E’ solo un sogno ad occhi aperti

di Shadow_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***
Capitolo 6: *** Sei ***
Capitolo 7: *** Sette ***
Capitolo 8: *** Otto ***
Capitolo 9: *** Nove ***
Capitolo 10: *** Dieci ***



Capitolo 1
*** Uno ***


1.



 
 
Anno scolastico 2002/2003 Giorno 10 Settembre
 
Il primo giorno di scuola, ma non di una scuola qualunque, era un college di élite per giovani ricchi in età compresa tra i tredici e i ventun’ anni.
Nella sua storia vantava che mai uno studente povero vi avesse messo piede.
Il college romano trovava sede in un vecchio palazzo storico al centro di Roma. Villa Albani infatti era stata destinata ad altro uso dai proprietari che, volendo ristrutturare la costruzione, furono costretti a chiedere aiuto ai ricchi imprenditori e agli ereditieri.
Per loro desiderio la villa venne trasformata in una scuola dove i ricchi figli potessero ricevere la migliore educazione che il mondo aveva da offrire.
Tutto ciò era spiegato nel volantino istruttivo dell’istituto che mi avevano dato appena entrato nell’edificio, spiegava anche che dall’entrata principale sulla sinistra, il palazzo antico vi erano le aule dove si svolgevano le lezioni.
Nel piccolo edificio sulla destra c’era la palestra, in fondo ai magnifici giardini vi erano i dormitori degli studenti. Chi aveva “donato” la somma più alta spettava la stanza con la finestra che dava sui cortili. La costruzione centrale era l’area ristoro con annesse aule di svago e studio, tra cui la biblioteca , un bar e la sala di musica.
Vi era anche uno spazio per il custode e la sua famiglia dalla parte opposta dei dormitori.
Villa Albani restava comunque un luogo di storia e nel fine settimana era invaso di turisti curiosi di vedere come camminavano insieme la storia e il moderno. Noi studenti del primo anno fummo radunati in palestra per il discorso d’inizio anno. Salì sul palco una ragazzina con capelli ricci di un castano chiaro severamente legati in una treccia scomposta, la divisa sembrava starle grande ed era stropicciata in più punti.
La su voce suono composta e sicura per tutta la palestra  –Cari compagni, siamo giunti in questa scuola dopo molti sacrifici e difficoltà. Il test di ammissione era duro, ma siamo qui, in questa scuola dove costruiremo amicizie, scoveremo l’amore e alleanze per il futuro. Qui avremo la possibilità di essere noi stessi senza la pressione dei nostri genitori.  Qui metteremo radici, qui costruiremo il futuro!  Spero che, in questa scuola, passeremo gli anni migliori della nostra vita!- concluse la ragazza e con sottofondo di un caloroso applauso degli studenti, ella arrossì e sorridendo tornò a sedersi al suo posto.
Alla fine della cerimonia venimmo condotti dei dormitori. Il palazzo era del 1700 ed era magnifico nella sua magnificenza, le statue sotto ogni gigantesco arco sembravano osservarti, le colonne poi erano impressionanti sembrava di usurpare la casa di un Dio. Era stupefacente e terrificante allo stesso tempo.
La struttura era divisa in due dormitori, a destra le femmine e a sinistra i machi, ogni rappresentante di gruppo spiegava la storia di quel magnifico posto ma ero troppo preso ad osservare ciò che mi circondava che quando mi chiamò sobbalzai.–Aquila, Romano, Ferro e La Rosa, questa è la vostra stanza, sui vostri letti troverete il regolamento scolastico e le istruzione per eventuali bagagli-
La stanza era enorme e circolare, conteneva quatto letti a baldacchino intervallati da una finestra sotto cui vi stazionava una scrivania. Appoggiati al muro, affianco alle porte, vi erano due armadi a quatto ante e sotto di esse tre cassetti. Fantastico, pensai cominciando a riporre i miei abiti in un armadio.
–Aquila, non ti arraffare troppo spazio lo dobbiamo dividere in due- mi disse un acido La Rosa
-Non sapevo avessi il ciclo amico!- Ferro e Romano risero e La Rosa, rosso in viso dalla rabbia usci dalla stanza sbattendo la porta.
-Bella battuta! Io sono Flavio Ferro-
-Io Livio Romano- si aggiunse l’altro
-piacere di conoscervi, io sono Marco Aquila, credete che La Rosa mene vorrà male per sempre?-
-Tranquillo tempo dieci minuti e ad Alfio passa tutto- mi tranquillizzo Livio.

 

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Capitolo 2
*** Due ***


2.




 
 
 
Anno scolastico 2004/2005 Giorno 18 Settembre
 
-Ehi attento a dove metti i piedi bello!- la micetta che gli era venuta addosso era la stesse che al primo anno aveva dato il benvenuto ai nuovi arrivati, ma era la prima volta che incontravo davvero, nonostante frequentassimo le stessa scuola non ci incrociavamo mai.
-ma chi ti credi di essere ragazzina? Che modo è di parlare il tuo? I tuoi genitori non ti hanno insegnato l’educazione?- mi lanciò uno sguardo assassino tanto che credetti che il cuore mi facesse male davvero.
-scusami se non sono la principessa sul pisello, dolce, carina e coccolosa- trillò arrabbiata,
-Carina e coccolosa? Principessa? Ma ti sei vista allo specchio stamattina?- lei alzò un sopracciglio ringhiandomi 
–mi dispiace vostra maestà, cosa non gradite?- mi prese in giro ma non si era resa conto di avermi servito una portata che non potevo rifiutare
-sei schiatta e brutta, per di più vai in giro vestita come una monaca e quei capelli poi, li hai sempre in disordine!- Mi interruppi quando vidi che stava tremando e teneva la testa bassa –Non dirmi che ti stai per metterti a piangere- ricarai la dose. La mora alzò lo il viso di scatto e nei suoi occhi vi lessi un lampo di rabbia e un attimo dopo mi ritrovai il naso rotto.
-Mi hai dato un pugno!- dissi togliendomi il sangue dal naso, che inesorabilmente, scendeva copiosamente dalle narici offese  a macchiarmi la divisa.
Lei si avvicinò e io feci un passo indietro, lei ghigno malefica, mi afferrò per la cravatta e avvicinò il mio viso al suo e per un microscopico secondo pensai che non era poi così brutta, ma fu solo un attimo, la sua voce mi arrivo calda e calma –Ricordati il mio nome Flavia Serena Luciani, se vuoi insultare qualcuno abbi almeno la decenza di conoscere il suo nome!- mi spinse via, si voltò e a passo di marcia spari dietro il primo angolo.
 
 
Non dissi nulla all’infermiera che si accingeva a sistemarmi il naso, mi vergognavo troppo, che figura avrei fatto se gli avessi detto che una ragazza mi aveva dato un pugno? Insomma ho quattordici anni ed essere picchiati da una ragazza non è una cosa da raccontare a tutti.
Per fortuna l’infermiera fece finta di credere alla mia storia – ho sbattuto alla porta del bagno mentre si chiudeva- era una scusa banale e altrettanto imbarazzante ma mi era venuta solo quella in mente.
Tornato in aula la professoressa Brignani mi guardò con occhio critico e assottiglio le labbra come se fosse indignata della presenza del mio naso gonfio, ma non disse nulla e cominciò la sua lezione di filosofia. Ovviamente i miei amici non persero tempo e cominciarono a spedirmi bigliettini per sapere cosa fosse successo e mi prendevano in giro per il mio “bell’aspetto” di questa mattina.
-Aquila, Ferro, Romano e La Rosa se non avete intenzione di seguire la lezione uscite di qui!- tuonò la professoressa, in un unico coro rispondemmo un scusi e cominciammo a seguire la lezione seriamente o almeno io, perché quell’altri tre dei miei amici se la ridevano sotto i baffi.
 
A pranzo mentre ci dirigevamo al refettorio tutti mi guardavano curiosi, le ragazze poi ridevano di me! Se quella stronza di Luciani sene è andata in giro a dire a tutti quello che era successo gliela avrei fatta pagare in qualche modo.
Una ragazzina bionda mi si parò davanti, era più bassa di me e ci impiegai diversi secondi per accorgermi che mi stava scrutando con un suoi occhi castani iniettati di curiosità e sdegno, la sua voce stridula mi fece venire la pelle d’oca.
-Sono Elisa Corso rappresentante dei ragazzi del terzo anno. Chi ti ha conciato così dovrebbe avere la sua giusta punizione, possiamo sapere chi è stato?- Ovviamente tutti gli occhi degli studenti erano fissi su di me e con fare spavaldo le risposi in un orecchio così che solo lei potesse sentirmi –La tua faccia mi ha fatto questo- ridendo la superai ed entrai in mensa.
Livio, Flavio e Alfio mi raggiunsero al nostro solito tavolo –Marco che cosa hai detto alla Corso poco fa? Era tutta rossa!- mi chiese Alfio mentre si sedeva –Nulla di chè- dissi non curante dello sguardo curioso dei ragazzi
-forza dicci che cosa ti è successo al naso!- trillò curioso Livio –Peggio di una femmina!- lo prese in giro Flavio.
Gli raccontai tutto quello che era successo con Luciani, ovviamente loro scoppiarono a ridere ed esplosero in commenti positivi verso la mora.
-ma che dite! Lei non è forte, ne carina ne tantomeno gentile!-
-Ah amico mio, sei arrabbiato perché non è cotta di te?-
-ma che dici Alfio io non piaccio a nessuna-
-Si come no! La Corso ha fondato un fan club e conta ben quindici inscritte!- ne rimasi scioccato!
 
 
Qualche ora più tardi mentre rientravo nei dormitori la Luciani mi si parò davanti mi affetto la faccia –Che cazzo fai?- dissi, più per lo spavento che per altro –Tranquillo non ti mordo!- mi rispose sempre guardandomi il naso –No che non mordi lanci pugni e io ci tengo al mio naso!-
Non mi rispose così afferrai le sue mai e le scostai dal mio viso –Che vuoi Luciani? Sei venuta per osservare il tuo capolavoro?-
-N
o, volevo scusarmi per la mia eccessiva reazione- ne rimasi sorpreso ma ero troppo arrabbiato per farla contenta accettando le sue scuse
-Sparisci testa a broccolo, non voglio le tue stupide scuse!- lei sospirò e mi parve anche un po’ dispiaciuta, poi abbassò lo sguardo e lo puntò verso il basso –vuoi davvero che mene vada?- mi chiese lei rialzando il viso e puntando i suoi occhi nei miei
-Certo!-
-allora lasciami.-
-Non ti sto trattenendo-
-Tu no, ma le t
ue mani si-
Abbassai lo sguardo e mi accorsi della figura di merda che stavo facendo. Le avevo detto di andarsene eppure le mie mani stringevano ancora le sue. La lasciai andare e senza salutare entrai nel dormitorio maschile senza più voltarmi indietro.

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Capitolo 3
*** Tre ***


3.


 
 
Anno Scolastico 2006/2007 giorno 22 Dicembre
 
Non era possibile! Nella stessa classe no! Dopo tutto quello che avevo fatto per allontanarla, sfottendola per i suoi capelli, per la divisa e per quel sorriso! La odiavo con tutto me stesso, per colpa sua mio padre e mia madre si lamentavano in continuazione perché lei era più brava di me e secondo i miei genitori ciò era inammissibile che una plebea, l’avevo scoperto l’estate scorsa, potesse essere più brava del loro bambino! Mi avevano fatto seguire da un’insegnante per tutta l’estate! Scommetto che lei quell’estate l’avesse passata divertendosi invece che a sudare sui libri!
Ed eccola che entrava in refettorio con la solita divisa più grande di una taglia, quando la sfottevo lei ripeteva che era per comodità, ma sono più che convito che sotto quel maglione largo vi sia un manico di scopa! Guardatela come sorride alla sue amiche! Dio la detesto!
-ehi amico stai digrignando i denti!- commento La Rosa –Non è vero Alfio, non lo sto facendo-
Intanto Ferro si era avvicinato dove stava pranzando la strega, li vidi scambiarsi poche parole e lei lo salutò sorridendo. Certo che quando sorrideva era davvero carina. Ma che vado a pensare!
-Da quando Flavio si interessa a Luciani?- chiese Romano gli risposi con un grugnito.
Che avranno da scambiarsi quei due? Perché lei gli aveva sorriso? Lei non sorrideva mai ai ragazzi!
-Marco sembri piuttosto concentrato sulla nuova capo gruppo, vuoi dirci che cosa è cambiato?- sbuffai innervosito, Flavia Serena Luciani, un incubo di donna, con la lingua biforcuta e velenosa come un serpente a sonagli. Non gli si poteva rivolgere la parola che subito ti mangiava, o almeno a me, gli altri invece li riempiva di sorrisi, la sentivo ridere spesso con le sue amiche e chi le chiedeva un aiuto di qualsiasi genere era sempre disponibile. Avevo anche sentito dire che era coraggiosa e leale ma non sapevo cosa avesse fatto per conquistarsi il titolo di regina della scuola, neanche fossimo ad un ballo!
-Non è successo nulla, semplicemente non la sopporto!- risposi –Dovresti saperlo Livio, non la sopporto proprio- tornai a guardarla e la trovai al portone d’ingresso così mi alzo per raggiungerla  –Allora Luciani stai uscendo con Ferro per caso?- le sue amiche cominciarono a confabulare, le solite oche la cui unica preoccupazione era sapere sempre qualche nuovo pettegolezzo.
Flavia si girò contrita verso di me e mi lanciò uno sguardo di sfida –E se anche fosse, tu che centri?- Colpito e affondato, infatti io che centro? Perché l’ho chiesto? E senza pensare dissi la cosa più stupida che potessi dire –Sai, non vorrei che il mio amico si insudiciasse con una plebea!- gli occhi di lei si sgranarono e prima di poter trovare un modo per scusarmi o ritrattare la frase appena pronunciata lei mi tirò un ceffone che lascio il segno, non solo sulla mia guancia. Luciani si volse ed usci dal refettorio, ormai vuoto, a passo di carica. Mi accasciai su una sedia e mi diedi del coglione sperando di non averla fatta piangere.
Nei giorni seguenti vidi quelle che dovevano essere le sue amiche scansarsi al suo passaggio, alzarsi dal tavolo lasciandola sola. Nessuno voleva fare più nulla con lei, la evitavano come se avesse avuto una malattia contagiosa. Le rivolgevano la parola solo se ne erano costretti. Lei fiera e dritta camminava per la scuola a testa alta a dimostrare che lei aveva lo stesso loro diritto di studiare in quella scuola.
 
 
 
 
14 Maggio 2006
 
 Quel sabato ricevetti la visita di mia madre, nonostante gli anni passassero lei rimaneva sempre uguale, rimirandomi in uno specchio dell’aula incontri potei notare le somiglianze, i capelli ricci e neri, gli occhi leggermente a mandorla di un nero intenso, le labbra sottili e la curva morbida della mascella. Da mio padre avevo ereditato l’altezza, le orecchie -come mi ripeteva sempre mia madre- e il naso aquilino.
-Madre- la salutai abbracciandola e donandole un bacio leggero su una guancia –Come stai?-
-Molto bene Marco, ma non sono qui per questi convenevoli, sono qui per chiederti di Luciani-
Che cosa?
-Vedi suo padre ha fatto fortuna come architetto e vorremmo entrare in rapporti lavorativi favorevoli ma fino ad ora ha sempre rifiutato senza darci una motivazione. So che conosci sua figlia Flavia Serena, dimmi, in che rapporti siete?-
-Pessimi madre, ci odiamo-
-Oh. Questo è un problema, se avesse raccontato ciò a suo padre sarebbe il motivo del suo rifiuto-
-cosa vuoi da me mamma? Non posso farci nulla! È un insopportabile secchiona, arrogante, testarda come un mulo, saccente, dispettosa con una lingua velenosa!- non riuscii a trattenermi
-l’hai almeno assaggiata questa lingua?-
-Mamma!- strillai sdegnato, ma come le veniva in mente di parlare di queste cose con un figlio che era nel pieno della pubertà, va bene che avevo compiuto sedici anni ma non esageriamo!
Mia madre rise di gusto –Non ti sto chiedendo molto, voglio solo che tu abbia un buon rapporto con lei. Non dico che devi esserle amico ma almeno non esserle di peso- così concordi la salutai.
 
La mattina seguente di Flavia non c’era traccia, le ragazze in refettorio stavano parlando male di lei in un modo che mai mi sarei aspettato
-Hai sentito l’ultima?-
-No cosa?-
-Si dice che Flavia si andata a letto con Flavio Ferro!- segui uno scoppio di risatine e poi commenti acidi che mi lasciarono basito. In confronto la Luciani era una signora!
Vagando la trovai in biblioteca seduta su un tavolo a gambe incrociate, leggeva un libro concentrata.
Al suo fianco teneva un quaderno dove, di tanto in tanto, appuntava qualcosa. Indossava una camicetta rosa pallido, un paio di jeans stretti e delle ballerine nere. I capelli erano stretti in un severo chignon di cui una ciocca antipatica gli cadeva puntualmente sugli occhi. Rimasi a fissarla, forse per un minuto o più, poi lei alzò la testa e vedendomi nei suoi occhi vidi sorpresa e delusione. Aspettava qualcuno forse? Chi? Flavio?
-Che vuoi Aquila? Sto studiando-
-Vedo, ma stai violando la regola 27 del regolamento scolastico- sbuffò e scese dal tavolo
-Altro?- mi chiese indifferente mentre si sedeva composta su una sedia –Si. Ho saputo che tuo padre è ricco congratulazioni!- forse non avrei dovuto dirlo.
Si era alzata di scatto, la sedia era caduta in terra con un tonfo assordante paragonato al silenzio della biblioteca, mi guardava con occhi fiammeggianti di rabbia e delusione. Delusione per chi?
-Voi stupidi ricchi!- strillò offesa –non fate altro che pensare al denaro, finché non sapevate della mia situazione monetaria eravate tutti amici, poi mi hanno allontanato perché ero povera! Io almeno posso vantare di avere ottenuto la borsa di studio con le mie sole forze mentre la maggior parte di voi si è comprato l’ammissione! Io… Io.. IO ODIO TUTTI, ANCHE QUEL COGLIONE DI FLAVIO CHE MI HA LIQUIDATO CON “LA MIA FAMIGLIA NON ACCETTEREBBE UNA NOSTRA EVENTUALE RELAZIONE” MA CHI TI HA CHIESTO NULLA!-strillò con quanto fiato aveva in gola, strillò la rabbia, la frustrazione, la delusione e pianse e io feci l’unica  cosa che mi sembrava sensata in quel momento. La raggiunsi in dieci passi e l’abbracciai, lei rimase rigida per i primi venti secondi, poi si rilassò, contraccambiò l’abbraccio e nascondendo il viso sul mio petto sfogò quei sentimenti dolorosi.
Non sopportavo vederla distrutta e fragile quando avevo visto l’orgoglio, la fierezza, il coraggio e il sorriso come la testardaggine, la saccenza e la violenza di quel pugno del terzo anno.
Restammo abbracciati per diversi minuti quando cercai di allontanarmi da quel corpo, lei si strinse di più al mio nascondendo il viso sul mio petto. Sospirando la tenni stretta a me ancora un po’ prima di rendermi conto dell’effetto che lei mi faceva. Insomma sono un ragazzo con tutti gli ormoni al posto giusto e il fatto che fossi più alto di lei di diedi centimetri non aiutava. Riuscivo a seguire la linea del collo, della schiena fino giù ai glutei e che glutei! Diamine! L’afferrai per le spalle e l’allontanai, era sorpresa e un po’ spaesata. Passandomi una mano tra i capelli un po’ imbarazzato cercai di guadagnare la porta ma qualcosa mi trattenne, la sua mano sulla mia. Era calda e un po’ sudata, lei la tolse subito –Marco ti prego, non dire nulla di quello che è accaduto-
Digrignai i denti, in un primo momento credetti di sognare non mi aveva mai chiamato per nome, ma l’ultima parte mi aveva riportato alla realtà. Non saremo mai stai amici, mamma rinunciaci è impossibile, pensai mesto. –Tranquilla non dirò di quanto tu abbia pianto- lei mi guardò sorpresa, alzò un sopracciglio –non intendevo questo- mi disse un po’ imbarazzata per l’equivoco –intendevo di papà, non dire a nessuno che ha fatto fortuna-
-perché?-
-se gli altri ti sono amici solo per il denaro, beh possono tenersi la loro amicizia e simpatia. Non si meritano nulla quelle stupide oche giulive!-
Sorridendo le accarezzai la testa –A una condizione-
-Quale?-
-Mangerai con me-
 
 
7 Giugno 2007

I giorni passarono più o meno sempre uguali: colazione, pranzo e cena con Luciani, Romano e La Rosa, compiti, interrogazioni, litigi con Luciani per poi ritrovarsi allo stesso tavolo a consumare il pasto. Eravamo quasi alla fine della scuola e sul quotidiano spunta una notizia che sperai invano che Luciani non leggesse mai. Quanto mi sbagliavo, la sua ex-amica, Ambrosoli le lanciò il giornale ghignando malefica –Luciani il tuo paparino è stato beccato con una modella francese- un’altra prese voce –ho sentito che è molto ricca- Ambrosoli approfittò del silenzio per la scoccata finale –Sicuramente se la sbatte per quello, ma lei è così bella, perché sta con uno così..-
SBAM
Luciani aveva servito sulla faccia di Ambrosoli il suo potente schiaffo, che il ricordo di quello riservato a me mi fa ancora male la guancia, l’eco risuonò nel silenzio del refettorio –non osare mai più parlare di mio padre lurida stronza! Tu non sai nulla di noi ma io so tutto di voi!- con un solo sguardo li guardò dalla testa ai piedi schifata –pensate prima alle vostre famiglie che alla mia!-
-Cosa stai insinuando plebea?- mi alzai e la raggiunsi mettendomi al suo fianco e prima che potessi dire o fare qualcosa arrivò la risposta della mora – Dovresti chiedere a tua madre dove va ogni fine settimana invece di venire a trovarti- Ambrosoli era esterrefatta e come tutti gli altri un po’ spaventati. Le afferrai un braccio e la trascinai in biblioteca, deserta a quell’ora di pranzo, mi voltai e lessi sul suo viso la preoccupazione, e di cosa poi?
-che c’è? Le hai rimesse tutte al loro posto, ora non ti daranno più noie-
-Sbagli Marco, non avrei dovuto dirlo, melo aveva confidato e l’ho usato per ferirla! Sono un mostro!- si mise le mani tra i capelli preoccupatissima. Dolcemente, almeno ci provai, liberai i capelli dalla sua presa ferrea
-Luciani. Va tutto bene. Eri all’esasperazione. L’avrei fatto anche io se avesse offeso mia madre o mio padre. Quindi calmati.- la riccia riprese a respirare correttamente poi mi guardò infastidita quindi le lasciai le mani di scatto come se scottassero –Che c’è ora?-
-Mi chiami sempre Luciani, ho un nome lo sai vero?-
-So come ti chiami ho un pugno a ricordarmelo!- cercai di sdrammatizzare ma lei rimase seria –ok ti chiami Flavia Serena però..- mi sorrise e non capii il motivo, era un sorriso dolce che non le avevo mai visto e il fatto che lo rivolgesse proprio a me mi confondeva, arrossi dall’imbarazzo e cercai di nasconderlo guardando da un’altra parte.
-Serena, per te solo Serena- aspetta un attimo! Riportai lo sguardo su di lei aveva ancora quel sorriso. Che mi sono perso? Mi guarda in modo strano, troppo strano. Nessuno mi ha mai guardato così. Meglio allontanarsi, sento che è sbagliato.
-Andiamo a preparare le valigie, domani si torna a casa!- mi alzai e senza aspettarla tornai in camera mia.
 

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Capitolo 4
*** Quattro ***


4.






 
 
 
Anno Scolastico 2007/2008 Giorno 10 Settembre
 
-Marco!- quella voce per me era riconoscibile anche a milioni di chilometri, sovrastava il rumore del chiacchiericcio dei ragazzi che entravano a scuola. Serena mi raggiunse velocemente districandosi tra la folla di studenti, durante quell’estate eravamo cresciuti e il nostro aspetto era cambiato ma non solo quello. Ci eravamo sentiti per tutta l’estate, eravamo riusciti anche a vederci e la nostra amicizia si era consolidata, con grande gioia di mia madre. Serena indossava la sua solita divisa grigia ma, notai che era della sua taglia, come? Si vede perfettamente la curva dei seni e dei fianchi il che mi rendeva nervoso. Io più mi guardavo allo specchio e più mi sembrava di non cambiare mai, l’unica cosa davvero visibile era l’altezza, mi ero alzato di altri cinque centimetri e Serena, ovviamente lo notò e non perse occasione per prendermi in giro –Ehi gigante che aria tira li su?-
-Non fare la spiritosa! Ti sei alzata anche tu, la nostra differenza è rimasta di diedi centimetri- sbottai infastidito
-oh quanto siamo scorbutici che è successo?- si intromise Alfio, soffiai un “nulla” poco convincente, lanciai un occhiata a Serena e mi defilai nel dormitorio. Non andava bene, il piano di mamma cominciava ad avere delle falle, reagivo alla presenza di Serena non proprio positivamente anche Livio e Alfio sene erano accorti che qualcosa era cambiato ma non chiedevano, facevano solo battutine stupide e per il momento andava bene così.
Intanto Ferro si era allontanato dal gruppo definitivamente, si era fidanzato con Ambrosoli, ne era innamorato perso e dopo una lunga discussione in merito era finita con –Non intromettetevi! Voi non capite! Lasciatemi in pace e fatevi i cazzi vostri- eppure sembrava un ragazzo con la testa al posto giusto, ma l’amore nasconde i difetti, o almeno così mi avevano detto.
Quella sera a cena serpeggiava una certa agitazione.
Mi sedetti al solito tavolo e Serena mi sorrise entusiasta –Che succede?- chiesi un po’ imbarazzato. Non ero abituato a queste cose va bene?
-No ricordi? Quest’anno scegliamo il corso di preparazione all’università!- rispose un perplesso Alfio –Sei sicuro di stare bene? Non avevi detto di voler diventare un avvocato? Mi sembri toppo distratto per esserlo!- mi sfottè, io sorrisi e lo mandai a farsi fottere –Più tardi amico e non con te!- rise lui convinto di essere divertente.
-tu invece hai deciso di continuare a sbavare sulle ragazze? Se non stai attento scivoleranno ai tuoi piedi per colpa della bava!- ridemmo insieme. Notai che una ragazza dai capelli rossi e occhi celesti mi fissavano insistenti, io contraccambiai il suo sguardo e per un po’ restammo a fissarci. Era molto carina, era slanciata e i capelli lunghi le ricadevano dritti sulle spalle, incorniciando il suo viso pallido pieno di efelidi. Alla fine la ragazza si spostò sparendo dal mio campo visivo.
La voce di Livio risuonò vaga alle mie orecchie –La conosci?-
-No-
 
Qualche ora dopo incontrai mio padre nell’aula incontri.
Il fatto che avesse chiesto il permesso di vedermi il primo giorno di scuola mi metteva un’agitazione pazzesca. Se fosse successo qualcosa alla mamma?
-Ciao Marco, come vanno le cose a scuola?-
-Papà è il primo giorno, come pensi che vadano le cose? Sono sicuro che non sei qui per chiedermi della scuola-
-Hai ragione, si tratta di Luciani- No! Ancora? Che cavolo avevano di così importante i Luciani e perché mi creavano sempre problemi?
-Vedi, suo padre continua a rifiutarsi di collaborare con noi ad un progetto importante. Si tratta di una club per soli ricchi con tutti gli ambienti di svago e sale conferenze- alzai una mano per interromperlo.
-Davvero non capite perché il signor Luciani non intende partecipare ad un tale progetto? A me pare ovvio!- mi rivolse uno sguardo accigliato, non sapevo che mio padre fosse così ottuso! –è solo un ipotesi ma davvero pensi che un uomo che si è fatto da se potrebbe mai partecipare ad un progetto che mette in risalto il distacco sociale tra noi e loro? Oltretutto il fatto che lui sia diventato ricco è la prova che tutti lavorando sodo possono sfondare! Per non calcolare poi che Serena è più intelligente di tante altre ragazze che ho conosciuto e quelle le parlano dietro deridendola e schernendola convinte di essere migliori per pochi centesimi, che i loro genitori hanno guadagnato lavorando duramente!- ripensando alle mie parole non credevo che provassi un tale rispetto per Serena, dopo tutte quelle parole mi sentivo svuotato, stanco ma appagato. Mio padre però non era del mio stesso avviso.
-Ti sei innamorato di lei!-
-Sciocchezze!- risposi convito
-ci sei andato a letto allora!-
-Papà, tra noi non c’è nulla di tutto ciò!-
-AH! Hai detto NOI!- mi puntò il dito addosso. Sembrava un bambino che era riuscito a rubare le caramelle che la mamma aveva nascosto.
-Papà, non provo nulla in tal senso- dissi convito e sene convinse anche lui e dopo un breve attimo ricominciò a parlare più tranquillo
-Figliolo, noi saremo sempre superiori ai plebei, ricordatelo! E non ti immischiare mai a loro! Quindi allontana la ragazza e cercati qualche bella fanciulla del nostro rango-
È ufficiale, papà è uscito pazzo!
 
 
20 Settembre
 
Eravamo in classi diverse e lei aveva cominciato a stringere amicizie con i nuovi studenti del corso, i così detti esterni. Entrambi seguivamo il corso di legge e sicuramente ci saremmo ritrovati a stretto contatto prima o poi.
Nonostante mangiassimo sempre insieme notai che sempre più spesso qualcuno la invitava al loro tavolo, lei prima di rispondere mi guardava e poi declinava l’offerta. Mi chiedo se stesse ancora pensando alla promessa che mi aveva fatto anni fa. Mi sentii un cretino a pensarci, dovevo fare qualcosa in merito e una sera accade proprio qualcosa in mio favore.
Mentre mangiavamo si avvicinò un ragazzetto moro con grandi occhi castani, palestrato e alto poco più di Serena. Si sorrisero e in me schizzo qualcosa e quel qualcosa continuò a serpeggiare mentre li osservavo chiacchierare e ridere insieme.
Nei giorni seguenti notai che si cercavano e si sorridevano, che Serena si fosse innamorata? Impossibile! Dai come fa a piacerle un palestrato da strapazzo? Ma perché diavolo penso questo?
Cominciavano a irritarmi, afferrai il braccio di Serena, accostai le labbra al suo orecchio le sussurrai –visto che non siamo di tuo gradimento perché non raggiungi il tuo fidanzatino?-
-Non è vero che non siete di mio gradimento!- Non aveva smentito! Quell’idiota era davvero il suo ragazzo!
-ma davvero? Gli stai facendo gli occhi dolci da giorni, non sapevo fossi una facile Luciani- sottolineai malignamente il suo cognome, riportando la perfetta distanza che c’era tra noi dopo il pugno del terzo anno –Vattene, puoi considerarti libera dalla promessa- lei sgomenta mi rifilò una gomitata nello stomaco e mi sibilò cattiva
-io almeno posso vantare un certo effetto sui ragazzi, a te non ti si fila nessuna, ti sei chiesto perché? Azzardati a darmi nuovamente della facile, Aquila che ripeteremo l’episodio del nostro primo incontro- e io li risi forte –Io ho un fan club cocca- e lei concluse per me –che si è sciolto due anni fa!- furente si diresse al tavolo del moro e io guardandola andare via mi detti del deficiente.
-L’hai fatta arrabbiare amico!-
-Sta zitto Livio!-
 
I giorni passarono lenti e sempre uguali, da quando Luciani, si sono tornato a chiamarla per cognome, si era allontanata a causa mia la vedevo sempre, ovunque! Ogni giorno ero sempre più scorbutico e arrabbiato, lei mi passava a canto e mi ignorava ridendo con le sue nuove amiche o con il palestrato. Ovviamente Alfio e Livio mi avevano rimproverato e dato del coglione e ogni volta mi ripetevano la stessa cosa- parlaci, cazzo! Non ti si può più rivolgere la parola! Sei sempre nervoso e quando la vedi con gli altri rosichi a bestia!- Alfio corse a dar manforte a Livio – Livio ha ragione! La guardi sempre da lontano, credi che non mi sia accorto che la cerchi sempre?-
-Non è vero, io non la cerco e non sono arrabbiato!-
-senti Marco ma davvero sei così scemo? Si vede lontano un miglio che sei geloso di lei!-
-Io geloso?-
-Si geloso!- confermò Livio.
Alla fine queste discussioni finivano con me che scappavo via dalla stanza mandandoli tutti a quel paese. Io non sono geloso di lei e che mi da fastidio che mi ignori così palesemente! Vabbè che è colpa mia però..
-Scusa- mi voltai e davanti ai miei occhi apparse la rossa che in quei giorni mi seguiva sempre da lontano, l’avevo più volte notata, spesso mi passava davanti, si fermava e mi salutava con un sorriso a cui non rispondevo mai, troppo preso da Luciani che passava di li con il suo ragazzo.
-Dimmi- era la prima volta che mi rivolgeva la parola, che cosa potrebbe volere da me una ragazza così carina?
-Io sono Luisa Greco, piacere- mi allungò una mano e io la strinsi, era piccola, morbida e tiepida, sembrava che si fosse più volte strofinata le mani sulla gonna della divisa prima di stringerla alla mia.
-Marco Aquila, ti serve qualcosa?- Arriviamo al punto che se ci dilunghiamo qui fa notte.
-Ecco volevo solo chiederti se ti va di conoscerci un po’ meglio e magari cominciare ad uscire qualche volta- aspetta che? Mi sta chiedendo di uscire? A me? E perché? Fino ad ora tutte, a parte Luciani, mi avevano evitato. Le compagne di corso mi salutavano e chiacchieravamo qualche volta ma mai nessuna si era avvicinata in tal senso.
-Marco?-
-Ah si scusa mi sono distratto, comunque ok, va bene, domani è sabato ti va di fare una passeggiata in giardino?-
-oh, così, subito- era arrossita tutta, possibile che non si aspettasse questa risposta?
-se hai altri impegni non importa usciamo un altro giorno- mi affettai ad aggiungere per toglierla dall’imbarazzo
-no, non ho nessun impegno- mi sorrise solare, wow quando sorride è ancora più carina pensai affascinato –Domani va benissimo, ci vediamo alle tre davanti al dormitorio, ok?- accennai un si con la testa e lei tutta contenta sene andò via saltellando di felicità.
Sinceramente mi venne da ridere, deve essere una ragazza davvero simpatica.
L’indomani alle tre mi ritrovai davanti Luisa vestita con un bellissimo vestito bianco con piccoli fiorellini rosa e sandaletto con tacco, capelli acconciati in una treccia e trucco leggero. Io in confronto sembravo uno che alla ceca si era infilato un paio di jeans scuri con su la maglietta dei Subsonica che aveva visto tempi migliori per quanto la scritta era rovinata, ai piedi delle stupidissime scarpe da tennis bianche. Non sembravo per nulla ad un giovane figlio ricco. Grazie al cielo!
-Pronta?- allungai un braccio sperando che vi si attaccasse e soprattutto cercando di fare una buona impressione, fortunatamente lei mi sorrise e ridendo accettò l’invito e cinque secondi dopo mi teneva la mano, come se ci conoscessimo da una vita intera e quella fosse la cosa più normale del mondo. Non mi sentivo a disagio, il suo tocco non mi dava fastidio e non mi provocava malessere come spesso, quei pochi contatti che ho avuto con Luciani, mi provocavano, mi sentivo decisamente più rilassato e contento.
Camminammo lungo i giardini tra le basse siepi che formavano un unico intreccio di vie come un microscopico labirinto dove potevi trovare subito la via d’uscita.
-Cominciamo con le domande di rutine, ok?- rideva e come rideva subito mi si riscaldava il cuore, come il sole della primavera mi sorprendeva in una giornata grigia. –Cominciamo dal cosa ti piace fare nel tempo libero?-
-Troppo facile, ascoltare musica!-
-giusto, avevo notato la maglietta-
-Non gradisci?-
-oh non intendevo questo!- ridemmo insieme, mi veniva così facile ridere con lei! Continuando a passeggiare parlammo del più e del meno, delle lezioni, dei compagni di classe, perfino di Alfio e Livio, il che è tutto dire e il fatto che fosse curiosa di conoscerli lo era ancora di più.
Ci sedemmo su una panchina di marmo davanti a una statua, copia della donna senza braccia e Luisa scrutandola intensamente disse –Chi ha scolpito questa meraviglia, secondo te avrà amato questa donna? E lei avrà amato quest’artista che ha riportato nel marmo e nell’eternità le sue fattezze?- non ci avevo mai pensato, alcune statue venivano scolpite per gli dei, per gl’imperatori o per donne di una certa importanza ma non avevo mai guardato una statua in questo modo.
-Si, ne sono certo-
-Perché?- ora gli occhi azzurri fissi su di me mi fecero apparire un sorriso sul volto
-i sui occhi- Luisa si volse a guardare la statua –racchiudono la dolcezza, proprio come i tuoi-
L’ampio sorriso che mi colpì poi fu la scoccata finale. È possibile innamorarsi così? Subito, senza avvisare il cervello che il cuore ormai era perduto?
È bastato un pomeriggio e un sorriso, forse mi sono innamorato di lei dalla prima volta che ci siamo visti in refettorio.
Di pomeriggio piacevoli come quelli ne susseguirono molti altri, imparai a conoscere il lato un po’ pazzerello di questa ragazza fan sfegatata di Jovanotti, che saltava le lezioni per andare a qualche concerto o ritrovo di fan, sorrideva a tutti e con tutti si divertiva in egual misura. Non litigava con nessuno e se succedeva si chiariva subito senza remore successive. Luisa è fantastica, con lei non ti annoi mai, non è mai banale ed è sempre piena di energia. Poche volte, al dire il vero, solo una volta al mese, in coincidenza delle sue cose la vedevi frustata e moggia, ma solo il primo giorno perché quello seguente era tutto un bollore e pronta alla azione!
Spesso e volentieri ci fermavamo a chiacchierare tra una lezione e l’altra o pranzavamo insieme in giardino approfittando delle belle giornate, così scoprii che non aveva un buon rapporto con la Luciani e la mia reazione a sentirla nominare non fu delle migliori
-Non la sopporto! Quella ragazza è così indisponente e petulante! Come fa ad avere un ragazzo, anzi no un amico in classe non lo so davvero! Tutti che le chiedono consiglio, che la inneggiano solo perché è la prima della classe e rispetta sempre tutte le regole!- mandò giù un boccone di pasta e continuò lo sproloquio –Pensa che ha osato rimproverarmi per le mie assenze e per il fatto che mi fermo a chiacchierare con te! Ma che gliene importa a lei quello che facciamo noi eh? Marco?-
-Si dimmi-
-Stai bene? Hai una faccia scura! Scusa ti sto assillando con cose stupide- cambiò argomento repentinamente ma ormai il pensiero della Luciani che si arrabbiava con qualcuno perché passava del tempo con me, mi fece ribollire di rabbia, come cavolo si permetteva? Chi era lei per decidere con chi dovessi uscire? Mi scusai con Luisa e tornai in refettorio a cercare la stronza che ovviamente non c’era.
Raggiungi in un baleno la biblioteca e la trovai nella stessa posizione di diversi anni fa. Seduta a gambe incrociate sul tavolo, un gigantesco libro sulle gambe, un quaderno per gli appunti e i capelli stretti un severo chignon. Qualcosa nel mio stomaco si mosse ma io non riuscivo più a muovere un muscolo.
Per fortuna lei alzando la testa mi vide e lessi nel suo sguardo una certa sorpresa, restammo così, in bilico senza sapere cosa fare, poi lei tornò a guardare il suo libro e li ripensai alle parole di Luisa.
Mi avvicinai al tavolo e le chiusi il libro, mi guardò di un male che sentii un certo pizzicore dietro la nuca -Luciani! Che piacere parlarti!- sorrisi falsamente –ho saputo che nutri un certo interesse per me e le mie compagnie, mi chiedevo come mai visto che non siamo più amici- un lampò passò nei suoi occhi castani che non seppi decifrare, tristezza, amarezza, gelosia? Non lo saprò mai.
-Se ti riferisci a Luisa, sta tranquillo, lo facevo solo per lei, non per te! Come hai detto tu, perché dovrei preoccuparmi di qualcuno che non è mio amico?-
-ottima domanda Luciani, ora da una risposta, perché ti preoccupi per noi se non siamo tuoi amici?-
Eccola, per la prima volta vedo sul suo volto la maschera di cera che nasconde ogni emozione, quella che speravo non vederla mai nei miei confronti –Non volevo che una ragazza così dolce e solare si ferisse per uno stronzo come te Aquila, visto i nostri precedenti mi sentivo in dovere di avvertirla-
-quali precedenti? Io e te non stavamo insieme!-
-Vero, ma quando mi hai visto prendere confidenza con un altro sei andato su tutte le furie! Come un marito geloso!-
-Ma quale marito geloso! L’ho fatto perché rifiutavi sempre di sederti con altri quando questi t’invitavano al loro tavolo!-
-Cosa?-
-Si Luciani, vedevo che prima di rifiutare mi guardavi sempre così per scioglierti dalla promessa ho colto l’occasione quando è arrivato il tuo ragazzo, ho un po’ esagerato, l’ammetto, mi sono lasciato trascinare-
-Francesco, non è il mio ragazzo, non lo è mai stato! Potevi dirmelo in un modo diverso, invece di aggredirmi! Mi hai dato della facile solo perché facevo amicizia con un altro ragazzo che non fossi tu! Sei così egoista e ottuso che non avevi capito che, declinavo gl’inviti degli altri perché… perché.. – si zittì di botto e la cosa mi sorprese molto, lei non stava mai zitta.
-Perché?- stavo dritto davanti a lei a braccia conserte mantenendo lo sguardo arrabbiato, in fondo ero ancora arrabbiato con lei –che succede Luciani? Il gatto ti ha mangiato la lingua? Parla!-
-Non ha più importanza ormai. Torna da Luisa.- scese dal tavolo e si sedette sulla sedia riaprì il libro e continuò il suo studio. Io deciso a non andarmene e a ricalcare il punto mi ci sedetti difronte e rimasi a guardarla studiare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Cinque ***


5.






 

 

Con Luisa andava tutto alla grande, un pomeriggio tre mesi dopo la nostra prima uscita, ci scambiammo il nostro primo bacio che suggellò il nostro stare insieme. Da quel momento in poi eravamo una coppia ufficiale. Io? Sono al settimo cielo! La MIA ragazza. Sono così felice di poterla presentare come la mia ragazza!

Durante il cambio dell’ora ci incrociavamo e ci scambiavamo dei baci a fior di labbra e piccole carezze, non ero ancora pronto per le grandi effusioni in pubblico. Quelle erano tipiche di Alfio e io non volevo usurparne il trono!

Noi, ben nascosti, da occhi indiscreti ci scambiavamo baci e carezze appassionate. Le sue labbra sapevano di fragola e quando glielo dissi si mise a ridere e tirò fuori dalla tasca della gonna, un lucida labbra dicendomi –se ti piace tanto telo regalo!- scoppiammo a ridere come due bambini. Stavo così bene che non riuscivo a vedere oltre la cortina di “fiori” che mi provocava questa relazione. Livio mi fece notare che io e Luisa eravamo fonte di grande pettegolezzo tra le ragazze e che spesso la Luciani rimproverava chiunque avesse pronunciato qualcosa su di noi.

Ne parlai con Luisa e lei mi disse che sapeva tutto –Si beh, Flavia è una persona molto corretta e detesta questo tipo di atteggiamento. Una volta stavo per rimproverare due ragazze che stavano insinuando cose poco carine su di noi, anzi su di me, ma Flavia mi ha battuto sul tempo. Avresti dovuto vedere! Aveva le mani sui fianchi, i capelli ricci erano gonfi che sembrava la criniera di un leone e la faccia talmente seria da far spavento, le ha rimesse in riga con una sola frase! Ti rendi conto? Una sola!- scoppiò a ridere e poi riprese a raccontare –io l’ho ringraziata e gli ho detto che mela sarei cavata anche da sola, ma lei mi ha sorriso con uno di quei sorrisetti poco convinti e mi ha risposto che avrei soltanto peggiorato la situazione dando adito alle dicerie-

-frena un attimo, di che dicerie stiamo parlando?-

-Non sai nulla? Proprio nulla?-

-beh, no. Livio mi ha detto che girano voci ,senza specificare quali, e mi ha detto della Luciani- il suo sguardo non prometteva nulla di buono, mi guardò per un paio di secondi e prendendo fiato ricominciò a parlare.

-io sono entrata in questa scuola tramite la borsa di studio- si fermò a guardarmi, ma io non dissi nulla aspettavo che lei continuasse ma rimase in silenzio. Vuole una risposta forse?

-Quindi?-

-Come quindi?-

-che dovrei dire scusa?-

-Sono povera in canna, ho studiato come una pazza per vincere la borse di studio ed entrare qui, tutti credono che io stia con te per i soldi e che ti abbia ammaliato con le mie grazie-

-L’hai fatto davvero- le dissi interrompendo quelle parole bugiarde.

-Cosa?-

-Ammaliarmi con le tue grazie!- le risposi ridendo, le accarezzai il volto e portando una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio la rassicurai –non mi importa nulla dello stato sociale in cui sei cresciuta, mi interessi per ciò che c’è qui- le fiorai la fronte – e qui- le indicai il cuore e alzandomi la baciai come mai avevo fatto prima. Piano, senza fretta le mordicchiai il labbro inferiore, le leccai le labbra che lei schiuse subito, le nostre lingue giocarono a rincorrersi, seguendo una danza tutta loro mentre i nostri corpi s’accendevano di passione. Quando ci staccammo nel suo guardo vi lessi la voglia di proseguire, di andare oltre le carezze e i baci, voleva di più e anche io.

La condussi nel dormitorio maschile e poi nella camera che condividevo con i ragazzi, le feci l’occhiolino, la lasciai un attimo al centro della stanza indicandole il mio letto. Presi un calzino e lo appesi fuori alla porta della stanza, i ragazzi l’avrebbero capito e sarebbero girati al largo, anche Ferro non sarebbe entrato.

Tornai da lei e ripresi a baciarla conducendola sul letto, era la mia prima volta , ma ero così preso ed entusiasmato che per i primi tre minuti di baci e palpeggiamenti non pensai che forse lei era vergine come me. Quindi mi fermai e guardandola negli occhi le dissi la verità lei mi sorrise –tranquillo, amore mio, sarà bellissimo- no, lei non era vergine e ringraziai il cielo che fosse così, non avrei saputo gestire le mie e le sue emozioni se fosse stato diverso. Mi guidò lungo il suo corpo armonioso facendomi capire ciò che voleva e quello che le piaceva, spesso prendeva il sopravvento spogliandomi e accarezzando luoghi che nessuna ragazza fino in quel momento non aveva mai visto o toccato.

Pelle contro pelle, sudore che si confonde all’odore del sesso, cuore contro cuore ci lasciamo guidare dell’istinto e quando entrai in lei la scossa elettrica che ne segui fu devastante per il mio cervello che si spense completamente vivendo l’attimo, il momento, fino all’appagamento finale.

Restammo così, caldi, sudati, stanchi, appagati e felici per qualche secondo, poi lei mi fece cenno di uscire e togliere subito il preservativo e così feci. Una volta ripuliti e rivestiti restammo accoccolati per un tempo indefinito.

 

La mattina dopo, ovviamente, tutta la scuola sapeva di noi. Come fanno a sapere sempre tutto? A Luisa non importava era felice come una pasqua e sorrideva a tutti anche se queste la trattavano male, sembrava che nulla la potesse scalfire.

Ero in biblioteca a studiare tutto tranquillo che mi vedo arrivare una Luciani incazzata nera.

-Luciani!- la chiamai e lei si sedette al mio bancone –ti volevo ringraziare- lei alzò un sopracciglio e mi guardo confusa –per averci difeso dalle male lingue-

-Prego- rispose asciutta, tirò fuori un libro dalla cartella e cominciò a studiare.

Anche io volevo studiare ma era da tanto che non vedevo la mia compagna, così mi fermai a rimirarla, non ricordavo che le sopracciglia fossero così fine, se le sarà sistemate. Notai il naso più elegante, le labbra sembravano morbide ed invitanti, il profilo pulito e senza trucco lasciavano intravedere piccoli nei a cui non avevo prestato giusta attenzione. Erano tre piccoli nei, vicino l’orecchio destro che uniti con una riga avrebbero formato un triangolo. I capelli sempre gonfi sembravano più lucenti e morbidi nonostante fossero di un riccio molto stretto.

-Hai finito di farmi la radio grafia Aquila? Cosa penseranno le amiche della tua ragazza se continui a guardarmi così?-

-Che c’è sei gelosa che io ho una ragazza?- alzò la testa di scatto dal libro e mi guardò male, scoccando la lingua sul palato mi rispose acida

-Assolutamente no! Per colpa vostra sono finta in mezzo alle chiacchiere anche io!-

-Per colpa nostra? Noi non abbiamo fatto o detto nulla!-

-a causa delle voci che circolano su di voi, ci sono finita anche io perché ha difeso il vostro diritto di privacy!-

-Ti ci sei infilata da sola! Non dare la colpa a noi! Dovevi farti semplicemente gli affari tuoi!-

-Scusami se volevo difendere il tuo e il suo onore!-

-Onore un par di palle Luciani! L’hai difesa soltanto perché è una plebea!- colpita e affondata, boccheggia ma non usci un suono dalla sua bocca, alla fine la chiuse mi guardò male e riprende a parlare

-Lo sapevi?-

-Cosa?-

-che è una plebea. Sapevi delle voci e non hai fatto nulla per difenderla?- il suo tono non mi piaceva, era quasi accusatorio

-Non sapevo delle voci e nemmeno che fosse plebea. Delle voci mi ha riferito Livio, senza specificare la natura e per la seconda melo ha detto lei quando gli ho chiesto se ne sapeva qualcosa- le spiegai e lei si calmò, almeno così mi parve, visto che aveva fatto un cenno d’assenso.

-E cosa hai fatto quando ti ha detto la verità?- ecco e adesso che le dico? Un po’ mi vergogno a parlare con una ragazza di sesso ma infondo lei è la Luciani non era una ragazza indiscreta così optai per la verità.

Non volevo mentire a nessuno, specialmente a lei. Io amo Luisa e fare l’amore con lei è stato fantastico.

La riccia si alzò di scatto recuperò le sue cose e si addentro nella biblioteca, senza pensarci la segui fino al nascondiglio che usavamo un tempo per parlare tranquilli senza spettatori.

L’afferrai per un braccio e la voltai ma la mollai subito non appena vidi calde lacrime bagnarle il volto. Qualcosa in me si spezzò.

-Perché piangi-chiesi stupidamente.

-Non sto bene, non è nulla-

-Bugiarda!- arrabbiato e confuso l’afferrai per le spalle e la costrinsi a guardarmi, il dolore nei suoi occhi non l’avevo mai visto, almeno, mai così intenso. Possibile che? No è impossibile melo avrebbe detto! O no? Lei si liberò dalla mia presa e la chiamai come facevo un tempo, lei rigida, con la schiena dritta si asciugò gli occhi e mi disse con voce fredda e ostile –No. Io per te sono Flavia Serena Luciani. Puoi chiamarmi solo Luciani-

In un secondo sono stato deglassato a uno conoscente qualsiasi.

Quello che successe dopo non lo ricordo con sicurezza.

Rivedo Luciani piangere, riprendersi, deglassarmi a sconosciuto e mollarmi in biblioteca senza una spiegazione al suo comportamento.

Tornato in camera subito Livio e Alfio mi si sono fatti vicino preoccupati, mi hanno detto che ero pallido come un cadavere e che stavo piangendo! Non era possibile! Perché stavo piangendo? Ero forse diventato un emotivo del cazzo da quando mi sono innamorato di Luisa? Impossibile che sia diventato empatico tutto d’un tratto. I ragazzi mi fecero sedere su una sedia e mi chiesero di raccontare ogni cosa e mente lo facevo continuavo a versare lacrime salate.

-Fai una doccia e poi mettiti a letto, domani ne riparliamo- fu il consiglio di Livio.

 

La mattina seguente quella sensazione inspiegabile a cui non so dare un nome, era ancora li, più leggera ma era ancora li. Livio mi si sedette di fronte e Alfio accanto –parliamo di ieri ok?- non attese risposta, solo l’assenso di Alfio a proseguire –Vivi una storia d’amore bellissima con Luisa, coronata nell’atto più bello che ci sia, poi nel pomeriggio sei stravolto dalla possibilità che la Luciani sia innamorata di te-

-Non è vero!- lo interruppi infiammato

-Ascolta e basta!- mi zittì Alfio

-Marco, amico mio, sei tornato in camera bianco come un cadavere e stavi piangendo. Non dirmi che non sai perché-

-no, non lo so perché. Sarò diventato super emotivo o empatico da quando ho conosciuto Luisa.-

-Luisa, come ti trovi con lei?-

-Benissimo, è fantastica e l’amo-

-Davvero?- chiese Alfio

-Davvero- rispondo sicuro.

-Allora sei diventato davvero un empatico!- li vedo sorridere entrambi, un po’ tesi e continuano a scambiarsi sguardi preoccupati.

Che mi stanno proteggendo lo saprò solo in seguito.

 

 

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Capitolo 6
*** Sei ***


6.




 

 

Nei giorni successivi cercai di evitare ogni sorta di contatto con la Luciani, il solo sentirla nominare mi faceva stare male. Anche Luisa, dolce come sempre, mi chiedeva se fosse successo qualcosa o perché fossi così turbato. Mica potevo dirle che il pensiero delle lacrime di un'altra ragazza, mi sconvolgesse più del suo sorriso. Si, Luisa è meravigliosa ma non era mai riuscita a provocarmi quel sentimento di rispetto e ammirazione che provo tutt’ora per Serena. Ho ricominciato a chiamarla per nome, ma solo nella mia testa, dove potevo strillare tutto il mio malessere senza che altri vedessero oltre il finto sorriso che avevo in faccia.

Liquidai la mia ragazza adducendo semplicemente che ero teso per gli esami che si sarebbero svolti di li a cinque mesi e li mi credette. In quei giorni riuscii a notare molte cose.

Uno. Luisa è sempre sorridente ed è sempre circondata da ragazzi

Due. A quattro mesi di distanza dagli esami scopri le capacità intellettuali di Luisa. Le bastava stare attenta in classe leggere gli appunti e in un ora aveva finito almeno tre materie! Ora capivo come avesse fatto a prendere la borsa di studio!

Tre. Ancora troppi ragazzi vicino alla mia ragazza. Un tizio addirittura le ha fatto il bacia mano davanti a tutta la scuola! Scattai subito e mollandogli un cazzotto, il mio primissimo cazzotto, gli dissi di stare lontano dalla mia ragazza se non voleva prenderne ancora. Lui si alza mi guarda stupito e poi in cagnesco dandomi uno spintone mi ribadisce un concetto che mi era sfuggito nei mesi precedenti –Sta lontano tu dalla mia ragazza!- Che? Fermi un attimo! Mi volto verso Luisa che, nel frattempo, si era messa in mezzo a noi per dividerci, diventare rossa fino alla punta dei capelli; e li capii che ero stato imbrogliato da una ragazza meravigliosa, che mi aveva fatto passare dei momenti bellissimi e si era presa la mia prima volta. Mi voltai e mi allontanai dal refettorio senza più guardare nessuno, avevo bisogno di stare solo a riflettere su quello che veramente volevo, così mi nascosi in biblioteca, nell’angolo più buio che avevo condiviso con Serena tempo fa e il mese prima mi aveva stravolto con le sue lacrime.

Livio e Alfio riuscirono a trovarmi solo dopo diverse ore ma in giardino, quel posticino nella biblioteca non volevo dividerlo con nessuno, mi si sedettero vicino e con me rimasero a guardare il cielo scendere, il sole nascondersi fino a lasciare il posto alla notte. Quando i lampadari si accesero ad illuminare la sera i grilli suonarono vittoriosi sulla vittoria del buio sulla luce.

-È una magnifica serata- commentò Alfio per spezzare il silenzio

-concordo- rincarò Livio

-Ragazzi, non dovete consolarmi. Sto bene!- li tranquillizzai, o almeno credo, perché Livio mi guardo molto male.

-Stai bene? Come puoi star bene? La tua ragazza stava con un altro!-

Sorrisi mesto –è vero, ma non riesco a essere troppo arrabbiato con lei- i miei amici mi guardarono scioccati ma lasciarono perdere e mi invitarono a tornare in refettorio per la cena.

Appena metto piede nella sala vengo afferrato da quell’uragano di Luisa che mi porta lontano verso la sala musica.

-Ti devo delle spiegazioni- mi fa e io la guardo e la trovo bellissima nonostante mi abbia palesemente tradito con un tizio, di cui non ricordo nemmeno la faccia.

-Tu mi piaci, Marco, moltissimo. Ma..-

-Ti prego non mi rifilare le solite scuse! Ti piace più lui di me quindi perché sei qui e non con lui?- mi guarda basita. Che si aspettava una scenata? Be forse dovrei fargliela ma non sono in vena per queste stronzate.

-Ma Marco, lui non significa nulla! È stato solo una svista- ok ora mi sto irritando

-Una svista dici? Mi è parso che tutta la scuola lo sapesse, quindi dimmi Greco da quanto va avanti questa svista?-

-Non ha affatto avanti! E poi non è successo nulla tra noi- mi dice moggia, abbassando il viso.

-Davvero? Mi è parso che il tuo attuale ragazzo non la pensasse così questa mattina!- ho alzato la voce, lo so non si dovrebbe fare, ma sta cercando di darmi un contentino per tenermi con lei e questo lo detesto. Lei sobbalza, fa un passo indietro e mi fa

-è finita quindi?-

-Ovviamente! Sai, la fedeltà è qualcosa di importante per me- lei si guarda i piedi e dopo un sospiro alza la testa e mi punta quegli occhi umidi, che ho amato e amo ancora, nei miei.

-è stato bello Marco, davvero- sospiro anche io e accarezzandole la testa le dico la verità

-Lo è stato, si. Ma finisce qui-

-Perdo…-

-No! Non chiedermelo. Non sono in grado di perdonati ora.- la guardo un ultima volta e poi mene torno in refettorio.

 

I mesi successivi li passai studiando e cazzeggiando con i ragazzi, parlavo poco con i miei compagni ed evitavo il più possibile Luisa. Dopo la nostra chiacchierata aveva cercato di avvicinarmi ma l'avevo allontanata. La perdita e il tradimento si erano insinuati in me. Prima stavo bene, non mi importava molto ero come rinchiuso in un bozzolo.

Solo dopo mi sono reso conto che la ragazza che amavo a cui ho donato me stesso nel frattempo si vedeva con altri. Si, avete capito bene, ALTRI! Senza rendermene conto ho cominciato ad odiala e diffidavo di ogni ragazza che mi si avvicinava, anche di Luciani che era rimasta sempre se stessa.

-Aquila, non ti si può vedere! Ricomponiti!-

-Che cazzo vuoi Luciani?-

-Voglio che tu la smetta di piangerti a dosso e di odiare il mondo!-

-Sono stato tradito ed usato come un fazzoletto ho diritto di stare male!-

-Si, ma è passato quasi un anno!-

-E chi sene frega! Non voglio avere nulla a che fare con te sparisci!-

Siamo in biblioteca, nel nostro angolo nascosto da occhi indiscreti e lei mi tira un ceffone.

-Che cazzo fai?-

-Cerco di farti riprendere! Sei un deficiente!- aveva le mani sulla vita e si era piegata un po' in avanti, sembrava una mamma molto arrabbiata e ciò mi fece ridere. La sua faccia si rallegra e ride con me. Come due scemi ridiamo e alziamo troppo la voce. La signorina Rossi corre a riprenderci

-Ragazzi se volete ridere fatelo fuori dalla mia biblioteca!- la signorina Rossi aveva ben sessantotto anni, lavorava per la scuola solo come hobby, le piacevano troppo i libri e non aveva intenzione di cedere il suo posto, ad una bibliotecaria più giovane, tanto presto.

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Capitolo 7
*** Sette ***


7.





 

 

Oggi: (2 Luglio 2015)

Avete presente la ragazzina allegra e solare che ha sempre seguito le regole, ligia al dovere, coraggiosa e generosa? Quella che vi detestava perché eravate il suo bulletto personale?

Immaginatevi il luogo più assurdo dove potreste incontrarla.

Ecco io l'ho trovata in un bordello di Amsterdam.

-Luciani! Che cavolo ci fai qui?- la ragazza sgomenta rimane in silenzio fissandomi. Forse non mi riconosceva? -Sono Marco Aquila, mi riconosci?-

-So chi sei- mi rispose inespressiva, ignorandomi si volse a parlare con il suo ospite.

Chi avrebbe mai detto che avrei rincontrato, miss perfettina, in un bordello? Indossava una divisa da cameriera rosa shocking cosi corta che si vedeva la curva del sedere.

Le girai in torno cercando di attirare la sua attenzione, notai che aveva una scollatura a cuore offrendo all'ospite la visone di una bella porzione di pelle rosea. Aveva gli stessi capelli ricci, un po’ crespi, che le ricadevano sulle spalle i suoi occhi erano sempre pieni di quella curiosità che l'animava ogni qual volta leggeva un libro, il naso piccolo ed elegante era cosparso di efelidi e le labbra rosee sembravano pretendere attenzione, si aprirono in su sorriso cordiale al suo ospite. Non sensuale o ammiccante.

Il linguaggio del suo corpo non traspariva sensualità, nonostante la mercanzia in mostra, non sembrava una ragazza del locale.

 

Arrivò il mio amico Giacomo Caroli, l'avevo conosciuto qualche anno prima in un inchiesta per il contenzioso su una statua in eredità, scoprimmo poi che si parlava di due statue diverse. Ci ridemmo così tanto che legammo quasi subito.

-Ti piace il posto?- mi chiede sorridente, mi diede una pacca sulla spalla e leccandosi le labbra mi indicò proprio la Luciani che stava passando di lì. Subito Giacomo l'afferrò per i fianchi e se la strinse addosso, strusciandosi le sussurrò qualcosa che la fece diventare rossa come un peperone. Come si permetteva quell'idiota? Gli posai una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione -Mi spiace Giacomo ma l'ho vista prima io- afferrai la Luciani per il gomito ma il mio amico non mollò la presa.

-Aquila, fai scegliere a lei con chi stare!-

La guardai intensamente, cercai un contatto con i suoi occhi e vi trovai stupore e un mal celato senso di nausea. Luciani poggiò le mani al petto di Caroli, lui ghignò compiaciuto e io mi sentii perso.

-Scusami ma il tuo amico ha ragione, aveva già parlato con me in precedenza- con un tuffo al cuore e con gli ormoni a mille lei mi si strinse addosso. Le sue mani mi accarezzarono il petto e risalirono fino al collo, si infilarono nei miei capelli e mentre lei giocava con i miei ricchi socchiusi gli occhi ed emisi un piccolo gemito di piacere. La sua risposta, ovviamente, fu allontanarsi da me, mi afferrò il braccio portandolo tra i seni, salutò Giacomo con la mano, come una bambina che era scappata alla punizione del padre. Strinse di più il mio braccio tra i suoi seni, facendoli uscire ancora un pò dalla scollatura. Arrossì imbarazzato e cercando di controllarmi mi lasciai guidare da lei in una stanza appartata.

Il privè era composto da tre grandi divani rossi e un tavolo basso al centro. Le mura erano ricoperte di un materiale insonorizzante di un blu scuro, ad intervalli regolari c'erano i buchi per delle classiche lampadine a led.

Mi spinse sul divano più vicino alla porta e mi rimase appiccicata.

-Puoi staccarti, Giacomo non verrà a controllare-

-Non è lui che mi preoccupa ma le telecamere, veniamo controllate se facciamo davvero il nostro lavoro-

-Quindi sei davvero una..-

-Non fraintendere. Io non sono mai scelta perché nuova del giro. Sei il mio primo cliente.-

-Ma io on sono un cliente!-

-Vero, ma loro non lo sanno- si scostò un pò e mi accarezzò una guancia dolcemente, le sue labbra sembravano cosi morbide.

La porta si apri lasciando entrare una ragazza con in mano un vassoio con dei drink, subito Luciani mi si mise a cavalcioni e la sua, già inesistente, gonna risalì lasciandomi vedere una parte di mutandine di pizzo color rosa antico. Prese il mio braccio e se lo portò al fianco. Scoccai un occhiata all'intrusa ma la Luciani richiamò la mia attenzione con un movimento di bacino che risveglio definitivamente il mio amico dei piani bassi. La guardai rivolgendogli la domanda del perché di tutto questo. Senza emettere nessun suono con le labbra mimò una parola "baciami". Non persi tempo e la baciai. Lentamente le accarezzai le lebbra con la lingua, le morsi il labbro inferiore. Le mie mani vagarono lungo il suo profilo morbido, una mano si insinuò sotto la gonna ad accarezzargli la gamba e le natica, l'altra l'accarezzava la schiena. Le morsi ancora il labbro e lei gemette e il bacio divenne molto più focoso e passionale tanto che i nostri bacini cominciarono a cercare un contatto più profondo.

Le mani si cercavano, le lingue combattevano per trovare il ritmo giusto i corpi attaccati erano bollenti, la sentivo fremere e le sue mani mi accarezzarono, il petto in una carezza leggera risalendo per il collo, raggiungendo poi la loro meta, le infilò tra i miei capelli spingendo di più il mio viso contro il suo. Chi ma l'avrebbe detto che la Luciani sapesse baciare così bene?

Dio se non ci fermavamo subito avremmo finito a far sesso in un posto squallido come questo. Ansimante staccai le labbra dalle sue, solo di un centimetro, perchè lei non mi lasciava spazio di manovra per quanto mi si era stretta.

-Come sei finita qui?- mi guardo e tutta la sua passione si spense in un lampo. Tornò a sedersi sul divano, risistemandosi l'uniforme mi rispose sospirando

-Non ho avuto molta scelta-

Prima che potessi chiederle qualcos'altro, la ragazza di prima rientrò, non mi ero accorto neppure che sene fosse andata, mi invitò ad uscire perchè il tempo a mia disposizione era scaduto.

Presi per mano la mora e uscimmo dalla stanza -parto domani, torno a casa. Vienimi a trovare- la baciai un ultima volta e sorridendo la salutai sperando di rivederla presto.

 

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Capitolo 8
*** Otto ***


8.

 

 

Tornato a Roma feci qualche domanda hai nostri vecchi compagni di corso. Scoprii che il signor Luciani era morto in un incidente d’auto e aveva lasciato la figlia sola sommersa di debiti dei progetti mai finiti.

Flavia Serena Luciani poi si era ritrovata invischiata in un pettegolezzo così grande che fu costretta a sparire dalla scena romana. Nessuno voleva avere a che fare con lei e si era sparsa la voce che al college fosse stata una poco di buono e che in seguito era entrata in affari con la Magliana.

Rimasi sconcertato.

Come poteva qualcuno credere a quelle baggianate? Per mesi sperai in una notizia di Luciani ma di lei non vera traccia.

Avevo anche contattato il bordello ma mi avevano detto che aveva dato le dimissioni qualche settimana dopo il nostro incontro. Il mio unico pensiero, ero, era trovare il bastardo che aveva messo in giro quelle stupide voci e così feci. Chiamai il mio vecchio amico Alfio La Rosa, investigatore privato, e dopo due mesi di ricerche scovammo la malalingua. La signorina Silvia Ambrosoli era in un mare di guai, con Alfio abbiamo discusso della pena che vorremmo ottenere per lei ma tutto si giocherà all’udienza. Sperando che la Luciani si degni a tornare in Italia!

Ora capivo perché si era trasferita così lontano, anche se ai tempi tutto era stato smentito, avevo trovato un giornale con le interviste di diverse persone, amiche del padre e della tessa Luciani che smentivano le dicerie. Sta di fatto, però, che nessuno voleva darle un lavoro. Non capivo, però, perché proprio un bordello.

 

 

24 dicembre 2015

Ah la vigilia di Natale è sempre stato un momento magico. La famiglia che si riunisce e festeggia, avevamo organizzato una bella cena con degli amici di famiglia tra cui Alfio e Livio, i miei vecchi e cari amici.

Quella mattina suonarono insistenti alla porta, i servitori erano impegnatissimi così aprii io la porta e, beh, rimasi di sasso per la sorpresa. Flavia Serena Luciani, nella sua più splendida forma era davanti alla mia porta.

-Ciao- mi saluta sorridente.

-Sono passati sei mesi e tu mi dici solo ‘ciao’?- esterrefatto la guardai ridere.

-Sono contenta anche io di vederti Marco-

Da quanto non sentivo il mio nome pronunciato con tanta dolcezza? Qualcosa nel mio stomaco

si mosse lento ma restò accoccolato sul fondo, come un serpente che si godeva i tiepidi raggi del sole primaverile.

-Allora mi fai entrare? Sai qui fuori si gela!- mi scansai e lei entrò con a seguito una valigia.

-Ti fermi a Roma?- chiesi ingenuamente.

-Mi hai invitato tu ricordi?-

-Si, ma diversi mesi fa!-

-E ora cono qui, qual è la mia stanza?-

-La tua stanza? Luciani non ti stai prendendo troppa confidenza?-

-Oh scusami principino, se vuoi mene vado in albergo!- evviva il sarcasmo! Un po’ mi era mancato.

-La casa di tuo padre?-

-Venduta insieme a tutto il resto per pagare i debiti- fece spallucce guardandosi a torno e per un attimo mi chiesi se si sentisse fuori luogo in quella stanza piena di mobili antichi e tappeti pregiati.

Lentamente si avvicino al tavolo centrale e afferrò una rosa rossa dal vaso, annusandola sorrise.

-Ti piacciono le rose?-

-No, mi piace il loro colore- Le piace il rosso, questa mi è nuova. Decisi di farla rimanere a casa mia nel momento stesso in cui i suoi occhi pieni di dolcezza si inchiodano nei miei. Non ricordavo che fosse così brava a convincere le persone con uno sguardo da cerbiatta. Mi ricordava il Gatto con gli stivali, tenero ma letale! E poi, diciamocelo, non voglio che sparisca di nuovo, dobbiamo parlare di cosa farne dell’Ambrosoli, mi appuntai mentalmente di avvisare Alfio. Avrei parlato con la mora, della questione, solo dopo le feste.

 

 

Mia madre rimase molto sorpresa di vederla a cena con noi, mai quanto me. Flavia Serena sfoggiava un bellissimo abito da sera senza spalline, il busto a pieghe si univa a un fiocco stretto sotto il seno e la gonna si apriva leggermente fino al ginocchio. Il rosso bordeaux, ora, è il mio colore preferito.

-Signora, Signor Aquila- salutò educata e provai un moto di gratitudine. Era cambiata molto ma di certo i suo aspetti fondamentali erano ancora li.

-Signorina Luciani che piacere vederla! Come mai si è unita a noi quest’oggi?- mia madre e la sua curiosità.

-Chiamatemi pure Flavia signora. Vede ho dei conti da regolare con suo figlio-

-Che conti? In ogni modo, puoi chiamarci Michela e Angelo-

-Ti ringrazio. Ad ogni modo Marco, quando frequentavamo il quarto anno del college, per gelosia mi accusò di essere una ragazza facile. Deve farsi perdonare-

-Ehi! Ho già pagato! Mi hai dato una gomitata nello stomaco! - Lei ghigno pericolosa.

-Quindi eri davvero geloso! -

CAZZO! –Ma non dire baggianate! Forza tutti a tavola! –

Durante la cena scoprii che aveva lavorato presso uno studio legale di Amsterdam per farsi le ossa, diceva lei. Aveva anche affermato che, essendo una piccola agenzia, dovevano trovare delle prove e indagare per conto proprio se volevano salvare il loro cliente. Forse, al bordello, era sotto copertura? Nemmeno fosse un agente segreto!

Mia madre ogni tanto mi lanciava qualche sguardo cercando di capire Dio sa cosa.

Intanto mio padre aveva preso confidenza con Flavia Serena e stavano discutendo animatamente di politica, quando alzando il calice pieno di vino strillò –A questa ragazza, sperando che diventi presto mia nuora!- Sputai il vino in faccia ad Alfio, che poco contento andò in bagno a darsi una sistemata e sostituire la camicia con una delle mie.

-Papà!- mi alzai e mi sedetti vicino a Luciani, le passai un braccio sulle spalle e l’avvicinai al petto –Non sarebbe una cattiva idea!- risi della faccia sgomenta di mia madre e della mora –tranquille! Scherzavo!-

-Porto tuo padre di sopra, ora sei tu il padrone di casa!-

-va bene mamma, buona notte- i miei salutarono gli ospiti e si ritirarono nelle proprie stanze.

-Non è stato divertente!- mi disse Flavia Serena con una faccia contrita.

-veramente si! Le vostre facce erano impagabili!-

-ah ah, divertentissimo!- sospira e cambia argomento –Romano non è venuto oggi-

-Verrà domani, oggi è da sua suocera-

-Romano è sposato?- la sua faccia sconvolta mi fa troppo ridere, ma cerco di trattenermi, anzi no, non ci riesco.

-Scusami ma la tua espressione troppo buffa!- Lei mi dà un buffetto sulla spalla e rossa in viso risponde a voce bassa.

-Smettila di prendermi in giro! Prima quella cosa stupida del matrimonio ora questo!- sempre scherzando le rispondo sorridendo

-Che c’è non mi vuoi sposare?- la sua espressione, sbalordita e confusa mi turba. Il sorriso mi muore sulle labbra. Io volevo scherzare ma lei è diventata rossa dall’imbarazzo e seria scuote la testa.

-Si certo, che ti voglio sposare! In un'altra vita magari!- tenta di buttarla sul ridere ma mi chiedo a cosa stia pensando davvero.

A fine serata siamo rimasti solo io, la Luciani e l’immancabile La Rosa. Eravamo nel salotto di famiglia, il camino occupava la parete più piccola e al lato opposto c’erano un divano e due poltrone, tutto rigorosamente in pelle nera, un piccolo tavolo basso sostava tra le poltrone, su di esso un vaso con delle rose rosse.

-Ho mangiato divinamente, grazie dell’invito amico-

-Ma se vieni ogni anno senza invito, Alfio!- scoppiammo a ridere e tra una risata e l’altra si fece mezzanotte ci scambiammo gli auguri e La Rosa tornò a casa.

La mora sembrava intenzionata a rimanere ancora sul divano –non ti addormentare qui Luciani, ai una camera con un comodo letto che ti aspetta di sopra!-

-Mi chiami sempre Luciani. Lo sai che ho un nome?-

-So come ti chiami Flavia Serena-

Lei si alzò sorridendomi, mi si sedette vicino e accarezzandomi la guancia avvicinò il viso al mio. Istintivamente portai una mano sul suo viso e la baciai, fu solo un bacio a stampo ma il cuore mi batteva a mille e il serpente che era rimasto fermo sul fondo dello stomaco aveva cominciato a muoversi fastidiosamente.

-Serena. Per te solo Serena.-

La baciai di nuovo con l’intento di approfondire la conoscenza della sua bocca come del suo corpo.

Lei mi salì sulle gambe mostrandomi le belle gambe avvolte nei collant. Quanto avrei voluto strappargliele! La posizione poi. Mi ricordava il nostro incontro di sei mesi prima, quella era stata la vacanza più eccitante della mia vita!

Lentamente le chiesi l’accesso alla bocca con la lingue e non mi fu negato. Sapeva di pandoro, l’avevamo mangiato poco prima, con un retrogusto di Champagne, che rendeva tutto più eccitante.

Le mani vagavano sul suo corpo, in esplorazione sotto il vesto e tra i capelli per attirarla più a me.

Bacino contro bacino ci muovevamo a procurarci fitte di un piacevole dolore, ancora coperti dai vestiti, volevo di più e anche lei ma quando cominciai a tirare giù la cerniera del suo splendido vestito fummo interrotti da mio padre.

Aveva aperto la porta ridendo e il sorriso gli si era congelato sul volto. Luciani si alzò di scatto e tenendosi l’abito scappò nella sua stanza. Sospirano frustato, ignorando mio padre, che ancora era imbalsamato sulla porta, mene tornai in camera mia a sfogare l’eccitazione con l’aiuto della fidata mano amica.

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Capitolo 9
*** Nove ***


9. Desiderio di fuggire

 

 

La mattina seguente avevo delle occhiaie cosi nere e profonde da far spavento. Non ero riuscito a chiudere occhio. Il solo pensiero di Serena mi infervorava e con l’immaginazione vagavo sulle diverse conclusioni che sarebbero avvenute se solo mio padre non ci avesse interrotti.

Dopo una bella doccia scesi per fare colazione e lei era li, nascosta dalla sua vestaglia, beveva un te fumante. Sembrava così tranquilla, come se ieri sera non fosse successo nulla, come se nulla fosse!

-‘Giorno- biascicò assonnata mentre addenta un cornetto.

‘Giorno un par di palle volevo dirgli, volevo metterla al corrente della mia insogna ma credo che le occhiaie parlassero per me. Ringhiai un buon giorno, afferrai un cornetto e un succo di frutta e tornai in camera.

Poco dopo sentii bussare alla porta, credetti che fosse lei, così spalancai la porta e le parole mi si fermarono in gola. Mio padre entrò in camera e serio disse

-Stasera avremo come ospiti i signori Greco e la loro figlia Luisa. Siamo in affari con loro da un po’ e abbiamo in mente un grande progetto che loro finanzieranno ad una condizione-

-Quale?- già che di mezzo ci fosse la mia ex del college mi diceva che stava succedendo qualcosa di brutto, almeno per me.

-Frequenterai la loro figlia e dopo un po' di tempo convolerete a nozze- Ecco lo sapevo che c'era qualcosa sotto! E io che credevo che i miei genitori fossero sani!

-No. ASSOLUTAMENTE NO!- ero arrabbiato ma che dico incazzato nero!

-Marco!-

-Marco, un par di palle! Con che diritto mi organizzate un matrimonio quando ieri sera mi avete visto con Serena?- Angelo Aquila mi guarda serio fa un respiro e mi invita a sedermi, ma sono troppo arrabbiato per farlo.

-Ascoltami. Questo progetto è importante-

-Anche la mia vita lo è!-

-Ascoltami! Non navighiamo in buone acquee e questo progetto ci solleverebbe da problemi decisamente più gravi di un matrimonio! Se non ti piace potrai sempre divorziare più in la!-

-Che senso ha sposarla per poi divorziare?-

-Nessuno ma spero che tra voi funzioni. Per il momento potresti anche solo frequentarla e vedere come va?-

-Ma i Greco non erano poveri?-

-Gli è morta una zia che gli ha lasciato in eredità una casa discografica e una montagna di soldi!-

-Ok ,ma perché sposarci? Che sta succedendo?- Sul viso di mio padre apparvero rughe così profonde da non lasciarmi nessun dubbio. Siamo nella merda.

-L'azienda tessile non va molto bene e i debiti potrebbero aumentare così tanto da distruggerci. Non possiamo permettercelo!-

-E non c'è un altra soluzione?-

-Se ci fosse ti avrei mai chiesto una cosa del genere? Ho visto quello che c'è tra te e la Luciani, ben prima che tene rendessi conto tu. Credi che questa scelta mi renda felice?- si alza dalla poltrona e sene va lasciandomi in balia dei miei tormenti.

 

Greco vela ricorderete sicuramente, vi ho già raccontato di lei. Dopo la scuola non l'ho più vista ho avuto sue notizie da terzi fino alla grande notizia di mio padre. Scoprire che oggi , il giorno di natale , lei con tutta la sua famiglia lo passerà qui mi mette a disagio. Non per i nostri trascorsi ma per l'accordo stipulato tra i nostri genitori.

Quella mattina indossai il vestito di natale. Si, mia madre pretendeva che fossimo tutti belli eleganti ad ogni domenica e ad ogni evento importante, noi dovevamo essere impeccabili. Mi chiesi se Luisa fosse cambiata, cosa avesse fatto in tutti questi anni e se era ancora fan di Jovanotti.

Probabilmente la mia allegra, divertente, solare, prima cotta dolcissima e ingannevole traditrice aveva conservato i suoi tratti positivi. Ameno spero, se dovrò sposarla, mi renderà la vita più facile.

Mentre mi sistemavo la cravatta color “carta da zucchero”(cit. Madre), mi resi conto che gran parte dei miei amici si è sposata per un contratto simile al nostro ma mai mi sarei aspettato che ora toccasse proprio a me! So che molte di queste coppie anno amanti che a sua volta sono sposati per contratto. Praticamente un ammasso di infelici innamorati di qualcun'altro che pur di stare insieme diventano amanti.

Tra tutti i miei amici solo un contratto è ben riuscito quello era quello di Livio.

Trovai Alfio e Livio spaparanzati sul divano.

-Siete arrivati presto oggi!-

-Certo! Non potevamo perderci la tua faccia alla presentazione della tua di nuovo fidanzata!- Mi prese in giro Alfio scapolo d'oro del gruppo.

-Quindi sapete di Luisa! Perchè io sono sempre l'ultimo a sapere le cose?-

-Perchè sei distratto, se avessi prestato attenzione avresti notato i segnali di tuo padre!- Ah mi mancavano le ramanzine di Livio.

-Tu sei stato fortunato a incontrare Giorgia!- il sorriso radioso di Livio mi ma ingelosire! Anche io volevo essere così felice e pazzamente innamorato! Già, Livio era sposato da due anni con Giorgia, una ragazza tutto pepe che con la sua lingua tagliente feriva più di un coltello affilato. Il matrimonio combinato meglio riuscito di tutti! Si erano conosciuti subito dopo la scuola. Al corso di Giurisprudenza ed è stato amore a prima lite! Si avete letto bene! Litigano sempre, ma in un modo così giocoso e amorevole che non si capisce se si stanno prendendo in giro o litigano davvero. Sta di fatto che solo dopo hanno scoperto di essere promessi e dopo un anno di fidanzamento si sono sposati.

-Dove hai lasciato Giorgia e Ilario?-

-Sono con tua madre in cucina, Ilario doveva mangiare- Ilario Romano primo genito, figlio unico “per ora!” (cit. Giorgia) del mio migliore amico è un bambino dolcissimo. Capelli neri e lisci, naso dritto e labbra fine, copia sputata del padre tranne che per gli occhi, castani come quelli di sua madre che si rammarica sempre per il colore, avrebbe preferito quelli verdi del marito.

Entrano in salotto Giorgia e Ilario, quest'ultimo viene diritto da me -Zio Marco!- urla saltandomi a dosso

-Ilario- urlo anch'io ridendo -Allora piccola peste, hai mangiato tutto? Ti stai comportando bene con mamma e papà?-

-Si ho mangiato tutto, la tua mamma è proprio prava a cucinare! Si mi comporto bene zio! Uno scherzo a colazione e uno a cena!- Io adoro questo bambino!

-Ottimo lavoro!- gli accarezzo la testa e alzando il viso vedo Giorgia seduta sul bracciolo del divano, le braccia del marito a circondarle la vita, sorridermi con dolcezza.

-Spero che Dio ti benedica con dei figli saresti un ottimo padre- ecco nemmeno a farlo apposta compare Serena nel suo splendido vestito giallo canarino con motivi farfalleschi e tacchi neri che la rendono alta quanto me. Livio coglie il nostro sguardo carico di elettricità -Credo sia meglio andare, gli ospiti arriveranno presto- Alfio tenta di aprire bocca e dire qualcosa ma Giorgia lo prende sotto braccio e sorridendo gli dice tagliente -Se dici qualcosa di stupido ti taglio le palle- così sene vanno e restiamo solo io Serene e Ilario.

-Non mi presenti?-fa lei, evidentemente sorpresa di vedermi con un bambino di due anni in braccio.

-Io sono Ilario Romano, piacere di conoscerla!- scende dalla mie gambe e si avvicina a Luciani e gli fa un inchino e baciamano -Inca-incanrtato?- si volta vero di me con la faccia confusa

-Incantato Ilario. In-can-ta-to- scandisco, intanto Serena ride sotto i baffi cercando di trattenersi.

Mi alzo e mi avvicino e do una dimostrazione pratica al bambino, solo perchè voglio suscitare in Serena qualcosa che mi si è smosso nel fondo dello stomaco, chi sa se anche lei ha un serpente nello pancia che balla non appena la vedo. -Marco Aquila, piacere di conoscerla- prendo la sua mano e la bacio guardandola negli occhi cercando di farle capire i miei sentimenti. Lei sorride si inchina a sua vola e con voce bassa e sensuale risponde.

-Flavia Serena Luciani, per voi solo Serena messer Aquila.-

Incurante di occhi indiscreti l'afferro la vita e la bacio dolcemente. Lo ammetto, non potrei mai sposare qualcuno che non sia lei!

-Zio! Che schifo!- scoppio a ridere, mi allontano da Serena e prendendo la mano di Ilario e lo porto in sala da pranzo, poco dopo entra Luciani e i Greco.

 

-Marco!- la rossa mi salta a dosso -sono così felice di vederti!- sinceramente? Sono rimasto pietrificato. È identica, non è cambiata di una virgola, solo la voce è più profonda per il resto è tutta uguale a quando ci siamo lasciati più di quattro anni fa. Sono passati solo quattro anni dalla fine della scuola, mi sembravano molto di più! Intanto Luisa non si stacca da me, mi si è attaccata come una cozza allo scoglio e Serena mi sta lanciando dardi di fuoco con gli occhi.

-Luisa, ti trovo bene- commento cercando di allontanare le sue mani dal mio braccio ma lei stinge la presa e sorridendo quasi malignamente verso Serena mi risponde senza guardarmi.

-Anche io ti trovo bene! Sei davvero bello mio promesso sposo- Ma che cavolo le salta in mente? Mi volto verso Serena a cercarla con lo sguardo ma lei sta parlando con Giorgia, ha i pugni stretti. Ha sentito lo so e più tardi le spiegherò se melo permetterà! La vedo dura ragazzi, fate il tifo per me!

-Benvenuti in casa nostra e Buon Natale!- mio padre accoglie gli ospiti con strette di mano e pacche sulle spalle. Sorride. Come fa a sorridere così falsamente? Io non ci riesco sempre e sinceramente i miei sorrisi finti sono più ghigni mal riusciti, per fortuna quasi nessuno lo capisce.

Con la cozza al braccio faccio il giro e saluto gli ospiti e poi la presento a Giorgia e Ilario.

-Lei è Luisa- la presento senza epitepi. Ne ho fatto una lista: cozza (una bellissima cozza), inappropriata, scema, traditrice, mangia uomini, ex ragazza, ecc.

-Oh la fanciulla che vuole sposarti sotto ricatto?- Giorgia io ti adoro!

-Assolutamente no! Io amo Marco, l'amo dal college, siamo stati anche insieme!- risponde una ingenua Greco. Non ricordavo che fosse così ingenua! Giorgia scocca la lingua per commentare acidamente la situazione ma Livio la previene, le cinge le spalle con il braccio.

-Non sembri cambiata per niente Greco! Spero che tu abbia imparato dai tuoi errori!- detto questo prende per mano Ilario e porta via la sua famiglia. Ilario però si ferma e lascia la mano del padre per tornare da noi. Guarda fisso la mangia uomini e poi si volge verso Serena le sorride e poi commenta.

-Zio, la tua amica non mi piace! Lasciala!- vorrei prenderlo in braccio e coccolarlo ma mi trattengo. Gli sorrido nel nostro modo segreto e lui capisce che di quella cozza non mi importa un fico secco.

-Luciani!- Ma che si grida? Non ricordavo che fosse un oca! Mi trascina da lei, le parla con un tono che non mi piace -é un piacere vederti! Non eri andata all'estero dopo la brutta storia di tuo padre? Come sta comunque? Ah già è morto!- ma che cavolo dice? Ora sono arrabbiato! La strattono e le faccio perdere la presa sul mio braccio. L'afferro per il gomito e le parlo con il tono più cattivo che ho in repertorio.

-Chi cazzo sei tu per parlare a qualcuno in questo modo? Ad un mio ospite per giunta! Tu non sei nessuno Greco, ficcatelo in quella testolina! Io non ti sposerò ne ora ne mai!- lascio il suo gomito e prendo la mano di Serena e cene andiamo a tavola.

-Grazie per avermi difeso, ma non cera bisogno- mi blocco e la guardo serio

-Si invece. Nessuno insulta un mio ospite specialmente la mia ragazza!- ma che dico? Sono uscito pazzo! Ora mi lincia!

-Che? Il mio ragazzo? Che ti sei messo in testa Aquila?- mi sorride e stringe la mia mano -Mi pareva che la Greco fosse la tua fidanzata!-

-Ne parliamo dopo pranzo?-

-Certamente!- lascia la mia mano e si siede al suo posto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Dieci ***


10. Un buon marito, forse.




 

 

 

Proprio mentre ci sedevamo a tavola era arrivato un tipo. Si è presentato come Mirko Geraci nipote dei Greco quindi cugino di Luisa. Era più basso di me, aveva capelli biondo cenere e occhi azzurri, naso a patata e labbra carnose. Un bel ragazzo insomma.

Tutto sommato il pranzo si svolse in allegria, i cugini Greco erano un ottimo duo comico e le frecciatine di Livio e Alfio avevano messo su un perfetto siparietto comico.

Quando mio padre, a fine pranzo, diede l'annuncio del nostro fidanzamento volevo morire. Luisa mi propose una passeggiata in città per chiacchierare un po' -Per riprendere i rapporti! Non abbiamo iniziato con il piede giusto oggi- non aveva torto.

Una volta usciti ci dirigemmo direttamente verso il Colosseo e i Fori Imperiali, il paesaggio di quei pezzi di storia mi avevano sempre affascinato.

-Ho un ragazzo- oh bene, almeno melo ha detto subito che ha un fidanzato.

-Anche io- lei ride io non capisco perchè.

-Davvero? Credevo che stessi con Flavia, non sapevo fossi gay!- scoppiammo a ridere, ha mantenuto le sue buone qualità.

-Non è che stiamo proprio insieme, siamo ancora sulla via di mezzo. Poi con questa storia del matrimonio mi complicherà le cose- sorrido guardando quell'immensa costruzione, un tempo si svolgevano lotte tra gladiatori e giochi per divertire i popolo, chi sa se un tempo sono stato un gladiatore? -Il tuo ragazzo come l'ha presa?-

-Non l'ha presa!-

-Vuoi dire che non gli hai detto nulla?- alza le spalle sconsolata.

-Mi obbligherebbe a sposarlo solo per fare un dispetto ai miei- sorride teneramente, deve piacerle molto questo ragazzo.

-Non lo vuoi sposare?-

-Non è questo. Io non voglio deludere i miei genitori, si sono montati la testa con l'eredità della zia e vogliono un buon marito per me.-

-Cosa gli fa pensare che io sarei un buon marito per te?-

-Sei sincero, non hai nascosto a nessuno che vuoi Flavia e poi tuo padre garantisce per te.-

-Non ha senso, lo sai vero?-

-Già, ma ormai è fatta. Io ho un idea se sei d'accordo.-

-Sentiamo- ci sediamo su una panchina sotto i pini vicino all'altare della patria

-Frequentiamoci in pubblico così i nostri genitori credono che ci stiamo provando e nel frattempo stiamo con chi ci piace davvero.- mi pare proprio un ottima idea! Le accarezzo la testa affettuosamente. Così concordi stabiliamo che ci vediamo Sabato per il nostro primo falso appuntamento.

 

Una volta a casa comunico ai miei l'appuntamento per Sabato mio padre è molto contento che almeno ci stia provando. Mi da una pacca sulla spalla mi ringrazia per l'impegno e si ritira nel salotto di famiglia con la mamma.

Io? Mi fiondo in camera di Serena e la trovo seduta sul letto che legge un libro.

Lei alza il viso e mi sorride e io mi fiondo sul letto facendola sobbalzare.

I baci si sprecano, vorrei di più ma dobbiamo parlare di molte cose. Ci sediamo a gambe incrociate e le racconto tutto. Non la prende affatto bene.

-Vuoi che sia la tua amante? Mi stai davvero chiedendo questo?- è molto arrabbiata.

-NO! Voglio che tu sia la mia ragazza!-

-Non mi sembra che le ragazze si tengano nascoste hai propri genitori!-

-Senti, non posso evitarlo! Questo matrimonio sarà inevitabile, abbiamo diverso tempo per stare insieme e essere felici perchè non sfruttare il tempo che abbiamo?-

-Che senso ha iniziare tutto questo? Come potrei essere felice sapendo che tra un giorno all'altro tu ti sposerai? Non puoi chiedermi di essere la tua amante, non sono in grado di farlo!-

-Serena ascoltami- ci siamo alzati, occhi negli occhi, le tengo le mani per cercare di trasmetterle la mia agitazione -so che questa situazione non è delle migliori. Nel frattempo potremmo anche trovare una soluzione e non sposare Luisa, ma fino ad allora resta con me- le accarezzo una guancia. I suoi occhi si fanno lucidi ma ricaccia indietro le lacrime. Da quando non la vedevo piangere? Mi fa stare male la sua espressione ferita.

-Io ti voglio Marco ma..- non le do il tempo di finire la frase, la bacio. Ho paura di quella risposta, è un no, netto, lo so già.

Le accarezzo la schiena e risalgo ai capelli ricci e ci infilo una mano, l'attraggo di più a me e le nostre lingue cominciano il loro tango personale e il socio mi si gonfia nei pantaloni. Io la voglio, la desidero, per me. Non voglio sposare un altra donna che non sia quella che sta ansimando sotto di me senza nessun pudore. Bacino contro bacino, cuore contro cuore, l'odore di sesso che si espande nella stanza e io non voglio lasciarla andare mai più. Il mio cuore così come la mente appartengono a quella donna testarda che si rifiuta di essere la mia felicità.

Restammo a coccolati per un po' e quando stavo per addormentarmi lei mi caccia. Si alza dal letto e si riveste, mi dice di andarmene che non succederà più, che è stato uno sbaglio.

Come può essere uno sbaglio i sentimenti che provo? Io la voglio per me ma lei mi caccia, mi da le spalle e aspetta che mene vada. Sono ferito. Lo è anche lei. Ci feriremo ogni volta che ci vedremo? Io spero di no.

Mi alzo e mi vesto. Vorrei abbracciarla e rassicurarla, che troveremo una soluzione. Ma è una bugia e lei odia le bugie. Apro la porta e prima di andarmene non resisto a dirle un ultima cosa -Ti amo Serena- richiudo la porta e a metà pomeriggio mi prendo la peggior sbronza di sempre.

 

La mattina dopo sono nel letto di Serena ma lei non c'è. Non ricordo nulla della sera precedente, dopo il quarto bicchiere di vino sono andato liscio completamente. Mi alzo dal letto e mi rendo conto che sono in mutande, ho fatto l'amore con Serena? Dovrò chiedere a lei che cosa è successo perchè il mal di testa post sbornia non mi lascia andare. Mi guardo in torno in cerca di un flash e inesorabile arriva la batosta. Io che entro in camera sua, la bacio, lei si scansa, io vomito e lei amorevole si prende cura di me finché non mi addormento. É stata molto dolce a farlo, ma le sue cose dove sono?

Sulla specchiera non ci sono i suo cosmetici e la sua spazzola. Il dubbio che lei sene sia andata senza dirmi nulla i spaventa, la rivedrò ancora? E quando succederà cosa faremo? Il suo armadio è vuoto e nel bagno non c'è più niente di suo. Sparita! Ha preso le sue cose e sene è andata senza nemmeno salutare. Mi siedo sul letto anfranto, le mani a coprirmi il viso disperato e piango lacrime amare.

Ci vuole un po' per ricompormi, mi lavo e mi vesto molto lentamente, ho bisogno di tempo per pensare. Andarsene forse è stata la scelta migliore, restare ci avrebbe reso tristi e arrabbiati, io... non so che pensare. Il matrimonio si farà e io non voglio rinunciare a lei, ma non posso chiederle di essere la mia amante! Anche se lo volessi mi riempirebbe di pugni!

Scendo in cucina per una colazione veloce ed esco a fare una passeggiata in cortile. Mio padre mi raggiunge.

-Marco, Luciani ha lasciato questa per te- mi da una lettera e una pacca sulla spalla. Anche lui è amareggiato per questa storia, devo farmi forza e sperare che in futuro per noi ci sia una possibilità.

 

Marco.

Abbiamo passato tanti momenti belli in questi giorni. Grazie per avermi invitata a casa tua. Ho trovato un lavoro presso uno studio legale rinomato, domani è il mio primo giorno così mi trasferisco in un appartamento tutto mio.

Non ti dirò il mio indirizzo o quello dello studio, perdonami ma ho bisogno di tempo.

 

Con Affetto

Flavia Serena Luciani”

 

Ripiego la lettera e torno in casa. É l'ora di riprendere le redini del gioco e di ricominciare per vivere bene.

 

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