If I am crazy, that's what you made me

di Lizhp
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Se è una cosa pazza, la faccio! ***
Capitolo 2: *** Non succederà ancora ***
Capitolo 3: *** Parli italiano come un macellaio ***
Capitolo 4: *** Cosa mi è saltato in mente? ***
Capitolo 5: *** Non volevi che mi distraessi? ***
Capitolo 6: *** Ho una vita troppo egoista ***
Capitolo 7: *** Non mentirmi ***
Capitolo 8: *** Nothing's only words ***
Capitolo 9: *** Voglio andarmene da qui ***
Capitolo 10: *** Hymalaya? ***
Capitolo 11: *** Un groviglio di gambe, braccia e zampe ***
Capitolo 12: *** Sono un italiano vero ***
Capitolo 13: *** La migliore foto di sempre ***
Capitolo 14: *** Anche tu diventerai zio ***
Capitolo 15: *** Ti insegno a suonare qualcosa ***
Capitolo 16: *** Due ragazzi che passeggiavano ***
Capitolo 17: *** Un sole con la luna storta ***
Capitolo 18: *** Casa - ULTIMO CAPITOLO ***



Capitolo 1
*** Se è una cosa pazza, la faccio! ***


Gennaio 2013

Quella sera Andy aprì la porta di casa con il gomito, mentre sulle spalle teneva lo zaino con la sua fedele videocamera, nella mano sinistra qualche cavetto che aveva abbandonato il giorno precedente sulla macchina e nella mano destra l’ombrello, per ripararsi dalla pioggia incessante che ormai a Londra era di casa.
Appoggiò l’ombrello all’esterno dell’abitazione, ma nonostante questo numerose gocce di pioggia caddero sul pavimento dell’entrata: a Mika non avrebbero fatto piacere. Andy notò però che il compagno era stato previdente: uno straccio per pavimenti era stato appoggiato proprio accanto all’ingresso.
Il biondo si tolse le scarpe, pulì il disastro che aveva combinato e poi si diresse alla ricerca di Mika.
-Buonasera- disse quando lo trovò seduto su una sedia della sala, davanti alla finestra. Il riccio però non gli rispose e Andy notò che era intento a leggere qualcosa.
-Buonasera!- ripeté allora il ragazzo, leggermente più forte, ma la reazione di Mika rimase sempre la stessa. Andy iniziò a domandarsi cosa ci fosse scritto su quel foglio di tanto importante da trasportare Mika su un altro pianeta: di solito solo la musica aveva questo genere di potere su di lui. Forse si trattava di una nuova canzone.
Andy camminò allora il più silenziosamente possibile verso il compagno e, quando gli fu alle spalle, si abbassò, soffiando lievemente sul suo collo. Il riccio fece un salto, scattando immediatamente in piedi, ma non prima di rischiare di cadere rovinosamente dalla sedia.
-Che cazzo, ANDY! Sei un coglione!- ruggì il libanese, lanciando uno sguardo di fuoco al suo ragazzo.
-Bonjour finesse- replicò il biondo in un francese dal forte accento greco, rispondendo a quello sguardo minaccioso con un sorriso enorme.
-Sei diventato scemo? Quasi mi viene un infarto!- continuò Mika, chinandosi a raccogliere il misterioso foglio che aveva catturato così tanto la sua attenzione e che era finito sul pavimento subito dopo che il soffio di Andy aveva raggiunto il suo collo.
-E tu su che pianeta vivevi? Ti ho salutato due volte e non ti sei nemmeno girato- gli fece notare il biondo, alzando entrambe le sopracciglia e incrociando le braccia.
-Ah… davvero?- Mika si grattò la testa, borbottando quelle parole mentre fissava il pavimento –Scusami, non me n’ero accorto-
-Questo mi sembra abbastanza chiaro- gli fece notare Andy, lasciandosi andare ad una leggera risata –Cosa leggevi?- domandò poi, curioso.
Mika si rigirò per un attimo il foglio tra le mani, pensieroso.
-Che ne dici se ne parliamo di fronte a qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame-
Andy annuì e insieme si diressero verso la cucina; il biondo accese i fornelli e poi si sedette accanto a Mika, osservandolo mentre ancora scrutava quel pezzo di carta.
-Allora…- iniziò a dire Mika, aggrottando la fronte e fissando il tavolo, sempre con quello sguardo assorto che Andy aveva visto anche poco prima.
-Ti piace l’Italia?-
Andy alzò un sopracciglio in direzione del compagno, iniziando a immaginare dove volesse portare quella domanda abbastanza strana.
-Mi sembra un po’ presto per organizzare le vacanze di Pasqua, siamo solo a gennaio- commentò quindi, ma vide Mika scuotere la testa.
-Mi hanno fatto una proposta- annunciò il ragazzo –Mi vogliono come giudice a X Factor- e appoggiò la lettera sul tavolo, passandola al compagno.
Andy prese tra le mani il foglio di carta e lesse quello che vi era scritto.
-Ma… come farai? Avrai un traduttore, o…-
-No- disse subito Mika –Se decido di accettare, voglio imparare l’italiano-
Andy lo guardò per un attimo, poi si lasciò andare ad una leggera risata: solo lui avrebbe potuto prendere in considerazione un’idea del genere mentre già era abbastanza impegnato con il suo lavoro. Solo lui avrebbe potuto gettarsi ad occhi chiusi nell’ignoto, in un’esperienza che per lui sarebbe stata doppiamente nuova: per la prima volta giudice in un talent e per di più in una lingua che non conosceva.
-Perché ridi?- gli chiese il riccio, sorridendo leggermente.
-Perché tu sei completamente pazzo!- e così dicendo il biondo si alzò dalla sedia per controllare il cibo sui fornelli.
Mika osservò ancora per un attimo quella lettera, riflettendo di nuovo sulla proposta; Andy però, inconsapevolmente, gli aveva appena dato un ottimo motivo per accettare.
-Dici che è una cosa pazza, eh?- chiese quindi al biondo.
-Assolutamente sì- confermò il ragazzo, tornando a sedersi accanto a lui.
Mika alzò gli occhi alla ricerca delle iridi color del cielo del compagno e quando le incontrò sorrise.
-Allora se è una cosa pazza, la faccio!- dichiarò, prendendo infine la sua decisione con un’alzata di spalle.
Andy lo guardò, sbarrando gli occhi.
-Mika, ma davvero lo farai?-
-Sì!- confermò convinto il cantante, annuendo freneticamente con la testa –Perché non dovrei? Ho detto no a troppe cose in quest’ultimo periodo-
-Ma… e la lingua?- gli fece notare il compagno, mentre sul suo volto però si delineava un sorriso: avrebbe mai finito di sorprenderlo con le sue decisioni strambe?
-Sarà divertente- spiegò Mika –E sarà rischioso. E magari potrei trovare un’ispirazione in più per il mio lavoro. Cercherò un bravo insegnante e imparerò l’italiano-
Andy rise di nuovo: era una cosa pazza, ma era sicuro che Mika ce l’avrebbe fatta. Quando si buttava in un progetto, voleva compierlo nel miglior modo possibile, sapeva che la sua determinazione alla fine lo avrebbe aiutato.
-Hai detto di no a talent in lingue in cui parli, per accettare di fare una trasmissione televisiva in italiano- gli fece notare Andy, scuotendo la testa, sempre sorridendo –Io non mi sono scelto un ragazzo normale!- constatò, alzandosi per andare a mettere nei piatti la loro cena. Mika osservò i suoi movimenti, sorridendo di rimando.
Quando il compagno appoggiò i piatti sul tavolo, Mika si schiarì la voce, attirando nuovamente l’attenzione di Andy.
-Che c’è?- chiese quindi il greco, iniziando a mangiare.
-A proposito di non essere normali…- iniziò a dire Mika puntando gli occhi nel piatto –E a proposito di talent in lingue che conosco questa volta…-
Andy appoggiò la forchetta nel piatto e lo osservò attentamente, con un’espressione divertita: cosa stava architettando adesso?
-Sì?- disse Andy, invitano il compagno a proseguire, dato che aveva lasciato quelle frasi in sospeso ed era tornato alla sua cena come se niente fosse.
-The Voice Francia mi avrebbe chiesto, per il secondo anno di fila…-
-Stai pensando di fare anche quello?- chiese Andy, questa volta veramente stupito.
-Beh, perché no- rispose Mika, alzando nuovamente le spalle –il francese lo parlo e sarebbe una cosa completamente diversa da X Factor-
Andy ormai era senza parole.
-Sono sicuro che anche ad American Idol cercano qualcuno come giudice- commentò quindi sarcasticamente.
Mika rise, ma Andy parlò di nuovo: -Anche a Masterchef! Potresti cimentarti in qualcosa di nuovo, magari ti dà qualche ispirazione per una nuova canzone in cui parli di spaghetti al pomodoro, che manca nel tuo repertorio- il riccio si allungò verso il compagno tirandogli un pugno giocoso sulla spalla.
-E io mi sono scelto un ragazzo scemo!- esclamò Mika, riprendendo la frase che prima Andy stesso gli aveva detto.
-Okay, ascolta un po’- disse poi Andy, facendosi serio e iniziando a contare sulle dita della mano quello che il compagno aveva in programma per quell’anno –Hai un tour, stai scrivendo il tuo nuovo album che ti richiederà di essere spesso in studio a Los Angeles, hai in programma di scrivere un libro, vuoi fare The Voice Francia e, dopo aver imparato l’italiano, vuoi accettare di fare il giudice ad X Factor Italia. Ho dimenticato qualcosa?- chiese poi, ragionando –Certo, che scemo- disse, battendosi una mano sulla fronte –L’orologio per Swatch… e una vita al di fuori del lavoro- aggiunse infine, cercando di far capire al compagno che erano davvero troppe cose da fare in un anno per una persona sola.
Mika però fraintese il ragionamento del biondo.
-Hai ragione, io mi sono buttato in tutte queste cose senza pensare… per noi diventerebbe ancora più difficile-
Andy alzò un sopracciglio, osservando il libanese perplesso: -Mika, non era per questo. Se tu decidessi di farlo, in qualche modo ci arrangeremo. Quando io tornerò dal lavoro mi dirai se raggiungerti nella casa di Londra, in quella di Parigi o in Italia. Io lo dicevo per te, non avrai un minuto libero-
Mika ci pensò un attimo: era vero, erano davvero tante cose, completamente l’opposto di quello che aveva fatto nell’ultimo anno. Stava passando da una situazione di stallo completo ad una vita piena di impegni diversi. Aveva fatto concerti, aveva scritto la sua musica, ma aveva sempre detto no a qualcosa di diverso. Forse era arrivato il momento di lanciarsi, di fare tutte le cose che più gli sembravano strane, pazze, assurde: X Factor in italiano era in cima alla lista.
-Io ce la posso fare- disse ad Andy, annuendo –Almeno ci devo provare. Uscire un po’ da questo isolamento in cui mi trovo ora credo mi possa fare bene. Ma facciamo così… The Voice posso confermarlo più avanti, per il momento lo lascio in sospeso- ragionò il riccio, cercando nel compagno un cenno di approvazione.
-Quindi imparerai l’italiano?- chiese Andy, con un mezzo sorriso.
-Oh, sì- rispose Mika, annuendo, per poi cercare gli occhi del compagno e capire davvero cosa ne pensasse –Sei d’accordo? Seriamente- gli chiese quindi. In fondo, la sua vita aveva ripercussioni anche su quella di Andy, non poteva certo escluderlo, sapeva che accettando avrebbe dovuto passare molto tempo in Italia.
-Trovo ancora che sia un’idea un po’ pazza, ma… beh, sì, sono d’accordo. Se credi che ti farà bene, allora fallo. Sarà divertente vederti imparare l’italiano- disse alla fine, mentre nella sua mente si materializzava l’immagine del compagno intento a costruire interi monologhi in italiano per allenarsi.
Poi il volto di Andy si aprì in un sorriso a trentadue denti, uno di quei sorrisi furbi che ormai Mika, dopo quasi sette anni, aveva imparato a conoscere.
-Fammi pensare per quanto tempo ti farò notare che andrai a lavorare in un programma ideato da Simon Cowell- e il biondo si portò una mano sotto il mento, assumendo un’espressione pensierosa.
-Non me lo farai proprio notare, grazie mille- gli rispose Mika, alzandosi da tavola e portando il piatto nel lavandino.
-Come no…- rispose Andy, finendo di mangiare e seguendo il compagno al lavello –Simon Cowell mi ricorda proprio qualcosa…- continuò il biondo, mentre Mika architettava silenziosamente una vendetta, con un mezzo sorrisetto ben in evidenza sul viso -… forse un no secco dopo una sola nota-
-Ma come siamo spiritosi stasera- commentò il cantante, aprendo nel frattempo il lavandino in modo che scendesse l’acqua fredda.
-No, perché? Magari Simon Cowell ha cap…- ma il biondo non poté continuare la frase, perché l’acqua che scendeva dal lavandino era ormai gelata, così Mika ci mise sotto le mani, catturandone un po’, per poi lanciarla dritta in faccia a Andy.
-Sei un cretino, è gelata!- esclamò il biondo, prendendo il tovagliolo dal tavolo e asciugandosi, mentre in sottofondo poteva udire la risata da bambino di Mika, quella stessa risata che aveva avuto la fortuna di ascoltare il primo giorno in cui l’aveva incontrato in quel parco e che, Andy ne era sicuro, aveva contribuito a farlo innamorare di lui. Quello però non era il momento giusto per lasciarsi andare a certi pensieri.
-Inizia a correre quanto più veloce quelle tue gambe chilometriche te lo permettono, perché se ti prendo ti uccido-
Mika tentò uno scatto felino ma sulla strada per la porta c’era proprio Andy che infatti lo afferrò con le sue braccia, spingendolo contro il frigorifero, mentre entrambi iniziarono a ridere.
-Non hai il diritto di farmi questo, tu hai iniziato!- esclamò Mika, mentre Andy iniziava a lasciargli forti pizzicotti sui fianchi, facendolo sobbalzare ogni volta.
-Guarda come te la prendi solo perché ho nominato Cowell un paio di volte…- continuò quindi Andy mantenendo quel tono sarcastico e quel mezzo sorriso che stava facendo impazzire il riccio, curandosi bene di porre l’accento sul nome dell’uomo.
Mika fece forza e invertì le posizioni, schiacciando Andy contro il frigorifero.
-La vuoi smettere?- gli chiese, afferrando poi il volto di Andy con una mano, da sotto il mento, e avvicinandosi a lui, fino a quando le loro fronti si sfiorarono. Lo guardò per un attimo e poi appoggiò le sue labbra su quel mezzo sorriso furbo che ancora il biondo esibiva, con l’intento di non lasciare ad Andy nemmeno un po’ di fiato per dire anche solo una parola.
-La vendetta tremenda- ironizzò poi il biondo, quando si allontanarono, anche se Mika notò con piacere che respirava più pesantemente –Se succede questo nominando Cowell…-
Ancora parlava.
Mika tornò ad avventarsi su di lui, lasciandogli questa volta un morso sul collo, mentre lo circondava con le braccia e avvicinava, in modo meticolosamente calcolato, il corpo del compagno sempre di più al suo, fino a quando arrivarono a combaciare perfettamente.
-Vuoi stare zitto?- sussurrò poi il libanese, soffiando quelle parole sulle labbra del ragazzo.
-Neanche morto- asserì il biondo con convinzione –Questa è una tattica perfetta, Cowell potrebbe addirittura iniziare a piac…-
Mika sorrise, continuando a stare al gioco e questa volta catturò subito le sue labbra, mentre ancora lo stringeva a sé, lasciando di tanto in tanto lievi morsi tra un bacio e l’altro.
Un piccolo gemito fece capire a Mika che aveva vinto: per quella sera, Andy non avrebbe più parlato.
 
Il giorno seguente Mika prese il cellulare e chiamò il suo manager, il quale iniziò a parlare a raffica aggiornando Mika sui concerti che avrebbe avuto di lì a poco.
-Senti, per quanto riguarda X Factor…- iniziò il riccio, quando l’uomo dall’altro capo del telefono finì di parlare.
-Sì lo so, è una cosa folle, al più presto diremo di no…- lo interruppe il manager, interpretando male le intenzioni di Mika.
-No, no, aspetta!- lo bloccò il cantante –Diciamo sì!- la risposta che ottenne fu un lungo silenzio.
-Mika- disse poi il suo manager –Sei impazzito? Tu non parli l’italiano-
-Infatti volevo chiederti se riusciresti a trovarmi un bravo insegnante che sia disposto a seguirmi in tour-
-Vuoi imparare l’italiano mentre sei in tour?- chiese l’uomo, mentre il suo tono di voce si faceva sempre più incredulo.
-Sì- rispose Mika, come se fosse la cosa più normale del mondo.
-Ne sei sicuro?- il riccio alzò gli occhi al cielo: se qualcuno gli avesse fatto ancora quella domanda sarebbe impazzito sul serio.
-Sì, ne sono sicuro. Grazie mille, aspetto tue notizie per l’insegnante- e gli fece così capire che la conversazione era conclusa, proprio nel momento in cui Andy faceva la sua apparizione dalla scale, somigliando più ad un qualche animale uscito dal letargo, che ad un ragazzo. Indossava un paio di pantaloni della tuta larghi e una semplice maglietta bianca, indossata chiaramente a caso, dato che era rialzata su un fianco. I capelli erano in disordine, la barba lunga come la teneva ormai da un po’ di tempo e gli occhi leggermente rossi: Mika iniziò a ridere.
-Molto sexy- dichiarò il cantante, osservandolo. Aveva usato un tono di voce sarcastico, anche se in realtà quello era in assoluto uno dei suoi Andy preferiti, se così si poteva dire.
-Oh, non dire una parola- replicò il biondo –Ti ricordo che è solo colpa tua se sono conciato così- e si esibì in un enorme sbadiglio, per poi passarsi una mano tra i capelli biondi, scompigliandoli ancora di più.
-Merito mio, vorrai dire!- lo corresse il riccio, osservandolo con un sorriso enorme mentre gli portava il caffè. La risposta fu un borbottio incomprensibile.
-Non credo di conoscere ancora questa lingua- gli fece notare Mika, invitandolo in questo modo a ripetere quello che aveva appena detto.
-Io oggi dovrei andare a lavoro- ripeté Andy, mentre un altro sbadiglio si impossessò di lui.
-I video di oggi usciranno un po’ mossi, non è grave. E poi smettila di lamentarti, hai dormito come un ghiro-
Andy alzò gli occhi al cielo: -Avrò anche dormito come un ghiro, ma ho dormito la metà delle ore che dormo di solito-
-Dovresti imparare a lamentarti prima, così ti lascerei riposare- lo stuzzicò Mika, lasciandogli un bacio sulla guancia mentre passava accanto a lui.
Andy rispose solo con un mezzo sorriso: quando mai avrebbe potuto lamentarsi?
-Buona giornata- gli disse poi il compagno, avvicinandosi a lui e lasciandogli un bacio, assaporando il suo gusto di caffè.
-Anche a te- rispose Andy sulle sue labbra, prima di osservarlo uscire di casa diretto agli studi di Londra.
Il biondo rimase per qualche minuto seduto a finire di fare colazione, mentre la sua mente tornava a Mika e a quello che stava programmando di fare quell’anno.
Non poteva fare a meno di essere un po’ preoccupato: era vero, Mika aveva bisogno di una vita piena, che gli potesse fornire tutta l’ispirazione di cui aveva bisogno; l’ultima volta che si era trovato isolato e privo di agganci con ciò che era sempre la stata la sua ancora di salvezza, ricordava fin troppo bene quello che era successo. Andy però sapeva anche che, raggiunto un certo limite, il compagno sarebbe esploso e una crisi ci sarebbe stata comunque.
L’aveva perdonato per la sua fuga improvvisa a Montréal ed era convinto di aver fatto la scelta giusta, ma la notizia di tutte le cose che avrebbe voluto fare Mika per quell’anno gli aveva inevitabilmente causato un po’ di timore per la reazione del ragazzo nel caso di eccessivo stress.
Forse gliene avrebbe dovuto parlare.
O forse no, era meglio tenersi tutto per sé, per il momento: non voleva che si sentisse vincolato dalle sue preoccupazioni. Si alzò per portare la tazzina nel lavandino, decidendo che avrebbe esposto le sue paure a Mika quando ormai il ragazzo avesse confermato la sua presenza a X Factor.
 
Quel giorno Mika fece il suo ingresso negli studi di Londra anche fin troppo allegramente. Il tecnico del suono infatti gli riservò uno sguardo a dir poco sorpreso: in genere, a quell’ora di mattina, il cantante faceva la sua apparizione strascicando i piedi e chiedendosi ripetutamente come mai le registrazioni delle basi delle sue canzoni dovessero essere fatte a quell’ora, che lui si ostinava a chiamare “alba” nonostante fossero le dieci. Era anche in orario, una fortuna a cui ormai i suoi colleghi non osavano quasi più sperare.
-Buongiorno!- salutò solare il libanese, rivolgendosi a tutti.
-Ah, buongiorno. Un Mika pieno di vita di mattina, quale onore-
Mika non rispose nemmeno alla provocazione e si sedette, pronto ad iniziare le prove.
Aveva in mente di concentrarsi a pieno sul suo lavoro quella giornata, per poi sentire il suo manager e vedere a che punto erano con la questione di X Factor e, soprattutto, con l’insegnante di italiano. Era ancora convinto della sua decisione: doveva reagire, doveva uscire da quell’isolamento in cui si era improvvisamente ritrovato. Non doveva più rischiare che succedesse ancora quello che era accaduto tempo prima, non poteva permettere alle sue crisi di rovinargli la vita.
Rimase tutta la mattina e buona parte del pomeriggio in studio poi, verso le cinque, si incontrò con il suo manager: aveva dato conferma della sua presenza ad X Factor ed era anche riuscito a contattare un’insegnante che lo avrebbe potuto aiutare con l’italiano: una siciliana di nome Isabella.
L’uomo mostrò a Mika il costo delle lezioni, aggiungendo anche il fatto che, mentre il ragazzo era in tour, avrebbe dovuto pagarle anche i voli e le camere per dormire.
Mika annuì, confermando anche quello, poi tornò a casa.
 
Il riccio fece la sua apparizione per l’ora di cena; appena aprì la porta Melachi, scodinzolante, gli corse incontro, salutandolo a dovere. Il ragazzo si prese qualche secondo per riservare due carezze affettuose alla sua compagna di vita, poi iniziò ad aggirarsi per casa alla ricerca di Andy.
Lo trovò in cucina, intento a preparare la cena con le cuffie nelle orecchie. Si avvicinò e gliene tolse una, per poi lasciargli un leggero bacio sulla guancia.
-Ehi- lo salutò Andy, con un sorriso.
-Potrebbero entrare i ladri e tu continueresti a tagliuzzare carote come se niente fosse-
-Melachi fa un’ottima guardia- rispose il biondo, abbassandosi per lasciare anche lui un paio di carezze sotto al musetto della cagnolina, che si era avvicinata a loro. Tolse poi le cuffie e le appoggiò sul davanzale della finestra.
-Serve una mano?- chiese allora Mika, avvicinandosi alla cucina.
-No, sei arrivato appena in tempo. È pronto- annunciò Andy, indicando a Mika di sedersi con un cenno della mano.
Cenarono mentre Andy raccontava a Mika delle persone che aveva incontrato quel pomeriggio sul lavoro. Quando poi si alzarono per sistemare la tavola, Mika informò il compagno delle svolte che c’erano state quel pomeriggio.
-Il mio manager ha confermato X Factor ed è anche riuscito a trovarmi un’insegnante di italiano. Mi ha detto che si chiama Isabella ed è siciliana. Inizieremo tra un mesetto circa-
-Ah, bene-
Mika si voltò per guardare Andy che, finito di appoggiare l’ultimo piatto nel lavandino, si stava dirigendo verso il salotto. Il riccio rifletté sulla risposta che aveva appena ricevuto: tutta la voglia di scherzare che Andy aveva mostrato la sera precedente dov’era finita? Che avesse cambiato idea? Non era più d’accordo?
Lui ormai aveva confermato.
Mika abbandonò il bicchiere mezzo asciugato e mezzo no sulla cucina e seguì il biondo in sala, dove lo trovò seduto sul divano intento a guardare la tv.





Buooooooongiorno!
Dunque, You Ma Me si concludeva a fine luglio del 2012, qui riprendiamo con gennaio 2013, come avete potuto vedere. E 2013 è l'anno dell'inizio di X Factor per Mika. Dico già fin da subito che non ci sarà una descrizione dettagliata di audizioni o live. Anzi, questa cosa di X Factor era proprio quella che mi aveva bloccato all'inizio dal continuare a scrivere, non riuscendo a trovare idee. Qualcosa è saltato fuori alla fine :P
E niente, esattamente come con You Made Me cercherò di basarmi su ciò che sappiamo di Mika, partendo dai suoi tweet e aggiungendo altre cose di cui siamo a conoscenza, dal 2013 fino a... non lo so fino a quando, fino a quando ci sono idee :P
Non ci sarà un giorno fisso per la pubblicazione dei capitoli, quindi sempre allerta! 
Beh, in realtà adesso no. Martedì parto e fino al 27 niente (sì, lo so, ho fatto tante storie "non so se faccio il sequel, dipende dalle idee ecc ecc", ora metto il primo capitolo e poi sparisco per quasi quindici giorni. Avete ragione voi).
Come al solito mi farebbe piacere sapere che ne pensate! ;)
Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Non succederà ancora ***


-Il mio manager ha confermato X Factor ed è anche riuscito a trovarmi un’insegnante di italiano. Mi ha detto che si chiama Isabella ed è siciliana. Inizieremo tra un mesetto circa-
-Ah, bene-
Mika si voltò per guardare Andy che, finito di appoggiare l’ultimo piatto nel lavandino, si stava dirigendo verso il salotto. Il riccio rifletté sulla risposta che aveva appena ricevuto: tutta la voglia di scherzare che Andy aveva mostrato la sera precedente dov’era finita? Che avesse cambiato idea? Non era più d’accordo?
Lui ormai aveva confermato.
Mika abbandonò il bicchiere mezzo asciugato e mezzo no sulla cucina e seguì il biondo in sala, dove lo trovò seduto sul divano intento a guardare la tv.




-Avevamo deciso di guardare un film stasera, vero?- gli chiese Andy, avvicinandosi ai dvd.
-Sì- rispose Mika, con noncuranza, mentre ancora rifletteva sulla strana reazione del ragazzo alla notizia della conferma di X Factor e delle lezioni di italiano.
Il cantante si tolse le scarpe e si sedette sul divano, mentre Andy inseriva il dvd e spegneva le luci. Con un cenno della mano, Mika invitò Andy ad accomodarsi tra le sue braccia. Il più giovane si sedette quindi davanti a Mika, appoggiando la schiena al suo petto e fece un sospiro rilassato nel momento in cui sentì le braccia di Mika attorno al suo corpo.
Andy puntò gli occhi al televisore, Mika invece volse il suo sguardo a Andy: il biondo guardava la tv, ma Mika non era sicuro che ci stesse prestando attenzione. Sembrava abbastanza rilassato e tranquillo ora, appoggiato a lui, ma ormai il riccio lo conosceva abbastanza bene da poter leggere nei suoi occhi che qualcosa lo turbava. Erano chiari anche i segni del fatto che stesse cercando in ogni modo di nascondere questa cosa.
Andy, probabilmente sentendosi osservato, alzò la testa, incontrando gli occhi profondi del compagno.
-Che c’è?- gli sussurrò, facendo sfiorare i loro nasi.
-A cosa pensi?-  sussurrò di rimando Mika, continuando a scrutarlo negli occhi.
Il biondo esitò un attimo.
-A niente-
Mika si limitò a continuare ad osservarlo, senza aggiungere una parola: sapeva che stava mentendo. Andy infatti sospirò, distogliendo lo sguardo. Il riccio allungò una mano fino a raggiungere il volto del compagno, costringendolo a guardarlo di nuovo; Andy fece un secondo sospiro.
-E va bene- disse poi, alzandosi dal petto di Mika per sedersi accanto a lui e riuscire a guardarlo bene negli occhi. Appoggiò un braccio allo schienale del divano e ci appoggiò sopra la testa. Mika si voltò verso di lui, aspettando che iniziasse a parlare.
La voce di Andy era esitante.
-Io… io ho solo un po’… un po’… di paura, credo- disse infine, mentre sul volto del cantante si delineava un’espressione interrogativa e confusa. Andy si interruppe un attimo, alla ricerca delle parole giuste per non essere frainteso: le parole, tuttavia, non erano mai state il suo forte, anche se cercò di essere il più chiaro possibile.
-Con tutto quello che hai deciso di fare quest’anno… io… io non so se… insomma, sono un po’ preoccupato-
Andy scosse leggermente la testa: non aveva spiegato davvero quello che sentiva.
Infatti Mika fraintese.
-Cercherò di essere il più presente possibile in ogni caso e…-
-Non è questo- lo interruppe immediatamente Andy: la distanza ormai sapevano entrambi come gestirla. Non ci si abituava mai, ma sapevano con quale spirito affrontarla; era come se avessero trovato una sorta di equilibrio, anche se ogni tanto uno dei due traballava leggermente, rischiando di cadere, senza mai però arrivare a crollare del tutto grazie all’aiuto dell’altro. Ma quello che tormentava Andy era un problema ben diverso: sempre di distanza si parlava, solo in termini diversi.
-Ho paura che tu arrivi alla fine di quest’anno stressato… troppo. E… e ho paura…- gli occhi del biondo vagarono per la sala, per poi puntarsi verso il basso, incapace di sostenere lo sguardo del compagno.
Non erano discorsi facili da affrontare, per lui.
-Ho paura di non riuscire ad aiutarti come… come quando…- fece un sospiro, per poi concludere la frase in un sussurro quasi impercettibile –Come quando sei andato a Montréal-
Mika chiuse gli occhi e fece un sospiro.
Si prendeva tutte le colpe per quello che era successo in quell’occasione e sapeva anche che ora avrebbe dovuto affrontarne le conseguenze. Andy l’aveva perdonato, era tornato a stare con lui, ma Mika poteva capire i suoi timori: in fondo, era stato così stupido. Non sapeva se esistesse un modo per far capire davvero al biondo che non sarebbe più successa una cosa del genere. Ci provò, come sempre, contando sulla capacità che solo Andy aveva di leggergli dentro, di capire quando mentiva o quando era completamente serio.
Gli prese il volto tra le mani, incatenano gli occhi preoccupati del biondo ai suoi.
-Non sei tu che non sei riuscito ad aiutarmi- iniziò a spiegare –Sono io che sono stato talmente accecato da quello che sentivo dentro che alla fine ho combinato un disastro-
Mika fece un altro sospiro.
-Andy- sussurrò il suo nome, avvicinando il volto a quello del ragazzo, fronte contro fronte, senza mai abbandonare i suoi occhi.
-Ti prometto che non succederà ancora- fece una pausa, mentre una mano andava ad accarezzare i suoi capelli –Te lo prometto- sussurrò poi di nuovo –Non potrei… non potrei mai-
Non sapeva cosa dire: mettersi nei panni di Andy era così facile. Al suo posto, anche lui avrebbe gli stessi dubbi; stava a lui dimostrargli che le sue paure non si sarebbero avverate.
Andy lo fissò per un lungo momento, poi spostò il viso per appoggiarlo alla spalla di Mika e stringerlo in un abbraccio. Il riccio ricambiò, avvolgendo il corpo del compagno con le sue lunghe braccia e chiudendo gli occhi.
Andy fece pressione, facendo sdraiare Mika sul divano e posizionandosi sopra di lui. Gli lasciò un dolce bacio sulla guancia e poi tornò ai suoi occhi profondi.
-Mi dispiace- disse il biondo –se non riesco ancora a scacciare questi dubbi senza parlartene-
Mika gli rivolse un lieve sorriso, tornando ad accarezzare il suo volto, lasciandosi pungere dalla barba che il ragazzo portava leggermente lunga sul volto.
-Va tutto bene- gli rispose Mika, rendendosi conto che era disposto a risolvere quei dubbi ogni volta che ce ne fosse stato bisogno.
Finalmente anche il greco sorrise, catturando le labbra di Mika in un bacio lungo e lento.
Quando si allontanò, portò gli occhi alla televisione, dove ormai il film era quasi a metà.
-Non credo sarebbe stato molto interessante in ogni caso- constatò Andy, sentendo poi Mika ridere sotto di lui.
-Sono d’accordo- sussurrò il libanese, mentre Andy appoggiava la testa al suo petto, sorridendo lievemente. Doveva semplicemente fidarsi di lui e lo avrebbe fatto.
-Ci vieni con me a Milano a scegliere un appartamento da affittare?- gli chiese poi Mika, mentre faceva passare una mano sulla sua schiena.
Andy si spostò leggermente più in alto, appoggiando il volto sul braccio di Mika in modo da fissarlo negli occhi.
-Solo se posso avere l’ultima parola- e si esibì in un sorrisetto furbo, a cui seguì la risata di Mika, che alzò gli occhi al cielo.
-E va bene- disse infine, scuotendo leggermente la testa e lasciandogli un bacio sulla fronte.
 
Un paio di settimane dopo atterrarono entrambi all’aeroporto di Milano. Andy camminava tranquillo, mentre al suo fianco Mika aveva provveduto ad indossare un paio di occhiali da sole, un cappuccio e una sciarpa. Andy sorrideva sempre divertito quando lo vedeva camuffarsi in quel modo, ma sapeva che in fondo lo faceva solo per evitare di impiegarci troppo a percorrere la strada che li avrebbe condotti fino alla macchina.
Qualche giorno prima avevano cercato in internet alcuni appartamenti che avrebbero potuto prendere in affitto, abbastanza in centro a Milano, e ne avevano selezionati tre, che avrebbero visto quel giorno. Mika aveva detto ad Andy che poteva scegliere lui tra quei tre appartamenti.
Era la prima volta che decidevano insieme quale casa affittare: la casa di Londra era stata comprata da Mika anni prima e, quando Andy era andato ufficialmente a vivere con lui, aveva contribuito a renderla un po’ più “loro”. Anche la casa di Parigi era già di Mika, quando Andy era entrato nella sua vita.
Così in quel caso sarebbe stato il biondo a scegliere.
Non fu una scelta difficile.
Dopo aver visto tutti e tre gli appartamenti, Andy disse a Mika che, se fosse stato per lui, sarebbe andato immediatamente a vivere nel secondo che avevano visto: era spazioso, ben illuminato e trasmetteva un senso di tranquillità piacevolmente accogliente. Le pareti erano chiare e c’era abbastanza spazio affinché entrambi contribuissero a personalizzarla un pochino.
Mika accettò quindi di buon grado e contattò il proprietario per comunicargli la decisione. Passarono qualche giorno in albergo, prima di poter iniziare a sistemare la casa.
Quando alla fine fu pronta, il primo pomeriggio che trascorsero lì, Andy entrò e si gettò a peso morto sul divano, sospirando rilassato.
-Quanto hai detto che ti devi fermare in Italia? Tutta la vita?-
Mika rise, scuotendo leggermente la testa: quel divano morbido era la prima cosa che Andy aveva puntato sin dal momento in cui avevano messo piede in quella casa.
Allungò al ragazzo una copia delle chiavi di casa; il greco la prese e la infilò nel suo portachiavi, stracolmo, scrivendo sul portachiavi “Milano”. Lo infilò tra “Atene” e “Londra” e poi lanciò le chiavi sul tavolo.
-Qualcosa mi dice che verrai qui spesso- constatò il riccio, sollevando le gambe del biondo per sedersi sul divano insieme a lui, riappoggiando poi le gambe del compagno sulle proprie e osservandolo con un sorriso.
Andy si limitò ad annuire.
-Quando arriva Isabella?- chiese il greco, ricordandosi che quel pomeriggio iniziavano le lezioni di italiano.
-Alle quattro- rispose Mika, portando poi gli occhi sull’orologio a pendolo appeso di fronte a loro per cercare di capire quanto mancasse.
-Manca mezzora- lo informò Andy quasi automaticamente, ormai abituato a leggere l’orologio al posto suo ogni volta che il compagno vi puntava gli occhi.
Lo sguardo del biondo si posò poi al di là della finestra, dove pesanti nuvoloni grigi coprivano il cielo milanese.
-C’è una luce particolare- rifletté Andy ad alta voce –Ti dispiace se mentre viene Isabella io vado a farmi un giro? Non mi dispiacerebbe riprendere qualcosa-
-Certo che non mi dispiace- lo rassicurò Mika, anche perché non sapeva proprio cosa Andy avesse potuto fare in casa per non annoiarsi mentre lui cercava di imparare un po’ di italiano. Era sicuro che la televisione in una lingua ad Andy sconosciuta non fosse un ottimo passatempo.
 
Andy era uscito solo da qualche minuto e Mika aveva deciso, appunto, di accendere la televisione, in attesa della donna. Alzò il volume e si mise ad ascoltare la voce di un presentatore televisivo a lui sconosciuto: capiva abbastanza bene l’italiano, ma era ben consapevole che parlarlo sarebbe stata tutta un’altra faccenda.
Dieci minuti più tardi il campanello di casa fece sobbalzare Mika, che ormai era finito seduto sul tappeto, vicinissimo alla televisione, mentre cercava di cogliere il maggior numero di parole possibili. Il riccio aprì la porta, trovandosi di fronte una giovane donna, non troppo alta, che gli stava rivolgendo un sorriso.
-Ciao- lo salutò Isabella, in italiano.
-Ciao- replicò Mika, nella stessa lingua, per poi sorridere appena e grattarsi la testa con fare imbarazzato. Fortunatamente la donna decise di tornare all’inglese.
-Piacere, io sono Isabella-
-Mika- rispose il ragazzo, stringendo la mano che l’italiana aveva allungato verso di lui –Entra pure-
-Davvero molto carino qui, è tua questa casa?- chiese la donna, sedendosi attorno al tavolo in sala, seguita dal riccio.
-L’ho appena affittata- rispose Mika, osservando poi la ragazza in attesa che gli desse indicazioni sulle lezioni. Sì, era nervoso, e finché non avesse saputo quello che lo attendeva non c’era nessuna possibilità che si tranquillizzasse.
-Okay Mika, il tuo manager mi ha detto qualcosa. Vuoi imparare l’italiano perché sarai uno dei giudici di X Factor-
Il libanese si limitò ad annuire.
-Ho pensato un po’ a come strutturare le nostre lezioni. All’inizio faremo un po’ di grammatica e di vocaboli, un po’ di basi. Poi direi che ci concentriamo un po’ di più sul parlato, se tu sei d’accordo. Magari tra qualche lezione inizierò a parlarti solo in italiano, così ti puoi allenare all’ascolto e potrai provare a rispondermi con delle frasi, all’inizio anche semplici-
E guardò il ragazzo, probabilmente in attesa che esprimesse la sua opinione al riguardo.
-Io capisco un pochino l’italiano, ma non lo parlo ovviamente. Quindi sì, va bene-
-Che lingue parli oltre all’inglese, Mika?-
-Francese, spagnolo e ho studiato cinese… ma non ricordo assolutamente nulla e non so dire una parola-
Isabella si fermò per un attimo a riflettere.
-Il francese credo che ci tornerà utile. Bene, iniziamo?-
Mika annuì, convinto, mentre osservava la donna estrarre dalla sua borsa un libro abbastanza massiccio, di fronte al quale la sua convinzione iniziò decisamente a vacillare: si sentiva un po’ come se fosse ritornato tra i banchi di scuola.
-Tutto?- domandò allora il ragazzo, sbarrando gli occhi.
-E’ solo la grammatica questa- lo informò Isabella, posizionando il libro di fronte a lui.
-Fantastico- commentò solo il libanese alzando un sopracciglio, sfogliando a caso il libro.
 -Vuoi prendere qualche appunto?-
Mika arrossì leggermente: in quel momento gli venne in mente che non aveva detto ad Isabella qualcosa di fondamentale e non era così sicuro che il suo manager si fosse ricordato di informare la donna.
-Solo a computer. Non farmi scrivere a mano- le disse quindi, guardandola negli occhi. Scriveva in inglese e a volte faceva molti errori, mentre il francese faceva davvero moltissima fatica a scriverlo, infatti non lo faceva mai. Aggiungere anche l’italiano sarebbe stato un incubo.
La donna lo fissò con sguardo interrogativo.
-Sono dislessico- borbottò allora il ragazzo, come spiegazione.
-Come preferisci, va bene anche il computer. Sono cose che servono a te, non ti chiederò di scrivere-
Mika le sorrise riconoscente e recuperò il suo pc, rimasto accesso e appoggiato sul tavolino di fronte al divano della sala, per poi tornare a sedersi accanto ad Isabella e iniziare finalmente la prima lezione.
 
Due ore e mezza più tardi, Andy raggiunse l’ingresso del condominio in cui avevano affittato l’appartamento, sgocciolando sul tappeto. Il cielo grigio aveva conferito a Milano una luce davvero suggestiva, ma alla fine aveva portato con sé anche un forte acquazzone e il biondo non era stato abbastanza furbo per portarsi con sé un ombrello.
Sapeva che la lezione di Mika sarebbe durata tre ore e non era sua intenzione disturbarlo, ma era fradicio e faceva freddo: aveva bisogno di una doccia e poi magari del caldo che sicuramente avrebbe emanato il caminetto acceso.
Tra l’altro, nonostante avesse nascosto la sua videocamera sotto la giacca pesante, era rimasta comunque umida, cosa per la quale Andy si era già rimproverato più e più volte.
Salì velocemente le scale, ma quando arrivò sul suo pianerottolo non si accorse di un gatto marrone, della stessa tonalità del pavimento, sdraiato proprio sull’ultimo gradino. Gli calpestò involontariamente la zampa e l’animale emise un miagolio acuto, per poi fare uno scatto indietro e soffiargli contro. Doveva essere uno dei gatti dei vicini che i due ragazzi non avevano ancora avuto occasione di conoscere.
-Ops- mormorò Andy, osservando il gatto sparire giù dalle scale.
Avrebbe dovuto prestare più attenzione.
Chissà Melachi che divertimento in quel condominio, si ritrovò a pensare con un sorriso. La cagnolina era rimasta a Londra e Fortuné si era gentilmente offerto di badare a lei fino a che Mika e Andy non fossero tornati.
Infilò le chiavi nella serratura e aprì la porta di casa, togliendosi immediatamente le scarpe e appoggiandole all’esterno, per evitare di sporcare. Anche i calzini erano fradici: lasciare impronte sembrava inevitabile. Si fermò per un attimo a far correre gli occhi dai suoi piedi al pavimento della casa, senza accorgersi che dal tavolo della sala due paia di occhi lo stavano osservando.
-Ehi- lo salutò Mika, osservando con un sorriso divertito i suoi capelli bagnati e la giacca gocciolante.
-Ciao- lo salutò Andy –Mi dispiace disturbarvi ma…- e indicò se stesso: il suo problema era evidente.
-Mi porteresti solo qualcosa di asciutto da mettere ai piedi? Poi ti lascio in pace- chiese il greco rivolgendosi al compagno.
-Tranquillo- gli rispose Mika con un sorriso e, dopo uno sguardo ad Isabella, la quale annuì, si alzò per recuperare dalle valigie, ancora piene, un paio di calzini di Andy e un asciugamano.
-Grazie- gli disse il biondo, asciugandosi e cambiando i calzini per poi entrare finalmente in casa.
-Andy, lei è Isabella. Isabella, lui è Andy- disse Mika, facendo le presentazioni.
-Piacere- disse l’italiana, porgendo la mano al ragazzo.
-Piacere mio- replicò Andy con un sorriso, per poi tornare a volgere il suo sguardo al compagno –Vado a farmi una doccia- e si diresse verso il bagno, lasciando Mika e Isabella al lavoro.
Il caldo dell’acqua della doccia che scorreva sul suo corpo lo rigenerò: Andy si prese tutto il tempo per rilassarsi e scacciare via l’umidità dal suo corpo, poi uscì dalla doccia.
Sentiva ancora Mika ripetere ad alta voce qualcosa in italiano e Isabella correggerlo, così andò in camera e si buttò sul letto, prendendo la sua videocamera e assicurandosi che funzionasse ancora nonostante le poche gocce d’acqua che l’avevano bagnata.
Poco tempo dopo però sentì il rumore delle sedie sul pavimento e la porta aprirsi, mentre alle sue orecchie giungeva la voce di Mika, in italiano, che probabilmente stava salutando Isabella. Quando sentì la porta chiudersi, Andy fece capolino dalla stanza per assicurarsi di aver capito bene.
Trovò solo Mika, così raggiunse il salotto, appoggiando la videocamera su una mensola e avvicinandosi al compagno.
-Com’è andata?- chiese, sinceramente curioso.
-Non male dai. Starò a vedere cosa riuscirò a fare- gli rispose Mika, portando le braccia attorno al suo collo e avvicinandolo a lui.  
-Accendiamo il fuoco?- chiese Andy, mentre i suoi occhi correvano al caminetto che stava accanto a loro, al tappeto su cui si sarebbero potuti sedere e al tempo ancora uggioso al di là della finestra.
-Preparo qualcosa da mangiare nel frattempo- rispose Mika, annuendo, per poi dirigersi verso la cucina.
Andy recuperò un paio di fiammiferi e andò vicino al camino, portando con sé anche la carta che avevano usato per imballare le cose che avevano portato in quella casa. Preparò anche dei pezzi di legno che stavano appoggiati lì accanto e poi accese il fuoco. Spense la luce e si sedette sul tappeto, appoggiando la schiena al divano e chiudendo gli occhi, godendosi il calore delle fiamme sul suo volto. Si mosse da quella posizione solamente quando due labbra morbide si posarono leggere sulla sua guancia, con un tocco che gli fece venire i brividi. Aprì gli occhi e trovò il volto di Mika a pochi centimetri dal suo e le sue narici furono invase da un forte profumo di cibo. Mika gli passò il piatto e appoggiò due birre sul tappeto.
-Grazie- sussurrò Andy, mentre il riccio si avvicinava allo stereo appoggiato sopra la tv: lo accese, aggiungendo una melodia lenta al suono della pioggia che all’esterno continuava a cadere incessante.
Mentre Mika si sedeva sul tappeto accanto a lui, gli occhi di Andy si posarono sul librone che ora svettava sul tavolo della sala.
-Buona fortuna- commentò Andy, sorridendo e indicando il libro di grammatica italiana.
-È la prima cosa che mi sono augurato anche io quando l’ho visto- replicò Mika, sorridendo e scuotendo leggermente la testa.
-La prossima lezione?-
-Domani- rispose il riccio –Domani mattina- aggiunse poi, con un tono di voce sconsolato, facendo ridere di gusto Andy.
-Magari anche presto- commentò il greco, bevendo un sorso della sua birra.
-Alle otto e mezza- dichiarò Mika, con un tono di voce decisamente sconfitto.
Andy rise di nuovo: sapeva che la mattina per Mika era la parte più difficile della giornata, anche se i suoi borbottii al suono della sveglia erano sempre adorabili.
-Mika costretto ad alzarsi presto e a far funzionare il cervello per imparare l’italiano- rifletté Andy, puntando gli occhi fuori dalla finestra –Non voglio proprio perdermelo-
Un pugno affettuoso raggiunse il suo braccio, seguito dal suono delle risate di entrambi i ragazzi.
-Questo vuol dire che ti sveglierai con me?- chiese quindi Mika, conoscendo già la risposta.
Andy, infatti, alzò entrambe le sopracciglia.
-Mi piacerebbe molto- dichiarò il biondo –Ma credo proprio di dover lavorare fino a tardi, e…-
-Non hai lavoro finché non torniamo a Londra- gli fece notare Mika con un sorriso soddisfatto, stroncando immediatamente il tentativo di arrampicarsi sugli specchi che il greco stava portando avanti.
-Sono sicuro di avere degli arretrati-
-Bugiardo- e con quest’ultima parola, Mika si alzò dal tappeto per portare i piatti nel lavandino in cucina.
 
Qualche ora più tardi, Mika sentì Andy raggiungerlo sotto le coperte, dopo che ebbe finito di lavarsi i denti.
-Dormi già?- sussurrò il biondo nel buio della stanza, vicino al suo orecchio.




Buooooongiorno! 
Sono tornata a casaaaaa *-*
Bene, un paio di cosucce:
Prima precisazione: da qui in avanti, le frasi in corsivo sono le frasi pronunciate in italiano.
Pooooi, il fatto che Mika dica di capire più o meno l'italiano, l'ho preso da più di una intervista radiofonica prima di X Factor: spesso e volentieri, rispondeva alle domande senza che gli venissero tradotte.
I gatti.. Mika ha detto che i suoi vicini, a Milano, non si fanno mai vedere ma girano sempre i loro gatti. E niente, nella storia è un dettaglio insignificante credo, ma questa storia dei vicini inesistenti e dei gatti mi ha sempre fatto sorridere (Mika che invece di salutare i vicini inciampa nei gatti.. beh, ci ho fatto inciampare Andy)
Le lezioni di italiano con Isabella la mattina, vengono nominate da Mika nella penultima intervista a Che Tempo che Fa ("La mattina sono come la disevoluzione umana")
Penso di avervi detto tutto! 
Vado a poltrire per il resto della mia giornata.
Alla prossima :)
 

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Capitolo 3
*** Parli italiano come un macellaio ***


Qualche ora più tardi, Mika sentì Andy raggiungerlo sotto le coperte, dopo che ebbe finito di lavarsi i denti.
-Dormi già?- sussurrò il biondo nel buio della stanza, vicino al suo orecchio.



Mika, sempre tenendo gli occhi chiusi, scosse la testa: -E non provarci nemmeno a tenermi sveglio solo per vedere la mia faccia domani mattina- lo anticipò il libanese, ben conoscendo il compagno e la sua voglia di scherzare in questi casi.
Andy si esibì in un ghigno fin troppo furbo, che però Mika non riuscì a vedere: era girato di spalle e aveva gli occhi chiusi. Il biondo si avvicinò allora al suo volto e iniziò a lasciargli una lunga scia di baci, dall’orecchio fino alla base del collo.
-Andy?- mormorò Mika, sorridendo appena, mentre le labbra del biondo avevano comunque fatto sì che il suo corpo fosse attraversato da una scia di brividi. Lo sentì sbuffare sul suo collo.
-Sì, sì, lo so- rispose il greco –Ti lascio in pace- e lo sentì riappoggiarsi al suo cuscino in modo molto poco delicato.
Mika si voltò verso di lui e avvicinò le labbra alle sue, in un leggero bacio a fior di labbra: -Buonanotte- sussurrò poi.
-Buonanotte- rispose Andy, sfiorandogli i riccioli.
Mika riaffondò la testa nel cuscino, questa volta girato dal lato di Andy, e chiuse nuovamente gli occhi.
Non per molto però.
Non potevano essere passati più di un paio di minuti quando sentì la mano di Andy raggiungere il suo fianco e stringerlo leggermente, per poi lasciarlo subito.
Mika si limitò a sospirare, anche se non riuscì a nascondere un leggero sorriso.
Di nuovo, qualche secondo dopo, si sentì pizzicare leggermente il fianco: cercò di afferrare la mano del compagno, ma il biondo la ritrasse troppo velocemente, lasciandosi andare ad una leggera risata che giunse alle orecchie di Mika, nonostante i tentativi di Andy di reprimerla.
La terza volta, il libanese sentì le dita calde del ragazzo farsi spazio sul suo collo, per poi ritirarsi immediatamente.
-Andy!- esclamò allora, scuotendo leggermente la testa, ma sempre con quel sorrisetto che vanificava tutti i suoi tentativi di essere serio.
-Sì?- rispose il biondo, come se niente fosse successo.
-La vuoi finire?-
-Di fare cosa?- e gli occhi di Andy corsero al soffitto, indifferenti.
Mika scosse la testa, ridendo: -E poi dici a me che sono un bambino-
Il libanese richiuse gli occhi, ben sicuro che quel piccolo gioco non fosse finito; infatti, pochi secondi dopo, sentì qualcosa sfiorare i suoi capelli. Nel momento stesso in cui percepì il contatto con la mano di Andy, Mika fece uno scatto felino verso il ragazzo, schiacciandolo prima contro il materasso, per poi sedersi su di lui: afferrò le mani del compagno e le bloccò ai lati della sua testa, riservandogli uno sguardo penetrante e un mezzo sorriso.
-La vuoi smettere?- chiese perentorio e la risposta che ottenne fu una risata spensierata.
-Altrimenti?- chiese Andy, consapevole che il più delle volte la vendetta di Mika non era affatto una tortura.
Il riccio, cogliendo il tono scherzoso di Andy, rise scuotendo leggermente la testa, per poi intrecciare le dita delle mani a quelle del compagno, ancora steso sotto di lui. Si sorrisero e restarono a guardarsi per qualche secondo, fino a quando Andy non si alzò con la schiena dal letto e raggiunse le labbra di Mika, in quello che non voleva essere altro se non l’ultimo bacio prima di dormire: a parte gli scherzi, non aveva nessuna intenzione di ritardare il sonno di Mika, era ben consapevole che il compagno avrebbe fatto davvero fatica la mattina successiva.
-Dormi- gli disse quando si allontanò leggermente, soffiando quelle parole sulle sue labbra.
Mika lo guardò alzando un sopracciglio e Andy rise: -Questa volta sul serio, lo giuro- disse allora il biondo, accarezzando la schiena di Mika.
Il libanese scese dalle gambe di Andy e si posizionò di nuovo con la testa sul cuscino, poi cambiò idea: si avvicinò al compagno, appoggiando la testa sul suo petto. Sentì il braccio di Andy cingergli le spalle e poco tempo dopo, finalmente, si addormentò.     
Quando sentì il respiro di Mika farsi più pesante, lo fece appoggiare lentamente al cuscino, si girò su un fianco e chiuse anche lui gli occhi.
 
Il mattino seguente Mika spense immediatamente la sveglia, non volendo sentire per troppo tempo quel suono fastidioso perforargli i timpani. L’aveva puntata solo un quarto d’ora prima dell’arrivo della donna, era sicuro di non essere in grado di alzarsi prima.
Si voltò verso Andy e lo trovò ancora profondamente addormentato, con il volto immerso nel cuscino, le braccia al di fuori della coperta e quest’ultima tirata indietro fino alle ginocchia: solo lui riusciva ad avere caldo di notte anche in quel periodo dell’anno.
Un sorrisetto furbo prese forma sul volto di Mika poco prima che decidesse di scaraventarsi sul compagno.
-BUONGIORNO!- urlò, scompigliando i capelli del ragazzo.
Vide il biondo spalancare per un attimo gli occhi, per poi richiuderli e dare il via ad una serie infinita di imprecazioni, metà in inglese e metà in greco.
Quando ebbe  dato voce a tutto il suo lungo repertorio di insulti in due lingue, Andy cercò, con versi lamentosi, di scrollarsi di dosso Mika per tornare a dormire, ma il libanese, ben posizionato sopra di lui, non dava alcun segno di volersi spostare.
-È sempre bello essere svegliati in modo così dolce da te- esclamò sarcasticamente il biondo, portandosi le mani sul volto, per poi cercare, di nuovo, di far scendere Mika dalle sue gambe.
-Mika- disse Andy ad un certo punto, arrendendosi, con tono di voce minaccioso.
-Sì?-
-Sparisci- ordinò infine, mentre un enorme sbadiglio si impossessava di lui.
-Non hai detto di non poterti proprio perdere lo spettacolo di me mezzo addormentato che studio?-
-Non mi sembri per nulla mezzo addormentato, anzi, mi sembri fin troppo attivo. E ora vattene- si lamentò di nuovo, ma le mani di Mika raggiunsero i suoi fianchi, lasciandogli un leggero pizzicotto.
Andy portò la testa sotto il cuscino: -Ho sonno- si lamentò poi, sbattendo la mano sul materasso.
Questa volta il sorriso che si delineò sul volto del riccio era pieno di malizia. Le sue mani raggiunsero di nuovo i fianchi di Andy, questa volta al di sotto della maglietta, e non per lasciare pizzicotti ma leggere carezze. Alzò la maglia del compagno e iniziò a lasciare una lunga scia di baci sul suo petto, per poi raggiungere il suo collo.
Mika lo sentì mugolare appena e sorrise. Afferrò con una mano il cuscino che Andy si era messo sopra la testa e lo scaraventò a terra, raggiungendo poi il suo orecchio.
-Me ne vado adesso- sussurrò e per tutta risposta Andy avvolse il corpo del compagno con le sue braccia, impedendogli così di muoversi.
Mika rise.
-Qualcuno ha cambiato idea?-
-Mika?- lo chiamò Andy, sottovoce.
-Mh?- rispose il riccio, riportando le labbra sul suo collo e tornando a baciarlo delicatamente.
-Stai zitto- sussurrò Andy, portando le mani tra i suoi riccioli e sospirando, chiudendo gli occhi.
Sentì il sorriso di Mika raggiungere le sue labbra e ricambiò il bacio del compagno; aveva appena portato una mano al di sotto della maglietta di Mika quando il campanello li fece sobbalzare entrambi.
-No, no, no, no, è già qui!- esclamò il libanese agitato, facendo per allontanarsi da Andy.
-No dai- borbottò Andy, afferrando il riccio per la maglia e tirandolo nuovamente addosso a lui.
-Andy, è Isabella, devo andare-
-Ma a che ora hai puntato quella maledetta sveglia?- possibile che fossero già le otto e trenta?
-Otto e un quarto- dichiarò Mika, lasciandogli un bacio sulla guancia e alzandosi.
Il biondo alzò gli occhi al cielo: solo Mika poteva puntare la sveglia un quarto d’ora prima.
-Non è giusto- borbottò Andy.
-Beh, adesso puoi dormire- gli fece notare Mika, poco prima che un cuscino lo colpisse in piena faccia.
-Grazie tante- mugolò Andy, per poi rubare il cuscino di Mika, dato che il suo era finito prima a terra e poi addosso al compagno, e affondandoci nuovamente la testa.
Il libanese nel frattempo recuperò un paio di pantaloni e se li infilò, si tolse la maglia e ne mise una pulita, lanciando quella bianca che usava per dormire sul letto, direttamente in faccia ad Andy.
-Se vuoi lanciare altro io sono qui, eh- commentò il biondo sarcasticamente, appoggiando la maglia arrotolata di Mika dalla sua parte del letto.
-Ho finito, grazie- rispose il riccio e in quel momento il campanello suonò di nuovo.
-ARRIVO!- urlò Mika, per farsi sentire dalla donna al di là della porta. Si mise di fronte allo specchio per guardare lo stato dei suoi capelli ricci.
-Rinunciaci in partenza, perderesti solo tempo- lo informò Andy con un mezzo sorrisetto.
-Grazie tante- gli rispose Mika per poi dirigersi a grandi passi verso la porta e aprirla.
-Buongiorno- scandì il ragazzo in italiano.
-Buongiorno a te- e la donna lo osservò con un sopracciglio alzato, per poi ridere.
-Ho bisogno solo di due minuti- le disse Mika, invitandola ad entrare e ad accomodarsi al tavolo.
-D’accordo- gli disse la donna.
Mika si precipitò in bagno, si lavò e cercò, nonostante tutto, di sistemarsi i capelli.
Okay, lui alla mattina assomigliava ad una scimmia, e ne era consapevole, ma forse con un doppio caffè avrebbe potuto scalare qualche gradino in più dell’evoluzione umana e raggiungere almeno la fase dell’homo habilis.
Forse.
Tentar non nuoce, quindi andò in cucina e preparò la bevanda, poi tornò in sala, pronto per la seconda lezione.
 
Trascorsero ancora qualche giorno insieme nella casa di Milano, poi furono costretti a separarsi: Andy infatti dovette prendere un aereo che lo avrebbe portato in Grecia, dove avrebbe dovuto trascorrere circa tre settimane per motivi di lavoro.
Mika invece, tra la data di un concerto e l’altra, si concentrava principalmente sull’italiano. Con il passare delle settimane, Isabella aveva iniziato a rivolgersi a lui solamente in italiano, costringendolo anche a rispondere in quella lingua.
Era un buon esercizio, ma più la prima data di audizioni si avvicinava, più a Mika non sembrava sufficiente.
Quella mattina fu costretto ad uscire di casa presto per raggiungere l’aeroporto, destinazione Tokyo: avrebbe dovuto esibirsi in concerto tra due giorni.
Isabella camminava insieme a lui e ai componenti della sua band, incitandolo a fare un po’ di conversazione.
In italiano ovviamente.
-Sei già stato a Tokyo qualche volta?-
-Sì. Sempre per… per… concerti-
Mika notava che la donna stava sempre vicino a lui ed il più delle volte si guardava in giro spesata. O forse terrorizzata.
-Tutto bene?- le chiese quindi, osservandola con curiosità, ben consapevole che quella fosse l’unica frase in italiano che sarebbe ancora potuta uscire dalla sua bocca: era troppo stanco.
-Non ho mai lasciato la Sicilia e nel giro di pochi giorni sono stata in Inghilterra, Francia, e ora sto per andare a Tokyo e chissà in quanti altri posti mi farai andare. Capiscimi se non sono proprio tranquilla - si giustificò la donna, avvicinandosi di più a lui: perdersi in aeroporto non era una scelta saggia. Isabella scosse leggermente la testa e tornò a cercare di far parlare il libanese in italiano: era il suo lavoro ed era un buon modo per non pensare che stesse per andare dall’altra parte del mondo.
-E’ una bella città Tokyo?-
Mika sospirò: era consapevole che dovesse imparare a rispondere, ma il fatto che Isabella insistesse così tanto a volte lo esasperava: era mattina presto, avrebbero dovuto affrontare un lungo viaggio in aereo e Mika in quel momento non sentiva la sua mente pronta per parlare una lingua che non fosse l’inglese.
Forse la donna lo faceva anche per non pensare a tutti quei viaggi, ma avrebbe potuto farlo parlandogli anche in inglese.
-- si limitò quindi a rispondere, senza aggiungere altro.
-Mika?- lo riprese infatti Isabella, alzando un sopracciglio.
-Ti prego, non ce la posso fare adesso. Sai che ore sono?-
La donna scosse la testa.
-Non ho capito-
Mika alzò gli occhi al cielo, sforzandosi per l’ultima volta di fare una frase in italiano.
-Non posso parlare italiano ora. Per favore, dopo-
Isabella annuì soddisfatta, per poi zittirsi, finalmente.
 
Mika avrebbe alloggiato al cinquantaduesimo piano del palazzo più alto di Tokyo, in una stanza con una meravigliosa vista sulla città. Abbandonò le sue valigie in un angolo, per poi avvicinarsi alla finestra e osservare fuori: sperava di sfuggire, per almeno un’oretta, all’italiana che, Mika ne era consapevole, stava solo facendo il suo lavoro. Era stata buona durante tutto il viaggio e si era rivolta a lui in inglese, ma il riccio aveva come la sensazione che presto o tardi avrebbe bussato alla porta della sua camera e avrebbe iniziato a riversargli addosso frasi e frasi in italiano.
Il suo timore si realizzò circa un quarto d’ora dopo.
-Allora, sei pronto?- chiese la ragazza, entrando nella sua stanza.
-Se io dico no, alora tu vai via?­- rispose lui con un mezzo sorriso.
-Se io…?- chiese Isabella, sedendosi al tavolo. Il riccio ripensò alla frase che aveva detto, probabilmente aveva commesso un errore.
-Coraggio Mika, l’abbiamo studiato un paio di giorni fa-
Il libanese si sedette al tavolo, grattandosi i capelli con fare incerto, cercando di ricordarsi cosa avesse studiato con Isabella nei due giorni precedenti.
Fece un respiro.
-Se io dicess.. dicesse?-
-Dicessi­- lo corresse Isabella, regalandogli comunque un mezzo sorriso.
-Dicessi- ripeté Mika, come se volesse assimilarlo.
-E comunque no, non me ne andrei. Manca davvero poco alle prime audizioni e devi essere pronto-
Un altro sospiro uscì dalle labbra di Mika: ecco che ora pure lei glielo ricordava.
-Grazie mile per averme ricordato questo. Io sono tranquillo ora- replicò quindi il ragazzo, sarcastico.
-Ah, e come mai non sei davvero tranquillo?- domandò Isabella; la donna era curiosa e in più era un’ottima occasione per farlo parlare un po’ in italiano.
-Hai detto tu, le audizioni. E io deve parlare italiano per quel giorno-
-E io…?-
Mika corrucciò la fronte.
-E io devo­- si corresse, mentre l’italiana annuiva.
A quel punto Isabella decise di concentrarsi su alcune parole o frasi che il ragazzo avrebbe dovuto dire durante le riprese e poi durante i live: sarebbe andato in una trasmissione televisiva a giudicare dei ragazzi, doveva essere in grado di spiegarsi almeno di fronte a loro e di farsi capire.
-Quali sono le caratteristiche per essere un buon artista, Mika?-
-Deve riuscire a cantare come…. Come in…- si fermò, alla ricerca della parola giusta –Cioè… non deve essere… un po’ così- e iniziò a gesticolare, cercando di far capire alla donna quello che intendeva dire, senza però riuscire a trovare la parola nella sua mente.
-Cerca un altro modo per dire quello che vuoi dire, se non ti viene la parola- suggerì allora Isabella, vedendolo in difficoltà.
Mika si fermò allora a riflettere, di nuovo.
 -Deve cercare di mettere lui… con…- scosse la testa, arrendendosi –Oh, cazzo! Come si dice bolla?- sbottò in inglese, prima di rendersi conto di essere stato forse un po’ troppo aggressivo.
-Bolla- gli disse semplicemente Isabella, stupita da quella reazione: di solito, Mika aveva molta più pazienza. In quel momento però nella mente del libanese si affollavano vari pensieri: le prove per il concerto imminente e poi il concerto stesso, una strana ansia che non aveva mai provato prima per l’inizio delle audizioni di X Factor, una forte paura di non farcela per quel giorno e di non saper rispondere alle domande che gli sarebbero state poste e infine si aggiunse anche il fatto che ormai non riusciva a vedere Andy da un mese.
-Bolla- esclamò allora Mika –Deve essere in una bolla-
-Cosa vuol dire?­- chiese la donna, sperando di incitarlo a continuare.
 -Deve sapere isolaz… no, isolare. Deve sapere isolare da tutto quello che ha intorno-
Si rendeva conto di commettere qualche errore, ma in quel momento proprio non poteva farcela. Così continuò: Isabella voleva che lui parlasse italiano, in quel momento era il massimo che riuscisse a fare.
-Solo così può fare qualcosa di bello con la musica. Altrimenti esce qualcosa di cativo-
Vide la donna coprirsi il volto con le mani, ma in quel momento se ne disinteressò completamente: non era giornata.
Al diavolo l’italiano, al diavolo tutto.
-Parli italiano come un macellaio- esclama la donna, con un mezzo sorriso.
Mika la fissò, confuso.
-Parli italiano come un macellaio- ripeté quindi Isabella, in inglese questa volta.
-Non sto parlando come un macellaio, ma come un newyorkese- ribatté Mika, leggermente stizzito.
Vide la donna alzare gli occhi al cielo.
-Sei il primo che riesce a macellare in questo modo la lingua italiana e hai anche l’accento della moglie dell’ambasciatore spagnolo!- rispose di nuovo Isabella, non riuscendo a capire come mai quel giorno Mika non sembrasse ben disposto allo studio.
-Io davvero non so che dire- aggiunse poi in italiano la donna. Cercava di spronarlo, in un modo o nell’altro, anche se forse non era la soluzione migliore quella.
Questa volta fu Mika ad alzare gli occhi al cielo.
-Alora non dovevo prendere per insegnare italiano una siciliana snob!- e fu proprio in quel momento che il telefono del riccio squillò e il ragazzo si affrettò a rispondere: tutto, pur di sfuggire per qualche secondo alla donna.
-Pronto!- ruggì al telefono, senza quasi rendersi conto di aver parlato in italiano.
-Oh, ehm… cosa devo rispondere?­- la voce divertita di Andy dall’altro lato del telefono lo fece sorridere.
-Andy, ciao- rispose quindi il libanese, cambiando immediatamente tono della voce e alzandosi dal tavolo per dirigersi nella stanza accanto, senza più degnare di uno sguardo Isabella.
-Cosa c’è che non va?- chiese il biondo, che non aveva mancato di notare il tono aggressivo con cui il ragazzo aveva risposto al telefono prima di capire che si trattasse di lui.
-Solo un’altra lezione di italiano- si limitò a rispondere Mika, sdraiandosi sul letto.
-Non stanno andando bene?-
-Non lo so- rispose sinceramente il riccio –Oggi davvero non ce la faccio. Isabella mi ha detto che parlo italiano come un macellaio con l’accento della moglie dell’ambasciatore spagnolo… anche se non so cosa voglia dire-
-Ansia per il concerto?- provò a suggerire Andy, strabuzzando gli occhi di fronte alle metafore usate dalla donna e cercando di fare in modo che Mika parlasse, così da buttare fuori tutto quello che aveva dentro. Sfogandosi, forse le cose sarebbero andate meglio.
-Può essere- rispose il riccio, con voce pensierosa –Ci sono le prove, poi il concerto… e quando tornerò, mancherà davvero poco alle audizioni e non posso parlare italiano come l’ho parlato poco fa e poi…- fece una pausa, scompigliandosi i capelli con una mano –E poi ho voglia di vederti- aggiunse infine, con tono abbattuto.
Inutile negarlo: una parte della sua mente, una delle maggiori, era occupata dall’immagine del biondo, da cui ormai era lontano da troppo tempo.
Sentì Andy sospirare.
-Mika, è solo una giornata così. Isabella ha sempre detto che le lezioni stanno andando bene, vedrai che per l’inizio delle audizioni sarai prontissimo. Ne sono sicuro. E… anche io ho voglia di vederti, tanta. Ma manca poco ormai, dopo il concerto passeremo qualche giorno insieme-
Andy era così: poche parole, ma quelle giuste. Il problema era che i giorni che avrebbero potuto passare insieme erano pochi, una settimana al massimo, dopo di che il lavoro di Andy lo avrebbe portato a Londra, mentre lui sarebbe dovuto rimanere in Italia per le riprese del talent.
Mika stava per dire questo, ma si fermò in tempo: avevano imparato a godersi ogni singolo momento insieme, era inutile pensare al dopo quando ancora non avevano vissuto quei giorni.
-Hai ragione- disse quindi, cercando di pensare solo al fatto che tra pochi giorni sarebbe ritornato nella casa di Milano, con Andy.
-Credo di aver trattato un po’ male Isabella- aggiunse Mika, mentre iniziava a percepire un leggero senso di colpa nei confronti della donna che, in fondo, stava solo cercando di aiutarlo: senza di lei non avrebbe mai potuto vincere la sfida che aveva lanciato a se stesso accettando di fare X Factor in Italia.
-Beh, penso che accetterà delle scuse- rispose Andy, tranquillamente.
-Già. Tu tutto bene?- domandò poi il libanese, sistemandosi un po’ meglio sul letto.
-Non c’è male- rispose il biondo –Domani finisco il lavoro qui, poi corro a Milano ad aspettarti-
Mika fece un sorriso e Andy continuò a parlare: -Dai, vai da Isabella ora. Ti ho già distratto abbastanza-
Questa volta fu Mika a sospirare.
-A presto- sussurrò al telefono.
-A presto, Mika- rispose Andy, per poi riattaccare.
Il riccio lasciò il telefono sul letto, per poi tornare nella stanza accanto e sedersi al tavolo di fronte ad Isabella, che lo fissava con sguardo attento e prudente.
-Mi dispiace- disse Mika, appositamente in italiano –Ho… ho… esagerato- aggiunse, leggermente esitante, alla ricerca della parola giusta –È una giornata strana. Ma sono pronto adesso. Se tu vuoi-
A quel punto Isabella gli rivolse un sorriso –È tutto a posto, Mika. Riprendiamo pure. Allora, come mai un buon artista deve essere capace di isolarsi, di entrare in una bolla?-
Mika sospirò, facendosi coraggio, poi iniziò a parlare: aveva ragione Andy. Doveva impegnarsi, doveva mettere tutto se stesso nelle lezioni di italiano e anche nel concerto, poi sarebbe andato tutto bene. 



 

Buoooooongiorno ^.^
Oggi davvero poche cose da dire.
Primo, il fatto che Isabella fosse terrorizzata e che stesse sempre appiccicata a Mika, riempendogli la testa di italiano, l'ho preso dall'intervista a Winq, vi lascio il link con la traduzione in italiano:

http://mikaitalia.jimdo.com/2015/05/23/l-intervista-su-winq/

E poi tutto ciò che accade a Tokyo, le parole di Isabella e le risposte di Mika sul suo accento, le ho prese da un articolo scritto da Mika stesso a giugno 2013 e vi lascio anche di questo il link tradotto in italiano:

http://mikaitalia.jimdo.com/mika-scrive/la-mia-insegnante-siciliana-dice-che-parlo-italiano-come-un-macellaio/

Grazie mille a tutti coloro che hanno lasciato una recensioni ai capitoli precedenti, le ho apprezzate molto *-*
Alla prossima :)

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Capitolo 4
*** Cosa mi è saltato in mente? ***


Il concerto andò bene: come al solito, appena salì sul palco di fronte a tutte quelle persone e iniziò a cantare, tutte le ansie e tutte le paure svanirono. Era al suo posto, era a casa sua.
Affrontò il viaggio di ritorno in Italia decisamente più di buon umore rispetto all’ultimo volo e, con il pensiero fisso alle audizioni imminenti, aveva iniziato a sforzarsi di pensare in italiano, oltre che parlarlo con Isabella. Forse poteva essere un buon allenamento. Era difficile, molto difficile, e ci metteva parecchio tempo. Ma d’altronde, dopo un pisolino, cos’altro avrebbe potuto fare in aereo durante le dodici, stancanti, ore di volo?
Ripassava regole grammaticali e vocaboli, si sforzava di costruire delle frasi e quando aveva dei dubbi li chiedeva ad Isabella, che sedeva accanto a lui e che si dimostrava sempre molto disponibile.
Quando atterrò a Milano, la prima cosa che fece fu rendersi conto dell’ora: le tre del pomeriggio e lui era letteralmente distrutto. Il jet-leg stava avendo la meglio su di lui e le sette ore di differenza tra Milano e Tokyo non erano per niente poche.
Salutò Isabella e i ragazzi della band, rimanendo d’accordo con la donna che per il giorno seguente non ci sarebbe stata nessuna lezione di italiano: entrambi avevano bisogno di riprendersi.
Mika salì in macchina, sul sedile posteriore, e appoggiò la testa al finestrino mentre l’autista partiva.
Quando giunse di fronte a casa sua, riaprire gli occhi fu davvero difficile; Andy, notando la macchina scura, scese le scale due gradini alla volta e giunse all’esterno dell’edificio proprio mentre Mika, voltato di spalle, stava scaricando le valigie dalla macchina.
-Serve una mano?- chiese il biondo e Mika si voltò verso di lui, riservandogli un sorriso sgargiante nel momento in cui incontrò i suoi occhi color del cielo. Presero una valigia a testa, Mika ringraziò l’autista e si diressero verso l’ascensore.
Appena furono dentro, entrambi si avvicinarono, raggiungendo le labbra dell’altro in un bacio che attendevano da troppo tempo. Quando l’ascensore giunse al loro piano, portarono le valigie dentro casa, abbandonandole subito oltre l’ingresso e poi fu Andy a stringere Mika in un abbraccio e a trascinarlo sul divano, dove entrambi si lasciarono cadere uno sopra l’altro, ridendo.
-Ciao- sussurrò Mika, appoggiando la fronte contro quella del compagno.
-Ciao- rispose Andy, portando una mano tra i suoi riccioli e raggiungendo nuovamente le sue labbra. In quel momento però Melachi, avendo sentito la presenza di qualcun altro oltre Andy, raggiunse correndo la sala, saltando anche lei sul divano e iniziando a leccare felicemente il volto di Mika, che si lasciò andare ad una risata spensierata.
-Mel!- esclamò il riccio, mentre ormai su quel divano si era formato un groviglio di gambe, braccia e zampe –Sei qui!- e portò le mani sul musetto della cagnolina, accarezzandola.
-Alla fine prima di venire qui ho fatto un paio di giorni a Londra e ho pensato di portarla a Milano. Ti devi fermare qui per un po’ di tempo, non farà un altro viaggio troppo presto- spiegò Andy, in quel momento schiacciato sul divano sia da Mika che da Melachi.
-Hai fatto benissimo- disse il libanese, mentre ancora permetteva alla cagnolina di leccargli le mani.
-Sì…- rispose Andy, con voce bassa –E vi adoro, ma mi state uccidendo- e richiamò l’attenzione di Mika sul fatto che fosse completamente schiacciato non solo dal suo peso ma anche da quello di Melachi.
Il riccio soffocò una risata.
-Mel, giù- disse alla cagnolina che, obbediente, scese dal divano per poi raggiungere la ciotola dell’acqua che Andy si era preoccupato di comprare anche per la casa di Milano.
Mika fece pressione con le braccia, restando comunque sopra Andy, appoggiandosi a lui ma senza pesargli addosso.
-Grazie- sussurrò Andy, con un sorriso.
-Figurati- replicò il libanese, prima di tornare a far appoggiare le sue labbra sul volto del compagno, in una lenta scia di baci.
Fu però colto alla sprovvista da un enorme sbadiglio che non riuscì a trattenere e affondò così il volto nella maglia di Andy, all’altezza del petto.
Sentì il biondo ridere. Andy fece un rapido calcolo e si rese conto che secondo il fuso orario a cui Mika si era abituato nei giorni precedenti, era praticamente l’ora di andare a letto.
-Vuoi dormire un po’? Ti sveglio per cena-
Ma Mika scosse deciso la testa.
-Ce la posso fare- e vide il greco alzare un sopracciglio, scettico. Mika sbuffò, anche se non poteva nascondere il fatto di essere davvero stanco. L’idea di buttarsi sul letto e lasciare Andy in sala, però, non lo allettava per niente. Così si alzò dal divano e tese una mano al compagno: -Mi fai compagnia?- gli chiese, perdendosi ancora una volta nei suoi occhi.
-Ho detto dormire, sai- a quelle parole Mika alzò gli occhi al cielo.
-Sei sempre il solito- replicò, scuotendo la testa divertito.
Andy si esibì in un sorrisetto e afferrando la mano fece forza, alzandosi dal divano e seguendo Mika sul letto. Il riccio si tolse i jeans e la camicia che aveva usato per viaggiare, mettendosi in abiti più comodi, per poi gettarsi sul materasso e affondare la testa nel cuscino, mentre sentiva un braccio di Andy avvolgerlo all’altezza della vita e due labbra delicate posarsi sulla sua fronte. In quel momento anche Melachi raggiunse i ragazzi sul letto, appoggiando la testa su una gamba di Mika.
Il riccio si prese ancora un momento per osservare prima la cagnolina accoccolata a lui e poi Andy, che aveva spostato la mano dai suoi fianchi ai suoi capelli e li stava accarezzando delicatamente, mentre le sue iridi azzurre non si allontanavano nemmeno per un attimo dal suo volto.
Sospirò rilassato, rendendosi conto di avere in quel momento tutto ciò di cui aveva bisogno, dopo un mese fin troppo lungo in cui tutto quello gli era mancato; chiuse gli occhi e si addormentò pochi minuti dopo.   
 
Il mattino seguente entrambi si svegliarono rilassati e di buon umore. Niente sveglia presto, niente impegni di lavoro, nulla di nulla.
Erano rari i giorni che potevano trascorrere in quel modo, per questo motivo erano soliti goderseli a pieno.
La voglia di fare qualcosa quel giorno era sottoterra, per entrambi. Aprendo il frigorifero però, Mika si rese conto che uno dei due sarebbe dovuto andare a fare la spesa, o per pranzo non avrebbero avuto nulla da mangiare. Entrando in sala notò che Andy si era alzato dal letto solamente per raggiungere il suo amato divano e lanciarsi su di esso di pancia, atterrandovi in modo poco delicato e affondando la testa nel cuscino. Emise un leggero lamento quando Melachi, seguendo l’esempio del padrone, prese la rincorsa e si gettò direttamente sulla sua schiena.
Mika sghignazzò, mentre notava che Andy non si era ancora cambiato i pantaloncini e la maglietta che usava per dormire.
-Se ti stai chiedendo se io abbia intenzione di passare la mia giornata in pigiama… la risposta è sì, assolutamente- dichiarò Andy, probabilmente notando che il compagno non gli toglieva gli occhi di dosso.
-Per me non ci sono problemi- lo rassicurò Mika, avvicinandosi a lui –Allora aspettami qui, io vado a fare un po’ di spesa o oggi a pranzo non mangeremo nulla-
-No dai, vengo ad aiutarti allora- e fece per alzarsi, ma Mika lo rispinse di nuovo sul divano.
-Non ce n’è bisogno, faccio presto- gli regalò un bacio a fior di labbra e si diresse verso la porta d’uscita.
 
Quando salì in macchina, rimpianse di non essersi fatto accompagnare da Andy. Avevano noleggiato un auto per il periodo in cui sarebbero stati lì, ma Mika forse non aveva considerato del tutto i problemi che guidare sulla destra gli avrebbe causato.
Andy invece era abituato a guidare anche in Grecia, quindi il fatto di trovarsi sul lato opposto della strada non costituiva un problema. Inoltre, Mika era costretto ad ammettere che il biondo fosse un guidatore molto più esperto di lui.
Accese la macchina e fece un respiro profondo: non doveva essere poi tanto diverso, si disse.
Quando raggiunse finalmente il parcheggio di un supermercato vicino al centro di Milano, si sentì molto fortunato nel non aver distrutto nulla durante il tragitto.
Ma più,  non l’avrebbe fatto mai più.
Scese dalla macchina e si diresse a fare la spesa, sperando di essere riconosciuto dal minor numero di persone possibile: voleva tornare presto a casa.
Ovviamente qualcuno si accorse della sua presenza e gli chiese delle foto, che si prestò a fare sorridendo come sempre.
Mentre tornava al parcheggio, un ristorante poco distante, sull’altro lato della strada, attirò la sua attenzione. Posò le buste nella macchina e si avviò verso quel posto.
“The small” recitava l’insegna. Sbirciò attraverso le porte vetrate e vide un posto piccolo, appartato, ma molto accogliente. Un’idea balenò nella sua mente: in fondo, quella sera non avrebbero avuto nulla da fare lui e Andy, avevano in tutto e per tutto una settimana libera da impegni.
Aprì la porta del ristorante e si guardò intorno, alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo: era il momento di mettere alla prova il suo italiano.
Un giovane ragazzo dai capelli scuri e la barba tenuta leggermente lunga si stava incamminando verso di lui, concentrato su dei fogli che teneva tra le mani.
-Buongiorno, come posso aiut…- in quel momento alzò gli occhi e sembrò riconoscerlo –Oh, buongiorno- lo salutò quindi in inglese, rivolgendogli un sorriso.
-Buongiorno- si affrettò a rispondere Mika in italiano, esibendosi in un sorriso esitante –Io posso parlare italiano… più o meno- aggiunse poi, puntando gli occhi al pavimento. Aveva sì un po’ di timore di commettere degli errori, ma se non ci tentava con quel ragazzo come avrebbe fatto a parlare italiano di fronte a milioni di persone durante le riprese di X Factor e poi durante i live?
-C’è un tavolo per stasera?- chiese quindi il libanese, tornando a guardare il ragazzo.
-Quanti siete?-
-Due- rispose Mika, per poi guardarsi intorno -Un tavolo lontano da quelle è meglio, se è possibile- disse indicando le porte vetrate: non sarebbe stato proprio possibile sedersi lì, c’era davvero il rischio di essere visti e allora la serata non sarebbe stata la stessa.
-Venga con me- gli disse il ragazzo, conducendolo in una saletta accanto, con un unico tavolo al centro, lontano sia dalla sala che dagli occhi indiscreti della gente che passava per la strada.
-E’ perfetto!- esclamò il riccio, annuendo entusiasta.
-Ottimo allora- rispose il giovane, ritornando nella sala –Per che ora?­- chiese poi a Mika.
-Otto e trenta- rispose il libanese e lo vide scrivere l’orario su un foglio, seguito dal suo nome.
-Grazie mile- e salutò il ragazzo, tornando alla macchina.
 
Dopo pranzo Mika fu ben felice di far compagnia ad Andy nel suo non voler far niente. Si gettò sul divano insieme a lui, accendendo la televisione.
Immediatamente la fronte di Andy si corrucciò di fronte a tutto quel fiume di parole in una lingua a lui sconosciuta e Mika si lasciò andare ad una risata fragorosa.
-No, no, ma va bene- si affrettò a dire il biondo –Così ti alleni ad ascoltare l’italiano- e si appoggiò con la testa alla spalla di Mika, fissando la televisione con sguardo assente.
Non durò molto: non potevano essere passati più di cinque minuti quando Mika sentì le labbra morbide e delicate di Andy posarsi alla base del suo collo e risalire in una scia di baci fino alla guancia, per poi torturare il suo orecchio con piccoli morsi. Immediatamente anche per Mika tutte le parole che uscivano dalla televisione in quel momento diventarono incomprensibili.
-A-Andy?- mormorò, quando in più alle sue labbra che accarezzavano il volto di Mika il biondo aggiunse anche una mano al di sotto della sua maglietta, appoggiandola sul fianco.
-Mh?- soffiò Andy direttamente sul suo orecchio, facendolo rabbrividire più di quanto non lo fosse già. Mika voltò immediatamente il volto verso il compagno, catturando le sue labbra in un bacio intenso e posticipando le parole a qualche secondo più tardi, quando furono costretti a separarsi in assenza di fiato.
-Mi alleno ad ascoltare l’italiano, eh?- gli fece notare Mika, sorridendo a pochi millimetri dalle sue labbra.
-È così noioso- commentò Andy –E poi oggi non hai nemmeno lezione con Isabella, giorno di vacanza anche dall’italiano- e così dicendo prese il telecomando e spense la televisione, tornando poi ad occuparsi delle labbra di Mika, facendolo stendere sul divano e appoggiandosi sopra di lui.
-Come cambi idea velocemente- sussurrò Mika, portando una mano sulla guancia del compagno.
-Ti dispiace?- sussurrò Andy, mentre nel frattempo iniziava a slacciare i primi bottoni della camicia di Mika e a spostare le sue labbra dal collo al petto del ragazzo, facendo combaciare perfettamente i loro corpi con movimenti studiati: -Direi di no- si rispose a quel punto da solo Andy con un sorrisetto, mentre sfilava la camicia dalle spalle del compagno.
Mika non rispose nemmeno, ma si preoccupò di far sparire anche la maglietta del ragazzo oltre il divano, perdendosi poi in ogni gesto e in ogni respiro di Andy.
 
Alle sette e mezza di quella sera, Mika uscì dalla doccia, si asciugò i capelli e si preparò: indossò una camicia blu, di cui tenne aperti i primi due bottoni, e un paio di pantaloni bianchi, indossando infine le immancabili Louboutin.
Quando uscì dal bagno e tornò in sala, trovò Andy steso a terra e alle sue orecchie giunse immediatamente la risata cristallina del biondo: Melachi infatti era sopra di lui e gli stava leccando il viso, non lasciandogli spazio per alzarsi.
-Mel, basta!- esclamò divertito il greco, per poi spostare delicatamente la cagnolina su un lato, alzare la schiena e lasciarle qualche carezza.
In quel momento si voltò verso Mika, che si era appoggiato al muro a braccia incrociate a godersi la bellissima scenetta.
Andy lo osservò per qualche secondo, confuso ma allo stesso tempo incantato: i suoi occhi si soffermarono in particolare sul volto del compagno, messo perfettamente in risalto dalla camicia blu tenuta allacciata in quel modo. Il suo sguardo giunse poi ai pantaloni e infine alle scarpe.
Era bellissimo, come sempre, ed era perfetto.
-Ah, buonasera- commentò solamente il greco, facendo ridere Mika, che abbassò lo sguardo e arrossì leggermente.
-Tu non ti prepari?- chiese il libanese, sorridendogli luminoso.
-Per andare dove?- domandò Andy, curioso.
-Tu cambiati e basta- rispose Mika, indicando la maglietta e i pantaloncini che il compagno indossava da quella mattina, gli stessi che di solito usava per dormire.
Andy si alzò dal pavimento e, senza più fare nessuna domanda, si avviò verso l’armadio della camera da letto, non prima di aver lasciato un bacio a Mika, passandogli accanto.
Quando tornò in sala trovò Mika ad aspettarlo seduto sul divano; Andy indossava anche lui una camicia, scura, e un paio di jeans.
-Buonasera anche a te- disse Mika, citando le parole del compagno e rivolgendogli uno sguardo di approvazione, a cui seguì la risata di Andy.
-Andiamo- aggiunse poi il riccio, alzandosi dal divano e prendendo per mano Andy, conducendolo fino alla macchina.
Stava già per aprire la portiera del guidatore, quando si bloccò ed osservò le, con fare incerto: non moriva esattamente dalla voglia di guidare ancora per le strade di Milano, anche perché non era andata bene quella mattina. Con Andy come passeggero poi, non era davvero un’ottima idea: non l’aveva considerato quando aveva pensato di prenotare al The Small.
-Dai, dammi le chiavi- esclamò Andy, tendendo la mano verso di lui e facendogli un sorriso.
A malincuore, Mika allungò le chiavi al biondo e si portò dall’altro lato della macchina, sedendosi sul sedile del passeggero.
-Destinazione?- chiese Andy, mettendo in moto e uscendo dal parcheggio.
-Tu guida, io ti indico la strada- rispose Mika, con un mezzo sorriso furbo.
-Oh, andiamo! Dimmi almeno il posto, ti prego- gli rispose il biondo, con voce implorante.
-No- rispose risoluto il libanese, scuotendo la testa.
-Lo sai che sono curioso- insistette Andy, sperando di estorcergli qualche informazione.
-Non è lontano- lo rassicurò Mika, invitandolo a partire con un cenno della mano.
-Ma non puoi non dirmelo!-
-Certo che posso-
-Mika, per favore!- e rivolse al compagno lo sguardo più dolce che fosse in grado di assumere
Il riccio restò per un attimo incantato di fronte a quello sguardo, ma poi alzò gli occhi al cielo: -Okay, sai una cosa? Guido io!- e fece per slacciare la cintura
-No, no, no!- si affrettò a dire Andy, bloccando, con la sua, la mano del ragazzo –E va bene, dimmi dove devo andare- borbottò infine, partendo finalmente.
Mika iniziò a guidare Andy attraverso le vie quasi buie di Milano e, circa venti minuti dopo, erano quasi giunti a destinazione.
-Qui a destra- disse Mika, mentre pensava al tavolo che il ragazzo del The Small gli aveva mostrato quella mattina e che sembrava perfetto per passare una serata solo loro due, fuori casa ma comunque al sicuro da occhi indiscreti; era davvero raro che riuscissero a trovare un posto simile.
-No, no, sinistra!- esclamò Mika, guardando bene la strada e rendendosi conto di dove si trovavano effettivamente.
Andy lanciò uno sguardo veloce allo specchietto retrovisore e poi svoltò bruscamente a sinistra.
-Mika!- disse poi in tono lamentoso.
-Scusa, ero distratto- si giustificò il libanese, indicando poi il parcheggio e dicendo a Andy di fermarsi.
-Non ti convinceva la frutta che hai comprato oggi e siamo venuti a portarla indietro?- domandò il biondo, osservando con un sopracciglio alzato il supermercato di fronte a loro.
Mika scosse la testa, sogghignando.
-Seguimi- e scese dalla macchina, raggiungendo poi il marciapiede. Con Andy che gli camminava accanto, raggiunse il lato opposto della strada, arrivando poi all’angolo della via.
Spinse la porta del “The Small” ed entrò, assicurandosi di essere seguito dal biondo.
-Tu sei matto- gli sussurrò Andy, alle sue spalle –C’è pieno di gente e quelle porte hanno dei vetri che danno direttamente sulla str…-
-Andy?- disse il riccio, voltandosi verso di lui –Stai zitto- aggiunse solamente, rivolgendogli un mezzo sorriso.
-Ma…- bastò lo sguardo di Mika per far interrompere la frase a metà.
-Buonasera!- la voce del ragazzo con cui aveva parlato Mika quel pomeriggio giunse alle spalle del riccio.
-Buonasera- rispose educatamente Mika, mentre Andy si limitò ad un sorriso.
-Seguitemi- disse il giovane, incamminandosi verso la saletta che aveva mostrato a Mika quella mattina.
-Vieni- disse Mika, voltandosi verso Andy.
-Prego- disse il ragazzo indicando il tavolo, per poi uscire molto discretamente dalla sala.
-Tu sei un genio!- dichiarò il biondo, osservando il tavolo e la sala e notando che nessuno li avrebbe visti lì dentro.
Mika gli rivolse un sorriso luminoso, mentre gli occhi del biondo correvano ancora sul tavolino ben preparato.
-Dai- sussurrò Mika, sfiorando un braccio di Andy e indicandogli una delle due sedie. Il biondo strinse per un attimo la sua mano, poi si sedette, seguito da Mika.
-Come ti è venuto in mente?- domandò il greco, aprendo il menù.
-Ho notato questo posto stamattina. Mi sembrava carino, così sono entrato per cercare di capire se ci potesse essere un posto come questo, lontano da tutti-
Andy sorrise: non si permettevano molto spesso serate del genere, appunto per il problema che Mika sarebbe stato costretto a nascondersi; in più sedersi a cenare in un ristorante in centro a Milano poteva essere rischioso, a meno che non avessero trovato un angolino simile a quello.
-È perfetto- rispose Andy, mentre però si rese conto che i nomi dei cibi erano scritti in italiano –Ma credo di aver bisogno del tuo aiuto- disse poi, abbassando il menù sul tavolo.
Mika si sporse verso di lui e lo aiutò a tradurre i nomi scritti sull’elenco, anche se aveva dei dubbi. Fermarono il ragazzo che aveva preso l’ordinazione e che li aveva condotti al tavolo, scoprendo che il suo nome fosse Alessandro, e gli chiesero un aiuto.
Alla fine ordinarono entrambi da mangiare, in modo abbondante, e poi attesero pazientemente che arrivasse il cibo.
-Potrei abituarmici- commentò Andy qualche minuto più tardi, mentre entrambi stavano mangiando.
-Perché no? Ricordiamocene nei periodi in cui saremo qui-
Il biondo annuì, per poi osservare il piatto di Mika: -Dai, fammi assaggiare il tuo-
Mika spostò il bicchiere e avvicinò il suo piatto al compagno, per permettergli di prenderne una forchettata.
-Andy!- esclamò il riccio, quando notò che l’assaggio del biondo in realtà consisteva in una notevole quantità di cibo.
Il greco sorrise soddisfatto, mangiando ciò che era riuscito a prendere dal piatto del ragazzo.
-È buono!- commentò poi, allungando di nuovo la forchetta verso il piatto del compagno con un sorriso furbo.
-Stai alla larga dal mio cibo- rispose Mika, afferrando tra le risate la mano del biondo. Andy prese la forchetta con l’altra mano e riuscì comunque a rubare ancora qualcosa dal piatto del compagno.
-Molto buono!- dichiarò poi, mentre Mika, arrendendosi, si limitò ad unirsi alla risata di Andy e a tirargli un leggero calcio da sotto il tavolo, riavvicinando a sé il suo piatto.
-Vuoi?- gli chiese a quel punto il greco, indicando il suo piatto.
-No, non lo voglio- rispose fintamente stizzito Mika, tornando a mangiare dal suo piatto e facendo ridere Andy ancora di più.
La serata proseguì in quel modo, tra scherzi, risate e sguardi; era davvero una delle prime volte che si potevano permettere di essere se stessi in quel modo in un posto che non fosse casa loro.
Quando uscirono dal The Small e si incamminarono verso la macchina, si promisero di ritornarci un giorno o l’altro.
 
Il tempo stava passando velocemente, anche troppo. Mika non sapeva come fosse possibile, ma in men che non si dica si ritrovò al cinque di maggio: esattamente una settimana dopo sarebbero iniziate le audizioni di X Factor.
Il suo italiano era migliorato: conosceva un buon numero di vocaboli e la maggior parte delle regole grammaticali, anche se applicarle nel parlato non gli veniva così semplice. A volte doveva fermarsi a pensare, ma anche lui si rendeva conto che più i giorni passavano più riusciva a parlarlo fluidamente.
Per questi risultati, doveva ringraziare infinitamente Isabella; tuttavia non avrebbe ringraziato la donna quel giorno, perché dopo tre ore di lezione, senza nemmeno una pausa, i suoi neuroni erano in evidente stato di shock. Gli sembrava di non poter capire più nulla, la sua testa era un miscuglio unico, in cui si sovrapponeva tutte le lingue che conosceva.
In particolare, si stava rendendo conto di non essere più in grado di parlare spagnolo, ora che stava imparando l’italiano: e aveva reso pubblico questo suo piccolo problema in un’intervista a El Hormiguero, un programma in Spagna in cui lui però aveva parlato un misto tra italiano e spagnolo, sicuramente più tendente all’italiano.
In quei giorni il libanese si trovava a Londra: Isabella aveva accettato di trascorrere qualche giorno nella capitale inglese, mentre Mika aveva deciso di tornare a casa per poter stare accanto ad Andy: il biondo infatti doveva necessariamente rimanere in città per questioni di lavoro.
Più il giorno della sua partenza per Milano si avvicinava, più Mika sentiva crescere dentro di lui l’agitazione. Andy ne riconosceva tutti i sintomi: a volte lo trovava da solo che parlava in italiano, altre volte lo vedeva, nel bel mezzo del nulla, correre a prendere i libri che Isabella gli aveva lasciato per controllare qualcosa. Anche l’ipocondria iniziava a farsi sentire.
Insomma, tutto come da copione.
La sera prima della sua partenza, Mika si mise nel letto, mentre Andy era ancora in doccia. Il riccio puntò gli occhi al soffitto e, come spesso faceva in quei giorni, iniziò a pensare in italiano, a costruire frasi e a cercare i vocaboli giusti.
-Fa caldo qui dentro- commentò Andy entrando nella stanza, togliendosi la maglietta che aveva indossato dopo la doccia, non potendo resistere alla temperatura della stanza.
-Troppo- rispose Mika sovrappensiero, in italiano.
Andy spense la luce, lasciando la stanza illuminata solo dal chiarore della luna che proveniva dall’esterno, si stese accanto a lui e lo guardò alzando un sopracciglio.
Solo in quel momento Mika si rese conto di aver parlato in italiano.
-Troppo. Fa troppo caldo- si corresse quindi Mika, portandosi le mani sul volto –Scusa, stavo pensando in italiano- e scosse leggermente la testa.
-Non preoccuparti- gli rispose semplicemente Andy con un sorriso, dato che lo vedeva abbastanza in crisi. Allungò le mani e afferrò quelle del compagno, allontanandole dal suo volto.
-Andrà tutto bene, Mika-sussurrò il biondo, incatenando gli occhi castani del ragazzo ai suoi.
-Speriamo- rispose lievemente il riccio, anche se non sembrava molto convinto.
-Perché non dovrebbe, ti sei preparato tanto-
Mika allontanò gli occhi da quelli del compagno, puntandoli nuovamente al soffitto e facendo un sospiro. Poi si mise su un fianco, girato verso Andy, e affondò la testa nel cuscino, emettendo un lieve lamento.
-Andy!- disse solamente, allungando l’ultima lettera del suo nome e chiudendo gli occhi.
-Mika?- chiese il biondo, esibendosi in un mezzo sorriso e osservando il compagno, curioso.
-Cosa mi è saltato in mente?- chiese poi il riccio, sempre senza guardarlo.
Nonostante quel giorno in cui Mika gli aveva accennato della proposta di X Factor, Andy gli avesse detto che era una pazzia, in quel momento non poteva permettersi di ripetere quelle parole, o la crisi del ragazzo avrebbe raggiunto proporzioni cosmiche. In più sì, la riteneva una cosa pazza, ma credeva fortemente nelle parole che stava per dire.
-È una sfida, Mika. E sono sicuro che tu ne uscirai vincitore- e portò una mano tra i suoi riccioli.
-Io non ne sarei così sicuro- borbottò Mika contro il cuscino.
-Io sì. Ti conosco, so quanto impegno metti nelle cose che fai. Ti siederai a quel tavolo e farai un ottimo lavoro-
-Parlavo tre lingue, Andy, tre! Inglese, francese e un po’ di spagnolo… A cosa pensavo quel giorno in cui ho deciso di imparare l’italiano con l’idea di andare a parlarlo in televisione?-
Andy scosse leggermente la testa: sapeva che quelle parole erano solo dettate dall’ansia. Ricordava bene le motivazioni che avevano spinto il compagno ad accettare la proposta, ora era arrivato il momento di ricordarle anche a lui.
Prese il suo volto tra le mani, costringendolo a guardarlo.
-L’hai detto tu, no? È una bella sfida, hai deciso di correre questo rischio e l’hai fatto con delle motivazioni valide. È un’esperienza nuova, è vero… ma non importa. Hai fatto un sacco di cose in questi anni, questa è solo un’altra. Andrai alla grande, come sempre-
Mika osservò Andy negli occhi per qualche secondo, mentre il tocco di quelle mani calde e familiari, insieme alle sue parole, riuscirono a calmarlo un pochino: inoltre, non era il caso di passare la sera prima della sua partenza a lagnarsi per qualcosa che ora non poteva cambiare. Che non voleva cambiare, in fondo.
Sorrise, seguito immediatamente da Andy. Avvicinò il volto al suo e gli lasciò un leggero bacio a fior di labbra.
Quando si allontanò, mantenne gli occhi fissi nei suoi.
-Ti amo- gli sussurrò poi, parlando appositamente in italiano.
Andy lo guardò confuso: era sicuramente qualcosa di bello, visto lo sguardo che gli stava rivolgendo Mika in quel momento.
Il libanese si lasciò andare ad una leggera risata nel vedere l’espressione del compagno.
-Ti amo- ripeté quindi, in inglese, portando una mano sul suo volto.
-Aaah- rispose Andy –Com’era? Ti…?- domandò poi, osservando Mika.
-Ti amo- gli disse di nuovo Mika.
-Ti amo…- scandì Andy; fece una pausa, pensieroso, poi alzò le spalle -…anche io- aggiunse infine, ovviamente in inglese.
Mika rise.
-Ti amo anche io- gli suggerì quindi, in un sussurro.
-Sì beh, tanto ora di domani me lo sarò già dimenticato- commentò il biondo con un’alzata di spalle, tornando poi a baciare il sorriso che si era delineato sul volto di Mika.
 
Mika giunse nella sua camera d’albergo a Napoli quattro giorni prima dell’inizio delle audizioni. Isabella, che ormai viaggiava costantemente al suo fianco, era ora costretta da Mika a stargli sempre vicino e a farlo parlare il più possibile in italiano.
Nel frattempo Andy, rimasto a Londra, si era gettato assiduamente nel suo lavoro: sapeva perfettamente che Mika già accusava i sintomi dell’ansia, ma il giorno prima dell’inizio della audizioni voleva essere là con lui. Anche Isabella gliel’aveva detto: il giorno precedente all’inizio delle registrazioni Mika avrebbe sicuramente avuto bisogno di allontanare un po’ la mente dall’italiano.
Andy non lo aveva detto al compagno, perché nel caso in cui non fosse riuscito a finire tutto il suo lavoro per tempo e non fosse riuscito a raggiungerlo, non voleva illuderlo: sarebbe solo stato un pensiero in più e Mika in quel momento non ne aveva bisogno.
Per questo motivo, il biondo passò le sue giornate davanti al computer, ad editare i video che avrebbe dovuto terminare.
Così dopo tre giorni di lavoro continuo, Andy si ritrovò all’aeroporto, ad osservare con sguardo truce il tabellone dei voli: ritardi.


Buoooongiorno!
Alloooora, qui ho voluto un po’ parlare di una giornata di svacco completo prima dell’inizio di X Factor, che ormai è vicinissimo. Mi piaceva nominare il The Small, dato che è un posto davvero carino e che si è visto un paio di volte (il documentario di Acces Illimité per primo, e poi la foto di Mika su Instagram, più recente, con Zuleika e Fortunè).

Quanto al pensare in italiano, verso la fine del capitolo, l’aveva detto lui da qualche parte che ora non ricordo più (sono tornata ad essere irrimediabilmente io, con riferimenti a caso); stessa cosa per l’ansia pre-X Factor.

Altra cosa che mi crea problemi sono le date delle audizioni: io non so assolutamente quali fossero, così le ho cercate in internet, ma ci sono diverse idee sull’ordine di queste audizioni; in più, non sono state trasmesse nell’ordine corretto una volta finite di registrare, non si capisce perché. Insomma, un gran casino. Ho deciso quindi di prendere le date fornite da un sito e rifarmi a quelle, non sapendo se fossero giuste o meno! Ragion per cui, si parla di Napoli.

Piiiiccoli riferimenti al tweet di Mika di maggio 2013:
“After 3 hours of italian lessons my head feels like its leaking custard. My learning neurones are clearly in a state of shock”

Viene solo nominata (ma se non l’avete vista vi consiglio di darle un’occhiata perché io mi sono divertita un sacco) l’intervista a El Hormiguero, in cui
Mika sfoggia il suo “spaliano”:
https://www.youtube.com/watch?v=hfs6iHum-JY

E’ tutto!
Alla prossima :)
 

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Capitolo 5
*** Non volevi che mi distraessi? ***


Così dopo tre giorni di lavoro continuo, Andy si ritrovò all’aeroporto, ad osservare con sguardo truce il tabellone dei voli: ritardi.
 
Sarebbe arrivato comunque in tempo, ma non prima di cena.
Quando giunse di fronte all’hotel in cui alloggiava Mika, erano ormai le otto di sera: Andy controllò ancora una volta il messaggio che gli aveva mandato Isabella, con il numero della camera di Mika. Quando giunse di fronte alla porta, si fermò per un attimo ad ascoltare, sorridendo leggermente nel sentire la voce velata d’ansia del compagno, che stava parlando in italiano con Isabella.
La donna invece aveva appena detto una frase in inglese, che Andy riuscì così a percepire.
-Mika, fermiamoci qui. È ora di cena e continuare così non ti fa bene, aumenta solo l’ansia-
Il libanese però, testardo come sempre, rispose in italiano.
-No, no, noi continuiamo, per favore. È domani-
-Mika, è tutto il giorno che stiamo ripassando, la tua mente starà esplodendo-
Andy non capì una parola questa volta, ma si decise ad entrare. Abbassò la maniglia della porta e fece capolino all’interno della stanza.
Un paio di occhi color nocciola si posarono, sorpresi, su di lui; Andy si fermò per un attimo a godersi l’espressione di completo stupore che si delineò sul volto del suo ragazzo, seguita da uno dei suoi meravigliosi sorrisi. Il libanese annullò poi a grandi falcate la distanza che li separava e, prima che Andy se ne potesse rendere conto, si ritrovò a stringere tra le sue braccia il compagno.
Al di là della spalla di Mika, Andy vide Isabella fargli l’occhiolino: il biondo le aveva detto che, lavoro permettendo, avrebbe raggiunto Mika, ma dato che per tutto il giorno non aveva ricevuto sue notizie, la donna aveva pensato che non ce l’avesse fatta.
Invece eccolo lì.
-Andy- sussurrò Mika, allontanandosi da lui per guardarlo negli occhi –Cosa ci fai qui?-
-Gita turistica! Non avevo mai visto Napoli- rispose il biondo con un mezzo sorriso, ricevendo così un pugno affettuoso da parte del ragazzo.
-Ciao, Isabella- salutò poi il greco, mentre Mika chiudeva la porta della stanza.
-Buonasera. Quale sorpresa!- esclamò la siciliana, ridendo.
-Sapevi che sarebbe venuto?- domandò Mika, fissando la sua insegnante.
-Sapevo che c’era questa possibilità- gli spiegò la ragazza, sorridendogli.
-Sì, ho finito di lavorare- aggiunse Andy –Ma ora sto morendo di fame. Ceni qui?- chiese poi il biondo alla donna.
-Sì, cena qui, dobbiamo ancora ripassare il cong…-
-Mika!- esclamarono Andy e Isabella contemporaneamente, rimproverandolo entrambi.
Il libanese fece correre gli occhi dalla sua insegnante al suo ragazzo, alzando entrambe le sopracciglia: -Vi siete alleati contro di me?-
-No, ma potremmo farlo in questo momento- dichiarò il biondo, abbandonando la sua valigia in un angolo della stanza.
-Ma…- tentò Mika, ma questa volta venne interrotto dalla donna.
-Niente ma, non dirò più una sola parola in italiano questa sera, ne ho già dette troppe-
Mika fu così costretto a rassegnarsi.
Tuttavia qualche ora dopo, quando salutò Isabella e si voltò poi in direzione di Andy, si rese conto che avevano avuto ragione: mentre chiacchieravano del più e del meno a cena, era riuscito a portare i suoi pensieri lontano da quello che avrebbe dovuto fare il giorno seguente e per un paio d’ore quella strana sensazione di ansia e paura che sentiva pensando alle audizioni gli aveva dato tregua.
Si rese conto di voler continuare per quella strada.
Andy si stava cambiando, sostituendo jeans e camicia con un paio di pantaloncini corti e una maglietta, per stare più comodo.
-Grazie- gli disse Mika, mentre il biondo si avvicinava a lui.
-Ringrazia di non avermi mai portato a Napoli prima, è solo per ques…- Mika non lo lasciò finire e lo bloccò prima che avesse il tempo di dire una parola in più, assestandogli un bel morso sul braccio.
-Ahi!- esclamò Andy, ritraendosi, ma poi lo vide ridere e appoggiò così le sue labbra su quel sorriso, trascinandolo sul letto e posandosi su di lui. Quando si allontanarono Andy lasciò da parte per un attimo la voglia di scherzare.
-Non c’è di che, Mika- gli disse, facendo scorrere le sue dita sulla guancia del compagno, quella sera perfettamente liscia e senza un filo di barba. Il libanese scivolò accanto al ragazzo, appoggiando poi la testa sul suo petto e lasciandosi stringere dall’abbraccio di Andy.
-A che ora la sveglia domani?- chiese poi il biondo, per capire a che ora avrebbe dovuto costringere Mika a chiudere gli occhi: sapeva che sarebbe stata un’impresa quasi impossibile, il ragazzo non riusciva quasi mai a dormire bene quando l’agitazione lo attanagliava.
-Tardi… è di pomeriggio-
Andy lo avrebbe aspettato nei camerini, probabilmente insieme a Isabella. Non avrebbe capito nemmeno una parola pronunciata da Mika, ma poco importava.
-Ma credo che per te sarà noioso, sicuro che non vuoi aspettarmi qui?- aggiunse poi Mika, quando si rese conto che il compagno avrebbe dovuto passare ore ad aspettare lui e non avrebbe potuto nemmeno distrarsi a guardarlo dagli schermi, non capendo l’italiano.
-Tu non preoccuparti. Ci vengo-
Mika alzò il volto dal petto del ragazzo, rivolgendogli un sorriso sincero, per poi raggiungere di nuovo le sue labbra, con un tocco delicato.
Era sempre un po’ surreale quando Andy appariva all’improvviso, senza che lui sapesse nulla: si convinceva che prima di un certo periodo di tempo non avrebbe potuto rivederlo e poi all’improvviso se lo ritrovava tra le sue braccia. Aveva sempre bisogno di un attimo di tempo per realizzare.
Finché baciava le labbra di Andy con passione e dolcezza allo stesso tempo, infilò una mano al di sotto della sua maglietta, iniziando a disegnare cerchi immaginari sulla sua pelle, sempre così calda. Si mise su un fianco, trascinando Andy con sé e facendo entrare in contatto i loro corpi.
-Dov’è l’ansia, adesso?- sussurrò Andy, prendendolo in giro, e facendo passare un braccio attorno al corpo di Mika per stringerlo ancora di più a sé.
-Non volevi che mi distraessi?- rispose il riccio, soffiando quelle parole sul collo di Andy, dove poi posò le sue labbra in una scia di baci leggeri che, come sempre, lasciò dietro di sé brividi di piacere –Sto solo seguendo il tuo consiglio-
-Bel modo di distrarsi- borbottò Andy, completamente in balia delle labbra del compagno che in quel momento avevano raggiunto la base del collo e cercavano di farsi spazio al di sotto della maglia.
-Ma se non vuoi…- disse il riccio.
Mika non ebbe nemmeno il tempo di allontanarsi: dopo quella frase Andy, intuendo la prevedibile mossa del compagno, afferrò le sue braccia e in men che non si dica invertì le posizioni.
-Non ci provare- sussurrò poi Andy, cercando le mani di Mika e intrecciandoci le dita.
Restarono per qualche secondo a guardarsi semplicemente negli occhi, scambiandosi reciprocamente un sorriso, poi fu Andy a far sparire entrambe le magliette oltre i piedi del letto. Pochi secondi dopo anche i pantaloni fecero la stessa fine. Mika allungò una mano dietro di sé per spegnere la luce e poi fu come se l’intero mondo fosse sparito, lasciando solo loro due: ogni carezza, ogni sospiro, ogni bacio andava a dimostrazione del fatto che quel piccolo mondo personale in cui si rifugiavano ogni volta che stavano insieme, era sicuramente il mondo perfetto per entrambi.
 
Il giorno dopo Andy si svegliò con il fastidioso suono della sveglia che gli perforava i timpani. Borbottò qualcosa, sperando che Mika allungasse la mano per spegnerla, ma quel rumore continuava a riempire il silenzio della stanza in un modo che il greco avrebbe definito brutale.
-Mika- si lamentò ad occhi chiusi, ma dal lato sinistro del letto non pervenne alcuna risposta. Molto spesso Mika non sentiva la sveglia, ma mai prima di un avvenimento importante: anzi, di solito veniva spenta subito con un colpo secco e un lamento.
Andy, senza ancora trovare la forza di aprire gli occhi, allungò un braccio, con l’intento di colpire il compagno e costringerlo così a porre fine a quel suono fastidioso che ormai gli martellava in testa e stava mettendo a dura prova la sua pazienza.
Ma il suo braccio si appoggiò su un freddo e vuoto materasso.
Improvvisamente, Andy spalancò gli occhi. Si allungò per spegnere la sveglia, trattenendosi dal lanciarla, e poi si alzò dal letto.
Recuperò i vestiti da terra e poi si chiese dove potesse essere il compagno: forse era già sceso in sala a fare colazione, forse era andato a fare una passeggiata. O forse sarebbe tornato a breve con la colazione e si era semplicemente dimenticato di togliere la sveglia. L’ultima alternativa lo allettava particolarmente, era di sicuro quella che preferiva.
Ma il libanese non era andato a prendere caffè e croissant per entrambi.
Andy scorse la sua slanciata figura dalla porta aperta del bagno: Mika era appoggiato al davanzale della finestra e stava sussurrando qualcosa, disordinandosi i capelli con gesti frenetici, nervosi.
-Qualcosa mi dice che non entrerai da quella porta con il vassoio della colazione tra le mani- commentò Andy, arrivando alle sue spalle e lasciandogli un bacio sulla guancia.
Mika ignorò le parole di Andy e sussurrò solamente –Buongiorno- per poi tornare a fissare i fogli che stringeva tra le mani.
-Mika- sospirò Andy, quando si accorse che quelli che il ragazzo stringeva tra le mani erano appunti di italiano… di nuovo. Scritti da lui, tra l’altro. Mika non scriveva spesso a mano libera, tanto meno in una lingua che non fosse l’inglese: se lo immaginava all’alba o, peggio ancora, in piena notte, a prendere quei fogli e scriverci su tutte quelle parole. Era in quei casi che Andy non sopportava il fatto di avere il sonno pesante; se solo si fosse accorto di qualcosa, avrebbe impedito a Mika di mettersi a ripassare.
-Da quanto sei sveglio?- chiese allora il greco, preparandosi ad una risposta che lo avrebbe sicuramente infastidito.
-Un paio d’ore- rispose Mika, noncurante.
Andy, senza farsi vedere dal compagno, alzò gli occhi al cielo. Convincerlo a lasciar perdere ripetendogli quanto si fosse già preparato e quanto fosse inutile rileggere quegli appunti in quel momento, sarebbe stato inutile.
-Okay, Mika? Ho fame. Andiamo giù a fare colazione?- disse quindi e gli tolse i fogli dalle mani.
Il libanese ovviamente si lamentò ma Andy riuscì comunque a trascinarlo di fronte ad un caffè fumante e ad un croissant grondante crema, cosa che alla fine Mika sembrò apprezzare, nonostante tutto.
 
Quando raggiunsero il luogo delle registrazioni Andy e Isabella seguirono Mika nel suo camerino, per vedere dove si trovava. La donna poi sparì chissà dove e, mentre un paio di persone si occupavano di sistemare i capelli di Mika e di truccargli il viso, Andy fece un giro per gli studi.
Si soffermò in particolar modo sui cameraman, ovviamente.
Era già stato qualche volta dietro le quinte di alcune trasmissioni televisive, sempre per accompagnare Mika, ed ogni volta si era preso qualche minuto per scrutare le telecamere. La loro posizione, quante ne erano previste, il modo in cui venivano organizzate. Si sentiva sempre come un bambino di fronte al suo giocattolo preferito.
Qualche minuto dopo però abbandonò le videocamere e tornò di fronte al camerino, entrando solo nel momento in cui vide uscire i parrucchieri.
Si prese qualche secondo per osservare Mika: indossava una giacca nera sopra una camicia bianca e un papillon, e dei pantaloni azzurri.
Il riccio puntò gli occhi in quelli del compagno, intimorito.
-Wow- commentò convinto Andy, osservando il ragazzo.
-Che cosa sto facendo?- si lamentò di nuovo Mika prendendosi il volto tra le mani, per poi fare un respiro profondo. Andy stava per dirgli qualcosa, ma in quel momento bussarono alla porta e pochi secondi dopo entrò Isabella, seguita da un uomo della produzione.
-Mika, si inizia-
-Okay- rispose il libanese e l’uomo uscì dal camerino.
-Andrà bene- gli disse Andy, rivolgendogli un sorriso. Mika si prese qualche secondo per guardarlo negli occhi, poi annuì.
-In bocca al lupo!- gli disse invece Isabella, anche lei con un sorriso.
-Crepi- rispose il libanese, per poi avviarsi verso la porta.
 
Raggiunse gli altri giudici camminando velocemente e rimanendo molto sorpreso quando di fronte a sé trovò solamente Elio e Simona Ventura.
-Morgan?- chiese quindi, curiosamente.
-Non è ancora arrivato- lo informò Elio.
Mika si limitò ad annuire e ad attendere accanto ai colleghi il momento in cui avrebbe iniziato in tutto e per tutto quell’avventura, che in quel momento gli sembrava una pazzia e basta.
Aveva già avuto modo di incontrare una volta gli altri giudici, ma non si era fatto ancora un’idea precisa su di loro; avrebbe dovuto conoscerli meglio. Tuttavia, in quel momento di agitazione, non poté fare a meno di sorridere osservando Simona Ventura: qualche settimana prima la donna aveva fatto la sua apparizione in un sogno di Mika, nelle vesti di una tata molto affascinante. Nel sogno la donna si rivolgeva a lui in tedesco e Mika cercava di spiegarle, in spagnolo, che lui il tedesco non lo capiva. Colpa del jet-lag.
In quel momento sentì la voce di Alessandro Cattelan annunciare l’assenza di Morgan: mancava davvero pochissimo.
Non c’era più tempo per pensare ai sogni, non c’era più tempo per ripassare l’italiano; quello che era stato fatto ormai doveva essere sufficiente.
-Signori e signore, i giudici di X Factor!-
Cercò di fare come quando saliva sul palco per cantare: lasciar da parte tutto e concentrarsi solo sullo svolgere il suo lavoro al meglio.
Seguì Elio e Simona fuori dalla porta, per raggiungere lo studio: si iniziava.
 
Andy prese una sedia e si sedette di fronte alla piccola televisione che era stata posizionata nel camerino e Isabella lo seguì pochi secondi dopo.
In quel momento, una voce annunciò l’ingresso dei giudici.
-Come mai solo tre?- chiese il biondo.
-Sentivo prima che Morgan non è ancora arrivato-
Andy annuì indifferente per poi concentrarsi su Mika, cercando di scrutarlo oltre il sorriso che si era stampato in faccia mentre, appoggiato ad una ringhiera, salutava. Lo vide poi scendere le scale, mostrandosi solare come sempre, stringendo la mano a chiunque gliela porgesse.
-Sembra abbastanza tranquillo- commentò Isabella, con gli occhi fissi alla televisione.
Andy scosse la testa: –No- disse deciso –È il sorriso che mostra quando è troppo nervoso-
Quante volte aveva visto quel sorriso nel corso di quegli anni: era quello che il compagno esibiva appena saliva sul palco, un sorriso che diventava davvero spensierato solo dopo qualche canzone.
Iniziò Mika a fare le domande al primo concorrente e Andy appoggiò la schiena alla sedia: non capiva nulla, tutto quello che poteva fare era seguire l’umore di Mika in base alle sue espressioni.
Isabella invece osservava attentamente la televisione, con i gomiti appoggiati alle ginocchia. Quando Mika finì di fare le domande annuì soddisfatta.
-Niente errori da appuntare?- le chiese Andy, con un mezzo sorriso.
-È stato bravo con le domande- gli disse la donna, annuendo.
Il greco tornò a guardare lo schermo, ascoltando il ragazzo che si stava esibendo in inglese, permettendogli almeno di capire le parole della canzone.
Quando poi fu il momento del giudizio, la prima a parlare fu Simona Ventura, seguita da Mika.
Anche in questo caso, Andy vide la donna accanto a sé annuire e lui sorrise: non aveva dubbi che Mika fosse arrivato pronto quanto bastava per quella giornata.
Andy si accorse che non capire quello che stava dicendo lo infastidiva, e non poco. Dato che anche lui era lì ad ascoltare le esibizioni di quei giovani ragazzi italiani, gli sarebbe piaciuto poter capire il giudizio di Mika, al di là del sì o del no.
-Che cosa ha detto?- chiese così per la milionesima volta a Isabella, senza riuscire a trattenersi. Si era appena esibita una ragazza davvero strana e Andy non era riuscito a capire cosa avesse detto Mika, prima di iniziare a cercare di imitare  gli stessi suoni che aveva fatto lei con la voce, facendo ridere Andy.
Isabella rise a sua volta.
-Ha detto che questo vibrato di capra gli piace- Andy si unì alla risata di Isabella –E che è strano-
Vibrato di capra.
Andy scosse leggermente la testa, divertito. Anche in un ambito diverso dal palco, era riuscito alla fine a lasciarsi andare, ad essere lui.
 
Stava andando bene e Mika si stava divertendo: era un po’ esitante, ma tra un concorrente e l’altro si ritrovò a pensare che avesse fatto una buona scelta a dire sì.
Era un’esperienza nuova, in cui aveva la possibilità di sentire tanti giovani nuovi talenti o presunti tali. Quanto all’italiano, gli era sembrato di non essere andato male; sì, era consapevole di aver commesso qualche errore, ma poco importava: era riuscito a capire e a farsi capire.
Seduto a quel tavolo con gli altri giudici si trovava tutto sommato bene, a suo agio.
Forse, poteva essere davvero l’inizio di qualcosa di bello.
Quando anche l’ultimo concorrente si fu esibito, Mika ringraziò e salutò prima il pubblico e poi i colleghi, dirigendosi infine nel suo camerino, dove trovò Andy e Isabella di fronte ad una tazza di caffè. Al suo ingresso, entrambi gli rivolsero un sorriso.
-È andata!- decretò il libanese, lasciandosi cadere in modo poco elegante sul divanetto, a pancia in giù, e affondando la testa nella stoffa: era esausto.
-Anche bene, mi dicono- rispose Andy, indicando Isabella con un cenno della testa.
-Sì- confermò la donna –Mi sono appuntata giusto un paio di cose che…- ma la donna si bloccò, alla vista dello sguardo che Mika le riservò, alzando la testa dai cuscini.
-Ti prego, non adesso- la supplicò, convinto di non riuscire a fare entrare nulla nella sua testa in quel momento, tantomeno le correzioni della sua insegnante di italiano.
-Okay- concesse la donna –Li conservo per domani. Io adesso comunque devo andare- e si alzò dalla sedia.
-Non torni in hotel con noi?- chiese Mika, mettendosi seduto sul divano in una posizione un po’ più composta.
-No, ho un impegno. Ma ci vediamo domani! Buona serata, ragazzi. E ancora complimenti, è stato un bell’inizio- e così dicendo uscì dal camerino.
-Grazie- rispose Mika e, quando la donna si fu chiusa la porta alle spalle, i suoi occhi corsero al biondo, che era rimasto tutto quel tempo ad aspettarlo, ad ascoltare ciò che per lui non erano altro che una serie di suoni incomprensibili.
Avrebbe tanto voluto ringraziarlo per averlo aspettato, per aver avuto pazienza con lui in quei giorni, soprattutto quando quella sfida gli aveva fatto così paura da farlo ripensare alla sua scelta; avrebbe voluto fare qualcosa per fargli capire che apprezzava che avesse preso un aereo per arrivare fin lì per quei giorni di registrazioni.
-Mi cambio e andiamo a mangiare qualcosa?- chiese quindi, alzandosi dal divano.
-Non so se in hotel a quest’ora fanno ancora…-
-Non in hotel, andiamo da qualche altra parte-
Andy lo osservò, alzando entrambe le sopracciglia. Tutti sapevano che quel giorno ci sarebbero state le registrazioni della prima giornata di audizioni di X Factor e Mika era la grande novità; che passasse inosservato era praticamente impossibile.
-Ci inventeremo qualcosa- lo rassicurò il riccio, rivolgendogli un sorriso.
Andy da un lato restava convinto che tutto sarebbe stato più semplice se si fossero chiusi in hotel, ma dall’altro lato aveva voglia di godersi una passeggiata per le vie di quella città a lui sconosciuta insieme a Mika.
Non amava le complicazioni, ma non amava nemmeno dover rinunciare a quelle piccole semplici cose e, a quanto pare, nemmeno il compagno voleva rinunciarci, considerando lo sguardo speranzoso che gli stava rivolgendo.
Come avrebbe mai potuto dirgli di no?
-Okay- rispose quindi, annuendo.
Vide la soddisfazione dipingersi sul volto di Mika quando si alzò per andare a cambiarsi e non poté fare a meno di sorridere.



Buooooooooooongiorno!
Poche cose da dire!

Viene citato un sogno di Mika riguardante Simona Ventura, Mika ne parla sempre nell'articolo in cui racconta che Isabella gli ha detto che parla italiano come un macellaio, qui: 

http://mikaitalia.jimdo.com/mika-scrive/la-mia-insegnante-siciliana-dice-che-parlo-italiano-come-un-macellaio/

E poi tutto quello che trovate in riferimento alle audizioni è preso dalla seconda puntata, in cui si parla appunto di Napoli! 

Come al solito graziegraziegrazie a chi legge e commenta, vi adorrrro. 

Alla prossima :)

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Capitolo 6
*** Ho una vita troppo egoista ***


Andy da un lato restava convinto che tutto sarebbe stato più semplice se si fossero chiusi in hotel, ma dall’altro lato aveva voglia di godersi una passeggiata per le vie di quella città a lui sconosciuta insieme a Mika.
Non amava le complicazioni, ma non amava nemmeno dover rinunciare a quelle piccole semplici cose e, a quanto pare, nemmeno il compagno voleva rinunciarci, considerando lo sguardo speranzoso che gli stava rivolgendo.
Come avrebbe mai potuto dirgli di no?
-Okay- rispose quindi, annuendo.
Vide la soddisfazione dipingersi sul volto di Mika quando si alzò per andare a cambiarsi e non poté fare a meno di sorridere.




Lasciarono libero l’autista di tornare a casa e chiamarono un taxi, per farsi lasciare sul lungomare napoletano. Durante il tragitto avevano pensato a come fare per passare una serata tranquilla, senza troppa gente che lo riconoscesse e li interrompesse. Alla fine erano scesi dal taxi con l’idea di trovare un posto tranquillo sulla spiaggia e mangiare lì un panino.
Mika venne fermato tre o quattro volte prima che riuscissero a trovare il posto perfetto: un piccolo spiazzo di sabbia, vicino al mare, e un venditore di panini poco distante, a lato della strada.
Si fermarono ad osservare per qualche secondo le onde del mare che si infrangevano calme sulla riva, sotto lo sguardo attento delle stelle, ben visibili mentre punteggiavano un cielo incredibilmente sereno. Alla loro sinistra, una mezza luna calante si rispecchiava anch’essa nell’acqua limpida.
Era uno degli spettacoli più rilassanti che potessero esserci.
-Vado io a prendere da mangiare- decise Andy, lanciando uno sguardo alla strada affollata; lui non l’avrebbero di certo riconosciuto.
-Sicuro?-
Il biondo alzò le spalle: -Capiranno un minimo di inglese, al massimo gesticolo. Tanto in Italia gesticolano in continuazione-
Mika rise, per poi estrarre il portafoglio dalla tasca, ma Andy si stava già avviando verso il baldacchino.
-Andy!- esclamò, ma tutto quello che ottenne come risposta fu un gesto frenetico della mano e una frase non troppo gentile che gli intimava scherzosamente di non stressarlo.
Mika scosse la testa, sorridendo, per poi sedersi sulla sabbia, vicino al mare, ma non abbastanza da bagnarsi i piedi.
La sua mente tornò a quella giornata stramba, in cui aveva avuto il coraggio, alla fine, di dare il via a quell’avventura; non sapeva dove tutto questo lo avrebbe portato, ma ora non aveva più paura. Era riuscito a rompere il ghiaccio, aveva visto che poteva farcela.
Era stata una bella conferma e una grande soddisfazione per lui.
Inoltre aveva avuto la possibilità di ascoltare dei ragazzi davvero validi, che non vedeva l’ora di risentire, sperando di rimanerne ancora più sorpreso.
In quel momento sentì Andy sedersi accanto a lui: riconobbe il suo profumo ancora prima che un panino enorme si piazzasse davanti alla sua vista, ricordandogli quanto avesse fame.
-Grazie mille- disse Mika, prima di tuffarsi nel suo panino, staccandone un morso che tutto poteva definirsi tranne che normale.
-Mangia con calma eh, non abbiamo fretta- lo prese in giro Andy, addentando anche lui il suo panino, staccandone però un pezzo molto più piccolo.
-Ho troppa fame- spiegò Mika, tornando ad occuparsi dello strabordante panino che attendeva solo di essere finito.
Finché mangiarono ci fu silenzio, così che si fecero accompagnare solo dal suono delicato delle onde di fronte a loro.
I due ragazzi osservarono per la maggior parte del tempo il mare, lanciando di tanto in tanto uno sguardo all’altro; un paio di volte Andy non poté fare a meno di ridere di fronte a Mika che si affrettava a mangiare il suo panino e il libanese rispondeva sempre con uno sguardo fintamente minaccioso o un giocoso pugno sul braccio.
Mika finì molto prima di Andy e si distese sulla sabbia, osservando il cielo, attendendo che anche il compagno terminasse di mangiare.
-Come ti è sembrato oggi?- chiese Mika. Il parere di Andy era sempre stato importante per lui, in qualsiasi frangente.
-Isabella dice che sei stato bravo. Qualche volta le chiedevo di dirmi ciò che avevi detto. Ho scoperto che odio non capire mentre parli-
Mika soffocò una risata divertita.
-No, sul serio- riprese Andy, dandogli una leggera spinta al braccio –E’ fastidioso, devo contin…-
-NON MI PRENDI!-
A quelle urla, in italiano, Andy si interruppe ed entrambi i ragazzi si voltarono, per vedere due bambini che si rincorrevano sulla sabbia, poco distanti da loro, riempiendo l’aria con le loro risate spensierate.
-Non troppo vicini al mare- li rimproverò quello che doveva essere il padre, che spingeva un passeggino, in quel momento vuoto, e osservava i due bambini rincorrersi.
-Preso!- esclamò il più grande dei due, per poi iniziare a scappare a sua volta, inseguito dal più piccolo che doveva avere circa quattro anni.
-Non allontanatevi troppo- li pregò ancora il papà, che si era fermato più indietro rispetto ai bambini, lasciandoli giocare per un attimo sulla sabbia.
Il più grande, sempre scappando per non farsi prendere, corse dietro Mika e Andy, superandoli alla velocità della luce. I due ragazzi videro il fratellino imboccare invece la strada di fronte a loro, così ritrassero immediatamente le gambe che avevano allungato, per evitare che inciampasse. Ma il piccolo, preso dalla foga di acchiappare il fratello, inciampò comunque e cadde a pancia in giù proprio davanti a Andy.
Il biondo allungò un braccio per aiutarlo ad alzarsi e fece per parlare, ma si ricordò in tempo che quel bambino era italiano e non avrebbe capito nulla delle sue parole.
-Ti sei fatto male?- disse invece Mika, osservandolo.
Il bambino, ancora scosso dalla caduta, prima annuì, poi scosse la testa e poi annuì di nuovo. Mika gli rivolse un sorriso enorme, mentre il bambino portava una mano in bocca e li osservava timoroso.
-Dai smettila di lagnarti, la sabbia è morbida- il più grande era tornato indietro non appena aveva notato che il fratello non lo stava più inseguendo.
Mika arricciò il naso di fronte a quella parola. Lagnarti.
Certo che l’italiano a volte era davvero buffo.
-Ehi, tornate a giocare da quel lato, forza. Mamma tra poco arriva con i gelati- anche il papà si era avvicinato –Matteo, tutto a posto?- il più piccolo annuì ma poi corse incontro al papà, saltandogli in braccio.
L’uomo lo prese al volo, mentre il grande si portava vicino a loro.
-Mi dispiace per il disturbo- il padre si rivolse ora a Mika e Andy. Il biondo lo guardò perplesso, ma Mika fu pronto a rispondere.
-Non c’è problema, davvero-
Ci fu uno scambio di sorrisi e poi l’uomo li salutò augurando loro buona serata, mettendo il più piccolo, ormai terrorizzato di poter cadere di nuovo, nel passeggino e continuando così la loro passeggiata.
Andy li seguì per un attimo con lo sguardo e quando Mika posò gli occhi sul suo volto lo trovò assorto in chissà quali pensieri, mentre osservava ancora quei bambini.
Anche il riccio guardò ancora la famiglia, a cui in quel momento si era appena aggiunta la mamma e aveva passato dei gelati ai bambini.
Per la prima volta, Mika si ritrovò ad immaginare come sarebbe stato avere dei bambini intorno a lui e Andy. Si sorprese di questo pensiero, ma ripensando al momento in cui Andy si era fatto avanti per aiutare il più piccolo a rialzarsi dopo la caduta, si rese conto che non gli sarebbe affatto dispiaciuto.
Nello stesso momento in cui formulava quei pensieri, si rese anche conto che per loro non sarebbe stato così facile. Non ne avevano mai nemmeno parlato.
Anche Andy si era fatto silenzioso e osservava con sguardo pensieroso le onde del mare infrangersi sulla riva.
Mika si guardò intorno: iniziava a farsi una certa ora, le persone non erano moltissime. Inoltre, loro si trovavano di spalle rispetto ai passanti sul lungomare, abbastanza distanti. Si poteva rischiare.
Appoggiò così la testa sulla spalla di Andy, sentendo pochi istanti dopo il biondo lasciargli un bacio tra i capelli e affondare il viso tra i suoi riccioli.
-A cosa pensi, Andy?- sussurrò lievemente, sperando di convincere il biondo a parlare. Lui si rese conto di non avere il coraggio di esternare ciò che aveva pensato poco prima, osservando quei bambini.
Il biondo sorrise lievemente.
-E tu?- chiese, muovendo leggermente il viso e respirando il dolce profumo del compagno.
Anche Mika sorrise, leggermente in imbarazzo.
-Ci… ci hai mai pensato?- mormorò il libanese, sentendo un lieve calore colpirgli le guance e continuando a restare appoggiato alla sua spalla, proprio per non fargli notare il leggero imbarazzo.
-A dei bambini?- chiese Andy, anche se già pensava di conoscere la risposta. Lo sentì annuire, sempre appoggiato su di lui, e capì che probabilmente si sentiva in imbarazzo; troppe poche parole.
Il biondo sospirò.
-A volte- confessò –Ma non bene. Ci sarebbero così tante cose da considerare…-
Mika non rispose, ma si perse di nuovo tra i suoi pensieri. Lui girava il mondo, non sarebbe mai stato troppo presente, e questo non andava bene. Anche Andy spesso sarebbe dovuto andare lontano da Londra per lavoro e come avrebbero potuto fare? Senza considerare che prima di questi problemi ce n’erano molti altri di cui si sarebbe dovuto discutere.
-E tu ci hai mai pensato?- domandò di rimando Andy, sinceramente curioso.
-Ci ho pensato prima- disse il riccio, sospirando. Poi decise di esternare i suoi pensieri –Ma ho una vita troppo egoista adesso, per dei bambini-
Andy si fermò per un attimo a riflettere su quelle parole, pensando a come sarebbe stata, in quel caso, la loro vita caratterizzata soprattutto da viaggi.
-Tanta gente che viaggia molto ha figli- sussurrò il biondo –Ma sono d’accordo con te. Non è il momento-
Mika alzò finalmente la testa dalla spalla di Andy, per incontrare i suoi occhi chiari.
-Quindi dici che arriverà il momento giusto?-
-Perché no- rispose Andy, sorridendo lievemente mentre continuava a pensare a come sarebbe stato. Erano immagini che non gli dispiacevano affatto. Dopotutto, stavano insieme da sei anni e mezzo, avevano condiviso e continuavano a condividere molto.
Il riccio si sdraiò, incurante dei granellini di sabbia che avrebbero punteggiato poi i suoi capelli.
-Finché ero più giovane, mi sono sempre immaginato con una famiglia numerosa, un po’ come la mia- confessò Mika, puntando gli occhi alle stelle.
-Cinque bambini te li curi tu- dichiarò Andy, lasciandosi andare ad una risata a cui presto si aggiunse anche quella di Mika.
-Sì, dì pure così. Intanto io già ti immagino a rincorrerli tutti con la tua videocamera in mano- lo punzecchiò il libanese, ricordandosi dei primi momenti in cui Andy faceva così con lui. In realtà lo continuava a fare, ogni volta che ne aveva occasione, e lo ringraziava segretamente per questo. Sbuffava fintamente scocciato quando Andy gli puntava addosso quella che era in tutto e per tutto la sua compagna di avventure, un po’ come il pianoforte per lui, ma poi doveva ammettere che riguardare, per esempio, quel video che Andy gli aveva regalato un Natale di qualche anno prima lo faceva sentire estremamente bene.
La loro storia era lì, impressa in quelle immagini.
Il biondo a quella frase rise.
-Ti sbagli- affermò, ben consapevole che in realtà il compagno avesse ragione. Avrebbe fatto esattamente così, non si sarebbe lasciato sfuggire nulla.
-Certo, come no- continuò Mika, sorridendo beffardo –Probabilmente mi faresti rotolare su un prato con uno di quei marmocchietti addosso-
Ricordare il loro primo, strano, incontro fece sorridere entrambi. Poi il greco alzò le spalle, senza aggiungere altro: non faceva per nulla fatica a figurarsi l’immagine che Mika gli aveva appena suggerito e sì, se un giorno fosse successo, lui avrebbe sicuramente acceso la sua videocamera.
Il libanese rise di fronte alla silenziosa alzata di spalle del compagno, consapevole di aver avuto ragione con quella frase.
-Ritorniamo in hotel?- chiese poi, sfiorando la schiena di Andy con una mano.
-Sì- disse il biondo, che iniziava a sentire una certa stanchezza. Si alzò e tese la mano a Mika, che l’afferrò e fece forza per alzarsi, per poi chiamare un taxi.
 
La mattina seguente la sveglia per Mika suonò decisamente troppo presto. Il riccio la spense con un brontolio sommesso e si voltò verso Andy, che ancora teneva gli occhi chiusi. Quella mattina però non lo svegliò.
Si alzò dal letto e iniziò a prepararsi, finendo di bere il suo caffè proprio nel momento in cui sentì due lievi colpi alla porta. Aprì e si trovò davanti una sorridente Isabella.
Mika spesso si chiedeva come quella donna fosse in grado di essere così allegra e solare anche di prima mattina.
-Buongiorno-
-Ciao- rispose Mika, invitandola ad entrare.
Si assicurò di aver chiuso la porta della stanza per non disturbare Andy e poi fece cenno alla donna di sedersi al tavolino.
-L’ansia come va?- chiese Isabella, tirando fuori gli appunti che aveva preso il giorno precedente durante le registrazioni.
-Un po’ ancora c’è. Ma va bene, io posso farlo-
-Certo che puoi- annuì convinta Isabella –Ieri è andata bene. Solo un paio di cose…- e iniziò a mostrare al ragazzo alcuni piccoli errori che aveva commesso, correggendoli. Mika si appuntò tutto sul suo computer, cercando di memorizzare le correzioni per evitare di commettere ancora gli stessi errori.
-Qui mi sei andato in panico. “Tu non è un cantante”-
-Tu non sei- si corresse immediatamente Mika, senza però appuntare quell’errore; era ben consapevole che si dicesse così, probabilmente nella fretta di parlare si era confuso.
Finite le correzioni, che non erano poi molte, Isabella riprese con una nuova lezione in vista delle registrazioni di quel giorno.
 
Le audizioni di Napoli furono una bella esperienza, che gli diedero la spinta giusta per affrontare questa nuova avventura con un pizzico di entusiasmo in più.
Si divertiva seduto a quel tavolo, in cui si parlava di musica, la cosa che lui amava di più.
Si trovava a Milano in quel momento e tra un quarto d’ora sarebbero iniziate nuovamente le audizioni; Isabella, con i suoi insegnamenti e consigli, l’aveva seguito nel luogo in cui si sarebbero tenute le audizioni. Andy invece, dovendo svolgere alcuni lavori, lo aspettava nella casa di Milano, dove avrebbe potuto lavorare in pace.
 
Il greco prese il computer portatile e lo appoggiò sulle sue gambe, dopo essersi seduto sul piccolo divano del suo studio nella casa di Milano.
Aprì il video sul documentario che aveva girato in Grecia qualche tempo prima e che doveva finire di editare, ma non si mise subito al lavoro, portando il suo sguardo fuori dalla finestra.
Mika sarebbe rientrato a casa quella sera, dopo un’altra serie di  audizioni concluse. Avrebbero passato pochi giorni insieme: le audizioni successive, le ultime, si sarebbero tenute a Genova, ma Andy sarebbe dovuto partire nuovamente per Atene in quelle giornate.
Il biondo sospirò, ritrovandosi a pensare che lui non amava le complicazioni, eppure aveva accettato, ed era disposto a continuare ad accettare, quella situazione pur di stare accanto a Mika; e lo faceva con piacere.
Visto da una persona esterna forse poteva sembrare strano: lui era sempre stato semplice, con la sua videocamera in mano e la smania di riprendere tutto ciò che lo interessava per poi lavorarci sopra; prima di Mika aveva vissuto solo a Londra, vedendo sempre le stesse persone, gli stessi amici, nella stessa casa di sempre. Le vacanze le aveva sempre passate ad Atene, nella vecchia casa di famiglia. Non andava alla ricerca di cose complicate, gli bastava una vita semplice.
Da quando si era innamorato di Mika e lui era riuscito a far successo con la sua musica, anche la vita di Andy non poteva più considerarsi semplice.
Eppure, allo stesso tempo, stare con lui era la cosa più semplice del mondo.
Ricordò con un mezzo sorriso tutte le volte in cui le complicazioni avevano vinto, come quel suo primo viaggio in Grecia per lavoro, che lo aveva reso nervoso e scontroso anche nei confronti del compagno.
Eppure erano sempre riusciti a superare tutto, perfino la fuga di Mika.
Non sapeva perché, dal nulla, la sua mente fu invasa da quei pensieri, che di certo nulla avevano a che fare con il lavoro che avrebbe dovuto svolgere. Forse solo perché la prospettiva di soli due giorni insieme a Mika prima di doversi separare di nuovo non lo allettava per nulla: rientrava decisamente nella categoria “complicazioni”.
Avrebbe prolungato quei due giorni molto volentieri, se fosse stato per lui. Eppure era ben consapevole dell’impossibilità di questa cosa.
Quei pensieri preannunciavano una crisi, ormai Andy ne riconosceva tutti i segnali; aveva imparato a riconoscere i suoi stati d’animo, quando si trattava di distanza, e sapeva che la soluzione era soltanto una.
Prese il cellulare e guardò l’ora: Mika era sicuramente già in viaggio.
Cercò il suo numero in rubrica e premette la cornetta verde.
-Buonasera- rispose una voce allegra, dall’altro capo del telefono.
Andy sorrise.
-Ciao, Mika. Tra quanto arrivi?- gli chiese subito, sperando di sentirsi rispondere “immediatamente”.
-Non lo so, c’è un po’ di traffico- rispose il libanese, sospirando.
La risposta di Andy fu solo un lungo silenzio.
-Va tutto bene?- chiese quindi Mika, notando che il compagno non aveva aggiunto una parola.
Andy scosse la testa, cercando di tornare alla realtà: Mika era lì, dall’altro capo del telefono, che stava aspettando una sua risposta mentre era in macchina per venire da lui.
-Sì- rispose il greco –Voglio sapere tutto di queste audizioni, eh- lo avvisò Andy, che non avendo avuto modo di essere presente non aveva nemmeno sentito le traduzioni che Isabella gli faceva delle cose più significative dette da Mika. Inoltre nei giorni precedenti il ragazzo era sempre tornato a casa tardi e la mattina si sarebbe dovuto svegliare presto per le lezioni di italiano, così la sera c’era tempo solo per poche parole, prima che Mika, distrutto, si addormentasse profondamente accanto a lui.
Visto che a Napoli era stato decisamente divertente, ora Andy moriva di curiosità.
Mika trovò strano che il compagno lo avesse chiamato poco prima che lui arrivasse a casa, ma quel silenzio e quel cambio di discorso brusco gli fecero intuire che probabilmente il biondo si trovava in uno di quei momenti in cui il loro problema più grande, la lontananza, aveva iniziato a pesare un po’ troppo. In fondo, rimanevano un paio di giorni, poi il ragazzo sarebbe dovuto partire e ad attenderli c’erano circa due mesi di distanza.
Iniziò quindi a raccontare per telefono tutto quello che era successo alle audizioni, con la speranza di distogliere un po’ Andy dai suoi pensieri, qualunque essi fossero.
-Si è presentato un ragazzo davvero strano che ha scatenato una discussione tra Morgan ed Elio, quando in realtà secondo me la scelta era molto semplice. Non ho capito molto cos’è successo in quel momento…-
Andy abbandonò il computer a terra e si sdraiò sul divano, sorridendo lievemente: era quello di cui aveva bisogno. Voleva sentirsi partecipe di quello che era successo, voleva sentire la voce di Mika esaltarsi per il suo lavoro mentre lo raccontava a lui.
-Poi non ho capito perché in italiano usano la stessa parola per dire più cose. Devo parlare per forza con Isabella-
Mika si fermò per un attimo a riflettere sulla spiegazione che Morgan e Elio gli avevano dato della parola “cappella”; ne era uscito un po’ confuso e ancora non aveva capito bene perché alcuni si fossero messi a ridere.
-Poi una ragazza molto giovane si è presentata con una corona in testa…-
Andy rise, perché sentì lo sbuffo di Mika a quella frase. Immaginava la sua espressione di fronte ad una ragazza con una corona.
-Una corona?- chiese Andy, incitandolo a continuare.
-Si perché lei sul palco doveva essere una regina in tutto e per tutto- continuò Mika, scuotendo la testa, facendo ridere nuovamente Andy.
-Si trova davvero di tutto in giro, eh?-
-Decisamente- confermò Mika, appoggiando la testa al finestrino e pensando ad altre persone divertenti che si erano presentate, per cercare di far sorridere un po’ il biondo.
Nella sua mente tornò l’immagine di una ragazza davvero particolare, con cui Mika si era trovato un po’ in difficoltà e, per spiegare il suo giudizio, aveva preferito i versi alle parole.
Sorrise lievemente e si schiarì leggermente la voce al telefono.
-Aaaaarg!- esclamò, facendo sobbalzare Andy.
-Mika, che cos…-
-Così, una ha cantato così!- e si esibì di nuovo in quel verso strano che fece scoppiare Andy in  una risata fragorosa.
-Sembri un gatto a cui hanno pestato la coda, Mika- gli disse il ragazzo, tra una risata e l’altra, mentre al telefono il libanese si esibiva ancora in quei versi, per poi cantare la canzone con cui si era esibita la ragazza, cercando di imitare la sua voce decisamente particolare e facendo ridere Andy ancora di più.
Ci stava riuscendo, forse lo stava distraendo dai pensieri che lo avevano spinto a chiamarlo; o così almeno Mika sperava.
-Una voce punk!- esclamò Mika, ripensando a Elena e alla sua esibizione.
-Scommetto che le hai detto sì- commentò Andy, mentre ancora cercava di riprendersi dall’imitazione di Mika.
-Assolutamente! C’era un grande potenziale!-
Seguì un momento di silenzio, interrotto di nuovo dalla risata di Andy che non riusciva a togliersi dalla testa i versi strambi in cui il compagno si era appena esibito. Sentendo quella risata, anche Mika iniziò a ridere, ricordandosi di un’altra cosa divertente, che sicuramente Andy avrebbe capito, dato che si trattava di inglese.
Mika iniziò a ridere istericamente nel momento in cui l’immagine di quelle tre ragazze ritornò nella sua mente.
-Andy…- disse, senza riuscire a controllarsi –Tre ragazze hanno cantato Wannabe delle Spice Girls e… e…- non riuscì a continuare. Smettere di ridere durante le registrazioni era stato difficile e in quel momento, in cui poteva permettersi tutte le risate isteriche del mondo, fermarsi sembrava addirittura impossibile.
-Mika?- esclamò Andy, che ormai all’apice della curiosità voleva solo sapere cosa avessero fatto quelle ragazze per scatenare quella risata senza fine del libanese.
Mika fece un respiro profondo, cercando di calmarsi.
-Sai com’è la canzone… “I wanna really really really”- e a queste parole seguì un nuovo scroscio di risate.
-Sì…- rispose il biondo, attendendo il continuo, chiedendosi cosa ci potesse essere di così divertente
-Hanno sbagliato un po’ la pronuncia… e loro hanno detto…- ci fu un’altra pausa, in cui Andy sentì ancora le risate di Mika, prima che finalmente gli dicesse il motivo per cui rideva tanto –“I wanna willy willy wil…- e non finì, scoppiando nuovamente a ridere.
La risata del biondo si aggiunse a quella di Mika, mentre si portava una mano a coprirsi gli occhi, cercando di immaginarsi la reazione di Mika di fronte a quella esibizione.
-Non avrai detto sì anche stavolta…-
-Ma è stato fantastico! I wanna willy willy willy!- si giustificò il riccio, ripetendolo di nuovo, mentre Andy scuoteva la testa e si portava le mani al viso, soffocando una risata. Ovvio che aveva detto loro sì, e probabilmente glielo aveva anche fatto notare; in quel momento, Andy si rese conto che gli sarebbe davvero piaciuto essere presente in quel momento.
-I wanna willy willy willy willy!- e Mika fece la voce grossa, senza riuscire in nessun modo a tornare serio.
-Mika, ti prego!- lo implorò Andy, alzando la schiena dal divano e portandosi una mano sul volto per cercare di smettere di ridere.
-Penso anche di aver inventato qualche parola oggi- aggiunse infine Mika, quando riuscì a tenere sotto controllo le risate. La macchina aveva inoltre appena parcheggiato di fronte a casa: era arrivato.
-Un po’ di originalità non fa mai male- gli disse Andy, sorridendo. Era già tanto quello che Mika era riuscito a fare fino a quel momento, col passare del tempo il suo italiano sarebbe sicuramente migliorato.
Il libanese scese dalla macchina e, dato che ormai era a casa, si permesse di chiedere ad Andy il motivo di quella chiamata.
-Come mai mi hai chiamato, Andy?-
Il biondo sospirò: sapeva benissimo che Mika aveva capito tutto, ma aveva comunque accettato di distrarlo senza chiedere perché.
-Pensavo solo a quello che succederà tra due giorni… che è quello che succede sempre- spiegò allora il greco, ben sapendo che Mika lo avrebbe aiutato a non pensarci –Non ho voglia, Mika. Resto qui- aggiunse infine, ben consapevole che non avrebbe potuto farlo.
Mika sorrise tristemente, percorrendo lentamente il vialetto di casa.
-Inutile pensarci ora, abbiamo due giorni da passare insieme, godiamoci quelli-
Andy sospirò di nuovo: come sempre aveva ragione.
-A che punto sei?- chiese quindi a Mika, desideroso di vederlo entrare da quella porta il prima possibile.
-Penso manchi ancora un quarto d’ora, traffico permettendo- rispose il libanese, sorridendo leggermente, mentre portava una mano alla maniglia di casa.
Lo sentì sbuffare.
-Arrivo presto- gli disse poi, sempre sorridendo.
-Okay, allora torno a lavorare e ti aspetto-
-Va bene- rispose Mika e mise giù il telefono.
Aspettò un paio di secondi, poi aprì la porta di casa, ma non trovò Andy in sala. Fece allora le scale e lo trovò disteso, di spalle, sul piccolo divanetto del suo studio.
Mika si esibì di nuovo in quel verso che aveva fatto tanto ridere Andy poco prima. Il biondo alzò velocemente la schiena dal divano e si voltò in direzione di Mika, che gli rivolse un sorriso luminoso.
-Un quarto d’ora, eh? Sei uno stronzo!- gli disse così, a bruciapelo, in realtà felice del ritorno del compagno, nonostante si fosse preso un colpo non avendolo sentito arrivare e non aspettandosi un suo rientro così a breve.
Mika rise e si avvicinò al divano, facendo nuovamente appoggiare la schiena a Andy e stendendosi sopra di lui.
-Aaaaarg!- esclamò di nuovo il riccio, questa volta direttamente sul collo del greco, lasciandogli poi un lieve morso.
-Smettila!- esclamò Andy, tra le risate, afferrando i riccioli di Mika e cercando di allontanare il volto dal suo collo, per poterlo guardare negli occhi.
Mika alzò la testa, per riappoggiarla subito dopo dall’altro lato del collo e ripetere lo stesso trattamento di poco prima.
-Mika!- quasi urlò Andy, sempre ridendo. I loro petti si muovevano contemporaneamente uno contro l’altro, entrambi scossi da risate sincere, che riempivano l’aria di un suono estremamente piacevole.
Il libanese abbandonò finalmente sia il collo di Andy che quegli strani versi, per guardare il compagno negli occhi per qualche secondo e rivolgergli un sorriso. Si avvicinò poi alle sue labbra, lasciandogli un bacio leggero.
-Buonasera- disse infine, portando una mano tra i suoi capelli.




Buoooooonasera!
Allora, eccomi con i soliti “link utili”
La prima parte della storia si rifà all’intervista di Mika a Vanity Fair del 2013, che intera non trovo da nessuna parte. Ma qui

http://www.repubblica.it/spettacoli/people/2013/10/29/news/mika-69748090/

viene riportato un pezzo dell’intervista, in cui appunto dice di volere tanti figli.
Poi, in altre interviste (tra cui quella a Le Divan) dice anche quella cosa di avere secondo lui, al momento, una vita troppo egoista per avere figli.
Mi piaceva trattare un po’ questo argomento, e ho cercato di mettere insieme queste due idee.
E poi beh, le audizioni fanno riferimento alla puntata di Milano, solo che in questo caso ne ho voluto parlare in modo un po’ diverso.
Bon, penso di aver finito.
Se avete voglia, fatemi sapere che ne pensate ;)
Alla prossima :D
 

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Capitolo 7
*** Non mentirmi ***


-Mika!- quasi urlò Andy, sempre ridendo. I loro petti si muovevano contemporaneamente uno contro l’altro, entrambi scossi da risate sincere, che riempivano l’aria di un suono estremamente piacevole.
Il libanese abbandonò finalmente sia il collo di Andy che quegli strani versi, per guardare il compagno negli occhi per qualche secondo e rivolgergli un sorriso. Si avvicinò poi alle sue labbra, lasciandogli un bacio leggero.
-Buonasera- disse infine, portando una mano tra i suoi capelli.



-Ah, sei tornato un essere umano da quello che vedo. Anche il gatto a cui hanno calpestato la coda non mi dispiaceva però- commentò Andy, esibendosi in quel suo mezzo sorriso che Mika adorava sopra ogni cosa.
-Hai visto come sono bravo?- sussurrò Mika, avvicinandosi di nuovo al suo collo ma questa volta per appoggiarvi un paio di volte le labbra.
-Come no- commentò il biondo, chiudendo gli occhi e beandosi del tocco del compagno. Ma quel tocco durò poco, perché Mika si allontanò da lui per fissarlo negli occhi, fintamente offeso.
-Prova tu allora- gli disse, con aria di superiorità.
Andy si schiarì la voce, imitando quel verso strano che ormai avrebbe ricordato per sempre e scambiando le posizioni, scaraventandosi a sua volta sul collo di Mika.
Il libanese, sentendo l’imitazione di Andy coronata dalla sua voce profonda, rise ancora più forte di prima. Poi si accorse che il biondo stava mordicchiando insistentemente il suo collo.
-No, no Andy, tra qualche giorno ho di nuovo le audizioni- gli disse a malincuore, cercando di fermarlo prima che il biondo lasciasse il segno.
Uno sbuffo sonoro arrivò dritto sul suo collo, seguito da una pernacchia rumorosa.
-Andy!- esclamò Mika, non riuscendo a stare fermo a causa del lieve solletico che quella pernacchia gli aveva procurato sul collo.
-Ti dà fastidio?- chiese il biondo, divertito, notando che il compagno si era mosso all’improvviso.
-Mi fa il solletico!- spiegò Mika e vide gli occhi di Andy illuminarsi.
-No, no, no- esclamò il riccio, cercando di sfuggire alla presa di Andy, che però raggiunse di nuovo il suo collo, ripetendo da capo ciò che aveva fatto poco prima.
-Ti prego!- urlò il riccio cercando di divincolarsi, continuando a ridere.
Continuarono a giocare e ridere per un bel po’, fino a quando entrambi furono costretti a fermarsi.
-La milza- disse solo Andy, portando una mano sulla sua pancia e cercando di respirare profondamente per calmarsi.
Aveva riso troppo, ma in fondo succedeva spesso; ridevano in modo psicotico quando stavano insieme, anche per le cose più stupide, e questa era una delle cose che gli piaceva di loro.
Ce l’avevano fatta a risolvere tutto anche in quel caso, solo con una risata.
-Colpa tua- disse Mika con un sorriso, circondando il compagno con le braccia.
-Infatti sono stato io che ho iniziato a ringhiare al telefono- commentò Andy sarcasticamente, assestandogli un pizzicotto sul fianco.
Risero ancora una volta, poi si calmarono definitivamente. Mika prese il volto di Andy tra le mani e lo avvicinò a lui: si fermò a fissarlo per qualche secondo, aprendosi nell’ennesimo sorriso della serata.
Poi si rese davvero conto che il giorno seguente non ci sarebbero state audizioni e nemmeno lezioni di italiano.
Poteva dedicarsi a lui, senza preoccuparsi di nient’altro. Fu con questa consapevolezza che raggiunse infine le sue labbra in un bacio lento, lasciando da parte giochi e morsi, occupandosi solamente di stringerlo a sé e di non lasciarlo andare più.
 
In men che non si dica si ritrovarono entrambi alla sera prima della partenza di Andy. Avevano appena finito di cenare e stavano riponendo i piatti nel lavandino, accompagnati da quel pesante silenzio che indicava che, nella mente di entrambi, si stavano affollando fin troppi pensieri.
Fu Mika il primo a decidere di porre fine a quella situazione: abbandonò il suo piatto nel lavandino e raggiunse Andy, che stava togliendo i bicchieri dalla tavola. Gli prese i bicchieri dalle mani e li riappoggiò sul tavolo; poi, senza dire una parola, si avvicinò alle sue labbra lasciandogli un bacio lungo, facendo sfiorare le loro lingue in una danza che sembrava destinata ad essere infinita in quel momento.
La reazione del greco non tardò molto ad arrivare: dimenticandosi completamente delle stoviglie rimaste sulla tavola, circondò il compagno con le braccia, senza azzardarsi ad allontanare le loro bocche, e iniziò a spingerlo verso la camera da letto.
Ormai non bastavano più le dita di una sola mano per contare gli anni che avevano trascorso insieme, eppure entrambi si resero conto che certe sensazioni non erano mai cambiate e non sarebbero potute cambiare tanto facilmente: fu Mika a spingere Andy sul letto e poi a sdraiarsi sopra di lui, senza privarsi nemmeno per un secondo del dolce sapore del biondo sulle sue labbra.
Lo sentì mugolare lievemente quando le sue labbra si spostarono dalla sua bocca al suo collo, passando per l’orecchio, e sorrise. Era un po’ una conferma di quello che Mika si era ritrovato a pensare poco prima:
anche se ormai sapevano tutto dell’altro, anche se ormai conoscevano alla perfezione il tocco del compagno e il contatto con il suo corpo, le reazioni a tutto questo rimanevano sempre le stesse.
Mika sentì il suo respiro farsi più pesante quando il biondo afferrò i lembi della sua maglietta e gliela sfilò, per poi farlo stendere sul letto e lasciargli una scia di baci dal collo al petto, giungendo poi ai pantaloni e sfilando anche quelli.
Il libanese si affrettò a riservare lo stesso trattamento al compagno, fino a quando, finalmente, i loro corpi entrarono in contatto, sfiorandosi in quello che era un tocco semplicemente perfetto.
Il riccio senti Andy fremere sotto di lui; si sentiva bene quando si rendeva conto che riusciva a provocare al ragazzo le stesse emozioni che il greco sapeva scatenare in lui.
Lo fece nuovamente stendere sul materasso e intrecciò le dita della mano alle sue, in un incastro perfetto, andando a completare l’uno gli spazi vuoti dell’altro.
Mentre Mika entrava dolcemente in lui, sentì il respiro del biondo soffiare sul suo collo e attese qualche istante per fare in modo che il compagno si abituasse alla sua presenza.
Quando Andy immerse una mano tra i suoi riccioli e mosse il bacino verso di lui, Mika iniziò a muoversi con più tranquillità e decisione.
Il mondo sembrò rallentare intorno a loro: che importava di quello che sarebbe successo domani? In quel momento il tempo a disposizione sembrava essersi dilatato. Niente più pensieri di partenze o mesi che avrebbero passato lontani, solo il pensiero e la voglia di viversi.
Una mano di Andy accarezzò la schiena di Mika, mentre il riccio continuava a tenere la mano intrecciata a quella del compagno. Si guardarono negli occhi per un lungo momento, con i nasi che si sfioravano, ognuno a respirare sul respiro dell’altro. Poi Mika chiuse gli occhi e raggiunse nuovamente le labbra di Andy, continuando a muoverle con dolcezza insieme alle sue.
I loro respiri aumentarono quasi contemporaneamente e furono costretti ad allontanare le loro labbra, restando però con i volti vicinissimi. Sentì Andy irrigidirsi e stringere più forte la sua mano, e anche Mika si lasciò andare, ricambiando la stretta.
Il cantante riaprì gli occhi, con il respiro ancora affannato, e gli lasciò un bacio delicato sulla fronte, poi scivolò accanto a Andy e affondò la testa nel cuscino, portando un braccio sopra la testa e respirando profondamente, osservando il biondo riprendere fiato steso accanto a lui.
Quando incontrò i suoi occhi, Andy gli sorrise e Mika non poté fare a meno di allungare una mano e farla passare tra i suoi capelli.
Andy tirò il cuscino in alto, appoggiandolo alla testiera del letto e alzandosi un po’ con la schiena, ben deciso a non addormentarsi subito. Mika rimase ancora steso, con gli occhi fissi sul suo volto, mentre un po’ di malinconia per la partenza imminente del compagno iniziava a farsi sentire nuovamente.
-Vieni qui- gli disse Andy, allungando un braccio verso di lui e invitandolo ad accomodarsi sul suo petto, avendo notato dal suo sguardo che i pensieri del libanese stavano di nuovo prendendo una brutta piega.
Mika non se lo fece ripetere due volte ma, troppo stanco per raggiungere Andy con la schiena appoggiata alla testiera, appoggiò la sua testa sulla pancia del biondo, restando sempre sdraiato. Sentì un braccio di Andy attorno alle sue spalle e l’altra mano tra i suoi capelli e sospirò, allontanando i pensieri dalla mattina successiva: in quel momento, tutto andava bene.
 
Quante volte aveva affrontato notti come quella, eppure non ci faceva mai l’abitudine.
Lo schermo del suo cellulare segnava le quattro e un quarto e tra quindici minuti la sveglia di Andy sarebbe suonata.
Due giorni erano passati, anzi, erano volati fin troppo velocemente per i suoi gusti; era uno di quei casi in cui avrebbe tanto voluto poter congelare il tempo. L’estate era alle porte, eppure prima di poterla considerare davvero tale, per entrambi sarebbero dovuti passare circa due mesi.
Poche ore prima, Mika aveva invertito le posizioni e permesso a Andy di accoccolarsi sul suo petto e lo aveva stretto a sé, ben consapevole che addormentarsi per lui sarebbe stato comunque difficile.
Quando Andy doveva partire, succedeva spesso che Mika si svegliasse prima di lui; non faceva un solo movimento, per non rischiare di svegliare anche il compagno.
In quel momento infatti, il biondo dormiva ancora e l’unico suono che Mika sentiva era il suo respiro scandire i ritmi pesanti del sonno. Era un po’ preoccupato per quella sua partenza, soprattutto per quello che era successo un paio di giorni prima, in cui Andy aveva deciso di chiamarlo nonostante lui stesse quasi per arrivare a casa. In tutti quegli anni, Mika aveva imparato che c’erano lontananze e lontananze: alcune riuscivano ad affrontarle meglio, altre peggio.
Non sapeva da cosa dipendesse, eppure era così.
Aveva la strana sensazione che la distanza, quella volta, non sarebbe stata affatto piacevole.
Era ben consapevole che Andy amasse la semplicità, ragion per cui spesso il suo lavoro metteva tutto in pericolo; eppure più di una volta il greco gli aveva ripetuto di essere ben disposto ad affrontare tutto questo.
Fece passare una mano tra i capelli del biondo, in un tocco leggero che non lo svegliò, e vi immerse il volto, respirando il suo profumo, capacitandosi del fatto che per un lungo periodo di tempo non avrebbe più potuto farlo.
In quel momento la sveglia di Andy interruppe bruscamente tanto il silenzio della stanza quanto il sonno del biondo.
Andy si alzò dal petto di Mika per tirare una manata alla sveglia e poi sbuffare lievemente. Quando i suoi occhi raggiunsero il volto del compagno, si rese conto che fosse sveglio.
-Mi dispiace svegliare anche te ogni volta che parto- gli sussurrò, concedendosi ancora qualche minuto appoggiato al petto di Mika e avvolto dalle sue braccia.
-Ero già sveglio, non preoccuparti- lo informò il libanese, tornando ad affondare il naso tra i suoi capelli. Sentì Andy sospirare e poi ci fu silenzio.
Qualche minuto dopo, Andy si costrinse ad alzarsi.
Recuperò i suoi vestiti dal pavimento e li gettò da lavare, poi si diresse in bagno a farsi una doccia veloce.
Quando uscì dal bagno e camminò strascicando i piedi fino in cucina, dove trovò una tazza di caffè già pronta sul tavolo e sorrise, guardandosi intorno alla ricerca di Mika.
Non lo trovò, così bevve il suo caffè e poi tornò in camera, trovandolo steso ancora nel letto.
Si avvicinò e gli lasciò un bacio sulla guancia: -Grazie per il caffè- sussurrò e Mika, in tutta risposta, gli rivolse un sorriso.
-Devo andare- disse poi Andy, che non poteva permettersi di perdere l’aereo. Mika annuì e lo attirò a sé: si strinsero in un forte abbraccio, respirando l’uno il profumo dell’altro.
-Fammi sapere quando arrivi- gli disse il riccio, facendo passare una mano tra i suoi capelli.
-Ci sentiamo presto- rispose Andy, annuendo –Torna a dormire- gli sussurrò poi, allentando la presa e lasciando che Mika si stendesse nuovamente a letto.
Si avvicinò a lui e gli lasciò un lungo bacio sulle labbra, per poi avviarsi verso la porta d’uscita.
 
Nei giorni successivi Mika si rese conto di essersi preoccupato troppo della reazione di Andy e troppo poco della sua. Il biondo infatti, tutto sommato, era riuscito a superare quella piccola confusione che l’aveva colpito due giorni prima della partenza e stava affrontando la distanza come sempre: non gli piaceva, ma la sopportava.
Mika invece si rese conto che, in quei pochi giorni di metà giugno in cui il suo lavoro gli diede un po’ di tregua, tutto sembrava essere troppo difficile.
I soliti alti e bassi, che avrebbe dovuto superare come sempre.
Sapendolo a casa da solo, sua mamma lo aveva invitato a trascorrere qualche giorno nella sua vecchia casa; Anche suo fratello e le sue sorelle erano riusciti a liberarsi e suo padre era tornato da Dubai. Joanie non aveva perso l’occasione di riunire tutta la famiglia, almeno per un paio di giorni.
-Buongiorno!- salutò allegramente Mika, entrando in casa di sua mamma insieme a Melachi.
-Mika- lo salutò sorridente sua madre e il ragazzo si fece stringere in un abbraccio.
-Alla soglia dei trent’anni e ancora non si può sperare che arrivi puntuale- la voce di suo fratello giunse dalle scale e la risposta immediata del cantante fu un insulto non troppo carino, seguito a sua volta da un’occhiataccia di sua madre.
Sotto quello sguardo, si sentì di nuovo un adolescente. Sfuggì velocemente a quegli occhi materni per andare a salutare il resto della sua famiglia, stipata in cucina ed intenta a preparare la tavola e il pranzo.
Melachi, nel frattempo, si era stesa proprio oltre la porta della cucina, ad osservare l’intera famiglia Penniman all’opera.
-Yasmine, gira quello che c’è in quella pentola, altrimenti attacca…- con i figli al completo, Joanie iniziò a concentrarsi solamente sul pranzo, dicendo ai suoi ragazzi quello che dovevano fare.
-Mika, mancano i coltelli, e allontanati da quella torta, subito- il ragazzo alzò gli occhi al cielo e sbuffò, ritirando il dito che già si trovava a metà strada tra lui e un’invitante montagna di panna montata, per dirigersi poi verso il cassetto delle posate.
-Fortuné, abbandona quelle tavole, o te le faccio sparire-
-Sono cose dell’università!- brontolò il ventunenne, in risposta.
-Sì, ma ora c’è pronto il pranzo, aiuteresti tuo fratello ad apparecchiare? PALOMA?- urlò poi la donna, alla ricerca della sua seconda figlia, che se ne stava in sala, attaccata al telefono.
La ragazza fece capolino dalla cucina e indicò alla madre il telefono, così la donna si rivolse alla più piccola delle sue figlie.
-Zuleika, per favore, i biscotti in forno-
-Agli ordini!- esclamò la ragazza, avvicinandosi al forno e spingendo Mika per fare in modo che si levasse da davanti.
-Ehi!- protestò il più grande, avvicinandosi alla spalla di Zuleika e spingendola a sua volta.
-Fermo Mika, i biscotti!- ribatté Zuleika, appoggiando la teglia sulla cucina, per poi tornare ad occuparsi del fratello maggiore.
-Finitela voi due- intervenne perentoria Joanie, quando Zuleika ormai stava tentando di saltare in spalla a Mika.
I due ragazzi si calmarono e si scambiarono uno sguardo d’intesa: loro madre non sarebbe mai cambiata, non poco prima di pranzo almeno.
-C’è pronto!- annunciò infine la donna, sedendosi a tavola e invitando figli e marito a fare lo stesso. Camminando per raggiungere il suo posto, Mika allungò furtivamente un dito verso la torta, riuscendo a rubare un po’ di panna.
Strizzò l’occhio a Paloma, che gli stava proprio davanti, e infine si sedette, mentre sua sorella maggiore scuoteva la testa: era sempre stato un bambino e lo sarebbe sempre stato.
Mangiarono accompagnati da un gran chiacchiericcio: era davvero molto tempo che non si ritrovavano tutti insieme, e pensare che fino a qualche anno prima era un’abitudine.
-Mika, il tuo cellulare- lo informò suo padre, pochi secondi dopo che sua mamma aveva messo in tavola il secondo.
-Scusatemi- disse Mika, notando il nome del suo manager sul display.
-Pronto?- disse, incamminandosi verso la sala per sfuggire al baccano di voci provenienti dalla cucina.
-Ti hanno spedito l’orologio da Swatch, Mika! Sto andando a sud della città, vuoi che faccio un salto e te lo porto?-
Gli occhi del libanese si illuminarono: insieme a sua sorella aveva speso davvero molto tempo per quel progetto, sapere che il prototipo fosse effettivamente arrivato lo esaltava, e non poco.
-Sono a casa di mia madre, ti lascio l’indirizzo, non è distante da me- e così fece.
-Yas, è arrivato il prototipo dell’orologio- la informò poi Mika, con un sorriso. La reazione di sua sorella fu molto simile alla sua.
-Quando lo possiamo vedere?-
-Adesso, il mio manager lo sta portando qui!-
Yasmine stava già per rispondere qualcosa, ma Joanie si intromise: -Non prima di aver finito tutti di mangiare-
Si ritrovarono tutti quanti a ridere: era vero, certe cose non sarebbero mai cambiate.
Alla fine del pranzo, Mika si sentiva davvero troppo stanco: l’abbondante pranzo che sua mamma aveva preparato loro aveva contribuito ad appesantire le sue palpebre.
Si sentiva come un vampiro sulla spiaggia, dopo una lunga nottata di lavoro. Eppure, i suoi occhi continuavano a cadere sulle due scatole che il suo manager gli aveva consegnato poco prima. quando finalmente vennero portati in tavola i caffè, Mika cercò di bere il più velocemente possibile il suo.
Si sentiva come un bambino con i regali di Natale, troppo ansioso di aprirli. D’altronde era la prima volta che si lanciava in un progetto simile ed era davvero curioso di vedere il risultato finale.
Notò che anche sua sorella stava bevendo il suo caffè con una certa velocità: non appena Yasmine appoggiò la tazzina sul tavolo, entrambi si alzarono, fiondandosi sulle due scatole.
Le aprirono e si fermarono per qualche secondo ad osservare entrambi gli orologi che avevano ideato insieme. Se li passarono tra le mani, con i volti vicinissimi ai due oggetti, per controllare che ogni minimo dettaglio fosse esattamente come l’avevano pensato.
Erano entusiasti entrambi.
-Mamma, guarda!- esclamò Mika, portando i due orologi, insieme a Yasmine, in sala.
Joanie si sedette al tavolo e restò ad ascoltare i suoi due figli che le facevano vedere la loro ultima creazione, frutto della mente artistica di entrambi.
Sembravano davvero essere tornati bambini e la donna non poteva che sorridere tra sé e sé: aveva sempre cercato di insegnare ai suoi figli che la creatività rende liberi, e guardando gli occhi entusiasti dei suoi ragazzi in quel momento, si ritrovò a pensare che forse ci era riuscita.
 
A distanza di più di duemila chilometri, Andy se ne stava sdraiato sul divano del suo piccolo appartamento ad Atene, ad osservare con sguardo perso la televisione. Il caldo in Grecia aveva iniziato a farsi sentire già da un po’ e al biondo non bastava nemmeno il ventilatore che aveva puntato dritto in faccia per combatterlo.
Sorrise pensando al fatto che se Mika fosse stato lì, probabilmente, avrebbe iniziato a prenderlo in giro per la sua temperatura corporea sempre più calda del normale.
Approfittando della bella stagione e del fatto che lui fosse lì, i suoi genitori avevano deciso di raggiungerlo e di trascorrere poi il resto delle vacanze estive in Grecia.
Lui invece sarebbe ritornato a Londra, da Mika, e avrebbero deciso insieme dove andare nelle tre settimane che entrambi si erano presi di ferie ad Agosto.
Ma prima del suo ritorno a Londra mancava ancora un mese e mezzo, che sarebbe stato tutto occupato dalla realizzazione di un documentario sull’isola di Aegina, a quaranta minuti di traghetto da Atene.
Impegnativo, ma comunque interessante: in fondo, era casa sua, suo padre aveva vissuto lì per un bel po’.
Si decise finalmente ad uscire da quella sua sorta di letargo che lo aveva colpito sin dal momento in cui era ritornato a casa, dopo il lavoro. Trascinando i piedi si diresse in cucina, dove sua madre ascoltava la televisione greca mentre si affannava ai fornelli.
Andy aprì un cassetto ed iniziò ad apparecchiare la tavola, in silenzio, ancora leggermente stordito dal fatto che fosse rimasto steso fino a quel momento.
Sentì la sua tasca vibrare e, abbandonata la tovaglia piegata malamente sul tavolo, estrasse il cellulare; un lieve sorriso comparve sulle sue labbra quando lesse le quattro lettere che componevano il nome del mittente.
Aprì la chat e osservò la foto che Mika, da Londra, gli aveva appena inviato.
“Sono arrivati!” diceva il messaggio e il biondo aprì la foto, osservando i prototipi degli orologi disegnati da Mika e Yasmine per Swatch.
Poteva immaginare il volto del suo ragazzo, gli occhi luminosi, la parlata spiccia di quando era esaltato.
“Complimenti a te e Yasmine! Tienimene uno da parte” rispose solo il biondo, inviando immediatamente il messaggio.
Andy aveva visto nascere quegli orologi: qualche mese prima aveva girato un documentario, lavorando ancora una volta insieme a Mika. Non pensava che ci potesse essere dietro così tanto lavoro, eppure era ben consapevole che i due ragazzi ci avevano messo moltissimo impegno.
-Tutto bene?- chiese sua madre voltandosi e notando la tovaglia lasciata a metà e Andy che trafficava con il cellulare.
-Sì, Mika mi ha mandato la foto degli orologi finiti-
Curiosa, sua madre si avvicinò per vederli.
-Si vede che li ha disegnati Mika- rifletté la donna, con un sorriso, pensando che fossero esattamente nello stile del ragazzo –Mi piacciono!-
-Già- commento solo Andy, infilando nuovamente il cellulare in tasca e continuando a preparare la tavola.
-Non torni qualche giorno a Londra?- chiese poi la donna, tornando a cucinare nel frattempo.
-Mika ha dei concerti e poi le ultime registrazioni di X Factor. E io devo finire questo documentario. Non ci vedremmo comunque, se non per poche ore- rispose Andy, con un tono di voce seccato.
Sempre più spesso il biondo si ritrovava a pensare ciò che non avrebbe mai immaginato, quando Mika gli aveva parlato di X Factor; doveva ammettere che un po’ lo irritava che fosse anche quello a tenerli lontani.
Era lavoro, esattamente come per i concerti, si ripeteva continuamente.
Eppure, forse era la distanza, forse il fatto che davvero in quel periodo non riuscivano ad essere nello stesso posto contemporaneamente, Andy non riusciva del tutto ad accettare questa cosa con lo stesso spirito di sempre. Ci era riuscito i primi giorni, ma ora diventava sempre più difficile.
-Meglio di niente, no?- chiese sua madre, spingendo così Andy, involontariamente, a dar voce ai suoi pensieri.
-Non ha senso che io torni a Milano o a Londra per stare con lui un paio d’ore e basta- constatò, appoggiando i piatti sul tavolo forse un po’ troppo bruscamente –E lui adesso sta a Londra per quattro giorni, a far nulla, ma io non posso muovermi da qui per quel documentario. E lui nemmeno si è mosso- aggiunse infine, andando a prendere i bicchieri.
La verità era che aveva sperato, fino all’ultimo, che per quei giorni Mika prendesse da Milano un aereo verso est, non verso nord. Ma così non era andata e il compagno aveva deciso di trascorrere quelle giornate a Londra con la famiglia.
Che era giusto.
Questo continuava a ripetersi Andy, quando si sforzava di essere razionale, anche se non sempre ci riusciva. Spesso si ritrovava a pensare che lui l’avrebbe fatto, avrebbe preso quell’aereo. Ma lui non aveva fratelli e sorelle che non vedeva da tempo.
Si sentiva uno stupido quando pensava a quelle cose e cercava sempre di far cambiare immediatamente strada alla sua mente. Tutto sarebbe andato meglio una volta che sarebbero stati di nuovo insieme.
-C’è pronto- disse la donna, avendo percepito di aver toccato un tasto dolente per il figlio e sapendo che Andy non parlava molto volentieri di quelle cose.
Il biondo la ringraziò segretamente e si mise a tavola.
Dopo cena arrivò, puntuale come sempre, la chiamata di Mika.
Andy non era affatto dell’umore per mostrarsi felice ed entusiasta degli orologi, tuttavia non aveva nessuna intenzione di farlo intuire a Mika. E per una volta, forse, ci riuscì davvero, complice anche il telefono che mascherava il suo volto, in netto contrasto con l’entusiasmo delle sue parole.
Non aveva voglia di intavolare discorsi seri con il ragazzo, non quella sera; avrebbe rischiato solamente di combinare qualche disastro.
 
I giorni di pausa dal lavoro sembrarono a Mika fin troppo brevi. Riprese immediatamente con i Bootcamp di X Factor e poi con gli Home Visit, a Dublino: adesso fino a inizio ottobre non avrebbe più dovuto registrare qualcosa per X Factor.
Finì anche gli ultimi concerti, sempre con Isabella al suo fianco, che lo rassicurava sul fatto che il suo italiano migliorasse di giorno in giorno.
Era la sera del 30 luglio e Mika si trovava a Londra. Il giorno seguente sarebbe ritornato in studio, per una sessione di scrittura. Probabilmente avrebbe iniziato a scrivere le canzoni per il suo quarto album.
Quella sera però i suoi occhi erano fissi sui fogli che si era fatto mandare dal suo manager.
Per poter essere davvero libero di lavorare a modo suo e di collaborare con le persone con cui voleva davvero collaborare, Mika ai tempi aveva deciso di investire di tasca propria per quell’album; tuttavia il successo non era stato lampante come il primo album e nemmeno come alcuni successi del secondo.
Sospirò di fronte a quei numeri e a quelle cifre, passandosi una mano nei capelli.
Il giorno seguente avrebbe iniziato a lavorare per il suo quarto album e avrebbe dovuto fare un bel lavoro. Cosa era cambiato dal primo al terzo?
Ripensò ai periodi in cui aveva scritto le canzoni di The Origin Of Love, a tutto quello che era successo nella sua vita, alla forte instabilità che l’aveva colpito inaspettatamente. Quel senso di chiusura, quel dire no a qualsiasi cosa, quel sentirsi isolato.
Aveva influito anche sulla sua musica alla fine?
In positivo o in negativo?
Era alle porte di un nuovo lavoro: le acque si erano calmate, la sua vita privata era ancora stabile, eppure sentiva quello strano senso di preoccupazione, di inquietudine.
E se un giorno tutto quello che era riuscito ad ottenere in quegli anni fosse finito?
Il suono del suo cellulare lo distrasse da questi suoi pensieri, che lo stavano inevitabilmente conducendo ad uno stato di gran confusione e preoccupazione.
Lesse il nome di Andy sullo schermo del telefono e, convinto che lui sicuramente l’avrebbe aiutato ad uscire da quella strana situazione in cui si era incastrato, rispose.
-Ehi- sussurrò, dopo aver premuto il tasto verde.
-Buonasera- rispose il biondo, dall’altro capo del telefono.
Due toni di voce ugualmente spenti, che non lasciavano presagire nulla di buono.
-Va tutto bene?- fu Andy il primo a chiederlo, percependo che qualcosa non stesse funzionando a dovere.
-Sì- rispose Mika, cambiando immediatamente idea: non avrebbe detto nulla al ragazzo, non quella sera –E tu?-
-Sì- rispose il greco allo stesso modo, non volendo ancora esporre a Mika tutti quei pensieri sul suo lavoro e sulla distanza che, quella volta, stava avendo effetti inaspettati per entrambi.
Ci fu silenzio. Un lungo e fastidioso silenzio, che però disse ben più di mille parole.
-Non mentirmi- disse Mika, appoggiando i fogli sul tavolo e iniziando a girare per la sala, con Melachi stesa lì accanto che osservava ogni suo movimento.
-Non farlo nemmeno tu- rispose Andy e poi la conversazione cadde di nuovo in un assordante silenzio.   
Un sospirò riempì l’aria: Mika si decise ad iniziare il discorso, intuendo che il biondo non avesse nessuna intenzione di farlo. Ormai erano scoperti entrambi, tentare di intavolare una conversazione normale sarebbe stato inutile.
Non si poteva inoltre pretendere che tutte le telefonate fossero libere e spensierate.




Buongiorno :D
Due o tre cose da dire.

I riferimenti alla semplicità e al fatto che Andy odi le complicazioni (presenti anche nel capitolo precedente) si rifanno a ciò che Mika ha detto in un paio di interviste, dicendo anche che spesso il suo lavoro mette tutto in pericolo.

Riferimenti anche al tweet di Mika del 20 giugno 2013, per quanto riguarda la scena degli orologi:
"Tired like a vampire on the beach in the morning BUT my swatch watch prototype just arrived and I’m excited like a child at Christmas about it. It’s fucking awesome"

Joanie e la creatività come chiave per essere liberi, l'ha detto Mika nell'ultima intervista a Che Tempo Che Fa, ed è un punto che a me è sempre piaciuto molto, per questo ho deciso di darle un piccolo spazio.

Il documentario sugli orologi citato di sfuggita, per chi se lo fosse perso:
https://www.youtube.com/watch?v=ylp6b0S8k6k

Penso di aver detto tutto!
Alla prossima :)
 

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Capitolo 8
*** Nothing's only words ***


-Non mentirmi- disse Mika, appoggiando i fogli sul tavolo e iniziando a girare per la sala, con Melachi stesa lì accanto che osservava ogni suo movimento.
-Non farlo nemmeno tu- rispose Andy e poi la conversazione cadde di nuovo in un assordante silenzio.   
Un sospirò riempì l’aria: Mika si decise ad iniziare il discorso, intuendo che il biondo non avesse nessuna intenzione di farlo. Ormai erano scoperti entrambi, tentare di intavolare una conversazione normale sarebbe stato inutile.
Non si poteva inoltre pretendere che tutte le telefonate fossero libere e spensierate. 



-Domani vado in studio, potrebbe essere l’inizio del quarto album…-
Mika non lo poté vedere ma dall’altro capo del telefono Andy si portò una mano sul volto, obbligandosi a stare calmo.
Era il suo lavoro.
Era tutto il suo lavoro ed era una delle cose più importanti della sua vita, lo sapeva bene.
Sapeva che sarebbe potuta andare a finire così, l’aveva sempre accettato e supportato. Perché in quel momento ci riusciva di meno?
Forse era colpa dei due mesi di lontananza, forse il fatto che le cose complicate davvero non facevano per lui.
-… e stavo ripensando a The Origin Of Love e al fatto che sia andato meno bene dei due album precedenti-
-Mh- si limitò a commentare Andy, non riuscendo del tutto a concentrarsi su quel discorso.
Lavoro, si parlava ancora di lavoro.
-E non lo so, stavo ripensando a quello che ho scritto e al periodo in cui l’ho scritto…-
Anche il greco ricordava bene quel periodo, come dimenticarlo. Origin Of Love era stato il regalo più bello che qualcuno gli avesse mai fatto in vita sua e ascoltarla gli faceva ancora venire i brividi, ma non poteva dimenticare quello che aveva portato quel capolavoro.
-E forse questo ha influenzato anche la mia musica…-
Andy si prese un momento per riflettere.
Stava sul serio parlando di nuovo di quel periodo mettendo tutto sul piano del lavoro?
Tutto, in un modo o nell’altro, ritornava sempre lì, al suo scrivere canzoni, al riuscirci o meno, al successo che riusciva ad ottenere o a quello che non riusciva ad avere.
Forse non era la serata ideale per convincere Mika a parlare, ma ormai il gioco era fatto.
-E’ chiaro che quello che succede nella tua vita influenza la tua musica- commentò solo, senza aggiungere altro.
-E lo fa in positivo o negativo?-
-Lo fa e basta- una risposta secca, perentoria, che sembrava non ammettere repliche.
Mika rimase per un attimo immobile al telefono, sedendosi sul divano verde della sala, stranito da quei modi di fare che non erano quelli a cui era abituato.
-O-okay- balbettò incerto, poco dopo, decidendo in quel momento che per quella sera non avrebbe aggiunto altro su quei dubbi che l’avevano colpito poco prima. Decise quindi di capire quale fosse il problema del compagno.
-Tu invece cos…-
-Secondo te?-
Mika deglutì a vuoto. Non gli aveva dato nemmeno il tempo di rispondere che già lo aveva zittito con una domanda fin troppo pungente.
-Andy, non so cosa sia successo lì, ma…-
-No, qui non è successo niente. Due mesi, Mika. Due mesi, e tutto quello che ho sentito dall’altro lato del telefono è stato il lavoro, sempre-
-Ma… Andy, ho fatto quello in questi mesi, cos’altro avrei dovuto raccontarti?-
-Sei stato quattro giorni a Londra a far niente, non ti è venuto in mente che forse mi avrebbe fatto piacere…-
-Non vedevo i miei fratelli da tempo!-
-Perché noi invece ci siamo visti tutti i giorni!- quest’ultima frase sarcastica venne quasi ringhiata dal biondo, che ormai stava lasciando fuoriuscire tutto ciò che si era tenuto dentro in quelle settimane.
A sentire quel tono di voce, anche Mika iniziò ad innervosirsi e come spesso accadeva quando litigavano, iniziarono un botta e risposta in cui entrambi parlarono senza pensare troppo.
-Sarei venuto quattro giorni in cui tu avresti solo lavorato e…-
-Certo! Non mi pare che abbia mai fatto troppi problemi quando ti seguivo nei tuoi concerti o quando sono venuto tre giorni a Napoli per l’inizio delle audizioni!- quelle parole di Mika, proprio in quel momento, gli bruciarono dentro, ripensando a tutte le volte in cui lui era corso dal ragazzo, nonostante fosse ben consapevole che avrebbe avuto del lavoro da fare e che non avrebbe potuto dedicargli troppo tempo.
-Potevi anche dirmelo che volevi che venissi!-
-Io te lo dovevo dire? Non hai nemmeno chiesto! Non ti è nemmeno passato per la testa, nonostante avessi quattro giorni liberi e…-
-Era la prima volta che riuscivamo ad essere tutti a Londra, mamma voleva…-
-Sì, sì, ho capito che non li vedevi da tanto tempo, HO CAPITO!-
La situazione stava sfuggendo loro di mano; entrambi se ne rendevano conto, eppure non riuscivano a fermarsi.
-Non iniziare ad urlare ora! Non è stata colpa mia se in questi due mesi non siamo riusciti a vederci, sapevi che X Factor mi avrebbe portato via dell’altro tempo, ne avevamo parlato-
-Sì, ne avevamo parlato, e avevamo anche detto che avremmo fatto di tutto per passare comunque del tempo insieme!-
-Lo abbiamo fatto!- esclamò Mika, ormai sull’orlo dell’esasperazione.
-Due mesi! E nemmeno in quei giorni in cui avremmo potuto…-
Mika alzò gli occhi al cielo: ancora gli rinfacciava quei giorni.
-Adesso mi devo mettere a scegliere se venire ad Atene da te o a Londra dalla mia famiglia? Avevamo messo in conto quando sei partito che sarebbe andata a finire così!-
Andy rimase in silenzio.
“Ad Atene da te o a Londra dalla mia famiglia”.
Questa frase lo fece innervosire ancora di più, spingendolo a riportare alla sua mente anche il discorso di poco prima, sul periodo in cui aveva scritto le canzoni di The Origin Of Love.
“E lo fa in positivo o in negativo?”
Pure quel periodo era stato messo sul piano del lavoro e delle conseguenze che aveva avuto: l’aveva perdonato, ma non dimenticava quanto fosse stato male in quel mese e mezzo in cui Mika era scappato, e sentir parlare di quei momenti come un qualcosa che aveva influito forse negativamente sul suo lavoro gli aveva dato probabilmente il colpo di grazia.
C’era stato ben altro in quei mesi, al diavolo il lavoro.
Andy puntò gli occhi fuori dalla finestra, facendo un respiro profondo.
-Non ti sto chiedendo di scegliere, non l’ho mai fatto. Ma mettiti anche nei miei panni! Due mesi, e anche stasera te ne salti fuori con questa storia, ancora legata alla musica, ricordando un periodo che preferirei dimenticare e collegandolo solo al fatto che probabilmente ha influito negativamente sulla tua musica! Non si tratta solo di lavoro, c’è ben altro- di nuovo concluse la frase con un tono di voce secco, arrabbiato, freddo.
Un tono di voce che non contribuì a far calmare Mika.
-Beh, sai una cosa, probabilmente sì, quello che è successo ha influito negativamente sul mio lavoro: ecco perché questo album non è andato bene come gli altri!- Mika parlò prima ancora di rendersene conto, prima ancora che potesse pensarci.
Subito dopo chiuse gli occhi, maledicendosi per quelle parole e per quello che potevano lasciar intendere, e tentò di rimediare –Andy, io non…-
-Fai una bella cosa, Mika. Chiudi questa chiamata e torna pure dalla tua famiglia- e marcò questa parola, ricordando la frase di poco prima –E poi continua pure a riflettere indisturbato su quanto la tua fuga possa aver influito sul tuo lavoro…- e anche qui marcò la parola “tua” mettendo in evidenza il fatto che il riccio avesse deciso di sua spontanea volontà di fare le valige e scappare, lasciandolo per un mese e mezzo senza sue notizie e senza una vera e propria spiegazione -… e forse ti conviene trovarti un’ispirazione migliore, visto che domani inizi con un nuovo album, non vorrei che poi fosse di nuovo colpa mia se non va come speravi-
E fu Andy a chiudere la chiamata, spegnendo poi il cellulare.
Lo appoggiò malamente sul comodino accanto al suo letto, per poi prendersi il volto tra le mani e sospirare.
Aveva bisogno di calmarsi; forse facendo passare quella notte avrebbe potuto riflettere maggiormente su ciò che Mika gli aveva detto… ma anche su ciò che lui aveva urlato al ragazzo per telefono.
In quel momento però la rabbia per ciò che era appena successo e per alcune frasi pronunciate dal cantante, gli impedivano di vedere la situazione lucidamente.
Appoggiò la testa al cuscino, pensando che mancavano solo due giorni, poi sarebbe tornato a Londra, da lui.
Ma cosa sarebbe successo in quei due giorni? Il giorno seguente lo avrebbe sentito?
Inutile farsi troppe domande a cui in quel momento non sapeva e non voleva dare una risposta.
Ora voleva solo cercare di capire se avesse esagerato, oppure se la sua reazione poteva essere comprensibile.
 
Nell’appartamento di Londra, ancora seduto sul divano verde, Mika rimase per qualche secondo con il telefono vicino all’orecchio, ad ascoltare quel fastidioso suono che gli comunicava, quasi assordandolo, che dall’altro capo del cellulare ormai non c’era più nessuno.
Lanciò il telefono tra i cuscini del divano, per poi osservare Melachi, pensieroso. Le fece segno di seguirlo e andò in camera da letto, mettendosi i vestiti per la notte e sprofondando nel materasso, permettendo alla cagnolina di stendersi accanto a lui.
Spense la luce e abbracciò Mel con un braccio, iniziando ad accarezzare il suo pelo; ben contenta di ricevere le attenzioni del suo padrone, la golden rimase immobile, lasciandosi coccolare.
Inevitabilmente Mika ripensò alla chiamata che aveva appena chiuso; o meglio, alla chiamata  che si era appena visto sbattere in faccia.
“Forse ti conviene trovarti un’ispirazione migliore, visto che domani inizi con un nuovo album”
Come se fosse possibile. Come aveva potuto dirgli una cosa del genere?
E tutte quelle storie per quei quattro giorni a Londra non erano da Andy; anche lui voleva rivederlo, più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma purtroppo quei mesi erano andati come erano andati.
Mettersi a litigare per quelle cose proprio quando mancava così poco al suo ritorno era davvero un peccato.
Ripensò però anche alle parole che lui stesso gli aveva detto; forse non erano state le migliori, forse lasciavano spazio a fraintendimenti un po’ troppo grandi che avevano ferito il compagno sul serio.
Forse entrambi avrebbero dovuto pensare di più prima di parlare. Questa consapevolezza si fece spazio dentro di lui mentre, al di là di Melachi, osservava il cuscino vuoto accanto a sé.
Vuoto così come lo era da troppo tempo.
Un vuoto che pesava, nonostante tutto.
Come avevano fatto ad arrivare al punto di prima, al telefono? Erano partiti così bene ad affrontare quei mesi di lontananza, con un po’ di malinconia, ovvio, ma supportandosi sempre a vicenda.
Forse certe cose sarebbe stato meglio non dirle… non in quel modo, almeno.
Una melodia dolce e lenta iniziò a risuonare nelle sue orecchie, mentre alcune frasi in rima iniziavano a prendere vita dentro di lui, ma Mika scosse leggermente la testa: non avrebbe scritto niente quella notte, non mentre ancora era così coinvolto e così arrabbiato, dispiaciuto.
Il giorno seguente avrebbe ripensato con calma a tutto quanto.
 
Andy si risveglio a causa dei raggi del sole che filtravano dalle persiane scordate aperte la sera precedente. Sbadigliò e si strofinò gli occhi, sentendosi più stanco di quando era andato a letto. Un leggero senso di amarezza lo pervase quando, riacceso il cellulare, si accorse che non c’era nessuna chiamata persa di Mika e nessun messaggio.
Sbuffò sonoramente prima di alzarsi dal letto e iniziare a prepararsi per quella che sarebbe stata l’ultima giornata di lavoro: la mattina seguente, molto presto, avrebbe preso l’aereo che finalmente l’avrebbe riportato a casa.
Non sapeva bene cosa lo aspettasse al suo ritorno, dopo quello che era successo la sera precedente, ma nonostante tutto sentiva il bisogno di vederlo di nuovo e di risolvere quella discussione faccia a faccia, anche se magari non si trattava di nulla di così grave come gli sembrava in quel momento, anche se forse alcune frasi erano state dette semplicemente per la rabbia del momento.
Il greco si ritrovò a pensare che, nonostante tutto, quelle frasi facevano comunque male e continuavano a rimbombare nella sua testa, senza tregua.
Non avrebbe scritto o chiamato Mika, non quel giorno almeno: era un po’ più calmo della sera precedente, ma sentiva che avrebbe potuto arrabbiarsi di nuovo ripensando alle parole del ragazzo.
 
Nella capitale inglese, tre ore più tardi, Mika spense la sveglia con un pugno e, la prima cosa che fece, fu controllare il cellulare per vedere se da Atene fossero arrivate notizie.
Inconsapevolmente, a chilometri e chilometri di distanza, entrambi avevano avuto lo stesso primo pensiero.
Mika scosse leggermente la testa di fronte alle notifiche del suo cellulare, tutte notizie di lavoro e un messaggio da suo fratello minore, con una foto del dolce che mamma aveva preparato per colazione e una frecciatina sul fatto che lui non avrebbe potuto assaggiarlo. Bloccò il cellulare e si decise a prepararsi, per poi raggiungere gli studi di Londra.
Era appositamente in anticipo, proprio perché voleva prendersi del tempo per riflettere senza i suoi collaboratori. Alcune cose erano sue, personali, e non se la sentiva di condividerle subito con gli altri. Magari avrebbe chiesto un aiuto poi, per migliorare e aggiustare il tutto.
Si sedette di fronte al computer del lavoro e aprì una pagina bianca, ritornando con la mente un po’ più lucida alla sera precedente.
Non si trattava solo di lavoro in quel momento; sentiva il bisogno di buttare fuori tutto e racchiuderlo in una canzone, di cui solo lui avrebbe capito davvero il significato profondo e gli avvenimenti che vi erano legati.
Continuava a ripetersi che era stata una discussione non diversa da quelle che capitavano ogni tanto, e ne prendeva sempre più consapevolezza. Tuttavia, i modi erano stati sbagliati.
Si rendeva anche conto che delle semplici parole, dette anche nel bel mezzo di una discussione qualsiasi, potevano ferire anche più del motivo per cui la litigata era iniziata.
Non serviva molto per scatenare questo: lasciarsi guidare dall’istinto, non riflettere prima di pensare. Forse era stato proprio lui quello che con le parole ci era andato giù pesante e sentiva un forte senso di colpa in quel momento, che cercava di rompere il suo equilibrio: si sentiva come se stesse camminando su un filo, con il rischio sempre più elevato di cadere.
 
I’m pulling but my heart is on the wire
Don’t need a tousand guards to lock me in
Doesn’t take a fool to start a fire
A solitary spark and wars begin

 
Le sue dita schiacciarono i tasti del computer, fino a comporre quelle frasi, che forse avrebbero dato inizio a qualcosa di buono, che l’avrebbe potuto aiutare.
Chiuse gli occhi, riportando alla sua mente la lieve melodia che era apparsa nella sua testa la sera prima, un po’ come una ninna nanna che aveva anticipato il sonno.
Spostò il computer sul pianoforte e lasciò che le sue dita passassero dalla tastiera del pc a quella dello strumento. Sentire quella melodia uscire dalla sua testa e invadere la stanza, lo aiutò ancora di più con le parole della canzone.
Una fitta di dolore lo colpì forte in ogni parte del corpo, quando si rese conto di quello che lui stesso aveva detto a Andy e delle risposte che aveva ricevuto in cambio.
Forse lasciando passare un po’ di tempo avrebbe fatto meno male e avrebbero risolto tutto, come sempre.
 
Say it’s only words
And that it will get easier with time
Nothing’s only words
That’s how hearts get hurt

 
Chissà come si sentiva e cosa stava pensando Andy in quel momento, mentre lui era seduto davanti ad un pianoforte e ad un computer.
Chissà se come lui non riusciva a togliersi dalla testa le parole che erano volate la sera precedente, tutte le frasi che si erano detti e che li avevano feriti a vicenda.
 
I can’t, I can’t, I can’t stop hearing
All the words you said
I can’t stop hearing
All the words you said
I can’t stop hearing
All the words you said
I can’t stop hearing words
That’s how hearts get hurt

 
Mika abbassò lo schermo del computer e coprì nuovamente i tasti del pianoforte; lasciò detto di sentirsi poco bene e tornò verso la macchina, guidando poi fino a casa.
Non era la giornata giusta per mettersi a scrivere con altra gente. Avrebbe trascorso le ore che lo separavano da quella sera a casa con Melachi, davanti al suo pianoforte, nel suo studio, nella sua casa, in cui avrebbe potuto dire davvero tutto quello che gli passava per la testa in quel momento.



Buonasera :)
Ecco il nuovo capitolo!
Riferimenti al tweet di Mika del 31 luglio 2013: back in london. In writing sessions and in the studio. This might just be the start of album 4
Qui è da dove sono partita, collegandomi poi alla domanda che Mika stesso aveva fatto a La Lettura, chiedendo se il giornalista non aveva paura che tutto, un giorno, potesse finire. Ho preso questo piccolo dettaglio, su suggerimento di LoveMika che me l’ha fatto notare e che ringrazio, e ho deciso di andare un po’ di fantasia.
Niente, come al solito grazie mille a chi mi lascia seeeempre un pensierino.
Alla prossima :)
 

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Capitolo 9
*** Voglio andarmene da qui ***


Mika abbassò lo schermo del computer e coprì nuovamente i tasti del pianoforte; lasciò detto di sentirsi poco bene e tornò verso la macchina, guidando poi fino a casa.
Non era la giornata giusta per mettersi a scrivere con altra gente. Avrebbe trascorso le ore che lo separavano da quella sera a casa con Melachi, davanti al suo pianoforte, nel suo studio, nella sua casa, in cui avrebbe potuto dire davvero tutto quello che gli passava per la testa in quel momento.

 



La sera, prima di andare a letto, prese il cellulare e aprì la chat di Andy. Gli ultimi messaggi risalivano alla mattina del giorno precedente, quando Andy gli aveva dato il buongiorno.
“Lo sai che mancano solo tre giorni? Poi dobbiamo decidere dove andare in vacanza e pensare a cosa fare al tuo compleanno… diventi vecchio ormai. Oggi dopo il lavoro vado un po’ in spiaggia, ma qui si sente comunque che manca qualcuno. Passa una buona giornata. Andy”.
Mika si ricordava di aver sorriso di fronte a quel messaggio e subito sotto lesse la risposta che aveva inviato al biondo.
“Anche qui a Londra manca qualcuno che si lamenta in continuazione del caldo insopportabile che c’è in casa. Goditi la spiaggia e il mare, io sono qui ad aspettarti. Mika”.
Automaticamente, schiacciò sullo spazio vuoto sotto i messaggi e iniziò a scrivere. Digitò solo “Andy,”.
Pensò a qualcosa da aggiungere dopo quella virgola, ma non riuscì a pensare a niente che avesse potuto scrivergli per messaggio: non era qualcosa che si poteva risolvere così.
Inoltre non sapeva da dove iniziare.
Scosse leggermente la testa e cancellò il suo nome, per poi spegnere il telefono e appoggiare la testa al cuscino, cercando di non pensare alla scritta “online” ben visibile sotto il nome del suo ragazzo.
 
Andy non era mai andato a lavorare con meno entusiasmo di quel giorno. Mancavano solo le ultime brevi riprese sull’isola, poi avrebbe avuto tutto il materiale necessario per il video che aveva in mente di realizzare e a quel punto editarlo sarebbe stato un lavoro che avrebbe potuto svolgere anche da casa.
Un sospiro di sollievo accompagnò il suo pollice che andò a premere il tasto stop sulla videocamera per l’ultima volta. Ringraziò tutte le persone che avevano collaborato con lui e poi tornò a casa.
Mangiò qualcosa, salutò i suoi genitori, dato che la mattina seguente sarebbe partito molto presto, e poi si infilò subito nel letto.
Guardò di nuovo il cellulare, come aveva fatto almeno una volta all’ora per tutta la giornata: il silenzio.
Silenzio che proseguiva anche in quel momento, in cui tutti i messaggi che aveva ricevuto erano affari di lavoro.
Mentre stava per aprire il primo, notò che nella chat di Mika, poco sotto, era appena apparsa la scritta verde “sta scrivendo”.
Dimenticandosi immediatamente del messaggio che stava per aprire, schiacciò sulla chat del ragazzo e aspettò di ricevere un messaggio. Pochi istanti dopo, la scritta verde sparì, ma il cellulare gli indicava che Mika era ancora online. Attese, con il cuore che aveva iniziato a battere un po’ più veloce del normale.
Poco tempo dopo però, anche la scritta “online” sparì.
Andy sospirò.
Avrebbe dovuto scrivergli lui? E per dirgli cosa?
Spense il cellulare, decidendo che ci avrebbe pensato la mattina seguente, a Londra, quando entrambi sarebbero stati di nuovo a casa.
Si girò su un lato e chiuse gli occhi, cercando di prendere sonno.
 
Il giorno seguente, Mika si svegliò di buon ora. Diede da mangiare a Melachi, si fece un bel caffè forte e si sedette sul divano a berlo. Andy sarebbe arrivato di lì a poco e lui non aveva la più pallida idea di come sarebbe stato quell’incontro.
Non aveva sentito il compagno per tutta la giornata precedente, ma l’ultima cosa che voleva fare era litigare con lui quando finalmente sarebbero stati di nuovo insieme.
Il tempo per pensare non fu molto.
Sentì la serratura della porta scattare e il rumore di una valigia trascinata sul pavimento. Appoggiò la tazza di caffè sul tavolino e osservò Mel correre incontro a Andy, scodinzolante.
Lo sentì rivolgerle qualche parola e poco dopo il volto stanco del biondo fece capolino da dietro il muro.
Si guardarono negli occhi per un momento che ad entrambi sembrò interminabile.
Mika si soffermò sui capelli leggermente lunghi di Andy, che contornavano disordinatamente il suo viso, messo in risalto dalla maglietta bianca che indossava. Osservò poi quei due profondi occhi azzurri, che lo stavano fissando fin dal momento in cui l’avevano visto.
Anche Andy si prese un momento per osservare il ragazzo: riccioli scompigliati, maglietta e pantaloncini, sguardo assorto.
Nonostante la litigata, nonostante si fossero ignorati reciprocamente il giorno prima, entrambi pensarono la stessa identica cosa: finalmente.
-Scus…-
-Mi dis…-
Iniziarono a dire insieme, per poi fermarsi e ridere. Risata alla quale entrambi non seppero resistere. Mika si stava per alzare ma Andy fu più veloce: si avvicinò e si gettò su di lui, spingendolo con la schiena sul divano e affondando il volto nella sua spalla. Mika chiuse gli occhi e circondò il biondo con le braccia, facendo passare una mano tra i suoi capelli.
Restarono in quella posizione per qualche minuto, entrambi desiderando di poterci restare per sempre. Nessuno dei due si mosse, restarono semplicemente fermi l’uno tra le braccia dell’altro, a godersi di nuovo la loro vicinanza, a chiedersi scusa silenziosamente.
Fu Andy il primo a muoversi, sollevando la testa dalla spalla di Mika solo per poter raggiungere le sue labbra in un bacio lento, che venne ricambiato dal ragazzo con lo stesso desiderio e la stessa passione.
Si baciavano, si allontanavano qualche secondo per guardarsi negli occhi, e poi tornavano a baciarsi, ripetendo questi movimenti continuamente, mentre le mani correvano sul viso dell’altro, andando ad accarezzare quei lineamenti che per troppo tempo non avevano potuto sfiorare.
Andy infine appoggiò la fronte a quella di Mika, respirando e sorridendo lievemente, prima di tornare serio.
-Scusami… ho esagerato-
-Io ho esagerato. Mi dispiace-
Poche e semplici parole, che servirono a sistemare ogni cosa.
-Era solo… la distanza per così tanto tempo, credo- continuò a spiegarsi Andy, volendo risolvere una volta per tutte la situazione, per fare  in modo che non succedesse di nuovo.
-Lo so, non preoccuparti. Anche io non volevo dire quello che ho detto… ero solo un po’ preoccupato e stavo considerando tutte le possibilità e… pensavo a cosa sarebbe successo se tutto un giorno dovesse finire, era una serata un po’ cosi… non intendevo dire che fosse colpa tua, non potrei mai pensarlo-
-Lo so- lo interruppe Andy, vedendolo in difficoltà –Ti aiuterò con questa cosa-
-E io cercherò di fare in modo che non si ripetano più due mesi così. Mi dispiace davvero per averti detto quelle cose, non volevo ferirti… e non le pensavo davvero, non potresti mai essere tu il problema. E… anche tu sei la mia famiglia-
Andy era sempre stato la soluzione ai suoi problemi, la sicurezza che lo accoglieva in ogni momento di confusione. Era ben consapevole ora, a mente lucida, che anche pensando al suo lavoro, tutte le canzoni migliori erano quelle che aveva scritto per lui.
Si sorrisero un’altra volta e Andy si sporse per lasciargli un bacio sulla fronte.
-E’ tutto a posto- lo rassicurò, tornando poi ad abbracciarlo forte.
Passarono ancora un lungo momento in quella posizione, poi fu il libanese a parlare per primo, desideroso di godersi quella giornata, cercando di dimenticare la loro discussione, ora che era stata risolta.
-Che si fa oggi? Siamo disoccupati entrambi- disse poi Mika, soffiando quelle parole sul collo del compagno dopo avergli lasciato un bacio.
Andy si limitò ad un sorriso, per poi tornare alle sue labbra, in modo più deciso e molto meno casto di prima. Mika rimase per un attimo stordito da quel bacio.
Piacevolmente stordito.
-Andy, sei appena arrivato- gli sussurrò, mentre però il suo volto si apriva in un sorriso malizioso.
-Appunto- rispose il biondo, iniziando a torturare l’orecchio sinistro di Mika.
-Dopo due mesi voglio starti vicino- aggiunse poi, infilando una mano sotto la maglietta –Molto vicino-
Mika sorrise di nuovo ma non aggiunse altro: avevano parlato a sufficienza in quei mesi in cui non si erano visti, e tanto era bastato.
 
Un’ora più tardi entrambi se ne stavano sdraiati sul letto, a coprirli solo un lenzuolo leggero. Mika era appoggiato alla testiera del letto, mentre Andy aveva la testa sulla sua spalla.
Il braccio sinistro di Mika abbracciava il corpo del ragazzo, andando ad accarezzare i suoi capelli biondi, mentre la mano destra correva veloce sul computer, appoggiato sulle sue gambe.
Era il momento di decidere dove trascorrere quelle vacanze.
-Un posto caldo- decretò Andy, completamente rilassato in quella posizione, a godersi le carezze di Mika.
-Non avevo dubbi- commentò Mika, stritolando l’orecchio del compagno per un attimo, per poi tornare immediatamente a far passare le dita tra i suoi capelli.
-Ahi!- si lamentò il biondo, portando una mano all’orecchio sinistro, che stava inevitabilmente assumendo una colorazione rosso acceso.
-Come sei delicato- continuò a prenderlo in giro il libanese.
-Cerco solo di evitare che tu mi porti a scalare qualche vetta altissima-
Mika rise: sapeva che Andy non amava molto scalare, mentre lui si sentiva estremamente bene quando, dopo immense fatiche, riusciva a raggiungere un bel paesaggio. Tuttavia per quell’estate avrebbe accontentato il biondo, era giusto così.
Continuò quindi a vagare tra i numerosi siti internet che aveva ormai aperto, alla ricerca di un posto che ispirasse entrambi.
Qualche minuto dopo aprì la pagina di una piccola casetta in Thailandia, proprio sulla spiaggia. Si meravigliò del fatto che Andy non avesse commentato, era esattamente il genere di luogo che sarebbe piaciuto a lui; tuttavia spostando lo sguardo sul suo volto si rese conto che il compagno aveva gli occhi chiusi.
-Stiamo scegliendo dove andare in vacanza o sto scegliendo dove andare in vacanza?- sussurrò, facendo comunque sobbalzare il greco, che si era appisolato.
-Ehi, capiscimi. Mi sono svegliato presto per prendere l’aereo- in più, la mano di Mika che continuava ad accarezzargli dolcemente i capelli lo aveva rilassato ancora di più, contribuendo a rendere i suoi occhi ancora più pesanti.
-Questa cosa però mi piace un sacco- commentò subito dopo, vedendo la casa che anche Mika aveva puntato poco prima.
-Deciso allora?-
-E Thailandia sia- confermò il biondo, esibendosi poi in uno sbadiglio enorme che fece sorridere Mika.
-Dai, dormi un po’- gli disse allora, appoggiando il computer sul comodino.
Il riccio si stese sul letto, facendo appoggiare Andy al suo petto e portando di nuovo una mano tra i suoi capelli, continuando ad accarezzarli nello stesso modo di poco prima, quando il biondo si era quasi addormentato.
Sentì il greco sospirare, e poi chiuse anche lui gli occhi.
 
Nei giorni che trascorsero a Londra prima della loro partenza, le acque tra di loro si calmarono definitivamente. Andy lavorava al montaggio del suo video nel suo studio in casa, davanti al pc, mentre nella stanza accanto, oppure negli studi di Londra, Mika lavorava alle sue canzoni.
Tutto sembrava più sopportabile, ora che erano vicini; Andy si rese conto che la distanza aveva giocato loro un brutto scherzo in quel caso, nulla di più.
Mika aveva scritto qualche canzone, anche se Andy aveva notato che sembrasse essere un po’ in difficoltà. Forse quella paura di cui gli aveva parlato al telefono continuava ad esserci, solo che Mika non ne parlava con lui, probabilmente per timore che tra di loro potesse esserci una nuova lite.
Il biondo decise che quella sera avrebbe parlato con Mika: non era giusto che non ne discutesse con lui solo per quel motivo. Al telefono aveva esagerato e si era lasciato prendere dalla rabbia, ma quando finalmente lo aveva rivisto, gli aveva promesso che l’avrebbe aiutato, e così avrebbe fatto.
Mancava ancora una settimana prima della loro partenza per la Thailandia e Andy se ne stava seduto di fronte al computer a guardare il video finito, per controllare che tutto funzionasse a dovere.
Dal piano di sotto, sentiva le voci della televisione, ma non riusciva a capire cosa stesse guardando il compagno.
Mika era seduto sul divano verde, con Melachi appoggiata sulle sue gambe, e osservava la televisione con sguardo perso, mentre i suoi pensieri erano assillati dalla sua musica.
Aveva scritto qualcosa che gli sembrava buono in quei giorni; la canzone che aveva iniziato il giorno prima del ritorno di Andy era ormai quasi finita. Il giorno successivo l’avrebbe ascoltata per intero e avrebbe fatto come sempre: se ascoltandola non gli fosse venuto in mente nulla, allora voleva dire che la canzone era finita.
Tuttavia le paure e le preoccupazioni che aveva cercato di spiegare a Andy la sera in cui avevano litigato non erano passate: e se tutto, un giorno, fosse finito? Cosa avrebbe fatto?
Era una paura che stava facendo un po’ da sfondo alle sue nuove canzoni e questo non andava bene. Doveva trovare una soluzione.
Decise in un attimo.
In quei casi, la soluzione era sempre la stessa.
Alla televisione stavano passando le immagini delle cime innevate dell’Hymalaya.
Ecco quello che gli andava di fare.
Prendere e andare lontano, magari a scalare qualche cima.
Si alzò dal divano e raggiunse la porta dello studio di Andy.
-Voglio andarmene da qui- dichiarò, osservando il suo compagno che gli voltava le spalle.
Andy rimase immobile davanti al computer, la testa in confusione, il cuore che aveva iniziato a battere più veloce e brutti ricordi del passato che in quel momento gli stavano impedendo di muoversi.
Non di nuovo.
Non poteva succedere ancora.


Buoooongiorno :)
Sul capitolo questa volta non ho nulla da aggiungere, quindi effettivamente non so perché sto scrivendo questa cosa xD
Dirò solo che dovrete portare pazienza d'ora in poi, ho ripreso l'università, quindi i capitoli arriveranno solo nei weekend, così come le risposte alle vostre recensioni.
E a proposito di recensioni, grazie mille a chi decide di lasciare due parole, lo ripeto in continuazione ormai, ma fa davvero piacere *-*
Alla prossima :)

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Capitolo 10
*** Hymalaya? ***


-Voglio andarmene da qui- dichiarò, osservando il suo compagno che gli voltava le spalle.
Andy rimase immobile davanti al computer, la testa in confusione, il cuore che aveva iniziato a battere più veloce e brutti ricordi del passato che in quel momento gli stavano impedendo di muoversi.
Non di nuovo.
Non poteva succedere ancora.



Gli aveva promesso più e più volte che non l’avrebbe rifatto, persino quella sera in cui Mika aveva deciso di accettare di essere uno dei giudici di X Factor, ora non poteva fargli questo.
Una strana sensazione di rabbia e malinconia lo pervase mentre notò che la sua mano, ancora sui tasti del computer, aveva iniziato a tremare leggermente.
Aveva voglia di urlare. Si stava per voltare in direzione di Mika per dar sfogo a tutto quello che aveva dentro, quando il libanese parlò di nuovo.
-Andiamocene, Andy! Domani, partiamo subito! Vieni con me a scalare l’Hymalaya-
Andy fissò lo schermo del computer per qualche secondo, pensando a quelle parole, e poi si lasciò andare ad un sonoro sospiro di sollievo. La sua mente si era fermata a quell’“andiamocene” che comprendeva evidentemente entrambi e che l’aveva fatto tornare a respirare normalmente. Si portò per un attimo le mani sul volto, sospirando di nuovo.
Si voltò finalmente verso il suo ragazzo, che lo guardava speranzoso, appoggiato alla porta.
-Sei un idiota colossale- gli disse, rendendosi conto che quelle parole gli erano uscite proprio dal cuore.
Mika lo fissò, evidentemente confuso.
-“Voglio andarmene”. Ma sei scemo? Mi hai fatto prendere un colpo!- spiegò allora il biondo, gesticolando.
Il libanese capì a quel punto che la frase con cui aveva esordito non era stata di certo la migliore.
-Uh- riuscì solo a commentare, leggermente in colpa, grattandosi la testa.
Si avvicinò quindi al greco che ancora lo guardava storto, anche se Mika fu sicuro di scorgere sul suo viso l’ombra di un sorriso.
-Non parto senza di te- lo rassicurò, sedendosi accanto a lui e prendendogli le mani –Vieni con me, andiamo via per un po’ di tempo-
Ora che Andy era sicuro che quello che era successo con l’ultima crisi di Mika non si stava ripetendo, realizzò davvero quello che l’imprevedibile ragazzo che ora gli stava stringendo le mani gli aveva appena chiesto.
-L’Hymalaya?-
-Sì, ho visto che passavano delle immagini alla televisione, deve essere bellissimo!- rispose Mika, decisamente esaltato.
Crisi di mezza età a trent’anni. Questo fu il pensiero di Andy, che lo fece scoppiare a ridere.
Mika, di fronte a quella risata, piegò leggermente la testa, di nuovo confuso.
-Ma… e la Thailandia?- domando il biondo, osservando attentamente le espressioni di Mika.
Il riccio non ci aveva pensato; Andy lo vide rabbuiarsi per un momento, come deluso dall’idea di non riuscire a raggiungere entrambi i luoghi.
Andy iniziò a ragionare velocemente: sapeva bene cosa stava facendo Mika, voleva cambiare aria per cercare di schiarirsi le idee e questa volta aveva deciso di farlo con lui. Ricordò l’espressione speranzosa di poco prima, l’entusiasmo e poi il leggero velo di delusione quando Andy gli aveva fatto notare che non sarebbero riusciti a fare entrambe le cose.
Il biondo osservò Mika negli occhi e notò che il ragazzo si stava scervellando per trovare una soluzione. Gli aveva detto che lo avrebbe aiutato e così avrebbe fatto.
-Andiamo a scalare l’Hymalaya, è deciso- decretò quindi il greco, rivolgendogli un mezzo sorriso.
Mika lo guardò sgranando gli occhi.
-Ma… e quella casa, in Thailandia…-
-Vorrà dire che ci andremo alla prossima occasione- aggiunse infine il biondo, facendo spallucce e godendosi il meraviglioso sorriso da bambino che si stava aprendo pian piano sul volto di Mika.
-Grazie!- esclamò il cantante, stringendolo in un abbraccio fortissimo per poi allontanarsi da lui e correre in camera a prendere una valigia.
-Preparati!- gli urlò super esaltato dall’altra stanza e Andy non poté fare a meno di ridere.
Con Mika era così: tutti i piani potevano essere sconvolti da un momento all’altro, senza preavviso.
Non ci si annoiava mai.
Quindi, che poteva importargliene del posto che sceglieva Mika per allontanarsi dal suo lavoro?
Questa volta ci sarebbero andati insieme, questo era quello che contava.
 
-Ti odio-
Erano partiti alla fine, destinazione Kathmandu.
Quelle due semplici parole erano quelle che Andy stava ripetendo ormai da una buona mezzora; e le ripeteva in continuazione quante più volte poteva, prima che quel freddo glaciale gli congelasse anche la lingua.
Stavano camminando, il biondo non sapeva precisamente da quanto tempo.
Era sicuro solo di poche cose: primo, entrambi, conciati in quel modo, pesavano sicuramente dieci chili in più rispetto al normale. Andy, che solitamente era molto caloroso ed era in grado di passeggiare in pantaloncini tutto l’anno a Londra, in quel momento si sentiva simile ad una mummia. La canottiera, due paia di magliette, una a maniche corte e una a maniche lunghe, il maglione più pesante che fosse presente nel suo armadio e un giubbetto che da solo pesava almeno quanto lui. I jeans pesanti coprivano due paia di calzini spessi e cadevano formando pieghe disordinate sui suoi scarponi. Un imbarazzante cappello in lana rosso che sua mamma gli aveva regalato un compleanno di molti anni prima era esposto in bella mostra sulla sua testa (Mika aveva riso per cinque minuti buoni quando l’aveva visto), coprendo interamente i capelli corti e biondi e le orecchie. Una spessa sciarpa, dello stesso colore del cappello, stava evitando ormai da un’ora che il suo naso si staccasse dal viso, completamente congelato.
La seconda cosa di cui era sicuro, era che i meno venti gradi che facevano loro compagnia in quel momento, la notte sarebbero addirittura diminuiti.
Terzo, Mika sembrava implacabile: anche lui ben imbacuccato in cinque strati di vestiti pesanti, sembrava quasi andare al trotto mentre, con un sorriso sereno nascosto dalla sciarpa, guidava Andy per gli stretti e innevati sentieri dell’Hymalaya.
Quarta cosa su cui Andy in quel momento non aveva nessun dubbio…
-Ti odio- esclamò ancora una volta, mentre lasciava che la sua mente fosse pervasa dall’immagine di una calda e tranquilla spiaggia.
Pensare al caldo gli avrebbe fatto venire meno freddo?
Il biondo scosse la testa, rendendosi conto che la sua mente si stava avviando sempre più verso il ridicolo.
Tutta colpa dell’idea di Mika di scalare montagne.
-Ti odio- ripeté quindi per la centesima volta il biondino, sentendo questa volta Mika ridacchiare.
Il libanese infatti arrestò la sua maratona (per chissà quale miracolo) e si voltò verso Andy, facendo qualche passo verso di lui.
Il cantante abbassò la sua sciarpa per lasciare che le labbra si posassero proprio in mezzo agli occhi di Andy, l’unico millimetro di pelle rimasto scoperto.
-Io ti amo- esclamò, regalandogli un sorriso enorme.
Il greco curvò leggermente un angolo della bocca in un lieve sorriso, ma tirò un pugno al petto di Mika; con tutti quegli strati di vestiti, probabilmente non l’aveva scalfito di un millimetro.
-Vai via da me! Cammina!- gli intimò il biondo, minaccioso, indicando con un braccio il sentiero davanti a loro, ancora lungo da percorrere, prima che raggiungessero finalmente il posto in cui avrebbero montato la tenda.
Con quali dita avrebbero montato la tenda, questo Andy non lo sapeva, dato che il freddo ormai stava attraversando i suoi guanti, un po’ troppo leggeri per l’occasione.
Mika ridacchiò, ma prima di rimettersi in cammino si sporse per abbracciare Andy, con il chiaro intento di prenderlo ancora per un po’ in giro: -Sembra di abbracciare uno di quei peluche enormi con tutti questi vestiti-
Andy non aveva la forza di fare nient’altro, così caricò il piede destro e assestò una bella pestata a quello sinistro di Mika, con tutta la forza che aveva.
-Aaaaaaahi!- si lamentò il libanese, staccandosi da lui e piegandosi per raggiungere il piede.
Ora a ridacchiare era il biondo, sfregandosi le mani soddisfatto.
-Possiamo continuare a camminare, ora?- chiese poi Andy, con voce esageratamente gentile.
-Direi di sì- constatò Mika, riprendendo la sua marcia, con lo stesso entusiasmo di poco prima.
Andy non avrebbe essere voluto così di peso, ma quella camminata in mezzo alla neve lo stava davvero distruggendo.
-Quanto manca?- chiese quindi, dopo altri dieci minuti di camminata.
-Non lo so, ma non dobbiamo essere lontani- rispose Mika, senza fermarsi.
Troppo vago: un leggero sbuffo uscì silenzioso dalle labbra del biondino, che ormai ne aveva davvero abbastanza.
-La prossima volta che ti viene una crisi andiamo in Grecia ad imparare a fare surf- decise Andy, evitando l’ennesimo sasso ancorato alla strada, semi nascosto dalla neve.
Sentì Mika ridacchiare: -Se vuoi poi possiamo andare in Grecia a fare qualche giorno in spiaggia-
Andy annuì freneticamente: sì, un po’ del caldo sole della terra che l’aveva visto nascere non gli avrebbe fatto di certo male.
-Quanto manca?- chiese di nuovo.
-Me l’hai domandato due minuti fa, Andy- gli fece notare Mika, sorridendo.
-E allora?- domandò il greco e, non accorgendosi che il compagno si fosse fermato, finì dritto contro la sua schiena.
-Mika?- chiese quindi.
-Fai attenzione qui- gli disse solo il ragazzo, indicando una piccola discesa interamente coperta di neve fin troppo scivolosa.
Andy si permise di lasciar fuoriuscire un lieve lamento dalla sua bocca.
Mika sorpassò quella piccola discesa senza problemi, mentre Andy si fermò per un attimo ad osservarla. Il riccio, non sentendolo camminare, si voltò verso di lui.
-Coraggio- gli disse con un sorriso, tendendogli la mano.
-No, no, allontanati- gli disse Andy, con un gesto frenetico della mano. Se fosse scivolato avrebbe tirato giù Mika con lui.
Osservò i suoi pantaloni, impermeabili, e un’idea gli balenò in mente. Si sedette a bordo della piccola discesa e già in quel momento vide Mika iniziare a ridere con fin troppo gusto.
Ma al diavolo il suo ragazzo in quel momento, non voleva rompersi il naso scivolando su quella trappola infernale. Una leggera spinta con le braccia e giunse alla fine di quella discesa lievemente, rialzandosi illeso e soddisfatto.
-Ridi pure- disse poi a Mika, che ancora lo stava prendendo in giro, piegato in due dalle risate –Poi riderò io quando ti costringerò a nuotare in mare aperto, in Grecia- lo minacciò Andy, ben sapendo che il compagno non amasse l’acqua.
Ripresero a camminare, Mika sempre davanti e Andy, sempre con il broncio, dietro.
Non continuò per molto però.
Non potevano essere passati più di cinque minuti, quando un sonoro tonfo seguito da una serie infinita di borbottii in greco, costrinsero Mika a voltarsi verso il suo ragazzo.
Dovevano essere sicuramente insulti e imprecazioni quelle che stavano uscendo dalla piccola bocca del biondino, che in quel momento si trovava steso in mezzo alla neve, il volto appoggiato su un braccio.
-Mikaaa- lo chiamò in tono lamentoso, imitando una voce rotta dal pianto, allungando l’ultima lettera del nome del compagno. Tutti i suoi sforzi nel non cadere alla discesa, erano stati appena vanificati da un sasso conficcato nel terreno, interamente coperto di neve, che aveva così impedito al ragazzo di vederlo ed evitarlo.
Il libanese si avvicinò a lui e gli tese una mano per aiutarlo a rialzarsi.
-Niente di rotto?- gli chiese, quando Andy si aggrappò al suo braccio per tirarsi in piedi.
La risposta del biondo fu un sonoro sbuffo. Si voltò, lanciando uno sguardo omicida al sasso.
-Non guardare mai me così, ti prego- commentò Mika con un mezzo sorriso, osservando il volto della sua metà.
-Siamo quasi arrivati- disse poi però timidamente Mika, quando gli occhi azzurri di Andy si incatenarono ai suoi in uno sguardo molto simile a quello che il biondino aveva riservato al sasso.
Un nuovo sbuffo.
Il cantante cercò così di far notare ad Andy il bicchiere mezzo pieno in quella situazione.
-Però ci sono dei bei paesaggi qui, potresti togliere la videocamera dall… o magari no- concluse Mika infine, notando che gli occhi del greco ormai lanciavano saette.
Poi però Andy guardò per bene il volto di Mika, gli occhi che spuntavano dalla sciarpa sembravano essere dispiaciuti.
Un sospiro riempì l’aria.
-Dai, andiamo- esclamò il greco, cercando di farsi vedere deciso, afferrando però la mano di Mika e camminando accanto a lui questa volta.
 
Una leggera nevicata aveva fortunatamente atteso che loro avessero finito di montare la tenda, prima di riversarsi sulla montagna. Tuttavia, dovettero aspettare che terminasse, prima di riuscire ad accendere un piccolo fuoco che li avrebbe potuti riscaldare un pochino.
-Forse non ho considerato le temperature, quando ho pensato all’Hymalaya- buttò lì Mika, mentre entrambi mangiavano ciò che si erano procurati quella sera, ben consapevoli che non avrebbero raggiunto subito il rifugio.
-Tu dici?- commentò Andy ridacchiando, anche se il cibo e il caldo del fuoco lo stavano rigenerando e il suo umore era migliorato a vista d’occhio rispetto a quel pomeriggio.
Grazie alle fiamme che stava tenendo vive, si era anche tolto per un po’ il cappello e aveva abbassato la sciarpa, così che il suo viso leggermente arrossato prendesse un po’ d’aria.
-Dai, domani sera dormiremo al caldo- lo rassicurò Mika, mangiando l’ultimo boccone del suo panino e buttando la carta stagnola con cui l’aveva ricoperto in un sacchetto di plastica. Il riccio si alzò poi per prendere anche la carta di Andy e buttarla.
-Grazie- borbottò il biondo, a bocca piena, per poi osservare il compagno darsi da fare intorno alla tenda, raccogliendo tutte le loro cose e facendo ordine, per poi preparare i sacchi a pelo.
Mentre si dava da fare, Andy lo osservava dalla sua postazione, sorridendo: sembrava così spensierato in quel momento.
Forse tutto quel freddo valeva la pena di essere sopportato.
Addirittura, il cantante iniziò ad intonare a bocca chiusa una melodia che Andy non aveva mai sentito prima. Rimase per qualche secondo ad ascoltarla, poi decise di dar sfogo alla sua curiosità.
-Che canzone è?-
Mika si fermò, come se fosse stato risvegliato da chissà quale sogno.
-In realtà non lo so, è una musica che mi è venuta in mente adesso- confessò il libanese, ritornando a canticchiarla.
-Non è male!- esclamò quindi il biondo, spegnendo il fuoco ed entrando nella tenda.
Tolse solo la giacca pesante, ma tenne tutti gli strati di vestiti prima di infilarsi nel sacco a pelo, cosa che fece anche Mika.
-Continui a canticchiare quella canzone?- gli chiese Andy, voltandosi verso di lui, non volendo altro se non sentire la voce di Mika cantare quella sera.
Sarebbe stata sicuramente una bella distrazione dal freddo, in più non sentiva poi tanto sonno ed era un po’ di tempo che non lo sentiva cantare.
Il ragazzo gli rivolse un sorriso e poi iniziò ad intonare ancora quella canzone, sempre a bocca chiusa.
Andy lo vide chiaramente immergersi in quella musica che stava prendendo vita pian piano; era una musica incalzante, allegra e gioiosa.
Mika si fermò per un attimo, pensieroso; nei suoi occhi il biondo riconobbe quell’espressione che indicava solamente che ormai era completamente immerso nel suo mondo, un mondo lontano, a cui in quel momento nemmeno Andy poteva avere accesso.
Ma il cantante condivise quel mondo con il compagno qualche minuto dopo.
 
Anywhere you are
is just like home to you
From the beaches of Manila…
 
E Andy lo vide fare una pausa per voltarsi verso di lui e sorridere furbamente.
 
… Down to Kathmandu
 
Anche Andy si unì alla risata del compagno, lasciando che il silenzio si prendesse possesso della tenda pochi istanti dopo, per permettere a Mika di continuare a creare.
Non aveva mai assistito alla nascita di una nuova canzone come stava succedendo in quel momento. Lo aveva visto parecchie volte di fronte al pianoforte, a schiacciare velocemente i tasti sul computer per scrivere il testo. Lo aveva visto sparire nel bel mezzo di un discorso per acchiappare il primo foglio di carta disponibile e scarabocchiare in quella sua calligrafia disordinata qualche frase, per non dimenticarsela.
Ma Mika non gli aveva mai fatto sentire nulla di non pronto o di cui non fosse convinto.
Anche la prima volta che l’aveva sentito cantare, Mika gli avevo chiesto un paio di minuti per perfezionare la musica e solo dopo gli aveva fatto ascoltare Grace Kelly.
Al pensiero di dove l’avesse portato la prima canzone che Andy aveva avuto il piacere di ascoltare, il biondo non poté fare a meno di sorridere.
I suoi ricordi di quella giornata vennero però interrotti dolcemente dalla voce di Mika, che era appena riuscito a mettere insieme un’altra strofa.
 
It doesn't matter where we're coming from or going to 
You're the only one that ever turns a grey sky blue 
And everybody needs a friend like you 

 
Di nuovo fece una pausa, allungando però un braccio verso Andy e facendogli cenno di non parlare e di attendere un attimo. Puntò i suoi occhi in alto per qualche secondo, abbozzando subito dopo un’altra strofa.
 
We take a whole room full of strangers 
And we make them friends 
We do it all around the world 
Just so it never ends

 
Andy sorrise e afferrò la mano che Mika aveva allungato verso di lui, intrecciandoci le dita e chiudendo gli occhi, facendo però cenno al ragazzo di continuare a fare ciò che stava facendo.
Il biondo rimase per molto tempo steso lì, ad ascoltarlo, intenzionato a farlo fino al momento in cui Mika avrebbe cantato quella canzone per intero.
Ascoltando alcune frasi, Andy si ritrovò a chiedersi a cosa fossero riferite, quali potessero essere i pensieri che stavano spingendo Mika a cantare proprio quelle parole.
Tuttavia ad un certo punto la stanchezza ebbe la meglio. Sentiva la voce di Mika sempre più lontana, anche se il tocco leggero del pollice del libanese che accarezzava il dorso della sua mano lo mantenne in uno stato di piacevole dormiveglia, immerso in mille pensieri cullati unicamente dalla voce del cantante e dal leggero soffio del vento che si infrangeva contro la tenda.
Ad un certo punto però Andy percepì qualcosa cambiare; la canzone che stava intonando Mika ora era più lenta, anche più di come il biondo era abituato a sentirla.
Perché quella canzone non solo la conosceva alla perfezione, ma era quella che più preferiva ascoltare… direttamente dalla voce di Mika, così vicino a lui, poi era ancora meglio.



Buooonasera!
Sono di frettissima e avrei un sacco di cose da dire; avevo pensato di pubblicare con più calma, ma poi mi sono resa conto che non avrò tempo e lasciarvi un'altra settimana senza capitolo mi dispiaceva.
Quindi due cose veloci: ci sono un po' di riferimenti a interviste e cose dette da Mika in questo capitolo, quando avrò più tempo vi metterò i link, alcune interviste sono imperdibili.
Mi sono presa la libertà di cambiare alcune cose però, per questione di trama: il viaggio in Hymalaya in realtà risale al gennaio precedente la storia, ma mi piaceva inserirlo qui, in questo contesto, e quindi voilà, Mika e Andy a scalare montagne.
Per quanto riguarda Live Your Life, Mika aveva detto di aver scritto quella canzone in Kathmandu, quindi ho pensato di inserire anche quella.
Eeeee niente, ho sicuramente scordato qualcosa ma devo andare.
Portate pazienza, risponderò anche a tutte le vostre recensioni al capitolo prima un po' per volta.. l'università mi porterà via un bel po' di tempo fino a metà novembre, ma piano piano arrivo ovunque xD
Grazie a tutti come sempre :')
Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Un groviglio di gambe, braccia e zampe ***


Ad un certo punto però Andy percepì qualcosa cambiare; la canzone che stava intonando Mika ora era più lenta, anche più di come il biondo era abituato a sentirla.
Perché sì, quella canzone non solo la conosceva alla perfezione, ma era quella che più preferiva ascoltare… direttamente dalla voce di Mika, così vicino a lui, poi era ancora meglio.
 



From the air I breathe
To the love I need
Only thing I know
You’re the origin of love
 
Andy riaprì lentamente gli occhi, distendendo il volto in un sorriso sincero quando incontrò quelli profondi del compagno.
Mika si avvicinò ancora di più al suo volto, appoggiandovi la fronte, e proseguendo a cantare dolcemente.
 
Form the God above
To the one I love
Only thing is true
The origin is…
 
Andy aveva inclinato leggermente il volto per raggiungere le labbra di Mika, e il cantante si perse per un attimo in quel tocco delicato.
Un semplice, lungo, bacio.
-…you- concluse infine sulle sue labbra, quando si allontanarono leggermente.
Lasciò a Andy lo spazio per riappoggiare la testa e tornare a chiudere gli occhi, lasciando le loro mani intrecciate, e Mika continuò a cantare, intonando la prima strofa di Origin Of Love.
Gli era venuto spontaneo, mentre osservava Andy stringere la sua mano ad occhi chiusi, lasciare per un attimo da parte quella nuova canzone che gli era balenata in mente per cantare ancora una volta una delle canzoni più vere e sincere che avesse mai scritto in vita sua, dedicandola come sempre alla persona che l’aveva ispirata.
Ogni singola parola di quella canzone aveva un significato profondo, ma ogni volta che Mika la cantava a Andy, si rendeva sempre più conto che quel “you” ricorrente era forse la parola con il valore maggiore.
 
La mattina seguente Andy si svegliò per primo e, notando ormai la luce del sole, si arrese all’idea che non si sarebbe più riaddormentato.
Era stata una notte difficile: il freddo gelido che era sceso sull’Hymalaya aveva complicato ad entrambi il sonno. Spesso e volentieri Andy si era ritrovato con gli occhi spalancati, facendo fatica a riaddormentarsi perché troppo preso dal raggomitolarsi all’interno del sacco a pelo. Inoltre, anche così coperto, aveva sofferto il freddo.
Una volta aveva trovato anche Mika con gli occhi aperti; non avevano detto niente, entrambi troppo stanchi, ma si erano avvicinati ancora di più, nel tentativo di aumentare un po’ il calore grazie al corpo dell’altro.
In quel momento Mika stava dormendo profondamente: solo la testa faceva capolino dal sacco a pelo, tutto il resto era ben coperto.
Cercando di non fare troppo rumore, uscì in punta di piedi dalla tenda, rivolgendo per prima cosa uno sguardo al cielo.
Il sole faceva timidamente capolino in mezzo alle nuvole, che ancora promettevano neve, ma i suoi raggi non erano troppo caldi.
I ceppi del fuoco che avevano acceso la sera precedente riposavano ancora a terra, circondati dalla neve.
La neve.
Andy sorrise furbamente, mentre un’idea si faceva spazio nella sua mente. Uno sguardo all’orologio lo informò che avrebbe dovuto comunque svegliare Mika.
Si abbassò e prese un po’ di neve tra le mani, coperte dai guanti.
Rientrò poi nella tenda, avvicinandosi al volto del compagno.
Appoggiò la neve che aveva raccolto proprio sul viso di Mika, spiccando poi una corsa felina al di fuori della tenda, per non dover subire la sua tremenda vendetta.
-MA VAFFANCULO!- un urlo proveniente dall’interno della tenda lo fece scoppiare in una sonora risata, che aumentò pochi secondi dopo, quando vide il suo ragazzo uscire dalla tenda, i ricci scompigliati e lo sguardo ancora assonnato. Si piegò per prendere della neve da terra.
-Scappa- sibilò, prima di iniziare a correre.
Andy non se lo fece di certo ripetere due volte e voltò le spalle al ragazzo per darsi alla fuga; tuttavia Mika riuscì a prendere bene la mira e la neve che teneva tra le mani raggiunse i capelli di Andy e una parte scivolò poi nella schiena, facendo rabbrividire il ragazzo.
Il greco si fermò per togliersi il più velocemente possibile la neve dal collo, ma Mika, approfittando di quella pausa, raccolse dell’altra neve, colpendolo proprio sul petto.
A quel punto la risata cristallina che riempì l’aria fu quella di Mika, nello stesso momento in cui Andy restituiva il colpo al compagno, direttamente sui pantaloni e, subito dopo, sulla giacca a vento.
Iniziò una vera e proprio guerra, scandita da qualche affettuoso insulto tra una palla di neve e l’altra. Fu Mika a mettervi fine, atterrando Andy dopo che una palla di neve l’aveva colpito in piena faccia, inzuppandogli il viso.
Il biondo circondò il corpo del compagno, tenendo la testa alzata per non bagnarsi tutti i capelli.
-Questo è il ringraziamento per il modo dolce in cui ti sei addormentato ieri?- gli chiese Mika con finto tono offeso, indicando se stesso, completamente zuppo.
La risata divertita di Andy si trasformò in un sorriso luminoso al pensiero di Mika che gli cantava sussurrando Origin Of Love.
Alzò il cappuccio del giubbetto del compagno, di modo che non si bagnasse i capelli e invertì le posizioni, portandosi sopra Mika.
-No, questo è il ringraziamento per la tua buonanotte di ieri- rispose il biondo, lasciandogli un lungo bacio sulle labbra, fredde proprio come la neve che li circondava.
-In marcia?- gli chiese poi Mika con un sorriso enorme, quando si allontanarono.
La risposta del biondo fu immergere la testa nel petto del compagno, scuotendola con decisione.
Alla fine però si decise ad alzarsi e a iniziare a smontare la tenda: prima avrebbero ripreso il cammino, prima sarebbero arrivati a destinazione.
 
Non fu una camminata facile nemmeno quella di quel giorno, ma quando giunsero finalmente al rifugio in cui avrebbero passato la notte, Andy si buttò a peso morto sul letto al centro della stanza, borbottando un –Finalmente- che Mika fece fatica ad udire.
Al contrario del biondino, che stava cercando di assimilare un po’ del piacevole calore che il riscaldamento della stanza emanava, il cantante sembrava essere ancora su di giri.
Tuttavia, si rese conto che Andy non sarebbe stato in grado di muovere un passo in più, così rimase in camera, vicino al davanzale della finestra, diviso tra il perlustrare la zona e restare in quella camera accogliente al fianco del compagno.
Il biondo alzò lievemente la testa e notò lo sguardo luminoso con cui Mika stava osservando la vista meravigliosa che la finestra offriva loro.
-Vai- gli disse solamente, facendo un cenno alla porta e sorridendo.
-No, no, non preoccuparti, sto bene qui- e le parole di Mika furono sincere.
La miglior cura, anche per quella crisi, sapeva che si ritrovava sempre e comunque nelle sensazioni che solo quel ragazzo greco esausto gli sapeva far provare.
-Abbiamo tempo anche dopo per stare insieme. Prendi e vai a farti un’altra camminata, siamo qui per questo. Io però penso che potrei morire a camminare ancora- ammise Andy, osservando i suoi piedi, che ormai reclamavano a gran voce un po’ di tregua.
-Magari nel frattempo mi faccio un pisolino- aggiunse infine il biondo, sistemando il cuscino sotto la sua testa.
Mika esitò ancora qualche secondo, poi accettò la proposta del compagno.
-Okay. Riposa allora- gli disse, avvicinandosi a lui e lasciandogli un bacio leggero sulla guancia, prima di avviarsi verso l’uscita.
Appena Mika sparì oltre la grande porta in legno, Andy si alzò dal letto, raggiungendo la finestra. Un termosifone era posizionato proprio sotto il davanzale, così vi appoggiò le mani, sospirando lievemente.
Da quella posizione osservò il riccio uscire dal rifugio e dirigersi a grosse falcate lungo il sentiero, ovviamente coperto di neve, che si trovava proprio di fronte all’edificio.
Lo osservò mentre teneva gli occhi puntati al pavimento, prestando attenzione a dove mettesse i piedi; ogni tanto si fermava e sfiorava la neve con una mano. Il suo passo era veloce ed evitava gli ostacoli molto meglio di quanto avrebbe potuto fare lui.
Il greco, quasi senza rendersene conto, si ritrovò a sorridere. Era davvero strano come in certi movimenti Mika riuscisse a risultare molto impacciato, mentre quando si trattava di montagna, lo superava di gran lunga in quanto ad agilità.
Nonostante il freddo, nonostante il male ai piedi e nonostante lui preferisse mille volte una spiaggia calda, era contento di aver accettato di andare sull’Hymalaya.
Sicuramente, in quel momento, Mika stava camminando cercando di schiarirsi le idee. Oppure, come aveva fatto quando avevano camminato insieme, lo faceva solo per potersi distrarre un po’.
Staccare la spina, per poi ricominciare.
Non sapeva davvero quale fosse il meccanismo del compagno, tutto quello che sperava era che stesse funzionando.
 
Rimasero ancora qualche giorno immersi nella neve e nel freddo dell’Hymalaya, poi decisero di prendere un aereo per tornare a Londra, fare il cambio delle valigie, e partire per la Grecia, facendo prima una tappa in Italia.
Appoggiarono entrambi i bagagli sul letto della loro camera e iniziarono a svuotarli: Andy fu ben contento di liberarsi di maglioni pesanti e sciarpe, per riempire poi la stessa valigia di indumenti leggeri e costumi.
-No, MEL!- sbraitò ad un certo punto Mika, facendo sobbalzare il biondino. Il cantante fece uno scatto felino oltre il letto, mettendosi a rincorrere la cagnolina giù per le scale, fino alla sala. Andy li seguì con lo sguardo, fermandosi in cima ai gradini e ridacchiando, notando che Melachi stringeva tra i denti, tutta scodinzolante, un paio di boxer puliti di Mika. Più il libanese si avvicinava, più lei scappava indietro e iniziava a correre per tutta la casa, fino al giardino esterno, passando attraverso la porta lasciata aperta per arieggiare la casa dopo i giorni di assenza.
-Invece di startene lì a braccia incrociate a ridere, potresti darmi una mano?- gli chiese Mika, intento a portare a termine un agguato a Mel, che se ne stava sul divano verde, mordicchiando i boxer.
-Ma perché? Guarda com’è felice della sua conquista, mi si spezza il cuore a toglierglieli dalla bocca- commentò Andy, esibendosi in quel suo mezzo sorriso soddisfatto.
-Perché tutto ciò che abbiamo portato in Kathmandu è da lavare e non asciugherà mai in tempo e io ho bisogno di quei boxer- così dicendo Mika si lanciò sul divano ma la cagnolina, di riflessi pronti, balzò giù, risalendo le scale e passando accanto a Andy, per poi andare a stendersi sul letto, proprio sopra tutti gli altri vestiti pronti per essere messi in valigia. Il libanese atterrò quindi a pancia in giù sul divano, emettendo un lieve lamento, che provocò una risata ancora più forte del compagno.
Mika lo fulminò con lo sguardo e poi fece nuovamente una corsa su per le scale, acchiappando Andy questa volta, non Mel.
-No, cosa fai?!- esclamò il biondo, lasciandosi però spingere da Mika fin sopra al letto, atterrando proprio accanto a Melachi che, sorpresa di questa cosa, abbaiò un paio di volte dimenticandosi dei boxer di Mika, convinta che un nuovo gioco stesse per iniziare proprio con i due padroncini.
-Ah!- esclamò Mika soddisfatto, recuperando i suoi boxer e mettendoli in uno scompartimento della valigia, per evitare che la cagnolina li prendesse ancora.
Tuttavia Melachi aveva intenzione di godersi il ritorno dei due ragazzi, che non aveva visto per qualche giorno, così iniziò da Andy, sfregando il musetto contro il suo viso e lasciandogli qualche amorevole leccata.
La risata del greco riempì nuovamente l’aria e Mel riservò lo stesso trattamento a Mika, che ancora si trovava sopra Andy, e che iniziò a sua volta a ridere, lasciando qualche carezza alla cagnolina che ormai passava dall’uno all’altro in continuazione.
Quando tutti e tre si calmarono, si accorsero di essere un groviglio di gambe, braccia e zampe. Fecero scendere la golden dal letto e si alzarono anche loro, osservando poi il disastro che avevano combinato: dalle lenzuola del letto sembrava che fosse passato un carrarmato e i vestiti che avevano preparato ormai erano tutti stropicciati.
-Stiri?- chiese Andy, con un mezzo sorriso.
-Non ci penso nemmeno- decretò Mika, con decisione –Va bene così- si guardarono per un attimo negli occhi e risero ancora, per poi tornare a fare i bagagli.
-Per i tuoi trent’anni saremo in Italia, cosa ti va di fare?- chiese Andy, mentre iniziava ad inserire i vestiti nel bagaglio in modo del tutto casuale, completamente all’opposto della precisione quasi maniacale con cui Mika stava incastrando i calzini a lato delle magliette.
-Non lo so- rispose il cantante –Magari chiedo alla mia famiglia se vuole raggiungerci e facciamo qualche giorno insieme. Poi io e te ripartiamo per la Grecia-
Andy annuì, per poi portare gli occhi su Melachi, che ora sonnecchiava sulla porta.
-Portiamo anche lei?- chiese poi, immaginando che la cagnolina si sarebbe divertita a sguazzare un po’ nell’acqua.
-Perché no?- annuì Mika, avvicinandosi poi nuovamente a Mel e sedendosi a terra accanto a lei, iniziando a far passare le mani sul suo pelo.



Buonaaaasera!
Sono in ritardo, lo so.
Sono in ritardo anche a scrivere, ragion per cui il prossimo capitolo non aspettatevelo nemmeno tra due settimane. Mi dispiace un sacco doverla lasciare un po' così, ma ovviamente non si tratta di una interruzione definitiva, solo di una sospensione. Sono in università tutta la settimana e non ho più avuto tempo. Come sempre, piuttosto che scribacchiare qualcosa a caso, preferisco farvi aspettare.
Finisco le lezioni il 20 novembre, ma non prendetela come data di pubblicazione, significa che intorno a quella data spero di riuscire a tornare a scrivere.
E niente, spero anche di non avervi lasciato con troppa ansia, ce l'ho messa tutta.
Mi dispiace davvero tanto, ma comunque torno, sicuro u.u
Ciao :)

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Capitolo 12
*** Sono un italiano vero ***


-Per i tuoi trent’anni saremo in Italia, cosa ti va di fare?- chiese Andy, mentre iniziava ad inserire i vestiti nel bagaglio in modo del tutto casuale, completamente all’opposto della precisione quasi maniacale con cui Mika stava incastrando i calzini a lato delle magliette.
-Non lo so- rispose il cantante –Magari chiedo alla mia famiglia se vuole raggiungerci e facciamo qualche giorno insieme. Poi io e te ripartiamo per la Grecia-
Andy annuì, per poi portare gli occhi su Melachi, che ora sonnecchiava sulla porta.
-Portiamo anche lei?- chiese poi, immaginando che la cagnolina si sarebbe divertita a sguazzare un po’ nell’acqua.
-Perché no?- annuì Mika, avvicinandosi poi nuovamente a Mel e sedendosi a terra accanto a lei, iniziando a far passare le mani sul suo pelo.




Quando finirono di fare le valigie, Mika prese in mano il telefono e fece, nell’ordine, i numeri di sua madre, Yasmine, Zuleika, Fortuné e Paloma.
Poi, quando ebbe la conferma da parte di tutti, richiamò sua madre, chiedendole di avvisare anche la nonna. E l’infermiera per la nonna, ovviamente.
Il risultato finale, una volta atterrati in Italia, fu una carovana di macchine.
In pole position Andy alla guida (per quanto Mika amasse guidare, avevano tutti convenuto che fosse meglio arrivare a destinazione senza distruggere nulla) e Mika stravaccato accanto a lui, con lo schienale del sedile completamente tirato indietro. Nel posto dietro al cantante, Fortuné cercava di stringere il suo metro e novantacinque di altezza, dando voce ad una serie infinita di insulti verso il fratello maggiore che, con un sorriso maligno, comunicava silenziosamente al fratello che non si sarebbe azzardato ad alzare nuovamente lo schienale del sedile per fargli spazio. Nel posto centrale, Zuleika se ne stava con gli occhi puntati fuori dal finestrino ad osservare il paesaggio, alzando di tanto in tanto gli occhi al cielo, divertita dal teatrino che i due ragazzi dai capelli ricci stavano mettendo in scena.
E poi Melachi completava il piacevole quadretto, con il volto appoggiato alle gambe dell’unica donna nella vettura.
-MICHAEL!- ruggì Fortuné, sperando che l’uso del suo nome completo e non dell’abbreviativo donasse maggiore risolutezza alle sue parole -Se non alzi questo schienale, appena scendiamo dalla macchina ti riempio di sberle-
-Ho quasi trent’anni, Fort. Sono vecchio, ho bisogno di comodità- replicò in tutta tranquillità il cantante, chiudendo gli occhi e sorridendo rilassato. Due colpi secchi raggiunsero il sedile di Mika, seguiti dall’ennesimo insulto poco carino.
-No, no, non ho bisogno anche di un massaggio, ma grazie mille-
-MIKA!- urlò questa volta il fratello minore.
-La volete finire?- intervenne Zuleika, stanca delle lamentele dei fratelli che spezzavano il clima sereno del viaggio da ormai troppo tempo.
-Dillo a lui, sta occupando tutto lo spazio!-
-Dovresti essere gentile, è quasi il mio compleanno…-
-Ma proprio non mi interessa, tu adesso alzi questo sedile, altrimenti…-
-Alla prossima lite vi scarico in mezzo all’autostrada a fare autostop e al mare ci porto solo Zuleika e Mel!- intervenne quindi Andy, con tono perentorio, evitando così al più piccolo dei Penniman di dar voce ad un’altra minaccia -Fortunè, smettila di urlare, la macchina è piccola. Mika, ne hai quasi trenta o tre di anni? Alza questo maledetto sedile!- e così dicendo, con un pizzicotto fece sobbalzare il compagno che allontanò per un attimo la schiena dallo schienale, iniziando a ridere, e il biondo poi spinse la manovella per far alzare lo schienale, che finì dritto contro lo schiena di Mika.
-Ahi- si lamentò il libanese, mentre dietro di lui Fortuné emetteva un sospiro di sollievo -Vai a fidarti del tuo ragazzo- uno sguardo di fuoco raggiunse gli occhi castani di Mika, che però rispose con un sorriso luminoso. Andy scosse la testa e, malgrado tutto, sorrise a sua volta.
 
-Pausa, direi- decretò più tardi Andy, osservando con occhi già famelici la piccola stazione di servizio con tanto di bar annesso: sicuramente avrebbe potuto prendersi un panino e, finalmente, riposare un po’. Svoltò a destra, seguito da altre sette macchine che fecero esattamente lo stesso percorso.
Appena aprirono la portiera, un gran vociare inglese, francese e arabo riempì il parcheggio, facendo sì che non poche teste curiose si voltassero per vedere ciò che stava succedendo.
Mika osservò la piccola carovana che aveva messo insieme per quel viaggio in Italia: diciotto membri della sua famiglia, la nonna, la badante, qualche amico, Melachi, la cuccia di Melachi e un frullatore, sempre per Mel.
Otto macchine, quarantotto valigie e confusione, tanta confusione.
L’intera famiglia stava per assalire il piccolo bar e i componenti della macchina guidata dal biondino li seguirono per ultimi.
Il bar aveva dimensioni troppo modeste per contenere tutti loro, oltre i clienti che già erano presenti per bere il loro caffè in tranquillità. Di fronte al gran vociare della sua famiglia, Mika decise di prendere in mano la situazione.
-Quanti caffè?- urlò quasi, per cercare di zittire tutti quanti e attirare l’attenzione su di sé. Mika contò frettolosamente il numero di mani alzate.
-Diciannove- borbottò poi a Andy, accanto lui, sperando che il biondino l’aiutasse a ricordare i numeri.
-Qualcos’altro?- chiese poi, pentendosene immediatamente. Di nuovo, tutto quello che riuscì a capire furono dei borbottii incomprensibili.
Si voltò disperato verso Andy, il quale l’unica cosa che vedeva nella sua mente in quel momento era un bel panino ripieno.
-Diciannove caffè andranno più che bene- decretò infine, cercando di trascinare il compagno dentro il bar.
Ma il ricciolino non aveva calcolato una bassa signora che si stava avvicinando proprio in quel momento, con passo lento e scandito dal rumore del bastone da passeggio che entrava in contatto con l’asfalto.
Lei era la vera barbara all’interno di tutto quel gruppo, e in quel momento stava battibeccando con la donna che le stava accanto, la quale aveva appena alzato gli occhi al cielo, presa dalla disperazione.
-Nonna, caffè?- chiese quindi il libanese, cercando di ignorare il solito sorrisetto che l’anziana signora si portava sempre appresso.
-Lungo- annunciò solamente lei, seguita come un’ombra da una badante abbastanza robusta, scelta appositamente perché potesse seguire la donna e aiutarla per qualsiasi cosa avesse bisogno.
Mika si limitò ad annuire, entrando finalmente nel bar e schiarendosi la voce.
-Venti caffè- annunciò in Italiano, indicando poi con il pollice il gruppo di persone riunito fuori, per evitare che il cameriere lo considerasse completamente pazzo.
-E…- osservò Andy, interrogativo, che nel frattempo aveva indicato al di là del vetro il panino più strabordante che riuscisse a vedere.  
-Caldo il panino?- chiese quindi il ragazzo, rivolgendosi direttamente al biondino che lo fissò confuso.
-Lo vuoi caldo?- tradusse Mika per lui, sorridendogli.
-Oh, no, grazie, va bene così- rispose il biondo per poi riportarsi vicino a Mika e osservarlo estrarre dal portafoglio gli euro che avevano fatto precedentemente cambiare.
Quando il panino fu finalmente tra le mani del greco, venne addentato immediatamente con la voracità di un leone dal ricciolino, che si era sporto improvvisamente verso di lui.
-Allontanati subito dalla mia unica fonte di cibo- lo minacciò Andy, allontanando poi il panino mentre Mika ridacchiava -Devo pur trovare un modo per sopportarvi tutti- continuò il biondo, indicando con gli occhi l’intera famiglia Penniman.
Mika si rese conto che al di là dello scherzo, il biondino avesse ragione: doveva decisamente essere un santo per aver accettato di seguirlo anche in quella vacanza in cui mancavano solamente i mobili di casa da portarsi dietro: una vacanza all’italiana, insomma.
 
Arrivarono all’hotel di sera, distrutti.
Gli scherzi, le risate e gli insulti amichevoli erano finiti da un po’ nella macchina guidata da Andy e Mika si era addirittura addormentato. Appena spense il motore fece un sospiro di sollievo: guidare fin lì era stato stancante.
Zuleika e Fortuné scesero immediatamente dalla macchina, desiderosi di raggiungere il prima possibile un letto. Quando chiusero le portiere, Andy si sporse verso Mika, lasciandogli un leggero bacio a fior di labbra.
-Ehi, siamo arrivati- sussurrò, vicino al suo orecchio, ottenendo un borbottio sommesso come risposta.
-Dai, dobbiamo portare su le valigie, poi ci buttiamo a letto-
Un altro grugnito.
Andy perse qualsiasi speranza di farlo alzare da quel sedile in modo dolce, così lo scosse per le spalle.
-Hai ancora un quarto d’ora da ventinovenne, sei ancora giovane. Muoviti e dammi una mano, prima che la vecchiaia si impossessi completamente di te- e così dicendo scese dalla macchina, sbattendo appositamente la portiera per fare più rumore possibile. Notò che, nonostante tutti quanti stessero entrando in hotel, il chiacchiericcio di quel pomeriggio al bar era sparito: la stanchezza era riuscita a zittire l’intera compagnia.
Qualche secondo dopo Mika lo raggiunse strascicando i piedi, dandosi da fare per portare tutti i bagagli fino alla loro stanza, seguiti da Melachi.
Appena chiusero la porta della camera, Andy mise un cuscino a terra, che la cagnolina raggiunse subito, procedendo la bella dormita che aveva iniziato in macchina.
Mika si lavò velocemente i denti, si tolse i jeans corti che indossava e la maglietta a righe colorate e si gettò sul materasso senza troppi complimenti. Anche Andy si lavò, per poi raggiungere Mika sotto il leggero lenzuolo che li avrebbe coperti in quella calda notte.
La sveglia accanto al biondino segnava mezzanotte e sei minuti.
Era il diciotto agosto.
Si voltò verso Mika, ma lo vide già con gli occhi chiusi.
-Mika?- sussurrò, per vedere se dal ragazzo provenisse qualche reazione.
Tutto tacque, si era già riaddormentato.
Andy lo osservò per un attimo, sorridendo e passandogli una mano tra i capelli, in una leggera carezza.
-Buon compleanno- sussurrò solamente al suo orecchio, anche se il ragazzo non poteva sentirlo.
Poi si appoggiò al cuscino e si addormentò a sua volta.
 
-ABBIAMO INTENZIONE DI PASSARE TUTTA LA GIORNATA A LETTO?- un urlo seguito da due colpi secchi fecero sobbalzare Andy, che sentendo una voce a lui per nulla sconosciuta al di là della porta, scattò immediatamente in piedi, convinto di dover colpire Mika in faccia per svegliarlo. Incredibilmente però, il compagno se ne stava già seduto a terra accanto al cuscino di Melachi riempendola di attenzioni, con il volto sorridente e per nulla stanco.
-Buongiorno- lo salutò Mika, con voce entusiasta e questa volta fu il turno di Andy di grugnire. Il riccio si alzò da terra, con l’intento di aprire la porta.
-Aspetta, passami quelli- borbottò Andy, indicando i pantaloncini blu che stavano sopra la sua valigia. Mika glieli lanciò e aspettò che se li infilasse. Il biondino rifletté ancora un attimo, ricordandosi che la signora che stava battendo il suo bastone da passeggio contro la porta, probabilmente ormai scalfita, era la nonna di Mika, una strana signora inquietante, per quel che ne pensava lui.
-Anche quella- mugugnò quindi, indicando la maglietta rossa lì accanto. Mika eseguì, ridacchiando tra sé e sé di fronte al fatto che Andy si sentisse così in imbarazzo, e andò infine ad aprire la porta.
Nel frattempo, il greco era atterrato nuovamente sul cuscino, coprendosi con il lenzuolo, intenzionato a restare spalmato su quel letto comodo per altri dieci minuti, come minimo.
-Auguri, Michael- borbottò la donna, stringendo il nipote in un goffo abbraccio, che Mika ricambiò abbassandosi alla sua altezza.
Certo, il diciotto agosto, il compleanno di Mika. Andy doveva ancora mettere in moto i neuroni quella mattina.
-Grazie, nonna-
-E buongiorno anche a te- disse poi la donna, puntando i suoi occhi sull’ammasso di capelli biondi che emergeva dal cuscino, con il suo solito tono di voce che sembrava sempre seccato per qualcosa.
-Buongiorno- salutò educatamente Andy, senza aggiungere altro, aprendo gli occhi giusto per il tempo di salutare. Era meglio che fosse gentile con l’anziana signora, era la persona più famosa al mondo per la sua capacità di riservare un commento scorbutico a chiunque.
-Allora, venite o no a fare colazione?- disse poi la nonna, squadrandoli entrambi con un sopracciglio alzato.
-Noi facciamo qui, tu vai pure dagli altri- rispose il ricciolino e, a quelle parole, Andy riaprì gli occhi e notò che effettivamente la loro colazione era già posizionata sul tavolo di fronte al letto.
La signora borbottò qualcosa che il greco non riuscì a capire, scuotendo la testa, prima di raggiungere l’ascensore per unirsi al resto della famiglia.
Non appena Mika chiuse la porta, Andy diede due colpi secchi al materasso vuoto accanto a sé, invitandolo silenziosamente a raggiungerlo.
-Andy, dobbiamo far colazione, se facciamo tardi mia nonna mi uccide-
La risposta del biondo fu un altro colpo al materasso, accompagnato da un -Muoviti- quasi sibilato.
Mika ridacchiò, ma alla fine accontentò il compagno e si stese sopra il lenzuolo, dalla sua parte del letto, sostenendosi con un gomito e osservando Andy ancora con gli occhi chiusi.
-Che c’è?- chiese infine il cantante, allungando una mano per accarezzare i corti capelli biondi del greco.
Andy fu più veloce e, con uno scatto del tutto inaspettato, si portò sopra Mika, fissandolo per un lungo momento negli occhi.
-È il tuo compleanno, io avrei dovuto farti trovare la colazione in camera, se proprio- constatò il biondino, portando la mano sinistra sulla guancia di Mika, lasciandosi pizzicare da quell’accenno di barba che adorava.
-Proprio perché è il mio compleanno, volevo fare almeno la colazione lontano dal branco che ci siamo portati dietro- rispose Mika, sorridendo leggermente.
Andy non gli diede il tempo di aggiungere altro e si piegò su di lui, avvicinando il viso al suo e facendo sfiorare i loro nasi. Restarono in quella posizione per qualche secondo, in cui Mika portò una mano tra i capelli di Andy, spingendolo verso di lui e facendo finalmente incontrare le loro labbra in un bacio intenso.
-Auguri- sussurrò poi Andy, soffiando quelle parole nel suo orecchio, mentre una mano stava ancora tra i suoi capelli morbidi.
-G-grazie- balbettò Mika, scordandosi della colazione, della carovana che li aspettava al piano terra dell’hotel, dei suoi trent’anni e del luogo in cui si trovava. La sua attenzione era stata catturata dalle reazioni del suo corpo a quel contatto così ravvicinato con Andy, il quale, essendosi accorto di aver catturato l’attenzione del suo ragazzo in così poco tempo, non si fermò ma continuò a lasciare baci leggeri sul suo orecchio, scendendo lentamente fino al collo, per poi ritornare di nuovo su.
-Ti sei svegliato bene, vedo- mormorò Mika, mentre una mano di Andy era passata ad accarezzare il suo petto.
-Sì, il risveglio di tua nonna è stato uno dei migliori della mia vita, nulla da dire- rispose il biondino, imprimendo un tono fortemente sarcastico a quelle parole.
Mika stava per ribattere a tono, ma la mano di Andy era appena scesa fino ai suoi pantaloni, cosa che gli fece dimenticare anche cosa fosse una risposta.
-Non… non abbiamo…- ma fu interrotto dalle labbra di Andy che si posarono inaspettatamente sulle sue in un bacio che di casto aveva ben poco.
-… tempo- sussurrò infine, con pochissima convinzione, usando l’ultimo briciolo di fiato che la sua metà non gli aveva tolto.
-Ce l’abbiamo, eccome. Tanto con te essere in ritardo non è l’eccezione- rispose invece Andy, sbottonando i pantaloni del libanese e appropriandosi nuovamente delle labbra del suo ragazzo, prima che potesse ribattere a quella frecciatina per nulla celata.
Mika mandò al diavolo il tempo, sarebbero arrivati in ritardo, tanto Andy aveva ragione: con lui non sarebbe stata una novità.
 
Più tardi, quando raggiunsero l’ingresso dell’hotel, quasi tutti i membri della compagnia che Mika aveva riunito per quel giorno si avvicinarono a lui per augurargli un sereno compleanno.
Qualche minuto più tardi, le otto macchine erano di nuovo in strada, direzione mare.
Quando Andy scese dall’auto dopo aver parcheggiato, alzò gli occhi verso il compagno, che stava trafficando nel baule dell’auto, alla ricerca di chissà cosa. Melachi invece aveva iniziato ad esplorare il territorio: ci sarebbe stato modo di divertirsi anche per la cagnolina. Il greco le lasciò una leggera carezza, prima di scoppiare a ridere di gusto; il compagno, infatti, aveva appena estratto dal baule un lungo tubo viola.
-Stai scherzando, spero!- quasi ululò Andy, ancora scosso dalle risate.
Mika alzò leggermente le sopracciglia, assumendo un’aria di superiorità.
-L’acqua è alta- decretò infine, come spiegazione.
-Ma Mika- commentò Andy, di nuovo ridendo e indicando il tubo viola -si usano quando si insegna ai bambini a nuotare!-
-Ma tengono a galla- ribatté di nuovo il libanese, sorridendo lievemente alla sonora risata che di nuovo prese vita dalla bocca di Andy. Risata alla quale se ne aggiunse un’altra, proprio alle spalle del ricciolo.
-Da qualche parte devono esserci ancora anche i tuoi braccioli di Snoopy, chiedo alla mamma se li ha portati- Mika si voltò velocemente in direzione del fratello e, con un colpo secco, usò il tubo viola per colpirlo sulla schiena, mentre il più piccolo se la svignava a gambe levate ridacchiando.
-Braccioli di Snoopy?- chiese Andy ridacchiando qualche secondo dopo, prima che Mika si avvicinasse alla scaletta che avrebbe loro permesso di entrare in acqua.
-Non fare domande- lo avvertì Mika voltandosi verso di lui e afferrandolo per un braccio, dato che il biondo stava già per seguire Fortuné e fargli più domande.
Il libanese si sedette poi sulla scaletta, chiamando a sé Melachi e infilandosi gli occhialini, per poi entrare finalmente in acqua, seguito poco dopo da Andy.
-Lei è più brava di te- lo prese in giro il greco, giungendo alle sue spalle, mentre Mika alzava inesorabilmente gli occhi al cielo -Per fortuna che sei nato sul mare- continuò il biondino, pizzicandogli leggermente un fianco.
-E tu allora saresti greco? Sei pallido come un fantasma- ribatté Mika con un mezzo sorriso, voltandosi in direzione del suo ragazzo e aprendosi in un sorriso più luminoso quando lo vide esitare un attimo.
-È l’effetto di Londra- replicò infine, facendo spallucce.
Il ricciolo, troppo preso dalla conversazione e alla ricerca di una risposta per avere l’ultima parola, non si accorse di aver prestato troppa poca attenzione al suo fedele tubo viola, che gli era appena sfuggito da sotto le braccia. Quando si rese conto di non aver nessun appiglio emise un lieve urlo, per poi gettare le braccia attorno al collo del biondo che, ovviamente, non poté fare a meno di ricominciare a ridere.
-Questo è il karma, la prossima volta impari a prendermi in giro-
Mika sbuffò.
-Senti chi parla- commentò alzando gli occhi al cielo, mentre in realtà stava pensando al fatto che Andy fosse un appiglio decisamente migliore di uno stupido tubo di gommapiuma.
-Per la Grecia altro che braccioli di Snoopy, ti procuro un salvagente enorme- sussurrò poi il greco al suo orecchio, soffiando quelle parole sulla pelle del compagno, che rabbrividì visibilmente.
-Procuraci una nave enorme tutta per noi, piuttosto che un salvagente- ribatté Mika, osservandolo dritto negli occhi azzurri.
-Ah beh, come al solito ti accontenti di poco- commentò il biondo, aggiungendo poi la sua risata a quella del compagno.
 

Buongiorno *-*

E' passato un mese dall'ultimo aggiornamento, lo so, ma le lezioni in università sono finite e quindi ye, eccomi qui di nuovo! Nonostante gli esami adesso sono a casa, quindi spero di riuscire ad aggiornare ancora con un minimo di regolarità.

Due paroline su questo capitolo:

la descrizione della vacanza la trovate in un articolo scritto da Mika, qui: http://mikaitalia.jimdo.com/mika-scrive/lasciatemi-viaggiare-con-un-clan-intero-sono-un-italiano-vero/

In più aveva raccontato qualcosa anche nell'ultima intervista a che tempo che fa!

Il tubo viola... si rifà a delle foto che girano in internet di Mika e Andy. Non so dove si trovassero e nemmeno di quando siano, ma me ne sono fregata alla grande: si vedono Mika, Andy, Fortuné, Melachi... e un tubo viola sempre tra le mani di Mika.

Penso di aver detto tutto... alla prossima :D

E grazie come sempre per tutte le recensioni, ora la smetto di non rispondervi, giuro.

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Capitolo 13
*** La migliore foto di sempre ***


-Per la Grecia altro che braccioli di Snoopy, ti procuro un salvagente enorme- sussurrò poi il greco al suo orecchio, soffiando quelle parole sulla pelle del compagno, che rabbrividì visibilmente.
-Procuraci una nave enorme tutta per noi, piuttosto che un salvagente- ribatté Mika, osservandolo dritto negli occhi azzurri.
-Ah beh, come al solito ti accontenti di poco- commentò il biondo, aggiungendo poi la sua risata a quella del compagno.




Fu una giornata piacevole: Mika fu contento di aver deciso di invitare tutta la sua famiglia in Italia per il giorno del suo compleanno, ma al termine di quelle giornate la sua testa stava decisamente esplodendo. Troppo caos gli aveva fatto un po’ rimpiangere la tranquillità della piccola famiglia che lui aveva deciso di costruire con Andy, così fu ben felice il giorno in cui si imbarcò sulla nave che li avrebbe portati in Grecia, solo lui e Andy. Melachi aveva già affrontato fin troppi viaggi per quel periodo, così Joanie si offrì di occuparsi di lei fino al ritorno a Londra dei due ragazzi.
Anche Andy sembrava felice di aver ritrovato finalmente il loro piccolo mondo tranquillo, fatto di cose semplici e, in confronto al marasma dei giorni precedenti, tutto sommato silenzioso, interrotto solamente dalla sua voce o da quella della sua metà; un piccolo mondo ancora migliore quando il silenzio veniva interrotto dalle loro risate psicotiche.
Una settimana fatta solo di spiaggia e mare era esattamente quello che ci voleva per entrambi, prima di tornare alle loro vite e ai loro rispettivi lavori.
Tuttavia avventure e imprevisti non mancarono nemmeno in quel frangente: la nave che li avrebbe portati in Grecia, infatti, aveva subito un piccolo incidente di percorso, ed erano stati costretti a raggiungere Atene in traghetto, per poi tornare a Londra.
-Mi sento di nuovo come un adolescente- dichiarò Mika, lasciando cadere la valigia sul pavimento dell’ingresso della loro casa di Londra, scordandosi completamente cosa significasse la delicatezza -Queste vacanze sono state l’anno sabbatico che non ho mai fatto- e con un sorrisetto soddisfatto, fece atterrare il suo zaino sul divano verde con un lancio precisissimo.
-Siamo stati via solo un mese però- constatò Andy, accendendo le luci e storcendo il naso di fronte all’odore di chiuso che si era creato all’interno della casa.
-Mese sabbatico- si corresse così Mika, togliendosi le scarpe e appoggiandole accanto all’ingresso.
-Beh, quando vorrai fare effettivamente un anno sabbatico fammelo sapere, io sono disponibile- esclamò il biondo, buttando lo zaino del compagno a terra e sdraiandosi sul divano nella posizione più stravaccata che gli fosse possibile.
-Quando andremo in pensione lo faremo- dichiarò il ricciolo, alzando la testa di Andy e sedendosi sul divano, per poi riappoggiarla sulle sue gambe e iniziare a far scorrere una mano tra i capelli corti e biondi della sua metà.
-Me lo segno- dichiarò il greco, sorridendo soddisfatto.
 
Nei giorni seguenti Andy riprese il suo lavoro, questa volta con un video che non gli avrebbe richiesto di allontanarsi da Londra.
L’agenda di Mika invece non era così libera da viaggi: l’inizio di X Factor richiedeva che trascorresse gran parte della settimana a Milano, un impegno che il giovane cantante aveva dovuto incastrare con  un viaggio a Los Angeles, un ritorno a Londra per poter passare qualche giorno con Andy e il lancio dei suoi orologi, nati dalla sua collaborazione con Swatch.
A metà novembre si rese conto di aver bisogno di una pausa quando si ritrovò a tentare di mettersi le scarpe prima dei pantaloni nel suo appartamento a Parigi, in cui aveva avuto un primo incontro con i giudici di The Voice Francia, programma a cui, visto il buon esito di X Factor, aveva deciso di prendere parte.
Fu solo verso la fine del penultimo mese dell’anno che riuscì a trascorrere qualche giorno nella sua casa di Londra.
Andy aveva deciso di lasciare a lui l’onere di preparare qualcosa da mangiare per entrambi. Quando la sua proposta si era scontrata con la faccia storta e decisamente contrariata del libanese, il biondo aveva spiegato in modo fin troppo convincente quanto la sua cucina gli fosse mancata in quei mesi in cui X Factor e The Voice li avevano tenuti un po’ più distanti del solito. Un bacio veloce sulle labbra per convincerlo ancora di più e poi il greco gli aveva voltato le spalle, destinazione divano, sul quale atterrò con la grazia di un elefante, facendo scappare Melachi che vi si era sdraiata poco prima.
La golden, notando che il più giovane dei suoi padroni aveva già chiuso gli occhi e non sembrava intenzionato a volerli riaprire tanto presto, raggiunse zampettando la cucina, dove Mika fissava con sguardo perplesso il contenuto delle mensole, alla ricerca di qualcosa da preparare per merenda.
-Ha rilegato anche te in cucina?- chiese il ricciolo, accarezzando la testa della cagnolina e indicando con un cenno del capo il ragazzo al di là della porta bianca aperta.
-Beh, pancake- decise poi il cantante, desiderando solo di raggiungere il prima possibile il suo ragazzo sul divano.
Preparò l’impasto e lo mise sul fuoco, per poi prendere tra le sue mani l’osso di plastica che Mel gli aveva appena portato, desiderosa di poter giocare un po’ con lui, dato che non godeva della sua compagnia da tempo. Mika stava per rilanciarglielo quando notò che Andy, sul divano, aveva chiuso gli occhi e sembrava essersi appisolato. Controllò i pancake sul fuoco e poi si avviò verso la sala, assumendo quel suo sguardo fin troppo furbo che, se fosse stato notato dal biondo, sicuramente sarebbe stato un ottimo segnale che lo avrebbe fatto fuggire a gambe levate.
Mika fece l’occhiolino a Melachi e poi lanciò l’osso sul divano, iniziando però anche lui a correre, per poi gettarsi addosso alla figura assopita del compagno insieme alla cagnolina.  Il greco venne cosi svegliato di soprassalto dal dolce peso di Mel sulle gambe e da quello di Mika su tutto il resto del corpo.
-Ahi!- accusò il colpo, incredibilmente senza dar voce alla lunga lista di insulti che invece Mika si sarebbe aspettato.
-Mel deve pur giocare- si giustificò allora il ricciolo, con un sorriso fanciullesco e pieno di innocenza, che imbambolò Andy per un paio di secondi.
-Sì, e tu sei sempre il solito bambino!- ribatté Andy, tutto sommato felice che l’imprevedibilità fosse tornata per qualche giorno tra le mura di quella casa, ad interrompere il pesante silenzio che soffocava il greco in assenza della sua metà.
-Sai che è una delle prime cose che mi hai detto quando ci siamo conosciuti?- rifletté il ricciolo, posizionandosi per bene sopra di lui e fissandolo negli occhi azzurro chiaro, un po’ l’opposto delle sue iridi castane.
-Certo, ci ho sempre visto giusto su di te- replicò il biondo, sfiorando il suo volto con le dita in un tocco leggero.
-Mika- lo chiamò qualche secondo dopo il ragazzo, interrompendo quel gioco di sguardi silenziosi che avevano appena iniziato, osservando il compagno con sguardo perplesso.
-Cosa?-
-Credo che qualcosa stia andando a fuoco- fece notare il greco, portando l’attenzione del libanese sul fastidioso odore di bruciato che gli stava invadendo le narici.
-Cazzo!- esclamò il ricciolo, alzandosi immediatamente dal divano e spiccando una buffa corsa che fece ridere Andy di gusto.
Quando Mika spense il fornello, notò che ormai il danno era irrimediabile. Buttò immediatamente i suoi defunti pancake nel cestino e tornò ad aprire ogni mensola della cucina. L’unica cosa che vi trovò fu un sacchetto di patatine.
Lo prese e lo lanciò sul divano, facendolo atterrare direttamente sulla pancia di Andy che se lo rigirò tra le mani con un sopracciglio alzato e lo sguardo deluso.
-Patatine?- chiese, con un tono di voce abbastanza schifato.
-Ehi, se vuoi ci sono i pancake, devi solo recuperarli dal cestino- rispose Mika, indicando la porta della cucina con un mezzo sorriso.
-Patatine andranno benissimo- decretò velocemente Andy, mettendosi seduto e aprendo il sacchetto, per poi scuotere la testa.
-Non ci si può mai fidare di te-  borbottò sottovoce in tono sarcastico e, prima che Mika potesse colpirlo con un pugno sulla spalla, frappose tra sé e il ragazzo una patatina, come segno di pace, offrendogliela con lo sguardo più supplichevole di cui fosse capace.
Funzionò: Mika scoppiò a ridere, prese la patatina e scosse la testa, per poi appoggiarla sulla spalla del biondo.
 
I primi giorni di dicembre portarono con sé l’attesa del Natale, almeno per Mika. Ancora qualche giorno di lavoro ma poi, finalmente, sarebbe tornato a casa e non solo per pochi giorni.
La sua casa di Milano non avrebbe potuto essere più vuota e silenziosa; aveva appena finito di cenare in compagnia della televisione, che però non aveva nemmeno tentato di comprendere. Il susseguirsi di parole italiane quella sera gli risultava troppo difficile.
La giornata, in realtà, non era stata più pesante delle altre: era appena tornato dal loft di X Factor, in cui aveva assistito alle prove delle sue ragazze. Come al solito avvertiva una leggera ansia, che sicuramente sarebbe aumentata il giorno seguente, per il live e per il pericolo di poter perdere un membro della sua squadra. Tutto nella norma, insomma.
Eppure si sentiva più stanco di altre serate e terribilmente solo. Mel era rimasta a casa con Andy, che ormai per quel mese non avrebbe più dovuto spostarsi dalla capitale inglese, se non dopo le vacanze di Natale.
Natale.
Mika si rese conto che fosse tutto ciò che stava aspettando in quel momento, eppure guardandosi intorno non c’era nemmeno un minimo segnale dell’imminente festività.
Spense la televisione e accese un po’ di musica, beandosi del suono degli strumenti che avevano sostituito con dolcezza il parlare incessante della televisione, per poi fissare con sguardo perplesso il grande abete che aveva fatto recapitare al suo indirizzo qualche giorno prima. Era definitivamente giunto il momento di dargli un po’ di colore e vivacità.
Si precipitò nella sua stanza e recuperò la piccola scala dietro la porta, per riuscire a prendere lo scatolone che aveva posizionato sopra l’armadio. Tornò poi in sala, davanti all’abete, e aprì la scatola, ravanando tra i vari addobbi che conteneva
Quando le sue mani si soffermarono su qualcosa di ruvido, le sue labbra si curvarono in un lieve sorriso. Estrasse dalla scatola una decorazione a forma di stella cometa. La scritta “Merry Christmas” spiccava al centro della coda della stella, in una scrittura fin troppo semplice, di colore rosso scuro. La stella era colorata interamente di oro, stranamente opaco, scolpita da lievi decorazioni dello stesso colore che le conferivano quel ruvido che Mika aveva avvertito prendendola in mano.
Era la stella cometa più brutta che il ragazzo avesse mai visto in vita sua, ma quel semplice oggetto, che portava i segni tangibili dei denti di Melachi, riportò alla sua mente la vigilia di Natale di un anno prima, trasportando i suoi pensieri nella fredda Londra, ormai alle porte del 2013.
 
Il fuoco scoppiettava ardentemente nel camino che, per quella sera, avevano deciso di accendere al posto dei termosifoni. Il cielo di Londra sembrava fregarsene del fatto che fosse la vigilia di Natale, infatti stava offrendo agli abitanti della capitale inglese una fitta pioggia che batteva rumorosamente sui tetti, invece dei più poetici fiocchi di neve. Tuttavia, all’interno dell’abitazione, l’atmosfera natalizia era ben percepibile. Andy osservava con un guizzo divertito negli occhi il massiccio maglione che il compagno aveva scelto di indossare dopo la doccia: rosso e oro, con un fiocco di neve di proporzioni enormi appuntato al centro.
-Molto sexy- commentò solamente, alzando le sopracciglia in direzione del petto del compagno.
-Non ridere, è il maglione di nonna, non oso immaginare quanto potrebbe prendersela se non lo indossassi- si difese il libanese, lanciando il sacchetto di plastica, che aveva contenuto fino a poco prima un paio di decorazioni per l’albero, dritto in faccia a Andy.
-Non cercare scuse, tua nonna non può sapere se lo indossi o meno!- ribatté il biondo, con il chiaro intento di far ammettere all’altro che, in realtà, quel maglione natalizio a lui piaceva.
Mika non rispose, ma estrasse l’Iphone dalla tasca dei jeans scuri che indossava e si avvicinò alla sua metà, che come spesso accadeva quando stavano insieme sembrava molto propenso allo scherzo. Mise il braccio sinistro attorno alle sue spalle e con il destro allontanò leggermente il telefono, di modo che il loro abbigliamento rientrasse nella foto. Esibì un sorriso a trentadue denti e catturò l’immagine.
-Ora lo saprà- esclamò poi, soddisfatto, per poi iniziare a ridere di fronte all’espressione perplessa e rassegnata che il compagno mostrava nella foto.
Anche Andy osservò lo schermo del telefono, rubandolo poi dalle mani di Mika.
-Tua nonna non vedrà mai questa foto!- decise, non appena notò quanto il suo non essere affatto fotogenico fosse fin troppo evidente in quello scatto. Il suo pollice corse velocemente verso il tasto “elimina” prima che il cantante potesse anche solo rendersi conto di quello che stava facendo.
-Dai, Andy! Sei veramente noioso…- asserì Mika, tentando di riprendersi il telefono.
-Non sono noioso, sei tu che proprio con le foto non ci sai fare- si difese il greco, tentando di dare la colpa a Mika per la faccia storta con cui era stato immortalato.
Questa volta fu Andy a prendere in mano il telefono e ad avvicinarsi al suo ragazzo, aprendosi in un sorriso da posa perfetta. Quando sentì il braccio di Mika avvolgerlo all’altezza della vita, avvicinò il pollice al tasto dello scatto, ma poco prima che potesse schiacciarlo la mano del libanese, appoggiata al suo fianco, si strinse attorno ad un lembo di pelle, lasciandogli un pizzicotto che lo fece sobbalzare.
Il risultato fu che nella foto che ne uscì, si poteva notare Mika con gli occhi fissi su Andy e un sorriso fin troppo furbo, e un’immagine molto sfocata del biondo, con la bocca aperta, che sobbalzava al tocco del compagno.
-Il solito bastardo- commentò sottovoce Andy, scuotendo la testa.
-Cancella questa foto e me la pagherai-
Un fischio sarcastico precedette la risposta del biondo: -Le terribili vendette di Michael Penniman- lo prese in giro, facendo riferimento al fatto che, di solito, quando il ragazzo aveva intenzione di fargliela pagare si avventava su di lui e quella che in teoria doveva essere una lotta si trasformava ben presto in una danza di baci e carezze. Tuttavia, decise di tenere quella foto, tentando però di farne un’altra, pregustando lui una piccola vendetta.
Si misero di nuovo in posa, esibendosi entrambi nel classico sorriso da foto, ma poco prima di schiacciare il tasto, Andy si avventò inaspettatamente sul collo di Mika, lasciandogli un morso ben assestato, facendo scattare il compagno, che si esibì in un urlo e in una fragorosa risata. Questa volta, nell’immagine immortalata, il volto di Andy si vedeva di profilo, immerso nel collo del libanese, mentre Mika mostrava un’espressione tutta striminzita, occhi chiusi e naso arricciato, volto immerso nelle spalle, nel tentativo di difendersi da quell’attacco inaspettato.
-La migliore foto di sempre- commentò soddisfatto di sé il greco, mentre un pugno colpiva il suo braccio. Se la inviò immediatamente, per evitare che Mika potesse farla sparire.
-Riusciamo a farci una foto normale?- commentò poi il libanese, riprendendo il telefono e obbligando Andy a mettersi di nuovo accanto a sé.
Il greco invece si spostò dietro di lui, mettendosi in ginocchio sul pavimento e avvolgendo le braccia all’altezza del collo di Mika, lasciandogli un bacio leggero sull’orecchio.
-Una foto per ricordarci che siamo gli unici esseri umani a fare l’albero la sera della viglia?- sussurrò piano, soffiando quelle parole sulla sua pelle.
-In effetti dovresti lavorare un po’ di meno- lo punzecchiò il libanese, voltando leggermente il viso per guardarlo negli occhi.
Andy rise sommessamente: -Sì, stavolta hai ragione-.
Per una volta, infatti, non era stata colpa di Mika se erano riusciti a rivedersi a Londra solo la sera prima; un documentario che aveva richiesto più lavoro del previsto aveva trattenuto Andy ad Atene qualche giorno in più e, la sera prima, quando il ragazzo era rientrato a casa e aveva trovato il compagno ad aspettarlo, era talmente stanco che l’unica cosa che aveva avuto il coraggio di fare era stata infilarsi il pigiama, per poi accoccolarsi sul petto di Mika e addormentarsi, avvolto dalle sue braccia e dal caldo accogliente del piumone.
-Allora, coraggio con questa foto!- disse poi il greco, appoggiando il volto alla spalla di Mika e preparandosi per quello che sarebbe stato lo scatto buono.
Ma fu proprio in quel momento che Melachi camminò davanti a loro contenta e scodinzolante, con qualcosa di indefinito tra i denti.
-Che cos…- iniziò a dire Andy, ma Mika lo interruppe immediatamente.
-Non muoverti!- lo ammonì, scattando finalmente una foto “normale”, poco prima che il biondo si alzasse e iniziasse a rincorrere la cagnolina.
-MIKA!- un urlo rimbombò pochi secondi dopo tra le mura della casa, facendo sbiancare il libanese.
-Sì?- domandò esitante, non sicuro di voler sapere cosa avesse combinato per far urlare il greco in quel modo.
-Hai lasciato la scatola delle decorazioni aperta e…- ma si bloccò, notando che in realtà lo scatolone era chiuso. Fece passare per qualche secondo gli occhi dalla scatola chiusa alla stella cometa da appendere fuori dalla porta che sua madre aveva regalato loro il Natale precedente, mentre la consapevolezza si faceva largo nella sua mente. Si rigirò tra le mani la decorazione, ormai tutta mordicchiata dalla golden.
-Ops- mormorò Mika, alzandosi da terra, pronto a fuggire, notando come il cervello del compagno stesse processando le informazioni. 
Gli occhi chiari e profondi del biondo si puntarono su di lui, cercando di rivolgergli uno sguardo minaccioso e trattenendo le risate. Sapeva che il regalo di sua madre non era stato apprezzato da Mika, che aveva detto chiaramente ad Andy che quella fosse la peggior stella cometa che avesse mai visto e che, per appenderla fuori dalla porta, avrebbe dovuto passare sul suo cadavere. Avevano così iniziato uno strano giochino, che prevedeva che ogni volta che passavano dalla porta il biondo appendeva la stella, mentre il ricciolo la toglieva e la gettava da qualche parte. Una volta l’aveva perfino nascosta e per ritrovarla Andy ci aveva messo due giorni, al termine dei quali l’aveva trovata in cima allo scaffale più alto che avevano nella sala, appoggiata all’estremità più lontana, contro il muro. Una cosa forse un po’ banale, che però li aveva divertiti proprio come due bambini.
Evidentemente, per quell’anno, Mika lo aveva battuto sul tempo.
-Hai lasciato la stella sullo scatolone per fare in modo che Mel la prendesse e la rompesse?- chiese, anche se la risposta sembrava abbastanza evidente.
-Noooooo- rispose Mika, alzando le mani come a testimoniare la sua innocenza.
Andy aveva abbandonato la stella sul divano e si era gettato alla rincorsa di Mika, gioco che si era presto concluso con loro due stesi sul tappeto davanti al camino, a ridere.
 
Era stato Andy, quell’anno, ad averlo anticipato, infilando di nascosto quella stella nello scatolone di addobbi natalizi che Mika aveva preparato l’ultima volta che era tornato a casa a Londra, prevedendo che, un giorno o l’altro, avrebbe avuto voglia di atmosfera natalizia anche nella casa di Milano.
Spensieratezza, ecco cosa gli ricordava quella stella che portava non solo il ricordo di Andy, ma anche i segni di Mel, entrambi lontani in quel momento.
Fece un lieve sorriso e si avviò verso la porta bianca del suo appartamento, aprendola.
Si abbassò a lasciare un paio di carezze ad uno dei gatti dei vicini, ormai abituato alla loro presenza costante così come alla perenne assenza dei loro padroni, per poi voltarsi e appendere la stella alla porta.
Estrasse il cellulare e fece una foto, per poi inviarla, senza una parola, al numero del suo ragazzo.
 
Milletrecento chilometri più a nord, Andy stava scostando delicatamente Melachi dalle sue gambe per potersi alzare dal divano. Prima di cena aveva montato l’albero di Natale, ora andava solo decorato.
Si sedette sul divano e regalò alla cagnolina qualche carezza, ricambiata immediatamente con una bella leccata alle dita. Poi si alzò e si diresse verso lo scatolone contenente gli addobbi che, di anno in anno, aumentavano sempre di più, complice la mania di Mika di acquistare sempre qualcosa di nuovo ogni anno.
Stava per aprire la scatola, quando il suono di un messaggio sul suo telefono attirò immediatamente la sua attenzione. Notando che Mika gli aveva inviato una foto, si affrettò ad aprirla, per poi iniziare a ridere.
La stella mordicchiata da Melachi svettava in bella vista al centro della porta della loro casa di Milano. Il fatto che il ragazzo si fosse accorto della stella significava che, probabilmente, anche lui stava addobbando l’albero. Andy premette la cornetta verde sul suo telefono e attese che il compagno, dall’altro capo del telefono, rispondesse.
-Buonasera- quando quella voce così familiare giunse alle sue orecchie, un sorriso si delineò spontaneamente sulle labbra del greco.
-Ciao, Mika- rispose, godendosi poi pochi secondi di silenzio.
-La porta così sta molto bene, sprigiona aria natalizia- lo prese poi in giro, avvicinandosi nuovamente all’albero mentre sentiva Mika ridere.
-Trovo anche io che stia molto bene-
A quella risposta il biondo strabuzzò gli occhi, chiedendosi il motivo per il quale il compagno gliela stava dando vinta così facilmente. Non era da lui.
-Va tutto bene, Mika?- chiese quindi, con l’intento di tastare un po’ il terreno.
-Sì, tutto bene- rispose il ragazzo.
-Ma…?- lo incitò a parlare Andy, sempre sospettoso.
-Nulla di che, la stella mi ha ricordato il Natale scorso. Stavo per fare l’albero e credo mi sia venuta un po’ di nostalgia-
Andy sospirò.
-Sai, stavo per fare anche io l’albero- gli disse quindi -Lo facciamo insieme?-
-Magari- commentò con tono sconsolato il libanese.
-Dai, lo so che non è la stessa cosa. Però così almeno non mi terrai fermo per mezzora per fare una semplice foto-
Funzionò, tanto è vero che Andy si ritrovò a ridere dopo il -Eeeeeehi- indignato che pervenne alle sue orecchie. L’aveva un po’ distratto ed era quasi sicuro di aver appena dato il via ad una delle loro solite conversazioni. Mise la chiamata in vivavoce e iniziò a tirare fuori le palline e i nastri colorati dalla scatola.
-Saranno stati due minuti, non di più- replicò Mika, avvicinandosi anche lui allo scatolone e iniziando ad estrarne tutto l’occorrente.
-Certo, come no. Rimane il fatto che sei un pessimo fotografo!- ribatté il biondo, aspettandosi una raffica di insulti come risposta.
Invece ci fu solo un breve silenzio, seguito da un semplice -Okay-.
Di nuovo Andy rimase perplesso.
-Okay?- chiese quindi, confuso.
-Sì, okay- confermò Mika, mentre finiva di avvolgere il primo nastro colorato attorno ad un ramo dell’albero -Niente più foto prima di X Factor, sono un pessimo fotografo-
-Sei uno stronzo!- replicò subito Andy, quando capì dove il ragazzo voleva arrivare.
Mika aveva infatti preso l’abitudine di farsi una foto nei camerini prima di iniziare la diretta dei live del talent italiano; foto che veniva pubblicata sui social ma che il libanese, quando aveva un po’ di tempo prima dell’inizio della trasmissione, inviava anche al ragazzo. Era un gesto semplice, ma che Andy aveva sempre apprezzato: non potendo più seguirlo in tutto quello che faceva, erano dei piccoli dettagli che lo aiutavano ad essergli un pochino più vicino, per quanto possibile. Avevano spesso questa abitudine di inviarsi foto, invece che lunghi messaggi, per spiegare quello che stavano facendo o cosa stavano vedendo.
-Ah! Io sono stronzo?- ribatté Mika, sempre in tono indignato.
Il greco non poté fare a meno di rispondere con una risata spensierata, godendosi a pieno quel piccolo momento che si stavano ritagliando per stare un po’ più vicini, nonostante la lontananza.




Buonasera fanfictionari!
Capitolo un po' così, molto di scenette "casalinghe", prese da un po' di tweet di Mika (la nave rotta e il "mese sabbatico", le scarpe prima dei pantaloni, i pancake bruciati e gli alberi di natale fatti nello stesso momento):
12 set 13: been on the craziest road trip for the past three and a half weeks. From london to greece. With friends fam and my dog. Our boat we were crushing around in broke down yesterday and am now heading back to athens on a ferry and then heading back home L i feel like a teenager again. It’s the gap year (month) i never had.

10 nov 13: so tired that imanaged to start putting shoes on before my trousers. Luckily i realised. Sunnyday off in paris

30 nov 13: home! London. Dog. Burnt pancakes

7 dic 13: set up my christmas tree in milan and london at the same time today, well, with a bit of help for the one in london

Insomma, diciamo che credo mi abbia ispirato un po' di fluff Mika in questo caso.
Niente, penso di avervi detto tutto ;) Ci si vede al prossimo capitolo, in cui riprenderò un argomento che ho introdotto in uno dei primi capitoli di questo seguito di You Made Me e che, da quello che mi avete detto, vi era piaciuto...
Basta chiacchiere, mi eclisso!
Buona serata ;)
 

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Capitolo 14
*** Anche tu diventerai zio ***


Dopo la finale di X Factor e le ultime registrazioni di The Voice, Mika fece il suo ingresso nella casa di Londra trovandola un po’ più affollata del previsto: Joanie, Mike, Yasmine e Paloma erano seduti attorno al tavolo della sala e avevano interrotto la loro chiacchierata per voltarsi verso di lui.
Mika trattenne il forte impulso di gettarsi tra le braccia di Andy, come aveva precedentemente programmato, e si limitò a salutarlo con un bacio sulla guancia e un lieve abbraccio, prima di riservare un veloce abbraccio anche a suo padre, di ritorno da Dubai dopo molti mesi. Sorrise poi alle tre donne della sua famiglia, scoccando un bacio sulla guancia ad ognuna di loro.
-Che sorpresa!- commentò poi, togliendosi la giacca e avvicinandosi alla cucina per prepararsi una bella tazza di caffè, di cui sentiva la necessità impellente dopo il viaggio.
-È già pronto- lo informò Andy, indicandogli una tazza ancora colma di liquido nero. Come al solito, era stato previdente.
-Grazie- gli sorrise, per poi tornare a concentrarsi sui Penniman, quasi al completo, che avevano deciso di far loro visita.
Erano anche stranamente silenziosi, una rara eccezione alla regola più volte confermata che li etichettava come dei veri e propri casinisti, soprattutto quando si trovavano insieme; Yasmine, in particolare, lanciava sguardi eloquenti alla sorella, con uno smagliante sorriso sulle labbra, e continuava ad indicare con la testa il fratello minore.
Questo voleva dire solo una cosa: guai in vista.
-Che avete voi due?- chiese quindi il riccio, rivolgendosi alle sorelle maggiori. Ci fu silenzio, interrotto soltanto dalle risatine delle tre donne e da un sospiro di suo padre, anche lui con il sorriso sulle labbra.
Mika si voltò quindi in direzione del suo compagno, per cercare di capirci qualcosa, sperando che almeno lui decidesse di renderlo partecipe di quel gioco di sguardi e sorrisetti.
-Ah, non guardare me- esclamò immediatamente Andy, tirandosi fuori da quella che era una faccenda solo loro -Io so già tutto- e tornò alla sua tazza di caffè, con un’espressione soddisfatta sul viso, causata soprattutto dall’occhiataccia che il suo ragazzo gli riservò dopo quell’innocente confessione.
-Allora?!- chiese Mika impaziente, tornando a rivolgersi al resto della sua famiglia; lo stavano stuzzicando sulla curiosità, qualcosa che tutti sapevano essere uno dei suoi talloni d’Achille.
-Paloma ha una bella notizia da darti- disse infine Joanie, guardando poi la sua seconda figlia e incitandola, con un cenno della testa, a parlare.
-Volevo dirtelo di persona, non per telefono, per questo sei l’ultimo a sapere- si decise finalmente a dire la ragazza.
Mika annuì in direzione della sorella, a quel punto davvero troppo curioso di sapere il motivo di tanto mistero da parte di tutti.  
La vide alzarsi lentamente, per poi sollevare di poco il maglione pesante che la copriva dal freddo di dicembre; Mika strabuzzò gli occhi e appoggiò la tazzina sul tavolo, alzandosi per andare incontro alla sorella proprio mentre Paloma aveva ricominciato a parlare: -Mi sa proprio che tra cinque mesi diventi zio-
Mika rispose a quelle parole con una risata, stringendo la sorella maggiore in un abbraccio.
-E’ fantastico- le disse in un orecchio, chiudendo gli occhi e affondando per qualche secondo il volto nella sua spalla.
Mika, in quel momento, riuscì solo a pensare che dopo tutte le difficoltà che sua sorella aveva affrontato e superato nel corso della vita, quella era sicuramente la migliore notizia che avesse potuto dargli e mentre ancora la stringeva, si ritrovò a sperare ardentemente che tutto andasse per il meglio.
 
Quella sera accompagnò i suoi genitori e le sue sorelle alla porta di casa, poi, finalmente, si gettò sul divano. Aveva riempito Paloma di domande e, appena vi era stata occasione, aveva preso in disparte sua mamma per chiederle se tutto stesse andando bene: era un po’ preoccupato.
-Stai tranquillo, Mika. Andrà tutto bene- Andy lo raggiunse sul divano verde, sollevando le sue gambe e sedendosi, per poi riappoggiarle su di lui e guardarlo negli occhi.
O aveva notato quel suo essere pensieroso, o forse stava solo facendo riferimento alla lunga lista di rassicurazioni che aveva chiesto a Paloma e Joanie. Conoscendo Andy, probabilmente si era accorto di entrambe le cose.
-Sì- rispose solo Mika, tornando però immediatamente silenzioso, assorto in tutta una serie di pensieri che il biondino non faceva certo fatica ad immaginare.
-Ehi- gli disse quindi, allungando una mano verso il suo viso per costringerlo a guardarlo -Andrà bene sul serio, le visite sono state buone-
-Sì sì, lo so- rispose Mika -Ora in realtà stavo pensando proprio al bambino… sarà divertente- aggiunse, con un mezzo sorrisetto. I suoi pensieri avevano viaggiato nel futuro di qualche mese, al momento in cui, finalmente, avrebbe potuto stringere suo nipote tra le braccia. O sua nipote. La visita dalla quale probabilmente si sarebbe riuscito a capire se si trattava di un maschio o una femmina sarebbe stata il giorno successivo.
-Sì, basterà un pomeriggio con lo zio per farlo diventare isterico…-
-Eeeeeeehi- lo interruppe Mika, cercando di tappargli la bocca con la mano, per evitare che proseguisse in quella presa in giro.
-… e io a quel punto prenoterò una bella seduta di gruppo da un bravo psicol…-
-Smettilaaa- e il cantante si alzò dalle sue gambe per spingerlo sul divano e cercare di farlo tacere: inutile dire che i risultati furono scarsissimi.
-… psicologo, da cui porterò tutta la famiglia, me per pri…-
Passò alle vecchie tattiche, zittendolo con quel bacio che avrebbe tanto voluto dargli appena entrato in casa, ma che aveva dovuto attendere fino a quel momento.
-Aaah, sapevo che mi avresti zittito così- ammise poi il greco sottovoce, regalandogli un sorriso che, osservato così da vicino, sembrava ancora più radioso.
-Che approfittatore- lo apostrofò scherzosamente il più grande, restando ancora steso su di lui -Se volevi un bacio, bastava chiedere-
Ma anche quella volta Andy non chiese nulla, avvicinandosi semplicemente a lui e appropriandosi delicatamente di quelle labbra morbide, o meglio, cercando di appropriarsene. Mika, infatti, si era scostato bruscamente da lui; una vendetta per le battute di poco prima, Andy ne era sicuro. Tuttavia sapeva anche che le vendette di Mika non duravano a lungo.
Ci mise tre minuti buoni, ma alla fine il biondo ne uscì vincitore, come sempre: bastò solamente afferrare il suo viso tra le mani e costringerlo a guardarlo per qualche secondo. Quando fu sicuro che ormai Mika fosse completamente rapito da quel gioco di sguardi, avvicinò le labbra alle sue, riuscendo finalmente a catturarle in un bacio dolce. Quando si allontanarono, risero entrambi a bassa voce, per non rovinare quella sorta di atmosfera delicata che si era creata in poco tempo, come spesso accadeva quando stavano insieme: risate, sguardi, e poi silenzio. Poi ancora risate.
Mika fermò quella risata spensierata per primo, fermandosi ad osservare la sua metà che, sotto di lui, ancora sorrideva, con una felicità e una tranquillità che avevano contagiato anche quegli occhi incredibilmente chiari e che ora stavano contagiando anche il cantante: erano di nuovo nella loro bolla, Andy era riuscito di nuovo a fargli dimenticare tutto: il lavoro, la notorietà, il tempo passato distanti.
Erano di nuovo solo loro due e la loro quotidianità, il loro modo di essere, il loro modo di condividere la vita.
-Anche tu diventerai zio, quindi- sussurrò poi il ricciolo, piegando leggermente la testa e prendendo atto della frase che aveva appena detto: probabilmente, in qualche occasione, avrebbe avuto modo di vedere Andy alle prese con il figlio di Paloma, proprio come lo aveva visto quel giorno di nemmeno un anno fa sulla spiaggia napoletana.
Andy alzò entrambe le sopracciglia, lasciandosi andare ad una leggera risata.
-Formalmente non siamo sposati, ma…- e si bloccò, per godersi l’alzata di spalle del suo ragazzo, che aveva conferito, proprio come lui, un’importanza nulla a quel piccolo dettaglio per così dire ufficiale -Ma informalmente… immagino proprio di sì- concluse infine, portando le braccia attorno alla sua schiena e stringendolo di più a sé.
-Una bella occasione per fare pratica, sai?- aggiunse poi il libanese, mordendosi un labbro e osservando il compagno con una luce giocosa negli occhi, riportando alla mente non solo Andy che aveva aiutato quel bambino sulla spiaggia, ma anche tutto il discorso che ne era poi derivato.
Un discorso che non era stato dimenticato, ma solo messo da parte fino a quando fosse giunto il momento giusto.
-Io non ho bisogno di fare pratica- ribatté immediatamente il biondo, seguendo la scia provocatoria che Mika aveva impresso alla conversazione.
-Ah no?- lo punzecchiò l’altro, alzando le sopracciglia.
-No- rispose Andy, risoluto e convinto.
-Pappette, seggioloni, strilli, pianti, notti in bianco, pannolini…-
Andy sbuffò.
-Tanto sono già io quello che raccoglie i regali che Melachi ogni tanto decide di lasciare in ogni angolo del giardino-
A quell’affermazione, Mika scoppiò in una fragorosa risata.
-E questo cosa c’entra ora?- chiese, affondando il volto nella sua spalla.
-Cani, bambini… cosa vuoi che cambi da quel punto di vista? Funzionano allo stesso modo- e sorrise quando sentì la risata di Mika infrangersi nuovamente sulla sua spalla.
-Che poi chi ha deciso che i pannolini li dovrò cambiare io?- aggiunse poi, alzando un sopracciglio.
-Sei il più piccolino, ti tocca- rispose solo il libanese, allontanandosi leggermente da lui per guardarlo negli occhi, utilizzando i due anni che li separavano come scusa.
-Appunto- esclamò Andy, ponendo eccessiva enfasi su quella parola -Tu dovresti essere il più responsabile tra i due, hai già trent’anni- ma finì la frase con un lungo sbadiglio, che distolse l’attenzione di Mika dalla frecciatina per portarla agli occhi stanchi del compagno. Fin troppo stanchi.
Di solito non permetteva a Andy di averla vinta sul discorso “età” ma gli occhi che lo stavano guardando in quel momento parlavano fin troppo chiaro.
-Andiamo a letto?- disse quindi, alzandosi e porgendogli una mano.
-Abbandoni la battaglia così?- chiese Andy, assumendo un sorrisetto soddisfatto, che celava però uno sguardo ormai spento e stanco.
-Per questa sera sì- disse quindi il libanese, facendo spallucce, e dirigendosi insieme a lui al piano di sopra, non prima di aver fatto osservato meglio gli occhi di Andy, forse un po’ troppo lucidi.
-Tutto bene?- gli sussurrò Mika, dopo aver spento la luce ed essersi steso accanto a lui, passandogli una mano tra i capelli.
-Sì- rispose Andy, ormai con voce flebile, quasi già addormentato -Sono solo stanco-
-Dormi, allora. Buonanotte- gli disse quindi Mika, non volendo trattenerlo sveglio ancora a lungo.
-Notte-
 
I numeri rossi della sveglia digitale appoggiata sul comodino indicarono a Mika che erano le due e mezza di mattina quando sentì Andy iniziare a girarsi e rigirarsi nel letto.
Si voltò verso di lui e lo vide alzarsi, raggiungere l’armadio e prendere una felpa, per poi rimettersi sotto le coperte e tirare su il piumino fino alla fronte.
Il riscaldamento era accesso e il piumino era pesante; inoltre, Andy era quel tipo di persona che gira a maniche corte anche a dieci gradi. Perplesso, Mika osservò il compagno riappoggiare la testa al cuscino.
-Sicuro di star bene?- gli chiese quindi, capendo definitivamente che qualcosa non andava. La risposta fu un mormorio sommesso.
Mika, che invece il freddo lo soffriva, non tirò fuori le braccia dalle coperta ma si avvicinò a lui, appoggiando le labbra sulla sua fronte.
-Scotti- gli disse, dimenticando il freddo e scattando in piedi. Afferrò al volo il maglione che aveva abbandonato sulla sedia prima di infilarsi nel letto e raggiunse velocemente il bagno, ignorando i grugniti di protesta che provenivano da quello che era ormai diventato a tutti gli effetti un groviglio di coperte da cui spuntava una massa di capelli biondi.
Recuperò il termometro e anche una tachipirina, per poi tornare sotto le coperte.
Accese la piccola lampada appoggiata sul suo comodino, puntandola contro il muro per evitare che desse fastidio a Andy ma per permettergli comunque di vedere il termometro.
Da sotto le coperte, fecero capolino due occhi azzurri contrariati.
-Scordatelo- borbottò Andy, per poi tornare a rannicchiarsi sotto il piumino.
-Non sarò obbligato a costringerti a provare la febbre, ne sono sicuro- replicò Mika, in tutta tranquillità.
-No infatti, torna a dormire e non preoccuparti- replicò il biondo, sicuro che rispedire il compagno nel mondo dei sogni non sarebbe stato così semplice.
-No, intendevo che io non voglio obbligarti… ma me ne starò qui sveglio a fissarti finché non ti infili questo coso sotto il braccio- spiegò poi, sventolando l’aggeggio di mercurio come se si trattasse di una potente arma minacciosa.
-Bastardo- replicò solo Andy, anche se poi si rassegnò a prendere il termometro e fare come Mika gli aveva chiesto: ben sapeva che il compagno sapeva essere incredibilmente testardo e non voleva che passasse la notte sveglio per una stupida febbre e per la sua ancora più stupida non voglia di usare il termometro.
Quando sistemò l’oggetto però si sporse verso Mika, andando alla ricerca del suo corpo e soprattutto delle sue braccia, per farsi stringere in un caldo abbraccio che gli fece tirare un sospiro di sollievo. Affondò il volto nel suo petto e chiuse gli occhi, quasi addormentandosi sotto il tocco leggero e delicato della mano di Mika che gli accarezzava i capelli, risvegliandosi di soprassalto al suono fastidioso del termometro.
-Tranquillo- gli sussurrò il libanese, colto alla sprovvista dallo scatto che aveva fatto il compagno al suono dell’oggetto.
Rendendosi conto che si trattava solo del termometro, Andy se lo tolse e lo passò al ragazzo, per poi tornare sul suo cuscino e chiudere di nuovo gli occhi, esausto.
Il numero che comparve sullo schermo, trentanove, convinse Mika di aver fatto bene a portare subito anche la tachipirina. Ne versò la quantità indicata e, sentendo quei rumori, Andy si voltò verso di lui: di nuovo, l’unica parte del corpo fuori dal piumino erano gli occhi.
-Pure?- chiese il biondo, alzando gli occhi al cielo.
-Devo ricattarti anche per questa?- domandò Mika, porgendo il bicchierino al ragazzo.
-No- sussurrò alla fine Andy, alzando un po’ la schiena dal materasso e buttando giù la medicina.
-Grazie- bisbigliò poi, restituendo il bicchierino a Mika e ringraziandolo sinceramente per il fatto che alle tre del mattino si stesse prendendo cura di lui.
 
La mattina seguente Mika aprì gli occhi e trovò Andy ancora addormentato, completamente sommerso dalle coperte. Cercò di fare il più piano possibile, consapevole del fatto che durante la notte, anche a causa della tachipirina, il ragazzo aveva avuto un sonno un po’ travagliato. Quando però si alzò dal letto, sentì la voce attutita dai cuscini del suo compagno borbottare qualcosa.
-Scusa, non volevo svegliarti- gli disse allora, incontrando due occhi color del mare che lo fissavano, ancora un po’ troppo lucidi.
-Ero già sveglio- gli rispose Andy, facendo emergere il volto dalle coperte e rivolgendogli un mezzo sorriso come buongiorno.
-Ti porto la colazione- gli comunicò poi Mika, sporgendosi verso di lui e appoggiandogli una mano sulla fronte, ancora più calda del normale.
Nonostante Andy non si fosse ribellato a quel tocco e non avesse impedito a Mika di capire se avesse ancora la febbre, scosse la testa.
-Mi alzo, non posso stare a letto tutto il giorno-
-Ma non hai lavoro da fare- gli fece notare il compagno.
-Fa niente, se resto qui tutto il giorno non riuscirò mai ad alzarmi poi- e così dicendo spinse le coperte in fondo al letto e, barcollando leggermente, si mise in piedi, precedendo Mika in cucina.
Il cantante gli lanciò una coperta e gli indicò il divano della sala, invitandolo almeno a sedersi. Stranamente Andy non se lo fece ripetere due volte e, afferrata la coperta, accese la tv e si sedette sul divano verde incrociando le gambe, subito raggiunto da Melachi che si accovacciò con il muso su di lui.
Quando Mika finì di preparare il thè caldo e lo portò in sala, trovò il ragazzo con gli occhi chiusi. Gli lasciò quindi un leggero bacio sulla guancia: -Il thè- gli sussurrò poi.
-Grazie- rispose Andy, notando che sul vassoio che il suo compagno aveva appoggiato sul tavolino davanti al divano c’erano anche il termometro e, di nuovo, la tachipirina.
-Prima il thè- decretò quindi, indicando il vassoio: aveva il bisogno di mandar giù qualcosa di caldo.
-Okay- gli disse solo Mika, abbozzando una risata e fermandosi per un attimo a guardare il volto della sua metà: era raro che Andy accettasse tutte quelle attenzioni nei suoi confronti quando si sentiva male, quindi voleva dire che sul serio non aveva la forza di fare nient’altro se non bere quel thè e poi arrendersi al termometro.
Qualche minuto dopo, quando l’oggetto segnò una temperatura di trentotto gradi e mezzo, Andy bevve di nuovo la tachipirina, per poi tornare a rintanarsi sotto la sua fedele coperta.
Mika sistemò le tazzine della colazione e poi tornò in sala: gli faceva una tenerezza incredibile e decise che, per quel giorno, avrebbe passato la giornata a casa, accanto a lui.
Lasciò da parte la piccola gara che imbastivano sempre quando si trattava di scegliere un film, e lasciò che a decidere fosse Andy, il quale, approfittando di questo momento di tregua, scelse subito un dvd, che Mika inserì nel lettore.
Il riccio si mise poi sul divano, permettendo a Andy di appoggiare la schiena al suo petto e abbracciandolo da dietro, portando anche lui le braccia sotto la coperta che il compagno sembrava essersi incollato addosso.
Un’ora e mezza dopo, Mika vide il suo cellulare illuminarsi e lo prese immediatamente: per quei giorni di vacanza, solo la famiglia avrebbe potuto contattarlo.
Infatti il nome di Paloma svettava al centro del suo display.
“È maschio” e in allegato una foto delle lastre che la sorella era andata a fare proprio quella mattina. Sotto, un altro messaggio.
“Dobbiamo ancora organizzarci per Capodanno, pensavamo di trovarci oggi a casa di mamma”
Sbirciò il volto di Andy e notò che aveva gli occhi aperti, fissi sulla tv.
-Ehi- mormorò allora, attirando la sua attenzione e passandogli il cellulare, mostrando anche a lui la notizia che sua sorella gli aveva appena fatto arrivare.
-Uh!- commentò il biondo, aprendo poi la foto e ingrandendola -Ma come fanno a capirlo- esclamò Andy, perplesso, girando e rigirando il telefono e cercando di cogliere quel dettaglio che distingueva chiaramente un maschio da una femmina.
-Ma dai!- esclamò Mika con una risata, appoggiando il volto alla sua spalla per vedere meglio lo schermo del telefono -È qui, guarda…-
Il biondo osservò con un sopracciglio alzato il punto indicato da Mika, scuotendo la testa.
-Io avrò anche la febbre, ma tu hai problemi di vista, non può essere quello, perché se questa è la testa…- e girò il telefono, cercando ancora di capirci qualcosa da quella foto, tra l’altro non venuta troppo bene, soprattutto se ingrandita in quel modo.
-Dai, Andy! Guarda meglio!- ribatté Mika, convinto, indicando ancora lo stesso punto.
-Ma non si capisce!- replicò di nuovo il biondo, continuando a sventolare il telefono.
-Beh allora chiederemo a Paloma di farci vedere la ecografia, dato che la foto non è uscita un gran che bene- concluse il riccio -Ma sono pronto a scommettere che è quello che dico io-
Sul volto di Andy una scintilla di entusiasmo si fece spazio tra i segni chiari ed evidenti della febbre.
-Cosa scommettiamo?- gli chiese, alzando il volto per osservarlo negli occhi, sorridendo come un bambino con un giocattolo nuovo; forse era anche la febbre a rendere quel volto più fanciullesco, Mika non lo sapeva, ma si fermò per un attimo ad osservarlo, ricambiando il sorriso.
-Mmmh- disse poi, iniziando a pensare -Una bottiglia di vino a Capodanno!-
Andy alzò entrambe le sopracciglia: -Tutto qui?- chiese poi, sfidandolo così a chiedere di più.
In quel momento, Melachi saltò giù dal divano e si avvicinò alla porta, sedendosi e fissandola: segno che era il momento di aprirgliela, prima che combinasse un piccolo disastro in casa.
Di nuovo comparve quel sorriso soddisfatto sul volto del biondo.
-Una bottiglia di vino a Capodanno… e se vinco io, per un mese ti occuperai di quello che sta per fare il tuo cane-
Mika alzò gli occhi al cielo, poi rise.
-Lo sai che quando va in giardino è il tuo cane- replicò, beccandosi così una leggera gomitata nelle costole.
-Allora ci stai?- gli chiese Andy, cercando la sua mano destra sotto la coperta.
Il libanese sbuffò sonoramente.
-E va bene- e afferrò in qualche modo la mano di Andy, proprio mentre Melachi abbaiò due volte verso di loro per attirare l’attenzione.
Mika la vide accovacciarsi: -No no no no no- e scattò in piedi spingendo leggermente Andy per alzarsi e, raggiunta la porta con uno scatto felino, la aprì appena in tempo, accompagnato dalla risata di Andy, il quale vedendo la buffa corsa della sua metà non era proprio riuscito a trattenersi.
 
Quel giorno Mika aveva poi avvisato sua sorella che Andy non si sentiva molto bene e che non sarebbero potuti andare da loro quel pomeriggio, invitandoli comunque ad organizzare il Capodanno e poi a fargli sapere cosa avevano deciso. Dato che il lavoro aveva sempre tenuto i due ragazzi lontani dalle loro famiglie, avevano deciso di passare almeno quelle festività insieme, anche con i genitori di Andy.
Il giorno dopo il biondo si sentiva già meglio e il giorno successivo ancora si era completamente ripreso, giungendo a Capodanno in ottima forma.
Alla fine avevano affittato una casa in campagna, in cui avrebbero trascorso il capodanno tutti insieme: era stato Mika ad insistere, dato che amava particolarmente il paesaggio che quel luogo offriva loro.
Era da poco passata la mezzanotte.
Un’ora prima Andy era corso da lui, sventolando trionfante la ecografia che Paloma gli aveva passato poco prima.
-Preparati a passare le tue giornate a seguire Mel in giardino!- esclamò entusiasta, indicando con vigore un punto ben preciso sul foglio, ben diverso da quello che aveva indicato il ragazzo qualche giorno prima.
Di fronte all’evidenza, Mika alzò gli occhi al cielo, per poi rivolgersi alla cagnolina: -Da oggi dieta, Mel!-
Ovviamente, Fortuné intervenne puntuale, dato che era stato messo al corrente della scommessa da Andy: -Giuro che passo tutti i giorni da casa tua e le sgancio una miriade di biscotti-
Mika gli rivolse un paio di parole poco carine, mentre Andy invece gli fece l’occhiolino.
Decisero poi di guardarsi un film ed ognuno prese posto sui divani di fronte alla televisione.
Tutti tranne Mika, che si avvicinò al suo ragazzo: -Vieni con me- gli sussurrò all’orecchio, mentre il padre di Andy aveva appena spento le luci e stava prendendo anche lui posto sul divano. Il biondo gli rivolse uno sguardo interrogativo, ma lo seguì.
Mika prese una borsa e vi infilò due bicchieri e la bottiglia di vino che aveva preso in previsione della perdita della scommessa e poi fece segno a Melachi di seguirli.
Mika e Andy si imbacuccarono nei loro giubbetti, per poi aprire la porta e incamminarsi insieme per le viette sterrate che circondavano la casa.
 


Ok, buonasera :)
E' tipo la dodicesima volta oggi che tento di pubblicare questo capitolo e EFP continua ad avercela con me, ma a quanto pare ora dovrei avercela fatta.
*incrocia le dita*
Lo so, ancora una volta sono passati quasi venti giorni ma alla fine ce l'ho fatta. Due cosine: la prima è che la scena finale di Capodanno si rifà ad un suo tweet, che vi metterò nel prossimo capitolo, dato che la scena continua. E poi solo una cosa: la febbre di Andy è in realtà qualcosa che non avevo previsto, ma una sorta di "sfizio" che mi sono voluta togliere :P Una sera mi era venuto in mente che avevo sempre letto in giro, e anche scritto, un Mika malato e un Andy crocerossina, ma effettivamente mai il contrario. Ok, è un dettaglio un po' così, ma mi andava di scrivere una cosa del genere e come al solito l'ho scritta ;)
E poi in questi venti giorni non me ne sono stata proprio ferma e ho pubblicato una sorta di spin-off di You Made Me, e stasera pubblico anche la seconda e ultima parte: nel caso non l'aveste visto, si chiama "I'm ready for more than this"... dato che è legato a You Made Me ed è una sorta di "missing moments", mi faccio un po' di pubblicità da sola xD
Bon, ho finito, ringrazio come sempre chi legge e vi ringrazio anche per le vostre recensioni, è sempre bello sapere che ne pensate.
Alla prossima!

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Capitolo 15
*** Ti insegno a suonare qualcosa ***


Mika prese una borsa e vi infilò due bicchieri e la bottiglia di vino che aveva preso in previsione della perdita della scommessa e poi fece segno a Melachi di seguirli.
Mika e Andy si imbacuccarono nei loro giubbetti, per poi aprire la porta e incamminarsi insieme per le viette sterrate che circondavano la casa.




Era notte inoltrata ormai. Il verde paesaggio di campagna intorno a loro contribuiva a costruire quel senso di tranquillità che invadeva i due ragazzi, insieme al cielo punteggiato di stelle luminose.
Le mani dei due ragazzi si erano intrecciate dal momento in cui avevano iniziato a passeggiare e nessuno dei due le aveva ancora sciolte. Regnava il silenzio tra loro; un silenzio niente affatto pesante, un silenzio che Mika avrebbe quasi osato definire magico.
I due ragazzi si fermarono ai piedi di una collinetta, osservandone per un attimo la cima. Si scambiarono uno sguardo d’intesa e, rivolgendo un sorriso a Mika, fu Andy il primo ad incamminarsi per la salita, sempre senza abbandonare la mano del compagno. Mika lo seguiva, tenendo gli occhi puntati sul terreno, ma, nonostante questo, non poté non inciampare in un sasso inchiodato al terreno che era sfuggito al suo sguardo, forse a causa del buio. Inciampando in avanti, andò a sbattere contro la schiena di Andy che, colto alla sprovvista, si sbilanciò a sua volta, atterrando nell’erba fresca, con Mika sulla schiena.
Le risate dei due ragazzi echeggiarono  nell’aria, che si riempì in questo modo di un suono che si accostava meravigliosamente alla perfezione di quel momento. Mika controllò il contenuto della sua borsa, accertandosi che fosse intatto, e lasciò una carezza a Melachi che si era avvicinata a loro.
Andy si avvicinò al volto del compagno, desideroso di sentire il sorriso radioso di Mika sulle sue labbra. I ragazzi si persero per un attimo in quel bacio, proprio mentre un leggero venticello iniziava a sfiorare i loro corpi. Quando si allontanarono, Mika portò gli occhi alla cima della collinetta, che ancora non avevano raggiunto.  Osservò per un attimo gli occhi azzurri di Andy, portando una mano sul suo volto, poi si alzò. Tese la mano al compagno e aiutò anche lui ad alzarsi.
Intrecciò nuovamente le dita a quelle del biondo, riprendendo a camminare.
Pochi minuti dopo, raggiunsero la cima e si sedettero sull’erba, ammirando lo spettacolo di luci confuse provenienti dalla città, abbastanza distante, mentre Melachi annusava qualsiasi cosa le capitasse sotto il naso. Mika portò un braccio attorno ad Andy, mentre il biondo appoggiava la testa alla sua spalla.
-Quando sono nervoso e voglio rilassarmi, immagino paesaggi simili a questo- confessò Mika in un sussurro, rompendo delicatamente quel silenzio così speciale che si era creato. Estrasse poi il cellulare e fece partire la riproduzione casuale, tenendo il volume molto basso di modo che restasse solo un lieve e piacevole sottofondo.
-Niente affatto male- commentò il biondo, portando lo sguardo ora sul cielo stellato, ora su Mika. Quest’ultimo estrasse i due bicchieri e vi versò il vino, passandone poi uno a Andy.
Fecero scontrare i rispettivi bicchieri, guardandosi negli occhi, senza bisogno di specificare per cosa stessero brindando: a loro, a quel momento che si stavano ritagliando mentre tutti gli altri guardavano un film, al fatto che finalmente potessero passare un po’ di tempo insieme. 
-Otto- disse solo Andy, dopo che ebbe bevuto un sorso di vino.
-Otto?- chiese Mika, non capendo a cosa si riferisse.
-E’ l’ottavo Capodanno che passiamo insieme- spiegò allora il greco, rivolgendogli un sorriso.
Mika annuì e si fermò per un attimo a pensare a quanto quel numero gli sembrasse importante in quel momento.
-Ne sono cambiate di cose dal primo- constatò poi il cantante, finendo il suo bicchiere e versandosene subito un altro, facendo lo stesso con Andy.
-Sì, per esempio qualcuno non c’era- rispose Andy ridendo, dato che Melachi aveva appena appoggiato il muso in mezzo alle loro spalle.
-Per esempio, sì- confermò Mika, lasciando un paio di carezze alla cagnolina, per poi tornare a guardare colui che era stato un po’ il protagonista della sua vita in quegli otto anni.
-Che c’è?- gli domandò Andy, notando che lo stava fissando, avvicinandosi di più a lui.
-Assolutamente nulla- rispose Mika, sinceramente. Si stava solo godendo il momento, si stava prendendo qualche secondo per osservare la sua metà in quel luogo, in quel preciso istante.
Gli sorrise e avvicinò il volto al suo, lasciandogli un bacio che per entrambi ebbe il sapore di vino; ma presto il sapore smise di essere la loro principale preoccupazione e si dedicarono solo alle labbra dell’altro, fino a quando Mika non si trovò con la testa appoggiata nell’erba.
-Tremi- gli fece notare Andy con un sorriso, allontanandosi leggermente da lui, senza perdere di vista quelle iridi nocciola così familiari.
-E’ Capodanno e sono steso a terra… si gela- confessò Mika, circondando però con le braccia il corpo del compagno per evitare che si allontanasse.
-Torniamo dentro, dai- propose allora Andy, riuscendo a liberarsi dalla sua stretta e chiamando a sé Melachi, che stava perlustrando un cespuglio vicino a loro.
-Torniamo a casa nostra, piuttosto- brontolò Mika, che non avrebbe proprio voluto tornare dentro insieme a tutti gli altri quella sera.
-Mika!- esclamò Andy, ridendo e scuotendo la testa.
-Che noia che sei- lo punzecchiò allora il libanese, sbuffando.
-Dai noia, alzati- e il biondo gli tese una mano, che Mika non esitò ad afferrare, intrecciandovi nuovamente le dita e percorrendo lo stesso percorso di prima per ritornare alla casa.
 
Le feste, veloci come erano arrivate, terminarono anche, e ormai era giunto il momento di tornare al lavoro. Per Mika, in quei mesi, ci fu anche la conferma di un importante progetto che aveva avviato con l’Orchestre Symphonique de Montréal: un concerto con più di cento musicisti, qualcosa che non aveva mai fatto in passato, che lo intrigava molto ma che lo spaventava allo stesso tempo. Si sarebbe tenuto a febbraio dell’anno successivo, ma Mika non poté fare a meno di sorridere soddisfatto quando gli dissero che avrebbe potuto dare l’annuncio ufficiale su twitter.
Era anche tornato per un po’ di tempo a Los Angeles, per continuare a scrivere il suo album, un lavoro che stava richiedendo davvero molto tempo e che, ovviamente, ci teneva a portare a termine con il massimo della precisione e della professionalità, come sempre.
Nei primi giorni di Aprile, finalmente, Mika e Andy riuscirono a passare più che qualche giorno insieme. Il biondo si era infatti ritagliato un po’ di tempo tra tutti i suoi impegni lavorativi e aveva raggiunto il compagno nella capitale francese, in cui avrebbero trascorso le successive due settimane, per poi rientrare finalmente a Londra che, nonostante tutti gli spostamenti obbligati, rimaneva comunque il loro posto sicuro, casa loro.
-Molto carino- commentò Andy, ridendo, quando Mika fece il suo ingresso trionfale nella sala, ben imbacuccato sotto la sciarpa, il cappello e gli occhiali da sole.
-Zitto- lo apostrofò il cantante, prendendo il portafoglio e infilandoselo nella tasca dei jeans chiari che indossava.
-Piove e fa caldo, proprio come non attirare l’attenzione- lo punzecchiò di nuovo Andy, godendosi la faccia scocciata del suo ragazzo al di là degli occhiali da sole.
-Non sta piovendo- borbottò Mika, sulla difensiva, osservando il cielo parigino.
-Non c’è nemmeno il sole- rispose prontamente il biondo, beccandosi l’ennesima occhiataccia.
-E allora mi levo tutto e camminiamo indisturbati per il centro di Parigi-
-No- replicò subito Andy, davvero poco ansioso di essere continuamente interrotto durante la loro passeggiata.
Finirono quella specie di gioco e si scambiarono un sorriso, prima di uscire e chiudere a chiave la porta di casa.
-Come mai usciamo così presto? Tua madre non ci raggiunge solo tra un paio d’ore?- chiese Andy, portandosi accanto a Mika e iniziando a camminare.
I due ragazzi avevano infatti bisogno del prezioso aiuto di Joanie per scegliere il regalo di compleanno per la figlia di Isabella, che avrebbe fatto gli anni di lì a poco. Mika ci teneva molto, era anche un modo come un altro per ringraziare la donna per l’ottimo lavoro che aveva fatto e stava ancora facendo con lui.
E per la pazienza.
Soprattutto per la pazienza.
-Tu seguimi e basta- rispose solamente il riccio, con un sorrisetto. Era l’ora di pranzo, così Andy immaginò che lo stesse portando in qualche locale di Parigi per mangiare un boccone: tuttavia, non capiva perché non gli volesse dire il nome.
Qualche minuto dopo invece capì: era un posto in cui non erano mai stati. Si pagava una quota fissa e si poteva mangiare tutto quello che si voleva, senza alcun limite.
-Vuoi che io esploda, è chiaro- constatò Andy, entrando nel locale dopo il compagno.
-Gara di cibo?- propose Mika, gli occhi luccicanti come quelli di un bambino che si apprestava a giocare al suo gioco preferito.
-Sei sicuro di voler fare ancora qualche gara o scommessa con me? Di solito non finiscono molto bene- rispose a tono il più giovane, ricordandogli la scommessa persa qualche mese prima e che lo aveva obbligato ad occuparsi dei bisogni di Melachi al suo posto. Andy ricordava che Mika aveva quasi sperato che lui fosse clemente e che alla fine non gli avrebbe fatto scontare la pena: speranze vane, il biondo infatti si era divertito molto ad indicare a Mika la porta di casa ogni qual volta che Mel prendeva la rincorsa, direzione giardino. In alcuni casi era stato costretto anche a spingerlo fuori di peso, tra una risata e l’altra, ma il patto era stato mantenuto.
Anche Fortuné aveva mantenuto la parola e un giorno si era presentato a casa loro con la scusa di dover chiedere a Mika consigli per un progetto: in realtà, sotto la giacca, nascondeva un enorme sacchetto di biscotti per cani e si era assicurato che Mel fosse nei paraggi, prima di farne cadere accidentalmente molto più che un paio a terra.
Mika sbuffò: -Come vuoi- e in quel momento arrivò il cameriere che li condusse al loro tavolo.
-Hai un talento per trovare posti appartati, sai. Quanto li paghi per questi tavoli lontani dagli sguardi della gente?- domando Andy, in realtà felice che il loro posto fosse esattamente dietro un’enorme colonna, in un angolino della sala.
-Mi informo prima di scegliere un posto- rispose Mika, sedendosi soddisfatto sulla sedia di fronte a quella del suo ragazzo e preparandosi all’abbuffata che li attendeva.
Mika aveva trascorso la sera precedente, mentre Andy era occupato a dormire come un ghiro, a cercare un posto carino in cui portarlo e poi si era informato su quel locale, leggendo le recensioni: era quindi pronto alla quantità incredibile di cibo che sarebbe arrivata tra qualche minuto.
Andy invece non era per nulla pronto: quando aveva letto, all’esterno del locale, “mangia finché ce la fai”, non aveva idea di quello che lo aspettava.
-Non puoi mangiare ancora- decretò infatti circa un’ora più tardi, quando Mika si stava di nuovo riempendo quello che doveva essere almeno il sesto piatto abbondante di cibo francese.
-Come no?- rispose il cantante, facendo cenno al cameriere di versargliene ancora un po’ e ringraziandolo -E c’è anche uno spazio bello grande per il dolce- affermò poi, avventandosi sul piatto.
-Vuoi un po’?- bofonchiò Mika, a bocca piena, porgendogli il piatto con uno sguardo giocoso.
-Ma anche no, ho raggiunto il limite. Tu non sei umano- rispose Andy, convinto che se avesse mangiato ancora qualcosa ne avrebbe pagato le conseguenze.
-Sono libanese- replicò il riccio -Tutto questo in confronto ai pranzi di mia madre, è nulla-
-E io ne so qualcosa- confermò il greco, ricordandosi delle grandi cene a casa Penniman, in cui Joanie, soprattutto quando c’erano ospiti, non badava certo al risparmio.
Uscirono quando Joanie scrisse a Mika che era arrivata, decisamente troppo pieni.
-Mi ci vorranno settimane per riprendermi- borbottò Andy, salutando poi la mamma del compagno con un sorriso.
-Ecco che ho fatto bene a portarmi gli occhiali da sole- dichiarò invece soddisfatto Mika, indicando con il pollice il cielo, in cui le nuvole stavano effettivamente lasciando un po’ di spazio a qualche timido raggio di sole.
La risposta di Andy fu un lieve sospiro, mentre Mika, arrendendosi al caldo, decise di lasciare almeno il giubbetto e la sciarpa in macchina, ben consapevole che il loro giro per negozi non sarebbe stato indisturbato. Si tolse anche il maglioncino grigio e se lo mise in spalla, per poi seguire sua madre insieme a Andy, alla ricerca del regalo per la bambina della sua insegnante di italiano.
Infilò gli occhiali rossi e si preparò a quel pomeriggio per negozi.
-Vi trovo bene- disse Joanie, osservandoli entrambi.
-Ci trovi ingrassati più che altro, mamma. Allora, dove andiamo?-
La donna li condusse in tutti i negozi per bambini che conosceva in quella zona, seguendoli pazientemente e lasciando che scegliessero qualcosa, dando poi i suoi esperti consigli.
Un paio d’ore più tardi, Andy accolse la porta di casa come una vera e propria salvezza: era distrutto. Di certo la camminata che avevano fatto dopo pranzo aveva permesso loro di smaltire tutto il cibo che avevano mangiato, ma le gambe iniziavano sul serio a far male.
Così, con un gesto poco delicato, il biondo si abbandonò sul divano di pancia.
-Sei poco allenato, sai- lo punzecchiò Mika, rivolgendogli un sorriso.
-Non sono abituato a saltare da una parte all’altra del palco cantando, sai- ribatté, lanciandogli un cuscino e colpendolo in pieno viso.
Sistemarono le cose che avevano comprato (lo shopping per la bambina aveva anche fatto sì che loro stessi avessero comprato un paio di cose) e poi Mika si diresse al pianoforte, desideroso di suonare qualcosa.
-Qualche nuova idea?- domandò Andy, vedendolo dirigersi nell’altra stanza.
-No, volevo solo suonare un pochino-
-Posso?- domandò allora il biondo: non era solito disturbarlo mentre componeva qualcosa di nuovo, ma dato che nulla gli frullava in testa, lo avrebbe ascoltato volentieri.
-Certo- e gli tese una mano, aiutandolo ad alzarsi dal divano e conducendolo poi di fronte al piano.
-Vado a prendere una sedia, aspetta- disse Andy, notando che oltre lo sgabello non vi era posto per sedersi.
-No, vieni qui- lo invitò invece Mika, facendogli spazio sullo sgabello e incitandolo a sedersi.
-Vuoi provare?- gli chiese poi, indicando il piano con un sorriso entusiasta.
-Non sono capace, lo sai- rispose Andy, che non era mai riuscito a capire davvero come il compagno potesse orientarsi tra quei tasti bianchi e neri.
-Ti insegno a suonare qualcosa, ti va?- propose allora Mika.
Andy gli sorrise, annuendo: -Va bene-.
Il cantante gli prese le mani e le appoggiò sul piano, posizionando le dita sui tasti giusti e iniziando a spiegargli quali avrebbe dovuto schiacciare.
Gli fece vedere molte volte, a rallentatore, fino a quando Andy non fu in grado di eseguire quel piccolo pezzo di una melodia che aveva riconosciuto, anche se suonata più lentamente.
-E’ la prima strofa di Origin Of Love, vero?- chiese, per conferma.
Lo vide annuire e gli sorrise di rimando, per poi tornare a concentrarsi sui tasti del pianoforte e su ciò che Mika gli aveva appena insegnato.
Tentò una volta, ma un suo dito andò a posizionarsi sul tasto sbagliato, lasciando fuoriuscire una nota decisamente sbagliata, di cui si rese conto anche lui.
-Riprovo- disse quindi, ridendo, e tornando con le mani sul pianoforte, sotto lo sguardo attento di Mika, che già prima che iniziasse allungò una mano sulle sue per spostare l’indice, posato erroneamente.
-Giusto- borbottò Andy, concentrandosi.
Nemmeno la seconda volta fu così fortunato e la terza non ebbe esito migliore.
-Ma come fai!- esclamò allora alla fine, rendendosi conto di quanto potesse essere difficile suonare quello strumento.
-E’ solo questione di allenamento- rispose Mika, sorridendo.
-Sì, certo. Me lo fai rivedere?- domandò poi Andy, osservando le dita sicure di Mika risuonare la melodia ad una velocità tale che lui potesse capirne i movimenti.
Ritentò più e più volte e solo verso sera riuscì finalmente ad eseguire quel pezzo di canzone correttamente.
-Uh!- esclamò il biondo, sorpreso di se stesso -Era giusto, vero?- chiese, osservando Mika.
-Sì, era giusto- confermò il ricciolo, ridendo per la felicità sul volto del compagno.
-Aaaaaaaah!- esclamò Andy, portando le braccia in alto, continuando a far ridere il ragazzo -Sono bravissimo- decretò poi, con finta aria di superiorità, voltandosi verso di lui e sorridendo radioso.
Mika approfittò di quell’attimo per porre fine alla loro breve lezione di pianoforte e far combaciare le loro labbra, in un bacio dapprima delicato e poi sempre più intenso.
Una nota aveva sbagliato, una piccola nota, ma Mika non gliel’avrebbe fatto notare, non in quel momento almeno.
 
Quando Mika terminò il suo lavoro a Parigi, i due ragazzi tornarono a Londra, accolti immediatamente da Melachi, felicissima di rivederli di nuovo entrambi.
Anche i due ragazzi si godettero il rientro e il fatto di essere di nuovo nella loro casa di Londra, la prima in cui avevano vissuto insieme: molto spesso, per loro, la parte bella del viaggiare era anche e soprattutto il ritorno a casa.
Andy riprese a lavorare, trascorrendo le sue giornate di fronte al pc a sistemare i video che aveva fatto tempo prima ad Atene per un altro documentario e anche Mika continuò il suo lavoro in studio, in cui stava scrivendo il suo quarto album.
Una sera di fine aprile, Mika rientrò a casa più abbattuto del solito. Al –Buonasera- entusiasta che Andy gli rivolse da dietro i fornelli, su cui stava preparando la cena per entrambi, il riccio rispose con un borbottato -Ciao-, per poi sparire nel suo studio, senza degnare di uno sguardo nemmeno Mel, che gli era corsa incontro con il suo osso di gomma tra i denti.
-Guai in vista- sussurrò il biondo alla cagnolina che, non avendo ricevuto attenzioni dal padrone più grande, era ritornata da Andy.
Il ragazzo pensò per un attimo di andare a vedere cosa fosse successo, ma anni di esperienza lo spinsero a rimanere in cucina e a lasciare che fosse Mika a parlare con lui.
-C’è pronto- disse quindi qualche minuto più tardi, bussando alla porta dello studio di Mika. La porta si aprì pochi secondi dopo e il ragazzo gli rivolse un sorriso.
-Grazie, Andy- gli disse, lasciandogli un bacio a fior di labbra e dirigendosi giù per le scale. Il greco rimase un attimo spiazzato dal cambiamento di umore del compagno e lo seguì in cucina.
Mangiarono in silenzio, cosa per loro molto strana.
-Qualcosa non è andato bene oggi al lavoro?- decise infine di domandare Andy, notando che lo sguardo pensieroso del suo ragazzo non accennava a sparire.
-No, no tutto a posto- rispose Mika, giocherellando con il cibo che gli era rimasto nel piatto.
Andy lasciò passare qualche secondo di silenzio, sperando che il compagno si accorgesse del suo sguardo scettico. Quando si rese conto che Mika era troppo concentrato sul piatto di spaghetti, attirò la sua attenzione.
-Mika?- lo chiamò, sperando di incitarlo a parlare.
La risposta fu un sospiro.
-Aspettami qui- disse poi, sparendo di nuovo su per le scale. Andy lo fissò con sguardo preoccupato, fino a quando non scese di nuovo i gradini e si sedette accanto a lui, guardandolo finalmente negli occhi.
-Mi dispiace- sussurrò poi, posando qualcosa davanti a lui.
Andy abbassò lo sguardo su ciò che Mika gli aveva messo davanti e sospirò, chiudendo gli occhi.


Buoooonasera :D 
Solo una cosa veloce veloce da dire: il tweet di Mika su Capodanno di quell'anno, a cui mi sono ispirata per la prima parte, è questo:

1 gen 14: happy new year! Starting it off eating in the countryside listening to music with a friend and my dog as everyone else watches a movie X!

Eeeeee niente, se avete seguito le interviste di Mika, il capitolo dovrebbe farvi un po' capire cosa ha mostrato Mika a Andy alla fine, altrimenti tutti tranquilli che il prossimo capitolo è già stato scritto, non passerà un mese ;)
Alla prossimaaaaa :D
 

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Capitolo 16
*** Due ragazzi che passeggiavano ***


-Mi dispiace- sussurrò poi, posando qualcosa davanti a lui.
Andy abbassò lo sguardo su ciò che Mika gli aveva messo davanti e sospirò, chiudendo gli occhi.




Aprì il giornale francese che il compagno gli aveva appena passato, fino alla pagina indicata in copertina. Non c’era bisogno di conoscere la lingua per capire quello che c’era scritto a caratteri cubitali, ben evidente a chiunque prendesse in mano la rivista.
Le pagine a cui rimandava erano poi piene di foto loro, con un articolo che Andy non si sforzò nemmeno di provare a capire e di cui non era ben sicuro di voler conoscere il contenuto. In qualche foto appariva anche Joanie: erano state sicuramente scattate il giorno in cui erano a Parigi alla ricerca del regalo di compleanno per la figlia di Isabella, dopo che erano stati in quel locale in cui avevano mangiato troppo. Nessuno di loro tre aveva notato che, nascosto da qualche parte, ci fosse qualcuno che stava facendo loro delle foto.
Negli scatti, tuttavia, loro due non si stavano nemmeno sfiorando.
Mika osservava attentamente lo sguardo di Andy, ancora fisso su quelle pagine: tra i due, il più riservato era sicuramente il compagno, che non aveva mai voluto sbandierare la loro relazione, in accordo con lui. Quando aveva visto quelle foto, il suo primo pensiero era stato quello di chiedersi come mai meritassero le pagine di un giornale di gossip francese: erano due normalissimi ragazzi che passeggiavano per le strade di Parigi, alla ricerca di un regalo per la figlia di un’amica, con i volti un po’ stanchi per aver mangiato troppo.
Non aveva nemmeno una mano sulla sua spalla.
Poi però aveva pensato a Andy, al fatto che fino a quel momento nessuno sapeva che si trattasse proprio di lui, nonostante tutti fossero ormai a conoscenza della sua omosessualità.
Di quel passo, sarebbe arrivato il momento in cui Andy avrebbe dovuto fare attenzione ad uscire di casa anche non al suo fianco.
Discorsi del passato tornarono immediatamente alla sua mente: il giorno in cui avevano deciso che sarebbe stato opportuno dire a qualche giornale che lui fosse gay, aveva avuto una piccola discussione con Andy proprio riguardo all’eventualità di possibili loro foto insieme. Il biondo gli aveva assicurato che era disposto a correre il rischio e che, nel caso in cui fosse successo, ci avrebbero pensato a tempo debito.
Il momento, a quanto pare, era giunto. Ed ora che era successo, Andy avrebbe affrontato la cosa con la stessa sicurezza con cui l’aveva rassicurato un paio d’anni prima?
Mika lo conosceva meglio di chiunque altro, sapeva che accettava tutto quanto solo per lui; se fosse stato per il greco, avrebbe volentieri fatto a meno di dover uscire con un ragazzo imbacuccato da capo a piedi per non farsi riconoscere: lui amava le cose semplici, quando qualcosa iniziava a farsi complicato, si innervosiva. Andy gli aveva sempre detto che non avrebbe mai rinunciato a lui per questo, non ci pensava nemmeno.
Ora però, osservava attentamente quel giornale, probabilmente senza vederlo davvero, perso in chissà quali pensieri.
-Non è colpa tua, non dispiacerti- gli disse alla fine, quasi sottovoce.
-Avrei potuto rimettermi il giubbetto e…-
-Mika, non puoi girare con la giacca a vento anche d’estate- replicò Andy, chiudendo con un colpo secco il giornale e restituendolo al compagno -Prima o poi sarebbe successo- aggiunse infine il biondo, fissandosi le mani.
Il tono di voce rassegnato ma spento con cui Andy aveva parlato spaventò Mika.
-Davvero, mi dispiace- riuscì solo a sussurrare, di nuovo.
-Te l’ho detto, non è colpa tua- replicò il greco, sempre senza guardarlo negli occhi e alzandosi per sistemare i piatti.
-Hanno solo fatto delle foto mentre passeggiavamo, non stavamo facendo niente di che- aggiunse poi Andy, sperando che Mika smettesse di scusarsi per qualcosa di cui non aveva colpa e tentando di convincere più se stesso che il libanese.
-Lo so, ma quei titoli…-
-Lo so Mika, lo so- lo zittì immediatamente il compagno, iniziando a lavare i piatti.
Il cantante non aggiunse una parola: portò i piatti che restavano sul tavolo vicino al lavandino e, nel silenzio assoluto, iniziò ad asciugare quelli lavati che gli passava Andy.
 
La mattina seguente la prima sveglia ad interrompere il sonno di entrambi fu quella di Andy, il quale doveva recarsi in centro a Londra per incontrarsi con alcuni collaboratori e discutere di un altro lavoro che stava realizzando in contemporanea con quello di Atene, riguardante proprio la capitale inglese. Mika lo sentì porre fine immediatamente a quel suono, come accadeva sempre, e alzarsi per prepararsi e fare colazione.
Osservò dal cuscino i suoi movimenti, per capire quale fosse il suo stato d’animo dopo la serata di ieri, conclusasi in un tanto pesante quanto esasperante silenzio.
Tutto si svolse nella normalità: prima di uscire di casa, il biondo passò nella loro stanza per vedere se fosse sveglio: trovando due grandi iridi castane che lo fissavano, si avvicinò e gli lasciò un bacio sulla fronte.
-Ci vediamo a pranzo- disse solo, facendo passare una mano tra i suoi capelli, sfuggendo però ai suoi sguardi.
-Buon lavoro- rispose Mika, annuendo e rigirandosi nel letto una volta che Andy fu uscito.
Melachi, come sempre, sostituì Andy sdraiandosi sul letto al posto del ragazzo. Mika le lasciò un paio di carezze e poi chiuse gli occhi, intenzionato a riprendere sonno: sarebbe andato in studio solo nel pomeriggio.
Tuttavia, nonostante la stanchezza, rimase sempre molto più che sveglio: non capiva se Andy si fosse arrabbiato oppure no. Aveva fatto tutto quello che faceva di solito, ma il riccio, che ormai lo conosceva bene, non aveva potuto fare a meno di notare che fosse più distaccato del solito, a partire dal fatto che non era riuscito a catturare i suoi occhi azzurro chiaro per più di un secondo.
Ma lui che poteva farci?
Non poteva prevedere che qualche ficcanaso fosse nascosto dietro l’angolo quel giorno, pronto a fotografarli per poi prendere soldi da un qualche giornale che vi aveva costruito intorno un articolo decisamente ben fatto, per quanto problematico.
Non erano niente, erano solo semplici foto, non si stavano nemmeno sfiorando.
Continuava a ripetersi questo, cercando di tornare a dormire, ma inutilmente.
Dopo un’ora rinunciò, alzandosi rassegnato ad aspettare l’ora di pranzo per poter parlare seriamente con Andy e risolvere la faccenda.
 
Andy aveva raggiunto il luogo dell’incontro con i suoi colleghi guidando con la testa sulle nuvole. Aveva parcheggiato la macchina con qualche minuto di anticipo ed ora attendeva le nove fissando fuori dal finestrino le strade di Londra, ancora bagnate dalla pioggia che era caduta quella notte.
Non poteva prendersela con Mika, ne era ben consapevole, ma non poteva fare a meno di provare un po’ di ansia ripensando a quelle foto. Da che stavano insieme avevano fatto attenzione a chi avrebbe potuto vederli in giro, le persone a sapere di loro erano poche e fidate. Quello a nascondersi era sempre stato Mika: l’unica speranza che aveva era che quel giornale non arrivasse presto anche fuori dai confini francesi. Speranza a cui non doveva nemmeno pensare, non ora che Mika aveva acquistato ancora più popolarità anche in Italia, grazie ad X Factor.
Prima che tutto succedesse, era sempre stato propositivo nei confronti di quel rischio: ora la sua sicurezza sembrava vacillare, soprattutto a causa di come era fatto lui, della sua riservatezza, del suo non voler essere al centro di attenzioni o inseguimenti con le macchine fotografiche.
Le nove. Il momento per pensare era terminato.
Tolse le chiavi e scese dalla macchina, tentando di portare i suoi pensieri unicamente sul lavoro che aveva da svolgere quella mattina.
 
A casa il pranzo era già pronto: in assenza di altre cose da fare e per occupare la mente, Mika aveva deciso di preparare per entrambi qualcosa di buono e aveva iniziato a mischiare ingredienti molto prima dell’ora in cui sarebbe dovuto tornare Andy.
Tuttavia, un’oretta prima dell’una, il suo telefono gli annunciò l’arrivo di un messaggio.
“Il lavoro sta andando per le lunghe, non torno per pranzo. Buon lavoro allo studio oggi pomeriggio”
Mika sospirò, sedendosi a terra e appoggiando la schiena al divano, rilanciando la pallina che Melachi gli aveva appena portato e osservandola rincorrerla per tutta la casa.
“Se quando torni hai fame, ti lascio quello che avevo preparato in frigo. A stasera”
Inviò il messaggio e si alzò, dirigendosi in cucina e preparando i piatti per Andy: prese un po’ di pellicola e li ricoprì, mettendoli poi al fresco.
Prese forchetta e coltello ed iniziò a mangiare, cercando di non pensare a quel messaggio: possibile che Andy non si sentisse come si sentiva lui? L’attesa del pranzo si era appena trasformata in un’attesa molto più lunga a cui lui non si era preparato: non ce la faceva più a stare in quella casa a far niente.
Finì di mangiare e, anche se era fin troppo presto, uscì di casa, salutando Melachi e dirigendosi verso la sua auto.
Non si diresse immediatamente agli studi di registrazione però, ma svoltò verso casa di sua madre, sperando di trovarvi qualcuno nonostante non avesse avvisato.
 
-Mika! Ciao, entra- Zuleika lo accolse sorridente, invitandolo ad entrare in quella che una volta era anche casa sua e che, col tempo, non era cambiata più di tanto.
Il tavolino su cui aveva lavorato al suo primo album insieme a Andy e Yasmine si trovava ancora nello stesso punto del salone, ma vi era appoggiato solo un vaso di fiori. Tutti e cinque ormai erano andati a vivere per conto loro e quella casa, anche se portava ancora qualche segno dei cinque ragazzi, ora era decisamente più ordinata.
-Cosa ci fai qui?- chiese alla sorella più piccola, mentre entrambi si sedevano in cucina.
-Domani riparto per la Cina, ero passata a salutare mamma. E’ appena uscita, ma mi sono fermata qui perché tra poco dovrebbe tornare papà. Tu invece come mai da queste parti?-
Mika sospirò, iniziando a preparare il caffè.
-Oggi pomeriggio devo andare in studio a registrare, pensavo di aspettare qui nel frattempo- spiegò semplicemente, accendendo il fornello.
-Andy non è a casa?-
-No, sta lavorando anche lui-
Mika di solito era un chiacchierone, soprattutto quando non vedeva i suoi fratelli da parecchio tempo: di fronte a quelle brevi risposte e al silenzio che ne seguì, per Zuleika non fu difficile capire che qualcosa non andava.
-Che è successo?- domandò quindi, osservando Mika, il quale però teneva gli occhi fissi sul cellulare.
-Niente-
-Non ti ho chiesto se è successo qualcosa, ti ho chiesto cosa è successo- puntualizzò allora Zuleika, parlando molto tranquillamente, come era suo solito fare.
Mika la guardò finalmente negli occhi e sospirò: sapeva bene che tentare di nascondere qualcosa ad un qualsiasi membro della sua famiglia era pressoché impossibile, soprattutto a sua sorella minore, che era anche colei che gli era stata accanto in quel momento di tanti anni fa in cui aveva iniziato ad avere dei seri dubbi sulla sua sessualità. Era lei che, seduta pazientemente in sala insieme a lui, lo aveva ascoltato; era stata lei la prima ad essere a conoscenza e ad accettare quella parte di lui che aveva fatto così tanta fatica a far sapere a tutti.
Mika prese il caffè, ormai pronto, e portò le due tazzine nel salotto, sedendosi a terra, proprio come facevano quando abitavano ancora tutti insieme.
Sentì sua sorella lasciarsi andare ad una leggera risata.
-Nostalgia?- gli chiese, sedendosi comunque accanto a lui e prendendo tra le mani la tazza di caffè.
Mika le sorrise: -Forse un pochino. Ma chissà come mai trovo sempre te in questi momenti- rifletté, scuotendo leggermente la testa.
-Hai litigato con Andy?- gli chiese allora sua sorella, dato che Mika aveva appena fatto riferimento alle loro precedenti chiacchierate.
Mika ci rifletté per qualche secondo: -Non credo-
Zuleika alzò le sopracciglia, confusa.
-Cosa vuol dire “non credo”?-
Mika bevve un sorso di caffè e poi iniziò a raccontare tutto quanto alla sorella: dalle foto su quel giornale, spiegandole poi cosa diceva l’articolo, e infine parlandone della strana reazione del compagno, la cosa che più lo preoccupava.
Il tempo era passato, ma sua sorella lo ascoltava ancora attentamente e in silenzio, come una volta. Solo alla fine del suo racconto parlò, cercando di aiutarlo e tranquillizzarlo.
-Per una persona riservata come Andy non deve essere stato affatto bello, così come non lo è stato per te e…-
-Non si vede nulla in quelle foto, Zuleika- la interruppe Mika, alzando gli occhi al cielo.
-No, è vero, ma ora lui ha un volto e un nome per tutti. Tu sei abituato a finire sui giornali, lui no. Quando non vuoi farti notare, sei anche abituato a nasconderti sotto tre sciarpe, lui no. Poi lo conosci meglio di me, non ama molto queste cose. Ci starà solo riflettendo su, non preoccuparti troppo. Sa che non è colpa tua, presto verrà lui a parlare con te-
Mika puntò gli occhi al pavimento, riflettendo sulle parole della ragazza.
-Non era mia intenzione causargli questo tipo di problemi, non lo è mai stato-
-Lo so Mika, e lo sa anche lui. Vai allo studio a fare quello che devi fare e poi torna a casa e ascoltalo, vedrai che si sistemerà tutto. E se davvero lui non riesce a sopportarlo, in quelle foto non si vede nulla, state solo passeggiando: puoi sempre smentire-
Mika non aveva mai pensato a quell’eventualità.
Sorrise a sua sorella, sussurrandole un grazie riconoscente, per poi riportare le tazzine in cucina e prepararsi per uscire.
-Salutami papà- le disse come ultima cosa, prima di tornare alla macchina.
 
Le quindici in punto: Mika ormai era sicuramente partito per andare al lavoro e lui poteva tornare a casa. Aveva anche tenuto conto della sua canonica mezzora di ritardo.
Il lavoro non si era protratto così a lungo da non tornare a casa per pranzo e di certo non aveva bisogno anche di quel pomeriggio per portarlo a termine: Andy aveva mangiato un misero panino da solo, nella sua macchina, attendendo l’ora giusta per poter tornare a casa.
Gli era dispiaciuto mentire a Mika, ma non se l’era sentita di tornare a casa per pranzo, non con l’aria tesa che si respirava tra loro. Andy era consapevole che la responsabilità di quel clima pesante era sua.
Tornare a casa e parlare con lui in quel momento avrebbe creato solo danni: in quel pomeriggio, mentre Mika era al lavoro, sperava solo di ritrovare un po’ di tranquillità, di capire come mai un paio di foto di loro che camminano per le strade di Parigi gli stessero mettendo quell’ansia eccessiva e di cercare di affrontare quella situazione come aveva sempre pensato di affrontarla in passato: con serenità.
Era più facile a dirsi che a farsi, soprattutto perché la discussione che aveva avuto con Mika quando avevano parlato di questa cosa continuava a rimbombargli in mente.
 
“-Lo sai… Inizierebbero a fare un sacco di domande, anche su di te e…-
-Dire che sei gay non significa dire anche che stai con me-
-E’ vero, ma sai benissimo come funzionano queste cose, prima o poi si verrà a sapere-.
-Staremo attenti-
-Vuoi che lo dica?-
-Potresti farlo. Forse hai ragione tu, avresti più libertà-
-Se dovessero venire a sapere che sei tu…-
-Faremo di tutto perché non accada. E se dovesse accadere… beh, ci penseremo-“
 
“Ci penseremo” aveva risposto a Mika e a quanto pare quello era il momento di pensarci. Già, ma come fare?
Varcò la porta di casa e si dedicò per qualche minuto a Melachi, per poi tornare a riflettere. Questa volta la voce che gli riempì le orecchie fu quella di sua madre.
 
“-Non è un po’ rischioso?-  
-Mamma, si tratterebbe solo di una formalità. Mika già parla di questo nelle sue canzoni-
-Lo so, ma dirlo così apertamente cancellerebbe ogni dubbio. È una cosa che avrà conseguenze anche su di te-
-No, questo no. Non dirò mai che si tratta di lui, non farò il suo nome e continueremo a stare attenti, come abbiamo sempre fatto, per non farci vedere mentre siamo insieme-
-Mika, nel momento in cui dirai di essere gay, i giornalisti non faranno altro che cercare di capire con chi…-
-Ok, anche se dovesse succedere? Abbiamo preso questa decisione insieme. Io sono d’accordo e credo davvero che lui debba dirlo, in questo modo avrebbe la possibilità di fare il suo lavoro in completa libertà. Quanto a me, se dovessero scoprire che sono io il ragazzo, avrò solo una vita un po’ più frenetica-“
 
“Vita un po’ più frenetica”.
Era sicuro di volere quella vita che aveva definito in quel modo, in passato?
Lui che nella tranquillità si trovava a suo agio? Eppure, in quel momento si rese conto che quella era una bugia.
Anche prima di questo fatto, la loro vita era tutto tranne che tranquilla, soprattutto a causa dei loro viaggi. La loro storia non era stata sempre tranquilla, avevano superato parecchi ostacoli, che erano iniziati con Elize, per poi passare a cose più serie, come i genitori di Andy o la fuga di Mika.
Andy prese le scale e si diresse al piano superiore, entrando nella stanza in cui era solito rintanarsi quando aveva del lavoro da svolgere a casa.
Conservava solo due articoli che parlavano del suo compagno, dato che conservarli tutti avrebbe significato vivere sommersi dalle riviste. Ma quei due articoli li aveva tenuti e non era nemmeno sicuro che Mika ne fosse a conoscenza.
Il primo era l’articolo scritto in seguito all’intervista che aveva permesso ad Andy di tornare ad avere un rapporto sereno con suo padre: in quel caso, il fatto che Mika avesse parlato di lui gli aveva risolto il suo più grande problema e lo ricordava come se fosse ieri.
Riprese tra le mani il giornale e vi tolse la polvere che si era accumulata, per poi aprirlo alla pagina che cercava. Sorrise di fronte alla foto che avevano fatto a Mika in quell’occasione: una folta massa di capelli ricci contornava il suo viso, lunghi come ormai non li teneva più. Guardando quella foto si rese davvero conto di quanto tempo fosse passato, di come anche il suo compagno ormai non era più un ventiduenne alle prime esperienze, ma a tutti gli effetti un uomo.
 
“Per me la cosa che in assoluto conta di più è che sia felice, e che possa continuare a vivere la sua vita in tranquillità. Se questo mio nuovo stile di vita non le andrà più bene, sarà libera di andarsene. L'amore non deve mai diventare un peso e non permetterò che lo diventi. Per ora, comunque, credo che non ci sia pericolo. Siamo felici, insomma.”
 
Sì, il tempo era passato, ma Andy sapeva che quelle parole erano ancora vere: più di una volta Mika gliele aveva ripetute. Andy era anche consapevole del fatto che la loro storia per lui non era mai stata davvero un peso: tutti i momenti difficili erano sempre ricompensati dalla persona che Mika era, da quello che rappresentava per lui e che faceva per lui ogni singolo giorno.
Prese l’altra rivista che conservava su quello scaffale, aprendola: un Mika più adulto lo osservava da quella pagina.
 
Mi chiedete se sono gay, io vi rispondo di sì. Mi chiedete se le mie canzoni parlano di relazioni con uomini? Io vi dico sì. Ed è solo attraverso la mia musica che ho trovato la forza di venire a patti con la mia sessualità al di là dell’argomento dei miei testi. Questa è la mia vita reale.
 
Aveva avuto tanto coraggio in quell’intervista, così come l’aveva avuto al concerto all’Heaven di Londra, pochi giorni dopo aver dichiarato la sua omosessualità.
 
“Il mio grazie all’uomo che amo”
 
Il biondo rimise a posto i giornali, per poi guardarsi intorno. Quando si era trasferito con Mika, poco a poco aveva portato tutto quanto in quella casa, comprese le foto che aveva appeso nella sua camera a casa dei suoi genitori. Le prese, riguardando gli scatti che aveva deciso di immortalare dai suoi video: gli mancava seguire Mika ovunque con la sua videocamera, ma con il lavoro e i viaggi, era diventato sempre più difficile. Dalla prima foto, una folta chioma di capelli ricci lasciava comunque intravedere un paio di occhi castani pieni di spensieratezza. Sullo sfondo, si poteva intravedere un manto di erba verde e Mika vi era steso sopra.
Andy rimise a posto anche quelle foto, tornando in cucina a cercare il giornale francese che aveva dato il via a tutta quella serie di pensieri.
Le osservò, ripensando contemporaneamente a tutto ciò che aveva appena letto e visto nel suo studio.
Niente, quelle foto non erano niente.
Un altro piccolo ostacolo che avrebbero superato insieme, uno sforzo che, Andy ormai ne era ben consapevole, ne sarebbe valsa la pena.
Due foto su un giornale e un titolo ideato a puntino non avrebbero certo potuto cancellare tutto quello che aveva conservato in quella stanza e non avrebbero fatto svanire il suo desiderio di poter raccogliere ancora tante foto simili a quelle, tanti ricordi di loro.
Si ricordò del messaggio che Mika gli aveva mandato in risposta al suo, in cui lo aveva avvisato che non sarebbe tornato per pranzo. Aprì il frigo e sorrise: il piccolo panino che aveva mangiato in macchia da solo non era stato sufficiente e placare la sua fame e Mika si era sforzato di preparargli il suo piatto preferito, direttamente dalla cucina greca.
Lo prese in mano e lo fece scaldare, per poi sedersi a tavola e assaggiarne un pezzo: Mika in cucina era molto pericoloso, in alcuni casi riusciva a cucinare qualcosa di veramente buono, in altri casi era meglio ordinare del cibo a casa. Con la cucina greca non era mai stato un ottimo cuoco, ma a quanto pare quella volta si era messo d’impegno e aveva seguito perfettamente la ricetta.
Andy si sentì in colpa per avergli mentito circa il lavoro e per non essere tornato a casa a pranzo: ora avrebbe solo voluto che Mika tornasse a casa il prima possibile.
Per aspettare l’ora di cena, accese il computer ma non per lavorare: ritornò su una cartella che non apriva da parecchio tempo, quella dei video che aveva girato nel primo lungo viaggio che aveva fatto con lui.
 
Mika rimase per qualche secondo fuori dalla porta di casa, chiedendosi cosa lo avrebbe atteso quella sera. Era ormai ora di cena e poteva sentire Melachi subito dietro la porta: inutile restare lì fuori ancora a lungo, Andy si sarebbe comunque accorto della sua presenza a causa della cagnolina.
Aprì la porta e si dedicò a lei per qualche secondo; poi notò che in sala il computer di Andy era appoggiato sul tavolino, ma lui non c’era.
Lo trovò in cucina, intento a preparargli la cena, proprio come lui aveva fatto quella mattina. Il greco si accorse che il suo compagno era rientrato e gli rivolse un timido sorriso.
-Il pranzo era molto buono. Vediamo se la cena all’altezza- disse solo, spiegando il motivo per cui stava ancora cucinando.
Mika si avvicinò ai fornelli: spaghetti al pomodoro e pollo.
Lo conosceva bene.
-Pare proprio di si- commentò, rivolgendogli anche lui un lieve sorriso.
Il biondo spense i fornelli e portò il cibo in tavola.
Poi sospirò, decidendosi a parlare e desideroso di porre fine a quella situazione.
-Mi dispiace, Mika- gli disse, puntando gli occhi nel piatto ancora vuoto, non sapendo in che altro modo incominciare.
-Per cosa?-
-Io… non è vero che non ho fatto in tempo a finire il lavoro oggi-


 

Buonasera :D

Ho da dire soltanto che le descrizioni delle scene a Parigi del capitolo precedente e delle foto di cui si parla in questo capitolo, sono state prese dall'intervista a Le Divan.

Al di là di questo capitolo, volevo anche dirvi che questo seguito non durerà ancora moltissimi capitoli: non ho ancora deciso quanti, ma siamo vicini alla fine. 

E' più corto della prima parte, ma il motivo è molto semplice: ho DAVVERO finito la mia fantasia per questa storia. Alcuni capitoli sono stati scritti molto facilmente, con altri invece ho fatto più fatica; adesso sto facendo davvero fatica a trovare un qualcosa che mi ispiri per continuarla come si deve. Anche i tweet di Mika in questo caso non mi sono d'aiuto.

Tuttavia, io ho ancora un paio di idee per gli ultimi capitoli MA: considerando che come arco temporale qui siamo all'inizio del 2014, c'è qualcosa che a qualcuno di voi piacerebbe leggere? Visto che stavolta non riesco ad aiutarmi da sola, magari mi aiutate voi :)

A presto, e buon anno a tutti :')

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Capitolo 17
*** Un sole con la luna storta ***


-Mi dispiace, Mika- gli disse, puntando gli occhi nel piatto ancora vuoto, non sapendo in che altro modo incominciare.
-Per cosa?-
-Io… non è vero che non ho fatto in tempo a finire il lavoro oggi-




Mika, che aveva già provveduto a mettere una generosa porzione di pasta nel suo piatto, appoggiò la forchetta sul tovagliolo e guardò Andy, riuscendo finalmente a catturare i suoi profondi occhi azzurri.
Il biondo, notando quello sguardo a metà tra il confuso e il deluso, si decise a continuare a parlare e a tentare di spiegare perché l’aveva fatto, per fare in modo che quell’espressione negli occhi di Mika sparisse il più in fretta possibile.
-Non me la sentivo di tornare a casa, perché pensavo ancora a… a quelle foto e non riuscivo a… a…- sospirò, appoggiando anche lui la forchetta con cui stava per prendere gli spaghetti -Mi è venuta un po’ di ansia e so che quelle foto non sono colpa tua e non volevo…- ma non riuscì a finire la frase, spiegarsi gli sembrava impossibile: come sempre, nel momento del bisogno, le parole gli venivano meno.
-Andy!- esclamò Mika, facendo ancora fatica a capire per quale motivo il ragazzo gli avesse mentito -Tu… eri arrabbiato per…- aggiunse poi il riccio, non capendo davvero come fosse possibile che per un paio di foto lui avesse reagito in quel modo.
-No, io non mi sono arrabbiato con te- lo interruppe immediatamente il greco, non volendo che fraintendesse.
-Ma… mi hai praticamente evitato-
-Lo so- rispose Andy -Volevo solo capire come…-
-E per capire era davvero necessario fare tutto questo?- lo aveva interrotto, ma Mika non era riuscito a fermarsi prima.
Non capiva e la cosa lo innervosiva.
-Ero un po’ arrabbiato per quello che è successo, non volevo arrabbiarmi anche con te- rispose Andy, quasi in un sussurro, portando gli occhi al piatto, iniziando a prendere ancora più consapevolezza di come si fosse comportato in modo stupido.
-Prima avessimo parlato, prima avremmo potuto risolvere questa cosa! È tutto il giorno che ci penso, aspettavo solo che tu tornassi per tranquillizzarti, per dirti che ci avremmo pensato insieme, per chiederti di smetterla di essere così silenzioso e parlarmi per farmi capire cosa ti passava in testa- Mika aveva iniziato a parlare a raffica.
-Mi dispiace- riuscì solo a sussurrare Andy di fronte a quel fiume di parole che, lo sapeva, usciva dalla bocca di Mika solo nei momenti in cui era nervoso.
-Sì, dispiace anche a me- rispose il riccio, con un tono di voce un po’ troppo seccato, riprendendo in mano la forchetta e infilando la pasta con un colpa secco, iniziando ad arrotolarla per poi mangiarne una forchettata.
La discussione stava prendendo una piega che Andy non avrebbe voluto e, di fronte al tono di voce di Mika e al suo sguardo duro, prese anche lui un po’ di pasta e iniziò a mangiare in silenzio.
Passò qualche minuto, il tempo in cui Mika realizzò che alla fine Andy gli aveva sì mentito, ma ora aveva deciso di essere sincero: forse stava solo cercando di parlare con lui, di spiegargli finalmente il suo atteggiamento degli ultimi giorni che lo aveva tanto fatto preoccupare.
In più, ragionandoci per bene, la reazione di Andy era stata esagerata, ma poteva capire in parte ciò che passava nella mente del compagno.
-Ho avuto paura- sussurrò infine il libanese, tornando a guardare Andy e dimenticandosi di nuovo della cena.
-Di cosa?- domandò il biondo, riappoggiando di nuovo la forchetta nel piatto e notando con piacere che il tono di voce di Mika era cambiato.
-Pensavo che fosse troppo per te. Ti conosco, so come la pensi su queste cose e mi hai sempre chiesto di non dire nulla di te. Lo so che non sopporti il fatto che la gente possa riconoscerti per strada solo perché sei il mio ragazzo e so che quando le cose si fanno troppo complicate tu… tu… non le vivi serenamente. E quel tuo silenzio…-
In conclusione, aveva paura che se ne sarebbe potuto andare. Quando il biondo capì questo, alzò gli occhi al cielo: -Mika, per delle foto?-
Mika allargò le mani, lo sguardo sorpreso in direzione di Andy; l’intenzione di capirlo di poco prima lo abbandonò veloce com’era arrivata: -Sei stato tu quello che ne ha fatto una tragedia! Cosa avrei dovuto pensare?- gli fece quindi notare, esibendo di nuovo il tono di voce seccato di poco prima.
Andy sospirò.
-Mi dispiace, non era mia intenzione farti… preoccupare-
Il biondo si fermò di nuovo a pensare al suo atteggiamento durante quella giornata, maledicendosi da solo per aver usato troppo l’istinto e troppo poco la testa. Per quanto fosse un timore infondato, ben sapeva come si fosse sentito Mika e quanto facesse male quella paura, lui stesso l’aveva sperimentata.
Guardò il ragazzo negli occhi e notò che lo stava osservando con sguardo attento, come se volesse capire i suoi pensieri. Andy si rese conto che toccava a lui porre fine a quella confusione inutile che lui stesso aveva creato.
Si alzò dalla sedia e lo raggiunse, sedendosi sulle sue gambe e portando un braccio attorno al suo collo, diminuendo almeno la distanza fisica e fissandolo negli occhi più da vicino, di modo che anche lui potesse leggere la sua sincerità in quel momento.
-Ho avuto paura, proprio per le cose che hai detto- iniziò a spiegare il biondo -Perché sì, è vero, io sono proprio come hai detto tu. Ma… non è la prima volta che le cose si fanno complicate. Oggi sono tornato a casa e ho pensato un po’ al passato… a tutte le volte che le cose si sono fatte difficili e a come poi la mia serenità la trovo in te. E’ sempre stato così, Mika, lo sai… tutto questo ne vale la pena. Ieri e stamattina non riuscivo a pensarci… oggi pomeriggio e adesso sì invece, e ne sono sicuro-
-Ho sempre avuto paura che tutto questo un giorno possa davvero diventare troppo per te… e pensavo che fosse così, dato che…- confessò Mika, sempre in un sussurro preoccupato.
-Non credo proprio che succederà… te l’ho detto, non c’è niente che valga la pena tanto quanto te… tanto quanto noi e tutto quello che abbiamo costruito insieme-
Mika, finalmente, riuscì a rivolgergli un leggero sorriso che conferì alla sua espressione un po’ di sollievo.
Era stato un problema che lui non aveva considerato così grave, ma chiarirsi fu comunque piacevole.
-Mi dispiace di averti mentito, oggi- aggiunse poi il biondo, sempre in un sussurro, questa volta guardandolo dritto negli occhi.
-E a me di spiace che il mio lavoro sia sempre la causa dei nostri problemi-
Il biondo scosse la testa: era ridicolo che Mika si stesse scusando, il problema non l’aveva creato lui.
Andy sollevò la mano destra fino a raggiungere la sua guancia, lasciandosi pizzicare dall’accenno di barba che stava crescendo.
-So benissimo che non è solo un lavoro per te e so quanto sia importante… non importa, Mika, è tutto a posto. E non me ne vado da qui solo per un paio di foto… vorrà dire che mi presterai qualcuna delle tue sciarpe in caso di necessità- aggiunse poi, ridendo insieme al ragazzo.
Si guardarono negli occhi, lasciandosi andare di nuovo ad una leggera risata e poi Mika lo strinse un po’ più forte a sé, circondandolo con entrambe le braccia e lasciando che Andy affondasse la testa nella sua spalla. Lo sentì lasciargli un bacio sul collo, che lo fece rabbrividire, e così voltò il viso alla ricerca delle sue labbra.
Dopo quel bacio, gli venne in mente quello che sua sorella gli aveva suggerito quel pomeriggio.
-Oggi prima di andare a registrare sono passato a casa di mia mamma e ho trovato Zuleika e…-
-E ha capito che qualcosa non andava- concluse Andy per lui, con un sorriso, ricordandosi come la sorella minore di Mika fosse sempre attenta a queste cose.
-Ovviamente- confermò il ragazzo -Mi ha detto una cosa che mi ha fatto pensare… in quelle foto non si vede nulla. Io potrei anche smentire e tutto tornerebbe come prima-
Andy ci pensò qualche secondo, per poi scuotere la testa.
-Non cambierebbe nulla, ci sono buone probabilità che succeda di nuovo e… è inutile che tu menta così apertamente per questa cosa. Non è nemmeno giusto che tu menta sulla nostra storia in generale, ma…- e sollevò le spalle, come a dire che un pochino era inevitabile.
-Ho capito cosa intendi- lo rassicurò il libanese.
-Secondo me dovresti continuare a comportarti come hai sempre fatto. Va bene così-
-Sei sicuro?- gli domandò Mika.
-Sì- rispose il biondo, annuendo convinto e tornando al suo posto per mangiare, dopo avergli lasciato un bacio sulla guancia.
Dopo cena, decisero di passare un po’ di tempo in tranquillità sul divano e, prima che Andy spegnesse il computer, Mika vide quello che stava facendo prima di cucinare.
-Sono i nostri video?- chiese, indicando lo schermo, sul quale c’erano loro due e sullo sfondo la Tour Eiffel.
-Sì- rispose Andy e il riccio lo fermò, prima che potesse chiudere il pc.
Lo afferrò per un braccio e lo tirò sul divano, accanto a lui, per poi cliccare sul tasto play.
-La vuoi finire? Già non hanno una forma!-
Queste furono le prime parole che sentirono entrambi e che li fecero ridere: la mania di Andy di scompigliargli i capelli e le lamentele di Mika.
-Aspetta solo che ti prenda e vedi!-
Mika rise di nuovo, ricordandosi di come avevano iniziato una corsa per le strade della capitale francese.
-Eri davvero fastidioso, sai?- sussurrò a Andy, il quale, per tutta risposta, portò una mano tra i suoi capelli, ora più corti, e li scompigliò, esattamente come nel video.
-Smettila!- esclamò il libanese, soffocando le risate di Andy con un pugno sulla spalla, atterrandolo poi sul divano e riservando lo stesso trattamento ai suoi capelli biondi, che però erano troppo corti per essere scompigliati.
-Non vincerai mai questa battaglia- gli fece notare il greco sotto di lui, sorridendo soddisfatto.
-Domani mi raso i capelli a zero- affermò Mika in tutta risposta, con finta aria di superiorità.
-Non ci provare nemmeno- lo minacciò il biondo, zittendo una possibile risposta appoggiando le labbra sulle sue con decisione e, ovviamente, facendo passare una mano tra i capelli morbidi del compagno, portando a termine l’opera che aveva iniziato poco prima: Mika, però, in quel caso non ci prestò molta attenzione.  
 
Un paio di giorni dopo era di nuovo giunto il momento di ripartire per l’Italia, questa volta non per lavoro, ma per far visita a Isabella: dato che X Factor era ormai terminato e lui era stato occupato in Francia con The Voice e con il proseguimento del suo nuovo album, non vedeva la donna da un paio di mesi. La sua riconferma alla nuova edizione del talent italiano, però, implicava necessariamente qualche lezione con la sua insegnante, per riportare alla mente alcune cose importanti e per parlare un po’ italiano prima dell’inizio delle audizioni. Approfittando del regalo che avevano preso per la bambina, Mika avrebbe anche potuto accordarsi con Isabella per lo svolgimento delle lezioni; inoltre, sia a lui che a Andy, non dispiaceva affatto trascorrere un po’ di tempo in Sicilia, soprattutto per sfuggire qualche giorno dal clima umido di Londra.
Prenotarono un hotel in cui si assicurarono di poter tenere anche Melachi con loro: da quella semplice telefonata per la prenotazione, Mika si rese conto definitivamente di necessitare in modo urgente di un ripasso della lingua italiana.
Quando raggiunsero il loro hotel si presero un po’ di tempo per rilassarsi dopo il viaggio e sistemare le loro cose, poi chiamarono un taxi e si fecero lasciare a casa della donna.
-Ciao!- lo salutò allegramente Isabella, aprendo la porta e rivolgendogli un sorriso luminoso.
-Ciao Isabella, come stai?- rispose Mika, in italiano, abbassandosi per lasciarle due baci sulla guancia.
-Tutto bene, grazie. Ciao Andy- disse poi in direzione del biondo, questa volta in inglese.
-Buongiorno- rispose il ragazzo, varcando la soglia dell’appartamento subito dietro il compagno.
Una bambina di due anni nel frattempo osservava i due sconosciuti che erano appena entrati nel salotto con sguardo quasi timoroso, facendo capolino da dietro il divano.
-Asia, vieni qui a salutare- disse Isabella, avvicinandosi alla piccola.
-Abbiamo qualcosa per lei- disse allora Andy, passando però la borsa a Mika, di modo che avrebbe potuto dare il regalo alla bambina rivolgendosi a lei in italiano e permettendole così di capire.
Il cantante si avvicinò alla piccola, abbassandosi al suo livello e fece per darle il regalo; appena si protese verso di lei però, la bambina si avvinghiò alla gamba della madre, alzando le manine verso di lei, quasi come se fosse spaventata.
-Non ho un gran talento coi bambini- mugugnò Mika, mentre Isabella prendeva in braccio la figlia.
Mika infilò allora una mano nella borsa ed estrasse la piccola marionetta che avevano comprato a Parigi insieme a sua madre: vi infilò la mano e iniziò ad aprirla e chiuderla, storpiando la sua voce e regalandola al pezzo di stoffa che teneva tra le mani.
Funzionò: la bambina iniziò a ridere e poi allungò le mani per cercare di afferrare la marionetta. Mika gliela passò e Isabella rimise Asia a terra, la quale corse immediatamente sul divano a giocare con il nuovo regalo che aveva appena ricevuto.
-Uuuuh- sospirò Mika, constatando che la bambina, alla fine, non si era messa a strillare.
Sia Andy che Isabella risero.
-Sedetevi, vi offro un caffè- disse poi la donna, indicando il tavolo al centro della sala. Entrambi i ragazzi accettarono molto volentieri.
Così di fronte ad una tazza fumante di liquido nero e qualche biscotto, Mika e Isabella si accordarono per le nuove lezioni di Italiano e, quando ormai era quasi ora di cena, suggerì loro un posto in cui sarebbero potuti andare a trascorrere un po’ di tempo il giorno successivo, anche se Andy aveva comunque del lavoro da portare a termine in breve tempo.
 
Il giorno seguente i due ragazzi seguirono il consiglio di Isabella: il greco aveva caricato il computer tutta notte e così aveva fatto anche Mika con il suo tablet: avrebbero potuto così portarsi il lavoro fuori dall’hotel.
Il posto che Isabella aveva indicato loro era veramente incantevole: un castello fuori città con un bellissimo giardino tappezzato di erba verde scintillante, punteggiato di margherite. Mika, soprattutto grazie al suo manager, aveva ottenuto il permesso di poter trascorrere all’esterno del castello qualche ora. In quel periodo dell’anno il clima era molto piacevole.
Mika rigirò le maniche della camicia bianca a righe che indossava quel giorno e si sedette sul telo che aveva appoggiato a terra, mentre Andy scelse un posto poco distante da lui, sotto l’albero più vicino, appoggiando la schiena al tronco.
-Quella maglia bianca poi non lo sarà più- gli fece notare con un mezzo sorriso.
Per tutta risposta, Andy alzò le spalle e accese il suo computer. Anche Mika fece lo stesso col tablet, aprendo i file che Isabella gli aveva inviato tempo prima con le regole grammaticali italiane.
La sua concentrazione però vacillava con una facilità estrema. Tutto di quel posto sembrava attirare il suo sguardo, ogni minimo dettaglio gli sembrava qualcosa di imperdibile, a cui doveva necessariamente prestare attenzione.
Il cielo azzurro macchiato da qualche lieve nuvola bianca, gli alberi attorno a loro. Una margherita proprio vicino al piede destro di Mika e un’altra accanto piegata, probabilmente calpestata malamente da qualcuno o, chissà, anche da lui stesso mentre si sedeva sul telo.
Puntò poi gli occhi sul suo braccio destro, illuminato da un caldo raggio di sole e poi, spostando lo sguardo sulla sua metà, si accorse che aveva appena abbassato il telefono e lo stava riponendo in tasca.
-Cosa fai?- gli chiese allora, in riferimento al cellulare.
-Ti ho fatto una foto- rispose con semplicità il greco, tornando a concentrarsi come se niente fosse sul video che stava editando: questa volta non un documentario, ma un video musicale per una band che aveva richiesto lui come regista.
Mika sorrise: non era poi una cosa così strana, sapeva molto bene che il compagno era solito immortalare quante più cose possibili e non solo durante i loro viaggi come in quel caso, ma anche quando erano a casa e voleva tenersi un ricordo di quella giornata, per motivi che spesso a Mika sfuggivano. In un angolo, appoggiata accanto a Andy, il libanese scorse anche la custodia della sua vecchia videocamera, ormai un cimelio, che però il ragazzo non si azzardava a sostituire con una nuova.
“Finché non si accenderà più, questa la tengo” diceva sempre, nonostante ne avesse comprate altre nel corso degli anni. Soprattutto durante i loro viaggi, quella vecchia e piccola videocamera che li aveva ripresi fin dal loro primo incontro, spuntava sempre fuori. Solo ultimamente aveva iniziato a dare dei problemi, ma il biondo sosteneva che fosse ancora utilizzabile.
Mika si fermò per qualche secondo ad osservare il ragazzo concentrato sul suo lavoro, notando come lo stesso sole che stava riscaldando il suo braccio, stesse illuminando anche il viso di Andy, risaltando i suoi lineamenti e il biondo dei suoi capelli.
Il sole.
Così come in quel momento entrambi si stavano godendo il suo calore, anche quando erano lontani il sole sopra di loro era sempre lo stesso.
Mika quasi si meravigliò di quel pensiero, chiedendosi come mai ora che aveva Andy lì vicino stesse rimembrando i giorni che, inevitabilmente, qualche volta avevano dovuto trascorrere lontani.
La consapevolezza di dover studiare però, lo allontanò bruscamente dai suoi viaggi mentali, riportando i suoi occhi e la sua attenzione alla grammatica italiana.
Tuttavia quando riportò gli occhi al tablet, non riuscì a comprendere nemmeno una parola di quello che vi era scritto: davanti ai suoi occhi apparvero solo immagini del sole, di come stava illuminando ora il viso di Andy tanto quanto il suo, di come si trattasse di qualcosa che tutti potevano vedere, anche a migliaia e migliaia di chilometri da lì.
E poi, improvvisamente, nella sua mente si rimaterializzò l’attimo in cui il sole era stato per lui fonte di immenso sconforto, non di legame indissolubile con la persona che amava nei momenti in cui non poteva averla fisicamente al suo fianco.
 
La solitudine non aveva mai pesato tanto come quella sera; nemmeno quando aveva trascorso quel mese a Montréal si era sentito così abbandonato a se stesso.
Tutte le luci nella sua casa erano spente, tutte le porte chiuse a chiave, tutte le finestre erano serrate. Tutte tranne una, quella della sua stanza, dietro la quale Mika osservava con sguardo triste la luna calante fare timidamente capolino da dietro una nuvola scura.
Solo il debole suono dei suoi respiri gli teneva compagnia, insieme al caldo fastidioso di una lacrima silenziosa che gli stava rigando la guancia destra, facendosi spazio tra l’accenno di barba e tentando di raggiungere le braccia a cui aveva appoggiato la testa. Si affrettò a fermare la sua scivolata con la manica della felpa trasandata che indossava, impaziente di far sparire la traccia chiara e tangibile del suo stato d’animo fin troppo sotto terra.
Nessuno avrebbe dovuto accorgersene, nessuno avrebbe dovuto immaginare che ci fosse qualcosa che lo stava lentamente distruggendo dentro. Poi, come un lampo inaspettato durante un temporale, la consapevolezza che nessuno poteva accorgersi di quello che gli stava succedendo lo pervase completamente, con una forza tale da fare addirittura male: era solo, nessuno poteva vederlo, nessuno poteva leggere nei suoi occhi lucidi le tracce di un errore che gli era costato e gli stava costando fin troppo caro.
Dopo la sua impulsiva fuga a Montréal, Mika stava ora scontando la pena per aver abbandonato senza preavviso e senza una parola le persone che amava. La sua famiglia aveva capito e alla fine era riuscita a perdonarlo.
Andy, a suo modo, aveva accettato di vederlo ancora, ma fino a quel momento non era riuscito a perdonarlo completamente e a fidarsi nuovamente di lui. Ogni volta che la serata giungeva al termine, una piccola luce di speranza si accendeva dentro di lui; quando però la sua metà lo salutava senza dar segno di essere pronto a ricominciare davvero la loro storia, un cupo e pesante velo di delusione andava a spegnere la speranza che aveva mantenuto viva anche quel giorno.
Se lo meritava.
Questo era quello che si ripeteva per cercare di non affondare e per trovare la forza di attendere i tempi di Andy con il massimo della convinzione e determinazione.
A volte, però, quella convinzione sembrava abbandonarlo, lasciandolo da solo di fronte alla tagliente realtà: aveva combinato un vero e proprio disastro e ora ne stava pagando le conseguenze.
Già, ma quanto avrebbe dovuto pagare? Quante volte ancora il suo destino sarebbe stato quello di osservare il cielo da una finestra di una casa così tanto vuota ma terribilmente colma di ricordi, pronti a riportargli alla mente quanto fosse prezioso tutto ciò che aveva perso scappando?
Quanti sforzi avrebbe dovuto fare ancora? Lui tentava e ritentava, ci metteva tutto l’impegno di cui era capace, eppure il risultato non cambiava minimamente: la sua luce veniva sempre spenta.
Stava perdendo la voglia di essere quello che era sempre stato, un ragazzo sì impegnato, ma pieno di tanta energia e allegria.
Quell’energia e quell’allegria dov’erano sparite?
Erano giorni che non regalava un sorriso a qualcuno, tranne quando era in compagnia di Andy: con lui tutto era più semplice, ma la sua voglia di sorridere spariva insieme a lui. Così come la sua voglia di stare insieme agli altri.
Perché avrebbe dovuto farlo? Perché così tutti avrebbero notato quelle lacrime calde che, nonostante si affrettasse a far sparire nella sua felpa, continuavano a scendere sempre più copiosamente, come a volergli ricordare che avrebbe potuto nascondersi dagli altri in eterno, ma da se stesso mai; come se fossero lì a ricordargli la realtà dei fatti mentre lui tentava di negarla al resto del mondo.
Nascosto, da solo, proprio come il sole in quel momento, spazzato via dalla luna. Un sole che, di notte, non vuole brillare e si nasconde al di là del cielo scuro, lasciando la luna a scintillare al posto suo.
Poi, mentre ancora cercava di asciugare velocemente tutte le lacrime che non volevano dargli tregua, un impeto di rabbia per tutta quella situazione lo pervase: tutti i suoi tentativi sembravano passare inosservati, anche quando gli sembrava di procedere nella giusta direzione si trovava di fronte un muro.
L’amore è stronzo.
Questo riuscì a pensare in quel momento.
Acchiappò il primo foglio stropicciato che trovò sulla scrivania e prese tra le mani la biro più vicina alla sua mano.
Con rabbia, scrisse due semplici frasi.
 
L’amour c’est con comme la lune
Qu’est che qu’on ferait pas pour des prunes
 
Perché sì, l’amore poteva anche essere come lui aveva appena scritto, ma nonostante questo stava facendo tutto il possibile per riaverlo con sé. Veloce come aveva buttato giù quelle prime frasi, riportò su quel foglio tutto ciò che gli era passato per la mente quella sera: con la mano destra scriveva e con la sinistra insisteva in quel suo asciugarsi quasi ossessivamente tutte le lacrime che continuavano a cadere dagli occhi. Non tenendolo fermo con la mano sinistra, il foglio a volte scivolava via, facendolo innervosire ancora di più, costringendolo a darla vinta per qualche secondo alle lacrime per rispondere all’esigenza più importante di gettare tutto ciò che aveva dentro su un foglio di carta.
Ben presto si accorse che o bloccava il suo pianto con la mano, o teneva fermo il foglio per scrivere; decise in un attimo: al diavolo i suoi occhi, aveva bisogno di mettere nero su bianco tutto quanto.
La mano destra scorreva veloce, nervosa, proprio come lui. Le lacrime ad un certo punto iniziarono a sfocargli un po’ la vista, ma non ci fece troppo caso.
 
Je suis seul tout seul
Sans ta petite gueule si seul
Comme le soleil
 
Come il sole.
Un sole solo.
Un sole che si nasconde.
Un sole che non vuole brillare.
Un sole con la luna storta.
 
-Mika? Mi stai ascoltando?- la voce alta di Andy lo riportò al presente.
Il buio e la solitudine della sua stanza erano spariti: era di nuovo al sole ed Andy era al suo fianco.
-Cosa… no…- borbottò distrattamente il riccio, chiudendo i file aperti sul tablet e aprendo un foglio bianco.
Andy alzò entrambe le sopracciglia di fronte a quella risposta, ma capì immediatamente che Mika non stava ripassando l’italiano; la sua mente era altrove e stava per dare vita a qualcosa che, a giudicare dal suo sguardo assorto, era piombata nella sua mente all’improvviso, cogliendo di sorpresa anche lui.
La mano di Andy corse automaticamente alla sua piccola videocamera: la accese e, senza avvicinarsi per non disturbarlo, la puntò vero Mika.
Il cantante era troppo preso dai suoi pensieri per rendersi conto di ciò che il biondo stava facendo.
Il contrasto tra il significato che aveva dato al sole in una canzone che aveva composto anni prima e il significato che gli aveva dato prima che i ricordi si impossessassero di lui erano completamente all’opposto; eppure gli sembravano entrambi così veritieri.
Lasciò da parte quella serata di un paio d’anni prima che avrebbe volentieri dimenticato e si concentrò solo sul presente, sul nuovo significato che stava dando al sole in quel momento e in quel posto.
 
Watch the sun set
Hold it from afar
Close as I get
To being wher you are
 
Tutto d’un tratto fu come se un nuovo cassetto della sua memoria si fosse aperto, permettendogli di riportare alla mente un vecchio racconto di sua nonna.
Anche quello parlava di amore, uno dei più semplici e puri.
-Lo sai che quando mio nonno è andato in guerra, la mia bisnonna, sua mamma, è rimasta per giorni interi sul tetto di casa sua ad aspettare che tornasse? Aspettava solo di vederlo camminare di nuovo per quella via, di vederlo rientrare a casa-
Andy, sorpreso che il ragazzo stesse condividendo ad alta voce i suoi pensieri in un frangente in cui di solito si limitava a metterli su carta, rimase in silenzio, lasciando che lui proseguisse con la storia.
-E’ morta pochi giorni prima che mio nonno tornasse a casa, per un’insolazione- concluse infine la storia, tornando con gli occhi al tablet e aggiungendo una strofa.
 
And I don’t care if it burns my eyes
And I don’t care cos my love is blind
 
-Sempre, tutti i giorni, ha mantenuto quella sua specie di promessa…- rifletté di nuovo ad alta voce. A quel punto Andy spense la videocamera, lasciò da parte il suo computer e si alzò, per poi sedersi accanto a Mika e godersi più da vicino il suo ragazzo all’opera.
Il cantante alzò gli occhi dal tablet per puntarli in quelli azzurro chiaro di Andy: -Come se il sole fosse l’unica cosa a tenere vicine due persone che si amano ma sono lontane-
Andy si aprì in un lieve sorriso, annuendo, per poi sbirciare le parole che Mika stava aggiungendo alle strofe già scritte.
 
Here I stand, staring at the sun
Distant land, staring at the sun
You’re not there, but we share
The same one
 
Mika fece una pausa, per poi saltare qualche spazio e aggiungere in tutta fretta:
 
Say good morning say it to the sun
Like you’re talking, talking to someone
 
Andy osservava quasi incantato come tutto stesse prendendo forma, come ogni pensiero di Mika fosse inserito perfettamente nelle parole che aveva scritto e che continuava ad aggiungere. Si meravigliò in particolare del fatto che l’ispirazione gli fosse venuta semplicemente osservando il sole che illuminava il bellissimo giardino in cui si trovavano.
-Scusa- disse Mika, quando sembrò ritornare alla realtà, rendendosi conto che Andy aveva interrotto il suo lavoro per stare ad ascoltare lui.
-No, figurati- rispose immediatamente Andy, sorridendo -E’ bello osservarti in questi momenti- confessò poi, godendosi le guance di Mika tingersi leggermente di rosso, come succedeva ogni volta che gli faceva un’osservazione simile.
Allungò una mano e sfiorò la sua guancia, per poi lasciargli un bacio leggero.
-Non cambierai mai- gli disse poi, scuotendo la testa e ridendo, sdraiandosi poi sul telo di Mika con le mani dietro la testa.
Il riccio, soddisfatto di ciò che aveva scritto fino a quel momento, prese il tablet e lo appoggiò sopra il suo zaino, per poi stendersi anche lui, di pancia, sorreggendosi sulle braccia.
-Anche tu non cambierai mai- ribatté, facendo un cenno alla piccola videocamera appoggiata poco distante da loro.
Andy stava per rispondere a tono, poi un’idea gli balenò in mente, riempendo i suoi occhi di entusiasmo.
-Sai che siamo stesi in un prato?-
Mika ci mise qualche secondo a capire: quando poi vide Andy afferrare la videocamera e venire verso di lui, si coprì il volto con le mani.
-Oh no Andy, non puoi!- piagnucolò, ridendo però subito dopo quando sentì una mano del ragazzo spingerlo per fargli appoggiare la schiena.
Quando aprì gli occhi non trovò il biondo a puntargli addosso la l’obiettivo, ma trovò il suo viso molto vicino e due occhi color del mare che lo fissavano intensamente.
-Non era andata proprio così, sai- gli fece notare Mika, portando una mano tra i suoi capelli biondi.
-Ah, no?- rispose Andy, fingendosi confuso, avvicinando di più il viso a quello del compagno.
-Proprio no- confermò il ricciolo, ormai sussurrando quelle parole sulle labbra di Andy.
-Anche noi, per quanto possiamo negarlo, non siamo più come eravamo quel giorno di otto anni fa- e detto questo premette definitivamente le labbra su quelle morbide di Mika, assaporandone a pieno il gusto, lasciandosi trasportare e senza allontanarsi finché non si ritrovò in assenza di fiato.
Mika aveva capito perfettamente cosa intendesse il compagno: il tempo era passato, erano cresciuti entrambi, avevano fatto i loro errori ed erano maturati.
Però erano ancora lì, stesi su un prato pieno di margherite, esattamente come otto anni prima, ancora insieme.
 
Il lavoro per quella giornata si concluse lì: restarono sdraiati sul telo azzurro di Mika ad osservare le nuvole del cielo, a parlare e a ridere.
Arrivarono nel loro hotel, la sera, abbastanza distrutti, nonostante non avessero fatto molto in quella giornata. Andy però si prese un’oretta per terminare il lavoro che avrebbe dovuto svolgere quel pomeriggio; quando anche per lui venne l’ora di andare a letto, trovò Mika già addormentato e si sforzò di fare piano per non svegliarlo.
Il loro sonno, in realtà, durò solo poche ore. Era l’una di notte quando la suoneria del cellulare di Mika fece sobbalzare entrambi.
-Ti dico sempre di metterlo silenzioso- bofonchiò Andy, riaffondando la faccia nel cuscino e richiudendo gli occhi, leggermente seccato.
-E’ mia madre. Perché mi chiama all’una di notte?- disse invece il libanese, il quale si era svegliato benissimo dopo aver letto il nome di Joanie sul display.
-Pronto, mamma?-
Il fatto che Joanie chiamasse a quell’ora attirò anche l’attenzione di Andy, che riaprì gli occhi e si voltò verso il compagno.
-Quando?- chiese Mika, balzando fuori dalle coperte e passandosi una mano tra i capelli.
-Ma va tutto bene?-
Quella frase convinse definitivamente Andy a mettersi almeno seduto sul letto e a tendere le orecchie, fissando il volto di Mika per tentare di coglierne le espressioni.
-Torniamo a Londra col primo volo- concluse infine il cantante, chiudendo la chiamata e lanciando il telefono sul letto con noncuranza, per poi alzarsi e correre verso l’armadio, in evidente stato di agitazione.


 

Yuuuuhu, eccomi qui.

Duuunque, il luogo in cui, in questo capitolo, Mika scrive SATS l'ho preso da una sua vecchia foto; non sono riuscita a risalire a dove si trovasse, quindi il fatto che sia in Sicilia è completamente inventato.

Grazie mille a VvFrehiet che, ormai mesi fa, mi ha aiutato con la traduzione di Un soleil mal luné, che mi è stata utilissima per questo capitolo.

Poi, un ringraziamento speciale a Marauder_ che mi ha aiutato in questi ultimi capitoli per quanto riguarda la passeggiata a Parigi e il regalo alla figlia di Isabella. In un momento di blocco, arriva sempre lei con le sue idee... a volte anche un po' strambe xD
(Avete letto le sue storie, VERO?)

E poi, ovviamente, un ringraziamento a tutti voi che mi avete sommerso di idee nelle recensioni all'ultimo capitolo e per messaggio privato; siete stati fantastici! Mi sono segnata tutto, vediamo ora che ne viene fuori. E se questa storia va avanti, questa volta è davvero merito vostro, quindi grazie grazie grazie.

Alla prossima :)

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Capitolo 18
*** Casa - ULTIMO CAPITOLO ***


Buonasera!
Non ho avuto modo di inserire un avviso qui su EFP prima di pubblicare il capitolo come su Wattpad, ma come avrete capito dal titolo, questo è l'ultimo capitolo.
La motivazione è che, come già vi avevo detto, idee non c'erano e anche quelle che mi avete dato voi non riesco a scriverle.
Insomma, è il caso di fermarsi, prima di rovinare il tutto.
Non mi dilungo oltre, lo farò già a fine capitolo, ci tenevo solo a dire che ovviamente mi dispiace molto, ma che continuare quando non si riesce a scrivere è pressoché impossibile.




-Mika?- chiese Andy, osservandolo dal letto e stropicciandosi gli occhi, tentando di svegliarsi del tutto.
-Paloma, il bambino sta nascendo- rispose immediatamente il ragazzo, infilandosi un paio di jeans chiari, una maglietta blu elettrico e una felpa bianca con delle scritte.
A quelle parole anche il biondo balzò fuori dal letto, iniziando a recuperare pantaloni, camicia e maglioncino che erano rimasti sparsi per la stanza qualche ora prima, quando non aveva avuto le forze di sistemarli con un minimo di criterio ma si era fiondato immediatamente nel letto.
Il riccio, mentre apriva la sua valigia per riempirla, rifletté un attimo: -Se vuoi restare qui…-
-Non ci penso nemmeno- lo interruppe immediatamente il greco, prendendo anche lui la sua valigia e iniziando a rimetterci dentro tutte le sue cose.
Mika non avrebbe voluto interrompere anche la vacanza del compagno così presto, ma prima di chiederglielo era sicuro che la risposta sarebbe stata proprio quella: lo aveva fatto solo per essere sicuro al cento per cento che a Andy non dispiacesse riaccompagnarlo a Londra in tutta fretta.
-Mel, forza- disse Mika, sventolando il guinzaglio alla cagnolina, che subito si avvicinò, ubbidiente.
Un’ora più tardi erano tutti e tre in aeroporto, pronti a saltare sul primo volo che li avrebbe riportati nella capitale inglese.
Appena Mika vide a che ora sarebbero arrivati, chiamò un taxi inglese chiedendogli di arrivare proprio per quell’ora, di modo che una volta scesi dall’aereo non avrebbero dovuto attendere molto.
Si fecero lasciare a casa loro: appoggiarono le valigie all’entrata e lasciarono Melachi libera di accucciarsi di nuovo sul suo cuscino per dormire. Poi Andy prese le chiavi della sua macchina e fece cenno a Mika di seguirlo.
-Se vuoi guido io- propose Mika, mentre seguiva il ragazzo.
-No- si limitò a rispondere il biondo, ben sapendo che già il compagno non amava guidare; in più era tardi e lui era decisamente troppo agitato per mettersi al volante.
Gli voleva bene, ma in quel momento non sarebbe salito in macchina con lui per nulla al mondo
Venti minuti dopo il greco parcheggiò di fronte all’ospedale, seguendo poi Mika che, a grosse falcate, aveva appena raggiunto l’ascensore e stava schiacciando con insistenza il tasto per chiamarlo.
Il greco decise che fargli notare che tra poco quel bottone sarebbe esploso non valeva la pena: Mika non avrebbe comunque capito, non in quel momento.
Quando raggiunsero finalmente il quinto piano dell’ospedale, trovarono la famiglia Penniman al completo nel corridoio e Joanie corse loro incontro: felice sì, ma anche lei un po’ agitata.
-È ancora dentro- disse al maggiore dei suoi figli, lasciandogli due baci sulla guancia, per poi avvicinarsi a salutare anche Andy.
Ci fu uno scambio di -Ciao-, -Ehi-, -Tutto bene?- anche con tutti gli altri presenti, poi Mika si sedette sulla sedia libera, facendo cenno a Andy di sedersi accanto a lui.
Il biondo eseguì e rimase un po’ sorpreso quando vide che il compagno stava allungando una mano verso la sua, per poi stringerla forte.
Ricambiò la stretta, capendo perfettamente quello che stava passando per la mente del cantante: era sempre stato un po’ preoccupato per Paloma, aveva sempre avuto quel pizzico di paura che qualcosa potesse andare male e gliene aveva parlato più di una volta e, più di una volta, il greco aveva cercato di tranquillizzarlo. Tutte le visite erano andate bene e i dottori li avevano sempre rassicurati.
Tuttavia non disse nulla a Mika in quel momento, sperando che ricambiare il contatto che il ragazzo aveva cercato poco prima fosse sufficiente a fargli sentire la sua presenza.
Rimasero per più di un’ora ad aspettare, seduti su quelle sedie; desideroso di sgranchirsi le gambe, Andy chiese al suo ragazzo e all’intera famiglia se volessero qualcosa da bere.
Quasi tutti annuirono e ringraziarono; Fortuné si offrì di accompagnarlo per aiutarlo a riportare indietro le bevande.
Il bar a quell’ora della notte era ormai chiuso, così si fermarono alle macchinette accanto agli ascensori. Andy estrasse la moneta che teneva nel portafoglio e la inserì, iniziando a far scendere le bevande calde che gli altri avevano chiesto, aiutato da Fortuné.
Avevano appena finito di dare a tutti ciò che avevano chiesto e ogni singolo Penniman stava ora cercando di restituirgli i soldi, che lui continuava a rifiutare con decisione, quando la porta in fondo al corridoio si aprì.
Tutti scordarono immediatamente i soldi e anche le bevande che tenevano in mano e puntarono gli occhi sul dottore.
-È andato tutto bene- annunciò loro con un sorriso.
Andy notò che bastarono quelle semplici parole per far tornare il volto del suo compagno a rilassarsi: era andato tutto bene davvero, cosa di cui si rallegrò anche lui.
 
Nei giorni successivi la vita di Mika si divise tra casa sua e l’ospedale e poi tra casa sua e quella di sua sorella. Ogni volta che Andy non riusciva ad accompagnarlo, lo vedeva tornare a casa entusiasta e lo ascoltava mentre gli raccontava di un sorriso di suo nipote, di un pianto, di quando gli aveva stretto l’indice e non l’aveva più lasciato.
Tuttavia anche per Mika tornò presto il momento di cominciare di nuovo a lavorare e in particolare fu costretto a prendere di nuovo un aereo per il sud Italia: nel giro di un paio di giorni avrebbe tenuto il suo unico concerto per quell’anno in occasione del compleanno di Nutella, a Napoli.
Inutile nascondere il fatto che fosse molto nervoso: era da parecchio che non faceva un concerto e l’ansia e la preoccupazione si facevano sempre più insistenti. Inoltre, Andy non aveva potuto seguirlo in quell’occasione, a causa di un lavoro che avrebbe dovuto terminare necessariamente ad Atene con un paio di colleghi.
La sera del diciotto maggio, Mika si aggirava torturandosi le mani dietro il palco sul quale avrebbe dovuto fare il suo ingresso di lì a pochi minuti. La sua band era già pronta: anche tra loro si poteva percepire un po’ di ansia, ma nulla se paragonata a quella di Mika. Aveva portato a termine il rituale che doveva necessariamente compiere prima di ogni concerto, eppure la sua preoccupazione non era diminuita, come invece succedeva di solito.
Iniziò anche a sentire qualcosa di fastidioso nell’orecchio.
E alla pancia.
La gola.
Era sicuro di riuscire a cantare?
Provò il primo pezzo di Relax, assicurandosi di avere ancora la sua voce.
Se ci fosse stato Andy, lo avrebbe rassicurato sul suo ottimo stato di salute, come faceva sempre, sopportando pazientemente l’esponenziale aumento della sua ipocondria in prossimità di una esibizione.
Ma Andy non c’era e nessuno avrebbe potuto dirgli che andava tutto bene.
-Max? Max!- chiamò frettolosamente il bassista, facendogli cenno di avvicinarsi.
-Mika, cosa…-
-L’orecchio, sento fastidio all’orecchio-
L’uomo di fronte a lui alzò entrambe le sopracciglia, con una punta di divertimento nello sguardo; in quel momento a Mika poco importava essere ridicolo, voleva solo che qualcuno tentasse almeno un minimo di infondergli la tranquillità di Andy. Cosa impossibile, lo sapeva bene, ma doveva tentare.
-E anche la gola. Se perdo la voce quando salgo…-
-Mika, non perderai la voce tra cinque minuti, stai tranquillo-
-E la scaletta… come faccio, Origin Of Love con Chiara l’abbiamo provata solo stanotte e… Chiara! Dov’è Chiara?- era un fiume di parole, tanto confuse quanto lo erano i suoi pensieri.
Max si limitò ad indicare la ragazza, poco distante da loro, e a scuotere la testa, sorridendo: i minuti prima di un concerto non sarebbero mai cambiati, soprattutto dopo molto tempo che non saliva su un palco a cantare.
Scambiò due parole con Chiara, per poi tornare da Max.
-Allora, durante Love Today, ti ricordi vero?-
-Sì, certo- rispose il bassista, paziente -io parlerò e quando sarà ora che tu smetta di cantare ti farò…-
-Sì, sì, Mika lo abbiamo provato. Mi ricordo tutto- lo rassicurò Max, annuendo.
Il cantante stava per aggiungere qualcosa ma fortunatamente il telefono di Mika squillò.
Il riccio aveva tutta l’intenzione di ignorare chiunque fosse ma Max, che aveva notato il nome sul display, gli passò il cellulare.
-Non vuoi perderla questa chiamata- gli comunicò, sorridendo.
Mika allora notò le quattro lettere che formavano il nome della sua metà proprio al centro dello schermo.
 -Andy!- rispose immediatamente, portando il telefono all’orecchio destro.
-Chi stai torturando al posto mio?- chiese il biondo, notando già il tono di voce carico d’ansia del compagno.
Mika si fermò per qualche secondo a riflettere.
-Tutti- rispose poi, sedendosi sulla sedia ma rialzandosi immediatamente in piedi.
Sentì Andy ridere.
-Andrà tutto bene, Mika. Ne sono sicuro-
Il ragazzo stava per rispondere, stava per ringraziarlo di averlo chiamato e di aver pensato a lui, stava per dirgli che non vedeva l’ora di tornare a casa, quando sentì l’organizzatore chiamarlo: tra poco avrebbe dovuto essere in scena.
-Grazie, Andy- gli disse, sinceramente -Devo andare adesso-
-In bocca al lupo-
-Crepi-
Appoggiò il telefono sul tavolo e si mise in fila dietro agli altri per uscire.
 
Non andò affatto male.
Mika si rese conto di tre cose: non era più abituato, aveva fatto troppa televisione e troppi pochi concerti; si era quasi dimenticato quanto si sentisse bene su un palco, quanto si sentisse a suo agio, quanto fosse il posto giusto per lui; e infine, non avrebbe mai dimenticato quella serata.
Più di quarantamila persone avevano cantato insieme a lui Underwater, dando vita ad uno spettacolo di luci che lo aveva lasciato senza fiato e che era stato classificato immediatamente come uno dei migliori ricordi.
-Diciamo buonasera a tutta Italia su internet e anche sulla radio- aveva detto, osservando come le luci dei telefoni dei suoi fan creassero una sorta di cielo stellato sotto di lui -Napoli voi siete belli stasera!- aveva poi aggiunto, esprimendo ad alta voce ciò che provava in quel momento.
-Ma… io penso che possiamo fare ancora una cosa di più, con queste luce. Cantiamo per loro, loro non sono qui ma noi possiamo cantare per loro. Iniziamo molto dolce… piano piano-
Ma mancava ancora qualcosa, che avrebbe reso il momento ancora più speciale.
-Chiudiamo gli occhi- aveva aggiunto -Io voglio cantare come se fossi l’ultimo sulla planeta­- e aveva chiuso anche lui gli occhi, diventando un’unica entità con il suo pubblico, creando un’atmosfera che aveva fatto sentire tutti quanti nel posto giusto al momento giusto, a casa.
E aveva poi iniziato a cantare Underwater.
-A voi, Napoli… ancora una volta- aveva sussurrato, dirigendo le persone, senza distruggere l’atmosfera che si era creata.
-La prossima volta, la terza, voglio che tutte le persone che sono qui, di fronte del palco, voglio che tutti cantano con me e con noi, anche nella strada lì alla sinistra, anche nella strada lì alla destra, e voglio che tutti cantano il più forte possibile con me. Voglio che a Roma loro possono sentire noi qui, sulla piazza. Okay? Uno… due… -
E, cantando, aveva riaperto gli occhi per godersi quello spettacolo meraviglioso che avevano costruito tutti insieme.
Mika finì di cambiarsi mentre ancora pensava a quel momento in particolare; il concerto, quella sera, gli aveva ridato la carica giusta per voler riprendere il suo lavoro, per voler tornare di nuovo su molti palchi in molte città e chiedere al suo pubblico di ricreare la stessa magia a cui avevano dato vita quella sera.
 
Non fu una cosa immediata però.
Aveva riconfermato X Factor e aveva dato conferma anche per The Voice: rappresentavano di nuovo una sfida e lui non aveva potuto fare a meno di accoglierla.
In più, nei mesi successivi, i contatti con Simon Leclerc per i concerti sinfonici del febbraio successivo si stavano facendo sempre più frequenti e Mika iniziava davvero a rendersi conto che, tra un talent e l’altro, il tempo stava passando velocemente.
Napoli gli aveva ridato la carica e l’entusiasmo che gli servivano per salire di nuovo su un palco, ma prima avrebbe dovuto affrontare la grande sfida di un concerto senza scenografie, senza giochi di luce, senza la possibilità di distrarre il pubblico da eventuali imprecisioni: solo lui, un microfono, e un’orchestra alle sue spalle.
Le sue canzoni venivano man mano arrangiate da Leclerc, che non mancava mai di fargli avere aggiornamenti sull’andamento del lavoro e la preoccupazione di Mika cresceva in modo direttamente proporzionale al numero di canzoni pronte.
Aveva avuto un anno per entrare nell’ottica di quello che avrebbe dovuto fare sul palco di Montréal, per tre sere di fila, eppure nonostante ci avesse pensato e ripensato più volte, non riusciva ancora a capacitarsene del tutto.
Un teatro, un’orchestra; era sempre stato il suo sogno, in fondo.
Dare un tocco di diversità alle sue melodie, suonare del pop con un’orchestra sinfonica: una sfida, e ne stava prendendo sempre di più ultimamente.
Lo aiutavano a farlo sentire vivo.
Per la triade di concerti quindi, alternava momenti di euforia pura a momenti di sconforto; esaltazione e abbattimento; felicità e depressione.
In più, la fine di X Factor -e di una edizione non particolarmente leggera- gli aveva permesso di liberare ancora di più la mente e di potersi concentrare più profondamente sui concerti, che divennero a tutti gli effetti la sua priorità.
Quando finalmente giunse il momento di partire, il quadretto che si presentava nell’accogliente casa di Londra era assai buffo.
-Stiamo via cinque giorni- aveva appena fatto notare Andy, osservando ad occhi spalancati l’enorme valigia che il suo ragazzo stava tentando di trascinare giù dalle scale. -Non riesci nemmeno a sollevarla!-
-Certo… che… ci… riesco- ansimò Mika, afferrando il bagaglio per la maniglia e cercando di sollevarlo.
-Ti farai male, aspetta che ti…- ma il greco non fece in tempo a finire la frase; un lamentoso grugnito seguì la rovinosa caduta della valigia, abbandonata dal riccio nel momento in cui il braccio aveva iniziato a dolergli.
Un tonfo non troppo lieve annunciò la fine della corsa del bagaglio, pochi centimetri davanti ai piedi di Andy.
-…aiuto- terminò il biondo, osservando il suo ragazzo con un mezzo sorriso.
-Beh, almeno è giù dalle scale- si difese il libanese, con un’alzata di spalle.
Andy rise, osservando poi la sua metà guardarsi in giro in uno stato di evidente agitazione.
-Abbiamo tutto, Mika- tentò di rassicurarlo, iniziando a chiudere tutte le finestre e a spegnere gas e luci.
Ma nonostante le sue parole, il riccio continuava a controllare e ricontrollare ogni angolo della casa, come se in realtà dovessero stare via per mesi.
-I biglietti?- chiese poi il maggiore dei due, controllandosi le tasche del giubbetto.
-Qui!- rispose prontamente il biondo, sventolandoli davanti al suo naso.
-Hai preso i vestiti pesanti? Anche il tuo avere eccessivamente caldo in ogni mese dell’anno là non…-
-Mika- lo bloccò immediatamente il greco -Ho quasi ventinove anni, sono in grado di preparare una valigia- gli fece notare con un mezzo sorriso.
Sapeva perfettamente cosa stava succedendo al ragazzo; negli ultimi giorni, quella casa aveva fatto da sfondo ad un Mika un po’ isterico e ad un Andy che, chiamando a sé tutta la pazienza di cui era capace, aveva cercato di stargli il più possibile vicino senza impazzire di fronte ai suoi sbalzi d’umore e di motivazione improvvisi.
-Dobbiamo andare, o faremo tardi- gli fece notare Andy, dando uno sguardo all’orologio.
La sola idea di poter perdere l’aereo e di non fare in tempo a recuperare il fuso orario prima delle prove generali, convinse Mika ad uscire finalmente da quella casa, dove un taxi li stava già attendendo per portarli in aeroporto.
Quando arrivarono, trovarono la famiglia di Mika al completo, pronta a partire insieme a lui.
Erano dei concerti importanti, rappresentavano una tappa della carriera del ragazzo che nessuno voleva perdersi e perfino Paloma aveva accettato di affrontare il viaggio con il bambino.
Quando presero posto sull’aereo, né Mika né Andy si presero la briga di prestare attenzione alle solite avvertenze prima della partenza.
Il riccio aveva preso posto vicino al finestrino, convinto che poter osservare il panorama esterno lo potesse aiutare a distrarsi da quello che avrebbe dovuto fare da lì a un paio giorni.
Il greco aveva invece preso posto accanto a lui e lo stava osservando attentamente in volto.
-Dovresti dormire un po’- gli disse, quando ormai volavano già alti nel cielo e il compagno non sembrava intenzionato a chiudere occhio -Il viaggio sarà lungo- tentò ancora di convincerlo.
La risposta di Mika fu un sospiro. Si appoggiò a lui, permettendogli di passare una mano tra i suoi capelli ricci e disordinati, tenendo gli occhi fuori dal finestrino.
Inspirò profondamente il profumo di Andy, che ormai per lui significava casa, sicurezza, amore. Chiuse gli occhi, lasciandosi solo cullare dalla mano della sua metà e dal suo profumo rassicurante. Era anche consapevole che tutta la sua famiglia lo stava seguendo: era in ansia, sì, ma sapere di poter contare sull’appoggio delle persone a cui teneva di più, in quel momento riuscì a tranquillizzarlo quel tanto che bastava per cadere in un sonno che, seppur leggero, riuscì comunque a rilassarlo.
 
Il giorno seguente però, quando si svegliò nella sua camera d’albergo, nemmeno la presenza del biondino che dormiva profondamente accanto lui gli impedì di schizzare fuori dalle coperte, vestirsi in tutta fretta e iniziare a ripassare i testi di quelle canzoni che non cantava spesso ai concerti e per le quali aveva più timore di commettere degli errori.
Quando il biondo, un’oretta dopo, aprì gli occhi e trovò l’altra metà del letto vuota, già sapeva dove avrebbe potuto trovare il compagno.
Quando si alzò, confermò i suoi sospetti non appena le sue iridi color del mare si posarono sulla figura slanciata della sua metà, che misurava la stanza a grandi passi, osservando concentratissimo dei fogli che teneva tra le mani e borbottando qualcosa che Andy, ancora troppo addormentato, non riuscì a comprendere.
Mika, con la mente completamente immersa in quei pezzi di carta, non lo notò. Così Andy aspettò che il ragazzo si voltasse di spalle e lo raggiunse, cingendogli la vita da dietro e lasciandogli un bacio sul collo, prima che avesse il tempo di protestare per l’interruzione di quello che sembrava a tutti gli effetti uno studio matto e disperatissimo.
Funzionò: gli ormai familiari brividi che lo percorsero lungo la schiena a quel contatto lo distrassero dai testi delle sue canzoni, facendogli desiderare per qualche secondo di poter passare la giornata avvolto in quell’abbraccio e a baciare quelle labbra.
-Ehi- mormorò il libanese, quando sentì l’abbraccio farsi un po’ più stretto.
-Buongiorno- sussurrò il biondo, soffiando quella semplice parola sussurrata proprio sul suo orecchio, facendolo rabbrividire di nuovo.
Incredibilmente, Mika appoggiò i fogli sul tavolo vicino e si voltò tra le braccia di Andy, prendendo il suo viso tra le mani e mettendosi fronte contro fronte: una reazione che il greco non aveva osato sperare.
Il biondo, notando quel comportamento del tutto inaspettato, alzò entrambe le sopracciglia, assumendo un’espressione sorpresa.
Mika però aveva deciso di dare ascolto al suo ragazzo per una volta: accantonare per un po’ l’ansia e godersi ogni singolo momento di quei giorni. Aveva ancora un paio d’ore prima dell’inizio delle prove e aveva già ripassato i testi delle sue canzoni: si sarebbe dedicato a lui per un po’.
Andy non ebbe il tempo di chiedersi cosa aveva spinto Mika a non occuparsi dei concerti per qualche minuto, perché le labbra del ragazzo erano sempre più vicine.
Il biondo si era alzato con l’idea di distrarlo un po’, ora invece era Mika che lo stava completamento conducendo lontano dalla realtà. Il riccio si avvicinò lentamente alle sue labbra, catturandole poi in un leggero bacio, allontanandosi quasi subito, ma tenendo sempre il volto sorpreso di Andy tra le sue mani, ormai completamente in balia dei suoi gesti.
Mika sorrise lievemente di fronte a quella reazione e si avvicinò nuovamente a lui, tornando a godersi le labbra morbide del ragazzo, in un bacio questa volta più lungo e anche più intenso, ma sempre di una dolcezza che stava rapendo Andy sempre di più, forse perché era l’ultima cosa che si aspettava quella mattina. Non si fece troppe domande, strinse la sua metà ancora più forte, portando le braccia dietro la sua schiena e approfondendo il bacio, lasciandosi spingere delicatamente verso il divano, sul quale si sedettero senza mai allontanarsi.
I gesti di entrambi continuarono a conservare la lentezza e la dolcezza di quel primo lieve bacio; non vi era l’intenzione di andare oltre, c’era solo la voglia di sfiorarsi e stringersi delicatamente.
Quando si allontanarono, qualche minuto dopo, Andy gli rivolse un sorriso radioso e portò una mano ad accarezzargli la guancia: erano dall’altra parte del mondo, ma si sentiva a casa. Questo il biondo aveva sempre apprezzato di Mika: il fatto che fosse in grado di farlo sentire nel suo posto sicuro ovunque si trovassero.
 
Zenzero intinto nel miele.
Come al suo primo concerto.
Andy seduto in un angolo del suo camerino.
Come al suo primo concerto.
La sua famiglia tra il pubblico.
Come al suo primo conc… -MIKA? La mamma ha detto… Sei rotolato in un prato con quel vestito?-
Fortuné interruppe bruscamente quel suo associare la situazione, anche per la quantità d’ansia, al suo primo piccolo concerto in Scozia.
Tuttavia, il riferimento al rotolarsi nel prato venne accolto da una risata sia da Mika che da Andy, che si scambiarono uno sguardo eloquente che il più piccolo dei Penniman non riuscì a comprendere.
-Lascia in pace i miei quadrifogli- gli rispose seccamente Mika, prima che Fortuné avesse il tempo di chiedere il motivo di quelle risate, aggiustandosi meglio il vestito di Valentino che mostrava, appunto, dei quadrifogli verdi su sfondo blu scuro.
-Comunque la mamma ha chiesto se ti serve ancora qualcosa o possiamo andare a sederci- continuò poi il più piccolo, tornando serio.
-Sono a posto, grazie Fort- gli rispose Mika, rivolgendogli un lieve sorriso tirato.
-Allora buona fortuna. Andy, ci vediamo di là- e dicendo queste ultime parole, uscì dal camerino chiudendosi la porta alle spalle e lasciandoli di nuovo soli.
-Mancano dieci minuti, meglio che vada anche io- disse Andy, alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a lui, prendendo le mani tra le sue.
Si fermò ad osservarlo ancora una volta, pronto per salire sul palco: allungò una mano e lasciò che uno dei ricci dei capelli del compagno scendesse sulla sua fronte.
Mika si lasciò andare ad una leggera risata: sapeva bene che verso metà concerto i suoi capelli lo avrebbero completamente abbandonato, ma se ci si metteva pure Andy, non aveva speranze.
-Molto meglio così- dichiarò però il più piccolo dei due, soddisfatto.
-In bocca al lupo- gli sussurrò poi, lasciandogli un bacio a fior di labbra.
-Crepi- sussurrò Mika, rendendosi conto che ora che anche Andy stava andando a prendere posto, il momento di salire sul palco era sempre più vicino.
-Andrà tutto benissimo, ne sono sicuro-
E il libanese si limitò ad annuire, avvicinandosi a lui un’ultima volta per poi lasciare le sue mani.  
 
Da dietro il palco poteva sentire il borbottare frenetico della sala, interrotto poco dopo da un applauso: l’introduzione strumentale era iniziata ed ora era calato il silenzio, a riempire l’aria solo la musica.
Mika chiuse gli occhi, perdendosi in quella melodia che apriva ufficialmente il primo dei suoi tre concerti.
Quando li riaprì, scambiò uno sguardo d’intesa con Max e Ida, pronti ad uscire poco prima di lui.
Fece un sospiro profondo, concentrandosi sulla prima strofa di Toy Boy, la canzone con cui aveva deciso di iniziare.
La musica dell’apertura era quasi giunta al termine.
Osservò Max e Ida sorpassarlo ed entrare sul palco.
Aspettò qualche secondo e poi li seguì.
Il teatro era pieno e la gente stava accompagnando il suo ingresso con un applauso che lo incoraggiò e che gli diede la forza di lasciar da parte gran parte dell’ansia che sentiva.
Dietro di lui l’orchestra era pronta.
Vide Simon alzare le braccia e le prime note di Toy Boy riempire l’atmosfera.
E poi la musica fece il suo corso, trascinandolo in una magia che non aveva mai provato prima.
Alla fine di ogni canzone, quando guardava sorridendo il pubblico, non poteva non rivolgere lo sguardo soprattutto alla sua famiglia e, in particolare, alla persona che ormai da quasi nove anni condivideva la vita con lui.
Il sorriso soddisfatto sul suo volto e i suoi occhi pieni di orgoglio mentre lo applaudiva insieme a tutti gli altri: non poteva desiderare nulla di più dalla vita.
Fu quasi a metà concerto che si prese qualche secondo tra una canzone e l’altra per guardarsi intorno e realizzare e godersi la perfezione di quel momento. Un’orchestra che suonava le sue canzoni, lui sul palco di un teatro con la sua famiglia e con la gente che lo ascoltava e lo applaudiva: aveva tutto quello che aveva sempre desiderato e si sentiva talmente tanto a casa, da desiderare che quel momento durasse il più a lungo possibile.




Ribuonasera
Ho fatto un sacco di fatica a scrivere questo capitolo e per alcuni passaggi, non ne sono per niente soddisfatta; ma sono ormai un po’ di giorni che ci tento e a quanto pare questo è il massimo che riesco a fare ora.
Volevo che fosse un capitolo, dato che è l’ultimo, che si contenesse un po’ di tutto: questo il motivo delle scene fluff, che non sono mancate in questa storia, un minimo di quotidianità con le valigie, i concerti e ovviamente il concetto di casa. Nonostante l’ispirazione mi abbia abbandonato, questo era comunque il significato che volevo dare al concerto di Napoli anche prima di decidere che sarebbe stato l’ultimo capitolo e anche il salto temporale in un certo senso era già in conto.
Nonostante non sia riuscita a fare un ultimo capitolo come lo volevo io, spero comunque che possa essere stata una buona conclusione per voi che leggete.
E siamo di nuovo ai momenti dei ringraziamenti, che io non so davvero come fare e con cui entro in crisi ogni volta.
Un anno fa in questi giorni iniziavo a scrivere le prime frasi di You Made Me mentre me ne stavo rannicchiata sotto tre strati di coperte con la febbre (ecco, questa storia è tutta colpa di quattro giorni di influenza, sappiatelo xD) e adesso se do uno sguardo alle visualizzazioni della storia, non mi sembra quasi vero.
In realtà è ben inutile che io mi metta qui a scrivere ringraziamenti come se fosse un addio, perché non lo è, non rimango troppo senza scrivere.
Ma penso che sia davvero il punto finale a questa storia, quindi i ringraziamenti sono assolutamente d’obbligo.
L’ho detto per messaggio privato ad una ragazza qualche giorno fa e lo ripeto qui: siete stati proprio una bella sorpresa e io non finirò mai di dirvi grazie, anche e soprattutto per come, nel momento in cui vi ho chiesto un aiuto, avete lasciato davvero un sacco di idee. Che non ho dimenticato e che, probabilmente, porteranno a delle OS in futuro. Quindi ovviamente ringrazio tutti voi che avete letto e anche chi ha deciso di lasciarmi le sue idee in una recensione (risponderò presto a quelle del capitolo precedente).

Un grazie enorme va anche a VvFrehiet (spero di aver messo h e i al posto giusto, ho sempre i miei dubbi esistenziali) per le sue opinioni sempre puntuali e perché non appena nel gruppo arrivavo io con qualche domanda su dove trovare interviste o cose dette da Mika poi arrivava lei con i suoi link pronti pronti. Per non parlare del fatto che ha passato una serata a tradurmi canzoni dal francese.
A Life In Fangirling Motion per gli stessi motivi, ma anche e soprattutto per i recenti consigli su continuare/smettere e i pareri su cose che tengo nel cassetto da un po’ e a cui tengo parecchio.
A LoveMika, che si è presa la briga di leggere una buona parte di questi capitoli in anticipo e di farmi avere i suoi commenti sempre sinceri, che ho apprezzato.
E poi come sempre lascio per ultima lei, che in realtà dovrei ringraziare all’inizio e alla fine di ogni capitolo; perché oltre agli aiuti che ho ricevuto da voi per la storia, oltre alle idee che anche lei mi può dare, alla fine io scrivo quando sto bene, perché se ho qualche problema e mi metto a scrivere una storia come questa escono solo cose catastrofiche; e questa tranquillità me la riesce a dare solo lei e quindi, anche se ora mi sta rompendo perché vuole che io pubblichi e ride da sola davanti alla televisione, un grazie enorme a Marauder_
 
E basta, mi fermo qui.
Ci sentiamo alla prossima ;)
Buonanotte.

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