Proprio non riesci a guardarmi, vero uccelletto?

di verbascum
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** the marriage ***
Capitolo 2: *** un uccellino indifeso ***
Capitolo 3: *** canta per me. ***
Capitolo 4: *** this isn't a goodbye ***
Capitolo 5: *** pray for you ***
Capitolo 6: *** proteggimi ***
Capitolo 7: *** non c'è più tempo. ***
Capitolo 8: *** solo un ricordo. ***
Capitolo 9: *** Di nuovo a casa. ***
Capitolo 10: *** The wolf girl isn't safe here. ***



Capitolo 1
*** the marriage ***


  POV SANSA
Joffrey era alla sua sinistra, e per la prima volta non era accompagnato da neanche una guardia reale. L'intera sala era popolata da circa cento persone, e un solo tavolo era occupato da una dozzina di sole persone bionde: lannister, dai più importanti a quelli meno conosciuti. 
Non erano molti per un matrimonio di tale rilievo, ma era stato organizzato tutto sei giorni prima e senza badare particolarmente ai dettagli.
Ormai la notizia che Jaime Lannister era riuscito a fuggire era arrivata, e prima che gli stark avessero modo di chiedere un riscatto, lord Tywin aveva deciso di affrettare le cose e di organizzare il matrimonio prima che arrivasse l'attacco di Stannis. Questo lei lo sapeva, e le faceva ancora più male. Aveva da sempre sognato il giorno del suo matrimonio ma mai avrebbe pensato di ricordarlo come il giorno più brutto della sua vita. 
Aveva passato la maggior parte della cena a fissare il vuoto, e il tempo era volato così velocemente che rimase sorpresa quando si accorse che era arrivato il momento della messa a letto. 


"Non ci senti per caso? Ti ho detto di spogliarti. Vuoi che chiami una delle mie guardie per mostrarti come si fa?"
Sansa era in piedi, confusa e disorientata, di fronte al letto che presto avrebbe sporcato con il suo sangue, e probabilmente, con le sue lacrime. Non voleva farlo arrabbiare, ma sapeva che una volta nuda di fronte a lui, non ci sarebbe stato nessun tocco gentile da parte sua. Come poteva mostrarsi di fronte a colui che l'aveva umiliata, picchiata e derisa? Colui che era la causa della sua sofferenza, della morte di suo padre. Prese coraggio, e iniziò a slacciarsi il corpetto.
"Sei troppo lenta." Nel dirlo, Joffrey mutò le sue labbra carnose in una smorfia di irritazione e fastidio.
Si fiondò su di lei e violentemente le strappò via l'abito. 

Quando Sansa aprì gli occhi, era ancora buio e il suo nuovo marito dormiva accanto a lei, la luce della luna entrava dalla finestra per illuminare il suo volto, guardandolo non riusciva a credere che quello era lo stesso di cui un anno fa si era innamorata, lo stesso volto che quella notte e non solo, si era rivelato un mostro senza sentimenti.
Non seppe dire se si trovasse più vicino all'alba o alla mezzanotte, ma non riusciva più a sopportare il suo odore e decise di alzarsi per uscire a fare una passeggiata al parco degli dèi, da quei dèi che finora non l'avevano mai ascoltata. Mise un vestito e un mantello scuro col cappuccio, in modo tale da poter nascondere il suo viso se le fosse stato necessario. Cercò di raggiungere il parco il più in fretta possibile senza esser vista, fuori tirava un po' di vento e respirare aria fresca la faceva star meglio.  Quasi giunta a destinazione, sentì delle voci, uomini ubriachi, che probabilmente erano appena arrivati da una locanda, o da un bordello. Aderì il suo corpo a quello di un muro di pietra, sperando che l'oscurità fosse stata dalla sua parte. Ma fu così solo in parte. Le voci si fecero man mano più deboli e ingenuamente abbassò la guardia, riprese a camminare fin quando non si imbattè in qualcosa, o qualcuno. Sussultando le uscì un debole urlo, ma la sua paura aumentò non appena vide il viso appartenente a quel corpo tanto grosso e alto.
Era il mastino.
"Uccelletto, chi ti ha permesso di uscire dalla gabbia? Il tuo padroncino non ne sarà felice. Dov'è che andavi?O meglio, da dov'è che torni? Magari sei andata a far visita a qualche bel cavaliere."

Sansa abbassò immediatamente lo sguardo, fissandosi i piedi. 

" Questa notte il principino ti ha tolto anche la lingua, insieme alla verginità?Ecco, di questo non mi stupirei.Tornando al discorso di prima, prima di volare, uccelletto, ti sei chiesta che cosa penserebbe il re se sapesse che la sua mogliettina preferisce pregare gli dèi piuttosto che condividere il suo talamo?Domattina magari troverò un occhio nero sul tuo visino, oppure, sarò proprio io ad eseguire l'ordine di picchiarti"

Sul volto deturpato del mastino apparve un sogghigno, si rese conto che non era al massimo della sua lucidità e che doveva star attenta.

"Lasciami andare. Ero solo uscita a prendere un po' d'aria.Non avevo nessun altro fine."
" A quest'ora? Lo sai vero che per le lady come te uscire così tardi può essere pericoloso?"

Detto ciò, Sandor Clegane le strinse il polso con una delle sue grandi mani, e si avvicinò a lei, diminuendo la distanza tra di loro. Al suo, preferiva l'alito di Joffrey.

"Guardami!Ti fa così schifo la mia faccia? Preferisci quella del tuo biondino fottuto? Eppure non mi sembra che tu sia tanto felice di essertelo scopato! Forse neanche lui è all'altezza di una bella lady come te? E' anche lui un essere indegno?"

Stava urlando, adesso. E stava letteralmente delirando. Sansa iniziò a tremare e ad aver paura di lui, piuttosto che di quello che Joffrey avrebbe potuto farle se avesse saputo del suo allontanamento. 
Sandor si accorse che stava tremando, e lentamente allentò la presa, lasciandole un profondo segno sul polso finalmente libero.
Sandor allontanò il suo volto dal suo, Sansa alzò finalmente lo sguardo e notò che la sua espressione era cambiata. Si guardarono negli occhi finché il mastino non ruppe il silenzio. Abbassò il tono della voce, e, avvicinando le sue labbra al suo orecchio, le sussurrò:
"Và, uccelletto. Si sta facendo tardi, non vorrai che il tuo principino si svegli e non ti trovi al suo fianco."

Prima di andare, Sansa rimase lì ancora un po' a dare la sua partecipazione in quel gioco di sguardi, finché non riprese a camminare verso la direzione dalla quale era uscita. Prima di entrare, si girò un'ultima volta. Lui era ancora lì, che la guardava.




Finalmente ho preso coraggio e ho iniziato a scrivere qualcosa per la primissima volta! Vi prego di prendere questo capitolo solo come una "premessa", insomma, in qualche modo dovevo pur iniziare a scrivere questa storia! Spero che non vi annoi e se avete commenti o comunque critiche costruttive, sono ben lieta di leggerli!


 


 

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Capitolo 2
*** un uccellino indifeso ***


Si trovava in quella che da ora in poi sarebbe stata la stanza da condividere con il suo nuovo marito, Joffrey. Era una camera ampia ma tremendamente vuota, impersonale, con grandi finestre che davano sul cortile, un armadio, un letto a baldacchino e un tavolo rotondo di legno dove avrebbero consumato i loro pasti. Dopo l'incontro di ieri notte, con il mastino, non era più riuscita a prendere sonno: il suo sguardo fisso su di lei la tormentava, e in più, non era ancora certa che si astenesse dal raccontare di quel loro incontro al suo padrone. Improvvisamente l'ansia aumentò di colpo. E se qualcun altro l'avesse vista? Le spie di Varys erano ovunque e spesso aggiungevano alle loro storie particolari inesistenti. Joffrey lo avrebbe saputo entro la giornata e gli dèi solo sapevano che cosa gli avrebbero riferito. Quando anche Joffrey si svegliò, Sansa era già vestita e pettinata, ed un'ancella aveva già servito la colazione.


«Tu.» Joffrey indicò la fanciulla che dopo aver compiuto il suo dovere, stava precipitandosi via da quella stanza maledetta. 
«Chiama le mie guardie, Ser Meryn, Ser Boros, il mastino. Voglio vederli qui quando avrò finito di mangiare.»
Lei annuì, e scappò via. 
«Buongiorno, maestà.»
Cortesemente Sansa salutò il suo re, e lui ricambiò con la sua solita smorfia disgustata, fece un cenno con la mano.
 «Si, si.»


 Avevano quasi terminato il pasto quando entrarono i tre della guardia reale.
«Se hai finito maestà, possiamo anche andare.» Dalle parole di Ser Meryn Trant non trasparì alcun tono di voce.
Joffrey si alzò e andò verso di loro. Sansa sentì la presenza dei quattro individui alle sue spalle, in particolar modo quella di Sandor Clegane. La tensione si impadronì dei suoi muscoli e rimase lì tesa ad aspettare che se ne andassero.

«Moglie, mi aspetto tu rimanga qui per il resto della giornata. Come già sai la tua presenza sarà richiesta solo in particolari cerimonie. Preferirei non condividere nient'altro che il letto con te, per cui sarà necessario farci vedere insieme solo in determinati eventi sociali. Ora alzati e fa il tuo dovere. Bacia la mia spada e prega che anche oggi non dovrà essere usata contro qualcuno della tua famiglia.»

Joffrey aveva la sua solita arroganza, si sentiva quanto fosse irritato e disgustato dalla ragazza che era stato costretto a sposare. Le sue labbra mutate in una smorfia, erano simili a due vermi che si contorcevano. Sansa si alzò rapidamente, si voltò verso di loro e senza guardare nessuno si chinò a terra, posò un debole bacio sulla lama. Sentì tutti quegli sguardi pesare su di lei. Appena ebbe finito, si alzò in piedi, non osò guardare negli occhi Joffrey. I tre uomini insieme al re ragazzino si voltarono e andarono via, Sandor uscì per ultimo, e prima di andare, si voltò a guardare Sansa. 
La giovane Stark passò l'intera giornata di fronte alla finestra, a leggere un libro. Spesso interrompeva la lettura per osservare il mare. Il sole stava tramontando quando una delle sue ancelle finì di prepararle il bagno, Sansa si spogliò e si immerse nell'acqua bollente. Le due ancelle presero a pettinarla e a lavarla, ma lei preferì mandarle via. Era immersa nei suoi pensieri quando qualcuno aprì violentemente la porta, sobbalzò quando sentì la sua voce.
«Tu!Stupida sgualdrina!Cosa pensavi di fare? Dimmi immediatamente chi era l'uomo con cui ti hanno vista parlare ieri notte oppure giuro che ti faccio restare incollata a letto per i dolori che ti farò procurare!Cosaavevi di tanto urgente da dirgli tanto da lasciare il letto di tuo marito la notte delle nozze?Cosa stai progettando lurida puttana?»
Joffrey era furioso, più delle altre volte. Le puntava il dito contro, urlava e aveva il viso rosso dalla rabbia.
« Ser Meryn, tira fuori dalla vasca questa puttana e dalle una lezione!»

Ser Meryn Trant si avvicinò a lei, la prese violentemente per le braccia e in un attimo la scaraventò a terra. Sansa urlò dal dolore, iniziò a piangere. Era a terra, nuda, indifesa di fronte a quattro uomini crudeli e senza scrupoli. 

‘Perché non spiega che era con lui che stavo parlando? Che non avevo nessun altro fine?’ 
Pensò Sansa, mentre era a terra a piangere, donando uno sguardo disperato a Sandor Clegane. 

«Mastino, andiamo. Ser Meryn, tu resta qui a fare il tuo dovere. Puoi anche divertirti, se vuoi»
Sul suo orribile volto apparve un sogghigno.
«Quando torno, voglio trovarla in condizioni addirittura peggiori di queste, se è possibile. Voglio che impari la lezione.»
Detto ciò, fece per andarsene, con il suo sorriso divertito stampato in faccia. Sansa era disperata, l'avrebbe stuprata, picchiata, e chissà per quante ore. Non riusciva a muoversi, era paralizzata dalla paura.
«Maestà, ci penso io a lei. Ci sono Ser Meryn e Ser Boros con te.»
 
Era la voce del mastino.
Sansa iniziò lentamente a calmarsi, lui non le aveva mai fatto del male, era evidente: anche questa volta voleva proteggerla.
Era troppo sconvolta per prestare attenzione a ciò che le accadeva intorno, sentì solo il tocco di quell'uomo che posava la sua mano sulla sua spalla.
«Puoi calmarti uccelletto, se ne sono andati.»


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Si, lo so. Anche in questo capitolo non succede nulla di entusiasmante. 
Ma forse nel prossimo sì? Sì, sì, probabilmente sì. 
Non mi piace sconvolgere completamente la storia originale, per cui sì, ci saranno delle svolte, ma preferisco che avvengano gradualmente, non di botto.
Non vedo l'ora di scrivere il terzo capitolo! Nel frattempo, vi lascio questo. Spero come al solito che vi piaccia, anche se personalmente a me non convince per niente.
A presto uccelletti!
 

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Capitolo 3
*** canta per me. ***


Sandor Clegane protese la sua mano verso di lei, per aiutarla ad alzarsi. 
Sansa, stranamente, non era sorpresa della sua gentilezza: non era la prima volta che le evitava ulteriori sofferenze, per cui si fidò, capì che non le avrebbe fatto del male anche se non ne poteva essere certa. Afferrò la sua mano e si rimise in piedi.
Solo quando si rese conto dello sguardo del mastino fisso su di lei, si ricordò di essere completamente nuda, diventò rossa dalla vergogna e di scattò cercò con le mani di coprirsi. 
Si accorse che sul suo volto era apparso un sorriso, si voltò e andò alla ricerca di una veste, qualcosa da indossare velocemente e che fosse in grado di coprire il necessario. Mentre cercava, sentiva il suo sguardo pesare su di lei.
Indossò il primo pezzo di stoffa che trovò, e che appartenesse a lei. Era una sottoveste, che usava di solito per andare a dormire. Corta, scollata, ma faceva il suo dovere.
Ora che era  abbastanza coperta poteva provare a indossare un vestito come si deve con maggior calma, ma senza l'aiuto delle sue ancelle non sarebbe riuscita neanche ad allacciarsi il corpetto, e se le avesse chiamate, avrebbero sicuramente riferito tutto ciò che stava accadendo in quella stanza, a Varys, o alla regina Cersei, non aveva importanza, erano spie, e quello bastava a non fidarsi di loro. Per cui si arrese all'idea di rimanere in veste da notte di fronte a lui.Sandor era immobile, tranquillo e impegnato a  fissarla mentre l'attesa la rendeva sempre più nervosa e irrequieta.
Non poteva fidarsi nemmeno di lui, non sapeva che intenzioni aveva, era pur sempre il cane di Joffrey e forse quello che le stava donando era solo l'illusione che ci fosse davvero qualcuno  che non volesse umiliarla o farla soffrire, forse era addirittura più sadico di Joffrey, da farle credere di essere al sicuro, e poi tradirla per pugnalarla alle spalle.
Lì ad Approdo Del Re non poteva fidarsi di nessuno, mentivano tutti, e tutti mentivano meglio di lei. Così come proprio la persona che aveva di fronte  gli aveva detto. 
Sarà stato un avvertimento? 

«Il princ...il re, ti ha dato un ordine. Fa presto, per favore, così che finisca il prima possibile.»
Sansa si avvicinò lentamente e una volta trovatasi a due passi da lui, chiuse gli occhi e strinse forte i pugni, aspettandosi il peggio. Attese per un po', ma non arrivò nulla. Aprì gli occhi e si ritrovò di fronte un viso che quasi le sembrava diverso da quello che aveva visto poco prima. Sansa si chiese cosa lo rendesse così diverso dal solito, lo guardò attentamente e notò il suo sguardo posato su di lei, da cui traspariva una nota di tristezza e malinconia, lei riuscì solo ad abbassare il volto, confusa.
«Ti avrei lasciato a Ser Meryn se avessi saputo del tuo masochismo. A quanto pare l'uccelletto non smette mai di sorprendermi.»
Sansa, inevitabilmente, si offese. Ma questa volta dimenticò di essere ad Approdo Del Re, dove aveva perso ogni diritto e le era stato imposto di sopportare e sottomettersi ad ogni sopruso, e invece di chinare il capo e stare in silenzio, alzò lo sguardo verso di lui, arrabbiata e irritata, alzò il tono della voce.
«Non ti permetto di parlare in questo modo alla tua regina! Sarai anche al comando di mio marito ma adesso io sono sua moglie e devi portarmi lo stesso rispetto che porti a lui!»
In quel breve attimo aveva completamente perso l'insicurezza, la fragilità e la debolezza che ormai dopo tanto tempo erano entrate a far parte di lei.
Sostenne lo sguardo con quell'uomo che era abbastanza forte da spezzare la sua vita in un attimo, forse per il suo bene, era meglio non farlo arrabbiare in quel preciso momento e si pentì immediatamente della sua reazione. Calò lentamente il capo, l'insicurezza stava facendo ritorno.
Sandor rimase inflessibile, di fronte ai cambiamenti d'umore di Sansa, un po' confuso, e anche un po' divertito, nonostante tutto, quella ragazzina non smetteva davvero mai di sorprenderlo.


«Forse questa è l'occasione giusta per darmi ciò che mi era stato promesso.»
La canzone. 
Sansa si sarebbe aspettata qualsiasi cosa, a questo punto, ma non di mettersi a cantare per l'uomo che avrebbe dovuto picchiarla a sangue per ordine di suo marito.
Il modo in cui continuava a fissarla di certo non la metteva a suo agio, ma cercò ugualmente di non essere sgarbata.
«...io, ho dimenticato quasi tutte le canzoni che conoscevo, non me ne viene in mente nessuna.» 
Disse timidamente. Iniziò ad avere seriamente paura di ciò che sarebbe potuto succedere, fece qualche passo indietro, ma il mastino la prese per il polso fermandola, e lentamente, la tirò verso di sè,  proprio come aveva fatto la notte prima. Questa volta la presa era meno potente, ma aveva comunque troppa forza per poter essere delicato quanto una ragazza.
Lei fissò la mano che gli aveva messo al polso, e subito dopo incontrò lo sguardo di lui, intenso e insistente.
Il mastino allungò la mano sinistra verso il suo volto, le accarezzò una guancia: Sansa rimase talmente sorpresa che impulsivamente cercò di tirarsi indietro, ma poco dopo si calmò e si lasciò andare tra le sue mani. Sapeva che l'avrebbe baciata, e non sapeva se di questo ne era felice o meno. Come suo solito, chiuse gli occhi e attese.
«Proprio non ci riesci a guardarmi, vero uccelletto? »
Sandor allentò la presa, la lasciò andare.Tirò indietro la testa, e scoppiò in una fragorosa risata. 
«Chissà, magari quando oltre la barriera farà caldo ed io non sarò più così brutto, una canzoncina me la canterai.»
Dal suo tono di voce si sentiva quanto fosse deluso, e rassegnato al suo destino.
Il mastino si voltò, le diede le spalle, e si incamminò fino alla porta. Finché non sentì il tocco delicato della mano di Sansa: questa volta, fu lei a trattenerlo.
«Aspetta!»
Sansa gli si gettò tra le braccia, e lentamente, posò le sue labbra sulle sue.


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Due capitoli in una giornata! Eh si, dopo essermi accorta che il secondo capitolo era davvero breve e privo di contenuti non-noiosi, i sensi di colpa mi hanno indotto a scrivere un terzo. Spero sia apprezzato da qualcuno! Mi piace scrivere ma sì, anche a me importa del parere degli altri. Se qualcuno lo ha letto e ha qualche commento da fare, come sempre, sarò felicissima di leggerli.
Per cui, vi saluto, al prossimo capitolo! 

 

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Capitolo 4
*** this isn't a goodbye ***


POV SANDOR
Sentiva il tocco delle sue mani delicate sulla sua ruvida pelle, gli teneva il viso tra le mani, sembrava avesse completamente dimenticato chi stesse baciando.
"Sta toccando il mio volto, il volto che l'ha sempre spaventata."
 I suoi lunghi capelli ramati cadevano sulle sue spalle nude, li sentiva sotto il tocco della sua mano, che inconsapevolmente aveva poggiato su di lei. Sentiva la sua pelle così liscia e delicata, i suoi capelli così morbidi, le sue tenere labbra sulle sue: labbra che desiderava da fin troppo tempo. Le sue dita stavano giocando con la spallina della sua sottoveste, l'agitazione lo rendeva irrequieto, ma all'apparenza era calmo e autoritario come sempre. 
"Sono un mostro.Come può una creatura tanto splendida toccare un essere come me?"
Lentamente posò l'altra mano sul retro della sua schiena, il sottile strato di seta che indossava era l'unica cosa a separarlo dalla sua pelle. Sansa sussultò quando sentì l'altra mano su di lei, e l'altra che gli tirava giù la spallina del vestito.
Si chiese cosa stesse pensando lei in quel momento.
Una sua sola mano riusciva a coprire la sua intera spalla e l'altra, che era posata sulla sua schiena, iniziò a prendere una presa più forte. 
Si sentì ancora una volta impotente di fronte alla paura che lui riusciva ad incuterle, non riusciva a sopportare che vedesse ogni sua singola mossa come un tentativo di farle del male. Fuori era calato il sole, nessuno si era preoccupato di accendere le candele e l'unica cosa ad illuminare quella stanza era la luce della luna che entrava dalla finestra, e si posava direttamente su di lei, sul suo corpicino esile, sui suoi lineamenti delicati. 
Sandor riusciva a vedere quanta bellezza le appartenesse.
"Ma lei non riesce a vedere quanto io sia brutto."
Quel momento sembrò non finire mai, ma purtroppo, finì non appena sentirono delle voci arrivare dalla finestra e dei potenti passi arrivare verso la loro direzione all'interno della fortezza rossa. Improvvisamente Sansa aprì gli occhi e si allontanò di scatto, e Sandor  sentì il vuoto che avevano lasciato le sue mani sul suo viso,  quello che aveva lasciato la sua pelle sotto le sue mani e quello delle sue labbra sulle sue. 
Si scambiarono uno sguardo disperato, e fu percosso da un brivido.
Sapevano che cosa stava per accadere.
La porta fu spalancata di colpo, era Tyrion Lannister insieme al suo scudiero Podrick, cugino di Ser Ilyn Payne.
«Clegane, lady Sansa, siete richiesti dal re nella sala del trono. Sta arrivando Stannis.»

La sala del trono era colma di gente agitata, che si muoveva da tutte le parti. Il giovane re si trovava poco più lontano dal suo trono, in piedi, ad affilare la lama, in compagnia delle sue guardie reali, ser Meryn, ser Mandon e ser Osmund.
«Sansa! Mastino, qui!»
Suo zio Tyrion, decise di non seguirli e di preoccuparsi di cose più urgenti. 
Sansa e Sandor Clegane proseguirono a passi veloci, ma per il re non sembrava abbastanza.
«In fretta!» Urlò Joffrey, con la sua solita arroganza e la sua solita espressione irritata.
"È soltanto un bambino viziato a cui è stato dato troppo potere."
«Sansa, guarda!» Sul viso di Joffrey apparve un sorriso, mentre sfoderava la sua nuova spada. «L'ho chiamata Divoratrice di cuori.» Joffrey la fece volteggiare nell'aria, osservandola ammirato e soddisfatto. Dopo di che, la abbassò all'altezza del viso di Sansa.
«Su, baciala.»
Sansa era un po' sorpresa, dopo la scenata di prima si aspettava un atteggiamento peggiore nei suoi confronti, ma il re sembrava avesse completamente messo da parte i suoi giochetti sadici per occuparsi di cose che lo divertivano di più: la guerra.
Sua moglie posò un lieve bacio sul piatto della lama. Joffrey la fissava, con la sua solita espressione. 
«Andrai nella sala da ballo insieme a mia madre e alle altre lady di nobile lignaggio, ti farò accompagnare da ser Ilyn Payne che vi terrà al sicuro finché non farò rotolare a terra la testa di mio zio.»
Le sue ultime parole  furono accompagnate da un sorriso divertito, e alla sua destra apparve il boia ad attendere Sansa.
«Maestà...prima di andare, desidererei andare al tempio a pregare. Si stanno dirigendo tutti lì, vorrei... aggiungermi. Se sua mestà me lo permette.»
La voce di Sansa, come ogni volta che parlava al suo nuovo marito, era insicura e tremolante. Le labbra di Joffrey si contorsero a tal punto da sembrare due vermi che si stavano accoppiando, ogni cosa lei dicesse o facesse sembrava irritarlo.
«Tu fai quello che ti dico di fare.»
Scandì ogni parola lentamente, creando un breve tratto di tempo tra una parola e l'altra.
«Ser Ilyn! Accompagnala dalle altre e assicurati che non si muova da lì. Quanto a te, mastino, avrai il comando alla porta del re, i soldati aspettano solo te. Andate adesso.»
Li congedò con un cenno della mano, voltandosi senza neanche fermarsi a salutare sua moglie. Si voltò, seguito dalle sue guardie, e andò verso l'uscita della sala.


Un attimo prima che Sansa si muovesse per andare verso Ser Ilyn Payne,  Sandor, che era rimasto alla sua sinistra, attento a non farsi vedere da occhi indiscreti, abbassò il volto e poggiò le sue labbra su un orecchio di lei.
«Questa non sarà l'ultima volta che ci vediamo, uccelletto. Prega che non lo sia.»
Le sue parole avevano assunto quasi il suono di un ringhio, la sua voce era forte e potente, quella di un uomo.
Sansa si limitò a tenere lo sguardo fisso di fronte a lei, era bene che nessuno si accorgesse di niente. Sandor vide Sansa voltarsi, e incamminarsi verso l'uomo che, teoricamente, avrebbe dovuto proteggerla.
"Sono io, l'unico in grado di proteggerla."


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Spero che questo capitolo vi piaccia! Ho cercato di mettere in atto alcuni dei consigli che ho ricevuto, anche se devo fare ancora molta pratica. Se ne avete altri, non esitate! 

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Capitolo 5
*** pray for you ***


POV SANSA
Si trovava in quella sala da almeno un'ora, ma le sembrava di trovarsi lì da un'eternità. Le fanciulle che erano con lei non facevano altro che piangere, lamentarsi e disperarsi e questo tra una preghiera e l'altra. Sansa non riusciva a pregare, non riusciva a pensare ad altro, non riusciva  a distogliere i suoi pensieri da quello che era accaduto quella sera. Le sue mani sulla sua pelle, le sue labbra sulle sue, il suo odore, era tutto impresso nella sua mente. 
Non sapeva cosa le era preso, era stata lei ad attirarlo a sè, e lui non si era tirato indietro.
"Ma perché? Se qualcuno lo scoprisse, se Joffrey lo scoprisse..."
Eppure non si pentiva di quello che aveva fatto, sentiva che era legata a lui, così come lui era legato a lei. Ma non riusciva a farsene una ragione, perché, si sentiva legata a quell'uomo? Quell'uomo che era stato a guardare di fronte a tutte le umiliazioni che Joffrey le aveva inflitto? Tuttavia, sapeva che nei suoi confronti nutriva un certo affetto. Era diverso dalle altre guardie di Joffrey, riusciva a sentirlo nel suo sguardo fisso su di lei.
Lui non voleva farle del male, nonostante i suoi modi sgarbati lasciassero intendere diversamente. 
«Oh, bene, ecco i primi disertori.»
Da quanto ricordasse, la regina non aveva smesso di bere, e non si era alzata per andare dalle altre neanche per un secondo. Sansa era abbastanza vicina da ascoltare quello che le veniva riferito da suo cugino Ser Lancel Lannister. Anzi, era stata proprio lei l'unica ad avere l'onore di conversare con la regina Cersei. Proprio qualche istante prima che entrasse il giovane cavaliere biondo, le aveva riferito che non appena fosse giunta voce dell'esito della battaglia la loro vita sarebbe stata completamente nelle mani di Ilyn Payne: se i Lannister avessero perso, la sua vita avrebbe avuto fine. 
«Maestà, re Joffrey deve assolutamente tornare in battaglia!Di tuo fratello Tyrion non si ha più alcuna notizia, c'è chi dice che sia morto, e i soldati si sono scoraggiati quando hanno visto che il re era andato a nascondersi tra le mura della fortezza! Stanno disertando! Gli uomini stanno diminuendo..e..perfino Il Mastino è scappato via!»
Se anche quella conversazione fosse continuata, Sansa non se ne accorse.
"Non può essere...mi ha abbandonata, mi ha lasciata qui, da sola..nelle loro mani..."


Dalle informazioni che Ser Lancel riportava in quella stanza, la battaglia era praticamente persa. Ci sarebbe voluto un miracolo perché andasse a buon fine, e da lì a poco il boia le avrebbe tolto la vita. Non avrebbe neanche saputo che cosa ne avrebbe fatto Stannis di lei, forse l'avrebbe riportata dalla sua famiglia, da sua madre, dai suoi fratelli. 
Quanto gli mancavano. Ma non li avrebbe mai più rivisti, quella sera, qualcuno aveva già deciso la sua sorte. Cersei l'aveva condannata a morte e lei di fronte a questo era totalmente impotente. 
"Non è giusto."
Non era così che voleva morire, non senza aver vissuto davvero, non dopo tutta la sofferenza a cui era stata sottoposta. Aveva sopportato tutti quei soprusi, ma per cosa? Per morire in una guerra a cui non aveva preso parte? Per morire tra i Lannister? 
"Quanto vorrei che il Mastino fosse qui."
Ma fu breve l'attimo in cui si lasciò cullare dall'idea della sua protezione, si rese conto che molto probabilmente erano vere le voci sulla sua fuga. Purtroppo, morto o vivo: non l'avrebbe più rivisto, di questo ne era sicura. 
Questa volta non c'era nessuno a salvarla, Sandor Clegane era andato via e questa volta toccava a lei decidere cosa farne di se stessa.
Doveva mettersi in salvo. Senza l'aiuto di nessuno.
Le donne in quella sala erano tutte prese dai loro pensieri e dalle loro paura, non avrebbero fatto caso a lei, tanto meno la regina, che egoisticamente se ne era appena andata con Tommen, suo figlio minore. Ser Ilyn Payne era dall'altro lato della stanza, ci sarebbe voluto un po' prima che si accorgesse della sua assenza. Raccolse tutto il coraggio che le rimaneva e si convinse ad allontanarsi cautamente dalla sala, una volta fuori, di fronte ai gradini  di pietra della torre, iniziò a correre senza una meta. 
Non ti fermare. Corri. Non ti voltare indietro.
Ci mise tutta la resistenza che aveva, doveva trovare un posto in cui nascondersi, e in fretta.
"Qual è il luogo più sicuro per me in questo momento?"
Sapeva che in quel momento non c'era nessuno, ma doveva stare attenta a Joffrey, che era rientrato nei suoi appartamenti. Un incontro con Joffrey in quell'occasione era tanto rischioso tanto quanto un incontro con una delle sue guardie reali. Ma per adesso, la fortezza rossa era deserta, e buia. Non si vedeva assolutamente nulla, riusciva a proseguire solo grazie al suo senso dell'orientamento. Sentiva le urla dei combattenti provenire dalla città, erano andati a morire per proteggere quella gente che lei tanto odiava.  Non c'era nessuno che potesse vederla. Gli uomini a morire e le donne a pregare per loro al tempio di Baelor. Forse era lì che doveva andare: il tempio era talmente affollato che nessuno si sarebbe accorto di Sansa Stark, la figlia del traditore, la sposa del re,  che si mescolava tra la gente comune.

Era concentrata sulla sua corsa verso la salvezza quando sentì improvvisamente una presa forte e dolorosa arrivare dal suo braccio destro: qualcuno l'aveva presa.
"No,no! Vi prego, vi  prego dèi, fate che non sia Ilyn Payne, o Joffrey, o una delle sue guardie...vi prego..."
Si sentì trasportare da quella presa, cercò di divincolarsi, ma quell'uomo era troppo forte e grosso perché lei riuscisse a sfuggirgli. Le venne in mente di gridare aiuto, ma poco prima che lei potesse provarci, la sua bocca era stata coperta dall'altra mano, ugualmente forte come l'altra. 
"Stupida, nessuno ti avrebbe aiutato comunque."
Rassegnata, si lasciò debolmente andare  a quello che da lì a poco le sarebbe successo.

Si ritrovò in una stanza piccola e buia. Quando sentì che il suo braccio fu di nuovo libero, si lasciò cadere a terra, in ginocchio, i suoi occhi lucidi questa volta non si trattennero, e il suo viso fu bagnato da quelle che erano le sue lacrime. Il rumore della serratura che veniva chiusa e della pesante sbarra posata di fronte alla porta non l'aiutarono a calmarsi.
 Era la certezza che nessuno sarebbe entrato, nessuno l'avrebbe salvata.
Di colpo, sentì  il rumore della finestra che veniva spalancata  e vide la luce forte e verde dell'altofuoco pervadere la stanza. 
I passi di quell'uomo andavano verso la sua direzione e la paura di Sansa aumentava sempre di più, si trovava alle sue spalle.
«Alzati, uccelletto.» La sua voce era quasi un sussurro, ma sembrava ugualmente un ringhio, aveva conservato il suo tono.
Era lui.
Era la sua voce, era il suo odore. 
"Ma...doveva andarsene. Perché è venuto qui?"
Sansa al suono di quelle parole si alzò di scatto e nel voltarsi verso di lui incontrò i suoi occhi. Erano uno di fronte all'altro, di nuovo. Sandor allungò una delle sue grandi mani e prese una lacrima che stava scivolando lungo la sua morbida guancia, e Sansa, ancora con gli occhi lucidi, gli porse un tenero sorriso. Il viso di Sandor era coperto di sangue, aveva i capelli bagnati dal sudore, indossava la sua armatura e la sua cappa bianca, che tanto bianca non era. 

«Pensavo fossi andato via, dicevano...che eri scappato.Perché sei qui?»
Sandor la prese per le spalle, come aveva fatto ore prima.
Sansa, per un attimo, ebbe paura che le sue intenzioni non fossero quelle che lei immaginava. Era mezzo ubriaco, distrutto dalla guerra dalla quale era scappato, stanco e disperato. Delicatamente si lasciò poggiare sul materasso di piume. Fece in modo che la sua schiena posasse sul letto cercando di essere il più delicato possibile, ma non riuscì al meglio nel suo intento. Era sopra di lei e Sansa sentiva il suo forte respiro cadere sul suo viso, i suoi occhi fissi  su di lei, le sue mani sulla sua pelle, il metallo dell'armatura  scontrarsi contro le sue ginocchia, sentiva l'odore del sangue, sangue che non era suo. 
Il primo e l'ultimo uomo che le era stato talmente vicino, era suo marito Joffrey, la notte delle nozze. Ma mai Joffrey sarebbe stato così gentile così come lui cercava di esserlo, nemmeno se si impegnasse al massimo delle sua capacità. Per un attimo, desi
«Te lo avevo detto, uccelletto, che ci saremmo rivisti.»
La sua mano si protese verso il viso di Sansa, la accarezzò, quasi come fosse l'ultima occasione per stare con lei. 
"Ha uno sguardo così triste."
Di scatto, Sandor si alzò da lei e si rimise in piedi, Sansa, alzando la schiena,  si mise seduta sul bordo del letto, di fronte a lui.
 «Sto per andarmene, e tu verrai con me. Ti porterò a casa, con me al tuo fianco, nessuno oserà farti del male.»
A casa? Ma quale casa?
Grande Inverno era stata presa da Theon Grejoy, sua madre e suo fratello erano impegnati in una guerra, e di Arya, di Bran e di Rickon non si aveva più alcuna notizia. 
Era sola adesso. 
«Io... non posso. Qui sono al sicuro.»
Sul volto di Sandor apparve un sogghigno, che sparì quasi subito.
«Stannis non ti proteggerà! Nessuno ti proteggerà! Sono tutti degli assassini. Morirai ancor prima dell'alba.»
Questa volta il suo tono di voce era diverso, era arrabbiato, agitato.
Sansa non rispose, spaventata,  rimase a guardarlo, sperando di comunicargli qualcosa senza dire nulla.  Il mastino si pentì poco dopo di aver usato quel tono, e tornò a calmarsi.
Avvicinò il suo viso al suo, e le sussurrò: 
«Bene, ma non morirai da sola. Questa guerra è stata la fine per entrambi.»
Sansa gettò la testa all'indietro, poggiandola sul cuscino, gli occhi la tradirono di nuovo, e le bagnarono il viso con le lacrime. Sandor si stese al suo fianco, e lei, impulsivamente, per nascondere la sua sofferenza, poggiò il capo sul suo torace, insieme al suo piccolo pugno. Il mastino rimase sorpreso della sua reazione, ne fu quasi spaventato. Le poggiò le mani sulla testa, e prese per accarezzarle i capelli.Sansa ricambiò, posandole una mano sul viso, sulla parte del viso ustionata. Era bagnata, si sentiva il liquido denso del sangue, e anche qualcos'altro, un liquido meno denso, che non era sangue. 
Sansa teneva lo sguardo fisso su un punto impreciso, Sandor invece, lo teneva su di lei. Rimasero così, finchè, non si addormentarono, cullati dall'odore dell'altro.


Proprio ieri pomeriggio, hanno trasmesso su sky la puntata della battaglia delle acque nere, 
e ovviamente ne ho approfittato per riguardarla per l'ennesima volta!
Ho sviluppato diverse idee per i prossimi capitoli, spero come sempre che questo venga 
apprezzato da qualcuno.
Ricevere recensioni mi rende davvero felice, mi fa piacere sapere che qualcuno legge quello che scrivo.
Per cui, non siate timidi! (Ma proprio io parlo?) 
A presto!


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Capitolo 6
*** proteggimi ***


POV SANDOR
Sandor si era svegliato quando lei ancora dormiva, sorpreso del fatto che entrambi fossero ancora vivi e che ancora nessuno fosse entrato per richiedere la loro presenza in chissà quale occasione.
Il volto di Sansa era ancora poggiato sul suo petto, le sue braccia lo circondavano, per quanto potessero, e il suo respiro quasi non si sentiva, tanto era silenzioso. Rimase fermo ad osservare quanto fosse bella, nella sua fragilità.
"L'unica donna che potrei mai meritarmi è una puttana da quattro soldi, non lei."
Cercò di divincolarsi delicatamente dalle sue braccia, cercando di non svegliarla, gli sembrava talmente delicata da poterla spezzare solo toccandola. 
Andò verso la finestra, curioso di sapere di cosa ne era stato della città e fu sorpreso di scoprire che era ridotta meglio di quanto pensasse. Dalla fortezza rossa non si riusciva a vedere il fondo delle pulci, ma da quanto gli sembrava, una buona parte si era salvata e il popolino aveva ripreso la vita di tutti i giorni.
Sentì lo stropicciarsi delle lenzuola, e quando si girò per controllarla, era seduta sul bordo del letto mentre si sgranava gli occhi con la mano. 
"Appena sveglia, con i capelli arruffati e la pelle fresca, è ancora più bella."
«Da quanto sei sveglio?»
«Abbastanza da aver capito che il tuo principino fottuto ha vinto.»
Nel tono di Sandor  c'era la freddezza che gli era sempre appartenuta, e che, la scorsa notte, l'affetto che provava per Sansa era riuscito a sciogliere.
«Uccelletto, ti staranno cercando, è meglio che sia tu che io troviamo il nostro padroncino biondo. Nessuno ci ha più visti da ieri sera, ed ora è quasi mezzogiorno.»
"Molto probabilmente non si saranno neanche accorti della sua assenza."
Sansa percepì un certo distacco nella sua voce, quasi come se il giorno precedente non fosse mai accaduto, quasi come fosse tornato il mastino del capriccioso Joffrey che le incuteva tanto timore.
Sandor si rese conto della delusione sul suo volto, ma non poteva fare altrimenti. Non poteva permettere che credesse che lui era cambiato, che era un uomo diverso, che non era più uno degli assassini che lei tanto detestava. 
Il mastino la guardò per un'ultima volta, dopo di ché si incamminò verso l'uscita. Ma mentre attraversava la stanza, sentì il tocco della sua mano che stringeva la sua. Abbassò lo sguardo, e posò lo sguardo fisso negli occhi azzurri di lei. 
"Non sarà mai tua."
Sandor alzò il capo, e si divincolò dalla presa della sua mano.
Sansa sentì lo sbattere della pesante porta di legno, e l'unica traccia che rimase della sua presenza in quella stanza, fu la sua cappa bianca sporca di sangue.




«Senza l'aiuto dei Tyrell di Alto Giardino adesso  Approdo Del Re sarebbe distrutta e bruciata, e noi saremmo tutti morti per mano di Stannis. Loro ci hanno aiutato ma solo per il risentimento che provano nei suoi confronti, ma potrebbero allearsi con gli Stark e per noi sarebbe una perdita poco saggia. Dobbiamo essere cauti, e indurli a giurarci fedeltà. Un'unione matrimoniale sarebbe ideale. Quindi, Cersei, tu sposerai Ser Loras, il figlio minore di Mace Tyrell. »
Nella sala del concilio ristretto, Tywin Lannister si trovava a capo del tavolo di fronte a suoi figli, al suo nipote il re, il maestro del conio e il capo delle spie. Joffrey era in fondo, e come un bambino capriccioso, aveva richiesto la presenza delle sue guardie reali. Ovviamente, non in sala, ma fuori la porta, ad aspettare che avessero finito e per garantire che nessuno cercasse di entrare. Ma stupidamente, nessuno si era preoccupato di abbassare il tono di voce, e Sandor Clegane insieme a  Ser Boros, non avevano difficoltà ad ascoltare i loro piani. 

«Ho indotto Margaery, la vedova di Renly, a porre maggior fiducia in voi con la promessa che sarebbe diventata regina. All'epoca, ancora non sapevo del matrimonio con la giovane Stark, per cui dovrò rimangiarmi la parola data, sapete, è una ragazza davvero ambiziosa, sveglia e astuta. La vedovanza non le si addice per nulla. Inoltre, Ser Loras era intenzionato a richiedere un posto nella guardia reale, è un cavaliere davvero con molte potenzialità per la sua giovane età. Ma una volta avuto questo titolo non potrebbe avere famiglia, in più è un figlio minore, non riceverebbe neanche una minima parte dell'eredità.Per cui, prenderei in considerazione di unire le casate in altro modo. La regina reggente potrebbe sposare Willas, il figlio maggiore, è uno storpio, sì, ma riceverebbe l'intero dominio su Alto Giardino.»

Sandor riconosceva quella voce, era quel viscido di Petyr Baelish, appena fatto lord di Harrenhal. Attraverso quella porta riusciva a sentire precisamente ogni parola anche se detta con un tono di voce basso e lento come quello del subdolo maestro del conio.

«Io non sposerò uno storpio! No! Mi ucciderei piuttosto che sposarmi per la seconda volta contro la mia volontà. Come hai detto tu, lord Baelish, Margaery ci tiene a divenire regina, e allora diamole quello che vuole!»
Nel tono della regina Cersei, traspariva una certa ironia. Perplesso, lord Baelish rispose con minore euforia, col suo tono calmo ma che lasciava intendere quanto fosse astuto.
«Maestà... tuo figlio adesso ha una sposa. Un'unione matrimoniale può essere rotta solo dal tradimento e dalla morte.»
Per quei secondi che seguirono, dalla sala non provenì alcun rumore, sospiro o voce. C'era soltanto silenzio.
"Non staranno pensando di..."
«Mia figlia ha ragione. Adesso che mio figlio Jaime sta tornando a casa, la giovane Stark non ci serve più. I Tyrell ci porterebbero abbastanza spade per combattere una guerra e abbastanza cibo per porre fine alla carestia. Lei non ci ha portato assolutamente nulla. In più vendicheremmo l'assassinio dei vostri cugini, i figli di Kevan.»
«Ma siete tutti usciti di senno? State progettando di uccidere una ragazzina che non ha alcuna colpa!»
Questa volta era la voce del folletto a parlare, e subito dopo, intervenne re Joffrey.
«Zio, non intrometterti in cose che non ti riguardano! Non dovresti nemmeno essere qui,  nano. Sta attento a quello che dici o farai la stessa fine di quella stupida!»
Si interruppe per pochi istanti, poi riprese.
«Quindi...mi state dicendo che questo matrimonio non è servito a nulla? Quest'idea non poteva venirvi prima?»
La voce di Joffrey era talmente alta che chiunque fosse passato anche solo nei corridoi sarebbe stato in  grado di sentire ogni parola.
«Era prima che arrivassero i Tyrell, tesoro. Se Stannis avesse preso la città, tutto questo non avrebbe avuto più alcuna importanza.» Era di nuovo la voce della donna.  «C'è un veleno, in grado di non lasciare alcuna traccia, sembrerà morta per cause naturali. Ma ci vorranno un paio di giorni prima che arrivi qui ad Approdo Del Re dai mercanti del continente orientale.  Nel frattempo, padre, sarai in grado di tenere a bada i giovani Tyrell?»
«Se non ho voce in capitolo, allora preferisco non ascoltare più nulla! Non prenderò parte a questa follia e se ci sarà modo di impedirvelo io non mi tirerò indietro.»
Sentirono i piccoli e leggeri passi del folletto, farsi sempre più vicini. Aprì la porta che separava i due della guardia reale dai partecipanti al concilio ristretto. 
Fece un cenno di saluto ai due cavalieri, e si incamminò verso il corridoio. Una volta chiusa la porta, la conversazione riprese.
«Ho molte amicizie nel continente orientale, sono certo che non avranno problemi a fare affari con noi. Lasciate che me ne occupi io, in meno di due giorni avremo quello che ci serve.»
Questa volta, era l'eunuco a parlare, il viscido capo delle spie.
«Bene, riaffronteremo la questione dei Tyrell una volta che la giovane Stark sarà morta. Per adesso, direi di porre fine a questo incontro e di riprendere le nostre attività. E cercate di non aggiungere ostacoli al nostro scopo, tenetela vicino, non perdetela, e fate in modo che non nutri sospetti.» 
"L'uccelletto volerà via da qui, ma non per mano vostra."


Joffrey lo aveva congedato dai suoi impegni già da qualche ora, e aveva dato il turno di guardia a Ser Meryn e a Ser Boros, avrebbe poi dato loro il cambio verso mezzanotte.
Sandor pensò che molto probabilmente adesso il suo padrone si stava divertendo ad infliggere torture a sua moglie, di fronte agli occhi delle due guardie, per infliggerle maggior umiliazione. Il solo pensiero fece sì che la rabbia lo percosse.
"Ora che è convinto della sua futura morte, cercherà di divertirsi con lei il più possibile quel sadico ragazzino fottuto."
Era andato in una locanda, che era più frequentata da puttane per di più economiche, che da uomini. Passò la maggior parte del tempo a bere, e ad osservare quanto in basso cadessero quelle donne pur di guadagnare qualche spicciolo. 
"Potrà anche essere che mai accetterà di avermi al suo fianco, ma di certo non starò a guardare mentre i Lannister programmano il suo omicidio. Ho solo bisogno di un'occasione come quelle che sono capitate negli scorsi giorni."
Quando arrivò l'ora del suo turno di guardia, si diresse velocemente verso la fortezza rossa sul  suo cavallo, Straniero, nell'oscurità della notte. 
Quando si trovò di fronte alla porta degli appartamenti del re, trovò solo Ser Meryn.
«Prendo io il posto adesso.»
Ringhiò, verso il cavaliere, che ancor prima di sentirlo parlare si era già preparato per andare via.


Passarono due ore, e dalla stanza non arrivò alcun rumore.
"Forse si è scocciato e l'ha lasciata dormire in pace."
Ancor prima di finire di formulare quel pensiero, sentì dei passi avvicinarsi alla porta dall'interno della stanza. Li riconosceva, erano i suoi.
"Non è la prima volta che fugge dalla sua stanza nel pieno della notte."
Quando aprì la porta, quello che si ritrovò di fronte gli fece stringere il cuore e contemporaneamente lo fece infuriare come una belva.
Sansa aveva un occhio nero, e non riusciva a fermare le lacrime che le scendevano dagli occhi senza alcun controllo. Aveva le guance arrossate, dal labbro spaccato c'erano tracce di seangue,  e dalla scollatura che si intravedeva nonostante il mantello scuro, riusciva a vedere dei segni di violenza anche tra i seni.
Non osava immaginare come fosse ridotto il resto del suo corpo.
Quando Sansa lo vide, di fronte a lei, cercò di nascondere il suo volto nel cappuccio del mantello, ma senza alcun risultato. Dalla finestra del corridoio, la luna riusciva ad illuminare quanto bastasse il suo viso malridotto.
"Devo ringraziarlo per non averla uccisa con le sue stesse mani o ucciderlo per la sua sadica intenzione di farle vivere i suoi ultimi giorni come quelli più brutti della sua vita?" 
Sandor non riusciva a distogliere il suo sguardo, con la bocca socchiusa e gli occhi increduli, non riusciva a capire come si potesse far del male ad una creatura tanto fragile ed indifesa.
«Uccelletto...»
La voce di Sandor aveva assunto un tono diverso, non era più minaccioso come quello della mattina stessa, era quasi tremolante quanto il suo.
Sansa, con il viso completamente bagnato dalle lacrime, si fiondò d'impulso sul suo petto. Posò le braccia dietro la sua schiena, lo strinse forte e si lasciò andare in un pianto abbondante ma comunque silenzioso. Sandor rimase con le braccia rigide, ancora scosso per quello che aveva visto.
Alla fine, si concesse un attimo di debolezza, e come la notte prima, tenne il suo capo tra le mani e iniziò ad accarezzarle i capelli.


Voglio premettere che le uniche storie SanSan che ho letto, sono quelle che ho recensito. Ma ho visto che ce ne
sono davvero tantissime, che non ho assolutamente letto, e dato che le sansan hanno più o meno la stessa piega, non vorrei 
che qualcuno pensasse che io abbia copiato la sua, non so se mi spiego. ç_ç
Per cui se qualcuno dovesse trovare qualche "somiglianza" con una storia già esistente, sappiate che non era assolutamente mia intenzione!
Tutto questo è frutto della mia immaginazione, non vorrei che qualcuno si sentisse plagiato. 
(Cosa che non ho assolutamente fatto, ma che non vorrei aver fatto inconsapevolmente.)
Fatta questa premessa (che forse mi sarei potuta risparmiare) vi saluto al prossimo capitolo, 
come sempre, spero che qualcuno apprezzi quello che ho scritto e se avete commenti, sarò felicissima di leggerli!
A presto. :3


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Capitolo 7
*** non c'è più tempo. ***


POV SANSA
Si sentiva finalmente al sicuro tra le sue braccia:  il viso poggiato sul suo petto, il suo odore, le sue mani tra i suoi capelli, era tutto così rassicurante. Ma il ricordo di quello che aveva passato continuava a tormentarla e non riusciva a smettere di tremare, di piangere. Era ancora così spaventata, e Sandor non poteva fare a meno di notarlo.

Quella sera Joffrey aveva mandato via il Mastino prima del solito, probabilmente, perché sapeva che si sarebbe intromesso nei suoi sadici intrattenimenti, e aveva fatto sì che solo Ser Boros e Ser Meryn rimanessero con lui. 
Sansa aveva mangiato poco e niente, mentre Joffrey aveva perennemente la bocca stracolma di cibo, durante la consumazione del loro pasto. Aveva notato quanto quella sera suo marito fosse particolarmente euforico, esaltato, e questo le aveva giustamente chiuso lo stomaco. L'ultima volta che Sansa vide quell'espressione così entusiasta fu quando la portò a vedere la testa di suo padre, su una picca.
"Dèi, fate che non sia felice per la stessa ragione di allora. Fate che nessuno della mia famiglia sia morto."
Era così agitata e nervosa che non era riuscita  a mandar giù non più di due bocconi,sentiva che quella serata non sarebbe finita bene.
Ma presto si rese conto che, se davvero fosse morto qualcuno della sua famiglia, non avrebbe aspettato tanto per sbatterglielo in faccia. Ma ciò non significava che quello che lui aveva in mente per lei, quella sera, sarebbe stato migliore.

Sansa si era già messa sotto le coperte, quando Joffrey era rientrato con le sue due guardie reali, e con una delle sue orribili smorfie le aveva urlato contro.
«Che stai facendo?» 
«Io.. maestà, sono stanca.. vorrei riposare.»
Sansa si era messa a sedere, quasi pensasse che in quella posizione sarebbe stata in grado di proteggersi.
«No, no, alzati.» 
La paura prese il sopravvento, l'agitazione tornò e Sansa iniziò a tremare. Rimase immobile, presa dal panico, con le coperte in grembo  a fissare con pietà gli occhi crudeli e impassibili di Joffrey.
«Non mi hai sentito? Blount, tirala fuori e portala qui.» 
Ser Boros Blount non le diede nemmeno il tempo di accorgersene, che si tròvò presa per il braccio e gettatà a terra come fosse una creatura senza il minimo valore. 
Vide Joffrey intento a slacciarsi le brache, e in poco tempo si trovò con la faccia a terra e il peso del corpo del re su di lei. Sansa d'impulso, cercò di alzarsi e di impedire qualsiasi cosa stesse per accadere, ma era praticamente impossibile.
«Ser Meryn, tienila ferma!»
Sansa sentiva la presa forte e dolorosa di quel cavaliere senza onore, con una mano teneva la testa, con l'altra le gambe. Ma questo non bastò a farla sottomettere. Continuò ad urlare, a muoversi, a piangere. Aveva il volto arrossato schiacciato contro il pavimento, la presa di Ser Meryn diventava sempre più dolorosa mentre il re era dentro di lei e continuava a palparla con violenza,  senza un minimo di dolcezza e grazia.
Sansa cercò disperatamente lo sguardo di Boros Blount, chiedendogli aiuto, chiedendogli pietà. Ma nel suo sguardo non trovò un briciolo di umanità, misericordia, di compassione,  tutto ciò che vide fu solo dovere e impassibilità, e questo fece sì che Sansa perdesse ogni speranza, ogni possibilità di salvezza.
Ricordava la loro prima notte di nozze, gli ospiti li avevano spogliati lungo il tragitto e fatto sì che nessuno entrasse a disturbarli, per cui, in quella stanza, erano totalmente soli e quello che Sansa si trovò di fronte era solo un ragazzino incapace, turbato e disorientato. Certo, Joffrey non era stato più delicato di allora, ma era ancora inesperto e ignorante in materia, e senza le sue guardie reali a cui dare ordini, era soltanto un ragazzino che si sforzava di fare ciò che sua madre le aveva imposto.
Ma questa volta era diverso, aveva imparato che quella era una nuova arma da usare contro sua moglie, che anche il dovere poteva dare i suoi frutti e compiacere la sua sadica indole. 
Sansa continuava a muoversi, cercando invano di divincolarsi dalla presa. Lentamente scesero dai suoi occhi lacrime di dolore, ma il suo era tutto tranne che un pianto silenzioso. 
E quella sua ostinazione non fece altro che irritare maggiormente il re.
«Preferiresti portare in grembo il figlio bastardo di uno di questi due cavalieri? Avrai l'onore di partorire un principe! Un futuro re! Dovresti esserne grata!»
Joffrey era furioso, urlava e il viso diventava sempre più rosso dalla rabbia. Ad un certo punto, lo sentì ridere nervosamente. Ci mise un po' a percepire l'allontanamento di suo marito dal suo corpo, aveva finito, si era divertito, e adesso il peggio era passato. O almeno, così lei pensava.
Poteva finalmente togliere il viso dal pavimento e cercare di alzarsi, ma appena si mise seduta sentì la presa di Joffrey sulla sua spalla che la trattenne a terra.
«Ser Meryn, picchiala finchè non ti dico di fermarti. E che ti serva da lezione!»
Sansa non aveva avuto neppure il tempo di realizzare ciò che era successo e si rese conto di ciò che suo marito aveva appena detto soltanto quando le arrivò un pesante calcio in grembo, così forte che fu costretta a piegarsi dal dolore. Urlò forte ma si pentì di averlo fatto quando un secondo colpo arrivò alle sue labbra, rivoli di sangue iniziarono a scendere e si mescolarono alle sue lacrime, e ancor prima di avere il tempo di urlare, un secondo colpo arrivò al suo occhio, questa volta, ne ebbe il tempo, e un secondo urlo più forte del primo riecheggiò nella stanza.
"Perché? Per quale motivo non sono fuggita insieme al mastino, la notte della battaglia delle acque nere? Sarebbe stato un destino sicuramente migliore di questo!"
«Ser Boros, va di guardia prima che questa sgualdrina possa svegliare qualcuno, e assicurati che nessuno si interessi a noi. »
Ma prima che ser Boros giungesse alla porta, quest'ultima fu spalancata rumorosamente e Sansa, nonostante il suo occhio gonfio, fu in grado di vedere una figura minuta, molto minuta. Era Tyrion, lo zio di Joffrey, insieme al suo mercenario Bronn.
«Si può sapere che succede qui?»
Era la voce del folletto,  che rimase a bocca aperta nel vedere le condizioni in cui era ridotta la nuova regina. 
«E' questo il modo in cui tratti tua moglie? »
Nel dirlo, il suo risentito sguardo si posò su Joffrey, e le sue corte e deformi gambe si diressero verso la fanciulla. Era alto quanto lei da seduta, e riuscivano ad avere il viso uno di fronte all'altro. Tyrion le rivolse un tenero sorriso, dopo di chè, il suo sguardo andò verso ser Meryn.
«Che onore ha un cavaliere che picchia le fanciulle indifese? » Sul volto di Tyrion apparve una smorfia, qualcosa che sembrò quasi un sorriso divertito.
«Per adesso il tuo turno di guardia finisce qui, ti invito ad andare nei tuoi appartamenti se non vuoi che riferisca a mio padre ciò che hai appena fatto. E la stessa cosa vale per te, Joffrey, lady Sansa vorrà sicuramente riposare da sola e rimettersi. E sono sicuro che tuo nonno non sarà felice del modo in cui ti procuri un erede.»
«Sei tanto stupido quanto nano! Al primo cavaliere del re non potrebbe importare meno di questa stupida sgualdrina!»
La mano di Ser Meryn era già scattata per posarsi sull'elsa della spada, pronto a scattare se ce ne fosse stato bisogno.
Tyrion colpì con uno sguardo duro e severo suo nipote, quasi come volesse lasciar  intendere qualcosa, che Sansa, debole e sfinita,  non si sforzò di capire. Joffrey replicò con un secco cenno di assenso, irritato dalla apparente vittoria di suo zio di fronte alle sue guardie, che goffamente si avviarono verso l'uscita della porta accompagnati dal loro padrone.
«Bronn, va a chiamare maestro Pycelle, la regina ha bisogno di cure.»
Tyrion tornò di nuovo verso Sansa, le porse una mano per aiutarla a rialzarsi, per quanto servisse. Notò quanto era spaventata, e quanto tremava.
«Lady Sansa, puoi calmarti adesso, è tutto finito.»
E nel dirlo, apparve di nuovo quel sorriso di prima, e le strinse la mano delicatamente, mentre i suoi occhi eterocromi erano persi in quelli azzurri di lei.
Sansa intese quella sua gentilezza come un ulteriore insulto, chi voleva prendere in giro? Voleva forse farle credere che proprio un Lannister, in quel momento, era giunto a salvarla dalle grinfie di un altro?
Era un pazzo se credeva che si sarebbe fidata di lui. Forse, era anche vero che tra tutti, lui era quello più saggio e gentile, ma si bagliava, non era per niente finito.
 Questo era soltanto l'inizio, ed entrambi lo sapevano bene.


Quando Sandor ascoltò le sue parole, divenne talmente furioso che Sansa temette di essere di nuovo tra le mani sbagliate. Ma fu solo un breve attimo, che ebbe fine non appena Sandor le prese dolcemente, per quanto gli fosse possibile,  il viso tra le mani. Si trovava contro luce, e non riusciva a vedere il suo volto ustionato, ma solo la sagoma nera della sua grande figura. Al contrario, sapeva che la luce lunare era tutta su di lei, e che Sandor era perfettamente in grado di osservarla nei minimi particolari.
"Mi bacerà di nuovo?Proprio adesso?"
Un pensiero che Sansa scacciò via, quando ascoltò ciò che invece aveva da dire lui.
«Uccelletto, devi volare via da qui.»
Il suo alito sapeva di vino, aveva bevuto, eppure sembrava stranamente più lucido delle altre volte. Il suo tono di voce, insolitamente, era preoccupato e nervoso, sentiva che c'era qualcosa che non andava, che qualcosa era cambiato.
Questa volta non si sarebbe tirata indietro, non avrebbe rifiutato l'opportunità di andare via da quell'inferno. Sarebbe stata una sciocca se lo avesse fatto dopo quello che era appena stata costretta  a subire, inoltre, dopo gli scorsi avvenimenti, Sansa si fidava maggiormente di lui, rispetto ai mesi prima.
«Ho sentito i loro piani, hanno intenzione di ucciderti e di dare Margaery Tyrell in sposa a Joffrey. Non ti resta molto tempo, devi andare, se vuoi vivere.»
"Devo, andare?Lui..."
Dal viso di Sansa, Sandor riuscì a percepire la sua delusione e la sua confusione. La rassicurò non appena capì a cosa era dovuta.
«Ed io verrò con te, ovvio, da sola non dureresti più di tre ore.»
Sansa smise di tremare, ed ebbe l'impressione che da ora in poi  nessuno l'avrebbe più fatta soffrire. Nonostante i lividi che le coprivano il volto, si rese conto che Sandor era ugualmente affascinato da lei tanto da non riuscir a distogliere lo sguardo da lei neppure per un secondo.
«Quando... quando potremo andare via?»
«Non mi hai sentito uccelletto?» Questa volta, la voce del mastino era di nuovo simile al ringhio di un cane. Intenzionato a scuoterla, le sue mani si allontanarono dal suo viso per posarsi sulle sue spalle. 
«Non c'è più tempo, dobbiamo andare via ora!»
Sul volto di Sansa apparve uno sguardo perso e preoccupato, ma sapeva che aveva ragione, non c'era più tempo. 
"No.. non posso morire dopo tutto quello che ho dovuto sopportare a causa loro.."
Lei confermò i suoi piani con un accenno, e con un debole sorriso.Sandor la guardò, e ricambiò con un accenno del capo. Il suo viso era diverso dal solito, questa volta era serio, lucido e preoccupato, e fu questo a convincere Sansa. 
Velocemente,  la prese sulle spalle, proprio come aveva fatto il giorno della sommossa del pane quando quegli sconosciuti erano pronti ad ucciderla.Non le aveva dato neppure il tempo di prendere un vestito con sè, l'aveva costretta a scappare con solo una sottoveste ed un grande mantello nero, che, fortunatamente, riusciva a coprire anche più del dovuto. Sandor correva senza sosta, con la consapevolezza che se se qualcuno li avesse visti sarebbe stata la fine per entrambi, non solo per lei. Si fermò alle cucine, a prendere tutto ciò che riusciva. Ed entrambi riuscirono a prendere abbastanza provviste per quattro giorni.

 Una volta arrivati alle stalle, prese tra le braccia la vita stretta di Sansa e la sollevò facilmente  in sella a Straniero, lui, salì, e si mise a sedere dietro di lei. Non c'era tempo per prendere un altro cavallo, dovevano sbrigarsi prima che spuntasse il sole, e prima che qualcuno si accorgesse della loro assenza.
Partirono verso una meta ancora da definire alla luce della luna. Per oltrepassare una delle porte della città, Sandor avrebbe quasi sicuramente ucciso qualcuno. Questo Sansa lo sapeva, ma dopo aver visto con quale obbedienza i cavalieri erano così ostinati a far del male anche ai deboli, questo finì per il non importarle neanche.
Sentiva il respiro caldo di Sandor sul suo collo, il suo petto contro la sua schiena, le sue braccia attorno a lei, braccia grandi, calde e forti. Sensazioni che la fecero sentire al sicuro. 
"Sta succedendo. Sto andando via da qui, lui mi porterà da mia madre, da mio fratello, e mi terrà al sicuro fino ad allora."
Sansa, per la prima volta dopo l'arresto e la morte di suo padre, si sentiva finalmente felice. 





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Salve!Chiedo scusa per il ritardo, ma attualmente la mia linea fa davvero pena,
va e viene, e in questi giorni, non si è fatta proprio vedere!
Chiedo scusa anche per il capitolo, sarà che un po' sono pessimista di mio,
ma confesso che anche io lo ritengo piuttosto "privo di contenuto", anzi,
lo definirei piuttosto un capitolo di passaggio.
Spero non vi annoi, al prossimo capitolo! :)

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Capitolo 8
*** solo un ricordo. ***


Erano passati circa tre giorni da quando avevano lasciato Approdo del Re, durante il tragitto avevano incontrato un paio di uomini che avevano riconosciuto Sandor ma ancor prima che iniziassero a far domande erano già a terra grondanti di sangue. E loro non erano i primi ad esser morti per essere d'ostacolo alla loro fuga, prima di loro c'erano state le guardie che avevano il turno alla porta degli Dèi, e ancor prima altri che si trovavano al posto sbagliato nel momento sbagliato, e che, fortunatamente, erano a cavallo. Da lì in poi Sansa aveva proseguito alla sua destra, cercando di galoppare tanto veloce quanto lui. 
Prevenivano altri scontri evitando il più possibile la strada del Re, proseguendo per i boschi, dove il peggio che potevano trovare era un paio di fuorilegge
 senza disciplina.Cavalcavano di giorno, e appena il sole iniziava a calare, cercavano un posto nascosto in cui riposare. Di solito accendevano il fuoco solo per poco tempo e solo se Sandor era certo che in quelle vicinanze non ci fosse nessuno. Dei due, quella più sfinita era Sansa, non abituata a cavalcare per così tanto tempo. Apparivano i primi segni di stanchezza dopo solo tre ore di cavallo, mentre invece Sandor era perfettamente in grado di cavalcare fino al tramonto senza nessuna interruzione. Avrebbe voluto trovare il modo di non renderla così debole e sfinita, di allietarle lo sforzo,  ma già così stavano impiegandoci troppo tempo, se si fossero concessi delle pause ci avrebbero messo il doppio del tempo e neanche sapevano per quanto tempo sua madre sarebbe rimasta a Delta Delle Acque prima di spostarsi nuovamente. Spesso si ostinava a guardarla mentre si costringeva a cavalcare senza fermarsi, senza mostrare segni di debolezza, invano. Sandor si rendeva perfettamente conto di indurla ad uno sforzo non misero per la sua resistenza, ma era orgoglioso della sua ostinazione.
Da quando erano fuggiti non avevano più parlato, se non per annunciare dove e quando avrebbero riposato o sarebbero ripartiti. 
Sansa era sempre tra le nuvole, sembrava non prestasse alcuna attenzione a cosa e chi la circondasse,  con lo sguardo fisso nel vuoto pensava solo a quando avrebbe rivisto la sua famiglia, o almeno, chi ne rimaneva.  Al contrario, Sandor teneva sempre la guardia alta per assicurarsi che nessuno lo avrebbe attaccato alle spalle quando meno se lo aspettava. Questo faceva sì che fossero talmente tesi e agitati da non parlare tra di loro per ore e ore, ma quando arrivava il momento di dormire, nascosti da qualche grande albero, seduti tra un cespuglio e l'altro, si accovacciavano in un angolo. La testa e i pugni di Sansa poggiati sul suo petto, il braccio di Sandor che le circondava le spalle e la stringeva a sè, proprio come la notte della battaglia delle acque nere.
Nell'oscurità della notte, i loro corpi erano così uniti da sembrare la sagoma di una sola figura.
"È solo per il freddo." Si costringeva a pensare Sansa, che anche in quelle occasioni, era impacciata e imbarazzata. Soprattutto quando qualche volta , prima che entrambi chiudessero gli occhi, Sandor le regalava un tenero bacio sulla fronte, e, cercando di rendere la sua voce meno spaventosa possibile, le sussurrava:
«Buonanotte uccelletto.» Gli aveva mostrato un lato di lui che non conosceva, aveva messo da parte la sua prepotenza e diffidenza per farla sentire al sicuro, per ricordarle che nessuno le avrebbe fatto del male con lui al suo fianco.
Sansa non riusciva mai a dargli una risposta, si limitava ad annuire e ad abbassare il capo sul suo torace.
Ed era così che si addormentavano, o almeno, così che si addormentava lei. Sandor dormiva poco e solo il necessario.
Era  il quarto giorno di viaggio che stava per concludersi, e la quinta notte quella che stava per calare. Il cielo aveva assunto i colori del tramonto, rosa e arancione che iniziavano a sfumarsi tra di loro. Come al solito, il ringhio del Mastino annunciò il luogo del loro precario accampamento, legò i cavalli e andò a cercare della legna asciutta mentre Sansa si mise comoda ad aspettare.
In fretta consumarono il loro misero pasto, e senza che se ne accorgessero era già calata la notte.
«Quanto manca ancora per Delta delle Acque?»
Sansa iniziava ad abituarsi, a sentire meno la fatica, e quella sera non si sentiva particolarmente sfinita. Quindi cercò di aprire una conversazione, prima che Sandor spegnesse il piccolo fuoco che gli era stato utile per cucinare un pasto decente.
Era seduta su un grande tronco d'albero coperto di muschio caduto a terra, con una grande coperta che le faceva da mantello -la stessa coperta che riscaldava entrambi durante la notte- poggiata sul suo altro primo mantello nero, lo stesso che indossava dalla notte della fuga. Aveva i capelli arruffati, gonfi e sciolti, non li portava così da quando viveva ancora a Grande Inverno. Entrambi non si facevano un bagno da quando erano partiti, per cui aveva la pelle coperta da residui di terra, che le si erano attaccati man mano che passava le notti tra i cespugli. Il suo occhio nero iniziava a sgonfiarsi, e il suo labbro inferiore si era completamente ripreso. A vederla, nessuno l'avrebbe presa per una ricca lady, sembrava più che altro una povera bruta. Lo guardava dritto negli occhi quando gli pose la domanda, lui tolse lo sguardo dall'osso che teneva tra le mani, che si ostinava affamatamente a succhiare, e lo alzò verso di lei.
«Dovremmo arrivare domattina prima di mezzogiorno, non dovrebbe mancare molto.»
Sandor gettò l'osso da qualche parte tra l'erbaccia alta, si alzò e spense le fiamme. Adesso l'unica fonte di luce era soltanto la luna che si intravedeva tra le diverse chiome di alberi. Sandor si buttò goffamente a terra, poggiando la schiena contro un tronco. 
«È il momento di andare a dormire, domattina dovremo essere veloci se vogliamo arrivare presto da tua madre.»
Sansa stava pensando a quando lei gli si era buttata addosso e lo aveva baciato, ancora si chiedeva cosa l'aveva spinta a farlo e cosa lui aveva pensato di lei.
"Da allora non abbiamo mai parlato di quel che è successo."
Sansa, si avvicinò e si sedette al suo fianco, tolse la coperta dalle sue spalle e la posò su entrambi i corpi.
«Dormi uccelletto, domani sarai a casa.» E nel dirlo, le diede una carezza sul capo.

Quella notte, Sansa sognò di essere a Delta delle Acque, ma al posto di sua madre, c'era la regina Cersei, e invece di Robb, Joffrey.
Stavano cenando, e improvvisamente, Sansa notò fuori dalla finestra, la testa di sua madre e di suo fratello su delle picche. Si voltò verso il tavolo, sconvolta,  la regina le porse un sorriso divertito. Il posto di Joffrey era vuoto, ma sentiva dei passi dietro di lei giungere nella sua direzione. 
Si svegliò di soprassalto, agitata,  con le lacrime agli occhi, grondante di sudore. 
«Joffrey! Dov'è Joffrey?» Stava urlando, gli occhi spalancati in preda al terrore.
«Può anche essere morto per quel che mi importa.»
Provò un'enorme sollievo quando al suo fianco trovò lui, preoccupato per la sua reazione.
«Era solo un brutto sogno. Torna a dormire.»
Le sistemò la coperta addosso che lei stessa aveva letteralmente gettato all'aria in preda al panico, senza nemmeno accorgersene. 
Iniziò lentamente a calmarsi e a riprendere fiato. Ma non sarebbe tornata a dormire, anche se ci avesse provato, non ci sarebbe riuscita. Era ancora troppo scossa per calmarsi a tal punto da riaddormentarsi di nuovo, e non solo per l'incubo, ma anche perché tra poche ore si sarebbe alzato il sole, avrebbero ripreso il loro cammino e lei sarebbe tornata dalla sua famiglia. Finalmente. 
"Ma lui..resterà con me o andrà via?" Forse, queste erano le ultime ore che avrebbero passato insieme, per poi non rivederlo mai più. Notò che lui aveva chiuso gli occhi, ma sapeva che era ancora sveglio. Di profilo, non si vedeva la parte ustionata del suo volto. Pensò che poi, non era così brutto come la deturpazione lo faceva apparire. La parte intatta del suo volto, lasciava intendere dei lineamenti duri ma per niente brutti da vedere.
Prese tutto il coraggio che aveva e si decise a parlare.
«Tu.. andrai via, o resterai con me, al castello?»
Sandor aprì gli occhi al suono sottile della sua voce.
«Se vuoi, io potrei-»
Fu interrotto di colpo.
«Si, vorrei.. insomma, potresti essere la mia guardia personale. Non ho bisogno di stupide ancelle che.. mi pettinino i capelli.»
Sansa si pentì di aver risposto così in fretta, era stata fin troppo sfacciata e si vergognò di averlo fatto.
Sandor annuì, sorpreso della sua richiesta, la guardò un'ultima volta e tornò a chiudere gli occhi, ma lei era troppo irrequieta perché rimanesse lì ferma senza fare nulla.
«Il.. bacio che ti diedi quella notte, non deve più ripetersi...tu sarai la mia guardia, e il tuo compito sarà solo quello di proteggermi.»
"Ma è quello che ha fatto finora, stupida."
Sandor mantenne gli occhi chiusi, restò immobile. L'unica cosa che mutò fu la sua espressione, su cui apparve un sorriso divertito.
Sansa, continuò, non riuscendo a fermarsi.
«...molto probabilmente mi faranno sposare con qualche figlio di un lord, e il mio unico dovere è quello di essergli fedele e di dargli degli eredi... una volta arrivati a Delta delle Acque non ci dovrà più essere alcuna confidenza tra di noi..e quello che è successo dovrà rimanere tra noi. Grazie a te domani  sarò tornata a casa, mia madre te ne sarà grata e ti darà anche una ricompensa, così come te ne sono grata io. Fuggire è stata la cosa migliore per entrambi. Ma confido nel tuo silenzio per...quel, bacio. Non so neanche perché è successo, io sono una lady e non avrei mai dovuto gettarmi tra le braccia di un uomo che non è mio marito. Ero solo spaventata.»
La voce di Sansa era tremolante eppure traspariva un velo di superiorità, quella stessa superiorità che provava nei confronti di sua sorella Arya, o di qualche sua ancella incapace. Questa volta Sandor aprì gli occhi e pose pesantemente il suo sguardo negli occhi di lei, ma quel sorriso divertito era sparito da un bel po'.
«Sono sicuro che il bacio di un valoroso cavaliere o di qualche giovane lord ti soddisferà molto più di quanto abbia fatto io. Tranquilla, non saranno tutti spiacevoli come il mio. Adesso torna a dormire,  se non vuoi che ti faccia tacere io.»
Stava di nuovo ringhiando, come un cane, come un mastino.
C'era freddezza e diffidenza nel suo tono di voce, e questo spaventò Sansa. Ogni volta che le parlava in quel modo si ricordava di chi avesse al suo fianco. 
Il mastino di Joffrey, la guardia crudele, spietata e senza scrupoli che serviva il suo carnefice.
«Perché devi essere sempre così sgarbato?Ti sto ringraziando per avermi accompagnata a casa!» 
Anche il suo tono di voce era cambiato, non era più gentile come prima.
«E tu perché non riesci ad accettare che qualcuno possa aiutarti semplicemente perché prova dell'affetto per te, senza nessun secondo fine?Trovi così sconcertante che un mostro come me possa essere gentile nei confronti di una ricca e viziata ragazzina come te?»
A quelle parole Sansa si bloccò, per un attimo non riuscì più a dire nulla e la sua mente si svuotò completamente non lasciando più un solo pensiero.
Sentiva lo sguardo accusatorio di Sandor su di lei, era furioso, riusciva a sentire la sua rabbia. E lei era tanto spaventata da sentirsi minuscola nei suoi confronti.
«.. non ho mai detto che quel bacio non mi sia piaciuto.»
Non si era accorta di star sussurrando, era talmente intimorita da non avere neppure il coraggio di guardarlo negli occhi. 
Ma lui si calmò e lentamente il suo sguardo divenne più dolce, lei se ne accorse. Cercò di alzarsi e di allungare il collo verso la guancia che non era visibile, la parte ustionata. Sandor la guardava perplesso, e confuso. Il suo petto premeva contro il petto di lui, e la sua mano poggiava sulla sua gamba, per mantenersi in quella posizione. Una volta raggiunta la guancia coperta dalle ustioni, vi poggiò le labbra, donandogli un tenero bacio.
Sansa si rimise nella sua solita posizione, si girò di lato, dandogli le spalle, e chiuse gli occhi.
Lui rimase ancora un po', lì, a guardarla.



Si misero in cammino appena spuntò il sole, si promisero di non fermarsi neppure una volta per arrivare il più presto possibile. Cercarono di evitare lo sguardo dell'altro, e tra di loro ci fu solo un assordante e imbarazzante silenzio.
Dopo solo qualche ora, riuscirono ad intravedere la Forca Rossa, erano più vicini di quanto pensassero.



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Vi chiedo scusa per l'enooorme ritardo, ma un giorno avevo il pc rotto, un altro non andava la linea e un altro non avevo ispirazione, alla fine, ho rimandato fino ad adesso. Sarò sincera, non so quando potrò aggiornare di nuovo, ma sicuramente lo farò. Chiedo perdono per qualsiasi incongruenza tra gli altri capitoli, a cui magari non ho prestato attenzione. Spero che questo capitolo non vi deluda, e che vi piaccia!
Proprio qualche giorno fa ho finito il terzo libro, e adesso inizierò il quarto. Quanto adoro questa saga çwç
Ho letto in giro che hanno avvistato  Rory McCann sul set della sesta stagione, e che alloggia nello stesso hotel degli altri attori di got, quindi ehi, momento, momento, momento. State pensando la stessa cosa che penso anch'io? *film mentali mode on*
Comunque, a me piace immaginare Sandor come il ventisettenne del libro, anche se l'attore che ha interpretato il suo ruolo è stato davvero bravissimo e mi è piaciuto un sacco, preferisco pensare sia più giovane di lui. Voi invece che ne pensate dell'attore che lo interpreta?
Va bene, vi lascio al prossimo capitolo. Se vi va, lasciate qualche commentino, mi fa sempre moltissimo piacere leggere le vostre opinioni. A presto!

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Capitolo 9
*** Di nuovo a casa. ***


Da quando era arrivata, al castello non si faceva altro che parlare di una festa in suo onore per festeggiare il suo ritorno. Era troppo felice per controbattere una simile cortesia,  e la morte di suo nonno Hoster aveva fatto sì che anche suo fratello Robb e il resto della sua compagnia si trovasse al castello proprio il giorno del suo arrivo.Le sembrava di avere tutta la famiglia riunita.
 «I sette dèi si sono presi mio padre, ma mi hanno riportato indietro la mia piccola.»
Fu questa la prima frase che disse Catelyn Stark non appena vide il volto di sua figlia giungere dalla entrata principale della fortezza, non diede neppure un'occhiata a chi era giunto insieme a lei e si diresse ad abbracciarla con il volto rigato dalle lacrime. Sembrava non volesse più lasciarla andare,  incurante di tutte quelle persone che la circondavano e osservavano la scena. Non riusciva a smettere di singhiozzare, e quando suo Robb realizzò l'arrivo di sua sorella, ignorò il suo titolo per lasciarsi andare completamente dalle emozioni. Nonostante tutti compresero che la perdita di Jaime Lannister poteva essere davvero evitata, fu na scena che fece commuovere i presenti. Probabilmente dei cantastorie ci avrebbero scritto delle canzoni in futuro. Nei giorni seguenti passava momenti talmente felici da sembrare avesse completamente rimosso dalla memoria la famiglia reale, le guardie reali, e la sua fuga col mastino.  Passava la maggior parte del tempo insieme a sua madre o con qualcun altro della sua famiglia, aveva persino fatto amicizia con Dacey Mormont, una ragazza poco più grande di lei, e con Jeyne, la moglie di suo fratello, che anche se raramente, le faceva compagnia. Non si trovava quasi mai da sola e riceveva tutte le attenzioni possibili. Tuttavia, non poteva continuare a dormire con sua madre per il resto della sua vita, e non poteva neppure girare libera per le terre dei fiumi senza qualcuno che la proteggesse, per cui suo fratello Robb, adesso re, si decise ad assegnarle una guardia personale. Inizialmente, la scelta ricadde su Donnel Locke, ma prima ancora che arrivassero ad una decisione conclusiva, Sansa propose a sua madre l'uomo che l'aveva condotta da lei, di assolverlo dal ruolo di semplice soldato e di assegnargli il compito di sorvegliarla. Ed anche se lady Catelyn provava ancora una certa diffidenza nei suoi confronti, riuscì a convincersi dopo aver ascoltato come sua figlia ci tenesse tanto alla sua protezione.Così iniziò ad abituarsi all'idea di averlo sempre fuori la porta della sua stanza quando andava a letto, e di avere la sua ombra ovunque andasse. E proprio come si erano promessi quella notte, tra loro ci furono solo silenzi. Lui si limitò soltanto a fare il suo dovere con obbedienza.


Per l'occasione aveva indossato un abito blu con ricami e sfumature azzurre, un modello nuovo per lei, diverso dai soliti abiti da bambina che indossava. Questo era abbastanza scollato e aderente alla vita tanto da attirare l'attenzione di Sandor Clegane, che quando arrivò alla porta della sua stanza per scortarla alla cena, non riusciva quasi a distogliere gli occhi da quel corpo che non aveva avuto modo di osservare per bene quando qualche settimana prima se l'era trovato nudo di fronte a lei, la notte in cui Joffrey gli impose di picchiarla. Sansa evitò il suo sguardo e calò il capo, e silenziosamente si avviò da sola ignorando la sua presenza e gli sguardi accusatori delle ancelle che avevano appena finito di acconciarle i capelli. Da quando suo fratello lo aveva nominato come la sua guardia personale, grato per averla sottratta ai Lannister,  escludendo comandi e accenni di conferma, non avevano scambiato neppure una parola. Anzi, in realtà, era dalla notte prima del loro arrivo che Sandor era tornato l'uomo ubbidiente e austero di un tempo, rude e diffidente che Sansa aveva visto al comando di Joffrey. Quella sarà stata anche la sua natura, ma lei sapeva che non era del tutto privo di sentimenti e  il suo comportamento nei suoi confronti ne era la prova.
A tavola sedeva tra Jeyne Westerling e Raynald Westerling, suo fratello maggiore e amico fidato di Robb, che sedeva alla destra di sua moglie.
Di fronte a lei, solo il caos. Non era neppure arrivata la seconda portata che iniziavano ad esserci i primi ubriachi impertinenti, con le guance rosse, un boccale di vino in una mano e il seno di una donna in un altra, un sorriso beffardo in volto. Grida e risate si ripercuotevano nella sala grande del castello, e gli unici uomini a mantenere un certo decoro erano le guardie posizionate un po' ovunque,  che per loro sfortuna erano di turno quella sera. Essendo Sandor l'unica guardia di Sansa, era inevitabile che non avesse di certo la serata libera, e collocato nell'angolo della sala più vicino alla postazione di Sansa, dietro il grande tavolo su cui sedeva l'intera nobile famiglia, controllava che tutto andasse liscio senza richiedere il suo intervento.
Jeyne le aveva fatto un'ottima impressione: era educata e gentile nei suoi confronti, ed anche se molto timida, spesso riusciva a concederle qualche breve conversazione. Era stata lei, a regalarle quel vestito blu che con tanta gratitudine aveva indossato.  Al contrario, trovava il resto della famiglia Westerling troppo misteriosa e poco affidabile. Col passare del tempo, la festa che in origine doveva essere solo una semplice cena, divenne sempre più animata e Sansa accettò cortesemente diversi balli da alcuni lord alfieri e compagni di battaglia di suo fratello, che ci tenevano a farle sapere quanto fossero felici del suo ritorno.
"Ed anche di una possibile unione matrimoniale, immagino."
Lord Jon Umber, Wendel Manderly e per ultimo Raynald, il fratello di Jeyne: tutti non poterono evitare di farle apprezzamenti  di cortesia e di scambiare con lei qualche falsa risata. Nonostante tutti si mostrassero cordiali, solo suo zio Edmure le fu di buona compagnia.
Ma proprio come le era stato insegnato, sorrideva e rispondeva gentilmente a chiunque le si ponesse di fronte. 
Arrivata la quarta portata, almeno una grande parte delle persone tornò a sedersi per mangiare, compresa lei, che sfinita ed esausta dovette subirsi ancora la sfacciataggine di Raynald, che al suo fianco, era ubriaco e per niente lucido.
 «Lady Sansa! Immagino sia stato terribile vivere ad Approdo Del Re, ancor peggio diventare l'ostaggio di quel cane! Ma per fortuna adesso sei tornata. Qui si è parlato molto di te, ma non pensavo fossi davvero tanto bella!»
Aveva il volto e i capelli sudati, le guance rosee e un sorriso da ebete che proprio non riusciva a togliersi. Diversamente dalla sorella, non aveva la stessa timidezza e neppure la stessa bellezza, Sansa non riuscì a non pensare a quanto fosse brutto. Ma proprio come aveva sempre fatto, indossò la sua solita maschera di cortesia e gentilmente gli sorrise.
«Ti ringrazio, ser.Anch'io sono felice di essere a casa.»
«Ma dimmi, è vero che il Mastino non ha combattuto durante la battaglia delle acque nere e si è rifugiato fino al suo termine? E che il nano ha perso totalmente il naso, diventando ancora più brutto? Ci sarà stato davvero da ridere!» 
Scoppiò in una fragorosa e ridicola risata, mentre continuava a bere boccali di vino che gli facevano perdere totalmente la lucidità.
Appena citò Sandor, si voltò verso di lui. Lo scoprì ad osservarli, ma appena sentì lo sguardo di Sansa, alzò il capo per guardare da un'altra parte.
«Scommetto che almeno una volta hai sorpreso i gemelli Lannister fornificare insieme! Lo sai vero che gira voce che il re non lo sia di diritto perché è solo frutto di un incesto?»
«Si, ero a conoscenza di questa voce, e no, ser, Jaime Lannister è stato qui in ostaggio per tutto il tempo della mia permanenza al castello, era lontano miglia dalla regina.»
«Ah! Si, lo sterminatore di Re, che schifoso essere senza onore!Sei stata fortunata a non doverlo conoscere!»
D'un tratto, il suo corpo si irrigidì totalmente non appena sentì una viscida e pesante mano posarsi sulla sua coscia. Il suo volto divenne rigido e il sorriso che prima si costringeva a portare scomparve, al contrario, quello di Raynald divenne più ampio del dovuto. Non potè fare a meno di notare i suoi denti, gialli, storti e alcuni anche rotti. Per non parlare di quei baffi neri sudici di vino e sudore, e il suo alito che le fu sempre più vicino per poco non la fece vomitare. 
«Ma sei stata fortunata a conoscere me, immagino tu non abbia ricevuto ancora un degno benvenuto da parte mia.» 
Sentiva il suo fiato pesante sul suo collo e la sua voce sussurrata le fece venire i brividi, la sua mano prese a salire lungo la sua gamba e la presa diventava sempre più forte, fin quando Sansa non reagì divincolandosi e alzandosi di scatto. La sedia cadde a terra per il movimento improvviso. 
Si rivolse a Jeyne, a Robb, a sua madre e al resto del tavolo, che nel sentire il frastuono si erano voltati verso di lei.
«Dovete scusarmi, ho bisogno di un po' d'aria fresca.»
In mezzo a quella confusione, solo chi le sedeva accanto avrebbe notato la sua assenza, il resto della sala era talmente occupata a divertirsi che se fossero stati attaccanti se ne sarebbero accorti soltanto al momento della loro morte. Per quanto riguardava ser Raynald, sembrava talmente offeso dal suo rifiuto e imbarazzato per il suo atteggiamento da essere felice del suo allontanamento. 
Fece un breve inchino prima di voltarsi velocemente, per trovare lo sguardo severo e inespressivo di Sandor Clegane, che aveva osservato la scena fin dall'inizio e che completamente sobrio era stato in grado di mantenere la calma, anche se traspariva una certa irritazione.  
Mantennero lo sguardo per vari secondi, finché Sansa si diresse all'uscita della sala a passo svelto. Appena si trovò tra i corridoi bui e deserti del castello, si fermò per prendere fiato e lentamente riprese a camminare verso il corridoio che portava alla sua stanza.Pensava di essere totalmente sola, ma riconobbe il rumore dei suoi passi, e qualcosa di inspiegabile le fece capire immediatamente chi fosse.


Si accostò alla finestra del corridoio, di fronte alla porta della sua camera da letto. Non c'era nessuna candela, e appena la aprì fu l'unica fonte di luce. Vi si affacciò, godendo del vento fresco che le scompigliò i lunghi capelli sciolti e le fece venire la pelle d'oca.
«Non c'è bisogno che mi segui ovunque vada.»
Gli disse senza neanche voltarsi, lo sguardo fisso sulle donzelle che si divertivano con alcuni cavalieri nel cortile. Non era il tono di voce che Sansa avrebbe voluto usare, seccato e irritato.
«Vengo pagato per questo.»
Il suo tono era superbo come al solito, percepì la sua voce, le era tanto vicina da non potersi trovare troppo lontano dietro di lei. Al suono di quelle parole, si voltò istantaneamente verso di lui, ma si trovava in una zona troppo buia  e l'unica cosa che riuscì a vedere fu la sua grossa sagoma nera. 
«Sei pagato anche per far sì che nessuno mi dia fastidio!» Questa volta le uscì un urlo. Anche se era abituata a molestie ben peggiori e quella di Raynald era praticamente nulla a confronto, non potè evitare di mostrare la propria irritazione dovuta alla risposta seccata di Sandor.
«Non mi sembrava che qualcuno ti stesse infastidendo.» Il ringhio di Sandor era pacato ma ugualmente arrogante. 
«Evidentemente questo non è il lavoro giusto per te se non sei neppure in grado di capire chi mi importuna! Eri dietro di noi, vuoi farmi credere di non aver visto cosa faceva Ser Raynald Westerling?»
Sorprendentemente Sandor iniziò a sghignazzare, era la prima volta che lo sentiva ridere e non sapeva se essere indignata, sorpresa oppure offesa.
«Aye, ti ha solo toccato la coscia!Mi sembrava aveste ancora i vestiti addosso, o sbaglio?Oppure qui nelle terre dei fiumi si usa scopare in altro modo?»
Anche se non lo vedeva, riusciva a percepire il ghigno arrogante e presuntuoso sul suo volto che non riusciva a spegnersi.Anche se era la prima vera conversazione che avveniva tra di loro dopo quella notte in mezzo ai boschi, avrebbe voluto che non avvenisse. Quel suo tono di voce le ricordava quando aveva più paura di lui che di Joffrey, quando per lei era solo una guardia spaventosa e senza scrupoli.
Tuttavia questa volta qualcosa era cambiato: era completamente lucido, e adesso lei conosceva la causa della sua rabbia. Adesso sapeva che non era il vino a parlare, ma la sua gelosia. 
"Pensa che sia così stupida da non capirlo?"
Sansa si scostò dalla finestra per fare dei piccoli passi nella sua direzione, lasciò andare la tensione dal suo corpo e si calmò, prendendo a respirare regolarmente. Non poteva giocare con le emozioni degli altri e ricevere in cambio baci e gratitudine. Dopo tanto tempo in sua compagnia, aveva imparato che con lui non c'era da aver paura, sentiva quanto era legato a lei e al tempo trascorso insieme. E quanto avrebbe voluto averla tutta per sè.
Tuttavia, lei doveva mostrargli una sfrontatezza che sarebbe stata in grado di spegnere almeno un po' ciò che provava per lei, o almeno, ci provò:
decise di provocarlo e di mettere da parte la sua insicurezza e le sue buone maniere. Lo conosceva troppo bene per farsi ancora prendere dalla paura, e di rivolgersi a lui con quella timidezza che le apparteneva. Per la prima volta da quando lo conosceva, non puzzava nè di sudore, di vino o di sangue. Questo forse, era il suo primo lavoro che gli permetteva di avere del tempo per lavarsi.
Gli mise una mano sulla spalla, coperta da una spessa armatura, e avvicinando il suo corpo al suo, insieme alle sue labbra che si diressero verso l'unico orecchio che gli era rimasto, sussurrò, con un sorriso divertito:
«Sì...sì, hai ragione. La mia stanza non è molto lontana dalla sala grande, non dovresti metterci molto se ti mandassi a condurlo fin qui per porgergli le mie scuse. Sono sicura che per quanto questo vestito sia succinto, lasci ancora molto all'immaginazione, non credi?Non dev'essere stato facile per lui stare accanto a me per tutto quel tempo.»
Sansa non potè credere a ciò che aveva appena detto, e soprattutto, il modo in cui aveva pronunciato quelle parole che mai si sarebbe aspettata di dire. Ma come erano arrivati a discutere di un tale tabù, per lei? Le sue uniche esperienze con l'amore erano soltanto colme di violenza e maltrattamenti, figurarsi il sesso.
"Non ha nessun rispetto per quello che ho dovuto passare.Gli importa solo di ciò che sente suo di diritto."
I suoi occhi si erano abituati al buio e riusciva a distinguere vagamente la sua espressione, sentiva la sua rabbia trapelare dal suo sguardo. Iniziò a sentirsi tremendamente in colpa, ma fin quando lui non avesse imparato ad essere meno presuntuoso, anche Sansa non avrebbe dovuto farsi scrupoli.
Si era alzata sulle punte dei piedi per raggiungere il suo volto, e appena finì di parlare, si abbassò per allontanarsi ma venne fermata bruscamente dalla presa di Sandor sul suo braccio, quel vizio non lo perdeva mai. Questa volta era talmente forte da farle male, non lo aveva mai visto così furioso.
«Non sei più ad Approdo Del Re! Se informassi mio fratello di un atto simile ti rinchiuderebbe nelle segrete!»
Gradualmente la sua presa divenne sempre più debole, fino a farle scivolare via il braccio, prendendola alla sprovvista.
«Ma forse è proprio quello che vuoi, non è vero?»
Gli occhi di Sansa erano diventati lucidi, stava trattenendo le lacrime mentre gli urlava contro le ennesime parole non voleva dirgli.
«Ero soltanto un tuo ostaggio, giusto? Ti servivano soltanto dei soldi per lasciare il servizio dai Lannister! E allora vattene, prendi il tuo stupido cavallo e va via di qui!»
Sandor invece, non riusciva a trapelare nessuna emozione, le sembrava totalmente indifferente a ciò che aveva detto.
«Non mi hai sentito!?Vattene!»
Adesso si sentiva talmente umiliata da desiderare davvero che andasse via. Piangeva, disperandosi, e continuando ad urlare.
Invece, l'unico suono che uscì dalle labbra di Sandor fu un sussurro talmente sottile da sentirsi a malapena, se non fosse stato per la voce greve che gli apparteneva, Sansa non sarebbe stata in grado di ascoltare le parole che aveva da dire. 
«Tu riusciresti ad andare via dall'unica persona che tu abbia mai amato
"Mai.. non ci riuscirei mai.."






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Sì, insomma ragazze, chi non vorrebbe avere un Sandor geloso tutto per sé?
Sta di fatto che, sto iniziando a pensare ad una fine per questa storia. Non è certo ma probabilmente il prossimo capitolo potrebbe essere anche l'ultimo, magari un riferimento alle nozze rosse, anche se una parte di me vorrebbe continuare all'infinito. Ma non vorrei rendere la storia troppo ripetitiva e noiosa, per cui, non so, datemi un parere! Magari scriverò ancora altri capitoli, devo pensarci bene perché non voglio dare soltanto l'idea di "allungare il brodo", anche se di idee ce ne sono, come ho già detto, non vorrei renderla troppo lunga e noiosa. Sarà che io sono molto sintetica. ç_ç
Escludendo ciò, spero  davvero che questo capitolo vi piaccia. A me non soddisfa pienamente, come tutti del resto (soprattutto i primi capitoli).
Sarei felicissima come sempre di leggere delle vostre opinioni a riguardo, fatemi sapere se vi è piaciuto e se avete consigli non esitate.
Alla prossima!

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Capitolo 10
*** The wolf girl isn't safe here. ***


POV SANDOR

L'intero seguito di Robb Stark era giunto alle Torri Gemelle di Walder Frey da circa un paio di giorni: le famiglie reali ospiti al matrimonio di Edmure Tully e Roslin Frey erano freddamente ospitate all'interno della fortezza. Invece gli accampamenti erano stati eretti per sistemare i numerosissimi soldati di ogni casata. Era lì che Sandor Clegane era stato costretto a rimanere, dopo aver perso l'ambito titolo di guardia personale della sorella del re ed aver riacquisito quello di squallido mercenario. 
«Nonostante l'accaduto, abbiamo perso troppi uomini dopo la perdita di Jaime Lannister e non possiamo permetterci di mandare al servizio di qualcun'altro un uomo di tale forza fisica. Per cui rimarrai fedele a me, Clegane. Ovviamente ti sarà imposto di presenziare soltanto durante una possibile battaglia, puoi anche convivere negli accampamenti con i tuoi compagni, purché né io e né il resto della mia famiglia vediamo più il tuo volto.»
Era così che era stato graziato da Robb Stark, ma sapeva che quella grazia l'aveva ottenuta soltanto grazie all'intervento di Sansa, che sicuramente aveva spiegato l'accaduto con l'aggiunta di qualche dettaglio a favore della sua difesa. Ciò lo fece sentire profondamente umiliato.
Non avevano avuto modo di trascorrere del tempo insieme dalla notte della festa in onore di Sansa, e da allora ne erano passate di settimane.Venne severamente vietato ad entrambi di scambiarsi qualche battuta e di fronte a questa decisione loro erano completamente impotenti. Ma non che ci fosse occasione di violare quella regola: era capitato soltanto una volta che si scontrassero da allora, quando Sansa era uscita dal castello insieme a sua madre e Jeyne Westerling verso la scorta che l'avrebbe trasportata fino alla valle del fiume, dove poi avrebbero passeggiato immerse nella natura. Sandor aveva intravisto i suoi bellissimi capelli ramati dalla finestrella della portantina che gli sfilava di fronte in movimento, e i loro sguardi si incontrarono per pochi istanti  prima che il mezzo di trasporto si allontanasse abbastanza da separarli. Rimase sorpreso quando si rese conto che era restata assolutamente uguale a come la ricordava nei suoi pensieri, nonostante avessero passato così tanto tempo, per la prima volta, senza vedersi. E l'accelerazione del battito di Sandor alla vista di quegli occhi azzurri fu inevitabile. Da quando la conosceva avevano passato così tanto tempo insieme, che neppure ricordava quale fu l'ultimo giorno trascorso senza vederla neppure per una volta, perfino a Grande Inverno, quando era poco più che una bambina, l'aveva sempre tra i piedi.Non era abituato alla sua assenza, e rivederla, anche solo di sfuggita, dopo ben quasi tre settimane di separazione, lo condusse in un profondo stato di angoscia e nostalgia. Si disse che forse tutto ciò era un bene, una fortuna: col tempo forse sarebbe finalmente riuscito a dimenticare il suo volto, il suo profumo, la sua voce, finché i suoi indesiderati sentimenti non si fossero attenuati tanto da dissolversi del tutto. Ma anche se aveva la consapevolezza che senza quel peso avrebbe vissuto razionalmente di nuovo come una volta, quella prospettiva non lo rendeva per niente più sollevato, anzi, gli infliggeva un pesante sconforto.
"Per i sette dèi, non riuscirò mai a togliermi quella ragazzina dalla testa."
E l'inquietudine che lo pervase quando rivide i suoi occhi ne era la prova. Per sua fortuna, quando iniziarono il cammino verso le Torri Gemelle per partecipare ai festeggiamenti, non riuscì a vedere traccia della sua presenza, neppure una volta arrivati. Più passava del tempo lontano da lei e più continuava a pentirsi di ciò che aveva fatto quella notte, ciò che aveva detto quella notte. Le sue, le loro, azioni, continuavano a tormentarlo. Erano state la causa di quell'allontanamento, e non poteva più tornare indietro. Aveva perso il controllo delle sue parole, il controllo del suo corpo: si era completamente lasciato andare ai suoi sentimenti, ai suoi desideri e ciò lo rese talmente appagato come mai in vita sua. Ma la pena che adesso era costretto a scontare lo stava logorando. Lui le aveva confessato di amarla, ma come poteva esser stato tanto imprudente? Cosa sperava di ottenere? Eppure, quando lui era già pronto a ricevere collera e disdegno da parte della sua carnefice, la risposta che ottenne gli parve imprevedibile.



«T-tu..tu..sei innamorato di me?»
La sicurezza e l'insolenza di cui Sansa si era appropriata era durata ben poco, presto tornò la fanciulla esitante e fragile di sempre, e il suo timbro di voce di nuovo incerto e tremolante. Sandor riuscì a malapena ad ascoltare quelle fievoli parole, sussurrate appena. Si accorse del suo splendido viso rigato dalle lacrime e dei suoi occhi arrossati che lo scrutavano senza tregua, il suo sguardo su di lui lo fece sentire giudicato e sì sentì improvvisamente come la persona più compatita, patetica e squallida del mondo. Ci mise poco a pentirsi di ciò che le aveva rivelato, era riuscito a convivere con quella consapevolezza per così tanto tempo e proprio adesso che aveva finalmente accettato la situazione tutto era rovinato, e nulla lo tratteneva più lì.
"Andrò via, prenderò il mio cavallo e andrò via in qualche altro posto schifoso." 
Pensò. Non sarebbe stato capace di restare, in sua presenza, dopo l'umiliazione che si era auto inflitto di fronte a lei, sentiva di essersi privato una volta per tutte della sua dignità e l'unica cosa rimasta da fare adesso era andare via lontano da chiunque lo conoscesse.
La mano delicata che gli accarezzò il volto tremava, così come il resto del corpo di Sansa, che non riusciva a rilassarsi. Si aspettò da lui un gesto dolce, ma l'unica reazione che ottenne da parte sua, fu un calmo movimento che allontanò la sua piccola mano dalla sua guancia. Le donò un ultimo sguardo, finché non le voltò le spalle e prese per allontanarsi in direzione dell'uscita, intenzionato a lasciarla sola e disperata lì nei bui corridoi vuoti del castello. Ma prima che potesse andare troppo lontano Sansa riuscì a darsi una svegliata, e ad urlargli contro qualcosa prima che potesse pentirsi di non averlo fatto.
«D-dove stai andando?»
Sandor non si scomodò neppure a voltarsi per risponderle guardandola negli occhi, continuò  a camminare, e nel mentre brontolò raucamente:
«Esaudisco il tuo desiderio, vado via. Sei ufficialmente un uccelletto libero adesso.»
«No!» Inveì scattamente contro di lui, e iniziò a correre nella sua direzione, mentre Sandor si bloccò e si voltò verso di lei.
«Ti prego..non andare. Resta qui.» Mormorò una volta trovatasi faccia a faccia di nuovo con il suo viso.
«Non c'è più posto qui per me, nulla mi trattiene.»
La sua voce era stranamente più tetra del dovuto, e i suoi occhi più gelidi e inespressivi. Vide di fronte a lui il volto di Sansa che diventava sempre più turbato, e per la prima volta la vide mordersi il labbro inferiore e corrucciare leggermente la fronte, il collo allungato per guardare negli occhi l'uomo tanto alto e grosso che era. Più tempo restava a guardarla e più l'intenzione di abbandonarla sfumava.
«Ci sono io.» Sussurrò dolcemente e porgendogli un sorriso gli prese la mano per stringerla forte.Gli voltò le spalle per guidarlo insieme a lei verso una stanza, di cui velocemente aprì l'ingresso. Era vuota e persino più buia dei corridoi, le candele spente e uno spiraglio di luce proveniva solo da una piccola finestrella. 
Sansa gli si aggrappò al collo e prima che se ne potesse accorgere gli diede un bacio, proprio come aveva fatto qualche mese prima ad Approdo Del Re, ma questa volta si lasciò andare ignorando le conseguenze e approfittò di quella solitudine per fare ciò che aveva sempre desiderato. Quello che un tempo era stato un semplice bacio a stampo, divenne un bacio passionale, irrazionale e insolitamente romantico. Sansa si diresse verso il retro del suo collo, stringendogli i folti capelli neri mentre con l'altra mano cercava di liberarlo da quella pesante armatura. Senza pensarci due volte, il Mastino prese a togliersela mentre spingeva e vincolava il suo corpo contro il muro, circondandola. Quando notò che anche lei era intenta a slacciarsi l'abito, con movimenti incerti e impacciati, che poco prima le aveva visto indossare con tanta gioia, realizzò cosa stava per accadere e improvvisamente divenne smarrito e agitato.
«No..uccelletto, non posso.»
Bloccò i suoi movimenti e a malincuore fermò anche lei, già intenzionata ad abbandonarsi a lui. Un tempo, quando ancora di lei non conosceva altro se non il nome che portava e il titolo di regina che avrebbe ottenuto, non desiderava altro che prenderla, possederla senza nessuna titubanza e lasciarla inerme di fronte alla sua forza. Ma aveva appena confessato a lei, e soprattutto, a se stesso, di amarla, e questo aveva cambiato tutto. Era cambiato lui, ed era cambiata lei: non era più soltanto la ragazza-lupo docile e attraente che apparteneva a re Joffrey, adesso era una donna, una donna consapevole delle proprie scelte e delle sue azioni, una donna capace di desiderare un uomo anche in diverse circostanze, e nonostante Sandor non volesse altro che questo, non riusciva a reagire di fronte ad una situazione simile. Lei gli prese la mano e la guidò sotto il tessuto leggero dell'abito, approvando le sue intenzioni. Sansa sentiva il tocco ruvido, lento e delicato ma allo stesso tempo deciso, delle mani di Sandor sotto la sua pelle liscia: continuava ad accarezzarle i fianchi, fino a salire sempre più in alto. Arrivato al seno appena sbocciato, piccolo e sodo, venne  avvolto perfettamente dalla sua mano, che lo strinse abbastanza da farla sussultare mentre con l'altra le cingeva marcatamente la schiena. Prese per spingerla lentamente verso quello che sembrava un letto nell'oscurità della notte, e una volta fatta stendere liberò le sue mani dall'interno del corpetto per cercare di svincolarla dal peso di quell'abito ingombrante, mentre prese a baciarle delicatamente il collo, una sensazione che la colmò di piacere. Sentì le sue delicate mani che cercarono impacciatamente di slacciargli le brache, la sua erezione contro il tocco gentile di lei.Il respiro di Sansa diventava sempre più irregolare, a tratti gemeva, e questo provocava un piacere inspiegabile a Sandor, che ancora premeva il suo corpo al suo e lasciava che le sue grandi mani scivolassero lungo i lacci del suo corpetto. Tutto fu interrotto quando la porta di quell'ignota stanza fu aperta da Raynald, che era corso a cercarla per porgergli le sue scuse. Era così che era stata posta la fine del suo servizio, con il fratello della regina del nord che si era precipitato a spiegare tutto a tutti prima che potesse essere fermato, prima che potesse perfino avere il tempo di indugiare di fronte allo spettacolo che gli toccò vedere. Inutile dire quanto la faccenda divenne un segreto per preservare l'onore di una lady quale era Sansa Stark, e di come suo fratello e sua madre abbiano provato un così grande disgusto nei confronti di Sandor. Quelle poche persone che erano a conoscenza dell'accaduto erano state costrette a credere che si fosse trattato di uno stupro da parte sua, che forse, era anche una diceria migliore di quella che si aspettasse. Nonostante non avesse avuto neppure il tempo di godere davvero del suo corpo, era già stato etichettato come l'uomo che aveva disonorato la sua purezza, ignari del fatto che avesse già consumato il suo matrimonio con Joffrey. Quando quella notte l'aveva incontrata piena di lividi e gli aveva spiegato cosa quel ragazzino biondo le avesse fatto, avrebbe soltato voluto entrare nella sua camera da letto e lacerargli il petto. Non riusciva a credere che qualcuno potesse credere che lui avesse avuto gli stessi modi del re nei suoi confronti, quando lui aveva agito in tutt'altro modo.
"Non potrei mai farle del male."


Tutto questo era solo un piacevole ricordo, ormai. In quel momento mentre lui rimuginava sui suoi pensieri, lei era in sala a festeggiare insieme alle persone che meritavano ufficialmente di stare in sua compagnia. Probabilmente stava ridendo a qualche battuta, o danzando con qualche nobile lord, mentre lui era nelle tende circondato da bifolchi e prostitute da quattro soldi, come unica consolazione un boccale di vino. Guardava quelle donne e si chiedeva come potessero essere considerate tali, non avevano nessuna grazia, nessuna bellezza, e nonostante fossero completamente nude e provocanti, non riusciva proprio a trovarle attraenti. Un tempo forse avrebbe approfittato di quella situazione per svagarsi un po', ma adesso l'idea di fottere quelle creature lo disgustava forse tanto quanto era disgustato da quegli uomini che senza nessuna esitazione le possedevano come fossero capre. Ma presto si rese conto che questa era soltanto la parte migliore della serata, perché proprio quando tutti gli uomini degli Stark erano ubriachi da fare schifo e avevano abbassato notevolmente la guardia, improvvisamente si ritrovarono attaccati dagli uomini delle altre nobili casate del nord. Se ne rese conto soltanto quando fu sommerso da un terribile spavento alla vista di un paio di tendoni dati alle fiamme e alcuni dei suoi compagni di viaggio con la testa mozzata. Soldati lucidi e rapidi che attaccavano uomini inermi e storditi dal vino, incapaci anche di impugnare un'arma, neppure in grado di rendersi conto di quello che stava accadendo e talmente confusi e disorientati da non capire con cosa e come agire.Appunto perché anche Sandor non era al massimo della lucidità, avendo bevuto quanto se non di più degli altri, era spaesato e perplesso. Ma quando finalmente realizzò di essere nel bel mezzo di un massacro si decise a reagire, finché quella luce accecante proveniente da quelle fiamme che continuavano ad espandersi lo condusse nel panico più totale.
"Dannazione, il fuoco."
Alla sua vista, proprio come aveva reagito alla battaglia delle acque nere, il suo primo istinto fu quello di salire in groppa a Straniero e fuggire il più lontano possibile. Ma quella notte non lo fece, restò alla corte di Joffrey perché lei non aveva intenzione di andare con lui, e la perdita del titolo di guardia reale per la sua diserzione aveva smesso di avere importanza quando si era ritrovato di fronte a lei. Ma questa volta era diverso, pensò. Per raggiungere i due castelli avrebbe dovuto attraversare i campi in fiamme, non era neppure convinto di dove si trovasse la sala della cerimonia, e se fosse stato in grado di raggiungerla prima che qualcuno gli trafiggesse il petto. Non prese in considerazione la possibilità che potesse essere già morta finché non sentì qualcuno urlare qualcosa a proposito della morte del re del nord, anzi, il re che perse il nord.
"No..non può averli uccisi mentre erano suoi ospiti. Non possono essere morti..non può essere morta."
L'aveva sottratta ad una morte per mano dei Lannister, l'aveva condotta di nuovo dalla sua famiglia, e nonostante ciò il potere di Tywin era giunto fin lì per congiungersi con quello dei Frey e dei Bolton, per porre fine alla sua vita. Tutto quello che aveva fatto per proteggerla si era rivelato invano, aveva sperato che col suo aiuto fosse di nuovo al sicuro, ed era così, fino ad allora.  Era inerme di fronte a quello strazio, di fronte a quelle fiamme. Un paio di uomini gli si erano catapultati addosso ma gli ci volle poco per liberarsi di loro, il vero ostacolo era il fuoco, che continuava a divampare e lo rendeva sempre più impotente, non di certo questi soldati miserevoli che gli parevano soltanto ridicoli. Continuava a ripetersi che forse poteva ancora salvarla, che se si fosse dato una mossa l'avrebbe trovata prima che potesse essere troppo tardi. L'avrebbe presa e sarebbero fuggiti di nuovo, come avevano fatto da Approdo del Re, sarebbero andati nel continente orientale e avrebbero vissuto senza gli ordini di nessuno. Forse era ancora viva, forse avevano soltanto intenzione di prenderla come ostaggio e di consegnarla a Joffrey. E mentre continuava a vaneggiare si rese conto della cruda realtà: che chiunque l'avesse avuta, l'avrebbe uccisa, Joffrey per primo. Si decise ad affrontare la sua più grande paura.Mentre galoppava tra i campi infiammati verso i castelli pensò che dalla circostanza che gli era costata quella deturpazione sul volto, non si era mai trovato ad una distanza talmente ravvicinata dal fuoco. Ma non si sarebbe mai perdonato una sua fuga, sarebbe morto insieme a lei piuttosto che continuare a vivere sapendo di non aver fatto nulla quando aveva più bisogno di lui. Non aveva più nulla da perdere, la guerra avrebbe ucciso anche lui, se non oggi, domani, e morire bruciato non lo spaventava più di quanto non lo spaventasse morire in duello, l'unica cosa che in quel momento aveva importanza era trovare lei e portarla via con sè. Continuava a cavalcare evitando il più possibile i soldati in duello che poco si curavano di lui, cercava di essere il più lontano possibile da tutte quelle fiamme che continuavano ad espandersi da tenda in tenda. Superò il ponte su cui continuavano a passare uomini armati nella direzione opposta alla sua, c'era talmente tanta confusione che nessuno badò a lui e l'unico uomo che si oppose al suo ingresso finì morente steso a terra nel giro di pochi istanti. Quello che vide lo demoralizzò e gli fece provare un dolore mai provato prima: il corpo del re era in balia di uomini intenti a cucire il capo del suo meta-lupo al posto della sua testa, sua madre sgozzata a terra, e intorno a loro centinaia di corpi ammassati l'uno sull'altro mentre gli uomini ancora rimasti in vita erano intenti  a combattere con i soldati dei Frey con le ultime forze rimaste. Tra la folla dei cadaveri il caso volle che la sua attenzione fu catturata dagli unici capelli rossi della sala escludendo quelli di Catelyn Tully. Appartenevano ad un corpo slanciato e proporzionato, un corpo che conosceva bene, steso a terra debole e sfiancato, accanto a decine di corpi. Non pensò a nulla in quel momento, gli uomini che continuavano ad attaccarlo alle spalle non gli procuravano nulla se non leggere ferite da niente, prima che lui li uccidesse. Si precipitò da lei ignorando tutto il caos che lo circondava. E una volta giunto a destinazione, quasi si commosse per quanta bellezza trovò di fronte, quella bellezza da cui per così tanto tempo era stato allontanato. Nonostante fosse in punto di morte, la speranza di portarla in salvo da quello scempio in cuor suo apparve.La sua mascella iniziò a tremare dal dolore, dall'agitazione. E non riuscì a trattenere le lacrime di fronte al volto della donna che era riuscita a sciogliere il suo cuore.
«S-san-Sand..mia mad-»
Aveva il fiato che le si mozzava in gola a ogni respiro per il dolore. Sandor non aveva mai visto i suoi occhi azzurri talmente allarmati, e non si era mai sentito così impotente e disperato in tutta la sua vita. La prese di peso con tutta la forza che gli rimaneva, il suo corpo freddo e debole tra le sue braccia gli ricordò tutte le volte che l'aveva condotta via dal pericolo.
«Sta zitta..non parlare.»
Le disse, mormorando a pochi centimetri dal suo orecchio con la sua solita voce rauca. Notò che aveva due dardi di balestra penetrati nella carne: uno nella coscia, e uno nella spalla. Non avevano perforato nessun organo e se fosse stato abbastanza veloce da portarla in qualche villaggio senza che prima venissero uccisi o morisse lei per le ferite, sarebbe riuscito a salvarla. Sperò che riuscisse a varcare la soglia del castello senza che nessuno gli fosse d'intoppo, ma era praticamente impossibile in quella circostanza: perfino Walder Frey si prese il disturbo di dargli attenzione, poco dopo che si appropriasse di un pugnale caduto lì a terra e sgozzasse chiunque gli si ponesse di fronte. Per quanto loro ne sapevano, Sandor Clegane poteva ancora essere al servizio di Tywin Lannister come suo fratello Gregor, e nonostante ci fossero opposizioni al sequestro di Sansa Stark, la sorella del re, l'anziano lord fece cenno di lasciar perdere la ragazza quasi morta per concentrarsi sugli altri lord del nord ancora rimasti in vita, mentre quegli stupidi musicisti continuavano a suonare quell'assordante canzone. Riuscì a raggiungere i campi-che ormai avevano quasi cessato di bruciare- e a proseguire in sella al suo cavallo, attraversandoli velocemente senza guardarsi indietro.Il corpo senza forze di Sansa era in sella retto dalla presa di Sandor seduto dietro di lei, che con tutto se stesso cercava di non arrendersi e continuare a sperare.
«S-sto m-mor..morendo..»
Una voce esile e lontana, sottile, fievole, così delicata e dolce da sembrare quasi provenire soltanto dalla sua immaginazione. 
«No, non stai morendo, uccelletto.»



Bene, siamo arrivati alla fine-fine?si, una fine rimasta in sospeso- della mia prima fanfiction, proprio prima che inizi la scuola. Come mi sembra di aver già detto, in questa storia, Sandor Clegane ha l'età che ha nei libri, cioé 27. Invece per quanto riguarda Sansa, che sia nella serie tv, e soprattutto nei libri, è praticamente una bambina, ho voluto darle circa 17 anni. Man mano che scrivevo mi sorgevano sempre più dubbi sul finale e sulla scena un po' intima tra i due, ma ho voluto mantenermi fedele alla mia idea originale, per cui, spero davvero che vi sia almeno un po' piaciuto, perché nonostante ammetto che il risultato non sia un granché, mi sono ugualmente impegnata molto. Spero che questo capitolo finale non sia stato un fiasco e mi scuso se ho deluso delle aspettative!
Ci tengo a ringraziare tutte le persone che sono arrivate fin qui, e che hanno continuato a leggere la mia storia senza fermarsi al primo capitolo. Soprattutto a chi mi ha lasciato una o più recensioni, gesti che ho apprezzato tantissimo in quanto fossero la dimostrazione che quello che scrivevo era apprezzato da qualcuno. Grazie ancora, e, un abbraccio! ❤


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