L'armadio, la neve e il leone

di Neera Everdeen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'armadio ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** CONTEST! ***
Capitolo 5: *** I Re e la Regina ***
Capitolo 6: *** 3 ***
Capitolo 7: *** 4 ***
Capitolo 8: *** 5 ***
Capitolo 9: *** 7 ***
Capitolo 10: *** 8 ***
Capitolo 11: *** CONTEST SECONDA PARTE ***
Capitolo 12: *** 9 ***
Capitolo 13: *** 10 ***
Capitolo 14: *** 11 ***
Capitolo 15: *** 12 ***
Capitolo 16: *** 12 ***
Capitolo 17: *** La neve ***
Capitolo 18: *** 14 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** L'armadio ***


Guardo l’aeroporto.
Brulica di persone, valige e storie.
Ogni tanto scorgo qualche dettaglio: una bambolina di pezza il mano ad una bambina, un uomo che parla al telefono nervosamente, una donna con un cappello fucsia. Cecilia mi mette una mano sulla spalla e trasalisco, perchè ero davvero convinta che quella donna laggiù, vicino all'entrata fosse davvero mia madre.
- Vuoi davvero andare? Mia madre ha detto che se non te la senti possiamo provare a tenerti con noi.-  faccio segno di no con la testa. Guardo la lettera, scritta in bella grafia, in cui la signora Susan Pevensie annuncia che sarà lieta di ospitare la figlia della donna più in gamba che abbia mai incontrato e che le piange il cuore sapermi orfana. Spera anche che la mia stanza sia di mio gradimento. Aggiunge :” spero che tu possa allietare le mie giornate, poiché vivo sola e senza eredi.”
- Tranquilla Cecilia, andrà tutto bene.- sorrido fiaccamente. La mia migliore amica mi guarda con le lacrime agli occhi. Il colore ceruleo dei suoi occhi grandi sembra risplendere ancora di più – tornerò a trovarvi. Potremo sentirci via Skype o per telefono.- annuisce , con una lacrima che le solca la guancia. I boccoli biondi quasi mi soffocano mentre mi abbraccia. Jason mi guarda. I capelli neri lici sono arruffati, e gli occhi marroni sono carichi di tristezza e paura.
- Non fare cavolate e fatti viva, non voglio perdermi la mia pazza Luce.-
- Certo Jason. Non mi perderete.- lo abbraccio.
Il mio volo viene annunciato da una voce calda. Mi accompagnano fino al check in. Appoggio la valigia nera al rullo, e la osservo passare sotto i raggi x o quello che è. Il portachiavi che mi avevano regalato i miei genitori è attaccato alla borsetta. La tolgo con riluttanza e la metto nella vaschetta assieme alla collana che mi aveva regalato mia madre in uno dei nostri viaggi. Mamma. Papà. Sono passati due mesi, da quando una macchina ha distrutto la macchina e me li ha portati via. Attraverso il metal detector. Tutto tranquillo. Riprendo le mie cose , e guardo dietro di me. Cecilia e Jason mi salutano con la mano, sbracciandosi come degli ossessi per farsi notare. Li saluto con un cenno della mano libera dal trolley. Mi giro prima che possano vedere le lacrime che scendono sulla guancia bianca. Trattengo i singhiozzi. Una signora bionda si fa avanti.
- Luce Williams?-
Annuisco.
- Sono Greece  Hennely, e mi prenderò cura di te fino all’arrivo nella tua nuova casa. -
- Perfetto.- aggiungo. Faccio fatica a deglutire, sembra che nella bocca ci sia il deserto del Sahara. Nuova casa. Una nuova casa.
Ci dirigiamo all’imbarco. Aspettiamo sulle poltroncine. Stingo ancora la lettera. Il dolore della morte è passato da un po’ ma ogni cosa mi ricorda loro. Quando vedo un uomo con i capelli rossi che somiglia a mio padre, rischio di piangere. Non essere sciocca,tuo padre è morto. È morto per colpa di un incidente in macchina. È morto con tua madre. Ho cominciato ad essere dura con me stessa subito dopo la notizia della morte. Nella valigia ho poche cose : abiti e oggetti personali. Il resto è stato spedito nella dimora della signora Susan. Tutti i miei libri. Spero siano arrivati sani e salvi, assieme al cavalletto da pittore di mia madre. Mia madre era un’artista, mio padre uno scrittore. Amavano viaggiare e io li accompagnavo più o meno sempre da sempre. Vivevamo in un appartamento piuttosto grande vicino a Central Park. Io seguivo le orme di entrambi, sognavo di diventare un’artista completa.  Il seggiolino in cui sono seduta è scomodo. Do alla hostess il passaporto e il biglietto. Attraverso il corridoio. Vado nelle navette che mi porteranno all’aereo. Salgo sulla scaletta. Entro. Saluto educatamente le hostess. Prendo posto con Grecee a fianco. L’aereo decolla. E il vuoto che ho nel petto non cessa. Appoggio la testa contro il finestrino. Ho freddo, ma non mi importa. Gli incubi mi aspettano.


Una villa enorme e grigia, somigliante ad un castello.
Una porta in legno di quercia. Il pomello elaborato.
Un fascio di luce che passa da sotto la porta.
Un armadio e un leone.

 

 


Angolo autrice:
premetto che questa idea mi frulla in testa praticamente da quando ho cinque anni e ho visto per la prima volta il film. Non ho mai letto i libri, asina qual sono. Bene, lapidatemi pure.
Per me scriverlo è un sogno che si realizza, comunque. :)
Spero vi piaccia.
Ci saranno possibili contest sui personaggi.
Ah, e pubblicherò più capitoli in un giorno, per non far volare via le mie idee.

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Capitolo 2
*** 1 ***


~~Mi sveglio urlando a mio padre di frenare. Il sudore si ghiaccia sulla pelle , le lacrime si seccano sulle guance. Spaventata, guardo dove mi trovo.
Mi trovo in una stanza non mia, in un letto non mio, in una casa che non è decisamente la mia.
 Mi tornano in mente gli avvenimenti di ieri.
L’arrivo al maniero, la presentazione alla signora Peredine, la badante della signora Susan, al momento fuori casa, e del gatto Aslan. Lo trovo acciambellato in fondo al letto, addormentato vicino ai miei piedi. Il pelo dorato è incredibilmente morbido, una grossa palla di pelo. Mi alzo, svegliandolo e tirandomi fuori dalle spesse coperte, cosa per cui rischio di cadere faccia a terra più volte. Mi avvicino a una delle due grosse porta finestre della stanza, che partono con da un arco e finiscono al pavimento. Tirando le spesse tende rosse vedo una macchina nera procedere nel viale innevato. Quando parcheggia, ne esce dai sedili posteriori una donna anziana e vestita di un tremendo color prugna. Appena solleva la testa tiro di nuovo le tende. La signora Susan!  Cerco di mettermi in ordine ,spazzolandomi i capelli davanti allo specchio e lavandomi i denti in bagno e vestendomi in tutta fretta. Mi infilo le scarpe e corro giù per le scale.
La trovo all’ingresso, intenta a togliersi l’accappatoio cosparso di neve. Gli occhi marroni si posano su di me con un’aria divertita. Ansimo. Ho fatto le scale e i corridoi correndo e perdendomi più volte. Ci ho messo poco meno di dieci minuti.
- Tu saresti Luce ?-
Annuisco, cercando di riprendere fiato. Sono in cima alla scala, sicuramente rossa in volto, sudata e in disordine. Bel primo incontro.
- Sì, signora Pevensie. -
- Chiamami Susan, cara. Starai morendo di fame immagino. Andiamo a fare colazione. –
Il borbottio del mio stomaco non ammette repliche.
Mi accompagna nella sala da pranzo. La casa è antica e antiquata , quasi arrivasse dal medioevo, ma bellissimo nonostante tutto. Il tutto è arredato con almeno due quadri a stanza,  molti libri e finestre, tutte uguali a quelle in camera mia. Quasi tutte le stanze hanno un camino in pietra, mentre per le camere ci sono dei grossi termosifoni dall'aria antica.
entriamo nella enorme sala da pranzo. Il tavolo è enorme, con delle sedie che sembrano arrivare da un’altra epoca. Sono alte, con le fodere in velluto rosso e legno scuro. Mi siedo vicino al posto del capotavola. Susan entra in cucina e chiede al signor Frank,il cuoco, un uomo piccolo e calvo con una barbetta grigia, di prepararle due tè e i pasticcini. Dopo dieci minuti di totale silenzio, il cuoco e una giovane cameriera ci portano quello che la signora Pevensie aveva chiesto.
- Zucchero?-
- S-sì .- balbetto. Mi sento in imbarazzo. La signora che ho di fronte non è di certo una vecchietta pelle e ossa come mi ero aspettata. È sì anziana, come denotano le rughe e la leggera artrite sulle mani, ma è arzilla e gioviale, e la voce manca della di quella nota tremula che hanno i vecchi. Sorseggio il mio tè lentamente, trovandolo tiepido. Comincio lentamente a rilassarmi.
- Mia cara Luce- comincia. Ad un tratto mi chiedo se questa persona sia dura come nelle vecchiette dei romanzi, severe all’ennesima potenza e arcigne , che godono nel veder i ragazzi in custodia in imbarazzo. Mi aspetto un’infinità di cose che devo o non devo fare mentre vivrò qui, e mi preparo alla noia che di certo ne seguirà. Abbasso lo sguardo.
- Mi spiace per quello che è successo, perché avevo un rapporto stretto con tua madre. –
Non è decisamente educato dirle che non mi ha mai parlato di lei,quindi continuo a stare zitta reggendo la tazza tra le mani.
- Quando mi è arrivata quella lettera è stato un duro colpo ma ho deciso di mantenere la promessa che le avevo fatto, cioè di tutelare i suoi figli in caso di morte improvvisa. Ed ora eccoti qui. Nonostante le tragiche circostanze che ti hanno portato da me , so che saresti una ragazza modello-
La mano comincia a tremare. Morte. Una parola che sto cominciando ad odiare. La donna smette di parlare, e mi osserva con uno sguardo carico di .. cosa? Dolore? Pace? O .. sorpresa? Sì, è quella la sensazione che provo quando la guardo. Lei è sorpresa. Forse si aspettava che piangessi.
- Oggi andremo in città a comprarti qualcosa.-
Sto per ribattere, quando mi zittisce con un gesto della mano e uno sguardo di finta indignazione.
- I tuoi abiti sono troppo leggeri. Qui l’inverno è lungo e freddo,e non voglio che tu prenda una broncopolmonite. – mi sorride, e io ricambio. È una persona dolce. Sì è dolce. Dolce nei gesti, nella voce e nello sguardo. Mi accorgo di avere Aslan accanto solo quando metto la tazza vuota sul tavolo e lui mi salta sulle ginocchia. La signora Pevensie si alza stiracchiandosi lentamente.
- Ora vado a riposarmi un po’, tu fai quello che vuoi, questa ora è anche casa tua.- 
il gatto \ palla di pelo \  coccoloso orsacchiotto dormiglione comincia a fare amabilmente le fusa. Solo che quelle non sono fusa. Sembra più il ritorno di fiamma di un vecchio trattore. Comincio ad accarezzargli lentamente la testa.
- Lei è troppo gentile, davvero, vorrei sdebitarmi in qualche modo. -
- Comincia a darmi del tu, per il resto fa niente. Mi fai sentire incredibilmente vecchia chiamandomi "signora".-
- Perfetto, signo .. Susan.-
Mi sorride, compiaciuta. Comincio a sparecchiare, e la cameriera si sorprende di trovarmi sul lavandino a lavare piatti e tazze, ma mi lascia fare.
Quando ho finito, mi siedo su una poltrona davanti al fuoco, con il gatto acciambellato sulle gambe.
Mi addormento senza nemmeno accorgermene.
Neve. Neve ovunque. Nessun suono, se non quello dei miei piedi che calpestano il terreno. Fa freddo sì, ma non come uno si aspetterebbe. Ci sono centinaia di alberi. Poi lo vedo , là , nel fondo del giardino, sotto una gigantesca quercia. Un enorme leone. Trattengo il respiro.
La prima cosa che il mio cervello dice è di svignarmela e non voltarmi.
La seconda si chiede perché un leone è in giardino , in un posto sperduto e  in mezzo al ghiaccio.
La terza è perché sotto la quercia ci siano dei fiori e nemmeno un fiocco candido di neve.
Ma qualcosa di diverso, più profondo e forte mi dice “avvicinati, non ti morderà.”. Quando sono a pochi metri di distanza, il leone si alza in tutta la sua statura. Quello non è un leone. È talmente grosso che mi viene da pensare che invece di un felino sia un cavallo travestito. Ma quando mi guarda, il mondo intorno a me esplode. Fiamme dappertutto, che divorano gli alberi e la foresta. Mi giro di nuovo verso quella cosa per chiedere spiegazioni. E quella mi balza addosso.

Apro gli occhi di scatto. Il fuoco scoppietta allegramente nel camino, e il gatto è proprio davanti alle fiamme , e mi osserva attento. Sospiro di sollievo. Era solo un incubo. Mi alzo stiracchiando. Il resto della giornata è frenetico: io e Susan andiamo in giro per negozi per comprare abiti invernali e quando torno a casa metto a posto la mia camera. I libri nella grossa libreria, il quadro preferito di mia madre affianco ad essa, il computer sulla scrivania e il cavalletto di mia madre davanti alla finestra, ai piedi del letto. La stanza sembra meno tetra di stamattina. Ho anche un balcone personale, con due grossi vasi. Quando mi siedo sul letto, mi rendo conto che la spalliera è intagliata. Ne seguo gli intarsi con l’indice. Piccoli rampicanti sembrano arrivare al centro esatto in cui è incisa una figura che non riesco ad identificare. Inizialmente credo sia un fiore esotico. Poi metto a fuoco.
Quello non è un fiore.
Quella è la testa di un leone.
Del leone.

 


Angolo autrice:
Rieccomi qua. So che il racconto fa schifo ma è una specie di abbozzo , lo migliorerò con il tempo. Spero che l’idea vi piaccia ,almeno.
Mi piacerebbe che scriveste qualcosa, anche critiche negative o neutre, li apprezzo come consigli.
Un abbraccione enorme a chiunque mi darà informazioni, un Aslan incazzato in caso contrario U.U

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Capitolo 3
*** 2 ***


~~Tiro indietro il dito di scatto. Respiro lentamente. Roba da pazzi. Io che credo a queste scemenze. Ci sono migliaia di ragioni per cui potrei aver sognato un leone e averlo trovato negli intarsi del letto.
Probabilmente ieri sera devo averlo visto prima di addormentarmi, non avendone dato peso, la mia mente deve averlo registrato, e quando mi sono addormentata, cosciente di avere vicino il gatto, la neve fuori e il fuoco che scoppiettava nel camino ho avuto un incubo. Esatto ,deve essere accaduto così. Mi avvicino alla finestra. Fuori comincia ad infuriare una tempesta di neve piuttosto forte. Non si vede per niente bene e nemmeno sentire, per colpa del vento. Ma riesco chiaramente a distinguere l’urlo arrivare da una delle stanze. Mi precipito fuori. Una delle camere si apre, facendo uscire una Susan completamente sconvolta.
- Signora Susan!-
Lei sussulta. Senza occhiali non deve avere una vista ottima,evidentemente.
- Lucy? Sei tu?-
- No, sono Luce. Luce, la figlia di Martha.-
Sospira.
- Perdonami cara, ero convinta di parlare con mia sorella. La vecchiaia gioca scherzi orrendi.-
Aggrotto le sopracciglia. Ha una sorella?
- Una sorella e due fratelli, morti in un incidente ferroviario.-
Mi legge nel pensiero?
- Non fare quella faccia, non ti sto leggendo nel pensiero. Semplicemente ero sicura che te lo fossi chiesto.- si dirige verso le scale. Per un momento resto immobile a fissare la camera. So che è da maleducati, ma non riesco a staccare gli occhi dal bellissimo arco appeso alla parete. Poi la seguo, correndo per le scale e scivolando per un gradino. Recupero all’ultimo momento l’equilibrio, poco prima di ruzzolare giù dalle scale e spaccarmi qualcosa.
La signora è di fronte ad una delle finestre, e osserva fuori, con le braccia dietro la schiena. Per un po’ non parla, ed io osservo la stanza in cui siamo. È un’enorme biblioteca, piena di libri, pergamene e mappamondi. Ci sono almeno sei poltroncine rosse, disposte per la stanza in punti strategici. Le librerie sono altissime, e per arrivare agli scaffali più alti ci sono delle scale a pioli. Le finestre qui sono perfino più alte e grandi delle altre. La fa sembrare più piccola e gracile di quella che è. Ad un certo punto aggiunge , di punto in bianco:
- Non ho mai visto una tempesta di queste dimensioni da quando vivo qui. E ci vivo da  trent’anni , cara. Preparati ad un isolamento di qualche giorno.-
Sono troppo concentrata ad osservare un quadro appeso sul camino, sopra ad una mensola piena di foto. Il quadro ritrae una giovane bellissima circondata da tre ragazzi: una ragazzina di bellezza poco inferiore alla ragazza a fianco, un ragazzo biondo poco più grande della ragazzina e un altro ragazzo, anche lui biondo,ed incredibilmente figo , devo ammetterlo, chiarmente più grande degli altri.  Delle foto in bianco e nero ritraggono gli stessi ragazzi, sorridenti, mentre ridono, mentre fanno facce buffe. Una famiglia. Questi sono ritratti di famiglia. Penso. Evidentemente era molto affezionata a loro se continua a tenere i ritratti e le foto in bella vista. Mi volto. Sta ancora guardando fuori dalla finestra, con uno sguardo stralunato.  Poi si gira, facendomi uno dei sorrisi più dolci che mi siano mai stati rivolti.
- Che ne dici di una bella cioccolata calda per scaldarci le ossa?-
- Certo!-
La donna chiama la cameriera, che scopro in quel momento ha il nome di Finch, e le chiede di portarci due cioccolate calde e “i magnifici biscotti di tuo padre”.  Mi spiega che sia il cuoco che la cameriera vivono con lei praticamente da sempre, padre e figlia, anche se si ostinano a trattarla ancora come un padrona. Tratta con rispetto chiunque si avvicini. Chiedo il permesso di andare un secondo in bagno. Quando cerco di tornare indietro dopo essermi svuotata la vescica mi accorgo di essermi persa. Percorro i corridoi lentamente, osservando ogni porta, aprendole una ad una, cercando la fantastica biblioteca. Sto per aprire l’ennesima porta, una deliziosa porta scura con un bellissimo pomello decorato, quando questa non si muove di un millimetro. Deve essere chiusa a chiave. Alzo le spallo con noncuranza. Chiederò alla mia tutrice più tardi. Trovo la porta giusta dopo parecchio tempo. Le cioccolate sono su un tavolo tra due poltrone , fumanti, con un vassoio pieno di biscotti a fianco. La tutrice è seduta su una deliziosa poltroncina rosso cupo vicino alla finestra intenta a leggere un libro verde. Quando lo appoggia su un tavolino piccolo accanto a lei, noto che è in una lingua diversa dalla mia. Sembrano simboli.
Mentre sorseggiamo le nostre cioccolate calde (deliziose, i biscotti sono una bomba) le chiedo della porta chiusa a chiave. Mi spiega, in modo molto vago, che è una camera sgabuzzino, con molti abiti vecchi e alcuni soprammobili che non usa più. La curiosità ha la meglio. Le chiedo innocentemente se posso vedere i soprammobili, perché amo certe figure antiche, ma la sua risposta è un secco no. Poi si ricompone dicendomi che ci sono cose ben più interessanti di una stanza con un armadio pieno di cianfrusaglie varie. Porto le stoviglie in cucina e quando torno mi fermo sulla porta, ascoltando Susan parlare ad Aslan
- Quella ragazza ha qualcosa dentro,vero? E tu l’hai notato subito. Ormai ti conosco bene,fin troppo, devi ammetterlo.-
Resto interdetta. Sta davvero parlando ad un gatto? Un’ombra attira la mia attenzione.
Sembra arrivare da sotto la porta chiusa a chiave.
C’è qualcosa di strano in questa faccenda, e sono fermamente decisa a scoprirlo.

 

Angolino autrice:
ed eccoci qua al terzo capitolo!
Vorrei ringraziare tutti quelli che stanno leggendo e che leggeranno tutta la Fan Fiction, e i The Fray, anche se non credo la leggeranno mai, per avermi dato l’ispirazione : )
MANDATEMI DELLE RECENSIONI PERO’, MI SENTO SOLA E INUTILE * piange in un angolino *

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Capitolo 4
*** CONTEST! ***


MESSAGGIO AI NARNIANI E OLTRE:
Vorrei aprire un piccolo contest per solleticare la vostra fantasia (e farvi commentare ,diamine).
Vi elencherò alcuni personaggi quassotto, e voi dovrete votare: i più votati ,o chi ho già intenzione di mettere nella storia, diventeranno le comparse o i personaggi principali.
1. Cleila: Comandante delle forze armate è una ragazza della stessa età di Luce, 15 anni. Ha i capelli estremamente rossi e gli occhi azzurro ghiaccio. Ha un carattere ombroso e ostile, che si combina perfettamente con Luce, che è un'asociale cronica.
2.Eremus: anziano saggio, ospitato nella corte e braccio destro di Aslan. E' un uomo deciso,paziente, che sa dire le cose giuste al momento giusto. Lui predice ai fratelli Pevensie (Edmund,Lucy e Peter, rimasti a Narnia dopo l'incidente ferroviario) delll'arrivo della ragazza, e che dovranno essere pronti al suo iniziale scetticismo. E' un uomo estremamente anziano, un incrocio tra un elfo e un "figlio di Adamo", arrivato tanti anni prima, poi tornato sulla terra.
3.Fendren:è il "cattivo della storia" e vuole rivendicare Jadis, di cui è innamorato perso. Ha un carattere strano, poichè bipolare per colpa della magia incantatrice di Jadis, o meglio, quello che è rimasto. Ha una grossa cicatrice sull'occhio destro e i capelli neri lunghi , spesso sporchi. Riesce a ricomporre lo scettro di Jadis e lo utilizza per impietrire chiunque si opponga al suo volere, ma al contempo si affretta a riportarli alla normalità,preso dai rimorsi. Spesso litiga con sè stesso.
4.La saggia Scederin: è un albero parlante (un salice) che riuscirà a convincere Luce dell'esistenza di Narnia. La giovane adolescente si fiderà di lei solo perchè le ricorda la nonna, morta quando lei era ancora piccola ( è in realtà la nonna stessa, convinta da sempre dell'esistenza di un altro mondo, e verrà accolta da Aslan a Narnia, sotto forma di albero)
5.Juseum: è un giovane soldato, che aiuterà Luce nelle arti del combattimento. Ha più o meno vent'anni , ha i capelli marroni e gli occhi neri. E' un ragazzo simpatico e socievole, ed è innamoramoratissimo Clelia da sempre, anche se non riesce mai a conquistarla per colpa del suo caratteraccio.
6. Evelin: è una centaura amazzone, sempre pronta a difendere la sua gente. Viene nominata comandante della fanteria, ed è lei solitamente ad addestrare i novellini. Inizialmente prova scetticismo per "la figlia di Eva arrivata da chissàdove", ma comincia ad affezionarsi a lei quando vede le sue doti da combattente.
7.Scevlen: è un cavallo parlante, ribelle, e piuttosto scontroso.Odia essere cavalcato, ma ha un bellissimo legame con Lucy, che gli porta sempre le zollette di zucchero o delle carote da sgranocchiare.

Chi vule può creare dei personaggi che aggiungerò nella storia. :)

SPERO CHE I PERSONAGGI VI PIACCIANO.
Un abbraccione Lucyoso a tutti!


 

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Capitolo 5
*** I Re e la Regina ***


La neve volteggia fuori dal castello. Guardo un fiocco volteggiare e cadere sul davanzale. Il freddo e i leggeri fiocchi entrano dalla finestra aperta e si posano sugli abiti, sui capelli, sugli stivali.
- Peter!- riconosco la voce di mia sorella.
- Peter , Eremus ci vuole nel Salone.-  aggiunge, con tono impaziente. Mi giro. Le maniche dell’abito le arrivano alle ginocchia. Il salone è una stanza che viene utilizzata per i consigli di emergenza, e di solito le riunioni improvvise indicano avvenimenti urgenti ed imprevisti.
- Che succede?- aggrotto le sopracciglia dorate.
- Non lo sappiamo. L’unica cosa che ha detto è che ci vuole tutti al suo cospetto il prima possibile. È urgente. - esclama Edmund, appena entrato nella stanza.
Ci avviamo verso il Salone a passo di marcia. Lucy , nonostante abbia appena dieci anni, non è per nulla spaventata, anzi. È tranquilla, cammina leggiadra nel suo vestito azzurro cielo, e sistema al meglio la corona bianca che ha fatto questa mattina con i fiori della Serra. Edmund è il ritratto dell'ansia. Pallido, sopracciglia agrottate, espressione concentrata, passi marcati. Io sono solo curioso. Entriamo nel salone. Un tavolo rotondo con intagliato lo stemma , un leone in legno scuro, è circondata da sedie imbottite in velluto rosso. Eremus, un anziano ingobbito vestito con una lunga tunica marrone, è in piedi di fronte allo stemma appeso alla parete. Noi prendiamo posto, pronti per ricevere istruzioni.
- Qualcuno ha scoperto l’armadio.-
Tratteniamo il respiro. Poi ci ricomponiamo in fretta. È chiuso da anni, non ci troveranno mai.
- E ha visto qualcosa.- mia sorella solleva le sopracciglia.
- Quanti sono?- chiede con tono curioso. È stranamente pacata.
- Uno solo. O meglio dire, una sola.-
- Vuoi dire che è una ragazza?- aggiunge Edmund, che è convinto che le ragazze siano destinate a stare a casa. Fortuna che è “Il Giusto”.
- Esattamente.- ribatte Lucy facendogli il verso. Finchè il vecchio è girato, azzarda una linguaccia.
Il vecchio si gira, il volto rugoso e i capelli bianchi e radi. Ci guarda uno per uno.
- È una ragazza scettica, non capisce che esiste questo mondo. Ma qualcuno ha capito prima di noi.- ha un’espressione grave quando pronuncia la frase seguente.
- La dolce ha l’armadio.-
- Susan?-  chiedo , angosciato.
Fa cenno di assenso con la testa.
- La dolce  ha ricominciato a credere. E Aslan vuole che arrivi qui.-
- No!- ribatto. Susan non può tornare. Noi siamo eterni, perché abbiamo sempre creduto nel nostro regno, lei no. Mi tornano in mente le avventure che abbiamo vissuto prima che lei si dimenticasse dell'esistenza di questo posto. Guardo fuori dalla finestra e vedo infuriare una tempesta terribile. Farà freddo, stanotte.
- Lei non tornerà.- mi fa eco Edmund.
- Sì invece. È nostra sorella. Lei è la dolce.- ribatte Lucy, con una nota di forte determinazione nella voce.
- Non sto parlando di vostra sorella. Sto parlando della ragazza. Lei ha qualcosa dentro che voi non potete nemmeno immaginare.-
Sospiro.
- Cosa dobbiamo fare?- chiedo
- Tenerla con voi. Farle capire che Narnia esiste. È scettica, ma capirà che tutto questo è reale appena rientrerà nell’armadio e arriverà qui.-
- Come è successo a me.- ribatte Lucy.
- Più meno.- aggiunge il vecchio sorridendo. – lei arriverà qui con la sua volontà.-
- E Susan?-  chiede Edmund
- Anche lei. Ma datele tempo.-
- No!- ribatto, con rabbia.- lei non è più dei nostri da decenni. Non crede più a nulla, se ha custodito l’armadio è perché crede che siamo morti!-
- E allora terrebbe il vostro quadro e l’arco con la faretra in casa?-
Aslan entra nella stanza, pronunciando la domanda.
- Ha anche l’arco? E il quadro?-
Annuisce, con un leggero sbuffo dalle narici. – ha ancora l’arco. Ora è della ragazza.-
- E tu come lo sai?- chiede Lucy affascinata
- Io so tutto- risponde, facendole l’occhiolino.
Lo guardo. Poi faccio due più due.
- Tu vivi con lei!- esclamo. Mi sento impallidire.
- Esattamente. Non così, ovviamente.- risponde, tranquillissimo.
- E come?-
- Sono un gatto. Le sto sempre intorno. È una ragazza splendida, ha carattere.-
- E com’è? Di viso e resto, intendo- chiede Edmund , stranamente curioso dopo quello che ha detto il leone.
- Capelli neri, media altezza, occhi verdi.-
- Un elfo?- chiede lui ,stizzito. So già cosa gli frulla per la testa. Mi spiace, ma non ci proverà con lei. Basta altre persone che smetteranno di credere. Bastiamo noi per regnare.
- Una figlia di Eva, come voi.-
Cerco di respirare con calma.
- L’altra notte- aggiunge mia sorella – ho visto un lupo nero che entrava nell’armadio. Quando si voltava aveva due enormi occhi verdi brillanti. Non faceva paura.-
- Anche io.- aggiunge Edmund. Non è una grande idea dire che io ho visto il lupo azzannare Jadis. E che una freccia compariva dove c’era la ferita sulla strega.
Preferisco stare zitto, o mentire.
- E tu, Peter?-
- Io no.-  Aslan mi guarda negli occhi. Non aggiunge altro. So che sa che sto mentendo, ma lascia perdere.
- Potete andare. Tutti tranne Peter.- pronuncia Eremus
Quando gli altri se ne vanno, mi fa una semplice domanda.
- Cosa intende fare, mio Re?-
- Aspettare. Se arriverà come dici, bisogna solo darle tempo.-
- Saggia decisione.- mi alzo ed esco anche io dalla stanza.
Mi ritiro nella mia camera e mi sdraio sul letto.
Quando mi addormento, il lupo mi ringhia contro.





Angoletto autrice:
che ne pensate? Peter ha preso una decisione saggia? Commentate susu, accetto pure critiche, basta che mi diciate qualcosa..
Fate una bella cosa per me, dai.

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Capitolo 6
*** 3 ***


~~Quando finiamo di mangiare, comincio a cercare un libro da leggere, possibilmente un libro emozionante. La noia mi sta schiacciando come una valanga di neve, e dire che ce n’è già abbastanza. Poi mi viene in mente che non ho ancora chiamato Cecilia e Jason. Tiro fuori il telefonino ,compongo velocemente il numero e aspetto che risponda seduta su una delle poltrone, quella vicino al camino. Al decimo squillo una voce melodiosa risponde
- Pronto?.-
- Pronto signora Federsen, Cecilia è in casa?-
- Certo Luce, te la passo subito.- la sento urlare il suo nome e qualche incoraggiamento a mollare il computer e Assasin’s  Creed, gioco che ama.
- Luce?-
- Cecilia?-
- Luce! Omiodio io e Jason aspettiamo una tua chiamata da ieri!.- la sento urlare un “Jason c’è Luce!” e uno “scolla le chiappe dal pouf e togli le manacce sudice da Puffo!”. Sorrido. Quanto mi mancano le loro bischerate.  Puffo è il cagnolino di Cecilia, un bassotto dolcissimo che ha la cattiva abitudine di seguire gli ospiti ovunque. Anche in bagno. E lei tutte le volte deve distrarlo sennò poi diventa una seccatura.
- Metto in vivavoce ,aspetta un attimo.-
Subito dopo un  potentissimo, spacca timpani e assordante “ci manchi Luce” dei miei due migliori amici mi fa allontanare alla velocità della luce il telefono dall’orecchio.
La tutrice alza lo sguardo dal libro sorridendo. Le faccio segno di allontanarmi e lei mi dice di stare tranquilla. Parliamo del più e del meno, di com’è stato il viaggio, e vogliono sapere tutto sulla casa e sulla signora. Ad un certo punto esco dalla stanza , perché voglio parlare loro dell’incubo e della stanza chiusa, ma mi trattengo. Parlo invece di com’è la tutrice, e che no, non è un’arpia arcigna che governa una casa comandando a bacchetta la servitù e me come dice Jason, oppure che non è una strega che comanda una casa mezza diroccata e piena di ragnatele come fantastica Cecilia. Dico loro la verità, cioè che è una donna acculturata e anziana, molto dolce e gentile. Quasi rimangono delusi. Poi tornano allegri e mi annunciano che probabilmente verranno anche loro nel villaggio vicino per venirmi a trovare, il mese prossimo. Sono strafelice. Almeno li avrò con me per un po’.  Riattacco dopo aver promesso ad entrambi una videochiamata.
Entro nella mia stanza, per mettere in carica il telefono, quando mi accorgo di una cosa piuttosto inquietante: la stanza chiusa, quella che la mia tutrice mi aveva detto piena di cianfrusaglie varie, è socchiusa. La curiosità ha la meglio. In fondo sono degli stracci. Apro la porta lentamente , aspettandomi di trovare un figlio mutante della donna o un mostro o un vampiro o chiccàcosa.
Cosa c’è all’interno?
Nulla, fuorché un mobile piuttosto grande ricoperto da un telo bianco e sudicio. Ripensandoci, lei aveva parlato di un armadio, in effetti. Chiudendomi la porta alle spalle, guardo meglio la stanza. Fuori, riesco a vedere i fiocchi di neve cadere, e una luce pallida entra dalle finestre chiuse. Le finestre sono sporche , sì, ma solo dall’interno. Ciò significa che le puliscono di tanto in tanto dall’esterno, quando devono pulire la facciata della casa. Per il resto, la stanza è spoglia, non c’è nient’altro che l’armadio.  Il pavimento ha almeno un dito di polvere, che si solleva appena appoggio un piede per terra. Afferro un angolo e tiro con uno strattone il telo. I granelli di polvere viaggiano nei pochi raggi del sole che riescono ad entrare. Il mobile è una meraviglia. Ci sono dei bellissimi bassorilievi sopra le ante e sulla parte superiore dell’armadio. Lo apro con cautela e le ante non cigolano. Sospiro di sollievo. Mi ero aspettata che facesse un baccano infernale. Non oserei mai immaginare quello che accadrebbe se Susan scoprisse che sono entrata. L’armadio sembra profondissimo. Ci sono tantissime pellicce e abiti vari e sto giusto per richiuderlo, quando mi accorgo di un dettaglio: dei raggi di luce che escono dall’armadio. Non può essere. Andiamo, come può della luce uscire da un armadio? Non c’è mica un mondo là dentro ,no? Basta, non voglio altre stranezze no sense nella mia vita. Lo richiudo in fretta. Esco in punta di piedi, e mi trovo faccia a faccia con Finch , che esce dalla stanza di fronte. Sussultiamo entrambe. Mi ha fatto prendere un colpo. Lei fa una faccia indecifrabile, con un nonsoche di grave e sconvolto che mi mette ansia. C’era qualcosa che non avrei dovuto vedere.
- Come hai fatto ad entrare?- mi chiede, con un tono di accusa.
Faccio le spallucce
- La porta era aperta, mi ero persa e stavo cercando la signora Susan e la biblioteca.
- Cosa c’era là dentro?
- Nulla, solo uno strano armadio pieno di pellicce varie.
Sospira di sollievo e se ne va. La cosa mi puzza, e parecchio. Qualsiasi cosa stia succedendo, io devo esserne coinvolta.
Quando rientro nella biblioteca, la signora Pevensie, mi guarda con uno sguardo carico di paura.
- Sei entrata nella stanza?-
- C-come?-
- Lo so, sei entrata. E hai visto l’armadio.-
- Sì ma..-
- Che hai visto oltre?-
- Tanti abiti e una luce soffusa.-
- Aslan..-
- Il gatto? Era..-
Poi mi viene in mente. Il gatto. Il gatto era lì con me nella stanza. Quindi è ancora lì e devo andarlo a prendere. Quando mi volto lui è dietro di me, pronto per la dosa oraria di coccole. Mi sta osservando con quegli occhi verdi e miagola nella mia direzione.  Poi si avvicina e si struscia amabilmente sulle mie gambe. La mia tutrice continua a guardarmi. Si alza, portando via Aslan ,e se ne va. Poi sento chiudersi una porta. L’ho fatta arrabbiare. Come minimo mi riporterà a casa. Sono seduta su un divano a leggere “Cronache di Avelin”, un libro in cui degli uomini arrivati da un altro mondo attraverso una grotta, arrivano sulla terra , quando Susan torna che l’arco in mano.
- Non so cosa tu abbia visto nell’armadio, ma questo è per te.-
L’arco è meraviglioso. Rosso e argentato, già incordato e pronto per essere usato. Le frecce le vengono posate sulle ginocchia, e la faretra uguaglia l’arma. Trattengo il respiro.
Dove può averlo preso?
 

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Capitolo 7
*** 4 ***


~~Mi sveglio nel cuore della notte, quando sento una finestra sbattere. Mi appoggio su un gomito.  Il rumore continua. Sono passati due giorni da quando sono entrata nella stanza dell’armadio. E da quel giorno la tempesta infuria, violentissima. C’è stato pure un blackout, quindi andiamo avanti a furia di candele e fiammiferi. Cerco di riaddormentarmi, ma il fracasso non mi fa chiudere occhio per le due ore successive. Spazientita, afferro un fiammifero sul comodino e accendo la candela che ho messo in un vaso di marmellata vuoto, fissandola con la cera della medesima. La luce della fiammella è rassicurante, mi faccio coraggio ed esco fuori dalla mia stanza. È tutto così inquietante.. Anche Aslan, ormai stabile in camera mia, precisamente sul mio letto, si è svegliato, e mi segue curiosando in giro. Scendo al piano inferiore, e mi ritrovo in una stanza che funge da “armeria”. In questi giorni ho utilizzato anche l’arco di Susan , che mi ha regalato. Anche a NY praticavo questo sport, sia all’aperto che dentro un’apposita struttura con tanto di bersagli mobili. Mi sono sentita a mio agio, l’arco è perfetto, le frecce scivolano silenziose nell’aria. Prendo l’arco in mano. Mi dà sicurezza. La finestra aperta non sembra in questo piano. Mettendo il vaso nella tasca della maglia del pigiama, metto faretra in spalla e l’arco incoccato. Ho una paura tremenda dei ladri. E questa casa di notte è tremendamente inquietante. Ad un certo punto, sento un miagolio sommesso. Il gatto è a pochi metri da me, e sta miagolando contro una porta al piano superiore, quello delle stanze da letto. Miagola insistentemente verso una porta in fondo al corridoio, vicino ad una grossa finestra.  La neve turbina in enormi mulinelli, e fiocchi grossi come la mia mano, una manina piccola, sbattono contro al vetro. Sento anche un altro rumore. Una finestra che sbatte insistentemente nella stanza. Faccio una carezza sulla testa del gatto.
- Bravo Aslan. Ora chiudiamo quella benedetta finestra e torniamo a dormire ok?-
Quando mi avvicino alla maniglia, riconosco quel bel pomello ricamato della stanza misteriosa. Sospiro e mi faccio coraggio. Apro lentamente la porta. Ed eccola lì, la finestra aperta. La chiudo lentamente per non fare rumore. A quel punto mi rendo conto di tremare di freddo. Decido di prendere un paio di pantofole che avevo visto nell’armadio la prima volta che sono entrata. Apro le ante ed entro con cautela. Comincio a cercarle, ed eccole là, nel fondo dell'armadio, delle babbucce a scarpina di lana bianca e rossa, piene di laniccia che protegge dal freddo. Solo che la mia mente registra anche qualcos’altro. Neve. Piccoli, candidi fiocchi di neve sembrano brillare nel buio. Poi. La luce invernale che intravedo tra le centinaia di cappotti. Mi faccio nuovamente coraggio ,questa volta sento chiaramente uno strappo allo stomaco,e vado avanti. Fa incredibilmente freddo. Afferro un cappotto bianco che mi arriva fino alle ginocchia, troppo grande per me, ma non me ne preoccupo. Superata l’ultima fila di giacche , le pantofole che avevo recuperato affondano nella neve. Pini ovunque , tutti ammantati di un freddo mantello fatto di neve e con enormi ghiaccioli che pendono dai rami. È tutto così.. meraviglioso. La neve è estremamente candida e i fiocchi cadono leggiadri sul terreno. Un palo della luce riesce ad illuminare lo spiazzo in cui sono. Ad un certo punto, poco dopo che mi sono avvicinata al palo ghiacciato per avere un punto di riferimento, sento una voce femminile, piuttosto brusca
- Chi va là?-
Mi giro verso la voce per chiedere dove sono , quando vedo una donna a cavallo arrivare in mezzo alla tempesta di neve. Quando la guardo meglio, capisco che non è una donna a cavallo.
Quasi faccio un salto indietro dalla paura.
Quella è una centaura.
Si avvicina, lentamente, e mi accorgo solo ora di avere l’arco in posizione di tiro. La osservo meglio.
È alta, il corpo da cavalla con la faccia e il busto umano. Ha una spada sguainata, pronta a difendersi. I capelli marroni, con delle piume intrecciate, le cadono liberi sulle spalle, e indossa quello che si direbbe un’armatura - reggipoppe,  in metallo e cuoio. Indietreggio, pronta a scattare verso la direzione presa per arrivare qui.
- Da dove arrivi?- mi chiede ,avvicinandosi. La voce è secca e di chi è abituato a comandare. Probabilmente sono arrivata a Centaurolandia, dove mi ammazzeranno nei modi più impensati.
- Dove sono?- domando io, mirando meglio al collo di lei. A quel punto arriva un centauro, questa volta un maschio, biondo con la barba lunga e ordinata.
- E lei chi è?-
- Non ne ho idea. Rispondi ,da dove arrivi?-
- Dalla terra. Sono arrivata qui da un armadio,e non chiedetemi come, io cercavo solo queste pantofole.- rispondo, con più sicurezza della voce di quanto vorrei.
- L’armadio? Tu hai l’armadio?- mi urla contro la donna , scalciando con gli zoccoli.
- Calmati Evelin.- le dice l’altro, cercando di calmarla.
Comincio a balbettare, e addio la facciata della guerriera coraggiosa
- Non è mio, è della mia tutrice. Sono entrata per caso.-
- Portiamola dai sovrani. Loro sapranno cosa fare.- mi disarma in un secondo, e spalanca gli occhi davanti all’arco.
- Ma questo è..-  dice Evelin, sconvolta
- Questo è l’arco della dolce!- conclude il centauro biondo.
La donna mi lega le mani con una lunga corda, mentre tiene l'altra estremità stretta in mano, quella libera dalla spada.
Con uno strattone della corda, mi incita a muovermi.
Camminiamo per un’eternità, e io non ce la faccio più, cominciando a tremare come una foglia.
- Evelin.-
- Cosa c’è Sectem?-
- La ragazza. Sta male.-
La donna mi squadra.
- Posso portarla in groppa io. Non sembra pesante.-continua lui.  In effetti sembro gracile per la mia età, dimostro un anno in meno ,minimo.
- Va bene. Ma se scappa mi troverò un altro braccio destro.- l’uomo ride, forse sapendo che lei non lo farebbe mai, o perché è impossibile sfuggire ad un centauro.
Mi carica in groppa e mi sento meglio. Comincio a ragionare. Devo avere la febbre, non esistono i centauri. Probabilmente mi sveglierò e mi ritroverò in camera mia, con Aslan in fondo al letto e.. Aslan! È ancora là! Ma non posso occuparmene ora. Lo riprenderò appena  potrò scappare. Ma ora non ho le forze necessarie per farlo, nemmeno in un sogno.  Ma sembra tutto così reale..
Dopo due ore arriviamo ad un sentiero in salita, incontrando un nuovo centauro. Evelin lo prende da parte e gli spiega la situazione, incitandolo a fare presto. Quello comincia a galoppare con una velocità impressionante. Sarà impossibile scappare. Noi gli stiamo dietro, con calma. Mi stringo nella pelliccia , cercando calore.

 

Angolo infreddolito dell’autrice:
piccolo consiglio, mentre leggete il capitolo ascoltate “the hunger games theme song”. Si sposa da Dio con il brano, o almeno, per me. Vi lascerò tutte le volta un brano da ascoltare mentre leggete :)
per il capito “ L’armadio” :nulla, va assaporato in silenzio
nel capitolo 1:” You Found Me” dei “the Fray”
nel capitolo 2:
nel capitolo 3:
nel capitolo “i Re a la Regina” : “the hunger games soundtrack” –FAN MADE-
LO SO, ci sono delle canzoni di Hunger Games ma sono solo delle basi, quindi lasciate perdere i dettagli e godetevi la lettura va.

 

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Capitolo 8
*** 5 ***


~~Abbandono le carte sul tavolo. Non ce la faccio. I testi sono complicati, non riesco a fare una così complicata con questo baccano. Trattati sulla guerra, come se facessimo delle guerre di continuo. Edmund spalanca la porta.
- Peter! Peter, Evelin e Sectem hanno un prigioniero.- è piuttosto agitato. I capelli sono arruffati, la corona brilla sulla sua testa.
Il mio cuore sprofonda. Se è vero, c’è un solo prigioniero possibile.
Cerco di convincermi che non è possibile, che ci sono migliaia di possibili prigionieri e che abbiamo dei nemici o che è un semplice errore.
Lo seguo nei corridoi, adornato con quadri nostri e della stirpe reale,  statue, fiori e porte che conducono alle varie stanze,fino al cortile. Cammina in fretta, la mantella rossa e dorata svolazza ad ogni suo movimento e la corona è leggermente storta. Appena usciamo fuori dalle mura, la neve ci turbina addosso. Tiro su il cappuccio del mantello porpora che mi ha passato un fauno davanti all’uscita. Una guardia , un centauro, accerchiato da una folla di curiosi, cerca di riprendere fiato.
- Signore,  Evelin e Sectem hanno trovato una persona, una..figlia di Eva, vicino al lampione. La stanno portando qui. E aveva questo. –
Mi porge un arco e una faretra. Riconosco immediatamente le armi di Susan. Lo prendo tra le mani.
Edmund non dice nulla. Fissa con gli occhi sbarrati e bocca aperta la faretra.
- Stava per colpirla miei Re. Era determinata a difendersi.-
Fisso l’uomo.  I capelli neri sono intrecciati in treccine piccole e sottili,e la barba lunga ha due treccine ai lati. Gli occhi neri sono colmi di determinazione.
- A quanto distano?-  chiedo.
- Erano in fondo alla strada.-
Proprio in quel momento, la folla, composta da fauni, centauri e altri nostri sudditi, si apre. Evelin si fa avanti.
- Miei Re- comincia, inchinandosi.
- L’abbiamo trovata vicino al Lampione. Dice di essere arrivata qui tramite un armadio, di proprietà della sua tutrice. -
Sectem fa scendere dalla groppa qualcuno di estremamente gracile. E infreddolito.
- Cosa sta succedendo?- chiede Lucy, appena arrivata. Si stringe in una mantellina di pelo scuro.
- È lei.- le sussurra Edmund. Poco dopo essersi rimessa in piedi, la ragazza crolla a terra.
Seguiamo le Faune e le Ninfe addette alla cura dei feriti mentre la portano in infermeria. La guardiamo meglio, incuriositi. Non può avere più di quindici anni, la pelle è troppo bianca e continua a tremare. La cosa che ci mette in allarme sono le occhiaie e le labbra bluastre,così come le punte delle mani.
- Sopravvivrà?- chiede Edmund, sovrappensiero, seduto su una sedia accanto al lettino.
- Non ne ho idea.- rispondo io.
- Se solo avessimo le cure adatte..- poi schiocca le dita con un grosso sorriso.
Corre fuori dalla stanza, sbandando ogni due per tre.
Cosa diavolo sta combinando? Torna con l’ampolla, quella contenente l’estratto del fiore del fuoco, regalato a lei da Babbo Natale la prima volta che è arrivata qui. La offre a una Ninfa Guaritrice, dicendole di darle una sola goccia al giorno, fino a che non migliora.
Usciamo dalla stanza, pensierosi, ritirandoci tutti nelle rispettive camere.
Guardo i fogli sulla scrivania e li impilo in ordine, con cura quasi maniacale.
I trattati di guerra oggi possono aspettare.
 

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Capitolo 9
*** 7 ***


~~Apro gli occhi, e la luce fa male. Li socchiudo, cercando di mettere a fuoco la stanza. Sembra un’infermeria, dalle grosse finestre e dai lettini morbidi. Mi tocco la fronte, trovandoci una pezza. Era solo un sogno. I centauri, i  ragazzini ( i “Re” e la “Regina”) e quelle strane creature. Sorrido. La febbre fa brutti scherzi. Riappoggio la testa sul cuscino,quando una voce femminile fa capolino dietro la tenda verde di velluto che forma la “stanza”. Questa si apre, mostrando una donna dai lineamenti gentili e la pelle..blu?
Sbarro gli occhi, e lei mi guarda ridendo.
- Non fare quella faccia. Non ti ricordi di me?-
Scuoto la testa. No che non me la ricordo. Sembra una versione XXL di Puffetta, solo con i capelli verdemare.
Deglutisco con forza.
- Dove sono?- chiedo, agitandomi.
- In infermeria.- mi risponde lei, perplessa.
- Questo lo avevo capito.- commento, ironica. Odio quando mi rispondono con cose ovvie.
- A Narnia, perché?-
La guardo come se mi avesse appena detto che gli asini volano. E che cavolo è Narnia?
Faccio per alzarmi dal letto, quando scopro di essere nuda. Mi copro fino al mento con la coperta, cercando di nascondere l’imbarazzo.
- Ti passo i tuoi vestiti, aspetta un secondo.-
Mi fa un sorriso dolce e sincero. Può avere l’età di mia madre. E le somiglia parecchio. Una fitta di nostalgia mi stringe il petto. E Susan? Si starà preoccupando nel non vedermi?
Accantono i pensieri con un gesto. È solo un sogno. Solo un maledetto sogno nei deliri della febbre.
Quando questa ritorna, mi aiuta ad indossare la biancheria e un abito verde smeraldo. È comodo, senza corsetti o sottogonne vaporose. Un semplice abito verde elegante, di stoffa morbida e delicata. La Ninfa , riconosciuta dai libri di creature mitologiche Greche di cui avevo una discreta conoscenza, grazie alla passione per la mitologia di mio padre, dice di chiamarsi Aaliyah. Comincia a pettinarmi i capelli, che scopro lavati e profumati. Mi spiega tutto quello che devo sapere: cioè che ogni porta era stata chiusa dopo l’ultima battaglia e la distruzione della vecchia Narnia, molto più piccola di adesso. Mi guardo da uno specchio che la Ninfa mi porge. Splendida. Per la prima volta mi sento bella. La donna mi sorride e mi appoggia una mano sulla spalla.
- I Sovrani ti aspettano. Ti accompagno alla Sala del Trono.-
Fuori dalla stanza, tutto è lussuoso all’ennesima potenza. Quadri, statue e deliziosi fiori nei loro vasi. Ci sono anche decine di specchi e finestre estremamente alte. Fuori, la neve volteggia delicata.
Ci sono decine di Fauni, uomini capra, centauri, ninfe, gnomi. Tutti mi guardano con curiosità, o con paura.
- Perché mi guardano tutti?- chiedo alla donna che mi accompagna, a mezza bocca.
- Oltre ai sovrani, nessuno conosce altre “figlie di Eva”.- deve essere un modo per indicare le femmine umane. Guardo dritto davanti a me, senza badare a nessuno, anche se mi sento osservata in modo inquietante. Arriviamo di fronte a una porta gigantesca, in legno con borchie di metallo. Viene aperta da due fauni, che fanno un sorriso alla Ninfa e guardano me con ammirazione. Dentro, tre troni sono occupati dai Sovrani, adolescenti, mentre Evelin e Sectem sono in un angolo. Una finestra occupa tutta la parete dietro i Re. La centaura mi guarda malissimo, mentre l’uomo cavallo mi sorride radioso. Mi sento in imbarazzo, in fondo sono un’estranea. I Re e la Regina si alzano appena entra un vecchio da una porta secondaria. È un uomo anziano, vestito con una lunga tunica di tela marrone, simile a quella dei frati, con dei radi capelli bianchi, il viso rugoso e le orecchie a punta. Si siede su una sedia che gli viene data da una Evelin più dolce e mansueta. L’uomo (?) le fa un sorriso, e si siede. Aaliyah si sposta in un angolo della stanza. La ragazzina si rivolge a me.
- Da dove vieni?-
- Dalla terra.-
- Come ti chiami?- chiede un ragazzo più grande di lei.
- Luce.-
- Un nome strano, non trovate?- dice Evelin con una punta di sarcasmo.
- Oh ,detto da un centauro poi..- rispondo io, con una nota di stizza. A scuola non era raro vedermi alle prese con dei bulli e disarmarli con le mie note sarcastiche.
- Quanti anni hai?-
- Quindici.-
- Torniamo a noi. Come hai fatto ad arrivare qui?- mi chiede il più grande.
Spiego brevemente la faccenda dell’armadio. Mi guarda, concentrato, e la cosa mi mette a disagio. Sono un essere umano come lui, non un maiale con due teste e la pelle verde, ma credo che questo qui sia la normalità.
- E l’arco? Come lo hai avuto?-
- Me lo ha regalato la mia tutrice e .. oh, ma io vi conosco!- esclamo. So di averli già visti, da qualche parte. Poi  mi viene in mente. Il quadro appeso in biblioteca e le foto.
- Voi siete i fratelli di Susan!-
- Come scusa?- chiede il vecchio sporgendosi.
- Sì, mi ha fatto vedere un quadro in biblioteca con i loro ritratti e mi ha spiegato che erano i suoi fratelli, morti in un incidente ferroviario..- mi sento impallidire. Loro sono morti. Non è possibile.
- Avete sentito? Nostra sorella ci crede morti. Ecco perché ha tenuto l’armadio.- dice in generale il grande, con un sorriso vittorioso.
- Non sia precipitoso, mio Re.- dice il vecchio, con pazienza. – è tutto da dimostrare, non abbiate fretta.-
- E io? Posso tornarmene a casa?- chiedo, con una nota di supplica nella voce.
- No.- mi dice annoiato il ragazzo al lato sinistro del maggiore, guardando fuori da una delle finestre.
- Susan si preoccuperà non appena vedrà che non..- vengo interrotta dalle risate dei presenti.
- Il tempo è diluito diversamente da dove sei arrivata- mi spiega la ragazzina- se qui sono passati due giorni, lì solo pochi attimi.-
- Se lo dite voi..- dico, poco convinta. Lucy, così la sento chiamare, si avvicina a me porgendomi la mano. Deve avere sì e no  dieci o undici anni. Mi trascina fuori dalla stanza, verso una camera al piano superiore. Tutti i sudditi restano interdetti, alcuni sorridono alzando gli occhi al cielo, scuotendo la testa. Mi porta tra corridoi, scale e porte, fino ad arrivare davanti ad una con una maniglia non dissimile a quella della stanza dell’armadio.
- Eccoci qua!- dice, soddisfatta, aprendo la stanza. Resto sulla soglia, davanti alla stanza più grande e bella che io abbia mai visto. È grande come il mio appartamento a New York, con un enorme letto a baldacchino dalle lenzuola bianche e una grossa finestra parallela. Una grossa libreria occupa metà parete, affiancato da una poltroncina di velluto verde e oro. Uno specchio è di fronte al letto, con sotto una scrivania e una sedia. Un tappeto arabescato occupa buona parte della stanza.
- Oh e c’è anche un bagno tutto tuo!- apre un’altra porticina della stanza, trovandomi davanti ad una vasca da bagno e ad una toeletta con dei profumi e una spazzola, assieme ad un altro specchio.
Resto senza parole.
- Non dovevate io.. grazie.- resto spiazzata di fronte al sorrisone della piccola sovrana.
- Doveva essere per Susan.- mi dice, guardando per terra.- ma sono felice che ti abbiano dato la possibilità di restare.-  aggiunge, con un sorrisone a ottocento denti.
Mi lascia sola, mostrandomi una cassapanca piena di vestiti. Se voglio posso girare per il castello in sua compagnia, più tardi. Mi siedo sul letto, lentamente, accarezzando le coperte lisce. Guardo fuori dalla finestra la neve che non smette di cadere,mai. Sobbalzo quando sento bussare alla porta.
La apro, trovandomi davanti i due sovrani restanti, che mi porgano l’arco e la faretra. Resto perplessa dal gesto, ma la accetto ringraziando. Si presentano come Edmund , il più piccolo dei due, della mia età, e Peter, di sedici anni. Quest’ultimo mi guarda fisso e non riesco a nascondere lo sguardo di sfida che si accende nei miei occhi. Se non sono riusciti ad intimorirmi bulli due volte lui, non ci riuscirà di certo un moccioso solo perché ha un anno e qualche millennio in più di me. li ringrazio cordialmente e chiudo la porta con un ghigno soddisfatto.
 Mai sfidare Luce, questo è certo.
 

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Capitolo 10
*** 8 ***


Quando mi preparo per il pranzo, non faccio che pensare allo sguardo di sfida che mi ha lanciato la ragazzina. Quegli occhi avevano uno scintillio determinato e arrogante, occhi  un verde intenso con delle piccole pagliuzze grigie. Dei begli occhi, quello posso concederglielo. Infilo l’armatura, con lo stemma raffigurante il leone, assieme un mantello rosso scuro.
- Allora?- mi chiede una voce
Mi giro, trovandomi Aslan che sorride (come può) divertito.
- Alla faccia del carattere- gli rispondo ridendo – per poco non uccideva Evelin. E la rispostaccia che le ha dato in consiglio.. se non fosse stato per la situazione delicata,Edmund sarebbe scoppiato a ridere.- sorrido al ricordo.
Il leone se ne va, diretto alla sala da pranzo. Dopo aver messo a posto l’armatura e aver tolto una piccolissima macchia, appoggio la corona sulla testa. Assicuro la spada e mi dirigo alla mia destinazione: sala da pranzo con banchetto in onore della nostra “ospite” ,come si ostina a chiamarla Lucy. Quella ragazza non mi piace. È troppo impulsiva e ironica. E dalla freccia facile, vedo. La trovo , infatti, nella sala delle armi, mentre osserva, seduta sulla panchina una delle frecce contenute nella faretra che le abbiamo ridato. Incocca l’arco e da una notevole distanza, riesce a colpire vicinissimo al centro. Osserva il tiro compiaciuta. Poi rimette a posto l’arma e si avvia all’uscita.
- E tu che diavolo ci fai qui?- mi chiede, inviperita, appena mi vede davanti alla porta. Anche io non devo andarle a genio. Faccio sparire il sorrisetto dalle labbra. Stavo davvero sorridendo?
- Stavo guardando. Non mi sembra di aver istituito una legge che vieta di farlo.- le rispondo, a tono.
-  oh, è vero, qua tu sei il Re.- risponde di nuovo, passandomi a fianco, con uno sguardo esasperato.
Ci incamminiamo , senza fare altri commenti, verso la sala, dove cominciano a sentirsi dei profumini invitanti. Lei, però, si sofferma su un quadro, in cui siamo ritratti io e i miei fratelli. Lo sta guardando accigliata, studiando bene il volto di Susan, sorridente e composta.
- Questa è la mia tutrice?-
Annuisco in silenzio, prima di risponderle. Deglutisco a fatica. – Sì.-
- Perché l’avete abbandonata? Sembravate molto uniti.-
- Sembravamo, infatti.- le rispondo, piuttosto arrabbiato.
- Senti, scusa.- mi dice lei- ma lei è la mia tutrice, mi farà da madre finché potrà e devo sapere perlomeno superficialmente la sua vita. –
La guardo meglio. Magra, con polsi molto sottili, pelle pallida e i capelli neri che le arrivano a metà schiena. La frangia è pettinata e ordinata.
Annuisco, e proseguo il mio cammino, mentre lei mi raggiunge con una breve corsetta. I fauni ci aprono la porta e ci guardano, per poi lanciarsi uno sguardo complice. La sala ha un enorme tavolo pieno di bevande e qualche stuzzichino. Lei resta per un attimo imbambolata , poi si affretta a raggiungere mia sorella, che la accoglie sorridendo. Mia sorella non cambierà mai.
L’unica cosa che abbiamo in comune sono gli occhi, di un bell’azzurro acceso. Per il resto siamo completamente diversi, soprattutto nel carattere, ma non litighiamo spesso.
Mi avvio a prendere un bicchiere di acqua, cercando di non rovesciarne il contenuto sulla tovaglia.
Cerco di non pensare a Susan, a quanto eravamo felici le prime volte che arrivavamo qua, nel nostro regno. Stiamo per mangiare quando sentiamo delle urla arrivare dal cortile. Ci affrettiamo ad arrivarci,e , nonostante le ammonizioni , ci segue anche la ragazzina-vipera. All’ingresso vediamo tre cavalieri a cavallo. Sono fauni su dei cavalli di media stazza. Ma qualcosa non va. Appena uno dei cavalli si ferma, il cavaliere cade a terra. Corro a soccorrerlo. Lo giro sulla schiena. Un profondo squarcio gli recide la gola,ma è ancora vivo. Lucy si avvicina, e caccia un urlo strozzato, mentre Edmund e la ragazza la allontanano, poi la vedo correre dentro e portare l’arco alla ragazza.
Il fauno mi prende la mano insanguinata.
- Mio Re..- pronuncia, con voce affaticata e rauca.
- Dimmi tutto. Chi ti ha fatto questo?- ho le lacrime agli occhi. Piccolissimi fiocchi si appoggiano lievi sui capelli, sulle corna e sulla ferita, dove si tingono di cremisi.
- Jadis.. Jadis e il suo generale stanno.. arrivando..- pronuncia a fatica. Alcuni rivoli di sangue stanno macchiando il pavimento in pietra.
Sospira, e capisco che per lui è finita. guardo gli occhi spalancati e spenti. Li chiudo un un pollice, osservando la prima lacrima cadere sulla sua guarcia.
Abbandono la sua mano, che ricade sul selciato con un leggerissimo tonfo. Subito la neve comincia a ricoprirla.
Mi alzo e stringo i pugni, ancora imbrattati del suo sangue.
- Questa.- pronuncio, con voce strozzata.- questa è guerra!-
Gli altri due sono feriti, uno con una profonda ferita alla gamba e uno al braccio. Li portano in infermeria, in una zona addetta ai feriti gravi.
- Usate l’ampolla!- ordina Lucy
A quel punto, è la ninfa ad intervenire.
- Mia signora, non ce n’è abbastanza.-
La ragazza guarda Lucy, che le spiega che i nostri fiori di Fuoco, due, sono inutilizzabili proprio perché manca la fiamma. La più antica, quella che ha dato la vita. Lei sembra pensarci un attimo, guardando il portone richiudersi. Poi monta in groppa al cavallo del fauno morto e parte per al galoppo verso l’uscita, riuscendo per un pelo a passare fuori dalle mura.
- Inetti!- grida un generale alle guardie- sta scappando!-
- No.- dice pacata Lucy - ha capito qual è la fiamma giusta.- ad un tratto capisco.
So dove sta andando.
Prendo il primo cavallo che mi capita a tiro e parto all’inseguimento. La neve infuria in mulinelli potenti dove mi sembra di scorgere il generale e Jadis, ma sono solo figure indistinte, giochi subdoli della mente.
Sprono il cavallo a velocità estreme, pur di recuperare quella scriteriata.
 Attraverso la foresta di pini e faccio appena in tempo a vederla, con l’arco incoccato e una spada vicina alla gola.

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Capitolo 11
*** CONTEST SECONDA PARTE ***


Ho deciso, spero vi vada bene, di aggiungere i personaggi del primo contest.
Però, per non lasciarvi a bocca asciutta, di farvi crearendei personaggi, dove dovrete compilare delle domande.
PERSONAGGI:
una dama di corte:
una guardia reale:
un terzo centauro\ centaura:
una delle anziane sagge e uno dei saggi che compongono l'Assemblea ( spiegherò tra due capitoli di cosa si tratta):
il braccio destro del cattivo:
uno dei mostri del cattivo:
Potete crearne anche voi senza segiure le indicazioni qua sopra.
DOMANDE:
NOME:
COGNOME:
ETA':
CHE RUOLO HA NELLA STORIA:
BUONO O CATTIVO?:
COMBATTE?:
ASPETTO FISICO:
CARATTERE:
Spero che rispondiate in tanti :)
Buon proseguimento e un abbraccio coccoloso.

 

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Capitolo 12
*** 9 ***


~~Arrivo di fronte al lampione. Nel suo chiacchiericcio, la Ninfa mi aveva spiegato che il lampione è simbolo della nascita e della vita di Narnia, ed è stato naturale pensare subito alla fiammella all’interno come “fiamma più antica”.
Mi avvicino lentamente al palo ghiacciato, quando il cavallo comincia a sbuffare impaziente, poi comincia a parlare.
- Ma sei impazzita per caso?-
Per poco non volo giù dalla sella dalla sorpresa.
- Tu.. tu parli?-
- Ma va? No guarda, mi stavo esercitando nello studio di lingua narniana.-
Mette il broncio per un po’poi ,spazientita, gli rispondo a tono.
- Senti mister permalosità, dammi una mano per arrivare alla fiammella, che mi serve.-
Sto per mettermi in piedi, quando un suo nitrito preoccupato mi ferma. Tra gli alberi sbuca un uomo.
- Ma guarda.- dice, con un ghigno soddisfatto dipinto sul volto- la figlia di Eva.-
Incocco l’arco, preparandomi a tirare. Una grossa cicatrice parte dalla fronte, attraversa il sopracciglio destro per fermarsi a metà guancia, mentre i capelli unti gli arrivano a metà collo. i denti sono storti e scheggiati. Una visione orribile. Roba da film horror del sabato sera. Altro che Scream.
- Chi sei?- gli chiedo, senza abbassare la guardia.
- Sono Fendren, mia cara.- mi dice, provando a fare un inchino da seduto. Il suo cavallo è .. magnifico. Il pelo bianco è immacolato, e gli enormi occhi azzurri osservano il tutto con una certa curiosità. Ma da come il mio si comporta è meglio non fidarsi.
L’uomo con noncuranza tocca la sella, per estrarre con un gesto fulmineo una spada scheggiata, che punta alla mia gola.
- Mia cara, mi spiace non poter fare la tua conoscenza in modo approfondito, ma ho degli ordini, e non posso sgarrare.- odio quel “mia cara”. Mi fa imbestialire a tal punto da mirare all’occhio, invece che alla fronte. Molto più doloroso che letale.
A quel punto accade una cosa strana. È come se due parti di sé stessero .. litigando ?
- Sì che puoi sgarrare.- si dice, con una voce calma – no! Ho degli ordini, non .. non posso..- lo dice con una voce nervosa e tremante.
Cerco di indietreggiare, ma un suo movimento nervoso mi  fa desistere dal farlo.
Poi sento un rumore di zoccoli, ma lui sembra non accorgersene.
Peter sbuca tra gli alberi e punta la sua spada alla gola dell’uomo.
- Toccala e muori.- gli dice con voce ferma e rabbiosa.
Fa quasi paura. Gli lancio un’occhiataccia. Era tutto sotto controllo, idiota.
L’uomo sussulta quando sente la lama sul collo. Indietreggia cauto,  guardandomi negli occhi, con una promessa stampata nello sguardo: ci rivedremo.
Mi giro verso Peter.
- Era tutto sotto controllo!-
- Oh certo.- mi dice, con un sorriso beffardo – tutto sotto controllo per farti ammazzare.-
- Taci e dammi una mano.- gli rispondo scorbutica, cacciandogli l’arco tra le mani. Mi metto in piedi, afferro un pezzo di legno che avevo trovato per strada e cerco di dargli fuoco. Ci riesco dopo interminabili minuti, ed esulto urlando. Il cavallo sembra non gradire, e si impenna. Volo per terra, ma il “Re” ,rimasto a terra, cercando di mettere l’arco incastrato nella sella, riesce a prendermi al volo. Resto a fissarlo impietrita. Oltre ai parenti e Jason, nessuno, e ripeto: nessuno, mi aveva mai abbracciato o preso in braccio. Mi guarda con un misto di sorpresa e pentimento nello sguardo. Scendo, borbottandogli un “grazie” sottovoce. Lui mi porge un barattolo con una candela, lo stesso che ho usato per arrivare qui. Cerco di accenderla , e quella, con un guizzo, brilla di una luce azzurrina, per poi diventare di un arancio carico. Mette un tappo bucherellato, e monta in sella. Mi affretto a fare lo stesso, per poi vedere che una corda unisce le selle. Mi dice, senza guardarmi, che serve ai militari per non perdersi nelle tormente. Quando arriviamo al castello, non sento le urla e le acclamazioni, solo a sentire la sua voce che minaccia un uomo. Mi ha fatto paura.
Chi è veramente Peter?
 

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Capitolo 13
*** 10 ***


Vengo presa e portata di peso da Aaliyah, borbotta frasi del tipo “ ci sarà un ballo!” o “ potevi morire!” oppure “hai trovato la fiamma , grazie al cielo!”.
- Un .. ballo?- le chiedo, sbiancando.
- Sì, in onore della visita della Regina Eliza e sua figlia Graze, sovrane del regno vicino. I Re e la Regina aspettano da mesi questa visita, e ci sarà un ballo in loro onore! Non sei felice?- 
No. Io odio i balli, odio ballare. odio dover sempre vedere della gente pavoneggiarsi. Nascondo il mio disappunto in un sorriso.
Arrivate in camera mia mi spoglia e mi butta nella vasca, con all’interno almeno un dito di schiuma e degli oli profumati. Mi prende una ciocca di capelli e se la passa tra le dita, borbottando “devo lavorare sodo mi sa.” Mi lascia ammollo almeno un’ora, mentre va a prendere l’abito e lo mette sul letto, anche se è coperto da un telo. Mi tira fuori, mi lancia addosso un asciugamano e mi da tre secondi per togliermi perlomeno l’acqua di dosso, e mi trascina in camera. Mi fa sedere e mi ordina di chiudere gli occhi. Comincia a pettinarmi e ad asciugarmi i capelli con il panno, poi la sento fissare qualcosa a due ciocche ed intrecciarmi i capelli. Mi fa indossare alla cieca la biancheria e un abito lungo. Mi fa aprire gli occhi e per poco non cado indietro dalla sorpresa. La persona che c’è nello specchio sembra uscita da una delle ricostruzioni medievali che si fanno nei paesi europei. L’abito è azzurro, con le maniche lunghe , e la gonna è divisa in due parti: la prima è quella centrale , di un blu notte, mentre quelle laterali, più leggere, di un azzurro chiarissimo, quasi bianco, colore del resto del vestito. Il corpetto è del colore della parte centrale della gonna, con dei fili intrecciati del colore laterale, e formano un intreccio a rete. I capelli, oh, i capelli, sono raccolti in uni chignon e due ciocche scendono, a boccoli, ai lati del viso. Guardo la Ninfa, meravigliata, e la abbraccio, ringraziandola senza interruzioni per almeno una decina di volte. Mi porge un portagioie, e ne estrae la collanina di mia madre. Me la allaccia e , con le lacrime agli occhi , mi dice di essere fiera di me. Lucy appare sulla soglia, e ci annuncia che il ballo è quasi pronto e che dobbiamo accogliere gli ospiti. Io tentenno, dicendole che non spetta a me, ma lei mi porta con sé, di peso anche lei, fino all’entrata principale. Aprono l’enorme portone, dove scendono delle scalinate immacolate. La neve è stata spazzata via, e tutto è pulito e perfetto. Edmund ci saluta, e Lucy gli sistema la corona, tutta storta verso destra. Lucy nel suo abito verde è una meraviglia. I capelli le cadono liberi sulle spalle, sormontati da una corona argentata. Lo sguardo ha la gioia infantile e migliaia di anni di esperienza alla spalle. Peter aspetta in un angolo, guardando cupo le mura del palazzo. Sto per dirgli che mi dispiace per quello che è successo oggi e ringraziarlo per avermi invitata, quando arriva una vettura scura. È una carrozza nera, con uno stemma imperiale ai lati ( uno scudo dorato sormontato da una corona, trainata da cavalli). Scendono due donne. Entrambe bionde, una giovane e piuttosto succinta come abiti, e una più anziana con un abito argentato. La giovane rivela fina da subito le sue intenzioni, stampando un bacio sulla guancia a Peter e ad Edmund, a facendo la dolce in maniera esagerata con Lucy. Quando tocca a me fa un sorriso falso e uno guardo di fuoco.
- E la corona?-
- Oh, io non faccio parte della famiglia Reale, sono un’ospite.- le dico, con un sorriso forzato
- Ah. -  ah. AH. Gran bella risposta, un “ah”. Quando tocca alla madre, mi sento molto meglio. È una donna gentile ed educata, al contrario della figlia, e mi rivolge uno sguardo dolce. Non riesco a fare a meno che salutarla con una riverenza. Mi mette una mano sulla spalla, continuando a sorridere e guardandomi con quegli occhi azzurri, hanno all’interno delle pagliuzze dorate e marroni e le danno una bellezza unica nello sguardo. Porge il braccio ad Edmund (la giovane si è ovviamente appropriata di Peter) mentre io prendo per mano Lucy, e ci avviamo alla sala da ballo.
Faccio un respiro profondo, e mi ripeto che andrà tutto bene.

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Capitolo 14
*** 11 ***


È passata più o meno mezz’ora da quando gli ospiti hanno fatto la loro comparsa. Poco dopo il loro arrivo, la sala da ballo si è riempita di sudditi dei vari regni, e noto con stupore che quello dei nostri ospiti sono tutti umani. La principessa se ne sta in un angolo, sempre a braccetto con un Peter molto silenzioso e preoccupato. Edmund, accanto al fratello, se la ride sotto i baffi osservando la strana coppia. La signorina ha dei capelli biondi con dei lunghi boccoli, gli occhi azzurri pesantemente truccati, e un sorriso da squalo. Osservo l’abito rosso sangue con le maniche a metà gomito, la scollatura profonda e la collana di diamanti che le orna il collo bianco. Io sono seduta su una delle tante sedie messe ai lati della pista. Giovani e vecchi danzano leggiadri a coppie, a ritmo di musica. È allettante, ma non ho nessuno con cui volteggiare, e non so nemmeno come si fa. Sto pensando a questo, quando Lucy compare nella calca con un ragazzo moro.
- Luce, questo è Leroi, un vecchio amico di famiglia.- somiglia in modo inequivocabile alla sorella Graze, a parte i colori. I capelli sono di un bel marrone scuro, mentre gli occhi sono di un grigio chiaro e limpido.
Il ragazzo si siede accanto a me, osservandomi con una curiosità genuina.
- Quindi tu arrivi dalla terra.-
- Sì.- gli rispondo, imbarazzata. Lo sanno tutti?
- Deve essere stato un bello shock arrivare qui, vero?-
- Sì. Fino a poco tempo fa credevo che tutto questo, fauni, fate e compagnia bella, esistessero solo nelle favole..- osservo la folla. Le fate, piccoli esseri delicati dalle ali colorate, volano per la sala, portando fiori e parlando con tutti in modo allegro, mentre i fauni portano bicchieri pieni di bevande in giacca e camicia. Sembra tutto così .. surreale.
- Vuole concedermi l’onore di questo ballo?- mi chiede, con un sorriso ironico. Accetto ridendo, ma non mi sento a mio agio. Lo sguardo di Peter si posa su di noi in modo minaccioso. Cerco di non pensarci e continuo a scherzare con il giovanotto pimpante.
Volteggiamo per buona parte della serata, e mi fermo sedendomi in un angolo. Decido di uscire sul balcone. Una ninfa mi porge uno scialle di lana grigia. Mi appoggio al muretto di pietra, accanto a un vaso dello stesso materiale. La neve ricopre il paesaggio boschivo, e le uniche luci visibili sono quelle attorno alle mura e le fiaccole delle guardie. Qualcuno si appoggia accanto a me. Mi giro trovando un Peter piuttosto annoiato scrutare l’orizzonte.
- Volevo ringraziarti per avermi salvato.- gli dico, osservandolo. I giochi di luce che arrivano alle sue spalle, dalla vetrata della pista da ballo lo rendono quasi pericoloso.  La mascella è contatta , mentre le narici sono dilatate.
Fa un cenno per dirmi di lasciar perdere.
Restiamo in silenzio per un po’, osservando le guardie fare cambio , girare per le mura e le torrette.
- Forse dovresti tornare dal tuo cavaliere. Si starà annoiando senza la sua damigella.-
- Lui non è il mio cavalier ..- non faccio in tempo a terminare la frase, perché vediamo una delle fiaccole cadere nel vuoto, e sentiamo un urlo di allarme squarciare l’aria.
- Ci stanno attaccando!- mi urla. – entra. Metti al sicuro gli altri.- resto ferma a guardarlo con un ‘espressione sconvolta.
- Vai!- corro all’interno, dove è scoppiato il caos. Cerco di tranquillizzare gli ospiti, ma nessuno mi presta ascolto. Salgo su un tavolo , urlando per sovrastare la folla
- Fermatevi!- le persone si fermano di botto, guardandomi. – mettetevi al sicuro!.- poi chiedo, rivolta ad Edmund e Lucy. – dove sono i sotterranei?- le guardie reali scortano tutti fino ai sotterranei, dove saranno al sicuro. Mi stacco dal gruppo, andando verso l’armeria. Prendo arco e frecce, un’ascia e un coltello affilato, una cintura per issarli e mi dirigo verso al balcone. A metà strada incontro Edmund.
- Cosa ci fai qui?-  lo sorpasso di corsa. Passo per i corridoi a passo felpato e svelto, osservando ogni angolo. Arrivo alle mura, dove le guardie affrontano creature dall’aria estremamente pericolosa di sotto. Incocco una freccia contro una di esse che cerca di arrampicarsi. Peter mi mette una mano sulla spalla , cercando di fermarmi e urlando che è pericoloso.
- Giù.- gli urlo, e lui si butta terra. Conficco una freccia nella gola a un mostro cornuto che si stava avvicinando con una lunga lancia.
- Dopo faremo i conti.- mi ringhia contro, prima di correre verso un punto tra le mura.
Sto per scoccare , quando qualcosa mi piomba addosso.






ANGOLINO AUTRICE:
Rieccomi qua! Vi sono mancata? * le fischiano contro*.
Los o che non potete fare a meno di me e dei miei capitoli senza senso logico <.<
HO BISOGNO DI AIUTO PER IL CONTEST MIEI RAGAZZUOLI, ANCHE PER QUELLO DALLA FF INTERATTIVA SUGLI HUNGER GAMES!
Quindi, per bontà divina, datemi una mano.
Un abbracio grande grande a chi mi aiuterà e a tutti i lettori che seguono le mie pazze storie. :)
 

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Capitolo 15
*** 12 ***


~~Mi rialzo a fatica. Davanti a me, una donna serpente mi guarda arricciando le labbra in un sorriso. Prendo una freccia ma non ci riesco. Non ci riesco. La testa pulsa e in bocca sento il sapore metallico del sangue. Aspetto che il mostro attacchi, ma l’unica cosa che sento sono dei passi, chiaramente femminili, che si avvicinano. Alzo lo sguardo. La prima cosa che vedo è la deliziosa pelliccia bianca. Poi la corona cristallina e luccicante. Infine, i due occhi azzurri che si posano nei miei.
- Bene ,bene ,bene. chi abbiamo qui?- mi prende il mento con una mano bianchissima e sposta il viso da una parte all’altra, osservandomi come un intagliatore osserva un coccio di legno prima di cominciare ad intagliarlo.
- Una piccola figlia di Eva. Se sei arrivata qui deve esserci un motivo.- sussurra a denti stretti. La sua voce è suadente e calda. È una di quelle voci in grado di farti fare qualunque cosa.
- Asfrad!.- la donna serpente si avvicina. Ha gli occhi come quelli dei gatti, la pelle squamosa e la parte inferiore del corpo come quella dei serpenti.
- Prendi la figlia di Eva e portala al castello, svelta!- il mostro mi prende di peso e cerca di portarmi via con sé, ma viene fermata da una lancia conficcata nel cuore. Edmund guarda rabbioso la donna dagli occhi di ghiaccio.
Prende una delle asce e la lancia verso di lei, ma riesce a scostarsi in tempo. Cerco a tentoni il coltello attaccato alla cintura. L’unica cosa che voglio ora è che il cappotto si tinga di rosso.
La donna torna a guardarmi. In quel momento sento come se qualcosa scattasse dentro. Cla-clack. Come se un ingranaggio fosse stato messo in funzione. 
- Piccola Luce, vuoi rivedere i tuoi genitori, vero?-
Mi rialzo di nuovo. La testa pulsa ancora più forte di prima.
- Muori!- le urlo e squarciagola.
- MUORI!- urlo di nuovo. Mi lancio contro la strega. Sento il coltello affondare nella sua carne. Ma quello che esce è sangue dal colore blu metallico, non dissimile agli smalti metallizzati che vanno di moda sulla Terra. La donna urla. E in un attimo, scompare. Tutto torna alla normalità, spariscono le creature, vive e morte.
- Edmund!- corro verso di lui. È piegato su un fianco, e a quel punto vedo una specie di freccetta. Gliela tolgo delicatamente. Ha una crisi epilettica. Comincia ad avere le convulsioni, sbarra gli occhi e ansima. Della schiuma gli esce dalla bocca. Lucy gli fa bere un po’ del liquido nell’ampolla. L’effetto creato dal veleno svanisce.
- Stupida.- mi sussurra Peter quando mi si para davanti.
- Stammi a sentire ..- gli abbaio contro.
- Smettetela voi due!- sibila Lucy.
Faccio dietrofront e vado in camera mia. Sto per aprire la porta ed entrare , quando qualcosa mi prende il polso.
Peter.

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Capitolo 16
*** 12 ***


~~Mi rialzo a fatica. Davanti a me, una donna serpente mi guarda arricciando le labbra in un sorriso. Prendo una freccia ma non ci riesco. Non ci riesco. La testa pulsa e in bocca sento il sapore metallico del sangue. Aspetto che il mostro attacchi, ma l’unica cosa che sento sono dei passi, chiaramente femminili, che si avvicinano. Alzo lo sguardo. La prima cosa che vedo è la deliziosa pelliccia bianca. Poi la corona cristallina e luccicante. Infine, i due occhi azzurri che si posano nei miei.
- Bene ,bene ,bene. chi abbiamo qui?- mi prende il mento con una mano bianchissima e sposta il viso da una parte all’altra, osservandomi come un intagliatore osserva un coccio di legno prima di cominciare ad intagliarlo.
- Una piccola figlia di Eva. Se sei arrivata qui deve esserci un motivo.- sussurra a denti stretti. La sua voce è suadente e calda. È una di quelle voci in grado di farti fare qualunque cosa.
- Asfrad!.- la donna serpente si avvicina. Ha gli occhi come quelli dei gatti, la pelle squamosa e la parte inferiore del corpo come quella dei serpenti.
- Prendi la figlia di Eva e portala al castello, svelta!- il mostro mi prende di peso e cerca di portarmi via con sé, ma viene fermata da una lancia conficcata nel cuore. Edmund guarda rabbioso la donna dagli occhi di ghiaccio.
Prende una delle asce e la lancia verso di lei, ma riesce a scostarsi in tempo. Cerco a tentoni il coltello attaccato alla cintura. L’unica cosa che voglio ora è che il cappotto si tinga di rosso.
La donna torna a guardarmi. In quel momento sento come se qualcosa scattasse dentro. Cla-clack. Come se un ingranaggio fosse stato messo in funzione. 
- Piccola Luce, vuoi rivedere i tuoi genitori, vero?-
Mi rialzo di nuovo. La testa pulsa ancora più forte di prima.
- Muori!- le urlo e squarciagola.
- MUORI!- urlo di nuovo. Mi lancio contro la strega. Sento il coltello affondare nella sua carne. Ma quello che esce è sangue dal colore blu metallico, non dissimile agli smalti metallizzati che vanno di moda sulla Terra. La donna urla. E in un attimo, scompare. Tutto torna alla normalità, spariscono le creature, vive e morte.
- Edmund!- corro verso di lui. È piegato su un fianco, e a quel punto vedo una specie di freccetta. Gliela tolgo delicatamente. Ha una crisi epilettica. Comincia ad avere le convulsioni, sbarra gli occhi e ansima. Della schiuma gli esce dalla bocca. Lucy gli fa bere un po’ del liquido nell’ampolla. L’effetto creato dal veleno svanisce.
- Stupida.- mi sussurra Peter quando mi si para davanti.
- Stammi a sentire ..- gli abbaio contro.
- Smettetela voi due!- sibila Lucy.
Faccio dietrofront e vado in camera mia. Sto per aprire la porta ed entrare , quando qualcosa mi prende il polso.
Peter.

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Capitolo 17
*** La neve ***


Mi rialzo a fatica. Davanti a me, una donna serpente mi guarda arricciando le labbra in un sorriso. Prendo una freccia ma non ci riesco. Non ci riesco. La testa pulsa e in bocca sento il sapore metallico del sangue. Aspetto che il mostro attacchi, ma l’unica cosa che sento sono dei passi, chiaramente femminili, che si avvicinano. Alzo lo sguardo. La prima cosa che vedo è la deliziosa pelliccia bianca. Poi la corona cristallina e luccicante. Infine, i due occhi azzurri che si posano nei miei.
- Bene ,bene ,bene. chi abbiamo qui?- mi prende il mento con una mano bianchissima e sposta il viso da una parte all’altra, osservandomi come un intagliatore osserva un coccio di legno prima di cominciare ad intagliarlo.
- Una piccola figlia di Eva. Se sei arrivata qui deve esserci un motivo.- sussurra a denti stretti. La sua voce è suadente e calda. È una di quelle voci in grado di farti fare qualunque cosa.
- Asfrad!.- la donna serpente si avvicina. Ha gli occhi come quelli dei gatti, la pelle squamosa e la parte inferiore del corpo come quella dei serpenti.
- Prendi la figlia di Eva e portala al castello, svelta!- il mostro mi prende di peso e cerca di portarmi via con sé, ma viene fermata da una lancia conficcata nel cuore. Edmund guarda rabbioso la donna dagli occhi di ghiaccio.
Prende una delle asce e la lancia verso di lei, ma riesce a scostarsi in tempo. Cerco a tentoni il coltello attaccato alla cintura. L’unica cosa che voglio ora è che il cappotto si tinga di rosso.
La donna torna a guardarmi. In quel momento sento come se qualcosa scattasse dentro. Cla-clack. Come se un ingranaggio fosse stato messo in funzione. 
- Piccola Luce, vuoi rivedere i tuoi genitori, vero?- sussurra, con un sorriso sottile e diabolico. I ricordi affiorano come un torrente in piena. Mia madre e mio padre a passeggio, mano nella mano. La mamma in cucina, papà che torna dal lavoro, l’odore di tempera nello studio, la vecchia macchina da scrivere che mio padre teneva su una mensola.
Mi rialzo di nuovo. La testa pulsa ancora più forte di prima. Sento il sangue pastoso in bocca.
- Muori!- le urlo e squarciagola.
- MUORI!- urlo di nuovo. Mi lancio contro la strega. Sento il coltello affondare nella sua carne. Ma quello che esce è sangue dal colore blu metallico, non dissimile agli smalti metallizzati che vanno di moda sulla Terra. La donna urla. E in un attimo, scompare. Tutto torna alla normalità, spariscono le creature, vive e morte.
- Edmund!- corro verso di lui. È piegato su un fianco, e a quel punto vedo una specie di freccetta. Gliela tolgo delicatamente. Ha una crisi epilettica. Comincia ad avere le convulsioni, sbarra gli occhi e ansima. Della schiuma gli esce dalla bocca. Lucy gli fa bere un po’ del liquido nell’ampolla. Dopo qualche altra convulsione, l’effetto creato dal veleno svanisce.
- Stupida.- mi sussurra Peter quando mi si para davanti.
- Stammi a sentire ..- gli abbaio contro.
- Smettetela voi due!- sibila Lucy.
Faccio dietrofront e vado in camera mia. Sto per aprire la porta ed entrare , quando qualcosa mi prende il polso.
Peter.
Mi guarda negli occhi, e in quel preciso istante so che devo chiedergli scusa, ma si sa, l’orgoglio è una brutta bestia. L’orgoglio può farti sembrare forte, ma nasconde la più oscura infelicità.
- Scusa per quello che è successo io..- comincio, cercando di non guardarlo negli occhi. Ho paura che possa cacciarmi a calci. Mi ripeto che se me ne andrò, non sarà grave, tornerò alla mia vita. Una vita da orfana, in una casa grande e misteriosa. Sì, forse restare qui è meglio.
- No, sono io che devo chiederti scusa.- mi dice, tenendo gli occhi bassi. – so che vuoi lottare ma hai la possibilità di .. tornare a casa.- quando lo dice, vedo che si sforza di contenersi. Cominciano a tremargli le mani.
- Io resto.- gli sussurro. Alza la testa, come se non avesse capito bene. – questa è la mia vita Peter. Se voi avete bisogno di me , io ci sarò. Voglio combattere.- sorride, e per un attimo quel sorriso trasforma Peter in un ragazzo perfetto, che vorresti conoscere più che evitare.
- Perfetto. Cominci l’allenamento domani , alle nove.- mi dice, accennando ad un saluto militare.
Entro nella mia stanza e sorrido verso la finestra.
Sono a casa.

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Capitolo 18
*** 14 ***


~~Paro un colpo di Edmund e mi lancio subito in un affondo, ma non riesco a colpirlo, perché lui si sposta quanto basta per schivare il colpo. Cerco di colpire il centauro alla mia destra, ma riesce a bloccare la lama a terra con gli zoccoli. Facciamo una breve pausa per rifocillarci, visto che ci alleniamo senza vere e proprie soste da tre ore.  Prendo uno degli asciugamani attaccati ai rami degli alberi,che ogni combattente ha con sé. Il mio è un panno bianco con i bordi azzurrognoli. Me lo passo sulla fronte sudata e lo appoggio sul collo, mentre mi riallaccio lo stivale.
- È sempre così?- chiedo ad Edmund, che sta bevendo da una borraccia di pelle.
- Oh, e di solito è anche peggio.- mi risponde con un sorriso, mentre si appoggia a una delle decine di querce che adornano la Serra. Mi appoggio allo stesso albero, sedendomi sull’erba soffice e verde. Si potrebbe dire che questo è un bosco artificiale. È una specie di enorme radura costruita in una delle stanze del castello, con il tetto in vetro spesso diverse decine di centimetri e altro materiale. Alla mia destra c’è un bosco di alti abeti, mentre alla mia sinistra un bosco di salici e pieno di laghetti. Di fronte, invece, c’è una radura piana in cui le guardie si allenano tra loro. Dietro di noi continua una foresta di querce come quella contro cui sono seduta. Metto una mano sulla fronte mentre osservo Peter sconfitto da Evelin , che gli fa un inchino con un sorriso di trionfo. Poco dopo vedo la centaura aiutare il vecchio consigliere a mettersi seduto su una sedia a dondolo all’ombra di un salice.
Ho notato che la donna è più dolce nei confronti dell’anziano, ma non ho mai osato chiedere nulla. Ricominciamo gli allenamenti.
Parata. Affondo. Schivo. Finta, tentato affondo. Parata.
L’allenamento prosegue a ritmo frenetico, e quasi salto di gioia quando mi mandano alla postazione di tiro. Gli archi sono in legno e lucidi, con le corde tese e frecce dalle piume scure e perfette. Incocco la freccia, faccio qualche prova, e il risultato non è niente male. Rientro nella mia stanza dopo pranzo, per riposarmi. Mi sdraio sul letto, osservo il soffitto del letto a baldacchino, ricamato con un leone rosso e alcuni disegni. Ne seguo le linee con le dita, giocherellando con la mia fantasia, fino ad addormentarmi.

Apro gli occhi, e mi trovo sopra un soffice mantello di erba verde e profumata. Dall’albero sopra di me scorgo tra le foglie i raggi del sole e alcuni fiori bianchi e dalle forme sinuose. Ne raccolgo uno a terra. È un fiore dai petali tozzi e dalla punta sottile, bianchi ma con qualche nervatura violacea, che manda un profumo dolce. gli alberi davanti a me cominciano a muoversi e a danzare. La cosa mi lascia piuttosto basita, ma ne seguo uno che sembra chiamarmi. È un piccolo salice dai movimenti aggraziati e veloci, che mi guida fino a una pietra in rovina, con sopra delle incisioni. La pietra sembra un rettangolo spaccato, immerso in delle rovine coperte di muschio e rampicanti. Vecchie catene pendono dai lati, e scorgo un movimento alla mia destra, ma quando mi giro, non vedo nulla, fuorchè una vallata immensa. Ma è in quel momento che li vedo: i due eserciti in battaglia. Il clangore delle spade mi arriva alle orecchie con un rumore assordante e crollo sulle ginocchia, cercando di coprire le orecchie con le mani, ma il suono non mi abbandona. Sento ogni singola morte come se fosse mia. Muoio mille volte, e per mille volte rinasco, se non per morire di nuovo, ogni volta in modo ancora più atroce del precedente. E urlo. Urlo fino a non avere più voce, fino a che non mi rendo conto di avere la faretra in spalla e l’arco davanti a me. lo prendo , tremando. Pian piano, il rumore si fa meno intenso. Mi rialzo a fatica, appoggiandomi a uno dei muri ricoperti di edera. Incocco la freccia, miro al cielo. E quando la freccia colpisce il bersaglio, l’unica cosa che vedo è un bagliore accecante e qualcosa di dorato saettarmi davanti.
Poi, il vuoto.

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Capitolo 19
*** Capitolo 15 ***


Apro la porta e mi fiondo nel corridoio, tenendo in mano il candelabro d’argento, strascicando i piedi. Illumino i quadri e le statue con la luce delle fiammelle, rischiando di perdermi. Tutto è così cupo, di notte. Sento l'inquietudine strisciare sui mobili, sul pavimento, sui muri. Percepisco la paura nelle anime dei sudditi. Percepisco la paura nei sogni dei sovrani. Passo davanti alla sala da pranzo, dove solo due sere f era tutto sottosopra. Gli ospiti se ne sono andati solo ieri sera. Tutte le tende sono chiuse e non si vede niente. Arrivo all’ingresso, dove non trovo nessuno. Infilo il mantello e apro il portone , facendo entrare i fiocchi nel palazzo. Comincio a correre nella neve, con una candela in mano e ansimando. So dove devo andare, i miei piedi vagano ancora qualche metro in mezzo alla neve. è da poco sorta l’alba, e io sto impazzendo. I muscoli sono tesi e so che andrei in quel posto anche a piedi. Arrivo alle stalle, prendo un cavallo, lo sello e parto al galoppo. La mantella color porpora svolazza. Mi volto. Il castello è così piccolo,all’orizzonte. Sprono il cavallo verso sud.
Gli alberi qui sono perlopiù pioppi o, per uno strano abbinamento, ciliegi. Tutti senza foglie e tutti simili tra loro. Mando il cavallo al passo, accarezzandogli il collo. passeggio senza una meta ben precisa, o così credo. Gli alberi cominciano a diradarsi, lasciando spazio ad una collina e ad uno spiazzo. Scendo dal cavallo, avvicinandomi alle rovine coperte di neve. davanti a me, ecco l’altare di pietra.
Mi avvicino a un buco nel muro di fronte, osservando il precipizio sotto di me. Sotto scorre un impetuoso fiume, mentre di fronte a me vedo una vallata ricoperta di neve intatta. Mi appoggio alla pietra, lasciando penzolare le gambe. Ma le mie orecchie lo sentono appena in tempo, e mi accuccio per terra.
Nel frattempo, vedo l’enorme lupo volare nel vuoto.

 

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