Can you trust me?

di CreepyGirl97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 00. ***
Capitolo 2: *** 01. ***
Capitolo 3: *** 02. ***
Capitolo 4: *** 03. ***
Capitolo 5: *** 04. ***
Capitolo 6: *** 05. ***
Capitolo 7: *** 06. ***
Capitolo 8: *** 07. ***
Capitolo 9: *** 08. ***
Capitolo 10: *** 09. ***
Capitolo 11: *** 10. ***



Capitolo 1
*** 00. ***


NOTE: Sì, sì, lo so, ho detto che non mi piacciono gli High School AU, ma... tenterò di farlo molto interessante e meno banale, sperando che vi piaccia. 

INOLTRE per questa fan fiction mi ha aiutato tanto anche la mia amica Mariella_otaku (♥) quindi sarei grata se deste anche a lei i meriti per le idee dolci e perverse che troverete (spoiler, yay).

In ogni caso, spero davvero che vi possa piacere e sarei davvero grata se mi faceste sapere cosa ne pensate ^-^ Chuu ~

 

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Prologo.

'Mi piaci.' era scritto su quel foglietto piegato di colore azzurro. 'Usciamo insieme!'

Ma che diamine stava facendo? L'aveva pure firmato. 'Park Jimin', lì, in bella grafia. L'unica cosa mancante era la coppia di caselle da segnare: 'sì' o 'no'? Manco fosse un bimbo delle elementari.

Si sentiva così ridicolo, a camminare nervosamente in cerchio davanti al suo armadietto, con quel biglietto tra le dita, tutto per una cazzo di scommessa alla quale non avrebbe neanche voluto partecipare.

"Ehi, Park!" aveva richiamato la sua attenzione il ragazzo dietro di lui, impiantandogli il cappuccio della biro tra le scapole.

"Cazzo vuoi?" si era voltato verso di lui con un sospiro.

"Abbassa i toni, coglione."

Mettersi contro a Kim Seokjin non era uno dei suoi hobby. Quel ragazzo aveva almeno vent'anni, eppure era ancora alle superiori. I professori avevano perso il conto di quante volte l'avevano bocciato, ormai.

Jimin aveva roteato gli occhi e aveva aspettato le parole dell'altro.

"Se nella prossima graduatoria degli esami di fine quadrimestre ottengo un punteggio superiore al tuo, dovrai chiedere al ragazzo nuovo di uscire."

I voti del fuoricorso si erano incredibilmente alzati nell'ultimo periodo.

Jimin l'aveva guardato con un sopracciglio alzato. Era abbastanza risaputo che a Jimin piacessero i ragazzi e, sebbene tanti compagni si dimostrassero indifferenti, esisteva sempre quel gruppo di idioti che lo sfotteva. E Kim Seokjin ne faceva ampiamente parte.

"Altrimenti?"

"Altrimenti ti spacco quella faccia da cazzo che ti ritrovi." aveva sussurrato chinandosi al suo orecchio. Un brivido gli scese giù per la spina dorsale.

"Ma se non riusciresti ad ammazzare una mosca..."

"Sei tu il frocio, qui, non io."

La classe si era zittita improvvisamente e così il professore aveva smesso di spiegare qualcosa sulla rivoluzione industriale. Uno sguardo di ghiaccio si era concatenato con quello di Jimin, perciò si era girato di nuovo verso il suo banco, con gli occhi fissi sul proprio quaderno, mentre stringeva la penna blu tra le dita, fino a farsi sbiancare le nocche.

E ovviamente a fine lezione aveva accettato la scommessa. Come un idiota, solo perché non voleva essere preso in giro per dimostrarsi sempre debole.

Il bello era che nemmeno lo conosceva, quello nuovo. Ed era anche un po' strano, come ragazzo. Se ne stava sempre sulle sue, nell'ultimo banco a destra, in qualunque aula avesse lezione. Nonostante fosse arrivato da appena una settimana, si era già guadagnato una certa reputazione all'interno della scuola, arrivando addirittura a farsi accogliere al tavolo dei più popolari, quel branco di fighette e fighetti con i calzini nel reggiseno e nei boxer.  Doveva essere un nuovo record. Eppure quei pochi interventi che faceva davanti al professore durante le lezioni erano così intelligenti e maturi, perché dover abbassarsi al livello di quei caproni?

Ora Jimin era lì e mancavano pochi minuti prima che la campanella segnasse l'inizio del pranzo in mensa e che gli studenti si riversassero nei corridoi, affollandoli con il loro chiacchiericcio. Doveva muoversi oppure si sarebbe beccato un calcio nelle palle da Seokjin e non era che ne sentisse un desiderio tanto impellente. Ne avrebbe volentieri fatto a meno.

Con un sospiro incazzato, infilò il foglio nelle fessure dell'armadietto blu del ragazzo nuovo e, dopo averlo fissato per qualche secondo, ritornò in classe, dalla quale era uscito con la scusa di avere un bisogno incontenibile del bagno.

Andò a sedersi accanto al suo migliore amico e, composto, finse di seguire la lezione per quegli ultimi cinque minuti. Lo riportò alla realtà soltanto il trillo prolungato della campanella.

"Hai fatto?" gli chiese il compagno di banco, quando si sistemarono al primo tavolo libero della mensa. Annuì rigirando mestamente le bacchette nella ciotola del ramen.

"Ti ha visto qualcuno?"

Jimin scosse la testa per negare: "Mi sento un'idiota, Tae." sussurrò con una faccia da funerale.

"Probabilmente perché lo sei." commentò appoggiandosi allo schienale della sedia con le braccia incrociate.

"Grazie per l'incoraggiamento, eh." lo guardò sarcastico.

"Ma è la verità, Jimin. Perché diavolo hai accettato?"

"Mi avrebbero dato della ragazzina, se non l'avessi fatto."

"Ma tanto ti prendono già abbastanza per il culo. Come minimo questo peggiorerà le cose e basta."

Una cosa che Jimin amava e odiava allo stesso tempo del carattere di Kim Taehyung era la schiettezza. Quel ragazzo era capace di farlo sentire felice e sereno, ma anche un'emerita merda. Però lo aiutava spesso ad aprire gli occhi sulla realtà dei fatti e per questo gli era riconoscente.

"Senti, lo so che ho fatto una cazzata, ma oramai ci sono dentro fino al collo."

"E quindi che hai intenzione di fare?" domandò posando lo sguardo affamato sulla propria ciotola di spaghetti di riso, prima di inforcare le bacchette per abbuffarsi come era solito fare a tutte le ore dei pasti.

"Non lo so. Lasciar passare come sempre, immagino." rispose sconsolato, sbocconcellando il cibo sul suo vassoio di alluminio.

"Quando avrai le palle di menarli tutti a sangue?"

"Perché dovrei farlo?"

"Ti trattano come una merda ventiquattrore su ventiquattro, Jimin!" esclamò alzando la voce ed attirando gli sguardi infastiditi di alcune persone sedute ai tavoli accanto a loro. Dopo un'occhiataccia fulminante, Taehyung riabbassò il tono. "Dovresti ammazzarli di botte e farli cagare sotto dalla paura."

"Se lo facessi, sarebbero capaci di denunciarmi e farmi pagare una multa esagerata. Sono tutti ricconi i genitori di quelli che mi prendono in giro."

"Ma se hai più soldi tu di quanto io potrò mai guadagnare in vita mia!"

"Non è questo il punto."

L'amico roteò gli occhi e ritornò a mangiare assorto nei suoi pensieri, fino a quando le risatine sottomesse delle ragazze al tavolo dei fighi si mischiarono a quelle grasse dei compagni di sesso opposto.

"Non ci credo, il frocio ti ha davvero chiesto di uscire?" una voce femminile gracchiò insieme alle amiche a voce più alta del normale. Jimin si pietrificò con gli occhi spalancati, mentre gli occhi di quasi un centinaio di studenti si puntarono su di lui, scavandogli la pelle come tarli.

Taehyung alzò lo sguardo e fissò il ragazzo davanti a sé, pregandolo con gli occhi di non crollare proprio lì. Jimin strinse la mandibola e abbassò di nuovo lo sguardo sul suo piatto. Non poteva scappare. Ci era dentro fino al collo ormai, no? Che differenza faceva entrarci fino alla punta dei capelli?

Qualche altro secondo di silenzio teso e poi tutti iniziarono a ridere, chi sguaiatamente, chi più controllato. Jimin si morse il labbro inferiore con tanta forza da ritrovarsi addirittura qualche goccia di sangue tra le labbra.  Aveva la vista annebbiata dalle lacrime pungenti e lottava con tutte le sue forze per ricacciarle indietro, ma loro rimordevano ogni volta più forti.

Il gruppetto dei popolari ululò tra le risate: "Guardate, sta piangendo!"

Il caos aumentò ancora di più e fu un miracolo che il trillo della campanella che segnava la fine del pranzo si sentì sopra quel rumore assordante. Jimin scattò subito in piedi, lasciando il vassoio sul tavolo e camminando velocemente verso la porta. Ci avrebbe pensato Taehyung a metterlo apposto.

Sotto gli sguardi pieni di scherno, alzò la testa verso il ragazzo nuovo. Era impassibile, serio e forse piuttosto annoiato. Neanche una ruga di derisione gli compariva sul viso. Quello fu tutto ciò che si fermò a fissare per gli ultimi secondi e l'altro ricambiava. Non rideva con gli altri, aveva un'espressione normale, come se considerasse tutti degli stupidi, e Jimin proprio non ci riusciva ad odiarlo per aver mostrato il biglietto a tutti.

Fece un passo indietro e uscì dalla porta della mensa per precipitarsi nel bagno dei maschi. Era un'abitudine rifugiarsi lì dopo il pranzo per lui, sebbene non fosse poi un luogo così sicuro e invulnerabile. Si appoggiò con le mani al lavandino, dopo aver aperto l'acqua corrente. Ispezionò la sua immagine riflessa allo specchio ricoperto di schizzi di sapone. Le lacrime avevano già attraversato le lande delle guance ed ora si trovavano vicino al pendio del mento, tracciando solchi percorribili dalle lacrime a venire.

Mise le mani sotto l'acqua e si bagnò il viso per cancellare le prove di quanto successo. Si alzò di scatto quando sentì la porta del bagno aprirsi. Nascose il viso contro la spalla opposta all'entrata e serrò gli occhi, mentre le goccioline d'acqua gli appiccicavano la camicia della divisa contro la pelle. Lo sentì respirare e sbirciò l'immagine dello sconosciuto allo specchio e si rese conto che sconosciuto non lo era proprio. Il ragazzo nuovo si lavava le mani come se nulla fosse e Jimin si prese qualche minuto per contemplarlo.

I capelli neri gli ricadevano sugli occhi della stessa tinta e le dita erano curate ed affusolate. Il collo gli si vedeva appena dal colletto della giacca sbottonata e al lobo delle orecchie aveva una serie di piercing colorati.

Il ragazzo lo sorprese intanto che Jimin lo fissava assorto nei suoi pensieri, mentre si mordicchiava ambiguamente il labbro inferiore. Quest'ultimo si tinse di un rosso scarlatto quando se ne rese conto e girò il viso davanti a sé, con gli occhi spalancati.

'Porca troia.' pensò maledicendosi. 'Sei un idiota, cazzo.'

Lo  sentì ridere sommessamente  e lo vide sorridere allo specchio. Come diavolo era che non conosceva neppure il suo nome? Perché non stava mai attento in classe? Se l'avesse saputo, avrebbe almeno provato a minacciarlo.

"Park Jimin?" il ragazzo pronunciò il suo nome e l'altro sentì il battito aumentare per il nervosismo.

"Senti, non me ne fotte un cazzo." lo interruppe Jimin, prendendolo di sorpresa.

"Scusa?" sembrava confuso.

"Non so neanche chi sei. Era tutta... una cazzata." continuò, fissando un punto indefinito allo specchio. Il ragazzo non rispose, annuì ed uscì nel silenzio.

Jimin si lasciò andare in un sospiro di sollievo e si asciugò la faccia con la manica della camicia. Ora sarebbe dovuto tornare in classe. Ma sì, grandioso, sarebbe dovuto passare sotto un'altra pioggia di prese per il culo.

Ma tanto ci era abituato, no?

 

~~~

 

"Mamma, sono tornato!" Jimin gridò dalla porta d'ingresso di casa sua. Si aspettava di vedersi correre in contro la sorellina o, come minimo, di sentire sua madre urlargli un "Bentornato!" dalla cucina, dove preparava i piatti più invitanti della nazione. In quel momento gli sarebbe davvero servito distrarsi, i lividi che gli erano comparsi durante il tragitto verso casa erano dolorosi. Rimase in silenzio e un brusio sottomesso proveniente dal salotto raggiunse le sue orecchie. Si privò delle scarpe e zampettò in punta di piedi verso la sala, con una bretella dello zaino ancorata alla spalla.

"Mamma...?" chiamò avvicinandosi al divano e lì la vide, mentre conversava con un ragazzo seduto accanto a lei, ma che Jimin non riusciva a vedere per intero, per via della figura materna che lo copriva.

"Oh, Jimin, sei tornato!" esclamò sorridendogli. Il figlio alzò un sopracciglio, cercando di sbirciare dietro di lei l'identità della persona con cui parlava fino a pochi secondi prima.

"Abbiamo trovato un babysitter per Haneul!" disse battendo contenta le mani, mentre la sorellina di Jimin si buttava in una corsa sfrenata per abbracciare il fratello.

"Bentornato, oppa!" gridò saltellando con le braccia in alto per aggrapparsi, ma lui era troppo scioccato per muoversi.

"Ho scoperto che frequentate la stessa scuola, sai?"

Jimin annuì lentamente, deglutendo con una fatica pazzesca al ragazzo che aveva davanti.

"Si chiama Min Yoongi."

Quindi era questo il suo nome. Il ragazzo nuovo con i capelli neri che frequentava la sua stessa scuola privata si chiamava Min Yoongi. E non solo. Ora era pure il babysitter di sua sorella.

Che sfiga. 

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Capitolo 2
*** 01. ***


Capitolo uno.

"Haneul non ha bisogno di un babysitter." Jimin prese in braccio la sorella, come a volerla proteggere dall'uomo nero. Oltre ad essere arrossito per essersi ritrovato davanti quel paio di occhi neri, lo guardava di sottecchi, sperando che se ne andasse, ma una minuscola parte di sé, relegata nel più angusto degli angoli, sperava il contrario.
Era bello, cazzo se lo era. Aveva uno sguardo magnetico, che ti faceva venire voglia di fissarlo per sempre e di perderti in quegli oceani oscuri che erano le sue iridi. E il sorriso, cavolo, era così raro che sorridesse, ma quando lo faceva era uno spettacolo. E lo stava facendo anche in quel momento: sorrideva per persuaderlo. E diciamo che era quasi al settanta percento di caricamento.
Jimin scrollò le spalle e tornò a guardare sua madre, cercando di convincersi che Min Yoongi era un nome del cazzo e che il suo sorriso faceva schifo, ma era dannatamente difficile.
"Perché no?" chiese la madre senza capire.
"Perché ha già me." rispose aggrottando le sopracciglia. "Posso farle io da babysitter."
"Ma ti lamenti sempre di non poter uscire con i tuoi amici e ho pensato che..."
"Quali amici?" il ragazzo si pentì subito di averlo detto e si strinse nella giacca della divisa che nascondeva i lividi che portava come trofei di consolazione dopo un incontro andato male. Sua madre aveva ragione. Jimin spesso brontolava perché doveva sempre stare con la sorella, ma lo faceva più che altro perché di voglia di giocare con le bambole non ne aveva proprio, non perché avesse davvero una vita sociale che andasse al di fuori della compagnia di Taehyung.
Velocemente si schiarì la voce e continuò, sotto lo sguardo confuso di sua madre: "Tanto Taehyung deve badare ai suoi, di fratelli, non ha tempo per me."
Gli occhi di Min Yoongi brillarono per un secondo, senza che Jimin ne capisse il motivo.
"Potresti uscire con qualcuno, allora." ipotizzò la donna.
"E con chi?"
"Non lo so, con qualcuno che ti piace."
Jimin arrossì sotto gli occhi divertiti di Yoongi. Sua madre sapeva del suo orientamento sessuale, ma lui non si sarebbe mai concesso di uscire con qualche ragazzo. A parte il fatto che non conoscesse nessun omosessuale, non avrebbe voluto che qualche dipendente di suo padre lo vedesse in atteggiamenti compromettenti con una persona di sesso uguale al suo, prima di andare a spifferare tutto al capo. Lui non aveva idea che suo figlio fosse dell'altra sponda e, molto probabilmente, sarebbe rimasto all'oscuro di tutto ciò per tanto altro tempo.
"Non mi piace nessuno."
Min Yoongi soffocò una risata, mentre guardava la scena curioso. Jimin lo fulminò.
"Non lo voglio qui. Mandalo via." disse appoggiando a terra la sorella e riprendendo in spalla il suo zaino.
"Park Jimin!" sbottò fermamente la donna, alzandosi in piedi. "Chiedi subito scusa!" gli ordinò severa.
"No!" gridò guardandola fermamente. Non era da Jimin disubbidire ai comandi dei genitori. Lei restò lì interdetta e Yoongi si avvicinò alla donna, con la propria cartella in spalla.
"Non importa, signora. Se suo figlio non mi desidera, me ne andrò." disse con quel suo sorriso odioso, tanto che Jimin avrebbe voluto sbattergli la faccia contro il muro.
"No, non preoccuparti. Rimani, sei assunto." gli disse cortesemente la madre. Jimin strinse le dita attorno alla bretella dello zaino, fermandosi con le spalle rivolte verso i due.
"E tu, signorino" riprese più duramente, trapanandogli la schiena con lo sguardo. "Dammi il tuo cellulare. Subito."
Jimin sbuffò e si cavò di tasca il telefono, praticamente lanciandolo sul parquet.
"Posso andarmene ora?" chiese ostico, comprimendo la mandibola. La madre lo guardò salire le scale con gli occhi spalancati dalla rabbia, presa in contropiede dal comportamento del figlio. Entrambi lo sentirono sbattere con violenza la porta e la donna sospirò.
"Mi dispiace, Yoongi." disse accennando un sorriso al ragazzo accanto a lei.
"Non si preoccupi, signora! È la pubertà!" trillò pimpante e Jimin scaraventò una ciabatta contro il muro a quel tono.
'Pubertà sto cazzo!' pensò digrignando i denti e urlando tutta la sua rabbia contro un cuscino.
Dio, quanto gli stava sulle palle...
"Quando inizio?" lo sentì chiedere.
"Subito. Devo uscire per andare al lavoro."
 
~~~
 
Era da almeno un'ora che dalla sua camera Jimin sentiva Min Yoongi fare un baccano terribile con sua sorella. Fanculo sua madre che faceva il turno di notte all'ospedale proprio in quel giorno.
"Smettetela di rompere il cazzo!" gli urlò da sotto le coperte per almeno la quinta volta. Sbuffò e si girò di lato con gli occhi serrati. Si mise la mano sulle orecchie e prima del previsto il caos cessò. Sentì il ragazzo zittire le risatine della sorella nella camera accanto prima di metterla a letto e poi la maniglia della sua stanza venne abbassata da qualcuno all'esterno. Chiuse gli occhi di scatto, fingendo di dormire.
"Lo so che sei sveglio, Jimin." sussurrò aprendo la porta in modo che uno spiraglio di luce gli colpì il viso.
"Ti ho portato da mangiare. Te ne sei restato tutto il tempo in camera e pensavo avessi fame." disse a bassa voce, avvicinandosi al suo letto. Jimin trattenne involontariamente il respiro. "E poi ho anche il tuo cellulare. L'hai quasi spaccato in due." bisbigliò ridente, sfiorandogli accidentalmente la gamba da sopra la coperta. L'altro sussultò e, con il cuore galoppante, scostò velocemente il ginocchio.
Prese il cellulare dalle mani di Yoongi e, per via del buio, sfiorò le dita dell'altro. Arrossì, ma fortunatamente l'oscurità era dalla sua parte. Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Jimin si tirò su a sedere e si ritrovò il respiro caldo di Yoongi sul viso. Sapeva di menta. E lo sentì ancora più chiaramente quando l'altro si chinò su Jimin, sfiorando la guancia con la sua, nel tentativo di accendere la luce. Il suo cuore prese a trottare ancora più velocemente e nemmeno lui sapeva il perché.
'Neanche lo conosci, idiota. Perché cazzo stai battendo così forte?!' chiese mentalmente al suo cuore, picchiandosi immaginariamente.
La luce della stanza gli fece strizzare gli occhi e ci mise un po' per mettere a fuoco la figura di Yoongi seduta davanti a lui, con il vassoio sulle gambe. Jimin si schiarì la voce imbarazzato e prese il piatto di ddeokbokki dalle sue mani, per mangiarne svogliatamente il contenuto. L'altro lo fissava assorto.
"Mi dispiace." sussurrò Yoongi. Quando parlava a bassa voce era dannatamente sexy...
"Eh?" Jimin sembrò cadere dalle nuvole.
"Mi dispiace. Per oggi, a scuola." ripeté.
"Non fa niente. Tanto ormai ci sono abituato."
Lo vide aggrottare le sopracciglia.
"Sono solo idioti." disse serio Yoongi. "Non meritano la tua attenzione."
Jimin non rispose, si limitò a scrutarlo in viso, senza capire a dove volesse puntare.
"E comunque sei stato molto carino." disse velocemente. Jimin arrossì incredulo. Era stato... carino?!
"C-cosa...?" spalancò gli occhi.
"A chiedermelo così, intendo. Certo, sarebbe stato più dignitoso se me l'avessi chiesto a voce, ma anche così è stato molto dolce."
Ma che cazzo stava dicendo?!
Jimin deglutì e lasciò parlare l'altro.
"Quindi... che ne dici di domani dopo pranzo? È sabato, quindi non abbiamo scuola." propose Yoongi.
"Domani devo fare i compiti." disse Jimin cercando di tirare in ballo una scusa credibile.
"Hai tutta la domenica per studiare. E poi fa bene svagarsi, ogni tanto." insistette.
'Smettila! Ancora non l'hai capito che io di uscire con te non ho proprio voglia?!' pensò tra sé e sé sull'orlo di una crisi di nervi, però disse tutto il contrario di ciò che pensava: "Va... va bene."
Non riusciva a confessare che tutto ciò che aveva fatto faceva parte di una scommessa, non davanti a quel sorriso che splendeva tanto da oscurare la luce della camera. Ed era sempre quel sorriso che si allargò quando Yoongi sentì la risposta dell'altro.
"Allora ti passo a prendere domani, verso le due del pomeriggio!"
"No, meglio di no. Troviamoci davanti alla scuola." dirottò i suoi programmi con una smorfia.
"Oh, va bene." disse sbarazzino alzandosi dal letto per uscire dalla camera, ma venne fermato dalla mano di Jimin attorno al suo polso.
"Mi dispiace per prima." sussurrò mentre Yoongi ebbe un fremito a quel tocco. "Sono stato uno stronzo. È solo che..."
"No, non preoccuparti." lo interruppe facendo scivolare la mano nella sua e gliela strinse. "Anch'io avrei reagito allo stesso modo, se non peggio." rise sottovoce e Jimin non fece altro che pensare a quanto gli facessero battere il cuore la sua risata e la sua mano a contatto con la propria.
"Mi dispiace lo stesso." disse con la voce ridotta ad un sussurro strascicato.
"Dormi, ora." gli ordinò dolcemente, lasciandogli la mano penzolante al di fuori del letto.
"Non dirmi cosa devo fare." Jimin aggrottò le sopracciglia e mise il broncio. Yoongi ridacchiò e passò una mano tra i capelli dell'altro: "Fino a prova contraria, sono anche il tuo babysitter."
A quelle parole, il ragazzo nel letto sgranò gli occhi, ma non ebbe il tempo di protestare perché Yoongi si chinò su di lui, solo che Jimin non capì se l'avesse fatto per spegnere la luce o per dargli davvero un bacio sulla fronte. Fatto sta che, se non fosse stato per la luce spenta, Yoongi si sarebbe accorto del rossore clamoroso che divampava sulle guance di Jimin.
'Porca troia.' pensò arrossendo così tanto da sembrare prossimo all'esplosione. Non riuscì a dargli la buonanotte a sua volta, perché era già scomparso dalla sua vista e aveva chiuso la porta dietro di sé.
'Non puoi innamorarti di lui, no.' si disse nella mente, mettendosi lo schermo freddo del cellulare sulle guance e sulla fronte, dove ancora aleggiava l'ombra del piccolo bacio che aveva ricevuto.
'Ti prenderebbero tutti per il culo, finiscila di farti filmini mentali impossibili.'
Ma l'immagine di Yoongi che lo abbracciava e lo baciava sorridente non si decideva ad andarsene.
Fottuto Min Yoongi.
 
~~~
 
Da: Taehyungie Pabo
Mangiamo insieme!
 
Jimin roteò gli occhi: erano appena le undici del mattino e Taehyung pensava già al cibo. Scrisse velocemente una risposta, con la biro ancora tra le dita.
 
A: Taehyungie Pabo
Va bene, devo parlarti di una cosa.
 
Jimin stava facendo i compiti per lunedì, o almeno ci provava. Non era semplice concentrarsi per lui solitamente, ma quella volta era ancora più difficile del normale. Sbuffò quando il risultato di un'equazione di secondo grado non gli riuscì per la terza volta.
'Fanculo la matematica, farò lo spogliarellista da grande' pensò chiudendo il libro di algebra. Il cellulare vibrò in quel momento e si accese la luce dello schermo, segnalando una notifica.
 
Da: Taehyungie Pabo
Ti aspetto tra un'ora! Non fare tardi, mi raccomando.
 
I genitori di Taehyung gestivano un ristorante di ddeokbokki, forse uno dei più famosi della capitale. Jimin aveva sempre pensato che fosse quello il motivo della fame vorace dell'amico. Lo conosceva dalle elementari e lo aveva sempre visto divorare cibo così velocemente da poter essere ritenuto un record mondiale.
Si alzò dalla sedia alla scrivania e scese al piano di sotto, per elemosinare qualche soldi dai suoi genitori. Li trovò in cucina: il padre che leggeva il giornale seduto al tavolo, la madre ai fornelli.
"Oggi esco." disse velocemente, quasi avesse paura di farsi sentire. L'uomo alzò la testa dal quotidiano e lo fissò con un sopracciglio alzato.
"Era ora che ti facessi una vita sociale." commentò aspro.
"Con chi esci, tesoro?" chiese più dolcemente la madre.
"Con Taehyung, mamma."
"Ah." il padre sembrò deluso. "Con l'idiota."
Era quello il problema con suo padre: non gli piaceva che facesse amicizia con persone che non fossero alla sua portata, come li definiva lui. E probabilmente accettava Taehyung solo perché la madre ci metteva sempre un paio di buone parole. E forse era anche per quello che non voleva ammettere la sua omosessualità al padre, non voleva che lui perdesse quella già poca stima che provava nei confronti del figlio. E dire di uscire con Min Yoongi non avrebbe giovato affatto.
"Quando ti deciderai a trovarti una bella fidanzata?" chiese tornando a guardare il suo quotidiano grigio.
'Mai, papà, mai.' gli avrebbe voluto rispondere, ma scelse di rimanere zitto.
"Dovrei presentarti la figlia del signor Choi. Sarebbe l'ideale per te, avete anche la stessa età."
"Certo." sussurrò poco convinto, ma il padre non se ne accorse, troppo occupato a leggere i risultati della borsa di New York.
"Quando esci, tesoro?" cambiò discorso la madre, mettendo mano al portafoglio.
"Adesso. Mangeremo insieme e poi ci faremo un giro. Non so a che ora tornerò."
"Informami nel caso debba venirti a prendere."
Jimin annuì e la donna gli sorrise felice, dandogli poi qualche banconota.
"Sta' attento, mi raccomando."


Il mio spazietto: Zan, zan, zaaaaaaannnnnnn. Eccomi qua, con il primo capitolo ~ Sono davvero grata a tutte le persone che hanno recensito il piccolo prologo di qualche giorno fa. Davvero, vi voglio benee ♥ E nulla, fatemi sapere cosa ne pensate... *fischietta* 

 

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Capitolo 3
*** 02. ***


Capitolo due.

"Cosa?!" Taehyung quasi s'ingozzò con il suo ddeokbokki. Quella era la primissima volta che Jimin lo vedeva strozzarsi con del cibo, ma non aveva voglia di ridere come avrebbe fatto in una qualsiasi giornata.
"Wo, aspetta un secondo." prese fiato e iniziò a ridere sommessamente, come se gli avesse appena raccontato una barzelletta. "Stai cercando di dirmi che Min Yoongi, il ragazzo a cui hai chiesto di uscire per via di una scommessa, adesso è il tuo babysitter..."
"Il babysitter di mia sorella." lo interruppe fulminandolo. Era già la quarta volta che Taehyung sosteneva che Yoongi fosse il babysitter di Jimin.
"Sì, sì, come vuoi. Fatto sta che è il tuo babysitter..." Jimin roteò gli occhi. "... e ti ha chiesto di uscire."
"Non mi ha chiesto di uscire." insistette testardo.
"Ah, no? E quello come lo chiameresti, allora?" sbuffò.
"Non lo chiamerei, semplicemente."
"In ogni caso, adesso hai un appuntamento con lui."
"Non è un appuntamento."
"Ti ostinerai a dire il contrario della verità, vero?" Taehyung alzò un sopracciglio, poggiando la schiena alla sedia e Jimin fece altrettanto, convinto a non mollare il contatto visivo.
"Comunque dovresti esserne felice." Tae fu il primo a guardare altrove.
"Perché mai?"
"Oh, andiamo! È figo, quasi sicuramente gay e ti ha chiesto di uscire!"
Jimin spalancò gli occhi a quelle parole: "Ehi, frena un attimo. Pensi che Yoongi sia figo?!" quasi non ci credeva. Taehyung arrossì: "Sto solo cercando di ragionare nel tuo stesso modo..." borbottò a bassa voce.
"Io non ragiono in quel modo e lo sai benissimo." lo guardò malizioso. Sotto quel paio di occhi, Taehyung diventò rosso scarlatto e si coprì il viso con le mani.
"Smettila di fissarmi così!" bofonchiò.
"Tu mi nascondi qualcosa!"
"Beh, questo ormai l'hanno capito anche in America, per il modo in cui urli." disse accigliato, rimettendo le mani sul tavolo. Jimin rise e si sporse verso di lui.
"Allora?" chiese malizioso.
"Allora cosa?" Taehyung era bravo a recitare la parte del caduto dalle nuvole. Jimin gli diede un colpetto sulla fronte.
"E va bene, come vuoi." si arrese sbuffando ed abbassò la voce guardandosi vigile attorno. "Mi piace un ragazzo."
"E chi sarebbe il fortunato?" chiese felice per l'amico.
"Uno dell'ultimo anno." rispose mordendosi timidamente l'interno della guancia. Jimin alzò un sopracciglio.
"E da quando hai contatti con quelli dell'ultimo anno?"
"Non ne ho, difatti."
Per quanto Taehyung fosse un buon attore, spesso le bugie non erano il suo forte.
"Dai, Tae, sono il tuo migliore amico! Devi dirmi la verità." Jimin mise il broncio, nel tentativo di persuaderlo.
"Ti odio quando mi rifili questa scusa del migliore amico." roteò gli occhi.
Jimin ci si mise d'impegno e fece un aegyo con i fiocchi, da far invidia a quello dell'amico.
"Ti odio ancora di più quando fai cosi." disse sbuffando.
"Yah, dai! Non fare il difficile."
"E va bene, te lo dirò. Ma solo se mi offri una pizza!" lo ricattò con quel suo fare da innocente e, dopo che l'altro ebbe accettato, continuò: "Me l'ha detto Yoongi."
Quell'affermazione fece alzare le sopracciglia a Jimin.
"E perché l'avrebbe fatto, sentiamo."
"Perché gliel'ho chiesto, magari?" chiese sarcastico Taehyung.
"Nessuno fa qualcosa per niente."
"Oppure sì. C'è della brava gente in giro, non sono mica tutti come te."
"Yah!" gli diede una pacca sul braccio e Taehyung rise leggermente.
"E va bene, okay. Me l'ha detto perché ho accettato il suo ricatto." sospirò.
"Lo sapevo! E in cosa consisteva?" chiese curioso.
"Consisteva nel mettere due buone parole sul suo conto." disse serio e Jimin sembrò perdere tutta la sua linfa vitale.
"Cosa?"
"Hai capito benissimo."
"No, non ho capito un cazzo. A che scopo era il ricatto? Non ha senso."
"Dio santo, non pensavo fossi così ottuso." commentò Tae, mentre l'altro lo guardava con un punto interrogativo disegnato in volto. "Ma non lo capisci che Yoongi è cotto di te?! Ti fissa sempre durante le lezioni, mi ha pregato di aiutarlo a fare in modo che tu ti interessassi a lui, poi ti ha chiesto di uscire e ti ha dato un bacio sulla fronte! Come puoi non accorgertene?" alzò la voce agitato.
"Ma a me di Yoongi non frega un cazzo!" esclamò irritato. Certo, gli batteva forte il cuore ogni volta che lo pensava e spesso gli veniva voglia di montarlo come una cucina dell'Ikea, ma quello non significava niente, no? Dio, quanto si sentiva ridicolo...
"E allora perché hai accettato di uscire con lui?!"
Taehyung non capiva perché Jimin dovesse farla così complicata. L'altro non rispose, si limitò a guardare l'orologio affisso alla parete e scoprì in un misto di dispiacere e felicità che erano le tredici e mezza passate.
"Devo andare." disse in un soffio, rimettendosi il cellulare in tasca e Taehyung sospirò.
"Chiamami appena torni a casa. Voglio sapere com'è andato l'appuntamento."
"Manco fossimo ragazzine dodicenni... E comunque non è un appuntamento." ribatté alzandosi dalla sedia.
"Sì, come vuoi. Buona fortuna."
'Non ho bisogno di fortuna per un'uscita del cazzo.' pensò uscendo dal locale a passo svelto. Aveva venti minuti per recarsi davanti alla scuola e si sentì così idiota quando arrivò lì con dieci minuti d'anticipo.
E peggio fu quando, dieci minuti dopo, con una puntualità da orologio svizzero, lo vide attraversare la strada con un accenno di sorriso sulle labbra. Subito dopo Jimin imprecò sottovoce alla vista di ciò che indossava, perché un paio di pantaloni di pelle nera ed opaca con il cavallo estremamente tirato un "Porca troia" se lo meritava. E poi la maglia bianca, leggermente stropicciata che indossava e la giacca blu lunga fino alle ginocchia non facevano altro che conferirgli un'aura da superstar.
Forse, le uniche pecche di quell'outfit erano gli occhiali da sole che coprivano i suoi occhi e lo snapback girato che gli copriva i capelli neri, lasciandoli visibili solo vicino alle orecchie, dietro la testa e sopra la fronte.
Quanto sarebbe stato eccitante togliergli il cappellino, passargli le dita tra le ciocche morbide per poi baciarlo appassionatamente sulle  labbra?
'Ma che cazzo stai dicendo? Ripigliati, Jimin!' si disse mentalmente intanto che Yoongi si avvicinava a lui. Lo salutò con il suo sorriso e il fatto che gli occhiali da sole non gli lasciassero intravedere i suoi occhi esaltò ancora di più la sua dentatura perfetta. Poi Yoongi si levò gli occhiali scuri e si leccò le labbra, senza che il suo sorriso scomparisse mai.
'Adesso ti sbatto al muro e ti stupro...' una vocina acuta dentro Jimin si faceva sempre più forte, ma lui la scacciò scuotendo la testa.
"Ciao." sussurrò invece, senza entusiasmo. Il fatto era che Jimin a confronto con Yoongi sembrava davvero un cesso. Indossava una semplice maglietta a mezze maniche di un colore indefinito tra il blu e il nero e aveva solamente dei pantaloni della tuta dello stesso colore e un paio di Nike bianche. Si sentiva un ragazzino e Yoongi sembrava un ventenne con un'esperienza incredibile alle spalle.
'Ma chi se ne frega, tanto non ti piace nemmeno!' pensò stringendo i denti. E si rese conto solo in quel momento che Yoongi stava blaterando su qualcosa, ma Jimin non aveva ascoltato una mazza. Capì a sprazzi ciò che gli stava dicendo. Pullman... Centro commerciale... Ritorno prima di cena... Tutto regolare, no? Probabilmente voleva solo utilizzarlo come portaborse in uno dei suoi giri di shopping.
Il problema era che non riusciva proprio a concentrarsi sulle parole di Yoongi. Quel ragazzo aveva un'incredibile capacità di far sognare le persone. Per esempio, in quel momento, Jimin lo sognava mentre lo sbatteva al muro e ci limonava pesante, toccandolo dappertutto. E quando diceva dappertutto, intendeva davvero dappertutto.
E si accorse solo in quel momento di essere salito su un autobus pieno di gente. E capì solo in quel momento che forse quello non era il posto adatto per immaginarsi cose del genere. E poi aveva anche i pantaloni della tuta.
Ma ormai era troppo tardi, l'erezione era già lì, che punzecchiava il sedere di Yoongi, il quale gli aveva dato le spalle per trovare un posto dove sedersi. Non sapendo che altro fare, abbracciò Yoongi da dietro, sebbene non fosse l'idea più geniale che gli sarebbe mai potuta venire in mente.
L'altro spalancò gli occhi quando sentì qualcosa di duro contro la coscia e subito girò il volto verso Jimin, che aveva nascosto il viso rosso tra le scapole di Yoongi.
"Dimmi che è il cellulare o il portafogli." gli sibilò tra i denti.
"Non... non l'ho fatto apposta, Yoongi." anche solo dire quelle poche parole fu una fatica immensa per lui. Non gli succedeva quasi mai di avere un'erezione, quindi non sapeva bene come gestirla.
L'altro rise divertito e si tolse le braccia di Jimin dal petto, per potersi girare verso di lui.
"Però, non pensavo di farti quest'effetto." sussurrò avvicinandosi pericolosamente al viso dell'altro. Rise in modo sexy e Jimin ebbe una voglia incontrollata di ficcargli la lingua in gola per farlo stare zitto, ma tutto ciò che fece fu arrossire ancora di più.
"Vaffanculo, Yoongi." imprecò tra i denti, facendosi più vicino per nascondere ciò che contenevano i suoi pantaloni della tuta. Yoongi rise di nuovo, ma mentre lo faceva, si tolse la giacca che indossava, per poi passarla a Jimin.
"E cosa dovrei farmene?" chiese alzando le sopracciglia.
"Coprirti lì, magari?" il sarcasmo gli uscì facilmente dalle labbra. "Oppure..." si chinò su Jimin e si fermò a pochi centimetri dal suo orecchio. "... preferisci che finisca questa faccenda sbattendoti al muro e scopandoti come se non ci fosse un domani?"  chiese sussurrando con quella sua voce sensuale che sapeva usare benissimo. Jimin avrebbe tanto voluto accettare, ma invece lo spinse via con forza, senza guardare più in faccia nessuno, con la giacca davanti all'erezione.
Sentì Yoongi ridere divertito e dire con le lacrime agli occhi: "È davvero troppo facile."
 
~~~
 
Il centro commerciale era più affollato del previsto. Ed era piuttosto ovvio, visto che era sabato pomeriggio e pioveva intensamente all'esterno. Jimin iniziava a pensare che Yoongi l'avesse fatto apposta a portarlo lì.
'La smetti di toccarmi, brutto maniaco?' avrebbe voluto urlargli a squarciagola, ma la verità era che gli piaceva da matti sentire la sua stretta sul fianco quando lo attirava a sé per non farlo scontrare con le persone che gli venivano incontro. Jimin non sapeva più se era davvero distratto oppure se lo faceva di proposito per farsi toccare.
E intanto Yoongi parlava e parlava, ma Jimin non seguiva una parola di ciò che diceva. Era troppo impegnato in sogni erotici con la mano dell'altro. Riuscì a cogliere solo una frase: "Andiamo lì!" e così gli afferrò il polso, praticamente trascinandolo in un negozio di vestiti.
"Devi comprare qualcosa?" chiese Jimin, guardandosi attorno. Di sicuro non era un negozio per poveracci quello. Yoongi si girò a guardarlo, con una punta di sorpresa e sollievo: era la prima volta che apriva bocca da quando era sceso dal pullman dopo l'incidente.
Il ragazzo fece spallucce: "Niente in particolare. Diamo un'occhiata, ti va?"
Jimin annuì lentamente. Si sentiva così fuori luogo vestito in modo così povero in un posto tanto alla moda, ma si ritrovò presto a girare curioso per i reparti, seguendo come un cagnolino Yoongi, il quale ancora non gli aveva lasciato il polso. Almeno fino a quando non lo sentì squittire eccitato per via di una camicia bianca con i profili blu. Prima che Jimin se ne potesse rendere conto, Yoongi l'aveva trascinato davanti ai camerini di prova.
"Aspetta qui, okay?" il suo tono era talmente dolce che gli fece venire più farfalle nello stomaco quello, di quanto potesse fargli la mano di Yoongi sul suo braccio. Jimin annuì obbediente e si sedette su uno dei pouf all'esterno per aspettare che l'altro si cambiasse.
Poi, improvvisamente, sentì una voce familiare verso uno dei reparti alla sua destra.
"Seokjin-oppa! Prova questo!" la voce di una ragazza gracchiava e l'altro rispondeva con una risata che Jimin conosceva fin troppo bene. La sentiva spesso quando veniva deriso a scuola.
D'istinto si alzò in piedi e lo vide. Kim Seokjin oltre un espositore, in compagnia di una ragazza della sua cerchia di fighetti. Poi alzò lo sguardo su di lui e incatenò lo sguardo con quello di Jimin, mentre un sorriso inquietante gli si formava in viso.
Jimin sbiancò e di scatto tornò a sedersi.
'Yoongi, se mi cerchi sono nella merda.' si disse mentalmente. Si guardò intorno nervosamente. A Seokjin non sarebbe importato il luogo pubblico pieno di telecamere nel quale si trovavano,  l'avrebbe menato a sangue comunque, senza neanche un pizzico di risentimento.
In quel momento non gli venne in mente niente di più intelligente che tuffarsi nel camerino dove si trovava Yoongi. E subito si sentì ancora più idiota di quanto già non si sentisse.
'Era meglio essere pestato a sangue.'
Yoongi era lì, che lo guardava con le sopracciglia alzate, a torso nudo. E Jimin lo fissava come se non avesse mai visto qualcosa che gli piacesse davvero in vita sua. La pancia piatta, gli addominali e i pettorali accennati, le braccia sottili ma muscolose, la "V" che segnalava la presenza di qualcosa di ancora più succoso alla sua fine.
Lentamente diventò rosso fuoco e si sentì un porco deficiente quando pensò che doveva essere bello toccarli mentre facevano l'amore.
'Porca troia.' ormai era un'imprecazione che ricorreva spesso nella sua mente e tutto per colpa di quel fottuto Min Yoongi. Però l'espressione di sorpresa del ragazzo mezzo nudo si tramutò presto in divertimento: "Proprio non ce la fai ad aspettare, eh?"
Jimin abbassò la testa. Si sentiva così stupido e le lacrime non tardarono a pizzicargli gli occhi. Yoongi piegò la testa di lato in un modo che Jimin avrebbe voluto spaccargli la faccia da tanto che era carino.
"Va tutto bene?"  gli chiese facendo un passo verso di lui, ma Jimin ne fece un altro indietro e si ritrovò schiacciato contro la parete del camerino.
"È successo qualcosa?" chiese seriamente preoccupato.
"No, va tutto bene." Jimin non gli avrebbe mai parlato di Seokjin, sembrava già abbastanza sfigato senza che Yoongi sapesse che aveva paura di un bullo. "Non ce la faceva ad aspettare, come hai detto tu."
L'altro sospirò e si rimise la maglietta che aveva prima.
"Non provi la camicia?" chiese Jimin interrogativo.
"No, andiamo fuori." rispose prendendo la giacca dall'appendiabiti.
"Fuori?"
"Sì, da qualche altra parte." disse e gli mise il cappotto sopra la testa.
"Che diavolo fai?!" Jimin arrossì per la mano dell'altro sulla sua spalla.
"Ti copro, idiota."
E così uscirono dal camerino: Jimin con il viso affondato nel costato dell'altro con la giacca sulla testa e Yoongi che lo stringeva con le dita sul fianco. Appena fuori, guardò l'altro confuso: Yoongi sapeva già che all'interno c'era Kim Seokjin?
"Vuoi che ti riporti a casa?" chiese Yoongi scoprendogli la testa.
"No!" rispose con troppa foga. Che passo falso clamoroso. Per quanto fosse allettante l'idea che lui lo riaccompagnasse a casa, non voleva che la giornata finisse così presto. "Cioè..." si schiarì la voce subito dopo, sotto il sorriso malizioso dell'altro. "Offrimi qualcosa da mangiare, almeno."
Yoongi rise e accettò, guidandolo dall'altra parte del centro commerciale, sempre mano nella mano.
'Ma tutto 'sto tragitto lo fai per toccarmi o cosa?' una legittima domanda gli affollava il cervello. E poi Yoongi era in circolazione da appena una settimana, come cazzo faceva a muoversi così disinvolto senza perdersi nemmeno una volta?
Pochi minuti dopo arrivarono in una caffetteria e Yoongi gli scostò la sedia per farlo sedere e Jimin obbedì arrossendo. L'altro si allontanò per qualche secondo e tornò con due fette di torta tempestate di panna e gocce di cioccolato e due grandi bicchieri di frappé alla vaniglia.
"Ta-dan!"  esclamò Yoongi poggiando il vassoio sul tavolo. Come diavolo faceva a sapere che quelli erano la torta e il frappé preferito di Jimin? Doveva essere un colpo di fortuna... oppure Taehyung aveva parlato fin troppo.
"Grazie." sussurrò meravigliato dal suo gusto in materia. Lo guardò mangiare allegramente, mentre si leccava le labbra ad ogni morso, e gesticolava parlando vivacemente. Dannata maglia che scopriva sempre quella clavicola del cazzo che Jimin si ritrovò a fissare come un maniaco.
"Mi stai ascoltando?" chiese Yoongi improvvisamente, aggrottando le sopracciglia e schioccandogli le dita davanti al viso.
"Eh?" lo guardò stralunato ed arrossì, intanto che l'altro rideva. "Scusa, stavo pensando ad altro."
"Non ti preoccupare" sorrise e Jimin represse un gemito di frustrazione con un boccone di torta.
Ci faceva l'amore mentalmente con quegli occhi e quella bocca. Gli fondeva il cervello sentirlo parlare con tanta passione sulla fotografia e gli andò completamente in fumo quando Yoongi s'interruppe e si chinò su di lui, depositandogli un piccolo bacio sull'angolo delle labbra. Restò di sasso mentre l'altro rideva innocentemente.
"Avevi della panna."
Sì, certo, la panna. Ma vaffanculo, Min Yoongi.
 
~~~
 
Dopo quell'accaduto Jimin iniziò a comportarsi ancora più da idiota agli occhi di Yoongi. Non riusciva a completare una frase con un minimo di senso compiuto. Non ci capiva più un cazzo, davvero.
E il ritorno a casa fu ancora più imbarazzante per lui: Jimin diceva qualcosa di insensato, Yoongi rideva dolcemente, Jimin si scioglieva dentro; Jimin diceva qualcosa di insensato, Yoongi rideva divertito, Jimin si scioglieva dentro...
E quando, davanti alla porta di casa, Yoongi gli prese delicatamente le mani e lo fece girare completamente verso di lui, il cuore prese a trottargli talmente forte da fargli male al petto.
"Allora..." si leccò le labbra e si scostò una ciocca di capelli dagli occhi. "Buona cena." disse guardandolo, mentre il sole segnava ormai il crepuscolo.
"Sì, anche a te." balbettò qualcosa e abbassò la testa, senza sapere che altro dire. Il silenzio regnava fra di loro e Jimin aveva paura che Yoongi potesse sentire il battito esagerato del suo cuore.
"Beh..." Jimin fu il primo a tagliare quella tensione. "Buonanotte, per... per dopo."
Yoongi sorrise e, prima che l'altro potesse scappare dentro casa, si avvicinò inarrestabile verso le sue labbra, ma Jimin, all'ultimo, voltò il viso e il bacio andò a posarsi sulla sua guancia rovente.
Yoongi rise debolmente e, dopo essersi staccato da lui con uno schiocco, gli sussurrò un "Buonanotte, Jimin" all'orecchio.
L'altro annuì e sgusciò in casa prima che si potesse accorgere dell'effetto che aveva su di lui. Poggiandosi alla porta chiusa, si lasciò scivolare verso terra.
'Porca. Troia. Vacca.'
"Jimin, sei tu?" chiese la voce di sua madre, la quale lo guardava dalla porta dell'anticamera.
"Sì, mamma. Sono tornato." si tirò su velocemente e fece un inchino esagerato alla donna.
"Ho notato." rise maliziosa e Jimin cominciò a dubitare del fatto che la madre non si fosse accorta di niente. E poi pensò che anche suo padre poteva aver visto tutto quello che era successo e si diede dell'idiota da solo.
Ma, come se l'avesse letto nel pensiero, la madre gli disse: "Non preoccuparti, tuo padre è andato a cena con dei colleghi."
Jimin si lasciò scappare un sospiro di sollievo, ma ne fu anche un po' deluso.
'Fanculo, avrei potuto farmi limonare da Yoongi e invece ho perso l'occasione.'


Il mio spazietto: Dan, dan, daaaaaaaaaan. Esatto, aggiornamenti a sorpresa. Perché vi voglio bene, insomma. E sto anche ridendo maleficamente per il prossimo capitolo, perché sarà davvero... davvero... davvero... *fischietta*. *angioletto* 
E niente, ditemi cosa ne pensate, che qui abbiamo bisogno di pareri per continuare! Fatevi sentire ♥ Alla prossima ~ chuuuu

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Capitolo 4
*** 03. ***


Capitolo tre.

Era già la terza ora nella classe di Jimin e Yoongi, ma del primo non c'era traccia all'interno dell'aula.
"Si è sentito male ed è andato a casa." aveva riferito Taehyung quando era stato interpellato, ma era talmente insicuro mentre lo diceva che si capiva lontano chilometri quanto grande fosse la sua bugia. Ma non che a Yoongi importasse qualcosa, comunque. Lo cercava solo perché era obbligato a farlo, non per altro. Ma a quanto pare nemmeno lui era tanto bravo a raccontare storielle. Il problema era che non si poteva amoreggiare con gli indagati e Yoongi faceva fatica ad usare scuse continuamente.
"Lo faccio solo per farlo cantare!" aveva ripetutamente rassicurato Namjoon, il quale lo guardava sempre contrariato.
"Sì, ma mi sembra che tu te ne stia approfittando un po'." rispondeva ogni volta. "Non dovresti innamorarti di lui."
"Non sono innamorato di lui. Non mi piace affatto." e Yoongi si rendeva perfettamente conto delle cazzate che sparava, ma non sapeva in che altro modo pararsi il culo. La verità era che Yoongi era completamente cotto di Jimin. Era una ragazzino così carino ed indifeso e poi era stato troppo dolce a chiedergli di uscire con un foglietto. In poche parole gli aveva rubato il cuore e forse l'altro neanche se n'era accorto.
"Ricordati che hai ventidue anni, ben cinque più di lui."  gli aveva ricordato Namjoon.
"L'amore non ha età."
"Allora stai ammettendo di esserne innamorato." Namjoon aveva una capacità acuta e raffinata di leggere tra le righe e capire anche i cervelli più complicati. Forse era per quello che l'avevano assunto in polizia così giovane.
"Era per dire..." aveva sussurrato Yoongi, spostando il peso da un piede all'altro. "E comunque anche tu esci con Taehyung."
"Ma lui non è sulla lista dei sospettati."
Yoongi sbuffava sempre alla fine di quel tipo di conversazione. Lo sapeva che Namjoon aveva ragione e anche il preside gliel'aveva ripetuto allo sfinimento quando li aveva assunti.
"Dovete semplicemente riferirmi se verificate comportamenti strani all'interno della scuola. Ultimamente stanno iniziando a mancare i fondi dalla cassaforte e molti professori hanno un atteggiamento più che sospetto, per i miei gusti. In più ci sono anche i genitori di alcuni ragazzi che non sono affatto visti di buon occhio." gli aveva brevemente spiegato al loro primo giorno da infiltrati e aveva consegnato loro una lista dove in cima torreggiavano i nomi di Park Jimin e i suoi genitori.
Ma non ci poteva fare granché se gli batteva forte il cuore quando lo vedeva sorridere.
La fine della lezione di storia arrivò presto e Yoongi si alzò dal suo posto per fiondarsi in quello accanto a Taehyung.
"Dimmi dov'è." gli ordinò.
"Chi?"
"Jimin, idiota."
"Non lo so dove si è cacciato, te l'ho già detto."
"Smettila di mentirmi, per favore. Ho bisogno di saperlo e tu sei l'unico a cui posso chiedere."
Taehyung roteò gli occhi alla sua insistenza: "Davvero, non so dove sia. So solo che alcuni l'hanno minacciato e poi mi ha detto di andare in classe."
"E l'hai lasciato solo con loro?" chiese incredulo.
"Certo che no, non sono un incosciente. Ce ne siamo andati insieme dopo averli ignorati, ma poi Jimin se n'è andato in bagno e io sono entrato in aula per la lezione." spiegò.
"E non sei nemmeno un po' preoccupato per lui?!" Yoongi non riusciva a credere alla calma dell'altro.
"Certo che lo sono, ma non è la prima volta che si assenta dalle lezioni a caso."
"Non è un buon motivo per non essere andato a cercarlo."
"Tanto torna sempre, che bisogno c'è?"
"Che bisogno c'è?! Ma dico, sei scemo?! Potrebbe essere la volta buona che ci resta secco per quei bulli del cazzo!" aveva iniziato a perdere la calma e gli altri studenti lo guardavano divertiti.
"Sta' calmo, deficiente." Taehyung lo guardò infastidito e Yoongi trovò oltraggioso il suo tono, ma ai suoi occhi era solo un diciassettenne come tutti gli altri. Prese un respiro profondo e si alzò dal banco di Jimin per uscire dall'aula sbattendo la porta.
Non sapeva bene dove cercarlo, perciò girò per i corridoi vuoti come un idiota, essendo consapevole del fatto che presto qualche professore l'avrebbe beccato. Eppure non trovò nessuno ad intralciargli la strada.
Sbirciò nel laboratorio di chimica, ma dentro non trovò altro che beute di vetro e vari acidi sui banchi. S'intrufolò anche nei bagni dei maschi, ma erano tutti deserti. Neanche nella biblioteca lo trovò e allora scelse di andare sul tetto della scuola. Non era affatto sicuro che l'avrebbe trovato lì, ma era talmente disperato che sarebbe sceso addirittura negli Inferi, se quello sarebbe bastato a trovarlo.
Il tetto non era altro che una piattaforma con dei muretti alti un metro lungo il perimetro.
E fu proprio contro uno di essi che trovò Jimin, rannicchiato, con le ginocchia al petto, la faccia nascosta contro le braccia.
"Jimin...?" la voce gli uscì roca, ma comunque sapeva che l'altro l'aveva sentito, per via del sussulto che avevano subito le sue spalle. Lo sentì reprimere a fatica un singhiozzo, ma il modo in cui sobbalzava con il petto lo tradì.
"Ehi..." Yoongi si avvicinò e si piegò sulle ginocchia davanti a lui. Allungò una mano verso i suoi capelli e ci affondò le dita. Sotto il suo tocco, Jimin fremeva, ma subito gli sbatté via la mano con un colpo secco.
"Vattene." gli disse con voce incrinata dal pianto. Yoongi non si mosse. Anzi, tornò alla carica, accarezzandogli  il ginocchio e l'altro si lasciò scappare un singhiozzo più forte degli altri.
"Per favore..." sussurrò supplicante, quasi fosse stanco della situazione.
"Dimmi cos'è successo, Jimin." gli disse in un soffio dolce, avvicinandosi ancora di più a lui. A Yoongi sembrò di vederlo ghignare.
"Cos'è successo?" il suo tono sembrava aspro. "Secondo te?"
"Io..." Yoongi non ebbe il tempo di finire la frase che Jimin alzò la testa, rivelando la risposta alla domanda postagli. Un livido attorno all'occhio destro e un graffio sulla guancia sinistra attirarono l'attenzione e il senso di colpa di Yoongi. E poi quel labbro talmente gonfio che era un miracolo che non gliel'avessero rotto non fece altro che peggiorare le cose.
"Devi andare in infermeria..." mormorò preoccupato, ma Jimin affondò di nuovo il viso tra le braccia.
"Vattene."
"Ma..."
"Non dirmi cosa devo fare. Vattene e fregatene come tutti gli altri. Tanto ormai ci sono abituato."
Fu proprio quella frase ad ammazzare dentro Yoongi.
"Nemmeno tu dovresti dirmi cosa fare, ragazzino."
Jimin lo guardò torvo: "Si dà il caso che la colpa dei pugni in faccia sia tua. Quindi sì, ho il pieno diritto di mandarti a fanculo."
Yoongi ne rimase talmente scioccato, da metterci qualche secondo ad elaborare il tutto. Deglutì con fatica e decide di ignorare le sue parole.
"E io ho il completo diritto di dirti che sei una gran testa di cazzo. Contento ora? Possiamo andare in infermeria?"
"Ti ho detto di no, tu e 'sta cazzo di infermeria. Non ne ho bisogno." ribatté.
"Non ne sarei tanto sicuro." una voce diversa dalle altre interruppe la loro discussione. Jimin s'irrigidì e il cuore prese a battergli nelle orecchie, ma quella volta solo per la paura.
Yoongi si girò e trovo Kim Seokjin appoggiato con una spalla al muro, mentre si rigirava un coltellino tra le dita.
"Adesso t'immischi anche tu con il frocio?" chiese sprezzante, sputando a terra.
"Lascialo in pace." Yoongi si alzò in piedi e l'altro rise strafottente. Kim Seokjin era il secondo della lista degli indagati.
"Altrimenti?"
"Lascialo stare e basta." ripeté guardandolo freddo negli occhi.
"Vattene, per favore... vattene..." Jimin mormorava in continuazione quelle parole, ma nessuno lo ascoltava. Forse nemmeno lo sentivano.
"Perché dovrei?" la sua voce era così fastidiosa che Yoongi avrebbe tanto voluto ammazzarlo di botte.
"Non ti ha fatto nulla."
"E invece sì. Appesta l'aria con la sua presenza."
Yoongi strinse i pugni e serrò la mandibola.
"Cos'e, ti sei innamorato dell'idiota lì?" gli chiese ridendo.
"Non è un idiota."
"Quindi sei innamorato di lui."
"Fatti i cazzi tuoi."
Jimin sobbalzò: e se Seokjin avesse avuto ragione? Se Yoongi fosse davvero stato innamorato di lui? Il suo cuore sembrò saltare un battito. Nel profondo ci sperava.
"Quindi ora abbiamo due froci a scuola." commentò avvicinandosi a Yoongi con fare minaccioso. Lui restò fermo anche quando Seokjin gli arrivò a pochi centimetri dal viso. Jimin alzò la testa giusto in tempo per vedere un pugno depositarsi sulla mandibola di Yoongi e spostargli il volto verso il basso.     
Jimin sussultò, ma l'altro restò immobile davanti a Seokjin, il quale lo guardava con un sorrisetto. Yoongi respirò profondamente un paio di volte, poi esplose in tutta la sua rabbia.
In un colpo, prese con un pugno il colletto della sua camicia e lo sbatté al muro con una violenza inaudita. Seokjin boccheggiò in cerca di aria e si lasciò cadere il coltellino a terra, con gli occhi spalancati. Il cuore di Jimin prese a battere ancora più velocemente.
"Te ne vai dalle palle, ora?" gli ringhiò contro tra i denti, con una mano che gli stringeva il collo. Le mani di Seokjin raggiunsero quella di Yoongi, cercando di staccarla da lui per tornare a respirare. Poi Yoongi gli prese i capelli tra le dita e gli sbatté la testa contro il muro, con abbastanza forza per fargli male, ma non per fargli venire un trauma cranico.
"Vattene a fanculo, brutta testa di cazzo..." Yoongi gli lasciò il colletto e l'altro ne approfittò per scappare. Jimin non l'aveva mai visto così vulnerabile... e quella visione gli strappò un sorriso.
Yoongi si girò di nuovo verso di lui e si avvicinò con un sospiro.
"Va tutto bene?" si chiesero nello stesso momento e sorrisero entrambi con le guance rosse. Altre farfalle colorate nello stomaco.
"Sei tu quello messo peggio." disse Yoongi, seguito da qualche secondo di silenzio. "Andiamo in infermeria, per favore." lo pregò di nuovo e Jimin annuì senza proteste.
"Ce la fai ad alzarti?" chiese prendendogli la mano, ma fermandosi interdetto quando sentii qualcosa di bagnato a contatto con le sue dita. "Ma che...?"
Gli girò la mano e spalancò gli occhi quando la ritrovò piena di sangue, con una ferita piuttosto profonda sul palmo.
"Come...?"
Il ragazzo si mordeva forte il labbro inferiore per reprimere il dolore, ma le lacrime gli scendevano ugualmente lungo le guance.
"Cristo..." Yoongi imprecò a bassa voce e cercò nella tasca il suo fazzoletto di stoffa per avvolgerlo attorno alla sua ferita.
"Fa male." osservò Jimin stringendo i denti.
"Lo so, ma adesso andiamo in infermeria e ti cureranno, okay?"
"No, non è okay."
Yoongi aggrottò le sopracciglia.
"Voglio tornare a casa..." sussurrò sconsolato e quell'aria da cucciolo abbandonato lo colpì nel profondo. E allora si alzò da terra e lo tenne per mano, con l'intenzione più stupida che gli sarebbe mai potuta venire in mente. Lo portò a casa propria. Nel bel mezzo delle lezioni. E Yoongi lo sapeva che si sarebbe cacciato nei guai, ma non aveva idea di che altro poter fare.
 
~~~
 
La casa di Yoongi si trovava al penultimo piano di un vecchio edificio grigio. Man mano che l'ascensore saliva, il cuore di Jimin aumentava la velocità. Cavolo, stava per entrare nella casa del ragazzo che gli piaceva da matti...
Perché sì, era accertato che ormai era cotto di Yoongi. L'aveva capito nelle passate due settimane, da quando erano usciti insieme. Da allora si vedevano a scuola, pranzavano insieme a Taehyung e al ragazzo con cui usciva, Namjoon, e poi il venerdì sera, quando Yoongi veniva a fare da babysitter alla sorella perché la madre aveva il turno di notte all'ospedale, guardavano la televisione oppure giocavano ai videogiochi. Fatto sta che alla fine delle maratone che facevano, Yoongi si addormentava costantemente o sulla spalla di Jimin oppure sopra le sue gambe. Non capiva se lo facesse apposta oppure no, ma gli piaceva il fatto che fosse così dolce.
Le porte dell'ascensore si aprirono e Yoongi lo fece uscire per primo.
"Casa mia non è bella quanto la tua."
"Sono sicuro che è bellissima, invece. " Jimin sorrise incoraggiante e poi rise, in un modo che Yoongi avrebbe tanto voluto registrarla per ascoltarla in continuazione.
"Mi fai entrare o cosa?" chiese scherzando, visto che erano da almeno cinque minuti davanti alla porta d'entrata. L'altro arrossì leggermente e infilò le chiavi nella toppa.
All'interno era normalissima: un piccolo corridoio che portava al salotto e alla cucina unite, mentre per la camera da letto e il bagno si doveva attraversare tutta la sala. Le pareti erano verniciate di bianco e i mobili neri, semplici e minimal riempivano le stanze. Ai muri erano appesi vari quadri moderni di qualche epoca sconosciuta a Jimin. Era un peccato che non seguisse le lezioni di arte, ma sarebbe sopravvissuto anche così.
La mano di Yoongi sulla parte lombare della sua schiena, più a sud che a nord, però, lo distrasse da quei pensieri inutili. Non ne era proprio sicurissimo, ma gli sembrava di sentire la sua mano scendere sempre di più verso il basso. Magari era solo soggezione...
'Soggezione un cazzo, questo mi ha proprio toccato il culo!'
"Visto? È bellissima come ti dicevo!" mascherò i suoi veri pensieri con quelle parole, accompagnandole con un battito di mani e un saltello accennato. Yoongi sorrise e lo fece sedere sul divano di pelle.
"Vado... vado a prendere il disinfettante. Aspetta qui."
Jimin annuì e tornò a guardarsi attorno curioso.
Sul frigorifero nero opaco erano affisse delle calamite di varie città: Los Angeles, Dubai, Berlino, Londra, Shangai, Tokyo...
Yoongi e la sua famiglia dovevano aver viaggiato tantissimo.
Si alzò e si avvicinò ad esse. Sopra si trovava una piccola polaroid, sempre attaccata con una calamita: un piccolo bambino aveva le guance gonfie d'aria e buttava le braccia al collo ad un uomo, il padre forse, mentre una donna guardava i due con un sorriso sereno. La staccò dal frigorifero e la girò: "Con affetto, mamma e papà". Doveva essere Yoongi quel bambino.
"Jimin...?" la sua voce gli fece prendere un colpo e di scatto si ficcò la foto in tasca, nemmeno lui sapeva perché.
"Sono qui!" gridò da dietro il bancone della cucina alle sue spalle e Yoongi si girò, scrutandolo. "Scusa, avevo sete."
"Sì, non preoccuparti. Mi hai solo spaventato un po'."
"Perdonami." Jimin fece un inchino e l'altro si avvicinò a lui ridacchiando.
"Dammi la mano." cambiò discorso e agitò il disinfettante. Jimin gliela porse e si spostarono sul lavabo.
"Ti farà un po' male." e con un batuffolo di cotone iniziò a passarglielo sulla ferita. L'altro gemette di dolore e Yoongi non fece altro che arrossire.
'Smettila di fare versi del genere...'
"Fa male, Yoongi." disse stringendogli l'avambraccio.
"Lo so, ho finito, adesso." lo rassicurò calmo, prendendo una garza bianca ed avvolgendola attorno alla sua ferita. Dopodiché avvicinò la mano alle sue labbra e ci lasciò sopra un bacio.
Jimin si lasciò scappare una risatina e si coprì la bocca con la mano sana.
"Perché ridi?"
"Sei divertente, Yoongi." spiegò con due mezzelune scure al posto degli occhi e l'altro pensò che fosse bellissimo anche con un occhio nero e la guancia graffiata.
"Devi... devi metterti il ghiaccio." cambiò discorso balbettando. Jimin annuì e seguì con gli occhi Yoongi mentre apriva il cassetto del freezer in alto al frigorifero e intravide un lembo di pelle sotto la camicia bianca della scuola.
"I tuoi genitori non ci sono?"
Yoongi sembrò irrigidirsi: " No. Lavorano all'estero."
"Non tornano mai a casa?"
"Solo durante le festività più importanti. Non passo molto tempo con loro."
"Che lavoro fanno?" chiese genuinamente.
"Sono scienziati a Mosca, in Russia." spiegò mentre passava il ghiaccio al ragazzo. Non gli stava mentendo, non completamente, almeno. I suoi genitori lavoravano davvero lì, l'unica bugia era che a casa non ci tornavano proprio mai.
La bocca di Jimin formò una 'o' perfetta e sembrava quasi impressionato.
"Quindi è come se vivessi da solo tutto il tempo, giusto?"
Yoongi annuì con un sospiro.
"Beh..." Jimin si guardò attorno, mentre si allontanava da lui per avvicinarsi alla libreria nell'angolo, piena di DVD. "Allora potrei rimanere qui io a farti compagnia." disse sbarazzino. "Cioè... per dormire, intendo."
Yoongi fissò la sua schiena interdetto.
'E adesso che cazzo faccio?' si chiese mentalmente, ma l'unica risposta che gli uscì fu un secco "No".
Jimin ne sembrava deluso: "Oh." fu la sola cosa che riuscì a dire. Eppure pensava di piacere a Yoongi... Perché non aveva accettato?
Si girò verso di lui e gli mostrò un sorriso spento: "C-credo... di dover tornare a casa."
Non riusciva nemmeno a spiegare quanto si sentisse uno sfigato.
Yoongi annuì e disse freddo: "Sì, lo credo anch'io."
Si sentiva in colpa, ma... non poteva farlo. Namjoon l'avrebbe detto al capo e lui ci teneva a quell'incarico. Doveva per forza entrare nella polizia ufficialmente e quello non era il modo adatto per farlo.
Jimin sospirò e prese la giaccia della divisa per andarsene, l'unica cosa che gli apparteneva in quella casa estranea. Non aveva nemmeno lo zaino,  lo aveva lasciato a scuola. Si aspettò di sentire la stretta di Yoongi attorno al polso e la sua voce dirgli che stava scherzando, ma niente di tutto ciò accadde.
Uscì dalla casa e si fiondò nell'ascensore con le lacrime agli occhi. Era stato uno stupido a pensare che Yoongi avrebbe accettato. Probabilmente era ancora troppo presto e lui l'aveva preso per un pervertito maniaco. Magari da quel giorno l'avrebbe solamente considerato un amico e si rattristò.
 Voleva essere il suo fidanzato, baciarlo tutti i giorni, dirgli che lo amava tutti i giorni, fare l'amore tutti i giorni.
Si poggiò allo specchio dell'ascensore e si lasciò scivolare a terra, con le mani sugli occhi. Voleva semplicemente sparire dalla faccia del pianeta.
Le porte si aprirono al piano terra ed entrò qualcuno che le fece richiudere per risalire e dopodiché si sedette accanto a Jimin. Tentò di reprimere un singhiozzo, ma quello fu più forte di lui.
"Mi dispiace." sussurrò la voce di Yoongi all'orecchio dell'altro. Aveva il fiatone, dopo cinque piani di scale in corsa. Jimin sentì il suo braccio cingergli le spalle ed attirarlo a sé.
"Così ti bagno la camicia." mormorò tirando su col naso, ma Yoongi lo zittì con un dito sulle labbra.
I loro visi erano così vicini che Jimin poteva distinguere ogni più piccola sfumatura degli occhi di Yoongi che potessero distinguerli da quelli di una qualsiasi persona.
Il suo respiro fresco e rincuorante gli scaldava il cuore.
E poi si ritrovò con le labbra poggiate alle sue, prima delicatamente, poi sempre più appassionatamente.
Jimin ci mise un po' a ricambiare il bacio dell'altro, ma quando lo fece, si sentì al settimo cielo. Non ci credeva nemmeno lui. Gli esplodeva il cuore, da tanto che batteva veloce e la situazione peggiorò e migliorò quando sentì la sua mano accarezzargli la guancia e il sorriso che andava formandosi sulle labbra di Yoongi. Quando le loro labbra si saziarono, erano già a letto.
Certo, era appena passata l'ora di pranzo, ma Jimin non poteva aspettare la sera per avvolgersi tra le sue braccia. Avevano ancora la camicia e i pantaloni della divisa, ma il petto di Yoongi si auspicava un ottimo cuscino lo stesso. Rise quando Jimin si mise ad ascoltare il suo battito accelerato.
"Batte forte, Yoongi." commentò praticamente sdraiato su di lui.
"Chissà perché." sussurrò in risposta, prendendogli il viso tra le mani e stampandogli un bacio in fronte.
Quando, dopo un sorriso dolce, Jimin affondò di nuovo la faccia nel suo petto, Yoongi gli arruffò i capelli giocandoci con le dita e l'altro gli strinse la vita con le braccia, per ricambiare quella piccola dimostrazione d'affetto.
Si sentivano entrambi al settimo cielo. Yoongi aveva mandato a quel paese Namjoon e le sue parole da guastafeste, deciso che se la sarebbe goduta finché sarebbe durata.
"Buonanotte, Yoongi."
"Sono appena le due del pomeriggio." ridacchiò divertito.
"Non importa."
"Buonanotte anche a te, Jimin." e sorrisero entrambi. Jimin sussurrò qualcosa destinato originariamente a non essere sentito da nessuno, ma Yoongi non era sordo.
"Ti amo." gli aveva bisbigliato soffocato dalla stoffa della camicia. Yoongi non rispose, ma sorrise.
Jimin non ne sembrò afflitto. Non gli serviva che lui lo dicesse. Il battito svelto del suo cuore parlava meglio della sua bocca. Non aveva mai sentito un cuore diverso dal suo battere tanto velocemente per lui. E si sentì tanto amato, in quel momento, con le mani di Yoongi attorno alla vita e le sue pulsazioni cadenzate a fargli da ninnananna. Ci sarebbe restato tutta la vita, lì, insieme a Yoongi, su quel letto che li accoglieva. 


Il mio spazietto: Feels e cose dolci a parte, non ve lo aspettavaaaaaaate, eh, che Yoongi era un poliziotto ventuduenne... Ecco, era per questo che ero sia eccitata che spaventata. Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno con questo piccolo colpo di scena, nel caso mi scuso, ma ho avuto quest'intenzione fin da subito. In ogni caso, questo non farà altro che intensificare la trama ~ E nulla, se avete dei dubbi, sentitevi liberi di chiedere qualunque cosa non abbiate capito, sarò felicissima di rispondervi! Chuu, e alla prossima ♥ 

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Capitolo 5
*** 04. ***


Capitolo quattro.

A Jimin piaceva la musica. E gli piaceva anche cantare. Non lo faceva spesso in pubblico, ma la famiglia lo sentiva a volte quando decideva di fregarsene di tutti e cantava a squarciagola. Almeno era intonato e aveva una bella voce, perciò era un piacere ascoltarlo.
Anche Yoongi l'aveva scoperto. Un venerdì sera era arrivato prima del previsto e Jimin non aveva sentito la porta di camera sua aprirsi, per via del volume alto delle cuffiette, e allora Yoongi l'aveva ascoltato in silenzio, con un gran sorriso sulle labbra. Quando se n'era accorto, Jimin era diventato più rosso di quanto era solito colorarsi quando erano in compagnia e aveva iniziato a balbettare qualcosa di incomprensibile, ma Yoongi l'aveva rassicurato: "Sei bravissimo. Fa' come se non esistessi."
'Fosse facile...' Jimin aveva iniziato a sudare freddo, ma aveva poggiato la testa in grembo a Yoongi e, timidamente, aveva ricominciato a cantare qualcosa a bassa voce, mentre l'altro gli accarezzava dolcemente i capelli.
Ormai l'andazzo era quello: l'unico momento che avevano per stare insieme da soli era il venerdì sera, e non era nemmeno tanto semplice con una bimba di otto anni che sarebbe potuta entrare da un momento all'altro, nel bel mezzo di una qualche sessione di qualcosa di poco casto. E non avevano mica intenzione di traumatizzarla.
Per quello Jimin cercava spesso di intrufolarsi in casa di Yoongi, ma lui gli negava sempre l'accesso. E in più non uscivano mai. Quella al centro commerciale era stata l'unico loro appuntamento, non ufficiale per di più.  Voleva solo che si comportasse come un normale fidanzato e invece doveva sempre avere quell'aura di mistero che lo circondava. E che, malgrado tutto, attirava Jimin peggio di una calamita con il ferro.
Però stava iniziando a stancarsene. Desiderava di più di un semplice bacio al mattino nel bagno dei maschi prima di iniziare le lezioni e qualche normale coccola il venerdì sera, dopo che la sorella se n'era andata a letto.
Ed era deciso a dirglielo in faccia, appena l'avesse visto nel parco, luogo doveva avevano deciso di vedersi per la prima volta fuori dalla scuola e dalle giornate da babysitter.
Si rigirò il cellulare tra le mani: aveva il suo numero da meno di una settimana, anche se era trascorso già un mese dal loro primo bacio.
Yoongi gliel'aveva chiesto in modo strano: un venerdì sera, dopo che gli aveva dato la buonanotte, Yoongi si era messo a frugare tra vari documenti e carte che si trovavano nei cassetti della casa. E quando Jimin era tornato di sotto per invitare l'altro a dormire con sé, l'aveva trovato tra un fiume di cartacce e aveva sussultato quando si era reso conto di essere stato beccato.
"Che... cazzo stai facendo?" gli aveva domandato confuso.
"Ehm..." Yoongi aveva riso nervosamente. "Stavo... stavo cercando il tuo numero di telefono!" aveva buttato lì la prima scusa che gli era passata per la mente.
"E... non potevi semplicemente chiedermelo?"
"Non sapevo come fare."
"Con le parole, magari?" Jimin si era avvicinato a lui, con il suo pigiama grigio. "E poi al massimo avresti potuto guardare l'elenco telefonico!"
"Te l'ho detto, mi mandi in tilt."
E così, dopo aver rimesso apposto tutti quei fogli, si erano scambiati i numeri.
 
Da: Numero sconosciuto
Buonanotte, Jiminnieee!
 
A: Yoongi-deficiente
Me l'hai detto due minuti fa, idiota.
 
Da: Yoongi-deficiente
Lo so, però volevo dormire con te.
 
A: Min Amoquestoidiota Yoongi
Se mamma ti vede domani mattina saranno cazzi amari.
 
Da: Min Amoquestodeficiente Yoongi
Dai, giuro che non mi addormenterò! Ti guarderò mentre dormi.
 
A: Min quanteèsexyquestoidiota Yoongi
Quello è inquietante.
 
Da: Min quantoseiinquietante Yoongi
Dai! Fammi entrare nel tuo letto, ti farò tante coccole!
 
A: Yoongi <3
E va bene. Ma non fare casino.
 
E così Yoongi era entrato nella sua stanza e si era messo nel letto con lui, senza fiatare. Lo aveva abbracciato sotto le coperte e alla fine, come uno stupido, si era addormentato con Jimin sul petto.
E la madre li aveva visti la mattina successiva, ma non aveva detto nulla, se n'era andata a dormire lasciandoli soli. Non che fosse così tranquilla che loro due dormissero nello stesso letto, ma si fidava del buonsenso del figlio.
Poi, quando Yoongi aveva dato un bacio sulle labbra di Jimin per congedarsi, lei l'aveva salutato con un sorriso.
Le piaceva Yoongi perché rendeva felice il figlio e, improvvisamente, tutti quei lividi che Jimin cercava di nascondere stavano scomparendo lentamente. E un po' Jimin l'aveva capito: la madre iniziava ad uscire prima del solito e, quando non c'era il marito, chiedeva a Yoongi di prendersi cura di Haneul, perché lei doveva svolgere delle commissioni, e quindi il figlio una volta se l'era ritrovato davanti mezzo nudo, mentre giocava nell'acqua della vasca con la sorellina.
Manco fosse stata estate...
In verità per essere fine aprile faceva piuttosto caldo, come in quella domenica soleggiata. La musica andava crescendo a tutto volume nelle sue orecchie e il piede ormai batteva il tempo da solo.
Quella mattina si era svegliato più presto del solito, ma non per sua volontà.
Mentre era ancora a letto che ronfava beato, il cellulare aveva iniziato a squillare insistentemente e Jimin aveva alzato la cornetta controvoglia, senza nemmeno guardare il mittente della chiamata.
"Pronto?" aveva risposto, assonnato e incazzato allo stesso tempo, e una voce gli aveva praticamente urlato in un orecchio: "Buongiorno, Jimin!"
Per poco non gli era partito un embolo: "Testa di cazzo, sono le sei e mezza del mattino!"
"E stavi ancora dormendo?" sembrava divertito.
"Qualunque persona sana di mente dorme a quest'ora. Di domenica, soprattutto."
Yoongi rise dolcemente dall'altra parte e Jimin non fece altro che pensare a quanto fosse bella: "Significa che sono pazzo, allora. Pazzo di te."
Arrossì: "Da quando sei diventato così mieloso?"
"Dev'essere l'orario." rise di nuovo.
"Smettila."
"Di fare cosa?"
"Di ridere in quel modo."
"Perché?" ridacchiò ancora.
"Perché al telefono sembri ancora più sexy e io non posso baciarti per farti stare zitto. Quindi te lo dico esplicitamente."
"Scusa." rise di nuovo e Jimin gemette per la frustrazione.
"Giuro che adesso riattacco."
"No, no, non farlo!" lo pregò Yoongi. "Voglio parlare con te."
"Ti finiranno tutti i soldi."
"Non importa."
"Non so nemmeno cosa dirti."
"Mi basta ascoltare il tuo respiro."
"Ti odio, lo sai?"
"E io ti amo."                                                                                                                                                                                           
Il cuore di Jimin aveva iniziato a battere velocemente: "Devi essere davvero pazzo..." aveva sussurrato senza parole.
Un po' gli dispiaceva che gliel'avesse detto al cellulare, ma quelle tre paroline gli avevano migliorato la giornata, conferendogli il coraggio di chiedergli di vedersi. E lui aveva accettato.
Improvvisamente si sentì mancare la musica da un orecchio e, voltandosi verso destra, trovò Yoongi con la cuffietta inserita. Lo guardò mentre si avvicinava a lui strisciando sulla panchina e poggiava la testa sulla sua spalla, aspettando che la canzone finisse.
"Sei più bravo tu." commentò.
"Non è vero."
"Sì che è vero. Sei di gran lunga più bravo."
Jimin rimase in silenzio e spense il cellulare: non voleva che qualcuno li interrompesse. E restarono così per un po', con la testa di Yoongi sulla spalla di Jimin e il braccio attorno alla vita dell'altro, mentre in sottofondo i canti delle rondini li coccolavano insieme al fruscio del vento contro le foglie degli alberi.
"Yoongi..." iniziò a dire, interrompendo quel silenzio pacifico.
"Sh..." gli sussurrò ad occhi chiusi. "Non è bellissimo così?"
"Così come?"
"Io e te, abbracciati, e la natura che ci culla..."
"Da quando sei così poetico?" chiese con una risatina.
"Ci sono tante cose che ancora non sai di me."
"Per esempio?"
"Eh, no. Se te lo dico io, non c'è gusto."
Jimin sbuffò e mise un broncio adorabile.
"Quello non funziona con me."
Jimin iniziò ad emettere versetti da cagnolino abbandonato.
"Smettila..."
Ma lui non l'ascoltò, continuò a fare il carino.
"Stai rischiando che io ti ammazzi di baci."
"E fallo, dai."
Yoongi si avvicinò e fece per dargli un bacio sulle labbra, ma all'ultimo momento si spostò e gli lasciò un buffetto sul naso.
"Uffa."
L'altro rise si alzò dalla panchina.
"Dobbiamo andare a casa." disse Yoongi prendendogli l a mano.
"Ma sei appena arrivato..." Jimin aggrottò le sopracciglia senza capire.
"Ho una sorpresa per te e tua sorella."
"Preferirei fosse solo per me."
"Per te ho qualcosa di più speciale in mente."
"Ovvero?" il viso di Jimin si rilassò.
"Si chiama sorpresa per un motivo, idiota."
Jimin sbuffò e gli prese il braccio per metterselo attorno alle spalle mentre camminavano: "Perché non mi abbracci mai?"
"E ora che sto facendo?"
"Intendo in generale. Sei sempre così freddo con me quando siamo in pubblico. Niente baci, niente carezze, nessuna parola carina. Perché?"
Yoongi si strinse nelle spalle: "Non lo so. Non sono il tipo, semplicemente."
Jimin sospirò e si tolse il braccio dell'altro dalle spalle.
"Ehi..." Yoongi tentò di afferrargli la mano, ma lui se le ficcò in tasca.
"Sta' zitto." gli mormorò sottotono e l'altro non capiva che gli prendesse. Aveva solo detto la verità, non gli piacevano le effusioni in pubblico, e poi non poteva permettersi che Namjoon lo venisse a sapere. Nutriva già troppi sospetti verso di lui.
Restarono entrambi in silenzio e arrivarono a casa solo pochi minuti dopo.
 
"Oppa!" la bambina gli corse incontro, ma andò ad aggrapparsi alle spalle di Yoongi. Jimin roteò gli occhi: adesso preferiva il babysitter al fratello, grandioso.
"È un regalo bellissimo." esclamò mentre tutti e tre insieme entravano in casa: Haneul in braccio a Yoongi e Jimin a qualche passo di distanza, stretto nella sua felpa.
"Lo sapevo che ti sarebbe piaciuto!" disse squillante, stampando un bacio sulla guancia della piccola.
"Fanculo..." sussurrò tra i denti con un volume appena percepibile. Si sentiva ridicolo e incazzato allo stesso tempo. Era incredibile che fosse geloso di una bambina, ma non poteva fare a meno di sentirsi ferito.
"Però puzza!" Haneul rise insieme al più grande.
"Allora io e Jimin lo laveremo, che ne dici?" propose Yoongi con un tono talmente pimpante che Jimin avrebbe voluto strozzarlo con le sue stesse mani.
"Ma di che cazzo state parlando?" chiese scontroso, aprendo con violenza l'anta del frigorifero. I due si girarono a guardarlo confusi e la madre, la quale fino a quel momento era rimasta seduta al tavolo della cucina a leggere un giornale di gossip, alzò la testa.
"Stiamo parlando del cane che ci ha regalato oppa!" disse Haneul alzando le braccia in aria, probabilmente senza capire lo stato del fratello.
"Papà non te lo farà mai tenere." disse aspro.
"Invece ha detto che possiamo farlo!"
Jimin strinse forte le dita attorno alla bottiglietta d'acqua che aveva preso dal frigorifero e, uscendo dalla stanza a passo svelto, borbottò: "Grandioso."
I tre restarono in silenzio fino a quando non sentirono la porta della camera sbattere con violenza.
"Yoongi..." la donna richiamò la sua attenzione. "È successo qualcosa tra voi due?"
"Non lo so. Forse." rispose con un sospiro. "Gli ho detto che non mi piacciono le effusioni in pubblico... non capisco perché si sia arrabbiato."
"Jimin è fatto così, gli piace essere al centro dell'attenzione, soprattutto se si tratta delle persone che ama. Magari l'ha percepito come se a te non importasse di lui."
"Lo penso anch'io." si morse il labbro inferiore e poggiò la bimba a terra, facendo un inchino per congedarsi, ed uscì dalla cucina.
Di corsa salì le scale e bussò delicatamente alla porta.
"Vattene." sentì mugolare Jimin dall'interno.
"Dai, apri la porta." lo pregò cercando di abbassare la maniglia, ma era chiusa a chiave.
"Va' via, t'ho detto!" gli urlò da dentro.
"Jimin... mi dispiace."
"Vaffanculo!" gridò di nuovo. Yoongi sospirò e si massaggiò le tempie, per pensare meglio.
"Per favore, Jimin..."
"Ti ho detto di andare a fanculo! Lasciami stare, cazzo!"
"Io... io ti aspetto giù, nel caso tu voglia scendere."
Il bello era che nemmeno Jimin sapeva cosa gli era preso. L'aveva infastidito che Yoongi non l'avesse baciato nel parco. Voleva solo un po' di amore, che cavolo, perché Yoongi non poteva dargliene in pubblico? Come se fosse un reato...
E in quel momento voleva le sue coccole più di ogni altra cosa al mondo. Si sentiva un po' stupido ad averlo mandato via così, ma non voleva dargliela vinta tanto facilmente, perciò decise di aspettare che Yoongi tornasse a chiamarlo. Ma lui non venne.
Aveva una fame del diavolo, ma neanche quando si sentiva chiaramente l'odore del kimchi aleggiare per la casa lo vennero a chiamare. E non ne capiva il motivo.
Quindi, quando il suo stomaco iniziò ad implorare cibo, aprì la porta e scese le scale, fermandosi all'ultimo gradino.
"Grazie per il pranzo, signora." Yoongi fece un inchino alla donna e si girò per indossare le scarpe. Se ne stava veramente andando senza salutare Jimin? Ma dopo tutto chi poteva biasimarlo? Era stato lui a mandarlo a quel paese, quindi se lo poteva immaginare.
E allora corse verso di lui e scostò la madre per finire tra le braccia di Yoongi.
"Non andare!" gli disse affondando la faccia nel petto dell'altro. "Dobbiamo lavare il cane."
Yoongi rise leggermente, stringendolo.
"Devi chiederlo a tua madre, se posso rimanere."
"Mamma dice di sì!" esclamò subito, abbracciandolo ancora più forte. La donna rise e fece l'occhiolino a Yoongi.
"Solo se prendi il massimo dei voti al prossimo esame."
Jimin mise il broncio e si girò verso di lei: "Non esagerare!"
"E va bene, va bene. Promettimi almeno che metterete apposto il bagno quando avrete finito."
"Va benissimo!" Jimin prese per mano Yoongi. "Mi devi ancora far vedere il cane."
Come se l'avesse letto nel pensiero, l'animale irruppe nel salotto dalla porta che conduceva al giardino sul retro e corse incontro al nuovo padrone.
"Davvero ci hai regalato un Labrador?!" chiese quasi incredulo, baciando di scatto il ragazzo, il quale ne restò sorpreso e s'irrigidì sotto lo sguardo divertito della madre di Jimin. "Grazie, Yoongi!" esclamò felice, abbassandosi per farsi leccare in faccia dal cane.
Quel ragazzino era sorprendente: in un secondo si faceva triste e l'attimo dopo era tutto rose e fiori.
Sorrisero e insieme si trasferirono in bagno, dove fu quasi  un'impresa tenere fermo il cane sotto l'acqua. Ancora prima di iniziare a lavarlo effettivamente, il bagno era già mezzo allagato e i due ragazzi praticamente fradici.
La maglietta bianca e leggera di Yoongi, dopo quella pseudo-lavata, era completamente bagnata e gli restava appiccicata alla pelle, mettendo in mostra i pettorali, che sembravano più definiti e tonici di come li aveva visti al centro commerciale, e la schiena.
Anche Jimin si era levato la felpa e indossava una maglia blu, bagnata anch'essa, che però gli risaltava soltanto le braccia.
"È strano che papà ci abbia lasciato tenere il cane." commentò mentre passava il tubo della vasca sopra la testa dell'animale.
"Perché?"
"Beh, non ce ne ha mai preso uno."
"Magari ha cambiato idea."
"Oppure è stata mamma. È lei che lo persuade, di solito, quando io e Haneul vogliamo qualcosa che lui ci proibisce."
Yoongi restò in silenzio e poi chiese: "Non è mai a casa?"
Jimin si strinse nelle spalle: "Sì, lo vedo di mattina, prima di andare a scuola. Poi esce e va al lavoro, in azienda, e lì resta per tutto il giorno. A volte dorme lì e torna la sera del giorno dopo."
"Non ti manca mai?"
"L'unica cosa che mi manca davvero è una figura paterna. Non abbiamo mai avuto un rapporto, quindi no, non ne sento mai la mancanza."
Yoongi rimase in silenzio e continuò ad insaponare il cane. Si ripromise che da quel momento avrebbe abbracciato più spesso Jimin.
"Mi dispiace." lo sentì mormorare e Yoongi non ne capiva il motivo.
"Per cosa?"
"Per averti detto di andare a quel paese. Mi dispiace."
"Non importa, Jimin." sorrise ed allungò una mano verso il suo viso per accarezzarlo, ma l'altro chiuse gli occhi come se avesse paura di qualcosa. "Sh, è tutto okay." gli sussurrò avvicinandosi alle sue labbra, ma prima che potesse premerle contro le sue, uno schizzo d'acqua gli arrivò sul viso.
"Jimin!" strillò Yoongi strizzando gli occhi sotto le risate dell'altro. "Sei un idiota!"
"Sei divertente!"
"Te lo faccio vedere io il divertente!" esclamò prendendo il tubo dell'acqua e puntandolo contro di lui.
"No, fermo!" gridò Jimin senza smettere di ridere. Aveva le mani davanti al viso, perciò Yoongi dovette abbassare il getto per aspettare che lui si scoprisse la faccia, ma Jimin fu più veloce. In uno scatto fulmineo, gli fregò il tubo dalle dita e Yoongi allungò le mani davanti a sé per ripararsi dall'acqua, ma incontrò solo il petto di Jimin e, ben presto, anche le sue labbra morbide.
Sorrise a quel contatto e gemette debolmente quando Jimin gli si sedette sulle gambe, con il suo viso tra le mani. E dentro gli montò un'eccitazione incredibile per via delle mani che l'altro gli stava infilando sotto la maglietta bagnata.
"J-Jimin..." sussurrò Yoongi boccheggiando contro le sue labbra. Probabilmente nemmeno si sognava l'effetto che sortiva sugli ormoni dell'altro.
Yoongi lo sentiva fremere sopra di lui e forse sarebbero andati più a fondo con la lingua e con le mani, se non fosse stato per la voce della madre che parlava molto forte dal piano di sotto.
"Bentornato, tesoro! Come mai sei tornato così presto?"
"È domenica, è normale che io torni prima."
La madre di Jimin non faceva mai domande così ovvie, era palese che lo facesse per richiamare la loro attenzione. Ma Jimin non sembrava avere intenzione di staccarsi da lui.
"Ehi..." Yoongi iniziò a spingerlo via, ma l'altro non ne voleva sapere, era come ancorato e non lasciava andare la presa.
"Jimin, per favore..." lo staccò con una spinta abbastanza forte da fargli perdere l'equilibrio.
"Sei idiota?" sbottò Jimin con il broncio, ma non ebbe il tempo di fare il cucciolo abbandonato, perché la voce di sua madre risuonò ancora.
"Dove stai andando, tesoro?"
"Vado a trovare quella talpa di nostro figlio. Sempre chiuso in camera se ne sta."
Quest'ultimo sussultò e si alzò in piedi con i suoi vestiti fradici. Prese Yoongi per il polso e lo cacciò nello sgabuzzino accanto alla doccia, giusto in tempo per nasconderlo alla vista del padre.
"Bentornato, papà!" si inchinò, mentre teneva per il collare il cane. Non lo salutò nemmeno, si limitò ad imprecare quando si ritrovò con i piedi nell'acqua.
"Guarda che casino hai fatto."
"Mi dispiace. Pulirò tutto."
"Sarà meglio."
A Yoongi dispiaceva il tono che il padre di Jimin utilizzava con il figlio come se non gli fregasse niente dei suoi sentimenti. E per poco non uscì allo scoperto per dirne quattro a quell'uomo. Ma non poteva farlo. 


Il mio spazietto: *entra in scena ballando* Yaah, sono davvero tanto felice che vi piaccia questa storia ~ E spero anche che questo capitolo abbia fatto colpo, nonostante non contenga nient'altro che alcune scene cucciolose... E nulla, mi piace aggiornare alla cavolo, COSI VI COLGO DI SORPRESA, perché sono cattiva e.e 
E nulla, ditemi cosa ne pensate ~ ♥ Alla prossima ♥

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Capitolo 6
*** 05. ***


Capitolo cinque.

"Quando pulirai, sta' attento a non far uscire l'acqua dal bagno, altrimenti si gonfierà il parquet."
Il padre di Jimin si era congedato così. E a Yoongi si era spezzato il cuore, dopo aver visto l'espressione di tristezza sul viso dell'altro. Avrebbe tanto voluto dire qualcosa per riappacificare i due, ma era una situazione tanto complicata e delicata... 
Uscì dallo sgabuzzino e si fermò sulla soglia di esso: "Jimin..." sussurrò, mentre l'altro si passava il palmo della mano sotto gli occhi. Nonostante avesse il viso bagnato dall'acqua che Yoongi gli aveva puntato addosso, un singhiozzo lo tradì. E poi non ci voleva mica un genio per capire che stava piangendo.
Si avvicinò a lui e gli strinse la spalla da dietro, in un tentativo di conforto.
"È... è tutto okay..." sussurrò Jimin, restando con la schiena rivolta verso l'altro.
"Sicuro?"
Jimin sospirò e si voltò: "No."
Yoongi aprì le braccia e lo accolse sul proprio petto bagnato.
"Fa tutto schifo..." bisbigliò, iniziando a tremare e sobbalzare leggermente per via dei singhiozzi. "Lo odio quello stronzo del cazzo." mugolò nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. "Vorrei tanto che morisse..."
La tristezza si stava trasformando in rabbia.
"Non dire così, Jimin..." lo ammonì subito.
"E tu non parlare come mia madre." sbottò. "Persone come lui meritano solo la morte."
"Stai esagerando adesso."
"Non è vero."
"Sì, invece. È pur sempre tuo padre." sospirò poggiando le mani sui fianchi dell'altro.
"Non è mio padre." disse amaro. "È meno di un conoscente, per me."
"La morte non si augura a nessuno in ogni caso."
"Sta' zitto." borbottò dandogli un pugno sul torace.
"Altrimenti?" Yoongi rise a quella botta. Sapeva che sarebbe dovuto rimanere serio, ma non voleva trattarlo come un bambino di due anni, soprattutto considerando che Jimin pensava avessero la stessa età.
"Altrimenti ti mando a fanculo." ribatté battendo entrambe le mani sul suo petto, producendo uno schiocco contro la maglia bagnata.
"L'hai già fatto un milione di volte."
"E lo farò ancora."
Detto quello, Jimin lo spinse contro la parete e Yoongi andò a sbattere con la schiena, lasciandosi scappare un lamento: "Cazzo, dove la nascondi tutta questa forza?"
Jimin nascose le mani dietro la schiena: "Mi dispiace, io non..."
Non fece in tempo a finire la frase, che Yoongi lo ripagò con la stessa moneta: velocemente lo spinse con tutta la forza che aveva in corpo, ma l'altro sembrava di roccia.
"Yah, questo non è giusto!" piagnucolò Yoongi mettendo il broncio. Jimin rise e prese la mano del ragazzo, per attirarlo a sé, ma Yoongi, non essendo preparato, scivolò sull'acqua e cadde nella pozza.
"Scusa!" Jimin sussultò e si ripiegò sulle gambe, assistendo subito il fidanzato. Che poi, poteva davvero definirlo in quel modo?
Yoongi si massaggiò la schiena ridacchiando: "Sh, non urlare. Tuo padre potrebbe sentirci."
"Non mi frega." e così lo baciò sulle labbra. Sorrise a contatto con esse e Yoongi portò una mano sulla sua guancia. E Jimin mise una mano sul cuore dell'altro, trovandolo straordinariamente veloce.
"Ti amo." si dissero entrambi allo stesso momento. E risero, felice come mai.
Vennero distratti dai loro sentimenti solo quando sentirono un sussulto dalla soglia della porta. Si girarono verso di essa alla velocità della luce, spaventati, ma con loro grande sollievo trovarono Haneul con le labbra  a formare una "o" perfetta.
"E-ehi..." Jimin sembrava preoccupato per la reazione della sorella, ma lei scappò via ridendo contenta.
"Mamma!" correva lungo le scale. "Mamma, se lo sono detti!"
 
~~~
 
"Sei un cazzo di idiota." enunciò Namjoon, tirando uno scappellotto dietro la nuca di Yoongi.
"Smettila di rompere i coglioni." l'altro sbuffò, mentre si sedeva pesantemente sul divano di casa propria. Namjoon l'aveva scoperto e non ne era affatto felice. Diceva che gliel'aveva confidato Taehyung - "Ha detto che siete fidanzati. Perché diavolo non me ne hai parlato?!" - il quale aveva ricevuto la notizia da Jimin. Il bello era che aveva anche sorriso, quando il ragazzo con cui collaborava gliel'aveva riferito. Cioè, Jimin lo considerava il suo fidanzato e quello non faceva altro che migliorare e peggiorare le cose insieme.
"No, non la smetto. Quando lo capirai che ciò che stai facendo è terribilmente sbagliato?" Namjoon sembrava infastidito e seriamente incazzato.
"Ma è amore! Come può essere sbagliato?"
L'altro roteò gli occhi: "Te l'avrò ripetuto trentasette volte e giuro che le ho contate! Stai confondendo l'amore con il lavoro e questo non è professionale."
Yoongi sbuffò, ma non disse nulla, quindi Namjoon continuò: "E sta' certo che se questa cosa non finisce subito, lo dirò al capo. Ci penserà lui a romperti i coglioni, poi."
"Non mi interessa."
"Ma tutti i sacrifici che hai fatto? Li butti nel cesso per un ragazzino sfigato?!"
"Non è un ragazzino sfigato." mise il broncio Yoongi, incrociando le braccia al petto.
"Sì che lo è. Lo sai perfettamente anche tu che se non fosse per te, Jimin sarebbe ancora preda degli idioti che lo menano."
"Questo non fa' di lui uno sfigato. Al massimo è solo un po' timido e debole."
"E tu lo sai cosa fanno i deboli?" Namjoon gli diede un colpetto sulla testa e l'altro alzò gli occhi al cielo.
"No, non lo so." rispose seccato.
"Te lo dico io, allora. I deboli non sono mai sicuri delle scelte che fanno."
"E questo dovrebbe affliggermi in qualche modo?" Yoongi stava iniziando ad innervosirsi. Sapeva quanto Namjoon avesse ragione, ma ciò che diceva a volte suonava molto ipocrita.
"Avanti, lo sai anche tu! È un ragazzino di diciassette anni. Pensi davvero che riesca a essere sincero e lucido sui propri sentimenti?"
"Certo che lo penso. Lo sento che mi dice la verità."
"Ma ha diciassette fottuti anni!" sbottò esasperato.
"E allora? Anche Taehyung ha la stessa età, ma non mi pare che io ti stia facendo un sermone su quanto possa essere sbagliato uscire con un minorenne."
"È un discorso diverso, Yoongi. Io e Taehyung ci divertiamo e basta, e non sto parlando di andare al lunapark. Ma tu e Jimin... Voi due state costruendo qualcosa di troppo profondo."
"Ma perché non ti fai i cazzi tuoi?!"
"Scusa se sono preoccupato per te e la tua carriera!" disse sarcastico. "Cristo, è la volta buona che possono finalmente assumerti nella polizia, perché vuoi mandare tutto a puttane? Non sai nemmeno se durerà, con il tuo amichetto."
Yoongi sospirò. Namjoon aveva dannatamente ragione, ma non poteva fare a meno di amare Jimin.
"E poi se lo scoprisse, cosa faresti?"
"Non deve per forza saperlo."
"Oh, certo. E allora potreste sposarvi, ma lui penserebbe ancora che avete la stessa età e che sei un bravo ragazzo, giusto?" chiese beffardo.
Yoongi si strinse le ginocchia al petto, sconsolato.
"Ti rendi conto di quanto si sentirà preso per il culo quando lo verrà a sapere?"
Un altro momento interminabile di silenzio.
"E parla, cazzo. Mi stai facendo fare un monologo." borbottò arrabbiato.
"Cosa devo fare, Namjoon?" chiese nascondendo il viso.
"Devi lasciarlo."
Yoongi gemette per la frustrazione: "Non voglio farlo."
"È l'unico modo, lo sai anche tu."
"Ma... gli spezzerò il cuore..." sussurrò mordendosi il labbro inferiore.
"Glielo spezzerai in ogni caso. Meglio toglierti il dente subito."
Indugiarono in silenzio, e sarebbero rimasti così, se non fosse stato per lo squillo del cellulare di Yoongi.
"Pronto?" rispose con un sospiro. Una voce femminile fece drizzare la schiena al ragazzo. "Salve, signora Park."
"Sei occupato?" gli chiese gentilmente, mentre Namjoon ghignava e scuoteva la testa.
"No, signora."
"Allora potresti portare Haneul al parco? Vuole uscire, ma devo andare al lavoro."
"Certamente, non si preoccupi." disse alzandosi dal divano con il telefono ancora all'orecchio. "Arrivo subito." s'infilò le scarpe come un fulmine e Namjoon rise al suo comportamento.
"Ti caccerai nei guai!" gli urlò dalla porta.
"Vai a farti fottere!" gridò Yoongi in risposta, correndo in strada.
 
~~~
 
"Oppa, mi spingi sull'altalena?" Haneul fece distogliere l'attenzione di Yoongi dal proprio cellulare. Nell'ultima ora aveva iniziato a preoccuparsi per Jimin: non si era unito a loro perché si sentiva poco bene e Yoongi aveva paura che qualunque cosa avesse peggiorasse. Il punto era che nemmeno l'aveva visto, quella sera, e gli era sembrato strano. Si aspettava un bacio, o almeno un abbraccio, ma non aveva ricevuto altro che un freddo "Sta male, quindi non verrà" da sua madre. Non l'aveva neanche salutato.
Yoongi le sorrise e si alzò dalla panchina per seguirla, aiutandola a salire sull'altalena e mettendosi dietro di lei per spingerla.
In un nanosecondo scrisse un messaggio al cellulare.
 
A: Jiminnie <3
Ehi, va tutto bene? <3
 
Ci aveva anche aggiunto un cuore e di solito non lo faceva, ma sperava che almeno con quello Jimin avrebbe capito che era seriamente in pensiero per lui. Ogni tanto controllava il telefono durante le piccole pause tra un gioco e l'altro, ma nessuna notifica si presentò sul suo schermo.
"Eppure il campo c'è..." mormorò tra sé e sé, mentre si spostava in varie posizioni per cercare di aumentare le tacche nell'angolo, ma anche quando si riempirono tutte e cinque, nessun messaggio gli arrivò.
Gemette per la frustrazione e stava quasi per correre a casa di Jimin se non fosse stato per Haneul che andava incontro ad altri bambini.
'Non ce ne andremo mai da qui.' pensò seguendola esasperato. Di solito gli piaceva giocare con Haneul, dopotutto era una bambina deliziosa, ma in quel momento voleva solo stare con Jimin per salvarlo dalla sua malattia.
'Ma sentiti, sembri una ragazzina di quindici anni. Sarà solo una cazzo di febbre...' percepiva già la voce di Namjoon urlargli qualcosa del genere e la cosa lo infastidiva non poco, quindi decise di darsi una svegliata e distrarsi un po'.
Ma era così dannatamente complicato...
Ogni cosa attorno a lui gli ricordava Jimin, a partire dalle panchine dove gli confidava tutto ciò che sentiva. E poi la giostra sulla quale erano soliti girare come pazzi per poi quasi vomitare dal ridere non aiutava affatto.
Ripensando a quei momenti, Yoongi si chiese da quanto tempo si era trasformato in una persona così... spensierata. Fino a qualche mese prima, gli sembrava tutto così sciocco e futile, gli adolescenti e l'amore, invece in quel momento si ritrovava ad amare ciò che prima odiava con tutto il cuore. Se si fosse visto da fuori, probabilmente si sarebbe detestato a morte, ma ora che lo viveva in prima persona... era addirittura piacevole. E finalmente capiva perché le persone parlassero dell'amore come qualcosa di inebriante, ma che, nonostante mordesse con i denti, ne valeva la pena, tanto era dolce il suo retrogusto.
E Yoongi si crogiolò nella felpa bianca che indossava. Aveva ancora il profumo fresco e fruttato di Jimin, il quale l'aveva utilizzata per dormire, quando l'altro gli aveva straordinariamente permesso di dormire a casa sua per la prima volta dopo il famoso bacio sull'ascensore. Si sentiva come protetto dalle sue braccia, nonostante lui non fosse lì.
"Oppa, muoviti!" Haneul lo riscosse di nuovo dai suoi pensieri. La bambina voleva che il ragazzo la seguisse mentre correva verso lo scivolo, insieme ad un altro bambino.
"Seunghyun!" una voce maschile gridava correndo dietro al bimbo. "Quante volte ti ho detto che mi devi aspettare prima di correre per il parco?!"
Yoongi ridacchiò a quel ragazzo che, con le guance rosse, sgridava il fratello.
"Scusa, hyung!" cantilenò scappando sullo scivolo con Haneul. Lui sbuffò e andò a sprofondare nella stessa panchina dove Yoongi si era seduto qualche secondo prima.
"Anche tu alle prese con i bambini, eh, Seokjin?" commentò con un ghigno, facendogli quasi cadere il cellulare dalle mani per lo spavento.
"Mi hai fatto prendere un colpo."
"Ho notato." rise guardandolo divertito.
Seokjin tornò a guardare davanti a sé.
"È tua sorella?" chiese, indicando con il mento Haneul che preparava qualcosa da mangiare a Seunghyun, servendosi di alcune foglie secche.
"No, è la sorella di Jimin." non era molto sicuro se dirglielo o no, ma ormai era fatta.
"Fai pure il babysitter per il tuo fidanzato?" chiese con quel suo sorrisetto fastidioso.
"Sua madre mi paga per farlo. E comunque ho bisogno di soldi, Jimin non c'entra nulla."
Ad essere sincero, nemmeno lui sapeva perché continuasse a lavorare in quella casa.
"Mi stupisce che suo padre abbia permesso ad uno sconosciuto di badare ai suoi figli." commentò alzando le sopracciglia, mentre con il piede creava dei disegni astratti sulla ghiaia.
"Perché?" Yoongi aguzzò l'attenzione ed estrasse dalla tasca il cellulare, per attivare furtivamente il registratore, fingendo di controllare le notifiche.
"È un tale stronzo..." rispose con aria di sufficienza. "Mio padre pensa che sia un taccagno. Lavorano spesso insieme per via dell'accordo tra le loro aziende e dice che gli rende difficili gli affari."
"Ci hai mai parlato?" chiese, fingendo di essere casuale.
Seokjin annuì con una smorfia: "Ad una cena. Secondo me, è un idiota."
Yoongi ghignò: "Che ha fatto di male?"
"Fa delle battute squallide."
"Ci credo..." non trovò altro di più intelligente da dire. Sarebbe stato troppo sospetto se gli avesse fatto un interrogatorio.
"Ho anche sentito che si aggira in aula professori con le insegnanti più giovani." si fermò un secondo per ridere. "E aggiungono che si chiudano sempre a chiave. Dicono sia ricercato dalla polizia, ma in pochi ci credono."
Bingo.
"Hyung!" il fratellino di Seokjin si avvicinò. "Andiamo a casa? Ho fame!"
"Yah, non ti sono bastate le mie foglie?!" gli gridò di rimando Haneul.
Yoongi avrebbe voluto porgergli tante di quelle domande, ma ormai era il crepuscolo e anche lui avrebbe dovuto portare Haneul a casa. La richiamò e lei corse verso di lui, saltandogli in braccio.
"Mi piacerebbe vederlo. Sai, giusto per constatare di persona." buttò lì il ragazzo, mentre Haneul giocava con i suoi capelli.
Seokjin rise, alzandosi: "Se fossi in te, non sarei così impaziente. Ma comunque credo terrà un discorso su qualche cazzata da ipocrita a scuola."
"Quando?"
"Tra qualche giorno, immagino." si congedò mettendo il cellulare in tasca e lasciando solo Yoongi.
Haneul mise il broncio e si strinse al ragazzo: "Cosa significa 'cazzata'?" chiese curiosa e l'altro rise imbarazzato, senza sapere cosa dire.
"Lo saprai quando sarai grande."
"Ma io sono già grande!" protestò, ma senza ottenere altro che una risata divertita, perciò si arrese. "Andiamo a casa, ho freddo." 
Yoongi annuì e s'incamminò verso l'abitazione della famiglia Park.
E s'insospettì alquanto quando, giunto nel vialetto, vide una folla di persone parlare concitatamente davanti al giardino. Mentre si avvicinava con la bimba affianco, aggrottò le sopracciglia confuso.
"Che succede?" chiese al primo vicino di casa disponibile.
"Hanno chiamato i pompieri." rispose agitato.
"Pompieri?" corrugò la fronte. "Perché?"
"Dicono sia andato a fuoco qualcosa." disse vago. Probabilmente non sapeva bene neanche lui cosa stesse succedendo.
Yoongi alzò lo sguardo verso la finestra della camera di Jimin, ma le tapparelle erano tirate giù. Allora si cavò le chiavi dalla tasca e le infilò nella toppa della serratura, lasciando Haneul fuori, insieme ad una donna che viveva vicino ai Park.
Entrò nell'anticamera e si privò delle scarpe, prima di arrivare in salotto, dove si trovò davanti uno spettacolo mozzafiato tanto era terribile.
La tenda del soggiorno aveva preso fuoco e lentamente andava consumandosi, coinvolgendo nel suo incendio anche il divano adiacente.
"Merda..." imprecò correndo quasi d'istinto verso le scale, anch'esse in legno, come il resto dei mobili.
Non ebbe nemmeno il tempo di accendere la luce, che subito si ritrovò davanti la porta chiusa della camera di Jimin. Yoongi iniziò a battere le nocche sul legno e sentì un debole "Che c'è?" dall'interno.
"Stai bene?" gli chiese quasi urlando, tanto che l'altro sussultò.
"Perché non dovrei?" domandò senza capire.
"Vieni fuori, Jimin!" disse concitato, bussando velocemente.
"Cosa? Perché sei qui, Yoongi?"
La sua calma gli dava i nervi.
"Apri questa cazzo di porta, Jimin!"
"Sta' calmo, idiota."
"Jimin, apri, Dio santo!" gridò innervosito dando un pugno alla porta capace di farla vibrare.
"Non posso aprire! Papà mi ha chiuso dentro." sbottò infastidito. Yoongi lo sentiva così bene, che scommise che si fosse avvicinato.
"Cazzo..." imprecò sospirando irato. E per un momento restarono zitti, come se non ci fosse più tutta questa gran fretta di andarsene. Non sapeva bene cosa fare, perciò si mise a girare in tondo davanti alla sua stanza, massaggiandosi le tempie. Era talmente silenzioso che Jimin credé che se ne fosse andato.
"Sei ancora lì?" chiese a bassa voce, poggiando un orecchio al legno della porta. Non sperava nemmeno lui di essere sentito, ma la risposta arrivò subito.
"Devi uscire di lì, Jimin."
"Ma perché?" chiese di nuovo, senza capire.
"Perché sta andando a fuoco tutto!" gridò esasperato Yoongi, dando una spallata alla porta. Jimin rimase in silenzio, poi mormorò uno spaventato "Cosa?!"
Yoongi prese la rincorsa e si scagliò contro lo stesso punto.
"Sta' attento..." gli sussurrò Jimin, facendosi da parte, mentre l'altro dava un calcio alla porta e gemette per il dolore. Sembrava fatta di piombo, che cazzo...
"Vaffanculo!" imprecò quando, dopo l'ennesima spallata, si ritrovò con un livido in formazione sul braccio, il fiatone e la stessa porta identica a prima. Non si era scalfita nemmeno un po'.
E allora fece qualcosa di estremamente stupido che gli era stato assolutamente proibito, ma in quel momento non vedeva altre vie d'uscita. Ormai la puzza di bruciato gli aveva quasi intossicato le narici, quindi si sarebbe dovuto muovere oppure non sarebbe finita nel migliore dei modi.
E poi quei cazzo di pompieri non si decidevano a farsi vivi...
Perciò, con tutte le parole di Namjoon che gli frullavano per la testa - "Se fai una stronzata, giuro che ti ammazzo io" -, estrasse una pistola dalla cintura dei jeans e la puntò sulla serratura, mirando il tratto giusto con un occhio chiuso.
Ultimamente se la portava spesso dietro, nonostante fosse a conoscenza della sua pericolosità. Aveva iniziato a notare di essere pedinato da poco più di due settimane, da una coppia di uomini che si alternava ogni ventiquattro ore. E sospettava che lo seguissero per via di Jimin, perché, secondo Yoongi, il padre del ragazzo cominciava ad avere delle perplessità sulle continua uscite del figlio, il quale era solito restarsene chiuso in camera, al massimo in compagnia di Taehyung. Non poteva essere un uomo tanto stupido.
Premette il grilletto e il colpo andò a segno con uno scoppio. La serratura volò via e la porta si aprì da sola, come mossa dal vento.
Nascose in fretta l'arma e raccolse il bossolo dal pavimento, atterrato in mezzo alla stanza.
"Cosa...?"  Jimin lo guardava con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta, ma Yoongi schivò la sua domanda. Gli afferrò il polso e lo trascinò dietro di lui, senza una spiegazione.
"Fermati!" gli disse Jimin a bassa voce, mentre in lontananza si iniziava a sentire la sirena dei vigili del fuoco. Strattonò il braccio di Yoongi, tirandolo verso di sé per fermarlo.
"Ho paura, Yoongi." gli sussurrò quando l'altro si bloccò a pochi centimetri da suo viso.
"Ehi... passerà presto. Giuro." gli mostrò il mignolo e lo intrecciò al suo, prima di girarsi di nuovo. Yoongi gli avvolse un braccio attorno ai fianchi e lo strinse al petto, accovacciandosi a terra insieme a lui. Gli poggiò delicatamente una mano sulla bocca e sul naso, per non fargli inalare il fumo che lentamente stava raggiungendo anche il piano superiore. Probabilmente ogni cosa al piano di sotto stava prendendo fuoco, comprese gran parte delle scale che li avrebbe potuti aiutare ad uscire. Jimin si strinse all'altro e ricambiò il favore tenendo la mano sulla parte inferiore del viso di Yoongi, finché le voci di alcuni uomini non s'intrufolarono nella casa e, in poco tempo, si spense l'incendio.
Yoongi lo sentiva tremare tra le braccia. Jimin era ancora confuso per l'accaduto: che diavolo era successo? Come aveva fatto ad aprire la porta? Aveva usato una... pistola? Dove l'aveva presa?
Jimin aveva paura, sia del fuoco appiccatosi, sia di Yoongi. Non sapeva neanche perché, perciò diede la colpa allo spavento.
"Stai bene?" gli chiese quando si tolse la mano di Jimin dal viso. Lui annuì e rimase fermo, sotto la stretta dell'altro, il quale si poggiò con la schiena al muro, lasciandosi scivolare verso terra. Sospirò quando toccò il pavimento e riposò la testa contro la parete, con gli occhi chiusi, mentre Jimin, rannicchiato contro di lui, lo guardava con le lacrime agli occhi, irritati dalla cenere e dalla paura, le quali aleggiavano ancora per il corridoio, ma in quantità minori a pochi minuti prima.
"Jimin!" sentirono urlare la voce di una donna dal piano di sotto. Sembrava disperata e Yoongi ci mise qualche minuto per riconoscerla come la signora Park.
"Jimin, dove sei?" gridò ancora, ma il figlio non rispose. Aveva un blocco in gola che gli impediva di parlare.
"Per favore, di' qualcosa!" era sul punto di scoppiare a piangere, come suggeriva la sua voce strozzata. Yoongi rispose per lui: "È qui!" urlò a pieni polmoni e gli parve di sentire uno squittio di speranza dalla madre.
"Forza, dobbiamo scendere." gli disse il ragazzo alzandosi da terra e prendendo la mano di Jimin, il quale fece per tirarsi su, ma ricadde a terra in ginocchio. Gli tremavano le gambe e allora si abbassò su di lui per prenderlo in braccio.
"Sono troppo pesante..." sussurrò agganciando le bracci dietro al collo di Yoongi, che lo zittì con un veloce bacio sulle labbra.
"Ce la faccio." lo rassicurò deciso, muovendo un passo verso la tromba delle scale. Sicuramente Jimin non era leggero come una piuma, come dimostrato dalla fatica che stava facendo l'altro, ma Yoongi arrivò all'ultimo gradino annerito dalla cenere delle scale. Il corrimano era carbonizzato, ma la maggior parte degli scalini era ancora integra. La signora Park corse verso il figlio e quasi lo strappò dalle braccia di Yoongi, per stringerlo forte a sé.
"Dimmi che stai bene..." gli disse all'orecchio, lasciandogli tanti baci materni sulla guancia.
"Sì, mamma." rispose, prima serio, poi soffocando una risata alla preoccupazione ossessiva della donna. "Ehi, ti ho detto che sto bene." la tranquillizzò allontanandola teneramente per guardarla con un sorriso rincuorante. "Yoongi mi ha salvato."
Lei scostò gli occhi verso di lui e lo fissò riconoscente.
"Ho... ho rotto la porta, però." balbettò guardando a terra e la sentì ridacchiare, per poi avvicinarsi a lui ed abbracciarlo.
"Grazie, Yoongi." gli sussurrò all'orecchio e il ragazzo ne sembrò sorpreso.
"Si figuri, signora." fece un inchino rispettoso quando si staccarono.
La madre di Jimin si guardò intorno spaesata e sospirò a vedere tutte quelle travi carbonizzate, pericolanti e le pareti annerite. Del divano ne rimaneva solo la metà e la tenda non esisteva più.
"Papà ci lincerà appena verrà a saperlo." commentò il figlio, mettendosi dietro a lei. La donna annuì mordendosi assorta il labbro inferiore, poi si voltò velocemente verso Yoongi.
"Hai impegni questa sera?" gli chiese e lui scosse la testa per negare: "No, signora."
"Non... non è che potresti tenere Jimin con te?"
Entrambi i ragazzi spalancarono gli occhi, mentre i vigili del fuoco controllavano lo stato della casa.
"Intendo... per dormire." specificò. "Ma solo se i tuoi genitori non hanno nulla in contrario, altrimenti provvederò io a trovargli una sistemazione."
"No, non si preoccupi. Non avranno nulla da ridire." la rassicurò con un sorriso. La donna si lasciò andare in un sospiro di sollievo: "Temo che non potrò salire a prenderti un cambio pulito per domani, però."
"Gli presterò qualcosa io, non si deve preoccupare." le disse. E forse fu proprio quel sorriso a persuaderla. Yoongi era dannatamente bravo con i sorrisi, se si trattava di ottenere ciò che voleva. E Jimin ne fu felice, perché, di sicuro, si sarebbe prospettata davanti loro una magnifica serata. 




Il mio spazietto: Eeeeehilà ~ 
In qualche modo, non sono pienamente soddisfatta di questo capitolo (T.T), ma dovevo aggiornare e il tempo era poco. Spero comunque che vi sia piaciuto ^^ Fatemi sapere ~ ♥

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Capitolo 7
*** 06. ***


NOTE: Prima di leggere questo capitolo, vorrei ringraziare Bangtan Italian Channel' Subs  per il loro meraviglioso lavoro nel tradurre ogni cosa a noi poveri mortali. Ringrazio le ragazze che lavorano ardentemente anche per le traduzioni delle canzoni, delle quali ho preso quella di "Hold Me Tight", che fa appunto da colonna sonora (?) a questa ff (ecco svelato il mistero della "song-fic" su nelle info). E niente, buona lettura ^-^ 

Capitolo sei.

"Ho una canzone speciale da farti sentire, Yoongi!" gli aveva detto Jimin, trafficando con le cuffiette dell'MP3. Non avevano nemmeno fatto in tempo ad imboccare la strada successiva a quella dove abitava la famiglia Park, che il ragazzo l'aveva preso per mano, quasi impaziente. E Yoongi aveva cercato di fare conversazione, mentre lui tentava di sciogliere con l'aiuto di solo cinque dita i nodi che si erano formati lungo il filo delle cuffiette, ma dopo essere stato ignorato clamorosamente, aveva deciso di rimanere zitto per aspettare l'altro, che gli porse subito un auricolare.
Una dolce melodia suonata al pianoforte aveva cominciato a solleticargli un sorriso accentuato dalla dolcezza di Jimin, il quale si era poggiato al suo petto per farsi abbracciare. E Yoongi l'aveva accontentato.
Tu hai appena colorato sulla mia pagina bianca,
quando ho tentato di riprendere i sensi
era già diventato un disegno completo.
Jimin amava quella canzone, sebbene l'avesse scoperta solo la mattina del giorno precedente. E subito aveva pensato di farla ascoltare anche a Yoongi. Perché, dopotutto, non avrebbe avuto senso non mostrargliela, se poi era lui che gli veniva in mente ogni volta che la sentiva nello shuffle del suo computer, no?
Solo il tuo corpo mi rende capace,
vieni qui e stringimi.
E Yoongi obbedì. Lo strinse a sé. Anche se non amava mostrare il suo amore in pubblico, doveva pur far qualcosa.
Vedo soltanto te, solo te
non vedo nient'altro oltre te.
Il cuore di Yoongi ebbe un sussulto ancora più forte di quello di Jimin. Ma perché quel ragazzino doveva farlo sentire così vulnerabile?
Non riesco a respirare senza di te
Non so niente senza di te
Ti prego, apri il tuo cuore chiuso,
o spegni il fuoco del mio cuore.
Ti prego, tirami verso di te
e stringimi forte così posso sentirti.
[...]
Stringimi forte, abbracciami
Fidati di me, fidati di me
Stringimi forte, abbracciami
Puoi fidarti di me?
La stretta calda di Jimin attorno ai fianchi dell'altro coronò la fine della canzone.
"Yoongi?" bisbigliò alzando lo sguardo su di lui. I due concatenarono i propri sguardi e Jimin si leccò le labbra secche, schiarendosi la voce: "Ti fidi di me?" gli chiese con un sorriso che quasi costrinse Yoongi a rispondere con un sincero "Certamente".
"Anch'io mi fido di te!" trillò felice, riducendo gli occhi a due mezzelune scure. L'altro accennò un sorriso a disagio.
'Non dovresti, idiota.' pensava mentre un sospiro gli usciva spontaneamente dalle labbra.
'Ti rendi conto di quanto si sentirà preso per il culo quando lo verrà a sapere?' la voce di Namjoon s'intrufolò improvvisamente tra i suoi pensieri. 'È un ragazzino di diciassette anni, pensi davvero che sia sincero sui propri sentimenti?'
Jimin lo guardò interrogativo: "C'è qualcosa che non va? Ho detto qualcosa di sbagliato?"
Yoongi scosse la testa con un sorriso: "No, non ti preoccupare. Va tutto bene, stavo solo pensando."
"A cosa?"
"Al fatto che non hai risposto al mio messaggio." buttò lì, con la prima scusa credibile. E comunque non era nemmeno una bugia, perché un po' in pensiero per quello ci era stato.
Questa volta fu il turno di Jimin per sospirare: "Papà me l'ha ritirato."
"Come mai?" chiese piegando di lato la testa.
L'altro fece spallucce: "Perché i miei voti sono peggiorati, ha detto." disse poco convinto.
"Oh." Yoongi parve rifletterci. "Ti serve una mano?"
"Forse. Ma comunque non voglio parlare di questo, ora."
"Okay, va bene. Vuoi andare da qualche parte?"
"Beh..." Jimin ci pensò qualche secondo. "Potremmo fare un giro, se ti va." propose spostando il peso da un piede all'altro.
Yoongi acconsentì e presto si ritrovarono a raggiungere il cuore della città, mentre chiacchieravano a monosillabi. Una cosa che gli piaceva di Jimin era che capiva al volo se Yoongi non aveva voglia di parlare perché c'era qualcosa che non andava oppure per il semplice piacere di assaporare il silenzio. E poi, da quando Jimin si era arrabbiato perché l'altro non voleva abbracciarlo in pubblico, era rimasto sempre a debita distanza accanto a lui, parlandogli dolcemente, ma senza toccarlo non avendo il permesso.
Yoongi gliene era grato, perché poi, ripensandoci meglio, qualcuno sarebbe potuto andare a spifferare tutto ai piani alti, che, nel caso di Jimin sarebbe stato il padre, mentre in quello di Yoongi il capo della polizia.
E Namjoon non aveva smesso di ripeterglielo: "Brutto coglione del cazzo, quando la smetterai di peggiorare la situazione? Giuro, domani prendo e vado a dire tutto al capo."
Ma quel 'domani' di cui tanto parlava non sembrava arrivare mai, quindi ormai aveva smesso di preoccuparsi ogni qualvolta l'altro gli rivolgeva la parola.
"Yoongi...?" lo richiamò sulla terra con un leggero pizzico alla guancia, il quale fece sussultare il ragazzo. "Non mi stavi ascoltando, eh?" chiese, come se ci fosse abituato.
"Non è vero!" tentò di difendersi.
"E allora cos'ho detto?"  domandò con un sospiro sconsolato.
"Beh... mi hai chiesto se ti stavo ascoltando..." rispose titubante, sapendo di essere nella merda. Jimin roteò gli occhi e continuò a guardare dritto davanti a sé: "Non importa, Yoongi."
"Ehi, mi dispiace." gli disse prendendogli il polso. Si maledisse mentalmente: non era la prima volta che non gli prestava attenzione e l'altro se ne accorgeva.
"Ho detto che non importa." ripeté scrollando le spalle. Yoongi si morse il labbro inferiore e si fermò, mentre l'altro fece alcuni passi in avanti, ma si bloccò quando vide che non era più al suo fianco.
"Non vieni?" gli chiese senza voltarsi a guardarlo, intanto che si alzava il cappuccio sulla testa e ficcava le mani nelle tasche della felpa. Sembrava ancora più incazzato di quanto era davvero.
"Mi dispiace davvero, Jimin." ribadì.
"Ti ho detto che non importa. Possiamo chiudere l'argomento ora?" sbottò tra i denti. Un paio di ragazze l'aveva appena sorpassato lanciandogli occhiatacce e un uomo stava per inciampare dietro di lui. Yoongi si avvicinò al ragazzo e gli sfiorò la schiena prima di abbracciarlo da dietro e appoggiare la guancia tra le sue scapole.
"Non lo chiuderemo finché mi perdonerai."
Jimin s'irrigidì sotto quella stretta attorno alla propria vita: "Sei già perdonato, idiota." borbottò sottovoce, ma Yoongi, anche se non riusciva a vederlo in viso, sapeva che stava nascondendo un sorriso, sotto quell'aria da offeso.
"Yah, non copiarmi le battute." protestò mettendo un broncio adorabile e Jimin sbuffò: "Smettila." gli ordinò girandosi verso di lui in modo da poterlo guardare con un paio di occhi glaciali, che però divennero prima sgranati per la sorpresa, poi dolci e felici per il bacio che Yoongi posò sulle sue labbra.
"Perché l'hai fatto?" gli chiese sottovoce.
"Perché voglio che tu mi perdoni."
"Ma ti ho già perdonato, stupido." Jimin rise divertito. "Dillo che non ce la facevi ad aspettare di andare a casa."
"Mi hai scoperto." ammise scherzosamente, con le guance color porpora, mentre si staccava da lui. "Senti, stanotte..." iniziò a dire qualcosa, ma fu interrotto dallo squittio euforico di Jimin.
"La senti anche tu?" gli chiese quest'ultimo, afferrando d'istinto la mano di Yoongi.
"Cosa?" chiese confuso, mentre lo trascinava in una corsa svelta verso un negozio sulla strada.
"La musica!" esclamò saltellando come un bimbo. "È la nostra canzone, Yoongi!"
"La nostra canzone?" alzò lo sguardo verso l'altoparlante davanti alla vetrina del fiorista davanti a loro.
Come sempre, una luce emana da te,
come sempre, sei come un fiore profumato.
Ti prego credimi ora,
ti prego stringimi ancora
così posso sentirti.
Ti prego, dammi un abbraccio.
"La nostra canzone, sì..." mormorò, poi sorrise guardandolo negli occhi. Jimin si tuffò in un batter di ciglia tra le braccia dell'altro, sorprendendolo, ma subito Yoongi ricambiò timidamente la stretta. Il fatto che Yoongi non l'avesse rifiutato lo sorprese, infatti avrebbe scommesso qualsiasi cosa che lui non avrebbe restituito l'abbraccio. E invece erano lì, stretti l'uno all'altro, con le teste reciprocamente appoggiate sulla spalla. Jimin sorrise e, con le mani sui fianchi di Yoongi, si mise a dondolare dolcemente al ritmo lento della canzone.
"Ehi, che fai?" chiese ridacchiando.
"Voglio ballare con te."
"Ma la canzone è finita..." gli sussurrò Yoongi.
"Non importa, restiamo così ancora un po'."
E cosi rimasero, per qualche minuti carico di sospiri spensierati e parole zuccherine. Sembrava che attorno a loro la gente fosse divenuta invisibile, inesistente, ma quella sensazione durò poco, poiché Jimin sussultò e si staccò bruscamente dal ragazzo.
"Che c'è?" gli chiese Yoongi con le sopracciglia aggrottate, mentre l'altro lo prendeva per mano e lo trascinava via dalla gente.
"Ci ha visti, cazzo." sibilò tra i denti, andando a sbattere erroneamente contro un uomo e scusandosi in modo repentino.
"Chi?" domandò allarmato.
"Un amico di mio padre!" esclamò intrufolandosi di corsa in una viuzza laterale. "Glielo dirà, Yoongi..."
"Magari no..." ipotizzò incerto.
"Certo che lo farà! Dio santo, siamo nella merda..."
"Ehi, non ti accadrà nulla..." tentò di rassicurarlo, ma fallì miseramente.
"Avanti, lo sai anche tu come la pensa. Mi odia e se scopre che sono innamorato di te..." si morse il labbro inferiore rassegnato. "Dio solo sa cosa mi farà."
"Tuo padre non ti odia."
"Fatto sta che starebbe alla grande anche senza di me. Non affermare il contrario."
Yoongi roteò gli occhi, mentre Jimin si sporgeva sul parapetto della terrazza vuota dove erano capitati. Al di sotto, una marea di gente sciamava lungo il corso principale.
"E poi non ha più nemmeno un filo di autostima nei miei confronti." continuò, poggiandosi con le braccia alla ringhiera.
"Perché non dovrebbe averne?" Yoongi si avvicinò a lui e ci si fermò accanto.
"Ha già scoperto che sono gay e non gli fa piacere."
Rimasero entrambi in silenzio, l'uno affianco all'altro, mentre fissavano pensierosi le persone al di sotto.
"È per questo che ti ha chiuso in camera?" chiese Yoongi, dopo aver ricollegato tutti i pezzi di quel puzzle. Jimin annuì ed abbassò la testa: aveva una paura del diavolo, sia di suo padre, sia di Yoongi. Non voleva che lui lo lasciasse e, viceversa, non voleva mollarlo.
"Come ha fatto a scoprirlo?"
"Non lo so. Penso che gliel'abbia detto mamma oppure qualche professore." fece una pausa carica di sospiri. "O ci è arrivato da solo. Voglio dire, mio padre non è stupido, se ha un'azienda così proficua è anche per via della sua intelligenza e furbizia. Non ci vuole un genio a capire che ho improvvisamente trovato qualcuno con cui passare il mio tempo. E poi, visto che c'è costantemente qualcuno che ci segue, non ci avrà messo troppo a fare due più due."
Quindi aveva notato anche lui che c'erano alcune persone che li pedinavano...
"Secondo te perché voglio andare a casa tua quando usciamo? Quello è l'unico posto dove siamo al sicuro da occhi indiscreti."
"Non ci avevo mai pensato..." sussurrò corrugando la fronte.
"Possiamo andare a casa tua, adesso?" gli chiese, voltandosi verso di lui.
"Ma..." Yoongi venne interrotto dal dito di Jimin sulle labbra.
"Per favore. Non voglio tornare dai miei genitori, questa sera." lo pregò guardandolo sconsolato. "Andiamo a casa tua."
Quel ragazzino aveva una capacità innata di persuadere le persone solo con la forza del pensiero. Faceva addirittura concorrenza al sorriso di Yoongi, il quale non poté fare a meno di accontentarlo.
Perciò l'aveva guidato a casa, nonostante Jimin conoscesse a memoria la strada per via di tutte quelle volte che ci era passato davanti. E così si erano trovati nell'ascensore con gli specchi e poi dritti nell'anticamera di casa, con le labbra incollate e le mani l'uno sotto la maglietta dell'altro.
"Ehi, aspetta..." Yoongi lo bloccò, quando le dita di Jimin raggiunsero la cintura dei jeans dell'altro.
"Che c'è?" piagnucolò impaziente.
"Sei sicuro che...?" venne zittito dalle labbra dell'altro.
"Certo che sono sicuro. Voglio fare l'amore con te, Yoongi."
Quelle parole lo pietrificarono: doveva farlo? Era una cosa giusta? Jimin lo voleva davvero o lo faceva per compiacerlo?
"Ne sei sicuro?" chiese di nuovo, staccandolo dal proprio petto di qualche centimetro.
"Ti ho detto di sì, idiota." ripeté sbuffando. "Tu non vuoi?"
"Sì, certo, però..." guardò altrove con un sospiro. "Non voglio che tu te ne penta..."
Jimin sorriso, roteando bonariamente gli occhi: "Non me ne pentirò, Yoongi."
Ci fu una pausa dove gli diede un bacio sulla guancia: "Possiamo continuare, ora?"
Yoongi annuì e tornò a guardarlo negli occhi, con le mani posate sui fianchi dell'altro. Si avvicinò alle sue labbra e, baciandolo, lo fece indietreggiare verso la porta della camera da letto. Scorrendo le dita delicatamente sotto la sua maglietta per sfilargliela, lasciò una scia di baci sulla sua mandibola, scendendo lentamente verso il suo collo.
"Sei bellissimo..." gli sussurrò Jimin, mentre Yoongi gli lasciava un succhiotto sul collo. Jimin non si era mai sentito tanto vulnerabile, ma allo stesso tempo amato e protetto. Ed era in leggero imbarazzo ad essere toccato da quelle mani perfette, ma non voleva perdere l'occasione di poterlo fare per la prima volta con lui. Non dopo che il padre aveva scoperto i suoi interessi...
Jimin poté giurare di riuscire a sfiorare il settimo cielo, quando Yoongi lo fece sdraiare sul letto, intanto che il suo cuore bussava forte al petto del ragazzo sopra di lui.
Tutta la sicurezza che Jimin mostrava fino a pochi minuti prima sparì dal momento in cui si ritrovarono entrambi nudi, con le gambe intrecciate, le lingue che si sfioravano e si cercavano, le mani che, assetate d'amore, accarezzavano ogni cosa lungo la loro strada, gli occhi chiusi per l'emozione e l'imbarazzo.
Jimin si coprì il viso con le braccia quando Yoongi si posizionò davanti a lui e rise per il suo comportamento timido.
"Lasciati guardare, sei stupendo." gli intimò con un sorriso dolce e l'altro si tirò su leggermente per coprirlo con le coperte del letto costantemente sfatto, sfiorando le sue labbra. Quella era una delle cose più smielate che gli avesse mai detto.
Dopo che si fu riabbassato, Yoongi lo baciò sulle labbra ed entrò lentamente in lui, con un gemito impregnato di dolore e piacere da parte di Jimin. Yoongi sorrise: al diavolo Namjoon con le sue parole noiose. L'unica cosa che davvero gli importava era proteggere quel ragazzo, il resto poteva andare a farsi fottere.
Fare l'amore con lui fu qualcosa di indescrivibilmente dolce e prezioso, tanto quanto Jimin, un diamante da dover essere difeso con amore e pazienza.
Quest'ultimo non ci mise troppo tempo a venire, lasciandosi scappare un gemito dalle labbra carnose contro quelle rosee dell'altro ragazzo. Vedendo le sue guanciotte rosse, Yoongi rise debolmente tra gli ansiti e, dopo aver raggiunto l'apice del piacere a sua volta, si buttò accanto a lui sul letto.
"Stai bene?" gli chiese Yoongi accarezzandogli la fronte sudata. Aveva una paura dannata di avergli provocato dolore e il fatto che lui non rispondesse peggiorava la sua preoccupazione.
"È tutto okay?" domandò di nuovo, tirandosi su leggermente con l'aiuto del gomito, in modo da poterlo guardare in viso. Jimin aveva ancora gli occhi chiusi e la bocca semiaperta, impegnata a respirare affannosamente. Dopo qualche secondo di contemplazione, l'altro aprì le palpebre e sussultarono entrambi quando si ritrovarono a fissarsi.
"S-sì... sto bene." balbettò in risposta, mentre un rosso scarlatto divampava per le sue guance. Yoongi sorrise e tornò a stendersi sul materasso, cercando la sua mano sotto le coperte. Quando intrecciò le dita con le sue, Jimin girò il viso per guardarlo e, timidamente, gli chiese: "Posso abbracciarti?"
Yoongi fece una smorfia - perché diavolo non c'era arrivato prima lui? - e si avvicinò a lui, cosicché l'altro potesse poggiarsi al suo petto.
"È... è stato strano..." sussurrò affondando il volto tra la sua pelle nuda. "In senso positivo." specificò mugugnando. "Però è anche stato bello." continuò, lasciando un piccolo bacio sul costato del ragazzo.
"Sicuro di stare bene?"
Jimin roteò gli occhi: "Me l'hai chiesto già tre volte e, per la terza volta consecutiva, ti risponderò di sì."
Yoongi lo guardò scuotendo la testa con un sorriso: sembrava un piccolo cucciolo che giocava teneramente tra le foglie d'autunno, con un paio di occhioni dolci e felici che lo scrutavano curioso.
"Dovresti dormire, è tardi." gli disse, dopo aver dato un'occhiata alla sveglia sul comodino.
"Non sei mia madre, vaffanculo." protestò seppellendo la testa sotto le coperte.
"Yah, modera i toni!" lo riprese pizzicandogli un orecchio. "Qui, fino a prova contraria, comando io, perché tua madre mi ha chiesto di badare a te."
"Mi fai male, Yoongi!" piagnucolò Jimin, approfittando della situazione per avvicinarsi al suo viso e fermarsi a pochi centimetri dalle sue labbra. L'altro gli lasciò il lobo e ridacchiò a quella posizione.
"Restiamo svegli ancora un po', dai." gli sussurrò sensualmente l'altro, cominciando a scorrere la mano lungo il petto di Yoongi, scendendo sempre più giù.
Il ragazzo rise ancora più forte e Jimin corrugò la fronte, restando a cavalcioni su di lui: "È tanto divertente?" chiese piegando la testa di lato.
"Quel giochetto non funziona con me." gli disse, tirandosi su a sedere a sua volta e facendo scivolare Jimin sulle sue cosce.
"Devi andare a dormire, domani hai scuola."
"Anche tu hai scuola!" protestò sbuffando.
"Dormiremo insieme, allora."
Jimin si tuffò di nuovo sul materasso, accanto al ragazzo.
"Guarda un po' tu, ho appena fatto l'amore con il mio fidanzato e devo pure andare a letto alle undici di sera perché il giorno dopo c'è scuola." si lamentò rannicchiandosi contro di lui.
Yoongi sorrise a quelle parole: "Ti voglio bene anch'io, eh." gli disse ironico.
"Io ti amo, invece." ribatté Jimin, con la guancia sul suo petto. Yoongi percepiva il suo respiro caldo sulla pelle e il profumo dei suoi capelli morbidi gli inebriava le narici. "Se non ti amassi, non avrei mai fatto una cosa così importante con te."
Yoongi avrebbe tanto voluto rispondergli che lo amava anche lui, ma qualcosa lo bloccava. Eppure gliel'aveva già detto, perché diavolo era così complicato ripeterglielo un'altra volta?
Ma, alla fine di quei complessi, Jimin ormai si era addormentato, cullato dal battito cadenzato di Yoongi. 


Il mio spazietto: Fiiiinalmente, sono arrivata con questo aggiornamento e.e Ci stavo pensando su e avevo deciso per domani, ma alla fine la mia impazienza ha avuto la meglio e ora siamo qui. Spero che vi sia piaciuto questo capitolo, come sempre fatemi sapere cosa ne pensate ^^ Alla prossima ~ ♥ 


 

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Capitolo 8
*** 07. ***


Capitolo sette.

"Non ce la farò mai." annunciò Jimin, mettendo un broncio arrabbiato e incrociando le braccia al petto. Yoongi sospirò e seppellì la testa tra le mani, soffocando un urlo di esasperazione.
"Non capisco cosa ci trovi di difficile." disse, alzando il viso e guardandolo con occhi stanchi.
"Non è colpa mia se sono stupido." si difese l'altro sconsolato.
"Non sei stupido, semplicemente non ti applichi."
"Ossia sono stupido. Non negarlo, dai."
Yoongi roteò gli occhi: studiare con quel ragazzino era più complicato di quanto avesse pensato.
"Devi dirmi che problemi hai con economia, Jimin. Perché non la capisci?"
"È noiosa. E poi sono stanco, ci sono state delle lezioni pallose oggi. Per favore, lasciami andare a casa." lo pregò piagnucolando.
"No." rispose fermo. "Nella vita avrai miliardi di cose noiose da fare, ma sarai obbligato a svolgerle. Una fottutissima definizione di statistica non può bloccarti in modo tanto drastico."
Jimin sbuffò: "Lo studio a casa, giuro."
Yoongi alzò le pupille al cielo e si alzò sospirando rassegnato, per poi dirigersi dietro all'altro ragazzo.
"Che stai facendo?" gli chiese sottovoce, senza capire. Yoongi gli poggiò le mani sulle spalle e si chinò su di lui.
"Non sai cosa darei per uscire da questa biblioteca del cazzo..." gli sussurrò all'orecchio, mentre Jimin rabbrividiva. "... ma mi sono ripromesso di farti prendere un voto decente agli esami." si sporse ancora di più, aderendo con il petto alla schiena dell'altro. "Quindi, per favore, possiamo studiare seriamente adesso? Non voglio che i tuoi ti chiudano in casa di nuovo." mise il broncio e gli cinse le spalle con le braccia.
"Ma sono già le cinque e mezza del pomeriggio..." protestò debolmente, diventando rosso fuoco tutto ad un tratto, per via di quella piccola manifestazione d'amore.
"Dai, Jimin, non fare il difficile..." bisbigliò, lasciandogli lentamente un bacio sulla mandibola e scorrendo le dita tra i bottoni della sua camicia.
"Yoongi..." il ragazzo boccheggiò sotto le mani dell'altro, mentre percepiva le sue labbra farsi strada verso la clavicola appena scoperta.
"Che c'è?" gli chiese ridacchiando malizioso, intanto che tastava delicatamente il cavallo dei pantaloni di Jimin, stuzzicandolo.
"Smettila..." sussurrò tra i denti. Ormai il ragazzo seduto aveva un'erezione tanto evidente da rigonfiargli i jeans.
"Di fare cosa?" domandò innocentemente.
"Di toccarmi con le mani." rispose esasperato, senza riuscire a reprimere un ansito.
"Preferisci che usi la lingua?"
Jimin gemette, in un misto tra piacere e frustrazione: "Ti odio, Min Yoongi." fremette guardandolo male, ma subito si ritrovò le sue labbra sulle proprie, assetate di un bacio appassionato.
"Non sei credibile." gli disse l'altro, il quale, in una mossa, lo alzò, lo fece girare e lo mise a sedere sul tavolo, senza mai staccare né le mani né le labbra da lui. Spazzò via tutti i libri, praticamente sdraiandosi sul banco. Jimin si lasciò scappare un lamento strascicato, arrendendosi all'effetto che gli sortiva Yoongi.
L'atmosfera della biblioteca della scuola era già calda di suo, con l'aggiunta di quell'avvenimento diventò addirittura rovente, tanto da far sentire loro la pelle bruciare. Per quel motivo, Jimin cominciò a ricambiare quel tocco, sfiorandogli la cravatta e strappandogliela di dosso, mentre ancorava le gambe attorno ai suoi fianchi.
"Non dovevamo studiare...?" sussurrò Jimin, senza voler smettere per davvero. Boccheggiò contro le sue labbra, quando Yoongi gli slacciò la cintura dei pantaloni, toccando forse inavvertitamente l'erezione dell'altro.
"Sta' zitto." gli ordinò tra i denti. Jimin non poté fare a meno di obbedire: era così dannatamente sexy quando si comportava da autoritario.
E probabilmente sarebbero arrivati fino in fondo, se non fosse stato per il cellulare di Jimin che, con uno sguardo d'odio di Yoongi, si era messo a squillare tanto insistentemente da non poter essere ignorato.
"La prossima volta scegliti una suoneria più anonima." gli intimò, alzandosi da lui e riabbottonandosi infastidito la camicia, mentre un calore invadente gli ricordava che stava succedendo qualcosa nella zona del suo bassoventre.
Jimin gli lanciò un'occhiata rammaricata, prima di rispondere: "Ciao, mamma."
Yoongi si sedette pesantemente sulla sedia, cominciando a rimettere apposto i libri nello zaino.
"Sì, lo so che è tardi, ma sono con..." si guardò attorno furtivamente ed abbassò il tono della voce. "... sono con Yoongi."
Il ragazzo fece una smorfia: 'Sapesse cosa ci fa suo figlio con me' pensò tra sé e sé.
"Stavamo studiando, sì."
Certo, studiare...
"Va bene. A tra poco, mamma." Jimin terminò la chiamata e a sua volta si sistemò la divisa. "Devo andare a casa, Yoongi."
"Ho sentito."
"Ci vediamo domani, allora." si chinò su di lui per dargli un bacio sulle labbra.
"Domani?" Yoongi aggrottò le sopracciglia. "Non mi chiami per la buonanotte stasera?"
"No, mamma ha detto che devo andare a letto prima. E poi spendo troppo credito con le chiamate, mi trattieni per ore e ore finché non mi addormento... Il conto del telefono parla."
Yoongi roteò gli occhi: "Ti chiamo io, allora. Su quello fisso, così non sprechi batteria."
"C'è mio padre a casa, oggi. Potrebbe rispondere lui." diede un bacio sulla fronte al ragazzo. "Non chiamiamoci e basta, per favore."
"Va bene..." sospirò uscendo dalla biblioteca insieme all'altro. "Ma non posso accompagnarti e poi lasciarti un po' prima di casa tua?"
"Sei così testardo." Jimin rise dolcemente. "No, Yoongi. Ci vediamo domani." insistette. Gli strinse la mano prima di lasciarlo solo sulle scale antistanti all'entrata della scuola. Yoongi aggrottò le sopracciglia: non era da lui non accettare un invito del genere. Fu per quello che, a distanza di una decina di passi, si mise a seguirlo, senza neanche fare troppa intenzione a non essere scovato, visto che la musica delle cuffiette di Jimin era talmente alta da essere sentita persino in Giappone. E ne fu grato, perché il suo cellulare emise un trillo a massimo volume, segnalando l'arrivo di un messaggio.
 
Da: Jiminnie <3
Sono a casa <3
 
Yoongi aggrottò le sopracciglia ed alzò la testa: Jimin aveva appena svoltato l'angolo, ma in quel modo si allontanava dalla via nella quale abitava.
'Che cazzo...'
Allungò il passo ed entrambi si ritrovarono in un piccolo vicolo cieco. Yoongi si nascose dietro ad un cassonetto, mentre Jimin si avvicinava ad un ragazzo con il cappuccio della felpa tirato su e le mani in tasca. Si appiattì contro il metallo ed aguzzò l'udito, sbirciando le loro azioni, con lo zaino carico di libri in spalla.
"Li hai?" chiese il ragazzo misterioso a Jimin, il quale annuì e tirò fuori qualcosa dalla tasca anteriore della cartella. L'altro si mise a contare dei soldi con un ghigno sulla faccia, poi li passò a qualcun'altro, nascosto dall'altra parte del cassonetto.
Yoongi trattenne il respiro quando sentì una mano attorno alla bretella dello zaino.
"Ti sei portato gli amichetti, eh, stronzo?" sibilò una voce profonda, alzando il ragazzo da terra con una mano sola. Jimin s'irrigidì e si voltò lentamente, con il terrore negli occhi. Il ragazzo, prima nascosto dietro al cassonetto, si alzò e subito lanciò un pugno sul naso a Jimin, avvantaggiandosi del suo sconcerto per spingerlo a terra e scappare con i soldi. Yoongi sussultò, strattonò quello davanti a sé per liberarsi e gli depositò un cazzotto sulla mandibola, per poi correre verso l'altro, dopo che gli lasciò il colletto.
"Lascialo andare!" gli gridò prendendo il ragazzo con il cappuccio per le spalle e sbattendolo al muro con violenza. Quello con la voce profonda si avvicinò a Jimin e gli sferrò un calcio nelle costole, facendolo piegare in due dal dolore. Yoongi strinse le mani attorno al collo di quello davanti a sé, ma si sentì tirare indietro da un paio di braccia forti, le quali lo sbatterono con la schiena al muro. Si beccò un pugno sul labbro e una ginocchiata nello stomaco prima di cadere a terra ricoperto di calci nella spina dorsale e nella pancia. Li sentì sogghignare e dopo si volatilizzarono senza lasciar traccia.
L'aria era carica di tensione e silenzio, interrotto solo dai piccoli singhiozzi di Jimin.
"Perché mi hai seguito?" gli chiese con le lacrime a bagnargli la scia di sangue che aveva sotto il naso. Yoongi non rispose propriamente, si limitò a lanciare lamenti sottomessi. E allora Jimin si avvicinò strisciando sulle ginocchia, tirando su col naso. Si chinò su di lui, facendogli appoggiare la testa sulle proprie cosce.
"Sei un idiota..." biascicò Yoongi, aprendo appena le labbra.
"Sei tu che mi hai seguito."
"E tu mi hai mentito." faceva una fatica incredibile a muovere la bocca. "Perché, Jimin? Che stavi facendo con quelli?"
"Nulla, Yoongi." rispose con voce tremante. "Erano solo conti in sospeso."
"Gli hai dato un sacco di soldi! Che tipo di conti in sospeso erano?!" si mise a sedere, tenendosi la pancia con una smorfia di dolore.
"Resta sdraiato... peggiorerai le cose così." Jimin gli mise le mani sulle spalle, nel tentativo di distrarlo.
"Rispondimi!" sbatté via le sue braccia. "Cos'é, droga? Alcol?"
"No..." sussurrò con gli occhi velati di lacrime. Vederlo così preoccupato, ma non potergli dire nulla era così frustrante e doloroso. "Io..." Jimin sospirò. "Me l'ha detto Seokjin."
Yoongi sembrava confuso: "Seokjin...?"
L'altro annuì: "Mi ha chiesto di dare i soldi a quei tre, ma non ne conosco la ragione."
"Perché cazzo hai accettato?!" sembrava incredulo.
"Mi ammazza di botte se non faccio ciò che dice, Yoongi. Non dirlo a nessuno, per favore."
"E i tuoi genitori? Cosa racconterai a loro?"
"Gli dirò che sono caduto o qualcosa del genere."
"Ma..." Yoongi tentò di ribattere, ma si ritrovò il dito di Jimin sulle labbra per zittirlo.
"Non preoccuparti per me. Va' a casa."
"Ci devi andare anche tu, però." si accertò il ragazzo, prendendo un fazzoletto dalla tasca e passandolo a lui.
"Sì, lo farò." si tirò su da terra con uno scatto, insieme a Yoongi. Jimin barcollò appena si ritrovò in piedi.
"Ti accompagnerò, Jimin." enunciò categorico. "Non voglio che tu svenga in mezzo alla strada."
L'altro ridacchiò per smorzare la tensione e si passò il fazzoletto di stoffa sotto il naso, sporcandolo di sangue.
"E cosa dirai ai miei genitori?"
"Che sono caduto o qualcosa del genere." lo imitò con un sopracciglio alzato, facendolo ridere leggermente, ma poi tornò serio. "Diremo loro la verità."
Jimin fece una smorfia, ma non obiettò, e si lasciò portare a casa, mano nella mano con Yoongi. E la lasciò solo davanti all'abitazione, quando venne la madre ad aprire la porta, sussultando per i visi sporchi di lividi dei due giovani. La famiglia Park si era trasferita per un corto lasso di tempo in un quartiere vicino a quello precedente, intanto che i muratori ristrutturavano la casa andata a fuoco. Era graziosa, ma non grande quando l'altra. Era accogliente, comunque.
Le spiegarono tutto l'accaduto, da cima a fondo, senza tralasciare nessun particolare della versione di Yoongi. E la donna aveva preparato del tè ai due, passando anche del ghiaccio per i lividi.
Il padre di Jimin entrava ed usciva ogni tanto e si era presentato formalmente con una stretta di mano. Lavorava lì da mesi, eppure non l'aveva mai incontrato veramente. Il figlio si era irrigidito quando Yoongi gli aveva rivolto il suo sorriso speciale, poiché aveva paura che il padre l'avrebbe liquidato sgarbatamente, e invece aveva sorriso cortese a sua volta.
Dio, Yoongi faceva miracoli...
"Quindi sei tu l'amico di mio figlio?" gli chiese l'uomo, squadrandolo da capo a piedi e ghignando in approvazione quando notò il Rolex che il ragazzo aveva al polso.
"Sì, signore."
"E sei anche il babysitter di Haneul?"
"Sì. È un piacere conoscere l'uomo di casa, finalmente." fece un inchino rispettoso e il padre ne fu sorpreso e allo stesso tempo appagato. Dopo quello se ne uscì e Yoongi ghignò tra sé e sé: aveva fatto colpo.
 
~~~
 
"Sei un coglione." annunciò Namjoon quando arrivò al tavolo della mensa dove Jimin, Taehyung e Yoongi chiacchieravano allegramente tra un boccone e l'altro. Tutti e tre si girarono confusi verso il ragazzo, il quale però fulminava con lo sguardo solo il terzo della lista, quindi capirono entrambi che l'insulto era rivolto a lui.
"Che succede?" chiese Jimin al posto suo, ricevendo un'occhiataccia da Namjoon.
"Tu dovresti solo stare zitto, perché sei anche tu un rincoglionito."
"Yah, abbassa i toni, idiota. Non ti ha fatto nulla e io nemmeno, non c'è motivo di chiamarci così." intervenne saggiamente Yoongi, mentre l'altro ghignava da far paura.
"Non c'è motivo, dici? Non c'è motivo?!" ringhiò tra i denti.
"Ehi, siediti..." Taehyung gli prese la mano, tirandolo gentilmente a sé. "Hai bisogni di calmarti."
Namjoon sospirò e andò a sedersi pesantemente accanto al fidanzato, davanti a Yoongi, e si massaggiò le tempie prima di dire: "Sei un coglione lo stesso. Anzi no, lo siete entrambi, ma tu" indicò il ragazzo davanti a sé. "lo sei di più."
"Si può sapere che ho fatto?" chiese roteando gli occhi.
"Prova a chiederlo a qualunque altra persona in questa scuola." Namjoon poggiò la schiena alla sedia, incrociando le braccia. Yoongi lo guardò confuso, poi si girò e diede un colpetto al ragazzo seduto al tavolo dietro di loro.
"Ehi." lo salutò Yoongi, ricevendo una risata derisoria dalla tavolata intera.
"Non sei credibile." gli disse un altro, guardandolo canzonatorio. "La prossima volta dovreste scegliere una suoneria più anonima."
Jimin sbiancò, mentre l'altro tornò a guardare davanti a sé senza battere ciglio, incontrando lo sguardo strafottente di Namjoon.
"Hai capito ora?" gli chiese quest'ultimo.
"Ma come fanno a...?" domandò tra sé e sé, mentre il ragazzo tirava fuori il cellulare dalla tasca, piazzandolo sul tavolo e facendo partire un video.
Jimin strinse d'istinto la mano dell'altro, quando  nei fotogrammi di quel filmato arrivò la scena dove Yoongi lo metteva a sedere sul tavolo della biblioteca. Era ripreso da uno scaffale, dato che in un angolo di vedeva la sagoma sfocata di un libro verde.
Taehyung cominciò a tossire a quella parte, quasi strozzandosi con l'acqua che aveva appena bevuto. Era tanto scioccato che si calmò il minuto dopo.
Namjoon si alzò dalla sedia appena prima di un gemito da parte del video e strappò Yoongi dalla stretta di Jimin, portandolo fuori dalla mensa tra le risatine altrui. Lo spinse contro il muro, scaricando tutto la sua rabbia contro di lui.
"Perché cazzo mi hai mentito?!" urlò digrignando i denti.
"Posso... posso spiegare..." tentò di calmarlo con le mani sulle spalle.
"Cosa vorresti spiegarmi?! Che ti scopi un ragazzino di diciassette anni?!"
"Non vedo il problema... Anche tu lo fai con Taehyung!"
"Ma lui non è nella lista degli indagati!" gridò di nuovo e la sua voce rimbombò lungo il corridoio vuoto. "Scommetto che da quando l'hai incontrato, non hai speso neanche un minuto a pensare a suo padre, vero?"
Yoongi non rispose e guardò il pavimento.
"Devi lasciarlo." gli ordinò Namjoon camminando nervosamente in cerchio.
"Mai."
"Lo farò io ,allora."
Yoongi corrugò la fronte: "E come?"
"Gli dirò tutta la verità." rispose.
"E io spiffererò tutto a Taehyung!" ribatté.
"Guarda che io, rispetto a te, ho due dita di testa e gli ho già parlato di tutto. Non voglio mentirgli."
Il ragazzo sbatté le palpebre preso alla sprovvista: "E se andrà a raccontarlo in giro?"
"Non lo farà. O sta zitto o muore, lo sa già."
Yoongi sospirò e si guardò le punte delle scarpe, senza sapere che fare.
"Devi lasciarlo." ripeté Namjoon, questa volta più pacatamente.
"Non voglio farlo..." sussurrò triste.
"Lo so, lo so... ma per lo meno digli la verità, Yoongi. È la cosa giusta da fare."
"Se lo dici tu..."
Namjoon lo guardò rammaricato e gli strinse la spalla in segno di conforto. Restarono così per un po', nel corridoio silenzioso, fino al suono della campanella, il quale segnò l'inizio della guerra.
Gli studenti cominciarono a riempire l'atrio, in attesa che le lezioni iniziassero ancora.
Il gruppo di Seokjin accerchiò i due e buttarono all'interno dello spazio creatosi anche Jimin, il quale andò a scontrarsi contro il petto di Yoongi. Gli altri ulularono maliziosi e gli occhi del ragazzino iniziarono a velarsi di lacrime. Era da tanto che episodi del genere non si presentavano più, non era preparato.
"Vi siete divertiti l'altro ieri, eh?" chiese Seokjin con un ghigno.
"Sì, perché? Sei invidioso?" domandò di rimando Yoongi, arrivando a pochi centimetri dal viso dell'altro.
"Perché dovrei?"
"Abbiamo scopato più noi in due giorni che tu in tutta la vita."
Seokjin lo fulminò con lo sguardo, prima di buttarlo a terra con una spinta. In uno scatto si chinò su di lui, stringendo nel pugno il colletto della sua camicia con fare minaccioso.
"Prova a ripeterlo, brutto bastardo." gli ringhiò contro. Jimin se ne stava immobile, spaventato, accanto a Namjoon, il quale guardava la scena senza muovere un muscolo. La folla intorno a loro sussultò e si aprì un varco, per fare spazio ad una figura importante: il preside.
"Kim Seokjin!" tuonò infuriato e tutti si zittirono. Il ragazzo richiamato si alzò sbiancato e si voltò verso l'uomo, mentre Yoongi rimase a terra, deglutendo.
"Voi due, nel mio ufficio." comandò, con la mandibola stretta. "Anche tu, Park."
Tutti e tre si avviarono nella direzione detta e Jimin strinse furtivamente la mano di Yoongi. Gli altri studenti ripresero il loro chiacchiericcio, tra il terrore creatosi negli altri tre ragazzi.
"Signore, io..." Seokjin cercò di difendersi senza che nessuno gli avesse detto qualcosa.
"Silenzio. Non voglio le tue scuse." lo zittì il preside, aprendo la porta del suo ufficio. "Restate fuori." disse a Seokjin e a Jimin. "Cercate di non ammazzarvi."
Yoongi entrò mordicchiandosi il labbro inferiore, senza riuscire a sedersi sulla poltrona davanti alla scrivania di legno scuro. Era talmente nervoso...
Il preside lo scrutò: "Si può sapere cos'è questa storia?" chiese arrabbiato, con i pugni chiusi.
Yoongi sussultò: "Posso... posso spiegarle..."
"Beh, anch'io posso spiegarle, sa?" disse in un sarcasmo pungente. "Posso spiegarle che lei si deve considerare licenziato!"
Il ragazzo sgranò gli occhi: "Non può farlo!"
"E invece l'ho già fatto!" ribatté furente. "Ho chiamato la segreteria del centro di polizia e ho raccontato tutto."
"Ma non sa neanche la storia completa..." sussurrò.
"Ritenevo fosse meglio chiedere ad un punto di vista più oggettivo."
"Punto di vista più oggettivo...?" Yoongi ci rifletté un attimo. "Namjoon...?"
Il preside annuì e si avvicinò ad un cassetto della cattedra, estraendone un plico di fogli.
"Arrivederci, Min." gli disse porgendogli il curriculum. Sospirando, il ragazzo si avviò verso la porta, ma si voltò prima di aprirla: "Per favore, signore, non dia nessun tipo di punizione a Jimin. È innocente."
"Non è compito suo occuparsi delle punizioni."
"Sono le mie ultime volontà..."
"Questo non è un testamento, Min. Se ne vada, ci penserò io a Park Jimin." fece una smorfia e Yoongi uscì con un inchino, sospirando. Nascose velocemente il plico di fogli nello zaino che aveva in spalla e si fermò a vedere i due all'esterno: erano seduti ai due angoli opposto della sala d'attesa, entrambi con le teste chine. Jimin fu il primo ad alzare lo sguardo: "Cos'ha detto?" chiese, mettendosi in piedi repentinamente. Yoongi scrollò le spalle: "Sono stato sospeso."
Jimin spalancò gli occhi: "Cosa?!"
"A te non farà nulla, però." disse rassicurante. Nonostante il preside non l'avesse espresso chiaramente, lui sapeva che non l'avrebbe sospeso, perché era un uomo intelligente e calmo.
"Ma non è giusto, ho fatto anch'io quella cosa..." sussurrò con un faccino da cane indifeso, ma fu interrotto dal bacio sulla fronte da parte di Yoongi. Seokjin fece una smorfia.
"Promettimi che il tuo senso di giustizia non uscirà proprio ora. Non voglio che perdi l'anno."
"Ma..."
"Promettilo!"
Jimin sospirò: "E va bene, prometto. Ma lo perderai anche tu l'anno, così. Non saremo più un classe insieme..."
Yoongi gli passò una mano tra i capelli, scompigliandoglieli: "Non ti preoccupare per me, troverò un modo per non essere bocciato." gli sorrise rincuorante  e riuscì a contagiare anche Jimin. Solo per un attimo, però.
"Cazzo, Yoongi..." sembrò come colpito da un grande macigno in testa. "Come facciamo se chiamano i miei genitori?" chiese con terrore. L'altro restò in silenzio a riflettere: "Tuo padre lavora sempre, no?"
"Sì..." rispose senza capire.
"Quindi è più probabile che chiamino tua madre, no?"
"Sì..."
"E allora non c'è problema, no?"
"Smettila di aggiungere 'no?' alla fine di ogni frase!" sbottò Jimin, facendo ridere l'altro. "E comunque solo perché mia madre è okay con il nostro rapporto, non significa che non s'incazzerà. Ho pur sempre quasi scopato in una biblioteca!"
Yoongi roteò gli occhi: "Ciò che intendo dire è che sarà meno arrabbiata di quanto lo possa diventare tuo padre."
"Sì, su questo hai ragione. Almeno spero." sospirò e iniziò a mordersi l'interno della guancia, finché il preside non uscì di nuovo dalla stanza.
"Park, prima tu." ordinò indicandolo e sbiancò improvvisamente, prima di stringere la mano di Yoongi ed entrare nel covo del diavolo.
Yoongi si sedette fuori, accanto a Seokjin, il quale era rimasto tutto il tempo con il capo chino e le mani in grembo. Restarono in silenzio per qualche secondo, poi Yoongi parlò: "Quindi ora te ne penti, eh?"
"Fanculo." gli rispose stringendo i denti.
"Posso farti una domanda, Seokjin?"
"L'hai già fatto. Ben due volte."
Yoongi roteò gli occhi: "Seriamente, idiota." gli diede uno scappellotto dietro la nuca.
Il ragazzo non rispose propriamente, ma annuì, come ad intimargli di continuare.
"Perché hai chiesto a Jimin di portare quei soldi ai tuoi amici?" chiese, chinandosi su di lui. Seokjin aggrottò le sopracciglia e alzò la testa, fissandolo confuso: "Di che parli?" domandò schiarendosi la voce.
"Dei soldi che hai dato a Jimin."
Seokjin parve rifletterci, poi ribatté: "Ma ti fai le canne?"
"Non fare il finto tonto."
"Non sto fingendo, davvero. Perché dovrei affidare dei soldi a quell'idiota?"
Yoongi sbatté le palpebre più volte, perplesso: fino a quel momento non gli aveva mai sfiorato la mente il pensiero che Jimin avesse potuto mentirgli, eppure quando Seokjin gli disse che non era a conoscenza di ciò di cui parlava, i dubbi iniziarono ad assalirlo. E se fosse stata davvero droga? E se fosse stato pericoloso? Jimin era al sicuro?
Era tanto preoccupato da non accorgersi nemmeno dell'uscita del ragazzo dalla presidenza, tant'è che dovette piantarsi davanti a Yoongi per farsi notare.
"Ci sei?" chiese schioccandogli due dita davanti al viso.
"Ah, sì ,scusa." si alzò dalla sedia. "Allora? Cos'ha detto?"
Jimin sospirò e diede un'occhiata a Seokjin, il quale lo fissava con disprezzo: "Siamo in punizione. Oggi, dopo la scuola."



Il mio spazietto: Ehilàààà! Finalmente eccoci qui ♥ Vorrei ringraziare le persone che recensiscono e anche quelle che leggono soltanto. I ♥ U ALL. 
E nulla, non ho niente di grosso da dire, ma spero che possiate confidarmi i vostri pareri come al solito ^^ Alla prossima ~ (✿◠‿◠)

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Capitolo 9
*** 08. ***


Capitolo otto.

La punizione non era veramente così punitiva come i professori la ritenevano: si era relegati in una delle classi più grandi, seduti nei banchi, con i libri aperti per studiare o ripassare, nonostante la maggior parte dei ragazzi giocasse al cellulare o guardasse con la testa tra le nuvole fuori dalla finestra aperta. Era primavera inoltrata e il sole scaldava timidamente le giornate: tutti avrebbero preferito uscire, piuttosto che rimanere chiusi in quell'atmosfera rafferma. 
E poi Jimin non riusciva a concentrarsi sulle parole di economia stampate sulla pagina: già odiava quella materia, se ci si metteva pure Seokjin a tirargli i calci nella sedia, non sarebbe mai arrivato a ficcarsi nella mente quelle definizioni odiose. 
"La finisci?" sbottò dopo qualche minuto, voltandosi parzialmente verso di lui.
"Di fare cosa?" chiese, con quel suo tono fastidioso da falso innocente. 
"Di rompere il cazzo."
Seokjin ghignò: "Da quando sei così scurrile?" 
"Lasciami in pace e basta." sbuffò, tornando a guardare il banco. Provava il desiderio impellente che Yoongi lo venisse a salvare, ma Jimin non era Raperonzolo, né l'altro il principe azzurro. 
Sperava davvero che Seokjin smettesse di infastidirlo, ma quest'ultimo tornò alla carica più forte di prima. Dava dei calci tanto potenti alla sedia da farla vibrare incontrollata. E nessuno se ne accorgeva.
Fece per girarsi di nuovo, con i nervi a fior di pelle, però improvvisamente le vibrazioni cessarono e allora Jimin restò immobile, sperando che Seokjin l'avesse finita una volta per tutte. Si lasciò scappare un sospiro di sollievo ed alzò la mano, per chiedere all'insegnante il permesso di andare alla toilette. Uscì dalla classe dopo che il professore ebbe acconsentito e camminò lentamente verso il bagno dei maschi, tirando il cellulare fuori dalla propria tasca dei pantaloni.
'1 messaggio non letto'

Da: Yoongi <3 
Manca solo mezzora! Quando esci non tornare a casa, facciamo un giro insieme ~ A dopo <3

Jimin sorrise e fece per rispondere al messaggio, ma si vide strappare di mano il telefono. Non riuscì a voltarsi per guardare in viso chi l'avesse fregato, che subito si ritrovò spinto al suolo, con la schiena contro il muro. 
"Che fai lì a terra? Pulisci il pavimento?" gli disse strafottente la voce di Seokjin, rimbombando lungo il corridoio vuoto. Jimin lo guardò interdetto, poi, con uno scatto che sorprese entrambi, prese a correre schivando la sua presa. Seokjin lo fissò mentre l'altro scappava, ma non lo rincorse. 
Jimin oltrepassò la classe della punizione ed arrivò con il fiatone all'atrio principale, il quale era vuoto e silenzioso. Si guardò attorno e fortunatamente si accorse di essere solo. Mancavano appena cinque minuti alla fine della sua detenzione, perciò decise di uscire in anticipo, tanto il cellulare l'aveva afferrato prima di correre via. 
All'esterno il sole gli riempì gli occhi e faticò a distinguere il viso di Yoongi, il quale era appoggiato con la schiena al muro dell'edificio, i pollici nelle tasche dei jeans strappati che aveva. Si era cambiato, in quelle tre ore nelle quali Jimin era rimasto a scuola, e, nonostante fosse vestito come un normale ragazzo, a lui sembrava il più bello dell'intero pianeta. 
Quanto cazzo erano sexy le sue ginocchia?
Quando Yoongi alzò lo sguardo e si scostò con un colpetto della testa il ciuffo di capelli scuri dagli occhi, una vampata calda gli colpì le guance.
"Ehi." lo salutò controllando il Rolex al polso. "Non è un po' presto?" 
"Sono uscito prima." rispose con un filo di voce.
"Capisco." Yoongi si avvicinò a lui e avvolse un braccio attorno alle sue spalle. "Stai bene?" gli chiese poi, vedendo il rossore divampato nel suo viso. 
"Sì, non preoccuparti." rispose velocemente, mentre inspirava il suo odore. "Hai un buon profumo, sai?"
Yoongi gli sorrise e prese a camminare in un silenzio quasi bucato dal battito forte del cuore di Jimin. Era passato un po' di tempo dalla loro prima volta insieme, eppure gli sortiva sempre lo stesso effetto. 
"Dove... dove andiamo?"  chiese Jimin dopo qualche minuto, ricevendo dall'altro solo una scrollata di spalle. 
"Ho parlato con tua madre." disse serio, dandogli un'occhiata per scrutare la sua reazione. "Il preside le ha raccontato tutto." 
Jimin si pietrificò e smise di camminare, voltandosi lentamente verso di lui: "Cosa... cos'ha detto?" deglutì a fatica. 
"Era incazzata nera."
"E...?"
"E ti darà una punizione."
Jimin sbuffò roteando gli occhi: "Intendevo su noi due, non mi frega del castigo." 
"Beh..." tossicchiò guardando altrove. "Che siamo degli incoscienti..." 
"Ma possiamo stare insieme, vero?" domandò con gli occhi lucidi, prendendogli entrambe le mani.
"Tua madre mi ha dato un'ultima possibilità per uscire con te, prima che tuo padre lo venga a sapere e s'incazzi a sua volta." rispose parzialmente alla sua questione e il pomo d'Adamo di Jimin si alzò ed abbassò nervosamente. 
"Ultima possibilità...?" mormorò tra sé e sé, poi guardò le punte delle proprie scarpe. "Dici... dici che ti licenzieranno?" 
"Non mi importa quello." 
"Ma ti servono i soldi per vivere da solo senza i tuoi genitori, l'hai detto tu..."
"Non è importante, davvero..." disse con un sorriso rassicurante. "Ciò che seriamente mi preoccupa è non sapere se potrò restare con te o meno."
Ripresero a camminare in silenzio, ognuno con le proprie mani in tasca. Jimin fu il primo a parlare: "Secondo te papà si arrabbierà?" chiese, probabilmente già a conoscenza della risposta, ma nutrendo comunque un barlume di speranza, il quale tuttavia si annientò con le seguenti parole di Yoongi. 
"Naturalmente sì."
"Ma nell'ultimo periodo parla spesso di te, del tuo Rolex... Credo che ti accetti perché sei più ricco di tutti i miei amici." disse speranzoso. 
"Io non sono ricco, Jimin."
"Ma il tuo Rolex racconta diversamente, secondo lui." 
Yongi sospirò: lui non era affatto pieno di soldi e quell'orologio gliel'avevano dato per entrare nel personaggio di diciassettenne ricco e viziato, ma non ci era mai riuscito veramente.
"Allora non lo so, Jimin." sussurrò in un soffio. "Mi dispiace." 
Il ragazzo lo guardò interrogativo: "Per cosa?"
"Per non sapere cosa fare." rispose sconsolato. Jimin fece una smorfia e iniziò a camminare al contrario, per guardare Yoongi in viso.
"Non ti devi preoccupare, troveremo una soluzione insieme." disse pimpante e l'altro lo guardò. Nonostante a volte Jimin si buttasse giù da solo, spesso possedeva una dote naturale nel migliorare l'umore delle persone.
"Se continui a camminare così, cadrai."
"Ma se non faccio in questo modo, non mi calcoli nemmeno!" ribatté, inciampando, secondo la premonizione, contro un sasso sul marciapiede e cadendo a terra con un urletto poco virile. Yoongi prese a ridere, sotto lo sguardo fulminante di Jimin, e lo aiutò a rimettersi in piedi. 
"Non sono il tipo che dice 'te l'avevo detto', ma... te l'avevo detto." ridacchiò, mentre aiutava Jimin a ripulirsi, passandogli lascivo una mano sul fondoschiena. 
"Yah, maniaco, non toccarmi il sedere!" esclamò scacciando il braccio di Yoongi. 
"Tanto lo so che ti piace."
"Ma non in pubblico, idiota."
Yoongi rise di nuovo e scompigliò i capelli di Jimin: "L'hai fatto apposta, eh?"
"Cosa?" l'altro lo guardò perplesso.
"Cadere per tirarmi su di morale."
Jimin fece una smorfia: "Perché mai dovrei cadere e distruggermi l'osso sacro per uno come te?" chiese altezzoso e con un pizzico di retorica. 
"Cosa vorresti insinuare con 'uno come te'?" lo guardò con aria di sfida. 
"Un ragazzo bello, fantastico e meraviglioso!" urlò sbarazzino, prima di scappare via con una risata divertita.
"Yah, tu piccolo..." tentò di trovare un insulto adatto a lui, ma invano, perciò sbuffò frustrato e cominciò a rincorrerlo tra gli alberi del parco nel quale erano capitati.
"Torna qui, idiota!" gli gridò con il fiatone, guardandolo da una decina di metri di distanza. "Ti ho chiesto di uscire per abbracciarti e baciarti, non per morire asfissiato!" strepitò, lasciandosi cadere a terra con le braccia aperte.
Jimin roteò gli occhi e si avvicinò a lui, sdraiandocisi affianco: "Sei sempre così esagerato." sbuffò picchiando le nocche sulla pancia di Yoongi. "Hai solo addominali qua sotto. Dovresti costruire i muscoli delle gambe."
"Senti, personal trainer, sono due secondi che parli e mi hai già rotto il cazzo." 
Jimin rise e si voltò verso di lui, guardando il suo profilo con un paio di occhi brillanti. Restò così per un paio di minuti e Yoongi iniziò a pensare che fosse strano, ma terribilmente carino allo stesso tempo. 
"Che c'è, vuoi una foto?" chiese ironico, incrociando il suo sguardo. Jimin arrossì all'istante e chiuse gli occhi, non sapendo in che altro modo diventare invisibile. Yoongi rise e il secondo non poté fare a meno di pensare a quanto fosse melodioso quel suono. Non riuscì a meditare su qualcosa di differente, che si ritrovò un paio di labbra a combaciare con le proprie e il suo cuore prese a galoppare più forte di un cavallo pazzo, diventando ancora più veloce quando sentì la sua mano tra la mandibola e il collo, con l'intenzione di accarezzargli il viso bollente. 
Poco dopo intrecciarono le gambe insieme, con i fili d'erba a solleticare loro le ginocchia, e Jimin fu così felice di percepire il sorriso dell'altro sulle labbra che avrebbe voluto non staccarsi mai, ma entrambi necessitavano di ossigeno, per continuare a baciarsi e baciarsi per secondi, minuti, ore.
"Ci ha visti qualcuno...?" chiese a bassa voce Jimin, a pochi millimetri di distanza dal viso di Yoongi.
"Non m'importa." sussurrò con tutti e trentadue i denti in mostra. Erano tanto vicini che potevano percepire il respiro e il profumo l'uno dell'altro. 
Jimin annullò la minima distanza che li divideva, ma solo per un bacio di un secondo, con disappunto. Yoongi rotolò via e si alzò in piedi, correndo dietro ad un albero con una risata divertita. 
"Yah!" gridò sbuffando. "Dove stai andando?" chiese lamentoso, alzandosi controvoglia e seguendolo. 
"A mangiare dal tuo amico." 
"Ma tu non hai mai soldi con te, con cosa hai intenzione di pagare?" domandò sarcastico, mentre si appoggiava con una spalla alla corteccia dell'albero. 
"Io ti consiglierei di guardare le tasche..." disse sbarazzino. Jimin aggrottò le sopracciglia e cercò nei pantaloni, ma li trovò vuoti: "Stronzo, dove cazzo hai messo i miei soldi?"
Yoongi lo guardò malizioso e si lasciò cadere sdraiato a terra, con le gambe piegate e leggermente divaricate: "Prova a cercarli."
Il ragazzo arrossì ed alzò lo sguardo verso il cielo: "Ma siamo in un luogo pubblico..."
"E quindi? Quando l'abbiamo fatto in biblioteca, non ti sei mica lamentato." Yoongi lo fissò ridendo furbamente.
"Guarda che lo faccio per davvero, eh." lo avvertì deglutendo.
"Non aspetto altro."
Jimin fece un respiro profondo: "Almeno andiamo da qualche parte più nascosta..."
"Non c'è nessuno, non te ne devi preoccupare." 
E in effetti era vero, il parco era vuoto e il cielo che iniziava ad oscurarsi agevolava la situazione. Il ragazzo s'inginocchiò davanti alle sue gambe e, timidamente, gli slacciò la cintura dei jeans strappati, alzandogli quel poco che bastava la maglietta. Yoongi ridacchiò, mentre teneva le mani a riposo sulla propria pancia.
"Non ridere, dai. Mi fai sentire ridicolo." si lamentò Jimin. 
"Ma tu sei ridicolo."  
"Fottiti." gli diede un colpetto più o meno forte tra le gambe e il ragazzo gemette di dolore.
"Fa male, cazzo! Sei idiota o cosa?!"
Jimin rise mentre gli spostava leggermente i jeans: "Chi è il ridicolo adesso?" chiese trionfante.
"Sempre tu." gli schioccò le dita sulla fronte, facendogli corrugare le sopracciglia. 
"Sta' zitto." 
Passò un dito sopra le sue parti intime ancora coperte dai boxer, intanto che arrossiva sempre più: "Sei sicuro che i soldi siano qui?"
Yoongi fece spallucce: "Forse sì, forse no... Chi lo sa." 
Jimin sbuffò e chiuse gli occhi prima di abbassargli anche l'intimo. Come se giocasse a mosca cieca, iniziò a tastargli tra le gambe, percependo il respiro di Yoongi farsi più veloce. Non l'aveva mai toccato lì con le sue mani, prima di quel momento, perché di solito era l'altro a fare il lavoro sporco. Provava un sacco di imbarazzo, ma quando, dopo aver aperto gli occhi, se lo ritrovò davanti ansimante, con la schiena inarcata e i fili d'erba stretti tra le mani, non poté fare a meno di continuare, in modo da ricambiare il favore per ogni volta che Yoongi l'aveva fatto a lui. 
Dei suoi soldi non c'era traccia, ma decise di lasciar perdere quell'argomento, riprendendolo solo qualche minuto più tardi, dopo che Yoongi ebbe raggiunto il massimo del piacere, venendo sulla sua mano.
"Sei un emerito stronzo." sbuffò sedendosi a gambe incrociate accanto a lui. Tentava di sembrare infastidito, ma non poteva dirsi non soddisfatto. 
"Io ti ho detto di cercarli, non di farmi una sega." si difese l'altro. 
"Scommetto che alla fine i soldi non li avevo nemmeno e mi hai manipolato." 
Yoongi ridacchiò e si mise apposto i jeans, prima di tirare fuori un paio di banconote per restituirgliele. Jimin spalancò gli occhi: "Le avevi in tasca tutto questo tempo?! Gesù, quanto ti odio!" sembrava incredulo, incazzato e si sentiva stupido allo stesso tempo.
"Sei tu l'idiota." disse rimettendosi a sedere a sua volta. "Però sei stato bravo, pur essendo la prima volta che lo fai." gli passò la mano tra i capelli, scompigliandoglieli.
"Allora fissatelo bene in mente, perché non lo farò mai più." 
"Eh?" fu come se stesse cadendo dalle nuvole. "Perché?" 
"Fa schifo. Il tuo... amico, lì... è strano..."
Yoongi fece una smorfia: "È identico al tuo. Forse solo molto più grande."
Jimin gli diede uno scappellotto dietro la testa: "Idiota."
"Yah, è la verità!"
"Il mio pene non è piccolo!" gridò indignato. "Non si chiamerebbe Rex, altrimenti." 
Yoongi scoppiò a ridere, tenendosi la pancia con le mani e cadendo di nuovo sdraiato sull'erba: "Oddio... davvero? Hai chiamato Rex il tuo pene?" chiese divertito, asciugandosi le lacrime da sotto gli occhi. 
Jimin si tinse di un preoccupante color bordeaux e giocherellò nervosamente con i fili d'erba. 
"È un nome troppo banale." commentò dopo essersi calmato.
"In che senso?"
"Nel senso che è troppo banale."
"Sei illuminante a volte, guarda..." roteò gli occhi sarcastico. Yoongi rise e iniziò a torturare l'orlo della maglietta dell'altro: "Quello di Namjoon si chiama 'Grande Berta'." sussurrò mordendosi il labbro inferiore in modo sexy. "Sai, no? Il cannone della prima guerra mondiale... quello grande."
Jimin cominciò a ridacchiare e contagiò anche l'altro: "Davvero?" 
Lui annuì divertito: "Non so se corrisponda alla realtà, però."
"E non devi saperlo, infatti. Tu puoi controllare solo il mio."
"E questo chi lo dice?" Yoongi alzò un sopracciglio scherzando, ma Jimin non sembrò cogliere quel piccolo particolare.
"Lo dico io. Non voglio che guardi gli altri ragazzi." disse con il broncio. 
"Eppure il mio vicino di casa ha un sedere tanto sodo..." commentò pensieroso e Jimin s'incupì, corrugando la fronte. 
Yoongi lo guardò, mentre lui strappava triste dei fili d'erba, gettandoli poi di qua e di là con un sospiro. 
"Ehi, guarda che stavo scherzando..." lo avvertì cautamente, accarezzandogli la schiena. "Il tuo sedere è il migliore di tutti."
Jimin restò indifferente, continuando a svolgere quell'azione ripetitiva: strappare, buttare via, sospirare; strappare, buttare via, sospirare...
"Yah, davvero Jimin..." lo abbracciò da seduto, poggiando il mento sulla sua spalla. "Non so nemmeno se ce l'ho un vicino di casa. L'unica persona che noto sei tu." 
Lo vide abbozzare un sorriso: "E poi?" lo incitò ad andare avanti.
"E poi il nome 'Rex' gli si addice perfettamente. E non è affatto piccolo. Forse è anche più grande del mio. Forse. Non esageriamo."
Jimin soffocò una risata: "E...?" sembrava quasi impaziente.
Yoongi roteò gli occhi: "E... e ti amo da impazzire." sussurrò al suo orecchio stringendolo e Jimin sorrise, prima di voltarsi verso di lui per fondere le loro labbra insieme. Piegarono entrambi gli angoli della bocca e lo strinse dolcemente: "Ti amo anch'io." sussurrò Jimin felice, prima di sussultare.
"Che c'è?" chiese corrugando la fronte.
"Merda, ho dimenticato lo zaino a scuola!" si alzò repentinamente, sistemandosi la maglia.
"Dai, lo prendi domani..." 
"No, è importante!" ribatté convinto, afferrandogli la mano per trascinarlo via. 
"Ma sono solo dei libri di scuola..." quasi inciampò sul vialetto. "Da quando hai così tanta voglia di studiare?" 
"C'è una cosa che mi serve dentro." 
"Ovvero?" 
Jimin schivò la sua domanda aumentando il passo: "Se corriamo arriveremo prima."
Yoongi roteò gli occhi: "Io muoio se corriamo ancora." 
L'altro si lasciò scappare uno sbuffo e si fermò, prima di invitarlo a salire sulla propria schiena.
"Ma... sono pesante..." disse tingendosi di rosso. 
"Sali e basta!" insistette frettoloso. Yoongi si aggrappò timidamente alle sue spalle e gli cinse i fianchi con le gambe: "Ti ammazzi se corri..." gli sussurrò all'orecchio, aderendo con il proprio petto alla sua schiena. 
Jimin sbuffò di fatica, ma tenne duro e camminò velocemente verso la scuola. Si fermò solo all'entrata dell'edificio, dopo ripetute preghiere di lasciarlo andare da parte di Yoongi, accasciandosi contro il muro con un fiatone da far paura.
"Te l'avevo detto..." bisbigliò scendendo dalla sua schiena e guardandolo preoccupato al suo ansimare strozzato. "Va tutto bene?" domandò accarezzandogli i capelli, mentre lui si portava una mano alla bocca, con gli occhi chiusi. Jimin scosse la testa negativamente e tentò di aprire la porta di vetro, la quale però era chiusa dall'interno, quindi dovettero aspettare che il custode, con una lentezza esasperante, venisse ad aprire. 
Jimin si fiondò dentro barcollando e andò dritto verso l'aula delle punizioni, intanto che Yoongi lo seguiva assistendolo. Solo quando lo vide chino sulla cartella, quasi sul lastrico, capì il vero motivo di quei respiri quasi rarefatti e si diede dell'idiota: Jimin soffriva d'asma. Come cazzo era che non l'aveva mai notato? 
Il ragazzo agitò l'inalatore e, dopo aver tolto il tappo, premette la fiala, respirando. Yoongi si avvicinò e si accovacciò accanto a lui: "Stai bene ora?" gli chiese preoccupato, mentre gli accarezzava il dorso della mano con il pollice. Jimin annuì e guardò basso: "Scusa, non volevo che succedesse..."
"Sei stato stupido ed incosciente." lo riprese, autoritario.
"Grazie, eh..." lo guardò sarcastico.
"É la verità. Perché mi hai portato sulla schiena se sapevi che sarebbe successo?"
"Volevo essere veloce..." rispose a testa bassa, mentre lo sentiva sospirare.
"Forza, andiamo a casa." prese la sua mano, alzandosi in piedi.
"Aspetta!" lo fermò e frugò di nuovo tra le tasche della cartella. "La cosa importante non era l'inalatore." estrasse qualcosa e la nascose dietro la schiena. "L'ho comprato stamattina, per questo ce l'ho nello zaino."
"É un regalo?"
Jimin annuì: "Ormai stiamo insieme da tanti mesi e..." fece una pausa, nella quale si guardò attorno. "Beh, insomma... pensavo che dovremmo ufficializzare la nostra relazione." 
Yoongi restò in silenzio, perciò Jimin continuò a parlare, tirando fuori da dietro la schiena un piccolo cofanetto di velluto nero.
"Quindi... vuoi... vuoi diventare il mio fidanzato?" timidamente pronunciò quelle parole, tingendosi di un rosso scuro. 



Il mio spazietto: BOOM, BITCHES! Finalmente ho aggiornato, yuhu~ E sì, mi piace lasciare in sospeso la gente, ah-ah... E niente, come al solito non so che cavolo dire, quindi lasciamo spazio alle solite parole: FATEMI SAPERE COSA NE PENSAAAATE, MI FAREBBE UN SACCO PIACERE ♥ Chuuuu ~ *si inabissa nell'oceano* 

 

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Capitolo 10
*** 09. ***


Capitolo nove.
 
Era stata la madre a consigliargli di comprare quella coppia di fedine che, in quel momento, giacevano davanti ai loro occhi, una argento, l'altra nera, risaltando sul tulle celeste sul quale erano adagiate. La donna aveva comprato a sua volta un anello complementare ai due, cosicché, se il marito avesse fatto domande, avrebbero potuto dire che li indossavano per simboleggiare il loro rapporto madre-figlio. Lei era tanto sicura che Yoongi avrebbe accettato quel pegno, eppure quello sbiancare improvviso del suo viso già pallido non presagiva nulla di buono.
Lentamente il sorriso timido sul viso di Jimin iniziò a sparire. Il silenzio lo opprimeva ed iniziò a sudare freddo.
"Jimin, io..."
Il ragazzo chiuse il cofanetto e lo abbassò, con una traccia crescente di delusione sul viso.
"Ehi, non arrabbiarti..." cercò di prendergli la mano, ma lui ignorò il suo braccio.
"Non importa..." sussurrò rimettendo apposto la zaino.
"Jimin, non è colpa tua. Ti amo, davvero, ma... non sono abbastanza per te." balbettò afferrandogli delicatamente il polso. "Io non sono pronto."
Lui lo scrutò in viso confuso, triste, arrabbiato: "Come puoi non esserlo?" gli chiese senza capire. "É da mesi che ci frequentiamo, hai conosciuto i miei genitori, di me sai ogni minima cosa, abbiamo fatto l'amore insieme... che altro ti serve per sentirti pronto?" il suo corpo era perfettamente immobile, ma i suoi occhi urlavano, urlavano impazziti. Era sull'orlo delle lacrime e Yoongi si sentiva così in colpa... ma le parole di Namjoon non facevano altro che riecheggiare nel momento sbagliato per la sua mente. Nonostante il volto di Jimin fosse rivolto verso il basso, vedeva chiaramente le lacrime rigargli le guance e gli si strinse il cuore.
"Non... non piangere, dai..." lo supplicò bloccandogli la strada.
"Voglio tornare a casa." mormorò evitandolo ed uscendo dalla classe.
"Ti accompagno." lo raggiunse, anche se faceva fatica a stargli dietro.
"No, vado da solo." si mise a correre e Yoongi lo guardò andarsene, interdetto. Richiamò il suo nome, ma lui continuò a tirare dritto, senza fermarsi né lungo i corridoi, né per la strada. Jimin non riusciva a bloccare i suoi singhiozzi e se ne infischiò dei suoi genitori nel salotto che lo fissavano preoccupati e straniti. Si chiuse in camera sbattendo la porta e si lasciò scivolare lungo la porta, con il viso tra le mani. Si sentiva stupido, ma soprattutto incazzato. Jimin lo amava, quello non era abbastanza? Si era aperto con lui, gli aveva raccontato ogni singolo aspetto della propria vita, perché non capiva che era importante? Si sentiva come trattato peggio di uno zerbino e non ne sapeva nemmeno il motivo, dal momento che Yoongi aveva anche tentato di trattenerlo. Eppure avrebbe voluto che Yoongi lo avesse baciato violentemente tra le lacrime, implorando perdono.
'Non sei in un film, idiota.' si disse mentalmente, tirando su col naso.
Ancora una volta, desiderava che Yoongi lo venisse a salvare, sebbene fosse lui la causa del suo dolore, ma, di nuovo, Jimin non era Raperonzolo, né l'altro era il principe azzurro.
O forse sì?
Improvvisamente sentì un toc proveniente dalla finestra, seguito da tanti altri. Si alzò asciugandosi il naso e si avvicinò ad essa, aprendola, e per poco un sasso non lo colpì dritto in fronte.
"Cosa cazzo stai facendo?!" gli urlò poco elegantemente dall'alto.
"Attiro la tua attenzione come se fossimo in un film."
Jimin roteò gli occhi: "Va' a casa, Yoongi." fece per andarsene, ma la voce di Yoongi lo fermò.
"Per favore, Jimin, resta. Almeno... almeno ascolta ciò che ho da dirti."
Il ragazzo non rispose, ma fece un cenno con la testa per farlo continuare. Yoongi si schiarì la voce ed iniziò a parlare: “Mi dispiace. Davvero tanto.” sospirò ed alzò lo sguardo verso il suo. “Sono stato un idiota. Un emerito coglione, oserei dire. Il punto è che ho avuto paura quando me l’hai chiesto. Una paura immensa di ferirti e di non essere giusto per te. Poi mi sono sentito in colpa, perché nessun’altro potrebbe amarmi tanto quanto fai tu.” fece una pausa e tirò fuori una rosa rossa da dietro la schiena. “Fammi entrare, Jimin. Ci baciamo e facciamo l’amore, okay? Da fidanzati ufficiali, però.”
Il ragazzo alla finestra diventò rosso scuro e gli sibilò: “Yoongi! Ci sono i miei genitori, cazzo!”
Da sotto sorrise e gli soffiò un bacio: “Ti amo, Jimin.”
“Se me lo dici prima di baciarmi è più bello, però.” gli sussurrò con il battito cardiaco velocizzato.
“Fammi salire, allora.”
“Ma ci sono i miei, stupido.”
“Allora cala i tuoi lunghi capelli verso di me.” recitò baldanzoso.
“Idiota, non sono Raperonzolo.” mise il broncio.
“Però sei la mia principessa.”
Jimin lo fulminò con lo sguardo e Yoongi rise: “Sei il mio cucciolo, il mio orsacchiotto, la mia gioia…” elencò diventando sempre più rosso e accigliato ad ogni nomignolo che snocciolava. “Quanto dovrò diventare smielato prima che tu venga qua a baciarmi?”
Jimin ridacchiò e gli lanciò un bacio a sua volta: “Sei il migliore, Yoongi.” sussurrò innamorato, mentre si appoggiava al davanzale della finestra. Rimasero così per qualche secondo interminabile, a fissarsi negli occhi con un paio di sorrisi sulle labbra.
“Resta a cena.” gli disse poi. “Voglio che tu parli con i miei genitori.”
“Ma…”
“Solo come amico. Per favore, desidero che mio padre ti accetti.”
Yoongi annuì: “Va bene, solo come amico.” acconsentì e si allontanò da lì sotto, per andare verso l’entrata principale. Jimin scese le scale un po' terrorizzato e si ritrovò davanti il padre che stringeva la mano a Yoongi. Quell’immagine lo entusiasmò e lo spaventò allo stesso tempo. Vide la sorellina schivare le sue gambe per buttarsi tra le braccia del ragazzo: “Oppa!” gridò entusiasta. “Sei davvero bello oggi!”
Jimin aggrottò le sopracciglia quando Yoongi le lasciò due bei baci con lo schiocco sulle guance rosate: stava iniziando ad essere geloso delle attenzioni che Yoongi serbava indisturbato alla sorellina. La madre si avvicinò ridendo: “Che bambina irriverente…” disse ironica, prima di spingere Jimin verso di lui con un colpetto dietro la schiena. Yoongi gli sorrise e gli scompigliò i capelli: “Ciao, Jimin.” lo salutò molto semplicemente, ma con un alone di complicità dietro gli occhi.
“Ciao…” gli sussurrò in risposta, mentre un rossore gli imporporava delicatamente le guance. Il padre richiamò la sua attenzione e Jimin si voltò, sbiancando di colpo.
“Come mai sei tornato così tardi?” gli chiese e il figlio ne rimase interdetto per un attimo.
Yoongi arrivò in suo soccorso: “È colpa mia, signore. L’ho trattenuto a scuola perché non mi entrava in testa un argomento di algebra.” spiegò con quel sorriso che lo mandava in panne ogni volta che glielo rivolgeva. “Di solito sono eccellente, eppure mi sono trovato in difficoltà.” rise in modo affabile e a Jimin sembrò di vedere il padre prostrarsi ai suoi piedi. “A proposito…” frugò nello zaino che aveva in spalla. “Per sbaglio ho preso il tuo quaderno. E penso che tu abbia preso il mio, perché non lo trovo da nessuna parte.”
Jimin passò lo sguardo da lui a ciò che teneva tra le mani, con una faccia da pesce lesso. Quello non era affatto il suo quaderno, ma comunque lo afferrò e fece alcuni passi sulle scale, seguito da Yoongi. Gli rivolse un'occhiataccia, ma il padre aveva già perso interesse e la madre sorrideva complice, perciò decise di continuare la sua salita e di andare a recuperare un quaderno al ragazzo.
Quando entrò nella stanza, si voltò verso di lui per dirgli qualcosa, ma prima che se ne potesse accorgere si ritrovò le sue labbra sulle proprie. Chiuse gli occhi d'istinto e indietreggiò fino a toccare la porta con la schiena, mentre Yoongi respirava profondamente con il naso. Restarono in una posizione statica per qualche secondo, le mani di Yoongi sulle guance dell'altro, le braccia di Jimin alzate a mezz'aria senza uno scopo preciso. Dopodiché la distanza tra di loro si riempì di baci sfuggenti e carezze dolci e più passionali, finché Yoongi non si ritrovò sovrastato dal desiderio crescente di Jimin, il quale lo spinse contro la parete opposta, prendendogli i fianchi e stringendoli ai suoi, mentre la sua lingua cercava la gemella. Sorrise a contatto con le sue labbra, intanto che si staccava da lui, con disappunto di Jimin, carezzandogli con i pollici la linea della mandibola.
"Facciamo l'amore, Yoongi..." sussurrava supplicante in continuazione l'altro ragazzo. "Facciamo l'amore, ti prego..." somigliava un bambino che voleva delle caramelle. Stava per rispondergli ma un tossicchiare imbarazzato attirò la loro attenzione, perciò si staccarono bruscamente. Jimin si tinse di rosso sotto lo sguardo sconcertato della madre, la quale però decise di lasciar perdere per il momento: "Vuoi rimanere a cena, Yoongi?" domandò cortesemente la madre.
"Non vorrei disturbare, però." rispose il ragazzo, sorridendo come se nulla fosse successo.
"Non preoccuparti, cucinare per quattro o cinque è la stessa cosa per noi." lo rassicurò la donna, prima di sparire dalla loro vista.
Prima che Jimin se ne potesse accorgere, Yoongi era al piano di sotto a discutere col il padre, seduti sul divano, di qualche argomento che non afferrava, per via della confusione che popolava la sua testa.
"Che lavoro svolge, signore?" chiese Yoongi, praticamente pendendo dalle sue labbra. Jimin lo maledì con il pensiero: quella domanda posta a suo padre scatenava una lunga serie di agguerrite e noiose frasi che il figlio odiava a morte. Probabilmente si sarebbe addormentato sulla spalla del ragazzo, se non fosse stato che la madre li chiamò a tavola, servendo al centro di essa un grande vassoio ricco di kimchi ed altre pietanze.
Jimin quasi s'ingozzò con tutto quel cibo: gli faceva piacere che Yoongi chiacchierasse allegramente con suo padre, ma quella mano che lentamente saliva verso il cavallo dei suoi pantaloni, sotto il tavolo, non faceva altro che sviluppargli una sudorazione fredda da far paura. Eppure era così... dannatamente... eccitante...
Jimin scacciò la sua mano con un colpetto e si tirò ancora più in avanti con la sedia: non aveva la minima intenzione di mostrare la propria erezione ai genitori.
"Quindi cos'hai intenzione di studiare dopo il liceo?" gli chiese il padre e Yoongi alzò lo sguardo dal piatto carico di cibo al suo volto.
"Mi piacerebbe far parte della facoltà di criminologia." disse con un sorriso. "Vorrei lavorare in quel campo."
Jimin alzò lo sguardo verso il padre e lo vide irrigidirsi per qualche secondo, ma tornò subito a rilassarsi e il figlio sospirò tra sé e sé. Probabilmente non avrebbe mai accettato un genero con il pallino della giustizia, per di più gay.
Perché in fondo lo sapeva che qualcosa non filava liscio con il lavoro del padre. Contrariamente a quanto tutti pensavano, non era un puttaniere, né si chiudeva in aula professori con le insegnanti più giovani. Questo lui e la madre lo sapevano bene, sia perché si fidavano, sia perché, in un periodo di smarrimento, la donna l'aveva controllato, ma mettendosi il cuore in pace quando si era accertata che di amanti proprio non ce n'erano.
Jimin inoltre sapeva, quasi inequivocabilmente, che il padre aveva qualcosa di ancora più grosso e sconosciuto sotto il proprio dominio. Quando quest'ultimo aveva chiesto al figlio di consegnare quelle centinaia di banconote dopo la scuola, ne era rimasto interdetto. Erano un sacco di soldi e la spiegazione sbrigativa che gli aveva rifilato non lo convinceva affatto. E da quel giorno aveva iniziato a notare di più i comportamenti dell'uomo, eppure... non aveva nulla di sospettoso. Jimin studiò attentamente il volto di Yoongi e il sorriso del padre, il quale stava rivolgendo un sacco di domande al ragazzo.
Improvvisamente una lampadina illuminò a giorno la sua testa: gli stava facendo una sottospecie di interrogatorio velato perché Yoongi aveva assistito allo scambio di soldi...
'Come ti chiami? Quanti anni hai? Di dove sei? Che fai nella vita? Cosa studi? Cosa ne pensi di questo e di quello?' quelle domande gli ronzavano per la testa quasi fossero un mantra.
"E tu, invece?" sentì la voce del padre interrompere i suoi pensieri, ma Jimin non aveva la minima idea di cosa stessero parlando in precedenza, quindi si limitò a fissarlo con una faccia da pesce lesso. Yoongi lo guardò, ma non disse nulla.
"Allora? Quanto hai preso nel test di economia, tesoro?" gli domandò la madre, accarezzandogli la mano premurosamente. Jimin sbiancò all'improvviso: "N-nel test...?"
"Yoongi dice di aver preso il massimo." commentò il padre, innervosendo ancora di più il figlio, il quale sospirò e guardò altrove: "Quarantacinque."
L'uomo spalancò gli occhi e diventò furioso in un batter d'occhio: "Quarantacinque su cento?!" urlò con voce tanto alta da bucare i timpani. "Come hai fatto ad ottenere un punteggio tanto basso?!"
"Papà, io..." il ragazzo cercò di parlare, ma aveva una voce tanto flebile da non essere minimamente percepita.
"Perché cazzo non hai studiato?!" si alzò in piedi minaccioso e sbatté così forte il pugno sul tavolo da farlo vibrare incontrollato.
"Papà, io ho studiato, ma..." non fece in tempo a finire la frase che uno schiaffo gli colpì il viso, provocando uno schiocco che fece sussultare i presenti. Jimin abbassò la testa istantaneamente, preso in contropiede: il padre non era mai stato manesco. Le lacrime non tardarono a pizzicargli gli occhi, sotto le grida del genitore: "Non rifilarmi quelle scuse del cazzo!" sbraitò. Yoongi si sentiva così in imbarazzo, ma provava anche un sacco di pena per lui: avrebbe davvero voluto aiutarlo, ma non sapeva in che modo.
"Sei uno spreco di soldi! Se ti mando in una scuola privata, significa che pretendo che tu sia un ragazzo di successo, non uno stupido idiota!"
Jimin si morse il labbro inferiore, cominciando a singhiozzare sommessamente sotto quegli occhi severi, ma la madre lo salvò da ulteriori minacce.
"Basta!" gridò contrariata. "Jimin, va' in camera tua."
"Ma mamma..."
"Va'. Per favore." chiuse gli occhi per un secondo, stanca. Il ragazzo corse via in un batter d'occhio, salendo le scale con le lacrime lungo il viso. Si chiuse in camera, ma non sbatté la porta.
"Yoongi, per piacere, torna a casa." lo pregò la donna con un sorriso tirato, mentre dava un'occhiata ansiosa ed arrabbiata al marito. Annuì subito e si congedò cortesemente, in un misto tra preoccupazione e paura. Sbirciò la finestra della camera di Jimin quando uscì, ma le luci erano spente e le urla dei due coniugi all'interno gli fecero passare la voglia di intrufolarsi nel giardino per richiamare l'attenzione del ragazzo. Nonostante gli dolesse il cuore a lasciare il piccolo da solo in uno stato del genere, decise di allontanarsi da quel litigio, ma il vibrare del proprio cellulare volle diversamente. Non ebbe nemmeno il bisogno di leggere il mittente della chiamata: sapeva che era Jimin.
Prima ancora che Yoongi potesse dire qualcosa, i singhiozzi di Jimin gli arrivarono alle orecchie: "Non andartene, ti prego..." lo supplicò con una voce flebile che mai aveva sentito. "Ho paura, Yoongi... Non litigano da un sacco di tempo..." disse tirando su col naso.
"Va... va tutto bene, su..." non era proprio il ragazzo adatto a confortare le persone.
"Ti prego, portami con te..." sussurrò rimettendosi a piangere. Yoongi riusciva a percepire la paura e la disperazione di Jimin.
"Non posso..." bisbigliò mortificato in risposta.
"Sì, invece. Ti prego, non dirò nulla... Ho paura..." lo pregò singhiozzando e Yoongi non poté fare a meno di accettare con un sospiro, poiché non voleva ferire il ragazzo. Gli si sciolse il cuore quando la voce di Jimin risuonò sollevata: "Tu va' a casa, io ti raggiungerò dopo."
"Sei sicuro che...?"
"Sì, sono sicuro. Ti raggiungo dopo, lo giuro." insistette e l'altro respirò profondamente.
"Se succede qualcosa però chiamami, okay?"
"Lo farò." ci fu una pausa, poi Jimin riprese a parlare. "Yoongi... grazie."
I singhiozzi erano diminuiti e il ragazzo sorrise. Purtroppo non ebbe il tempo di rispondere che la chiamata risultò interrotta. Diede un'occhiata alla sua finestra e pregò tutti i santi che sarebbe andato tutto bene. 



Il mio spazietto: Ehilàà~ Scusate se ci ho messo così tanto ad aggiornare, ultimamente ho un blocco da far paura per quanto riguarda i capitoli prossimi, quindi molto probabilmente allungherò i tempi di pubblicazione, almeno fino a quando non finisco di scrivere quel dannato capitolo dodici...  ㅠㅅㅠ
   
Probabilmente anche con questo aggiornamento mi sto mettendo nei casini totali, ma mi sentivo in colpa, quindi ditemi almeno cosa ne pensaaate, per favore *si inchina* Vi amo tutti (◕‿◕)    
Alla prossima♥

(fa anche piuttosto vomitare questo capitolo, ma dettagli.)

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Capitolo 11
*** 10. ***


NOTE: Inizierò con lo scusarmi per essere stata così inattiva ultimamente (è passato quasi un mese, piango T.T), ma la voglia di scrivere sta diminuendo, a braccetto con l'ispirazione, quindi oltre a questo capitolo ne ho solo un altro completo da pubblicare ed è per questo che sto rallentando tutto. Spero comunque che ci sia qualcuno ancora interessato in questa ff! ^^ Ci si vede giù, alla fine ~
 

Capitolo dieci.

Alla fine a casa di Yoongi, Jimin ci era arrivato. Con un fiatone da far paura, certo, ma almeno non aveva fatto preoccupare troppo l'altro ragazzo, nonostante non gli avesse propriamente spiegato come avesse fatto a uscire da camera propria.
"Ce l'hai l'inalatore, almeno?" gli aveva chiesto quando se l'era trovato davanti alla porta, quasi collassato contro il muro. "Devi stare più attento, Jimin. Potresti finire in ospedale se continui a farti venire attacchi del genere."
Il ragazzo gli aveva lanciato un'occhiata mentre si calmava ed entrava nell'appartamento, lanciandosi subito in direzione della camera da letto di Yoongi, seguito dal padrone di casa. E così entrambi si erano ritrovati sul materasso, abbracciati, Jimin con un pigiama profumato di Yoongi addosso.
"Non riesco a dormire." aveva esordito, interrompendo quel silenzio carico di sospiri insonni.
"Nemmeno io." aveva risposto a bassa voce.
"Facciamo l'am-" era stato interrotto dalle labbra di Yoongi sulle proprie e aveva sorriso a contatto con esse, prima che il ragazzo si mettesse sopra di lui e Jimin dovette ricambiare quel bacio umido, con le braccia a cingergli il collo.
Forse era quello il motivo per il quale gli occhi di Jimin faticavano a restare aperti: alla fine aveva dormito poco più di due ore quella notte e si era svegliato con il piede sbagliato. Ossia scaraventato fuori dal letto perché "Cazzo, sei in ritardo!"
Quindi, dopo tutto quella fatica per essersi finalmente accoccolato in un sogno piacevole, si era ritrovato con la faccia schiacciata contro il pavimento freddo. Non aveva nemmeno avuto il tempo di mandarlo a cagare, che subito si erano catapultati a scuola, con la camicia al contrario e una cera da far paura, tant'è che Taehyung si era preoccupato e gli aveva chiesto se ci fosse qualcosa che non andasse, ma tutto ciò che aveva ricevuto come risposta era stato una scrollata di spalle e il nascondere le occhiaie contro il petto di Yoongi.
Il bello era che, oltre ad aver indossato la camicia con le cuciture all'esterno, la divisa non era nemmeno la sua. Se n'era accorto perché nella tasca interna della giacca mancava il suo portafortuna: una piastrina d'acciaio che originariamente faceva parte di una collanina, la quale tuttavia aveva smarrito con il tempo. Gliel'aveva regalata sua madre quando aveva poco più di tre anni di vita e recitava una piccola frase incisa che ormai Jimin riusciva a decifrare solo con il tatto. Gli bastava passare un polpastrello su quelle quattro parole per riceverne forza d'animo e coraggio, prima di un test, di un esame o di un qualsiasi momento difficile.
"Credi in te stesso".
In quel momento si sentiva un po' vulnerabile, quasi nudo, ma decise di non pensarci, poiché la campanella di fine prima ora trillò proprio in quel momento e lo sguardo di Taehyung si fece insistente.
"Smettila di fissarmi."
"No, invece. Non me la racconti giusta. Hai due occhiaie da far paura e sei venuto con Yoongi. Di solito lui è sempre qui mezz'ora prima dell'inizio delle lezioni, con Namjoon. E poi ha marinato, oggi... Cos'è successo?"
Jimin sospirò, affondando il viso tra le braccia sul banco: "Non ha marinato, è stato sospeso."
Taehyung si abbassò su di lui: "Per la storia del video?"
La testa dell'altro annuì debolmente. Anche se le risate erano diminuite, i commenti maliziosi aleggiavano ancora lungo i corridoi.
"A te cos'hanno fatto?"
"Mi hanno dato una punizione e hanno parlato con mia madre." mugugnò.
"Solo questo?" sembrava perplesso. Jimin fece spallucce, nemmeno lui sapeva perché ci fossero andati tanto piano con lui.
"Tuo padre...?"
"Non ha fatto nulla e nemmeno mia madre. Non so se lui ne è a conoscenza, però."
Taehyung rimase in silenzio per qualche secondo: "É così strano..."
Jimin alzò la testa e si passò una mano sul viso: "Lo so..." fece una pausa, poi riprese a parlare sospirando. "Sono scappato di casa, Tae..."
Notò il viso dell'amico colorarsi di sorpresa e confusione.
"Ieri... hanno iniziato a litigare per colpa mia e papà gridava così forte... Non lo fanno mai e avevo paura..." sussurrò intanto che entrava l'insegnante della lezione successiva, obbligando con la propria presenza gli alunni ad alzarsi e accennare un inchino, accompagnato dal solito "Buongiorno, professore".
Quando il docente distolse l'attenzione dalla classe e si concentrò sulla lavagna, Taehyung ricominciò a bisbigliare: "Quindi sei andato a casa di Yoongi?"
Jimin annuì e l'altro ghignò tra sé e sé: "E come mai hai quelle occhiaie? Che avete fatto ieri sera, per non aver dormito, eh?" ammiccò malizioso.
"É una cosa seria questa, Tae..." roteò gli occhi.
"Ma se sei tutto rosso..." lo canzonò ridacchiando, prima di tornare a leggere il suo manga nascosto sotto il libro della lezione precedente. Jimin si voltò e posò le mani sulle guance, nel tentativo di raffreddarle con le proprie dita fredde. Non aveva voglia di seguire la spiegazione del professore - d'altronde quando ne aveva mai? - ma non desiderava neanche pensare ai propri genitori e al casino che si sarebbe scatenato appena la madre, ma soprattutto il padre, sarebbero venuti a conoscenza del suo nascondiglio. Avrebbe voluto perdersi tra i ricordi della serata passata con Yoongi, ma anche riflettere su quegli avvenimenti lo riconduceva al motivo per il quale si trovava lì.
Sospirò. E altrettanto fece durante tutte le ore scolastiche, compreso il pranzo. Solo quando Taehyung gli diede un colpetto sulla testa, Jimin si risvegliò dal suo stato di trance e si accorse che la campanella era suonata per l'ultima volta in quella giornata.
"Svegliati, ragazzino." gli schioccò le dita davanti al viso Namjoon, nel momento in cui notò che il più piccolo stava per andare a sbattere contro una colonna portante del portico. Lo guardava stranito, come se lo considerasse un idiota. E per un certo verso, aveva pure ragione.
Jimin sbuffò e si sedette pesantemente su uno dei gradini della scalinata davanti all'entrata, affondando il viso nelle ginocchia strette al petto. La giornata era pure uggiosa di suo, se ci si metteva anche l'umore sotto le scarpe...
Taehyung si accovacciò accanto a lui e il più grande si appoggiò con la schiena al muro, sospirando mentre tirava fuori il cellulare.
"Yah..." l'amico iniziò a scuoterlo leggermente. "Jimin..."
Il ragazzo scrollò le spalle, come se volesse essere lasciato solo, ma Taehyung ci riprovò.
"Ti voglio bene, Jiminnie..." disse appiccicandosi a lui e facendo l'aegyo per scaldarlo un minimo. Lui alzò lo sguardo e lo fissò per alcuni secondi: "Posso dormire da te?" chiese con un fil di voce. "Ormai avranno già capito che ero da Yoongi, per favore..." lo pregò con gli occhi e Taehyung ebbe una debolezza di fronte a quel faccino da cucciolo. Namjoon ghignò ai due: cominciava a capire perché Yoongi avesse ceduto così facilmente alle preghiere di Jimin. Si tirò su dal muro e s'intromise, prendendo la mano di Taehyung per farlo alzare: "No." rispose al posto del più piccolo.
"Non l'ho chiesto a te..." Jimin aggrottò le sopracciglia.
"Va' a casa. É la decisione migliore."
"Mi ammazzano se vado a casa, hyung..." insistette alzandosi in piedi.
"Cazzi tuoi. A casa di Tae ci vado io, non tu."
Jimin sbuffò e mise il broncio, mentre l'amico fissava il più grande, completamente spiazzato dalla sua affermazione: "Davvero verrai a casa mia?" chiese con un paio di occhi lucenti. Namjoon lo guardò e gli sorrise dolce, annuendo leggermente, mentre le fossette che Taehyung tanto adorava si formavano sulle sue guance. In uno scatto il ragazzo attirò il suo hyung a sé, per il colletto della camicia, premendo le proprie labbra contro le sue. Namjoon spalancò gli occhi a quel contatto: "Non in pubblico, Tae..." ridacchiò staccandolo da sé, con un rossore divampante in viso.
Jimin distolse lo sguardo e sospirò con le mani nelle tasche della giacca. Ma dove cazzo era finito Yoongi? Nemmeno a farlo apposta, il suo telefono vibrò due volte, segnalando l'arrivo di un messaggio.
 
Da: Yoongi <3
Sarò un po' in ritardo, scusa ^^"
 
Jimin sospirò e mise via il cellulare senza nemmeno rispondere. Non sapeva bene cosa pensare, se esserne felice o meno, perché avrebbe sì ritardato il rientro, ma forse Yoongi l'avrebbe sbattuto fuori di casa. E poi stare là fuori allo scoperto, l'avrebbe sicuramente fatto notare nel caso qualche familiare si fosse recato lì, soprattutto visto che erano ormai gli ultimi tre studenti ancora sulle scale della scuola. Tamburellò le dita dentro le tasche e aggrottò le sopracciglia quando notò una strana consistenza all'interno di essa, ben diversa dalla stoffa della fodera.
Da essa estrasse un cartoncino plastificato e solo dopo esserselo rigirato tra le mani un paio di volte capì che si trattava del documento di una patente. Il viso di Yoongi su sfondo bianco era incollato in un angolo, ma le descrizioni accanto alla foto, ad eccezione del nome di battesimo, non corrispondevano affatto alle informazioni di cui Jimin era a conoscenza.
 
Nome: Min Yoongi
Data di nascita: 09-03-1993
 
"Che diavolo...?" mormorò tra sé e sé, perplesso a tal punto da non accorgersi che Namjoon aveva strappato dalle mani del più piccolo il documento. Non lo nascose, però. Si limitò a guardarlo con un ghigno e poi rivolse gli occhi verso Jimin, il quale lo fissava confuso.
"Immagino che sia giunto il momento di raccontarti tutto." disse il maggiore sbadigliando. "Beh, era ora. Mi stavo rompendo il cazzo di controllare sempre Yoongi”.
 
~~~
 
Alla fine Namjoon non si era per niente risparmiato nel suo racconto. Durante il tragitto, dopo aver praticamente obbligato Taehyung a sedersi dietro, aveva iniziato a parlare con il ragazzo accanto a lui, il quale diventava ogni secondo sempre più confuso, sia per l'assurdità dei fatti, sia perché era seriamente convinto che lui stesse scherzando e che fosse tutta un’innocente candid camera.
"Smettila di prendermi in giro, hyung..." sbuffò quando Namjoon se n'è uscì con: "Yoongi in realtà è un poliziotto ventiduenne". Il più grande si rendeva conto che quello non fosse il metodo migliore per svelare ogni cosa, ma, come un cerotto, uno strappo secco sarebbe stato meno doloroso. O almeno, quella era la convinzione popolare, Namjoon non ne era pienamente sicuro.
"Okay, capisco che è un po'... come dire... improvvisa come cosa... Anche Taehyung ci ha messo qualche giorno per assimilarlo." continuò, cambiando delle marce mentre Jimin si voltava verso l'amico.
"Anche tu sei immischiato con questo scherzo del cazzo?" chiese infastidito e arrabbiato. Taehyung gli rivolse uno sguardo: "Non è uno scherzo, Jimin..." sospirò alla sua testardaggine.
"E allora cos'è? Giuro che se è tutta un'idea di Yoongi gli spacco la faccia."
Namjoon roteò gli occhi e diede un colpetto sulla testa di Jimin, prima di indicargli col mento il cruscotto dell'auto: "Apri lo sportello del portaoggetti." gli ordinò e l'altro si allungò riluttante verso di esso.
"Quindi?" gli lanciò un'occhiataccia. "Ci sono solo profilattici ai..." fece una smorfia, stranito. "... frutti di bosco?"
Taehyung arrossì improvvisamente e Namjoon ghignò, guardandolo dallo specchietto.
"Beh, sì, qualche problema con il sesso protetto? Tu e Yoongi non li usate?" chiese sbarazzino il più grande.
"Sì, però... ai frutti di bosco? Chi cazzo usa i preservativi ai frutti di bosco?!"
"Mi pare che a Yoongi piacciano quelli alla menta, sai?" disse pensieroso e Jimin se lo segnò mentalmente per un'evenienza futura, anche se fece finta di nulla.
"Comunque basta con questa conversazione del cazzo. Letteralmente." fece una smorfia Namjoon, poi riprese la propria serietà. "Lascia stare i preservativi e cerca meglio. Dovrebbero esserci delle carte."
Jimin sospirò e continuò a frugare nel cassetto, trovandoci effettivamente un plico di documenti. Quando li estrasse, il più grande aveva già parcheggiato in uno spiazzo poco distante dall'abitazione del ragazzo. A un cenno di Namjoon, Jimin aprì la cartellina di plastica azzurra e iniziò a leggere: dalle prime righe, capì che si trattava dell'assicurazione di un’auto. E c'erano sempre gli stessi dati che discordavano dalla realtà.
 
Nome: Min Yoongi
Data di nascita: 09-03-1993       
 
Ma che cazzo stava succedendo? Jimin era del novantotto e se Yoongi frequentava la sua stessa classe significava che avevano la medesima età e non poteva guidare un auto. Oppure Yoongi era stato bocciato e non aveva mai detto nulla? In effetti aveva dato quasi per scontato che fossero dello stesso anno, non si era mai preso il disturbo di domandarglielo veramente.
"Perché li hai tu?" chiese guardandolo con la fronte leggermente corrucciata dai dubbi.
"Questa è la sua macchina, vedi? Il modello e la targa sono uguali." spiegò indicandogli le due sezioni sulla carta. "La uso io perché se qualcuno della scuola lo vedesse, la sua copertura salterebbe."
Jimin annuì lentamente e continuò a fissare i fogli, scorrendo lo sguardo da un'informazione all'altra. Era come se gli ingranaggi del suo cervello andassero a rilento, perché davvero non riusciva a capire la ragione di quelle bugie. Era ancora incerto sulle parole dell'altro. Le prove, o più che altro dei piccoli indizi, glieli aveva forniti, ma era complicato crederci, dopo tutte le cose entusiasmanti che avevano fatto e le parole dolci che si erano scambiati.
"Ma..." si sforzò disperatamente di trovare qualcosa da dire, ma l'unica cosa che gli uscì fu un sussurrato: "Perché?"
"Perché cosa?"
"Perché vi fingete persone che non siete? Sempre ammesso che ciò che dici sia vero..."
Namjoon sospirò: "Siamo della polizia, Jimin. So che è difficile da assimilare, ma Yoongi non vuole parlartene, quindi credo che dovrò farlo io." disse, mettendo una mano al portafoglio sul cruscotto.
"Quanti anni dovresti avere, allora?" chiese, fissandolo quasi spaventato.
"Ventuno. E se non ci credi, qui c'è il mio distintivo, la mia patente, la carta d'identità... Non saprei in che altro modo farti capire che ciò che sto dicendo è la pura verità."
Jimin aveva il cervello in panne, intanto che analizzava assorto i tre documenti. Dopodiché sentì Namjoon sospirare: "Il motivo..." iniziò con voce roca e se la schiarì subito. "Il motivo per il quale Yoongi si è avvicinato a te, però..." si passò una mano sul viso e sospirò. "É complicato da spiegare... ma so che Yoongi non lo farà mai, quindi mi tocca."
Namjoon si voltò verso di lui con il busto: "Si è interessato a te per via di tuo padre."
Jimin sbatté le palpebre e l'altro notò la confusione e lo sconcerto del più piccolo.
"Okay, okay, meglio se inizio dal principio. Io e Yoongi - ma non solo noi, nella scuola che ne sono altri - siamo delle specie di infiltrati. Oltre al fatto che il preside ci ha ingaggiati, la polizia ha colto l'occasione per indagare su alcuni personaggi strettamente legati all'amministrazione economica della scuola. E tuo padre fa parte di questa lista."
Jimin non ne fu particolarmente colpito, dopotutto aveva già intuito che il padre facesse parte di una qualche cerchia pericolosa, ma ciò che lo trafisse letteralmente furono le parole seguenti di Namjoon.
"É questa la ragione per cui si è avvicinato a te."
Improvvisamente fu come se i suoi ricordi ebbero un flashback: l'assunzione da babysitter, l'uscita al centro commerciale, l'aiuto durante le risse, come gli era corso dietro prima del bacio in ascensore, la loro prima volta...
L'aveva fatto solo per... ingraziarselo? Tutto ciò che si erano detti era solo una messa in scena per arrivare a suo padre?
Gli occhi gli si riempirono di lacrime e il suo telefono scelse il momento meno opportuno per vibrare e segnalare una notifica, la quale Jimin aprì suo malgrado.
 
Da: Yoongi <3              
Ehi, dove sei finito?
 
Senza nemmeno salutare, aprì con uno scatto la portiera e la richiuse dietro di sé, sbattendola tanto forte da far traballare l'auto. Non rispose neanche al messaggio, ma scaraventò il cellulare a terra con una potenza tale da crepare interamente lo schermo e far saltare la batteria.
Quel bastardo, quando mesi prima stava frugando tra i documenti della casa ed era stato beccato dal più piccolo, non cercava davvero il suo numero di telefono. Yoongi voleva informazioni sul padre e lui gli aveva lasciato la strada concretamente sgombera da impicci.
Dannazione, quanto si sentiva stupido... Aveva praticamente raccontato il proprio mondo ad un bugiardo, al quale non fregava un cazzo delle stronzate che gli diceva. Provava un dolore nel petto, all'altezza del cuore, che quasi gli impediva di sentire Taehyung richiamare il suo nome dall'automobile. Praticamente corse verso casa e i genitori non ebbero nemmeno il tempo di chiedergli dove fosse scappato la sera precedente che Jimin si era già fiondato in camera, con le lacrime agli occhi.
Si tuffò sul letto e affondò il viso nel cuscino. Ormai aveva le guance fradice e fradicia lo era anche la federa. Nemmeno lui sapeva cosa credere. Avrebbe voluto tanto che fosse stato solo uno scherzo di cattivo gusto, ma le parole di Namjoon gli avevano fatto notare troppi particolari che accreditavano la teoria del poliziotto. Quando Yoongi aveva fatto saltare in aria la serratura della sua vecchia camera, per esempio...
Come cazzo aveva potuto dimenticarsi un avvenimento del genere?!
Si passò una mano sotto gli occhi e percepì qualcosa di freddo sulla pelle. Era il suo anello di fidanzamento. Cautamente, lo tolse dal medio e lo posò sul comodino: non voleva buttarlo via, perciò restò semplicemente a fissarlo, finché alla porta non sentì un leggero bussare. Lo riconobbe subito, quello era il tocco della madre. Jimin non disse niente, ma lei decise di entrare comunque. Il ragazzo si mise a sedere a gambe incrociate sul letto e continuò a guardare basso.
"Va tutto bene, tesoro?" domandò attentamente, ma il figlio si limitò ad annuire. Che cosa avrebbe potuto risponderle alla fine? 'Il mio fidanzato, nonché babysitter di Haneul, indaga su di noi perché papà è immischiato in qualcosa di grosso. Ah, Yoongi è anche un poliziotto ventiduenne'? Meglio di no, le sarebbe venuto un colpo.
"E allora perché piangi?" chiese chiudendo la porta ed avvicinandosi. "É successo qualcosa a scuola?"
Jimin scosse la testa negativamente.
"Tu e Yoongi avete litigato?" abbassò la voce e si sedette accanto a lui, carezzandogli maternamente i capelli.
'Teoricamente no...' avrebbe voluto rispondere, invece si appoggiò al petto della madre e sospirò: "Perché le persone mentono?" domandò sconsolato. La donna restò in un silenzio sconcertato per qualche minuto: "Come mai questa domanda, Jimin?"
"Rispondi, ti prego."
"A volte si mente per nascondere una sorpresa o qualcosa di bello." azzardò positivamente.
"E le altre volte?"
Lei sospirò: "Le altre volte si vuole mascherare una realtà che detestiamo..."
Jimin nascose il viso contro il petto della madre e la abbracciò, ma senza dire nulla. Fu lei la prima a parlare: "Yoongi ti ha mentito?" chiese preoccupata. Jimin annuì. "Cos'ha detto?"
Il ragazzo fece per aprire la bocca, ma le parole gli morirono sulle labbra. Avrebbe potuto spifferarle tutto, ma lei gli avrebbe mai creduto?
"Non voglio parlarne ora, mamma." rispose. Lei annuì, comprensiva.
"Se ne hai bisogno, io sono sempre qui per parlare." lo rassicurò con un sorriso. "Vuoi scendere giù? Puoi distrarti, intanto che mi aiuti a cucinare."
Jimin corrugò la fronte e la fissò, facendo una faccia della serie 'Stai scherzando?'. La donna si lasciò scappare una risatina e si arrese a quell'espressione: "Va bene, va bene... puoi fare da assaggiatore."
Il ragazzo abbozzò un sorriso e scese dal materasso. Sempre meglio che restare a crogiolarsi nei propri problemi, no?
Dopotutto l'atmosfera della propria camera gli stava stretta, su quel letto ci avevano fatto troppe cose, ci avevano costruito troppi ricordi, troppi momenti, ci avevano speso troppe parole dolci.
Seguì la madre giù per le scale, ma all'ultimo gradino si disse che forse sarebbe stato meglio rimanere a deprimersi sotto le coperte. Davanti a lui, o meglio, di fronte al padre, si ergeva Yoongi che parlava concitatamente con l'uomo. Il ragazzo si voltò solo quando sentì lo squittio sorpreso della donna e si lasciò andare in un sospiro di sollievo.
"Cavolo, Jimin, mi hai fatto prendere un colpo!" esclamò Yoongi, avanzando verso l'altro, il quale fece un minuscolo passo indietro. "Ti eri dimenticato che dovevamo andare a mangiare la pizza con Taehyung e gli altri?" gli posò una mano sulla spalla con un sorriso dolcissimo. Jimin fissò prima le sue dita, poi il suo viso e quelle labbra perfette che ora quasi lo disgustavano. Scrollò le spalle e gli rivolse un'occhiata di ghiaccio, sotto gli sguardi confusi di Yoongi e del padre.
"Vattene." gli sibilò contro e il ragazzo piegò la testa di lato, intanto che il suo sorriso si trasformava in una linea piatta e sconcertata.
"C'è qualcosa che non va?" chiese sbattendo le palpebre tanto innocentemente che Jimin avrebbe voluto ficcargli la testa nel water.
"Vattene a fanculo!" ripeté a voce più alta, tant'è che il padre lo guardò accigliato. Yoongi fece un passo indietro, senza capire.
“Ehi…” lo fissò un po’ offeso, ma soprattutto preoccupato.
“Io non ci parlo con i bugiardi!” gridò prima di scappare via sulle scale, verso la propria camera. Yoongi non perse tempo a rimanere interdetto e lo rincorse. In uno scatto, gli afferrò il polso e lo attirò verso di sé, con una forza bastante a farlo sbattere contro il proprio petto.
“Ma di che stai parlando?!” chiese stringendogli la mano, ma Jimin si tirò quasi subito indietro. Lo guardò dritto negli occhi per qualche secondo, tuttavia Yoongi fu il primo a distogliere lo sguardo, a disagio.
“È vero?” domandò con le lacrime agli occhi.
“Cosa?”
“Lui dice che… che hai ventidue anni…” sussurrò. All’improvviso ciò che stava dicendo gli sembrava una stronzata, come se, alla fine, quello di Namjoon fosse davvero tutto uno scherzo. Ma lo sbiancare veloce del viso già pallido di Yoongi gli fece aumentare il dolore al petto.
“Cristo… non dirmi che sei davvero un poliziotto…” mormorò incredulo, ma subito la sorpresa si tramutò in rabbia, pronta a esplodere in tutta la sua potenza.
“Jimin, posso spiegare…” sussurrò Yoongi, ma la voce del più piccolo sovrastò la sua.
“Mi hai davvero mentito per tutto questo tempo?!” gridò tanto forte che i quadri affissi al muro parvero vibrare. Le sue pupille erano dilatate e la mandibola stretta in una morsa pronta a scattare. Un ringhio gutturale si levò dalle sue labbra e le lacrime arrivarono a fiumi, premendo per uscire.
“Jimin, calmati, ti prego. Posso spiegare…” ripeté posando le mani sulle spalle del ragazzo.
“Che cosa? Cosa vuoi spiegare?!” urlò dandogli una spinta così forte da fargli fare due passi indietro. “Mi hai mentito, Yoongi! Mi hai mentito fin dall’inizio! E tutto perché volevi arrivare a mio padre!” esclamò tirando su col naso, mentre le lacrime gli iniziavano a rigare le guance. “Dovevi proprio illudermi? Ti fa piacere ferire le persone?”
Si passò le mani sotto gli occhi, indietreggiando verso la porta della propria camera da letto. Era amareggiato, triste, ma soprattutto incazzato e provava il desiderio impellente di scaricare tutta la rabbia su Yoongi. L’istinto di tirargli un pugno arrivò al limite quando si avvicinò a lui e chiese: “Chi te l’ha detto?”
Spalancò gli occhi per la rabbia e in tal modo anche le lacrime ebbero maggior via d’uscita.
Chi me l’ha detto?!” sbraitò, mentre si trasformava in una furia. “Qui non è questione di chi me l’ha detto, ma di perché cazzo l’hai fatto!”
Yoongi fece un passo indietro, preso in contropiede. Sapeva che Jimin aveva un carattere abbastanza infervorato, quando ci si metteva d’impegno, ma non credeva fino a quel punto.
“Dammi il mio anello!” gridò tra le lacrime, tuttavia Yoongi non si mosse di un millimetro e quello fece incazzare ancora di più Jimin.
“Dammi il mio anello, cazzo! Uno stronzo come te non se lo merita!” urlò di nuovo, ma la sua voce risuonò diversa, più stridente. Yoongi non voleva farlo. Togliersi l’anello gli avrebbe spezzato ancora di più il cuore, perciò si limitò a fissarlo con gli occhi lucidi, sussurrando appena un: “Perdonami…”
Jimin tirò di nuovo su col naso e prese la mano del più grande. Il cuore di Yoongi ebbe uno sfarfallio speranzoso, che però si trasformò in una crepatura quando gli sfilò la fedina dal dito medio e la strinse nel pugno, amareggiato.
“Sai una cosa?” sibilò con tanto rancore nelle proprie parole. Il petto di Yoongi ricevette una prima coltellata attenta e precisa.
“Avrei dovuto ascoltarti quando dicevi di non essere abbastanza per me.” sussurrò a voce abbastanza alta da farlo sentire solo a lui. E fu in quel momento che arrivò la seconda pugnalata al cuore, priva di tatto, impudente, dolorosa.
“Quella era l’unica cosa sulla quale eri sincero.”
Solo dopo avergli rivolto un’ultima occhiata irata che lo uccise dentro letteralmente, si richiuse la porta alle spalle, ma senza sbatterla. Si senti solo il giro delle chiavi nella serratura.
“È meglio che torni a casa, Yoongi…” percepì la voce della madre di Jimin farsi strada tra i suoi pensieri. Il ragazzo le rivolse uno sguardo a metà tra il dispiaciuto e il triste.
“Non volevo che lo scoprisse così…”  mormorò con gli occhi lucidi. La donna si avvicinò a lui e gli strinse una spalla: “Ci parlerò io. Tu adesso va’.”
Yoongi annuì lentamente e scese le scale, correndo via, sotto lo sguardo confuso del padre, il quale, sebbene non alla perfezione, qualcosa aveva colto della conversazione. Il ragazzo scappò da quella casa e, una volta raggiunto il vialetto, diede uno sguardo alla finestra di Jimin e gli sembrò di incrociare uno sguardo, ma quando sbatté le palpebre la sensazione sparì.
Era la prima volta che piangeva per Jimin. Piangere seriamente, però, per la tristezza, non dal ridere. Aveva provato un dolore simile quando il più piccolo era scappato da casa sua, prima del fatidico bacio, oppure quando il faccino deluso di Jimin gli si era presentato davanti quando aveva rifiutato il suo anello. Tuttavia il dolore, il senso di colpa, le crepe nel cuore, erano ancora più intense.
Pregò che Jimin non stesse male quanto lui. E forse, alla fine, le sue preghiere vennero ascoltate. Jimin non stava male quanto lui. Jimin stava molto peggio. 



Il mio spazietto: Mi hanno detto che in questo mio spazietto sono da prendere a pugni, ma sinceramente me gusta questa cosa e.e Tanto non mi potete prendere :3 *si becca una ciabatta in fronte*
Comunque... questo capitolo è molto... concentrato, come dire... Tutto sommato sono abbastanza soddisfatta, anche se avrei potuto rallentare le cose, MA l'action fa molto per me, quindi SBAM! Eccovi finalmente la rottura delle acque(?).
E nulla, come sempre, ditemi cosa ne pensate, con una - anche piccola - recensione ^^ Alla prossima ♥

 

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