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Visto che su efpfanfic ho pubblicato “Head” senza html ho
deciso di farlo ora inserendo il codice, in modo che la lettura possa essere
più piacevole :D
Era una giornata di primavera piuttosto soleggiata quando l'orrore cominciò
a colpire lentamente chiunque ne venisse a contatto. I raggi del sole
filtravano attraverso il vetro opaco della stanza di Kobayashi.
Kobayashi era un uomo sulla trentina, ma che dimostrava almeno dieci anni in
meno. Nessun segno d'età pareva colpirlo sul volto: faceva regolarmente
palestra, era vegetariano e quando aveva un momento libero non disdegnava di
fare qualche addominale o una corsetta intorno casa.
Nonostante la sua bellezza fisica, però, non era mai riuscito ad avere una
ragazza fissa, forse per il suo pessimo carattere e per la sua ambizione
libertina.
La sveglia sul comodino sengnava le 10.43, non appena aprì gli occhi,
scaldati dal sole tiepido. Si stropicciò gli occhi. Davanti a lui la camera gli appariva appannata e straziante.
Cercò a tastoni qualcosa da mettersi, dall'armadio
e si vestì a casaccio. Una maglietta grigia a maniche lunghe e un paio di jeans
scoloriti. Piedi nudi. Il pavimento era freddo sotto i suoi polpastrelli.
Sembrava che qualcuno ci avesse alitato sopra con un sospiro glaciale.
Kobayashi sarebbe dovuto uscire con alcune ragazzine del liceo che aveva
incontrato in un karaoke al centro di Tokyo. È bastato dire
un "hey! Ragazze!" e loro sono cadute subito
ai suoi piedi a causa del suo prorompente fisico. Sarà anche rozzo, ma Kobayashi sapeva certamente sfruttare le sue armi
di seduzione. Il luogo dell'incontro? Un vecchio cinema a luci rosse in
periferia, dopotutto lui aveva 29 anni, sarebbe stato come l'accompagnatore per
le minorenni, se non un ipotetico genitore molto precoce.
Ancora con la stanchezza sulle spalle, il ragazzo si avviò verso la cucina
dove si versò un bicchiere di latte.
Una fontana di bianco candore che riempiva un corpo vuoto di solitudine e
vetro. Lo prese e andò in soggiorno, dove accese il televisore.
Una suadente ragazza stava leggendo con un sorriso ambiguo le notizie del
giorno. Lo sguardo di Kobayashi si perse dove la scollatura dell'abito rosso si
faceva più biricchina.
"Ed eccoci ad un'altra notizia agghiacciante, con la
vostra Mitsuko Nomura, sempre pronta a tenervi in perfetto aggiornamento con le
novità in Giappone e nel mondo intero. Questa mattina è stato ritrovato
a pochi metri da Tokyo, sui binari del treno il corpo di una giovane ragazza.
Si chiamava Joy Barker e avrebbe dovuto compiere ventidue anni tra soli tre
mesi. Il corpo è stato ritrovato con diversi tagli e con la testa nettamente
amputata. L'identificazione ci è stata permessa grazie ad un
singolare tatuaggio che la ragazza portava appena sotto l'ombelico" un
breve flash mostrò una fotografia della ragazza quando era ancora in vita:
bella, sorridente e in salute. I capelli neri le cadevano sulle spalle
con grazia e sensualità. Gli occhi a mandorla profondi e bellissimi sarebbero
riusciti a sedurre chiunque. "Nessuna traccia della
testa è stata ritrovata, nemmeno sotto il treno che l'ha travolta.
Sembra sia scomparsa misteriosamente. Il corpo è stato ritrovato dal
macchinista Suneo Sugimoto, che è riuscito malapena a scorgere il cadavere
sulle rotaie, ma che non ha potuto evitare il brusco impatto. A quanto il
nostro testimone ha ammesso, la testa è stata mutilata proprio a causa
dell'impatto con il treno."
Kobayashi prese in mano il bicchiere e ne bevve il contenuto.
"Questi cazzoni di sbirri!" esclamò il ragazzo "Cercano
sempre di trovare qualcosa di soprannaturale dietro la morte di una puttanella
qualsiasi. Chi li capisce è bravo!"
Un rumore sordo proveniente dalla camera da letto lo fece sussultare.
Dei brividi gli cosparsero la schiena, salendogli fino in cima e odorare il
terrore che provava in quel momento. Era solo un piccolo rumore, eppure,
Kobayashi ne era terrorizzato. Lui che era così coraggioso, così bellissimo.
Lui che non era il tipo da spaventarsi facilmente. Si vergognò e fece finta che
quel rumore non ci fosse mai stato.
Cambiò canale e si concentrò su una puntata piuttosto idiota dei
Teletubbies, quando un rumore ancora più sordo e acuto lo fece sobbalzare dal
divano. Aveva il cuore in gola e batteva all'impazzata.
La paura era così forte, che il respiro veniva a mancare.
Volle andare a vedere.
Era sicuro che c'era qualcuno in quella casa,
qualcuno che non sarebbe dovuto esserci. Sotto i suoi passi, il parquet
scricchiolava e sembrava quasi una macabra colonna sonora, il tema reggente di
quella strana atmosfera che aveva pervaso l'abitazione. Più avanzava verso la
stanza maledetta e più il senso di inquietudine cresceva, cresceva sempre di
più, trasportando il ragazzo in una spirale senza fondo. Prima di raggiungere
la porta con il terrore nel corpo, Kobayashi decise di armarsi di coltello per
consolarsi, ma non riusciva ad allontanare il senso di panico.
Terrore che cresceva. Una danza macabra di brividi che facevano di Kobayashi
uno schiavo dei sensi.
Avvicinò la mano alla porta socchiusa e spinse.
"C-c-c-è qualcuno?" balbettò l'uomo con un
flebile sospiro.
Sullo schermo del televisore, intanto, i Teletubbies erano scomparsi, ora era
riapparso il telegiornale, che dava ulteriori notizie su quella morte
misteriosa.
Il terrore lo possedeva, non gli lasciava scampo.
Qualcuno gli alitò sul collo. Kobayashi si voltò ma non vide nessuno.
Accorse in soggiorno, ma non vide nessuno.
"Forse i miei sensi mi stanno ingannando" pensò stupidamente il
ragazzo, che si affondò sul divano a sfogliare una rivista, dopo aver spento la
televisione e dopo aver appoggiato il coltello sul tavolino accanto al divano.
Un tavolino, di gran classe, di legno lavorato a mano. Bastava avvicinare il
naso alla sua superficie per incontrarne un odore vintage, accogliente. Come il
passato.
Riuscì a riprendersi dallo schock iniziale, ma quando una voce sembrò
sussurrargli all'orecchio qualcosa di criptico ed inquietante, la sua
tranquillità andò a farsi fottere.
Ormai era perso. Si voltò verso il tavolino, ma il coltello era già
scomparso.
Ed ecco che il terrore ritornò ad indossare i vestiti del panico.
La tv si riaccese su quell'odioso telegiornale.
Kobayashi mise le mani tra i capelli ed iniziò a gridare, quando una mano lo
afferrò per una spalla.
Scattò in piedi, con il cuore che batteva come una pompa. La sua ugola liberava
rantoli, gemiti, lamenti.
Raggiunse la porta di ingresso, ma nulla da fare:
era chiusa. Le chiavi erano scomparse. Cercò di sfondare la porta, ma qualcosa
gli bloccò inesorabilmente il piede. Era qualcosa di viscido, che emetteva
strani rumori e scricchiolii.
Abbassò lo sguardo, mentre la pelle cominciava a farsi fredda. I brividi la
attraversarono e la squarciavano di paura.
Una lunga chioma di capelli neri gli teneva stretta la caviglia. Kobayashi
era in trappola.
Si voltò con lentezza, con il volto segnato dal brivido: quei capelli
provenivano dalla misteriosa testa mozzata della ragazza del telegiornale. Era
in casa sua e dietro di se si trascinava una scia di sangue.
Ciò che restò di Kobayashi fu solo un urlo soffocato dalla morte.
(APPUNTO: LA PROTAGONISTA PARLA IN PRIMA PERSONA ED è UNA DONNA
(APPUNTO: LA PROTAGONISTA PARLA IN PRIMA PERSONA ED
è UNA DONNA. MA L’AUTORE NO, QUINDI NON DATEMI DELLA DONNA :D
GRAZIE…)
Seduta a braccia conserte, con la testa nel centro del limbo di braccia
divagavo in solitudine sui progetti del pomeriggio, quando Yoko mi chiamò con
un cenno. Era la pausa pranzo e gli onigiri che mi ero preparata quella stessa
mattina lasciavano a desiderare: emanavano un cattivo odore. Diciamocelo pure:
io e i fornelli non siamo affatto in simbiosi.
Seguii la mia amica che stava per andare in bagno. Come ogni giorno ci
rinchiudevamo in bagno alla pausa pranzo e ci rifacevamo il trucco.
Ero nel banco da parte alla finestra e ogni volta che il vento entrava mi
scombinava i capelli, come se una mano invisibile mi accarezzasse la testa e
finisse nella profondità della mia cute, scombinando tutti i miei pensieri
futili.
Era una ragazza di cui ci si poteva fidare, ma che ultimamente stava facendo
le solite cazzate adolescenziali: aveva cominciato a fumare, a bere, ad uscire
con ragazzi sconosciuti...
"La pausa pranzo sta per finire" sbuffò Haruna.
"Cos'è? Finalmente ti sei decisa a studiare
chimica e non vedi l'ora di fare il test?" le chiesi prendendola,
ovviamente in giro
"No" rispose serissima Yoko, mentre ripassava le sue labbra di
pesche e rose con un rossetto degno di una battona di quart'ordine, guardandosi
allo specchio "Non ho aperto il libro"
"Ma brava...stai rischiando di perdere l'anno lo
sai? Come farai con il test di oggi?" Incalzai
"Non voglio venire bocciata...infatti il test
non lo faccio"
"In che senso scusa?"
"Beh anche io non ho studiato parecchio" sorrise Haruna,
coprendosi la bocca con la mano. Un gesto molto lolitesco. "è che ieri
sono uscita con Kenji" "Cosa? Sei insieme a
Kenji? Quando? Siete insieme?" esclamammo tutte a gran voce, in un coro
incredibilmente omogeneo
"No...non siamo ancora insieme" Pretenziosa. "è solo che
abbiamo delle storie"
"A proposito di ragazzi" riprese Yoko "Ora devo andare"
"Che cosa? Ricontinui a bigiare?" la
schiaffeggiai psicologicamente
"Sì...devo vedermi con un ragazzo" "Chi? Chi?" Kyoko voleva
sapere.
"Vi racconterò tutto stasera su msn"
"Cosa diremo ai prof?" Chise Kyoko con le scintille agli occhi
"Dite loro che sono stata male e che ho chiamato i miei genitori"
Restammo in silenzio, guardando Yoko scomparire dietro la finestra del bagno.
Arrivò nel cortile sul retro e corse via, scavalcando il cancello.
Indisturbata.
"Che romantica la nostra Yoko" esclamò Kyoko estasiata.
Romantica come un pugno in un occhio.
Quando Yoko correva sembrava una gazzella. Le sue gambe sembravano grissini,
sembrava si dovessero spezzare, facendola cadere a terra e invece no: ogni
passo che compivano diventavano sempre più indistruttibili, sempre più
surreali. E in quel momento Yoko correva, correva, correva con audacia. Sotto i
pulsanti battiti del sole.
Raggiunse il centro in fretta e furia, con la sua inconfondibile corsa a metà
tra vamp e atleta. Era in ritardo e non ce la faceva proprio ad immaginare di
saltare un appuntamento così importante. Un figo come Kobayashi finalmente
l'aveva intravista alla salagiochi e le aveva proposto di uscire insieme a lui.
Ritirò fuori il biglietto dell'indirizzo dalla tasca della valigetta
scolastica e gli diede un'ulteriore occhiata.
Eccola la casa di Kobayashi! Una villetta a due piani, di colore bianco e
dal tetto rosso tegola. Di fronte all' ingresso, però, trovò una sorpresa poco
piacevole.
Tale inconveniente si chiamava Kazumi Konichi. Era una ragazza
insopportabile, sboccata ed irriverente, dalla chioma tinta di fucsia. Yoko non
riusciva ancora a capire se Kazumi voleva essere emo o punk. Ma cosa ci faceva
Kazumi davanti alla casa di Kobayashi?
Non volle saperlo. Si stava fumando una sigaretta in posa sexy, ma anche
incazzata.
Quella ragazza aveva ben poco di sexy, con la sua gonnellina di pessimo
gusto che indossava al posto dell'uniforme regolamentare. Gli insegnanti
l'avevano spesso richiamata per questo atteggiamento reprovevole, ma niente da
fare: quella stronza si presentava sempre a scuola con quell'odiosa gonnellina
da mercato delle pulci. Fu sospesa: inutilmente. Al termine della sospensione
continuò a vestirsi in quel modo.
Yoko si avvicinò con la sua solita corsa al campanello, tentando di ignorare
l'odiosa nemica.
Suonò il citofono, quando Kazumi la bloccò: "Che cazzo stai
facendo?"
"Sto per uscire con una persona"
"Non c'è!"
"Cosa?"
"Sì...non c'è ... quel bastardo doveva uscire con me, ma non risponde al
citofono, secondo me è uscito a fare qualche commissione e sta per tornare,
magari ha avuto un'emergenza..."
"Alt! Kobayashi ha invitato me! Non Te!" Urlò Yoko sperando fosse uno
scherzo. Avrebbe voluto saltarle addosso, strangolarla a morte e poi strapparle
pezzzi di collo con i denti.
"Può darsi...ma quell'uomo è uno stronzo di merda! Invita almeno due donne
ad appuntamento...è vergognoso"
"Mi stai prendendo in giro!"
"No...è così...oggi mi aveva promesso di uscire solo con me, perché mi
ama..."
"Cazzata!"
"Senti...facciamo così...prova ad entrare dal retro, io tento di scassinare
la porta"
"Cooosa?"
"Non ti vuoi vendicare per questo brutto scherzo?"
"Non voglio mettermi nei guai e poi ancora non credo alle tue parole"
Uno squarcio malinconico invase il viso di Kazumi. Era una stronza, ma quando
diceva la verità lo si capiva subito: non riusciva a dire le bugie. Tutti la
stimavano per questo, anche se per il medesimo motivo spesso si rivelava
insopportabile. Non aveva mai detto una bugia in vita sua.
Sentiva di fare una cosa sporca, ma Yoko sapeva benissimo che era
necessario farla
Sentiva di fare una cosa sporca, ma Yoko sapeva
benissimo che era necessario farla. Lo sentiva dentro. Sentiva il suo cuore
spezzato, ridotto ad un mucchio di frattaglie senza scopo né amore. Sul retro
c'era una porta di ferro, affiancata ad alcuni nefandi bidoni della spazzatura.
Yoko cercò di aprire la porta, pensando a quanto dolore la notizia di Kazumi le
aveva procurato. Delle lacrime fugaci le sgorgarono dagli occhi, come se
fossero gocce di sangue e i suoi occhi fossero il suo cuore. Kobayashi non era
attratto da lei, dalla sua personalità, ma dalla sua fica.
Era questo che la faceva sanguinare dentro. Un lamento uscì dalla sua bocca di
rose.
Mentre, però, rabbiosa , divagava nei suoi
pensieri, qualcosa di viscido le toccò la gamba, facendola rabbrividire.
Si voltò lentamente ma dietro di sé non vide nulla e si tranquillizzò.
Poi un gelido sospiro si impossessò del suo corpo e ritornò l'inquietudine.
Si rivoltò con angoscia e lo sguardo cadde sull'asfalto grigioperla: vi
erano due strane ciocche di capelli neri, presumibilmente femminili.
Yoko le raccolse e le esaminò, quando con orrore le si allungarono nelle sue
stesse mani. Le lasciò cadere ed urlò. Un mostro che aveva in gola le aveva
straziato la voce in modo tremendo.
Volevo fuggire, ma era come impietrita, come se qualcosa la trattenesse
magicamente, come se fosse vittima di un fatale incantesimo e come se la sua
paura fosse più grande del suo volere.
Si lasciò cadere a terra, riuscendo a malapena a raggiungere il muro,
indietreggiando a carponi.
I capelli, nerissimi, continuavano ad allungarsi e a dirigersi verso di lei.
Yoko non smetteva di urlare. Le sue urla erano così strazianti da gelare il
cuore. Sperava che Kazumi la sentisse, ma non si faceva viva. Scattò
improvvisamente in piedi e corse all'interno dell'edificio utilizzando la porta
sul retro, che si era aperta di colpo. Pensava che la porta fosse stata aperta
da Kazumi e subito si sentì più sollevata. La stanza in cui si trovava era buia
e aveva qualcosa di minaccioso. Una inquietante
cantina. Le pareti erano intrise da ragnatele di perfetta creazione, tende
polverose. La sola luce che entrava proveniva da una piccola finestra sulla
parete di sinistra.
Di Kazumi neanche l'ombra.
Yoko cercò a tastoni l'interruttore sulla parete,
quando il suo tatto si scontrò con qualcosa di liquido e stranamente caldo.
Dell'interruttore nessuna traccoia. Più il tempo passava e più la paura emergeva
in apnea. La paura sembrava divorarle il respiro e dei brividi continuavano a
non lasciarle scampo, con la loro freddezza estrema.
Yoko avanzò lentamente nell'oscurità, quando inciampò in qualcosa. Cadde a
terra e tastò l'oggetto misterioso: Sembrava essere una torcia. Che fortuna!
Un lampo di dolcezza le invase il viso, lasciandole un inquietante e dolce
sorriso. La prese in mano e la accese. Luce intermittente.
Yoko si osservò le mani, cercando di scoprire cosa fosse la cosa viscida e
calda: sangue ed era fresco.
La ragazza puntò la torcia sulle pareti. Il bianco si scontrava con il rosso
del sangue che colava da ogni dove, correva giù dal tetto per finire sul
pavimento.
Cercò di non urlare e soffocò ogni suo respiro. Il sangue continuava con una
scia che si protreva sul pavimento. C'era qualcosa di disturbante e poetico in
quell'immagine, ma non riesco a spiegarlo con precisione.
Nonostante fosse terrorizzata, Yoko ebbe la stupida idea di controllare cosa
ci fosse alla fine della scia, che continuava ad essere visibile sulle grezze
piastrelle di terracotta.
Finì sotto un tavolo da lavoro. Su di esso attrezzi di ogni tipo: dalle
chiavi inglese alle seghe. IL respiro si fece più pesante e la torcia cominciò
a spegnersi ed accendersi ad intervalli rgolari.
Le pile erano quasi scariche e presto la stanza sarebbe stata trafitta
dall'oscurità.
Yoko la appoggiò a terra davanti alla cavità sul fondo del tavolo e si
inginocchiò per osservare. C'era qualcosa lì sotto. Qualcosa di inquietante,
qualcosa che non le avrebbe lasciato scampo.
Una testa di ragazza. Forse Kobayashi era uno spietato assassino che
ammazzava le puttanelle che gli capitavano a tiro. Yoko ansimò con dolore e
strabuzzo gli occhi, ma quando notò che i capelli della testa si avvicinavano
sempre più a lei e che i suoi occhi la stavano guardando, cacciò un urlo e la
torcia si spense definitivamente.
La pausa pranzo era già cominciata, quando io e i miei compagni
iniziammo il test
La pausa pranzo era già cominciata, quando io e i miei compagni iniziammo il
test. La scheda mi venne presentata davanti come uno schiaffo psicologico.
Odiavo l'atteggiamento del professore di chimica: quello sguardo così
pretenzioso, quasi urlante mi dava sui nervi.
Presi la mia penna come arma del delitto ed iniziai a mettere delle
"X" sulle caselle. Fortunatamente era più facile di ciò che pensavo.
"Yamazaki? Dov'è Yoko Yamazaki?" chiese indispettito il prof
" è uscita...stava male" la difese Kyoko "ha vomitato
perennemente in bagno e allora ha chiamato i suoi genitori"
"Che strano...proprio oggi che questo test avrebbe dovuto salvarle la
media"
Lo odiavo. Stava dubitando (a ragione) della giustificazione di Kyoko.
"Vorrà dire che farò un test solo per lei" continuava l'uomo
mentre sembrava fissarmi le gambe, che sgusciavano fuori nude dalla gonna alla
marinara blu della divisa scolastica. Alzai le calze bianche fino al ginocchio
e ripresi a rispondere le domande, quando all'improvviso la mente mi giocò un
brutto scherzo: immagini violente e velocissime mi si presentarono davanti agli
occhi: una testa mozzata di ragazza, del sangue, un occhio, neve, due bambine
che giocano, mani insanguinate...immagini inquietanti e macabre che
punzecchiavano la mia mente come se fossero aghi. Poi qualcosa mi toccò da
sotto il banco. Non ebbi il coraggio di guardare cosa fosse e feci finta che
nulla era successo. La testa si ripresentò nella mia mente: mi sorrise e mi
disse "ti ucciderò!"
A quel punto feci uno scatto e saltai in piedi urlando e coprendomi le
orecchie con le mani. Tutti i miei compagni si voltarono verso di me
spaventati.
"Chiharu? Che cos'hai?" mi chiese il professore con finta voce
paterna "Tutto bene"
Annuii imbarazzata, quando notai che il prof si stava indicando con un dito
il naso, come se ci fosse qualcosa di strano sopra il mio. Con il cuore a
mille, avvicinai l'indice destro e notai che un rivolo di sangue mi era sceso
dalle narici. Cacciai un altro urlo e corsi in bagno.
In bagno osservai il mio volto allo specchio. Non ero mai riuscita a notare
quanto fosse bianca la mia pelle, quasi me ne spantevo. Sembravo cadaverica. Il
rossetto rosso che mi ero messa la mattina risaltava troppo in quella landa
desolata che era la mia pelle. I capelli neri, poi, sembravano esattamente il
contrario di ciò che ero veramente: un paesaggio nordico pieno di fantasmi.
Fantasmi che tormentavano la mia mente, che non la lasciavano stare, non
riuscivano a farmi respirare. Mi sentivo quasi una matta, una matta che aveva
bisogno di convivere con i suoi mostri per poterli fermare. Mi pulii la bocca e
il naso. Delle gocce di sangue finirono nel lavandino e parevano quasi poesia.
Avevo un brutto presentimento per Yoko. Ero sicura che non
stava affatto bene.
Raggiunsi Yui, Haruna e Kyoko all'uscita di scuola, dopo aver passato un po'
di tempo in infermieria e dopo aver scoperto di aver preso ben 85 in quel test che non ero
riuscita nemmero a finire. La mia media in chimica si era nettamente alzata e
non potevo non esserne felice, tuttavia contenevo il mio entusiasmo come se
fosse stato qualcosa di magico e sacro, come se fosse mio.
Non riuscivo ad esultare, per il semplice fatto che ero preoccupata per
Yoko. Sapevo benissimo che le era accaduto qualcosa di grave.
Kyoko era emozionatissima perché era finalmente riuscita a prendere una
sufficienza in quella materia che tanto odiava. Aveva preso 70 ed era più
felice di me che avevo preso un voto più alto del suo. Mi uscivano alcune
lacrime.
Per tutto il tragitto a piedi le mie amiche non fecero altro che chiedermi
perché abbia urlato.
Ho loro risposto che non lo sapevo. Ed era la verità: Non sapevo il perché
di quelle immagini così violente nella mia testa.
Quando arrivammo davanti al mio condominio salutai le mie due amiche ed
entrai.
Il cortile era rettangolare e di terracotta, attorno ad esso si innalzavano
tre condomini diversi su tre dei lati di quella struttura rettangolare. Ogni
volta che entravo in quel cortile, mi sentivo in trappola e soffocavo.
Salii le scale, quando il mio cellulare suonò. Era mia madre.
"Pronto, mamma"
"Ciao, Chiharu"
"Volevo dirti che ho deciso di stare da Shinji oggi.
Mi porta a cena fuori e io ne approfitto per stare con lui anche il pomeriggio." In sottofondo una voce maschile continuava a dire
"dai...attacca" o cose come
"dai...su...salutala e basta". Mia madre rispondeva a quella voce con
degli "smettila" soffocati dalle risate. Non osavo pensare a cosa
stessero facendo in quel mentre, perché mi salivano i brividi. Shinji era il
suo ragazzo. Dopo che lei e mio padre avevano divorziato, mia madre non ha
fatto altro che cercarsi altri ragazzi, ben più giovani di me. Non sapevo
esattamente perché divorziarono. Ma sapevo che era per qualcosa di tremendo,
oscuro, non il solito tradimento. Ogni volta che ne parlavo, però, mamma
scoppiava ad urlare e a piangere e allora non le ho più chiesto nulla.
"Comunque, tesoro, appena entri in casa troverai del riso nel microonde. Poi puoi andare dalla nonna in ospedale a
farle una visita?"
"Ok" sbuffai
"Che c'è, tesoro? Brutti voti a scuola?"
"No...anzi...ho preso 85 in chimica, è solo che non
sei mai a casa e tocca a me fare sempre i lavori domestici e le
commissioni"
"Dai...lo sai che la nonna ti vuole
vedere..."
"non è per la nonna...ho visto che non hai
spolverato...ti ricordi che ci eravamo fatte i turni? Toccava
a te questa volta"
"Oh dai...ti prometto che la prossima volta
spolvererò per due volte di fila"
"Okay, voglio crederci"
"Ora vado Miss. Sarcasmo. Shinji mi chiama"
Riappesi, senza salutare e appoggiai il cellulare sul tavolino nella hall,
accanto alle chiavi, una volta che fui nel mio apppartamaneto. Ero stanca ed
affaticata e il tremendo presentimento verso Yoko cresceva sempre più dentro di
me, come una possessione indiretta. Lasciai all'ingresso la valigetta
scolastica. Mi spogliai all'ingresso, liberandomi della divisa e restai in
regisseno e mutandine. Misi la divisa in lavatrice e mi rivestii: avevo
intenzione di fare un po' di shopping dopo che ero andata a trovare la nonna.
Era da un po' di tempo che non dedicavo un po' di tempo a me stessa. Mi misi
una maglietta di seta porpora a collo a V, una gonna a balze nera e un paio di
splendide scarpette ciclamino rubate a mia mamma. Le
adoravo: quando ero piccola gliele rubavo di nascosto e me le indossavo. Una
volta indossate , mi trasformavo in una principessa.
Quando avevo sei anni, a causa di quelle scarpe, mi ruppi un piede: mi
andavano troppo larghe ed ero inciampata.
Mi diedi una rapida occhiata allo specchio: sembravo ancora cadaverica, ma
molto, molto più sensuale. Forse era la divisa scolastica che lasciava a
desiderare il mio aspetto esteriore.
Arrivai in cucina e feci girare il riso nel microonde
quando qualcosa attirò la mia attenzione: dalla finestra dei vicini di fronte
un luccichio mi stava occhieggiando. Dannazione! Ancora quel tizio!
Si chiamava Koji ed era pazzo di me. Mi spiava in continuazione attraverso
la finestra, con il suo bincolo di merda.
Lo ignorai e abbassai le tapparelle, poi presi il mio riso, un bicchiere
d'acqua e giunsi in salotto, dove accesi la televisione. Appoggiai il mio
pranzo sul tavolino e accesi il pc portatile che vi era appoggiato da parte.
Non vedevo l'ora di andare in città a fare shopping: se fossi andata al
centro commerciale in centro avrei incontrato Tetsuya, l'amore della mia vita.
Dirigeva un negozio di erboristeria e non conoscevo altro che il suo nome. Però
ne andavo pazza. Letteralmente persa.
Decisi di fare un salto su msn, avrei forse incontrato Haruna o Kyoko e
avremmo spettegolato un po', giusto per togliere la tensione che mi stava
opprimendo.
Contattai subito Kyoko, quando lei mi disse all'imporvviso "guarda il
telegiornale, canale 7"
Chiharu- Cos'è successo?
Kyoko- Tu guarda e basta
Ero terrorizzata.
Cambiai in fretta canale, con il cuore in gola. Una
notizia raccapricciante era presentata dalla medesima presentatrice televisiva
della mattina in cui si era perso Kobayashi: "Dopo il cadavere della
ferrovia, sono stati trovati altri due corpi con lo stesso modus operandi.
Si sospetta di un serial killer" continuò la donna "i nomi delle
vittime sono rispettivamente:
Joy Barker, 22 anni. Era Giapponese, ma probabilmente aveva il padre
occidentale, a causa del singolare nome che portava. La ragazza è stata
ritrovata questa mattina alle sei decapitata sulle
rotaie di un treno.
Kobayashi Nomura, 29 anni. È stato ritrovato brutalmente mutilato nel suo
stesso letto.
Yoko Yamazaki, 16 anni. È stata ritrovata nella cantina di
Kobayashi". Trasalii. Yoko era morta, ma, ma...com'era
possibile? La mia migliore amica dopo Kyoko era morta. Non ci volevo credere.
"Tutte e tre i cadaveri hanno il particolare sconcertante di avere la
testa mozzata. L'unica differenza è che se per Joy Barker la testa sia
scomparsa, per le altre due vittime non è così: i corpi di Yoko e di Kobayashi
risultano avere la loro testa tra le loro mani. una
vera scena da film dell'orrore non c'è che dire"
Spensi disgustata ed amareggiata il televisore, così come msn , senza rispondere agli incessanti trilli di Kyoko. Ero
disperata. Iniziai a piangere come una forsennata con le mani tra i capelli.
Era da tempo che non piangevo, pensavo di essere finalmente diventata forte,
di riuscire finalmente a sopportare anche il dolore più atroce, ma non era
così: ho scoperto di essere fragile, tremendamente fragile. La stanza era
inghiottita dal silenzio, un silenzio angosciante, surreale e straziante, come
la vita e le sue ingiustizie.
Non riuscivo a non pensare a Yoko. Il suo ricordo era talmente vivido che
non seppi darmi ragione. Arrivai pensino a pensare che fosse stata tutta colpa
mia, che avrei dovuto fermarla prima che si gettasse dalla finestra del bagno.
Ma questi miei pensieri non l'avrebbero riportata in vita.
Pensai invece che per distruggere la mia angoscia, avrei dovuto risolvere il
mistero da sola. Per amore di Yoko Yamazaki, la ragazza con cui dividevo le
caramelle all'asilo, la ragazza con cui facevamo le prove di bacio per non
apparire impreparate con i ragazzi, la ragazza con cui dividevo i miei segreti
più imbarazzanti...
Scattai in piedi ed uscii di casa, dopo aver preso di fretta e furia la mia
borsetta e il cellulare.
Nel frattempo, Kazumi Konichi che aveva dato l'allarme non appena vide
il corpo straziato di Kobayashi, era sottoposta ad un interrogatorio con il
detective Nakata
Nel frattempo, Kazumi Konichi che aveva dato l'allarme non appena vide il
corpo straziato di Kobayashi, era sottoposta ad un interrogatorio con il
detective Nakata. Il volto della ragazza appariva stanco e distrutto, molto
diverso da come lo aveva visto Yoko, prima di morire.
"Avevo appuntamento con Kobayashi" incominciò, sotto
l'agghiacciante sguardo del detective Nakata e dell'investigatrice Akane
"quindi sono arrivata che ormai era l'una di pomeriggio passata" la
sua voce possedeva qualcosa di irrequieto e spaventoso, qualcosa di magico ma
tremendamente oscuro. Stava dicendo la verità e lo si capiva, ma una verità
piuttosto mistica, astratta, delirante. I suoi sopsiri erano inframmezzati da
qualche singhiozzo e da qualche lacrima pungente. "Poiché non rispondeva
al campanello sono rimasta ad aspettarlo in giardino perché pensavo fosse
uscito per una commissione urgente e che sarebbe rientrato di lì a breve. Mi
accesi una sigaretta, quando arrivò Yoko ed abbiamo iniziato a litigare,
scoprendo che siamo state invitate entrambe da Kobayashi per un appuntamento
romantico a nostra insaputa"
"Mi faccia ragionare" la interruppe Akane "quindi, Kobayashi
solitamente usciva con più di una ragazza per appuntamento?"
"Sì" annuì Kazumi disperata "a lui delle ragazze interessava
solo ciò che è in mezzo alle gambe"
Nakata cominciò a sospettare di Kazumi.
"Ci ritrovammo, dunque, piuttosto sbigottite" continuò la ragazza
"non era la prima volta che quando uscivo con Kobayashi, c'era un'altra
ragazza a me sconosciuta. Quindi io e Yoko abbiamo deciso di entrare per
chiedere spiegazioni. Pensavamo che Kobayashi dormiva e non riusciva a sentire
il campanello suonare.
"Capisco" sospirò Nakata
"Senti, Kazumi" sussurrò Akane "C'era una ragazza che
Kobayashi portava sempre con sé durante gli appuntamenti, mentre eri presente
anche tu?"
Kazumi annuì
"Come si chiamava?"
"Joy"
"Come la..."
"Sì, la ragazza che è stata investita dal treno"
"Continui il suo racconto per favore" incalzò Nakata, i cui sospetti
stavano aumentando sempre più senza sosta
"Ecco" riprese Kazumi, dopo essersi asciugata le lacrime
"Yoko è andata sul retro, per cercare di entrare da lì, mentre io ho
forzato la serratura all'ingresso. Ho salito la scala e sono arrivata alla
porta che portava all'appartamento di Kobayashi"
Kazumi raccontò la vicenda minuziosamente. Tutti i dettagli vennero rilevati
con estrema cura, degna di Allan Poe, d'altronde ciò che aveva visto in quella
casa l'aveva particolarmente scossa.
Quando ginse all'interno, vide tutto perfettamente in ordine e non sospettò
nulla di spaventoso. Un bicchiere di latte era stato appoggiato sul tavolino e
la televisione era accesa. Ally McBeal. Una vecchia replica. L'intero
appartamento era inghiottito dal silenzio. Un silenzio assurdo ed alienante.
Kazumi corse sino alla camera da letto e vide che sotto le coperte si
nascondeva qualcuno.
"Bastardo! Stai ancora dormendo! Fatti vedere! Stronzo!" gridò con
ferocia la ragazza, dando diversi calci al letto. Ma il corpo restò immobile.
Quindi prese un appendiabiti e cominciò a stuzzicarlo, ma non ci fu nulla da
fare. Nemmeno il movimento più vago ed idiota si era creato sotto le lenzuola.
"Kobayashi?" lo chiamò Kazumi con una voce molto spaventata.
Nessuna risposta.
Kazumi aveva il cuore in gola, c'era qualcosa di sinistro in quella camera e
finalmente era riuscito ad avvertirlo. Avvicinò lentamente la mano alle coperte
con un sospiro affannoso. La mano le tremava e più si avvicinava alle coperte e
più il terrore si faceva palpabile, quando all'improvviso Il corpo si mosse di
colpo e le afferrò una mano.
Kazumi cacciò un urlo angosciato e tolse all'improvviso e con uno scatto le
coperte: Kobayashi era lì sotto e sembrava dormire serenamente.
"Kobayashi? Sei un perfetto cretino!" sorrise Kazumi "mi hai
fatto prendere in colpo"
Ma proprio in quel momento la testa di Kobayashi si staccò dal corpo e
rotolò giù dal letto, macchiando le lenzuola di sangue.
Kazumi riprese ad urlare, sempre più forte. Indietreggiò con il terrore
nelle vene finché andò a sbattere contro la libreria e dei volumi le caddero in
testa, procurandole una lieve ferita sulla fronte da cui scendeva un rivolo di
sangue. Uscì dalla stanza in fretta e raggiunse velocemente la cantina,
utilizzando le scale: "Yoko! Yoko! Kobayashi è..." ed ecco che un
urlo proveniente da quell'oscurità fece trasalire Kazumi Era Yoko ed era in
pericolo, ma la ragazza era troppo paurosa per tentare un impresa eroica, così
velocemente raggiunse l'ingresso e scese velocemente le scale per poi chiamare
la polizia.
Ero sul tram, tremendamente gremito di gente. Sono stata costretta a restare
in piedi, con la mano che afferra uno dei ganci sul soffitto del mezzo
pubblico. Ero di cattivo umore, un po' per la faccenda di Yoko e un po' perché
il tizio di fronte a me continuava a guardarmi le tette. Aveva all'incirca
cinquant'anni, tre capelli in testa, in giacca e cravatta. Ma ciò che più mi
disturbava era il fatto che portasse la fede: non solo pedofilo ma anche
traditore. Non avrei dovuto vestirmi in modo così provocante!
Non potevo nemmeno coprire la sua perdizione, perché ero intenta a reggermi
per non scivolare.
"Crepa bastardo! Smettila di guardarmi le tette o ti amputo
l'uccello... finocchio di merda!" urlai nella mia testa, ma non ebbi il
coraggio di dirlo veramente.
"Hey Tu!" all'improvviso una voce maschile piuttosto giovane
risuonò all'interno del tram "Smettila di guardarla in qualche
posto!"
Era Yoshikawa, un mio compagno di classe. Piuttosto carino, ma non certo del
mio genere.
Stava prendendo le mie difese "Piuttosto mr. Pedofilo guardi le donne
della sua età...c'è proprio un'ospizio a un paio d'isolati da qui"
"Ma...come si permette ? La denuncio per false accuse"
"Faccia pure! Cariatide guardona!"
"Smettila" sussurrai all'orecchio del mio compagno
"Ok..ok la smetto" era indispettito, forse si era aspettato di
ricevere de i grazie da parte mia, ma ero troppo imbarazzata da quegli eventi
per poterci riuscire.
"Era ora!" esclamò l'uomo con provocazione, mentre gli altri
passeggeri del treno mi guardavano stupiti.
"Lei stia zitto!" si difese nuovamente Yoshikawa, puntandogli il
dito addosso
"Basta! Alex Basta!" mi aggrappai al suo petto con le lacrime agli
occhi. Mi abbracciò e io mi morsi un labbro. Per l'ospedale mancavano ancora
due fermate.
L'uomo continuava a fissarci, ma né io né lui ci facevamo più caso.
Mi staccai dal suo abbraccio e mi riagganciai salda, quando lui mi diede il
suo giubbetto di jeans invitandomi ad indossarlo, poi ritornò al suo posto a
sedere. Mi calzava a pennello. Che cosa avrà avuto da difendermi così tanto!
Non ci siamo parlati mai, se non per darci i compiti o stronzate simili...
La mia fermata! Cercai Yoshikawa con lo sguardo per potergli ridare la
giacca, ma era sparito, probabilmente era sceso alla fermata precedente e non
me ne sono accorta. Scesi dal tram. Dovevo fare ancora un paio di isolati prima
di raggiungere l'ospedale per far visita a mia nonna.
L'ospedale era una struttura rettangolare con le mura di colore bianco e con
un parco giochi sul retro. Quando mi annoiavo da piccola mentre aspettavo i
risultati delle operazioni di mia nonna ne usufruivo anch'io.
Mi piaceva scivolare giù dallo scivolo giallo, dondolare sull'altalena con
le farfalle e cose così. Mi divertivo un mondo.
Estrassi il biglettino con il numero di stanza di mia nonna dalla borsetta
ed entrai. Mia nonna soffriva di diabete ed era per questo motivo che passava
molto tempo in ospedale. Non appena entrò in ospedale, notai con inquietudine
una scritta con pennarello nero sulla parete dell'ascensore:
"IO SONO VIVA! VOI NO! JOY BARKER"
Trasalii. Joy Barker...Joy Barker. La ragazza investita dal treno.
All'improvviso le porte dell'ascensore si aprirono e sussultai Quarto piano.
Per arrivare alla stanza dovevo percorrere il corridoio scuro e stretto,
illuminato da lampade al neon intermittenti. Un odore tipico degli ospedali mi
fece venire la nausea: quell'odore nauseabondo di quando si va a fare le
impronte ai denti dal dentista. Odio quell'odore, mi fa star male. L'odore
della salute.
Nella camera di mia nonna c'erano due lettini ospedalieri, divisi da un
tavolino su cui era appoggiato un vaso di orchidee, un pacchetto di sigarette e
dei giornali di gossips, cruciverba e cucito. Un letto era vuoto, nell'altro
era stesa la nonna, raccolta su di un lato, come un gatto che si scalda durante
le tremende giornate di inverno.
"Nonna" sussurrai, come per chiamarla
A quel punto lei si girà sull'altro l'altro alla ricerca dei miei occhi. Mi
piaceva il suo sorriso, così candido e giovanile, nonostante la sua età
avanzata.
"Oh cara...ti vedo cresciuta"
"Nonna, non cresco mica ogni giorno...Sono venuta anche ieri"
"Oh..."
"Nonna, non è che soffri di Alzheimer?"
"No...Sciocchina" rise con colpetti di tosse.
Era irriconoscibile rispetto al passato. Lei era hippy, una femminista,
scopava nei parchi pubblici e fumava le canne. Ora appariva una nonna come
tutte le altre: apatica e stanca.
"Che ti è successo? Sembri diversa dal solito..." le confessai con
un mezzo sorriso
"Niente, tesoro" sorrise in modo inquietante "è che è morta
una persona a me cara...un famigliare"
"Chi?"
"Oh non la conosci..."
"Ma della famiglia conosco tutti...è morto qualcuno? La zia?"
"No...no..."
"E allora chi?"
"Tu della famiglia non conosci proprio tutti, Chiharu"
"Che...cosa vuol dire? Certo che conosco tutti"
"Tutti...tranne una"
Restai di sasso...non riuscii a chiederle molto di più anche perché una
infermiera mi ha bloccato dicendo che l'orario delle visite era terminato.
Sempre più confusa e sconvolta, uscii dalla stanza, quando notai che il
corridoio era nettamente sgombro. Nessun paziente, nessuna infermiera e nessun
medico lo occupava. Era vuoto.
Al centro di esso, una barella immobile. Su di essa c'era un corpo celato da
una coperta gialla. Ai piedi un cartellino.
Non sapevo perché, ma quella strana barella continuava ad attirare la mia
attenzione, sempre più... non appena la vidi ciò che mi aveva detto di così
assurdo mia nonna si era cancellato dalla mia mente con ferocia. Quel corpo,
quel corpo mi chiamava.
"Chiharu..Chiharu"
Ebbi paura, ma riuscii comunqui ad avvicinarmi. I miei passi si facevano
lenti e strani. Sotto i tacchi delle mie scarpette il ticchettio del loro
impatto dava origine ad un eco a dir poco inquietante, che accompagnava quelle
lampade al neon così intermittenti.
Avvicinai lentamente la mano, una volta fui vicina, quando un braccio uscì
dalla coperta e mi prese il polso.
Urlai terrorizzata e cercai di liberarmene, cadendo a terra. Il braccio
aveva mollato la presa e ora era immobile, a ciondoloni.
"Co-Com'è possiile?" balbettai, quando lessi il nome del cadavere
sul cartellino attaccato al piede: "Joy Barker".
Ansimai, sempre più forte, sempre più intensamente, mentre le mie emozioni
si cancellavano una dietro l'altra per lasciare spazio solo alla paura. Paura
che diventava terrore.
Mi alzai in piedi e trovai il coraggio di liberare il corpo da quella
coperta: era un cadavere di donna, mutilato della testa con diverse ferite sul
corpo candido,segnato da alcuni inquietanti segni violacei.
"Signorina!" esordì una voce, che risuonò in tutto il corridoio,
facendomi voltare: era ancora quell'infermiera, la stessa che mi aveva
allontanato dalla stanza di mia nonna. "Che cosa sta facendo?"
"Perché il cadavere di Joy è in ospedale? Non dovrebbe essere alla
scientifica? È vittima di un omicidio!" urlai, scioccata dalla scoperta
"Sono informazioni dell'ospedale...questo cadavere va portato in
obitorio, ma non sono cose che ti riguardano"
"Sono sua sorella" mentii...ovviamente se mi fossi spacciata per una
parente della ragazza avrei ricevuto qualche informazione in più
"Impossibile" disse lei guardandomi storta "Non aveva nemmeno
i genitori"
"Ma cosa sta dicendo?"
"Se ne vada!" l'infermiera ricoprì il cadavere con la coperta e
spinse il cadavere fino all'estremità sinistra del corridoio. Mi ritrovai sola.
Stanca e delusa stavo per andarmene, quando un insegna catturò il mio sguardo.
Era un'insegna che veniva posta insieme a tante altre come "Neurologia,
Pediatria", ma questa era diversa, ciò che vi era scritto era
"Archivi Obitorio" e accanto una freccia ad indicare la porta di una
piccola stanza accanto alle toilette.
Accellerai il passo e sgattaiolai dentro. In quella stanza c'erano solo
tanti armadi. Ogni cassetto recava una lettera dell'alfabeto. Aprii il cassetto
"B".
Fortunatamente, in Giappone, i cognomi che iniziano con la lettera
"B" sono molto rari e così, trovai con estrema facilità l'archivio di
Joy Barker. Nascosi la cartelletta sotto la giacca di jeans e sgattaiolai
fuori, fino a raggiungere l'ascensore.
Pigiai il pulsante del piano terra. Le porte si chiusero di colpo, ma
l'ascensore non scendeva.
Sussultai, ero spaventata da morire. Rischiacciai il pulsante, ma nulla.
Pensando fosse un problema momentaneo diedi una sbirciata all'archivio, ma non
feci in tempo a leggerne nemmeno una parola che sentii cadere sulla mia guancia
qualcosa di strano. Era una cosa liquida e delicata, che stranamente, mi
picchiettava un po' come la pioggia estiva, quella che cade leggera e che
pizzica la pelle. Avvicinai la mano alla palpebra dell'occhio destro e guardai
cosa stava colpendo la mia guancia con tanta insistenza: non era possibile! Era
sangue.
Sangue rosso, vivo, vitale. Mi colpiva, come un presagio mortale.
Tic, tic, tic.
Sempre più velocemente, sempre più incessantemente.
Titic, titic, titic, titic,
titic.
Cominciai a tremare terrorizzata, e in quel mentre alzai lo sguardo alla
grata per vedere cosa stesse sanguindando sopra di lei.
Errore fatale! Notai con rebrezzo che un braccio insanguinato stava cercando di
aprire la grata per venirmi a prendere. Urlai più forte, rischiando che la voce
mi venisse portata via dal panico. Lasciai cadere a terra l'archivio e mi
precipitai sui tasti dell'ascensore, continuando a schiacciare il tasto del
piano terra.
"Aiuto! Aiuto" gridavo con ritmo costante e voce straziata, quando le
porte si apriron odi colpo.
Davanti a me c'era Yoshikawa.
"Chiharu!" esclamò lui
"Ciao" risposi stranita, per poi toccarmi i capelli.
"Scendi?" Mi chiese con naturalezza
"Sì...al piano terra...grazie" Non riuscivo a capire "Per
caso mi hai sentita urlare?"
"Urlare? No...perché me lo chiedi?
"uhm...nulla"
L'ascensore scese immediatamente, il braccio insanguinato era sparito, così
come le gocce di sangue sul mio volto.
"Ti è caduto questo" mi sorrise il ragazzo porgendomi l'archivio
di Joy
"Grazie" lo ringraziai con un inchino e un filo di voce.
"Anche tu stai indagando su Joy Barker?"
Mi bloccai. Non era possibile. Mi voltai verso Yoshikawa, che in quel momento
aveva assunto una smorfia molto strana. Il suo viso si fece pallido
all'improvviso. Mi faceva paura.
L'ascensore si fermò proprio in quel momento e le porte si aprirono al
pianoterra. Io non riuscivo a togliere il mio sguardo da Yoshikawa, che uscì,
seguita da me.
"Ho visto che avevi l'archivio"
"Mi stai inseguendo?" Urlai arrabbiata
"Perché lo pensi"
Non risposi e mi morsi un labbro.
"Senti Chiharu" riprese "Andiamo a bere qualcosa così ti spiego,
offro io"
"Che cosa c'è da spiegare?" alcune lacrime mi sgoragarono dagli
occhi. Ero confusa, arrabbiata, terrorizzata. Non riuscivo più a capire nulla.
Sapevo solo che il culmine della mia angoscia si chiamava Joy Barker. Quella
ragazza non era una semplice vittima, dietro il suo nome si celava un immenso,
impetuoso orrore.
"Cosa prendi?" Mi chiese una gentile cameriera. Era bellissima,
magra e con l'unico difetto della bassezza. Non avevo mai visto degli occhi a
mandorla così belli, e quei capelli che sembravano fili di seta! La invidiavo,
doveva avere diversi ragazzi che le ronzavano a dietro. Sul suo cartellino, il
nome "Mari" serpeggiava in una scrittura gentile e sensuale.
Riuscissi io a scrivere così bene!
"Un caffè, grazie" dissi ancora disorientata.
"Anche io" esclamò Yoshikawa. Ben più pimpante di me
"Perfetto" sorrise Mari con un inchino, per poi sparire a prendere
le ordinazioni ad un altro tavolo
"Beh...spiegami" incalzai con rabbia
"Fidati Chiharu, non ti stavo chiedendo" iniziò Yoshikawa con
calma
"Ah no?" sarcastica e acida
"Lasciami finire...sono andato in ospedale perché ho scoperto che è là
dove hanno trasferito il cadavere di Joy Barker"
"Come hai fatto a saperlo?"
"Non è importante ora"
"Perchè indaghi su Joy Barker?"
"Perché lo fai tu"
Scoppiai a piangere "Yoko è morta"
"Io per lo stesso motivo"
"Stronzo! Non ci hai mai parlato!"
"Appunto...se ti ricordi l'avevo sempre presa in giro e la
ignoravo...mi sento in colpa, capisci"
"Sei uno sfigato...sei così bravo a prendere le tragedie altrui per
costruirti attorno tragedie personali, non c'è che dire...sai attirare
l'attenzione in modo davvero incredibile, mi complimento con te". Forse
sono stata troppo dura: avevo alzato la voce, mentre le lacrime mi bagnavano il
viso.
In quello stesso momento, Mari ci appoggiò le due tazze sul tavolino. L'espressione
di felicità che appariva sul suo viso dieci minuti prima era completamente
sparita, sostituita da una visione nostalgica della quotidianità.
"Grazie" sussurrò Yoshikawa.
Mari se ne andò ancora dopo un altro inchino.
"Pensaci" continuò il ragazzo "Indagare insieme potrebbe
essere un pregio...troveremmo più informazioni in minor tempo" Mi asciugai
le lacrime
"E va bene...ci sto" No! Non ci stavo! Io combattevo per la mia
amica! Lui non sapeva nemmeno quando era il suo compleanno...ma in fondo, sarebbe
stato un vantaggio. Nel profondo aveva ragione anche lui...come dargli torto?
"Ecco...Joy Barker teneva un diario e io ne sono entrato in
possesso"
sussultai "Cooosa? Come hai fatto?" L'idea di indagare insieme mi
apparve immediatamente più sensata di pochi secondi prima. Ne avrei tratto
parecchio vantaggio.
"La scientifica è troppo imoegnata delle indagini sul luogo del
delitto, trascurando le abitazioni delle vittime. Mi ci sono introdotto e l'ho
preso"
"Non è violazione di domicilio?"
"Hai la sensibilità di un elefante"
"Scusa..."
"Ora devo andare, mio caro Yoshikawa, do una controllata all'archivio e
scopro perché il cadavere è stato portato in ospedale" dissi come
un'esperta giornalista alzandomi, senza nemmeno aver sorseggiato la bevanda. Mi
tolsi la giacca e gliela gettai in faccia: "Non credo ci siano maniaci
ora, grazie"
"Ciao"
"Ciao"
Uscii dal locale, mentre Yoshikawa era ancora sbigottito e seduto al tavolo.
Mi faceva tanta tenerezza.
Nel frattempo, Takashi non sembrava affatto sconvolto della morte di
Yoko Yamazaki, eppure ne aveva visto la notizia alla televisione e la conosceva
Nel frattempo, Takashi non sembrava affatto sconvolto della morte di Yoko
Yamazaki, eppure ne aveva visto la notizia alla televisione e la conosceva.
Forse si era dimenticato di lei, per il fatto che si fossero semplicemente
scambiati un tenero bacio di fronte al tramonto un paio d'anni prima. L'aveva
cancellata dalla memoria perché tra loro non c'era mai stata una relazione
seria ed importante. Spense la tv, annoiato dalle notizie troppo uggiose per i
suoi gusti e si recò nella sua stanza con l'intenzione di vedersi un porno.
Accese stereo e portatile. Associava musica ad immagini. Lo stereo si spense.
"Ma che cazzo?" esclamò il ragazzo, ma mentre stava per accenderlo
il telefono iniziò a squillare.
"Pronto?" chiese con assoluta tranquillità, come se non
sospettasse nessun nefando orrore
"Che cazzo è? Uno scherzo?" Non era spaventato, ma Takashi non riusciva a trattenere le sue
parole sboccate.
"Fanculo!" urlò. Riattaccando.
"Questi idioti" sospirò "Non hanno nulla da fare se non gli
scherzi telefonici!"
Idiota ipocrita! Ma se tu eri il primo a fare questo tipo di idiozie?
Il telefono risquillò e questa volta il cuore del ragazzo cominciò a battere
come una pompa.
"Chi cazzo rompe ancora?" l'aggressività della sua voce era
flebile e fragile. Aveva paura.
I medesimi scricchiolii entrarono nei timpani del ragazzo come pugni in un
occhio. Erano sinistri, sepolcrali ed aumentavano in un crescendo inquietante.
Takashi riattaccò e venne preseo dal panico. Chiuse velocemente porte e
finestre e staccò il telefono e la corrente.
Restò all'oscurità, rannicchiando in un angolo, quando il telefono riprese a
squillare.
Ma...com'era possibile? Non lo
aveva forse staccato?"
Si alzò lentamente e riaccese le luci. Nulla di strano.
Per un attimo era quasi morto di paura. Ci rise su e tirò un sospiro di
sollievo, ma quando si voltò vide con orrore la testa mozzata di una ragazza
guardarlo in modo inquietante. terrorizzato corse urlando sino alla porta di
ingresso, ma la trovò chiusa.
Urlò. "Apriti! Apriti!"
Provò anche a sfondarla, ma improvvisamente la sua testa abbandonò il corpo e
cadde a terra. Il telefono smise di colpo di squillare.
Non appena giunsi a casa, appoggiai la borsetta accanto alle chiavi e mi
lanciai immediatamente sul divano a leggere quell'archivio così misterioso e
strano
Non appena giunsi a casa, appoggiai la borsetta accanto alle chiavi e mi
lanciai immediatamente sul divano a leggere quell'archivio così misterioso e
strano. Erano pagine di carta racchiuse in una cartelletta di plastica
arancione, sulla cui etichetta campeggiava il nome "Joy Barker".
Lo aprii. "NOME: JOY BARKER
SESSO: F
DATA DI NASCITA: 12 LUGLIO 1983
DATA DI MORTE: 7 APRILE 2006
CAUSA DELLA MORTE: INCIDENTE FERROVIARIO"
Incidente? Ma come incidente? Joy era stata uccisa!
Ragionai e poi capii che se avessero scritto che la causa fosse stata
"Omicidio" avrebbero dovuto trasferire il cadavere nell'obitorio
della scientifica. Ma perché? Perché quel cadavere era così prezioso? Perché
Joy Barker e non Yoko? Perché non Kobayashi?
Continuai a leggere, piena di domande e con lo sguardo stranito:
"Ferite sparse sul corpo, ma nessun arto
spezzato e/o mozzato, ad eccezione della testa"
All'interno c'erano anche delle foto della ragazza quando era ancora in
salute, sorridente, una di quando era bambina su un triciclo rosso che
sorrideva teneramente.
Le osservai con uno strano sorriso sul viso, che si spezzò non appena notai
uno strano ed inquietante particolare.
Su tutte le foto un rivolo di sangue scendeva giù dalla testa della ragazza,
sempre sulla guancia destra.
La guancia destra...come la mia guancia colpita da quelle gocce di sangue
che cadevano dal braccio sanguinante, in ascensore. Ma che voleva dire? Ripresi
a leggere, sempre più rapita.
"Questa giovane possiede una scoperta scientifica sensazionale: in
eguito ad un esame del sangue abbiamo potuto verificare che tale Joy Barker
possiede un gruppo sanguigno inesistente, che per praticità ci limiteremo a
chiamare A0. Utilizziamo questo nome perché già nominato nei confronti di
Kyoishi Tsukamoto, un uomo morto nel 1985 a causa di un incidente domestico. Lo
stesso gruppo sanguigno della signorina Barker, di ignote provenienze che
conferisce l'incredibil capacità di ritornare alla vita in stato di morte.
Persino con il corpo dilaniato dalle peggiori ferite e mutilazioni, il cadavere
della persona morta con sangue A0 torna in vita. Per questo
motivo, oltre che all'ulteriore studio del sangue A0, Joy Barker è stata
inviata dalla scientifica all'obitorio ospedaliero: è necessario che venga
rinchiusa in una cella, perché il suo risveglio potrebbe rivearsi fatale".
Ero sconvolta, qui si virava nel paranormale. Era assurdo semplicemente
assurdo, però cominciavo a capire: forse era la stessa Joy Barker tornata in
vita attraverso la testa scomparsa che aveva ucciso Yoko e Kobayashi...ripresi a leggere.
"Secondo la dottoressa Kaori Murata, è necessario che se la situazione
potesse sfuggire di mano e il cadavere tornasse in vita per vendicarsi, bisogna
ucciderlo. Le condizioni di una reincarnazione potrebbero rivelarsi
catastrofiche. L'unico modo per uccidere una persona di sangue A0 è attraverso
le sue paure. Solo così il suo cuore cesserà di battere per sempre."
Ancora stranita dalla lettura dell'archivio, chiusi la cartelletta e la
appoggiai sul tavolino
Ancora stranita dalla lettura dell'archivio, chiusi la cartelletta e la
appoggiai sul tavolino. Mi tremavano le mani. Ancora non riuscivo a credere a
ciò che avevo appena letto, mi stropicciai gli occhi. Il giorno stava ormai
arrivando alla fine, il crepuscolo non tardò ad arrivare e l'appartamento fu
devastato dal buio. Proprio in quel momento arrivò mia madre, che accese le
luci.
"Sei matta a restare al buio?" mi rimproverò
"Ciao mamma"
"Oh ciao Chiharu"
Era appena andata a fare l'aspesa. Almeno quel giorno, oltre che stare con
Shinji, si era occupata dei suoi doveri. Abbandonò le borse all'ingresso e
puntò il dito contro la cartelletta chiedendomi cosa fosse.
"Oh niente, mamma...sono appunti di una
ricerca che devo portare per domani" mentii, ma ero piuttosto convincente.
In quel mentre pensai quasi che sarei stata perfetta come attrice. Takashi
Shimizu non mi avrebbe certo rifiutata per "Ju- On 412".
"Quindi quelle sono le informazioni della tua ricerca?"
Annuii e corsi in camera. Riposi la cartelletta sulla scrivania e mi stesi sul
letto con i veri appunti della ricerca di francese che avrei dovuto presentare
l'indomani. Mi armai di evidenziatore rosa fosforescente ed iniziai a
sottolineare le informazioni più importanti, ma alla parola "peur" mi
addormentai. Il breve pisolino si sarebbe fatto ricordare come uno dei più traumatici
e movimentati di tutta una vita: tutto sembrava tremendamente reale, eppure mi
rendevo completamente conto che si trattasse solo di un sogno.
Mi trovavo in una stanza illuminata da una luce rossastra, che filtrava
attraverso una finestra di vetro opaco. Era una stanza strana, vuota,
completamente vuota. Di fronte a me solo un sacco di tessuto grezzo, un sacco
che conteneva qualcosa di strano. Era legato con una fune. Solo allora mi
accorsi di essere armata di un bastone. Un bastone color ebano che risaltava
con ferocia attraverso il rosso sangue della stanza.
Ora come ora non sapevo il perché, ma quel sacco mi appariva così inquietante,
come se fosse una minaccia e, così, quando iniziò a muoversi spaventosamente,
iniziai a colpirlo violentemente, mentre urlavo e ansimavo.
Il tessuto del sacco cominciava a colorarsi di rosso. Non mi fermai e continuai
a battere, finchè non si fermò completamente. In quel momento decisi di controllare cosa vi fosse
contenuto: allentai la corda e guardai dentro: trasalii, nel sacco c'ero io.
Sanguinante, rinchiusa a feto.
Ansimai.
Il mio alter ego, ad un tratto, aprii gli occhi e mi sorrise. Urlai.
Lasciai cadere a terra il bastone e in quel momento, il mio collo iniziò a
sanguinare senza motivo, senza che fossi ferita. Tentai di bloccare la
fuoriuscita con le mani ma fu inutile. Indietreggiai e in quel momento mi
svegliai con un grido.
Mi toccai la fronte, visibilmente sudata.
Il mio cuore batteva a mille e il respiro si faceva sempre più affannoso,
terrorizzato.
Eppure ero in camera mia, distesa sul letto.
Gli appunti erano sparsi ul pavimento, le coperte erano disfate.
Controllai le ore sulla sveglia: 23.58. non mi resi conto di aver dormito così
tanto.
Mi stropicciai gli occhi e mi diressi in cucina, dove presi un bicchiere
d'acqua.
Mamma stava dormendo, accucciata sul divano, con gli occhi bagnati dalle
lacrime. Mi chiedevo solo se tutto fosse andato bene con Shinji.
Tornai in camera e raccolsi gli appunti, con l'intenzione di studiarmeli con
impegno, ma con orrore notai che su ogni pagina avevo scritto in continuazione
"Joy Barker" con l'evidenziatore rosa. Come se non bastasse, tra le
fotografie di città francesi e appunti demografici, scoprii un altro foglio,
ben diverso dagli altri. Il terrore non mi avrebbe abbandonata. Mi avrebbe per
sempre stretto la mano e mi avrebbe fatto compagnia, fino alla mia morte.
"Continuo a ricevere strane telefonate" non feci molto caso
alle parole di Saeki, eppure mi entrarono nella pelle, come un ago che non
lascia scampo
"Continuo a ricevere strane telefonate" non feci molto caso alle
parole di Saeki, eppure mi entrarono nella pelle, come un ago che non lascia
scampo
"Sai almeno chi te le manda?" le chiese Haruna preoccupata
"No...il numero è privato"
"ma ti minaccia? Cosa dicono queste telefonate?"
"Nulla...non appena rispondo...riattaccano"
"Allora sono solo stupidi scherzi, non farci caso".
"Stupidi scherzi? Ma che gusto ci provano?"
"C'è tanta gente idiota a questo mondo...ci prendono gusto a vederti
incazzata"
Io partecipavo alla conversazione con il mio solito silenzio tombale, quel
foglio che avevo trovato in mezzo agli appunti mi stava turbando non poco.
Quella strama verità mi stava uccidendo. Mi stava amputando la testa,
lentamente. Corsi via, sino al mio banco, dove mi lanciai in mezzo al mio limbo
di braccia conserte.
"Ciao Astrid" esordì con sensualità la voce flebile di Yoshikawa.
Alzai la testa dalle mie braccia e lo guardai in faccia. Riuscivo a vederlo
meglio e mi piaceva. I suoi occhi mi trapassavano l'anima. Mi sentivo divrsa.
"Ecco il diario" disse porgendomi quello che sembrava il diario di
una ragazza normale: copertina rosa, immagini pietose di hello kitty e diddl,
sorridenti fotografie di Joy.
"Leggilo!" mi disse poi quel ragazzo dagli occhi penetranti
"Non crederai mai a cosa ci sia scritto"
Mi sentivo stranita.
"Che cosa c'è scritto?"
"Kobayashi e Joy avevano una relazione!"
"Che cosa?"
Aprii immediatamente il diario e mi persi immediatamente, sin dalle prime
parole. Una scrittura levigata, dolce e romantica campeggiava su quelle pagine
rosee a quadretti. Joy.
"3 Gennaio 2006
Ho incontrato l'uomo della mia vita. Si chiama Kobayashi Nagoshi e ha
qualche anno in più di me. Non gli ho ancora parlato di persona, ma mi è
bastato uno sguardo. Uno sguardo che anziché pochi secondi mi è sembrato
durasse molto di più. Cercai di assaporarne tutta la sua essenza.
Non lo amo per la sua bellezza anche se bello è...Ne sono attratta, ma non
so esattamente da cosa
Penso di lasciare Satoshi. Non provo più nulla per lui"
"12 Gennaio 2006
Ho parlato per la prima volta con Kobayashi. Beh...che dire...è proprio
l'uomo che cercavo, così attraente, così compiuto interiormente. Abbiamo
passato uno splendido pomeriggio insieme. Per prima cosa mi ha portato sul
lungomare, dove ci siamo presi un gelato insieme.
Ogni volta che mi guardava, i suoi occhi si incrociavano con i miei e sentivo
riaffiorare quella passione che avevo con Satoshi un po' di tempo fa. Abbiamo
osservato i cigni sulla spiaggia."
"14 Gennaio 2006
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi
Joy ama Kobayashi"
"15 febbraio 2006
Satoshi mi ha chiesto di uscire con lui. Non sa ancora che provo qualcosa
per Kobayashi. Non sa ancora che sto uscendo di nascosto con l'uomo della mia
vita.
Sono stanca delle bugie. Stanno spezzando il mio cuore.
Oggi racconterò a Satoshi la verità, che gli piaccia o no.
Spero solo che non mi chieda di sposarlo, ci rimarrebbe di merda. Ma sarebbe
impossibile, Satoshi non è certo il tipo che farebbe cose così romantiche.
Voglio lasciarlo.
Lo lascio stasera?
Si, devo farlo. Prima che sia troppo tardi.
Ho appena parlato su msn con Kobayashi. Sono terrorizzata: ci sarà anche lui
al cinema. Cosa faccio? Mi fingo malata?
NO! Devo affrontare entrambi...devo spezzare le bugie che opprimono il mio
cuore inesorabilmente devastato"
"16 Febbraio 2006
È stato orribile. Ho lasciato Satoshi e non l'ha presa affatto bene, come
immaginavo. Un po' per via del film: era così melenso che avrebbe steso anche
una Meg Ryan con eccessi di diabete. Ha iniziato a piangere: non riesco ancora
capire se per me o se per la bruttezza del film.
Poi è accaduo l'inesorabile: Kobayashi mi ha salutata, mentre ero con Satoshi,
che si è infuriato.
Kobayashi ha detto di essere il mio amante. Si sono pichiati nel vicolo.
Kobayashi ha perso un dente. Ho pianto come una pazza. Piango anche
adesso"
"20 febbraio 2006
Ho mandato una mail a Satoshi. Gli ho scritto che quello che provo ora non è
più amore, solo affetto. Voglio che restiamo amici. Ti voglio bene Satoshi, non
odiarmi, ti prego. Se tu mi amassi veramente capiresti"
"21 febbraio 2006
Mi sono fatta con Kobayashi. Non è stato ciò che mi aspettavo: non ho
avvertito nessun fremito. Sono scoppiata a piangere. Amo Kobayashi, ma mi manca
l'affetto di Satoshi. Starò forse diventata pazza?"
"23 febbraio 2006
Satoshi mi ha risposto alla mail con un suicide note. Ero disperata,
preoccupata e ansiosa. L'ho contattato all'istante e abbiamo parlato: ha detto
che non ci aveva pensato veramente, che quel suicide note era solo un gesto
impulsivo. È scoppiato a piangere. Per tranquillizzarlo gli ho detto che
avrebbe potuto venirmi a farmi visita ogni volta che ne avrebbe avuto voglia. Avrò
fatto il mio solito imperdonabile errore?"
"25 febbraio 2006
Domani esco con Kobayashi. Ritorna a piacermi. Spero che faremo qualcosa di
più. Ormai sono dell'intenzione di perdere la verginità con lui. Con Satoshi
non ho mai sperimentato nulla. Solo lunghi, teneri baci e qualche ditalino. Ho
bisogno di affetto. Ho bisogno di amore."
"26 febbraio 2006
Suona il campanello"
"27 febbraio 2006
Sono terrorizzata. È arrivata la polizia poche ora fa. Ieri è stato uno dei
giorni più terrorizzanti della mia vita. Tutto è iniziato quando Satoshi è
arrivato a casa mia. Aveva un volto distrutto. Voleva rimettersi con me. Sono
rimasta muta come un pesce. Non sapevo come padroneggiare la situazione perché
ero alquanto imbarazzata. Dietro di lui ho scorso Kobayashi. Era arrabbiato!
Aveva la morte in faccia... ti dico, la morte in faccia! Aveva in mano un paio
di forbici. Sono rimasta zitta, finchè Kobayashi non usò la sua arma contro
Satoshi, accoltellandolo con violenza in pancia, a morte. Le urla del mio ex
rieccheggiano ancora nella mia mente. Sono strazianti, mi stanno uccidendo. Ho
aiutato il mio amore a seppellire il cadavere in giardino, lontano da occhi
indiscreti. Nessuno sa. Nessuno saprà. Insieme abbiamo pulito il pavimento dal
sangue. Non sapevo se essere felice o triste. Eppure ero libera"
"1 marzo 2006
Un'altra notta insonne. Ho il terrore delle forbici: mi ricordano il volto
stravolto dal dolore di Satoshi."
"2 marzo 2006
Ho fatto l'amore con Kobayashi. Ancora una volta ho pianto."
"3 marzo 2006
Non ho ancora sonno. Kobayashi non fa altro che scusarsi per il delitto da
lui compiuto e continua a ripetermi di non parlarne a nessuno: sarebbe stato il
nostro piccolo segreto."
"8 marzo 2006
Ho gettato tutte le forbici di casa. Non riesco più a guardarne un paio
senza svenire"
"14 marzo 2006
Kobayashi non mi parla più. Non capisco"
"18 marzo 2006
Kobayashi mi ha lasciata. Ho pianto"
"21 marzo 2006
Voglio rimettermi con Kobayashi. Ormai è un chiodo fisso"
"3 aprile 2006
Oggi parlo con Kobayashi."
"6 aprile 2006
Kobayashi Nagoshi"
Il diario si interrompeva così. Il nome della prima vittima dopo Joy. Quel
nome scritto esattamente un giorno prima l'incidente ferroviario. La vicenda si
stava facendo sempre più misteriosa ed intricata.
Le mie dita scorsero tra le pagine di quel diario da ragazzina idiota,
quando da esse fuoriuscì una fotografia
Le mie dita scorsero tra le pagine di quel diario da ragazzina idiota,
quando da esse fuoriuscì una fotografia. La presi in mano: erano Kobayashi e
Joy. Abbracciati l'uno accanto all'altro. Lei era in bikini, lui con un'orrenda
camicia floreale. Sullo sfondo? Il tenero paesaggio del lungo mare. Tenerezza
disarmante.
Notai con orrore, però, che anche in quella foto e in tutte le altre
contenute nel diario appariva sempre quello strano rivolo di sangue,
inquietante e strano che cadeva sino alla guancia destra e subito capii di cosa
si trattasse.
Lo scoprii la notte precedente, parlando con mia madre, dopo che avevo
trovato il documento di divorzio dei miei genitori tra i miei appunti di
francese.
Mio padre si chiamava Susumu Barker.
"Letto?" mi chiese Yoshikawa con il suo disarmante sorriso.
Annuii "ti passo l'archivio... è terrificante ciò che ci è scritto"
-
Saeki ricevette un'altra strana chiamata, identica a tutte le altre: ogni
volta che rispondeva, il misterioso interlecutore riappendeva senza
"se" e senza "ma". Arrabbiata,
spense il cellulare.
Era una ragazza dotata di un talento vocale davvero strabiliante. Ogni
giorno, dopo la scuola si allenava ed esercitava nella stanza di musica del suo
liceo. La sua voce era così angelica da mettere le lacrime a chiunque, con la
sola potenza delle sue corde vocali. Quel giorno l'insegnante di musica non
sarebbe venuta, ma Saeki non esitò a recarsi comunque nella stanza della musica
per esercitare un po' la sua preziosa ugola. Tutti gli studenti erano assenti,
ad eccezione di Komori. Lui era uno studente di prima liceo,
con una vera e propria passione per il pianoforte. In quel momento si stava
esercitando con una versione strappalacrime di "Fur Elise".
"Ciao Komori" gli disse Saeki con un sorriso docile
"Ciao Saeki..."
"E così hai deciso di venire comunque ad esercitarti?"
"Sì...almeno per una volte suonerò ciò che
voglio"
"Già...quella stronza ci fa sempre esercitare
su canzoni merdose"
"puoi dirlo forte"
"Ehi...?"
"Sì..."
"Mi è venuta voglia di entrare nella stanza insonorizzata" tale stanza era molto grande ed era unita alla camera
musicale attraverso una porta. Il suo scopo era quello di registrare le
interpretazioni su nastro. L'audio lì dentro era perfetto, ma nessuno
all'esterno avrebbe potuto sentire ciò che sarebbe potuto accadere al suo
interno ed era questa la peculiarità di questa camera: si poteva registrare in
santa pace, senza essere disturbati.
"Sei matta?" imprecò Komori "Non ci è permesso entrare là
dentro"
"La prof non c'è giusto?" sorrise Saeki con la sua impertinente
voglia di fare
"Ma così non ti sentirò cantare..."
Neanche il tempo di finire questa frase, che la ragazza si era già
precipitata all'interno della stanza insonorizzata. Non ci era mai stata e
tutto ciò che le passava sotto gli occhi in quel momento era incredibile: un
grande registratore era posizionato su di una parete, mentre al centro della
stanza c'era un leggio con diversi spartiti musicali. Con l'intenzione di
registrarsi, Saeki avviò il registratore e vi inserì un nastro vergine.
REC.
Cercò tra i vari spartiti e subito restò fulminata da quello dell'aria di
"Il Flauto Magico" di Mozart. Era un passaggio operistico che la
intrigava parecchio: adorava quel suo interessante falseggio, che saliva in
alto fino a scendere in un impeto minaccioso. Una spirale sonora di grazia
immune.
Cominciò subito l'interpretazione e si lasciò trascinare da quei falseggi
graziosi e incredibili, mandando a fare in culo le spiegazioni tecniche di
quella prof di musica che tanto odiava.
Ad un tratto qualcosa bloccò la ragazza: la sua voce smise di falseggiare
senza motivo.
Un rumore la straziò. Non poteva esserci nessun altro oltre che lei: era una
stanza insonorizzata!
Ancora, lo stesso rumore! Più sordo e magistrale. Irrigidì. Tutto sembrava
normalissimo, eppure qualcosa non andava. Immediatamente si sentì uno
scricchiolio che proveniva da dietro il registratore. Non era il nastro in
funzione, ma un suono secco e brusco, quasi un grido suonato in reverse.
Saeki, presa da un impalpabile terrore, stava per allungare le mani verso la
macchina, quando il medesimo tonfo sembrò essere presente dietro di lei,
squarciando un silenzio quasi sacro.
Saeki si voltò con lentezza, ma ecco che gli spartiti sul leggio presero il
volo, fino a squarciare uno dopo l'altro il collo della ragazza.
Urlò, urlò, ma fu inutile...ben presto la voce le volò via come un angelo in
cerca di qualcuno da proteggere. E dopo un paio di altri colpi, la testa
abbandonò il corpo e cadde a terra.
"Penso che dovremmo andare a casa di Kobayashi" sussurrai a
Yoshikawa, convinta che in quella abitazione si nascondesse la soluzione di
questo intricato mistero
"Penso che dovremmo andare a casa di Kobayashi" sussurrai a
Yoshikawa, convinta che in quella abitazione si nascondesse la soluzione di
questo intricato mistero. Pensammo alla sciocca ipotesi che i detective
avessero chiuso le indagini a causa dell'inquietante scoperta sul sangue A0. che continuare le indagini sarebbe stato rischioso. Così ci
dirigemmo sino all'abitazione di Yoshikawa e, come previsto, la trovammo
disabitata.
L'unico particolare era il famoso nastro giallo della scientifica a cingere
la casa.
Salimmo le scale velocemente e forzammo la porta.
L'appartamento non pareva certo quello di un tipico uomo solo: era
pulitissimo ed impeccabile, con le uniche eccezioni del sangue sulla parete e
sulla porta.
"Che cosa cerchiamo in verità?" mi chiese Yoshikawa ingenuo
"Ancora non lo so...ma voglio scoprire in base a
che cosa Joy Barker sceglie le sue vittime"
"Mmmh...perché non proviamo andare in camera
di Kobayashi?"
"Ottima idea...probabilmente là troveremo
qualcosa...qualche scheletro nell'armadio...chissà..."
Dopo una rapida occhiata alle altre stanze dell'appartamento, entrammo nella
camera da letto e notammo che era completamente diversa dagli altri luoghi
casalinghi: vi regnava un disordine immenso. Le coperte erano disfatte, gli
armadi erano con le ante aperte, le tende strappate.
Mi fiondai sul letto macchiato di sangue e cercai lì. Pensai che forse era un segno che il corpo di Kobayashi fosse stato
trascinato sino al suo letto, nonostante fosse morto all'ingresso. Cominciai a
cercare tra le coperte, tra le lenzuola, nelle fodere dei cuscini, sotto lo
sguardo impietrito di Yoshikawa. Ad un certo punto sotto il mio ginocchio
sentii qualcosa di strano. Qualcosa di duro che picchiava contro la rete
ortopedica. Alzai il materasso e notai la presenza di strane videocassette.
Erano videocassette prive di custodia.
"Cosa sono?" mi chiese Yoshikawa
Non gli risposi e rimasi a fissare quegli strani nastri, che recavano delle
strane etichette sulla loro superficie.
"Snuff # 1: Noriko"
"Snuff # 2: Matsuko"
"Snuff # 3: Erika"
"Snuff # 4: Mariko"
"Snuff # 5: Kaori"
"Snuff # 6: Keiko"
"Snuff # 7: Joy"
"Che diavolo sono?" gridò Yoshikawa
Lo guardai negli occhi, zuppi di lacrime. Sapevo benissimo cos'erano gli
snuff movies: film in cui le persone riprese morivano davvero, dopo essere
sottoposte a torture spaventose.
"Probabilmente Kobayashi usciva con più ragazze per filmarle mentre le
torturava...probabilmente era necrofilo"
Presi la videocassetta su cui campeggiava il nome di Joy e la misi nel
videoregistratore.
Play.
La location sembra essere un binario ferroviario,
contornato da alcuni alberi.
"Cosa stai filmando?" chiese una voce all'interno del video.
A questo punto la telecamera si abbassa, fino ad essere appoggiata a terra.
La ragazza con cui Kobayashi inizò a parlare doveva trattarsi di Joy Barker. La
telecamera inquadrava i loro piedi
"Ciao Joy, come mai sei qui?"
"Kobayashi, ascolta...ti devo parlare"
"Riguardo a cosa?"
"Sono ancora innamorata di te...volevo
chiederti se potevamo rimetterci insieme"
"Anche io sono ancora innamorato di te" i piedi di Kobayashi si avvicinarono a quelli di Joy.
Forse si stavano per baciare, ma qualcosa subito accadde: dei gemiti. Gemiti
squarciarono il silenzio. I piedi di Joy incominciavano a muoversi in modo
inquietante, come se volessero difendersi dalla furia omicida di Kobayashi, che
l'aveva poi addormentata con il cloroformio. Una volta svenuta, la ragazza
venne trasportata sino al binario. Le appoggio la testa esattamente in modo che
il collo coincidesse con il binario in modo che una volta fosse passato il
treno le avesse amputato la testa senza creare danni al corpo.
Il treno non tardò ad arrivare e davanti alla telecamera si vide lo schianto.
Sangue schizzò contro l'obbiettivo.
Mi coprii gli occhi tantè ero spaventata. "Che mostro!" eclamai
tra le lacrime, che scendevano senza sosta. Yoshikawa diede un'
occhiata anche agli altri video: anche negli altri nastri delle ragazze
venivano uccise di fronte all'obbiettivo in modus operandi davvero sconcertati.
Amputazioni e tagli erano ripresi con tremenda precisione, con zoom sulle parti
più nauseanti e riprese sui volti lacerati delle ragazze sofferenti.
"Ferma! Ti
prego ferma!" urlai, mentre le lacrime e la despirazione mi rapirono.
Spensi il televisore e mi rifugiai tra le braccia di Yoshikawa, che
iniziò ad accarezzarmi la testa
Spensi il televisore e mi rifugiai tra le braccia di Yoshikawa, che iniziò
ad accarezzarmi la testa. Mi liberai dal dolore con le mie lacrime salate ed
inconfutabili, poi cercai le labbra del ragazzo che mi stringeva. Non sapevo
perché l'avessi fatto, ma ebbi il coraggio di assaporare quelle labbra dolci
senza che lui mi dicesse nulla. Rimase lì impietrito, a farsi mangiare dalla
passione. Poi mi baciò la fronte e mi sussurrò di avere uno strano
presentimeno. Non volevo baciarlo, ma l'avevo fatto. Qualcosa mi aveva spinto a
farlo.
"Che cosa c'è?" gli sussurrai stranita
"Forse ho scoperto in base a che cosa Joy uccide, l'ho scoperto attraverso
il tuo bacio"
"Ma...come?"
Yoshikawa si alzò dal letto e prese un foglio di carta e una penna stilografica
dalla scrivania della stanza di Kobayashi ed inziò a tracciare uno strano
schema.
JOY- KOBAYASHI- YOKO= Takashi, Hideo, Daesuke
(L)
- (L)
"Che vuol dire?" gli domandai, non riuscendo a capire quelle
strane scritture. Aveva tracciato i nomi delle vittime in maiuscolo, divisi da
trattini, poi un doppio legame con i nomi di altri tre ragazzi, tutti ex di
Yoko.
"Non ci credo..."
"Cosa?"
"è tutta una catena!"
"Catena?" "Guarda!" puntò il dito sul foglio "Joy era
innamorata di Kobayashi. Kobayashi aveva una storia con Yoko..."
"E quindi?" "Quindi Joy sceglie le sue vittime in base ad una catena
amorosa. Se la mia ipotesi è giusta la prossima vittima dovrebbe essere
o Takashi, o Hideo o Daesuke"
Lo guardai stupita.
"Penso che basti anche un semplice contatto amoroso per essere scelti
da Joy?"
"E questo da cosa lo capisci?"
"Pensaci...lei è morta per amore...è morta con il
cuore spezzato...vuole far capire alle persone ciò che ha provato lei"
"Oddio" dannazione a me e al bacio! Avessimo scoperto prima quella
strana catena, non l'avrei di certo baciato: se la vittima prescelta fosse
stata Takashi, e successivamente Saeki, una ragazza con cui Takashi ebbe una
piccola relazione, la vittima successiva sarebbe potuta essere Yoshikawa, e poi
io. Rimasi di sasso. Non riuscivo a pronunciare parola.
"Dobbiamo riuscire a spezzare questa maledizione" mi disse
Yoshikawa abbracciandomi. Cercai il suo odore, e poi il suo collo. Ormai
eravamo già marchiati.
-
Stesa sul mio letto, la camera chiusa da una chiave di dolori, mi persi
guardando alla televisione un vecchio poliziesco, non riuscivo ancora a credere
alle parole di mia madre,a quell'incubo passato, a
quella confessione mai rivelata, quel segreto di famiglia, mi stava dilaniando.
Le mie palpebre diventarono pesanti e il sonno mi vinse. Il sogno che feci
pochi secondi dopo mi turbò sia fisicamente che psicologicamente: ero in un
bagno pubblico. Le pareti erano giallognole e un odore disarmante di piscio mi
entrava nelle narici con violenza. Una pioggia di dita mozzate colpì il
lavandino in cui mi stavo lavando le mani. Un catino, in mezzo a tutto quel
sangue mi occhieggiava con romanticismo, quando dentro di me qualcosa prese
possesso del mio corpo. Sentivo una creatura dentro il mio stomaco muoversi e
farmi male. Un dolore lancinante non mi fece quasi respirare, così mi cacciai
due dita in gola, provando a purificarmi con l'assenza. Una sostanza liquida
quasi lattea, ma verdognola, continuò ad uscire e ad
entrare nel catino, riempiendolo. Mi sentivo già meglio, più libera, più pura.
Il mio primo pensiero era quello di gettare il mio vomito nel lavandino, ma non
appena da uno dei gabinetti uscì Yoshikawa, lo presi per i due lembi e lo
appoggiai a terra. Yoshikawa si avvicinò a quattrozampe e iniziò a bere il mio
vomito. Lo nutrivo con qualcosa che veniva da me, lo facevo mio.
Mi svegliai in preda al panico, sconvolta da quella visione distrubante. Al
posto del film di cui stavo prendendo visione, davanti a me si scagliava il
telegiornale con le sue solite brutali notizie. Altri due cadaveri sono stati
rinvenuti, con il medesimo metodo di esecuzione di Kobyashi e Yoko Yamazaki.
Come sospettavo. Takashi e Saeki. La catena di morti entrava nella mia pelle
come un ago che la bucava con brutale eleganza. Una possessione, come quella
strana creatura del mio sogno che mi sconvolgeva lo stomaco.
Mancavano pochi minuti e mamma sarebbe tornata a casa. Non volevo vederla, così corsi via a raggiungere Yoshikawa.
"Dottore! Dottore!" urlò un'infermiera
chiamando il dottor Katsurami
"Cosa c'è?"
"Pessime notizie...signore"
"Quali...il corpo della paziente 418, Joy Barker,
è scomparso" "Che cosa? Ma come?"
"Non si sa..."
"Porca puttana...lavoro con un branco di
negligenti e incompetenti...ora si che siamo nei guai"
Nella cella, al posto del corpo privo di testa della ragazza c'erano solo
capelli e sangue. La carne si era volatilizzata.
Dovevo affrontare Joy, anche se ne ero terrorizzata. Bussai alla porta di
Yoshikawa.
"Chiharu? Che fai qui? Ti vedo scossa"
Infatti ero scossa, anzi più che scossa, tremavo
come una foglia, come una gattina atterrita da un temporale "Devo
parlarti"
Il ragazzo avvisò i genitori della sua uscita e, ottenuto il consenso, i due
restarono in giardino.
"Di che dovevi parlarmi?"
"Devo dirti la verità... non ci devono essere più segreti tra di noi"
incominciai a piangere
"Cosa? Mi stai spaventando...a proposito ...lo
sai che sono morti Takashi e Saeki, i prossimi potremmo essere noi"
Piansi ancora di più "Sì... lo so"
"Dobbiamo sconfiggere insieme la maledizione"
Annuii "ma prima devo raccontarti tutta la verità"
"Che verità?"
Urlai "Joy Barker era già morta, prima di subire l'incidente ferroviario...era
già morta una volta!"
Guardai il viso della persona che incominciavo ad amare, i suoi occhi erano
straniti, scioccati. "Cosa?" sussurrò con un sospiro flebile
Incominciai a raccontargli tutto. Gli raccontai del documento di divorzio
trovato tra i miei appunti, della chiaccherata con mia madre dopo aver scoperto
il nome di mio padre.
"Joy Barker era già morta poco prima che
nascessi io. Era mia sorella"
"Cosa?"
"Non interrompermi, ti prego."
"Ma come è morta?"
"Mia madre stava preparando il the alla nonna, che era in soggiorno a
lavorare all'uncinetto. Joy era in cucina e guardava mamma mentre lavorava ai
fornelli. Aveva preparato anche dei biscotti e li aveva messi in un piattino,
appoggiato sul tagliere, accanto ai coltelli da cucina.
Joy era così attratta da quei biscotti che ne prese uno e lo mangiò. Mia
madre la sgridò, dicendole che avrebbe dovuto aspettare di mangiarli con la
nonna, che era una bambina cattiva ed ingorda. Allora lei incominciò a
piangere, si armò di coltello e lo infilzò nella mano di mia madre."
"Oddio"
Non riuscii a trattenere le lacrime "Mia madre, dal dolore si voltò di
scatto: aveva la teiera in mano e involontariamente colpì la testa di Joy, che
cadde a terra esanime"
"Mio Dio...ecco perché quel rivolo di sangue
sulle fotografie"
"Già...l'aveva colpita proprio sulla parte destra
della fronte."
"Ma è stato un incidente, giusto?"
"Sì...mia madre era disperata, mia nonna ebbe una crisi depressiva e venne
ricoverata in ospedale. Presa da un impeto di disperazione, mamma portò il
cadavere di Joy tra i bidoni della spazzatura e lo abbandonò lì. Dopo venti
minuti andò a controllare, ma il corpo non era più lì... si era risvegliato."
"E perché Joy non si era vendicata di tua madre?"
"Penso che si fosse sentita in colpa per ciò che aveva fatto, penso abbia
capito che era tutta colpa sua" le lacrime smisero di scendere, ma il dolore
e la disperazione non mi abbandonavano."
"è terribile"
"già"
"poi tornò mio padre dal lavoro, scoprì cos'era successo e decise di
divorziare, mamma scoprì di essere incinta"
"Chiharu..." "ma non finì così...mio padre pochi giorni dopo si
uccise, si impicco ad un albero in un parco. Mia madre non mi aveva mai
raccontato nulla! Ti rendi conto! Non mi ha mai raccontato nulla"
mi fiondai tra le braccia di Yoshikawa e ripresi a piangere, continuai a
piangere finchè i miei occhi non diventarono di carta.
"Non voglio tornare a casa" continuai a piangere, persa nella
pelle e nella carne di Yoshikawa
"Non voglio tornare a casa" continuai a piangere, persa nella
pelle e nella carne di Yoshikawa
"Non aver paura"
"Dove possiamo andare?"
"Ho un po' di soldi in tasca, poco distante da qui c'è un albergo di
due stelle. Staremo lì a dormire per una notte, che ne dici?" annuii. Il crepuscolo stava arrivando come un velo
nero che ricopre tutto.
"Volete due camere singole?" chiese l'assistente dell'hotel, una
sorridente ragazza di origini coreane, il cui cartellino diceva "Sun
Mi-Yung"
"Non è possibile una singola con due letti?"
"Sì...ce n'è una disponibile, la 418"
sorrise Sun Mi-Yung, affidando le chiavi a Yoshikawa
Salimmo le scale. Era una stanza al terzo piano.
Due letti, un vecchio televisore, due comodini, un armadio e un bagno con la
doccia rotta e con acqua sul pavimento.
Mi stesi sul letto silenziosa, quando squillò il
mio cellulare.
"Pronto?" dissi con la tristezza nel cuore. Era Haruna.
"Ciao...ti sento strana, cosa c'è....dove ti
trovi?"
"Non te lo posso dire"
"Perché no?"
"Ascolta Haruna...devo fare una cosa
importante"
"Che cosa?" la chiamata era disturbata da strani rumori di fondo
che sporcavano la voce di Haruna, trasformandola quasi in un feedback.
"Haruna...mi senti? Io sento
disturbato"
"Chiharu...dov...chihar...non...t...sent..."
"Io invece ti sento benissimo Chiharu...e sai una
cosa ucciderò prima il tuo amcihetto e poi te, vi squarcerò il collo e passerò
alla vittima successiva, in una catena senza fine" non era Haruna che
parlava e per questo mi spaventai. Cacciai un urlo e gettai il cellulare per
terra.
"Cos'è successo?" sussultò Yoshikawa che stava ammirando il
panorama dalla finestra "Perché hai gridato?"
all'improvviso mi sentii diversa, più leggera, più strana.
"Che cosa ti succede, Chiharu? Che cos'hanno i
tuoi occhi? Hai una faccia strana" la voce di Yoshiakwa
mi appariva sempre più distante, meno nitida. Mi lasciai cadere a terra.
Mi sentivo posseduta.
Yoshikawa accorse "Chiharu! Stai bene?
Chiharu! Chiharu" cominciai a gridare, sempre più, mentre mi lasciai
andare in convulsioni. Piedi e mani cominciarono a muoversi senza che li
comandassi. Continuai ad urlare, mentre Yoshikawa mi guardava
sempre più disperato "Chiharu! Calmati Chiharu! Calmati!"
Crisi epilettiche.
Yoshikawa riuscì a calmarmi con un bacio. Ritornai ad essere mè stessa.
Nel frattempo, Haruna, terrorizzata dalla strana telefonata accorse a casa mia, suonò il campanello e salì con velocità
le scale, sorprendendo mia madre, che piangeva.
"Salve signora" la salutò cordialmente
con il tipico inchino orientale
"Oh ciao Haruna...Chiharu non è in casa"
"Come no?"
"Non è qui...di solito lascia qualche bigliettino
con scritto che non c'è, ma oggi è diverso...è scomparsa...io non capisco"
"Ero venuta proprio per Chiharu...volevo chiederle
di spiegarmi una cosa di matematica" mentì Haruna
"Capisco...senti vuoi restare almeno finchè
non ritorna? Ho un pezzo di pizza surgelata...basta
che te la scaldo al microonde"
"No signora, non si deve disturbare"
"Non fare complimenti"
Haruna sorrise "se proprio insiste"
"perfetto"
La mia amica, però, approfittò della situazione per introdursi in camera mia e
cercare qualche indizio che le indicasse dove fossi, quando scoprì l'archivio
dell'obitorio e la videocassetta snuff.
Prese quest'ultima e la mise nel videoregistratore di camera mia,
incosciente di un orrore che ben presto avrebbe colpito anche lei.
Haruna visionò l'intero video e ne rimase scioccata, sconcertata, ma quando
notò che il video era continuamente inframmezzato da un'immagine confusa e
continua, schiacciò il tasto "pause" per vederla meglio. Era una
fotografia di una donna, forse Joy Barker, in bianco e nero e con i capelli
corvini a celarle il volto ceruleo. Haruna, affascinata dalla scoperta,
avvicinò lo sguardo alla televisione, ma in quel mentre, il viso si voltò di scatto.
Haruna indietreggiò...com'era possibile? la televisione era ferma si "pause".
Corse via e raggiunse in cucina, dove mia madre era completamente immobile,
come una statua.
"Signora, c'è qualcosa di strano in camera di sua figlia" gridò
Haruna, quando mia madre si mosse cadaverica sino al forno microonde e ci
infilò la testa.
"Signora ma che sta facendo?" si sconcertò Haruna, quando notò che la
mano destra di mia madre, la stessa che aveva colpito Joy a morte stava avendo
delle strane convulsioni. Lo sportello del microonde
continuò a chiudersi con violenza, fino a squarciare il collo di mia madre, che
non lanciava il minimo grido di dolore.
Haruna urlò, corse giù per le scale, senza nemmeno indossare le scarpe che
aveva abbandonato all'ingresso.
Io intanto mi svegliai. Avevo la testa devastata eppure ero riuscita ad
addormentarmi. Provai una strana sensazione e corsi in bagno, quando sentii un
odore lancinante provenire dalla doccia distrutta, coperta da un drappo. Un po'
curiosa e un po' terrorizzata, mossi il drappo e guardai cosa nascondeva sotto:
lo stesso catino del sogno contenente il mio vomito. Gridai e mi lasciai cadere
a terra, mentre riuscii a vedere l'immagine di Joy che dava da bere il suo
vomito a Kobayashi. L'amore nella forma più pura. Mi diedi digli schiaffi,
ingenuamente credendo che mi avrebbero salvato dall'incubo e tornai in camera,
sorprendendo Yoshikawa dolorante e sanguinante.
"Che è successo?" urlai disperata. Un paio di forbici era
conficcato nel ventre del ragazzo.
Cominciai a piangere, mentre vedevo che quel taglio maledetto sgorgava
sangue e macchiava la camicia del mio ragazzo. Con il dolore nel cuore, riuscii
a estrarre le forbici e lo abbracciai.
"Yoshikawa...cos'è successo? Cos'hai
fatto?"
"Non lo so, Chiharu non lo so"
Piansi su di lui, bagnandogli il colletto della camicia sporca di sangue.
Non avevo mai sentito la morte così vicina prima d'ora.
Poi un rantolo.
Guardai Yoshikawa negli occhi e vidi il suo viso terrorizzato, pietrifciato.
"Cosa c'è?" gli chiesi spaventata
Non rispose, era pietrificato.
"Yoshikawa rispondi!" mi stavo preoccupando davvero
Allora lui indicò qualcosa dietro di me. Brividi mi perturbarono il corpo,
gocce di sudore mi scivolarono giù dalla fronte. Speravo fosse solo uno stupido
scherzo di Yoshikawa ma quando mi girai trasalii: c'era Joy Barker, eretta sul
corpo sparito dall'obitoreo, dalla carne cerulea, avvolto in un vestito bianco
leggero, privo di spalline. I capelli corvini le corpivano il volto, erano
vagamente mossi e non superavano il seno. Ma ciò che si intravvedeva tra quei
capelli era il taglio profondo sull'ugola, che continuava a sanguinare,
macchiando il tessuto candido in rosso vivo.
Facendo finta di non vederla, presi il braccio di Yoshikawa e lo misi
intorno al mio collo e cercammo di fuggire.
"Non avere paura Yoshikawa, ci sono le scale ora ci sono le ..." neanche il tempo di quella frase, che mi resi
conto che le scale erano scomparse, spazzate via da un'immensa distesa di
stanze.
"Ohnnò" sussurrai quando vidi che l'unica via di salvezza era in
fondo al corridoio: un ascensore.
Corsi velocemente, trascinandomi dietro Yoshikawa che ad ogni passo emetteva
una smorfia. Era lui il prossimo a morire, dovevo proteggerlo.
Cominciammo a gridare e a sbattere pugni sulle porte, ma fu inutile, nessuno
pareva rispondere al nostro allarme così capimmo che se avessimo
voluto sopravvivere, avremmo dovuto difenderci da soli. All'improvviso
però, qualcosa di strano schizzò sul mio volto.
Il sangue mi si raggelò nelle vene. Non poteva essere vero. Mi girai verso
Yoshikawa e vidi con orrore che la sua testa non c'era più: il sangue
continuava a schizzare dal suo collo mutilato.
Urlai e lasciai cadere a terra il corpo esanime, poi corsi in fretta,
cercando di raggiungere l'ascensore della salvezza. Un rumore mi fece
sussultare. Joy stava arrivando, sempre più in fretta, dietro di me. Raggelai,
ma trovai comunque il coraggio di voltarmi.
La porta della camera di me e Yoshikawa si stava aprendo. Caddi a terra e
riuscii a vedere Joy Barker uscire dalla stanza, cercando di arrivare a me.
Con un balzo ritornai sulla mia strada e finalmente raggiunsi l'ascensore.
In quel mentre la testa di Joy abbandonò il corpo e rotolò velocemente
dietro me.
Pochi secondi, pochi secondi.
Come se avessi un tic nervoso nel dito, continuai a
schiacciare il pulsante del piano terra e mi accorsi di quella scritta "Io
sono viva, voi no. Joy Barker"
La stessa dell'ospedale.
Diedi un ultimo sguardo che si stagliava di fronte ai miei occhi: Joy era
sparita.
"L'unico modo per uccidere una persona di sangue A0 è attraverso le sue
paure" le parole dell'archivio dell'obitorio entravano nel
mio cervello sempre più nitide ed implacabili. Solo in quel momento mi
ricordai del vero terrore di Joy: le forbici. Ed era quello che stavo reggendo:
il paio di forbici che avevo estratto dal corpo di Yoshikawa. un tonfo mi fece sussultare.
Joy stava venendo a prendermi attraverso la grata dell'ascensore.
Ancora tremolante, allora posizionai le forbici in verticale, con la punta a
toccare il cielo. Piangevo.
Stava arrivando, stava arrivando: La sentivo.
L'ascensore non si muoveva sebbene continuassi a schiacciare il pulsante.
Sentii un sussurro, dolce ed estremo allo stesso tempo:
"Sorella!". Smisi di schiacciare e restai con gli occhi tesi sulla
grata, insieme alla punta affilata del paio di forbici.
Un sussulto mi percosse.
"Chiunque possieda sangue A0 può essere ucciso solo attraverso le sue
paure"
Ero bloccata. I brividi mi impedivano di ragionare, le mani che reggevano le
forbici tremavano. Sarei davvero riuscita a spezzare la maledizione?
"Sorellaaaaa!" un urlo!
La testa di Joy scivolò dalla grata aperta per ragiungermi, quando entrò in
pieno con la punta delle forbici, che le trapassarono l'occhio. Urlai. Il
sangue di Joy arrivò a sgorgare sino alla mia mano.
L'incubo era finalmente finito.
"Sorellina" mi voltai verso il corridoio e vidi il fantasma di mia
sorella sorridermi e salutarmi con la mano "Ti ringrazio"
"Di cosa?"
Non mi rispose e scomparì nel nulla. "Addio Joy Barker" sussurrai
con dolcezza. Finalmente capii per cosa mi stesse ringrazinado: l'avevo
liberata. Non voleva uccidere, ma finchè fosse restata in vita, quello era il
suo unico scopo: vendicarsi.
Uccidendola le diedi finalmente la libertà eterna.
Non sapevo se piangere o se ridere e in quella parentesi di tempo, nel
dubbio totale, appoggiai le labbra sulla testa morta di Joy, le baciai la
ferita sulla parte destra della fronte, mentre fuori iniziò a nevicare.