Brocéliande

di Biohazard
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I was just Dreaming ***
Capitolo 2: *** Ricerche ***
Capitolo 3: *** Bon Voyage ***
Capitolo 4: *** Paimpont ***
Capitolo 5: *** Incontri ***
Capitolo 6: *** Bound ***
Capitolo 7: *** Il Castello di Cristallo ***
Capitolo 8: *** Il Castello di Cristallo - Parte due ***
Capitolo 9: *** Lost Memories ***
Capitolo 10: *** Partenza ***
Capitolo 11: *** Oltre lo specchio ***
Capitolo 12: *** Attesa ***
Capitolo 13: *** Confronto ***



Capitolo 1
*** I was just Dreaming ***


NdA: Buongiorno a tutti, questa è la mia prima fic sul fandom di Harry Potter, piacere di conoscervi. Dunque da dove cominciare con questa introduzione…
La trama di questa storia nasce agli inizi del 2012 (se ci penso mi viene un colpo) e dopo alcune ricerche decido di cominciare a stendere la trama del racconto. Dovete sapere che quell’anno è stato molto importante per me, a Marzo mi sono laureata, nel mese di Luglio ho tenuto un colloquio di lavoro e a Settembre ho iniziato a lavorare. Una volta iniziato il lavoro ho praticamente abbandonato la scrittura, perché non avevo più tempo e quando ce l’avevo ero stanca morta e non con il cervello pronto per poter scrivere qualcosa di solo lontanamente decente. Adesso, dopo tre anni, ho imparato a gestire le cose diversamente e la mia passione per la scrittura è ritornata più potente di prima, con mille idee e nuove trame. Così un bel giorno ho deciso di riprendere in mano questo racconto e d’iniziare a scriverlo.
Il desiderio di scrivere questa long fic Drarry nasce dopo aver letto i racconti di autrici come Ernil e Stateira. Racconti che tutt’ora amo e rileggo sempre come se fosse la prima volta. Il mio desiderio era poter scrivere qualcosa che facesse emozionare i lettori così come io mi ero emozionata, leggendo le loro storie. Non so se ne sarò capace, lascio a voi l’ardua sentenza. In particolare volevo ringraziare Stateira. Dovete sapere che sempre nel 2012 avevo chiesto consiglio proprio a lei per la trama, anche se a tiro di tesi ho interrotto il nostro scambio epistolare. Tuttavia mi ha dato dei preziosi consigli che non ho dimenticato e per questo la ringrazio tantissimo.
NdA:// I luoghi e le leggende che saranno narrati in questo racconto sono realmente esistenti. Ho fatto delle ricerche prima di scrivere questa fic XD. Spero che la cosa possa rendere la trama più interessante.
Aggiornamenti: Ogni dieci giorni circa.
Ok, dopo queste premesse vi lascio al racconto.

Saluti!
 
 
 
 
 
 
 
“Rinchiuso per sempre, l'anima costretta a vagare per l'eternità: questa sarà la sorte.
Nove pietre pongono il sigillo;
un cervo e quattro leoni segnano la via per la liberazione:
oltre il castello di cristallo, la valle degli amanti e la fontana della giovinezza,
si aprirà la strada per la foresta incantata.
Là, nelle profondità più remote, si cela la sua prigione e con essa
Il Calice delle Anime”.
 
 
 
 
Harry si svegliò di soprassalto con le lenzuola arrotolate al corpo. Portò meccanicamente le dita in un punto ben preciso della fronte, ma il dolore che si aspettava non c’era. Si diede mentalmente dello stupido; dopo la morte di Voldemort, avvenuta sei anni prima, la cicatrice aveva smesso di fargli male e, con essa, erano cessati anche i sogni e le visioni che lo riguardavano.
Si mise a sedere appoggiando la schiena alla spalliera dell’ampio letto matrimoniale. Chiuse gli occhi cercando di ricordare il più possibile sul sogno appena fatto: la voce udita e la sagoma intravista appartenevano certamente a una donna; aveva parlato di un sigillo, di una foresta incantata e altre cose che Harry non riusciva a focalizzare. L’unica parola che continuava a rimbombare come un eco nella sua mente era Calice delle Anime. Sentendo il sonno dissiparsi, allungò il braccio verso il comò, cercando a tentoni gli occhiali. Dopo averli inforcati, lanciò un’occhiata alla sveglia: erano le quattro del mattino. Con un sonoro sbuffo si alzò dal letto, ben conscio che non sarebbe più stato in grado di rimettersi a dormire. Si incamminò verso il bagno, godendo del contatto rilassante con la superficie liscia del parquet. Accese la luce sopra lo specchio e subito si diffuse un chiarore rossastro, causato dal rifrangersi dei raggi luminosi contro l’arredamento cremisi della stanza. Aprì il getto d’acqua fredda facendo riempire il lavandino e, tolti gli occhiali, immerse il viso nell'acqua per qualche secondo, poi prese l’asciugamano bordeaux tamponando le gocce che scorrevano dalle punte dei capelli bagnati. Nel guardarsi allo specchio si accorse di avere un aspetto terribile: gli occhi verdi erano arrossati e i folti capelli neri più arruffati del solito, aveva un colorito cereo e la t-shirt nera completamente incollata al corpo dal sudore freddo.
“Se il buongiorno si vede dal mattino, si prospetta una giornata di merda” pensò spengendo la luce e tornando in camera da letto.
Si lasciò cadere mollemente sul materasso, scansando con un calcio le lenzuola rosse. Non gli capitava di svegliarsi così di soprassalto da molto tempo. Gli tornò alla mente la notte in cui Nagini, il serpente di Voldemort, aveva aggredito il signor Weasley (1): il dolore insopportabile alla cicatrice, il sudore gelido, il sapore di sangue inesistente in bocca.
Certamente, il sogno di poco fa non era paragonabile a quelli che faceva durante il periodo della guerra, ma allora cos’era quel vago senso di irrequietudine che cominciava a farsi strada dentro di lui?
Durante la sua giovane esistenza aveva visto e vissuto cose che la maggior parte dei maghi nemmeno poteva sognarsi e, proprio per questo motivo, sentiva che la faccenda non si sarebbe conclusa tanto facilmente.
“Calice delle Anime”.
 Harry aggrottò la fronte; non ne aveva mai sentito parlare. L’unica a cui poteva chiedere qualcosa al riguardo era Hermione: lei, sicuramente, avrebbe saputo dargli qualche informazione. Con molta probabilità, avrebbe omesso di dirgli che una donna non meglio identificata gli era apparsa in sogno enunciando frasi enigmatiche. Poteva già immaginare la reazione dell’amica: “Harry è evidente che sei stressato. Tutte queste indagini e questi controlli! Chiunque si sentirebbe sotto pressione. In ogni caso farò delle ricerche nei libri di medimagia per vedere se ci sono già stati casi simili al tuo in condizione di forte stress.”
Ron, al contrario, ci avrebbe scherzato sopra “Dai Harry, probabilmente avrai mangiato pesante. Voglio dire, i tempi di Tu-Sai-Chi, sono finiti da un bel pezzo e viviamo in pace. Non credo tu debba preoccuparti per una cosa simile. Vorrei essere io al tuo posto; ormai il mio incubo ricorrente è quello di presentarmi in mutande all’altare il giorno del matrimonio!”
Harry sorrise nell’oscurità.
Sì, forse stava veramente ingigantendo la cosa. Lanciò nuovamente un’occhiata alla sveglia che ormai segnava le cinque. Doveva provare a dormire almeno un altro po’: tra tre ore doveva presentarsi in ufficio e se fosse arrivato in ritardo si sarebbe beccato una bella lavata di capo da Kingsley. Prese a rigirarsi nel letto, maledicendo la sfocata figura onirica che aveva interrotto il suo riposo notturno, senza riuscire a trovare una posizione confortevole.
Cosa serviva essere il salvatore del mondo magico, se non poteva nemmeno ritardare al lavoro?
 
*****
 
 
“Ehi, tutto a posto? Hai una faccia questa mattina…” chiese Ron.
“Non ho dormito molto stanotte.” Harry vide l’amico assumere quel cipiglio che conosceva bene, così, per evitare malumori mattutini, si affrettò ad aggiungere “E non perché ero in compagnia”
A quelle parole Ron assunse un’espressione più serena.
“Sai dov’è Hermione?”              
“E’ nel suo ufficio. Sta finendo di archiviare le pratiche per il trasferimento al Dipartimento per la Regolazione della Legge Magica.” Ron si interruppe un momento, poi con tono incerto continuò “Ascolta Harry, perché non chiami Ginny? Non so…Potreste uscire…Fare una passeggiata e parlare un po’. Che ne dici?”
Harry alzò gli occhi al cielo esasperato. Era un mese che andava avanti così; ogni volta l’amico cercava sempre di tirare fuori l’argomento “Ginny” e ogni volta non faceva che dargli la stessa risposta. Sapeva che Ron non lo faceva di proposito, ma era a dir poco snervante.
“Mi sembra di averti già detto che io e Ginny ci siamo presi una pausa” probabilmente era circa la cinquecentesima volta che ripeteva quella frase “e questo non significa che ci siamo lasciati. Semplicemente abbiamo bisogno di un po’ di tempo per noi, per uscire con gli amici e coltivare i nostri interessi.”
“Sai, non è che voglia stressarti in continuazione, ma mamma è molto preoccupata e non riesco a cavare ad Hermione neanche una sola parola su come se la stia passando Ginny!”
“Beh, potresti sempre mandarle un gufo.”
“Molto spiritoso, sai benissimo di cosa sto parlando.” Gli rispose Ron, con aria indagatrice. Harry stava per ribattere qualcosa, quando venne interrotto dalla figura allampanata di Nesh.
“Weasley la tua presenza è richiesta al terzo livello: Ramsey ha scoperto chi è il proprietario di quella teiera maledetta, credo che vogliano fare una visita al diretto interessato” spiegò velocemente l’uomo.
“Ok, li raggiungo subito.” Rispose Ron, mentre Nesh si allontanava lungo il corridoio. “Forza, andiamo!”
I due amici salirono in ascensore accompagnati da decini di lettere volanti e altrettanti colleghi.
“Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti magici.” La voce nell’ascensore annunciò l’arrivo al piano. Ron salutò l’amico, facendogli intendere che la discussione “Ginny” non fosse ancora finita. Le grate si richiusero davanti ad Harry e l’ascensore ripartì verso il primo livello. L’auror tirò un respiro di sollievo, pensando al mancato interrogatorio del migliore amico.
“Ufficio Applicazione della legge Magica.”
Era arrivato.
Attraversò il corridoio, salutando i vari colleghi, dirigendosi verso il suo ufficio. Anche se temeva la quantità di scartoffie che avrebbe trovato sulla scrivania, non vedeva l’ora di chiudersi la porta alle spalle, magari con un Colloportus, e ritagliarsi un attimo di tranquillità. Stava per varcare la soglia quando fu interrotto dalla voce di Hermione.
“Buongiorno Harry.”
“Ciao Hermione.” Rispose atono, lasciandosi cadere mollemente sulla sedia della sua scrivania.
“Caspita, che vitalità.” Considerò l’amica, osservando la faccia stralunata di Harry dietro gli spessi occhiali. “Ti senti bene?”
Harry lanciò uno sguardo all’amica, ripensando al sogno della notte precedente, ma in quel momento, dopo la discussione con Ron, sembrava che non avesse più molta importanza, così decise di lasciar perdere quella faccenda.
“Ron.” Si limitò a dire svogliatamente.
“Per Merlino! Non vorrai dirmi che ha cercato nuovamente di tirare fuori il discorso di sua sorella?”
Harry si limitò ad annuire ed Hermione gemette di disappunto.
“Gliel’ho già ripetuto milioni di volte di non assillarti.” Disse, andandosi a sedere sul bordo della scrivania, vicino all’amico.
Harry nel frattempo stringeva tra le mani una fotografia scattata sulle rive del mare di Nizza. Erano già passati due anni da quella vacanza magnifica. Lui e Ginny erano così felici in quella foto, ridevano abbracciati l’uno all’altro.
“Credi che le cose si sistemeranno?”
“Harry non cercare di forzare le cose. In fin dei conti avete deciso insieme questo allontanamento e sono convinta che gioverà ad entrambi.” Disse l’amica, cercando di rincuorarlo.
Harry sospirò.
“Forse hai ragione.” Rispose, sorridendo all’amica, visibilmente sollevata da quella reazione positiva.
“Dai, ti porto un caffè, poi torno subito di sotto a finire di sistemare la pratica su quel commercio illegale di uova di Chimera, voglio che sia tutto in ordine prima che il trasferimento sia definitivo.” Spiegò tutta contenta, stava per uscire, poi si fermò un attimo sulla soglia.
“Harry, seriamente, dovresti mettere ordine in quest’ufficio.” Disse, rimproverando l’amico, mentre gettava lo sguardo sulle miriadi di fogli, messaggi e pratiche sparse per tutto l’ufficio, senza contare quelli in terra e i catalogatori aperti qua e là. Harry si guardò intorno, facendo finta di non capire.
“Non so proprio di cosa tu stia parlando.” Hermione si lasciò andare ad un risolino, anche se cercava di trattenerlo sotto il suo solito cipiglio serio. “Dai, torno tra qualche minuto con il caffè.” Harry guardò l’amica, sparire dietro la porta, rimanendo solo.
Teneva ancora stretta tra le mani la foto di quell’estate di due anni fa. Non poteva credere che  le cose fossero tanto cambiate. Ginny era lontana adesso, più di quanto lo fosse mai stata in quegli anni. Qualcosa si era incrinato fra loro ed Harry sperava vivamente che tutto tornasse alla normalità. All’inizio erano stati piccoli segnali, come il non darsi più il bacio della buona notte, tenersi le mani stando seduti sul divano, forse troppo piccoli perché vi riuscisse a dare peso. La situazione, con l’andar del tempo, aveva cominciato a prendere delle pieghe inaspettate e anche allora aveva trovato delle giustificazioni, aggrappandosi a scuse come lo stress, il lavoro e gli impegni. Era stato un effetto a catena, come una palla di neve che rotolando, si trasforma in una valanga inarrestabile.
La realtà dei fatti era che lui e Ginny si erano lentamente trasformati in due estranei che condividevano lo stesso tetto.
Non c’era stato un motivo preciso o un litigio, semplicemente si erano allontanati l’uno dall’altro. Harry rientrava spesso tardi dal lavoro e Ginny, il più delle volte, era lontana da casa per il ritiro con la squadra di Quidditch.
Quando erano a casa chiacchieravano, scherzavano, facevano l’amore, ma Harry non avvertiva più quella scintilla, quel desiderio che lo aveva animato molto tempo prima. Era come se il loro rapporto fosse diventato qualcosa di scontato, di già scritto, come se il suo futuro fosse se già stato deciso, di nuovo. Perché era quello che tutti si aspettavano da lui e quando aveva cominciato a pensarci, erano comparsi i primi dubbi e le prime incertezze.
Amava davvero Ginny Weasley? Desiderava veramente passare la sua vita insieme a lei?
Se gli avessero posto quelle domande qualche tempo prima, non avrebbe avuto alcun dubbio, adesso invece brancolava nel buio. La luce che illuminava la sua strada si era spenta di colpo, lasciandolo come un cieco che si muove a tentoni.
Alla fine, aveva preso coraggio e aveva parlato con Ginny, scoprendo con stupore che anche lei stava vivendo il suo stesso stato d’animo. Erano rimasti abbracciati tutto il giorno, smarriti e confusi. Quella sera stessa, però, Ginny Weasley aveva preparato le valigie ed era tornata a casa dai suoi genitori. Se ripensava alla sua espressione sulla soglia di casa, sentiva le viscere contorcersi: piangeva e rideva allo stesso tempo.
Rideva, perché cerca di darsi forza e di sdrammatizzare, in fondo non si trattava di un addio. Piangeva, perché dopo tutti quegli anni era difficile pensare che le cose fossero cambiate, che loro potessero non essere destinati a stare insieme.
Piangeva, perché le separazioni sono sempre dolorose e lasciano quel vago senso di vuoto e scombussolamento che si trasforma in paura della solitudine.
Piangeva, forse, per gli stessi motivi per cui aveva pianto lui stesso quella notte.
Sospirò, appoggiando di nuovo la foto sulla scrivania e decise di seguire il consiglio di Hermione. Cominciò a raccogliere diversi fogli, quando l’ufficio cominciò a vibrare intorno a lui per sgretolarsi e ricomporsi come un puzzle. Sgranò gli occhi, lasciando cadere i fogli e si diede un pizzicotto sulla mano. La sensazione di dolore era reale, ma allora come diavolo aveva fatto a finire nel bel mezzo di una vallata?
Istintivamente prese la bacchetta dentro al mantello, guardandosi attorno. Sembrava non esserci nessuno, ma Harry avvertiva distintamente la grande aura magica che pervadeva quel luogo. Lo circondava, aleggiava nell’aria in maniera quasi palpabile.
Uno scintillio poco lontano catturò la sua attenzione. Tenendo i sensi all’erta, si diresse verso quel luccichio dorato, domandandosi di cosa potesse trattarsi. Mano a mano che si avvicinava, la curiosità lasciò lo spazio allo stupore: si trattava di un albero, un albero d’oro. Harry era totalmente rapito da quell’immagine, allungò le dita per poterlo toccare, ma in quel momento una voce risuonò direttamente dentro la sua testa.
“Aiutami.”
Il paesaggio cominciò a sgretolarsi nuovamente ed Harry si ritrovò di nuovo nel suo ufficio, la mano ancora tesa verso quell’albero che si trovava lì solo pochi secondi prima, mentre Hermione lo guardava terrorizzata.
“Harry, stai bene? Cos’è successo?”
“Sono sempre stato qui?” domandò senza rispondere all’amica.
“Certo che sei sempre stato qui!” Hermione strillò appena, con il tono di voce che faceva trasparire tutta la sua preoccupazione. “Eri come in trans, continuavo a chiamarti, ma non mi sentivi. Cosa sta succedendo?”
Harry la guardò serio, pronunciando parole mai dette prima in vita sua.
“Dobbiamo andare in biblioteca!”
 
 

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Capitolo 2
*** Ricerche ***




Research
 
 
 
 
Harry, Ron e Hermione avevano passato tutta la giornata nella biblioteca del Ministero, ma non avevano trovato alcun riferimento nella storia di un “Calice delle Anime”, né tantomeno di un albero d’oro. Harry si sentiva sempre più frustrato, non era possibile che in quella vasta biblioteca non ci fosse neanche un piccolo indizio riguardo a quello che gli era capitato. Inoltre, gli sguardi che i due amici gli lanciavano di tanto in tanto, non facevano che innervosirlo ancora di più. Le reazioni che avevano avuto, erano state le stesse che aveva immaginato: Hermione era stata molto scettica e lo stava diventando ancora di più, mano a mano che il tempo passava e non riusciva a trovare alcun indizio. Ron, da parte sua, era stato solidale con lui, ma gli si leggeva in faccia che considerava tutta quella faccenda una perdita di tempo.
“Credi che sia il caso di continuare ancora?” domandò Ron, mentre sfogliava svogliatamente l’ennesimo libro. “Non sappiamo neanche che cosa stiamo cercando.”
Harry gli scoccò un’occhiataccia, ma doveva ammettere che Ron aveva ragione.
Non avevano grandi indizi a disposizione e lui proprio non riusciva a ricordare nient’altro di quel sogno.
“Questa volta anch’io sono d’accordo, finché non avremo altri elementi è inutile continuare alla cieca. Abbiamo sfogliato centinaia di pagine e non abbiamo trovato nulla” spiegò Hermione.
“Questo non vuol dire che me lo sia inventato o che quello che è successo nel mio ufficio non fosse reale.”
“Nessuno di noi due mette in dubbio quello che stai dicendo, ma tu non ti sei mosso dall’ufficio, perché ero lì con te. Quindi, converrai con me che la visione che hai avuto era soltanto nella tua testa.”
Harry stava cominciando ad arrabbiarsi.
Solo perché sta succedendo nella tua testa, non vuol dire che non sia reale. Ti ricorda qualcosa Hermione?” La ragazza fu colta alla sprovvista ed Harry si sentì molto soddisfatto di quella piccola vittoria, così continuò “ e vogliamo parlare dei Doni della Morte? Anche quelli non esistevano, vero?”
Ron ridacchiava sommessamente e dopo quell’ultima affermazione dovette trattenere una fragorosa risata, simulando un sonoro colpo di tosse, beccandosi un’occhiata truce da parte della fidanzata. Era stato più forte di lui: non capitava tutti i giorni che qualcuno riuscisse a zittire Hermione. Lui, da che aveva memoria, non ci era mai riuscito.
“Non sto dicendo che non sia vero, Harry. Sto solo cercando di analizzare i fatti e gli indizi a disposizione, che purtroppo non sono molti.” Rispose piccata, assottigliando le labbra.
“Io so soltanto che qualcuno ha chiesto il mio aiuto, non so come ne perché, ma se mi sarà possibile cercherò di darglielo!”
Hermione stava per ribattere, ma fu interrotta sul nascere da Ron.
“Harry, per la miseriaccia, sono già le sette! Non devi passare a prendere Teddy?”
“Cavolo! Hai ragione, Andromeda mi ucciderà!” esclamò Harry “ Devo andare, se capiterà qualcosa di nuovo ve lo farò sapere!” Uscì di corsa dalla biblioteca e tornò nel suo ufficio. Stava raccogliendo tutte le sue cose, quando un biglietto volante lo colpì in piena fronte. Lo spiegò velocemente, riconoscendo la calligrafia di Ron.
“Mi aspetta una bella predica stasera, ma sei stato grande!” Harry rise, Ron era sempre il migliore.
 
 
*****
 
 
“Allora Teddy, cosa vuoi per cena?”
Il bambino ci pensò un attimo, poi esplose in un cristallino “Carne!”
Harry avrebbe potuto scommettere dieci galeoni sulla risposta. Sorrise: ecco l’eredità di Remus Lupin, una smodata passione per la carne e un carattere timido e pacato.
“Va bene, ma dobbiamo fare un po’ di spesa prima, ok?”
Il bambino annuì, mentre i capelli passavano da un bel castano scuro al biondo. Succedeva sempre così quando Teddy era di buon umore.
“Mi raccomando, adesso dobbiamo entrare nella Londra babbana, cerca di non cambiare troppo spesso i connotati.”
Ted Lupin alzò lo sguardo verso il padrino.
“Sì, zio Harry.” Rispose ubbidiente, mentre i capelli tornavano del loro colore originario. Il piccolo Teddy non riusciva ancora a controllare perfettamente i suoi poteri di metamorfomagus, legati principalmente al suo stato d’animo. Quando Andromeda lo sgridava, occhi e capelli diventavano nerissimi, mentre quando era arrabbiato diventavano rosso fuoco, cosa che succedeva abbastanza di rado, considerando la dolcezza e la pacatezza di quel bambino. Harry lo adorava e spesso, quando lo guardava, non poteva fare a meno di ripensare a se stesso tanti anni prima. Si sentiva completamente affine a quel bambino a cui i genitori erano stati strappati con tanta brutalità. Fortunatamente il piccolo aveva una nonna meravigliosa che gli dedicava anima e corpo. Teddy, del resto, era l’unica famiglia che gli fosse rimasta dopo la morte del marito e di Tonks, la loro unica figlia.
Certo, c’era sempre sua sorella, Narcissa Malfoy, ma Harry non le aveva mai chiesto in che rapporti fosse rimasta con lei. Dopo la fine della seconda guerra magica i Malfoy erano stati scagionati: l’abbandono di Voldemort, così come il salvataggio di Harry da parte di Narcissa erano stati elementi determinanti affinché la famiglia Malfoy evitasse di passare il resto della sua esistenza ad Azkaban. Ogni tanto gli capitava di incontrare Draco al Ministero, ma non erano mai andati oltre i cordiali saluti di circostanza. Harry sapeva che Malfoy si stava impegnando per riabilitare il nome della famiglia, aveva sentito parlare anche di un matrimonio. Chissà se era cambiato almeno un po’. Harry arrivò davanti al muro che separava Diagon Alley dalla Londra babbana, batté con la punta della bacchetta i soliti mattoni e pochi secondi dopo si ritrovò all’interno del Paiolo Magico, dove l’anziano proprietario, Tom, lo salutò calorosamente, per poi ritrovarsi nelle strade di Londra. Harry abitava nella zona di Hyde Park, una sistemazione provvisoria, fintanto che la sua casa non fosse stata definitivamente pronta. Lui, Ron e Hermione avevano deciso di costruire le loro abitazioni una affianco all’altra. Avevano scelto una splendida zona collinare, abbastanza vicino alla Tana. Non avrebbe potuto desiderare niente di meglio.
Harry decise di prendere la metropolitana. A Teddy piaceva molto viaggiare in treno: ogni volta gli raccontava che non vedeva l’ora di prendere l’Espresso per Hogwarts e che voleva essere un Grifondoro, proprio come i suoi genitori.
“Altri gli racconteranno per cosa suo padre e sua madre sono morti.”
Più facile a dirsi che a farsi, Remus.
Teddy aveva cinque anni quando era andato dalla nonna, chiedendole di mamma e papà. Andromeda sapeva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi, ma anche se aveva cercato di prepararsi era stato comunque estremamente difficile. Harry, insieme agli inseparabili Ron e Hermione, aveva aiutato Andromeda in quell’impresa così delicata.
Avevano mostrato al piccolo Ted delle foto, raccontando un po’ la storia di Tonks e Lupin, fino a che non era giunta la domanda cruciale: perché erano morti?
Gli avevano detto la verità, che erano caduti in guerra.
Certo, si trattava di una versione molto semplificata di tutta la storia, ma per allora quella spiegazione era stata più che sufficiente. Adesso che Teddy aveva compiuto sette anni, le sue domande si stavano facendo più consapevoli e mirate. A volte, quando dormiva a casa sua, Harry si sedeva nel letto con lui e gli raccontava di suo padre. A Ted s’illuminavano gli occhi, ma a volte capitava che piangesse e allora Harry lo stringeva forte, come nessuno aveva mai fatto con lui quando si trovava costretto nel sottoscala di Privet Drive.
Scesero alla fermata di South Kensigton, facendosi sospingere dalla folla fino all’uscita. Il cielo era plumbeo e sembrava minacciare pioggia da un momento all’altro.
“Sbrighiamoci Teddy.” Il bambino annuì, stringendo forte la mano del padrino. S’incamminarono lungo Old Brompton Rd, dove c’era il supermercato in cui si serviva.
“Zio Harry possiamo prendere anche le Cioccorane?”
“Teddy, nei negozi babbani non vendono Cioccorane, ma posso assicurarti che hanno lo stesso dolci fantastici.”
Chissà se dopo un bel cucchiaino di crema di nocciole, Teddy avrebbe sempre preferito le Cioccorane?
 
 
*****
 
 
Un’ora dopo erano a casa, Harry stava preparando la cena, mentre Ted leggeva un libro sul divano.
Di solito era Ginny che si occupava delle faccende di casa, ma dopo la loro separazione, Harry aveva scoperto di avere un discreto talento in cucina e con gli incantesimi domestici. Ogni giorno che passava migliorava sempre di più.
Aveva preparato due bistecche, purtroppo non avendo il camino si era dovuto adattare  a cuocerle su una semplice piastra, tuttavia il risultato era più che accettabile e il purè di patate come contorno era la ciliegina sulla torta.
Teddy era impazzito per il dolce babbano e, probabilmente, se Harry non glielo avesse impedito sarebbe arrivato in fondo al vasetto. Non poteva di certo biasimarlo, anche lui ne andava matto. Tutta colpa di Hermione, era stata lei a consigliarglielo. Da allora aveva evitato accuratamente altre consulenze in dolci babbani, se erano tutti come quella crema di nocciole, rischiava l’obesità nel giro di pochi mesi.
“Zio Harry, posso usare un po’ il computer?”
“Cero Teddy, fai pure, ma ricordati che tra poco si va’ a dormire.”
Il bambino annuì, mentre si sedeva alla sua scrivania e accendeva il pc. Quella macchina era uno sfizio che si era voluto togliere e doveva ammettere che in certi momenti era stato molto utile. Ron lo aveva considerato uno spreco di soldi, ma quando aveva cominciato a muovere il mouse, aprire cartelle e programmi a casaccio, ne era rimasto affascinato. L’apice era stato raggiunto quando aveva scoperto “Campo Minato”, sotto lo sguardo di rimprovero di Hermione. Peccato che, con il suo trasferimento, si sarebbe trasformato in un semplice soprammobile. Le protezioni magiche anti-babbano avrebbero sicuramente interferito con i delicati circuiti della macchina, ed era altrettanto sicuro che nessun tecnico sarebbe riuscito a fornirgli una connessione internet.
Stava riponendo i piatti nella credenza, quando gli venne un’idea. Raggiunse Teddy, impegnato in una partita al solitario.
“Ehi piccolo, mi lasci guardare una cosa? Tu, intanto, comincia a prepararti per la nanna.”
“Posso finire la partita prima di andare a dormire?”
“Certo, ora però vatti a dare una bella spazzolata ai denti.”
Teddy lasciò il posto al padrino, dirigendosi verso il bagno. Harry lanciò l’applicazione di accesso ad internet: forse era una cosa stupida, ma se i libri non avevano dato risposta, forse sul web avrebbe trovato qualcosa.
Digitò sul motore di ricerca “Calice della Anime”, scorse i primi risultati senza successo.
Poi digitò “albero d’oro”, incrociando le dita.
Guardò la pagina web, trattenendo il respiro.
“Bingo!”
 




NdA:// Buongiorno! Eccoci qui con un nuovo capitolo. Sto terminando adesso il terzo e spero di riuscire a partire domani con il quarto, in modo da avere sempre un capitolo pronto per ogni scadenza. Devo dire che il terzo si è rivelato abbastanza ostico, ma non voglio anticiparvi niente XD Vi svelerò l'arcano con il prossimo aggiornamento. Beh, che dire, vi ringrazio tantissimo per la fiducia che mi avete accordato con questo racconto. Farò del mio meglio!  Siete meravigliosi! Un abbraccio grande!
P.s. Immagino che abbiate intuito tutti qual è il dolce babbano di cui ho parlato, non ho potuto fare a meno di inserirlo. Considerando che esportano anche all'estero mi sembra più che plausible trovarlo tra gli scaffali dei supermercati inglesi. :)
Biohazard

 

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Capitolo 3
*** Bon Voyage ***


Bon Voyage
 
 
 
 
 
 
Quando arrivò al Ministero quella mattina, dopo aver riaccompagnato Teddy da Andromeda, Harry si diresse subito nell’ufficio di Hermione. Era troppo preso dai suoi pensieri per accorgersi che qualcosa non andava quella mattina. Se avesse prestato più attenzione, si sarebbe accorto che in ogni angolo del Ministero tutti i colleghi si passavano, da ufficio a ufficio, copie della Gazzetta del Profeta, bisbigliando al suo passaggio. Harry, però, era troppo preso da ciò che aveva scoperto dopo un’intera notte passata davanti al computer per prestarvi attenzione.
Entrò spedito nell’ufficio dell’amica senza neanche bussare.
“Ehi, ho trovato qualcosa!”
Nell’ufficio c’era anche Ron. I due amici sobbalzarono spaventati dall’arrivo improvviso di Harry.
“Guardate qui!” Disse trionfante, tirando fuori dalla borsa un plico di fogli e appoggiandoli sulla scrivania.
Ron e Hermione, però, non degnarono neanche di uno sguardo alla sudata ricerca di Harry: il primo era cadaverico, mentre l’amica lo fissava con espressione ansiosa.
“Che succede? State bene?”
Adesso era Harry ad essere preoccupato. Hermione sembrava volesse dire qualcosa, ma pareva non riuscire a trovare le parole, mentre Ron non aveva il coraggio di guardarlo in faccia.
“Si può sapere che cosa sta succedendo?” Urlò, senza neanche sapere perché, ma aveva una bruttissima sensazione. Hermione gli allungò una copia della Gazzetta del Profeta: le tremavano le mani.
Harry non capì subito, ma una volta spiegata la prima pagina, tutto divenne chiaro, paralizzandolo.
“Le nuove pene d’amore di Harry Potter: Ginevra Weasley pizzicata con il battitore dei Cannons.”
In prima pagina svettava una grande foto in bianco e nero di Ginny mentre si scambiava un bacio con un altro ragazzo al tavolo di un ristorante. Fu come se tutta l’aria gli fosse stata risucchiata dai polmoni. Guardò i due amici, scombussolato. Lo fissavano con apprensione come se potesse esplodere da un momento all’altro.
“Harry…” esordì timidamente Hermione, avvicinandoglisi. “Mi dispiace tanto.”
Ma Harry sembrava non averla neanche udita. Girò su se stesso ed entrò nell’ufficio più vicino che avesse a disposizione un camino. Hermione e Ron lo seguivano a ruota, preoccupatissimi.
“Dove stai andando?” gli domandò Hermione, mentre Harry afferrava una manciata di polvere volante.
“Vado a preparare le valige.” Rispose risoluto.
“Valige?”
Harry entrò nel camino.
“Scriverò un gufo a Kingsley per informarlo delle ferie.”
“Harry, aspetta, dove vuoi andare?” Ron sembrava sul punto di svenire da un momento all’altro.
“In Francia.” Così detto, lanciò la polvere nel camino e i due amici scomparvero alla sua vista.
 
 
 
*****
 
 
Appena entrato in casa, recitò incantesimi anti materializzazione e chiuse l’accesso al camino.
Non voleva né vedere né sentire nessuno. A grandi falcate raggiunse la sua camera, tirando fuori dall’armadio un baule da viaggio e dei vestiti presi alla rinfusa. Era così nervoso che sbatté il piede contro l’angolo del comodino, imprecando, mentre il rumore di vetri che s’infrangevano riempì la stanza. Harry si bloccò con il respiro pesante, guardando le schegge oltre i comò. Si avvicinò lentamente e il volto di Ginny gli sorrise attraverso la cornice spaccata. Era radiosa nel giorno del suo MAGO e un Harry molto più giovane sorrideva al suo fianco. Raccolse la foto con mani tremanti, quando qualcosa di appuntito gli si conficcò nell’indice, facendogli mollare la presa istantaneamente.
‘Fanculo.
Estrasse la scheggia dal dito e guardò di nuovo con rabbia la foto sul pavimento per poi calciarla via in un impeto di rabbia. Si sedette sul bordo del letto, tenendosi la testa tra le mani.
Voleva spaccare tutto, urlare, ma continuava a rimanere fermo e immobile.
Come aveva potuto?
Non era solo arrabbiato, si sentiva tradito ed umiliato. Inspirò profondamente, cercando di dissipare la rabbia. Si diresse in cucina e dalla credenza prese una bottiglia di Whiskey Incendiario, versandone un bicchiere più che generoso. Lo tracannò in una sola sorsata, rabbrividendo alla sensazione di calore e vertigine che gli si stava propagando in petto. Stava per riempire nuovamente il bicchiere, quando due gufi picchiettarono contro la finestra del salotto: un barbagianni e una civetta. Il primo era di Ron ed Hermione e, da quello che vedeva, alla sua zampa era legata una busta rossa e fumante che stava facendo agitare vistosamente il volatile.
“Perfetto, mi mancavano le Strillettere.”
La civetta, invece, non sapeva a chi appartenesse. Era di uno stupendo color nocciola con le punte delle ali di un bel marrone scuro. Aprì la finestra e il barbagianni si lanciò subito verso Harry, perché lo liberasse dalla Strillettera. Non appena la staccò dalla zampa dell’animale, la voce di Hermione riempì la cucina.
“Harry, dove credi di andare? Ho letto gli appunti che mi hai portato e la cosa è talmente assurda che non capisco come tu abbia potuto prenderla in considerazione. Si tratta di leggende babbane! In ogni caso ne riparleremo più tardi. Per quanto riguarda Ginny,” il tono della lettera divenne più dolce ed incerto “credo che dovresti parlarle. Tienimi aggiornata, a presto.”
Con quell’ultimo saluto, la lettera ricadde inerme sul bancone della cucina. Harry sospirò: sapeva che l’amica avrebbe trovato assurda la sua teoria, ma al momento era l’unico indizio che avesse trovato e che fosse in qualche modo collegato alla visione che aveva avuto. Tuttavia, non gli importava cosa pensasse Hermione. Aveva deciso, sarebbe partito comunque, anche se il viaggio avrebbe potuto rivelarsi un’enorme perdita di tempo. Se non altro si sarebbe goduto una bella vacanza.
La civetta richiamò la sua attenzione con un forte schiocco del becco. Harry non poté biasimarla, aveva ancora la lettera legata alla zampa. Prese due biscotti dalla credenza e li offrì ai due volatili per ringraziali del servizio. La civetta, diligentemente, gli porse la lettera. Harry l’aprì e il suo stomaco si contrasse spasmodicamente quando lesse il mittente: Ginevra Weasley.
Il cuore prese a martellargli nel petto, mentre il respiro si fece corto ed irregolare. Spiegò il foglio, cominciando a leggere.
“Harry, mi dispiace tantissimo per quello che è successo. Mi sento uno schifo e non oso immaginare come tu possa sentirti in questo momento. Ti prego, vediamoci ad Hyde Park, vicino al Queen’s Temple. Sarò lì per le due.
Ti aspetto. Ho bisogno di parlarti di quello che è successo.
Ginny.”
Harry fece un profondo respiro guardando l’orologio: erano appena le dieci del mattino, aveva ancora un paio d’ore per prendere una decisione e magari, nel frattempo, avrebbe scritto anche un gufo a Kingsley. Per prima cosa, però, si sarebbe bevuto un altro bicchiere di Whiskey Incendiario. Ne aveva decisamente bisogno.
 
 
*****
 
 
Uno schifo, ecco come si sentiva.
Aveva incontrato Ginny nel luogo stabilito e Harry aveva notato fin da subito i capelli scarmagliati e un paio di occhiali da sole dalle lenti scure. Sapeva che la ragazza odiava piangere in pubblico e non dubitava che dietro le spesse lenti si celassero un paio di occhi gonfi ed arrossati.
Non si erano salutati, semplicemente, Ginny si era avvicinata e avevano iniziato a camminare per le strade dell’immenso parco spalla a spalla.
Durante tutto il suo discorso, Ginny non l’aveva mai guardato, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla ghiaia del vialetto: la classica postura di chi ha commesso qualcosa di sbagliato. Harry capiva  che fosse immensamente più facile per lei parlargli senza dover affrontare il suo sguardo. Il tono di voce della ragazza era così incerto e tremolante da far intuire ad Harry che se avesse emesso un solo suono, lei sarebbe scoppiata a piangere.
Dov’era finita la sua Ginny, decisa e determinata, con quel cipiglio così simile a quello di sua madre?
Non sapeva per quanto tempo avesse parlato e, in realtà, non aveva ascoltato granché di quello che aveva detto. Ci aveva pensato molto a casa, mentre aspettava l’ora dell’appuntamento e Harry aveva già preso la sua decisione. Aveva atteso che finisse di parlare, di sfogarsi, poi le si era piazzato davanti, sollevando gli occhiali per poterla guardare. E in quel momento aveva vacillato.
“Perché non dici niente, Harry?”
La voce incrinata e gli occhi arrossati.
Audacia, fegato, cavalleria… Col cavolo!
Era sempre stato un disastro con le relazioni, a partire da Cho Chang al quinto anno e adesso voleva solo scappare a gambe levate come il peggiore dei Serpeverde.
Ma non lo fece, perché le difficoltà andavano affrontate e lui non si sarebbe comportato da vigliacco, non avrebbe fatto lo stesso sbaglio di Ginny.
“È finita.” Aveva detto, senza rancore.
Non la odiava per quello che era successo: dopo la rabbia iniziale, il suo stato d’animo era passato dallo sconforto alla malinconia, perché il gesto di Ginny,  per quanto scorretto, altro non era che la conferma dei dubbi e delle domande su cui aveva rimuginato solo il giorno precedente.
“Lo capisco.”
Harry aveva ringraziato tutte le divinità ultraterrene nel momento in cui aveva udito quella risposta. Non sarebbe stato in grado di gestire una scenata isterica o una crisi di pianto.
Forse Ginny aveva già previsto quel triste epilogo.
“Mamma mi ucciderà.” Aveva aggiunto con un sorriso tirato. “Comunque, voglio che tu sappia che oltre a quel bacio, non c’è stato altro con Robert.”
Harry le credette, ma si accorse che la cosa non gli importava poi un granché. Per Harry la lealtà contava più di tutto e Ginny si era giocata la sua fiducia.
Così aveva annuito, esitando un attimo e poi l’aveva abbracciata forte, come se avesse voluto rassicurarla del fatto che tutto andava bene, anche se non era così. Era stato un contatto breve, durante il quale aveva sentito il corpo di Ginny scosso da leggeri singhiozzi, poi si erano separati, l’aveva saluta ed era rientrato al suo appartamento.
Adesso se ne stava mollemente seduto sul suo divano da circa tre ore, con un bicchiere in mano e la bottiglia di whiskey appoggiata sul tavolino in vetro davanti a lui. Aveva già spedito un gufo a Kingsley, ottenendo immediatamente risposta da quest’ultimo, con l’approvazione delle ferie e l’uomo  non aveva mancato di sottolineargli la sua comprensione per l’incresciosa situazione in cui era stato coinvolto. Poi aveva spedito un patronus a Ron ed Hermione, informandoli che li avrebbe aspettati quella sera e di concludere tranquillamente la loro giornata lavorativa.
Erano ormai le sei e mezza e fuori era già buio. Sarebbero arrivati a momenti.
Avvertendo il forte sapore di liquore nella bocca decise che era il caso di darsi una rinfrescata. Temeva già lo sguardo omicida di Hermione se avesse anche solo fiutato odore di alcool. A volte sapeva essere veramente una bacchettona. Non era mica stata colpa sua e di Ron , se Seamus aveva aggiunto qualche sorso di rum al suo drink quando l’avevano festeggiata per il suo diploma di M.A.G.O.
Con un sorriso sghembo stampato sulla faccia al ricordo, aprì la porta del bagno, cercando il tasto della luce, rendendosi conto che qualcosa non andava, quando le sue dita sfiorarono quella che sembrava una parete di roccia grezza.
Afferrò la bacchetta, sempre a portata di mano nella tasca dei jeans (abitudine mantenuta dal periodo della guerra) e pronunciò l’incantesimo “Lumos Maxima”.
Quando la formula illuminò l’ambiente, Harry rimase senza fiato: era all’interno di quella che sembrava un’antica chiesa medievale. Scosse la testa incredulo, mentre dietro di sé poteva scorgere la camera da letto e il corridoio della sua casa. Si arrischiò a fare un passo avanti, pronunciando l’incanto “Homenum Revelio”.
Nulla accadde ed Harry mosse un altro passo, osservando l’ambiente circostante. Da quello che vedeva la chiesa sembrava molto antica, addirittura risalente all’epoca medievale. C’erano diversi affreschi e vetrate raffiguranti icone cristiane, nulla di diverso da qualsiasi altro luogo di culto. Eppure doveva esserci qualcosa, l’interno di una chiesa non poteva materializzarsi nel suo bagno senza un perché.
“Prima la vallata, adesso la chiesa. Che cosa vuoi dirmi?”
Si avvicinò all’altare senza notare nulla d’interessante, quando la sua attenzione fu attirata da un grosso arco in pietra al di sopra del quale svettava un mosaico molto diverso da quelli presenti nella chiesa, raffigurante un cervo bianco circondato da quattro leoni rossi.
Una frase prese forma sulla labbra di Harry.
“Un cervo e quattro leoni segnano la via per la liberazione..”
Chiunque fosse a mostrargli quelle visioni, lo stava guidando, lasciando indizi come i pezzi di un puzzle che lui doveva far combaciare.
Stava osservando l’arco per cogliere altri dettagli, quando una voce dietro alle sue spalle lo fece sussultare.
“La porta è dentro.”
Si voltò di scatto, ma non c’era nessuno.
“La porta è dentro.” Ripeté la voce.
“Dove?”
Poi un fischio assordante lo portò istintivamente a coprirsi le orecchie, ma fu un gesto del tutto inutile, perché il suono scaturiva direttamente dentro la sua testa.
 
 
 
“Rinchiuso per sempre, l'anima costretta a vagare per l'eternità: questa sarà la sorte.
Nove pietre pongono il sigillo;
un cervo e quattro leoni segnano la via per la liberazione:
oltre il castello di cristallo, la valle degli amanti e la fontana della giovinezza,
si aprirà la strada per la foresta incantata.
Là, nelle profondità più remote, si cela la sua prigione e con essa
Il Calice delle Anime”.
 
 

 
Quelle parole rimbombavano nella suo cervello e a Harry sembrava che stesse per scoppiargli da un momento all’altro, mentre la stessa voce velata di prima continuava a ripetere la solita frase come una litania.
“La porta è dentro.”
“La porta è dentro.”
“Harry!”
“…è dentro”
“Harry!”
Aprì gli occhi, accorgendosi di essere lui stesso a ripetere incessantemente quella frase enigmatica. Non era più nella chiesa, ma nel suo bagno, madido di sudore.
Hermione e Ron lo guardavano spaventati, ma Harry non li degnò neanche di uno sguardo, schizzando subito nel suo studio per annotare quella specie di filastrocca che aveva sentito.
Fece scorrere velocemente la punta della piuma su fogli ingialliti di pergamena.
Sentì i passi incerti dei suoi amici avvicinarsi e, non appena ebbe finito, porse il foglio ai due.
“Dobbiamo parlare. Adesso.” Disse Harry perentorio.
“Sei sicuro di stare bene?” domandò Ron, con apprensione.
“Sì, adesso è tutto passato.” Rispose facendo un bel respiro.
“Hai avuto un’altra visione?” chiese Hermione, accomodandosi su una sedia della cucina. Harry si riempì un bicchier d’acqua, tracannandolo in un sorso.
“Sì, ma è stata più intensa dell’altra volta e mi ha mostrato un indizio.”
“Chi?”
Harry fissò Hermione dritta negli occhi.
“Tu credi veramente che si tratti Merlino, lo stregone più grande di tutti i tempi, talmente potente da eseguire magie senza bacchetta, a chiedere il tuo aiuto?”
“Sì, proprio lui.” Rispose Harry seraficamente con un’alzata di spalle, riempiendosi un bicchier d’acqua, sotto lo sguardo attonito di Ron e Hermione.





 
 
 
NdA:// Bene, bene. (Si sfrega le mani compiaciuta). Questo terzo capitolo si è concluso e dal prossimo si partirà all’avventura. Finalmente abbiamo qualche piccolo indizio e spero che il finale vi abbia interessato (anche se mi piacerebbe poter dire “Vi ha lasciato di stucco!”). Comunque…. Ho faticato a scrivere questo capitolo. Veramente tanto! Da un lato avevamo la prima parte dedicata alla faccenda Ginny…. Forse è stata la parte più ostica. Inizialmente avevo pensato di farli lasciare sul finire della storia dopo l’avventura, ma poi ho pensato che non sarebbe stato da Harry (o San Potter come direbbe qualcuno XD) cominciare a provare dei sentimenti verso un’altra persona, mentre è ancora fidanzato. Si sarebbe fatto un sacco di castelli mentali e un sacco di sensi di colpa. Quindi ho preferito anticipare la cosa. Dunque, passando a Ginny, è un personaggio che non amo particolarmente, però non volevo neanche che passasse come la sciacquetta della situazione (oddio dal capitolo sembrerebbe di sì, ma vi spiego meglio).
Nel primo capitolo ho un po’ analizzato il rapporto tra Harry e Ginny in questa fic, in pratica, per me non si amano più, la loro è solo abitudine. Quindi è normale che Ginny provi attrazione verso un’altra persona, ma allo stesso tempo è confusa e si sente in colpa. Non volevo una Ginny, sciacquetta  o piattola o qualsiasi altra cosa. Volevo renderla il più possibile canon e spero di esserci riuscita, ma questo dovrete dirmelo voi XD Passando alla seconda parte, beh, spero che la rivelazione abbia attirato la vostra curiosità. Nel prossimo ci saranno altre rivelazioni.
Insomma, che il viaggio abbia inizio!
Baci!
P.s. Devo ancora iniziare a scrivere il quarto capitolo e sono già in ansia per la prossima pubblicazione. È una settimana che questo capitolo è pronto, ma non ho avuto il tempo di ricopiarlo. Sì avete letto bene. Purtroppo, se così si può dire, i capitoli li scrivo tutti a mano sul mio quaderno e successivamente vengono ricopiati al pc. So che faccio lavoro doppio, ma scrivo più velocemente a mano che non al pc. Chissà perché!


 
 

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Capitolo 4
*** Paimpont ***


Paimpont
 
 
 
 
 
La corriera sfrecciava sulla strada immersa nelle campagne francesi.  Avevano da poco lasciato la città di Rennes per dirigersi verso quella di Paimpont a cinquanta chilometri di distanza, la loro destinazione. Harry, Ron e Hermione sedevano nelle ultime file dell’autobus. Erano tutti e tre molto stanchi per la giornata di viaggio che avevano affrontato da quella mattina. Hermione era intenta nella lettura di una guida francese, mentre Harry osservava distrattamente il paesaggio che sfrecciava oltre il finestrino. Era sera ormai e cominciava ad avvertire un certo languore alla bocca dello stomaco. Ron, invece, stava dormendo scompostamente con la testa appoggiata al finestrino, con il cappotto a fargli da cuscino. Era stata una giornata decisamente troppo intensa per lui. Quando aveva iniziato a piagnucolare sull’aereo, per poi sbiancare e nascondersi tra le braccia di Hermione quando aveva preso il volo, si era sentito molto in colpa nei confronti dell’amico. Erano stati lui ed Hermione a proporre quel viaggio utilizzando i metodi babbani, convenendo che avrebbero dato meno nell’occhio, evitando domande inutili e foto sui giornali scandalistici. Da quando era stata ufficializzata la rottura tra Harry e Potter e Ginevra Weasley, i giornalisti si erano scatenati: Harry, nell’ultima settimana, non era riuscito a muovere un passo fuori di casa e dall’ufficio senza essere accerchiato e tempestato di domande. Fortunatamente, adesso era lontano da tutto ed era immensamente grato che i suoi due migliori amici avessero deciso di seguirlo ancora in un’altra avventura. Kingsley non aveva mosso obiezioni, anche se aveva affermato che non sarebbe stato per nulla facile sostituirli.
Harry sarebbe voluto partire immediatamente, ma Hermione era stata irremovibile: prima avrebbe terminato il suo trasferimento d’ufficio e poi sarebbero partiti. Inoltre gli aveva fatto notare che non erano assolutamente pronti per affrontare un viaggio oltre manica senza una prenotazione o un itinerario. Chiaramente Ron ed Harry erano stati più che felici di aver lasciato l’incombenza alla ragazza, consapevoli del fatto che il viaggio sarebbe stato organizzato nei minimi dettagli ed Hermione non si era smentita.
Erano partiti da Londra quella mattina: sembravano tre normalissimi turisti babbani, se non si teneva conto dello sguardo meravigliato di Ron per qualsiasi oggetto presente all’aeroporto, a partire dai tabelloni per gli orari fino alle macchinette automatiche per il caffè. L’unico intoppo si era presentato al controllo bagagli dove Hermione aveva dovuto lanciare un incantesimo Confundus sulle guardie, per evitare che aprissero i loro zaini su cui la ragazza aveva applicato tre incantesimi di estensione irriconoscibile.
Fortunatamente era andato tutto bene e si erano imbarcati senza problemi, grazie anche ai tre passaporti babbani che Padma Patil, ora impiegata all’ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, era riuscita a procurargli senza difficoltà.
Hermione, nonostante l’imperituro scetticismo riguardo a quella storia, aveva stabilito che fosse il caso di essere preparati a qualunque evenienza, così aveva suddiviso gli zaini per equipaggiamento anche se né Harry né Ron avevano la più pallida idea di cosa Hermione avesse realmente stipato nei loro zaini, a parte vestiti di ricambio, tre scope e un’infinità di libri. Quando, però, erano saliti sull’aereo, era scoppiato il dramma. Ron era stato l’unico dei tre a muovere qualche obiezione riguardo l’utilizzo di mezzi di trasporto babbani, ma poi la fidanzata l’aveva rassicurato, dicendogli che non c’era nulla da temere. Non del tutto convinto, Ron si tranquillizzato, ma nel momento in cui l’aereo aveva preso il volo, Harry aveva visto l’amico sbiancare e assumere la stessa espressione di quando di era trovato Aragog davanti agli occhi. Allora aveva iniziato a tremare, dicendo quanto fosse innaturale che l’aereo riuscisse a volare senza magia e che l’intera situazione non gli infondeva neanche un po’ di sicurezza. Aveva pregato Hermione di dargli la sua scopa e poco era mancato si lasciasse andare ad una crisi isterica.
Alla fine, esasperata, l’amica aveva tirato fuori una boccetta e gli aveva somministrato qualche goccia di Bevanda della Pace, mentre Harry aveva improvvisato un siparietto con le hostess e gli altri passeggeri, inventandosi delle scuse per lo strano  comportamento e il continuo sproloquiare dell’amico di cose senza senso. Ron, dopo aver assunto la pozione, si era calmato e nessuno dei due era stato costretto ad obliviare nessuno. Quando l’aereo era atterrato, l’amico era schizzato fuori come una scheggia, dichiarando che non sarebbe mai più salito su quella diavoleria babbana.
Harry non aveva smesso di prenderlo in giro fino a che non erano arrivati alla Gare de Lyon e anche Hermione sembrava essersi rilassata dopo lo stress dell’ultima settimana. Per sicurezza avevano ricontrollato l’itinerario del viaggio e gli orari, e siccome il treno per Rennes sarebbe partito nel tardo pomeriggio, i tre amici avevano deciso di godersi per qualche ora la città di Parigi.
Harry non c’era mai stato, ma la capitale francese gli era subito entrata nel cuore per la sua architettura, i suoi luoghi e i suoi monumenti. Anche la cucina francese si era rivelata una scoperta: Harry e Ron ne avevano sentite tante di storie su piatti conditi con lumache o strani crostacei, per questo avevano messo nello zaino una buona scorta di Api Frizzole e di Cioccorane. Hermione li aveva poi condotti nel quartiere magico francese, Montmartre.
I babbani dicevano che il quartiere fosse solo il luogo di ritrovo per pittori, artisti o presunti tali e personaggi piuttosto eccentrici, ma i tre amici sapevano che quelle persone così strane ai bordi della strada altri non erano che maghi e streghe. L’acceso al quartiere magico vero e proprio si trovava nel locale “Les étrangers”, un bistrot dalla costruzione piuttosto bislacca, che ricordò ad Harry “La Tana”. Il quartiere magico francese “Rue Saint François” non era poi così dissimile da Diagon Alley, nonostante Ron sostenesse, molto patriotticamente, il contrario.
Dopo quella rapida visita erano tornati alla Gare de Lyon e avevano preso il treno per Rennes e da lì l’autobus per Paimpont.
Harry doveva ammettere di sentirsi lui stesso molto stanco e non vedeva l’ora di raggiungere l’albergo e farsi una bella doccia. L’indomani avrebbero visitato il luogo che era apparso nei sogni di Harry: la foresta di Brocéliande. Dalle ricerche che aveva fatto e stando a quello che erano effettivamente fatti e leggende babbane, a Brocéliande c’era un albero d’oro, più precisamente un castagno, simbolo dell’incendio che distrusse più di metà foresta negli anni settanta. L’albero era stato il primo indizio ad attirare l’attenzione di Harry.
Approfondendo la ricerca aveva scoperto che la foresta, sempre secondo la leggenda, era stata anche lo scenario delle gesta di Re Artù e del grande mago Merlino. Riguardo a quest’ultimo, inoltre, la leggenda babbana narrava che la stessa foresta fosse anche l’ultima dimora del grande mago, dove la sua anima vivrebbe intrappolata in uno stato di non morte.
Quello era stato il campanello d’allarme.
Anche quando non sapeva ancora di essere un mago, Harry conosceva il nome di Merlino e di Re Artù, così come la maggior parte di altri ragazzi babbani. Nel periodo in cui aveva frequentato la scuola non magica, gli era capitato di leggere dei racconti al riguardo, ma per il mondo babbano erano soltanto racconti di fantasia.
In seguito, aveva scoperto che Merlino non era solo una fantasia o una leggenda, ma un mago realmente esistito ed estremamente potente, più di Voldemort e di Silente. Nell’ultima settimana Harry aveva passato molto tempo in biblioteca a documentarsi sullo stregone.
Stando ai libri di storia della magia, Merlino era nato durante il periodo Medievale, aveva frequentato la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e, con gran stupore del ragazzo, era stato un Serpeverde.
Leggendo tutte quelle informazioni,  aveva iniziato a pensare che, forse, Storia della Magia poteva essere una materia interessante.
Aveva scoperto come Merlino fosse conosciuto anche tra i babbani per la forte collaborazione che aveva instaurato con essi ed aveva vietato l’uso della magia contro di loro e proprio a tal fine era stato fondato l’Ordine di Merlino.
Il mago possedeva doti e capacità magiche straordinarie: la sua abilità negli incantesimi era tale da essere nominato anche il Principe degli Incantatori e dalle fonti più antiche, sembra che nessuno fosse mai riuscito a sconfiggerlo in duello.
Harry aveva confrontato le sue ricerche con quelle di Hermione: l’amica gli aveva spiegato che Merlino ed Artù erano realmente esistiti, ma che in nessun testo scritto storico ci fosse alcun riferimento ad alberi d’oro e Calici delle Anime. Inoltre, poiché Merlino ed Artù erano vissuti in un periodo così lontano non c’erano né testi né manoscritti che potessero confermare o smentire il fatto che Brocéliande e Paimpont fossero o meno i luoghi in cui si erano svolte le vicende della famosa Tavola Rotonda. Bisognava considerare, inoltre, che a partire dal XV secolo con la caccia alle streghe e con l’Inquisizione Spagnola, tantissimi testi furono bruciati o distrutti. La storia magica nel periodo medievale risultava molto nebulosa e ricca di punti interrogativi.
Hermione aveva aggiunto che nessuno sapeva con certezza sia la data di nascita che quella di morte del grande mago e che, comunque, nei libri da lei consultati non conosceva né incantesimi né pozioni che potessero imprigionare o controllare l’anima di un mago.
“Ma allora la Pietra della Resurrezione?” aveva domandato Ron.
“La Pietra non permette di avere il controllo sulle anime o di imprigionarle, richiama solo quelle di coloro che non ci sono più, non può agire sullo spirito di chi è ancora in vita.”
“Credi che abbia a che fare con questo Calice della Anime, Hermione?”
“In nessun libro è riportata l’esistenza di tale manufatto magico.    Ci sono, però, molti calici magici citati sia dalla storia magica che quella babbana. Immagino che entrambi ricordiate il Calice di Fuoco, mentre per i babbani è molto sentito il mito del Santo Graal, legato a diverse leggende sia storiche che religiose ma la sua esistenza non è mai stata realmente comprovata.”
“Per quanto riguarda la voce femminile che ho sentito, di chi potrà trattarsi?”
“Una figura femminile di spicco legata a Merlino è quella della strega Morgana, sua antagonista e rivale, grande sostenitrice delle arti oscure, quindi dubito che possa trattarsi di lei. Al momento non sono riuscita a trovare nient’altro.”
Il lento frenare della corriera riscosse Harry dai suoi pensieri. Hermione si era alzata per andare a svegliare Ron che occupava due posti nella corsia opposta alla loro. Nonostante fossero trascorsi già sette anni, Harry faticava ancora ad abituarsi ai gesti teneri che si scambiavano i due amici e probabilmente, non ci si sarebbe mai abituato. Non era geloso sei suoi due amici, anzi gli augurava tutta la felicità del mondo, ma preferiva di gran lunga se riservavano le loro effusioni, quando lui non era nei paraggi. Fortunatamente, anche l’amico provava lo stesso imbarazzo nei suoi confronti e in quelli di sua sorella, così avevano stretto un tacito accordo ed Hermione non aveva potuto non fargli notare che si stavano comportando ancora come due adolescenti.
Solo che, adesso, Harry era rimasto solo.
Aveva informato i sue amici della rottura con Ginny, ma non se l’era sentita di aggiungere altro, non ancora almeno. Hermione l’aveva abbracciato dolcemente, mentre Ron aveva emesso un gemito strozzato alla notizia, però poi aveva cercato di stemperare la tensione con una battuta, di cui anche lui era poco convinto. Harry aveva apprezzato il gesto, conscio che la goffa battuta dell’amico, fosse in realtà un tentativo per fargli capire che gli era vicino.
La corriera si fermò in una piccola piazza, i tre amici e gli altri pochi passeggeri scesero dalla vettura, apprestandosi a recuperare i bagagli. Ron sbadigliò sonoramente, mentre Harry si guardava intorno constatando la semplicità e il fascino di quella cittadini rurale.
Era il classico villaggio da cartolina: le case e le altre strutture avevano mantenuto uno stile e un’architettura medievale, almeno all’esterno. Le facciate delle abitazioni erano in pietra con tetti spioventi e finestre in legno a colori pastello. L’indomani con la luce del sole, si sarebbe veramente goduto appieno il paesaggio. Camminarono per qualche minuto, fino a che non raggiunsero il loro albergo, che sorgeva sulla riva di un piccolo lago che, a causa del buio, non aveva notato all’arrivo. Nonostante fosse metà Ottobre, la temperatura era un po’ più mite e non c’era traccia della tipica umidità londinese.
Era tutto tranquillo, molto diverso dal caos cittadino, riusciva persino a sentire il frinire dei grilli e delle cicale.
“È bellissimo, non trovate?”
“Già.” Confermò Ron.
L’albergo era molto grande e anche lussuoso da quello che riusciva a vedere dall’esterno, anche se esternamente manteneva lo stesso stile medievale delle abitazioni.
“Beh, Hermione, non hai badato a spese.” Commentò Harry con un sorrisetto.
“È molto che non ci concediamo un viaggio o una vacanza e” continuò arrossendo “che male c’è se ci coccoliamo un po’?”
Harry le sorrise.
“Hai fatto benissimo.” La rassicurò.
“Per le mutande di Merlino, vuoi dirmi che l’albergo ha anche quella vasche enormi con il litrosamaggio?”
“Idromassaggio, Ron. Sì c’è il centro benessere.” Aggiunse la ragazza entrando.
I due amici la seguirono velocemente nella hall ben illuminata. La sala era molto grande con uno splendido pavimento in marmo e un grande lampadario di cristallo.
“Urca!” Esclamò Ron, visibilmente impressionato. Hermione era già alla reception e li richiamò a raccolta, affinché consegnassero i documenti per la registrazione. Qualche minuto dopo, due chiavi elettroniche furono appoggiate sul lucido bancone di granito nero.
“Bonsoir messiurs!” li salutò il concierge.
Harry chiamò l’ascensore.
“A che piano dobbiamo andare?”
“Terzo. Tieni Harry, questa è tua.” Hermione gli passò la tessera contrassegnata dal numero 185.
“Noi siamo alle 180. Sono entrambe due matrimoniali.”
A Ron s’incendiarono le punte delle orecchie a quell’affermazione e Harry gli diede un colpetto sulla spalla. Tra meno di tre mesi si sarebbero sposati e lui arrossiva ancora come un sedicenne.
“Ci siamo.”
L’ascensore si fermò e i tre si ritrovarono in un lungo corridoio dall’arredo elegante.
“Per la cena che cosa vogliamo fare?” domandò Ron, mentre raggiungevano le loro camere.
“Beh, direi che ci diamo prima una rinfrescata e poi scendiamo. Abbiamo la pensione completa.”
“Sono d’accordo, è meglio cenare un po’ prima, io ho decisamente bisogno di riposarmi e domani ci aspetta un’altra giornata impegnativa.” Harry era già davanti alla porta della sua camera.
“Ci vediamo tra quaranta minuti.” Disse mentre strisciava la tessera.
La luce si accese immediatamente al sua ingresso ed Harry rimase abbagliato dalla lusso del appartamento.
Wow! Hermione, sei mitica. Pensò, lanciandosi senza remore sul morbido materasso.
 
 
 
 
 
 
 
 
NdA:// Salve a tutti! No, non sono sparita e chiedo scusa per questo ritardo pauroso. Purtroppo come ho già accennato ad altre lettrici sono stata veramente incasinata, sia sul lavoro che nella vita privata. La situazione adesso sembra essersi riassestata, tuttavia, un grande cambiamento sta avvenendo nella mia vita, nel senso che io e il mio fidanzato, dopo lungo peregrinare, compriamo casa (o per lo meno speriamo di comprarla). Quindi sono sempre indaffarata, ma almeno per una buona notizia. Adesso siamo intorno alle scartoffie e io sono super agitata! È una cosa grossa o___o quindi abbiate pietà di me! Non vi preoccupate, la storia non verrà interrotta (per diamine, l’ho iniziata e vedrà anche la fine!) però potrà capitare che ci siano dei ritardi, questo sì. Comunque per rassicurarvi metà del quinto capitolo è già pronto e dovrei riuscire a postarlo più o meno in orario.
Vi ringrazio tutti per le recensioni, il supporto e tutto il resto! Vi adoro!

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Capitolo 5
*** Incontri ***


Incontri
 
 
 
 
Harry si svegliò la mattina seguente, completamente risposato. Si lavò e vestì velocemente, andando a bussare alla porta della camera dei due amici. Non fu sorpreso di trovarli già pronti. Scesero per la colazione, dove spesero quasi un’ora mangiando croissants, marmellate, yogurth e più o meno tutto quello che era presente sui tavoli, chiacchierando e scherzando come non gli capitava da tanto tempo.
Prima di rientrare in camera a prepararsi, Hermione chiese ulteriori informazioni sull’itinerario: non aveva un grande accento, ma riusciva a esprimersi egregiamente. Gli ricordava tanto Fleur molti anni prima, quando voleva “meliorare il suo englese”.
Prepararono gli zaini e dieci minuti dopo, erano già in cammino sotto il tiepido sole del mattino. Harry aveva visto giusto la sera prima: la cittadina era stupenda e per le strade aleggiava un delizioso profumo di pane appena sfornato.
Era una bella giornata e, benché fosse ancora pieno di ansie e incertezze dopo la rottura con Ginny, sentiva il cuore alleggerirsi alla vista dei suoi due migliori amici, che battibeccavano poco più avanti, consapevole che ci sarebbero sempre stati, così come tutta la famiglia Weasley.
Dopo aver ricevuto la notizia Molly e Arthur lo erano andati a trovare e la signora Weasley si era sciolta in un pianto addolorato, affermando tuttavia che sarebbe sempre stato il benvenuto nella loro casa e che, ai loro occhi, sarebbe sempre stato come un figlio.
“Secondo voi, troveremo veramente qualcosa?” domandò Ron, rompendo il silenzio della foresta.
“Ne sono sicuro!” rispose Harry con convinzione.
Hermione non parlò, continuando a seguire la mappa. Camminarono per circa un’ora lungo il sentiero sterrato. Durante il tragitto avevano incontrato anche altri turisti che, come Hermione, tenevano tra le mani una guida turistica oppure scattavano foto al paesaggio.
“Quanto manca ancora?” domandò Ron alla fidanzata.
“Ci siamo quasi, credo solo dieci minuti di cammino all’incirca, non di più.”
Passarono pochi minuti, Harry era in testa al gruppo quando si bloccò per cominciare a correre verso lo stesso luccichio dorato che aveva visto nella sua visione. Poco più avanti si apriva una piccola radura e lì lo vide, uguale a come lo ricordava: un tronco basso e tozzo, con due unici grandi rami privi di foglie che svettavano verso l’alto diramandosi parallelamente. A Harry ricordavano molto le corna di un cervo.
“Bene, eccoci qui.” Sentenziò Hermione. “Harry, senti qualcosa?”
L’ex Grifondoro si concentrò, ma non avvertiva assolutamente nulla, quell’aura magica che lo aveva attraversato nella visione era totalmente assente.
Si avvicinò all’albero, osservandolo attentamente, poi estrasse la bacchetta e, dopo essersi assicurato che non ci fossero babbani nelle vicinanze, pronunciò diversi incantesimi, senza ottenere alcun risultato. Lanciò uno sguardo interrogativo ai due amici: Ron sembrava deluso, mentre Hermione stava assumendo la tipica espressione del “te l’avevo detto.”
Harry non sapeva che cosa fare e non voleva ammettere di essersi immaginato tutto, no, perché quelle visioni che aveva avuto erano reali, lo sapeva. Si sedette su un masso lì vicino, ragionando sul da farsi.
Qualcosa gli stava sfuggendo, forse avrebbero dovuto concentrarsi prima sulla porta? Il problema è che non sapevano quale e dove fosse la chiesa della sua visione.
Delle risate poco lontane attirarono la sua attenzione. Un gruppo di ragazzi, più o meno della loro età, comparve dal sentiero da cui erano venuti. Erano in cinque, tutti vestiti da escursionisti.
“Regardez! Nous l’avons trouvé!” esclamò un ragazzo, indicando l’albero.
“C’est magnifique!”
Uno di loro estrasse una macchina fotografica, cimentandosi in diversi scatti. Dopo molte foto, il ragazzo, notando forse solo in quel momento la presenza dei tre, si avvicinò ad Harry porgendogli la macchina fotografica.
“Est-ce que tu peus nous prendre une photo?”
“Cosa?” domandò Harry.
“Il est anglias!” disse sorridendo il ragazzo agli altri. “Il est aussi joli, ne c’est pas?”
Harry vide Hermione arrossire e non capì il perché. La guardò interrogativo.
“Vuole che tu gli faccia una foto.” Gli spiegò, sempre con le gote arrosate. Harry annuì, totalmente ignaro dello strano comportamento dell’amica. Fece cenno al ragazzo di aver capito e prese la macchina fotografica dalle mani del francese.
“Très bien!”
Il gruppo di francesi si mise in posa, sorridendo, e Harry scattò la foto come gli era stato chiesto.
“Merci. Je m’appelles Jean-Claude. Et tu?”
Harry non aveva capito una sola parola, tranne Jean-Claude, sicuramente il nome del ragazzo. Il francese sorrise all’espressione vacua del mago, così tento di nuovo.
“Come tu chiama? Io, Jean-Claude.” Un lampo di comprensione illuminò gli occhi del Grifondoro.
“Harry e loro sono Ron e Hermione.” Spiegò, indicando i due amici.
“Àrry! Molto piascere. Io non parla molto bene l’englese.”
Gli altri due Grifondoro raggiunsero il gruppo di turisti.
“Siete venuti ad amirare le lejende su Merlino, ne c’est pas?”
“Sì.” Rispose, mentre Hermione dietro di lui, lo incitava a fare altre domande.
“È affascinonte! Avete già visitoto la sua tomba?”
“Cosa?” Esclamò Harry, come scosso da una scarica elettrica. “Ma non è l’albero?”
“Mais non, mes amis! L’arbre è seulement le symbole. La tomba è più avanti. Ma non vi siete documentoti prima di partire?”
Ron e Harry guardarono il tic improvviso sopraggiunto sulla palpebra di Hermione con profondo terrore. Era evidente che il commento del francese non fosse proprio andato a genio alla sua indole perfezionista.
Certo, avevano fatto delle ricerche, ma su fonti attendibili come antichi libri di storia della magia, senza approfondire oltre le leggende babbane.
“On peut aller enseble.”Propose il ragazzo, strizzando l’occhio ad Harry.
“Je crois qu’il est mieux, si nous allons seuls. On a d’autres choses à visiter.” Harry non aveva capito che cosa avesse detto Hermione, ma dal tono scocciato, non si trattava di nulla di buono.
Il francese lanciò uno sguardo quasi addolorato ad Harry.
“Aspetta un attimo.” Disse al francese, mentre faceva cenno a Ron e Hermione di allontanarsi per parlare un attimo.
“Credo che dovremmo seguirli!” Esordì Harry, senza troppi preamboli. L’espressione di Hermione dava un quadro più che eloquente di quello che stesse pensando e Harry era già pronto a controbattere.
“Sono d’accordo anch’io.” I due amici smisero di guardarsi in cagnesco per un secondo, fissando Ron. “Non devi sentirti offesa tesoro” Harry fece finta di non aver sentito quell’ultima frase “e nessuno sta insinuando che tu non ti sia preparata a dovere sull’argomento, ma credo che dovremmo fare un tentativo con questi ragazzi. In fin dei conti ci stiamo muovendo su un percorso storico che, come hai detto tu stessa, è nebuloso ed impreciso. Sembrano conoscere molto bene il posto. Cosa ci costa?”
Harry era veramente grato all’amico, mentre osservava l’espressione di Hermione addolcirsi e farsi più comprensiva.
“Ok, va bene.” Rispose la ragazza con un sospiro. “Vediamo che cosa riusciamo a scoprire.”
Harry stava per tornare verso il gruppo, ma Hermione lo bloccò, afferrandolo per l’avambraccio.
“Harry, per tua informazione, credo che tu piaccia a quel Jean-Claude, nel caso non te ne fossi accorto.” Gli disse, sussurrandogli all’orecchio.
“Eh?”
“Hai capito bene. Prima ha detto ai suoi amici che ti trova molto carino.”
Il Grifondoro si sentì avvampare dalla testa ai piedi, mentre la ragazza lo sorpassava con un sorrisino malizioso stampato sulla faccia. Rimpiangeva già di non averle dato ragione. Perché lui e Ron si ostinavano ancora a fare di testa propria? Ormai avevano appurato dai un po’ di anni che Hermione aveva sempre ragione, il novantanove per cento delle volte. Scosse la testa, ma che cosa stava pensando? Avevano una missione da svolgere e non doveva permettere che certe sciocchezze lo distrassero dalla sua ricerca. Risoluto nell’animo si avvicinò spavaldo al gruppo, mentre  Hermione li informava che li avrebbero seguiti. Jean-Claude alla notizia gli rivolse un sorriso smagliante ed Harry deglutì, mentre la frecciatina dell’amica gli rimbombava nelle orecchie. Doveva ignorare le parole di Hermione e concentrarsi sul motivo del loro viaggio. I tre Grifondoro s’incamminarono, seguendo il gruppetto di francesi.
Camminarono per circa quindici minuti, quando Franҫoise, una delle due ragazze del gruppo, gli indicò qualcosa tra gli alberi. A circa venti metri davanti a lui, c’era un grande masso spaccato a metà da un albero che vi era cresciuto nel mezzo. Intorno a quella bizzarra composizione c’erano delle pietre disposte a cerchio. Harry ne contò nove.
“Ron, Hermione, ricordate la filastrocca? Nove pietre pongono il sigillo…
…un cervo e quattro leoni segnano la via per la liberazione.” Continuò Ron.
I tre amici lanciarono uno sguardo a quella che dicevano essere la presunta tomba dello stregone.
“Harry che cosa ne pensi?”
“Non sento nulla, ma al momento non possiamo fare niente. Dovremmo ritornare, o aspettare che se ne vadano.”
“Prova a chiedergli qualcosa della chiesa e del mosaico.” Suggerì Ron.
Harry si avvicinò ai ragazzi, o per meglio dire, si avvicinò a Franҫoise, mentre Jean-Claude era intento a scattare altre foto.
“Scusa, sai dirmi qualcosa di un mosaico raffigurante un cervo bianco e quattro leoni rossi?” Parlò lentamente, scandendo le parole. La ragazza lo guardò con intensità, concentrata sui suoni che uscivano dalla sua bocca. Dopo qualche secondo tirò fuori dallo zaino un libricino. Lo sfogliò velocemente e lo piazzò sotto il naso di Harry. Il ragazzo afferrò la piccola guida chiedendo il permesso di poterla prendere per un attimo. Corse da Ron e Hermione, indicando la foto del mosaico stampata sulla guida.
“L’abbazia di Théo.. Tore…”
“Tréhorenteuc!” Hermione strappò la piccola guida dalle mani dell’amico, iniziando a tradurre il testo. “L’abbazia di Tréhorenteuc, risalente tra il IX e X secolo d.C.. È conosciuta anche come il “tempio del Graal”, poiché tutti i simboli raffigurati al suo interno sono riferiti alla leggenda della Tavola Rotonda.”
“Ma non avevi detto che la leggenda del Graal era collegata alla religiosità babbana?”
“Non solo Ron, anche a miti pagani.” Spiegò Hermione, poi continuò con la traduzione “All’interno della cappella potete trovare un enorme mosaico di un cervo e quattro leoni rossi, che se la Chiesa interpreta con il Cristo e i quattro Evangelisti, molti ritengono che sia da ricollegare alle leggende arturiane, e vedrete che il cervo bianco e i quattro leoni rossi ricompariranno anche sulla Tavola Rotonda.”
I tre amici si guardarono ed Harry poteva vedere gli ingranaggi che si muovevano nella testa di Hermione.
“Che cosa facciamo?” Domandò infine Ron.
Harry lanciò un’occhiata al gruppo di francesi.
“Finché restiamo con loro, non possiamo usare la magia. Forse conviene utilizzare questa giornata come semplice ricognizione, così avremo modo stasera di organizzare meglio da farsi e prendere più confidenza con i luoghi, senza perderci o vagare alla cieca.”
Gli altri due amici annuirono, Hermione prese la mappa e segnò il luogo in cui si trovava la presunta tomba, poi riportò a Franҫoise la piccola guida, iniziando a parlare in francese.
“Cosa ne pensi?” domandò Harry.
“Non lo so amico, tutta questa faccenda è maledettamente strana. Hermione, nei giorni scorsi, si è data veramente da fare e ti posso garantire che anche per le mie scarse conoscenze di Storia della Magia, nemmeno io ho mai sentito parlare di Calici delle Anime, né tanto meno che Merlino sia ancora in vita. È una cosa veramente incredibile, per tutto questo tempo poi.” Lanciò uno sguardo alla fidanzata “Comunque, posso assicurarti che nonostante cerchi di nasconderlo, Hermione è veramente interessata a tutta questa storia. Merlino è stato uno dei più grandi maghi mai esistiti e l’idea che possa aver lasciato un manufatto magico di cui nessuno è a conoscenza, la intriga. La possibilità di poterlo studiare e osservare la stimola, nonostante la sua parte razionale faccia di tutto per tenerla con i piedi per terra e che si lasci andare ad assurde teorie. Incredibile, vero?”
Harry guardò l’amica che stava segnando altri punti sulla mappa insieme a Franҫoise. Sorrise tre sé e sé, tutte le avventure vissute avevano cambiato anche Hermione e doveva ammettere di sentirsi piuttosto compiaciuto. Non sempre i cambiamenti dovevano essere per forza negativi. A quel pensiero gli si strinse nuovamente lo stomaco, mentre i suoi ricordi proiettavano di nuovo la figura di Ginny.
“Àrry!” Jean-Claude gli si avvicinò e Ron si lasciò andare ad un risolino malizioso, beccandosi un’occhiataccia da parte di Harry.
“Franҫoise mi ha detto che venite con noi a Tréhorenteuc! C’est magnifique!”
Il Grifondoro arrossì davanti a tanto entusiasmo.
Maledizione! Hermione e le sue pulci nelle orecchie! E ci mancava anche Ron a prenderlo in giro!
Harry non aveva mai avuto grandi esperienze amorose, se si escludeva Ginny, men che meno con dei ragazzi!
Erano stati i due amici a spiegargli che nel mondo magico non c’erano discriminazioni sessuali. Harry era rimasto sorpreso, soprattutto se ripensava ai commenti poco carini di zio Vernon sulle manifestazioni dedicate all’argomento. Non aveva mai prestato particolare attenzione all’argomento, almeno fino a che George, una domenica a pranzo, circa quattro o cinque anni prima, li aveva informati dell’ultimo pettegolezzo: la presunta relazione tra Oliver Baston e Marcus Flitt. Tutti erano rimasti sbigottiti, ma non per il fatto che si trattasse di due uomini, ma perché i due erano sempre stati acerrimi rivali, lasciando Harry nella più totale perplessità. A quel punto Ginny gli aveva spiegato quanto fossero diversi dai babbani sotto quel punto di vista. Ron lo aveva poi preso in disparte per rivelargli che probabilmente il motivo perché cui Charlie non aveva intenzione di trovare moglie era perché aveva istaurato un profondo rapporto con un suo collega in Romania, ma non se la sentiva ancora di dirlo alla mamma, nonostante suo padre ne fosse già al corrente. Tuttavia, Harry non avrebbe mai creduto che potesse capitargli una cosa del genere, era sempre stato convinto che avrebbe messo su una splendida famiglia insieme a Ginny, almeno fino a poco tempo fa. Non riusciva proprio a capacitarsi, dunque, del tentativo di flirt da parte di Jean-Claude o di chiunque altro a dir la verità. Oltre a sottovalutarsi era anche un completo disastro. Meglio lasciar perdere le questioni amorose, almeno per qualche tempo.
“Harry, la Chiesa non è tanto lontano in un’ora possiamo arrivarci.”
“Ok, tutto questo mi sta bene, ma vorrei ricordarvi che tra poco è ora di pranzo e non ho intenzione di affrontare un’altra ora di cammino a stomaco vuoto, senza contare tutta la strada che dovremmo fare al ritorno!”
Harry e Hermione decisero di accontentare Ron, che, come ben sapevano, poteva diventare insopportabile quando stava troppo tempo senza mangiare.
 
 
 
*****
 
 
“La vedete anche voi?” domandò Harry.
“Ci puoi giurare amico.”
La piccola chiesa di Tréhorenteuc sorgeva all’estremità est di Brocéliande in una grandissima vallata circondata dalla foresta. Aveva spesse mura di pietra e uno spiovente tetto nero ed era l’unica traccia di civiltà che avevano visto da quando si erano addentrati nella foresta. Sembrava un paesaggio sospeso tra sogno e realtà. C’erano molto turisti, più di quanti si sarebbero aspettati, ma tutta l’attenzione dei tre amici era catturata dall’incisione sull’arco della porta principale.
La porte est en dedans.”
La porta è dentro.
Harry deglutì e, incapace di attendere oltre, s’incamminò verso l’ingresso, seguito a ruota da Ron e Hermione. Voleva vedere con i suoi occhi il mosaico del cervo. La chiesa era affollata ed esattamente uguale a come la ricordava, quindi andò diretto al suo obbiettivo, scansando i turisti. Riusciva già a vederlo e la sua attenzione era talmente concentrata sul mosaico da non prestare attenzione a dove metteva i piedi, tanto che andò a sbattere contro uno dei turisti, finendo a terra insieme al malcapitato.
“Mi scusi!” disse sbrigativamente.
“Guarda dove metti i piedi imbranato!” rispose una voce strascicata e fin troppo familiare, in un perfetto inglese.
Harry si bloccò di colpo, guardando la persona con cui si era scontrato e che si stava massaggiando dolorosamente un ginocchio. I suoi occhi verdi e profondi, ne incontrarono un altro paio, grigi e affilati ed Harry era altrettanto sicuro che anche le sue pupille si stessero dilatando dallo stupore tanto quanto quelli del suo rivale di sempre.
“Potter?!?”
“Malfoy?!?”
 
 
 
 
 
NdA:///BOOM! Ci siamo! La bomba è stata lanciata. Finalmente è entrato in gioco anche il nostro Draco. Chissà che cosa ci fa lì? Forse e dico forse, vi svelerò qualcosa di più nel prossimo capitolo! Sì, sono profondamente cattiva!
Desidero ringraziare tutti voi che continuate a darmi il vostro sostegno e a recensire. Grazie infinite. Udite udite, sono in ferie questa settimana, quindi è probabile che riesca ad andare avanti più velocemente con in racconto, ma non ve lo posso garantire, perché mi mamma si sente male, nel senso che l’hanno proprio ricoverata in ospedale, quindi stiamo facendo le staffette tutti quanti a casa. Devono ancora dirci che cos’ha quindi tenete tutti le dita incrociate!
Scusate se ad alcuni non ho anche risposto nelle recensioni, ma questa cosa mi ha un pochino destabilizzato ecco. Però le ho lette e vi ringrazio dal profondo. Vi adoro e siete il mio carburante nella stesura di questa storia. Vi saluto al prossimo succulento capitolo!
Baci!!!!

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Capitolo 6
*** Bound ***


Bound
 
 
A mia madre, che ci ha lasciati  il 2 Novembre.
 
 
“Potter?!?”
“Malfoy?!?”
Harry osservava incredulo il suo antagonista di sempre ed ex Serpeverde, Draco Malfoy.
“Draco, tutto bene? Chi è l’idiota che…?” Pansy Parkinson comparve tra la folla, seguita da Blaise Zabini. Non riuscì a concludere la frase perché le parole le morirono sulle labbra alla vista di Potter.
“Harry!” Allo stesso modo, Ron e Hermione raggiunsero il loro amico, rimanendo gelati alla vista del trio Serpeverde.
“Per le mutande di Merlino! Cosa ci fanno loro qui?” Proruppe Ron, guardando basito i tre ex, poco amati, compagni di scuola.
“Potremmo farti la stessa domanda Weasley,” rispose Zabini, puntando gli occhi scuri sui tre Grifondoro “ma non è buona educazione farsi gli affari degli altri.
Hermione e Pansy si stavano scrutando in cagnesco, senza dire una parola, ma era ben visibile il disgusto della Serpeverde, mentre osservava l’indomabile chioma della Grifondoro.
“Certe cose non cambiano proprio mai.” Pensò Harry tra sé e sé alzandosi. Malfoy fece lo stesso, spolverandosi i pantaloni grigi dal taglio elegante. Ora che la sorpresa iniziale era scomparsa, Harry notò che, nonostante si trovassero in una chiesa in mezzo a un bosco, i tre Serpeverde erano impeccabili nei loro abiti. Lui, Ron e Hermione al confronto, sembravano tre barboni con jeans scoloriti, scarpe da ginnastica che avevano visto tempi migliori e felpe sbiadite.
“Tipica boriosità Serpeverde.”
“Beh, direi che i convenevoli sono finiti” esordì Malfoy bruscamente “Ce ne andiamo.”
“Chi di voi è stato contattato da Merlino?”
Le parole di Hermione gelarono sul posto i tre ex compagni.
“Lo sapevo.” annuì soddisfatta, incrociando le braccia con un cipiglio indagatore.
“Potete scusarci un momento?” chiese Zabini, allontanandosi dalla portata dei Grifondoro.
Harry li osservò farsi largo tra i turisti, mentre Zabini e Malfoy parlavano in maniera concitata.
“Hermione, ma che cosa ti è saltato in mente?”
“Ron, quante probabilità ci sono di incontrare per caso, in questo posto, Draco Malfoy, Pansy Parkinson e Blaise Zabini? Te lo dico io: nessuna. Se c’è una cosa che ho imparato durante la ricerca degli Horcrux è che le coincidenze non esistono.”
Harry era perfettamente d’accordo con l’amica: appena aveva visto Malfoy, aveva intuito che non poteva trovarsi lì per una viaggio culturale. Alzò nuovamente lo sguardo verso i tre Serpeverde e li vide avvicinarsi.
“Scommetto dieci galeoni che si tratta di Malfoy.”
“Io punto su Zabini.”
“Preparali già, ho il presentimento che sarò io a vincere.” Aggiunse Harry, ghignando in direzione dell’amico.
“Cosa avete da ridere?” Malfoy li guardò sospettoso e irritato.
“Assolutamente nulla.”
La riposta di Ron non lo convinse, ma fece finta di nulla.
“Io ho avuto quelle visioni.”
Harry dovette mantenere tutto il suo autocontrollo per non esultare, mentre Hermione gli lanciava uno sguardo di rimprovero.
“Invece chi di voi…”Malfoy non fece terminare la frase a Pansy.
“Potter.”
“Hai indovinato.”
“Quindi siamo tutti qui per lo stesso motivo” decretò Zabini “Che cosa sapete?”
“Blaise!” Lo redarguì Pansy “Non vorrai collaborare con loro?”
“Sono d’accordo!” ammise Ron, nonostante l’affermazione gli fosse costata fatica.
Zabini esitò, guardando alternativamente i due amici Serpeverde, era evidente il conflitto che si stava svolgendo nel suo cervello.
Harry sapeva molto poco di Zabini: Serpeverde e appartenente a una delle ultime stirpi di Purosangue. Taciturno e schivo, da che ne aveva ricordo, il il ragazzo non era mai stato un attaccabrighe e benché avesse idee negative sui Mezzosangue non aveva mai esternato pubblicamente i suoi pensieri sulla purezza del sangue. A detta di Hermione, che frequentava insieme a lui le lezioni di Aritmanzia, il Serpeverde era sempre stato pacato nei modi e aveva dimostrato una lungimiranza e una maturità di gran lunga molto superiore rispetto agli altri compagni della sua casa, il che lo aveva portato, con grande saggezza, a rendersi neutrale durante la guerra. Tuttavia, Harry non avrebbe mai immaginato che potesse essere amico di Malfoy, a differenza di Pansy Parkinson, con cui faceva spesso gruppo insieme a Tiger e Goyle. Forse Zabini, aveva sempre svolto da dietro le quinte, lo stesso ruolo che Hermione aveva svolto per lui e Ron.
“Credo che invece, per una volta” e Hermione scandì bene le parole di quell’ultima affermazione “dovremmo provare a collaborare.”
Ron lanciò uno sguardo scettico e disgustato al trio Serpeverde, ampiamente ricambiato dalla Parkinson.
“Tu non hai niente da dire?” domandò Harry ad un Malfoy stranamente taciturno.
“No.”
“Monosillabi. Stiamo migliorando.”
Harry si aspettò una risposta pungente, che però, con sua sorpresa – o delusione?- non arrivò. Lui e Ron si scambiarono una fugace occhiata di sorpresa, poi gli occhi del Grifondoro tornarono a posarsi di nuovo sul rivale di sempre: era strano trovarsi insieme a Malfoy e non battibeccare.
“Quindi che cosa abbiamo intenzione di fare? Continuiamo a guardarci negli occhi oppure cominciamo a collaborare e risolvere quest’enigma?”
Le parti interpellate sembravano incapaci di prendere una decisione, almeno fino a che Harry, stufo di quella situazione di stallo, prese una decisione.
“Sapete che cosa vi dico? Intanto che state qui a girarvi i pollici, io vado ad indagare sul mosaico.”
Si lasciò alle spalle l’intero gruppo, facendosi largo tra i turisti babbani. Non avevano ancora molto tempo prima di sera e lui voleva trovare più indizi possibili e non di certo aspettare i comodi di Malfoy e dei suoi amici. Doveva ammettere che un altro indizio era comparso, molto diverso da quello che si sarebbe aspettato, ed era proprio Malfoy in persona. Se tra tanti maghi al mondo erano stati scelti proprio loro, nel più improbabile dei casi,voleva dire che lui e Malfoy era collegati in qualche modo.
“Benissimo prima Voldemort, ora Malfoy, che cosa ho fatto di male?” si domandò Harry, appellandosi a tutte le divinità celesti e non, che gli venivano in mente.
Certo, Malfoy non era paragonabile a Voldemort, ma Harry aveva comunque la spiacevole sensazione di avere un gatto attaccato alle palle.
Forse avrebbe dovuto suggerire alla Gazzetta del Profeta un cambio d’immagine da “Il bambino che è sopravvissuto” a “Il ragazzo della sfiga” o qualcosa di simile e forse sarebbe riuscito a vivere una vita serena per il resto degli anni a venire. Sospirò rassegnato, mentre alzava gli occhi sul mosaico: un cervo bianco al centro e quattro leoni rossi agli angoli.
Si avvicinò ancora, fino a trovarsi fino a trovarsi sotto l’arco di pietra. Era strano, sembrava simile all’ingresso di una porta, peccato che ci fosse solo una spessa parete di pietra. Nessun pertugio, nessun passaggio. I turisti lo osservavano curiosi, ma non se ne curò, continuando ad ispezionare l’arco e il mosaico. Stava facendo scorrere le dita sullo stipite di pietra, quando avvertì qualcosa in rilievo: c’erano dei segni sulla pietra, quasi impercettibili, tanto si erano erosi nel corso del tempo. Harry non aveva la mia idea di cosa potesse trattarsi.
“È alfabeto runico.”
Era talmente tanto concentrato da non accorgersi della presenta di Malfoy comparsa esattamente dietro alle sue spalle, con il risultato che, entrambi, finirono nuovamente a gambe all’aria, non senza aver prima fatto cozzare le loro teste con un tonfo sordo.
“Potter!” sibilò Malfoy tra i denti, con il viso rosso e i capelli spettinati. “Sei un’idiota!”
“Ti sembra il caso di fare agguati alle spalle?” lo rimbeccò Harry, massaggiandosi il retro della nuca.
“Potevi spaccarmi il naso!”
“Non riesco proprio ad immaginare la portata di una simile catastrofe!”
“Beh, mi sembra chiaro Potter, considerando che i tuoi lineamenti sono rozzi e antiestetici!”
A Harry scappò da ridere, finalmente un po’di tipica acidità malfoyesca. Si rialzò continuando a massaggiarsi la testa, mentre Hermione e Ron lo raggiungevano seguiti da Zabini e la Parkinson. Sembrava avessero concluso una qualche sorta di tregua.
“Trovato qualcosa?”
“Sì, Granger.” Rispose Malfoy “Potty qui presente ha trovato delle lettere in alfabeto runico, prima di lanciarsi nel tentativo di sfigurarmi.”
“Come sei melodrammatico.” Harry rimase sorpreso dai toni pressoché cordiali con cui Malfoy si era rivolto a Hermione.
“Alfabeto runico?”
“Sì Hermione.” Harry le indicò i segni sbiaditi sugli stipiti. La ragazza lanciò una rapida occhiata ai simboli, annotandoli velocemente.
“Qu’est-ce que vous faites?”
Il gruppo trasalì, quando un monaco dall’aria piuttosto nervosa si avvicinò al gruppo. Hermione cercò subito di intavolare una scusa, ma il monaco sembrava poco incline ad assecondarli, scrutandoli sospettosamente. Pansy Parkinson stava per ribattere in maniera molto poco signorile, quando Jean-Claude e Franҫoise li raggiunsero.
“Àrry, qu’est-ce qui se passe?” il francese lo afferò per il braccio trascinandolo all’esterno.
“Cosa è succosso?” domandò, lanciando poi un’occhiata al trio di Serpeverde “Ils sont tes amis?” Amisci?”
“Più o meno. Ex compagni di scuola.”
“C’est magnifique!” e andò a stringere molto calorosamente le mani degli amici di Àrry.
Ron non riuscì a trattenere una risatina davanti alla faccia schifata di Pansy Parkinson. Blaise Zabini rimase impassibile, ma a Harry non sfuggì la pulizia sommaria della mano sui pantaloni. Malfoy, in compenso, lanciò ai tre Grifondoro una micidiale occhiata omicida. Nonostante tutto si trattava pur sempre di tre snob aristocratici e sarebbe stata una grave mancanza non rispettare le rogole di etichetta ed educazione, nonostante si trattasse di un babbano, anche se Harry era sicuro che se non si fossero trovati in un luogo tanto affollato, avrebbero utilizzato simultaneamente tre incanti Pietrificus Totalus sul povero Jean-Claude. E al diavolo statuto di segretezza.
Hermione gli diede una gomitata per attirare la sua attenzione.
“Harry, non possiamo portarci Jean-Claude e i suoi amici appresso per tutto il giorno, non dopo questi sviluppi, senza contare che tra poco dovremo rientrare e speravo in una materializzazione congiunta, senza dover rifare tutto il tragitto.” Disse, guardando il quadrante dell’elegante orologio da polso “Inoltre voglio scoprire che cosa sanno Malfoy e gli altri.”
“Già, sono curioso anch’io… Hermione,” esordì poi con tono drammatico “secondo te, perché si trovano qui, Malfoy e gli altri due?”
L’amica lo fissò intensamente e conosceva già la risposta, ma sperava che una delle più brillanti studentesse di Hogwarts dell’ultimo decennio, potesse dargli una risposta diversa.
“Non lo so Harry, ma deve esserci per forza un qualche legame, che ha fatto sì che voi foste scelti.”
Ron gemette coprendosi gli occhi.
Erano nella merda fino al collo.
 
 
*****
 
Dire a Jean-Claude che dovevano andare fu piuttosto imbarazzante, soprattutto perché il ragazzo infilò, in maniera piuttosto esplicita, il suo numero nella tasca dei pantaloni di Harry, dicendogli che gli avrebbe fatto molto piacere rivederlo prima che partisse per l’Inghilterra. Ron e Hermione erano arrossiti fino alla punta dei capelli ed Harry non era stato da meno, mentre balbettava e ringraziava scompostamente il francese. Purtroppo anche i tre Serpeverde avevano assistito alla scena, con dei ghigni talmente perfidi stampati su quelle facce da schiaffi, che avrebbero fatto impallidire persino un basilisco.
Non appena il gruppo di babbani si fu allontanato, Pansy era subito partita all’attacco.
“Ollalà Potty! Non sapevamo proprio che avessi certi gusti!”
“Già, chi l’avrebbe mai detto!” aggiunse Zabini.
“Piantatela!”
“Weasley, che effetto ti fa sapere che a Potty piace anche l’uccello?” aggiunse Pansy con una risata malefica “Forse è per questo che ha rotto Weasley femmina.”
Per Harry quello era veramente troppo. Stava per dire alla Parkinson di chiudere quella maledetta boccacia, ma fu preceduto dall’ultima persona che si sarebbe mai aspettato, lasciandolo a bocca aperta.
“Pansy, smettila.”
“Ma Draco, mi sto divertendo un mondo!” si lamentò.
L’occhiataccia di Malfoy fu più che eloquente, mentre Pansy sbuffava offesa, scuotendo indignata il curato caschetto di capelli neri.
Forse il mondo si era capovolto oppure quello non poteva essere Draco Malfoy, era un alter ego che aveva attraversato lo specchio. Guardò Ron e Hermione, a loro volta sconcertati da quel comportamento anomalo. Harry avvertì dentro di sé delle sensazioni contrastanti: non aveva mai più parlato veramente con Malfoy dopo la fine della guerra. Possibile che ci fosse stato un cambiamento così radicale? Possibile che lo spocchioso ragazzino viziato si fosse trasformato in un uomo maturo?
“Suvvia Pansy, non tenere il broncio” aggiunse Malfoy “Infierire su Potter, è come lanciare un Avada Kedavra sulla Croce Magica.” Pansy rise deliziata.
E tanti cari saluti all’idea del nuovo Malfoy.
“Il lupo perde il pelo…” (1) gli soffiò Ron nell’orecchio, mentre Harry avvertiva uno strano senso di déjà-vu e di sollievo. Il gruppo si trovò nuovamente sul sentiero boscoso, il cielo cominciava ad imbrunire.
“Quindi?” esordì Hermione. “Quando siete arrivati?”
“Quattro giorni fa. Abbiamo svolto qualche ricerca nella biblioteca privata di Draco e poi in quelle babbane, prima di cominciare questa strana avventura.” spiegò Blaise.
Harry e Ron continuavano ad osservare dubbiosi l’abbigliamento dei tre Serpeverde, soprattutto i delicati mocassini in camoscio e le ballerine in velluto verde scuro della Parkinson.
“Non siete venuti a piedi suppongo.”
“Deduzione incredibile Potter, mentre mi pare d’intuire dal vostro sciatto abbigliamento che avete preferito farvi una bella scarpina in mezzo al bosco, invece di usare la magia.”
“Beh, sai com’è Malfoy, non è così facile raggiungere un albero d’oro nel bel mezzo di una foresta, per di più frequentata da molti turisti babbani, senza sapere dove si trovi esattamente.”
I tre Serpeverde si bloccarono sul sentiero.
“Un albero d’oro?” domandò Zabini.
“Sì, il simbolo della tomba di Merlino, scusa ma Malfoy…?”
“Harry!” Hermione aveva la tipica espressione di quando raggiungeva la soluzione di un enigma. “Malfoy ha visto luoghi diversi dai tuoi. Non è così?”
Gli occhi grigi di Malfoy si puntarono su Harry.
“Credo che a questo punto sia il caso di discutere di tutta questa faccenda. Dove alloggiate?”
“In un albergo a Paimpont.”
“Non è il luogo adatto per parlare. Raggiungeteci tramite smaterializzazione alla mia tenuta a Rouen. Vi spedirò l’indirizzo e una foto della tenuta via gufo, così saprete dove raggiungerci. Alle otto precise si cena, vedete di essere puntuali.” Detto ciò, Malfoy afferrò i due amici e si smaterializzò con un sono crack, davanti allo sguardo attonito di Harry, Ron e Hermione.
 
 
 
 
 
 
NdA://Salve, come avete letto nella dedica, sapete per quale motivo c’è stato questo grosso ritardo nella pubblicazione. È stato improvviso e inaspettato. Mi dispiace per queste note un po’ tristi, ma è così. Meno male che almeno mi sono un po’ distratta scrivendo di questi due allocchi. Come vi è sembrato il capitolo? E soprattutto come vi è sembrato Draco?
Attendo il vostro riscontro. Vi adoro, grazie a tutti per il sostegno e il supporto. Il capitolo non è ricontrollato, quindi segnalazioni di errori o ripetizioni sono ben accetti. A presto!

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Capitolo 7
*** Il Castello di Cristallo ***


Il Castello di Cristallo
 


 
Se qualcuno avesse mai detto ad Harry che un giorno avrebbe cenato a casa di Malfoy insieme a Blaise Zabini e Pansy Parkinson, probabilmente avrebbe riso in faccia al malcapitato. Lui, Ron e Hermione si erano materializzati davanti alla tenuta di Malfoy alle otto in punto, seguendo le indicazioni che il Serpeverde gli aveva spedito via gufo all’albergo.
Se fosse stato per Harry e Ron si sarebbero presentati con mezz’ora di ritardo pur di irritare il padrone, ma Hermione li aveva redarguiti, affermando che sarebbe stato da maleducati presentarsi in ritardo e che dovevano cercare di capovolgere la situazione a loro vantaggio.
Una volta giunti all’ingresso, un piccolo elfo domestico, Pixie, aveva preso i loro soprabiti e li aveva poi scortati in sala da pranzo, con sommo disappunto di Hermione.
In perfetto stile Malfoy, la villa era lussuosa oltre misura, con pavimenti in marmo, tappeti pregiati e intagli arabescati; gli spazi erano molto ampi e tutti finemente arredati. Arrivati in sala da pranzo, trovarono i tre Serpeverde seduti su alcune poltrone vicine al camino, sorseggiando sicuramente qualche liquore di vecchia annata estremamente costoso.
“I cliché non fanno che susseguirsi.” Pensò Harry tra sé e sé.
“Ben arrivati.” Li accolse Malfoy da perfetto padrone di casa. “Desiderate qualcosa da bere?”
“No, grazie. Siamo apposto così.” Rispose Harry a nome del gruppo, sapendo che Hermione dopo quell’epica sbronza di qualche anno prima era diventata completamente astemia e Ron aveva l’espressione di chi sta per essere avvelenato da un momento all’altro
“Allora possiamo accomodarci a tavola.” Con un gesto elegante, Malfoy fece cenno agli ospiti di accomodarsi al grande tavolo. Ron e Harry guardarono preoccupati il numero interminabile di posate ed Hermione gli sussurrò di cominciare dall’esterno. I commensali preso posto, disponendosi dirimpetto gli uni agli altri. Grifondoro da una parte e Serpeverde dall’altra. Un classico.
Con sommo orrore di Harry, Malfoy prese posto esattamente davanti a lui, mentre Ron e Hermione erano alle prese con Zabini e Parkinson.
La cena si svolse in maniera civile, con sommo stupore di Harry, che insieme a Ron avevano preventivato sarebbero finiti a fare il tiro al piattello con il servizio pregiato di Malfoy. Invece, a parte diverse frecciatine da parte del Serpeverde e l’aria schifata della Parkinson davanti a modi poco galanti di Ron nei confronti del cibo – ottimo per altro – era andato tutto bene. Anzi, Zabini e Hermione erano finiti a conversare su alcune riforme ministeriali. Harry era rimasto quasi sempre in silenzio, ascoltando le diverse argomentazioni, anche perché non sapeva che cosa dire. Se doveva essere sincero, si sentiva in imbarazzo e la cosa che più lo infastidiva era che Malfoy sembrava essersene accorto, ma del resto che poteva dire dopo sette anni di odio repentino e altri sette passati senza neanche rivolgersi la parola? Intavolare una conversazione formale con domande del tipo “Come va?” o “Come stanno i tuoi?” gli sembrava incredibilmente stupido. Tuttavia troppo spesso aveva sorpreso Malfoy a fissarlo e a costringerlo a spostare lo sguardo sul piatto o verso gli altri invitati. Chissà cosa gli passava per la testa. Forse anche lui si stava domandando per quale stupido scherzo del destino fosse finito in quella situazione. Una volta che il dolce fu servito e tutti furono a pancia piena, Malfoy invitò l’intero gruppo ad accomodarsi in biblioteca.
“Mi stavo cominciando a domandare quando saremo arrivati al punto.” Sussurrò Ron ad Harry “Questa cena, per quanto deliziosa, mi ha messo i brividi. Stare al tavolo con Malfoy è stato qualcosa di irreale.”
“A chi lo dici.” Concordò Harry, puntando gli occhi sulla schiena di Malfoy, con la spiacevole sensazione che quella storia non si sarebbe risolta tanto facilmente.
Hermione lanciò un gridolino emozionato non appena messo piede in biblioteca. Per un’amante dei libri come lei, quel posto era un vero e proprio paradiso: scaffali di libri fino al soffitto ricoprivano le pareti della stanza ed alcuni di quei tomi davano l’idea di essere veramente molto antichi. Zabini indicò un grosso tavolo su cui erano aperti diversi volumi dallo spessore piuttosto impegnativo.
“Allora credo che sia arrivato il momento di fare chiarezza sulla faccenda” esordì Zabini “Come ha già intuito la Granger, dopo le vostre reazioni, Draco e Potter sono stati contattati attraverso visioni differenti. Draco ha visto l’abbazia e il lago di Comper. Presumo che anche Potter abbia avuto la stessa visione sulla chiesa, ma poi ha parlato dell’albero d’oro.”
“Beh, sì.” Esordì Harry “Ero nel mio ufficio quando mi sono ritrovato catapultato in una radura con un albero d’oro e qualcuno che chiedeva aiuto, senza contare quella specie di visione onirica in cui si parlava di pietre, castelli e un calice delle anime. Insieme a Ron e Hermione abbiamo cercato per tutto il pomeriggio nella biblioteca ministeriale, ma non abbiamo trovato il benché minimo indizio. Una volta a casa ho avuto un’intuizione: se nei libri di magia non avevamo trovato nulla, forse occorreva cercare da qualche altra parte. Ecco perché ho provato a lanciare una ricerca su Google ed sono saltato fuori la foresta di Brocéliande e tutto il resto.”
“Google che?” domandò perplessa la Parkinson.
“Mai sentito parlare di internet? È una cosa che hanno inventato i babbani da poco e posso garantirvi che è incredibilmente utile.” Spiegò Harry con entusiasmo. Entusiasmo che fu immediatamente spazzato via dall’espressione di disapprovazione dei tre Serpeverde e dopo un profondo respiro, Harry continuò “Invece voi cosa avete scoperto? Zabini ha parlato di un lago, ma la filastrocca non dice nulla al riguardo.”
“Esatto, il lago di Comper, che se non sbaglio si affaccia proprio sull’albergo in cui alloggiate.” Spiegò Malfoy pungente.
Ron alzò gli occhi al cielo e stava per ribattere qualcosa, ma Hermione lo bloccò con una poco delicata gomitata nelle costole. Zabini, sogghignando di fronte al gesto della Grifondoro, indicò qualcosa sulla pagina di uno dei libri. Con grande stupore, i tre amici videro che si trattava di un vecchio libro di leggende babbane. Sulle vecchie pagine ingiallite dal tempo, c’era l’immagine di un castello che si affacciava sulle rive di un lago.
“Quindi?” domandò Ron, stizzito.
“Quindi è evidente Weasley, che sei in grado di perderti anche in un bicchier d’acqua.” Ribatté Pansy, che nel frattempo si era comodamente seduta una splendida poltrona di pelle nera. Harry guardò meglio l’immagine e se si osservava con attenzione la figura, si notava che la superficie del lago non rifletteva l’immagine del castello, o meglio un castello c’era, ma completamente bianco, quasi fosse fatto di ghiaccio.
“Ron, guarda bene!”
“Accidenti, hai ragione!”
Harry alzò interrogativamente lo sguardo verso Malfoy.
“Quello che vedete nel riflesso è il castello della fata del lago, Viviana, donatole dal Merlino in persona.”
“Viviana? Vorrai dire Morgana!”
“No, hai capito perfettamente Weasley. Viviana, la donna amata da Merlino e a cui il mago donò un castello incantato, affinché fosse nascosto alla vista di tutti.”
Al quel punto Hermione scattò in piedi.
“Ma sui i libri di storia ufficiali, questa donna non è mai stata menzionata.”
“Esatto Granger, come al solito hai fatto i compiti, ma in questo caso, e mi duole ammetterlo, è stato Potter ad avere la giusta intuizione. Nei libri di storia della magia, non troverai mai alcun riferimento su questa donna. Cosa credi? Anche noi siamo partiti prima dalla nostra storia, ma dopo molte ricerche infruttuose, ci siamo dovuti recare anche alla biblioteca babbana di Londra.”
Harry ascoltava pensieroso e gli veniva da ridere al pensiero di Malfoy nella Londra babbana.
“Lì abbiamo trovato i riferimenti che cercavamo, ma non era abbastanza e così abbiamo deciso che dovevamo raggiungere la Francia per avere maggiori indizi. Una volta qui abbiamo raggiunto subito il castello di Comper sulla riva del lago, che per altro adesso ospita “le Centre de l’Imaginaire Arthurien”, associazione che ha una fornitissima libreria sulle leggende arturiane e organizza mostre e conferenze dedicate alle leggende di Artù.”
“E' lì che avete preso i libri?” domandò Hermione con una strana espressione negli occhi, decisamente poco rassicurante “Sembrano molto antichi, non credo che permettano a tutti di portarseli a casa.”
“Sempre perspicace Granger.” Disse Pansy, alzandosi.
“Pansy, attenta a quello che dici!” la redarguì Zabini.
“Sì, beh, quegli stupidi babbani continuavano a non volerci dare i libri!”
“Cosa avete fatto?” domandò Ron, scattando immediatamente come una molla.
“Nulla di grave Weasley, stai tranquillo.” Aggiunse Malfoy, mellifluo.
“Tranquillo? Avete praticato della magia illegale su dei babbani! Se lo venisse a sapere l’ufficio della Cooperazione magica Internazionale…”
“Ma non lo verrà a sapere.” Ribatté Zabini pacato “Ai babbani non è stato fatto nulla di male. Tuttavia, prima che potessimo fare qualcosa, Pansy ha lanciato sul custode un incantesimo Confundus sul e ha preso i libri.”
“Diciamo che li avete rubati!”
“Non ti permettere Weasley!” strillò Pansy “Io lo definirei un prestito forzoso e comunque abbiamo intenzione di restituirli, una volta che non ne avremo più bisogno.”
“Sarà meglio per voi!”
“Sennò Granger?” la schernì Pansy.
“Okay! Ora basta!” Harry prese posizione, prima che gli incantesimi iniziassero a volare per la stanza. “Premetto che non voglio assolutamente giustificare il loro comportamento,” esordì immediatamente sotto lo sguardo accusatorio di Ron e Hermione “ma da quello che ho capito nessuno si è fatto male e soprattutto, ora che lo sappiamo, faremo in modo che mantengano i loro buoni propositi sulla restituzione del maltolto.” Aggiunse, puntando gli occhi su Malfoy.
“Beh, Potter, tutti questi anni all’ufficio Auror hanno decisamente affinato le tue abilità diplomatiche. Ne sono stupito.”
“Mai quanto me allo scoprire che ti sei avventurato nella Londra babbana.”
“Non che ci sia andato di mia spontanea volontà. Una situazione drastica, impone misure drastiche.”
“Ehm-ehm” Zabini tentò di attirare l’attenzione su di sé in perfetto stile Umbridge “Dire che sia il caso di andare avanti con le nostre scoperte. Si sta facendo tardi e abbiamo ancora un mucchio di cose di cui discutere.”
I tre Grifondoro annuirono, prendendo nuovamente posto intorno al tavolo insieme a Zabini e Malfoy, mentre Pansy si sedeva nuovamente sul divanetto, iniziando a limarsi le unghie del tutto disinteressata alla faccenda. Hermione scosse il capo con disapprovazione.
“Blaise ha ragione, stiamo perdendo tempo. Dunque, come stavo dicendo, prima di venire interrotto, sui libri di storia della magia non troverete mai alcun indizio riguardo a Viviana, nemmeno nei più antichi registri di Hogwarts. Non posso sapere se sia o meno la verità, ma stando al libro, Merlino incontrò Viviana presso la fontana di Barenton, detta anche fontana della giovinezza.”
Oltre il castello di cristallo, la valle degli amanti e la fontana della giovinezza, si aprirà la strada per la foresta incantata.”
“Esatto Granger, ma all’indovinello ci arriveremo tra poco. Merlino comprese fin da subito il potenziale magico della ragazza e proprio per questo la istruì egli stesso e alla fine se ne innamorò. La strega Morgana, acerrima rivale dello stregone, usò il suo amore contro di lui, assunse le sembianze di Viviana e con l’inganno si fece rivelare la più pericolosa delle sue magie quella che permette di imprigionare senza sbarre, mura o catene. Una volta ottenute le nove frasi dell’incantesimo, Morgana rinchiuse il mago e Viviana, in questo modo divenne la strega oscura più potente del suo tempo.”
“Ma tutti questi fatti non hanno alcun reale fondamento storico, sono leggende babbane!” esclamò Hermione.
“Sono più che d’accordo con te Granger e anch’io, se mi avessero raccontato questa storia, avrei preso il mago che mi stava parlando per matto, ma dopo essermi visto piombare Draco in casa che farneticava come un matto riguardo una voce nella sua testa, una lago incantato e una chiesa spaventosa, beh, sto cominciando a ricredermi su molte cose.” Ron scoppiò a ridere, mentre Malfoy lanciò un’occhiata omicida all’amico.
“Grazie della sintesi Blaise.”
“Quindi voi credete a tutto questo?” chiese Hermione scettica.
“Beh, non vedo molte altre soluzioni.” Harry afferrò uno dei libri iniziando a sfogliarlo “Abbiamo cercato in tutti i libri di Storia della Magia e come ci ha più volte spiegato molti dei libri riguardanti quel periodo storico furono distrutti durante l’Inquisizione e…” Il Grifondoro si bloccò, come colpito da un fulmine.
“Correggetemi se sbaglio…”
“Sicuramente e con piacere Potter!”
“Piantala Malfoy! Stavo dicendo, Merlino era un sostenitore dei rapporti con i babbani e…”
“Già, che smacco per l’erede di Serpeverde nevvero?” lo interruppe di nuovo Pansy.
“Cosa hai detto?” Harry scattò come una molla.
“Merlino era il pronipote di Salazar Serpeverde.”
Il Grifondoro lanciò uno sguardo a Hermione per cercare conferma e l’amica guardava la Serpeverde con sufficienza.
“Conosco anch’io questa storia, ma anche qui non c’è alcun fondamento comprovato.”
“Questo perché le altre case hanno sempre tentato di nascondere la verità per invidia.” Ribatté Pansy, offesa da quell’affermazione.
“Questo è assolutamente assurdo!”
“Sarà anche assurdo ma è la verità!”
“Hermione, il legame!”
La ragazza alzò lo sguardo verso il suo migliore amico, comprendendo il significato di quelle parole.
“Dopo tutti questi anni?” sussurrò Ron.
“Che cosa state dicendo?” Malfoy aveva gli occhi puntati su Harry.
“Quando siamo arrivati e poi vi abbiamo incontrati, non ho fatto altro che domandarmi perché proprio io fossi stato scelto e la Parkinson mi ha appena dato la risposta, anche se non riesco ancora a crederci.”
I tre Serpeverde si guardavano confusi.
“Tu non sei l’erede di Serpeverde e…” un lampo di comprensione illuminò gli occhi di Malfoy, mentre Harry terminava la frase.
“Io no, Voldemort lo era.”





NdA:// Salve salvino cari lettori! Allora, finalmente abbiamo un po' di informazioni succulente. Spero che questi capitoli prettamente nozionistici non vi annoino, ma sono necessari per capire la trama, ma non temete tra due capitoli al massimo si parte all'avventura. Oltre al potervi annoiare, le spiegazioni si capiscono bene, oppure devo semplificare un attimo? Non vorrei farvi perdere il filo del discorso :). Mi sarebbe piaciuto fare il capitolo un po' più lungo, ma l'ansia da pubblicazione ha preso il sopravvento, così ho deciso di lasciarlo un po' più corto per poter pubblicare, altrimenti lo so che ci avrei impiegato un'eternità.
Grazie a tutti voi che leggete, recensite e avete messo la storia tra le seguite/preferite.
P.s Il capitolo non è betato se ci sono errori, segnalateli. Grazie mille, bacioni!
 

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Capitolo 8
*** Il Castello di Cristallo - Parte due ***


Il Castello di Cristallo
Parte 2
 
 
 
 
 
“Io no, Voldemort lo era.”
I tre Serpeverde  rabbrividirono e Malfoy si afferrò d’istinto l’avambraccio. Dopo la caduta di Voldemort, il marchio nero era sbiadito dalla pelle dei Mangiamorte, anche se Harry sapeva esistevano cicatrici che andavano oltre ad un semplice marchio. Lui, Ron e Hermione l’avevano sperimentato in prima persona con la perdita di persone a loro care.
“Cosa stai dicendo Potter?”
Gli occhi di Malfoy si erano improvvisamente spalancati. Harry esitò, cercando con lo sguardo i suoi due amici: in pochi conoscevano tutta la verità sul suo legame con Voldemort. Tante cose erano state taciute durante i processi e all’intero Wizengamot. Kingsley era l’unico al Ministero a sapere ogni cosa e questo ad Harry bastava. Il fatto che fosse stato lui l’ultimo Horcrux, poi era un dettaglio di cui solo Ron e Hermione erano a conoscenza, per non parlare della Profezia.
“Allora Potter?” lo incalzò Zabini.
Harry non voleva parlarne ancora. Voleva lasciarsi tutto alle spalle e non rivangare quei ricordi e quei momenti così dolorosi.
“Come Malfoy saprà, anche se non nei minimi dettagli, avevo una connessione con Voldemort, anzi diciamo che secondo le testuali parole di Silente, siamo stati legati più di quanto due maghi lo siano mai stati nella storia. Probabilmente quel legame, benché definitivamente spezzato, continua ad interferire su alcuni eventi, sia passati che futuri.”
“Okay, mettiamo che Potter sia legato allo stregone, ma Draco? Lui cosa avrebbe a che fare con tutta questa storia?”
“Beh Parkinson, seguendo un semplice sillogismo logico, se Harry è collegato a Merlino, Malfoy deve essere per forza collegato alla strega Morgana o a questa Viviana.” Spiegò Hermione, con una punta di acidità nella voce.
“Sai tesoro, dovresti cercare di essere un pochino più accondiscendente.” la redarguì Ron.
Pansy e Malfoy assunsero la loro migliore espressione schifata alla parola “tesoro”.
“Per favore Weasley, risparmia le tue effusioni per la Granger ad altre situazioni, prima che ci venga il diabete.”
“Stai un po’ zitto Malfoy!”
“Non darmi ordini in casa mia!”
“Su ora calmatevi!” sbottò Blaise, riportando la calma.
“Continuo a pensare che dovremmo sistemare la faccenda da soli, senza l’aiuto di questi qui! Harry perché non ce ne andiamo?” Ron attese una risposta, che però non arrivò “Harry?”
Tutti si girarono verso il Grifondoro, intento nella lettura di alcune pagine e li aveva ignorati tutti fino a quel momento.
“Io avrei un tesi sul perché non ci sono riferimenti su Viviana da nessuna parte.”
“Aspetta che mi segno l’ora in cui è avvenuto un lampo di genio nella testa di Potter!”
“Malfoy smettila di blaterare e ascolta!” lo rimbeccò Harry, mentre Malfoy alzava il suo profilo appuntito con sdegno a quelle parole.
“Credo sia stata Morgana a cancellare tutto ciò che riguardava la figura di quella donna.”
“Come fai a dirlo?”
“Morgana era la rivale di Merlino, giusto? Desiderava conoscere i suoi segreti e deve aver considerato Viviana una minaccia. Così ha cancellato ogni traccia della giovane strega. Forse era gelosa, del resto è risaputo in quali cupi meandri potete sprofondare voi donne per amor di vendetta.”
Ron era totalmente d’accordo, mentre ripensava ai canarini che Hermione gli aveva scagliato contro il sesto anno.
“Inoltre, dopo la scomparsa di Merlino, Morgana era senza ombra di dubbio la strega oscura più potente del suo tempo e, senza rivale che potessero opporvisi, ha finalmente potuto scatenare la caccia ai babbani. Forse è per questo che maghi e streghe sono stati condannati al rogo a partire dal Medioevo.”
“Non male come teoria Potter, chissà se troverà mai fondamento.”
“Ho idea che lo scopriremo molto presto, se andiamo avanti con questa avventura.”
“Avventura? Vorrai dire seccatura! Ti posso garantire che l’unico motivo per cui sono qui è la mia sanità mentale, Potter. Non me ne importa un accidenti né di Merlino né di tutte queste storie, mi basta che esca dalla mia testa!” Malfoy sembrava sull’orlo di una crisi isterica.
“Credo che l’unico modo sia tirarlo fuori da…beh, sì insomma, da dove è stato rinchiuso.”
“Grazie genio, c’ero arrivato anch’io. L’unica domanda che mi sorge spontanea è: come facciamo? Se è intrappolato in questo luogo che per altro non sappiamo dove sia, né come si faccia a raggiungere, mi spieghi come lo liberiamo?”
Harry cominciò a spremersi le meningi, ma sembrava proprio che il criceto che faceva girare gli ingranaggi del suo cervello fosse andato in letargo, almeno fino a che l’occhio non gli cadde nuovamente sull’immagine del Castello di Comper. In quel momento nella sua testa prese forma una tipica idea senza senso Grifondoro.
“Vado al lago.” Sentenziò.
“Come?” domandò Hermione colta alla sprovvista.
“Sì, do un’occhiata e torno, non ci metterò molto.” Si era già alzato in piedi.
“Potter tu e le tue stupide idee, dove credi di…” ma Malfoy non terminò la frase, risucchiato insieme a Harry nell’incantesimo di smaterializzazione.
Ron, Hermione, Pansy e Blaise si guardarono senza parlare. Alla fine fu Zabini a rompere quella situazione imbarazzante.
“The?”
 
 
*****
 
 
Harry atterrò su qualcosa di morbido. Qualcosa di morbido che emise un gemito strozzato. Ci mise qualche secondo a capire che quel qualcosa che rantolava, altri non era che Draco Malfoy, schiacciato tra l’erba alta da tutto il suo peso. Non fece in tempo ad alzarsi che fu scaraventato a terra da una pedata in pieno stomaco finendo sdraiato sull’erba umida con il respiro mozzato.
“Sei un coglione, Potter! Un emerito coglione Grifondoro!”
“Che ci fai tu qui?” Harry si massaggiò lo stomaco.
“Stavo stupidamente cercando di farti ragionare prima di agire e sono stato risucchiato dalla tua smaterializzazione. È un miracolo che non mi sia spaccato!”
Malfoy si alzò in piedi, sistemandosi alla bene e meglio i capelli e spazzolandosi gli abiti.
“Guarda qui, ho il maglione completamente zuppo a causa dell’umidità!”
Harry non lo stava assolutamente ascoltando, si alzò non curante, asciugandosi le mani umide sui jeans.
“Guarda qui, mi si rovineranno le scarpe!”
“Per la miseria Malfoy, la vuoi piantare di lagnarti per un secondo? Scommetto che a casa avrai almeno quindici paia di scarpe.”
Malfoy emise un ringhio sommesso, ma non aggiunse altro. D’altro canto tutta l’attenzione di Harry si era spostata al lago illuminato dal chiaro di luna. Il castello era molto diverso da come se l’era aspettato, associandolo immediatamente all’immagine che aveva del Castello di Hogwarts. Quello di Comper aveva un’architettura completamente diversa e anche le sue dimensioni erano piuttosto esigue. Harry non era un esperto di storia medievale, ma l’edificio non dava l’idea di essere stato costruito ai tempi di Merlino. Assomigliava quasi ad una grande casa vittoriana a livello strutturale.
“Deluso, Potter?”
“Ad essere sincero, sì. Mi ero aspettato qualcosa di decisamente diverso.”
“Non posso darti torto. Anche a me sembra eccessivo definirlo castello. Ho quasi l’impressione che Malfoy Manor sia più grande.”
Harry scosse la testa, mentre un brivido gli scendeva lungo la schiena. Era stato talmente entusiasta da smaterializzarsi senza neanche prendere la giacca. In fin dei conti era pur sempre Ottobre ed era ormai notte inoltrata. Lanciò uno sguardo di sottecchi a Malfoy, che non sembrava particolarmente disturbato da quel gelido venticello. Harry si strinse le braccia attorno al busto, sfregandole energicamente.
“Credo sia meglio rientrare.” Asserì, osservando il paesaggio. Malfoy non rispose.
“Ehi, cosa ne pensi?” Il Grifondoro si voltò verso l’ex compagno di scuola, il cui sguardo sembrava totalmente catturato dall’immagine del lago.
“Cosa…?”
Malfoy indicò la superficie cristallina ed Harry pensò di avere le traveggole: riflesso nel lago c’era un castello bianco, da sembrare quasi abbagliante ed era gigantesco.
“Lo vedi anche tu?” soffiò Draco  tra le labbra.
“Sì…” Harry si avvicinò alla riva, prese un sasso e lo lanciò, trattenendo il fiato. Non accadde nulla.
“Illuminante, Potter.”
“Beh, almeno ci ho provato.”
Malfoy estrasse la bacchetta, cominciando a recitare alcuni incantesimi e l’acqua del lago cominciò a ribollire.
“Credo che dovremmo provare a saltare.”
“Cosa? Sei impazzito?” urlò il Serpeverde “Seriamente Potter, ci sei o ci fai? Mi chiedo come tu sia potuto sopravvivere al Signore Oscuro.”
“Non vedi?” aggiunse Harry, indicando la superficie agitata. “Ha reagito ai tuoi incantesimi. Forse possiamo, che ne so, attraversarlo.”
“Attraversare cosa, di grazia?” Lo specchio? E poi dove andremo a finire? Ti faccio notare abbiamo solo le nostre bacchette, senza uno straccio di provvista e di equipaggiamento!”
Harry non rispose. Sapeva che Malfoy aveva ragione – anche se non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura – anzi, probabilmente Hermione avrebbe mosso le stesse argomentazioni e si sentì incredibilmente stupido, eppure, sul momento gli era sembrata un’idea geniale.
“Torniamo a casa.”
“È la prima cosa sensata che ti sento dire, Potter.” Disse Malfoy, avvicinandosi al Grifondoro ancora intento a fissare il castello riflesso nel lago. “Forza, metti la mano sulla mia spalla.”
Harry girò su se stesso, ma in quel piccolo  lasso di tempo molti eventi si susseguirono a catena: il Grifondoro non aveva tenuto conto del terreno limaccioso e nel girarsi l’equilibrio era venuto a mancare. Aveva cercato un appiglio e l’unica cosa che aveva trovato era la spalla di Malfoy, che colto alla sprovvista, era stato trascinato dal suo peso. Con un grido, Draco ed Harry sparirono sotto la superficie del lago.
 
 
*****
 
 
“Secondo voi, cosa staranno facendo?” domandò Ron.
“Probabilmente Draco starà tentando di strangolare Potter, questo è poco ma sicuro.” Rispose Blaise sorseggiando la sua tazza di the.
“Spero solo che non si siano cacciati nei guai.” Hermione continuava a sfogliare nervosamente il libro di alfabeto runico che teneva sulle ginocchia, nonostante avessero già decifrato l’incisione sull’arco della chiesa di Tréhorenteuc.
“Non credo, Draco non è uno stupido Grifondoro senza cervello.” Disse Pansy.
“Ehi!” Ron pareva decisamente offeso.
“Ronald, per favore. Non ricominciare, cerchiamo di capire l’indizio invece!” sospirò Hermione, massaggiandosi le tempie. Ron e Pansy non avevano fatto altro che battibeccare tutta la sera e cominciava ad avere il mal di testa.
“Ci abbiamo già ragionato, ma non mi viene in mente nulla!”
“Ho capito, ma dobbiamo sforzarci lo stesso e…”
Hermione fu interrotta dal suono di un’imprecazione e pochi attimi dopo Draco Malfoy fece il suo ingresso in sala, completamente fradicio, seguito da Harry, che versava nelle stesse condizioni.
“Cos’è successo?” domandò immediatamente la ragazza.
“Succede, Granger, che Potter è un’idiota e credo di averlo già rimarcato almeno una ventina di volte nel corso di questa lunga serata.”
Harry aveva un’espressione  mortificata, quindi, dedusse Hermione, era effettivamente colpa sua se lui e Malfoy erano ridotti in quello stato. Estrasse la bacchetta e recitò un incantesimo riscaldante, in pochi secondo Harry e Malfoy erano di nuovo asciutti.
“Grazie Herm…” pigolò il Grifondoro, mentre da Malfoy ricevette solo un’unica occhiata penetrante.
“Allora possiamo sapere cos’è successo?” domandò Blaise.
“Siamo andati al castello e c’era davvero, l’abbiamo visto riflesso nel lago. Uno spettacolo incredibile. Il castello di Viviana è immenso.” Spiegò Harry.
“Già,” s’intromise Malfoy “e il vostro amico, stupido-Grifondoro-Potter, ha avuto la geniale idea di trascinarmi nel lago, convinto che l’avremmo attraversato, come una specie di portale.”
“Harry!” esclamò Hermione “Cosa ti è saltato in testa? Poteva essere pericoloso!”
L’espressione di Harry divenne ancora più colpevole, mentre gli tornava in mente la notte in cui aveva recuperato la spada di Grifondoro: si era tuffato nel lago dopo aver seguito la via indicatogli dalla cerva di Piton e si era ritrovato in trappola. Se non fosse intervenuto Ron, sarebbe annegato. Aveva ripetuto due volte lo stesso errore, anche se in questo caso non era stato intenzionale.
“È la stessa cosa che mi sono premurato di dirgli ed ero convinto di averlo persuaso. Ci stavano per smaterializzare quando, sempre il suddetto idiota, ha perso misteriosamente l’equilibrio e siamo caduti in acqua. Ringrazio il cielo che non è successo nulla.”
“Non l’ho fatto apposta Malfoy, quante volte te lo devo ripetere?”
“Bla. Bla. Bla.” Lo scimmiottò il Serpeverde “Tutte scuse!”
“Non accusare Harry!” intervenne Ron.
“Weasley, metti in dubbio le parole di Draco?”
“Precisamente, Parkinson!”
I quattro intavolarono un’accesa discussione. Hermione e Blaise si lanciarono occhiata sconfitta e rassegnata. Sospirando, Zabini alzò la bacchetta.
Silencio!”
L’espressione di Hermione si rilassò immediatamente al quietarsi di quella caciara. Malfoy e la Parkinson fulminarono istantaneamente il compagno, mentre le loro bocche si muovevano freneticamente senza che ne uscisse alcun suono. Harry non aveva dubbi sulla natura degli epiteti, ma Zabini continuava a mantenere un’aura di impassibilità. Aspettò che si calmassero e poi prese la parola.
“Dunque, ora che la situazione è di nuovo sotto controllo, possiamo aggiornarvi su quello che abbiamo scoperto durante la vostra assenza.”
Harry smise immediatamente di fissare in cagnesco Malfoy, rivolgendo tutta la sua attenzione a Zabini.
“Impresse sull’arco della chiesa, c’erano delle incisioni in alfabeto runico. Un alfabeto runico molto antico. Traducendo l’iscrizione è saltata fuori questa frase, i re della foresta apriranno la strada agli eredi. Avete idee in proposito? Vox.”
Nessuno dei due parlò, presi dal ragionamento sull’enigma. Harry aprì e chiuse la bocca un paio di volte senza emettere un suono.
I re della foresta apriranno al strada agli eredi.
Chi o cosa erano i re della foresta? Harry non ne aveva idea, poteva trattarsi di qualche creatura magica oppure di una semplice metafora. Inoltre quell’incisione toglieva ogni dubbio sul fatto che l’entrata, ovunque essa portasse, si trovava nell’abbazia di Tréhorenteuc. Forse il lago aveva reagito alla magia di Malfoy perché era uno dei due eredi, tuttavia, se le cosa stavano veramente così, stava cominciando a dubitare che Hermione e Ron potessero realmente vedere il riflesso del castello di Viviana. Inoltre l’iscrizione diceva che la strada sarebbe stata aperta agli eredi. I suoi amici avrebbero potuto seguirlo o si sarebbe ritrovato a contare solo su Malfoy? Nel caso sarebbe stato meglio suicidarsi istantaneamente e farla finita lì. Le sue cellule cerebrali – o forse le sue palle – non avrebbero retto ad una simile eventualità.
“I re della foresta… di che cosa miseriaccia potrà mai trattarsi. Se seguiamo un ragionamento piuttosto stupido, così come il re della savana è il leone, per la foresta dovrebbe trattarsi di un cervo, no? Peccato che la soluzione sarebbe troppo semplice.”
Hermione spalancò gli occhi e lanciò un urletto eccitato.
“Ronald Weasley sei un genio!”
Ron guardò istintivamente Harry con aria incredula e stranita.
“Sta parlando di me?” domandò confuso, indicandosi interrogativamente.
“Se continui ad avere stampata sulla faccia quell’espressione da beota , forse la Granger cambierà idea a breve.”
“Come abbiamo fatto a non pensarci, è così logico! Harry il tuo patronus! La risposta è talmente semplice, che forse proprio in questo sta la sua difficoltà. Quante volte non ci rendiamo conto di errori o indizi pur avendoli davanti agli occhi? Perché in alcuni casi sembra quasi che la risposta più ovvia non sia anche quella corretta? A volte per nascondere qualcosa basta metterlo in bella vista, no?” spiegò la ragazza raggiante.
“Quindi tu credi che il mio patronus ci indicherà la strada?”
“Ne sono sicura!”
“Ma l’incisone parla di due…” Harry lasciò la frase in sospeso, alzando gli occhi verso Malfoy: stringeva forte la bacchetta tra le dita e aveva la mascella irrigidita. Blaise e Pansy gli si erano parati davanti, quasi a volerlo proteggere. Il Grifondoro non ci stava capendo più nulla.
“Draco…va tutto bene.” Pansy si era girata verso l’amico, poggiandogli una mano sulla spalle. Il Serpeverde si scambiò un’occhiata con Zabini, che annuì. Malfoy sospirò.
“Expecto Patronum!”
Un lampo argentato esplose dalla bacchetta di Draco. Il cuore di Harry perse un colpo quando un’elegante cerva d’argento, prese posto affianco al Serpeverde.
“Come…?” sussurrò appena.
“Severus.” Fu l’unica parola che uscì dalla bocca di Draco, prima che il patronus svanisse in uno sbuffo argentato.

 
 
 
 
 
 
NdA:// Buonasera care pulzelle - e pulzelli? (Si potrà dire?) Beh è proprio vero che chi non muore si rivede! Mi dispiace per queste lunghe attese, ma praticamente ultimamente ritaglio il mio tempo per la scrittura durante la pausa pranzo al lavoro. Certe di capirmi! Non mi sono dimenticata della fic e nemmeno di voi! Ci penso costantemente e mi sento una cacca perché non riesco a fare meglio ç___ç. Me tapina! Ringrazio tanto Clody93 e Jichan per le recensioni dello scorso capitolo! Grazie mille <3 Scusate se la risposta arriva solo ora! Beh, spero che il capitolo vi sia piaciuto e beh, siamo in partenza!
P.s. La soluzione all’enigma vi è sembrata stupida? No perché io mi ci sono arrovellata un mucchio il cervello. È difficilissimo far sì che i personaggi interagiscano con un enigma di cui l’autore conosce già la risposta? Non vi pare? È stato troppo scontato? L’ho risolta troppo semplicisticamente? Attendo il vostro giudizio divino! Un bacio!
P.p.s: Angolino pubblicità! Ho pubblicato una fiction nel fandom di Z Nation, se passaste per dare un'occhiatina, mi farebbe molto piacere, considerando che introduco anche un personaggio tutto mio! Ok, finito angolino pubblicità ^__^

 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Lost Memories ***


Lost Memories
 
 
 
 
 
Si erano smaterializzati di nuovo in albergo per prendere le loro cose. L’appuntamento era tra un’ora davanti all’ingresso dell’abbazia di Trèhorenteuc. Nonostante fosse notte fonda, Harry non voleva attendere oltre, non dopo quello che aveva scoperto. Il patronus di Malfoy era una cerva e lui non riusciva ancora a metabolizzare quell’informazione. Quando l’incanto si era dissolto, Malfoy era semplicemente uscito di corsa dalla stanza, senza incrociare lo sguardo di nessuno. Piton era l’unico Mangiamorte in grado di produrre l’Incanto Patronus e lo aveva insegnato a Malfoy. Perché? Forse come Silente aveva visto qualcosa di buono nel Serpeverde? E la cerva? Quella era sempre stata la forma del suo patronus oppure era mutata a seguito di qualche sconvolgimento emotivo, proprio com’era accaduto a Tonks?
Harry non aveva risposta per nessuna di quelle domande e di certo non poteva porle al diretto interessato senza beccarsi una fattura languelinga. Appena smaterializzati, Ron aveva iniziato a straparlare, ma tutta l’attenzione di Hermione era concentrata su Harry e sembrava seriamente preoccupata. Il Grifondoro dal canto suo si era congedato con un semplice “Vado a prendere lo zaino” ed era scivolato fuori dalla stanza dei suoi amici. Con due o tre colpi di bacchetta aveva appellato tutto il necessario e adesso se ne stava sul letto steso a pensare.
Cosa doveva fare? Era scombussolato ed irritato e, ancora una volta, si sentiva come se fosse stato tenuto all’oscuro di qualcosa. Quante cose Piton e Silente avevano taciuto? A distanza di anni questo quesito tornava a tormentarlo. Anche Draco era stato una pedina?
“Dannazione!”
Si alzò di scatto da letto, camminando avanti e indietro per la stanza, passandosi una mano tra i capelli.
 
“Sai, può darsi che tu abbia dimenticato qualcosa…”
 
Harry si girò di scatto e per la sorpresa e lo spavento cadde sul pavimento, afferendo istintivamente la bacchetta. Davanti a lui c’era la figura evanescente di una donna. Indossava una lunga tunica bianca, aveva lunghi capelli biondi e due affiliati occhi grigi, decisamente simili a quelli di Malfoy. No forse erano proprio uguali.
“Chi sei?”
 
“Non è questa la domanda che devi porti, Harry.
Lo scoprirai a tempo debito,
ora devi ricordare quello che hai dimenticato.”
 
 
Muoveva le labbra, ma come per le altre volte, la voce partiva direttamente dalla sua testa. Vide la donna puntare un dito verso di lui, non ebbe neanche il tempo di alzare un sortilegio scudo che tutto divenne buio.
 
 
 
 
"Quella bacchetta procura più guai di quel che vale » concluse Harry. Poi voltò le spalle ai dipinti. Pensava solo al letto a baldacchino che lo aspettava nella Torre di Grifondoro: chissà se Kreacher gli avrebbe portato un panino lassù. “E sinceramente” aggiunse, “ho passato abbastanza guai per una vita intera”. [1]
Ron continuava a guardarlo incredulo, mentre Hermione annuì con un sorriso sulle labbra.
“Professore, c’è un posto nel suo studio dove possa nascondere la bacchetta fino a quando non l’avrò riposta nuovamente nella sua tomba?”
“Certamente ragazzo mio.” rispose Silente e, con uno scatto, il dipinto si aprì, rivelando l’apertura nascosta nella quale Piton aveva riposto la vera spada di Godric Grifondoro all’insaputa di Bellatrix. Harry vi depose la Bacchetta di Sambuco.
“Domani farò in modo che torni dove stava” disse Harry, rivolgendosi al ritratto dopo che si fu richiuso, poi si avvicinò alla scrivania per riprendere la sua bacchetta e fu allora che il suo sguardo cadde su quella di biancospino; la bacchetta che aveva sconfitto Voldemort; la bacchetta di Draco Malfoy. La prese delicatamente tra le mani, continuando ad osservarla: adesso che aveva nuovamente la sua, non aveva più bisogno di possedere quella di Draco.
“Hermione, ti devo chiedere un favore” disse rivolgendosi all’amica «Potresti mandare un patronus a Kingsley chiedendogli di venire qui? Ovviamente da solo. Desidero sistemare ultima faccenda prima di riposarmi» Hermione e Ron guardarono Harry con sguardo interrogativo, ma nessuno dei due mosse repliche al riguardo.
“Expecto Patronum” una lontra argentea si sprigionò dalla bacchetta di Hermione e con un semplice balzo, uscì dall’ufficio.
“Cos’hai in mente Harry?” chiese dubbioso Ron.
“Devo dire a Kingsley di non arrestare i Malfoy, credo che al momenti basti solo una sorveglianza per Lucius.” rispose semplicemente, lasciandosi scivolare mollemente su una sedia lì vicino; gli facevano male tutti i muscoli.
“Ma sei impazzito?” disse Ron con voce acuta, guardando Harry come se fosse pazzo; anche Hermione era rimasta basita “Ti rendi conto di chi stai parlando? Sono i Malfoy! Dopo tutto quello che hanno fatto, hai intenzione di scagionarli?”
Harry capiva benissimo la reazione dell’amico e sapeva di dovergli delle spiegazioni, così cominciò a raccontare di com’era tornato al castello e, direttosi al pensatoio, aveva visto i ricordi di Piton: aveva scoperto che il tanto odiato professore di Pozioni, in realtà, aveva sempre cercato di proteggere Harry, di come aveva amato sua madre fino alla fine e che Harry stesso era un Horcrux. Hermione piangeva e Ron guardava per terra con aria colpevole, entrambi soffocati dal senso di colpa nei confronti di Piton. Continuò raccontando di come si era diretto alla Foresta Proibita, del Boccino e della Pietra della Resurrezione, di com’era “morto” e del suo incontro con Silente; Ron aprì la bocca più volte con l’intenzione di formulare delle domande, ma Hermione interrompeva all’istante ogni tentativo. Harry le fu grato per questo; con stanchezza e fatica, continuò, fino ad arrivare al momento del suo risveglio.
“Narcissa Malfoy mi ha salvato la vita. Se non avesse mentito sulla mia morte, adesso non sarei qui con voi. Credo che alla fine, dopo aver visto tutti gli orrori di cui Voldermort era capace, abbia capito da che parte stare, solo che lei e la sua famiglia, non potevano uscirne tanto facilmente. Perfino Lucius” aggiunse “desiderava fermare la battaglia per avere la possibilità di cercare Draco. Per quanto spregevole e doppiogiochista possa essere, nella Stamberga Strillante ho visto un altro uomo; ho visto un padre preoccupato per la sorte del proprio figlio.” si fermò un attimo per osservare la reazione dei due amici: Hermione guardava in un punto imprecisato della stanza con sguardo pensieroso; probabilmente le parole di Harry l’avevano fatta riflettere. Ron, invece, camminava avanti e indietro, con espressione corrucciata e dubbiosa.
“E inoltre vorrei ricordarvi che Draco ci ha salvato la vita a Villa Malfoy. Mi aveva riconosciuto subito, sapeva che eravamo noi, ma non ha detto niente a Bellatrix, rimanendo sul vago. Non poteva negare pienamente, perché avrebbe messo in pericolo la sua vita e quella dei genitori, ma allo stesso tempo ci ha coperti”
“Harry ha ragione, Ron” disse Hermione, finalmente convinta “Alla luce di quello che ci ha raccontato, credo che dovremmo essere più comprensivi.”
“Comprensivi?” sbottò Ron “Dopo tutto quello che hanno fatto, dici che dobbiamo essere comprensivi?” Harry sapeva che l’amico non avrebbe accettato facilmente la sua decisione. Il rancore nei confronti di Draco, il dolore per la scomparsa di Fred, Remus e Tonks rendevano tutto più difficile.
“Ron” Harry si alzò faticosamente, andando verso il suo migliore amico. “Capisco che per te non sia facile accettarlo, ma ricordati quello che diceva Silente: tutti hanno diritto ad una seconda opportunità e Piton ne era la prova vivente.”
Aspettò che le parole facessero il loro effetto; anche Hermione si era avvicinata al neo-fidanzato con espressione d’ incoraggiamento. Lo sguardo di Ron passò da Hermione ad Harry e infine, con grande gioia dei due amici, il suo volto si aprì in un sorriso malamente stiracchiato. Hermione lo abbracciò con trasporto.
“Ehi calma!» il tono era scherzoso adesso “Questo non vuol dire che diventerò pappa e ciccia con i Malfoy!”
Harry sorrise all’amico e in quel momento, dalla porta dell’ufficio, Kingsley fece il suo ingresso.
“Scusa Harry se ci ho messo un po’, ma come puoi ben immaginare, non è stato facile liberarsi da giornalisti, Auror e impiegati del Ministero.”
Kingsley si avvicinò ai tre. Aveva la veste strappata in più punti, da cui erano ben visibili svariate ferite.
“Posso immaginare, soprattutto adesso che sei stato nominato Ministro della Magia” disse Harry “Complimenti!”
“No, i complimenti vanno a te, Harry. Sei stato incredibile.” disse sorridente, poi continuò “Perché hai chiesto di vedermi? Cosa posso fare per te?”
 “I Malfoy sono ancora in Sala Grande?” chiese.
“Sì, tra poco saranno scortati insieme agli altri Mangiamorte ad Azkaban in attesa di processo.” spiegò con tono pacato.
Hermione lanciò uno sguardo preoccupato ad Harry.
“Kingsley, i Malfoy non andranno ad Azkaban e saranno scagionati da tutte le accuse. Garantisco io per loro”.
Harry udì il gemito di disappunto di Ron, ma non vi prestò attenzione.
Sul volto del nuovo Ministro comparve la stessa espressione di incredulità che aveva attraversato quello di Ron.
“Scortateli nella Sala Comune di Serpeverde dove potranno cambiarsi e rifocillarsi, domani parlerò io con loro e poi ti spiegherò le mie motivazioni”.
Kingsley sembrava molto indeciso sul da farsi, ma il tono fermo e sicuro di Harry lo convinse
“Non posso negarti questa richiesta, non dopo quello che hai appena compiuto. Silente credeva fermamente in te e nel tuo giudizio e per me vale la stessa cosa. Domani mi racconterai tutto,” poi aggiunse, “adesso devo tornare in Sala Grande a rilasciare delle dichiarazioni. Ci vediamo presto ragazzi” e con un cenno di saluto, uscì dall’Ufficio.
“Ragazzi, non so voi, ma adesso non vedo l’ora di farmi una bella dormita”.
Ron e Hermione annuirono sorridendo.
 
*****
 
Quando Harry si svegliò, la prima cosa che percepì furono i borbottii sommessi del suo stomaco. Aprì gli occhi gettando un’occhiata alla finestra: era il crepuscolo, dovevano essere all’incirca le sei del pomeriggio. Si alzò, constatando di non essere l’unico insieme a Ron ad essere crollato dopo la battaglia: c’erano anche Dean, Seamus e Neville. Sarebbe potuta sembrare una mattina qualunque di un giorno di lezione qualunque, ma il calar della sera e le ferite recenti sui volti dei suoi compagni tradivano la dolce illusione di Harry. Si infilò una maglietta nera, un paio di jeans comodi e, con il mantello dell’invisibilità a portata di mano, uscì dal dormitorio. Non si sentiva pronto ad affrontare una folla di persone che lo acclamava come Salvatore del Mondo Magico, avrebbe come minimo dovuto tenere un discorso, ma l’idea non gli andava ancora a genio, non quando il dolore per la morte di tanti amici era ancora così intenso.
La Torre di Grifondoro, constatò, era una delle poche ale del castello ad essere rimasta intatta dopo l’attacco. Lungo i corridoi, di solito ghermiti di studenti, regnava un silenzio innaturale: molti muri erano crollati e benché buona parte delle macerie fosse stata rimossa, c’era ancora una grande quantità di ciottoli e polvere. Chissà se Hogwarts sarebbe tornata quella di un tempo?
Certamente sì.
Insegnati e addetti del Ministero avrebbero ricostruito tutto, Harry lo sapeva. La cara, vecchia Hogwarts, che da millenni si ergeva come pietra miliare dell’istruzione magica ed era rimasta nel cuore e nei ricordi di tante persone, sarebbe rinata, sarebbe diventata il simbolo della fine di una lotta dura e sanguinosa, della speranza e della rinascita.
“Credo proprio che dovranno stampare una nuova versione di Storia di Hogwarts” pensò Harry sorridendo. Arrivò davanti ad un familiare quadro con sopra raffigurato un cesto di frutta, solleticò appena la pera e la porta delle cucine si aprì all’istante.
«Padron Harry!» Kreacher corse subito nella sua direzione, mentre un centinaio di elfi domestici si girava nella sua direzione. «Cosa posso fare per lei?»
«Avrei bisogno di mangiare qualcosa, sto morendo di fame»
«Subito padron Harry! È un onore per me servire il Salvatore!» gracchiò felice e insieme agli altri elfi corse a preparare il cibo.
Ad Harry si attorcigliò lo stomaco: sapeva già che sarebbe stato oggetto di ovazioni, interviste, foto e molto altro ancora, ma non era pronto, neanche un po’. Non quando i corpi dei suoi amici giacevano ancora distesi in Sala Grande.
“Ecco padron Harry!” l’elfo gli porse un vassoio colmo di cibo.
“Grazie Kreacher.” Rispose Harry con un sorriso stiracchiato, trattenendo un  conato, mentre il pensiero di Dobby irrompeva prepotentemente nella sua testa. Non aveva più fame.
“Kreacher, puoi portare il vassoio alla Torre di Grifondoro?” almeno gli altri avrebbero trovato qualcosa di buono al loro risveglio.
“Certamente padron Harry!” e l’elfo si smaterializzò.
Il Grifondoro, con un macigno piantato alla bocca dello stomaco, indossò di nuovo il mantello dell’invisibilità, dirigendosi verso la Sala Grande. Doveva vederli, salutarli e lo doveva fare da solo. Camminava spedito, cercando di evitare di scontarsi con Auror, professori e altri studenti. Quando arrivò davanti alla Sala Grande, ornata di numerosi drappi neri. Harry aprì piano la porta, cercando di non attirare l’attenzione, e si lasciò scivolare all’interno. Trattenne il fiato quando i suoi occhi caddero sulle figure stese una accanto all’altra, coperte fino al volto da altrettanti teli neri. Uno spettacolo agghiacciante.
“Sono così tanti…”
Si tolse il mantello dell’invisibilità, lasciandolo scivolare tra le dita. Non sapeva dove guardare: c’erano visi, più o meno familiari, ma molti di loro, forse troppi, erano ragazzi. Quando lo sguardo cadde sulla figura minuta di Colin Canon, gli occhi cominciarono a bruciare.
“Harry! Harry! Posso scattarti una foto?”
Il viso di Colin era sereno e disteso. Sentì le lacrime scivolare lungo le guance.
“Mi dispiace tanto…” sapeva che non era colpa sua, ma il dolore era talmente forte da soffocare ogni barlume di razionalità.
Poi si avvicinò a Remus, Tonks, Fred e Piton. Si lasciò andare ad un pianto liberatorio, mentre doloro, rabbia, gioia e sollievo lo travolgevano come un fiume in piena. Era tutto finito, ma a quale prezzo?
Il cigolio della porta lo fece sobbalzare e, istintivamente, appellò il mantello dell’invisibilità. Rimase sorpreso nel vedere Draco Malfoy. Era pallido, molto più di quanto ricordasse; aveva due profonde occhiaie violacee ed era dimagrito molto, rendendo i suoi lineamenti ancora più affilati. Si guardava intorno spaesato e terrorizzato. Lo vedeva avanzare con passo incerto al centro della Sala, con lo sguardo cercava qualcuno e sembrò averlo trovato, quando si diresse a passo svelto nella sua direzione e fermarsi davanti al sudario di Piton. Il labbro di Malfoy tremò impercettibilmente, mentre si inginocchiava vicino al professore di pozioni. Harry si avvicinò cauto, guardando una singola lacrima solcare il volto emaciato del Serpeverde, altrimenti privo di qualunque emozione.
“Grazie…Grazie di tutto.”
Harry si sentì a disagio, come gli era capitato più volte stava assistendo ad un momento intimo e, sebbene si trattasse di Malfoy, anche lui aveva il diritto di piangere i propri morti. Tuttavia, sentiva che qualcosa gli stava sfuggendo, perché in realtà che cosa sapeva di Severus Piton, l’uomo che aveva denigrato per sette anni e che invece, nonostante le ingiurie era sempre stato dalla loro parte? E che cosa sapeva di Malfoy?
Per un solo momento immaginò se stesso e Malfoy come le due facce di una stessa medaglia: il Salvatore e il Mangiamorte. L’orfano e il bambino viziato e coccolato. Il ragazzo che aveva fatto tutte le scelte giuste e quello che le aveva fatte tutte sbagliate.
Draco Malfoy era stato la sua nemesi fin dal primo anno ed era stato il primo  mago a cui aveva rivolto la parola tanto tempo prima, nel negozio di Madama Mc Clan, eppure, adesso, mentre piangeva sul corpo di Piton, Harry vedeva solo un ragazzo spezzato da una guerra di cui non aveva considerato la portata. Ricordava il suo volto terrorizzato quando Voldemort gli aveva chiesto di cruciare Avery o quando, sull’orlo delle lacrime aveva tentato, senza successo, di uccidere Silente.
Sussultò, colpito da una piccola scarica elettrica: era la bacchetta di biancospino.
“Chi c’è?”
Draco si era alzato di scatto ed Harry decise di rivelarsi, lasciando cadere il mantello. Non gli importava se aveva ancora gli occhi e il naso arrossato, era giusto, visto che per primo aveva violato l'intimità del Serpeverde.  Malfoy rimase impassibile, mantenendo un’espressione glaciale.
“Potter, chissà perché non sono sorpreso.” Lanciò uno sguardo al mantello “Ora mi spiego il tuo stupido scherzetto al terzo anno.” Disse monocorde.
“Touché.”
Caddero di nuovo nel silenzio. Harry si avvicinò a Malfoy ancora accanto al corpo di Piton e guardò il volto cinereo dell’ex professore.
“Ci ha salvati tutti.”
“Anche tu.”
Harry si voltò di scatto, alzando lo sguardo sul Serpeverde.
“Ho qualcosa per te.”
Malfoy lo guardò stupito e i suoi occhi si spalancarono quando videro la bacchetta di biancospino. Harry lo vide allungare una mano tremante e afferrare la bacchetta. Non appena la lasciò, Malfoy chiuse gli occhi con un respiro di sollievo. Poi tornò a rivolgere lo sguardo verso Harry e senza preavviso, lo afferrò per il polso. Il Grifondoro non ebbe neanche il tempo di reagire che Malfoy lo strinse forte a sé, Harry era troppo sorpreso per elaborare anche un solo pensiero logico.
“Mi hai salvato due volte e hai aiutato la mia famiglia, dopo tutto quello che ho fatto… E adesso questo. Sei proprio un patetico, sentimentale, stupido Grifondoro…” così detto appoggiò le sue labbra su quelle di Harry. Fu un contatto dolce e delicato e bastò a far avvampare Harry che spinse via il Serpeverde con un unico spintone. Era confuso e spaesato, perché sul viso di Malfoy c’era un sorriso dolce e sincero, il primo che vedeva stampato sulla sua faccia al di fuori del solito ghigno strafottente.
“Grazie…”
Harry si chiese se stesse sognando.
“Non preoccuparti Potter, questo non sarà mai accaduto per te, andrai avanti come l’Eroe del mondo magico, sposerai Weasley femmina e probabilmente sfornerai un sacco di bambini. Io avrò sempre un debito di vita con te, che un giorno ripagherò, lo giuro davanti a questi eroi caduti.”
Harry lo vide alzare la bacchetta verso di lui.
“Oblivion!”
 
 
 
 
 
 
 
 
NdA: Lo so, sono una persona orribile, ci metto un mucchio ad aggiornare e sì, ho già il cilicio! Mea Culpa. Allora questo capitolo è stato un parto, ma la mia beta mi ha dato il benestare e siccome mi fido del suo giudizio, pubblichiamo, che è meglio!
 

[1] Harry Potter e i Doni della Morte.

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Capitolo 10
*** Partenza ***



Partenza
 
 
 
 
 
“Harry! Harry!”
Hermione scuoteva il corpo dell’amico contratto dalle convulsioni.
“Ron, aiutami a tenerlo fermo!”
“Che accidenti sta succedendo?” gridò Ron, in preda al panico.
“Non lo so ma rischia di soffocare!”
Harry si contorceva sotto lo sguardo dei due amici, aveva gli occhi rovesciati e la bava alla bocca. Hermione doveva pensare velocemente, forse un Pietrificus Totalus poteva bloccare le convulsioni, ma poi? Ron girò sul fianco l’amico, senza sapere cos’altro fare, sembrava una crisi piuttosto violenta. Poche volte nella sua vita Hermione si trovava in difficoltà, tuttavia non ebbe bisogno di fare nulla, perché di punto in bianco Harry scattò a sedere, teso come la corda di un violino, inspirò violentemente cominciando a tossire.
“Ron… Herm…”
“Oddio Harry, cos’è successo?”
“Mi sento come se mi fosse passato addosso un troll di montagna.” Sorrise debole “E ho un gran mal di testa.”
Ron e Hermione lo aiutarono ad alzarsi.
“Ho bisogno di sciacquarmi…”
Si avviò verso il bagno con passo malfermo, mentre l’occhio vigile dei suoi amici non lo abbandonava. Aprì velocemente il getto dell’acqua fredda, trovando subito giovamento. Afferrò l’asciugamano tamponandosi velocemente il viso. Si guardò allo specchio: aveva un aspetto cadaverico e le sclere degli occhi erano terribilmente arrossate.
“Harry…”
Il Grifondoro alzò lo sguardo, guardando nel riflesso dello specchio i suoi due migliori amici. Fece un bel respiro, appoggiandosi al lavandino.
“Ero appena entrato in camera quando la figura di una donna è comparsa e mi ha detto che c’era qualcosa che avevo dimenticato e d’un tratto mi sono trovato catapultato a Hogwarts, il giorno della sconfitta di Voldemort.”
Tenne lo sguardo basso.
“È stato quando ho restituito la bacchetta a Malfoy.” Ron e Hermione annuirono “tuttavia c’era dell’altro. Il mio ricordo finiva con la restituzione della bacchetta, invece, in questo ricordo Malfoy mi ha abbracciato e ringraziato.”
Ron strabuzzò gli occhi, mentre Hermione sembrava perplessa.
“Eh? Sei sicuro di non aver battuto la testa?”
“Quello che ho detto Ron! E c’è dell’altro.”
“Ho quasi paura di sentirlo…”
Harry gli lanciò un’occhiataccia.
“Diceva di avere un debito di vita nei miei confronti e che lo avrebbe ripagato un giorno e il ricordo finisce con Malfoy che mi lancia un incantesimo di memoria.” Omise la faccenda del bacio. Non sapeva se ciò che aveva visto era reale, ma preferiva tenerlo per sé, almeno per il momento, poi si risvolse all’amica. “Può essere che il mio ricordo sia stato modificato, oppure che mi sia stato innestato di sana pianta?”
“Partiamo dal presupposto che gli incantesimi di memoria sono di per sé molto complessi, innestarne uno fasullo nella mente di una persona richiede una potenza magica immensa. Pochissimi maghi sono in grado di farlo. Non meno complesso è riportare alla luce un ricordo che è stato modificato, ma decisamente più fattibile per un mago esperto.”
“Non so dire che cosa sia stato, ma non credo sia il caso di chiederlo a Malfoy.”
“Perché no?”
“Dai, Herm…Ti rendi conto di quanto sia ridicola la faccenda? Dovrei andare da Malfoy come se nulla fosse e chiedergli se mi ha cancellato la memoria? Se l’ha fatto era perché non voleva che lo ricordassi, quindi di fatto potrebbe anche mentire.”
“Forse quella donna ha sciolto il blocco di quel ricordo.”
“Perché?”
“Non lo so Harry, ma se l’ha fatto vuol dire che era importante che tu ricordassi. Ricordi Codaliscia? Tu gli avevi salvato la vita e alla fine lui ha salvato la tua. Eravate legati e la stessa cosa è successa tra te e Malfoy. È magia antica Harry, come il sacrificio di tua madre. Chiaramente, quando abbiamo salvato Malfoy e Goyle, quella notte non abbiamo pensato alle implicazioni che le nostre azioni avrebbero avuto sul futuro, troppo presi dalla gioia della vittoria e dalla sofferenza per la perdita dei nostri cari.
Ron inorridì.
“Quindi vorresti dire che io sono legato a Goyle? Sappiate che può tranquillamente tenersi il suo debito!” Harry rise, mentre Hermione sembrava sul punto di prenderlo a schiaffi, poi tornò a rivolgere a lui la sua attenzione. Lo fissava intensamente, quasi sapesse che non gli aveva raccontato tutto. Ormai lo conosceva da quindici anni e le mezze verità non funzionavano con lei.
“Ragazzi, mi dispiace interrompervi, ma è l’ora.” Ron indicò l’orologio “Anzi, siamo già in ritardo, ci mancano solo i commenti sarcastici di tre Serpeverde sulla nostra mancanza di puntualità. Harry te la senti di andare? Hai veramente una brutta cera.”
“Sto bene. Voglio solo che questa faccenda si concluda il prima possibile. Hermione hai qualche pozione ricostituente?”
“Accio!” La ragazza porse una piccola ampolla all’amico, fissandolo intensamente.
“Dovrai affrontare la cosa prima o poi.”
Ron aspettò che la fidanzata non lo guardasse e sussurrò all’orecchio di Harry “Più poi che prima.”
Ad Harry andò di traverso la pozione a causa della battuta e Ron gli diede due sonore pacche sulla spalla. Cosa avrebbe fatto senza di lui?
 
 
*****
 
 
 
“Potter, Granger, Weasley… Siete in ritardo.” Commentò immediatamente Zabini sardonico.
Ron guardò Harry con la tipica faccia da te l’avevo detto.
“Scusate, ma Harry si è sentito poco bene.” Spiegò Hermione con calma.
“Povero piccolo Potty, ti è venuto il mal di pancia?” Malfoy sembrava aver ritrovato la sua naturale acidità. Harry non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. Sapeva che se lo avesse fatto, di certo, l’immagine di quello stupido bacio sarebbe tornato a tormentarlo.
“Piantala Malfoy.” Ron corse subito in difesa dell’amico.
“Cerchiamo di fare piano.”
“Granger, siamo nel bel mezzo di una radura boschiva. Non c’è nessuno, a parte quest’umido indecente.”
Hermione ignorò la Serpeverde.
“Avete già controllato se c’è qualcuno nella chiesa?”
“Sì, l’incanto Homenun Revelio era negativo.” Rispose Zabini sbrigativo.
“Bene. Alohomora.”
La porta della chiesa si aprì e il gruppo entrò.
“Lumos.”
Piccole fiammelle si sprigionarono dalla bacchetta di Hermione e tutti la seguirono fino all’arco di pietra. Il Grifondoro era teso e la stessa espressione era stampata sul volto di tutti. Stavano andando verso l’ignoto.
Una volta di fronte all’arco di pietra, Harry fece un piccolo passo avanti, impugnando la bacchetta e Malfoy fece lo stesso. Dietro di loro anche Ron, Hermione, Pansy e Blaise tenevano le bacchette pronte.
“Expecto Patronum.”
I due cervi corsero verso l’arco e poi ci fu una piccola esplosione di luce. Harry chiuse gli occhi per un attimo e quando li riaprì, rimase inorridito: c’era un velo, così simile a quello dietro il quale era sparito Sirius, che non poté fare a meno di rabbrividire. Ondeggiava come il sipario di un teatro, ma non c’era vento a muoverlo.
Per un momento pensò di sospendere l’intera missione. “Harry… Guarda.”
Hermione gli si era avvicinata, indicandogli i due patroni che non si erano ancora dissolti, ma si erano disposti elegantemente ai lati dell’arco. L’atteggiamento di Ramoso lo rassicurò.
“Siete giunti, dunque!”
Pansy strillò per la sorpresa, ma Harry, Ron e Hermione avevano già lanciato tre incantesimi scudo, creando una barriera invisibile tra loro e gli individui che erano sbucati dall’ombra.
“Meno male che avevate controllato che non ci fosse nessuno!” ringhiò Ron ai tre Serpeverde.
“E così è stato Weasley!” ribatté subito Zabini.
“Chi siete?” domandò Harry. Erano in sei e quando abbassarono i cappucci, riconobbe anche il monaco che li aveva ripresi quel pomeriggio.
“Siamo i guardiani di questo posto, di generazione in generazione ci siamo succeduti il ruolo, nell’attesa del vostro arrivo.” Spiegò, sorridendo. Erano tutti molto anziani, sembravano avere un’aria innocua.
“Cosa volete dire?”
“Se avete aperto il passaggio, vuol dire che siete gli eredi di Merlino e Viviana.”
“Sì, beh, a questo ci siamo arrivati quando hanno cercato di mandarci fuori di testa, entrando nelle nostre menti.” Ribatté Malfoy.
“Volevano solo mostrarvi la strada.”
“Già, ma come siamo stati fortunati! Senza contare che tra tutte le persone al mondo, proprio Potter doveva essere l’altro Prescelto. Sta diventando monotona questa storia.”
“Non è che me le vada a cercare!”
“Piantatela, non è il momento!”
“Piantarla, Granger?” Malfoy sembrava nuovamente sull’orlo di una crisi isterica “Ci mancavano solo i frati incappucciati del destino, o quello che sono, per concludere questa pagliacciata!”
“Vogliate scusarlo.” Disse Hermione tra il mortificato e l’irritato “Non è nostra intenzione offendere, ma il nostro amico non conosce l’educazione.”
Malfoy sembrò sul punto di rispondere nuovamente, ma Blaise aveva l’aria di chi stava per usare un Imperius da un momento all’altro, sicché decise di mantenere il silenzio, spalleggiato da Pansy. Fissava i monaci quasi fossero sterco di piccione.
“Siete maghi?”
“Non proprio…” continuò l’uomo “Siamo druidi.”
Hermione, Zabini, Malfoy e Parkinson sussultarono, mentre Ron e Harry rimasero perplessi. Mosso da un qualche sentimento di pietà nei confronti dei due Grifondoro, Zabini spiegò “I druidi possono essere considerati come i primi predecessori dei maghi moderni. Quando ancora il mondo magico e babbano vivevano in armonia avevano ruolo di sacerdoti e consiglieri. I druidi sono i predecessori dei fabbricanti di bacchetta, inoltre ne esistevano anche di livello superiore che sapevano dominare la magia elementale.”
“Magia elementale?”
“La magia legata ai quattro elementi della natura, aria, acqua, terra e fuoco. Le leggende affermano che potessero entrare in sinergia con gli elementi e dominarli. Tuttavia, maghi di questo calibro erano rarissimi e dubito fortemente che i signori qui presenti possiedano tale potere.”
“Noi no, ma la nostra Signora sì. Viviana riusciva a dominare la magia elementare.”
“Scusate, io ho una domanda? Ma da quello che abbiamo capito, Merlino è intrappolato in questa specie di mondo… come possiamo dire… sospeso? Volete dire che anche Viviana si trova lì?”
“Sì, Morgana ha intrappolato non solo Merlino, ma anche Viviana e con essi tutta la magia e le creature magiche di Brocéliande.”
“Avevo ragione!” esclamò Harry, esultante.
“Cosa ci aspetta oltre il varco?” domandò Draco, con una punta di nervosismo.
“Vi troverete sempre nei luoghi di Brocéliande, ma quasi come una realtà alternativa. Fate attenzione però, come vi ho detto, tutta la magia della foresta è stata sigillata con Merlino e Viviana, quindi incontrerete di certo degli ostacoli e ci saranno delle prove da superare, perché i due discendenti dimostrino di essere degni.”
“Che seccatura. Potter, sappi che tu andrai sempre avanti per primo, te lo dico con anticipo.”
“Grazie Malfoy, è bello averti in squadra.” Harry guardò i suoi amici e i tre Serpeverde “Andiamo?”
Malfoy deglutì.
“No, guarda sto pensando che dovremo…”
Harry lo afferrò per la mano, stringendola forte, poi afferrò Ron e a seguire Hermione, Blaise  e Pansy, correndo verso il varco. I due Patroni li precedettero.
“Buon viaggio e che Merlino e Viviana vi proteggano.”
Fu come immergersi nell’acqua ghiacciata, ma Harry non aveva paura, perché sentiva ancora ben salde la mano di Ron e di Draco.
 
 
*****
 
 
“Sono partiti.”
“Sì, adesso dobbiamo prepararci per il rituale. Quando apriranno il varco, l’ospite deve essere pronto.”
“La nostra Signora ci onorerà oltre ogni limite.”
Pierre vide il varco richiudersi e pregustava il momento in cui avrebbe potuto finalmente inginocchiarsi di fronte alla Strega più potente del mondo.







NdA:// Lo so, so in tremendo ritardo, sono una persona brutta e orribile. Sono molto dispiaciuta, ma come già detto altre volte, non abbandono la fic, quindi state tutti tranquilli :) Il ritardo è dovuto principalmente allamancanza di tempo. Questa fic è molto importante per me ed ha una trama abbastanza articolata, con riferimenti storici e mitologici che non posso trattare con leggerezza. Al di là del lavoro di scrittura c'è anche un lavoro di ricerca, perchè la storia possa intrigarvi sempre di più. Nel frattempo ho anche iniziato un'altra long sul fandom di Z Nation che comunque mi appassiona e sto cercando di portarle avanti parallelamente.  Se vi piacciono le fic tema zombie fateci un salto soprattutto se non conoscete il telefilm. Tuttavia, aspettatevi un racconto molto crudo, totalmente diverso dai toni di Brocéliande.
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto, la prima parte è finita, adesso si va nell'azione vera e propria. Chissà cosa avranno voluto dire i monaci sul finale? Spero di avervi incuriosito e che mi farete sapere le vostre congetture! A presto e un bacione! Grazie a tutti voi che continuate a seguire la fic!

 

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Capitolo 11
*** Oltre lo specchio ***



 
Oltre lo specchio
 
 
 
 
 
La prima sensazione percepita, non appena riprese i sensi, fu l’odore di erba e terriccio; poi ci fu un cinguettio e un fruscio. Impiegò solo pochi secondi per riacquistare totalmente la cognizione di ciò che era successo. Si alzò di scatto sistemandosi gli occhiali. Una delle stecche si era leggermente piegata e le lenti gli ricadevano storte sul naso. Era seduto in mezzo ad un bosco, l’erba era umida così come l’aria circostante. Cercò con lo sguardo i suoi amici: individuò immediatamente le sagome di Blaise e Hermione, ma di Ron e Pansy non sembrava esserci traccia, forse erano atterrati poco più avanti.
E Malfoy? Un sospiro esattamente dietro la sua schiena lo fece sussultare: Draco era disteso supino sull’erba, i lineamenti di solito affilati, avevano assunto toni più dolci, simili a quelli di Narcissa Black. Era strano vederlo così tranquillo e Harry cominciò a domandarsi quante altre sfaccettature di Malfoy avrebbe ancora avuto modo di conoscere durante quel viaggio. E non era certo neanche di volerlo sapere, anzi stava cominciando a trovare la cosa inquietante. Allungò la mano verso il compagno ed era strano definirlo così, ma Harry sentiva dentro di sé, senza alcun motivo apparente, che almeno adesso poteva dare fiducia a Draco. Poche volte il suo istinto lo aveva tradito.
“Malfoy, svegliati.” Disse, scuotendolo appena.
Il Serpeverde mugolò, poi aprì gli occhi di scatto, cercando di tirarsi di colpo in piedi e la sua testa cozzò contro il suo mento. Harry imprecò cadendo steso sull’erba, mentre Malfoy iniziava a maledirlo.
“Che succede?” urlò Hermione, raggiungendoli con la bacchetta puntata, seguita a ruota da Blaise.
“Malfoy la tua tefsta e duva come un bloffo di marmo!” farfugliò Harry, mentre la lingua gli pulsava dolorosamente.
“Beh, Granger mi sembra che stiano benone.” Commentò Blaise, riponendo la bacchetta.
Hermione si guardò intorno.
“Harry, dov’è Ron?” chiese, con leggera apprensione.
“E Pansy?”
“Non lo fo, mi fono appena svegliafo, forse fono qui intorno.”
“Qui, dove, per l’esattezza?” domandò Malfoy sarcastico.
Harry lo ignorò, si alzò in piedi e appellò gli zaini.
“Forza, cerchiamo Pansy e Ron, ma stiamo vicini e non facciamo rumore, non sappiamo cosa ci aspetta, quini bacchette pronte.”
“Per andare dove?” rimbeccò di nuovo Malfoy. Stava cominciando a dargli suoi nervi, di nuovo.
“Sai Malfoy, non credo che qui troveremo delle indicazioni stradali lungo il percorso.”
“Quindi, la tua idea geniale è quella di proseguire alla cieca?”
“Harry, in effetti, Malfoy non ha tutti i torti.”
“Grazie Granger, ancora mi stupisco perché tu non sia finita a Corvonero.”
“Dobbiamo pianificare qualcosa, altrimenti non so quanto ancora…”
Un urlo squarciò la radura.
“Pansy!”
Senza attendere un solo istante, il gruppo si lanciò nella direzione delle urla. Quando finalmente raggiunsero gli altri due, si trovarono di fronte ad una scena grottesca: non era Pansy ad urlare, bensì Ron, mentre fissava terrorizzato un grosso ragno che si stava arrampicando lungo la gamba. Sembrava totalmente paralizzato dal terrore, se non ci contavano le grida isteriche. Harry tirò immediatamente un sospiro di sollievo, per fortuna stavano entrambi bene. Pansy sghignazzava senza remore.
“Weasley vorrei tanto poter avere la mia macchina fotografica a portata di mano!”
“Non è per niente divertente Parkinson.” Replicò stizzita Hermione, andando in soccorso del futuro marito e Harry la seguì.
Arania Exumai.”
Il ragno svanì e Ron sembrò di nuovo in grado di articolare frasi di senso compiuto.
“Grazie tesoro, era come se il mio cervello fosse totalmente bloccato.”
“Non siamo stupiti Weasley, non è quello che ti succede il novanta percento delle volte?”
Harry vide la mano di Hermione stringersi minacciosamente attorno alla bacchetta, si affrettò quindi a calmare l’amica prima che potesse accadere l’irreparabile, ma Blaise lo precedette.
“Pansy, smettila adesso. Non siamo nella situazione di permettere a certi comportamenti infantili di prendere il sopravvento. Con le sue urla, Weasley potrebbe avere attirato verso noi di noi chissà quale creatura magica o forse molto peggio. Smettiamola con queste crisi adolescenziali una volta per tutte.”
Pansy Parkinson si zittì immediatamente e a Harry parve scorgere una vaga espressione di mortificazione, forse aveva finalmente colto il messaggio.
“Grazie Zabini.”
“Di niente Granger.”
Harry aiutò Ron ad alzarsi, poi prese la bacchetta.
Guidami.”
La bacchetta di Harry prese a roteare vorticosamente sulla mano, fermandosi poi a indicare il nord.
“Andiamo.”
“Torno a ripetere la mia domanda, dove?”
“Vuoi rimanere qui Malfoy? Da qualche parte dovremmo pur cominciare, del resto non possiamo mica volare sopra questi alberi!”
“In effetti sì, in realtà.”
Tutti si voltarono verso Ron.
“Beh, allora le scope cosa le abbiamo portate a fare?”
“Le avevo totalmente dimenticate.”
“Io no, considerando che Hermione mi ha fato stilare una lista completa di tutto quello che abbiamo portato via.”
“Che cosa farei senza di voi!” disse Harry, sorridendo. Aprì gli zaini e appellò la sua, ormai vecchia, Firebolt. La scopa atterrò vicino al suo padrone, mentre il nuovissimo modello Lightspeed atterrava al fianco dell’amico. Ron non aveva saputo resistere, così ne aveva prenotata una quando era ancora in prevendita. Lui, insieme alla squadra inglese, era stato il primo a poterla cavalcare. Beh, aver sconfitto Voldemort qualcosa doveva pur contare qualcosa, no?
Salirono sulle scope e oltrepassarono le fronde degli alberi: il cielo era azzurro, intorno a loro c’era una distesa di alberi e a qualche chilometro di distanza svettavano le torri di un castello candido come la neve.
“Ecco la nostra direzione!”
Tornarono a terra, riferendo quello che avevano visto.
“Quanto credi che ci vorrà ad arrivare?”
“Non lo so, forse mezza giornata di cammino.”
“Okay, quindi, si va’?”
Il gruppo annuì in silenzio e s’incamminò verso il castello. Qualche ora dopo, nonostante le lamentele logorroiche di Pansy – “odio gli insetti, le foreste e anche il campeggio!” –  le proteste di Ron – “Ragazzi, perché non ci fermiamo per una pausa? Comincio ad avere fame!”- e i battibecchi tra Draco e Harry, finalmente riuscirono a vedere la fine di quell’intricato labirinto di alberi.
“Chi arriva per ultimo prepara la cena!”
Ron lanciò senza preavviso la sfida, mentre Harry partì al suo inseguimento, dietro di lui Blaise e Draco.
“Ehi! Tornate qui! Vi sembra il momento?” Urlò Hermione, ma senza risultati. Lei e Pansy rimasero una affianco all’altra fissando con disappunto il quartetto che correva a perdifiato.
“Maschi.”
“Già.”
Ron era in testa, Draco e Harry erano pari, Blaise chiudeva la fila.
“Grifondoro vince!”
“Te lo puoi scordare Weasley!”
Harry correva e, a dispetto della situazione, si stava divertendo come non gli capitava da parecchio. Gli sembrava di essere tornato nuovamente a Hogwarts, come se il tempo non fosse passato e si sentiva bene. Certo, si trovava in una dimensione parallela, Merlino li aveva convocati con la magia e si era ritrovato in compagnia dei vecchi avversari Serpeverde, ma finché Ron e Hermione fossero stati con lui sapeva di poter affrontare qualunque cosa, come in passato.
Stava per raggiungere Ron, quando l’amico si bloccò di colpo, appena fuori dalla boscaglia, sembrava pietrificato.
“Ron che succede?”
“Harry…” piagnucolò, indicando qualcosa.
“Potter, ma si può sapere perché diavolo…!”
“Silenzio!”
Troppo tardi.
Un ruggito squarciò l’aria e i quattro ragazzi gridarono: due giganteschi Ironbelly Ucraini, una delle razze di drago più grandi esistenti, a guardia delle porte del castello, li avevano visti e si erano librati in volo verso di loro.
“Che cosa facciamo?”
“Scappiamo!”
Il quartetto rientrò nel bosco senza pensarci due volte, Hermione e Pansy avevano estratto le bacchette, anche se la Serpeverde sembrava sul punto di svenire.
“Che succede?” strillò isterica.
“Draghi!”
“Tutti a terra!” urlò Harry a squarciagola non appena aveva visto le fiamme lambire le cime degli alberi. Lanciò un potente incantesimo scudo intorno ai suoi compagni mentre Hermione e Blaise lanciavano l’incanto aguamenti.
“Harry che cosa facciamo?” domandò Ron, mentre uno dei draghi sradicava un albero con la stessa facilità con cui si estirpava un’erbaccia.
“Credo che i draghi fossero a protezione del castello, se riusciamo a raggiungerlo, forse smetteranno di attaccarci.”
“Sei sicuro Potter?” domandò Draco.
“No, ma non mi sembra ci siano molte alternative! Cerchiamo di rallentarli!”
“Come? Sai bene che la pelle di un drago è resistentissima alla maggior parte degli incantesimi!”
“E meno male che tu fratello è un domatore di draghi Weasley! Una delle parti deboli di un drago, se non l’unica, sono gli occhi. Incanto conjunctivictis!” rispose Draco con un grido.
Harry sorrise con un pizzico di malinconia, ripensando al suo padrino Sirius, ancora una volta tornava in suo soccorso.
“Togliti da lì!” Harry fu afferrato Draco un secondo prima che la coda del drago frustasse il terreno.
Hermione, Blaise e Pansy lo raggiunsero.
“Sbrigatevi! Dobbiamo allontanarci e nasconderci!”
Hermione aiutò Ron ad alzarsi.
“Se riusciamo a non farci notare possiamo usare gli incantesimi per occultarci e…”
“Herm, io e Harry abbiamo già un piano, però voglio che tu e gli altri facciate esattamente quello che hai appena suggerito.”
“Che cosa avete intenzione di fare?”
Harry appellò il mantello dell’invisibilità, le scope e della polvere buiopesto.
“Dobbiamo arrivare al castello: Ron ed io distraiamo i draghi e cercheremo di rallentarli, voi protetti dagli incantesimi e dal mantello sgattaiolate dentro il castello.” Harry era già in sella alla sua Firebolt e Ron stava inforcando la sua.
“Ron davvero, non credo sia una buona idea…”
Hermione sembrava davvero spaventata, così come Pansy.
“Tesoro, vedrai andrà tutto bene!” Ron le diede un leggero bacio sulle labbra.
“Non avrete mica intenzione di andare senza di me!” Malfoy si affiancò a Harry sulla Nimbus Fire. “Sappiamo tutti qui chi è il migliore a volare.”
“Ti piacerebbe!” Harry sorrise a Malfoy, avvolto di nuovo da un senso di déjà-vu.
“Da quando vuoi fare l’eroe Malfoy?”
“Da quando la mia vita e quella dei miei compagni viene messa nelle tue mani Waesley!”
Harry scosse la testa.
“Andiamo!”
E mentre si libravano in volo, Harry sentì Zabini “Cercheremo di coprirvi le spalle! Usate anche l’incantesimo Freddafiamma!”
Harry fece cenno di vittoria, mentre gli altri tre compagni scomparivano alla vista sotto l’incantesimo di Hermione e del mantello dell’invisibilità.
Harry, Ron e Draco volarono oltre gli alberi in fiamme trovandosi faccia a faccia con i due Ironbelly.
“Comincio a credere che non sia stata tanto una buona idea quella di seguirvi.” Commentò Draco, deglutendo “Cosa mi sarà saltato in testa!”
“Troppa influenza Grifondoro.”
“Lo temo anch’io Potter!”
Appena superate le fronde degli alberi, i due draghi furono immediatamente su di loro, senza dargli tregua. Volarono in direzione del castello, schivando le fiamme dei due draghi.
“Cerchiamo riparo tra le torri e le guglie.”
Ron e Draco non se lo fecero ripetere due volte, seguendo la sua direzione. Doveva cercare di prenderli in contropiede.
“Ron, prendi!” Lanciò all’amico un po’ di polvere buiopesto “Dobbiamo dividerci, voi due prendete quello a destra, io mi occupo di quello a sinistra.”
“Va bene!” Come previsto i due draghi si separarono e Harry era già pronto con la sua strategia; scese in picchiata verso il terreno erboso, il drago dietro di lui, che lanciava getti infuocati. Venne colpito di striscio ad una spalla, ma tenne ben saldo il manico di scopa. A pochi metri dal suolo impennò di nuovo la scopa, mentre il drago, colto alla sprovvista, colpiva durante il suolo. Harry lanciò prontamente un conjunctivictis contro l’animale, che prese a dimenarsi dal dolore. Afferrò la polvere e la lanciò, insieme con un potente incarceramus sulle ali.
Harry esultò, ma un grido lacerante squarciò l’aria. Si girò immediatamente: Draco stava precipitando al suolo. Afferrò immediatamente il manico, pregando di fare in fretta, ogni secondo che passava era un metro in meno che mancava al Serpevedre prima di sfracellarsi al suolo. Con il cuore in gola si lanciò verso il corpo di Draco afferrandolo e cadendo malamente a terra. Si alzò avvertendo del liquido viscoso scivolargli tra le dita.
“No! No! No!” Draco era privo di sensi con un profondo squarcio sulla schiena.
“Harry!” Hermione comparve dal nulla insieme a Pansy e Blaise.
“Herm hai del dittamo o qualsiasi altra cosa?”
Pansy era cerea in viso, il volto stravolto dall’agitazione.
“Sì, ho qualcosa, ma Harry non so se basterà.”
“Deve bastare!”
“Harry!” sentì l’urlo Ron, stridergli nelle orecchie. Doveva pensare, fare qualcosa, ma diamine c’era tutto quel sangue, Malfoy si stava dissanguando tra le sue braccia.
Non sapeva cosa fare, ma poi senza preavviso sentì nelle proprie orecchie risuonare un canto, un canto che era nella sua memoria e che conosceva molto bene. Alzò gli occhi al cielo, osservando con stupore uno stormo di fenici correre in soccorso di Ron, avventandosi contro il drago. Erano tante e benché qualcuna fosse colpita dal fuoco, dalla cenere, Harry, vedeva rinascere dei pulcini. Alla fine una delle fenici raggiunse l’occhio sinistro e il drago gridò di dolore, battendo in ritirata.  La musica si ripeté e Harry sentì lo stupore e l’emozione invadergli il petto, mentre davanti a lui planava una bellissima fenice che Harry avrebbe riconosciuto fra mille.
“Fanny…” sussurrò appena.
“È un piacere vederti Harry.”
 
 
 
 
 
 
 
NdA:// Piccola sorpresa sul finale che spero abbiate apprezzato. È da tantissimo tempo che non aggiorno e spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Grazie ancora a tutti voi che continuate a seguire questa avventura a sfondo “medievale”, se così si può dire. Bene, ci vediamo al prossimo capitolo! Un abbraccio a tutti!
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** Attesa ***





“È un piacere vederti Harry.”
L’emozione del Grifondoro fu subito risucchiata via quando avvertì un gemito di dolore uscire dalle labbra di Draco.
“Fanny, puoi aiutarlo?”
“Certo Harry,” rispose candidamente la fenice. “Metti a nudo la ferita.”
Eseguì immediatamente sotto lo sguardo vigile e preoccupato degli altri compagni.
“Blaise, aiutami, taglia i vestiti,”
Il Serpeverde eseguì meccanicamente, senza una parola. Aveva la fronte imperlata di sudore e le labbra contratte. Quando la ferita fu messa a nudo, Pansy lanciò un gridolino, nascondendo il viso tra le mani. Harry avvicinò lentamente il corpo di Draco a Fanny, facendo attenzione a non provocargli altro dolore. Lentamente la fenice fece scivolare una decina di lacrime sullo squarcio, rimarginandolo seduta stante e senza alcuna cicatrice. Harry fissò il volto del Serpeverde: era ancora svenuto, ma aveva già riacquistato un po’ di colore. Si rese conto solo in quel momento di aver ricominciato a respirare.
“Grazie Fanny.” Allungò la mano, accarezzando l’animale sotto il becco.
“Devo andare adesso Harry. Sono stata molto felice di rivederti,”
“Aspetta!” Aveva mille domande da farle, a partire dal fatto che riuscisse a comunicare con lei e sul perché si trovasse in quel luogo.
“Devo tornare con il mio branco, non posso fermarmi oltre, ma Harry, se ti trovi qui con i tuoi amici il motivo può essere uno solo. Fate attenzione, questo è un luogo nascosto agli umani, ma non alle creature magiche, ricco di magia antica e potente. L’unico consiglio che posso darvi è di non fidarvi delle apparenze. Nulla è come sembra,”
Il gruppo l’ascoltava in silenzio e la fenice si avvicinò ad Harry, dandogli una beccata affettuosa sulla mano, poi si librò in volo insieme alle sue compagne. Rimasero tutti in silenzio per qualche minuto, poi Hermione gli si avvicinò: aveva un velo di lacrime egli occhi.
“Harry ora è meglio se proviamo ad entrare, Draco ha bisogno di riposare, come tutti noi del resto.”
Il Grifondoro annuì, Ron e Blaise gli si avvicinarono per aiutarlo, ma li respinse con fermezza.
“Ce la faccio da solo, è meglio se voi tenete pronte le bacchette per qualsiasi inconveniente. Copriteci le spalle,”
Fece scorrere una mano sotto le spalle e l’altra sotto le ginocchia del Serpeverde e se lo ritrovò stretto al petto.
“Harry forse sarebbe bene se usassi il Levicorpus…”
“No.” Hermione non ribatté e insieme a Ron, Pansy e Blaise, recuperò le rispettive attrezzature e gli si parò davanti con le bacchette sfoderate.
“Alohomora,” pronunciò l’amica. Le porte di cristallo si mossero lentamente aprendosi su una vastissima sala bianca, con pavimenti e colonne in marmo. Benché la struttura fosse molto alta, non si scorgevano scale da nessuna parte. Vi era solamente questa stanza lunga venti metri circa, in fondo alla quale compariva una porta nera. Ron e Hermione lanciarono diversi incantesimi di protezione, dopo essersi assicurati che non ci fosse nessuno. Il silenzio era quasi irreale. Blaise aveva appellato una tenda dal proprio zaino e l’aveva preparata.
“Presto, portalo dentro,” lo intinò il Serpeverde. Pansy Parkinson non aveva più spiccicato parola da almeno quindici minuti: un vero e proprio record secondo Harry. Entrò nella tenda, ritrovandosi in un vero e proprio attico. Blaise gli fece strada fino alla camera ed Harry adagiò delicatamente il corpo di Draco sul letto.
“Anche se Fanny ha rimediato a buona parte del danno, avrà bisogno di altre cure quando si sveglierà. Ha perso molto sangue,”
“Per un attimo ho temuto che fosse spacciato,”
“Anch’io,”
I due rimasero qualche minuto a vegliare Draco per accertarsi che fosse effettivamente tutto apposto, e poi tornarono dai rispettivi amici. Pansy stava preparando un the e le tremavano visibilmente le mani.
“Vado ad aiutare Ron e Hermione con gli incantesimi di protezione.”
Uscì dalla tenda senza guardarsi indietro; si unì ai due amici e in pochi minuti terminarono il lavoro. Entrarono nella loro tenda, sfiniti, e si lasciarono cadere di peso sul divano del piccolo salotto. Rimasero in silenzio qualche minuto, beandosi della tranquillità di quel momento e, per la prima volta da quando erano cominciati quegli avvenimenti, Harry si domandava se non avesse sbagliato a trascinare i suoi amici in quella nuova, ennesima avventura.
“Come sta Malfoy?”
“Sta dormendo adesso, non so cosa avremmo fatto se non ci fosse stata Fanny, gli ha salvato la vita.”
“Incredibile, vero? Cioè, averla incontrata qui…” commentò Ron.
“Quel che è certo, è che questa realtà esiste, non ci troviamo in un’altra dimensione, se Fanny è potuta entrare, noi possiamo di certo uscire. Devo prendere i libri e cercare di stabile una geografia del posto, del resto siamo ancora Brocéliande.”
“Okay, dobbiamo fare anche dei turni di guardia, Ron ti dispiace iniziare per primo? Ho bisogno di riposarmi un attimo, poi parleremo anche con Blaise,”
“Nessun problema.”
Harry andò in bagno chiudendosi la porta alle spalle e guardandosi allo specchio non vide un bello spettacolo: la maglietta era sporca di sangue, così come le mani, sporche del sangue di Draco. Merlino, come aveva fatto a non accorgersene finora?
Aprì l’acqua della vasca, guardandola riempirsi lentamente. Per un momento aveva rivissuto la stessa terribile sensazione di quando Dobby era spirato tra le sue braccia, ed era stato un déjà-vu terribile. Si spogliò, adagiandosi nella vasca, mentre l’acqua si tingeva di rosso.
Pensieri orribili gli attraversavano la mente, pensieri a cui non aveva più dato adito da sei anni a quella parte. Quando era cominciato tutto non aveva compreso veramente le insidie a cui sarebbero potuti andare incontro, del resto avevano distrutto gli Horcrux e affrontato una guerra magica, quali pericoli peggiori avrebbero potuto incontrare?
Era come essere tornati a girovagare in quei boschi senza un obbiettivo o una meta, e per un folle momento ebbe paura che Ron potesse rinfacciargli di nuovo di non sapere che cosa stessero facendo. Voleva parlare con loro, adesso, sentiva il bisogno di scusarsi, perché del resto mancava così poco alle loro nozze e invece di occuparsi della torta e degli inviti, i suoi due migliori amici erano intrappolati in quel “mondo di mezzo”, perché lui continuava ad avere la mania dell’eroe.
E poi c’era la questione Malfoy, quel ricordo non poteva essere solo frutto della sua immaginazione oppure un ricordo innestato, era vero, il suo istinto glielo diceva.
Si alzò, facendo scorrere via l’acqua sporca, appellò i vestiti e si asciugò velocemente, tornando nel piccolo salotto. Hermione teneva la testa china su una pila di libri, tracciando delle linee su una pergamena.
“Sei riuscita a capire qualcosa?”
“Ci sto lavorando,” l’amica non aveva alzato lo sguardo dal libro ed Harry le afferrò gentilmente la mano. Lei sussultò, fissandolo interrogativa.
“Mi dispiace Hermione,”
“Cosa?” Era insolito che la Grifondoro rispondesse con una domanda, quando era solita fornire risposte.
“Avrei dovuto darti retta, invece vi ho trascinati qui, tutti e due,”
“Beh, che tu e Ron dobbiate seguire quello che vi dico, credevo che ormai fosse una cosa assodata,” disse con una risatina “Harry, non è colpa tua quello che è successo là fuori, quello che è successo a Malfoy,”
L’aveva detto fissandolo negli occhi.
“Per un attimo ho avuto paura. In bagno mi è tornato in mente Dobby e mentre tenevo Draco, avevo paura di vederlo morire dissanguato, di non poter fare niente, così com’era successo quel giorno a Villa Conchiglia.”
“Harry…”
“Era da moltissimo tempo che non pensavo a Dobby, anzi a dir la verità, che non pensavo più a quello che è successo durante la guerra, ma quel ricordo Hermione… è come se mi fosse tornato tutto addosso. Come se in questi sei anni avessi vissuto in una bolla.”
La mano di Hermione gli dava grande conforto.
“Harry anche per me è Ron è così, sai? Effettivamente non abbiamo mai più parlato di quello che è accaduto, forse perché è stato qualcosa di talmente grande per tutti noi, che abbiamo sentito il bisogno di crogiolarci nella spensieratezza, vivere tranquilli ed occuparsi di sole cose futili, abbiamo avuto tutti bisogno di normalità.” fece una piccola pausa, “Eppure sappiamo che Fred, Tonks, Remus, Dobby, non ce l’hanno fatta e che la loro mancanza è palpabile in ogni momento,”
“Essere qui, con te, è stata una nostra scelta, siamo maghi adulti e un po’ più equipaggiati dell’ultima volta e, se devo essere onesta, non mi dispiacerebbe l’idea di incontrare Merlino.”
“Grazie Hermione,”
I due si sorrisero a vicenda ed Harry si sentì il cuore più leggero. Sentirono la voce di Zabini fuori dalla tenda che parlava con Ron, poi il Serpeverde fece ingresso nella loro tenda.
“Si è svegliato,”
“Bene,”
“Stiamo preparando la cena e pensavo, se la cosa non arreca disturbo, che sarebbe ottimale per Draco e Pansy se stessiamo tutti insieme. Pansy è ancora molto agitata e Draco sono sicuro che non riusciremo a tenerlo a letto più del dovuto.”
“Assolutamente nessun problema Zabini, credo che sia un’ottima idea,”
Il Serpeverde annuì.
“Prepareremo un tavolo qua fuori, sarà di certo suggestivo e saremo tutti pronti in caso di pericolo, ma questa parte preferirei non fosse detta a Pansy, per favore, almeno per ora. Le ho dato qualche goccia di Bevanda della Pace per calmarla,”
I due Grifondoro annuirono e Zabini uscì dalla tenda. Harry aiutò Hermione a preparare qualcosa per cena, non che si potesse parlare di novelle cuisine considerando che gran parte delle scorte era cibo in scatola, tuttavia l’amica era riuscita, grazie ad un incantesimo congelante, a portare anche un po’ di carne e pesce.
Avevano preparato il tavolo per sei e, dopo aver ricontrollato tutti gli incantesimi di protezione, Harry uscì a chiamare i Serpeverde. Zabini era nel piccolo e lussuoso salone e stava leggendo alcune pagine di un vecchio libro, che riconobbe come quello che avevano preso in “prestito” dalla libreria babbana.
“Siamo pronti,”
“Arriviamo subito,”
Harry si sedette nervoso vicino a Ron, Hermione stava appellando le ciotole di cibo, quando i tre Serpeverde si affacciarono all’interno della loro tenda. Blaise entrò per primo, seguito da Pansy Parkinson, bianca come un cencio e stranamente silenziosa e, per ultimo, Draco. Harry tirò un respiro di sollievo nel vederlo reggersi sulle proprie gambe e tutto sommato sembrava stare bene.
“Come stai Malfoy?”
“La pozione rimpolpa sangue ha fatto miracoli, grazie per l’interessamento Granger, anche se non si è trattato proprio di una passeggiata,”
Inizialmente c’era tensione nell’aria e solo l’intervento di Ron riuscì a ristabilire la normalità, iniziando a punzecchiare i Serpeverde e, a fine serata, sembrava che non fosse accaduto nulla. Certo, c’erano i soliti battibecchi, ma Harry era sollevato; persino Pansy si lasciò andare ad una risata genuina, mentre Ron raccontava episodi accaduti durante i loro anni scolastici. Alla fine, mentre sorseggiavano un po' di Odgen Stravecchio, Zabini decise che era il momento di parlare di cose serie- con la stessa delicatezza di un elefante in una cristalleria.
“Va bene, siamo arrivati al castello e adesso? Non ho visto passaggi in questa sala e, nel caso non ve ne fosti accorti, il portone d’ingresso è sparito,”
Se ne erano accorti eccome, ma avevano pensato fosse meglio pensarci l’indomani mattina, a mente riposta, evidentemente Zabini non era della stessa opinione.
“Siamo bloccati qui?”
“Ne stavo parlando prima della cena con Harry, se Fanny è riuscita a raggiungere questo luogo, deve esserci un modo per poterne uscire. Quando siamo partiti i sacerdoti hanno dato l’idea di aspettarsi un nostro ritorno, il che probabilmente coinciderà con la liberazione di Merlino,”
“Sì, ma hanno anche parlato di prove e ostacoli, cosa dovremmo aspettarci?”
Hermione prese lo zaino e appellò diversi libri, disponendoli su tavolo con un ordine ben preciso.
“I sogni di Harry e Malfoy parlavano del castello di cristallo e direi che ci siamo, successivamente si parla di valle degli amanti e fontana della giovinezza e poi, dovrebbe aprirsi la strada per la foresta vera e propria, ma non so esattamente che cosa possiamo aspettarci.”
Erano tutte cose di cui Harry era già al corrente, quindi non aveva prestato molta attenzione alle parole dell’amica, in compenso non aveva staccato gli occhi da Malfoy. Troppe emozioni stavano agitando dentro lui, pensando al biondo Serpeverde: curiosità, paura, scombussolamento. Era come se tutto quello che aveva conosciuto su Malfoy si stesse sgretolando davanti ai suoi occhi, poiché quella visione che aveva avuto non poteva essere una finzione. Lo sguardo di gratitudine del ragazzo, quel bacio rubato a fior di labbra. Si sentì arrossire, soprattutto perché il fulcro dei suoi pensieri lo stava fulminando con il peggior sguardo di cui era capace e si sentì un emerito idiota. Abbassò immediatamente gli occhi, dandosi dello stupido, visto che quella semplice reazione equivaleva a mettersi un cartello in fronte con scritto “sì, sti stavo fissando!”
Eppure aveva studiato dissimulazione al corso Auror, si era opposto alle maledizioni senza perdono, possibile che si fosse fatto prendere in castagna in quel modo?
“Direi che per questa sera possa essere abbastanza, decidiamo i turni di guardia e domani mattina esploreremo il castello, che ne dite?”
Il gruppo annuì.
“Penso sia ideale se facciamo a gruppi di due a due, in caso ci fosse bisogno. Ron ti andrebbe di finire con Zabini? Poi direi che se va bene, andremo io e Pansy e infine, Harry e Malfoy, così avrà modo di risposare ancora un po’. Turni di circa tre ore a testa andranno più che bene.”
Hermione lo stava fissando, con quella tipica espressione di chi la sa lunga, ed Harry sospettò che quello fosse uno serpreverdesco tentativo di lasciarlo solo con Malfoy, perché Hermione sapeva, sapeva sempre. Così come sapeva di Cho, di Ginny… e poi non aveva voluto seguire Divinazione, per la miseria, che spreco!
Ron e i tre Serpeverde uscirono dalla tenda, lasciano Harry a fronteggiare l’amica, che stava sfoggiando un sorrisetto colpevole.
“Muffliato! Hermione che stai facendo?”
“Pensi non mi sia accorta della scansione che hai fatto a Malfoy?”
“Era così evidente?”
“Credo che se ne siano accorti tutti, anche se Ron ha preferito fare finta di nulla. E ora posso sapere che cosa sta succedendo?”
 Harry stava per iniziare a parlare, quando l’amica spalancò gli occhi improvvisamente, portandosi una mano alla bocca, correndo verso il bagno. La seguì di corsa, mentre l’amica stava con la faccia sopra il water, vomitando anche l’anima. Corse subito ad aiutarla, tenendole fronte e capelli. Quando la crisi fu finita, corse subito a sciacquarsi il viso e la bocca. Si stava tamponando il viso con l’asciugamano e Harry non smetteva di fissarla.
“Da quanto?”
“Otto settimane,”
“L’hai già detto a Ron?”
Lei scosse la testa e Harry corse ad abbracciarla.
“Congratulazioni,”
“Grazie,”
“Non devi preoccuparti Harry, andrà tutto bene,”
Lo sperava, lo sperava davvero.
 
 
 
 
 
 
 
 
NdA: Dopo tutto questo tempo non so come penderete questo capitolo, era veramente molto tempo che non scrivevo qualcosa, quindi onestamente non so se vi piacerà o meno. Comunque, Hermione è incinta e Ron non lo sa, Draco e Harry si troveranno a confronto e chissà cosa succederà. Ad essere onesta nemmeno io, perché la trama dal punto di vista dell’avventura e già scritta, ma non quella dell’interazione tra i personaggi, quindi restate sintonizzati, il capitolo è un po' corto, ma è di transizione.
Buona serata a tutti!
 
 
 

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Capitolo 13
*** Confronto ***


                 

                            Harry aveva cercato di convincere Hermione a cedergli il posto per la guardia, ma lei era stata irremovibile. Dopo aver preso una pozione contro la nausea, aveva fatto il suo turno insieme a Pansy, ma Harry non aveva dormito. Si sentiva in colpa per Hermione, per Ron: le aveva promesso di non dire nulla, ma non sapeva fino a quando ci sarebbe riuscito, aveva bisogno di maggior protezione, ma ancora non sapeva come fare. Quando fu il suo turno l’amica lo chiamò, avvisandolo che Malfoy era già seduto di fronte al piccolo fuoco che avevano allestito. Non che servisse realmente visto che erano al riparo, ma aiutava, sprigionando una piacevole sensazione di calore e la luce calda del fuoco era come l’abbraccio di un amico, faceva sembrare tutto meno orribile e la situazione meno pericolosa; inoltre le fiamme danzanti creavano giochi di luce insieme all’incantesimo lumos che si rifletteva sulle pareti cristalline. Era uno spettacolo bellissimo, su questo non vi era alcun dubbio. Draco sedeva di fronte al fuoco, dandogli le spalle, indossava una veste nera con bordi verde smeraldo e bottoni argentati, solo ora Harry notò che aveva i capelli un po’ più lunghi di come ricordava e crescendo, sembrava stessero assumendo una sfumatura dorata, molto più simile a quella di Narcissa Malfoy. Harry gli si sedette affianco, la fedele bacchetta di agrifoglio nella tasca dei suoi jeans di chiara fattura babbana.
Inizialmente nessuno dei due sembrava voler intavolare una qualche tipo di discussione ed il Grifondoro cominciò ad avvertire un certo disagio. Non aveva intenzione di passare le successive tre ore in silenzio, così butto lì un discorso sul Quidditch.
“Secondo te chi vincerà la coppa quest’anno? Ron non ha ancora perso la speranza di vedere i Cannoni di Chudley in finale, ma secondo me i Puddlemere United sono i favoriti.”
“Stai scherzando? Le Vespe di Wimbourne sono i favoriti. Ma quale campionato state seguendo?”
Iniziarono a chiacchierare del più e del meno.
“Andromeda mi ha detto che ogni tanto tua madre va trovarla, è bello che si siano ritrovate dopo tanto tempo,”
Malfoy accennò appena un sorriso.
“Già, quando mia madre è tornata a casa la prima volta, ho visto una donna diversa, glielo leggevo negli occhi e si vedeva che aveva pianto, anche se lo ha nascosto molto bene.”
Harry non chiedeva mai ad Andromeda delle visite di Narcissa Malfoy, ma anche lui aveva notato lo stesso cambiamento nella donna. Aveva ritrovato un affetto importante dopo la morte del marito e della figlia. Chissà di quante cose avevano parlato, quanti anni avevano recuperato.
“Come vanno i preparativi del matrimonio?”
Harry si riscosse.
“Il matrimonio Weasley-Granger. Hai presente? Sono i due tizi nella tenda dietro di te.”
“Non pensavo lo sapessi.”
“Le voci corrono Potter e di certo il matrimonio tra i due maghi che hanno rivestito un ruolo importante durante la guerra non passa di certo inosservato.”
“Beh, credo che sia quasi tutto pronto, io e Ron non ne parliamo molto in realtà. Quando Hermione lo porta sull’orlo della disperazione si smaterilizza a casa mia e niente, ci beviamo una burrobirra.”
“Strano, come al solito l’organizzazione ricade tutta sulle spalle della Granger. Possibile che nessuno dei due riesca a sollevarla da qualche responsabilità?”
Harry si sentì un po’ in colpa.
“La madre di Hermione insieme a Molly sono un valido aiuto. Anche Ginny si sta dando da fare e…”
Lasciò la frase a metà.
“Brutto discorso Potter, meno male che hai iniziato tu a tirare fuori l’argomento. Non sapevo da che parte iniziare.”
Il Grifondoro ridacchiò.
“Se posso dire la mia e cercherò di evitare discorsi pungenti, non era la persona più adatta per te.”
“ E chi sarebbe adatto per me Malfoy?” Il ricordo del bacio tornò a sfiorargli la mente.
“Non la Weasley.” Rispose secco, quasi sulla difensiva “Era come se tutti si aspettassero che dovessi stare con lei e tu non abbia fatto altro che seguire quello che ci si aspettasse da Harry Potter.” Fu come un colpo allo stomaco e il Grifondoro non rispose.
Rimasero entrambi in silenzio, contemplando le fiamme che ardevano di fronte a loro.
“Come va la ferita?” domandò, interrompendo il silenzio e i suoi pensieri, che non facevano altro che rimbalzare sull’affermazione di Malfoy riguardo a Ginny.
“Tutto apposto, in realtà non è rimasto alcun segno,”
“Le lacrime delle fenici hanno grandi poteri curativi…” Harry si sfiorò inconsapevolmente l’avambraccio, proprio dove il basilisco aveva colpito.
“Beh, si può dire che sia arrivata al momento giusto,”
“Ha salvato anche me, tanto tempo fa.”
Malfoy alzò lo sguardo, interrogativo.
Pochi conoscevano i reali avvenimenti del secondo anno ed Harry dubitava che Lucius avesse rivelato qualcosa a suo figlio, del resto nemmeno il padre di Draco era mai stato consapevole del vero potere del diario, Né probabilmente del basilisco.
“Al secondo anno scoprimmo che a causare la pietrificazione degli studenti era un basilisco che viveva all’interno della Camera dei Segreti,”
“Cosa?” domandò Malfoy sorpreso.
Harry osservò divertito lo sguardo del Serpeverde. Non sapeva se si trattasse della luce del fuoco, ma gli sembrava che anche i tratti del viso di Draco si fossero appena addolciti; magari era dovuto al fatto che aveva smesso di avere quell’espressione perennemente superiori e strafottente. Con quelle vesti addosso, la capigliatura ordinata e il portamento eretto lo facevano sembrare un vero nobile, beh, tecnicamente lo era e il Grifondoro sembrava totalmente l’opposto, con i capelli arruffati e i vestiti babbani sgualciti.
“Quella bestia orrenda si aggirava davvero per il castello?”
Harry continuò riprendendo il filo del discorso e raccontando a grandi linee la storia evitando di parlare dell’horcrux e di Ginny.
“Che idiota Allock, era evidente che fosse un buon a nulla,”
Harry continuò, interrotto ogni tanto dai commenti di Malfoy.
“Mi stai dicendo che sei andato avanti da solo ad affrontare il basilisco?”
“Che avrei dovuto fare? Lasciarla là?”
“Non ho detto questo, ma magari prima avrei studiato un piano, verificato vie di fughe e che ne so, avevi dodici anni!”
“Beh, alla fine è andata bene, no?”
Ripensandoci con il senno di poi, Malfoy non stava facendo considerazioni campate in aria.
“Per Merlino Potter, ti rendi conto almeno di quello che stai dicendo. Per te sembra quasi normale che un dodicenne debba affrontare un serpente di 10 metri in grado di pietrificare con lo sguardo e fornito di veleno letale, ma come ragioni?”
Harry lanciò un muffliato sulle tende, non voleva che si svegliassero per i commenti isterici di Malfoy. Il Grifondoro sentì crescere una sensazione dolorosa: rivedere il Serpeverde aveva scatenato una tempesta di ricordi e sentimenti che aveva nascosto nel profondo del suo cuore.
“Sai Malfoy, purtroppo, non ho avuto la possibilità di fare scelte che fossero solo mie. Pensa al torneo Tremaghi, tutti credevano che avessi messo il mio nome del Calice di Fuoco, ma quello che realmente volevo era sedere sugli spalti con Ron e Hermione e godermi le prove come una persona qualunque. Forse non lo hai mai capito, ma questa era l’unica cosa che desideravo, essere uno studente normale, non il bambino che è sopravvissuto, non il prescelto, solo Harry Potter.”
Perché glielo stesse dicendo non lo sapeva, le parole uscivano come un fiume in piena. Aveva iniziato a raccontare del basilisco per cambiare discorso, perché si erano incamminati su un terreno scivoloso per entrambi, ma adesso stava succedendo qualcosa e lo leggeva anche negli occhi di Malfoy. L’atmosfera intorno al fuoco stava cambiando velocemente.
Il Serpeverde si alzò e Harry lo fronteggiò, faccia a faccia. Quanti anni ci erano voluti perché accadesse? Quante parole non dette aleggiavano tra i due?
Dopo la guerra non si erano più rivisti e ora spuntava il ricordo di un bacio che nemmeno ricordava e un sorriso che non aveva mai visto, trovandosi legato a lui in una missione di salvataggio.
“Pensi di essere l’unico a cui non è stata data una scelta?” Malfoy aveva il respiro corto e per un momento ebbe l’impressione che il suo corpo stesse tremando.
Harry ricordava bene l’uso che faceva Voldemort di Draco, non voleva dirgli che sapeva, così come non voleva dirgli che era sulla torre di Astronomia la notte in cui morì Silente. Non adesso, non in quel momento. Doveva mantenere la lucidità, ma non gli era mai sembrata così lontana, mentre allungava le braccia e stringeva Malfoy a sé.
Draco sembrava pietrificato, non parlò e non si mosse, ma non voleva lasciare la presa. Passò qualche minuto: il cuore di Harry batteva all’impazzata e sembrò esplodergli nel petto quando Malfoy si mosse, stringendosi a lui.
“Tutti abbiamo sofferto Draco, forse tu più di altri. Ron e Hermione sono sempre stati con me durante la guerra. Tu eri da solo e la tua famiglia in pericolo.”
Poi, di punto in bianco, Malfoy lo spintonò via, fissandolo con terrore e gli occhi lucidi.
“Tu, stupido sfregiato che non sei altro!”
Draco corse via verso il buio della sala. Harry non ci mise molto per alzarsi e mettersi al suo inseguimento. Questa volta sarebbe arrivato fino in fondo e non avrebbe permesso al Serpeverde di cancellargli la memoria.
“Lumos maxima!”
Dalla bacchetta esplose un lampo abbagliando, illuminando la zona di una forte luce bianca.
“Stupeficium!”
“Protego!”
I due incantesimi cozzarono uno contro l’altro.
“Di cosa hai paura, Draco?”
“Pietrificum!”
“Expelliarmus!”
Harry stava studiando una strategia, mentre si riparava dietro a una colonna e mentre ci pensava capì qual era la strategia giusta per avvicinare Draco e disarmarlo. Uscì allo scoperto, Draco attaccò di nuovo con un incantesimo immobilizzante. Harry la bloccò con una protezione non verbale, ma fece comunque finta di essere stato colpito, cadendo a terra con un tonfo sordo e gli occhi spalancati. Poteva sentire il respiro affannato di Malfoy e i suoi passi che si avvicinavano. Il Grifondoro sapeva bene che quello di Malfoy era solo uno sfogo, non voleva fargli davvero del male. Draco aveva avuto paura della piega che stavano prendendo gli avvenimenti ed aveva reagito con aggressività.
Era evidente che non potesse sopportare la debolezza insita in quell’abbraccio, che rischiava di rivelare le sue paure più grandi, lacerando la maschera da perfetto stronzetto altezzoso.
Malfoy gli si avvicinò, quel tanto che bastava perché Harry potesse fargli uno sgambetto, facendolo cadere a terra e, senza che l’altro avesse il tempo di reagire, lo strinse nuovamente a sé.
“Mi dispiace Draco.”
Il Grifondoro scostò appena il volto, fissando quegli occhi grigi affilati, che conosceva bene, ma che forse non aveva mai visto veramente. Pensò di nuovo a quel bacio rubato nella Sala Grande di Hogwarts: lui non lo ricordava per davvero e, con le farfalle nello stomaco, si impossessò delle labbra di Draco Malfoy. Si aspettò di essere scansato via, ma in realtà, Draco rispose con una foga inaspettata, mentre le sue dite lunghe e affusolate si insinuavano nei suoi capelli corvini. C’era desiderio e un senso d’urgenza, mentre le loro bocche si scontravano in una danza appassionata.
Si staccarono per un attimo fissandosi negli occhi, come se non si fossero mai visti per davvero fino a quel momento. La paura era svanita dagli occhi di Draco, lasciando spazio solo ad un torbido desiderio. Da qualche parte il cervello di Harry stava inviando segnali di pericolo, che si facevano più deboli, mentre il sangue fluiva in zone periferiche del suo corpo. Fu Draco a parlare per primo, mentre lo trascinava a terra e con sé.
“Paura Potter?”
“Ti piacerebbe.”
Malfoy rise, di gusto e genuinamente, sembrava felice ed entrambi sembravano aver perso la cognizione della realtà e, detto onestamente, ad Harry andava bene così, senza distinguere cosa fosse reale o meno. Forse stava solo sognando, mentre sbottonava la veste di Malfoy, scoprendo la pelle chiara del petto. Lasciò caldi baci lungo la linea del collo, scendendo fino al capezzolo. Draco mugolò ed Harry ricette una scarica di adrenalina. Tornò ad impossessarsi delle labbra del Serpeverde con foga e desiderio.
“Per Melino e Morgana…” quattro parole, sussurrate appena e l’incantesimo s’infranse di botto. Harry si girò lentamente, aveva ancora le gambe di Malfoy agganciate al suo bacino, seppur con i vestiti addosso.
Ronald Bilius Weasley stava in piedi, la bacchetta alzata tremava tra le mani ed era bianco come un cencio.
Cadde a terra con un tonfo sordo.
“Pensi sia morto?” domandò Malfoy, tornando al solito sarcasmo pungente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Che dire? In questo capitolo c’erano troppe cose da affrontare. Veramente troppe. Per ora abbiamo appena tastato il terreno e sta succedendo qualcosa tra Draco e Harry. Vorrei passare un po’ al POV del Serpeverde, voi che ne dite?
 Mi dispiace per Ron, sul serio, ma avevo bisogno di interrompere quei due, perché stavano andando troppo veloci e non voglio che vada così. Ci sono ancora troppe cose di cui devono discutere, troppe situazioni da affrontare. Quindi fermi tutti!
Vi ringrazio se state ancora seguendo questa fic, attendendo con pazienza i miei aggiornamenti. Il capitolo non è stato riletto, ma se mi mettevo a fare anche il lavoro di fino sarebbe passata un’altra settimana dalla pubblicazione e non mi pare il caso. Nei prossimi giorni ci darò di nuovo un’occhiata per correggere eventuali errori e ripetizioni.
 
 
 
 
 

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