente; qualche settimana prima era arrivata una nuova famiglia nel quartiere. Il figlio maggiore, Danny Edwards era un bulletto di prima categoria; tiranneggiava i bambini più piccoli, umiliandoli e sbeffeggiandoli quando cadevano dalla bicicletta e si sbucciavano le ginocchia; tirava le trecce delle bambine che piangenti correvano dalle loro mamme.
Steve pur avendo solo cinque anni non aveva paura lui, tremava dalla rabbia quando vedeva quelle cattiverie, doveva fare assolutamente qualcosa.
In quella afosa giornata settembrina finalmente aveva potuto intervenire: aveva sfidato Danny ad una gara con le biglie.
Grazie alla sua biglia preferita (di vetro azzurro come gli occhi della sua mamma) aveva vinto tutte le biglie dell'avversario, che poi aveva ridistribuito agli altri bambini come risarcimento.
Felice di aver compiuto una buona azione era pronto per tornare a casa, quando sentì una mano strattonarlo per il colletto della camicia; un secondo dopo era a terra, nella polvere.
 
-Ridammi le biglie, Rogers!-
 
Steve si rialzò prontamente e lo affrontò a testa alta:-Non le ho più! Le ho date via!-
 
-Allora prenderò le tue!-
 
Danny gli strappò il sacchetto di mano con un ghigno di soddisfazione stampato in faccia.
 
-Quelle sono mie!-
 
-Non più!-
 
Steve, il piccolo e mingherlino Steve, a quel punto lo caricò a testa bassa infischiandosene del fatto che il dodicenne fosse il doppio di lui.
Il primo pugno andò a segno, ma poi iniziarono i guai; Danny con un solo colpo lo fece ritornare a terra e nel contempo gli spaccò un labbro, che iniziò immediatamente a sanguinare.
Ma Steve non si arrese e di alzò di nuovo, con le manine strette a pugno, pronto a ricominciare. Aveva un aspetto spaventoso: l'occhio destro iniziava a gonfiarsi, aveva un'abrasione lungo la guancia dovuta alla caduta e dal labbro continuava a sgorgare il sangue, eppure teneva la testa alta ben deciso a non lasciarsi sopraffare.
 
-Non ti basta?-
 
-Posso andare avanti tutto il giorno!-
 
-Anch'io!-
 
Danny stava per colpirlo nuovamente, quando all'improvviso Steve udì una vocetta acuta esclamare: -Lascialo stare!-
 
Il bullo restò fermo con il pugno sospeso a mezz'aria e si voltò per vedere chi avesse parlato. 
-Prenditela con uno della tua taglia!- continuò quel bambino che era magrolino quanto Steve.
 
-Cosa vuoi Barnes?-
 
-Le biglie!- gli rispose Bucky strappandogli nel contempo il sacchetto di mano.
 
Danny non aveva alcuna intenzione di perdere e si voltò verso Bucky, che nel frattempo si era allontanato di qualche passo, correndo verso di lui.
Bucky agì d'astuzia, rovesciando sul selciato le sfere di vetro e quando Danny le calpestò, cadde a terra.
 
Nel frattempo alcune bambine erano andate a chiamare le loro mamme e stavano arrivando i rinforzi.
 
Bucky si diresse verso Steve, che si stava rialzando a fatica e senza dire nulla gli tese la mano per aiutarlo nell'impresa.
 
-Grazie...-
 
-Come ti chiami?-
 
-Steve Rogers e tu?-
 
-James Barnes, ma tutti mi chiamano Bucky.-
 
-Grazie Bucky.-
 
In quel momento arrivarono le mamme: Sarah con ancora indosso la divisa da infermiera tutta spiegazzata e Martha con la sorellina di Bucky in braccio e la figura già arrotondata dalla terza gravidanza.
 
-Steve! Tesoro mio, cos'è successo? -
 
-Niente mamma, sto bene.-
 
-Dobbiamo pulire e disinfettare le ferite, scusami Martha...-
 
-Vai pure Sarah, se ti serve aiuto chiamami pure, nessun problema.-
 
Sarah Rogers condusse il figlio a casa, gli tolse i pantaloncini e la camicia per esaminarlo attentamente; la salute malferma del figlio era fonte di un'enorme preoccupazione per lei. Steve era la luce della sua vita e temeva costantemente di perderlo; adesso aveva iniziato pure a fare a botte.
 
Una volta medicate le escoriazioni, che fortunatamente erano superficiali, anche se l'occhio sarebbe rimasto chiuso e gonfio per un bel po', domandò al figlio:
-Si può sapere che cosa ti è preso?-
 
-Danny è cattivo con gli altri bambini- le rispose Steve con voce leggermente incrinata.
 
-Questo non è un buon motivo per picchiarlo. Steve non puoi fare a pugni...-
 
-Perché sono malato?-
 
-No, tesoro mio, non per questo.-
 
-Perché no, allora?-
 
-Non è una cosa da bambini educati, ecco perché.-
 
Steve a quel punto la guardò negli occhi e Sarah per un momento rivide il suo Joseph; Steve aveva lo stesso sguardo di suo padre.
 
-Cosa posso fare allora?-
 
-La prossima volta vieni da me, ci penserò io.-
 
-Ma mamma...-
 
-Niente “Ma mamma” signorino! Niente liti, mi sono spiegata?-
 
-Sì, mamma...-
 
-Bravo il mio bambino- gli disse prima di abbracciarlo forte -è ora di cena, cosa vorresti mangiare?-
 
-Maccheroni al formaggio.-
 
-Va bene, te li preparo subito.-
 
A quel punto udirono dei leggeri colpi alla porta:
-Steve vai a vedere chi è per favore?-
 
-Sì, mamma!-
 
Steve aprì l'uscio di casa e si trovò davanti Bucky Barnes.
 
-Ciao Bucky. Cosa c'è?-
 
Bucky non gli rispose, infatti si limitò a tendergli la mano destra su cui vi era appoggiata la biglia blu di Steve:
-Non è molto, ma è l'unica che sono riuscito a trovare, mi dispiace...-
 
-È la mia biglia portafortuna, grazie Buck!- gli disse Steve sorridendo.
 
-Buckyyyyy!- la voce del signor Barnes risuonò nell'aria notturna -La cena è pronta!-
 
-Arrivo!- gli urlò di rimando -Devo andare Steve, ci vediamo domani- e Bucky dopo averlo salutato fu inghiottito dal crepuscolo.
 
-Chi era tesoro?-
 
-Un amico, mamma- le rispose Steve mentre faceva scorrere le dita lungo la fredda e liscia superficie di vetro della sua biglia.
 
-Bene, sono contenta, dai vieni ad aiutarmi a preparare la tavola.-
 
*****
 
-Da quel momento non ci siamo più divisi; è stato lui ad insegnarmi a tirare qualche pugno, visto che non ne volevo sapere di restare in panchina- concluse Steve con un sorriso tirato.
 
Selene lo aveva ascoltato con la stessa attenzione che lui le aveva prestato quando era stata lei a raccontargli del suo passato.
Per questo gli domandò:
-Hai sempre parlato di Bucky al presente, come mai?-
 
-Perché lui è vivo- le rispose guardandola negli occhi.
 
-Come?-
 
Steve a quel punto le rivelò cos'era effettivamente accaduto un anno prima, dalla scoperta del progetto Insight e che era collegato all'HYDRA...
 
-... infranto la parete dell'ascensore... lottato contro il Soldato d'Inverno... deciso di distruggere gli Helicarrier e di pubblicare tutti i segreti dello S.H.I.E.L.D. su Internet... per salvare milioni di persone ho quasi ucciso Bucky e lui ha quasi ucciso me... mi ha ripescato dal Potomac... l'ho cercato per oltre un anno, in tutto il mondo, ma senza risultato...-
 
Quando Steve terminò cadde fra loro un silenzio rotto solamente dal frinire dei grilli e il cigolio delle catenelle delle altalene.
Selene a quel punto aveva gli occhi talmente sgranati che sembravano (era proprio il caso di dirlo) due enormi biglie verdi.
 
-Sono parecchie informazioni da assimilare me ne rendo conto...-
 
-In effetti... dammi un attimo...-
 
Steve le sorrise e annuì brevemente.
 
-Steven, fammi capire, Bucky il tuo migliore amico non è morto nel 1945 ma è stato trasformato in una macchina assassina con un braccio bionico, ed è stato usato dall'HYDRA per commettere attentati ed omicidi e quando i suoi servizi non erano richiesti prima di ibernarlo gli resettavano il cervello per poter continuare ad esercitare su di lui il controllo. Giusto?-
 
-Hai centrato il punto.-
 
-L'anno scorso il meccanismo è andato in pezzi e lui è riuscito, grazie al tuo aiuto, a ricordare qualcosa ed a scappare; da quel momento però non l'hai più visto.-
 
-Esatto.-
 
-Questo progetto Insight, come funzionava esattamente?-
 
-Non credo di essere il più adatto per spiegarti il suo principio di funzionamento, ma ci proverò; dunque l'algoritmo analizzava i “pensieri” delle persone, attraverso le scelte passate in modo tale da eliminare chi non fosse utile all'HYDRA; avrebbero ucciso gli agenti dello S.H.I.E.L.D., Natasha, Clint, Tony, Bruce, persone innocenti che in futuro magari avrebbero potuto fermare l'HYDRA, nessuno sarebbe stato al sicuro, perché gli Helicarrier avrebbero potuto colpire in qualsiasi momento, in qualsiasi punto del globo.-
 
-Ho capito... però...-
 
-Però?-
 
-Peccato che sia andato distrutto, avresti potuto usarlo.-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Buon Natale!!!!
Un po' in ritardo... ^_^
Come promesso ecco il nuovo capitolo!
Non sono riuscita a pubblicarlo ieri, ma oggi dopotutto è Santo Stefano... quindi è l'onomastico di Steve! ^_^
Grazie a Lady Windermere, LadyRealgar, DalamarF16, Ella Rogers e LillaPizzi94 per le vostre recensioni.
Grazie ad Armidia per aver scelto la mia storia per la sua lista delle preferite e LillaPizzi94 per aver deciso di ricordarla. 
Niente note lunghe questa volta, ci sentiamo l'anno prossimo! ^_^
Un grosso bacione!
Ragdoll_Cat

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 Se si sogna da soli, è solo un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia.
 
(Proverbio africano)
 

*
 
 
 
 
 
 
Delle sette meraviglie del mondo antico solo una è giunta fino a noi: la piramide di Cheope che si trova a Giza. Le altre purtroppo sono andate distrutte, sia per colpa dell'uomo che per eventi naturali. Curiosa è la sorte capitata a due di esse; diverse per forma ed aspetto ma uguali per funzione. Ed entrambe sono crollate a causa di fenomeni tellurici. Stiamo parlando del Colosso di Rodi e del Faro di Alessandria d'Egitto. 
Il loro compito era quello di guidare, nelle notti buie, le navi e di condurle sane e salve in porto.
 
Anche Steve si ritrovava a navigare al buio e con il mare in tempesta, ma le parole di Selene, gli avevano portato la luce. L’oscurità era ancora fitta, ma la speranza aveva iniziato a dissipare le tenebre.
 
Quella semplice frase, pronunciata di getto, proveniente dal cuore, era il Sole nascente che con i suoi pallidi raggi aveva cominciato a schiarire la volta del cielo.
 
Tuttavia Steve durante quell’anno così terribile era rimasto deluso e scottato parecchie volte e quindi, di conseguenza, era divenuto cauto e prudente, al fine di evitare le delusioni; per questo le domandò: -Che cosa intendi dire?-
 
-Eh? Cosa? Non intendevo dire nulla, la mia era semplicemente una constatazione; se quel programma non fosse andato distrutto, con qualche miglioria avresti potuto usarlo, tutto qua.-
 
-E come?-
 
-Non lo so, forse, visto che l’HYDRA aveva intenzione di eliminare le persone scomode -una cosa da brividi- scansionando il comportamento della gente, avresti potuto modificare l’algoritmo per trovare i capi supremi dell’HYDRA e arrestarli; così da fermarli una volta per tutte.-
 
-E allo stesso tempo mi sarebbe servito per trovare Bucky- concluse Steve.
 
-Certamente…-
 
-Piccolo dettaglio, lui è un fantasma.-
 
-E allora? Non focalizzarti su quello che c’è ma su quello che non c’è- ribatté Selene.
 
-In che modo?-
 
-Quando passi tanto tempo sui libri -come me- impari che non sempre puoi procedere in maniera logica e lineare per cercare qualcosa o qualcuno che si è nascosto o che è stato fatto scomparire volontariamente; hai mai sentito parlare della cosiddetta damnatio memoriae?
No? Significa condanna della memoria. Nel diritto romano indicava una pena consistente nella cancellazione della memoria di una persona e nella distruzione di qualsiasi traccia che potesse tramandarla ai posteri. Si trattava di una pena riservata ai nemici di Roma e cancellava ogni traccia di una dato individuo dalla vita di Roma, come se non fosse mai esistito.
Ma era una pratica già usata in tempi più lontani, come nell'antico Egitto, dove il nome della regina Hatshepsut, dopo la sua morte, fu cancellato per ordine del suo figliastro, nel tentativo di rinnegare il suo regno.
Alcuni imperatori romani hanno subito il medesimo destino; nel medioevo e nell'età moderna vi sono stati alcuni casi come la sorte toccata al Doge di Venezia, Marino Faliero che oltre al nome ci ha rimesso pure la testa. In tempi più vicini a noi pensa a Stalin che faceva rimuovere dalle foto ufficiali -e non solo da quelle- i suoi oppositori. O la cancellazione dei simboli fascisti in Italia e quelli nazisti in Germania.
Come vedi quelle persone, avrebbero dovuto scomparire come se non fossero mai esistiti eppure in qualche maniera li conosciamo lo stesso. Perché? Perché la Storia non può essere completamente cancellata.-
 
-Perché come diceva Cicerone “la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, nunzia dell’antichità”?-
 
L’occhiata che Selene gli riservò era colma d’ammirazione; Steven le aveva davvero prestato attenzione. Quella semplice cortesia la fece sorridere e le riempì il cuore d’orgoglio e la spronò a continuare il suo discorso, conscia che neppure una sola parola sarebbe rimasta inascoltata.
 
-Bravissimo! Di conseguenza impari a muoverti in un’altra maniera, trovi una via traversa, aggiri l’ostacolo, vai avanti, torni indietro, ricostruisci gli eventi. Bucky è un fantasma, certo ma è un fantasma nel ventunesimo secolo; chiunque lascia una traccia –fisica o digitale-       da qualche parte e se lui è stato addestrato a non lasciarne alcuna, allora è la mancanza di quello che dovrebbe esserci che ti condurrà da lui. In poche parole è sufficiente cercare quello che non c’è… Ma come ti ho detto la mia era solo un’idea.-
 
-Un’idea che potrebbe funzionare…- continuò Steve, buttando all'aria la prudenza; era pronto a tuffarsi in questo nuovo incredibile progetto.
 
-Frena, frena, frena… io ho parlato per via ipotetica. Non abbiamo quel programma, hai idea di quanto ci voglia per scrivere un algoritmo di quella portata? Mesi, magari anni…-
 
-Sarebbe possibile riscriverlo partendo da quello originale?-
 
-Credo di sì, ma perché me lo chiedi?-
 
A quel punto Steve sganciò la bomba: -Perché io ho una copia del progetto Insight autentico.-
 
-Davvero?-
 
-Sì, è custodito in una penna USB.-
 
-Ma è al sicuro, non è vero? Perché al giorno d'oggi è un'arma potentissima.-
 
-Tranquilla... allora potresti riscrivere l'algoritmo?-
 
-Steven, io posso dirti chi era seduto vicino a chi durante le trattative del congresso di Vienna del 1815, potrei anche descriverti com'erano vestiti e cosa hanno mangiato, ma non so scrivere un algoritmo...-
 
Steve disse semplicemente: -Oh...- non aggiunse altro, ma la delusione che gli si leggeva sul viso valeva più di mille parole.
 
-...ma so chi può farlo...- terminò Selene sorridendogli.
 
Ed ecco che di nuovo quella luce, quella scintilla di speranza, tornò a illuminare gli occhi azzurri di Steve: -Davvero?-
 
-Certo!- replicò Selene alzandosi dall'altalena e portandosi di fronte a lui, tendendogli la mano per invitarlo a fare altrettanto -Forza, andiamo!-
 
-Dove?- domandò Steve mentre accettava la mano di Selene.
 
-A casa mia. Conosco un tipo che fa proprio al caso nostro, gli manderò un messaggio e vedremo se può aiutarci.-
 
Uscirono svelti dal parco, correndo per raggiungere il più velocemente possibile la casa di Selene, continuando nel frattempo, inconsapevolmente, a tenersi per mano.
Una volta arrivati al condominio di Selene, la ragazza era quasi al limite delle proprie forze, a differenza di Steve.
Mentre recuperava le chiavi di casa dalla clutch, Selene gli disse: -Credo di aver bisogno di un paio di gambe nuove; ho muscoli delle cosce che gridano pietà.-
 
-Il bicipite oppure il quadricipite femorale?-
 
-Entrambi, direi… Guardiamo il lato positivo, grazie al mio lavoro e alla mia inclinazione naturale, ho una discreta resistenza polmonare.-
 
-L’ho notato. Ma quale sarebbe la tua inclinazione naturale?-
 
-Sono una donna! Con tutto quello che parliamo, siamo super allenate!- gli rispose per poi ridere alla sua stessa battuta.
 
Steve rise per quell’affermazione, ma non resistette e rivolse a Selene una domanda  ironica: -Ce la fai a salire le scale?-
 
-Ti stai offrendo di portami in braccio fino al mio appartamento?-
 
-Se necessario…-
 
-Apprezzo l'offerta, ma ormai ho recuperato...-
 
-Sarà... ma la proposta resta valida.-
 
-Grazie, lo terrò a mente.-
 
Ridendo e scherzando, avevano salito le scale ed erano arrivati davanti alla porta di quell'appartamento che Steve aveva ormai visto di più del suo.
 
Una volta entrati, Selene andò a prendere il suo laptop dalla scrivania e lo appoggiò sul bancone della cucina; un momento dopo averlo acceso il campanello di casa suonò.
 
-Scusami un attimo Steven, torno subito.-
 
-Selene se sei tornata, apri subito, devo parlarti…- la familiare voce di Vicky tradiva una certa urgenza.
 
-Vicky? Cos’è successo? Stai bene?- replicò la diretta interessata subito dopo aver aperto la porta.
 
La sua amica entrò rapidamente per poi fermarsi immediatamente nel piccolo ingresso dell’appartamento: -Sì, sì tranquilla; ma non potevo aspettare domattina, dovevo renderti partecipe della novità. Tim mi ha telefonato e mi ha detto che potrà venire al picnic, sono così emozionata!-
 
In quel momento il computer di Selene aveva terminato la procedura d’avviamento e tintinnò lievemente per informare la proprietaria che era pronto all’utilizzo.
 
-Cos’era quel suono?- domandò Vicky.
 
-Il mio computer.-
 
-Cosa? Ma non dovevi uscire con Captain-salvo-pure-i-gattini-in-difficoltà-America?-
 
-Vicky!- sibilò Selene a denti stretti -Non l’ho mai chiamato così! E poi…-
 
-Lo so, lo so… era una battuta!- continuò Vicky interrompendola -Ma insomma non puoi uscire con un uomo così e poi tornare a casa e rimetterti subito al lavoro; non dico di arrivare a “Voulez-vous coucher avec moi ce soir?” al primo appuntamento, ma accidenti, cosa devo fare con te?-
 
Selene a quel punto la prese per le spalle e le disse: -Shhh! È qui!-
 
-Chi?-
 
-Steven!-
 
Le labbra di Vicky a udire quel nome, andarono a formare una perfetta “O”; in aggiunta il diretto interessato era sbucato dal muro divisorio della cucina proprio in quel momento. La ragazza bionda già ammutolita, non emise alcun suono, quindi fu Selene a rompere il ghiaccio: -Vicky ti presento Steve Rogers; Steve lei è la mia amica Vicky Taylor.-
 
-Molto lieto- disse Steve tendendole la mano.
 
-A-anch’io… spero di non averti offeso, la mia era solo una battuta…-
 
-Quale battuta?-
 
-Non hai sentito nulla? Meno male, cioè… non trovate che sia un po’ caldo qui? Selene, io torno a casa, ci sentiamo domani; è stato un piacere Steve.-
 
Detto questo Vicky uscì dall’appartamento con la stessa velocità con cui era entrata lasciando Steve e Selene nuovamente soli.
 
Selene richiuse la porta e solo allora si voltò verso Steve, che notò la sfumatura più accesa delle sue guance, ma non disse nulla, infatti fu Selene a parlare, con un tono che non ammetteva repliche: -Mettiamoci al lavoro.-
 
Svelta digitò la password di sblocco del computer e si collegò alla rete per scrivere il messaggio al suo amico.
 
-Fatto! Ora non ci resta che aspettare.-
 
-Cosa gli hai scritto?-
 
-Niente di particolare, un semplice messaggio in cui gli dicevo che avevo bisogno di un favore speciale; quando lo leggerà mi chiamerà attraverso una linea sicura –è un tipo molto paranoico- solo allora gli parlerò in maniera chiara. Quindi dobbiamo decidere cosa vuoi che gli dica e se poi, per qualche ragione, dovessi decidere che non ti ispira fiducia, nessun problema.-
 
-Perché non dovrebbe ispirarmi fiducia?-
 
-È un tipo molto particolare, molto intelligente da un lato e tremendamente infantile dall’altro; bisogna saperlo prendere per il verso giusto… Viaggia costantemente lungo il confine fra legalità e forzare leggermente le regole per aiutare chi è in difficoltà…-
 
-Ti fidi di lui? Come sai che non è dell’HYDRA?- indagò sospettoso.
 
-Certo che mi fido di lui! È un ragazzo d’oro- gli rispose Selene alterandosi leggermente -Come faccio a sapere che non dell’HYDRA? Lo so e basta! Non ho alcuna prova a sostegno della mia tesi, ma sono sicura che un fanatico del complottismo come lui, che vive in un sotterraneo blindato, non sia affiliato a nessuna organizzazione filo-nazista!-
 
-Va bene, va bene, ti credo. Non arrabbiarti!-
 
-Te ne accorgerai quando sarò arrabbiata, fidati! Credevo che ormai ti fidassi di me e del mio giudizio; e ricorda che come diceva François de La Rochefoucauld “È più vergognoso non fidarsi dei propri amici che esserne ingannati”.-
 
-Mi fido di te, Selene, scusami.-
 
-Scuse accettate.-
 
-Apprezzo veramente la tua disponibilità e i tuoi sforzi.-
 
-Amicorum esse communia omnia-chiosò lei.
 
Le sopracciglia di Steve si inarcarono in modo molto eloquente: -Temo che il mio latino sia un po’ arrugginito…-
 
-Solo arrugginito o completamente assente?-
 
-Arrugginito, lo giuro.-
 
-Tutte le cose tra amici devono essere comuni. Cicerone.-
 
-Continui a ritornare all’amicizia, perché?-
 
-Innanzitutto perché noi due-replicò lei indicando prima Steve e poi se stessa- siamo amici e in secondo luogo perché tutti hanno bisogno di avere degli amici nella vita, lo diceva anche Plauto “Ubi amici, ibi opes”, dove sono gli amici, là sono ricchezze e credo che tu abbia bisogno di rimpinguare il tuo forziere ora come ora.-
 
 -Grazie. Adesso ti andrebbe di parlarmi un po’ del tuo amico? Come l’hai conosciuto?- domandò Steve sedendosi su di uno sgabello che era vicino al bancone della cucina.
 
-Ad una festa. La città di Boston non è famosa solo per la mia alma mater, Harvard, ma anche per il prestigioso Massachusetts Institute of Technology. -
 
-Lo so, Tony si è laureato lì.-
 
-Ecco, bene. Allora una sera, per festeggiare non ricordo più quale vittoria su Yale, le varie confraternite avevano organizzato un party a cui erano stati invitati anche alcuni studenti del M.I.T.; la mia compagna di stanza voleva andarci e io l’ho accompagnata volentieri. In più l’avrei tenuta d’occhio, nel caso in cui avesse alzato un po’ troppo il gomito, ma ho iniziato a chiacchierare con una ragazza che frequentava le mie stesse lezioni e quindi ho perso di vista Tiffany. Quando l’ho ritrovata, era decisamente alticcia e ho faticato non poco a portarla via; per fortuna un ragazzo del M.I.T. ha notato la mia difficoltà e mi ha dato una mano. Mentre camminavamo verso i dormitori abbiamo iniziato a parlare del più e del meno. Una volta giunti a destinazione, ci siamo salutati e io ho portato Tiffany sana e salva in camera. Il giorno dopo ho trovato un biglietto appeso alla porta della stanza in cui mi domandava se avevo voglia di vederci per un caffè. Il resto come si dice è storia.-
 
Mentre raccontava Selene non era rimasta con le mani in mano; infatti dopo essersi lavata le mani aveva aperto in rapida sequenza le varie antine dei mobili della cucina e aveva estratto da essi una confezione di panini dolci al latte, della crema spalmabile alla nocciola. Dal frigorifero invece aveva preso il contenitore del burro e due barattoli di marmellata. Poi era tornata al bancone dov’era seduto Steve, che la osservava rapito, e in pochissimo tempo aveva preparato un piccolo spuntino.
 
-Ecco qua! Serviti pure. Ci sono dei panini con burro e marmellata, di fragole e di ciliegie oppure con solo la crema di nocciole. Vuoi dell’acqua o della spremuta d’arancia? Del tè freddo magari…-
 
-Selene, tutto questo è per me?-
 
-Certo. Il tuo metabolismo non brucia velocemente, forse? Chissà quando riceveremo una risposta, quindi è meglio essere ben nutriti.-
 
Steve a quel punto prese uno dei sandwich con la marmellata di ciliegie e gli diede un morso. Il burro a casa Rogers era una rarità, erano poche le volte che potevano permetterselo, e Sarah faceva i salti mortali per acquistarne un po’ per il suo piccolo Steve; figurarsi la marmellata. Solo il giorno del suo compleanno poteva assaporare la dolcezza della confettura, quindi quando entrambi i gusti colpirono le sue papille gustative, per un momento, Steve venne assalito dai ricordi di tempi lontani, per certi versi faticosi, ma molto felici.
 
Dopo aver mangiato il primo panino ne afferrò subito un altro, sotto lo sguardo compiaciuto di Selene che dopo avergli posto davanti una bottiglia di acqua e una di tè al limone, gli si era seduta di fronte con un sandwich alla crema di nocciole in mano.
 
Stettero così in silenzio per qualche minuto, mentre mangiavano. Una volta terminato Steve domandò a Selene: -Come si chiama il tuo amico?- mentre apriva la bottiglia di tè.
 
Fece un cenno verso la giovane come a domandare se anche lei gradisse la bevanda; Selene che in quel momento aveva la bocca piena si limitò ad annuire.
 
Una volta deglutito il boccone, parlò: -Grazie. Il suo vero nome non me lo ha mai voluto dire, perché non è un nome da hacker secondo lui, io l’ho sempre chiamato Flynn.- spiegò prendendo un lungo sorso dal bicchiere goffrato.
 
-E questo sarebbe un nome da hacker?- indagò Steve.
 
-Se hai visto “Tron”, certo che sì.-
 
In quell’istante il computer di Selene iniziò a suonare; la ragazza si pulì velocemente le mani su di un tovagliolino di carta e girò il dispositivo verso di lei. Accettò la chiamata ed un attimo dopo il viso sorridente di Flynn occupò tutto lo schermo.
 
-Ehilà Splendore! Come stai?-
 
-Sto bene Flynn e tu?-
 
-Non mi lamento… cosa volevi esattamente?-
 
-Devo chiederti un enorme favore; non per me, ma per un mio amico. Prima di decidere, devi sapere che è una situazione molto delicata e pericolosa.- gli rispose Selene, alzando lo sguardo oltre lo schermo del computer, andando a incrociare gli occhi di Steve.
 
-In che guaio ti sei cacciata?-
 
-In nessuno e non voglio che tu ti senta in alcun modo obbligato ad accettare.-
 
-Situazione delicata?-
 
-Già.-
 
-E pericolosa?-
 
-Già.-
 
-È proprio il genere di situazioni che preferisco. Il tuo amico è lì?-
 
-Sì.-
 
-Fammi parlare con lui… Aspetta! Gli hai fatto fare il giuramento?-
 
-Flynn! Il giuramento, no! Garantisco io per lui…-
 
-Senza giuramento, niente aiuto.-
 
-Ti odio!-
 
-Invece no… dai forza… a voce alta…-
 
Selene alzò gli occhi al cielo e si rivolse a Steve con un’espressione imbarazzata e gli disse: -Te l’avevo detto che Flynn era paranoico, no?-
 
-Non sono paranoico, solo prudente…-
 
-Taci tu! Per fartela breve devi fare un giuramento di segretezza e fedeltà, Steven…-
 
Ora Steve era più confuso che mai, quel Flynn sembrava un tipo parecchio strano, ma se c’era anche una sola possibilità di trovare Bucky, lui era ben deciso a non lasciare nulla di intentato: -In cosa consiste questo giuramento?- domandò.
 
-Devi ripetere la frase che ti dirò.-
 
-Tutto qui?-
 
-Sì.-
 
-Allora sono pronto.-
 
-In piedi, forza- gli disse Selene alzandosi a sua volta -Metti una mano sul cuore e incrocia gli occhi.-
 
Steve seppur perplesso ubbidì e Selene declamò con voce ferma e chiara: -Ragni, serpenti, scorpioni e zanzare, se faccio la spia ch’io possa crepare!-
 
-Ragni, serpenti, scorpioni e zanzare, se faccio la spia ch’io possa crepare!-
 
-Bene, bene- la voce di Flynn uscì dagli altoparlanti del computer -Non era poi così difficile… ora puoi presentarmi il tuo amico.-
 
Quando Steve si posizionò di fronte allo schermo, a Flynn cadde la mascella per lo stupore.
 
-Salve.-
 
-Salve, Capitano Rogers.-
 
-Steve è più che sufficiente. Senti Flynn lo so che noi due non ci conosciamo e che sono l’ultima persona al mondo che può chiederti un favore, ma abbiamo davvero bisogno del tuo aiuto.-
 
-Certamente. Qualsiasi cosa.-
 
A quel punto Selene entrò nella conversazione: -Flynn è pericoloso, lo sai vero?-
 
-Senti amica mia, se non fosse per l’uomo che hai accanto, molti dei miei diciamo colleghi starebbero concimando i fiori in questo momento, per via di quel progetto Insight… quindi cosa posso fare per voi?-
 
Selene e Steve si scambiarono un’occhiata d’intesa, era giunto il momento.
 
-Dovresti riscrivere l’algoritmo del progetto Insight.-
 
-D’accordo.-
 
-Come “d’accordo”? Non vuoi sapere altro?-
 
-Ehi amico, Selene si fida di te, a me basta; in più dubito che tu lo voglia usare per conquistare il mondo… ah se non fosse così, gradirei un minimo di preavviso, così da organizzarmi…- concluse con una risatina.
 
-Flynn, sii serio per favore- lo riprese Selene -Di che cosa hai bisogno?-
 
-Mi servirà una copia del programma originale, come prima cosa, poi per farlo funzionare servirà un supercomputer, ce l’avete?-
 
Un supercomputer? Dove hai la testa Flynn?” pensò Selene “Dove possiamo trovare una tecnologia del genere?
 
La ragazza stava per esternare la sua perplessità, ma Steve fu più veloce di lei: -Sì, so dove trovare il supercomputer.-
 
-Perfetto. Chiamatemi quando sarete pronti, io intanto inizio a prepararmi. A presto- detto questo Flynn chiuse la chiamata.
 
-Non scherzavi sul fatto che Flynn è un tantino particolare…-
 
-Vero, eh? Ma illuminami per favore, dove sarebbe questo supercomputer di cui sei a conoscenza?-
 
-A New York.-
 
-A New York?-
 
-Alla Stark Tower.-
 
-Alla Stark Tower? Ma non aveva subito danni durante l’attacco degli alieni?-
 
-Sì, ma è stata ricostruita, modificata e ampliata. Secondo l’idea di Tony quel grattacielo presto diverrà l’Avengers Tower, il quartier generale dei Vendicatori. I lavori di ristrutturazione dovrebbero essere quasi ultimati ormai.-
 
-E al suo interno c’è un mainframe così potente?-
 
-Tecnicamente è parte integrante del sistema stesso, se ho capito bene.-
 
-Lo scopriremo insieme, allora. Quando partiamo?-
 
-“Partiamo”? No, Selene tu non verrai.- le rispose Steve con voce autoritaria.
 
-Certo che verrò.-
 
-Non posso permettetelo. È troppo pericoloso!-
 
-Pericoloso? Ah! Io rido in faccia al pericolo. Hai una minima idea di quante vecchie e arcigne bibliotecarie ho dovuto affrontare nella mia vita? Fidati, sono più letali loro di un qualsiasi scagnozzo dell’HYDRA.-
 
-Selene, sono serio.-
 
-Pure io lo sono. Non ti lascerò andare da solo; io verrò con te, punto e basta!-
 
-Io lavoro meglio da solo.-
 
-Bum! Raccontane un’altra! Tu non sei mai stato solo.-
 
-Ah sì?- disse lui ben deciso a non permetterle di partire.
 
-Sì!- replicò lei alzando il mento con aria di sfida -E ho la Storia dalla mia parte.-
 
-Davvero?-
 
-Azione di Azzano…- attaccò lei, con gli occhi che le brillavano, conscia del fatto che stesse giocando in casa.
 
-Missione in solitaria non autorizzata…-
 
-Aiutato a raggiungere il campo di prigionia dal tenente Peggy Carter e da Howard Stark, con l’aereo di quest’ultimo- continuò lei ignorando l’interruzione -distruzione delle varie fabbriche di Teschio Rosso e sua conseguente sconfitta, grazie a Bucky Barnes e l’Howling Commando. L’invasione aliena di New York, lavoro di squadra con gli altri Avengers. Washington D.C. l’anno scorso, con te c’era un uomo con delle ali meccaniche e una donna con i capelli rossi. Ti bastano come prove?- concluse.
 
Steve era stato ridotto al silenzio da quella sequenza di fatti, Selene aveva ragione, ma doveva proteggerla.
 
-Selene apprezzo davvero la tua partecipazione e il tuo entusiasmo, ma non posso permetterti di rischiare la vita.-
 
-Steven, sono adulta e vaccinata e quindi sono perfettamente in grado di prendermi cura di me stessa. Non ti sarò d’impiccio, fidati. Non sono una spia altamente addestrata nel combattimento corpo a corpo o all’uso delle armi, quindi non ti seguirò sul campo, ma permettermi di accompagnati alla Torre.-
 
-In moto?-
 
-Useremo la mia macchina.-
 
-E Dastan?-
 
-Chiederò a Vicky di dargli un’occhiata; lo ha già fatto in passato.-
 
-E il tuo lavoro?-
 
-Sono in ferie.-
 
-Perché lo fai?- domandò ancora.
 
-Potrei risponderti, perché sono in debito con te. Settant’anni fa sei partito per salvare un solo uomo e ne hai salvati a centinaia, fra cui il mio nonno. Grazie a te, lui è potuto tornare a casa, sposarsi, avere mio zio e mio padre che a loro volta si sono sposati e hanno avuto figli. Potrei dirti che salvando il giovane Charles hai indirettamente salvato anche mio zio Robert e miei cugini Aaron e Luke, con mio padre Hank hai salvato mio fratello Albert e il mio nipotino Jason. Hai salvato me- gli disse Selene sorridendogli –aiutando una sola persona hai dato la possibilità ad altre sette persone di nascere e questo solo per la mia famiglia.
Questa potrebbe essere una risposta, ma non sarebbe la verità.
Potrei dirti che la storia ha il vizio di ripetersi, quindi se hai salvato Bucky una volta, quando tutti lo davano per morto, chi ti dice che tu non possa rifarlo? Ed io -molto egoisticamente- voglio assistere alla ripetizione della storia; ma anche questa sarebbe una scusa.
La verità è questa: io voglio venire con te, perché abbiamo iniziato quest’avventura insieme e insieme la concluderemo; il mio posto è al tuo fianco, che ti piaccia o no.-
 
Durante quel discorso Selene non aveva mai alzato la voce, anzi aveva parlato con tono pacato, perché alla fine se Steven avesse deciso di non permetterle di partire, nulla lo avrebbe smosso.
 
Steve era rimasto sorpreso dalle argomentazioni espresse da Selene; non ci aveva mai pensato, ma effettivamente salvando quei soldati aveva salvato anche una parte delle generazioni future. Tutto era partito da Bucky e alla fine quello era stato l’inizio di tutto. Grazie a Peggy e Howard era riuscito nell’impresa; quei due avevano rischiato la vita per permettergli di avvicinarsi il più possibile alla fabbrica di Schmidt, ma erano in guerra, quello era un rischio calcolato e per certi versi accettabile. Adesso però era diverso; come poteva dire a Selene “Puoi venire” ben sapendo che lei era vulnerabile e indifesa? Voleva saperla al sicuro e permetterle di accompagnarlo, di restare al suo fianco, equivaleva a disegnarle un grosso bersaglio sulla schiena. Quindi le disse: -Lo sai vero che avresti potuto semplicemente ricattarmi, adducendo al fatto che solo tu sai contattare Flynn.-
 
-Non ci avevo pensato… dunque il tuo è un sì?-
 
-Devo essere impazzito...-
 
-Allora è davvero un sì!- esclamò lei, felice.
 
-È un sì; partiremo domani mattina.-
 
-D’accordo, a che ora passo a prenderti? Alle otto? Oppure è troppo presto? O tardi?-
 
-Le otto vanno bene.-
 
Era deciso. L’indomani sarebbero partiti alla volta di New York, nella speranza, ora più viva che mai, di riuscire nell’impossibile: trovare Bucky.
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Ed ecco che il piano si sta via via formando.
Secondo voi funzionerà? ^_^
Steve è davvero impazzito?
Passando ad altro, nel capitolo ci sono due piccole citazioni nascoste, chiunque le troverà potrà rivolgermi UNA domanda riguardo la storia, del tipo, “Pioverà?” “Quanti capitoli mancano alla fine?”, quello che volete insomma... 
Altra domanda, sempre secondo la vostra opinione Steve ha sentito o no Vicky parlare con Selene? Eventualmente vorreste che la questione venga ripresa più avanti o no?
Qualcuno vuole sapere a chi assomiglia Flynn? Detto fatto: click!  click!
 
Come sempre ringrazio, DalamarF16, Ella Rogers, Lady Windermere e LadyRealgar, siete fantastiche!
Vorrei inoltre ringraziare di cuore la mia sister Ella Rogers, per il suo sostegno. Ti voglio bene! ️ ❤️
 
Alla prossima!
Ciao!
Ragdoll_Cat
 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


 Se volete andare in fretta, andate soli; se volete andare lontano, andate insieme.
(Proverbio africano)
 

 
 
*
 
 
 
 
 
Steve era inquieto, mentre controllava per l'ultima volta il contenuto del borsone, preparato la sera precedente; quello era un espediente come un altro di ignorare quella strana sensazione che lo attanagliava all'altezza dello stomaco.
Selene sarebbe arrivata di lì a pochi minuti e per l'ennesima volta, il fatto di averle permesso di accompagnarlo lo faceva vacillare.
 
Istintivamente portò una mano ai corti capelli biondi, nel tentativo di mettere ordine fra i suoi pensieri; quel gesto era un'abitudine radicata troppo in profondità per essere ignorata, infatti, anche se aveva optato per un taglio di capelli più comodo e moderno, quel leggero tic di sistemare il ciuffo, lo avrebbe accompagnato fino alla tomba. 
La sera prima forse, aveva ceduto troppo facilmente e ora non poteva di certo rimangiarsi la parola data.
Perciò si ripromise -di nuovo- che avrebbe fatto di tutto per tenerla al sicuro, perché lei era estranea al suo mondo, era completamente innocente e lui voleva mantenere la situazione così com'era. Non avrebbe mai dato a nessuno l'opportunità di ferirla in qualsiasi maniera. A nessuno.
 
Un breve colpo di clacson ruppe il silenzio della mattina, lei era arrivata. 
Steve agguantò il borsone verde per le maniglie e dopo esserselo caricato sulla spalla destra, richiuse la porta alle sue spalle. 
La chiavetta USB era al sicuro nella tasca interna del suo giubbotto blu e mentre scendeva lungo le scale si ritrovò a sorridere, mentre ricordava il momento di commiato con Natasha avvenuto ormai un anno prima; la spia gli si era avvicinata per poterlo salutare con un amichevole bacio sulla guancia e in quell'occasione la russa gli aveva fatto scivolare la pen drive nella tasca destra della giacca di pelle. Quando l'aveva trovata, non aveva compreso subito il perché di tutta quella segretezza -non avrebbe mai imparato a pensare come una spia, neanche in un milione di anni- ma riflettendoci un po' Steve era giunto alla conclusione che Natasha lo reputava il solo degno di fiducia da custodire i segreti dello S.H.I.E.L.D. e dell'HYDRA.
Steve in quei mesi si era domandato spesso se non fosse stato meglio distruggere la chiavetta, per evitare che finisse nelle mani sbagliate, ma fortunatamente non aveva mai agito in tal senso e alla luce degli ultimi avvenimenti, quella era stata la decisione corretta.
 
Selene intanto era scesa dall'abitacolo e attendeva Steve appoggiata alla portiera dell'auto. Teneva il viso rivolto al Sole luminoso, godendo del calore che esso emanava.
Steve la trovò così con le braccia conserte e le lunghe gambe distese davanti a sé; la giovane indossava degli shorts in tela di jeans e una canotta di cotone a costine bianca con le spalline larghe, ai piedi un paio di scarpette da ginnastica di tela blu; con quella mise dimostrava dieci anni di meno.
 
-Selene!-
 
La ragazza si staccò dall'auto e si diresse verso Steve, togliendosi nel contempo gli occhiali da sole: -Steven! Pronto a partire? Metti il borsone nel bagagliaio, c'è posto- gli disse regalandogli un luminoso sorriso.
 
-Speravo che tu avessi cambiato idea....-
 
-Scherzi vero? Sono una Lowell io! Tra pioggia, vento e interperie farò dovunque il mio dovere!-
 
-Disse colei che si era scoperta schizzinosa...-
 
-Lo sai? Il fatto che tu mi abbia ascoltato attentamente si sta rivelando un'arma a doppio taglio, per me -gli rispose con un tono fintamente offeso -pronto? -
 
-Un momento solo, prima devi promettermi una cosa- le disse con voce seria.
 
-Quale?-
 
-Se e quando troveremo Bucky, andrò a recuperarlo da solo; va bene?- continuò guardandola diritta negli occhi.
 
-Va benissimo. Io resterò al sicuro alla Torre, te lo prometto. Però anch'io ho una condizione da dettare... niente segreti fra noi due, sempre la verità- sostenendo con fermezza quello sguardo così azzurro.
 
-D'accordo.-
 
Si strinsero la mano per suggellare la promessa.
 
-E comunque non se, ma solo quando. Dai si sta facendo tardi. Andiamo a scrivere la Storia in quanto noi torneremo vincitori.-
 
Steve aprì il baule dell'auto e posizionò il suo borsone accanto al trolley rosso lacca di Selene.
Fatto questo prese posto sul sedile di fianco alla giovane che mise in moto e finalmente partirono.
 
Stettero in silenzio per un bel pezzo, Selene perché era concentrata nella guida e Steve perché non sapeva bene che cosa dire.
Quando imboccarono l'autostrada Selene si rilassò leggermente e finalmente parlò:
-Dobbiamo assolutamente decidere il nostro “Progetto di Fine Estate” Steven. Quando mio fratello e io eravamo piccoli, ogni tanto capitava che i nostri genitori dovessero lasciarci dai nonni a causa del loro lavoro, anche durante il periodo estivo. Papà quindi prima di ogni partenza ci invitava a pensare a qualcosa da fare tutti insieme, solo noi quattro prima della fine dell'estate appunto. Ad esempio quando avevo sette anni, siamo andati da Macy's e siamo saliti e scesi lungo tutte le scale mobili del negozio, per tutto il giorno. L'anno successivo, siamo stati a Central Park e abbiamo fatto un pic nic. 
Cosa ne pensi? Vorresti rispettare la tradizione? È quasi un rito scaramantico per me...-
 
-Perché no?-
 
-Allora cosa vorresti fare?-
 
-Non lo so... tu hai qualche idea?-
 
-Per me o per te?-
 
-Per il sottoscritto.-
 
-Dunque, lasciami pensare...-
 
Selene ripiombò nel silenzio, mentre l'automobile sfrecciava rapida sull'asfalto. 
Cosa posso consigliare a Steven?
Dopo qualche minuto, ebbe un'idea.
 
-Forse ho trovato il progetto perfetto per te.-
 
-Sentiamo...-
 
-Da quando ti sei risvegliato, hai più disegnato?-
 
-No...-
 
-Questa allora è l'occasione perfetta per ricominciare.-
 
-Selene, non saprei, è tanto che non disegno... avrò perso la mano...-
 
-Sciocchezze! Ho visto i tuoi schizzi, sono bellissimi, avrai anche perso la manualità, ma il talento, quello non si perde, quindi obiezione respinta!-
 
-E cosa dovrei disegnare allora? Il giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David?-
 
-Pensavo all'Incoronazione di Napoleone in realtà, ma se vuoi...-
 
-Stavo scherzando Selene...- le rispose Steve, favorevolmente colpito dalla conoscenza del mondo dell'arte, da parte di Selene -sul serio, cosa mi suggerisci?-
 
-Dovresti disegnare la cosa più bella che hai visto nel ventunesimo secolo, che te ne pare come idea? Ti piace?-
 
La cosa più bella del ventunesimo secolo?
-Sì, mi piace... d'accordo allora.-
 
-Voglio essere la prima a vedere la tua opera, sai?
Adesso tocca a me, però visto che il tuo progetto l'ho scelto io, il mio dovrai sceglierlo tu.-
 
Steve impiegò dieci secondi, forse anche meno, per trovare il progetto ideale per Selene e poi le disse: -Che ne dici di un nuovo gatto?-
 
-Dico di sì! Dastan risente un po' dei miei orari, quindi un nuovo compagno di giochi gli farebbe piacere. Allora è deciso appena torneremo a Washington, andremo in un rifugio e mi aiuterai a scegliere un nuovo micio, d'accordo?-
 
-Va bene.-
 
A quel punto Selene accese il lettore CD; l'abitacolo si riempì delle note della sinfonia numero cinque di Beethoven.
 
Steve, con la coda dell'occhio guardò Selene e notò che mentre guidava, la giovane muoveva leggermente il capo a tempo con la musica, facendo così ondeggiare i pendenti a forma di cigno che portava alle orecchie, segno inequivocabile che conosceva la melodia e un lieve sorriso si disegnò sulle sue labbra.
 
-Cosa c'è?-
 
Colto in fallo, Steve provò a eludere la domanda: -Niente di che...-
 
-Forse stavi ammirando la mia abilità di guida con il cambio manuale?-
 
-N-non...- tentennò lui per poi accorgersi che effettivamente Selene stava guidando un'auto con il cambio manuale -Stavo pensando ad altro...-
 
-Mai nessuno che noti il cambio... e allora a cosa stavi pensando?-
 
-Alla musica...-
 
-Ti disturba? Ascolto sempre classica durante i lunghi viaggi, se sono accompagnata per evitare di cantare.-
 
-Per evitare di cantare? Sei stonata per caso?-
 
-Se sono stonata? Puoi giurarci! Quando canto riesco a far abbaiare tutti i cani del vicinato, quindi limito le mie performance al canto sotto la doccia, quando sono in auto da sola e in chiesa.-
 
-In chiesa? In pubblico?-
 
-Certo! Lì si canta con il cuore, a Gesù non importa se canto seguendo il ritmo oppure no, quindi sì canto pure in pubblico.-
 
-Vai spesso in chiesa?-
 
-Tutte le domeniche...-
 
-Posso farti una domanda?-
 
-Sicuro.-
 
-È indiscreta...-
 
-Vai pure.-
 
-Ieri sera hai detto che sei cattolica per via delle tue origini; quali sono esattamente?-
 
-Ancora una volta il protagonista della mia storia è nonno Charles; nel 1950 tornò in Italia per partecipare assieme ad altri suoi ex commilitoni ad una commemorazione per i caduti durante la guerra.
Dopo aver compiuto il loro dovere alcuni di loro prolungarono il soggiorno per visitare altre zone d'Italia; le Alpi d'estate sono magnifiche e gli uomini volevano godere di quella natura che non avevano potuto apprezzare durante la guerra.
Un giorno, di ritorno dal Monte Peralba si fermarono in un rifugio e lì mio nonno conobbe una giovane italiana, Caterina. Si innamorano a prima vista e nonostante le difficoltà due anni più tardi mia nonna riuscì ad ottenere un visto per l'America; una volta arrivata a New York si sposarono e vissero felici e contenti.
Mio zio e mio padre sono nati in America ma nonna li ha cresciuti da buoni cristiani e mio padre ha fatto lo stesso con me e mio fratello. Quindi il motivo per cui sono cattolica, nonché così affascinante, è dovuto al fatto che nelle mie vene scorre del sangue italiano- concluse lanciandogli un sorriso soddisfatto -però non hai risposto alla mia domanda; la mia scelta, ti disturba?-
 
-Affatto! Però è bizzarro che una ragazza giovane come te ascolti musica classica. Come mai?-
 
-Probabilmente è stato a causa a dei funghetti cinesini, a dei fiori russi e a degli ippopotami con il tutù...-
 
-Aspetta... mi stai dicendo che hai visto Fantasia?-
 
-Se l'ho vista? Ho consumato la videocassetta! Anche quella di Fantasia 2000. Ma tu hai visto quel film d'animazione? Quando?-
 
-Al cinema. Nel 1940.-
 
-Giusto! Io invece ho visto il secondo al cinema. Mi è piaciuto molto il pezzo con Paperino e Paperina, più di quello con Topolino; sai non lo sopporto!-
 
-Nemmeno io!-
 
E risero entrambi per la coincidenza.
 
-E comunque nel primo ci sono pure io...-
 
-Davvero? Dove?-
 
-Alla fine della Pastorale, si vede la dea della Luna che con il suo arco scocca una freccia di stelle... quindi ci sono anch'io, Selene!
Ma come siamo arrivati a parlare di cartoni animati e fumetti, Steven?-
 
-Partendo dalla musica classica, a quanto pare...
Selene però i tuoi parenti hanno nomi comuni e tu...-
 
-Io invece no... giusto?-
 
-Ecco, sì.-
 
-Allora l'intera faccenda è molto semplice; sono nata nella notte di San Lorenzo, la famosa notte delle stelle cadenti e i miei genitori hanno deciso di festeggiare l'avvenimento dandomi un nome legato al cielo notturno e da qui Selene, la Risplendente.-
 
-Molto appropriato.-
 
-Anche perché ho la carnagione così bianca che quando mi espongo al Sole, lo rifletto! Proprio come la Luna- continuò Selene con una risatina -A proposito di nomi Steven, devo chiederti una cosa che mi sta facendo impazzire; il vero nome della nonna era Margaret Carter, perché allora tutti la chiamavano Peggy?-
 
-Sai che non lo so neppure io? Penso che fosse una strategia degli inglesi, sai per depistare le spie.-
 
-Ma perché proprio quel nome? Avrei una teoria a riguardo, la vuoi sentire?-
 
-Sono tutt’orecchi- era la verità, chissà a che conclusione era giunta Selene.
 
-Allora secondo me assegnavano un valore numerico ad ogni lettera dell’alfabeto, quindi la lettera A era il numero 1, la B il 2 e così via… il cognome “Carter” inizia con la lettera C, quindi Margaret, ha dovuto scegliere un nuovo nome che iniziasse con una lettera che si trovava a tre posizioni dal suo nome originale- continuò Selene -N, O, P e da qui Peggy. Che ne pensi? Quasi fosse un codice crittografico.-
 
-Teoria interessante…-
 
-Ovviamente le mie sono solo supposizioni, non ho mai trovato alcun riscontro in tal senso in nessun documento militare che ho letto.-
 
-Seguendo il tuo ragionamento, quindi quale sarebbe stato il mio nuovo nome?-
 
-Dunque devo fare i conti, la lettera R è la diciottesima, quindi… ecco un nome con la K.
Kevin!-
 
-Non saprei...-
 
-Kemp allora o Keshawn o Kyran...-
 
-No, non mi piacciono...-
 
-Neanche a me! Io preferisco Steven!-
 
-Perché continui a chiamarmi Steven invece di Steve?- le domandò a bruciapelo.
 
-Io non lo so... mi piace di più... ha un suono  più completo...-rispose Selene iniziando a gesticolare con la mano destra, quasi a voler giustificare la sua scelta -forse perché l'altra sera mi hai dato retta quando ho pronunciato il tuo nome completo... ma come ti ho detto, non so il perché, mi è uscito spontaneamente, ma ti disturba? Preferisci Steve? -
 
-Non mi disturba affatto!- le disse sinceramente -E tuo nuovo nome quale sarebbe?-
 
-Ho già fatto i conti, dovrebbe iniziare con la lettera E.-
 
-Con la E... Earnestine?-
 
-E questo da dove ti è uscito?-
 
-Aspetta... Edwina!-
 
-No! Edwina no!- Selene fece finta di rabbrividire a causa del ricordo che quel nome portava.
 
-Eppie o Ermintrude...-
 
-Basta smettila!- Selene lo interruppe, ridendo di cuore -Ma dove li hai trovati? Non potevo avere io la K? Kelly Lowell, senti come suona bene.-
 
-Mi dispiace ma la tua lettera è la E.-
 
-Allora per rimanere in tema decido per Eos, l'Aurora. Eccoti fregato!- gli disse voltandosi velocemente verso di lui per fargli una linguaccia.
 
Steve restò spiazzato una volta di più; Selene era capace di ridere e scherzare nei momenti più opportuni, ma non appena le circostanze lo richiedevano diventava seria e risoluta.
Approffitò del fatto che il traffico si stesse facendo più intenso per osservarla attentamente, sicuro che Selene fosse completamente concentrata nella guida. 
I capelli, raccolti in una coda di cavallo, avevano lo stesso colore e la stessa lucentezza delle castagne mature.
Adesso non poteva vedere i suoi occhi verdi perché delle lenti scure li schermavano, però poteva affermare con assoluta certezza che le iridi di Selene fossero di una sfumatura più scura rispetto a di quelle di Natasha.
Il naso dritto e regolare era, forse, un po' troppo grande per il suo viso, ma questo non incideva sull'armonia dell'insieme.
Le labbra erano rosee e piene e andavano a creare un piacevole contrasto con l'incarnato niveo, che come aveva detto lei stessa rifletteva la luce.
Il suo nome era perfetto per lei, senza alcun dubbio; probabilmente Selene non era una bellezza mozzafiato nel senso stretto del termine, ma c'era in lei un qualcosa, forse nella sua figura slanciata (era all'incirca quindici centimetri più bassa di lui) o più concretamente nel suo portamento, nei suoi gesti, nei suoi sorrisi, nelle sue parole che la rendevano interessante.
 
-Eala...-
 
-Come dici?-
 
Steve aveva parlato senza rendersene conto, aveva pronunciato quella parola d'impulso ripescandola dai meandri della sua mente: -Eala- ripeté.
 
-È una parola?- domandò Selene.
 
-Sì, è una parola gaelica, significa cigno.-
 
-Cigno?-
 
-Sai l'uccello bianco...-
 
-Lo so cos'è un cigno Steven, volevo sapere come mai ti è venuto in mente...-
 
-Potrebbe essere stato un'idea per il tuo nome alternativo.-
 
-Perché i cigni cantano malissimo?-
 
-Anche per quello...- le rispose con un sorriso.
 
-Ma sentilo! Stai molto attento, potrei sputare nel tuo caffè...-
 
-Correrò il rischio. Comunque non stavo pensando a quello...-
 
-A cosa stavi pensando allora?-
 
Steve si morse la lingua, aveva parlato troppo accidenti a lui, e di sicuro Selene non avrebbe lasciato cadere l'argomento così facilmente.
 
-Per via dei tuoi orecchini- cercò di scantonare.
 
-Oh... OK... Però adesso voglio sapere una cosa, tu parli gaelico?-
 
-Qualche parola, dopotutto sono di origini irlandesi.-
 
-Cosa? Ieri sera ti avevo chiesto di raccontarmi qualcosa su di te e tu non hai pensato di dirmi una cosa così? Dai racconta!-
 
-Non c'è molto da dire, i miei nonni lasciarono l'Irlanda a causa della grande carestia...-
 
-Giusto, la carestia delle patate, dovuta al fatto che le colture irlandesi furono completamente rivoluzionate passando dalla tecnica dei Lazy Bed a quella con il terreno livellato nel tentativo di incrementare la produttività, ma facendo così la peronospora ha avuto campo libero e ha distrutto le piantagioni...- Selene era partita un'altra volta con un suo discorso salvo poi fermarsi una volta notati gli occhi sbarrati, per lo stupore, di Steve.
 
-Scusa... continua pure...-
 
-Ma come fai ad agganciarti così velocemente a un discorso? È stupefacente!-
 
-Non è stupefacente, anzi è fastidioso, scatto senza accorgemene e quindi sembro sempre una persona saccente...
Exigua his tribuenda fides qui multa loquuntur, poca fede si deve prestare a chi chiacchiera molto, dicevano i latini...- continuò  la ragazza “Per questo Richard mi ha lasciata, non sopportava il fatto che fossi più intelligente e preparata di lui..." pensò.
 
-L'ho detto e lo ribadisco, è stupefacente.-
 
-Grazie per il complimento allora; la mia  buona memoria mi permette di svolgere il mio lavoro in modo egregio, ma ogni tanto mi complica la vita... Ti prego Steven continua...-
 
-Non c'è molto altro da dire... I miei nonni sono arrivati a New York e lì sono rimasti così come i loro discendenti; io sono stato il primo a tornare nel vecchio continente durante la guerra.-
 
-Poi però sei ritornato a New York...-
 
-Con settant'anni di ritardo e nulla di quello che ricordavo è rimasto com'era. È cambiato tutto; così adesso la gente mi chiede che cosa provo ad essermi svegliato nel “futuro”, che cosa mi manca della mia epoca...- Steve mentre parlava aveva cambiato il tono di voce, passando da quello scherzoso ad uno più grave.
 
-Le famose domande indiscrete- gli disse lei.
 
-Sì.-
 
-Posso fartene una io?-
 
-OK.-
 
-Sai nuotare?-
Selene aveva provato a buttarla sul ridere, non sopportava quella nota malinconica nella voce di Steven, aveva sofferto abbastanza, quindi lei avrebbe fatto di tutto per regalargli un po' di spensieratezza.
 
-Che domanda indiscreta sarebbe questa?-
 
-La prima che mi è venuta in mente.-
 
-Sì, so nuotare... e la seconda domanda che ti viene in mente?-
 
-Fammi pensare...- replicò Selene.
 
Nell'abitacolo calò il silenzio e per qualche istante si udirono solamente le note del Vienna Blood Waltz di Strauss.
 
-Ecco ce l'ho! Qual è stata la domanda più strana che ti abbiano mai posto?-
 
-Dunque... la più strana... quando lavoravo allo S.H.I.E.L.D. alcune giovani agenti mi hanno chiesto se fossi mai stato ferito e se avessi delle cicatrici.-
 
-Non mi sembra molto strana, un po' ingenua forse chiedere ad un soldato se è stato ferito, ma non strana...-
 
-Aspetta non è finita qui... dopo la mia risposta affermativa una di loro mi ha chiesto di mostrarle le cicatrici che si trovano nei posti più delicati e segreti...-
 
-Non. Ci. Credo.-
 
-È la pura verità; ho scoperto successivamente che aveva perso una scommessa.-
 
-Ma tu cos'hai risposto?-
 
-Mi sono sentito in imbarazzo e me ne sono andato...-
 
-Hai fatto bene. Però cosa sono andate a pensare... io non avrei mai avuto il coraggio di chiederti una cosa così.-
 
-Cosa mi avresti chiesto?-
 
-Se avessi dovuto farti una domanda indiscreta e personale, ti avrei chiesto una cosa del tipo, qual è stato il primo senso che hai recuperato al tuo risveglio? Ma non devi rispondermi, il mio era solo un esempio.-
 
-Voglio risponderti invece; l'udito. 
Non ricordo molto del momento in cui mi sono schiantato con la Valchiria sul pack, ma l'ultima cosa che ho percepito prima di sprofondare nell'oblio è stato il rumore del freddo vento artico; al mio risveglio ancor prima di aprire gli occhi ho sentito dei suoni, delle voci. Sono state proprio quelle a svegliarmi del tutto. Mi sono alzato dal letto su cui ero disteso e ho prestato attenzione alla radiocronaca della partita; c'era qualcosa di strano...-
 
-Di strano?-
 
-Sì, la partita era del maggio del 1941 ed io quel giorno ero allo stadio.-
 
-Ti avevano riproposto la registrazione di una partita a cui hai potuto assistere? Come hanno fatto a commettere un errore del genere? Non potevano scegliere una partita del '45 o del '46?-
 
-No- replicò lui con un sorriso triste -Non hanno commesso nessun errore, quello era un test.-
 
-Di che tipo?-
 
-Volevano solo controllare i miei parametri per verificare eventuali danni al sistema nervoso; l'ho capito successivamente, ma in quei momenti ero davvero confuso.-
 
-E cosa hai fatto?-
 
-Dopo pochi istanti dal mio risveglio è entrata nella mia camera, una donna vestita in maniera militare, ma c'era qualcosa in lei che non tornava; per prima cosa ho notato i suoi capelli...-
 
-Erano troppo lunghi?-
 
-Sì! Ma come...-
 
-Laureata in storia... vai avanti... e poi?-
 
-Beh... l'ho squadrata da capo a piedi e il cervello ha notato delle incongruenze che sommate alla partita registrata mi hanno insospettito.-
 
-Quali incongruenze?-
 
-Stavo dicendo che i capelli erano strani, troppo lunghi appunto e la cravatta, non era da donna e poi attraverso la camicetta si intravedeva un reggiseno diverso da quelli usati dalle donne dei miei tempi...- a quel punto Steve si morse la lingua, ma ormai la frittata era fatta.
 
Aveva parlato di getto ed ora ne stava pagando le conseguenze.
Quando era accanto a Selene, tendeva ad abbassare le sue difese, non si proteggeva con il suo scudo di riservatezza che lo caratterizzava da sempre, poiché anche se lei non gli chiedeva nulla, lui voleva raccontarle ogni cosa perché finalmente, poteva essere sicuro che le sue parole sarebbero state capite e comprese al volo, senza che sorgessero dei fraintendimenti; finora almeno.
 
Con le guance rosse per l'imbarazzo tentò di giustificarsi: -S-Selene... i-io...- non riuscì a dire altro perché la ragazza era scoppiata a ridere.
 
-Scusa Steven! Ma è troppo buffo!- gli disse Selene non appena riuscì a riprendere fiato -Il test è fallito a causa di un reggiseno!- e dette queste parole ricominciò a ridere.
 
-Oh mamma mia! No, è passato...- continuò lei dopo essersi tolta gli occhiali per asciugarsi le lacrime.
 
-Scusami Selene, non volevo dire...-
 
-Non volevi dire cosa? Che avevi notato il reggiseno?-
 
-Ecco, sì...-
 
-Nessun problema, anzi hai dimostrato che le tue sinapsi funzionavano a pieno regime, visto che hanno catturato immediatamente dei dettagli insignificanti.-
 
-Non voglio che tu ti faccia un'idea sbagliata sul mio conto.-
 
-Un'idea sbagliata? Su di te? Come potrei mai? E te lo dimostro subito...- Selene trasse un profondo respiro e continuò così -Voulez-vous coucher avec moi ce soir?- lanciandogli nel contempo un'occhiata parecchio eloquente. 
 
Il rossore di Steve se possibile si fece ancora più marcato e raggiunse pure le orecchie: -Selene? Cosa vorresti dire?-
 
-Andiamo Steven! Ieri sera avrai sicuramente sentito tutto dalla cucina. Eppure hai fatto finta di nulla per non mettere in imbarazzo né Vicky né la sottoscritta; sei stato gentile e premuroso, come sempre, fin dal momento in cui ci siamo conosciuti- Selene non gli aveva indorato la pillola con quel discorso, perché era la verità. Non avrebbe mai pensato male di Steven, perché lui era una brava persona, giusto e leale; niente e nessuno le avrebbe mai fatto cambiare idea, neanche lo stesso Steve -Giusto per la cronaca le parole pronunciate da Vicky appartengono ad una canzone. Come si è concluso il test, comunque?- chiese poi.
 
-Avevo iniziato ad alterarmi e la donna ha chiamato i rinforzi, quando sono entrati due tizi vestiti di nero e armati fino ai denti, mi sono allarmato, quindi li ho scaraventati contro le pareti della stanza che essendo di cartongesso sono andate i frantumi e sono scappato, travolgendo chiunque provasse a fermarmi. Sceso in strada, ho corso fino a Times Square dove mi sono fermato. Ero intento a osservare gli enormi palazzi nascosti dai cartelloni pubblicitari, nel tentativo di capirci qualcosa, quando sono stato accerchiato dai veicoli dello S.H.I.E.L.D. e il Direttore in persona, mi ha spiegato cosa mi fosse realmente successo. È stato in quel momento, sotto la pioggia che mi è stata detta la verità, avevo dormito per quasi settant'anni.-
E così sono mancato al mio appuntamento...
 
Selene per ascoltare con attenzione il racconto di Steve, aveva spento l'autoradio e adesso nell'abitacolo aleggiava solo il silenzio. 
Anche se stava guidando, staccò per un attimo la mano destra dal volante per appoggiarla su quella sinistra di Steve, che in quel momento era stretta a pugno, quasi a volergli trasmettere il suo sostegno.
 
Nel frattempo erano arrivati in prossimità di New York e Selene notando il cartello pubblicitario di un supermercato, che si trovava all'uscita successiva, chiese a Steve: -Steven, mi hai detto che i lavori alla Torre sono quasi terminati; ma qualcuno ci abita già?-
 
-In teoria Tony e Pepper sì; ho provato a chiamarlo ieri sera ma non ha risposto. Perché?-
 
-Perché a quanto pare dovremmo fermarci a fare provviste, al prossimo svincolo c'è un Kroger quindi sarà meglio approfittarne.-
 
Dopo pochi minuti Selene aveva parcheggiato la sua 500 nel piazzale antistante al supermercato.
 
Lei e Steve scesero e si diressero verso l'entrata; nel breve tragitto Steve indossò un cappellino da baseball blu scuro e inforcò gli occhiali da sole per evitare di essere riconosciuto.
 
-Funziona questo stratagemma?- gli domandò la ragazza mentre rovistava all'interno della borsa per trovare il borsellino da cui prendere una moneta per sbloccare un carrello.
 
-Più di quanto immagini... cosa ci serve?-
 
-Tutto, praticamente.-
 
In poco più di mezz'ora Selene aveva riempito il carrello cortesemente spinto da Steve; la giovane non aveva tralasciato nessun genere di prima necessità. Ma non si era limitata alle vettovaglie, perché se Steven aveva ragione e nella Torre ancora non ci abitava nessuno allora mancava all'appello anche tutto il necessario per le pulizie.
Da ultimo prese una piccola piantina fiorita e una bottiglia di whisky, per i padroni di casa, perché le sembrava brutto presentarsi a mani vuote, nell'eventualità che la Torre fosse occupata.
 
Una volta caricata l'auto, ormai piena all'inverosimile, erano pronti per ripartire, ma Selene estrasse dalla borsa un dolcetto per Steve.
 
-Un lecca lecca?-
 
-Sì, li ho visti alla cassa e ne ho presi un po'...-
 
-Perché?-
 
-Per la tua vittoria dell'altalena, è ovvio!-
 
Mentre scartava il lecca lecca alla ciliegia, Steve si ritrovò a sorridere senza motivo, una cosa che gli capitava spesso da un paio di giorni a questa parte.
 
-Steven lo sapevi che l'isola di Manhattan era stata un dominio coloniale olandese?- gli disse Selene mentre si immettevano nuovamente nel traffico.
 
-No, non lo sapevo.-
 
-La città di New York in origine si chiamava Nieuw Amsterdam, pensa un po'.-
 
-Poi è stata conquistata dagli inglesi?-
 
-No, è stata ceduta agli inglesi nel 1667 in cambio della piccola isola di Run nell'arcipelago delle Molucche dove si coltivava la noce moscata. Saresti sorpreso di scoprire quante guerre si sono combattute per il commercio delle spezie.-
 
-Quindi mi stai dicendo che avrei potuto essere Captain Olanda?-
 
-Certo che no! Saresti stato comunque Captain America, perché il nome del continente americano si basa su quello di...- e qui Selene lasciò sfumare la voce per invitare Steve a partecipare al discorso.
 
Steve però stette in silenzio, aveva un vuoto di memoria.
 
-Non lo so... non mi viene in mente...-
 
-Ahi ahi ahi Rogers, rimandato a settembre... 
Il nome del continente è un omaggio all'esploratore -italiano - Amerigo Vespucci.
Quindi saresti stato comunque Captain America sì, ma probabilmente il tuo colore sarebbe stato l'arancione, in quanto la dinastia dei sovrani olandesi è quella degli Orange-Nissau.-
 
-Potresti non farne parola con nessuno riguardo a questa possibilità? Se Tony o Clint ne venissero a conoscenza avrei finito di vivere- la pregò Steve, sorvolando sulla faccenda reggiseno, era meglio non accennare a quel fatto così imbarazzante, mai più.
 
-Mah... non saprei... il mio silenzio ha un suo costo...-
 
-Alla prima occasione ti offrirò un gelato.-
 
-D'accordo!-
 
-Un costo altissimo non c'è che dire.-
 
E scoppiarono a ridere entrambi.
 
Nel frattempo erano arrivati a New York e l'Avengers Tower si stagliava splendente nello skyline di Manhattan.
 
-Gira qui, Selene, per il garage sotterraneo.-
 
-Va bene.-
 
Appena imboccata la rampa di discesa, si trovarono bloccati da una sbarra metallica.
Una voce artificiale, ma molto sofisticata, intimò loro di identificarsi.
 
-Tony me ne aveva parlato, dovrebbe essere JARVIS, il sistema della Torre.-
 
Identificarsi prego.
 
-Steven Grant Rogers.-
 
Per entrare nel sotterraneo sembrò sufficiente questo, ma quando scesero dalla 500, che sembrava più piccola e misera di quello che era, in mezzo a quel vastissimo parco macchine e moto, carichi sia delle buste della spesa sia delle loro valigie e si diressero all'ascensore, le porte metalliche rimasero ostinatamente chiuse.
 
La stessa voce di prima riprese a domandare: “Identificarsi Prego.
 
-Steven Grant Rogers.-
 
Benvenuto alla Torre Capitano Rogers. Tuttavia non posso permettere alla signorina di salire poiché sprovvista di autorizzazione.
 
-Garantisco io per lei JARVIS, apri le porte per favore. -
 
Certamente Capitano, non appena la signorina si sarà identificata, così da inserirla nel sistema. Quando vuole signorina.
 
-Selene Allegra Lowell.-
 
Benvenuta alla Torre signorina Lowell, Prego accomodatevi.
 
Le porte si aprirono con un lieve sibilo e si richiusero dopo pochi istanti alle loro spalle.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo mio:
 
Ciao a tutte! 
Ho ritardato la pubblicazione del capitolo di febbraio, in quanto volevo postarlo il giorno in cui sarebbe nata la mia prima nipotina; però dato che non si decide ad arrivare, ho preso la decisione di pubblicarlo oggi.
Magari la piccola nascerà domani... 😜
Comunque sia quanto il lieto evento si manifesterà, pubblicherò un'altra storia per voi, contente?
 
Passiamo alle informazioni sul capitolo:
Riguardo a Steve che nota il reggiseno della tipa non è una cosa campata per aria, tempo fa avevo trovato un post su tumbrl a tal proposito.
Questa qui è l'occhiata di Steve alla tipa dello S.H.I.E.L.D.
Perché ho inserito questo dettaglio?
Perché era l'unico modo per iniziare il “gioco” che vi avevo proposto qualche capitolo fa, ricordate?
Ecco, LadyRealgar, mi ha inviato una lista con bel po' di oggetti e vicino ad ognuno di essi c'era il nome di chi lo nominava. E accanto alla parola reggiseno (il modello moderno è del 1914) c'era il nome di Steve appunto.
Contenta LadyRealgar? ^_^
 
Comunque la faccenda dei capelli troppo lunghi era una cosa che sapevo pure io, infatti tecnicamente anche i capelli di Peggy sarebbero stati fuori regolamento, in quanto non avrebbero dovuto toccare il colletto.
 
Passando ad altro secondo voi qual è la data di nascita di Selene? Gli indizi ci sono tutti... sia in questo capitolo che in uno passato.
 
E voi quale nome preferite Eos o Eala?
Vi è piaciuta la mia ipotesi? Ditemi la vostra, sono curiosa...
 
Fra i nomi alternativi di Steve e Selene, non ho volontariamente inserito Kit ed Ella, perché sarebbe stato un po' troppo fiabesco, oppure no?
A buon intenditor... 😄
Che cosa ne pensate?
 
Quando Steve sorride mentre scarta il lecca lecca immaginatevelo così e così.
 
Un'ultima cosa, poi vi lascio, Azzano è in provincia di Pordenone, quindi probabilmente il campo degli Alleati era in Friuli, ma in TFA si vede una cartina del Veneto... quindi ecco perché ho scelto la regione veneta per il primo incontro fra Charles e Caterina, vi piace?
Lo sapevate che il nome della città di Udine prende origine da Odino? Ah, ah...
 
Ringrazio come sempre, le mie fedeli lettrici, ma allo stesso tempo temo che i ringraziamenti non siano mai abbastanza: la mia Sister Ella Rogers, DalamarF16, Lady Windermere, LadyRealgar, LillaPizzi94, Isabelle Mikaelson e _Alessia_C95.
Inoltre un enorme grazie a Isabelle Mikaelson e _Alessia_C95 per aver affrontato l'equivalente di una maratona, recuperando di fatto tutti i capitoli arretrati.
Grazie anche per aver scelto la mia storia per le vostre liste speciali.
Un saluto anche a StephaniePlum26, per averla preferita e a Zakurio per averla ricordata.
 
Da ultimo vi consiglio l'ultima fatica di Ella Rogers, A Hero gonna fight what's right.
E le one shot di LadyRealgar La sala delle simulazioni, il salvataggio di Mr.Redtail e Sceglierei sempre te; lei non si limita alla scrittura, ma è anche l'autrice del meraviglioso disegno di cui sopra.
Cosa aspettate?
Do as Ragdoll_Cat says!
 
Alla prossima!
Ragdoll_Cat
P.S Il giuramento di Selene.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 Parte 1 ***


I regali fatti agli amici non sono preda del fato: avrai soltanto le ricchezze che hai donato.
(Marco Valerio Marziale)
 

 
 
 
 
*
 
 
 
L'ascensore saliva rapido e silenzioso, nella cabina invece della musica fuoriusciva dagli altoparlanti perfettamente incassati nella struttura. 
Steve sorrise fra sé e sé perfettamente a suo agio; Tony aveva dato quel tocco vintage alla Torre proprio per farlo sentire a casa. Ogni tanto litigavano è vero, ma poi quei piccoli gesti spontanei erano in grado di compiere dei miracoli.
 
Selene invece continuava a tamburellare in maniera nervosa il piede a terra.
Fino a quel momento, infatti si erano mossi in una zona a lei conosciuta, Washington, Flynn, la Storia e adesso? 
Le uniche due cose familiari erano la città, in quanto lei stessa vi era nata e cresciuta e Steven naturalmente.
Buffo pensare a lui come a qualcosa di familiare e rassicurante visto che lo aveva incontrato pochi giorni prima, eppure le sembrava di conoscerlo da sempre; non aveva paura di niente se Steven era con lei. In virtù di cosa poteva accadere tutto questo?
Man mano che l'ascensore continuava la sua corsa, la tensione aumentava in Selene.
Sarebbe forse stata guardata con differenza e diffidenza? È vero che Steven le sarebbe stato accanto, ma era inquieta lo stesso.
Dopotutto lei era una perfetta estranea e sarebbe piombata nelle vite degli inquilini della Torre, così di punto in bianco.
Insomma!” Si rimproverò mentalmente “Sei una Lowell!
Non si sarebbe lasciata intimidire da nessuno!
 
A rompere il ghiaccio fu JARVIS:
Dove devo far scendere la signorina, Capitano? I piani per gli ospiti non sono ancora ultimati.
 
-E quelli dei Vendicatori?-
 
Quelli sono stati completati, Capitano.
 
-Allora portaci al mio piano per favore JARVIS.-
 
Subito, Capitano.
 
Lo schermo a LED che si trovava accanto alle porte dell'ascensore e che rappresentava la struttura della Torre a quel punto si illuminò e vennero evidenziati i piani più alti del grattacielo, dove si trovavano appunto gli appartamenti dei Vendicatori.
 
-Sei stranamente silenziosa... Nervosa?-
 
-Un pochino...- ammise.
 
-Ti adoreranno vedrai- le disse Steve sorridendo.
 
Selene ricambiò il sorriso, stava per parlare, ma JARVIS fu più veloce di lei:
Se pensavate di trovare il signor Stark temo di deludervi. È fuori città per il ponte del 4 luglio con la signorina Potts.
 
-Dove?- chiese Steve.
 
Negli Hamptons, Capitano.
 
-Ecco perché non rispondeva al telefono ieri sera.-
 
-Già... ma possiamo restare qui e usare il sistema Steven?-
 
-Non credo che per Tony sia un problema; piuttosto come farai a contattare Flynn? Non hai il computer con te.-
 
-Ho il tablet nella borsa, non preoccuparti.-
 
L'ascensore tintinnò leggermente e si fermò con un leggero scossone, erano arrivati.
Steve uscì per primo, Selene subito dopo e rimasero entrambi a bocca aperta nel vedere per la prima volta l'appartamento.
Enormi vetrate lo rendevano luminoso e l'aria condizionata teneva la temperatura ad un livello accettabile.
Pavimenti in legno chiaro si estendevano a perdita d'occhio, solo quel piano era più grande dei loro appartamenti di Washington.
Per prima cosa videro la zona soggiorno con una coppia di divani e un paio di poltrone disposti a raggiera intorno ad un tavolino di vetro; alla parete era fissata un'enorme TV a schermo piatto.
Alla loro destra si trovava l'ampia cucina dotata di ogni elettrodomestico necessario per cucinare, dove Selene appoggiò le buste della spesa.
Proseguendo lungo il corridoio Steve raggiunse la camera da letto, il cui pavimento era stato ricoperto con una morbidissima moquette color panna.
Dei bianchi armadi (ancora vuoti) occupavano due delle pareti della stanza.
L'ambiente era ancora freddo e impersonale in quanto non vi erano quadri appesi o foto appoggiate sul cassettone. 
Steve appoggiò a terra ai piedi del letto ad una piazza e mezza, il suo borsone e il trolley di Selene; quando la giovane lo raggiunse, insieme sbirciarono il locale da bagno attiguo.
Piastrelle blu e azzurre creavano un piacevole contrasto con i candidi sanitari, la doccia poi era un capolavoro di acciaio e vetro; non mancava neppure una piccola vasca idromassaggio per completare il tutto.
 
Dopo aver soddisfatto la loro curiosità tornarono in soggiorno, dove oltre alle comode sedute, si trovava anche una scrivania dotata di computer.
 
-OK, è ufficiale! Non voglio più tornare a casa!- disse Selene ridendo.
 
-Per me va bene, se non ti disturba avere un ospite che dorme sul divano...-
 
-Sul divano? Eh no Steven! Ci dormirò io sul divano! Questa è casa tua...-
 
-No, non lo è...-
 
-Cosa vorresti dire?-
 
-Brooklyn è casa mia, non Manhattan.-
 
-Casa è quel luogo che i nostri piedi possono lasciare, ma non i nostri cuori, giusto Steven?-
 
-In poche parole sì...-
 
-E quindi questa è casa tua, perché finché tu ci vivi una parte di Brooklyn è qui con te, anche se ci troviamo a Manhattan.
Comunque non cedo, dormo io sul divano!-
 
-Non se ne parla! Sei mia ospite!-
 
-Ospite che è più bassa di te, Testone! Non riposeresti affatto sul divano, è troppo corto per te, andiamo quanto sei alto?-
 
Il Capitano è alto un metro ed ottantanove e pesa centonove chili, signorina Lowell.
 
-Grazie JARVIS! Vedi? Sei troppo grande e grosso, io invece...-
 
Lei signorina Lowell invece è alta un metro e settanta e pesa cinquant...
 
-Il mio peso non è importante adesso, JARVIS, grazie- lo interruppe Selene -Anzi, mai dire il peso di una signora, per il futuro; e nemmeno l’età.-
 
Lo terrò a mente, signorina Lowell.
 
-Comunque quand'è che mi avresti pesato JARVIS?-
 
Quando siete saliti nell'ascensore ho raccolto i vostri dati biometrici per l'identificazione. In questo modo solo chi ha l'autorizzazione può raggiungere i piani più alti della Torre.
 
-Efficiente devo dire, comunque Steven, per ritornare ancora al divano, ci dormo io, punto e basta. 
Adesso è ora di pranzo e quindi mettiamoci all'opera.-
 
-Sì, ma Flynn?-
 
-Intanto mangiamo, più tardi contatteremo Flynn e poi faremo un giro per la Torre perché sono davvero curiosa e JARVIS sarà il nostro anfitrione.
Vedi? Mi sono già abituata al lusso...-
 
Detto questo Selene iniziò a rovistare fra le buste della spesa e una volta trovato il pacchetto contenente le bistecche di manzo si spostò ai fornelli.
La cucina era nuova e completa, non mancava nulla. La cappa aspirante era lucida come uno specchio e posizionata sopra a dei fornelli professionali.
Selene dovette aprire un po' di cassetti e antine prima di riuscire a trovare tutto l'occorrente per cucinare, ma una volta trovato quello che le serviva non si fermò più.
Accese il piano cottura e vi collocò una pesante bistecchiera che si scaldò rapidamente.
Dopo aver avviato la cottura delle bistecche, lavò l'insalata e la condì con una mistura d'olio e aceto al quale vi aveva aggiunto delle erbe aromatiche.
 
Steve intanto le girava intorno sistemando le provviste, mettendo il latte in frigo insieme allo yogurt, al formaggio e alle bibite.
Pasta e scatolette invece, finirono nella dispensa.
Una volta terminato questo lavoro si accinse a preparare la tavola. Trovò un set di tovagliette all'americana e le posizionò una di fronte all'altra sullo spazioso tavolo di vetro.
Prese le posate dal cassetto e i piatti dalla credenza, mancavano solo i bicchieri e quando aprì l'antina del mobile rimase di sasso.
 
-JARVIS?-
 
Mi dica Capitano.
 
-Cosa sono questi?- domandò estraendo un bicchiere da bibita decorato con una stampa a colori del suo scudo.
 
Le Stark Industries si stanno espandendo in nuovi campi di mercato e quei bicchieri sono i primi prototipi della linea per la casa.
 
Sempre più perplesso Steve continuò a guardare il “suo” bicchiere, finché Selene non gli si avvicinò:
-Posso?-
 
Steve glielo passò senza dire una parola, ancora un po' spiazzato dalla scoperta.
 
-Jason li adorerà! Ce ne sono altri?-
 
-Sì...-
 
Steve a quel punto estrasse in rapida sequenza, il bicchiere di Thor, con il Mjolnir stampato in grigio, quello di Clint con un arco viola, la clessidra rossa si trovava su quello di Natasha; un pugno verde per indicare Bruce e per ultimo su quello di Tony si trovava una maschera di Iron Man stilizzata gialla e rossa.
 
-Fra quanto saranno sul mercato?-
 
Questione di settimane, signorina Lowell.
 
-Ho trovato il regalo di compleanno perfetto per mio nipote allora. Tu che ne pensi Steven?-
 
-Credo di sì...-
 
-Comunque dovreste farvi dare una percentuale sui ricavi, soprattutto tu Steven.-
 
-Perché soprattutto io?-
 
-Perché sei già stato sfruttato dalla propaganda del Governo ai tempi della guerra e non credo che ti abbiano corrisposto un salario adeguato...-
 
-Ci penserò, grazie per l'interesse.-
 
-Forza, adesso mangiamo!-
 
Le bistecche sfrigolavano ancora quando Selene le posò nei piatti e poi portò in tavola l'insalatiera e una forma di pane croccante.
Steve dopo aver posizionato i bicchieri (per sé aveva scelto quello di Thor in quanto aveva ceduto a Selene il suo) prese dal frigo una bottiglia d'acqua.
Mangiarono con appetito tenendosi buona compagnia e dopo aver caricato la lavastoviglie, Selene decise di preparare il caffè: -Qualche preferenza? All'americana? Con la macchinetta a cialde? O con la moka?-
 
-Esistono ancora le moke?-
 
-Sì, un'altra eccellenza italiana, che non passa mai di moda.-
 
-Una cosa che non è cambiata...-
 
-Hai ragione...
Steven! Mi è appena venuta in mente un'idea! Dovremmo stilare una lista di cose che non sono cambiate, che ne pensi?-
 
-Perché no?- replicò lui estraendo dal giubbotto,  appeso all'attaccapanni, il suo quadernino nel quale aveva già stilato una lista di cose da recuperare; però questa volta avrebbe segnato le cose che erano rimaste come le ricordava.
 
-Dividi la pagina in due, da un lato segnerai le tue idee e dall'alto le mie. Ogniqualvolta uno dei due arriverà a dieci oggetti o pensieri, l'altro dovrà pagare pegno. Ci stai?-
 
-Ci sto!-
 
-Allora la moka per te e per me... l'altalena.-
 
-Perfetto. Adesso ti mangerai le mani, la musica classica- Steve abbassò il capo per scrivere queste cose e quando lo rialzò chiese a Selene -…Cosa c'è adesso?-
 
-Non ho detto niente Steven.-
 
-Hai iniziato a spostare lo sguardo da destra a sinistra molto rapidamente, lo fai quando hai qualcosa da dire; tipo prima in ascensore... andiamo cosa volevi dirmi?-
 
-Niente di importante.-
 
-Niente segreti, ricordi? A cosa stavi pensando?-
 
-Al fatto che tecnicamente la musica classica sia leggermente cambiata.-
 
-Tipo?-
 
-Dammi un momento, cerco una canzone sul telefono...-
 
Se posso inserirmi nel discorso signorina Lowell, sarei lieto di rendermi utile.
 
-Sei gentile JARVIS, allora potresti riprodurre la canzone “Palladio” per favore?-
 
Certamente.
 
Dopo pochi istanti il dolce suono dei violini uscì dagli altoparlanti e Steve ascoltò con attenzione l'intera canzone; quando questa terminò disse a Selene: -È bellissima.-
 
-Vero? È stata composta nel 1996 e sai una cosa Steven? Credo che tu sia l'unico uomo al mondo che abbia veramente apprezzato questa canzone.-
 
-Perché?-
 
-Perché era stata usata per la pubblicità di gioielli, quindi nell'immaginario collettivo questa canzone viene di conseguenza associata ai diamanti, quasi fosse un messaggio subliminale...-
 
-Capisco... quindi togliamo la musica classica dalla lista...-
 
-Io direi di tenerla invece; dopotutto lo stile è quello e le note sono pur sempre sette- gli rispose Selene.
 
-Siamo a due a uno...-
 
-Il cono gelato Steven, un punto per me.-
 
-Sicura?-
 
-Certo! E i punti cardinali, quelli di sicuro non sono cambiati, caro il mio signore-che-gira-sempre-con-la-sua-bussola-in-tasca...-
 
-Aspetta, vai troppo veloce...comunque hai ragione...-
 
-Sono un drago a questo gioco, vincerò io… e a proposito di gioielli io aggiungo alla lista pure Tiffany!-
 
Steve le riservò un sorriso sarcastico: -On va voir. I giorni della settimana. E i mesi...-
 
-I lecca lecca!-
 
-Le biglie!-
 
-Aspetta! Non stai dimenticando qualcosa Steven?-
 
-Non mi pare...-
 
-Invece sì! Avanti! Scrivilo nella tua colonna...-
 
-Cosa?-
 
-Il reggiseno!-
 
-Non ho intenzione di scriverlo!-
 
-Lo farai invece! Dai cosa ti costa? Tanto la lista la terrai tu e io non ne parlerò a nessuno.-
 
-Va bene... con quest'ultima voce siamo sei a cinque per me.-
 
-OK, adesso mettiamoci al lavoro, sei pronto?-
 
-Sì. Vado a prendere la chiavetta USB.-
 
Si alzarono da tavola e mentre Steve riponeva il quaderno al sicuro nel suo giubbino blu e nel contempo recuperava la penna USB, Selene prese posto davanti al computer.
Steve le passò la periferica e Selene gli disse: -Preparati ad una sonora strigliata…-
 
-Perché?-
 
-Il connettore USB è senza cappuccio, Flynn venera la tecnologia e questa cosa lo manderà al manicomio...-
 
-Continuo a non capire.-
 
-La parte metallica è scoperta, vedi? Potrebbe rompersi e divenire così inutilizzabile, ma non preoccuparti, se Flynn dovesse borbottare qualcosa, tu fai una faccia affranta e andrà tutto bene; nel dubbio comunque non dire nulla, magari non se ne accorgerà…-
 
Detto questo Selene prese il tablet dalla borsa e contattò Flynn.
 
-Ehilà Dolcezza, ormai temevo che mi avessi dimenticato…-
 
-Come potrei mai dimenticarti? Sei pronto per la tua magia?- gli domandò facendo oscillare la chiavetta dello S.H.I.E.L.D. davanti allo schermo.
 
-Prontissimo! Aspetta! Ma il connettore è retraibile o è senza cappuccio?-
 
-Andiamo Flynn! Devi sempre focalizzarti sui dettagli? Dopotutto funziona lo stesso, no?-
 
Selene inserì la chiave nello slot e nel giro di pochi minuti Flynn aveva ricevuto ogni cosa; per sicurezza Selene rimosse la memoria dal computer di Steve e la restituì al legittimo proprietario.
 
-Tutto fatto?-
 
-Certamente! Cosa volete che faccia esattamente?-
 
A quel punto Steve si inserì nel discorso: -Dovresti modificare il programma in modo tale da permetterci di inserire un nome specifico e cercare quella persona attraverso i sistemi di sorveglianza e cose così, giusto?- domandò a Selene, che annuì.
 
-Capito… Adesso mi metto subito all’opera, sarà una sfida davvero interessante. Vi chiamerò quando avrò finito.-
 
-Quanto tempo ci vorrà?-
 
-Qualche ora…-
 
-Soltanto?- Selene era sbalordita.
 
-Guarda che per me, impiegarci delle ore è un affronto!-
 
-Prudenza mi raccomando! Ricordati che stiamo giocando con il fuoco!-
 
-Sì, mammina… A dopo!- detto questo Flynn chiuse la comunicazione e lo schermo del tablet divenne nero.
 
-Ora non ci resta che aspettare… cosa facciamo adesso?-
 
-Non volevi fare visitare la Torre? Andiamo!-
 
Presero nuovamente l’ascensore e JARVIS iniziò a parlare: “Gli alloggi dei Vendicatori occupano la parte finale del palazzo. Partendo dall’attico e scendendo abbiamo: Clint Barton, Natasha Romanoff, il dottor Bruce Banner, Thor, lei capitano Rogers ed infine l’appartamento su due piani del signor Stark e della signorina Potts.
 
L’ascensore si fermò in quell’istante proprio a quel piano: “Se volete scendere potrete ammirare la Sala comune dei Vendicatori.
 
-Ma non questo non è anche il suo piano personale?- domandò Steve.
 
Certo. Ma poiché è anche il più esteso, in quanto si trova su due livelli, su suggerimento della signorina Potts, il signor Stark ha deciso di condividere il suo appartamento con i Vendicatori. Questa sarà la sala comune e di ritrovo per tutti voi.
 
Il piano era arredato sulla falsariga di quello di Steve, però qui la proiezione dell'ego smisurato di Tony, era molto più marcata, in quanto era tutto molto ricercato e dall'aria costosa ma si notava anche il buon gusto di Pepper, nei quadri appesi alle pareti.
L'effetto finale era un perfetto equilibrio fra i due caratteri complementari della coppia.
 
-Steven! Guarda c’è la terrazza!-
 
Selene corse fuori e per un momento restò abbagliata dal Sole splendente. Socchiuse leggermente le palpebre per abituarsi alla luce; ciò le permise di notare le raffinate poltroncine imbottite in midollino che erano sistemate verso il parapetto di vetro.
La giovane si affacciò e ammirò lo spettacolo mozzafiato di New York.
I più famosi grattacieli di Manhattan, l'Empire State, il Chrysler, la torre della Oscorp sembravano quasi scomparire intorno all'Avengers Tower e a tutto quello che essa rappresentava: speranza.
Steve l'affiancò e per qualche momento rimasero entrambi in silenzio godendosi la vista e il calore del Sole.
 
-Continuiamo?- domandò Steve.
 
Una volta di nuovo all’interno della cabina JARVIS riprese a parlare: “Continuando a scendere troviamo gli alloggi per gli ospiti, in fase di completamento; i laboratori privati del signor Stark e del dottor Banner, subito sotto troviamo la zona allenamento con annessa infermeria e continuando a scendere gli uffici dei dipendenti, i reparti di ricerca e sviluppo, la hall e il garage sotterraneo” illuminando lo schermo a LED man mano che la cabina scendeva.
 
-Zona allenamento?- domandò Steve sorridendo lievemente.
 
-Hai sentito JARVIS? Facci scendere lì, per favore.-
 
Certamente. Sullo stesso piano oltre alla palestra troverete un campo da tennis e la piscina.
 
-Davvero? Se l'avessi saputo avrei portato con me la racchetta e il costume.-
 
La piscina è stata progettata per potersi riempire in dodici secondi e l'acqua che viene recuperata viene filtrata e utilizzata per il fabbisogni dei bagni della Torre.
 
-Molto efficiente, JARVIS, davvero.-
 
La palestra era enorme e magnifica. L'ampio ambiente era dotato di tutti gli attrezzi per esercitarsi: bilancieri, panche orizzontali, sacchi da boxe, tapis roulant, cyclette per allenarsi da soli e un ampio tappetone che all'occorrenza poteva trasformarsi in un ring per un combattimento corpo a corpo.
 
-Steven, cos’è quella?- lo interrogò Selene indicando una struttura in ferro che sembrava una scala con un solo piolo.
 
-Quella è una Salmon Ladder, serve per irrobustire braccia e torso. È utile per gli arcieri, infatti nonostante la terribile idiosincrasia che Clint ha per le scale -quasi fosse allergico ai gradini, tant'è che preferisce scoccare una freccia e lasciarsi trasportare dal cavo sia in salita che in discesa- in realtà è uno strumento molto utile, in quanto richiede uno sforzo congiunto di tutta la parte superiore del corpo, cuore compreso. 
Serve molta forza, perché bisogna rimuovere il bilanciere dal fissaggio in cui è collocato e posizionarlo molto rapidamente in quello superiore, e così via.
Aspetta, ti faccio vedere come funziona.-
 
Steve si avvicinò alla costruzione metallica e afferrò la sbarra orizzontale, che si trovava appena sopra la sua testa, con entrambe le mani, sollevando nel contempo i piedi da terra.
Iniziò a oscillare ritmicamente avanti e indietro e quando ebbe trovato il tempo giusto, con un abile colpo di reni, staccò il piolo dall'alloggiamento e lo collocò in quello superiore; continuò così fino a quando non ebbe raggiunto la cima.
Una volta arrivato al punto più alto, staccò una volta di più la sbarra e si lasciò cadere, atterrando con eleganza e senza alcuna sbavatura sul morbido tappetino di gomma.
 
-Ecco fatto! Vuoi provare?- chiese a Selene offrendole la sbarra metallica.
 
Selene che era rimasta in silenzio e con gli occhi sbarrati per la meraviglia, mosse il capo in senso orizzontale.
-No, grazie... non sono mica una formica che riesce a sollevare fino a tre volte il suo peso, sai?-
 
Steve sorrise ad udire quelle parole e si voltò per riposizionare il piolo al suo posto.
 
-Non fare quella faccia compiaciuta, forza dimmi un po', quante flessioni sai fare su un braccio solo, prima di fermarti? Scommetto meno di centosette...- replicò Selene inarcando un sopracciglio con fare eloquente.
 
-Mi avvalgo della facoltà di non rispondere...-
 
-Per ora, Steven, solo per ora... comunque stai morendo dalla voglia di allenarti un po', quindi ti lascio e torno di sopra.-
 
-È così evidente? Comunque salgo con te, devo prima cambiarmi. -
 
Ripresero l'ascensore per ritornare al piano di Steve, quando Selene notò una cosa sul pannello luminoso:-Perché un piano è rimasto buio JARVIS?-
 
Quel piano non è stato ancora assegnato” replicò l’AI fermando l’ascensore al piano in questione.
 
In effetti quel piano era completamente vuoto, non c’erano né mobili né attrezzature di qualsiasi tipo, solo il nudo pavimento di legno.
 
-Sai una cosa Steven, non credo che mi trasferirò qui…-
 
-Perché?-
 
-Si hortum in bibliotecha habes, deerit nihil, se accanto alla biblioteca ci sarà un giardino, non mancherà nulla.
Il giardino tecnicamente c'è, vedi la terrazza, e questo spazio sarebbe una bellissima biblioteca ma nessuno ci ha fatto un pensierino.
Grandi vetrate, per leggere alla luce naturale- Selene mentre parlava iniziò a camminare per l'intera stanza, ruotando su se stessa di quando in quando enfatizzando così le sue parole -delle comode poltrone avvolgenti su cui accoccolarsi per poter leggere in tranquillità. 
Laggiù una libreria con dei pannelli di vetro per proteggere delle prime edizioni molto rare. Davvero, se una volta entrata avessi visto scaffali colmi di libri sarei rimasta a bocca aperta, non mi sarei mai più mossa da qui, proprio come Belle in una delle mie scene preferite de “La Bella e La Bestia”. Quand'ero piccola lei era la principessa Disney che mi piaceva di più, perché amava i libri quanto me. In più aveva i capelli castani come i miei, quindi...- terminò con un sorriso.
 
-Ne parlerò con Tony e vedrò cosa si può fare, contenta?-
 
-Moltissimo!- disse Selene ridendo.
 
Una volta ritornati nell'appartamento di Steve, quest'ultimo si diresse verso la camera per indossare gli indumenti da palestra, Selene invece dopo aver controllato se Flynn le avesse inviato un messaggio -calma piatta- prese il libro che aveva nella borsa e si accomodò sul divano perfettamente soddisfatta.
Quando Steve tornò da lei, la giovane era completamente immersa nella lettura, tant'è che Steve dovette alzare lievemente la voce per attirare la sua attenzione.
 
-Scusami, dicevi?-
 
-Cosa stai leggendo?-
 
-Un giallo di Agatha Christie. “Perché non l'hanno chiesto a Evans?”. Se vuoi te lo presto.-
 
-E tu cosa leggerai?-
 
-“Ventimila leghe sotto i mari”, è ovvio! Non avrò i dodicimila libri del capitano Nemo, ma mi difendo piuttosto bene, non credi? -
 
-Ma quanti libri hai portato? Quanto a lungo pensi di mancare da casa? Un mese?-
 
-Un mese? No! Lunedì tornerò a Washington.-
 
A quelle parole Steve si allarmò senza saperne il motivo: -Cosa? Perché?-
 
-Tranquillo... martedì prossimo devo e voglio partecipare ad una conferenza all'Università. Ho faticato tanto per arrivare dove sono e finalmente la mia costanza e il mio impegno stanno dando i loro frutti; non posso lasciarmi sfuggire quest'occasione, lo capisci vero Steven?-
 
-Sì, lo capisco.-
 
-Ma non preoccuparti, ho due mesi di ferie arretrate ancora da consumare, quindi lunedì chiamerò la segreteria della facoltà e chiederò un prolungamento di due settimane per cominciare, poi vedremo. Quindi se tutto andrà secondo i piani, mercoledì sera sarò di nuovo qui.
Se per te va bene, è ovvio.-
 
Steve annuì una volta di più e si alzò dal divano per dirigersi verso l'ascensore.
Una volta arrivato in palestra per alcune ore si allenò duramente.
Usò il proiettore olografico per simulare un combattimento corpo a corpo, senza avvalersi del suo scudo, perché in battaglia poteva accadere di tutto. In quei momenti svuotava completamente la mente, non pensava a nulla nemmeno alle mosse da mettere in pratica, in quanto ormai agiva con un misto di puro istinto e strategia, come gli era stato insegnato allo S.H.I.E.L.D.
Soddisfatto del risultato passò poi al caro e vecchio sacco da pugilato e le ore successive le passò così.
Nel tardo pomeriggio, dopo aver reso inutilizzabili almeno quattro sacchi decise di cambiare attività, preferendone una che gli avrebbe permesso di allenare tutto il corpo contemporaneamente e che allo stesso tempo lo avrebbe rilassato; presa questa decisione cercò una cosa nel borsone e uscì dalla palestra.
 
Selene ignara di quello che stava succedendo ai piani inferiori, continuava a leggere, quando il suo smartphone iniziò a suonare.
Svelta posò il libro e si affrettò ad afferrare il telefono su cui lampeggiava il nome di Flynn.
 
-Pronto?-
 
-Tutto fatto! Accendete il computer e vi dirò come funziona l'algoritmo. -
 
-Di già? Sei un mito! Vado a chiamare Steven e faremo partire il programma. Ti chiamo dopo.-
 
Felice per la novità Selene si alzò dal divano ed entrò nell'ascensore; voleva dare la notizia a Steven di persona, senza intermediari.
 
Una volta arrivata al piano desiderato, Selene non vide nessuno, perciò percorse la palestra in tutta la sua lunghezza e notano i resti dei sacchi a terra, scosse la testa sorridendo leggermente, chissà come avrebbe reagito Steven se gli avesse rivelato che anche lei era in grado di staccare i sacchi dai loro ganci... giocando alla Wii con Jason, naturalmente.
Mentre pensava a queste cose era ormai giunta alla porta che dava accesso alla piscina. 
Abbassò la maniglia e non appena varcò la soglia, il forte odore di cloro aggredì immediatamente le sue narici facendola rammaricare ancora una volta per non aver portato il costume con sé.
 
Steve in quel momento si trovava in cima al blocco di partenza della corsia, pronto a partire per una gara contro se stesso.
Selene fece per chiamarlo, ma Steve fu più veloce di lei e si tuffò nell'acqua limpida.
La giovane ricercatrice rimase a bocca aperta nel vedere quello spettacolo magnifico. Steven fendeva l'acqua con lunghe bracciate regolari; ruotava la testa di lato per respirare esattamente come gli atleti olimpici, senza alcuno sforzo apparente.
Solo poche ore prima Selene, aveva assistito allo sfoggio della forza di Steven alla Salmon Ladder, ma adesso poteva vedere i muscoli della schiena -di cui non sapeva nemmeno il nome- tendersi e rilassarsi senza che fossero coperti dal tessuto di cotone della maglietta. 
Quando a Firenze aveva visitato la galleria degli Uffizi e ammirato il David di Michelangelo, ritenuto dagli esperti l'ideale perfetto della bellezza maschile, non avrebbe mai e poi mai pensato che al mondo potesse esistere qualcuno che gli si avvicinasse almeno vagamente, eppure adesso vedendo il fisico di Steven, capì di essersi sbagliata; e di parecchio!
 
Steve nuotò ancora per qualche minuto prima di accorgersi della presenza della giovane, ma non appena la figura di Selene entrò nel suo campo visivo, si fermò immediatamente.
Uscì dalla piscina puntellando le mani lungo il bordo della vasca e si diresse verso di lei, lasciando una serie di pozze d'acqua dietro di sé: -Tutto bene?- le domandò.
 
Seppur ipnotizzata dai rivoli d'acqua che percorrevano quel fisico statuario, coperto solamente da dei pantaloncini da bagno rosso fuoco, Selene riuscì a rispondergli:
-Sì, sì... Flynn ha riscritto l'algoritmo, quando sei pronto possiamo farlo partire...-
 
-Davvero? Il tempo di farmi una doccia e arrivo!-
 
-D'accordo.-
 
Selene ruotò su se stessa e uscì quasi correndo dalla zona piscina per tornare il più velocemente possibile all'ascensore. Una volta al suo interno vide la sua immagine, riflessa dallo specchio che occupava la parete laterale, e con suo sommo orrore notò che era completamente rossa in volto. 
Forse Steven non aveva notato niente... scosse la testa, furiosa con se stessa.
 
Steven se n'era sicuramente accorto, lui la guardava con attenzione, la vedeva sul serio, altrimenti come avrebbe potuto notare -primo fra tutti- il fatto che lei muovesse rapidamente gli occhi quando scalpitava per dire qualcosa?
Inspirò profondamente, cercando di rallentare il battito del suo cuore, adesso doveva concentrarsi e quindi i suoi compartimenti stagni dovevano entrare in azione.
 
Quando Steve ritornò nell'appartamento, vide Selene seduta sulla poltroncina che si trovava davanti al tavolo che ospitava la zona computer.
 
-Sono qui.-
 
-Bene, adesso chiamo Flynn.-
 
Il tempo di un paio di squilli e l'hacker rispose: -Ciao Meraviglia! Ciao Steve! Siete pronti per vedere il mio genio all'opera?-
 
-Ah, ah cala cala Merlino!-
 
-Stavo dicendo che grazie al mio genio sono riuscito a trovare un trojan all'interno del programma. Era ben nascosto fra le pieghe...-
 
-Flynn... niente linguaggio aulico, grazie- lo interruppe Selene; quando Flynn partiva con il suo tecno-linguaggio, era difficilissimo capire il senso del discorso. Lei e Steve dovevano imparare il più velocemente possibile come funzionava il programma se volevano riuscire nell'impresa.
 
-Stavo dicendo che il trojan era nascosto ed ad una prima occhiata poteva passare inosservato. Una volta lanciato il programma, l'HYDRA vi avrebbe localizzato in pochi minuti.-
 
Il pensiero di Steve tornò all'anno precedente quando l'HYDRA aveva lanciato un missile con l'intento di uccidere lui e Natasha, a Camp Leigh. 
Mentre parlavano con Zola il programma parassita stava lavorando silenziosamente, a loro insaputa, per rivelare ai traditori dello S.H.I.E.L.D. la loro posizione.
 
-Grazie Flynn.-
 
-Di nulla, Steve. Comunque ho trovato un'altra cosa nel drive. Dei file fantasma, diciamo.-
 
-In che senso?-
 
-Nel senso che ci sono e non ci sono... io non possiedo la tecnologia necessaria per forzare i sigilli virtuali che m'impediscono di aprirli, il vostro supercomputer se è davvero potente come credo che sia, dovrebbe impiegare solo qualche ora, usando la “forza bruta”.-
 
-Strano, credevo che al M.I.T. valesse la regola “La forza bruta è l'ultima risorsa degli incompetenti”.-
 
-Io so quando devo farmi da parte.-
 
-Sei stato fenomenale Flynn, come al solito! Adesso però tocca a noi.-
 
-Stai attenta Dolcezza, ti stai addentrando in una selva oscura...-
 
-Non preoccuparti, ho chi mi protegge- gli rispose Selene.
 
-Lo so! Amico, mi raccomando abbi cura di lei!-
 
-Lo farò Flynn, ancora grazie!-
 
-Ehi, lo sapete che sono ancora qui e vi sento, vero?-
 
-L'abbiamo fatto apposta! Ciao!- e dette queste parole la faccia sorridente di Flynn sparì dallo schermo.
 
-Selene, cos'è esattamente la “forza bruta”?-
 
-È un'espressione che indica il modo in cui si tenta di indovinare una password o una combinazione di numeri- gli spiegò lei, mentre caricava il programma nel sistema della Torre e lo avviava -pensa ai lucchetti delle valigie, hanno tre dischi numerati con le cifre che vanno dallo zero fino al nove. Perciò ogni lucchetto ha mille combinazioni possibili; il metodo “forza bruta” consiste nel tentare in sequenza tutte le mille combinazioni, perché quella giusta è fra quelle. Ci vuole un po' ma è matematicamente infallibile.
Spero di essermi spiegata bene, questo non è il mio campo.-
 
-Ho capito perfettamente, grazie.-
 
In quel momento, mentre si fissavano negli occhi, Selene notò che quelli di Steven erano ancora leggermente arrossati a causa della nuotata e l'odore del cloro, seppur leggero, misto alla fragranza del doccia schiuma le fece tornare in mente la scena imbarazzante avvenuta poco prima a bordo piscina.
 
Si alzò dalla poltroncina in maniera brusca, allontanandosi rapidamente dalla scrivania e disse: -Vado a farmi una doccia, inizio a sentire la stanchezza del viaggio... quando torno preparerò la cena. A dopo Steven, il libro è sul tavolino se vuoi leggere un po'...-
 
Percorse l'intero appartamento conscia del fatto che in realtà non stava andando da nessuna parte, ma bensì stava scappando, sì stava scappando da lui... 
 
Mentre si godeva il getto bollente dell'acqua sulla pelle, Selene iniziò a discutere mentalmente con se stessa.
 
Ecco la frittata era fatta, se per qualche motivo Steven non avesse ancora sospettato nulla, ora a causa del suo atteggiamento infantile era finita in un bel guaio.
 
Se chiudeva gli occhi la prima cosa che le ritornava in mente, ancor prima di quel fisico perfetto, era il suo viso.
Quello che aveva memorizzato (e che non si sarebbe mai stancata di osservare) era il volto di Steven com'era sempre stato, perché i suoi lineamenti non erano stati modificati e sviluppati dal Siero, a differenza del resto.
Erano sempre stati suoi quegli occhi molto, molto dolci e così azzurri come i non-ti-scordar-di-me (come fosse possibile una cosa del genere) e limpidi come i laghetti di montagna, frangiati da quelle lunghe ciglia.
Così come il suo buon cuore, neanche quello era cambiato, ne era sicura. Erano stati i suoi gesti, le sue premure ad averla conquistata.
 
Scosse la testa irata con se stessa; di lì ad un mese avrebbe compiuto ventinove anni ed invece si comportava come un'adolescente alla sua prima cotta.
Com'era potuto accadere tutto questo?
Si stava forse innamorando di lui?
 
No! Questo non era possibile...
 
Lei non si stava innamorando di Steven... lei si era già innamorata di Steven!
 
Ecco, ora lo aveva ammesso, ma non poteva dirglielo!
Non poteva!
 
Perché no?
Per via della nonna...
Peggy lo aveva amato per tutta la vita e sicuramente Steven era ancora innamorato di lei.
Un amore come il loro non poteva essere dimenticato, nemmeno dopo tutti quegli anni.
Perciò avrebbe taciuto, Steven non avrebbe mai dovuto venire a saperlo, né ora, né in futuro.
Lui doveva rimanere completamente concentrato se voleva riuscire a trovare Bucky e riguardo a lei... lei se la sarebbe fatta passare...
 
Nel frattempo si era fatta ora di cena e mentre si frizionava i capelli con l'asciugamano iniziò a pensare al menù, chiudendo i suoi sentimenti per Steven all'interno di una cassaforte mentale impenetrabile.
 
La voce di JARVIS la fece sobbalzare, non si era ancora abituata al maggiordomo virtuale della Torre. 
Signorina Lowell, il capitano Rogers vorrebbe sapere quale pizza preferisce in quanto ha intenzione di uscire ad acquistare la cena.
 
-Oh... margherita andrà benissimo JARVIS, grazie. A proposito sai se c'è un phon da qualche parte?-
 
Nell'armadietto accanto al lavandino.
 
Selene trovò il piccolo elettrodomestico e iniziò ad asciugarsi i capelli, perché nonostante fosse estate lei non sopportava di avere la testa umida e con l'aria condizionata che rinfrescava l'ambiente non voleva di certo prendersi un raffreddore.
Nel giro di pochi minuti la sua chioma era perfettamente asciutta e grazie a quel portentoso phon, sembrava appena uscita dal parrucchiere.
 
-JARVIS è già in commercio questa meraviglia?-
 
Lo StarkPhon 3000 sarà disponibile dal primo agosto, signorina Lowell.
 
-In tempo per il mio compleanno...-
 
Selene ritornò in camera perché quel testone di Steven le aveva portato il trolley fin lì.
Non avrebbe di certo ceduto, lei avrebbe dormito sul divano, cascasse il mondo.
Indossò rapidamente l'intimo e pescò un paio di shorts di cotone e una maglietta della stessa stoffa, la Torre era fin troppo fresca per rimanere in canottiera. Invece delle scarpe da ginnastica optò per un paio di ciabattine infradito rosse, dopotutto non avrebbe dovuto uscire di casa quella sera.
 
Una volta uscita dalla camera si diresse verso la sala da pranzo e dopo aver chiesto a JARVIS se era possibile ascoltare della musica, si accinse a preparare la tavola.
Le familiari parole di “Old Time Rock N' Roll” le fecero buona compagnia fino al ritorno di Steven.
 
-Sei tornato! Sto morendo di fame!-
Ecco perfetto! Comportati normalmente e non si accorgerà di nulla.
 
-Ci ho messo tanto perché non ho preso solo le pizze, ma anche questo...- le rispose Steve mostrandole una confezione di gelato.
 
-Sia lode all'eroe trionfatore!
Forza mangiamo prima che si raffreddino- continuò lei prendendo il gelato e riponendolo nel congelatore; dal frigo prese la Coca-Cola che avevano acquistato quella mattina.
 
Si sedettero ed iniziarono a mangiare, ignari della bufera che si sarebbe scatenata da lì a poco a causa del programma Insight 2.0 che proprio in quel momento stava lavorando a pieno regime.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Quanto vi ho deluso? Sul serio, aspettavate Tony e io non l'ho inserito.
Perché?
Semplice, non credo di riuscire a gestire Tony, tutto qua. In futuro magari sì, ma per ora...
Spero che continuerete a seguirmi nonostante la delusione che vi ho arrecato.
 
Note tecniche:
Ho dovuto dividere questo capitolo in due parti, altrimenti sarebbe stato davvero troppo lungo da leggere, quindi la storia durerà un capitolo di più.
Spero di riuscire a pubblicare la seconda parte quanto prima.
 
Ecco lo schema dei piani, notate niente?
L'allineamento non è il massimo, ma credo che si capisca lo stesso... ^_^
 
           Clinton FrAncis Barton
 Natasha AlianoVa Romanoff
      Robert BrucE Banner
            Thor OdiNson
              Steven Grant Rogers
           Anthony Edward Stark
 
Allora ditemi, che ne pensate della Salmon Ladder? Vi è piaciuta come idea?
 
La battuta riguardo all’allergia di Clint per le scale la dovete a quel geniaccio di Ella Rogers.
 
Comunque io VOGLIO la Salmon Ladder nella Tower! E VOGLIO VEDERE gli Avengers allenarsi! Chi è con me?
 
Frasi da film Disney: 2.
 
L'altezza e il peso di Steve li ho presi da TWS e convertiti nelle nostre misure.
Per la cronaca Chris è più basso! 😂
 
Il numero delle flessioni su un braccio solo pronunciato da Selene ha un suo perché, se avete visto la prima stagione di “Agent Carter” capirete la citazione, altrimenti ve la spiegherò io, basta chiedere.
 
Il gioco fra Steve e Selene è iniziato, chi vincerà?
 
Passando a cose più serie, Selene ha ammesso di essersi innamorata di Steven, ma ha qualche scrupolo, voi cosa ne pensate?
E cosa penserà lui?
 
Ho trovato la presta volto per Selene, vi interessa oppure no?
 
Grazie mille alle mie fidate lettrici, _Alessia_C95, Lady Windermere, Isabelle Mikaelson (hai cambiato nome! Quasi non ti riconoscevo!) la mia Super Sister Ella Rogers (ti voglio bene anche se torturi Steve!), DalamarF16 e LadyRealgar.
Risponderò alle vostre recensioni quanto prima, promesso!
 
Credo che sia tutto, a presto!
Ragdoll_Cat
 
P.S. Se vi interessa il doccia schiuma di Steve è il “Gucci Guilty”, così giusto per... 😉😆

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 Parte 2 ***


 
Amantium irae amoris integratio est.
 
(Terenzio)
 

 
 
*
 
 
 
 
-Vado a farmi una doccia, inizio a sentire la stanchezza del viaggio... quando torno preparerò la cena. A dopo Steven, il libro è sul tavolino se vuoi leggere un po'...-
 
Dopo avergli detto queste parole Selene sparì lungo il corridoio e lui rimase da solo in soggiorno.
 
Diede un'occhiata allo schermo del computer sul quale comparivano delle sigle senza alcun significato logico, almeno per lui, e sospirò; non gli importava, l'unica cosa che gli stava a cuore era che il programma funzionasse.
 
Decise quindi di ascoltare il consiglio di Selene e prese il libro in mano con l'intenzione di leggere un po', però... non riusciva a concentrarsi; rileggeva sempre il medesimo paragrafo, senza riuscire ad andare avanti.
 
Alla fine chiuse il libro rinunciando alla lettura; il suo stomaco iniziò a brontolare, impaziente.
Steve a quel punto si alzò dal divano e disse: -JARVIS potresti chiedere a Selene che tipo di pizza preferisce?- dopotutto lei aveva cucinato a pranzo, -quelle bistecche così deliziose- non gli sembrava giusto che dovesse pensare anche alla cena, quindi la pizza gli era sembrata una buona idea.
 
Certamente capitano Rogers...
La signorina Lowell ha scelto la pizza margherita.
 
-D'accordo, io esco, tornerò fra poco.-
 
Sorveglierò la Torre e la signorina Lowell fino al suo ritorno, Capitano.
 
Steve controllò di avere il portafoglio con sé e poi prese l'ascensore; dopo pochi minuti era in strada.
 
Un vociare cacofonico lo accolse non appena iniziò a camminare lungo il marciapiede e fu subito inghiottito dalla marea di persone che procedevano a passo svelto, impazienti di rientrare nelle proprie case e rivedere i propri cari.
Sospirò nuovamente, per lui la faccenda era diversa, lui non aveva nessun posto a cui tornare.
 
Ma qualcuno a cui tornare sì.
 
Cos'era quella? La sua coscienza?
Scosse la testa ed entrò nella prima pizzeria che trovò; dopo circa venti minuti era di nuovo per strada con le scatole in mano, quando notò una gelateria dall'altra parte della strada e decise di prendere del gelato per lei, per Selene.
 
Le porte dell'ascensore si aprirono e venne accolto dalla voce allegra di Selene: -Sei tornato! Sto morendo di fame!-
 
-Ci ho messo tanto perché non ho preso solo le pizze, ma anche questo...- le rispose mostrandole la confezione del gelato.
 
-Sia lode all'eroe trionfatore!
Forza mangiamo prima che si raffreddino- continuò lei agguantando il gelato e riponendolo nel congelatore; la vide poi prendere dal frigo la Coca-Cola che avevano acquistato quella mattina.
 
Probabilmente aveva citato una frase di un libro o di un film che lui non conosceva, ma nonostante il suo tono scherzoso c'era qualcosa nella sua voce che gli trasmetteva della malinconia, perciò si ripromise di indagare, non era di certo abile quanto Natasha, ma aveva imparato qualche trucco durante i mesi in cui aveva lavorato con la spia.
 
Dopo essersi lavato le mani si voltò verso Selene, ma la giovane però, fu più veloce di lui e gli domandò mentre si accomodava a tavola: -Come sono loro?-
 
-Loro chi?-
 
-I tuoi amici, la tua famiglia, gli Avengers insomma... come sono?-
 
-Da chi comincio?-
 
-Dal padrone di casa? Dev'essere davvero molto generoso se ha modificato la Torre per voi...-
 
-Sì, lo è... anche se viene influenzato da Pepper, la sua fidanzata; l'ho vista poche volte ma è una donna forte e risoluta, non poteva non esserlo se riesce a gestire il genio e la sregolatezza di Tony senza pensare di ammazzarlo ogni cinque minuti...-
 
Selene soffocò una risatina: -Non andate molto d'accordo, eh?-
 
-Stiamo migliorando, in effetti; quando ci siamo conosciuti era insolente e alquanto fastidioso.-
 
-Ed ora?-
 
-È ancora così! Però ho imparato che questo è il suo modo di fare e quindi lascio correre, anche se ogni tanto mi lancia delle frecciatine piuttosto pesanti.-
 
-Ho presente il genere. Non è facile lasciar correre.-
 
-Una volta mi ha detto “Tutto quello che hai di speciale è uscito da un'ampolla”...-
 
-E tu cosa gli hai risposto?-
 
-“Metti l’armatura, ci divertiamo un po’!”-
 
-E tutto questo quando è avvenuto?- domandò ancora con aria divertita.
 
-Prima dell'attacco ai danni dell'Helicarrier da parte di Clint...-
 
-Aspetta... lo stesso Clint di cui mi hai parlato prima? L'arciere?-
 
-Proprio lui, anche se in quel momento era sotto il controllo mentale di Loki.-
 
-Loki?-
 
-Il fratello adottivo di Thor.-
 
-Mi sto perdendo Steven, allora fammi capire bene, tutto questo è avvenuto prima della battaglia di New York? E questo Loki è stato l'artefice di tutto?-
 
-Sì.-
 
-OK, adesso ho collegato i vari punti, mi stavi dicendo che tu e Tony stavate litigando quando l'Helicarrier è stato attaccato e poi?-
 
-Poi, per la prima volta, abbiamo collaborato e lavorato insieme per evitare un disastro anche se, purtroppo, un agente dello S.H.I.E.L.D. ha pagato il prezzo più alto per renderci una vera squadra.-
 
-Come avete fatto a liberare Clint?-
 
-Mentre Thor era impegnato con Hulk, l'alter ego grande grosso e verde del dottor Bruce-sempre-arrabbiato-Banner, Natasha ha lottato contro Clint e con una ricalibratura cognitiva è riuscita a salvarlo.-
 
-Cosa sarebbe la ricalibratura cognitiva?-
 
-Un forte colpo alla testa.-
 
-Ah! E tu dov'eri mentre accadeva tutto questo?-
 
-Aggrappato ad un cavo fuori dello scafo mentre lottavo per cercare di non precipitare di sotto.-
 
-Caspita! Posso chiederti con quale membro dei Vendicatori hai legato di più?-
 
-Con Thor.-
 
-Perché dici lui?-
 
-Perché abbiamo più cose in comune, siamo entrambi dei soldati dopotutto, quindi viaggiamo più o meno sulla stessa lunghezza d'onda, così come Tony e Bruce, i due scienziati o Clint e Natasha, le due spie/agenti dello S.H.I.E.L.D. suppongo.-
 
-Secondo me no, o meglio non solo per questo.-
 
-Spiegati meglio.-
 
-A parte il fatto che siete entrambi biondi e con gli occhi azzurri, a mio parere voi due avete la stessa indole e buon cuore. Tu ti sei sacrificato per la tua Patria e poi sei sceso nuovamente in campo per difendere la Terra e Thor, lui ha deciso di fare lo stesso pur non essendo obbligato, avete scelto seguendo il cuore non la ragione, avete deciso di fare la cosa giusta a scapito della vostra incolumità... ed ecco che sono partita nuovamente con le mie chiacchiere... devi fermarmi Steven o non la finisco più.-
 
-Non ci penso nemmeno, hai una opinione molto particolare riguardo a molte cose e in più, mi piace ascoltarti; in fondo ho tutto il giorno libero.-
 
Imbarazzata Selene si grattò la punta del naso e saggiamente cambiò discorso: -Ma questa Natasha che nomini spesso per caso ha i capelli rossi? È la stessa donna che ti era accanto durante i fatti di Washington?-
 
-Sì.-
 
-Dev'essere molto brava nel suo lavoro allora; e molto ma molto paziente!-
 
-Perché dici questo?-
 
-Perché se litigate spesso è dotata di notevole autocontrollo per non soffocarvi. Comunque è confortante sapere che litigate esattamente come le persone normali.-
 
-Infatti non so come finirà questa convivenza, magari distruggeremo il grattacielo, chissà…-
 
-Non tornerai in pianta stabile a Washington allora... Mi… mi mancherai Steven...-
 
-Ti mancherò? Ma non dicevi che saresti rimasta per sempre?-
 
-Senza biblioteca non resto! Scherzi a parte capisco benissimo, questa è la tua città, tua e di Bucky. Di sicuro avrà bisogno di punti fermi, di pilastri e credo che la città sia fondamentale, insieme a te- concluse Selene con un sorriso tirato. “E se saremo lontani, forse riuscirò a dimenticarti…
 
In quel momento JARVIS parlò: “Desolato di interrompervi, ma sono riuscito ad aprire i file.
 
I due si alzarono dalle loro sedute e si diressero al computer; sullo schermo videro una singola cartella denominata Дело N°17, esattamente come la copia cartacea che Natasha aveva dato a Steve.
 
-Cos'è? Cirillico?-
 
-Sì, siamo sulla strada giusta.-
 
Selene cliccò sull'icona e sullo schermo comparvero degli ulteriori file, tra cui alcuni frammenti video.
La ragazza aprì il documento segnato dal numero uno; era scritto in russo, ma JARVIS iniziò il lavoro di traduzione permettendo a Steve e Selene di leggere senza alcuna fatica, l'intero scritto.
Non diceva molto, ma i seguenti erano molto più completi ed esaustivi. Erano state minuziosamente trascritte tutte le sperimentazioni e le operazioni a cui era stato sottoposto il fisico di Bucky, dalla rimozione di quel che rimaneva del suo braccio sinistro, fino all’impianto bionico definitivo; via via che continuavano a leggere, il nome di Zola si faceva sempre più frequente, fino al punto in cui la lingua russa non fu completamente sostituita da quella inglese e quel passaggio aveva segnato la nascita ufficiale del Soldato d'Inverno.
Ma la cosa peggiore erano i video, dai primi in bianco e nero fino ai più recenti a colori. L'HYDRA aveva minuziosamente raccolto le varie sessioni di “reset” del Soldato, quasi a voler glorificare il proprio lavoro.
 
Steve stringeva i denti così forte che sembravano quasi sul punto di spezzarsi, quanto dolore aveva dovuto sopportare Bucky in tutti quegli anni? Scarica dopo scarica, omicidio dopo omicidio, il suo migliore amico, suo fratello veniva annientato.
Per la prima volta un pensiero andò a formarsi nella sua mente “E se ormai, non ci fosse più nessuno da salvare?
Ed era tutta colpa sua! Inoltre fra i file vi era anche una lista degli obiettivi terminati dal Soldato d'Inverno e i nomi di Howard e Maria Stark sembravano quasi accusarlo. Anche loro erano morti a causa sua!
 
Si voltò verso Selene e restò turbato nel vederla così; la giovane infatti era impallidita, non emetteva alcun suono ma le lacrime silenziose che le bagnavano le guance erano piuttosto eloquenti.
 
In quel momento Steve avrebbe voluto solamente abbracciarla, stringerla a sé, ma invece le disse: -Selene, ora puoi tornare a Washington.-
 
Non lo avesse mai fatto!
 
-Come?-
 
-Torna a casa Selene, hai già fatto tutto quello che potevi.-
 
-Non ci penso nemmeno! Io resto qui!-
 
-Selene...-
 
-Non sono una bambina, non usare quel tono con me!-
 
-Hai visto quello che hanno fatto a Bucky? L'hai visto?-
 
-Sì!-
 
-Tutto quello che gli è accaduto è stata colpa mia! TUTTO!-
 
-Non è vero!-
 
-Invece sì, lui si è arruolato perché lo volevo fare io, gli avevo riempito la testa di ideali e lui mi ha seguito fra le fauci della morte.
E sappiamo entrambi com'è andata a finire; l'HYDRA lo ha annientato.
Tutto questo non sarebbe successo se non lo avessi sfinito con le mie idee.
E Tony avrebbe ancora i suoi genitori.-
 
-Non è stata colpa tua!
Bucky si sarebbe arruolato comunque, perché era la cosa giusta da fare.
Hai ragione, Howard è morto a causa del Soldato d'Inverno, ma non è stato Bucky a premere il grilletto, in quell'occasione, anzi in nessuna di quelle occasioni. Gli hanno tolto ogni sentimento, ogni ricordo, lo hanno trasformato in una macchina assassina, ma quello non era Bucky! Non è mai stato lui.
Tony lo capirà, ne sono sicura!
Dopotutto non avete forse perdonato il vostro amico Clint? Non lo avete forse accolto a braccia aperte?
Perché non era in sé quando ha compiuto quelle azioni... e quindi...-
 
-Questa non è la tua battaglia!- la interruppe Steve  con voce dura.
 
-Vivere, mi Stephanus, militare est... vivere, caro Steven, significa combattere...-
 
-Selene, smettila!
SMETTILA!-
 
-Di fare cosa?-
 
-Di essere come sei!-
 
-Essere come?-
 
-Così positiva, pronta ad aiutarmi.-
 
JARVIS tentò di inserirsi nella discussione: “Se posso dire la mia...”, ma fu zittito da un secco “NO!” pronunciato all'unisono dai due litiganti.
 
-Positiva? Sul serio?- dalla voce di Selene traspariva incredulità -E tu sei sempre preoccupato!
Perché dico questo? Per via di quelle due rughe verticali che hai all'attaccatura delle sopracciglia! E sai perché le ho notate?
Perché sei perennemente preoccupato! 
Sei preoccupato per tutti, per Bucky, per Tony, per il mondo, per me…
E indovina un po'... anch'io sono preoccupata!- la voce di Selene a quel punto era salita di un'ottava, ma la giovane non aveva ancora finito di dire la sua.
-Credi che sia facile per me ignorare la massima che mi martella il cervello fin da quando ci siamo conosciuti “Ibis redibis non morieris in bello” senza sapere dove dovrò mettere la virgola?
Prima o dopo il “non”? Tornerai oppure no?
Per caso ti ho mai rivolto una frase del genere: “Non andare, perché potrei vivere in un mondo senza Cap ma non senza di te?”
Te l'ho mai detto forse?
NO!
Perché so quanto sia importante per te aiutare la gente. Tu lotti affinché le altre persone possano vivere in pace, ti sei sempre sacrificato per gli altri, mettendoti sempre al secondo posto-  Selene aveva il fiato corto e con la mente annebbiata ormai, parlava solo seguendo il suo cuore -Non sono nata ieri, so benissimo che l’HYDRA non ha alcun limite e non si farebbe alcuno scrupolo a farmi del male per arrivare a te, ma per darti una mano, per aiutarti sarei disposta a sfidare il mondo intero. Ma a te questo non importa, non l'hai capito... vuoi che me ne vada? Bene! Benissimo!- concluse ormai pericolosamente vicina alle lacrime.
 
-Selene... aspetta...-
 
Steve tentò di dire qualcosa, ma Selene non lo ascoltò, anzi, si diresse correndo verso la porta d'emergenza che conduceva alle scale e si voltò un'ultima volta per dirgli: -E NON SEGUIRMI ROGERS!- prima di sparire nell'oscurità.
 
Selene corse, per quanto le infradito glielo permettevano ma dopo un paio di rampe dovette arrendersi a causa di quelle calzature inadatte alla fuga e quindi si fermò al piano di Tony e uscì sulla terrazza.
 
Si appoggiò al parapetto, mentre le lacrime le impedivano di vedere la città brulicante sotto di lei e i singhiozzi che la sconquassavano da dentro le rendevano difficile persino respirare.
Era una stupida! Steven non l'avrebbe mai vista come una sua pari! L'avrebbe sempre considerata una D.I.D., una donzella in difficoltà... lo sapeva benissimo che non era in grado di difendersi, ma non aveva di certo bisogno di essere protetta e tenuta all'oscuro dal male nel mondo; era perfettamente in grado di sostenere il dolore di quelle terribili scoperte, ma Steven...
Lui vuole solo proteggerti” le sussurrò la coscienza...
Lo so! Ma lui dovrebbe capire che sono capace di scegliere le mie battaglie.
Lui tiene a te...” continuò quell’impicciona…
Lo so...
 
Se fosse rimasta da sola per altri cinque minuti, la rabbia sarebbe svanita completamente, perché Selene era fatta così; non riusciva a portare rancore e se litigava con qualcuno non andava a dormire senza aver fatto pace... ma...
 
-Selene...- la voce di Steven arrivò alle sue orecchie.
 
-Ti avevo detto di non seguirmi- replicò lei asciugandosi le lacrime con un gesto brusco.
 
-E non l'ho fatto… sono venuto a cercarti.-
 
In un altro momento Selene si sarebbe sentita lusingata da quelle parole ma in quel frangente l’irritazione ritornò a bruciarle nel petto con più violenza di prima.
 
Steven si stava avvicinando con passi regolari, ancora pochi istanti e le sarebbe stato accanto e lei sapeva che non appena lo avesse guardato negli occhi lo avrebbe perdonato, ma il suo orgoglio in quel momento le impediva di essere accomodante.
Infatti non appena lui comparve alla sua sinistra, lei si voltò verso destra e fece per rientrare nell'edificio: -Vado a preparare la valigia così tolgo il disturbo.-
 
Tuttavia riuscì a fare solo un altro passo prima che Steven le afferrasse il polso costringendola a fermarsi; poi smozzicando, incespicando ad ogni parola, sbagliando accenti e cadenza le disse: -“Nil sine magno / vita labore dedit mortalibus”.-
 
Selene tradusse la massima all'istante “La vita non offre nulla ai mortali senza grandi fatiche”; Steven non le aveva mentito, conosceva il latino.
 
-E tu non hai ancora finito di faticare?- gli domandò, voltandosi lentamente verso di lui e guardandolo per la prima volta in faccia.
 
-No... 
Sei tu l'unica cosa buona che mi sia capitata da quando ho deciso di cercare Bucky, perciò non voglio che tu resti coinvolta in tutto questo, ma allo stesso tempo ti chiedo scusa per aver tentato di importi qualcosa contro la tua volontà- continuò lasciandole il polso -io accetterò qualsiasi tua scelta, sia che tu decida di rimanere o di andartene comunque, per via del mio comportamento di poco fa.-
 
Selene non disse nulla, ma si limitò ad annullare la distanza che li separava, tuffandosi letteralmente fra le braccia di Steven.
Il giovane Capitano rimase spiazzato dal suo gesto, ma solo per un attimo, in quanto in quello successivo aveva avvolto Selene nel suo abbraccio.
Chiuse gli occhi, lasciando che i capelli di lei gli solleticassero il naso. La sentiva ridere e piangere allo stesso tempo; per un attimo temette quasi di farle del male, mentre la stingeva a sé, in quanto la ragazza spariva completamente fra le sue braccia, ma Selene era forte, come dimostrava quel cuore che batteva rapido, quasi fosse impegnato in una gara contro quello di Steve. Rimasero stretti così piuttosto a lungo, mentre Selene pian piano andava calmandosi.
 
Quando avvertì che il suo respiro era tornato regolare, Steve ruppe il silenzio: -Scusa- le disse una volta di più.
 
-Basta Steven- mormorò lei contro il suo petto -è già tutto perdonato; anche il tuo pessimo latino.-
 
-Meno male! Non ti dico la paura che mi hai fatto provare quando mi hai chiamato per cognome, al solo pensiero rabbrividisco ancora...-
 
Selene alzò la testa e lo guardò: -Scemo!-
 
-Credevo di essere un testone...-
 
-Sei un mix di più cose, sei scemo, sei un testone però sei anche valoroso, generoso, compassionevole, spiritoso, a volte timido e schivo.-
 
-Riservato, prego.-
 
-D'accordo, riservato allora.-
 
La bufera era passata, tutto andava bene, erano ancora amici.
A quel punto si staccarono, seppur leggermente riluttanti per poi accomodarsi sulle poltroncine imbottite in quanto nessuno dei due voleva rientrare, non ancora almeno.
 
-Sempre pronto ad aiutare gli amici anche quando non vogliono essere salvati anche a scapito della proprio incolumità, sbaglio forse?- riprese Selene.
 
-Affatto! L'anno scorso Bucky mi ha sparato durante la lotta sull'Helicarrier... ho ancora le cicatrici...-
 
-Davvero?-
 
-Sì, allo stomaco e alla gamba sinistra, all'altezza del grande adduttore.-
 
-Il grande adduttore? Sarebbe dove esattamente?-
 
-Sulla parte posteriore della coscia, verso l'alto.-
 
Selene a quel punto soffocò una risata...
 
-Cosa c'è?-
 
-Bucky ti ha sparato al sedere!- gli disse per poi scoppiare a ridere.  
 
-Non c'è niente da ridere!- replicò Steve iniziando però a ridere lui stesso -È stato doloroso!-
 
-Ridentem dicere verum quid vetat? Cosa proibisce di dire la verità scherzando? Bucky ti ha quasi preso ad una chiappa! Questa è la verità!-
 
-La verità è una questione di circostanze, non è sempre uguale per tutti; ogni volta è diversa.-
 
-Pff! Chi ti ha detto una cosa del genere?-
 
-Natasha!-
 
-Si sbaglia!
Veritas in omnem sui partem semper eadem est; la verità è sempre la stessa in ogni sua parte, perché Veritas premitur, non opprimitur, la verità può essere oppressa, non soppressa. Prima o poi uscirà allo scoperto, ricordalo!-
 
-È una minaccia?-
 
-Affatto! È una semplice constatazione...
Posso farti una domanda? Hai mai pensato a come sarebbe stata la tua vita se non ci fosse stata la guerra?-
 
-Ogni tanto mi capita di ripensare a quello che avrei voluto fare, ma ormai quei progetti hanno assunto l'intelligibilità dei sogni...-
 
-Che lavoro facevi prima?
 
-Non erano molti i lavori per gli asmatici rachitici a quei tempi... consegnavo i giornali ma niente di più...-
 
-Ma cosa avresti voluto fare? Avresti voluto insegnare arte? Oppure storia dell'arte, saresti stato un ottimo professore secondo me...-
 
-C'è stato un periodo, dopo aver frequentato la “Auburndale Art School” di Brooklyn in cui avrei voluto fare il pittore, guadagnarmi da vivere con la mia arte, poi però c'è stata l'invasione della Polonia e così...
Perché mi fissi in quel modo?-
 
-Sto tentando di immaginarti come pittore... un artista dotato, ma dannato, il cui picco di notorietà sarebbe coinciso con la sua spirale discendente verso l'abisso...
Magari saresti morto appena quarantenne a causa delle complicazioni di qualche malattia a trasmissione sessuale... sifilide probabilmente...-
 
A quelle parole Steven non riuscì a trattenere una sonora risata.
Rideva e rideva senza riuscire a fermarsi, anzi sottolineò il suo divertimento portandosi la mano destra all'altezza del cuore e gettando al contempo la testa all'indietro: -Che immagine edificante!- le disse una volta ripreso fiato.
 
-Ho solo elaborato i dati che mi hai fornito, non è colpa mia se gli artisti hanno una cattiva fama...-
 
-Davvero?-
 
-Certo!-
 
-Fammi qualche esempio...-
 
-Édouard Manet, Guy de Maupassant, Gioacchino Rossini, Niccolò Paganini, tutti morti per questo tipo di malattie...-
 
-Che mi dici di Claude Monet?-
 
-Carcinoma polmonare, te lo concedo...-
 
-Ho capito, meglio non sfidarti...-
 
-A casa ho un libro in cui sono raccolte le varie vicissitudini mediche di personaggi storici, te lo presterei volentieri, ma è in italiano...-
 
-Torniamo di sopra, ti va?- le disse Steve, tendendole la mano per invitarla ad alzarsi.
 
-Certo!- gli rispose Selene accettando l'offerta -Dobbiamo ancora trovare James Buchanan Barnes...
Steven! Come ho fatto a non notarlo prima!
James Buchanan... era il nome del quindicesimo presidente degli Stati Uniti, il predecessore di Abraham Lincoln... ecco dove avevo già sentito il suo nome...-
 
Eccola lì, la solita Selene, sempre arguta e allegra” pensò Steve.
 
-Giusto per la cronaca, ho deciso di rimanere Steven. Questa è la mia scelta.-
 
-L’avevo sospettato…- rispose, senza riuscire a trattenere un sorriso, dopotutto lui l’avrebbe protetta sempre e comunque.
 
Rientrarono sempre tenendosi per mano e appena misero piede nell'ascensore vennero accolti dalla voce di JARVIS: “Non ci sono state novità durante la vostra assenza, Capitano
 
-Grazie JARVIS e vorrei scusarmi per la scortesia di poco fa...-
 
-Anch'io JARVIS ti chiedo scusa, non sarei dovuta scattare in quel modo...-
 
Nessun problema, signorina Lowell, stia tranquilla; anche lei capitano Rogers.
 
Raggiunsero il piano di Steve dopo pochi istanti, ma dalla cabina uscì solamente Selene, in quanto Steve aveva lasciato il suo borsone, con tutto il necessario per la notte, in palestra, quindi scese a recuperarlo.
Selene si diresse in bagno dove si lavò il viso, cancellando così gli ultimi segni delle lacrime e i denti; poi prese in prestito dal letto di Steve un cuscino e una coperta.
Tornata in soggiorno li appoggiò sul divano e si accomodò sulla poltrona per evitare di addormentarsi prima del ritorno di Steven, tuttavia la stanchezza ebbe la meglio e nel giro di pochi minuti si addormentò profondamente.
 
Al suo ritorno Steve la trovò così, rannicchiata sulla poltrona con le ciabattine abbandonate ai suoi piedi.
Sembrava così innocente -perché lo era in realtà- mentre dormiva acciambellata come un gattino, con le lunghe gambe ripiegate sotto di sé.
L'idea di svegliarla gli sembrava impensabile, però non poteva di certo lasciarla dormire in quella posizione per tutta la notte, quindi prese una decisione.
Andò in bagno e dopo essersi lavato rapidamente i denti, preparò il letto per la notte; fatto questo tornò in salotto e molto delicatamente sollevò Selene dalla poltrona e la portò in camera, stando ben attento a non svegliarla.
Era molto leggera, come aveva già notato quando l'aveva afferrata al volo in biblioteca; superava di poco i cinquanta chili, constatò. Chissà perché aveva zittito JARVIS...
 
Dopo averla sistemata sul letto e averla coperta stette ad osservarla per qualche istante; quando da bambino era costretto a letto a causa della sua salute malferma, i quattro fratelli Barnes facevano a gara per fargli compagnia. Le sorelline di Bucky lo adoravano e Judith, la più grande delle tre, andava a trovarlo per leggergli delle storie.
Storie con cavalieri, draghi, fate e principesse... erano anni che non pensava più ai racconti ascoltati durante la sua infanzia, ma in quel momento Selene sembrava proprio una principessa delle fiabe, con quei capelli scuri che spiccavano come un intricato merletto rispetto al bianco candore del cuscino...
Una principessa...
Una bellissima principessa...
Come spinto da una forza misteriosa, si chinò su di lei e le diede un lievissimo bacio sulla fronte.
 
Ah! Se non avesse chiuso gli occhi per un momento, avrebbe sicuramente notato il leggero sorriso che per un attimo aveva raggiunto le labbra di Selene.
 
Steve uscì dalla camera e dopo aver richiuso la porta alle sue spalle, ritornò una volta di più nel salone.
Non aveva sonno, anzi, aveva voglia di camminare, quindi disse a JARVIS: -Io esco, se dovessero esserci novità, non svegliare Selene per favore, ma avvertimi sul cellulare, d'accordo?-
 
Sarà fatto, Capitano.
 
Perché aveva deciso di andarsene dalla Torre?
Perché voleva pensare e una camminata era l'ideale.
Macinò svariati chilometri, senza arrivare a nulla, continuava a pensare a Selene e non riusciva a capirne il motivo.
Senza accorgersene aveva raggiunto il Ponte di Brooklyn, inconsciamente stava tornando a casa... ma la sua attenzione era focalizzata su altro.
 
Quando era insieme a Selene, non si sentiva solo, infatti non appena lei era scappata durante il loro litigio lui si era sentito perso e al buio. Non avrebbe mai dimenticato i suoi occhi pieni di lacrime e l'espressione ferita che si era disegnata sul suo viso.
In quel momento aveva avuto paura, ma non come quando Peggy gli aveva sparato contro per testare lo scudo, no quella era una paura diversa, aveva temuto di perdere Selene per sempre, a causa del suo stupido orgoglio.
Se lei se ne fosse andata cosa gli sarebbe mancato di più?
Non la sua abilità culinaria, no... ma più di tutto gli sarebbero mancati i suoi sorrisi, grandi e luminosi.
La sua allegria era contagiosa, infatti lei lo faceva ridere, con le sue idee, come il Progetto di Fine Estate e con le sue premure lo faceva sentire a casa.
Lei prima fra tutti aveva compreso quanto Bucky fosse importante per lui e lo sosteneva, non aveva mai tentato di dissuaderlo, anzi lo aveva aiutato in modo disinteressato, senza secondi fini, facendogli conoscere Flynn...
L'idea di rinunciare a lei gli mozzava il respiro...
Perché...
Perché...
 
Lui si era innamorato di lei...
 
Perché non le hai mai detto queste cose?” gli sussurrò la coscienza.
 
Perché lei è innamorata di Flynn e lui ama lei. Loro ridono, scherzano, si preoccupano l'uno per l'altra e Flynn la chiama in modo speciale...
 
Queste sono solo delle scuse! Patetiche aggiungerei!
 
OK, stava ufficialmente diventando pazzo, adesso era Bucky che lo rimproverava.
 
Mise la mano nella tasca destra dei jeans ed estrasse la sua bussola; l'aprì e il dolce sorriso di Peggy lo salutò.
Facendo molta attenzione, per non rompere quel leggero pezzetto di carta, lo rimosse dal coperchio e dopo aver sussurrato “Addio, Peggy”, lasciò che il vento glielo portasse via dal palmo della mano.
Peggy lo aveva sempre spronato a vivere la sua vita e per l'ultima volta nella sua vita “Avrebbe fatto quello che diceva Peggy!”.
 
A quel punto si voltò verso Manhattan e mosse i primi passi per tornare alla Torre, per tornare a casa, per tornare da lei, quando il cellulare iniziò a suonare.
 
Era un messaggio da parte di JARVIS; aveva localizzato Bucky!
 
In quel momento si trovava a Brooklyn, non molto lontano dal Ponte...
Cosa fare? Tornare indietro per recuperare lo scudo e avvertire Selene oppure andare subito con tutti i rischi del caso?
Steve si decise in fretta, non poteva permettersi il lusso di sprecare un'occasione così; avrebbe affrontato la furia di Selene una volta tornato alla Torre insieme a Bucky.
 
Lanciò un ultimo sguardo alla Torre in lontananza e poi si incamminò verso Brooklyn.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo mio:
 
La traduzione della citazione iniziale è questa: I litigi tra gli innamorati rinsaldano l’amore.
Perché andiamo loro due si amano! Non l’hanno ancora esternato, a parole almeno, ma a gesti sì.
 
Le vostre impressioni sul capitolo? Le aspetto!
Adesso poi avete capito perché ho dovuto dividere la serata a metà... ^_^
 
Ora passiamo alle cose serie:
 
-Il nome della sorellina di Bucky l'ho scelto io, sempre con la lettera “J” perché mi piaceva. ^_^
 
-La scuola di Steve l'ho trovata qui.
 
-La scena del ponte è un richiamo ad “Agent Carter”, quanto ho pianto durante quella scena!
 
-La faccia preoccupata di Steve qui e qui.
 
-Quando Steve ride, immaginate la fusione di queste due immagini questa e questa.
 
-Il bacio di Steve a Selene... dai sono uguali!
 
-E il pensiero di Steve. Anche qui, lui è uguale.
 
-Il libro nominato da Selene esiste veramente, si intitola “Famosi e malati. Quando sono i Grandi a star male” di Luciano Sterpellone.
 
-Vi prego, ditemi che non sono stata l'unica a notare le ferite inflitte da Bucky a Steve in TWS!
 
Grazie a GioTanner per aver scelto di ricordare la storia. Grazie anche a HORANge_carrot e SerenaG per aver deciso di seguirla.
 
Grazie _Alessia_C95 e Lady Windermere per le vostre bellissime parole!
Vi voglio bene!
 
Ovviamente non posso non ringraziare la mia Super Sister Ella Rogers che mi supporta e sopporta, comunque sappi che mi vendicherò!
In questa vita o nell'altra!
 
Credo che sia tutto!
A presto!
Ciao!
 
Ragdoll_Cat

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


 
Solo chi ha necessità di un tocco delicato, sa toccare con delicatezza.
(Hermann Hesse)
 

 
 
*
 
 
 
 
 
 
 
 
Un colpo di clacson.
 
Dolore.
 
Lo stridio dei freni.
 
Dolore.
 
Il sapore del sangue in bocca.
 
Dolore.
 
Lo sferragliare della metropolitana.
 
Dolore.
 
Bucky.
 
Selene.
 
Steve aprì gli occhi di scatto e si alzò rapidamente, ma dovette sedersi altrettanto velocemente a causa del giramento di testa.
Cosa... Cos'era successo?
La testa gli doleva, tutto il corpo era in riserva d'energia e chiedeva pietà.
Ma lui non lo ascoltò; lottando contro il senso di nausea si rimise lentamente in piedi.
 
La stilettata all'altezza del fianco destro gli fece capire che quella non era stata una buona idea.
Si appoggiò al muro con una mano mentre tentava di riordinare le idee.
Prima di tutto, dove si trovava? In un vicolo senza ombra di dubbio, ma dov'era esattamente?
Procedendo a piccoli passi riuscì a guadagnare il marciapiede che affiancava la strada che si stava pian piano riempiendo.
Era mattina presto, se si fosse sbrigato sarebbe riuscito a tornare alla Torre prima che qualcuno potesse avvistarlo.
Grazie alla struttura delle strade di New York, perdersi era impossibile ed infatti nel giro di mezz'ora era riuscito a guadagnare l'ingresso del grattacielo. Le porte dell'ascensore si aprirono con un lieve sibilo e venne accolto dalla cortese voce di JARVIS.
Bentornato Capitano! Ma lei è ferito! Devo avvertire la signorina Lowell?
 
-No, JARVIS... non farlo... fammi scendere al piano dell'infermeria per favore.-
 
Subito, Capitano.
 
Sentiva il Sole scaldarle le gambe nude mentre pedalava lungo una stradina sterrata. Era estate e lei era in vacanza dai nonni; ed era felice. Aveva deciso di raggiungere il suo posto preferito per leggere un po'. Era il suo rifugio segreto, nessuno a parte lei sapeva come arrivarci, quindi quando notò una figura seduta sull'erba restò di sasso. Abbandonò la bicicletta a terra e si diresse verso quella persona che le dava le spalle; era vicina, un paio di passi ancora e l'avrebbe raggiunta, ma la visitatrice misteriosa fu più veloce di lei: -Sei arrivata finalmente.-
 
-Peggy?-
 
-Non mi chiamavi nonna per caso?-
 
-Sì... ma come...- le rispose Selene sedendole accanto.
 
-Come mai sono qui? Perché adesso?-
 
-Esattamente.-
 
-Lo sai il perché, Selene.-
 
-Perché mi sono innamorata di Steven, non è vero?-
 
-Hai indovinato.-
 
-Nonna, mi dispiace tanto! Non era mia intenzione...-
 
-Calmati! Va tutto bene. Selene stai tranquilla, è giusto così. Steve merita di essere felice e con te al suo fianco lo sarà. Anche tu meriti di avere accanto un uomo buono e generoso e insieme avrete una vita piena.-
 
-Mi manchi nonna...-
 
-Anche tu tesoro mio... ma non puoi restare qui, devi tornare da lui.
Devi aiutarlo, salvarlo e amarlo.
Lo farai per me? E per voi due?-
 
-Sì, te lo prometto!-
 
-Vai allora! Non sprecare nemmeno un istante e abbi fede, tutto si sistemerà!-
 
-Tutto cosa?-
 
Selene era sola, non c'era più nessuno accanto a lei...
 
-Nonna!-
 
-Sii coraggiosa!-
 
-Nonna!-
 
Selene si svegliò con la gola secca e istintivamente cercò il bicchiere che posizionava sul comodino ogni sera prima di andare a dormire, ma la sua mano afferrò solo aria.
A tentoni trovò l'interruttore della abat-jour -strano non aveva rischiato di far cadere né la sveglia né i libri- e quando l'ebbe accesa capì il perché: quella non era la sua camera.
Alcuni istanti dopo le tornò tutto in mente; si trovava all'Avengers Tower, al piano assegnato a Steven o più precisamente nel suo letto.
 
Cosa?!?
 
Si trovava nel letto di Steven?
Come c'era finita?
Ricordava di essersi seduta sulla poltrona, la sera prima e poi il buio... doveva essersi addormentata evidentemente e quel Testone l'aveva portata in camera.
Scostò le coperte e appoggiò i piedi sulla morbida moquette; si alzò e si diresse in bagno rabbrividendo leggermente quando toccò il freddo marmo del pavimento.
Bevve un bicchiere d'acqua e solo allora chiamò JARVIS: -JARVIS? Che ore sono per favore?-
 
Sono le sette e venti signorina Lowell, buongiorno.
 
-Buongiorno anche a te JARVIS.-
 
Non valeva di certo la pena tornare a letto, quindi si lavò il viso e i denti.
Tornò in camera dove prese una maglietta stirata dalla valigia, perché quella che indossava era tutta stropicciata, così come i pantaloncini.
Una volta vestita, si pettinò; dovette rovistare a lungo nel suo beauty-case prima di trovare le forcine, quella mattina infatti i suoi capelli non ne volevano sapere di restare al loro posto.
Terminata anche questa operazione uscì dalla camera, ancora a piedi nudi e si diresse verso la sala.
 
Chissà se quel Testone dormiva ancora? In quel momento avrebbe voluto aver portato Dastan con sé, in quanto si sarebbe seduta sulla poltrona e avrebbe guardato Steven dormire in una posizione alquanto scomoda sul divano e proprio come un cattivo dei film lo avrebbe fatto accarezzando un gatto.
Oddio, detta così era un po' inquietante, ma si sarebbe goduta la scena di uno Steven anchilosato e intorpidito.
 
Ma Steven non era sul divano; mentre recuperava le infradito ai piedi della poltrona Selene notò che il cuscino e la coperta non erano stati usati.
Dov'era finito?
 
Provò una stretta allo stomaco e le parole della nonna le tornarono in mente.
Aiutalo
 
-JARVIS? Dov'è Steven?-
 
Il capitano Rogers è uscito.
 
-Quando?-
 
Ieri sera e non è ancora rientrato.
 
-Come ieri sera? Perché non mi hai svegliato?-
 
Il Capitano mi aveva dato precise istruzioni, non dovevo svegliarla. Dopo di che è uscito.
 
-Per andare dove?-
 
Non lo ha detto.
 
Selene corse in camera, aveva un brutto presentimento, davvero brutto.
Indossò rapidamente calzini e scarpe, doveva uscire a cercarlo, forse JARVIS avrebbe potuto triangolare il segnale del suo cellulare e...
 
Signorina Lowell, il Capitano è rientrato. Adesso è in ascensore.
 
-Grazie JARVIS!-
 
Selene sospirò di sollievo, comunque lei e Steven dovevano fare un discorsetto...
Tornò in soggiorno aspettando che le porte dell'ascensore si aprissero, ma ciò non avvenne.
 
-JARVIS? Perché Steven non arriva?-
 
Il Capitano ha voluto che fermassi la cabina al piano della palestra.
 
-La palestra? Perché...-
Poi l'illuminazione!
Accanto alla palestra si trovava l'infermeria!
Steven era ferito!
Svelta chiamò l'ascensore e mentre scendeva da lui pregò tutti i Santi del Paradiso; pregò con fervore, mentre la discesa le sembrava infinita.
 
Finalmente arrivò al piano e correndo si diresse all'infermeria; spalancò la porta e lo chiamò: -Steven!-
 
Il diretto interessato sobbalzò al suono di quella voce e per la sorpresa fece cadere il vassoio con le medicazioni.
 
-S-Selene... non... non...-
 
-Oh... non iniziare adesso- gli disse con voce burbera -Ora ci sono io e quindi sdraiati sul lettino senza fare storie!-
 
Steve con un po' di fatica obbedì, Selene a quel punto gli si avvicinò.
Nel vedere Steven ridotto in quello stato il suo cuore mancò un battito.
Il viso era completamente sporco e pieno di escoriazioni; l'occhio destro era ridotto ad una fessura da quanto era gonfio. Lungo le braccia il sangue, fuoriuscito dai tagli, aveva disegnato delle macabre ragnatele rossicce e le contusioni violacee completavano quel quadro dell'orrore. La maglietta -una volta azzurra- era grigia di sporcizia e qui e là si notavano delle macchie più scure, delle dimensioni di un pugno, sinistro per la precisione.
Ma la cosa peggiore era quel sorriso rosso che decorava il fianco destro di Steven, causato senz'ombra di dubbio dalla lama di un coltello; l'unica cosa positiva era che i margini della ferita non erano frastagliati o slabbrati.
Inspirò a fondo prima di prendere un altro vassoio di pronto soccorso e poi indossò i guanti.
 
-Ora dovrai stare fermo. Purtroppo per te non sono un'infermiera, ma dovrai accontentarti.-
 
-Sei pallida, davvero Selene posso farcela da solo.-
 
-No, adesso sei tu la mia priorità; e in quanto a svenire, sverrò dopo.-
 
Con gesti lenti ma allo stesso tempo decisi, Selene iniziò il suo lavoro; con mano leggera gli disinfettò le escoriazioni che aveva sul viso e sulle braccia, stando ben attenta a non fargli del male.
 
-Spero che tu non le abbia solo prese!-
 
-No...-
 
-Per fortuna! Non sarai mica come quel tipo che dopo una rissa ha detto: “Ad uno degli altri ho rotto una mano; mi ci è voluta l'intera faccia, ma ci sono riuscito!”. Quanti erano?-
 
-Solo uno.-
 
-Un solo uomo? Bucky...?-
 
-Hai indovinato... lui...- Steve a quel punto non riuscì a trattenere una smorfia di dolore, le costole scricchiolavano ad ogni respiro e parlare peggiorava la situazione.
 
-Mi racconterai tutto più tardi, non ti affaticare. Ora però devo vedere la ferita al fianco. Posso tagliare la maglietta?-
 
-Fai pure.-
 
Con un paio di forbici da primo soccorso Selene tagliò rapidamente il tessuto di cotone ma quando ebbe rimosso la stoffa quello che vide non le piacque affatto.
Il sangue che era uscito dal taglio era ormai rappreso e secco; era divenuto tutt'uno con la canottiera. Toglierla era necessario, ma in qualsiasi modo lo avesse fatto, Steven avrebbe sofferto.
 
-Devo levarti anche la canottiera, ma ti farà male Steven. Molto male!-
 
-Resisterò!-
 
Selene prese nuovamente in mano le forbici e rimosse tutto il tessuto che poteva; poi bagnò con della soluzione disinfettante la ferita, così da ammorbidire la zona e poi disse: -Sei pronto?-
 
-Vai!-
 
-Al tre!
TRE!- e con un colpo secco Selene rimosse tutto quello che rimaneva della canottiera.
 
Steve che non se lo aspettava, soffocò un'imprecazione fra i denti; quando ebbe ripreso fiato le domandò: -Ma “uno” e “due” che fine hanno fatto?-
 
-Ho detto che avrei agito al “tre”, ma non ho mai detto che avrei iniziato a contare da uno!-
 
La ferita aveva ripreso a sanguinare, ma non sembrava così profonda da richiedere dei punti di sutura -per fortuna- comunque andava curata lo stesso.
 
-Stai fermo, mi raccomando. Hai ancora delle fibre incastrate nel tessuto leso. Devo rimuoverle o ti verrà un'infezione... temo che tu abbia già una linea o due di febbre e questo non mi piace...-
 
-Non preoccuparti, il Siero sistemerà ogni cosa. È sufficiente che tu pulisca la ferita. E non ho la febbre; è il mio metabolismo ricordi? Brucia quattro volte più velocemente del normale, quindi anche la mia temperatura interna è più alta.-
 
-Oh giusto, il Super Siero! Dimentico sempre che tu sei Captain America...-
 
-Come fai a dimenticartene?-
 
-Allo stesso modo in cui tu dimentichi il fatto che io sia laureata in storia... succede e basta Steven, tutto qua- gli rispose mentre prendeva un paio di pinzette per iniziare il suo lavoro.
 
Era fondamentale che Steven si focalizzasse su altro e non sul dolore, quindi Selene ricominciò a parlare: -Quando ho compiuto sedici anni, mia nonna Patricia avrebbe voluto che debuttassi in società. La famiglia di mamma appartiene all'aristocrazia newyorchese e io avrei dovuto continuare la tradizione e rappresentare la nuova generazione dei Wenders.
Non ti dico il putiferio che ho scatenato quando l'ho scoperto! Mi sono rifiutata categoricamente e sono scappata di casa.-
 
-Davvero?-
 
-Sì! E ho promesso a me stessa che mai e poi mai mi sarei abbassata a tanto. Frequentare lezioni di ballo per cosa? Per essere sbeffeggiata dai miei spocchiosi compagni di scuola? No, grazie.
Avevo vinto una borsa di studio, ma non era un ambiente a me congeniale.
Gli anni del liceo sono stati abbastanza brutti da quel punto di vista; a quel tempo poi mi chiamavano “Sal” per prendermi in giro...-
 
-“Sal”?-
 
-Selene Allegra Lowell... le iniziali del mio nome; lo facevano per via delle mie origini italiane...-
 
-Che idioti!-
 
Selene alzò le spalle con noncuranza e riprese: -Ormai sono passati anni, non ha alcun senso ricordare gli aspetti negativi, meglio ripensare a quelli positivi.-
 
-Del tipo?-
 
-Nonostante le ricchezze dei genitori, loro non sono andati ad Harvard, ma io sì.
Non si sono laureati con lode o lavorano per una prestigiosa università, ma io sì.
E sai qual è la cosa più importante di tutte?
Loro non ti hanno conosciuto, ma io sì!- concluse con un sorriso.
 
-Non so se l'ultimo punto sia proprio una cosa positiva...-
 
-Non appena sarai tornato in salute, sappi che ti arriverà un pizzicotto quando meno te lo aspetti!-
 
-Solo se riuscirai a prendermi!
Selene...-
 
-Dimmi.-
 
-Il tuo secondo nome ha un significato preciso?-
 
-Sì e no... la figlia di Lord Byron si chiamava così e anche quella di Henry Wadsworth Longfellow. Quest'ultimo insieme a Oliver Wendell Holmes, George Washington Greene e a James Russell Lowell fondarono il “Circolo Dante” e si occuparono della traduzione della “Divina Commedia” in lingua inglese.
Quindi è un omaggio a Byron? Ai letterati di Boston? O all'Italia?
I miei genitori non mi hanno mai voluto rispondere... ancora... 
Ecco fatto! Ora non mi resta che fasciare la ferita e sarai come nuovo- a quel punto Selene prese un paio di rotoli di garze ed iniziò a medicare Steve.
 
Quando ebbe terminato gli disse: -Ciao! Io sono Selene, la tua personale operatrice sanitaria. In una scala da uno a dieci come valuti il tuo dolore?-
 
-È una scala crescente?-
 
-Sì, il numero uno equivale a quel leggero indolenzimento che si prova dopo aver fracassato con il proprio scudo la parete di un ascensore, essere caduti da un'altezza considerevole, sfondato un soffitto di vetro per poi atterrare sul duro cemento.-
 
-E il numero dieci?-
 
-Il dolore che si prova dopo essersi tagliati con un foglio di carta, con in più la consapevolezza di essere prossimi alla morte per dissanguamento.-
 
-Capisco... direi un tre...
Sai una cosa? Avresti potuto fare la comica...-
 
-Eh come no! Conosco un sacco di barzellette che non fanno ridere, tipo... “Ehi Napoleone, è vero che hai conquistato tutta l'Europa?” “Tutta tutta no, ma Bonaparte...” 
Oppure potrei fare la titolista al Daily Bugle “Ragazza stufa scappa di casa, i genitori morti per il freddo” o ancora “Lancio di una nuova lavatrice sul mercato. Cinque feriti e migliaia di dollari di danni”.
Vedi? Meglio che continui con il mio lavoro...- concluse Selene riponendo le garze inutilizzate al loro posto.
 
Steve approfittò del fatto che Selene gli stesse dando le spalle, per alzarsi dal lettino, ma era ancora limitato nei movimenti e quindi non riuscì nel suo intento.
 
-Cosa vorresti fare esattamente?- lo apostrofò Selene.
 
-Devo trovare Bucky! Il mio telefono è andato in pezzi, ma ci sarà qualcosa di utile nel laboratorio di Tony... devo...-
 
-Devi riposare!- gli disse Selene appoggiando con fermezza le mani sulle sue spalle nude -Non ti reggi in piedi, guarda! In questo momento pure io potrei metterti KO...-
 
-Ce la posso fare!-
 
Selene sospirò rumorosamente dal naso: -Senti Testone, tu adesso ti infili a letto, sono stata chiara? Non voglio sentire scuse! Devi recuperare le forze e permettere al Siero di funzionare.-
 
-Ma Bucky...-
 
-Bucky è a New York, abbiamo avuto fortuna certo, ma adesso sappiamo che il progetto Insight 2.0 funziona, quindi lo ritroveremo. In più mi dici che aiuto potresti dargli se sarai morto? Appunto!
Adesso appoggiati a me e piano piano torneremo di sopra, ma non ti azzardare a svenire...-
 
Steve mise il braccio sinistro attorno al collo di Selene e un passo alla volta raggiunsero le porte dell'ascensore; mentre salivano Steve le domandò: -Quando sei scappata di casa dove ti eri nascosta? In una biblioteca?-
 
-Sì...- aveva indovinato un'altra volta, ma com'era possibile?
 
Nel frattempo erano arrivati al piano di Steve e dopo pochi istanti erano entrati in camera; il letto era ancora disfatto perciò Selene gli disse: -Me ne ero dimenticata. Vuoi che ti porti da un'altra parte?-
 
-Andrà benissimo, non preoccuparti.-
 
-Sicuro?-
 
-Certo.-
 
-D'accordo, allora adesso sistemati; intanto io vado un momento in bagno a prenderti un bicchiere d'acqua...-
 
Steve rimasto da solo, si svestì e si infilò sotto le coperte con indosso solo i boxer; quando Selene tornò da lui era perfettamente presentabile.
 
Dopo aver appoggiato il bicchiere sul comodino Selene gli chiese: -Posso?- mostrandogli al contempo un piccolo asciugamano di spugna bagnato e strizzato.
Steve annuì brevemente e lei molto delicatamente glielo passò sul viso per liberarlo dalla sporcizia; aveva un'espressione così concentrata da risultare quasi buffa, con la fronte aggrottata e la lingua stretta infantilmente fra i denti, ma tutto questo passava in secondo piano in quanto la dolcezza con cui operava oscurava tutto il resto.
 
-Ecco fatto! Bello come prima!-
 
-Grazie.-
 
-Figurati. Adesso riposati- gli disse prima di dargli un bacio sulla fronte.
 
-E questo cos'era?-
 
-Il bacio della buonanotte, ovviamente.-
 
-Credo di essere cresciuto per questo...-
 
-Non si è mai troppo grandi per il bacio della buonanotte.
Comunque se non lo vuoi, me lo riprendo!-
 
-E come?-
 
-Con un bel manrovescio, mi sembra logico.-
 
-Me lo tengo.-
 
-Ottima scelta!- lo prese in giro Selene, ravvivandogli scherzosamente i capelli -Dormi adesso.-
 
-Mi bastano un paio d'ore, non di più.-
 
-D'accordo, verrò io a svegliarti, tranquillo...- replicò Selene recuperando dai piedi del letto lo scudo di Steven -questo comunque lo prendo io, non vorrei mai che ti venissero strane idee.-
 
Selene era ormai sulla soglia della camera quando la voce di Steven arrivò alle sue orecchie: -Grazie!-
 
-Per cosa?-
 
-Grazie per non aver pronunciato quelle tre parole.-
 
-Quali?-
 
-“Te l'avevo detto”.-
 
-Mai, Steven!-
 
Finalmente Steve appoggiò il capo sul cuscino -che recava ancora traccia del profumo dello shampoo di Selene- e chiuse gli occhi.
 
Selene a quel punto, dopo aver richiuso la porta alle sue spalle, si liberò della sua corazza e le prime lacrime iniziarono a bagnarle le guance, mentre tornava in salotto.
Si liberò delle scarpe scalciandole via e si sedette sulla poltrona con le ginocchia strette al petto.
Aveva paura, tanta paura... paura di perdere Steven per sempre.
Vederlo ridotto in quello stato l'aveva sconvolta fin nel profondo; quante volte aveva rischiato la vita prima del loro incontro? Innumerevoli e di sicuro in futuro le cose non sarebbero cambiate.
Steven sembrava possedere un innato spirito di abnegazione che molto spesso prendeva il sopravvento su tutto, anche a discapito della razionalità.
Altrimenti perché si sarebbe schiantato nell'Artico? E l'anno prima? Era ancora a bordo dell'Helicarrier, quando aveva dato l'ordine di aprire il fuoco (lo sapeva perché glielo aveva raccontato lui stesso, proprio come l'aneddoto dell'ascensore al Triskelion).
Certe cose non cambiano mai...
Adesso l'attenzione di Steven era tutta per Bucky, ma presto un'altra missione o una minaccia per l'umanità sarebbero comparse all'orizzonte e Steven sarebbe stato in prima linea, pronto a combattere e a morire per la sua Patria, fedele fino alla fine alla frase di Orazio “Dulce et decorum est pro patria mori”; È dolce e onorevole morire per la Patria.
 
A quel punto le tornarono in mente le parole di una poesia, letta secoli prima, da un libro di nonna Caterina e... Dannazione!
Era perfetta per Steven!
 
Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
Un giovin camminava innanzi a loro;
Mi feci ardita, e presol per la mano,
Gli chiesi: —Dove vai, bel capitano?—
Guardommi, e mi rispose: —O mia sorella,
Vado a morir per la mia Patria bella!—
Io mi sentii tremare tutto il core,
Nè potei dirgli: —V’aiuti il Signore!—
 
Perché ricordava queste cose? Perché? Ora come ora le facevano più male che bene.
 
Finché pugnar vid’io, per lor pregai;
Ma a un tratto venni men, nè più guardai...
Io non vedeva più fra mezzo a loro
Quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro!...
 
Steven era sempre pronto a morire per un ideale e in questo caso, era pronto a morire per Bucky.
E lei come avrebbe potuto aiutarlo?
 
Selene fissò quello scudo circolare in cerca d'ispirazione, quando all'improvviso ebbe un'idea.
Per metterla in pratica avrebbe infranto la promessa che aveva stretto con Steven, ma come sosteneva Ovidio “Exitus acta probat”, l'esito giustifica le azioni, quindi se Steven alla fine di tutto, si fosse arrabbiato con lei avrebbe significato che era ancora vivo e questa era l'unica cosa davvero importante!
Poteva aiutarlo in una sola maniera, perché lei non era badass come Peggy o Natasha, ma era alquanto smartass , quindi avrebbe sfruttato le sue abilità.
Si asciugò le guance bagnate ripromettendosi che non avrebbe più pianto, sarebbe stata una roccia per Steven e lo avrebbe salvato, anche da se stesso; animata dalla nuova vitalità si accinse a organizzare il suo piano e notò in quel momento, per la prima volta, che a causa della fretta, quella mattina aveva finito per indossare i calzini spaiati; ridendo per la sua disattenzione, si infilò nuovamente le scarpe da ginnastica e disse: -JARVIS?-
 
Mi dica signorina Lowell.
 
-Ho bisogno del tuo aiuto, mettiamoci al lavoro!- e Selene spiegò all'AI il suo progetto.
 
Le due ore di riposo che si era concesso erano trascorse, quindi si alzò dal letto ed iniziò a rimuovere le garze che gli fasciavano il torace. La ferita era quasi completamente guarita, non sanguinava più, presto non sarebbe rimasta altro che -l'ennesima- sottile cicatrice.
 
Selene bussò in quel momento: -Sei sveglio?-
 
-Entra pure.-
 
-Allora come st... Nonono... cosa vedono i miei occhi? Cosa stai facendo? Perché sei già in piedi? E senza medicazione?-
 
-Devo potermi muovere e le bende limitano i miei movimenti.-
 
-Questo l'ho capito! Ma diavolo Steven! Devi riposare!-
 
-Riposerò quando avrò trovato Bucky!-
 
-O quando sarai defunto! Stai cercando di farti ammazzare per caso?-
 
-Selene...-
 
-E non dire Selene con quel tono! Non trattarmi come una bambina!- Selene mentre parlava gli si era avvicinata e lo fronteggiava con gli occhi smeraldini scintillanti a causa della rabbia che provava in quel momento.
 
-Non sono nata ieri...-continuò puntandogli l'indice contro -il Siero ti aiuta a guarire più velocemente ma non ti sarà di alcun aiuto se sarai morto!-
 
-Sono un soldato, so quello che faccio! Quindi lasciami andare!-
 
A quel punto Selene si lasciò sfuggire un singhiozzo: -Non posso Steven, non posso...- mormorò a testa bassa, lasciando che i capelli sciolti le nascondessero il viso.
 
Steve le sollevò il mento con due dita e la guardò diritta negli occhi, colmi di lacrime non versate:
-Nemmeno io...-
 
Detto questo si protese verso Selene e molto delicatamente posò le sue labbra su quelle di lei.
Quanto aveva fantasticato farlo?
Istintivamente la strinse di più a sé quasi temesse di vederla svanire, mentre quel bacio, il loro bacio diveniva più intenso.
Selene gli sfiorò il labbro inferiore con i denti, prima di morsicarglielo leggermente, quasi a volerlo punire per la sua testardaggine.
 
Indietreggiarono alla cieca fino a quel letto che Steve aveva abbandonato da pochi minuti e si lasciarono cadere fra le lenzuola disfatte.
Steve si staccò da Selene il tempo sufficiente per toglierle la maglietta e poi si chinò su di lei con maggior desiderio di prima.
Mentre le loro bocche si riunivano in una danza senza fine, Steve sentiva le dita fresche di Selene lambire delicatamente le vecchie cicatrici, ricordi di ferite appartenenti ad una vita passata e quella più recente, sul fianco destro; una fitta lo percorse da capo a piedi e si irrigidì leggermente.
 
-Scusa...- poco più di un sussurro colpevole uscì dalle labbra di lei.
 
-Non è niente...-
 
Dio, quanto era bella!
 
Le sfiorò il mento con la punta del naso e quando Selene gettò la testa all'indietro, mostrando quella deliziosa fossetta alla base del collo fin troppo invitante per essere ignorata, provò una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
 
Socchiuse gli occhi, inebriandosi del suo profumo, mentre le lasciava una scia di baci infuocati fino all'incavo dei seni ancora coperti, ma non si fermò lì, anzi continuò a scendere fino ad arrivare al bordo degli shorts; dolcemente, quasi temesse di romperla, glieli sfilò.
A quel punto Selene, con una mossa improvvisa, ribaltò le loro posizioni e Steve si ritrovò con la schiena sul materasso.
 
-Non vorrai tenere tutto il divertimento per te, vero Steven?- gli domandò con tono ironico puntellando le mani sul quel torace scultoreo.
Steve rise e l'attirò nuovamente a sé, non si sarebbe mai stancato di assaggiare quelle morbide labbra, ancora e ancora.
 
Il suo cuore martellava quasi fosse impazzito, lo sentiva riecheggiare per tutta la stanza.
 
Tum Tum.
 
Un ultimo bacio.
 
Tum Tum.
 
Selene non c'era più.
 
Tum Tum.
 
Steve si svegliò di soprassalto, con il cuore a mille, mentre Selene da dietro la porta ancora chiusa bussava leggermente.
 
-Steven? Sei sveglio?-
 
Steve si portò una mano alla fronte imperlata di sudore e realizzò di aver sognato ogni cosa, infatti era disteso supino sul letto e con ancora le medicazioni al loro posto.
 
-Steven? Tutto OK?- la preoccupazione nella voce di Selene era aumentata.
 
-S-Sì, dammi un momento...
Entra pure!-
 
-Ho infornato gli ultimi muffin al cioccolato e non avendo più niente da fare, sono venuta a controllare il paziente-non-proprio-così-paziente... come ti senti?- gli domandò, sedendosi sul bordo del letto e guardandolo con attenzione.
 
-Molto meglio! Il riposo mi ha permesso di recuperare appieno le forze.-
 
-Sicuro di stare bene? Sei tutto rosso. Sembra quasi che tu stia per prendere fuoco dall'interno. Davvero non hai la febbre?- lo interrogò prima di sfiorargli la fronte con la punta delle dita, ma percependo la pelle fresca sospirò di sollievo -Il Siero funziona veramente, meno male!- gli disse con un sorriso.
 
-Dottoressa Lowell posso alzarmi adesso?-
 
-Certamente, ma niente movimenti bruschi- gli rispose prima di lasciarlo da solo.
 
-Dieci minuti e arrivo, il tempo di una doccia veloce.-
 
-Non bagnare la ferita, mi raccomando!- gli disse dal corridoio.
 
-D'accordo dottoressa!- le urlò di rimando e la sentì ridere.
 
Quando un quarto d'ora dopo si affacciò in cucina la scena che vide lo fece sorridere.
Il tavolo era pieno di cose da mangiare, sia dolci che salate e Selene stava riempiendo la lavastoviglie muovendo la testa al ritmo della canzone che JARVIS stava riproducendo.
 
Si appoggiò a braccia conserte alla cornice della porta e la osservò in silenzio; doveva dirle quello che provava per lei, quanto fosse importante per lui, quanto l'amasse ma... non sapeva come imbastire il discorso...
 
-Ma non dicevi di non saper ballare?-
 
-Steven! Mi hai fatto prendere un colpo! Da quanto tempo sei lì?-
 
-Da un po'...-
 
-Dai siediti, prima che si raffreddi tutto... e comunque io non ballo, ciondolo solamente.-
 
Steve si accomodò al suo posto e Selene gli mise davanti un piatto colmo di uova strapazzate e bacon croccante.
 
-Sveglia sveglietta, uova e pancetta!- trillò -Jason ne va matto!- continuò riempiendogli la tazza di caffè bollente.
 
-Hai preparato tutto questo in un paio d'ore? Sono impressionato.-
 
-Esagerato! Non avevo niente da fare... a proposito di ballare, tu cosa mi racconti?- gli domandò sedendosi di fronte a lui.
 
-Nemmeno io so farlo, perché?-
 
-Perché sono un'impicciona! Vedi...-
 
Selene si interruppe e appoggiò le posate sul piatto e gridò: -I MUFFIN!-
 
Si alzò rapidamente e corse al forno, ma ormai era troppo tardi... erano completamente bruciati!
 
-Non ho controllato il tempo... anzi non l'ho proprio selezionato...-
 
-Come mai?- le domandò Steve che si era alzato e l'aveva raggiunta.
 
-Quando li ho infornati erano trascorse le due ore di riposo, quindi sono venuta a svegliarti e me ne sono dimenticata...-
 
-Non fa niente...
Selene... C'è una cosa che devo dirti...-
 
-Dimmi pure...-
 
Avanti Rogers! Parla!
 
-Volevo dirti che... che... sei completamente ricoperta di farina.-
 
Idiota!Idiota!Idiota!Idiota!
 
-È vero! Grazie Steven! Scappo a cambiarmi. Torno subito- e Selene sparì alla sua vista.
 
Ancora non sai come parlare alle donne, eh Steve?
Peggy aveva ragione, già...
 
Selene nel frattempo si era tolta la maglietta sporca e l'aveva sostituita con una delle sue preferite; di un bel verde brillante -che metteva in risalto il colore dei suoi occhi- e con stampata sopra l'immagine di Belle in procinto di entrare nel TARDIS.
 
Una volta tornata in cucina disse: -Tutta questa storia mi sta facendo usare tutti i vestiti che mi ero portata... ed io che pensavo di averne portati troppi...
Comunque Steven, cosa volevi dirmi in realtà?-
 
Per un attimo Steve rischiò di lasciar cadere la tazza di caffè: -Come?-
 
-Andiamo! Non volevi di certo dirmi che ero sporca di farina... cosa volevi raccontarmi?
Di quello che ti è successo ieri sera?
Sei riuscito a trovare Bucky, no? E poi cos'è successo?-
 
Ti amo! Ecco cosa vorrei dirti, vorrei stringerti a me e baciarti... ma non posso, non ancora...
 
-Ecco, sì... allora quando sono uscito...-
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Allora, allora, allora... lo avevate capito che era solo un sogno, sì?
Avevo seminato qui e là degli indizi in tal senso, quindi... cosa sono quelle torce e quei forconi? Ferme! Ferme!
Comunque è tutta colpa di questa gif!
L'ho trovata per caso (che fortuna, comunque! Anche se ho solo quella, purtroppo!) e niente... il risultato l'avete letto. È il mio primo tentativo in tal senso, quindi se dovessi aver scritto un obbrobrio, ditemelo.
Con gentilezza, ovviamente!
 
Quando Selene pulisce il viso di Steve, lui è più o meno così. Caruccio lui!
 
Steve appoggiato alla porta:
-Quando guarda Selene e non sa cosa dire...
qui e qui.
-Quando invece le parla ha questa espressione.
-Pensieri random di Steven per Selene... ❤️❤️❤️
 
Riguardo a Steve ferito e dolorante, ho preso spunto dalla migliore...
Sì, sto parlando di te, cara Sister...
Dividiamoci le colpe... ^_^
Comunque eccolo qui.
Sono stata troppo cattiva?
 
La maglietta di Selene è questa qui.
A tal proposito ho deciso di declinare al maschile l'articolo per la macchina del tempo del Dottore, per la migliore musicalità della frase.
 
Comunque quale sarà il suo piano?
Le strofe della poesia ricordata da Selene sono tratte dalla “La spigolatrice di Sapri” che potete trovare qui.
 
Grazie a tutti i lettori silenti e non.
Grazie _Alessia_C95 e Lady Windermere per le vostre recensioni, non vi ho ancora risposto, lo so, ma voglio che sappiate che le ho lette più e più volte e per rispondervi voglio essere perfettamente concentrata, ma in questo periodo tutte le mie energie sono concentrate nella stesura dei nuovi capitoli; ma arriverò!
 
Ella, cara Ella, cosa posso dirti, se non grazie?
Mi sarò vendicata? Chissà...
 
Se tutto va bene il prossimo capitolo vedrà la luce il 3 maggio!
Il giorno prima di Civil War!
A presto!
Ragdoll_Cat

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


 
Non aspettare il momento opportuno: crealo.
(George Bernard Shaw)
 

 
 
*
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Ecco, sì... allora quando sono uscito...-
 
-Aspetta, ti fermo subito, prima di iniziare il resoconto, vorrei sapere una cosa...-
 
-Cosa?-
 
-Perché stamattina mi sono svegliata nel tuo letto? Non avevamo forse deciso che io avrei dormito sul divano?-
 
-Certo! Ma stavi dormendo sulla poltrona, non sul divano, quindi in quanto padrone di casa ho agito in piena autorità, dopotutto sono un Capitano, no?-
 
-Forse per gli altri, ma non per me, Testone!- replicò Selene facendogli la linguaccia -Comunque Steven, quando non ti ho visto nell'appartamento ho avuto paura, non sapevo dove fossi finito, quindi nuova regola, chi esce deve informare l'altro, tassativamente.-
 
-Anche se l'altro sta dormendo?-
 
-In quel caso allora, come cantavano gli Wham, wake me up before you go-go, che dici?-
 
-D'accordo.-
 
-Perfetto! Avanti continua, ieri sera sei uscito perché JARVIS aveva individuato Bucky?-
 
-No, ero già per strada quando JARVIS mi ha contattato...-
 
*****
 
Steve aveva appena iniziato a muoversi verso Manhattan quando il cellulare iniziò a suonare.
JARVIS gli aveva appena inviato le coordinate di Bucky.
Il suo migliore amico era a New York! Ancora incredulo, Steve scorse il messaggio e riconobbe la via; del resto come avrebbe non potuto ricordarla? Era il loro vecchio indirizzo, quello del loro caseggiato a Brooklyn, forse...
Forse... Bucky stava ricordando qualcosa...
 
Oppure era una trappola. Lo scudo era alla Tower, a chilometri di distanza, cosa fare?
 
I suoi piedi avevano già preso una decisione e così si incamminò verso il suo passato, verso quella Brooklyn che lo aveva visto crescere e maturare.
Non impiegò molto tempo ad arrivare a destinazione, notando nel frattempo com'era cambiato il suo quartiere, tenendo al contempo gli occhi aperti e i muscoli pronti a scattare al momento opportuno. Era notte fonda ormai e in giro non c’era quasi nessuno, per cui quando sentì un rumore leggero e costante, provenire da uno degli angoli di quello che era stato il cortile del palazzo, si diresse in quella direzione.
 
Il buio fitto, rotto solamente dai fasci di luce dei fanali delle sporadiche automobili di passaggio, non era d’aiuto, tuttavia a Steve bastò quel timido bagliore per scorgere quel ben noto luccichio del braccio bionico del suo migliore amico, perché sì, Bucky era lì!
Era inginocchiato a terra e sembrava che stesse cercando freneticamente qualcosa.
Steve gli si avvicinò guardingo, poteva davvero essere così semplice? Nessuna trappola, nessuna imboscata, solamente Bucky?
Man mano che avanzava poteva udire una sorta di litania uscire dalle labbra di James.
Ripeteva incessantemente “Devo trovarle”, mentre continuava a raspare con le dita sul cemento, alla ricerca di qualcosa che esisteva solamente nella sua testa.
 
-Buck?- un sussurro, carico di speranza e tensione.
 
Bucky si voltò verso di lui: -Steve?-
 
-Sì! Sono io!-
 
-Steve!- il tono gioioso di Bucky era lo stesso di quando lo aveva salvato dalla fabbrica dell’HYDRA ormai settant’anni prima.
 
-Sì, dai Bucky, vieni…-
 
-Non posso, non ancora…-
 
-Perché no?-
 
-Devo trovarle prima…-
 
-Trovare cosa?-
 
-Le tue biglie… sono qui, ne sono sicuro…- e dette queste parole riprese il suo lavoro.
 
Le mie biglie?
 
-Bucky... vieni...- provò ancora Steve appoggiandogli la mano sulla spalla destra, tuttavia quel semplice contatto fece scattare qualcosa nella mente di Bucky.
 
Steve notò la lama del coltello troppo tardi; stringendo i denti per il dolore -i suoi recettori erano fin troppo efficienti in quelle situazioni- scartò di lato, riuscendo così ad allontanarsi leggermente.
 
-Bucky...-
 
Ma quello non era Bucky; non c'era umanità in quegli occhi spiritati, ma solo una fredda determinazione, quella del Soldato d'Inverno.
 
James si avvicinò minaccioso e Steve dovette entrare in modalità Cap per riuscire a sopravvivere.
Riuscì a parare gli altri colpi che si susseguivano in modo rapido; la lama che fendette l'aria accanto al suo orecchio sinistro, era pericolosamente vicina, al prossimo affondo, il Soldato non avrebbe mancato il bersaglio.
Steve, nonostante la ferita che continuava a sanguinare copiosamente -la felpa era da buttare ormai- riuscì con un calcio girato a colpire il polso di Bucky che così lasciò cadere il coltello.
Ma il braccio bionico era esso stesso un'arma che il Soldato usò immediatamente per ristabilire la sua supremazia; un pugno all'altezza dello sterno mozzò il respiro di Steve per alcuni drammatici secondi. In debito d'aria tentò di ripiegare verso l'angolo più buio del cortile, ma Bucky fu più veloce di lui ed iniziò a picchiarlo al fianco leso con una sequenza incessante di colpi.
Doveva assolutamente reagire prima di soccombere; incassò l'ennesimo pugno, ma questa volta passò al contrattacco, adesso era il suo turno.
Senza pensare a niente, fra un misto di puro istinto e addestramento, iniziò un rapido scambio di mosse volte a scardinare le difese dell'avversario; con la pianta del piede colpì il ginocchio di Bucky, che privato della gamba d'appoggio si trovò per la prima volta in difficoltà. Steve ne approfittò immediatamente, con una rapida mossa mirò alla trachea e con un colpo preciso dato con il taglio della mano, riuscì a fermare James ricambiando così il “favore” di poco prima.
 
-Bucky...-
 
-TU SEI LA MIA MISSIONE!-
 
-NO! 
Io sono tuo amico! Sono Steve!-
 
-Steve...- Bucky scosse il capo, confuso. All'interno della sua mente c'era solo il caos; non sapeva più cosa fosse reale e cosa no.
Quali erano i suoi veri ricordi?
Non lo sapeva, non aveva più alcuna certezza, tranne una...
Avrebbe seguito il piccoletto di Brooklyn che era tanto scemo, sempre a caccia di risse, ovunque, anche se ora non era più così piccoletto...
Era cambiato Steve, ma allo stesso tempo no; era sempre pronto ad aiutare o in questo caso, perdonare. 
Ma non era degno del suo perdono, non più.
Il suo era un cammino solitario.
Bucky era morto nel 1945, cadendo da quel treno; l'HYDRA lo aveva rovinato e gli stava ancora alle costole e Steve sarebbe finito nel mirino di qualche cecchino.
 
Non lo avrebbe mai permesso!
 
Finse di arrendersi e quando Steve gli si avvicinò lo colpì con un gancio sinistro al volto, tramortendolo.
 
*****
 
-...ho ripreso coscienza qualche ora più tardi.
Bucky deve avermi messo K.O. per proteggermi; infatti mi ha lasciato in un vicolo lontano da Brooklyn e per evitare che lo rintracciassi nuovamente, ha distrutto il telefono.
Il resto lo sai...- terminò Steve.
 
-Qual è la prossima mossa?-
 
-Non dovresti proibirmi di tentare ancora?- le domandò Steve inarcando un sopracciglio.
 
-“Se dovessi scegliere tra il tradire il mio paese e tradire il mio amico, spero di avere il fegato di tradire il mio paese” ha scritto Edward Morgan Forster e credo proprio che questa frase sia perfetta per sintetizzare il tuo percorso...-
 
-Nessuna citazione o massima latina questa volta?-
 
-“Ad primos ictus non corruit ardua quercus”, la forte quercia non cade ai primi colpi; contento adesso, “Iustum et tenacem propositi virum”?- replicò Selene.
 
-Sì, ma l'ultima parte cosa vuol dire?-
 
-Non te lo dirò... non subito almeno...- eh sì, quella era la sua vendetta; Steven l'aveva sfidata e lei non era stata da meno -Comunque, cosa facciamo adesso?-
 
-A quanto pare l'algoritmo funziona, quindi... direi di continuare per questa strada.-
 
-Hai ragione! Probabilmente JARVIS è riuscito a trovarlo proprio perché Bucky sta ricordando qualcosa, vedi la questione delle biglie, quindi inavvertitamente lascia delle tracce qui e là.-
 
-Mi hai fatto venire in mente un'idea Selene...-
 
-Davvero? E quale?-
 
-JARVIS?-
 
Sì, capitano Rogers?
 
-Riusciresti a incrociare i risultati del progetto Insight con le foto postate sui social network?-
 
Certamente Capitano.
 
-È come hai detto tu, chiunque lascia una traccia digitale nel ventunesimo secolo, quindi magari riusciremo a scorgere il profilo di Bucky sullo sfondo di foto scattate in giro per la città.-
 
-... così avremo un riscontro in tempo reale e geograficamente preciso. Hai avuto un'ottima idea Steven!-
 
-Nessuna battuta riguardo a Captain Analogico all'orizzonte? Davvero?-
 
-Cielo, no! Perché mai dovrei prenderti in giro?
Sei rimasto ibernato per settant'anni, ma in poco tempo hai recuperato lo svantaggio; è una cosa da ammirare questa, non da sbeffeggiare!-
 
-In realtà l'idea di base era tua...-
 
-D'accordo, la nostra è un'ottima idea! Questo si chiama compromesso.-
 
Nonostante l'entusiasmo però per tutto il giorno non ebbero nessuna notizia; verso sera tuttavia JARVIS li avvertì che Bucky era stato avvistato a Brooklyn.
 
-Dove esattamente?- chiese Steve.
 
Quando JARVIS gli diede l'indirizzo Steve trasecolò; il passato continuava a tornare a galla.
 
Selene, che aveva notato il suo smarrimento, gli domandò: -Cosa c'è? Conosci il luogo?-
 
-Sì... negli anni quaranta lì c'era un negozio di antiquariato...-
 
Esiste ancora Capitano.
 
-Ma non era solo quello... è stato lì che sono stato sottoposto al trattamento del Super Soldato.-
 
-Ma Bucky come fa a sapere dell'esistenza del laboratorio?-
 
-È questo il punto, io non glielo ho mai detto... Quindi lui è andato lì perché quello è un rifugio segreto dell'HYDRA, non c'è altra spiegazione. -
 
-A costo di sembrare l'ammiraglio Ackbar, devo dirtelo: “È una trappola!”-
 
-“Lo so.” Ma devo tentare...- replicò lui afferrando il giubbotto blu dall'attaccapanni.
 
-Certamente!
Ohana significa famiglia e famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato”.
Posso dire una cosa assurda? Vorrei venire con te...-
 
-Selene, ne abbiamo già parlato...-
 
-Infatti te l'avevo detto che era un pensiero assurdo, quindi...
Steven tu sei il Primo Vendicatore, giusto?
Hai iniziato il tuo percorso per vendicare Bucky, continua allora!
Salva il tuo amico, tuo fratello, la tua famiglia, il tuo Bucky e poi torna da me!
Con Bucky naturalmente, sono impaziente di conoscerlo.-
 
Come fai? Come fai a ispirarmi ogni volta, dandomi così nuovi motivi per amarti?
 
I pensieri di Steve, però furono interrotti da una domanda di Selene: -Scusa The Lone Avenger non ti cambi?-
 
-Prego?-
 
-Una consuetudine comune nel tempi passati, quasi una regola non scritta, era che prima di uno scontro i marinai indossassero l'uniforme pulita, così da evitare possibili infezioni nel caso in cui venissero feriti; ora so che tu non corri questo rischio, ma io credo che non debba essere Steven a lottare contro il Soldato d'Inverno ma Captain America, infatti solo così tu Steve potrai riabbracciare Bucky.
Tra l'altro sarei molto più tranquilla se tu usassi una divisa, così da essere protetto da tagli, pugni e cose così.-
 
-Il punto è che io non ho un'uniforme.-
 
Questo non è del tutto esatto, Capitano.
 
-In che senso JARVIS?-
 
Se vuole scendere al laboratorio del signor Stark troverà la risposta alla sua domanda. E porti anche lo scudo.
 
-D'accordo; Selene vieni?-
 
La signorina Lowell non avrebbe l'autorizzazione per accedere al laboratorio del signor Stark... tuttavia se promette di non toccare niente...
 
-Terrò le mani in tasca e non toccherò nulla!-
 
Accomodatevi allora.
 
Nello stesso momento in cui le porte dell'ascensore si aprirono, i neon sul soffitto vennero accesi, rivelando un laboratorio spazioso e vissuto.
Uno strano robot che JARVIS presentò come “Ferrovecchio” parve quasi salutarli; i due visitatori erano piuttosto intimiditi da tutta quella tecnologia e stavano ben attenti a dove posavano i piedi.
 
La sua nuova uniforme è nella teca lì in fondo. Per aprirla è sufficiente che appoggi il palmo della sua mano destra sul lettore biometrico.
 
Steve, dopo aver passato lo scudo a Selene, fece come gli era stato ordinato e quando vide per la prima volta la sua nuova divisa, trattenette il fiato per lo stupore.
 
L'Avenger suit era fantastica!
Qualche mese prima aveva sentito Tony e quando l'amico gli aveva chiesto qualche dritta per la realizzazione, Steve gli aveva dato alcune linee guida, esattamente come aveva fatto con Howard settant'anni prima e per la seconda volta nella storia uno Stark aveva eseguito ottimo lavoro.
 
-Non ne avevo idea... allora era a questo che stava lavorando...- mormorò commosso dalla premura di Tony; perché anche se adesso non era presente lo stava comunque aiutando.
 
-È... È perfetta Steven!- gli disse Selene avvicinandosi -Davvero perfetta!- ripeté sfiorando delicatamente la stella d'argento che si trovava al centro della divisa rossa, bianca e blu, poi si voltò verso Steven con gli occhi scintillanti e continuò: -Coraggio Steven!
Sbatti in faccia all'HYDRA Captain America!
Dimostragli che non vinceranno mai!-
 
Capitano, oltre alla divisa c'è anche un gadget per migliorare il suo scudo. Prenda i guanti e la scatolina che si trova sul fondo alla teca.
 
Steve obbedì e quando ebbe aperto la scatola JARVIS riprese a parlare:
Quelli che ha in mano sono dei magneti, che le permetteranno una volta posizionati sulla superficie interna dello scudo di richiamarlo a sé.
Steve indossò uno dei guanti e notò che effettivamente le calamite si muovevano verso il guanto appunto; perciò con attenzione le collocò lungo la parte concava del suo scudo.
Fatto questo lui e Selene salirono nuovamente al suo piano e si diresse in camera per cambiarsi.
 
Dopo circa dieci minuti, Steve ritornò in sala con indosso la nuova uniforme. 
Tony aveva fatto proprio un ottimo lavoro; era leggera, resistente, non lo infagottava e gli lasciava libertà di movimento. Lo stile pulito e funzionale richiamava la divisa stealth che gli aveva fornito lo S.H.I.E.L.D., ma questa era diversa, la sentiva sua, forse per quei classici colori brillanti che lo rappresentavano e che per ovvi motivi aveva dovuto fare a meno durante le missioni sotto copertura. Sulle braccia poi all’altezza del bicipiti, appena sotto le spalle una semplice “A” bianca racchiusa in un cerchio rosso, gli ricordava costantemente che lui era un membro degli Avengers.
Gli stivali marroni erano robusti e resistenti e il collo del piede era protetto da una sorta di ghetta, quasi un richiamo al passato e alla divisa della SSR, quando si era arruolato nell'esercito.
I mezzi guanti anch'essi di color marrone erano imbottiti e rinforzati con il magnete.
 
Selene era senza parole -cosa davvero insolita per lei- tuttavia riuscì a dire: -Manca qualcosa Steven, senza offesa ma non sei ancora Captain America, sei ancora tu!-
 
A questo punto fu JARVIS a parlare: “Non ha indossato il casco, Capitano.
 
-Ecco cosa manca Steven! Il caschetto!-
 
-Devo solo regolare le cinghie... fatto!-
 
Prima di partire Capitano, vorrebbe testare i magneti, perché eventualmente posso fare delle modifiche e calibrarli meglio.
 
-Ottima idea JARVIS!- Steve a quel punto appoggiò il casco sul tavolo e domandò a Selene -Ti dispiacerebbe...?- tendendole al contempo lo scudo.
 
-No, no...- replicò lei alzandosi dal divano per poi allontanarsi da Steve -Basta così?- chiese una volta arrivata in fondo alla sala.
 
-Credo di sì! Allora JARVIS, come funzionano?-
 
Deve piegare leggermente l'avambraccio in modo tale da posizionare parallelamente i magneti del gomito e della mano; i magneti si attiveranno da soli e lo scudo tornerà a lei.
 
-Facile!
Pronta Selene?-
 
-Prontissima!-
 
-Appena lo scudo inizia a muoversi lascialo andare, mi raccomando!-
 
Entrambi però avevano dimenticato una cosa... l'inventiva di Tony; infatti come Steve ebbe attivato il nuovo gadget, la spinta fu così rapida, così improvvisa e soprattutto così forte che Selene non riuscì a lasciare andare quel cerchio di vibranio in tempo ed in battito di ciglia si ritrovò fra le braccia di Steven.
Il contraccolpo però, le fece perdere la presa dal bordo dello scudo e si sarebbe di sicuro fatta male, cadendo a terra, ma Steve agì d'istinto e la afferrò al volo. Selene, che aveva chiuso gli occhi al momento dell'impatto, li riaprì solo quando avvertì la mano destra di Steven al centro della schiena, forte e sicura.
 
-Tutto bene?- le domandò con voce preoccupata.
 
-Sì, tutto bene, grazie.-
 
-Sei sicura? Sembri un po' scossa- le disse continuando a stringerla fra le braccia, in quanto aveva lasciato cadere a terra il suo scudo, senza alcuna esitazione, per poterla abbracciare meglio -Hai fatto un bel volo- continuò, replicando per certi versi il loro primo incontro.
 
-Certe cose non cambiano mai, vero Steven?- gli domandò Selene, mentre cercava -invano- di ignorare quei piacevoli brividi che provava lungo la spina dorsale, dove le dita di Steven passavano leggere.
 
In quel momento il tempo parve rallentare e Steve sentì la sua voce lontana che diceva: -Alcune invece sì!- mentre continuava a fissare Selene negli occhi.
Stringerla a sé era l'unica cosa che avesse importanza, perché Selene era riuscita a scardinare ogni sua difesa, lei aveva permesso al ragazzo di Brooklyn di tornare a vivere alla luce del Sole.
Finalmente era riuscito a trovare il suo posto nel mondo e questa volta non era un sogno, ma era la realtà.
Quella nuova consapevolezza fu come un fuoco che divampò all’improvviso nel petto di Steven; bruciò ogni cosa, ogni barriera, ogni limite.
 
Sorridendo, chinò il capo verso Selene e la baciò dolcemente.
 
Selene sbarrò gli occhi per la sorpresa, mai si sarebbe aspettata un gesto del genere; poi però si lasciò trasportare dal momento.
Abbassò le palpebre assaporando il dolce gusto della bocca di Steven.
 
Quando lui si staccò da lei però, fu costretta a riaprire gli occhi e lesse in quelli di Steven -ora scuri come l'acqua dell'Oceano più profondo- lo stesso desiderio che provava lei stessa.
Le mani, che fino ad allora aveva tenuto appoggiate ai lati della stella d'argento che decorava l'uniforme di Steven, si mossero da sole e le sue dita si allacciarono dietro alla nuca di Steve così da poterlo attirare nuovamente a sé.
 
Le loro bocche si unirono ancora una volta, con una passione maggiore.
Le dita di Selene giocavano con i morbidi capelli biondi di lui, mentre il suo cervello tentava inutilmente di ragionare; ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare era Steven.
Steve dal canto suo non aveva mai baciato nessuno come in quel momento; il passato era stato spazzato via, ora c'era solo il presente ed il presente -e il futuro- era Selene, per questo la strinse più forte mentre le loro labbra continuavano a fondersi in quel bacio che sembrava infinito.
 
In quel momento Bucky, l'HYDRA, JARVIS, lo S.H.I.E.L.D., non esistevano, nulla importava, erano stati dimenticati; in quel mentre c'era spazio solamente per loro due, un uomo ed una donna innamorati.
Quando finalmente si staccarono erano entrambi senza fiato e con le guance rosse.
Fu Steve il primo a parlare, coprendo con la sua voce la canzone dei Cutting Crew, (I Just) Died In Your Arms, che JARVIS stava riproducendo in sottofondo: -Com’era quella frase? “Ibis…”-
 
-“Ibis, redibis, non morieris in bello”. Andrai, ritornerai e non morirai in guerra.-
 
-Ecco sì, quella…- Steve appoggiò la fronte su quella di Selene e sfiorandole la guancia con il pollice le disse: -Tornerò, te lo prometto. Io mantengo sempre le promesse, ricordatelo.-
 
-Sarà meglio, perché non ho di certo intenzione di rinunciare a te così facilmente!-
 
Steve la lasciò andare per poi prendere il casco e infilarselo, nascondendo così il disastro che Selene aveva compiuto nei confronti dei suoi capelli.
Selene raccolse lo scudo da terra e gli disse: -Tieni, e non ti azzardare a tornare SU questo!-
 
-Non lo farò!- le rispose Steve sorridendole e agganciando lo scudo alle cinghie della tuta.
 
Steve le diede un bacio a fior di labbra prima di voltarsi verso le porte dell'ascensore e dirle un'ultima volta: -Tornerò!-
 
-Ti aspetterò!-
 
In quel momento le porte si richiusero e quindi nessuno dei due poté udire la parte finale delle frasi che si stavano scambiando.
 
-...amore mio!-
 
-...amore mio!-
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Ciao!
 
La trappola è scattata! Ora non potete più tornare indietro, voi povere anime innocenti…
 
Tutto quello che ho scritto, tutto quello che ho fatto era parte di questo piano: rovinarvi la visione di Captain America: Civil War.
 
Avete letto correttamente, infatti per tutto il film continuerete a domandarvi: ma dov’è Selene? 😈😈😈😈
 
Se io dovrò mettere una pietra sopra (letteralmente) ai miei adorati Steggy, non ci sarà pace per voi Staron, Romanogers, Stucky o Stony… la mia coinquilina mi ha già insultata a sufficienza, non temete.
 
Come sempre vi invito a farmi sapere le vostre opinioni.
 
Note tecniche:
 
-Il combattimento fra Steve e Bucky è un mix fra la scena dell’ascensore e la lotta fra Steve e il Soldato d’Inverno sulla sopraelevata, che dite? Si capisce qualcosa oppure no?
 
-The Lone Avenger… è un richiamo a The Lone Ranger, proprio come il film con Armie Hammer e Johnny Deep. Era un programma radiofonico del 1933, quindi ho pensato che Steve potesse conoscerlo. Prima che me lo chiediate, NO, non ho alcuna intenzione di scrivere un AU in stile western sulla falsariga di Marvel 1872, con Steve nel ruolo del Lone Ranger, Bucky nell’indiano (sempre a torso nudo) comanche Tonto e Peggy come vecchia fiamma di Steve, che però ha sposato Howard da cui ha avuto il piccolo Tony e con Natasha come la ex ballerina, Red Harrington. Non credo di essere abbastanza creativa, quindi non chiedetemelo.
 
-Non tornare su questo… il motto degli spartani lo ricordate? “Torna con lo scudo o sopra di esso”, Steve ha lo scudo, Selene ha una laurea in storia, perciò…
 
-La nuova divisa di Steven è quella di AoU, mi piace moltissimo! Ho fatto davvero fatica a descriverla e poi cos’ho scoperto? Che Chris preferisce quella stealth di TWS!😨😱😨😱😨😱
Accidenti, mai che me ne vada una giusta. La vostra preferita qual è?
 
 
 
Ora però è il vostro turno: dovete scegliere la canzone per Steven e Selene:
 
-Bolero, la musica del carillon.
 
-Vienna Blood Walz , la canzone che ascoltano durante il viaggio.
 
-Palladio, la canzone che ascoltano alla Torre.
 
Servirà a qualcosa, fidatevi!
 
Da ultime:
 
 
IL BACIO!!!!!!! 💖💖💖💖🎉🎊🎉🎊🎉🎊🎉🎊 💖💖💖💖🎉🎊🎉🎊🎉🎊🎉🎊
 
Sì, l’ho trovato, perché io sono come la Baskin-Robbins, nulla mi sfugge!!!!😜😜😜😜
 
Comunque era ora che Steven prendesse l'iniziativa, no?
In TFA è stato afferrato per la cravatta da quella odiosa bionda 😠😠😠 prima di essere baciato.
Peggy lo ferma e lo attira a sé grazie alle cinghie dell'uniforme.
In TWS Natasha gli mette una mano dietro la nuca, ricordate?
Insomma in tutti e tre i baci, alla fine è stato sempre lui ad essere baciato, finora almeno! 😜
 
Adesso è il momento dei ringraziamenti:
 
Lady Windermere e _Alessia_C95 grazie per la vostra tempestività! 😘 😘
 
LadyReagar, non preoccuparti per il ritardo, i capitoli non scappano mica!😘 😘
 
DalamarF16, hai recuperato hai visto? Matt ha detto di salutarti comunque. 😜 😜
 
Grazie a rossella986 e lostinmind_ per aver scelto la mia storia per la loro lista delle preferite e Sary_Potter_394 per quella delle seguite.
 
Benvenuta Ravinpanica, la tua recensione mi ha fatto davvero molto piacere, spero che la storia continui ad appassionarti.
 
Ultima, ma non per questo meno importante, Ella Rogers che con i suoi suggerimenti, i suoi messaggi subliminali mi sprona a dare sempre il meglio. Grazie mille Sister!!! 💖
 
Basta! Adesso vi lascio!
 
Ci risentiamo a giugno, sono esausta!
 
Baci! ❤️
 
Ragdoll_Cat
 
P.S. Buona visone! Che il quattro maggio sia con voi...
Forse rende meglio in inglese... “May, the fourth be with you...” 😜
 
P.P.S. C’è qualcuno che segue AoS? Ho bisogno di parlarne con qualcuno! Grazie! 😘
 
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Non ci è permesso scegliere la cornice del nostro destino.
Ma ciò che vi mettiamo dentro è sicuramente nostro.

(Dag Hammarskjöld)
 

 
 
*
 
 
 
 
 
 
La luce aranciata proiettata dai lampioni illuminava con regolarità ampie fette di asfalto.
 
New York era la città conosciuta come la “Città che non dorme mai”, sempre in movimento, eppure in quel momento Steve non sembrava notare le automobili che gli sfrecciavano accanto in quanto la sua attenzione era focalizzata su altro.
 
In sella a una Brutale 1090RR superò con facilità un autobus che si era fermato per far scendere i passeggeri e nel farlo sorrise. Per la prima volta dopo tanto tempo il futuro non sembrava una perenne incognita da vivere in solitaria. 
Non riusciva a non pensare a Selene e al bacio -no, ai baci- che si erano scambiati.
Quando Selene gli aveva teso la mano, in quel parco di Washington, non gli aveva offerto solo il suo aiuto, ma aveva riacceso in lui anche la speranza.
L'aveva conosciuta da poco, ma adesso non riusciva ad immaginare la propria vita senza di lei.
 
Senza di lei...
 
Verteva tutto intorno a questo.
L'egoismo aveva affondato gli artigli nel suo cuore; non voleva rinunciare a lei e questo era quanto.
 
Però... 
Lei sarebbe stata in pericolo al suo fianco.
Da un punto di vista pratico sarebbe stato molto più semplice stare con una donna come Natasha, una donna più spregiudicata e in grado di difendersi; qualcuna più simile a lui, perché dopotutto, non era proprio così facile trovare qualcuno con le analoghe esperienze di vita -soprattutto le sue- ma Selene capiva e comprendeva. Poteva raccontarle tutto e le sue parole avrebbero trovato un orecchio pronto ad ascoltarle e una mente elastica pronta a elaborarle.
Ma non era quello il motivo per cui si era innamorato di lei.
No, le ragioni erano diverse, legate le une alle altre in modo inestricabile.
Lei era così vera, sì perché qualsiasi emozione Selene provasse si rifletteva immancabilmente sul suo volto, non aveva mai imparato a fingere, a mascherare i suoi pensieri o sentimenti, lei possedeva una vitalità e un'energia dirompente e in qualche modo era riuscita a trasmettergliela.
Adorava il modo in cui lei arricciava leggermente il naso quando rideva; e adorava il suo sorriso, spontaneo e genuino.
Lo faceva ridere, più di quanto non avesse fatto in una vita intera, con le sue battute e con i suoi aneddoti, l'avrebbe ascoltata per giorni interi, mai sazio del suono della sua voce.
Non voleva rinunciare a quel “Steven” pronunciato 
con dolcezza e amore.
 
Quindi rimaneva una sola opzione: proteggerla a costo della vita. 
E la prospettiva non sembrava così terribile.
 
Si ripromise altresì che avrebbe sempre lottato per tornare da lei, quindi adesso doveva concentrarsi e focalizzare tutta la sua attenzione sulla missione.
 
Era arrivato.
 
*****
 
Selene, mentre gironzolava per l'appartamento, canticchiava fra sé e sé, felice.
Non riusciva a smettere di sorridere come una scema e il riflesso della cappa aspirante le confermò quello che già sapeva.
 
Steven l'aveva baciata!
 
Belinda Carlisle aveva proprio ragione, Heaven is a place on Earth!
Perciò che i sorrisi abbondassero pure!
Il pensiero tornava inevitabilmente a quei magici attimi in cui le labbra di Steven si erano posate sulle sue; perché sì, era successo davvero!
 
Credeva di essere un pochino arrugginita, perché era dalla rottura con Richard, avvenuta ormai tre anni prima, che non baciava qualcuno, perché in quel lasso di tempo si era dedicata anima e corpo al lavoro, in quanto temeva di soffrire ancora.
Richard l'aveva lasciata dopo il suo rifiuto di trasferirsi a New York insieme a lui -cavolo! si frequentavano da appena un mese-, perché questo avrebbe significato abbandonare il suo lavoro e la nonna; in cuor suo Selene sapeva che se Richard fosse stato davvero l'uomo giusto per lei in qualche modo ce l'avrebbero fatta, ma quando lei si era mostrata irremovibile, lui le aveva dato il benservito, dicendole che lei era troppo fissata con la storia e tutto il resto, che non avrebbe trovato nessuno a cui sarebbe servito sapere ogni singolo fatto dell'umanità e che avrebbe ascoltato le sue eterne teorie.
 
Così lui era partito e non si erano più rivisti; per uno strano gioco del destino, tutto questo era avvenuto una settimana prima della battaglia di New York. Sapeva che lui si era salvato, ma non l'aveva di certo chiamato.
Comunque Richard era il passato e nonostante lei fosse una storica, quello era un passato a cui non voleva ripensare, perché adesso avrebbe vissuto appieno ogni istante del presente; con Steven, ovviamente!
Lui, a differenza di Richard, l'ascoltava con attenzione e interesse.
Mai avrebbe pensato di innamorarsi in una maniera così travolgente e profonda.
Steven non la dava per scontata e di sicuro non l'avrebbe costretta a rinunciare al suo lavoro per rimanere a casa a stirargli le camicie (questo era il futuro con Richard pronosticato da Vicky), no il suo Steven -aveva già iniziato a pensare a lui come suo e il pensiero la fece sorridere ancora- l'avrebbe semplicemente voluta al sicuro.
Perché lei si era innamorata di Steven, ma questo significava anche accettare il pericoloso mondo in cui operava Captain America.
Cosa che aveva già fatto.
Prima di tutto perché lo amava appunto, e secondo perché non gli avrebbe mai chiesto di scegliere fra lei e l'altra metà del suo essere. 
Lottare per la libertà e per la giustizia era davvero molto importante per lui. E lei era orgogliosa di ciò, perché Steven con i suoi sforzi, permetteva ad altre persone di tornare a casa dai loro cari.
 
Avrebbe vissuto costantemente con una punta d'angoscia ovviamente, ma non era una prospettiva così terribile.
Avrebbe pregato ogni Santo del Paradiso (in particolare San Giorgio e San Martino) affinché lui tornasse sano e salvo da lei, perché lui sarebbe tornato, glielo aveva promesso!
 
Sospirando, si avvicinò alle vetrate e rivolse una muta preghiera verso il Cielo, mentre lo osservava diventare color inchiostro.
 
*****
 
Steve riuscì a forzare il lucchetto della porta sul retro ed entrò senza dare nell'occhio.
Si guardò intorno con circospezione ma stranamente non c'erano telecamere o altri sistemi di sorveglianza o di difesa.
L'ambiente non aveva subito profondi cambiamenti nel corso degli anni e quindi si diresse sicuro verso la finta libreria.
Digrignando leggermente i denti per lo sforzo riuscì ad avere la meglio sul sistema idraulico della porta e l'aprì.
 
L'asettico corridoio bianco era rimasto lo stesso, con quelle luci abbaglianti e quel leggero odore di etere.
Spinse le doppie porte e per un attimo ritornò ad essere quel giovane uomo rachitico e asmatico di Brooklyn.
Un sottile velo di polvere copriva ogni cosa, evidentemente era da parecchio che nessuno vi entrava; il “sarcofago” era ancora lì, pronto ad accogliere un altro volontario al trattamento.
 
Dov'era Bucky?
 
Continuando a guardarsi intorno Steve notò un tablet appoggiato alle strumentazioni impolverate.
Tutto ciò era molto sospetto, non voleva di certo ripetere l'errore di Camp Leigh, quindi afferrò il dispositivo e risalì di corsa la scaletta metallica.
Riuscì a richiudere le porte blindate appena in tempo in quanto la bomba che si era innescata al suo ingresso, sarebbe esplosa di lì a pochi secondi.
 
Una volta di nuovo al sicuro nel vicolo, fece partire la registrazione contenuta nel tablet e una voce di donna con un accento straniero molto ricercato iniziò a parlare.
 
Se è ancora vivo, i miei complimenti!
Un suo vecchio amico era desideroso di restituirle il favore capitano Rogers.
Ora lei ha una cosa che mi appartiene e io la rivoglio.
Il progetto Insight.
 
Man mano che l'ascoltava Steve si innervosiva sempre di più contraendo la mascella con maggiore forza ed era prossimo a spaccare il tablet a metà.
 
Non sono una sciocca, quindi ho preso le mie precauzioni, sa una cosa capitano Rogers?
Non è stata una grande mossa lasciare la Torre e la Regina incustoditi...
Lo schermo si spense e l'intero apparecchio iniziò a sfrigolare, evidentemente conteneva un sistema di autodistruzione incorporato.
 
Steve lo lasciò cadere a terra e aggrottò la fronte perplesso.
Cosa?
 
La Torre e la Regina?
 
La consapevolezza fu per lui una pugnalata al cuore.
 
Selene!
 
Selene era alla Torre, da sola!
L'aveva lasciata da sola!
 
Svelto risalì sulla motocicletta, diede gas e partì, sperando -e pregando- di riuscire ad arrivare in tempo.
 
*****
 
Selene nel frattempo stava riordinando la cucina; era un'attività come un'altra per non preoccuparsi per Steven.
Con in mano la pesante bistecchiera diede uno sguardo al suo riflesso sulla lucida cappa aspirante; successe tutto in un attimo...
Un uomo vestito completamente di nero stava per aggredirla ma istintivamente Selene lo colpì con la padella in pieno viso, quasi fosse un rovescio a tennis.
Non stette ad ascoltare il crack del naso dello sconosciuto, ma urlò rivolta a JARVIS: -INVIA! JARVIS, INVIA!- prima di venire raggiunta all'addome da dei proiettili sparati dal compagno dell'uomo in nero.
 
E cadde come corpo morto cade.
 
*****
 
Luogo sconosciuto, U.S.A.
 
-Signore! Abbiamo ricevuto una richiesta d'aiuto, da parte di una civile.-
 
-Com'è possibile?-
 
-Tecnologia Stark ovviamente.-
 
-Fammi vedere...
... abbiamo le coordinate?-
 
-Sì, signore.-
 
-Prepara il quinjet allora, pronti a partire fra dieci minuti.-
 
-Signore... potrebbe essere una trappola.-
 
-Non lo è.-
 
-Se posso permettermi, come fa ad esserne sicuro?-
 
-Perché conosco la persona che ha mandato il messaggio.-
 
*****
 
Era arrivato troppo tardi. Non c'era nessuno.
 
-SELENE!-
 
Nessuna risposta.
 
Notò alcune gocce di sangue sul pavimento della cucina e rabbrividì.
 
Prima di partire da Washington si era ripromesso di non permettere a nessuno di farle del male e a quanto pare aveva fallito.
 
Come avevano fatto a trovarla?
Lasciò cadere lo scudo a terra, mentre tentava di riordinare le idee.
Dannazione!
Si era fatto fregare come un principiante.
L'HYDRA gli aveva teso una trappola -Bucky era il suo tallone d'Achille- e lui c'era caduto con tutte le scarpe.
 
-JARVIS!-
 
L'AI non diede alcun segno di vita.
 
-JARVIS!- non poteva farcela da solo, aveva bisogno di una mano -JARVIS!-
 
Riavvio programma JARVIS... attendere...
 
Tempo qualche minuto e la voce robotica di JARVIS risuonò nell'appartamento.
I miei protocolli erano stati violati. Sono dovuto entrare in modalità standby per evitare danni peggiori.
Bentornato capitano Rogers.
 
-Cos'è successo?-
 
Siamo stati attaccati da soldati dell'HYDRA. Hanno trovato un modo per eludere i firewall della Torre, non ho notato il loro arrivo. 
Sono desolato Capitano.
 
-E Selene?-
 
La signorina Lowell è stata rapita e hanno lasciato un messaggio per lei.
 
Da un proiettore incassato nel muro partì dunque la registrazione.
 
Rogers!
A quanto pare non sei furbo quanto credi!
 
Steve rimase basito all'udire quella voce.
Una voce che conosceva benissimo ma che non avrebbe mai creduto di sentire ancora.
Si era fidato delle parole pronunciate in varie situazioni da quella voce, sia che fossero durante le sessioni di addestramento che durante le missioni sul campo.
 
Quella era la voce di Brock Rumlow.
 
A quanto pare era in qualche modo sopravvissuto al crollo del Triskelion.
 
Ti affezioni ancora alle persone e questa sarà la tua condanna.
Rivogliamo il progetto Insight.
Sede della New York Bell Company.
Hai un'ora.
Vieni solo o lei morirà.
 
Non c'è altro capitano Rogers. Come pensa di muoversi?
 
Steve inspirò a fondo con gli occhi chiusi per qualche istante.
Quando li riaprì le sue iridi azzurre erano irriconoscibili; erano fredde e taglienti.
L'HYDRA si era spinta troppo in là, prima con Bucky e adesso con la sua Selene, avrebbero pagato ogni affronto.
La linea dura della mascella contratta tradiva la sua determinazione.
Non era più quel burattino che si esibiva in patetici spettacoli per vendere dei titoli, quando degli applausi per una messinscena gli bastavano.
 
L'HYDRA aveva sfidato Captain America per l'ultima volta.
 
Volevano la pen-drive che in quel momento era in uno scomparto della sua cintura? Avrebbero visto le fiamme dell'Inferno prima di mettere le mani sull'algoritmo.
 
Riprese lo scudo e scese fino al garage.
 
Resisti Selene, sto arrivando!
 
*****
 
Un fischio le perforò i timpani.
Scosse la testa nel tentativo di scacciarlo e piano piano quel rumore fastidioso si attenuò fino a scomparire. Solo allora aprì lentamente gli occhi; quando questi si furono abituati alla luce, poté notare una aquila gialla dipinta sulla parete di fronte a lei.
 
-La nostra ospite si è svegliata!- la salutò una voce di donna alle sue spalle.
 
Selene istintivamente provò ad alzarsi dalla sedia, ma inutilmente in quanto le avevano ammanettato le mani dietro lo schienale.
 
-Stia calma, non si agiti signorina Lowell.-
 
Selene era terrorizzata, ma doveva sforzarsi di rimanere calma, Steven l'avrebbe sicuramente trovata, ne era sicura.
 
La sconosciuta a quel punto entrò nel suo campo visivo, rivelando una donna di circa quarant'anni, molto raffinata nel vestire, gonna a tubo e camicetta di seta; il caschetto biondo incorniciava il viso tondo e gli occhi azzurri, perfettamente truccati, la scrutavano con sufficienza.
 
-Lei conosce il mio nome, ma io non ho il piacere di conoscere il suo; la buona educazione insegna a presentarsi.-
 
-Che maleducata! Sono Madeleine Zola, lieta di conoscerla.-
 
-Vorrei poter dire lo stesso, ma sa non sono molto a mio agio ammanettata ad una sedia.
Perché non mi libera, non sono una minaccia, dopotutto.-
 
Da dove usciva tutta questa sicurezza? Poco importava, non doveva dimostrarsi debole, anche se la paura era davvero tanta, ma non avrebbe chinato il capo di fronte al male.
 
-Davvero spiritosa... ma ha rotto il naso ad un mio sottoposto, quindi per ora rimarrà lì dove si trova.-
 
-Che cosa volete da me?-
 
-Niente. Il capitano Rogers è in possesso dell'algoritmo scritto da mio nonno...-
 
Nonno. Allora è la nipote di Zola...” pensò Selene.
 
-Ed io lo rivoglio.-
 
-Per conquistare il mondo?-
 
-Non solo... abbiamo altri progetti...- fece un cenno con la mano e subito si udirono dei passi in avvicinamento.
 
Un uomo con un'uniforme nera su cui erano disegnate delle ossa bianche comparve reggendo uno strano bastone dorato; la sua faccia sembrava sul punto di sciogliersi, ma l'attenzione di Selene però era catturata dalla figura al suo fianco.
I capelli castani scompigliati nascondevano parte del suo viso, ma lei lo aveva riconosciuto ancor prima di notare il braccio metallico luccicare sotto le luci.
 
-Bucky!- esclamò, agitandosi sulla sedia -Bastardi! Cosa gli avete fatto?-
 
Gli occhi di James erano vacui e completamente ricoperti da una strana patina azzurra; era apatico, una bambola di pezza senza alcuna emozione.
 
-L'abbiamo trovato che girovagava per la città e grazie a questo- le rispose Madeleine indicando lo scettro -ci siamo assicurati la sua obbedienza.-
 
-Sa cos'è signorina Lowell?-
 
-Un bastone da passeggio molto costoso?- chiese Selene con tono ironico; potevano anche averla catturata, ma lei era una Lowell.
 
L'uomo vestito di nero emise un suono basso e roco, quasi stesse perdendo la pazienza.
 
-Calma Rumlow, la nostra ospite vuole solo scherzare...
Questo “bastone da passeggio” è lo scettro di Loki; ha sentito parlare di lui, immagino.-
 
Selene annuì brevemente, il discorso stava prendendo una piega che non le piaceva affatto.
 
-Il gioiello posto in cima ad esso è ben più di quello che sembra. 
L'energia magica che emana permette di controllare la mente altrui, trasformando gli uomini in soldati senza volontà pronti ad obbedire ciecamente agli ordini.
Ora immagini cosa potrebbero fare gli Avengers se fossero controllati dall'HYDRA...-
 
Madeleine si era infervorata parecchio e continuava a parlare, mentre nei suoi occhi brillava una luce alquanto sinistra.
 
-Ma non ci fermeremo qui!
Lo sapeva signorina Lowell che nel 965 gli Asgardiani avevano combattuto una battaglia contro i giganti di ghiaccio proprio qui sulla Terra?
A quel tempo i popoli del Nord li avevano scambiati per divinità e i visitatori usarono questo a loro vantaggio.
Nascosero qui un altro manufatto magico, certi che un pianeta arretrato come il nostro non potesse usarlo, ma nel 1942 Johann Schmidt si era recato a Tønsberg in Norvegia, seguendo una misera traccia trovata per caso all'interno dell'Edda e sappiamo benissimo com'è andata a finire.-
 
-Teschio Rosso è morto, se non sbaglio ed io non sbaglio mai!-
 
-L'HYDRA però ha continuato ad esistere, grazie a mio nonno e altri seguaci, ora finalmente potremo realizzare il nostro obiettivo: il dominio assoluto.
Perché grazie all'algoritmo Insight troveremo gli Avengers e con la potenza dello scettro annichiliremo le loro coscienze, trasformandoli in obbedienti pedine e poi con Tesseract conquisteremo gli altri mondi!
Nessuno potrà fermarci!
Hail HYDRA!-
 
Selene a quel punto era esterrefatta, quella donna era pazza!
Come pensava di riuscirci?
 
-Bel piano, ma il Tesseract?-
 
-Abbiamo già pensato a tutto, non si preoccupi. Nell'Edda c'era scritto come riportarlo sulla Terra.
Infatti siamo già al lavoro- proseguì Madeleine indicando un cilindro di vetro con due maniglie dorate, dentro il quale una luce azzurra brillava con sempre maggiore intensità -questione di minuti e lo vedrà con i suoi occhi.
Ora dobbiamo prepararci perché Captain America sta per arrivare e lui sarà il primo Vendicatore a cadere...-
 
-Credete che arriverà per salvarmi? Illusi! Non verrà mai!
Avete fatto male i vostri conti, io non sono così importante per lui...-
 
-Bel tentativo, ma sappiamo che non è così- Rumlow si avvicinò a Selene, prendendole il mento fra le dita costringendola così a fissarlo in faccia.
Da vicino era ancora più raccapricciante. La pelle si era sciolta come cera di una candela, ed ora il suo viso era una maschera grottesca, un poco fedele ritratto di quello che era stato in passato.
-Abbiamo posizionato delle cimici nell'appartamento di Rogers a Washington.
Sappiamo ogni cosa, vi abbiamo seguiti dalla vostra uscita romantica.
Vi siete innamorati e non tentare di negare, sei una pessima bugiarda- le soffiò a pochi millimetri dal viso.
 
-Azzardati a fare del male a Steven e io...-
 
-Tu cosa?- Rumlow l'afferrò per i capelli offrendo così una visione ravvicinata del suo viso rovinato dal fuoco -Me la farai pagare? E se fossi io a fargliela pagare?
Potrei rovinare questo tuo bel faccino intanto e poi passare a quello di Rogers, che ne dici?-
 
Selene vide la punta dello scettro avvicinarsi rapidamente al suo viso, quando udì la voce di Madeleine: -Fermo Brock! Ho un'idea migliore!
Dopo la seconda guerra mondiale gli americani avevano dato via all'operazione... come si chiamava?
Staples? Rubber band?-
 
-Operazione Paperclip ignorante!- niente da fare, non riusciva a tenere la bocca chiusa! Infatti Rumlow le diede un altro strattone ai capelli.
 
-Ecco quella, anche noi ci siamo attivati in tal senso e con l'aiuto del dottor Fennhoff, compagno di cella del nonno, siamo riusciti a creare questa macchina.
Dottor List, quando vuole.
Mi creda signorina Lowell, molto presto lei ubbidirà con piacere.-
 
Il potere dello scettro era ancora instabile, Madeleine lo sapeva bene, con il Soldato d'Inverno avevano dovuto agire in fretta, ma per la ragazza il 
“metodo Faustus” era l'ideale; non era stata addestrata a resistere alle torture, perciò sarebbe capitolata molto presto.
Selene avrebbe creduto di essere stata da sempre un'agente dell'HYDRA incaricata di circuire il capitano Rogers.
Avrebbe mantenuto inalterati i ricordi e li avrebbe usati per distruggere Steve Rogers dall'interno.
A quel punto, plagiare la mente e la volontà del Capitano, sarebbe stata una passeggiata.
 
Madeleine diede ordine a Bucky di condurre Selene alla macchina per dare inizio al trattamento.
Selene provò inutilmente a liberarsi ma la presa di Bucky era salda.
 
-Bucky... ti prego, combatti- lo supplicò.
 
Ma le sue parole caddero nel vuoto; in men che non si dica si ritrovò con i polsi bloccati in due fasce di metallo così come la testa.
Un uomo con indosso un camice da medico -List, probabilmente- le controllò i parametri vitali e diede il suo benestare per il trattamento.
Uno schermo le venne posto di fronte e Madeleine le disse: -Non lottare e sarà indolore.-
 
Selene sostenne lo sguardo con così tanta fierezza che perfino Rumlow ne rimase colpito: -
Frangar non flectar.
Mi spezzerò, ma non mi piegherò!-
 
-Sono queste le tue ultime parole?-
 
-La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d'angolo.-
 
-Cosa vorrebbe significare?-
 
-Che Captain America vi farà il culo a strisce...
Anzi a stelle e strisce- concluse Selene con un sorriso beffardo sul volto.
 
-Stiamo per toglierti ogni libertà.
Non hai paura?-
 
-Tu sarai anche la nipote di Zola, ma io sono la nipote di Peggy Carter!-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo mio:
 
Salve a tutti!
 
Lo so, lo so...
Sono in super ritardo...
Questo capitolo è stato molto difficile da scrivere ed è per questo motivo che ho pubblicato così in ritardo.
 
Sono successe parecchie cose, lo ammetto e ho complicato la storia in modo notevole; cosa dite, ho fatto bene oppure ho combinato un pasticcio?
 
Giusto per non farmi mancare nulla ho inserito pure le Gemme dell'Infinito! Evviva! *Magari voi le odiate!*
*L'evviva era sarcastico, comunque!*
 
Madeleine Zola l'ho inventata io, mentre Rumlow l'ho preso da TWS.
Il dottor List, da AoU e AoS, insieme alla macchina per il condizionamento mentale.
Il dottor Fennhoff, invece l'ho preso dalla prima stagione di Agent Carter, insieme alla sede della R.S.S., perché l'HYDRA dopo Camp Leigh ha voluto inquinare anche la memoria della Riserva Scientifica Strategica.
 
Se questi collegamenti non vi fossero chiari, basta chiedere, io sono qua!
 
Sono curiosa di sapere le vostre previsioni, cosa succederà adesso?
Steven arriverà in tempo?
 
La moto di Steve.
Grazie mille DalamarF16, per la consulenza!
 
Quando Steven è arrabbiato, immaginatelo così. È davvero furente!
 
Quando contrae la mascella, perché hanno rapito la sua Selene, è così e così, giusto per ribadire il concetto.
 
La canzone a cui pensa Selene è questa:
 
Fex89, grazie per aver scelto di seguire la storia e grazie a mignolina94 e grace18 per averla preferita.
 
Sono mesi che ve lo ripeto e prima o poi risponderò alle recensioni! Croce sul cuore!
Sappiate che le leggo tutte con immenso piacere, più e più volte, grazie di cuore!
 
Perciò, grazie LadyRealgar, DalamarF16, Lady Windermere, _Alessia_C95, Ravinpanica e Sandra Prensky.
 
Un super mega GRAZIE ovviamente va a Ella Rogers, perché non mi abbandona mai! 
Nonostante il mio infinito rimuginare!
Ti voglio bene!
 
Nella speranza di non pubblicare il prossimo capitolo a fine luglio, vi saluto!
 
Un bacio!
Ragdoll_Cat
 
P.S. Avete visto “Captain America Civil War”?
Nel mio delirio di onnipotenza, ho inserito Selene pure lì... sono senza speranza...
Ma voi vorreste leggere il mio esperimento? Del tipo: “Selene nel MCU”?
 
P.P.S. Spidey in CW ha citato “Star Wars”... l'avevo fatto anch'io nel capitolo di maggio...
Oddio!!!!! 😨😱😨😱😨😱😨😱

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


 Prendi posizione. La neutralità favorisce sempre l'oppressore, non la vittima. Il silenzio incoraggia sempre il torturatore, mai il torturato.
(Elie Wiesel)
 

 
 
*
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Lo vedremo... Proceda dottor List.-
 
Lo schermo si illuminò, e un caleidoscopio colorato riempì il monitor.
 
-Quanto tempo ci vorrà dottore?-
 
-Circa mezz’ora.-
 
Selene non poteva chiudere gli occhi in quanto le avevano fermato le palpebre con del nastro medico, obbligandola così a fissare lo schermo.
 
Era terrorizzata, ma nessuna supplica sarebbe mai uscita dalle sue labbra, né una lacrima avrebbe bagnato le sue guance.
 
Sii coraggiosa” le aveva detto la nonna e lei avrebbe lottato fino all’ultimo pensiero.
 
Pensiero che inevitabilmente scivolò verso Steven… lui sarebbe arrivato, ne era certa, ma come l’avrebbe trovata?
 
Sarebbe stata ancora lei o no? L’idea di farlo soffrire la sconvolgeva nel profondo, mentre il procedimento continuava.
 
Una stilettata le trapassò il cervello. Faceva male, molto male e il suo grido di dolore risuonò per tutta la stanza.
 
 
 
Poi all’improvviso, il buio.
 
 
 
Le luci d’emergenza si attivarono immediatamente, illuminando le vie di fuga, ma le apparecchiature elettroniche erano completamente fuori uso.
 
-Cos’è successo?- la voce di Madeleine trasudava rabbia.
 
-Siamo senza energia, qualcosa deve aver danneggiato il sistema.-
 
-Non qualcosa, ma qualcuno.
A quanto pare il nostro ospite è impaziente di partecipare alla festa, molto bene…- la mente di Madeleine aveva già elaborato un nuovo piano -Brock, vuoi pensarci tu?-
 
-Con piacere- replicò lui, indossando la maschera integrale.
 
-Usa pure il Soldato d’Inverno, te l’avevo promesso dopotutto.-
 
Rumlow annuì brevemente, mentre una ragnatela di rughe andò a formarsi agli angoli degli occhi, segno inequivocabile che un ghigno malefico aveva raggiunto le labbra.
 
-Andiamo!- con un cenno Madeleine riunì tutti i presenti che uscirono dalla stanza.
 
Il suono dei tacchi della Zola sul pavimento si attenuò fino a sparire e ben presto Selene non udì altro che il battito accelerato del proprio cuore.
 
L’avevano lasciata sola per un motivo, ma non riusciva a capirne il perché.
 
Un rumore metallico proveniente dall’alto catturò la sua attenzione, però era ancora bloccata e prigioniera della macchina, impossibilitata a muoversi.
 
La grata del condotto d'aerazione cadde davanti a lei, facendo un gran fracasso, seguita immediatamente dal suono attutito di un atterraggio perfettamente ammortizzato. Selene alla vista di quella alta figura sorrise, perché l’avrebbe riconosciuta fra mille e con condizioni di luce ancora peggiori.
 
-Steven!- esclamò, felice.
 
-Tranquilla! Adesso ti libero!-
 
Steven provò a forzare le fasce di metallo che bloccavano i polsi di Selene, ma erano troppo strette e quindi non riusciva ad infilarci le dita per tentare di romperle.
 
-Non ci riesco!- dichiarò, frustrato.
 
-Usa lo scudo!-
 
-Se sbaglio e colpisco troppo forte o con l’angolazione sbagliata, ti taglierei di netto le mani!-
 
-OK! Niente scudo, serve la chiave!-
 
-Forse no...- le disse, colpito da un’idea improvvisa.
 
Steven a quel punto tolse una delle forcine che Selene portava fra i capelli e grazie a quella riuscì a forzare le chiusure.
 
-Non ci credo!
Ma quando hai imparato?-
 
-Sono di Brooklyn, ricordi?
Con le graffette sarebbe più facile.-
 
-Devi assolutamente insegnarmelo!-
 
-Dopo! Prima usciamo di qui!- replicò lui aprendo anche la fascia che le bloccava la testa.
 
Selene scivolò fra le sue braccia e lui la strinse forte: -Stai bene?-
 
-Adesso sì- mormorò lei, nascondendo il viso nell’incavo del collo di lui.
 
-Sei ferita?-
 
-No.-
 
-Ora dovremo correre, rimani dietro di me e seguimi, ti porterò fuori di qui- le disse staccando lo scudo dalla schiena e portandolo di fronte a sé.
 
-Sai dove ci troviamo?-
 
-Nella sede della S.S.R. di New York. Non sei l’unica che conosce la storia; ho studiato ogni dossier e ogni file esistente, sia della S.S.R. che dello S.H.I.E.L.D., dal 1945 in avanti.-
 
-Non sei uno che esce molto la sera, eh?-
 
-Troppo occupato!-
 
-A salvare il mondo suppongo…-
 
-Ma fai sempre così quando vieni liberata?-
 
-Non saprei… È la prima volta che mi capita!-
 
Steven annuì brevemente e si portò un dito alle labbra, mentre continuava a procedere con i sensi all’erta, teso e pronto a scattare al minimo segno di un possibile attacco.
 
Raggiunto un bivio, si fermarono; Steven sbirciò rapidamente oltre il muro e una sventagliata di proiettili lo mancò di poco.
 
-Steven!
Stanno cercando di ucciderci!- disse Selene con tono nervoso.
 
-Lo so, Selene! LO SO!-
 
-Beh... è una nuova esperienza per me...-
 
Steven strinse con più forza le cinghie dello scudo e colpì uno dei mercenari di Madeleine prima di risponderle: -A me invece capita sempre!-
 
Rapido come solo lui sapeva essere, lanciò lo scudo lungo il corridoio mettendo fuori gioco alcuni soldati. Selene, al sicuro dietro la parete, udì svariati colpi di arma da fuoco rimbalzare contro la superficie di vibranio.
 
Quando tornò da lei, Steven le disse: -Per questo ti volevo al sicuro alla Torre!-
 
-Che ci vuoi fare? Non riesco a stare lontana da te.
Comunque hai un piano, vero?-
 
-Più o meno... generalmente sono più per uno sfondamento alla cieca...-
 
-Cosa? Sfondamento alla cieca?
Ma non eri tu lo “Star Spangled Man With A Plan” oppure era tutta propaganda?-
 
-Andiamo!- replicò lui afferrandole una mano -Stai dietro di me.-
 
Iniziarono a correre lungo il corridoio, quando l’attenzione di Selene fu catturata dal bagliore azzurro che usciva da una stanza, la cui porta era stata -sospettosamente- lasciata aperta.
 
-Aspetta! Dobbiamo distruggere quel cilindro!- disse a Steven, fermandosi bruscamente.
 
-Non c'è tempo! Devo portarti fuori di qui!-
 
Lei scosse la testa, irremovibile; le parole di Madeleine le erano rimaste in mente, l’HYDRA voleva annichilire le menti degli Avengers, e il primo a cadere sarebbe stato Steven, il suo Steven: -Stanno per avere il Tesseract, Steven!-
 
-Cosa?- Steve credette di aver capito male, il Tesseract? Non era al sicuro su Asgard? E soprattutto come faceva Selene a sapere della sua esistenza?
 
-Vogliono usare il progetto Insight, il Tesseract e lo scettro di Loki per obbligare voi Avengers a servire l’HYDRA- spiegò succintamente -Se impediamo che il Tesseract si materializzi sulla Terra guadagneremo tempo…-
 
Steven sospirò, Selene aveva ragione, dovevano fermare l’HYDRA e scombinare i loro piani era un buon modo per farlo.
 
-D'accordo! Ma resta nascosta!-
 
-Ma…-
 
-Niente “ma” Selene! Non posso e non voglio perderti!- le disse, fissandola negli occhi.
 
-Nemmeno io! Fai attenzione!- replicò lei, sostenendo il suo sguardo.
 
Steven entrò nella stanza e si avvicinò al cilindro di vetro, mentre una strana sensazione gli percorreva la schiena.
 
Il Tesseract stava per completare il suo trasferimento, i contorni opalescenti si facevano via via più marcati.
 
Quante persone erano morte a causa di quell’oggetto maledetto? Quanto sangue era stato versato? E lo scettro? Dopo la battaglia di New York, Natasha lo aveva consegnato agli scienziati dello S.H.I.E.L.D. ma a quanto pare era finito anch’esso nelle mani sbagliate.
 
Scosse la testa, non aveva tempo per pensare a queste cose, perciò lanciò lo scudo con una perfetta angolazione, ma non lo vide arrivare fino all'obiettivo, perché un qualcosa di metallico lo colpì alla schiena, bucandogli l'uniforme e graffiandogli a sangue la pelle. Inutili furono i suoi tentativi di liberarsi, mentre veniva trascinato lungo il freddo pavimento, fino ad arrivare ai piedi del Soldato d'Inverno.
Disteso sulla schiena, Steve si ritrovò dinanzi il suo migliore amico, che stava ora torreggiando su di lui con occhi spenti ed annebbiati.
Il cuore di Steve mancò un battito.
 
Prima, però, che riuscisse a dire o a fare qualsiasi cosa, il Capitano fu sollevato per le spalle da una seconda presenza.
 
Il nuovo arrivato era indubbiamente molto forte, grazie a delle protesi meccaniche poste sulle braccia.
La divisa nera in kevlar che indossava era equipaggiata di rinforzi sia sui gomiti che sulle ginocchia, per poter infierire e causare il maggior numero di danni.
La corazza che proteggeva il torace era stata decorata con due pennellate di vernice bianca, dando così l'impressione che vi fossero disegnate due ossa incrociate, come le bandiere delle navi pirata.
 
-Non immagini che piacere sia per me rivedere la tua faccia, Rogers. Aspettavo questo momento da parecchio- disse l'uomo, il cui volto era coperto da una macabra maschera che ricordava il disegno di un teschio.
 
-Rumlow?- Steve impallidì.
 
La voce era distorta, forse per via della maschera, sembrava quasi che il suo interlocutore avesse delle puntine da disegno in gola, eppure quella non poteva che essere la voce di Brock Rumlow.
 
Come risposta, l'uomo lo sbatté violentemente contro una parete, continuando a tenerlo con forza per le spalle, così da impedirgli di muoversi.
 
Nell'impatto, il rampino gli lacerò maggiormente la pelle e Steve si trattenne a stento dal gridare.
 
-Felice di sapere che ancora ti ricordi di me, Capitano. Non vedo l'ora di farti male.-
 
-Non ti è bastata la lezione che ti ho dato nell'ascensore?- chiese il Capitano con palese sfrontatezza e, senza attendere una risposta, usò la parete contro cui era costretto come appoggio per spingersi in avanti. I muscoli della schiena subirono una brusca contrazione e proiettarono con forza il corpo verso Rumlow che, preso alla sprovvista, allentò la morsa sulle spalle di Steve per tirarsi indietro.
Ciò concesse al Capitano la possibilità di piazzare una ginocchiata nello stomaco del traditore, dalla cui maschera provenne il suono di un lamento mal trattenuto.
Spiazzato l'avversario, Steven ne approfittò per scivolare lontano dalla parete e guadagnare spazio così da garantirsi maggiore libertà di movimento. Con uno strattone sfilò via quell'affare metallico dalla sua schiena e lo gettò a terra.
 
Sapeva che stava per addentrarsi in una lotta difficile e le possibilità di uscirne vincitore erano pericolosamente basse. Con la coda dell'occhio poté scorgere il Soldato d'Inverno muoversi alla propria destra e si convinse ancora di più dell'imparità di quello scontro. Doveva rimanere concentrato e... Selene, doveva portare fuori da lì Selene, perciò non poteva fallire.
 
-Se non ricordo male avevi detto che non era personale- disse Steve, guardando Brock negli occhi.
Gli serviva un po' di tempo per elaborare una strategia decente, senza contare che ancora una volta si trovava costretto ad affrontare Bucky.
 
Rumlow si liberò della maschera, gettandola a terra, e sul viso orribilmente deturpato comparve un ghigno freddo e più tagliente della lama di un coltello; poi indicò la sua faccia.
-Questa volta è personale- affermò astioso, e aggiunse  -forse dovrei ringraziarti, perché è stato l’odio a tenermi in vita. Crossbones esiste grazie a te, capitano Rogers.
Adesso basta con le chiacchiere. Voglio farti a pezzi.-
 
Steven vide Crossbones rivolgere uno sguardo eloquente al Soldato d'Inverno e la cosa gli fece ribollire il sangue nelle vene.
Brock controllava Bucky come un burattino. Esattamente come Loki aveva controllato Clint e il dottor Selvig. Natasha gli aveva raccontato che gli occhi di Clint erano vuoti, distanti, senz'anima ed era riuscita a liberarlo combattendo senza esclusione di colpi.
Cercò di recuperare la freddezza necessaria ad affrontare lo scontro e quando Rumlow scattò verso di lui, il suo corpo si mosse di conseguenza.
Evitò il primo pugno del nemico e parò il secondo con gli avambracci, percependo le ossa vibrare sotto la potenza delle protesi di metallo. Ruotò rapido il bacino e spezzò l'equilibrio di Rumlow con un calcio piazzato sul fianco destro.
 
Fu in quel momento che il Soldato d'Inverno si mosse, veloce ed implacabile.
Con entrambe le mani, artigliò Steve per le braccia e lo strattonò indietro, evitando a Rumlow di prendere un pugno in pieno viso.
 
Steve ruotò su se stesso, sottraendosi alla presa di Barnes, e ingaggiò con lui uno scambio di colpi precisi in una sequenza veloce di attacchi, parate e contrattacchi.
Per quattro volte, Steve ebbe l'occasione di portarsi in vantaggio sull'avversario, ma “È Bucky, quello è Bucky, è Bucky” era il mantra che risuonava implacabile nella sua testa. Per quanto si sforzasse, Steve non riusciva ad affrontare senza remore Bucky, soprattutto dopo che James l'aveva riconosciuto nel cortile, segno inequivocabile che suo fratello era ancora vivo.
 
…ma io credo che non debba essere Steven a lottare contro il Soldato d'Inverno ma Captain America…” le parole di Selene trasudavano saggezza, ma lui non poteva. Non poteva!
 
Questa sua imprescindibile debolezza lo portò ad incassare il pugno di metallo di James in pieno stomaco e poi una delle protesi di Rumlow, tornato alla carica, gli si piantò tra le scapole, spezzandogli il respiro.
 
Il Capitano annaspò e il Soldato approfittò della sua difficoltà per serrargli la mano artificiale attorno la gola, mentre Rumlow assestava un secondo colpo ancora tra le scapole.
Steven si lasciò scappare un grido di dolore e poi un altro, quando Crossbones gli affondò una terza volta una delle protesi nel medesimo punto. Steve percepì la propria colonna vertebrale flettersi pericolosamente.
Afferrò con entrambe le mani il polso metallico del Soldato e cercò di staccarlo dal suo collo. Lo forzò, fino a fargli emettere uno strano suono, a cui seguì l'immediata apertura delle dita.
 
L'ossigeno tornò a riempire i polmoni del Capitano che però si ritrovò presto scaraventato contro una parete, dato che le protesi di Rumlow erano scattate in avanti come due arieti di sfondamento, infierendo di nuovo sulla sua schiena ferita e abrasa.
 
-Forza, Rogers! Impegnati di più- lo sbeffeggiò Brock, mentre lo raggiungeva a passo svelto.
 
Steve, ora a terra, non fece in tempo a tornare in piedi, che Rulmow lo fece finire disteso sulla schiena con un poderoso calcio in pieno addome e poi si sistemò a cavalcioni su di lui, bloccandogli i fianchi tra le ginocchia.
 
-Vogliamo scoprire se la tua ragazza ti vorrà ancora, dopo che avrò rovinato il tuo viso?-
 
Steve tentò di toglierselo di dosso, ma il Soldato era arrivato alle spalle di Brock e ora gli teneva le gambe.
 
Selene, dal suo provvisorio nascondiglio, aveva osservato la scena e un terrore pungente l'aveva invasa.
Steven si trovava in quella terribile situazione, per colpa sua. Se non avesse insistito tanto per accompagnarlo, ora lui non si sarebbe trovato a combattere contro il suo migliore amico.
Vedere Steven incassare tutti quei colpi era doloroso, perché Rumlow sapeva usare la debolezza di Steven a suo vantaggio.
Steven le aveva detto di rimanere nascosta, ma tutto dentro di lei le gridava di muoversi, di fare qualcosa, qualsiasi cosa. Il suo sguardo cadde istintivamente sullo scudo incastrato nel vetro del cilindro.
 
Salvalo!
 
Il grido che Steven si lasciò sfuggire, fu la molla che la fece scattare; rapidamente uscì dal suo nascondiglio e afferrò lo scudo.
 
Era una pazzia, lo sapeva benissimo, ma non poteva, anzi non voleva abbandonarlo, né ora né mai.
 
-STEVEN!- urlò a pieni polmoni.
 
Selene con tutto il suo buon cuore e il suo impegno lanciò lo scudo, ma ahimè il suo tiro era impreciso e il cerchio di vibranio cadde a terra, troppo lontano da Steven.
 
Rumlow, che si era voltato verso di lei, rise in maniera beffarda: -Sei patetica, cosa credevi di fare?-
 
-Io? Niente! Preoccupati di lui invece!- gli rispose Selene di rimando -Forza Steven! Spaccagli le ossa!-
 
Rumlow non capì il significato delle parole di Selene se non quando venne colpito dallo scudo per la prima volta.
Steven infatti aveva approfittato del diversivo creato da Selene -Mamma mia quanto era testarda!- ed era riuscito a liberare un braccio, attivando in contemporanea i magneti del suo guanto.
 
Captain America era entrato in gioco e le sorti dello scontro avevano subito un mutamento non indifferente.
 
Rumlow tentò di colpirlo grazie ad una lama delle sue protesi meccaniche, ma quel fendente -che avrebbe dovuto ucciderlo- si infranse contro la superficie metallica. Il calcio che ricevette da Steve poi gli mozzò il respiro, impedendogli così di dare alcun ordine al Soldato d’Inverno.
 
Selene non seppe trattenere un mezzo sorriso a quella vista, prima di voltarsi verso il cilindro di vetro e finire ciò che Steven aveva iniziato.
 
Sfiorò l’incrinatura causata dallo scudo, era abbastanza profonda, molto probabilmente con un paio di colpi -forse qualcuno di più- il contenitore sarebbe andato in pezzi e senza più un punto d’arrivo, il Tesseract non si sarebbe mai materializzato e l’HYDRA non avrebbe usato nuovamente il suo potere per portare caos e morte.
 
Afferrò una maniglia con entrambe le mani e sollevò il cilindro sopra la sua testa per poi sbatterlo a terra con tutta la forza che aveva in corpo.
Una volta.
Due volte.
Ancora.
E ancora.
 
I suoi movimenti però non passarono inosservati e nonostante fosse impegnato in un scontro senza esclusione di colpi contro il Capitano, Rumlow berciò: -Soldato! Uccidila!- con tutta la rabbia che aveva in corpo.
 
Bucky si mosse immediatamente per eseguire l'ordine. Raccolse da terra lo scettro e si diresse verso Selene.
 
-Bucky! FERMO!- un grido disperato uscì dalle labbra di Steve, ma non poteva fare nulla, perché il combattimento contro Crossbones era al suo apice.
 
-Guarda Rogers!
Il tuo migliore amico sta per uccidere la donna che ami! E tu non puoi fare nulla! Puoi solo vederla morire!-
 
La storia ha il vizio di ripetersi…” le parole di Selene avevano un che di profetico.
 
Tre anni prima, Loki aveva ucciso l’agente Coulson e ora Bucky stava per fare lo stesso con Selene. Di nuovo lo scettro e una vita innocente in pericolo.
 
Ed esattamente come tre anni prima, lui non poteva fare nulla, perché era impegnato a lottare per la vita.
 
Selene era ignara di ciò che le stava per accadere in quanto tutta la sua attenzione e le sue forze erano concentrate su quel cilindro di vetro.
 
Grosse gocce di sudore le imperlavano la fronte, i muscoli delle spalle le dolevano, ma non avrebbe mai mollato.
 
Il Soldato d’Inverno nel frattempo le si era avvicinato silenziosamente, stava per trafiggerla, ma proprio in quell’istante, il vetro si ruppe definitivamente e un’ondata di energia magica travolse e avvolse entrambi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Salve a tutti!
In teoria avrei voluto pubblicare questo capitolo il 4 luglio, ma come avrete di sicuro notato non sono molto affidabile...
 
Allora Selene è davvero la nipote di Peggy Carter secondo voi?
 
Se il capitolo vi è sembrato molto più interessante del solito, non meravigliatevi.
Le scene di combattimento sono state il gentile contributo di Ella Rogers, per questo motivo il capitolo è risultato così avvincente! Quindi adesso passate da lei e lasciatele un commento, se lo merita.
Sì, te lo meriti Sister! ❤❤❤❤️
 
Non c'è molto da dire, se non che ho inserito uno scambio di battute da uno dei miei film preferiti, vediamo se riuscite ad indovinare il titolo! ^_^
Suggerimento, non è TWS! 😜
 
Ora bando alle ciance e passiamo ai ringraziamenti:
MarsIsComing e Selene Black avete scelto la mia storia per la lista delle preferite, grazie!
Grazie ancora a MarsIsComing e pure a  michela30 per la lista delle ricordate.
 
Ravinpanica e Sandra Prensky grazie per le vostre recensioni ai capitoli precedenti, non vedo l'ora di leggere le prossime!
 
LadyRealgar, _Alessia_C95 e Lady Windermere, siete sempre così gentili e sollecite, grazie!
 
Selene Black, benvenuta! La tua recensione cumulativa è stata una sorpresa davvero gradita! Spero di continuare a stuzzicare il tuo interesse!
 
Sister, cara Sister, cosa farei senza di te? Molto poco, probabilmente come puoi ben vedere.
 
Credo che sia tutto...
Anzi, no!
Non avete ancora espresso la vostra preferenza per la canzone!
Siete ancora in tempo.
-Bolero, la musica del carillon.
 
-Vienna Blood Walz , la canzone che ascoltano durante il viaggio.
 
-Palladio, la canzone che ascoltano alla Torre.
 
Ci risentiamo in agosto!
Godetevi il caldo finché dura!
Un bacio!
Ragdoll_Cat

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


 
L'uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto, ma non può essere sconfitto.
(Ernest Hemingway)
 

 
*
 
 
Steve era disteso sulla schiena e nella sua mente vari ricordi si accavallavano l'uno sull'altro.
Era stato definito da Fury come il più grande soldato della Storia. 
Come no!
Si era ripromesso solo una cosa, tenere Selene al sicuro e aveva fallito.
Il suo piano era semplice: entrare, liberarla e portarla in salvo.
Ma aveva fallito.
 
-Vogliamo scoprire se la tua ragazza ti vorrà ancora, dopo che avrò rovinato il tuo viso?- il fiato marcescente di Rumlow era un'arma biologica letale.
 
A Steve non era mai importato nulla del proprio aspetto fisico, né prima né dopo il trattamento di Erskine; c'erano cose ben più importanti a cui pensare.
Tipo adesso, doveva escogitare un nuovo piano per far uscire Selene da lì sana e salva.
 
Steve cercò inutilmente di togliersi di dosso Crossbones, in quanto il Soldato d'Inverno gli teneva ferme le gambe.
Con un colpo secco Rumlow tagliò la cinghia del casco, che gli venne tolto, con uno strattone, subito dopo.
Quando la lama penetrò nella pelle della fronte, si lasciò sfuggire un grido di dolore.
 
-STEVEN!-
 
La voce di Selene arrivò chiara alle sue orecchie oltrepassando la cortina di sofferenza causatagli dal pugnale di Rumlow.
Con un enorme fracasso lo scudo finì alla sua destra, ma era troppo lontano per essere raccolto.
Se solo fosse riuscito a liberare il braccio, avrebbe potuto attivare i magneti e richiamarlo a sé.
 
Udì la beffarda voce di Rumlow, insultare Selene, -quella Testarda gli aveva disobbedito e si era esposta per aiutarlo- e approfittò del diversivo che lei gli aveva fornito.
 
-Forza Steven! Spaccagli le ossa!-
 
Con molto piacere!
 
Colpì Rumlow con sufficiente forza da toglierselo di dosso e con un gesto atletico, utilizzando solo i muscoli addominali e al contempo inarcando la schiena, ritornò in posizione eretta, pronto a lottare.
 
Captain America era entrato in gioco e le sorti dello scontro avevano subito un mutamento non indifferente.
 
Rumlow tentò di trafiggerlo grazie ad una lama delle sue protesi meccaniche, ma quel fendente -che avrebbe dovuto ucciderlo- si infranse contro la superficie metallica del suo fidato scudo.
Steve restituì il favore con un poderoso calcio che mozzò il respiro al suo avversario, impedendogli così di dare alcun ordine al Soldato d'Inverno.
 
Schiumante di rabbia Crossbones, iniziò a perdere lucidità ed attaccò Steve senza uno schema ben preciso, mosso solamente dal risentimento e dall'odio.
Tuttavia riuscì a notare, seppur con la coda dell'occhio, i movimenti di Selene che avrebbero portato alla distruzione del cilindro di vetro che avrebbe dovuto fungere da contenitore per il Tesseract.
Né Rogers né tanto meno quella stronzetta avrebbero mandato in fumo il piano della sua Madeleine, di conseguenza berciò: -Soldato! Uccidila!- con tutta la rabbia che aveva in corpo.
 
Bucky si mosse immediatamente per eseguire l'ordine. Raccolse da terra lo scettro e si diresse verso Selene.
 
-Bucky! FERMO!- un grido disperato uscì dalle labbra di Steve, ma non poteva fare nulla, perché il combattimento contro Crossbones era al suo apice.
 
-Guarda Rogers!
Il tuo migliore amico sta per uccidere la donna che ami! E tu non puoi fare nulla! Puoi solo vederla morire!-
 
La storia ha il vizio di ripetersi…” le parole di Selene avevano un che di profetico.
 
Tre anni prima, Loki aveva ucciso l’agente Coulson e ora Bucky stava per fare lo stesso con Selene. Di nuovo lo scettro e una vita innocente in pericolo.
 
Steve era impegnato a schivare i colpi e i fendenti di Rumlow e intanto tentava disperatamente di pensare a come agire.
Riuscì a tramortire il suo avversario per pochi secondi, che gli furono sufficienti per alzare lo sguardo verso il suo migliore amico.
L'impensabile prese forma e forza nel suo cervello.
Se necessario, avrebbe colpito Bucky per salvare Selene.
Prima che Steve potesse muoversi in una qualsiasi maniera tuttavia, il cilindro andò in pezzi e l'energia magica travolse Selene e Bucky.
 
Steve alzò un braccio per proteggersi gli occhi e quando riuscì a mettere di nuovo a fuoco l'ambiente avrebbe tanto voluto non averlo fatto.
Bucky e Selene erano a terra, innaturalmente immobili.
 
Furente si voltò verso Rumlow e con voce dura gli disse: -Hai ragione! Questa volta è personale!-
 
Spaccagli le ossa!”, la voce di Selene gli ritornò in mente con prepotenza.
 
Con la mente annebbiata dal dolore e dalla disperazione, colpì Rumlow con un calcio, spedendolo così dall'altro lato della stanza e quando lo vide alzarsi, lo attaccò nuovamente, questa volta con un calcio al volo dopo aver compiuto una ruota laterale a mezz'aria.
 
Sbatte le palpebre un paio di volte ed è pervaso da un senso di pace, a dispetto della confusione e del caos che regnano intorno a lui.
Sì, anche se la testa gli rimbomba e alle sue orecchie i rumori giungono tutti indistinti, si sente bene.
Nota in quel momento che la ragazza che ha di fronte ha aperto gli occhi.
I suoi invece sono impegnati a scrutare l'ambiente; vede dei pezzi di vetro accanto ad uno scettro dorato, il cui gioiello incastonato sulla sommità sprigiona una luce bluastra che va attenuandosi. 
Istintivamente, serra le palpebre con forza nel tentativo di riportare ordine nella sua mente e con sua grande sorpresa ci riesce.
Il caos mentale è sparito quasi completamente, per la prima volta dopo tanto tempo è perfettamente lucido e padrone di sé.
Il suo nome è James Buchanan Barnes.
Un tocco gentile sul braccio lo costringe a riaprire gli occhi venendo così accolto da un sorriso timido, ma sincero.
La ragazza misteriosa lo chiama per nome, lo chiama Bucky.
 
-Come sai il mio nome?- la voce è strana, come se non la usasse spesso, ma è la sua, la riconosce, gli appartiene -Ci conosciamo?-
 
-No. Ma conosco Steve.-
 
-Steve?-
 
-Sì! Devi aiutarlo! Bucky, salva Steve!-
 
James si volta e vede Steve intento a combattere contro Rumlow.
 
-Crossbones...- mormora.
 
-Già! Ti prego Bucky, aiuta Steve!-
 
-Aiutarlo? Dovrò salvarlo, altroché!- le riserva un sorrisetto e si alza -È sempre a caccia di risse!-
 
Selene non riesce a non sorridere a sua volta mentre lo osserva raggiungere l'amico.
In qualche modo il Tesseract doveva aver interagito con il potere dello scettro, liberando così Bucky e restituendogli il pieno controllo delle sue azioni.
Lei lo aveva capito subito, perché adesso gli occhi di James erano tornati normali, segno inequivocabile che il maleficio era stato spezzato; dopo tanto tempo il potere dello scettro si era rivelato utile per fare del bene.
Si scostò le ciocche sudate da davanti gli occhi -l'elastico che le teneva legate ed in ordine chissà dov'era finito- e posò lo sguardo smeraldino su Steven e Bucky, i due gladiatori di Brooklyn, trattenendo a stento un sorriso compiaciuto.
 
Steven nonostante la maggiore resistenza e il miglior addestramento era in difficoltà, in quanto non ragionava con lucidità e a causa delle scorrettezze di Rumlow.
Crossbones infatti aveva un asso nella manica, anzi due: dei teaser, con un voltaggio cinque volte superiore rispetto a quelli che aveva usato durante la lotta nell'ascensore.
E facevano male!
 
Steven stringeva i denti, ma le scariche gli arrivavano al cervello troppo rapidamente per permettegli di pensare.
 
Poi all'improvviso, la quiete.
 
-Ehi! Prenditela con uno della tua taglia!-
 
Bucky?
 
Grazie al braccio bionico Bucky riuscì ad allontanare Crossbones da un incredulo Steve.
 
-Bucky?-
 
-A volte penso che ti piaccia essere preso a pugni!-
 
-L'avevo messo alle corde...-
 
-Ho visto...-
 
Quello scambio di battute, che a prima vista poteva apparire sciocco, in realtà era l'esternazione del profondo legame che li univa.
 
Ma non era ancora finita.
 
Selene si ritrovò ad essere l'unica spettatrice di uno spettacolo incredibile.
Steven e James combattevano come un sol uomo contro Crossbones.
Steve era nuovamente Captain America al massimo delle sue potenzialità e Bucky, pur avendo ritrovato se stesso, non aveva dimenticato le sue abilità da Soldato d'Inverno.
Sembrava quasi che non avessero fatto altro per tutta la vita; lo scudo passava da Steve a Bucky rapidamente, per poi tornare indietro, senza il minimo errore o sbavatura.
Erano perfettamente affiatati, quasi non fossero stati divisi per così tanto tempo.
 
Finalmente Crossbones finì a terra, vinto e i due amici poterono guardarsi negli occhi.
 
-Bucky sei davvero tu?- domandò titubante. Non osava sperare di aver di fronte il suo Bucky dopo tutto quello che era successo.
 
-Credo di sì...-
 
Un fumogeno venne lanciato all'interno della stanza, seguito da una bomba acustica.
 
Madeleine era ritornata con altri soldati al seguito, non aveva alcuna intenzione di perdere.
List fu svelto ad afferrare lo scettro e a correre lungo il corridoio e verso la salvezza.
Madeleine dal canto suo minacciò Selene con una pistola e la trascinò via con sé, verso la porta che le avrebbe condotte alle scale e di lì al tetto, dove c'erano due elicotteri pronti a partire.
 
-STEVEN!-
 
Purtroppo Steve non riuscì a seguirle immediatamente a causa dei troppi soldati che gli bloccavano la strada.
Ma Bucky era al suo fianco e in un battibaleno erano riusciti a metterne fuorigioco la maggior parte.
 
-Vai!- gli ordinò Bucky -Ti copro io, fino alla fine. E non fare niente di stupido!-
 
-E come potrei? La stupidità rimane qui con te!- gli urlò di rimando mentre iniziava a correre per liberare Selene dalle grinfie della Zola.
 
List salì a bordo del primo elicottero che aveva già i rotori in movimento, mentre Madeleine salì sull'altro.
La Zola era alquanto tesa, perché Captain America aveva stravolto i suoi piani.
 
-Stai ferma!- intimò a Selene, che non aveva smesso di divincolarsi nemmeno per un istante, prima di urlare al pilota -Quanto ci vuole ancora?-
 
Il nervosismo aumentò quando notò che l'altro velivolo, ormai in volo, si stava allontanando nella direzione opposta a quella stabilita.
 
Tramite le cuffie chiamò immediatamente List:
“Dove stai andando? Non erano questi gli accordi!”
Sto tornando a Sokovia, da Strucker. La nostra collaborazione finisce qui, Madeleine...” 
“Lo scettro era mio!” 
Era solo un prestito!
Addio!” e con queste parole List chiuse la comunicazione.
 
Madeleine era furiosa, era andato tutto in fumo, per colpa di Captain America e di quell'impicciona della Lowell, e che adesso la stava fissando con un'espressione beffarda: -A quanto pare non sei molto brava a scegliere i tuoi collaboratori...
A tal proposito molto probabilmente Crossbones dovrà cambiare il suo nome in Crackbones, perché dopo la lotta contro Steven e James dubito che gli sia rimasto un solo osso intero in corpo.-
 
-Ma non stai mai zitta?-
 
-NO!
E sai una cosa? Steven non arrenderà mai!
Prima o poi riuscirà a distruggere completamente l'HYDRA!-
 
-Lo vedremo!-
 
Nel frattempo l'elicottero aveva iniziato ad alzarsi, ancora pochi istanti e sarebbero partiti.
 
Steven stava salendo lungo le scale il più velocemente possibile, temendo di non fare in tempo.
Aprì la porta che conduceva sul tetto e vide con orrore che un elicottero si stava già allontanando, quando la sua attenzione fu catturata dall'apparecchio che si trovava alla sua sinistra.
 
Corse, corse come non aveva mai fatto in vita sua e con un agile salto riuscì ad aggrapparsi ad uno dei pattini. 
Il suo peso fu sufficiente ad inclinare il mezzo permettendogli così di toccare nuovamente terra con la suola degli stivali, però la potenza del motore lo stava trascinando verso il bordo del tetto.
 
Selene all'interno della cabina non aveva perso un solo movimento di Steven.
Quando l'avevano interrogata, nel tentativo di proteggerlo e nello stesso tempo di non mostrarsi debole, aveva sminuito il loro rapporto, quando in realtà sapeva benissimo quali erano i sentimenti che Steven provava per lei e pronunciare quelle parole era stato più doloroso che essere sottoposta al trattamento mnemonico.
Grazie alle luci della pista, riusciva a vedere i lineamenti del viso di Steven contratti fino allo spasimo, mentre lottava con tutte le sue forze per salvarla.
 
Steven con una mano stretta alla sbarra che limitava l'area di decollo, non dava alcun segno di cedimento, mentre con l'altra tratteneva ancora l'elicottero, che ormai era sospeso fuori del perimetro del palazzo.
 
-Perché non riusciamo a prendere quota?- domandò furente Madeleine.
 
-Captain America ce lo impedisce!- le rispose il pilota con tono leggermente isterico.
 
-Com'è possibile? È solo un uomo!-
 
Sia lei che il pilota si sbagliavano, perché non era né Captain America, né un semplice uomo ad impedire loro la fuga.
 
Era Steven, il ragazzo di Brooklyn che in quel momento stava lottando con le unghie e con i denti per salvare il suo più grande tesoro.
Il Super Siero da solo, in quel frangente non sarebbe di certo bastato; era l'amore per Selene che gli dava la forza per lottare e per resistere.
Digrignando i denti per lo sforzo, Steven iniziò a trascinare l'elicottero verso di sé, incurante della ferita che si trovava sulla sua schiena e che andava lacerandosi sempre più, non avrebbe mai mollato.
 
-Hai visto? Lui non si arrenderà mai!-
 
A quel punto Madeleine fece la cosa più stupida che potesse fare: smise di pensare.
 
Furiosa come non mai, aprì il portellone e gettò fuori Selene.
 
Steve agì come un fulmine; lasciò andare l'elicottero e prese Selene al volo, la storia non si sarebbe ripetuta, non quella volta!
 
-Ti tengo! Non guardare giù! Guarda me!- le disse tenendola per mano, mentre erano entrambi a penzoloni nel vuoto.
 
Trasse Selene a sé, permettendole così di aggrapparsi al suo collo con tutte e due le braccia.
Ruotò su se stesso e afferrò la sbarra del tetto anche con l'altra mano, riuscendo così ad issare entrambi oltre il bordo, al sicuro.
 
Madeleine però non si era ancora arresa ed esplose un paio di colpi con la sua pistola, che si infransero contro lo scudo di Steve, agganciato saldamente alla sua schiena, in quanto il suo proprietario si era frapposto fra Selene e il pericolo.
La Zola non riuscì a fare di più, perché il pilota aveva compiuto una manovra improvvisa, volta ad evitare la collisione con il quinjet dello S.H.I.E.L.D. appena sopraggiunto.
 
-Andiamocene!- ordinò perentoria, non poteva farcela, non da sola, ma non era ancora detta l'ultima parola.
Aveva un conto in sospeso con Captain America e tutta la sua squadra.
 
Il quinjet nel frattempo era atterrato sul tetto e dal portellone abbassato uscì una coppia in tenuta d'assalto.
 
Steve istintivamente continuava a proteggere Selene con il proprio corpo, ma i nuovi arrivati non erano una minaccia.
 
La donna alta e bionda, che indossava una tuta simile a quella di Natasha, si presentò: -Capitano Rogers, siamo gli agenti Morse e Hunter dello S.H.I.E.L.D., siamo qui per aiutarla.-
 
-Chi vi ha contattato?- indagò, sospettoso.
 
-Abbiamo ricevuto un messaggio da parte della signorina Lowell...-
 
-Selene...? Ma come...?- le domandò perplesso, mentre si voltava leggermente verso di lei.
 
-Grazie a JARVIS! Ti spiegherò dopo...-
 
L'edificio sotto i loro piedi tremò sensibilmente in seguito ad un esplosione avvenuta al suo interno.
E Bucky era ancora dentro!
 
Steven fissò Selene, combattuto. Cosa doveva fare?
Rimanere con lei o rientrare a cercare Bucky?
Fu Selene a decidere per lui.
 
-Vai! Non mi succederà niente, mi hai salvato, ora sono al sicuro!- gli disse dandogli un colpetto sulla spalla, incitandolo a muoversi.
 
Steven annuì una sola volta prima di rientrare nel palazzo.
Hunter e Morse fecero salire la ragazza all'interno del quinjet e decollarono immediatamente; tuttavia non andarono molto lontano, in quanto atterrarono lungo la strada -ora transennata- che si trovava di fronte allo stabile.
 
Confusione e caos regnavano incontrastati lungo i corridoi e nelle varie stanze.
I neon tremolanti non erano di molto aiuto e la polvere di cui era permeata l'aria lo faceva tossire pesantemente; in più gli faceva bruciare fortemente gli occhi, ma non avrebbe perso Bucky un'altra volta.
 
-BUCKY!- lo chiamò -BUCKY!-
 
Dei gemiti provenienti da un cumulo di macerie catturarono la sua attenzione.
Incurante dei pezzi taglienti che avrebbero potuto ferirlo iniziò a spostare i detriti.
Con sua enorme sorpresa trovò Rumlow ancora in vita seppur piuttosto malconcio.
Il traditore gli riservò un sorriso beffardo: -Non sono chi ti aspettavi che fossi, Captain America?- gli domandò con fiato corto a causa delle costole rotte -Pensavi forse che non avessi un piano di riserva?-
 
L'esplosione dunque era stata causata da Brock; seppur furioso, Steve se lo caricò in spalla e lo portò fuori.
 
Dopo averlo depositato -non proprio gentilmente- sulla superficie d'asfalto della strada, gli disse con tono ironico, godendo internamente nel vedere l'espressione confusa di Rumlow: -Non c'è di che, Crackbones!- prima di rientrare nell'edificio pericolante.
 
Selene nel frattempo era scesa dal quinjet e osservava tutto quello che stava succedendo. 
Le persone erano indistinte macchie in movimento intorno a lei, così come i suoni.
Non pensava a niente, aveva la mente completamente vuota, mentre il cielo ad Oriente andava schiarendosi, segno inequivocabile che Nyx, la Notte, stava lasciando spazio ad Eos, l'Aurora.
 
Tutta la sua attenzione era riservata alla porta d'ingresso, mentre le labbra recitavano incessantemente una muta preghiera.
 
Dov'erano?
Dov'erano quegli occhi azzurri e quei capelli d'oro?
 
La speranza la teneva in piedi, non si sarebbe lasciata andare allo sconforto.
Lui le aveva promesso che sarebbe tornato da lei, e lui manteneva sempre le promesse!
 
Selene sbatté le palpebre un paio di volte, per essere sicura di non essere vittima di un'allucinazione.
 
No! Non era un'allucinazione!
Lui stava uscendo dal palazzo.
 
-Steven!- lo chiamò, mentre iniziava a muoversi verso di lui.
Aveva un aspetto orribile, era sporco, claudicante, con la divisa lacerata in più punti, l'espressione esausta, eppure stava sostenendo Bucky per le spalle perché l'amico era ancor più esausto di lui. Il sangue e la polvere celavano quasi completamente il suo bel viso, ma Selene non vedeva niente di tutto questo, lei vedeva solamente il suo amato Steven.
Aveva le gambe lunghe Selene, perciò corse da lui; aveva fiato, perciò corse da lui; ma soprattutto era innamorata perciò volò da lui.
 
Steven scrutava i dintorni alla ricerca di Selene, ma non riusciva a vederla a causa di tutta quella gente dello S.H.I.E.L.D. che stava coordinando l'intera operazione di arresto dei mercenari di Madeleine.
 
-STEVEN!- la voce gioiosa di Selene arrivò alle sue orecchie, facendolo voltare verso di lei, mentre un sorriso andava a disegnarsi sul suo volto.
La sua Selene stava correndo verso di lui, raggiante, con i capelli che ondeggiavano al vento.
Bucky gli diede un colpetto con la spalla come ad invitarlo ad agire e Steven non se lo fece ripetere due volte; spalancò le braccia pronto ad accogliere Selene, che vi si tuffò come aveva fatto sulla terrazza della Tower.
Tenendola per i fianchi, la fece roteare brevemente, strappandole una risata argentina, prima di stringerla forte a sé e sussurrarle una grande verità: -Ti amo!-
 
-Ti amo anch'io!-
 
Sarebbero rimasti così abbracciati per chissà quanto tempo se Bucky non si fosse schiarito la voce, riportandoli con i piedi per terra.
 
-Selene, ti presento Bucky.
Bucky, lei è Selene- disse Steve.
 
Selene sorridendo abbracciò Bucky, che al di sopra della spalla della ragazza, lanciò un'occhiata a Steve che voleva significare “Mi sta abbracciando, sei geloso?” a cui Steve rispose con un “Non farti venire strane idee in testa, tu!”, però sorridendo.
Sorriso che abbandonò le sue labbra non appena ebbe notato la grossa macchia rossa che andava ingrandendosi sulla maglietta verde di Selene.
 
-Selene, sei ferita?- le domandò con voce tremante.
 
-No! Sto benissimo!- replicò lei abbassando lo sguardo sul suo addome e sollevando al contempo la stoffa -Non è mio questo sangue...-
 
Entrambi riportarono la loro attenzione su Bucky, che era sbiancato di colpo.
Steven fu pronto a sostenerlo, prima che cadesse a terra.
Selene dal canto suo, si voltò verso la strada per chiamare i soccorsi.
 
-Buck, resisti! Ti prego, non posso perderti così!- la voce di Steve trasudava angoscia e disperazione.
 
Bucky, ora disteso sulla schiena, osservava il volto preoccupato di Steve farsi sempre più sfocato e poi...
 
Il buio...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'Autrice:
 
Salve a tutte!
Sono successe diverse cose in questo capitolo, eh?
Spero che la lettura sia risultata piacevole e soprattutto scorrevole!
 
Avete visto chi è arrivato?
Lo S.H.I.E.L.D.! Nel prossimo capitolo spiegherò tutto per bene, non temete!
Madeleine è fuggita, quindi chissà...
E List ha lo scettro...
 
Quando Steven ritorna in piedi dopo che ha recuperato lo scudo, la mossa è questa.
 
Questa volta è personale!
Quanto è arrabbiato? Tanto!
E quando colpisce Rumlow, invece fa così.
 
Bucky ha recuperato se stesso avete visto?
Ho deciso di usare la Gemma della Mente proprio per questo motivo.
Perché non l'hanno fatto anche nei film?
Ah... giusto... perché altrimenti non ci sarebbero i film...
Ho ripreso alcune battute da TFA come quelle del vicolo e del treno.
Qui e qui.
Senza accorgermene l'avevo fatto pure nel capitolo cinque!
 
Due parole riguardo alla scena dell'elicottero...
Come avrete già capito è una rielaborazione di quella che si vede in CW.
La clip è questa, giudicate voi, se ho fatto un buon lavoro o no.
È da dicembre 2015 che ci penso e ripenso e il risultato lo avete letto.
Dovrei andare a nascondermi?
Oppure riesco a farmi perdonare con un paio di gif gustose?
La prima e la seconda.
E un intero gifset.
 
Ovviamente spero che la vostra reazione sia stata 
Beccati questo Madeleine!
 
E per finire...
Quando Steven è esausto e cerca Selene dopo la battaglia, senza trovarla, cliccate qui per vederlo.
Non li ho fatti baciare perché... le manifestazioni di affetto in pubblico ricordate?
Gli occhi azzurri e i capelli d'oro sono un richiamo alla poesia che ha ricordato Selene nel capitolo nove.
 
E Bucky?
Starà bene?
Chissà...
 
Ora volevo lasciarvi con due parole di ringraziamento.
Il primo capitolo ha superato le 1000 visualizzazioni in poco più di un anno, grazie!
 
A tal proposito ho scritto per voi una one shot, sempre con Steven e Selene protagonisti.
La potete trovare qui e se vorrete lasciare un commento ne sarei davvero felice!
 
In un solo mese, care lettrici siete aumentate moltissimo!
Grazie a shoppingismylife, sirina89, Chrona00 (grazie anche per averla preferita!), Dark_wings2, luxu2 e Astrea9993 per aver scelto la mia storia per la vostra lista delle seguite.
CloveRavenclaw39 per averla ricordata.
 
Lady Windermere, luxu2 e DalamarF16 grazie per le vostre recensioni!
 
Un grosso anzi un enorme grazie a LadyRealgar e alla mia super Sister Ella Rogers!
Loro sanno il perché!
❤❤❤❤❤️
 
Ci risentiamo a settembre, con un capitolo piuttosto corposo e lunghetto!
Non l'ho ancora iniziato, ma so che sarà così!
Un bacione!
Ragdoll_Cat
P.S. Il film dello scorso capitolo era “Indiana Jones e l'ultima crociata”.

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Ognuno vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei.
(Niccolò Machiavelli)
 

 
*
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il silenzio è un fragile velo, basta un nonnulla per sollevarlo e riemergere così dall'incoscienza.
 
Alle sue orecchie arriva un suono leggermente asincrono, con un ritmo che aumenta leggermente non appena decide di concentrarsi su di esso.
È il suono di un elettrocardiogramma -come conosce questa parola così difficile?-, questo è il suono del suo cuore.
 
Ad occhi chiusi si concentra, perché ha paura.
Da quanto tempo non provava un'emozione così umana?
L'ultimo ricordo nitido è il viso di Steve, sporco di sangue e polvere, l'ha ferito lui, forse?
Il macchinario regista immediatamente il picco del battito, deve calmarsi rapidamente, perché quando si risveglia non è mai trattato come un essere umano.
Stranamente non prova il dolore che caratterizza qualche labile ricordo, ma solo un po' di fastidio al braccio destro, dov'è infilato l'ago della flebo, ma non è legato.
 
Non è legato!
 
Questa sensazione è bellissima e gli dà la forza per alzare lentamente le palpebre.
 
I suoi occhi si abituano con facilità alla penombra e realizza con piacere, che le sensazioni che ha provato sono vere.
 
Lui è libero!
 
Si puntella sul materasso, con il braccio metallico, per potersi sedere e appoggiare la schiena sui morbidi cuscini.
Indossa un camice da ospedale e quando si passa la mano sul mento, stando ben attento a non togliersi la flebo, la barba sfatta gli pizzica piacevolmente i polpastrelli. 
Mentre scruta l'ambiente nota la figura di Steve su di una sedia accanto al letto.
Il suo migliore amico indossa ancora i pantaloni blu della sua divisa da Captain America; una candida fasciatura all'altezza del bicipite destro, spunta appena da sotto l'orlo della maglietta azzurra a mezze maniche; inoltre anche intorno alla testa ha un paio di giri di garza, dove Rumlow l'aveva ferito con il coltello.
È addormentato Steve e la sua guancia è appoggiata sulla testa castana della ragazza che sta dormendo pure lei, con il viso incuneato contro la spalla di Steve.
Selene -questo è il suo nome- è rannicchiata sulla seconda sedia presente nella stanza e dev'essere crollata prima di Steve, perché non può essere stato che lui a coprirla con la parte superiore della sua divisa, drappeggiandogliela tutt'intorno a mo' di giacca, nel tentativo di proteggerla dal freddo.
 
L'arsura si manifesta improvvisamente e Bucky non ne può più, ma la brocca d'acqua è fuori dalla sua portata, quindi deve chiedere aiuto.
 
-Steve...- biascica con voce impastata.
 
Quel nome sussurrato è sufficiente; Steve apre di scatto gli occhi e gira la testa nella sua direzione.
 
-Bucky...-
 
-Acqua...-
 
-Subito!- Steve si volta verso Selene e le appoggia un lieve bacio fra i capelli, mentre le lascia una carezza sul viso, così da svegliarla dolcemente.
 
La ragazza reagisce immediatamente e solleva la testa dalla sua spalla, seppur con gli occhi ancora chiusi, così da permettergli di alzarsi per prendere l'acqua per Bucky.
 
-Ecco... piano...- gli dice porgendogli il bicchiere.
 
Mentre Bucky beve, Selene si stiracchia e finalmente pure lei apre gli occhi.
 
-Bucky! Ti sei svegliato- il tono di voce seppur mantenuto basso per non dargli fastidio è gioioso -come ti senti?-
 
-Come se fossi stato travolto da un cumulo di macerie.-
 
-Una favola, allora!-
 
Bucky si lascia sfuggire una breve risata e annuisce brevemente.
 
Proprio in quel momento la porta della stanza si apre e una testa castana fa capolino.
 
-Oh! Siete tutti svegli! Bene!-
 
La nuova arrivata si avvicina al letto di Bucky e si presenta: -Sergente Barnes sono la dottoressa Simmons. La devo visitare, posso?-
 
-Loro possono rimanere?-
 
-Certo! Devo solo assicurarmi che i punti tengano e che non vi siano danni neurologici.
Segua la luce con gli occhi per favore- gli dice con tono fermo, estraendo dalla tasca del camice una piccola torcia.
 
La visita dura pochi minuti durante i quali Steve non lo perde di vista neanche per un secondo.
 
-Perfetto! Sta rispondendo bene al trattamento sergente Barnes- gli comunica sorridendo -Capitano Rogers, quando vuole il direttore è pronto a riceverla.-
 
-Arrivo subito.-
 
Simmons uscì in silenzio e richiuse la porta alle sue spalle.
 
-Direttore? Che direttore?- la voce di Bucky è incuriosita.
 
-Dello S.H.I.E.L.D. ma non preoccuparti, ti racconterò tutto. Riposati intanto. Io torno subito. Selene potresti...?-
 
-Non mi muovo! Vai!-
 
Dopo che Steve fu uscito, Selene si rivolse a Bucky chiedendogli se avesse ancora sete e di fronte alla risposta affermativa gli riempì velocemente il bicchiere.
Mentre lui beveva, lei gli domandò, mentre con ancora la casacca di Steven sulle spalle si accomodava vicino al letto: -Seriamente, come stai?-
 
-Fisicamente mi sento bene. Quando respiro i punti tirano leggermente, ma non è niente di grave.-
 
-E mentalmente?-
 
Bucky non riesce a spiegarsi il motivo, ma si fida di Selene, forse perché Steve si fida di lei -e non solo-, o forse per via del suo sguardo sincero.
Sta di fatto che le parole gli escono spontaneamente di bocca, finalmente libere anche loro.
 
-Ho recuperato la memoria. Intendo proprio la mia.
So chi sono, quando sono nato, la mia infanzia, i luoghi in cui ho vissuto, le persone che ho conosciuto...-
 
-Ma?-
 
-Ma ricordo anche tutto quello che ho fatto come Soldato d'Inverno; le vite che ho spezzato, il dolore che ho arrecato, ogni cosa...
Anche le lotte contro Steve dell'anno scorso, l'ho quasi ucciso, sai?- le parole ormai erano un fiume in piena, impossibile da fermare.
 
-Sì, me l'ha detto.
Ma non si è mai arreso; ha continuato a sperare e ed è riuscito a trovarti.-
 
-Chissà perché...-
 
-Perché ha sempre creduto in te e che per te ne valesse la pena, James!- Selene gli posò una mano sul braccio, a sostegno della sua tesi -In più perché è un Testone, quindi dissuaderlo è praticamente impossibile- concluse con un sorriso.
 
-Lo so bene! Lo sapevi che falsificava i moduli per potersi arruolare?-
 
-Questo non me l'ha mica raccontato, no... ma è molto da lui in effetti.-
 
Bucky sospirò leggermente mentre si sistemava più comodamente nel letto: -Dove ci troviamo?-
 
-In una sede dello S.H.I.E.L.D. a New York. Ti hanno portato qui e operato d'urgenza, eri ferito in modo piuttosto serio...
Steven non ti ha mai lasciato per un solo istante.
Ha atteso la fine del tuo intervento prima di lasciarsi medicare...-
 
Selene scosse la testa al ricordo, aveva faticato non poco per convincere Steven a farsi curare. Solo dopo avergli promesso che per nessuna ragione non si sarebbe mossa dal capezzale di Bucky, aveva acconsentito.
Ovviamente Bucky non si era svegliato in quel breve lasso di tempo e Steve aveva potuto prendere posto accanto al letto del suo amico, pronto a vegliarlo per tutto il tempo necessario.
Lei non gli era stata di molta compagnia, infatti dopo essersi seduta accanto a Steven e avergli raccontato ogni cosa, la tensione era venuta meno e lei aveva ceduto al sonno.
 
-Hai fame?- gli domandò di punto in bianco.
 
-Un po'...-
 
-Allora non appena Steven sarà di ritorno uscirò a caccia di cibo!-
 
-Grazie... Selene... e scusami...-
 
-Per cosa James?-
 
-Per aver tentato di ucciderti...-
 
-Non eri in te! Non sentirti in colpa!
Mi hai capito?-
 
Bucky annuì e Selene gli sorrise: -Tutto risolto allora, James!- regalandogli poi un altro sorriso, che scaldò il cuore di Bucky.
 
-Perché ti sei esposta per me?- domandò ancora.
 
-Io non l'ho fatto per te. Almeno non all'inizio...
L'ho fatto per Steven. Quando mi ha raccontato di voi due e del legame che vi unisce come se foste fratelli, non ho potuto non pensare al mio di fratello. 
Farei di tutto per lui e quindi ho deciso di aiutare Steven a ritrovarti.
Man mano che scoprivo più cose sul tuo conto comunque, aumentava in me anche il disgusto per quello che ti avevano costretto a diventare.
Jean-Paul Sartre diceva che “L'uomo è condannato ad essere libero” e aveva ragione. Adesso sei un uomo libero, James!-
 
-Sono ancora un uomo?- si interrogò pensieroso, fissando il braccio metallico -Oppure sono solo oscurità?-
 
-“Se guardi nel buio a lungo, c'è sempre qualcosa”; William Butler Yeats.
Non lasciare che il passato condizioni il tuo futuro. Usalo per comprendere al meglio il tuo presente, ma non farti frenare da esso- gli disse Selene con voce dolce.
 
-Grazie... ma sai sempre cosa dire al momento giusto?-
 
-Ci provo, James, ci provo!-
 
-Bucky...-
 
-Come dici?-
 
-Chiamami Bucky se non ti dispiace...-
 
-Va bene... ma non ti chiamerò mai Buck... mi verrebbe troppo da ridere!-
 
-Perché?-
 
-Mi ritorna in mente il cane de “Il richiamo della foresta” di Jack London.
Hai presente?-
 
-Non ho mai letto “Il richiamo della foresta”...- le confessò Bucky.
 
-Mai? Davvero?-
 
Lui si limitò ad annuire con un' espressione da cucciolo affranto.
 
-Queste sono notizie che sconvolgono la gente. Devi avvertire prima!- gli disse Selene ridendo.
 
-Lo farò, d'ora in poi!- le promise Bucky mentre iniziava a ridere anche lui.
 
Steve rientrò in quel momento e la scena che si trovò davanti gli riempì il cuore di gratitudine.
Le due persone che amava di più al mondo erano entrambe nella stessa stanza e cosa più importante, entrambe erano vive.
 
-Cosa c'è di così divertente?-
 
-Steven! Bucky non ha mai letto “Il richiamo della foresta”! Non è incredibile?-
 
-Non l'ho letto nemmeno io...-
 
-Ma vi siete messi d'accordo? Volete farmi venire un infarto?- Selene finse di svenire, ricevendo in cambio delle sonore risate.
 
-Selene... il Direttore vuole vederti- le disse Steve dopo aver ripreso fiato.
 
-Il Direttore vuole vedere me? Perché?-
 
-Vuole scambiare due parole con te... non avrai mica paura?-
 
-Paura? Chi? Io? Certo che no!
Dopotutto sono...-
 
-Una Lowell, lo so...- concluse per lei Steve.
 
Selene fece finta di arrabbiarsi, scatenando le risate degli altri due.
 
-Ridete, ridete... speravo proprio di aggiungere al curriculum “comica part-time”...-
 
-Dai ora devi andare...- le ricordò Steve.
 
-Fai finta che sia un colloquio dal preside, esattamente come a scuola...- le suggerì Bucky.
 
-Lei? Dal preside? Ma quando mai?-
 
E i due amici ripresero a ridere.
 
-Sbeffeggiata da Captain America e dal Soldato d'Inverno... non è una cosa che capita tutti i giorni!-
 
Un paio di colpi alla porta furono il segnale che era ora di andare.
 
-Io vado allora- disse Selene togliendosi la “giacca” dalle spalle.
 
-Vuoi che venga con te?-
 
-No, resta qui con Bucky, avete molto di cui parlare.
E ricorda quello che ti ho detto Bucky!
Non è nelle stelle che è conservato il nostro destino, ma in noi stessi!-
 
-Chi l'ha detto?- le domandò Steve.
 
-Ah-Ah! Mai sfidare una Lowell!
A dopo, Gladiatori di Brooklyn!-
 
E dette queste parole Selene uscì.
 
Bucky e Steve si fissarono per un po' in silenzio.
Non era un silenzio pesante, ma distensivo.
 
Steve faticava ancora a crederci, ma Bucky era lì di fronte a lui, finalmente libero.
La questione non era ancora completamente risolta, infatti il prossimo ostacolo sarebbe stato quello di raccontare ogni cosa ai suoi compagni.
Natasha e Sam avrebbero capito immediatamente, mentre Thor, Bruce e Clint ne sarebbero rimasti sorpresi.
Temeva un po' la reazione di Tony, ma per non perdere la sua fiducia e la sua amicizia, avrebbe dovuto rischiare il tutto e per tutto, dicendogli la verità.
 
Bucky invece giocherellava con l'orlo del lenzuolo, mentre cercava di pensare a cosa dire.
“Scusa se ho tentato di ucciderti più volte”? Banale.
“Non volevo farti del male”? Patetico.
Alla fine optò per la via più semplice e sincera: -Grazie, Steve.-
 
-Non devi ringraziarmi Buck, avresti fatto lo stesso.-
 
-Non saprei... forse...- gli rispose scherzando, per poi tornare serio -Steve... io ricordo tutto, ogni cosa e voglio pagare il prezzo delle mie azioni.
Accetterò qualsiasi pena che mi verrà inflitta e vorrei che lo accettassi anche tu.-
 
-Questo mai!
Non eri consapevole delle tue azioni!
Hai detto che ricordi tutto, bene! Useremo questo a nostro vantaggio per sconfiggere l'HYDRA una volta per tutte.-
 
-Hai idea di quanto tempo ci vorrà?-
 
-Ho tutto il giorno libero!-
 
-Ed io starò con te fino alla fine...-
 
Il patto sancito da quelle semplici frasi era stato stipulato; nessuno dei due si sarebbe arreso.
 
Proprio in quel momento qualcuno bussò alla porta e un paio di agenti entrarono con dei vassoi in mano.
 
-Vi abbiamo portato qualcosa da mangiare, buon appetito!- e detto questo uscirono.
 
Steven si accorse che in effetti stava morendo di fame e si domandò chi potesse aver pensato a loro, quando il pensiero si palesò in tutta la sua ovvietà.
 
-Selene...- solo lei poteva aver avuto quest'idea. Non smetteva mai di stupirlo.
 
-Mi aveva chiesto se avevo fame e si è ricordata...- disse Bucky, genuinamente stupefatto.
 
-Lei è fatta così. Si preoccupa per gli altri con piccoli gesti ma sentiti...-
 
Bucky osservò l'amico mentre gli posava davanti uno dei vassoi e notò che gli occhi azzurri di Steve erano scintillanti, mentre parlava di Selene.
 
-Ma dove l'hai trovata?- lo interrogò, curioso, dopotutto avevano tante cose da recuperare.
 
-In biblioteca.-
 
-Mi domando cosa ci trovi in te, allora...-
 
-Cosa vorresti insinuare, Barnes?-
 
-Io non insinuo niente, Rogers, dovresti saperlo...-
 
I due amici si guardarono in tralice per qualche istante prima di scoppiare a ridere.
 
-Steve? Ti ricordi di Danny Edwards?-
 
Steve si limitò ad annuire, in quanto aveva la bocca piena, ma era felice di quella domanda, perché era un'ulteriore conferma del fatto che Bucky avesse recuperato la memoria.
 
-Ti ricordi anche come ti aveva conciato?-
 
-Come potrei averlo dimenticato?
Sono rimasto dolorante per settimane! Perché?-
 
-Perché, quegli strascichi sono niente rispetto a quello che ti farò, se te la lascerai scappare!-
 
-Come l'anno scorso sull'Helicarrier?- indagò Steve.
 
-Peggio!-
 
***
 
Selene camminava lungo i corridoi della base accompagnata dalla dottoressa Simmons e da un altro agente che si era presentato come Fitz.
 
I due le stavano spiegando come mai lo S.H.I.E.L.D. era intervenuto al momento opportuno, ma lei li stava ascoltando con un orecchio solo, troppo preoccupata per il prossimo incontro che l'aspettava.
Cosa mai poteva volere il Direttore dello S.H.I.E.L.D. da lei?
Era una semplice storica, non aveva nessuna abilità o competenza per rimanere lì...
Forse l'aveva chiamata per intimarle di non parlare a nessuno riguardo a tutto quello che aveva visto, cosa che avrebbe fatto, ma non prima di aver esposto una richiesta.
 
I due giovani agenti le parlavano alternandosi, perfettamente in sincronia.
 
-Il Direttore ci ha raccontato che conoscevi Peggy Carter... è vero?-
 
-Sì.-
 
-Lei com'era?- Simmons stentava a credere alla sua fortuna.
Ammirava moltissimo Peggy Carter, donna intelligente e inglese proprio come lei, e finalmente aveva la possibilità di parlarne con qualcuno che l'avesse veramente conosciuta.
 
Selene rifletté un momento prima di parlare: -Non credo di aver così tanto tempo per risponderti!
Per adesso accontentati di eccezionale, va bene?-
 
Jemma annuì, non era molto ma comprendeva il nervosismo di Selene: -Va bene. C'è qualcosa che possiamo fare?-
 
-Potreste portare qualcosa da mangiare a Steven e Bucky per favore?-
 
-Certamente. Altro?-
 
-Come mai vi siete fidati del mio messaggio? Non siete spie dopotutto? E generalmente le spie non si fidano di nessuno- questa era una cosa che l'affascinava -oppure nello S.H.I.E.L.D. 2.0 le cose sono diverse?-
 
-S.H.I.E.L.D. 2.0?-
 
-Scusate tendo a parlare a raffica quando sono nervosa; ho solo pensato che dovevate aver eseguito un upgrade, del tipo S.H.I.E.L.D. 2.0, now free HYDRA... oppure The New SHIELD...
È meglio che stia zitta, lo so, prima di scavarmi la fossa da sola...-
 
-Non fa niente, Jemma è uguale!-
 
-Oh, Fitz!-
 
Selene si rilassò leggermente ad udire quello scambio e quando l'accento scozzese di Fitz arrivò alle sue orecchie, vi prestò attenzione: -Per ritornare alla tua domanda, hai ragione, generalmente le spie sono molto diffidenti, ma il Direttore a quanto pare ti conosce e si fida di te.-
 
-Mi conosce? Ma com'è possibile?-
 
-Lo scoprirai presto; siamo arrivati.-
 
-Ti lasciamo sola, è stato un piacere.-
 
-Anche per me, grazie per avermi accompagnata.-
 
Selene li guardò allontanarsi, poi tentò di rimettersi in ordine, lisciando la maglietta ancora sporca del sangue, ormai secco, di Bucky e passando le dita fra i capelli, nel tentativo di pettinarli.
Trasse un bel respiro e bussò contro la porta a vetri smerigliati.
 
-Avanti!-
 
Abbassò la maniglia ed entrò.
 
-Buongiorno, voleva veder...-
 
Selene si interruppe non appena ebbe messo a fuoco la figura seduta alla scrivania.
 
-Ma... ma lei... lei... è...-
 
-Sono il direttore Coulson, benvenuta signorina Lowell, si accomodi.-
 
Selene si sedette sulla sedia che lui le stava indicando, troppo meravigliata per parlare.
 
-A parte te, c'era qualcuno che andava a trovarla ogni tanto?-
-Non che io sappia; un paio di volte ho incrociato un uomo sul finire della quarantina, un po' stempiato ma non mi sembrava un suo parente...-
 
Il dialogo con Steven le era ritornato in mente... quindi era il Direttore dello S.H.I.E.L.D. in persona che andava a trovare Peggy.
 
I pezzi del puzzle stavano andando al loro posto con estrema facilità, adesso.
Sicuramente il Direttore dopo averla vista dalla nonna aveva indagato su di lei e quando il messaggio era arrivato a destinazione, lui l'aveva riconosciuta.
Per fortuna aveva deciso di registrare un breve video, invece di scrivere il messaggio.
 
-Mi ricordo di lei...-
 
-E io di lei signorina Lowell.-
 
-Quindi è per questo che venuto in nostro soccorso.-
 
-Sì... a tal proposito sono curioso di sapere come ha fatto ad inviare il messaggio- le rispose, cordiale.
 
Selene a quel punto gli spiegò ogni cosa, esattamente come aveva fatto con Steven prima di crollare addormentata.
 
-Ho semplicemente pensato che Steven, il capitano Rogers, avesse bisogno d'aiuto; aiuto che io non potevo dargli. L'idea di fondo è stata questa, trovare il modo di aiutarlo.
Grazie a JARVIS...- Selene si interruppe, per poi riprendere dopo il cenno d'assenso di Coulson -ho elaborato il piano. Ho scritto il messaggio mentre JARVIS cercava attraverso il sistema di comunicazione delle Stark Industries e i contatti personali di Tony Stark, i possibili destinatari della richiesta d'aiuto. 
Poi ho registrato il video, sperando di non doverlo usare... per fortuna sono riuscita a dare l'OK a JARVIS in tempo, prima di essere rapita.-
 
-Ha sentito qualcosa mentre si trovava nella sede della S.S.R.? Qualsiasi dettaglio potrebbe rivelarsi fondamentale!-
 
Selene gli raccontò del piano di Madeleine, di Rumlow, dello scettro di Loki che purtroppo era ancora in mani sbagliate: -... è colpa mia...-
 
Coulson scosse la testa: -Si è comportata molto bene, invece!
Non so quanto conti per lei, ma grazie alle sue azioni e a quelle del capitano Rogers abbiamo potuto scoprire ulteriori altarini nascosti dell'HYDRA.-
 
Selene abbassò lo sguardo, lusingata da quelle parole.
 
-Direttore... non so se posso avanzare questa richiesta, ma Madeleine Zola conosce il mio nome.
Ho paura per la mia famiglia.
Lei potrebbe...-
 
-Ho già provveduto in tal senso, stia tranquilla.-
 
-Grazie!- Selene, a quel punto, riprese a respirare normalmente.
 
-C'è altro che posso fare per lei?-
 
-Non credo...- qui Selene si interruppe come folgorata da un'idea improvvisa -no, aspetti... una cosa ci sarebbe, in effetti...-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'Autrice:
 
Ciao!
 
Attenzione pericolo spoiler se non avete visto le prime due stagioni di AoS!
 
Tutto si è risolto per il meglio, siete contente?
 
Bucky è vivo, sano e salvo, nessuno lo sfrutterà più!
*Dove sono i coriandoli?*
🎉🎉🎉🎉🎉🎉🎉🎉🎉
 
Danny Edwards era il bullo del capitolo cinque, vi ricordavate di lui?
 
Avete finalmente scoperto chi era la persona misteriosa che andava a trovare Peggy.
Coulson!
Andiamo, secondo voi il fan di Cap per antonomasia poteva non andare da Peggy?
La fondatrice dello S.H.I.E.L.D.?
Ovviamente quando avevo scritto il capitolo tre, nel quale accennavo a questo visitatore, non avrei mai immaginato che in AoS avrebbero omaggiato Peggy.
Potete vedere l'immagine in questione qui.
 
Ve la butto là...
Ve lo immaginate Coulson che prova a reclutare Selene dopo averla vista da Peggy...
Ovviamente prima dei fatti di TWS.
Secondo voi lei e Steve si sarebbero conosciuti lo stesso?
 
Secondo me Selene avrebbe rifiutato, non è brava a mentire dopotutto... ^_^
 
Il video messaggio è arrivato grazie ai contatti di Tony. Ho ipotizzato che per vie traverse fosse riuscito a raccogliere parecchie informazioni e contatti, da usare in caso d'emergenza.
 
Finalmente Steve sa che Coulson è vivo!
Cosa che secondo me sapeva già, anche nel MCU.
Perché dico questo?
Perché era un agente di livello 8, all'inizio di TWS e l'agente Ward in AoS viene informato da Coulson stesso al passaggio dal livello 6 al livello 7.
 
Ho inserito anche i miei adorati FitzSimmons!
Come vi sono sembrati?
L'idea originale comunque comprendeva Antoine Triplett, in una sorta di collegamento con il passato.
Selene, la nipote di Peggy.
Madeleine, la nipote di Zola.
Antoine, il nipote di Gabe Jones, membro dell'Howling Commando.
Poi però... sappiamo com'è andata. 😭😭😭😭
 
Nel capitolo dodici ho dimenticato di inserire questa gif, quando Selene informa Steve che il Tesseract è quasi arrivato sulla Terra.
Sembra quasi che dica “Cosa?” non è vero?
 
Piccola anticipazione per il prossimo capitolo...
 
L'outfit di Steven.
 
Siete curiose?
 
Spero che la storia continui a piacervi, ormai siamo alle battute finali, quindi se avete dubbi o altro, questo è il momento perfetto per esternarli.
 
Grazie a you_are_my_hero e Shining_Moon per aver scelto di preferire la storia.
Grazie a AsiaLuna e cat_princesshp per aver deciso di seguirla.
 
Grazie mille a luxu2 (hai visto? Bucky è vivo!), Sandra Prensky ed Ella Rogers (ecco, adesso hai il nuovo capitolo da leggere, contenta?) per le recensioni!
 
Come sempre ringrazio Ella Rogers per tutto il suo sostegno!
Ti voglio bene! ❤️
 
Ciao!
Ragdoll_Cat
P.S. La frase “Non è nelle stelle che è conservato il nostro destino, ma in noi stessi!” è di William Shakespeare.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


 
Ogni giorno arriva con i propri doni. Sciogli i suoi fiocchi.
(Lucio Anneo Seneca)
 

 
 
 
*
 
Era esausto.
Non dal punto di vista fisico, ma mentale.
Aveva trascorso l'equivalente di un giorno intero nella base dello S.H.I.E.L.D. facendo la spola fra Bucky, che si stava riprendendo piuttosto velocemente, l'ufficio di Coulson -la scoperta che fosse sopravvissuto, più o meno, all'attacco di Loki lo destabilizzava ancora- e la sala interrogatori, dove le agenti May e Morse tentavano di far parlare Rumlow, fermandosi lo stretto necessario per mangiare e per dormire.
Selene, in quanto civile, non aveva potuto rimanere lì, quindi era stato costretto a malincuore a riportarla alla Torre, dove però sarebbe stata protetta da parte delle armature di Tony, grazie al “Protocollo Sentinella” attivato da JARVIS.
 
Era il primo pomeriggio di sabato e non vedeva l'ora di riabbracciare Selene, perché quel solo giorno lontano da lei, gli era sembrato infinito.
 
Quando le porte dell'ascensore si aprirono, le sue narici furono salutate da un leggero profumo di vaniglia e da un molto più intenso -e molto più invitante- aroma di cioccolato.
 
Si diresse verso la cucina, dove effettivamente si trovava Selene e rimase spiazzato per un momento alla vista delle condizioni dell'ambiente.
C'erano dolci dappertutto, ogni superficie ne era coperta.
Selene, che gli stava dando le spalle -e che indossava una t-shirt blu che Steve riconobbe come sua- era impegnata a decorare una serie di dolcetti con una sac-a-poche, ripiena di panna.
Per un attimo Steven credette che ne avesse perfino fra i capelli, ma mentre si avvicinava poté notare che invece erano dei cilindri di carta arrotolati e fissati con delle forcine alle ciocche castane.
 
Silenziosamente le arrivò alle spalle e l'abbracciò. 
Di certo, non si sarebbe mai immaginato che Selene strizzasse con così tanta forza la tasca da pasticcere da far finire ovunque la copertura e che in contemporanea lanciasse un grido di terrore.
 
-LASCIAMI!- urlò.
 
-Selene! Sono io! Sono Steven!- replicò lui, lasciandola andare.
 
-Steven! Mi hai spaventata!- gli disse.
 
Steve si diede dell'idiota per non aver pensato al fatto che Selene fosse stata aggredita proprio lì, in cucina: -Scusami...
Io...-
 
-Ho capito Steven...- il tono però non era fermo quanto lei avrebbe voluto che fosse.
 
Steven non disse nulla, ma si limitò a spalancare le braccia dove Selene trovò immediatamente rifugio.
 
-Com'è possibile che per un motivo o per un altro, io finisca sempre fra le tue braccia?- mormorò Selene contro il suo petto, mentre a sua volta, ricambiava l'abbraccio -Non voglio essere una vittima! Non do questo potere all'HYDRA o a Rumlow!-
 
Steven, udendo quelle parole, istintivamente la strinse più forte, perché le minacce di Rumlow udite da dietro il vetro della sala interrogatori, gli erano tornate in mente.
 
Ci riprenderemo il Soldato d’Inverno e anche la tua ragazza.
Non potrai proteggerla per sempre. Mi hai sentito Rogers? Non la rivedrai mai più.
 
-Non preoccuparti, ci sono io qui con te...
Ti proteggerò sempre.
Te lo prometto!- le sussurrò con amore.
 
Per Selene stare fra le braccia di Steven, era come essere avvolta in una calda e morbida coperta e si sentiva al sicuro, quasi fosse protetta da un'inscalfibile botte di vibranio. 
Non c'era un altro luogo in tutto il mondo in cui poteva essere così felice, realizzò.
Percepiva il respiro regolare di Steven fra i capelli, mentre ad occhi chiusi ascoltava il battito del suo cuore.
Cuore che batteva rapidamente, ma quel ritmo aveva un effetto calmante su di lei.
Sorrise brevemente mentre pensava a quanto fosse fortunata per trovarsi con l'orecchio proprio all'altezza giusta per potersi beare di quel suono.
 
Poi sollevò lo sguardo e si morsicò il labbro inferiore, mentre osservava con attenzione la ferita che si trovava all'attaccatura dei capelli di Steven, sopra l’occhio sinistro. 
Ormai era quasi guarita, e presto solo la cicatrice sarebbe rimasta a segnare la fronte.
-A tal proposito...- disse sfiorandogli la fronte con la punta delle dita -questa... è colpa mia... se non...-
 
-Ehi! Cosa sono questi discorsi?- Steven la interruppe mentre le teneva sollevato il mento con le dita -È solo un taglio superficiale! Dovresti vedere quello a forma di stella che ho sulla schiena!-
 
Steven aveva tentato di scherzare, ma le sue parole fecero impallidire ancora di più Selene. 
A quel punto le circondò il viso con le mani e fissandola negli occhi le disse: -Ti ricordi cosa mi avevi detto sulla terrazza l'altra sera?
Che sono sempre pronto ad aiutare gli amici anche quando non vogliono essere salvati anche a discapito della mia incolumità?-
 
Selene annuì, mentre continuava ad ascoltare.
-Per te sarei disposto a farmi marchiare a fuoco, letteralmente, se fosse necessario per saperti sana e salva.
Quindi non sentirti in colpa per nessuna ferita o cicatrice, Selene, perché sono un prezzo irrisorio per averti al mio fianco.
Piuttosto sono io che dovrei sentirmi in difetto, perché mi ero ripromesso di tenerti al sicuro e non è stato così...-
 
-Quando ho deciso di accompagnarti sapevo a cosa sarei andata incontro. 
E rifarei tutto quanto, credimi!-
 
-Non dirlo nemmeno per scherzo! Non sai la paura che ho provato quando ho visto il sangue a terra.-
 
-Non era mio! Ho rotto il naso a un tizio con la bistecchiera...-
 
-Come hai fatto?-
 
-Non lo so... ho agito senza pensare... tipo durante le svendite di campionario.
Credimi, quello è un campo di battaglia...-
 
-Senza pensare? Come quando sei uscita allo scoperto per lanciarmi lo scudo?-
 
-Esattamente! E lo rifarei ancora!- replicò lei con veemenza, mentre il colore tornava sulle sue guance.
 
-È stata una pazzia Selene!-
 
-Lo so da me! Ma non potevo lasciare che ti trasformassero in un obbediente soldatino. Tenendo conto che in più sei un Testone di prima categoria già di tuo, hai idea di quanta forza avrei dovuto usare affinché la ricalibratura cognitiva funzionasse?
Quindi ho agito seguendo il mio istinto sapendo benissimo che era una pazzia, ma dopotutto le persone fanno sempre cose pazze quando sono innamorate…-
 
-Vincerò mai uno scontro verbale contro di te?-
 
-Chi lo sa… di sicuro farmi stare zitta è un’impresa non da poco…-
 
-Oh, ma per quello ho un sistema infallibile…- replicò lui prima di baciarla dolcemente.
 
E quel bacio era ciò che serviva ad entrambi per rasserenarsi completamente.
 
-Selene…? Ma perché stai indossando una mia maglietta?- le domandò, quando si furono separati.
 
-Con tutto quello che è successo ho sporcato tutte quelle che avevo portato con me e questa l’ho trovata in camera tua…-
 
Selene non glielo avrebbe mai confessato, ma la sera prima dopo aver telefonato ai suoi genitori, a nonna Patricia, a Vicky e aver scritto un messaggio ad Albert e a Flynn, aveva avuto un po’ di paura.
 
Aveva paventato tutto il giorno quel momento, quando sarebbe rimasta al buio e da sola, perché magari le terribili vicende di cui era stata protagonista avrebbero infestato i suoi sogni, ma dopo aver indossato la maglietta di Steven  -che recava traccia del suo odore- si era addormentata tranquilla, come se lui fosse stato lì con lei, e aveva dormito un sonno profondo, ininterrotto e senza tormenti.
Magari gli incubi sarebbero arrivati quella notte, chissà, ma lei li avrebbe affrontati per quelli che erano, dei brutti sogni e nulla più, forte della vicinanza di Steven.
 
-La porterò a casa e te la restituirò lavata e stirata, promesso!-
 
-Tienila tu.-
 
-D’accordo… grazie…- gli disse, mentre iniziava a sciogliere il loro abbraccio.
 
-Ehi, dove stai andando?-
 
-Ho ancora un sacco di cose da finire per stasera.-
 
-Stasera?-
 
-Sì! Avevo chiesto a Coulson di tenerti occupato il più possibile, ma visto che sei qui, direi che non è riuscito a fermarti.
Poco male, puoi andare ad allenarti un po’ in palestra, forza, vai!-
 
-Mi stai cacciando dal mio piano, per caso?-
 
-Sì!- replicò, mostrandogli un palmo di lingua -Ma ti voglio qui per le diciannove, mi raccomando, sii puntuale!-
 
-Mi stai nascondendo qualcosa, lo sento…-
 
-Ma certo che sì! Altrimenti perché avrei messo questi diavolini fra i capelli?-
 
-Ecco perché si dice “avere un diavolo per capello”…-
 
-Spiritoso! Non ho portato l’arricciacapelli e sto utilizzando una tecnica che mi aveva insegnato nonna Caterina. Comunque se continui così, puoi scordarti la sorpresa!-
 
-Centrano per caso tutti questi dolci?-
 
-Questi Capcake? Nooooooo, ma che vai a pensare?-
 
-Posso assaggiarne uno?-
 
-No! Sono per Bucky e per gli agenti dello S.H.I.E.L.D.-
 
Steve a questo punto finse di essersi offeso, prima di andare in camera a recuperare il suo borsone.
 
Quando tornò di là, però si avvicinò nuovamente a Selene ben deciso ad assaggiare qualcosa; Selene, che se lo aspettava, fu svelta a girarsi di scatto verso di lui e a fargli così mangiare un pezzo di cioccolato.
 
-Allora? Soddisfatto?- gli domandò, mentre incrociava le braccia sotto il seno.
 
-Quasi!- le rispose lui, afferrandola per i fianchi e attirandola a sé, per poterla baciare come si deve.
 
Quindi quello fu un bacio davvero dolce, senza alcun dubbio.
 
Selene avvertì la pastosità e il sapore del cioccolato all'interno della propria bocca, mentre ad occhi chiusi si lasciò trasportare da quelle emozioni che solo Steven le faceva provare. Si ritrovò bloccata fra Steven e il bancone, ma questa cosa non le diede fastidio, anzi quasi non se ne accorse, occupata com'era.
Le sue mani adesso erano fra i capelli di Steven, intente a spettinare quelle ciocche bionde senza alcun riguardo.
Steven, dal canto suo, la strinse più forte mentre pensava che neppure il cioccolato potesse competere con il sapore dolce che era proprio di Selene.
 
Furono i loro polmoni a cedere per primi, costringendoli così a staccarsi.
Si fissarono, entrambi con labbra lievemente doloranti, le guance rosse e gli occhi scintillanti; il respiro era leggermente affannato, ma non erano ancora sazi l'uno dell'altra e probabilmente mai lo sarebbero stati, quando il timer del forno iniziò a suonare con urgenza.
 
-Io...- Steven si schiarì la voce -...vado allora...-
 
-Sì... mi raccomando, torna alle sette.-
 
-Va bene...-
 
Steven la lasciò andare con riluttanza e si diresse verso l’ascensore, mentre mille pensieri vorticavano nel suo cervello. Stringere Selene a sé, sentire il suo corpo minuto contro il suo e le sue mani fra i capelli, avevano fatto nascere in lui sensazioni nuove, misteriose e profonde, che confondevano non poco le sue percezioni.
 
Selene dal canto suo sospirò, mentre toglieva il dolce dallo stampo; le gambe tremavano appena e le girava la testa. Come poteva un singolo bacio sconvolgerla così tanto? O era Steven a farla sentire così?
Scosse la testa, non aveva tempo da perdere se voleva che tutto fosse allestito per l'ora X.
 
***
 
Mancavano pochi minuti alle sette e lei era pronta.
Selene osservò la propria immagine allo specchio e si studiò con fare critico. 
I capelli, liberati dai diavolini, erano leggermente mossi e le incorniciavano il viso con morbide onde, da cui spuntavano i suoi orecchini a forma di cigno.
 
Il trucco era leggero, un po' di ombretto sulle palpebre e il mascara nero sulle ciglia. Niente rossetto. 
Il vestito, acquistato il giorno prima durante il suo tour de force di shopping, le calzava a pennello, esattamente come le zeppe open toe di corda blu.
 
Il Capitano è in ascensore, signorina Lowell.
 
-Grazie mille, JARVIS!-
 
Prese la borsa a tracolla e uscì dalla camera. 
Era tutto pronto, mancava solo lui... Selene fissò le porte dell'ascensore che si aprirono proprio in quel momento, permettendo così a Steven di uscire dalla cabina.
 
Steve, dopo essersi allenato, si era fatto una doccia al piano della palestra e poi si era vestito per la serata. 
Sentiva che la serata sarebbe stata speciale, quindi aveva deciso di vestirsi un po’ più elegantemente del solito; infatti ora indossava un paio di jeans neri e una camicia leggera, color denim, con le maniche rimboccate fino al gomito.  
I capelli biondi erano spettinati ad arte e il sorriso che aveva sulla faccia era la ciliegina sulla torta.
Sorriso che fu sostituito da un'espressione di pura meraviglia quando i suoi occhi si posarono su Selene.
 
-Sei bellissima!- furono le sue sincere parole.
 
Selene arrossì leggermente e gli sorrise: -Grazie...-
 
Il vestito blu scuro a mezze maniche che indossava non era affatto scollato, ma in compenso era leggermente corto, infatti non arrivava a coprirle le ginocchia. 
La particolarità dell'abito risiedeva nelle due fasce colorate che si trovano sulla parte terminale della gonna.
La prima, quella posta più in alto, era bianca -come la cintura di tessuto che ornava la vita, chiusa con un morbido fiocco laterale- e la seconda era rossa.
Quando l'aveva visto in negozio non aveva saputo resistere e l'aveva acquistato.
 
-Così ti ricorderai la promessa…-
 
-Quale promessa?-
 
Selene ruotò su se stessa in una elegante piroetta, facendo così gonfiare leggermente la gonna: -“Forceful and ready to defend the Red, White, and Blue!”- gli disse, indicando al contempo i colori dell’abito.
 
-Speravo che tu non conoscessi quella canzone…-
 
-Ti è andata male allora…- dopodiché gli si avvicinò e gli disse, con tono gioioso: -Buon compleanno, Steven!- prima di baciarlo con dolcezza.
 
Lui se n’era completamente dimenticato con tutto quello che era successo, ma lei no.
 
-Sei più alta o sbaglio?- le chiese, in quanto non aveva dovuto abbassarsi più di tanto per baciarla.
 
-Non sbagli, è merito del Siero del super soldato ad effetto temporaneo- gli spiegò ridendo, indicando le zeppe che avevano praticamente dimezzato la loro differenza d’altezza.
 
-Ma dove sei stata finora?- le chiese, ridendo a sua volta.
 
-A Washington!-
 
-Perché non ci siamo mai incrociati prima?-
 
-Non lo so... forse non eravamo ancora pronti, forse non era ancora il nostro momento; comunque l'importante è esserci trovati, non tanto il quando!
Dai Steven! È l'ora di aprire i regali!-
 
E dopo averlo preso per mano lo condusse fino al divano, e lo fece sedere di fronte al tavolino di vetro, proprio davanti ai regali che aveva acquistato per lui. Gli passò un pacco quadrato con una busta infilata fra il nastro e la carta con scritto “Per Steven”.
 
Steve l'aprì e il biglietto al suo interno recava stampato un bel “30” sulla prima pagina.
 
-Trenta? Sono nato nel 1918... quindi quest'anno sono novantasette...-
 
-Sapevo che avresti detto così!- replicò Selene sorridendo -Quindi mi sono preparata. Quando vuoi JARVIS!-
 
L'A.I. proiettò contro il muro uno schema pieno di date e di scritte.
 
-Tu sei nato il 4 luglio 1918 è vero, ma ti sei schiantato con la Valchiria nel marzo del 1945, a ventisei anni.
Ho supposto che tu ti sia svegliato nel 2012, perché l'attacco a New York è avvenuto a maggio di quell'anno, correggimi se sbaglio.-
 
-Alla fine di aprile sì, ma dove vuoi arrivare?-
 
-Lo vedrai!
Quindi a luglio di quell’anno ne hai compiuti ventisette. Nel 2013, ventotto, nel 2014, ventinove e oggi trenta.
Sulla carta hai novantasette anni è vero, ma ne hai vissuti solo trenta.-
 
Steve la fissava rapito, mentre Selene parlava con fervore. Aveva gli occhi luccicanti e sorrideva, segno innegabile che era davvero soddisfatta della sua ricostruzione dei fatti.
Vedere Selene all'opera era una cosa che gli piaceva moltissimo, perché traspariva tutta la sua passione per il suo lavoro.
Ed era bellissima.
 
-Hai ragione- le disse -devo ricordarmi di non sfidarti mai riguardo a certi argomenti.-
 
Selene alzò le spalle con fare modesto: -Dai, leggi il biglietto e poi apri i regali, non vedo l'ora!-
 
"Caro Steven, Buon Compleanno!
Ho fissato questa pagina a lungo mentre pensavo a cosa avrei potuto scrivere.
All'improvviso ho capito perché non riuscivo a fermare nulla sulla carta.
Io non ti conosco.
È la verità.
Mi sono innamorata di te, ma non ti conosco ancora.
Non so quali siano i tuoi sogni, le tue aspirazioni o i tuoi obiettivi e tu non sai quali siano i miei.
Ma questo non ha alcuna importanza, perché adesso abbiamo tutto il tempo del mondo per conoscerci.
È vero, ci saranno pericoli dietro ogni angolo, avremo i nostri alti e bassi, eppure non vedo l'ora, perché nulla mi sembra così impossibile o così terrificante se tu sei al mio fianco.
Ora ti lascio con l'unica certezza che ho in questo momento e che da sola è la più importante, perché senza di essa non saremmo qui, in questo particolare istante, nessuno dei due.
Ti amo!
Tua, Selene"
 
Steve dovette sbattere le palpebre rapidamente un paio di volte, commosso dalle parole appena lette, prima di riuscire a parlare: -Grazie!- le disse prima di sporgersi verso di lei e lasciarle un lieve bacio sulle labbra -Ti amo anch'io!-
 
Dopodiché Steve iniziò ad aprire il primo pacchetto, mentre Selene gli scattava una fotografia grazie alla macchinetta digitale che aveva estratto dalla borsa.
 
-Cosa stai facendo?-
 
-Sto documentando il tuo compleanno.-
 
Steve che nel frattempo aveva eliminato la carta colorata si ritrovò fra le mani una scatola vuota, perché il suo contenuto era proprio la macchinetta con cui Selene aveva scattato la foto.
 
-Per fermare i tuoi nuovi ricordi- gli disse -e per avere prova di facce buffe e divertenti!- continuò mentre scattava in rapida successione altre foto, perché l'espressione smarrita di Steven era troppo adorabile.
 
Il regalo successivo era composto da dei libri.
 
Steve aprì il sacchetto e scoppiò a ridere; Selene gli aveva regalato sia “Il richiamo della foresta” che “Zanna bianca”.
 
-Dovrò prestarli a Bucky- constatò mentre sfogliava le pagine.
 
-Sicuramente.-
 
Il terzo libro, Selene l’aveva scelto in onore delle origini di Steven.
 
-“Il viaggio infinito del principe irlandese”- lesse Steve ad alta voce -sembrerebbe interessante.-
 
-Lo spero davvero.-
 
-E questo? “Massime e citazioni latine”.-
 
-Sì, così saprai cosa blatero di quando in quando...-
 
-Le saprò a memoria, promesso!-
 
-Mi suona tanto come una promessa da marinaio, questa...-
 
-No, non da marinaio... ma da Capitano!- replicò lui, mentre sfogliava il libro.
 
-Allora è tutta un'altra cosa!- disse Selene ridendo.
 
-Potresti leggere questa per favore? Sarei curioso di sentire la pronuncia.-
 
-Va bene... 
Da mi basia mille, deinde centum, | dein mille altera, dein secunda centum, | deinde usque altera mille, deinde centum, | dein, cum milia multa fecerimus, | conturbabimus illa, ne sciamus, | aut ne quis malus inuidere possit, | cum tantum sciat esse basiorum.
Baciami mille volte e ancora cento | poi nuovamente mille e ancora cento | e dopo ancora mille e dopo cento, | e poi confonderemo le migliaia | tutte insieme per non saperle mai, | perché nessun maligno porti male | sapendo quanti sono i nostri baci.
Gaio Valerio Catullo.
Non l'hai scelta a caso, vero?-
 
-No...-
 
-Quindi?-
 
-Quindi è ora di confondere le migliaia...- le rispose prima di darle un altro bacio.
 
-Ho ufficialmente perso il conto...- sussurrò Selene dopo che si furono staccati.
Dopodiché si schiarì la gola e porse a Steve l’ultimo regalo.
 
-Selene sono troppi... avrai speso una fortuna...-
 
-Niente di meno di quello che ti meriti! Quindi non fare storie e goditi il tuo giorno!-
 
Steve le sorrise ancora e restò sbalordito una volta di più quando vide il contenuto del pacchetto. Aprì il semplice astuccio di legno che recava la stampa argentata della Winsor & Newton sul coperchio. Pastelli, carboncini, matite, carta vetrata, gomma da cancellare, un blocco a spirale… c’era tutto.
Non mancava nulla.
 
-Selene... io...-
 
-Ti piace?-
 
-Moltissimo! Ma perché?-
 
-Per il tuo “Progetto di fine estate”, così non avrai scuse, dovrai per forza fermare su carta la cosa più bella che hai visto nel ventunesimo secolo. Non sapendo quale tecnica preferisci usare, ho scelto il set più semplice.-
 
-Lo adoro! Non avresti potuto regalarmi niente di più bello.
Ma quando li hai presi?-
 
-Ieri. Sono uscita un paio d’ore, dopo essermi cambiata è ovvio e ho preso tutto quello che mi serviva. E non preoccuparti, Coulson lo sapeva.-
 
Selene si alzò di scatto dal divano ed esclamò: -Adesso è il momento della torta!-
 
-Torta?-
 
-Certo, non si può festeggiare il compleanno senza la torta- Selene gli posò davanti un tripudio di cioccolato con sopra una candelina accesa.
 
Aveva lavorato tutto il giorno per preparare la base al cacao, poi una volta fredda l’aveva farcita con una crema al cioccolato e alla fine l’aveva ricoperta con una glassa fondente sempre al cioccolato. Era la sua speciale ricetta al triplo cioccolato, che generalmente cucinava solo per il compleanno dei suoi familiari.
 
-Esprimi un desiderio e soffia!-
 
Dopo che Steve ebbe spento la fiammella, Selene applaudì brevemente e gli servì una generosa fetta, che il festeggiato spazzolò in pochi minuti.
 
-Era buonissima.-
 
-Grazie per il complimento- le sue fatiche erano state ripagate.
 
-Cosa facciamo adesso?-
 
-Usciamo, che domanda! La serata non è ancora iniziata.-
 
-Per andare dove?-
 
-È una sorpresa! Ma prima…-
 
Selene prese in mano la macchinetta una volta di più e poi la porse a Steven: -È sufficiente che tu prema il tasto argentato per scattare la foto- gli disse mentre gli si accomodava ancora più vicina.
 
Steve fece come gli era stato detto e scattò un paio di foto.
 
-Fammi vedere… per controllare le ultime fotografie scattate devi premere questo pulsante- gli spiegò -incredibilmente non ho chiuso gli occhi! È un miracolo!-
 
Erano proprio carini, con le teste che si toccavano e i sorrisi luminosi, sprizzavano felicità da tutti i pori.
 
-Adesso però dobbiamo andare, altrimenti rischiamo di perdere…-
 
-Cosa?-
 
-Te l’ho detto, è una sorpresa.-
 
Presero l’ascensore e scesero fino in strada dove Selene, dopo essersi infilata l’indice e il pollice in bocca, lanciò un fischio acuto che le permise così di fermare un taxi.
 
Steve le riservò uno sguardo fra l’attonito e il meravigliato.
 
-Che c’è? Sono pur sempre cresciuta a New York! Fermare un taxi con un fischio è essenziale. Monta dai!- gli disse mentre porgeva al tassista un foglietto con la destinazione, pregandolo al contempo di mantenere il segreto.
 
-Fino all’arrivo dovrai tenere gli occhi chiusi però. Promettimelo!-
 
Contagiato dall’allegria e dall’entusiasmo di Selene, Steve annuì: -Te lo prometto.-
 
-Croce sul cuore?-
 
-Che potessi morire.-
 
Durante il tragitto Steve non sollevò le palpebre nemmeno una volta, godendosi il sapore della sorpresa e il tepore delle loro dita intrecciate.
 
-Eccoci arrivati!- il tono di Selene era gioioso.
 
-Adesso posso aprirli?- le domandò, una volta scesi.
 
-Certo! Adesso!-
 
Steve aprì gli occhi e la mascella gli cadde per lo stupore; Selene lo aveva portato al Luna Park di Coney Island, lo stesso dove lui andava da bambino.
 
-Sorpresa! Sorpresa!-
 
-Come ti è venuta in mente un’idea del genere?-
 
-Oh è stato facile…questo Luna Park fa parte della storia di New York, nessun newyorchese può esimersi dal visitarlo e questa caro mio è una cosa che non cambierà mai, quindi un punto per me! Siamo pari.-
 
-Per poco… abbiamo preso un taxi per arrivare qui ed era giallo. Un’altra cosa che non è cambiata. Siamo sette a sei per me.-
 
-Accidenti!-
 
-La sconfitta brucia Lowell?-
 
-Non cantare vittoria Rogers, la partita non è ancora finita!-
 
Mentre scherzavano si erano immersi nella fiumana di gente che affollava il pontile, sempre tenendosi per mano.
 
-Allora, da quale attrazione vuoi cominciare?- gli domandò, mentre osservava la piantina.
 
-Non saprei… che ne dici del Cyclone?-
 
-Sul Cyclone io non ci salgo!-
 
-Perché?-
 
-Perché vomiterei anche l’anima, credimi.-
 
-Anche a me è successo, quando mi ci ha portato Bucky…-
 
-In questo caso…- Selene si avvicinò alla biglietteria e acquistò i crediti necessari per due persone -ecco qua- gli disse porgendoglieli -per te e per Bucky. Così vedrai se il Siero funziona anche in questa circostanza.-
 
Steve li prese e li infilò in tasca: -Hai intenzione di pagare ogni cosa stasera?-
 
-Certo. È il tuo compleanno. Tu pensa solo a divertirti.-
 
E così fu; si divertirono un mondo, salendo sulle attrazioni e mangiando hot-dog (un punto per Selene) come se quella notte non dovesse finire mai.
 
Steve non ricordava un compleanno migliore, probabilmente perché questo era il primo che festeggiava davvero.
 
-Grazie- le disse, mentre erano seduti su di una panchina per riposare un attimo i piedi.
 
-Per cosa?-
 
-Per tutto…-
 
Selene gli sorrise e gli disse: -La vuoi smettere di farmi arrossire? Diamine! Sono arrossita di più durante questa settimana che in tutta la mia vita.-
 
-Mai!-
 
-Allora preparati a perdere la gara!-
 
-Perché?-
 
-Perché ho visto due cose che mi permetteranno di superarti.-
 
-Davvero?-
 
-Sì. I palloncini e…-
 
-E cosa?-
 
-Lo vedrai con i tuoi occhi. Aspetta qui. Non muoverti.-
 
Selene si alzò e si diresse verso un venditore di zucchero filato; con quello era arrivata a quota a nove. Le sarebbe bastato un ultimo oggetto.
 
Con in mano le due nuvole bianche era pronta per tornare da Steven, quando udì pronunciare il suo nome.
 
-Selene? Sei tu?-
 
-Richard!-
 
-Ti trovo bene...-
 
-Grazie…-
 
-Sono tutte e due per te?- le chiese indicando i bastoncini -Non rischi di ingrassare, così?-
 
-No... in realtà...-
 
-Sai, stavo giusto pensando di contattarti l'altro giorno- la interruppe lui.
 
-Perché dici questo?-
 
-Per darti un'altra possibilità. Sai non eri così male...-
 
Selene lo guardò stralunata; aveva sentito bene?
 
-Mi dispiace, ma non sono disponibile- gli disse in tono distaccato e gettando al contempo un'occhiata verso Steven, che in quel momento era chino sulle ginocchia, intento ad allacciarsi una scarpa. Anche da quella distanza Selene poteva vedere il tessuto della camicia tendersi, per seguire i movimenti dei muscoli di Steven.
 
Richard si voltò per guardare anche lui e poi si rivolse a Selene con queste parole altezzose: -Esci con quella montagna di muscoli? Credevo che avessi prospettive più alte. È vero che dopo di me trovare qualcuno che ti stesse ad ascoltare in silenzio senza contraddirti non era un'impresa facile, ma mi sarei aspettato di più da te- concluse con un'espressione accondiscendente stampata in faccia.
 
Per la seconda volta in pochi minuti Selene si chiese se avesse sentito bene; come aveva potuto uscire con uno come lui? Cosa le era passato per la testa? si domandò. Davvero aveva pianto quando lui l'aveva lasciata?
 
Respirò a fondo e con tono fermo e glaciale gli disse: -Non ti azzardare mai più a rivolgermi la parola, brutto becero borioso babbeo.
L'unica cosa positiva della tua patetica esistenza, risiede nel fatto che tu mi abbia lasciato perché sono troppo intelligente per te e questo mi ha permesso di incontrare l'uomo più meraviglioso del mondo; tuttavia, insulta nuovamente Steven e ti farò rimpiangere il fatto di essere sopravvissuto alla battaglia di New York!
Addio, Richard.-
 
E Selene lo superò senza voltarsi indietro.
 
Aveva sprecato un mese della sua vita con quell’imbecille e non gli avrebbe dedicato nemmeno un altro pensiero.
 
Era cambiata, era diventata più forte e questo lo doveva a Steven, che proprio in quel momento le regalò un sorriso che le scaldò il cuore.
 
Richard era rimasto ammutolito dalle parole di Selene, non avrebbe mai pensato che lei potesse rispondergli così e quando vide chi era effettivamente il suo ragazzo sbiancò; era il momento giusto per accettare quel lavoro a Toronto si disse, non voleva correre alcun rischio.
 
-Ecco qua. Lo zucchero filato. Nove a sette per me.-
 
-Certo che fra la torta, gli hot dog, lo zucchero filato… stai cercando di farmi ingrassare, per caso?- le domandò, mentre riprendevano a camminare, dopo aver finito di mangiare lo zucchero.
 
-Oddio! Mi hai smascherata! Ormai non ha più senso nasconderti la verità. In realtà appartengo ad una cellula dormiente dell’HYDRA; talmente dormiente che mi ero addirittura dimenticata di farvi parte…-
 
-Davvero?- replicò Steve, stando al gioco -E come si chiama questa cellula super segreta?-
 
-Ehm… ehm… Ciccydra?-
 
-Una vera minaccia!-
 
Selene a quel punto tornò seria e gli disse: -Steven, scherzi a parte, vorrei dirti una cosa, se posso.-
 
-Dimmi.-
 
-Secondo me, per sconfiggere HYDRA, non dovrai focalizzarti sulle teste, ma puntare al cuore. Senza quello le teste cadranno, perché poenam moratur improbus, non praeterit; il malvagio ritarda il suo castigo, ma non gli sfugge-
 
-E in che modo?-
 
-L’HYDRA vuole solo una cosa, il potere e il controllo assoluto. Nella nostra società il mezzo più rapido per ottenere ciò che si vuole è attraverso il denaro. Se toglierai loro la linfa vitale sarà più facile fermarli. Punta al portafoglio. Minacciali di privarli del loro cuore.-
 
-In pratica mi stai suggerendo di rendergli pan per focaccia. Come loro hanno fatto con me?-
 
-Esatto! Proprio come hanno fatto con te, quando hanno trasformato Bucky nel Soldato d’Inverno.-
 
Steve a quel punto la prese per mano e le disse, con voce dolce: -In realtà io mi stavo riferendo a te...-
 
Selene, ad udire quell’ammissione, arrossì una volta di più.
 
-Cosa c’è?-
 
-È strana come cosa…non sono abituata ad essere definita cuore.-
 
-Non te l’aveva mai detto nessuno?-
 
-Nessuno. Tu sei il primo.-
 
-Davvero?-
 
-Sì… anche alla Tower… nessuno mi aveva mai detto che ero bellissima; carina, elegante magari, ma bellissima mai.-
 
-Stento a crederci.-
 
-È la verità. Sono sbocciata tardi. Ero piccola e magra. Quand’ero al liceo non suscitavo alcun interesse. Così mi sono gettata nello studio e quando sono andata all’università ho continuato lungo quella strada. Sono uscita con qualche ragazzo, questo sì, ma niente di che. Avevo la mia famiglia che mi voleva bene, le mie amiche, ero felice… ho avuto un solo momento di défaillance tre anni fa, quando ho frequentato un imbecille per un mese, ma non ha funzionato.-
 
Mentre l’ascoltava in silenzio, Steve capì fino in fondo come mai Selene si fosse impegnata così tanto per aiutarlo. Per certi versi loro due avevano vissuto delle vite simili, ma a differenza di Selene -che nonostante tutto era diventata una persona splendida e solare- lui non aveva una famiglia su cui poter contare; lui aveva avuto solo Bucky.
 
E lei lo aveva capito. Aveva intuito quanto contasse il suo migliore amico per lui e si era prodigata per aiutarlo. Non gli aveva permesso di cedere, gli aveva aperto gli occhi quando stava per abbandonare tutto. Lei aveva mantenuto la promessa: era rimasta al suo fianco.
 
La sua confessione gli aveva dato un ulteriore motivo per amarla. E per proteggerla. Anche se aveva come l’impressione, che molto presto Selene sarebbe stata in grado di proteggersi da sola.
 
-E perché non ha funzionato?- le domandò con fare distaccato, anche se dentro stava esultando.
 
-Non lo so- gli rispose alzando le spalle -forse inconsciamente sapevo che non era l’uomo per me. Non era qualcuno per cui mi sarei trasferita su due piedi per darti l’idea.-
 
-Non era quello giusto…-
 
-Già… stavo aspettando qualcuno come te, per cui valesse la pena di compiere qualche pazzia. Tipo Alcesti per il suo Admeto- Selene si interruppe e scosse la testa -No, non qualcuno come te, io stavo aspettando te.
Sai una cosa Steven? Normalmente io arrivo con l’orecchio all’altezza del tuo cuore e pur essendo una cosa che mi piace moltissimo, perché così posso ascoltare il suo ritmo, ti amerei lo stesso anche se tu fossi un asmatico di quaranta chili.-
 
Non poteva esserci dichiarazione più sincera e spontanea di quella.
Selene aveva aspettato Steven per tutta la vita. Non qualcuno come lui, ma proprio lui.
 
Steve le passò un braccio intorno alla vita e l’attirò a sé per darle un bacio, infischiandosene del fatto che fossero in luogo pubblico.
 
-Prima del Siero ne pesavo quarantatré, per essere esatti- le sussurrò, dopo essersi staccati.
 
-Volevo dire che tu per me sei più di questi ondeggianti pettorali, l’hai capito vero?
Non che mi infastidiscano, sia chiaro. Mi piace quando mi abbracci, mi sembra di sparire e al tempo stesso mi sento protetta. Non riesco ad immaginare niente di meglio.-
 
Era sincera, ma mentre parlava le ritornò in mente il momento vissuto poche ore prima in cucina; se non avesse suonato il timer del forno, loro…
 
Non riuscì a pensare ad altro però, perché Steven l’aveva baciata ancora.
 
Poi Steve, tenendole il viso fra le mani le disse: -Selene, certo che ho capito. Tu mi fai sentire forte. Non fisicamente, quello l’ho assimilato da un pezzo, ma nel profondo. Tu mi rendi forte dentro. E felice. Sì, perché quando sono con te io sono davvero felice, perché posso stringerti a me e anch’io non riesco ad immaginare niente di meglio.-
 
Anche lui era sincero, ma il sogno che aveva fatto unito all’episodio avvenuto in cucina, lo fece riflettere… e se…
 
Prima di addentrarsi in terreni pericolosi, tipo notare quanto lunghe fossero le gambe di Selene, Steve cercò una via d’uscita.
 
-Selene… ma fra te e Flynn…-
 
-Fra me e Flynn cosa?-
 
-Sì… insomma…- continuò, arrossendo vistosamente.
 
-Sì, insomma cosa?- gli domandò aggrottando le sopracciglia, perplessa.
 
-Oddio! Lascia stare! Si sta ripetendo la storia della fondue un’altra volta.-
 
-“La storia della fondue”? Che storia è?-
 
-Lascia perdere.-
 
-Eh no! Dimmelo, dai Steven, sono curiosa!-
 
-No!-
 
Di fronte a quel rifiuto, Selene passò all’attacco, dandogli un doloroso pizzicotto al fianco sinistro.
 
-Ahi!-
 
-Te l’avevo promesso, no? Avanti parla!-
 
-Ma come diavolo hai fatto? Che male!-
 
-Ho un fratello maggiore, ricordi? Quand’eravamo piccoli, le battaglie erano frequenti, quindi so dove colpire con assoluta precisione… quindi o mi racconti la storia o passerò al terribile solletico.-
 
-Va bene…- Steve le raccontò del malinteso con Peggy riguardo lei e Howard e di come si fosse reso ridicolo sia a bordo dell’aereo che successivamente presso la base della S.S.R. a Londra. Poi aggiunse che dopo lo scongelamento aveva imparato il francese proprio per evitare altri malintesi del genere.
 
Al termine, Selene aveva le lacrime agli occhi per il troppo ridere, però riuscì a dirgli: -Ho capito tutto, sia perché hai detto “on va voir” e come mai avevi tradotto letteralmente le parole di Vicky.
E per la cronaca Gelosone, Flynn è fidanzato con la mia amica Tiffany. Lui è sempre stato solo ed esclusivamente un amico per me.-
 
-Ho capito; adesso possiamo cambiare discorso per favore?-
 
-Va bene Steven, e ti prometto che non racconterò a nessuno questa storia, insieme alla questione Captain America arancione.-
 
-Lo apprezzo moltissimo.
Riguardo al tuo “Progetto di fine estate” sai già che gatto vorresti prendere?-
 
-Ancora non lo so, ma credo che in aggiunta al gatto, visto tutto quello che è successo, mi prenderò anche una borsetta nuova.-
 
-D'accordo. Andremo insieme. Giovedì...-
 
-Giovedì?-
 
-Sì... lunedì non devi forse tornare a Washington, per la conferenza che si terrà martedì?-
 
Selene lanciò un gridolino e gli buttò le braccia al collo: -Te ne sei ricordato!-
 
Quella era un'altra conferma. Steven aveva capito quanto il suo lavoro, la sua passione, fossero importanti per lei. E soprattutto le stava lasciando i suoi spazi per recuperare un po' di normalità.
 
-Grazie...- mormorò.
 
-Ma tornerai vero?-
 
-Niente mi terrà lontana da te.-
 
-Ti cercherei ovunque lo sai questo? Farei pazzie per ritrovarti, perché dopotutto, le persone fanno sempre cose pazze quando sono innamorate…- le disse inarcando le sopracciglia e sorridendole.
 
Selene gli sorrise di rimando e gli rispose: -Lo so. Anche se l’idea di stare lontani non mi entusiasma; perché la lontananza fa all’amore quello che il vento fa al fuoco; spegne il piccolo, scatena il grande.
Ma se nemmeno l’HYDRA è riuscita a separarci, cosa vuoi che siano qualche centinaio di chilometri?
E tu piuttosto? Cosa farai mentre non ci sono?
Dovrò preoccuparmi per la tua incolumità?-
 
-Esagerata. 
Mentre ero in palestra JARVIS mi ha detto che Tony sta per tornare in città. Prima di gettarmi di nuovo nella mischia ho intenzione di raccontargli tutto.-
 
Non serviva specificare cosa intendesse Steve con “tutto”. 
Doveva essere sincero e dire la verità.
 
-Quindi sì, dovrò preoccuparmi.-
 
-Credevo che mi avresti incoraggiato con una citazione latina...-
 
-Ma per chi mi hai preso?-
 
-Per una Lowell.-
 
Selene mise il broncio ma essendo una Lowell appunto, accettò la sfida.
 
-Non è in latino, ma... “Più l’uomo sa e più perdona”. Contento?-
 
Steve si limitò ad annuire ma lei non aveva ancora finito: -Comunque per quando saremo lontani…-Selene lo prese per mano e lo trascinò fino ad una macchinetta per le fototessere e dove si scattarono una coppia di foto divertenti alternate ad altre più romantiche.
 
-Ecco. Così non ci dimenticheremo- gli disse consegnandoli un paio di foto, mentre ne infilava altrettante nella tracolla, da cui prese due quarti di dollaro -e queste conservale come promemoria; così ti ricorderai di chiamarmi, visto che non hai più un cellulare.-
 
-D’accordo. Ma non voglio pensare ai prossimi giorni, concentriamoci su domani. Andrai in chiesa visto che è domenica?-
 
-Sì.-
 
-Posso accompagnarti?- non glielo stava domandando solo perché non voleva stare lontano da lei, ma anche perché voleva ringraziare Dio per avergli permesso di trovare Bucky e per avergli fatto incontrare Selene.
 
-Non sei obbligato, però i dolci non rischierebbero di venir mangiati prima del tempo, in effetti…-
 
-Vuoi che ti accompagni: sì o no?-
 
-Mi piacerebbe molto- gli rispose sorridendo -anche se…-
 
-Anche se…?-
 
-Anche se mi hai detto una bugia…-
 
-Quale bugia?-
 
-Mi avevi detto che non sapevi ballare. Mi hai mentito. L’ho visto con i miei occhi.-
 
-Quando?-
 
-Mentre combattevi. C’era armonia nei tuoi movimenti, ogni mossa si incastrava perfettamente con la precedente e con la successiva, sembra davvero che tu stessi danzando; hai fatto pure qualche volteggio. In aggiunta quando atterri sembri un gatto, perché cadi sempre in piedi. E questa è una cosa che mi piace moltissimo- gli rispose con un sorriso ammirato.
 
-In quale momento avresti notato tutte queste cose?-
 
-In palestra quando hai usato la Salmon Ladder; lì ho visto il tuo atterraggio in perfetto stile gatto. E mentre ti guardavo lottare, non riuscivo a distogliere lo sguardo, probabilmente per pura invidia; stavi ballando punto e basta.-
 
Steve la prese per mano e con voce dolce le disse: -Allora se vuoi ti insegno.-
 
-A ballare?-
 
-Sì- le rispose dolcemente.
 
-Esattamente come mi hai insegnato a scassinare una serratura con una forcina?-
 
-Vorresti davvero imparare a fare quello?-
 
-Potrebbe rivelarsi utile… Ma come mai lo sai fare? Sono curiosa.-
 
-Avevo la pessima abitudine di dimenticare le chiavi di casa, dentro casa, quindi dovevo aprire la porta in un’altra maniera. Con una graffetta o con una forcina appunto.-
 
-Eri proprio un artista… con la testa fra le nuvole…-
 
-Bucky alla fine mi ha convinto a fare una copia e a nasconderla sotto un mattone che si trovava vicino alla soglia…-
 
-Bravo Bucky!-
 
-Selene! Le forcine! Un punto per me! Sto recuperando!-
 
-Accidenti!-
 
-Ma non mi hai ancora risposto… vorresti imparare a ballare?- le domandò una volta di più, guardandola negli occhi e inarcando con fare ammiccante le sopracciglia.
 
-SÌ!-
 
-Allora iniziamo- le disse prendendola per mano -Sali sopra i miei piedi.-
 
-Sul serio?-
 
-Certo. Io ho imparato così, mamma era un’ottima insegnante e poi domani potrò raccontare a Bucky di come mi hai massacrato i piedi.-
 
-Non oseresti!-
 
-Vedremo…-
 
Mentre parlavano, Steve aveva passato la mano destra lungo il fianco della giovane, per poi posizionarla al centro della schiena; la sinistra invece era stretta intorno alle dita della mano destra di Selene.
 
-Pronta?- le chiese, sorridendo.
 
-Sì, ma smettila di fare quella cosa con le sopracciglia. Non riesco a concentrarmi altrimenti.-
 
-Cosa farei con le sopracciglia?-
 
-Le sollevi in un modo irresistibile e… lo stai facendo anche adesso! Davvero Steven, vuoi farmi bruciare qualche neurone? Perché, se continui così, accadrà sicuramente!-
 
Steve scoppiò a ridere; adorava la sincerità di Selene, perché grazie a lei e ai suoi modi schietti e diretti, il ragazzo di Brooklyn aveva ripreso forza e vitalità. Pensava a queste cose mentre l’osservava; era davvero bellissima, con le guance lievemente arrossate e completamente concentrata nel seguire i suoi movimenti nel tentativo di impararli.
 
Il pontile si era svuotato, in quanto le persone si stavano dirigendo verso un determinato punto del Luna Park e quindi erano da soli, liberi e felici.
 
-Selene, posso chiederti una cosa?-
 
-Sicuramente.-
 
-Se ci fossimo conosciuti negli anni quaranta, avresti ballato con me? -
 
Selene lo guardò negli occhi -adesso era ancora più alta e poteva immergersi nelle iridi chiare di Steven con maggiore facilità- e gli disse con tono sicuro: -No.-
 
-No?- Steven era incredulo -Perché?-
 
-Per il semplice fatto che non me lo avresti chiesto. Sbaglio forse?-
 
-In effetti hai ragione…-
 
-Non potevo di certo chiedertelo io, ti pare? Una signorina perbene avrebbe atteso l’invito.-
 
-Signorina perbene?-
 
-Certo, sarei stata irreprensibile.-
 
-Non saresti stata un pesce fuor d’acqua in un club?-
 
-Sicuramente, ma Vicky mi avrebbe costretto ad accompagnarla, non credi? Se fosse stato per me, sarei rimasta a casa ad ascoltare programmi radiofonici mentre lavoravo a maglia…-
 
-Sai lavorare a maglia?-
 
-Io no, ma la Selene degli anni quaranta di sicuro. Sarebbe stato il suo lavoro di guerra, sferruzzare maglioni per i poveri ragazzi al fronte.-
 
-Nove.-
 
-Nove, cosa?-
 
-Cose che non sono cambiate. Il lavoro a maglia. Siamo pari.-
 
-Eh già- in quel momento il gioco non aveva alcuna importanza per Selene, perché stretta a Steven si sentiva già una vincitrice. Sensazione che comunque provava anche lui.
 
-Cosa avresti fatto una volta al club?-
 
-Vicky sarebbe stata invitata immediatamente a ballare ed io sarei rimasta a fare da tappezzeria. Avrei osservato l’ambiente e chissà magari ti avrei visto; tutto fiero nella tua nuova divisa da “Monuments Man”. E tu avresti visto me, ma temendo un rifiuto non ti saresti mosso di un millimetro.-
 
-Aspetta… un “Monuments Man”? E cosa avrei fatto?-
 
-Con la tua preparazione scolastica saresti stato il candidato perfetto.
Avresti salvaguardato il patrimonio artistico europeo, minacciato dalla distruzione ad opera di bombe e dagli sciacalli che avrebbero tenuto per sé opere di inestimabile valore. -
 
-Sono davvero lusingato da questo tuo pensiero.
Ma per tornare al discorso di prima, come si sarebbe evoluta la situazione?-
 
-Vediamo…- Selene arricciò un momento il naso e chiuse gli occhi mentre pensava -Ce l’ho!- esclamò all’improvviso.
 
-Ormai rassegnata a trascorrere una serata noiosa non mi sarei accorta che nel frattempo mi si era avvicinato un ragazzo dai capelli scuri, che mi avrebbe parlato così “Salve, mi chiamo Bucky. Il mio amico Steve” e qui ti avrebbe indicato “avrebbe tanto voluto chiederle di ballare, ma ha un terribile mal di gola ed è praticamente senza voce… accetta lo stesso il suo invito, signorina…?” e qui io avrei risposto con un “Molto volentieri. Il mio nome è Selene, a proposito.”-
 
-Avresti accettato sul serio?-
 
-Certamente! Bucky mi avrebbe portato da te, ovviamente tu eri all’oscuro di tutto e soprattutto non avevi il mal di gola “Steve? Ti presento Selene. Tranquillo, le ho spiegato che sei senza voce e che altrimenti saresti andato di persona ad invitarla a ballare.
Vado a prendere qualcosa da bere, non preoccupatevi per me.
Quasi dimenticavo, Steve prima, mi ha detto che sei bellissima.” E se ne sarebbe andato, lasciandoci soli.-
 
Steve l’aveva ascoltata rapito, in effetti la vicenda sarebbe potuta svolgersi proprio così.
 
-Sarebbe stato un comportamento alla Bucky, ma alla fine non avresti mai ballato con me; in una stanza piena di altri ragazzi in divisa non avresti notato un piccoletto asmatico…-
 
-Senza offesa ma non lo puoi sapere. E comunque stiamo ballando adesso no?- niente avrebbe smosso Selene dalla sua posizione.
 
Steven scoppiò a ridere e le disse: -Sai una cosa?
Sarai la mia rovina, Selene Allegra Lowell! Dico sul serio!-
 
-E tu la mia, Steven Grant Rogers!-
 
Si scambiarono un altro dolce bacio e poi Selene, una volta scesa dai suoi piedi, prese lo smartphone dalla borsetta e cercò una traccia audio per poter ballare sul serio. Alla fine optò per la canzone che aveva fatto ascoltare a Steven quando erano arrivati alla Torre; le prime note di “Palladio” iniziarono ad uscire dal piccolo altoparlante dell’apparecchio che Selene posizionò all’interno del taschino destro della camicia di Steven.
 
Selene dimostrò di aver imparato i semplici passi che Steven le aveva insegnato, mentre lui la faceva roteare brevemente, quel tanto che bastava per gonfiare la morbida gonna del vestito e per farla ridere di cuore. Poi l’attirò a sé e la strinse forte, felice.
 
Selene, che teneva appoggiato il mento sulla sua spalla, gli sussurrò: -Promettimi che farai attenzione. E basta con gli S.S.R., gli Sfondamenti Stile Rogers; opta per le S.S.R., le Strategie Studiate Razionalmente.-
 
Lo sentì ridere e poi la sua voce fu come una rassicurante carezza: -Starò attento, te lo prometto. Ma non devi preoccuparti.-
 
-Questo non te lo posso promettere io; sarò sempre leggermente preoccupata perché sei un soldato dopotutto. In più mi hai fatto diventare egoista.-
 
-Egoista?-
 
-Sì- Selene piantò i suoi occhi verdi in quelli color del cielo di Steven, prima di parlare ancora -perché l’unica cosa a cui penso sei tu.-
 
-E saresti egoista per questo motivo?-
 
-Sì, perché nella mia mente gira un solo aggettivo possessivo.-
 
-Quale?-
 
-Mio.-
 
Steven le sorrise e le rispose: -Tuo.-
 
-Tua.-
 
-Mia.
Anch’io sono diventato egoista. E mi piace.-
 
In quel momento iniziò lo spettacolo pirotecnico per la Festa dell’Indipendenza e quindi Steven si appoggiò con la schiena al parapetto che delimitava il pontile, mentre circondava la vita di Selene con un braccio, così da stringerla a sé; poi entrambi volsero il naso all’insù per osservare i lampi di luce colorati.
 
-Sai una cosa? Mi sono sbagliato prima. Sei tu il regalo più bello per il mio compleanno, Selene. Solo e soltanto tu.-
 
-Scommetto che lo dici soltanto perché ho un fiocco alla cintura…- lo stuzzicò, ridendo.
 
-No, lo dico perché ti amo.-
 
-Mi ami? Dev’essermi sfuggito… potresti rinfrescarmi la memoria?-
 
-Molto volentieri.-
 
Selene gli posò un dito sulle labbra e gli sussurrò: -Una cosa che non è cambiata? Il primo bacio. Ogni relazione ne ha sempre uno e sempre sarà così. Quindi ho vinto io.-
 
-Allora questo bacio sarà per festeggiare la tua vittoria.-
 
-La nostra, perché il nostro primo bacio sarà per sempre nostro.-
 
Sapevano benissimo che quel momento di perfezione non sarebbe durato per sempre, perché nuove sfide si stavano già stagliando all’orizzonte, ma insieme ce l’avrebbero fatta. L’amore che provavano l’uno per l’altra sarebbe stato la loro forza, non la loro debolezza.
 
 
FINE
 
 
 
Angolo mio:
 
Prima di tutto dovete cliccare QUI!
È un ordine! 
Questo è uno dei più bei regali che io abbia mai ricevuto!
 
GRAZIE MILLE LADYREALGAR! 💖
 
Come al solito ecco qualche gif per rendere più comprensibile la lettura.
 
Ecco il famoso Capcake! Sono pessima, lo so.
 
I regali:
 
-I primi tre libri esistono veramente, Zanna Bianca e Il richiamo della foresta sono di Jack London e Il viaggio infinito del principe irlandese è di Padraic Colum. Massime e citazioni latine invece è frutto della mia fantasia, ma basterà cercare in libreria per trovare alcune raccolte in tal senso.
 
-Il set da disegno lo potete trovare qui.
 
Nel bene e nel male, vi sono piaciuti questi regali? E la torta?
 
La canzone nominata da Selene è questa. Ma l’avevate già riconosciuta, lo so.
 
Qualche altra immagine di Steven elegante non fa di certo male, tipo...
Questa, questa e questo bel primo piano.
Anche questa.
Qui potete vedere l'espressione di Steve mentre ascolta Selene riguardo il suo compleanno. È adorabile secondo me!
E questa smorfia? 😍
 
Quando Selene afferma che Steven atterra come un gatto, sempre in piedi, è nel giusto, perché Steve lo fa!
 
A differenza sua. Ma noi gli vogliamo bene lo stesso.
 
A proposito di piroette…
 
Civil War 1 (Questa mi piace moltissimo!)
 
Se questo non è saper ballare, allora ditemelo voi!
 
La canzone Palladio. Ve l’avevo detto che sarebbe servita a qualcosa.
 
Quando Steven insegna a Selene a ballare, le dice di salire sopra i suoi piedi. Un dialogo tagliato da The First Avenger è stato illuminante in tal senso. Lo potete trovare qui.
 
Le persone fanno sempre cose pazze quando sono innamorate, è una frase tratta da “Hercules”.
Così come gli ondeggianti pettorali.
 
Qui potete vedere Megara e qui Ercole.
 
Notato niente riguardo a lui?
 
Dai, guardate meglio! Le sopracciglia!
 
Non vi viene in mente nessuno che le solleva in modo irresistibile?
 
Tipo lui? (Questa è l’espressione che ha quando cerca di estorcere a Selene un cupcake).
Anche qui non scherza! E neanche qui.
 
Nella stesura iniziale Richard non era contemplato, ma poi non ho resistito! Dai sfogatevi! 😈😈😈
 
Avete mai sentito parlare di Alcesti e Admeto? Se così non fosse, passate qui e capirete quanto Selene ama Steven, fin dove si spingerebbe per lui.
 
“Più l’uomo sa e più perdona” è una frase di Caterina II di Russia.
 
 
 
Care lettrici, siamo giunte alla fine.
 
Vi ringrazio per avermi accompagnato in quest'avventura.
 
Ci sono cose lasciate in sospeso, quindi sentire parlare ancora di Selene Allegra Lowell, lo prometto. Questo non è un addio, ma un arrivederci!
 
Grazie a tutte voi che avete scelto la mia storia per le liste speciali:
 
Per averla preferita:
 
Armidia
Bebba91
Chrona00
DalamarF16
Defiance 
Ella Rogers
grace18
lostinmind_ 
MarsIsComing
mignolina94 
rossella986 
Selene Black 
Shining_Moon 
StephaniePlum26
you_are_my_hero
_beproudofme
 
Per averla ricordata:
 
CloveRavenclaw39 
GioTanner 
LillaPizzi94 
Sandra Prensky 
Sofy_Candy
Zakurio
 
Per averla seguita:
 
AsiaLuna 
Astrea9993 
camillaperrystyles 
cat_princesshp 
Chic
Chrona00 
Dark_wings2 
Defiance 
Delta_97 
Ella Rogers 
Fex89 
HORANge_carrot 
Lady Windermere 
LadyRealgar
luxu2 
MarsIsComing 
michela30 
Natalia_Smoak 
Sary_Potter_394 
SerenaG 
shoppingismylife 
sirina89 
SweetSmile 
_Alessia_C95
 
Grazie mille a tutte voi, che mi avete lasciato le vostre impressioni:
 
Natalia_Smoak
Eruanne 
Ella Rogers 
LadyRealgar 
DalamarF16  
Sandra Prensky 
Lady Windermere 
LillaPizzi94 
Defiance 
_Alessia_C95 
Ravinpanica 
Selene Black 
luxu2
 
Davvero mille volte grazie!
 
Lettori e lettrici silenziosi ringrazio anche voi; spero che la mia storia vi sia piaciuta.
 
Grazie anche a chi ha aperto solo ora la storia, a chi ha letto un solo capitolo, a chi l'ha letta e poi abbandonata (se vi ho deluso, vi chiedo scusa), a chi l'ha letta più e più volte.
GRAZIE! 
Se un giorno vorrete lasciarmi due parole, fate pure, anche se sarà passato un mese, o due o anche anni, non preoccupatevi io leggerò e vi risponderò.
 
Anche se non leggerà mai queste parole, vorrei ringraziare Chris Evans, perché è grazie a lui e alla sua bravura se Steven Grant Rogers mi ha conquistato. Ha saputo rendere Steve vero, con i suoi pregi e i suoi difetti. Grazie Chris!
 
Grazie a Mary Laura che ha ascoltato questa storia in anteprima.
 
Ringrazio anche _Alessia_C95 per aver consigliato all'interno del suo salotto la mia storia. 😊
 
Ora vorrei ringraziare moltissimo due ragazze speciali che mi hanno sostenuto e aiutato lungo tutti questi mesi.
 
LadyRealgar, grazie mille per il tuo sostegno e per i tuoi disegni. So che gli Steggy sono inarrivabili ma ti ringrazio per aver dato una possibilità a Selene. Ti voglio bene! ❤
 
Ed infine vorrei ringraziare la mia Super Sister Ella Rogers. Se sono arrivata alla fine di questa storia è merito tuo! Mi hai sempre consigliato e hai sopportato le mie infinite paranoie (credetemi l’ho sommersa, povera Ella!). Grazie per avermi sostenuto in questa fatica, per avermi rassicurato quando temevo di aver creato Selene troppo perfetta, al limite della “Marysuenaggine”. Grazie per l’aiuto con le scene d’azione, il mio punto debole. Le nostre chiacchierate sono state una mano santa per la mia ispirazione. Grazie per le risate che mi hai regalato e per il semplice fatto di esserci stata. SEMPRE! Ti voglio un mondo di bene! 💖💖💖💖💖💖
 
 
 
Ora se siete sopravvissute a tutto questo zucchero, ho un annuncio da fare!
 
Ho intenzione di scrivere un AU con protagonisti Steven e Selene. Lui sarà un detective della polizia di New York e lei sarà un’abilissima ladra dal cuore d’oro. La trama detta così potrebbe non sembrare un granché, ma se vorrete darmi una possibilità cercherò di non deludervi. Non c’è ancora nulla di scritto, quindi se la cosa vi interessa, mandatemi un messaggio e io vi avviserò quando inizierò a pubblicare. Sarà nella sezione Avengers comunque, perché bene o male ci saranno più o meno tutti; senza poteri o abilità particolari, ma spero di rimanere lo stesso fedele alla loro caratterizzazione. Allora cosa ne dite? L’idea vi piace?
 
Questo è tutto!
 
Alla prossima!
 
Ragdoll_Cat  
 
 

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