Reborn

di strawberrycake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one: Monster ***
Capitolo 2: *** Chapter two: Rebound ***
Capitolo 3: *** Chapter three: Rage ***



Capitolo 1
*** Chapter one: Monster ***


Stava correndo per evitare gli attacchi.

Correva per salvarsi la vita. Correva per scappare a quei mortali lampi verdi mentre cercava di respingerlo, invano. Quell'essere era forte, ora capiva che quella scintilla di ammirazione, infondo agli occhi, che le persone avevano quando parlavano di lui era totalmente giustificata. E come avrebbe potuto lui, mago inesperto, sconfiggerlo?

Era arrivato in cima alla balaustra, il cuore a mille. Chiuse gli occhi per non vedere la sua morte, quell'essere, avanzare verso di lui.

"Potter" il suo cognome, bisbigliato a pochi centimetri dal suo viso. Doveva affrontarlo. Aprì gli occhi e alzò il viso, guardandolo sprezzante.

"Forza Tom, finiamola come abbiamo iniziato, insieme." lo prese per la tunica e si buttò giù dal castello, dicendo addio alla sua vita. Non sapeva da dove gli fosse venuto il coraggio di buttarsi giù, probabilmente dalla stanchezza…aveva passato una vita a combattere Voldemort e ora era stanco di lottare.

Poi successe qualcosa che non si sarebbe mai aspettato, sentì tirare tutta la pelle e si sentì trasportato verso l'alto. Il dolore era indicibile, la cicatrice pulsava e sentiva il suo corpo fondersi con quello di Voldemort. A ogni suo movimento, si sentiva bruciare. Anche l'altro si dibatteva in preda al dolore più acuto, cercando di trasportarsi al sicuro, a terra. Più Harry cercava di divincolarsi, più la creatura serpentina sembrava stringerlo a sé. Poi capì, egli cercava di tenerlo stretto per non lasciarlo cadere e mentre realizzava questo, la sua testa di fuse con quella pallida del suo nemico.

Per un momento fu nella sua testa, potè percepire le sue emozioni quasi come se fossero le proprie. Tanta rabbia, tanta frustrazione. All'improvviso, nel turbinio dei loro volti fusi, un lampo illuminò gli occhi serpentini.

Harry smise di lottare, lasciò che l'uomo lo tenesse e lo portasse a terra, incredibilmente incolume.

Lo vide rotolare e strisciare verso la bacchetta, così lo imitò e prese la propria.

Fece per scagliare il suo expelliarmus quando vide il suo avversario esitare. Egli lo guardò, guardò la propria bacchetta e, infine, la abbassò.

Intanto, intorno a loro si era raccolta una piccola folla che non osò aprire bocca. La battaglia si fermò per un attimo.

"Non posso…" sussurrò, Lord Voldemort. Harry non capiva, era così confuso.

Non parlò, aveva quasi paura che se lo avesse fatto egli avrebbe cambiato idea e lo avrebbe ucciso all'istante.

Da lì in poi il suo cervello si spense. Le sue gambe si mossero da sole, un passo dopo l'altro, si trovò proprio davanti all'uomo.

"Non posso…" sussurrò egli, più piano. I suoi occhi cremisi incontrarono quelli smeraldo di Harry. Una lacrima solcò il suo volto scarno e pallido.

"Non posso" ripetè, con rabbia. Harry non sapeva quello che provava, sapeva solo di non sopportare la vista del suo nemico in quello stato. E aveva paura che da un momento all'altro avrebbe visto il lampo verde diretto verso di lui.

Lui era il mostro, era il male, era ciò che aveva passato una vita intera a odiare, aveva ucciso i suoi genitori senza pietà eppure ora sembrava così fragile.

"Perché non mi uccidi?" trovò finalmente il coraggio per sussurrare quelle poche parole.

"Quando ci siamo uniti, in volo…ho sentito qualcosa. Era come se la battaglia non importasse più" digrignò i denti "qualsiasi cosa fosse, ora mi impedisce di ucciderti." quasi sputò queste parole, con chiaro disgusto.

Harry non ebbe il coraggio di chidere altro. La vista di quel potente mago in ginocchio era terribile.

Mise la mano sulla spalla a quell'uomo, a quell'essere che aveva ucciso centinaia di maghi e che ora esitava a ucciderne uno solo.

 

Mentre le guardie di Azkaban e gli auror riportavano l'ordine e catturavano Lord Voldemort e i suoi seguaci, pensò che non poteva perdonare quello che aveva fatto, ma forse ora poteva vederlo sotto una luce diversa. Improvvisamente Voldemort non era più il mostro. Svuotato da tutto l'odio che aveva provato per quell'essere, ora si sentiva vuoto.





Angolo dell'autrice
Ciao a tutti, questa è la mia prima ff :D Quindi siate clementi, qualsiasi recensione è ben accetta.

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Capitolo 2
*** Chapter two: Rebound ***


Una donna che sussurrava a un bambino.

"Harry, mamma ti ama" un uomo che urlava "papà ti ama, sii forte" e un accecante lampo verde.

Poi un uomo pallido, in ginocchio, con la bacchetta abbassata.

 

Harry si svegliò in preda a emozioni contrastanti. I ricordi della morte dei suoi genitori bruciavano, erano impressi nel suo cuore, eppure gli avvenimenti di qualche giorno prima lo avevano sconvolto. Tutti davano la colpa alla guerra appena terminata ma lui sapeva che non era così. Lui aveva visto il bene negli occhi della creatura più malvagia del mondo dei maghi e ora la sua coscienza reclamava spiegazioni.

Guardò l'orologio. Era notte fonda ma doveva andare a parlare con la professoressa McGranitt, non avrebbe aspettato un minuto di più.

Infilò piano le scarpe e attraversò il dormitorio pieno di ragazzi che dormivano tranquilli. Si avviò verso il ritratto della signora grassa, sperando che stesse dormendo…cosa che invece non faceva Ron, seduto sul pavimento davanti al caminetto. Non aveva smesso di avere attacchi d'ansia, dopo la guerra.

"Ehi amico, che ci fai sveglio?"

"Potrei chiedere la stessa cosa a te" Harry cercò di eludere la domanda e continuò a camminare. Ron lo avrebbe preso per pazzo se avesse saputo ciò che aveva intenzione di fare.

"Sì, ma l'ho chiesto prima io e mi stai evitando. Eddai, ci conosciamo da anni" il rosso gli si parò davanti e aveva ragione, dopo tutto quello che avevano passato non lo aveva ancora fatto rinchiudere al reparto psichiatrico del San Mungo. Decise di dirglielo, sperando che non avrebbe cercato di fermarlo.

"Vado a parlare con la McGranitt, devo ottenere un permesso per andare ad Azkaban" e uscirne vivo, aggiunse mentalmente. Disse tutto questo il più velocemente possibile e riprese a camminare, ignorando la faccia inorridita di Ron.

"Non mi dire che è per via di Tu-sai-chi." il suo volto esprimeva sincero disgusto.

Il rosso non attese nemmeno la risposta, prendendolo per un braccio e trascinandolo verso i dormitori femminili. Si mise a farneticare sul fatto che dovesse parlare con Hermione mentre Harry cercava di divincolarsi. Litigare con Ronald era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare, in quel momento, quindi, alla fine, si lasciò trasportare da Hermione.

Entrare nei dormitori femminili fu un'impresa, dovettero utilizzare la scopa per evitare l'incantesimo di guardia che rendeva i gradini scivolosi.

Come Harry immaginava, Hermione diede di matto.

"Perché non puoi dimenticarlo?! La guerra è finita, lui ha quello che si merita, la prigione a vita torturato dai suoi stessi alleati! Perché non riesci semplicemente ad andare avanti?" i suoi amici erano sinceramente preoccupati per lui ma nulla gli avrebbe fatto cambiare idea.

"Io devo sapere cosa gli è successo, non posso semplicemente accantonarlo in un angolo della mia testa. Finchè non lo saprò, per me la guerra non sarà finita, non riuscirò a dimenticare." Ron farfugliò qualcosa di incomprensibile come suo solito ma Hermione pareva pensierosa. Lo guardò negli occhi, "va bene, fai quello che devi fare" e corse via, lasciandosi alle spalle i lamenti offesi di Ron.

Stremato, arrivò al garguille di pietra all'ingresso dell'ufficio del preside.

"Api frizzole" sussurrò. Il garguille iniziò a rotare e egli si ritrovò nell'ufficio della professoressa. Le parole d'ordine non erano cambiate, uno strano omaggio in memoria di Silente.

Quella che corse a vedere cosa stava succedendo era una McGranitt in vestaglia, con i capelli sciolti e la bacchetta con uno schiantesimo pronto sulla punta, la guerra aveva cambiato le abitudini di tutti.

"Potter! Ma cosa ci fai in piedi a quest'ora e per di più nel mio ufficio? Per Merlino, strano che Gazza non ti abbia visto!" sembrava più preoccupata che arrabbiata.

Harry le spiegò che gli serviva assolutamente un permesso di visita per un detenuto di Azkaban e, stranamente, non sembrò sorpresa.

"E' normale che tu voglia delle risposte e sono consapevole che potrai averle solo da Lui, ma permettimi di dissuaderti. Azkaban è un posto orribile, nessuno dovrebbe vederlo, men che meno tu…e poi Lui ti ha fatto tanto del male, a te e a tutti noi, non dimenticarlo. Inoltre, tra una settimana verrà processato dal Wizengamot."

"Io devo vederlo, professoressa. Finchè ne ho la possibilità. Lui mi ha dato il tormento e solo Lui può darmi la pace" sperò di averle trasmesso tutta la sua urgenza.

La donna lo guardò con un misto di tristezzae ammirazione, dopodichè lo congedò dicendogli che avrebbe fatto il possibile e Harry non potè fare altro che tornare a letto…e aspettare.

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Capitolo 3
*** Chapter three: Rage ***


Harry si svegliò, reduce da uno dei suoi incubi, quando il sole era ancora basso nel cielo. L'immagine di Voldemort come lo aveva visto l'ultima volta continuava a tormentarlo. Pensando al sogno da cui si era appena svegliato, ricordò la sua richiesta alla preside della notte precedente.

Allungò il braccio verso il comodino per inforcare gli occhiali, senza i quali era praticamente cieco, ma ciò che afferrò per primo fu un bigliettino di pergamena sopra di essi. Dopo averli indossati, abbassò lo sguardo sul misterioso biglietto. Il suo nome era elegantemente tracciato su un lato, subito sopra la firma della preside.

Il suo cuore ebbe un sussulto al pensiero che all'interno poteva esserci la risposta alla sua richiesta. Non avrebbe contemplato una risposta negativa, lui aveva bisogno di vedere Voldemort e lo avrebbe fatto.

Aprì il biglietto, con dita tremanti e in preda all'ansia e ciò che lesse lo fece sorridere e tirare un sospiro di sollievo. La preside aveva provveduto a procurargli un permesso speciale per quella stessa mattina. Un auror sarebbe venuto a prenderlo e lo avrebbe scortato personalmente all'interno della prigione.

Alla soddisfazione e al sollievo, seguì un momento di panico. Avrebbe rivisto il suo nemico e non aveva la minima idea di cosa aspettarsi. In battaglia, aveva veramente sperato che egli fosse cambiato e, sotto sotto, quella speranza la aveva ancora.

 

L'auror che venne a prenderlo sembrava fresco di scuola. Era un ragazzo giovane, di non più di venticinque anni, molto taciturno. Quando lo vide, su limitò a presentarsi.

"Harry? Harry Potter?" chiese, per avere la certezza che fosse proprio lui "Flaminius Flink, molto piacere" dopodichè gli indicò la scopa su cui era seduto, facendogli cenno di accomodarsi. Avrebbero attraversato il Mare del Nord a bordo di una scopa, quindi. Harry rimase un po' deluso, pensava che gli auror avessero mezzi di trasporto più sofisticati, invece viaggiavano su una semplice scopa e nemmeno ultimo modello. A dispetto della modestia del mezzo, non ci misero molto ad avvistare la grande fortezza nera. Perfino da lontano sembrava enorme. Un colosso nero a forma di triangolo tra i flutti agitati del mare. Più si avvicinavano alla struttura, più il vento diventava freddo e violento. Sebbene fosse giugno e ci fosse il sole, il mare era agitato quasi quanto durante una tempesta. Le onde si infrangevano contro le mura scure con uno sciabordio che copriva quasi ogni altro suono.

Durante la discesa, Harry dovette tenersi stretto a Flaminius per non cadere tra le onde.

I due atterrarono alla base della costruzione e subito vennero loro incontro due auror che chiesero a Harry di consegnare loro la bacchetta, cosa che lui fece alquanto controvoglia, senza bacchetta si sentiva indifeso e in pericolo, sebbene fosse in compagnia di tre auror. Flaminius se ne accorse perché, mentre varcavano il grande portone di legno dell'entrata, gli strinse una spalla e gli sorrise in segno di incoraggiamento.

Appena furono entrati, delle urla assordanti rimbombarono nelle orecchie di Harry. Grida di dolore e disperazione, pianti e preghiere lo destabilizzarono. Il Ministero della magia aveva proibito la tortura, dopo la Seconda guerra magica, ma nessuno sembrava curarsi di quel divieto. Schiocchi di frustate e tonfi di percosse si sentivano ovunque. Harry rabbrividì. I dissennatori non erano più impiegati come carcerieri ma le condizioni dei prigionieri non erano migliorate. Ora, alla tortura psicologica di una vita senza felicità, si sostituiva la tortura fisica ininterrotta.

Harry non chiese spiegazioni, era troppo occupato a pensare a  cosa sarebbe successo di lì a poco.

Dopo aver percorso interminabili corridoi bui, arrivarono a una cella con una porta piccola e bassa in pesante legno laccato. Sicuramente erano stati applicati ad essa numerosi incantesimi per impedire al prigioniero di distruggerla.

Uno dei due auror puntò la bacchetta contro la serratura e quella si aprì.

"Per la vostra sicurezza, il nostro collega Flaminius vi accompagnerà, signor Potter" ma Harry non voleva compagnia. Quella  era una faccenda tra lui e la creatura oltre la porta.

"No, va bene così, voglio andare da solo" sussurrò. L'auror che stava tenendo la porta lo guardò in modo sospettoso, aprii la porta e gli fece cenno di entrare. Mentre varcava la soglia, Harry lo sentì aggiungere "noi saremo qui fuori, per ogni evenienza" dopodichè la porta si chiuse alle sue spalle e Harry rimase solo, nell'oscurità.

Quando i suoi occhi si furono abituati alla scarsa illuminazione della stanza, vide un uomo per terra, con una tunica nera sfilacciata sulla schiena, dove era rimasto del sangue rappreso in seguito alle frustate.

"E così, sei venuto" la sua voce serpentina fece sobbalzare il ragazzo. La sua voce non tradiva nessuna emozione.

"Sì, sono venuto perché ho bisogno di risposte" Harry aveva la gola secca e il cuore che scalpitava nel petto. Si appiattì alla parete opposta, cercando di farsi coraggio. Dato che l'uomo non rispondeva, proseguì "perché non mi hai ucciso?" decise di andare dritto al punto.

"Non ci sono riuscito, ora vattene" sibilò. Voltò la testa verso Harry e lo fissò con occhi fiammeggianti "vattene" ripetè, in un sibilo. Harry non si mosse, immobilizzato dalla paura.

"Non me ne andrò finchè non mi dirai quello che voglio. Perché non ci sei riuscito?" cercò di dissimulare la paura che provava.

L'uomo strinse le proprie ginocchia così forte da rendere visibili le nocche sotto la pelle pallida delle mani.

"Coraggioso, coraggioso Potter" sottolineò l'ultima parola con disgusto "E' stato quando ci siamo uniti. Ne sono uscito confuso, i tuoi pensieri hanno infettato i miei."

Allentò la stretta sulle proprie ginocchia, abbassando lo sguardo. La paura che Harry provava si affievolì, lasciando spazio a una sorta di compassione.

"Pensi che parte dei miei pensieri siano rimasti in te?" chiese, chiedendosi come fosse possibile.

L'uomo si alzò lentamente in piedi e prese ad avvicinarsi a Harry con passi lenti e fieri.

"Ora mi uccideresti?" continuò, il giovane.

Voldemort si fermò di fronte a lui. Con un gesto repentino l'essere pallido gli agguantò i polsi e li schiacciò forte contro la parete, furente.

"No, c'è quel qualcosa che non mi permette di farlo!" gli urlò in faccio in un eccesso di rabbia. Poi, avvicinando le labbra all'orecchio di Harry "questo non vuol dire che non ti torturerei fino a farti perdere il senno, povero piccolo Potter" sussurrò.

Harry cercò di divincolarsi, scalciando, e il rumore allarmò i tre auror che stavano di guardia alla porta. Quest'ultima si aprì e Harry sentì un auror gridare "Incarceramus!" prima di venire trascinato fuori. L'ultima cosa che vide di quella cella fu Lord Voldemort stretto in un gomitolo di corde.

Flaminius lo condusse in fretta e furia fuori dall'edificio. Quando furono all'esterno si assicurò che Harry stesse bene.

"Non mi ha fatto nulla, io devo parlarci!" gridò. Flaminius gli strinse nuovamente una spalla con forza "ora è meglio se lo lasci agli auror. Non avrebbe dovuto toccarti." gli rispose.

Harry cercò di convincerlo a farlo rientrare ma ogni tentativo fu vano. Tirò un pungo controla pietra nera e si prese la testa tra le mani. Lui aveva bisogno di parlare con quell'uomo, sapeva che non gli avrebbe fatto del male.

Impietosito dalla sua frustrazione, Flaminius sospirò e aggiunse "ti farò ottenere un altro permesso, ma per oggi è abbastanza" prima di farlo salire a forza sulla scopa e riportarlo alla scuola.

 

 

Angolo autrice

Saaaalve a tutti, capitolo un po' più lungo stavolta :D ecco il primo colloquio tra Harry e Voldemort, non andato molto bene…Come sempre grazie a tutti quelli che hanno aggiunto la storia alle seguite/preferite/cose e qualsiasi recensione (anche critiche) sono ben accette :3

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