Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Capitolo 1 *** Due Ragazze Dallo Stesso Sapore ***
1
1
Come tutte le cose vengono dal mare, anche le ragazze
conosciute su di un treno, hanno avuto qualcosa di simile, per me. è accaduto
una volta, non ricordo esattamente la destinazione o la meta, ma credo che sia
stato un posto meraviglioso e misterioso. ero seduto su di una scomodissima
poltrona del treno, quando leggendo "Spiral" di Koji Suzuki e con
Bjork a tutto volume che pompa nelle orecchie, la coda dell'occhio mi si posò
su una creatura sfuggente ed esile che camminò a passo felino e indiscreto. era
una creatura alta e snella, bionda e dagli occhi verdi. la cosa più bella del
suo volto erano, infatti, quei suoi occhi talmente belli da imbarazzare, con il
loro sguardo paragonabile a quello di un bambino che vede il mondo per la prima
volta. mentre passava sbirciò tra le pagine del libro aperto sulle mie
ginocchia, come se nascondesse qualche segreto oscuro o codice ermetico. pensai
di non rivederla più, come le ragazze del treno, ma mi sbagliai: la rividi in
una biblioteca, non quella della mia città, ma in una dove mi trovavo per puro
caso. Presi dei libri di Banana Yoshimoto, mi diressi al bancone e quella
creatura esile e magra era lì dietro di me. riconobbi i suoi lunghi capelli
biondi leggermente ondeggianti al vento e soprattutto quegli occhi. non me ne
andai subito, volli almeno sapere il suo nome. tra le sue mani alabastrine
stringeva una dozzina di libri fantasy e da quel dettaglio capì che era una
efferata lettrice, anche per il fatto che chiese subito se erano arrivate delle
novità.
"Purtroppo, no Michela non sono arrivate" rispose la bibliotecaria
dietro degli spessi occhiali neri
"ah...ok...ho capito" rispose lei con una tetra voce sottile
"Passa a settembre, ora i trasportatori sono in ferie"
"Ok..."
scorsi i titoli dei suoi libri, tra essi c'era lo stesso libro che lessi su
quel treno. forse non mi aveva dimenticato.
Michela...Michela... continuo a pensare tra me, mentre su quel treno non feci
che pensare: "Spero che tu scenda alla mia stessa fermata"
da allora continuai a passare in biblioteca, senza però rivederla mai più.
vedendola, sentivo una strana sensazione di malia e di tensione, una sensazione
mai provata prima. la riprovai solo un'altra volta ed ancora su un treno. era
una magnifica ragazza snella, quasi ossuta, dal volto bislungo e dai lunghi
capelli biondi e mossi che le piombano sulle spalle candide. gli occhi azzurri,
che straordinariamente avevano la stessa espressione, quell'espressione di
innocenza e di leggero imbarazzo. assomigliava incredibilmente a fiona apple e
aveva le esili orecchie imbottite dagli auricolari dell'i-pod a volume
altissimo, se non troppo. stava sentendo "Heaven tonight" delle Hole
e i suoi occhi anzichè seguire il ritmo allegro della canzone, aveva un
espressione ricca di malinconia e tristezza, quasi di romanticismo ed
ermetismo.
"Devo scendere a Montenapoleone" pensai tra me, ricordando di avere
un appuntamento là con Stefania "Però, se non scende alla mia fermata sarò
io a scendere alla sua"
"Michela, Michela" sentii all'improvviso chiamare da una voce
femminile
una ragazza robusta e castana la salutò con un buffetto "Come va?"
"Bene, e tu???"
"Ah... io splendidamente"
"Dove stai scendendo?"
"Al duomo... devo passare alla ricordi per comprare l'ultimo disco di Tori
Amos"
"Ma guarda un po' anch'io! devo passare alla Rinascente per comprarmi un
vestito decente, per vedermi con Andrea"
Michela...Michela...che strano che quella ragazza aveva lo stesso nome di
quella conosciuta giorni prima. non c'è dubbio: per chiarirci qualcosa non
dovrò fare altro che scendere alla stessa fermata. all'improvviso il treno fu
pervaso da un buon odore di ciliegie e lavanda. non capii all'improvviso
l'origine di quegli odori, mi servirono dei mesi......
la seguii per tutta Milano e appena sceso dalla metropolitana per qualche assurdo
motivo fui bloccato da una giapponesina che cercava di chiedermi spiegazioni
con la sua lingua. non capii niente così continuavo a rispondere: "Meku
(Gatto), Konichiwa (Ciao), Arigato (Grazie), Futon (Letto), Gomenasai
(Scusa)", sfoderando le poche parole giapponesi che conosco. lei alla fine
mi prese per un cretino e se ne andò senza nemmeno salutare. ero talmente
imbarazzato che la mia faccia da bianco si era colorata di viola. Michela e la
sua amica erano scomparse tra la folla, ma grazie ad una memoria fotografica
ricordai che era loro intenzione andare alla Ricordi in galleria del Duomo ed è
così che la rivedi: attraversai la piazza, entrai nella galleria, scesi la
scala a chiocciola del negozio di dischi e il suo odore si fece sempre più potente:
era allo scomparto artisti stranieri, dove imprecava per il fatto che il
singolo "Crucify" di Tori Amos costasse 20,90€, pur contenendo solo 4
canzoni. la sua amica mora cercò di calmarla, facendole abbassare il tono di
voce, che si fermò del tutto nonappena mi vide. mi avvicinai a lei, sentii un
groppo in gola, le mani iniziarono a sudare e non capii più niente. presi in
mano un cd di FIona Apple e, con tantissima noncuranza e stupidità, esclamai:
"Sai che ti somiglia molto"
lei, con faccia imbronciata rispose: "Chi sei tu?"
"ecco, io"
"Era sul treno con noi,prima" le rinfrescò la mente la sua amica
"Ah... ma allora sei un pervertito"
"Ch-che cosa?"
"Michela, e se avesse un culto per te? e se tenesse un sacrario con
immagini tue e ciocche dei tuoi capelli?" continuò l'amica divertita dalla
situazione.
mi venì voglia di tirare un pugno a quella sgualdrina che continuava a far
arrabbiare sempre di più quella docile creaturina un po' alternativa.
"No, non ti ho mai vista prima... non preoccuparti" balbettai io,
timido riponendo il cd sullo scaffale.
"Sembri simpatico" disse poi Michela con un sorriso dolce e materno,
risvegliando in me una sensazione di orgoglio e piacere.
"...e un po' porco" aggiunse la sgualdrina lasciandosi sfuggire una
risata isterica simile a quella di una gallina in un pollaio.
"Tallulah a che ora viene?" domandò poi Michela alla amica, forse
dimenticandosi completamente di me.
"Ehm... mi ha detto che sarebbe arrivata in piazza Duomo alle 11:30"
"Ok, allora andiamo al giapponese"
"Sììììì!!!! Ho voglia di un katsudon!!!"
risi, quel piatto orientale aveva la stessa fonetica e violenza di una
parolaccia. notando la mia risata Michela si rivoltò verso di me chiedendomi
con voce leggiadra: "Vuoi venire con noi?"
dopo quella domanda, gli occhi della gallina si fecero vitrei e io continuai a
ridere notando un volto a dir poco deluso.
le stavo antipatico, ma non le avevo neanche parlato. che ragazza strana!
"Sì, mi piacerebbe" risposi
"Perfetto, unisciti a noi... così incontrerai anche Tallulah fa parte del
nostro trio ed è---single" disse poi continuamente sorridendo Michela
"mi dispiace ma mi interessi tu" ebbi intenzione di dire, ma mi
limitai ad annuire.
Le due ragazze non comprarono nulla, si limitarono ad uscire senza nemmeno
voltarsi, salendo la scala a chiocciola per precipitarsi in piazza del Duomo.
la piazza era gremita di gente: turisti da ogni dove, soprattutto dal Giappone
e dalla Gran Bretagna. Là c'era anche una ragazza molto attraente: snella, dal
fascino dark e i capelli lunghi e neri che le arrivavano ben oltre le spalle.
occhi ghiaciali color grigio-neve che non fecero altro i guardare impazientita
l'ora sul cellulare dell'ultima moda.
"Tallulah!Tallulah!" si mise a gridare all'improvviso la gallina, che
poi seppi si chiamasse Claudia. la sua voce fu così stridula e inquietante da
attirare su di sè una grande attenzione. A sentire quelle urla, la ragazza
discostò lo sguardo dall'orologio per dedicarsi a quelle due ragazze davanti
alla galleria.
"Hey! Era ora che vi faceste vedere!" rimproverò Tallulah con troppa
impazienza
ci avvicinammo a lei e nel fare quei passi Michela esordì con la frase:
"Avevi detto che saresti arrivata qui per le 11 e 30"
"No, mia cara" disse poi Tallulah scambiando dei bacini sulle guance
alle due amiche "Avrei detto che sarei arrivata qui per le 9 E
MEZZA!!!"
"Ma, veramente Claudia mi ha detto...."
"Che cosa???"
"MMh... Lasciamo perdere"
"Chi è costui?"
"A volte, Tallulah, sei più decrepita di mia nonna" scherzò Claudia
con la sua solita risatina da gallina isterica
Lei non ci fece caso e continuò a domandare "Allora, chi è?"
"è un ragazzo che abbiamo conosciuto sul treno" rispose Michela con
un sorrisetto "Si chiama Daniele"
"Cosa? Ma non è vero..." replicai io a bassa voce, ma lei non ci fece
caso e ricominciò a sorridere e a parlottare come una donna del mercato.
stranamente, la ragazza ebbe la stessa aurea di attrazione di quando la vidi
per la prima volta nonostante quell'atteggiamento rozzo nei miei confronti.
"Allora? Pizzeria?" domandò La nuova arrivata con un sorriso pieno di
convinzione e bellezza
"Veramente..." la interruppe la solita Claudia con la voglia di
mangiarsi un kazudon, katsudon, kasudon o come diavolo si chiama
"Sì, andiamo da Spizzico" rispose la magnifica Michela
"VIeni anche tu?" Mi chiese Tallulah.
Non risposi, ma penso che l'abbiano preso per un sì.
Dopo il pranzo nell'atmosfera pervase uno strano rumore
acre, ma parve proprio che sia stato solo io a percepirlo. Tallulah si offrì di
portare tutti gli scarti del pasto in pattumiera, mentre una Claudia affamata
decise di prendersi un'altra porzione di profitterol a 2,50€... che l'abbiano
fatto a posta per lasciare me e Michela in pura privacy???
"Come mai siete così affiatate voi tre?" mi affrettai a domandare
alla bellissima ragazza, approfittando del MOMENTO MORTO.
"Beh... perchè siamo legate da tre oscuri segreti differenti" rispose
lei con un sorriso criptico segnato da una fossetta poco profonda
"Segreti?Quali segreti?" non feci in tempo a fare questa domanda che subito Claudia arrivò al tavolo tutta euforica con la
confezione del dolce già metà mangiato.
"Senti, Daniele" domandò poi la solita guastafeste "Qual è il
tuo più grande desiderio?"
"Scoprire i segreti di Michela" risposi sorridendo, mentre Michela si
lasciò sfuggire una risatina sarcastica. A quella
risposta, il viso di Claudia si fece curioso e desideroso di una spiegazione,
eppure la sua bocca non fiatò. Che sia già a conoscenza della natura dei
segreti??? Per un atitmo ci fu un silenzio surreale e
insensato, che fu rotto solamente da un'altra domanda insistente di Claudia,
rivolgendosi ora a Michela: " E il tuo, qual è????"
"Sarò stupida" cominciò Michela "Ma desidero fortemente fare
qualcosa di folle... di ASSURDO"
"Ad esempio??"
"Non lo so, tipo vorrei... vorrei provare ad allargare le braccia ad un
passo della banchina della metropolitana e lasciarmi sfiorare dal treno che
sfreccia", mentre diceva queste cose il volto di Michela si dipingeva di
una strana tenerezza.
"BEh... è un desiderio particolare" afferma Tallulah avvicinandosi a
noi "Io, invece per ora di desideri non ne ho... sto bene come sono
ora!"
"Io, invece" continua Claudia "Vorrei perdere un po' di peso"
"Ecco" esclamò allora Tallulah "Allora perchè non mi dai quel
profitterol così ingrasso: arrivo a malapena ai 40 kg... almeno saremo
contente tutte e due"
"Sì, ma io non ho detto che avrei esaudito il mio desiderio
all'istante" dopo questa affermazione, una risatina generale ruppe un po'
la situazione che si stava creando. All'improvviso, però, le risate vennero
interrotte dallo squillo di un cellulare, il mio: Stefania mi sta cercando e
penso che sia parecchio arrabbiata!!! risposi al cellulare.Stefania iniziò a parlare in modo
cagnesco e veramente arrabbiato: "Dove diavolo sei?"
"Scusa ma c'è stato un ritardo dei treni, ora arrivo" risposi in tono
arrendevole mentendo
"ok...scusa...non avevo pensato a questo tipo di
inconvenienti"
"Ora arrivo" dissi con rimorso, riagganciando e rimettendo il
cellulare in tasca.
Poi mi rivolsi alle tre ragazze scambiandoci i numeri di telefono, quando
Michela mi domandò: "Quanto tempo stai a
milano?"
"Tre giorni" risposi io
Stefania era una mia amica di vecchia data, davvero simpatica e con un
carisma unico e inimitabile
Stefania era una mia amica di vecchia data, davvero
simpatica e con un carisma unico e inimitabile. bastava
un suo sorriso o una sua battuta innocente per illuminare anche la giornata più
turbolenta e possedeva la capacità di far intravedere un arcobaleno negli
spiriti delle persone. Fu grazie a lei che potei trovare un posto dove dormire
a Milano, mi invitò nella casa dei suoi genitori (quel mese
assenti) situato in un vicolo in cui i condominii grigi si scagliano uno
dopo l'altro, senza differenza di colore o forma. Laggiù una persona triste,
fragile ed alienata non avrebbe resistito: si sarebbe subito suicidato. era una amica di vecchia data sì, ma non avrei mai pensato
di finire a letto con lei. questo capitò la notte del
giorno in cui incontrai Michela e le sue amiche. Successe a causa di un po'di
alcool di troppo e in pochi secondi ci ritrovammo tra le
lenzuola candide nudi come cani a fare le cose più impulsive che non
avessimo mai fatto, mentre i nostri vestiti giacevano sul pavimento. dopo un paio di ore ci addormentammo inconsapevoli e
abbracciati. poco più tardi sentii una pacca violenta
sulla guancia e mi svegliai di soprassalto: Stefania era seduta sul bordo del
letto e mi guardava.
"Mi hai mollato uno schiaffo?" le chiesi
"TI AMO, BASTARDO" rispose lei con uno
sguardo sensuale. non mi aspettai quel tipo di affermazione, così non
seppi cosa rispondere. scesi dal letto, mi infilai la camicia rossa, i jeans
slavati e le scarpe a casaccio, poi uscii dalla casa senza voltarmi
dopo la scioccante confessione di Stefania non capii più niente e cominciai a
setacciare le strade di Milano senza sapere neanche dove stessi andando. Sono
uscito così di fretta e furia che in tasca ho solo il cellulare e 10€. svoltai
gli angoli continuando a camminare e vidi la gente sfiorarmi, urtarmi senza
sepere dove stessi andando. Senza particolare interesse per una meta nè per un
particolare interesse., ogni angolo che svoltai si
rivelò una pagina bianca tanto che rimasi quasi intontito nel vedere la
splendida Michela ritrovarsi fuori da un centro di chirurgia estetica. Proivai
a salutarla un po'atterrito nel vederla davanti a quel luogo, lei non rispose e
camminò con i capelli sugli occhi, biondi come il rame calati dolcemente su
quegli specchi cristallini e indifesi (oppure no?). quando
si accorse che io seppi del fatto che mi stesse ignorando mi salutò agitando la
mano ma con sguardo altrove. Mi avvicinai a lei, chiedendole del perchè di quel
posto e lei mi rispose che era uno dei tre segreti, zittendomi con un bacio.
Dopo un po' di insicurezza Michela mi chiese se potevo venire a casa sua.
Annuii, ma non ero molto sicuro di voler parlare con lei, seppur nutrendo un'insana passione nello scoprire del perchè fosse
appena uscita da quel centro. Non si è fatta rifare il seno, ce l'aveva uguale.
Persino naso, bocca, occhi, orecchie... tutto era come lo vidi qualche ora
prima...Non mutò nulla. "Strano" pensai "Che segreto potrebbe essere?
Forse si è rifatta qualcosa prima che la conoscessi...Ma
è assurdo... infatti avrebbe ancora le bende se si fosse fatta rifare qualcosa
stamattina...non capisco"
Parlando con me stesso non mi accorsi che in poco tempo fummo già arrivati.
Dopo un breve giro di chiavi, la porta scattò ed entrammo nell'appartamento:
tremendamente ordinata e pulita. Tanto chè l'esclamazione di Michela
"Scusami per il disordine" mi lasciò impietrito. Una piccola hall
portava al soggiorno, tutto bianco e sterile. Un oleandro bianco vegliava
accanto alla porta e i suoi fiorellini erano così piccoli da lasciare un alone
di tenerezza. Come da tradizione giapponese, la ragazza si fermò all'uscio e
lasciò le scarpe all'entrata, chiedendomi di fare lo stesso. Ubbidii ma
comincia a pensare che fosse pazza: qualcosa nei suoi movimenti e nelle sue
gesta avevano un che di inquietante e criptico. Come se non esistessi si
diresse in una stanza a me ignota. Rimasi in soggiorno e mi avvicinai alla
libreria: scorsi tutti i titoli dei DVD riposti accanto al grande televisore al
plasma: "Opera", "Tre metri sopra il cielo", "Ho
voglia di te", "A cinderella story", "Non aprite quella
porta", "Fight club", Ultimo tango a Parigi"...Nulla mi attrasse: quei film o li ripudiavo o li avevo
già visti. un elemento diverso dal bianco in quella
stanza era lo stereo posto poco lontano dal televisore: rispecchiava grazie al
suo colore torvo e scuro come un pugno in un occhio tra tutto quel bianco
paradisiaco. Su di esso un po' di cd: Tutta la discografia di Tori Amos, Blink
182, Bjork, My chemical romance, Hole e Cocorosie. Tutta musica che fa eccitare.
Stufo di ispezionare mi voltai: dietro di me era collocato un divano di pelle
bianca a tre posti. Ci volle un bel po', poi, per notare un inquietante
particolare. Sotto il mobile era nascosta una foto sgualcita e attorcigliata,
come una falena notturna, bruciacchiata sui lembi. La notai perchè stavo
osservando la coda di un gatto crema sbucare da sotto il sofa. Protesi le mani
sotto il divano, ma immediatamente quello splendido gattaccio dagli occhi blu
profondissimi mi graffiò. Nonostante tutto riuscii ad afferrare in tempo la
foto: so che la privacy va rispettata, soprattutto quella di una ragazza, il
fatto è che quella doto tutta spiegazzata nascosta con tutto questo riguardo m'incuriosì
Controllai il graffio sulla mano, che ancora stringeva la foto con tutte le sue
forze. Il taglio era bello profondo. Cominciò ad uscire del sangue e alcune
gocce caddero sui miei piedi bianchi e sul pavimento donando un certo tocco
esotico al marmo freddo e candido. Quel gattaccio doveva avere dei coltelli al
posto delle unghie! Gocce di sangue continuarono ad uscire,
ma nonostante il dolore non me ne curai: aprii la fotografia ed ebbi uno
schock, rotto solamente da "Rid of me" di Pj Harvey che giunse
d'improvviso dalla stanza in cui si era introdotta, forse camera sua:
NO, NON TI SEI LIBERATO DI ME TI FARO' LECCARE LE MIE FERITE TI TORCERO' LA TESTA
FINO A CHE NON MI DIRAI CHE NON ME LA VUOI VEDERE
Il fatto che Michela avesse scelto proprio quella canzone per accogliermi la
prima volta in casa sua m'intontì. Non capii le sue intenzioni, poi cosa
significava quella foto che raffigurava una persona così famigliare da
scioccare? Quella ragazzina che vidi per la prima volta in treno e poi in
biblioteca, che uguale a Michela aveva solo il nome e l'attrazione che scaturì in
me.
cosa ci faceva Michela con la foto di quell'unica altra Michela che conobbi? All'improvviso sentii un brivido scorrermi sulla schiena: ero
ancora impietrito davanti alla foto con la bocca spalancata quando m'interruppe
una voce celebre: "Hey! non taccare la mia
roba, lurido bastardo!" Ormai quell'ultima parola stava per entrare tra le
più dette della giornata, eravamo già a quota due nel giro di neanche un'ora.Si
diresse verso di me con gli occhi infuocati e ridusse la foto in brandelli,
strappandomela dalle mani.
"Chi è la ragazza della foto?" le domandai, pur sapendo già in parte
la risposta. Il fatto è che mi incuriosiva il fatto che lei la custodisse. erano forse parenti? Improbabile, l'ha nascosta con tanta
curanza.
"Lo sai" mi rispose sorprendendomi. Sapeva forse leggermi nella
mente? Cazzo, magari conosceva i miei segreti più oscuri, panico.
no, non sarebbe stato possibile.
"Come fai a saperlo?"
"Beh...perchè quella ragazza sono io" disse
lei seria, facendomi fare comunque un sorriso di compiacimento. Pensai fosse
matta da legare.
La immaginai nella stanza di un manicomio, mentre si strappava i capelli,
sventrava peluche e ritagliare quotidiani. ma
l'immagine era troppo assurda e la cancellai dalla mente.
"Esatto" continuò lei "Quella sono io...o
meglio ero io"
Beh...l'ipotesi poteva combaciare in effetti: non mi è
mai capitato che due ragazze mi attraessero allo stesso modo. è come trovare due uomini con la stessa impronta digitale o
due canzoni identiche cantate da differenti cantanti. ma era fin troppo assurdo
e paranormale.
Iniziai a non capire e mi arrabbiai: "Ma sei diventata matta?" chiesi
scaraventando a terra un vaso (ovviamente bianco) che si trovava sul tavolino
accanto al divano, facendola sussultare.
"Daniele, scusa ma..." iniziò a piangere,
sembrò terrorizzata
"PErchè mi chiami Daniele? Non è neanche il mio vero nome"
"Beh... perchè non lo voglio sapere...quando
inizia a conoscere qualcuno finisce per deluderti"
"Sei malata" dissi rinchiudendomi in fretta
nel bagno (bianco anche quello). Mi lavai le mani e l'acqua si colorò di rosso,
così disinfettai la ferita.
"Daniele!Daniele!" sentii urlare alla porta "Il bagno è mio,
quindi devi farmi entrare"
Rimasi in silenzio e aprii un armadietto di metallo che mi incuriosiva:
medicine, cerotti, colluttorio e notai anche un paio di forbici dalla punta
insanguinata. Perfetto! Quella odiosa giornata di agosto si rivelò fin troppo
piena di sorprese: scoprii che Michela si tagliava la pelle. lei
iniziò anche a battere dei pugni contro la porta con grande ferocia e la
disperazione si trasformò in rabbia: diede anche calci, allora ubbidii: aprii
la porta con tumore e appena vide il mio viso iniziò a prendermi a schiaffi e
ad unghiate.
"Fermati" urlai e dopo avermi massacrato la faccia a dovere si calmò
"Scusa"
"Ora tu mi dici tutto...Non sto capendo un
cazzo"
"Vuoi davvero sapere la verità?"
"Sì"
"Ne sei sicuro?"
"Sì"
"Io...io mi sono fatta rifare un volto
completamente diverso...sette mesi fa"
Sette mesi prima? pochi giorni dopo aver visto la
prima Michela
"Ti sei fatta rifare il volto?"
"Sì, mi hai vista al centro di chirurgia perchè ogni mese devo fare un
controllo nel caso si presentino anomalie"
"Ma perchè?Perchè l'hai fatto?"
"Volevo essere irriconoscibile"
"sì, ma perchè...e poi sei troppo giovane per
un'operazione"
"Ti dirò tutto non appena lo vorrò...ti dirò
tutto...non preoccuparti"
"questo è uno dei 3 segreti?"
Lei annuì con sguardo perso e quasi innocnete e io rimasi scioccato...non seppi
più cosa fare e dire, così mi precipitai fuori dalla porta dimenticando le
scarpe, anche se non potei ritornare indietro a riprenderle: ormai avevo fatto
un'uscita di gran classe e mi sarei mostrato debole tornando indietro, e poi
non volevo più vederla...mi ha scioccato a tal punto
da odiarla. Tuttavia appena arrivato in strada, alzai lo sguardo verso la sua
finestra e vidi chiaramente Michela guardarmi con sguardo di pietà. Mi rivoltai
e camminai per la mia strada, trattenendo il dolore nel caso nel mio piede nudo
si infilassero scheggie, vetri o altro. Giunsi in zona duomo, ignorando gli
sguardi della gente che mi fissava i piedi, ora quasi neri dallo sporco delle
strade. Continuai a camminare, quando all'improvviso sentii una voce maschile
chiamarmi, così mi girai. Era Thòr, un mio amico di origini islandesi. Lo
conobbi durante un mio viaggio Rejkyavik e fummo amici soprattutto perchè
parlava anche lui italiano, ma anche perchè possedevamo gli stessi gusti:
musica, cinema, ragazze... la particolarità sua era che nonostante fosse nordico,
aveva un viso fortemente inglese, segnato da una mascella marcata, dagli occhi
azzurri di un tedesco e dai capelli biondi ossigenati (tinti).
"Quanto tempo che non ci si vede" inziò lui
"Già"
"Che ti sei fatto la faccia?" mi chiese notando i lividi provocati
dalla pazza (Michela)
"Niente..."
"Donne?"
Annuii, strano che non abbia notato che fossi a piedi nudi.
"Perchè sei scalzo?"
Mi sbagliai.
"Storia lunga" mi limitai a rispondere "Cosa ci fai a Milano,
non abiti più in Islanda?"
"Sono qui per piacere...non posso?"
"No..no...nulla...chiedevo"
"Che ne dici di venire a casa mia? ALmeno ti offro un nuovo paio di
scarpe"
"Ok...se proprio insisti"
La casa di Thòr è quella che si potrebbe aspettare da un uomo che vive da solo,
l'inverso di quella di Michela, ovvero un completo disordine: vestiti buttati a
casaccio sul pavimento e sul divano (c'era pure una cravatta sul lampadario, mi
domandai come avesse fatto a finirci lì). Degli avanzi di pizza giacevano su di
un giradischi e sulle mensole regnava il cattivo gusto:quadri
orribili ricchi di allusioni sessuali, calendari pornografici non più recenti
del 1972 (strano, anche perchè lui non era ancora nato in quell'anno) e cornici
che non incorniciavano nulla. Poi prese un paio di scarpe da tennis malconcio
che giaceva sul pavimento in modo disordinato e casuale e me lo porse.
"ORa vai...perchè sto aspettando una" mi
disse
"Ok" risposi indossando le scarpe "Almeno è carina?"
"è una orientale...sai che a me piacciono anche
così le donne"
"Sì sono eccitanti" scherzai "Comunque ora che so dove abiti ti
vengo a trovare QUANDO POSSO"
"Ok, basta che non entri quando trovi una cravatta appesa alla maniglia
della porta...capito?"
"Sì...penso di aver capito"
Dovetti per forza tornare a casa da Stefania:Non avevo posto dove andare
e la sua dimora in quei giorni era divenuta in un certo senso mia
Dovetti per forza tornare a casa da Stefania:Non avevo posto dove andare e la sua dimora in quei giorni
era divenuta in un certo senso mia. Mi lavai i piedi e mi misi un paio diverso
(quello che mi offrì Thòr faceva cagare) .Per fortuna
in quel momento la padrona di casa era uscita, forse per cercarmi. poche ore dopo ricevetti due sms:
"Dobbiamo parlare" da parte di Stefania e "Vengo a casa tua...ora" da parte di Michela. Non avevo voglia di vedere
nessuna delle due. Dapprima, così, decisi di uscire per non farmi trovare, ma
ad un tratto mi sembrò una scelta da codardi e allora rimasi seduto sul divano
del salotto leggendo "SexSms" di Sarah Tucker con
"Cloudbusting"di Kate Bush in sottofondo, aspettando con riluttanza
Michela. Arrivò solo qualche minuto dopo che ricevetti il messaggio.
"Come hai fatto a sapere che abito qui?" le chiesi irritato
"Veramente non è casa tua" rispose lei da sapientona
"é vero---questa casa è di una mia amica"
"Comunque so che sei qui perchè ti ho pedinato"
"mmmh...ma che simpatica"
"Ti ho riportato le scarpe" disse poi restiutendomele. Le appoggiai a
terra e poi osservai i suoi occhi:così cristallini e
profondi da farmi impazzire. Lei è una strega, lei è la strega del lago.Mi sta maledicendo con il suo fascino. Fui preso dalla tentazione
di baciarla. Lo feci e non seppi bene cosa capitò in quel fugace minuto,
sembrava di essere in un gratuito dopo sbornia.Lei
affondò le sue unghie nel muio petto e attraversarono il tessuto della camicia
lacerandomi la pelle. In fatto di unghie si potrebbe dire,infatti,
"Tale gatto, tale padrona". Ritornai alla realtà e mi scansai, mentre
lei mi morse le labbra sperando di essere nuovamente posseduta: "Che ti
prende?"
"non so neanche io perchè l'ho fatto"
"Sì, ma è stato bello"
"Non ci conosciamo abbastanza...."
"Senti...ma ti piace la mia nuova faccia?"
"Eccome...scusami se prima sono uscito così di
botto"
"Scusami, tu ti ho ridotto la faccia in modo
orribile"
"Non fa niente...piuttosto dimmi perchè hai fatto
quell'operazione"
"Per ora non posso dirtelo"
"Perchè?"
"é una cosa un tantino personale"
"Capisco"
"Prima devo fidarmi di più di te"
In quel momento, purtroppo, arrivò anche Stefania, ma non disse nulla: entrò
con i suoi capelli biondi calati sugli occhi, senza nemmeno salutare.
"Mi sembra ora di andare" disse poi Michela con un bacio più breve
sempre sulle labbra, forse se non fosse arrivata Stefania sarebbe rimasta
ancora.
"Ok..."
E sparì dietro la porta che si chiuse in un attimo
"Chi era quella puttanella?" sentii domandare dietro di me. Mi voltai:
Stefania era dietro di me a braccia conserte, appoggiata al muro.Lo sguardo torvo.
"Senti Stefania, non siamo neanche insieme quindi posso fare ciò che mi
pare" risposi io arrabbiato, aveva un'ossessione
troppo grande per me quella ragazza, mi faceva paura
"Mi ferisci, lo sai?" "Che cosa? Ma sei diventata matta? è solo oggi che dici di amarmi....sei troppo morbosa e poi
non voglio stare con te"
"Pensavo che ti piacessi"
"Non è questo, è che...."
"Che cosa c'è, allora?"
"Io...io non ti amo"
Lei allibì. le spezzai il cuore in un secondo , lo
notai dal suo viso: sbiancò. Il suo tipico color porcellana fu sostituito da un
bianco più malato che sensuale, sinistro. Se l'avesse vista Wes Craven
l'avrebbe di sicuro scritturata per uno dei suoi film, da quanto faceva paura.
"Non te la prendere" cercai di consolarla
"Che ti sei fatto alla faccia?" mi domandò con rabbia e rebrezzo
"Ti sei menato con i tuoi amici o adesso pratichi il sadomaso con quella
sgualdrina?"
"Non è una sgualdrina, anche se è vero che me l'ha fatto lei...mi ha picchiato...contenta, adesso?"
"Sai, allora la ammiro: ha capito che sei un verme" detto questo si diresse in camera sua. Non seppi se
provare orgoglio o pietà: capisco che per lei sia stato uno schock, ma in fondo
non sono obbligato ad amarla, se non voglio.
Rimasi a pensare, mentre il cd di Kate Bush continuava ad andare, ora sulla
bellissima "Breathing" e poi la seguii. Era al computer, con una mano
si mangiava le unghie e con l'altra usava il mouse con destrezza.
"Dai facciamo pace" le dissi
"Vuoi essere ancora mio amico dopo quello che ti
ho fatto passare oggi?"
"Sì"
"non ne sono sicura: mi sento uno schifo"
"Senti, che ne dici di rimanere amici per provare a vedere cosa accade se
stiamo insieme bene..in tal caso ci faremo un pensierino"
"Ok...mi hai convinta"
"Perfetto" dissi con un sorriso che le fece scomparire le lacrime
dagli occhi.
Non erano neanche le undici del mattino e promisi a Stefania di portarla
in Piazza Cadorna, dov'è posta una scultura che rappresenta un ago piantato a
terra in cui scorre un filo multicolore
Non erano neanche le undici del mattino e promisi a Stefania
di portarla in Piazza Cadorna, dov'è posta una scultura che rappresenta un ago
piantato a terra in cui scorre un filo multicolore. Infatti la ragazza
impazziva per le sculture, soprattutto quelle più strambe e all'avanguardia.
Provò anche a farne di sue, ma non concluse mai neanche una delle sue opere,
tranne quella di un compensato su cui incollò tanti occhi diversi ritagliati da
eiviste di moda e gossip, adoravo il modo in cui quegli occhi erano incollati
insieme: tutti innaturali, di diverse dimensioni e colori, sembrava quasi un
mostro. Erano incollati con tanta maestria e delicatezza da intenerire. A volte
ci divertimmo anche a a indovinare a chi appartenessero quegli organi:
"quello è di EVAN RACHEL WOOD, no aspetta è di NICOLE KIDMAN, no di TOM
CRUISE, di NELLY FURTADO, di KATE MOSS..." solo che alla fine
interrompavamo il tutto in un glacido fiume di risate. Era un'appassionata
pazza di Matthew Barney e, soprattutto, di Yoko Ono, tanto che cercò di imitare
la sua "Yes painting" senza però riuscirci. Con quella promessa la
feci finalmente sorridere, comunque sia non volle camminare e fummo costretti a
prendere la metropolitana. Presi i biglietti, rimanemmo in stazione aspettando
l'arrivo del treno.
"Devo andare un attimo in bagno" mi avvertì
"Ok" risposi
E la vidi scomparire dietro ad una porta che recava la scritta
"TOILETTE". Aspettai e mentre aspettavo notai con chiarezza Michela
cancellare gli occhi di una donna giapponese di un manifesto pubblicitario.
Quella donna poneva il dito sulla bocca in segno di silenzio e Michela con un
pennarello rosso le rovinava gli occhietti a mandorla. Stranito, mi avvicinai a
lei e le chiesi "Che stai facendo? perchè stai imbrattando quel
cartellone? vuoi fare la teppista? l'anarchica?"
Michela non rispose, estrasse una fotocamera digitale, mi mise una mano intorno
al collo e posizionando l'obbiettivo su noi due scattò.
"PErchè hai fatto una foto?"
"Lo vedrai"
E scappò, scomparendo tra la gente che entrava e usciva dalla stazione. Pensai
"Che strana ragazza" quando arrivò finalmente Stefania, con un
sorriso che non mostrava i denti: "Fatto"
Dio, quant'era tenera!
Per qualche strana combinazione il treno arrivò proprio nell'attimo in cui la
ragazza tornò dalla toilette, salimmo sul treno e per tutto il (brevissimo)
viaggio non feci altro che messaggiare con Michela.
messaggio ricevuto: "Mangiamo inx? Rx Tadb"
risposi:"Sì, ma dv c troviamo?"
Messaggio ricevuto: "Al solito...ti amo"
Ormai in quel periodo non ne volli più sapere di amore: prima Stefania e poi
Michela, sembravano due streghe malefiche che non volevano fare altro se non
seviziarmi e farmi impazzire. Come possono due persone innamorarsi in un
giorno? ecco in quell'attimo io non seppi bene cosa provavo, ma qualcosa c'era,
qualcosa d'astratto...ma c'era
risposi: "Cm fai ad amarmi se mi conosci solo da ieri?"
in seguito ricevetti la risposta, ma non feci in tempo a leggerlo che eravamo
già arrivati.
ore 12.26
Pensai che il "Solito" inteso da Michela fosse semplicemente lo
SPizzico dove ci siamo conosciuti il giorno precedente. Arrivai a casa in
fretta e furia e mi cambiai, poichè le mie ascelle puzzavano così tanto da
ammattire anche una mucca e la camicia che indossavo era sporca di chissà cosa.
Mi feci un bagno veloce e mi vestii molto rapidamente, senza trascurare però
l'eleganza: Mi misi gli stessi jeans, ma anche una camicia bianca e una
cravatta nera. Stefania non era ancora rientrata a casa: durante la nostra
breve gita aveva incontrato un tizio poco chiaro che la intrigava tantissimo e
decise di restare a Cadorna, dicendomi che sarebbe tornata a casa (più o meno)
sola. Appena finito di vestirmi controllai il cellulare: 23 chiamate perse da
Michela, meno di quelle che mi aspettavo, infatti ero in un super-mega ritardo
e la ragazza, a quanto so, non è affatto una persona paziente. è strano ma è
come se la conoscessi già da tempo- Uscii di fretta di casa e corsi più che
potei.
Finalmente la trovai davanti allo SPizzico ad aspettarmi. Mi avvicinai e le
domandai scusa per il ritardo.
"Fa niente" disse lei con un sorriso tenerissimo, tirandomi verso la
metropolitana
"Ma come? non dovevamo mangiare?"
"Al diavolo il cibo"
LEi prese due biglietti per (disgraziatamente) Piazzale Cadorna e poi mi
condusse all'attesa del treno. C'era meno gente di quella che mi aspettassi.
"Che ti prende?" le domandai arrabbiato e confuso "Perchè hai
intenzione di prendere il trenO?"
"O ma noi non prenderemo il treno...sarà il treno a prendere noi"
più parlava e più mi faceva paura....cosa voleva dire che sarebbe stato il
treno a prendere noi?
"Mi dai la cravatta?" mi chiese poi protendendo la mano verso dui me
"Perchè?"
"è una sorpresa"
Me la tolsi e gliela porsi, poi lei mi bendò gli occhi con essa
"Mi fai paura Michela"
"Non essere sciocco...tu continua a camminare e ti dirò io quando
fermarti"
Temevo che mi conducesse verso i binari e mi gettasse nel vuoto: avere gli
occhi bendati è come una sevizia, non sai mai quello che può succederti. Giunti
ad un punto preciso, però, i disse di fermarmi, mi slegò la cravatta dagli
occhi e finalmente potei vedere: sulla ragazza del manifesto a cui erano stati
cancellati gli occhi da Michela, erano stati incollati due nuovi occhi diversi
tra loro: uno azzurro e uno verde.
"Beh?" esclamai senza capire un cavolo
"Non vedi? Sono i nostri occhi...è per quello che ho fatto la foto: l'ho
stampata come gigantografia, ho ritagliato un occhio mio e un occhio tuo e poi
li ho incollati...insomma è come se fossimo uniti in un solo corpo"
ho capito, voleva scoparmi
"Sei strana"
"lo so"
quel giorno non mangiammo nulla, girovagammo fino a sera per le strade di
Milano che dopo una certa ora stranamente divennero desolate...ci mancava solo
la nebbia londinese ed eravamo pronti ad un suicidio di massa da quanta
desolazione e tristezza c'era. Però, di fianco a lei mi sentivo diverso, sapeva
come rincuorarmi. Trascorremmo un pomeriggio fantastico, fino a quando
finalmente si decise a dirmi quello che volevo sapere da tempo: " Vuoi
sapere perchè mi sono fatta questa cosa?"
"Cioè...perchè ti sei fatta rifare il volto?"
"sì...sì...esatto"
"Se me lo vuoi dire"
"Ok...ora te lo dico"
"Allora???"
"beh...ho fatto questo perchè continuavo a ricevere minacce di morte...la
polizia non muoveva un dito e mio pare, che fa il chirurgo, ha deciso di
cambiarmi volto e identità...so che è stupido...ma era l'unica cosa che si
poteva fare in quel momento"
I suoi occhi presentarono una grande malinconia e mi si strinse il cuore
"le conservi ancora? dico delle minacce di morte"
Sì, le tengo in uno scatolone in camera mia, se vuoi venire stasera verso le
nove te le faccio leggere"
annuii e tornai a casa dopo esserci salutati con un altro bacio. Erano le sei e
il mio secondo giorno a Milano stava per giungere al termine, che tristezza! Salii
le scale e trovai una sorpresa, nel vero senso del termine: un pacco regalo
color porpola racchiuso in un nastro color lilla giaceva sull'uscio e
presentava un biglietto che ammetteva il destinatario del pacco: io. Sapevo sin
dal principio che tutti gli idioti che recitano in un film horror appena aprono
una scatola dal mittente sconosciuto o saltano in aria o viene loro recisa la
testa. Lo portai sospettoso in casa e lo lasciai sul divano senza aprirlo. Mi
diressi in cucina, stavo per morire di fame. Aprii il frigorifero, ma oltre ad
un pezzo di pizza non c'era nient'altro, allora scaldai quella, poiche non
c'era molta scelta. Mentre il piatto girava nel microonde con un inquietante
brusio, controllai il cellulare ben quattro messaggi: non me ne ero accorto
forse per lo splendido pomeriggio? Allentai la cravatta e iniziai a leggerli:
"Aiutami ti prego...sn confusa rx t prego"---Claudia
"Vuoi rix? Anke se nn t sto simpa almeno aiutami... è impo...Mikela ha il
cell spento"---Claudia
"Fanculo"---Claudia
"Scopata di 3 ore---Kaori è una bomba"---Thòr
Non risposi a nessuno dei due e rimisi l'affarino in tasca. Intanto quel pacco
sembrò fissarmi, ero tentato nell'aprirlo, ma al tempo stesso una vocina
continuava a dirmi nella testa: "Non farlo, non farlo".
Non sapendo quale delle due scegliere, cercai di ammazzare il tempo ascoltando
un po' di musica: misi "Is this desire?" di Pj Harvey nello stereo
posizionandolo sulla splendida canzone "The river", colonna sonora
ideale per come mi sentivo in quel momento: uno schifo.
AND THEY CAME FROM THE RIVER
AND WE FALL INTO THE RIVER
Avevo fatto innamorare due ragazze in un solo giorno:com'era possibile? L'unica
cosa che volevo era fuggire, scomparire, rendermi irriconoscibile, cambiar
faccia...oddio no, l'ultima no. Mi sentii come la protagonista del film
"L'isola" che per far in modo che torni il suo amante, si ficca degli
ami da pesca nel sesso e tira, come supplizio d'amore. Anche se nel finale si
scopre la verità, non è la donna ad essere sottomessa dall'uomo, ma la donna
sottomette ed è presentato in una splendida meafora: l'uomo entra in un
canneto, ma la telecamera si allontana svelando che quel canneto non è altro
che il pube della donna, nuda e sdraiata in una barca che sta affondando. Ecco,
io mi sentivo così, un po' vittima un po' carnefice
Mangiata la pizza finalmente ebbi il coraggio di aprire il pacco misterioso: mi
sedetti sul divano e ne osservai il contenuto, rimanendo scioccato, speravo che
fosse solo uno scherzo:
un orecchio, un orecchio mozzato giaceva in quel pacco scarlatto. Non seppi più
cosa fare e mi venne da vomitare, così chiuse il pacco e mi diressi in bagno.
Osservai il mio volto nello specchio: vitreo dal terrore, lo abbassai ed emisi
una sostanza solido/liquida di colore giallognola, mista con del sangue nel
lavandino. Lo stomaco cominciò ad uccidermi lentamente con un dolore
insopportabile: avevo vomitato ciò che avevo appena mangiato ed ebbi più fame
di prima. Mi pulii le labbra sporche di vomito con uno strofinaccio e, dopo
essermi tolto la cravatta e la camicia, per non sporcarli, lavai anche il
lavandino. Buttai lo strofinaccio ormai irrecuperabile e mi rimisi gli abiti.
CHi mi avrebbe potuto fare questo scherzo idiota e macabro? Sentii
rieccheggiare le campane come nel finale di "Le onde del destino" da
quanto ero confuso, così presi il pacco e lo buttai nella spazzatura, anche se
dopo pensai che forse era meglio portarlo alla polizia, ma non ebbi il coraggio
di riprenderlo in mano, e poi erano quasi le nove. Spensi lo stereo ed uscii di
casa, la chiusi con due scatti di chiave e in quel preciso momento salì le
scale Stefania che dava la mano al suo nuovo principe azzurro, veramente la
sentii dal momento in cui mise il piede sul primo gradino, poichè faceva la
civetta e rideva in modo a volume esagerato, ma non appena mi vide zittì : mi
fece passare ed entrò in casa con il ragazzo, io invece scesi le scale ed
arrivai alla dimora di Michela...
"Ciao" mi disse la ragazza facendomi cenno di entrare e chiudendo la
porta dietro di me non appena lo feci.
"Ciao" mi rispose: indossava una magliettina aderente verde, una
gonnellina a balze lilla e degli scaldamuscoli marroni, sembrava una bambina ed
era scalza. "Scusa per il disordine" disse ancora una volta,
intontendomi poichè la casa era ancora una volta impeccabile e candida come la
neve. Mi chiese di seguirla in camera sua e, senza rispondere ubbidii. Mentre
stavo per arrivare stava chattando con Tallulah via msn e mi domandò di
aspettare un attimo.
Michela- Claudia cm sta???
Tallulah- Xk me lo domandi???
Michela- Non te l'ha inviato anche a te quel messaggio?
Tallulah- NN lo so, il mio cell era spento xk scarico...cs diceva?
Michela- Diceva di essere nei guai e chiedeva aiuto
Michela- SN preoccupata
Tallulah- Senti, ma è vero ke Daniele sa del tuo segreto???
Michela- SI, e allora???
Tallulah- Sai, non vorrei ke gli dicessi anke il mio... insomma il mio è molto
più grave del tuo
Tallulah- In fondo non tutti i giorni una ragazza è...
Michela- Ok, ok---ho capito e no, non gliel'ho detto
Tallulah-ptfiu!
Michela-Adesso è qui cn me
Tallulah- Ki?
Michela- Daniele
Michela- è in camera mia
Michela- Ma fidati, nn credo ke stia leggendo la chat
Tallulah- Ok...ma kiedigli il suo nome...voglio sapere come si kiama veramente
Michela-No...mio disp...ma nn è colpa mia se ha la faccia da Daniele
Tallulah- Ah...Ah...Ora vi lascio soli allora
Michela-Ok...ciao...TVB
Tallulah-IDem
poi Michela chiuse la conversazione, mise come profilo Msn "occupato"
ed estrasse uno scatolone dalla scrivania e mi spaventai: non è che la ragazza
è una Sadomachista??? Non era possibile, dopo l'episodio dell'orecchio stavo
nutrendo una fobia per gli scatoloni...che scemo!!! è solo che ebbi il terrore
di scoprire qualche atroce segreto...
Infatti nello scatolone si celava qualcosa di inquietante...qualcosa che
avrebbe cambiato per sempre la vita di una persona, constringendola persino a
cambiarle l'identità...il volto, una ragazza ha dovuto abbandonare il passato a
causa di quel contenuto: lettere con parole crudeli, macabre, che si susseguivano
una più truce dell'altra. eppure quella scrittura mi sembrò familiare: quei
tratti così pesanti e marcati, le O e le U molto larghe, mentre le M e le A
erano molto strette.
"Un momento...forse so chi è stato a mandartele..."
"Cosa?"
"Sì...arrivo subito" dissi precipitandomi alla porta e uscendo,
mentre Michela urlava: "Dove vai? Dove vai? Torna qui!"
"Arrivo subito"
corsi più veloce che potei, arrivando a destinazione: quella scrittura era
senza dubbio di Thòr, unica e irripetibile, ma la ricordai proprio come se
fosse mia. Ma perchè avrebbe dovuto inviarle quelle lettere così schifose? Mi
fermai davanti all'uscio e notai la presenza di una cravatta nera legata alla
maniglia, così bussai, chiamando il nome del mio amico. Non stava facendo
sesso: tantè che i rumori che provenivano dall'interno non erano orgasmi, ma
vere e proprie lamentele di dolore. Preoccupato e senza rispettare la privacy
entrai ed ebbi una brutta sorpresa: i muri della casa erano tappezzati di
fotografie che ritraevano Michela, ma non solo: sul pavimento comparivano anche
delle gocce di sangue che si seguivano una dopo l'altra, come se fossero in
fila indiana. Le seguii con il terrore e la tensione che non smettevano di
crescere. Conducevano alla camera di Thòr, ed ogni passo che compivo le gocce
diventavano più grandi e scarlatte. Thòr era sul letto: le lenzuola macchiate
di sangue e sul cuscino un mazzo di ami da pesca intrisi di liquido rossastro.
Cos'era successo in quel momento????
Michela stava diventando un'ossessione per lui, dopo averla conosciuta
durante un viaggio estivo a Seul, s'innamorò di lei e scoprendo dove abitasse
si trasferì a Milano, poi per vari motivi i due non poterono mai parlare e così
Thòr pensò che l'unico me
Michela stava diventando un'ossessione per lui, dopo averla
conosciuta durante un viaggio estivo a Seul, s'innamorò di lei e scoprendo dove
abitasse si trasferì a Milano, poi per vari motivi i due non poterono mai
parlare e così Thòr pensò che l'unico mezzo per il quale poter comunicare con
lei sia quello di spaventarla, di insultarla e minacciarla con parole crudeli
scritte nella sua inconfondibile scrittura marcata. Ma qualcosa andò storto:
Michela si cambiò il volto e la casa e lui ne perse le tracce. Cercò di
dimenticarla, andando con altre donne, ma fu inutile: Michela era un suo chiodo
fisso, e 'incontro con l'ultima sostituta finì in tragedia. Kaori si rifiutò di
avere un rapporto con lui, facendo scattare l'ira del ragazzo: la fece a pezzi
e la nascose nella cantina di casa sua. Poi, sopraffatto dalla colpa e dalla
disperazione ingoiò il mazzo di ami da pesca con l'intenzione di suicidarsi, ma
il dolore non gli diede coraggio, riuscì ad espellerli. Questo era ciò che mi
ha confessato e potrete immaginare il mio volto insieme sorpreso e disperato e
terrorizzato. Sbiancai: il mio amico in realtà era un pazzo omicida-suicida.
Dopo la rivelazione, spaventato scappai. Ero sporco di sangue sulla camicia,
sulla guancia e sulle mani. Non vedevo l'ora di tornare a casa di Michela e
levarmelo di dosso. Ormai era quasi mezzanotte e rientrai a casa. lei si era
addormentata sul divano aspettandomi, ma non la svegliai: mi tolsi le scarpe,
come lei voleva da tradizione orientale, e raggiungendo il bagno notai che nel computer
in camera di Michela era apparsa una finestra di Messenger. Era Tallulah. A
quanto pare deve averla contattata soltanto pochi minuti prima che arrivassi e
non ottenne risposta, così mi avvicinai alla tastiera: volli conoscere il suo
segreto.
Mentre mi avvicinavo al computer cominciai stranamente a pensare che l'orecchio
appartenesse a Kaori, ma subito cancellai il pensiero, poichè automaticamente
mi sopraggiunse la disgustosa immagine dell'orecchio mozzato e mi vennero i
brividi. Tallulah mi trillò e io cominciai a scrivere:
io-ciao
Tallulah-Era ora che ti sbrigassi
Io-scusa ero sotto la doccia
Tallulah-Daniele se n'è andato?
Io-No, è qui cn me...si è addormentato sul divano
Io-Ke tenero
Tallulah-Sisi
Ogni tasto che pigiavo veniva lacerato da una sanguigna impronta digitale, il
sangue non voleva andarsene dalle mie mani. Ero scioccato.
Io-Xk mi hai contattato?
Tallulah-Claudia
Tallulah-Ha inviato anke a me quel mex
Tallulah-Sn preoccupata
Tallulah-Ha il cell spento ora
Tallulah-Cs facciamo?
Io-NN lo so
Io-Senti ma xk hai pensato che io avrei detto il tuo segreto a Daniele?
Tallulah-csì
Tallulah-Xk gli hai detto il tuo
io-sì, ma cmq nn gliel'avrei mai detto
Tallulah-Meno male...nn devo saxe ke sn un uomo
un uomo? quel giorno si rivelò il più scioccante della mia vita: prima la
scoperta della natura omicida di Thòr, poi la rivelazione di Tallulah...era un
transessuale...
per un attimo non esistì più niente, non ragionai più...tanto che stupidamente
risposi: "Sei troppo giovane per fare un'operazione di quel tipo"
Tallulah-Ma 6 tu Michela?
Tallulah-Kazzo, dimmi k 6 tu, Michela
Tallulah- Rispondi
-trillo-
Tallulah-Rispondi
Io-Sì, sn io
Tallulah- 6 Daniele
Tallulah- Figlio di puttana, dv è Michela?
Tallulah-Fanculo
e si disconnesse.
Rabbrividii. Tallulah un transessuale? com'era possibile? Non volevo
crederci...dai...è assurdo. In quel momento, però, purtroppo arrivò² Michela
che mi sorprese al computer.
"Che stai facendo?" mi domandò
"Scusa, volevo chiedertelo prima, ma non volevo svegliarti: volevo andare
un attimo su msn a mio nome per vedere se qualche mio amico era in linea"
mentii "arrabbiata?"
"No...no...figurati"
Rimase sull'uscio della porta a braccia conserte e mi guardò con sospetto non
appena mi alzai "perchè¨ sei sporco di sangue?"
"Thòr ha cercato di suicidarsi e l'ho salvato"
"Thòr chi?"
"è un mio amico...è lui che ti ha inviato quelle lettere"
"Cosa? e non ti ha detto perch�"
"No"
"Capisco...comunque dammi la camicia ti do qualcosa in cambio...sporco di
sangue sembri un serial killer" davanti a quella affermazione non potei
non lasciarmi sfuggire un sorriso. Mi avvicinai e lei cominciò a turbarsi, lo
notai dall'espressione
"Che vuoi fare?" mi domandò
Non risposi e continuai ad avvicinarmi finchè la sua bocca non divenne la mia,
un' unica metà .
Ero io ad entrare nel canneto.
Ero io ad entrare nel canneto.
Michela cominciò ad urlare , a estendere le labbra e tirare i capelli indietro.
Me la immaginai come Tori Amos ad un concerto: l'abito da sera strappato su di
un fianco, le gambe aperte, il sudore che le scende dalla fronte e giù dalle
gambe. La possedei, la marcai fino a che mi fermai quando tra le urla Michela
riuscì¬ a dire "Ti amo". Un'affermazione così¬ semplice da farmi
paura. Mi staccai e tuttavia iniziai a baciarle il collo, a succhiarle il
nettare di vita...Poco dopo mi tirai su i jeans e lei mi propose di andare in
piazza Duomo: "Voglio parlare con te fino all'alba e godermi la
notte"
In effetti parlammo tutta la notte e sebbene i miei occhi soffrissero parecchio
la mancanza di un letto, il tempo passava velocissimo con la compagnia di
Michela. In breve tempo arrivarono le 2, le 3, le 4 e la città ci apparì morta,
deserta e lugubre: nessuno passava, se non qualche auto per caso o qualche
casuale astante che si fumava una canna o prendeva dei preservativi
all'apposita macchinetta. Degli indefiniti battiti house venivano da chissà
dove e la finestra di un appartamento rimase accesa per tutta la durata della
penombra, ma oltre a questo tutto era morto, tutto era desolato, tutto deserto.
Persino la luna sembrava essere scomparsa, poiché l'unica luce di quei momenti
era data solamente dai lampioni posti ai lati delle strade così trafficate di
giorno che sembravano irreali viste a notte fonda. Conversammo di tutto ciò che
ci stava capitando di strano, le confessai del crimine che Thòr aveva commesso
e lei mi disse di essere pesantemente preoccupata per Claudia, che teneva il
cellulare spento. Verso le 5 la stanchezza mi stava uccidendo e grazie a Dio
non diede tregua nemmeno a Michela, che mi propose di dormire a casa sua.
Acconsentii, immaginando di non disturbare Stefania, che stava forse facendo
scintille con la nuova scoperta. Mentre tornammo a casa pensai al fatto che
forse Stefania voleva ingelosirmi, ma non appena Michela mi disse che il mio
letto sarebbe stato il divano candido supermorbidissimo cancellai il pensiero e
mi ci scaraventai sopra, senza togliermi nemmeno le scarpe. Lei mi disse di
fare attenzione a Hello Kitty, il suo famoso gatto color crema dagli occhi
azzurrissimi, che essendo un maschio riconosce altri individui del suo stesso
sesso ed era pronto ad attaccarmi, ma probabilmente non la ascoltai, poiché mi
addormentai all'istante. Il sonno però non fu affatto felice: i miei sogni
continuavano a giocarmi brutti scherzi. Stavo possedendo Michela contro il muro
bianchissimo della sua camera, mentre a noi si avvicinavano sempre di più pezzi
di Kaori che perdevano sangue a fiotti. Per fortuna (o no) mi svegliai a metà
sogno: colpa di un urlo liberatorio di Michela, disperato come non pochi e
ricco di terrore. Guardai l'orologio: sei e trenta di mattina, avevo dormito
solo poco più di un'ora, ma mi sembrarono solo due minuti. Avevo due occhiaie
che arrivavano al pavimento, ma andai a controllare Michela: stava piangendo e
abbassò il ricevitore del telefono. Era di spalle.
"Chi ha chiamato?" le domandai preoccupato, liberandomi della
cravatta che ormai mi stava per strozzare
"La polizia"
Panico. Forse Thòr si è risuicidato, avrebbero trovato delle prove lasciate da
me e avendo sospettato di omicidio mi starebbero cercando, avrebbero
controllato le mie amicizie, le avrebbero contattate e io sarei finito in
carcere da innocente per una ventina d'anni.
"Ch-che cosa? La polizia?"
"Claudia è morta"
"Cosa? Morta? Non può essere!"
"Sì invece è morta...si è gettata sotto un treno in corsa e ciò che è più
strano è che al cadavere manca un orecchio"
Rabbrividii...
"C-cosa?"
"sì...è stranissimo...e sono sconvolta...non so cosa fare"
"Io me ne vado oggi...quindi...addio"
ripresi la cravatta e mi avvicinai alla porta, ma lei cominciò a piangere:
"Non andartene, ti prego...non andartene"
Non volevo più saperne di nulla, non volevo rivedere nè Tallulah, nè Stefania e
nè Michela...sebbene provassi qualcosa per lei "Resta con me"
"Mi dispiace, Michela...devo andarmene...il treno parte fra quattro ore e
devo andare a casa di Stefania per fare le valigie"
detto questo uscii silenziosamente dalla porta senza salutare e, correndo,
raggiunsi la casa di Stefania. Erano da poco le sette e, come sospettabile, la
ragazza stava ancora dormendo... il suo spasimante se n'era andato.
Feci le valigie e, con l'intenzione di guardarmi un po' di TV a basso volume
per non svegliare la ragazza dormiente, presi il telecomando dal tavolino
accanto al divano e notai che accanto ad esso era posizionato anche un
bigliettino stropicciato con rabbia che recava una scritta. Era per me.
lo lessi:
"Amore mio,
Vedi...io ho capito che senza di te non sono nulla
nessuno potrebbe salvarmi dal mio stato di rancore e disperazione
nemmeno Luca, il ragazzo che conobbi ieri...
quello con cui mi hai vista entrare
ora, io non voglio forzarti amandomi...
vorrei solo che tu mi consideri come una ragazza che farebbe di tutto per te
ma non basta....Io ti voglio
Io ti voglio...
e sebbene Luca scopi alla grande quello che provo per lui non è amore
l'ho scoperto solo pochi minuti fa...
Volevo solo farti ingelosire ma non ci sono riuscita....
Perdonami...So che non faresti nulla senza Michela...
quindi Perdonami....Perdonami"
Mi spaventai...Stefania stava dormendo, dormiva troppo
Mi avvicinai con il cuore in gola a quel corpo leggermente sonnecchiante
Mi avvicinai con il cuore in gola a quel corpo leggermente sonnecchiante. Le
baciai il collo, ma non rispose, così notai con particolare sgomento che sul
pavimento giaceva una boccetta di medicinali in pastiglie vuota per metà.
Sonniferi, credo. Mi lasciai andare, non ebbi il coraggio di controllare se
fosse morta o se invece stava solo dormendo e quella boccetta era lì per puro
caso, ma comunque ebbi così tanto terrore da non riuscire nemmeno a respirare.
Caddi sul pavimento e i primi raggi del sole iniziarono a filtrare dalla
finestra illuminando l'esiguo corpo di donna. Mi rialzai, indietreggiai, per
poi scappare abbandonando le valigie in soggiorno. Scesi velocemente la scala a
chiocciola, ansimando come un ebete. Il sangue era ancora impresso sulle mie mani
e sulla camicia. Perchè mi stava capitando tutto a me?Perchè stava capitando
tutto a me? Erano poco più le otto del mattino e mancavano meno di tre ore
all'arrivo del treno che mi avrebbe portato via dall'orrore e dall'incubo di
quella maledetta città. Già, nonostante l'orario, le strade cominciarono a
gremirsi di studenti e lavoratori. Ammazzando il tempo, girovagai per le strade
di Milano. Giunsi ad un distributore, ricordando di avere particolarmente fame.
Lo stomaco mi lasciava un dolore lancinante, non mangiavo da un po'. Presi un
mars, quindi, con una moneta da un euro trovata per caso nelle tasche dei
pantaloni. Ma, nonappena lo presi in mano ebbi una
strana visione: io che rientravo a casa di Michela, con la barretta di
cioccolato in mano. Lei era lì, davanti all'ingresso, in piedi, che mi
sorrideva. Il suo sorriso era talmente languido e dolce da intenerire. Il volto
era contornato da capelli biondi-rossi mossi, la pelle chiarissima come quella
di una bambola di ceramica. Labbra rosse, scarlatte, come il fuoco. Non disse
nulla e io stetti impietrito. Di scatto, si sedette per terra. Indossava un
vestito da sera nero, di seta, con i contorni di pizzo. Aprì le gambe,
alabastrine e bianche. Esili. Non indossava le mutandine. Tirò indietro la
testa con audacia, mentre i capelli seguivano quasi una danza ipnotica. Mi
mossi, non ne ero consapevole ma mi mossi verso di lei con passo catatonico,
sguardo assente. Lei era lì. Era lì solo per me. Il sudore che le scendeva
leggermente giù dalle gambe era pura gioia, un sapore intenso di amore e morte
in contemporanea. Tu sei mia, Michela. Tu sei mia. Mi avvicinai ancora di più,
mi inginocchiai e mi trovai immediatamente in mezzo alle sue gambe, così ardite
e scondizionate. Sinfonia di violini. Mi protesi per infilarle il mars. Un
urlo. Di piacere, intenso.
"AAAAAAAH" sospiri profondi, quasi una nenia ritmica. Il cioccolato
si sciolse, gocciolandole giù dalle gambe. Sulle pareti si rincorsero delle
ombre cinesi velocemente, sotto la luce immensa di una lanterna forse per buona
visione ed atmosfera inebriante.
Ritornai cosciente. Quella visione mi turbò. Gettai a terra, senza rimorso il
mars e continuai a girovagare. Dietro di me vidi Kaori, era bellissima: vestita
di bianco e con i lunghi capelli neri che le cadevano come cascate sulle
spalle. I suoi occhi a mandorla donavano qualcosa di sensuale nel suo volto.
Spiazzai. Ed ecco che aprì la sua bocca con un rumore sinistro, malefico. schrisissoschcui. Le schizzò del sangue dalla bocca, a
fiotti. Una visione inquietante anche per il fatto che stava sorridendo. Era in
procinto di dire qualcosa se potevo considerare quei bruschi rumori che emanava
come parole, ma di colpo ritornai alla realtà.
cominciarono a cadere le prime gocce di pioggia, ma
non me ne curai e continuai a camminare. Era la tipica pioggia estiva, gocce
rare quasi inesistenti che, sulla pelle pizzicava leggermente.
Era presente, ma così leggera ed astratta che non sarebbe riuscita a lavarmi il
sangue da mani e camicia. Quella pioggia mi fece tornare un'idea strana:
Michela che camminava per quella stessa strada che percorrevo, in abiti
succinti. La pioggia le accarezzava la pelle, la denudava in un certo senso.
Non me ne accorsi ma aveva con sè un vibratore, proprio come nella scena hard
di "A Snake Of June". Sospiri Languidi. Sospiri Languidi. Mi ripresi
in fretta e Continuai a camminare, quando all'attesa di un semaforo verde notai
accanto a me la presenza di una ragazza alquanto stramba: I capelli neri calati
sugli occhi, la pelle bianchissima dalla tonalità quasi smorta, ma soprattutto
le mancava un orecchio. Orripilato davanti a quella visione le chiesi chi
fosse, ma non appena si accorse della mia presenza, attraversò di fretta e
furia la strada, ma purtroppo per lei una automobile
distratta giunse proprio in quel momento e la travolse. Non riconobbi mai il
suo volto: nello scontro si era tumefatto e sotto il capo cominciava a fluire
una pozza di sangue. Intorno all'incidente, oltre a me c'erano il guidatore,
piuttosto corpulento, dalla carnagione olivastra e dai capelli neri e
riccioluti che, sceso dalla macchina piagnucolava come un bambino dicendo
"Non ho fatto apposta, è sbucata all'improvviso", la moglie che tentava
di tranquillizzarlo, magrissima, occhi leggermente a mandorla ma non da
orientale e lunghi capelli castani che superavano di poco le spalle. Oltre a
loro cominciarono ad ammucchiarsi una miriade di persone come mosche attratte
da una carcassa o da un escremento. Le persone più impressionabili si tappavano
la bocca o urlavano, una graziosa bimbetta bionda sui sei anni cominciò a
piangere, mentre altri (come me) rimasero disgustati, ma non dissero una parola
da quanto erano impietriti dall'orrore. All'improvviso un
urlo squarciò quel momento desolato e malinconico: un urlo di disperazione e di
rancore che però, parve incuriosire soltanto me: mi voltai e scoprii che la
fonte di quello sfogo era Michela, che terrorizzata accorse alla metropolitana
e scese in fretta le scale. La seguii.
Continuava a correre con quelle sue magre gambe da gazzella, pur sapendo della
mia presenza. Cominciai a chiamarla, ma lei si arrestò solamente quando giunse
davanti al manifesto della giapponesina a cui erano stati sostituiti gli occhi
sostituiti dai nostri. Un solo corpo...una sola anima...forse
si fermò soltanto per il ricordo di quella sua stessa affermazione. Tuttavia mi
tenne le spalle.
"Cosa sta succedendo?" le chiesi, sperando che avesse una risposta
"Se te lo dico non ti arrabbi vero?" esclamò lei cercando di
trattenere alcune lacrime ribelli.
"Claudia non si era suicidata per davvero... abbiamo finto il suo suicidio
pensando che tu fossi rimasto con me...so che è stata
un'idea sciocca però pensammo che...avrebbe potuto...potuto funzionare...ma non
è stato così" "E l'orecchio? Che mi dici
dell'orecchio?"
"Quello non c'entra...è stato il suo ragazzo a
tagliarlo, o meglio suo fratello..." "Cosa? Non capisco..."
"Sì, quello...quello è il segreto di
Claudia...ecco lei ha una storia con suo fratello...ha rischiato anche di
finire in cinta...solo che lui è un po' matto e le ha tagliato l'orecchio. Dopo
di che l'ha impacchettato e te l'ha lasciato come regalo" quelle ragazze erano dei mostri: una con la faccia
rifatta, un transessuale e una che ha una relazione con il fratello. Rimanemmo
in silenzio, poi quando si voltò un raggio di sole invase la metropolitana e
lei, ansimando riuscì a dire: "Dimentichiamo tutto, viviamo insieme".
Aveva il volto devastato, ma sensuale come quello di
Charlotte Gainsbourg o quello di Pamela De Barres negli anni '70 e il suo
ansimare a fatica si trasformò ben presto in una serie di orgasmi degni della
Jane Birkin di "Je t'aime moi non plus". Ci sdraiammo sul pavimento,
ci baciammo e per noi non esistette più nient'altro se non noi stessi. Ero
innamorato e nonostante il terrore per ciò che avevo appena passato restai. Una
miriade di treni (compreso il mio) sfrecciarono davanti a noi. Michela mi si
avvicinò, mi accarezzò il viso e mi sussurrò dolcemente all'orecchio:
"Ora voglio saperlo"
"Che cosa?"
"Il tuo vero nome"
"No, almeno...non ora..." le dissi
sorridendole.
per sempre insieme, la puttana e il suo uomo.
FINE