Ready for love

di Aishia
(/viewuser.php?uid=185674)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Destino ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Image and video hosting by TinyPic


La luce calda del sole al mattino entrò dalla finestra, illuminando la piccola stanza dalle pareti di un bianco sporco e rovinate dall’umidità, rischiarando il piccolo ma confortevole ambiente e colpendo violentemente il letto a baldacchino, costringendomi così a dischiudere gli occhi quando i raggi dorati del sole mi abbagliarono in pieno volto.
 
Dischiusi gli occhi, sbattendo le palpebre più volte per abituarmi alle continue variazioni di luce e ombra che addentravano ed uscivano dalla stanza, come se fossimo nel bel mezzo di un eclissi solare e storsi la bocca quando puntai lo sguardo verso la radiosveglia, situata sul comodino adiacente al letto di legno scuro, che indicava esattamente le sette e mezzo del mattino.
Troppo presto, maledizione!
Il sole sembrava aver fatto il suo ingresso nel mondo prima del previsto, sorgendo come un imperatore nel suo regno e illuminando Los Angeles come se fosse il centro dell’universo.
Dalla finestra si sentiva già il rumore della città appena sveglia, pronta per affrontare con determinazione un nuovo ed intenso giorno, sperando in un ‘’oggi migliore’’.
 
Mi stiracchiai, tentando di sciogliere i muscoli intorpiditi e indolenziti, finché dei strani movimenti mi distolsero dai miei pensieri, riportandomi prepotentemente alla realtà e rimasi immobile, senza fiato , guizzando le orecchie fino a che qualcosa di freddo non mi attrasse a sé, puntando la mia schiena seminuda contro il suo corpo caldo, facendomi arrivare il cuore in gola e togliendomi preziosi anni di vita.
 
«ti sei svegliata, finalmente», sussurrò maliziosa una vocina appartenente ad una persona vagamente familiare, per poi solleticarmi la spalla nuda con la sua barbetta ispida e lasciandomi una scia di intensi baci con la sua piccola bocca a forma di cuore. Amavo infinitamente quella bocca.
Mi voltai lievemente e con un sorriso a trentadue denti stampati in volto, notando Matthew disteso al mio fianco, intento a toccarmi la pelle con le sue dita fredde e affusolate che mi provocarono dei brividi lungo la spina dorsale  «è sempre bello guardarti dormire»,  mormorò infine allungandosi per lasciarmi un lieve bacio a fior di labbra.
Non l’avevo sentito rincasare questa notte per via dell’ennesimo sonno tormentato, assalito da incubi violenti di cui ricordavo solo le sensazioni spiacevoli o solo qualche tetra sfaccettatura.
Sembravano così reali e a volte mi svegliavo nel cuore della notte, ansimando e gridando, sospirando rumorosamente quando infine, mi accorgevo che si trattavano solo di incubi che avrebbero finito per logorarmi lentamente, come la morsa di un serpente.
 
Sorrisi quando Matt si spostò su di me, mettendosi a cavalcioni tra le mie gambe e scostandomi la canotta bianca fin sotto il seno, baciandomi la pancia e disegnando piccoli cerchi attorno all’ombelico per poi risalire lentamente, sfiorandomi con le sue mani fredde che mi fecero venire la pelle d’oca.
Quanto mi erano mancate quelle mani che  si muovevano con tanta maestria sul mio corpo,con così tanta destrezza da farmi restare senza fiato e finalmente era al mio fianco, tutto per me e senza nessuno che potesse dividerci dai nostri attimi di tenerezza.
 
Indossava una canottiera smanicata che utilizzava anche nelle fredde serate d’inverno, quella che mostrava le sue spalle larghe e lasciava intravedere quei deliziosi peli scuri sul suo petto, mentre una tuta nera gli fasciava i fianchi in un modo divinamente sexy.
«Ti amo » sussurrò guardandomi negli occhi e lo guardai intensamente, scompigliando i capelli in disordine e con un sorriso beffardo stampato in faccia ritornò al mio fianco, mettendo fine a quel piacevole tormento che avrei preferito durasse per sempre.
Quegli attimi mi sembravano sempre così pochi e ad ogni sua partenza mi veniva a meno il fiato.
Appoggiai il capo sul suo petto, socchiudendo gli occhi e abbandonandomi al torpore della sua pelle calda, iniziando a giocare con l’elastico della sua tuta mentre mi accarezzava i capelli con la sua mano grande e muscolosa. Dio, quanto mi era mancato!
«com’è andata?», chiesi ad un certo punto quando mi avvolse in uno di quegli abbracci da mozzare il fiato, puntando lo sguardo sul suo viso e ammirando il suo profilo perfetto ma perturbato dalla stanchezza o da qualcosa che forse non riuscii a cogliere pienamente. I suoi occhi grigi erano gonfi e arrossati e le sue labbra secche divennero una sottile linea scura.
Lo sentì irrigidirsi di colpo, guardandomi intensamente per poi abbassare lo sguardo e puntarlo sull’anello che avevo al dito, storpiando il muso come se fosse un bambino a cui avevano negato il suo giocattolo preferito. Qualcosa non andava.
Mi sollevai, così da analizzare il suo radicale cambiamento di umore. Che cosa mi stava nascondendo?
La sua espressione desolata sembrava non presagire nulla di buono e il mio cuore saltò un battito, aspettando con impazienza quella risposta che sembrava non arrivare mai.
 
« la cura non fa più l’effetto sperato, quindi la terapia non va più bene.», sussurrò con un filo di voce valutando la mia reazione e aprendo la bocca per poi richiuderla un attimo dopo. Rimasi interdetta, guardandolo senza sapere esattamente cosa dire,mentre i miei occhi sembravano divagare senza sosta sul suo viso stanco e angosciato. Mi era caduto il mondo addosso.
 
« Aryanna, saremo costretti a trasferirci a New York per un continuo monitoraggio. », lo guardai sconvolta e sgranai gli occhi, giurando di essere impallidita di colpo. Tutto ad un tratto non riuscii a comprendere le sue parole e a capirne il significato. Mi sembravano solo una successione di lettere poste a caso e prettamente senza senso. Nulla aveva senso.
Che cosa voleva dire che la cura non faceva più l’effetto sperato?
 
Quelle erano le parole che animavano i miei incubi notturni e che adesso stavano diventando realtà, riproponendosi davanti a me e davanti ai miei occhi. Serrai i pugni finché le nocche non divennero bianche e abbassai il viso, nascondendolo tra i capelli, cercando di reprimere quelle lacrime che stavolta cercarono prepotentemente di uscire, facendo capolino dai miei occhi chiari e spaventati.
Cazzo Arya! Dovresti essere  forte  per lui.
 
Eppure sembrava stare così bene, con quegli occhi vispi e quelle guance così rosee. Trasferirci a New York poi, ciò avrebbe significato lasciare la nostra vita alle spalle con tutto quello che ne comportava, il lavoro e la nostra casa, eretti con amore in tutti questi anni di matrimonio.
Ancora una volta dovevamo mettere da parte i sogni e l’idea di vivere una vita normale o semplicemente di vivere davvero, insieme come una piccola famigliola felice. Ormai quell’idea l’avevamo accantonata da tempo.
 
La cura non andava più bene e in quel momento mi assalii l’angosciante paura di perderlo. « è sicuro? », chiesi con un filo di voce dopo un estenuante minuto di silenzio, non proprio convinta di voler conoscere realmente la risposta.
Perché ci stava succedendo questo?
Cercai di reprimere quel senso di angoscia che mi stava distruggendo dentro e lui mi guardò colpevole, come se portasse sulle sue spalle un enorme peso, accarezzandomi le guance con la sua mano fredda e cercando di tranquillizzarmi con il suo sguardo dolce. A lui non interessava
la sua malattia ma il suo unico cruccio era quello di vedermi felice come se questa fosse una continua lotta con se stesso. Io ti amo stronzo e niente e nessuno mi porterà via da te!.
 
« Ho paura », mugolai con angoscia, cercando di calibrare il tono della voce invano, torturandomi le mani così da distogliere l’attenzione da quegli occhi grigi e penetranti.
Sapeva esattamente cosa dire e cosa mi passasse per la testa, questa volta però sarebbe stato diverso. Non gli avrei permesso di leggermi dentro, questa volta avrei tenuto per me le mie paura così da non gravare ulteriormente sul peso che portava sul cuore. Alla fine l’amore è questo ‘‘amare il doppio e dividere in due le angosce’’
 
«lo so »
 
Mi baciò la fronte premendo con forza le sue labbra su di me e solleticandomi con la sua barba ispida e incolta. Perché ci stava succedendo questo? Perché a noi? Avevo il presentimento che non mi stesse dicendo tutta la verità e che mi stesse nascondendo qualcosa, dopotutto dopo tutti questi anni avevo imparato a cogliere ogni sua minima sfaccettatura.
 
« Non voglio lasciare la nostra vita », soffiai ispirando il suo odore di dopobarba e abbassai il viso, appoggiandomi alla sua spalla e nascondendo il viso dalla vergogna, come se avessi detto una bugia e adesso mi sentissi colpevole.
Mi sentivo come una bambina egoista e in fin dei conti, io ero soltanto una bambina.
 
Non ero altro che una bambina cresciuta troppo in fretta e innamorata dell’idea dell’amore. Una bimba che aveva abbandonato se stessa, i suoi sogni, sposando  il suo professore di letteratura inglese all’ultimo anno di liceo, colpita da quell’amore proibito che non mi aveva lasciata scampo.
 
Avevo solo diciotto anni quando sposai Matthew Davis e ora a ventitré non era passato un giorno in cui mi ero pentita della scelta fatta allora, anche se era cambiato tutto, anche se ormai avevo cambiato me stessa. Perché adesso avevo così tanta paura di cambiare ancora?
 
Matt era la cosa migliore che mi fosse capitata nella vita e la paura di perderlo mi stava distruggendo dentro ma dovevo essere forte!
Non ero io malata di leucemia, cazzo!
 
« e dove andremo? Come riusciremo a ricostruire la nostra vita in una città sconosciuta? », lo guardai con occhi imploranti, sperando che avesse la risposta ad ogni mia domanda e che barricasse i miei dubbi con un semplice gesto della mano.
Lo avrei seguito anche in capo al mondo, in fin dei conti eravamo una sola cosa e non potevo trovare casa migliore se non nelle sue possenti braccia.
 
« Ho già pensato a tutto io », drizzò cambiando espressione e guardandomi con il suo sguardo illuminato e pieno di speranze « in ospedale ho incontrato un mio vecchio compagno di scuola e ho conosciuto suo figlio. E’ un tipo in gamba e non ha esitato ad offrirci asilo finché non ci saremo completamente sistemati. Che ne dici? ».
Cosa avrei potuto dire io? A NY non conoscevamo nessuno e in una situazione del genere sarebbe stata l’unica soluzione possibile.
L’idea di andare da uno sconosciuto per non so quanto tempo non mi entusiasmava ma per mio marito sarei andata a vivere anche sotto un ponte.
Abbozzai un sorriso, baciandolo sulla punta del naso
 « Quando sono con lei mi sento sempre a casa, Mr. Davis »
 

*




« un penny per i suoi pensieri, Mrs Davis », rivolsi lo sguardo verso Matthew notando il suo sguardo su di me, con un espressione preoccupata sul volto e un mezzo sorriso come se non volesse far trasparire la sua angoscia.
Abbozzai un sorriso anch’io per tranquillizzarlo e il mio sguardo finii sullo specchietto dell’auto che avevamo noleggiato.
Guardai la mia immagine riflessa, notando come il mio viso avesse assunto una nota pensierosa e inquieta. Non avevo detto una parola per tutto il tragitto, persa tra i miei pensieri e tra le ore che sembravano confondersi tra di loro.
 
 
Il tempo però non si era risparmiato del tutto e davanti quell’immagine riflessa, stentavo a riconoscermi.
Non scorgevo più una semplice ragazzina di ventitré anni ma una sconosciuta, una donna adulta dal viso stanco e spossato , duro come il marmo e con due borse sotto agli occhi che sembravano implorare asilo.
 
Non ricordavo forse che quel viso aveva affrontato cruenti battaglie per non soccombere nelle sue stesse lacrime nel fior della notte? Quello stesso viso che non sapeva a cosa andava incontro e a come sarebbe cambiata la nostra vita, trasferendoci nella Grande Mela.
Sapevamo solo che da quel momento in poi saremmo stati insieme dopo anni in cui la lontananza ci aveva logorato dentro, animando le mie notti in cui mio marito non passava al mio fianco per andare a curarsi in quella dannatissima clinica.
Nessuno avrebbe dovuto portare quel peso così grande da solo, lontano dagli affetti della propria famiglia.
Della mia non avevo notizie da un tempo che mi sembrava infinito, dal giorno in cui decisi di sposare un uomo più grande di quindici anni e con un vissuto tutto suo alle spalle.
 
«Arya?», ripeté con più impeto scuotendomi la mano. Gli sorrisi imbarazzata e la strinsi  con forza, portandola sul mio viso e baciandone le nocche. «Stavo pensando che ti amo», sussurrai infine facendolo sorridere.
 
«Siamo quasi arrivati. La casa di Jake non dovrebbe essere lontana. Tra l’aereo e la macchina dovrai essere sfinita»
«Si chiama Jake il tuo amico? »
Erano ore che non vedevamo altro che alberi e una fitta vegetazione scorrere davanti ai nostri occhi come se potesse continuare fino all’orizzonte e finalmente, quando svoltammo l’angolo, ci ritrovammo davanti ad un enorme cancello grigio metallizzato, con due lucette rosse che si illuminarono qualche secondo dopo il nostro arrivo, accompagnato da un rumore assordante che mi costrinse a tapparmi le orecchie.
Quando entrammo mi resi conto che il paradiso non si trovava solo sopra le nuvole ma davanti a noi si proiettò un enorme villetta in grande stile, contornata da uno splendido giardino fiorito e una piscina  dall’acqua limpida e trasparente che mi richiamava a gran voce.
La casa era suddivisa in due piani, completamente rivestita in pietra antica e con un enorme vetrata che lasciava intravedere frammenti dell’arredamento interno.
Non credevo che mio marito conoscesse uomini in grande stile!
 
Matt aveva il volto più meravigliato di me o forse ero io a non rilevare il mio grado di sconvolgimento emotivo.
Posteggiammo dinnanzi alla distesa di rose rosse e lui uscì dalla macchina, prendendo i bagagli dall’auto e dirigendosi verso il portone principale di legno scuro e con  una testa di leone al posto del pomello. Originale!
Scesi anch’io, intenta a guardarmi intorno e ad ammirare lo splendido panorama fiorito, estasiata e con lo sguardo sbalordito e ammaliato per la bellezza in cui ci eravamo ritrovati.
Notai solo in quel momento che Matt stava gesticolando animatamente e stava sicuramente parlando con quel che doveva essere il padrone di casa.
Avrei preferito buttarmi dentro quella piscina, sentendo i raggi del sole sulla mia pelle fin troppo chiara, godendomi il massaggio dei getti d’acqua sul mio corpo, ma purtroppo avrei dovuto aspettare ancora un po’.
 
Raggiunsi Matthew e gli sfiorai delicatamente la spalla, facendolo voltare e il suo viso si illuminò all’istante, seguito dai suoi bellissimi occhioni grigi.
Vederlo così pieno di vita mi rincuorava il cuore. Era bellissimo, sotto il sole lucente ad illuminargli il volto e il suo sorriso che sembrava brillare di luce propria.
 

… Spostai lo sguardo e fu li che lo vidi …





Salve a tutti!
Sono qui dopo quasi un anno con una nuova storia tra le dita e una nuova sfida con me stessa dopo tanto tempo in cui sono stata lontana dalla tastiera.
Ringrazio coloro che hanno speso il loro tempo per leggermi e vi garantisco di averci messo l’anima e tutta me stessa in questa storia e vi garantisco che ne vedremo delle belle! ^_^
Abbiamo conosciuto i personaggi e già una nuova ombra sta apparendo dall’oscurità per insidiarsi nelle vite dei nostri personaggi! Chi sarà? Il prossimo aggiornamento sarà il : 7 settembre
Quindi alla prossima e grazie per il vostro tempo!
Aishia

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Destino ***


Image and video hosting by TinyPic


Dei grandi occhi scuri mi fissavano con insistenza e perseveranza, illuminati dalla luce soffusa del sole che stava già tramontando alle nostre spalle, dietro una fitta coltre di alberi alti e scuri, guardandomi come nessuno aveva mai fatto prima d’allora, con un intensità che mi lascio inerme e senza fiato mentre io rimasi così, interdetta , sentendomi improvvisamente nuda e spogliata di me stessa di fronte a quell’essere dall’aria maestosa, paragonabile ad una creatura mitologica, un adone, dall’aspetto alto e solenne.                                                                                                                     
… Non avevo mai visto una persona come lui …
Il suo viso sembrava scolpito e modellato con il marmo, curato nei minimi dettagli e i suoi lineamenti erano perfettamente proporzionati tra loro sul viso pallido e cereo. Una sottile e seducente bocca mi elargii un sorriso così sexy da farmi tremare le ginocchia, contornata da un piccolo accenno di barba che gli conferiva un aria matura ed elegante. Indossava una camicia di flanella di un blu chiaro, con il primo bottone slacciato che lasciava intravedere il  petto abbronzato e dei pantaloni di lino neri gli fasciavano perfettamente i fianchi, come se fossero stati realizzati apposta per lui. Tra le mani muscolose stringeva un calice di cristallo che condusse delicatamente alle labbra rosee, degustando il liquido rossastro e dall’odore forte, sorseggiandolo flebilmente come a valutarne la qualità, per poi mandarlo giù in modo avido e famelico. Lo guardai estasiata e incantata da quei suoi movimenti talmente coordinati e composti  come se quell’uomo avesse pienamente consapevolezza di sé. 
Troppo bellezza per una persona sola era legale?       
La carnagione pallida e cerea dava l’impressione che dentro le sue vene non circolasse nemmeno una goccia di sangue o forse era il mio cuore che aveva smesso improvvisamente di fronte a quello sguardo talmente penetrante, da oltrepassarmi da parte a parte.
Chi era quell’uomo?
Abbassai lo sguardo accorgendomi di sorridere senza nemmeno accorgermene, torturandomi l’anello che tenevo al dito e che mi legava a mio marito ormai da tanto tempo, sentendomi a disagio quando Matt mi avvolse le spalle con la sua mano grande, avvicinandomi a sé per fare le giuste presentazioni, credo.
Non mi ero mai sentita talmente fuori posto in vita mia.
« Arya ti presento Jake Anderson. Jake lei è mia moglie, Aryanna Davis », l’essere soprannaturale riprese vita, porgendomi la sua mano nell’attesa che la stringessi, in silenzio e senza pronunciare una singola parola, continuandomi a fissare con il suo sguardo attento e scrutatore, lasciandomi senza fiato.
Forza Arya! Asciugati la bava alla bocca e stringi quella maledetta mano! 
La sua mano calda era in contrasto con la mia che sembrava invece una lastra di ghiaccio che si sciolse al solo contatto con le sue dita muscolose. Non so cosa mi colpii di quell’uomo, forse i grandi occhi scuri e inquietanti oppure il viso che sembrava semplicemente una placca di marmo senza emozioni.
Come poteva  quell’uomo farmi un effetto del genere?
Mi morsi il labbro  e alzai lo sguardo, avvampando di colpo quando mi accorsi che mi stava guardando la bocca, con un sorriso sghembo in viso, compiaciuto dell’effetto che aveva su di me. Era così evidente?
«Ha una bella stretta di mano, Mrs. Davis» , proferì con voce calda e sensuale, facendomi avvampare nuovamente e ritrassi velocemente la mano cercando di riprendere il controllo delle mie facoltà mentali che in quel momento sembravano in viaggio verso le Hawaii.                                                                                                                 
 Il dio greco sorrise, riportandosi il bicchiere alle labbra e riprendendo a degustare la bevanda che inumidì le sue labbra sensuali, per poi spostare la sua attenzione da me a Matt, spostandosi leggermente per farci accomodare all’interno.
Questa non era una casa, questa sembrava la reggia di Versailles.
Entrammo in quello che doveva essere il soggiorno, grande il triplo del nostro e con un enorme camino in legno che scoppiettava allegramente all’estremità della stanza, rischiarando l’ambiente con il suo fervore. Di fronte vi erano due grandi divani, interamente rivestiti in pelle chiara, uno dei quali era posto dinnanzi a un televisore a schermo piatto degno di un vero e proprio cinema che si rispetti.
Rimasi estasiata di fronte a una gigantesca libreria, contenente libri di ogni genere, dalle ultime lettere di Jacopo Ortis a libri psicologici e giuridici. Sembravamo esser sbarcati in un sogno ma questa volta sembrava essere reale.
« Jack , come potremo mai ringraziarti?  », sussurrò Matt estasiato e con la mia stessa espressione sul viso. L’uomo ci rivolse un sorriso sghembo, per poi dirigersi compiaciuto verso la libreria, aprendo uno scaffale ed afferrando una bottiglia dello stesso liquido rossastro che stava sorseggiando lui pocanzi, porgendoci due bicchieri per brindare.   

« a questo incontro dettato dal destino »
*

 
Quella notte non riuscii a prendere sonno. Non so perché ma avevo continuamente davanti agli occhi quell’immagine perfetta e suggestiva che non mi dava pace e mi svegliai con la gola terribilmente secca.                       
Matt dormiva beatamente al mio fianco, con le guance rosee e la bocca socchiusa come se fosse ancora un bambino desideroso di amore e protezione.
Anche quando dormiva aveva il suo fascino, coperto dal lenzuolo fin sotto il petto dove facevano capolino quei suoi deliziosi peli sul petto che mi piacevano tanto. Era inutile, li trovavo sexy da morire e non avrei fatto altro che guardarlo dormire per ore e ore.                                                                                               
 Mi sollevai lentamente, guardandomi intorno e ammirando estasiata quella stanza enorme. Stavo comodamente adagiata su un letto a baldacchino di legno scuro e tarsiato con delle decorazioni corinzie,avvolta da delle lenzuola di seta e dal colore violaceo , come le  pareti di quella grande stanza che sembrava appartenere ad una contessa dell’ottocento. Discesi dal letto e cercando di non far rumore uscii dalla stanza, percorsi le scale che scricchiolarono leggermente ad ogni mio passo e mi diressi verso la cucina alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti e placare quel brontolio che emanava il mio stomaco e che sembrava non potersi calmare.
Di notte la casa scaturiva un effetto più suggestivo, con la luce della luna che penetrava da un piccolo spiffero della finestra e illuminava l’ambiente con la sua flebile luce soffusa. Accesi la lampada, posta sull’angolo cottura e aprii il frigorifero alla ricerca di qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti, prendendo poi una busta di latte scremato, richiudendo lo sportello con foga prima di fermarmi all’istante,avvertendo uno strano movimento alle mie spalle che mi mise in allerta.
Il mio cuore perse un battito quando vidi con la coda dell’occhio un ombra muoversi nell’oscurità verso la mia direzione. Non era frutto della mia immaginazione,era reale.                                                                             
In quel momento desiderai che fosse il mostro sotto al letto …   
Dall’oscurità più profonda apparve colui che non dava freno ai miei pensieri, colui che oltraggiava la mia mente con pensieri impuri e Jake si fece spazio tra le tenebre, illuminato dalla piccola luce soffusa della luna alle sue spalle, mostrando il dorso nudo e perfettamente scolpito da muscoli prorompenti e dei deliziosi peli sul petto che scendevano giù sino alla vita, fasciata da una tuta di un grigio scuro che scendevano giù per i suoi fianchi in modo semplicemente divino, lasciandomi scorgere una porzione di tatuaggio che mi sembrò la testa di un drago che sputava fuoco.
Indietreggiai, sbattendo le spalle contro la superficie fredda del muro che mi provocò degli scossoni lungo la spina dorsale, sentendomi improvvisamente il viso andare in fiamme sotto il suo sguardo attendo e penetrante.
«Scusa, non volevo spaventarti», mormorò avvicinandosi cauto come a valutare la mia reazione, con il viso ancora assonnato e i capelli scomposti dal sonno che sottolinearono la sua aria tormentata.
« non mi hai spaventata » , balbettai confusa, arrossendo di colpo  «vuoi? » ,chiesi tagliando corto e lui annuì semplicemente, sedendosi sullo sgabello adiacente al piano cottura e aspettandomi senza dire nemmeno una parola.
Presi due ciotole poste sullo sgocciolatoio e gli versai giù un po’ di latte, avvertendo il suo sguardo attento addosso perforarmi da parte a parte. Non potevo restare a letto?    
Ispirai profondamente, sentendo l’aria penetrarmi nei polmoni  e mi andai a sedere sullo sgabello al suo fianco, passandogli la tazza piena di latte e cercando di non prestare attenzione al suo non- abbigliamento e ai suoi addominali scolpiti che trasparivano sesso da ogni angolazione, accorgendomi solo adesso che io invece, indossavo semplicemente delle mutandine di pizzo bianco e una mini t-shirt trasparente che non lasciava di certo spazio all’immaginazione.
Tipo indossare un burka no vero?
Non riuscii a respirare. Sentivo come una morsa allo stomaco che mi attanagliava fino in fondo e non riuscii a bere nemmeno un sorso di latte.
Il suo sguardo addosso non mi aiutò per niente e in quel preciso momento decisi di affrontarlo, notando quando fosse bello il suo viso rischiarato dalla luce soffusa della luna che illuminava i suoi occhi che sembrarono brillare di luce propria.
Non riuscivo a distaccare lo sguardo dal suo viso perfetto, da quegli occhi e da quelle labbra così carnose che sembrava richiamassero le mie a gran voce.
 Mi sentii strana, come se fossi in combutta con me stessa, con il corpo in subbuglio, una fitta allo stomaco e le farfalle che svolazzavano allegramente dentro di me. Forse sono gli ormoni cara, perché non ti bevi dell’insetticida?
«Da quanto tempo siete sposati tu e Matthew?», sgranai gli occhi e lo guardai senza fiato, non aspettandomi una domanda così improvvisa e abbassai lo sguardo imbarazzata. Come faceva a essere così inflessibile? Il suo volto aveva sempre la stessa maschera, la stessa espressione composta e rigorosa come se fosse una perfetta statua di marmo. I suoi occhi non trasmettevano nulla, solo il vuoto e in quel momento mi assalii l’angosciante paura di potermi perdere in quell’abisso se non avessi trovato la forza di rimanere a galla.
« sei anni », finalmente notai una nota di stupore nel suo sguardo e annuì pensieroso, storcendo le labbra e continuando il suo gioco di sguardi su di me. Sembrava una gara a chi si lasciasse andare prima e io non dovevo di certo perdere la partita. Purtroppo però, era lui ad avere il coltello dalla parte del manico e mi trafisse con la punta.
« e quando vi siete conosciuti? »
«è una lunga storia», tagliai corto, guardandomi le dite e giocando con l’anello già abbastanza torturato. Lo sentì sorridere e bevve una sorsata di latte per poi  riposare la ciotola sul bancone
« Ho tutto il tempo del mondo»
Lo guardai, aprendo la bocca per poi richiuderla poco dopo. Perché avrei dovuto raccontare la storia della mia vita ad un perfetto sconosciuto? Mi sorrise, scoprendo i denti perfettamente bianchi e dritti e i miei occhi si illuminarono. Era così bello quando sorrideva.
Abbassai lo sguardo, arrossendo di colpo e cercando di trovare lo spunto per iniziare a raccontare. Davvero?
« Beh, incontrai Matt al liceo, quando non ero altro che una semplice studentessa innamorata del suo professore di letteratura inglese. Fu un amore che ci colse all’improvviso, un fulmine al ciel sereno e da allora non ci siamo più lasciati. Ci sposammo quando venimmo a scoprire della sua malattia con cui ancora oggi lottiamo a denti stretti. Fu un vero trauma e la paura di perderlo mi portò alla convinzione di voler rimanere al suo fianco per tutta la vita, lottare insieme per un obbiettivo comune. Questo però mi costrinse a rinunciare a tutto, alla mia vecchia vita e alla mia famiglia che non accettarono questa mia decisione. Guardandomi adesso capisco di essere stata solo un egoista», perché gli stavo raccontando questo?    Perché stavo dicendo a quest’uomo cose che non avevo rivelato nemmeno a me stessa?                                              
Avevo sempre cercato di cancellare questa parte della mia vita e adesso la stavo riportando a galla con una veemenza che mi spaventò. Mi morsi la lingua e mi bloccai di colpo.
« non ti appoggiarono? »
 sorrisi di malavoglia ricordando con angoscia quel tunnel che sembrava non avere fine.
 «… mi chiesero di scegliere …»
 « e tu scegliesti Matthew»
Sorrisi non sapendo nemmeno il motivo. Sapevo solo che quelle lacrime che mi velarono gli occhi non erano casuali, quel peso sul cuore aveva un senso ben preciso e forse gli stavo raccontando la mia vita perché avevo il disperato bisogno di sfogare tutto quello che celavo dentro da troppo a lungo e che da troppo tempo mi offuscava il cuore. Forse perché quel Jake stava passando il mio stesso inferno per via della malattia di suo padre e anche lui, come me, aveva un disperato bisogno di sentirsi dire che sarebbe andato tutto bene, che anche se la vita è difficile amare è più facile.
Quegli occhi così grandi e dall’aria tormentata sembravano cercare qualcuno che li potesse salvare da un oblio senza fine o qualcuno con cui condividere il suo stesso destino.
Mannaggia  a me e alla sindrome di croce rossina.
Finii il latte in un sorso e mi sollevai, posando la tazzina dentro il lavello e spostando lo sguardo verso l’orologio a cucù sopra il frigorifero, che indicava esattamente le tre e mezza del mattino.
Il tempo scorreva velocemente sulle nostre dita anche se mi sembrò che si fosse fermato del tutto.
Forse era meglio ritornare nel mio letto e sfuggire a quello sguardo indagatore, almeno prima che Matt si potesse accorgere della mia assenza.
Lavai la tazza velocemente e mi voltai verso Jack, abbassando lo sguardo quando mi accorsi che il suo vagava sul mio corpo già in fibrillazione.
« Buonanotte, Jake», pronunciai in un sussurro, allontanandomi dalla cucina, senza voltarmi indietro.
 Una strana morsa mi premeva lo stomaco, non lasciandomi respirare. Era come se avesse la sensazione che mi mancasse qualcosa, un senso d’incompletezza che non mi lasciava respirare. Più mi allontanavo da lui più questo magone aumentava.   
Salii le scale velocemente come se avessi il diavolo alle costole, dirigendomi a passo spedito verso la mia camera da letto, verso la salvezza da quell’uomo che mi aveva mandato il cervello in tilt. Come potevo solo pensare ad un uomo che non fosse Matt?
Ripugnavo me stessa per i pensieri impuri che passavano nella mia mente, che offuscavano il mio cuore.
Sfiorai la maniglia della porta e feci per entrare, prima che qualcosa mi afferrasse violentemente per un braccio, spingendomi contro la superficie fredda del muro e impedendomi di muovere anche un minimo muscolo.
Il cuore mi arrivò in gola quando mi ritrovai il viso di Jack ad un soffio dal mio, con il respiro a solleticarmi  le gote accaldate e il suo sguardo a inchiodarmi come la morsa letale di un serpente.
Ti prego,stammi lontana! Io sto cercando di farlo …
Ispirai quel profumo che mi riempii i polmoni, socchiudendo gli occhi quando avvertii il suo corpo premere con forza contro il mio e  il suo fiato aumentare ancora e ancora mentre io  smisi definitivamente di respirare.
Perché mi faceva un simile effetto?
Mi morsi le labbra che divennero improvvisamente secche e guardai fisso dentro gli abissi dei suoi occhi.
«Lo senti, vero?», sussurrò con voce strozzata, soffiando sul mio orecchio e guardandomi le labbra con un intensità che mi lasciò senza fiato.
Annuii, senza trovare la forza per respingerlo e senza la voglia di allontanarmi dal suo corpo caldo e ammirando la sua bellissima bocca socchiusa sulla mia, avvertendo quella voglia matta di assaggiarla e scorgerne il sapore.
Perché mi rendeva la vita così maledettamente difficile? Perché non mi lasciava in pace, io avevo bisogno che mi lasciasse vivere, di continuare a vivere nella mia senilità senza che qualcuno potesse sconvolgermi l’anima e soprattutto il cuore.
Lasciò la presa sulle mie mani quando notò le lacrime bagnarmi il viso e si allontanò flebilmente.
«Buonanotte, Jack», bisbigliai con il fiato corto, concedendomi l’ultimo sguardo a quell’angelo disceso dal cielo.
Avevo scoperto l’ottava meraviglia del mondo ma dovevo tenere questa grande scoperta per me. Non potevo urlare al mondo che ero rimasta incantata da Jake Anderson, un perfetto e totale sconosciuto.
Mi voltai quando lasciò andare definitivamente la mia presa e aprii la porta della mia camera rivolgendo un ultimo sguardo a quegli occhi che fino ad un attimo fa mi avevano inchiodata al muro, a quel petto e a quelle braccia che mi avevano tenuta stretta a sé, per poi richiuderla poco dopo, sbarrandola con la chiave.
Mi sentivo addosso ancora il suo profumo e cercai di tranquillizzare il mio cuore che sembrava un cavallo in corsa, finendo poi per perdere le forze e appoggiando le spalle contro la superficie fredda del muro  mi lasciai scivolare sul pavimento, portandomi entrambe le mani sulla testa
« lo sento, Jake»




Salve gente!
Come prima cosa vorrei scusarmi per il ritardo ma tra la connessione da schifo, il nuovo lavoro e tutto il resto,non ho potuto proprio aggiornare.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perchè ci ho messo molto impegno e cuore per scriverlo.
Al prossimo mese.



 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3217756