Dark Paradise

di anhotpenguin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** There's no remedy for memory ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** There's no remedy for memory ***


24 Dicembre 2013

Oggi è la vigilia di Natale e devo assolutamente comprare un regalo a Tyler. Come sempre dimentico tutto, e il regalo è incluso. I negozi non dovrebbero essere aperti, ma tentar non nuoce. Tra dieci giorni partirà per andare a Melbourne per studiare medicina. Ha detto che mi verrà a trovare spesso, ma ne dubito. È più grande di me di due anni, io ne ho diciassette. Sono appena entrata in una gioielleria. Sto guardando delle collane argentate non troppo costose. Poi ne trovo una, con un triangolo, semplice ma molto bella. Come lui. Ha detto che mi avrebbe raggiunto al bar dinanzi alla piccola chiesa al centro della città per una sorpresa, ed è lì che gli darò la collana. L'acquisto subito e mi dirigo verso il mio motorino. Dopo aver preso una piccola scorciatoia che mio padre mi ha svelato quando ero più piccola, arrivo dopo pochi minuti al bar. Mio padre mi ha insegnato molte cose, è stato l'unico a farlo. Mia madre è sempre stata troppo occupata con il lavoro, e dopo la morte di papà non ne ha voluto più sapere di me. Pensa sia stata colpa mia, ma non lo è affatto. Semplicemente è morto dopo essere entrato nella marina militare. Cammino verso la piccola chiesa fino ai gradini, su cui mi siedo ed aspetto che il mio fidanzato arrivi. Poi sento il mio nome. Ripetutamente. Alzo lo sguardo cercando di capire da dove provenisse quella voce così familiare.

"Faith, ti sto chiamando!" Solo di una persona può essere quella voce.

"Tyler! Ti stavo aspettando." Lo abbraccio forte, perché il mio cuore mi sta dicendo di farlo ora. E non so perché, ma ascoltare il cuore è la cosa migliore.

"Ti ho co-"

"Aspetta, devo dirti una cosa. Spero la prenderai bene." Il suo tono non mi piace per niente, e so che non la prenderò affatto bene.

"Okay, cosa c'è?" Gli chiedo. Ha lo sguardo basso, è insicuro. Lo conosco bene. "Per favore, dimmi cos'hai." Gli accarezzo le mani ricavandone un sorriso da parte sua. Se solo avessi saputo, me lo sarei goduto all'infinito.

"Devo partire stanotte..." Guardo attentamente i suoi occhi.

"Tu già lo sapevi." Lo indico. "Tu mi hai nascosto la tua partenza!" Urlo attirando l'attenzione dei passanti.

"Calma Fefi. Ti verrò a trovare lo stesso."

"Non chiamarmi così! Non adesso!" Delle lacrime si accumulano nei miei occhi ma riuscirò a trattenerle.

"Faith, cazzo! Sai che è l'occasione della mia vita poter studiare a Melbourne!"

"Mi dici perché? Mi vuoi lasciare sola?" Abbasso la voce, sapendo che se non mi calmo avrò le mie solite crisi di solitudine.

"No no. Faith no. Io non ti lascerò mai." Si avvicina a me.

"Allora per favore non andare. Io ho provato a convincerti, ma niente. Non puoi andartene così, senza avvisarmi." La mia voce diventa quasi minuscola.

"Non iniziare con questa storia. Sai che per me è molto importante."

"Cos'è più importante per te?"

"No, non ricominciare. Ovvio che tu sei-"

"Allora, ti prego, rimani."

"Mi dispiace." Lascia le mie mani per poi allontanarsi. Prima che possa attraversare la strada lo chiamo, un'ultima volta...

"Tyler!" Si volta.

"Io ti amo." Senza darmi una risposta, continua a camminare, senza guardare 'a destra e a sinistra', come mi ha insegnato mio padre. Se avessi saputo accettare la situazione, non sarebbe successo. Di questa morte ne sono colpevole. Corro verso il suo corpo, lo osservo con gli occhi lucidi per poi buttarmi ai suoi piedi, che non cammineranno più. Quel giorno ho pianto. Tanto. Perché era stata colpa mia.

"Ti prego svegliati. Tu non puoi lasciarmi così..." La mia voce si affievolisce, le persone diminuiscono intorno a me. L'oscurità assoluta, nessun rumore, niente gente. Il nulla. Da quel giorno ecco cosa sono diventata: il nulla. Tyler è morto, e con lui anche l'allegra e solare Faith. Non credo che qualcuno, un giorno, riuscirà a risvegliarla. Non credo che amerò più qualcuno.

17 settembre 2014

"Michael?" Lo guardo attentamente, aspettando il suo solito cenno del capo, che non tarda ad arrivare.

"Mmh."

"Non so se sono pronta a lasciare mia madre, i miei amici. Il mio posto..." dico.

"Da quando ti importa di tua madre?"

"Forse di lei non mi importa, ma sono solo insicura..."

"Dai, vieni." Allarga le braccia accogliendomi come solo lui sa fare. Lui mi conosce.

"Tu non mi lascerai sola, vero?"

"Certo che no." Scioglie l'abbraccio. "Da quando sei così dolce, invece? Dai, su con la vita! Si va a Sydney ragazza! Inoltre farai subito amicizia, ci sono degli amici lì!" Mi da un piccolo schiaffetto sul sedere, facendomi ridere. Oggi scapperò. Inizierò una nuova vita. O almeno ci proverò.

Hey rieccomi con una nuova storia, completamente diversa dall'altra. Sinceramente non so come fare la copertina di tutte e due le storie su EFP, ma lo scoprirò hahahaha. Se volete vederle, sono su Wattpad. Sarei felice se trovassi delle recensioni. Spero vi piaccia, questo non è un vero e proprio capitolo, solo un'introduzione. Addio, ora sparisco. Vi amo haha xx ♥♥
Twitter: @CClaudiaB
Wattpad: ZNHLLforevah

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


“Proprio ora

Io ti vorrei qui con me

perchè proprio ora

è tutto nuovo per me

sai che non so combattere questo sentimento

e tutte le notti lo sento

proprio ora

Io ti vorrei qui con me.”

>><<

"Wow! È bellissima! Almeno per ora. Te l'avevo detto." Michael continua a ripetermi la stessa frase da tempo, e si. Devo ammettere che ha ragione. Sydney è più che magnifica o,come ha detto lui, almeno per ora. In fondo credo sia stata la scelta migliore, essere scappata. A chi potrò mai importare a Brisbane? Quello è un luogo di ricordi, e io odio i ricordi, perché i miei sono stati sempre brutti. In realtà odio tutto, e tutti. Ed ora che ci penso quello che ho fatto è stato solo scappare dagli incubi, dal buio.

"Faith, a cosa stai pensando?" Michael mi risveglia dai miei soliti, e ormai quotidiani, pensieri.

"A nulla." A quanto sia stata buia la mia vita, vorrei dirgli. Ma mento, che è la cosa che forse mi riesce meglio.

"So che non è così, ma oggi ci godiamo l'ultimo momento di libertà. Ti sorprenderò dicendoti che domani dobbiamo andare a scuola. Le iscrizioni le ho fatte io, un pò di tempo fa."

"Cosa? Cioè, hai già pagato i biglietti del treno, ora anche le iscrizioni? Non mi hai detto nulla! Avremmo potuto trovare un piccolo lavoro e poi continuare la scuola un pò in ritardo rispetto agli altri!" Escalmo leggermente irritata, infastidita.

"Devo ricordarti che posso permettermelo? Mio padre ha un sacco di soldi, e sono sicuro che non avrà problemi a condividerli con il figlio. Poi dobbiamo studiare, stiamo all'ultimo anno." Il padre è un avvocato, ha molti soldi e fa una bella vita. Vive a Perth con un'altra donna. Da quando hanno divorziato, la madre è diventata un pò pazza in poche parole. Credo fosse dipendente da lui, un amore fin troppo malato.

"Senti, non voglio fare scenate. Facciamo i turisti o quel che cazzo siamo ora e basta." Gli do le spalle osservando il porto. Poi sento le sue mani sulla mia pancia e il suo petto che si scontra contro la mia schiena.

"Dai su, Faith. Siamo qui per iniziare una nuova storia. Per ricominciare. Sorridi, dimentica il passato. Pensa al presente e al futuro." Le sue braccia mi stringono, e sento nel mio corpo quel calore così familiare, così mio. Perché ormai lui fa parte di me, è nel mio cuore.

"Okay..." sospiro.

"Ora andiamo dai. La nostra scuola ha le stanze incluse, quindi non dovremmo pagare nessuno stronzo." Rido insieme a lui.

...

Michael e la geografia non vanno d'accordo. Ci abbiamo messo fin troppo tempo per arrivare alle camere. Abbiamo chiesto alla segretaria, e ci ha detto che sono nel terzo piano. Piano migliore non poteva esserci. Abbiamo riposto le nostre valigie nelle stanze, ovviamente separate e ci siamo incontrati nella sua.

"Non avevo intenzione di stare con nessuna ragazza. Preferivo stare con te." Sbuffo camminando avanti e indietro, analizzando ogni singolo particolare. Ho il bisogno di tenere impresso tutto nella mia mente, le cose superflue e quelle importanti.

"A dire la verità anche io. Ma femmine e maschi devono stare separati, non vogliono preoccuparsi di niente. E non hanno torto, non credo sarebbe carino per la signora delle pulizie trovare oggettini non graditi..." sorride maliziosamente.

"Mikey! Che schifo. Ma da quando in qua c'è una signora delle pulizie, poi?"

"E che ne so io, l'ho letto sul sito. E poi come se non sapessi cosa sia il sesso. Sono cose normali." Si stringe nelle spalle.

"Non parlarmi di queste merdate. Per te tutto è normale, anche farsi i capelli verdi." Sbuffo ancora. Quante volte avrò sbuffato?

"Sono un tipo trasgressivo. Me ne vanto, e dovresti vantartene anche tu. Chi non vorrebbe avere come amico un ragazzo con i capelli verdi e così affascinante?" Si distende sul letto incrociando le gambe e mettendo le braccia sotto la testa, e chiude gli occhi.

"Oh, fammici pensare. Mmh nessuno." Gli faccio la linguaccia e prendo un foglio e una matita dalla scrivania vicino all'armadio.

"Fottiti." Mi mostra il dito medio.

"Ti voglio bene anche io." Mi siedo infine accanto a lui e poggio il foglio sul suo torace. Lo osservo per quelli che sembrano minuti per poi iniziare a fare un piccolo schizzo del suo viso. Lo vedo socchiudere un occhio e chiuderlo subito dopo.

"Che stai facendo?" Mi chiede con la voce priva di emozioni, solo stanca.

"Disegno." Faccio una pausa per osservarlo meglio. "Disegno te."

"Okay, fammi bello allora."

C'è silenzio, come piace a me. Non amo il fracasso, il rumore. Preferirei rimanere in una stanza luminosa e silenziosa a disegnare, al contrario di andare ad una festa piena di gente e musica alta. Da quando Tyler non c'è più, io sono sola. Non esco, se non a fare una passeggiata con Michael. Solo questo, non sento il bisogno di divertirmi se lui non c'è.

Continuo a perfezionare la forma degli occhi, del naso e la bocca. Sfumo leggermente con il dito per creare delle ombre, chiare per dare prospettiva al ritratto, non scure. Lui è luminoso e pieno di vita, perché dovrebbe essere ricoperto dalle ombre? Lui è la luce, non il buio.

"Finito?"

"No, quasi."

Il silenzio svanisce, e questo basta a farmi dannatamente arrabbiare. Odio quando disturbano. Si odono delle voci nel corridoio, maschili e molto vicine alla porta. Ma non lascio nulla a metà, continuo a disegnare perché è l'unico mio sfogo. Poi il rumore della porta che si spalanca si fa spazio nelle mie orecchie.

"Ash è importa-" Due ragazzi, credo diversi. Analizzo le voci, tutto. È da lì che imparo a conoscere le persone. Non mi volto, e neanche il mio migliore amico lo fa.

"Mikey?" Chiede uno. Michael apre gli occhi e li guarda, poi si forma una smorfia sorpresa sul suo viso, e si alza immediatamente, facendomi sbuffare, per l'ennesima volta.

"Ashton, Luke! Oddio da quanto tempo. Calum dov'è?" Ancora non mi volto, anzi prendo il posto della "mela", come lo definisco io per la sua testa verde. Continuo a disegnare, ma sull'altro lato del foglio. Qualche striscia, a formare un enorme fulmine che divide due mani incrociate tra loro. Istintivamente tocco la collana con il triangolo, quella che in questo momento avrebbe potuto indossare lui. Che non ha avuto il tempo di vedere, di toccare. Mi sono persa nel mio mondo, è come se intorno a me ora non ci fosse più nessuno. Poggio delicatamente la matita sul letto, come se fosse un oggetto prezioso, come se fosse di vetro. Fragile. Chiudo gli occhi immaginandomi in una distesa verdeggiante, piena di fiori di ogni colore, anche il più innaturale. Il cielo è sereno, il sole splende luminoso. Solo verde intorno a me. Come per stregoneria, più che magia, si trasforma tutto in oscurità. Ora c'è fuoco attorno a me, c'è il buio, c'è malvagità. Apro gli occhi, accorgendomi che oramai non posso neanche sognare, che anche nei sogni il fuoco mi brucia e il buio mi divora. Riprendo in mano la matita e continuo quello che avevo iniziato.

"E la ragazza, quella lì, non ce la presenti?" Sento dire, la voce sensuale e al tempo stesso dura e piatta. Mi alzo di scatto.

"Quella lì ha un nome. Mi chiamo Faith."

"Si vede che sei simpatica. Lo sai che le ragazze non dovrebbero stare nelle camere dei ragazzi?" Osservo chi parla. Lì mi crolla il mondo addosso. La matita lascia la mia mano, adagiandosi violentemente sul pavimento. Il foglio le fa presto compagnia. Sono entrambi biondi, uno più scuro con gli occhi verdi. L'altro invece ha gli occhi azzurri. La mia bocca si spalanca leggermente, i miei occhi si posano sul mio amico. Il suo sguardo è impaurito, perché lui mi legge dentro. Sa cosa sto provando adesso, dal momento in cui l'ho guardato sorpresa, anzi, con il cuore a pezzi. Se devo essere sincera, pezzi non ne ho più. Man mano si consumano, e io spero, ma tanto, che Sydney mi aiuti a ricostruirmi. A ricostruire ogni parte di me, dalla più insignificante alla meno.

Osservo ancora il ragazzo dagli occhi con una storia dentro, con un passato. Lo osservo fino a consumarlo.

"Già ti odio" riesco a dire. Solo tre parole, altre non escono dalla mia bocca. Forse perché non vogliono, forse perché non ne ho.

"Della tua opinione non mi frega un cazzo."

Raccolgo gli oggetti caduti, osservando con sguardo fulminio il biondino.

"Tu sembri simpatico." Indico l'altro,  quello con una bandana stramba in testa, del quale non conosco il nome. Esco dalla stanza, segnata già dal mio fuoco, dal mio buio. Lo odio così tanto, non lo conosco, ma lo odio. Perché lui è così lui.

N/A:

Grazie di cuore an chi mi sta supportando :) Continuerò fino a quando lo vorrete. Grazie grazie e grazie infinite.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


“Ma sono solo umana

E sanguino quando cado

Sono solo umana

E crollo e mi abbatto

Le tue parole nella mia testa, coltelli nel mio cuore

Mi hai portato in alto ed ora cado a pezzi

Sono solo umana.”

>><<

Michael's pov.

"Cosa ti è preso?! Sei diventata pazza, per caso?"

"Cosa mi è preso? Tu sai bene cosa mi è preso. Quando ti ho guardato, mi hai capita. E non hai fatto niente. Niente!" Grida mancando il "tu".

"Cosa potevo fare? Me lo dici?!" Urlo anche io.

"Oh al diavolo!" Si butta tra le mie braccia stringendomi forte, fino a farmi mancare il respiro.

"Somiglia così tanto a lui..." scoppia a piangere, come solo una volta ha fatto. Noi siamo così: passiamo dall'urlarci in faccia ad abbracciarci. Ma a me sta bene.

"Lo so, ma tu non devi pensarci. Okay?" Le accarezzo dolcemente i capelli cercando di farla calmare. Si stende sul letto ed io faccio lo stesso accanto a lei.

"Non è okay. Poi è così arrogante quel ragazzo. Non voglio averci niente a che fare con quello lì." Chiude gli occhi girandosi verso di me. Non provo nulla per lei che vada oltre alla nostra fratellanza, che si intenda. È come se fosse la mia sorella minore.

"Okay, ma sii più carina." Suona più come un ordine, visto il suo sguardo. "Fallo per me, per favore." Ridacchia e dopo qualche minuto si addormenta sul suo letto. Mi alzo provando a non svegliarla, ed esco dalla sua camera andando verso la mia. La mia e di Luke, più che altro. Salgo le scale scontrandomi contro qualcuno.

"Oh scusa..." si aggiusta gli occhiali sul naso e mi squadra. Nerd ma carina.

"Conosci per caso Luke Hemmings?" Le chiedo. Meglio domandare che farsi il giro della scuola.

"Oh certo, chi non lo conosce!" Alza le mani in aria.

"In che senso?" Chiedo, ancora, incuriosito.

"Sei nuovo eh? Bhe diciamo che non girano belle voci su di lui e i suoi amici. Si dice che siano in un brutto giro. Delle volte hanno un'aria stanca, ma non stanca di chi non dorme." Si ferma per prendere fiato. "Capiscimi. Poi altri dicono che trattino male le ragazze. Ma queste sono voci. Nessuno si avvicina. Hanno paura, ma a me non spaventano così tanto." Sorride.

"Okay...mi sai dire dove potrebbero essere ora?" Se si togliesse quegli occhiali sarebbe molto più bella.

"Non di preciso. A volte sono nel parcheggio dei professori, nel lato più deserto. Altre, invece, vanno in palestra, ma non la nuova. Quella vicino al giardino. È ugualmente deserta."

"Mmh grazie, come fai a sapere tutte queste cose?"

"Hem...un giorno li ho seguiti. Ma nulla di più..." abbassa lo sguardo timidamente.

"Okay. Grazie." Scendo le scale ma mi giro di nuovo.

"Comunque sono Michael." Le sorrido.

"Jess." Arrossisce.

Continuo a scendere fino al piano terra. Non ho idea di dove sia il parcheggio. E la palestra. Fortunatamente oggi non ci sono le lezioni. Esco dall'edificio e fermo alcuni studenti per chiedere le indicazioni. Vado a controllare nel parcheggio, ma non ci sono. Provo ad andare nella palestra, e la scena che vedo mi diverte. Ashton sta cercando di togliere una bomboletta di mano a Calum, mentre Luke li filma. Scoppio a ridere attirando la loro attenzione.

"Amico, da quanto tempo!"

"Calum, dov'eri questa mattina?" Avanzo verso di lui e gli do una pacca sulla spalla.

"Non l'hai portata la tua amica pazza?"

"Luke, non è pazza. Ha un hem, carattere tutto suo." Lo riprendo.

"Non è pazza, ha solo capito che sei una gran testa di cazzo. Io le sto simpatico invece." Aggiunge Ashton ridendo.

"Non ti rispondo." Guardo la scena divertito mentre Calum ride sotto i baffi.

"Non rispondi perché è vero."

"Senti vaf-"

"Basta basta. Vi devo chiedere delle cose." Li blocco.

"Spara" dice Luke riprendendo a fare i graffiti.

"Ad esempio...dicono che siete in un brutto giro...e ch-"

"Sappiamo le voci che girano su di noi."

"Dipende quali, a volte dicono solo stronzate." Ora parla Ashton.

"Okay okay. Quali sono vere?" Chiedo. Vedo i tre osservarsi, come se stessero pensando se dirmelo o no.

"Ragazzi, dai ci conosciamo da una vita."

"Va bene. Ti diremo qualcosina. Non reagire male però."

Faith's pov.

Mi sveglio a causa del cellulare che continua a squillare ininterrottamente. Rispondo irritata.

"Chi è?"

"Faith! Grazie al cielo! Dove sei? Ti sto cercando da ore! È stato Micheal vero? L'ho sempre saputo che quel ragazzo non era un buon esempio per te, e come sempre sei troppo influenzabile. Ora ti vengo a prendere e-" mia madre ha sempre pensato che Michael non fosse un buon amico per me, ma si sbaglia di grosso.

"No mamma, io non torno. Non c'entra Michael. Io volevo semplicemente andare via da te. Non mi hai mai trattata come una figlia, perché lo fai ora?" Sono calma e nello stesso tempo molto nervosa. Molto.

"Ah è così? Bene Faith. Quando avrai dei rimorsi, non venire da me perché ti respingerò. Sappi solo questo. Non voglio sentirti o altro. Dimmi solo dove sei. Non ti cercherò." So che sta dicendo la verità.

"Sydney" dico esitante.

"Perfetto. Sappi anche che ti ho voluto bene." Dopo questa frase il "tu-tu-tu" a fine chiamata, mi fa innervosire ancor di più. È in questi momenti che ho bisogno di lui, dei suoi abbracci, dei suoi baci. Delle sue frasi strane ma divertenti. Delle sue facce buffe che mi facevano sempre ridere. Del nomignolo che mi dava, che odiavo ma che ora vorrei tanto sentirlo dire da lui. Il problema è che io lo amo ancora, e anche se non c'è più, io fingo che ora sia a Melbourne a studiare. Fingo che ogni sera mi chiami per chiedermi se sto bene. Ma non riuscirò a fingere per sempre. Sono umana, e riesco fino a quando posso. Ma sono fortunata ad avere Michael. A proposito di lui, non so dove si sia cacciato, ma se non è in camera, è con quel rimbambito e con quello con la bandana. Mi sistemo i capelli guardandomi allo specchio e penso che sia davvero il caso di fare un piercing. Ne ho sempre voluto uno. Alla bocca sarebbe carino.

Appena apro la porta mi ritrovo con il fondo schiena a terra. Se fosse stato un maschio l'avrei preso a schiaffi senza motivo. Senza di lui sono cambiata. Meno debole, più forte. Mi rialzo sistemando la maglia che tanto amo, presa in prestito da Michael.

"Aia, la seconda volta in un giorno." Si massaggia il fianco parlando da sola.

"E tu chi sei?"

"Io sono Jess Lee, sono all'ultimo ann-"

"No non intendevo questo, che ci fai qui?" Mi correggo.

"Oh semplice," sistema per bene gli occhiali sul naso piccolo e alla francese, che la rende adorabile "stavo entrando in camera. Tu sei la mia compagna di stanza, giusto?" Annuisco.

"Sono Faith Thompson. Vado di fretta, ora. Sto cercando un mio amico. Mi ha fatto piacere conoscerti, ci si vede!" Corro sulle scale, rischiando quasi di cadere, e mi dirigo verso la camera del mio amico. Entro ma non c'è nessuno. La parte curiosa di me mi sta dicendo di 'ficcare il naso' nelle cose altrui. Mi avvicino alla scrivania accanto al letto di Michael, sedendomi e frugando tra i cassetti. Trovo un piccolo diario, su cui sono scritte frasi, forse un diario di sfogo, dove sono impressi sentimenti, emozioni e anche cose vissute. Non so di chi sia...Michael? Eppure lui mi dice tutto.

'E se fosse di uno di quei ragazzi?' chiede la mia coscienza.

Nah, non sono tipi da scrittura. Nè tipi tropo sentimentali.

'Credi tu'

"Ah zitta!" Mi tiro uno schiaffetto leggero sulla testa per zittire quell'inutile vocina ereditata sicuramente da qualcuno.

Lo sfoglio, e trovo dei fogli, li prendo e inizio ad osservarli. Sono dei disegni, belli e credo che abbiano un significato implicito. Altrimenti non avrebbero senso. Allora non sono l'unica a disegnare i miei sentimenti, purché suoni strano. Cerco delle tasche che sfortunatamente non ho, e sono costretta a mettere quei foglietti nel mio reggiseno. Il diario potrò leggerlo con più attenzione un altro giorno. Mi alzo dalla sedia con l'intenzione di uscire silenziosamente e furtivamente, e quasi potrebbero sospettare qualcosa se mi vedessero. Ma non voglio far rumore, per non so quale motivo. Sono abbastanza strana. 'Prendo del tempo per allacciare i lacci delle scarpe prima di uscire.' penso.

Mi abbasso e provo a fare un fiocchetto decente da vedere. Sono stranamente fissata con i lacci, non mi piace allacciarli male, per un altro dei miei strani comportamenti.

"E tu chi sei? Che ci fai qui, eh?" Spalanco gli occhi. Alzo lo sguardo sulla persona che mi parla. È un ragazzo moro, dal viso apparentemente dolce. Sembra avere origini asiatiche. "Non fissarmi così." Si gratta la nuca.

"Hey hey!" Mi alzo trovandomelo a pochi centimetri da me. "Io dovrei chiederti chi sei, più che altro." Rispondo a tono. Anzi, forse sono stata un pò più acida di lui, ma non importa.

"Sono Calum e tu," mi punta il dito contro "non dovresti essere qui."

"Stavo aspettando Michael. Ora se non vai via potrei mettermi ad urlare e dire che mi stavi molestando." Punto i piedi a terra guardandolo negli occhi. Lui scoppia a ridere, ma non ho detto niente di divertente o ironico.

"Non avresti il coraggio, biondina."

"Vuoi vedere, moretto?" Lo sfido avvicinandomi e chiudendo gli occhi in due piccole fessure quasi invisibili.

"Non ti conviene fare la stronzetta con me." Va verso l'armadio cacciandone fuori una bandana rossa e molto  simile a quella del ragazzo di oggi. Dovrei chiedergli quale sia il suo nome perché altrimenti mi confondo con tutti questi ragazzi. Ritorna da me con aria minacciosa.

"Scusa cosa vuoi fare? Non ti conviene-" Vengo fermata dalla bandana che mi copre completamente la bocca e mi rende molto difficile parlare.

"Stai zitta un pò." Improvvisamente sono sulla sua spalla con le braccia bloccate dalle sue braccia forti e muscolose. Il corridoio è vuoto, sembra che siano morti tutti. Oh, dimenticavo che è l'ora di pranzo. Usciamo dalla scuola dirigendoci non so dove e penso seriamente che voglia portarmi in un qualche posto buio e farmi non so cosa. Mi dimeno ricevendone solo degli schiaffi sulla gamba. Ora sento delle voci non molto lontane e il peso sul mio cuore diminuisce.

"Ecco chi ho trovato nella stanza di Michael e Luke." Mi lascia finalmente andare facendomi cadere a terra. Abbasso la bandana fin sotto al mento, e non sono mai stata più felice di così per avere una bocca.

"Che cazzo fai? Mi volevi stuprare?!" Ci sono gli altri ragazzi e Michael. Corro verso il mio ormai fratello e lo abbraccio.

"È matta questa, io l'ho detto." Alzo lo sguardo e scorgo il biondino fare dei graffiti sul muro di una palestra che sembra ormai abbandonata. Spero per lui che non dica altro.

"Luke non farla incazzare." Lo avverte Mikey. Lo chiamo Mikey perché è un nome simpatico che odia, e quindi amo stuzzicarlo chiamandolo così. A parte Michael, il biondino si chiama Luke, me lo ricorderò.

"Michael, è la verità. Chi se la prenderebbe. Ecco perché è sola." Lascio cadere le mani lungo i miei fianchi camminando a passo veloce verso quel deficiente. Le persone parlano e giudicano non conoscendoti, e questo mi fa terribilmente innervosire.

"No Faith vieni qua!" Ma quando mi chiama è troppo tardi perché ormai ho già "guastato" il disegnino insignificante quanto il creatore, con una bomboletta nera trovata a terra.

"Fottiti cretino. Ora pensa prima di parlare." Lancio la bomboletta lontano da me, ma sinceramente non mi importa dove sia finita.

Mi volto a guardare gli altri tre: Michael ha la testa tra le mani esasperato, mentre gli altri due ridono. Forse Calum non è così male. Poso di nuovo gli occhi su Luke che mi sta squadrando dalla testa ai piedi con una faccia a dir poco buffa. Cammina verso di me incrociando il mio sguardo piatto. Sento il suo odore tanto che è vicino, e senza volerlo il mio corpo crea dei brividi sulla mia pelle. Brividi di freddo, credo. Anche se qui si muore di caldo. Ora riesco ad osservarlo meglio, notando anche un piercing nero sul labbro inferiore, proprio come lo vorrei io. Gli occhi azzurri così belli, per niente uguali a quelli di Tyler. Rimarrei a osservarli tutto il giorno, a osservare questo bel...che? Faith! Picchialo non guardarlo!

"Se tu non fossi una ragazza ti prenderei a pugni. Evita di farmelo dimenticare." Ecco che torno ad odiarlo. Un odio forte da quando l'ho visto.

"Se tu non fossi un bambino ti avrei già dato un ceffone. Evita di farmelo dimenticare." Rispondo a tono, sorridendo compiaciuta.

"Senza il tuo amico non saresti nulla, perché con una pazza non ci sta nessuno." Lo prendo per il colletto della maglia avvicinandolo ancor di più, quasi a sfiorare il suo naso.

"Con te non voglio averci nulla a che fare, quindi togliti dalle palle." Delle forti braccia mi allontanano da Luke.

"Allora, facciamo una cosa: cercate di andare d'accordo. È il primo giorno qui Faith. Evita di creare casini."

"Di certo non sono io la stupida con una faccia da zombie morto centinaia di volte e un ciuffo biondo che minaccia una ragazza."

"Ashton!" Urla Michael.

"Dimmi."

"Falle fare il giro della scuola."

"No! Non voglio fare niente con nessuno!" Mi intrometto.

"Okay!" Risponde l'altro. Sbuffando mi allontano insieme ad Ashton.

"Non faremo il giro della scuola non preoccuparti." Mi sussurra all'orecchio. Sorrido guardandolo.

"Sei simpatico, te l'ho detto?"

"Si, stamattina." Scoppia a ridere "Hey aspetta, quella è la mia bandana!"

Ridendo mi volto per pochi secondi, vedendo Luke sussurrare qualcosa a Michael, e Calum che giocherella con il cellulare.

N/A:

Ecco, ho aggiornato due capitoli! Con la scuola e tutto non vi aspettate che aggiornarò ogni giorno perché per quanto lo vorrei, non credo di farcela. Ora proverò a scrivere l'altro capitolo. Vi amo tutte davvero. Mi farebbe piacere se qualcuna di voi mi aiutasse a fare la copertina per EFP, perché vi giuro che non sono pratica. Per Wattpad sembra più facile ma per questo sito non ne sono capace lol. Scrivetee <3 <3

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


“Abbiamo tutti un passato che

vorremmo cancellare.”

>><<

Faith's pov.

"No Jess, sono stanca." Alzo il lenzuolo fino ai miei occhi per coprirmi ancor di più.

"Farai tardi il primo giorno, svegliati." Continua a tirarmi i piedi cercando di farmi cadere dal letto.

"Non mi importa. Ho sonno." Mi lamento ancora.

"Sapevo che ieri non avremmo dovuto fare quel che abbiamo fatto." Sospira.

"Okay mi alzo." Mi decido, scendendo dal letto strusciando i piedi sul pavimento. Vado verso il bagno per lavarmi e vestirmi, per poi truccarmi leggermente. Ho deciso di indossare dei collant neri abbinati ad una maglia blu notte. Metto al collo una collana comprata recentemente. Una specie di collarino nero, degli anni 90 circa.

"Sono pronta" le annuncio prendendo il mio zaino e uscendo dalla stanza. Gradino dopo gradino arrivo nella stanza di Ashton. Non so dove sia quella di Michael a dire la verità. Ieri sera mi ha detto che ha chiesto di essere spostato nella stanza vicino a quella dei due ragazzacci, con Calum. Quindi preferirei chiedere al Mr. Bandana. Non ho il tempo di bussare che mi ritrovo faccia a faccia con lui. Mi guarda con occhi curiosi e luminosi, ma la sua bocca rimane una linea sottile con un piercing. Non gli ho visto fare neanche un sorriso e penso che se lo facesse sarebbe più carino, ma è stranamente più attraente così. Dopo l'avvenimento di ieri pomeriggio non riesco a mantenere un rapporto visivo con il ragazzo difronte a me.

"Fammi passare" gli dico semplicemente a voce bassa e con lo sguardo concentrato sul pavimento.

"Michael è nella stanza 204." Mi sorpassa sfiorando la mia spalla e camminando con le mani nelle tasche dei jeans. Mi sento stupida solo per il fatto che sia riuscito a capire cosa volevo, e questo dovrebbe aiutarmi a rafforzare la mia corazza, il mio muro di cemento indistruttibile. Istintivamente alzo lo sguardo sopra la porta per osservare la targhetta e scoprire il numero di questa stanza. '210' c'è scritto. Posizionando meglio lo zaino sulla mia spalla destra, mi avvio verso la 204 trovandola velocemente e bussando. Nessuno apre e sono quindi costretta a dare qualche calcio alla porta. Un Calum assonnato e in boxer apre la porta. Senza volerlo li osservo, notando che hanno degli hamburger disegnati e scoppio a ridere.

"Senti stavo dormendo, e ridere dei miei boxer non è il modo migliore per farmi iniziare la giornata." Sbadiglia tornando verso il letto e sdraiandosi completamente su di esso.

"Sono le sette e trenta. Tra mezz'ora iniziano le lezioni ed io ho intenzione di fare colazione con voi, siccome siete le uniche persone che conosco. Quindi alzati e preparati. Io sveglio Michael." Mi siedo sul letto del mio amico e gli accarezzo i capelli prima di urlargli in un orecchio parole indecifrabili.

"Che cazzo è successo?!" Balza dal letto irrigidendosi "Non farlo più stronzetta" mi dice prima di abbassarsi alla mia altezza e stamparmi un bacio sulla guancia.

"Dai preparati. Vorrei fare colazione e prendere un bel caffè ed un cornetto" lo avviso prima di alzarmi e abbracciarlo.

"Non avvicinarti così tanto di prima mattina. Faccio certi sogni..." mi allontana ridendo. Gli do uno schiaffetto sulla spalla prima di uscire. Cosa posso mai fare a quest'ora non conoscendo nessuno che possa farmi compagnia? Oh, certo. Ritorno alla camera dei due e busso prima di aprire. Mi guardo intorno ed entro. La porta era socchiusa, non so perché, ma devo muovermi. Mi siedo sulla sedia ed apro il cassetto prendendone il diario. Lo apro ed inizio a leggere la prima pagina. C'è scritta una sola frase: 'il dolore esige di essere vissuto.'

Cosa significa questo? Vado alla pagina successiva e forse rimango stupita, se non confusa. Parole bellissime unite tra loro formando un testo magnifico.

'Dove sei

e mi dispiace tanto,

io non riesco a dormire, non riesco a sognare stasera.

Ho bisogno di qualcuno per sempre.

Questo buio strano malato,

arriva strisciando su di me così ossessionante ogni volta.'

Il rumore della porta che si apre mi fa sobbalzare e chiudo velocemente il diario rimettendolo nel cassetto.

"Hey Faith!"

"Ciao Ashton." Sorrido debolmente. Si avvicina a me per guardare meglio la scrivania.

"Che cosa stavi facendo?"

"Oh nulla, ti stavo aspettando."

"Per cosa?"

"Volevo solo, hem, chiederti se volessi fare colazione insieme a me. Verranno anche Michael e Calum." Mi gratto la nuca balbettando.

"Oh va bene. Andiamo allora." Camminiamo nel corridoio sotto i continui sguardi delle persone. Mi infastidisce. Mi infastidisce essere osservata, non sono un'attrice o una ragazza da palcoscenico, e odio essere al centro dell'attenzione. Anche perché non la merito tutta questa attenzione. Intanto penso e ripenso a quelle magnifiche parole, con sentimento, scritte da non so chi. Che significato avevano?

"Ashton, ma tu e Luke per caso scrivete?" Mi ritrovo a fare questa domanda imbarazzante senza neanche volerlo.

"Scrivere?" Si ferma un secondo riprendendo subito dopo a camminare.

"Bhe, intendo dire se esprimete i vostri sentimenti su carta, un diario ad esempio." Ci fermiamo davanti alla camera dei due ragazzi dormienti, e ci appoggiamo entrambi al muro.

"Per niente!" Ride ancora "Come mai questa domanda?"

"Hem, ho visto un diario...cioè non volevo frugare, ma ero solo curiosa. Non lo farò più scusami." Abbasso affranta lo sguardo sentendomi un pó in colpa, ma penso che continuerò a leggere quel diario.

"Oh quel diario..." alza contrariamente a me lo sguardo sul soffitto bianco latte "è solo di un amico di Luke. Si trovava nella nostra stessa stanza e Luke dice che lui l'abbia dimenticato lì. Tutto qui." Aggiusta la bandana un pò più sopra le sopracciglia e prende il telefono dalla tasca. Chiudo gli occhi cercando di rilassarmi prima che entri in classe. Ma tutto si collega a quello che è successo ieri, nel tardo pomeriggio. Non posso credere di aver mostrato la mia parte sensibile e vulnerabile ad un rude sconosciuto. Spero abbia dimenticato tutto, o meglio, spero che non dica niente a nessuno. Michael mi ha vista in quelle condizioni solo due volte. Aveva intenzione di mandarmi da uno psicologo, ma mi sono rifiutata. 'Vaffanculo, tu e lo psicologo' gli avevo detto. Non so come gli sia venuto in mente, ma credo che l'abbia fatto solo per il mio bene. Quindi preferisco tenere le mie allucinazioni nella mente, e non mostrargliele.

"Hey, allora? Non vieni?" Michael mi chiama, facendomi riaprire gli occhi scuri fuori e dentro, e sorrido.

"Si, scusa. Non mi ero accorta di voi..."

***

Siamo in mensa, aspettando gli altri ragazzi. Michael mi ha obbligata a prendere qualcosa da mangiare, ma non ho più tanta fame come prima. Ho dei dolori allucinanti alla pancia, sono tremendamente ansiosa di vedere Luke. Non che mi importi, ma voglio solo provare a leggerlo come ha tentato lui, e voglio capire se sarà abbastanza bastardo da dire tutto a Michael. Ma ho la certezza che se ne starà zitto a pensare e osservarmi. Lo odio come mai ho odiato una persona. Ed è solo il secondo giorno che lo vedo, non voglio immaginare nemmeno come sarà condividere il mio Michael per un anno intero con lui...

"Dov'è Luke?" Chiedo annoiata.

"È con Calum in stanza" dice ugualmente annoiato Ashton.

"No, stanno arrivando. Eccoli" dico sbuffando, indicando i due con un cenno del capo. I due si voltano a guardarli, il biondo strafottente e scocciato, l'altro felice ed attivo. Come possono essere amici due mondi completamente opposti? Mi alzo dalla sedia andando nel verso contrario al loro, e vado a prendere una brioche al cioccolato. Ritorno al mio posto con passo lento e strusciando le scarpe sul pavimento bianco a quadri. Mando una fugace occhiata a tutti e quattro i ragazzi, andando da Michael a Luke, e su quest'ultimo prolungo lo sguardo. Incontra finalmente i miei occhi, e con essi provo in qualche modo a fargli capire di zittirsi, di non dire nulla. La sua risposta me la sarei aspettata, lascia i miei occhi senza provare a ricambiare. Mi siedo mangiando la brioche, e poggio la mia pesante testa sulla mano, poggiata anch'essa sul tavolino. Non è tanto pesante perché lo è in sé, ma per tutti i pensieri, tutti i ricordi che ci sono dentro. E posso assicurare che non sono leggeri, sono pesanti da reggere, persino pesanti da ricordare. E odio dannatamente il fatto che Luke li appesantisca ancor di più. O forse odio lui e basta.

"Allora? Oggi che lezioni avete?" Michael rompe il ghiaccio "Io due ore di chimica, una di matematica e poi non ricordo..." dice dubbioso,  forse più a se stesso che a noi. Ma tanto solo io lo stavo ascoltando, quindi per avviare una conversazione gli rispondo.

"Io non so nulla, ma ricordo solo che alla terza ora andremo in palestra." Il fazzoletto diventa subito una pallina nelle mie mani, mentre sento la risposta di Calum.

"Oh, terrai compagnia a me e Luke. Anche noi dobbiamo fare palestra alla terza ora."

"Io vado" dico abbastanza irritata mentre mi alzo, e guardo per la millesima volta lui prima di camminare verso il bagno. E che dire? Bhe gli assomiglia molto, e questo mi fa male. Perché certi avvenimenti devono segnarmi così violentemente? Non posso vivere una normale vita da ragazza normale? Almeno ora so che non devo più affezionarmi così alle persone, perché quando ti lasciano fa male. Ed è così: prima o poi ti lasciano tutti. Lì, sola, a marcire; ed è in quel momento che fa più male, perché loro si divertono mentre tu muori, piano piano. Più dolorosamente. L'errore più grosso è voler sapere il proprio futuro, perché si deve vivere il presente e lasciare indietro il passato, imparando dagli errori. Ma io non sono così. Io voglio sapere il mio futuro. Io non riesco a vivere il presente. Io non riesco a dimenticare il passato.

"Faith, sei qui?" Riesco a riconoscere tra miliardi di persone la sua voce. Non ricordavo nemmeno di essere entrata nel WC ed essermi accasciata a terra. Ed ora che ci penso di più, è un lurido bagno con un lurido sporco pavimento, ed io come l'intelligente che sono, mi sono seduta qui. Mi alzo aiutandomi mettendo le mani sul muro, e mi pulisco i collant schiaffeggiando un pò il mio fondo schiena.

"Si, sono qui" riesco a dire. Quando penso posso fare azioni involontariamente, un'altra cosa che devo correggere. Apro la porta e lo guardo per un pò, sorpassandolo poi per uscire. So che mi seguirà perché lo conosco e so ogni sua azione, ogni suo sguardo.

"Tutto okay? Sai che puoi parlarmi." Si ferma dietro di me, e riesco a sentire un piccolo sospiro lasciare le sue labbra. Mi giro e gli rispondo: "Si, è tutto okay."

"Perché mi menti?" Non riuscendo a sostenere il suo intenso e nel fondo anche curioso sguardo, punto gli occhi sulle mie dita.

"Davvero, è tutto okay. Tra poco iniziano le lezioni. Ti raggiungo dopo, devo tornare in camera." Tutto ad un tratto divento frettolosa e fastidiosamente ansiosa. Non volendo una sua prossima risposta, cammino velocemente verso le scale, e dopo aver raggiunto il primo piano corro verso la mia stanza. La 193. Infilo la chiave nella serratura e apro la porta. Quando mi hanno dato la chiave? Bhe non importa. Ieri io e Jess ci siamo stranamente divertite. Ho riso realmente, niente di falso; potrebbe esser stata anche colpa dello champagne che abbiamo trovato in mensa. Non ricordo dove ho messo il reggiseno, dentro ci sono quei fogli. Devo ancora analizzarli, non ne ho avuto il tempo. Dopo aver rovistato tra la piccola montagna di vestiti accanto ai nostri letti, lo trovo. Ma i fogli non ci sono.

"Cazzo no!" Do un leggero pugno sul materasso e mi siedo. Cerco ancora tra tutto quello che trovo a terra e indovinate? Era nella scarpa di Jess. Non so come ci sia finito lì, e non voglio nemmeno saperlo. Da piccoli quadretti, diventano uno ad uno dei quadrati grandi, e forse non li avrei dovuti piegare. Inizio con il primo: questo è quasi una macchia nera, e poi c'è il rosso, al centro del foglio. Cosa significa? Passo al prossimo. Questo ha una sua semplicità mista ad una complicità assurda. E mi ritrovo confusa e curiosa, ma non ho la curiosità di chi vuole sapere, ma di chi vuole capire. Capire il perché delle cose. Una rosa nera stilizzata ma disegnata bene, e poi c'è quella che sembrerebbe una macchina, ma è stranamente scarabocchiata con un'altra penna nera. Ma in fondo al foglio, in basso a destra, c'è un altro piccolo disegno. Potrebbe essere insignificante per altre persone, ma non per me. Anzi lo trovo al contrario interessante. Una piccola e fragile mano lascia un'altra grossa e forte, e unita a quest ultima ce n'è un'altra forte ma allo stesso tempo delicata.

Perché una mano lascia le altre due? Non ho il tempo di pensare a nulla, che 'sorprendentemente' si apre la porta...

N/A:

Allora, ditemi le cose più brutte del mondo. Vaii. No okay seriamente volevo aggiornare l'altro giorno ma non ci sono riuscita. Se ho scritto varie volte delle parole sappiate che l'ho fatto di proposito lol.

Questo capitolo è abbastanza strano e confuso, un pò come gli altri. Ho già detto ad una ragazza che ha recensito l'ultimo capitolo, che ogni volta che ne vedo uno riesco a scrivere meglio. Funziona così: voi recensite, a me vengono in mente nuove idee. E so che è alquanto strano, ma è così hahah. Sarei felice se lo faceste tutti. Ripeto una cosuccia: chi potrebbe aiutarmi con la copertina della storia? E' più o meno essenziale per completare il tutto. Ora vi lascio, bacioniiii xx <3

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


“Il passato è bello: un ricordo, un sogno.

Ma non è la realtà.

L'unica via d'uscita è andare verso l'alto.

Non è un mondo perfetto, ma è un mondo nuovo.

Il futuro è oro.”

>><<

"Perché non vuoi dirmi nulla? Cazzo, sono o no il tuo migliore amico?" Entra scatenato urlando.

"Michael, certo che ti dico tutto." Mi faccio piccola nelle mie spalle.

"Non sembra!"

"Ti prego," mi alzo mettendo i fogli nel mio cassettino "non sgridarmi" dico poi andandogli incontro. I suoi lineamenti si addolciscono lentamente e mentre mi abbraccia sentiamo il trillo della campanella. Sciogliamo l'abbraccio, e dopo un ultimo sguardo, andiamo verso le nostre classi. Vedo in lontananza Jess che ripone degli oggetti nel suo armadietto, così decido di salutarla.

"Hey, ben trovata coinquilina." Mi avvicino, forse troppo velocemente facendola spaventare.

"Oh, hum, hey Faith!" Sposta lo sguardo sul mio amico. "Ciao Michael..." Arrossisce nominandolo.

"Vi conoscete?" Chiedo io naturalmente sorpresa.

"Oh non proprio, ci siamo scontrati ieri pomeriggio sulle scale."

"Oh okay...bhe, ora vado a vedere quale lezione ho. Ci vediamo in mensa." Credo sia più una domanda che non avrà risposta, più che un'affermazione. Ugualmente mi dirigo con lo zaino in spalla, verso la segreteria con la tristezza in viso.

***

Seconda ora di lezione: storia. Sono all'ultimo banco emarginata dalla classe che parla nonostante il professore stia spiegando, da ben cinquantacinque minuti. Mancano solo cinque minuti e vedrò Luke, e mi sto chiaramente agitando. Sono abbastanza brava in educazione fisica, ma non sono il tipo da pantaloncini stretti che si mostra. Semplicemente non ce la faccio. Il suono della campanella rimbomba nelle mura della scuola, e quando tutti sono usciti, io sono ancora qui a disegnare. Ripongo delicatamente le matite nell'astuccio, e quest'ultimo nello zaino, mettendolo in una spalla sola e camminando verso l'uscita con dei libri tra le mani. Nei corridoi credo di esser l'unica a non avere qualcuno con cui parlare, ma mi ci abituerò. Improvvisamente mi ritrovo a terra insieme ai miei libri, colpita dall'unica persona che mi vorrebbe morta.

"Oh, quanto mi dispiace" dice pestando le cose cadute a terra, tra cui il ritratto che avevo fatto il giorno prima a Michael. Con la pressione delle scarpe si strappa, e in quel momento mi accorgo degli sguardi su di me e le risate che si sono create tra gli studenti. Raccolgo tutto alzandomi lentamente e osservandolo con odio. Prima che possa pensare, la mia mano finisce sulla sua guancia morbida e bianca, trasformandosi in un colore rosato per la forza messa nella mia azione. Il suo sorrisetto sghembo si trasforma in un cipiglio sorpreso e arrabbiato. I suoi occhi diventano scuri, e due piccole rughe si formano sulla sua fronte. Gli studenti hanno alzato un coro di "ooh" chiaramente stupiti. Credo che nessuno lo abbia mai sfidato. Senza parlare cammino frettolosamente verso la palestra, mostratami da Ashton. Un gruppo di cheerleader sfoggia il suo vestito bianco e giallo, sculettando e parlando. Quando mi guardano, una delle ragazze -suppongo la capo cheerleader- mi lancia un'occhiatina disgustata. Io abbasso lo sguardo e continuo a camminare. Quando arrivo all'entrata degli spogliatoi, sento una leggera pressione sul mio polso, e mi giro.

"Hey Calum!" Sorrido, o almeno ci provo.

"Ciao Faith! Tutto bene?"

"Abbastanza-" vengo bloccata dalla sua voce roca. Ogni volta che lo vedo, mi duole il cuore. Non solo perché gli assomiglia tremendamente, ma perché è semplicemente uno dei ragazzi più belli che abbia visto. Ma...come si dice? Bello ma stupido? Questo è il suo caso, e io non devo intromettermi, non devo aggiustarlo. Perché lui in fin dei conti non ha intenzione di riparare me.

"Non farlo mai più." Si avvicina paurosamente minaccioso, puntando le sue iridi nelle mie. Io non gli risponderò, non ho una risposta.

"Cosa è successo?" Si intromette Calum che, fino ad ora, è stato lì fermo ad osservare la piccola scena.

"Oh nulla," decido di sfidarlo ancora "ho solo sfidato il tuo caro amico qui davanti..." mi avvicino a lui osservandolo disgustata e appena la sua mano tocca la mia guancia sinistra, brividi e brividi percorrono la mia spina dorsale. I miei piedi non riescono a muoversi, sono sempre più rigida mentre accarezza la mia guancia sorridendo divertito. Spalanco gli occhi alle sue parole.

"Cara Fefi, non sai in che guaio ti stai cacciando..." dice. Stringo il suo polso allontanandolo dal mio viso e lo squadro prima di parlare.

"Non chiamarmi così." Era il suo modo di chiamarmi.

"Ragazzi basta, dai. Smettetela." Aggiunge Calum allontanando il mio corpo dal suo, e di conseguenza i nostri sguardi.

"Mi dispiace per te. Non è bello essere isolati."

"Se vuoi un altro schiaffo, continua pure a parlare. Alla mia mano è piaciuta la tua guancia" rispondo a tono. Lui però non lo fa, andando verso lo spogliatoio maschile. Lo faccio anche io -andando ovviamente in quello femminile- salutando Calum con un semplice sorriso. Non c'è ancora nessuno, per me è una cosa positiva. Apro il primo armadietto che ho davanti, e trovo dei vestiti. Li prendo posandoli sulla panchina, e metto il mio zaino a terra. Un completo per fare sport composto da una semplice maglia bianca e dei pantaloncini gialli. 'Non indosserò mai una cosa del genere' penso, prima di ripiegarlo e metterlo nel posto in cui prima si trovava. Mentre sto per uscire, la porta si apre, e un gruppo di ragazze entra freneticamente. Io invece esco tranquilla, osservando la palestra. Il professore è seduto su una sedia verde, leggendo un giornalino, e appena mi vede alza il capo per poi salutarmi con un sorriso. È giovane. Molto giovane. Ed è anche carino, avrà si e no venticinque anni.

"Come mai non indossi la tuta? Ne ho messa una in ogni armadietto."

"Non indosso dei pantaloncini per fare palestra, non voglio mostrarmi" balbetto insicura.

"Devi indossare la tuta. È il regolamento. Potrei metterti una nota signorina..." lascia la frase in sospeso non sapendo il mio nome.

"Thompson, Faith Thompson. Non capisco quale sarebbe il motivo per mettermi una nota. È solo una tuta." Alzo le sopracciglia corrugando la fronte, e mi avvicino al professore.

"Il professore qui sono io, e se non vuoi una nota, vai a vestirti" istruisce lui. Preferirei avere una nota sul registro, che farmi vedere da quel verme in pantaloncini. Prima non avevo problemi a mostrare il mio fisico, ma ora si. Dopo lui ho avuto problemi per tutto, e mi accorgo che senza lui sono il nulla, non valgo niente.

"Allora? Cosa aspetti Fefi?" Mi volto al suono della sua voce profonda. Ha le braccia incrociate ed un sorriso più che fastidioso sul viso.

"Non intrometterti" gli dico irritata, ma lui non vuole saperne.

"Tu non mi dici cosa devo fare." Si avvicina. Tutto ad un tratto dimentico la presenza del prof che continua a leggere il giornale osservando a volte la scena.

"Vedremo." Mi allontano guardandolo ancora e -con l'intenzione di farlo innervosire ancor di più- entro di nuovo nello spogliatoio indossando la tuta. Mi osservo le gambe, è da tempo che non le faccio vedere. Continuo a dirmi mentalmente 'Faith devi cambiare. Devi tornare allegra e spensierata'. Ma come farò se come compagno di scuola ho un fallito così simile -e oltretutto affascinante- a lui? È troppo complicato tornare al passato, per quanto mi ci possa impegnare. Sono una matita...è così strano pensare che sia simile ad un essere non vivente, ma è così. Sono una matita che anche se non vuole, si consuma. Prova dolore e non lo da a vedere, perché non può. Diventa sempre più piccola, fino a morire. Tutto si collega alla morte. Ma non a quella fisica, a quella interna.

Ed  posso semplicemente rimanermene qui a guardare come lentamente vado via, perché nessuno vuole salvarmi.

N/A:

"Madò che positività che c'ha sta ragazzapenserete voiOppure vchiederete perché ha fatto tutta quella sceneggiata se la tuta l'ha messa lo stessoBheun altro capitolo che vi fa capire quanto è strana FaithUn pò  lunaticaoltretutto.

Andando oltre il capitoloè inutile scusarsici ho messo una vita per aggiornarema sono giorni particolaridevo anche studiareVoipoinon potete capire il nervosismo che ho orami si è cancellato metà capitoloho dovuto riscriverlo stamattina (scrivo sempre con il cellularenon aggiungendo la parte finaleSisono stata una stronza non scriverlama preferisco aggiungerla nel prossimo capitoloAndando anche oltre questoil capitolo come vi pareVi piaceVi voglio ricordare che potete dire quello che vi parecritiche costruttive non troppo pesantiqualche dubbio che avete anche pubblicitàTutto hahaSe poivolete chiedermi qualcosa del prossimo capitolofatelo nelle recensioni. Ringrazio tutte quelle che stanno seguendo la storia e soprattutto quelle che hanno sempre recensito. E' un pò corto lo so, ma cercherò di farmi perdonare la prossima volta.

Viamuu ❤

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


"Riparare
Cosa vuoi riparare in me
Cosa c'è in me che si può riparare?
Cosa c'è in me che non si può riparare?
Ed io...io voglio davvero essere riparata?"

>><<

Faith'POV.

Inutile dire che io sia altamente alterata, lo si vede anche solo dal rossore sul mio viso e dal tono di voce che sto attualmente usando con la preside. Essere mandati in presidenza il primo giorno di scuola, non era nel mio programma di "nuova vita", ma cercherò di rimediare durante l'anno; anche perché non ho di certo la voglia di studiare costantemente ogni giorno per colpa dei miei comportamenti alquanto stupidi. Voglio rimanere nella lista delle persone che studiano e basta, senza rompermi il collo a furia di alzarlo e abbassarlo per leggere un dannato libro. E credo sia altrettanto inutile la mia presenza fisica qui, nell'ufficio ordinato e profumato della preside; la mia mente è totalmente lontana dal pensare alle parole della signora bassa e robusta, seduta di fronte a me su una sedia nera troppo grossa per lei.

"Ancora non riesco a capire perché io sia qui. Non voler fare educazione fisica è una motivazione valida? Neanche fosse una materia importante." Credo di aver ripetuto questa domanda sei volte. Anzi, sette.

"È davvero testarda, signorina Thompson. Ora le risponderò invece con un'altra domanda: perché non voleva fare educazione fisica?" Sbuffo rumorosamente per poi incrociare le dita.

"Mi sono rifiutata di fare gli esercizi. Quello è un maniaco sessuale, nessun professore farebbe fare solo alle ragazze quel genere di esercizi" dico scocciata.

"Signorina Thompson!" mi riprende "il professor George è una brava persona. Non voglio ascoltare altro, fuori da qui!" Indica la porta con un dito, alzandosi dalla sedia. "E sei stata fortunata, avrei potuto dire a George di metterti una nota" canticchia il nome del professore chiudendo gli occhi.

Intanto io esco tranquillamente dall'ufficio strusciando le scarpe sul pavimento e creando un suono abbastanza sgradevole al mio udito. L'ora di educazione fisica non è ancora finita e non mi va di tornare in palestra, quindi preferisco fare un altro mini tour della scuola fino a quando non sentirò il suono della campanella. Esco nel cortile ora vuoto e, dopo essermi seduta su una delle panchine qui presenti, mi godo l'odore primaverile che circonda la città. Alzo le maniche della maglia fino ai gomiti, per poi poggiarli sulle mie cosce. Le mani reggono il peso della testa mentre strofinano con leggerezza le tempie. Chiudo gli occhi sospirando rumorosamente e portando poi la testa indietro.

"Fefi."

"Vai via" ordino duramente.

"Com'è stare nell'ufficio della preside, eh?"

"Perché sei qui? Non è ancora finita l'ora." Alzo il viso stanco verso di lui tenendo ancora gli occhi chiusi. Solo quando sento una pressione sulla panchina capisco che si è appena seduto affianco a me.

"Perché voglio aggiustarti" sussurra più a se stesso che a me.

"Cosa?" Chiedo sorpresa rivolgendogli uno sguardo curioso e stupito.

"Cosa è successo ieri?" Mi irrigidisco appena prova ad avvicinarsi a me, ma mi riprendo subito.

"Non mi piace quando mi rispondono con un'altra domanda" dico io seccamente.

"Non mi piace quando non rispondono alle mie domande." Usa lo stesso tono di voce, e dopo aver visto la mia reazione -ovviamente ho sbuffato- ridacchia per poi passarsi una mano nei capelli.

"Ascolta: tu non mi piaci. Io non ti piaccio. Tu non mi conosci, io non ti conosco. Tu mi stai sul cazzo, io ti sto sul cazzo. Sommando tutto esce un bel "non rompiamoci le palle a vicenda". Semplice no? Io non ti parlo, tu non mi parli, okay? Ed è abbastanza strano che siamo riusciti a non prenderci a schiaffi, ma molto probabilmente lo farò io se continuo a starti vicina." Riprendo fiato alzandomi, e ricomponendo i pezzi mi accorgo di aver dimenticato una cosa. Mi giro, e lo trovo ancora lì, intento a fissarmi con occhi indagatori.

"Ah, una cosa: qui l'unico ad essere solo sei tu."

"Tu non sai nulla di me" ribatte sbattendo i pugni sulla panchina.

"Anche tu non sai nulla di me" dico io a mia volta. Lo vedo alzarsi e avanzare verso di me lentamente, con gli occhi scuri e le labbra piatte.

"Ragazzina," prende il mio polso stringendolo "non giocare con me. Non ti conviene." Stringe la presa. Non riesco a ritrarmi, non riesco a muovermi. Semplicemente sono rigida, ferma ad ascoltare le parole che escono da quelle labbra assaporando il dolore della stretta della sua mano.

"Ti piace giocare?" Gli chiedo senza rendermene conto. La presa sul mio polso diventa più forte, ed io sto bene.

"Si." Avvicina il volto al mio. "Ma a te non piacerà giocare con me." Il dolore si stabilizza e sento il polso vuoto, mi ero quasi abituata al calore che emanava la sua mano. È come se ora avessi freddo. Lo vedo salire le scale dell'ingresso con le braccia lungo il corpo, e lo sguardo dritto. E io? Perché io sono qui a guardarlo?

Michael's POV.

"Calum, non voglio fare chimica. È noiosa" mi lamento per l'ennesima volta con il mio compagno di banco. Lui non mi risponde, non era una domanda e la risposta neanche la voglio. Siamo all'ultimo banco a sinistra, vicino alla finestra. Il professore sta spiegando, e anche se mi sono messo in testa che devo migliorare, chimica non riesco proprio a seguirla. Riesco a capirla, ma non mi interessa. Poggio la nuca al muro e guardo fuori dalla finestra; la scena mi colpisce. Vedo Faith su una panchina. Perché non è a lezione? Alzo la testa di scatto quando vedo Luke avvicinarsi a lei. Osservo attentamente ogni movimento che fanno; giuro che se succede qualcosa spezzo la testa a quel cretino. Parlano, stanno parlando. Luke si siede accanto a lei, prova ad avvicinarsi. Si stanno guardando, parlano ancora. Faith si alza improvvisamente dalla panchina camminando verso l'entrata. Poi si ferma e gli dice qualcos'altro.

"Cosa guardi?"

"Zitto Cal. Dopo ti spiego" gli dico avvicinando la testa alla finestra. Vedo Luke sbattere i pugni sulla panchina e poi alzarsi.

"Clifford, vuole riassumere lei la scissione omolitica ed eterolitica? Vedo che è molto attento." Distolgo immediatamente lo sguardo dalla finestra, e annuisco.

"Cal, aiutami. Non ho capito un cazzo di quello che ha detto" sussuro al mio amico mentre il professore attende la mia spiegazione.

Luke's POV.

Come mi è venuto in mente di dirle una cosa del genere? 'Voglio aggiustarti'. Ho sbagliato a seguirla, ora sono più nervoso di prima.

Salgo in camera e mi stendo subito sul letto. Osservo il soffitto, aspettando il suono della campanella che sfortunatamente non arriva. Ho sempre desiderato poter osservare le stelle al posto del muro, la notte, ma non ne ho mai avuto l'occasione. Mi piacerebbe vedere come splendono; sono dei piccoli punti luminosi in uno sfondo scuro. Il telefono squilla, la mia orrenda suoneria -che non ho avuto tempo di cambiare- riempie l'intera stanza, e il rumore dei miei passi pesanti rimboma nelle mie orecchie. Prendo il cellulare e lo porto alle orecchie toccando contemporaneamente lo schermo, senza nemmeno guardare chi sia.

"Pronto?"

"Pronto, Luke?" Sento la voce robotica vibrarmi nelle orecchie, e la riconosco immediatamente.

"Ciao papà. Tutto bene?" Cammino verso il letto sedendomi.

"Si si, tutto bene. A te? La scuola sta andando bene?"

"Hem, si. Va bene. Come mai mi hai chiamato?" Chiedo neutro.

"Oh, nulla. Volevo solo sapere come stavi...ah! Giusto, ti avviso che in questo mese verrò a trovarti."

"Ah."

"Non sei felice? È da molto che non ci vediamo" dice entusiasta, o almeno lo sembra.

"Mmh mmh."

"Bene Luke, non posso intrattenermi ancora. Il lavoro prende molto del mio tempo. Ci sentiamo, figlio mio."

"Ciao papà" rispondo chiudendo la chiamata. Mi sdraio di nuovo incrociando le mani sul mio petto. Il telefono, però, squilla un'altra volta. Sbuffo controllando il numero, ma è uno sconosciuto. Accetto la chiamata.

"Pronto?"

"Hey Luke."

N/A:

Hello everyoneCome state? Solo oggi sono riuscita ad aggiornare la storiama sono stata male per un pò di giorniSpero che non vi allontaniate  per miei ritardi...mi farebbe stare maleessere sincera.  Non vi nascondo che mi è passato per la mente di cancellarlama poi ho pensato voi che la leggetepoisono solo all'inizio.  Può darsi che dopo aver scritto un pò diventerà "famosahahahadire il vero è il mio sogno portare questa storia ad alti livellise vogliamo chiamarli così lolComunqueprovvederò ad aggiornare anche l'altraSpero che vi piaccia tutto per orache la state raccontando ad altre personeMi farebbe felice! Okay, ora vado. A PRESTO BELLE!
Love ya all xx

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


"Il passato è tutta un'illusione della mente, per giustificare gli sbagli, i tradimenti, le ferite in petto. Anche il futuro è un'illusione. Il modo migliore per vivere la vita è viverla nell'Adesso. L'Adesso è quello che ti tiene vivo, che devi ancora scoprire in te stesso. E' sempre lì, nascosto, devi solo liberare la mente. Ed è lì che riuscirai davvero ad essere in pace con te stesso."
>>
Luke's POV
"Chi parla?" Chiedo.
"Oh Luke, non ti ricordi di me?"
"Chi cazzo è che parla?" Chiedo ancora, alterato.
"Così mi offendi..." la risatina proveniente dall'altro capo del telefono mi confonde "non ricordi proprio i tuoi vecchi amici? Eh?"
"Cosa...non riesco davvero a ca-"
"Non devi capire un cazzo." Sospira pesantemente "Sai cosa, caro Luke? Non ti sei liberato di me." Con quest'ultima frase, la telefonata si interrompe, lasciandomi un enorme vuoto nella mente.
Cosa succederà, ancora? Ci sarà un solo momento di pace? È da tempo che sto pensando di andare un po' da mio padre, solo per qualche mese. Ho solo bisogno di allontanarmi da questo caos che, oltretutto, ho creato io stesso.
Con un pesante sospiro poggio la testa sul cuscino, chiudendo per un secondo gli occhi. Sblocco il telefono ed invio un messaggio ad Ashton.
A: Ashton  10:16 p.m.
Ash vieni subito in camera. Ti devo parlare.
Dopo aver inviato il messaggio, spengo il cellulare non volendo nemmeno una risposta. Mi alzo dal materasso e vado verso la scrivania, con l'intenzione di scrivere sul mio diario. Mi siedo, poggio la schiena sullo schienale della sedia e prendo il diario. Lo apro, ed inizio a scrivere le prime parole che mi vengono in mente. Nemmeno il tempo di pensare, che l'inchiostro è già incastrato tra la carta. Tra ogni singola fibra.
Immagina la sensazione di vivere libero dal passato, da tutti gli errori commessi fin'ora. Libertà dalle paure, dai timori, dai sensi di colpa. Ma soprattutto immagina di vivere felice tutti i giorni.
Non posso fare a meno di pensare che io sappia scrivere. Sì, ma so scrivere per gli altri, non per me. La mia 'saggezza' non è fatta per essere presa alla lettera da me, ma per gli altri. Per me è solo uno sfogo; è come se volessi provare a cambiarmi, come se volessi dire ad un altro me di non fare gli stessi errori. Come se volessi sfogarmi semplicemente con me stesso.
Cambio pagina, inizio a disegnare. Non sono molto bravo a farlo, ma mi piace esprimere sentimenti o emozioni, attraverso qualcos'altro che non sia la parola, o la scrittura. La luce del sole primaverile di Sydney sbatte sulla finestra e si diffonde per tutta la stanza, rendendola luminosa. Amo Sydney, nonostante tutti i miei trascorsi; è una città stupenda. La vita qui è bella, allegra. Ma non è per me, io vivo nel buio.
Vivendo nel buio, diventi il buio. Non puoi farci nulla, non puoi risolverlo. Nessuno ti salva dal fato. Quello è l'unico che sceglie per te.
Assonnato, decido di chiudere il diario e di riposarmi, almeno fino a quando Ashton non interromperà il mio sonno. Non m'importa molto della scuola. A cosa serve la scuola a uno che ormai non ha nemmeno una vita? Sono qui solo per lei. Lei avrebbe voluto che continuassi a vivere, e non che continuassi a sopravvivere...
Faith's POV
Cammino. Salgo le scale. Movimenti naturali. Movimenti quotidiani. Penso al nulla, mentre cammino svelta verso la mia camera. Sono passate due settimane dal mio arrivo a Sydney. Sempre gli stessi comportamenti: io continuo ad odiare Luke, lui continua ad odiare me. Ci parliamo un po' più spesso; la maggior parte delle volte per insultarci. E' così, e sarà così. Io e Michael siamo sempre più uniti ma allo stesso tempo distaccati. Quando provo a chiedergli come va, come sta, cosa fa nel tempo libero, lui svia il discorso inventando una stupida giustificazione per andare via. Ashton ed io siamo diventati amici; Calum è più riservato, ma a volte è lui che cerca di sollevarmi su di morale. Quindi non c'è nulla di nuovo. Anzi una cosa c'è: a me e Michael hanno dato delle divise scolastiche. Ce le hanno procurate in ritardo, ma non importa. Dopo le numerose scale, apro la porta. Mi siedo sul letto. Osservo la stanza. Chiudo gli occhi.
"Fefi, sai quanto odio il solletico. Non provarci" disse.
"Oh, mio piccolo unicorno, dovresti sapere che va a finire sempre con te sul pavimento ed io che rido." Risi, voltai lo sguardo dall'altra parte della stanza. Mi sentii prendere le anche, e mi girai di scatto.
"Questa volta sarò io a ridere di te, piccola Fefi."
Come si fa a non piangere?
"Facciamo una cosa: se mangi un cono con il gelato al pistacchio, a casa ti farò un regalo speciale..." disse mentre mi guardava sorridendo.
"No. Ty odio il pistacchio. Lo odio." Poggiai le braccia sulle anche continuando a camminare verso il gelataio. Mi prese un polso e mi bloccò fra le sue grandi braccia.
"Allora lo mangiamo insieme. Alla fragola. O al puffo. Va bene?" Chiese arricciando il naso e allungando le labbra in un sorriso dolce e affettuoso.
"Quando fai quella faccia non riesco a resisterti" ammisi "va bene, al puffo. Ma ad una sola condizione..." Sorrisi a mia volta.
"Quale?"  Mi chiese con un luccichio malizioso negli occhi.
"Baciami."
Le sue labbra sulle mie. Le mie labbra sulle sue. Riesco ancora a ricordare le sue labbra rosee e carnose poggiate sulle mie screpolate. Le sue mani attorno al mio corpo. La nostra prima volta. Quel sorriso che non smetteva mai di splendere. Istintivamente mi tocco con i polpastrelli le labbra soffici.
Mi distendo sul materasso, socchiudo gli occhi, e canto.
"Sto solo sperando che dopo questa febbre sopravviverò. So che mi sto comportando in maniera un po' folle, ma sto solo pregando di poterne uscire viva. Ma il letto sta diventando freddo e tu non sei qui." Strofino le guance umide "Il cuore vuole ciò che vuole, e tu mi hai distrutta. Pensavo al nostro ultimo bacio. A come ci siamo sentiti, al sapore che avevi. Ricordo il giorno in cui mi hai detto che te ne stavi andando, ricordo il trucco scorrere sulle mie guance. E i sogni che ti sei lasciato dietro, non ne avevi bisogno. Come ogni nostro singolo desiderio. Vorrei tanto svegliarmi con un'amnesia, e dimenticare tutto quello che è successo." Mi fermo sentendo un respiro profondo provenire dalla porta.
"Continua." Alla sua voce mi volto, scattante. Il suo sguardo mi incita a continuare. Ed io lo faccio, semplicemente perchè ne ho bisogno.
"Quando chiudo gli occhi e cerco di dormire, cado a pezzi e combatto duramente per respirare..." Stringo gli occhi singhiozzando leggermente, e cerco di finire la frase "tu sei la ragione, tu eri l'unica ragione..." 
Mi bastano delle grandi braccia avvolte attorno al mio corpo, per scoppiare in un lungo, doloroso e nostalgico pianto.
Ashton's POV
"Dove si è cacciato Luke?" Chiedo a Michael.
"Ash, non lo so. Neanche Calum si è fatto sentire."
"Cazzo."
"Ashton Fletcher Irwin" pronuncia il mio intero nome, provocandomi dei brividi nervosi sulla spina dorsale "Okay, non ti chiamerò più così. Ma voglio dirti solo una cosa: non devi preoccuparti. Tu avverti il pericolo da ogni angolo della strada" mi dice rilassato il mio amico. Come fa ad essere rilassato?
"Certo che avverto il pericolo! E' da ogni angolo della strada che compaiono!" Urlo attirando l'attenzione di qualche studente curioso.
"Stai calmo?" Urla a sua volta.
"Senti..." poggio la mano sulla sua spalla attirandolo verso di me "Luke due settimane fa ha ricevuto una telefonata..." sussurro nel suo orecchio.
"E allora?" Usa lo stesso tonodi voce.
"Era un anonimo. Ha detto queste esatte parole 'Sai cosa, caro Luke? Non ti sei liberato di me'. Non era spaventato, ma stanco. E sai cosa, ancora?" Chiedo retoricamente.
Annuisce.
"I suoi 'vecchi amici' lo stanno perseguitando."
"Li conosci?" Alza il tono di voce. "Diglielo. Devi dirglielo, cazzo!"
"No. Lui non deve sapere chi sono."
"Come fa a non ricordarli?" Mi chiede preoccupato, mettendo una mano sotto il mento e strofinandolo.
"Il suo 'trauma' ha provocato questo, Michael. Cosa ti aspettavi, che sarebbe stato una cosa positiva?" Il suono della campanella interrompe la nostra conversazione.
"Ne riparliamo dopo. Ora vado a lezione" dice gesticolando. Faccio un cenno del capo come saluto, poi inizio a camminare verso la mia camera. Appena entro vedo la finestra aperta, un vetro rotto. Alcuni fogli svolazzano per la stanza a causa del vento freddo primaverile. Mi avvicino allarmato alla scrivania, per raccogliere tutto da terra. La cosa che però, tra tutte, mi preoccupa, non è il sasso ai miei piedi, ma una piccola busta celeste.
E ancor di più mi preoccupa il testo che leggo quando la apro.
"Ciao Ashton. Come staLuke?"

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


“La vitaècosì: tiportaviaqualcosaetiregalaqualcos'altrocheameraidipiù”
>>
Faith'sPOV
“Ti prego, vai via” dico con la voce ovattata a causa della mia stretta vicinanza a lui. Voglio che vada via, ma in fondo voglio anche rimanga. Così strano, così anormale per noi che toccarcisignificavaavvelenarci.
“Racconta” dice con voce esigente, quasi come un ordine. Nella sua voce, però, riesco a cogliere anche un minimo di dolcezza, e questo mi rende felice: si preoccupa per me. Del mio canto, sapendo la sua estrema somiglianza, è difficile dover parlare del mio defunto fidanzato con lui. Non riesco ancora ad accettare la sua morte. Le domande sono le stesse, sempre: "Perché lui? Perché a me? Semplicemente perché?". Non ho mai trovato risposta ad esse.
“Io... Io non ci riesco...” soffio con le lacrime sulle guance, trattenute per fin troppo tempo “Devi andare via” dico allontanandomi leggermente. Lui, al contrario, si avvicina prendendo i miei polsi tra le mani. Li stringe come per dirmi "Ti prego, rimani" e poi mi abbraccia, di nuovo.
Perché è così dolce con me? Perché mi abbraccia, perché mi consola? Io lo odio, lui mi odia. Non dovremmo continuare ad odiarci? Non è così che deve andare.
“Se vuoi che io vada via, allontanati da me. Dimmelo, ma non abbracciarmi.”
“Perché sei così... Così strano? Tu non mi hai mai abbracciata, non mi hai mai parlato in questo modo. Cosa vuoi? È una di quelle scommesse perse? Sono il tuo ob-” Con la mano destra blocca le mie domande, poggiandola sulle mie labbra.
“Io penso solo che... Cristo, voglio aggiustarti... E poi modellarti.”
“Co-cosa significa?” Mi allontano da lui, asciugando le piccole goccioline che escono ancora ininterrottamente dai miei occhi. “Che cosa vuoi farmi?” Chiedo fragilmente. Sì, mi sento così fragile in questo momento.
“Voglio solo che tu rinasca” dice avvicinandosi ancora. Sembra quasi un gioco: mentre lui gattona sul letto, io mi allontano. Come un gatto in trappola che scappa da un cane.
“Tu non mi conosci!” Esclamo. Mi sdario sul materasso, sentendo la sua eccessiva vicinanza. Chiudo gli occhi ripensando alle due settimane passate in questa scuola. Non ci conosciamo, ma allo stesso tempo siamo fatti della cosa. Non so cosa sia quella "cosa". È come fare un discorso senza senso ad un bambino. Sono io il bambino, il bambino che percepisce, ma non capisce.
“Voglio solo farti star bene... Ti vedo così fragile, Faith. Tu credi di essere forte, di poter sopportare qualunque cosa, ma non è così. Ai miei occhi appari come un'innocente ragazza che pensa di poter andare avanti creando attorno a sé un muro di mattoni. Non so per quale motivo tu, il primo giorno che ci siamo visti, mi abbia attaccato in quel modo e, cazzo, non so perché io abbia accettato a giocare. Non so perché continuo a divertirmi in quel modo con te, ma è come se mi piacesse provocare il tuo lato sensibile. Merda, io voglio riunire tutti i tuoi pezzi, come un puzzle, e ricreare quelli andati persi.” Sospira stanco, posso sentire il suo respiro sul mio viso; è rilassante.
“Non riesco a capire perché tu mi stia facendo un discorso simile in questo modo. Perché hai scelto me per... Questo?”
“Semplicemente perché ho un conto in sospeso con me stesso...” Distoglie lo sguardo dal mio, e si volta verso la finestra appannata. Riesco quasi a vedere una lacrima uscire dai suoi dolci occhi azzurri, ma alla fine sulla sua guancia non scivola nulla. Mi domando come siamo finiti qui, a deprimerci per i nostri problemi personali. Io stesa e lui sopra di me. È così imbarazzante avere un ragazzo così vicino, dopo tutto quel tempo senza Tyler. Nonostante questo, voglio rimanere in questa precisa posizione, a guardare i suoi occhi, il suo naso, le sue labbra.
“Ti prego, non guardarmi così.” Mi rendo conto solo ora dei suoi occhi puntati neii miei.
“Come puoi aggiustarmi? Io ormai ho perso tutti i pezzi del puzzle.”
“Questo vuol dire che li ricreerò, pezzo per pezzo.”
“Come cominceremo?”
“A fare cosa?”
“A ripararci a vicenda.” poggio la mia mano sulla sua guancia, accarezzandola lentamente. “Anche io voglio giocare” dico senza rendermene conto.
“Perché pensi che sia un gioco?” Chiede ridendo leggermente.
“Perché amo stuzzicare il tuo carattere difficile.” Sorrido a mia volta.
“Non mi conosci” Ripete le mie parole.
“Neanche tu conosci me” dico sospirando.
“Ancora non so perché mi odi.”
“Vale lo stesso per me.” Tocco i suoi capelli biondi, mettendoli in disordine.
“Odio le ragazze.”
“Dimmi di più... Non voglio obbligarti a raccontarmi la tua vita, ma solo dimmi di più” dico mentre ricomincio ad accarezzare la sua guancia.
“Due donne mi hanno lasciato in un periodo no... Ti starai chiedendo perché odio tutte le donne o ti starai ponendo tante domande simili, ma non chiedermi nulla, per favore.” Sospira ancora. “Perché mi odi, allora?” Chiede.
“Mi ricordi una persona che è stata importante nella mia vita... Ti prego anch'io di non farmi nessuna domanda riguardo lui.”
“Odi anche questo lui?”
“No,” sorrido malinconicamente “non lo odio. Ma odio il fatto che tu sia così simile a lui.”
Rimaniamo secondi o minuti in silenzio, ad osservarci entrambi.
“Non so nulla dei tuoi motivi, tu non sai nulla dei miei, però possiamo ripararci.”
“Come?”
“Questo non lo so, sento solo che possiamo "aiutarci". Cazzo, é difficile.”
“Accetterò tutti i giochi che mi proporrai.”
“Okay.” Avvicina il suo viso al mio.
“Okay.” Sorrido.
“Non voglio baciarti.”
“Neanche io.”
“Potrei.”
“Anche io.”

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


"C'era qualcosa in lei che nessun altro aveva. Qualcosa di forte, che mi attirava come una calamita. Ma non capivo di cosa si trattasse."
>><<
Michael'sPOV
"Cristo, smettila Ash."
"So di avere certe paranoie, ma sono comunque preoccupato per lui..."
"Dovresti rilassarti" dico poggiando il braccio attorno alle sue spalle. "Trovati una ragazza." Sbuffo. Quando giro la testa, vedo il suo sguardo fulmineo, neanche avessi bestemmiato.
"No, per questa volta passo."
"Oh Ashton, ti aiuterà Michael."
"Sei inquietante quando mi sorridi in quel modo" dice mentre camminiamo verso le scale. Appena metto piede sul primo scalino, come un fulmine mi ritrovo a terra con un libro sulle gambe.
"Che cazzo..." Impreco a bassa voce.
"Oddio scusami, davvero. Non vole-"
"Jess? Beh, vedo che mi hai preso di mira" dico ridendo, grattandomi la nuca. Ashton mi guarda perplesso non capendo. Gli lancio un'occhiata del tipo "Non preoccuparti, dopo ti spiego.
"A quanto pare si." Ridacchia portando i capelli dietro l'orecchio.
"Hum... Per caso hai visto Faith?"
"Beh, no. Però ho visto Luke entrare nella nostra camera. È probabile che siano lì. Impallidisco improvvisamente.
"Hum, cosa stavi facendo?" Mi volto verso Ashton che ha le braccia incrociate e sbuffa annoiato.
"Stavo, cioè... Io stavo andando a ripassare storia. Ne approfitto in questo poco tempo dell'intervallo." Sembra così indifesa, eppure sento che dentro è tutt'altro... Vorrei provare a conoscerla.
"Beh, se vuoi dopo-"
"Cazzo, amico, fai in fretta. Ti va di passare del tempo con lui e caso mai scopare un po'? Beh, si che ti va." Io e Jess ci guardiamo abbastanza imbrazzati. Le sue guance sono diventate rosse e si sta mordendo il labbro. "Alle cinque in camera di Michael, e non preoccuparti amico, Calum non vi disturberà" si rivolge a me con sguardo annoiato, ma riesco a vedere un sorriso comparirgli sul viso. Inaspettatamente mi prende la mano e mi trascina verso il piano superiore, mentre io rivolgo a Jess uno sguardo innocente.
"Che cazzo ti è preso?" Sbotto quando siamo abbastanza lontani dal pian terreno.
"Stavi flirtando con quella ragazzina in modo noioso e lento. Cazzo, mi stavo fottutamente annoiando." Sbuffa riprendendo a camminare verso la stanza di Faith.
"Secondo te dovremmo bussare o origliare?" Chiedo quando siamo davanti alla porta. Lui abbassa lo sguardo pensando ad una delle mie proposte. Poi si avvicina alla porta, e aggrotta le sopracciglia.
"Allora?"
"Niente, non credo che siano qui."
"É probabile che stia dormendo, coglione." Uno sbuffo lascia le sue labbra e mi sto fottutamente chiedendo perché non l'abbia ancora preso a pugni.
"Ti girano le palle, eh?" Chiedo stanco.
"Merda, sono solo ansioso."
"Ora busso" lo avviso, anche se sembra non darmi tanta attenzione. Sbatto leggermente i pugni sulla superficie liscia e rigida.
"Faith, ci sei?"
Luke'sPOV
Mentre accarezzo la sua schiena penso a cosa sto facendo. Anzi, a cosa stiamo facendo. Cosa cazzo mi è preso? Perché le ho detto quelle cose? Dio santo, devo però ammettere che quello che le ho riferito è vero. Voglio davvero aiutare lei, e me. Ma come? Di certo non passando tutto il tempo a coccolarci o merdate simili. Volevo davvero baciarla, e toccarla. Prenderle il viso e attaccarlo al mio. Ma no, cazzo. Non deve succedere nemmeno per sogno. Quello che so per certo è che la aggiusterò, che aiuterò entrambi e che scoprirò ogni suo mistero. Amo il modo in cui le persone nascondono pateticamente i loro segreti. Lei però mi attrae, non come ragazza. Quello che nasconde mi... Mi incuriosisce.
La domanda che mi tormenta da quando si è addormentata è: "Cosafaremo?".
Alcune persone usano quei patti basati sul sesso senza i fottuti sentimenti, ma noi siamo così diversi. Noi abbiamo bisogno d'altro...
Forse introdursi nella mente dell'altro ci aiuterebbe. Potrei far parte di lei, in qualche modo, e capire cosa la tormenta senza che lei mi dica nulla. Potrebbe essere una buona idea. Fisso la ragazza accanto a me: se mi avessero detto in precedenza che avrei coccolato una ragazza tosta come il cemento sarei scoppiato a ridere. I suoi lineamenti sono rilassati, le labbra schiuse attirano le mie dita, che si poggiano lentamente su di esse. Le accarezzo senza fare alcuna pressione; sono così morbide e piene. Passo la mia mano sulla sua mandibola, le accarezzo il collo e la guardo, ancora. Improvvisamente qualcuno bussa alla porta, interrompendo il mio contatto con lei.
"Faith, ci sei?" Michael.
"Fefi, cazzo, sveglia." La scuoto. Lei apre gli occhi lentamente guardandomi confusa.
"Porca puttana, sei lì?"
"Cazzo" pronuncia alzandosi di scatto. "Nasconditi sotto il letto, merda" sussurra. Cammina verso la porta toccando continuamente i capelli e abbassando la maglia, che le ha tenuto scoperta la pancia fin'ora. Apre la porta sbadigliando.
"Hey Faith!" La abbraccia. "Hai visto Luke, per caso?" Scuote la testa continuando a dire cose incomprensibili all'orecchio di Michael. Riesco a vedere Ashton muoversi verso il letto; poi si siede. Trattengo un gemito di dolore sentendo le molle graffiarmi la pelle.
"Sto bene, Michael. Non ho bisogno di nulla" dice. Certo, staisplendidamente bene.
"Okay. Facciamo una cosa: stasera alle sette ci incontriamo al campetto verde, quello vecchio. Fammi sapere se vedi Luke da qualche parte. Ci vediamo dopo." Sento il rumore delle labbra di Michael schioccare un bacio sula guancia di Faith, poi vedo Ashton allontanarsi e tiro un sospiro di sollievo. Appena usciti, Faith chiude la porta a chiave ed io esco dal mio nascondiglio. Ci guardiamo, le faccio segno di sedersi accanto a me. Lei accetta senza esitare, e si mette a cavalcioni su di me prima di poggiare la testa sul mio petto. Sento qualcosa crescere dentro di me.
"Non diremo nulla agli altri?"
Io annuii, anche se sembrava più un'affermazione che una domanda.

N/A:

Allora, non so se vi ricordate di me e delle mie storie... hahahaah spero di sì! Scusate se non ho aggiornato per mesi e mesi ma dato che scrivo con il cellulare e le pubblico su Wattpad, EFP mi è sembrato un po' inutile... Comunque sono qui a continuare a pubblicare i capitoli, e ho scritto un'altra storia. Si chiama I can't su Harry Styles. Anyway, spero che i capitoli siano di vostro gradimento, gli ultimi due sono lunghissimi hahaha. Grazie a chi leggerà e continuerà a seguirmi anche se credo che sarete due massimo! Per favore lasciate una recensione per farmi cpire che leggete così continuerò...

Baci xx
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


“Il dolore però non é passato. Era sempre lì, mi tirava dentro, pretendeva di essere sentito.”

>>

Ashton's POV

“Dove sei stato per tutto quel tempo, eh?!” Chiedo irritato al mio amico biondo di fianco a me. Siamo seduti sulla panchina del campetto abbandonato chiacchierando non molto tranquillamente.
“Oh Cristo, ancora?” Sbuffa strofinando gli occhi con le mani mentre sbadiglia.
“Si, ancora. Porca puttana, mi fai preoccupare” gli rivelo imbarazzato. Attiro il suo sguardo perplesso e stanco verso il mio, e sembra durare un'eternità. Sappiamo entrambi che c'è qualcosa che non va, ci conosciamo troppo bene per non capirci a vicenda. Abbasso lo sguardo sentendomi in colpa: dovrei dirglielo, ma non ci riesco; sono sicuro che se glielo dicessi impazzirebbe e succederebbe la stessa identica cosa di un anno fa...
“Ash, cosa c'è che non va?” Chiede preoccupato. Scuoto la testa sospirando, lo guardo ancora e sorrido prima di parlare: “Nulla, voglio solo che non ti cacci nei guai.”
“Cazzo” esclama prima di alzarsi “So badare benissimo a me stesso e a tutto quello che mi riguarda. Perché devi fottutamente preoccuparti di qualcosa che non è in pericolo o che sta bene così com'è?” Urla.
“Non-”
“Merda, pensi che succederà di nuovo qualcosa di simile all'anno scorso? Davvero? Wow, ti fidi ciecamente del tuo amico eh?” Ripete le  esatte parole che gli avevo pronunciato con difficoltà alcune settimane prima dell'inizio della scuola.
“Davvero ti definisci un "qualcosa"? Un oggetto e non una persona, Luke?” Chiedo irritato dalla situazione che degenera ad ogni nostro respiro.
“Sai cosa, Ashton? Vai a farti fottere” dice prima di voltarsi e camminare a passo svelto verso l'uscita.
“Merda...” sussurro. “Vaffanculo, cazzo!” Urlo prima di alzarmi e camminare anch'io verso il cancello. Ma qualcosa, o meglio, qualcuno attira la mia attenzione. Socchiudo le palpebre per mettere a fuoco ciò che vedo; improvvisamente un forte dolore si fa spazio sulla mia testa. Il mio corpo tocca il suolo ruvido, la vista è sfocata. Delle scarpe nere sono tutto ciò che riesco a vedere prima di chiudere completamente gli occhi.

Faith's POV

“Jess... Dove stai andando?” Chiedo curiosamente. La mia compagna di stanza si prepara velocemente guardando lo specchio ogni minuto. In tutti questi giorni passati insieme a lei, non l'ho mai vista così frenetica e preoccupata del suo aspetto.
“Jessica” la riprendo con autorità nella voce. Scuote ancora la testa e dopo pochi secondi dice con voce piccola: “Un ragazzo mi ha invitata a stare con lui nella sua stanza”.
“Oh oh, divertitevi allora! Posso sapere chi è il ragazzo che ti sta facendo così tanto agitare?” Domando alzandomi lentamente dal letto. Sorride timidamente scuotendo nuovamente la testa.
“Dai Jess, sai che con me puoi parlare tranquillamente...” Ricambio il sorriso.
“Michael...” sussurra. Spalanco gli occhi per la sorpresa: è da molto tempo che non vedo Michael con una ragazza, esclusa me, e questo significa solo che sta provando a cambiare. Mi rende felice.
“Tutto bene, Faith?” Si avvicina leggermente. Annuisco ridacchiando.
“Sai... Ti vedo così strana ultimamente. Tu e Luke litigate di meno e... Bhe, è strano.”
Il mio viso si tramuta in una smorfia confusa e irritata, e scuoto la testa negando le sue parole.
“No.”
“Faith” mi richiama pronunciando il nome con forza.
Che sarà maiÈ solo Jessica.
“Ci siamo promessi che riusciremo ad aggiustarci entrambi.” Abbasso lo sguardo imbarazzata; anche solo pensarlo mi rende vulnerabile. Ed è così strano, non riesco a spiegarmelo: nessuno mi ha mai fatto quest'effetto.
“Faith, è un tipo strano. Non fidarti molto” consiglia uscendo subito dopo dalla camera.
“Mi ricorda così tanto Tyler...” sussurro più a me stessa che a qualcuno non presente nemmeno nella stanza. Premo le dita sulle tempie massaggiandole, e mi siedo sulla sedia di fronte alla scrivania. Prendo un respiro e penso a cosa fare.
Il diario.
È da molto che non lo leggo, eppure ho la stessa curiosità di quando l'ho visto per la prima volta. Mi alzo ed esco dalla stanza, chiudendo la porta e portando le chiavi con me. Cammino per il corridoio, le ragazze parlano tranquillamente delle proprie giornate mentre le supero lentamente prima di salire le scale ed andare al piano superiore; velocizzo il passo fino alla fine del corridoio, e mi fermo davanti alla porta. Appoggio la mano sulla superficie lignea e do un colpetto veloce: la stanza è vuota. Sospiro, da una parte sollevata, dall'altra in difficoltà; non ho la chiave.
“Faith, pensa” borbotto strizzando gli occhi e spingendo i polpastrelli sulle tempo e facendo dei movimenti circolari. Poi noto una piantina posta accanto alla porta. La osservo, poi passo lo sguardo da essa alla superficie rigida che torreggia davanti a me. Mi piego e tra le foglie spesse della pianta cerco qualcosa di raramente trovabile: una chiave.
“Bingo!” Urlo quando il suo luccichio colpisce i miei occhi “Un cliché: la chiave nascosta di fronte alla porta. Solo un coglione può fare una cosa del genere” sussurro tra me e me entrando nella stanza.
Do un piccolo sguardo fuori, nascondendomi per sicurezza, e chiudo la porta prendendo una sedia e posizionandola di fronte ad essa, in modo che se qualcuno avesse provato ad aprire la porta, me ne sarei accorta. Mi precipito a cercare nel cassetto il diario, e lo prendo aprendolo e sfogliando lentamente le pagine, esaminando nuovamente i disegni e le lettere già lette. Mi fermo quando ne vedo uno nuovo; è recente. Mi avvicino poggiandolo sulla scrivania e stringo gli occhi, concentrata.
Sembra una porta, un po' stilizzata, e c'è una figura femminile che prova ad aprirla.
Amo questi disegni così confusi, adoro decifrarli o almeno provarci senza successo.
“Odio parlare da sola, ma sono l'unica persona che può capirmi...” sussurro “Sei tu che scrivi e disegni, vero Luke? Perché per quanto poco ti conosca, ti conosco troppo bene. E ho capito tutto di te. Ho capito il modo in cui guardi le persone, il modo in cui guardi te stesso, come ti muovi e come ragioni. E ti odio, davvero tanto, perché riesci ed essere lui, ma allo stesso tempo ad essere te.” Sbuffo “Fanculo, sono ridicola” dico infine chiudendo il diario. Cammino verso lo specchio, dopo aver riposto il quadernino nel cassetto e mi osservo: il mio aspetto è orribile, o almeno così penso che sia.
Gli occhi vuoti, lo sguardo impassibile.
“Ho bisogno di qualcosa di nuovo... Devo tornare al mio colore naturale di capelli?” Mi domando, poi scuoto la testa “Un pearcing, ecco.”
Insceno un piccolo sorriso intenzionata ad uscire dalla camera, poi il riflesso di una busta, sotto il letto di Ashton, sullo specchio mi incuriosisce. Mi volto e cammino fino al materasso, mi accovaccio per prendere la busta nera e la osservo: niente emittente, niente indirizzo, niente francobollo. La apro velocemente e leggo il messaggio scritto in una calligrafia disordinata.
'Ciao Ashton. Come sta Luke?'

Luke's POV

Dopo aver lasciato Ashton da solo al campetto, mi sono sentito un po' in colpa. Ma non dovrei; ho fatto la cosa giusta.
E anche se non lo fosse, sono troppo orgoglioso per ammetterlo.
Cammino nell'atrio, salgo di corsa le scale fino ad arrivare al piano maschile. In fondo al corridoio, in lontananza, vedo una chioma biondo platino piegata sulla pianta che avevo deciso di posizionare affianco alla porta per nascondere le chiavi.
Arrossisco improvvisamente quando inizio ad osservare il suo corpo, a cui non avevo mai dato davvero tanta importanza. Non che adesso sia importante, ma vederla in quella posizione mi scaturisce emozioni che da tempo non provo; e che un giorno vorrei far tornare.
Forse vorrei far tornare il vecchio Luke, ma è troppo tardi per altri cambiamenti.
Chiudo gli occhi carie volte prima di camminare verso la porta della camera intento a scoprire il motivo della sua visita alla mia stanza. Quando arrivo di fronte alla porta è chiusa e decido di starmene fuori aspettando qualche suo attimo di pazzia o qualsiasi rumore lei provochi.
Dopo pochi minuti di silenzio parla, e mi avvicino in modo infantile con l'orecchio poggiato sul legno freddo: “Odio parlare da sola, ma sono l'unica persona che può capirmi...” Si ferma prima di parlare ancora “Sei tu che scrivi e disegni, vero Luke? Perché per quanto poco ti conosca, ti conosco troppo bene. E ho capito tutto di te. Ho capito il modo in cui guardi le persone, il modo in cui guardi te stesso, come ti muovi e come ragioni. E ti odio, davvero tanto, perché riesci ed essere lui, ma allo stesso tempo ad essere te. Fanculo, sono ridicola” Un sorrisino compare sul mio volto. Legge il mio diario, e per quanto possa negarlo a me stesso, mi fa piacere che lei stia provando a ricomporre il puzzle disordinato. E fin quando questa cosa continuerà, lo stesso farò io.
“Non lo sei affatto Fefi, per niente” sussurro allontanandomi e percorrendo silenziosamente il corridoio senza far caso agli sguardi curiosi dei pochi ragazzi attorno a me.

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Ammazzatemitorturatemive lo permettoVi prego continuate a seguire la storianon la lascerò fin quando non sarà completa. Scusatemi davvero per i miei lenti aggiornamenti ma come sapete preferisco Wattpad e quindi dimentico spesso questo sito. Spero che il capitolo vi piaccia!

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