Five.

di Sheryl_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Fase uno: negazione ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.


È strano come tutte le tue certezze crollino dopo la morte di una persona.
Non serviranno a niente le tue convinzioni di tutta una vita: puoi aver creduto nella reincarnazione, in un Dio, nel Nulla, in qualsiasi cosa ti passi per la testa.
Ma tutto questo verrà spazzato via come un castello di sabbia scalciato da un bambino dispettoso quando ti ritroverai davvero a fare i conti con la Morte.
La morte di un corpo.
Perché non saprai mai se l'Anima rimarrà sempre al tuo fianco, come quella persona ha sempre fatto quando era viva, viva e vera, concreta.
Non saprai mai se l'Anima troverà un altro corpo, un'altra vita.
Una vita lontana da te, lontana dalle birre bevute sulla spiaggia alle tre di notte, quando neanche il sonno poteva permettersi di separare quei due innamorati.
Una vita che mai più passerà con te, con le sigarette rubate, le chiamate a tarda notte dopo un litigio particolarmente pesante con i propri genitori, i tatuaggi fatti insieme quando il bisogno di avere tatuato l'altro sul proprio corpo e non solo sul proprio cuore aveva raggiunto picchi a cui era stato impossibile resistere.
Un'altra vita con un altro corpo.
Un corpo che non avrà più quegli occhi azzurri come il cielo d'estate, così bello e così accecante.
Un corpo che non avrà più quell'assurda altezza che ti divertivi tanto a prendere in giro, ma quando ti soffocava tra le sue braccia ti sentivi a casa. Una casa ormai vuota, abbandonata.
Una casa distrutta a cui è impossibile tornare.
Perché tu sei sempre stato la mia casa, ed era la sensazione migliore che avessi mai provato nella mia vita.
Ed era triste che la morte si fosse portata via anche quella sensazione, senza che io potessi fare nulla per poterla riconquistare.

Faceva freddo, terribilmente freddo, tanto che le lacrime che solcavano le mie guance si sarebbero potute tranquillamente ghiacciare. Ghiacciare come il mio cuore, un cuore che sembrava aver perso la capacità di battere e tenermi in vita da quando tu eri scomparso.
Era il giorno del tuo funerale e pioveva, sembrava uno di quei cliché che tanto odiavamo guardare nei film e ti sentì così distante in quel momento che, semplicemente, me ne andai.
Da quando la funzione era cominciata non avevo fatto altro che guardare la tua tomba.
Il mio sguardo non aveva osato posarsi su nient'altro, come se anche i miei occhi sapessero che la colpa era mia, mia, e quella era la loro personale tortura.
Tortura alla quale non riuscivo più a sottostare, non riuscivo a immaginarti dentro una fredda bara di legno.
Così, dopo aver sussurrato delle scuse, scappai via per rifugiarmi nel nostro posto, la panchina dove ci eravamo scambiati il nostro primo bacio – altro orrendo cliché – e avevamo inciso le nostre iniziali sul legno.
Se non fosse stato per me, tu saresti stato al mio fianco.
Ricorderò sempre quel giorno come il peggiore della mia vita.
È ironico come tutto possa cambiare in un momento, un secondo prima la vita ti sorride e sembra che niente e nessuno possa scalfire quella bolla di felicità in cui esisti solo tu. Tu e lui.
Il momento dopo è solo buio, oscurità e sangue.
È il ricordo principale di quel giorno il sangue, il sangue che ancora mi perseguita.
Nessun horror – che tanto amavamo guardare rannicchiati sotto le coperte del mio letto – potrebbe competere con l'orrore che mi sono ritrovata a vivere quel giorno.
Una passeggiata, un gelato e risate, tante risate, quelle risate che non mancavano mai nei momenti passati con te.
La strada, il semaforo verde, una macchina impazzita e buio.Nel momento in cui mi sono svegliata dopo il tremendo avvenimento tremavo. Non urlai, non chiamai il tuo nome e per un momento mi parve anche di non respirare.
Semplicemente, smisi di vivere. Smisi di vivere quella vita che senza di te non aveva senso proseguire, non dopo che la tua era stata interrotta per colpa mia.
Sapevo tutto.
Sapevo che tu non ce l'avevi fatta: come avresti potuto?
Sarei dovuta esserci io sotto quell'auto, io e il mio vizio di non guardare mai la strada quando il semaforo dei pedoni era verde, "se ci mettono sotto la colpa non è nostra!".
Invece la colpa era mia.
Se tu non eri più con me la colpa era esclusivamente mia, della mia testardaggine, della mia disattenzione.
Se solo avessi saputo.
Ricordo ancora come la tua mano stringeva il mio braccio nel tentativo di spostarmi il prima possibile, ricordo i tuoi occhi pieni di terrore per me, le lacrime che scendevano sul tuo volto e le tue labbra che sussurravano delle scuse – sorrisi tra le lacrime a quel punto. Tu mi chiedevi scusa perché sapevi di star morendo e di lasciarmi sola -.
Ricordo le mie grida, le mie mani piene di sangue – il tuo sangue che ancora sembra bagnarle –, la disperazione e, infine, buio.

I miei occhi erano persi nel vuoto e la pioggia aveva aumentato d'intensità, ma a me non importava.
Non mi importava più di nulla. Ero completamente fradicia e cominciai a tremare dal freddo, un freddo che sembrava provenire da dentro e che solo lui avrebbe potuto spazzare via.
«Non è stata colpa tua.» Esclamò una voce che mi fece sussultare, spaventata.
Ero talmente immersa nei miei pensiero che non mi ero neanche accorta della presenza della persona al mio fianco.
Sicuramente mi aveva seguita una volta finito il funerale. Una fitta al petto al pensiero che era il suo funerale, ma cercai di scacciare il pensiero..
«Va via, Calum.» Dissi al ragazzo. Non avevo voglia di interazioni umane, l'unica cosa che volevo in quel momento era un suo abbraccio, volevo solamente poter aspirare per l'ultima volta quell'odore così buono e familiare, un odore che avrei amato sempre e comunque. Un odore che non avrei risentito mai più.
Mi immobilizzai quando constatai che una persona mi stava abbracciando e quella persona non poteva che essere Calum. Calum, non Luke.
Sentì le sue lacrime bagnare la mia maglietta e mi sentì male a mia volta.
Non solo avevo ucciso il mio ragazzo, colui che era stato in grado di salvarmi da tutto – perfino me stessa -, ma stavo facendo del male ai miei migliori amici.
Calum, Michael e Ashton, dopo quell'avvenimento, avevano cercato in tutti i modi di aiutarmi, nonostante soffrissero molto anche loro preferivano vedermi sorridere piuttosto che stare bene a loro volta.
Un po' come se prendersi cura di me potesse far sentire la presenza di Luke più viva e reale.
Eppure io li avevo ringraziati con il mio comportamento scortese e distante, come se l'assenza del biondo annullasse tutto il resto.
Così facendo avevo ucciso anche loro, quando non si meritavano neanche il minimo male.
Mi scostai dalle braccia del moro e, con gli occhi annebbiati dalle lacrime, me ne andai sussurrando un «Mi dispiace».
Corsi a casa senza più voltarmi indietro.
Non avevo sentito la sua risposta, non avevo visto neanche il suo viso completamente deturpato dal dolore di aver perso non solo l'amico di una vita, ma anche la sua migliore amica.
Non avevo visto nulla, ancora una volta.
Ancora una volta avevo provocato morte.











Okai, avrei voluto aspettare un po', ma avevo voglia di pubblicare questa mia piccola pazzia.
Non so da dove sia uscita, so solo che i pensieri alle cinque del mattino non possono essere fermati, perché pretendono di essere messi su carta.
Specifico che io non ascolto i 5 seconds of summer, ma mi è capitato di leggere storie su di loro e guardare qualche loro video e mi piacciono davvero davvero tanto. Quindi, per favore, non lapidatemi.
Spero che la storia vi paiccia, è un po' particolare e conterà solamente sei capitoli, compreso il prologo. Poi capirete il perché, sarà lampante con il prossimo aggiornamento.
Aggiornerò tra esattamente una settimana, spero vi piaccia e accetto consigli e critiche - soprattutto critiche-.
Un grazie enorme a te che hai sprecato un po' del tuo tempo per leggere questa storia. Grazie, davvero.


See you soon!

 

 

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Capitolo 2
*** Fase uno: negazione ***


Fase uno: negazione.


Ero semplicemente tornata a casa, stufa di stare in quei luoghi che mi ricordavano ogni cosa di lui.
Persino quel palo, quel palo dove un giorno mentre era totalmente concentrato su un discorso, non l'aveva visto e vi si era schiantato. Letteralmente.
Non avevo smesso di ridere nemmeno per un secondo ed era terribilmente adorabile mentre cercava di tenermi il broncio, fingendosi offeso.
Così, per farmi perdonare, gli avevo offerto una pizza e aveva esclamato, con un sorriso enorme sulle labbra, che si sarebbe schiantato molto volentieri su altri pali per potermi vedere ridere ancora in quel modo.
Avevamo fatto l'amore, ci eravamo fusi in un unico essere, un essere forte e invincibile perché bastavamo noi due e il resto del mondo sarebbe scomparso.
In quei momenti il mio cuore scoppiava di felicità ed ero convinta che il mio posto doveva essere lì, fra le sue braccia e che l'incavo del suo collo era stato creato appositamente per ospitare il mio viso.
Mai e poi mai avrei immaginato che mi potessi ritrovare senza il mio tutto.

Erano passati tre giorni dalla mia fuga dal funerale e dal tentativo di Calum di consolarmi.
Tre giorni pieni di nulla.
Non mi ero mossa dalla mia stanza, non scendevo neanche per mangiare e i miei spostamenti erano provocati esclusivamente dal bisogno di andare in bagno, nulla di più nulla di meno.
Mi ero limitata a starmene seduta sul letto a fissare il vuoto, sperando si trattasse tutto di un incubo, un incubo dal quale non mi sarei potuta risvegliare.
I miei genitori erano tremendamente preoccupati, ma sembravano capirmi.
Mia madre mi lasciava un vassoio pieno di cibo per poi richiudersi la porta dietro di sé.
Cibo che veniva toccato il minimo indispensabile, consapevole che se avessi mangiato troppo avrei rigettato anche l'anima, cosa che era successa il primo giorno e non ci tenevo a ripetere quella tremenda esperienza.
Fissavo le lenzuola, quelle lenzuola che tante volte avevano ospitato i nostri corpi nudi e avvinghiati, il nostro amore, le nostre risate e anche i nostri litigi.
Le accarezzai dolcemente immaginandolo ancora al mio fianco, intento a sussurrarmi dolci parole all'orecchio con lo scopo di farmi sorridere con quel sorriso che, lo ripeteva continuamente, tanto amava.
Amava e non potrà più farlo, perché la Morte si è portata via anche la sua capacità di amare e, si sa, la morte non perdona.

Ero immersa nei miei pensieri quando udì un lieve bussare alla porta.
Sussurrai un «avanti» con la voce resa roca dai tre giorni di silenzio.
Erano Calum, Michael e Ashton.
Non me ne stupì, anzi, mi sorprese il fatto che ci avessero messo così tanto a presentarsi.
In quei giorni avevo rifiutato tutte le loro chiamate e ignorato i loro continui messaggi.
Non proferirono parola e, dopo essersi chiusi la porta dietro di loro, si sedettero sul letto osservandomi.
«Così non risolvi nulla» esclamò improvvisamente Ashton.
Sobbalzai sorpresa, era strano sentire una voce dopo quei lunghi minuti di silenzio che ci avevano avvolti.
«Cosa dovrei risolvere?» sussurrai con tono piatto, sinceramente interessata a quello che il ragazzo aveva intenzione di dirmi.
«Devi riprenderti, Synne, Luke non avrebbe voluto vederti in questo modo» rispose Calum al posto del biondo.
Seguirono interminabili minuti di silenzio in cui il suo nome aleggiava intorno a noi senza lasciarci alcuna via di fuga.
Nessuno sarebbe stato in grado di tirarci fuori da quel velo di tristezza e malinconia che ci ricopriva non appena quel nome era sulle labbra di qualcuno.
Perché ormai qualsiasi Luke mi avrebbe riportato alla mente il mio biondo, quella persona meravigliosa che si è dimostrata fin troppo buona per il mondo crudele in cui viviamo.
Crudele perché gli ha affiancato una persona orrenda come me, una persona che non si meritava neanche un briciolo di dolcezza da parte sua.
«Lui non è morto» le mie parole arrivarono all'improvviso, in un momento in cui nessuno - soprattutto io - si aspettava sarebbero arrivate.
Tutti e tre trattenerono il fiato, aspettando solamente il momento in cui sarei scoppiata.
Si tenevano già pronti per raccogliere i pezzi del mio cuore ormai frantumato, ma l'unica persona che ne sarebbe stata in grado, in quel momento, non era lì.
E non sarebbe mai arrivata.
«Luke non può essere morto» parlai ancora, questa volta più sicura di me.
Nessuno osò fiatare, nessuno osò mettere in dubbio le mie parole.
Semplicemente, non ne avevano il coraggio.
Così, sotto i loro sguardi attenti, mi alzai dal letto che per tre giorni mi aveva ospitato e mi diressi verso il bagno, intenzionata a farmi una bella doccia calda e a vestirmi in modo decente per poter così uscire di casa.

Mentre l'acqua scorreva sul mio corpo, rilassandomi i muscoli e i nervi tesi, pensai distrattamente a cosa avrei potuto indossare di carino e in che modo avrei dovuto acconciarmi i capelli.
Mi presi una ciocca bionda tra le dita e ragionai sul colore della prossima tinta.
Per troppo tempo mi ero tenuta sui colori chiari, era ora di passare a qualcosa di più pesante e un'immagine di me con i capelli neri mi balenò immediatamente tra i pensieri.
Sarebbero stati perfetti.
Avrebbero creato un contrasto meraviglioso con quelli di Luke e non vedevo l'ora di vedere la sua faccia non appena avrebbe visto quell'improvviso cambio di look.
Fu l'acqua fredda a riscuotermi dai miei pensieri, avevo passato quasi mezz'ora sotto il getto dell'acqua e avevo terminato quella calda.
Mi diedi mentalmente dell'idiota quando mi ritrovai a dovermi insaponare corpo e capelli con acqua gelida e mi appuntai di non distrarmi più in questo modo durante la doccia.
Sempre se non volevo beccarmi una brutta polmonite.
Quando finalmente riuscì a finire tutto, uscì dalla doccia e mi avvolsi in un soffice accappatoio cercando di riscaldarmi il più possibile.
Tornai così in camera mia aspettandomi di ritrovare ancora i ragazzi, ma, con mia estrema sorpresa, c'era solo Michael steso sul letto intento a giocare con il cellulare.
Sicuramente si stava fottendo il cervello con "Angry birds" per l'ennesima volta, ma scrollai le spalle dicendomi che non avevo alcun diritto di criticare dipendenze altrui.
«Dove sono Calum ed Ashton?» chiesi, impegnata a tirare fuori dall'armadio dei jeans e una felpa pesante.
Mi informò che erano tornati a casa ma che lui aveva preferito rimanere con me per farmi compagnia.
Solo dopo avrei capito che semplicemente non si fidava di lasciarmi sola nel delicato stato in cui mi trovavo.
In quel momento, però, mi ritrovai a scrollare le spalle diretta ancora una volta verso il bagno dove mi sarei vestita.
Perché, in quell'assurdo momento, era come se mi ritrovassi in una bolla.
Una bolla che cercava di proteggermi dal mondo esterno creandomene uno dove tutto andava bene, dove Luke era ancora vivo e il mio unico pensiero era quale tinta farmi il pomeriggio.
Un mondo pieno di colori e felicità, un mondo che era stato mio, un mondo a cui mai più apparterrò.
La mia mente avrebbe potuto crearmi tutte le bolle illusorie che voleva, avrebbe potuto farmi credere che tutto si sarebbe risolto come al solito, ma non sarebbe mai stata in grado di restituirmi realmente ciò che mi era stato tolto.
Compresa l'appartenenza a quel mondo perfetto - perché ogni cosa era perfetta con lui - che tanto agognavo.
Quei pensieri, però, si affollarono nella mia mente solo più tardi, perché in quel momento andava tutto bene.

«Allora, dove hai intenzione di andare?» chiese Michael, una volta che entrambi ci agganciammo le cinture di sicurezza.
Lo fissai mentre accendeva la macchina e, ingranando la marcia, si immetteva nello scarso traffico cittadino di quel giorno.
«Al solito posto» risposi dopo lunghi minuti di silenzio.
Lui mi capì al volo e annuì comprensivo mentre i suoi occhi attenti non perdevano di vista neanche per un attimo la strada.
«Prenderai una nuova tinta anche tu?» domandai, osservando il rosso acceso che creava un contrasto a mio parere perfetto con il suo volto pallido e i suoi occhi quasi trasparenti.
Lui mi gettò un'occhiata veloce per poi riportare la sua completa attenzione alla guida.
«Li farò bianchi.» rispose, incolore.
Lo osservai confusa, non era da lui scegliere un non-colore, lui non era tipo da colori così poco particolari.
Lui era il colore, era la gioia, la vita.
Non potevo fare a meno di domandarmi a cosa fosse dovuto quel cambiamento, cosa potesse aver trasformato Michael Clifford da un ragazzo così punk rock a un'inquietante fantasma di se stesso.
E forse la risposta la sapevo già, una risposta che era custodita nella parte più nascosta della mia anima, una risposta a cui non volevo dare ascolto.
Perché, indirettamente, anche io stavo scegliendo un non-colore.
Io che avevo avuto i capelli dai colori più improbabili, dall'azzurro al rosa, dal lilla al verde.
In quel momento, invece, mi trovavo intenta a pagare una semplicissima tinta nera.
Non nera blu, nessun riflesso violaceo o qualche ciocca colorate in modo più allegro, no.
Semplicemente nero.
Non me ne resi conto subito, anzi, perché in quegli attimi ero seriamente convinta che Luke fosse ancora tra noi e che non ci avesse abbandonato.
Ma il mio subconscio sapeva.
Sapeva benissimo ed era un gran bastardo.

«Allora, sei sicura?» Mi chiese ancora una volta Michael, in mano il tubetto della tinta e uno sguardo di chi sa di star facendo qualcosa di cui poi si pentirà.
Alzai gli occhi al cielo, stufa.
«Mike, se non ti muovi quella tinta te la faccio mangiare.»
Lui ridacchiò prima di cominciare a lavorare sui miei capelli.
Adoravo farmi tingere da lui, le sue mani mi donavano un relax senza precedenti, era dannatamente bravo e il risultato era pressoché perfetto ogni volta.
Con un sorrisetto pensai che una volta finita la scuola avrebbe avuto un lavoro sicuro come parrucchiere.
«Cosa ridi?» mi chiese, notando il sorriso sul mi viso.
«Nulla, stavo semplicemente pensando che saresti un parrucchiere perfetto. Saresti l'unico per cui spenderei volentieri i miei soldi, questo è certo» spiegai con gli occhi socchiusi, giurai che se avesse continuato a muovere le sue dannate mani in quel modo avrei cominciato a fare le fusa come un gatto.
Lui scoppiò in una risata nervosa, ma con mia sorpresa non commentò.
«Devo scappare un attimo, mi sono ricordato di una commissione per mia madre, giuro che torno subito» esclamò subito dopo.
Il suo tono era strano e pensai che mi stesse mentendo, ma non poteva essere.
Michael non mi mentiva mai.
«Tra mezz'ora potrai lavarti i capelli, entro un'oretta sarò di ritorno» mi salutò con un grosso bacio sulla fronte e scappò via.
Non feci neanche in tempo a lamentarmi sul come mi trattasse continuamente come una bambina bisognosa di balia che lui era ormai sfrecciato via.
Rimasi con lo sguardo per nel vuoto per lunghi minuti, confusa dallo strano comportamento del ragazzo.
Scrollai poi le spalle e accesi lo stereo, inserendo il cd che Luke mi aveva regalato al nostro anniversario.
Era un semplice cd contenente tutte le canzoni che avevano significato tanto per la nostra storia e, ogni volta che le ascoltavo, lo sentivo sempre più vicino.
Guardai distrattamente il cellulare, ancora nessun messaggio da parte sua e mi chiesi il perché.
Di solito non riusciva a resistere più di qualche oretta senza parlarmi.

Michael fece ritorno quando ormai i miei capelli erano lavati e asciugati.
Considerando la mezz'ora per far aderire bene la tinta e la mia lentezza nel lavarmi i capelli, erano passate pressapoco due ore.
Gli lanciai uno sguardo sospettoso, quel ragazzo quel giorno era più strano del solito e non ne capivo il motivo.
Si sdraiò accanto a me sul letto guardando con sguardo critico il mio nuovo colore.
«Secondo te a Luke piaceranno?»
Forse fu in quel momento che qualcosa in me scattò.
Luke odiava il nero.
Tutto crollò.








 

Spazio autrice.
So benissimo di essere imperdonabile, di aver fatto passare un macello di tempo per un capitolo che non ne avrebbe richiesto neanche la metà, ma è stato un periodo a dir poco infernale. Per ora sembra essersi risolto tutto, quindi il tempo per scrivere in tranquillità non mi mancherà.
Spero di non farvi aspettare ancora troppo tempo, perché so che è tremendamente frustrante.
Ah, in più, presa dalla fretta di aggiornare non ho neanche riletto il capitolo, quindi se notate qualche errore per favore fatemelo notare.
Scusatemi ancora, spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemelo sapere con un commento o una stellina!
Grazie mille per il supporto :)

See you soon!

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