Oh father, please father!

di Vanisher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mihael Junior ***
Capitolo 2: *** Non sono pronto ***
Capitolo 3: *** Near ***
Capitolo 4: *** Aiuto ***
Capitolo 5: *** La baby-sitter ***
Capitolo 6: *** Depressione ***



Capitolo 1
*** Mihael Junior ***


CAPITOLO 1 
 




La fredda aria invernale colpisce il mio viso come un violento colpo di frusta, con la stessa violenza con la quale mi ha colpito la telefonata ricevuta questa mattina. Quella telefonata mi ha stravolto, come un proiettile in pieno petto, sono stato catapultato in una realtà alla quale non volevo credere. Sarebbe stato meglio non rispondere, fare finta di niente e lasciare squillare il telefono anche per ore e ore, finché Halle Lidner non si fosse rassegnata. Ma so com'è fatta quella donna, avrebbe fatto altri tentativi per giorni e giorni, mi sarebbe venuta a cercare sotto casa e mi avrebbe costretto a scendere con un'inganno. Nonostante io sia una persona aggressiva, picchiare una donna non è un pensiero che ancora si è fatto strada nella mia mente, non mi divertirei nel farlo. Rispondere a quella telefonata è stata la cosa migliore. La cazzata vera e propria l'ho fatta quasi un anno fa.
Mi ha chiesto di venire in piazza all'una e mezza del mattino. Non so perché io abbia accettato di venire, dato che so cosa vuole dire, cosa vuole fare, cosa vuole darmi. Ho accettato di venire solo per ficcargli in testa che non me ne frega un cazzo di quello che vuole dirmi, farmi o darmi. Anche se il guaio in cui ci siamo cacciati coinvolge equamente sia lei che me. Ma non me ne frega un cazzo.
La neve cade a piccoli fiocchi, posandosi sul mio giubbotto nero e sui miei capelli biondi, la frangia che copre la cicatrice che già da un po' di tempo mi deturpa il viso. Le mani sprofondate nelle tasche profonde dei pantaloni di pelle, lo sguardo minaccioso che aspetta di vedere comparire Ridner, quella notizia non mi ha cambiato minimamente. Non mi cambierà mai, se è per questo. So che chiunque, al posto mio, avrebbe cambiato radicalmente ogni cosa, sia nel comportamento che nel fisico, ma io non ho intenzione di cambiare per una cosa che, anche se mi riguarda, non volevo accadesse.
Lidner appare qualche secondo dopo che io decida di andarmene e lasciare perdere. Ha addosso il suo solito giubbotto beige e gli stivali neri che le arrivano al ginocchio, un cappello che raccoglie i capelli lunghi e biondi e li ripara dalla neve. Tra le braccia ha una coperta azzurra e dentro questa coperta c'è qualcosa. C'è quello che deve dirmi, farmi, darmi.
C'è un bambino. 
Il nostro bambino, quello che abbiamo fatto nove mesi fa perché lei si è messa a fare la puttanella con me. Ma da dopo questo incontro, questo bambino sarà solo suo, non mio.
Lidner si ferma a pochi metri di distanza da me, stringendosi il bambino al petto. Non si è truccata. Strano, non è da lei.Questa storia del bambino sta cominciando a cambiarla. Io non ho intenzione di fare la stessa cosa. Io quel bambino non lo voglio.
- Grazie per essere venuto- dice.
Annuisco. Il mio sguardo è fisso sul bambino avvolto nella coperta azzurra, che mi da le spalle. Probabilmente starà dormendo. Fino a questa mattina non ero a conoscenza della sua esistenza, Lidner ha partorito senza dirmi niente perché sapeva che non avrei accolto con piacere la notizia. Ma adesso eccolo qui.
- E così ... - faccio un cenno in direzione del bambino - E così è lui -
- Si - annuisce Lidner - Vuoi vederlo? -
- No - mi affretto a rispondere.
Lidner ignora la mia risposta e mi si avvicina cautamente, porgendomi il bambino - Mello, lui è tuo ... -
- Tienilo lontano da me! - le ordino minaccioso. Indietreggio di qualche passo bruscamente, rischiando di inciampare e cadere nella neve. Non voglio quel bambino, non voglio sapere niente di lui. 
Lidner si ferma di colpo, solo a qualche metro da me. Non colmerà quella distanza, sa che aggraverebbe ancora di più le cose e non è una scelta saggia. Sa che se perdo il controllo sono pericoloso. Se non avesse il bambino, avrebbe colmato la distanza e mi avrebbe affrontato a testa alta. Ma adesso che ha qualcosa da perdere ... non vuole rischiare. Sospira, adesso la sua voce comincia a diventare un sussurro strozzato - E' nato solo da qualche mese -
Emetto un verso di scherno - Poteva anche non nascere. Io non lo voglio -
- Non posso prendermene cura io - ribatte lei, i suoi occhi cominciano a diventare pian piano lucidi e pronti a piangere qualche supplica, la sua voce s'incrina sempre di più - Con Near, e l'SPK ... -
- Io non lo voglio - ripeto.
- Non posso abbandonarlo - Lidner comincia a singhiozzare, dapprima piano poi sempre più forte, le lacrime che cominciano a scendere sulle guance arrossate dal freddo. Si stringe il bambino al petto, posando le labbra sulla sua piccola fronte, mentre il bambino dorme ignaro di tutto. I singhiozzi la scuotono, sta tremando, non so se per il freddo o per la paura.
Stringo i pugni contro i fianchi, così forte da far sbiancare le nocche. Nemmeno io sono pronto a fare il padre, cazzo. Non voglio quel bambino. Per quanto possa essere simile a me, non sarà mai di mia proprietà, non materialmente. Un sacco di bambini crescono felici senza padre, lui non sarà un'eccezione.
- Facci quello che vuoi - mi volto, pronto ad andarmene e a dimenticare per sempre questa storia - A me non me ne frega un cazzo -
- Mello, ti prego - mi supplica Lidner.
Rimango immobile. Se me ne vado, dimenticherò per sempre questa storia. Dimenticherò Ridner. Dimenticherò quel bambino. Tutto tornerà come prima. Non sono pronto, non voglio fare il padre. Muovo il primo passo, e anche il secondo, finalmente deciso ad andarmene e tornare alla mia vita normale e di tutti i giorni.
Sento Ridner fare qualche passo veloce verso di me - L'ho chiamato Mihael - si affretta a dire, i singhiozzi sono diminuiti e la sua voce è tornata più ferma, mentre i suoi passi affondano nella neve.
Mi blocco. 
Mihael.
Si chiama come ... me.
Mi volto lentamente a guardare Lidner. Lei mi si avvicina cauta, e questa volta io la lascio avvicinare. Mi porge il bambino, e io prendo il bambino tra le braccia, inizialmente riluttante e tremante. Ma quando dalla coperta azzurra spunta fuori il viso pallido del bambino, il viso pallido di mio figlio ... qualcosa cambia. Qualcosa si muove, si blocca e nasce.
Il bambino ha un accenno di capelli biondi sulla testa, ha il naso piccolo come quello di Lidner e ha la bocca sottile come la mia. Chissà come sono i suoi occhi. E' così piccolo e fragile che se lo stringessi troppo forte potrei ucciderlo, frantumarlo. Quello è mio figlio. Mihael.
Improvvisamente la parola "no" non esiste. Non posso dire no a mio figlio. Stringo le labbra, so che dire "si" sarebbe come firmare una condanna a morte o qualcosa del genere, perché mi caccerei in qualcosa più grande di me. Non so fare il padre, non sarei un buon padre. Un padre che è il capo di una gang criminale, che spaccia droga e ammazza gente. Ma non posso lasciare che Lidner lo abbandoni ...
Sospiro.
- Va bene - sussurro infine, chinando il capo verso il viso di mio figlio, sconfitto e sottomesso. Il mio naso rosso per il freddo sfiora quello piccolo e tiepido del bambino, e rabbrividisco al contatto di quella nuova pelle sconosciuta. La mia pelle, in un certo senso.
- Grazie - la voce di Lidner è piena di gratitudine, mentre spalanca le braccia per accogliermi in un abbraccio, continuando a sussurrare ringraziamenti.
Ma io indietreggio ancora, mantenendo le distanze - Ma tra noi due non cambierà assolutamente niente, Halle - dico, tornando distaccato come al solito.
Lidner si blocca, confusa. Ma poi abbassa le braccia e annuisce - Certo, capisco -
- Ma potrai venirlo a trovare tutte le volte che vorrai - aggiungo, stringendomi Mihael a petto e cercando di trovare una posizione comoda sia per me che per lui, anche se sta dormendo e sicuramente non si accorgerà di nulla - Tanto, sai dove trovarmi -
Lidner annuisce.
- E ora sparisci - dico, voltandomi per andarmene. E questa volta me ne vado davvero, senza voltarmi indietro per vedere la reazione di Lidner al mio saluto così brusco e senza fargli salutare il piccolo Mihael.



 
___________



Trovo Matt seduto sul divano, una sigaretta in bocca e il pacchetto vuoto abbandonato sul tappeto logoro marrone. Gli occhiali strani arancioni sono abbandonati poco distanti da lui sul divano e la casa puzza di fumo. Chissà quante sigarette si è messo a fumare, quel bastardo.
Appena mi vede entrare, scatta in piedi e mi si avvicina. Mi chiudo la porta cigolante alle spalle, poggiandomici contro. Un solo pensiero riecheggia nella mia testa, senza lasciare spazio a nient'altro che non sia pensare a Mihael e a cosa devo comprare per farlo vivere qui. Da adesso in poi sono padre. Devo pensare a tutto io. Fanculo, Hal.
Vedendomi stringere la coperta azzurra, Matt intuisce che qualcosa sia andato storto nel piano che avevo premeditato insieme a lui prima di uscire per incontrare Lidner ( il piano era di mandarla a fanculo insieme al bambino e di tornare a casa con la coscienza pulita. Ma come fai a tornare a casa con la coscienza pulita quando sai che il bambino che quella donna vuole abbandonare è tuo figlio? ).
Matt mi guarda, confuso - Cos'è successo? -
Chiudo gli occhi, poggiando la nuca sulla porta chiusa dietro di me. Inspiro profondamente prima di parlare e dargli la "lieta notizia", un macigno sulla gola - Matt, da oggi in poi avremo un nuovo coinquilino -
Matt posa il suo sguardo sulla coperta azzurra, sul piccolo fagottino umano che ho tra le braccia.
Sospiro - Lidner voleva abbandonarlo - aggiungo, come se potesse servire da spiegazione. In effetti, è la spiegazione di ciò che è successo. E' la spiegazione del perché ho mandato il piano a puttane e ho ceduto.
- Capisco - Matt infila le mani nelle tasche dei jeans scuri e vecchi, sorridendomi comprensivo. Mi chiedo come faccia a sorridere in un momento come questo - Dopotutto, è pur sempre tuo figlio, Mello, anche se non sei stato tu a volerlo -
Scuoto il capo - Non sono pronto a fare il padre, Matt -
- Imparerai - mi si avvicina per guardare meglio il bambino. Io glielo porgo e lui lo prende cautamente, scoprendogli il viso per guardarlo. Dalla sua espressione capisco che nel piccolo Mihael riesce a rivedere me e anche Lidner. Ma sembra riuscire a rivedere più me che Lidner, forse perché sono io che da oggi in poi mi dovrò prendere cura di lui - Come si chiama? - mi chiede.
- Mihael - rispondo.
Matt sorride - Hai fatto la cosa giusta, Mello -
- Parlando di cose giuste - mi incammino in salotto per aprire la finestra e arieggiare la casa che comincia a puzzare di fumo in un modo nauseante, e non ci tengo a pulire il vomito di un bambino - Da oggi in poi, se devi fumare, te ne vai sul balcone -

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Capitolo 2
*** Non sono pronto ***


CAPITOLO 2 





Per il momento il letto di Mihael è composto da qualche cuscino e qualche coperta sistemati sul divano in modo che possa stare il più comodo possibile. Matt si è offerto di uscire per comprare dei pannolini puliti e dei vestiti nuovi, e magari un carrozzino o una culla vera e propria in cui sistemare i cuscini e le coperte. E anche qualche giocattolino del cazzo e qualche omogenizzato o qualcosa da mangiare. 
Io rimango a casa a controllare che Mihael non si cacci nei guai, anche se non sa ancora camminare e per ora non si è messo a frignare. Sembra essere un bambino tranquillo e pacato, ma non mi affretto a fare conclusioni sul carattere del bambino. Dopotutto, sono io suo padre. 
Lo metto a sedere sul divano, tra i cuscini e le coperte e io mi siedo sul tappeto di fronte a lui. Alla fine i suoi occhi, ho scoperto, sono proprio come i miei. Due lastre di ghiaccio freddo. Ma guardandoli mi rendo conto che nascondono della dolcezza, della tenerezza che non si adatta al suo aspetto fisico già da duro. Mihael è un ibrido, un incrocio tra me e Lidner. 
E' strano pensare che fino a nove mesi fa o poco più Mihael non esisteva. Non esisteva nemmeno nei miei pensieri o in quelli di Lidner, non era nei pensieri di nessuno, nessuno lo desiderava o lo voleva o pensava mai di volerlo. Eppure adesso è qui in questo schifo di mondo che giorno dopo giorno va a puttane. E' qui, con un padre che d'ora in poi dovrà prendersi cura di lui e una madre che voleva abbandonarlo. Chissà se Mihael conoscerà mai sua madre. La fatica che d'ora in poi dovrò fare con lui sarà doppia, dovrò essere sia una madre che un padre. Ma ho solo diciannove anni. Non sono pronto, forse non lo sarò mai.
Gli occhi di Mihael si soffermano su di me, sui miei vestiti di pelle nera. Come ne non mi riconoscesse e cercasse Lidner. La tua mamma non è qui, moccioso, sono io la tua mamma, da oggi in poi. Non riesco a sopportare quello sguardo su di me, mi fa solo incazzare.
- Che hai da guardare? - ringhio, guardandolo minaccioso.
Mihael non sembra spaventato o terrorizzato, nemmeno un po'. Solo confuso. Ma sulle sue labbra, improvvisamente, appare quello che dovrebbe essere un sorriso. Le sue labbra si curvano verso l'alto e i suoi occhi cominciano a brillare, mentre dalle sue labbra esce un verso acuto, come un gridolino allegro. Ma che ha da essere allegro? 
- Che hai da ridere, eh? - ringhio, alzandomi in piedi - Io non ho proprio niente da ridere perché quella che dovrebbe essere tua madre ti ha lasciato a me e io non so cosa farmene di un bambino! -
Mihael inclina leggermente la testa di lato, o forse è solo una mia impressione. Tanto lui non può capirmi, non può rispondere, non può maledirmi. Ed è la cosa che più mi fa incazzare, perché in questo momento vorrei solo qualcuno che mi mandasse affanculo, vorrei solo poter scatenare una rissa che mi faccia perdere la memoria. Potrei anche morire, cazzo.
Mi chino in avanti, guardando Mihael - Io non ti posso abbandonare nemmeno se lo volessi! - sibilo, ancora più minaccioso, anzi, incazzato - Non posso fare la stessa cosa che voleva fare quella li perchè io sono tuo padre, dannazione! -
- Mello! -
Improvvisamente due braccia mi afferrano da dietro e mi allontanano da Mihael. Matt è rientrato in casa e non l'avevo nemmeno sentito. Ha abbandonato tutte le cazzate che ha comprato accanto alla porta d'ingresso ed è corso a fermarmi prima che facessi qualche pazzia. Ha fatto bene, stavo per saltare addosso a Mihael.
- Calma, Mello - dice Matt cauto - Calmati -
Improvvisamente mi sento qualcosa di caldo bagnarmi la faccia. Lacrime. Io odio piangere, mi fa sentire così debole. Non devo piangere per delle cazzate del genere. Mi sento di merda, cazzo, io non lo volevo quel fottutissimo bambino.
Comincio a singhiozzare, dapprima sommessamente, poi sempre più forte e senza controllo. Matt mi fa voltare prendendomi per entrambe le spalle e mi abbraccia, stringendomi così forte che sento mancarmi il fiato. Vorrei impiccarmi, strozzarmi. Ma non posso, perché adesso la mia vita è collegata a quella di mio figlio.
- Non sono pronto - singhiozzo, la testa nascosta nella spalla di Matt che puzza di fumo - Non sono pronto -
- Nessuno lo era - sospira Matt - Ma non puoi lasciare marcire questo bambino, perché sai che ti peserebbe sulla coscienza. Perché sarai un buon padre -
- Un padre che spaccia droga e che ammazza le persone? Questo ti sembra l'esempio di un buon padre, Matt? - tiro su col naso.
Matt comincia ad accarezzarmi i capelli biondi con una mano, quel gesto mi tranquillizza molto - Tuo figlio imparerà ad amarti per quello che sei realmente e imparerà ad andare oltre il tuo sporco lavoro -
Comincio a fare dei respiri profondi. Rimaniamo per molto tempo in silenzio, abbracciati, Matt che mi accarezza i capelli con una mano e io che asciugo le lacrime sulla sua spalla, facendo dei respiri profondi per fermare le lacrime e calmarmi.
- Non ce la faccio - dico.
- Ce la farai - ribatte Matt - Devi farcela -
Mi volto a guardare Mihael, ancora seduto sul divano. Mi guarda ignaro di tutto, gli occhi piccoli e chiari quasi spalancati nel tentativo di capire che cosa stia succedendo. Chiudo gli occhi e torno a posare la testa sulla spalla di Matt, nella speranza che questo sia solo un orribile incubo.
Sento Matt sorridere - Ti assomiglia molto - dice.
- Spero solo che quando crescerà non diventerà un vigliacco come il padre - 
- Come la madre, vorrai dire - mi corregge Matt, tranquillo.
- Che c'entra Lidner, adesso? -
- E' lei la vigliacca, Mello - dice Matt, dandomi dei leggeri colpetti sulla spalla, come per confermare quanto ha appena detto - E' lei che voleva abbandonare suo figlio perché non era pronta. Tu l'hai accolto, controvoglia, ma l'hai accolto -
Sospiro - Ho fatto un'enorme cazzata, Matt -
- Perché dici questo? -
Scuoto il capo - Non c'è un preciso motivo. Hai presente quando hai il presentimento che hai fatto una cosa della quale poi ti pentirai? Ecco, io ho quel presentimento -
Matt ride. Dapprima è solo una risatina sommessa, poi diventa una risata incontrollata e piena di divertimento. Mi chiedo cosa ci trovi di divertente in questa situazione, dato che sono nella merda fino al collo e lui dovrà tirarmi fuori in qualche modo. Alzo il viso dalla sua spalla per guardarlo - Che cazzo hai da ridere? -
- Se Mihael diventerà la tua copia in miniatura, Mello, allora si che hai fatto una cazzata a metterlo al mondo - ride, è costretto ad alzare gli occhialini arancioni sulla fronte per asciugarsi qualche lacrime che gli esce fuori dagli occhi. Gli tirerei un pugno, ma adesso non ho la forza per farlo.
Invece di incazzarmi, come dovrei fare, sorrido anche io. Mi stacco da Matt e mi volto a guardare Mihael, che continua a guardarmi stranito e confuso, anche un po' offeso perchè non lo sto degnando della minima attenzione. Mi siedo accanto a lui e lo sollevo, per poi poggiarmelo sulle ginocchia. Mihael emette un gridolino, sembra contento.
Matt sorride - Sei già tutto tuo padre, Mihael -
- Se diventerà come me, allora diventerà anche un figo della miseria - alzo le spalle, come se fosse la cosa più naturale del mondo. E lo è, in effetti.
- Spero che da Lidner prenda l'intelligenza di pensare prima di parlare - Matt si china in ginocchio sul tappeto, di fronte a Mihael. Il bambino allunga una piccola mano paffuta e Matt allunga un dito, in modo che Mihael possa afferrarlo. Infatti, Mihael lo afferra e comincia a giocarci.
Sorrido - Sono felice che sarai tu ad aiutarmi ad occuparmi di lui e non Lidner, Matt - gli confesso, mentre guardo Mihael che a fatica riesce a stringere con forza il dito di Matt. E' davvero piccolo, un soffio potrebbe portarselo via senza la minima fatica.
- Ci credo, io gli ho preso i pannolini - sbuffa Matt - E non dei pannolini qualsiasi -
Alzo un sopracciglio, perplesso - Che pannolini gli hai preso? -
- Quelli con l'elefantino grigio che spruzza acqua dalla proboscide! Sembravano teneri! -
- Facevi prima a prendergli quelli con Peppa Pig. Tutti i poppanti la amano-


Capitolo probabilmente corto, ma almeno spero comico hihihi, mi divertiva troppo immaginare una scena simile.
Allora, state tranquilli che Mello ed Halle non si metteranno insieme, ma mi dispiace deludervi che Mello è etero. Eh, si, rassegnatevi.

Ma suvvia, ce ne saranno delle belle!

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Capitolo 3
*** Near ***


CAPITOLO 3 





I miei scarponi neri lasciano impronte profonde nella neve che ricopre le strade della città, dove a ogni passo rischio di scivolare. Sento freddo fino alle ossa, nonostante indossi il giubbotto più pesante che abbia, il cappuccio calato sul volto, bordato di pelliccia nera che mi solletica il viso e mi impedisce una visione completa della strada. Spero che almeno Mihael non senta freddo. Matt gli ha comprato una felpa e un giubbotto pesante verde smeraldo e degli scarponcini marrone scuro per farlo stare al caldo. Gli ho messo anche a lui il cappuccio del giubbotto sulla testa pallida, per ripararla dal freddo.
Tengo Mihael stretto al petto, la sua testa posata sulla mia spalla. Non riesco a capire se si sia addormentato o se sta semplicemente guardando le macchine che sfrecciano sotto i suoi occhi. Cammino a passo svelto, cercando però di non muovermi troppo per non dargli fastidio, mentre gli occhi di tutti i passanti si posano su Mihael. Lo guardano con tanta tenerezza, un bambino piccolo non farebbe pietà solo alla persona più crudele al mondo. Ma c'è un po' di tenerezza in ognuno di noi e un bambino piccolo è capace di sollevarla dal fondo del cuore in cui è incastrata. Poi lo sguardo dei passanti si posa su di me e la loro espressione si fa improvvisamente incredula. So cosa stanno pensando. "E' troppo giovane per essere il padre di questo bambino". Vorrei dire loro che lo penso anche io. Però potrei passare semplicemente per il fratello maggiore di Mihael, ma forse il fatto che io lo tenga così gelosamente stretto a me fa intuire che io sono il padre.
Quando vedo sorgere la sede dell'SPK sento un peso bloccarmi la bocca dello stomaco. L'ultima volta che sono stato qui è stato per riprendermi la fotografia che Near aveva di me e anche per lanciargli una sfida, una delle innumerevoli sfide che lui ha vinto. Near vince sempre, non sa cosa sia la sconfitta, non sa cosa voglia dire perdere, essere un perdente. Forse non lo saprà mai, mente io lo so fin troppo bene.
Probabilmente Near e i suoi uomini mi stanno guardando dai monitor interni dell'SPK perchè nessuno mi blocca l'accesso e arrivo con facilità alla porta blindata e tecnologica che mi separa da Near. Aspetto qualche secondo, poi sento scattare delle serrature e una piccola lucina cambia da rossa a verde. Entro, rafforzando la presa su Mihael. Spero si sia addormentato per davvero.
Quando la porta si richiude, Lester e Gevanni mi accolgono con le loro pistole puntate su di me e sento un bip provenire da dietro di me, sempre dalla porta da cui sono entrato. Mi hanno bloccato ogni via d'uscita, non posso scappare. Non che io volessi farlo, naturalmente, non avrebbe senso.
Il mio primo impulso è quello di estrarre anche io la pistola che tengo incastrata nella cintura scura dei pantaloni, ma reprimo questo impulso e rimango immobile. Non voglio spaventare Mihael se è sveglio, e se invece è addormentato non voglio svegliarlo con movimenti bruschi o spari. 
- Comandante Lester, Gevanni - li richiama Near tranquillo, seduto per terra mentre mi da le spalle, sta costruendo un castello di carte che è già arrivato ad un'altezza notevole e sembra costruito con molta cura e precisione. Vorrei davvero andare li e tirare un calcio a quel nano albino e a quel fottuto castello - Riponete le armi. Non è necessario riservare un simile trattamento a Mello, adesso che siamo in tempi di pace. Lui non è un individuo da temere -
Dimenticavo che adesso che il caso Kira è stato risolto Near non mi considera una minaccia, sembra anche sottovalutarmi. Il solo pensiero mi fa incazzare.
Lester abbassa lentamente la pistola, e Gevanni fa lo stesso. Il comandante si volta verso Near, perplesso e contrariato da quell'ordine - Ne sei sicuro, Near? -
- Mello non ha intenzione di uccidermi - risponde Near, aggiungendo un'altra coppia di carte al suo castello, concludendo di formare una piccola torre - Non sembra armato e anche se lo fosse, avrebbe già estratto la sua arma e avrebbe aperto il fuoco. Probabilmente non è per me che è venuto a farci visita oggi. Vi sarei grato se ci faceste la cortesia di lasciarci soli -
- Ma ... -
- Obbedisca, comandante Lester. Apprezzo la sua prudenza nei miei confronti, ma posso assicurarle che al momento non è necessaria e non corro il pericolo di morire per mano di Mello. Non oggi -
Lester e Gevanni mi lanciano un'ultima occhiata prima di dileguarsi e lasciarmi solo con Near. Passano parecchi secondi in cui l'albino sembra assorto nel suo fottutissimo castello di carte e non sembra degnarmi nemmeno di uno sguardo. Odio essere ignorato così bellamente, e lui lo sa benissimo. 
Finalmente si decide a parlare - Benvenuto, Mello - interrompe la costruzione del castello - A che devo il piacere di questa visita inaspettata? -
Alzo gli occhi al cielo, le sue maniere formali mi danno il voltastomaco - Dov'è Lidner? -
Near riprende la costruzione del castello, posizionando con estrema cura altre coppie di carte che al minimo soffio potrebbero cadere. Quel minimo soffio potrei essere io, ma se mi azzardassi di muovere anche solo un passo, probabilmente l'albino chiamerebbe Lester e Gevanni - Lidner sta svolgendo alcuni incarichi che le ho affidato personalmente. Posso chiederti per quale motivo tu la stia cercando? -
- Non sono affari che ti riguardano -
Vedo Near annuire. Interrompe di nuovo il suo castello e si porta un dito nei capelli chiari, cominciando a torturarsi una ciocca corta. Riesco quasi a sentire gli ingranaggi del suo cervello che lavorano e lavorano senza sosta - Ho notato che non sei solo, Mello. Hai in braccio un bambino e sembra essere molto piccolo. Dubito che tu l'abbia rapito a qualche famiglia, non capirei il motivo di tale azione da parte tua -
Sbuffo - Non l'ho rapito -
- Allora di chi è? -
- Sono cazzi miei, Near! -
Near non si scompone - Posso allora sapere il nome del bambino? -
Esito qualche secondo. Se gli dicessi il vero nome, intuirebbe che si tratta di mio figlio. Ma che importa? Ormai non ho più niente da perdere, se non Matt e Mihael e me stesso, e se Near scoprisse che il bambino che ho in braccio è mio figlio, non sarebbe una minaccia.
Sospiro, mentre chino il capo, arreso - Si chiama Mihael -
- Curioso che tu abbia in braccio un bambino col tuo stesso nome, non trovi? - Near si volta a guardarmi. Quando il suo sguardo si posa sul piccolo Mihael, lo vedo strabuzzare gli occhi, a metà tra l'incredulo e il sorpreso. E' come se stesse per avere un colpo al cuore, un arresto cardiaco. Passa qualche secondo, qualche lunghissimo secondo paragonabile a secoli, prima che riprenda a parlare - Ti assomiglia molto -
Annuisco - Lui è mio figlio, Near -
Anche Near annuisce, naturalmente lui sospettava una cosa del genere. Eppure sembra sorpreso, confuso, non è da lui farsi cogliere impreparato su qualcosa. Solo Kira è riuscito a coglierlo impreparato, ma lui non era umano - Allora permettimi di farti le ... -
- Non congratularti con me - mi affretto a ribattere. Abbasso lo sguardo verso Mihael, adesso ho la conferma che si sia addormentato ed è ignaro di tutto. Ma anche se fosse sveglio, non capirebbe mai la situazione, è troppo piccolo - Io non volevo un figlio -
- Non ti senti pronto - Near giunge alla conclusione da solo - Credo sia normale, a diciannove anni è presto per occuparsi di un bambino. Per quanto tu ti creda superiore alla norma, Mello, sei un comune essere umano, così come lo sono io -
Sento la porta alle mie spalle aprirsi e richiudersi con un tonfo. Dei passi, un sospiro che viene trattenuto. Poi la voce di Lidner mi rimbomba nelle orecchie, sembra preoccupata e sorpresa di vedermi, mentre mi si avvicina - Mello ... che ci fai qui? -
Non rispondo. Non voglio parlare di Mihael in presenza di Near. Mi volto a guardare Lidner, mantengo lo sguardo basso per non incontrare gli occhi di quella puttana - C'è un posto dove possiamo parlare in privato? -



________



Lidner prende in braccio Mihael, facendo molta attenzione a non svegliarlo. Vedo i suoi occhi riempirsi d'amore, mentre culla lentamente Mihael, addormentato con la bocca semiaperta e il respiro regolare che ci assicura che si sia veramente addormentato. Ridner mi parla senza alzare lo sguardo da suo figlio - Perché lo hai portato qui? -
Sospiro, mentre le do le spalle per avvicinarmi alla ringhiera di metallo. Per parlare Lidner mi ha portato sul piccolo balcone che affaccia sulla città, grande quanto un fazzoletto, e per di più esposto al vento. Mi si stanno congelando le ossa, cazzo. Spero che almeno Mihael non senta freddo - Sarò franco. Nemmeno io sono pronto a fare da padre. Per di più faccio un lavoro da cani che mi consente di guadagnare poco e niente, il sufficiente per arrivare a fine mese e far sopravvivere me e Matt -
Lidner si allarma subito. Mi aspettavo questa reazione da lei - Me lo stai lasciando? -
- Solo per una settimana o due - preciso - Faremo così : lo terremo una o due settimane ciascuno, in modo che Mihael possa stare un po' con entrambi. Tu non sarai pronta per fare la madre, ma io non sono pronto a fare il padre e tanto meno anche da madre di un bambino che non volevo. Quindi, mi restituirai Mihael tra due settimane. In poche parole, ci divideremo i compiti. Okay? -
- Si, mi sembra un'ottima idea -
- Bene - mi volto verso Lidner, anzi no, verso Mihael, perché il mio sguardo invece di incontrare quella troia di sua madre, si ferma su di lui - Adesso devo andare -
Lidner annuisce, porgendomi nostro figlio - Vuoi salutarlo? -
Scuoto il capo. Nonostante adesso sia diventato padre, non mi sento ancora pronto di smancerie come strapazzare di baci il viso di mio figlio. E poi, Mihael non lo sopporterebbe, immagino. Volto le spalle a Lidner e torno all'interno del quartier generale dell'SPK, appena entrato sento subito la differenza di temperatura. Mi incammino per cercare l'uscita di questo posto, lasciandomi alle spalle mio figlio. Lo rivedrò tra una settimana. In queste settimane devo sistemare la casa in modo che Mihael possa vivere serenamente, devo sistemare quei giocattolini del cazzo che Matt ha comprato e capire come si cambia un fottutissimo pannolino.
Non so come, dato che non stavo minimamente badando al percorso che stessi facendo, ritrovo l'enorme stanza piena di monitor e giocattoli, quella da cui sono entrato. Near è ancora seduto, ma questa volta sta montando dei robot personalizzabili. Spero non si accorga che me ne sto andando.
- Mello? - mi chiama, senza voltarsi. Come non detto. Maledetto albino.
- Cosa vuoi? -
Near esita qualche istante - So che probabilmente non accetterai la proposta che sto per farti. Vorrei aiutarti ad accudire tuo figlio, se mi concedi di farlo. Se volete tu e Matt potete venire a vivere qui, il quartier generale è costituito da numerose stanze inutilizzate. So anche che il tuo lavoro da criminale non ti consente di arrivare a fine mese, la maggior parte delle volte, quindi se lo desideri puoi tranquillamente venire a lavorare come membro dell'SPK, ottenendo un aiuto economico e ... -
- Near, per adesso l'unica cosa di cui ho bisogno è di capire come cazzo prendermi cura di mio figlio. Non mi interessano le tue proposte, posso farcela da solo -
- Come desideri. Prenditi pure il tempo che ti serve per pensarci, l'offerta è sempre valida - Near monta la testa a un piccolo robot arancione - Ti consiglio di cominciare ad utilizzare un linguaggio più pulito, adesso che sei padre. Il tuo linguaggio scurrile potrebbe influenzare negativamente tuo figlio -
Senza riflettere, tiro fuori la pistola, avvicinandomi a Near quanto basta per puntargliela sulla nuca candida, il dito pronto sul grilletto per sparare un colpo. Quel fottuto albino mi fa incazzare ogni giorno di più - Non dirmi cosa cazzo devo o non devo fare, Near! Non sei tu quello che si è ritrovato a fare il padre da un giorno all'altro, quindi tappati la bocca una volta per tutte! -
Near annuisce - Come vuoi. Permettimi di dire un'ultima cosa, dopodiché sarai liberissimo di andartene. Nonostante questa sia la prima volta che io abbia visto tuo figlio, ho avuto il piacere di notare che la sua presenza riesce a controllarti e a farti reagire in modo meno impulsivo. Quando sei arrivato e il comandante Lester e Gevanni ti hanno accolto in quel modo così brusco, non hai estratto la pistola. Normalmente sono sicuro che l'avresti fatto. Invece ti sei trattenuto, perché sapevi che avresti svegliato tuo figlio o l'avresti spaventato -
Mi blocco, abbassando la pistola di colpo. Non ammetterò mai che Near ha ragione, ma non posso fare a meno di dire che ho notato anche io questa cosa. Mihael mi controlla, è parte di me. Mihael. Mio figlio. 
Mi volto, dando le spalle a Near, e mi avvicino alla porta blindata che si apre per farmi passare, la lucina verde che lampeggia e che presto diventerà rossa. Proprio mentre oltrepasso la porta, prima che questa si richiuda, sento Near dire qualcosa. Sono di nuovo investito dal vento freddo e dalla neve quando realizzo ciò che ha detto : - Buona fortuna, Mello -

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Capitolo 4
*** Aiuto ***


CAPITOLO 4
 




- Fammi capire bene : Near ti ha offerto ospitalità, lavoro e soldi e tu hai detto di no? - sarà la cinquantesima volta che Matt ripete questa frase in meno di un minuto. La pistola è troppo distante e non ho voglia di alzarmi per sparare un colpo sulla testa vuota di Matt. Sembra scioccato, forse non avrei dovuto raccontargli dell'incontro avvenuto tra me e l'albino.
- Si, hai capito - estraggo una tavoletta di cioccolato dalla tasca dei pantaloni di pelle e comincio a romperne l'involucro lucido - Adesso smettila di ripeterlo -
- Perché hai detto di no? -
Sto per mordere la tavoletta, ma mi blocco. Guardo Matt con ferocia, a volte lo ammazzerei senza pietà nonostante sia il mio migliore amico e il mio coinquilino. Ci sono volte in cui sembra conoscermi da dieci secondi, ed è principalmente questo il motivo per cui lo ammazzerei senza ripensamenti - Mi stai prendendo per il culo, spero -
Matt scuote il capo - No, assolutamente -
Addento la cioccolata, staccandone un pezzo - Non ho intenzione di condividere la mia aria con l'omino bianco. La sola idea mi fa vomitare. E se rimanessi nella stessa stanza con Near per più di un'ora, gli pianterei una pallottola in testa, e allora addio all'erede di L - ghigno - Non sarebbe una cattiva idea, il posto di L diventerebbe finalmente mio -
- Frena, finto L - Matt mi riporta alla realtà - Torniamo a parlare dell'offerta di Near -
- Non c'è niente da dire - mastico la cioccolata - Ho rifiutato, fine del discorso -
- Non vuoi accettare perché non sopporti l'idea che ti possa aiutare in qualche modo, non è vero? -
- Non ho bisogno del suo aiuto -
- Ma hai bisogno di una casa più grande, invece che questa topaia. E hai bisogno di altro denaro, dato che mantenere un figlio costa e hai bisogno anche di un lavoro che ti consenta di guadagnare un po' di più -
- E tu hai proprio bisogno di andare affanculo, Matt -
Matt sospira esasperato, sedendosi a cavalcioni sulla sedia di fronte alla mia. Siamo in cucina e tra poco cominceremo a sistemare le cose di Mihael. Vestiti, giocattoli, cibo ... già solo il pensiero mi fa venire voglia di spararmi un colpo. La lampadina appesa al soffitto fa poca luce, ma meglio che niente. Addento un altro pezzo di cioccolata, mentre Matt mi guarda fisso negli occhi.
- Guardati attorno, Mello - dice, serio - Ti prego, fallo -
Alzo gli occhi al cielo. Ma sono costretto ad ammettere che ha ragione, questo posto è una merda. L'intonaco scrostato e sbiadito cade a pezzi dalle pareti, in alcuni punti del pavimento mancano le piastrelle e c'è solo cemento, le finestre sono rotte e non proteggono un cazzo dal freddo e la porta di casa cade a pezzi. Non abbiamo nemmeno i soldi per comprare nelle plafoniere decenti, ci sono stanze in cui c'è semplicemente la lampadina sul soffitto. Come adesso in cucina. E i mobili sono vecchi e c'è puzza di polvere e fumo in ogni angolo della casa. Che schifo, è nauseante.
Alzo le spalle - A me piace, come posto - mento.
Matt alza un sopracciglio - Sei un bugiardo -
- C'è solo da aggiustare qualcosa. Pagherò qualcuno dei tirapiedi alla base per fargli fare questo lavoro - dico semplicemente.
Matt fa un verso di scherno - E con quali soldi hai intenzione di pagarli? E per di più, non si tratta di aggiustare semplicemente qualcosa. Ci sono così tante cose da aggiustare che nemmeno tra trent'anni avremo tutti i soldi necessari per pagare -
- Tu hai i soldi per comprare una casa? - mastico.
- No, non ne abbiamo bisogno, dato che abbiamo l'omino bianco a nostra disposizione -
- Dimmi la verità, Matt - poggio i gomiti sul tavolo che c'è tra me e Matt, quadrato e decadente. Lo guardo fisso negli occhi verdi, mi sto seriamente incazzando - Tu da che parte stai? Dalla mia o da quella di Near? -
Matt sbuffa - Non fare il coglione, Mello -
- Sono serio, rispondi -
- Dalla tua, mi pareva chiaro -
- Anche a me pareva chiaro, prima di adesso - 
Matt sorride sarcastico, alzando gli occhi al cielo a guardare la lampadina sospesa sulla nostra testa - Sai, dovrebbero pagarti solo il tuo comportarti da imbecille a tempo pieno - detto questo, tira fuori il pacchetto di sigarette semivuoto dalla tasca dei jeans scuri e ne tira fuori una e se la ficca in bocca. Dall'altra tasca tira fuori l'accendino e accende la sigaretta. 
Faccio una smorfia quando Matt sbuffa fuori una nuvoletta di fumo grigio che si disperde nell'aria - Ti avevo detto che d'ora in poi devi fumare sul balcone - agito una mano davanti alla faccia per scacciare la puzza nauseante. Odio il fumo.
- Mihael non è qui, quindi non ce n'è motivo - ribatte Matt, aspirando altro fumo dalla sigaretta.
- Se vuoi fumare vai dal tuo fottuto amico albino - ghigno.
Matt mi fulmina con lo sguardo - Lui non è mio amico -
- Hai ragione, è il tuo migliore amico - mi correggo, fingendomi dispiaciuto. Mi alzo e esco dalla cucina, dando un violento pugno allo stipite duro della porta, anch'essa decadente, Il legno s'incrina, mi massaggio le nocche arrossate. Sento un Matt gridarmi un chiarissimo - Fottiti - e io non posso fare a meno di sorridere, mentre mi avvicino al cumulo di cianfrusaglie di Mihael che mi tocca sistemare.

 

________



Fatto. Dopo tre ore, io e Matt siamo riusciti a sistemare tutte le cianfrusaglie che quest'ultimo ha comprato per Mihael. Ho dovuto "dividere" il mio armadio a metà con del nastro adesivo, in modo da dividere i miei vestiti e le mie scarpe da quelli di mio figlio. C'è stato posto anche per alcuni giocattoli, mentre gli altri abbiamo dovuto sistemarli in una cesta nel salotto, accanto alla playstation di Matt. Gli omogenizzati li abbiamo messi in cucina, su una mensola. Matt ha voluto comprare sopratutto quelli alla frutta, secondo lui sono di vitale importanza all'età di Mihael. I pannolini li abbiamo sistemati in bagno e abbiamo comprato una carrozzina per far dormire Mihael, in questo modo potrà dormire meglio che tra le coperte e i cuscini del divano e in più potrà essere portato in giro di tanto in tanto per prendersi una boccata d'aria fresca. Questo posto mi fa venire la claustrofobia dopo poche ore, figuriamoci a un esserino come Mihael. 
Senza troppe cerimonie, mi lascio cadere sul divano rattoppato. Matt fa lo stesso, lasciando andare uno sbuffo, un misto di soddisfazione e stanchezza. 
- Non mi hai raccontato una cosa - dice improvvisamente Matt, dopo lunghi istanti di silenzio e di tranquillità. Con la coda dell'occhio riesco a vedere Matt che si è voltato a guardarmi, gli occhialini arancioni che gli pendono dal collo e le iridi verdi puntate su di me - Com'è andato il tuo incontro con la puttana? -. Ha cominciato ad odiare Lidner ... non che prima gli stesse particolarmente simpatica, e non posso biasimarlo.
- Intendi Lidner? -
- No, guarda, la sorella che non hai -
Sbuffo - Come vuoi che sia andata, Matt? Si è presa il bambino e me lo ridarà tra due settimane -
- L'ha preso senza protestare? -
- Credo che Ridner sia abbastanza intelligente da riuscire a capire da sola che siamo tutti e due nella merda, quindi le conviene collaborare -
Matt fa un verso di scherno, distogliendo lo sguardo - Sono certo che la tua finezza sarà molto stimolante per Mihael -
- E' la stessa cosa che ha detto l'omino bianco - gli faccio notare - Mi sto seriamente preoccupando per te Matt, comincio a pensare che tu e lui abbiate troppe cose in comune. Ci manca solo che tu vada girando tutti i giorni della tua miserabile vita con un pigiama da carcerato. E già che ci sei, fatti cadere dell'acqua ossigenata sui capelli, così ce li avrete uguali! -
Matt alza gli occhi al cielo, alzandosi dal divano con un altro sbuffo - Non ti conviene essere così bastardo con me, lo sai? -. Si volta a guardarmi, infilandosi le mani nei pantaloni scuri mentre mi lancia un'occhiata di sfida, le palpebre leggermente abbassate mentre le sue iridi mi scrutano fino a fondo. Mi sento spoglio. Odio gli occhi di Matt.
- Per quale motivo? - accetto al sfida, sogghignando.
- Perché, non so se te ne sei accorto - Matt ghigna, al metà tra il compiaciuto e il soddisfatto, come se stesse per dire una cosa vantaggiosa per lui quanto svantaggiosa per me - Io sono l'unico coglione che ha intenzione di rimanerti accanto mentre giochi a fare il papà. Vai a piagnucolare da Rod, oppure da uno dei tuoi amichetti gorilla. Non credo che loro sarebbero così disponibili e comprensivi come lo sono io. Quindi, se vuoi che io ti tiri fuori dal mare di merda in cui ti sei seppellito da solo, ti conviene tenere a freno la lingua. Intesi, Mihael Señor? -
- Intesi -
- Molto bene. Adesso, se permetti, vado a coricarmi -
- Di già? - controllo l'orologio appeso alla parete di fronte - Sono appena le undici, Matt, a quest'ora mio figlio va a dormire! -
- Tuo figlio, mi dispiace deluderti, dorme quasi 18 ore su 24, come i gatti e i koala. Ti sembra che io dorma tutto quel tempo? -
Faccio finta di riflettere - Si - rispondo infine, sorridendo al mio migliore amico. Anche se sono consapevole che lui non è semplicemente quello.
Matt sorride, mentre si avvia lungo lo stretto corridoio che porta alla camera che io e lui condividiamo, un buco, nonostante sia la camera più grande della catapecchia in cui ci ritroviamo a vivere - Buonanotte, paparino -
Sorrido anche io - Buonanotte -




Allora people, ho deciso che aggiornerò ogni due giorni, anche perché avendo già pronti i prossimi capitoli, non ho problemi ad aggiornare. Vi avverto fin da subito che dal 22 al 29 non ci sarò, ma tanto so che non vi mancherei hihihih.

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Capitolo 5
*** La baby-sitter ***


CAPITOLO 5






Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Parte la segreteria telefonica di Lidner dopo il settimo squillo, quella puttana che ha lasciato il cellulare da qualche parte. Dove cazzo può essersi cacciata? Mentre la voce irritante della donna che mi annuncia che al momento Lidner non può rispondere, sbuffo. Ridner non fa mai partire la segreteria telefonica perché risponde sempre a tutte le chiamate e dopo massimo due squilli. Il fatto che non risponda vuol dire che sta combinando qualcosa. La voce della donna mi ronza fastidiosa nelle orecchie mentre mi invita a lasciare un messaggio, e io non me lo faccio ripetere due volte.
- Sono Mello - dico - Richiamami appena senti il messaggio, sempre che tu non sia morta. Nel caso tu sia davvero morta, spero che almeno Mihael sia sopravvissuto e se non è così vengo a spaccarti le ossa nella tomba in cui sei seppellita. Tanto dovranno rimanere sotto terra per anni, a chi vuoi che gliene freghi? Ciao -
Chiudo la chiamata. Rimango qualche istante col telefono in mano, come se Lidner potesse chiamarmi da un momento all'altro. Aspetto dieci secondi, mentre in sottofondo sento la musichetta snervante di uno di quei fottutissimi giochi della PSP di Matt. Mi sa che sta giocando un'altra volta a Call of Duty. E' la trentesima volta che ci gioca, non si scoccia mai?
Rassegnato, mi infilo il telefono in tasca, vado a sedermi sul divano accanto a Matt, concentrato sulla sua PSP vecchia e scassata, eppure funziona come se fosse nuova di zecca. Deve averci armeggiato sopra, una normalissima PSP non continuerebbe a funzionare nonostante sia così scassata.
- Sai, Mello - dice improvvisamente Matt, senza alzare la testa dal gioco - La cosa che più apprezzo di te sono le buone maniere. E per la cronaca, se Lidner fosse davvero morta dubito che ti richiamerebbe -
- Non me ne frega se quella è viva o morta. Mi interessa sapere che mio figlio sta bene - ribatto.
- Probabilmente sta lavorando - 
- Probabilmente -
- Vuoi giocare a Call o Duty Black Ops? -
- No -
Matt sbuffa sonoramente mentre continua a giocare, i gomiti posati sulle ginocchia e gli occhi incollati allo schermo rettangolare della PSP. Io chiudo gli occhi e cerco di pensare ad altro, massaggiandomi le tempie con entrambe le mani. Mi chiedo perché certi videogiochi debbano avere certe musiche insistenti che ti fracassano il cervello.
- Spegni quel coso - ordino a Matt.
- Sto giocando da solo tre ore! - protesta Matt - E in più sto svolgendo una missione molto importante, devo uscire di prigione senza farmi vedere e c'è un tizio che vuote trapassarmi il cranio con una serie di coltelli. Non è eccitante? -
- Come no - dico ironico.
- Ho una domanda da porti - Matt alza per una frazione di secondi la testa dalla PSP per guardarmi, poi torna subito a sparare a dei soldati in uniforme con un grosso fucile nero. Dopo averli sterminati tutti, torna ad alzare lo sguardo - Quando è nato Mihael? -
Mi blocco, come se qualcuno mi avesse messo in pausa. Dannazione, non lo so. Non so quando è nato mio figlio, non so in che giorno dovrò cominciare a festeggiare il suo compleanno. Ridner non me lo ha detto. Quando mi richiamerà, se mi richiamerà, glielo chiederò - Non lo so - ammetto.
- Stavo già pensando al regalo da fargli - mi confessa Matt, mentre sento altro spari provenire dalla PSP e la musica si fa più intensa e sostenuta - Potrei regalargli una pistola giocattolo. Poi quando crescerà gli insegnerò a guidare. E poi lo accompagnerò in discoteca -
Accenno un sorriso, mentre osservo Matt. Con quei capelli sempre spettinati e gli occhiali che gli pendono dal collo, e quella PSP sempre accesa,  ha proprio l'aspetto di un nerd da strapazzo, nonostante sia un bel ragazzo. Poi quando lo conosci, capisci che è il tuo braccio destro e la tua guida - Magari da grande diventa il presidente degli Stati Uniti e passerà i pomeriggi con vecchi ricconi a giocare a golf o a biliardo - ribatto - Ci pensi? -
- Impossibile, non sarebbe tuo figlio - scuote il capo Matt - E poi noi gli impediremo di diventare quel genere di uomo, noioso e acculturato. Quelli non se li caga nessuno -
Alzo un sopracciglio - Vorresti insegnargli a spacciare? -
- Non ho detto questo -
- Magari decide di diventare una stella del rock - 
- Allora mi attrezzerò per comprargli l'ultima versione di Guitar Hero -
- Magari gli faranno schifo i videogiochi, ci hai mai pensato? -
- Perché mai dovrebbero fargli schifo? -
- Perché è mio figlio, Matt, non il tuo -
- Ma io ti do una mano ad accudirlo, quindi sarò una sottospecie di zio con una grossa influenza su di lui -
Mi copro il viso con una mano, sospirando esasperato - Povero me -
- Tu cosa gli regalerai? - mi chiede Matt.
- Che cazzo vuoi che ne sappia, se non so nemmeno quando è nato? -
Rimaniamo qualche secondo in silenzio, con solo la snervante musichetta del videogioco in sottofondo. Il silenzio dura poco, purtroppo. Sto seriamente pensando di uscire per qualche ora e di cercarmi una panchina in un parco, lontano da musiche snervanti e sigarette accese.
- Sai, mi era venuta in mente una cosa - dice Matt, mentre preme ripetutamente uno dei bottoni rotondi della PSP, e sento degli spari provenire dal videogioco.
- Cioè? -
- E se cercassimo una baby sitter per Mihael? Una baby sitter e domestica, che magari sappia rimettere a lucido questo posto. Sai come sono le donne, riescono a rendere una scatola da scarpe in un castello -
- Con che soldi vuoi pagarla, Matt? -
- Potresti chiedere un prestito a Near -
- Non esisterebbe niente di più umiliante -
- Allora glieli andrò a chiedere io. Quella della baby sitter/domestica è una buona idea, pensaci bene. A questa tenera età, i bambini hanno bisogno di una costante presenza femminile che li accudisca e gli stia accanto, e Mihael vedrà Lidner ogni due settimane, che è troppo poco. Ci guadagna lui, e ci guadagnamo noi -
- Da quando stai diventando così sensibile, Matt? -
Matt sbuffa, gli spari nel videogioco cessano per qualche breve istante prima di ricominciare. Ignora la mia domanda, e continua a giocare in silenzio per altri cinque minuti. 
Comincio a pensare alla proposta di una baby sitter per Mihael e di una domestica per noi. Matt non ha tutti i torti, per Mihael sarebbe soltanto un bene avere una donna che diventi per lui come una seconda e temporanea mamma. Basta scegliere quella giusta, e potrebbe non essere nemmeno così difficile. Io e Matt, d'altro canto, abbiamo bisogno di una domestica che sappia mettere a posto questa topaia, migliorarla se è possibile. Non renderla simile alla Reggia di Versailles, ma comunque modesta. Il punto rimangono comunque i soldi, dubito che esistano ragazze o donne disposte a fare tutto questo gratis. Matt potrebbe andare veramente a chiedere un prestito a Near, sono certo che l'albino, dall'alto delle sue ricchezze, non esiterebbe a sborsare qualsiasi cifra gli chiediamo. In questo modo, potremmo avere la cifra per pagare la baby sitter/domestica almeno per i primi mesi, e nel frattempo io e Matt cercheremo un lavoro quantomeno dignitoso. Potrebbe funzionare.
- Come facciamo a cercare una baby sitter/domestica? - interrompo nuovamente il silenzio, guardando Matt.
Il rosso alza le spalle - Mettendo degli annunci in giro, o magari su Internet. Poi facciamo dei colloqui con le candidate, ci prepariamo delle domande da porre, e vediamo che ne viene fuori -
- Va bene - mi alzo dal divano, allungando le braccia verso l'alto per sgranchirmi la schiena e stiracchiare le braccia. Meglio mettersi subito a lavorare, prima troviamo qualche candidata, meglio è - Tu occupati dell'annuncio, io preparo le domande. E appena troviamo la candidata ideale, tu vai dall'albino per chiedergli un prestito -
Matt spegne la PSP - Agli ordini, capo! -




_____




Le candidate sono tante, la maggior parte sono giovani ragazze che si sono interessate solo quando hanno visto me e Matt seduti al tavolino del bar dove da un'ora e mezza stiamo tenendo i vari colloqui. Credo sia questo il motivo per cui indossano abiti succinti e vestiti decisamente provocanti per un colloquio per diventare baby sitter/domestiche. In un altro momento avrei proposto a Matt di spassarcela con queste fanciulle, ma in questo momento non posso fare a meno di provare schifo. E per di più, nessuna di loro mi soddisfa. Rispondono alle domande solo per farsi fighe e pensando di compiacere me e Matt, ma non hanno capito che in questo modo si auto eliminano. 
- Dannazione, Mello, ne hai già eliminate trenta - Matt si abbandona pesantemente contro lo schienale poco inclinato della sua sedia, lo sguardo esasperato e stanco - Possibile che non te ne piaccia proprio nessuna? -
- Dico, Matt, ma le hai viste?! - congedo l'ennesima ragazza con un gesto secco della mano, e questa se ne va, mortalmente offesa - Sembrano tutte troie pronte a scopare come se non ci fosse un domani! -
- Mi sono fatto lasciare qualche numero di telefono, in effetti. Non si sa mai, potrebbero tornarci utili - Matt mi ammicca maliziosamente, mentre prende in mano il foglio delle domande che ho personalmente scritto a mano - La prossima! -
Una ragazza giovane e dalla chioma rosso fuoco si fa avanti, gli occhi grigi e un vestito succinto rosso con la scollatura a cuore che mette in risalto il suo seno molto generoso. Sorride con determinazione, le scarpe col tacco in tinta con la borsa e col rossetto.
- Nome? - comincia Matt.
- Sahara, ma potete chiamarmi semplicemente Sah - la rossa ammicca con fare provocatorio verso di me, mettendosi in posa.
Alzo una mano per indicarle la porta del locale, stanco e scocciato. In un'altra occasione l'avrei guardata con non poco interesse, ma tutte queste puttane cominciano a darmi davvero sui nervi - La prossima, prego! -
Rebecca se ne va, anche lei offesa, come le precedenti alle quali ho riservato lo stesso trattamento. 
La candidata successiva sembra essere la più decente e dignitosa di tutte. Indossa una semplice camicetta bianca smanicata e dei jeans scuri, ha delle semplici scarpe da tennis e una borsa a tracolla piccola e quadrata. I capelli castani e lisci le ricadono morbidi sulle spalle, la frangetta rettangolare le copre la fronte. Gli occhi scuri, le labbra sottili ... si distingue totalmente dal mare di prostitute alle sue spalle.
- Forse ci siamo - sospiro, sollevato.
- Carina - commenta Matt, studiando la ragazza con interesse - Semplice, ma non banale. Potrebbe davvero essere quella che fa al caso nostro. Cominciamo - Matt comincia a leggere il foglio con le domande, nonostante ormai le abbia imparate a memoria - Nome? -
- Rebecca Shervan - la voce della ragazza è sicura e pacata.
- Età? -
- 19 anni -
- Sai lavare, stirare e stendere i vestiti? -
- Si -
- Sai pulire e spazzare i pavimenti? -
- Si -
- Sai lucidare scarpe e finestre? -
- Si -
- Sai spolverare i mobili? -
- Si -
- Sai cucinare? -
- Si -
- Fumi? -
- No -
- Peccato, io si. Bevi alcolici? -
- No -
- Sei sposata? -
- No -
- Fidanzata? -
- No -
Matt sorride, guardando la ragazza con un'accenno di malizia - Immagino tu sia single, dunque. Buon per me, andiamo avanti. Sei vergine? -
La ragazza esita qualche secondo, perplessa, prima di rispondere - Si -
- Sei in fase di gravidanza? -
La ragazza aggrotta la fronte, questa volta parecchio perplessa e confusa - No -
Mi volto a guardare Matt in cagnesco, è incredibile quanto sian tonto - Che senso ha chiederle se aspetta un bambino, se ha già detto che è vergine? - 
- Ti ricordo che queste domande le hai scritte tu, genio, e in più tra le candidate precedenti non ce n'era nessuna vergine - Matt torna a rivolgersi gentilmente alla ragazza, che per adesso ha risposto in modo soddisfacente alle domande - Ti chiedo queste cose per essere sicuri che il periodo di tempo citato dal contratto non venga interrotto da una gravidanza, in questo caso il suddetto contratto non verrebbe rispettato e quindi saremmo costretti a licenziarti - spiega con professionalità, e la ragazza annuisce. Ma la verità è un'altra ... sporco di un pervertito ...
- Fai parte di qualche organizzazione segreta? -
- No -
- Spacci droga? -
- No -
- Possiedi armi da fuoco? -
- No -
- Hai un secondo lavoro? -
- No -
- Sei assunta! - esclama Matt, battendo una mano sul tavolino davanti a se per confermare le sue parole. Do uno schiaffo sulla nuca di Matt, facendolo quasi cadere sul suo tavolino e facendogli lanciare un'imprecazione poco educata. Il rosso si massaggia la nuca, prima di lanciarmi un'occhiataccia - Porca puttana, Mello, ma ce la fai? -
- Non puoi assumerla così, senza farle altre domande! - 
- Ma sono finite! -
- Dammi qua! - ribatto, strappandogli il foglio di mano. In effetti, le domande sono veramente finite, e la ragazza sembra essere a posto e adatta per questo ruolo, ma voglio esserne certo fino in fondo - Per che somma accetteresti di lavorare per noi? -
La ragazza, Rebecca, alza le spalle - Qualsiasi somma va bene -
- Motivo della tua canditatura? -
- Vorrei guadagnare qualche soldo per potermi permettermi l'università, il prossimo anno -
- Che indirizzo vorresti frequentare? -
- Lingue e Culture Straniere per l'Impresa -
Matt si sporge verso di me, coprendosi la bocca con una mano in modo che Rebecca non possa capire quello che mi sta sussurrando all'orecchio - Potrebbe tornarci utile, in futuro. Potrebbe insegnare a Mihael le lingue che sa -
- Che lingue vorresti studiare? -
- Inglese, spagnolo e portoghese -
- Sai già parlare qualche lingua? -
- Inglese, spagnolo, francese, italiano e tedesco -
Matt fischia, sorpreso ed incredulo allo stesso tempo. Sembra promettente. La studio nuovamente, questa volta prestandole più attenzione. Aspetto serio e semplice, ma gentile, diligente e senza dubbio intelligente, per riuscire ad imparare tutte queste lingue straniere ... 
- Come te la cavi coi bambini? -
- Ho fatto tre anni di baby sitting -
Restituisco il foglio a Matt, e gli faccio cenno di dirmi che ne pensa. Matt controlla delle carte che ha in mano, e le legge velocemente, per poi passarmele. Mentre comincio a leggere, mi fa un riassunto breve e veloce - Fedina penale immacolata, donatrice di organi, ha frequentato uno dei più illustri licei privati del Giappone. Credo sia perfetta, no? -
Annuisco, ripassando le carte a Matt. Osservo ancora questa Rebecca. Finalmente, ce l'abbiamo fatta - E va bene, sei assunta -
Rebecca sorride, soddisfatta e sollevata allo stesso tempo - Quando posso cominciare? -
- Quando vuoi. In questo momento Mihael è con sua madre, e tornerà da me tra due settimane. Nel frattempo, ti farò ricevere un fascicolo con tutte le informazioni che devi sapere sul bambino - rispondo, appuntandomi mentalmente di chiamare Lidner per farmi scrivere quel fascicolo il più presto possibile. Data di nascita, peso, gruppo sanguigno, ... tutto.
- A proposito, dove abiti? - chiede Matt, curioso.
- In un monolocale di 20 metri quadri - sospira Rebecca.
- In una scatola, in poche parole - 
- Già, purtroppo -
- Perché non vieni a vivere da noi? -
Altro schiaffo sulla nuca di Matt. Ma perché non pensa prima di parlare? Il rosso si massaggia la nuca, questa volta riuscendo a trattenere una bestemmia. Ricambia con una gomitata nello sterno, che mi mozza il fiato - Che accidenti ti prende, eh?! -
- Vivere con noi? E dove, se tra poco nemmeno in tre riusciamo a starci, in quella catapecchia? - gli ricordo, massaggiandomi delicatamente lo sterno col palmo di una mano.
- La catapecchia ha una stanza vuota che non abbiamo mai usato - mi ricorda.
- Quella è la stanza di Mihael -
- Mihael è troppo piccolo per avere una stanza tutta sua. Può perfettamente stare nella nostra stanza, tanto è la più spaziosa. E poi, in questo modo per Rebecca sarà più facile sbrigare le faccende domestiche ed occuparsi del marmocchio -
- Non so se posso accettare - ribatte Rebecca, frettolosamente, riuscendo a captare il mio tono contrariato. La vedo mordicchiarsi l'unghia dell'indice destro, evidentemente imbarazzata - Non vorrei disturbarvi ... -
- Ma che disturbo! - Matt le sorride, ignorando la mia occhiataccia ed alzandosi in piedi dalla sua sedia, dopo un'ora e mezza di estenuanti colloqui andati male - Saremmo più che felici di accogliere la nostra nuova baby sitter e domestica. Passiamo alle presentazioni ufficiali, io sono Matt, e il musone qui accanto a me è Mello -
Rebecca e Matt si stringono educatamente la mano, e io faccio lo stesso, rimanendo seduto e con molto meno entusiasmo rispetto al mio migliore amico che appena vede una bella ragazza perde la testa. Matt lascia l'indirizzo di casa nostra ad Rebecca, che passerà stasera con tutte le sue cose per il trasloco. Adesso, non rimane che decidere lo stipendio della nostra nuova ed unica dipendente e poi chiedere il prestito a Near. 
Matt ed io torniamo a casa, per spostare le cose di Mihael nella camera che condividiamo. In effetti, la nostra camera è la più spaziosa della catapecchia, ma non è comunque messa benissimo. L'intonaco grigio scrostato lascia intravedere in alcuni punti i mattoni rossi con cui è stata costruita la casa, il pavimento scricchiola fastidiosamente ad ogni passo, una lampadina spoglia pende dal soffitto. Due brandine sono posizionate poco distanti al centro della stanza, accanto alla mia ho sistemato la carrozzina di Mihael. Un'armadio rotto e decadente contiene le cose mie e di Matt, una cassettiera contiene i vestiti di Mihael, una cesta bucata i suoi giocattoli, la finestra è grande quanto un'unghia e lo sporco sembra essersi incollato sui vetri, e la porta traballa ogni volta che si cerca di chiuderla oppure aprirla. Bel posto per ospitare una donna, eh? 
La camera dove invece starà Rebecca è decisamente più ordinata, sarà perché è rimasta inutilizzata fino ad adesso. L'intonaco scrostato solo in alcuni punti laterali, il pavimento meno scricchiolante, la brandina accanto alla finestra rettangolare, un'armadio inutilizzato e una cassettiera vuota. Matt ci ha appena appeso uno specchio ovale, dopotutto, per quanto Rebecca possa essere semplice, è pur sempre una donna.
- Allora, quanto le diamo? - mi chiede Matt, dopo essersi accertato che lo specchio ovale sia ben attaccato al muro e che non possa cadere. Per precauzione, ci ha sistemato sotto una scatola di cartone chiusa, così se cade non si rompe ed evitiamo 7 anni di sfiga.
- 50 a settimana? - propongo.
- Così verrebbero 200 a fine mese - calcola mentalmente Matt, annuendo - Si, potrebbe andare. Quindi quanto vado a chiedere a Near? -
- Il necessario per poter pagare almeno i primi cinque mesi - stabilisco - Ce l'hai il numero di Rebecca? -
Matt estrae dalla tasca dei pantaloni sbiaditi una strisciolina di carta con sopra appuntati dei numeri scritti in bella grafia e me la mostra - Certo -
- Chiamala e dille che può trasferirsi quando le pare -
Matt annuisce ed esce dalla stanza per effettuare la chiamata. Io rimango nella stanza ormai diventata di Rebecca e mi guardo attorno, controllando se è possibile fare altro per renderla più confortevole. Decido di aprire la finestra per arieggiare la stanza che puzza di chiuso, in attesa che Matt torni. La fredda aria invernale s'impossessa della stanza, rinfrescandola.
Matt ritorna dopo qualche minuto, il cellulare in mano - Rebecca arriverà tra qualche minuto con tutta la sua roba. Ci vado subito dall'albino o aspetto che arriva? -
- Non preoccuparti, ci penso io a lei -. Un dubbio improvviso mi trapassa il cervello, come un fulmine nel bel mezzo di una giornata di sole - Matt, ma non pensi che tre anni di baby sitting siano pochi? -
Il rosso alza le spalle, indifferente - Non me ne intendo, ma a me sembrano più che sufficienti -
Ghigno, riservando un'occhiata piena di malizia al mio amico - Lo dici solo perché te la vuoi portare a letto -
- Mi offendono tali pensieri malevoli nei miei confronti, amico - Matt sorride colpevole, abbassando il capo e fingendosi offeso. La sua recita dura poco, perché scoppia a ridere, divertito - Ora che siamo entrati nell'argomento, pensi che io abbia qualche possibilità con lei? -
- Non mi sembra il tipo di ragazza che va a letto col primo che passa -
- Ormai ho perso l'interesse per le ragazze facili -
- Comunque sia ti avverto - mi faccio improvvisamente serio - Se non mi soddisferà, la licenzierò e ne cercherò un'altra -
- Fai pure, tanto ho il suo numero -
Alzo gli occhi al cielo, e in quel momento il campanello suona. Matt va ad aprire, e dopo qualche istante sento le voci di Matt e di Rebecca provenire dall'atrio. 
- Mi dispiace disturbare, spero davvero di non essere di troppo - sta dicendo la ragazza, la sua voce è timida e gentile.
- Non preoccuparti, siamo felici di averti qui - la voce di Matt è calda e premurosa, raramente l'ho sentito assumere un tono del genere. Che gli piaccia davvero, questa ragazza? E pensare che non la conosce nemmeno.
Decido di aggregarmi al duo, e noto che Rebecca non ha portato con se molta roba. Meno di quanto mi aspettassi, considerando che è una ragazza. Ha solo una valigia di discrete dimensioni e un paio di borse di plastica. Matt si offre di portare i bagagli nella sua nuova stanza, ed Rebecca, dopo aver ribattuto affinché svolgesse lei tale compito, acconsente. 
Nella breve pausa in cui Matt si congeda, noto che Rebecca si guarda attorno con attenzione e circospezione. Le sue sopracciglia si aggrottano, e gli occhi sono velati da una leggera preoccupazione e anche da un celato ribrezzo. Come biasimarla, questo posto è inguardabile.
- Sei autorizzata a dire che questo posto è una merda -
Rebecca sobbalza, imbarazzata - Oh no, signor Mello, è solo che ... -
Ghigno, questa sua innocenza è così esilarante - E' solo che non sembra il posto ideale per crescere un bambino piccolo - termino la sua frase, liquidando le sue scuse con un cenno sbrigativo del capo - Purtroppo al momento non possiamo permetterci altro -
- Non c'è bisogno di cercare altro! - ribatte Rebecca - Sono certa che dando una pulita e sistemando alcune cose ... -
Le sue parole vengono interrotte dal ritorno di Matt. Si è infilato il giubbotto, immagino si stia preparando per andare a chiedere il famoso prestito a Near. Si rivolge ad Rebecca mentre chiude la lampo del giubbotto nero, sul suo viso si forma un sorriso dolce - Ti ho lasciato sul letto il famoso fascicolo con le informazioni necessarie da sapere su Mihael -
- Grazie mille - sorride a sua volta Rebecca. Tutto ciò è nauseante.
- Bene, io vado - annuncia Matt, battendo le mani un paio di volte come per confermare le sue intenzioni. 
- Vengo con te, Matt - decido.
- Vuoi lasciare qua Rebecca, da sola? - il mio migliore amico aggrotta la fronte, evidentemente non gli pare una buona idea.
- Non è un problema - si affretta a dire Rebecca - In vostra assenza, se permettete, vorrei cominciare a dare una ripulita alla casa -
- Per me va bene - concordo con indifferenza, la mano già sulla maniglia fredda della porta. Prima andiamo, prima ci sbrighiamo, e prima torniamo - Basta solo che non fai saltare in aria la casa -




______




- Senti un po', Matt - la pesante portiera della macchina di Matt si chiude nello stesso instante in cui il mio migliore amico infila la chiave nella serratura del veicolo per accenderlo. Dopo qualche istante, il motore romba feroce nel cofano - Da quando sei diventato così premuroso nei confronti delle ragazze? -
- Vedi, amico - Matt ridacchia, con una punta di malizia - Ho notato che il cattivo ragazzo non conquista proprio tutte le ragazze. Anzi, ho notato che sta passando di moda - aggiunge, con una punta di amarezza.
- Ti prego - alzo gli occhi al cielo - Non dirmi che diventerai il genere di ragazzo che compra i cioccolatini e le rose per festeggiare ogni fottutissimo mese di fidanzamento -
- Assolutamente no! - ribatte Matt con forza, mentre preme il piede sull'acceleratore, la strada asfaltata scorre sotto di noi e il muto paesaggio invernale si lascia guardare dai finestrini chiusi - Però ... Quella Rebecca ... sembra diversa. Tu che dici? -
Alzo le spalle - Mi sembra una ragazza normalissima -
Matt sospira - Forse hai ragione tu. Bah ... vedremo -
E mentre ci dirigiamo a grande velocità verso la sede dell'SPK che si staglia minacciosa contro il cielo color fumo, mi chiedo se ho fatto veramente bene a lasciare casa mia nelle mani di una sconosciuta.





Sono in ritardo lo so, ma sono fiera che questo capitolo sia più lungo. E personalmente mi sono divertita molto ad immaginarmi la situazione e a scriverla. 
Allora, come vi avevo già accennato sabato 22 parto e torno il 29, quindi non potrò aggiornare. Ma vi prometto che il prossimo capitolo sarà mooolto beddo :)
Buone vacanze a todossss

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Capitolo 6
*** Depressione ***


CAPITOLO 6





Quando io e Matt ritorniamo finalmente a casa rimaniamo, esterrefatti per lo scenario che si presenta davanti ai nostri occhi. Tutto sembra così irreale, inverosimile. Davvero questa è la casa dove abbiamo sempre vissuto fino ad adesso?
Si sente odore di pulito, profumo di lavanda e gelsomino. I pavimenti sono stati puliti e lucidati con cura, i pezzi di intonaco che cadevano dalle pareti sono stati rimossi e grattati via, e adesso le pareti sono nude e bianche. Il divano è stato pulito, i buchi delle finestre rotte sono stati tappati con asciugamani, e adesso non si sentono più gli spifferi gelidi dell'inverno. Adesso ogni lampadina è sostenuta e coperta da plafoniere color menta, lo specchio è stato ripulito dallo strato di polvere che c'era prima, così come la vasca da bagno, il water. I letti sono stati rifatti, tutto è in ordine, i mobili sono stati sfregati con cura. Non sembra più nemmeno casa nostra.
- Rebecca? - chiama Matt, che si toglie gli occhialini arancioni per guardarsi meglio attorno. Gli occhi verdi sono sgranati, è incredulo quanto me.
Dopo qualche secondo, Rebecca sbuca dalla cucina, una bandana rossa raccoglie i capelli spettinati e li tira indietro, lasciando il viso scoperto, leggermente sporco di polvere sulle guance. Indossa una maglietta troppo larga, sempre rossa, e un paio di pantaloni larghi e rattoppati. In mano regge uno straccio, che sbatte ripetutamente sulla coscia per pulirlo dalla polvere che vi si è attaccata sopra. 
- Bentornati! - ci accoglie, il volto sorridente - Stavo dando un'ultima pulita alla cucina prima di preparare la cena. Preferite un'omelette oppure qualcosa di più veloce, come un hot dog? -
- Sai fare gli hot dog? - Matt quasi piange dalla commozione. 
Alzo gli occhi al cielo, sbuffando per la reazione esagerata del mio migliore amico. Al contrario, Rebecca ridacchia - Non che ci voglia tanto -
- Io non ho fame, grazie lo stesso - borbotto, interrompendo i due piccioncini. A grandi passi mi allontano dall'atrio, sfilandomi il giubbotto pesante ed allentando gli scarponi invernali, diventati improvvisamente scomodi. Matt e Rebecca continuano a chiacchierare indisturbati, ad accordarsi sul cosa preparare per cena, per il pranzo di domani. Matt sembra essere cotto di quella ragazza, dice che è speciale, eppure a me sembra una comunissima ragazza.
Rebecca ha notevolmente migliorato anche la mia stanza, la mia e di Matt : i letti sono stati rifatti, il pavimento è stato pulito da tutto il sudiciume che vi si ci era attaccato sopra, i vestiti nei nostri armadi sono stati lavati, stirati, piegati e sistemati in pile ordinate nei cassetti oppure appesi sulle grucce. Sono costretto ad ammettere che, per una volta, Matt ha avuto una buona idea. Assumere Rebecca si è rivelato un bene, in un solo giorno è riuscita a cambiare radicalmente la casa.
Decido di farmi una doccia. Prendo dei boxer e dei vestiti puliti e mi chiudo a chiave in bagno.  Anche da qui riesco a sentire le fragorose risate di Matt e quelle un po' più contenute di Rebecca. Chissà cosa si staranno dicendo di così divertente, quei due. 
L'acqua bollente della doccia riesce a distogliere la mia attenzione dal mondo che mi circonda, nelle mie orecchie solo lo scroscio dell'acqua che precipita giù, battendo leggera sui miei piedi. Mi concentro su nulla. E' come se fossi entrato in una mia dimensione personale, in una bolla grande quanto fragile, facile da scoppiare. La mia mente è una scatola vuota, un muro grigio che mi tiene lontano da questo mondo crudele. Dalla mia parte del muro c'è il nulla. Il che è un sollievo. E' sempre un sollievo quando riesci a svuotare la mente da tutto, quando riesci ad abbandonare i problemi quotidiani almeno per qualche minuto. Il vero problema sarà riuscire ad abbandonare questa quiete. Tornare alla realtà. 
La vita fa schifo, me ne rendo ogni giorno di più. Sembro depresso, come quegli adolescenti che stanno sempre con le cuffie nelle orecchie, ascoltando musica depressa, col cellulare tra le mani nella speranza che qualcuno si ricordi della loro esistenza, con mille modi per suicidarsi nella mente. Che schifo, quelli sono il degrado della razza umana, persino peggio degli assassini.
Perché faccio pensieri così depressi? Alzo il viso, l'acqua calda cade sulle mie guance e sulle mie palpebre chiuse, inspiro la lieve nuvola di vapore che mi avvolge. La verità è che sono preoccupato per Mihael. Lidner risponde sempre al cellulare, sempre. Ce l'ha sempre con se. Il fatto che non abbia risposto mi rende perplesso. Riproverò a chiamarla.
Esco dalla doccia e mi lego un'asciugamano in vita, afferrandone poi un altro con il quale asciugare i capelli bagnati e gocciolanti. Strofino i capelli biondi diventati ormai troppo lunghi, dovrei andare a tagliarli. 
Mi guardo allo specchio. La massa bagnata dei miei capelli mi copre il viso, oscurando la cicatrice rossastra che lo deturpa e che prosegue sul busto e sul braccio sinistro. Mi conferisce un'aria minacciosa, ma anche più ... umana. Il pegno che ho pagato per aver provato a superare Near. Il marchio di eterno secondo, impresso a vita sulla pelle.
Mi infilo una canottiera nera, i boxer puliti e dei pantaloni larghi grigi che non ricordavo nemmeno di avere. Lego i capelli umidi, anche se detesto farlo. Mi sento troppo scoperto, ma decido di ignorare questa sgradevole sensazione.
Ritorno in camera mia, dopo aver ficcato i vestiti sporchi di oggi e dei giorni passati nella lavatrice. Mi chiedo ancora se questo affare funzioni o sia da buttare. Afferro il cellulare, compongo il numero di Lidner che conosco a memoria, l'ansia nel cuore che batte a mille nel petto. 
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Al settimo squillo parte la segreteria telefonica del suo merdoso telefono. 
Riprovo. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette, segreteria telefonica.
Ancora. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Segreteria. Senza nemmeno il sette, che ho mandato a farsi fottere.
Di nuovo.
Uno. Merda, Lidner, rispondi.
Due. Dove cazzo ce l'hai il cellulare, nel culo?
Tre. Spero che insieme al cellulare non abbia lasciato anche Mihael.
Quattro. Porca puttana, deve avercelo in silenzioso.
Cinque. No, non ce l'ha mai silenzioso. 
Sei. Senti 'sta cazzo di suoneria o no?
Sette. Vaffanculo.
Metto giù, rinunciandoci. Sto per afferrare le chiavi della moto e andare a fare casino all'SPK, quando qualcosa mi blocca. Mantieni la calma, non essere impulsivo come sempre, testone. Rilassati, Lidner ti richiamerà. Richiamerà.
Riafferro il telefono, rifaccio tutto daccapo, di nuovo.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Segreteria.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Segreteria.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Segreteria.
Mando affanculo la signorina che mi suggerisce di lasciare un messaggio per Lidner. Decido di darle ascolto.
- Stammi a sentire, razza di stupida. Sarà la dodicesima volta che ti chiamo. Dove cazzo sei finita? Spero per te che tu non abbia risposto perché troppo impegnata a fare le coccole a mio figlio. Richiama appena senti il messaggio -
Chiudo. Decido di distrarmi un po', accendendo il vecchio cubo scassato che chiamiamo televisore, in bilico su una delle tante pile di videogames di Matt. Non vale più niente, questo coso, si vede persino in bianco e nero. Comincio a fare zapping tra diversi canali : un reality show, una televendita di materassi, una sitcom americana, un'altra argentina, il telegiornale. Rimango incerto su quest'ultimo canale, ma decido di essere già troppo in ansia di mio per guardarlo. 
Sto per cambiare canale, quando un'immagine mi blocca. Un'edificio molto alto. Familiare. Sta andando a fuoco. Dove l'ho già visto? Mi ricorda molto ...
Sgrano gli occhi. Il telecomando mi cade di mano, cadendo per terra, smontandosi in mille pezzi, come il mio cuore adesso. La sede dell'SPK sta andando a fuoco.




Sono in ritardo, lo so, e quasi di una settimana. E il capitolo è anche corto. Sono davvero una vergogna.
Teoricamente avrei dovuto postare il capitolo il 30 o il 31, poiché il 29 sono tornata dalle vacanze. I problemi erano :
- Matematica. Non posso crederci che tra meno di due settimane inizia la scuola T.T e con matematica sono in alto mare. 
- Tokio Hotel. Sto provando un'amore smisurato per questa band. Ma non come sono ora, com'erano nel 2010 ... o giù di li, chi si ricorda, all'epoca non li potevo vedere manco dipinti. Si, insomma, quando Bill aveva i capelli neri e Tom aveva i rasta. Se qualcuno di voi belle personcine li ascolta, è pregato di dirmelo, perché sento il bisogno impellente di fingirlare XD
- Fanfiction dei Tokio Hotel ... ho detto tutto.
Il prossimo capitolo arriverà settimana prossima, magari martedì o mercoledì ... o anche prima. Dipende.
Ringrazio le belle personcine che hanno recensito lo scorso capitolo <3
Un besooooo





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