Dolce Vendetta

di Temperina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prologo ***
Capitolo 2: *** 2. Rapimento ***
Capitolo 3: *** 3. Vendetta ***
Capitolo 4: *** 4. Ritorno ***
Capitolo 5: *** 5. Anello ***
Capitolo 6: *** 6. Che fine ha fatto l'anello? ***
Capitolo 7: *** 7. Non siete dalla stessa parte! ***
Capitolo 8: *** 8. Amore ***
Capitolo 9: *** 9. Rimorsi ***
Capitolo 10: *** 10. Matrimonio ***
Capitolo 11: *** 11. Voglio tutto di te ***
Capitolo 12: *** 12. Nulla è davvero impossibile ***
Capitolo 13: *** 13. La vita è meravigliosa ***



Capitolo 1
*** 1. Prologo ***


Prologo

<< Guarda che non ho l’abitudine di rapire gli uomini >> si ribellò Lee Eunhyuk, la schiena rivolta verso la grande vetrata affacciata sulla principale strada di Seoul, Sejong-daero. << Può darsi che io sia considerato spietato…ma negli affari. Mai niente di personale >>.
<< A volte, non sono sicuro che non vi sia nulla di personale nel tuo atteggiamento >> borbottò Choi Siwon, quasi parlando a se stesso.
Eunhyuk si voltò bruscamente per fronteggiare il titolare della Today Art, l’unica persona ad avere più potere di lui nell’azienda. Siwon era il capo nominale tuttavia, in quanto presidente, Eunhyuk era il direttore esecutivo. << Non ci crederai, ma perfino io ho degli scrupoli, e mi rifiuto di rapire qualcuno >> dichiarò.
<< Stai fraintendendo le mie intenzioni: non ho mai parlato di rapimento. Donghae è il fratello più giovane di mio marito, ha solo ventidue anni. Quello che voglio fare è solamente proteggerlo >>.
Eunhyuk gli rivolse un’occhiata obliqua. << Tu intendi dire che vuoi proteggere Kyuhyun >>. Siwon non rispoese e Eunhyuk sorrise amaro. << Nemmeno a te e a tuo marito piace quell’americano,Henry Lau… >>
<< Abbiamo le nostre buone ragioni, e tu lo sai >>.
<< Così tutto ciò che vuoi realmente è difendere Kyuhyun da notizie che non gli farebbero piacere >>.
Siwon lo fissò pensieroso, aveva le labbra serrate in una smorfia e i lineamenti tirati. Gli occhi neri si velarono.
<< Kyuhyun non può perdere questo bambino. Non potrebbe sopportare una notizia del genere adesso, e io preferirei essere dannato piuttosto che fargli venire patire un altro aborto >>.
Le parole di Siwon erano venate dal dolore e dalla rabbia per il senso d’impotenza che provava.
Eunhyuk era a conoscenza dei due precedenti aborti di Kyuhyun: l’ultimo era successo non più di un anno prima, quando la gravidanza era già abbastanza avanti.
Kyuhyun ne era uscito distrutto e Siwon si era preso sei settimane di ferie per stare vicino al marito. Era stato allora che Eunhyuk aveva asunto il controllo della compagnia.
Sfortunatamente per lui, Siwon non si rendeva conto di giocare il gioco che Eunhyuk aveva preparato; non si rendeva conto che ogni sua mossa rafforzava il potere dell’altro uomo indebolendo il proprio.
<< Sono fortunato a potermi fidare di te >> mormorò Siwon rilassandosi. << Se non fosse per te ci troveremmo davvero in grossi guai >>.
Eunhyuk si irrigidì, in un sussulto di coscienza, di fronte all’onesta gratitudine di Siwon. Detestava le emozioni contrastanti che provava in quel momento. Tentando di ignorarle si voltò verso la grande vetrata, da dove vide il sole calante illuminare il profilo di Seoul.
Per la prima volta da molto tempo, si disprezzò per quello che stava facendo contro i Choi.
Detestò i segreti che teneva seppelliti nel cuore, quelli che lo avevano portato a una serie di azioni per distruggere Siwon e i Choi, comunque adesso era troppo tardi per tirarsi indietro.
Fissando ancora il profilo delle case si sentì oppresso dal peso di un oscuro passato: poteva sentire la preoccupazione di Siwon per il marito, le responsabilità che lo opprimevano, e avrebbe quasi voluto mettere in guardia.
Non fidarti di me. Non sentirti al sicuro con me. Non lasciare che io mi avvicini alla tua famiglia.
Ma non disse nulla. Soffocò il senso di colpa, ripetendosi che i problemi di Siwon non lo riguardavano. Le perdite di Siwon non erano le sue.
Trasse un profondo respiro, soffocando le proprie emozioni, e ricordò a se stesso che non si trattava di una banale ostilità. La sua era vendetta.
Lo doveva a sua madre.
Il ghiaccio avvolse il suo cuore, e con nuova determinazione si volto a fronteggiare il suo segreto,mortale rivale.
<< Qual’era il piano? >>

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Capitolo 2
*** 2. Rapimento ***


Rapimento

<< Stai tranquillo, fai quello che ti viene detto e vedrai che tutto andrà per il meglio >>.
Era stato rapito. Trascinato via nella piena luce del giorno, nel bel mezzo dell’aeroporto di Incheon, sotto gli occhi dei poliziotti.
A Lee Donghae si contorse lo stomaco nel momento in cui l’elicottero, all’improvviso, si piegò su un lato. Si aggrappò al sedile, con le dita che stringevano così forte la stoffa che provò dolore. Lui (Eunhyuk) gli aveva ordinato di non parlare, e lui (Donghae) non lo aveva fatto, ma era terribilmente spaventato. Tutto questo non poteva succedere realmente… Doveva trattarsi solo di un brutto sogno…
<< Atterreremo tra pochi minuti >>.
Donghae sussultò al suono della sua voce: era la prima volta che gli rivolgeva la parola durante le due ore di volo.
Non aveva mai sentito una voce così grave, e gli sembrò che rimbombasse nell’obitacolo come il rumore di un treno in corsa. << Dove mi stai portando? >> gli sussurrò, con le mani che tremavano.
Lui lo guardò di sfuggita, socchiudendo appena gli occhi. << Non ha alcuna importanza >>.
Gli si seccò la gola e ondate di paura gli tolsero le forze.
Istintivamente si aggrappò alle cinture di sicurezza del sedile, come se potessero in qualche modo proteggerlo da ciò che sarebbe potuto accadere in seguito.
Avrebbe voluto avere il coraggio di sfidarlo, aggredirlo con parole infuocate…. Sicuramente Kyuhyun si sarebbe comportato così. Ma lui non era un uomo combattivo, e ciò che provava in quel momento era un inimmaginabile terrore. Non si era mai allontanato da Mokpo prima di allora, e adesso, durante il suo primo viaggio, era stato…
Rapito.
Il cuore cominciò a battergli talmente forte che temette potesse esplodergli dal petto. Fissò il suo rapitore; lui non lo stava guardando, stava osservando dal finestrino il paesaggio buio e deserto sotto di loro. La luce del crepuscolo si stava lentamente spegnendo. << Cosa vuoi da me? >>.
Finalmente riuscì ad attirare la sua attenzione.
Eunhyuk lo osservò nella penombra dell’obitacolo; aveva gli occhi sottolineati da lunghe ciglia scure, e un’espressione dura. Non c’era nessun segno di tenerezza nei lineamenti scolpiti del suo volto. << Adesso non è il momento di parlarne >> dichiarò secco.
Il suo inglese era privo di accento, il tono della voce profondo. Aveva certamente studiato negli Stati Uniti, pensò Donghae. << Hai intenzione…di farmi del male? >> Sentì tremare la propria voce, le parole suonavano spezzate dalla paura e dalla stanchezza.
Anche lui se ne accorse. << Io non faccio del male agli uomini >>.
<< Tuttavia hai l’abitudine di rapirli? >> non riuscì a trattenersi lui, quasi preda di un attacco di isteria. L’immaginazione cominciò a giocargli brutti scherzi, disegnando scene terribili nella sua mente. Era sveglio da più di ventiquatr’ore e stava perdendo il controllo dei nervi.
<< Solo se mi viene chiesto >> rispose Eunhyuk non appena l’elicottero cominciò ad abbassarsi. Lanciò un’occhiata del finestrino e annuì soddisfatto. << Stiamo atterrando. Tieniti >>.
L’elicottero toccò terra. Mentre il pilota si dava da fare con i comandi per fermare il motore, il suo rapitore aprì lo sportello e balzò fuori dall’obitacolo. << Vieni >> gli ordinò allungando una mano per aiutarlo a scendere.
Donghae sfuggì al suo tocco. << No >>.
Non poteva vedere i suoi lineamenti nel buio della notte, però ne percepì l’impazienza. << Non hai scelta, señor Lee. Andiamo! >>
Lentamente, tremando di paura, lui scese dall’elicottero.
Si sentiva le gambe fredde e rigide, come se fossero improvvisamente diventate di legno anziché di carne e ossa.
La notte era calda, molto più di quanto Donghae si aspettasse, ma, nonostante ciò, lui si strinse la giacca sul petto.
Si rese conto che c’erano delle luci: alzando il capo col cuore che batteva come impazzito fissò la casa illuminata e le costruzioni che la circondavano.
Intorno, tuttavia, regnava solamente l’oscurità più profonda, un mondo di buio.
Dov’era finito? Che intenzioni aveva quell’uomo?
Eunhyuk gli si affianco e si chinò verso l’interno del veicolo, per afferrare la sua valigia e una borsa da viaggio più piccola, certamente la propria, pensò Donghae con un brivido.
Prelevati i bagagli lui chiuse lo sportello e fece un cenno al pilota; immediatamente l’elicottero si sollevò in una nuvola di polvere e scomparve nella notte.
Donghae, accecato dalla polvere e stordito dal rumore improvviso, indietreggiò, ma inciampò nella valigia che Eunhyuk aveva appoggiato dietro di lui. Perse l’equilibrio e solo la prontezza di riflessi del suo rapitore gli impedì di cadere.
Sentì la sua forte stretta e il calore del suo corpo mentre lo aiutava a recuperare l’equilibrio.
Immediatamente si allontanò, respingendolo; eppure quel brevissimo contatto fu molto più di quanto fosse in grado di sopportare. Durante quei pochi secondi aveva percepito la sua forza e il suo calore gli era penetrato sotto la pelle. Si sentì bruciare.
Che il cielo mi aiuti, pregò in silenzio, e che mi porti a casa sano e salvo. Con mani tremanti si scostò una ciocca di capelli dagli occhi. L’aria sollevata dall’elicottero gli aveva scompigliato i lunghi capelli biondi. Era distrutto.
Fisicamente e psicologicamente.
<< Da questa parte >> ordinò Eunhyuk bruscamente, sfiorandogli leggermente il gomito.
Questo secondo contatto fu ancora peggiore del primo.
Donghae sobbalzò, con i muscoli tesi fino allo spasimo. L’impproviso irrigidirsi del suo corpo gli provocò un dolore fisico. Ogni volta che lui lo sfiorava Donghae rabbrividiva. E nello stesso tempo si sentiva bruciare.
Il rumore dell’elicottero si fece sempre più flebile, fino a scomparire del tutto. Fu avvolto dal silenzio della notte.
<< Che cosa succede adesso? >> chiese tentando di raddrizzare la schiena per sembrare un po’ più alto.
Non servì, Eunhyuk era comunque molto più alto di lui, e molto più imponente. Aveva un fisico robusto e muscoloso simile a quello di un giocatore di football americano, tuttavia con il completo scuro che indossava sembrava più un gangster che uno sportivo.
<< Entriamo in casa, ceneremo e poi tu ti ritirerai nella tua stanza per la notte >>.
La faceva sembrare una cosa normale. Questo avrebbe dovuto tranquillizzarlo, invece si innervosì ancora di più. Aveva letto da qualche parte che, gli uomini più violenti sono quelli che con un’apparenza sofisticata e un comportamento educato.
Forse stava solo giocando con lui prima…
Basta!
Devi smetterla di pensare al peggio, non puoi lasciare che la tua immaginazione corra in questo modo. Serve solo a farti impazzire.
C’erano troppi punti oscuri in quella vicenda, troppe spiegazioni possibili.
Doveva tentare di rimanere calmo, mantenere l’autocontrollo, come gli avrebbe consigliato suo padre. Suo padre era specializzato in autocontrollo.
Nonostante il panico gli serrasse la gola, provò a ribattere. << D’accordo, la cena mi sembra una buona idea >>. Avrebbe vissuto attimo per attimo, senza pensare al futuro.
Era l’unico modo per non lasciarsi sopraffare dalla paura.
Lui sollevò le valigie e lo precedette verso casa, convinto che Donghae lo seguisse. Ma non vi riuscì, non subito, almeno. Come sarebbe potuto entrare di propria volontà in quella che sarebbe stata la sua prigione?
Rimase impietrito dove lui lo aveva lasciato, a fissare la piazzola di atterraggio dell’elicottero nel buio della notte.
Il paesaggio era immenso, con solo una macchia di alberi che si intravedeva in lontananza.
All’orizzonte non si vedeva nulla. Niente montagne, niente luci di una città…solo il nulla.
L’ Hallasan, mormorò, ricordando le cartoline che gli aveva inviato Kyuhyun.
Anche la tenuta dei Choi si trovava nella pampas, la sterminata pianura argentina. Forse poi non era così lontano da Kyuhyun, magari i due fratelli erano più vicini di quanto sospettassero.
Si voltò a fissare la casa illuminata. Cosa fare?
Lui lo stava aspettando sulla porta di ingresso, poteva percepirne l’impazienza e questo lo spaventò. Cosa sarebbe successo una volta che fosse entrato in quella casa?
Eunhyuk attese ancora un momento prima di sparire all’interno. Dopo qualche minuto Donghae lo seguì lentamente.
Si diresse verso la costruzione e si fermò sulla soglia.
Il pesante portone di legno era ancora aperto e lui gli si materializzò di nuovo accanto.
Si era tolto la giacca e aveva slacciato i primi bottoni della camicia. Un muscolo sulla sua guancia si mosse quando i loro occhi si incontarono.
Aveva gli occhi molto più luminosi di quando Donghae avesse sospettato, e le sopracciglia erano scure. Ma era il naso che dominava quei lineamenti scolpiti. Un naso aquilino, con una piccola cicatrice. Aveva un viso combattente.
A Donghae si strinse la gola, il terrore lo pervase.
<< Hai deciso se entri o no? >> lo esortò lui.
Donghae fece uno sforzo per smettere di tremare e a fatica riuscì a rispondergli. << Non ti importerebbe se decidessi di rimanere fuori? >>
<< Adesso che siamo qui puoi fare quello che ti pare >>.
<< Davvero? >>
Il suo sguardo era piuttosto scettico, ma velato da una sottile speranza.
<< non c’è il telefono, né nessun altro mezzo per comunicare con l’esterno. Non ci sono visite e non ci sono strade. Sei al sicuro >>.
Copiose lacrime gli sgorgarono dagli occhi e Donghae serrò i denti. << Sono al sicuro? >>
Lui allungò una mano per accarezzargli il viso. << Perfettamente al sicuro >>.
Donghae sobbalzò. << Non c’è nessun altro qui? >>
<< Solamente un cameriere piuttosto anziano, non parla inglese e non ti darà fastidio >>.
Fece scorrere il dito sul collo e quando lo ritrasse Donghae si sentì come spezzato in due. La carezza era stata leggere, eppure era stato come se le avesse inserito sotto la pelle una bomba, che esplodendo lo aveva incendiato.
Era la cosa più sorprendente che gli fosse mai capitato e sentì il bisogno di urlare.
<< Entra, sei stanco >>.
<< Ho paura >>.
Lui alzò un sopracciglio e lo studiò. << Di cosa? >>.
La sua voce era calda  e penetrante gli fece vibrare i nervi.
Lo odiava, ne aveva paura, eppure si sentiva attratto in modo incredibile.
Di quello che potrebbe succedere, avrebbe voluto rispondergli.
Invece non disse nulla. Non ne ebbe il coraggio.
Lui dovette leggergli nel pensiero perché sorrise vagamente. << Considera tutto questo come una specie di avventura >>. Poi indietreggiò spostandosi di lato per lasciargli libero il passaggio.
Un’avventura? Doveva essere matto.
Il suo sguardo lo teneva ancora imprigionato, ma Eunhyuk non parlava né lo sfiorava. Lo lasciava libero di scegliere.
Sarebbe stato lui a compiere la mossa successiva.
Che cosa doveva fare? Rimanere fuori nell’oscurità di Hallasan o entrare nella calda luce della casa?
Col cuore in subbuglio si diresse verso l’interno.
Eunhyuk aveva riconosciuto Donghae nel momento stesso in cui era apparso all’uscita dei cancelli dell’aeroporto, quel pomeriggio.
Giovane, biondo, stupendo, rappresentava l’ideale di bellezza coreana.
L’aveva seguito fino a quando lui aveva ritirato il suo bagaglio e aveva indossato gli occhiali da sole.
Avrebbe potuto benissimo essere una stella di Hollywood; aveva un passo elegante e i capelli raccolti sulla nuca gli conferivano un aspetto regale.
Eunhyuk aveva notato che tutte le donne presenti in quella sala dell’aeroporto lo stavano guardando incantati.
Vedevano quello che volevano vedere, il petto sotto la maglietta nera, ei fianchi fasciati in un paio di pantaloni color caramello. Ammiravano anche i suoi stupendi capelli biondi.
Aveva i capelli dello stesso colore del fratello, Kyuhyun, solo leggermente più scuro.
Due anni dopo aver sposato il conte Choi Siwon, Kyuhyun era considerato una vera bellezza nei circoli dell’alta società in Corea.
Donghae aveva una bellezza diversa, molto più dolce.
Eunhyuk chiuse la porta, ma non girò la chiave, non vi era nessun posto dove Donghae potesse scappare.
Lo osservò: aveva gli occhi spalancati per il timore e le iridi tendevano più al viola che allo zaffiro. Stava studiando l’interno come se si aspettasse di trovare una porta segreta, o una camera di tortura.
<< Non c’è niente di sinistro qui >> tentò di tranquillizzarla.
<< Nessun coltello, pistola o catene. E’ solo una semplice fattoria >> aggiunse.
Lui sollevò il mento, le labbra gli tremavano, ma le serrò. << Hai già inviato una lettera di riscatto? >>
<< No >>.
Donghae annuì, abbassando le ciglia. Poi sollevò nuovamente lo sguardo verso di lui.
Era così giovane, aveva quasi dodici anni meno di lui.
 
Quella differenza di età avrebbe dovuto soffocare il suo desiderio, invece non era così.
Fin dal primo momento in cui l’aveva visto all’aeroporto si era sentito attratto da lui, il corpo acceso dal desiderio. Era una reazione fisica abbastanza primitiva, se ne rendeva conto, eppure…eppure stentava a controllarla.
Il desiderio era presente anche in quel momento, e lo faceva fremere.
Si sentiva affamato, come una creatura preistorica riportata improvvisamente alla vita. C’era qualcosa in quel ragazzo che lo attirava in modo incontrollabile, qualcosa che lo faceva sentire…maschio.
Voleva assaporarlo, possederlo. Ne sentiva il bisogno.
E in una piccola parte della sua testa sapeva che un giorno sarebbe successo.
Prima o poi l’avrebbe avuto, ma prima doveva distruggere la famiglia Choi.
Prima doveva ottenere la sua vendetta.
Adesso non era il momento, lui era stanco e impaurito, ed era ospite in casa sua.
<< Lascia che ti appenda il soprabito >> si offrì, tentando di smozzare il tono della voce. Sapeva di avere un timbro molto forte, e non voleva spaventarlo. Sapeva anche di non possedere modi particolarmente gentili, non era famoso per la sua sensibilità o le sue buone maniere.
Allungò una mano per prendere il soprabito ma lui si ritrasse di scatto.
Ci mancò poco che Donghae urlasse quando Eunhyuk fece per prendergli la giacca, non poteva lasciare che lui lo sfiorasse di nuovo. Non sopportava che lui gli stesse troppo vicino, si sentiva indifeso, intrappolato, troppo vulnerabile. Nuovamente notò la sua statura e il fisico possente. C’era qualcosa in lui che sprigionava una forza incredibile, non solo una forza fisica, bensì una sorta di…potere.
Si strinse ancora di più la giacca sul petto. << preferisco tenerlo, se non ti dispiace >>.
Lui sollevò un sopracciglio. << Guarda che poi te lo restituisco >> gli sussurrò.
Lo stava prendendo in giro.
Arrossendo Donghae alzò il mento. << Ho freddo >>.
<< Avvicinati al camino, allora. Ti riscalderai >>.
Lo guidò dall’ampio ingresso verso un soggiorno spazioso, con travi di legno scuro e il pavimento in cotto, dove troneggiava un camino in pietra alto fino al soffitto.
Anche in quella stanza l’arredamento era lussuoso: un tappeto color oro e scarlatto copriva parzialmente il pavimento e sedie con il sedile in seta erano sistemate intorno a un lungo tavolo antico.
Quadri preziosi abbellivano le pareti.
Non era sicuramente una semplice fattoria.
Donghae attraversò la stanza notando un tavolino da caffè sul quale erano accatastati dei libri, e si avvicinò lentamente al camino.
Gli tremavano le gambe e aveva i muscoli indolenziti.
Allungò le mani verso il fuoco per catturarne il calore, osservando sovrappensiero la libreria accanto al camino.
Rapito, continuava silenziosamente a ripetersi. Era stato rapito. Non lo aveva ancora accettato.
Ci sarebbe del resto, mai riuscito?
Ripensò a quando era sceso dall’aereo, la fila alla dogana con gli altri passeggeri, l’ingresso nella sala d’attesa dove qualcuno lostava aspettando.
Si rivide mentre osservava la folla dei presenti alla ricerca di Siwon o del suo autista; il cognato gli aveva assicurato che avrebbe mandato qualcuno a prenderlo.
Ma non aveva incontrato Siwon.
C’erano madre e figli, uomini d’affari con cellulari che squillavano in continuazione, persone anziane, ma nessuno sembrava lì per lui.
Si era sentito smarrito; normalmente una cosa del genere non l’avrebbe spaventato, tuttavia era un periodo particolare per lui. Suo padre stava peggiorando a vista d’occhio, sembrava aver perso completamente la memoria,e questo lo faceva soffrire oltre che preoccuparlo.
Era sempre stato un uomo gentile, amabile, generoso con gli altri.
Al solo pensiero gli si erano riempiti gli occhi di lacrime e aveva cercato nello zaino gli occhiali da sole. Aveva pianto per la maggior parte del viaggio, per questo aveva quasi sempre indossato le lenti scure. A dire la verità aveva pianto talmente tanto negli ultimi tempi che sarebbe dovuto restare senza lacrime, invece da qualche parte spuntavano sempre…
Con gli occhiali scuri si sentiva un po’ meglio, era come se, in qualche modo, lo proteggessero.
Aveva sospirato tentando di trovare i lati positivi della sua situazione. Era ad Hallasan per rivedere suo fratello Kyuhyun, presto sarebbero stati insieme e le cose sarebbero andate molto meglio.
Era stato proprio in quel momento che lui gli si era avvicinato… indossava un completo scuro, non sorrideva e lo fissava con occhi penetranti.
<< Il signorino Lee? >> gli aveva chiesto con voce incredibilmente profonda, facendolo tremare.
<< Sono Donghae >> aveva risposto lui con il cuore in subbuglio.
Era terribilmente stanco per il viaggio ed era sveglio dalla notte precedente.
Non aveva mai varcato i confini di Mokpo prima di allora ed era emozionato dal fatto di trovarsi in un luogo straniero. Aveva voglia di vedere suo fratello, anche se non gli era piaciuta l’idea di dover ricoverare suo padre in una casa di riposo per potersi allontanare.
Si rendeva conto che non sarebbe rimasto là a lungo, solo le due settimane in cui lui si sarebbe fermato ad Hallasan, ma era stato comunque difficile accompagnarlo e penoso lasciarlo in mano a sconosciuti.
<< Ha dei bagagli? >> gli aveva chiesto l’uomo.
<< Solo una valigia; è piuttosto grande quindi devo ritirarla al check-in >>.
Lui aveva i capelli neri tagliati corti. Reclinando la testa per avvicinarsi gli aveva chiesto il biglietto per il ritiro del bagaglio, assicurandogli che ci avrebbe pensato lui.
Aveva allungato la mano verso Donghae, con il palmo disteso, le dita lunghe e affusolate. Era perfettamente controllato e sembrava sicuro di sé: Donghae gli aveva dato il biglietto per il ritiro della valigia.
Lo aveva visto sollevare il bagaglio come se fosse incredibilmente leggero, e insieme si erano diretti verso una limousine che li attendeva all’esterno dell’aeroporto.
L’auto si era poi fermata alla pista di atterraggio degli elicotteri e solo a metà del volo Donghae aveva cominciato a fare domande su Kyuhyun, sullo stato della sua paternità, sull’ azienda dei Choi e sul tipo di vita he conduceva ad Hallasan.
Era stato allora che lui lo aveva zittito. In realtà le parole erano state: “Stai tranquillo, fai quello che ti viene detto e tutto andrà per il meglio”.
Donghae trasse un profondo respiro e fissò le fiamme che danzavano nel camino. Stava di nuovo tremando.
Sentiva l’odore del legno bruciato, avrebbe voluto smettere di rabbrividire, tuttavia non riusciva a controllare i nervi.
Lui si stava muovendo alle sue spalle, aveva in mano dei bicchieri e si stava versando un drink.
Che genere di rapitore poteva possedere dei libri rilegati in pelle, opere d’arte appese alle pareti e brandy di marca?
Che tipo di uomo era?
Donghae cercò di vincere la paura, doveva esserci una spiegazione logica a quella situazione. La gente non rapisce le persone senza una ragione, senza un piano prestabilito.
<< Bevi questo >>.
La sua voce era calda e profonda s’insinuò nei suoi pensieri, facendogli sollevare lo sguardo dalla luce delle fiamme che scoppiettavano nel camino verso gli occhi inspiegabilmente torvi di lui. << Io non bevo >>.
<< Ti riscalderà >>.
Lui fissò il bicchiere nelle mani di Eunhyuk, dove il liquido ambrato splendeva invitante.
<< Non mi piace il gusto >>.
<< Nemmeno a me piaceva molto quando avevo la tua età >>. Continuava a tenere il bicchiere verso di lui. << Stai tremando e questo aiuterà, fidati >>.
Fidarsi?
Era l’ultimo uomo al mondo di cui avrebbe potuto fidarsi…L’aveva sottrattoa Kyuhyun, a Siwon, alla riunione di famiglia che aveva in programma.
Sentì la rabbia salirgli in gola e si voltò verso di lui.
<< Chi sei? Non so nemmeno come ti chiami >>.
<< Lee Eunhyuk >>.
Il nome gli scivolò sensuale sulle labbra. Lee Eunhyk…gli si addiceva, comunicava forza e potere.
<< Ho cambiato idea, credo che berrò quel drink >>.
Le dita di lui sfiorarono le sue quando Donghae afferrò il bicchiere.
<< Sorseggialo lentamente >> gli ordinò.
La sua pelle era calda, eppure il tocco di quelle dita lo fece di nuovo rabbrividire.
<< Perché stai facendo questo? >>
Lui sollevò le spalle, infastidito.
<< Ho le mie ragioni >>.
<< Ma cosa ti ho fatto? Non ci conosciamo nemmeno >> sospirò con voce tremula, guardandolo in volto.
<< Non ti riguarda >> lo zittì.
<< E allora, dimmi, chi riguarda? >> si ritrovò a quel punto a urlare Donghae.
<< E’ una vendetta >>.

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Capitolo 3
*** 3. Vendetta ***


Vendetta

Donghae lo fissò allibito, l’unico suono che si udiva in casa era quello del crepitare delle fiamme del cammino. Scosse la testa così violentemente che quasi rovesciò il brandy che aveva nel bicchiere. A bocca aperta cercò di pensare a qualcosa, qualunque osa, da dire.
Vendetta. Vendetta contro…chi?
Eppure non il coraggio di chiederglielo perché non era preparato ad ascoltare la verità. Sapeva che in qualche modo la cosa riguardava anche Kyuhyun, perché si era sposato in quel Paese, ed era entrato a far parte di quel mondo, quella cultura, quella vita così differente.
Col cuore pesante Donghae sollevò alle labbra il bicchiere e bevve un sorso. Il brandy gli sembrò freddo in bocca, ma gli bruciò in gola e infine gli scaldo lo stomaco.
Lee Eunhyuk aveva ragione su una cosa: quel liquido ambrato gli era d’aiuto. Gli dava un po’ di coraggio e , alla fine, trovò le parole. << Il mio rapimento ha qualcosa a che fare con la famiglia Choi? ><
<< Hai molto intuito >>.
<< vuoi del denaro? >>
<< Non è quello che vogliono tutti? >>
Tuttavia la risposta non suonava sincera, e nemmeno il suo sarcasmo. C’era qualcos’altro che guidava le azioni di quell’uomo, e lui voleva riuscire a capire cosa; era l’unico modo per proteggere Kyuhyun.
<< Siwon sa già cosa è successo? >>
<< Si >>.
Lui cercò di mantenere la calma. Non poteva aiutare il fratello se perdeva la testa. << Mio fratello, il marito di Siwon, è incinto >>.
<< Lo so >>.
<< Ti prego, non fare del male a Kyuhyun >>. La voce gli si era rotta e le parole uscirono a fatica. Sentiva che le lacrime gli bruciavano gli occhi, ma con uno sforzò tentò di trattenerle. << Ha già abortito ed è stato drammatico per lui. Non può perdere anche questo bambino >>.
Eunhyuk lo fissò intensamente con gli occhi grigi socchiusi.
<< Non ho alcuna intenzione di fargli del male >>.
<< Ma gliene farai >>. Donghae non sapeva come, ma sapeva che sarebbe successo. Eunhyuk avrebbe distrutto la sua famiglia e non si sarebbe nemmeno voltato indietri.
<< Certe cose succedono nella vita… >>
<< No! >> gridò lui con le dita serrate intorno al bicchiere.
<< Tu le stai facendo succedere >>.
<< La storia è complicata. La vita non è mai semplice >>.
Stava girando intorno alla questione, senza affrontarla, e questo lo innervosiva. Avanzò di un passo verso di lui e lo fronteggiò. La sua famiglia aveva passato molti guai negli ultimi due anni, avevano già sofferto abbastanza, e quando, finalmente, almeno Kyuhyun aveva trovato un po’ di felicità, quell’uomo voleva portargliela via.
<< So bene che la vita non è semplice. E’ piena di rimpianti, dolori e perdite, ma può portare anche gioia e amore… >> Si rese conto di essere pericolosamente vicino alle lacrime. << Non fare del male a mio fratello. Non puoi, non te lo permetterò >>.
Lui sembrò non ascoltare ciò che Donghae stava dicendo. E ignorò la sua rabbia. << Stai ancora tremando, hai bisogno di un bagno caldo >>.
<< Io non voglio un bagno caldo, non voglio niente da te. Né adesso né mai! >>
Lo sguardo di lui si posò sul viso. Donghae sapeva di essere arrossito e di avere gli occhi lucidi.
<< non funziona proprio così… >> mormorò. << Sei mio ospite, questa è casa mia. Staremo insieme giorno e notte per le prossime due settimane, quindi ti conviene abituarti alla mia compagnia. Velocemente >>.
Detto ciò uscì dal soggiorno.
Donghae rimase impietrito alcuni secondi prima di riuscire a muoversi. Lentamente appoggiò il bicchiere sul tavolino e si strofinò le mani sul soprabito che indossava ancora.
Si ricordò di quanto si sentisse elegante la sera precedente, con il soprabito color crema e gli stivali che aveva indossato per il viaggio. Gli piacevano molto. Lui e Kyuhyun del resto erano cresciuti in una fattoria. Suo fratello era forte, anche se sembrava il contrario, eccetto forse per i sentimenti.
Donghae sollevò una manica del soprabito e guardò l’orologio da polso: quasi le sette e mezza. Era atterrato a Jeju da circa sei ore: Kyuhyun doveva essere disperato.
Cominciò a guardarsi intorno alla ricerca di un telefono. Lui aveva detto che non aveva un telefono, ma non gli credeva. Tutti lo avevano. Cercò innanzitutto una presa, segnale che probabilmente l’apparecchio avrebbe potuto essere nascosto in qualche armadio. L’avrebbe trovato e avrebbe chiesto aiuto.
<< Il tuo bagno è pronto >>.
Eunhyuk era tornato ed era fermo sulla soglia: si era cambiato0 e probabilmente aveva fatto anche una doccia perché aveva i capelli ancora umidi che gli incorniciavano il viso severo, addolcendone i lineamenti. Aveva un aspetto quasi umano.
Quasi.
<< Non ho nessuna intenzione di fare il bagno. Non ho nemmeno intenzione di rimanere in questo posto >>. Con passo deciso si allontanò dal camino e, attraversando il soggiorno, si diresse verso l’ingresso.
<< E’ una passeggiata molto lunga per arrivare fino alla città più vicina >> osservò. << Ed è anche molto buio: non ci sono lampioni ad Hallesen >>.
Lui afferrò la maniglia. << Ho camminato in campagna già altre volte >>.
<< Allora sai bene quanto sia difficile orientarsi se non si conoscono i posti e se non ci sono segnali o…strade >>.
<< Questa fattoria non può essere così isolata >>.
Lui sollevò un sopracciglio senza dire nulla.
<< Sono sicuro che ci sia qualcosa fuori >> insistette Donghae.
<< pecore, mucche, cervi… >>
<< Non mi fanno certo paura >>.
<< Giaguari, puma,coguari… >>
<< Stai mentendo >>.
<< Non ti direi mai bugie >>.
<< Ma se non hai fatto altro da quando ci siamo conosciuti! >> Si voltò verso di lui, fissandolo negli occhi, con la mano ancora appoggiata sulla maniglia della porta.
<< Non è vero, non ti ho mai mentito… >>
<< All’aeroporto mi hai chiesto se io ero Lee Donghae… >>
<< E tu mi hai risposto di si >>. Una grossa falena scura volò dal portico verso l’interno attratta dalla luce. Eunhyuk si avvicinò a Donghae e chiuse la porta. << Ti ho domandato il biglietto per il ritiro del bagaglio e tu me lo hai dato di tua spontanea volontà. Tu mi hai seguito, senza tante storia >>.
Lacrime di rabbia e vergogna gli riempirono gli occhi.
<< mi hai fatto credere di lavorare per Siwon! >>
<< infatti, lavoro per lui >>.
Donghae si appoggiò con la schiena alla porta chiusa.
<< Tu cosa? >>
<< Io lavoro per tuo cognato. Lavoro per Choi Siwon >>.
Sicuramente non aveva sentito bene. Doveva avere qualche problema alle orecchie o alla testa. << E cosa faresti per lui? >>
<< Qualunque cosa >>.
Le labbra di Eunhyuk si curvarono in una smorfia cinica che lo fece rabbrividire. Questa era follia. << Per cortesia, spiegami cosa intendi con “qualunque cosa” >> mormorò. << Sei una specie di tuttofare? >>
<< No. Sono il presidente della Today Art >>.
Donghae sollevò la testa. << E’ Siwon il presidente >>.
<< Siwon è il presidente onorario, io sono il capo esecutivo. Sono io che conduco l’azienda >>.
<< Da quando? >>
<< Da due anni >>.
<< Ma… >>
<< Adesso basta, non voglio più discuere di questo, non mentre stai quasi svenendo. Sei stanco, hai bisogno di fare un bagno, mangiare e rilassarti. Credimi, avremo tutto il tempo di parlare dopo ><.
Si voltò ma lui non lo seguì. << Quanto tempo? >>
<< Hai detto che avremo tutto il tempo di parlare, vorrei sapre quanto. Per quanto hai intenzione di tenermi qui? >>
<< Dipende. Potrebbe essere una o due settimane. Fossi in te mi preparerei per un paio >>.
Lui fece per protestare, ma Eunhyuk era già scomparso.
Donghae lo seguì e, attraversando una camera, si ritrovò in una lussuosa stanza da bagno. Era la più sontuosa che avesse mai visto: il pavimento, le pareti, la vasca, erano rivestite di splendido marmo. La vasca era così grande che avrebbero potuto immergersi due persone contemporaneamente. Era già piena d’acqua e schiuma profumata.
Eunhyuk lo lasciò perché potesse svestirsi, lui invece si sedette sul bordo della vasca e rimase a fissare l’acqua.
Non riusciva a credere a quello che gli aveva detto.
I minuti trascorrevano e lui non riusciva a muoversi.
Risuonò un colpo sulla porta, ma lui non rispose. Lentamente la maniglia girò e la porta si aprì.
<< Va tutto bene? >> La voce di Eunhyuk proveniva dall’ombra fuori della stanza.
Che razza di domanda!
Come faceva ad andare tutto bene? No, non andava affatto bene. Suo padre stava morendo. Suo fratello era costretto a letto da una gravidanza difficile. Lui era stato chiesto in marito da un vecchio amico di famiglia che era molto più vecchio che amico.
Tutto bene? No, concluse Donghae. Niente andava bene, assolutamente niente.
Eunhyuk entrò e lo guardò.
Non si era mosso, notò, e scosse impercettibilmente la testa. Provava tenerezza per lui, e questo era l’ultimo sentimento che avrebbe voluto provare.
Gli si avvicinò e si inginocchiò davanti a lui. << Sei sconvolto, ma devi stare tranquillo. Non ti accadrà nulla di male. E nemmeno a Kyuhyun, te lo prometto >>.
Le labbra di Donghae ebbero un tremito e con lo sguardo cercò i suoi occhi. << Come posso crederti? >>
<< Non lo so >>. Lui tentò di combattere il desiderio che aveva di accarezzargli la guancia. La sua pelle aveva un aspetto morbido… Come il suo cuore, riflettè. Donghae era una persona dolce e sensibile, non avrebbe mai dovuto trovarsi ad avere a che fare con un tipo come lui.
Era colpa di Siwon.Per proteggere Kyuhyun, Siwon non aveva esitato a far correre dei rischi a Donghae.
Eunhyuk si sentì stringere il petto e provò una rabbia profonda, la stessa che aveva provato durante tutta la sua vita.
Fin da quando, bambino, guardava le vetrine dei negozi, desiderando sempre qualcosa e sapendo di non poterla mai ottenere.
Lui, il paria, aveva dato la scalata al successo, ma non aveva dimenticato e, soprattutto, non aveva perdonato.
Osservando Donghae si rese conto ancora una volta di quanto fosse diventato spietato.
Donghae stava stringendo forte i pugni, conficcandosi le unghie nelle mani.
<< Dammi le mani >>.
Lui scossa la testa.
<< Dammi le mani >> ripetè Eunhyuk.
Poteva leggergli la paura negli occhi. Donghae non sapeva cosa aspettarsi, non aveva idea di cosa lui volesse. A dire il vero nemmeno lui lo sapeva con esattezza. Sesso, forse.
Eppure c’era anche qualcos’altro, qualcosa che non riusciva a comprendere, ma che lo attirava. E avrebbe solo peggiorato la situazione di Siwon.
Stava aspettando che lui allungasse le mani e, lentamente, Donghae fece scivolare i palmi nelle sue. Le dita di lui li strinsero forte, infondendogli un po’ di sicurezza.
<< Tu sei al sicuro con me, Donghae. La mia battaglia non è contro di te, credi almeno a questo >>.
Ogni volta che lui lo sfiorava succedeva la stessa cosa, pensò lui. Calore, energia, piacere. Il suo tocco era differente da quello di chiunque altro avesse mai conosciuto.
Donghae fissò le sue mani, sperimentando conturbanti sensazioni. Il cuore rallentò i battiti e si sentì sciogliere.
<< Kyuhyun è tutto per me >> affermò. << Mi ha cresciuto, ha lasciato il college per me… >>
Improvvisamente lui si chinò in avanti, oscurandogli la luce con la testa, e Donghae capì che stava per baciarlo.
Sapeva che sarebbe successo. L’aveva saputo dal primo momento che lo aveva incontrato all’aeroporto: semplicemente quel bacio era destinato ad accadere.
La sua bocca gli bruciò le labbra. Era un bacio così leggero che gli strinse il cuore e le lacrime spuntarono di nuovo da sotto le ciglia. Poteva sentire il respiro di lui sul collo, assaporare il profumo della sua colonia speziata. Era grande, forte eppure aveva il sapore della luce, del sole, di un prato fiorito dopo una pioggia primaverile.
Le sue labbra lo sfiorarono una seconda volta, e lo baciò sull’angolo della bocca. << Cercherò di proteggere anche tuo fratello da tutto questo >>.
Non era la stessa promessa che aveva fatto a lui. Aveva timore di chiedere, ma doveva farlo. << E che cosa succederà a Siwon? >>
Eunhyuk si irrigidì. << Cosa succedera a Siwon? >>
La sua voce si era indurita, il tono era freddo. << Il problema è Siwon, vero? Tu stai facendo tutto questo contro di lui… >> sospirò.
<< Si >>.
Così il suo nemico era Siwon.
Donghae scivolò dalle sue braccia e si allontanò il più possibile da lui. Tuttavia la questione ruotava attorno a Siwon. L’aveva rapito per ferire il cognato, per danneggiarlo.
Lui adorava Siwon,aveva salvato la fattoria, si era innamorato di suo fratello e si era preso cura di loro padre. Siwon si era rivelato la risposta alle pregliere dei Lee…
Gli venne un terribile freddo, come se tutte le paure e le angosce gli fossero penetrate nelle ossa. Indicando la porta, gli ordinò di uscire. << Vattene >>.
Lui si alzò lentamente. << Un giorno capirai >>.
<< Non capirò mai, Siwon è una brava persona, è l’uomo più generoso che io conosca >>.
<< Tu non conosci tutta la storia >>.
<< Vattene, esci da qui >>. Gli voltò le spalle.
Lui si fermò sulla porta. << Qualunque cosa accada, manterrò la promessa che ti ho fatto >>.
Nella vasca Donghae si massaggiò con vigore. Si sentì sollevato dopo il viaggio, il rapimento, il bacio…
Non riusciva a spiegarsi come potesse provare sentimenti così contrastanti.
Aveva paura di Eunhyuk, eppure ne era attratto.
Asciugandosi, Donghae si rese conto che doveva assolutamente avvisare Kyuhyun e Siwon, e il tempo a sua disposizione era poco. Doveva trovare un telefono.
Avvolto in un asciugamano si affacciò sulla porta del bagno e osservò la camera che gli era stata assegnata. I bagagli erano stati disfatti, e non poteva essere stato Eunhyuk.
Donghae non si sentiva a proprio agio nudo in una casa estranea e si rivestì velocemente, indossando dei jeans e un maglioncino giallo. Si stava allacciando le scarpe quando qualcuno bussò alla porta.
Donghae aprì e si trovò davanti un sdignore anziano, con i capelli grigi e la pelle olivastra.
<< Buona sera >>.
<< Vamonos! (andiamo!) >> Senza sorridere il signore aggiunse << La comida (cibo) >>.
Decisamente non era un caldo benvenuto. << Mi spiace, non capisco >> rispose Donghae. << Non parlo spagnolo >>.
<<  La comida està lista (la cena è pronta) >>.
<< Mi dispiace, non capisco >>.
L’uomo anziano sospirò rumorosamente e alzando le mani al cielo la fissò. << Que dices? (che ne dici?) >>.
<< Io no so cosa vuole…Non parlo spagnolo >>.
<< Que? (Che?) >>
<< Il signor Lee, parli col signor Lee, d’accordo? >>
L’anziano signore mormorò qualcosa tra i denti e si allontanò. Arrivato a metà della scala si voltò ancora una volta verso Dongheìae e si indicò la bocca. Sembrava che masticasse qualcosa.
<< La comida >>.
Improvvisamente Donghae comprese: la cena! Chi avrebbe accettato un invito come quello?
Donghae chiuse la porta, sbattendo molto più violentemente di quanto avesse inteso fare. Scoraggiato si lasciò cadere sul letto e affondò il viso nel cuscino, frustato.
Era un incubo.
Non era possibile che si trovasse realmente in quella situazione. Si sentiva perso…confuso.
La porta si spalancò di colpo non più di due minuti dopo che lui l’aveva chiusa.
<< Che accidenti succede? >> gli domandò Eunhyuk irritato.
<< Non ho mai visto Zhou Mi così sconvolto >>.
<< Zhou Mi? >>
<< Il mio domestico >. Lo fissò con uno sguardo sdegnoso. << Che cosa gli hai detto? >>
<< Niente… >>
<< E’ chiaro che l’hai offeso >>.
<< stai scherzando >>.
<< No. Mi ha detto che gli hai sputato e gli hai sbattuto la porta sul naso. Anch’io ho sentito la porta sbattere >>.
Donghae si sentì arrossire. << Io non ho sputato a nessuno, non lo farei mai! E’ falso. E non avevo nessuna intenzione di sbattere la porta, mi è solo scivolata >>.
Lui lo fissò per un lungo istante, con le labbra serrate e la mascella contratta. Sembrava che stesse valutando la situazione: le sue parole e quelle del governante.
<< D’accordo, se non vuoi cenare rimani pure nella tua stanza,ma guarda che non ti farò portare nulla. C’è una bella sala da pranzo, se vuoi andare a letto affamato fai pure , ma se vuoi cenare sai dove io…e il cibo saremo >>.
Sapeva che non lo avrebbe raggiunto,ma non gli importava. Mangiava sempre da solo, fin dalla morte di sua madre, quando lui aveva sette anni.
Si era abituato all’idea che fosse stata la povertà ad ucciderla. Entrambi erano sempre molto affamati e, sebbene lei accettasse ogni lavoro che capitava, non c’era mai abbastanza denaro per toglierli dalla strada.
Zhou Mi entrò nella sala con la seconda portata, notando che lui aveva appena assaggiato la prima. << Non avete appetito? >> gli chiese, preoccupato.
Zhou Mi era stato molto amico di sua madre, ed era stato povero come loro. Eppure in lui bruciava lo spirito di chi non si lascia sopraffare dagli eventi. Aveva tentato di insegnare a combattere a sua madre, a lottare contro la famiglia Choi, ma lei era troppo spaventata dal loro potere.
<< Prenderò un caffè più tardi e mangerò qualcosa >> gli rispose alzandosi, in modo che Zhou Mi potesse sparecchiare.
Zhou Mi sollevò il piatto da tavola. << Chi è il ragazzo? >>
<< L’amico di un amico >>.
Zhou Mi emise un sospiro. << Voglio la verità >>.
<< E’ una mezza verità, ed è tutto quello che devi sapere. Grazie per la cena >>.
Uscì dalla stanza e si diresse in soggiorno, dove il fuoco eraormai quasi spento. Si accomodò sulla sua poltrona e appoggiò i piedi su un tavolino, guardando fuori dalla finestra.
Aveva costruito quella casa per sua madre. Naturalmente lei era già morta da venticinque anni quando la casa era stata finita, ma l’attenzione per ogni dettaglio era stata per lei, in suo onore. Eunhyuk aveva insistito per avere il meglio di ogni cosa. Lampadari di cristallo, tende di seta, bagni in marmo e mobili d’antiquariato.
Sua madre era una ragazza stupenda quando il conte Choi Ryeowook l’aveva prtesa contro la sua volontà non ancora diciassettenne. Ma rubarle l’innocenza non era bastata al…conte.
L’aveva ferita, l’aveva allontanata, esiliandola in un picolo villaggio, dove lei aveva allevato suo figlio da sola.
I Choi avevano sperato che il bambino non sopravvivesse. Invece Eunhyuk ce l’aveva fatta.
Dal giorno della morte di sua madre, lui aveva vissuto per una sola cosa: la vendetta. Vendetta nei confronti di coloro che avevano ferito sua madre.
Donghae andò a letto affamato e si svegliò per i crampi alle tre del mattino.
Non riusciva a riaddormentarsi e, giacendo sveglio nel letto, non potè fare a meno di pensare a Kyuhyun. Suo fratello doveva essere molto preoccupato, e Donghae sapeva di doversi mettere in contatto con lui al più presto per rassicurarlo. Doveva anche trovare il modo di avvisare Siwon del pericolo che correva con Eunhyuk, senza che Kyuhyun lo sapesse e ne fosse coinvolto.
Scostando le coperte, Donghae scivolò fuori dal letto.
Aprendo la porta della camera da letto diede un’occhiata verso l’ingresso. Non aveva idea da dove cominciare a cercare il telefono, ma era sicuro che ce ne fosse uno. Anzi, dovava esserci anche un fax, un modem, un cellulare.
Eunhyuk doveva pur comunicare in qualche modo con l’esterno.
Cominciando dal soggiorno si accucciò per cercare lungo tutte le pareti e dietro la libreria, ma non trovò nulla.
Sempre al buio ispezionò poi l’ingresso e l’enorme cucina, fino alla sala da pranzo. Si trovava per l’appunto in quest’ultima quando una voce lo fece sobbalzare.
<< Hai perso qualcosa, Donghae? >>
<< No >>. Si sollevò e si pulì le mani sul pigiamo. Era così sicuro che poteva a malapena intravederlo, ma ne percepiva l’energia.
Un raggio di luna entrò dalla finestra e gli illuminò il profilo. << Non stai pulendo, vero? Zhou Mi non lo gradirebbe >>.
<< Non sto facendo le pulizie >>.
<< Allora cosa stai facendo, andando in giro al buio a quattro zampe per la casa alle tre e mezza del mattino? >>
<< Sai perfettamente cosa sto facendo, sai cosa voglio >>.
<< Non troverai un telefono >>.
<< Nemmeno una presa per il computer? >>
<< ho preso delle precauzioni, ci ho pensato >>
<< Lasciami andare >>.
<< No >>.
<< Tornerò a Mokpo e telefonerò a Kyuhyun, dicendogli che ho cambiato idea e che non posso venire a trovarlo… >>
<< No >>.
Si sentì pericolosamente vicino alle lacrime, aveva voglia di urlare e di supplicarlo di lasciarlo andare via. << Non è divertente >>.
<< Abbiamo già discusso di questo, sappiamo che la vita non è sempre divertente. Se lo fosse tua madre non sarebbe morta alla tua nascita e tuo padre non avrebbe il morbo di Alzheimer.  Se la vita fosse divertente tuo fratello non ti avrebbe lasciato da solo a prenderti cura di tuo padre… >>
<< Come sai tutte queste cose? >>
<< Questo rapimento non è nato per caso, Donghae. Volevo essere sicuro di quello che stavo facendo >>. Accese il lampadario di cristallo della sala da pranzo e la luce lo investì.
<< Adesso torna a letto e cerca di dormire un po’. Ne hai bisogno, e anch’io >>.
Indossava una maglietta bianca e aveva i capelli arruffati. Era incredibilmente attraente…E umano.
Aveva l’aspetto di un uomo che conosce gli uomini, sa come muovere le mani e come usare la bocca.
Donghae si sentì avvampare. Detestava il fatto di sentirsi coì attratto fisicamente da lui. << Ti odio! >> Non aveva intenzione di dirlo, ma le parole gli erano sfuggite.
Lui inclinò leggermente la testa e le sue labbra si curvarono in un’ombra di sorriso. << Lo so >>.

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Capitolo 4
*** 4. Ritorno ***


Ritorno

L’elicottero che poco prima dell’alba aveva portato via Eunhyuk, lasciando Donghae solo con Zhou Mi per tre giorni, tornò.
Donghae sentì il ronzio delle pale nel dormiveglia, finche il rumore divenne talmente forte che sembrava che l’elicottero fosse quasi atterrato nel bel mezzo del giardino di Zhou Mi.
Così era tornato.
Chiuse gli occhi, sperando che il cuore smettesse di battergli all’impazzata.
Era felice. Come poteva esserlo? Lui lo odiava…
Lo odio, ripetè a se stesso, aprendo gli occhi e fissando le travi scure sul soffitto.
Ogni cosa in quella casa era diverso da ciò a cui era abituato…Zhou Mi, poi, non lo aiutava di certo. Il domestico gli era ostile, e coglieva ogni opportunità per chiudergli una porta in faccia, servirgli del cibo freddo e non rispondere alle sue domande.
Un colpo risuonò sulla porta, giusto pochi secondi prima che questa si aprisse. Zhou Mi entrò nella stanza con un’espressione di disapprovazione che ormai a Donghae era divenuta familiare. No, pensò sedendosi sul letto, il rapporto tra loro non era certamente migliorato.
<< Cafè >> annunciò l’anziano signore, posando il vassoio sul bordo del letto con tanto impeto da rovesciarne un po’.
Donghae sapeva già di doversi aspettare del caffè non molto caldo. << Grazie >> mormorò.
<< Dovresti provare a dire gracias. Zhou Mi comprenderebbe almeno che stai provando a ringraiarlo >> osservò una voce dalla porta.
Eccolo, appena tornato dalla battaglia, o dalla civiltà. O da dove diavolo fosse stato.Donghae cominciò ad innervosirsi e si tirò la coperta sul petto. << Sei tornato >>.
<< Sei contento di vedermi? >>
<< No >>.
Il suo sguardo lo percorse, e Donghae notò un lampo di divertimento nei suoi occhi. Si avvicinò al bordo del letto. << Sei ancora a letto…è quasi mezzogiorno >>.
La sua perseveranza lo faceva sentire in difficoltà. << non sapevo di avere degli obblighi sociali >> replicò.
Era un suo problema, era lui ad averlo rapito. Era stato lui a portarlo in quel posto sperduto e ad andarsene per tre giorni, sparendo nel nulla.
Forse era tornato a Seoul, al lavoro.
Con Siwon.
<< Lo hai visto? >> gli domandò stringendo le coperte.
<< Visto chi? >>
Eunhyuk fingeva di non capire. Sapeva perfettamente a chi Donghae si riferisse.
<< Siwon >>.
<< Oh >> Eunhyuk sorrise indolentemente, e gli si avvicinò.
<< Si, l’ho incontrato. Come ti ho già detto lavoro a stretto contatto con lui >>.
La frase rimase in sospeso tra loro, sinistra. Il termine “a stretto contatto” implicava una certa intimità, confidenza, fiducia…
Gli era difficile accettare il fatto che il più stretto collaboratore di Siwon volesse in realtà tradirlo.
Come Iago e Otello, meditò.
E s’immaginò il disastro che poteva nascerne. Donghae represse un brivido.
<< Siwon sa che mi trovo qui? >>
<< Si ><
Eunhyuk si trovava così vicino a lui che avrebbe potuto sfiorarlo con le dita, se avesse voluto.
E lo voleva.
Lo voleva più di quanto avesse mai desiderato qualcosa, anche se non sapeva spiegarsi il perché.
Semplicemente era così. Qualcosa in lui lo attirava da morire e gli faceva perdere il controllo. Sentiva il bisogno di toccarlo; i fugaci contatti che avevano avuto lo avevano reso consapevole di quanto lo desiderasse. I tre giorno trascorsi lontano da lui, non avevano fatto altro che aumentare il desiderio.
Gli era sembrato stupendo la prima volta che l’aveva visto, con gli occhiali scuri, ma anche adesso, in pigiama e con i capelli spettinati, aveva un aspetto incantevole.
Splendido e dolce, ma anche facile da ferire. Innocente.
Lo osservò mentre aveva gli occhi chiusi. Donghae sospirò profondamente prima di riaprire gli occhi.
<< Che cosa vuoi esattamente da lui? >>
<< Te l’ho detto >>.
<< Vendetta >> sussurrò, come incapace di pronunciare una simile parola, e tanto meno accettarne il concetto.
<< Esatto >>.
Lui sollevò il viso, spalancando gli occhi.
<< Ma vendetta per che cosa? Contro chi? >>
<< La famiglia Choi >>.
<< Ma tu lavori per loro! Sei il presidente della loro impresa! >> gridò.
<< Si >>.
<< Devi aver impiegato anni di duro lavoro per occupare la posizione che hai adesso >> osservò in tono confuso.
<< Quasi tredici anni >>.
<< Allora…perché danneggiarli? Perché vuoi distruggere la tua carriera? >>
Eunhyuk si sedette sul materasso accanto a lui. Donghae rabbrividì, ma non aveva paura di lui. Temeva invece l’attrazione che provava lui. Non aveva mai sperimentato niente di così intenso in tutta la sua vita.
<< la mia carriera >> continuò lui, << aveva un unico obiettivo: distruggere i Choi>>.
Donghae non aveva mai picchiato nessuno, mai alzato una mano contro un essere umano, ma istintivamente serrò un pugno e lo colpì in pieno petto. Fu un colpo debole, che fece più male a lui che ad Eunhyuk, infatti Eunhyuk non reagì.
Donghae scoppiò a piangere. << Come puoi essere così crudele? Come può importarti così poco dei sentimenti delle altre persone? >>
<< Abitudine >>.
<< Questa è solo una scusa? >>
<< Allora, se vuoi, attribuisci la colpa alla mia famiglia >>.
<< La tua famiglia? >> Donghae lo guardò negli occhi, con le lacrime che continuavano a scorrergli sulle guance. << E quale sarebbe la tua famiglia? >>.
<< I Choi >>.
Donghae si sentì male. Fisicamente. Sentiva il bisogno di rimette, eppure non riusciva. Solo le lacrime non smettevano di scendere.
Non poteva essere il fratello di Siwon.
Fratellastr, per la precisione, ma pur sempre parenti.
Santo cielo, avevano lo stesso padre! Avevano praticamente la stessa età, erano nati a soli sei mesi di distanza.
Alla fine gli aveva raccontato tutto.
Lui lo aveva pregato di smettere, invece Eunhyuk aveva proseguito fino a quando gli aveva riempito la testa con parole che non avrebbe più dimenticato.
Poi era uscito dalla camera e Donghae, a quel punto, era corso in bagno, per tentare di lavar via le orribili cose che aveva dovuto ascoltare.
Come poteva un fratello distruggere un altro fratello?
La porta del bagno si aprì. Zhou Mi lo fissò con occhi poco amichevoli.
<< La gripe? >> domandò, tenendo sottobraccio degli asciugamani appena stirati.
Donghae si sedette e si asciugò le lacrime, tirando su col naso. << La gripe? >> ripetè dubbiosa, detestando il fatto di non riuscire a comunicare con il domestico.
Eunhyuk apparve dietro Zhou Mi. << l’influenza >> tradusse.
<< vuole sapere se ti senti male >>.
Mi fa male il cuore, riflettè Donghae.
<< Digli che sto bene, sono solo molto triste >>.
Eunhyuk socchiuse gli occhi. << Non hai nessun motivo per essere triste. Questo non è un tuo problema >>.
Donghae si alzò. << E invece si che è un mio problema! >>
Si avvicinò di un passo, le mani sui fianchi, il viso livido dalla rabbia. << Siwon è anche la mia famiglia adesso, e se credi che io ti lasci fare quello che vuoi ti sbagli di grosso >> dichiarò desciso.
<< Tu non lo conosci >>.
Lui fece un altro passo in avanti, sempre più arrabbiato.
<< Forse sei tu quello che non lo conosce davvero, anche se credi di essere l’unico a capirlo >>.
Eunhyuk fece un gesto a Zhou Mi perché si allontanasse, poi prese Donghae per i polsi. Lo costrinse a guardarlo negli occhi, nonostante lui tentasse di allontanarsi.
<< Fino a che punto lo conosci? >>
Aveva la voce profonda, venata di rabbia repressa.
Sebbene percepisse il calore della sua stretta, Donghae rabbrividì. Gli si inaridì la gola, e il cuore gli batteva all’impazzata nel petto.
Con la punta della lingua si inumidì il labbro superiore prima di riuscire a parlare. << Non starai insinuando… >>
<< Insinuare? >> lo interruppe Eunhyuk, attirandolo ancora più vicino a sé. << Io non sto insinuando niente. Ti sto solo parlando. Ti sto dicendo come stanno le cose, e come andranno a finire. Tu sei qui perché Siwon me lo ha chiesto. Questa è una sua idea, un suo piano >>.
<< Non è vero >>.
<< Invece è così >>.
<< Non credo a una sola parola di quello che dici… >>
<< Siwon ti ha invitato, ti ha spedito il biglietto, mi ha mandato a prenderti. Voleva che tu fossi qui >>.
Donghae era sopraffatto dall’orrore. Era la cosa più oltraggiosa che avesse mai sentito. Sapeva che Eunhyuk stava mentendo, eppure voleva conoscere il resto della storia.
<< Perché Siwon vorrebbe che rmanessi qui? >>
<< Per tenerti fuori dai guai >>.
<< Ma io non ho nessun problema! >>
Eunhyuk sorrise debolmente, senza che il sorriso gli arrivasse agli occhi. << Lui è convinto del contrario >>.
Donghae si sentì come se gli avessero sferrato un pugno nello stomaco; gli doleva dappertutto.Eunhyuk dovette notare il suo stato perché gli posò le mani sulle spalle. << Hai bisogno di uscire, di respirare un po’ di aria fresca. Ti farà stare meglio, ne sono sicuro >>.
<< Stai mentendo >>.
<< Non ti mentirei mai >>.
<< Mi hai rapito, mi tieni prigioniero, ma non mi mentiresti mai? Hai un’etica ineccepibile >>.
L’espressione di Eunhyuk si indurì e gli occhi grigi divennero di ghiaccio. Gli tolse le mani dalle spalle ma non si allontanò da lui.
<< Andremo a fare una cavalcata, ti suggerisco di cambiarti sempre che tu non voglia uscire in pigiama >>.
Lui si era completamente dimenticato di indossare ancora il pigiama e provò un certo imbarazzo.
<< Credi davvero che verrò con te da qualche parte? Sei un rapitore e un bugiardo… >>
<< Credi che te lo stia chiedendo? >> Lui sollevò le sopracciglia scure. << La mia non era una domanda, era un ordine. Andremo a cavallo, partiremo tra mezz’ora >>.
<< No >>.
<< Si >>. Si fermò sulla soglia della porta. << Tu sai andare a cavallo, no? >>
<< Certo che sono capace! La mia famiglia alleva cavalli da una vita! >> sbottò.
Donghae sopportò lo sguardo che lui gli rivolse, abbassando gli occhi qundo noto che gli stava fissando il petto.
L’apprezzamento che gli lesse negli occhi gli fece tremare le gambe.
<< Se decidessi di uscire a cavallo con te, ti batterei sicuramente. Ma non ne ho nessuna intenzione. Non mi piaci e non ti credo; so che Siwon non mi avrebbe mai fatto rapire. Non è quel genere di persona, è leale, protettivo… >>
<< Ed è terribilmente egoista. Tu sei qui perché eri un potenziale pericolo per la tranquillità di Kyuhyun. Tutto qui. Ti devo trattenere fino a quando tuo fratello avrà il bambino >>.
Guardò l’orologio che aveva al polso. << Tra mezz’ora, Donghae. Sbrigati >>.
Donghae provò un brivido di paura, ma nello stesso tempo qualcosa nei suoi occhi e nel suo sorriso lo eccitarono.
Quell’uomo suscitava in lui emozioni contrastanti…
Non riusciva a comprendere i propri sentimenti, ma qualunque fossero, erano i più intensi che avesse mai provato. << E se io non venissi? >> sussurrò, con voce tremula.
Notò lo sguardo di lui posarsi sulla sua bocca, per poi scendere sul petto e sui fianchi. Una sensazione di intenso calore lo pervase.
<< Verrò a prenderti >> tagliò corto Eunhyuk. << E non sarò educato come adesso >>.
Si chinò e gli diede un bacio sulla fronte, poi si diresse verso la porta. << Ci vediamo tra mezz’ora >>.
Non aveva nessuna intenzione di andare. Avrebbe preferito sprofondare all’inferno.
Sotto la doccia però non potè fare a meno di pensare a tutto ciò che Eunhyuk gli aveva detto, al veleno delle sue bugie.Dovevano per forza essere bugie. Siwon non l’avrebbe mai fatto rapire, non gli avrebbe mai inviato un biglietto aereo senza informare Kyuhyun e soprattutto non avrebbe mai chiesto a un altro di fare un lavoro sporco.
Siwon non era un uomo del genere.
Si strofinò il bagnoschiuma vigorosamente sulla pelle, come se potesse in qualche modo lavare via tutte le terribili cose che Eunhyuk gli aveva racontato.
Stava solo tentando di sconvolgerlo, di fargli perdere il senso della realtà. Faceva parte della sua vendetta personale, voleva creare delle fratture all’interno della famiglia.
Stava cercando di metterli uno contro l’altro, fratello contro fratello, marito contro marito, Lee contro Choi. Ma lui non glielo avrebbe permesso. Non sarebbe caduto nella sua trappola.
Lo avrebbe battuto al suo stesso gioco.
<< Non credevo che saresti venuto >> l’accolse quando lui entrò nella stalla venti minuti più tarsi.
Indossava un paio di pantaloni da cavallerizzo, una maglietta bianca e un paio di stivali.
<< Avevi ragione, è meglio se mi muovo un po’ >> rispose freddamente Donghae, odiandosi per avere il cuore accelerato e le gambe molli. Si era creduto forte fino a che…fino a che non lo aveva avuto di fronte.
Che cosa aveva quell’uomo per farlo sentire così? Lo sconvolgeva, lo faceva sentire di gelatina.
Era incredibile, e la cosa lo spaventava.
Eunhyuk sorrise. << Perché ho difficoltà a crederti? >>
<< Perché hai dei grossi problemi a distinguere realtà e bugie >> gli fece notare.
Eunhyuk scoppiò in una risata.
Lui non lo aveva mai sentito ridere prima, e comprese in quel momento che era un uomo che non rideva spesso.
<< Colpito! La verità sulla bocca dei bambini… >>
Non pensava di trovarlo così virile ed attraente. Lui indossava un paio di jeans scoloriti e una maglietta col collo alto, che sottolineava la possente muscolatura.
Torreggiava sopra di lui e i suoi occhi erano argento liquido. Donghae si rese conto che non riusciva a non guardarli, tentando di scrutarne la profondità.
Sapeva che lui aveva dei segreti che poteva solo immaginare, e aveva vissuto esperienze che lui non avrebbe mai condiviso. Era un guerriero, faceva paura, ma era terribilmente sensuale.
Il cavallo dietro Eunhyuk si mosse e lo spinse verso Donghae.
Donghae fu pervaso da un’ondata di caloree mentre lui si avvicinava. Poteva sentirlo, anche se lui non lo stava nemmeno sfiorando.
La sua forza era qualcosa di tangibile, l’attrazione che provava per lui gli fece contrarre lo stomaco e il sangue gli salì alle guance.
Lui lo stava osservando con un sorrisetto scanzonato.
<< Vuoi chiedermi qualcosa? >>
Solo come andarmene da qui, rispose lui silenziosamente, preso di nuovo dal panico.
Nessun uomo, mai, gli aveva fatto un effetto del genere.
Cavalcarono costeggiando le querce e gli alberi d’acacia che delimitavano la casa e i campi, per poi dirigersi verso le ampie distese d’erba dove lanciarono i cavalli al galoppo.
Eunhyuk cavalcava splendidamente e Donghae dovette curvarsi sulla sella e stringere forte le ginocchia per stargli dietro. Aveva paura di andare così veloce, di solito era Kyuhyun a correre, lui era quello prudente. Non gli piaceva perdere il controllo, aveva paura di cadere, di farsi male.
Il vento gli sferzava il viso e gli dava fastidio agli occhi. Strinse ancora di più le redini e si aggrappò con le ginocchia alla sella.
Non è necessario che tu lo faccia, non devi per forza correre in questo modo.
Ma non si fermò, e non chiese nemmeno a Eunhyuk di rallentare. Voleva dimostrargli di potercela fare.
Cavalcando fino alla sommità di una collina e poi giù, verso la radura. Donghae aveva paura che il cavallo inciampasse in qualche pietra, e aveva il cuore in gola.
Scorse Eunhyuk sulla cima di un dirupo. Tentò di raggiungerlo, notando con terrore che stava costeggiando uno strapiombo, in fondo al quale scorreva un torrente. Sarebbe bastato un piccolo errore per scivolare di sotto!
Alzò lo sguardo e vide che Eunhyuk lo stava osservando.
<< Nervoso? >> gli chiese, trattenendo il proprio cavallo per aspettarlo.
<< No >> mentì lui.per nascondere il tremore si chinò in avanti ad accarezzare il collo del cavallo.
<< Bene, perché adesso scenderemo e pranzeremo sulla riva del fiume >>.
Donghae deglutì. << Scenderemo? >>
<< Si, fino all’acqua >> rispose Eunhyuk, indicando il ruscello.
<< Te la senti? >>
Digli di no, digli di no, digli di no.
<< Certo >> annuì Donghae, cercando di apparire sicuro anche se il cuore batteva impazzito.
<< Allora andiamo! >>
Non guardare di sotto, continuava a ripetersi lui, guidando il proprio cavallo tra le rocce appuntite e i rovi.
Donghae era terrorizzato dall’idea di scivolare e di finire sul fondo del dirupo, il cavallo sollevava nuvole di polvere e faceva rotolare sassolini fino al torrente a ogni passo.
Il cuore gli batteva talmente forte che le rimbombava nelle orecchie e lo stomaco gli si chiuse, fino a provocargli un attacco di nausea. Odio tutto questo, non lo rifarò mai più in tutta la mia vita.
Questa non era esattamente la sua idea di una cavalcata.
A lui piaceva andare al trotto, magari in un maneggio, non queste cavalcate nella natura selvaggia, attraverso sperduti territori di Hallesen.
Riuscì a riprendere a respirare quando finalmente arrivarono al fiume, tremava così violentemente che non riusciva nemmeno a tenere le redini in mano.
<< Caspita! >> esclamo Eunhyuk, << è stato emozionante… >>
Era stata la peggior cavalcata di tutta la sua vita, emozionante non era certo il termine che lui avrebbe utilizzato per descriverla.
Lo sentì scendere dal cavallo con un balzo e avvicinarsi a lui. << Affamato? >>
Donghae stava ancora tremando. << No >>.
Non aveva mai provato tanta paura. Era sicuro che sarebbe caduto, si sarebbe ferito. Aveva temuto di morire.
Era seduto, e aveva la pelle fredda e appiccicosa.
<< Perche siamo venuti qui? >>
<< Perché è una gita divertente >>.

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Capitolo 5
*** 5. Anello ***


Anello

Donghae scosse la testa incredulo. << Io non l’ho trovato affatto divertente,mi è sembrata una pazzia! >>
Eunhyuk non si offese. Scoppiò anzi in una risata, sembrava compiaciuto.
I suoi stivali scricchiolavano sul terreno, sollevando polvere e pietre, mentre gli si avvicinava. La sua ombra era lunga e scura. Gli porse una bottiglia di plastica. << Acqua >>.
Era talmente infuriato con lui che non gli rispose, né prese la bottiglia che gli porgeva.
<< Dai bevi un po’ >>.
Donghae non aveva la forza di discutere con lui, sapeva che non sarebbe uscito vincitore. Afferrò la bottiglia di plastica e bevve una lunga sorsata d’acqua fresca; si sentì un po’ meglio, ma era ancora tremendamente arrabbiato.
Lui si allontanò, si sedette su un masso e, sorridendo, lo guardò. << Sei molto adirato, vero? >>
<< Si >>.
<< Non ti sei divertito a cavallo >>.
<< No >>.
<< Perché? >>
<< Ero terrorizzato >>.
<< Però devi ammettere che è stato eccitante >>.
<< A me non è sembrato affatto eccitante, ero troppo spaventato. Avevo paura di rompermi l’osso del collo >>.
<< Non era il caso di avere tanto timore, dovresti avere più fiducia nelle tue capacità. Sei un ottimo cavallerizzo, uno dei migliori che abbia mai conosciuto >>.
Lui non si sentiva per niente come Eunhyuk lo descriveva, a dire il vero non si sentiva il migliore in niente. << Non devi farmi dei complimenti >>.
<< Non sono complimenti, è la verità. Ti ho osservato con attenzione, Donghae, controllando che fosse tutto a posto. Sei riuscito a dominare il cavallo in modo stupendo, e non è un animale tranquillo. E’ uno dei più difficili da cavalcare. Eppure tu non hai perso il controllo, nemmeno per un momento >>.
Lui si sedette sulla pietra accanto ad Eunhyuk, riscaldato dal sole. Ma quel calore era nulla a confronto di quello che gli bruciava dentro, provocato dalle sue parole e dal fugace contatto tra le loro gambe fasciate dai jeans.
Non avrebbe dovuto reagire in quel modo per un semplice contatto, invece ogni volta era la stessa cosa. Non avrebbe dovuto ascoltare quelle parole che invece continuavano a ronzargli in testa, provocandole dei brividi.
Non avrebbe dovuto…ma…
Era come se un fuoco liquido gli scorresse sotto pelle.
Voleva di più da lui, e sapeva perfettamente che quel “di più” l’avrebbe bruciato, l’avrebbe sconvolto per sempre.
<< Kyuhyun era quello che cavalcava meglio tra noi due >> dichiarò per non pensare a ciò che sentiva. << E’ sempre stato il più forte >>.
<< Fino a oggi >>.
Donghae sollevò le sopracciglia. Aveva ragione lui, non ci avevo mai pensato, ma Kyuhyun era stato il più coraggioso fino al giorno del rapimento.
Eunhyuk improvvisamente gli sollevò la mano sinistra per osservare l’anello che portava all’anulare.
<< Parlami del ragazzo fortunato con cui sei fidanzato >>.
Lui si mosse a disagio. Non era realmente impegnato, portava l’anello che Henry gli aveva dato solo perché lui aveva insistito. Stava ancora riflettendo sulla proposta di matrimonio. In un primo momento, lui glielo aveva restituito affermando di non volerlo sposare, ma Henry non aveva accettato il rifiuto. L’aveva supplicato di pensarci durante il viaggio ad Hallesen e di dargli una risposta definitiva al ritorno.
Donghae non sapeva cosa fare con l’anello, e alla fine aveva deciso di indossarlo per paura di perderlo.
<< Henry >> sussurrò debolmente.
<< Chi? >>
<< Henry. Henry Lau >>
<< Un ragazzo simpatico, immagino >>.
<< Già >>. Non voleva confessare a Eunhyuk che non aveva nessuna intenzione di sposare Henry, e che aveva accettato di riflettere sulla proposta di matrimonio solo per non ferirne i sentimenti.
Henry e suo padre erano amici da molti anni, e dopo la partenza di Kyuhyun per Hallesen. Lui aveva iniziato a corteggiarlo, invitandolo fuori a cena, alle feste e a ogni evento mondano di Mokpo.
<< Devi essere molto innamorato di lui >> insistette Eunhyuk.
Lui liberò la propria mano facendola scivolare da quella di lui. << E’ un gentiluomo >>.
<< Esattamente il mio contrario, dunque >>.
<< Infatti >>
Eunhyuk raccolse un ramoscello da terra e se lo rigirò tra le mani, osservandone le venature azzurrognole e le bacche secche che ancora vi erano appese. << Vuole dei figli? >>
Donghae rabbrividì, incapace di immaginarsi mentre faceva l’amore con Henry, un uomo che aveva praticamente quasi l’età di suo padre.
<< E’…orientato verso la famiglia >> mormorò.
<< Mi piacerebbe incontrarlo >>.
<< Certo >>. Donghae lo guardò negli occhi. << Telefonami, quando sarai uscito di prigione. Vedrò di organizzare l’incontro >> dichiarò sarcastico.
Eunhyuk gettò indietro la testa e scoppiò in una risata.
<< Prigione? >>
<< E’ dove generalmente finiscono i rapitori >>.
<< Rapitori? >> ripetè lui, ancora scosso dalle risate.
<< Hai capito perfettamente: rapitori. >> Gli rivolse un’occhiata tagliente. << Oppure c’è qualcos’altro per cui temi di poter finire in prigione? >>
Eunhyuk finse di pensare per qualche secondo. << No…credo che sequestrarti sia la cosa peggiore che abbia mai fatto. Pensa un po’… >>
Così lui non la considerava una cosa grave! Oltretutto non sembrava affatto pentito…Gli rivolse un altro sguardo di ghiaccio.
Improvvisamente però si rese conto di non riuscire a staccare gli occhi da quel viso. Per quale dannata ragione una persona senza cuore era così affascinante?
Aveva le ciglia lunghissime, che sottolineavano gli occhi color argento liquido. I capelli neri...
Come poteva trovarlo attraente? Come poteva provare un desiderio tanto intenso? Che razza di persona era diventato per desiderare un uomo senza scrupoli, senza morale e privo di decenza?
Grazie al cielo Eunhyuk pensava che lui fosse fidanzato. In questo modo poteva almeno fingere di preoccuparsi dell’onore di Henry, altrimenti avrebbe potuto compiere qualche pazzia… Avrebbe potuto gettarsi tra le braccia di Eunhyuk per provare il piacere e la passione che, era sicuro, lui sarebbe stato in grado di offrirgli.
Donghae distolse lo sguardo. Si concentrò sull’ acqua del ruscello che il sole faceva brillare. I piccoli vortici che si creavano intorno agli spuntoni di roccia formavano una schiuma sottile, simile a una trama luminosa.
Doveva assolutamente allontanarsi da Eunhyuk, fuggire da quel luogo. Altrimenti avrebbe sicuramente commesso qualche sciocchezza. Gli avrebbe permesso di toccarlo, di fare l’amore con lui.
Eunhyuk gettò a terra il ramoscello che aveva ancora in mano. << E’ meglio cominciare ad avviarci, dobbiamo percorrere molta strada per tornare a casa >>.
Cavalcarono costeggiando il fiume e attraversarono poi una distesa d’erba che somigliava a un oceano sulla quale si stendeva un cielo di un blu incredibile.
Donghae ebbe un sussulto.
In lontananza aveva notato una costruzione. Poi si accorse che erano una serie di case, con recinti e mucche.
Questo significava che c’era gente.
Il cuore mancò un battito. Quelle persone avrebbero potuto aiutarlo a fuggire…
Velocemente misurò la distanza, calcolando il tempo che ci avrebbe impiegato a raggiungerle; anche al galoppo non sarebbe riuscito a distanziare Eunhyuk, però, forse, avrebbe potuto attirare la sua attenzione…
Se voleva farlo, doveva agire rapidamente. Senza errori e senza esitazioni. Poteva farcela? Santo cielo, si!
Donghae si curvò sulla sella e premette le ginocchia contro i fianchi del cavallo, e con un colpo di reni ripartì al galoppo.
La voce di Eunhyuk lo raggiunse.
<< E’ la direzione sbagliata >>.
Ma lui lo ignorò, non si voltò nemmeno. Il vento gli fischiava le orecchie e lo accecava, costringendolo a socchiudere gli occhi.
<< Donghae! >>
La sua voce irruppe con autorità. Si aspettava che lui si fermasse. Glielo stava chiedendo. Anzi no. Glielo stava ordinando!
Ma lui non volle fermarsi. Continuò a galoppare con i capelli che ondeggiavano nel vento, e le dita serrate alle redini di pelle.
Lo sentiva alle spalle, e sentiva anche che si stava avvicinando. Il suo stallone era più veloce.
Ancora un minuto, si disse…
Mi basta solo un altro minuto…
Un fischio assordante ruppe l’aria e la giumenta rallentò la corsa, fino a fermarsi. Eunhyuk fischiò una seconda volta e la cavalla tornò sui propri passi, dirigendosi verso di lui. Donghae non era preparato a quel brusco stop e finì disarcionato. Si rese conto che stava perdendo l’equilibrio, ma non potè fare nulla per impedirsi di cadere.
L’impatto col terreno lo stordì.
Per qualche secondo non riuscì a muoversi, né tanto meno a pensare. Poi, con uno sforzo, si sollevò in piedi.
Sconfitto, ma incapace di arrendersi, si voltò e cominciò a correre verso le case che vedeva in lontananza.
<< Donghae, fermati! >>
Poteva andare all’inferno, non si sarebbe fermato per niente al mondo.
<< Donghae, ti sto avvisando… >>
Calde lacrime gli bruciavano gli occhi, ma non aveva intenzione di perdere quell’opportunità di fuga, forse l’unica che avrebbe avuto.
Improvvisamente cadde a terra di nuovo, questa volta con il peso di Eunhyuk sopra di sé. Sentiva l’erba sul viso e l’aria che gli mancava.
L’aveva placato, come un giocatore di football, o come un vitello durante un rodeo. In un angolo del proprio cervello si ritrovò a pensare che un ragazzo non doveva essere trattato in quel modo.
Ma Eunhyuk non lo considerava un ragazzo.
Donghae avvertiva il suo respiro caldo sul collo, e lo sentì sospirare mentre si alzava. << Ti sei fatto male? >> chiese preoccupato.
Lui ancora a terra, con il viso sporco e coperto da fili d’erba. Si sollevò a fatica su un gomito.
<< Vai all’inferno! >> gli urlò.
<< Non avrei voluto farlo >>.
<< Non parlarmi >>.
<< Non avrei mai voluto farti del male >>.
Donghae si sollevò sulle ginocchia e si strofinò le mani sui pantaloni, poi tentò di pulirsi il viso. << Stai lontano da me >>.
<< Non ti lascerò scappare >>.
<< No, me ne sono reso conto >> replicò togliendosi un filo d’erba dalla fronte.
<< Promettimi che non ci riproverai >>.
<< Non ti prometterò mai una cosa del genere! Tu mi hai rapito, questa non è una vacanza >>.
Eunhyuk si passò una mano tra i capelli per togliere la polvere. << Almeno su questo siamo d’accordo >>.
<< Rimandami a Mokpo….ti prego >>.
<< Sai che non posso farlo >>.
<< Quando potrai? >>
<< Quando sarà reso pubblico lo scioglimento delle Imprese Choi >>.
Lui lo fissò per un lungo istante, cercando di dare un significato a quest’ultima informazione. Di colpo si fece un quadro preciso della situazione. << Tu vuoi distruggere la compagnia di Siwon >>.
<< Questo è l’obiettivo finale >>.
<< Per tutti questi anni…l’unico obiettivo… >>
<< T tutti questi anni >> annuì Eunhyuk, fischiando in direzione del proprio cavallo.
Donghae lo guardò sconvolto.
<< E cosa c’entro io in tutto questo? >>
<< Tempismo >>.
<< Non capisco >>.
<< Tu non sei mai stato parte del piano. Ma quando Siwon mi ha chiesto di rapirti, non ho potuto dirgli di no >>.
La rabbia esplose in lui. << Perché no? >>
Eunhyuk sollevò le spalle, raggiungendo il proprio stallone e afferrando le briglie. << Era un’opportunità troppo grande per me. Posso impadronirmi della compagnia e ricattarlo con l’accusa del rapimento. La vendetta non potrebbe essere migliore >>.
Lui si allontano da Eunhyuk di qualche passo, braccollando come se fosse ubriaco. La testa gli doleva e aveva lo stomaco in subbuglio.
<< Dov’è il mio cavallo? >>
<< Se ne è andato. Probabilmente è tornato alla mia fattoria >> sbuffò.
Le lacrime cominciarono a scorrergli sulle guance. Si sentiva completamente indifeso e dipendente da lui. Era la cosa peggiore che potesse capitargli.
Eunhyuk montò a cavallo e gli tese una mano.
<< Per favore, Sali >>.
<< No, grazie <<.
<< Non permetterò che tu tenti di fuggire di nuovo >>.
<< Camminerò fino a casa >>.
<< Proverai ancora a scappare >>.
<< Non sono così stupido. Mi hai già buttato a terra due volte. Credi davvero che voglia cadere una terza?
Lui ebbe la sfacciataggine di ridere.E questo fece arrossire Donghae di vergogna e di rabbia.
<< Non lo so, ma sono sicuro che tenterai di nuovo >>.
<< Vattene >>.
<< Non posso. Dammi la mano >>.
Lui cavalcava al suo fianco e Donghae detestava come il sole riflettesse sui suoi splendidi lineamenti e sulle sue labbra sensuali. Il naso aquilino doveva essere stato rotto più di una volta.
Sicuramente era un uomo con molti nemici.
<< Dammi la mano >> lo invitò di nuovo lui, dolcemente.
<< Ti ho detto di no >>.
<< Allora sono costretto a fare a modo mio >>.
Eunhyuk si sporse, gli circondò la vita con un braccio, poi lo sollevò e lo fece sedere sulla sella davanti a sé.
Donghae si ritrovò con la schiena appoggiata a lui, in un contatto fin troppo intimo, che lo sconvolse. Fece un tentativo disperato per scendere da cavallo, ma lui lo afferrò con forza e lo bloccò col braccio muscoloso.
<< Stai fermo, o cadremo entrambi >>.
Lui tentò inutilmente di colpirlo, ma lo mancò. << Fammi scendere! >>
<< Non se ne parla nemmeno >>.
Gli teneva la mano sul ventre, creando un calore e una tensione che Donghae non riusciva a sopportare. La pressione della mano e la sensazione di essere appoggiato ai suoi fianchi lo faceva sentire incredibilmente consapevole della sua mascolinità, di loro due insieme.
<< Tieni giù le mani >> gli ingiunse. << Per favore >>.
<< Non ti lascerò andare, sono stanco di darti la caccia come a un coniglio >>.
Donghae lo colpì con una gomitata nel costato e a lui sfuggì un gemito. Lo afferrò per i capelli e gli tirò indietro la testa.
<< Non sfidarmi, Donghae… >> gli sussurrò con le labbra appoggiate al suo orecchio, mentre con la mano gli sfiorava la gola palpitante.
Un brivido gli percorse la schiena, era consapevole della sua superiorità. Lui era molto più forte, più alto, più muscoloso. Ragionava anche in modo diverso. Eppure qualcosa in lui lo faceva sentire vivo, intensamente vivo.
Amore, odio…qual era la differenza?
Il sentimento che provava in quel momento gli risultava incomprensibile: non riusciva a capire se voleva essere accarezzato da lui oppure che lo ignorasse.
Potevano gli opposti attrarsi in quel modo?
Donghae chiuse gli occhi quando le labbra di lui scivolarono sulla guancia e lo baciarono sull’angolo della bocca. Quel bacio scatenò in lui emozioni profonde, primitive, e gli fece mancare il respiro.
Sentiva i suoi fianchi contro i propri, la sua mano sullo stomaco. Poteva quasi immaginarlo nudo, accanto a lui, assaporare il contatto con la sua pelle…
Sarebbe stato gioia e dolore allo stesso tempo.
Sarebbe stata l’emozione più intensa mai vissuta.
Lui gli baciò il labbro inferiore e Donghae tremò a quel contatto. Si aggrappò al pomolo della sella, combattendo il desiderio di accarezzarlo a sua volta.
Avrebbe voluto toccarlo, stringersi più forte a lui, ma non poteva. Nonostante il desiderio che provava in quel momento, non poteva lasciare che accadesse.
Era troppo pericoloso.
Lui l’avrebbe distrutto, se non fosse stato attento.
<< Basta >> lo supplicò lui contro le sue labbra, sperando che non lo sentisse, e nello stesso tempo pregando che avesse più autocontrollo di lui.
Eunhyuk sollevò la testa e lo guardò negli occhi.
<< Naturalmente. Posso essere anch’io un gentiluomo come il tuo Henry… >>
La cavalcata verso casa sembrò durare un’eternità. A ogni passo del cavallo lui veniva sbattuto contro Eunhyuk. Il suo calore gli accendeva la fantasia.
Quando finalmente giunsero alla fattoria era teso e sfinito, gli dolevano perfino i muscoli di cui, fino ad allora, aveva ignorato l’esistenza.
Non appena il cavallo si fermò, scese con un balzo, non potendo sopportare un secondo di più il contatto con Eunhyuk. Lui non disse nulla, ma non ne aveva certo bisogno.
Sapeva bene l’effetto che gli provocava, pensò Donghae sconsolato. Entrambi sapevano che era solo una questione di tempo, che prestodonghae si sarebbe arreso.
Eunhyuk lo guardò allontanarsi.
Lui non gli piaceva, ma lo voleva, pensò.
Aveva il sospetto che non amasse Henry Lau, ma che avesse intenzione di sposarlo solo per sentirsi protetto, al sicuro. Su una cosa Siwon aveva ragione: Henry non era l’uomo adatto a Donghae. Con i swuoi cinquantatrè anni aveva quasi il doppio della sua età, inoltre era notoriamente un tipo lascivo.
Eunhyuk aveva svolto delle indagini; non era sicuro infatti che avrebbe acconsentito al piano di Siwon se Henry si fosse rivelato un uomo decente. Ma non lo era. Aveva un debole per gli uomini giovani biondi in difficoltà economiche. Si era dichiarato a Kyuhyun tre anni pr4ima, praticamente costringendolo al matrimonio in cambio dell’aiuto per salvare la sua fattoria.
E adesso che Kyuhyun era fuori gioco, stava facendo lo stesso con Donghae.
Gli si strinse lo stomaco. Non avrebbe mai permesso a Henry di sposare Donghae. Quell’americano non aveva un briciolo di morale.
Improvvisamente si fermò e storse la bocca. Giudicare Henry era un po’ come vedere una pagluzza nell’occhio altrui senza notare la trave del proprio…
Non ne aveva il diritto.
Era una cosa che non lo riguardava.
Questo era il vero problema, pensò tristemente. Non sapeva cosa lo riguardasse realmente. In trent’anni non aveva ancora capito quale fosse davvero il suo posto.
Anzi, a essere completamente sinceri, non aveva ancora trovato un posto che gli appartenesse davvero.
Un posto da chiamare casa.

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Capitolo 6
*** 6. Che fine ha fatto l'anello? ***


Donghae s’incamminò verso la piscina, sapeva che una nuotata l’aiutava ad alleviare la tensione che aveva accumulato durante la cavalcata.
Nuotare gli servì a sciogliere i muscoli,ma si sentiva ancora tremendamente nervoso, e soprattutto era ancora turbato per l’intensa attrazione che provava per Eunhyuk.
Come poteva desiderare qualcuno così tanto? Come era possibile che fisicamente lo volesse fino a quel punto?
Aveva avuto un paio di ragazzi, niente di serio, ma sebbene glielo avessero chiesto, lui non aveva mai acconsentito a fare l’amore.
Gli piaceva baciare ed essere baciato, ma non si era mai spinto oltre…fino a quel momento.
In qualche modo sapeva di aver trovato in Eunhyuk ciò che stava cercando, era consapevole che lui intuisse i suoi sentimenti e li corrispondesse.
I brevi baci che si erano scambiati l’avevano sconvolto; anzi l’avevano spaventato: era qualcosa di sconosciuto.
Eunhyuk non era l’uomo giusto. Rappresentava sicuramente la passione, ma anche il dolore, la sofferenza.
Disgustato da se stesso, Donghae si arrampicò sul bordo della piscina, uscì dall’acqua e si avvolse in un telo di spugna. Si era appena accomodato sulla sdraio, quando sentì la porta di casa aprirsi e subito dopo richiudersi.
Il cuore gli balzò in petto appena scorse Eunhyuk che si stava avvicinando alla piscina; indossava un paio di pantaloncini neri,che sottolineavano l’ampiezza delle spalle, la vita sottile e le lunghe gambe muscolose.
Era molto virile, pensò Donghae, provando di nuovo il timore che sempre l’invadeva in sua presenza. Raccolse velocemente le proprie cose, infilando la crema solare e gli occhiali scuri nella borsa e si alzò di scatto.
<< Hai fatto una bella nuotata? >> gli chiese lui mentre Donghae gli passava accanto diretto verso casa.
Non ebbe nemmeno il coraggio di guardarlo in volto.
<< Si, grazie >>.
Raggiunse il portone, posò la mano sulla maniglia, e si rese conto, pieno di terrore, che l’anulare sinistro era nudo.
L’anello di fidanzamento non c’era più,l’aveva perduto.
Quella pietra costosissima era sparita.
Non poteva assolutamente permettersi di perderlo, doveva restituirlo a Henry!
Donghae tornò di corsa verso la piscina, giusto in tempo per vedere un lampo di pelle abbronzata immergersi nell’acqua. Rimase affascinato a guardare Eunhyuk che nuotava in immersione, fino a raggiungere l’altra sponda della vasca.
Lui emerse dall’acqua e si sedette sul bordo della piscina, con la pelle resa lucente dalle gocce che gli scorrevano sui muscoli possenti.
Con una mano si scostò i capelli bagnati. Alzando lo sguardo lo notò, dal altro lato della vasca, che lo fissava con aria trasognata.
<< hai bisogno di qualcosa? >> gli canzonò.
<< Si >> ammise titubante, con una stretta al cuore. << Ho perso il mio anello. L’anello di fidanzamento >>.
<< Quello che ti ha dato Henry? >>
<< Si >>. Col cuore che gli batteva impazzito lo vide alzarsi e dirigersi verso le sdraio sul lato lungo della piscina. << Era l’anello di sua madre. Un tesoro di famiglia >>.
Lui prese l’asciugamano e cominciò ad asciugarsi il petto. Donghae non riusciva a distogliere lo sguardo, affascinato dal guizzare dei muscoli e dalla forza che quel corpo emanava.
Eunhyuk lo squadrò e sollevò un sopracciglio.
<< Nel caso te lo stessi chiedendo, non ho io il tuo anello >> precisò.
Mortificato, Donghae si sentì arrossire fino alla radice dei capelli. Si sforzò di muoversi, di avvicinarsi alla sdraio dove era seduto poco prima, per controllare che l’anello non gli fosse caduto lì.
S’inginocchiò davanti alla sedia e controllò sotto i cuscini, non trovò nulla.
<< Forse l’hai perso durante la cavalcata >> osservo Eunhyuk.
Lui scosse la testa spaventato. << Sono abbastanza sicuro che lo avevo ancora quando siamo tornati a casa >>. Poi, sempre scrutando il terreno, si diresse verso il bordo della piscina, e ne osservò il fondale con attenzione.
<< Sapevo che non avrei dovuto indossarlo, non avrei nemmeno dovuto portarlo a Jeju….Non sarò mai in grado di ripagarglielo >>.
<< Sono sicuro che Henry non pretenderà che tu glielo ripaghi >> gli fece notare Eunhyuk.
<< Invece dovrò farlo. Quel diamante era di quattro carati, valeva una fortuna >>.
Donghae si voltò lentamente e lo fissò negli occhi. << Certo. Perché non avrebbe dovuto? >>
<< Perché quello non era un diamante vero >>.
<< Che cosa? >>
<< La pietra era fasulla >>. Eunhyuk alzò le spalle avvicinandosi a lui. << Non era nemmeno una buona imitazione >>.
Donghae indietreggiò di un passo, come se l’avesse schiaffeggiato. Come si permetteva di insinuare una cosa del genere? Che menzogna! Ma chi si credeva di essere?
Lacrime di indignazione gli bruciarono gli occhi; per tentare di nasconderle si affrettò a cercare gli occhiali scuri nella borsa, ma nell’infilarli fu troppo brusco e gli occhiali caddero a terra.
Eunhyuk li raccolse e l’aiutò ad indossarli. Le sue dita gli sfiorarono le orecchie, provocandogli brividi lungo tutta la schiena. << Parlami di Henry. Dimmi perché ti sei innamorato di lui >> lo invitò.
La voce di Eunhyuk gli avvolse il cuore, facendolo fremere nel profondo. Tremava di desiderio. Sollevò gli occhi, ora nascosti dalle lenti scure e lo guardò.
Come poteva continuare a fingere? Come sarebbe riuscito a fargli credere di amare Henry quando tutto ciò che voleva era gettarsi nella sue braccia, sentire la sua bocca sulla prpria?
<< E’ un amico di famiglia >> rispose in un sussurro. << Lo conosco da sempre >>.
<< Questo per te è abbastanza? >>
<< E’ molto buono con mio padre, lo aiuta…a volte >>.
Eunhyuk corrugò la fronte e socchiuse gli occhi, studiandolo con attenzione.
<< Questa è la tua idea di amore? >>
<< Io… >>
<< Tu cosa? >>
Donghae socchiuse le labbra ma non riuscì a parlare, si sentiva svuotato, incapace di pensare.
Lo sguardo di lui si soffermò sulle sue labbra, come se stesse ricordando il bacio che si erano scambiati, e ne sentisse ancora il sapore.
Se solo l’avesse baciato di nuovo… Se solo l’avesse sfiorato… Ma Eunhyuk non si mosse.
Rimase fermo ad osservarlo, in attesa.
Donghae avrebbe voluto allontanarsi immediatamente, porre della distanza tra lui e quell’uomo che lo scombussolava, ma era incapace di muoversi.
<< Henry non è così… >> tentò di difenderlo debolmente.
<< Così come? >>lo incalzò lui.
<< Cattivo…Non è così >>.
<< Forse non è cattivo, ma non è di sicuro una brava persona, e certamente non è l’uomo giusto per te >>.
Donghae sobbalzò al tono duro di lui.
La voce era diventata fredda, tagliente, le parole erano state pesanti come pietre. << Come puoi dire una csa simile? Tu non lo conosci nemmeno >>.
<< Lo conosco abbastanza. Henry e io siamo fati della stessa pasta. Abbiamo entrambi fatto carriera manipolando il prossimo. Io mi sono dedicato ai Choi, lui ai giovani biondi e inesperti >>.
<< Ma se… >>
Eunhyuk non capiva per quale ragione Donghae continuasse a difendere Henry, a meno che non fosse davvero innamorato.
<< Non è tutto >> lo interruppe brusco. << Il tuo Henry Lau è molto più approfittatore di bei ragazzi. E’ indagato anche per evasione fiscale, frode assicurativa reato di falso e un paio di incendi dolosi >>. Compreso quello che ha semidistrutto proprio la tua fattoria tre anni e mezzo fa.
Donghae, però, non gli credeva, se ne accorse dal piglio deciso del mento e dalla smorfia delle labbra.
<< Solo perché tu sei un essere privo di morale, Eunhyuk, non è detto che tutti siano uguali a te >>.
Lui scosse il capo, senza parole.
Non sapeva come spiegargli le circostanze che li avevano portati a trovarsi lì in quel momento. Non sapea da che parte cominciare a raccontargli il suo passato, le disgrazie accadute a sua madre. << Probabilmente io non sono un uomo virtuoso, ma non ho mai approfittato degli uomini >> dichiarò secco.
<< No? Allora come lo chiami tenermi qui contro la mia volontà? >> La voce di Donghae si alzò di tono. << Io sono un tuo astaggio, mi stai tenendo prigioniero. Questo non vuol dire, secondo te, approfittarsi di un uomo? Non stai forse negando i miei diritti?
Eunhyuk detestava vederlo piangere, e gli faceva male il disgusto dipinto sul suo volto.
<< Si >> sospirò alla fine, con vice roca.
Lui sollevò un dito e glielo punto al petto. << Allora non parlarmi di Henry, e non giudicare le mie scelte perché tu sei di gran lunga peggiore. Sei veramente meschino >>.
Seduto alla scrivania del suo ufficio, Eunhyuk osservava le pagine uscite dal fax.
La cessione delle Imprese Choi aveva avuto inizio.
I membri del consiglio erano stati tutti avvisati, l’offerta di acquisto era stata fatta. Adesso era solo questione di tempo e di pazienza.
E nervi d’acciaio.
Perché Eunhyuk poteva immaginare cosa stesse attraversando Siwon in quel momento: rabbia, sconforto, senso di tradimento. Siwon aveva creduto in lui, si era fidato del suo fratellastro.
In realtà Siwon non lo aveva mai conosciuto davvero.
Il fax continuava a stampare fogli su fogli di documenti. Offerte d’acquisto,prezzo delle azioni…
Siwon doveva sentirsi distrutto.
La porta del suo ufficio si spalancò di colpo.
Donghae si fermò sulla soglia. << Voglio delle prove >> lo aggredì. << Dimostrami che c’è Siwon dietro il mio rapimento, oppure lasciami andare. Adesso >> gli aggiunse.
Eunhyuk non aveva un bel aspetto. Era pallido, e profonde linee scure gli circondavano gli occhi e la bocca, facendolo sembrare molto più anziano.
Lui posò sul tavolo i dcumenti che aveva in mano.
<< Prove? >>
 
<< Si. Devi avere qualcosa da qualche parte. Qualcosa di scritto che possa incriminare  Siwon. Del resto sei stato tu a dirmi che in futuro potrai ricattarlo per questo, quindi devi avere le prove >>.
Voleva ferirlo, invece era lui a soffrire, oppresso da una situazione più grande di lui.
Chiuso nella propria stanza si era reso conto di non sapere più a cosa credere. Non sapeva di chi fidarsi.
Eunhyuk gli aveva fatto anche questo: aveva completamente sconvolto il suo mondo.
Come vi era riuscito?
Forse perché gli aveva sempre parlato in maniera semplice e diretta. Non aveva mai giocato con le parole.
Non aveva tentato di proteggere i suoi sentimenti, al contrario di Kyuhyun e Siwon, di suo padre e perfino di Henry. Tutti loro avevano sempre cercato di tenerlo lontano dalla realtà, avevano preso le decisioni al suo posto. Certo, lo avevano fatto con le migliori intenzioni, per proteggerlo, invece gli avevano arrecato solo un grosso danno.
Eunhyuk non aveva mai avuto la pretesa di difenderlo da qualcosa. Gli aveva raccontato i fatti come realmente erano, o perlomeno la sua versione dei fatti, e lui si rendeva conto che le cose, come le vedeva lui, avevano un senso.
Non era d’accordo con lui, tuttavia ne apprezzava l’onestà… Bè, se si poteva definirla onestà. Così era andato nel suo ufficio chiedendo delle prove.
Non era più in grado di distinguere la verità dalle menzogne, e si rifiutava di rimanere in quello stato più a lungo. Voleva sapere.
Era suo diritto sapere.
Voleva conoscere i fatti anche nei minimi dettagli.
Avrebbe deciso lui stesso che cosa era giusto e cosa non lo era.
<< So che devi avere dei documenti >> proseguì con lo stomaco contratto e le gambe pesanti come il piombo. << Vorrei vedere tutto quello che hai. Per piacere >>.
Eunhyuk gli porse una cartellina, e lo osservò mentre lui l’apriva e cominciava a leggere i fogli all’interno.
Aveva ragione, pensò accigliato. Lo conosceva abbastanza bene per intuire che lui avesse dei documenti che lo riguardavano, per essere con le spalle coperte nel caso che quel rapimento anomalo fosse finito davanti a un giudice in tribunale.
Non si sarebbe addossato la colpa senza convolgere anche Siwon. Non si sarebbe rovinato senza distruggere la reputazione del fratellastro.
A Donghae cominciarono a tremare le mani, mentre leggeva i documenti che Eunhyuk gli aveva consegnato.
Lo vide impallidire e combattere evidentemente contro le proprie emozioni.
Sapeva che quei fogli l’avrebbero sconvolto.
C’erano delle e-mail di Siwon con sue fotografie scattate alla fattoria dei Lee e vari commenti in proposito. Lo osservò mentre esaminava una copia del passaporto, del biglietto aereo e i trasferimenti bancari di denaro che Siwon aveva effettuato.
Donghae chiuse il fascicolo e lo fece scivolare lentamente sulla scrivania.
<< Ti ha pagato per rapirmi >>.
Eunhyuk notò l’angoscia nella sua voce.
<< In realtà quel denaro era per te, nel caso ne avessi avuto bisogno durante la tua permanenza qui >> gli spiegò.
Donghae emise un sospiro esausto.
<< Perché dovrei aver bisogno di soldi? Sono un’ospite. Provvedi a me in ogni modo… >>
Il tono ironico si incrinò, era sul punto di piangere.
<< Non aveva nessuna intenzione di farti del male, Donghae >>.
<< Non cercare di difenderlo, è un tuo nemico! >>
A Eunhyuk si strinse il cuore. << Ma questo ti ha ferito, te lo si legge negli occhi… >>
<< La cosa dovrebbe renderti felice >> lo interruppe con una falsa risata. << Era esattamente quello che volevi, quindi puoi festeggiare >>.
Ma lui non aveva nessuna voglia di festeggiare. Si sentiva insoddisfatto, crudele. Non si riconoscea più.
<< Non posso festeggiare la tua infelicità, Donghae. Mi stai troppo a cuore >> ammise.
Donghae rise di nuovo, poi il riso si trasformò in pianto e calde lacrime cominciaro a scivolargli sulle guance. << Non dire che ti sto a cuore, è l’insulto peggiore. Non ti interesso, non ti interessa nessuno al di fuori di te stesso >>.
<< Ci sono molte cose che non sai >>.
<< Non credo >>. Il suo sguardo incontrò quello di lui e lo tenne incatenato. << Penso che sia una bugia che tu racconti a te stesso, invece la verità è piuttosto semplice. Tu vuoi che gli altri soffrano perché tu hai sofferto. Così puoi brindare per il tuo successo. Sei in gamba. Soprattutto a fare del male. Lo sai fare molto bene >>.
Uscì dal suo ufficio lasciando la porta aperta.
Eunhyuk rimase a guardare la porta ascoltando l’eco dei suoi passi che si allontanavano. Poi il silenzio lo avvolse e scese fin nel profondo del suo cuore.
Le cose non erano andate come aveva previsto. Pensava che sarebbe riuscito a far si che Donghae disprezzasse Siwon, invece non era successo.
Aveva solo coinvolto una persona innocente.
Era suo padre quello che faceva soffrire gli uomini giovani, non lui. Lu non lo aveva mai fatto. Aveva sempre sostenuto di difendere i deboli, invece si era trovato a tenere in ostaggio un ragazzo indifeso.
Che razza di uomo poteva fare una cosa del genere?
Solo uno come suo padre.
Ma lui non era come suo padre. Era completamente diverso da lui.
O forse no?
Nella sua camera gialla con le travi di legno scuro, Donghae estrasse dall’armadio la propria valigia e la posò sul letto; si asciugò le lacrime che continuavano a cadere e fece scorrere la cerniera, aprendola.
Così era tutto vero.
Eunhyuk gli aveva detto la verità. Siwon aveva organizzato il suo rapimento e aveva versato parecchio denaro sul conto di Eunhyuk.
Come aveva potuto fargli una cosa del genere?
Che razza di persona era?
Era stupido continuare a piangere, eppure non riusciva a smettere. Non avrebbe certo cambiato le cose. L’unica possibilità era andarsene di lì.
Ed era esattamente quello che lui aveva intenzione di fare.
Con gesti nervosi cominciò a prelevare i propri abiti dall’armadio per gettarli nella valigia.
<< Dove credi di andare? >> la voce di Eunhyuk lo raggiunse dalla sogli, il tono era sorprendentemente dolce.
Lui gettò indietro la testa in un gesto di sfida. << Via >>.
<< Adesso? Alle nove di sera? >>
Grazie al cielo non lo stava prendendo in giro. Ne avrebbe avuto la possibilità se avesse voluto. Invece il tono era sincero.
Entrambi sapevano che non avrebbe potuto andare da nessuna parte, che se se ne fosse andato avrebbe vagato per Hellasan avvolto nell’oscurità. Ma lui non acennò a nulla del genere, e Donghae continuò a riempire la valigia.
<< Devo andarmene, non posso più rimanere qui? >>
<< D’accordo >>.
<< D’accordo? >>
Lui si bloccò, con le mani sulla valigia, e lo guardò.
<< Sei d’accordo? >>
<< Si >>.
<< Mi lascerai andare via? Chiamerai l’elicottero per farmi venire a prendere? >>
<< Si. Sarà la prima cosa che farò domani mattina. Te lo prometto >>.
<< Perché non adesso? >>
<< E’ tardi. Il mio pilota ha avuto una giornata di lavoro molto pesante . Ha bisogno di riposarsi, ma domani mattina sarà qui, te lo assicuro >>.
<< Come posso crederti? >>
<< Ti ho mai mentito? >>
Lui lo studiò per un lungo istante. Lo vide per quello che era, e avrebbe voluto odiarlo.
Ma non poteva. Provava sentimenti contrastanti per lui, intensi. L’odio, però, non era uno di quelli.
Si diresse all’armadio e prese un paio di scarpe, chinandosi scorse qualcosa sul fondo. L’anello.
L’anello della madre di Henry.
Donghae lo sollevò e se lo infilò al dito.
<< L’ho trovato! >> esclamò voltandosi verso Eunhyuk. << Era qui, sul fondo dell’armadio >>.
Eunhyuk si sporse verso di lui.
<< Sono contento che tu l’abbia trovato >>.
Donghae si accigliò. << Perché? Dici che è un falso… >>
<< Ma tu eri preoccupato. Non ti voglio più vedere preoccupato. Vorrei vederti sempre felice, te lo meriti >>.
Improvvisamente Donghae  si pentì di essersi infilato l’anello al dito. Non gli piaceva. << Io non credo che Henry sia cattivo. Però non lo conosco molto… >> Trasse un profondo respiro e guardò Eunhyuk negli occhi. << … E sicuramente non lo amo. Non sono mai stato innamorato di lui. Non siamo fidanzati >>.
Eunhyuk si irrigidì. << Che cosa? >>
Lui scosse la testa, mordicchiandosi il labbro.
<< Tu e Siwon siete così intelligenti, eppure non lo avete capito. Io non sono mai stato fidanzato con Henry, non ho mai acconsentito a sposarlo. Lui me lo ha chiesto, io però non gli ho detto di si >>.

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Capitolo 7
*** 7. Non siete dalla stessa parte! ***


Eunhyuk si avvicinò al letto e mise una mano sul suo bagaglio. << Non riesco a capire. Porti l’anello, l’hai sempre portato da quando sei qui >>.
Donghae sarebbe scoppiato in una risata se ne avesse avuto la forza. Eunhyuk appariva del tutto sconcertato.
<< Ha insistito che lo conservassi mentre riflettevo sulla sua proposta. Poiché avevo paura di perderlo, l’ho messo al dito >>. Gli sfuggì una smorfia. << Solo che ho rischiato ugualmente di perderlo, così non so se sia stata una buona idea >> concluse.
<< Tu non sei innamorato di Henry? >>
<< No >>.
<< Non hai mai nemmeno preso in considerazione l’idea di sposarlo? >>
Riflettè sulla domanda, mentre percepiva la pressione dell’anello contro la pelle.
<< Bè, non è proprio vero. Sarei stato un pazzo a non valutare la sua proposta. Non ho molta scelta, devo tenermi aperta qualche possibilità >>.
Era così. Da quando Kyuhyun si era trasferito ad Hallesen, Donghae si era sentito molto solo, incerto e insicuro.
Kyuhyun aveva una nuova vita con Siwon e l’aveva lasciato a occuparsi di suo padre. A lui non era pesata la responsabilità, in realtà era stata la solitudine ad opprimerlo.
Eunhyuk sedette sul letto accanto alla valigia.
<< Ma Siwon è convinto che tu sia fidanzato con Henry. Pare che sia stato proprio lui ad annunciarglielo >>.
Donghae afferrò gli stivali da cow-boy e li tenne stretti al petto. << Allora Siwon avrebbe dovuto parlare con me: gli avrei chiarito la situazione. Ma in fondo perché avrebbe dovuto parlarmi? Sono solo il fratello di Kyuhyun, troppo sciocco per prendere da solo una decisione >>.
Il tono era decisamente sarcastico.
<< Non sono convinto che Siwon… >>
<< Smettila una buona volta di difenderlo! >> Buttò gli stivali nella valigia con tanta forza che quasi rimbalzarono fuori. << Non siete dalla stessa parte. Non puoi conoscere il suo punto di vista. Non puoi essere d’accordo con lui e neanche cercare di sistemare le cose! >>
Entrò in bagno e raccolse shampoo e schiuma da bagno che mise in valigia. << Mi permetterai veramente di andarmene domani? >>
<< Si >>.
<< Bene, perché voglio tornare a casa >>. Alzò gli occhi per incontrare il suo sguardo. << Mi accompagnerai all’aeroporto? >> gli chiese.
<< E Kyuhyun? >>
Sentì gli occhi che gli bruciavano.
<< Cosa centra Kyuhyun? >>
<< Sei venuto per vederlo, per passare un po’ di tempo con lui… >>
Le mani gli tremarono mentre pressava gli abiti per poter chiudere la valigia. << Vorrei vederlo, ma non posso farlo senza vedere anche Siwon. E non ho nessuna voglia di incontrarlo >> confessò.
Si allontanò di scatto dalla valigia con le braccia strette al petto. Era confuso… in collera. << Come ha potuto proprio Siwon comportarsi così? >>
La voce di Eunhyuk era pacata. << La gente commette degli errori. Anche Siwon  >>.
Si girò per fronteggiarlo. << Non riesco a capire come tu possa difenderlo. Dal momento che fai la parte del ragazzo cattivo, comportati come tale, per l’amor del cielo! >>
Luigli si avvicinò. << Secondo te che cosa farebbe adesso il ragazzo cattivo? >>
<< Sorriderebbe. Riderebbe. Sarebbe felice della mia disperazione >> gli fece notare.
L’atmosfera della camera si fece improvvisamente tesa e la tensione si riflettè su Donghae.
Eunhyuk gli scostò una ciocca dal viso. << non posso essere felice del tuo dolore. Mi dispiace averti fatto questo >>.
Una morsa di ghiaccio strinse il cuore di Donghae.
<<  Non giustificarti con me. Non sopporto la tua compassione. Non è da te >>.
Quella brusca protesta lo fece sorridere. << No, non è da me. Non sono un eroe, vero? >>
Non fu in grado di rispondergli, non perché fosse in collera con lui, ma perché non riusciva a capire per quale ragione lo desiderasse in quel momento, in una simile circostanza. Non aveva senso quel desiderio.
Lui gli tolse un’altra ciocca dal viso, sistemandola dietro l’orecchio. Il contatto delle sue dita gli trasmise un’emozione intensa che si diffuse in tutto il corpo.
Percepiva la sua vicinanza sulla pelle, nel sangue e nelle ossa. Gli aveva solo sfiorato la guancia eppure il suo calore e la sua forza avevano scatenato una specie di devastante incendio.
<< Ti voglio >> ansimò con la voce soffocata. << Ho un bisogno disperato di te >>.
Eunhyuk lo prese per le braccia, le dita sulla sua pelle.
Cercò di allontanarlo, ma lui non si mosse. Allacciò lo sguardo al suo e Donghae intuì la sua lotta interiore, la sua determinazione a non cedere.
Scosse lievemente il capo. << Non posso farlo, Donghae >>.
<< Perché no? Hai fatto di tutto >>.
<<  Approfitterei di te >>.
<< Come se questo prima ti avesse fermato >>.
<< Il sesso è diverso… >>
<< Ma questo non è sesso >> bisbigliò, << è la necessità di stare con te, di conoscerti… >>
<< Tu mi conosci già, entrambi sappiamo come sono >>.
Le sue mani gli scivolarono lungo le braccia, imprigionandole alla fine dei polsi.
Le sue pulsazioni rallentarono.
Donghae provava eccitazione, desiderio…. E assolutamente nessuna paura.
<< Non è così semplice >> gli confessò, con il respiro bloccato in gola. Erano giorni che desiderava stare tra le sue braccia, essere accarezzato da lui, e ora doveva reprimere la tentazione di supplicarlo.
<< Tu non sei così semplice. Non conosco alcuni lati del tuo carattere, ma altri li ho capiti bene >>.
Eunhyuk gli sollevò il mento e lo fissò negli occhi.
<< Ho paura >>.
Era sempre più difficile riuscire a ragionare, essere razionale. Il contatto col suo corpo, il suo calore, la sua energia avvolgevano, incatenandolo a lui. Donghae non aveva bisogno di parole, solo di sensazioni.
Non voleva discorsi, voleva la passione.
<< Di cosa hai paura? >> bisbigliò alla fine.
<< Di amarti >>.
Fissò affascinato la sua bocca. Anche se era l’uomo sbagliato, aveva fatto un’affermazione giusta. << Non devi. Sono solo Donghae >>.
<< D’accordo, ma io non sono la persona di cui hai bisogno. Non posso esserlo >>.
<< Perché? >>
<< Lo sai. Viviamo in due mondi diversi. Non abbiamo futuro >>.
Stava dicendo la verità, ma lui non voleva accettarla.
Si alzò sulla punta dei piedi e gli sfiorò le labbra con le proprie. Eunhyuk s’irrigidì e arretrò di un passo. Allora Donghae gli circondo la nuca costringendolo ad avvicinare il viso.
<< Baciami, per favore >>.
<< Questo renderebbe tutto più difficile >>.
<< Non m’importa >>. E ne era convinto. Non aveva mai sperimentato prima di allora un desiderio così intenso, non si era mai sentito tanto uomo.
Comprendeva perfettamente che non avrebbero avuto un futuro insieme; sarebbe stato impossibile data la guerra che ormai divideva le famiglie, ma quella notte era giusto stare insieme.
Alcune esperienze capitano una volta soltanto nella vita e lui, in un lampo, realizzò di aver vissuto in attesa di questo. C’erano così tante occasioni che aveva perso, tante persone care che l’avevano abbandonato. La mamma, il papà, Kyuhyun. Non voleva che anche Euhyuk entrasse a far parte dei rimpianti.
Fece scivolare le dita tra i suoi capelli folti assaporandone la morbidezza.
Unì le labbra alle sue e sentì il respiro di lui che gli accarezzava il viso; percepì il contrasto della pelle ruvida di barba e rabbrividì per l’intensità del proprio desiderio.
Lo voleva. Voleva esser preso da lui, amato, posseduto.
<< Non trattarmi come un bambino. Ho vissuto molte difficoltà, molte più di qualsiasi altro uomo della mia età e so cosa sento, so di cosa ho bisogno. Ho bisogno di te. Ho bisogno di stare con te >>.
Eunhyuk gli prese dolcemente il viso tra le mani. << Hai mai fatto l’amore? >>
<< No. E voglio che tu sia il primo >>.
Questa ammissione annullò le ultime riserve di Eunhyuk.
Donghae notò che l’espressione di lui si addolciva, lo sguardo si illuminava, le labbra si aprivano in un sorriso.
Il desiderio che lui aveva cercato di reprimere riemerse in tutta la sua violenza.
Donghae percepiva in modo quasi tangibile la sua passione, l’impertinenza che lo agitava, così gli posò le mani sul petto, accarezzando i muscoli sodi, prima coi palmi e poi con la punta delle dita.
<< Sei stupendo >> mormorò.
Continuò a far scivolare le mani sul suo petto, disegnandone i muscoli.
Lui emise un profondo respiro e Donghae gli studiò il viso, curioso, desideroso di sapere.
Godeva di quel ruolo di seduttore, voleva sapere cosa gli faceva piacere e se era lo stesso che provocava il piacere in lui.
Facendo scorrere le unghie sul suo torace, scese fino al ventre piatto. A quel punto nelle sue vene divampò un fuoco inestinguibile, una passione selvaggia.
Esitò solo una frazione di secondo, armeggiando intorno alla cintura, prima di sfilargliela e aprire il primo bottone dei suoi pantaloni.
<< Hai già spogliato un uomo? >>
Quella domanda lo rese imprudente.
<< No, ma credo che sia solo questione di buon senso >>.
Lui rise dolcemente e quella risata lo fece fremere.
<< niente segue il buon senso, adesso >> osservò Eunhyuk.
Donghae trasse un profondo respire e, improvvisamente timido, sfirò esitante il tessuto dei suoi boxer.
Era eccitato e Donghae non sapeva come comportarsi… tuttavia, nel contempo, era felice nel ruolo di femme fatale.
Improvvisamente Eunhyuk sollevò il capo e lo baciò.
<< Donghae >> mormorò roco, con le mani che passavano dalla sua schiena al petto e scendevano di nuovo facendolo gemere di piacere.
Fu un sollievo quando gli tolse l’accappatoio. Lasciandolo in canotta e pantaloncini, l’adagiò sul letto.
Partendo dalle caviglie con lenti movimenti circolatori gli accarezzò la pelle delicata, i polpacci, le ginocchia.
In un solo attimo lo aveva privato di ogni forza.
Eunhyuk proseguì quel percorso di fuoco, accarezzandogli le cosce e quando avvicinò la mano al cento pulsante, lui quasi urlò.
<< Ti prego >> lo scongiurò rialzandosi per afferrargli le spalle, i muscoli che guizzavano sodi dotto le sue mani, il corpo maschio, forte… Non riusciva più a tollerare quella sensazione dolce e amara di spasmodica attesa. Si sentiva come se avesse aspettato quell’attimo tutta la vita. << Fai l’amore con me, Eunhyuk, ti prego! >> lo supplicò.
Lui gli tolse la canotta e la lanciò lontano.
L’improvvisa nudità gli fece dolere i capezzoli inturgiditi. Lui li baciò e Donghae gemette piano, le mani che si stringevano alla sua nuca, le dita affondate nei suoi capelli.
<< Sei molto sexy >> gli sussurrò contro il petto, coprendolo poi di baci la base del collo, l’incavo delle spalle, la gola palpitante.
Le sue labbra erano dolci, il respiro accendeva la sua pelle sensibile.
Mentre lo baciava ancora, lo liberò del costume e Donghae trattenne il respiro. Era completamente nelle sue mani. Mani sapienti, sensuali… sconvolgenti.
E allora istintivamente si aprì, preparandosi ad accogliere la sua forza virile.
Eunhyuk entrò piano in lui, fermandosi subito appena lui si irrigidì, per timore di fargli male.
Gli prese il viso tra le mani, gli baciò le labbra finchè lui si sollevò per aderire meglio ai suoi fianchi.
<< Non voglio farti male >> bisbigliò lui.
<< Non mi fai male. E’ bellissimo e mi fai sentire amato >>.
Lui emise un gemito roco e affondò in lui.
<< Sei meraviglioso >> gli mormorò sulle labbra, sul collo, sulle guance. Poi cominciò a muoversi lentamente, ritmicamente.
A Donghae sfuggì un sospiro di puro piacere. Ora erano una cosa sola, due corpi uniti in una magica armonia.
Percependo la sua risposta, Eunhyuk accellerò il ritmo e Donghae si aggrappò a lui.
Ogni spinta lo portava più in alto verso un mondo sconosciuto che stava improvvisamente per rivelarsi. Sapeva solo che Eunhyuk non doveva fermarsi e che lui non l’avrebbe lasciato andare.
Il cuore gli batteva come impazzito e la pelle era imperlata di goccioline di sudore. Era travolto dal piacere e dal tormento al tempo stesso.
Infine percepì qualcosa al di là del tempo, al di là dello spazio che lo attirava inesorabilmente e allora sollevò ancora di più i fianchi offrendosi a lui, affondò le unghia nella sua pelle e premette le labbra sulla sua spalla per soffocare un grido.
Prendimi, prendimi, prendimi!
Una voce silenziosa scaturiva dal suo intimo mentre i muscoli si tendevano alla spasimo.
Ebbe la sensazione di non riuscire a unirsi a lui, di non poterlo avere, di non saper controllare la disperazione crescente che quel pensiero gli dava. Il desiderio andava oltre i loro corpi, oltre quello che avevano innescato, andava anche oltre la ragione.
Era tutto, e il tutto si stava consumando.
Con la mente ovattata, per un attimo vide solo una luce lontana, poi la luce divampò.
E Donghae si sentì esplodere, mentre la luce si trasformava in una cascata di stelle luminose.
Alla fine tutto si placò in una profonda, dolce, appagante, felicità.
Ancora in preda ai brividi sentì che il corpo di lui si tendeva a rilassarsi subito dopo e per un interminabile attimo furono insieme nel tempo e nello spazio. Abbandonato in un languido torpore, Donghae posò le labbra sulla sua spalla.
Il cuore di lui pulsava contro il suo orecchio. Per un istante si sentì come miele liquido. Niente avrebbe mai potuto lontanamente competere con quello che aveva provato dandosi a lui.
Niente e nessuno.
Non avrebbe saputo dire da cosa gli derivava questa certezza. Tutto in lui era cambiato, rinnovato.
Lee Eunhyuk poteva anche essere il nemico di Siwon, Choi, Donghae, però, aveva bisogno di lui, forse addirittura lo amava. Con il respiro bloccato in gola, aprì gli occhi per studiarlo. Lui era appoggiato ai suoi gomiti, intento a fissarlo, lo sguardo intenso.
<< Sei pentito? >> gli chiese.
Per qualche istante non rispose, alla ricerca della propria coscienza, del proprio cuore.
Alla fine scosse il capo. << No >>.
<< Bene >>. Lui chinò la testa e lo baciò.
Donghae si sentì pervadere da una calma rilassante.
Eunhyuk lo fece distendere sopra di sé e cominciò a massaggiargli la schiena. << Siamo stati imprudenti >> sospirò.
<< Non posso essere rimasto incinto. Hai preso delle precauzioni >> gli ricordò.
<< Non sto parlando di questo, parlo di te, di aver fatto l’amore con te. Potrei abituarmi a te, dolce Donghae. Abituarmi a questo >> confessò.
Il suo cuore ebbe un sobbalzo. Sarebbero state parole giuste se lui fosse stato diverso. Se loro fossero stati diversi. Era terribile sapere che invece la situazione era senza via d’uscita. << Se non altro abbiamo avuto questa notte >> mormorò con voce roca.
Lui lo baciò di nuovo.
<< Una sola notte non è sufficiente >>.
Era esattamente ciò che pensava Donghae. Lacrime amare punsero i suoi occhi. << Non voglio pensare al domani. Non voglio il domani. Non possiamo fingere che non esista? >>
Eunhyuk rise, ma senza allegria. La voce lasciò trapelare una vena di tristezza. << Non sono capace di fingere >>.
<< Non hai abbastanza fantasia >>.
<< Può darsi >> concordò scostandogli una ciocca di capelli e accarezzandogli la guancia. << Lo sapevo che sarebbe stato difficile >> aggiunse dopo un attimo di silenzio, << in realtà, però, non immaginavo che sarebbe stato così difficile. Tu hai risvegliato in me sensazioni che non cedevo di provare più, Donghae. Mi hai fatto desiderare cose che non si realizzeranno mai >>.
Donghae chiuse gli occhi e appoggiò il capo sul suo petto.
Soffriva, soffriva disperatamente all’idea dell’intensità dei propri sentimenti e per la situazione senza via d’uscita in cui si trovavano.
Eunhyuk si lasciò andare a una breve, aspra risata, come se avesse perso la pazienza con se stesso.
<< Come faccio a lasciarti andare? >>
Le lacrime a quel punto cominciarono a scendere copiose sulle guance di Donghae, mentre gli baciava il petto, rannicchiandosi contro la sua spalla.
<< Con molta, molta cautela >>.
 

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Capitolo 8
*** 8. Amore ***


Si erano addormentati solo a mezzanotte e alle quattro, di nuovo svegli, avevano fatto ancora l’amore. Donghae era privo di forza, il corpo deliziosamente rilassato. L’amore l’aveva completamente esaurito.
<< Sei sicuro di non voler andare da Kyuhyun domani? >> gli chiese Eunhyuk, le dita che percorrevano pigramente la sua spina dorsale. << Non è necessario che tuo fratello sappia di noi. Io non dirò nulla e sono certo che neanche Siwon non ne farà parola >>.
<< Se dovessi andare da Kyuhyun, non ti vedrei più, vero? >>
<< No >>.
Chiuse gli occhi. Non era ancora pronto per gli addii.
Per la verità non sapeva neanche se sarebbe mai stato pronto, comunque non poteva essere quel giorno. << Tu, dove vai? >>
<< Ho una riunione a Yeon-Dong >>.
<< Oh… >> Non riuscì a celare il sospiro di disappunto.
<< Ti porterò in città con me, così potremo passare insieme un altro giorno, ma stiamo solo cercando di dilazionare l’inevitabile >>.
<< Molte cose sono inevitabili >> considerò Donghae, << anche la morte lo è >>. Improvvisamente pensò al padre e alla sua salute precaria, alla solitudine che l’aveva accompagnato da quando due anni prima Kyuhyun si era sposato per poi trasferirsi ad Hallesen.
Non voleva perdere anche Eunhyuk. Si domandò angosciato se non ci fosse un modo perché lui continuasse a far parte della sua vita.
Se non avesse insistito con il suo progetto…
Se avesse ammorbidito il suo atteggiamento nei confronti dei Choi…
<< Cos’è un altro giorno? >> mormorò. << Come potrebbe creare problemi un altro giorno insieme? >>
Eunhyuk rimase in silenzio un attimo, prima di rispondere. << Ho un incontro nella tarda mattinata e una riunione nel pomeriggio, ma posso liberarmi prima di cena. Possiamo andare in città la sera. Ti porterò al mio ristorante preferito >> propose.
Era un’idea meravigliosa. A cena con Eunhyuk in città.
D’accordo aveva impegni di lavoro… e lui sapeva bene a cosa si riferisse. << I tuoi incontri riguardano le Imprese Choi?
Lui prese la sua mano e la portò sulle sue labbra.
<< Non c’è scelta, Donghae. E’ qualcosa che devo fare >>.
<< Anche se terribile? >>
<< Non sono stato io a dare inizio a tutto questo >>.
<< Tu, però potresti porvi fine. Potresti mostrarti superiore… >> azzardò.
<< No. Non posso. Vorrei, ma non posso. Non sono una persona remissiva. Non so perdonare, e soprattutto non posso dimenticare il modo in cui è stata trattata mia madre >> dichiarò.
Donghae distolse lo sguardo, non sopportando di sentirlo parlare in quei termini. Non riusciva a vedersi con un Eunhyuk così spietato, che viveva solo per la vendetta.
Non era l’uomo che conosceva, l’uomo del quale si era ormai innamorato. << Allora è meglio che domani mi accompagni da Kyuhyun >> sospirò con voce soffocata.
Al mattino Donghae si svegliò al ronzio dell’elicottero che stava atterrando. Eunhyuk non c’era e per un attimo fu colto dal panico, convinto che l’avesse di nuovo lasciato solo.
Ma poi lui apparve sulla porta della camera da letto, sbarbato e vestito.
<< Buongiorno >> lo salutò. << Zhou Mi ha preparato la colazione >> gli disse.
Sembrava distante, le labbra tese in una linea sottile, l’espressione indecifrabile. Lui cercò invano di trovare la traccia di un sorriso. << Faccio subito la doccia >>.
<< Non c’è fretta. Partiamo quando sarai pronto >>.
Il volo in elicottero fino a Yeon-Dong gli sembrò molto più breve del precedente. Una limousine li stava aspettando.
Come presero posto nella vettura lo sguardo di Donghae cadde su un articolo del giornale che giaceva sul sedile. I titoli cubitali menzionavano la parola Choi.
Il cuore gli diede un balzo. << Cosa c’è scritto? >> chiese indicando l’articolo.
Eunhyuk diede un’occhiata al giornale sul sedile in pelle.
<< Il concorrente venuto dal niente s’impossessa delle Imprese Choi >> lesse con voce incolore.
Era Eunhyuk il concorrente venuto dal niente. Doveva avere dei finanziatori, dei soci. Siwon doveva essere in difficoltà. << Leggilo tutto >> sussurrò.
<< Perché ti interessa? >>
<< Voglio sapere >>.
<< Ti metterebbe in agitazione e non cambierebbe niente. L’offerta è già stata presentata, la cosa è di dominio pubblico, i giochi sono ormai fatti >>.
La limousine aveva lasciato il parcheggio dell’aeroporto e si era addentrata nel traffico. Il sole si rifletteva sui vetri illuminandone l’interno. Donghae guardò fuori dal finestrino: era una giornata meravigliosa. Il cielo, senza una nuvola, era di un azzurro incredibile.
Si volse a guardarlo, il cuore stretto. << Dimmi ugualmente quanto è grave la situazione >>.
Lui gli lesse l’articolo, traducendo via via e, alla fine, Donghae provò un vago senso di nausea. Si portò una mano alla bocca, socchiuse gli occhi, desiderando essere in qualsiasi altro posto purchè non in quella limousine, intrappolato con lui.
La notte precedente mentre faceva l’amore con lui,Eunhyuk sapeva che era sul punto di distruggere il mondo di Siwon e Kyuhyun…
Mentre lo teneva tra le braccia, stava annientando un altro dei suoi sogni.
<< Eri a conoscenza delle mie intenzioni >> gli fece notare in tono piatto, inserendosi nei suoi pensieri. << Non dovrebbe essere una sorpresa >>.
<< Non sapeva he la situazione si fosse spinta tanto oltre >> obiettò Donghae.
<< E’ da un anno che ci lavoriamo >>.
<< Povero Siwion >> mormorò scuotendo il capo.
<< Povero Siwon? >> il tono era di condanna. << E cosa ne dici di mia madre? Quando i Choi la cacciarono via era appena una ragazzina; non aveva neppure diciassette anni. Che cosa sapeva del mondo? Come avrebbe potuto combattere per se stessa e per il bambino? I Choi erano milionari… non avrebbero potuto darle almeno qualche soldo? >>
<< Sono passati più di trent’anni, Eunhyuk! >>
<< E questo li giustifica? >>
<< Non loro, Eunhyuk. Lui, Ryeowook, tuo padre. Non devi ritenere responsabile l’intera famiglia >>.
<< e’ stata la madre di Siwon a insistere perché mia madre fosse mandata via. E’ stata lei a impedirne il ritorno >>.
<< E allora perché punire Siwon? Non è colpa sua >>.
<< Sa di me. Sa che esisto >>.
<< No… >>
<< Si, Donghae. Ci siamo incontrati anni fa, da bambini. Mia madre e io eravamo andati a Yeon-Dong; avevo sette anni quando mi ha portato a casa di mio padre. Abbiamo fatto un viaggio di tre giorni in pullman, poi abbiamo percorso a piedi un lungo tratto di strada per raggiungere la casa di mio padre. Tutte le ville in quella zona erano enormi: sembravano palazzi ed erano circondate da inferriate di ferro battuto >>.
Trasse un profondo respiro, studiò per qualche attimo il giornale che aveva in mano, quindi scosse il capo.
<< La camminata mi aveva stancato. Ricordo che ero affamato; avevo anche molta sete, ma la mamma mi aveva raccomandato di non lamentarmi. Dovevo essere contento perché finalmente andavo a casa di mo padre. Suonò il campanello e io… vivessi cent’anni, non dimenticherò mai quello che mi apparve nel momento in cui si aprì la porta principale. Grappoli di palloncini colorati scendevano dal soffitto e il tavolo era ricoperto da montagne di pacchetti avvolti in carta da regalo. Sentii della musica e risate di bambini. Improvvisamente la stanchezza mi abbandonò, sostituita dall’eccitazione. Ero convinto che la mamma mi avesse portato in quel posto per giocare… >>
Donghae percepì una morsa allo stomaco. Trattenne il fiato in attesa del seguito.
<< Mio padre venne alla porta, ma non fu contento di vedere né mia madre né me. Le urlò qualcosa e cercò di trascinarla via dalla porta. Quando lei fece in modo di spingermi verso di lui fu olpita. Mio padre l’aveva schiaffeggiata violentemente, ma lei non aveva emesso un solo lamento. La ricordo mentre si sforzava di restare in piedi. Allora alzai lo sguardo su mio padre e vidi il demonio… >>
<< Perché il demonio? >>
Scrollò le spalle. << Solo il demonio avrebbe potuto infierire in quel modo su una donna >>. Si passò le dita tra i capelli, l’espressione resa cupa da un dolore mai sopito.
<< Prima che ci allontanassimo, un ragazzino con un cappello rosso da pagliaccio si avvicinò alla porta. Si stava lamentando col padre perché, pur essendo il suo compleanno, non poteva avere una seconda fetta di torta. Aveva dei baffi di cioccolato intorno alla bocca eppure ne voleva ancora >>.
Un nodo di lacrime gli stringeva la gola: sospirò, ma non riuscì a piangere. Non riusci neppure a parlare o ad avvicinarsi a lui. Comprendeva l’umiliazione e la sofferenza che Eunhyuk aveva patito, questo tuttavia non l’autorizzava a far del male agli altri. Non era accettabile che per colpa sua, altri soffrissero.
La limousine si accostò a un elegante fabbricato a tre piani.
<< Eccoci! >> esclamò Eunhyuk.
Donghae scivolò all’estremità del sedile e osservò il fabbricato attraverso la portiera aperta. << Non so cosa dire >>.
<< Immagino che non ci sia niente da dire >>. Scese dalla macchina e gli si mise al fianco. << Ti accompagno >>.
<< Non mi sembra una buona idea >>.
<< Non ho alcun timore >>.
Ma nessuno rispose alla porta, né il maggiordomo né l’ultima delle cameriere. Attesero pazientemente. Ma dopo dieci minuti nessuno era ancora apparso.
Donghae trasse un sospiro di sollievo.
Non riusciva a giustificare la propria reazione, ma al momento di una cosa era certo: non doveva dire addio a Eunhyuk in quel momento.
Si volse a guardarlo. Lui era un gradino più sotto e i loro occhi erano al medesimo livello. << Penso che dovrai portarmi con te >> mormorò.
Il suo sguardo si allacciò a quello di Donghae. Riuscì a sorridere. << Mi dispiace tanto… >>
<< Bugiardo >>.
<< D’accordo hai ragione. Non ho nessuna voglia di dirti addio. Non so se sarò mai pronto per dirti addio >>.
Dieci minuti dopo aver lasciato la casa di Siwon, la limousine si fermò accanto a un albergo ultramoderno. Il granito del rivestimento scintillava sotto i raggi del sole.
<< Eccoci arrivati! >> gli disse Eunhyuk scendendo dalla macchina, il giornale sotto il braccio. Porse una mano a Donghae.
<< La riunione comincia tra mezz’ora; ho appena il tempo di occuparmi della tua sistemazione >>.
L’albergo era ovviamente lussuoso. Eunhyuk aveva a disposizione l’ultimo piano, una suite di quattro camere.
Doveva soggiornare spesso in quell’albergo, riflettè Donghae, dal momento che tutti, dal portiere al direttore lo salutavano chiamandolo per nome, con cortese deferenza.
Furono accompagnati nella suite, le camere decorate in una combinazione di blu e rosso. Era un insieme audace, forte, adatto al temperamento di Eunhyuk.
Quando il facchino portò i bagagli in camera da letto e Eunhyuk aprì l’armadio rivelando una serie di completi e di camici, Donghae si rese conto che lui abitava in quell’albergo.
Era la sua residenza abituale.
<< Abiti in albergo? >> gli chiese incuriosito.
<< E’ mio. Perché no? >>
<< Possiedi un albergo? >>
<< E anche altri tre in Hallesen, uno in Urugay, due in Cile, uno in Brasile e uno in Italia ancora in costruzione >>.
Donghae si sedette sul bordo del letto, sfiorando con le mani il copriletto, del tutto disorientato. << Non sei in società con Siwon, vero? >>
<< No. Gli alberghi appartengono alla mia società >>.
Il sorriso che ammorbidì le labbra di Eunhyuk non interessò gli occhi. << Lo sa >>.
Lui fu di nuovo spiazzato.
<< Ero convinto che la maggior parte della tua ricchezza fosse legata all’attivita dei Choi >>.
<< E’ vero il contrario. Ho investito ben poco nelle compagnie Choi…>> Fu interrotto dallo squillo del telefono.
Alzò il ricevitore e parlò in spagnolo per qualche secondo.
<< Devo andare, ma sarò di ritorno prima di cena. Mi ci vorranno tre, forse quattro ore >>.
<< Non preoccuparti per me, starò bene qui. Ho il mio libro e il tempo passerà velocemente >>.
<< Potrei farti accompagnare a fare spese o una visita alla città… >>
<< No, ti prego. Preferisco restarmene qui da solo. A casa passo la maggior parte del tempo da solo. Sono abituato >>.
<< D’acordo, se è così che preferisci >>. Lo baciò brevemente sulle labbra, ma il calore del suo sguardo rivelava un sentimento molto più profondo. << Ci vedremo tra un paio d’ore >> lo salutò.
Eunhyuk si sporse in avanti sulla sua scrivania e appoggiò il ricevitore. Una consultazione telefonica di due ore e mezza era un record anche per lui, riflettè massaggiandosi la mascella. Fissò lo sguardo sul blocco per appunti sul quale aveva registrato numeri, frasi, nomi, mentre lui, l’investitore coreano e i membri del consiglio direttivo delle Imprese Choi affrontavano i punti cruciali dell’acquisizione.
Siwon non aveva preso parte alla conversazione. Non avrebbe mai risposto a un invito di Eunhyuk. Non aveva nessuna intenzione di subire, restandosene semplicemente seduto, impotente.
Stava combattendo. Faceva il possibile per salvare quanto era rimasto della propria società.
Eunhyuk lo ammirava per questo.
Alzò il blocco  osservò gli scarabocchi sulla pagina.
Tra i vari numeri, nomi e frasi scorse il nome Donghae.
Lee Donghae.
Lui non aveva fatto parte del piano.
Eunhyuk non sapeva neppure che esistesse quando aveva deciso di insinuarsi nelle Imprese Choi , per rendere la colossale società inutile e provare a Siwon che lui, un uomo venuto dal niente, avrebbe potuto sfidare una delle più potenti famiglie coreane.
Che Eunhyuk, senza mezzi, privo della raffinata istruzione impartita nelle scuole privat senza il sostegno di una famiglia potesse diventare qualcuno, importante, di successo e influente come Siwon.
Che potesse sfidare Siwon e vincere.
L’indomani o il giorno successivo avrebbe vinto. Avrebbe posseduto il patrimonio dei Choi. Avrebbe controllato l’impresa di Siwon e l’avrebbe smantellata. E poi?
Passò la punta delle dita sul nome di Donghae, su quelle linee di inchiostro nero: Donghae.
Aveva bisogno di vederlo. Di stare con lui. Era così semplice…
Sistemati gli affari, compiuta la missione, tutto quello che voleva era Donghae.
Quella sera lo condusse in un ristorante esclusivo. Su sua richiesta ordinò anche per lui e la scelta incontrò i suoi gusti. Ordinò anche dello champagne che gli fece pizzicare il naso.
Donghae sentiva su di sé lo sguardo di Eunhyuk. Era particolarmente silenzioso. << Va tutto ben? >> gli chiese.
<< Si >>.
<< Non parli molto >>.
<< Le parole non ci sarebbero d’aiuto, non credi? >>
Di nuovo le lacrime gli punsero gli occhi. Si sforzò di sorridere al cameriere che era venuto per ritirare i piatti.
Eunhyuk aveva ragione, naturalmente. Grazie a Dio riusciva a farlo tornare con in piedi per terra, impedendogli di lasciarsi trasportare dall’immaginazione. Non poteva esserci una conclusione felice per la loro storia.
<< Dovrei chiamare a casa di Siwon >> sospirò, prendendo il bicchiere di champagne e poi allontanandolo di nuovo.
Poco prima gli era piaciuto il formicolio provocato dalle bollicine, il calore che si era diffuso allo stomaco, sprizzando schegge di fuoco nelle vene, ma ora tutto questo gli era insopportabile.
Qualsiasi cosa bella gli era insopportabile.
<< Possiamo telefonare adesso >> suggerì Eunhyuk.
Si conficcò le unghia nei palmi, lottando contro le larime. << E’ questo che vuoi? >>
<< E’ la cosa giusta da fare >>. Un muscolo gli pulsò sulla mascella. << Sto cercando di proteggerti, Donghae >>.
La luce tremolante delle candele induriva i tratti del suo viso. Donghae si sporse attraverso il tavolo e gli sfiorò la guancia, il mento. Adorava sentire sotto le dita la sua pelle. Lui era forte, duro… pericoloso. Stava distruggendo Kyuhyun e suo marito e lui non riusciva ad accettarlo. << Non mi proteggi per niente se fai del male alle persone che amo >>.
<< Donghae… >>
Donghae si appoggiò allo schienale. << Perché non puoi mandare a monte questa vendetta? Non c’è ancora niente di ufficiale. Nessun accordo è stato firmato >>.
<< Ma è ufficiale. La notizia è stata data ieri su tutti i giornali. Siwon ne è venuto a conoscenza. E’cosa fatta, ormai Donghae, che ti piaccia o meno >>.
Lo stomaco gli si contrase e provò un’ondata di nausea.
Pur in collera com’eraq con Siwon non riusciva a sopportare l’idea di come lui si sentisse in quel fragente.
<< Se fosse viva tua madre… >>
<< Ma non lo è. E’ questo il punto: non voglio che sia dimenticata >>.
Donghae sbattè le palpebre e prese il bicchiere di champagne: adesso ne aveva bisogno. << Non c’è un altro modo per ricordarla? Non puoi fare qualcosa in sua memoria? >>
<< Lo sto facendo >>.
Si portò il bicchiere alle labbra. Che confusione, pensò.
Che confusione tutta questa faccenda…
Eunhyuk gli sfiorò il braccio, poi intrecciò le sue dita alle proprie. << Prima di me nessuno nella famiglia di mia madre aveva completato le scuole superiori, tanto meno era stato al college. Io non solo ho frequentato il college, ma ho anche conseguito un master negli Stati Uniti, all’Università di Standford, sulla West Coast >>.
<< Hai avuto tante soddisfazioni… E allora per quale ragione non ti bastano? >>
Eunhyuk tolse la mano dalla sua. << Forse il successo è arrivato troppo facilmente >>.
<< Ottenere quello che hai ottenuto non deve essere stato facile… >>
<< Neanche particolarmente arduo >>.
<< Devi aver lavorato ininterrottamente >>.
<< Ho fatto qualche sacrificio >> ammise lui.
Aveva fatto ben più di qualche sacrificio, si disse Donghae, considerando tutto quello a cui aveva rinunciato in nome del successo. Aveva trentasette anni e non si era mai sposato, non aveva bambini. Viveva da solo e si apriva la strada con le unghia e con i denti.
Osservando la smorfia che gli induriva il viso, decise che doveva essere stata una lunga battaglia solitaria.
Il cuore gli si agitò nel petto. Non riusciva ad accettare Eunhyuk e nello stesso tempo non poteva respingerlo. Non c’era una soluzione.
<< Ti piace Yeon-Dong? >> gli chiese dolcemente.
<< Ci vivo >>.
<< Ma non è casa tua? >>
Gli diede l’impressione di voler rispondere, poi serrò le labbra. Qualche attimo più tardi si lasciò sfuggire: << No >>.
<< Qual è allora il luogo che chiami casa? >>
Seguì con le dita il bordo della tazzina, gli occhi serrati per la concentrazione. << Non esiste >>.
<< Mi dispiace >>.
Lui alzò lo sguardo, incontrando quello di Donghae. << Non compiangermi. Non lo sopporto. Non è da te >>.
Fu invaso da quella terribile malinconia che aveva imparato a conoscere bene. Per lui, per sé, per entrambi.
<< Non ti compatisco. Non posso >>.
Io ti amo.
<< Vorrei che la vita fosse diversa. E allora forse le cose sarebbero state diverse per noi >> mormorò lui.
Ebbe l’impressione che i polmoni venissero privati dell’aria. << Odio parlare. Odio tutti questi discorsi >>.
<< E allora smettiamo di parlare. Balliamo? >>
<< Il tango? >> protestò Donghae.
<< Ti insegno io >>.
Lo condusse attraverso la penombra dell’ambiente verso la pista illuminata. Donghae si lasciava guidare, conscio soltanto del calore della sua mano, delle loro dita incrociate.
Percepiva il possesso della sua stretta, qualcosa di così vivo e reale che avrebbe voluto piangere. La vita con lui sarebbe stata vera, piena, ben diversa da quella che aveva vissuto fino a quel momento.
Avrebbe voluto dirgli ch lo amava, avrebbe voluto perdersi in lui almeno quella sera, ma quando guardò i suoi occhi e notò l’ombra che incupiva il suo sguardo, si trattenne.
Le parole non sarebbero servite a niente. Non c’era altro che potessero fare.
Sulla pista d ballo lui lo prese tra le bracia, serrandolo contro il petto, la mano ferma sulla sua schiena.
Era come se lui avesse innescato un incendio. Ogni terminazione nervosa era impazzita.
Si aggrappò a lui mentre lo faceva volteggiare sul pavimento lucido in una serie di intrigate figurazioni che seguivano la musica passionale della chitarra, i cui accordi malinconici si univano al pianto dei violini.
La musica rispecchiava perfettamente le sue emozioni. Amore e struggente desiderio. Speranza e timore. Felicità e disperazione.
Tra le sue braccia provava tutte queste emozioni.
Eunhyuk lo baciò sul collo, nello stesso punto in cui l’aveva sfiorato poco pià di una settimana prima. << Non ti dimenticherò mai. Non smetterò mai di amarti >>.
<< Ssh…Non parlare >> lo zittì la voce soffocata. << Non voglio pensare. Voglio solo stare con te >>.
Le dita di lui gli sfioravano la schiena come il chitarrista pizzicava il proprio strumento. << Allora questa notte cercherò di fingere. Cercherò di pensare che sono l’uomo giusto per te >>.
E lo era, l’uomo giusto, pensò Donghae, chiudendo gli occhi mentre appoggiava il capo sul suo petto.
Si lasciò guidare da lui e percepì la meravigliosa empatia che si era stabilita tra loro. Donghae lo voleva. Eunhyuk lo voleva.
Il desiderio divampò facendosi insopportabile. << Torniamo in albergo >> sussurrò Donghae, appoggiando le labbra alla sua guancia. << Andiamo in camera tua >>.
<< A fare cosa? >> scherzò Eunhyuk traendolo ancora più vicino per farlo partecipare al proprio desiderio.
Un dolce calore si diffuse nelle sue membra. << Tutto >>.
Nella compiacente oscurità della camera dell’albergo fecero l’amore come se l’intensità del loro desiderio avesse potuto consumarli se non si fossero amati profondamente, totalmente.
Felice di stare tra le braccia di Eunhyuk, Donghae non sentì squillare il telefono. Fu solo quando lui sollevò il capo e fissò l’apparecchio che udì il ronzio.
E allora improvvisamente fu catapultato nella realtà. Fino a quel momento era stato in paradiso in un meraviglioso abbraccio di Eunhyuk.
<< Sono le tre e venti di notte >> mormorò Eunhyuk, la voce ancora roca di passione. << Chi potrebbe chiamare a quest’ora? >> borbottò.
Donghae provò un brivido. Le buone notizie non arrivano mai nel cuore della notte.
<< E’ meglio che tu risponda ><.
Lui scivolò da sotto il corpo caldo di Donghae per prendere la cornetta. La conversazione non durò molto.
Posando il ricevitore si volse verso il comodino e accese la lampada.
<< E’ meglio che tu ti vesta. Kyuhyun è entrato in travaglio >&

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Capitolo 9
*** 9. Rimorsi ***


L’ospedale era distante solo pochi isolati, raggiungerlo era la parte più semplice. Ottenere informazioni sul paziente era, però, quasi impossibile. L’infermiera al banco della reception non voleva, o non era autorizzata, a dire niente.
Donghae percorreva nervosamente la sala d’aspetto del reparto paternità, le unghia ficcate nei palmi, cercando di non pensare al peggio. Un profondo senso di paura lo tormentava: paura mista a rimorso. Si sentiva responsabile.
Se Kyuhyun avesse perso la bambina…
<< Non tormentarti >>. Eunhyuk interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Smise di camminare avanti e indietro e si fermò a fronteggiarlo. << Come puoi sapere a cosa sto pensando? >>
<< E’ scritto sul tuo viso. Ma non è colpa tua… >>
<< Ma cosa ho fatto? Dove avevo la testa… Avrei dovuto essere qui con lui… >> Distolse lo sguardo e si avvicinò alla finestra.
<< Come ho potuto farlo? >> Non si rivolgeva tanto a Eunhyuk quanti a se stesso. Come aveva potuto permettere che accadesse? Praticamente era stato Kyuhyun a crescerlo. Kyuhyun era sempre stato presente nel momento del bisogno. Avrebbe dovuto mettere suo fratello al di sopra di tutto. << Ho invertito le priorità >> confessò sconsolato.
<< Non è così. Non abbiamo fatto niente di male. Siamo stati insieme, questo è tutto >>.
<< Non sono d’accordo, mi dispiace. Mi rendo conto di cosa ho fatto. Non mi ritengo innocente. Avrei dovuto essere con lui, punto e basta >>.
Nella luce spettrale del mattino,nell’ospedale freddo e funzionale riflettà su di lui, quindi su se stesso e lo stomaco gli si strinse in una morsa.
Ma cosa gli era venuto in mente? Perché non aveva riflettuto con buon senso?
Guardò oltre la finestra del cortile sottostante. Il sole si stava levando e proiettava pennellate di rosa e oro sul selciato e su una statua che rappresentava la paternità. Invece del trionfo di colori del cortile, lui vedeva la carta da parati rosa che ricopriva le pareti del soggiorno di casa sua, ricordava le fotografie incorniciate lungo le scale, il ritratto di Kyuhyun da piccolo e di una madre che non aveva mai conosciuto.
La loro madre era morta di parto.
<< Se perde la bambina non me lo perdonerò mai >>.
<< Non devi ritenerti responsabile… >>
<< Vattene! >> esplose indicandogli l’ascensore, << qui tu non dovresti proprio esserci! >>
<< Ha ragione, non dovresti >>. Era Siwon che si era affacciato alla porta di comunicazione con la sala parto.
Donghae gli si precipitò accanto.
<< Come sta Kyuhyun? E il bambino? Dimmi che non ha perso il bambino! >>
Siwon non rispose, la sua attenzione era focalizzata su Eunhyuk, l’espressione dure come il granito. Trasse un profondo respiro. << Mi sono fidato di te >> mormorò a denti stretti, la voce di ghiaccio, la collera che lampeggiava nello sguardo. << Ho avuto fiducia in te, ti ho accolto, ti ho reso parte della famiglia >>.
<< Non ho mai fatto parte della famiglia >>.
<< Ho fatto il possibile… >>
<< Non mi hai mai considerato come… come un fratello >> lo aggredì bruscamente Eunhyuk, le labbra piegate in una smorfia. << Sono sempre stato considerato un dipendente, un salariato, niente di più >>.
Siwon fece un passo indietro.
<< E’ questo che volevi? Essere mio fratello? >>
<< Sono tuo fratello >>.
Fu la volta di Siwon a ridere, una risata fredda, di scherno che invase l’ambiente asettico.
<< Forse per il sangue. Non certo nello spirito >>.
Donghae ne aveva abbastanza. << Siwon, ti prego… >>
Lui lo ignorò. Si avvicinò a Eunhyuk, la collera quasi palpabile. << Se volevi veramente far parte della mia famiglia, avresti dovuto venire da amico, con le braccia aperte e allora, si, ti avrei accolto. Ma tu mi hai piantato un coltello nella schiena. Che specie di benvenuto ti aspettavi? >>
Un profondo dolore velò lo sguardo di Eunhyuk. << Hai avuto una vita per accogliermi e non lo hai fatto >>.
<< Non so di cosa tu stia parlando >>.
<< Lo sai bene, invece >>.
Siwon scosse il capo con impazienza deciso a non ascoltare altro. << Che cosa ti sei raccontato? Che menzogne ha messo insieme tua madre? >>
<< Bastardo! >> imprecò Eunhyuk avventandosi su Siwon.
Donghae si frappose tra loro. << No, Eunhyuk! Non farlo! >>
Ma Siwon scostò Donghae, spinto da una collera altrettanto furibonda. << No, sei tu il bastardo! >>
<< Vuoi la guerra? Bene, vieni… >>
<< Eunhyuk! Siwon, no! >> Donghae vide che Eunhyuk stringeva i pugni. Conosceva la sua forza. Siwon pur con la stesa corporatura imponente era destinato a soccombere.
Non l’ascoltarono, troppo furiosi l’uno nei confronti dell’altro. << Io c’ero! >> esplose Eunhyuk. << Sono venuto a casa da te, ho visto la vita che conducevi e non puoi certo venirmi a dire che non eri al corrente della mia esistenza >>,
<< Ne ho avuto il sospetto, tuttavia non ho mai avuto la sicurezza che fossi tu >>.
<< Perché non mi hai cercato? >>
<< Avevo la mia vita e i miei problemi… >>
<< E’ chiaro… il povero, aristocratico Choi… >>
<< Smettetela! >>urlò Donghae a quel punto mettendosi le mani sulle orecchie, per non sentire più. Era terribile. << Cosa mi dite di Kyuhyun? Vi ricordo che siamo qui per lui. Come potete comportarvi in questo modo? >>
Eunhyuk rilasciò i pugni, nauseato.
<< Non posso credere di aver voluto far parte della vostra famiglia. Cosa mi aveva preso? >>
<< In effetti >> concordò furibondo Siwon, gli zicomi arrossati per la collera. Guardò Eunhyuk con disgusto e serrò le labbra. << Non  fai e non farai parte della nostra famiglia e non sari mai il benvenuto >>.
Donghae ebbe un brivido. << Eunhyuk! >>
La collera di Siwon aumentò. << Lo sai, Eunhyuk: tu appartieni alla specie peggiore del genere umano. Sei quello che tradisce, accoltella alle spalle. Kyuhyun sta rischiando la vita questa notte e io non posso dimenticare l’inferno che ci hai fatto passare >>.
Donghae sentì che le gambe gli cedevano. << Smettila… >>
Eunhyuk gli si avvicinò, ma lui arretrò sconvolto.
Quell’evidente ripulsa scosse Eunhyuk che lo fissò per un lungo attimo, gli occhi velati di confusione e di dolore.
Donghae non poteva più consolarlo. Ne aveva abbastanza. Doveva prendere una posizione.
<< E’ meglio che tu te ne vada. Subito. >>
Lui strinse gli occhi. << se è così che deve essere… >>
Donghae non riusciva a sopportarlo. Sapeva che stava soffrendo le pene dell’inferno, ormai però aveva deciso da che parte stare. << Si >>.
<< Bene. Me ne vado >>.
<< Vattene! >> s’intromise Siwon. << E in fretta prima che chiami la polizia >>.
Eunhyuk scomparve nell’ascensore.
Proprio in quell’attimo si fece avanti un’infermiera, mentre il pianto forte e deciso di un bambino rompeva il silenzio che si era creato.
L’infermiera fece un gesto in direzione di Siwon. << Por favor (per favore), suo marito lo vuole >>.
Li condusse in una camera privata, la luce soffusa.
Kyuhyun quando li sentì entrare alzò il capo.
<< Donghae… >> bisbigliò debolmente. Alzò una mano nel tentativo di far avvicinare il fratello.
Aveva profonde occhiaie scure intorno agli occhi e il viso appariva pallido e stanco. Cautamente Donghae prese posto sul bordo del letto osservando le flebo inserite nel braccio del fratello. << Stai bene? >> gli chiese.
<< Si >> Kyuhyun rivolse l’attenzione a Siwon che era fermo ai piedi del letto, un debole sorriso sulle labbra. << Sono solo un po’ stanco. Ecco tutto >>. Sfiorò la mano di Donghae. << Com’è andato il volo? Quando si arrivato? >>
Quindi kyuhyun non sapeva del rapimento. Non era al corrente dei piani di Siwon. Che montagna di menzogne…
Cercò di deglutire il nodo che gli chiudeva la gola, ancora scossa per la scatenata a cui aveva assistito in sala d’attesa. << Non molto tempo fa >> rispose, odiando la posizione in cui l’avevano costretto.
<< E papà? >>
<< Papà sta bene, tu piuttosto come stai? E la bambina? >>
La porta della camera si aprì in quel momento e un’infermiera introdusse una culla termica con una piccina all’interno.
<< Una femminuccia? >> sorrise Donghae, guardando la bimba.
Il viso era bellissimo, anche se era parzialmente coperto da una mascherina.
<< E’ per l’ossigeno >> spiegò Kyuhyun, le mani tese quasi potesse accarezzare il bimbo attraverso il vetro. << I polmoni non funzionano ancora bene, tuttavia i medici non pensano che ci saranno problemi, Il pediatra lo definisce un piccolo miracolo >>.
<< La tua bambina… >> mormorò Donghae dolcemente. << Hai una bambina. Papà sarà così felice! >>
Kyuhyun cercò, senza riuscirci, di sorridere. << Papà avrà finalmente la sua donnina >>.
Nel parcheggio dell’ospedale Eunhyuk sedeva al volante della Mercedes. Il motore era acceso, ma lui non si decideva a partire.
Ormai tutto era venuto alla luce. Non c’erano più misteri, segreti… Era quanto aveva sempre desiderato: un fratello contro l’altro e che vincesse il migliore.
Aveva sempre saputo che il momento in cui avrebbe affrontato Siwon alla luce del sole sarebbe stata la fine della sua relazione con Donghae. Quello che non aveva immaginato era di patire un così profondo senso di perdita.
Gli passò per la mente, mentre sedeva immobile dietro al volante e il sole rispecchiava sul cofano della macchina che forse poteva aver commesso un terribile errore.
Kyuhyun aveva bisogno di riposo e Donghae raggiunse Siwon nel bar dell’ospedale. Ordinarono entrambi un dolce. Donghae ne assaggiò un pezzetto, mentre Siwon lo lasciò intero, spostando il piatto da una parte. << Mi dispiace, Donghae, mi dispiace tanto >>.
<< Spiegami perché hai chiesto a Eunhyuk… >>
<< Avevo torto >>.
<< Caspita se avevi torto! >> Sospirò amaramente al pensiero di tutto quanto era successo in quell’ultima settimana. << Come hai potuto? >>
<< Kyuhyun… >> rispose. << Ero preoccupato per lui >>.
<< Avevi paura che io facessi del male a Kyuhyun? >>
Scrollò le spalle. << Il fidanzamento con Henry >>.
<> gli fece notare.
<< Ha passato molto tempo alla fattoria >>.
<< E’ stato gentile con papà >>.
<< E’ un imbroglione. Eunhyuk… >> Siwon s’interruppe, stringendo i denti nel tentativo di soffocare la collera. << Non ha acconsentito ad aiutarmi finchè non ha dato un’occhiata ai documenti relativi a Henry >>. La tensione si allentò. << Henry ha dei precenti, Donghae. Non penso tu sia al sicuro a casa con lui intorno >>.
<< Lo terrò presente >>. Lo fissò deciso. << ma guardati bene dal prendere delle decisioni al mio posto e non credere di sapere cos’è meglio per me. Voglio bene a Kyuhyun e anche a te, ma non sono più un bambino…>>
<< Hai solo ventidue anni >>.
<< Ventitrè >> lo corresse.
<< Quando? >>
<< Tre mesi fa >>sospirò Donghae, scuotendo i capelli fissati da una fascia. << Capisco che tu voglia proteggere Kyuhyun, lo voglio anch’io. Quindi non gli dirò cosa hai organizzato, ma d’ora in poi devi rispettare le mie decisioni >>.
<< D’accordo >>.
Lo guardò intensamente, chiamando a racolta il proprio coraggio, nel tentativo di trovare le parole giuste che non lo ferissero. << Cosa succede ai…tuoi affari? >>
<< I miei affari… >> fece eco con scherno, prima di sollevare la tazzina e bere un sorso di caffè. << Tu cosa ne pensi? >>
Non aggiunse altro. Non era necessario.
Donghae praticamente rimase in ospedale i due giorni successivi. Sedeva accanto al letto del fratello anche quando riposava. Eppure il cuore era in subbuglio.
Pensava spesso a Eunhyuk, ma il solo pensare a lui lo faceva sentire un traditore.
Un giorno chiese informazioni a Siwon sull’andamento della vendita delle imprese. << Sto ancora opponendomi >> rispose lui con un sorriso cinico.
<< Kyuhyun non ne parla mai. E’ al corrente? >>
<< Lo sa, ma non vuole accettarlo. Ha sempre considerato Eunhyuk un amico. Non credo che riesca a capire come possa avermi fatto questo >>.
<< Mi dispiace. Avrei voluto essere in grado di fermarlo… >> sospirò avvilito.
<< Come? >>
Se l’avesse amato, l’avrebbe fatto.
Se l’avesse amato.
Siwon notò il suo viso affaticato. << Dovresti andare a casa a riposarti un poco. Hai l’aria stanca >>.
<< Non sono più stanco di te >> dichiarò, ma accettò di farsi condurre a casa con la limousine. Si coricò presto, deciso a dormire, ma il sonno non venne. Il cervello si arrovellava su pensieri che lo sconvolgevano.
Non poteva smettere di pensare a Eunhyuk, non poteva impedirsi di sentire la sua mancanza.
Si alzò, indossò un paio di jeans e una maglia bianca e uscì per una passeggiata.
Svoltò l’angolo ed entrò in un giardino pubblico. Immediatamente fu circondato, o almeno ebbe l’impressione di esserlo. Un giornalista gli mise un microfono davanti al viso e un altrò posizionò la macchina fotografica.
<< Può confermare la sua relazione con Eunhyuk lee, signor Lee? La sua famigliare è al corrente o si tratta di una relazione clandestina? >>
Donghae sbiancò. Alzò una mano per proteggere gli occhi dalla luce del flash. << Non so di cosa stia parlando >>.
<< La fotografia apparsa sui giornali del mattino…Una foto di voi due che ballate il tango >>.
Cercò di capire meglio. L’inglese del giornalista era impeccabile, era il suo cervello che non funzionava a dovere.
Ballare il tango?
L’unica volta che aveva ballato il tango con lui era stato quella notte, quasi una settimana prima. << Mi dispiace. Deve esserci un malinteso. La foto sarà di qualcun altro >>.
<< Lei è Lee Donghae, cognato del conte Choi? >>
Donghae aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito in preda al panico. Kyuhyun non poteva venirne informato…non doveva subire anche questo dopo tutto il resto. << E’ vero che lei e Eunhyuk Lee avete una storia? >> insistette il giornalista.
<< No, non è vero >>.
<< E la foto sui giornali? >>
Doveva andarsene. Doveva trovare Siwon. << Non posso rispondere. Se volete scusarmi… >>
Corse a casa. Siwon era già arrivato. Aveva con sé un gipornale….l’edizione inglese.
Donghae tese una mano e lui glielo porse senza una parola.
In prima pagina c’era una foto di loro due che ballavano. Donghae fissò la foto con un groppo alla gola. << E’ un guaio >> bisbigliò.
<< Già >>.
<< Come facciamo a nasconderlo a Kyuhyun? >>
<< L’ha già visto. E’ lui che mi ha dato il giornale >>.
Quel pomeriggiop Donghae percorreva senza sosta i corridoi dell’ospedale in preda alla più nera disperazione.
Kyuhyun non l’aveva assalito, neppure rimproverato; era stato gentile come al solito, ma Donghae era a pezzi; non tanto per la foto, quanto per le ultime notizie sulle Imprese Choi date ormai sull’orlo del baratro.
Le azioni erano colate a picco appena si era diffusa la notizia della vendita. Gli azionisti cercavano di liberarsi in fretta delle proprie quote e Siwon, che aveva accordato la fiducia a Eunhyuk per gestire i beni della società, si era reso conto troppo tardi che lui, invece, aveva fatto di tutto per indebolirla. Non c’era alcuna possibilità che la società si riprendesse.
Donghae era sommerso dai sensi di colpa. Avrebbe dovuto fermare Eunhyuk. E ci sarebbe riuscito se avesse agito con maggiore determinazione.
Comunque non era ancora troppo tardi.
In preda a un tremido, prese il cellulare e digitò il numero di Eunhyuk. Si era aspettato di trovare la segreteria telefonica, invece gli rispose personalmente. << Eunhyuk, sono Donghae. Ho bisogno di vederti >>.
Andò a prenderlo in ospedale con la Mercedes. Nell’ abitacolo Donghae lo studiò. Il suo viso era determinato, duro. La tensione aveva creato alcune rughe d’espressione intorno alla bocca e agli ochhi.
Fu travolto dal dolore, in preda a emozioni contrastanti.
<< Vorrei riuscire ad odiarti >> esordì. << vorrei odiarti per quello che hai fatto >>.
Lui continuò a guardare fuori dal finestrino, l’espressione impenetrabile. << Facciamo un giro >> mormorò alla fine.
<< Troviamo un posto tranquillo così possiamo parlare >>.
Si allontanò dall’ospedale e percorse le strade affollate del centro prima di raggiungere un tranquillo quartiere residenziale in periferia.
Donghae continuava a studiarlo mentre guidava, chiedendosi perché si sentisse così vivo quando era con lui. Non avrebbe dovuto provare quelle sensazioni.
Eunhyuk si fermò all’ingresso di un parco e spense il motore, ma rimase in silenzio.
Donghae avrebbe voluto che parlasse, che difendesse le proprie posizioni, o che si scusasse per quanto aveva fatto, lui, invece continuava a tacere.
Incapace di sopportare quel pesante silenzio, Donghae mormorò: << Mi hai detto che volevi proteggere Kyuhyun, che volevi proteggere me… >>
<< Volevo proteggere te… >>
<< E allora perché non lo hai fatto? Me l’avevi promesso. Voglio che tu mantenga la promessa. Trova un modo >>.
<< Non posso più fermare il meccanismo >>.
<< non è vero. So che puoi farlo, Eunhyuk >>. Lo amava, ma non sopportava l’idea di amare un uomo che avrebbe voluto insultare. << Non possono finire sul lastrico, hanno una bambina…Devi fare qualcosa. Lo so che puoi. Ti conosco. Se c’è uno che può evitare questa catastrofe, sei tu >>.
Sospirò aggrottando la fronte. << Ci sarebbe un modo… >>
<< Bene. Allora fallo! >>
<< Tu dovresti acconsentire >>
<< Sono dispèosto a tutto purchè nquest’incubo abbia fine >>.
Non c’era un modo indolore per comunicare quella notizia, realizzò Donghae, più tardi, mentre Kyuhyun si òlasciava sfuggire un’esclamazione molto simile ad un imprecazione.
<< Sposare Eunhyuk Lee? >> la voce di Kyuhyun salì di tono mentre si raddrizzava sulla sedia. << Non se ne parla neppure. Non puoi sposarlo, Donghae! Te lo proibisco! >>
Donghae aveva previsto che sarebbe stato difficile e cercò di mantenere la calma. << Non puoi proibirmi niente, Kyuhyun. Si tratta della mia vita >>.
Kyuhyun scosse il capo. << Non farlo, Donghae. Non riesco neppure ad immaginare una cosa del genere >>.
<< Salverebbe la compagnia di Siwon >>.
<< Siwon preferirebbe colare a picco >>.
Donghae non era convinto. Forse in quel momento, nel bel mezzo della battaglia, Siwon poteva anche pensare che fosse meglio morire di fame che darla a vinta al proprio nemico, poi, però, una volta che le acque si fossero calmate, avrebbe capito che da lui dipendevano troppe persone e che non poteva farne una questione di principio.
Non si trattava solo di prendersi cura di Kyuhyun e della bambina, aveva la responsabilità anche di tre sorelle, oltre a una matrigna sempre bisognosa di denaro.
<< non vorrai mica che Siwon perda tutto >> osservò.
Un confronto con Kyuhyun era la cosa più difficile che avesse dovuto affrontare. Era estremamente doloroso contrariarlo: Kyuhyun era sempre stato il suo eroe.
<< Siwon non perderà tutto, sta lottando… >>
<< E le azioni scenderanno ancora più giù >>. Si avvicinò al fratello, le mani tese. << Le azioni hanno già perso un terzo del loro valore. Se Siwon continua ad opporsi perderà tutto >> sussurrò.
<< E’ molto in gamba >>.
<< Non è questione di intelligenza e di preparazione, Kyuhyun. E? un problema di tempestività. Eunhyuk l’ha colpito quando era più debole… >>
<< E allora come puoi prendere in considerazione l’idea di sposarlo? Eunhyuk è il demonio in persona. Disonesto, infido… >> La voce gli si spense. << Mio Dio, ci sta distruggendo e per che cosa? Per suo padre?  Perché attribuire a Siwon delle colpe che non ha? Siwon l’ha solo aiutato. Come può Eunhyuk averlo tradito così? >>
Donghae provò una stretta alla bocca dello stomaco. Si sentiva male. << Non lo so >>.
<< Non puoi sposarlo >>.
<< Abbiamo già stabilito la data >>.
<< No! >>
Donghae rabbrividì per il dolore e il risentimento che traspariva dalla voce del fratello. Avevano discusso altre volte, mai però in quei termini.
<< Kyuhyun, dagli la possibilità di sistemare le cose >>.
<< Dargli una possibilità? Una possibilità per cosa? Per distruggerci del tutto? Lo odio. Lo odio per quello che sta facendo a Siwon. Lo odio per quanto sta facendo a tutti noi. E non cambierò mai opinione, mai! >>
<< Sistemeremo le cose… >>
<< Non puoi sistemare niente, Donghae. E soprattutto non devi sposarlo. Se lo farai, sappi che noi usciremo per sempre dalla tua vita >>.
<< Kyuhyun! Non dire una cosa del genere >>.
<< Sposalo e non farai più parte della nostra famiglia >>.
Donghae strinse convulsamente le mani mentre gli occhi si colmavano di lacrime. << Neppure se in questo modo riesco a salvare la compagnia di Siwon? >>
<< No! Se ti sposi devi farlo per amore, non per denaro >>.
<< Potrei anche amarlo… >>
<< Non sai quel che dici! >>
<< Abbiamo già ottenuto la licenza e abbiamo fatto i test del sangue. La cerimonia è fissata per sabato >>.
Kyuhyun alzò il mento, gli occhi divenuti di ghiaccio. << Allora è un addio >>.
Donghae fu colto dalla disperazione. Non aveva mai provato una tale sensazione di panico. Era come se una ventata di aria gelida si fosse insinuata nella stanza e avesse gelato il sangue. << Dimmi che stai scherzando… >>
<< Sto parlando seriamente. Sposa Eunhyuk Lee e tra noi tutto sarà finito >>. Kyuhyun era determinato, ma le labbra gli tremarono mentre cercava di riprendere il controllo. << Non farlo, Donghae. Per amor mio se non altro >>concluse, disperato.
Donghae era impietrito. << Ti voglio tanto bene, Kyuhyun! >>
Kyuhyun serrò le labbra, gli occhi lucidi di lacrime.
<< Ascoltami bene, Donghae. Sposalo e tra noi è tutto finito. Sei sicuro di aver capito? >>

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Capitolo 10
*** 10. Matrimonio ***


Eunhyuk era splendido, nel suo abito da cerimonia. Con i capelli neri e lo sguardo fiero aveva l’aspetto di un attore di Hollywood. A Donghae sembrava di recitare in un film mentre, comminando sul tappeto rosso, si avvicinava all’altare dove lui l’aspettava.
Stava sorridendo e gli invitati scattavano fotografie.
Era il loro matrimonio, e lui si stava comportando come avevano concordato. Avevano pianificato tutta la cerimonia, messo per iscritto gli accordi che di fatto univano le Imprese Choi a quelle di Eunyuk, lasciando in carica quest’ultimo preservando, però, il patrimonio personale di Siwon.
I Choi erano salvi.
Eunhyuk aveva acconsentito al desiderio di Donghae di rendere il loro matrimonio una cerimonia reale, non solo una firma su carta; Donghae gli aveva spiegato che si sarebbe sposato un'unica volta nella vita, e voleva che fosse autentica.
Adesso comprendeva perché lui aveva sorriso alla sua richiesta: Sposarsi nella cattedrale di Jeju, indossando un abito costosissimo, mentre almeno quattrocento persone lo osservavano scendere dall’auto e dirigersi verso la navata principale della chiesa, non era esattamente una cerimonia autentica.
Non vi era nulla di realmente personale. Kyuhyun non era presente. Siwon era stato praticamente costretto a essere il testimone di Eunhyuk, e si trovava accanto al fratellastro vicino all’altare; vederli fianco a fianco fece provare un senso di vergogna a Donghae.
Tutto questo non corrispondeva al suo ideale di matrimonio, anche se indossava uno smoking bianco e la chiesa addobbata con gigli e orchidee.
Donghae cominciò a tremare.
Le cose non stavano procedendo come aveva sempre sognato. Da bambini lui e Kyuhyun si erano promessi che si sarebbero sposati solo per amore, e lui aveva intenzione di mantenere quel giuramento.
Ebbe improvvisamente una gran voglia di ridere, una risata isterica che faticò a contenere. Avrebbe voluto fuggire, scomparire da lì… Ma dove sarebbe potuto andare?
Eunhyuk parve intuire la sua paura perché si voltò verso di lui e l’incoraggiò con lo sguardo. La luce del tardo pomeriggio entrava nelle grandi vetrate colorate, creando un’atmosfera irreale. Gli enormi vasi di fiori emanavano un profumo fin troppo intenso.
Pur essendo ancora lontano, Eunhyuk gli infuse coraggio e il suo sguardo determinato lo tranquillizzò un poco.
Era il classico tipo d’uomo che avrebbe potuto smuovere le montagne, se avesse voluto.
Continuando a guardarlo negli occhi, Donghae fu percorso da un brivido lungo tutta la schiena, seguito da una sensazione di calore.
Provava per lui un attrazione fisica inimmaginabile, e rispondeva a lui in maniera istintiva, senza difesa.
Anche in quel momento reagiva alla sua presenza come se lui fosse l’unico nella chiesa.
Come se sulla terra fossero rimasti solo loro due.
Donghae si sforzò di concentrarsi sul meraviglioso candeliere dorato presente sull’altare e sull’ organo a canne lunghe accostato alla parete. Non aveva mai visto una chiesa così grande, prima di allora.
Perché si stava sposando? Chi credeva di essere per affrontare una cerimonia del genere?
Il profumo pesante dei fiori lo stordiva. Pensò che non avrebbe potuto resistere un solo minuto di più, ma proprio in quell’istante l’organo cominciò a suonare, riempiendo la cattedrale di note melodiose.
Era il momento.
Adesso toccava a lui muoversi, attraversare la lunga navata e raggiungere Eunhyuk all’altare.
Il prete parlò prima in Inglese e poi in Coreano, ma per Donghae avrebbe anche potuto parlare in Greco… era talmente agitato che non riusciva a comprendere quasi nulla. Il tempo sembrava trascorrere a rallentatore.
Eunhyuk lo stava osservando. I suoi occhi erano freddi, lontani. Donghae avrebbe voluto fuggire da quella freddezza, da quello sguardo severo.
<< Lee Donghae, vuoi prendere quest’uomo come tuo legittimo marito? >> La voce del prete irruppe nei suoi pensieri costringendolo a concentrarsi sulla cerimonia. << Nel bene e nel male, in ricchezza e in povertà, nella malattia… >>
Donghae non ascoltò il resto, aveva gli occhi fissi sul volto di Eunhyuk.
Eunhyuk era arrabbiato con lui.
Non né aveva alcun diritto, pensò. Era stato lui a cominciare tutto questo.
Allora perché aveva acconsentito a sposarlo?
Per salvare i Choi. Era l’unico modo per evitare che Siwon e la sua famiglia finissero sul lastrico.
L’unico sistema per tentare di creare un rapporto tra Eunhyuk e suo fratello…
Unione. Famiglia. Impegno.
Era una questione di famiglia. Invece che vendere la ditta di Siwon a degli estranei, era rimasta tra parenti, una nuova unione tra i patrimoni di due fratelli….
<< …Finchè morte non vi separi >> concluse il prete.
Notò il lampo negli occhi di Eunhyuk, e un muscolo che vibrò sulla mascella.
<< Lo voglio >> giurò.
Eunhyuk sorrise senza un bricilo di calore.
Al termine della cerimonia si diressero in limousine all’esclusivo club appena fuori Yeon-Dong dove aevano riservato il salone per il ricevimento.
<< Sei felice? >> La voce di Eunhyuk era strascicata, lui sedeva di fronte a Donghae in automobile.
Donghae non provò nemmeno a sorridere.
<< Era quello che volevi >> continuò lui, riempiendo il silenzio. Donghae colse una nota di rabbia nella sua voce. << Il matrimonio è stat una tua idea. Sei stato tu ad insistere >>.
Donghae non alzò il viso. << Volevi rovinare le loro vite >>.
<< Era una questione di soldi >>.
<< Non è vero >> sussurrò Donghae nel buio dell’obitacolo. Aveva la bocca dello stomaco chiusa. << Sai che tutta la famiglia dipende da Siwon. Le sue sorelle, la matrigna, Kyuhyun… e adesso anche la bambina >>.
<< Tutti facciamo delle scelte >>.
<< Già, e tu hai scelto di distruggerli >>. Con la testa che gli doleva, Donghae chiuse gli occhi. Si appoggiò al vetro del finestrino, desiderando scomparire. Non se la sentiva assolutamente di partecipare al ricevimento.
La voce di Eunhyuk irruppe nei suoi pensieri. << Sei stato tu a decidere di fare la parte dell’agnello sacrificale, Donghae. Sei stato tu a venire da me >>.
Lui non provava alcun rimorso.
Donghae aprì gli occhi e lo guardò, osservando come le luci e le ombre della strada giocavano sul suo volto, sulla sua bocca sensuale. Aveva lineamenti duri… e meravigliosi.
Si ricordò della prima volta in cui l’aveva visto, sull’elicottero, quando lui l’aveva rapito dall’aeroporto e l’aveva portato a casa sua ad Hallesen.
<< Non potevo rimanere a guardare mentre facevi crollare il mondo addosso a Kyuhyun e Siwon >>.
<< Eppure non riguarda solo loro >> insinuò Eunhyuk. << E’ una cosa che riguarda te. Non volevi perdermi, non potevi lasciarmi >> osservò.
Donghae sollevo di scatto la testa, con le labbra socchiuse in un gesto di diniego, ma la voce gli mancò.
Eunhyuk aveva ragione. Non poteva nascondergli nulla, nemmeno i propri sentimenti.
In modo particolare i propri sentimenti.
<< Devo dispiacermi per te? >> L’auto era quasi ferma, bloccata dal traffico cittadino.
<< Dispiaciuto per me? No, certo che no. Ho ottenuto ciò che volevo. Tutto quello che desideravo >>. Lo rassicurò Eunhyuk.
Donghae osservava con finto interesse i marciapiedi pieni di gente, evitando di guardarlo negli occhi.
<< E che cosa volevi? >>
<< Te >>.
<< Tu non vuoi me >>.
<< Come puoi dire una cosa del genere? Donghae, io ti amo >>. Ti ho amato dalla prima volta che ti ho incontrato. Sapevo già da allora che avresti cambiato la mia vita e , in effetti, è avvenuto >>.
<< Parole >> sussurrò Donghae. << Sono solo parole >>.
Sul marciapiede notò un uomo molto anziano, aggrappato ad un chiosco di giornali, con dipinta sul viso un’espressione di dolore.
Sospirò tristemente, sentendo le proprie emozioni giungere al limite. << Per quale ragione mi ami, Eunhyuk? Che cosa ti piace di me? >>
Eunhyuk si sporse in avanti, prendendolo tra le braccia e facendolo sedere sul proprio sedile, accanto a lui. Eunhyuk gli prese il volto tra le mani e gli fece sollevare il viso.
<< Perché ti amo? >> mormorò con voce roca, seguendo con un dito il suo profilo e studiandolo. << Guardati >>.
Donghae provò una fitta di dolore. << Se è solo per l’aspetto… >>
<< Non è solo la bellezza, anche se sei stupendo. E’ tutto di te: la tua dolcezza, la tua gentilezza, il tuo spirito e la tua forza. Tu sei tutto ciò che non sono io. Sono attratto da te come il buio è attratto dalla luce >>.
Eunhyuk gli coprì le labbra con le proprie, e lo baciò fino a lasciarlo senza fiato.
Donghae gli appoggiò le mani sul petto, grato della forza che quel corpo riusciva ad emanare. Gli accarezzò i muscoli possenti sotto la camicia bianca, incapace di scordare ciò che era successo due settimane prima, in albergo, quando avevano fatto l’amore.
Gli parve di essere di nuovo nudo, tra le sue braccia, contro la sua pelle.
Lo amava, eppure ancora lo temeva. Non si era mai sentito tanto confuso nella sua vita. Sentì le lacrime pungergli le palpebre socchiuse, e poi rotolare sulle guance.
Eunhyuk sollevò la testa e catturò con la punta del dito una lacrima. << Stai piangendo >>.
<< Non riesco a capirti >>.
<< Non devi capirmi >>.
A Donghae si serrò la gola. << Come puoi dire una cosa del genere? Viviamo insieme, ci siamo sposati… come posso non comprenderti? >>
<< Non mi cambierai, Donghae. Non puoi sperare di farlo. Sono quello che sono, e rimarrò così >>.
Lui non rispose, e percepì la leggera impazienza che lo aveva colto. Eunhyuk lo sollevò dalle proprie ginocchia e l’aiutò a riaccomodarsi sul suo sedile. << Non piangere, è il giorno del tuo matrimonio >>.
Il tono di scherno lo fece sentire terribilmente solo. Che cosa diavolo aveva combinato sposandolo?
Sollevando il capo, scorse nuovamente l’anziano signore. Si era sposato dall’edicola alla angolo della strada, e adesso era aggrappato ad un lampione.
Barcollando avanzò di un passo, poi un altro. La sua andatura denotava dolore e fatica; si fermava frequentemente e si passava tra i capelli bianchi la mano tremante.
A Donghae guardandolo si strinse il cuore. Gli ricordava suo padre, e il fatto che la vita era breve.
Avrebbe voluto aiutarlo, ma non sapeva cosa fare.
Improvvisamente Eunhyuk aprì la portiera e scese dalla vettura; si avvicinò all’anziano e gli posò una mano sulla spalla.
Donghae gli vide corrucare la fronte mentre ascoltava l’uomo parlare. Non si era reso conto che anche Eunhyuk lo aveva notato; non credeva che potesse interessarsi al dolore altrui. Il cuore gli diede un balzo.
Eunhyuk sollevò una mano e fermò un taxi.
Sorreggendo l’anziano per un gomito, l’aiutò a prendere posto nell’auto e diede delle banconote al tassista, poi ne lasciò qualcuna anche all’uomo. Il taxi ripartì subito.
Dopo di che Eunhyuk tornò alla limousine e questa si immerse nuovamente nel traffico. Non si voltò verso Donghae, e lui non chiese nulla.
Se vuole parlare, lo farà senza che gli domandi niente, si ripetè Donghae. Sperava che lui dicesse qualcosa, che spiegasse. Ma Eunhyuk rimase zitto.
Siwon arrivò al ricevimento in ritardo, quasi due ore dopo l’inizio della cena. Non chiese scusa e non diede spiegazioni quando si sedette al tavolo di Eunhyuk e Donghae.
Eunhyuk non vi fece caso, invece Donghae lanciò un’occhiata preoccupata al cognato. << Va tutto bene? >>
Siwon sollevò il calice pieno di vino che non aveva ancora assaggiato. << Certo, perché non dovrebbe? >>.
<< Bè, Kyuhyun… >>.
<< Non è felice >>.
Donghae sospirò rattristato. << Ma la bambina, sta bene? >>
<< Si >>.
Donghae si sforzò di sorridere. << Bene >>.
L’orchestra cominciò a suonare e alcuni fotografi si avvicinarono al tavolo per scattare alcune foto di Siwon, Eunhyuk e Donghae insieme. Erano tutti e tre a disagio, e i sorrisi risultavano tirati, ma abbozzarono un’apparenza di serenità davanti alle macchine fotografiche e ai loro ospiti.
Terminate le foto, Donghae danzò con Eunhyuk, ma nessuno dei due aprì bocca.
Eunhyuk era distante come non mai, e Donghae temeva che, se avesse tentato di intavolare una discussione, si sarebbe messo a piangere, e per niente al mondo avrebbe voluto farlo quella sera.
Siwon gli chiese di ballare con lui un valzer, Donghae acconsentì, ma notò subito il contrasto tra la danza elegante e la malcelata ostilità del cognato.
<< Le cose andranno meglio >> gli assicurò con ottimismo.
<< Te lo prometto >>.
<< Non fare promesse che non puoi mantenere >>.
<< Ho intenzione di mantenerle, specialmente questa. Farò in modo che tutto si sistemi per il meglio >>.
<< Non puoi fare nulla. E’ una questione tra Eunhyuk e me. E’ sempre stato così >>.
Donghae si sentì chiamare e si voltò. La sala era molto affollata, e Donghae aveva qualche problema a mantenere la concentrazione sui passi di danza.
<< e’ felice, e io credo che mi ami davvero… >>
<< Non può amarti, non è capace. Non sa cosa sia l’amore >> sibilò il cognato.
<< Non sono d’accordo >>.
L’espressione di Siwon si indurì. << Non ti lascierò commettere un errore del genere. Non lascerò che tu getti via in questo modo la tua vita. Verrai via con me, adesso… >>
<< Stai scherzando! >>
<< niente affatto. Adesso ce ne andremo insieme. Non può fermarci nessuno, ci sono troppi fotografi e giornalisti in giro. La mia macchina è parcheggiata qui fuori. Non preoccuparti per le tue cose, mi occuperò io di fartele riavere domani >>.
<< Non posso, Siwon. Non posso fargli questo >>.
<< Perché no? Lui lo farebbe, se ne valesse la pena >>.
Siwon aveva un sorriso cinico, duro. Donghae notò la somiglianza con Eunhyuk: quell’espressione era identica nei due fratelli. Gli occhi erano diversi, ma le labbra erano le stesse. La stessa curva, la stessa pienezza sensuale. Avevano anche lo stesso modo di sorridere. Forse era per questo motivo che nessuno aveva notato la somiglianza tra loro: Siwon sorrideva spesso, Eunhyuk quasi mai.
Senza smettere di danzare, Siwon lo condusse al limite della pista da ballo.
<< Ce ne andremo adesso >> gli intimò << Attraversiamo la folla, tu continua a camminare. Il mio autista ti sta aspettando fuori. Anche Kyuhyun ti sta aspettando a casa… >>
<< No >>. Non poteva farlo. Non poteva andarsene e lasciare Eunhyuk da solo, proprio la sera del loro matrimonio.
<< Donghae, se non vieni via adesso, potresti non averne più la possibilità >>.
<< Lo so >>.
Comprese dall’espressione di Siwon che il cognato non capiva. Lui, però, non poteva spiegarsi, giustificarsi, o trovare una motivazione logica, in realtà amava Eunhyuk.
Quando lo guardava vedeva un uomo che Siwon sicuramente non riusciva a scorgere. Donghae percepiva la persona tenere, generosa bisognosa d’affetto… e lo amava.
Semplicemente.
<< Non lo lascerò >>. Con un gesto si liberò dalla stretta di Siwon. << E’ la mia vita, il mio futuro. Voglio stare con lui >>.
La musica terminò e l’orchestra attaccò con un nuovo brano. Siwon e Donghae erano fermi a bordo della pista.
<< Ti distruggerà, Donghae >>.
<< Non credo, non è come pensi tu… >>
<< Anch’io la pensavo come te, prima che mi dimostrasse il contrario. Pensavo di conoscerlo, di sapere che uomo fosse. Ma non è come me o te, non è come nessuno che tu abbia mai incontrato. Ti farà soffrire… >>
<< Parli male di me il giorno del mio matrimonio, fratello? >>Eunhyuk apparve dietro di loro. Sembrava rilassato e aveva un’apparenza amichevole, ma Donghae notò la tensione nel suo sguardo d’acciaio.
Siwon non battè ciglio. Si volto verso Donghae e gli prese una mano. << Vieni via con me. Ti farò salire sul primo aereo e potrai tornare a Mokpo >>.
Donghae si irrigidì. << Buona notte, Siwon. Grazie per essere venuto >>.
<< Non me ne andrò senza di te >>.
Gli doleva il cuore, questo non era solo terribile, era l’inferno. Voleva molto bene a Siwon e a Kyuhyun, ma non poteva vivere per loro, né tanto meno attraverso loro. << Non verrò con te >> ribadì il più gentilmente possibile. << Non questo… non il giorno del mio matrimonio >>.
<< Donghae… >>
<< No, Siwon. Non rendere le cose ancora più difficili di quello che sono >>.
Siwon era esausto. << Chiamami, se cambierai idea >>.
<< D’accordo. Ma non succederà >>.
Siwon alzò le spalle; aveva fatto tutto il possibile. << Se hai bisogno, Donghae, sai dove trovarmi >>.
Donghae non lo vide allontanarsi, attraversare il salone e uscire dal portone. Aveva gli occhi pieni di lacrime.
Né lui né Eunhyuk, parlarono. L’orchestra iniziò un nuovo brano e la pista si riempì velocemente. Qualcuno nell’angolo del salone scoppiò in un’allegra risata, e donghae si voltò in quella direzione.
<< Saresti potuto andartene >> osservò Eunhyuk a bassa voce. << Avresti potuto farlo adesso >>.
Lentamente Donghae si girò e lo fissò negli occhi. << Lo so >>.
L’espressione di Eunhyuk si tramutò da sospettosa in perplessa. << Perché non lo hai fatto? >>
<< Ti ho fatto una promessa. La parola data deve pure avere un valore, no? Me lo hai insegnato tu >>.
<< Sai che Siwon ha ragione. Io non posso tratterti qui, non posso farti questo >>.
<< Nessuno mi sta facendo fare qualcosa che non voglio >> gli fece di rimando lui.
Eunhyuk non era certo di comprendere.
<< Che cosa dovrei pensare? >> chiese, con la voce profonda, scossa da un’emozione che non sapeva spiegarsi.
Donghae capì che lui detestava questa situazione; non accettava il fatto di non comprendere, di non sapere, di non essere in grado di prevedere qualcosa.
Improvvisamente non ebbe più voglia di discutere, non voleva sprecare tempo con sentimenti negativi.
Questo era il loro matrimonio. Era la loro notte.
Un cameriere passò con un vassoio d’argento sul quale c’erano dei bicchieri. Donghae sollevò due flute di champagne e ne porse uno a Eunhyuk.
Così facendo gli sfiorò la mano con le dita, e un fremito lo percorse. Si sentì più forte, più sicuro.
Voleva essere lì. Voleva rimanere con lui. << A noi >> brindò alzando il bicchiere.
Eunhyuk non rispose subito. Lo studiò con un’espressione interrogativa. << Avresti potuto avere una bella vita >>.
Donghae gli rispose perso nei suoi occhi grigi come l’argento.
<< Avrò una vita stupenda >>.
<< Donghae… >>
<< Non sei l’unico a provare dei sentimenti. Anch’io provo qualcosa di molto profondo per te >>.
<< Io non ti merito >>.
<< Tutti noi meritiamo di essere amati, anche tu. Specialmente tu >> gli sorrise.
<< Tu mi dai speranza, Donghae. Mi permetti di credere >> sospirò.
La luce dei candelabri si rifletteva negli occhi di Donghae.
<< Tu devi credere, Eunhyuk. Devi credere in noi >>.
<< Allora… a noi >> rispose infine Eunhyuk, sollevando il proprio flute di champagne. << Brindo a noi  due >>.
Il vino era fresco e frizzante, ma Donghae non aveva bisogno delle bollicine per provare euforia.
Stava succedendo qualcosa, quella sera.
Qualcosa che gli avrebbe cambiato la vita.
Alzandosi in punta di piedi, avvicinò le labbra all’orecchio di lui. << Ti amo >>.
Negli occhi di Eunhyuk c’era dolore. << Non… >>
Eunhyuk lo strinse così forte da poter sentire il battito del suo cuore contro il proprio petto.
<< Non so cosa dire. Non riesco a trovare le parole >>.
<< Allora non parlare. Balla con me >>.

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Capitolo 11
*** 11. Voglio tutto di te ***


La sala del ricevimento era ancora piena di gente quando Donghae e Eunhyuk riuscirono a defilarsi senza essere notati. Raggiunsero l’albergo di Eunhyuk.
Le tende era aperte in soggiorno,offrendo uno splendido panorama della città dove migliaia di luci brillavano sotto la luna piena.
Eunhyuk si sfilò l’elegante giacca che indossava e l’appese al guardaroba. Donghae l’osservava mentre lui si stava slacciando i bottoni della camicia, lasciando scoperti il collo e la gola. Poi si arrotolò le maniche senza che nessuno dei due proferisse parola.
A Donghae si strinse lo stomaco e, con un gesto istintivo, cominciò a slacciarsi i pantaloni per tentare di calmare la tensione nervosa.
Improvvisamente si sentiva timido, privo di esperienza.
Erano sposati, adesso.
<< Voltati >> gli sussurrò lui avvicinandosi.
Donghae obbedì, emettendo un leggero sospiro quando lui gli posò le mani sulle spalle. Con gesti gentili Eunhyuk gli fece scivolare le mani lungo la schiena, e poi, cominciò a baciargli il collo.
Al dolce contatto delle sue labbra, Donghae si sentì sciogliere e brividi di piacere gli salirono lungo la schiena.
Lui seguitò a baciarlo.
Il calore che lui emanava era sufficiente a fargli desiderare molto di più.
Con dita esperte cominciò a slacciargli i bottoni della camicia.
<< Ti voglio, Donghae. Voglio tutto di te >>.
Gli baciò la nuca e lui chinò la testa all’indietro. Lo faceva impazzire il modo in cui lo sfiorava, come riusciva a farlo sentire.
Quando lui lo baciava e lo stringeva forte era come se fossero soli al mondo.
A ogni bottone slacciato faceva seguito un piccolo bacio sul petto, in una tortura dolcissima. Con la bocca ne tracciò il profilo. Quella sensuale, erotica carezza gli sconvolse la mente.
<< Sei così sensibile >> gli mormorò Eunhyuk all’orecchio, facendo scorrere le mani lungo i suoi fianchi, fino a raggiungere la vita.
<< Stasera in modo particolare >> ammise, chiudendo gli occhi mentre lui continuava ad accarezzarlo.
<< Non smetterei mai di baciarti >> confessò Eunhyuk, sfiorando la pelle candida.
Oh, anche Donghae aveva bisogno di essere baciato…, riflettè colto dalla frenesia. << Si >>.
La sua bocca allora gli si avvicinò e le labbra l’accarezzarono. A Donghae tremarono le gambe e dovette aggrapparsi alle spalle di lui.
Il suo respiro lo scaldava e le sue labbra su di lui lo fecero impazzire dal desiderio. Lo spaventava provare un’emozione così forte, al semplice tocco della sua bocca sulle sue parti più sensibili.
Gli infilò le dita nei capelli e ne assaggiò la morbida consistenza. << Eunhyuk… >>
Il tono era soffocato, colmo di desiderio.
<< C’è qualcosa che non va? >>
<< Io voglio… voglio… >> La passione gli impediva di riconoscere persino la propria voce, << …di più >>.
Eunhyuk gli accarezzò le natiche. << Così? >>
Esattamente così.
Donghae respirava a fatica, non riusciva a pensare, era a malapena consapevole del calore che le mani di Eunhyuk gli trasmettevano sulla pelle sensibile.
Era il più dolce dei piaceri.
Eunhyuk lo faceva sentire bene, ogni cosa era perfetta. Avrebbe potuto fargli qualsiasi cosa, e a lui sarebbe andato bene. Tutto ciò che desiderava era appartenergli, essere parte di lui.
Il calore gli imporporò le guance. << Lascia che ti accarezzi anch’io >> lo supplicò.
<< No, questo è il mio turno di amarti >>.
Donghae non riuscì più a dire nulla, né ad avere un pensiero coerente. Lui ricominciò a baciarlo e a torturarlo con la lingua. Il suo respiro gli faceva venir voglia di urlare.
Donghae gli accarezzava i capelli, avvertendo il bisogno di accarezzarlo, di stringerlo a sé il più vicino possibile.
Avevano già fatto l’amore, ma mai aveva provato un desiderio simile. Non riusciva a immaginare nulla di più intimo, appassionato.
Se non gli era mai appartenuto, adesso era suo.
Il corpo cominciò a tendersi, il desiderio si tramutava in ondate di piacere.
Lo voleva guardare in volto, voleva sentirlo sopra di sé.
<< Ti voglio, Eunhyuk >> sussurrò liberandosi gentilmente dalla sua stretta. << Fai l’amore con me, ti prego. Adesso >>.
Eunhyuk non aveva bisogno di ulteriori incoraggiamenti.
L’aveva desiderato per tutta la sera. Erano settimane che lo desiderava.
Senza di lui aveva provato un senso di vuoto.
Ma non era solo sesso, se ne rendeva conto. Era qualcosa di molto simile all’amore.
Il suo amore.
Eunhyuk sentiva di aver bisogno del suo amore più dell’aria che respirava.
Passandogli un braccio sotto le gambe lo sollevò da terra e lo condusse in camera. Donghae lo aiutò a svestirsi e poi caddero insieme sul grande letto, contro la montagna morbida di cuscini bianchi.
I capelli di Donghae brillavano al buio di una luce dorata e lui lo osservò con attenzione, notando ancora la perfezione della pelle, dei lineamenti, la dolcezza degli occhi e della bocca.
Gli coprì le labbra con le proprie, bevendo la passione che lui gli offriva.
<< Ti amo >> gli sussurrò, << ti amerò per sempre >>.
Quando finalmente fecero l’amore lui si sentì rinascere, provò la sensazione di essere un uomo a cui era stata offerta una seconda opportunità.
Per la prima volta nella sua vita si sentì a casa.
Sentiva di essere in grado di fare qualunque cosa, anche renderlo felice.
<< Eunhyuk >> mormorò Donghae nella penombra, accarezzandogli il viso e traendolo più vicino a sé.
<< Si? >>
<< Ti amo >>
<< Lo so. E non darò mai per scontato questo tuo sentimento, te lo giuro >>.
Più tardi Donghae si voltò verso di lui, scrutandolo nel buio, tentando di guardarlo in volto e di leggergli negli occhi.
<< L’uomo che abbiamo visto ogi… >>
<< Si? >>
<< Lo hai fatto salire su un taxi >>.
Eunhyuk si girò e gli pose un braccio sul petto. << Era in difficoltà >>.
Donghae provò una grande emozione, e si sentì fiero di lui.
Sapeva che amarlo era la cosa giusta.
Avevano origini diverse, avevano vissuto in modo diverso, ma in qualche modo si completavano.
Avevano bisogno l’uno dell’altro.
Chinandosi verso di lui gli baciò la bocca e la sua barba gli fece il solletico sul mento. Gli sfiorò il viso con la mano, assaporando il tepore della pelle.
Gli piaceva la sua forza. << grazie per averlo aiutato >>. La voce suonò roca, velata di emozione e passione nello stesso tempo.
Sentì la mascella di lui irrigidirsi sotto il proprio palmo.
<< Non ringraziarmi. Era il minimo che potessi fare >>.
<< Non faccio altro che pensare che avrebbe potuto essere mio padre >>.
<< Sono sicuro che sia il padre di qualcuno. E anche il figlio di qualcun altro >>.
Più tardi, quando Donghae si addormentò tra le sue braccia, Eunhyuk rimase sveglio a lungo. Trascorse più di un’ora a soppesare il passato e a valutare il futuro.
Aveva notato la venatura di tristezza nella voce di Donghae quando aveva nominato il padre. Ne sentiva certamente la mancanza.
Per Donghae i legami famigliari rivestivano una grande importanza. A lui invece non piacevano, anzi gli dava fastidio l’idea di sentirsi legato a qualcuno.
Cominciò a pensare che lui e Donghae erano molto diversi, e che avevano esigenze differenti.
Aveva fatto la cosa giusta sposandolo? Forse più che aiutarlo, in quel modo gli avrebbe provocato dolore…
Non lo sapeva, e in quel momento non voleva nemmeno saperlo.
Trascorsero la prima settimana di luna di miele godendo della reciproca compagnia. Cenarono nei ristoranti più intimi, andarono a teatro, al cinema e fecero spese nei negozi più alla moda.
A Eunhyuk piaceva comprargli abiti eleganti o sportivi.
Ma soprattutto gli piaceva nudo accanto a lui
<< Non riesco a smettere di volerti >> gli ripeteva spesso.
Donghae allora posava le mani sui fianchi in un atteggiamento inconsapevolmente provocante e ribatteva: << Sei sicuro che non sia solo per il sesso? >>
Un giorno, scherzando al proposito, Eunhyuk riflettè che aveva cominciato a vivere ralmente da quando l’aveva incontrato; non si era mai sentito così prima di allora.
Alla domanda se fosse sicuro che non si trattasse solo di attrazione fisica, rispose onestamente che se lo fosse stato, allora non avrebbe sofferto a quel modo.
Il sorriso di Donghae svanì.
<< Non dovrebbe farti soffrire il fatto di amarmi >>.
<< Il fatto è che sono troppo felice. Non sono abituato a tanta gioia >>.
<< Eunhyuk… >>
<< Darei la vita per te, Donghae, lo sai. Tu sei la cosa migliore che mi sia mai successa, sei la parte migliore di me >>.
Donghae si commosse e attraversò la stanza, per inginocchiarsi accanto a lui. Il cuore era stretto in un’emozione che lo soffocava, e che non riusciva a comprendere appieno. << Io non sono la parte migliore, noi siamo la parte migliore >> sussurrò posandogli le mani sulle ginocchia. << Non sono né io tu, siamo noi. Noi due insieme >>.
<< E’ troppo bello per essere vero… >>
<< No >>,
<< A volte penso che ci sia qualcosa di sbagliato nell’essere così felici, specialmente se ciò avviene a spese degli altri >> osservo Eunhyuk.
Si riferiva certamente a Siwon e alla sua famiglia. Donghae sospirò penosamente. << Le cose si sistemeranno, Eunhyuk. Ne sono sicuro >>.
<< Deve mancarti molto Kyuhyun >>.
Il cuore gli si strinse. Sentiva molto la mancanza di suo fratello, di Siwon e della bambina. Aveva una nipotina e non aveva il permesso di vederla, di abbracciarla.
Avrebbe voluto cullarla, stringerla tra le braccia e guardarla negli occhi, per conoscere tutto di questo esserino da poco venuto alla luce.
Ma non sarebbe accaduto. Non adesso, non così come stavano le cose.
<< Riusciremo a risolvere la questione >> ripetè, assumendo un tono sicuro. Non voleva credere che non sarebbe cambiato nulla. << Le cose alla fine si stemano sempre >>.
Lui sorrise, ma la gioia non arrivò agli occhi che rimasero tristi e pensierosi.
<< Dolce Donghae >> sussurrò baciandolo sulla fronte. << Così innocente… >>
Quella sera, sebbene Eunhyuk avesse riservato un tavolo in uno dei ristoranti più esclusivi a Jeju, Donghae lo pregò di non uscire, e di cenare in albergo. << Potremmo affittare una videocassetta, o guardare la televisione >> suggerì. << E il servizio in camera potrebbe farci avere degli hamburger e del gelato >>.
Si fecero portare in camera degli hamburger e delle patatine fritte e affittarono alla videoteca dell’albergo una delle pellicole più recenti.l
Nel bel mezzo del film però suonò con insistenza il telefono.
Eunhyuk rispose e sostenne una citata conversazione in spagnolo, prima di riagganciare meno di un minuto più tardi.
<< Per fortuna non siamo usciti >> accennò a Donghae infilandosi la camicia e i pantaloni. << Siwon e Kyuhyun sono venuti qui in albergo, e stanno salendo da noi >>.
Donghae afferrò rapidamente i jeans che erano sulla sedia accanto al letto e si infilò la buffa maglietta rosa e arancione che Eunhyuk gli aveva comprato qualche giorno prima.
Ebbe giusto il tempo di spazzolarsi velocemte i capelli prima che bussassero alla porta.
Uscendo dal bagno guardò Eunhyuk. I loro sguardi si incrociarono e Eunhyuk si rese conto della paura di lui.
<< Va tutto bene >> cercò di tranquillizzarlo. << Siamo insieme,ricordi? >>
Siwon e Kyuhyun non avevano portato la bambina. Suo fratello indossava una giacca di pelle e quando Donghae si offrì di appenderlo nel guardaroba Kyuhyun si rifiutò di toglierselo.
<< va bene così. Del resto non ci fermeremo a lungo >>.
Donghae sentì la morte nel cuore.
<< Papà è scomparso >> affermò Kyuhyun senza preamboli, con voce priva di emozione. Teneva lo sguardo fisso su un punto alle spalle di Donghae, per evitare di guardarla in volto. << Ho pensato che dovessi essere messo al corrente >>.
Donghae si tramutò in una statua di ghiaccio. Con mani tremanti si appoggiò alla spalliera della sedia. << Da quanto tempo non si hanno notizie? >>
<< Da quasi ventiquattro ore. Se ne è andato dalla casa di riposo dove lo avevi accompagnato >>.
<< Perché non mi hai avvisato prima? >>
Kyuhyun mosse impercettibilmente la testa e , finalmente, guardò Donghae negli occhi. << Pensavo non ti interessasse >> dichiarò.
Donghae sentì quelle parole cadere come pietre tra loro e fu come se Kyuhyun gli avesse infilato una lama nel cuore. Aprì la bocca, ma non riuscì né a respirare né tanto meno a rispondere subito. Il dolore era troppo intenso.
<< Ma certo che mi interessa! Io voglio bene a nostro padre, e voglio bene a te! >> gridò.
Kyuhyun impallidì. << Siwon prenderà un volo stasera per andare ad aiutare nelle ricerche. Ha già parlato con la polizia e con Heechul >>.
<< Vorrei andare anch’io >> intervenne Eunhyuk. Poi voltandosi verso Donghae, aggiunse: << Entrambi vorremmo andare con Siwon >>.
Donghae assentì. << Dammi solo un minuto per preparare la borsa e verrò con voi >>.
Partirono quella sera stessa, meno di due ore più tardi, tuttavia l’incubo era già terminato prima del loro arrivo a Mokpo.
Heechul era riuscito a trovare KangIn.
Il padre di Donghae, una volta lasciata la casa di riposo, si era diretto verso la propria fattoria. Aveva camminato per più di dodici chilometri in pigiama e pantofole.
Alla notizia Donghae scoppiò a piangere per il sollievo.
Durante il volo era quasi morto di paura e aveva temuto il peggio.
<< Papà ha solo voluto tornare a casa >> mormorò. << In fondo lo capisco >> osservò una volta davanti a casa sua.
<< Credo che non vi sia una soluzione semplice a questa situazione >> dichiarò Eunhyuk, prendendolo per mano.
<< Ha vissuto per tutta la vita, all’aria aperta. E’naturale che voglia tornare a casa sua. Appartiene a questo posto >>.
Guardandosi intorno Donghae provò una fitta di dolore. Amava Mokpo, ma questa non era più casa sua, e nemmeno quella di suo padre.
Durante il olo aveva sentito Siwon e Eunhyuk parlare della fattoria. Sapeva che Siwon vi aveva investito parecchio denaro in passato, ed era certo che fossero intenzionati a venderla.
Osservò la costruzione vittoriana avvolta da una nebbia sottile, e si accorse di quanto la amava. Ne era stato lontano per un mese, eppure gli sembravano passati anni.
Con lo sguardo percorse il giardino, ispezionando ogni cosa, annotando mentalmente ciò che era cambiato e cosa invece era rimasto uguale.
I gradini dell’ingresso erano stati imbiancati, la staccionata era stata riparata. La grande pianta di rose era stata potata e adesso si arrampicava sul lato della casa, con i suoi fiori meravigliosi. Heechul aveva fatto proprio un ottimo lavoro: per fortuna che c’era lui a occuparsi di tutto.
Donghae si diresse di corsa verso l’interno: suo padre era in camera, seduto su una poltrona che un tempo era stata la preferita di sua madre. Sembra così piccolo, così perso.
<< Papà >>.
Lui si voltò e lo vide sulla soglia. Spalancò gli occhi e gli si illuminò il viso. << Ma quello è il mio bambino? >>
<< Si, papà. Sono Donghae >>.
<< Oh Donghae, dove sei stato? >>
Lui lo strinse forte, fino a non sentire più quel freddo che l’aveva tenuto prigioniero dall’incontro con Kyuhyun.
<< Ti voglio bene, papà > ripetè infinite volte, baciandolo sulle guance e avvicinando uno sgabello alla sua poltrona, per sedergli accanto. << Mi sei mancato >>.
<< Non mi lasciare più >>.
A Donghae bruciavano gli occhi, ma si sforzò di sorridere, ripetendosi che non poteva pensare al futuro in quel momento. Doveva vivere solo il presente. << Non preoccuparti di nulla, d’accordo? Adesso ci sono io qui e mi occuperò di tutto. Per prima cosa vorrei sapere che cosa vuoi mangiare per cena >>.
<< Arrosto >>.
<< D’accordo. Arrosto e patate al forno >>.
I giorni seguenti trascorsero velocemente per Donghae. Era stupendo essere di nuovo a casa; era stato lontano solo un quattro settimane ma gli era sembrata un’eternità.
Mentre Siwon e Eunhyuk passavano le giornate a discutere con Heechul sui libri contabili, Donghae trascorreva il tempo con suo padre, leggendogli dei libri e tentando di tenerlo impegnato.
Quella era casa sua, e lo sarebbe sempre stata. Anche se non avrebbe più potuto viverci.
Si trovava a Mokpo da una settimana, e sapea che Siwon e Eunhyuk erano ansiosi di tornare a Jeju.
No che gli avessero detto qualcosa, ma si sentiva nell’aria il senso di inquietudine che provavano. Presto se ne sarebbero andati, e lui avrebbe dovuto partire con loro.
Ma suo padre? Cosa sarebbe stato di lui?
Durante la cena notò che Eunhyuk lo osservava, e intuì che anche lui stava pensando al futuro.
Il suo lavoro era a Jeju, non poteva chiedergli o aspettarsi che lui si trasferisse a Mokpo. D’altra parte suo padre aveva sempre vissuto lì, non si poteva pensare di portarlo altrove… Quella era stata la casa di famiglia per generazioni, come abbandonarla?
Terminata la cena Donghae accompagnò a letto suo padre.
Venti minuti più tardi, scendendo a piedi nudi le scale,sentì le voci di Siwon e Eunhyuk provenire dalla ucina.
<< Non ha senso continuare a tenere la fattoria, non è in grado di mantenersi >>. Era Siwon a parlare, Donghae esitò ad entrare, e si fermò nell’ingresso. << Tuttavia non ho nemmeno fretta di venderla. Questa è la casa di Kyuhyun e Donghae >>.
<< E di KangIn >> aggiunse Eunhyuk. << Mi sembra evidente che lui voglia rimanere qui. Penso che dovremmo lasciarlo vivere tranquillo in questo posto >>.
<< Sono d’accordo >>.
Eunhyuk accennò a una risate. << Almeno la pensiamo allo stesso modo su qualcosa >>.
Ci fu un momento di silenzio e Siwon si schiarì la gola.
<< Possiamo essere d’accordo sulla fattoria dei Lee, ma è tutto. Non posso andare avanti così, Eunhyuk. Non posso mantenere… >>
<< Continuare che cosa? >>
<< Questo. Noi. Noi due che lavoriamo insieme. E’ troppo difficile per me, non me la sento >>. Siwon sembrava stanco, amareggiato. << Non è più come…prima >>.
Donghae sentì un nodo allo stomaco. Detestava quel genere di conflitti, le discordie tra parenti.
<< No, non lo è più… >> convenne Eunhyuk.
<< Io lascio >>.
<< Ma è la tua compagnia >>.
<< Era mia. Adesso è tua >>.
Donghae chiuse gli occhi e si appoggiò alla porta, assalito di nuovo dai sensi di colpa. Aveva sposato Eunhyuk, lo amava, ma questo non aveva cambiato le cose.
Il matrimonio aveva salvato le ricchezze di Siwon, non il suo orgoglio, però. La ferita era troppo profonda.
Donghae sentì tutto il peso del problema, anzi dei problemi.
Suo padre, la fattoria, la dolorosa frattura all’interno della famiglia…
Aveva parlato a Kyuhyun solamente una volta nelle ultime cinque settimane, ed era stata la volta che suo fratello era venuto a cercarlo in albergo per informarlo della scomparsa del padre.
Che cosa è successo alla loro famiglia? Che cosa sarebbe successo a tutti loro?
Eunhyuk comparve improvvisamente dall’angolo della cucina, con un piatto in mano e uno strofinaccio sulla spalla. Quasi lo investì, non avendolo visto.
<< Donghae! >>
Lui arrossì, sapendo che lui aveva capito che era stato lì ad ascoltare.
<< Papà è a letto >> annunciò senza fiato. << Fortunatamente passerà una notte tranquilla >>.
Vide che Eunhyuk lo scrutava in volto, il silenzio pesave tra loro. Lui non parlò, aveva cambiato atteggiamento: era più tranquillo, ma distante.
<< Lascia che lo sistemi io >> si offrì, afferrando il piatto che lui teneva in mano. << So dove va messo >>.
<< Anch’io lo so >>.
Ma Donghae desiderava fare qualcosa; qualunque cosa sarebbe stata meglio che rimanere lì fermo, indifeso, sotto lo sguardo attento di Eunhyuk.
Lui e Eunhyuk non avevano bisogno di parole, potevano leggersi nel pensiero, intuire le reciproche emozioni. In quel momento sapevano entrambi che non potevano sfuggire al passato. Compresero in quell’istante che avrebbero portato nel cuore un enorme dolore.
Più tardi, quella notte, dopo essere andati a letto, Donghae strinse forte a se suo marito. Senza parole fecero l’amjmore, lentamente, appassionatamente, cercando di raggiungere l’intimità più profonda.
Donghae amava Eunhyuk disperatamente, ma sentiva avvicinarsi una nube scura sul loro futuro. Stava per succedere qualcosa, qualcosa che avrebbe cambiato la loro vita. Tuttavia non aveva idea di che cosa fosse, né di quando sarebbe successo.
<< Lo senti anche tu… >> sospirò Eunhyuk tristemente.
Donghae scosse la testa. << No >>.
<< Si, invece. Entrambi lo sentiamo. Sappiamo che è impossibile andare avanti >>.
Non era sicuro di cosa quelle parole volessero significare, ma percepì il dolore nella voce di lui. Gli baciò la spalla, sentendo crescere la paura.
<< Nulla è impossibile >> dichiarò coraggiosamente. << Nulla è davvero impossibile se ci si crede >>.

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Capitolo 12
*** 12. Nulla è davvero impossibile ***


Nulla è davvero impossibile se ci si crede.
Le parole di Donghae continuavano a risuonargli nella testa.
E Eunhyuk avrebbe tanto voluto potergli credere. Avrebbe desiderato avere lo stesso ottimismo, sperare in un futuro sereno, ma non ci riusciva.
Lo strinse forte e sollevò il lenzuolo sopra di loro, come per proteggerlo, in realtà sapeva che la persona da cui Donghae aveva bisogno di essere difeso era lui stesso. << Non riuscirò mai a renderti felice >>.
<< Lo hai già fatto >>.
Dolcemente lui gli accarezzò una spalla. Era questo che voleva ricordare di lui: la pelle morbida, la dolcezza… Sapeva di non aver mai amato nessuno come amava Donghae, e non avrebbe mai più provato un sentimento tanto intenso. << Io sono una barriera tra te e la tua famiglia.Un tempo tu e Kyuhyun eravate uniti, adesso riuscite a stento a rimanere nella stessa stanza >>.
Donghae non gli rispose subito. Posò la guancia sul suo petto, all’altezza del cuore. << Non si può avere tutto >>.
Lui sospirò tristemente: il tono della voce di Donghae era poco più di un sussurro. Aveva solo ventitré anni, non era giusto che soffrisse così. << Meriteresti qualcosa di meglio >>.
Donghae non avrebbe dovuto scegliere tra lui e la propria famiglia, invece Eunhyuk l’aveva costretto a farlo. Aveva voluto che si staccasse da coloro che amava, che fosse come lui.
Solo.
Eunhyuk sospirò di nuovo. Sentiva la tristezza che gli serrava la gola.
Gli aveva rovinato la vita, ed era stato vicino a rovinare quella delle persone che Donghae amava di più.
<< Eunhyuk… >> Donghae sollevò il capo per guardarlo negli occhi. Gli accarezzò una guancia e poi passò le dita sulle sue labbra. << Cosa c’è che non va? >>
L’aria gli doleva i polmoni. Non avrebbe mai dovuto innamorarsi di lui. Non avrebbe mai voluto desiderarlo così. Gli prese la mano e gli baciò le dita una dopo l’altra.
<< Stasera non ho smesso un minuto di guardarti. Sei stupendo… >> gli disse.
<< Indossavo solo un paio di jeans e una maglietta! >>
<< Già, e avevi i capelli in disordine. Eri splendido mentre pelavi le patate. Adoro guardarti. Non ti ho mai visto ridere come in questi giorni. Tu non hai bisogno di cose costose per essere bello. Hai solo bisogno di essere vicino alla tua famiglia >> osservò.
<< Io ho bisogno di te. Ti amo >>.
<< Anch’io ti amo, Donghae. Ma questa volta l’amore potrebbe non essere sufficiente >>.
Era giunto il momento di tornare a Jeju. Nonostante le insistenze di Donghae e Siwon, KangIn si rifiutò categoricamente di lasciare la propria casa. Non ne voleva sapere di tornare alla residenza per anziani né tanto meno di andare con loro a Jeju.
<< Io vivo qui, questa è casa mia. Non me ne andrò >>.
Donghae sapeva che il padre non era autosufficiente, quindi acconsentì all’idea di Eunhyuk di far trasferire lì Heechul, fin quando non avessero trovato una persona adatta che si potesse prendere cura di lui.
Non era la soluzione ottimale, ma era comunque meglio che forzare KangIn a tornare nella casa di riposo.
Donghae aveva terminato di preparare i bagagli e Eunhyuk lì aveva già caricati in auto. Donghae non aveva idea di come salutare il padre; non sapeva nemmeno quando lo avrebbe rivisto. Eunhyuk gli aveva assicurato che sarebbe potuto tornare a trovarlo ogni volta che lo avesse desiderato, ma lui temeva che ciò non sarebbe stato possibile.
Aveva paura dei cambiamenti che avrebbero potuto esserci mentre era lontano da casa.
Suo padre era in piedi davanti alla porta di casa, e lo guardava con il sorriso sulle labbra. Fissando la piccola borsa da viaggio che lui teneva in mano, gli si avvicinò.
<< Dove stai andando, Kyuhyun? >>
<< io sono Donghae, papà >>.
<< Già, è vero. Donghae, il mio bambino. Dove vai di bello? >>
Non poteva farlo, non poteva lasciarlo. << Vado a fare un viaggio >> rispose con voce rotta.
<< Starai via molto tempo? >>
<< Non molto, spero >>. La voce gli si ruppe di nuovo, e lui si sforzò di non scoppiare a piangere davanti a suo padre. Non voleva che si preoccupasse per lui.
Doveva trovare la forza di allontanarsi, il suo futuro era con Eunhyuk. Eppure moriva dall’idea di staccarsi dal proprio passato. << Heechul ha il mio numero di telefono, se hai bisogno di qualunque cosa… >>
<< Non avrò bisogno di nulla >>.
<< Ma nel caso… >> Non riuscì a terminare la frase. << Chiamami, d’accordo papà? >>
<< D’accordo, bambino mio >>.
Gli si buttò tra le braccia e lo strinse forte, come quando era bambino. Come faceva prima che lui si ammalasse.
Poi Donghae indietreggiò di un passo e tra le lascrime sorrise al padre. << Mi hai cresciuto bene, papà. Hai fatto proprio un ottimo lavoro. Spero che tu te ne randa conto >>.
Lui gli sorrise di rimando. << Certo, bambino mio. Ci vediamo stasera a cena >>.
Ma Donghae sapeva che non si sarebbero visti.
Al ritorno a Jeju, Donghae e Eunhyuk tentarono di condurre una vita normale, ma non era facile. Sembrava che Eunhyuk non riuscisse mai a rilassarsi.
All’inizio Donghae pensò che fosse semplicemente il cambio di abitudini la causa di quel comportamento; ma dopo due settimane che lui si alzava nel cuore della notte per andare a lavorare in soggiorno, Donghae cominciò a preoccuparsi della distanza che cresceva tra loro.
Facevano l’amore molto raramente, e quando Eunhyuk gli si avvicinava, lui non sentiva la tensione che lo attanagliava.
Dopo tre settimane dal ritorno a Jeju, Eunhyuk si trasferì a dormire in un’altra stanza, senza spiegare né giustificare quella decisione. Semplicemente se ne andò.
Donghae non poteva certo più fingere che la distanza tra loro fosse una congettura; c’era realmente un problema, un grande problema, e lui non aveva idea di come risolverlo.
Avrebbe disperatamente voluto discutere con Eunhyuk di ciò che stava accadendo tra di loro, ma ogni suo tentativo era ignorato. Eunhyuk lo portava ancora a cena fuori quasi ogni sera, ma non lo voleva. Non lo cercava più, né dimostrava tenerezza nei suoi confronti.
Donghae non sapeva cosa fare, né a chi chiedere aiuto. Dopo un mese cominciò a sentirsi molto più solo: si sentiva alienato.
Quello era il mondo di Eunhyuk, la sua vita, e lui non ne faceva parte. Una notte, alle tre, si svegliò di soprassalto.
Non riusciva a dormire e fu preso dallo sconforto.
Eunhyuk era seduto alla scrivania e lavorava al computer.
Quando lo vide entrare nella stanza sollevò la testa. << Cosa c’è che non va? >>
Donghae lo fissò. << Tu cosa credi che ci sia che non va? Non dormi più con me, non mi tocchi nemmeno. Dimmi, Eunhyuk. Cosa è successo? >>
<< E’ per il lavoro, sono molto impegnato in questo periodo >> rispose.
<< E’ una menzogna, non si tratta solo di lavoro >> replicò Donghae. << i tuoi sentimenti sono cambiati >>.
<< Non sono cambiati >>.
<< Allora perché ti sei allontanato da me? >>
<< Non è niente di personale… >>
<< Niente di personale, Eunhyuk? Sono tuo marito! >>
<< E’ questo l’errore >>.
Con gli occhi pieni di lacrime lui lo fissò, socchiuse le labbra per protestare, ma alla fine non riuscì a pronunciare nemmeno una parola.
Piangendo tornò in camera e si gettò sul letto.
Eunhyuk rimase a guardare la porta che lui aveva richiuso uscendo e pensò che avrebbe dovuto andare da lui. Ma in fondo, si disse, forse questa era la cosa migliore.
Non avrebbe comunque funzionato, il loro matrimonio era destinato a terminare presto. Lui si sentiva troppo colpevole, distruttivo, e aveva trascinato Donghae nel suo mondo di vendetta e dolore. In dall’inizio aveva voluto proteggerlo e invece l’aveva solo ferito.
Rimase seduto a lungo a combattere contro il desiderio di correre da lui, ma non meritava il suo amore.
Il mattino seguente Donghae si vestì lentamente, con le dita che tremavano. La luce del sole che penetrava nella stanza gli faceva bruciare gli occhi. Aveva pianto tutta la notte.
Come avevano potuto cambiare così rapidamente i sentimenti di Eunhyuk? Era come se lui si fosse completamente dimenticato di lui,l’avesse cancellato dal suo cuore.
Non riusciva a capire. Lui lo amava…
Soffocando un singhiozzo si diresse verso l’ascensore e , raggiunto il pian terreno, diede all’autista del taxi che l’aspettava, l’indirizzo della residenza di Kyuhyun e Siwon.
La cameriera lo guidò verso un soggiorno elegante, con un soffitto altissimo e muri imbiancati di recente. Il camino che vi troneggiava era stupendo, in marmo blu.
Kyuhyun lo raggiunse qualche minuto più tardi; indossava un paio di jeans scoloriti e una maglietta gialla. Aveva in braccio sua figlia.
<< Ti ho interrotto? >> gli domandò Donghae, alzandosi subito dalla poltrona sulla quale si era accomodato.
<< No. Si è quasi addormentata >> gli rispose il fratello, rimanendo fermo sulla porta.
<< Passo tornare un’altra volta… >>
<< No >> lo fermò Kyuhyun. << Va bene così >>. Ma non si avvicinò, né mutò espressione.
Kyuhyun era cauto, pensò Donghae, provando una profonda tristezza per lo stato della loro relazione.
Lui e il fratello erano diventati degli estranei.
Esattamente come era successo tra lui e Eunhyuk.
Si strinse la giacca sul petto e abbassò lo sguardo. Adesso che si trovava davanti a Kyuhyun, non sapeva cosa dirgli, non sapeva da che parte cominciare. Come aveva potuto pensare di rivolgersi al fratello per cercare aiuto?
Perché lo aveva fatto? Perché Kyuhyun gli era sempre venuto incontro. Era stato sempre presente per lui.
Perché kyuhyun era suo fratello.
Donghae cominciò a piangere e comprese che era stato un errore andare lì. << Non è stat una buona idea. Devo andare, mi dispiace averti disturbato >>.
Si affrettò verso la porta, passò accanto al fratello e attraversò l’ingresso col pavimento in marmo bianco e nero, ansioso di raggiungere l’uscita.
<< Vuoi tenerla? >>
La domanda di Kyuhyun lo bloccò. Si fermò, si strinse la giacca sullo stomaco.
Voleva prenderla in braccio?
Lentamente si voltò. << Si, per piacere >>.
Tornati nel soggiorno Kyuhyun porse Krystal a Donghae.
Si meraviglio che la bimba pesasse così poco; la strinse tra le braccia, e il cuore gli scoppiò in petto. << E’ bellissima >> sussurrò, stupito dalla perfezione di quell’esserino. Aveva i capelli neri, un nasino pronunciato e labbra perfette.
Non potè fare a meno di baciargli le guance, e inalò il suo profumo.
<< Sarai un bravo papà >> osservò suo fratello sedendosi sulla poltrona difronte alla quale lui era stato fino a pochi minuti prima.
<< Mi piacerebbe avere dei bambini >>.
<< Perché non dovreste averne? >>
Donghae non se la sentì di rispondere. In quel momento non sapeva neanche se il suo matrimonio sarebbe andato avanti anche solo un altro mese. Se non avesse sitemato le cose con Eunhyuk, non avrebbero certo avuto il tempo di avere dei figli.
Donghae non riusciva astaccare gli occhi dal viso della nipotina, mentre la gola cominciava a bruciargli per le lacrime che sentiva prossime.
Sollevò lo sguardo e incontrò quello di Kyuhyun. << Sono così felice che tu abbia Krystal, è così perfetto… >>
Kyuhyun sorrise, ma il sorriso non gli illuminò gli occhi.
<< Cosa c’è, Donghae? Che cosa è successo? >>
Donghae sospirò, combattendo le lacrime. Piangere non l’avrebbe certamente aiutato in quel momento.
A fatica trovò la voce. << Si tratta di Eunhyuk >>.
Donghae non tornòall’albergo fin dopo le sei del pomeriggio, mezz’ora prima dell’orario in cui, di solito, rientrava Eunhyuk dal lavoro. Stavolta lui era già tornato, e sedeva sul divano leggendo il giornale.
<< Ciao >> lo salutò richiudendo la porta. Vedendolo già a casa, che lo aspettaa, Donghae si sentì stranamente colpevole, come se avesse commesso qualcosa di sbagliato. Istintivamente si mise sulla difensiva. << Da quanto tempo sei arrivato? >> gli chiese.
<< Circa un’ora >>. Eunhyuk ripiegò il giornale e lo posò sul divano. << Mi spiace per ieri notte >>.
<< Anche a me >>.
<< io voglio che tu sia felice, Donghae >>.
<< Lo sono, con te >>.
Lui scosse impercettibilmente il capo, mentre lui si toglieva la giacca e si chinava per baciarlo. << Sono felice di vederti >> gli sussurrò all’orecchio, col cuore gonfio di gioia. << Sono stato malissimo >>.
<< Mi dispiace >>. Eunhyuk si alzò e gli posò una mano sulla guancia, con tenerezza. << Dove sei stato? Ho continuato a telefonarti tutto il giorno, ero preoccupato >>.
<< E’ per questo che sei tornato prima? >>
<< Ho pensato che forse… >> Non terminò la frase. Sollevò le spalle e lo guardò. << Almeno adesso sei a casa >>.
Si risedette sul divano e lui gli si accoccolò vicino.
<< Ho… Ho visto Kyuhyun, oggi >>. << Arrivo adesso da casa sua. Ho visto la bambina, me l’ha anche lasciata tenere in braccio. E’ stupenda >>. Si accorse che la voce tremava, o almeno così gli sembrò. << Ti dispiace? >>
<< Che cosa? Che tu abbia visto tuo fratello? Accidenti, Donghae! Ne sono felice! Non mi piaceva la situazione che si era creata tra voi due, anzi che… io avevo creato >>.
Donghae lo zittì posandogli una mano sulla bocca. << Non parliamone adesso, d’accordo? Pensiamo a cenare, rilassarci e divertirci. Che ne pensi? >>
Fu felice di aver suggerito di uscire a cena. La serata da Hermes f u magica. Eunhyuk si comportò come i primi giorni del loro matrimonio: premuroso, galante, dolce. Ordinò champagne e gli sussurrò di essere l’uomo più fortunato del mondo ad averlo vicino. Donghae gli raccontò la giornata a casa di Kyuhyun e i progressi fatti da Krystal.
Eunhyuk l’ascoltava sorridendo. << Ti ha fatto bene vedere tuo fratello, vero? >>
<< E’ stato meraviglioso. Mi è mancato moltissimo >>. Poi gli accennò al fatto che erano stati entrambi invitati a cena la sera seguente. << Ti farebbe piacere venire? >>
Lui abbassò lo sguardo. << Non sono la mia famiglia >>.
<< Ma potrebbe esserlo >>.
L’espressione di Eunhyuk si addolcì. << Ho umiliato Siwon di fronte tutta Jeju. L’ho quasi mandato in bancarotta. Non credo che potranno essere la mia famiglia! >>
<< Però ci possiamo provare. Dobbiamo pur cominciare da qualche parte… >>
<< Forse >>.
<< Vieni a cena domani sera >>.
Lui assentì. << D’accordo. Per te farei qualsiasi cosa >>.
Dopo la cena tornarono in albergo e fecero l’amore per la prima volta dopo tanto tempo.
Eunhyuk lo svestì lentamente, prima di amare ogni centimetro della sua pelle. Lo fece fremere e tremare, prolungando il suo piacere per renderlo più intenso.
<< Ti amo >> gli sussurrò, baciandogli la gola palpitante, il mento, le labbra sensibili.
Era molto tempo che non sentiva quelle parole, e a Donghae provocarono gioia e dolore nello stesso tempo.
<< Ne sei sicuro? >>
<< Si. E’ l’unica cosa di cui sono certo nella mia vita >>.
Eunhyuk uscì presto per andare al lavoro la mattina seguente, e fu solo alle quattro del pomeriggio che riuscì a fermarsi a bere un caffè in piedi di fronte alla grande vetrata del suo ufficio.
Osservando la strada sotto di sé, non potè fare a meno di pensare al proprio successo. Ce l’aveva fatta: era arrivato esattamente dove aveva voluto, aveva ottenuto ciò che desiderava…E aveva completamente sbagliato.
Invece di sentirsi in pace con se stesso, provava un senso di angoscia, invece del piacere, provava rimorso.
Aveva fatto ciò che aveva voluto e, così, si era alienato le uniche persone di cui aveva bisogno.
Per lo meno aveva Donghae; con lui era riuscito a ottenere la cosa più simile a una famiglia che avesse mai conosciuto.
Per un breve periodo si era sentito in paradiso.
Tornò alla scrivania e accese il computer. Uno dopo l’altro cominciò a cancellare tutti i file dal suo hard disk.
Imprecò contro il senso del disgusto che provava verso se stesso. Aveva conseguito due lauree, aveva imparato a condurre una grande azienda…per che cosa?
Per essere solo.
Per vivere solo.
Per morire solo?
Ma chi credeva di prendere in giro?
Quella non era la vita che voleva, non era la persona che avrebbe voluto essere. Come un bambino aveva lavorato per essere accettato, mentre, in realtà tutto ciò che desiderava era essere… amato.
Come avevano potuto la rabbia e l’orgoglio rovinarlo?
Come aveva fatto la vendetta a trasformarsi in solitudine?
Si fermò un momento, posando due dita sulla fronte.
La tensione era diventata quasi insopportabile: non riusciva più a dormire, né a mangiare… non trovava pace.
Osservò lo schermo del computer dove era rimasto un solo file: S.C. Siwon Choi. Cancellò anche quello.
Andato. Fatto. Finito.
Udì qualcuno bussare, e a un suo invito Park Leeteuk entrò nella stanza.
Era un avvocato. Con lui c’era un notaio e la segretaria di Eunhyuk. Quest’ultima chiuse la porta con un’espressione triste negli occhi.
<< Siamo pronti >> annunciò il signor Park, aprendo la sua ventiquattr’ore.
Presero posto tutti intorno al tavolo delle riunioni, in un silenzio quasi opprimente.
Eunhyuk fu grato all’avvocato di non tentare di intavolare un discorso: non sarebbe riuscito a sostenerlo.
Donghae guardò l’orologio per l’ennesima volta nell’ultima mezz’ora. Dov’era Eunhyuk? Avrebbe dovuto essere a casa da molto tempo. Kyuhyun aveva riscaldato la cena già due volte. Che cosa lo tratteneva?
Donghae guardò ancora l’orologio. Siwon era andato a telefonare all’ufficio, mentre Kyuhyun era seduto sul divano con in braccio Krystal. Sembrava stanco; ormai era molto tardi, anche per gli orari a cui erano abituati ad Hallesen.
Lui tentò di nascondere l’ansia crescente. Doveva essere successo qualcosa di davvero urgente perché Eunhyuk tardasse tanto. Non voleva pensare a cosa quell’urgente potesse significare.
Improvvisamente si aprì la porta del soggiorno e comparve Siwon, seguito da uno sconosciuto con una ventiquattr’ore in mano.
<< Donghae >> lo chiamo Siwon. << Vieni con me >>.
C’era qualcosa che non andava. Lui rivolse un’occhiata spaventata a Kyuhyun e poi a Siwon. << Che cosa è successo? >>
<< Ne parliamo in biblioteca >>.
Donghae guardò di nuovo suo fratello che pareva smarrito quanto lui. << No, rimaniamo qui. Voglio che anche Kyuhyun sia presente >> dichiarò.
Siwon e lo sconosciuto entrarono allora in soggiorno e chiusero la porta. L’uomo estrasse dei fogli dalla sua valigetta e s’infilò gli occhiali da lettura sul naso.
<< Sono Park Leeteuk, il procuratore legale di suo marito >> si presentò.
A Donghae si strinse lo stomaco. Si lasciò cadere su una sedia. << Perché lui non è qui? Dov’è? >>
Siwon lo guardò con intensità. << Non verrà stasera >>.
<< Perché no? >>
<< Se ne è andato, Donghae, e ha chiesto al signor Park di provvedere a tutte le questioni legali >>.
<< Le questioni loegali per che cosa? Non capisco… >>
<< Eunhyuk ha lasciato tutto >>.
<< Ha lasciato tutto? >> ripetè, tremando.
<< Si. Ogni cosa. L’azienda, le azioni, gli alberghi. Ha restituito tutto alla famiglia Choi >>.
A Donghae bruciavano gli occhi, sbattè le palpebre e osservò Siwon. << E Eunhyuk? >>
<< Lascia Hallesen stanotte >>.

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Capitolo 13
*** 13. La vita è meravigliosa ***


Grazie al cielo il suo avvocato sapeva dove fosse diretto Eunhyuk, e conosceva l’ora in cui sarebbe partito.
Il signor Park non avrebbe voluto venir meno alla fiducia datagli dal proprio cliente, ma Siwon non lo avrebbe lasciato uscire da quella casa se non avesse rivelato loro quali erano le intenzioni di Eunhyuk.
Siwon fece chiamare immediatamente il proprio autista e gli diede le indicazioni necessarie per accompagnare il più velocemete possibile Eunhyuk al porto.
Eunhyuk aveva deciso di imbarcarsi sul battello di un amico per un lungo viaggio lungo le coste del Giappone. Siwon conosceva quell’imbarcazione e la descrisse minuziosamente a Donghae, in modo che lui potesse trovarla senza difficoltà.
Era già buio quando lui raggiunse il molo; le luci si riflettevano danzando sull’acqua scura e da alcune barche proveniva della musica.
Trovò il battello che cercava, esattamente dove Siwon gli aveva assicurato che sarebbe stato ancorato. Ondeggiando pigramente sulle onde, il motore era già avviato e le luci a bordo erano accese.
Donghae esitò. Poi udì la voce di Eunhyuk provenire dal ponte. Stava parlando in spagnolo, e aveva l’aria di impartire istruzioni. Stava per chiamarlo quando improvvisamente lui saltò sul molo e gli apparve davanti.
<< Accidenti, Donghae! >>
Donghae indietreggiò di un passo, spaventato dalla sua espressione cupa. Aveva davvero intenzione di partire. Stava per levare l’ancora e salpare, abbandonandolo, come se niente fosse.
<< Dove stai andando? >>
Lui non rispose, si limitò a scuotere il capo.
L’attività a bordo non si fermò, Donghae udì rumori metallici e voci di persone.
Donghae osservò l’imbarcazione alle spalle di lui, dove la luce della luna si rifletteva sui fianchi pitturati di bianco. Aveva il cuore in gola. Eunhyuk non aveva avuto nemmeno il coraggio di dirgli addio, semplicemete aveva deciso di andarsene. Sarebbe salito su quella maledetta barca bianca e sarebbe partito lasciandosi lui alle spalle.
<< Non capisco… >>
La voce gli uscì a fatica. Stava per piangere. Non semplici lacrime, stava per scoppiare in singhiozzi.
Come aveva potuto fargli questo?
La rabbia prese il sopravvento sull’angoscia. << Credi che sia così semplice lasciarmi? >> lo aggredì, sentendo il calore che gli saliva alle gote.
<< Donghae… >>
<< Sono un oggetto da buttare via? >>
<< lo sto facendo per te >>.
<< Storie! >> Lo guardò furioso, con le spalle tremanti e le unghia conficcate nei palmi delle mani.
Lo squadrò dall’alto in basso. Indossava dei jeans e un paio di scarpe da vela. Adatte per navigare. Aveva davvero intenzione di andarsene.
<< Che cosa ne sarà di me? >> gli domandò teso, combattendo il dolore che rischiava di sopraffarlo e mantenendo una parvenza di autocontrollo.
Il viso di Eunhyuk era privo d’espressione. << Tu non hai bisogno di me >>.
<< ma io ti voglio! >>
<< Mi dimenticherai >>.
Donghae stava tremando, con ondate di caldo e freddo che lo scuotevano completamente. << E non salutarmi avrebbe facilitato le cose? >>
Eunhyuk aggrottò la fronte. << Sei giovane, Donghae. Potrai avere tutto ciò che vorrai dalla vita >>.
<< D’accordo. Io voglio te >>.
<< No >>.
<< Hai detto che posso avere ciò che voglio. Ti ripeto che voglio te >>.
Sebbene in quel momento non ne capisse il motivo.
Era stato terribilmente crudele con lui. Stava per abbandonarlo. Come aveva fatto suo padre, sua madre, Kyuhyun…
<< Accidenti a te, Eunhyuk! >>
Lui sollevò le spalle e sorrise tristemente. << E’ meglio così, credimi. Non sono l’uomo giusto per te >>.
<< Troppo tardi, io ti amo >>. Ed era la verità, anche se adesso era furioso e lo avrebbe strangolato. Ma sapeva che non poteva lasciarlo partire, non senza provare almeno a combattere.
<< Donghae, ho dato via tutto. Non sono un morto di fame, ma non sono nemmeno più l’uomo con venti milioni di dollari in banca >>.
Donghae sussultò di rabbia. << Quando mai ti ho desiderato per i tuoi soldi? Quando mai ti ho voluto per qualcosa? >>
<< Il denaro è importante >>.
<< Con il denaro paghi le bollette, ma non puoi comprare la felicità. Credimi almeno in questo >>.
<< Mia madre morì perché non aveva abbastanza soldi >>.
<< Tua madre morì perché non aveva abbastanza amore >>. La rabbia di Donghae si attenuò e il cuore gli si addolcì. Lo immaginò da bambino, quando tentava invano di proteggere la madre che sicuramente adorava. << Eunhyuk, io non sono tua mamma, e non sono nemmeno Kyuhyun. Sono Donghae. Sono una persona semplice e ho poche necessità. Tutto ciò di cui ho bisogno sei tu >>.
<< E’ facile da dire adesso… >>.
<< No, non è per niente facile. Io sono sbalordito per tutto quello che è successo, e mi ha ferito a morte il fatto che tu non abbia nemmeno avuto il coraggio di comunicarmi di persona che saresti partito, ma abbia mandato un avvocato per avvertirmi ><.
<< non l’ho fatto per vigliaccheria, volevo solo rendere le cose più facili >>.
<< Più facili, per chi? Se te ne vai adesso, la mia vita non sarà più la stessa. Una parte di me morirà >>.
<< Donghae… >>
<< E’ la verità >> continuò lui tutto di un fiato. << Io mi sento vivo solo quando sono con te. Sento di essere la persona che ho sempre desiderato essere solo quando tu mi sei vicino >> dichiarò.
<< Ma io voglio proteggerti. Devo difenderti >>.
<< Da chi, Eunhyuk? Da che cosa mi dovresti difendere? >>
Eunhyuk non rispose e lui improvvisamente comprese. Stava tentando di proteggerlo da se stesso. Fece un passo in avanti per avvicinarsi, ma Eunhyuk indietreggiò.
<< Non puoi difendermi spezzandomi il cuore. Non mi aiuterai in questo modo >>.
<< Io voglio solo che tu sia felice, Donghae >>.
<< Io sono felice con te,più felice di quanto abbia mai sognato di poter essere. Come te ho perso persone che amavo, ho sofferto, eppure quando sono al tuo fianco sento rinascere la speranza… >>
Tentò nuovamente di avvicinarsi e stavolta lui non si allontanò. Donghae gli posò una mano sul petto, all’altezza del cuore. << Non portarmi via la speranza. Ti prego >>.
Eunhyuk chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso.
<< Donghae, io non posso fermarmi qui, non posso più vivere in questo posto >>.
Donghae comprendeva. Fin troppo bene. Rimanere avrebbe significato continuare a vivere con i ricordi dei fallimenti, degli errori, del dolore. << Allora andiamocene in qualche altro posto. Possiamo ricominciare tutto da un’altra parte >>.
Eunhyuk non disse nulla e Donghae poteva sentirgli il cuore battere contro il palmo della sua mano. Chinandosi verso di lui gli baciò il petto. << Portami con te. Tienimi con te >>.
<< Lo vorrei >>. Aveva la voce strozzata in gola. << Il cielo sa quanto lo vorrei >>.
<< Allora fallo >>.
Lui rimase immobile. Aprì gli occhi e fisso un punto oltre le spalle di Donghae, un punto del mare in cui la luna si rifletteva brillante e piena.
Una piccola imbarcazione attraversò lo specchio d’acqua e dissolse l’immagine in un’onda di schiuma.
Lentamente Eunhyuk scosse la testa. Aveva un aspetto sconfitto.
<< Non voglio più essere una persona fredda e senza scrupoli >> confessò.
<< Non lo sei, Eunhyuk. Non sei più quel tipo d’uomo da molto tempo ormai >>.
<< Sento il bisogno di ricominciare dal nulla, in un posto nuovo >> gli disse.
<< Sono d’accordo >>.
<< Ma non so dove andare. Non ho mai sentito veramente mio nessun luogo… >> Si interruppe e lo guardò negli occhi, accarezzandogli una guancia. << Non mi sono mai sentito accettato, prima di incontrare te >>.
Donghae gli si gettò tra le braccia e lo strinse forte, sospirando di sollievo.
Eunhyuk lo studiò qualche secondo. << Che ne dici di Mokpo? >>
Donghae spalancò gli occhi, pensò a suo padre, alla casa, alla sua terra…
Ma mantenne il controllo e combattè il desiderio di piangere.
<< non vorresti tornare a casa? >> insistette lui gentilmente.
Donghae lo fissò << Andresti a Mokpo per me? >>
<< Andrei sulla luna se è quello che vuoi >>.
<< Io non voglio andare sulla luna… >>
<< Allora cosa pensi di Mokpo? >> La luce della luna illuminava il suo profilo, addolcendo i lineamenti del volto e la curva delle labbra. Con un dito lui gli tracciò il profilo della bocca. << Ti amo >>
Il cuore di Donghae si contrasse fino a dolergli. << Allora non lasciarmi >>.
<< Non lo farò >>.
<< Comunque si, mi piacerebbe tornare a Mokpo. Mi manca molto mio padre, ma non lo farei se non lo volessi anche tu >>.
<< Io voglio che tu sia di nuovo con la tua famiglia. Voglio che noi diventiamo una famiglia. Non ne ho mai avuta una prima di incontrarti… >>
Donghae sbattè le palpebre, ricacciando indietro le lacrime di gioia. Eunhyuk gli accarezzò il volto, le guance, il mento, non distogliendo per un secondo lo sguardo dai suoi occhi. Non parlavano, ma non ve n’era bisogno.
Potevano leggere i rispettivi pensieri, e comprendevano l’uno i sentimenti del altro.  Era sempre stato così tra loro, una connessione speciale…
La voce di Eunhyuk aveva un timbro roco.
<< Non so se diventerò un bravo allevatore di cavalli, ma ci posso provare >>.
<< Non è necessario che tu diventi un allevatore, puoi fondare un’altra impresa… >>
<< Sarebbe molto difficile >>.
<< Proprio come piace te! >> lo prese in giro Donghae. << Ti piacciono le sfide, non ti tiri mai indietro davanti a ciò che sembra impossibile >>.
Eunhyuk improvvisamente scoppiò in una risata.
La sua voce, lo sciabordio delle onde, il rumore delle imbarcazioni sull’acqua… tutto faceva sì che il mondo avesse un aspetto meraviglioso, e pieno di opportunità.
<< Mi conosci troppo bene >>.
<< E nonostante questo ti amo… >> replicò Donghae con una smorfia scherzosa.
Il sorriso scomparve dai suoi occhi. << Sono l’uomo più fortunato sulla faccia della terra >>.
<< Siamo entrambi molto fortunati >>.
Lui gli accarezzò una guancia.
<< Vorrei non averti fatto passare tutto quello… >>
<< Sono cose che succedono >> lo interruppe Donghae. << Nella vita succede >>.
Eunhyuk lo baciò e un brivido di piacere lo percorse, riscaldandolo. Lo voleva, aveva bisogno di lui, del suo corpo. Ma non poteva dimenticare che era stato sul punto di abbandonarlo senza dirgli una parola, che se lui non si fosse precipitato al porto, forse a quest’ora lui sarebbe già stato in alto mare.
Donghae strinse un pugno e lo colpì sul petto. << Come hai potuto anche solo pensare di andartene senza di me? >>
Una sirena squarciò la notte in lontananza, mentre un battello si avvicinava.
<< Non lo so >> rispose lui in un sussurro. << Volevo solo il meglio per te >>.
Le lacrime riempirono nuovamente gli occhi di Donghae.
<< Tu sei il meglio per me >>.
Lui gli asciugò una lacrima che si era fermata sul labbro.
<< Non ti merito, Donghae. Ma se mi darai un’altra possibilità farò di tutto per far funzionare le cose tra noi. Sarò tuo, solo tuo, per il resto della mia vita >>.
<< Si >>.
Lui continuò ad asciugargli le lacrime con gesti delicati e affettuosi. << sono felice che mia madre non abbia potuto sapere le cose terribili che ho fatto, ma mi sarebbe piaciuto che ti conoscesse. Avrei voluto che sapesse che uomo meraviglioso che ho sposato, e non sto parlando del tuo aspetto fisico, Donghae, parlo del tuo cuore >>.
Donghae stava per perdere del tutto il controllo: si aggrappò a lui con tutte le sue forze e lo strinse a sé.
<< Ti amo >> sussurrò, ricordando la promessa che si erano scambiati in chiesa, l’impegno che si erano assunti e che Donghae aveva intenzione di mantenere. << In ricchezza e in povertà, nella malattia e in salute… >>
<< Fino a che morte non ci separi >> concluse Eunhyuk, ridendo piano.
Fu il suono più dolce e più caldo che lui avesse mai sentito. Le pmbre che un tempo oscuravano lo sguardo di Eunhyuk avevano lasciato posto alla luce…
<< Tra qualche tempo, quando ci saremo trasferiti a Mokpo, magari puoi provare a ricostruire una grande azienda… >> meditò quasi tra sé. << Ci sono riuscito una volta, non vedo perché non possa rifarlo >>.
<< Riuscirai a fare qualunque cosa tu voglia davvero >>.
Eunhyuk sbattè le palpebre e un luccichio illuminò gli occhi. << La vita è bella, vero? >>
Sorridendo tra le lacrime Donghae annuì con convinzione.
<< La vita è meravigliosa >>.

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