Le Secret de Notre-Dame

di Adell Hawkins
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Point du jour ***
Capitolo 3: *** Miz 1792 ***
Capitolo 4: *** La fine di Adell? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
 
La neve mista alla pioggia cadeva impetuosa sopra la cattedrale.
Lei sen’era accorta.
Ancora non sapeva perché si trovasse lì, né cosa stesse facendo.
Scappava dalla morte o rincorreva la sua vita?
La neve gelida cadeva con la stessa voracità di un temporale, le tagliava il volto e le mani, poi si posava sui vestiti e glie li bagnava.
A Toronto la neve dicembrina cadeva delicatamente la notte e al mattino la città era ricoperta da un candido strato bianco.
Ma lì no.
Non c’era neanche una nota di poesia in quella notte maledetta.
Stava correndo sulle impalcature scivolose, senza riuscire a vedere troppo lontano, col percorso illuminato dalla torcia della sua compagna.
– Ci stanno raggiungendo! – disse la compagna di sventura.
Le due ragazze continuarono a correre, scegliendo meticolosamente dove mettere i piedi.
– Fermatevi!
Una voce arrivò da dietro.
– T-te lo scordi! – urlò la prima ragazza in tono canzonatorio, anche se non aveva più fiato.
Tutto si faceva sempre più sfocato e lei era sempre più confusa.
Perché era lì?
Le domande le offuscavano il cervello.
Era talmente confusa e stordita che non si accorse della sua disastrosa caduta nel fiume.
Strano.
Lei non avrebbe mai immaginato la Senna come suo letto di morte.
 
~~~
 
-Una settimana prima…-
 
Oramai la sera a Toronto si inoltrava molto presto.
Dicembre aveva portato via il men che minimo raggio di sole da tempo.
Poco male, nel buio le luci si vedevano meglio.
La metropoli era addobbata a festa per l’arrivo della festività più importante e commerciale di tutte.
Ovunque ti girassi, c’era una lucina, un addobbo, un presepe, un negozio con gli sconti o un pupazzo di Babbo Natale pacchiano che cantava meccanicamente Jingle Bells all’infinito.
Nella “via delle villette” era uno spettacolo.
Ogni famiglia aveva dato il meglio di sé ed era tutto magnifico.
Tranne che in una casa.
La villetta Wilson aveva le luci spente.
Una bassa e tozza figura stava uscendo dal portone e si avviava con passo incerto verso la sua automobile, agitando leggermente la sua ventiquattrore nera.
L’interno della casa era tetramente tranquillo.
La famiglia era riunita nel soggiorno, vicino all’albero.
La madre e il padre erano seduti sul divano, abbracciati.
Tre dei loro figli continuavano a fare domande.
La quarta invece stava davanti alla finestra, a guardare la neve del giardino.
Lei era particolare: una ragazza leggiadra, dagli occhi neri e chioma corvina.
Una ragazza somigliante alla madre, dalle fattezze asiatiche, dallo sguardo capace di ghiacciare l’Inferno.
Era capace di essere gelida, dolce e di fermarsi così, immobile di fronte al mondo.
Un vero e proprio rebus.
Nell’enorme stanza risuonavano le voci dei fratellini.
Si avvicinò a loro.
– Papà? – disse mascherando ogni qualsivoglia tipo di tristezza.
– Sì, Heather?
– Posso rileggere la copia del testamento?
I genitori si guardarono stupiti.
– M-ma certo tesoro… – balbettarono, porgendole una busta.
La ragazza tornò nella penombra.
 
TESTAMENTO.
 
Ultime volontà di Alfred R. Wilson…
 
Alfred Wilson era lo zio di Heather.
Era morto due settimane prima causa di un tumore. Aveva solo 36 anni.
Heather lo conosceva da quando era molto piccola, e si volevano un bene dell’anima.
Alfred era molto più giovane del padre di Heather, quindi lui e la ragazza si capivano anche meglio.
Ogni tanto lo andava a trovare, nel suo attico a Parigi.
 
– Sai, quando sarò grande, verrò anch’io a Parigi!
– Ma certo, piccola mia. E quando arriverai, io ti accoglierò a braccia aperte!
 
Quei ricordi facevano tremendamente male.
Andò in camera sua, per potersi sfogare senza sentirsi giudicata da nessuno.
 
Lascio a Heather, la più grande tra i miei nipoti, il mio attico a Parigi, e tutto ciò che si trova a suo interno.
Varie ed eventuali andranno discusse con il notaio.
 
La ragazza rimase sorpresa quando sentì queste parole dal notaio, e ora, rileggendo il testamento, continuava a non crederci.
Scese le scale e tornò dai suoi genitori.
– Mamma, papà. Voglio andare a Parigi per discutere del testamento – annunciò la ragazza, più tremante del solito.
– Parto domani –
Nessuna discussione.
Heather girò i tacchi e si dileguò.

 
 
Angolo di
Ancilla / Da quanto non lo scrivevo?
 
Salve?
Io sono una persona che aveva annunciato il suo mitologico ritorno circa… due mesi fa? Tre?
Ora sono tornata, munita di raffreddore, e voglio confondervi le idee, tipo tantissimo...
Soprattutto scrivo cose a vanvera, pensando che qualcuno le leggerà veramente.
Ok, iniziamo con le spiegazioni:
 
1- Scriverò questa… “cosa” da
sola, perché mia sorella ha finalmente e definitivamente deciso di andarsene da EFP e non rompere mai più.
E adesso voglio un coro di applausi.
 
2- Non aspettatevi aggiornamenti
frequenti come le figuracce dell’Italia nella Storia della 2° Guerra Mondiale.
Ho iniziato il liceo e torno a casa alle 15 o alle 16 o alle 17… e devo fare cose.
 
3- Ho chiesto a inizio dicembre di cambiare nickname e ancora siamo qua… comunque:
LUSCINIA NON ESISTE, è SOLO UN EFFETTO OTTICO.
 
4- In questo periodo sto scrivendo una cosa a cui
non so se dare la precedenza.
 
 
Ho adottato uno stile più “corretto” (cerco di scrivere alla perfezione, quindi… stiamo a vedere come fallisco male).
Spero che questa storiella vi faccia entrare nei feels, comunque io mi sforzo, ok?
Perdonate se il capitolo non è un gran che, ma sto morendo di febbre a 38° da sabato.
 
Quindi… bentornato fandom.
 
Ve amo ‘na cifra. Ciao.

Ancilla (in solitario)
        
 
P.S.: Non sapete che fatica per scrivere la intro!
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Point du jour ***


AVVISO IMPORTANTE QUANTO L’ARIA CHE RESPIRATE:

Le frasi in francese sono frutto di un dizionario degli anni ’80, una sorella che ha smesso di studiare francese da quattro anni e Google Translate.
Abbiate clemenza nei confronti di chi ha studiato spagnolo.
Ve se ama ‘na cifra.

 

 

Point du jour

 

 

L’aria era pungente e Parigi, in un gelido manto di nebbia, aveva accolto Heather nel più gelido dei modi.
Stretta nel suo giubbotto e col collo coperto da una sciarpa di lana, la ragazza lottava contro il sonno per evitare di addormentarsi in taxi.
Un sole pallido era appena spuntato tra la foschia e pian piano i lampioni diventavano sempre più visibili.
Per quante poche volte Heather fosse stata a Parigi, ricordava alla perfezione il tragitto tra l’aeroporto e l’attico di suo zio.

 
Dopo una mezz’oretta di viaggio arrivarono a destinazione.
Il palazzo cui si trovava davanti era maestoso.
I sei appartamenti ospitati all’interno erano lussuosissimi e tra i più belli della città, o almeno lo erano a detta di Alfred Wilson.
Varcò la porta.
Alla portineria, un portinaio assonnato si teneva sorretto alle cassette della posta per evitare di finire a terra.
– Signorina Wilson! – esclamò l’uomo, sbattendo più e più volte i suoi occhi blu.
– Signor Roussel, è un piacere rivederla – lo salutò Heather.
– Signorina, per lei sono sempre Geoffry.
La ragazza lo squadrò attraverso gli occhiali scuri. Nonostante avesse 35 anni, Geoff le sembrava un ragazzo appena maggiorenne, più o meno come lei.
– Mi scusi per questi due giorni di ritardo, ho preferito risolvere alcune faccende a Toronto.
– Non si preoccupi, mi chiedevo quanto tempo pensa di rimanere.
– Non saprei, tempo di decidere di cosa farmene di questa vecchia casa e sarò di nuovo in America.
Il portinaio prese la valigia e accompagnò la ragazza all’attico.
– Mi scusi, perché porta gli occhiali cosi scuri?
– Ah, ho passato ore ed ore su un aereo su cui, guarda caso, viaggiava un’allegra famigliola – ammise fredda la canadese – Non ho chiuso occhio neanche un minuto, troppa gente, troppa confusione, troppi fatti… sono in delle condizioni pessime.
I due entrarono nell’ascensore.
– Volevo farle le mie condoglianze – incalzò Roussel – Suo zio era un grand’uomo.
– La sai una cosa buffa, Geoffry? La gente potrà continuare a dispiacersi, ma tanto Alfie non lo riporterà indietro nessuno – disse Heather, fredda come l’aria siberiana.
Arrivati davanti all’appartamento, ci fu un attimo di silenzio.
– Beh, immagino sarà stanca, la lascio riposare.
Detto questo, il portinaio si dileguò.
Sulla porta splendeva una targhetta in ottone: Alfred R. Wilson.
Heather tirò fuori le chiavi dalla valigia la aprì.
Era tutto uguale: la stessa aria, gli stessi mobili, lo stesso profumo fresco e contemporaneamente antico.
Gli enormi vetri a specchio mostravano la grande metropoli per quello che era: meravigliosa.
Il suo appartamento aveva il pregio di essere vicino alla riva della Senna, proprio nella zona dove sorgeva Ile de la Cité.
Tra le case e i vari palazzi sorgeva imponente la cattedrale di Notre-Dame, che si distingueva con gli enormi campanili gotici.

Dall’altra parte si scorgeva la punta della Tour Eiffel.
Ah, che Dio l’avesse fulminata se non fosse andata a vederla!
La canadese si sedette sull’enorme divano che stava al centro del soggiorno e lentamente si addormentò.

 

FRRRRRRRRRRR!

La testa della ragazza scattò improvvisamente e subito dopo si ritrovò sveglia.
La luce penetrava dai vetri in maniera morbida. E magari fosse stato quello a svegliarla.

FRRRRRRRRRRR!

Heather si scostò i capelli dal volto.
Si era addormentata sul divano ancor prima di finire di revisionare l’appartamento.
Il freddo le penetrava nelle ossa.
Si voltò verso l’orologio.
Le 9.17.

FRRRRRRRRRRRRRRRR!

– Ma cosa cavolo è questo stramaledettissimo rumore?! – domandò a gran voce la ragazza – Ma perché neanche qui si riesce a dormire in pace?
Andò vicino alla porta.

FRRRRRRRRR!

Il rumore veniva dal corridoio.
Armata di tutta la pazienza e la calma che aveva, spinse la maniglia.
STUMP!
– Ouch!
La mora sussultò nel sentire la porta sbattere contro qualcosa, e nel sentire quella cosa reagire.
Piano piano, sporse la testa per dare un’occhiata: le apparve davanti un uomo, dai lunghi capelli scuri e la
pelle color caramello, accovacciato a terra e con in mano alcuni attrezzi.

Entrambi sobbalzarono dallo spavento e rimasero senza parole.
– Mi scusi, cosa cavolo sta facendo alla mia porta? – chiese l’asiatica stizzita.
– Io… buongiorno, scusi, pensavo non ci fosse nessuno in casa.
La ragazza scrutò malamente il suo interlocutore. Era abbastanza nervosa, la sua mente doveva ancora riprendersi dalla sua scomoda dormita e il sole le stava bruciando gli occhi.
– Io, cioè… sono stato incaricato dal signor Roussel di rimuovere la targhetta col nome dalla porta – proseguì
lo sconosciuto, indicando l’oggetto incriminato e giocherellando con lo svitatore elettrico – Ma lei è…

– Sono Heather Wilson, la nipote di Alfie.
La ragazza gli porse la mano, diventando improvvisamente più amichevole.
– Aaaah, vostro zio mi ha parlato molto di lei. Ah, è stata una grande perdita. Condoglianze.
E di nuovo.
Heather avrebbe dato qualsiasi cosa per far smettere quella litania di condoglianze.
– Ah… non fa niente, prima o poi moriremo tutti – tagliò corto la ragazza, cercando di non addormentarsi
sullo stipite della porta.

– Io sono Alejandro Burromuerto, abito qui di fronte.
La mora ripensò all’anno passato: quell’appartamento era vuoto.
– Ah, un nuovo inquilino.
Passò qualche minuto in silenzio.
– Posso offrirle un caffè?
Altro silenzio.
– Perché no?


L’appartamento dell’uomo era molto simile al suo, anche nell’arredamento.
Alejandro scomparve in cucina per riapparire qualche minuto dopo con due tazze fumanti, piene di liquido
scuro.

– Ecco a lei.
La ragazza bevve velocemente.
– Da quanto tempo sta qua?
– Io? Da circa nove mesi, ho avuto la fortuna di incontrare Alfie. Abbiamo fatto subito amicizia, avevamo le
stesse passioni e lavoravamo nello stesso campo.

– Lei lavora nel mondo della moda?
– Sì, sono l’assistente di Christian McLean.
Heather trasalì.
– è uno dei miei stilisti preferiti! – disse entusiasta – La sua nuova collezione è a dir poco strepitosa!
– Già, anche se non è troppo semplice gestire un tipo come lui, è molto, molto esigente.
Prima che potesse dire altro, sentì dei passi arrivare dal corridoio.
– Alejandro, etes-vous à la maison?
Una ragazzina bionda arrivò in salotto, stropicciandosi gli occhi.
– Dawn, mon petite! Avez-vous bien dormi?
Alejandrò si avvicinò alla ragazza identificata come “Dawn” parlando in un forte accento di francese europeo.
– Dawn, lei è Heather, la nipote di Alfie.
La ragazzina guardò timidamente la canadese.
– Bonjour, miss Heather – disse la biondina, spalancando i due zaffiri incastonati negli occhi.
– Dawn, aller à étudier les mathématiques, je dois aller au travail.
La mora guardò la ragazzina andarsene.
– Un sabato lavorativo?
– Già – annuì Alejandro – Ho anche parecchie cose in arretrato.
La canadese si avviò verso l’uscio.
– Sa, ho mille domande in testa che vorrei farle – azzardò la ragazza.
–Oggi finisco il turno alle 18.30, non so, potremmo andare a cena – rispose dubbioso l’uomo – Anch’io ho
mille cose da chiederle…

– Ah.. ok, a stasera allora…
– Aspetti!
Heather si girò e guardò Alejandro.
– Alfie voleva che le dessi questo – disse lui, mostrandole una scatola rettangolare in legno rilegata con dello
spago – Mi disse che era importante.

Lei lo guardò dubbiosa.
– A stasera, signorina Wilson!
Detto questo, Alejandro sparì in ascensore.
Quell’uomo aveva lasciato a Heather tanti dubbi e tante domande.

 

Heather rientrò nell’appartamento.
Non aveva la minima idea di cosa contenesse quella scatola.
Non era troppo pesante, era semplicissima e aveva un profumo di antico, come se fosse stata degli anni
chiusa in una soffitta.

Suo zio non le aveva mai accennato a qualcosa di simile.
Lentamente, sciolse il nodo creato dallo spago e aprì le cinghie metalliche del misterioso oggetto.
Con una nota di stupore negli occhi, la canadese si trovò di fronte un manoscritto.
I fogli erano rilegati con del filo e la carta aveva la stessa consistenza della pergamena.
– “Miz 1792”?
Una scritta sorgeva sulla prima pagina.
Miz…
Miz…
– Miz non era l’abbreviazione di “miserabili” – si chiese la ragazza, sedendosi davanti alla finestra per godersi
i raggi di sole invernali.

Continuò a sfogliare le pagine, scritte minuziosamente a mano, una ad una.

 

Questa è una storia.
Può essere vera o falsa.
Può essere bella o brutta.
Può essere una tragedia o una commedia.
Voi la conoscete?
Qui è narrata come una tragedia, legami che si spezzano, disperazione.
Ma io la conosco nella sua vera essenza, la sua essenza da commedia.
Sappiamo che un’opera definita commedia, non deve essere per forza divertente, no?
La parte essenziale è che finisca bene.
Ecco a voi la tragedia.
Ecco a TE la commedia.

 
– Wow, non sapevo che lo zio si fosse dato alla scrittura – sospirò, ripensando al fatto che anche con lei aveva molti segreti.
Rilesse velocemente l’intro.
– “Ecco a TE la commedia”?
Era riferito proprio a lei?
Lei, Heather Wilson?
– Vai a sapere, magari è solo una frase ad effetto…
Continuò la lettura.


Parigi, Anno Domini 1792.
Per le strade un silenzio abissale, inoltrato nella nebbia…




 

Angolo di Ancilla / “Sono Ade, il dio degli Inferi”

 
Sì, ho usato Geoff come comparsa per non usare un personaggio inventato "ad minchia".
Sì, c'è Alejandro.
Sì, in questo capitolo non si capisce niente!




Già, è passato quasi un mese o roba del genere da quando ho pubblicato il fantastico prologo.
Sono tornata dagli Inferi.
Mi defenestro da sola, se per voi è ok.

Defenestrazione di Praga: 1618.
Defenestrazione di Ancilla: quando per voi è più comodo.


 

Sono pessima!!!!!
Non riesco ad aggiornare una storia, figuriamoci a organizzare la mia vita.
Ho avuto da fare over 9000.
E prima il 4.5 a matematica (mi ha fatto fare il compito in mezz’ora dopo la febbre, giuro!), poi altre cose (tipo
che ho fangirlato tanto, ma taaanto), poi altre ancora (tipo che mi sono sentita male altre due volte)…
E che non te la concedi un’oretta sul divano, neh?
Comprendetemi.

 

Ma da oggi si cambia.
Oggi ci organizziamo per bene il mese.
YES.


Ho intenzione di tenervi aggiornati in qualche maniera per quanto riguarda questa fan fiction.
Come?
BOH!!
Al massimo posso, tipo, boh…
È tipo tutto totalmente un casino (Feliks, esci dalla mia tastiera!)
Idea!
Sto lavorando ad un progettino-ino-ino per quanto riguarda l’obbrobrio che sto scrivendo, e per ora ne ho
descritto un passaggio sul mio blog di Tumblr.
Se vi va di vederlo lo rebloggo.
Ah, vi lascio il link del blog.


ancilla-hawkins: https://www.tumblr.com/blog/ancilla-hawkins


Vabbè, nel caso il link fosse simpatico e non vi spedisse subito al blog, mi trovate come “ancilla-hawkins”.
Se qualcuno vuole essere aggiornato a proposito di “LSdND” (Le Secret de Notre-Dame), beh, ditemelo.

Ringrazio di cuore IMmatura e AzzurraTriton che hanno il coraggio di mettere tra le ff seguite questa storia.
Ringrazio poi Elsa_4726, IMmatura, Dark_j e willow6 per i loro pareri <3


Ho sonno… *etciù*
Devo trovare uno scopo nella mia vita.


Ve amo ‘na cifra.
Ancilla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Miz 1792 ***


ADVICE:
Se nella lettura incontrerete qualcosa che vi farà dire “Eh?”, finite di leggere il capitolo e l’angolo dell’autore, vi sarà chiarito tutto.
Ve se ama ‘na cifra.

 

 

                                                                         Miz 1792



Parigi, Anno Domini 1792.
Per le strade un silenzio abissale, inoltrato nella nebbia.
Sono le prime luci dell’alba, gli scontri della sera precedente si sono freddati qualche ora dopo il tramonto.
Ceneri, cadaveri, sangue, morte.
La città non è più un luogo sicuro.
Nell’aria si espande la certezza della rivoluzione.
“O sei dei nostri, o alla ghigliottina!”


– Mamma, devo uscire.
Nel pallore mattutino, la sua voce sembrò più debole del respiro di un moribondo.
– Non dire scemenze! – la voce della donna la freddò sul posto – Hai idea del rischio che corri?
– Vado a vedere che sia tutto a posto, voglio solo rimediare un pezzo di pane!
La guardò profondamente con i suoi enormi occhi neri.
– Ah, lo sai che detesto quando fai quella faccia da cane bastonato!
La madre zoppicò verso la vecchia credenza ammuffita, frugò un po’ nei cassetti e si lasciò cadere sulla sedia.
– Tieni, prendi questi – disse porgendole un pugnale e una pistola con cinque colpi
– Non fare troppe domande, tesorino – tossì e si schiarì la voce – anch’io lo farei per salvare questa vecchia pellaccia
che mi ritrovo!
La ragazza penava nel vedere la madre in quelle condizioni, zoppa e malata. Avrebbe fatto di tutto per tornare a casa e
prendersi cura di lei.
Varcò la soglia – Tornerò presto, maman! –
Detto questo, uscì dalla soffitta umida in cui era rintanata.


La nebbiolina leggera e umida penetrava dritta nelle ossa.
Tutto intorno era solo sangue e putrefazione.
Rovine di case.
Resti d’incendi.
Bandiere strappate.
No, lì non era tutto apposto.
Nella ragazza si diffuse la certezza che da lì a poco, sarebbero morti tutti.
Per mano di un patriota, di un pazzo, di una guardia del re.
Non avrebbe fatto differenza.
Trovare cibo lì era a dir poco impossibile, a meno che non si sapesse a chi rivolgersi.
Erano una sottospecie di mercati neri, si poteva trovare di tutto fino alle cose più assurde.
Camminò velocemente lungo le vie secondarie, molto più sicure rispetto a larghe e scoperte vie principali o strette
viuzze piene di gente poco raccomandabile.
La pistola le rimbalzava fastidiosamente nella tasca della gonna stracciata.
Prima di girare l’ennesimo angolo, la tirò fuori e la fece svoltare prima di lei.
Strada vuota.
Tutto ciò sembrava surreale.
Un tempo quelle strade erano affollate da qualunque tipo di persona: ricchi snob nelle loro lussuose carrozze, gente
della media borghesia, furfantelli (orfani soprattutto) e tanti altri tipi di parigini.
Il mercato non era molto lontano dalla cattedrale, magnifica e imponente.
Veniva chiamato “il Mercato delle Sorti”, perché dipendeva da quei venditori malsani la vita o la morte di un’intera
famiglia di disgraziati.
Avvicinandosi alla porta del palazzo scalcinato adibito a luogo di commercio, picchiettò in modo ritmico sul portone.
Un uomo le rispose dallo spioncino e lei non poté fare a meno di fissare l’occhio ormai spento e bianco.
– Benvenuta alla casa farmaceutica “Le fois”, come possiamo servirla?
La ragazza guardò l’uomo, sbigottita.
– C-casa farmaceutica? Io devo prendere una costina di maiale!
– Mi dispiace, non so di cosa parlate – continuò la voce roca dell’uomo – se avete bisogno di una qualsivoglia pomata,
noi siamo sempre qui.
Detto questo, lo spioncino si richiuse con un CLANG ferreo.
– Ehi!
Batté sul portone con forza.
Avevano cambiato la parola d’ordine.
Non più la macelleria con la loro beneamata e giornaliera “costina di maiale”, adesso erano una casa farmaceutica, e lei
non ne aveva saputo niente.
Un grigio tenue andò a sostituire il pallido rosa dell’alba.
Niente da mangiare, freddo, malattie.
Ecco di cosa andava a comporsi la sua giornata.
Camminando verso casa, si accorse della pioggia che lentamente andava scendendo.
Le bagnava i vestiti, i corti capelli neri e le sembrò che tutto andasse storto.
Si sarebbe ammalata presto, la febbre l’avrebbe uccisa lentamente.
Sua madre avrebbe vegliato su di lei, e zoppicando, l’avrebbe seppellita come meglio poteva.
Lei l’avrebbe aspettata in paradiso.


Guardami.
Cosa potrei offrire a me stessa o agli altri?
Non ho niente nemmeno per me.
Son povera fuori, ma per gli altri conta solo questo.
Non sono nemmeno carina,
non sono troppo formosa.
I miei capelli corti e color pece non sono attraenti,
i miei occhi sono più neri del cielo notturno.
Ho visto prostitute più curate di me.
C’è stato un tempo in cui gli uomini erano gentili,
le loro voci erano tali,
e le loro parole erano invitanti.
Un tempo l’amore si sceglieva ciecamente,
in questo mondo che era una canzone,   
e questa canzone era così emozionante.

Ci fu questo tempo,
Poi tutto è andato storto.


Lo stomaco iniziò a farle male e a gorgogliare rumorosamente.
La fame si faceva ogni giorno più dolorosa.
Are you hungry?
La ragazza si girò spaventata puntando il pugnale contro chi aveva parlato.  
Un ragazzo dai folti capelli rossi si presentò davanti a lei.
Era ben vestito, non aveva degli stracci addosso come lei.
Quegli abiti erano piuttosto insoliti, non erano tipici di Parigi.
I suoi penetranti occhi blu la percorrevano da cima a fondo.
– Eh?
Non capì cosa disse.
Non era francese quello.
– Uh, sorry. Sei afamatta?– chiese di nuovo, mostrando un cestello con del cibo.
Si lasciò scappare una risata.
– C’eri quasi! È “affamata”.
Sul volto corrucciato del ragazzo apparve un sorriso sincero.
– Tieni.
Le porse un pezzo di pane.
– Grazie.
Prese quel cibo prezioso e lo spezzò in due.
Per un attimo i loro occhi si incrociarono.
Il nero che si scontra col blu, due oceani che si incontrano.
– La lingua con cui mi hai parlato prima… non era francese.
Il ragazzo si lisciò la giacca.
I’m British. Sono di Londra, non conosco ancora bene your language.
Sei inglese? Come ti sei trovato a Parigi? – chiese la ragazza, incuriosita dal suo interlocutore.
Aveva sentito e sentito più volte pareri sugli inglesi: gente poco affidabile, rozza, piratesca.
Eppure lui era così composto che non ne provò timore.
Ne rimase quasi affascinata.
– Come ti ciami?
Mi chiamo Diane – disse la ragazza, scandendo bene le parole.
– Scott – rispose il ragazzo.
Le porse la mano.
Un po’ esitante, Diane la strinse, guardando il suo volto piegato in un piacevole sorriso.
Il rosso fissò la cattedrale.
Si reggeva alta e imponente, si sentirono come fissati da quelle enormi vetrate.
– Ne ho sentito parlare. Si chiama Notre-Dame, right?
Diane annuì col capo.
Cercò di non pensare alle scalinate ricoperte di cadaveri e sangue.
– Ho già sentito il tuo nome – continuò il ragazzo – Vuol dire “splendente”, “lucente”.
Già, un nome così bello.
– Non si addice di certo a me.
Diane si sentiva una creatura “spenta”.
Forse era la speranza che si era spenta nei suoi occhi, a renderla così.
– Forse io ho un nomme che fa per te – disse all’improvviso Scott – Sky.
Scai?
– Si scrive Sky e si pronuncia Scai – continuò a spiegare l’inglese – Significa cielo in inglese.
Diane ripeté mentalmente il suo soprannome.
– Perché farebbe per me?
– Perché i tuoi occhi sono enormi e scuri come il cielo notturno.
La ragazza fu quasi felice di quel nuovo nome.
– Sei simpatico. Forse non sono nello stato migliore per accogliere uno straniero, e neanche la mia città lo è – sospirò
la ragazza, indicando prima i suoi abiti, poi la piazza di Notre-Dame, ricoperta dal rosso carminio.
Forse si erano affrettati troppo.
Forse fare amicizia con uno straniero in così poco tempo era poco prudente, ma lei era rimasta stregata da quegli
occhi, da quella postura, da quei capelli, da quella lingua, più dura e rigida rispetto alla sua, ma sempre affascinante.
– Sono felice di averti incontrata, Sky – disse Scott – Spero di vederti ancora.
– Anch’io. Grazie del pane, grazie con tutto il cuore!
Il ragazzo ammirò i lati delle sue labbra di rose piegarsi all’insù.
– Non so cosa dire, maman sarà felicissima! Arrivederci!
Tempo un secondo e Sky era già sparita nella nebbia.


Scott scavalcò vari cadaveri, seguì i muri tra la nebbia e si avviò verso la Senna.
Sul Pont Neuf li vide.
I due campanili gotici si innalzavano in alto nel cielo con i loro canti.




Cafè Adell

Labas!
Yeah, bella bro! (wtf, perché l’ho detto).
Ragazzi, abituatevi a non vedermi per molto tempo, perché io sono più misteriosa del tempo stesso.
Tra l'altro, l'editor di EFP ce l'ha con me e ogni volta mi tocca fare "Cancella-Invio-Freccia" con TUTTE. LE. SACROSANTE. RIGHE. DEL. TESTO.
Quindi perdonate me, l'editor maledetto e l'idea di fare una ff troppo impegnata e seriosa.


Scemenze a parte, benvenuti a Cafè Adell.
Praticamente, è un rinnovato “Angolo di Ancilla” col mio nuovo nickname!
Perché “Cafè”?
Perché nei cafè si parla, si ciancia di cose a caso.


In questo capitolo abbiamo trattato di “Miz 1792”, manoscritto trovato da Heather nel lontano capitolo 2.
La ragazza di cui si parla non è un OC, bensì Sky, mentre il ragazzo è Scott, un inglese trasferito a Parigi per… boh, si
scoprirà.
Date il benvenuto alle crack-pairing!
*parte musica tipo “Pe-pe-pe trenino di Capodanno” a caso*
Non lo so, invaghirsi di gente con i capelli rossi è una novità anche per me (faccia da "If you know what I mean").
Ci stiamo avvicinando al centro della storia, ohohohohoh~!


Ma parliamo d’altro!
Ringrazio AzzurraTriton, la carissima Elsa_4726 e Rosalie97 per aver recensito il capitolo precedente (credo migliore di
questa schifezza, ma almeno mi sono impegnata, oeh!).


Tra poco sbarcherò anche nella sezione “Originali” e molto-poco-probabilmente nel fandom “Axis Powers Hetalia”
(perché boh, mi ispira ‘na cifra).


Vogliamo cianciare di cose a caso?
Ho appena finito di leggere La canzone di Achille.
Un libro veramente affascinante, che mi ha fatto piangere un’ora intera nel finale.
Leggetelo, ve lo consiglio.


Ditemi che cosa ne pensate di “Miz 1792”, criticate se avete da criticare.
Noi ci vediamo il più presto possibile (ahahahahahahah, contateci).


With love,
Adell

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** La fine di Adell? ***


Dunque.
Insomma.
Spero che leggerete tutta questa roba che è uscita dalla mia testolina malata.
Chi avrà letto il titolo del “capitolo” avrà capito che questa sottospecie di ff che cercava di essere un po’ storica, un po’ creepy non avrà un finale.
Sono consapevole del fatto che non aggiorno da maggio e qualcuno mi ha minacciato di morte se non avessi terminato la storia, ma regà, il mondo gira in modo misterioso.
Quando iniziai questa storia ero consapevole del fatto che era impegnativa.
Ero troppo presa dalla foga dopo aver rivisto Il gobbo di Notre-Dame, e credevo che avrei potuto fare qualcosa di spettacolare.
Ma alla fine si sa, lavori come un forsennato per cercare di ottenere qualcosa e non ti senti abbastanza ripagato.
 
Questa storia non avrà un finale per molte ragioni.
Non ho tempo di scriverla, visto che il liceo mi ha occupato troppo tempo, e adesso è un miracolo se riesco a chiudere gli occhi cinque minuti dopo pranzo.
“About You”, la mia prima storia, e stata scritta nel corso di un’estate dove non avevo nulla da fare perché avevo avuto gli esami e dovevo iniziare le superiori, quindi è normale che io l’abbia finita…
Ragazzi, questa storia è troppo impegnativa per riuscire a ricavare uno spazietto nel mio misero tempo di adolescente disagiata e impegnata.
Poi Total Drama non mi ispira più.
Sapevo che alla fine, come Luscinia, avrei abbandonato il fandom per un motivo o per un altro.
Mi ha fatto piacere conoscere molti di voi, chi più chi meno, e devo dire che alla fine siamo tutti nella stessa situazione.
Ora, non prendetela a male solo perché questo annuncio arriva subito dopo quello di Pleurite98, ma anche lui ha ragione.
Perché sto scrivendo qui?
All’inizio volevo provare una nuova esperienza, era bello.
Scrivere storie, leggere le recensioni che erano una carica per la mia autostima.
Ora questa “magia” è sparita.
 
Amo scrivere, sul serio, è una delle cose che mi riescono meglio… ma perché scrivere su EFP?
Me lo chiedo anch’io.
Voglio mettermi alla prova da molto, scrivendo cose più serie.
Ho iniziato un fantasy nella sezione degli “Originali”, ma anche lì non ho raggiunto il successo sperato.
Perché?
Non lo so e probabilmente non lo saprò mai, sono certa però che EFP non riesce a darmi quella soddisfazione di scrivere che cerco.
Cancellerò alcune storie, come ha fatto mia sorella con Obscure Mirrors, risparmierò le storie “serie ma non troppo” per Wattpad, dove mi trovo notevolmente meglio e smetterò di scrivere per un po’ su EFP.
Non cancellerò il mio account, perché continuerò a leggere e recensire, e quando mi tornerà la voglia di scrivere non lo farò su questo fandom, che credo abbandonerò per molto se non per sempre.
 
Resterò per il contest “Tell me a HiStory”, indetto da me, Grecoes e Rosalie97.
Se volete maggiori informazioni, leggete la mia ultima ff Quel giorno in più (e se vi va lasciate una piccola recensione, ci ho lavorato tanto per pubblicizzare il contest).
 
Non vi lascio con la frase figa “un giorno tornerò” perché non è così.
 
Voglio partecipare al concorso letterario La Giara nel 2018 (quando avrò diciotto anni), e ho degli incipit molto carini per il mio romanzo, quindi voglio concentrarmi su questo.
Capitemi.
 
Quindi questa è la fine di Adell?
Non proprio, perché Adell è il mio nome da artista, da creatrice, quindi mi aspettano ancora molte “avventure” nella mia vita.
Per quanto riguarda EFP sì, credo sia la fine della cara vecchia utente Ancilla.
 
Ringrazio voi, cari utenti, per essermi stata vicina in questo “anno e mezzo ma forse neanche”.
 
Diciamo addio a quello che è stato, o come dico io, sudie vakarykštei dienai.
 
Saluti.
 
Adell Hawkins ★




 

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