Avatar, la leggenda di Kin

di Hiroyuki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Libro uno: entropia - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Libro uno: entropia - Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Libro uno: entropia - Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Libro uno: entropia - Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Libro uno: entropia - Capitolo 1 ***


Libro 1: Entropia
Capitolo uno


«È incredibile, dopo oltre due ore ancora non ci sei riuscito. Ma si può sapere coshai in quella testa? A cosa pensi invece di meditare come si dovrebbe? Non sei mai riuscito e dico MAI ad entrare in contatto con uno spirito. Nemmeno uno piccolino, uno piccino di quelli che saltellano ovunque».

Kin se ne restava seduto a terra, gambe incrociate e pugni stretti uniti luno verso laltro, a sentire lennesima sfuriata dellanziano maestro dellaria che si lagnava della sua incapacità.

La cappa verde, con i colori tipici della Federazione Unita della Terra, non pesava sulle sue spalle tanto quanto il disappunto dellinsegnante che, di certo, non aveva nessuna intenzione di tenere celato.

«Non essere così duro, Meelo, in fondo non possiamo dire che non si stia impegnando. Magari c’è qualcosa che sfugge anche a noi, magari non riusciamo ad indirizzarlo nel modo giusto. In fondo nemmeno noi siamo abili quanto Jinora a…».

Ma il secondo maestro dellaria non fece in tempo a terminare la propria frase che fu prontamente interrotto.

«È inutile che continui a difenderlo, Rohan, e anche tirare in ballo nostra sorella non serve a niente. Credi che non sappia che Jinora sarebbe stata lideale come insegnante? Ma è morta da tre anni e questo zuccone, questo incapace...».

Il vecchio Meelo era tutto rosso in volto nella sua furia e Kin davvero cominciava ad averne abbastanza. Erano oramai settimane che lo ammorbavano con questa storia degli spiriti, del legame con essi, con il fatto che doveva esserne il ponte, con Raava e, ogni volta, si replicava questo gioco delmaestro buono e maestro cattivo, dove Meelo vomitava tutta la sua frustrazione sullo studente e Rohan lo difendeva ma spronandolo a migliorare.

«Adesso basta!» esclamò Kin battendo i pugni sul pavimento, su cui si formarono immediatamente alcune crepe.

«Sono lavatar più precoce che sia mai esistito» sentenziò verso il maestro Meelo, rimettendosi in piedi. «A soli otto anni riuscivo a dominare tutti e quattro gli elementi, a nove ho appreso il dominio del metallo. Nemmeno lavatar Aang è mai riuscito a tanto».

Il maestro Meelo spalancò gli occhi quando sentì pronunciare il nome del nonno, mentre Rohan si colpì rumorosamente la fronte con il palmo della mano, già prevedendo la sfuriata a cui avrebbe assistito.

«Non provare a paragonarti allavatar Aang, lui a dodici anni comunicava con gli spiriti senza alcun problema, era in contatto con le sue vite precedenti e, soprattutto, era in grado di entrare ed uscire dallo stato dellavatar senza alcun problema, cosa che tu…» puntò il dito indice verso la testa di Kin «tu, non sei ancora stato in grado di fare. Ed hai ben 16 anni, per gli spiriti! Dovresti oramai essere in grado di farlo, dovresti essere in grado di svolgere appieno il tuo compito di avatar.»

«…mpf…» rispose a malapena Kin, alzando le spalle ed incrociando le braccia al petto. «Forse gli spiriti non vogliono parlare con me. E non è che abbia tante vite precedenti con cui entrare in contatto. Mi avete insegnato voi che, durante lultima convergenza armonica, il ciclo dellavatar è stato spezzato ed è ricominciato, quindi al massimo potrei comunicare solo con lavatar Korra.»

«E con questo? Korra è stata una dei migliori avatar di sempre e avrebbe molto da insegnarti, se solo tu tu…»

«Senti, Meelo, forse stiamo esagerando un po tutti. Perché non ci prendiamo una pausa e cerchiamo di capire come sia meglio procedere? È chiaro che non stiamo raccogliendo i frutti sperati, quindi, magari, potremmo pensare a qualcosa di diverso».

Meelo emise un lungo sospiro «E va bene, Rohan, facciamo una pausa. Rilassati un momento ragazzo». Esclamò con un tono di voce molto più gentile nei confronti del nuovo avatar. «Riprenderemo più tardi».

«E va bene» sbuffo il ragazzo, sollevando la mano destra, per poi uscire dalla stanza di meditazione. «Ci vediamo dopo, allora».

Non appena fu fuori, senza farselo ripetere, Kin, corse su per le scale, arrivando fino al livello più alto del tempio dellaria, ubicato su un isolotto nella baia di Republic City.

La leggera brezza che gli smuoveva i neri capelli, lunghi fino alle spalle, lo fece sentire subito meglio; un senso di libertà che era esattamente lopposto di quello che aveva provato fino a pochi istanti prima, chiuso, bloccato fra quelle quattro mura con i maestri che lo rimproveravano.

Lentamente si avvicinò al parapetto, poggiandoci i gomiti sopra e fissando il proprio sguardo verso la città così vicina, eppure così lontana. Alcuni giovani dominatori dellaria volteggiavano con i loro alianti sopra di lui e, per un attimo, fu tentato di fare altrettanto. Poteva andare a prendere il suo e spiccare un balzo che già, ma poi che avrebbero detto i maestri Rohan e Meelo?

Già si immaginava i rimproveri perché perdeva tempo a giocare e divertirsi anziché prepararsi al suo dovere. Che poi, in fondo, riusciva a dominare tutti gli elementi, e piuttosto bene, anche. Glielo avevano riconosciuto tutti. Possibile che entrare nello stato dellavatar o parlare con gli spiriti fosse così importante? Poteva portare equilibrio nel mondo anche senza.

Era ancora immerso nei suoi pensieri, quando udì dei passi alle proprie spalle. Immediatamente si voltò, e vide Meelo e Rohan avvicinarsi a lui.

«Te lavevo detto che lavremmo trovato qui, Meelo».

«Ovvio, a perdere tempo come sempre».

Kin sospirò, appoggiando la schiena contro il parapetto, ed incrociando le braccia, con aria quasi di sfida.

«Avanti, allora, quali nuove forme di tortura avete studiato questa volta?».

I due fratelli si scambiarono unocchiata interrogativa, poi Rohan spiegò lidea che avevano avuto:

«Siccome non riesci ad entrare in contatto con gli spiriti da qui, abbiamo pensato che potrebbe esserti utile entrare fisicamente nel Regno degli Spiriti. Quel fascio di luce che vedi laggiù, più o meno nel centro di Republic City, è il portale che è stato aperto dopo la battaglia contro Kuvira. Io e Meelo pensiamo che potrebbe farti bene visitarlo, per qualche tempo».
Kin non riusciva a credere alle proprie orecchie. Avere la possibilità di visitare il Regno degli Spiriti? E, soprattutto, poterlo fare da solo, senza lingombrante presenza dei maestri dellaria? Era un sogno, o forse gli anziani maestri erano completamente impazziti, ma, comunque, non voleva perdersi quelloccasione per niente al mondo.

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Capitolo 2
*** Libro uno: entropia - Capitolo 2 ***


Libro 1: Entropia
Capitolo due


La notizia del viaggio dellavatar per il soggiorno nel Regno degli Spiriti aveva avuto una certa rilevanza e così, il giorno stabilito per la partenza, nella piazza costruita attorno al portare di Republic City, si era radunata una discreta folla per osservare il giovane avatar, che ancora non aveva fatto molto per farsi conoscere, iniziare la sua avventura.

Kin era in piedi, un giovane di circa un metro e ottanta, vestito con una divisa verde a maniche corte, con i simboli classici della Federazione Unita della Terra, i capelli neri e un po mossi erano sciolti e ricadevano sulle spalle, mentre gli occhi verdi scrutavano con attenzione il fascio di luce che, a partire dal centro della piazza, si stagliava in cielo.

«Dunque è quello che devo attraversare?» chiese Kin ai due anziani maestri che non lo avevano lasciato solo fino allultimo.

«Esatto!» esclamò il maestro Meelo. «Una volta che avrai attraversato il portale ti ritroverai nel Regno degli Spiriti. Mi raccomando, fai attenzione, non ti avventurare in sentieri pericolosi e ricordati che non tutti gli spiriti sono amichevoli. Quindi se avessi qualsiasi problema, torna immediatamente qui».

«In ogni caso, alcune guardie del Loto Bianco, resteranno qui a presidiare il portale, nel caso avessi bisogno di aiuto» Completò la spiegazione il maestro Rohan. «E comunque non ci andrai di certo da solo». Aggiunse solo in un secondo momento mentre un sorrisetto beffardo compariva sul volto del nomade dell'aria.

Tutto d'un tratto l'entusiasmo del giovane avatar si tramutò in disperazione. Era logico che i due avessero qualcosa in mente e subito la sua mente prese a volare su quale fosse il baby sitter che gli avrebbero messo accanto. Forse una guardia del Loto Bianco, forse un maestro dell'aria... magari proprio uno dei due sarebbe stato l'inaspettato accompagnatore. Invece la realtà si rivelò ancora peggiore della fantasia.

«Ehi, Kin, non vedevo l'ora di partire con te per questa missione. Quando me l'hanno detto non riuscivo a crederci che proprio io e te saremmo andati nel Regno degli Spiriti insieme».

Un ragazzo all'incirca dell'età di Kin si fece avanti tra la folla. Anch'egli indossava una tunica della Federazione della Terra, sprovvista di maniche, molto simile a quella indossata dall'avatar. Era un ragazzo piuttosto robusto, forse con qualche chilo di troppo, con i capelli corti ricci, di colore castano chiaro. Gli occhi erano grigi ed era di una decina di centimetri più basso dell'avatar.

«Yo... Yoshi? Non ci posso credere, hanno chiesto a te di accompagnarmi?» chiese l'avatar con un'espressione di incredulità e sgomento.

«Non è fantastico?» replicò Yoshi, mostrando un sorriso da cui trapelava tutta la sua gioia.

«No, per niente» avrebbe voluto rispondere Kin, ma, per gentilezza, si limitò ad un forzato sorriso che appariva più come un ghigno. In effetti non aveva nulla contro Yoshi, si conoscevano da una vita, era un buon dominatore della terra e di grande inventiva, nonché nipote di Bolin ed Opal, da parte di madre, e di Varrick e Zhu Li, da parte di padre, tutti amici dell'avatar Korra.

Eppure qualcosa del suo carattere non gli era mai andato a genio: troppo burlone, troppo ingenuo, troppo allegro e spensierato, in ogni occasione. Un atteggiamento decisamente opposto a quello che gli avevano sempre insegnato dovesse essere il suo, più serio ed equilibrato.

«Allora, cosa state aspettando?» la voce del maestro Meelo risuonò come una sveglia nella mente di Kin, riportandolo alla realtà. «Volete partire adesso o dobbiamo aspettare che faccia notte?».

I due ragazzi annuirono quasi all'unisono, sebbene con espressioni completamente all'opposto quindi, lentamente, si avvicinarono al fascio di luce, leggermente intimoriti. Quando arrivarono a pochi centimetri da esso si fermarono, scambiandosi un'ultima occhiata, quindi mossero un passo avanti ed entrarono.

Immediatamente, le abitazioni e le strade di Republic City sparirono, per lasciar posto ad un ampio giardino, pieno di fiori viola, mentre numerose creaturine dalle forme più strane, fecero la loro comparsa intorno ai due dominatori.

«Fantastico, è questo il Regno degli Spiriti? È ancora più spettacolare di come lo avevo immaginato» esclamò entusiasta Yoshi.

«Già, ma non possiamo distrarci, credo che laggiù ci sia un fiume, potrebbe essere un buon posto per accamparci» rispose molto più pragmaticamente l'avatar.

Yoshi sollevò appena le spalle, per poi incamminarsi nella direzione presa dall'amico, ma continuando ad essere interessato molto di più agli innumerevoli spiriti, dalle forme più disparate, che popolavano quel mondo.

«Non ti sembra incredibile? Ognuna di queste creature è uno spirito, ognuna di esse....»

«Sì, sono gli spiriti, chi altri pensavi che avremmo incontrato nel Regno degli Spiriti?» lo interruppe bruscamente Kin.

«Be', tu sei qui per entrare in contatto con loro, ma se non li guardi nemmeno come fai?» Yoshi non voleva rinunciare al proprio ruolo di “aiutante” dell'avatar e si posizionò dietro di lui, mettendogli l'indice ed il medio sulle tempie, cominciando a massaggiargliele. «Avanti, concentrati e fai tutte quelle tue cose da avatar» lo incalzò.

Kin strinse i denti per poi esplodere con tutta la sua frustrazione. «Oh, senti, smettila con le tue buffonate, non ci sono riusciti i maestri dell'aria a farmi entrare in contatto con gli spiriti, non ci riuscirai certo tu con i tuoi massaggi» esclamò a gran voce.

Yoshi si ritirò subito indietro, colpito e sorpreso dalla veemenza con cui gli era stato risposto. «Ok» si limitò a bofonchiare, per poi continuare a camminare dietro all'avatar, comunque sempre interessato ad osservare gli spiriti che, tra l'altro, prese a disegnare sul taccuino che portava sempre con sé, nel caso gli fosse venuta qualche idea da annotarsi.

Dopo circa un'ora di cammino, esattamente come aveva detto Kin, i due arrivarono ad un corso d'acqua, proprio nel punto in cui curvava bruscamente verso ovest. Sulla sponde est si ergeva un enorme albero alto ameno una ventina di metri. Il tronco era largo quasi quanto il tempio dell'aria di Republic City e i rami, oltre una certa altezza, si curvavano, arrivando quasi nuovamente a toccare terra, terminando in ciuffi di foglie color rosso vivo.

«Ecco, possiamo fermarci qui a riposare. C'è l'acqua, e l'ombra di questo albero mi sembra l'ideale per recuperare le energie» disse Kin con tono molto sicuro di sé. Quindi si sfilò lo zaino, appoggiandolo a terra, per poi voltarsi verso Yoshi. «....e... senti, comunque per prima volevo dirti che mi..» ma prima che l'avatar potesse terminare le proprie scuse all'amico, vide uno dei rami dell'albero piombargli addosso con un movimento curvo e sbatterlo a terra.

Subito dopo un altro ramo si sollevò alto in cielo per poi lanciarsi verso Yohsi. Kin alzò le braccia al cielo, con movimenti circolari e, subito, l'acqua del fiume si sollevò formando un lungo serpentone azzurrò che andò a colpire lateralmente il ramo, deviandone la traiettoria in modo che non colpisse il dominatore ancora per terra. Subito dopo strinse i pugni e l'acqua si tramutò in ghiaccio, bloccando il ramo in quella posizione.

«Attentò!!!» strillò Yoshi che, nel frattempo si era rialzato. Kin si voltò notando due rami lanciati verso di lui ma, prima che potesse intervenire, Yoshi colpì il suolo con il piede destro, facendo sollevare due lastre di terra tra Kin e i rami, che vi impattarono contro, distruggendoli.

L'avatar fece un salto indietro, anche a causa dei frammenti che gli erano volanti contro e, immediatamente, reagì balzando in avanti; fece una capriola in aria e dalla sua gamba tesa fuoriuscì una raffica di vento che spinse lontano i due rami, facendo anche svolazzare un consistente numero di foglie.

Nel frattempo Yoshi non era certo rimasto a guardare: colpì nuovamente il terreno con il piede, facendo sollevare un grosso blocco di pietra, quindi lo colpì prima con il pugno destro, scagliandone la metà superiore contro il tronco l'albero; poi con il pugno sinistro, lanciò la seconda metà verso un altro ramo che stava cercando di colpirlo con una sferzata.

«Adesso basta!» esclamò Kin, stufo di quel gioco. Effettuò una rotazione su se stesso ed aprì il palmo della mano, da cui scaturì una lunga fiammata che si andò ad abbattere contro il tronco dell'albero.

Immediatamente tutti i rami cessarono di muoversi tornando nelle loro posizioni originali, mentre il punto colpito dalla fiammata aveva lasciato un'apertura nel grande tronco.

«Ma cosa caspita è successo?» domandò Yoshi non appena si accorse che l'albero aveva smesso di attaccarli.

«Non saprei dirlo, forse questo albero è, in realtà, uno spirito... ma guarda, c'è qualcosa dentro il tronco» rispose Kin.

I due si guardarono un attimo con aria interrogativa, poi, senza pronunciare alcuna parola, si avvicinarono all'apertura restando stupefatti da quello che videro: una ragazza!

All'interno dell'albero c'era una ragazza, di circa 15 anni, seduta a gambe incrociate con le mani appoggiate alle ginocchia in posizione di meditazione. Indossava degli abiti rossi, tipici della nazione del fuoco ed aveva morbidi capelli castani che ricadevano sulle spalle in graziosi boccoli. Quando aprì gli occhi, mostrando un azzurro profondo dell'iride, i due ragazzi si scambiarono un nuovo sguardo, ancora più perplesso.

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Capitolo 3
*** Libro uno: entropia - Capitolo 3 ***


Libro 1: Entropia
Capitolo tre


«Perché avete fatto del male al mio amico?», domandò la fanciulla con una voce dolce e cristallina.

«Scusa, non sapevamo che fosse uno spirito… e che ci fosse un altro spirito al suo interno», rispose Yoshi, ancora stupefatto da quella visione.

«A dire il vero, sarebbe stato il tuo “amico” ad attaccare noi», replicò Kin, con fare stizzito, dimostrando quanto poco aveva gradito quell’aggressione a sorpresa.

«Mi stava solo difendendo…», replicò la fanciulla che, poggiando le mani sul bordo dell’apertura nel tronco, ne uscì fuori, rimettendosi in piedi. «E comunque io non sono uno spirito, lui lo è», rispose all’affermazione di Yoshi con una leggera risata.

«E quindi chi saresti? E cosa ci fai qui nel Regno degli spiriti?», la incalzò ancora l’avatar, piuttosto sospettoso.

«Mi chiamo Aliza, molto piacere», rispose lei, senza tentennamenti. «Sono una normalissima umana, esattamente come voi, abito nella Nazione del Fuoco, ma sono un’orfana. Fin da piccola ho sempre avuto un legame speciale con gli spiriti, possiamo dire che mi hanno cresciuta loro e, così, ho pensato di venire a visitare il loro mondo. Il mio amico qui, mi stava solo proteggendo durante la meditazione, per questo vi ha attaccati. Non voleva farvi del male», spiegò ai due ragazzi, poggiando la mano destra sul tronco dell’albero, accarezzandone lievemente la superficie.

«Be’, in questo caso tutto a posto», rispose Yoshi con un sorriso, procedendo poi alle presentazioni. «Io mi chiamo Yoshi e lui è Kin. Veniamo dalla Federazione Unita della Terra e… lui è l’avatar», per pronunciare l’ultima frase si avvicinò alla ragazza, abbassando il tono e portando una mano alla guancia, come a volerle rivelare chissà quale segreto.

«Molto lieta di conoscervi», rispose Aliza, afferrando i lati della gonna rossa ed allargandola, facendo un leggero inchino. «Onorata di conoscere l’avatar».

Kin osservava la ragazza, decisamente affascinato da lei e non solo per la sua evidente bellezza, ma anche per forte spiritualità che mostrava in ogni suo atteggiamento. Era un’ammirazione condita da una punta di invidia, per il fatto che proprio lui, l’avatar, il ponte fra umani e spiriti non riusciva ad entrare in contatto con quelle entità che, invece, sembravano così legale a lei.

«Be’, il piacere è tutto nostro», disse infine Kin, rendendosi conto che era rimasto a fissarla troppo a lungo. «...ehm… se vuoi puoi restare con noi, pensavamo di accamparci qui».

«Sì, stavamo cercando un posto dove Kin possa provare i suoi esercizi di meditazione, sai, non è ancora riuscito ad entrare in contatto con gli spiriti… ehi, perchè non provi a farti aiutare da Aliza? Lei sembra essere brava in queste cose», Esclamò Yoshi, prima verso la ragazza e poi verso l’avatar.

Kin strinse i denti, pensando per un attimo di scagliare un masso contro quel pettegolo di Yoshi che aveva spiattellato tutte le sue difficoltà alla prima venuta. «Diciamo che sono ancora in addestramento», esclamò, cercando di giustificarsi.

«Se vuoi sarei felice di darti una mano», disse gentilmente Aliza. Un’offerta che, tutto sommato, non dispiaceva così tanto all’avatar. In fondo poteva essere l’occasione giusta per stare un po’ da soli.

«Perchè no...», rispose Kin. «E magari, Yoshi, mentre noi ci esercitiamo, potresti andare a cercare un po’ di legna per il fuoco di stasera, che ne dici?».

«Va bene!», esclamò Yoshi. «Basta solo che che non ci siano altri spiriti-alberi-difensori qui in giro».

Aliza scoppiò in una risata divertita. «No, no, stai tranquillo. L’unico che conosca di questo tipo è questo. Ma cerca di non danneggiare troppo la vegetazione».

«Agli ordini!», rispose prontamente il dominatore della terra, portando le dita della mano destra, tese, alla fronte scimmiottando un saluto militare. Quindi si allontanò per iniziare la propria ricerca.

Nel frattempo, Aliza e Kin avevano cominciato i propri esercizi di meditazione: seduti uno di fronte all’altra, la ragazza correggeva le posture dell’avatar e gli dava consigli su come liberare la mente e lasciare che l’energia degli spiriti fluisse dentro di lui per stabilire un contatto.

La maestra era molto paziente, ma l’allievo decisamente cocciuto e, per quanto si sforzasse, non riusciva a stare fermo o a liberare la mente, che continuava ad essere piena di dubbi e di pensieri.

Le lezioni durarono diverse ore, fino a quando il sole era oramai calato ed aveva lasciato il posto alla notte.

Kin era rimasto da solo, seduto a gambe incrociate vicino al fiume perchè, secondo Aliza, il rumore dell’acqua agevolava la concentrazione. Forse era vero, ma c’era qualche altra cosa che contribuiva a disturbarla: le risate di Aliza e Yoshi, seduti attorno al fuoco, che sembrava si divertissero molto, insieme. Un fastidio crescente, non dato tanto dal rumore che facevano, non solo almeno, ma anche dall’intesa che sembravano avere. In fondo lui era l’avatar, era lui la persona più importante del mondo, avrebbe dovuto ottenere l’ammirazione ed il rispetto degli altri.

«Adesso B-A-S-T-A!», strillò Kin al suono un po’ più alto di una risata di Yoshi. Allungò le braccia verso il cielo, emettendo due fiammate dai pugni stretti. «Siete insopportabili, non ci si riesce a concentrare con tutto il baccano che fate, me ne vado!», esclamò ancora, allontanandosi poi dalla zona.

I due si zittirono improvvisamente nel vedere quella scenata, non capendo cosa lo avesse fatto arrabbiare tanto.

«Aspetta», lo pregò Aliza. «Oramai è buio e non è sicuro aggirarsi per...».

«Lascialo andare», la interruppe Yoshi, poggiandole una mano sulla spalla. «Non siamo stati molto rispettosi verso di lui, in fondo si sta impegnando tanto, e ha tante pressioni addosso. Dobbiamo capirlo».

Kin avanzava nella notte, senza una meta precisa, con il solo obiettivo di allontanarsi il più possibile dagli altri due. La situazione era surreale. Possibile che avesse così grande difficoltà? Possibile che non riuscisse a compiere le straordinarie imprese per cui i suoi predecessori erano diventati famosi ed amati da tutti?

«Sono stati davvero sgarbati, non è vero?», disse all’improvviso una voce roca che proveniva dalla spalla destra dell’avatar.

Il ragazzo si voltò immediatamente, e notò che una strana creatura gli si era arrampicata addosso: era una specie di scimmietta anche se più piccola del normale ed aveva un pelo color viola scuro. Il muso era allungato ed aveva una lingua verde simile a quella di una lucertola.

«E tu chi saresti?», replicò immediatamente Kin, un po’ stizzito di essere diventato il mezzo di trasporto del primo spirito che passava da quelle parti. E, soprattutto, perchè si intrometteva nei suoi affari?

«Il mio nome è Sovelis, onorato di conoscere l’avatar», rispose prontamente la creatura. «Non giudicarmi male, ma ho assistito alla scena e penso che i tuoi amici non siano stati molto delicati con te. Dovevano aiutarti, assisterti, non pensare ai fatti loro».

«Dunque anche tu pensi che io abbia ragione. Le mie difficoltà nascono proprio da questo genere di cose… maestri che non sono capaci di insegnare correttamente, amici che si fanno gli affari loro».

«Ma certo, ma certo...», lo spirito annuiva ripetutamente con il suo piccolo capo. «Tu sei l’avatar, sei la massima autorità, il migliore di tutti. È ovvio che non può dipendere da te».

«Quindi l’avatar è tornato, finalmente, era da tempo che non si faceva vedere in giro», esclamò una voce femminile, proveniente dall’oscurità, anticipando una figura che, camminando verso Kin, si fermò a pochi passi da lui.

Sembrava essere una normalissima ragazza, sui quattordici anni. Aveva i capelli castani che arrivavano fino alle spalle, tranne alcune ciocche, legate in uno chignon. La ragazza indossa degli abiti tipici dei nomadi dell’aria e sulla sue fronte si poteva notare il tatuaggio di una freccia, simbolo di un maestro dell’aria, emergere dai capelli, così come sulle sue mani.

«Scusa, e tu, esattamente, chi saresti?», chiese Kin, nuovamente sorpreso di vedere spuntare fuori dal nulla un’altra ragazza.

«Però sei qui con tutto il tuo corpo, non solo con il tuo spirito. Immagino che questa sia un’intelligente pensate dei miei fratelli», proseguì la ragazza, ignorando completamente la domanda dell’avatar.

«Fratelli? Ma non sarai mica… no, non può essere...», balbettò ancora il ragazzo.

«Jinora, figlia del maestro dell’aria Tenzin e nipote dell’avatar Aang, tuo predecessore due vite fa», rispose ella con un sorriso.

«Ma non è possibile, tu sei… tu sei… », avrebbe voluto aggiungere un “morta”, ma non sembrava carino nei confronti della nuova arrivata.

«Be’, dovresti saperlo che nel Regno degli Spiriti, piuttosto che quello che si cerca, si incontra quello di cui si ha bisogno. Dovrebbero avertelo spiegato Meelo e Rohan», lo interruppe Jinora, con fare da maestrina. «E quindi, vediamo cosa sai fare. Avanti, concentrati».

«Perchè questo spirito ti sta dando ordini? Tu sei l’avatar, non dovresti essere tu a prendere ordini», esclamò Sovelis, che era rimasto appollaiato ad ascoltare tutta la conversazione.

«E tu, esattamente, chi saresti?», chiese Jinora, avvicinandosi alla spalla di Kin per osservare meglio la creaturina. «Sei uno spirito piuttosto curioso, non ne ho mai visti simili a te. Ma ora non disturbare l’avatar, via». Così dicendo, spinse con il dorso della mano destra lo spirito, che saltò giù dalla spalla di Kin e sparì nel buio della notte.

«Ma perchè l’hai fatto? Non stava facendo niente di...», provò ad opporsi l’avatar, ma Jinora non voleva sentire ragioni. «Ti stava distraendo e non lo ammetto. Adesso seduto, e inizia a concentrarti».

Kin sbuffò al nuovo ordine, seppure impartito in tono pacato e gentile dalla ragazza, quindi si rimise seduto, con le gambe incrociate, in posizione di meditazione. Jinora poggiò il palmo della propria mano destra sulla fronte e i tatuaggi a forma di freccia si illuminarono, facendo immediatamente cambiare espressione alla ragazza, che divenne più cupa ed accigliata.

«È strano, sei…. pesante...», esclamò con un filo di voce.

«Ma se sono in ottima form….», il ragazzo non riuscì a terminare la propria replica che Jinora sollevò appena la mano dalla sua fronte, per poi calarla nuovamente facendola schioccare rumorosamente.

«Intendo nella testa, non nel fisico, sciocco», lo ammonì lei con il sorriso sulle labbra, ma subito dopo, tornò seria «Vedi, da quello che so degli altri avatar, erano tutti concentrati verso l’esterno, verso gli altri. Certo, consideravano un onore ed un privilegio la loro condizione, sapevano della loro importanza, ma tutte le loro azioni erano volte al bene supremo, a portare equilibrio. Tu sei più… egoista. Sembra che per te l’essere avatar sia una forma di privilegio, un onore per cui essere celebrato e non un impegno da svolgere con costanza e dedizione».

«Be’...», Kin era un po’ in imbarazzo dinanzi a quella ragazza che riusciva a leggergli dentro così bene. «Magari mi vanto po’, ma cosa c’è di male? Io sono consapevole dell’importanza del mio ruolo ma, semplicemente, credo che sia giusto ricevere qualche riconoscimento».

Jinora staccò la mano dalla fronte dell’avatar e piegò le ginocchia, in modo da arrivare più o meno alla sua altezza e guardarlo negli occhi. «Ascolta Kin, i riconoscimenti si devono basare sulle imprese che si compiono, non per diritto di nascita. Non dimenticare che il tuo ruolo è quello di portare equilibrio nel mondo e non semplicemente per ricevere applausi. Perchè è quello che sei, è intrinseco nel legame con Raava, lo spirito della luce che ti rende avatar. Ma non dimenticare che non sei solo, puoi contare sugli spiriti e, soprattutto, sui tuoi amici che ti saranno sempre accanto per sostenerti e battersi per te, come tu fai per loro».

Le parole della ragazza pesavano come macigni nel cuore di Kin, specialmente quelle sugli amici, che certamente non aveva trattato bene. Lentamente girò il capo verso la luce oramai lontana del falò, nei pressi dell’albero-spirito e il rimorso per come li aveva trattati fu ancora più forte. Si voltò nuovamente verso Jinora, ma era sparita, senza fare rumore, senza lasciare traccia, come se non fosse mai esistita.  

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Capitolo 4
*** Libro uno: entropia - Capitolo 4 ***


Libro 1: Entropia
Capitolo quattro

I giorni seguenti trascorsero in modo molto più sereno, tra esercizi di meditazione ed allenamenti. Molto fu merito di Aliza che, fra l’altro, si rivelò essere anche una buona dominatrice del fuoco. Kin ancora non riusciva ad entrare in contatto con gli spiriti, ma ora si sentiva decisamente più leggero, ed anche la compagnia di Yoshi e di Aliza era molto più sopportabile, anzi, riuscivano a divertirsi tutti e tre insieme.

Di certo non aveva potuto rivelare loro che gran parte del merito derivava dallo spirito di una nomade del vento la cui saggezza andava ben oltre gli anni che mostrava in apparenza, probabilmente sarebbe stato preso per matto, ma era innegabile che Jinora avesse fatto qualcosa in lui, anche solo smuovendogli la coscienza ricordandogli quale fosse il compito dell’avatar.

Yoshi si era allontanato un po’ dal grande albero-spirito per allenarsi nel dominio della terra e lasciare tranqulli gli altri due compagni che svolgevano esercizi di meditazione, quando si accorse che gli spiriti che si aggiravano per quei luoghi e che, normalmente, erano piuttosto placidi, ora sembravano irrequieti; si stavano tutti allontanando da una certa zona, come se stessero fuggendo da qualcosa.

Il ragazzo decise che era meglio andare a controllare e, dirigendosi proprio verso il punto da cui gli spiriti stavano scappando, vide quattro uomini che si aggiravano con fare circospetto. Erano vestiti con abiti poveri e logori, ma sembravano provenire dalla Repubblica della Terra.

«Eccolo, là ce n’è uno!», esclamò uno dei quattro, puntando il proprio dito indice verso Yoshi.

Il ragazzo non attese di scoprire cosa, quegli strani tipi, volessero da lui, anche a causa dei blocchi di pietra che, da perfetti dominatori della terra, gli scagliavano contro. Corse affannosamente e senza voltarsi indietro verso l’albero, ritrovando gli amici che avevano interrotto la meditazione, essendosi accorti dell’arrivo piuttosto agitato di Yoshi.

«Cosa sta succedendo? Perché tanta fretta?», domandò subito Kin, mentre ancora l’amico cercava di recuperare il fiato, tenendo le mani appoggiate alle ginocchia.

«Loro… quelli… stanno arrivando… non so chi…», cercava di spiegare, senza riuscire a formulare frasi di senso compiuto, indicando con l’indice la direzione da dove era giunto.

Subito dopo, entrambi videro un masso dirigersi direttamente verso la nuca di Yoshi.

Aliza si lanciò in avanti, frapponendosi tra la pietra ed il ragazzo, sollevando le braccia con i palmi della mani aperte, da cui emise due fiammate che deviarono la traiettoria del proiettile.

«Ma chi diamine siete voi? Che cosa volete?», esclamò Kin, portandosi accanto agli amici

«Eccolo è lui, l’avatar!», disse uno dei quattro, ignorando totalmente la domanda e preparandosi al combattimento, assieme agli altri tre.

«Voi venite… dalla Repubblica della Terra… perché?», cercò ancora di domandare Yoshi che, nel frattempo, aveva recuperato un po’ di fiato.

Ma, nuovamente, la domanda cadde nel vuoto, sostituita dal rumore di roccia che si staccava dalla terra sotto il dominio dei quattro uomini, per poi essere scagliata contro  gli avversari.

Kin e Yoshi si strinsero accanto ad Aliza, allungano le braccia verso i massi e muovendole poi verso l’esterno, in modo da cambiarne la direzione. La ragazza si lanciò in avanti, emettendo fiammate e costringendo gli attaccanti ad allargarsi per evitare il fuoco.

Kin si allargò verso sinistra compiendo rotazioni delle braccia e del busto e, ad ogni movimento, potenti raffiche d’aria investivano i due uomini che aveva di fronte, costringendoli a proteggersi il volto e ad arretrare. Dal lato destro Yoshi ed Aliza era impegnati in uno sconto uno contro uno: la ragazza tentava di evitare le pietre che l’opponente le scagliava contro e, contemporaneamente, rispondeva con fiammate, mentre Yoshi rispondeva al dominio della terra con il dominio della terra, fermando o deviando i massi che gli venivano lanciati per ritorcerli contro l’attaccante.

Kin era più in difficoltà, dovendo affrontare da solo due avversari, ma poteva contare sul dominio di tutti e quattro gli elementi: i due scagliavano colpi alternativamente, in modo da dargli minor tempo per reagire. L’avatar arretrò fino ad arrivare sul bordo del fiume, quindi compì un movimento ondulatorio con le braccia, sollevando una grande mole d’acqua che investì lateralmente i due avversari, rallentandone i movimenti. Quindi approfittò dell’attimo di smarrimento per saltare in mezzo a loro, roteando il busto per generare un turbine d’aria che li scagliò lontani, separandoli. Non appena toccarono terra, picchiò sul suolo con le mani, in modo da sollevare la pietra attorno ai polsi ed alle caviglie per bloccarli definitivamente.

Yoshi sollevava grossi blocchi di pietra, da usare come scudo per i colpi portati dal nemico, arretrando ogni volta che i massi lanciati impattavano contro la sua protezione. Improvvisamente l’aggressore corse in avanti, sollevando un blocco di pietra sotto il proprio piede per darsi lo slancio e superare la protezione di Yoshi, in modo da attaccarlo alle spalle. Non appena toccò terra sollevò un macigno ma, prima di poterlo scagliare contro il bersaglio, fu investito da una fiammata all’altezza della spalla sinistra che causò un dolore così lancinante da impedirgli di portare a termine l’attacco.

Immediatamente Yoshi ne approfittò per rispondere, colpendo il terreno con il piede destro e sollevando un lungo obelisco di pietra che andò ad impattare contro il mento dell’aggressore, mandandolo lungo disteso a terra. Subito dopo il ragazzo si voltò verso Aliza, da cui era provenuta la fiammata che gli aveva consentito di vincere lo scontro. La ragazza si era distratta per aiutarlo ed ora era in difficoltà: l’avversario le aveva bloccato le caviglie nel terreno, impedendole di muoversi e la stava tempestando di pietre che, faticosamente, riusciva a deviare con il dominio del fuoco.

Yoshi digrignò i denti a quella visione, colpi il terreno con il piede facendo schizzare in aria diversi blocchi di pietra grossi come un pugno, che poi colpì con le mani, lanciandoli verso l’ultimo degli avversari che ancora stava lottando. Le pietre lo colpirono all’addome, facendolo piegare in avanti per il dolore. Subito dopo fu raggiunto da una lingua di fuoco, lanciata da Aliza, che appiccò le fiamme ai suoi  abiti, costringendolo a gettarsi a terra e rotolare per spegnerle.

Yoshi colpì dolcemente il terreno, vicino ai piedi della ragazza, per liberarla dalla morsa di pietra, quindi ai due si affiancò anche Kin e, tutti insieme, avanzarono verso l’uomo che si trovava ancora a terra dopo aver spento le fiamme dagli abiti.

«Ora voi ci direte chi siete e perché ci avete attaccati!», esclamò perentorio l’avatar, che voleva delle risposte.

«Tu... tu sei l’avatar, noi avevamo il compito di catturarti...», esclamò l’uomo, mentre strisciava sulla schiena nel tentativo di arretrare.

«Chi? Chi vi ha ordinato di catturarlo?», lo incalzò Yoshi, ancora ansimante per lo scontro.

«Il nostro capo… lui… noi eravamo in missione… non so quale fossero gli obiettivi...», ma prima che potesse terminare la frase, un blocco di pietra colpì duramente Aliza alla spalla destra facendola cadere  al suolo con  un grido acuto.

L’avversario di Yoshi si era ripreso ed aveva scagliato il colpo per distrarre i due ragazzi che, infatti, si lanciarono a soccorrere l’amica. Approfittando del momento, quello liberò gli altri due compagni, intrappolati da Kin e, assieme all’ultimo di loro che stava venendo interrogato, fuggirono verso il portale.

Kin e Yoshi, non poterono inseguirli, perchè troppo impegnati a soccorrere e medicare Aliza, a cui si era lussata la spalla per la violenza dell’impatto. Le legarono una striscia di stoffa attorno al collo e poggiarono il braccio su di essa, in modo da tenerlo fermo.

«Dobbiamo tornare subito indietro, deve essere accaduto qualcosa», esclamò Kin quando la situazione si fu calmata e le ferite di tutti furono medicate.

«Questi tizi erano della Repubblica della Terra, senza alcun dubbio, e cercavano te», aggiunse Yoshi.  «Sapevano esattamente dove trovarti, quindi devono avere degli informatori, non possono essere di certo dei semplici criminali».

«Quindi non dobbiamo perdere tempo, abbiamo un mistero da risolvere», dichiarò Aliza, rimettendosi in piedi, ancora tutta dolorante.

Kin e Yoshi si guardarono un attimo perplessi. «Non sarebbe meglio aspettare di riprenderci?», domandò l’avatar.

«Stai scherzando?», rispose Aliza, che già si era incamminata verso il portale. «Aspettare che quelli tornino con i rinforzi? Avanti, non fate i pigri».

Yoshi e Kin riempirono rapidamente gli zaini e si incamminarono assieme ad Aliza verso il portale, che raggiunsero in qualche ora, mentre degli aggressori non vi era traccia.

Senza indugiare, lo attraversarono, ritrovandosi nella piazza centrale di Republic City, dove furono immediatamente circondati dalle guardie del Loto Bianco, in evidente apprensione per le loro condizioni, dopo che ebbero raccontato  dell’aggressione subita.

Il Loto Bianco scortò i tre al tempio dell’aria di Republic City e furono condotti in una delle sale più interne, una stanza che lo stesso Kin aveva visto di rado, adibita, solitamente, per le riunioni politiche. All’interno della sala c’era un grande  tavolo rotondo, con una cartina del mondo e, attorno ad esso, oltre ai maestri dell’aria Meelo e Rohan ed al sindaco di Republic City, anche rappresentanti della Nazione del Fuoco, della  Repubblica della Terra e delle Tribù dell’Acqua del nord e del sud.

«Che cosa sta succedendo? Perché tutta questa delegazione?», domandò immediatamente Kin, rivolto ai suoi maestri.

«Per fortuna state bene», esclamò immediatamente Rohan. «Temevamo che avessero cattive intenzioni nei confronti dell’avatar, ma non avremmo mai immaginato che vi avrebbero inseguiti fin nel Regno degli Spiriti».

«Sì, ma… chi sarebbero esattamente?», chiese Yoshi, nel tentativo di avere finalmente una spiegazione chiara.

«Credo che spetti a me, spiegarlo...», l’ambasciatore della Repubblica della Terra, finemente adornato di abiti verdi, si fece avanti, per spiegare finalmente la situazione. «Quando Kuvira unificò l’allora Regno della Terra, divise le nazioni che venivano, via via, annesse secondo logiche politiche. I confini furono ritracciati a seconda delle esigenze del regno. Non si pensò che questo potesse generare problemi, in quanto comunque tutti sottomessi allo stesso potere centrale. In seguito alla sua sconfitta, poi, l’imperatore Wu decise di trasformare il suo dominio in una repubblica di stati federali, ma i singoli stati restarono divisi secondo i confini tracciati da Kuvira». L’ambasciatore restò un attimo in silenzio, per riordinare le idee ed attendere che tutti i presenti metabolizzassero le informazioni fin qui rivelate. «Questa divisione ha sempre creato attriti e dispute fra gli stati confinanti, che rivendicavano diritti sulle parti di territorio sottratte. Il governo ha sempre cercato di mediare e trovare soluzioni pacifiche, ma la situazione è andata degenerando negli anni ed ora siamo sull’orlo di una guerra civile. Si sono formate due grandi fazioni tra gli stati dell’est e dell’ovest che, temiamo, possano scontrarsi a breve».

«Quindi coloro che ci hanno attaccati appartengono ad una di queste due fazioni? Ma perché?», domandò Kin, che aveva ascoltato attentamente tutta la spiegazione.

«Purtroppo c’è dell’altro», rispose il maestro Meelo. «In questa situazione di incertezza si è formata una banda di criminali che si fa chiamare “l’esercito della Terra”, comandata da un certo Daichi, che approfitta della situazione per le proprie scorribande e per derubare i cittadini, facendo ricadere la colpa sulla fazione avversaria. Sono stati loro ad attaccarvi, probabilmente perché temono che l’avatar possa contribuire a risolvere la situazione e, pertanto, rovinare i loro traffici».

«Ma se la Repubblica della Terra si trova in questa situazione non c’è un secondo da perdere», esclamò Yoshi, visibilmente preoccupato per la sua nazione di origine. «Kin, dobbiamo subito andare a parlare con gli esponenti di queste due fazioni e spingerli alla pace. Sono certo che non avrai problemi a gestire questa situazione», aggiunse fiducioso verso l’avatar.

«Io non credo che sia il caso di far esporre Kin così presto. Forse riusciremo a trovare una via diplomatica anche noi...», rispose il maestro Rohan. Ma a Kin brillavano già gli occhi, finalmente si prospettava una missione degna di un avatar, e quale modo migliore di riportare l’equilibrio se non quello di condurre alla pace due fazioni pronte a farsi la guerra?

«Ci penserò io», esclamò l’avatar con una sicurezza che non ammetteva replica. «Questa è un’impresa fatta apposta per me, è il compito per cui sono nato e, fidatevi, riuscirò a sistemare le cose».

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