The Sky Breaks.

di Hollister
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dolore. ***
Capitolo 2: *** Inizio. ***
Capitolo 3: *** Cattura. ***
Capitolo 4: *** Ritrovo. ***
Capitolo 5: *** Eric. ***
Capitolo 6: *** Capofazione. ***
Capitolo 7: *** L'inizio di Eric. ***
Capitolo 8: *** Bugie. ***
Capitolo 9: *** Morire. ***
Capitolo 10: *** Rivivere. ***
Capitolo 11: *** Lei. ***
Capitolo 12: *** Arrendersi. ***
Capitolo 13: *** E alla fine, vincere. ***



Capitolo 1
*** Dolore. ***


Prologo.
Dolore.




Appena aprii gli occhi, sentii un gran mal di testa e una fitta al fianco.
Non ricordavo più nulla, ero così concentrata sul dolore che provavo che non mi accorsi di ciò che stava attorno a me.
Alzai lo sguardo: ero vicino alle Mura, lontano da Chicago. Non c’era più niente.
Niente.
Non sapevo nemmeno che giorno fosse, o che ore fossero; era tutto terribilmente confuso.
Mi alzai con fatica, cominciando a camminare.
Chicago non era poi così lontana; vedevo i palazzi, le case in lontananza.
Ero stanca, non ero lucida e la mia forza stava venendo a mancare.
Camminai per non so quanto tempo, mentre le nuvole oscuravano sempre di più il sole.
Pioggia.
 
Ci mancava solo questa, maledizione!
 
Non c’era nessun posto per ripararsi, e cominciò a fare freddo.
Tentai di coprirmi con i vestiti pieni di polvere e stracciati. Non avevo un aspetto da Intrepida.
Assomigliavo ad un’Esclusa ferita, affamata, ma soprattutto, delusa.
Il mio cuore era a pezzi.
Ero sola, in mezzo a quella sterpaglia gialla, in mezzo ad un dolore incredibile.
Dov’era Eric? Dov’era Quattro? Dov’erano tutti?
Delle lacrime bagnarono il mio viso. Ero distrutta. Piena di ferite. Sola. Debole. Una falsa Intrepida.
L’unico ricordo che avevo, erano gli occhi glaciali e d’acciaio di quel ragazzo che mi aveva fatta sentire vera.
Libera, per almeno una volta.
E invece, ora che stavo crollando come un castello di carte, c’era solo la solitudine a tenermi compagnia.
Il dolore.
La delusione.
 
Continuai a camminare, mentre la pioggia m’infradiciava i vestiti, i capelli, il viso.
Tossii, ma una fitta di dolore mi fece fermare di botto. Gemetti, sperando ardentemente di morire in quel preciso momento.
Sarebbe stato meglio, più liberatorio. E invece ero costretta a soffrire.
Avrei voluto lasciare perdere tutto in quel momento.
Invece, continuai ad andare avanti come un automa.
 
Sentii le gambe cedermi.
Ero troppo stanca, ferita, morta.
Mi accasciai sul terreno duro, mentre il buio mi avvolgeva di nuovo come una morsa.
 
-
 
“La cerchiamo da giorni, Quentin!”,esclamò qualcuno, scocciato.
“Non mi interessa. Lei non è morta. Non può essere morta. So per certo che l’hanno portata da qualche parte!”.
 
Rabbia, nella sua voce.
Frustrazione.
 
“Quentin, dannazione! Lo so che stai male, ma non puoi negare la realtà! Lexis era una Divergente, lei è morta. Lei non c’è più”.
“ZITTO!”, urlò qualcun altro, gemendo dal dolore.
 
Una luce. Piccola, che si intravedeva in tutto quel buio.
Come una salvezza. Una piccola certezza di essere viva e di non essere in un sogno.
 
Lexis cercò di urlare, ma la sua voce le morì in gola.
“Quentin…”, sussurrò, mentre la luce si allontanava da un’altra parte. “Quentin!”.
Riuscì ad alzare la voce, e finalmente, la luce fu puntata contro di lei.
Il ragazzo dai capelli rossi corse verso quella figura stesa a terra, mentre il compagno lo seguì a ruota.
 
“Lexis!”, gemette, tirandola su, facendola sedere. “Sei viva!”.
“Quasi…”, borbottò Edward, abbassandosi alla sua altezza.
 
Era ridotta parecchio male: il labbro rotto, lo zigomo violaceo e un occhio mezzo chiuso e gonfio.
In più era fradicia e sporca, i suo capelli erano appiccicati al viso stanco.
 
“Dio, portiamola al Rifugio”, disse Quentin, prendendola in braccio.
“Eric… dov’è Eric?”, mormorò la ragazza, la voce rotta.
“E’ morto Lexis, morto”.

**


Eccomi qui!
Finalmente, ho postato il sequel di 'Sangue di Divergente'!
In questo piccolo e corto prologo, ho voluto distruggere i vostri poveri feels... scusatemi, ma dovevo assolutamente farlo.
Ma forse nel corso della storia sarete un po' più felici, chi lo sa!
Vabbé, ora vi lascio.
Non siate silenziose, ditemi tutte le vostre opinioni. E se volete linkarmi le vostre storie, ben venga! Alla prossima! <3

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Capitolo 2
*** Inizio. ***


Inizio.
Capitolo uno.




Il mondo attorno a me girava e rigirava.
Tutto offuscato, pieno di imprecisioni ed incertezze.
E poi un ricordo, un piccolo ricordo di quella sala piena di Capifazione.
 
“Allora morirete tutti e tre”.
 
Spari, poi buio.
Il piccolo tragitto che avevo fatto dalle Mura era stato straziante. Le mie membra erano distrutte, la mia pelle piena di taglietti e ferite, il mio viso rovinato dalla stanchezza e dal dolore.
Mi sedetti sul lettino, ancora intontita e debole.
Una voce mi richiamò alla realtà.
Focalizzai il suo viso, riconobbi i capelli rossi e gli occhi azzurri di Quentin.
 
“Cos’è successo?”, domandai, con voce flebile.
“Ti abbiamo ritrovata vicino alle Mura”, mi rispose, posando una mano sulla mia spalla.
“Dove sono?”.
“Al Rifugio dei Ribelli”.
“Dov’è Amelie? Edward? Eric…?”.
“Amelie è con noi. C’è Tori, Edward e tanti altri Intrepidi rivoltosi”.
“In quanti siamo?”.
“Non lo so, forse duecento persone, escludendo i bambini”.
 
Sospirai, abbattuta.
“Dov’è lui? Dov’è Eric?”, gemetti ad una nuova fitta al fianco, portandomi la mano sulla zona ferita.
“Riposati Lexis. Eri moribonda quando ti abbiamo trovato”.
Non rispose alla mia domanda. I miei occhi si riempirono di lacrime, quando ricordai la risposta.
 
“E’ morto Lexis, morto”.
 
“Dunque è vero? Lui non c’è più?”.
“No Lexis”, disse Quentin, calmo.
“E… Quattro?”, sussurrai, alzando lo sguardo sul mio migliore amico, le lacrime che minacciavano di scendere.
“Quattro è ancora qui con noi”.
“Sanno che mi avete ritrovata?”.
“Sì, Lexis”.
“Voglio vederli!”.
 
Quentin sospirò, poi mise una braccio sotto l’ascella e mi sollevò.
 
“Ce la faccio”, dissi, con convinzione.
Mi fece camminare da sola.
Uscimmo dalla piccola stanza, e ci ritrovammo fuori all’aria aperta. Il vento mi sferzò sul viso, provocandomi dei brividi. Non avevo più i miei vecchi vestiti stracciati, ma nuovi abiti da Intrepida.
Quentin mi condusse lungo un corridoio poco illuminato, ed arrivammo ad una porta di metallo arrugginita.
L’aprì, ed entrammo in una sala spoglia, con le pareti scrostate e un paio di tavoli di legno con delle sedie.
La marea di Intrepidi, appena mi vide, restò a bocca aperta.
Non avevo un aspetto dei migliori, ma appena vidi la chioma bruna di Amelie, cercai di sorridere.
Due braccia mi circondarono, stringendomi in un caloroso abbraccio.
 
“Oh, Lexis! Credevo fossi morta!”.
L’Ex Erudita mi sorrise, tra le lacrime.
“Hei, Amelie”, dissi, la voce ancora debole.
Tori ed Edward si avvicinarono a me, sorridendomi. Abbracciai entrambi, mentre la folla vestita di nero mi fissava ancora.
 
“Siamo diventati i ‘Capifazione’ dei ribelli. Ma ce ne manca ancora uno”, disse Edward, guardandomi con un sorrisetto furbo.
“Nomino Lex!”, urlò qualcuno, tra la folla.
Gli Intrepidi nella stanza cominciarono ad urlare, ad incitarmi. Anche se tutto andava male, la gente in quella sala non aveva perso la speranza per un futuro migliore.
Abbastanza confusa, cercai di sorridere.
 
“Accetto”.
 
Nuove grida, incoraggiamenti, risa.
Ero piena di felicità nel cuore, sebbene fossi ancora piena di dolore per la morte del mio Capofazione…
Avevo bisogno di riposo, di rimettermi in sesto e di ricominciare tutto da capo, questa volta da vera Intrepida.
Sorrisi a Quentin, a Tori, ad Amelie, ad Edward, a tutte le persone nella stanza.
Un nuovo inizio.
 


**

Buon pomeriggio a tutte!
Scusate se il capitolo è merdosissimo, ma purtroppo solo nel secondo capitolo comincerà la vera e propria lotta.
Poi capirete tutto nel corso della storia.
Ok, non siate silenziose e ditemi tutti i vostri pareri, se vi piace e se devo continuare.
A presto! <3

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Capitolo 3
*** Cattura. ***


Cattura.
Capitolo due.





La notte era terribilmente silenziosa.
Ero stesa sul letto, a fissare il soffitto e tutte le sue sfaccettature. Avevo una piccola stanza singola, con un bagno non molto attrezzato e un letto scomodo. Era una delle migliori al Rifugio, un piccolo edificio ancora in piedi per miracolo.
I Ribelli l’avevano occupato subito dopo seppero della sparatoria nella sala riunioni.
 
È lì che Eric morì.
 
Una lacrima scese dalla mia guancia, mentre mi mettevo a sedere sul bordo del letto.
I suoi capelli, i suoi occhi, la sua mascella che si contraeva quand’era arrabbiato.
Avevo perso tutto.
Senza di lui era come stare senza ossigeno. Stavo affogando.
Mi alzai, e strisciando i piedi, raggiunsi il bagno.
Appena entrai, un conato di vomito mi costrinse a piegarmi sul water per rimettere tutto ciò che avevo ingoiato la sera prima e forse, anche la colazione.
Appena finii, ero senza forze. La ferita sul fianco si stava rimarginando, non c’era più dolore, se non quello interiore.
Tutto ciò che volevo era che Eric fosse al mio fianco, a sostenermi, a dirmi che andrà tutto bene.
E invece ero sola.
Quattro mi aveva abbracciato come si fa con una sorella, mi aveva coccolato tra le sue braccia fino a quando i singhiozzi non erano finiti.
Mi alzai dal pavimento con uno sforzo, e aprii l’acqua della doccia.
Dovevo assolutamente lavarmi via tutti i brutti pensieri, in modo letterale.
L’acqua era fredda, ma poco m’importò.
Entrai dentro, una scossa di brividi s’impossessò del mio corpo. Mi guardai, ero leggermente ingrassata: la pancia era un po’ gonfia, ma non ci feci caso.
Dopo dieci minuti buoni, uscii dalla doccia e cominciai ad asciugarmi.
 
I capelli erano cresciuti, arrivavano fino al petto, bianchi come la neve. I miei occhi erano spenti, due occhiaie violacee li contornavano come cornici, ero davvero in uno stato pietoso.
Mi vestii di nuovo, con i miei abiti da Intrepida, ed uscii dalla mia stanza.
Erano appena le cinque del mattino, l’edificio era silenzioso; nessuno si era ancora alzato dal letto.
Raggiunsi la ‘mensa’ e mi sedetti ad un tavolo.
Dovevo pensare a qualcosa per raggiungere i Candidi e chiedere loro un’alleanza.
Da soli non ce l’avremmo mai fatta contro l’esercito di Jeanine.
 
Una mano si posò sulla mia spalla, facendomi sussultare.
Mi voltai, incontrando gli occhi stanchi di Tori.
Mi fissò, con un sorriso, e si sedette davanti a me.
 
“Buongiorno”, fece lei. “Come stai?”.
Cercai di ricambiare il sorriso, ma subito dopo sospirai. “Bene, e tu?”.
“Non c’è male, non riesco a dormire”.
“Senti Tori”, cominciai, guardando in basso. “Dobbiamo assolutamente contattare i Candidi”.
“Le comunicazioni sono controllate dagli Eruditi, non possiamo”.
“Allora ci andrò io stessa”.
 
La donna strabuzzò gli occhi, guardandomi incredula.
“E’ troppo pericoloso Lex! Ti uccideranno!”.
Scossi la testa. “Tori, qualcuno dovrà pur rischiare. Senza un alleato abbiamo già perso in partenza!”.
 
Mi guardò ancora per un attimo, poi sospirò. “Prima dobbiamo avvertire gli altri. Poi si deciderà con calma”.
“Non capisci!”, esclamai, rimanendo tranquilla. “Non abbiamo tempo”.
Tori mi guardò un’altra volta, arrendevole alle mie parole.
“Non voglio che tu muoia… sei troppo importante per tutti noi, come un pilastro. Se perdiamo te, perdiamo contro tutti”.
Le sue parole mi colpirono nel profondo, una fitta interiore mi fece stare male.
“Non morirò, te lo prometto. Partirò stanotte, e raggiungerò i Candidi”.
La donna annuì, ma la sua espressione era fin troppo preoccupata.
“Non andrai da sola”, disse una voce dietro di me.
 
Mi voltai, Quentin mi fissava convinto, con le braccia al petto.
Mi alzai con uno scatto, prendendolo per le spalle.
 
“Tu non verrai!”, esclamai, infuriata.
I suoi occhi azzurri sostennero i miei, coperti da un velo di rabbia.
“E perché?”, domandò.
“Perché hai una persona da proteggere, e non sono io, ma Amelie. Quindi resterai qui, al sicuro con lei. Non voglio che le succeda nulla di male”.
Mi guardò, incredulo, poi abbassò lo sguardo. “Quando”.
“Stanotte”.
 
-
 
Uscii dall’edificio, dirigendomi verso le strade di Chicago.
La Fazione dei Candidi era lontana di almeno trenta chilometri, e avevo massimo cinque ore di tempo per raggiungerlo e salvarmi la pelle.
Le ronde passavano ogni mezz’ora, quindi avevo tempo di riposarmi un po’ durante il tragitto.
Sapevo già che non mi sarei fermata.
 
Continuai a camminare velocemente, per poi iniziare a correre. A poco a poco, vedevo la città di Chicago diventare sempre più vicina.
Era tutto parecchio buio, a parte l’altissimo palazzo di vetro degli Eruditi, illuminato da tantissime luci. Sembrava davvero un posto sicuro.
 
Ma non per me.
 
Appena fui abbastanza vicina da vedere bene degli Intrepidi correre per le strade, mi nascosi dietro a degli edifici crollati.
Sentii delle urla, forse ordini, provenire da voci lontane. Guardai l’orologio: era quasi mezzanotte, ci mancavano appena dieci minuti.
Mi mossi agile fra le macerie, senza farmi vedere dalle luci di controllo.
Con la pistola in mano, procedetti velocemente per un tratto, poi rallentai la velocità.
Ero dietro ad un palazzetto abitato, la ronda vestita di nero correva nella strada proprio di fronte a me.
Controllavano superficialmente le strade, non erano un problema per me.
Dovevo muovermi con cautela lungo il tragitto, senza farmi troppo notare.
Appena la ronda di Intrepidi passò, mi appiattii al buio, contro ai muri di palazzi contro luce, e con uno scatto, attraversai la strada.
Ma un urlo, mi fece correre ancora di più.
 
“SPARATE!”.
 
Cosa? Sono  già stata scoperta?
 
Mi arrampicai sulle finestre di un palazzo, e riuscii a raggiungere il tetto, sotto i continui spari della ronda.
Non mi voltai nemmeno, per paura di incontrare i loro occhi.
Corsi sul tetto, e con un balzo raggiunsi un altro palazzo.
Mi fermai dietro ad un muro alto, e caricai la pistola. Ero pronta a sparare, ma non a morire.
Appena uscii allo scoperto, una pioggia di proiettili mi accolse.
 
Intanto, gli Intrepidi della ronda stavano salendo sul tetto. Ero in netto svantaggio.
Allora saltai su un altro tetto. Ma uno sparo mi colpii al braccio, facendomi cadere dal cornicione.
Sbattei forte la testa, e il buio mi avvolse.
 

**

Eccomi di nuovo qui, con il secondo capitolo!
Le cose si stanno muovendo, ma purtroppo qualche volta si è destinati a fallire.
Riuscirà Lexis a sfuggire di nuovo e a raggiungere i Candidi? Mh......

Non siate silenziose e come al solito, se avete delle storie, ditemi pure <3
Alla prossima!!

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Capitolo 4
*** Ritrovo. ***


Ritrovo.
Capitolo tre.






Ricordi spezzati, dolore alla testa, allucinazioni.
La stanza era spoglia, bianca, piena di vetri con sfondo nero.
Probabilmente solo gli altri fuori potevano vedere ciò che facevo, dietro a quelle vetrate.
Mi rialzai, mettendomi contro al muro, guardandomi intorno.
La stanza era bianca, accecava quasi, non c’era nessun mobile o oggetti.
Era vuota.
Vuota quanto me in quel momento.
Mi guardai: il mio riflesso confuso e deformato mi riportò alla realtà.
Ero stata presa. Non ero riuscita a raggiungere i Candidi.
Gli altri non avrebbero mai saputo nulla di me. Ero semplicemente scomparsa.
 
Avevo i capelli spettinati, il labbro rotto, il braccio fasciato. Era in quel punto dove il proiettile mi colpì, forse la notte prima, forse una settimana prima.
Non ricordavo nulla.
Nessun giorno, niente di niente.
Era tutto tremendamente confuso.
Mi aggiustai un po’ i capelli, che sembravano cresciuti ancora di più, e io visibilmente ingrassata, ancora più gonfia.
Mi guardai di nuovo attorno, poi una voce risuonò nella stanza.
 
“Cara, guarda come ti sei ridotta”, riconobbi subito quella voce calda ma allo stesso tempo minacciosa.
“Jeanine!”, urlai, la rabbia che s’impossessava delle mie membra.
“Calmati tesoro, ti sei appena svegliata e sembra che il tuo bambino ne risenta…”.
Rimasi pietrificata alle sue parole, voltandomi di continuo, per sapere dove diavolo uscisse la sua voce.
“Quale bambino?”, urlai di nuovo. “Non c’è nessun bambino!”.
“Allora non lo sai?”.
“Cosa? Cosa devo sapere?”.
“Sei incinta”.
 
Mi appoggiai contro al vetro, tentando di aggrapparmi a qualcosa per rimanere in piedi.
 
Incinta.
 
Scivolai lentamente contro alla vetrata, prendendomi la testa tra le mani.
In grembo avevo suo figlio.
Suo figlio.
Che non avrebbe mai avuto un padre. Due lacrime scesero piano dai miei occhi, rendendo la mia vista sfocata.
 
Sentii qualcosa di automatizzato aprirsi, e quando alzai gli occhi, vidi due Intrepidi, avvicinarsi velocemente a me.
Mi presero per le ascelle, tenendomi ferma, mi fecero uscire dalla stanza. Eravamo in un piccolo tunnel.
 
Mi uccideranno.
 
Provai a ribellarmi, ma una scossa elettrica mi fece improvvisamente irrigidire.
Gemetti dal dolore, mentre mi trascinavano chissà dove. Aprirono una porta blindata, dove dentro, c’era una sedia di pelle.
Mi fecero sedere e mi legarono gambe e polsi, come in una sedia elettrica.
Subito dopo, se ne andarono.
 
“Dove vi nascondete, voi e i Ribelli?”, domandò Jeanine, la voce calma.
“Se credi che parlerò, ti sbagli di grosso”, le risposi, con mezza risata.
Una scossa elettrica mi colpì la spina dorsale, ma non gemetti.
“Farò morire il bambino”, mi si gelò il sangue a quelle parole, ma tenni la bocca serrata.
“Il padre è morto”, risposi semplicemente.
Altre due scosse, ma chiusi gli occhi, senza urlare.
“Forza Lexis, hai intenzione di far morire la tua creaturina? Basta solo dirmi dove i tuoi amici hanno il covo, ma ti giuro, li lascerò stare”.
“Vaffanculo!”, urlai, con tutte le mie forze, dimenandomi nella sedia come una pazza.
 
Con uno strattone, liberai le caviglie e un polso.
Ma prima che potessi solo alzarmi, i due Intrepidi di prima entrarono e con uno scatto mi raggiunsero, per tenermi ferma.
Mi liberai, e tirai un calcio in faccia ad entrambi.
 
Uscii dalla stanza, prima che i due si riprendessero, e corsi a caso tra i corridoi vuoti.
Non c’era nessuno.
Urla, voci concitate, piedi che corrono.
La rabbia scorreva nelle mie vene, come non mai, ero pronta a tutto. Ero disarmata; dovevo assolutamente scappare di lì. Scesi le scale di vetro, sicuramente al piano inferiore era pieno di Eruditi e magari di Intrepidi.
Saltai gli ultimi due gradini con agilità, atterrando poi su un tavolo e seminando scompiglio tra tutti.
Delle guardie spararono nella mia direzione, ma mi mancarono. Saltai giù dal tavolo, facendo piazza pulita di guardie, colpendole al collo, facendole svenire.
Presi una pistola e cominciai a sparare senza sosta agli Intrepidi che mi seguivano, mentre le persone nel palazzo andavano nel panico.
Ovvio, erano davanti ad una Divergente che sparava a destra e manca.
 
Dopo aver eliminato un bel po’ di guardie, corsi fuori come un razzo, ma qualcosa mi fermò, di nuovo.
Una scossa mi colpì alla schiena, facendomi piegare in due.
Gemetti, facendo cadere l’arma e stendendomi a terra. Delle lacrime calde cominciarono a solcarmi il viso, mentre qualcuno mi portava in groppa, sulle spalle.
Mi feci portare, a peso morto, mentre sentivo la voce di Jeanine in lontananza e alcuni ordini.
Dicevano di evacuare subito l’edificio, e di far alloggiare le famiglie in un posto più sicuro, vista la situazione.
Il passo dell’Intrepido era sicuro, mentre una mano mi teneva per la vita e l’altra era serrata attorno alla mia caviglia.
Sentii il rumore di un ascensore scendere, e poi, appena entrò nella cabina, mi poggiò a terra.
Teneva i miei polsi chiusi nelle sue mani, mentre ero ancora terribilmente confusa e stanca per le ripetute scosse che avevo ricevuto.
Non alzai nemmeno lo sguardo, mentre fissavo le mie scarpe impolverate.
Avevo fallito due volte.
Un suono, simile a un campanello, mi avvertì che l’ascensore era arrivato a destinazione. 
L’Intrepido mi trascinò fuori dalla cabina, conducendomi chissà dove. Ancora mi fissavo i piedi, come se da un momento all’altro potessero parlarmi.
Mi fece sedere su una sedia di vetro, ma questa volta non tentai nemmeno la fuga. Ormai, non c’era più via di scampo.
 
“Un movimento e sei morta”, fece l’Intrepido, puntandomi contro l’arma.
“Vaffanculo”, sibilai, con un sorrisetto.
 
Un rumore strano, come di una porta scorrevole che si apre, fece zittire l’Intrepido, che stava per ribattere.
 
“Faccio io”, sussurrò un’altra voce.
E poi, qualcuno si sedette davanti a me.
“Bene, qual è il tuo nome?”.
 
La sua voce mi ricordava qualcuno, ma non sapevo chi. Non avevo intenzione di guardarlo in faccia, né tantomeno rispondere alla sua stupida domanda.
Dalla mia bocca non sarebbe uscito assolutamente niente.
 
“Sei per caso sorda?”, domandò l’Intrepido, con la voce leggermente scocciata.
“Oh, certo che no. Non voglio rispondere a degli stronzi come voi!”.
 
Alzai lo sguardo, ma ciò che vidi, mi fece accapponare la pelle.
L’Intrepido aveva i capelli biondi e cortissimi, gli occhi d’acciaio e la mascella contratta. Aveva lo sguardo strafottente e mi fissava con superiorità, attendendo una risposta.
Ciò che avevo davanti era solamente un’allucinazione, un ologramma, qualcosa che avevano architettato gli Eruditi per farmi impazzire e dire tutta la verità.
C’era solo un modo per provarlo.
 
Allungai una mano, ma con uno scatto, Eric mi sigillò il polso in una morsa incredibile.
 
“Ciao, Lexis”.




**

Adesso potete cautamente linciarmi!
Buona domenica a tutte, sono di nuovo qua con un capitolo appena sfornato.
Come avrete potuto leggere, il nostro Eric è tornato......
Ma poi capirete tutto molto meglio lungo il corso della storia. HEHEHEHEHEHEHE <3
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Eric. ***


Eric.
Capitolo quattro.




Un dolore al petto mi costrinse a guardare di nuovo nella realtà.
Eric era vivo, ma non era lo stesso di una volta.
I suoi occhi erano vuoti, il suo corpo sembrava comandato da qualcun altro.
E mi fissava, con un’espressione indecifrabile. Sembrava un robot.
 
“E - Eric…”, balbettai, mentre mi lasciava il polso. “Cosa ti hanno fatto?”.
Lui non fece una piega, continuando a guardarmi. “Dove si nascondono i Ribelli?”.
Serrai la bocca, senza poterlo più guardare negli occhi. Non era lo stesso Eric che amavo, e che pensavo fosse morto.
Questo era solo una stupida imitazione.
“Non ve lo dirò mai”, sibilai.
“Non posso ucciderti, servi a Jeanine, per mia sfortuna. Ma sotto il siero della Verità, aprirai bocca”.
 
Da una delle tante tasche che aveva il suo giubbotto, tirò fuori una siringa, con dentro del liquido azzurro trasparente.
Si avvicinò pericolosamente a me, ma con uno scatto, sfuggii al suo intento di riacciuffarmi.
Eric mi prese per un polso, facendomi aderire completamente al suo petto.
Sapevo benissimo che non era un abbraccio, ma per un attimo, mi feci trasportare dalla cosa.
Mi mancavano fin troppo i suoi abbracci, le sue carezze, i suoi baci…
Una puntura mi fece riportare alla realtà. Eric sorrideva soddisfatto, mentre le mie gambe cedettero e caddi in ginocchio, ai piedi del Capofazione.
I miei occhi fissavano il vuoto e il mio cervello non capiva più ciò che era giusto dire e sbagliato dire.
Ero in totale confusione.
Eric si abbassò alla mia altezza, guardandomi con un sorrisetto sinistro e per niente amichevole.
 
“Allora, dove si nascondono i tuoi amichetti?”, domandò, il viso tremendamente vicino al mio.
I nostri nasi si sarebbero sfiorati da un momento all’altro.
Continuai a guardare il vuoto davanti a me, mentre la nausea mi stringeva la gola e la testa girava.
La mia bocca stava per parlare, ma un conato di vomito mi fermò. Eric stette a guardarmi, aspettando una risposta.
 
“I vostri giochetti non funzionano con me”, sbottai, alzandomi con uno scatto e saltando addosso al Capofazione.
Rotolammo sul pavimento bianco e liscio, mentre gli tiravo i capelli e lo riempivo di schiaffi sul petto.
Lui non reagiva ai miei attacchi, semplicemente si difendeva, senza provare a toccarmi o a farmi del male.
All’improvviso, sigillò i miei polsi in una morsa e mi bloccò con il suo peso.
“Mettiti tranquilla e sta’ zitta!”, mi sibilò in faccia, mentre mi rilassavo sotto di lui, ormai in trappola.
Non pesava, ed era una sensazione quasi dimenticata.
Eric si rialzò, mentre altri due Intrepidi entravano per farmi stare ferma.
Ero diventata una furia, una bestia.
Il Capofazione mi guardava con risentimento, poi si voltò, per andarsene.
 
L’avevo perso.
 
-
 
Quattro pov.
 
Correvo sopra i tetti, silenziosamente, senza farmi notare dalle ronde di controllo che dominavano le strade di Chicago.
Lexis non aveva ancora mandato la sua chiamata d’arrivo, ed erano passati quasi tre giorni.
La cosa stava cominciando a preoccuparci tutti: forse era stata catturata, o forse addirittura, uccisa nel suo intento di raggiungere i Candidi.
Gli Eruditi ora comandavano la città, che era sotto ad un misterioso siero creato da loro. Gli Intrepidi ora, erano sotto il controllo spietato e folle di Jeanine, e non sapevano ciò che facevano.
Appena vidi in lontananza l’enorme edificio di vetro della Fazione degli Eruditi, mi fermai.
Le luci di controllo illuminavano le strade, sembrava proprio un mondo totalmente diverso a quello a cui ero abituato.
Era stato tutto distrutto, per colpa di una donna folle e completamente marcia fino al midollo.
Ricominciai a correre tra i tetti, dovevo trovare un modo per entrare in quel luogo disseminato da guardie.
Presi la zip line e la disposi in modo da poter arrivare sul tetto dell’edificio di vetro.
E dopo, scesi.
 
-
 
Lex pov.
 
Un altro giorno era passato.
Erano forse quattro giorni che ero rinchiusa sotto sieri della Verità e sieri per Simulazioni.
La situazione stava stancando tutti, anche perché non avevo ancora proferito parola sul nascondiglio dei Ribelli e di tutti i piani che avevamo architettato per distruggere una volta per tutte Jeanine e la sua flotta di Intrepidi.
 
Eric mi fissava, gli occhi senza emozioni e la mascella contratta.
“Dov’è il vostro nascondiglio?”.
Un’altra domanda a cui non avrebbe ricevuto nessuna risposta.
Almeno, non da me.
Si avvicinò di nuovo, afferrandomi per i capelli. Strinsi i denti, per non gemere o far vedere al nemico che soffrivo.
Perché Eric, il mio amato Eric, era morto e sepolto.
Quello che avevo davanti, era solo una mera imitazione di ciò che avevo amato con tutta me stessa.
Mi mollò, dopo un minuto passato nel completo silenzio.
“Allora, lo farai con le cattive”.
 
Un Intrepido mi iniettò velocemente qualcosa nel collo, e caddi in uno stato di intorpidimento mentale.
 
Il fuoco ardeva nell’edificio degli Intrepidi, disseminando urla e pianti in ogni parte.
Urlavo anch’io, ma non ne sapevo il motivo; poi guardai il mio corpo: andavo a fuoco.
Non c’era dolore, nessun tipo di bruciature. Il fuoco ardeva, ma non bruciava.
Smisi immediatamente di urlare, alzandomi. Il fuoco si spense.
Cominciai a cercare tra la folla Eric, ma lui non c’era. Non c’era più nessuno.
Entrai nell’edificio, raggiungendo le sue camere.
Appena varcai la portai, uno sparo mi colpì all’addome, facendomi cadere a terra.
 
“Come hai potuto sperare che ti amassi? Non sei un’Intrepida. Un’Intrepida pensa solo a sconfiggere le proprie paure. Ma tu ne hai fin troppe”.
 
Lacrime calde mi bagnarono il viso. Portai la mano alla vita che portavo in grembo, sentendomi morire a poco a poco.
 
“Questo non è reale”, mormorai, mentre il buio mi avvolgeva di nuovo.
 
Urlai con tutte le mie forze, dimenandomi nella sedia in cui stavo.
Ero legata per i polsi e per le caviglie, mentre lacrime calde mi bagnavano il viso.
 
Mio figlio. Mio figlio!
 
La Simulazione era stata così reale che mi sembrava di morire. E che mio figlio, morisse con me.
Nessuno aveva capito ciò che mi affliggeva, ma gli Intrepidi nella stanza si allarmarono, mentre tentavano di calmarmi con un altro siero.
Eric mi guardava senza nessuna emozione, per poi ordinare agli altri di farmi stare zitta a forza.
Un’altra siringa si conficcò nel mio collo, facendomi addormentare.


**

Eccomi di nuovo qui!
E finalmente, Eric si è svelato, ma non è più lo stesso. Cosa gli è successo?
Nel prossimo capitolo ho paura di distruggere tutti i vostri feels, aw. Alla prossima dolcezze!


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Capitolo 6
*** Capofazione. ***


Capofazione.
Capitolo cinque.





Appena mi risvegliai, mi accorsi che qualcuno mi stava portando in spalla.
Le mie braccia penzolavano, mentre la mia testa era afflitta da un dolore immenso.
Degli spari fecero aumentare il mio dolore. Il mio corpo era indolenzito, tutto attorno a me girava come una trottola.
Quando fummo entrati in una cabina, fui posata a terra.
 
“Cazzo, Lexis!”, esclamò una voce.
Alzai lo sguardo, tenendo una mano sul mio ventre, preoccupata per la salute del mio bambino.
Quattro aveva alcune ferite sul viso, mi guardava con gli occhi blu spalancati. Il suo respiro era affannoso, ma cercò di sorridermi.
“Quattro…”, sussultai, appena l’uomo mi abbracciò di slancio.
“Dobbiamo fuggire, non c’è tempo. Ci raggiungeranno”.
“Perché sei qui? Dov’è Eric?”.
“Ho distrutto la sala di comando di Jeanine. Gli Intrepidi erano sotto un siero, comandato dagli Eruditi!”.
“Dov’è Eric?”, chiesi di nuovo, le lacrime che tentavano di uscire.
“Non ti preoccupare per lui, ci raggiungerà presto. Ora dobbiamo solo pensare a scappare!”.
“No, Quattro io…”.
 
Non mi fece finire la frase, prendendomi di nuovo in braccio, mentre scappava dall’edificio in vetro.
Gli Intrepidi tentarono di seguirci, ma Quattro correva velocissimo. Subito dopo, usammo la zip line e ci nascondemmo in un palazzo disabitato.
 
“Eric arriverà fra poco, poi andrete al Rifugio”, disse Quattro.
Lo guardai, gli occhi spalancati dal terrore. “Eric è cattivo, Quattro!”.
Mi presi la testa tra le mani, ma l’uomo davanti a me, si piegò alla mia altezza, prendendomi le mani e stringendole delicatamente.
“Non lo è. Era sotto un siero che lo comandava! Ora non c’è tempo per spiegarti, io devo andare dai Candidi”.
Annuii, asciugandomi le lacrime e tentando di rialzarmi, ma senza successo.
Una voce, mi fece accapponare la pelle, interrompendo la poca tranquillità che avevo raggiunto.
 
“Non c’è tempo”.
Quattro si voltò di scatto, e raggiunse Eric, che mi fissava.
“Falle del male, e ti ammazzo”, gli intimò.
Il Capofazione non rispose, continuando a guardarmi.
Dopodiché, Quattro si avvicinò a me e mi abbracciò forte.
“Stai attenta, soprattutto a lui”.
Sapevo che non alludeva ad Eric, ma alla creatura che portavo in grembo.
Annuii di nuovo incapace di parlare, mentre le mie guance si arrossavano per l’imbarazzo.
Quattro sapeva, doveva essersene accorto.
Il ragazzo se ne andò, saltando fuori dalla finestra e cominciando a correre di nuovo verso Chicago.
Ero rimasta sola con Eric.
 
Si avvicinò, ma indietreggiai, per paura che mi ferisse.
 
“Lexis”, mormorò, gli occhi che mi fissavano con terrore.
“Stammi lontano, ok?”, esclamai, puntandogli contro la pistola. “O giuro che ti faccio fuori”.
 
Eric alzò le mani in segno di resa. Lo sorpassai, attenta a non sfiorarlo, per poi uscire fuori dall’edificio e incamminarmi verso il nulla.
Lui mi seguì, standomi dietro, senza proferire parola.
 
Tutto ciò che volevo era ritornare insieme, ma sapevo che non sarebbe più successo.
La tortura, il bambino, i suoi occhi che non mi riconoscevano.
Era tutto scandito nel tempo.
Tic tac.
Tic tac.
Lexis, stai perdendo tempo. E con il tempo, hai perso anche Eric.
L’hai respinto, ora chi crescerà tuo figlio?
Tu? Da sola?
No, no. Non ce la farai.
 
Scossi la testa, mettendo la pistola nella tasca posteriore dei jeans neri e impolverati.
Avevo solo una maglietta bianca addosso, anche quella impolverata. I miei capelli erano tutti spettinati, dovevo avere un aspetto orribile.
Eravamo vicini al Rifugio, Eric continuava a camminare a passo spedito, ma all’improvviso mi fermai.
Il Capofazione aveva imprigionato il mio polso, costringendomi a guardarlo negli occhi.
 
“Devi perdonarmi”, la sua voce era dura, mi stava impartendo un ordine.
Non risposi, continuando a fissarlo, senza emozioni.
“Non sapevo ciò che stessi facendo”, ammise, con un sospiro.
“Mollami”, dissi, con il tono fermo e gelido.
 
Una voce ci fece voltare entrambi.
“Mani in alto!”.
Quentin veniva verso di noi a passo spedito, puntando Eric con una pistola.
“Quentin, stai tranquillo. È con noi”, gli dissi.
Il mio migliore amico mi guardò per un attimo, poi mi abbracciò forte, come per trattenere le lacrime.
“Ci sei mancata, Capofazione”.



**


Perdonatemi per l'assenza di due giorni, ma non ho avuto tempo per aggiornare! Sono stata sommersa dallo studio, e in realtà dovrei studiare anche adesso, ma non otevo mica lasciarvi così, dopotutto!
Non siate silenziose, ditemi cosa ne pensate! Alla prossima dolcezze <3

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Capitolo 7
*** L'inizio di Eric. ***


L'inizio di Eric.
Capitolo sei.





La sorpresa che vidi negli occhi di tutti fu assolutamente incredibile.
Tutti, alla vista di Eric, si spaventarono, ma li tranquillizzai in pochi secondi.
Ma sarebbe stato meglio rinchiuderlo in una stanza di controllo, per vedere se veramente ci tradisse o se fosse con noi.
La situazione stava diventando critica, e di Quattro nessuna notizia.
Stavo seduta comodamente sulla panchina nella sala mensa, quando mi sentii sfiorare la spalla.
 
Era Tori. Mi sorrise, sedendosi davanti a me.
“Quattro è arrivato dai Candidi. Ci hanno promesso l’alleanza”.
La guardai sorpresa, inarcando un sopracciglio e sorridendo.
“Perfetto. Finalmente possiamo muoverci”, risposi, addentando la mia mela.
Mi stavo per alzare, ma Tori mi fermò, guardandomi con severità.
“Tu non partirai”, disse, con tono fermo.
La guardai per un attimo confusa. “Cosa?”.
“Non partirai. Non nelle tue condizioni”.
Indicò il mio addome, e rabbrividii. Anche lei sapeva.
“Chi altro sa di questo?”.
“Solo io e Quattro”.
Sospirai. “Partirò, sono una Capofazione, è il mio dovere”, dissi infine, alzando le spalle.
“Lo metterai a rischio”.
“Devo salvare prima il mondo, poi potrò pensare a me stessa”.
Tori sospirò, ma sorrise. “Ti ammiriamo Lex”.
Mi alzai dalla panchina, sentendo all’improvviso una fitta, ma non lo diedi a vedere.
Camminai lungo il corridoio, verso la stanza di Eric.
 
-
 
Eric pov.
 
La mia stanza era abbastanza vuota, esattamente come me.
Me ne stavo sdraiato sul letto, aspettando qualcosa, chissà cosa.
Aveva le mani dietro alla nuca, le gambe distese e guardavo il soffitto.
Era scrostato, cadevano pezzi di intonaco e tutto ciò era ridicolo.
Mi avevano rinchiuso.
E Lexis non aveva fatto niente per fermarli.
Con mia grandissima sorpresa, lei era nettamente cambiata, sembrava un’altra persona.
I suoi capelli erano cresciuti, fino ad arrivare al seno; sembrava quasi ingrassata e il suo viso era diventato pallido, quasi malato.
Dopo che ci fu la sparatoria nella sala riunioni, i miei ricordi si erano fatti sempre più bui e sfocati.
Quasi non mi ricordavo il suo viso. Era tutto terribilmente confuso; ma lei era rimasta la stessa ragazza che amavo.
Una sedicenne piena di audacia e vitalità.
Gli Eruditi erano stati furbi, lei aveva ragione fin dall’inizio, ma nessuno l’aveva ascoltata, solo perché Divergente.
Era riuscita a scampare dalla morte. Era riuscita a proteggersi da me.
Sbuffai, scocciato, ma un cigolio mi fece voltare.
La porta era aperta, sulla soglia c’era proprio lei e mi guardava con un po’ di timore.
Aveva i capelli legati in uno chignon disordinato, aveva cambiato vestiti e il suo viso era più che luminoso.
Aveva un vassoio colmo di cibo tra le mani, che subito dopo appoggiò su un tavolino vicino al mio letto.
Non mi guardò, non disse nulla.
 
“Capofazione, eh?”, dissi, senza staccare i miei occhi da lei.
Stava per uscire, ma si voltò, gli occhi assottigliati in modo minaccioso.
“Già”, fece solamente.
Mi alzai dal letto con uno scatto, raggiungendola.
“E cosa farai?”, domandai, mordendo una mela rossa.
“Non sono qui per dirti i nostri piani, Eric”.
Eccola di nuovo, la ragazzina sfacciata che avevo conosciuto il giorno dell’Iniziazione.
“Non li voglio sapere, infatti”, ribattei, guardandola negli occhi.
I suoi erano scurissimi, sembrava che si fossero allargati in modo spropositato.
“Questo mi rende più tranquilla, allora”, rispose ironica, alzando gli occhi al cielo.
Mi avvicinai a lei, lentamente, con un sorriso sulla labbra. La presi per i fianchi, lei lasciò fare.
Le baciai dolcemente il collo, lei s’irrigidì all’istante, per poi sfuggire al mio tocco.
 
“Tu avresti voluto uccidermi”, disse con rabbia, indietreggiando.
Strabuzzai gli occhi. “Mai”.
La sua risata echeggiò nella stanza. “Come no. Sei stato tu ad interrogarmi. E sei stato tu a mettermi sotto chissà quali sieri per farmi sputare la verità”.
La guardai stupefatto. La mia rabbia venne fuori tutta d’un colpo.
“Quattro, quando ha distrutto la postazione di comando di Jeanine, ha risvegliato tutto gli Intrepidi sotto ai suoi sieri. Non ero io ad agire. Era Jeanine”.
Lex guardò il pavimento. Poi, ritornò a guardarmi.
Con uno scatto mi saltò addosso, strinse la mia maglietta e cominciò a singhiozzare.
“Vaffanculo, pensavo fossi morto!”, mormorò, tra le lacrime.
 
Le accarezzai il capo dolcemente, baciandole la fronte e coccolandola tra le mie braccia.
Forse era questo il mio nuovo inizio.


**

Avete il permesso di spaccarmi la faccia! Sono mancata tantissimo, mi dispiace non aver aggiornato!
Ma purtroppo, lo studio e i compiti mi tengono occupata.
Stamattina è stato un putiferio, c'è stato il terremoto e visto che soffro di attacchi di panico, ne ho avuto uno particolarmente violento. Quindi, scusatemi tantissimo e spero di avervi fatto felice con questo capitolo dolcioso...
A presto! Giuro che mi farò perdonare. <3

 

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Capitolo 8
*** Bugie. ***


Bugie.
Capitolo sette.






 “I Candidi manderanno i loro ambasciatori migliori”, disse Tori, con davanti una mappa di Chicago. “Noi passeremo per questa via secondaria”, indicò una strada che passava dietro a degli edifici abbandonati, “poi, Quattro ci aspetterà qui”, indicò un’altra strada, non molto lontana, “con lui ci saranno alcuni Candidi, precisamente dieci. Sanno già come si usa un’arma, difenderanno la zona dalle Ronde e da eventuali cecchini”.
 
Il nostro piano sembrava non avere nessuna pecca, ma non ero poi così sicura che tutto ciò sarebbe andato a buon fine. Dovevamo assalire il Palazzo degli Eruditi con poche risorse ed era una missione quasi suicida.
 
“Siamo in troppo pochi”, intervenne poi Edward, guardando anche lui la mappa.
“Ce la possiamo fare, fidati”, intervenne poi Quentin, che mi stava al fianco.
“Dobbiamo portare al sicuro prima le donne e i bambini dai Candidi, qui non possono più stare”, dissi io, alzandomi in piedi.
 
Tutti mi guardarono con ammirazione.
 
“Se li dividiamo in piccoli gruppi, entro l’alba saranno già da loro. Non sono poi così tanti”, aggiunsi, guardando tutte le persone presenti nella stanza. “Sarà abbastanza facile. Ma prima, bisogna sapere quando passeranno le Ronde. Quelle sono l’ostacolo più grande, per ora”.
“Il Coprifuoco è alle 23.00, la prima Ronda passa esattamente a quell’ora, esattamente qui”, prese la parola Eric, indicando la strada principale sulla mappa, “successivamente passano per una strada secondaria e lì entra in azione la seconda Ronda, alle 23.30, lasciando scoperta una vasta area. Poi c’è la terza, alle 00.00, ripartendo dalla strada principale e rifacendo tutto il giro. Poi, i controlli sono conclusi e ci sono solamente le luci di revisione del palazzo degli Eruditi. La strada sarà spianata, qualche guardia solitaria che gironzola ma niente di ché. Se saremo silenziosi, sarà un gioco da ragazzi”.
 
Tutti lo fissarono leggermente sorpresi, ma la maggior parte annuì.
 
“Se partiamo a mezzanotte non avremo grattacapi inutili. Ma bisogna essere svelti”, dissi poi io, andando al fianco di Tori.
“Quindi è deciso: a mezzanotte in punto, partiremo verso Chicago e raggiungeremo la Fazione dei Candidi con donne e bambini. Gli uomini invece, resteranno con noi, e in caso di bisogno estremo, aggiungeremo anche gli Esclusi alla battaglia”, sentenziò Tori.
 
Edward ed Amelie si alzarono dal tavolo, per andare ad avvertire gli altri.
Eric, intanto, mi si avvicinò e sorrise, compiaciuto.
 
“Proprio una Capofazione coi fiocchi”, mormorò al mio orecchio, per poi darmi un bacio sul collo.
 
Ormai, al Rifugio, tutti erano a conoscenza del nostro rapporto, che tutti apprezzavano e rispettavano, anche se c’era ancora un po’ di diffidenza nei confronti di Eric.
Dopotutto, non era colpa sua se aveva fatto quelle cose, era sotto l’effetto di un siero e non era in sé.
Ora, era sempre lo stesso Eric di un tempo, e l’amavo ancora di più. Ma la mia gravidanza gli era ancora ignota; solo Quattro e Tori sapevano. La mia pancia si stava ingrossando sempre di più, e indossavo una quantità di maglioni incredibile, non avrei più potuto tenerla nascosta a lungo.
Prima o poi, avrei dovuto dirglielo.
Uscimmo insieme dalla stanza, per raggiungere la mensa e mangiare un boccone. Attraversammo un tunnel in silenzio, senza né tenerci la mano o fare cose sdolcinate. Io sapevo già che lui mi amava, e questo mi bastava. Non avevamo bisogno di dimostrare niente al mondo e nemmeno a noi stessi.
Ci sedemmo ad un tavolo, e cominciammo a mangiucchiare qualcosa. Addentai una mela distrattamente, poi anche Quentin e Amelie si unirono a noi.
Erano davvero una bella coppia, fin troppo diabetica e sdolcinata.
Giocavano di continuo, Eric li guardava leggermente sconvolto, ma non proferì parola. Era abituato a vederci ancora come Iniziati e non veri Intrepidi.
 
“Lexis”, disse Tori, appoggiando una mano sulla mia spalla. “Ti devo parlare, andiamo”.
 
Eric mi guardò confuso, ma gli sorrisi e mi alzai dal tavolo, seguendo Tori lungo un corridoio.
All’improvviso, si fermò e imprigionò il mio polso tra le sue mani forti.
 
“Non posso lasciarti andare in questa missione”, sentenziò lei, guardandomi dritta negli occhi.
“Non dire stronzate, ci andrò eccome. Nessuno potrà fermarmi”, risposi io, ricambiando lo sguardo intenso e liberandomi dalla sua stretta con una mossa repentina.
“Lo ucciderai”, sussurrò lei, continuando a fissarmi.
“Non accadrà. Sono sempre stata attenta, nemmeno questa volta andrà male”.
“La scorsa volta stavi per essere uccisa, proprio dal suo fidanzato”, ribatté Tori, incrociando le braccia al petto.
Sospirai. In fondo aveva ragione, ma Eric non era in sé.
“Ho già preso la mia decisione Tori. Non resterò a guardare”.
 
Anche questa volta, la donna gettò la spugna. Mi conosceva fin troppo bene, sapeva che ero un osso duro.
Tori mi oltrepassò, tornando alla mensa. Stavo per andarci anch’io, ma andai a sbattere contro un muro di muscoli. Alzai lo sguardo; Eric mi stava fissando insospettito.
 
“Chi è che dovresti uccidere?”, domandò, mentre indietreggiavo.
“Nessuno”, balbettai. Mi prese per un polso, portandomi di nuovo contro al suo petto.
Parla”, ordinò.
 
Dovevo inventarmi qualcosa. Al più presto. Ma dopotutto era suo diritto sapere. Ma se avesse saputo, non mi avrebbe mai fatta andare.
 
“Non devo uccidere nessuno, Eric. Solo quei bastardi degli Eruditi. E non origliare conversazioni che mi riguardano, grazie!”, esclamai, liberandomi dalla sua stretta.
 
Me ne andai, più arrabbiata di prima, con l’animo distrutto.



**

Dovete perdonarmi polpettine!
Ho avuto una settimana veramente disastrosa, non ho avuto il tempo di aggiornare, talmente ero distrutta e triste. Purtroppo, ho appena vissuto un lutto, e non ho avuto le forze per continuare la storia. Ci mancano pochi capitoli (credo) alla fine anche del sequel, spero vi stia piacendo come il prequel. Comunque, mi mancavate e mi dispiace per essermi comportata così, ma ho avuto uno shock incredibile ma mi sto riprendendo.
Vi amo tanto <3

(p.s. Potete passare a leggere 'Sigarette Gialle'? E' sempre una mia storia, mi piacerebbe se qualcuna di voi passasse a vedere.
A presto!

 

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Capitolo 9
*** Morire. ***


Morire.
Capitolo otto.





La notte era calda e afosa, perfetta per organizzare una rivolta contro agli Eruditi.
Io e Tori eravamo su un tetto di un palazzo, nel cuore di Chicago: le Ronde avevano appena finito il giro, il gruppo di Quentin, che portava un quarto delle donne e dei bambini, era già partito senza intoppi e stava per raggiungere la Fazione dei Candidi.
Tutto stava andando a meraviglia, ma era fin troppo facile tutto ciò. Il mirino del mio fucile da cecchino mi mostrava la vasta area che le Ronde ricoprivano perfettamente.
Era mezzanotte e mezza, il gruppo di Amelie partì immediatamente.
La folla vestita di nero governava le strade, Intrepidi coraggiosi e silenziosi, proprio come l’allenamento aveva insegnato a ciascuno di loro.
Ancora mi ricordavo della burrascosa Iniziazione che avevo ricevuto da Eric. Scossi la testa.
Dovevo rimanere concentrata.
Partì anche il terzo e il quarto gruppo nelle due ore rimanenti, erano appena le due e mezza e i primi due gruppi erano già arrivati a destinazione.
Delle urla ci fecero accapponare la pelle, alcuni spari, il silenzio interrotto da alcuni gemiti.
Dal mirino, vidi alcune guardie e dodici Intrepidi dalla parte degli Eruditi mettere alle strette il gruppo di Edward, e notai alcuni corpi riversi a terra.
Eravamo stati scoperti.
Io e Tori ci guardammo nel panico, mentre un altro sparo ci rimbombò nelle orecchie. Qualcun altro era stato ucciso.
La rabbia prese possesso delle mie membra già fragili, e stavo per scendere dal tetto, ma Tori mi fermò.
 
“Tu non rischierai, Lexis”, disse solamente, per poi colpirmi alla testa con una mossa secca.
 
Il resto, fu buio.
 
-
 
Mi risvegliai intontita, chissà dove, chissà quando. Non mi ricordavo più niente.
Le urla, mi fecero tornare alla realtà dei fatti: eravamo in pericolo, una delle Ronde ci aveva scoperti e Tori mi aveva colpita, per proteggermi.
La testa mi doleva incredibilmente, ma non dovevo lasciarmi al dolore: dovevo proteggere la mia gente.
Mi alzai, presi la mia pistola e saltai giù dal tetto, guardando lo scempio che si era creato in quella strada.
Una decina, o forse di più, di corpi era distesa a terra, il sangue che sporcava l’asfalto, le risate della Ronda rimbombare nelle mie orecchie.
Alzai il braccio, schiacciai il grilletto, e ne uccisi uno. Il suo gemito strozzato fece finire le risa degli altri, che si voltarono verso di me, puntandomi contro le loro armi. Avevo ancora il braccio alzato, era giunta la fine anche per me.
 
 
Morire per salvare gli altri.
Morire per amare.
Morire per lasciare andare.
 
 
Uno sparo, che mi colpì allo stomaco, mi fece cadere a terra. Non sentii niente, non avevo nemmeno la forza per pensare, un solo nome uscì dalle mie labbra.
 
“Eric”.


**


AVVISO: QUALSIASI COSA VOI PENSIATE DI QUESTO CAPITOLO, NON LINCIATEMI. ANCORA NON POSSO DIRVI NULLA SULLA FINE DI LEXIS, MA NON VI PREOCCUPATE: QUESTO NON E' L'ULTIMO CAPITOLO DELLA STORIA!

Buongiorno a tutte care polpettine! Sono riuscita ad aggiornare,
e mi scuso se non rispondo alle vostre recensioni, ma c'è qualcosa che non va nel mio pc che appena cliccolo su 'rispondi' mi manda un errore e quindi non posso rispondere alle vostre recensioni :c
Vabbè, tornando alla storia, vi prego non uccidetemi! <3 Era uno dei tanti colpi di scena che avevo in serbo per voi fin dall'inizio, ma state tranquille, ancora la storia non è finita, forse mi sopporterete per un bel po'.
Ringrazio tutte voi per aver recensito allo scorso capitolo (che reputo ancora un disastro totale, ma ok), e ringrazio tutte quelle che mi hanno augurato tutto il bene del mondo.
Ok, basta fare la sdolcinata, ma che posso farci se vi amo tutte? :33
A presto dolcezze!

 

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Capitolo 10
*** Rivivere. ***


Rivivere.
Capitolo nove.






Eric pov.

 
 
Durante la missione, i morti abbordavano circa a trenta.
Avevamo perso Tori, Edward e tutto il suo gruppo. C’erano cinque bambini, e tutte le altre donne.
L’unica di cui non si sapeva notizie era Lexis. Scomparsa, non c’era il suo corpo, quindi si deduceva che non fosse affatto morta.
Ma allora, dov’era finita?
I Candidi ormai, avevano dichiarato guerra aperta agli Eruditi e agli Intrepidi alleati con Jeanine; la rivolta era già iniziata da cinque giorni, e ancora nessuna notizia di Lex.
Alcuni avevano rinunciato, ma io no.
L’edificio dei Candidi che usavamo come Base era molto più fornito e protetto del Rifugio, peccato che non potevamo indossare i nostri soliti vestiti da Intrepidi. Avremmo scatenato parecchia confusione e non potevamo permetterci di mandare tutto all’aria.
Il nostro gruppo era rimasto senza tre pilastri parecchio importanti: Tori, che aveva cercato di proteggere il gruppo attaccato dalla Ronda; Edward, che era morto subito, ucciso da un cecchino in lontananza, ed infine, Lexis. Cosa si poteva dire di lei? Che fosse morta? Ormai tutti lo pensavano, ma Quattro ed io non avevamo perso di certo le speranze.
Mai mi ero sentito così vicino a quel Rigido insopportabile.
In realtà non lo era poi così tanto, ancora non mi ero abituato a collaborarci insieme, sebbene fossimo stati ‘colleghi’ per molto tempo.
Appena entrai nella mensa improvvisata nella Base, un paio di occhi mi si posarono addosso.
In quel momento, contavano su di me, non potevo deluderli. Avevamo già perso troppe persone, tra cui lei, cosa che non riuscirò mai a perdonarmi.
Mi sedetti ad un tavolo, in completa solitudine, mangiando in silenzio.
 
“Cosa facciamo ora?”, domandò qualcuno, sedendosi davanti a me.
Non c’era bisogno nemmeno di guardarlo negli occhi per capire chi fosse.
Il miglior amico di Lexis continuava a fissarmi, in attesa di una risposta.
 
“Si procede con la Rivolta, mi sembra ovvio”, risposi io, continuando a mangiare.
“Senza Lexis?”.
Mi irrigidii all’istante, alzai la testa per guardarlo dritto negli occhi. Non doveva nominarla così. Non in mia presenza, almeno.
“Esatto”, sibilai. “Se non vuoi finire come lei, sparisci”.
 
Si alzò immediatamente, lasciandomi solo con i miei tormenti.
Lexis  can’t be dead.
 
-
 
Jeanine camminava lentamente lungo il corridoio di vetro, diretta verso la stanza per Simulazioni.
Appena varcò la soglia, vide i due Intrepidi di guardia al corpo di una ragazza. Guardò con sgomento quel cadavere senza vita: la pelle era pallida, i capelli ancora bagnati per la pioggia, le palpebre chiuse, come se dormisse.
E infine, una ferita al ventre.
La morte regnava attorno a lei, mentre anche nell’aria cominciava a sentirsi l’odore di cadavere.
 
“Dove l’avete trovata”, domandò Jeanine, sfiorando i capelli lunghi della ragazza, appiccicati al viso dai tratti dolci e delicati.
“In mezzo alla strada principale. I Ribelli sono riusciti ad arrivare dai Candidi”, rispose uno degli Intrepidi, la voce terribilmente neutra.
La donna sorrise. “Che stolti”, disse solamente, sedendosi sulla sedia di pelle davanti al computer.
 
Un macchinario era collegato al cuore senza vita della ragazza, mentre il suono assordante e piatto della macchina invadeva la stanza.
Morta, e con lei la creatura che portava in grembo.
Jeanine osservò di nuovo la ragazza, ammirando i suoi capelli bianchi come la neve, la pelle senza imperfezioni e il corpo snello, da Intrepida.
Una Divergente diversa dagli altri soggetti come lei.
Una Divergente che sarebbe stata utile per convertire quelli come lei in Convergenti.
Nessun pericolo, mai più, soltanto pace.
Ma era morta.
Con uno scatto, Jeanine spinse un pulsante rosso sul macchinario, che diede una scossa al corpo della ragazza, scuotendolo.
Nessun segno di vita.
Ancora un’altra scossa, sempre stessa risposta.
Un’altra.
Un’altra.
Un’altra.
L’Erudita fissò di nuovo il cadavere, sempre più furiosa.
 
“Lasciateci sole”, ordinò ai due Intrepidi, che obbedirono senza obiezioni.
 
Jeanine spinse il pulsante all’infinito, come se potesse riportare in vita quella Divergente così speciale.
A lei serviva. A lei serviva quella maledetta Divergente.
Quando si stava per arrendere, dopo aver dato un’ultima scossa al corpo, notò qualcosa di straordinario.
Il cuore aveva cominciato a battere vigorosamente, la ragazza cominciò a respirare.
E subito dopo, aprì gli occhi di scatto.
 



**

Ho aggiornato!
Buonasera polpettine, sono riuscita a postare un altro capitolo, e come vedete, Lexis non è affatto morta, ma poi capirete meglio nel corso della storia.
Il suo bambino è morto, come spero abbiate capito.
Mi spiace, ma poi, prometto solennemente, che questa storia (forse heheheh) avrà un finale felice.
O FORSE, FORSE, NO.

Ci sono due possibilità: - quella buona
                                  - quella cattiva.

SCEGLIETE VOI.
Bene, alla prossima, spero presto. Ciao! <3

 

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Capitolo 11
*** Lei. ***


Lexis si alzò dal tavolo su cui era stesa. Aveva i vestiti fradici e i capelli pieni di polvere, il viso ancora pallidissimo e la ferita sporca di sangue rappreso.
Davanti a lei, si ergeva Jeanine in tutta la sua austerità, con uno sguardo folle e un sorriso dipingerle il visetto da Erudita.
Lex la fissò senza apparenti emozioni, gli occhi che sembravano spropositati tant’erano diventati scuri e vuoti. Allungò un braccio verso l’Erudita, la prese per la spalla e si appoggiò a lei, come due vecchie amiche che si incontravano dopo tanto tempo.
 
“Sai qual è il tuo nome?”, chiese Jeanine, guardando la creatura davanti a sé.
Lexis scosse la testa.
“Non ce l’hai un nome. Sei una persona senza identità. Ti chiami 01”.
“01”, ripeté l’Intrepida, guardando nel vuoto.
 
Entrò una guardia nella stanza, portando tra le mani abiti puliti.
Una tuta blu, simile a quella che portavano gli Intrepidi, solo che il colore era diverso. Quando 01 la indossò, non assomigliava più alla Divergente che per tanto tempo aveva creato scompiglio tra le Fazioni.
Era solo il burattino più importante che Jeanine avesse mai avuto.
Entrambe uscirono dalla stanza, 01 legata per i polsi con delle manette, mentre l’Erudita la conduceva in una piccola stanza bianca, con solo un tavolo e due sedie. Si sedettero; Jeanine guardò attentamente l’oggetto che le stava davanti, perché 01 non era più una persona, ma una pedina da manovrare a proprio piacimento.
 
“Ora, mi dirai chi sono i tuoi compagni e soprattutto dove vi nascondete”.
01 non rispose, guardava ancora il vuoto.
“Quando ti faccio una domanda, devi rispondermi”, sibilò l’Erudita.
La ragazza alzò lo sguardo. “Non lo so. Non so di cosa tu stia parlando”.
“Ti sei appena svegliata dalla morte, grazie a me. Se non mi dirai le informazioni che mi servono, morirai ancora”.
01 chiuse gli occhi. “Era un piccolo edificio abbandonato dagli Esclusi molto tempo prima. Vivevamo lì. C’era una piccola mensa, dei dormitori, addirittura prigioni. Eravamo trecento o forse di più”, disse tutto in un colpo, mentre stringeva gli occhi per ricordare meglio.
Jeanine sorrise. “I vostri piani quali erano?”.
“Distruggere gli Eruditi”. Un sorriso sinistro si dipinse sul viso della ragazza, mentre una risata le usciva dalla gola.
L’Erudita la fissò per molto tempo, poi si alzò dalla sedia.
“Ora tu, sei la mia guerriera, mi hai capito bene? Tu dovrai ucciderli tutti, dovrai ucciderli per me”, disse, sfiorando i capelli della ragazza.
“Datemi delle armi”, rispose 01. “Datemi delle armi, e sarò tutta vostra”.
 
 
-
 
 
Eric pov.
 
 
Dai Candidi era tutto tranquillo.
Non c’erano guerre, rivolte, niente armi. Eravamo vestiti come loro, quasi mi stavo abituando alla bambagia in cui vivevano. Le pareti dell’edificio in cui stavamo erano rigorosamente bianche, tutto era bianco e nero in quel posto. Non c’erano mezze misure, solo verità, tra quelle pareti.
Quattro si avvicinò a me, ancora con un po’ di timore.
 
“Quando partiremo? E’ da giorni che stiamo fermi, Eric”, disse calmo.
Lo guardai per un attimo con durezza. “Lascia che i nostri Intrepidi riposino per un po’. Abbiamo perso tanti dei nostri per venire qui. Tra cui Tori, Edward e…”.
Non mi lasciò finire la frase. “Lei non è morta. Non ci farebbe mai questo. Io lo so che non è morta”.
Nei suoi occhi vidi la speranza, cosa che per tanto tempo mi era mancata.
“Tra due giorni, partiremo. Attaccheremo in piena notte, quando loro dormono e quando le guardie saranno più stanche”.
Quattro annuì, per poi andarsene.
 
Forse aveva ragione. Forse lei non era morta. Non era sotto terra a marcire. Ma sicuramente l’avrei trovata.
 
 
-
 
 
La notte era silenziosa, mentre ci muovevamo sui tetti degli edifici degli Eruditi. Quentin e Quattro erano a capo di due gruppi di Candidi, e procedevano senza intoppi.
Io guidavo gli altri Intrepidi verso il palazzo di vetro dei nemici. Tutto era perfettamente silenzioso, nessuna Ronda in vista e tutto andava per il meglio.
Il cielo notturno era senza stelle, coperto da nuvole che presto avrebbero portato pioggia. Si sentivano anche tuoni in lontananza. Dovevamo fare in fretta.
Scesi dal tetto, seguito dagli altri, mentre imbracciavo la mia arma. Corremmo rapidi lungo la strada, attraversando un incrocio deserto.
le strade erano illuminate solo dai lampioni, che a volte andavano a bizze. Sembrava una città fantasma.
Chicago era diventata quasi morta dopo la rivolta.
Si sentirono degli spari e delle urla.
 
“QUENTIN!”, urlò una voce di ragazza, forse era Amelie.
 
Qualche altro sparo e il rumore di persone che correvano. Quattro arrivò da me tutto trafelato, portandosi dietro il gruppo di Candidi.
 
“Hanno colpito l’altro gruppo, dobbiamo assolutamente raggiungere il palazzo degli Eruditi! ORA”.
“Calmati Quattro. Dov’è Quentin?”.
“Sta arrivando, dobbiamo muoverci separati o la Ronda ci raggiungerà presto”.
“Prendi i vicoli, lì non vi troveranno mai se sarete silenziosi. Non disperdetevi”.
Quattro annuì e corse via, seguito dal suo gruppo.
 
Io continuai a muovermi silenziosamente lungo la strada, fino a raggiungere un edificio abbastanza vicino al palazzo degli Eruditi.
Vidi il gruppo di Quentin raggiungere un vicolo non poco lontano con un gruppo di Candidi. Subito dopo, notai la Ronda salire in una Jeep nera.
 
“Ok, ora dovremmo puntare ai cancelli, eludere il codice di sicurezza ed entrare in fretta. Siete tutti pronti?”.
Gli Intrepidi annuirono, perciò cominciammo a correre verso il grande cancello bianco del palazzo degli Eruditi.
Non c’era nessuna guardia. Era fin troppo facile. Cominciammo ad arrampicarci, per poi passare dall’altra parte.
Sembrava che gli Eruditi ci avessero messo la vittoria su un piatto d’argento.
Ma non era ancora tempo di cantare vittoria.
Poi, all’improvviso, le porte del grande palazzo di aprirono, facendo uscire fuori una massa di guardie armate. Eravamo in netta minoranza.
Cominciarono a sparare senza sosta, ci nascondemmo dietro l’edificio e cercai di mirare contro le loro teste.
Ne colpii quattro o cinque, ma ancora eravamo in pochi per sconfiggerle.
 
“Voglio il loro capo. Vivo!”.
 
Una voce che conoscevo fin troppo bene echeggiò in tutto quel baccano, facendomi rabbrividire.
Alzai lo sguardo, e sulle scalinate del palazzo, c’era Lex.




**


Perdonate la mi riprovevole assenza, ma purtroppo ho avuto dei grandi problemi nel pubblicare il prossimo capitolo. Sono stata molto occupata nello studio, e per mia grandissima fortuna sono stata promossa.
Mi spiace se questo capitolo verrà trovato noioso e senza azione, ma dovevo assolutamente pubblicare, per dare un fine alla storia di Lexis ed Eric. Ma soprattutto, dovevo a voi il finale, che siete state sempre con me e mi avete supportato e consigliato di continuare, riempiendomi di complimenti e di grande interesse verso questa storia. 

Spero ancora che questa storia sia seguita ancora da qualcuno, e spero che non siate arrabbiate con me. 
Vi ringrazio davvero molto per tutto ciò che avete fatto per me, per essermi sempre state vicino e per aver recensito i miei capitoli.
Ancora una volta, vi chiedo di linkarmi le vostre storie che sono più che felice di leggere e recensire.
E ancora una volta, vi chiedo di non essere silenziose polpettine.
Vabbe', vi lascio. A breve pubblicherò di nuovo, quindi state pronte HEHEHEHE.
A presto polpettine.


La vostra,

lex.

 

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Capitolo 12
*** Arrendersi. ***



Arrendersi.
Capitolo undicesimo.







Aveva i capelli lunghissimi, bianchi come la neve, le arrivavano a fine schiena, legati in un’elegante treccia. La sua pelle era pallidissima, quasi ingrigita. Ma ciò che mi colpii di più furono i suoi occhi: vuoti e nerissimi, truccati pesantemente.
I suoi abiti erano diversi, non quelli di un’Intrepida. Era una tuta aderente, la giacca di pelle, leggins e stivali. Tutto blu.
Abiti da Erudita. Sopra alla giacca c’era ricamato un numero, 01.
Guardava la folla di Candidi, Intrepidi e di guardie combattersi a vicenda. Alcuni cadevano a terra, altri sparavano.
La fissavo intontito, come se lei non fosse reale. Lexis era viva. Era viva, ma stava dalla parte sbagliata. Dietro di lei, Jeanine faceva da spettatrice a quella folle battaglia.
 
“LEXIS! LEXIS!”, gridò Quentin, che con un balzo superò una guardia a terra. “Lexis, ti prego, fa finire questo scempio!”.
 
Ma lei non rispose, si limitava a fissarlo. Sfilò una pistola e la puntò contro di lui, mirando precisamente al cuore.
 
“Lexis non puoi farmi questo… Non puoi…!”.
“Il mio nome non è Lexis!”, urlò, chiudendo gli occhi.
 
Prima che potesse sparare, mi lanciai su Quentin, evitando che fosse colpito al petto. Non potevamo perdere altre persone.
 
“Sei per caso impazzito? Ti vuoi far ammazzare?!”, gli gridai in faccia.
Ma nemmeno mi ascoltò. Era sconvolto. Fissava il vuoto.
“Non è Lexis, Eric. Non è più lei!”.
“Questo l’avevo capito, razza di idiota! Cerca di non suicidarti la prossima volta. Lei ti ammazzerà se lo farai di nuovo e di certo non rischierò di morire per salvarti la pelle!”.
 
Mi alzai da terra, per poi sparare a più guardie possibili.
Quattro stordì le ultime guardie, per poi puntare la pistola contro Jeanine.
 
“O vi arrendete, oppure ti sparo un proiettile dritto nel cervello”, disse gelido.
Subito dopo, Lexis puntò l’arma contro di lui. “E se lo fai, io ammazzo te”.
“E prima che tu possa piantarmi una pallottola del cervello, i miei cecchini uccideranno te”, disse Jeanine, con una risata.
Quattro sorrise. “Si vede che non conosci i veri Intrepidi”.
 
Era una situazione di stallo. Se qualcuno si fosse mosso, sarebbe stato ucciso.
Jeanine continuò a sorridere. “01, abbassa l’arma”, sussurrò all’orecchio di Lexis.
 
01? Cosa stava succedendo? Lei non si chiamava in quel modo! Gli Eruditi le avevano fatto il lavaggio del cervello!
 
Con cautela, la ragazza abbassò la pistola, e si allontanò, sempre fissando Quattro con durezza e odio.
 
“Quattro, abbassa l’arma”, sibilò Jeanine.
“Non puoi darmi ordini”, rispose lui, gelido.
“Vuoi scatenare una guerra?”.
“L’hai scatenata tu la guerra, Jeanine”.
“Ti ricordo che potrei ucciderti in questo preciso istante”.
“Ti ricordo che potrei farlo pure io”.
 
Con uno scatto, Quentin prese per la vita Lexis, scatenando confusione. Jeanine si voltò a guardare la scena, e Quattro la colpì alla testa, senza troppi fronzoli. Il corpo dell’Erudita cadde a terra, e una pioggia di proiettili ci colpì uno ad uno.
 
 
-
 
 
La luce era sempre stata una cosa lontana per me.
Quasi una leggenda, un mito.
Mai l’avevo toccata, mai l’avevo vista o per lo meno percepita.
Il calore e la luce del sole erano altro. Io intendevo un’altra luce.
Quella di una persona, quella che emanava la persona che più ti era vicina. Quella che ti portava alla speranza, quella che ti prometteva felicità e amore.
Io l’avevo trovata grazie a Lex. Non si era mai spenta. Il suo sorriso era tutto per me. Sentirla accanto era la cosa migliore del mondo, lei mi regalava sensazioni nuove e mai conosciute.
Ora la vedevo, la luce.
Calda, luminosa, grande.
Grande quanto l’amore che provavo per lei.
Mi sentivo trasportato, come se fossi in un sogno. Mi mancavano le forze.
Ma il calore divenne presto freddo, facendomi rabbrividire. Vedevo solo buio, le mie labbra tremavano. Dove cavolo ero?
Aprii gli occhi di scatto, trovandomi nel bel mezzo di una Rivolta.
Mi misi a sedere, ancora frastornato, e una mano mi si poggiò sulla spalla.
Era Quattro.
 
“Eric, gli Eruditi si sono arresi”, disse trafelato, mentre portava in braccio una ragazza dai capelli corvini. Doveva essere Amelie.
“Dov’è lei? Dov’è Lexis?”, domandai, alzandomi da terra, sporco di polvere.
Avevo una ferita al braccio, ma era sopportabile.
“Non lo so… devo portare via Amelie. E’ stata colpita”.
“Io la vado a cercare. Ci vediamo dai Candidi”.
 
Attorno a me era pieno di corpi riversi a terra in posizioni scomposte. Il palazzo degli Eruditi stava lentamente crollando, i vetri delle finestre si frantumavano a terra. Il loro dominio era finito ancor prima di cominciare.
Gli Intrepidi feriti erano seduti a terra e si curavano come potevano, altri ne portavano alcuni sulle barelle, pronti per ritornare dai Candidi. Era tutto molto confuso e caotico.
Cominciai a camminare tra le macerie, cercando il corpo di Lexis. Ma niente. Lei non c’era nemmeno tra i feriti. Non era da nessuna parte.
Così, entrai nel palazzo di vetro. Le guardie erano state imprigionate dai Candidi e dai nostri Intrepidi, e private delle armi. Ne presi una, e continuai il mio “tour” in quell’edificio pieno di insidie.
Presi le scale, consapevole che da un momento all’altro sarebbe crollato tutto.
 
“LEXIS!”, urlai, correndo sempre più in su.
 
Arrivai in un corridoio illuminato da lampade che andavano a bizze. Era pieno di porte di metallo, probabilmente in quel luogo si mettevano in atto le Simulazioni.
Alla fine del corridoio, non c’era più la vetrata. Mi sporsi, per vedere quanto fosse alto.
Lo Strapiombo veniva battuto in partenza. Era altissimo, quasi inimmaginabile.
Poi, sentii un urlo soffocato.
 
“Aiuto!”.
 
È lei!
 
Corsi verso la sua voce, fino ad arrivare ad un altro corridoio. La scena che vidi mi fece accapponare la pelle. 
Jeanine teneva Lexis stretta per il collo, non facendola respirare. Era a cavalcioni su di lei, e le puntava contro anche una pistola.
 
“Voi Divergenti morirete tutti! E tu morirai con loro!”, urlò fuori di sé dalla follia, mentre un sorriso sinistro le dipingeva le labbra sporche di rossetto sbiadito.
La ragazza si dimenava sotto di lei, ormai allo stremo delle forze.
Puntai il fucile contro Jeanine.
 
“Lasciala!”, gridai.
L’Erudita alzò lo sguardo, e mi squadrò da capo a piedi. “Siete tutti morti”, disse.
 
Si puntò la pistola contro la tempia e sparò.
Guardai la scena senza emozioni, non mi colpii affatto del suo gesto stupido. Avevo solo risparmiato munizioni per colpirla in pieno petto.
Lexis si scostò di dosso il corpo di Jeanine, tossendo a più non posso.
Il suo viso era sporco di cenere e i capelli pieni di polvere, ma era sempre bellissima.
 
“Lex!”, gridai, correndole incontro per abbracciarla.
Mi fissò per un attimo e trattenne il respiro. Sentii le lacrime salirmi agli occhi.
 
Eric ma cosa stai facendo? Piangi?!
Sì coscienza, piango. Piango dopo tanto tempo. Piango perché lei è qua con me. Piango perché finalmente l’ho ritrovata.
 
Lexis singhiozzò qualche parola, si scostò dall’abbraccio e cercò di sorridere.
 
“Eric…”, mormorò. “Ti prego, salvalo…”.
Rimasi piuttosto confuso dalla sua affermazione, ma poi guardai il suo ventre. Un’enorme ferita le sporcava di sangue gli abiti. Si era formata una chiazza enorme.
“Salvare chi…? Lexis?! Salvare chi?”.
Mi cadde tra le braccia, cercai di scuoterla, ma niente, non si risvegliava. Era svenuta.
La caricai in spalla, mentre sentii la terra tremarmi sotto i piedi. Stava crollando tutto!
Mi affrettai a scendere, per poi attraversare il grande salone e uscire finalmente da quell’inferno.
Corsi con quanta ne avevo verso la Fazione dei Candidi, e appena la raggiunsi, Quattro mi aiutò a portare Lexis dentro al nostro piccolo Rifugio.
 
“Cos’ha? STA BENE?!”, urlò Quentin, preoccupatissimo.
“Spostati”, lo ammonii. “Dobbiamo curarle la ferita!”.
“Eric ti devo parlare, di una cosa molto seria”, disse Quattro.
Non lo guardai nemmeno. “Prima pensiamo a lei, poi mi parlerai”.
“Ma c’entra Lexis… e anche tu…”.
“Cosa c’e’ dannazione!”, domandai infuriato, mentre cercavo le garze. Appena le trovai, le misi sopra alla ferita e tamponai.
“Era incinta”, disse Quattro.
“Cosa?!”, mi fermai di botto, cercando di capire meglio ciò che mi aveva appena detto. “Stai scherzando, vero?”.
“Non penso che il bambino ce l’abbia fatta, vedendo la dimensione e la gravità della ferita…”, aggiunse il Rigido, cercando di disinfettare il buco del proiettile.
“Ma lei non me l’aveva mai detto…”, sussurrai più arrabbiato di prima, e soprattutto, deluso.
“Non le avresti permesso di partire. Te lo avrebbe detto dopo la rivolta”.
 
Guardai Lexis, ancora con le palpebre chiuse.
“Dobbiamo salvarlo”, dissi deciso, mentre Quattro tamponava ancora il fiotto di sangue che usciva.
“Ago e filo per favore!”, disse Quattro.
Quentin gli passò di ciò che aveva bisogno, e il Rigido cominciò a ricucire la ferita.
Dopo che ebbe finito, mi piegai sul viso di Lexis. “Se ti azzardi a lasciarmi così verrò nell’altro mondo e ti assesterò un calcio nel didietro, hai capito, eh?!”, le mormorai.
“Ce la farà, è una tipa tosta”, disse Quentin, cercando di trattenere le lacrime.
“Già… tosta”.



**


La storia sta volgendo al termine, e come avete potuto leggere, finalmente Lexis ed Eric si sono ritrovati. Ma Eric ha anche scoperto che la nostra cara Intrepida aspettava un bambino, ma la domanda è: sopravviverà? oppure se ne andrà?
Mah, lo scoprirete leggendo il prossimo capitolo... forse HEHEHEHE
A presto! :)

 

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Capitolo 13
*** E alla fine, vincere. ***


E alla fine, vincere.
Capitolo dodicesimo.







Lex pov.

 
Appena aprii gli occhi, vedevo tutto sfocato e confuso.
Riuscii a mettere a fuoco il viso di Quentin, che mi stava tenendo la mano, e quello di Eric e Quattro, e c’era anche Amelie. Mi guardavano tutti con preoccupazione.
Mi toccai il ventre, era fasciato e mi faceva un gran male.
Cercai di sedermi, ma il mio migliore amico non me lo permise.
 
“Ti prego non sforzarti, eri ridotta parecchio male”, disse lui, sfiorandomi una guancia.
Amelie non riuscì a trattenere le lacrime e mi rinchiuse in un abbraccio caloroso.
“Mi sei mancata così tanto, scema!”, esclamò, stringendomi ancora di più.
Appena sciolse l’abbraccio, mi sentii meglio nell’animo. Ero finalmente a casa.
 
“Ancora non capisco… cosa mi è successo?”, domandai.
I loro visi erano ancora sconvolti. Cos’avevo fatto durante la Rivolta?
“Jeanine ti aveva messo sotto una Simulazione. Ti controllava a proprio piacimento”, rispose Eric, avvicinandosi a me.
Mi sfiorò il viso, e sorrise.
“Mi aveva chiamato 01”, sussurrai. “Ricordo solo che ero… morta. E lei in qualche modo mi ha riportato indietro”.
“Le macchine degli Eruditi devono essere distrutte”, disse Quattro. “Troppo pericolose e soprattutto… inutili”, aggiunse poi, dopo un sospiro.
“E Jeanine…?”, domandai.
Calò un silenzio di tomba. “Si è suicidata proprio davanti a te. Non ricordi?”, disse Eric, accarezzandomi i capelli.
Abbassai lo sguardo.
 
“Tanto morirete tutti”.
 
Poi si era sparata alla tempia. Il sangue era schizzato sulle pareti scure del corridoio. E avevo supplicato Eric di salvare il nostro bambino.
Deglutii, cercando di trattenere le lacrime. L’avevo perso per sempre. Ed era tutto colpa mia… colpa di Jeanine.
 
“Quanti Intrepidi abbiamo perso?”, domandai, riuscendo finalmente a mettere a sedere sul lettino.
Quattro sospirò. “Quasi la metà. Di Candidi nessuno”.
“E’ finita?”.
Eric annuì. “E’ finita”.
 
-
 
La vita procedeva senza sosta. Eravamo finalmente tornati alla nostra Fazione, e rivedere il Pozzo fu un’emozione grandissima. Anche se eravamo rimasti in pochi, gli Intrepidi non si sarebbero di certo arresi.
Ringraziammo i Candidi per averci aiutato contro gli Eruditi e per averci ospitato così a lungo. Erano sempre i benvenuti nella nostra Fazione.
I Capifazione che avevano collaborato con Jeanine vennero rinchiusi nelle prigioni, invece altri furono mandati negli Esclusi per crimini minori.
Gli Abneganti stavano finalmente tornando alla vita, noi eravamo finalmente tornati alla vita. Di Jeanine era rimasto solo un brutto ricordo e la vita brulicava tra le mura di tutte le Fazioni.
Gli Eruditi non erano stati puniti, poiché la maggior parte delle famiglie era contro la guerra creata dal loro Capo, e tutto procedeva nel migliore dei modi.
Eric era diventato il mio compagno. Avevamo deciso pure di sposarci, di legarci per sempre.
Lui, il tremendo Capofazione che imparai ad amare, ed io, la strana Divergente che comandò una rivolta per vivere nella pace.
Ma forse… con una guerra si può tornare alla serenità? Una guerra produce sofferenza e niente più, eppure ora eravamo felici, sereni.
Accarezzai il viso di Eric, che ancora dormiva dolcemente. Mi alzai con il sorriso e mi guardai allo specchio.
Avevo un pancione enorme, e si vedeva ancora una piccola cicatrice  sul ventre. Fu lì che mi spararono.
La sfiorai, poi mi voltai a guardare fuori dalla finestra.
Il sole era alto, e la luce illuminava tutto.
Un nuovo Inizio.



**


E finalmente, direte voi, la storia è finita!
Ci ho messo quasi un anno per completarla, insieme al prequel, ma è stata un'avventura bellissima e spero di riviverla ancora!
Ma tranquille, sto già scrivendo un'altra storia e mi avrete tra i piedi ancora per mooolto mooooolto tempo.
Quindi, se vorrete passare dalla mia nuova storia che pubblicherò a breve (spero), sarei molto contenta *^*
VabBè, vi saluto polpette... e vi prego, non siate silenziose. Nei precedenti capitoli ho ricevuto solo una recensione, e mi piacerebbe sapere se il finale vi è piaciuto o meno. Quindi vi prego fatemi questo enorme piacere *_*
Vi amo tutte, la vostra

-Lex.

 

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