Una strega in famiglia

di Jules_Weasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Il fischio del treno ***
Capitolo 3: *** 2. Arrivo ad Hogwarts ***
Capitolo 4: *** 3. I Tiri Vispi di Bellatrix ***
Capitolo 5: *** 4. Filtro d'amore per Alice Paciock ***
Capitolo 6: *** 5. I consigli di Lorcan ***
Capitolo 7: *** 6. La Mappa del Malandrino ***
Capitolo 8: *** 7. Quiddich e strane domande ***
Capitolo 9: *** 8. Muffin ai ribes ***
Capitolo 10: *** 9. L'importanza dell'Unicorno ***
Capitolo 11: *** 10. Lo Spirito del Patrono ***
Capitolo 12: *** 11. L'intervento ***
Capitolo 13: *** 12. Gita a Hogsmeade ***
Capitolo 14: *** 13. I Due Fuochi ***
Capitolo 15: *** 14. La partita ***
Capitolo 16: *** 15. L'infermeria porta consiglio ***
Capitolo 17: *** 16. Cattivi Presagi ***
Capitolo 18: *** 17. Sectumsempra ***
Capitolo 19: *** 18. Il Patronus di Shane ***
Capitolo 20: *** 19. No place I'd rather be ***
Capitolo 21: *** 20. Finalmente ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


UNA STREGA IN FAMIGLIA



Prologo



Era in ritardo, dannazione! Per l'ennesima volta in ritardo. Si costrinse a restare calma, mentre percorreva a fatica le banchine di King's Cross, ignorando gli sguardi incuriositi delle persone intorno a se. Del resto, poteva comprendere il loro stupore. Non capita spesso di veder passare una ragazza che si trascina dietro un enorme baule fuori foggia. Insieme a una civetta in gabbia, per giunta. Riusciva a stento a indirizzare correttamente il carrello, per via del peso del bagaglio. Aveva paura che le sfuggisse di mano e andasse a sbattere contro qualcuno. Non era davvero il caso che il baule si rovesciasse e rivelasse il suo contenuto. Un manico di scopa e una bacchetta erano qualcosa di difficile da spiegare a un controllore Babbano. Continuava a guardare l'orologio, a rischio di sbandare, perché mancavano solo dieci minuti alla partenza del treno. Inutile provarci, la puntualità non sarebbe mai stata il suo forte. Era in ritardo anche la prima volta che aveva preso l'espresso per Hogwarts, sei anni prima.



Penny, scendi a fare colazione!” gridò sua madre dal piano di sotto.

Altri cinque minuti” rispose la bambina. “Voglio solo dormire un altro pochino”. Cinque minuti dopo vide sua madre Anne fare capolino dalla porta. In mano aveva un vassoio.

Colazione a letto!”, disse porgendole una tazza di latte caldo e dei biscotti. Penny sorrise. Hai una faccia strana, mamma”. La ragazzina aggrottò un la fronte, senza capire. Anne rise.

E' il tuo compleanno!” esclamò. “Mia figlia è davvero una ragazzina smemorata”. Ad essere onesti, Anne non mentiva. Penny aveva sempre la testa fra le nuvole, o comunque non l'aveva mai dove avrebbe dovuto essere. Aveva dimenticato che era il 3 agosto.

Il mio compleanno?” esclamò stupefatta.

Undici anni fa ho dovuto faticare parecchio per tirarti fuori” disse ridendo.Quindi sono certa che sia oggi”.



Penny fece colazione e si vestì in fretta. I suoi genitori avevano promesso di portarla in giro per Londra a fare acquisti per il nuovo anno scolastico. Aveva undici anni ora, e a settembre avrebbe iniziato la scuola. Scese da basso e vide suo padre che lavava le tazze sporche della colazione. Si asciugò le mani e corse a prenderla in braccio.

Buon compleanno coniglietta!”esclamò scoccandole un bacio sulla guancia. “Non posso credere che tu abbia già undici annidisse. “Sto diventando vecchio”. Suo padre Jack aveva appena compiuto trentasei anni. Anne aveva un anno in più. Erano giovani, entrambi. Secondo Penny, suo padre era l'uomo più bello del mondo. Aveva profondi occhi verdi, che lei aveva ereditato, e capelli biondo cenere. Anne invece aveva occhi nocciola e capelli neri e lunghi, come quelli di Penny. Suo padre la mise giù.

Prima di uscire devi scartare i regali” le ricordò. Giusto, i regali! La parte migliore dei compleanni, secondo Penny. Non vedeva cosa ci fosse da festeggiare. Perlomeno, fino a quel giorno.

Jack” gridò Anne dal corridoio. “Ti ho detto che prima di pranzo passerà mio padre?”

No” rispose il marito. Penny si consolò: non era l'unica smemorata in casa.

Viene il nonno?” chiese, allegra. Adorava quel vecchio stravagante. Purtroppo non aveva mai conosciuto la nonna; era morta quando aveva appena tre anni. Suo padre era rimasto orfano presto, quindi anche gli altri nonni non aveva avuto la fortuna di conoscerli. L'unico parente che avesse, all'infuori di Anne e Jack, era nonno Arnold. Portava capi d'abbigliamento particolari, era eccentrico nei modi e diceva sempre quello che pensava. Anne pensava che fosse del tutto incapace di mantenere i segreti. Non aveva idea di quanto si sbagliasse. Verso le dieci il campanello suonò e la bambina corse ad aprire la porta.

Nonno!” esclamò saltando in braccio ad un signore molto anziano, ma comunque arzillo. Aveva una capigliatura canuta, ma ancora folta. Nel suo aspetto c'era qualcosa di curioso: i capelli gli arrivavano molto oltre le spalle e spesso li teneva raccolti in una coda, come anche quel giorno. Indossava una casacca rosso rubino con degli strani simboli, e pantaloni larghi, color prugna.

Papà, come ti sei conciato?” lo apostrofò Anne. “Sembra che tu abbia aperto l'armadio e scelto i vestiti a occhi chiusi”. Non riusciva ad abituarsi al modo di vestire di suo padre. Troppo eccentrico, per i suoi gusti.

Non ti piace?” si limitò a chiedere Arnold. Anne sospirò, rassegnata.

A me piace!” rispose Penny. Il nonno si sciolse in un sorriso.

Non avevo dubbi, sei l'unica che mi capisce” le rispose dandole un pizzicotto sul naso. Mentre si svolgeva quella scenetta famigliare, suo padre decise di andare a prendere la posta, che quel giorno non aveva ancora controllato. C'erano parecchie lettere, la maggioranza delle quali scartoffie. Iniziò ad elencare ad alta voce tutto quello che il postino aveva recapitato.

Un'altra lettera della mia prozia australiana” disse annoiato.Ancora viva, a quanto pare”. Al rimprovero di sua moglie seguì la risata di Penny.

Che c'è? Ha novantanove anni ed è più in forma di me” si giustificò lui. Poi continuò l'elenco con voce cantilenante. Un estratto conto della banca, bolletta della luce, quella dell'acqua e...Si interruppe. Sua moglie si avvicinò ed esaminò la busta che Jack continuava a rigirare tra le dita.

Che cos'è?” chiese Penny.

Una lettera per te” disse Anne. Hai idea di chi te l'abbia spedita?” Non le era mai capitato di ricevere qualcosa indirizzato a lei. Riuscì, dopo qualche resistenza, a strappare la busta dalle mani di suo padre. Tornò a sedersi sul divano, accanto al nonno. In effetti era una busta strana: carta spessa, inchiostro verde, nessun francobollo. Guardò il nonno negli occhi, e con sua sorpresa si accorse che la cosa lo lasciava indifferente. Non era curioso. Interessato, ma era come se sapesse cosa aspettarsi. Più che altro guardava le reazioni di Penny. La bambina sentiva che quella lettera avrebbe significato qualcosa. Sulla busta erano scritti il suo nome, il suo indirizzo e perfino Cameretta al piano di sopra. Ma come faceva, chi l'aveva spedita, a sapere dove dormiva? Voltò la busta e notò un sigillo particolare che la chiudeva. Era uno stemma con quattro simboli: un serpente, un tasso, un corvo e un leone. Che strano...” mormorò aprendo la busta. Quando lesse il contenuto della lettera sbiancò e poi sorrise, raggiante. Porse la lettera al nonno, che non la lesse neppure. Rimase impassibile a contemplare l'espressione esterrefatta della nipote. “Oh cavolo!” Sembrava essere tutto ciò che Penny era in grado di dire in quel frangente. Suo padre le prese la lettera dalle mani e la lesse, in preda allo stupore. “Chi è che si permette di fare scherzi così stupidi a una bambina?” chiese. Era una domanda a cui non si aspettava di ricevere risposta, ovviamente. Appena si accorse dell'espressione irritata che sfoggiava sua moglie – l'unica a non conoscere ancora il contenuto della busta – si affrettò a darle la lettera. Anne la lesse ad alta voce.



Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts

Direttore: Minerva McGranitt.



Cara Miss Shane, siamo lieti di informarla che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie. I corsi avranno inizio il 1o settembre. Restiamo in attesa della Sua risposta via Gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v. Con ossequi,

Minerva Mcgranitt





E' uno scherzo infantile” commentò restituendo la lettera alla figlia. “Vorrei tanto sapere chi la manda”. Penny rimase delusa. I suoi genitori sembravano convinti fosse uno scherzo, ma lei sperava tanto non lo fosse. Tutto avrebbe avuto senso. Era sempre a disagio con gli altri, aveva sempre la testa tra le nuvole, a immaginare un mondo magico che aspettava solo che lei lo scoprisse. Inoltre, c'erano quei piccoli… incidenti. Le capitavano di rado, ma non poteva negare che fossero strani avvenimenti. L'unico a cui ne aveva parlato era nonno Arnold, l'unico che potesse capirla. Il suo confidente. Gli aveva rivelato che una volta un'enorme verruca era spuntata sulla fronte di un ragazzino che la perseguitava, dopo che lei aveva espresso quel desiderio. Non l'aveva neppure detto ad alta voce, ma era successo. Un'altra volta l'insegnante aveva maltrattato un bambino più piccolo di fronte a tutta la scuola. Aveva desiderato di vederla scivolare in maniera ridicola e all'improvviso una buccia di banana era spuntata per terra e lei ci era inciampata sopra. In principio si era aspettata che il nonno le desse della bugiarda o la credesse troppo fantasiosa. Invece il nonno rideva, le dava un buffetto sulla testa e ripeteva che a suo tempo aveva fatto “di peggio”. Ovviamente non si era mai sognata di dire nulla ai suoi genitori. A quel punto prese coraggio e parlò. Io non penso sia uno scherzo”. Lo sguardo dei suoi era a dir poco esterrefatto.

Ma Penelope, non puoi davvero pensare di essere...”

Una strega” concluse il nonno, alzandosi dal divano.

Papà, ma capisci che non può...”

E perché? Perché non dovrebbe esserlo, Anne? Sei sempre così categorica, pensi di sapere ogni cosa, figliola”. Non c'era traccia di rimprovero nelle sue parole, solo desiderio di essere compreso.

Nonno, mi credi? Credi alla lettera?” chiese Penny.

Sicuro!” affermò risoluto.

Arnold ti prego, non incoraggiare queste fantasie, ne ha già abbastanza per conto suo. E, scusa se lo dico, in parte è anche colpa tua” disse Jack senza trattenersi.

Non incoraggio fantasie, dico le cose come stanno. Per come la vedo io, sono l'unico che sta parlando con un po' di buonsenso. Ti faccio una domanda, anche se so già la risposta” disse. Penny restò in attesa.

Fai mai capitare qualcosa? Qualcosa che non ti spieghi, intendo”.

Nonno, te l'ho dettorispose. “Non voglio dirlo davanti a loro” disse, occhieggiando verso i genitori. Era decisamente infastidita dalla loro presa di posizione.

Detto cosa?”, chiesero Anne e Jack, all'unisono.

Devi ripeterlo per loro” disse indicandoli con fare superiore, come se stesse parlando di due idioti. Non che lo fossero realmente. Erano solo… Babbani. Penny stava ancora cercando le parole giuste per raccontare loro gli episodi a cui si riferiva il nonno.

Incidenti” rispose. Raccontò tutte le volte in cui, negli anni, aveva ardentemente desiderato qualcosa che si era avverato.

Casualità” disse Anne, poco convinta dalle sue stesse parole. Era evidentemente turbata da quelle rivelazioni e dalla tranquillità di suo padre, soprattutto.

No mia cara, la bambina ha talento. Sei tu ad avere pregiudizi Babbani. Tua madre non era così, per fortunaconcluse. Sorrise. Lo faceva sempre quando parlava della moglie. Penny sapeva che era stato un grande amore, e riusciva a vederlo nello sguardo di Arnold, quando nominava la nonna.

Papà temo che tu non sia in te oggi” concluse Anne, confusa.

La magia non esiste”, disse Jack.

Buffo che lui dica esattamente quello che disse mio padre, quando mi venne recapitata la lettera” rispose Arnold divertito. Aveva sussurrato quelle parole all'orecchio della nipote, senza permettere agli altri di udirle. Penny rimase paralizzata dalla sorpresa. Suo nonno… era un mago!

Prego?” disse Anne, che non era riuscita a sentire cosa il padre avesse detto.

Nulla di rilevante, ogni cosa a suo tempo. Parleremo anche di questo. Sono più di trent'anni che te ne devo parlare”. Sembrò rabbuiarsi per un attimo, ma poi tornò sereno. Perlomeno, all'apparenza. Stava cercando di aiutare sua nipote.

Ma insomma che sta succedendo?!” Suo padre aveva alzato la voce: cattivo segnale, pensò Penny.

Mi sembra chiaro, tua figlia è una strega” disse rivolto al genero.

Ma non è possibile, non abbiamo nemmeno precedenti in famiglia. Li ho persi presto, ma so per certo che i miei non erano stregoni”.

Infatti, che esempi abbiamo in famiglia?” disse Anne, sicura. Ma il sorrisetto che sfoggiò le morì sulle labbra quando vide quello del padre. Un sorriso a trentadue denti, che stava indirizzando a Penny.

Non ci posso credere!”, disse Anne. “Tu saresti, tu sei un...”

Si. Quando avevo undici anni la reazione di mio padre Babbano fu la stessa che hai avuto tu” disse.Visto che non sospettava minimamente che mia madre, tua nonna, fosse una strega. La faccenda fu scioccante per lui” disse ridendo al ricordo. Poi iniziò il racconto senza curarsi delle espressioni basite dei genitori di Penny. La bambina, dal canto suo, era più affascinata che basita. Voleva sapere tutto di quel mondo magico di cui il nonno non aveva mai parlato. Un mondo del quale un giorno avrebbe fatto parte anche lei.

Ricevetti la mia lettera il giorno del mio undicesimo compleanno e frequentai Hogwarts per i sette anni previsti dalla legge magica, sotto il grande preside Dippet. Bei tempi! Quanto mi sono divertito a scuola. Ma torniamo a noi... quando la lettera arrivò tua nonna mi portò a comprare ciò che serviva per la scuola e io rimasi elettrizzato dal mondo magico. Ti piacerà, Penny” disse, strizzandole l'occhio. “Adoravo farne parte, ne faccio parte tutt'oggi. La maggioranza dei miei amici sono maghi e streghe che frequentavano la mia scuola. Anche la tua madrina, mia cara”, disse lasciando la figlia di stucco.

Papà, dimmi che è uno scherzo...” biascicò lasciandosi cadere su una sedia, lo sguardo perso nel vuoto.

Niente affatto, figliola. Io e la tua amata madre decidemmo che sarebbe stato meglio non parlartene. Te lo avrei detto solo e soltanto se fosse arrivata la lettera da Hogwarts, ma non accadde ed entrambi ritenemmo più saggio lasciarti nell'ignoranza, per così dire” spiegò.

La mamma?” chiese sorpresa. “La mamma era una strega?” Non sembrava affatto pronta ad assorbire tutte quelle informazioni, che Penny bramava con tutta se stessa.

Oh no! Era Babbana. Per amor suo sono sempre vissuto in questo quartiere babbano, porto vestiti babbani e ho avuto un'esistenza apparentemente babbana, ma tua madre l'ha sempre saputo. Conosceva la mia natura da prima che ci sposassimo. Non nego che inizialmente ne fu sorpresa, ma la prese meglio di quanto mi aspettassi. Non solo mi sposò, ma era ben lieta di vedermi usare la magia in casa e di accompagnarmi spesso nei quartieri magici, a casa di amici o in altre occasioni. Era consapevole del fatto che nostro figlio avrebbe potuto ereditare i miei poteri, ma così non fu. Per questo non hai mai saputo nulla e per questo ho continuato a vivere come un babbano. Non volevo ti sentissi in difetto. Non mi è costato poi tanto, ero cresciuto normalmente, avendo un padre Babbano”.

Dopo tutta quella spiegazione Anne non riuscì a dire nulla se non: “In difetto?” E Arnold la guardò con aria stanca, per la prima volta. Tentò di spiegarle il proprio punto di vista. Anne, proverò a farti comprendere. Tu avresti potuto essere una non-strega. Vivere in un posto pieno di magia senza poterla esercitare non è bello. Saresti stata considerata una Magonò e chissà quanti traumi ti avrebbero procurato le prese in giro dei coetanei”.

Mago-che?”, domandò Jack con espressione confusa. Era decisamente sopraffatto, pensò Penny.

Un Magonò è qualcuno che, pur essendo figlio di un mago o di una strega, non ha ereditato alcun potere magico. Spesso queste persone tendono a sentirsi frustrate, e io non volevo che accadesse a mia figlia” spiegò. “Non hai nulla da invidiare a nessuno” disse, stavolta rivolgendosi alla figlia. Anne sembrò colpita dal gesto del padre e gli rivolse un sorriso.

Naturalmente ora entrambi ci sarete dentro con tutte le scarpe” riprese Arnold, con più leggerezza.A quanto pare la magia ha saltato una generazione. Ne ero quasi sicuro che sarebbe toccato a lei, me lo sentivo fin dalla sua nascita” disse strizzando l'occhio a Penny. Lei non stava più nella pelle. Suo nonno era un mago. Era arrivata una lettera. Era una strega. Fin troppe cose per essere apprese nell'arco di venti minuti. Intanto il nonno spiegava cosa avrebbero dovuto fare, dove andare a comprare il materiale per la scuola, parlava di bacchette e calderoni in peltro. Ma lei non lo stava più ascoltando. Sarebbe andata alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, e tanto le bastava per scoppiare di gioia. I suoi genitori sembravano più tranquilli man mano che il nonno parlava, anche se Penny era sicura che stesse omettendo molte informazioni, a beneficio del loro equilibrio psicologico. Passato lo stordimento iniziale la abbracciarono e la rassicurarono: avrebbe avuto tutto il loro sostegno, poiché non l'avevano mai vista più felice. “Congratulazioni” disse il nonno a suo padre, “abbiamo una strega in famiglia”.


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Capitolo 2
*** 1. Il fischio del treno ***


Capitolo uno



Il fischio del treno



Arrivò davanti al binario 9 e ¾, accaldata per la corsa. Si voltò e scorse il nonno e la madre che le correvano dietro. “Penny” la chiamò sua madre ansante, “non ce la faccio a starti dietro. Hai sedici anni e io ne ho quarantaquattro, abbi pietà di me”. Le raggiunse anche il nonno. Il padre aveva avuto un impegno, ma era la prima volta che non la accompagnava anche lui. Di solito c'erano tutti e tre, fin dal primo anno.

Hai abbastanza danaro?” le chiese Arnold, per l'ennesima volta.

Si, nonno”. Negli anni, Penny aveva scoperto che il nonno lavorava al Ministero della Magia, e che aveva messo da parte del danaro, custodito dai folletti alla Gringott, la banca dei maghi. Aveva sempre accarezzato la speranza di avere, se non un figlio, almeno un nipotino con i suoi stessi poteri. E così era stato. Arnold aveva versato più della metà dei propri averi in un conto intestato a Penny. “Dunque” disse sua madre, “cerca di tenere alta la media dei voti, stai attenta in classe e non cacciarti nei guai”. Penny sbuffò.

Ha ottenuto il massimo dei voti ai G.U.F.O, l'anno scorso” la difese il nonno. “Osi lamentarti di mia nipote?” Era ufficialmente il suo mito! Lo era sempre stato, del resto. Cerca piuttosto di divertirti, visto che è il penultimo anno. L'anno prossimo avrai gli esami finali, quelli tosti. Ne so qualcosa, io. Quindi vedi di goderti il tuo sesto anno, nipote”. Penny sorrise. Chissà perché le “raccomandazioni” di suo nonno erano sempre quelle che le piacevano di più. Annuì, scoccò rapidamente un bacio sulla guancia ad entrambi e un secondo dopo si trovava dall'altra parte della barriera. Il treno per Hogwarts era lì ad aspettarla: rosso, brillante e lucido come sempre. Vide molti volti conosciuti e tutti i ragazzi avevano un baule simile al suo. Spinse il carrello davanti a se e si avvicinò al treno, che già sbuffava. All'improvviso li vide e affrettò il passo. I suoi migliori amici erano lì davanti, probabilmente ad aspettarla. Albus! Rose!” gridò. Due ragazzi della sua stessa età le andarono incontro.

Penny” disse il ragazzo abbracciandola, “sei sempre la solita. Mai una volta che tu sia puntuale, proprio come mia cugina”.

Io?” ribatté Rose piccata, “io sono sempre puntuale”. Albus rise.

Ne abbiamo mille di cugini” rispose.Chi ti dice che io stia parlando di te? Non sei il centro del mondo”. Rose si limitò a fare una smorfia.

Mi siete mancati così tanto quest'estate” disse Penny. “Mi è mancato persino vedervi bisticciare”.

Ci sei mancata anche tu” rispose Albus sorridendo.

Perché non mi sei venuta a trovare? Ti avevo scritto di farlo...” chiese Rose. Penny sapeva che era seccata. L'avevano invitata entrambi. I Potter e i Weasley erano vicini di casa, perciò avrebbe potuto passare il tempo sia con Rose che con Albus, i suoi più cari amici. Non le perdonavano di non essere andata.

Mi sarebbe piaciuto, ma i miei erano così felici di avermi di nuovo a casa...” si giustificò. Rose e Albus storsero il naso. “Giuro che quest'estate mi farò perdonare”. “E ci verrai a trovare?” chiese l'amica.

Hai un tono piuttosto minaccioso Rose, quindi sì” le rispose guadagnandosi una gomitata.

Due uomini sulla quarantina si avvicinarono ai tre. Uno aveva folti capelli neri e spessi occhiali tondi, mentre l'altro lo si sarebbe notato a chilometri di distanza. Era un po' stempiato, ma il colore rosso acceso dei suoi capelli era ancora ben visibile.

Forza ragazzi, è ora di partire”, disse quest'ultimo. Era Ron, il padre di Rose.

Buongiorno signor Weasley”.

Buongiorno a te Penny” rispose gentile.

Coraggio, gli altri sono già tutti sul treno” li incitò l'altro.

Buongiorno signor Potter” disse, guadagnandosi un'occhiataccia.

Penny, sono sei anni che ti dico di chiamarmi Harry. Mi fai sentire vecchio” le ripetè per la millesima volta. Penny non riusciva ad abituarsi all'idea di chiamare per nome il salvatore del Mondo Magico, anche se era il padre di Albus.

Papà, ma tu sei vecchio!”, disse Al, calcando sull'ultima, orribile parola.

Albus Severus Potter, levati di torno prima che io possa acciuffarti!” gli rispose suo padre. In men che non si dica Al si dileguò in cerca di una carrozza libera sul treno. Rose si girò verso Penny e ridacchiò. “Mai mettersi contro il Prescelto” dichiarò con un sorrisetto,“nemmeno se sei suo figlio”.



Dopo aver salutato gli innumerevoli parenti di Al e Rose, compresi Harry Potter e tutta la combriccola degli eroi della Seconda Guerra Magica, poterono finalmente salire sul treno. Raggiunsero Al nello scompartimento in cui si era sistemato per sfuggire all'ira del padre. Albus somigliava molto a Harry. Magro, capelli neri, occhi verdi come quelli della nonna, Lily Evans. Era coraggioso e leale, proprio come suo padre: un vero Grifondoro. E pensare che quando lo aveva conosciuto, sul treno di andata per Hogwarts, era terrorizzato all'idea di finire in Serpeverde. Sua cugina Rose aveva capelli rosso carota in perfetto stile Weasley, ma i tratti del volto erano quelli di sua madre, e le sue gote erano cosparse di lievi lentiggini. Avevano un'infinità di cugini, dato che i fratelli Weasley erano sei. Rose e Al erano sempre stati particolarmente legati. Non era solo un legame di sangue. Erano molto amici, oltre che parenti.

Credevo di non farcela, proprio come la prima volta” asserì Penny, stravaccandosi sul sedile, accanto ad Al. “Anche quella volta avevo un'ansia incredibile”.

Siamo nostalgici, oggi” la canzonò l'amico.

Io me lo ricordo fin troppo bene” commentò Rose, “mi sei venuta a sbattere addosso”. Penny rise, era impossibile ribattere. Era la pura verità. Si erano conosciute così, lei e Rose.

Eri proprio imbranata”.

Vero”, ammise. La risposta di Rose non giunse mai alle sue orecchie, perché sopraffatta da un fischio lungo e prolungato. Per loro era un suono familiare, come per un neonato lo è quello della voce della madre. Un suono dolce e carico di significato. Il treno era partito. Il loro sesto anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts era appena iniziato.







Penny correva, cercava il binario dappertutto, ma senza alcun successo. Aveva lasciato suo nonno e i suoi genitori indietro. Non poteva permettersi di camminare, doveva correre. Mancavano ancora venti minuti alle undici, ma lei non sapeva neppure dove stesse andando. Magnifico! Non sapeva cosa sarebbe successo se non fosse riuscita a prendere il treno. Purtroppo la memoria di Arnold aveva deciso di fare cilecca proprio quel giorno. Il giorno più importante della vita di sua nipote. Era vitale per lei sapere dove si trovasse il binario 9 e ¾, ma non appena erano giunti a King's Cross il nonno si era reso conto di non ricordare dove fosse la colonna attraverso la quale, a quanto le aveva detto, sarebbe arrivata al binario. Penny stava per perdere la speranza, ma vide delle persone strane. C'erano dei bambini della sua età. Tutti avevano un carrello con un grosso baule sopra. Alcuni avevano anche una gabbia con un gufo, altri un cesto che sembrava contenere un qualche altro animale. “Probabilmente un gatto” si disse, visto che la lista diceva che gli studenti potevano portare un rospo, un gufo, o un gatto. Si assicurò che i suoi genitori non l'avessero persa di vista, affinché non si preoccupassero, e si lanciò all'inseguimento di quel bizzarro gruppo di persone. Sembravano una famiglia, in realtà. Oppure nel mondo magico c'era una specie di legge che imponeva di tingersi i capelli di rosso. Ma riteneva più probabile la prima opzione. “Forza, ci siamo quasi Al. Il binario è vicino” disse una donna, all'incirca dell'età dei suoi genitori. Il bambino al quale si rivolgeva, stranamente, non aveva i capelli rossi come quelli di lei, ma neri. Un altro, che avanzava a capo del gruppetto, sembrava voler affermare la propria esperienza, guidandoli. Probabilmente era più grande ed era già stato ad Hogwarts, pensò Penny. Ad un certo punto si arrestarono tutti di fronte ad una colonna. “Il passaggio di cui mi ha parlato il nonno” pensò. In quel momento fu raggiunta dalla propria famiglia.

Nonno” chiese. “Si passa da lì?” Arnold si limitò ad annuire. Lei guardò i mattoncini rossi che componevano la colonna, preoccupata. Non le andava per niente di sbattere la testa contro il muro.

Non mettere su quel faccino preoccupato” disse il nonno. “E' una cosa semplicissima. Fai una bella corsa e in men che non si dica sei dall'altra parte della barriera”. E così fece. Chiuse gli occhi e attraversò di corsa il muro. Non aveva fatto in tempo a mettere piede dall'altra parte che, ancora ad occhi chiusi, andò a cozzare in pieno contro una bambina della sua età.

Sta' attenta!” disse, massaggiandosi la parte lesa.

Scusami, sono un po' nervosa...” si giustificò. La bambina sembrò capire e si limitò a sorriderle. Le stava già simpatica. Con quei capelli rossicci e le lentiggini sparse sul viso. Le tese timidamente la mano e l'altra la strinse prontamente.

Penelope Shane, ma chiamami Penny”. La bambina dai capelli rossi non fece in tempo a dirle il suo nome. Una donna le interruppe. Aveva i capelli scuri e un cipiglio deciso.

Rose Weasley, spostati di lì” disse. “E' un passaggio, non potete stazionare là davanti”. Non era arrabbiata, sorrideva anzi. Probabilmente stava ricordando il giorno in cui era stata lei a partire da King's Cross.

Non mi presenti la tua nuova amica?” chiese dolcemente. Penny le sorrise.

Si certo! Lei è Penelope”.

Penny va bene” specificò lei.

D'accordo, Penny. È la prima volta anche per te immagino”.

Si, signora Weasley”.

Hermione va bene” disse ricalcando le sue stesse parole. “Mi ricordo il giorno in cui anche io sono arrivata a scuola per la prima volta”.

Un secolo fa”, disse un bambino spuntato da dietro la signora. Sorrise a Penny, che ricambiò. Era il bambino che aveva visto a capo della famiglia che aveva passato la colonna poco prima di lei.

James!” fece la donna, in tono giocoso. Si vedeva che erano in confidenza. Doveva essere una grande famiglia, pensò Penny, che ancora non sapeva quanto grande era la famiglia Weasley-Potter.

Sì zia?” rispose con aria innocente.

Aspetta che lo dica a tua madre...” lo minacciò, “o forse preferiresti una bella fattura? Sai che sono una strega brillante, vero? E non credo che Harry o Ginny se la prenderebbero, visto come li fai dannare”. James borbottò qualcosa e si dileguò.

Ci vediamo sul treno” gridò a Rose. Un attimo dopo era sparito.

Che ficcanaso impertinente!” disse Hermione. Si notava un tono molto affettuoso in quelle parole.“Andare a scuola lo ha anche peggiorato”.

Mio cugino è al secondo anno” spiegò Rose. Penny lo trovava simpatico. Impertinente, ma simpatico. Anche carino, a dirla tutta. Improvvisamente vide un altro bambino dirigersi verso di loro. “Rose, dobbiamo salire. Non credo tu voglia andare a Hogwarts a bordo di una Ford Anglia volante per aver perso il treno”. Rose rise. Evidentemente c'era un riferimento che Penny non aveva colto. Non poteva coglierlo, ovviamente. Era un aneddoto riguardante la famiglia.

Perché no?” scherzò lei.

Perché non voglio atterrare sul Platano Picchiatore”.

Non capisco una sola parola di quello che dite” si lasciò scappare Penny. Il bambino parve accorgersi della sua presenza. Sembrava molto timido anche lui.

Lei è Penelope, cioè Penny” la presentò Rose.”Lui è mio cugino Albus”.

Al” precisò lui porgendole la mano. A quanto pareva nemmeno lui gradiva troppo essere chiamato col suo nome per intero.

Ma quanti cugini hai?” le chiese Penny, stordita da tutte quelle presentazioni.

Oh, non lo puoi neanche immaginare” rispose Rose, ridendo.

Quando salirono sul treno si accomodarono tutti nello stesso scompartimento, Penny, Al e Rose. I due tentarono di spiegare com'era composta la loro famiglia a Penny che, avendo solo tre parenti stretti e nessuno che fosse della sua età, faticava a capire tutti quegli intrecci.

Mia madre Ginny Weasley è sposata con Harry Potter, il migliore amico di mio zio Ron, fratello di mia madre e sposato con zia Hermione, a sua volta migliore amica di mio padre”.

Non andare così veloce, la confondi” gli fece notare Rose. “I miei genitori hanno avuto me e Hugo, mio fratello minore, che ha la stessa età di Lily Luna”. Penny era sempre più confusa sulle parentele di quella bizzarra famiglia, che col tempo avrebbe imparato a menadito.

Lily Luna è la mia sorellina” spiegò Al. “Mio padre non ha fratelli, ma mia madre ne aveva sei. Ne ha cinque ora” disse. “Non ne parla molto, ma hanno perso un fratello, Fred, durante la Seconda Guerra Magica”. Penny si limitò a dire che le dispiaceva. Aveva cercato di apprendere più informazioni possibili sulla storia del mondo magico, sapeva che l'ultima guerra aveva mietuto molte vittime.

Però un Fred c'è comunque in famiglia” disse Rose, cercando di alleggerire l'atmosfera. “Lo zio George ha chiamato il figlio maggiore come il suo gemello. Non credo, in tutta onestà, che si riprenderà mai del tutto”.

Be', è bello che abbia chiamato suo figlio come il fratello”. Fece appena in tempo a parlare prima che la porta della carrozza venisse spalancata dallo stesso ragazzino che aveva visto alla stazione.

Vi ho sentito fare la lista delle nostre mille noiose parentele” disse giocoso. “Siete davvero decisi ad annoiarla, quindi”.

Chi ti ha invitato James?” disse Al.

Dovresti portare più rispetto al tuo fratello maggiore” lo ammonì l'altro.

Jamie, o ti siedi o la smetti di scocciarci e torni da dove sei venuto” fece Rose.

Quanto mi ricordi Hermione Granger quando usi quel tono” le rispose ridendo.

Comunque” aggiunse, “avete scordato di dire che abbiamo ancora due cugine e un cugino da zio Bill, due cugine da Percy, e un'altra ancora da zio George”.

Sono finiti?” chiese, atterrita all'idea che ci fossero altri parenti.

Si” le disse Al. “Ringraziando Merlino, lo zio Charlie sembra intenzionato a restarsene insieme ai draghi in Romania, senza mettere su famiglia”.

Dev'essere bello” affermò.

Essere il fratello di Al?” scherzò James. “Non proprio”. Al gli fece una smorfia.

Avere una famiglia numerosa, voglio dire. Io non ho nemmeno un cugino” rispose Penny. Le sarebbe piaciuta una famiglia così allargata.

Come sarebbe a dire?”, chiese Rose.“Fratelli o sorelle?”

Nemmeno”.

Magnifico” soggiunse Al, guardando James di sottecchi. Penny immaginò che dovesse essere un tipo piuttosto fastidioso, quando ci si metteva. Ne aveva tutta l'aria.

Non direi proprio. Ho solo mamma, papà e nonnodisse. “Lui è un mago, ma ce l'ha rivelato solo quando è arrivata la mia lettera”.

Ai tuoi sarà preso un accidente” disse Rose. Penny annuì, ripensando alla scena.

Mia madre è tuttora scioccata, temo. Ha scoperto che suo padre è un mago e che le ha tenuto nascosto tutto perché pensava che farla crescere nel mondo magico sarebbe stato… indelicato”.

Ha fatto bene” rispose Al. Meglio crescere fra i Babbani che nel mondo magico, se sei un Magonò”.

Oh sì! Ne sa qualcosa Gazza” ridacchiò James. “Gazza, il custode di Hogwarts, è terribilmente frustrato per questo, e se la prende con tutti gli studenti” spiegò a beneficio di Penny.

L'ha sempre fatto, dice papà...Una ragazza sbucò alle spalle di James. Era bellissima. Capelli biondi e lunghi, occhi azzurro chiaro e un incarnato pallido. “Lei è nostra cugina” spiegò Albus, “la figlia maggiore di zio Bill e zia Fleur, sta per iniziare il suo settimo anno.”

Dovresti farti fare un albero genealogico per capire la nostra famiglia” aggiunse la ragazza. “Io sono Victoire”.

Penny” disse lei, sporgendosi per stringerle la mano. La ragazza le sorrise e il volto le si illuminò; c'era qualcosa di innaturale nella bellezza di Victoire. Solo in seguito avrebbe scoperto che quella sensazione era frutto del sangue Veela che scorreva nelle sue vene.

Torno nel mio scompartimento, ti lascio in buone manidisse guardando Rose e Al.E tu non dare fastidio Jamie” lo ammonì. James sbuffò e fece una smorfia, mentre la ragazza usciva dallo scompartimento. Penny iniziava a chiedersi perché mai tutti si raccomandassero con quel ragazzo.

Penserai che io sia una persona terribile” disse James. Le leggeva nel pensiero? “Ma tu lo sei Jamie!” rispose Al. L'aveva vista imbarazzata. Penny avrebbe imparato che Al aveva il talento di capire quando una persona era a disagio ed era sempre felice di togliere qualcuno dall'imbarazzo, se poteva. “Per tutta l'estate non hai fatto altro che terrorizzare me e Rose sulle prove che avremmo dovuto affrontare per essere smistati nelle Case”.

Già”, confermò la ragazza, “e poi siamo venuti a scoprire che non c'è altro da fare se non mettersi in testa uno stupido Cappello Parlante che decreti la nostra sorte!” Sembrava ancora un po' irritata con il cugino. Però parlare del Cappello Parlante aveva fatto sbiancare Al, che le disse di non nominare quell'aggeggio infernale.

Sai che ho paura”. A Penny questo sembrò un po' eccessivo. In fondo era solamente un cappello, niente di così spaventoso. Al sembrò interpretare correttamente l'espressione negli occhi verdi della bambina. “Ovviamente non del cappello in sé” precisò. “Ho solo paura di finire in Serpeverde”.

Ce l'ho anche io” disse Penny sincera. “I racconti di mio nonno erano già inquietanti, ma dopo aver dato uno sguardo a Storia di Hogwarts non ho molta voglia di entrare in quel covo di maghi oscuri”.

Non lo sono tutti” disse Al. “Il nome...”

Eh no!” sbottò James.La sviolinata sul nome me la risparmio!” disse uscendo dallo scompartimento e chiudendosi la porta alle spalle. Un po' a Penny dispiacque, ma stare con Rose e Al le piaceva. Era sicura che sarebbero diventati amici. Non aveva tanti amici nel mondo dei Babbani, probabilmente la maggioranza dei suoi conoscenti la trovava strana. Non li aveva mai capiti granché. O forse loro non avevano capito lei. Immaginava che dipendesse dai punti di vista. “Il nome di chi?” domandò incuriosita.

Mi chiamo Albus Severus, come due presidi di Hogwarts. Uno era un Grifondoro, l'altro un Serpeverde. Mio padre dice che era un uomo molto coraggioso, però”.

Davvero?” Credeva che tutti i Serpeverde, da Salazar all'ultimo bambinetto, fossero malvagi.

Come mi ha ripetuto fino allo sfinimento il mondo non è diviso in persone buone e Mangiamorte, esiste sia luce che oscurità in ognuno di noi...” aggiunse. A quanto pareva si era sbagliata. Esistevano delle sfumature anche tra quelli che avrebbero dovuto essere i “cattivi”, come immaginava ce ne fossero tra i “buoni”.

L'importante è da che parte scegliamo di agire” concluse Rose per suo cugino.

Lo dice spesso, credo glielo abbia detto il suo padrino prima che morisse”, affermò Al. “Non è stato molto fortunato Harry Potter, almeno nella prima parte della sua vita”. Improvvisamente nella testa di Penny si accese una lampadina. Si vedeva che non era cresciuta tra i maghi, o non ci avrebbe messo così tanto a collegare quel cognome alla storia che le aveva raccontato suo nonno: il Bambino Sopravvissuto. Il padre di Al aveva sconfitto Voldemort e i genitori di Rose dovevano essere gli altri componenti del famoso Trio che aveva sconfitto i Mangiamorte. Suo nonno le aveva spiegato come era andata, a grandi linee. Non riusciva a immaginare come si potesse arrivare a concepire magia così oscura. Comunque, ora sapeva che Albus Severus Potter era figlio del bambino più famoso del mondo magico.

Mio nonno mi ha raccontato qualcosa della sua storia”. Si sentiva un po' in imbarazzo. Insomma, a lei sarebbe scocciato se la sua storia familiare fosse stata scritta in tutti i libri e nota a tutti.

Tutti sanno tutto della nostra famiglia. La giornalista Rita Skeeter scrisse una biografia di mio padre, non autorizzata da lui” disse Al. Penny non aveva idea di chi fosse Rita Skeeter, ma immaginava che non fosse una persona per bene, se aveva dato alle stampe una biografia non autorizzata. Non tardò a confermarlo Rose.

Mamma l'ha minacciata di trasformarla di nuovo in qualche schifoso insetto, se non avesse ritirato il libro da ogni libreria del Mondo Magico” disse, facendo ridere Al. “Sai, mia madre sa essere abbastanza persuasiva”. Penny rise a sua volta. Sì, erano proprio una bella famiglia, pensò.



Penny! strillò un Albus sedicenne, scuotendola.

Al non urlare, ci sento benissimo”.

Non hai ascoltato una parola di quello che ho detto” disse in tono accusatorio. Non poteva negare. Era così assorta nei suoi ricordi che non aveva sentito nulla.

Non è assolutamente vero!” rispose distogliendo lo sguardo. Agli occhi di Al non sapeva proprio mentire. Erano anni che ci provava, ma niente. Erano così limpidi e sinceri che persino Salazar Serpeverde si sarebbe sentito in colpa a mentirgli. Le avevano detto che era una caratteristica che aveva contraddistinto sua nonna, prima di lui.

Certo che è vero!” fece lui. “E guardami quando ti parlo!”

Sembri mia madre! E poi stai strillando, non parlando” disse contrariata.

Almeno posso sapere a cosa pensavi?” chiese lui, tornando al suo tono pacato.

Niente di particolare, pensavo a quando ci siamo conosciuti” disse sorridendogli. “A proposito, dov'è Rose?” domandò, accorgendosi dell'assenza della sua amica dallo scompartimento.

Il punto è proprio questo” grugnì Al. “Temo che mia cugina si stia cacciando in un guaio...” Poi borbottò qualcosa sul fatto che gli amici di famiglia andrebbero tenuti lontani da casa. Penny si spostò per guardarlo meglio; aveva un'espressione che non prometteva nulla di buono. “Ma che succede?” chiese apprensiva. Quando si trattava degli amici diventava apprensiva.

Succede che da quando i gemelli Scamander ci sono venuti a trovare, quest'estate, si è attaccata troppo a Lorcan” rispose, serissimo. Penny si mise a ridere.

Sei un idiota, Albus Severus Potter! Mi hai fatto prendere un colpo quando hai detto che Rose era nei guai, peraltro. Mi si è aperto un immenso scenario di possibilità orribili. Nella mia testa era in un altro scompartimento, attaccata da un nugolo di folletti della Birmania, o presa in ostaggio da una banda di Troll, o impegnata a combattere contro la reincarnazione di Tu-sai-chi, o...”

Ho afferrato il concetto” replicò Al.Non volevo farti preoccupare; nessuno sta attentando alla sicurezza di Rose, ma quello Scamander la sta insidiando”.

Quale dei due?”

Lorcan, lo sapresti se mi avessi ascoltato”.

Non dirlo a Rose, ma non riesco a distinguerli” ammise. “Come diavolo fai?” Al rise.

Rose li distingue” precisò. Come se fosse un disonore saper riconoscere quale dei due gemelli fosse il farabutto che “insidiava” sua cugina. “Io so solo che Lysander è quello con i capelli lunghi”.

Mi spieghi cos'ha che non va quel ragazzo? È figlio di Luna Lovegood, non di un Mangiamorte. Certo, forse la famiglia è un po' strana e il fatto che leggano quel che il nonno scrive sul Cavillo non contribuisce al...” Ma Al non la stava minimamente ascoltando. Non sembrava interessato a Lorcan in quanto tale, quanto al fatto che qualcuno potesse far soffrire Rose. Per tutte le bacchette” sbuffò Penny, “Luna è la madrina di tua sorella, quel ragazzo è un tipo a posto. Cosa ci sarebbe di male se...La sua frase venne interrotta dall'ingresso di un ragazzo. I capelli ricci e gli occhi scuri e profondi, che la scossero quando incontrarono i suoi. Come sempre.

Cosa?” chiese James. “Rose e Lysander?”

No” ribatté Al, “Si parla di Lorcan”. James sembrò ancora più contrariato, per nessun motivo in particolare, proprio come il fratello minore.

Assolutamente no! Quel tipo cambia ragazze come se fossero magliette. Non se ne parla!” disse.

Non è vero!” cercò di discolparlo Penny. Era incappato nella furia di quei due senza colpa, poverino. “Lo fai passare per un seduttore seriale, mentre avrà avuto tre ragazze in tutto”. James sembrò ignorare completamente quello che aveva detto Penny e continuò per la sua strada, parlando con Al.

Be', Rose è troppo piccola”.

Rose ha la nostra età” disse Penny, guardando Al. “Ed ha un anno in meno di te, James” ritentò. Stavolta lui sbuffò. “Cosa c'è, sei diventata la paladina dei gemelli Scamander?” domandò in tono acido.

No, sto solo difendendo il diritto di Rose ad uscire con chi le pare. Merlino, siete davvero così possessivi, voi due?” domandò esterrefatta.

PROTETTIVI” la corresse Al, quasi stordendola. “Non vogliamo che soffra”. Penny sospirò, pensando all'espressione che avrebbe avuto Rose se avesse visto quella scena ridicola.

Ottimo” disse. “Se con lei siete così protettivi cosa intendete fare con Lily Luna?”

Niente” disse James. A Penny sembrava una risposta troppo ragionevole per essere reale. “Insomma, è una bambina” aggiunse. “E poi ha la testa tra le nuvole, non uscirà con nessuno fino a venticinque anni”.

Giusto” gli fece eco Al. Penny lo guardò, stranita.

Siete seri?” chiese Penny, strabuzzando gli occhi. Nessuna risposta. “Lily ha quattordici anni, non passerà poi così tanto tempo prima che anche lei inizi ad uscire con qualcuno”. Al si era tappato le orecchie, mentre James la guardava come se avesse appena detto che intendeva tatuarsi il Marchio Nero.

Merlino! Siete due stramaledetti retrogradi! Lasciamo stare questo discorso, o finirà male per voi”. Stava già pensando di Affatturarli entrambi. Avrebbe chiesto aiuto a Rose, o poteva cavarsela da sola. L'avrebbero meritato.

Intendiamoci, Lorcan è un bravo ragazzo. Siamo cresciuti insieme” disse James.

Niente di personale, quindi” gli fece eco Al.

E vorrei vedere!” Una voce femminile li interruppe. Rose spuntò sulla soglia dello scompartimento e si mise a sedere, incenerendo i suoi cugini con lo sguardo. Evidentemente aveva sentito l'ultima frase e, conoscendoli, aveva immaginato l'argomento della conversazione.

Per la cronaca, non c'è nulla tra me e Lorcan” li rassicurò. Peccato che quella frase, accompagnata da un sospiro e da un espressione sognante, non suonasse affatto come una rassicurazione. “E me ne dolgo” aggiunse, teatrale. Al sembrava sorpreso dal tono franco della cugina, James stava per ribattere qualcosa, che Penny sapeva sarebbe stato arrogante, indiscreto, o poco sensibile. O tutte e tre le cose, se James era particolarmente ispirato. Lo incenerì con lo sguardo, e lui decise di tacere. La porta dello scompartimento si aprì.

Qualcosa dal carrello, cari?”, chiese una voce familiare.

Tre Cioccorane e una mou al gusto di caccole” rispose James, lasciando schifata persino la venditrice.

Due Cioccorane e una Brioche di Zucca” disse invece Penny.

Cavolo! Di nuovo una figurina con la faccia di papà!” Al era evidentemente molto deluso dalla sua Cioccorana.

Ancora?” si lamentò James. “Non basta vederlo a casa tutti i giorni! Non facciamo altro che trovare figurine del Prescelto”.

Devi essere orgoglioso” ribatté Penny, tanto per il gusto di rispondergli. “Ha fatto molto ed ora è anche in molte letture aggiuntive di Storia della Magia”.

Hanno fatto bene ad aggiornare quel libro” commentò Rose, riscuotendosi da quella specie di torpore che le era preso. “Era obsoleto”.

Sei viva allora, buono a sapersi!” scherzò James.

Oh, piantatela di guardarmi così voi due!” ribattè Rose, rivolta sia a lui che ad Albus.

Non ho detto nulla!” si difese Al.

Tranquilla Rose, in tua assenza ti difendo io!” la rassicurò Penny.

Qualcuno che mi capisce”. Rose sospirò.

Qualcuno ha visto in giro Scorpius Malfoy?” domandò Penny all'improvviso. Si era appena ricordata della promessa che aveva fatto l'anno precendente.

Perché?” chiese James. La sua voce suonava leggermente allarmata.

Niente, devo sapere dov'è quest'anno”. Lui sembrò non comprendere. “Non voglio farmi cogliere impreparata, ma soprattutto voglio fargliela pagare”. James parve ancora più confuso. Penny si ricordò che lui non ne sapeva nulla. Stava parlando più con se stessa che con gli altri. Non intendeva coinvolgere nessuno, ma si era ripromessa di non farsi mai mettere i piedi in testa.

L'anno scorso” spiegò Al, “le ha fatto un incantesimo che le ha fatto sputare palle di pelo per tre ore di fila!” James sembrò finalmente comprendere. Sul suo volto comparve un'ombra.

Sul serio? Perché non mi avete detto niente? Dovrei dare una lezione a quel...” disse lanciandosi in una serie di epiteti poco carini ma pienamente meritati.

Posso cavarmela da sola”. Non era del tutto vero. Lei non se l'era mai cavata da sola. C'erano sempre Al e Rose con lei. Uno per tutti, tutti per uno. Era scritto ne I tre moschettieri. Suo padre glielo leggeva sempre, quando era bambina. Quel motto rispecchiava perfettamente il rapporto che aveva con Al e Rose.

Mi avrai mandato mille gufi per chiedermi elenchi di incantesimi dispettosi da fargli” disse Al, serio. “Come se tu non ne conoscessi abbastanza”.

Ho esagerato, ma tu non ti sei tirato indietro. Ne hai elencati circa cinquantagli fece notare ridendo.

Ma quando è successo?” insistette James. Sembrava stranamente seccato.

Alla fine dell'anno” rispose Rose.

Ero con Al a ripassare per i G.U.F.O.” disse Penny. “Eravamo fuori, all'aperto. Non c'erano molte persone in giro, stavamo vicino al capanno di Hagrid. Malfoy e il suo amichetto Zabini si sono avvicinati. Mi ha apostrofato in maniera poco carina… io stavo per mettere mano alla bacchetta, ma lui è stato più veloce” disse tra i denti. Le bruciava ancora un po', anche se cercava di non pensarci.

No” si intromise Al. “So quello che ho visto. Non è stato veloce, è stato scorretto. Aveva la bacchetta già in mano, era lì con il chiaro scopo di provocare. Sa che non ti fai mettere facilmente sotto in un duello, quindi ha pensato bene di evitare uno scontro alla pari” concluse. Effettivamente era andata così, ma Penny pensava lo stesso di essere stata lenta. Ci aveva messo troppo a sollevare la bacchetta, aveva aspettato che si calmassero le acque. Sperare per il meglio non era una grande idea, se c'era di mezzo Scorpius Malfoy. La prossima volta avrebbe cercato di essere meno corretta. Meno Grifondoro, ecco.

Quella caccola di Troll con i capelli biondi...” borbottò James.

Oh, non te la prendere” fece lei con un sorriso piuttosto finto. “E' dal primo anno che mi provoca; ci ho fatto il callo. Quest'anno gli rendo pan per focaccia. Mi sono sempre lasciata sopraffare dal mio stramaledetto istinto grifondoro. E così non va bene. Le serpi sono sempre avvantaggiate con noi, perché giocano sporco”.

Proprio in quel momento la sua ranocchia di cioccolato saltò fuori dal palmo della sua mano e cominciò a scorrazzare per lo scompartimento; fece un balzo e uscì dalla porta, rimasta aperta. Penny si lanciò fuori, voleva riprenderla a tutti i costi, visto che l'aveva pagata ben tre zellini. “Maledizione, torna qui!” esclamò inseguendola. Era estremamente agile, per essere una Cioccorana. Fece altri due balzi piuttosto lunghi, prima che potesse acchiapparla di nuovo. Una volta che l'ebbe riacciuffata, fece dietrofront per tornare allo scompartimento, ma andò a sbattere contro un ragazzo. Cioè, il ragazzo. James doveva essere uscito dallo scompartimento, se era lì davanti a guardarla. Quegli occhi scuri la destabilizzavano sempre un po'. Quando era con altre persone cercava di guardarlo il meno possibile. In genere ci riusciva, ma in quel momento erano occhi negli occhi. Sentì una stretta allo stomaco. Lui non sembrava intenzionato a spostarsi, così fu lei a fare un passo indietro. Gli sorrise. “L'ho ripresa, alla fine...” Lui le sorrise di rimando, ma non rispose. Anzi, cambiò subito argomento. Era strano vederlo così serio.

Qual'era l'offesa?” Stava chiaramente parlando della conversazione che avevano appena avuto.

Mi ha chiamata Sanguemarcio” disse dopo aver tentennato. “Spesso offende mia madre, oltre che me” aggiunse. “Questo proprio non riesco a sopportarlo”. Sapeva che era stupido, che avrebbe solo dovuto ignorare Malfoy, ma non ci riusciva.

Non devi giustificarti, non con me” la rassicurò. “E poi, sei stata anche troppo paziente con quel verme” disse mettendo tutto il suo disprezzo nell'ultima parola. Mentre parlava le fece una carezza sulla guancia. Un gesto dolce, in contrasto col tono rude che stava usando verso Malfoy. Non avevano quasi mai occasione di stare soli. E in quel momento era tutto stranamente intimo. Le sue membra si sciolsero a quel tocco caldo e le conseguenze furono disastrose. La sua mano, serrata per un buon motivo, automaticamente si aprì e la sua Cioccorana, automaticamente, saltò via e con un balzo sparì per sempre, volando fuori dal finestrino.






ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti! Una strega in famiglia è la prima FF che scrivo, non so ancora cosa ne verrà fuori. Non vuole certo essere un capolavoro, ma una cosa leggera e carina sulla Seconda Generazione. Chiedo il piacere, a quelli che leggeranno, di lasciare un commento. Critica o elogio che sia, mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate di questa storia.





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Capitolo 3
*** 2. Arrivo ad Hogwarts ***


Capitolo 2



Arrivo a Hogwarts



Penny distolse lo sguardo, ancora incollato a quello di James. Quegli occhi castano scuro la tenevano ancorata a loro, ogni volta che si soffermava a guardarli.

"La mia Cioccorana!" esclamò, accorgendosi solo allora che era saltata via da un pezzo.

"Mi dispiace" disse James, smettendo di fissarla.

"Anche a me!" rispose lei, desiderosa di parlare, per dimenticare la morsa allo stomaco che sentiva. "Tre zellini buttati al vento, letteralmente". James si fece da parte e lei lo precedette per tornare nello scompartimento.

"Allora? Torni vittoriosa?" domandò Al.

"No, l'ho persa..."

"Come hai fatto? Era una rana di cioccolata, non un maratoneta".

"Ehi, era veloce!" Tentò di giustificarsi, senza guardarlo dritto negli occhi. Quanto poteva essere veloce una cioccorana? Che scusa patetica. Al la guardò con sospetto.

"Mi sono distratta un attimo ed è saltata fuori dal finestrino" spiegò, mettendosi a sedere. Nel mentre, James farfugliò qualche scusa, dicendo che doveva andare a chiedere non si capì bene cosa a Lysander Scamander. Sembrava ansioso di andarsene. Li lasciò lì, senza ulteriori spiegazioni.

"Merlino! Perchè mio fratello sparisce sempre?" esclamò Al. Rose sbuffò.

"Avrà qualche intreccio sentimentale da coltivare..." rispose la voce di un ragazzo appena sbucato dal corridoio. Perché nessuno si premurava mai di chiudere la maledetta porta del loro maledetto scompartimento?

Alle parole di Lorcan Scamander, appena comparso, Penny sentì che la stretta allo stomaco tornava. Non era più imbarazzo, però. Era gelosa? Forse si, ma non ne aveva diritto. L'aveva sempre saputo che quella per James era una cotta a senso unico. Era un ragazzo sicuro di sè e, a dirla tutta, anche abbastanza spigliato con le ragazze. Penny sapeva che l'aveva sempre vista come l'amica di Al e Rose, come sapeva che avrebbe continuato a vederla così per sempre. Al la squadrò attentamente. A quel ragazzo non sfuggiva nulla. Avrebbe scommesso la propria bacchetta che l'aveva capito, che ci era rimasta male. Rose era troppo presa dall'ingresso di Lorcan, per notare la sua reazione.

Era proprio partita di testa per quel ragazzo! Non le si poteva dare torto: i gemelli Scamander avevano il loro fascino. Lorcan se ne stava lì, gli occhi puntati su Rose. Una folta chioma di capelli biondi, come quelli di sua madre, incarnato decisamente pallido e due occhi chiari e luminosi.

"Non credo abbia una ragazza al momento..." rispose Al, tenendo d'occhio Penny. Non voleva dire qualcosa che le dispiacesse.

"Potrebbe averne mille... anche le ragazze di Corvonero vanno pazze per il Cercatore Grifondoro!" disse ridacchiando. Sicuramente era ben informato. Lui e il fratello appartenevano entrambi alla casa Corvonero, come la madre prima di loro. Rose, che si era ripresa quel tanto da dare un'occhiata all'espressione non proprio beata della sua amica, desiderava ardentemente cambiare argomento. Aprì la bocca per parlare, ma fu preceduta da Al.

"Come mai qui?" chiese. Sembrava si fosse ricordato solo allora che era suo dovere detestare Lorcan, date le sue mire su Rose. Il ragazzo rimase un po' sorpreso da quella domanda. Probabilmente stava cercando una scusa plausibile, quando non ce n'era alcun bisogno. Era già abbastanza plausibile il fatto che volesse andare a vedere come se la passavano i suoi amici.

"Mi manda tua sorella" rispose.

"Lily?" chiese sospettoso. "E' nel vostro scompartimento?" Penny era sicura che le parole sottese a quel tono inquisitorio fossero: "sei sicuro che sia solo questo il motivo?"

"Si, è con noi". Lily Luna aveva quattordici anni e quando, tre anni prima, era stata smistata in Corvonero, era diventata compagna di casa dei gemelli Scamander. "Mio fratello le sta mostrando degli articoli di nonno sui nargilli, o qualche altra strana creatura" disse sospirando. Tra i due, Lysander era quello che aveva ereditato maggiormente l'aria trasognata di sua madre. Si interessava anche di ogni esserino invisibile e bizzarro, della cui esistenza la madre o il nonno venissero a conoscenza. Era uno studente estremamente brillante e intelligente, come anche Lily. Entrambi perfettamente in linea con le voci sui Corvonero, che si erano sempre vantati di essere i più studiosi e ingegnosi di Hogwarts. Oltretutto, Lily Luna sembrava avere alcuni degli stessi strani interessi di Lysander. La teoria di Al era che li avesse assorbiti direttamente dalla sua madrina la prima volta che l'aveva presa in braccio.

"C'è anche Hugo?" chiese Rose. Il fratello, della stessa età di Lily, era molto legato alla cugina. A maggior ragione da quando erano stati Smistati entrambi nella stessa Casa. Anche Hugo era un Corvonero: niente di strano, visto quanto era pignola e studiosa sua madre. Una Corvonero mancata, praticamente. A quanto ne sapeva Penny, Hermione era una Grifondoro, ma Testurbante con Corvonero. Il Cappello Parlante ci aveva messo diversi minuti a decidere in quale delle due Case smistarla.

"Sì, è impegnato a insultare un Serpeverde del terzo anno" disse con noncuranza. Rose era immensamente apprensiva, riguardo a suo fratello. Si sentiva responsabile per lui. "Meglio che vada a controllare" disse uscendo di corsa dallo scompartimento, probabilmente con il duplice scopo di sedare la lite e di stare sola con Lorcan.



"Stai bene?" le domandò Al.

"Non dovrei?" disse Penny, sorpresa da quella domanda.

"Sono bravo a capire le persone in generale. Quanto credi che fatichi a capire se qualcosa ti da fastidio? Insomma, sei la mia migliore amica. È come giocare in casa" disse sorridendo.

"Merlino, quanto ti odio" fu la sola risposta di Penny. Al non ci cascò neppure per un secondo.

"Ti voglio bene anche io" disse.

"Sto bene, davvero. Non vedo perchè dovrei avere qualcosa che non va". Lui sbuffò, probabilmente annoiato dalla scarsa capacità di mentire della sua amica.

"Penny Shane, il fatto che tu non me ne abbia parlato, non mi ha impedito di capire che hai una cotta per mio fratello". Lei lo guardò infastidita; lui sorrise, fiero della sua azzeccata deduzione. Le si leggeva in faccia, che aveva colto nel segno.

"Non è vero, non ho una cotta per James" provò a dire. Sapeva che era un tentativo debole e che avrebbe ammesso la colpa in breve tempo. Al l'avrebbe fatta crollare subito. Però fu Rose, appena rientrata, a rispondere al suo posto.

"Si che hai una cotta per James" disse, ovvia. "Bella grossa, direi".

"Silenzio" replicò. "Non voglio sentire nulla da te. Quando guardi Lorcan ti mancano solo gli occhi a cuoricino". Rose non si lasciò deviare.

"Vero, ma non sei messa meglio".

"Rose, smettila" disse lei. "Non potete..."

Le sue parole furono interrotte dall'improvviso rallentare del treno. Erano già arrivati, evidentemente. A Penny sembrava passata mezz'ora da quando erano partiti. Scostò la tendina che copriva il vetro del finestrino: fuori era buio pesto, la notte era già scesa. La luce artificiale che illuminava lo scompartimento le aveva impedito di accorgersi che il sole era tramontato. Pian piano, il treno si arrestò completamente.

"Siamo arrivati" constatò ad alta voce Penny, cominciando a prepararsi. Si era già cambiata all'inizio del viaggio, abbandonando i suoi abiti babbani a favore della divisa della scuola, perciò dovette infilarsi solo il mantello, prima di scendere. Come sempre, non dovevano preoccuparsi di prendere i bauli e gli animali. Avrebbero trovato i loro effetti nei dormitori, grazie agli Elfi Domestici che lavoravano alla scuola. Usciti dallo scompartimento, si aggiunsero alla calca degli studenti che cercavano, premendo e spingendo gli altri, di uscire all'aria aperta. Alla fine riuscirono a scendere incolumi dal treno, nonostante la ressa che avevano dovuto affrontare. Sulla banchina erano in tanti, una folla. Tutti visi noti, tranne quelli degli studenti nuovi, pronti ad iniziare il primo anno. Un omone grande e grosso, con lunghi capelli grigi e un barbone folto, intricato almeno quanto la capigliatura, si avvicinò con una lanterna in mano.

"Primo anno, seguite me!" urlava a gran voce.

"Ciao Hagrid!" lo salutò. L'uomo le rivolse un sorriso. Sei anni prima, l'aveva accolta con favore in quanto amica dei piccoli Potter e Weasley. Ma, conoscendola, si era affezionato a lei come agli altri, benchè non fosse figlia di maghi famosi. Era sempre contento di vederli scendere dal treno. Era inredibile che un Mezzogigante, dall'aspetto così imponente e rude, potesse nascondere tanta dolcezza.

"Sempre insieme voi tre, eh!" disse. "Mi ricordate un altro trio, non smetterò mai di dirlo..." Era vero.

"Ce lo dicono in molti, ma non ci cacciamo nei guai quanto loro" rispose Rose. Hagrid rise e scosse il capo. "Ci vediamo al castello, ora non posso fermarmi a parlare. Devo radunare i novellini". Come tutti gli anni, gli studenti del primo anno venivano condotti ad Hogwarts da Hagrid, attraversando il lago con le barche. I loro volti erano piuttosto spauriti, non sapevano cosa aspettarsi. A Penny fecero tenerezza. I tre, invece, si avviarono a prendere le carrozze, insieme a tutti gli altri. Sapevano cosa le trainava, ma nessuno dei tre vedeva i Thestral. Nessuno di loro, per fortuna, aveva mai visto qualcuno morire. Presero la carrozza insieme ai gemelli Scamander, ancora in compagnia di Lily e di Hugo.

"Salve, sorella Corvonero" esclamò Al. "Finalmente ti si vede".

"Oh, scusatemi...", ripose con aria stralunata, "ma Lysander mi stava illuminando su delle creature straordinarie".

"Di che si tratta?" chiese Penny.

"Gorgosprizzi!" rispose Lysander entusiasta, lanciandosi in una descrizione dettagliata di quelle creature, visibili solo attraverso degli occhiali speciali.

"Capisco" rispose lei, non troppo interessata. Nel frattempo, Rose prese posto di fianco a Lorcan; parlottarono tra di loro per tutto il tragitto, fino al castello.

"Nessuna traccia di James" commentò Al sottovoce, rivolto a Penny.

"Pare di no" rispose lei, con finta noncuranza. Lui provò a parlare, ma lei lo bloccò. "So esattamente quello che stai pensando, e la mia risposta è no. Non mi interessa dov'è, non ho una cotta per lui". Al la guardò dubbioso, aggrottando la fronte.

"Veramente" replicò, "stavo per dire che muoio di fame". Penny arrossì lievemente: si era data la zappa sui piedi da sola. Magnifico!

"Non c'è bisogno che ti dica che il solo fatto che tu ci abbia pensato, dimostra che la mia tesi è esatta" dichiarò. "Hai una cotta per James".

"Parla piano!" lo ammonì. "Vuoi che ti senta tutta la foresta?" Al rispose con un'alzata di spalle. Facile per lui, pensò Penny. Non era lui che avrebbe dovuto sopportare i risolini degli altri, se quella cosa si fosse venuta a sapere. In realtà, a preoccuparla era la possibilità che la voce giungesse alle orecchie di James; delle altre persone le interessava relativamente. Però non era un buon motivo per urlare ai quattro venti i suoi sentimenti. Tentava di pensare il meno possibile a quel sentimento in particolare. Quando lo faceva, si sentiva un'idiota.

"Voglio che mi senta tu" le disse, pacato. "È ora che tu ammetta i tuoi sentimenti".

"Chi sei? Il mio psicanalista?" Penny provò un moto di rabbia verso l'amico, e se ne vergognò.

"Prego?" chiese Al, evidentemente confuso. Ovviamente non aveva la minima idea di cosa fosse uno psicanalista.

"Oh! Lascia perdere... roba da babbani".

"Comunque dovresti farlo" continuò a dire. "Io a te lo direi". Ottimo, Al stava tentando di buttarla sul patetico!

"E' inutile che tenti l'approccio mi-hai-offeso-nel-profondo, non attacca". Il suo tono suonò più acido di quanto avrebbe voluto. Comunque sortì l'effetto sperato e Al sembrò accantonare l'argomento, almeno per il momento.

Scesero dalla carrozza ed entrarono nel castello, senza aver scambiato una sola parola. Sapeva che non era veramente offeso con lei, sebbene gli avesse risposto male. Dopotutto, Al aveva ragione. Insomma, lui e Rose erano i suoi migliori amici. Del resto, per Penny era un argomento delicato. James: fratello del suo migliore amico, cugino della sua migliore amica. Un ragazzo irraggiugibile, che probabilmente non l'aveva mai guardata se non in quanto compagna di Casa e, forse, amica. L'atteggiamento mentale che aveva scelto di mettere in pratica era un banale "non ci pensare". Una tattica del tutto fallimentare, a dirla tutta. Ci pensava eccome. Era colpa di James se non era ancora riuscita a instaurare un rapporto duraturo con un ragazzo. Fatta eccezione per un ragazzo Babbano, un vicino di casa, non aveva avuto alcun tipo di contatto con il genere maschile. Non che avessero condiviso chissà quale intimità emotiva... Durante l'estate precedente, prima del quinto anno, si erano scambiati qualche bacio. Niente di che, insomma. Erano stati insieme un mese, poi fine della cosa. Tutto questo perché lei pensava a James Sirius Potter. Merlino, quanto avrebbe voluto trovare un modo di levarselo dalla testa. Non le piaceva piangersi addosso. Non voleva dare fastidio gli amici o farsi compatire da loro. Non aveva bisogno di James per essere felice. Doveva solo riuscire a metabolizzare la cosa. Si diresse come un automa verso la Sala Grande, il cuore pulsante di Hogwarts. Era così bello trovarsi lì di nuovo, pensò.

Le tavolate delle quattro Case erano già apparecchiate per la cena. Non ci aveva pensato fino ad allora, ma si accorse di avere una gran fame. Si diresse verso la tavolata dei Grifondoro, per prendere posto vicino ai suoi amici. Rose si era dovuta separare da Lorcan, unitosi ai Corvonero.

"Al...", fece Penny sedendosi accanto a lui, "ce l'hai ancora con me?". Lui la guardò e per un po' non le rispose. Penny continuò a fissarlo.

"Non ce l'ho mai avuta con te" le disse infine. "Non sei stata molto cortese, va bene, ma sei tu che ti sei ammutolita. Ho solo pensato di non disturbarti". La sua voce era morbida e pacata, come sempre.

"Meglio così" disse sorridendo. "Non sopporto di litigare con te. Ogni volta riesci a farmi sentire in colpa, da sempre. Perfino quando ho ragione". Lui sorrise di rimando, e Rose parve finalmente tornare nel mondo comune. Si era seduta di fronte a loro, dall'altro lato della tavolata.

"Che avete da confabulare, voi due?"

"Nulla" risposero in coro.



Il tintinnio di un bicchiere attirò la loro attenzione. La McGranitt, in qualità di Preside, si accinse a fare il discorso di inizio anno.

"Do il benvenuto a tutti gli studenti, soprattutto ai nuovi arrivati!" Così dicendo, si rivolse ai ragazzi del primo anno. "Prima del banchetto si svolgerà la cerimonia di Smistamento nelle Case". Sotto gli occhi di tutti, come ogni anno, si consumò il rito di iniziazione della scuola. La Preside chiamava i loro nomi e i novellini venivano posti, uno alla volta, su di una sedia. Poi, il Cappello Parlante stabiliva la Casa che li avrebbe ospitati per i sette anni successivi.

"Mi diverte immensamente vedere le loro faccette spaurite, un attimo prima che il cappello decida la loro sorte".

"Vergognati Rose Weasley!" le disse Al ridendo.

"Non ti ricordi come eravamo agitati noi, al nostro smistamento?" Penny si mostrò orripilata dall'insensibilità dell'amica.

"E non ti ricordi quanto ci infastidì il fatto che mio fratello James ridacchiasse, proprio come stai facedo tu ora?" aggiunse Albus. Mentre la McGranitt continuava a chiamare gli studenti, Penny riuscì a scorgere James, lungo la tavolata.

Fu stupita nel constatare che la stava guardando. Non appena i loro occhi si incrociarono, distolse lo sguardo e voltò la testa dall'altro lato. Da come Rose la stava guardando, capì che la cosa non le era sfuggita.

"Ma quanto dura questo Smistamento?" fece Al.

"Ho una fame da lupi!" si lamentò Penny. "Spero che si sbrighino, e che ci siano poche serpi fra i novellini".

"Ci pensate a quanto tempo è passato da quando c'eravamo noi, al posto loro?" disse Rose.





Il trio fece il suo ingresso in una grande sala, che fino ad allora avevano sentito nominare unicamente nelle descrizioni dei propri parenti. Rose e Al in quelle dei propri genitori, Penny solo in quelle del nonno. La realtà superava decisamente le loro aspettative. Benchè fosse enorme, la sala non era affatto dispersiva, era molto accogliente. Penny si sentì a casa.

"Voi del primo anno, venite avanti!" disse una donna dall'aspetto austero. Aveva i capelli grigi raccolti in una crocchia e un paio di occhiali squadrati, poggiati sul naso. Un'espressione severa in volto; una severità che tuttavia non era durezza. Non le incuteva terrore, ma un profondo rispetto. Portava un cappello a punta e un vestito verde, molto lungo, di foggia quasi medievale. A Penny piacque immensamente; quella donna rispecchiava in tutto e per tutto l'idea che lei si era fatta di come dovesse essere una strega.

"Sono Minerva McGranitt, Preside della scuola e insegnante di Trasfigurazione. Ora vi accomoderete sullo sgabello e il cappello parlerà" spiegò sbrigativamente. E così fecero. Ognuno si sedeva e aspettava.

"Grifondoro!" fu il responso sia per Rose che per Al. Nel frattempo, Penny continuava a chiedersi quando sarebbe venuto il suo turno. Quando finalmente la McGranitt pronunciò le fatidiche parole: "Penelope Shane", la bambina si avvicinò lentamente, intimorita da quel buffo cappello, un lembo del quale era piegato in un sorrisetto sghembo. Non le ispirava alcuna fiducia, a dire il vero.

"Siediti, ti assicuro che non morde" le disse la donna, in tono rassicurante. Penny doveva avere un'espressione molto preoccupata in volto.

"Penelope..." le sussurrò il cappello, " vediamo... intelligenza, sensibilità: forse una Corvonero. Una estrema lealtà... Tassorosso. Vedo anche coraggio e spirito d'iniziativa". Penny cominciava a sentirsi inquieta, desiderava di finire nella casa di Al e Rose. Negli anni, si era convinta che il cappello l'avesse, in qualche modo, percepito. Lo strappo che formava la bocca del cappello si mosse con decisione. "Grifondoro!" tuonò. La parola risuonò in tutta la Sala Grande. Penny corse a sedersi e fu accolta dagli applausi dei compagni di Casa. Si sistemò accanto a Rose e Al, gli unici che conosceva. "Sono contenta che siamo nella stessa casa", le disse Rose, sorridendole.







Erano passati anni, eppure era ancora lì. Seduta alla tavolata dei Grifondoro, insieme agli stessi ragazzini che aveva conosciuto in treno. Sorrise a quel pensiero rassicurante. Finalmente lo Smistamento si concluse e la McGranitt riprese a parlare.

"Sarete tutti molto affamati, quindi sarò breve. Il signor Gazza vuole che vi rammenti di non girare per i corridoi dopo il coprifuoco e di non infastidire i fantasmi". Ci fu un mormorio generale.

"Infastidire i fantasmi! Questa è bella!" borbottò Penny, interpretando quello che doveva essere il pensiero di tutti gli studenti. "Ma se sono loro che non ci lasciano un minuto in pace! Non vedo come si possa infastidire un tipo come Pix".

"Inoltre" continuò la Preside in tono autoritario, "ricordo a tutti che la Foresta Proibita si chiama così per un buon motivo: è vietato l'accesso. Ora, non mi resta che augurarvi buon appetito!"E con un gesto delle mani fece comparire ogni ben di dio sulle tavolate. Andò a sedersi con gli altri insegnanti mentre gli studenti si lanciavano con foga sul cibo.

"Chissà che orari abbiamo, questo semestre!" disse Al, a bocca piena.

"Non ne ho idea" rispose Penny. "Spero solo che non ci siano troppe lezioni in comune con Serpeverde". Non aveva dimenticato i propositi di vendetta contro Malfoy e i suoi amichetti, ma meno incontrava quella gente e meglio stava.

"Ti ho visto piuttosto combattiva, sul treno..." disse Rose squadrandola attentamente. "Eri seria quando hai detto che vuoi vendicarti per bene?"

"Serissima" rispose lei. Non le andava di mentire, nemmeno se serviva a tranquillizzare la sua amica.

"Vuoi cacciarci nei guai ancora prima che inizi il semestre?" le chiese Al, piuttosto divertito.

"Non vedo come potrebbero incolpare voi, è una cosa che riguarda me".

"A volte mi chiedo se ragioni prima di aprire la bocca!", le rispose, alzando gli occhi al cielo.

"Perchè?"

"Oh piantala! Se ti scontrerai con Malfoy, noi saremo al tuo fianco" rispose Rose, il tono ovvio. Come se fosse una sciocchezza da ribadire. "Quando mai abbiamo fatto qualcosa separati?" Penny abbozzò un sorriso, mentre Al si limitò ad annuire.

"Solo" aggiunse, "non metterti nei guai".

"Sei saggio Al" lo celiò Rose.

"Be', dobbiamo almeno organizzarci prima di attaccare" ribattè lui, facendole ridere.

Si rituffarono tutti sullo stufato e quando il banchetto terminò era già tardi. I prefetti si affrettarono ad accompagnare gli studenti nei loro rispettivi dormitori.

"Grifone" sussurrò uno dei Grifondoro, accalcati davanti all'ingresso della Sala Comune.

"Grifone?" ripetè incredula Penny. "Ma chi le sceglie le nostre parole d'ordine?"

"In effetti non sono proprio originali!" disse una voce dietro di lei. Voltandosi, incontrò gli occhi di James e il suo sorriso. Non era affatto turbato, come le era sebrato sul treno. O non lo era più, o era stata solo una sua impressione.

"Ciao James!" disse tranquilla, ignorando l'aumentare dei propri battiti cardiaci. Aveva imparato a fingere indifferenza piuttosto bene, nel tempo... almeno sperava fosse così. Il ritratto della Signora Grassa si sospinse in avanti per lasciarli passare. Pian piano tutti i ragazzi e le ragazze entrarono nella Sala Comune, calda e accogliente come al solito. Durante l'anno, a quell'ora in molti si fermavano a chiacchierare lì, invece di andare a dormire. Ma la prima sera erano talmente stanchi per il viaggio che andavano dritti dritti a coricarsi. Penny salutò Al e si diresse con Rose nei dormitori femminili. I loro letti erano l'uno accanto all'altro. Giunte in camera trovarono lì i loro bauli, si diedero la buonanotte e si misero in fretta sotto le coperte. In un batter d'occhio entrambe erano già profondamente addormentate, cullate dalle braccia di Morfeo.



"Svegliati, Penny!" trillò Rose.

"Cinque minuti ancora, mamma!" rispose Penny supplichevole. Questo non sembrò impietosire la sua amica, che per tutta risposta prese a scuoterla piuttosto violentemente. A quel punto, Penny si alzò dal letto – piuttosto cadde – stropicciandosi gli occhi e realizzando che non era sua madre, ma Rose.

"Mi ero scordata dei metodi brutali che usi per svegliarmi!", protestò, "E io che mi lamento di mia madre". L'amica sbuffò e le rispose con una smorfia.

"Sei davvero insopportabile!" aggiunse sbadigliando.

"Lo sarò ancora di più se mi farai arrivare tardi a lezione di Trasfigurazione, PENELOPE!" gridò.

"Non strillare!" la rimproverò. "E per tutte le cavallette, non chiamarmi Penelope, lo sai che mi da fastidio".

"E allora sbrigati!" fu la risposta stizzita che ricevette. Si vestì più in fretta che potè e scesero di corsa. La Sala Comune era deserta, segno che erano già tutti a fare colazione. Affrettarono il passo e si diressero in Sala Grande, dove individuarono Al e si sedettero di fronte a lui.

"Ma dove diavolo eravate?" chiese masticando quella che una volta era stata una Brioche di Zucca.

"Chiedilo a Penny, che non voleva alzarsi!" gli rispose sua cugina, strappandogli una risata. Anche Al sapeva bene che alzarsi la mattina non era il suo forte, la cosa lo divertiva. Ogni anno Rose ci teneva a ribadire quanto fosse dura svegliarla, e ogni anno discutevano per quello stesso motivo. Era tradizione, ormai.

"Uffa!" si lamentò Penny, versandosi del Succo di Zucca. "Intendi tenermi il broncio tutte le mattine?"

"Problemi con la sveglia?", chiese ironico James, fresco e sorridente, sedendosi accanto ad Al, di fronte a lei. Lei fece una smorfia e non rispose. Lui continuò a parlare.

"Come sei scontrosa! Rose ti ha svegliato male?".

"Tua cugina mi sveglia sempre male" ribatté, fulminandola con lo sguardo. "E poi non c'è modo di svegliarsi bene, per le persone che amano dormire!" aggiunse. Lui non rispose e si limitò a sorriderle. L'ultima cosa che avrebbe dovuto fare, dato che contribuì solo a mandarla più in confusione di quanto già non lo fosse. Non poteva sorridere così, non di prima mattina. Merlino, non era preparata! Notò Al che la guardava di sottecchi, sorridendo sotto i baffi, e smise di fissare James. Finirono di fare colazione e si diressero verso l'aula di Trasfigurazione. La McGranitt, nonostante fosse ormai Preside, faceva i salti mortali per mantenere anche la sua cattedra. Amava troppo insegnare per potervi rinunciare.

"Leggera come lezione, alla prima ora", commentò Al sbuffando.

"Non lamentarti" disse Rose con fare sconsolato. "Dopo abbiamo Erbologia..."

"Non mi piace il tuo tono" disse Penny. Non presagiva nulla di buono.

"Con i Serpeverde" concluse Rose, a denti stretti.

"Non voglio fare lezione con quelle serpi viscide" si lamentò Al. Penny pensò che non avrebbe dovuto dare ascolto a Malfoy se l'avesse provocata. Non alla lezione del professor Paciock. Fecero il loro ingresso nell'aula, ma la McGranitt aveva già iniziato a spiegare. Li fulminò con lo sguardo. Non sopportava i ritardatari, lo sapevano bene.

"Ci scusi tanto professoressa..."

"Sedetevi" fu la laconica risposta, accompagnata da un'occhiata glaciale. Presero posto e iniziarono a seguire la lezione, che per fortuna condividevano con i Tassorosso. "Ripetete con me" insisteva la McGranitt, senza arrendersi all'evidente inettitudine dei suoi studenti. "Uno, due, tre: Incarcifors". Tutti erano assonnati e poco concentrati; provarono a eseguire l'incantesimo, ma senza grandi risultati.

"Quale sarebbe lo scopo?", chiese Alice, seduta accanto a Penny. Una bella ragazza di sedici anni, lunghi capelli biondi, occhi verdi, e un incarnato roseo. Aveva un aria dolce, che ispirava tenerezza. Era una sua cara amica, nonchè compagna di dormitorio sua e di Rose.

"Da quello che ho capito" sussurrò Penny, "l'incantesimo trasforma gli oggetti in gabbie".

"Quindi, dovrei mutare il calamaio in una gabbia?" domandò perplessa Alice.

"Direi di si..." rispose Penny, non meno dubbiosa sulla riuscita di quell'incantesimo. Entrambe fecero innumerevoli tentativi. Scuotevano la bacchetta, fissavano intensamente il calamaio, pronunciavano l'incantesimo e... non succedeva un bel niente. Alice e Penny si guardavano sconsolate. Al banco davanti al loro, Albus e Rose non sembravano avere maggior fortuna con l'incantesimo. A fine lezione, il miglior risultato fu quello di una Tassorosso: era riuscita a far comparire la gabbia, senza però trasformare completamente il calamaio, con pessime conseguenze. L'inchiostro, non più contenuto nel vetro, era fuoriuscito dalla gabbia, inondando la ragazza in questione e la sua compagnia di banco.

"Per oggi è tutto!" aveva annunciato la Preside, con un'espressione rassegnata. I Grifondoro si alzarono e si diressero alle serre, come se stessero andando al patibolo.

"Meno male che c'è il professor Paciock" disse Penny.

"Parla per te" rispose Alice. "Non la giudico una cosa positiva".

"Perchè dici così?", chiese Rose.

"E me lo chiedi? Ma vi ricordate il quarto anno? Anche allora avevamo Erbologia con Serpeverde... e papà non faceva che trovare scuse per rimproverarmi".

"Non è vero" disse Penny.

"No, infatti! Il più delle volte mi ignorava..."

"Solo perchè non voleva che dicessero in giro che fa dei favoritismi" lo difese Al. Alice Paciock gli fece un sorrisetto e voltò il capo. "Lo so" rispose, "ma non è giusto. Non era affatto normale, che quando sapevo la risposta ad una domanda, la dovessi suggerire a Rose o a Penny, per non sentire i commenti delle persone. Insomma, sono una Grifondoro anche io. Ho diritto di procacciare punti per la mia casa". Domanda retorica, era ovvio che ne avesse il diritto. Però bisognava ammettere che Erbologia con le serpi era dura anche per il professor Paciock. Scorpius Malfoy non faceva altro che prenderlo in giro. A buon bisogno, era perfino peggio di quello che era stato Draco. Quello che Alice non sapeva, era che suo padre Neville aveva già deciso di non prestare attenzione dei commenti dei Serpeverde. Non appena aveva saputo l'orario che gli sarebbe toccato, aveva stabilito un patto con se stesso. Alice non poteva andarci di mezzo, solo perchè i Serpeverde inventavano favoritismi dove non c'erano. Si era reso conto che con lei non aveva agito bene, due anni prima. Si sarebbe comportato come si comportava con gli altri studenti: gentile e disponibile. Lo era con tutti, o almeno ci provava. C'erano un paio di elementi con cui la cosa non gli riusciva facile. Scorpius Malfoy, ad esempio.

Aveva un'aria di maligna perversione, ogni volta che infastidiva qualcuno. Si divertiva ad offendere, o a sfidare gli insegnanti. Neville Paciock aveva sentito gli insulti del padre, da studente. Ora, da insegnante, doveva sopportare quelli del figlio. E se con Draco poteva scontrarsi faccia a faccia o rispondere per le rime, con Scorpius non poteva. Non era il tipo di insegnante che utilizza a proprio vantaggio la sua posizione di superiorità. Tutto quello che poteva fare era limitarsi ad assegnare castighi e togliere punti alla casa.

I quattro ragazzi entrarono nella serra, sistemandosi l'uno accanto all'altra. Davanti a loro c'erano delle piante dall'aspetto insolito. Alice era l'unica a sapere di cosa si trattasse. Conosceva tutte le piante che venivano citate a lezione, poichè casa sua ne era piena. Per un periodo avevano avuto anche una pianta carnivora; lei aveva così tanta paura di restare sola in casa che passava tutto il tempo al Paiolo Magico, con la madre. Hannah Abbott aveva acquistato quel luogo molti anni prima e lo gestiva egregiamente. Aveva un'aria molto meno cupa di quanto non l'avesse sotto la precedente gestione. La cosa non sembrava disturbare i vecchi clienti, fedeli come sempre. Ci si potevano trovare streghe dai cappelli a punta, maghi con buffi cilindri e una quantità di creature strane. Perfino il nonno di Penny, ci si poteva trovare. Conosceva molto bene Neville e Hannah Paciock: era un cliente abituale, come molti dei suoi vecchi amici. Trovava che il locale fosse molto migliorato, da quando se ne occupavano loro. Anche Penny ci era stata diverse volte, anche perchè da lì si poteva accedere a Diagon Alley. La maggioranza dei babbani che passavano davanti a quella porta scura e insignificante, in una Londra affaccendata e frenetica, non avevano la minima idea di quello che si celava lì dietro. La cosa la divertiva.

"Buongiorno ragazzi!" li salutò Neville allegramente.

"Buongiorno Professor Paciock!" risposero in coro i Grifondoro, con l'aggiunta di alcuni Serpeverde, evidentemente più educati degli altri.

"Oggi c'è un argomento piuttosto interessante: impareremo tutto sulla Carnivora Nephentes Villosa..." Penny vide Scorpius sghignazzare. Perché doveva essere così mlaligno? "Sarà un'altra lezione inutile su piante insulse come lui" lo sentì dire. Voleva Schiantarlo subito; la sua mano si stava avvicinando alla bacchetta, ma quella di Al, che si era accorto di quella manovra pericolosa, la trattenne dal fare qualsiasi gesto inconsulto. Poi lasciò la presa. Penny mimò un "grazie" con le labbra, silenzioso.

"E di preciso a che serve?" chiese Al per sovrastare le battute di Malfoy.

"A molte cose, in effetti. Una su tutte, la più importante, è quella che mi accingo a spiegarvi. Qualcuno sa di cosa sto parlando?".

Alice alzò lentamente la mano, convinta di vedersi rifiutare la possibilità di parlare, invece Neville annuì.

"La cosa veramente importante di questa pianta è il succo che se ne estrae. È utile in diversi campi, ma soprattutto serve a far crescere i peli ad una velocità incredibile". Lo disse sicura di sè. Erbologia era la sua materia preferita.

"Cinque punti a Grifondoro!" disse Neville, cercando di mantenere un tono neutro. Dentro di sè era fiero di sua figlia e felice di dare punti alla sua vecchia e amata casa. La lezione di Erbologia sembrò volare; l'argomento era interessante e i Serpeverde sembravano più buoni del solito. Si limitarono a qualche battutina su Alice Paciock. Scorpius continuava a guardare in cagnesco il suo trio preferito: Rose, Al e Penny. Neville assegnò un paio di capitoli da studiare e poi furono tutti liberi di andare a pranzo."Hai visto!" disse Al sorridendo ad Alice, mentre uscivano dalla serra. "Non solo ti ha fatto parlare, ma ti ha anche assegnato dei punti".

"Ha capito che deve trattarmi come tutti gli altri" rispose la ragazza, visibilmente soddisfatta del comportamento di suo padre.Insieme risalirono il pendio erboso che li riportò al castello. La sala grande era gremita di gente. Rose e Penny si sedettero l'una vicino all'altra, con Al e Alice di fronte. Con la scusa di passarle le patate, Penny chiese a Rose di Lorcan, ovviamente sottovoce. Non voleva farsi sentire da tutta la tavolata. Non era come Al, lei. "Rose, dimmi la verità, che c'è tra voi due?". Rose le rivolse uno sguardo incerto. "Tranquilla, non dirò nulla ad Al, tantomeno a James" disse, rispondendo a una domanda non ancora formulata. Rose parve soddisfatta.

"Niente, per ora". Penny la incalzò insistentemente, se sperava di liquidarla così sbagliava. Le avrebbe estorto la verità. "Ok, mi piace" ammise in fine, esasperata. Penny la squadrò, alzando un soracciglio. Non se la sarebbe cavata tanto a buon mercato. "E va bene, mi piace molto. Credo di essermi innamorata, ecco".

"Questa si che è una dichiarazione degna di nota!" fece Penny.

"Non so nemmeno che cosa ne pensi Lorcan. Merlino! Se solo parlasse! Insomma, sembra che io gli piaccia" disse, cercando conferma nello sguardo dell'amica.

"Ma Rose, è cristallino! Ha occhi solo per te, e se mi sbaglio significa che è lui ad essere pazzo!" rispose comprensiva.

"Parlavate di me? Ho sentito la parola pazzo..." James aveva il dono di sentire solamente l'ultima parte di ogni conversazione. Ed era molto meglio così.

"No, James!" rispose Rose sbuffando, mentre il cugino, sbucato chissà da dove, si sedeva tra lei e Penny, interrompendole definitivamente.

"Come fai ad essere sempre così allegro?" Penny non si trattenne dal dirlo: pessima idea! Lui si girò verso di lei. Erano vicini. Gli occhi di lui direttamente nei suoi. Stava per andare in iperventilazione, se lo sentiva! Quando si trovava troppo vicina a lui cominciava a ragionare in maniera sconnessa, focalizzando la sua attenzione sui particolari fisici di James. In quel momento spostò il proprio sguardo sui capelli di lui, ma anche quelli li trovava meravigliosi. Ricci e morbidi... le veniva voglia di affondarci le mani.

"Non lo sono sempre, infatti. Mi fai troppo superficiale, credo" le rispose, secco. Era offeso? Non riuscì ad appurarlo, perchè non ebbe tempo di aprire bocca. James si era alzato immediatamente ed era sparito, salutandole alla svelta.

"Non è arrabbiato, vero?" chiese conferma a Rose.

"No, se lo conosco. Ma pensa realmente che tu lo creda superficiale".

"Ma non è vero!" ribattè decisa, a voce troppo alta. Fortunatamente Al era immerso nella conversazione con Alice e nessuno dei due ci fece caso.

"Lo so! Ma non l'ho mai contraddetto per paura di svelare quello che davvero pensavo". Penny la guardò perplessa. Rose pensava che l'avrebbe smentita ancora una volta, ma Penny si limitò a rivolgerle una domanda.

"Voi avete parlato... di me?" chiese incerta. Rose annuì. La sua amica aveva tentato in tutti i modi di proteggerla, anche se questo significava mentire a James, suo cugino. Se non proprio una bugia, era un'omissione. Rose, senza neppure la conferma della sua cotta per James, si era premurata di non svelare la propria intuizione a James. "Una sola volta".

"In quale circostanza?" Il volto di Penny era improvvisamente molto serio.

"A dire il vero, ha fatto tutto James: mi ha chiesto cosa pensi di lui".

"Tu cosa gli hai risposto?" chiese Penny, eccessivamente agitata.

"Che non ne avevo idea! E così lui ha iniziato a dire che era sicuro che tu lo ritenessi un ragazzo superficiale e che non avessi alcuna stima di lui e bla bla bla...".

"Potevi dirglielo che non è vero!" Non voleva che James stesse male per questo.

"Scusa Penny, ma non ti capisco. Che diavolo te ne importa se crede di esserti antipatico? In ogni caso non sei intenzionata a rivelargli i tuoi sentimenti" sbottò l'amica.

"E' questo che crede?", chiese, ignorando la seconda domanda di Rose.

"Sì, a quanto ha detto. Ha senso: lo tieni spesso a distanza, a volte lo eviti persino. Io e Al abbiamo capito da un pezzo che è il tuo modo di proteggerti, ma James non lo sa. E, a rigor di logica, quando qualcuno mi tiene a distanza, la prima cosa che penso è di essergli antipatica" disse continuando a mangiare il budino al caramello.

"Magnifico!", mormorò Penny, decidendo di affogare i dispiaceri nel cibo.





Una volta uscita dalla Sala Grande, si guardò intorno per cercare James. Forse avrebbe dovuto spiegargli che non aveva niente contro di lui, anzi. Be' magari quell' anzi sarebbe stato meglio ometterlo. Aveva anche pensato di "dichiararsi", ma poi le era sempre mancato il coraggio. Sarebbe stato come fare un salto nel buio, e non le piaceva il buio. Meglio restare coi piedi per terra. Anche perchè non era un ragazzo qualsiasi. Se le avesse dato buca sarebbe stata una tragedia. Lo avrebbe rivisto ogni giorno, probabilmente anche dopo la fine della scuola. Era un Potter, la famiglia di Al e Rose, i suoi migliori amici. Una condanna all'ergastolo, in pratica. Almeno così la vedeva lei. All'improvviso, mentre pensava alle parole da dirgli, lo vide. Era addossato al muro, ma non era solo. Una biondina, piuttosto slavata, gli si era praticamente spalmata addosso. Come se non bastasse, oltre a stargli appiccicata, gli stava risucchiando le labbra, tanto che Penny si chiese come facessero tutti e due a respirare. Resto lì ferma a fissarli per un minuto, un giorno, un anno. Non l'avrebbe saputo quantificare bene. Fortunatamente, lui non la vedeva. Non l'aveva mai vista, e mai l'avrebbe fatto. Non contava nulla, per James. Si diede mentalmente della stupida, per aver anche solo pensato di averlo offeso, di dovergli delle scuse. All'improvviso qualcuno la prese per il braccio e la trascinò un po' più lontano. Non appena quei due sparirono dalla sua vista, si girò. Era Rose, la sua salvatrice.

"Mi dispiace" disse. "Non volevo che lo vedessi".

Penny scosse il capo, come per dire che non aveva importanza. Ma in realtà importava, importava eccome. Almeno per lei – e Rose lo sapeva benissimo, ma non poteva far nulla per evitare che Penny soffrisse.

"Non mi scuserò per averlo fatto sentire superficiale o stupido" disse soltanto, "perchè è esattamente quello che è". Detto ciò, se ne andò il più distante possibile da lì.


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Capitolo 4
*** 3. I Tiri Vispi di Bellatrix ***


Capitolo Tre



I tiri vispi di Bellatrix



James uscì dalla Sala Grande a passo svelto. Doveva avere interrotto qualche confidenza femminile. Altrimenti perchè quel tono acido da parte di Penny? Non aveva alcun senso. Come fai ad essere sempre così allegro? aveva detto. Cosa le dava la certezza che lui fosse sempre allegro? James sapeva che Penny l'aveva sempre ritenuto superficiale. Non che la ragazza glielo avesse mai detto apertamente, ma lui era certo che lo vedesse in quel modo. Non riusciva ad ottenere la stima di una delle poche persone di cui gli interessasse averla. Rallentò il passo: era arrivato nell'ingresso principale, antistante alla Sala Grande. Inaspettatamente, qualcuno lo tirò violentemente per un braccio, facendolo finire dritto dritto contro il muro.

"Ciao Jamie!" cinguettò una voce femminile. Jessica, una svenevole Tassorosso che letteralmente lo inseguiva dall'anno precendente. Non se ne sarebbe liberato facilmete, lo sapeva. Aveva tentato di allontanarla in tutti i modi, credeva di averle fatto capire di non essere interessato, ma lei sembrava non demordere. Era tenace, la ragazza. O meglio, incredibilmente ostinata.

"Ciao Jessica" rispose, tentando di scrollarsela di dosso. "Come va? Sai, io ora devo proprio scappare, devo spedire un gufo urgente a mio padre".

"Non vuoi stare qui con me?" disse lei, accostandoglisi di più.

"Ho da fare. Ti spiace se chiacchieriamo un'altra volta?" rispose, provando a svignarsela. Jessica sembrò sul punto di piangere.

"Non posso più tenermi tutto dentro!" disse con fare melodrammatico.

Merlino, ci risiamo! pensò lui. Avrebbe attaccato il solito piagnisteo, ne era sicuro. In realtà si sbagliava, perché quel giorno Jessica voleva passare direttamente ai fatti. "Siamo fatti per stare insieme, James! Lo sento, capisci?" riprese. Sembrava invasata quanto la professoressa di Divinazione quando prediceva una disgrazia. James iniziò a porsi qualche domanda sulla sanità mentale di quella ragazza. Nel frattempo, gli studenti iniziavanoa ad uscire dalla Sala Grande, sempre più numerosi. Per fortuna erano appartati in un angolo, non esposti al pubblico. Pregò che nessuno vedesse quella scena imbarazzante.

"Jessica..." Voleva assolutamente trovare qualcosa da dire. Una qualsiasi scusa che lo aiutasse a togliersi da quella situazione.

"Chiamami Jess, ti prego". James alzò gli occhi al cielo.

"Jess, io sono molto lusingato, però non credo di essere il ragazzo giusto per te. Meriti qualcuno che ti sappia apprezzare appieno, mi spiego?" Stava cercando di suonare convincente. Gli sembrava il modo più delicato di rifiutarla, ma non sortì l'effetto sperato.

"Non voglio nessun altro, James. Il mio cuore è solo tuo!" continuò in tono sempre più teatrale. O patetico, a seconda dei punti di vista. James stava meditando di Affatturarla per liberarsi da quella posizione, ma non ebbe il tempo di farlo, perchè la ragazza gli si spalmò addosso e lo baciò. Rimase di sasso, il che era insolito. Quando baciava una ragazza tutto faceva meno che restare di sasso. In quel caso però non si sentiva consensiente ma, soprattutto, più Jessica gli si spalmava addosso e più lui pensava che non era la ragazza che avrebbe voluto baciare. Tentò di spingerla via delicatamente, ma non aveva intenzione di spostarsi. Gli stava succhiando via le labbra; sembrava più un Dissennatore che una ragazza. Vedendo che non accennava minimamente a scollarsi dal suo corpo, James la spinse via con decisione. Appena riacquistata la visuale completa dell'ingresso, i suoi occhi caddero sulle figure femminili che camminavano. Erano di spalle, ma le riconobbe come Rose e Penny. Quest'ultima aveva un passo lento e cadenzato, sembrava non sapesse dove andare. Si accorse che era Rose a guidarla, trascinandola per un polso. Che le fosse successo qualcosa? Magari Malfoy l'aveva offesa di nuovo. Voleva saperlo da lei, per poi Schiantarlo con la propia bacchetta. Notò che Jessica stava per tornare all'attacco, stavolta con le lacrime agli occhi. La lasciò lì senza dire una parola e scappò via. Forse non era un comportamento maturo, degno di un diciassettenne, ma non voleva certo ritrovarsela di nuovo appolipata addosso.





Penny tirò dritto, senza voltarsi mai. Davanti agli occhi aveva solamente un'immagine: James Potter che sbaciucchiava un'insignificante biondina contro il muro della sala d'ingresso. Uno spettacolo a dir poco raccapricciante. Salì di corsa le scale e si fermò soltanto davanti alla porta della Sala Comune. La Signora Grassa, alla parola d'ordine, si spostò in avanti per lasciarle passare. La sala era deserta, come si aspettava: era una bella giornata, chi non aveva lezione era in cortile a godersi il bel tempo. Si mise a sedere sul divano; era stanca, oltre che triste e arrabbiata. Si sentì in colpa. La tristezza era più che lecita, dal momento che aveva visto il suo James baciare un'altra, ma la rabbia non lo era, perché James non era suo.

"Che succede?" chiese una voce alle sue spalle. Una ragazza dai capelli neri e dalla pelle mulatta si sedette al suo fianco. Sul volto aveva un'espressione compassionevole che fece capire a Penny di essere messa male.

"Niente Trixy" le rispose con un sorriso, che però non si estese dalla bocca agli occhi.

"Allora perchè sei sul punto di piangere?" chiese. Penny si rese conto in quel momento che doveva avere gli occhi lucidi.

"Allergia al polline". Che scusa pessima!

"Penny, condividiamo il dormitorio da sei anni. Lo saprei se tu soffrissi di allergia al polline. Non hai mai lacrimato in questa stagione" osservò correttamente. "Anzi, non hai mai lacrimato in generale. È la prima volta che ti vedo piangere". Infatti non stava piangendo. Penny non piangeva mai. Gli unici che l'avessero mai vista versare lacrime erano Al e Rose.

"Zabini, lasciami stare!" Era sicura che chiamarla per cognome avrebbe funzionato, ma così non fu. Trixy si mise a ridere.

"Bel tentativo, Shane" replicò. "Se pensi che basti per togliermi di torno, ti sbagli. Basta a farmi arrabbiare, non a dissuardermi dall'aiutare un'amica". Era stato un colpo basso chiamarla per cognome. Poteva sembrare sciocco, ma Trixy aveva i suoi buoni motivi per trovarlo fastidioso.





"Come ti chiami?" chiese Penny a una delle due bambine capitate in stanza con lei e Rose. Una ragazzina paffuta, con i capelli biondi e gli occhi chiari.

"Alice Paciock". L'altra continuava a tacere.

"E tu?" chiese Rose, incuriosita. Pelle mulatta e occhi castani, la bambina sembrava un po' a disagio. Penny non l'aveva notata allo Smistamento, non la ricordava. Le ispirava simpatia, proprio perchè era in imbarazzo. Esattamente come lei, anche se non per gli stessi motivi.

"Trixy Zabini" rispose esitando.

"Ho già sentito questo nome" disse Penny. "Allo Smistamento c'era un ragazzo del primo anno con il tuo stesso cognome, che però è finito in Serpeverde". L'imbarazzo della ragazzina sembrava aumentare ogni secondo di più.

"Si" rispose infine. "Daniel è il mio gemello".

"Diamine! Tu in Grifondoro e lui in Serpeverde. Mi sa che i tuoi non saranno molto contenti" fece Rose, abituata ai canoni della propria famiglia, in cui la maggioranza delle persone erano Grifondoro.

"Credo saranno molto delusi, ma da me, non certo da Daniel!" Il suo volto era pieno di tristezza.

"I tuoi erano entrambi Serpeverde, ne deduco" disse Alice, celando il proprio disgusto. L'altra bambina annuì. "Be' non ci pensare, vedrai che accetteranno il fatto che tu sia in Grifondoro. Forse non gli andrà a genio, ma..." Non terminò la frase, perché Trixy stessa la interruppe. Non riteneva possibile quell'opzione. La sua famiglia, apprese Penny, non era di certo moderata.

"Non mi interessa, comunque. Io non sono come loro" disse. "Non lo sono mai stata". Penny decise di cambiare argomento, poiché Trixy sembrava estremamente a disagio.

"Mi piace Trixy, è il diminutivo di Beatrix?" Le sembrava un argomento banale, ma si rivelò un campo minato. L'altra scosse la testa in segno di diniego.

"E di cosa allora?" chiese Alice.

"Preferirei non dirlo" asserì la bambina.

"Non ti piace il tuo nome? Ti capisco! Io odio il nome Penelope, per questo uso sempre il diminutivo" cercò di rincuorarla, senza successo.

"Credimi, farei carte false per chiamarmi Penelope". Il suo sguardo insisteva particolarmente su Alice, come se le stesse facendo un torto. Se ne dovette accorgere anche lei.

"Insomma, non ci vuoi proprio dire come ti chiami?" chiese infatti. "Non credo che una di noi tre possa giudicarti per questo".

"Sarai la prima a farlo" rispose Trixy, secca. Alice la guardò stranita e le chiese cosa intendesse dire. "Il mio nome è Bellatrix Parkinson Zabini". Lo sguardo che rivolse ad Alice era pieno di vergogna. Penny era confusa, a dir poco. Si ricordava vagamente a chi era appartenuto quel nome, una Mangiamorte parecchio temibile, ma non capiva perché la cosa avrebbe dovuto urtare soprattutto Alice. Fu Rose a rompere il silenzio. Alice era ammutolita.

"Non come qualla Bellatrix, vero?"

"Si, proprio come lei. È stata una brillante idea di mia madre, Pansy Parkinson. I miei genitori erano molto amici di Draco Malfoy, qui a Hogwarts. Mio padre non stravedeva per i Mangiamorte – lui ha solo la mania del sangue puro – ma mia madre sì. Ha pensato bene di chiamarmi come la sua preferita" spiegò. "Mi vergogno talmente tanto che sono riuscita a convincere tutti a chiamarmi Trixy, persino papà. Tranne mia madre". Penny tossì lievemente.

"Ehm, scusate se sono inopportuna" si giustificò, "ma cosa c'entra Alice con questo?" Fece rimbalzare lo sguardo tra le altre tre. Evidentemente c'era un elefante nella stanza, ma lei non sapeva di cosa si trattasse. Rose le diede di gomito.

"Ne parliamo in un altro momento".

"No Rose, va bene" disse invece Alice. "Siamo cresciute insieme, è ovvio che tu sappia tutta la storia e lei no. Sei Nata Babbana, giusto?" Si rivolse a Penny, che annuì. "Porto il nome della mia nonna paterna. I genitori di mio padre erano membri dell' Ordine della Fenice, durante la Prima Guerra Magica. Furono torturati con la Maledizione Cruciatus, fino a impazzire, ma non rivelarono a Voldemort le informazioni che cercava. Mio padre è fiero di loro" concluse. L'espressione di Penny rimase tuttavia confusa. "Il fatto" proseguì Alice, "è che furono torturati da Bellatrix Lestrange, la Mangiamorte di cui lei porta il nome". Finalmente, le cose avevano un senso anche per Penny. Trixy sembrava mortificata.

"Non ve l'avrei dovuto dire" disse, voltandosi per uscire dalla loro camera. "Chiederò di cambiare stanza, credo".

"Aspetta!" Era stata Alice a parlare, e Bellatrix Zabini si fermò sulla porta. "Non mi importa come ti chiami, o se tua madre prova ammirazione per i Mangiamorte. Quello che conta è che non sei come loro" disse. "Lo dimostra il fatto che sei insieme a noi, nella Torre di Grifondoro, ma soprattutto che ti stai scusando per colpe che non sono tue".





"Trix, mi spiace" si scusò Penny.

"E di cosa? È così che mi chiamo!" Non era mai contenta quando qualcuno le ricordava il suo nome, però. Bastava guardarla in faccia.

"D'accordo, ma a te da fastidio e io l'ho fatto di proposito" ammise. "Scusa". L'altra fece spallucce, come a dire che non era niente. "Come mai non eri a lezione?" chiese Penny, per cambiare argomento.

"Stavo poco bene..." Restò sul vago.

"Non mentire. Stamattina, come sempre, ho fatto impazzire Rose per alzarmi dal letto. Siamo nella stessa stanza e se tu fossi stata male saresti rimasta a letto, e noi l'avremmo notato". Doveva essere un altro il motivo che l'aveva costretta a saltare la lezione di Erbologia.

"Non mi hai visto, ma a lezione di Trasfigurazione c'ero. Tu, Al, e Rose siete arrivati troppo tardi per notare qualsiasi cosa se non la faccia della McGranitt". Penny rise. "Mi sono assentata alla lezione con il professor Paciock".

"Perchè?" chiese Penny, sperando che l'amica si dimenticasse del suo problema, parlando del proprio.

"Non ho avuto un'estate facile" disse, "per colpa di mio fratello Daniel. Alice mi aveva invitata a stare da lei per un po', sapendo quanto io detesti casa mia". A Penny venne da sorridere al pensiero che, dopo tutti gli scrupoli che Trixy si era fatta, Alice fosse diventata la sua più cara amica. Erano inseparabili. Neville aveva accettato la cosa, ma si guardava bene dal chiamare la ragazza con il suo nome completo. Trixy fece una pausa, probabilmente dovuta alla sua persistente arrabbiatura con la propria famiglia, poi continuò. "Ovviamente, i miei non l'hanno permesso. La verità è che non mi perdonano di essere una Grifondoro e di andarne fiera. Dovrebbero vergognarsi! Blaise Zabini, con la sua mania da Purosangue e Pansy Parkinson, una donna che ammira la Mangiamorte più crudele di tutti. Da che razza di gente è composta la mia famiglia?" sbottò. Si alzò in piedi. Quando parlava della famiglia Zabini andava completamente fuori controllo.

"Meno male che ci sei tu Trix, basti a compensare i difetti di tutti i tuoi familiari, te lo dico io" la rincuorò Penny.

"Grazie" le rispose sedendosi.

"Con tuo fratello, che è successo?" Penny sapeva che Trixy e Daniel, sebbene gemelli, non erano mai stati molto simili, gliel'aveva detto l'amica. Sapeva cosa le toccava sopportare durante le vacanze estive.

"Oh, lui. Un vero Zabini, come dice mia nonna". Rise, senza allegria. "Se quando era bambino in lui c'era qualcosa di buono, stare in quel covo di serpi glielo ha totalmente portato via" constatò amaramente. Penny la guardò comprensiva. Si capiva che il rapporto con il fratello era una nota dolente. In qualche modo intuiva che da piccoli erano stati diversi, ma molto legati. L'inizio della scuola aveva spezzato quel legame. "Vorrei poterti dire che siamo come due estranei" continuò, "ma non è così. Lui vuole di più. Vuole un nemico. Non dovrebbe essere così tra fratello e sorella, ma non è colpa mia se non condivido i suoi pregiudizi". Daniel aveva le stesse idee dei suoi genitori, sia sul sangue puro che sui Babbani.

"Credo che tu non mi abbia detto tutto".

Trixy annuì. Aveva l'aria di qualcuno che avrebbe voluto essere Obliviato per dimenticarsi quello che era successo.

"C'è qualcosa in più. Prima di tornare a scuola abbiamo litigato di brutto, sono volate parole pesanti. Posso sopportare tutto, ma non le offese ai miei amici. Sono saltate fuori le bacchette, abbiamo avuto anche dei guai col Ministero perché sai che non possiamo fare magie fuori da Hogwarts. Comunque, papà ha risolto tutto grazie alle sue conoscenze al Ministero – quando gli serve qualcosa, sa sempre a chi chiedere un favore. Per farla breve, lo scontro tra me e Daniel c'è stato e insomma... l'ho Schiantato" concluse. "Piuttosto violentemente".

"Non grande, magnifica!" si lasciò scappare Penny.

"Be' se l'è cercata. Ha offeso le mie amicizie più care: te, Rose e Alice".

"Su di me cosa ha detto?" trillò una voce da dietro il divano. Alice e Rose erano in piedi dietro il divano. Che non le avessero viste era normale, dato che erano sedute di spalle rispetto all'ingresso, ma che non le avessero sentite era strano.

"Da quanto siete qui?" domandò Penny.

"Giusto il tempo di sentire che Trixy ha lanciato uno Schiantesimo alla serpe!" rispose Alice, sedendosi a sua volta. Nessuna sembrava intenzionata a rimproverarla, per quel piccolo abuso di magia minorile.

"Hai fatto bene" non si astenne dal dire Rose. "Immagino gli insulti siano i soliti".

"Sì, mio fratello non ha troppa fantasia". A quanto pareva aveva offeso la madre di Penny in quanto Maganò, lanciato frecciatine contro i Weasley perché traditori del loro sangue e frasi poco carine nei confronti di Alice e di tutta la famiglia Paciock. Trixy si rifiutò di entrare nei dettagli. Si vergognava di suo fratello. "A quel punto avevo già messo mano alla bacchetta e stavamo duellando, ma è stato quando mi ha detto che reco disonore al nome che porto, che non ci ho visto più. E l'ho Schiantato". Nessuna commentò, perché l'espressione di Trixy non era vittoriosa, ma triste e rassegnata.

"Essere il cagnolino di Malfoy non gli fa bene" disse Rose. "Secondo me si contagiano a vicenda".

"Non è un virus essere Serpeverde" le fece notare Penny, ridendo.

"Bene" disse Trixy. "Non pensare che io mi sia scordata della tua espressione quando ti ho trovata qui sul divano, triste e sola. Che ti succede?" Penny non sapeva a cosa appigliarsi.

"Te l'ho detto, non mi sentivo bene".

"Sì, certo. Vuoi un bello Schiantesimo anche tu?" fece Trixy. Be', avrebbe fatto comunque meno male che vedere James baciarsi con un'altra.

"Non ho avuto una buona giornata" disse, mantenendosi sul vago. Fece l'errore di non guardare Rose.

"Sai qualcosa che noi ignoriamo?" le chiese Alice. Era troppo perspicare, per i gusti di Penny. Le ricordava Al, quando faceva così.

"Sì Alice, per questo non la sto riempiendo di domande. Lo so perchè ero con lei. Sappi che dovrai imbottirmi di Veritaserum per costringermi a rivelare qualcosa" disse seria. Penny si ripromise di ringraziarla in privato per quelle parole.

"Ragazze, non è niente di serio... è una cosa che mi fa sentire idiota. Rimarreste deluse, garantito".

"Non dirmi che è una questione di cuore!" Trixy sembrava eccitata.

"Non urlare" la rimproverò Penny, guardandosi intorno per sincerarsi che non ci fosse nessuno oltre loro.

"Molto bene, abbiamo la prova che ho ragione: è una questione di cuore. Assodato ciò, possiamo passare a supporre i pretendenti in questione" annunciò. "Ho già qualche nome in mente. Alice, a te l'onore".

"Possiamo escludere che sia un Serpeverde?" fece Alice, dubbiosa.

"Certo che puoi escluderlo! Per chi mi hai presa?" replicò Penny, alterata. Le labbra si erano mosse di scatto, nonostante si fosse ripromessa di stare in silenzio.

"Be' non si piò mai sapere, ce ne sono alcuni davvero carini" disse Alice, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Penny. Poi Trixy mosse la bacchetta, pronunciando un incantesimo sconosciuto, e apparve una lunga pergamena sospesa nell'aria. Penny ci mise un attimo a capire: era la lista di tutti gli studenti maschi di Hogwarts. Dopo le sue parole, l'intera sezione degli studenti Serpeverde fu automaticamente depennata.

"Scommetto che la pergamena si accorge se dico bugie..." Il tono di Penny era decisamente rassegnato. Era stata una sciocca a pensare che le amiche l'avrebbero lasciata in pace.

"Scommessa vinta" disse Trixy. "L'ho presa ai Tiri Vispi Weasley: è formidabile, non trovi?"

"No Trixy, non direi proprio!" replicò Penny.

"Zio George è un genio" commentò Rose.

"Bando alle ciance! È un Tassorosso?" chiese Alice.

"E se io non rispondessi?" le fece notare Penny.

"Io e Trixy ti tormenteremmo fino allo sfinimento e finiresti per parlare". Sapeva bene che entrambe erano capacissime di farlo.

"No" rispose controvoglia, sempre guardandosi intorno per controllare che fossero sole. Dalla lista scomparvero tutti i Tassorosso. "Chi vi dice che la persona che mi interessa sia di sesso maschile?" domandò alle amiche, nel tono più serio che riuscì a trovare. Loro la fissarono, estremamente preoccupate. "È una pergamena omofoba o è solo difettosa?" chiese.

"No, ma a quanto pare dovremo ricominciare tutto da capo" disse Trixy, disperata.

"No" ammise. "È un ragazzo".

"Per fortuna, almeno il campo della pergamena si restringe" esultò Trixy, "e possiamo riprendere. Corvonero?" le chiese. Penny ci pensò su e decise di provarci. Magari era una truffa per spillare soldi, o magari se avesse mentito davvero bene non l'avrebbe scoperta.

"Si" rispose soltanto. Per un momento la bugia sembrò non avere conseguenze, ma l'attimo dopo accadde qualcosa che la lasciò di stucco. La parte inferiore della pergamena si arrotolò, fino a prendere la forma di una lingua, peraltro molto lunga. A quel punto quella cosa le fece una gigantesca pernacchia e pronunciò un'unica parola: Bugia! Poteva farsi mettere in soggezione da una stramaledetta pergamena? Era messa proprio male.

Comunque, Alice non si scompose. "Ne deduco che sia un Grifondoro", si limitò a osservare. Dalla lista furono depennati anche i Corvonero.

"Questo ragazzo, ha meno di sedici anni?" chiese Alice.

"No" rispose, sempre più esitante. Avrebbe voluto scappare, ma in fondo erano le sue amiche, alle quali aveva nascosto la cosa per fin troppo tempo. Si fidava di loro; in un certo senso avevano era giusto che lo sapessero.

"Ottimo, quindi è del sesto o del settimo anno. Escludo a priori che sia Al?" chiese Trixy. Penny scoppiò a ridere.

"Ma che dici!" fece Alice, seccata. Aveva parlato al posto suo, con un certo fervore. Almeno c'era ancora qualcuno che ragionava, pensò Penny.

"Ovvio" le fece eco. Però nulla si depennò sulla lista. A dire il vero, si accorsero che il nome di Al non era affatto presente. Alice parve... sollevata. La pergamena non era difettosa per niente, a quanto pareva. Sapeva come interpretare ogni cosa, sapeva se Penny mentiva, escludeva a priori i soggetti che non erano presi in considerazione da lei. Per questo le ragazze non comparivano, per questo il suo migliore amico non c'era. Semplicemente, George Weasley era un genio.

"Hai visto Trix? Perfino la lista sa che Al e Penny sono come fratelli" fece Rose.

"Oppure Al ha gusti che non contemplano le ragazze" asserì Trixy, trasformando l'espressione sollevata di Alice in una smorfia. Penny si ripromise di indagare su quella faccenda. La sua amica non gliela contava giusta. Neanche un po'.

"La mappa non segna le persone da escludere a priori, giusto? Però Penny potrebbe amare un ragazzo che non la ricambia" congetturò Trixy, del tutto dimentica della presenza dell'amica.

"Ehi, io sono ancora qui! Non parlare come se non fossi presente". Merlino! Era la sua vita, non una soap opera!

"Comunque l'unico nome escluso è quello di Al, quindi quello che dice Trixy è giusto. Noi vogliamo sapere di chi sei innamorata tu, non se lui ti ricambia. Quindi potresti anche esserlo di un ragazzo che non ti contempla".

"Ma infatti è così" sbottò lei. "Posso affermare in tutta sicurezza che così, non serve una pergamena per confermarlo. E no, non è gay". Ottimo, stava gracchiando.

"Chi non è gay?" chiese James, appena entrato in Sala Comune con Al. Penny lo guardò basita. Lei stava lì ad agitarsi e lui arrivava come se niente fosse, ignaro degli affanni le causava. Merlino, quanto lo odiava!

"Magnifico!" Aveva praticamente strillato. Se ne rese conto e decise che la mossa migliore era sparire alla svelta. Pertanto corse a rifugiarsi nel dormitorio, dove aveva intenzione di passare il resto dell'anno scolastico.

"Cos'è quella?" chiese Al adocchiando la pergamena ancora a mezz'aria.

"Niente" rispose Alice facendola sparire in fretta, con solo un colpo di bacchetta. Tanto ormai non serviva più, non dopo la reazione di Penny all'arrivo di James.

"Rose, cos'ha Penny?" chiese Al apprensivo.

"Non ora Al, dopo ti spiego" gli rispose con sguardo eloquente. Non potè impedirsi di lanciare un occhiata a James, che si accigliò.

"Che vuol dire non ora?" domandò, visibilmente scocciato. "Sono un problema per te, Rose? Non pensi che potrei voler sapere se le succede qualcosa?" sbottò, lasciandoli di stucco. Alice e Trixy ebbero la sensibilità di lasciarli a sbrogliare quella matassa familiare, uscendo dalla Sala Comune.

"Jamie, di che stai parlando? Sei mio cugino e ti voglio bene, ma non posso sbandierare i fatti privati degli altri" rispose Rose, pacata.

"Be', non posso fare a meno di notare che quando si tratta di lei è come se fossi un estraneo. Mi detesta a questo punto?" chiese esasperato.

"Ma figurati se Penny ti detesta! È solo molto riservata" disse Al, senza suonare molto convincente.

"Inventatene un'altra. Oggi ti ho vista trascinarla via quando siete uscite dalla Sala Grande, e vorrei sapere perché" disse, rivolgendosi a Rose.

"Aspetta, mi sono perso qualcosa?" disse Al senza pensarci. Rose lo fulminò con lo sguardo. La cosa irritò ancora di più James, che le parlò in tono accusatorio.

"Visto? Dice così perchè si sarà pure perso un pezzo, ma sa di cosa si parla. Io no, come sempre! È tutto il pomeriggio che vi cerco. Era a pezzi, da come si muoveva. Quindi ora mi dici che cos'ha. È stato Malfoy?" chiese.

"Malfoy non le ha nemmeno rivolto la parola" rispose Rose. La cosa non sembrò placarlo più di tanto.

"Sta male?" chiese allora.

"Non fisicamente, se è questo he intendi".

"Merlino, allora cos'ha?" sbottò. Al e Rose erano perplessi a quella reazione. Non capivano bene cosa stesse succedendo.

"James, tu e Penny siete compagni di casa, ma si da il caso che sia la mia migliore amica. Mia e di Al. Ora, se Baston ti dicesse un segreto, tu lo custodiresti, o lo sbandiereresti ai quattro venti?" Il volto di James aveva un' espressione indecifrabile. La squadrò, poi fece lo stesso con Al, che aveva la bocca cucita.

"Quindi per Shane è questo che sono... i quattro venti! Rivelarlo a me o a un estraneo, per lei fa lo stesso! Molto bene, non sono affari miei. Vado a farmi un giro" disse uscendo in fretta da dove era entrato. Al sospirò e si sedette di fianco a Rose sul divano, ormai erano soli.

"Cosa è successo?" chiese a mezza voce, come se di strilli ne avesse abbastanza. Rose sbuffò. Non le andava per niente di rinvangare quel pomeriggio, ma Al doveva essere aggiornato sui recenti sviluppi.

"Dopo pranzo ho visto Penny imbambolata in corridoio. Fissava un angoletto buio, per me privo d'interesse. Mi sono avvicinata, l'ho chiamata, ma non si è neanche girata. Stava fissando James". Al aveva un brutto presentimento. "Stava addossato al muro, con appolipata addosso quella tizia... Jessica, la bionda slavata del quinto anno".

"Non ci credo!" disse Al sgomento. "Deve essere uscito di senno. Non l'ha mai potuta vedere! Dice che è appiccicosa e smielata, oltre che un tantino patetica nelle sue... manifestazioni d'amore. Sei sicura che non era lei a baciare lui, più che il contrario?" Rose riflettè, ma rispose che non ne aveva idea. Non aveva prestato attenzione ai particolari della scena, si era solo preoccupata di trascinare via Penny.

"Aveva una faccia" disse. "È scappata e l'ho trovata nella torre con Trixy, che per sollevarla le stava raccontando di come quest'estate abbia Schiantato Daniel Zabini". Al rise alla notizia. Non aveva grande simpatia nei confronti del gemello di Trixy. Del resto, Daniel non era simpatico a nessuno se non a Scorpius. Erano inseparabili.

"Grandiosa!" fece Al. "Altro che Schiantesimi, lui e Scorpius meriterebbero l'espulsione dal Mondo Magico, per quanto sono viscidi".

"Vuoi dare questa gatta da pelare ai Babbani, poverini? Non dirmi che sei diventato anti- babbani anche tu!" lo celiò Rose.





Nei giorni seguenti, le lezioni furono serrate e il rischio di incontrare James divenne basso. Nel tempo libero, Penny si chiudeva in biblioteca o in qualsiasi altro posto in cui fosse sicura di non trovarlo. Se lui era in Sala Comune, lei era in cortile. Se lui era in cortile, lei era a prendere il tè da Hagrid con Al e Rose. E così via. Non voleva assolutamente vederlo. Non tanto perchè a freddo ce l'avesse ancora con lui, che aveva il diritto di baciare chi voleva, quanto perchè era sicura che avrebbe rischiato di rivelargli la verità. Una possibilità catastrofica, che Penny non voleva contemplare.

"Vuoi evitarlo per sempre?" chise Al sottovoce, prendendo posto accanto a lei.

"Non possiamo parlarne dopo? Siamo in biblioteca" bisbigliò. Avrebbe volutonon parlarne mai, ma immaginava che non fosse tra le opzioni previste da Albus.

"Stiamo sussurrando, nessuno avrà niente da ridire. È una settimana che fai di tutto per non vedere mio fratello, pensi di resistere finchè avrà passato i M.A.G.O e lasciato la scuola?" le chiese ironicamente.

"Non sarebbe una cattiva idea" rispose lei. Al alzò gli occhi al cielo.

"Ovvio che no!" disse seria. "Solo che non mi va di parlarci per il momento. Finirei per dirgli qualcosa di stupido". Al emise un suono che sembrava un misto fra uno sbuffo e una risata soffocata.

"Su questo non c'è pericolo. James è convinto che lo detesti, che non ti fidi di lui e che per questo non è mai a conoscenza dei tuoi problemi".

"Che vuoi che gliene importi, dei miei problemi?" Non vedeva quale fosse il motivo per cui James dovesse occuparsi di lei in qualche modo.

"Ci ha chiesto se Malfoy ti avesse dato fastidio. James è affezionato a te" disse Al sorridendo. Penny non sapeva se ridere o piangere, ma si limitò a sbuffare. Erano in biblioteca, in fondo. Però quello che aveva detto Al... affezionato James forse lo era, ma non nel modo in cui Penny avrebbe voluto. Era deprimente pensarci. Al sembrò leggerle quello che pensava negli occhi.

"Scusa" disse. Di cosa dovesse scusarsi, Penny non ne aveva idea. Aveva detto la verità, nient'altro. Gli sorrise.



"Grazie lo stesso, è stato un bel tentativo".

"Tra poco andrà meglio" tentò di consolarla. "Inizieranno le visite a Hogsmeade e ti rimpinzerai di Burrobirra, giù al Pub di Madama Rosmerta. In più riparte la stagione di Quiddich". Giusto, il Quiddich!

"Per la barba di Merlino! Albus, oggi non mi sei certo di aiuto! Fino alla Burrobirra eri andato benissimo" disse. "Ma gli allenamenti di Quiddich mi porteranno gomito a gomito con James? Lui è il cercatore e..."

"... tu sei la battitrice, giusto". Al sembrò rinunciare al proposito di consolarla. Qualsiasi cosa avesse detto, avrebbe finito col farla stare peggio.

"La cosa dovrebbe consolarmi, secondo te?" Era una domanda retorica.

"Si, tu ami i bolidi impazziti" cercò di scherzare. "Un sacco di ragazze vorrebbero essere al tuo posto, a difendere Jamie dall'attacco di feroci bolidi".

"Albus Severus Potter, taci oppure ..." La voce della bibliotecaria interruppe le minacce di Penny.

"Shhhh! Se volete parlare, andate a farlo fuori di qui!" Non se lo fecero ripetere. Si alzarono e uscirono, prima di attirare le ire di tutti – cosa molto facile, quando si parla in una biblioteca.

"Meno male che ti ha interrotta! Volevi Affatturarmi, mi ci gioco la bacchetta".

"Te lo saresti meritato! Sono gelosa di un ragazzo e tu mi parli di quante altre vorrebbero stargli accanto. Ti sembra normale?" gli disse, finalmente libera di sfogarsi.

"Non è stato molto carino", ammise.

"A proposito di cose carine, ti volevo parlare di una cosa che è successa l'altro giorno con le ragazze". Lui la guardò, curioso. Penny stava pensando al suo nome assente dalla lista e a quanto fosse forte la loro amicizia. E lo abbracciò, di getto.

"E' un gesto d'amicizia o vuoi pugnalarmi alle spalle per le cose che ho detto prima?" chiese scherzoso.

"E' per dire che sei il fratello che avrei voluto, idiota".

"E' la cosa più bella che mi potessi dire! " rispose, colpito.



"Disturbo?" chiese bruscamente una voce.

"Certo che no!" rispose Al; lui vedeva il volto della persona a cui apparteneva quella voce calda e vellutata.

"Ciao James". La risposta di Penny arrivò con un filo di voce.

"Vi ho visti impegnati" disse. Ottimo, pensò Penny. James stava insinuando che tra lei e Al ci fosse una tresca.

"Oh sì, a forza di parlare però ci hanno sbattuti fuori dalla biblioteca!" disse Al, che aveva deciso di ignorare l'atteggiamento di James. Era molto più calmo e riflessivo della sua amica, evidentemente. Meglio per lui, ma molto peggio per lei, che non ci riusciva. Così decise di battere in ritirata.

"Io vado a fare quello che devo fare" disse rivolta ad Al, che la guardò strabuzzando gli occhi. La frase che aveva detto non aveva alcun senso, ma lei si incamminò a passo svelto verso... non sapeva dove. Non aveva grande importanza. Lontano da James, era il miglior posto in cui poteva trovarsi.

"Penelope!" la chiamò James, alle sue spalle. Si voltò, perché non poteva proprio fingere di non averlo sentito. Non aveva novant'anni, lui era troppo vicino, e non c'era un chiasso assordante intorno a loro. Sembrava sparito anche Albus, che invece di andarla a salvare se l'era svignata. Che traditore!

"Dimmi" rispose sfoggiando un sorriso più finto di una moneta da tre sterline babbane.

"Mi stai evitando, Penelope, o è una mia impressione?" chiese lui, calcando il tono sul suo nome.

"Non chiamarmi Penelope, per cortesia". Tutti sapevano che la infastidiva, compreso James.

"E tu non evitarmi, per cortesia" la scimmiottò. Non si era sbagliata su di lui quando l'aveva incontrato. Era simpatico, ma impertinente e davvero fastidioso, quando voleva.

"Non ti sto evitando" mentì Penny. "Non sei il centro del mondo, Potter".

"Mi detesti fino al punto di non volermi nemmeno parlare, Shane?" Quel tono di voce diverso dal solito, la fece fermare. Non era spavaldo, nè arrogante. Sembrava solo dispiaciuto, in quel momento.

"Io non ti detesto affatto!" gli rispose guardandolo – per la prima volta da quando avevano iniziato la conversazione – dritto negli occhi. Due pozze castano scuro, profonde al punto da potercisi perdere. E le sarebbe piaciuto molto, poterlo fare. Perdersi in lui. Scosse la testa per scacciare quel pensiero.

"Non è vero, lo sai. Non mi hai mai potuto soffrire e non fai nulla per nasconderlo. Sei cordiale con tutti, se escludiamo le serpi, ma quando arrivo io diventi fredda".

"Che cosa ne sai di come sono quando non ci sei?" domandò lei.

"Be', vi vedo! Insomma, anche il fatto che loro sappiano perchè l'altro giorno eri a pezzi e io non..." Penny si sentì in dovere di interromperlo.

"Ti ringrazio, ma non mi serve il tuo aiuto. Loro sono i miei migliori amici, è questa la differenza". Doveva allontanarlo da lei, anche a costo di essere cattiva con lui.

"Mi conosci da tanti anni. Possibile che non ti fidi di me?" le domandò. Decise di non rispondere direttamente alla domanda. La risposta li avrebbe feriti entrambi. Non si fidava di lui, era vero.

"James, io ho da fare ora, se vuoi scusarmi..."

"No, non voglio scusarti, Shane" replicò serio. "Stiamo parlando, dove devi andare così di fretta?" Già, dove doveva andare? Per tutte le cavallette, doveva imparare ad architettare meglio le scuse per sfuggire alle domande di persone che la interessavano ma che non poteva avere. Si ripromise di buttarne giù un centinaio, pronte da rifilare alle persone che voleva evitare.

"Alla Guferia". La prima cosa che le era venuta in mente. Lui non sembrava troppo convinto. "Devo dare da mangiare a Lara, la mia civetta ma anche spedire una lettera" inventò sul momento. I particolari rendono le bugie credibili, glielo ripeteva sempre suo nonno. Arnold era un maestro nell'arte di negare, omettere o inventare di sana pianta qualcosa. Chi altri poteva se non lui? Per anni aveva nascosto a sua figlia di essere un mago.

"Posso accompagnarti?" propose, stavolta gentilmente.

"Come vuoi, se non hai di meglio da fare" rispose di getto, calcando sulle ultime parole, con tono allusivo. James parve perplesso.

"Non capisco di cosa parli".

"Lascia stare, non sono fatti miei" tagliò corto lei, riprendendo a camminare. Ma James non mollò e continuò a starle dietro.

"Di cosa stai parlando?" chiese ancora.

"Del fatto che ci siano molti modi di passare il tempo, certamente più piacevoli che indagare sulla mia vita. Il mio consiglio perciò è di fare ciò per cui sei più portato: divertirti!" Negli occhi di lui lesse il riflesso del proprio sguardo. Quello che voleva fosse freddo e distaccato, le era uscito come uno sguardo rancoroso.Si ripromise di iscriversi a un corso di recitazione, o chiedere ulteriori delucidazioni al nonno.

"Ma dove vai? La Guferia è dall'altra parte!" disse trattenendola per un braccio.

"Ormai è tardi e tra poco inizia la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure. Non ho intenzione di arrivare in ritardo, adoro quel corso" disse. Almeno questa era la verità, visto che era la sua materia preferita.

"Senti, io mi arrendo. Non so a cosa ti riferisci. Quando vorrai deciderti a parlarmi di nuovo sai dove trovarmi!" Sembrava una foga eccessiva a Penny, ma non indagò.

"Ti sto parlando, mi sembra" sbottò.

"Bene" disse rassegnato, "ora è proprio cristallino, che non sono fra le tue simpatie. Se vuoi che ti lasci in pace, fai una bella cosa: quando alla partita un bolide sta per venirmi addosso, tu lascialo fare!" Oh, ma per piacere!

"Non dire idiozie!" disse Penny. James stava andando a ruota libera. Nessuna delle cose che diceva avevano un senso.

"Deve essere difficile difendere qualcuno che ti sta così antipatico" proseguì. "Mi dispiace per te, davvero". Penny decise che non voleva stare a sentire un minuto di più di quelle scemenze. Sapeva che stava solo provocando una reazione, o che voleva farla semplicemente sentire in colpa. Be', non ci sarebbe riuscito.

"E' più facile di quel che pensi" gli rispose, pacata. Sembrò confuso da quella replica. Sperava quasi che capisse quel che si celava dietro alle parole che aveva detto. Difenderlo era la cosa che le veniva meglio, alle partite. Sam Baston, il loro capitano, le diceva sempre che aveva talento. Era vero: era un'ottima Battitrice, ma il fatto che il Cercatore le stesse così a cuore la aiutava. Lui non proferì parola. Penny colse quel momento di silenzio come un'ottima occasione per svignarsela, dirigendosi verso l'aula di Difesa Contro le Arti Oscure, dal professor Lupin.







ANGOLO AUTRICE

Ecco un altro capitolo, spero vi piaccia. Penny dice a Trixy "non grande, magnifica" e ovviamente è una citazione dal film Il Prigioniero di Azkaban, in cui Ron dice la stessa frase a Hermione.

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Capitolo 5
*** 4. Filtro d'amore per Alice Paciock ***


Capitolo Quattro



Filtro d'amore per Alice Paciock



Penny si era lasciata indietro James Potter, e andava verso un altro componente di quella immensa famiglia Weasley-Potter, alla quale ormai era legata a doppio filo. Entrò in aula in perfetto orario, mettendosi a sedere in terza fila, vicino ad Al.

"Sei già qui? Mi hai lasciata sola!" lo rimproverò. Lui aveva un'espressione colpevole. In realtà era solo divertito dalla sua reazione, Penny lo sapeva.

"Mi sembrava indelicato frappormi tra te e il tuo lui" la canzonò. Ecco, appunto.

"Ritiro quello che ho detto prima riguardo alla nostra fantastica amicizia". Al rise di gusto e si chinò sulla cartella per estrarre il libro di testo.

"Hai visto Alice?" le chiese poi, con finta noncuranza.

"Veramente no, perché?" Lui sembrò imbarazzato. Al imbarazzato... con lei?

"Le dovevo rendere un libro che mi aveva prestato, tutto qui". Per archiviare del tutto la faccenda chiese dove si fosse cacciata Rose. Come se l'avesse udito, in quel momento lei entrò insieme a Trixy. Si sedettero al banco davanti. "Ma dove diavolo eravate?" chiese Rose girandosi verso di loro. L'aula iniziava a riempirsi. Penny sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Disse che aveva avuto uno spiacevole colloquio con James e ne approfittò per dare una gomitata ad Al, ripensando a come se l'era svignata. Al non sembrava preoccupato dall'eventualità che Penny continuasse a riempirlo di gomitate, perché continuava a guardarsi intorno. Rose gli chiese qualcosa riguardo alle predizioni per Divinazione, ma lui non la stava ascoltando.

"Ti verrà il torcicollo se continui così!" gli fece notare Rose.

"Cerca Alice" spiegò Penny. "Deve ridarle un libro". Non era affatto convinta da quella motivazione – le sembrava deboluccia, decisamente.

"E' in Infermeria" li informò Trixy. Albus iniziò ad agitarsi.

"Lo dici così?" esclamò, facendo voltare più di uno studente nella loro direzione.

"Al stai tranquillo, non è niente di grave" lo rassicurò. "Sarà dimessa entro stasera. Stava preparando una pozione, ma non è andata come aveva previsto Alice. Le avevo detto di non farlo" concluse Trixy. Evidentemente, l'amica non l'aveva ascoltata. Penny si ripromise di chiederle ulteriori spiegazioni. Al riprese a respirare, parve sollevato. In quel preciso momento, il professor Lupin fece il suo ingresso in classe.

"Buongiorno professore!" dissero in coro le due Case. In quel caso i Grifondoro dividevano la lezione con i Corvonero del sesto anno. Ottimi compagni di classe, i Corvonero. Comunque, nemmeno condividere la classe con Serpeverde avrebbe potuto renderla indifferente verso Difesa Contro le Arti Oscure. Theodore Lupin era il loro insegnante dall'anno precedente. Un insegnante coi fiocchi, anche se molto giovane. Aveva appena ventitrè anni, ma riusciva non solo a farsi rispettare da tutti i ragazzi e le ragazze di Hogwarts. Era un giovane brillante e affascinante, da poco sposato con Victoire Weasley, cugina di Al e Rose ma soprattutto talentuosa insegnante di Pozioni. Penny non amava Pozioni come Difesa Contro le Arti Oscure, ma doveva ammettere che Victoire era un'ottima insegnante.

"Buongiorno a tutti!" disse Lupin. Si sedette alla cattedra, sistemò i libri e le cianfrusaglie che si portava sempre appresso e poi si alzò di nuovo. Era una persona molto dinamica, Penny non ricordava di averlo mai visto fare lezione restando seduto per più di cinque minuti. "Oggi ripeteremo un argomento che abbiamo accennato l'anno scorso ma che non fa mai male ripassare. Sto parlando di come produrre un Incanto Patronus" disse. "Qualcuno se la sente di dirmi come si produce un Patronus e come usarlo per scacciare i Dissennatori?" chiese. Penny alzò la mano d'istinto.

"Signorina Shane, prego!" Fosse stata un'altra materia Penny non avrebbe alzato la mano con tanta prontezza, ma Difesa Contro le Arti Oscure era un'altra storia. Con Lupin ancora meglio: lo trovava eccezionale, degno erede di suo padre, almeno da quello che aveva sentito su di lui.

"Un patronus si produce concentrandosi su un ricordo estremamente felice, lasciando che ci colmi completamente, per poi pronunciare la formula Expecto Patronum. In tal modo, i Dissennatori si cibano del ricordo, senza attaccarci direttamente". Lui annuì soddisfatto.

"Sai anche dirmi se ce ne sono più tipi?" Penny non dovette neppure riflettere.

"Corporeo e non-corporeo, signore. Il primo prende una forma particolare, che ha un significato per colui chelo produce. Il secondo tipo invece non assume alcuna forma particolare" spiegò.

"Molto bene Penny! Cinque punti a Grifondoro per quest'ottima spiegazione!" disse. Lei sorrise, lievemente compiaciuta, poi si mise di nuovo all'ascolto. Dopo un pò di teoria si passò alla pratica; il professor Lupin era per un insegnamento che prevedesse un certo allenamento sul campo. Il fatto che Lord Voldemort fosse stato ridotto in polvere dal Prescelto non significava certo che i maghi oscuri fossero spariti dalla faccia della Terra. Era giusto che i suoi ragazzi si esercitassero, diceva lui. Penny non poteva che condividere, dato che aveva l'aspirazione di diventare Auror. Era un sogno che accarezzava ardentemente. Una volta finita la scuola avrebbe tentato quella strada.

Lupin decise di utilizzare un Molliccio per farli esercitare, come suo padre aveva fatto un tempo con i propri studenti. "Il Molliccio, come saprete se l'anno scorso mi siete stati a sentire per almeno tre minuti, prende le sembianze di ciò che più ci spaventa" disse. "Per ognuno dovrebbe prendere un aspetto diverso, non è detto sia un Dissennatore. Per questo motivo è stato appositamente Incantato dal sottoscritto, affinchè assuma sempre e solo la forma di un Dissennatore, con ognuno di voi".

"Grazie della premura, professore!" scherzò Lorcan, facendoli ridere.

Ciascuno si mise in fila, in attesa del proprio turno. La prima ad affrontare il molliccio fu Rose. A seguire vi furono alcuni Corvonero; poi Al, Trixy e Penny, finchè ognuno ebbe prodotto il proprio. Parecchi ebbero la meglio sul Molliccio, ma ci fu qualche ragazzo che non riuscì nell'intento. In questi casi Lupin si frapponeva tra lo studente e il molliccio, evocando il proprio patronus, che aveva l'aspetto di un lupo, proprio come quello appartenuto ad entrambi i genitori.

"Non scoraggiatevi" ripeteva a quelli che non ci riuscivano. "Avete fatto esercizio solo alla fine dell'anno scorso, è normale che non riusciate a padroneggiare l'incantesimo alla perfezione". Quando l'esercitazione si concluse, gli studenti erano quasi dispiaciuti di uscire dall'aula. Le lezioni di Lupin piacevano a tutti, non ci si annoiava mai. Avevano imparato più cose con lui al quinto anno, che nei quattro precedenti. Penny raccolse i libri, ma non uscì. Si diresse invece verso Teddy Lupin, che la sentì avvicinarsi alla cattedra e sollevò lo sguardo. Penny si schiarì la voce.

"Professore" disse. "Avrei una domanda".

"Perdona se intanto cerco la mia piuma d'oca, ma ti ascolto", rispose gentilmente, iniziando ad armeggiare con un cassetto della cattedra

"Ecco, mi chiedevo. Secondo lei, ho qualcosa che non va?" chiese. Lui sembrò non capire. "Con l'Incanto Patronum, intendo". Notando il volto preoccupato dalla ragazza smise di cercare la piuma d'oca e si mise a sedere. Le parlò con voce rassicurante:

"Penny, il tuo Patronus è uno dei più potenti della classe. Per giunta sei velocissima a produrlo. L'anno scorso sei stata la sola a riuscirci al primo colpo. Te lo ricordi? Era vero, era stata la prima a produrlo ed era piuttosto potente di solito; ma c'era qualcosa che la turbava.

"Signore, ecco... non è corporeo" disse incerta. "Non è strano? Insomma, io voglio diventare Auror. Non voglio che questa cosa influisca negativamente". Tutti i Patronus dei suoi amici avevano una forma. Quello di Rose era una lontra come quello di Hermione. Il patronus di Al aveva le sembianze di una cerva – chissà se per via della nonna o del suo secondo nome. Lily e Severus avevano avuto lo stesso Patronus, un tempo. Quello di Trixy l'anno prima era non-corporeo, ma ora aveva le sembianze di un Labrador. Penny sapeva perchè. Durante l'estate era morto il suo cane, al quale Trixy era legatissima. Era l'unica creatura della casa che l'avesse amata e che lei adorava. La sua morte aveva addolorato profondamente la ragazza, ed evidentemente il suo Patronus rispecchiava quell'avvenimento.

Lupin le riservò uno sguardo di tenerezza.

"Ascolta Penny: tu eccelli nella mia materia. So che non sei niente male anche in Pozioni, Incantesimi e Trasfigurazione. A mio parere sarai un ottimo Auror, e certamente il fatto che il tuo Patronus prenda forma o meno non cambierà nulla" la rassicurò. "Ci sono altri ragazzi ai quali non riesce un Patronus completo, ma sono sicuro che entro quest'anno il tuo prenderà forma" la rassicurò dandole un colpetto sulla spalla.

"Se lo dice lei mi fido" disse Penny. "Buona giornata professore". Uscì dall'aula e scoprì che gli altri l'avevano aspettata; disse loro che aveva chiesto dei chiarimenti, senza scendere in particolari. Insieme si incamminarono verso la Sala Grande.

"Si può sapere che diavolo è successo ad Alice?" bisbigliò accostandosi a Trixy.

"Te lo spiego a tavola, ma è meglio che Al non senta" sussurrò l'altra con aria di segretezza, facendola morire di curiosità. "Alice mi ucciderebbe".



Procedettero in silenzio fino alla Sala Grande. Si sedettero alla tavolata dei Grifondoro. Dall'altro lato del tavolo, Al ingaggiò una discussione con Matthew Finnegan, suo amico e compagno di stanza, che sosteneva di saper fare l'incantesimo Incarcifors, che fino ad allora non era riuscito a nessuno. La cosa giocava a loro favore, perché si trovarono libere di parlare. Penny e Rose morivano dalla voglia di sapere cosa fosse successo.

"Che ha combinato Alice con quella pozione?" chiese Rose. Trixy si guardò intorno, come se stesse per rivelare l'arcano, e iniziò a raccontare l'accaduto.

"Voleva preparare un filtro d'amore, anche piuttosto complicato" riferì alzando gli occhi al cielo. Disapprovava il maldestro tentativo dell'amica.

"Cosa? Un filtro d'amore?" esclamò Penny incredula. Non aveva idea che Alice fosse innamorata.

"Proprio così, ma non di quelli che devono essere ingeriti dal destinatario. Era lei a doverla bere, per poi dire una specifica frase – non so quale – all'oggetto del desiderio. Una specie di frase chiave che attiva l'incantesimo e scatena l'infatuazione" spiegò. "Ha sbagliato qualcosa nella preparazione e le sono spuntate delle bolle verdi sul viso. Ero insieme a lei e siamo corse da Madama Chips in Infermeria. Dice che non è grave". Rose e Penny erano sorprese.

Alice aveva tentato di preparare un filtro d'amore, per chi? Lo domandarono a Trixy, che su quel punto fu irremovibile.

"Non posso" disse. "Sarà Alice a dirvelo, quando se la sentirà".

"Sai che non avremo pietà nemmeno se è in punto di morte, vero?" disse Rose, facendole ridere.

"A proposito di mettere sotto torchio, tuo cugino ci ha interrotto, ma tu mi devi ancora spiegare come è nato tutto, fra te e Lorcan" le ricordò Penny mentre si alzavano da tavola. L'ora seguente, prima della lezione di Pozioni, fu trascorsa nel cortile di Hogwarts. Le temperature cominciavano pian piano a scendere. Ottobre si stava avvicinando, ma c'era ancora un bel sole.

"Allora, tu e Lorcan a che punto siete?"domandò Penny senza giri di parole.

"A nessun punto" rispose Rose. Penny rimase in ascolto, ma tacque. "Ci conosciamo da sempre; a dire il vero, ho sempre avuto più simpatia per Lysander. Mi sembrava più alla mano, non so" disse sorridendo. "Lorcan sembrava scostante, ma è solo riservato. Me ne sono accorta quest'estate, quando sono venuti a stare da noi". Stando a quel poco che le aveva scritto Al sapeva che Lorcan e Lysander avevano trascorso del tempo dai Potter perché i genitori erano partiti per fare ricerche riguardo ai mucillosi piagnoni, delle nuove creature che avevano scoperto. Luna era diventata una famosa naturalista e suo marito Rolf era un magizoologo.

"Dovevano stare via due mesi, così hanno affidato i gemelli al clan Potter-Weasley. Rolf ha esplicitamente dato ad intendere a papà che non gli andava di lasciarli a casa con Xenophilius Lovegood". Dentro di sè Penny non potè dargli torto. L'aveva visto un paio di volte, aveva persino scoperto che era amico di suo nonno. Sembrava una brava persona, pazzo al punto giusto da starle simpatico, ma non si poteva dire che desse l'idea di uno affidabile.



"Come sai siamo vicini di casa, quindi ci siamo divisi gli ospiti. Ai Potter Lysander e a noi Lorcan" continuò Rose. Penny fece un sorrisetto malizioso.

"Inizio a capire..."

"Stando sotto lo stesso tetto tutti i giorni, insomma... ho scoperto che abbiamo moltissime cose in comune. Per farla breve, in capo a due settimane ero completamente cotta. Ha tutto quello che cerco e sa come corteggiare una ragazza e... lo trovo maledettamente sexy" concluse. Non aveva mai sentito la sua migliore amica parlare di un ragazzo in maniera così entusiasta.

"C'è stato qualcosa?" indagò. Rose si mordicchiò un labbro. Brutto segno per lei: significava che era una nota dolente.

"Solo un mezzo bacio..." rispose. Penny sollevò un sopracciglio, dubbiosa.

"Che cavolo è un mezzo bacio?"

"Ecco, ci stavamo per baciare, ma abbiamo fatto appena in tempo a sfiorarci le labbra, prima che Hugo arrivasse a rompere le uova nel paniere" disse, seccata. "Da allora non ne abbiamo più parlato. Io continuo ad essere convinta che lui farà il primo passo e lui continua a non farlo" concluse. Dal suo tono traspariva la delusione che provava. Penny le prese la mano nella sua, per rassicurarla.

"Rose, sono sicura che prima o poi si farà avanti. Ho visto come ti guarda e posso affermare con certezza che è cotto quanto te. Oltre a me l'ha notato Al e perfino tuo cugino James, che sembra non accorgersi mai di niente".

Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale.

"È solo questione di coraggio. Perchè non vai tu all'attacco, invece di aspettare lui?" Rose storse il naso. "Ci ho pensato, ma non saprei che fare. Cosa gli dico?"

"Non ho mai detto che devi dirgli qualcosa. Bacialo! Vedrai che si sveglia" disse perdendo il tono serio.

"Mi stai consigliando di saltargli addosso, non mi pare una grande idea" le fece notare Rose.

"Merlino, che esagerazione! Per un po' di iniziativa! Fai come ti pare... struggiti per Lorcan fino al diploma" la celiò.

"Senti chi parla! Stai evitando James da un decennio! È come se il Boccino d'Oro fosse alla tua destra e tu decidessi di allungare la mano verso sinistra" disse. I paragoni calcistici di suo padre erano nulla rispetto a quelle perle della famiglia Weasley. Il Quiddich aveva dato alla testa a tutti, in quella casa.

"Forse è per questo che sono una Battitrice. Non sono in grado di cogliere le opportunità al volo" disse. "In questo è bravo James".

"Prendere il Boccino è ben poca cosa se non si accorge che ha la ragazza migliore sotto il suo naso!" rispose. "Però anche tu stai sbagliando. Ti si potrebbe dare una fiala di Felix Felicis e non riusciresti comunque a trarne gioia" aggiunse con fare da vecchia saggia, per poi alzarsi dalla panchina di marmo dove erano sedute e dirigersi all'interno. Penny si alzò a sua volta e si mise a camminare al suo fianco, per rispondere alla sua affermazione.

"Be' quello che provo per James non passa. Passerà, lo so. È questione di tempo, devo solo pazientare". Rose si girò verso di lei, squadrandola con espressione scettica.

"Non sarà così facile, per come sei messa. Inoltre, anzichè aspettare che passi, mi spieghi perchè non fai nulla affinchè questa cosa possa diventare concreta? Chi ti dice che Jamie non provi qualcosa per te? Glielo hai chiesto?" le rispose. Penny scoppiò a ridere. Un riso forzato, non certo allegro, ma piuttosto eloquente.

"Sappiamo entrambe che non sono il tipo di tuo cugino" disse. "Non c'è niente che possa attrarlo in me". Rose si limitò a sbuffare bofonchiando qualcosa.

Nel mentre, erano arrivate davanti all'aula di Pozioni. Si erano attardate in cortile ed erano già pronte ad essere rimproverate. Invece, la classe era piena, ma era Victoire, cioè la professoressa Weasley, ad essere in ritardo. Sia i Tassorosso che i Grifondoro erano già sistemati ai loro posti e purtroppo, l'unico banco rimasto vuoto era il primo della fila centrale, da veri secchioni.

"Mi sembra di essere Hermione Granger!" disse Rose, disgustata dalla postazione.

"Era secchiona fino a questo punto, tua madre?" domandò Penny. Rose si mise a ridere. "Anche più del punto, a quanto dicono papà e zio Harry. A onor del vero, bisogna ammettere che loro erano schiappe, specie mio padre!"

Quando Penny sentiva tutti quei racconti sui genitori di Rose e Al, non poteva fare a meno di pensare che suo nonno Arnold avesse fatto bene a tenere sua figlia fuori dal Mondo Magico; era stato il miglior modo di proteggerla. Anne si sarebbe sentita fuori luogo, come se non fosse all'altezza degli altri. Fra i babbani aveva una carriera ed era sempre stata apprezzata e rispettata per le sue capacità. Arnold amava sua figlia più di quanto non dimostrasse e Anne l'aveva capito solo quando Penny era entrata in quel mondo complesso e bellissimo della magia.

"Buon pomeriggio ragazzi!" trillò una voce argentina, interrompendo il flusso dei pensieri di Penny. Victoire fece il suo ingresso, splendida come sempre. I capelli biondi e il volto luminoso fecero sospirare molti dei ragazzi.

"Si vede che nelle sue vene c'è una traccia di sangue Veela: è uno schianto!", esclamò Matthew Finnegan, seduto vicino ad Al.

"Ehi, vacci piano, è mia cugina!" ci tenne a ricordargli Al. "Ed è anche sposata!" Finnegan arrossì fino alla punta delle orecchie. Non aveva pensato alla parentela. Del resto, metà del castello aveva una parentela di qualche tipo con Al e Rose.

Durante i suoi sette anni ad Hogwarts, Victoire si era dimostrata prodigiosamente dotata nella scienza delle Pozioni, stupendo la sua famiglia per la rapidità con cui era riuscita a ottenere l'impiego come insegnante presso la scuola. Aveva ventun anni, persino più giovane di suo marito, ma nonostante ciò aveva la rara abilità di trasmettere le informazioni che la propria passione per la materia. A Penny piacevano le lezioni di Victoire.

"Tirate fuori il calderone in peltro, una fiala, e tutti gli ingredienti che vi avevo detto di portare la volta scorsa, aprite il libro di testo supplementare che vi ho chiesto di comprare" ordinò, senza perdere tempo. "Pagina trecentonovantaquattro". Penny fece come le era stato detto e rise nel vedere che a pagina trecentonovantaquattro c'era la formula per realizzare la Felix Felicis.

"Ti spetta il posto della Cooman, Rose" disse alla compagna di banco. "Sei una veggente". L'amica ridacchiò.

"Non sarò mai alla sua altezza, lei possiede l'Occhio Interiore" disse in maniera teatrale, scimmiottandola. "Ti consiglio di non nominarla mai davanti a mia madre".

Passarono le due ore seguenti a schiacciare erbe, tritare radici e spalmarle di unguenti e oli di tutti i tipi, per poi mescolare il tutto nel calderone. Alla fine della lezione, la professoressa valutò i risultati. Finnegan aveva fatto esplodere il suo calderone in peltro, rendendo inagibile anche quello di Al, suo vicino di banco. Quest'ultimo era nero dalla rabbia, dato che solitamente otteneva ottimi voti in Pozioni. Gli unici risultati accettabili erano quelli di Rose, Penny e di un Tassorosso di nome Vincent. Victoire assegnò cinque punti ad ognuno di loro.

"Non mi aspettavo che ci riusciste oggi; preparare la Felix è una cosa molto complicata, che non rientra davvero nei compiti di uno studente del sesto anno. Ma, come sapete, non seguo sempre il programma, per questo vi ho fatto comprare un libro di testo aggiuntivo". Oh, si che lo sapevano. Era davvero tosta come insegnante. Bravissima, ma tosta. Nonostante questo, era sempre incoraggiante con gli studenti.

"Mi piace farvi sperimentare cose avanzate, perciò non sentitevi in difetto. Andrà meglio la prossima volta" disse. Una volta che ebbe dato i compiti per la lezione successiva, furono liberi di uscire dall'aula.

"Ora abbiamo un'altra ora libera"osservò Al.

"Ma poi ci tocca Cura delle Creature Magiche".

"Dai Penny" fece lui. "Non è male!" Era vero, non era affatto male come materia. Inoltre c'era Hagrid e a Penny piaceva stare all'aria aperta.

"No, tu non capisci. Con noi ci sono le serpi" disse tra i denti.

"Merlino, me ne ero completamente dimenticato!" esclamò, battendo il palmo della mano sulla fronte.

"Capisco che Finnegan ti abbia sbruciacchiato il calderone, ma non pensavo avesse intaccato anche il tuo cervello" esclamò Penny.

"Fai poco la spiritosa! Stavo per picchiarlo, giuro. Sono un cretino" ammise. "Papà me l'ha sempre detto di stare lontano dai Finnegan se hanno la bacchetta in mano".

"Non hanno una buona fama" ammise Rose, affiancandoli.

"Dovrebbero fabbricare dinamite" disse Penny.

"Dina-che?" chiesero all'unisono.

"Dinamite" ripetè ad alta voce, sentendosi poco compresa. Le loro espressioni perplesse non mutarono. "Be', roba da Babbani" li liquidò lei.





"Perchè in quest'oretta non andiamo a far visita ad Alice?" propose Rose. Penny la trovava un'ottima idea, a quanto aveva capito Trixy era già lì. L'avrebbero raggiunta e si sarebbero informate sulle condizioni di Alice.

"Posso venire con voi?" chiese Al, il tono incerto. Le ragazze non trovarono nulla da obiettare e si incamminarono verso l'Infermeria, preparandosi a sentire le solite lamentele di Madama Chips sui visitatori. Stranamente non fece storie, salvo che per Al. Non gli fu concesso di entrare, nonostante le reiterate richieste del ragazzo, e fu costretto a restare fuori.

"Rose! Penny!" Alice le salutò con un sorriso. Il suo volto sempre così dolce era coperto di bolle verdi, ancora visibili sotto una pomata giallastra, spalmatale allo scopo di farle sparire.

"Avete visto cosa ha combinato la vostra amica? Lozioni fai-da-te! Bah! Ai miei tempi, se ti pescavano a fare una cosa del genere, venivi appeso per i pollici nei sotterranei!" commentò Madama Chips. Era una cosa un po' eccessiva secondo Penny, ma era anche vero che Madama Chips probabilmente aveva frequentato Hogwarts ai tempi dei Quattro Fondatori.

"Come no! Comunque entro stasera saranno tutte sparite, quelle pustole verdognole" disse allontandandosi. Le ragazze si accostarono al letto dove era semidistesa la paziente, chiedendole spiegazioni.

"Ho detto solo che stavi preparando un filtro d'amore, ma non ho rivelato chi volessi conquistare" disse Trixy all'amica.

"Avresti fatto meglio, perchè io non so come dirlo" fece l'altra, mordicchiandosi un labbro.

"Coraggio, facci questo nome" disse Penny. Alice sembrò pensarci su, ma alla fine si decise.

"Albus Potter" mormorò. Rose non se lo aspettava, ne rimase molto sorpresa, ma nella testa di Penny si ricollegarono alcuni tasselli. Atteggiamenti, sguardi, sorrisi che aveva visto, presero tutti una connotazione diversa.

"Ti piace Al?" esclamò Rose.

"Parecchio, direi!" Fu Trixy a rispondere per lei. "Prima che vi offendiate perchè non ve l'ha detto, devo dire che anche io l'ho scoperto meno di una settimana fa".

"E' una cosa seria?" le chiese Penny. Trixy annuì.

"Merlino! La vuoi smettere di rispondere al posto mio?" la rimproverò Alice. "Si, lo è, credo di essere innamorata" disse. "E lui non è nemmeno venuto a trovarmi!" Sembrava affranta. "Ho chiesto a Madama Chips di impedirgli l'accesso, in ogni caso. Non voglio che mi veda in questo stato. Però sapere che non è neanche passato non è piacevole".

"Ti sbagli" disse Penny, felice di poterla rallegrare. "Al è qui fuori, che aspetta tue notizie. Ha insistito lui per accompagnarci, ora che ci penso. E quando stamane Trixy ci ha detto che stavi male era molto preoccupato". Trixy annuì di nuovo. Sembrava non avere la forza di fare altro.

"Be' Al è gentile con tutti, non è detto che..."

"Non cominciare!" Rose era evidentemente spazientita. "Sei peggio di Penny! Sono stufa di tutte queste insicurezze".

"Giusto, appena uscirai cercheremo un metodo naturale per provarci con Al" disse Penny. "Qualcosa che non preveda di ingerire pozioni fatte in casa, se possibile". Alice sorrise alle amiche.

"Decisamente basta intrugli" confermò. "Se mi vuole, bene. Se non mi vuole... Be', mi farò Obliviare per dimenticarlo" aggiunse facendole ridere. In realtà, furono tutte concordi nel dirle che già il suo interesse fosse un buon segnale.

"Ora dobbiamo andare" disse Trixy. "Il dovere ci chiama e i Serpeverde sono in trepidante attesa dei Grifondoro, me lo sento".

"Non vi invidio per niente!" esclamò l'altra. "Preferisco le pustole a quei serpenti a sonagli".



Quando uscirono, Al era esattamente dove l'avevano lasciato. Restò un po' perplesso nell'accorgersi che tutte e tre lo fissavano con uno strano sorrisetto. Non fece domande al riguardo e chiese direttamente informazioni sulla salute di Alice. "Non è ancora in forma smagliante, ma secondo Madama Chips stasera lo sarà" rispose Rose sbrigativa. Al avrebbe voluto più dettagli e le chiese cosa aveva causato le bolle. Silenzio di tomba, fu ciò che seguì.

Le tre ragazze cercarono disperatamente una spiegazione plausibile, negli anfratti più remoti del reparto scuse decenti da rifilare in qualsiasi occasione delle loro menti da adolescenti.

"Intossicazione alimentare!" esclamò Penny; Al la guardò dubbioso. "Così dice Madama Chips!" aggiunse abbassando la voce, come a giustificarsi. Mai stata una grande bugiarda, men che mai con Al.

"Ma non era stata una pozione?"

"Appunto! Ingerirla le ha provocato un'intossicazione" buttò lì Rose.

Lui si accontentò di quella risposta, anche perchè il tempo a loro disposizione era esaurito e dovevano recarsi alla lezione. Già in ritardo, corsero a perdifiato per i corridoi e poi per il pendio erboso e scosceso che conduceva alla casa di Rubeus Hagrid, tagliando per il campo di zucche. Giunsero appena in tempo per unirsi alla classe che si stava recando nella foresta, e nella foga Penny pestò i piedi a qualcuno. Alzò gli occhi per vedere chi fosse, ma non appena lo fece se ne pentì amaramente. Capelli biondo platino e uno sguardo di ghiaccio inconfondibile la sovrastavano, come se la aspettassero al varco. Aveva pestato i piedi al suo incubo personale, Scorpius Malfoy.

"Dovrò disinfettarmi la scarpa, ora!" disse sprezzante.

"Non l'ho fatto apposta". Probabilmente Penny avrebbe dovuto disinfettare le scarpe, non lui. Però non voleva guai, perciò fece per andarsene.

"Cosa fai, prima mi infetti e poi te la svigni?" la sfidò. Penny sentiva già la mano che scattava verso la bacchetta. "Perché non facciamo un duello, Sanguemarcio?"

"Schiantalo! Schiantalo! Schiantalo!" Doveva assolutamente far tacere quella vocina interiore.

"Lascialo stare, Penny" le disse Al, la voce della ragione. Ritrasse la mano dalla tasca e si limitò a mugugnare qualcosa su Malfoy, mentre il suo migliore amico la trascinava avanti in maniera piuttosto brusca.

"Vuoi un richiamo o stai cercando direttamente di farti espellere?" la rimbrottò.

"Mi sarei fermata" mentì. Probabilmente avrebbe estratto la bacchetta, idiota com'era. O forse no. Non ne era certa, ma non era il caso di discutere con Al.

"Quel verme tira fuori il peggio di me" si giustificò. "Ha un atteggiamento insopportabile".

"E' Malfoy! Che ti aspetti? Che ti stringa la mano e ti offra dei dolcetti?" Aveva ragione. Loro sapevano com'era, come si comportava. Non aveva senso prendersela per quello che diceva o per le provocazioni che lanciava.

Continuarono a camminare a larghe falcate, verso l'interno della foresta. Ad un certo punto, Hagrid si arrestò davanti ad un gran recinto, all'interno del quale c'erano degli Ippogrifi che li osservavano con fierezza. Una buona parte del recinto era riparata da una specie di tettoia in paglia, sicuramente realizzata da Hagrid. Penny si mise sulle punte e allungò il collo, cercando di oltre la folla degli studenti accalcati davanti a lei. Un Ippogrifo era disteso a terra.

"E' ferito?" domandò Rose, togliendole le parole di bocca.

"Non direi" le rispose Hagrid ridacchiando. "Questo", tuonò per sovrastare il chiacchiericcio, " è un esemplare femminile di Ippogrifo".

"E questo dovrebbe entusiasmarci?" chiese Scorpius ironico. Hagrid lo udì, ma lo ignorò.

"No signor Malfoy, la cosa interessante è un altra. Nancy, la nostra Ippogrifa, sta per partorire" annunciò orgoglioso, come se il figlio fosse suo.

"E noi cosa dovremmo fare?" domandò Al con una nota di terrore nella voce. Conoscevano tutti le idee strampalate di Hagrid quando c'erano di mezzo le creature magiche, non c'era da fidarsi. I genitori, gli zii, gli amici di famiglia erano tutti concordi in proposito.

"Noi aiuteremo Nancy a partorire, ovviamente! Ora entreremo nel recinto – senza dare fastidio agli ippogrifi, Scorpius – e poi ci avvicineremo lentamente, per aiutarla a far nascere un piccolo" spiegò. "Ci sono volontari?"

Calò un silenzio generale e nessuno sembrava voler fare un passo avanti. Alla fine toccò ad Hagrid scegliere un malcapitato.

"Al, ci vuoi provare tu? Tuo fratello l'anno scorso ci è riuscito piuttosto bene!" La faccia di Al era una maschera di terrore, mentre Penny si limitò a dubitare di quell'affermazione. James aveva avuto la delicatezza e la fermezza necessarie a far partorire una tra le creature meno gestibili in assoluto? Bisognava inchinarsi per fare amicizia, figuriamoci cosa si doveva fare per far partorire un Ippogrifo!

Nella testa di Al si stavano agitando pensieri simili, a giudicare dall'andatura con la quale si stava recando incontro al proprio destino. Mentre avanzava a passi sempre più lenti verso il recinto, si bloccò e fissò Hagrid supplichevole.

"Devo proprio?"

Si sentirono Malfoy e il suo amico Zabini sghignazzare divertiti dalla sorte di Al Potter.

"Lo aiuto io, professore!" si offrì Trixy, vedendo Al impallidire sempre di più e vergognandosi per i commenti idioti che suo fratello Daniel stava facendo insieme a Scorpius. Al la guardò come se l'avesse appena salvato dal patibolo. Hagrid fece un cenno d'assenso e i due ragazzi entrarono con cautela nel recinto, accostandosi lentamente. Il resto della classe li seguì a distanza fino ad un certo punto, per poi fermarsi e restare lì a guardarli. Trixy si accovacciò accanto all'animale disteso a terra, che scalciava da ogni parte. Al era in piedi, ritto e impalato, mentre lei sembrava concentrata sul da farsi.

"Come facciamo a sapere quando dobbiamo intervenire?" chiese, appena prima che un urlo lacerante rispondesse alla sua domanda.

"Ora" dichiarò Hagrid, perfettamente tranquillo. Penny si chiese come pretendesse che due ragazzi se la cavassero in una situazione del genere, senza spiegare come gestire la situazione. Ma per Hagrid veniva prima la pratica e poi la teoria.

L'urlo di Nancy sembrava aver risvegliato Trixy e atterrito Al, ora accucciato accanto alla bestia, sempre immobile. L'animale si contorceva e produceva suoni acuti di dolore, poco piacevoli da udire. Per un pelo la ragazza schivò una zampata in pieno visto, mentre allargava le zampe dell'animale per permettere al piccolo Ippogrifo di fuoriuscire. Il sangue le colava sulle mani, mentre le introduceva quasi totalmente dentro Nancy. Vedeva spuntare la testa, ma Al non si decideva a darle una mano, quindi prese il toro per le corna. Con una mano accarezzò Nancy per tranquillizzarla, mentre con l'altra la aiutò con calma a far uscire quello che si rivelò essere un magnifico esemplare maschile di Ippogrifo.

Trixy lo prese in braccio, sporco di quella che doveva essere una sorta di placenta in versione ippogrifale – come la descrisse in seguito Al – e lo mise nelle mani di Hagrid. Si sarebbe occupato lui di rimetterlo a nuovo, lei aveva fatto abbastanza per il momento.

"Lo chiamerò Norberto!" annunciò lui felice. "In onore di un vecchio amico".

"Aguamenti!" Trixy formulò l'incantesimo puntando la bacchetta verso una ciotola di legno che, riempitasi d'acqua, le permise di lavarsi le mani.

"Sei stata bravissima!" si complimentò Hagrid.

"Grazie" rispose compiaciuta. Cura delle Creature Magiche era sempre stata la passione di Trixy.

"Hai fatto esattamente quel che dovevi. La mamma del cucciolo va soprattutto tranquillizzata. Ben fatto, anche se non posso dire lo stesso di Al". Il ragazzo aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto.

"Non credo sia abbastanza forte di stomaco da reggere uno spettacolo del genere" commentò Trixy trascinandolo fuori dal recinto.

"Ma tu si! Dovresti pensare ad occuparti delle creature magiche ragazza, te lo dico io" le disse Hagrid.

"I miei genitori la disconoscerebbero, se decidesse di fare un lavoro del genere!" commentò Daniel, a voce abbastanza alta da essere udito. Scorpius rise, mentre Penny e Rose si girarono a guardarli in cagnesco. Hagrid aveva sentito, ovviamente.

"Bene, in attesa che tu venga diseredata, assegno quindici punti a Grifondoro, per la tua brillante prestazione!" Lei sembrò molto soddisfatta.

"La tua prestazione" disse ad Al sottovoce, "è meglio non commentarla!". Il ragazzo era rosso di vergogna, poichè nel frattempo si era ripreso abbastanza da capire la portata della figuraccia che aveva appena fatto. Davanti alle serpi, per giunta.



"Abbiamo capito che la cura delle creature magiche non rientra nei tuoi talenti" lo canzonò Rose mentre facevano la strada a ritroso, per rientrare al castello.

"Chiudi il becco! Sono destabilizzato! Quel coso recalcitrante e urlante era difficile da gestire!" si lagnò.

"Sei destabilizzato? Mi hai lasciata sola a fare il lavoro sporco. In tutti i sensi. Non aveva un buon odore quel piccolo e tenero ippogrifo!" affermò Trixy sbuffando. Si vederva che era contenta di averlo fatto nascere, però.

"Hagrid era ammirato" commentò Penny.

"Cura delle Creature Magiche mi è sempre piaciuta. Gli Ippogrifi sono delle creature meravigliose, poi".

"Questo no!" protestò Al. "Sono presuntuosi e altezzosi fino all'inverosimile".

"Come ti permetti? Sono molto eleganti!" lo contraddisse la ragazza.

"Ehi, mi hai salvato, ma non mi farai cambiare idea. A proposito, scusami. Se vuoi picchiarmi fai pure, sono stato un disastro".

"Indubbiamente il peggior collaboratore che potessi avere. Diamine! Devo tornare indietro, ho lasciato la bacchetta al recinto, credo. Ci vediamo in Sala Comune!" disse loro facendo dietro front.

"Per fortuna Alice non c'era!" si lasciò sfuggire Albus. Rose e Penny lo fissarono dubbiose, solo in quel momento si rese conto delle parole che aveva usato. Per sua fortuna, Matthew Finnegan lo salvò da qualsiasi possibile domanda, perchè doveva parlargli di – tesualmente – cose da uomini. Al lo ringraziò mentalmente, di qualsiasi cosa volesse parlare, non aveva importanza. Si dileguò con lui mentre Rose e Penny risalivano fino al castello – l'una parlando di Lorcan, l'altra pensando a James.





Era trascorsa un'altra settimana dall'ultima volta che si erano parlati e James non era più tornato all'attacco. Penny non sapeva cosa pensare, il suo cervello oscillava come un pendolo. Da una parte era sollevata, dall'altra delusa. Per un attimo aveva sperato che tenesse a lei. Ovviamente si era sbagliata; quello di James era stato il capriccio di un momento. Si era sentito escluso dalla complicità che aveva col fratello e con la cugina, punto e basta. Il resto erano chiacchiere al vento, dette senza pensarci troppo.

"Pensi di riparlare con mio fratello, prima o poi?" le chiese Al mentre stavano percorrendo il corridoio insieme.

"Al, non guardarmi così, non è colpa mia. Non ci siamo incontrati, ultimamente. Non è dipeso da me!" constatò. Al si dimostrò piuttosto scettico a quella scusa.

"Diciamo che tu hai dato una mano al Destino, non facendoti trovare nei paraggi tutte le volte che lo vedevi avvicinarsi" puntualizzò.

Un ragazzo alto, ben piazzato e dai capelli rossicci le si fece incontro in quel momento, con un gran sorriso. Lei sorrise di rimando, sprizzava buon umore da tutti i pori quel tipo.

"Ehi Shane! Come va?"

"Ciao Sam! Tutto regolare, più o meno".

"Tra poco non avrai nemmeno il tempo di respirare, perciò goditi la libertà".

"Si, capitano!" Penny si mise sull'attenti. "Quest'anno la Coppa del Quiddich la vinciamo noi, io sarò lì a fare la mia parte. Mi sono mai tirata indietro?".

"Neanche una volta! Sei un'ottima Battitrice, e lo sai. Ora devo andare ragazzi, ci vediamo dopo" disse andando nella direzione opposta alla loro.

"Menomale che ha detto ragazzi, almeno so che si era accorto della mia presenza!", sbuffò Al, scocciato. Penny rise. Baston era il capitano della squadra di Quiddich, della quale Al non faceva parte.

"Non te la prendere, sai che mi adora! Ho salvato James in molte occasioni, permettendogli di acchiappare il Boccino" lo giustificò. Le sue stesse parole le ricordarono qualcosa che negli ultimi giorni aveva nuovamente rimosso.

A Ottobre sarebbe iniziata la stagione di Quiddich, quindi dovevano prepararsi per affrontarla. La elettrizzava l'idea di tornare a combattere contro i bolidi, ma si sarebbe trovata gomito a gomito con il maggiore dei Potter, cosa non proprio positiva.

Sam Baston, figlio di Oliver Baston, aveva seguito le orme di suo padre. Era molto amico di James e frequentava l'ultimo anno, come lui. Giocava come portiere nella squadra del Grifondoro e considerava il Quiddich la sua ragione di vita.

"Me ne sono accorto! Ma per tutte le cavallette, non sono trasparente!" protestò.

"Smettila di lamentarti! Pensa a me: mi toccherà stare incollata a tuo fratello ogni volta che un bolide rischia di colpirlo. Lo sai che mi ha detto l'ultima volta che ci siamo visti?" Al scosse la testa, come a ricordarle che era stata lei a non parlarne.

"Io e Rose ci siamo consultati e abbiamo pensato che fosse meglio non chiederti nulla" rispose. Penny sollevò un sopracciglio.

"Voi vi siete consultati? Cosa sono adesso, un caso clinico?". Albus rise di quelle parole, ma non le smentì. Pessimo segno! Ripensò alla conversazione con James e a quanto era stata dura con lui. In fondo voleva solo essere gentile, non aveva colpa. Le tornò in mente l'espressione dispiaciuta del suo volto. Però era stato lo stesso James che aveva dato voce a una serie di idiozie.

-"Non mi hai mai potuto soffrire e non fai nulla per nasconderlo, mi pare. Sei cordiale con tutti, ma quando arrivo io diventi fredda".



-"Bene, ora è proprio cristallino, che non sono fra le tue simpatie. Se vuoi che ti lasci in pace, fai una bella cosa: quando alla partita un bolide sta per venirmi addosso, tu lascialo fare!".



-"Deve essere difficile difendere qualcuno che ti sta così antipatico. Mi dispiace per te, davvero".





Erano parole impresse nella mente di Penny, e non riusciva a cancellarle. Insomma, quell'idiota non poteva davvero pensare che le costasse fatica difenderlo a Quiddich! Era una cosa in cui aveva sempre messo parecchio zelo.

"Deve essere difficile difedere qualcuno che ti sta così poco a cuore!" ripetè Al incredulo. James non era un tipo melodrammatico, di solito.

"È convinto che io lo detesti".

"Bisogna dire che tu non fai nulla per fargli cambiare idea".

"Ora la colpa è mia?" sbottò lei. Al alzò gli occhi al cielo, sentendo il suo tono scocciato.

"Ma figurati se incolpo te! Dico solo che non lo tratti come fai con le altre persone, sei scostante e a tratti poco gentile" precisò. "Normale che lui l'abbia notato".

"Cerca di capirmi Al, ero arrabbiata. In più la consapevolezza che essere arrabbiata non fosse mio diritto, mi ha fatto arrabbiare ancora di più". Al le diede una pacca sulla spalla. Oh sì, era messa male. "Non sono nessuno per giudicare le azioni di James. Non ho motivo di arrabbiarmi se bacia un'altra, perchè non mi deve niente".

"Ok, ma resta il fatto che non gli hai parlato, perchè?".

"Per dirgli cosa Al? James, scusa se sono triste perché hai baciato un'altra e sono arrabbiata con me stessa perché so di non potermela prendere con te" disse tutto d'un fiato, scimmiottando il proprio tono in modo caricaturale.

"Tu non parli così!" commentò Al ridendo.

"Lo so, ma rendeva più ridicola la frase". Era imbronciata, ora. Merlino, era così infantile.

"Non fare il broncio, vedrai che andrà tutto..." L'ultima parola rimase in sospeso e lo sguardo di Al si fissò al di là delle spalle di Penny. Evidentemente qualcuno si era avvicinato silenziosamente.

"Stavamo proprio parlando di te!" esclamò Al con tono pimpante, diretto al ragazzo alle spalle di Penny. Lei lo incenerì con lo sguardo. Si costrinse a girarsi per guardarlo.

"Ciao James" disse, il tono più neutro che riuscì a sfoderare.

"Mi saluti di nuovo, Shane?" Voleva renderle pan per focaccia. Al soppesò la situazione, spostando lo sguardo dal volto di James a quello di Penny, poi parlò.

"Vado a cercare Rose. Non so dove sia finita e dovevo chiederle i compiti di Incantesimi per domani. L'incantesimo Arresto Momentum è ancora poco chiaro, per me. Ci vediamo a Erbologia!" le disse sbrigativo.

Non ci poteva credere, la stava lasciando da sola! Lo guardò con la supplica negli occhi, ma nulla valse a sciogliere il cuore di pietra di Al Potter. La lasciò lì impalata, sola con James. Di nuovo.

"Posso sapere come mai sono di nuovo nella categoria delle persone degne del tuo saluto?" le chiese.

Merlino! Quel tono freddo la faceva impazzire. Come se non bastasse le si era anche avvicinato; ora aveva i suoi occhi puntati dritti in faccia. La squadrava dall'alto in basso. Iridi di un castano così scuro che finivano quasi per confondersi con il nero delle pupille. Probabilmente era lo sguardo intenso di James che l'aveva fatta capitolare e che, ogni volta, la lasciava senza parole. Non sapeva mai se prenderlo a schiaffi o buttargli le braccia al collo, quando incrociava i suoi occhi. Furono secondi interminabili. Si sentiva fuori dallo spazio e dal tempo.

"Shane, vuoi parlarmi o continuare a fissarmi come se io fossi un Troll?" La voce di James la riportò sul pianeta Terra, mondo magico, scuola di Hogwarts, corridoio quasi deserto. Penny deglutì rumorosamente e sbattè le palpebre un paio di volte.

"Mi dispiace se sono stata sgarbata l'altro giorno..."

"L'altro giorno?" disse ironico, "Sono passati sette giorni".

Sette giorni? Li aveva contati?

"D'accordo, mi spiace davvero" Disse Penny, sincera. Forse d'avvero si era sentito tagliato fuori." Ero molto nervosa. Tu non c'entri". Si, certo.

"Perchè ti sei comportata in quel modo?" aveva un tono diverso da quello freddo che aveva usato poco prima. Fu un sollievo per lei. Era meglio sentirlo irritato che con quel tono asettico – non gli si addiceva affatto.

"Mi dispiace" ripeté.

"L'hai già detto, Penelope" le fece notare. "Io non ho chiesto le tue scuse, ho chiesto perché". Penny non sapeva cosa risopondere, dato che la verità era fuori questione. Aveva il nome della moglie di Ulisse, Penelope, ma non la stessa pazienza: doveva andarsene alla svelta, troncare quella conversazione prima di arrivare alle mani. Inoltre picchiare James non era esattamente il tipo di approccio che le veniva in mente se pensava alle sue mani.

"Rose ha detto che non stavi male fisicamente e che Malfoy non ti aveva rivolto la parola: due possibili cause di malessere sono escluse. Non mi risulta che tu abbia avuto litigi o insufficenze".

"Non ti risulta?" disse lei stupita."Cosa fai, mi controlli?" James sembrò titubare, come se pensasse a come risponderle.

"Voglio dire che non tratti male qualcuno perchè sei nervosa o hai preso un'insufficenza e, in tal caso, non avresti avuto problemi a confidare una banalità del genere. Neppure a me". Calcò sulle ultime parole. Era proprio fissato con quella storia! Non lo riteneva inaffidabile. L'aveva detto solo perché accecata dalla gelosia, ma non rispecchiava l'opinione che aveva di James. Non avrebbe potuto innamorarsi di lui se non avesse visto oltre quella sua scorza da duro e a tratti arrogante.

"Senti James, io non so come dirti che non sei il centro del mondo". Sì, certo.

"Non ho detto questo!" sbraitò lui. Infatti no, era lei che metteva le mani avanti.

"Non penso tu sia superficiale, d'accordo?" chiarì, con un tono di voce che non ammetteva repliche. Aveva anche strillato, a giudicare da come aveva messo in fuga due Tassorosso del primo anno. James invece non era per nulla impressionato. "Siamo a posto? Sperò che la conversazione fosse finita.

"Non ti credo".

"Non so che farci". Penny si strinse nelle spalle, già pronta a girare i tacchi e cambiare direzione. Lui le si parò davanti.

"Stiamo parlando e tu scappi. Lo fai sempre". Le fece notare. Gli occhi erano fissi su di lei. "E' solo con me o è una tua tendenza personale?"chiese.

"Una mia tendenza, credo".

"Convincimi" disse James. "Dimostrami che ti fidi di me e -se non ce l'avevi con me- dimmi cos'avevo quel giorno".

"Tu sei pazzo Porrer! Chiedimi qualunque altra cosa" concesse. Suonava quasi come una supplica.

"Lo vedi che ho ragione?"

"No, maledizione. È una cosa privata che ci ho messo del tempo a rivelare persino ad Al e Rose; quindi ti prego, lasciami in pace". Sperava fosse sufficiente.

"Un'ultima cosa". Penny sbuffò ma acconsentì con un gesto.

"Al ha detto che parlavate di me prima: a che proposito?", domandò. Una luce gli brillava negli occhi. Era curiosità o speranza?

Penny tirò un sospiro di sollievo. Sam le aveva dato qualcosa a cui appigliarsi. Il Quiddich.

"In realtà parlavamo di me, di te, di Baston... di Quiddich, insomma. Mi stava ricordando che l'inizio della stagione non è poi così lontano", mentì. In fondo era una mezza verità.

"Capisco" rispose leggermente deluso. Fece per andarsene, ma fu lei a trattenerlo, stavolta. Sembrò stupito.

"Amici come prima?" disse chinando la testa. Quello sguardo penetrante la destabilizzava, non doveva guardarlo.

"Si" disse porgendole la mano. I brividi che sentì stringendola non li sentiva quando toccava Al, quindi non sapeva quanto il termine amico fosse appropriato per designare il primogenito dei Potter.

James la guardò allontanarsi, alla ricerca di Al – che era decisa a pestare a sangue- e di Rose. In quel momento, James desiderava solo trovare qualcuno con cui sfogare la frustrazione per quella conversazione. Le conversazioni con Penelope Shane lo lasciavano sempre insoddisfatto. Come se ogni volta rimanesse qualcosa di non detto, qualcosa in sospeso. Una spada di Damocle che pendeva sopra la testa di entrambi. Si trascinò svogliatamente fino al cortile, non sapeva bene a far cosa, ma sapeva che era in cerca di una valvola di sfogo.





ANGOLO AUTRICE


-Pagina 394 è un omaggio al compianto professor Piton.


- Penelope allude all'Odissea ovviamente, in cui la moglie dimostra la sua pazienza aspettando il marito per vent'anni. Per questo dice di non essere paziente come colei di cui porta il nome.


Arrivederci a todos!

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Capitolo 6
*** 5. I consigli di Lorcan ***


Capitolo cinque



I consigli di Lorcan



James si trascinò lentamente verso il grande portale della scuola, che dava sul cortile interno: uno spazio quadrato, con colonnine di marmo tutto intorno, in mezzo alle quali gli studenti si sedevano a parlare o a leggere, se non trovavano posto sulle panchine. Una boccata d'aria gli avrebbe fatto bene. Soprattutto, gli serviva qualcuno con cui parlare, ma non sapeva a chi rivolgersi. Oltrepassò l'accesso, ritrovandosi nel cortile.

C'era il sole, ma il vento era abbastanza forte da scompigliare la sua folta chioma castana. Si passò una mano fra i capelli, nel tentativo di levarseli dagli occhi, poi sollevò la testa. C'erano alcune persone, sparse qua e là, ma non si diede nemmeno la pena di metterli a fuoco per bene. Stava ancora pensando all'ennesimo, infruttuoso scambio di parole con Penelope Shane. Normalmente sarebbe andato a confidarsi con suo fratello Al, ma con Penny di mezzo non si fidava della sua discrezione.

Qualsiasi cosa dirai potrà essere usata contro di te, aveva sentito dire in un film babbano. Valeva anche per lui. Insomma, Penny era molto amica di suo fratello: dirgli qualcosa significava accettare la possibilità che arrivasse alle orecchie di Shane. Doveva trovare qualcun altro a cui rivolgersi. Qualcuno di affidabile, che cfosse in confidenza sia con lui che con il soggetto in questione, ma non tanto da andarle a spifferare tutto. Rose e Al erano fuori dai giochi; Sam Baston era il suo migliore amico, ma al momento non riusciva a trovarlo. Probabilmente si era rinchiuso da qualche parte a studiare nuovi schemi di gioco per il Quiddich. In ogni caso, Sam era un bravo ragazzo, ma decisamente non uno a cui avrebbe affidato un segreto. Aveva la tendenza a parlare troppo, ecco. Si guardò intorno, stavolta cercando di capire l'identita delle persone presenti. La risposta alle sue preghiere si presentò cinque secondi più tardi, sottoforma di uno studente Corvonero.



"Ehi James!" lo salutò Lorcan.

"Ciao Scamander" rispose con tono affranto, che si premurò di enfatizzare apposta per attirare l'attenzione dell'amico.

"Qualche ragazza ti ha dato buca?" chiese Lorcan. "Somigli a Mirtilla Malcontenta".

"Niente del genere..." rispose, evasivo.

"Quindi non si tratta di ragazze?" chiese Lorcan.

James valutò la risposta attentamente, e scelse con cura le parole da dire. Aveva bisogno di sfogarsi, ed era convinto che di Lorcan ci si potesse fidare. Doveva essere sincero e diretto, per una volta.

"Be', si tratta di una ragazza" disse. "L'unica che mi abbia mai dato filo da torcere".

Lorcan lo guardò per un attimo, sospirò rassegnato e si sedette su una panchina di marmo bianco. James lo imitò all'istante: non chiedeva di meglio. Si teneva dentro tutto quel groviglio di sentimenti da troppo tempo. Era ora che le parole uscissero dalla sua bocca. Era venuto il momento di liberarsi di quel peso.

"Prevedo che sarà una cosa lunga" disse Lorcan.

"Può darsi".

"Jamie, ci conosciamo da una vita, dico bene? Non ti ho mai visto un'espressione del genere" disse, guardandolo in faccia. "Inizio a preoccuparmi, vuoi che chiami Al?" Quella che voleva essere una frase giocosa, suonò come una terribile minaccia alle orecchie di James.

"NO!" tuonò.

Scamander sollevò un sopracciglio, squadrandolo attentamente. Probabilmente credeva fosse mezzo esaurito, opinione non del tutto infondata.

"Era tanto per dire, non l'avrei mica fatto". James annuì, più calmo dopo quell'assicurazione. Lorcan sembrò riflettere e poi parlò.

"La tua reazione mi fa intuire che Al non ne è informato e non deve esserlo, giusto?" James annuì nuovamente, per confermare.

"Diciamo" aggiunse, "che mio fratello ha un legame troppo diretto con il problema in questione". Sincero e diretto. Lorcan sembrò comprendere immediatamente, proprio come James si era aspettato.

"Al ha una confidenza così profonda con due ragazze. Una è Rose, l'altra è... Penny! James trasalì internamente: sentirlo dire da qualcuno che non fosse la sua vocina interiore era decisamente strano.

"Abbassa la voce" sbottò. "È già abbastanza imbarazzante senza che lo venga a sapere tutta la scuola". Lorcan stavolta sembrò sorpreso.

"Cosa è imbarazzante? È una bella ragazza, complimenti!" E gli diede un'allegra pacca sulla spalla. James sollevò gli occhi al cielo, esasperato.

"Si certo! Auguri e figli maghi!" disse ironicamente. Stava parlando più a se stesso che all'amico.

"Se fossi in te però ci penserei. Con tutte le ragazze che ti vengono dietro, perché proprio lei? È la migliore amica di Rose e Al, potresti infilarti in un bel casino". Ottimo, pensò James, anche Lorcan non aveva capito niente. Evidentemente tutti lo credevano incapace di sentimenti duraturi.

"Non è così" ribattè. "Questa faccenda è diversa. Io mi..." Non terminò mai la frase. Sul volto di Lorcan passò un lampo di comprensione. Era stato lento, ma alla fine c'era arrivato.

"Aspetta...mi stai dicendo che ti sei innamorato?"

"Lorcan, se non parli piano me ne vado!" lo redarguì.

"Sono scioccato" disse. "Insomma, non me l'aspettavo. James Sirius Potter innamorato! Pensavo fosse la solita sbandata. Un capriccio, ecco". Decisamente Penny non era una sbandata, tantomeno un capriccio del momento.

"Pensavi male, Scamander" replicò. Insomma, anche lui aveva un cuore. Lorcan alzò le mani in alto, in segno di resa. Improvvisamente a James venne un'idea.

"Dimmi Lorcan, mia cugina non lo è per te, vero?" Scrutò ogni cambiamento dell'espressione facciale di Scamander. Il viso di Lorcan si illuminò a sentir parlare della ragazza.

"E' una cosa seria, per me!" Lorcan sfoggiava un'espressione sognante. "Spero sia lo stesso per lei".

"Pensare a Rose ti fa quest'effetto?" chiese James, divertito. "Stai sorridendo come un ebete".

"Lei è così..." Ma James troncò subito il discorso con un gesto della mano. Merlino, non gli interessava sapere quanto fosse fantastica sua cugina e fino a che punto Scamander fosse cotto di lei.

"Volevo solo assicurarmi che non la stessi prendendo in giro, ci resterebbe malissimo" disse. Sperava che questo gli desse un incoraggiamento sufficiente. Non aveva intenzione di fare da Cupido, ma una spintarella a Lorcan poteva darla.

"Te l'ha detto lei? Per lei quanto è seria la cosa?" chiese con estremo interesse. "Perchè penso di piacerle". James rise di gusto.

"Smettila di fare mille domande al minuto! Piuttosto, datti una svegliata" disse. "Rose è fusa. Come te, a giudicare da come ne parli". Lorcan sembrò soddisfatto dall'assicurazione di James.

"Comunque, siamo qui per parlare di te. Scusa" disse.

"Non che ci sia molto da dire, io non sono fortunato come te con Rose" disse, rabbuiandosi. "Penny non mi vede proprio. Se mi guarda, lo fa per criticarmi, mi ci gioco la bacchetta!" disse scompigliandosi i capelli, in un gesto abituale.

"Esagerato! Sei uno degli scapoli più ambiti della scuola. Fossi in te non mi butterei così giù" osservò Scamander tra il serio e il faceto. "Non stai un po' esagerando? Penny è una persona gentile con tutti".

"Infatti è me che tratta male. È inutile, non le vado proprio a genio" disse, rassegnato. "Ultimamente la cosa è anche peggiorata". Raccontò dei loro battibecchi e del fatto che ogni volta che la vedeva provava frustrazione per non riuscire a dirle quali fossero i sentimenti che provava per lei.

"Ma da quanto pensi a Penny?" domandò Lorcan. James sembrò perdersi per un attimo nei propri ricordi. Gli sembrava di aver sempre vissuto in quella situazione di stallo.

"Dall'anno scorso" rispose infine. "Ma ci ho messo un po' a confessarlo a me stesso. Forse, se avessi avuto più tempo avrei provato a farla sciogliere un po'. Perchè è questo che dovrei fare con lei, dal momento che con me è più fredda di un iceberg".

"Come fai ad essere sicuro di starle così antipatico?" domandò l'amico, in cerca di un appiglio per consolarlo. Gli sembrava impossibile vedere James stare male per una ragazza. James, che aveva sempre detto che l'amore era una cosa da stupidi e che lui non ci sarebbe mai cascato.

James incurvò un angolo della bocca in un sorriso che di allegro non aveva nulla, era carico di sentimenti repressi.

"Ho le mie ragioni, credimi".

"Spiegamele".

"L'anno scorso avrei voluto dirglielo, ma poi non l'ho fatto. Rose l'aveva invitata a venire da noi per l'estate – e io ci speravo. Sarebbe stata ospite dei Weasley, ma siamo vicini. L'avrei vista ogni giorno, avrei avuto tutto il tempo di rivelarle quello che provo". Gli era sembrato un buon piano, ma ovviamente non era andato in porto.

"Ma?" lo incalzò Lorcan.

"Ma alla fine non è venuta,accampando la scusa che voleva stare con i suoi".

"Capisco la delusione, ma tu cosa c'entri con questo? Sei sempre in tempo a dirglielo. Forse non era una scusa quella di stare con la famiglia" provò a dire Scamander. James sorrise, di nuovo un riso amaro.

"La penserei come te, se non fosse che un giorno ho sentito Al e Rose parlarne sottovoce e credimi se ti dico che non è stato piacevole" replicò. Lorcan si preparò al peggio.







James salì di corsa le scale di casa sua; sapeva che nella sua stanza avrebbe trovato Al e Rose, con un Gufo da parte di Penny. Forse quella sarebbe stata la volta buona per confessarle tutto.

Giunto sul pianerottolo notò che la porta della stanza era chiusa, segno che non volevano essere disturbati. Udì la voce di sua cugina, piuttosto irritata. Origliare non era educato, ma non potè fare a meno di ascoltare quelle parole, dato che parlavano di Shane.

"Penny mi ha mandato Lara, la sua civetta".

"Buone notizie?" domandò Al, speranzoso.

"Non direi! Dice che non viene più!" sbraitò Rose.

"Come mai?" chiese Al. "Non sta male, vero?".

Rose sbuffò, scocciata. "Macchè! Dice che vuole stare con i suoi e non ha intenzione di passare nemmeno un giorno delle sue vacanze con noi!"

"Rose, non credo che la lettera parli in maniera così ineducata!" protestò Al. La cugina storse il naso. In effetti non aveva riportato le parole esatte, ma che importava? Il senso della lettera era quello.

"No ovviamente, ma la sua scusa non mi interessa! La trovo deboluccia, tu no?" disse col tono di chi la sa lunga. Evidentemente James si era perso un pezzo della storia. Non capiva il tono allusivo di Rose.

"Rose, lo penso anche io, ma..." Perfetto, decisamente si era perso una passaggio, pensò James.

"Ma niente, Al! Anche se lei non lo dice, lo sappiamo benissimo perchè non è venuta!" lo interruppe.

"Abbassa la voce, Rose!" le intimò. "Vuoi che James ti senta?"

Lui, ritto dietro la porta, si sentì leggermente chiamato in causa. Che c'entrava lui? Era colpa sua se Penny non era andata a trovarli? Si mise in ascolto ancora più attentamente, per cercare di capirci qualcosa in più.

"Non l'avevo neppure nominato, sei stato tu a fare il suo nome! Comunque sai bene che se Penny non è venuta, l'ha fatto per non incontrarlo..." bisbigliò.

Allora era davvero colpa sua!

Aveva sempre avuto il sentore di stare antipatico a Penelope Shane, ma ora ne aveva la certezza. Non era andata a trovare i suoi migliori amici per evitarlo. Doveva ritenerlo davvero insopportabile, pensò. Con ciò svanì ogni speranza dal suo cuore. Non poteva conquistare una ragazza che lo detestava.

Decise che aveva sentito abbastanza. Bussò forte ed irruppe nella stanza, fingendosi allegro e chiedendo di chi fosse la civetta che aveva visto arrivare. Stette ad ascoltare da Rose le vacue motivazioni che Penny aveva addotto per non essere venuta e si finse indifferente; infine uscì e ridiscese le scale. Uscì dalla porta di casa e prese la sua scopa; un bel volo era quel che ci voleva. Tornò solo a sera inoltrata, nascondendo la delusione che provava. Faceva sempre così, e funzionava alla grande.





"Ora capisci perchè sono più che certo che non mi possa soffrire?" Lorcan tacque, perché era evidente che di fronte a quella scenetta anche lui avrebbe tratto la stessa conclusione. "Qualche giorno dopo, ho chiesto a Rose cosa Penny pensa di me. Volevo capire se c'era qualche speranza che cambiasse opinione" spiegò, sentendosi un idiota. "E' rimasta sul vago, perchè sa di non essere brava a mentire, ma ho capito che non voleva esporsi e rischiare di dirmi apertamente quello che sa. Rispondeva a monosillabi". Lorcan ebbe di nuovo la delicatezza di non ribattere.

"Cosa dovrei fare con una che mi evita come la peste? Correre da lei a dichiararmi? Ero deciso a togliermela dalla testa, ma quando siamo tornati a scuola l'ho rivista e..."

"E non ci sei riuscito" concluse Lorcan per lui. James scosse la testa.

"Vederla in sala comune o nei corridoi, ascoltare la sua voce, guardare quegli occhi verdi... sono tutte cose che me lo impediscono. Insomma, stessa scuola e stessa Sala Comune. Non riesco a dimenticarla se la vedo ogni giorno".

"Merlino, ma sei proprio messo male!" esclamò Lorcan sentendo quel tono pieno di nostalgia. La peggiore che esista, quella della quale è quasi impossibile liberarsi. Nostalgia per qualcosa che non si è mai avuto. James lo guardò in tralice.

"Piantala di ridere e dammi un consiglio, invece di farmi sentire un idiota" disse. "Ci riesco benissimo da solo".

"La tua faccia è impagabile James, sul serio!" Non si trattenne dal commentare. "Non mi sarei aspettato di vederti alle prese con un problema amoroso, sul serio".

"Grazie Lorcan, stai dicendo che sono ridicolo?"

"No, somigli a un comune mortale innamorato" disse. "Sei imbranato".

Era proprio così che si sentiva. Non sapeva come agire, ed era la prima volta in vita sua che gli succedeva. Negli ultimi diciassette anni era sempre stato sicuro di sè. Non aveva dubbi o insicurezze, finché era arrivata Penny. Aveva minato il suo equilibrio psichico. James Sirius Potter non era più lo stesso ragazzo. Era un qualsiasi babbeo, incapace di conquistare l'unica che avesse mai davvero voluto, incapace di agire nel migliore dei modi per farlo. Qualsiasi cosa facesse con Shane gli sembrava di sbagliarla. Non era mai la mossa giusta, con lei.

"Sono totalmente nel pallone" ammise.

"Smettila di piangerti addosso" disse Lorcan. "Potter, devi agire".

"Facile per te... non devi temere che Rose ti picchi con un manico di scopa, se mai decidessi di dichiararti!" sbottò James, strappandogli una risata.

"Prova a farle cambiare idea sul tuo conto, ammesso poi che la sua opinione di te sia davvero così bassa". Lorcan sembrava poco convinto.

"Ma lei mi conosce, e io sono così. Se mi detesta c'è poco che posso fare, non saprei da dove iniziare. Non so cosa la infastidisca tanto da rinunciare alle vacanze con Al e Rose a causa mia".

Se solo James fosse stato consapevole che non aveva bisogno di cambiare in nulla per piacerle, sarebbe andato di corsa da lei, interrompendo qualsiasi lezione stesse frequentando. Non potendo immaginarlo, se ne stava lì sulla panchina di marmo, ad arrovellarsi il cervello.

"Posso dirti quel che farei al posto tuo, benchè io sappia che è un consiglio che non seguiresti mai".

"Dimmelo ugualmente, è tutto ben accetto!" Sapeva cosa Lorcan stava per dire e di sicuro non avrebbe battuto quella strada, ma sentiva che parlare con qualcuno dei suoi sentimenti per Penny lo faceva stare meglio.

"Mi rivolgerei alle persone che le sono più vicine, James. Rose e Al sono gli unici ai quali, con un po' di pazienza, potresti scucire qualche informazione sul suo comportamento nei tuoi confronti". James sbuffò sonoramente, rendendo evidente che quell'ipotesi non l'avrebbe mai contemplata.

"E questo sarebbe un consiglio? Mi sembra più una missione suicida. In cinque minuti lei lo saprebbe!"

"Devi farlo con discrezione, credo sia l'unico modo che hai per capirci qualcosa. L'altra via è confessarle tutto e vedere la reazione che ottieni. Se ti lancia uno Schiantesimo, game over" scherzò, facendolo ridere.

"Lorcan, fammi il piacere di stare zitto! Meglio che vada, ora" disse buttando un occhio al grande orologio del cortile. "Tra poco ho lezione, e non voglio fare tardi". Era già in ritardo, ma non importava.

Sapere che qualcuno conosceva quel segreto lo angosciava ma, al tempo stesso, rivelarlo lo aveva alleggerito di un peso. Quel sentimento per lui era prezioso e, fino ad allora, era stato solo suo. Desiderava custodirlo al meglio, dal momento che non riusciva a liberarsene in alcun modo.









Doveva evitare di avere quegli incontri ravvicinati con James Sirius Potter, pensò Penny. Non erano sostenibili per il suo cervello. Affrettò il passo, poichè doveva raggiungere gli altri a Erbologia, nella Serra. Quando entrò, la lezione era già iniziata e Neville Paciock era alle prese con un nuovo argomento. Chiese scusa per il ritardo e prese posto accanto a Rose, fulminando Al con lo sguardo. Il professore riprese a illustrare le proprietà della pianta del giorno.

"La Grassa Sedum Acre produce un'essenza molto efficace, ma che può rivelarsi molto dannosa, se prodotta dalle mani sbagliate. Qualcuno sa quali sono le proprietà dell'Essenza Sedum Acre?" chiese alla classe. Fu Rose ad alzare la mano, su suggerimento di Alice, che non voleva rispondere a ogni domanda.

"Prego, signorina Weasley" disse Neville incoraggiante.

"Lo scopo precipuo dell'essenza che se ne ricava è far svenire le persone" illustrò con le esatte parole che aveva usato Alice un secondo prima.

"Risposta corretta! Assegno cinque punti a Grifondoro" annunciò Neville.

Penny vide chiaramente Scorpius Malfoy arricciare il naso in una smorfia di disappunto, che si trasformò in disgusto quando Neville chiese proprio a lui di provare per primo a ricavare l'essenza dalla Grassa Sedum Acre. Le scappò un risolino e la cosa non sfuggì al ragazzo. Nei suoi occhi dardeggiò uno sguardò di fuoco, tutto per Penny. Scorpius era sempre impegnato ad odiare qualcuno o a infastidire gli studenti che non gli andassero a genio. Non aveva altro da fare se non creare nuove inimicizie e coltivare quelle vecchie. Penny trovava che condurre una vita del genere fosse molto triste.

Dopo che Scorpius ebbe fatto la sua magra figura ad Erbologia, facendo prendere una bella rivincita al professor Paciock, che non si trattenne dal fare qualche commento sulle sue scarse abilità, furono liberi di andare. Quella era stata l'ultima lezione della giornata.

Erano alla fine di settembre, l'aria si era fatta più fresca. Penny decise di andarsi a rifugiare davanti al fuoco scoppiettante della Sala Comune, cogliendo l'occasione per fare i compiti.

"Cosa abbiamo per domani?" domandò Rose, sedendole accanto. Fu Alice a rispondere, aggregandosi al gruppo di studio.

"Dobbiamo rispondere a cinque domande di Storia della Magia, il professor Rüf ha detto che vuole almeno tre fogli di pergamena".

"Non dovrebbero permettere ad un fantasma di insegnare! Fa sembrare noiosi anche gli avvenimenti più esaltanti" commentò Al incontrando l'approvazione di Matthew Finnegan, vicino a lui sul divano. "Ben detto! Li spiega alla stessa maniera da quanto? Un milione di anni? Be', ha scocciato. Dovrebbe adottare un approccio più giovanile".

"Non dimenticate le predizioni per Divinazione e gli esercizi scritti di Incantesimi e quelli di pratica per l'incantesimo di rallentamento" aggiunse Bellatrix. "Arresto Momentum".

"Perfetto!" sbuffò Penny. Non aveva alcuna voglia di studiare, aveva il cervello concentrato esclusivamente sugli allenamenti di Quiddich. Sarebbero iniziati di lì a poco, portandola gomito a gomito con James.

Non le usciva dalla testa quello sguardo ferito. Le dispiaceva che credesse che Penny lo detestasse, ma non poteva farci nulla. Non poteva rivelargli quali erano i reali sentimenti che nutriva nei suoi confronti. O rischiare di farlo. Giocare a Quiddich con un Cercatore che l'aveva respinta l'avrebbe messa in seria difficoltà. Sarebbe stata tentata di lasciare che un Bolide lo spazzasse via, probabilmente.

Si buttò a capofitto nello studio, voleva finire i compiti senza portarseli fin dopo cena. C'erano cose molto più interessanti da fare; ad esempio chiedere informazioni ad Alice sulla sua cotta per Al. Non le aveva fatto pressioni da quando era tornata, ma ormai si era rimessa: era ora di metterla sotto torchio.



Due ore e mezza dopo le restavano giusto le predizioni di Divinazione da inventare di sana pianta, come faceva ogni volta. Si chiedeva come fosse possibile non rendersi conto che tutti gli studenti non predicevano un bel niente, ma si inventavano tutto. Sollevò la testa e vide il quadro della Signora Grassa aprirsi per lasciar entrare una figura alta, occhi scuri e un cespuglio di ricci soffici. James alzò lo sguardo e lo puntò su di lei. Penny distolse lo sguardo e James si trascinò fino al divano accanto ad Al, iniziando a parlottare con lui. Penny si rimise a studiare, ma una forza magnetica le imponeva di alzare lo sguardo ogni cinque minuti, per controllare che lui fosse ancora lì. Anche James la guardava di sottecchi, stando attento a non farsi beccare, ma la cosa non gli riuscì appieno.

"E mentre volavo sulla scopa di zio Bill, sono caduto sul Platano Picchiatore e sono stato pestato a sangue, per poi finire al San Mungo..."

"Oh, davvero?" fece James distrattamente. "Molto interessante".

"Non mi stai ascoltando!" Il rimprovero di Al sembrò finalmente scuotere James e catturarne l'attenzione. "Perchè continui ad alzare lo sguardo verso Penny, anzichè prestare un briciolo di attenzione a tuo fratello?" chiese diretto. Lorcan aveva ragione: era proprio imbranato! Si era fatto beccare come un idiota.

"Ma figurati! Ero solo distratto" rispose, sbrigativo. Negare fino alla morte: una regola fondamentale per ogni bugiardo che si rispetti.

Al alzò un sopracciglio e scosse la testa.

"Jamie, ti ho riempito di frottole, mancava solo che ti dicessi che ho il Marchio Nero sul braccio..." gli fece notare. "Continui a non ascoltare e ad alzare lo sguardo".

"Scusa Al" disse contrito, "sarò tutto orecchi da adesso. Hai preso un brutto voto in Cura delle Creature Magiche, hai litigato con un amico, hai problemi di cuore? Ci sono qui io!" Il tono della sua voce ricordava quello di uno spot pubblicitario.

"Problemi di cuore ne ho, ma non stavamo parlando di questo!" rispose il fratello. James stava per passare avanti, ma realizzò quello che aveva detto Al.

"Problemi di cuore, tu?" esclamò sbalordito, ad alta voce.

Al lo guardò storto, piuttosto irritato. Rose stava leggendo delle formule su una poltrona vicina al divano, ma non alzò lo sguardo. Poco male, prima o poi gliel'avrebbe comunque rivelato, pensò Al.

"Lo trovi tanto assurdo?" domandò, fingendosi un po' offeso.

"No, è solo che non pensavo che stessi con qualcuna" replicò James.

"Infatti non ci sto, purtroppo!" Il tono di Al uscì lievemente teatrale.

"Chi è la fortunata?" domandò James. Al scoppiò a ridere a quella richiesta.

"Sul serio ti aspetti che te lo dica?" Suo fratello lo guardò in tralice, contrariato.

"Sono sangue del tuo sangue..." tentò.

"Non sei un asso nel mantenere i segreti: questo mi sta paticolarmente a cuore non ho nessuna intenzione di rivelartelo!" concluse deciso. James comprese che non c'era nulla da fare e lasciò perdere. Prima o poi sarebbe tornato all'attacco, ovviamente; era troppo curioso per non farlo.







Una volta finiti i compiti, Penny sollevò la testa dai libri, giusto in tempo per vedere Rose che avanzava circospetta nella sua direzione. Fino a un secondo prima era seduta accanto al divano dove stava James, mentre Penny si trovava dall'altra parte della Sala Comune. Si alzò per riordinare i libri delle varie materie, tutti sparsi sul tavolo che aveva occupato. Rose le fece segno di volerle parlare e Penny le si accostò.

"Notizia bomba!" bisbigliò eccitata. Penny la guardò con aria interrogativa e Rose la prese per mano, la condusse accanto a una finestra. Era il punto più lontano possibile dal fuoco e dai fratelli Potter. Entrambe girarono le spalle alla sala, fingendo di essere interessate al paesaggio esterno, che invece conoscevano a memoria.

"Al è innamorato!" riferì emozionata, fissando il vetro.

"E non ci ha detto nulla!" constatò Penny. Un po' ci era rimasta male. Dopo che a lei aveva fatto pesare di non aver rivelato la cotta per James... Avrebbe dovuto informarle se aveva una ragazza!

Rose sembrava averla presa più sportivamente.

"Sì, dopo lo squoiamo vivo!" rispose. Come non detto, pensò Penny. "Intanto ti dico cosa ho sentito". Rose sapeva solo che aveva in mente una ragazza, ma non il suo nome. Sapeva anche che la fanciulla, chiunque fosse, era all'oscuro dell'interesse di Albus per lei.

Penny si mostrò piuttosto delusa.

"Eh no, Rose! Così non va bene per niente. Ci toccherà farlo parlare, con ogni mezzo". Erano decisamente informazioni scarse.

"Senti chi parla!" rispose Rose a voce troppo alta. "Ci hai messo una vita ad ammettere di esserti innamorata..." Prima che Rose concludesse la frase, Penny sentì un colpo di tosse bello forte.

Voltò il capo si trovò davanti Albus e James. Penny guardò Al riconoscente, poichè era stato sicuramente lui a tossire, evitandole una figuraccia. Rose si sarebbe voluta sotterrare, in quel preciso istante.

"Parlavate di ragazzi, suppongo" disse James – chissà perché, sembrava irritato. Non sarebbe mai riuscita a capire quel ragazzo, pensò Penny. Fu Rose a rispondere, evidentemente nel tentativo di toglierla dall'impaccio di trovare una replica sensata.

"Non posso negarlo Jamie, dal momento che eravate qui dietro a spiare".

"Non stavamo spiando, siamo semplicemente arrivati al momento sbagliato" specificò. "Giusto in tempo per sentire il nome del ragazzo di Penny, a quanto sembra..." A Penny venne un nodo allo stomaco. Non poteva sentire quel tono così acido e sprezzante da parte di qualcuno che cambiava una ragazza a settimana. No, quello era troppo. Doveva riconoscere che ultimamente sembrava essersi dato una calmata. In ogni caso, non comprendeva. Lo disse chiaro e tondo.

"Non capisco il tuo tono, James".

"Quale tono, Shane?" Sembrava avercela con lei.

"Quel tono arrogante che hai usato con Rose" rispose sotto gli occhi basiti dei suoi amici. Credevano non gli volesse più parlare, e ora ci intavolava una discussione.

"Il tono che uso con mia cugina non ti riguarda". Rose stava per intervenire, ma quella conversazione aveva preso una piega strana: era decisamente un botta e risposta tra quei due.

"Si invece, se lo usi con un'amica e mentre parli di me!" replicò Penny.

"Ho solo sentito Rose che diceva la parola innamorata – e se Al non avesse magistralmente inscenato quel colpo di tosse" disse occhieggiandolo, "ora potrei parlarti in tono ancora più strafottente e mettere i manifesti con il nome del malcapitato" rispose. Si pentì subito di averlo detto.

Si sarebbe sentito ancora più in colpa, se avesse saputo quanto a fondo quelle parole toccassero Penny, dette dal ragazzo che amava. Lei sentì lacrime di rabbia salirle agli occhi, ma le ricacciò indietro. Le avrebbe conservate per un momento di solitudine, come faceva sempre. Non era il caso di sprecarle davanti a un insensibile presuntuoso come James Sirius Potter.

"Molto ben,; credo sia meglio se vado a farmi un giro" annunciò uscendo dalla Sala Comune in un batter d'occhio. All'apparenza sembrava urtata, ma Rose e Al sapevano che era ferita nel profondo.

"Complimenti, l'hai presa per il verso giusto!" Rose rimbrottò James aspramente, facendo per andarle dietro.

"Vado io" dichiarò lui, scomparendo in fretta dietro il ritratto della Signora Grassa. Al Potter e Rose Weasley si guardarono l'un l'altra.

"Non promette niente di buono" disse Rose, pensierosa.

"Assolutamente nulla di buono" confermò Al.







ANGOLO AUTRICE

Salve a tutti! Nei capitoli scorsi abbiamo presentato Alice e Trixy, con altri personaggi secondari, come Sam Baston. In questo capitolo James ha deciso di sfogarsi con Lorcan, che abbiamo conosciuto un po' più da vicino. Pian piano la Nuova Generazione non avrà più segreti per noi, o quasi.


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Capitolo 7
*** 6. La Mappa del Malandrino ***


Capitolo sei



La Mappa del Malandrino



Non appena fu uscita, Penny salì di fretta le prime scale che trovò: non le importava dov'era diretta, voleva solo che fosse un posto isolato. Mel frattempo pensava a Potter. James non era niente per lei, niente. Non avrebbe più pensato a lui. Era un insolente, ecco cosa! Dunque un suo eventuale fidanzato, secondo Potter senior, altro non sarebbe stato se non un malcapitato. Sapeva che James aveva agito forse sulla base degli ultimi avvenimenti: le resistenze che aveva manifestato nel parlargli dei suoi problemi personali. Non era una giustificazione sufficiente, comunque. Il fatto che ce l'avesse con lei non significava che si potesse permettere di prenderla in giro. La sua vita sentimentale non lo poteva interessare in alcun modo, purtroppo. Da una parte era anche meglio che Potter avesse sentito quella conversazione. Probabilmente non l'avrebbe più scocciata con le sue domande inopportune, e ciò rappresentava un vantaggio. James avrebbe pensato che il 'segreto' di Penny fosse questo ipotetico malcapitato. Quindi, tanto meglio così.



Camminava sempre più veloce, senza smettere di guardarsi indietro, per controllare che nessuno la seguisse. Del resto, aveva scelto di salire proprio per non essere seguita. Chiunque avrebbe pensato che avesse sceso le scale, non che fosse andata al piano superiore. Si fermò solo quando ebbe raggiunto un corridoio abbastanza isolato. O meglio, sembrava abbastanza isolato.



"Shane" strillò una voce melliflua, "come osi calpestare il mio spazio personale?" Un ghigno malefico comparve sul volto del ragazzo di fronte a lei. Scorpius Malfoy era lì, insieme al suo fedele cagnolino, Daniel Zabini. Ci mancavano solo loro, pensò Penny. Doveva liberarsene al più presto, prima di scatenare la terza guerra magica con quei due, che sembravano ben intenzionati a provocarla.

"Malfoy, non ho tempo per te. Togliti dai piedi!" gli intimò. In quel momento voleva stare sola, non certo con il platinato. Tentò di avanzare, ma lui le sbarrò il passo.

"Quanta fretta, Sanguemarcio! Cos'hai di urgente da fare?" le chiese Zabini.

"Non è affar tuo! Fammi passare, serpe!" rispose agguerrita.

"No" rispose Scorpius lapidario, scuotendo la testa. Penny alzò gli occhi al cielo e sbuffò.

"Senti Malfoy, sarò sincera. Ho avuto una giornata nera, non ho tempo per i tuoi giochetti" disse provando nuovamente a sorpassarli. Stavolta fu Scorpius in persona a pararsi davanti a Penny, che cominciava a preoccuparsi. Si metteva male. Il platinato tentò di afferrarla per un braccio, ma lei fece un balzo indietro appena in tempo. Mise la mano sulla bacchetta, in attesa che facessero la prima mossa; non sarebbe stata lei a sfoderarla per prima: voleva solo passare, non duellare. L'avrebbe tirata fuori solo se fosse stata costretta, per legittima difesa.

"Si può sapere cosa volete?" chiese diretta. Dallo sguardo glaciale e crudele di Malfoy comprese subito che duellare si sarebbe reso necessario. Non che la cosa la spaventasse granchè! Voleva diventare un Auror, sarebbe stato indecente se si fosse fatta impaurire da Zabini e Malfoy, anche se il fatto che fossero in due complicava le cose. Decise di vederla come un'occasione costruttiva, per fare pratica.

"Paura, Sanguemarcio?" chiese Malfoy ghignando. La guardava negli occhi, glaciale e implacabile. Penny non gli avrebbe dato soddisfazione neanche per tutto l'oro della Gringott.

"No" rispose secca. "No, e comunque mio nonno è un mago. Voi pazzi per il sangue puro non avete un termine apposito per quelli come me? Sanguemarcio, ripeti sempre quello" rispose ostentando indifferenza. Come se stesse facendo quattro chiacchiere al bar. In realtà prendeva tempo per valutare la situazione e decidere come agire, ma sentire quell'insulto era come sentir insultare Anne, la madre. Quindi non era vero che non aveva effetti su di lei. Questo, Malfoy, non l'avrebbe mai saputo però.

"Già, è un peccato, perché tu sei molto peggio di un Nato Babbano! Sei figlia di un'insulsa Magonò, feccia della feccia!" Quel ragazzo era nato per sputare veleno. La mano di Penny si strinse un po' di più sulla bacchetta: sentiva il bisogno di Schiantarlo. "Sta calma, è solo Malfoy! Fai il loro gioco se reagisci" Le sembrava di sentirsi dire da Al, la voce della ragione. "Schianta quella serpe!", le suggeriva una vocina interiore, un po' meno razionale. Non ebbe il tempo di scegliere quale opzione seguire. Zabini mise velocemente mano alla bacchett, ma lei intercettò il suo movimento e lo disarmò.

"Expelliarmus!" La bacchetta volò via dalle mani del ragazzo e Daniel si slanciò in avanti per riprenderla, ma lei lanciò rapidamente un altro incantesimo.

"Mangialumache!" Gli scagliò contro la prima formula magica che le venne in mente. Daniel iniziò a vomitare grossi lumaconi, accasciandosi al suolo. Ottimo, almeno la cosa lo avrebbe impegnato per un po'... Nel frattempo, Malfoy le aveva indirizzato un potente schiantesimo, da cui riuscì a schermarsi per un pelo.

"Reducto!" ritentò Scorpius. Ma era serio? Voleva ridurla in poltiglia?

"Protego!" ribattè, schivandolo ancora una volta. Per tutte le cavallette, lei voleva solo farsi un giro!

"Petrificus Totalus!" urlò Penny.

"Protego!" L'altro fece in tempo a ripararsi e poi tentò di Schiantarla nuovamente, senza riuscirci. Penny cercava di prendere tempo, ma non sapeva come avrebbe agito, quando Zabini si fosse rialzato per combattere. Finalmente, però, riuscì a fare qualcosa.

"Locomotor Mortis!", disse puntando la bacchetta verso Malfoy, immobilizzandolo. L'Incantesimo delle Pastoie aveva funzionato, ma non fece in tempo a godersi il trionfo. Ancora impegnata con il platinato, Zabini aveva smesso di vomitare e, strisciando, si era riappropriato della bacchetta, senza dare nell'occhio. Si alzò in piedi, tentò di schiantarla ma non ci riuscì. In compenso liberò Malfoy dalle pastoie. La situazione non era delle migliori, Penny doveva ammetterlo. Due serpi di fronte a lei, più arrabbiate di prima e pronte a tutto. Zabini tentò di pietrificarla e, impegnata a schermarsi dall'incantesimo, non si accorse di Malfoy. "Incarceramus!" tuonò il ragazzo, trionfante. Penny si sentì avvolgere da mille lacci, spire intorno al proprio corpo e al collo.

Cercò di divincolarsi da quella stretta, ma Malfoy continuava a puntarle contro la bacchetta, senza allentare minimamente la presa. Di quel passo l'avrebbe soffocata. Cadde a terra, in ginocchio. Si sentiva debole, il respiro corto. Non le piaceva sentirsi debole, in nessun caso.

Udì uno spostamento d'aria accanto a sè, dei passi in corsa, la voce di un ragazzo. "Expelliarmus!"

Improvvisamente i lacci si allentarono e Penny riuscì a liberarsene, benchè fosse ancora accasciata al suolo. Qualcuno aveva tolto la bacchetta a Malfoy.

Quella voce sempre calda, ora rabbiosa, apparteneva a un ragazzo che le dava le spalle. Ma non importava, perchè quei ricci castani li avrebbe riconosciuti ovunque: James Sirius Potter. Dopo il primo momento di stupore cercò la bacchetta, che era rotolata più in là, poi si alzò in piedi. Era stanca, ma non poteva lasciarlo solo. "Levicorpus!" disse il ragazzo; e Scorpius si sollevò in aria, succube della bacchetta del Grifondoro.

"Stupeficium!", gridò Zabini verso di lui.

"Protegò!" urlò a squarciagola Penny, schermando il ragazzo che amava. A seguire, senza pensarci un attimo, Schiantò Daniel Zabini con tutta la forza che aveva in corpo, spedendolo parecchi metri più in là. Aveva tentato di fare del male a James, e la cosa non le era andata giù. Il Grifondoro invece, che teneva l'altra serpe ancora sospesa in aria, scagliò Scorpius ancora più giù in maniera assai rabbiosa.

Messi fuori gioco i due, non ritennero saggio restare lì ad aspettare che si riprendessero. Potter la prese per mano e la trascinò di corsa verso il muro. In realtà, confusa con le pareti, sita di fianco ad un' armatura, c'era una porticina. Era una sorta di passaggio segreto, che sbucava su una scalinata buia e stretta. Penny si chiese come James conoscesse l'esistenza di quella porta.



Iniziarono a camminare lentamente per le scale, ancora le mani intrecciate – sembrava quasi che fossero sempre state così. All'improvviso a Penny mancò il respiro e si accasciò su un gradino di pietra. James si sedette accanto a lei.

"Ti senti bene?" Lei lo rassicurò: era solo stanchezza. Quella stretta al collo l'aveva destabilizzata parecchio.

"Come ti è venuto in mente di duellare con quei due?" Non era proprio un rimprovero, ma ci andava vicino: più un tono da Al che da James. Quel pensiero la fece sorridere.

"Stavo per i fatti miei, credevo di aver trovato un corridoio isolato, ma mi si è parata davanti quella serpe platinata" rispose.

"Perchè eri lì?" chiese lei. Era strano che si trovasse in quel corridoio: non era un punto così frequentato nella scuola.

"Ti stavo cercando" rispose.

"Davvero?" Si finse indifferente. Le venne in mente un aspetto strano della faccenda. "Come mi hai trovata?"

James aveva un'espressione soddisfatta, quella che gli compariva sul volto quando riusciva ad aggirare qualche regola.

"Segreto di famiglia" rispose, estraendo una pergamena ripiegata nella tasca del pantalone. Penny guardò l'oggetto, incuriosita.

"Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!" dichiarò James, colpendola con la punta della bacchetta. Sulla pergamena comparvero delle parole.

"Messer Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso sono lieti di presentarvi La Mappa del Malandrino" lesse Penny, sempre più dubbiosa.

"Ha una storia piuttosto particolare" disse indicando la pergamena. "Fu creata da nonno, ovvero Ramoso, insieme agli amici". Penny suppose che i signori in questione rispondessero agli altri tre soprannomi apparsi sulla pergamena.

"Lunastorta è Remus Lupin, il padre di Teddy" continuò lui, "mentre degli altri due porto il nome". James, come suo nonno. Sirius, come il padrino di Harry Potter. Per esclusione, pensò Penny, il soprannome di Sirius doveva essere Felpato.

"Come l'hai ottenuta?" domandò Penny.

"Be', è mia di diritto" disse. Lei lo guardò, poco convinta. "Oh, va bene. È passata per varie peripezie, questa vecchia mappa. Fu sequestrata ai creatori da Gazza, ma quanche anno dopo Fred e George Weasley la rubarono dal cassetto della sua scrivania" raccontò. "Poi la cedettero generosamente a mio padre. Ora, be', è mia".

"Di' pure che l'hai rubata!" Penny non trattenne una risata.

"Non posso negarlo, ma era lì nel suo studio a prendere polvere. A lui non serve, a me sì" si giustificò. "Riproduce i passaggi segreti della scuola e segnala, in tempo reale, gli spostamenti di chiunque si trovi all'interno del castello".

"Sul serio?" chiese incredula. "Dove siamo noi?" disse accostandosi un po' a lui. La prese come una buona scusa per stargli accanto, senza destare sospetto. James sciolse lentamente la mano dalla sua, lasciandole un senso di vuoto, e dispiegò la mappa. Puntò l'indice su due puntini fermi all'interno della mappa. I loro nomi, affiancati, erano vergati in una grafia elegante.

"Merlino! È fantastico!" esclamò lei.

"Vero? È così che ti ho trovata" riprese. "Stavi correndo, ma a un certo punto ti sei fermata e non capivo la ragione".

"Se non fosse stato per la serpe avrei continuato a camminare" rispose Penny, ripensando al ridicolo siparietto di Malfoy. "Perchè mi cercavi?" Credeva di saperlo, a dire il vero, ma voleva sentirlo dire da James.

"Volevo scusarmi, Shane" ammise in tono colpevole. "Mi sono comportato da idiota" aggiunse guardandola negli occho. Penny si complimentò con se stessa per la sua fermezza. Aveva deciso che non gli avrebbe più parlato, ma le era bastato uno sguardo perché la rabbia svanisse.

"Non fa niente" disse, con un'alzata di spalle. "Hai detto quello che pensavi, in fondo. Solo, la prossima volta usa un po' più di cortesia". James bofonchiò qualcosa che Penny non riuscì a capire.

"Non lo penso". Lei si girò a guardarlo, cosa poco saggia da parte sua, visto l'effetto che le faceva ogni volta. "Davvero, non lo penso affatto".

"Non ci sarebbe nulla di male a pensare che il mio ragazzo sia un malcapitato". Tentò di ridere, ma le uscì solamente un suono strozzato.

"Hai un ragazzo quindi?" domandò lui, fingendo disinvoltura. Penny scambiò quella domanda per mera curiosità.

"No, nessun malcapitato".

"Smettila di ripeterlo" ribattè James. "Chiunque sia, è fortunato ad essere amato da una ragazza come te". Il suo sguardo stavolta non incontrò quello di Penny, perché James sapeva che non avrebbe retto al contatto visivo.

"Lo dici solo per farti perdonare!" Tentò di scherzare lei, tanto per alleggerire l'atmosfera.

"Niente affatto".

"Ti perdono James, però sei stato davvero sgarbato" gli fece notare. "Hai litigato con Jessica?"

"Jessica?" domandò, stupito.

"La Tassorosso del quinto anno" specificò Penny. "La tua ragazza" aggiunse. James comprese l'equivoco e rise. Penny trovava poco divertente che James si appartasse in angoli bui della scuola insieme a Jessica, ma si guardò bene dal dirlo ad alta voce.

"Vuoi scherzare?" replicò lui senza smettere di ridacchiare. "Non la sopporto. Mi si butta addosso in continuazione".

"Vi ho visti in atteggiamenti intimi, se così si può dire". James riflettè un attimo e poi sembrò ricordarsi l'accaduto.

"Oh sì, me lo ricordo. Mi si era praticamente incollata addosso, ho dovuto scansarla. Mi dispiace veder piangere una ragazza, ma non è colpa mia se Jessica non è il mio tipo". Già, il suo tipo era lì accanto, pensò James.

"Ha pianto perchè l'hai scansata?" James annuì e a Penny dispiacque un po' per la dignità di Jessica, ormai in frantumi. A lei non sarebbe successo niente del genere – ecco perché aveva tutte le intenzioni di non rivelare mai i propri sentimenti a James.

"Perchè l'hai rifiutata?" domandò a bruciapelo. Un momento dopo si pentì amaramente della propria curiosità, poiché la risposta non le piacque affatto.

"Sono innamorato di un'altra". La voce di James era leggermente incrinata.

A Penny venne meno il respiro, rimpianse il cappio intorno al collo di pochi minuti prima: in quel momento avrebbe fatto meno male. Innamorato di un'altra.

"Capisco" disse solo. Era consapevole che il suo volto si era oscurato, perciò voltò leggermente la testa. Lo nascose perchè sapeva che le si sarebbe letto in faccia come si sentiva, ma gli restò vicina beandosi di quella poca intimità che le era concessa. Non provò nemmeno a chiedere chi fosse, perchè preferiva non saperlo. Amava un'altra, tanto le bastava per essere triste: sapere il nome non avrebbe migliorato le cose.

"Lo so che capisci; hai qualcuno anche tu, no?" disse. Penny annuì solamente. "Era lui il problema in questi ultimi tempi, vero?".

"Già, in un certo senso" confermò. In fondo era vero, avrebbe solo dovuto dire sei tu.

"Immagino non mi rivelerai chi è". Sei tu.

"Non è importante". Una parte di Penny continuava a chiedersi come sarebbe stato dirgli tutto, rivelargli come si sentiva accanto a lui.

"Come mai? Ti ha fatto soffrire?" Sei tu.

"E' un ragazzo che non posso avere, tutto qui. È inutile parlarne, è complicato".

Complicato, bella parola. James non sapeva cosa intendesse Penny. Il ragazzo non voleva stare con lei? Se era così non meritava cinque minuti del tempo di Shane. Non ne era a conoscenza? In questo caso non sapeva che pensare. Sperare che lei non si dichiarasse gli veniva naturale, perchè un eventuale fidanzamento non gli sarebbe andato giù. Però non voleva neanche vederla soffrire perchè non era corrisposta. O forse era davvero qualcuno con cui avere una storia sarebbe stato troppo complicato. Doveva rifletterci con calma.

"Lo sa?" chiese senza pensarci.

"No, è molto meglio così. Dirglielo rovinerbbe le cose e basta". Sembrava sincera.

"Perchè dici così?" Sei tu.

"Sono certa che mi rifiuterebbe, a quel punto non riuscirei neanche più a guardarlo. Il gioco non vale la candela, capisci? Specie se sei sicuro di perderla, la candela". Piegò un angolo della bocca in quello che voleva essere un sorriso.

"Già" rispose James pensando però alla propria situazione. "Sarà il caso di andare" disse poi, alzandosi in piedi. "Gli altri si staranno chiedendo dove siamo finiti".

Penny fu tentata di fingersi ancora spossata, pur di restare lì a parlare con lui. Sebbene facesse male sapere che amava un'altra e benché James non avesse la minima idea che il ragazzo di cui stavano parlando fosse lui. Nonostante ciò, si alzò e scese i gradini seguendo James, che sembrava conoscere Hogwarts come le sue tasche. Era il degno erede dei Malandrini e di Fred e George. Arrivarono ad un'altra porticina camuffata dal muro, che sbucava su un corridoio, probabilmente al primo piano. Fortunatamente nessuno li vide uscire da lì.

"Posso chiederti una cosa?" fece lui, pur continuando a camminare.

"Certo".

"Cosa ti ha fatto scattare, con Malfoy?" L'argomento era sicuramente meno spinoso del precendente, anche se comunque poco piacevole.

"Oltre a chiamarmi Sanguemarcio" iniziò, "ha offeso mia madre, feccia della feccia. Comunque non sono stata io la prima a mettere mano alla bacchetta, ma loro". Meglio mettere le cose in chiaro, prima che qualcuno si sognasse di darle dell'attaccabrighe.

"Sono due vigliacchi" commentò James. "Tu sola, e loro in due! Bel duello!"

"Se non sei scorretto non ti ammettono in Serpeverde" sdrammatizzò. "Però non fare niente contro di loro". Non voleva che James si cacciasse nei guai. Ci avrebbe pensato lei a rimetterli al proprio posto, quei due.



Aveva un'espressione così dolce mentre pronunciava quelle parole, pensò James. Si preoccupava per lui, nonostante non fosse nella cerchia delle sue immediate simpatie. Le sorrise, senza nemmeno rendersene conto. Non si poteva resistere a quel paio di occhi verdi, perlomeno lui non era capace. Eppure doveva farlo. Penny Shane amava un altro, che nemmeno ne era a conoscenza. Non c'era posto per lui, se non come conoscente. In quel momento la mente della ragazza era attraversata dagli stessi pensieri – lui che amava un'altra, lei che non poteva averlo. Il silenzio tra di loro iniziò a diventare imbarazzante, e lui dovette accorgersene, perchè lo ruppe.

"Ignoralo" disse. "Malfoy, intendo. Quando dice quelle cose, perché gli dai peso?" Nel suo tono c'era qualcosa in più di quella domanda, lo comprendeva da sola. Le stava chiedendo se si vergognava di Anne.

"Non mi vergogno di mia madre" chiarì. "Non sopporto che la offenda. Penso a come si sentirebbe, se ci fosse. Anne non immagina minimamente quanto Arnold abbia fatto bene a escluderla da questo mondo. Lo ritiene esagerato, anche se in un certo senso gliene è grata. Questa cosa le ha fatto capire quanto amore mio nonno provi per lei e il loro rapporto è molto migliorato, da sei anni a questa parte". Ma perchè gli stava dicendo quelle cose? Lui non le aveva chieste; aveva fatto una domanda semplice e coincisa, mentre lei gli stava sciorinando informazioni che probabilmente non lo interessavano affatto.

"Continua".

"Penso che se sapesse che mi prendono in giro per la sua natura babbana, non ci resterebbe bene".

"Non le hai mai detto nulla, in tutti questi anni?" domandò stupito.

"No" rispose in tono ovvio. "Lo sa solo mio nonno. Non voglio che si senta una disadattata".

"Hai paura che diventi come Gazza? Lui si che è disadattato..." La buttò sul ridere James. E funzionò, perchè lei rise. Il suono più melodioso che lui avesse mai udito.









"Pluffa" scandì bene Penny davanti alla porta della Sala Comune dei Grifondoro. La Signora Grassa, nel suo bel ritratto, era diventata un pò sorda ultimamente. Sosteneva di sentirsi poco bene, ma Penny sospettava che fosse più che altro ipocondriaca.

"Entrate rispose spostandosi in avanti per lasciarli passare. Fecero il loro ingresso, e in men che non si dica Rose balzò in piedi dal divano e si parò davanti a James.

"Penny, stai bene?" chiese apprensiva. La ragazza non capì molto quella domanda, ma annuì con un gesto convinto. "Che cosa le hai fatto?" si rivolse al cugino. James sembrò cadere dalle nuvole.

"È pallida come un cencio e ha delle ecchimosi sul collo".

"Ecchi-che?", biascicò Matthew Finnegan, che si era avvicinato.

"Lividi, Finnegan, lividi!" ribatté Rose, esasperata. Non si poteva dire che stravedesse per quel ragazzo. A quel tono brusco lui capì di non essere il benvenuto e si allontanò. "Vi siete scontrati?"

"No!" risposero all'unisono.

"Rose, non penso proprio che abbiano fatto una cosa del genere: sono due persone civili in fondo" disse Al, avvicinandosi al terzetto.

"Come sarebbe a dire, in fondo?" disse Penny, stizzita. I suoi amici non erano per niente d'aiuto.

"Sei mia cugina, per la barba di Merlino! Pensi che aggredisca le persone? Una ragazza poi!" James fece per andarsene, borbottando: "Lasciamo perdere".

"Non lasciamo perdere niente" obiettò Penny trattenendolo. Era giusto che sapessero che James l'aveva tirata fuori dai guai. "Mi ha aiutato con Malfoy". Rose e Al li guardarono con fare interrogativo.

"L'ho intercettata in un corridoio del secondo piano" intervenne James. Non c'era bisogno di spiegare che la Mappa era andata in suo soccorso. "Era ferma sempre nello stesso punto: stava duellando con Malfoy e Zabini. Quando sono arrivato era stesa a terra, stretta tra i lacci".

"Lacci?" fece Al.

"Incarceramus" precisò Penny. "Me la stavo cavando alla grande, li ho tenuti a bada, ma erano due contro una. Se non fosse arrivato James sarei soffocata, probabilmente".

"Hai visto Rose? Non sono Jack Lo Squartatore, sei contenta?" Rose si sentiva visibilmente in difetto.

"D'accordo, scusa – è solo che... guarda che faccia che ha!" fece indicandola. "Sembra uscita dal regno dei morti".

"Confortante Rose" rispose Penny, ironica.

"Malfoy non la passerà liscia" disse Rose, incontrando l'approvazione di Al e, inaspettatamente per loro, il dissenso di Penny.

"No, niente vendette – non ora. Ci infileremmo solo nei guai" disse guardando l'amica, che sembrava voler ribattere. "In parte mi sono rifatta. Ho Schiantato Zabini e James ha fatto di peggio a Scorpius".

"Ti avrebbe strangolato Shane!" obiettò James. Penny minimizzò il tutto con un gesto della mano, come a voler scacciare quel pensiero. "Che sarebbe successo se non fossi arrivato?" Penny non poteva credere di dover essere lei a tenere a bada i propositi di vendetta degli altri.

"Ma tu sei arrivato, James!" disse. "Non c'è bisogno di fare altro: promettilo!" Gli altri promisero, riluttanti.

"Per ora" disse James. Poi se ne andò, lasciandola con un senso di vuoto tremendo, nonostante fosse con due delle persone più care che avesse.

"Mi dispiace" sussurrò Rose, abbracciandola. "Quando lo saprà Trixy farà una scenata" commentò. Giusto! In quel marasma, Penny non ci aveva pensato: Daniel era il gemello di Trixy e quella notizia non l'avrebbe entusiasmata, ma non c'era modo di evitare che lo venisse a sapere, perché la voce sarebbe girata. La sala era gremita di gente, quindi qualcun altro aveva di certo sentito quella storia. Pazienza, nessuno si sarebbe granché stupito. Tutti i Grifondoro sapevano quale fosse la natura di Scorpius Hyperion Malfoy: quell'episodio ne era solo l'ennesima conferma.



Penny salì nel dormitorio con Rose, voleva riposare un po' prima di cena. Era stata una giornata ricca di eventi. Troppi, per i suoi gusti. Quando si vide allo specchio non potè fare a meno di dare ragione all'amica: aveva l'aspetto di un cadavere ambulante. Volto pallido e lividi violacei sul collo: le corde dovevano aver esercitato una pressione maggiore di quel che pensava. Rose la stava fissando.

"Ti ha offeso di nuovo, immagino".

"Non ho risposto alle offese. Hanno sfoderato le bacchette per primi" spiegò. "Cercavano guai, mentre io volevo solo stare in pace".

"Già, hai ragione. James non è stato carino prima, ma sono certa che non pensa quello che ha detto. Ne avete parlato?" Penny ripensò alla loro conversazione, a ciò che si erano raccontati, alla vicinanza di James. Si poteva provare nostalgia per uno scalino di marmo?

"È tutto a posto Rose" disse, stendendosi sul letto. Rose comprese che voleva riposare e decise di lasciarla sola.

"Sento qualcuno sbraitare; temo sia Trixy..." Non era neppure una bugia, delle grida provenivano dalla Sala Comune. Rose uscì dalla stanza. Ci avrebbero pensatò lei ed Alice a placare l'amica, pensò Penny mentre cadeva in un sonno senza sogni.





Quando aprì gli occhi si sentiva nuovamente in forze, ma solo fisicamente. Mentalmente era sempre a pezzi, proprio come un'oretta prima. Non era ora di andare a cena, aveva tempo di scendere da basso e starsene un po' a crogiolarsi nella disperazione.

Scese i gradini uno ad uno e trovò la Sala Comune quasi completamente svuotata. Quella stanza era un porto di mare: prima ospitava una folla e il minuto dopo calma piatta. Si trascinò fino al divano, proprio di fronte al fuoco scoppiettante nel camino. Si distese, pensando che forse poteva rimanere lì per sempre. Forse poteva semplicemente non vedere più nessuno. Non vedere James, che amava un'altra.

"Ehi" disse a bassa voce Albus. Lei si mise a sedere facendogli spazio sul divano.

"Credevo fossi con Rose" osservò. Al alzò le spalle, come a dire che non aveva idea di dove fosse sua cugina. In realtà entrambi potevano benissimo immaginare dove fosse e con chi, non c'era bisogno di dirselo. Poi Penny parlò, senza smettere di fissare il fuoco.

"James ama un'altra" riferì con la voce spezzata. Al sapeva che non le piaceva piangere davanti a qualcun altro, ma non sarebbe riuscita ad evitarlo, quella volta. Avrebbe voluto chiederle come ne era venuta a conoscenza, ma fu lei stessa a raccontarlo. "Me l'ha detto lui. Ha detto che la ama sul serio". Finalmente si girò e Al vide una lacrima che scendeva pian piano a rigarle il viso.

"Vieni qui..." le disse allargando le braccia. Non poteva vederla così, per tutte le bacchette! Penny si avvicinò e poggiò la testa sulla spalla di Albus, lasciandosi andare ad un pianto silenzioso ma liberatorio, intervallato solo dalle sue scuse per quello sfogo indignitoso e per avergli stropicciato il maglione.

"Piangi quanto vuoi, ho due spalle fatte a questo scopo: una per te e una per Rose. Spero che lei non ne abbia bisogno in giornata" disse. "Non credo reggerei". Lei sorrise e tirò su col naso, accontò per filo e per segno tutto quello che le aveva detto James, a bassa voce. Raccontò quello che lei aveva detto a lui, quasi senza prendere fiato.





James scese le scale che portavano dal dormitorio maschile alla Sala Comune, che per un attimo parve quasi deserta. C'erano pochissime persone, sparse ai quattro angoli. Chissà dov'era Shane. Pensò di controllare sulla mappa, ma scacciò quell'idea. Non voleva seguirla o controllarla, avrebbe solo voluto amarla.

Non fece neppure in tempo a pensarla che la scorse, seduta sul divano, di profilo rispetto a dove si trovava lui. Non avrebbe potuto vederlo. La testa della ragazza era adagiata comodamente sulla spalla di Al. Li aveva visti altre volte abbracciati, ma c'era qualcosa di strano nell'atteggiamento di Penny. Si teneva stretta al braccio dell'amico, ma non era un atteggiamento giocoso: la cosa lo infastidì. Avrebbe voluto rovesciare il divano e prendere il posto di Al, anche solo per rubarle un abbraccio.



-"E' un ragazzo che non posso avere, tutto qui. È inutile parlarne, è complicato".

-"Molto meglio così. Dirglielo rovinerbbe le cose e basta".

-"Sono certa che mi rifiuterebbe e a quel punto non riuscirei neanche più a guardarlo. Il gioco non vale la candela".



Gli tornarono in mente quelle frasi pronunciate da lei, poche ore prima. Ora anche per lui avevano un senso. Era innamorata di Al, il suo migliore amico. Per questo riteneva che fosse una storia impossibile: non voleva compromettere il rapporto che avevano. Dirglielo avrebbe rovinato le cose: aveva usato quelle stesse parole.

Si sentì ribollire il sangue nelle vene.

Quella storia peggiorava sempre di più. Ora c'era di mezzo anche suo fratello minore. Di bene in meglio! Ma perchè si era dovuto innamorare di Shane? Di tutte le streghe in quella dannata scuola, perché proprio lei?



Certo, James non immaginava che il brillante ragionamento che l'aveva portato a ritenerla innamorata di Al non fosse poi così brillante.

Penny aveva un'atteggiamento diverso, certamente non giocoso, perché era in preda al pianto e cercava un appiglio sicuro, qualcosa che la tenesse ancorata alla realtà.

Ma James non sapeva niente di tutto quello che le passava per la testa; provava solo una gran tristezza, ma non poteva darla a vedere.

Buttò giù il magone e uscì silenziosamente dalla sala, lasciando lì dentro la ragazza che amava insieme ad Albus Severus Potter, suo fratello.




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Capitolo 8
*** 7. Quiddich e strane domande ***


Capitolo sette



Quiddich e strane domande



"Ma ti rendi conto di quello che ha fatto quell'idiota di mio fratello?" Trixy era furente e continuava a fare su e giù per stanza; al dormitorio poteva parlare tranquillamente con le amiche. Meglio: poteva urlare tranquillamente. Aveva il volto livido di rabbia. Alice aveva sentito ripetere quella frase almeno un centinaio di volte nell'ultima mezz'ora. In tutta onestà, non ne poteva più.

"Capisco come ti senti, ma non è colpa tua se Daniel è un Serpeverde con il cervello di uno Schiopodo Sparacoda!" Non era una frase poi così consolante, ma Alice non aveva idea di come rincuorare l'amica.

In ogni caso, Trixy non sembrò averla udita, perchè seguitò a camminare avanti e indietro, sfogando la rabbia in una serie di improperi rivolti a Daniel e a tutta la famiglia Zabini.

"Alice, ho condiviso l'utero di mia madre con lui, miseriaccia!" Sembrava disgustata a quel pensiero. "Con un pazzo che ha tentato di uccidere Penny". Alice avrebbe voluto controbattere in qualche modo e poterla rassicurare sulla natura del fratello, ma in cuor suo non se la sentiva.

"Il mio nome resterà sempre una colpa da espiare, per me" disse, stavolta a bassa voce. Anche su questo punto, Alice non trovò nulla da ridire. La verità era che conosceva Trixy abbastanza da sapere che avrebbe per sempre percepito il suo nome come qualcosa di profondamente sbagliato.

I coniugi Zabini erano del parere opposto; per loro era Bellatrix ad essere in difetto. Era una Grifondoro babbanofila che aveva stretto amicizie indegne di una Purosangue. Questo particolare ossessionava in particolar modo suo padre Blaise, che la considerava una traditrice del proprio sangue. La madre, Pansy, una insana fascinazione per i Mangiamorte e la Magia Oscura, che l'aveva portata a darle quel nome che Trixy tanto odiava. Decisamente Blaise Zabini e Pansy Parkinson non c'entravano nulla con la figlia, pensò Alice.

"Terra chiama Paciock!" gridò Trixy scuotendola. "Mi stavi ascoltando?" Sembrava seccata dalla mancanza di attenzione dell'amica.

"Ho sentito parola per parola" mentì. C'era, peraltro, poco da ascoltare: era arrabbiata con Daniel. Mentre scendevano in Sala Grande per il pasto serale, la ragazza continuò a elencare tutti i possibili modi per vendicarsi del fratello.

"Ho intenzione di cambiargli i connotati facciali" disse. "Non temporaneamente, ma a vita!" precisò, con una preoccupante serietà.

"Lo vuoi Schiantare di nuovo?" chiese.

"Meriterebbe di peggio che uno schiantesimo" borbottò Trixy, sedendosi alla tavolata di Grifondoro.

Poco dopo comparve Penny. Non appena finito di piangersi addosso – o meglio, addosso ad Albus – aveva deciso di scendere a cena. Si sedette vicino a Trixy, guardando il minestrone come se fosse uno strano elemento sconosciuto. Non aveva fame, ma doveva mangiare. Era perfettamente consapevole che quella di disperarsi fino alla fine dei suoi giorni non fosse la più sensata delle opzioni.

"Come stai?" chiese Alice, premurosa.

"Bene" mentì Penny, sorridendole. Non era una vera e propria bugia, poichè il motivo della sua espressione abbattuta non era dovuto a quello che pensavano loro.

"Penny, mi dispiace tanto per quello che ha fatto mio fratello. Non appena gli metterò le mani addosso se ne pentirà amaramente". Il tono di Trixy era vibrante di rancore.

"Rose vi ha raccontato nei dettagli quello che è successo?" Entrambe annuirono alla sua domanda. Ottimo, almeno le veniva risparmiata la pena di ripetere ancora una volta come si fossero svolti i fatti.

Non osava chiedere se Rose avesse riferito loro anche del battibecco con James, motivo per cui si era trovata al secondo piano al momento sbagliato. In fin dei conti non aveva importanza, non più.

"Non devi fare nulla, non è il caso. In più" aggiunse, "sono sicura che al momento se lo aspettano". Scorpius avrebbe pensato che Penny si sarebbe vendicata di lì a breve, ma lei non era intenzionata a dare a quella serpe la soddisfazione di avere ragione.

"Non credo tu abbia deciso di fargliela passare liscia" affermò Trixy. Penny scosse la testa.

"No di sicuro" affermò decisa. "Nemmeno voglio cacciarmi nei guai al momento, però". La sua voce non ammetteva repliche, perciò le due amiche si accontentarono di quella risposta e ripresero a mangiare.

"Piuttosto" riprese d'un tratto cambiando tono, "cosa pensi di fare con Al?" La domanda era, ovviamente, rivolta ad Alice, che arrossì lievemente. Gli occhi chiari brillarono anche solo sentendo il nome di Albus. Un'altra ragazza messa molto male, pensò Penny. Alice però aveva migliori aspettative con Al di quante ne avesse Penny con James.

"Non lo so..." Sembrava incerta; Trixy, seduta accanto a lei, le diede una gomitata.

"E ti pareva!" commentò. "Risponderai mai a questa domanda con delle parole che non siano non-lo-so?" domandò prendendola in giro. Alice lanciò un'occhiata furtiva nella direzione di Al.

Il ragazzo parlottava con Matthew Finnegan, che probabilmente sapeva qualcosa che Penny e Rose ancora ignoravano. La conversazione che Rose aveva origliato le aveva già informate del fatto che Al aveva in mente una ragazza. Restava solo da capire chi fosse.

Rose apparve dal nulla e si sedette accanto a Penny. Sebbene conscia di essere molto in ritardo, sfoggiava un sorriso che non lasciava dubbi sul fatto che avesse speso il suo tempo in compagnia di Lorcan.

Penny tossicchiò, divertita.

"Devi dirci qualcosa Rosie?" chiese in tono studiatamente zuccheroso. Le altre ridacchiavano. "Voglio dire" continuò Penny, "sei in ritardo e sembri felice come Baston quando Grifondoro vince la Coppa del Quiddich".

"Lorcan e io ci siamo messi insieme" annunciò con un filo di voce.

"Il tuo sguardo è troppo melenso" la canzonò Alice.

"È un piacere condividere con voi i momenti di gioia" rispose Rose, piccata. Si vedeva che era al settimo cielo, niente avrebbe potuto scalfire la sua gioia.

"Sono davvero felice per te Rosie" disse Penny sorridendole. Era sinceramente contenta per la sua amica, ma non riusciva a non pensare a James. Era quasi comico che con tutto ciò che era successo durante la giornata, il suo unico pensiero fosse James. Quasi comico e molto stupido, in effetti.

Il cielo sopra le loro teste era di un color blu brillante, trapunto di stelle. Era solo una magia, ma Penny pensò che fosse confortante vedere un cielo sereno in una serata come quella.

"Tutti concludono tranne te!" Trixy diede di gomito ad Alice. Evidentemente tutte pensavano che lei e Al sarebbero stati un'accoppiata perfetta.

"Non vedo perché debba essere messa sotto accusa proprio io!" ribatté candidamente. "Nemmeno voi concludete, mi pare". La risata di Trixy fu divertita, quella di Penny fu falsa.

"Semplice spiegare perché: a Trixy non interessa nessuno, quindi non le si può imputare la colpa di non darsi una mossa per conquistare chicchessia" iniziò, incontrando l'approvazione dell'amica. "Per quanto riguarda me" aggiunse, "da oggi so che le mie possibilità con James, che rasentavano lo zero, sono molto al di sotto". Alice stava per ribattere, ma Penny non le diede il tempo. "Quando dico sotto zero vuol dire che non c'è speranza". Prima o poi l'avrebbe raccontato anche a loro, tanto valeva farlo subito.

"Che intendi dire?" domandò Rose.

"Ama un'altra" disse. "Me l'ha detto lui". Non voleva guardare in faccia nessuna delle tre, trovava che fissare il minestrone fosse molto più interessante, al momento.

Sapeva che fingersi indifferente non l'avrebbe aiutata ad esserlo davvero, ma non voleva farsi compatire. Era stato già abbastanza ridicolo piagnucolare addosso ad Al, non voleva aggiungere altre figure da idiota.

"Mi dispiace..." Rose allungò la mano e prese la sua. Era il suo modo di rassicurarla; gliene fu grata, ma capì che non sarebbe bastato.

"Non importa" disse. "Le mie possibilità con tuo cugino erano già molto scarse..." Rose sbuffò infastidita.

"Non dire così!" disse Alice. Penny scrollò le spalle.

"Perché non dovrei?" chiese. "È vero".

"Non hai niente da invidiare alla ragazza di turno" disse Trixy per consolarla. Non funzionò a meraviglia.

"Trix, questa non è la ragazza di turno. Ha esplicitamente detto che è innamorato. Non c'è niente che io possa fare al riguardo". Il tono perentorio convinse le amiche a lasciar cadere quel tema; e Rose raccontò di come Lorcan le avesse dichiarato i propri sentimenti e di come avessero passato tutto il tempo a baciarsi e a passeggiare mano nella mano. Penny sentiva, ma non ascoltava veramente. Aveva tifato tanto per quella coppi e ora che erano finalmente insieme era troppo presa dai propri problemi per dedicare la giusta attenzione all'amica. Avrebbe rimediato non appena James fosse uscito dalla sua testa, ma non era certa che sarebbe successo entro breve tempo.





Uscite dalla Sala Grande, Penny si attardò di proposito ad allacciarsi una scarpa, chiedendo a Rose di aspettarla. Voleva parlarle a quattr'occhi, e la Sala d'Ingresso era il posto ideale. Di quei posti talmente di passaggio e affollati che in mezzo al chiacchiericcio generale nessuno fa caso a quello che dicono gli altri.

"Mi dispiace..." Stava per dire che le dispiaceva di essere stata di scarsa compagnia a cena, ma Rose non le lasciò il tempo.

"Lo so, Penny" disse. "Come so che non hai avuto una buona giornata, è tutto a posto". Voleva farle capire che non se l'era presa, che la comprendeva. Penny si ritrovò a sentirsi fortunata di aver conosciuto Rose al primo anno.

"Sul serio" continuò, "tu hai raccontato tutte quelle cose a cena e io ho risposto a monosillabi. In un altro momento ti avrei subissata di domande".

"E saresti stata molto fastidiosa" rispose l'altra, prendendola sottobraccio.

"Sei felice? Mi interessa solo questo".

"Tanto" rispose Rose. "Lo sarei di più se ti vedessi sorridere". Penny aveva raccontato ogni particolare ad Al, quindi fece altrettanto con Rose.

"Hai pianto?" chiese esterrefatta. "Intendi, lacrime vere?" Stava cercando di farla ridere, e funzionò.

"Ho anche stropicciato il maglione di Albus".

Rose era sconvolta. L'aveva vista piangere forse due volte in sei anni.

"Comunque" continuò Penny, alleggerendo il tono, "ormai è andata. Sii felice di non esserti trovata al posto di Al" disse. "Sarebbe stato il tuo maglione, in quel caso".

"Ora come stai?"

"Be' tuo cugino sa che amo un ragazzo impossibile da avere, che era il motivo del mio cattivo umore. Questo lo terrà lontano da me, credo."

"E' questo che desideri? Che stia lontano da te?" le domandò schietta.

"Fai domande difficili, Rose". L'amica rise e non aggiunse altro. "Comunque" aggiunse Penny, "dovrebbe essere soddisfatto a questo punto". La sensazione che lui si fosse interessato a lei per mera curiosità la infastidiva. Avrebbe voluto di più da James, ma sapeva di non poterlo pretendere.

"Ti ha detto chi è?" chiese Rose. Penny scosse la testa in segno di diniego.

"Preferisco non saperlo. Non mi va di trovarmi ad odiare una povera ragazza senza colpa" disse. "Magari è anche una che mi è simpatica".

Rose non fece commenti, ma pensò che al posto di Penny non avrebbe avuto la stessa saggezza. Avrebbe estorto quel nome a forza di incantesimi, probabilmente. Questo, però, era meglio evitare di dirlo.

"Ehi, stavo pensando... non abbiamo chiesto nulla ad Al" disse. La cotta misteriosa di suo cugino Albus l'avrebbe distratta un po'. "Magari lo becchiamo in Sala Comune!" Ottimo, pensò Penny, avrebbe incanalato le energie nel torchiare Al.

Lei e Rose salirono di corsa i gradini, fino ad arrivare all'ingresso della Sala Comune.

"Parola d'ordine" intimò loro la Signora Grassa.

"Buccia di pompelmo!" risposero in coro.



Al era lì, intento a scrivere delle oscure quanto fasulle predizioni per Divinazione. La professoressa avrebbe fatto i salti di gioia leggendole. Erano tutte disgrazie: le sue preferite.

Non appena alzò gli occhi dalla pergamena Al percepì lo sguardo due paia d'occhi fissi su di lui.

"Che c'è?" Il tono sembrava consapevole.

"Lo sai" rispose infatti Rose.

"Per niente" disse Al, beccandosi uno sguardo in tralice da parte della cugina. "Non ho idea di cosa tu intenda". Penny sbuffò.

"Ti servo subito" rispose. "L'altro giorno Rose ti ha sentito dire qualcosa di molto interessante".

"Non saprei".

"So quando menti" affermò Penny ridacchiando.

"Wow, abbiamo una Legillimens tra noi" affermò ironico. Rose emise un suono a metà tra uno sbuffo e un ringhio. Non era per niente spaventoso. Al rise e si arrese.

"Non fare lo spiritoso e rispondile!", replicò duramente Rose.

"È per quello che ho detto a James, giusto?" Le due annuirono, ma Al restò in silenzio. "Va bene, parlo".

"Allora, chi è?", chiese Rose impaziente.

"Voglio vedervi cuocere a fuoco lento" disse. "Sapete bene che ve lo dirò, ve l'avrei detto comunque. Sospettavo che Rose avesse sentito, vista l'aria circospetta con la quale si era allontanata verso di te" aggiunse.

"Quindi?" ritentò Rose. "Chi diamine è?"

"Andiamo, tirate a indovinare" le sfidò lui. Penny aveva in mente un paio di nomi. Uno in particolare, a dire il vero. Quindi decise di accontentarlo.

"Facciamo a modo tuo" concesse.

"Brava! Questo è lo spirito d'iniziativa per cui Godric ci ha scelti". Penny decise di non attendere oltre.

"Alice Paciock" sussurrò. La reazione di Al fu più che eloquente: balbettò qualcosa e il collo di solito pallido divenne paonazzo. Gli succedeva sistematicamente, quando era imbarazzato.

"Penny Shane, come diamine hai fatto?" chiese a bassa voce. "Sei davvero una Legillimens?" Penny sorrise, come pure Rose. Albus credette fosse perchè erano contente di aver soddisfatto la curiosità, ma si sbagliava. Entrambe stavano intimamente gioendo della fortunata combinazione che si era venuta a creare. Alice amava Al, lui la ricambiava: perfetto.

"Non serve esserlo per interpretare le azioni del tuo migliore amico" replicò lei. Rose si mise a inveire contro Al – sempre sottovoce – per non averlo detto prima.

"Credo di essermi innamorato" disse. "Ecco tutto". Quella era un'affermazione del tutto superflua, ormai. Penny però aveva aspettato e non aveva confidato i suoi sospetti a Rose. Aveva solo sperato di avere ragione, e quella era la prima buona notizia della sua giornata.

"Il punto è che non so come comportarmi con lei..." A quelle parole Penny incrociò lo sguardo di Rose. L'espressione sul volto di entrambe era eloquente; avevano giurato ad Alice di non rivelare nulla ad Al, quindi ora si trovavano nella circostanza di non sapere come agire: se tradire la promessa o tacere e aspettare che il destino seguisse il suo corso.



"Dovete giurare che non le direte nulla!" Perfetto, pensò Penny. Entrambe annuirono, più che altro per paura che Al desse in escandescenze in Sala Comune.

"Che diamine devo fare?" Sembrava che Al riponesse grandi speranze nel parere di Rose e Penny. Quest'ultima si stava chiedendo cosa fosse giusto fare. Forse non poteva essere felice con James, ma poteva almeno fare in modo che i suoi amici riuscissero ad esserlo. Essere una sorta di Cupido per Al e Alice, magari.

"Diglielo" disse.

Rose la guardò accigliata. "Ma che stai facendo?" bisbigliò. Non era una gran mossa, dato che erano in piedi proprio di fronte ad Al, seduto davanti alla tavola sommersa dalle pergamene di Divinazione.

"Che avete da confabulare?"

"Niente, Rose diceva di essere d'accordo con me" improvvisò Penny. L'amica non la contraddisse, limitandosi ad annuire al cugino. Albus, dal canto suo, era perplesso dall'atteggiamento di Penny, ma lei aveva deciso: non se ne sarebbe stata con le mani in mano, lasciando due amici a crogiolarsi nell'incertezza. Non avrebbe infranto alcuna promessa finché fosse stato possibile non farlo, ma nulla le avrebbe impedito di dare dei segnali, più o meno velati. Questo non le era proibito.

"Perchè dovrei fare una cosa così stupida?" Al era piuttosto infastidito.

"Fidati di me" replicò Penny.

"Non è un'argomentazione particolarmente convincente" le fece notare. Penny non poteva dargli torto; al suo posto lei gli avrebbe risposto di andarsi a fare un giro. Non sapeva cosa aggiungere per far risultare il suo consiglio un po' meno sconsiderato agli occhi di Albus. Sia lei che Rose tacevano.

"Siete cadute in una specie di stato catatonico" osservò Al. "Penny mi sta fissando e tu stai fissando lei con occhi vitrei".

"Sto solo riflettendo, Al. Credo che la proposta di Penny non sia così assurda. Dovresti seguire il suo consiglio..." Stavolta fu Penny a lanciarle un'occhiata perplessa. Non fece nemmeno in tempo ad aggiungere qualcosa, perché Al saltò in piedi. Probabilmente era convinto che lo stessero prendendo in giro.

"Sul serio?" scattò. "Vi sembra un consiglio praticabile?"

"Sì" rispose asciutta Penny.

"Quando ti ci metti sai essere davvero indisponente" ribattè lui. La scena aveva attirato gli sguardi degli astanti. La Sala Comune non era gremita, ma neppure vuota. Le persone che li stavano fissando erano un po'. Fortunatamente Alice e Trixy non erano tra queste.

"Indisponente? Merlino, per un semplice suggerimento che ti ho dato!" ribattè Penny. "Mi hai chiesto un parere e io te l'ho fornito".

"Ma ti senti bene?" fece lui senza abbassare la voce.

Sfortuna volle che tra tutte le persone che stavano osservando quella scena, in un angolo buio della Sala, ci fosse anche James Potter, intento a leggere un libro. O meglio, era quello che stava facendo fino all'ingresso di sua cugina e della sua amica Shane. Da lì in poi era rimasto sempre alla lettura della stessa riga, sulla medesima pagina. I suoi occhi non si staccavano da quei capelli bruni e lucenti. Quel giorno erano raccolti in una treccia a spina di pesce. Shane li lasciava sciolti di rado, ma quando lo faceva James restava incantato a guardarli ondeggiare per tutta la lunghezza della sua schiena.



Comunque, in quel momento il suo sguardo non era focalizzato certo sui capelli di Penny, bensì su quella discussione che stava avendo luogo. Il volto di Al era irritato, mentre lei sembrava solo dispiaciuta. Sentì un brivido scorrergli lungo la schiena. Era ottobre da un pezzo e il freddo cominciava a sentirsi, ma certo non in Sala Comune. Era più una scarica di rabbia che lo pervadeva. Vedergli insieme gli ricordava quello che aveva capito. La ragazza che amava era probabilmente innamorata di suo fratello. James non avrebbe saputo come definirla se non come sfortuna nera. Sfiga, insomma.

"Sì che mi sento bene" affermò. Stava cercando di non dire troppo, ma era difficile quando si trattava di Albus. Quasi mai riusciva a nascondergli qualcosa. Perciò manteneva un'espressione da sfinge che probabilmente – Penny se ne rendeva conto – stava facendo irritare il suo migliore amico.

Più lo fissava come se stesse svelando l'arcano e più Al si innervosiva. Le dispiaceva: Al era tutto meno che un tipo collerico, quindi quella faccenda doveva stargli davvero a cuore. Penny decise che sarebbe stato più saggio chiudere lì la storia.

"D'accordo Al, mi sono sbagliata" tagliò corto, "però parla a voce bassa: mezza sala ci sta fissando". Fortunatamente non aveva notato James nell'angolo, altrimenti si sarebbe sentita ancor più in imbarazzo.

Albus finalmente recuperò la propria lucidità e si rimise a sedere, conscio di aver dato spettacolo. Non era stata una grande mossa, quella di scattare in piedi. Penny si avvicinò alla sua poltrona e si abbassò per parlargli.

"Mi dispiace". Lui la guardò sorpreso.

"No" disse, "dispiace a me. Non avrei dovuto gridare. Non so perché, ma quella tua aria profetica mi ha fatto spazientire". Penny annuì, comprensiva. Non voleva fare l'offesa e iniziare un'altra lite.

"Lo capisco" rispose lei.

"No, davvero. Scusami" ripetè lui, mortificato. Non gli piaceva perdere la pazienza per delle sciocchezze. Non gli piaceva aver urlato in faccia alla sua più cara amica di fronte a mezza Sala Comune.

"È tutto a posto Al!" disse sorridendogli. Lui semplicemente si sporse leggermente dalla poltrona, per abbracciarla.

A James, fino a quel momento silenzioso e in disparte, quella vista non piacque per niente. Si sentì uno stupido nel farlo, ma chiuse il libro con un tonfo e si alzò di scatto. Poi si dileguò in fretta fuori dalla Sala Comune Grifondoro. Non abbastanza in fretta perché suo fratello non lo notasse con la coda dell'occhio.







Qualcosa di tremendamente fastidioso stava turbando il suo riposo, ma Penny non riusciva a capire cosa fosse. Una voce femminile a volume troppo alto per le sue orecchie; sembrava irritata.

"Per la barba di Merlino!" esclamò Rose. "Vuoi svegliarti oppure devo buttarti giù dal letto?" Le tolse letteralmente le coperte, in maniera piuttosto brutale.

Penny si lamentò, infreddolita. Si mise a sedere e si stropicciò gli occhi ancora cisposi, mettendo a fuoco i capelli rossi dell'amica. Rose aveva l'aria esasperata che sfoggiava sempre, quando doveva svegliarla.

"Penny Shane, non avevi promesso che avresti puntato la sveglia?" Al aveva ragione, c'erano dei momenti in cui l'espressione sul suo volto era identica a quella di Hermione – quando era furiosa, in genere.

"Devo essermi dimenticata..." Per Rose non esistevano giustificazioni.

"Datti una mossa, dobbiamo andare a colazione! E indovina un po' ? Siamo in ritardo!" sbraitò.

Penny si alzò dal letto e si preparò. Scesero più in fretta che poterono, per scoprire che Rose tutti erano già in Sala Grande da un pezzo. Tutti tranne loro due.

"Un giorno di questi ti lascio lì a dormire, quant'è vero che mi chiamo Weasley!" berciò Rose affrettandosi.

"Magari!" sospirò Penny alzando gli occhi al cielo.

"Ti ho sentita, Penny!"

Arrivate nella Sala Grande, presero posto alla tavolata Grifondoro e, senza troppi complimenti, iniziarono a spolverare la colazione. Penny si sentiva molto affamata, le sembrava di non mangiare da un secolo. Si versò del tè e diede un morso ad un muffin, intingendone una parte nel liquido ambrato dentro la tazza.

"Da quando ti piacciono i ribes? Credevo li odiassi" le chiese Al, seduto alla sua sinistra. Dal suo tono dolce capì che si sentiva ancora leggermente in colpa per la sfuriata del giorno prima.

"Oh, è vero. Sono muffin ai ribes" osservò. "Non me ne ero accorta, mangerei qualsiasi cosa stamattina". Quando si alzarono dalla tavolata per dirigersi all'uscita della Sala Grande, Al si affiancò a Penny.

"Mi spiace per ieri..." Si stava scusando.

"L'hai già detto".

"Ho esagerato". Di nuovo.

"Hai già detto anche questo".

"Ecco io..." Sembro pensare un momento alle parole da usare, "volevo chiederti se pensi davvero quello che hai detto".

"Mi stai chiedendo di ripetere quello che ti ha fatto dare di volta al cervello ieri sera?" domandò Penny divertita. Albus si limitò ad annuire.

"Sì" disse seria. "Confermo tutto".

"Ehm, se posso chiedere... sulla base di cosa?" Era il suo modo di farle capire che poteva parlare liberamente, senza temere un'altra sfuriata.

"Ho le mie motivazioni" rispose, rendendosi conto di quanto fiacca dovesse apparire quell'argomentazione. "Capisco che tu non intenda agire sulla base di una mia teoria" aggiunse.

"Solo... se potessi sapere da cosa ti deriva questa sensazione sarebbe grandioso!" insistè. Penny allungò il passo, ormai erano arrivati.

"Ne parliamo dopo la lezione" gli assicurò. Cosa gli avrebbe detto, ancora non lo sapeva.





Entrarono a passo svelto nell'aula di Trasfigurazione, dove trovarono la McGranitt che attendeva l'arrivo degli studenti. Si sedettero agli ultimi banchi e tirarono fuori la bacchetta e il libro di testo.

"Buongiorno a tutti" esordì la preside. "Oggi impareremo un incantesimo utile per trasfigurare i nemici in paperelle di gomma". A Penny l'aggettivo utile sembrava poco esatto e si chiese perché qualcuno si fosse preso la briga di inventare un incantesimo del genere.

"Basta puntare la bacchetta e pronunciare la formula Ducklifors" continuò la McGranitt. Penny ebbe seri problemi a trattenere le risa. Paperelle di gomma. Non sembrava essere l'unica a trovarlo divertente a giudicare dalle facce degli altri studenti, in particolar modo quella di Finnegan.

"Mi metterò a ridere anche solo pronunciandolo" disse Penny.

"Può esserti utile con Malfoy".

Penny immaginò Scorpius trasfigurato in una papera di gomma e trattenne a stento una risata. La McGranitt le avrebbe tolto dei punti se avesse riso apertamente durante la lezione.

"Vuoi che trasformi Scorpius in una papera di gomma?" sussurrò.

"Non sarebbe niente male, versione papera". Rose sembrava divertita dall'idea.

"Meglio di com'è ora, di sicuro!" Il tono di voce che le uscì era leggermente troppo alto per non essere notato. La McGranitt si girò e le fulminò entrambe con lo sguardo.

"Shane e Weasley! Avete preso questa classe per un salotto? Gradite un tè e dei pasticcini?" Non si poteva negare che quella donna avesse stile anche nel rimproverare gli alunni. Il resto della lezione lo passarono in silenzio, a provare quella ridicola formula. Il pensiero di Scorpius trasformato in una papera di gomma aiutò Penny a impararla immediatamente.

Uscirono dall'aula, consapevoli del fatto che di lì a mezz'ora li aspettava una lezione di Erbologia in compagnia delle Serpi.

Al si era fermato all'ingresso, Penny sapeva che stava aspettando lei.

"Mi tocca l'interrogatorio" sussurrò a Rose. "Tu va' pure da Lorcan". Rose le fece un sorrisetto di scuse e si dileguò in cerca del ragazzo.

Al si era nel frattempo avvicinato. Penny si mise giocosamente sull'attenti. Al si grattò la nuca: era in difficoltà.

"Tu hai un'aria stranamente enigmatica quando parli di Alice" le disse. "Vorrei solo sapere perché dovrei dirle tutto, prima di lanciarmi nel vuoto". Penny non poteva dargli torto; a dire il vero il solo fatto che lui stesse prendendo in considerazione l'ipotesi la stupiva. Lei non sarebbe stata così coraggiosa. Audacia, fegato, cavalleria.

"Al, io ti ho detto come la penso" disse. "Sei stato Obliviato nell'ultima ora oppure mi stai ignorando?"

"Nessuna delle due" rispose con calma. "Sono solo innamorato, e so che tu puoi capirmi..." disse cercando di ammorbidirla.

Ogni riferimento a fatti cose o persone è puramente casuale. Persone come James Potter.

"Questo è un colpo basso!" esclamò guardandolo in tralice.

Al non replicò, limitandosi a fissarla, in attesa di una risposta. Avrebbe dovuto dire qualcosa, o non ne sarebbe uscita. Mentre ci pensava, riprese a camminare verso l'esterno dell'edificio scolastico. Al continuava a starle alle calcagna; e Penny decise di rivelargli qualcosa, ma senza mettere in gioco quello che Alice aveva confessato di provare.

"Alice e Trixy stavano cercando di scoprire chi fosse il ragazzo che avevo in mente" iniziò a raccontare. "Per farlo hanno usato una di quelle pergamene..." Il ragazzo parve capire al volo.

"Di zio George, immagino".

"Esatto".

"Quindi?" la incalzò. Per la prima volta nella sua vita Penny era impaziente che Al Potter si levasse di torno.

"Sulla pergamena comparivano tutti gli studenti di Hogwarts, tranne te". Albus comprese, le sorrise, ma sembrò non trovarlo affatto strano.

"Be' è logico, quelle pergamene riescono a depennare automaticamente, mi pare" disse. "Nessuno potrà più mettere in dubbio che siamo come fratello e sorella" commentò poi, scompigliandole i capelli. Penny si fermò per ricomporsi e li raccolse in una coda. Non tollerava che le toccassero i capelli, e Al lo sapeva.

"Quando dici che sono come una sorella non c'è bisogno che tu mi infastidisca come farebbe un fratello, ti credo sulla parola!" sbuffò. "E comunque, il punto è che Alice mi è sembrata molto sollevata, quando ha visto che il tuo nome non era presente..." Al si illuminò, ma guardando Penny negli occhi si dovette accorgere che non era tutto, e provò a tornare alla carica con nuove domande alle quali lei non rispose.

"Penelope, non me la conti giusta" le disse. "La domanda è d'obbligo: sai qualcosa che io non so?" Lei rise di gusto al tono inquisitorio dell'amico.

"La mia risposta, Albus, è d'obbligo" ribattè prontamente. "Non dirò nient'altro se non in presenza del mio avvocato".

Accelerò il passo e lo lasciò indietro a chiedersi se Alice fosse innamorata di lui e quanto ne sapesse Penny. Forse avrebbe dovuto rubare le scorte di Veritaserum di Victoire e usarle sulla sua migliore amica. Era un'opzione da tenere a mente.



Quando Penny entrò nella Serra quasi tutti erano già al loro posto, con le palandrane da giardinaggio indosso. Ne prese una e la infilò velocemente.

"Buongiorno!" esordì Neville. "Oggi tratteremo un argomento affascinante" annunciò con entusiasmo. Era invidiabile tutta quella sua energia, pensò Penny; lei sarebbe volentieri tornata a dormire.

Si preparò ad ascoltare la lezione, evitando di guardare dal lato opposto della Serra. Se l'avesse fatto avrebbe incrociato gli occhi di Malfoy, cosa che non voleva fare. Non si trattava di vigliaccheria, ma di semplice buonsenso. Se l'avesse guardato anche solo un secondo, la rabbia le sarebbe riaffiorata alla mente e non sarebbe riuscita a controllarsi; probabilmente avrebbe estratto la bacchetta davanti a tutti.

"Si tratta" spiegava intato il Professor Paciock, "della Sempervivum Tectorum, le cui foglie possono essere utili per proteggersi dalle prime due Maledizioni Senza Perdono. Come sapete, per la terza non ci sono rimedi possibili" affermò, in tono triste. Ne sapeva qualcosa lui, pensò Penny, delle Maledizioni Senza Perdono. Tutti quelli che avevano vissuto la Seconda Guerra Magica erano consapevoli di cosa significassero e di quanto fossero potenti. Fortunatamente, la nuova generazione non aveva dovuto affrontare gli eventi terribili che invece erano capitati alle precendenti. Penny non aveva chiesto granché al nonno, perché non voleva costringerlo a rivivere gli scontri. A volte però era Arnold a raccontarle episodi risalenti alla guerra. Lei sapeva che aveva visto morire vecchi amici, che aveva combattuto in entrambe le guerre magiche e che aveva affrontato i Mangiamorte nella battaglia di Hogwarts, nella quale Voldemort era stato sconfitto definitivamente. Si chiese come sarebbe stato se anche lei avesse perso qualcuno di importante in quella guerra contro l'Oscuro Signore – se ilnonno non fosse sopravvissuto, per esempio. Non riusciva neppure a pensarci.



"Penny, sei tra noi?"

Il professor Paciock parlò con voce pacata, ma l'aveva colta in flagrante: non aveva udito una parola di qualsiasi cosa avesse detto quell'uomo. Quando non era in vena si distraeva con estrema facilità.

"Sì, professore" rispose riprendendosi da quello stato catatonico in cui era caduta. Neville sembrò accontentarsi e andò avanti nella spiegazione, ma dopo un po' fu lei ad essere chiamata per estrarre le foglie della Sempervivum. Ottimo modo di costringerla a seguire la lezione!





"Che avevi a lezione?" le chiese Rose uscendo dalla Serra.

"Ero distratta. Non so come farò a seguire Storia della Magia nel pomeriggio, con Rüf" si lamentò. "Non ho niente in contrario al fatto che un fantasma insegni ancora, ma... mi annoia da morire!".

L'unica cosa positiva era che almeno non avrebbe dovuto trascorrere altro tempo con i Serpeverde; fortunatamente i loro compagni in quel corso erano i Tassorosso. Quando giunsero all'interno del cortile si lasciò cadere pesantemente su una panchina marmorea. Si battè il palmo della mano sulla fronte.

"Stasera ho gli allenamenti di Quiddich!" esclamò Penny. La nota di disperazione pura nella voce non sfuggì a Rose.

"Non dirmi che non te lo ricordavi!" Lei scosse la testa: non se lo ricordava. Da quel pomeriggio avrebbe avuto ore ed ore da passare gomito a gomito con il suo Cercatore preferito.

"Oh" mormorò Rose, "sei agitata".

"Agitata?" Il volto di Penny mostrò uno stupore per niente autentico. "Io non sono affatto agitata".

"Oh sì, certo!" ribattè sarcastica. "Ti credo pienamente". Era ovvio che negare l'evidenza non fosse di alcuna utilità per i nervi di Penny, che si sentiva sempre peggio ogni minuto che passava, perciò si arrese all'evidenza: la sua espressione parlava per lei.

"Sì" ammise. "Sono agitata al pensiero di dovermi allenare con James; sei contenta?" Si incupì subito dopo, anche se Rose non se la prese.

"No, per niente" disse invece. "Spero che il Quiddich possa migliorare la cosa, magari avvicinandovi..." Penny la zittì subito: erano in ritardo e lei non aveva alcuna voglia di sentir parlare di James. In passato era stata contenta di quella vicinanza – l'unica possibile con il ragazzo, ottenuta attraverso il Quiddich. Ma quest'anno scolastico era iniziato con il piede sbagliato: c'era qualcosa di strano tra loro due, ed era convinta che sarebbe peggiorato. Avevano discusso più volte, ma quello dei loro battibecchi sarebbe stato un problema insignificante, rispetto all'imbarazzo che provava nel sapere che lei voleva lui e lui voleva un'altra. E il fatto che l'amore non corrisposto fosse al centro di parecchi libri, film e canzoni babbane non la consolava per niente.





La lezione di Storia della Magia nel primo pomeriggio fu tra le più noiose a cui Penny avesse mai assistito. Sbadigliò così tante volte che temette di addormentarsi da un momento all'altro. Rose, seduta al suo fianco, dovette darle parecchie scrollate per impedire che ciò accadesse. Quando giunse la fine della lezione gli studenti sembrarono uscire dal letargo, solo per fuggire dalla classe a gambe levate. "Che noia!" Fu il commento di Al, apparso accanto alla cugina.

"Credo siano le uniche lezioni che davvero non sopporto. Insomma... quel fantasma ha la voce soporifera... una ninna nanna mi terrebbe più sveglia!" disse Penny. Al si disse perfettamente in accordo: soporifero era esattamente il termine che si addiceva al tono cantilenante di Rüf".

Penny si guardò intorno e scoccò un'occhiata agli amici. Be' era inevitabile, doveva andare: essere in ritardo non l'avrebbe reso meno reale.

"Vado incontro al mio destino" borbottò superandoli.

"Dove vai?" fece Al. Evidentemente si era dimenticato anche lui degli allenamenti.

"Quiddich" gli ricordò Rose, mentre Penny già sfrecciava verso il grande portone in legno di quercia. Non voleva arrivare tardi ed essere scuoiata viva da Baston. Be', arrivare tardi ormai era inevitabile; ma sull'essere scuoiata viva aveva ancora qualche chance di convincere Sam a risparmiarla.



Una volta arrivata, si diresse in fretta verso gli spogliatoi femminili del campo.

"Trixy, sei già qui!" esclamò con ingiustificata sorpresa. La sua amica aveva partecipato alle selezioni ed era entrata a far parte della squadra, con il ruolo di cacciatrice. Era stata Penny stessa ad incoraggiarla, perché la trovava eccezionale.

"Già qui? Sono sul filo del rasoio, io" disse. "Tu, invece, sei fuori tempo massimo: quasi tutti sono già fuori radunati in campo".

Perché era sempre in ritardo? Su di lei incombeva una fattura? Baston l'avrebbe certamente scuoiata viva e la sua pelle sarebbe stata venduta come materiale per pozioni. Si figurava già la scena.

Aprì il proprio armadietto, trovandoci tutti i suoi effetti personali. Doveva vestirsi alla velocità della luce. Trixy voleva aspettarla, ma Penny non glielo permise. Non voleva che Baston rimproverasse anche l'amica per un ritardo del quale non era responsabile. L'avrebbe solo fatta sentire ancora più in colpa. Trixy uscì borbottando qualcosa che suonava come un "muoviti!" e lasciò la porta aperta. Penny provò a urlarle di chiuderla, ma lei era già troppo lontana per poterla udire. Non che facesse una gran differenza: gli altri erano tutti quanti in campo. Continuò a vestirsi frettolosamente.

"Ehi, dovresti chiudere la porta!" disse una voce maschile alle sue spalle, facendole scappare verso stridulo. Un urlo da parte sua, pensò Penny, sarebbe stato meno ridicolo di quel verso di sorpresa. Si girò e vide James sulla porta, in tenuta da Quiddich.

"Shane!" esclamò non appena si fu girata verso di lui. "Di spalle non ti avevo riconosciuta... io... scusa". disse fissandola. Cercava tracce di strafottenza sul suo viso, ma leggeva puro imbarazzo.

"Mi hai spaventato..." La risposta fu formulata con tono pacato; Penny si mostrò più calma di quanto si sentisse.

"Scusami" disse, ancora sulla porta. Sul serio voleva starsene lì a fare i convenevoli, mentre lei era vestita quanto una ragazza in spiaggia? Perché la stava fissando, ora?

"Potter! Ti dispiace uscire?" disse indicando la porta.

"Certo, scusa!" replicò. Distolse subito lo sguardo, si girò lentamente e chiuse la porta alle proprie spalle. Quella scenetta le aveva tolto due o tre preziosi minuti nei quali era rimasta ferma come uno stoccafisso, perciò mise il turbo. Finì di vestirsi e prese al volo la sua Firebolt 2020, dono di nonno Arnold per il sedicesimo compleanno di sua nipote. Scese in campo sotto lo sguardo accusatore del Capitano, nonchè portiere, della squadra: Sam Baston. Aspettò di averla di fronte per darle una strigliata.

"Complimenti per la puntualità Shane!" disse. "Sono ammirato!" E qui le fece un applauso poco convincente.

"Baston... è stato un piccolo errore di calcolo" tentò di giustificarsi. "Credevo che l'orario non ..." Ma non la lasciò neanche concludere quella patetica apologia. Trixy provò a dire qualcosa, ma Baston la zittì con un gesto. "Non mi interessa, Shane, sei sempre in ritardo!" berciò rivolto a Penny. "Ma quest'anno cambi registro, o giuro che ti sbatto fuori dalla squadra!" Era una minaccia piuttosto pesante, che tuttavia Penny sapeva non sarebbe mai stata messa in atto da Sam – che la apprezzava sia come Battitrice che come persona. "Se a voi non interessa vincere la coppa del Quiddich, a me si!"

Era ancora livido di rabbia per la sconfitta dell'anno precedente... battuti dai Serpeverde! Quella macchia sulla loro gloriosa squadra bruciava a tutti, ma Sam Baston non poteva sopportarla. Merlino! Quell'anno li avrebbe massacrati agli allenamenti.

"Sam, interessa anche a me vincere la Coppa..." Penny si difese – o tentò di farlo – come poteva.

"Allora arriva puntuale" continuò. "In tutto hai venti minuti di ritardo!"

Penny fu certa che avrebbe spolpato il suo cadavere.

"Ehi Sam, basta adesso!" intervenne James, in circolo insieme agli altri. "Stai perdendo più tempo a farle la predica di quanto ne abbia perso lei" fece notare. "Diamoci una mossa".

L'influenza del suo migliore amico ebbe un certo peso, perché Baston diede inizio all'allenamento, lasciandola in pace. Penny si mise a cavalcioni della scopa e si sollevò da terra, accorgendosi che accanto a lei c'era una massa di ricci castano scuro.

"Grazie", disse ad alta voce, per farsi sentire anche con il vento che tirava lassù. James le fece un sorriso che le mozzò letteralmente il fiato.

"Perdona Baston: è schizzato" disse ridacchiando. "Vive per il Quiddich. E poi se ti dovesse buttare fuori, non avrei più nessuno a pararmi il culo, non ti pare?" Poi le fece l'occhiolino e sfrecciò davanti a lei. Ovviamente le aveva fatto una cortesia interessata: James Sirius Potter non si smentiva mai, pensò mentre sfrecciava nell'aria col vento fra i capelli.







A conclusione dell'allenamento, Penny ebbe il piacere di sentire Baston porgerle le proprie scuse. "Ho esagerato, Shane" disse, una volta poggiati i piedi al suolo.

"Forse, ma avevi ragione. Capitan Quiddich ha sempre ragione" disse mettendosi sull'attenti. Lo faceva sempre con Baston; si divertiva a prendere in giro la sua attitudine al comando e la sua Quiddich-mania.

"Non prendermi in giro, Shane: è insubordinazione!" Lo sguardo era torvo, ma celava una risata. Baston era tendenzialmente una persona scherzosa. "Non mi cacceresti mai, lo so. Chi difenderebbe il tuo amichetto?" Il tono era sarcastico.

"Posso sempre sostituirti: attenta a come parli!" le disse, dandole una pacca sulla spalla. Penny fece per andarsene, ma Baston la trattenne. Gli bastò fare il nome di Potter per costringerla a restare. "Secondo te ha qualcosa che non va?" le chiese guardando James, ancora sul campo. Non seppe cosa rispondere.

"In che senso?" replicò. Baston sbuffò.

Mise su un'espressione pensierosa. "E' strano, sembra triste. Credo sia dovuto al fatto che è innamorato", disse con noncuranza.

"Davvero?" rispose lei. Il tono era piatto, come se la cosa non la toccasse. "Già" fece Sam, "non te l'aspetti da uno così. Non ne parla molto con me". Penny potè indovinare il motivo di quella riservatezza: Baston era famoso per non essere esattamente una tomba. Confidargli un segreto equivaleva dirlo a tutta Grifondoro – forse addirittura alle quattro Case di Hogwarts. Non che lo facesse di proposito, era solo molto sbadato nel parlare; e i segreti gli uscivano spontaneamente di bocca, senza che se ne rendesse conto. Perciò era logico che, pur essendo il suo migliore amico, James non se la sentisse di confessare a lui il nome della fortunata.

Penny stava cercando qualcosa da dire, ma vide James in avvicinamento e decise di battere in ritirata. "Capitano Quiddich, vado a cambiarmi; ci vediamo in Sala Comune". Scomparve poi negli spogliatoi a cambiarsi il più velocemente possibile. Voleva tornare indietro prima che James la raggiungesse.

Nel frattempo Sam si ritrovò un Potter dalla faccia sospettosa di fronte a se.

"Che stavate dicendo?" Baston rispose che non stavano parlando di nulla in particolare, evasivo. James fissò il punto dove James era scomparsa.

"Sembrava che volesse evitarmi... mi ha visto ed è scappata..."

"Sei paranoico Jamie" rispose l'altro, sincero. "Doveva andare a cambiarsi, e dovremmo farlo anche noi se non vogliamo trovare la cena fredda in Sala Grande!" James lo seguì, ma il suo cervello rimase fermo a quel pensiero. Sempre lo stesso: le stranezze di Penny Shane. Ripensò a quando l'aveva vista nello spogliatoio: era così bella. Ma ripensò anche a quando l'aveva vista con Al, e all'effetto strano che gli aveva fatto. In quel momento, riponendo la scopa e gli abiti da Quiddich, decise cosa avrebbe fatto. Doveva parlare con suo fratello, cercare una conferma ai propri sospetti, o sarebbe impazzito in pochi giorni. L'avrebbero portato al San Mungo e non ne sarebbe uscito più.





Penny arrivò trafelata al tavolo e si sedette tra Al e Rose, soddisfatta sebbene sfinita. Aveva svolto un ottimo allenamento, pur essendo arrugginita da un'estate di inattività. Viveva in un quartiere babbano in città, anche piuttosto affollato: non poteva mettersi a svolazzare per le vie di Londra in sella ad una Firebolt. Nonostante la chiara tendenza dei Babbani a ignorare le magie che vengono compiute sotto il loro naso, ogni giorno, era certa che le persone l'avrebbero trovato bizzarro. Anne e Jack poi, l'avevano proibito. Per permetterle di godersi l'anno scolastico appieno e rifarsi del tempo perduto, il nonno le aveva regalato una Firebolt 2020 nuova fiammante, per il suo compleanno. Per i suoi genitori Babbani una scopa valeva l'altra, perciò faticarono a comprendere perché Penny stesse abbarbicata ad Arnold, ripetendo "grazie nonno" in continuazione.

"Allora, com'è andato il grande rientro?", chiese Al canzonandola.

"Vediamo... sono stata strigliata da Baston, che ha minacciato di cacciarmi dalla squadra, e difesa da Potter senior, perché altrimenti non avrebbe nessuno a difenderlo dai bolidi. Nonostante ciò il mio allenamento è stato impeccabile"disse, visibilmente soddisfatta. "Tranne per un episodio" disse, e raccontò la scena di James che entrava nello spogliatoio. I suoi migliori amici mettevano in azione le antenne quando si trattava di aneddoti imbarazzanti, avrebbe dovuto saperlo.

"Specifico che non ero nuda" disse a bassa voce, seccata. Al iniziò a ridere e a scusarsi al tempo stesso.

"Scusa... è che mi sto immaginando la faccia di mio fratello... e la tua, soprattutto". Penny si sporse e gli diede un pizzico sul braccio, che era tutto quello che poteba fare al momento. Un bell'incantesimo Languelingua sarebbe stato una scelta migliore: sarebbe stato zitto.

"Per voi è esilarante" esordì. "Per me è patetico. Io sono patetica". Ne era consapevole e non poteva farci niente. Quando James era uscito si era vista riflessa nello specchio, rossa in viso come un pomodoro. E poi James... aveva acuto un atteggiamento strano. Stava lì a fissarla come se non avesse mai visto un regiseno in vita sua! "E non consolatemi in proposito, non parlatemi. Non finché non avrò finito tutto il budino al cioccolato" rispose decisa, brandendo il cucchiaino come fosse un'arma.





La Sala Grande si svuotò lentamente, e tra gli ultimi uscirono Penny a braccetto con Rose, seguiti da Al che chiacchierava con Alice Paciock, tentando di ignorare sua sorella Lily Luna che proprio in quel momento aveva deciso di parlargli di una Strilettera ricevuta da Ginny, togliendogli il privilegio di parlare a quattr'occhi con Alice.

Ma qualcosa era in agguato per Albus Severus Potter: James lo stava aspettando nella Sala d'Ingresso e lo fermò non appena l'ebbe visto.

"Al, dovrei parlarti" gli disse in tono serio. Il fratello lo squadrò perplesso; se James era serio c'era qualcosa per cui allarmarsi.

Lily Luna e Alice non sembravano volersene andare e restavano accanto a lui.

"Da soli, credo" si sentì in dovere di specificare. Le due capirono l'antifona e si allontanarono, l'una pronta a raccontare i propri dilemmi alla cugina, l'altra a riferire l'accaduto alle amiche. Il volto di James le era parso strano. Lo sembrò anche ad Al.

"Qualcosa non va?" chiese. Iniziava a preoccuparsi sul serio, dato che il fratello non accennava a mettere giù quella maschera da duro.

"Devo chiederti una cosa". La faccenda si faceva sempre più strana. Al attese in silenzio che il maggiore riprendesse a parlare, ma non lo fece. Si limitava invece a fissarlo. Sembrava un ebete.

"Hai perso l'uso della parola?" Gli sventolò una mano davanti agli occhi.

James lo guardò e pronuncio intensamente poche semplici, stupide parole.

"Cosa c'è fra te e Shane?" Era serio come non l'aveva mai visto prima. Al non sapeva se ridere o piangere, in quel frangente.

"Cosa?" ribattè incredulo. Potter senior non sembrò smosso da quella reazione, benchè fosse piuttosto chiaro il punto di vista di Al.

"Rispondi" continuò imperterrito. "E sinceramente. Senza parlare a nessuno di questa conversazione" aggiunse. "Giura".

Albus decise di mettere fine una volta per tutte a quelle domande senza senso. Chiunque li conoscesse da vicino sapeva che non c'era niente più che sincera amicizia tra loro. Che le voci girassero nei corridoi non importava nè a lui nè a Penny, ma che il fratello vi prestasse fede era inaccettabile. Quello sì che li interessava entrambi, lui e Penny, anche se per motivazioni diverse.

"Voglio bene a Penny, sul serio; ma è il tipo di affetto che si prova per una sorella. Il tuo cervello bacato riesce a comprenderlo?" gli disse.

"E lei?" Albus non cominciava a non capire. Credeva volesse sapere se a lui piaceva Penny, non anche il contrario.

"Ma lei cosa?" sbottò Al spazientito. "Lei mi ama come si ama un fratello! Il mio nome non era nemmeno su quella dannata pergamena: pensa!" Il tono palesemente accusatorio e infastidito di Al non scalfì i propositi di James.

"Quale pergamena?" chiese, confuso.

"Non sono cose che ti riguardano".

"Quale pergamena?" chiese di nuovo, l'aria strafottente. Al fece finta di non udire e tornò a parlare, sempre più irritato.

"Senti: è vero che ama qualcuno, ma quel qualcuno non sono io!" berciò vedendo che l'espressione di arrogante strafottenza non svaniva dal volto di suo fratello. "Siamo entrambi innamorati James, ma non l'uno dell'altra. Io sono completamente cotto di Alice Paciock" disse abbassando la voce. "Ficcatelo in testa, tu e chiunque si diverta a mettere in giro queste voci..."

"Quindi era lei, non Penny?" chiese conferma.

"Certo che no!" rispose esasperato. James sembrò azzittirsi e Al ne approfittò per tentare la fuga. Girò i tacchi cercando di raggiungere le scale il più in fretta possibile, ma James era più alto e aveva le gambe più lunghe delle sue. Non lo mollava un attimo, tallonandolo e continuando a fargli strane domande.

Al riflettè e notò qualcosa di molto insolito. Tutte quelle questioni su una faccenda che per James non poteva essere di nessun interesse.

"La pergamena. Di chi sei innamorato. E soprattutto, di chi è innamorata Shane" Tirare le somme non poteva che portarlo ad una conclusione.

"James..." Si girò di scatto versò il fratello. "Perchè tanto interesse per la vita sentimentale di quella che, fino a prova contraria, è la mia migliore amica e non la tua?" L'altro provò a replicare, ma Al non gliene lasciò il tempo. Qualsiasi cosa volesse dire, non era il momento. Tanto, se l'intuizione che aveva appena avuto fosse stata quella sbagliata, avrebbe negato. Se fosse stata quella giusta, avrebbe comunque negato.

"Le opzioni sono due" riprese. "Ti preoccupi della mia vita sentimentale oppure ti preoccupi della sua. Non sei mai stato pettegolo, dunque un solo motivo può averti spinto a indagare su questa faccenda. Mi spiego o devo essere più esplicito? Vuoi un disegnino – un grafico, magari?" James sbuffò, comprendendo di aver fatto un errore. Doveva tenersi sul vago, cercare di capire... invece per la brama di carpire informazioni

"Al, sei giunto alla conclusione sbagliata.."

"Piantala, non voglio ascoltarti dopo la scena pietosa che hai appena fatto. Ringrazia il cielo se non le vado a riferire quello che hai insinuato un minuto fa..." Riprese a camminare fino alla Sala Comune, lasciandolo lì in mezzo alle scale, come un vero idiota.










NOTE AL CAPITOLO

A dispetto di quello che nel film si fa vedere – lo dico per chi non abbia letto i libri – nella battaglia di Hogwarts non combattono solo studenti e qualche genitore. Ci sono maghi e streghe adulti e Elfi Domestici (guidati da Kreacher mi pare) e un sacco di altre creature che nella scena del film non vengono mostrate. Per questo è possibile e plausibile che Arnold, il nonno di Penny, abbia combattuto in quella battaglia.

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Capitolo 9
*** 8. Muffin ai ribes ***


Capitolo otto



Muffin ai ribes



Idiota, idiota, idiota. Un idiota patentato, ecco cos'era! La gelosia gli faceva gli stessi effetti di un funghetto allucinogeno: vedeva cose che non c'erano.

Come se non bastasse, aveva anche avuto la splendida idea di parlarne a suo fratello che, ovviamente, aveva mangiato la foglia. Era piuttosto facile fare due più due, in un caso del genere. Perché James, che non si era mai interessato della vita sentimentale di qualcuno che non fosse lui stesso, avrebbe dovuto ricercare con tanta insistenza informazioni su quella del fratello? Non aveva alcun senso, e naturalmente Al aveva capito.

Sarebbe andato a riferire i propri sospetti alla sua migliore amica? James sperava fortemente di no. Al sapeva che lei amava un altro, quindi sarebbe stato inutile – e James sperava che suo fratello gli risparmiasse una figuraccia del genere.

Nei giorni successivi non fece altro che cercare una risposta a quell'interrogativo, senza trovare il coraggio di chiederlo ad Albus. Sentiva il lavorio del proprio cervello, che girava a vuoto senza trovarla. Una mattina, mentre lui e Baston si stavano vestendo per scendere a colazione, arrivò a prendere in considerazione l'ipotesi di chiedere consiglio a Sam. Gli stava scoppiando la testa a forza di pensare, senza parlarne con nessuno. Doveva cercare una soluzione.

Scese a colazione con Baston; e in Sala Grande gli giunse l'illuminazione. Guardò il tavolo di Corvonero: i gemelli Scamander erano lì entrambi. Doveva solo intercettare Lorcan in un momento di solitudine e chiedergli cinque minuti del suo tempo. Be', forse un po' più di cinque minuti.

Baston purtroppo era un chiacchierone; non era mai stato in grado di mantenere un po' di riserbo. Sarebbe stato come andare da Penny a raccontarle tutto.

Prima di sedersi si guardò intorno, notando l'assenza di Penny, ma in quel momento una folta e lucente chioma bruna gli passò accanto. Quella mattina portava i capelli sciolti. Vedendoli ondeggiare a ritmo con il passo di lei avrebbe voluto seguirla, mettersi accanto a lei e fare colazione insieme.

Purtroppo, Al e Rose erano seduti dall'altra parte della tavolata rispetto a James, ed era da loro che Penny era diretta. Prima di sedersi si girò a guardare la tavolata. Nella traiettoria del suo sguardo c'era James, ancora in piedi, con gli occhi su di lei. Sembrò sorpresa quando i loro sguardi si intrecciarono.

James avrebbe tanto voluto saper leggere l'espressione negli occhi di Shane, che lo lasciavano inebetito ogni volta. Avrebbe voluto leggere un sentimento. Verso di lui, possibilmente.

Fu lei ad interrompere il contatto visivo. Anche James allora distolse lo sguardo: doveva smettere di pensare a lei.

"Jamie, ti siedi o mangi in piedi come i cavalli?" chiese Baston, con la bocca già piena. James si sedette e si versò del succo di zucca. Non aveva fame.

Penny Shane l'avrebbe ucciso, prima o poi.







"Wow" esclamò Alice rivolta ad Al. "Oggi nevica, me lo sento!"

"Perchè?", chiese Penny sedendosi accanto a Rose, proprio di fronte ai piccioncini.

"Sei puntuale" le spiegò Al, in tono ovvio. "Devi avere molto sonno per non averla capita" commentò. Era una battuta piuttosto banale, e sapeva benissimo cosa le aveva impedito di arrivarci nel tempo ragionevole di mezzo secondo.

Prima di sedersi al tavolo aveva incrociato lo sguardo di James. In realtà non era stato propriamente un caso: sapeva di essergli appena passata accanto e non aveva resistito alla tentazione di voltarsi a guardarlo. Come poteva trovarlo così irresistibile, perfino di prima mattina?

"Penny, stai bene?" le chiese Rose. Era imbambolata a fissare la tazza di tè che le stava di fronte, senza toccare cibo. Fortunatamente Alice e Al, benchè davanti a lei, non avevano notato quell'atteggiamento, perché troppo occupati a parlare per conto loro.

"Cosa?" Sembrò cadere dalle nuvole alla domanda dell'amica.

"Stai bene?" ripetè quella.

"Si, certo" le assicurò. Rose la studiò con sguardo leggermente perplesso, ma la ignorò. Non poteva rendersi ulteriormente ridicola spiegando il perché della sua espressione fissa. Cosa avrebbe dovuto dire? "Oh, per Merlino e Morgana, James mi ha guardata!" Penny riteneva che sarebbe stata una frase piuttosto ridicola per chiunque avesse più di dieci anni.

Decise di concentrarsi su qualcosa di più concreto, iniziando a sbocconcellare dal proprio muffin, per poi inzupparlo nella tazza di tè.

"Sai che adesso troverai molliche di muffin quando andrai a berlo, vero?" le fece notare Rose, schifata. La sua filosofia di vita era del tutto contraria ad intingere qualsivoglia corpo estraneo in una tazza di tè. Penny rise dell'espressione di raccapriccio dipinta sul volto dell'amica.

"Me ne farò una ragione, Rosie" rispose divertita.

"Come vuoi, quella brodaglia è tua!" mugugnò. Penny continuò indisturbata ad intingere muffin nella propria tazza, sempre pensando a James Potter. Non poteva farne a meno, maledizione! Era ossessionata da lui. Forse doveva farsi vedere da Madama Chips, o farsi Obliviare – erano tutte ipotesi validissime.

"Per la barba di Merlino!" esclamò mentre masticava. "Ancora ribes! Ma possibile che io becchi solo ribes?"

"Per forza li becchi, se continui a non guardare quello che mangi!" le fece presente Al, riemerso dalla conversazione con Alice giusto in tempo per criticarla.

"Non sono io ad essere disattenta, sono i ribes ad infilarsi dappertutto" replicò. Tornò a mangiare, riprendendo il filo dei propri pensieri. Non che ci fosse un filo da riprendere, ad essere onesti. Non sarebbe mai riuscita a riprenderlo, dal momento che erano una matassa ingarbugliata, un groviglio di idee, emozioni, sentimenti. Tutti riconducibili a un unico punto fisso, sempre lo stesso. Un caso senza speranza: ecco cos'era. Ne era consapevole, ma per quanto ci provasse non poteva farci nulla: James Sirius Potter non usciva dalla sua testa.







Alzandosi da tavola Penny si accorse che il soffitto incantato era di un azzurro brillante, che contrastava con il reale colore del cielo in quella giornata. Aveva messo a freddo e quella mattina, guardando fuori dalla finestra, aveva visto nuvole di un grigio scuro che incombevano su Hogwarts, minacciando pioggia. Era molto più adatto a descrivere il suo umore di quanto non lo fosse quello Incantato della Sala Grande, decisamente troppo allegro.

Seguì il flusso di coloro che uscivano dalla Sala Grande, senza curarsi delle parole di Rose; qualsiasi cosa le stesse dicendo non era importante come la nuca di James, qualche passo avanti a loro. Era intento a conversare con Angie, una Grifondoro del settimo anno, come lui. Probabilmente stavano parlando delle lezioni o di qualche maledetto incantesimo, ma Penny vedeva solo una potenziale rivale.

Ad essere onesta con se stessa, non c'era nessuna rivale, potenziale o meno. Si può avere un rivale se si partecipa a un gioco, ma lei era completamente fuori dalla competizione. questo non era il caso.

"Penny, mi stai ascoltando?" Rose era giustamente seccata. Penny scelse di essere sincera. Tanto le si leggeva in faccia che non aveva udito nulla.

"No" disse. "Scusa".

"Era importante?" chiese per rimediare. Rose non sapeva ancora se sentirsi irritata o provare compassione per l'amica. Prevalse il secondo sentimento.

"Ti stavo parlando di Lorcan" disse. "Ripensandoci è meglio cambiare argomento". Si rese conto che sentirla blaterare della sua fantastica storia d'amore avrebbe potuto ferire la sua migliore amica. "Sei pronta per Cura delle Creature Magiche?"

"Cura delle Creature Magiche?" Non aveva idea che fosse quella la lezione a cui erano dirette. Rose sbuffò, sempre più preoccupata dall'aria assente della sua amica.

"Si, hai presente il parco, il caro Hagrid, i Serpeverde che seguono il corso insieme a noi?" Penny annuì: doveva assolutamente attivare il cervello.

Si fermarono nella Sala d'Ingresso e Rose si accorse che lo sguardo di Penny era fisso su un punto. Lo seguì e scoprì che il punto era suo cugino: stava chiacchierando con Angie.

"Posso sapere perché non mi parli?" le chiese. "Non serve essere un asso in Divinazione per vedere che stai guardando James".

"Dov'è Al?" chiese Penny, come se Rose non avesse parlato.

"Ci rinuncio!" rispose quest'ultima, rassegnata. "Per la cronaca" aggiunse, "Al è più avanti insieme ad Alice; credo stia cercando di sondare il terreno". Penny sorrise, continuando a cercare James e Angie con la coda dell'occhio. "Sarei quasi tentata di dirglielo, ma non voglio intromettermi..." Penny e Rose si erano consultate e avevano deciso che gli eventi avrebbero fatto il loro corso. C'erano buone possibilità che Al e Alice risolvessero la questione in poco tempo. Altrimenti, se li avessero visti infelici, sarebbero intervenute. Fino a quel momento, li avrebbero lasciati a sbrigarsela da soli. Penny annuì, per l'ennesima volta, ma non disse niente.

"Penny Shane, cosa c'era in quel muffin?" La sua amica sembrava sotto effetto di un potente calmante.

"Ribes" rispose.

"Be' almeno hai ancora l'uso della voce" osservò Rose. Penny la guardò e finalmente sembrò vederla davvero.

"Che c'è Rose?" chiese semplicemente. Non le andava di fare giri di parole. Non era dell'umore giusto quel giorno.

"Vorrei solo che tu parlassi con me".

"Credi che sia lei?" chiese Penny per tutta risposta. L'ira di Rose si placò improvvisamente.

"Non ne ho idea Penny. Potrebbe esserlo, come no. Se può farti stare meglio indagherò con James..." Era ovvio che l'avrebbe fatto. "Solo che credevo non fossi interessata a conoscere l'identità della ragazza in questione".

Penny sembrò ritrovare un briciolo di lucidità.

"Giusto, non mi interessa" confermò. "Comincerei a fare confronti, a elaborare teorie e quant'altro. Meglio lasciare le cose come stanno". Non voleva ridursi tanto in basso da trovarsi a fare confronti con un'altra ragazza, ma non poteva neanche crogiolarsi nell'apatia.

"Non puoi continuare a fissare mio cugino tutto il tempo, però" disse Rose. "Da quando l'hai visto sei in un totale stato di torpore". Non voleva stare in un mondo di sogno. Doveva solo reagire, provare a scacciare quel sentimento o rinchiuderlo fino alla fine dell'anno scolastico. James si sarebbe diplomato e non avrebbe più dovuto vederlo tutti i giorni. Avrebbe avuto l'intero settimo anno per dimenticarsi di lui.

"Devo solo resistere fino a fine anno" mormorò, più a se stessa che a Rose. "Lontano dagli occhi, lontano dal cuore".

"È sicuramente uno spirito migliore con il quale affrontare la faccenda" la incoraggiò Rose. Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio che vedere Penny fissare James come un bambino con un dente cariato fisserebbe un sacchetto di caramelle.



Nel frattempo, Penny era infuriata con se stessa. Se ne stava lì a struggersi per James mentre lui pensava a tutt'altro. Miseriaccia! Era ridicolo, era sbagliato. C'erano tante studentesse che avrebbero potuto essere La Ragazza. Non poteva certo passare il tempo a spiare le conversazioni di James con ogni ragazza.

"È perfettamente inutile che tu stia qui a lambiccarti il cervello su di lui" disse Rose, dando voce ai suoi pensieri. "E comunque, forse sono di parte, ma tu sei la migliore – non sa cosa si perde".

"Ottimo tentativo di risollevare la mia autostima" disse Penny, grata. "Ciò non toglie che ama un'altra e ne ha tutto il diritto" aggiunse. "La persona di troppo, in questo caso, sono io. L'unica cosa che devo fare è buttarmi tutto alle spalle" concluse.

"Vorrei poterti dire che c'è un'altra soluzione" rispose Rose, "ma la verità è che sono d'accordo". Le dispiaceva dirlo, ma non aveva scelta. Rose non era il tipo di amica che pur di consolarti era disposta a mentire o ingannare, e Penny apprezzava questo tratto del suo carattere. "Insomma, Jamie non è mai stato innamorato. Se l'ha detto significa che fa sul serio".

Per formare una coppia bisogna amare in due. Un'altra amica le avrebbe detto: fatti valere, prova a conquistarlo. Ma che senso avrebbe avuto tentare di conquistarlo, dal momento che amava un'altra donna?

"Non ha senso" disse ad alta voce, seguendo il filo dei propri pensieri.

"Cosa non ha senso?" Albus si era ricongiunto a loro per uscire nel parco di Hogwarts e andare a lezione. Lei si limitò ad un'alzata di spalle. Al rimase perplesso, ma preferì lasciarla in pace e si rivolse a Rose. Penny sentì i loro bisbigli: sapeva di essere l'argomento. Non le andava di starli a sentire, così se li lasciò indietro, uscendo dal portone di quercia a passo sostenuto.

Il vento le scompigliò i capelli, che quel giorno non aveva raccolto. Chiuse gli occhi e avanzò di qualche passo, finendo dritta dritta addosso a qualcuno. I libri le caddero dalle mani e si piegò raccoglierli. Una mano gentile si chinò ad aiutarla. Quando si fu sollevata vide una folta chioma di capelli rossi e un bel sorriso.

"Fred!" esclamò. Era il figlio di George Weasley, ovvero uno dei milioni di cugini di Rose e Al. "Grazie per i libri" si affrettò a dire.

"Figurati! Scusami se ti sono venuto addosso" disse gentilmente.

"Fred, ero ad occhi chiusi in mezzo all'entrata principale della scuola!" gli fece notare. "Direi che la colpa è mia".

"Sì, direi che te la sei cercata" disse divertito. Penny rise e buttò un'occhiata all'orologio. "Devo andare, mi spiace" annunciò.

"Vai verso casa di Hagrid?" le chiese. Lei annuì. "Allora sarò lieto di scortarla, Miss Shane" dichiarò solennemente, porgendole il braccio. "Sempre che lei me lo permetta". Quella scena la fece ridere.

"Certo che te lo permetto! Ma cosa vai a fare laggiù?" Fred era al settimo anno, mentre lei, Rose e Al erano al sesto.

"Non lo sai?" Sembrava stupito. "Oggi accorpano la mia classe alla tua. Sesto e settimo anno faranno lezione insieme" la informò, facendole venire un groppo in gola. "Ho detto qualcosa che non va?" Persino Fred l'aveva vista rabbuiarsi. Doveva decisamente fare pratica: voleva diventare un asso in Occlumanzia. Oppure, più banalmente, imparare a non essere un libro aperto.

"No" mentì. Non le dispiaceva che Fred prendesse parte alla lezione, lo trovava simpatico e alla mano. Però se c'era Fred, ci sarebbe stato anche James. Non bastavano gli allenamenti quotidiani di Quiddich: ora anche a lezione se lo ritrovava!

"Sostanzialmente abbiamo una lezione in comune" continuò lui. "Per noi è ripasso completo di un argomento. Sai, in vista dei M.A.G.O. dobbiamo ripassare parecchi argomenti oltre a studiarne di nuovi" aggiunse.

"Di cosa si parla?" chiese Penny.

"Unicorni" rispose, ovvio. Improvvisamente le spuntò un sorriso sulle labbra: finalmente una buona notizia. Non ne aveva mai visto uno dal vivo, ma erano le creature che la affascinavano.

"Hagrid ce ne ha parlato poco" disse. "Siamo stati troppo impegnati a far incrociare strane bestie dall'aspetto discutibile, per produrne altre dal corredo genetico altrettanto discutibile!" raccontò, facendolo ridere di gusto. "L'unico argomento che mi sia veramente piaciuto sono stati gli Ippogrifi".

"Scommetto che andrai in estasi nel vedere un unicorno" affermò sicuro. "Cucciolo o adulto che sia".

"Non vedo l'ora che inizi la lezione" disse Penny, ansiosa.

Quando giunsero davanti alla capanna di Hagrid erano in orario, ma c'era già un bel po' di gente accalcata lì davanti. Si accorse che a forza di parlare con Fred aveva lasciato parecchio indietro Al e Rose. Poi vide James che... si dirigeva verso di loro con sguardo torvo. Si fermò proprio davanti a Fred. Probabilmente dovevano aver avuto qualche screzio, pensò Penny.

"Ciao cugino!" lo salutò Fred, del tutto tranquillo. Sembrava all'oscuro di qualsiasi sentimento negativo James stesse covando.

"Ciao Fred" mugugnò l'altro, spostando poi lo sguardo su di lei e salutandola con quello che poteva al massimo sembrare un grugnito. La guardava in un modo tale da farla sentire colpevole di qualche crimine che non aveva commesso. Non poteva andarsene in giro a fissare la gente con aria truce, Merlino!

"Dicevo a Miss Shane" disse Fred senza immaginare i pensieri dei suoi interlocutori, "che oggi avremo il piacere di fare lezione tutti insieme".

"Non sto più nella pelle" ribattè James con tono impertinente.

I suoi cambiamenti di umore erano alquanto sospetti. Forse aveva ricevuto un due di picche da Angie. Dovette confessare a se stessa che la cosa non l'avrebbe resa scontenta. "Dove hai lasciato il codazzo?" chiese rivolto a Penny.

"Stanno arrivando", rispose laconica, ignorando il tono insolente.

"Fred!" Uno studente del settimo anno lo chiamò. "Vieni un momento".

Fred si staccò da Penny, della quale ancora teneva il braccio.

"Pardon, Miss Shane", disse divertito, facendole il baciamano. Le venne da sorridere istintivamente: che idiota! Degno del nome che portava, a quanto le avevano raccontato Rose e Al. James sembrò irrigidirsi, per poi rilassarsi quando Fred si fu allontanato.

"Come mai questa passeggiatina a tu per tu?" chiese.

"Non era niente del genere" precisò Penny, cogliendo l'insinuazione. "Mi sono caduti i libri e Fred me li ha raccolti, poi abbiamo iniziato a parlare e lui era di strada e..." Si bloccò. Non doveva alcun tipo di giustificazione a James – era l'ultima persona con cui avrebbe dovuto giustificarsi, anzi.

"Sì?" disse lui come se fosse interessato all'argomento.

"Non devo darti alcuna spiegazione, Potter" Sputò fra i denti il suo cognome. Un cognome che amava e odiava allo stesso tempo. Il cognome del Salvatore del mondo magico, il cognome del suo migliore amico e il cognome del ragazzo che amava, ma che la faceva soffrire e non se ne rendeva nemmeno conto.

"Certo che non devi! Solo che se mio cugino vuole sedurti vorrei saperlo, non ti sembra giusto?" L'intento era chiaramente provocatorio. Penny stava valutando la possibilità di estrarre la bacchetta e lanciargli una Fattura Orcovolante.

"Sedurmi?" Le uscì fuori una vocina strozzata. Avrebbe voluto gridare, ma non era davvero il caso. "Per una passeggiata sottobraccio? Complimenti per la mentalità evoluta! Pensi che basti così poco per sedurmi". Lui avebbe voluto ribattere, ma non ne ebbe il tempo. Era evidentemente scontento della piega che la conversazione aveva preso. "E comunque, ti ringrazio per la stima che mi dimostri ogni volta che hai occasione di parlarmi Potter" disse poi. "Sappi che la cosa è reciproca".

"Sta' calma Shane: ti ho solo chiesto di tenermi informato" disse, come se lei non avesse parlato. "Non ne ho il diritto in fondo? È mio cugino... è una cosa seria?" continuò.

"No!" rispose lei. Ovviamente intendeva dire che no, non aveva il diritto, ma James colse la palla al balzo. Mise sù un ghigno arrogante, dicendo: "Capisco, una scappatella. Una scappatella per Penny Shane: un buon titolo per un romanzo rosa, non trovi?" Penny non si fermò granché a riflettere, semplicemente, la sua mano partì in automatico.

Il palmo destro di Penny andò a colpire perfettamente la guancia di James, il cui volto al momento era il ritratto dello stupore. In quel frangente Al e Rose avevano girato l'angolo, giusto in tempo per assistere alla scena.

"Sta' alla larga da me, Potter!" gli intimò, stupita dal suo stesso gesto. Fatto ciò, alzò i tacchi e se ne andò, tra lo stupore degli amici e di Fred che aveva assistito a sua volta. James sembrava aver preso coscienza del tono irritante che aveva usato con Penny.

"Che diavolo è successo?" chiese Al al fratello. James lo guardò, colpevole.

"Mi sa che ho esagerato stavolta: non credo mi parlerà ancora". Perché non era capace di parlarle senza farla arrabbiare? Quella gelosia lo stava rendendo antipatico e scostante, oltre a fargli avere dei paurosi sbalzi d'umore. Aveva detto delle cose senza senso.

Era libera di fare quello che voleva, non aveva certo bisogno del suo permesso. "Jamie, così non va" gli fece notare Al. "Questa non è una buona strada da percorrere. Conosco Penny come le mie tasche; non farai altro che allontanarla da te se fai così".

"Non voglio essere sulla buona strada, ok? Non mi interessa quello che pensa Shane di me!" mentì.

"D'accordo, ci vediamo dopo" disse Al, con l'evidente intenzione di trovare l'amica e placare la sua ira. Poi cambiò idea. "Anzi no, posso anche restare. Volevo andare a cercarla, ma credo ci abbia già pensato qualcun altro".

James si voltò, scoprendo che suo cugino Fred non aveva perso tempo: era subito andato ad offrirle conforto. Non gli piaceva per niente il modo in cui le gironzolava intorno.

"E' lui?" chiese ad Al, senza curarsi del fatto che la domanda avrebbe reso più acuti i sospetti del fratello.

"Lui chi?" domandò Al, nel tentativo di farlo uscire ancora più allo scoperto. Be', tanto non aveva importanza. Suo fratello aveva promesso che non gliel'avrebbe detto, e James aveva fiducia in questo.

"Sai cosa voglio dire" disse. "Fred è il ragazzo di Penny?" Al decise di rimanere sul vago.

"Penny non è fidanzata" replicò. "Per ora!" aggiunse. Suo fratello doveva svegliarsi, maledizione. Se non voleva farlo spontaneamente, ci avrebbe pensato lui.

"Che significa?" chiese James, ma Al ritenne più saggio lasciarlo sulle spine e decise di andare avanti a cercare Alice. Stava perdendo il rispetto del fratello minore, un sottoposto, e non andava per niente bene. L'aveva lasciato lì come un idiota, per l'ennesima volta.

Rose gli si avvicinò, prima di seguire gli altri.

"Che diamine hai combinato?" sussurrò. Non lo lasciò neppure parlare. Evidentemente nessuno era interessato alla sua versione dei fatti. Lo superò velocemente, unendosi agli amici. Baston si avvicinò a James e gli diede di gomito, facendogli capire che era il caso di seguire la lezione. Così si addentrarono nella boscaglia poco lontana da casa di Hagrid, dove nel frattempo si erano recati tutti gli studenti del sesto e settimo anno, pronti a sciogliersi di fronte alla dolcezza degli unicorni.









NOTE AL CAPITOLO

- Rose sa cosa sia una carie ai denti ed è in grado di fare un paragone perché, benché cresciuta nel Mondo Magico, i suoi nonni da parte di madre, ovvero i genitori di Hermione, sono dentisti Babbani.

- Ho pensato di rendere Penny brava nelle Fatture Orcovolanti, proprio come lo è Ginny Weasley in Harry Potter.



ANGOLO AUTRICE

Ho aggiornato prima del previsto, perché il capitolo mi è venuto di getto. Il personaggio di Fred Jr. è stato inserito per una ispirazione improvvisa, ma devo dire che mi piace. Ho pensato che James si meritasse di stare un po' sulle spine dopo la scenata che ha fatto al povero Al. Ancora non so bene che direzione far prendere al personaggio di Fred, attendiamo e vedremo. Nel prossimo capitolo assisteremo alla lezione di Hagrid sugli unicorni e probabilmente James tornerà dal povero Lorcan. Ringrazio chi ha inserito la storia nelle seguite/preferite/ricordate e chi ha recensito.



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Capitolo 10
*** 9. L'importanza dell'Unicorno ***


Capitolo nove



L'importanza dell'Unicorno



"Buongiorno ragazzi!" tuonò Hagrid con il suo vocione. "Alla mia destra c'è un esemplare maschile di unicorno adulto" annunciò, indicando l'animale. "Forse in un'altra lezione vi mostrerò anche un cucciolo, per ora ci limitiamo a Pegaso". Sembrava si stesse rivolgendo più all'unicorno che agli studenti, ma i ragazzi non ci badarono. La passione di Hagrid per gli animali del Mondo Magico di solito era orientata verso creature di dubbio gusto, spesso mostruose; però bisognava riconoscere che gli unicorni non erano tra questi. Il crine bianco, gli zoccoli d'argento, il manto candido come neve. Penny sospirò, in estasi. Aveva appena scordato ogni problema. Sentiva una sorta di affinità che la legava a quell'unicorno, mai visto prima.

Fred, ancora accanto a lei, le disse qualcosa che Penny non udì, sempre più rapita da quel soffice crine bianco; e prima di accorgersene si era avvicinata al recinto dove si tovava l'unicorno, prendendo quasi a spallate i propri compagni.

"Vuoi accarezzarlo?" le domandò Hagrid, intuendo le sue intenzioni. Penny annuì semplicemente e avanzò, cercando di fare il meno rumore possibile. Le sembrava quasi di violare la pace di quella creatura. Mentre si avvicinava pian piano, Hagrid continuò a spiegare.

"Gli unicorni preferiscono il tocco femminile, come è noto" disse. "Sono pacifici e simbolo di purezza. Uccidere un unicorno è un crimine terribile, solitamente compiuto da chi ne vuole bere il sangue, che ha numerosi poteri".

Penny sapeva – perché le era stato detto da Arnold – che bevendo sangue di unicorno si poteva rimanere in vita il più a lungo possibile, ma che uccidere una di quelle creature equivaleva a macchiare la propria anima.

"Sono caratterizzati da un'aura che li mette in una particolare connessione emotiva con chi ne condivida la purezza d'animo" spiegò Hagrid. "Il loro crine ha proprietà magiche e, come sapete, viene usato per formare il nucleo di alcune bacchette" In quel momento Penny si ricordò che il nucleo della sua bacchetta, che anni prima aveva acquistato da Ollivander, era in crine di unicorno.

Intanto si era avvicinata a Pegaso tanto da poter tentare un approccio – stando molto attenta a non toccare il corno in mezzo alla fronte, poichè non era sicura che l'animale avrebbe gradito – e ne accarezzava il manto. Pegaso sembrava apprezzare il suo tocco, anche se presto Penny se ne dovette staccare. Non poteva certo monopolizzarlo: altri studenti volevano avvicinarsi. Si rimise al proprio posto, accanto a Fred. Tornando in sè, Penny si avvide che James la stava insistentemente guardando; era in piedi accanto a Sam Baston, non distante da lei.

E non smetteva di fissarla.

Il fatto che lo trovasse sensuale in quella posa statuaria non doveva distrarla da quello che le aveva appena detto.

Gli aveva dato uno schiaffo, si era vendicata. Era perfettamente consapevole di non avergli fatto alcun male, non fisicamente. La sua mano era troppo piccola per poter fare danni seri, ed era partita da sola, miseriaccia!

Chi si credeva di essere per poterle parlare con quel tono? Scappatella? Romanzo rosa? Seduzione?

Più lo guardava e più le tornava in mente l'atteggiamento irrispettoso che aveva tenuto. La maggior parte del tempo James si dimostrava gentile, sembrava volesse esserle amico... altre volte era scostante e arrogante. Non poteva stare con lui, lo sapeva, ma almeno un rapporto civile lo pretendeva – non era una gran richiesta, dopotutto.

"Cosa guardi di così interessante?" chiese Fred.

Penny decise semplicemente di scrollare le spalle – come per dire che era insignificante per lei – e si voltò a parlare con lui. Sperava di farsi perdonare per aver trascurato la sua compagnia, ma lui fece le domande sbagliate.

"Che succede con mio cugino?" Penny lo guardò contrariata: non le andava di inventare elaborate bugie, perciò restò sul vago.

"Non andiamo d'accordo" rispose ostentando indifferenza. Un'indifferenza di sentimenti che, purtroppo, non rispondeva a verità. "Diciamo che si diverte a togliermi la pazienza. Di solito non reagisco in maniera così fisica, ma oggi ha esagerato. Ecco tutto" tagliò corto. Fortunatamente Fred sembrò comprendere e non pose altre domande al riguardo. "Che lezione hai dopo Cura delle Creature Magiche?" chiese invece.

"Difesa Contro le Arti Oscure" rispose illuminandosi. Per lei non era una lezione, ma un piacere.

"Hai lezione con Teddy, quindi" osservò lui. Penny annuì.

"Credo sia veramente geniale come insegnante!" disse con entuasiasmo.

"Lo credo anche io, però forse sono di parte perché siamo parenti". Ma Penny non lo stava ascoltando, di nuovo rapita dal modo in cui Pegaso scuoteva la criniera sotto il tocco di Rose. Quella creatura era maestosa e dolce al tempo stesso.

Quando, al turno di Malfoy, Pegaso si mise a scalciare, mostrandosi recalcitrante all'idea di farsi avvicinare da Scorpius, Penny non potè fare a meno di ridere. Perfino un unicorno riusciva a capire quanto Malfoy fosse meschino, evidentemente.



Una volta finita la lezione, Fred e Penny si diressero insieme verso il castello, scortati da Rose. Non era certa di quello che suo cugino stesse facendo con la sua migliore amica, quindi voleva sorvegliare la situazione.

James li guardava a distanza, sentendosi un perfetto idiota, come sempre quando c'era di mezzo Shane. Aveva ragione Al: l'unico risultato che avrebbe raggiunto sarebbe stato il completo allontanamento di lei. E James non voleva questo; forse non poteva avere il tipo di relazione che avrebbe voluto, ma voleva tentare di essere considerato almeno come amico da Shane.



Non pago di aver fatto la strada insieme a lei, Fred accompagnò Penny fino all'aula di Difesa delle Arti Oscure.

"Ma non avete Trasfigurazione ora? La tua aula è lontana da quella di Lupin" gli fece notare. "È un velato segnale per dirmi di sloggiare?" le chiese ridendo, senza offendersi. Quel ragazzo la metteva di buon umore, pensò Penny. Non c'era niente da fare. Era proprio degno del nome di Fred Weasley.

"Ma figurati!" Era sincera, non stava cercando di allontanarlo. Non c'era motivo. Fred si mostrò soddisfatto della risposta.

"Credi che a Baston dispiaccia se qualche volta vengo a vedervi agli allenamenti?" le domandò, prendendola alla sprovvista.

"Sono aperti al pubblico" rispose senza sbilanciarsi. Trovava quella domanda un po' sospetta. Avrebbe benissimo potuto chiedere direttamente a Sam, anzichè a lei. Evidentemente voleva il suo consenso. Ne ebbe la conferma un minuto più tardi.

"E a te?" Da persona molto matura, quale Penny Shane era, arrossì a quella risposta.

"Perché dovrebbe dispiacermi?" Non aveva trovato niente di meglio con cui replicare. Che si aspettava Fred? Che gli proibisse di andare a vedere la sua squadra di Quiddich? Ovviamente non avrebbe potuto impedirglielo in alcun modo e, ad essere sinceri, neanche ne aveva la volontà.

"D'accordo" rispose lui. "Buona lezione!" Si congedò con un sorriso che Penny ricambiò; poi si girò verso Rose, scoprendo la sua espressione dubbiosa.

"Okay, Penny Shane. Spiegami cosa ho appena visto".

"Fred che parlava con me?" rispose sarcastica.

"No, svegliati! Ho appena visto mio cugino che ci provava con te! Ed era il cugino sbagliato, per giunta". Quel riferimento a James non fece altro che infiammare Penny.

"Non ci stava provando!" sbottò. "E' stato gentile, tutto qui".

Rose decise che non era il caso di replicare – piuttosto, non era il momento. Erano arrivate a Difesa Contro le Arti Oscure. Aprirono la porta dell'aula, entrarono e presero posto, in attesa dell'inizio della lezione.







Il suo migliore amico continuava a girargli intorno, come una mosca; James non ce la faceva più – gli sembrava di sentire il lavorio del suo cervello, mentre decideva se parlargli o meno.

"James" esordì Baston, "posso sapere cos'hai?"

"Niente, Sam" mentì.

"Non parli da dieci minuti" osservò l'altro. Baston sembrava preoccupato.

"Mi è scoppiato il mal di testa" inventò.

"Vuoi saltare Trasfigurazione?" chiese l'altro. James non ci aveva neanche pensato, ma gli parve un'ottima idea. Fanculo i M.A.G.O. Fanculo la McGranitt. Fanculo Hogwarts. Il grande James Potter stava male per Penny Shane e gli orologi si sarebbero fermati per lui. Un idiota: ecco cos'era.

"Già" confermò. "io passo, tu vai o farai tardi". Baston lo salutò con una pacca sulla spalla e si dileguò, diretto a lezione.

James aveva preso quella decisione per svariati motivi. Primo, non era in grado di seguire alcuna lezione al momento. Secondo, gli stava davvero venendo un terribile mal di testa. Terzo, voleva parlare con Lorcan. Doveva sfogarsi con qualcuno, e aveva appena ricordato che a quell'ora i Corvonero del settimo anno non avevano lezione. Ricordava di averlo sentito dire a Rose. Volente o nolente, Lorcan Scamander avrebbe dovuto devolvere quell'ora di libertà a James Potter.

Si avviò verso la Sala Comune di Corvonero, che si trovava sul lato ovest del castello, nella torre opposta a quella di Grifondoro.

Una volta arrivato all'ingresso del dormitorio, si trovò di fronte una porta nera, lucida. Non c'era alcun dipinto o ornamento, fatta eccezione per il battacchio in bronzo. James si rese conto di non essere a conoscenza della parola d'ordine della Casa. Per fortuna, una Corvonero del quinto anno, piuttosto carina, stava salendo le scale per rientrare. Gli bastò spiegare che doveva far visita a Scamander ed esercitare quel po' di fascino che ancora gli rimaneva. Quella storia di Shane lo stava prosciugando, come ragazzo e come studente, visto che ormai saltava Trasfigurazione per parlare di lei.

Scoprì così che i Corvonero non avevano alcuna parola d'ordine, ma un sistema di sicurezza diverso da Grifondoro. La scena era bizzarra: la studentessa dovette rispondere a una domanda posta dal batacchio della porta, poi furono liberi di entrare.

La Sala Comune di Corvonero era circolare, ampia e ariosa. I drappi di seta blu e bronzo appesi alle pareti e le finestre ad arco si addicevano perfettamente all'ambiente. Ciò che rendeva l'atmosfera suggestiva erano però il soffitto a cupola e la moquette, entrambi trapunti di stelle.

James scorse Lorcan davanti ad un fuoco scoppiettante, impegnato a giocare agli scacchi dei maghi con il gemello.

"Scamander" chiamò, facendoli voltare entrambi. Somigliavano incredibilmente a Luna, con quei capelli così biondi e l'aria trasognata – Lysander in particolar modo, a dire il vero.

"Quale dei due?" chiese Lysander.

"Quello stupido" replicò James, ridendo. Ognuno indicò l'altro.

"Siete stupidi entrambi, però mi accontento di Lorcan" disse, costringendolo ad alzarsi dal divano. Lo sguardo scocciato dell'amico gli fece comprendere che sicuramente immaginava il motivo della visita.

"Come sei entrato?" chiese Lorcan.

"Ho risposto alla domanda, ovviamente!" L'amico lo guardò dubbioso; e James non sapeva se ridere o offendersi perché i Corvonero non ritenevano le persone appartenenti alle altre Case abbastanza furbe da saper rispondere ai quesiti. Lorcan continuava a fissarlo.

"Oh va bene" ammise. "Ho convinto una ragazza del quinto anno a farmi entrare".

"Un vero rubacuori" lo celiò l'amico.

"Be' sì, faccio ancora un certo effetto..." Si pavoneggiò James. "Però lasciami dire che il vostro sistema lascia a desiderare" aggiunse.

"E perché mai?" chiese l'altro.

"Be', anche qualcuno che non è di Corvonero potrebbe saper rispondere all'indovinello" gli fece presente.

"Non ha importanza" disse. "Lysander direbbe che se la porta ha stabilito di farlo entrare, significa che ne è degno". James faticava a comprendere quella logica: un Grifondoro non avrebbe accettato un ragionamento del genere.

"Potrebbe essere un Serpeverde" ribattè.

"Non ha importanza" ribadì l'altro. "Se è abbastanza intelligente da risolvere l'enigma".

"Farò finta di non aver sentito" mugghiò James, facendo ridere Lorcan di gusto. Poi si spostarono in una parte della sala quasi totalmente priva di persone. Erano lontani da orecchie indiscrete, ora.

"Coraggio, parla".

"Ho discusso con Shane" sputò fuori James. "Di nuovo".

"D'accordo, qual'è il problema James?" Mentre gli poneva la domanda, Lorcan si sedette. Evidentemente prevedeva che la conversazione sarebbe stata più spinosa del previsto.

"Il problema è che mi sento strano" confessò James. "Sono geloso, tanto".

"C'è sempre una prima volta" commentò Lorcan.

"Sì, appunto" confermò il Grifondoro. Il punto era proprio quello. "Non so come controllare questa cosa. A volte dico cose poco carine, come ho fatto oggi".

"Cos'è successo?"

James storse la bocca e spostò lo sguardo sul fuoco nel camino.

"Sono un idiota".

"Non è una novità, Potter" replicò Lorca, prendendolo in giro. James gli rivolse uno sguardo ammonitore. Non era davvero una buona giornata.

"L'ho vista che scendeva la collina con Fred..." iniziò, "per venire alla lezione di Hagrid. Erano sottobraccio e quel demente di mio cugino ci stava chiaramente provando. Non so cosa mi ha preso, le ho chiesto se era una cosa seria o una scappatella". Lorcan aggrottò la fronte; poteva immaginare il tono che James aveva sfoggiato per l'occasione.

"E poi ho blaterato dicendo che poteva essere una buona storia per un romanzo rosa" aggiunse. "Ovviamente, non è stato questo a farla infuriare, ma il tono acido con cui devo averlo detto". Sul momento non se ne era reso conto – o forse sì, e l'aveva ferita consapevolmente.

"Scappatella? Per una passeggiata?" Lorcan sembrava un po' spiazzato. "L'ottocento è finito da un pezzo James".

"Ho sbagliato, lo so. Ho detto cose senza senso, col solo risultato che mi sono beccato uno schiaffo". Lorcan sgranò gli occhi, ora decisamente spiazzato.

"E poi?"

"Nell'ordine? Shane mi ha detto di stare alla larga da lei e si è allontanata, la tua ragazza ha espresso tutto il suo disappunto sibilando insulti, e Al dice che se mi comporto così non faccio altro che allontanarla di più".

"Al lo sa?" chiese Lorcan, confuso. Credeva di essere l'unico a saperlo.

"Lo sospetta" disse James. "Anzi, ne è sicuro. Qualche giorno fa sono andato a fargli una scenata perché mi ero convinto che lui e Penny fossero innamorati". Messe in fila l'una dietro l'altra, le sue azioni non avevano il benché minimo senso. Ripeterle ad alta voce era un'operazione penosa ma necessaria, pensò James.

"Aspetta, cosa?" domandò Lorcan. "James, quei due sono praticamente fratelli". Sapeva bene quanto fossero legati Penny, Al e Rose. Erano inseparabili.

"Lo so, è stato un momento di stupidità, e la risposta di Al è stata abbastanza esaustiva" precisò. "Mi ha confermato che Penny mi aveva già confessato: è innamorata di qualcun altro, perciò non so per quale motivo io sia qui a parlare di lei". Stava impazzendo, James ne era certo. L'avrebbero portato al San Mungo e si sarebbe ritrovato gomito a gomito con Gilderoy Allock.

"Si sa chi è?" domandò Lorcan. James scosse la testa in segno di diniego. "Se ama un altro" continuò il Corvonero, "c'è poco che tu possa fare". Senza saperlo, aveva dato a James la stessa risposta che Rose aveva dato a Penny.

"Grazie per l'appoggio" disse. "Ci arrivo da solo, ma non mi impedisce di essere geloso" aggiunse. "E se il ragazzo di cui è innamorata fosse Fred?"

"Non cambierebbe granché, temo" disse Lorcan. Era vero, pensò James. Chiunque fosse, quel ragazzo rappresentava un ostacolo insormontabile. Sapere il suo nome o meno non avrebbe fatto alcuna differenza. "L'unica cosa che puoi fare ora è scusarti con lei. Al ha ragione, si allontanerà".

"Ora è a lezione di Difesa..." Avrebbe voluto affermare che sapeva l'orario perché Rose e Al facevano il sesto anno. La verità era che stentava a ricordare il proprio, di orario – l'unico motivo per cui teneva a mente quello del sesto era lei. Questo, però, non l'avrebbe confessato neanche sotto Cruciatus.

"Vai allora, a meno che tu non voglia farti colpire da un Bolide per aver fatto arrabbiare la Battitrice" disse. "Non le darei torto se evitasse di rispedire indietro il bolide".

"Da che parte stai, Scamander?"

"Dalla tua, idiota" disse ridendo. "Vai da Lupin. È la migliore del suo corso e tu sei un parente, non ti negherà cinque minuti per parlarle". Gli stava suggerendo di interrompere la lezione per chiederle scusa. Effettivamente non era una cattiva idea. Ci pensò su per un attimo.

"Be', se mi tira un altro schiaffo ti riterrò responsabile".

Una volta uscito dalla Sala Comune di Corvonero, si incamminò a passo svelto verso l'aula di Lupin. Non aveva la più pallida idea di cosa dirle – non sapeva se "scusa" sarebbe stato abbastanza.







"Che la lezione abbia inizio!" decretò Theodore Lupin, appena tutti furono in classe. "Oggi divideremo la spiegazione in due parti. Nella prima, vi parlerò dell'incantesimo di memoria. Chi sa dirmi qual'è la formula?".

Penny alzò la mano. "Oblivion".

"Esatto signorina Shane! Ricordate che è da usare con parsimonia. Cancellare la memoria di una persona non è cosa da poco" disse. "Rose, tu dovresti saperne qualcosa: Hermione Granger è un asso in questo incantesimo" affermò. Penny non stentava a crederlo.

"Mia madre è un asso in tutti gli incantesimi, è difficile starle dietro" commentò Rose. La fama della Granger era giunta anche alle nuove generazioni.





Dopo aver fatto esercizio con le bacchette, e stando bene attenti a non cancellare la memoria al compagno di banco, gli studenti passarono a seguire la seconda parte della lezione. Lupin riteneva utile che continuassero ad esercitarsi con l'Expecto Patronum. In fondo erano un sesto anno: l'anno seguente i M.A.G.O li attendevano e avrebbero dovuto decidere cosa fare nella vita. C'erano degli incantesimi fondamentali che non poteva insegnare superficialmente, specie nell'interesse di quelli che, come Penny, volevano diventare Auror.

Così iniziarono a fare pratica con il Molliccio, cercando di tirar fuori il miglior Patronus possibile. Quando fu il turno di Penny, non era propriamente entusiasta di doverlo fare. Quel Patronus incorporeo che le veniva fuori non le andava giù. Era anonimo, non le piaceva affatto.

"Sei pronta Penny?" chiese Lupin.

Lei fece un cenno d'assenso, e Lupin fece uscire il Molliccio dall'armadio. Mentre questo le si avvicinava, Penny si concentrò al massimo su un ricordo felice. Lei sulle ginocchia di suo nonno dopo aver comprato la bacchetta da Olivander. Solo questo. Il Dissennatore era sempre più vicino, tanto che Lupin temeva che non ce l'avrebbe fatta a scacciarlo in tempo.

"Expecto Patronum!" esclamò puntando la bacchetta. In quel momento accadde qualcosa che non si aspettava. Quello che apparve era decisamente il miglior patronus che avesse mai prodotto.

Dalla bacchetta spuntò una piccola palla di luce, che prese forma subito dopo. Inizialmente sembrava un cavallo, ma poi Penny notò qualcosa al centro della fronte... era un unicorno. Galoppò incontro al Dissennatore, ricacciandolo indietro con una luce potente; e Penny si sentì pienamente realizzata. Non aveva mai provato un'emozione così forte.

"Bene, bene Penny Shane!" esclamò Lupin entusiasta. Sembrava volesse aggiungere qualcosa, ma non continuò. Fissò invece lo sguardo sulla porta.

"Abbiamo uno spettatore, a quanto pare".





Si trovò di fronte alla porta della classe di Lupin, e improvvisamente si sentì mancare il coraggio. "Sei solo un vigliacco, James".

Gli tornarono in mente le parole di Lorcan: doveva farlo. Aprì piano la porta, in modo da non disturbare la lezione. Nessuno sembrò accorgersi di lui e così osservò la scena che gli si presentò davanti.

Lei era in piedi davanti ad un armadio, dal quale improvvisamente Lupin fece uscire quello che aveva tutto l'aspetto di essere un Dissennatore. Aveva fatto bene a non bussare: era un'esercitazione. Teddy l'avrebbe sgozzato se avesse interrotto la sua alunna prediletta in un momento simile, pensò.

Rimase sulla porta e vide tutto: la palla di luce che usciva dalla bacchetta di Penny. Per un attimo pensò che fosse un cavallo, ma non era così, se ne accorse immediatamente. Al centro della testa troneggiava un corno. L'animale scacciò il Dissennatore e Lupin si complimentò con Penny. Sembrava voler parlare ancora, ma fissò lo sguardo sulla porta, su di lui.

"Abbiamo uno spettatore, a quanto pare" disse guardandolo.

Tutta la classe si girò nella sua direzione e James maledisse mentalmente Teddy. Meno male che voleva fare un ingresso poco teatrale!

Quello su cui si focalizzò fu il viso di Penny e la sua espressione stupita.

"Professor Lupin" disse – si sentiva sempre un po' ridicolo a chiamare Teddy propfessor Lupin. "Potrei scambiare due parole con Shane? È urgente" aggiunse d'un fiato. Il professore non trovò nulla da obiettare, dato che l'esercizio di lei era stato impeccabile ed era concluso. Un minuto dopo un altro studente si apprestava ad praticare l'incantesimo sotto i consigli di Lupin, mentre lui e Penny uscivano fuori in corridoio. Penny fissava James un po' stupita.

"Che vuoi?" esordì, per nulla cordiale.

"Farti i complimenti per il patronus". Lei lo guardò storto e fece per rientrare, ma James non voleva rimandare ancora quelle scuse.





Bastò che le prendesse la mano per farla bloccare sul posto. Penny si diede della stupida per questo. Ogni volta, bastava che James facesse il più piccolo gesto di tenerezza per farla vacillare. Abbandonava propositi bellicosi o le intenzioni di ignorarlo, solo perché non riusciva a resistere a lui, ai suoi occhi, al suo sorriso.

"Che c'è?" ripetè tirando indietro la mano, come se James l'avesse scottata. Lui lo prese come un gesto di fastidio.

"Non ti tocco, ma resta" disse. "Volevo...volevo..." Non riusciva a formulare la frase, benché il concetto fosse chiaro nella sua mente.

"Volevi?" lo incalzò Penny.

"...chiederti scusa" concluse. "Sono infantile, come sempre. Con te non riesco mai a farmi capire, tiri fuori la parte peggiore di me". Lei strabuzzò gli occhi, pronta a ribattere. James si rese conto che la frase non suonava molto bene, così si affrettò a ritrattare.

"Non è colpa tua" chiarì subito. "Quello che intendo dire è che non faccio altro che fare casini. Ti prego di credere che mi dispiace". Sembrava pentito, ma erano solo lacrime di coccodrillo, e lei lo sapeva.

"James, io posso anche dirti che è tutto a posto" iniziò e lo vide sorridere.

Non cedere! si disse Penny. Evitò lo sguardo di James, con la consapevolezza che se l'avesse visto sorridere di nuovo non avrebbe detto nulla di tutto quello che aveva in testa.

"Il problema è che forse domani sarai di nuovo nervoso" disse. "E mi dirai qualcos'altro di orribile". Lo guardò di nuovo e vide scomparire l'accenno di sorriso che James aveva fatto. "Non so perché tu ce l'abbia con me. Forse sei ancora convinto che io ti ritenga antipatico, o forse sei tu a ritenere antipatica me. Forse non lo sai neanche tu".

Oh si che lo sapeva!

"Fatto sta che il giorno prima mi chiedi scusa e il giorno dopo ricominciamo da capo: non ci capiremo mai". Quelle parole fecero male a chi le aveva ricevute, ma anche a chi le aveva pronunciate. James provò a ribattere, ma Penny non sembrava disposta a lasciargli troppo margine. "Lo so, ti dispiace. Come dispiace a me. Apprezzo che tu sia venuto a dirmelo".

Non c'era rabbia nelle sue parole. Preferiva vederla arrabbiata come quella mattina che rassegnata, come se James fosse un caso senza speranza. O meglio, senza speranza lo era, ma per altri versi.

"Ora se non ti dispiace..." disse, indicando l'aula. Oh sì, gli dispiaceva eccome. Avrebbe voluto fermarla, dirle la verità, dirle che l'amava, dirle che aveva paura, ma che voleva vederla felice. L'ideale sarebbe stato che fosse felice insieme a lui, ma nella vita non si può avere tutto.

James restò per qualche minuto a fissare la porta, sperando di veder apparire Shane ne punto in cui l'aveva vista sparire.

Le conversazioni frustranti che caratterizzavano il suo rapporto altalenante con Penny Shane lo rendevano instabile. Poi si rese conto di trovarsi in mezzo ad un corridoio e si avviò alla Torre di Grifondoro, per riflettere un po' da solo e magari cercare di studiare.







Quando uscirono dalla lezione di Lupin era ormai ora di pranzo; si erano dilungati a parlare con il professore, specialmente Penny. Si era complimentato e le aveva chiesto se fosse successo qualcosa per modificare il suo patronus. Chiese se si fosse innamorata di qualcuno con lo stesso simbolo. Le disse che era avvenuta la stessa cosa a sua madre, Ninphadora Tonks, quando si era innamorata di Remus Lupin.

Penny smentì quella teoria. Il patronus di James era un Grifone, glielo aveva detto Al. Però, pensò Penny, i patronus potevano avere una certa familiarità, come dimostrava il fatto che il patronus di Theodore Lupin avesse assunto la forma di un lupo. Forse avrebbe potuto scrivere a suo nonno.

Poi si congedò da lui e si recò a tavola con gli altri.



Anziché mangiare, Penny si sedette al tavolo e si mise ad armeggiare con carta e penna.

"Che fai?" le chiese Al, stupito.

"Scrivo a mio nonno" rispose, come se fosse la cosa più urgente del mondo. "Gli avevo promesso di informarlo se fosse diventato corporeo..." Non specificò neppure il soggetto della frase; Al sapeva che stava parlando di cosa era successo in classe.

"Ottima idea" disse Rose. "Forse può darti qualche informazione in più".

"Lo spero" disse. "Il fatto che il nucleo della mia bacchetta sia in crine di unicorno e che la lezione di Hagrid mia sia piaciuta particolarmente non giustifica la forma del mio patronus".

"Forse è la stessa forma che ha il suo?" chiese Al.

"In realtà il Patronus del nonno è una papera" rispose Penny, immersa nella scrittura. Al la guardava incuriosito, perché stava usando una penna bic, retaggio del mondo Babbano. Nel mondo magico la tecnica di scrittura sembrava essere ferma a secoli prima, con piuma e inchiostro. Penny aveva pensato bene di portarsi una scorta segreta di penne per scrivere le lettere alla famiglia.





Caro Nonno,

oggi il mio patronus si è rivelato essere un unicorno, dopo che avevo assistito ad una lezione su quelle creature. Come sai, il nucleo della mia bacchetta è fatto di crine di unicorno, ma non so se basta a giustificarlo. Tu hai più esperienza e sei il mio punto di riferimento, perciò vorrei un parere. Sono molto contenta che non sia più incorporeo; se vuoi puoi dirlo a mamma e papà, ammesso che sappiano cos'è un patronus. Dai un bacio a entrambi e ricordati di dare il becchime a Lara – o se la prenderà con me quando tornerà.

Ti voglio bene,

Penny





"Fatto" disse chiudendo la lettera, sollevata. Appena possibile sarebbe salita alla Guferia e l'avrebbe consegnata a Lara, la sua civetta.

"Grandioso" disse Rose, sbrigativa. "Ora ci vuoi spiegare cos'è successo con James?" La sua improvvisa comparsa nell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure doveva aver fatto effetto.

"Ha chiesto scusa per aver dato di matto senza motivo" sintetizzò Penny.

Albus ebbe appena il tempo di gioire del comportamento di suo fratello, che finalmente si era deciso a fare la cosa giusta, che dovette frenare gli Ippogrifi, come avrebbe detto Hagrid.

"Ho accettato le scuse" continuò l'amica, "ma non cambia nulla. Domani potrebbe rifare una cosa simile, per quanto ne so". Il suo tono era piatto, non era più adirata – semplicemente, rinunciava a capirlo.

Sia Al che Rose tacquero, non sapendo cosa rispondere a quel ragionamento perfettamente logico. Al avrebbe voluto confidare i propri sospetti, ma intromettersi non gli sembrava la soluzione. Inoltre non era del tutto sicuro e non c'era da fidarsi pienamente della costanza di suo fratello. Non voleva che la sua migliore amica soffrisse per colpa di James, perché in tal caso avrebbe dovuto spaccargli la faccia, e non aveva per niente voglia di una lite familiare.

Iniziarono a mangiare in silenzio, senza commentare l'accaduto. Dopo aver finito di mangiare, Penny si recò alla Guferia, impaziente di spedire la lettera al nonno. Entrò e si diresse verso Lara, spiegandole che doveva recapitare una lettera a casa. Legò la pergamena alla zampa dell'animale, le diede del becchime per incentivarla e la lasciò libera di spiccare il volo.

Rimase a guardarla mentre scompariva all'orizzonte.

Sentì un rumore alle spalle che la fece voltare di scatto. La prima cosa che vide fu un ciuffo di capelli rosso Weasley. Non era Rose, però.

"Ti ho spaventata?" Fred la guardava, preoccupato dalla sua espressione. "Giuro che non ti sto seguendo. Sono venuto a spedire una lettera ai miei vecchi".

Penny annuì. "Ne ho appena inviata una a mio nonno Arnold, ma non nutro grandi speranze. Lara di solito se la prende con comodo..." Sospirò con una certa rassegnazione.

"Chi è Lara?"

"La mia civetta, ovviamente!"

"Vorrei conoscere i nomi di tutte le civette qui presenti, ma non credo di poterli imparare tutti!" Sembrava divertito dall'espressione che Penny aveva messo su.

"Sono molto offesa" rispose. "La mia Lara non è una civetta qualunque".

Fred stava legando una lettera alla zampa del proprio barbagianni, mentre la guardava di sottecchi.

"So che non sono fatti miei, Miss Shane, ma mi sembri turbata" disse con naturalezza. "Se posso fare qualcosa, sono qui". Si avvicinò alla finestra, da dove Lara aveva spiccato il volo, e davanti alla quale Penny era ancora ferma.

Per un attimo pensò si volesse accostare a lei, ma il ragazzo si protese per apprestarsi a far spiccare il volo al barbagianni.

"Non sono turbata" disse lei, cercando di sembrare convincente. A quanto pareva era un libro aperto per chiunque, escluso James – e menomale.

"Non pensavo a niente" ribadì.

Lui sorrise di quella risposta. "Non si può non pensare a niente. Il nostro cervello è sempre attivo, penso tu lo sappia".

"Touchè! In effetti penso anche troppo" ammise. Quel ragazzo le dava un senso di fiducia, la faceva sentire in vena di confidenze.

"Posso sapere a cosa, o è top secret?" Il barbagianni spiccò il volo in quell'istante, portando con se la lettera indirizzata a George e Angelina. Così si trovarono uno di fronte all'altra, davanti alla finestra. Penny si premurò di aggiungere un po' di distanza tra di loro, facendo un passo indietro.

"Diciamo che è stata una giornata ricca di eventi".

"E non è ancora finita!" le fece notare lui ridacchiando.

"Grazie Fred, sei davvero consolante!"

"D'accordo, scusa. Sono tutto orecchi" disse, fingendosi pentito. "Alcuni eventi li ho visti – parlo dello schiaffo memorabile che hai assestato a mio cugino, ovviamente".

Penny stava per replicare.

"Memorabile, sia per te che per lui. Non credo sia stato preso spesso a schiaffi...", commentò. Sembrava dovertito dall'accaduto, ma lei lo era un po' meno.

"Si riprenderà" commentò, tirata.

"Ti è così antipatico?" Magari le fosse stato antipatico, pensò Penny. Anzi, si sarebbe accontentata dell'indifferenza. Invece con James provava un vasto spettro di emozioni – spesso tutte in una volta –, ma di sicuro, non si era mai sentita indifferente. Avrebbe imparato, però.

"Mi ha provocata" spiegò in tono asciutto.

"Non faccio fatica a crederlo" rispose quello. "Ricordami di non farti mai arrabbiare". Penny rise del tono con cui l'aveva detto.

"Scemo! Mi fai passare per una pericolosa squilibrata".

"Appena scappata da Azkaban" aggiunse lui.

"Se lo meritava" disse senza scendere nei dettagli. Sarebbe stato imbarazzante. "Ma non avrei dovuto, davvero". Fred sbuffò.

"Sei in Grifondoro, non in Tassorosso" disse. "Puoi permetterti di essere arrabbiata, ogni tanto. Non devi sempre essere buona".

"Comunque James si è scusato". Perlomeno, sperava fosse così.

"Hai accettato le scuse?" chiese Fred.

"Oh, certo, mi sono sfogata abbastanza stamattina. Sono a posto, grazie" dichiarò facendolo ridere. Le cose non stavano esattamente così, ma doveva ricordarsi che non stava parlando ad Albus o a Rose.

Fred stava per ribattere, quando l'attenzione di entrambi venne catturata da un rumore improvviso; qualcuno stava salendo le scale. Penny udì un suono di passi e la portà si aprì, lasciando entrare Al. Sembrò stupito di trovarla in compagnia del cugino, ma riuscì a non sgranare gli occhi e a contenere la reazione.

"Ehi, ti ho cercata ovunque: la lezione di Divinazione è saltata!" annunciò trionfante. Divinazione non era la sua materia favorita.

"La Cooman sta male?" si informò. Al scoppiò a ridere alle sue parole.

"Ho detto qualcosa di buffo?", chiese non capendo la reazione.

"Non tu" chiarì, continuando a ridere. "Sibilla Cooman è convinta di avere avuto una visione nella quale mio padre veniva attaccato da un serpente". A quel punto anche Fred si mise a ridacchiare.

"Potrei essermi persa la parte divertente" disse Penny, che non trovava fosse esilarante una predizione di morte.

"Penny, quand'era ragazzo la Cooman ha predetto la morte di mio padre almeno cinquecento volte" spiegò. "Eppure, è un uomo piuttosto in salute".

"Sono passati quasi trent'anni e non si stanca mai! Zio Harry ne sarà divertito quanto noi. Glielo scriverai?" chiese Fred.

"Contaci! Zio Ron riderà a crepapelle. La meno entusiasta sarà zia Hermione: non ha mai sopportato la Cooman" rispose Albus.

Mentre scendevano dalla gufaia, imboccando le scale, Al fece una proposta a Penny. "Che ne diresti se io e Rose e Alice ti venissimo a vedere agli allenamenti? Non abbiamo nulla da fare oggi pomeriggio..."

"Sarebbe fantastico! Mi serve un po' di tifo" concordò.

Fred riflettè circa cinque secondi, per poi parlare a sua volta. "Posso aggregarmi a voi? Nemmeno io ho lezioni".

Al soppesò le possibili risposte e gliene venne in mente una sola, che fosse ragionevole.

"Certo, fa' pure: più siamo meglio stiamo" disse, pensando alla faccia che avrebbe fatto James nel vederlo.

"Il motto della Casata Purosangue Weasley" scherzò Fred, rivolgendosi a Penny. Alludeva all'improponibile ammontare di parenti che la loro famiglia contava, ovviamente. Più siamo meglio stiamo avrebbe davvero potuto essere un motto da affigere in casa di nonna Molly. Sia lei che Arthur avrebbero approvato.

Famiglia felice o meno, suo fratello maggiore non aveva apprezzato il modo in cui Fred Jr. guardava Penny. I due avevano sempre avuto un rapporto di reciproca cortesia e simpatia, ma niente di più. Però la situazione sembrava cambiata.

La sostanza non mutava. A James non sarebbe piaciuta la presenza di Fred sugli spalti, ma non ci si poteva far nulla. Cosa gli avrebbe dovuto dire? Intimargli di non venire perché avrebbe infastidito Potter senior?

Era uno spazio pubblico, accessibile a tutta Hogwarts. Albus non aveva intenzione di litigare con Fred per colpa di quello zuccone di James!

Suo fratello si sarebbe dovuto adattare, volente o nolente.







NOTE AL CAPITOLO

- La sala di Corvonero è più o meno com'è stata descritta dalla Rowling. Ho voluto restare il più fedele possibile alla 'realtà'.

- Il batacchio che pone domande è un elemento interessante, secondo me. Mi sono chiesta se i Corvonero si rendano conto che chiunque può entrare, se è abbastanza intelligente.

- Ho immaginato come spiegazione (in armonia con lo spirito della fondatrice Priscilla, che stimava l'arguzia sopra ogni cosa) che la mentalità dei Corvonero sia diversa da quella dei Grifondoro. Se la persona è riuscita a risolvere l'indovinello, significa che la sua arguzia è buona, pertanto è degna di entrare nella loro sala.

- Gilderoy Allock, il professore di Difesa che ne 'La camera dei segreti' perde la memoria in maniera pressoché definitiva per un Oblivion lanciato da lui stesso, si ritrova più avanti nei libri, al San Mungo, completamente intontito. James paventa la possibilità di finire accanto a lui, preda di un esaurimento nervoso per colpa di Penny. Credo. Chiedetelo a James: ne sa più di me.





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Capitolo 11
*** 10. Lo Spirito del Patrono ***


Capitolo dieci



Lo spirito del patrono



"Baston!" lo chiamò Penny, affinché si voltasse verso di lei. Era in divisa, vestita di tutto punto e già con la scopa alla mano. Nessuno avrebbe potuto contestarle di essere in ritardo, quel giorno.

"Shane!" esclamò lui, sorpreso. "Spacchi il secondo. Ti senti poco bene?" Ci mancavano soltanto le prese in giro di Capitan Quiddich, pensò Penny.

"Perché siete tutti stupiti quando sono puntuale?" si lamentò.

"Forse perché non lo sei mai!" Non ebbe bisogno di girarsi per riconoscere la voce alle sue spalle.

"Quasi mai, James" lo corresse, nella speranza che non fosse lì per attaccare briga. Aveva una Nimbus per le mani, non voleva fracassargliela in testa – era sicura che la testa di James fosse davvero dura.

"Forza, ci comincia!" Baston iniziò ad abbaiare ordini a destra e manca ai componenti della squadra, tutto preso nel suo ruolo di capitano. Trixy, appena scesa in campo, le si avvicinò.

"È entrato in modalita Capitan Quiddich" le fece notare, utilizzando il soprannome che Penny aveva affibiato a Sam.



Non appena fu montata sulla scopa si issò a qualche metro da terra, anche se mancavano dei giocatori ritardatari, che più tardi avrebbero subito una sfuriata. Qualcuno le si accostò.

"Pronta?" chiese Baston. "Oggi abbiamo pubblico: fai del tuo meglio".

"Sono nata pronta, Capitan Quiddich!" Baston emise uno sbuffo che nascondeva una risata. Lo divertiva quel soprannome.

"Smettila di prendermi in giro, o ti disarciono dalla scopa!" la minacciò.

"Sissignore!" Si sarebbe messa sull'attenti se non avesse dovuto tenere salda la presa sul manico della Nimbus. "Però" aggiunse, "non ci sarà nessuno a proteggere il tuo adorato Cercatore Potter". Si guadagnò un'occhiataccia e un verso che somigliava molto a un grugnito. Baston contava moltissimo su James, perché era davvero un Cercatore di talento, migliore sia del padre che del nonno. Al contrario di Penny, per la quale il Quiddich era solo una passione, James aspirava – dopo il diploma, s'intende – a diventare un professionista. Penny non dubitava che, con il suo talento, ce l'avrebbe fatta.

Penny si stava ancora chiedendo come sarebbe stata la loro vita dopo Hogwarts, quando sentì uno spostamento d'aria e, voltando la testa, si trovò a incrociare gli occhi di James. L'espressione del volto era lievemente imbronciata, e Penny cominciò a chiedersi se fosse il nervosismo di frequentare l'ultimo anno a provocargli quegli sbalzi d'umore.

Un colpo di vento gli scompigliò i capelli e il cuore della ragazza saltò un battito. Quei ricci avevano l'aria di essere così elastici e soffici al tatto; ogni volta si trovava ad immaginare di immergervi le dita – la faceva sentire estremamente stupida, ma non poteva proprio evitarlo.

"Shane" la chiamò, cambiando espressione. "Mi stai fissando i capelli". Oh, l'aveva notato. Penny riuscì finalmente a tornare in se.

"Avevi un insetto sulla testa" mentì. James sembrò non mettere in dubbio l'affermazione; il suo sguardo puntato verso il basso.

"Come mai Fred è qui?" domandò James. Penny si voltò in direzione degli spalti e vide il ragazzo, seduto accanto ad Al e Rose.

"Suppongo sia qui a vedere l'allenamento" ribattè, il tono ovvio. James scoppiò in una risata forzata.

"Tu dici, Shane?" Lo sbuffo spazientito che accompagnò quella domanda non le piacque.

"Dovrei sapere di che parli, prima di rispondere" disse soltanto. Non riusciva a capire l'acredine nei confronti del cugino; James in passato non aveva mai mostrato niente del genere, ma soprattutto Fred stesso non sembrava saperne alcunchè.

"Andiamo" rispose lui. "Tu e Fred, no?" La fatica con la quale stava mettendo insieme quella manciata di parole era evidente.

"Potter, anche se in quello che dici ci fosse del vero" replicò Penny, "non sarebbe affar tuo". La infastidiva anche solo il fatto che James si sentisse in diritto di esprimere un parere al riguardo.

"Vero" ammise James. "Comunque, stai attenta: Fred non è un tipo costante". Penny si chiese se avesse davvero sentito bene.

"Detto da te è comico, Potter" ribattè, piccata. "La costanza non è esattamente la dote per cui sei famoso a Hogwarts!" Era davvero folle fare la morale a Fred. James sembrò non sentirla.

"Ti ha già fatta soffrire, giusto?" chiese. Sembrava una domanda retorica, dal tono. E Penny si rese conto che non la stava provocando: era davvero preoccupato per lei, perché pensava che Fred fosse il ragazzo di cui avevano parlato – quello di cui era innamorata. Decisamente l'intuito era un'altra qualità da depennare dalla lista dei pregi di James. Il Cercatore rispettò il prolungato silenzio di Penny, deducendo che lei avesse smesso di parlargli.

"Be', era lui il ragazzo che volevi" concluse. "Ora ce l'hai".

A quel punto girò la scopa prima che Penny potesse replicare; poi il suono del fischietto risuonò, dando inizio all'allenamento.





Quel pomeriggio James notò la presenza di un bel po' di gente, all'allenamento. Rose, Al, Alice, Finnegan e Lorcan, il quale sicuramente aveva marinato una lezione per passare quell'ora insieme alla Grifondoro del suo cuore. E c'era Fred.

Tutta la scuola amava tifare durante le partite di Quiddich, ma non altrettante persone si presentavano ad assistere agli allenamenti. Non ricordava di aver visto Fred di frequente sugli spalti, in quelle occasioni.

Si era avvicinato a Penny, approfittando del fatto che la partita non era ancora iniziata. Voleva sapere come mai fosse lì, pur essendo consapevole che non aveva il diritto di chiedere un bel niente. Aveva tentato di porre le domande con un tono neutrale, ma era certo di non essere riuscito a mascherare il fastidio.

La sua voce era risultata fastidiosa persino alle proprie orecchie quando aveva tentato di punzecchiarla, ma doveva sapere se suo cugino era il ragazzo di cui Penny era innamorata. Il silenzio di Shane alla sua affermazione era stato abbastanza eloquente e andarsene prima di dire altre sciocchezze, era sembrata a James la scelta più sensata.





Per tutta la durata dell'allenamento, James provò a scacciare il pensiero di Shane e Fred: lo stava distraendo dal cercare il boccino. Le partite sarebbero iniziate presto, non poteva permettersi di giocare in quello stato confusionale.

"James!" Era la voce di Shane. "Smettila di volare a zig zag: non riesco a intercettare i bolidi se lo fai. Vedi di non volare così alla partita!" Si preoccupava per lui, pensò James. Ma certo che si preoccupava: era la battitrice, maledizione! Aveva davvero bisogno di risolvere quella situazione, perché sentiva che non avrebbe neppure superato i M.A.G.O. in quelle condizioni psicologiche, a dir poco disastrose.









Penny era perplessa, e parecchio. Quell'idiota di Potter volava distrattamente. Come poteva proteggerlo con quella discutibile tecnica di volo che aveva adottato? Sperò che non avesse intenzione di farlo anche durante le partite. Improvisamente James raddrizzò la scopa. Ora lo riconosceva: il miglior Cercatore della scuola era tornato tra loro. Forse aveva realizzato che Sam lo avrebbe fatto a pezzi se non avesse giocato alla perfezione. Seguì la traiettoria di James, come era abituata a fare: era il compito del battitore.

Fred aveva mantenuto fede all'intenzione di andare a vedere la squadra, dunque. Le affiorò il pensiero che fosse lì per lei, come aveva ipotizzato James, ma lo scacciò. Le sembrava un po' presuntuoso credere che Fred non fosse lì per passare del tempo in compagnia degli amici. Comunque, non era un problema.

Piuttosto, la sua attenzione fu attratta da una macchia uniforme, dalla parte opposta degli spalti. Poche persone, in un angolo non immediatamente visibile. Li riconobbe dapprima dalle loro tuniche: maledette serpi! Sembrava che quel giorno tutta la scuola si fosse messa d'accordo per deconcentrare i giocatori Grifondoro. Si impose di ignorarli, anche se la loro presenza non la rassicurava affatto. Scorse una testa platinat; Scorpius era seduto lì in mezzo. Di bene in meglio.





James si era ripreso e, finalmente, stava volando in maniera lineare. Questo accadde per venti minuti appena. Fu allora che successe qualcosa di strano. Era concentrato sul gioco, quando all'improvviso il mantello della sua divisa prese fuoco. Nell'attimo che impiegò a rendersene conto, per evitare che la paglia della scopa prendesse fuoco, scese di sella, tenendosi attaccato alla scopa solo con due mani. Decisamente quella non era una buona giornata.



La Battitrice vide un bagliore provenire da... James. Il mantello di Potter senior aveva preso fuoco. Fortunatamente Penny aveva l'abitudine di tenere con sè la bacchetta durante gli allenamenti. La estrasse senza esitare e, puntandola verso il mantello del Cercatore, pronunciò l'incantesimo Freddafiamma.

Improvvisamente il fuoco sembrò perdere di consistenza, come se non generasse più calore. James si rimise in sella alla scopa e senza perdere tempo si tolse il mantello, lasciandolo cadere. L'allenamento non si interruppe, e James riprese a volare. Prima di riprendere, Penny guardò gli spalti: Malfoy era scomparso.





Uscita dagli spogliatoi, Penny non si fermò neanche quando James la chiamò. Semplicemente finta di non udirlo. Una parte della ragazza era consapevole che sarebbe stato molto più saggio attendere; in quel momento, però, era sopraffatta dalla rabbia. Doveva cercare qualcuno, subito. Sarebbe andata nel covo delle serpi, pur di trovarlo.

Tuttavia, una volta arrivata al castello, si rese conto che non sarebbe stato necessario. Scorpius era nella Sala d'Ingresso, da solo.

"Malfoy" lo chiamò. Quando lo vide girarsi verso di lei aveva un ghigno soddisfatto che le fece venire voglia di sfoderare la bacchetta.

"Penny Shane, che piacere vederti!" replicò lui.

"Risparmia il sarcasmo, non sono qui per ascoltarti" disse. "Parlo io, oggi".

"Devo avere paura?" La sua aria strafottente stava mettendo a dura prova la rabbia cieca che Penny provava. Non voleva scontrarsi con un duello, tuttavia il tono che Scorpius stava usando non la aiutava certo a calmarsi.

"Si, in effetti" disse. "Potrei andare a dire alla McGranitt quello che hai fatto" minacciò. "Un bel castigo esemplare ti insegnerebbe ad essere un po' meno sleale".

"Cosa avrei fatto, stavolta?" domandò, con il palese intento di infastidirla.

"Hai dato fuoco al mantello di Potter. Non azzardarti a rifarlo!" disse puntandogli contro l'indice.

"Sennò che fai?" chiese con aria di sfida.

"Non mettermi alla prova Malfoy, non te lo consiglio!"

"Potrei spezzartelo quel dito, se lo volessi". A quelle parole le sfuggì uno sbuffo.

"Per favore" ribattè. "Saresti capacissimo di farlo, su questo non ho alcun dubbio" aggiunse. "Ma mai davanti all'ingresso principale del castello. Te la faresti addosso, vero?"

"Non sottovalutarmi, non te lo consiglio" disse lui, ricalcando le sue parole.

"Oh no, non lo faccio. Sei un Serpeverde, e so quanto puoi giocare sporco".

"Tu sei un'onesta Grifondoro, invece. Quindi non mi faresti mai del male senza avere prove certe della mia colpevolezza" ribattè ghignando.

"Sì, infatti sono venuta ad avvertirti, non ad affrontarti" replicò lei, cercando di mantenersi tranquilla. "Ci sono cose che, Grifondoro o meno, non puoi permetterti, con me". Malfoy la squadrò dall'alto in basso.

"Per esempio?" domandò.

"Dare fuoco al mantello di James, cobra velenoso che non sei altro!" Lui mise su un'espressione compiaciuta, contento di aver fatto la mossa giusta.

"Oh, ora capisco!" esclamò. "Sei venuta a difendere il tuo fidanzatino! Un ragazzo davvero fortunato, viste le premure che hai per lui. Peccato che non gli servirà a niente". Penny si chiese se fosse davvero poi così grave sfoderare la bacchetta contro una persona come Scorpius Malfoy.

"Potter è il Cercatore della mia squadra" puntualizzò, più a se stessa che al suo interlocutore. "Perciò stai lontano da lui e da tutti noi!" Con quelle parole, Penny concluse il discorso, girò i tacchi e se ne andò. Un ghigno comparve sul volto di Scorpius.

"Non ci contare, Penelope".





Era appena uscita dal grande portone in quercia. Aveva bisogno di una passeggiata in cortile, o nel parco. Non fece in tempo a fare tre metri prima di trovarsi di fronte Albus e Rose. Entrambi la stavano guardando in cagnesco. Stava per iniziare a parlare, ma Rose la anticipò:

"Dunque, andiamo con ordine. Mio cugino ha preso fuoco, tu l'hai aiutato e poi sei scappata senza parlare con nessuno. Noi ti corriamo dietro e ti vediamo intenta a parlare con Malfoy. Vuoi spiegarci qualcosa?"

Penny alzò gli occhi al cielo; detestava le prediche di Rose, perché quasi sempre l'amica aveva ragione. Si morse la lingua per non rispondere, optando per il silenzio. La conversazione con Malfoy le aveva parzialmente inibito la capacità di comportarsi civilmente con gli altri esseri umani.

"Allora?" la incalzò Albus. "Hai perso la lingua?"

A quel punto, Penny aveva recuperato abbastanza lucidità da provare a mettere in fila due parole.

"Era una questione personale con Scorpius" balbettò. "Molto urgente". Gli amici continuarono a guardarla, aspettando che aggiungesse qualcosa.

"Gli ho solo detto di girare alla larga da James" aggiunse. "So che ha causato lui l'incendio". Rose la guardò sbalordita.

"Penny, non hai fatto altro che renderlo felice" le fece notare.

"Lo so, ma ero arrabbiata" replicò. "Dovevo sfogarmi e, soprattutto, dovevo fargli sapere che non è passato inosservato".

"Ma tu..." iniziò Al, ma Penny lo zittì.

"Smettetela con questo tono di rimprovero" disse, supplice. "Sentite, se non avessi usato il Freddafiamma, James sarebbe arrostito come un pollo allo spiedo! E tutto per colpa di Malfoy".

"E parlargli ha sistemato le cose, immagino" ribattè Al, sarcastico. Non gli rispose, sapeva che Albus aveva ragione. Forse aveva solo peggiorato la situazione, come gli amici le stavano velatamente facendo notare.

"Ovvio che non ha sistemato nulla!" esclamò Rose.

"Non mi aspettavo che chiedesse scusa a James. Volevo solo fargli capire che non mi fa paura, perché so che è un bambino viziato e un vigliacco".

"Proprio perché è vigliacco dovrebbe farti paura il doppio" la rimbeccò Al. "Una persona del genere può colpire alle spalle in qualsiasi momento". Anche di questo, Penny ne era consapevole. Se c'era una cosa che Scorpius piaceva da matti era giocare sporco.

"Non riesco a pentirmi" mormorò. Ed era vero – quando c'era James di mezzo, si trovava a fare cose irragionevoli, per proteggerlo. Era un istinto che non era stata capace di frenare. Fortunatamente, Al stava ancora sbraitando, quindi lui e Rose non udirono quella patetica frase.

Si diressero insieme verso la Sala Grande, perché era ormai l'ora della cena. Arrivati alla tavolata, Penny vide Al mettere su un'espressione lievemente infastidita.

"Che ci fa Fred qui?" le domandò, come se il ragazzo fosse una sua responsabilità. Penny continuava a non spiegarsi quell'astio. Anche Al ora ce l'aveva con Fred?

"Strano" disse Rose, il tono neutro. "Di solito si siede vicino a James e Baston, con quelli del settimo". Gli studenti del settimo anno, effettivamente, sedevano sempre in un punto diverso della tavolata, rispetto a quelli del sesto. Comunque, a Penny non sembrava un gran problema.

"E perché parla con Alice?" aggiunse, beccandosi un'occhiataccia da Rose.

"Al, smettila" sbuffò. "Sai benissimo che non è certo Alice l'obiettivo". Ovviamente Rose si stava riferendo a lei, ma Penny preferì ignorare l'allusione.

"Certo che lo so!" replicò il ragazzo, tornando razionale. Per un attimo le era sembrato di vedere James, con i suoi commenti insensati e istintivi. Fortunatamente il suo migliore amico era di nuovo fra loro.

"Smettetela con questa storia!" Il tono di Penny suonò perentorio.

I due non risposero, ma sapeva che non erano convinti. E in effetti la faccenda sarebbe sembrata strana a chiunque. Trascinò i suoi amici alla tavolata e si accomodò davanti a Fred.



Trixy era seduta accanto a Fred, ovvero di fronte a Rose, mentre Al aveva preso posto di fronte a Alice, con la quale si immerse subito in una fitta conversazione. Penny si domandò quando si sarebbero decisi a mettersi insieme. In ogni caso, lei non avrebbe dato ulteriori suggerimenti ad Al. Poteva sbrogliarsela da solo, quel testone.

Il risultato della combinazione dei posti fu che Al parlava con Alice, Trixy con Rose e a Penny non rimaneva che intavolare una conversazione con Fred – e la cosa non le dispiaceva affatto. Fred la faceva sentire tranquilla, a suo agio. Il contrario di James, insomma.

C'erano state volte in cui si era sentita a casa con James, lo doveva riconoscere. La volta in cui l'aveva consolata in treno era bastato un suo sguardo, perché si riprendesse. Quando l'aveva soccorsa, mentre Malfoy cercava di soffocarla con l'Incarceramus. Non tanto quando aveva ripreso a respirare regolarmente, ma dopo. Era stata così bene a parlare con lui, seduta sulle scale anguste di quel passaggio segreto. Sarebbe voluta restare lì per sempre, almeno finchè non aveva scoperto che Potter era cotto di un'altra.

All'improvviso, la voce di Fred la ridestò da quei pensieri.

"Complimenti per come hai giocato" le disse. "Non possiamo perdere la coppa del Quiddich quest'anno". Penny gli sorrise.

"Lo spero" rispose. "Soprattutto per la salute mentale di Baston".

"Be' sì, Sam è lievemente ossessionato dal Quiddich" ammise, sorridendole. "Volevo farti i complimenti anche per la prontezza nel lanciare il Freddafiamma" aggiunse, "ma non ti abbiamo trovata. Dove ti eri cacciata?"

Eccola là, la domanda imbarazzante.

"Sono andata a dire a Malfoy di lasciar stare James"

"Perchè?"

"Perché sono innamorata di lui"



No, forse quella risposta era il caso di tenerla per sè. Aveva detto abbastanza frasi avventate, quel giorno.

"Questione personale" rispose. Fred comprese l'antifona e rise; aveva capito che non avrebbe risposto.

"D'accordo" disse, e alzò le mani in segno di resa.

Se fosse stato James, le avrebbe chiesto e richiesto cos'era successo e perché lui non ne fosse stato informato, fino allo sfinimento. O meglio, fino al litigio; perché nessuno dei due avrebbe ceduto. Non accettava che una sua richiesta non venisse soddisfatta, ma i rapporti interpersonali non funzionano così; James non poteva pretendere che la vita di Penny ruotasse intorno a lui. Doveva trovare un modo per dimenticarlo.

"E' normale il fatto che durante la conversazione ti estranei?" domandò Fred, senza alcuna traccia di risentimento. "Sai, tanto per sapere. Magari sto diventando noioso" scherzò.

"Per niente" rispose lei. "Mi trovo molto bene a parlare con te". Non aggiunse altro, perché cominciava a temere che Al e Rose avessero ragione, e quindi che Fred potesse mal interpretare qualsiasi parola uscisse dalla sua bocca. Però lui non disse nulla di imbarazzante. Durante tutta la serata non fece altro che farla ridere con battute e aneddoti improbabili sul padre e lo zio.

"Non ci credo! Hanno sabotato una prova entrando nella sala in sella a una scopa?" Penny era ammirata.

"Eccome! Hanno lanciato fuochi d'artificio per tutta la stanza e mandato a monte gli esami" disse.

"Nonna Molly avrà avuto difficoltà a gestire quei due" osservò lei.

"Ci puoi scommettere!" confermò lui ridacchiando. "La nonna non era troppo soddisfatta dei loro risultati scolastici. Poi hanno messo su I Tiri Vispi Weasley, e lei non ha più potuto opporsi". I Tiri Vispi erano decisamente il negozio preferito di Penny, a Diagon Alley, forse superato solo da Mielandia, il negozio di dolciumi nel villaggio di Hogsmeade. "Ora che ci penso" riprese Fred, "non so quasi niente della tua famiglia. Ti conosco da sei anni e so solo che sei Nata Babbana". Era vero, in effetti Penny pensava che gli aneddoti di una famiglia babbana non potessero competere con quelli dei Weasley.

"Non proprio" puntualizzò. "Mio padre è Babbano, mia madre è una Mezzosangue, ma è una magonò". Fred la guardò come se avesse detto una parolaccia, solo per un secondo. A lei venne da ridere.

"E' più comune di quello che pensi, tra i Mezzosangue" dichiarò, rispondendo a una domanda che Fred non aveva mai posto.

"Poco male, se è cresciuta tra babbani" commentò lui. "Pensa a Gazza, che discende da maghi ed è sempre vissuto tra maghi". Gli studenti di Hogwarts tendevano a prendere Gazza come esempio del livello di frustrazione a cui un Magonò può arrivare. Penny però pensava che fosse l'indole di Gazza, a favorire il suo carattere intrattabile. Insomma, anche ad Hagrid era stato ufficialmente proibito fare magie da quando era stato espulso dalla scuola, eppure non lo vedeva mai bistrattare gli studenti per questo motivo. Gazza, invece, negli anni non aveva perso i suoi orribili modi di fare, anche se si faceva vedere di meno in giro. Con somma gioia di James e di tutti quelli che, come lui, infrangevano le regole sistematicamente. Penny si chiese perché, in un modo o nell'altro, James faceva sempre capolino nei suoi pensieri.

"Be', sono certa che mia madre non sarebbe diventata come Gazza, se fosse cresciuta tra maghi e streghe" precisò. "Ciò non toglie che la scelta di nonno Arnold è stata la migliore".

"Tuo nonno è un mago quindi?" chiese, interessato.

"Sì, e mia madre non sapeva neanche che lo fosse, fino a sei anni fa. È ancora scioccata" disse, ricordando la giornata in cui le era arrivata la lettera. "La mia bisnonna era una strega, mentre il mio bisnonno era un babbano" aggiunse. "Come puoi vedere il sangue puro non so proprio cosa sia. La magia, nella mia famiglia, salta generazioni". L'idea la divertiva. Si chiese all'improvviso se i suoi figli, qualora ne avesse avuti, avrebbero ereditato la magia o ne sarebbero stati privi. Non che le importasse molto, perché li avrebbe amati comunque.

"Stai parlando con un Weasley, ricordi?" disse, fingendosi offeso. "Non siamo una famiglia con la mania del sangue puro. Mio nonno Arthur adora i babbani!". Glielo aveva detto anche Al, e Penny non se ne capacitava. Stava per rispondere, quando sentì un verso familiare; voltò la testa e vide una civetta arrivare nella sua direzione. Lara planò leggermente verso il basso, atterrando esattamente sul suo piatto di gelatina e lasciandoci sopra una bella impronta. Perfetto, addio alla gelatina.

Lara aveva una lettera tra le zampe, con scritto il suo nome. Penny immaginò che fosse la risposta di Arnold. La prese senza troppe cerimonie, cosa che causò risentimento da parte di Lara. La vide volare via, offesa dalla sua fretta. Non aveva importanza, si sarebbero riappacificate non appena le avesse dato un po' di becchime. Era sempre così: aveva un pessimo carattere. In compenso, le arrabbiature le passavano in fretta.

"Posta da casa?" domandò Fred. Penny annuì distrattamente, intenta ad aprire la busta e a leggere il contenuto della lettera.





Mia cara Penny,

non hai idea della gioia che ho provato nel leggere la tua lettera. Il tuo Patronus ha preso una forma con un significato importante. Sono anziano, ma non sono ancora stato Obliviato: ricordo che il nucleo della tua bacchetta è in crine di unicorno. Non potrò mai dimenticare il giorno in cui ti portai a Diagon Alley per acquistarla. Il fatto che siano le bacchette più difficili da convertire alle Arti Oscure mi ha solo confermato la tua bontà, la tua integrità. Tradizionalmente, l'unicorno è emblema di purezza, umiltà e vittoria – e già questo basterebbe a rendermi orgoglioso. Oltre a questo, era il Patronus di mia madre.

Era una donna eccezionale e una strega talentuosa, per questo alla tua nascità ho insistito per darti il suo nome, nella speranza che tu ereditassi le sue qualità. Ci avevo visto giusto: anche tu sei una streghetta di talento. L'Incanto Patronus è un incantesimo che evoca un protettore, qualcuno che ci salvi nel momento del pericolo. Evidentemente lo spirito che protegge te è quello della tua bisnonna, Penelope. Sei la mia bambina; e vorrei sempre esserci io a proteggerti, come quando eri piccola. So che non è più possibile, ma ora sono tranquillo.

Ogni volta che ne avrai bisogno, ti proteggerà la guida del suo spirito, anche se spero ti serva il meno possibile. Ora smetto di scrivere, o diventerò troppo sentimentale. Sto invecchiando, e non faccio altro che chiacchierare. Sappi solo che sono fiero di te.

Ti voglio bene nipote,

Arnold



P.S. Sarai un ottimo Auror, te lo assicuro.











Non appena ebbe finito di leggere, sentì i propri occhi illanguidirsi. Niente la emozionava quanto le lettere di Arnold, così cariche di affetto e di tenerezza.

"Tutto bene spero..." Fred doveva aver preso il suo silenzio prolungato come un segnale di cattive notizie. Penny si ricompose e mise via la lettera, rassicurandolo. Era molto contenta di quello che le aveva scritto il nonno: era fiero di lei.

Probabilmente, se fosse stata sola, avrebbe pianto come una fontana; si commuoveva facilmente, Penny. Nessuno doveva saperlo, però.

"Che lezioni hai domani?" domandò poi a Fred.

"Penny, domani è sabato" rispose lui. "Non abbiamo lezioni".

"Oh, giusto" disse lei. "Sono un po' fuori fase, mi sa". Fred le sorrise, comprensivo.

"Anch'io, e gli esami si avvicinano". Fred frequentava l'ultimo anno e quell'anno avrebbe dovuto concludere gli studi ad Hogwarts, dopo i M.A.G.O.

"Puoi garantire a te stesso la promozione in un solo modo" replicò Penny.

"Corrompendo la McGranitt?" propose speranzoso.

"No, Fred: studiando" ribattè ridacchiando.



Lo sguardo divertito di Fred si spostò improvvisamente in un punto dietro le spalle di Penny, che si voltò per controllare chi stesse guardando. James Potter, che fino a poco prima era seduto qualche posto più in là, si era alzato ed era lì.

"Come va, Shane?" esordì il ragazzo, ignorando totalmente il cugino. Penny accennò un timido sorriso, perché pensava di sapere il motivo che aveva spinto James ad andare da lei. Sperava di sbagliare, ma James poggiò una mano sul tavolo, restando in piedi.

"Avrei bisogno di parlare con te..." Proprio la frase che sperava di non dover sentire Penny. "Qui hai finito, no?" Penny era ancora seduta e non stava guardando James negli occhi, ma si accorse che doveva aver fulminato Fred con lo sguardo dall'occhiata contrariata che quest'ultimo gli rivolse.

"Non si può rimandare?" disse, vaga. "In Sala Comune, magari".

"Preferirei adesso" replicò James. "Se non sei troppo occupata".

Penny alzò gli occhi al cielo e decise di seguirlo e sentire quello che aveva da dire.

"Ci vediamo dopo" disse agli altri. Era sicura che per colpa di James avrebbe rivisto gli amici direttamente alla Torre Grifondoro.



Fecero pochi passi e si fermarono nella Sala d'Ingresso, ancora vuota, dato che tutti gli altri studenti erano in Sala Grande. Penny si appoggiò al muro, aspettando che James desse inizio alla conversazione – cosa che lui non tardò a fare.

"Perchè?" chiese.

"Perché cosa, Potter?" ribattè lei, fissando il pavimento. James sbuffò, irritato.

"Sai di cosa parlo, Shane" disse, il tono eloquente. "Malfoy".

Penny sollevò lentamente lo sguardo sul ragazzo, che era evidentemente a conoscenza del piccolo diverbio che c'era stato tra lei e Scorpius.

"Dopo la partita te ne sei andata di fretta" continuò James. "Senza neanche dirmi dove stessi andando..." Il tono duro la fece sentire in dovere di ribattere

"Non devo ancora informarti di ogni mio spostamento" ribattè, sfidandolo ad asserire il contrario. James sembrò seccato.

"Volevo solo ringraziarti per aver domato l'incendio"

"L'hai fatto adesso" gli fece notare. "Be', non c'è di che Potter" rispose sbrigativa. Stava meditando di tentare la fuga, poiché sentiva una ramanzina in arrivo – e non aveva voglia di sentire l'ennesima paternale. Però James non era venuto fin lì solo per ringraziarla.

"Non è più questo" disse poi. Penny si fermò ad ascoltarlo e si voltò nuovamente a guardarlo, rassegnata.

"Ti sono venuto subito dietro per dirti grazie" raccontò James, "ma ti ho vista parlare con Malfoy!" Aveva sperato che non ne sapesse nulla, invece l'aveva addirittura vista!

"Questione personale" Era la stessa risposta che aveva rifilato a Fred, ma aveva l'impressione che James non l'avrebbe presa per buona. Infatti, il Cercatore imprecò a bassa voce, visibilmente infastidito dalla bugia.

"So bene che è stato lui a dare fuoco al mio mantello" ribattè. "Quello che mi sfugge è perché ci hai parlato tu"disse, più dolcemente. "Avrei dovuto farlo io".

"Sì" ammise infine Penny, "ti ho difeso con Malfoy!" Lui parve colpito dall'ammissione e le lasciò

Era stata impulsiva – anche se aveva avuto le sue buone ragioni -, ma non meritava un'altra ramanzina.

"So difendermi da solo, Shane!"

"Cos'è?! Ho ferito il tuo orgoglio maschile?" ribattè Penny, pungente. James sgranò gli occhi e scosse lievemente la testa, come a suggerire che lei non fosse in grado di comprendere ciò che lui stava dicendo.

"Non è questo" replicò James, "è che non sei tu a dovermi proteggere. Non hai nessun interesse a farlo e non dovevi perché poteva essere pericoloso". Penny sbuffò sonoramente, pensando che lei ce l'aveva eccome, l'interesse di saperlo vivo.Sapeva che non era stata una buona mossa, ma era stato l'istinto a proporla, non la ragione. Decise di mentire, proprio come aveva mentito a Malfoy. "Sei il cercatore della mia squadra. Se qualcuno cerca di estrometterti dal gioco, ci andiamo di mezzo tutti" disse. "Poi le lamentele di Baston chi le sente..." Cercò di smorzare la tensione con una battuta, senza successo. Potter si era avvicinato, evidentemente nell'impeto della rabbia – no, forse quella che leggeva nei suoi occhi scuri era preoccupazione.

A quelle parole James mise una certa distanza tra loro, facendo un passo indietro. Quel gestò la disturbò, le fece provare un senso di vuoto. Avrebbe voluto abbracciarlo e confessargli che non era certo quella la ragione per cui voleva proteggerlo, che non le sarebbe importato nulla della Coppa del Quiddich. Voleva solo che lui fosse al sicuro. Peccato che il seguito di questa ipotetica scena sarebbe stato catastrofico; Penny poteva immaginarsi cosa sarebbe successo. James avrebbe scansata credendolo uno scherzo – o peggio, l'avrebbe compatita. Le avrebbe detto che non era interessato, e lei se ne sarebbe vergognata a vita. Quindi optò di nuovo per la menzogna, una strada già percorsa.

"Non voglio spegnere mille incendi sul campo, solo perché Malfoy desidera che tu arrostisca" proseguì. "Però hai ragione, non sono affari miei, dato che io e te non siamo amici" concluse. "Quel che so è che siamo compagni di squadra".

"Quindi è questo?" chiese. L'espressione sul volto di James era indecifrabile.

"Sì, che altro?" replicò, col cuore in gola.

"Il tuo compito è proteggermi dentro il campo, non fuori!" precisò lui.

"Mi dispiace" si arrese Penny. "Non avrei dovuto, è stata un'azione dettata dall'odio". O dall'amore, dipende dai punti di vista.

Questo avrebbe dovuto dirgli, ma non lo fece.





Le stava dicendo di averla vista parlare con Malfoy, le stava chiedendo spiegazioni; e tutto quello che Penelope Shane sapeva rispondere era che l'aveva fatto perché nessuno doveva azzardarsi a fare del male al Cercatore Grifondoro.

Lo faceva impazzire che l'avesse difeso per quel motivo. Solo per quel motivo. Era del tutto irrazionale, ma per un attimo aveva sperato che ci fosse altro. Evidentemente si era sbagliato, perché gli occhi di lei – così verdi e limpidi – non rivelavano alcun sentimento. Oltretutto quando le aveva chiesto di uscire dalla Sala Grande, era di nuovo in compagnia di Fred. Non faceva altro che starle dietro. James era doppiamente irritato, in quel momento. Era arrabbiato con se stesso, anche.



Avrebbe voluto dirle che era innamorato di lei, dirle che non importava se non lo voleva, perché almeno si era liberato di quel fardello. In realtà, però, importava eccome se non lo voleva. E non era solo orgoglio da maschio alfa, come sicuramente avrebbe pensato lei. Era che essere rifiutato da lei, gli avrebbe fatto molto, molto male. E non avrebbe potuto farci niente, perché non si può indurre un amore che non è spontaneo. Decise di dare un taglio netto a quella conversazione, prima che gli rivelasse altre brutte sorprese.

"Se il punto cruciale della faccenda è la tua inimicizia con Malfoy, vedi di sbrogliartela per conto tuo" disse, il tono secco. "E comunque, grazie davvero, ma lascia che a difendermi ci pensi da solo". Senza darle neanche il tempo di ribattere si allontanò, su per le scale, diretto in Sala Comune.













NOTE AL CAPITOLO

- Sì, James ha pensato prima alla scopa che al fatto che il suo mantello stesse andando a fuoco. Del resto, chi sono io per giudicare? Ho fatto una rovinosa caduta in cui ho pensato solo a salvare la mia amata macchina fotografica. Mi sono fatta male io, ma lei ne è uscita incolume. Traete voi le conclusioni.

- *Per chi non lo sapesse, il Freddafiamma è un incantesimo che induce il fuoco a diventare inoffensivo contro coloro che sono vicini alle fiamme, generando soltanto una delicata sensazione di solletico, anziché le ustioni.

- * Fred Jr sta facendo riferimento all'episodio del quinto libro in cui i gemelli Weasley interrompono gli esami dei G.U.F.O. e lasciano la scuola in maniera teatrale, facendo infuriare la Umbridge (e Gazza, ovviamente).

- “Mezzosangue” si intende qui come nell'originale 'Halfblood', ovvero le persone di sangue misto (ad esempio Harry Potter, dal momento che Lily Evans era Nata Babbana). Lo dico perché nelle prime traduzioni italiane (e anche nel film), vengono chiamate Mezzosangue anche le persone come Hermione, che invece sono definibili più correttamente come “Sanguesporco”, nell'originale “Mudblood”. Ovvero i Nati Babbani, da genitori senza poteri magici.

- Per quanto la mamma di Penny sia senza poteri, il suo sangue l'ho comunque considerato misto, essendo figlia di un mago e di una babbana. Per questo Penny la definisce Mezzosangue.

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Capitolo 12
*** 11. L'intervento ***


Capitolo undici



L'intervento



Dopo quell'ennesimo scambio di opinioni, passò una settimana prima che James ricominciasse ad interagire con Penny. Quando la vedeva in Sala Comune si rabbuiava, e se la incontrava per i corridoi faceva di tutto per evitarla. Era impossibile non notare come la sua sola presenza lo infastidisse, e la cosa la rendeva decisamente triste. Era scoraggiante anche il non poterne parlare con nessuno.

Gli amici, proprio come lei, erano oberati di lavoro scolastico, e nel tempo libero avevano di meglio da fare che prestare ascolto ai suoi piagnistei. Albus sembrava impegnato a valutare diverse tattiche d'approccio da sfoderare con Alice. Non aiutavano neppure le sempre più frequenti sparizioni di Rose, che sgusciava fuori dalla Torre Grifondoro per incontrare Lorcan. Insomma, non rimaneva molto tempo per loro tre.

Ad ogni modo, Penny aveva capito che su James non c'era più nulla da dire. Doveva semplicemente fare in modo che il ragazzo uscisse dalla sua testa, una volta per tutte.

Nel frattempo, un'altra persona le era sempre più vicina: Fred Weasley Jr. sembrava non avere intenzione di staccarsi da lei. Non avevano dato definizioni a quella specie di frequentazione – perché in fondo non c'era ancora bisogno di farlo. Semplicemente, passavano il tempo insieme. A volte studiavano in biblioteca, e sempre più spesso la accompagnava a lezione, con la scusa di doversi recare nell'aula accanto. Le piaceva stare in sua compagnia, doveva ammetterlo.

Penny non voleva illudere Fred, ma provava il desiderio di scacciare James dal suo cuore. Forse con il tempo, si diceva, le cose sarebbero potute cambiare. Lei sarebbe cambiata. L'avrebbe dimenticato.





"Allora, sei pronta per la grande sfida?" domandò Fred, intravedendo la confusione sul volto di Penny. L'aveva strappata ai suoi pensieri, grazie al cielo, prima che vertessero su James. Di nuovo.

"Per cosa?" chiese. Lui rise.

"Sabato c'è la partita" le fece presente.

"Perchè me l'hai ricordato?" sbuffò Penny. "Baston ci sta facendo allenare come mai prima d'ora. Dobbiamo essere pronti a ogni eventualità, sul campo!" Aveva un certo talento nello scimmiottare la voce del suo Capitano.

"Sam è fatto così, lo sai" disse Fred. "La prima sfida è con i Corvonero, però" aggiunse, giusto per rincuorarla. Penny lo apprezzò.

"Molto meglio delle serpi" confermò lei.

"E poi, domani si va a Hogsmeade!" Sulle labbra della ragazza spuntò un sorriso: sarebbe stata una buona occasione per parlare con Rose e Albus. Era stata un po' distaccata nei loro confronti, e non voleva che pensassero di aver fatto qualcosa per meritarlo. Non aveva voluto disturbarli con le proprie paranoie, ma aveva bisogno di quei due.

I circuiti neuronali moribondi avevano del tutto smesso di funzionare dopo la discussione con James. Inoltre non riusciva a comprendere del tutto quello che stava succedendo tra lei e Fred. Doveva parlarne con le uniche due persone a cui avrebbe affidato ogni confidenza.

"Grazie" replicò solamente.

"Per cosa?" chiese Fred, lanciandole un'occhiata confusa.

"Per avermi ricordato della gita e aver riacceso il mio buonumore" disse sorridendo. "È una cosa che sai fare molto bene".

"Cosa, farti da Ricordella?" scherzò.

"Anche" replicò Penny, stando al gioco. "Mi riferivo al fatto che sei bravo a mettere le persone di buonumore". Fred sembrò soddisfatto da quella risposta e le sorrise, senza aggiungere altro.

"A proposito di gente a cui serve una Ricordella, mi sono dimenticato dove siamo diretti..." osservò invece.

"Mi stai accompagnando fuori, alla Serra di Erbologia, dato che tu hai Cura delle Creature Magiche" gli disse. "Non sei troppo giovane per avere una memoria così labile?" Fred le lanciò un'occhiata divertita.

"Sai che quando sono con te non capisco più nulla" celiò, in tono volutamente teatrale. Penny si limitò a un'occhiataccia e lo superò di un passo, giusto per nascondere il lieve rossore che le aveva imporporato le guance. Non aveva interagito con molti ragazzi nella vita – e la colpa era tutta di Potter!

Di nuovo, l'aveva pensato di nuovo. Sempre lui, solo lui. Ci doveva pur essere un sistema, una scappatoia per uscire da quell'ostinata insensatezza.

"Smettila di fare lo scemo" scherzò. Sapeva che prima o poi l'argomento sullo strano rapporto che si stava creando fra loro sarebbe uscito fuori, ma non era proprio il momento.

"Ma io sono nato per fare lo scemo, Miss Shane!" replicò, quasi offeso.

"Oh, non lo metto in dubbio" disse Penny ridacchiando.

"Sono l'erede dei Tiri Vispi Weasley, hai presente?" continuò Fred. "Devo portare avanti la tradizione di di famiglia" aggiunse.

Parlando, erano ormai usciti dal grande portone di quercia e avevano attraversato il cortile, dirigendosi spediti giù per la collina. In poco tempo arrivarono alla Serra di Erbologia, davanti alla quale Fred si congedò con un mezzo inchino.



Penny si infilò alla svelta nella Serra, dove la lezione non era ancora iniziata. Scoccò un'occhiata di fuoco a Scorpius, che la ricambiò con un ghigno davvero poco piacevole. Penny decise di lasciar correre e prese la palandrana, per poi sistemarsi tra Rose e Al, che per una volta non era impegnato a parlare con Alice.

"Che fine hai fatto?" le chiese il ragazzo, con un tono inquisitorio che Penny non gradì.

"... disse l'uomo che era sempre disponibile" ribattè, piccata.

"Io almeno so quello che faccio" replicò lui. Sembrava infastidito, ma Penny non avrebbe saputo dire per quale motivo. Si ripromise di chiedere spiegazioni dettagliate, più tardi.

"Voi due!" intervenne Rose, "non è questo il luogo adatto". Entrambi tacquero. Nessuno osava replicare, quando Rose entrava in modalità Hermione Granger.

"Appena usciremo da qui" aggiunse sottovoce, "avremo tutto il tempo per parlare. Non ci saranno Lorcan o Alice che tengano, hai bisogno di un bell'intervento". Penny la squadrò per un attimo, sperando che scherzasse. Odiava gli interventi quando la riguardavano, però sapeva di non potersi sottrarre senza venire meno a un giuramento.

"Non ne ho bisogno!" Fu la fievole protesta che – Penny lo sentiva – non sarebbe servita a smuovere gli amici. A dire il vero, lei stessa non era convinta di quell'affermazione. Se Al e Rose ritenevano che avesse bisogno di un intervento, la situazione doveva apparire grave ai loro occhi.

Quella che ormai era una vecchia tradizione, era iniziata al primo anno. Penny riusciva ancora a sentire la voce bambinesca di Al pronunciare il giuramento. Se due di noi ritengono necessario l'intervento, il terzo non si può sottrarre.

Non si poteva venir meno a quel patto, perciò avrebbe ascoltato qualsiasi cosa avessero da dire.



"Dunque, oggi travaseremo le Mandragole" stava dicendo il professor Paciock, con aria rilassata. Penny si mise d'impegno nell'ascoltare la lezione, perché se c'era un insegnante che meritava attenzione e rispetto, quello era Neville Paciock. "Dovreste conoscere questa pratica, perché abbiamo già trattato l'argomento". Purtroppo Penny ricordava quella lezione, come la maggior parte dei compagni, le cui facce esprimevano disgusto. L'unica contenta di quella notizia sembrava essere Alice, insieme a suo padre. Penny non era certa di poter comprendere quell'amore per le Mandragole da parte dell'amica. Erano esseri utili, certo, ma urlavano e piangevano come dei neonati in fornato vegetale. Utili, ma terrificanti.

"Mi raccomando, posizionate bene i paraorecchi! Ne so qualcosa di quanto sia piacevole sentire il pianto della Mandragola" aggiunse Neville*. Penny sorrise; il professor Paciock aveva raccontato che il suo primo travaso, in gioventù, non era andato alla grande. A quel punto tutti fecero come aveva detto: la prospettiva di svenire non allettava nessuno di loro. Perfino i Serpeverde obbedirono in silenzio.

Quando furono pronti, il travaso ebbe inizio e quegli esserini recalcitranti cominciarono a piagnucolare fastidiosamente, tanto che un leggero piagnisteo si sentiva anche con i paraorecchi. A Penny la lezione era sembrata fin troppo lunga, e quando finalmente furono liberi di togliersi i paraorecchi, uscì in fretta con Al e Rose.

Non vedeva Trixy e Alice, ma era meglio così; avrebbero voluto partecipare all'intervento, e nessuno dei tre – Penny lo sapeva – se la sarebbe sentita di impedirglielo. Però quella era una cosa loro. O almeno, lo era sempre stata. Per la prima volta, Penny si chiese se, ora che c'erano Lorcan per Rose e Alice per Al, le cose tra loro sarebbero in qualche modo cambiate.

Per quanto lei e Rose fossero amiche di Alice e Trixy e Al lo fosse di Finnegan e degli altri compagni di stanza, nessuno sapeva di quella loro strana abitudine. Gli interventi erano, di solito, per situazioni gravi, cose che solamente loro tre potevano esaminare.

Mentre risalivano la collina erbosa, Penny notò che Cura delle Creature Magiche era finita in quel momento e affrettò il passo. L'ultima cosa che desiderava era di trovarsi nel contempo a fronteggiare James Potter e Fred Weasley. Si limitò a salutare da lontano Fred, che ricambiò con un sorriso. In quel momento, Penny si sentì trascinare dalla parte opposta. Rose l'aveva presa sottobraccio, con poca delicatezza.

"Dobbiamo parlare" disse Al, affiancandola.

"Non abbiamo Trasfigurazione?" Era un patetico tentativo di sviare la questione, perché Penny sapeva che l'ora seguente sarebbe stata libera. Quei due pazzi la stavano trascinando chissà dove, e le sue possibilità di fuggire erano pari a quelle di un prigioniero di Azkaban.

"Dove stiamo andando?" domandò. "Non ci stiamo avvicinando alla scuola, non mi piace".

"In un posto sicuro" rispose Al, sbrigativo.

"Al, per te il Platano Picchiatore è un posto sicuro?" chiese, terrorizzata dalla direzione che avevano preso.

"Mica penserai che ci metteremo lì sotto!" ribattè Al, alzando gli occhi al cielo.

"Spero di no, o siete più pazzi di quel che credo".

"Ovviamente no" disse Rose, "però qui intorno non c'è mai nessuno".

"Be', certo che no" sbottò Penny. "E vi siete chiesti perché gli studenti non vengono qui a frotte?" chiese, ironica. "Se mi becco una frustata dal ramo del platano" aggiunse, "la nostra amicizia finisce qui". Al e Rose sembrarono non udire alcunché e continuarono a trascinarla per alcuni metri.

Fortunatamente le sue paure si rivelarono infondate, perché non si sedettero troppo vicini a quell'platano terrificante, ma in un punto un po' nascosto. La misero di peso sul tronco di un albero.

"Lo fate sembrare un interrogatorio!" protestò Penny, seccata. Rose la zittì con un gesto, come se stesse scacciando un moscerino fastidioso.

"Parla il comitato, ora" la interruppe. "Poi potrai dire la tua".

"Conosco le regole, Rose!" rispose, incrociando le braccia al petto. Rose e Al iniziarono a confabulare tra di loro, poi quest'ultimo parlò.

"Crediamo che tu abbia le idee confuse". Lei stabuzzò gli occhi.

"Sul serio" disse Penny, "mi avete trascinata qui per dirmi questo? Lo so già di avere le idee confuse". Era semplicemente ridicolo.

"Ovvio che no! Siamo qui per risolvere il problema" puntualizzò Rose.

Maledetto tono da so-tutto-io!

"Abbiamo notato che stai sempre con Fred" continuò Al. "E non siamo convinti che tu stia facendo la cosa giusta, visto che sei pazza di James".

"Quindi vuoi farmi sentire in colpa se parlo con Fred" iniziò, "solo perché dovrei restare in dormitorio a singhiozzare per quell'idiota di tuo fratello?" Era piuttosto infastidita dalle parole di Al, doveva ammetterlo.

"Veramente" obiettò Rose, "sono convinta che se con Fred sta succedendo quello che credo, hai tutte le ragioni del mondo per assecondarlo. James è un demente, e lo dico con affetto". Rose è dalla mia parte, quindi? Ma soprattutto, si chiese Penny, quale diavolo è la mia parte? Perché lei stessa non aveva idea di come muoversi tra quei due.

"No invece!" protestò Al, evidentemente del parere opposto. "È inutile provare a far funzionare le cose con Fred, se nella tua testa c'è James!" Sembrò che volesse aggiungere qualcosa, ma poi ci ripensò, così Penny si decise a parlare.

"Non posso aspettare James per sempre" disse seccamente. "Attendere qualcosa che non può arrivare, è stancante".

Sembrò che Rose volesse interromperla, ma Penny non glielo permise. Sapeva cosa voleva chiedere. "Per quanto riguarda Fred... mi piace, ma tra noi non c'è stato niente, forse non ci sarà mai".

Penny credeva che quelle parole avrebbero chiarito i suoi pensieri al riguardo, ma vedendo i suoi amici si accorse solo che Rose sembrava dubbiosa, mentre Al sollevato. Di sicuro quei due non erano in sintonia sulla questione, e questo la confondeva.

"Quindi, proprio niente?" chiese conferma Al.

"Per la barba di Merlino! Non pensi che, se così fosse, ve lo direi?" Entrambi annuirono e Al sembrò di nuovo sul punto di dire qualcosa.





Albus Severus Potter era in seria difficoltà. La migliore amica e il fratello, dal suo punto di vista l'accoppiata perfetta. Si piacevano, anzi si amavano. Avrebbe dovuto rivelare tutto e basta? Per un lungo attimo ebbe la forte tentazione di parlare lì, di dire a Penny che James era cotto almeno quanto lei. Si trattenne, però.

Gli dispiaceva, ma non poteva immischiarsi – semplicemente non se la sentiva. Avrebbe cercato di seminare indizi che portassero James e Penny nella giusta direzione, ma non avrebbe parlato al posto loro.

"Al, mi sono stancata di stare male" disse Penny, passandosi una mano tra i capelli. "E sì, lo ammetto: questa cosa di Fred mi ha fatto capire che forse l'unico modo per far uscire James dalla mia mente è..."

"... sostituirlo con qualcun altro?" Era stata Rose a completare la frase di Penny. Quelle parole fecero realizzare ad Albus la stupidità di quell'idea. Soprattutto, la sua inefficacia.

"Chiodo scaccia chiodo, insomma" aggiunse Rose. Lei non sembrava così contraria all'idea, ma solo perché non conosceva i veri sentimenti di James. Si chiese se fosse giusto informare sua cugina, ma era certo che al suo posto Rose avrebbe preso la stessa decisione – non intromettersi col destino – e non aveva senso caricarla del peso di una verità che già a lui costava non rivelare alla loro più cara amica.

"Be', detta così sembra brutale" disse Penny a Rose, "però sì. Voglio dire, col tempo magari potrei dimenticare James, no?" domandò, incerta. Il tono della sua voce gli fece capire che lei voleva la loro approvazione. Le lesse in volto la speranza di dimenticare James.

"Potresti avere ragione" commentò Rose stavolta. Al si voltò verso di lei, irritato.

"Per niente!" ribattè con convinzione. "Il chiodo scaccia chiodo non ha mai avuto successo, fin dall'alba dei tempi". In realtà non ne era certo, ma non importava, perché conosceva Penny abbastanza da sapere che per lei non avrebbe funzionato.

"Non puoi saperlo" gli disse Rose, ancor prima che l'altra parlasse. "E che sia Fred o chiunque altro, se c'è qualcuno che può farla stare meglio, perché non tentare?" Senza sapere ciò che aveva scoperto, probabilmente anche lui avrebbe dato una possibilità a quella teoria.

"Ragazzi, io sono ancora qui" esclamò Penny. "Potreste evitare di parlare come se non fossi presente?" Sembrava decisamente alterata, principalmente con lui. "Fred mi fa sentire meglio, egoisticamente parlando. Vuoi che continui a soffrire per qualcuno che non posso avere?" gli chiese. "O ti sta a cuore la mia felicità?" Posta così, la domanda gli fece venire voglia di vuotare il sacco, per l'ennesima volta. Detestava mentire alla sua migliore amica.

"Ovviamente" ribattè, "mi sta a cuore. Sto solo dicendo che non credo che Fred o chiunque altro possa scacciare James dal tuo cuore". Lei sembrò indispettita dall'uso della parola cuore – Al aveva notato che evitava di dirlo. Aveva detto 'cacciare dalla mia mente James'. Ed era possibile che Penny, che lo conosceva bene, sapesse che l'aveva fatto a posta.

"E questo che diavolo significa?" domandò indispettita.

Al si trovò perso tra il proposito di non mettersi in mezzo tra Penny e James e quello di aiutarli. Non riuscì ad evitare di parlare.

"Diglielo". Penny lo guardò dubbiosa, ma era certo che avesse capito cosa intendeva. Lei capiva sempre cosa Al intendeva dire. "Dillo a James" ripetè comunque.

"Al, ti devo ricordare che cosa mi hai risposto quando sono stata io a consigliarti di dire a Alice che ti piace?" Lui accusò il colpo. "Non mi pare che tu abbia seguito il mio suggerimento, non vedo perché dovrei farlo io" aggiunse.

Al si ricordò in quel momento che aveva anche lui qualcosa da comunicare. Forse l'avrebbe convinta, proprio come Penny aveva convinto lui.

"Ti sbagli, idiota di una Penny Shane" replicò. Penny sembrò confusa, poi un lampo di comprensione le illuminò gli occhi.

"L'hai fatto davvero?" L'ombra di un sorriso spuntò sulle labbra della ragazza.

"Proprio stamattina" disse senza girarci intorno. "Ha risposto che prova lo stesso".









Penny aveva un'espressione di stupore dipinta in volto, e Rose si rese conto che doveva averne una molto simile. Entrambe sapevano che la luce che gli occhi verdi di Al sprigionavano era frutto di quella nuova consapevolezza – che Alice voleva stare con lui.

"Ha detto che mi aspettava, o qualcosa del genere" aggiunse lui, massaggiando nervosamente il collo. L'evidente disagio che il cugino provava fece sorridere Rose. "Credo di piacerle da un pezzo, quindi". Al era il ritratto della felicità.

Vide Penny alzarsi dal tronco sul quale l'avevano poggiata di forza e non ci pensò un attimo prima di fiondarsi in un abbraccio di gruppo. Ce l'aveva fatta a dichiararsi. Non dovevano più sopportare i dubbi di Alice e le indecisioni di Al.

"Finalmente!" esclamò Penny, quando si staccarono.

"Eravate insopportabili!" si lasciò sfuggire Rose.

"Eravamo?" chiese lui. "Sapevate che le piacevo e non mi avete detto nulla?" chiese, stupito. Non era arrabbiato, però. Rose era contenta: non sopportava la versione infuriata di Al. Per un attimo lo rivide, bambino, che tentava di rubare la bacchetta alla zia Ginny. E si rivide bambina, a difendere il cugino dai rimproveri dello zio Harry, prendendosi la colpa di qualcosa che non aveva fatto. O viceversa.

"Ehi, io ci ho provato a fartelo intuire" gli ricordò Penny, facendo ridere Rose.

"Il fatto è" si sentì in dovere di chiarire, "che prima di saperlo da te, sapevamo già che lei era cotta di te, ma le avevamo giurato di non dire nulla. Un patto è un patto, Al. Penny voleva dirtelo, ma sarebbe stato come manovrare il destino, quindi sono stata io a trattenerla. Mea culpa" concluse con un'alzata di spalle. Non voleva che Al desse la colpa a Penny, visto che era principalmente sua. "Però è andata bene, no? Magari avremmo fatto qualche casino, se ci fossimo immischiate".

"Sei arrabbiato?" gli chiese Penny, ma anche lei lo conosceva. Entrambe sapevano che non lo era. Infatti Al scosse la testa in segno di diniego.

"Avrei fatto lo stesso" disse. "Alice non vi aveva autorizzato in fin dei conti, no?"

Lei scosse la testa all'unisono con Penny, come a confermare. Per fortuna, si disse Rose, Albus l'aveva presa bene.











Penny si sentì felice per tre motivi: Al era felice, Alice era felice, Al aveva seguito un suo consiglio. Incredibile. Fosse stato per Penny, avrebbe fatto di testa sua fin dall'inizio, ma era andato tutto per il verso giusto, e dunque Rose aveva avuto ragione. A quel punto, inoltre, sperava si fossero scordati dell'intervento.

"Comunque" fece Al, neanche avesse ascoltato i suoi pensieri. "Non dimentichiamo perché siamo qui. Di me possiamo parlare dopo".

"Ci risiamo..." disse sedendosi di nuovo, l'espressione sconsolata.

"Dicevi?" fece Rose.

"Che Fred mi piace, mi fa sentire bene e non è mai scortese, a differenza di Potter senior..." Era un riassunto davvero succinto, ma non c'era altro da dire.

"Sì, ti piace, ma ami James!" insistette Al.

"Albus, capisco che oggi tu sia ben disposto nei confronti della questione vero amore" iniziò Penny, "però io voglio solo scordare che lui esista".

"Non puoi usare Fred a questo scopo" le fece notare, più calmo rispetto a prima.

"Io non voglio usarlo" precisò. "Voglio solo sperare con tutte le mie forze che funzioni".

"Ma se non dovesse funzionare, uno dei tre si farà male. Molto male" presagì Al con aria severa. A dire il vero si sarebbero fatti male tutti e tre, pensò Albus. James sarebbe stato a pezzi nel vedere Penny con Fred, il quale a sua volta sarebbe rimasto scottato perché prima o poi avrebbe capito di essere un rimpiazzo, ma soprattutto Penny, conoscendola, si sarebbe sentita in colpa per ogni cosa e avrebbe comunque continuato a pensare a James. Al era perso in questa catastrofica premonizione quando udì la voce di Penny.

"Tre?" domandò, stupita.

"Ho detto tre? Volevo dire due, certo. Due. Ovvio, no? Tu e Fred" si corresse Al, ma Penny non fece troppo caso alla svista dell'amico.

"Non voglio che qualcuno si faccia male" disse, "ma sto cominciando a capire, anche grazie a Fred, che aspettare all'infinito non mi fa bene".

"Ha ragione" le fece eco Rose, guardandolo. Al si chiese perché non avesse ancora imbavagliato sua cugina.

"Sono sei anni che lo aspetto. Dal primo sorriso che mi ha indirizzato, davanti all'espresso per Hogwarts, credo..." Si sentì persa nel ricordo di quel ragazzino impertinente che le sorrideva da dietro il suo carrello, alla stazione di King's Cross. "Quella stupida cotta si è trasformata in qualcosa di più, ma io ho cercato di negarlo finché ho potuto".

Penny non osava immaginare come dovesse apparire patetica agli occhi dei suoi amici. Non se ne curò, comunque. Non aveva mai raccontato nel dettaglio come erano nati i suoi sentimenti per James, perché Rose e Al l'avevano semplicemente capito, senza chiedere spiegazioni.

"Non volevo ammettere i miei sentimenti, ma ho dovuto. Con l'unico ragazzo che ho avuto non provavo niente" confessò, arrossendo un po'. "Nemmeno baciarlo mi faceva un grande effetto, perché era come se qualcosa – qualcuno – mi impedisse di lasciarmi andare. So di sembrare la protagonista di una soap opera argentina, ma non mi interessa..." In quel momento vide che Al era abbastanza confuso, non aveva idea di cosa diamine fosse una soap opera.

"Non sei messa così male" tentò di consolarla Rose, facendola ridere. Albus le guardava con la fronte aggrottata. "Che c'è? Mia nonna guarda la televisione" specificò la ragazza. Frequentando i genitori di Hermione, Rose aveva più occasioni di Al di stare a contatto con il mondo babbano.

"Continua" le disse Rose. "Che stavi dicendo?"

"Niente, Rosie" replicò Penny, visibilmente stanca. Il punto era proprio quello: non c'era niente da dire. "James Potter non è più un mio problema" concluse. Poi guardò Al, che era rimasto in silenzio.

"Cosa diavolo è una soap opera?"

"Roba da Babbani" replicò Penny, con un mezzo sorriso.

"Be', secondo me dovresti andare da James e dirgli quello che provi, prima di lanciarti in questa cosa con Fred" ribadì Al. Penny voltò la testa verso Rose.

"Non so come consigliarti" ammise l'amica. "Se devi seguire il suggerimento di Al, fallo ora. Altrimenti, se Fred ti piace abbastanza da renderlo possibile, dimentica mio cugino una volta per tutte".

"Rose ha ragione: diglielo ora!" fece Al.

"Non ha detto questo!" protestò Penny.

"No, infatti" ribattè Rose, incrociando le braccia. "Hai ignorato la metà del mio discorso! Quello che intendevo è che deve agire il prima possibile, perché si sta logorando per questa faccenda, e non ha senso".

Al si arrese al pragmatismo di Rose e si lasciò cadere sul tronco, accanto a Penny. Passò un minuto in cui nessuno aprì bocca, ciascuno immerso in un pensiero diverso. Improvvisamente Penny balzò in piedi, preda di un evidente slancio emotivo.

"Cancellarlo dalla mia vita è la soluzione definitiva. Sarà difficile, non lo nego" disse rivolta ad Al, che stava per protestare, "ma non impossibile". Perlomeno, sperava non lo fosse. Forse non si era mai impegnata davvero, magari con un po' di pratica ci sarebbe riuscita.

"Grazie per l'intervento, ragazzi" esclamò convinta, allontanandosi a passi lenti dal tronco dell'albero.

"Dove stai andando?" chiese Al.

"Trasfigurazione" rispose lei, ovvia. Persino Rose sembrò stupita, evidentemente entrambi se ne erano dimenticati.

Mentre discutevano della vita amorosa di Penny Shane, risalirono il pendio erboso e avanzarono fin dentro la scuola. Si diressero all'aula di Trasfigurazione, scoprendo di essere leggermente in ritardo. Conoscevano troppo bene la forma di Animagus della McGranitt per illudersi che il gatto soriano sulla cattedra non fosse la Preside.

Il gatto si allungò e fece un balzo fino a prendere l'aspetto di Minerva McGranitt. "Buongiorno signor Potter" disse la donna, risistemando gli occhiali sul naso. "Signorina Shane" aggiunse, occhieggiando Penny. "Signorina Weasley". I tre salutarono rispettosamente e poi presero posto allo stesso banco, esterrefatti.

"Non ci sgrida neanche per il ritardo?" domandò Al. Si prese una gomitata da Rose e una da parte di Penny. La donna rise del siparietto.

"Oggi sono di buon umore, Potter. Ma se proprio ci tiene..."

"No, grazie, preside" parlò Penny per lui. "Non ci tiene particolarmente".

La McGranitt sembrò divertita e si rimise alla cattedra, stavolta in forma umana. I tre si sbrigarono a tirare fuori tutto l'occorrente per svolgere l'esercizio: carta, penna, calamaio... evidentemente era uno scritto, pieno di domande insidiose. Penny sperò di non essere così distratta da scrivere James Potter e Fred Weasley anziché le risposte corrette.

Tentò di ricordare tutto quello che aveva studiato, ma evidentemente era stato tempo perso. La sua testa era troppo occupata. Per fortuna Al se ne accorse e andò in suo soccorso, facendole copiare il contenuto della propria pergamena.

Non appena furono usciti lo ringraziò e gli fece un gran sorriso. "Mi sarei beccata un non classificato, senza il tuo aiuto" ammise.

"Per così poco" rispose lui. "Lo farei tutti i giorni se significasse vederti sorridere".

"Non farmi commuovere".

"Non ora che stai ridendo" replicò Al. "Non ride dal paleolitico, vero Rose?" aggiunse girandosi verso la cugina. Era scomparsa. Al si guardò in torno con aria interrogativa: non l'aveva vista allontanarsi.

Penny rise della sua espressione, gli prese la mano e ne puntò l'indice destro verso una coppia in fondo alla sala: Rose e Lorcan che si baciavano.

"Ecco dov'è" fu il commento a mezza bocca. Poi tossichiò e si rivolse a lei: "Senti Penny, c'è qualcosa che dovrei dirti, che tu dovresti sapere..." iniziò.

Forse poteva provare a introdurre il tema James-è-pazzo-di-te, ora che Rose non era presente. Lei si accinse ad ascoltarlo, quando sopraggiunse qualcuno a interromperli.

"Miss Shane!" Fred sbucò da un angolo del corridoio, proveniente da una lezione di Divinazione. "So leggere la mente, adesso".

Penny si alzò e lo esaminò accuratamente.

"Immagino! Hai un non so che di..." lasciò la frase in sospeso.

"Profetico?" chiese speranzoso.

"No, di idiota!" Ora Penny stava apertamente ridendo, mentre Fred si fingeva offeso.

"Ah si?! Bene, allora sabato non farò il tifo per te!"

"E che farai? Starai sugli spalti tra i Corvonero? Sono intelligenti, ma anche loro usano le mani, se necessario. Potrebbero ritenerti una spia Grifondoro" lo provocò.

"Non importa!"

"Peggio per te" disse, e gli fece la linguaccia. "Ti perderai una grande partita".

"Vengo alla partirta solo se metterai una maglietta con la scritta Fred Jr. Weasley è il migliore!" propose.

"Non ci penso proprio" replicò. "Tu sei pazzo" aggiunse picchiettando l'indice sulla testa, ad indicare la poca sanità mentale del rosso.

"Ragazzi!" si spazientì Al, "esisto anche io, se non vi dispiace".

Si sentiva escluso dalla conversazione. Purtroppo, anche se negli occhi di lei non vedeva nulla di paragonabile a quello che scorgeva quando era con James, doveva ammettere che tra Penny e Fred c'era una certa sintonia. Non sapeva come sarebbe andata a finire.

Voleva che la sua migliore amica fosse felice, voleva che suo fratello non soffrisse, voleva che Fred non dovesse pagare le conseguenze dell'indecisione di James nel dire a Penny quello che provava per lei.

"Scusa cugino" Fred lo riscosse dai suoi pensieri nefasti. Al scrollò le spalle e fece un sorrisetto di circostanza.

"Raggiungo la mia ragazza" annunciò. Aveva bisogno di allontanarsi da quei due, prima di ritrovarsi a cantare come un uccellino rivelando a Penny i sentimenti di James.

"A dopo" gli rispose lei distrattamente.

Lasciarli soli forse non era un'idea grandiosa, ma non poteva stare lì a fare da terzo incomodo.

Fece dietrofront per andarsene; e vide James. I suoi occhi dardeggiavano fuoco, in direzione di Fred. Decise di andargli incontro, per calmarlo. Ci mancava solo che facesse una delle sue entrate, stupide e plateali. O peggio, una scenata in piena regola.

"Ciao fratello" esordì. "Potrei parlarti un attimo?" Sperava di poter distrarre James. L'occhiata omicida che stava rivolgendo a Fred non prometteva nulla di buono.

"Sono impegnato" rispose, senza staccare lo sguardo dal rosso.

"Da quando fissare le persone come un maniaco omicida è un impegno?" ribattè ironicamente. Perché perdeva tempo tentando di redimerlo? Era una causa persa. "Sarà meglio fare due passi" disse trascinandoselo dietro. Stranamente James non oppose resistenza, anche se non smise di guardare Fred, finché non si furono allontanati abbastanza.



"Che c'è?" chiese quando ebbero svoltato l'angolo. Scomparsa la vista di quei due aveva ripreso l'uso della parola; era già un passo avanti.

"C'è che non puoi stare a fissarli tutto il tempo" spiegò Al, con una calma che in quel momento faticava a mantenere. "Agisci, oppure lascia stare".

Quello si che era parlare chiaro, pensò Al. Con suo fratello era meglio andare al sodo, visto che di tempo quel testone ne aveva perso abbastanza.

"Lasciar stare chi?" Adesso fingeva persino di non capire. Di bene in meglio.

"Per favore, non fare il finto tonto!" sbottò. "Dopo quello che mi hai detto l'altra volta non potevi aspettarti che io non ci sarei arrivato!" Evidentemente, pensò Al, suo fratello l'aveva preso per un idiota.

"Non so di che stai parlando".

"Per Merlino e Morgana!" esclamò Al, esasperato. "Sei davvero indisponente!"

Penny aveva ragione a dire che James fosse un tipo piuttosto difficile. Logico che lei non ne volesse più sapere, se faceva così!

"Sto parlando del fatto che sei innamorato di Penny, idiota!" disse senza mezzi termini. James sembrò cercare un modo di negare, poi semplicemente si strinse nelle spalle. Al lo prese come un assenso, quindi proseguì.

"Se il tuo piano è infastidirla ogni volta che si trova con Fred, non è un granchè. Non lo sarebbe con qualsiasi ragazza, ma con Penny meno che mai. Odia la gente che le sta addosso, per di più senza motivo".

"Ma il motivo c'è!" ribattè James. Finalmente lo ammetteva, dannazione.

"Sì James, ma lei non lo sa".

"E che consigli? Sei tu il cervellone della famiglia". Al prese in seria considerazione l'idea di prenderlo a pugni.

"Tutta la materia grigia destinata a te è passata nella mia testa" replicò invece. L'altro non rispose all'offesa, sembrava pensieroso.

"Devi dirglielo!" Le stesse parole che aveva usato con Penny. Sperava che almeno uno di quei due dementi avrebbe seguito il suo ragionevolissimo consiglio.

"Come scusa?" chiese James, visibilmente alterato – e vagamente sorpreso. "Ti ha dato di volta il cervello? Vuoi che Shane mi tiri un altro schiaffo in faccia?"

"E' la persona meno violenta che conosca" la difese Al. "Gliel'hai praticamente levato dalle mani James".

"Ora la giustifichi! Sono tuo fratello, Al!" protestò.

"Devi andare da lei e dirglielo, o giuro che le riferirò quello che hai insinuato l'altra volta" minacciò, riferendosi all'astrusa teoria di James per la quale Penny fosse innamorata di Al.

"Non lo farai" affermò James sicuro. In effetti non l'avrebbe fatto, ma non gli diede la soddisfazione di una risposta. Era sul punto di rinunciare, quando James parlò.

"Mi vergogno" bofonchiò.

"Cosa? James Sirius Potter, estroverso diciassettenne, figlio del salvatore del mondo magico, niente male con le ragazze, si vergogna?" chiese Albus, esterrefatto. "Chi sei tu, che ne hai fatto di mio fratello?". James roteò gli occhi, esasperato. Perché tutti si aspettavano che avesse sentimenti e pensieri banali e superficiali? Spesso era spavaldo e sicuro di sè, ma non significava che lo fosse in ogni occasione.

"Con Penny è diverso, Al. Io voglio lei, lei vuole un altro. Sono geloso, ma non posso fare nulla per cambiare la situazione" disse d'un fiato. "Ora, per cortesia, lasciami in pace. E non dirle mai dei miei sentimenti per lei. La metterebbero in imbarazzo e non mi parlerebbe nemmeno più" dichiarò. Poi, senza un'altra parola, alzò i tacchi e se ne andò, lasciando Al solo in mezzo al corridoio.

"Tutto questo non promette niente di buono" sussurrò Al, mentre si dirigeva alla ricerca di Alice.















NOTE AL CAPITOLO



1) *L'intervento è una citazione dalla serie TV How I Met Your Mother

Nella serie, quando uno degli amici di Ted ha un problema particolare, il resto del gruppo organizza un Intervento. La persona si siede sul divano e gli altri analizzano i problemi. Nell'eventualità che qualcuno dei lettori non abbia mai visto la serie.

2) *Ovviamente mi riferivo alla storica scena in cui, travasando una Mandragola, Neville sviene davanti a tutti.









ANGOLO AUTRICE

Dopo soli cinque giorni, ecco a voi un altro capitolo.

Dunque, la Janny (come l'ha ribattezzata Francesca lol) è l'unione di due protagonisti totalmente rimbambiti. A volte Penny e James sono frustranti, però li ho creati così – e così li accetto, come due ragazzini alle prime armi con i sentimenti.

Fred si sta facendo strada nei pensieri di Penny; e lei spera che prima o poi le faccia dimenticare James, anche se sa che questo non è del tutto giusto. Speranza vana?

Perdonate Rose, perché pensa di consigliare Penny per il meglio, mentre Al ha deciso di non intromettersi nel rapporto tra il fratello e l'amica (anche se la tentazione è forte). Alice e Al sono finalmente insieme, quindi l'unica coppia che non riesce a decollare è proprio la Janny. Forse non è destino, o forse sì.



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Capitolo 13
*** 12. Gita a Hogsmeade ***


Capitolo dodici



Gita a Hogsmeade



Penny era distesa a letto, ma non riusciva a prendere sonno. Aveva passato il pomeriggio con Fred, girovagando per la scuola. Aveva perfino saltato la lezione di Pozioni, su richiesta del rosso.

Forse era davvero arrivato il momento di dimenticarsi di James Potter e di iniziare a vivere come una normale strega di sedici anni. Niente segreti, niente verità nascoste o frasi non dette. E forse Fred Weasley poteva mettere fine alla sua ostinata, storica, impossibile cotta.

Stava bene con lui, di questo era sicura. Nella sua testa la voce di Rose, pragmatica, le diceva che forse quello sarebbe bastato a risolvere la situazione. Un'altra voce, simile a quella di Al, le suggeriva che forzare la mano non sarebbe servito a nulla.

Ancora assorta nei pensieri, scivolò pian piano in un sonno profondo. Un sonno senza sogni, per fortuna. Altrimenti avrebbe sognato James. E sarebbe stato un incubo.







Il giorno seguente, come le aveva ricordato Fred, avrebbero fatto una visita nel vicino villaggio di Hogsmeade. Amava quel posto: era abitato da soli maghi. A parte Hogwarts, era l'unico posto in cui si sentiva libera. Lì non dovevano nascondersi, nessuno era costretto a fingersi ciò che non era. Non c'era neanche l'ombra di un babbano.

"Svegliaaaaa!" trillò una voce argentina. Penny aprì lentamente gli occhi, turbata da quel suono assordante.

"Alice, ma che ore sono?" chiese, stropicciandosi gli occhi.

Quasi rimpiangeva la sveglia di Rose – e di certo, in quella stramaledetta scuola, rimpiangeva le dolci sveglie di mamma Anne. Il modo di svegliarla che avevano le sue amiche era terrificante.

"Non è tardi, sono solo molto allegra!" rispose Alice. Penny sgranò gli occhi.

"Non è un buon motivo per trapanarmi i timpani di prima mattina! Perché diavolo mi hai svegliata?" Lei odiava essere svegliata in anticipo. Alice fece un sorrisetto malizioso.

"Vi devo raccontare una cosa". Una frase del genere poteva sortire un solo effetto: in un attimo le altre due ragazze si erano fiondate sul letto di Penny, pronte ad ascoltare. Niente più sbadigli o proteste assonnate.

"Allora Paciock?" chiese Trixy impaziente.

"Credo voi due lo sappiate già" si rivolse a Rose e Penny, "ma ve lo dico lo stesso: io e Al ci siamo messi insieme". Un'esclamazione di gioia si levò dalla bocca di Trixy, mentre le altre due si limitarono a sorridere, dato che l'effetto sorpresa era svanito il giorno prima.

"Congratulazioni Paciock!" dissero all'unisono. Penny rise.

Era ancora a letto, sotto le coperte, ma aveva tutte le compagne di stanza addosso. Quindi non fece fatica ad abbracciare Alice.

"Dovete sapere che è stato molto romantico" raccontò. "Senza contare che bacia da dio" non si trattenne dal dire.

"No!" fece Rose, disgustata. "C'è un limite a quello che una ragazza può sopportare. Non mi interessano i particolari sulle vostre slinguazzate!" protestò.

Le altre tre scoppiarono a ridere.

"Va bene" acconsentì Alice, "vi darò i dettagli in assenza di Rose. La cosa importante da dire è che non sono mai stata tanto felice" disse sognante.

A quel punto, non aveva più senso rimettersi a letto per cinque minuti. Penny si alzò e iniziò a prepararsi, lentamente. Era felice di andare a Hogsmeade, ma allo stesso tempo stava ancora rimuginando su quello che Rose e Al le avevano detto il giorno prima. Rose se ne dovette accorgere, perché le indirizzò un'occhiata comprensiva. Era evidente che fosse sovrappensiero, anche se non avrebbe voluto darlo a vedere. Scesero a fare colazione, trovando Al che aspettava Alice impaziente.

"Li invidio un po', Lorcan ed io non possiamo fare colazione allo stesso tavolo" sospirò Rose, in direzione della tavolata Corvonero.

"Non lamentarti Weasley; il ragazzo che ami ti ricambia. Non ti senti fortunata?", le domandò Penny. Lei si sarebbe sentita fortunata, se James l'avesse ricambiata.

Merlino! Perché non riusciva a tenerlo fuori dai propri pensieri? Doveva esercitarsi a non pensarlo, almeno per cinque minuti al giorno!

"Sì, hai ragione" ammise.

"Io ho sempre ragione, Rosie" disse, cercando di darsi un tono.

"Fai poco la superiore, ci sono guai in vista" le fece notare, fissando lo sguardo oltre le spalle di Penny. La ragazza si girò e vide ciò che non avrebbe voluto: James sedeva vicino ad Al, ossia di fronte al posto nel quale stava per accomodarsi lei.

"Ciao Shane" soffiò. Lei rispose con un cenno della mano, certa che se avesse risposto a voce si sarebbe impappinata. Trovarselo lì, gli occhi nei suoi, non era facile. Un po' come essere a dieta e trovarsi una torta al cioccolato davanti. No, neanche. Perché le diete prima o poi finiscono, e tu puoi mangiarne almeno una fetta. Lei Potter non l'avrebbe avuto mai. Neanche una fettina piccina picciò.

Penny soppesò la questione, decidendo che era la metafora sbagliata. Sembrava adatta a una storia di cannibalismo, più che d'amore.

Ebbe a stento il tempo di scambiarsi un'occhiata con James, che il peggio si avverò.

"Buongiorno Miss Shane!" La voce di Fred Weasley la sorprese, mentre lui si sedeva al suo fianco.

"Buongiorno" rispose distratta, guardando di fronte a sè.

Il fatto che mentre Fred le parlava lo sguardo di Penny fosse comunque puntato su James non sfuggì ad Albus, che però non si intromise. La sua amica avrebbe dovuto sbrigarsela da sola, con quei due.

Nel frattempo, Penny si stava chiedendo cosa aveva fatto di male per meritarsi di trovarsi tra Fred e James, che palesemente si detestavano, anche se lei non sapeva il perché. Avere uno dei due di fronte e l'altro seduto accanto non era una posizione invidiabile. Stretta tra due fuochi.





"Allora" disse Fred ignaro, "oggi si va a Hogsmeade".

James alzò gli occhi al cielo: sembrava già infastidito.

"Senza di te non l'avremmo ricordato" borbottò.

Rose gli scoccò un'occhiataccia, mentre Al gli tirò un calcio sotto il tavolo, per ricordargli di usare le buone maniere.

"Qual'è il tuo problema?" gli chiese il rosso. James stava per rispondere, ma venne interrotto dal fratello.

"Lui non ha problemi, Fred" intervenne Al, con un sorrisetto. "Ha solo un gran brutto carattere". Fred sembrò calmarsi, anche grazie ai muffin al cioccolato.

"Ancora ribes!" si lamentò Penny, poggiando il muffin che aveva addentato. Al e Rose risero, ma gli altri due restarono interdetti, senza capire.

"Cos'hai contro i ribes?" le chiese Potter senior.

"Li odia, e trova sempre e solo muffin ai ribes. Una specie di condanna, povera ragazza" la celiò Rose. Per tutta risposta, Penny le indirizzò una linguaccia.

"Prendi il mio, non l'ho toccato" le disse James. "E' al cioccolato". Penny non potè evitare di aggrottare la fronte. Potter era stato gentile con lei. Doveva essere finita in una dimensione parallela, e da un momento all'altro Scorpius Malfoy sarebbe spuntato tra i Grifondoro e le avrebbe offerto un Idromele.

"G-grazie" balbettò, stupita. Lui scrollò le spalle con noncuranza e si limitò a passarle il proprio muffin intatto.

"E' sempre meglio dei ribes" disse Penny addentandolo. "Anche se non è il mio preferito".





Una volta finito di fare colazione, erano tutti pronti per la visita al villaggio di Hogsmeade. Non c'era distinzione di Case, quindi Rose poteva stare con il suo Lorcan. Lily Luna, Hugo e Lysander si unirono alla brigata dei Grifondoro di cui erano parte Alice, Al, Trixy, Penny e James.

Purtroppo per quest'ultimo, anche la concorrenza – ovvero Fred – si era aggregata a loro. Camminava fianco a fianco con Penny, mentre dall'altro lato c'era James. La scena era quantomento bizzarra, e Penny non si era mai sentita così in imbarazzo. Fra due fuochi.

"Fred, puoi venire qui un momento? Ti devo chiedere una cosa".

James ringraziò mentalmente Lorcan, in ogni lingua conosciuta. Sapeva che aveva detto quella frase solo per allontanarlo da lei. Era un vero amico, e prima o poi si sarebbe sdebitato. Stava a lui non sprecare il tempo che gli aveva concesso.

Fred si allontanò di malavoglia, indirizzando un sorriso a Penny.

Merlino! Lei gli piaceva davvero, la stava corteggiando. Più o meno. Qualsiasi cosa stesse tentando di fare lo rendeva comunque migliore di lui, che per conquistarla non stava facendo assolutamente niente. Tutto questo, per paura di essere rifiutato.



Camminavano uno di fianco all'altra, ma James non riusciva a trovare niente da dire che non suonasse stupido. Prese addirittura in considerazione l'idea di parlare del tempo. Novembre si stava avvicinando a passi incedenti. Si voltò per guardarla, notando che, uscendo da Hogwarts, una folata di vento gelido l'aveva investita in pieno, facendola rabbrividire.

"Hai freddo?" Brillante conversazione, James. Sei un seduttore nato!

Cominciava davvero a rammollirsi.

"Sì" ammise lei.

James desiderò poterla abbracciare, poi frugò nelle tasche del proprio giaccone er estrasse un cappello. Aveva i colori di Grifondoro. Oro e rosso, con lo stemma della loro Casa.

"E' un po' sgualcito" si scusò, "ma dovrebbe andare". Glielo porse gentilmente, vedendo uno sguardo stupito dipingersi sul viso di Penny. "Se sei freddolosa dovresti coprirti. Sai, sciarpa, cappello. Tutti quegli interessanti accessori che..." Lei rise, ma non lo lasciò finire.

"Non c'è bisogno" si schernì.

"Mi offendo" ribattè lui con un sorriso.

"Grazie" sussurrò la ragazza, sorridendogli di rimando.

Nel gesto di porgerle il cappello, le loro mani si incontrarono. Avvertì una sensazione di calore dentro di sè. Si chiese se anche lei aveva provato lo stesso. Probabilmente no. La vide arrossire lievemente, ma forse era solo il vento che le sferzava il viso.

Penny lo fissò per un po'. James non avrebbe saputo dire quanto a lungo, ma non era la prima volta che gli succedeva in sua presenza. Perdeva la cognizione del tempo. Era così bella, con i capelli sciolti che si muovevano per tutta la lunghezza della schiena. Avrebbe tanto desiderato accarezzarli, fermarsi lì in mezzo e baciarla. Anche davanti a tutti, non gli sarebbe importato. Purchè lei lo desiderasse, esattamente come lui desiderava lei. Si riscosse da quei pensieri, distogliendo lo sguardo.

"Ti stai congelando" le fece notare. "Dovresti indossarlo". Lo guardò come se non capisse cosa stesse dicendo; e lui indicò il cappello con un gesto.

"Oh" disse, "giusto".

"Ti aiuto" ne approfittò James.

Non aspettò la risposta. La voglia di toccarla ancora era troppa, e quella era un'occasione che non poteva lasciarsi sfuggire.



Penny lasciò che James le infilasse il cappello sulla testa. Non si oppose. Anche volendo non avrebbe potuto, dato che era completamente inebetita. Si disse che doveva essere il freddo, ma in cuor suo sapeva che non era così. La propria mano aveva sfiorato quella di James, e ora lui la stava toccando, anche se solo per metterle un cappello in testa. Era già abbastanza per essere grata al freddo, che le aveva concesso quel contatto. Si beò del tepore che emanavano le mani del ragazzo, finchè lui non interruppe quella splendida sensazione, staccandosi.

Avrebbe voluto dirgli di non farlo, di non allontanarsi, di non lasciarla. Ovviamente non poteva farlo, ma avrebbe tanto voluto.

"Meglio?" le chiese. Era stranamente premuroso. Aveva abbandonato la propria corazza strafottente, per una volta. Penny sapeva che sotto i suoi modi di fare irriverenti c'era il vero James. L'aveva visto altre volte, e ogni volta lo amava di più. Dannazione. Ci stava ricadendo. Doveva allontanarlo, non fare conversazione.

"Decisamente sì" rispose con un sorriso. James le sorrise a propria volta, riscaldandole ancora il cuore.

Come poteva essere così bello, vederlo sorridere?







"Eccomi!" le giunse la voce allegra di Fred e, per una frazione di secondo, lo odiò a morte. Si girò a guardarlo, facendo un sorrisetto di circostanza.

Così fu costretta a interrompere il contatto visivo con James, che tenne a freno la lingua. Camminarono ancora per poco, prima di giungere a Hogsmeade. Ted e Victoria Lupin, i più giovani tra i professori e pertanto ritenuti i più adatti a svolgere il compito di accompagnatori ufficiali degli studenti, li lasciarono liberi di gestire il loro tempo come preferivano.

Per prima cosa, fecero tappa al negozio di Mielandia, dove Penny fece rifornimento di dolci.

"Che diavolo devi farci con tutta quella roba?" le chiese Trixy.

"Devo consolarmi". Il concetto di comfort food doveva ancora arrivare nel mondo magico, evidentemente.

"Ancora James?" domandò l'amica.

"Abbassa la voce Trix!" le intimò, spaventata dal fatto che qualcuno potesse udirle.

"Va bene Penelope".

"Chiamami di nuovo così e mi vedrò costretta ad usare il tuo nome completo!" la minacciò, mentre si dirigeva alla cassa. Fortunatamente suo nonno non l'aveva lasciata a corto di soldi e, oltre ai dolci, poteva permettersi anche di andae al pub insieme a tutti gli altri. L'insegna I Tre Manici di Scopa troneggiava sopra l'ingresso del locale: era sempre la stessa, la Seconda Guerra Magica non l'aveva modificata.

O se l'aveva fatto, il paese non ne aveva memoria. Tutto era tranquillo, pacifico, come se quella gente non avesse mai conosciuto le devastazioni della battaglia che si era tenuta ad Hogwarts. L'unico segno di quella catastrofe era rappresentato da una lapide commemorativa, dedicata ai caduti della Prima e Seconda Guerra Magica. I nonni di Alice, quelli di Al, il nome di Fred Weasley senior e quello di molti altri come lui. Penny distolse lo sguardo; quella era una giornata di festa. Notò che anche gli altri avevano sbirciato in quella direzione, incapaci di restare indifferenti davanti a quei nomi.

Entrata nel Pub, sentì il calore tornare a pervaderla. Presero posto alla tavola più lunga che riuscirono a trovare. Grazie alle macchinazioni congiunte di Al e Lorcan, James e Penny si trovarono vicini.

Fred era stretto fra Trixy e Lily Luna, che era intenta a parlare con Lysander a proposito di strane creature fatate. Fred era visibilmente scontento di essere stato diviso da Penny, ma non poteva lamentarsi apertamente. La cosa non sfuggì a James, che si appuntò mentalmente di ringraziare suo fratello e Scamander, non appena ne avesse avuto l'occasione.

Penny rinnovò i suoi ringraziamenti a James, restituendogli il cappello.

"Tienilo, ne avrai bisogno al ritorno" le disse. "E ad essere sincero, sta' meglio a te che a me. Non mi stanno bene i cappelli".

Penny girò la testa di lato, sentendo le proprie guance farsi color porpora. Quando si fu ripresa, tornò a guardarlo.

"Sei stato molto carino a preoccuparti per me".

"Volevo redimermi per come ti ho trattata ultimamente, non sono stato gentile".

No, non era vero. L'aveva fatto solo per poterla sfiorare, ma come scusa suonava molto meglio quella.

"Ci sono abituata ormai" rispose con un mezzo sorriso, che però non si estese agli occhi. James sembrò colpito.

"Sono un disastro completo con te. Sempre".

"Non sempre, dai" disse lei conciliante. "Diciamo quasi sempre. Il che ti rende un mezzo disastro, non un disastro completo" aggiunse. "Mi chiedo sempre il perché".

James riflettè sulle possibili risposte da dare alla ragazza.



"Sono in conflitto con me stesso"

"Davvero? Come mai?"

"Perché ti amo, ma non riesco a dirtelo"



Questo avrebbe dovuto dirle, ma non lo fece.

Certo, era uno scenario assurdo, ma rispondere così avrebbe almeno messo fine a quella tortura psicologica. Come sempre, però, si limitò ad aggirare la domanda.

"Non è colpa tua" disse, alleggerendo il tono. "Temo di avere un brutto carattere". La vide sorridere a quell'ammissione di colpa da parte sua. Era ancora più bella quando sorrideva.





Penny si era accorta della manovra di Al per fara sedere accanto a James. Il suo migliore amico non demordeva mai. Per merito suo ora stava parlando con James, e in maniera civile. Amichevole, persino.

Però continuava a non capirlo. Non era colpa sua, fin qui erano d'accordo. A tratti sembrava che non la sopportasse, a tratti sembrava voler essere suo amico.

"A volte ho la sensazione di esserti antipatica" disse senza pensarci. James sgranò gli occhi.

"Non è così" rispose. "Te l'ho già detto Shane".

"Anche io ti ho già detto che non ho nessun problema con te, eppure tu non sembri credermi" aggiunse. Voleva essere sincera, per quanto fosse possibile. Perché in realtà aveva un enorme problema con lui: ne era innamorata.

Lui mise su un sorrisetto sghembo, con l'aria di uno che la sapeva lunga.

"Sensazione" rispose solo. Ovviamente James stava pensando alla volta in cui aveva sentito Rose e Al dire che per colpa sua Penny non avrebbe passato l'estate a Godric's Hollow con loro. E, ovviamente, Penny non poteva saperlo.



La ragazza piegò la testa di lato, studiando l'espressione di James. Le stava dicendo che aveva il sentore di esserle antipatico e che per una sensazione il loro rapporto era pregiudicato. Penny annuì.

Dopotutto era un accurato riassunto della situazione.

Voleva intavolare una conversazione migliore, ma Madama Rosmerta arrivò a prendere le ordinazioni.

Quella donna manteneva sempre il suo fascino, benchè avesse parecchie rughe in più di quando a quello stesso tavolo sedevano i genitori di Al e Rose.

I capelli ancora biondi – grazie a una lozione colorante – acconciati in una enorme treccia, che toccava quasi terra. Calzava stivaletti di cuoio con i tacchi, molto giovanili, e portava il solito vestito da lavoro ampio, con un grembiule a coprirne il davanti.

"Cosa vi porto, ragazzi?" chiese gentilmente.

"Tre burrobirre" risposero in coro Rose Al e Penny, prima degli altri.

Di solito, almeno alla prima gita dell'anno, loro tre sedevano da soli e ordinavano ogni volta la stessa cosa. Una tradizione, fin dalla prima volta che avevano visitato Hogsmeade insieme, al terzo anno.

Tutti gli studenti adoravano la burrobirra di Madama Rosmerta, ma per loro era un rito. Stesso locale, stesso tavolo, stessa ordinazione. Una volta l'avevano trovato occupato e Rose si era vista costretta ad operare un piccolo incantesimo cunfundus, che aveva indotto i malcapitati a spostarsi altrove. Ma quel giorno era diverso, non erano solo loro tre.

"Chissà perchè non mi sorprende!" commentò la donna a voce alta, ridacchiando. Chiese l'ordinazione agli altri, per poi tornare al bancone a preparare il tutto.

"Siete sempre in sintonia, voi tre" commentò James con un sorriso che contagiò anche Penny.

"Occupavamo spesso il tavolo lì in fondo" indicò un tavolinetto stretto all'angolo del locale, "con tre posti precisi. Una volta l'abbiamo trovato già preso e abbiamo gentilmente invitato gli occupanti abusivi a ripensarci". Ricordava ancora la faccia di quei tre.

Ora i suoi amici erano entrambi fidanzati ed erano lì con le persone che amavano. A dire il vero, anche lei era lì con la persona che amava, ma in una circostanza diversa, purtroppo.



"Io dov'ero?" chiese James, pentendosene subito dopo. Era una domanda sciocca.



"Perchè non ero con te?"

"Perché avresti dovuto?"

"Perché ti amo"



Questo avrebbe dovuto dirle, ma non lo fece.

James cominciava a pensare che le conversazioni mentali che intratteneva con se stesso rischiavano di farlo finire al riparto psichiatrico del San Mungo.

"Eri con quelli del tuo anno. Baston, Fred..." A quel nome gli si gelò il sangue nelle vene. Era incredibile come il comportamento di suo cugino gliel'avesse fatto detestare, in così poco tempo. Era semplicemente ridicolo, perché loro erano amici. Lui non aveva alcun diritto di detestarlo dall'oggi al domani, solo perché lui stava riuscendo dove lui aveva fallito. No, dove tu non hai nemmeno tentato, si corresse mentalmente. Probabilmente in quel momento il suo sguardo dardeggiava fuoco, perché vide Penny interdetta.

"Oppure eri con qualche conquista delle tue" gli ricordò sorridendo.

Improvvisamente James desiderò che lei lo aggredisse o che in qualche modo mostrasse fastidio nel dire quelle parole. Avrebbe voluto vederla arrabbiata, o quantomeno gelosa come lo era lui di Fred. Sì, stava decisamente impazzendo.

"Roba vecchia" si difese. Santo cielo, quell'etichetta gli sarebbe rimasta addosso tutta la vita? Non aveva avuto poi tutte queste ragazze.

"Lo so" rispose lei. "Ora hai una ragazza sola in testa, dico bene?"



"Eh già Shane, sei tu!"

"Come, scusa?"

"Sei tu"

Questo avrebbe dovuto dirle, ma non lo fece.

Continuava a maledirsi per la propria vigliaccheria. Avrebbe solo dovuto aprire la bocca, per togliersi quel peso.

"James?" lo richiamò. Si era perso negli occhi verdi di lei, probabilmente aveva lo sguardo fisso nel vuoto.

"Sì, dici bene", cercò di dire con la massima indifferenza. "Non potrei più guardare altre ragazze". Ce l'aveva sulla punta della lingua.

Sei tu Shane.



Penny sentì una stilettata allo stomaco. Non potrei pià guardare altre ragazze, aveva detto James. Merlino, quanto avrebbe voluto conoscere la ragazza che ispirava quel sentimento, per tirarle un pugno in faccia. No, niente pugni.

"Ti ha davvero conquistato" rispose con un mezzo sorriso, mentre stava morendo dentro. Era l'unico modo per fargli credere di non essere minimamente interessata all'argomento. Se non come amica, ovviamente.

"Peccato che io non riesca a conquistare lei" mugugnò, poi bevve la sua burrobirra tutta d'un fiato, mentre Penny prese a sorseggiarla. Non voleva parlare con lui. James sembrava talmente triste che Penny aveva avuto l'ennesima conferma di non avere alcuna speranza. Chiunque fosse, quella ragazza aveva sbaragliato la concorrenza senza sforzo.



Uscirono tutti insieme dal pub, chiacchierando l'uno con l'altra. Fred le si avvicinò nuovamente, mentre James era scomparso. Non aveva idea di dove fosse. Poi lo vide parlare con Lorcan e Al, e si immerse nella conversazione con il rosso, sempre più convinta che avrebbe fatto meglio a concentrarsi su di lui, anzichè sprecare tempo con James. Nonostante ciò, subito fuori da I Tre Manici di Scopa si rimise in testa il cappello che le aveva lasciato, sorridendo. Non aveva lui, ma aveva qualcosa di suo; meglio di niente.



Tornarono su per la strada di Mondomago High, fino a Hogwarts, risalendo il pendio erboso e sorpassando i cancelli con accanto i recinti di cinghiali volanti, posti lì da tempo immemore. Quando passarono davanti a casa di Hagrid, il mezzogigante li salutò dalla finestra. Probabilmente stava dando l'acqua ad una delle piante carnivore che aveva comprato di recente, pensò Penny.

Gliele aveva mostrate con molto orgoglio qualche tempo prima, quando lei, Rose e Al erano andati a prendere un tè da lui. Nel frattempo, stava parlando con Fred, ma non lo ascoltava veramente.

La sua testa era rimasta a James, come anche il suo cuore.





















ANGOLO AUTRICE



Non riesco proprio a stare lontana da questi personaggi, quindi ecco un nuovo capitolo. Spero che lo abbiate apprezzato, anche se è un po' corto e anche se James è davvero lunatico.

Il fatto del muffin è un omaggio al film Chocolat, in cui Juliette Binoche impiega molto tempo per scoprire cosa Johnny Depp preferisca in assoluto. Lui ogni volta le risponde con "molto buono, ma non è il mio preferito". Adoro quel film, e adoro anche il cioccolato. Ma sto divagando.

Passo e chiudo.











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Capitolo 14
*** 13. I Due Fuochi ***


Capitolo tredici



I Due Fuochi



Penny se ne stava a bocca aperta, con lo sguardo fisso nel vuoto.
"La tua espressione da merluzzo è dovuta ad un trauma in particolare?" le chiese Al mentre si dirigevano a lezione di Pozioni, stranamente puntuali. Rose rise di gusto.
"Molto divertente" replicò Penny, mollando un leggero pugno sul braccio all'amico.
"Non te la prendere" disse Rose, dandole un colpetto sulla spalla. Penny lo trovò più derisorio che consolatorio.
"Sto riflettendo, Rosie" rispose, più acida di quanto avrebbe voluto.
"Scusaci allora!" la canzonò Al, alzando le mani in segno di resa. "Riguarda mio fratello suppongo". Penny si limitò a guardarlo storto.
"Come pensavo..."
"La conversazione che abbiamo avuto mi è servita" disse infine Penny. "Ora sono pronta a metterci una pietra sopra, davvero". Non c'erano poi molte opzioni, visto che James aveva ammesso che non poteva interessarsi a nessun'altra che non fosse la misteriosa ragazza che gli aveva rubato il cuore.
"Autoconvincersi non è la strada giusta, Penelope" rispose Al. Lei sbuffò sonoramente.

"Da che parte stai, Albus?" domandò, calcando sul suo nome completo proprio come lui aveva fatto con lei.
"
Non farla arrabbiare Al" disse Rose. "Domani c'è il Quiddich contro Corvonero: la deconcentri!" Il tono era chiaramente di rimprovero. Penny apprezzava l'interessamento disinteressato dell'amica. "Ho scommesso con Lorcan sulla vittoria della nostra squadra, non voglio perdere cinque zellini". Come non detto!

Non era poi così disinteressata.







Entrarono nell'aula, sedendosi vicini. Rose e Penny allo stesso banco, mentre Al davanti a loro, con Finnegan. Alice era già occupata con Trixy.
Victoire, ovvero la professoressa Weasley in Lupin, entrò subito dopo, dando il buongiorno a tutti gli studenti. Con movimenti leggiadri estrasse i libri, gli ingredienti per la nuova pozione e il calderone. Tutti i ragazzi restavano sempre incantati dai suoi movimenti. Una bisnonna Veela fa comodo per il fascino personale, pensò Penny. Avrebbe fatto comodo anche a lei, con James.
"Oggi prepareremo la Senecsa" annunciò Victoire. "Chi sa di cosa stiamo parlando?"
Rose alzò la mano.
"Sì?"
"La pozione invecchiante" rispose con un sorrisetto.
"Esattamente" disse l'insegnante. "Che vi sconsiglio di usare per scopi illeciti" precisò, suscitando l'ilarità di Al e Rose. Penny trovò singolare che Victoire ammonisse gli studenti sull'uso della pozione ancor prima di aver spiegato loro come prepararla.
"Illeciti?" chiese Finnegan, senza capire. La professoressa si accinse a spiegare.
"I miei zii George e Fred Weasley, tentarono di usarla per superare la linea dell'età, tracciata da Silente per impedire che studenti minori di diciassette anni prendessero parte al Torneo Tre Maghi".
"Sul serio?" chiese Penny a Rose, sottovoce.
"Mia madre li aveva avvisati che non avrebbe funzionato" sussurrò. "Mai sottovalutare Hermione Granger. Non sarà la Prescelta, come zio Harry, ma posso assicurarti che sa essere terrificante. Lo dice anche papà".
Penny ridacchiò, mentre tentava di schiacciare delle bacche di natura non meglio precisata, apparentemente utili per la pozione.
Gli aneddoti della famiglia Weasley erano infiniti, pensò.





Una volta finita la lezione, durante la quale, a onor del vero, nessuno era riuscito ad ottenere risultati soddisfacenti nel preparare la Senecsa, Penny raccolse i libri e gli utensili e si avviò alla porta. Fuori dalla classe, Al le fece capire che voleva parlarle.

"Devo preoccuparmi, Al?" Fu la prima reazione di Penny, che si appoggiò al muro, attendendo una ramanzina dall'amico. "Voglio raccontarti una storia" disse inaspettatamente. La disperazione si dipinse sul volto di Rose.
"Oh no!" esclamò la ragazza, cercando di fuggire. Penny non glielo permise, trattenendola per un braccio. Se proprio dovevano, avrebbero sofferto insieme. C'era solo da sperare che non fosse una delle interminabili storie di Al.
"Sarò breve, tranquille!" sbuffò, infastidito dalla pantomima delle amiche. "E' la storia di una bambina dai capelli rossi e di un bambino con degli occhiali tondi. Lei l'ha amato dal primo anno ad Hogwarts, senza che lui si accorgesse di lei. La vedeva solo come la sorella di Ron Weasley. Fino al sesto anno, mia madre era convinta che non l'avrebbe mai presa in considerazione. Si era anche messa con un altro, ma non è andata. Perché lei amava Harry Potter. Sai qual'è la conclusione?" chiese, con espressione vittoriosa, come se avesse appena provato una teoria importante.
"Non molto bene"rispose Penny. "Oggi sono sposati e hanno tre figli, di cui due completamente idioti. Uno è un arrogante, l'altro è petulante". Al fece una smorfia.
"Scherza pure, ma le cose girano così. Succede" disse Al risoluto, incrociando le braccia al petto.
"Senti Al" replicò Penny, "probabilmente tua madre è stata coraggiosa e paziente, ma di sicuro aveva più spirito d'iniziativa di quanto ne abbia io".
"Ma Penny..." provò a contraddirla, vedendola turbata.
"James ama un'altra e parlarne mi fa solo male". La voce, che avrebbe voluto ferma e decisa, si incrinò. Rose provò a spiccicare qualche parola, ma non fece in tempo.
"Scusate" borbottò Penny, e schizzò via alla velocità della luce.





Si avviò a passo svelto per il corridoio, senza guardare davanti a sè. Voleva solo scappare dai suoi amici, da quel discorso, da se stessa. All'improvviso cozzò contro qualcosa, più precisamente qualcuno dai capelli rossi. Sebbene vedere persone con i capelli rossi non fosse così insolito a Hogwarts, considerata l'elevata percentuale di sangue Weasley nel castello.
"Fred..." Lei tentò di darsi un contegno, ricacciando indietro le lacrime che stavano per sgorgare. Fred la guardava, evidentemente stupito dall'espressione del suo volto.
"E' successo qualcosa?" domandò.
"No, figurati. Ho avuto un battibecco con... Rose" inventò sul momento. "Dove stavi andando?" chiese, per cambiare discorso. In realtà, non fu una mossa brillante.
"Da te" rispose il ragazzo, con una sincerità disarmante, senza farsi problemi. Lei spalancò gli occhi per la sorpresa.
"Per dirmi cosa?" domandò.
"Questo" e l'attirò a sè.




Il corridoio era mezzo vuoto, Fred iniziò ad accarezzarle il viso. Penny era paralizzata, non riusciva a muoversi. Lui le prese il mento, sollevandole la testa, finchè non riuscì a guardarla negli occhi. Fred aveva occhi color nocciola, molto espressivi. Inaspettatamente, lei pensò a due intensi occhi, pozze scure che non appartenevano al ragazzo che stava per baciarla. Si impose di scacciare l'immagine di James dalla mente, mentre Fred avvicinava la bocca alla sua, finchè le loro labbra non si incontrarono. Al contatto, quelle di Penny si schiusero lentamente, permettendo a Fred di approfondire il bacio. Da quel bacio poteva capire se con Fred avrebbe potuto funzionare, se avrebbe potuto dimenticare James.



Rimasero a baciarsi lì, senza pensare minimamente di trovarsi nel corridoio di una scuola, finchè non furono interrotti da un colpetto di tosse, secco ma riconoscibile.
Una donna dall'espressione austera, ma non arcigna, stava di fronte a entrambi. Indossava un lungo vestito blu notte, trapunto di stelline color argento. Da sotto il cappello a punta spuntava un'espressione severa. I due ragazzi si separarono immediatamente.
"Signorina Shane, credo che potresti aspettare di essere fuori dall'orario scolastico per baciare il signor Weasley" la rimproverò Minerva McGranitt, per poi allontanarsi a passo svelto.
In quel momento, senza un motivo apparente, Penny si staccò da lui, lo guardò e iniziò a correre nel senso opposto, senza ascoltarlo mentre la chiamava.

Oramai era un'abitudine, quella di scappare da tutto e da tutti. Avrebbe fatto prima a ritirarsi a vita privata.





Mezz'ora dopo era nella classe di Trasfigurazione. Arrossì violentemente alla vista della preside, ma quella le fece un sorrisetto; segno che, quantomeno, non ce l'aveva con lei per l'accaduto.
Comunque, nessuno avrebbe potuto avercela con Penny più di quanto lei non ce l'avesse con se stessa. Aveva combinato un casino con quel bacio, e ora non sapeva come rimediare.
"...e con la formula Inflapes, sarete in grado di gonfiare i piedi di una persona; mentre con l'incantesimo Procerus potrete diventare più alti o farci diventare qualcun altro. Tutto chiaro?" La McGranitt spiegava e Penny non stava ascoltando, talmente era persa nei suoi pensieri. Rose, vicino a lei, non osava rivolgerle la parola. Penny temeva il momento in cui le avrebbe raccontato quel che era successo con Fred, ma soprattutto quello in cui l'avrebbe detto ad Al.





"Ho baciato Fred" annunciò.
"C-cosa?" Un coro si levò nella stanza del dormitorio. Tre ragazze erano sedute su un letto, mentre una stava in piedi di fronte a loro. Era Penny, che si sentiva come un imputato di fronte alla giuria.
"Sì, è successo".
"Com'è stato?" chiese Alice.
"E' stato..." cercò le parole per descriverlo appieno, "piacevole".
Era vero. Le era piaciuto e, benchè avesse poca esperienza, poteva affermare che Fred non baciava niente male. Di sicuro era stato meglio di Dave, il suo vicino babbano, ma c'era un particolare non trascurabile: non appena si erano staccati, James si era riaffacciato nella sua testa.
Si era illusa che baciare Fred le avrebbe scacciato James dalla mente, ma evidentemete non era così semplice.
"Vi prego, non ditelo ad Al" piagnucolò, rivolta soprattutto ad Alice. Era giunta alla conclusione che fosse meglio. Le tre la guardarono basite: diceva sempre tutto ad Albus. Lui era sempre il primo a sapere qualsiasi cosa la riguardasse.
"Perché?" domandò Trixy.

Fu Rose a rispondere per lei, facendo un sunto piuttosto accurato.
"Mio cugino pensa che aspettare James sia la soluzione a tutti i problemi di Penny".
"Non credo sia così, ma non lo è neanche mettersi con un altro mentre ami ancora lui" disse Trixy. "Voglio dire, non puoi aspettare per sempre James. Credo però che la precedenza al momento sia parlare con Fred. Non lo conosco molto, ma mi sembra un tipo carino, si merita una spiegazione".

"Sagge parole" commentò Alice. Penny non poteva che concordare. Doveva dare un taglio alla faccenda, prima che qualcuno si facesse male. Nella fattispecie, Fred.







Quello stesso pomeriggio, tra la fine delle lezioni e l'orario di cena, chiese a Fred di potergli parlare a tu per tu. Dalla faccia di lei, lui presagì che non sarebbero state buone notizie. Si sedettero su una panca di legno, in un'aula vuota accanto a quella di Pozioni. Fu Fred a rompere il ghiaccio, intuendo la ritrosia di Penny a parlare per prima.
"Riguarda quello che è successo oggi?" Penny annuì silenziosamente.

"Oh Merlino, che faccia! Devo essere un pessimo baciatore" scherzò. Tipico di Fred, effettivamente, prenderla bene. Penny comunque si affrettò a negare, perché il bacio in sè non era stato affatto spiacevole.
"Tu non hai fatto niente di sbagliato, anzi" disse. "Sei un ottimo baciatore, Fred Weasley".
"Lo so, ma grazie per averlo ribadito" replicò lui, sorridendo. "Sapere che sono un buon baciatore mi rassicurerebbe, se non fosse che in questo discorso c'è un ma" aggiunse, certo di avere ragione. Penny era visibilmente in imbarazzo, ma era evidente che c'era un grande e grosso però in sospeso.

"Ecco, io..."

"Coraggio Miss Shane, sbrigati, altrimenti non mi servirà la pozione invecchiante per ottenere una bella barba bianca" la celiò lui.

Era proprio questo aspetto giocoso di Fred che la faceva sentire più idiota; stava rinunciando all'opportunità di instaurare un legame con una persona come lui, perché era troppo impegnata a desiderare un ragazzo innamorato di un'altra.


"Io non sento quello che dovrei sentire in una situazione del genere" spiegò infine.
"Posso chiedere una spiegazione più dettagliata?" In effetti non era stata troppo chiara: ci stava girando intorno.
"Non sento quelle che i babbani stupidamente chiamano le farfalle nello stomaco".
Dallo sguardo di Fred, comprese che quell'espressione doveva conoscerla anche lui, perché non sembrava affatto confuso.

"Messaggio ricevuto" disse, laconico. Fece per alzarsi, ma Penny decise di andare fino in fondo. Quel ragazzo le piaceva, si meritava la verità.

"Io mi sento incredibilmente stupida" confessò. "Sto rinunciando a questo rapporto con te per qualcosa di astratto, ma allo stesso tempo fin troppo concreto". Il tono di Penny stupì Fred, che si sedette nuovamente sulla panca. Era colpito dalla sincerità che percepiva. Lei era davvero dispiaciuta.

"Lui chi è?" chiese.

Penny socchiuse gli occhi. L'espressione sul volto di lei gli strappò uno sbuffo che per metà era un sorriso. Aveva la conferma che cercava. Il cuore di Penny era chiaramente già occupato.

"Qualcuno che non posso avere" rispose lei, evasiva. "Perciò vedi... quando ti dico che il problema è mio, non è una frase di circostanza" chiarì, "perché tu sei un ragazzo praticamente perfetto. Eppure io non posso andare avanti perché ora so che non sono passata oltre" aggiunse. "Non voglio che pensi che io l'abbia presa come un gioco..."

"Non ha importanza quello che penso..." Lei scosse la testa.

"Ha importanza per me, davvero" asserì convinta. Non voleva che lui avesse dubbi al riguardo. "Perciò, per favore, non pensare che per me sia facile fare questo discorso senza senso. Mi importa eccome, e spero anche che potremo... restare amici".

"Be', visto che ti importa, ti dico quello che penso" replicò lui, serio. Penny rimase in silenzio, aspettandosi parole al vetriolo, ma l'espressione sul viso di Fred non era risentita. "Hai fatto bene a dirmelo ora, Penny. Non mi hai illuso, non più di quanto tu abbia illuso te stessa nel pensare di poter dimeticare questa persona". Penny era stupita dalla maturità che Fred stava dimostrando in quel momento. Non faceva altro che confermarle che quel ragazzo era speciale.

"Io... pensavo di essere sulla buona strada per dimenticarlo. Invece non ci riesco. È colpa mia, ma mi dispiace che tu ci sia andato di mezzo" rispose.

"Lo so" disse, comprensivo. "Dispiace anche a me. Insomma, non è la massima aspirazione di nessuno essere rifiutato per un tizio senza nome" e qui fece un mezzo sorriso, consapevole che Penny non avrebbe fiatato. "Sì, mi piaci, ma non al punto da non poter tornare indietro. Non sono innamorato di te, perciò tutto questo" – e indicò loro due – "non è un dramma". Lui la stava rassicurando. Assurdo.

"So di essere patetica" sussurrò Penny. "Me ne rendo perfettamente conto".

"No, sei innamorata" disse Fred, fuori dai denti. Notando l'espressione di lei, proseguì: "Oh, andiamo! Si vede che questo tizio, chiunque sia, è molto più di una cotta per te". Il suo tono non era minimamente accusatorio, e questo la fece sentire molto meglio. Più leggera.

"È vero" ammise.

"Accetta un consiglio" riprese lui. Lei levò il volto per incontrare gli occhi nocciola del ragazzo. "Sei bloccata in un punto in cui non puoi avere lui ma non vuoi avere nessun altro. Fatti un favore, diglielo e basta" concluse. Penny era colpita. Effettivamente non aveva tutti i torti. Lei era bloccata in ogni caso. Tanto valeva tentare. Però era anche vero che Fred non aveva idea che stessero parlando di James, che era già innamorato di un'altra.

"Ci penserò su" promise lei.

Fred comprese che non c'era più niente da dire e si alzò dalla panca. Probabilmente aveva anche bisogno di allontanarsi da lì.

"Per quella faccenda del rimanere amici... si può fare" assentì. Penny gli sorrise. "Dammi solo un po' di tempo, Miss Shane".

Sì, decisamente si era appena lasciata sfuggire un ragazzo d'oro.

"Grazie Fred" disse Penny, prima di vederlo scomparire oltre la porta dell'aula, lasciandola aperta.







James stava attraversando il corridoio, senza pensare a niente. Ancora una mezz'ora e sarebbe stata ora di cena.
All'improvviso notò qualcosa di strano: il rumore di una porta che si apriva e suo cugino Fred che usciva da un'aula in disuso, fendendo il corridoio a larghi passi. Prima di uscire però era rimasto sulla soglia, a parlare. O era impazzito, o nella stanza con lui c'era qualcuno.
Aspettò che si fosse allontanato completamente, per poi avvicinarsi a sbirciare, attento a non fare il minimo rumore, e quello che vide non gli piacque. Seduta su una panca c'era la sua Shane e... piangeva silenziosamente. Nessun singhiozzo e nessun singulto, solo lacrime che le rigavano le guance, ma James rimase interdetto. Non l'aveva mai vista piangere. Si sentì in dovere di entrare, non gli piaceva l'idea di spiarla in quel modo.
Aprì completamente la porta, notando lo sguardo sorpreso che si dipinse sul volto di lei, insieme a un vago rossore. Penny si affrettò ad asciugare le lacrime con le maniche della tunica e lui si guardò bene dal farle notare che ormai non poteva nascondergli che aveva pianto. Semplicemente, finse di non averlo notato.
"Che ci fai qui?" chiese, ricomponendosi.
"Potrei chiedere lo stesso a te".
"Io..." iniziò, ma James la interruppe. Non avrebbe sopportato una bugia, anche se non aveva nessun diritto di pretendere la verità.
"Ho visto uscire Fred. È colpa sua?" domandò.
"James..."
"Ripeto: è colpa sua?" La frase nella sua testa suonava meno perentoria. Pazienza, ormai aveva usato quel tono. Quello arrogante, che lei detestava.
"No" rispose Penny.
"Che ti ha fatto?" chiese di nuovo, suonando ancora più infastidito e sbrigativo. Lei sembrò – giustamente – indispettita.
"Niente, è colpa mia" disse con voce incrinata. Non poteva vederla così. E incredibilmente sentiva più profondamente il dispiacere per lei che la rabbia per Fred. Perché di sicuro era colpa di Fred.
"Ti avevo detto che ti avrebbe fatta soffrire".
"Come, scusa?" chiese lei, confusa.
"Non far finta di non aver capito, Shane. Se lui è il ragazzo di cui sei innamorata, ti aveva già fatto star male, era logico che succedesse di nuovo".
Logico? Non c'era niente di logico in quella faccenda. Non sapeva neanche lui cosa stesse dicendo.
"Magari" sussurrò Penny.
Sorpreso, James fu quasi sul punto di ribattere, ma lasciò che la ragazza continuasse.
"Se fosse lui" disse, "sarebbe tutto così semplice..." Aveva in volto un sorriso malinconico. "È carino, simpatico, gentile. Nel complesso mi piace" aggiunse senza neanche pensarci.
A quelle parole James sentì un crampo contrargli lo stomaco, ma non replicò. Come avrebbe potuto farlo? Con quale scusa?



"Senti Shane, smettila di elogiarlo!"

"Perché?"

"Sono geloso marcio"


No, forse non era il caso.
Penny proseguì, senza immaginare quello che si agitava in lui.
"O meglio" si corresse la ragazza, "potrebbe piacermi, se non fossi innamorata dell'altro. E sarebbe meraviglioso, se così fosse. Ho provato con tutte le mie forze a dimenticarlo, ma non è servito" la voce ora era più calma, quasi rassegnata. "Non mi libererò mai di lui".

James era attonito. Shane si stava confidando con lui, gli stava aprendo il suo cuore, ma a proposito di un altro ragazzo. E lui aveva pensato che Fred fosse un pericolo! Dallo sguardo di lei era chiaro che non era Fred la concorrenza. Anzi, non c'era concorrenza alcuna. Questo ragazzo, chiunque fosse, era in cima ai pensieri della sua Shane. No, non la sua Shane. Solo Shane.







Penny cominciava a domandarsi per quale motivo James non smettesse di fissarla. Ma soprattutto, perché si stava confidando con lui? Non aveva senso.
"Quindi non è lui?" le chiese
di nuovo, facendole perdere la pazienza.

"Ovvio che no. Sarebbe come scambiare una torcia con il sole" mormorò lei, senza rendersene conto. Stava parlando più a se stessa che a James e le parole erano uscite di getto. Quella era una dichiarazione in piena regola, anche piuttosto accorata. Grazie a Merlino e Morgana James ignorava di essere il sole, in quella frase. Lo vide spalancare gli occhi, sorpreso da quello che aveva detto. Era sorpresa anche lei, effettivamente.
"Lo ami
molto" fu quasi un sussurro. Lei annuì, restando in silenzio.
"Dimmi chi è".
Il fatto che James non l'avesse formulata come una domanda la fece infuriare.
"Non potresti almeno chiederlo gentilmente?" gli rispose piccata.
"
Potresti dirmi chi è?" chiese, addolcendo il tono.
"No".
"Mi prendi in giro?"
L'espressione contrariata di James somigliava molto ad un broncio. L'avrebbe fatta sorridere, in un altro momento.
"No
n posso" disse. "Ora sai che non è tuo cugino, non ti basta? Credevo fosse questo il punto. Perché diamine mi devi estorcere un'informazione così personale?" Il comportamento di James era assurdo, ma questa non era una novità.
"Sono solo curioso"
disse con studiata noncuranza.
Era giunta alla conclusione che lo facesse apposta, per infastidirla.
"James, se tu avessi un briciolo di rispetto per i sentimenti altrui, dovresti lasciarmi in pace"
ribadì. "Mi fa male".
La guardò
dritto negli occhi, quelle pozze scure nelle quali Penny non riusciva a non perdersi.
"Ti fa soffrire anche solo parlare di lui?" le chiese.

Sembrava scioccato, e aveva ragione da vendere. Era maledettamente patetica. Si limitò a distogliere lo sguardo.
"Scusa"
disse, e sembrava sinceramente dispiaciuto. "Va' pure. Posso solo dirti che non capisco perchè tu non vada da lui a dirglielo. Perché ti dovrebbe rifiutare?" Riuscì a non far trapelare ciò che stava pensando, ovvero che nessuno per alcun motivo avrebbe mai potuto rifiutarla. Per lui era un'ipotesi inconcepibile.
"
Lo farebbe, non tutti possiamo aspettarci di essere corrisposti dalla persona che amiamo. Solo perché tu sei abituato ad avere tutte ai tuoi piedi non vuol dire che sia così anche per noi comuni mortali" gli disse, suonando più rancorosa del previsto.
Un attimo prima gli aveva dichiarato amore sconfinato e l'attimo dopo stava cercando di allontanarlo.
Fu sul punto di dirgli la verità e di lasciare che ridesse di lei, che la canzonasse, che non le rivolgesse la parola. Tutto pur di levarsi quel peso dal cuore. Perché era come aveva detto Fred: per colpa di James lei era bloccata.

Però non lo fece. Non disse nulla.

"Che ne sai tu?" lo sentì dire, in tono insolitamente tranquillo. Lei lo guardò interrogativa. "Non tutte cadono ai miei piedi, Shane".
"
Quella ragazza..."
"S
ì, quella ragazza. La ragazza di cui ti parlavo ai Tre Manici di Scopa... quella di cui..."
"...sei innamorato" concluse
Penny, sentendo lo stomaco che si contorceva.
"Lei non mi vuole, quindi so benissimo come ti senti".
"Chi è?"
lo provocò lei. Sapeva che non avrebbe ottenuto niente, e ad ogni modo non voleva quel nome. Era giusto per ripagarlo con la sua stessa moneta.
"Ti aspetti che te lo dica?"
James fece schioccare la ligua.
"Ovviamente no. Mi aspetto solo che tu capisca come ci si sente, quando ti fanno una domanda a cui non puoi rispondere".
"Io
posso rispondere, Shane" precisò lui. "Semplicemente non voglio". Penny si sorprese a desiderare di lanciargli una Fattura Orcovolante. E non era la prima volta. Merlino, era così indisponente!
"
Immagino valga lo stesso per me, Potter".
Inutile illudersi di poterci andare d'accordo. Un momento voleva saltargli in braccio e baciarlo, quello dopo l'avrebbe volentieri picchiato.
Decise che non era più il caso di stare lì,
si alzò dalla panca e si lisciò la gonna a pieghe. Poi oltrepassò James velocemente ed uscì dall'aula. C'era rimasta troppo tempo, per i suoi gusti. Il ragazzo non fece nulla per trattenerla, e Penny si diresse in Sala Grande, col cuore gonfio di tristezza.

























ANGOLO AUTRICE



So che è passato solo un giorno, ma eccomi a pubblicare nuovamente. È un capitolo breve ma abbastanza significativo per la storia. Sembra che James e Penny stiano ballando il cha cha cha. Uno fa un passo avanti e l'altro ne fa uno indietro.

Però il capitolo Fred è chiuso, per la gioia di Francesca lol. Penny si è lasciata sfuggire una frase abbastanza compromettente, anche se James non sa di esserne il soggetto.

Ringrazio chi ha messo la storia nelle seguite/ preferite/ ricordate e tutte le persone che recensiscono o che mi scrivono in privato. E ovviamente, ringrazio chi mi ha messo tra gli autori preferiti.

Alla prossima, gente!





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Capitolo 15
*** 14. La partita ***


Capitolo quattordici



La partita



Le bruciavano gli occhi. Avrebbe voluto piangere come una bambina, fino a finire le lacrime. In meno di un'ora aveva chiuso con Fred e avuto un diverbio con James, il quale ovviamente non aveva trovato di meglio da fare che passare davanti all'aula proprio nel momento in cui lei si stava lasciando andare ad un pianto liberatorio. Maledizione, lei non piangeva mai davanti agli altri.

Comunque, doveva dare atto ad Albus di avere ragione: il chiodo scaccia chiodo non era una buona tattica per Penny. Sulla via per la Sala Grande passò davanti a una porta a specchio, e il riflesso che vide le mise paura: sembrava un dannato spettro. Pallida, smunta, gli occhi arrossati e gonfi.

Quando si sedette al tavolo di Grifondoro, gli altri compresero che qualcosa non andava, ma furono abbastanza delicati da non fare domande al riguardo.

Al sembrava preoccupato dal fatto che Penny non avesse toccato cibo, perché non era da lei. Penny spiegò che non aveva appetito e accennò un sorriso che voleva essere rassicurante, ma che risultò poco convincente.


Fred era tornato a stare nella parte del tavolo occupata da quelli del settimo anno, con grande sollievo di James. Benché ora fosse consapevole che il cugino non era un rivale, preferiva comunque che stesse alla larga da Shane.





Quella sera Penny si ritirò in dormitorio presto, insieme alle compagne di stanza. Voleva sfogarsi. Avrebbe voluto parlare anche con Al, ma non voleva beccarsi un te l'avevo detto come risposta. Decise di rimandare la conversazione, ma raccontò tutto alle amiche. Di come aveva spiegato ogni cosa a Fred, di quanto lui fosse stato comprensivo, di come ciò le avesse dato la conferma di essere un'idiota.


"Hai fatto la cosa giusta" la consolò Rose. Penny abbozzò un sorriso. Ovviamente non piangeva più, non davanti a loro. Però era perfettamente chiaro che fosse un po' provata dalla giornata appena trascorsa.

"Davvero" aggiunse Alice. "L'avresti ferito di più se avessi continuato a frequentarlo". Le altre annuirono, per rafforzare il concetto, e Penny apprezzò come le sue amiche si stessero dando da fare per rincuorarla.


"Almeno ci hai provato" sdrammatizzò Trixy, beccandosi una gomitata da parte di Alice.
"Oh andiamo! Tentar non nuoce" insistè l'altra. "Non è così grave, Paciock! Fred non è ancora così cotto da non potersi riprendere". Penny sorrise.

"Hai usato le sue stesse parole" notò. "Di Fred, dico". A pensarci bene, quei due avevano delle similitudini caratteriali.

"Davvero?"

"Già, lui mi ha... consolato. In un certo senso".

"Carino da parte sua" disse Alice. Penny annuì.

"Non sono mai stata così in basso. Voglio dire, sono talmente ridicola che persino il ragazzo che ho scaricato si è sentito in dovere di tirarmi su il morale". Il pensiero era troppo comico per non strapparle una risata.

"Fred è un tipo sensibile" disse Rose. Era sempre stata sicura che il cugino non avrebbe dato in escandescenze.

"Sì be', con un paio di Burrobirre gli passerà la delusione" dichiarò Trixy. Alice sbuffò.

"Dimentico spesso che sei una vera sentimentale Trix" replicò Alice.

"Una delle ultime romantiche" aggiunse Trixy, consapevole di essere un po' cinica. "Probabilmente è la cattiva influenza di avere Blaise Zabini come padre". Le altre risero e Penny per la seconda volta pensò di intravedere dei punti di contatto tra Trixy e Fred. La voce di Alice la strappò dai suoi pensieri.

"Al non sarà contento".

"Miseriaccia!" esclamò Rose. "Se comincia con i suoi te l'avevo detto lo Affatturo!" Nonostante l'esclamazione iniziale fosse in pieno stile Weasley, il tono di Rose ricordava quello di Hermione. Nessuna osò contraddirla.

"Grazie, Rose. Voi Weasley siete molto comprensivi" disse, pensando a Fred. "Non si può dire lo stesso dei Potter" mormorò, con la mente rivolta più a James che ad Albus. Evitò accuratamente di menzionare lo scambio di battute con Potter senior. Ne avrebbe parlato con Rose: la frase che aveva detto su di lui la imbarazzava troppo.

"Ora a letto!" disse Rose autoritaria. "Tu e Trix domani dovete essere in forma per la partita, soprattutto perché devo vincere la scommessa con Lorcan".

Penny accennò un sorriso, prima di ricordarsi che il Cercatore della sua squadra era il maledetto James Potter. Si rannicchiò sotto le coperte e si abbandonò al sonno.




La mattina dopo si svegliò stranamente riposata. Al fu cortese, anche più del solito. Le versò il succo di zucca e le parlò come si parla a un bambino di tre anni che si è appena sbucciato il ginocchio. Era segno che Rose gli aveva caldamente raccomandato di lasciarla stare. Probabilmente gli aveva detto quel che era successo con Fred, ma nello sguardo di Al Penny riusciva a leggere solo comprensione.
Non aveva intenzione di rifilarle un te l'avevo detto, evidentemente.

Sorseggiando il succo di zucca, Penny si ricordò che non aveva ancora raccontato a nessuno quello che era successo con James.

Era stata talmente presa dal raccontare la conversazione con Fred che si era dimenticata di riferire a Rose l'assurdo dialogo che aveva avuto con il Cercatore Grifondoro.

Come se non bastasse, quel pomeriggio c'era la partita di Quiddich e lei non era concentrata. Di sicuro avrebbe fatto pena – e di conseguenza Baston avrebbe richiesto il suo scalpo.

Che cosa poteva volere di più dalla vita? Un Lucano, probabilmente.






Quando ebbe finito di fare colazione, si ritrovò con i propri pensieri e un bel niente da fare. Era sabato mattina, quindi niente lezioni. Il modo più proficuo di mettere a frutto la mattinata era andare in biblioteca a studiare. Da due o tre giorni non combinava niente. Certo, l'anno prima aveva ottenuto ottimi risultati ai G.U.F.O, ma era meglio non sfidare la sorte. Era rimasta leggermente indietro in Storia della Magia, quindi avrebbe utilizzato il tempo a disposizione per recuperare.

Era sul punto di uscire dal ritratto della signora grassa, quando Rose decise di aggregarsi. Non bisognava certo convincerla ad andare in biblioteca. Sotto questo punto di vista era tutta sua madre.

Penny aveva sperato di stare per conto suo a crogiolarsi nell'autocommiserazione, ma Rose era stata così tenera con lei che non se la sentiva di dirle che voleva stare da sola. Inoltre... la biblioteca era pubblica.

"Vado a prendere i libri" disse Rose. "Aspettami in Sala Comune".

Penny annuì e si sedette sul divano mentre Rose saliva su per la scala a chiocciola del dormitorio femminile. Dall'altra parte della Sala Comune, Penny scorse Fred e notò con piacere che non la stava guardando. Probabilmente Trixy aveva ragione: un paio di Burrobirre da Madama Rosmerta era tutto ciò che occorreva per sistemare la faccenda. Cercò James con lo sguardo, ma non era lì.

"Eccomi" annunziò Rose, riscuotendola dai propri pensieri. Penny si alzò.

"Sei diventata un fulmine Rose" commentò.

"Ho imparato dalla migliore!" replicò l'amica. Non perdeva mai occasione per ricordare a Penny di essere una ritardataria cronica. Un difetto che però cercava di compensare preparandosi velocemente.

"L'arte del ritardo richiede di essere rapidi nel fare qualunque cosa" disse con serietà, "ma riuscire lo stesso a non essere puntuali".

"Potresti tenere un seminario con le tue filosofie di vita sul ritardo" la celiò Rose.


Insieme si avviarono per i corridoi chiacchierando, fino a raggiungere la biblioteca. Prima di entrare, Penny si fermò a raccontarle in breve la conversazione con James. Rose parve stupita delle parole che l'amica aveva pronunciato.

"Hai paragonato James al sole e Fred a una torcia?" chiese, incredula.

"Non ripeterlo" la supplicò Penny. "È imbarazzante ripensarci".

Rose scosse la testa, senza trovare qualcosa da dire. Semplicemente l'abbracciò. Penny apprezzò il silenzio dell'amica.

"Grazie Rosie" disse solo. "Ci sei sempre".

"Sono la tua migliore amica" le rispose semplicemente. "Dove altro dovrei andare?"

"Uno per tutti, tutti per uno, giusto?" A quelle parole Rose fece un gran sorriso.

"Giusto" confermò.

Era una frase che dal primo anno Penny, Rose e Albus avevano assunto come motto, riprendendola da un libro babbano. Quando Penny era bambina il padre era solito leggerle I Tre Moschettieri prima di metterla a letto.

Aveva molto per essere grata, pensò Penny. Non aveva senso deprimersi per James Potter, o per qualsiasi altro ragazzo. Lei aveva Rose, Al, le ragazze e la sua famiglia. Merlino, come le mancava nonno Arnold!

Sorrise e prese l'amica sottobraccio, per poi entrare in biblioteca. Il sorriso sulle sue labbra si spense istantaneamente, perché in effetti un ragazzo in grado di deprimerla a prima vista esisteva eccome – rispondeva al nome di Scorpius Malfoy.

Che diamine ci faceva in biblioteca? Da quando sapeva leggere?*

Stava sicuramente facendo una ricerca segreta per trovare il modo ideale di uccidere tutta Howgarts nel sonno, o perlomeno tutta la casata Grifondoro.

Lui le sorrise, mellifluo.

"Ciao Sanguesporco" la salutò, il tono gentile che cozzava con l'insulto. Penny lo ignorò, ma Rose sbuffò sonoramente.

"E ciao anche a te, Weasley". Sputò fuori il cognome come se fosse offensivo di per sè. A quel punto Penny decise di interrompere quei convenevoli al vetriolo.

"Ciao, Serpe" rispose. "Sei più viscido del solito, vedo". Lo sguardo del Serpeverde si assottigliò. Forse sfogarsi su Malfoy non era una cattiva idea, pensò Penny. Tanto quel ragazzo-biscia si meritava sistematicamente di essere insultato.

"Sono stato cortese" rispose lui. "Dovresti esserlo anche tu".

"Stai alla larga da noi!" intimò Rose. Gli occhi grigi di lui si fecero minuscoli.

"Pensi di mettermi paura?" replicò sprezzante. "Dove avete lasciato il figlio di San Potter?" domandò, notando l'assenza di Al. Riusciva a far sembrare un insulto persino il cognome Potter, che per il resto del mondo magico era sinonimo di salvezza.

"Sul serio, Malfoy" sbottò Penny, "dovresti smetterla di criticare i genitori degli altri, visto che tuo padre è un maledetto Mangiamorte". Lui sembrò accusare il colpo, benché sorpreso da quella replica così diretta.

"Come ti permetti... lurida sanguemarcio?"

"Io starei attento a usare certi termini, se avessi due Mangiamorte in famiglia" continuò lei. Decisamente, sfogarsi su Scorpius le stava facendo bene. "Si potrebbe pensare che i Malfoy non siano veramente pentiti". Penny si rese conto di aver alzato troppo la voce, sfidando le ire di Madama Pince.

"È grazie a Narcissa se San Potter è vivo" replicò lui.

Evidentemente era a corto di insulti. Penny conosceva la storia, sapeva che Narcissa aveva mentito permettendo a Harry di sfuggire a Voldemort, ma non l'aveva fatto per bontà di cuore.

"Ed è grazie a San Potter se tuo padre e tuo nonno sono a villa Malfoy e non ad Azkaban" ribattè prontamente. Tutti sapevano che Harry Potter aveva testimoniato, influenzando favorevolmente il tribunale magico.

Scorpius era interdetto, con la bocca spalancata, ma non trovava niente da dire.

"Chiudi la bocca Malfoy" disse Rose. "Sembri un merluzzo marinato".

Prese Penny sottobraccio e la trascinò al primo tavolo libero, cercando di non gongolare troppo.

"Non grande, magnifica" commentò poi. Penny ridacchiò.

"Sempre un piacere" ghignò. Effettivamente, in quel caso era stato terapeutico mandare qualche frecciatina a Malfoy. Un vero toccasana per i nervi tesi.

Si accomodarono al tavolo e si misero al lavoro, senza più perdersi in chiacchiere. Scorpius aveva rubato fin troppo tempo alla ricerca che Penny doveva portare a termine per Storia della Magia.

La biblioteca ebbe, come sempre, un potere calmante su di lei. Stare in mezzo agli scaffali la faceva sentire protetta e l'odore dei libri vecchi le lasciava una sensazione positiva addosso.

Fino all'ora di pranzo, i suoi pensieri furono occupati solamente dal professor Rüf, il fantasma che insegnava Storia della Magia – e la cosa non le dispiacque affatto.



Nel primo pomeriggio, la Sala Comune dei Corvonero era funestata dalla presenza di un James Potter particolarmente giù di corda.

"Lorcan, mi devi aiutare!" piagnucolò, sedendosi sul divano.

Erano appena venuti via dalla Sala Grande, dove avevano consumato il pranzo. Il biondo si sedette accanto a lui e alzò gli occhi al cielo: sapeva già di cosa voleva parlargli.

Un anno prima avrebbe pensato a un problema scolastico o riguardante il Quiddich, ma ormai James era monotematico. Un caso disperato.

"Sto impazzendo" aggiunse Potter, come se questo spiegasse tutto. Si alzò di scatto e iniziò a girare in tondo. Lorcan sospirò.

"Si nota, James" fece, ironico. L'amico gli scoccò un'occhiataccia.

"Non mi stai aiutando".

"Prima di tutto, smetti di girare come una trottola" gli disse Lorcan. "Mi fai venire il mal di testa". James si accomodò nuovamente accanto all'amico.

"Da dove comincio?" Era chiaramente rivolto a se stesso, ma Lorcan decise di rispondere comunque.

"Da dove ti pare". Poi, semplicemente, attese una risposta del Grifondoro.

"Al sa che la amo" disse Potter.

"Non ti domando quale sia il soggetto della frase".

Davvero non ce n'era bisogno: Penelope Shane ormai era la risposta a ogni dilemma sentimentale di James.

"E io che c'entro?" domandò Lorcan.

"Dunque" iniziò l'altro, "sia Al che Rose sanno che Shane è innamorata di un ragazzo e be'... sicuramente sanno chi è..." Persino James appariva in difficoltà.

Lorcan sapeva dove volesse andare a parare, ma non l'avrebbe aiutato.

"Assolutamente no" disse infatti.

"Ehi, non ho finito!" disse Potter.

"Il mio è comunque un no" ribadì Lorcan. "Un no sulla sfiducia".

"Oh andiamo! Tu e Rose state insieme, potresti gentilmente estorcere questa informazione a mia cugina".

"Non voglio litigare con la mia dolce metà, neanche per aiutarti" precisò. "In più, quei tre sono molto riservati. Se uno ha un segreto, gli altri due non lo riveleranno". Avrebbe scommesso tutto l'oro di un Leprecauno che non avrebbe cavato un ragno dal buco, anche se avesse chiesto informazioni a Rose.

"Sfodera le tue abilità da seduttore" tentò James.

"Non me lo direbbe. E dovrei spiegarle perché la vita sentimentale della sua migliore amica mi stia così tanto a cuore" replicò Lorcan. "Non ho intenzione di assecondare la tua Penny-follia". James sbuffò sonoramente e si passò una mano tra i capelli, già abbastanza scompigliati.

Era insoddisfatto, ma non sorpreso. Sapeva già che Lorcan avrebbe risposto in quel modo, ma ci aveva provato lo stesso. Tentar non nuoce, diceva nonna Molly. In realtà in tutta quella storia tutto nuoceva. Alla sua salute mentale, soprattutto.

"Comunque, non eri convinto che fosse Fred?" La voce di Lorcan lo strappò a quella spirale di autocommiserazione. Gli fu grato per questo.

"No" rispose. "Me l'ha detto Shane".

"Avete parlato?" chiese


"Più che altro litigato" borbottò James.

"Per la barba di Merlino!" esclamò Lorcan. "Non riuscite a parlare come delle persone normali?" domandò, retorico. "E sono sicuro che è colpa tua. Sei scostante con lei e, se posso consigliarti, non è il metodo migliore per conquistarla".

"Credi che non lo sappia?" rispose James sbuffando. "Se mi guardo allo specchio e organizzo un discorso sembra filare tutto liscio, poi quando sono davanti a Penny perdo la bussola..." Lorcan gli mise una mano sulla spalla.

"Me ne sono accorto".

"Le cose non vanno come vorrei" aggiunse James.

Poggiò i gomiti sulle ginocchia, gettandosi in avanti e portandosi entrambe le mani nella folta chioma. Quella posa lo aiutava a riflettere, di solito.

Ogni tattica con Shane sembrava insensata, però.

"Sei un ragazzo distrutto, Potter".

"Dimmi qualcosa che non so, Scamander".

"Senti James" iniziò Lorcan, "Al e Rose non ti diranno il nome del ragazzo per cui Shane ha una cotta..."

"Non è solo una cotta, credimi" obiettò l'altro. Lorcan lo fulminò con lo sguardo per averlo interrotto, così Potter lo lasciò continuare.

"Stai girando intorno al punto. Il nome di quel ragazzo è inutile" disse. "L'unica azione sensata da parte tua sarebbe dirle quello che provi, te l'ho già detto. Non hai niente da perdere" aggiunse, convinto.

"Sì invece!" ribattè James. "Penny è la migliore amica di Al e Rose; la mia conoscenza con lei non finirà dopo i M.A.G.O. Sono destinato a vederla a vita" conluse, incrociando le braccia al petto. Sembrava sicuro di avere ragione.

"Hai paura e basta" sentenziò Lorcan. "Il resto sono scuse". Effettivamente, James dovette ammettere con se stesso che l'amico non era lontano dalla verità. Sbuffò senza sapere cosa rispondere e si guardò intorno. Quando l'occhio gli cadde sulla pendola della Sala Comune si rese conto di essere in ritardo.

"Merlino!" esclamò all'improvviso.

"Cosa?" fece Lorcan.

"Sono in ritardo per il Quiddich" spiegò l'altro alzandosi. "Baston mi ucciderà".

"Meglio così" gli urlò dietro il Corvonero. "Metterà fine alle tue sofferenze e soprattutto mi farà vincere la scommessa con Rose. Ho puntato sulla vittoria di Corvonero..." Ma James era già schizzato via verso il campo da Quiddich.





Penny raggiunse lo spogliatoio con calma, stranamente in anticipo.

Si vestì con la divisa d'oro e porpora, lo stemma del leone a troneggiare sulla tunica della squadra – a simboleggiare il coraggio e la forza. Le doti che sentiva di non possedere ultimamente – e che quel giorno sarebbero servite.

I Corvonero non erano temibili, ma aveva paura di distrarsi durante la partita. Ultimamente le capitava spesso. Scopa alla mano, uscì dallo spogliatoio.

Baston la trovò seduta a bordo campo.

"Ehi Shane" la salutò allegramente.

"Ehi Sam" fece Penny. Lui si dovette accorgere da quel saluto mogio che qualcosa non andava. Sul volto gli si dipinse un'espressione stranamente comprensiva.

Se era un libro aperto anche per Baston, si disse Penny, la situazione si faceva preoccupante. A meno che Sam non usasse la Legillimanzia senza farlo sapere in giro.

Decise che preferiva decisamente la prima ipotesi, viste tutte le cose che aveva da nascondere.
"Ansia da prestazione?" domandò.

"No" lo rassicurò. "Lo dici solo perché sono in anticipo" provò a sviarlo.

"Anche" ammise Sam ridacchiando, " ma in generale non sembri molto in forma".

"Ehi!" lo rimproverò Penny, oltragiata.

"Vuoi che ti sostituisca?" la provocò.

La ragazza sgranò gli occhi, basita. Baston l'avrebbe stupita di meno se si fosse alzato la manica mostrandole il Marchio Nero.

"Capitan Quiddich, sei sicuro di sentirti bene?" lo celiò. "Tu schiavizzi tutti i giocatori fino al loro sfinimento, fisico o psicologico". Lui rise.

"Sono umano anche io" le fece presente.

"Io e Trixy pensavamo fossi un automa programmato per stare in sella a una scopa ed elaborare schemi di gioco".

Sam si finse risentito, mentre rideva sotto i baffi.

"Comunque grazie, ma niente sostituzione" lo rassicurò Penny.

"Meno male!" disse lui, sollevato. "Il tuo sostituto è davvero scarso".

"È il doppio di me" obiettò Penny.

"E ha metà della tua abilità" ribattè Sam, occhieggiando il ragazzo in questione dall'altra parte del campo. "Perciò cerca di fare del tuo meglio".

"Lascerò i problemi personali fuori dal campo" replicò lei sorridendo.

Baston non fece altri commenti, limitandosi a una virile pacca sulla spalla. La stupiva come i maschi della sua età risolvessero ogni dilemma dandosi clamorose pacche sulle spalle.

Vedendo arrivare l'arbitro e altri giocatori, il Capitano si allontanò. Si girò a guardarla da sopra la propria spalla sinistra: "Se vinciamo, la prossima sarà con le Serpi! Da oggi si fa sul serio".

"Sì, Capitan Quiddich!" replicò Penny.

Lui alzò gli occhi al cielo e andò a tormentare gli altri con le stesse parole.

In quel momento James scese in campo, completo di divisa e scopa. Penny lo vide strizzare gli occhi quando questi incontrarono la luce del sole – e pensò che fosse bello. Lo pensava sempre, del resto.

Strinse la sua Firebolt e si sollevò da terra, andando a raggiungere gli altri giocatori a mezz'aria, in attesa del fischio d'inizio.







Ce l'aveva fatta per un pelo! Si era lanciato dalla Torre Corvonero alla volta del Campo da Quiddich e si era cambiato in fretta negli spogliatoi. Afferrata la scopa uscì sul campo e si guardò intorno, notando Penny che scambiava due parole con Sam. Persino Baston riusciva a tenere uno stile di conversazione più piacevole di quello di James, evidentemente. Avrebbe voluto andare da lei e dire qualcosa, ma rinuncià in partenza. Sarebbe stato un fiasco e, di sicuro, Penny non voleva ascoltarlo.


Dopo poco si sollevarono tutti in aria, aspettando il fischio d'inizio, mentre Sam incoraggiava la squadra.

"Superiamo Corvonero e ci battiamo con Serpeverde alla prossima partita" strillò ai Grifondoro riuniti in circolo. "La nostra priorità è battere quelle biscie rammollite, visto come ci hanno soffiato la Coppa l'anno scorso".

Baston era stato categorico – James doveva concentrarsi solo sul Boccino. Certo, sapere che Penny lo avrebbe seguito, con gli occhi puntati su di lui, non era d'aiuto. Per niente. Però doveva acchiappare quella maledetta pallina alata. In fondo, lui era James Sirius Potter. Suo nonno era un Cercatore, suo padre era un Cercatore: ce l'aveva nel sangue, il talento. Non poteva fallire.*






All'inizio la partita procedette lentamente.

Sembrava che i giocatori delle due squadre si stessero studiando a vicenda, per capire quale schema di gioco adottare. Poi le cose iniziarono a movimentarsi, Trixy segnò ben due volte, centrando in pieno gli anelli avversari con la Pluffa.
"Venti punti a Grifondoro" dichiarò neutra la voce di Lily Luna, addetta al commento delle partite. Ovviamente, tifando Corvonero, non era troppo contenta della notizia, ma si mantenne abbastanza imparziale.

Penny non sapeva cosa avessero nella famiglia Potter: tutti adoravano il Quiddich. Ginny aveva giocato da professionista e ora era una giornalista sportiva; James Potter e suo figlio Harry erano stati Cercatori. Era naturale che James fosse il Cercatore del Grifondoro – e anche che Lily facesse la cronaca delle partite.

L'unico immune era Albus, che si era sempre limitato a tifare.
I Grifondoro sugli spalti fecero sentire la loro gioia strillando e agitando striscioni e sciarpe dai colori oro e scarlatto.

Baston, come sempre alla porta, era concentratissimo sui movimenti della pluffa. Non era intenzionato a lasciarne passare neanche una. Avrebbe difeso gli anelli a costo della vita.

Quanto a Penny, i bolidi dei Corvonero la stavano tormentando. Ne respinse uno e subito dopo un altro le arrivò quasi in faccia. Il Battitore avversario aveva mancato James, per fortuna.


Col vento che c'era, Potter si permetteva anche di correre di qua e di là come una scheggia – la stava facendo impazzire. Era costretta a rincorrerlo per tutto il campo,
come fosse la sua ombra.

Si tuffava in basso per risalire all'improvviso. Virava a destra inclinando la scopa, per poi raddrizzarla e scattare verso l'alto.

Penny non riusciva a capire nulla. Non aveva idea di come James riuscisse a vedere il Boccino. Durante la sua "carriera" di battitrice, le era successo al massimo di intravedere uno sfarfallio dorato nell'aria.

"Dieci punti a Corvonero!" La voce di Lily Luna riecheggiò nel campo. "E siamo venti a trenta per Grifondoro". Penny si distrasse per un secondo ascoltandola, e per poco un bolide non colpì James. Rischiando di cadere dalla scopa, si precipitò a rispedire quella palla infernale da dove era venuta. Riuscì giusto in tempo ad evitare che Potter venisse colpito, ma si beccò una botta secca sul polso sinistro.

Merlino, lei odiava i bolidi.

Ignorò il dolore lancinante al polso e continuò a seguire James.





Potter non riusciva a pensare ad altro: i Corvi erano in rimonta. Certo, Grifondoro era in vantaggio, ma dieci punti in più non erano niente e quelle cornacchie non si sarebbero arrese. Doveva assolutamente acchiappare il Boccino. Sentire lo sguardo di Shane seguirlo, come aveva immaginato, non lo aiutava. Voleva girarsi a guardare gli occhi di lei, verdi e profondi. Peccato che non potesse, dato che erano nel bel mezzo di una partita ufficiale di Quiddich.

Rintracciò un improvviso sfarfallio luccicante e udì un battitò d'ali: il Boccino era lì. Sfortunatamente, anche l'altro Cercatore sembrava averlo notato. James si lanciò all'inseguimento: scartò di lato, dirigendosi in picchiata verso l'oggetto alato, che era sceso di parecchi metri. Sollevò il braccio per afferrarlo, frenando appena in tempo prima di impattare contro il terreno.

Sugli spalti tutti erano stupiti, perché si erano aspettati una caduta rovinosa, che la bravura di James aveva evitato. La voce di Lily Luna si diffuse per il campo:

"James Potter afferra il Boccino" annunciò. "Centocinquanta punti a Grifondoro. La partita è chiusa". James sorrise nel notare che la voce della sorella non nascondeva una punta di frustrazione per la sconfitta dei Corvonero.

James rotolò per terra, esausto, con il sorriso sulle labbra e la mano chiusa a pugno attorno a quell'oggetto dorato, tanto piccolo quanto problematico da acciuffare.





Penny atterrò accanto al suo Cercatore. Doveva riconoscere che era stato straordinario.

"Sei vivo?" domandò avvicinandosi. Il ragazzo si voltò e le sorrise, sollevandosi da terra con un balzo.

"Tutto intero" rispose. "Tu?"

Penny si guardò istintivamente il polso e James si accorse che non aveva un bell'aspetto. Le si accostò e sbirciò.

"Posso?" domandò con voce di velluto. Lei assentì con un gesto del capo.

Le prese delicatamente il polso, causandole una smorfia di dolore. Se ne accorse anche James.

"Andiamo in Infermeria" disse.

"È solo un'ammaccatura, Madama Chips ci penserà dopo. Vai a festeggiare con Sam" disse indicando Baston e gli altri componenti della squadra che si stavano avvicinando a James, complimentandosi per la cattura del Boccino.

Penny sospirò. Si era abituata da anni a quello: il Battitore e gli altri facevano il lavoro sporco, ma il Cercatore prendeva tutta la gloria alla fine della partita.

Baston e Trixy notarono il polso di Penny.

"Si è beccata un Bolide per colpa mia" spiegò James.

"Il mio compito è guardarti la schiena dai Bolidi Potter, sono preparata" lo rassicurò Penny.

"Vai in Infermeria" ordinò Baston, perentorio. "Devi stare in forma Shane! Mi servi per la sfida con le Serpi!" si raccomandò. Penny rise di quell'atteggiamento.

"Agli ordini Capitan Quiddich" disse mettendosi sull'attenti. Be', dopotutto non aveva tutti i torti: era meglio assicurardi che la Battitrice fosse in forma.

"Ti accompagno" mormorò James, affiancandola mentre usciva dal campo.

"Testardo" sbuffò lei, divertita. Lui non parve offeso.

"Me l'hanno gia detto, Shane".









ANGOLO AUTRICE



Eccomi con un nuovo capitolo. James e Penny sono testardi ed entrambi hanno paura di svelarsi. Questo capitolo è un po' di transizione. Penny ha di nuovo risposto per le rime a Scorpius, che sembra aver mandato giù il rospo.

Salvo Apocalisse, tra un paio di giorni pubblicherò il prossimo capitolo, perché so che questo lascia un po' in sospeso. Abbiate pazienza con questi due: sono idioti.




Breve nota al capitolo:



1) la frase "Cosa vuoi di più dalla vita? Un lucano" è ovviamente una citazione a quell'orribile tormentone pubblicitario di qualche anno fa (non so se gira ancora).


2) quando Penny guarda Scorpius e si chiede ironicamente se sia in grado di leggere, è una citazione alla battuta di Draco nel film La pietra filosofale. Harry sotto pozione polisucco nelle sembianze di Tiger si dimentica di togliere gli occhiali prima di parlare con Draco, e lui gli chiede per quale motivo li indossi. Harry risponde che stava leggendo. Com'è noto, Malfoy dice: "perché, sai leggere?"

Per chi non lo sapesse la inventò il piccolo Tom Felton sul momento, perché aveva dimenticato la battuta. Il regista decise di lasciarla nel film.

3) non puoi fallire, ce l'hai nel sangue è la frase che Hermione dice a Harry nella Pietra Filosofale prima del suo esordio come Cercatore.

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Capitolo 16
*** 15. L'infermeria porta consiglio ***


Capitolo quindici


L'infermeria porta consiglio


"Sei proprio testardo!", sbuffò lei.
"Me l'hanno già detto altri, Shane", ammise lui, ghignando.


Senza dire altro, James la scortò per tutto il tragitto che portava dal campo di Quiddich alle mura della scuola. L'aria fuori era piuttosto fredda, mancava una manciata di giorni all'inizio di novembre e Penny non vedeva l'ora che la neve cadesse su Hogwarts. Amava la scuola coperta da quella coltre candida; amava tirarsi bombe bianche con Rose e Al, asciugarsi i vestiti con la magia, e ricominciare daccapo. Potter rimase silenzioso, come del resto fece lei. Non sapeva come intavolare una conversazione degna di questo nome, dopo quello che le aveva detto la sera prima. Percepiva solo il respiro di lui; entrambi erano in un tremendo imbarazzo. La ragazza parlò solo quando giunsero davanti alle porte lignee dell'infermeria, intenzionata a scioglierlo dall'obbligo di scortarla.
"Grazie, ora posso cavarmela", gli assicurò.
James non sembrò comprendere la frase e rimase esattamente dov'era, senza accennare minimamente a schiodarsi da lì.
"Quello che intendo dire", ribadì, "è che puoi andare; non ho bisogno della balia". Lui alzò il sopracciglio destro, guardandola come se fosse una bambina che aveva appena detto una sciocchezza. Penny si ritrovò a notare che James alzava sempre il sopracciglio destro, e mai il sinistro. Conosceva a memoria le espressioni facciali di Potter? Wow, le cose andavano di bene in meglio! Una sfigata innamorata: ecco cos'era.
"Non se ne parla, voglio assicurarmi che la mia salvatrice", e calcò sulla parola con un sorrisetto di scherno, "riceva tutte le cure. In fondo è per proteggere me che ti sei fatta male, no?", e sfoderò un sorriso ammaliante, aprendole cavallerescamente la porta. Penny sul momento non trovò niente da ribattere... a pensarci bene non trovava mai nulla di sensato da ribattere, quando James le sorrideva in quel modo.
Madama Chips giunse immediatamente da loro e si informò sull'incidente.
"Non è grave...", sminuì Penny, "ho solo preso un bolide, credo che il polso sia slogato", le mostrò il braccio. Madama Chips lo esaminò accuratamente, sospirò e scosse lievemente la testa.
"Mia cara", disse con una vaga aria di rimprovero, "come fai a dire che è slogato? Questa è chiaramente una frattura..."
Chiaramente una frattura? Non poteva dare per scontato che sapesse distinguere una frattura da una slogatura: non era mica un Medimago. Sentiva una fitta continua, ma aveva una soglia del dolore piuttosto alta, quindi poteva sopportarlo.
"Siediti", disse la donna, indicando uno dei letti. "Torno subito e ti aggiusto l'osso in un baleno". Penny deglutì rumorosamente, un po' a disagio. Si girò verso James: se ne stava lì, ancora in divisa da Quiddich, a braccia conserte.
"Sul serio... sei stato molto gentile ad accompagnarmi, ma non è necessario che tu rimanga con me", gli si rivolse. "Non te ne andare, James!", pensava nel frattempo. Era una bugiarda patentata, perché se c'era qualcuno che voleva accanto in quel momento era lui. Di nuovo bugiarda: non lo voleva solo in quell'istante, ma sempre.
"Maledizione Penelope", si apostrofò con il nome completo, tanto per rendere il rimprovero più efficace, "perché non ti dai una calmata?".
Possibile che non riuscisse a controllare le proprie emozioni in presenza di quel ragazzo?

"E' inutile che cerchi di scacciarmi, Shane! Ho deciso di restare", replicò tranquillo. Penny gioì intimamente, ma -non senza fatica- si trattenne e ostentò indifferenza.
"Stai di nuovo cercando di farti perdonare per come mi hai trattata?", indagò lei con un sorrisetto ironico. Una frecciatina ci voleva, almeno Potter avrebbe imparato a non sbraitare per poi pentirsene!
"Un pochino sì...", un vago senso di colpa nel tono. "Sono stato uno stronzo".
"Abbastanza...", confermò lei, senza rancore. Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, in un gesto automatico. Quello era davvero troppo: distolse lo sguardo momentaneamente, o non avrebbe resistito dal toccarglieli.
"Giuro che non ti chiederò mai più niente", assicurò lui solennemente, "a meno che non sia tu a volermene parlare".
"Devo crederci?", era piuttosto scettica al riguardo. Lui annuì, e aveva un cipiglio così serio che per un momento non le sembrò di avere davanti James Sirius Potter. Doveva essere qualcun altro -magari sotto l'effetto della Pozione Polisucco- che parlava al posto suo.
"Non voglio più litigare con te, Shane...", il tono vellutato, ma deciso. Sembrava ben intenzionato a rispettare la promessa. Era troppo vicino e le sorrideva apertamente; il cuore di lei perse un battito. "Controllati Penny, maledizione!", pensò.
"Nemmeno io", disse cercando di usare un tono neutro. Ma lui aveva uno sguardo così dolce e sensuale che sentì le guance andarle in ebollizione. James -fortunatamente- sembrò non farci caso; tossicchiò nervosamente e iniziò a parlare.
"Senti Shane, io..."
"Signorina!", lo interruppe la voce di Madama Chips. "Ancora non ti sei seduta?". Diamine, si era completamente scordata dell'esistenza di quella donna!
Penny fece come le era stato detto, mettendosi a sedere sul bordo del letto che le aveva indicato poco prima. Ormai l'infermiera era molto vecchia, ma sapeva incutere ancora un certo timore nei pazienti.
"Spostati giovanotto!", intimò a James. "Devo andare a prendere una pozione che rimetterà le ossa in sesto", aggiunse.
"Scusi", squittì Penny, "le ossa? Al plurale?". C'era un po' di apprensione nella voce.
"Certo cara: frattura di ulna e radio", rispose calma, per poi sparire di nuovo.
"Magnifico!", esclamò Penny, più rassegnata che altro.
La voce di Shane riportò James alla realtà; si era perso ad ammirare i suoi capelli neri e lucenti: quella mattina la ragazza li aveva raccolti in un'alta coda di cavallo. Ovviamente, giocare a Quiddich con la chioma al vento le sarebbe stato estremamente difficile, perciò li teneva legati.
"Come scusa?", si riscosse lui. Doveva farsi passare quella ridicola fissa per i capelli di Shane: era assurdo che rimanesse imbambolato a guardarli!
"Niente, ha detto che sono due ossa rotte anzichè una".
"Oh".
"Vedo che sei partecipe del mio dolore!", fece lei sarcastica. "Lasciamo stare...", continuò accorgendosi che non la stava seguendo. "Piuttosto, potresti sciogliermi la coda?", domandò incerta.
"Come scusa?".
"Ehm... non so se ci riesco con una mano sola", spiegò lei. "A sciogliermi i capelli, intendo...", specificò percependo l'espressione inebetita di lui.
Un altro "Oh" fu la risposta che ottenne; in realtà somigliava di più ad un mugugno.
Penny odiava farsi toccare i capelli, ma la coda era certamente sfatta e non aveva senso tenerla. Le stava venendo un cerchio alla testa, quindi sicuramente scioglierla le avrebbe dato sollievo. James colse l'occasione per sedersi sul letto, accanto a lei, iniziando ad armeggiare con l'elastico.
Notò con piacere che al tatto i capelli di Shane erano esattamente come se li era immaginati: morbidi e setosi. Penny si aspettava che da un momento all'altro li tirasse o gliene strappasse inavvertitamente qualcuno. Gli amici sapevano che non gradiva che la propria chioma entrasse in contatto con mani estranee: motivo per il quale Al non perdeva occasione di scompigliarli. Ma James sfilò l'elastico con estrema delicatezza, anche se Penny non potè dire di non aver sentito niente. Quello che aveva provato -tuttavia- non era certamente fastidio. Il tocco di lui sulla cute le aveva provocato un brivido lungo la schiena; le era persino sfuggito uno strano versetto, che fortunatamente Potter aveva scambiato per un lamento.
"Ti ho fatto male?", le chiese infatti. Doveva dire di sì! Le aveva fatto male, le aveva tirato i capelli e le era sfuggito un lamento. Plausibile, no?
"No", rispose sinceramente. Sbirciò verso di lui da sopra la propria spalla sinistra, per poi girarsi completamente. Due pozzi scuri la scrutavano; le sembrava che volessero carpire ogni segreto della sua anima. Provò l'irrefrenabile istinto di chiedergli di non smettere di toccarle i capelli, di accarezzarla fino alla fine dei tempi. Insomma, ma cosa le prendeva? Aveva sempre odiato qualsiasi corpo estraneo che anche solo si avvicinasse alla sua testa, e ora voleva implorarlo di affondarci la mano. Sul serio?
Nel frattempo James stava pensando esattamente la stessa cosa, che gli sarebbe piaciuto poterla accarezzare sempre così.
"Ehm...", tossicchiò lei per uscire dall'imbarazzo, "stavi dicendo qualcosa?".
James se ne era completamente dimenticato; era concentrato solo sugli occhi verdi di lei.
"Ehm... ci tengo a dirti che ieri mi è dispiaciuto vederti triste e in realtà ero entrato per sapere come stessi". Non era esattamente quello che voleva dirle.
"Hai uno strano modo di consolare gli amici; lo sai, Potter?".
Amici... ma amici di cosa? Lei non lo voleva come amico!
"Suppongo tu abbia ragione", disse lui e abbassò lo sguardo. "Non ho mostrato molta sensibilità, in effetti".
"Avevo litigato con Fred", spiegò. Perché gliene stava parlando? Non gli doveva nulla.
"Ci ero arrivato!", rispose ironico.
"Ho rotto con lui", aggiunse. Di nuovo la sua bocca parlava senza essere collegata al cervello.
"Rotto?", chiese lui deglutendo rumorosamente. "Perché, stavate insieme?", una nota preoccupata nella voce, che Penny scambiò per curiosità. Ma James non era curioso: era allarmato.
"Non proprio... diciamo che è finita ancora prima di iniziare; e Fred non l'ha presa benissimo". A James vennero i crampi allo stomaco, pensando al motivo che aveva spinto la sua Shane alla rottura con Fred. Comunque si astenne dal commentare, dato che lei non era affatto la sua Shane...
"Ora, a sangue freddo", non si trattenne dal farle quella domanda, "ripeteresti quello che hai detto ieri? Quel fatto del sole e della torcia, voglio dire...". "Non dire sì", la pregò mentalmente.
"Sì". Magnifico!
Una strana creatura stava scalciando furiosa nel suo stomaco e non lo lasciava in pace; non risuciva neanche a guardarla negli occhi, e anche Penny sembrava trovare molto interessanti le pareti bianche dell'infermeria.
Non importava... quella risposta scoraggiante non gli avrebbe impedito di seguire il saggio consiglio di Lorcan e di Al. Razionalmente sapeva che dirle la verità era la cosa giusta da fare, anche se le piaceva un altro. La conosceva abbastanza da sapere che l'avrebbe rifiutato con gentilezza. Quei morsi allo stomaco sarebbero spariti, e avrebbe ricominciato a respirare senza un macigno addosso, comunque andasse.
"Shane...", provò a dire.
"Sì?".
"PENNY!", si sentì esclamare alle loro spalle. I due si girarono all'unisono verso la voce: Rose era apparsa sulla soglia, seguita da Alice, Al, Trixy, Lorcan, Lysander e Lily Luna. Strano che non si fossero portati appresso il resto dei Weasley.
Sembrava ci fosse una congiura in atto contro i buoni propositi di James, che infatti imprecò sottovoce.
"E' tutto a posto?", chiese la rossa, preoccupata.
"Sì", la rassicurò l'amica.
"Meno male!", Al tirò un sospiro di sollievo. "Dagli spalti non eravamo riusciti a capire cosa ti fosse successo".
James scoccò a Lorcan un'occhiata eloquente, alla "Che cavolo ci fate qui a rompermi le uova nel paniere?". Il biondo si strinse nelle spalle, come per chiarire che lui non c'entrava nulla. Improvvisamente ricomparve Madama Chips.
"Cos'è questa folla? È solo un polso rotto, non è in degenza da una settimana! Forza: tutti fuori! Siamo in un'infermeria, non al circo!", gracchiò aspramente. "Al massimo può restare il fidanzato a farle compagnia", dichiarò addolcita dalla muta supplica negli occhi di James. Penny arrossì violentemente e cercò di articolare una frase completa per chiarire che lui non era il suo ragazzo, ma James la precedette.
"Grazie per la comprensione".
"D'accordo...", Lorcan colse la palla al balzo. "Usciamo prima che Madama ci faccia a fette", e si guadagnò un'occhiata minacciosa da parte della donna. Tutti e sette si congedarono e in lampo lei e James si trovarono di nuovo soli, o quasi. Madama Chips magari rappresentava un piccolo impedimento ai propositi di James, ma nella vita non si può avere tutto.
"Tieni, signorina... bevi tutto d'un fiato", disse la donna porgendo un calice a Penny.
"Cin Cin!", disse lei ironicamente. Non prevedeva un buon sapore per quella pozione, e non si sbagliava; aveva un colore violaceo e l'aspetto putrido, oltre a sapere di cadavere di rospo.
"Mi viene da vomitare", dichiarò schifata.
"Ti aspettavi un bicchiere di vino elfico?", replicò acidamente la donna.
Penny comprese che era meglio non lamentarsi quella le spalmò un unguento sulla parte lesa. Gliela fasciò, raccomandandosi di cambiare la benda tre ore dopo. La mattina seguente avrebbe potuto toglierla del tutto, anche senza tornare da lei in Infermeria. Poi, senza troppe cerimonie, sbattè fuori sia lei che il sedicente "fidanzato".
"Fantastico!", fece ironica non appena fuori di lì. "Ogni volta che provo a cambiare una fasciatura riesco solo a spazientirmi e finisce che la garza si appallottola su se stessa. Farò un incantesimo per farla srotolare, o qualcosa di simile... ammesso che esista un incantesimo per una cosa così insulsa", concluse sbuffando.
James rise di gusto all'immagine di Shane che lottava contro una garza: non sapeva se trovarla tenera o tremendamente comica.
"Ci penso io", disse alla fine, con una certa noncuranza.
"D-davvero?", balbettò lei. Era Potter a parlare o aveva un gemello gentile?
"Non mi credi? Mi piaceva curare gli animali feriti, quando ero piccolo". Improvvisamente le venne in mente il commento di Hagrid su quanto James fosse stato bravo con gli Ippogrifi, e sorrise dentro di sè.
"Non sono un animaletto da curare!", protestò, fingendosi offesa.
"Non intendevo questo", si lasciò sfuggire una risata. "Volevo solo dire che me la cavo con questa roba".
"Ho alternative?", chiese rassegnata.
"Torna da Madama Chips", le rispose scrollando le spalle.
"Non ci penso neanche! Preferirei farmi aiutare da Malfoy che tornare da quella vecchia scorbutica!", sbraitò.
"Hai uno strano modo di dirmi che posso aiutarti io...", parafrasò ciò che lei gli aveva detto poco prima. Penny rise, pensando a come sarebbe stato avere James vicino che le sfiorava delicatamente il polso. Scacciò quell'immagine -a dir poco idiota- e cambiò argomento. Un secondo ripensò al fatto che un'alternativa ce l'aveva eccome: Al. Lui era bravissimo in queste cose, tanto che il suo più grande desiderio era fare l'addestramento per diventare Guaritare. Accarezzava la speranza di andare a lavorare al San Mungo. Chissà perché James non ci aveva pensato...
Beh, sicuramente non sarebbe stata lei a ricordarglielo, pensò.
I due percorsero in silenzio i corridoi fino al ritratto della Signora Grassa: sembrava un po'alticcia e teneva una bottiglia d'Idromele nella mano destra.
"Parola d'ordine?", fece il quadro, con aria svogliata.
"Grifone rosso", rispose James sbuffando, sempre più sbalordito dalla banalità delle parole d'ordine della propria Casa. Entrambi salirono nei rispettivi dormitori a rinfrescarsi e Penny si accorse che le sue amiche erano tutte in stanza.
Rose leggeva Storia della Magia di Batilda Bath; Trixy stava provando la sua nuova penna Autocorregente, arrivata fresca fresca dai Tiri Vispi Weasley (negli anni gli studenti avevano imparato ad aggirare i controlli di Gazza sui prodotti di George); Alice era intenta ad annaffiare la piantina di Mimbulus mimbletonia che teneva sul proprio davanzale e le stava... parlando. Penny scosse la testa con un sorrisetto; quella ragazza aveva le sembianze della madre, ma somigliava a Neville. Sarebbe stata un'ottima insegnante di Erbologia.
Scese con Rose a chiacchierare con Al, ma di James neanche l'ombra. Sicuramente era uscito dalla Torre; sperava solo che si ricordasse di doverle cambiare la fasciatura...

James salì di sopra a farsi la doccia e a levarsi la divisa da Quiddich, finalmente. Scese in Sala Comune, ma di Penny neanche l'ombra. In compenso, Angie si stava pericolosamente dirigendo verso di lui, con la chiara intenzione di intrappolarlo in una conversazione piena di proposte oscene, proprio come l'ultima volta in cui le aveva rivolto la parola. Gli sembrò un buon momento per la fuga: sarebbe andato dai Corvi, a parlare con Lorcan.
La sua fortuna sfacciata fece sì che Lily Luna stesse rientrando al dormitorio esattamente nel momento in cui lui era arrivatò lì fuori. Ovviamente sua sorella l'aveva fatto entrare; e lui aveva constatato con piacere che le cornacchie non avevano più fantasia. Corvo impagliato non era certo meglio di Grifone rosso.
Non fu esattamente il benvenuto tra i Corvi; dopo la partita, non erano molto contenti di trovarsi il Cercatore vincitore nel loro covo.
"Ancora tu?", Lorcan roteò gli occhi al cielo.
"Ma salve anche a te, amico mio!", rispose gentilmente il Grifone.
"Immagino non sia una visita di cortesia", disse il biondo mettendosi a sedere, "dimmi che cos'è successo". James ci mise un minuto a riordinare le idee, dato che in realtà non era cambiato quasi nulla. Tranne che in lui.
"Niente, sono venuto a dirti che ho deciso di uscire allo scoperto".
"Come?", tossicchiò il biondo, palesemente incredulo.
"Dico la verità, vuoto il sacco, sputo il rospo...", elencò i modi di dire che gli vennero in mente per rendere l'idea.
"Sul serio?".
James si limitò ad annuire, esponendo poi le sue perplessità.
"Il fatto è che non so quando e come farlo... in realtà, pensavo di portarla fuori...", si alzò dal letto di Lorcan, dove era seduto. Erano nel dormitorio, per poter parlare con più calma.
"Fuori... dove?". Il grifondoro continuava a misurare la stanza a grandi passi, palesemente irrequieto.
"Tipo a Hogsmeade". Lorcan si mostrò perplesso.
"Come pensi di arrivarci?".
"Questo non è un problema", si pavoneggiò apertamente. "Sono James Sirius Potter, ho sempre una soluzione pronta". Aveva intenzione di sfruttare la sua illimitata conoscenza dei passaggi segreti, e magari anche il mantello dell'invisibilità di suo padre.
"Piantala di atteggiarti da figo!", e gli lanciò un cuscino. "Intendi come una specie di appuntamento?".
"Sì, se accetta è già un buon segno, almeno credo. Sei stato tu, e anche Al, a farmi capire che starmene con le mani in mano a rodermi il fegato non porterà frutti", gli fece notare; voleva ricevere una reazione maggiormente positiva.
"Immagino di sì. Vuoi portarla fuori e dirglielo lì?", domandò.
"Il piano è questo, biondo!", confermò. "Anche se prima devo trovare il coraggio".
Lorcan ci riflettè sù un bel po', per poi dire solamente: "Sì, ha senso". James lo guardò spazientito: si era sprecato a rispondergli!
Comunque quella frase di approvazione gli bastò come incoraggiamento.
"Io vado, ho da fare...", comunicò senza un'ulteriore spiegazione. Probabilmente avrebbe riso a crepapelle se gli avesse rivelato che il motivo per cui stava correndo alla Torre dei Grifoni era dover fasciare il polso a Shane.


Penny ascoltava il resoconto di Al su quanto fosse felice di stare insieme ad Alice. In realtà stava sentendo di sfuggita, non ascoltando davvero. Si sentiva un verme, ma non poteva fare a meno di gettare occhiate furtive all'orologio e all'ingresso. Iniziava a perdere le speranze, quando lo vide entrare e dirigersi subito verso di lei. Si sedette sul divano accanto a lei senza una parola, prendendole il polso fra le mani. Fu una fortuna che in quel momento non ci fosse molta gente vicina a loro, o Penny sarebbe diventata ancora più rossa di com' era.
"Che stai facendo?", chiese Rose, vedendolo agitare la bacchetta in aria.
"Faccio comparire l'occorrente per cambiarle la fasciatura", rispose con naturalezza. La rossa lanciò a Penny un'occhiata stupita, cercando spiegazioni.
"Madama Chips mi ha detto di cambiarla, ma io sono una frana e così James si è offerto di farlo lui", balbettò cercando di ignorare il calore delle mani di lui. La sfioravano delicatamente, come se stessero maneggiando un qualcosa di prezioso. Al e Rose osservavano la scena: il primo positivamente stupito, la seconda -ignara dei sentimenti del cugino- letteralmente basita.
"Mi sono persa qualcosa?", mormorò la rossa al cugino. Non sai quante cose, Rose!
Il moro si strinse nelle spalle, come a dire che non sapeva a cosa si riferisse.
Rose concentrava la propria attenzione sull'amica, che però non ricambiava i cenni d'intesa; a dire il vero, sembrava non li notasse affatto.
Penny aveva occhi per un solo Grifondoro in quella sala, e per la cura che quest'ultimo metteva nel fasciarle il polso. Non notò nemmeno quanto fossero eccessivamente lenti i gesti di lui. James voleva prolungare quel momento e ci stava mettendo più del tempo necessario, così da poterla toccare senza che sembrasse... strano. Merlino, la voleva così tanto! Voleva stare con lei, solo con lei, sempre con lei. "No", si disse, "non posso trattenermi oltre".
Non poteva più nascondere quel sentimento che gli squarciava il petto ogniqualvolta lei gli era accanto, ogniqualvolta le loro mani si sfioravano. In quel momento, mentre scrutava la profondità di quegli occhi smeraldo che gli avevano fatto perdere la testa, capì che la decisione che aveva preso era quella giusta. Ma non avrebbe atteso di portarla fuori, non avrebbe atteso di fuggire da quelle mura, non avrebbe atteso un'uscita romantica.
L'avrebbe dovuta escogitare e inventare delle scuse per convincerla a uscire di nascosto da Hogwarts. In poche parole, avrebbe dovuto mentire, ancora. No, non l'avrebbe più fatto. Era assurdo che non volesse aspettare, dato che fino a qualche giorno prima era deciso a non rivelarle nulla per paura che lo rifiutasse. Per paura dell'imbarazzo che avrebbe provato lui e anche di quello che avrebbe provato lei nel dirgli: "no, grazie".
Eppure ora aveva tutto chiaro in testa, come se qualcuno gli avesse acceso una lampadina. Non voleva aspettare di vedersi spuntare i capelli grigi, nè tantomeno che arrivasse un altro Fred, per dirle che voleva stare con lei.
Gliel'avrebbe confessato a scuola, sotto quello stesso tetto che avevano condiviso per sei anni: il luogo in cui era sbocciato il sentimento che nutriva.
"James, ci sei?", la ragazza gli passò la mano libera davanti agli occhi. Si era incantato, con lo sguardo fisso sul polso di lei. Penny gli sorrise, con le labbra e con gli occhi: era stupenda.
"Pensieri?".
"Già", confermò riscuotendosi.
No, non aveva tempo di aspettare, non più.


Anche dopo che ebbe esaurito il proprio "compito", James non se ne andò, al contrario di ciò che Penny si sarebbe aspettata. Rimase lì a discorrere con lei, Al e Rose, cosa che non avveniva da -più o meno- un secolo.
Voleva stare ancora con lei... cioè con loro?
Quando fu ora di cena, scesero tutti. Stavano per entrare in Sala Grande, quando qualcuno urtò Penny.
"Mezzosangue, attenta a dove vai!", furono le parole sprezzanti che le rivolse Malfoy.
"Platinato, sei stato tu a venirmi addosso!", replicò lei a tono. Quegli occhietti grigi la fissavano quasi schifati dalla sua presenza.
"Che succede qui?", intervenne James.
"Per la barba di Merlino, sei sempre con la scorta? Che c'è, hai paura di girare da sola?", ghignò.
"Mi stai dando velatamente della vigliacca?", domandò Penny puntellandosi le mani sui fianchi, con espressione di sfida.
"Non velatamente, Mezzosangue!"
"Detto da te suona davvero male", lo derise James.
"Di che t'impicci Potter?", sputò fuorì quel nome come se gli scottasse la lingua.
"Oh, sta' zitto Malfoy! Tu e Zabini l'avete attaccata in due, mentre era da sola. Non credo tu ti possa definire un cuor di leone, o no?", continuò incurante.
Malfoy arrossì fino alla cima dei capelli, sebbene non certò di vergogna: quella era rabbia.
"Ora levati dai piedi!", fece Penny, per rendere più compiuta l'umiliazione. Forse era rischioso trattarlo così in pubblico, perché -come aveva imparato in sei anni- Scorpius non era uno che ben tollerava di essere umiliato davanti ad altri.
Solita ipocrisia Serpeverde.
"Ho una certa fame!", aggiunse Rose, scansando il platinato con gesto plateale.
"Non finisce qui, Penelope!", lo sentì gridare da lontano.
"Lascialo stare", le disse Al a bassa voce, "non fa sul serio".
Penny annuì, sperando che fosse come diceva Albus. Non aveva certo paura di Malfoy, ma la infastidiva avere conti aperti con la gente; avrebbe voluto che il platinato si trovasse qualcun altro da bersagliare con i suoi insulti.


"Ma che cavolo vuole il platinato?!", esclamò Trixy addentando una fetta di pane, sotto lo sguardo intimorito degli amici.
"
Trix, non c'è bisogno di addentare il pane ferocemente: non è Malfoy!", le fece notare Penny ridacchiando.
"
Posso sempre far finta che lo sia", rispose scrollando le spalle. "Almeno mi sfogo". Forse Trixy odiava Malfoy più di tutti loro messi insieme, in quanto convinta che la presenza del biondo nella vita di Daniel non avesse fatto altro che peggiorare nettamente il pessimo carattere del proprio gemello. Essere una grifondoro convinta con un gemello serpeverde non era per niente facile per lei.
"Non capisco cosa diavolo gli sia preso", rincarò la dose Alice, seduta accanto ad Al. Rose e Penny si scambiarono uno sguardo d'intesa.
"Stamattina Shane e Malfoy hanno avuto uno scambio di opinioni", raccontò Rose.
"Oh", fu il commento unico di Alice e Albus.
"Voi due ormai siete in simbiosi, eh piccioncini?", li canzonò James, che quella sera non era accanto a Baston e a quelli del settimo anno.
"Stava lanciando una serie di improperi sulla famiglia Potter", continuò Rose. "Ci avrei pensato io stessa a rispondere per le rime, ma Penny l'ha rimesso in riga, vero?", le scoccò un'occhiata complice e le fece un sorrisetto.
"Gli ho detto che se hai un ex Mangiamorte come padre, non puoi certo permetterti di sfottere i genitori altrui, tantomeno Harry Potter", riferì lei stessa. "Dovevi vedere la sua faccia... apriva e chiudeva la bocca: sembrava un merluzzo. Rose glielo ha perfino detto!".
"Avrei voluto esserci!", commentò Alice. "Scorpius con la faccia da pesce lesso dev'essere uno spettacolo magnifico. Non capita spesso di lasciarlo senza parole...".
"Già...", replicò Penny, "ora mi odia anche più di prima; per questo mi è venuto addosso. Ci tiene a ricordarmi che ho un nemico, come se potessi dimenticarlo", fece schioccare la lingua, spazientita. Per quanto a lei non andasse giù l'idea di odiare ed essere odiata, era qualcosa che a Malfoy sembrava piacere parecchio. La triste verità era che serpi e grifoni si odiavano per principio, con poche eccezioni.
P
enny stava per mangiare il dolce quando i gufi scesero in picchiata verso i tavoli, lasciando cadere pacchetti e lettere a molti studenti. Scorse la propria civetta Lara, che atterrò esattamente sul budino al cioccolato, sporcandosi tutte le zampe. Teneva nel becco una lettera del nonno, che le scriveva quasi quotidianamente. Prese la lettera e la scorse rapidamente, sorridendo. Adorava Arnold.
Quando sollevò lo sguardò notò che, di fronte a lei, Trixy mostrava un espressione piuttosto turbata. La vide leggere rapidamente -sembrava più un telegramma che una vera lettera- e intascare la pergamena. Nessun'altro sembrava averlo notato.
Decise di riprovare a prendere il budino, e in quel momento Sam Baston si avvicinò. "Per l'amor di Godric!", esclamò Trixy notando il volto funereo del ragazzo. "È una cosa grave?", domandò bloccando la forchetta a mezz'aria.
"Sì", rispose abbattuto.
"Quiddich?", chiese Penny; conosceva già la risposta.
"Assemblea dopo cena, al campo".
"Cosa? Fin laggiù? Avrò ancora lo stufato sullo stomaco!", protestò Penny.
"Non discutere", replicò asciutto. Lei lo guardò torva.
"Godetevi il dolce", aggiunse ignorando completamente le lamentele e proseguendo il giro di avvertimenti.
"Per tutte le bacchette!", esclamò Penny.
"Chissà cos'è successo...", fece Al incuriosito.
"Non appena lo sapremo ti manderemo un gufo!", lo zittì Trixy infastidita, riprendendo a trangugiare lo stufato.
"Non parlarle fino alla fine del pasto", sussurrò Alice ad Al. "Non so perché, ma è di pessimo umore!".

Il pessimo umore di Trixy era condiviso anche da Penny, benchè meno manifestamente. Non le andava per niente di andare fino al campo di Quiddich per una stupida riunione; probabilmente Baston avrebbe iniziato a parlare di schemi di gioco e cavolate simili. Era stanca, Merlino! Voleva solo andarsene a dormire. Dopo cena Baston aveva trascinato James con sè, mentre Penelope e Bellatrix ne avevano approfittato per andarsi a coprire con qualcosa di più pesante.
"Se non è qualcosa di vitale importanza, credo che somministrerò un potente veleno a Sam Baston!", sbottò la Zabini mentre camminavano nel freddo della sera. Penny ebbe l'impressione che il cattivo umore dell'amica non si limitasse a quella scarpinata serale post-cena. Avrebbe voluto chiedere cosa l'avesse tanto sconvolta in quella lettera, ma non lo fece. Sapeva che, qualora avesse voluto, Trixy ne avrebbe parlato di sua spontanea volontà.
"O almeno delle pasticche vomitose...", propose in alternativa.
"Lascia stare le vendette Trix: la volontà di Capitan Quiddich è insindacabile".


James Potter conosceva Sam Baston come le proprie tasche, e poteva affermare che quella sera non si comportava normalmente. Si muoveva a scatti mentre diceva: "Buonasera" a tutti coloro che entravano nello spogliatoio. Tentava di mostrarsi sereno e pacifico, ma senza grandi risultati. Aveva iniziato a parlare da pochi minuti, quando James vide spuntare una lunga cascata di capelli neri e due occhi smeraldo, incastonati in un viso dall'incarnato pallido, le gote leggermente arrossate dal freddo. Indossava il suo cappello, e la cosa lo fece sorridere come un bambino la mattina di natale.
"Siamo in ritardo?". Penny era appena entrata, seguita a ruota da Trixy.
"Credo tu sappia già la risposta", ringhiò Baston, fulminandole con lo sguardo. "Dicevo che la partita di sabato è stata annullata".
"Oh cazzo!", fu l'unico commento di James.
"Ma... non si può annullare il Quiddich!", berciò Penny.
"Specie quando la partita è contro le Serpi!", rincarò la dose Trixy.
Baston scosse la testa, sconsolato.
"Sabato viene in visita il neoeletto Ministro Della Magia; e la McGranitt vuole che Hogwarts sia perfetta quel giorno", pronunciò la parola perfetta con tono parecchio stizzito. "Tutti devono essere al loro posto ad accoglierlo. Ve lo immaginate come sarebbe farlo assistere ad una partita Grifoni-Serpi? Non proprio una buona pubblicità, visto come si svolgono di solito gli incontri".
"Note positive?", chiese James. Per tutte le cavallette! Ci doveva essere una qualche nota positiva!
"La McGranitt dice che possiamo spostare l'incontro", rispose Sam.
"Beh, allora è tutto a posto, no?". James fece per alzarsi, del tutto rincuorato. "Dobbiamo solo concordare la data", disse sollevato.
"Frena l'entusiasmo, amico! Noi non decidiamo proprio un fico secco: la data l'hanno stabilita i docenti", rispose facendoli ripiombare nello sconforto.
"E quando sarebbe?", domandò Percival McMillan, l'altro battitore.
"Martedì", sputò fuori Sam.
Ci fu un coro incredulo di: "COOOSA?", seguito da varie proteste e dai tentativi di Baston di calmare gli animi.
"Domani dovremmo allenarci per tutta la giornata e anche lunedì sera dopo le lezioni. Possiamo rifiutare, ma... Serpeverde ha già accettato la data".
A quel punto il silenzio piombò tra di loro, benchè si potesse udire il lavorio dei cervelli di ognuno. Fu proprio James a dar vita a quello che era il pensiero comune:
"Non possiamo tirarci indietro davanti a una sfida con le Serpi e passare da vigliacchi; Godric Grifondoro si rivolterebbe nella tomba". Con gran sollievo di Baston, tutti i giocatori furono concordi. Si sarebbero visti il giorno dopo per allenarsi; e l'assemblea fu sciolta.



Per quale diavolo di motivo nulla girava per il verso giusto?
James salì stancamente le scale del dormitorio ed entrò nella propria stanza. Si buttò a pesce sul letto, stravolto e rimbambito dalle chiacchiere di Sam. Non aveva neanche potuto riaccompagnare Shane, dal momento che Baston l'aveva trattenuto.
Ora che aveva deciso di parlare con lei, un'altro imprevisto arrivava a mettergli i bastoni tra le ruote. Ma si poteva essere così sfigati? Beh, in realtà si poteva nascere orfano, con una cicatrice a forma di saetta sulla fronte, il peso del destino del mondo magico sulle proprie spalle e destinato a fronteggiare Lord Voldemort.
Sì, tutto sommato avrebbe potuto andargli peggio! Si mise sul davanzale, a contemplare il paesaggio fuori dalla vetrata; il cielo era scuro e trapunto di stelle. Non aveva sonno in quel momento e, in punta di piedi, si recò nella stanza accanto; fortunatamente trovò Al sveglio, intento a leggere alla fioca luce della candela sul comodino.
"Che ci fai qui?". Bell'accoglienza!
"Volevo fare due chiacchiere", spiegò sedendosi al bordo del letto a baldacchino.
"Spara", rispose l'altro, chiudendo il libro e tirandosi sù a sedere.
"Ho deciso di dire tutto a Shane; volevo farlo domattina. Ma il Quiddich è stato spostato a Martedì pomeriggio", disse d'un fiato. Al non sembrò afferrare il punto della situazione, e rimase in silenzio.
"Domani avremo gli allenamenti per tutto il giorno", riprese. "Lunedì avremo lezione e allenamenti serali. Ergo, riusciremo a stento a salutarci; senza contare che se la mia...", si bloccò, "dichiarazione non andasse a buon fine, entrambi ne risentiremmo sul campo".
"Per carità!", inorridì Al. "Sam tenterebbe il suicidio!".
Era un'ipotesi piuttosto realistica, che James aveva già preso in considerazione.
"Quindi che faccio, rimando a martedì sera?", chiese dubbioso.
"Ovviamente", rispose l'altro convinto. "Mi stupisco che tu voglia il mio parere. È la cosa più logica da fare". James si morse un labbro, vergognandosi di quanto stava per dire.
"Non dire a zia Hermione che ho detto questo...", iniziò. "Non so come spiegarmi, ma è come se avessi un... brutto presentimento", concluse. Al per poco non scoppiò a ridere, proprio come il fratello si era aspettato che facesse.
"Per la barba di Merlino! Sul serio hai detto presentimento? Chi diavolo sei, la Cooman?", lo canzonò. James fece un gesto infastidito -come per scacciare una mosca- e Al si accorse che era serissimo in quello che stava dicendo.
"Oh, andiamo! Se pensi che potrebbe non volerti, non vedo come..."
"Non è questo", lo interruppe subito. "È solo... ho la netta impressione che martedì succederà qualcosa che mi obbligherà a rimandare di nuovo". Scrollò le spalle, come a minimizzare quella specie di premonizione che aveva appena fatto. "Probabilmente sto diventado pazzo o paranoico".
"Direi entrambi, fratello! Hai aspettato finora, cosa cambiano due giorni?".
"Sì", concordò, "aspetto dalla seconda metà dell'anno scorso, per la precisione".
"Cazzo!", fu il fine commento del fratello minore. Non aveva capito che Penny gli piacesse dal loro quinto anno. "Così tanto tempo e non mi hai fatto capire niente?".
"Avevo paura che lo andassi a spiattellare alla tua amica del cuore", lo celiò James.
"Non l'avrei fatto!", Al alzò il volume della voce. "Non sono mica te!", protestò.
"Ancora con questa storia che non mantengo i segreti?", ringhiò il maggiore.
"Ehi!", risuonò nella stanza una voce infastidita. "Fottetevi tutti e due! Sto cercando di dormire; non mi interessano le vostre liti familiari!".
"Scusa Matt...", mormorò Al.
Vista la sfuriata di Finnegan, James fece la saggia scelta di tornare nella propria camera. Quando si mise sotto le coperte gli venne spontaneo pensare a come sarebbe stato dormire abbracciato a Shane. Si impose un freno mentale; non poteva illudersi di essere accettato. Sapeva che nella testa di lei c'era un ragazzo, quindi era inutile sperarci. Avrebbe fatto quello che doveva, e ne avrebbe affrontato le conseguenze subito dopo la partita.
Con questa consapevolezza, scivolò pian piano tra le braccia di Morfeo.
Ma anche ridestandosi, al mattino, non riuscì a scrollarsi di dosso la fastidiosa sensazine che qualcosa sarebbe andato storto. Una spada di Damocle pendeva sopra le loro teste: sulla propria e su quella di Shane.
Qualcosa sarebbe andato storto, se lo sentiva.





SPAZIO AUTRICE

Salve a tutti,
eccomi qui dopo tre giorni con un altro capitolo su Penny e James.
Potter sembra avere degli oscuri presentimenti (che abbia preso troppo alla lettera gli insegnamenti di Sibilla?), mentre Al pensa che sia diventato pazzo e paranoico. La cosa saliente del capitolo, comunque, è che l'infermeria ha "portato consiglio" a James. Finalmente ha deciso di mettere in chiaro le cose con Penny, anche se poi il destino gli ha momentaneamente messo i bastoni fra le ruote. Malfoy sembra sempre meno bendisposto verso la mia cara Penelope e chissà fin dove si spingerà questa faida tra i due. In questi due giorni si condenseranno tutte le aspettative di Penny e le speranze di James; riusciranno i nostri eroi a capirsi una volta per tutte o il Fato è proprio deciso a non dar loro una mano?
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, non fate i pigroni xD
Grazie :*
Jules


 
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Capitolo 17
*** 16. Cattivi Presagi ***


Capitolo sedici


Cattivi presagi


La domenica mattina Penny si alzò spontaneamente dal letto, non prima di aver gettato un'ultima occhiata nostalgica all'unico vero amore della sua vita: il cuscino.
Si affacciò alla finestra per sbirciare il cielo, e vide piccole gocce di pioggia iniziare scendere e rigare la vetrata. Si accorse di un borbottio di sottofondo che sembrava tanto essere una sfilza di imprecazioni.
"Maledizione!", sibilò Trixy, già sveglia. "Non poteva andare peggio! Non solo ci siamo dovute alzare quasi all'alba, ma piove pure!". Era ancora di cattivo umore: quella lettera l'aveva davvero scossa. Certo, anche Penny era infastidita, ma Trixy sembrava furibonda.
Continuò a guardare fuori ancora per qualche secondo: il cielo era plumbeo e le gocce di pioggia cominciavano a farsi più fitte, sostituendo la pioggerellina di poco prima. Sentì un brivido di freddo percorrerle la schiena e si rese conto di indossare solo il magliettone che era solita utilizzare come pigiama.
"Potresti accelerare? Sembri un bradipo appena uscito dal letargo!", sbraitò Zabini.
Penny le diede un'occhiata in tralice, ma decise che fosse meglio non contraddirla. Si trascinò fino all'armadio e iniziò a vestirsi, optando per i jeans più caldi che riuscì a trovare e un maglione rosso, donatole da Molly Weasley a natale dell'anno prima. Quella donna spediva maglioni a tutti i nipoti e agli amici dei nipoti: probabilmente passava il resto dell'anno a confezionarli, pensò, visto quanti erano in famiglia. Prese il giaccone e l'occhio le cadde sul cappello di James; prese anche quello, infilandoselo in tasca. Stando attente a non svegliare Alice e Rose, le due scesero in Sala Grande a fare colazione.
La scuola era deserta, ma c'era da aspettarselo; quale studente sano di mente avrebbe fatto colazione alle sei e mezza di domenica mattina? Maledizione al Quiddich!
Penelope si guardò intorno, ma di James non c'era la minima traccia. Probabilmente, Baston l'aveva costretto ad un'alzataccia peggiore della loro, per presidiare il campo nel timore che le Serpi cercassero di precederli.

Varcarono il grande portone di quercia e vennero colpite da una folata gelida e dalla pioggia che cadeva controvento. Trixy imprecò violentemente, mentre Penny estrasse il cappello rosso e oro dalla tasca del giaccone e vi immerse il naso, inspirando forte l'odore di James.
"Stai... annusando il cappello?", biascicò Trixy, sgranando gli occhi alla vista di quella scena.
"Non essere sciocca! Certo che no, perché dovrei?", mentì, non molto convincente. "Andiamo, o Baston ci farà a fette!", aggiunse per levarsi dall'imbarazzo.
Bardate dalla testa ai piedi si avventurarono oltre il cortile, sotto le grosse gocce di pioggia che ora cadevano lente e regolari; la infastidivano. Avrebbe quasi preferito un violento acquazzone a quella specie di tortura cinese, una goccia alla volta.
"Come faremo a giocare in queste condizioni?", sbottò Trixy.
Penny non rispose, perché non aveva in serbo alcuna risposta soddisfacente.
In compenso evocò un ombrello abbastanza grande perché potessero ripararsi entrambe: la pioggia cominciava ad essere davvero troppo fitta.


Quando giunsero al campo, si avvidero che non tutti i giocatori erano arrivati puntuali come loro: e loro avevano ben dieci minuti di ritardo! La nebbia e la pioggia non aiutavano per niente nella visuale, ma Penny scorse ugualmente Sam Baston, che aveva l'aria di chiedersi "perché a me?".
"Capitan Quiddich!", lo salutò.
Baston saltellava sul posto impaziente, e rispose con un sorrisetto tirato e un cenno della mano.
Penny già non stava più prestando attenzione; si guardava intorno – senza scorgere la testa riccia che le interessava vedere – quando qualcuno alle sue spalle le posò una mano sugli occhi. Quel contatto inaspettato le causò un brivido lungo la schiena, e non certo dato dal freddo. Solo una persona poteva farle quell'effetto.
"James...", mormorò con un gran sorriso che – fortunatamente per lei – il ragazzo non poteva scorgere, visto che gli dava le spalle. Le tolse le mani dagli occhi.
"Buongiorno", bisbigliò suadente, vicino all'orecchio destro di lei.
Se continuava così si sarebbe distratta dal Quiddich, tentata com'era di girarsi e gettargli le braccia al collo!
"Ehm... ciao", cercò di darsi un contegno e si girò, ma quello che le uscì fuori sembrò più uno squittio che una voce umana.
Non era possibile che fosse così bello anche di prima mattina! Lei non aveva avuto tempo di specchiarsi, ma era certa di sfoggiare una orribile faccia assonnata e due occhiaie degne di un panda.
"Ti avevo detto che ti sarebbe stato utile", osservò Potter indicando il proprio ex cappello con una certa dose di orgoglio. Lei arrossì lievemente: aveva quasi sperato che non lo notasse.
"Già... mi sono accorta di aver perso il mio, così uso il tuo". Bugiarda.
Il cappello grifondoro di Penny faceva bella mostra di sè al dormitorio, rinchiuso nel baule, e lì stava bene. Il giorno in cui era uscita per andare a Hogsmeade l'aveva davvero dimenticato alla Torre, ma da quando James le aveva regalato il proprio, l'aveva definitivamente dismesso.
"Allora è stata una fortuna che ti abbia dato il mio".
"Uhm... già", biascicò lei. Il sorriso che Potter sfoggiava in quel momento faceva parte delle cose in grado di scollegarle il cervello dalla bocca, impedendole di mettere ineieme quattro parole sensate. Si stava sforzando di interrompere il silenzio, ma ci pensò Baston per lei. Chiamò James, che si allontanò strizzandole l'occhio. Quando ci furono tutti, ovvero dieci minuti più tardi, i giocatori si diressero agli spogliatoi per cambiarsi. Aleggiava un'aria sonnolenta, confermata dalle facce sbattute di tutti, che probabilmente con la testa erano ancora sotto le coperte. Uscirono in divisa e iniziarono l'allenamento senza perdere tempo: non fu facile, nonostante ognuno autopraticasse l'incantesimo Impervius per proteggere il viso dalla pioggia. Baston guardava rabbioso le nubi grigie che incombevano su di loro, come se le credesse un sortilegio dei Serpeverde, o un brutto segno. Forse era ciò che erano, si disse Penny. Come un cattivo presagio.


Non si riposarono mai, finchè, nel pomeriggio, dovettero sgomberare il campo per lasciarlo alle bisce, dato che anche loro avevano il diritto di allenarsi.
"Ho bisogno di una doccia!", esclamò una sfinita Bellatrix.
"Mai stata più d'accordo! Leviamoci queste divise e andiamo al castello; devo passare almeno una mezz'ora a letto prima di scendere per la cena". Penny iniziò a svestirsi, letteralmente stremata.
"Non vorrei deluderti, ma non andrà così".
"Perché no?", chiese lei con una nota di panico nella voce.
"Non ti ricordi la montagna di compiti che abbiamo per domani e che non abbiamo ancora avuto il tempo di svolgere?", sospirò Trixy.
"Oh no!", fu l'unica, disperata esclamazione. Addio letto!
"Oh sì... abbiamo giusto il tempo di una doccia al volo, altro che riposo!".
Uscita dallo spogliatoio vide James lanciarle un'occhiata fugace ed ebbe l'impressione che si volesse avvicinare, ma Angie lo bloccò mettendogli una mano sulla spalla. Che diavolo ci faceva al campo di Quiddich?
In quel momento odiò sia quella civetta che se stessa; il fatto che James avesse un atteggiamento gentile non era sintomo di un interesse maggiore: doveva ficcarselo in testa! Si affrettò ancora di più a raggiungere l'aria aperta, respirando a pieni polmoni e imprecando contro la pioggia, Potter senior, Angie e il Quiddich!
"Ehi... guarda che è Angie che ci prova con James, non il contrario", disse indovinando i suoi pensieri. "Lo sanno tutti". Trixy evocò di nuovo un ombrello e ce la tirò sotto, visto che Penny sembrava trovare interessante l'erba davanti a sè.
"Sì, ma lui ci sta!", si riscosse. Tirò l'amica per un braccio; voleva tornare alla Torre prima che le venisse la tentazione di spaccare la faccia a entrambi.


"Rosie!", la salutò Penny scendendo dalla scala a chiocciola del dormitorio femminile, con i libri e le pergamene sottobraccio. La Sala Comune era accogliente come sempre, rotonda e con i camini accesi, gremita di studenti chini sui libri o intenti a chiacchierare.
"Come va?", le chiese quella, alzando gli occhioni azzurri verso di lei.
"Meglio, ora che ho un aspetto umano", scherzò. "Una doccia fa miracoli, Weasley".
Rose ridacchiò, facendole posto accanto a sè.
"Non posso...", le rispose Penny dispiaciuta, "devo fare i compiti per domani".
"Oh giusto!", fece quella arricciando il naso, cosparso di efelidi. "Ti do una mano...", si alzò dal divano per dirigersi con l'amica ad uno dei tavoli di legno, dove Penny si lasciò cadere su una delle panche, posando i libri davanti a sè.
"Come mai sola soletta? Il tuo ragazzo ti ha abbandonata?", la punzecchiò. Rose sbuffò con aria infastidita. A quanto pareva aveva fatto centro...
"Sì, ha detto che deve studiare, che non sta facendo abbastanza per i M.A.G.O. e non so che altro...", borbottò accigliata. Penny ridacchiò, divertita dalla faccia dell'altra.
"Non gli credi, suppongo".
"Nemmeno una parola, ma mi fido di lui..." disse dolcemente. "E poi", aggiunse molto meno dolce, "se dovessi scoprire che – anche solo per un millisecondo – ha pensato di mettermi le corna... gli trancerei le...".
"ROSE!", la ammonì Penny, disgustata dall'immagine che l'amica aveva appena evocato nella sua mente.
"Sì?", rispose quella sbattendo le ciglia, angelica. "Va bene... sto buona e ti lascio studiare", le concesse con estrema riluttanza.
Sperò che mantenesse la parola, perché non aveva tempo da perdere. Doveva fare un tema per Victoire Lupin sulla Pozione Ricostituente e un'altro per Vitious, sull' incantesimo di Disillusione. In aggiunta aveva delle predizioni da scrivere per la Cooman, ma quelle non erano un problema. Penny non aveva mai "ampliato la mente", come la professoressa ci teneva a ricordarle ogni santa volta; e di conseguenza, tutte le sue predizioni erano inventate, come del resto quelle di Al e Rose. Si limitò a scrivere qualunque idiozia catastrofica le venisse in mente (come piaceva alla Cooman). Sarebbe stato meglio predire cose positive per il futuro – una volta tanto. Invece finiva sempre a scrivere di stragi ed eventi alquanto sinistri, pensando fosse saggio accontentare quella vecchia pazza. Sarebbe stato perfino meglio scrivere i propri desideri per il futuro, più o meno riassumibili in un solo nome: James.


"Potter, ti senti bene?", gli chiese Lorcan sull'orlo di una crisi di nervi.
"Ehi, sono io quello in crisi! Quindi sopportami!", scattò James, senza motivo. Lorcan pensò che gli ricordava tanto una donna di mezz'età verso il periodo della menopausa, suscettibile com'era.
No, pensò James, il biondo non poteva farlo sentire una merda solo per essere piombato di nuovo tra i Corvi, costingendolo ad ascoltare le sue lamentele – ancora una volta. Anzi, non si stava neanche lamentando; per lo più produceva dei mugugni senza senso.
"Potter, se non formuli una frase non credo di poter capire cosa ti affligge!", berciò spazientito il biondo. "Ho dato buca alla mia ragazza per te: quindi dacci un taglio!", gli intimò, cercando di mostrarsi convincente.
James smise di fare sù e giù per la stanza di Lorcan, fissando il proprio sguardo sulla vetrata. La pioggia batteva ancora forte, come quella mattina. Avevano anche saltato il pranzo per allenarsi, e stava morendo di fame; forse era quella che gli dava alla testa.
"Ok, ma non prendermi in giro", disse infine.
Il biondo inarcò un sopracciglio, senza afferrare.
"Perché dovrei?", domandò.
"Al l'ha fatto... quindi prometti di non prendermi per pazzo". Lorcan annuì convinto: avrebbe venduto l'anima al diavolo se fosse servito a farlo smettere di mugugnare insensatezze. Era un prezzo ragionevole perché Potter la finisse di fare sù e giù per la stanza come uno yo-yo impazzito.
"Ho detto ad Al che ho cambiato idea sul dire quello che sai a Penny. L'avrei fatto stamattina, ma abbiamo avuto gli allenamenti per tutto il tempo; e domani è lunedì. Oltre alle lezioni dovremo anche allenarci e ho deciso di vuotare il sacco dopo la partita", narrò velocemente.
"Saggia decisione, ma...?", chiese spiccio.
"Ma non riesco a togliermi di dosso un brutto presentimento, come se qualcosa dovesse andare storto e non riuscissi a farlo neanche martedì", buttò lì. "Forse è questo tempo di merda che mi rende pessimista", tentò di trovare una spiegazione razionale. Deglutì rumorosamente, aspettandosi una risata.
"Ora ti sei messo a credere ai cattivi presagi?", fece osservandolo in tralice. Non poteva credere di aver dato buca alla sua ragazza per ascoltare quei vaneggiamenti!
"Non sfottere!", lo avvisò puntandogli l'indice contro e guardandolo in cagnesco.
Lorcan non aveva alcuna intenzione di morire così giovane, perciò alzò le mani in segno di resa ed evitò di ridere.
James continuò a trascinarsi per la stanza con le mani in tasca, nel silenzio più totale. Lanciava occhiate schizzate in giro, e Lorcan ci mise un po' a trovare il coraggio di parlare.
"Che cavolo significa brutto presentimento?", chiese il biondo.
"Non lo so". Sospirò pesantemente e scivolò su una sedia di legno addossata al muro, scompigliandosi i capelli con la mano in un gesto che era appartenuto al nonno.
"Un bel niente! È la paura che parla al tuo posto!".
"La paura?", gli fee eco, incerto. Non era sicuro che fosse quello il punto.
"Proprio così", rispose annuendo. "Ora ti calmi, ce ne andiamo a cena e poi ci dormirai sù. Tra neanche quarantotto ore potrai fare quello che fino a qualche giorno fa definivi una pazzia". Gli stava dando implicitamente del lunatico con l'ultima frase; James emise quello che sembrava tanto un grugnito, uscendo dalla stanza.
Almeno a cena avrebbe rivisto Penny dopo il patetico tentativo di conversazione che aveva intavolato prima che Sam lo disturbasse con le sue stronzate di gioco.
Quando giunsero in Sala Grande si divisero: Lorcan al tavolo dei Corvonero e James a quello dei Grifondoro. Gettò un'occhiata veloce a Penny, indeciso se andarsi a sedere da quelle parti oppure no. Alla fine – poiché lei non lo degnò di uno sguardo - optò per il solito posto accanto a Baston, anche costretto dall'amico che lo stava praticamente tirando per la maglia, desideroso di comunicargli qualcosa. Ovviamente si trattava di Quiddich.


Penny sbocconcellava qua e là: briciole di pane, qualche cucchiaiata di minestra, un morso di torta al cioccolato. Tutto in maniera estremamente svogliata, nonostante dopo l'allenamento avesse avvertito una gran fame.
I suoi pensieri erano concentrati sulla possibilità che quell'idiota di Angie fosse davvero la ragazza che aveva rincitrullito James tanto da convincerlo – uno come lui – a non uscire con altre. L'aveva incrociata in Sala Comune prima di cena, rispondendo al suo "ciao" con una certa fatica e una gran dose di buona volontà.
Era davvero gelosa marcia! Aveva sempre pensato di non voler conoscere il nome della "ragazza" di James, ma non ne era più tanto sicura.
La curiosità uccise il gatto, pensò tra sè e sè, nel disperato tentativo di infondersi un po' di saggezza – termine che, quando si trattava di Potter senior sembrava sparire dal suo vocabolario.
"Perché non fai altro che sospirare e giocare con il cucchiaio?", mormorò Rose.
Si stava gingillando con le posate da circa un quarto d'ora, quindi quella domanda era più che lecita.
"Penso a James", sospirò l'altra sconsolata. "Non guardarmi così, l'ho detto perché so che è inutile negarlo, non perché sia felice di ammetterlo", puntualizzò.
"Non ho fiatato...", le fece notare la rossa, "e sappi che vengo in pace!".
"Ti senti bene? Non hai mangiato quasi niente...", il solito Al preoccupato.
"Sì, è tutto a posto". Sì, Penelope, tutto a posto e niente in ordine...
Quando giunse il momento di andare a letto – che quella sera agognava particolarmente – Penny si infilò la sua maglia larga e si rintanò sotto le coperte. Il vento ululava forte fuori dalla finestra, e le incuteva una certa inquietudine. Ma finché era lì sotto, niente poteva farle del male. Glielo diceva sempre il nonno quando era bambina, per tranquillizzarla durante i temporali; si metteva vicino a lei e le raccontava un sacco di storie strane. Se chiedeva ad Anne e Jack di ripeterle loro non sembravano avere la minima idea di cosa stesse dicendo.
Solo quando aveva scoperto di essere una strega aveva capito il perché di quella discrepanza tra le fiabe dei suoi genitori e quelle di Arnold. Erano le fiabe di Beda il Bardo, note solo nel mondo dei maghi. Suo nonno le raccontava a lei perché diceva di aver sempre sentito che, a differenza di Anne, Penelope avrebbe fatto parte di quel mondo. Ripetendosi mentalmente Ghiozza la Capra Zozza con le stesse identiche parole che usava Arnold quando era piccola, spense la candela e si addormentò con il sorriso sulle labbra.


"Smettila di poltrire! Il mattino ha l'oro in bocca!", strillò Rose, strappandola -poco delicatamente- dal bellissimo sogno che stava facendo. Aveva tirato le tende e la luce feriva gli occhi di Penny senza ritegno.
"Fottiti! Stavo sognando!", si lamentò, alzandosi di scatto dal letto.
"Posso immaginare il soggetto", fece la rossa, ridacchiando. "Tranquilla, non ho usato un Legillimens, ma può essere solo James, o non saresti così scorbutica". Aveva ragione, ovviamente. "E per l'amor di Godric, vestiti!".
Non perse tempo a insultarla o a rinfacciarle ancora di averla svegliata. Si preparò alla svelta e scese con le altre per la colazione, dato che non ci teneva a farsi scannare dalla sua migliore amica. Sarebbe stata una lunga, lunghissima giornata...
"Ho una fame da lupi", mugugnò sentendo lo stomaco brontolare.
"Ti credo...", le rispose Rose, "ieri sera non hai mangiato quasi nulla".
"Mi rifarò adesso. Oggi ho lezione e allenamento intensivo di Quiddich", le ricordò.
"Giusto! O ti nutri o cadrai come una foglia", osservò, "e Baston non te lo lascerebbe fare... figurati se lascia James coperto da quella schiappa del tuo sostituto", ghignò.
"Siete tutti perfidi con quel ragazzo... non è così scarso!", provò a difenderlo.
Rose si girò e inarcò le sopracciglia, ammutolendola con un solo sguardo di sbieco.
"Ok", ammise, "gioca da schifo!".
La rossa sfoggiò un sorrisetto di trionfo e si sedette a tavola. Penny la imitò, senza risparmiarsi nel "nutrirsi": aveva la scusa della giornata pesante.
Si versò del succo di zucca, la sua bevanda analcolica preferita – se ci fosse stato del Whiskey Incendiario l'avrebbe sicuramente assaggiato per farsi coraggio – accompagnandolo con un bel po' di biscotti, una fetta di torta di uvaspina e una ciambella ripiena.
"Cavolo, avevi un bel po' di fame!", commentò Al ridendo, dopo averla vista trangugiare tutta quella roba. Lei sorrise, senza poter aprire la bocca, ancora piena di cibo.
"In effetti avevo appetito", replicò con un risolino.
"Beh, comunque dobbiamo darci una mossa. Abbiamo Pozioni e Victoire non ama i ritardatari!", annunciò Al bevendo un ultimo sorso di succo di zucca – già in piedi.


Quando entrarono trovarono la professoressa a scribacchiare sulla lavagna qualcosa sulla Pozione Ricostituente. Si sedettero in fretta e furia agli ultimi banchi, cercando di fare meno rumore possibile: Victoire non sarebbe stata più tenera solo perché Al e Rose erano i suoi cuginetti.
"Finnegan", chiamò.
Il ragazzo rimase estasiato nel sentir pronunciare il proprio nome dalla creatura che adorava di più in tutta Hogwarts, tanto che – letteralmente – corse alla cattedra.
"Sì?", sospirò: pendeva letteralmente dalle labbra di Victoire.
"Potresti ritirare i temi che avevo assegnato?", domandò senza alcuna traccia di imposizione. Penny adorava quel modo di fare, sia in lei che nel marito: non avevano bisogno di imporsi con la forza, in quanto venivano rispettati per la propria gentilezza.
"Subito, professoressa", rispose Finnegan.
"Matt è totalmente cotto di tua cugina, lo sai?", ghignò Penny, rivolta ad Al.
"Non è il solo a Hogwarts. Mia cugina somiglia a Fleur anche più di Dominique e Louis, quindi è logico che faccia girare la testa agli uomini", asserì.
Penny ridacchiò, pensando che non era l'unica della famiglia ad essere in grado di far perdere la testa all'altro sesso: James ci riusciva benissimo, anche senza traccia di sangue Veela nelle vene.


La lezione di Pozioni era passata relativamente in fretta, non contando il fatto che il calderone di Finnegan era esploso due volte e che quello di un'altra ragazza aveva preso fuoco. A Penny la pozione era riuscita piuttosto bene, perciò poteva ritenersi soddisfatta, e si recò con piacere nell'aula di Incantesimi.
"Prima di tutto", esordì Vitious quando furono tutti ai loro posti, "gradirei visionare le pergamene". Passò a ritirare i compiti lui stesso e Penny dovette sforzarsi di non ridere: era talmente basso che a stento riusciva a tendere le mani abbastanza da raggiungere i banchi – per ironia della sorte – più rialzati di quelli delle altre classi.
"Perché diavolo non usa un semplice Accio?", borbottò Rose, contrariata da quella inutile perdita di tempo.
"Evidentemente oggi voleva provare l'ebbrezza di raccogliere i compiti col metodo babbanofilo", ipotizzò l'altra con un'alzata di spalle.
"Bene! Le esercitazioni per la Disillusione non finiscono qui; le riprenderemo più avanti. Oggi praticheremo l'Incantesimo di Tacitazione", annunciò.
Cinque minuti dopo erano tutti intenti ad azzittire rane e corvi, con la formula "Silencio". Il risultato fu un gran baccano per tutta la classe – dato che non tutti riuscivano a far tacere gli animali. Il rospo di Alice gracidava in maniera inverosimile, mentre il corvo di Rose faceva dei versi irriproducibili e non sembrava intenzionato a smettere, spaccando i timpani di Penny. Lei fu più fortunata: la sua rana era relativamente tranquilla e riuscì a tenerla a bada dopo appena cinque minuti di esercizio.
"Silencio!", le imponeva agitando la bacchetta.
"Molto bene, signorina Shane!", la elogiò Vitious.
Anche Al riuscì perfettamente nell'incantesimo, mentre Trixy sembrava così assente -probabilmente per via della partita di Quiddich – da rendersi a stento conto di dove fosse. Quando Vitious lì congedò, furono finalmente liberi di recarsi a pranzo in Sala Grande. Sedersi e potersi abboffare nuovamente fu un gran sollievo per Penny - nonostante l'abbondante colazione della mattina, aveva di nuovo una gran fame. Che avesse contratto il verme solitario? Sentiva un buco allo stomaco.
Poco dopo invece, sentì che lo stomaco le si contorceva in maniera diversa, alla vista di Angie che prendeva posto accanto a James e gli sorrideva svenevole. Senza neanche rendersene conto, sbattè un pugno sul tavolo e imprecò in maniera poco signorile.
"Che ti prende?", le chiese Al, aggrottando la fronte.
"Niente", farfugliò ritraendo la mano, per giunta dolorante.
Rose aveva seguito la scena e fece cenno ad Al di guardare verso James, in modo che gli fosse chiaro che ad infastidirla era stata l'eccessiva vicinanza di Angie a James. Ma Albus, che la sapeva più lunga di entrambe, non si allarmò eccessivamente. Di lì a poco le sofferenze amorose della sua migliore amica si sarebbero concluse con un lieto fine, perciò non si preoccupò neanche di consolarla. Dopo il pranzo, si diressero in cortile per una mezz'ora di pausa, sedendosi in un punto riparato.
"Merlino!", esclamò Penny indignata. "Perchè diavolo di motivo quella ventosa non gli si scolla di dosso?", chiese più a se stessa che agli altri.
"Penny", provò a dirle Trixy sbuffando, "ti ho già spiegato che è lei a provarci... lo sanno tutti".
"E io ti ho già risposto che lui però ci sta!", non ascoltava ragioni. Le si contorcevano le viscere nello stomaco; aveva la fortissima tentazione di andare a dividerli e mettersi in mezzo. Bellatrix decise che era meglio non controbattere, se ci teneva a una vita lunga.
"Che cosa diamine fa?", gracchiò Penny, con gli occhi fuori dalle orbite. Angie aveva poggiato -casualmente- una mano su quella di James e un minuto dopo lo stava abbracciando, o qualcosa di simile.
"Io vado", disse irata, subito seguita a ruota dagli altri. Marciò a passo spedito verso l'aula di Divinazione. Con quello scatto di gelosia, si perse la parte migliore della scena, ovvero James che ritraeva la mano con noncuranza, spostandosi più in là.


L'ora di Divinazione -per fortuna una sola- fu tremendamente noiosa. La Cooman lesse le loro predizioni, trovando soddisfacenti solo quelle di due o tre persone. Ovviamente, Penny non era tra queste. Non possedeva la Vista!
Glielo diceva fin dal terzo anno, ormai c'era abituata. Non sapeva neanche lei perché continuasse a frequentare le lezioni. Molto probabilmente perché non aveva alcuna voglia di sostituire una materia semplice con una complicata come Aritmanzia, per esempio. Lei e i numeri non erano fatti per trovarsi sullo stesso pianeta. Ciò non toglieva che -come sempre- uscì da lì esasperata dalle idiozie della professoressa, che riteneva più un'impostora che una veggente.
"Per l'amor di Godric, Trix! Non fare quella faccia!", la supplicò mentre si dirigevano al campo da Quiddich, pronte a immolarsi sull'altare delle paturnie di Baston.
Si aspettavano di trovarlo teso come una corda di violino, e non si sbagliavano. Aveva una pessima cera ed era intrattabile. Restarono neutrali, sperando che prima o poi sarebbe rinsavito dall'ossessione di vincere la Coppa Del Quiddich.
"Insomma, sarebbe fico", ammise Trixy mentre si cambiavano, "ma non può ridursi in questo stato!".
"Già... è una specie di zombie che cammina e il peggio è che possiamo solo..."
"Vincere", concluse Bellatrix esasperata.

Fu un allenamento estenuante, se possibile ancora peggiore di quello del giorno precedente. James non era riuscito a scambiare neanche una parola con Shane e, come se non bastasse, Angie continuava a tallonarlo ovunque si trovasse. Perfino allora, la poteva chiaramente distinguere sugli spalti. Lo salutava con la mano, Merlino! Come doveva fare per chiarirle che non era interessato? Non poteva fare niente per lei, a meno che non cercasse una spassionata amicizia. Se era così era di certo molto brava a nasconderlo. Riflettendoci non aveva mai avuto un' "amica femmina". Cioè, amica–amica. Forse non era capitato, o forse era troppo impegnato a pensare alle ragazze in un altro senso. Invece ora gli sarebbe piaciuto; invidiava il rapporto di Al e Shane e – a parte quel demenziale sprazzo di immotivata gelosia che aveva provato – sapeva quale affetto li legasse, dato che li aveva sotto gli occhi da sei anni. Sbuffò, mentre cercava di lottare contro quella maledetta pioggerellina che gli colava addosso. Nonostante avesse praticato un incantesimo Impervius sulla propria faccia -proprio per evitare che la pioggia gli appannasse la vista- le cose non erano migliorate di molto.
Quando finalmente smontarono dalla scopa, fece per dirigersi verso Penny che gli scoccò un'occhiata fugace di disapprovazione prima di ritirarsi negli spogliatoi. Restò parecchio interdetto dall'atteggiamento di lei, del quale non sapeva spiegarsi la ragione. La ragione che lui non poteva comprendere, si palesò un secondo dopo alle sue spalle.
"Ciao James!", lo salutò Angie zuccherosa. Oh, Morgana santissima! Gli dispiaceva perfino: a differenza di Jessica, che era un'idiota patentata, Angie gli era simpatica.
"Ehm... ciao", non trovò di meglio da dire. Lei non si scoraggiò, anzi.
"Che ne diresti di andare a fare un giro?", chiese senza giri di parole.
Dallo sguardo che gli scoccò James comprese che era più avanti di quanto non fosse sano per lei, e necessitava di essere disillusa all'istante.
"Ehm...vedi", balbettò. Ma da quando aveva cominciato a rifiutare ragazze?
"Sì?", fece lei speranzosa. Oh, lo sapeva da quando! Dannata Shane!
"Vedi, se non ho capito male tu vorresti uscire con me", si fermò per controllare la reazione di Angie. Non negò, nè abbassò lo sguardo. Si limitò ad annuire.
"Però, ecco...", si stava incartando. "Da me non puoi avere quello che cerchi..."
"Oh", rispose visibilmente delusa. "Non ti piaccio..."
"Non sei tu... è che non mi piacciono più le ragazze in generale". Angie sgranò gli occhi e inarcò le sopracciglia, perplessa e scioccata. Solo allora si rese conto delle parole alquanto equivoche che aveva usato. Non mi piacciono più le ragazze?
"Prego?", disse esterrefatta.
"Non...", scosse il capo disperato, "non ho cambiato sponda", puntualizzò infastidito dalla propria idiozia. "Mi sono espresso male, intendevo dire che ormai me ne piace una sola, ecco", spiattellò con noncuranza.
"Oh", esclamò nuovamente. "Beh... sei stato sincero, lo apprezzo", fece un sorrisetto.
Wow! Non solo non si era incazzata, ma aveva anche apprezzato il suo comportamento. Uno a zero per la sincerità: doveva ricordarselo più spesso.
Angie non disse altro, si limitò a guardarlo, gli scoccò un bacio sulla guancia e si allontanò fulminea. Girandosi, James vide Shane marciare verso l'esterno del campo insieme a Trixy. Maledizione, pensò: ancora una volta non era riuscito a parlarle!


"Ora lo bacia anche!", sbraitava durante il tragitto dal campo all'interno della scuola. Di volta in volta Trixy provava a replicare alle assurdità che stava lasciando uscire dalla bocca, ma lei non le dava tempo.
"Sai una cosa?", proseguì acida. "Non mi interessa minimamente! Ho capito che è lei ad interessarlo, perciò il mio piano di non sapere il nome della tizia per non odiare nessuno", e qui imprecò nuovamente, "è bellamente andato in fumo!".
"Penny, ma ti vuoi calmare?", strillò a un tratto Trixy per sovrastarla.
"Scusa", farfugliò l'altra, rendendosi conto di stare urlando.
"Era solo un maledetto bacio sulla guancia! Tu e Al ve ne siete dati un miliardo; perchè James non può farlo?". Non avrebbe dovuto dirlo, lo sapeva.
"Non provare a difenderlo!", sbottò puntandole contro l'indice, minacciosa. "Sai benissimo che non è la stessa cosa: lo dici solo per farmi calmare! Al è il mio migliore amico, mentre James non ha mai avuto un' amica intima. Tutte le ragazze con cui interagiva erano pazze di lui, e lui non faceva niente per cercarne una che non lo fosse. Anche se ha delle conoscenti donne che non gli piacciono in quel senso, non ha con loro un rapporto paragonabile a quello che io ho con Al".
Trixy sbuffò, non trovando un'argomentazione valida a cui appigliarsi per farla smettere. In effetti era vero: James non aveva una "migliore amica", con la quale avesse un rapporto tanto stretto da abbracci e baci senza che ci fosse un secondo fine. Questo era il motivo della gelosia universale di Penny.
"Forse Angie è quella giusta per fare amicizia!", azzardò allegramente, pentendosene subito dopo. Penny si girò verso di lei, fulminandola con lo sguardo.
"Ti ha dato di volta il cervello? Non hai visto come lo guarda? Lo fissa con gli occhi a cuoricino. Questa me la chiami amicizia?!", berciò irritata oltre misura.
Trixy non riuscì a trovare una risposta che non facesse incazzare Penny ancora di più, perciò prese la saggia decisione di lasciar perdere.
"Te lo dico io: se James vorrà mai fare amicizia con una donna, con la fotuna che mi ritrovo, sceglierà me!", concluse catastrofica. Trixy scosse la testa senza ribattere.
"Melograno fatato", mormorò la parola d'ordine alla Signora Grassa, sempre senza controbattere.
Ormai erano in Sala Comune e la sfuriata di Penny dovette per forza concludersi, con un certo sollievo da parte di Bellatrix, che in seguito non potè fare a meno di raccontarla a Rose e Alice. Entrambe concordarono sul fatto che la situazione stesse degenerando e, quando Penny uscì dalla doccia avvolta nel candido asciugamano bianco, se le trovò tutte e tre davanti. Deglutì rumorosamente e cercò di sorpassarle un paio di volte.
"Cosa ho fatto per meritare un tale schieramento?".
"Noi pensiamo che tu debba dire a James quello che provi".
"Ma bene Rosie! Ora che conosco la vostra opinione in merito lo farò non appena lo incontrerò, contaci!", rispose caustica.
"Rose ha ragione", sbuffò Alice. "Non puoi restare un anno a torturarti, chiedendoti chi sia la stramaledetta fiamma di James".
Penny si sottrasse a quegli sguardi, svicolando verso sinistra e dirigendosi al proprio letto per cambiarsi.
"Non ho intenzione di farlo; sparite dalla mia vista o cambiate argomento!".
"Non vedi che effetto ti ha fatto vederlo con un'altra? Non facevi così quando pensavi fossero solo di passaggio!", le fece notare Trixy.
"Certo...", aggiunse Rose, "non ne eri felice, ma ora sei agitata come uno Schiopodo Sparacoda!", la accusò. Penny le scoccò uno sguardo torvo, schifata dal confronto.
"Non posso credere che tu mi abbia paragonato a quei mostriciattoli!", fece schioccare la lingua, spazientita. "Ad ogni modo, mie care, SCORDATEVELO!".
Ormai completamente vestita, scese in fretta le scale e uscì dalla Torre per sfuggire a quel maledetto accerchiamento. Sperava solo che una volta a cena le sue amiche si scordassero di illustrarle nuovamente i vantaggi di dichiararsi. La prospettiva, ai suoi occhi, si configurava solo come una colossale figura di merda!







SPAZIO AUTRICE

Salve gente,

avevo detto che avrei pubblicato entro due/tre giorni e invece non ce l'ho fatta, quindi Sorry!

Eccomi a voi con un nuovo schizofrenico capitolo, in cui Penny e James continuano imperterriti nel loro Cha Cha Cha – un passo avanti e uno indietro. In realtà Penny sta facendo tutto da sola, perché devo dire che James si comporta bene ormai – tranne fare figure di merda mettendo in dubbio la sua stessa sessualità davanti alle proprie pretendenti. Un dettaglio trascurabile, direi. Il risultato sperato però è stato ottenuto: Angie terrà le grinfie lontane da James.

Comunque prima che mi dimentichi di dirlo, non sono pazza (credo) e la lettera che Trixy ha ricevuto (e il suo conseguente umore nero) non verrà più nominata in questa storia. Sono la base per una OS che è in cantiere – nata davvero all'improvviso. Non svelo altro per il momento, ma presumibilmente la pubblicherò dopo l'ultimo capitolo di Una Strega In Famiglia MA prima dell'Epilogo e spero che mi farete l'onore di leggerla e recensirla. Tutto ciò a meno che la mia mente non cambi i programmi che ha fatto. Anyway, questi pochi giorni prima della partita sono stati faticosi con gli allenamenti e tutto il resto, e i nostri piccioncini si sono guardati da lontano, mentre i Cattivi Presagi non smettono di assillare James. L'ho fatto apposta a descriverli così lentamente, per farvi capire come si sentono, soprattutto lui – che non vede l'ora che passino. È pazzo e paranoico come dice Al? Può darsi: lo scoprirete solo leggendo! *si ritira consapevole di aver scritto solo cavolate*

Aggiornerò la settimana prossima, quindi per ora Addio!

Baci baci :*

Jules


Note:

-gli Schiopodi Sparacoda sono animaletti nati da Hagrid, che fa sempre incroci strani :)

-l'Impervius è un incantesimo che Harry pratica sui propri occhiali per evitare che si bagnino e si appannino


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Capitolo 18
*** 17. Sectumsempra ***


Capitolo diciassette


Sectumsempra


Un temporale violento impazzava, grosse gocce rigavano la vetrata e il vento ululava come un lupo ferito.
A tratti, lampi viola illuminavano la stanza in penombra, immediatamente seguiti da tuoni che rimbombavano nelle orecchie di James Sirius Potter, seduto sul proprio letto. Cattivi presagi.
Guardava la pioggia fuori dalla finestra della Torre e rifletteva sul comportamento di Shane al campo da Quiddich.
Gli era sembrato di aver fatto progressi con lei; quindi si chiedeva perché fosse scappata, di nuovo. Ogni volta che faceva un passo avanti, gli pareva che lei ne facesse uno indietro.
Un altro tuono squarciò le tenebre, riscuotendolo dai propri pensieri insieme alla voce di Sam Baston.
"Ehi James, qualcosa non va?".
"Tutto non va!", sospirò quella risposta come se non volesse essere udito.
"Ancora la misteriosa ragazza?", chiese l'altro con un'occhiata maliziosa; poi scosse la testa, quasi compassionevole. "Mi dirai mai chi è?", domandò tra il divertito e l'offeso.
Sarebbe stato ancora più offeso se avesse saputo che Al e Lorcan ne erano a conoscenza da molto prima di lui, quindi James si guardò bene dal comunicarglielo. Però, pensò, dal momento che voleva dirlo al soggetto in questione, perché non dirlo a Baston? Ormai non c'era più pericolo che tradisse il segreto, perché stava per farlo lui stesso.
"Ora, tanto sto per sputtanarmi anche con lei!".
"Sul serio?", domandò spalancando tanto d'occhi. James mugugnò un lamento indefinito e si passò stancamente una mano sulla faccia.
"Le parlo dopo la partita", confermò. "È una missione suicida, perché so che è innamorata di un altro".
"Mh", mugugnò Sam, "ora sono curioso", riprese avvicinandosi al letto a baldacchino dell'amico.
"Vuoi il nome?", James sfoggiò un ghigno dei suoi; gli piaceva tenerlo sulle spine.
"Forse ci posso arrivare".
"Non penso proprio".
Baston, troppo impegnato a riflettere per articolare una frase, farfugliò qualcosa che suonava come "lasciami concentrare" e "sta'zitto". Potter decise di soccorrerlo.
"Sei il Capitano della sua squadra", gli diede un indizio.
"Sai quante giocatrici ho?", l'altro fece schioccare la lingua, impaziente.
"D'accordo... ti ricordo qualcuno se ti chiamo Capitan Quiddich?", sorrise, pensando a quando lo sentiva dire dalla voce melodiosa di Shane. Sam si accigliò un attimo e poi sgranò gli occhi e spalancò la bocca.
"Non ci credo!".
"Credici Sam; sono mesi ormai".
"Penelope Shane!", Baston era sempre più stupito.
"Shh, abbassa la voce!", esclamò Potter, irritato.
Insomma, avevano altri due compagni di stanza, per Godric! Non voleva che lo venisse a sapere tutta la scuola ancora prima che lo sapesse lei.
Superato lo stupore iniziale, Baston sembrava non avere nulla di particolare da dire e si limitò a scrollare le spalle.
"Beh, hai la mia approvazione!".
"Non ho bisogno della tua approvazione", borbottò James.
"Ma te la do ugualmente", ridacchiò l'amico. "Adoro quella ragazza, anche se mi prende per il culo con la storia di Capitan Quiddich".
"Sì, adorala da lontano però!", ringhiò Potter con sguardo torvo.
Baston rise di gusto, trascinandoselo dietro suo malgrado: aveva una risata contagiosa.
"Ottimo! Sei anche geloso!", disse con aria canzonatoria. "Comunque, intendo che è simpatica, oltre ad essere una brava battitrice!". James scoppiò di nuovo a ridere.
"Il tuo è un chiodo fisso; finirai per sposarti con una scopa da corsa!", lo celiò. Baston finse di pensarci sù.
"Non sarebbe una cattiva idea", stette al gioco. "Tornando a Shane", continuò, "ora che ci penso... sareste una bella coppia. Fai bene a parlarle: da quando sei innamorato sei insopportabile!", disse, beccandosi un cuscino in faccia.
Alla fine, entrambi si infilarono sotto le coperte e cinque minuti dopo, quando James ancora fissava il soffitto col pensiero rivolto altrove, Baston già russava della grossa. Nonostante il temporale, i lampi, i tuoni, Sam riusciva comunque a dormire. In fondo, si disse, la teoria della scopa da Quiddich come moglie era plausibile, perché nessuna donna avrebbe sopportato quell'incessante rumore di sottofondo.
La mattina dopo, quando aprì gli occhi, si sentiva più stanco di quando era andato a dormire.
Mise un piede a terra, poi l'altro; e gli venne in mente quel vecchio detto babbano: alzarsi con il piede spagliato. Si sentiva proprio così quel martedì.
Quel martedì che due giorni prima gli pareva lontano, era arrivato.
L'arredamento rosso e oro della stanza gli ricordò per contrasto la partita contro Serpeverde. Stranamente, per la prima volta in vita sua, non era entusiasta di partecipare a un incontro di Quiddich. Aveva una fifa matta, benché non fosse spaventato tanto dall'incontro quanto dal post-partita.
"Ehi James, abbiamo lezione con la McGranitt! Vuoi restare a fissare il pavimento o muovere il culo?", strillò Baston, già sulla porta.
"Che linguaggio fine!", rispose sarcastico. In ogni caso, arrivare in ritardo a Trasfigurazione non sarebbe stato un buon inizio di giornata, perciò si affrettò a scendere in Sala Grande.



"Penny", strillò Rose, "è l'ultima volta che ti dico di alzarti! Giurò che se non muovi il tuo delicato fondoschiena da quel maledetto letto ti faccio un Levicorpus!".
"Non lo faresti mai!", mugugnò Penelope da sotto il piumone.
"Non mi sfidare!". La vide estrarre la bacchetta con espressione minacciosa e si decise a sollevarsi dal cuscino, fissandolo – come sempre – con nostalgia.
Ad ogni modo, era meglio non tirare troppo la corda con la rossa, che aveva un'aria alquanto minacciosa. Fece più in fretta che potè: la prima colazione la stava aspettando, e lei continuava ad avere un buco allo stomaco.
"Sono pronta!", esclamò con un sorrisetto impertinente.
"Muoviti!", la rossa la prese per un gomito, trascinandola giù per le scale del dormitorio e poi fuori dalla Torre Grifondoro.
Purtroppo, anche il martedì di Penelope – come quello di James – non ebbe inizio con il piede giusto.
Girata verso Rose, stava sbraitando contro i suoi modi di fare poco gentili, quando all'improvviso inciampò in qualcosa. O meglio, in qualcuno.
"Perso l'equilibrio, Shane?", domandò una voce gelida. Ne riconobbe all'istante il proprietario, si voltò e scoprì che ghignava, ma non si scompose.
"Buongiorno a te, Malfoy!", ribattè ironica. "Posso farti notare che il mio equilibrio sarebbe migliore, se non mi facessi lo sgambetto?". Lui scrollò le spalle e rise.
"Rossa, fai la guardia?", chiese intercettando un'occhiata torva di Rose.
"Fottiti Malfoy!", rispose la Weasley, spiccia.
"Educata la tua amica!", si rivolse a Penny.
"Fottiti Malfoy", ripetè l'altra.
"Noto che a Grifondoro si tengono lezioni di etichetta", lo sguardo sprezzante.
Gli occhi grigi e gelidi, uguali a quelli di suo padre, la inquietavano un poco. Quando li aveva visti insieme, a King's Cross, si era accorta che Scorpius era la versione in miniatura di Draco Malfoy; eppure era convinta che il padre fosse molto più tollerabile di lui, che – a quanto ne sapeva – aveva uno stretto rapporto con il nonno. Probabilmente stare a contatto con Lucius Malfoy era nettamente diseducativo per un bambino, e i risultati erano davanti a lei. All'improvviso, proprio guardandolo negli occhi, le venne un'idea.
"Che begli occhi argento che hai!", affermò, lasciando di stucco sia lui che Rose.
"Ci stai provando?", Malfoy sfoggiò un' espressione disgustata.
"Pensavo", disse lei in tono mieloso, "che si intonano molto ai colori della tua Casa. Anche se..." continuò, "non è abbastanza".
"Per caso ti droghi, mezzosangue?", le chiese senza capire.
"È che", replicò ignorando la frecciatina, "non c'è nulla di verde in te", lo rimproverò serissima, "ed è un peccato".
Mentre parlava, Rose realizzò quali erano le intenzioni dell'amica: la vide mentre estraeva la bacchetta da dietro la schiena e la agitava senza dare troppo nell'occhio, per non farsi notare da Malfoy.
Non appena vide il risultato dell'incantesimo che Penelope aveva lanciato, scoppiò in una fragorosa risata.
"Weasley?", fece il Serpeverde, una nota di terrore nella voce.
Rose, scossa dai singulti, non rispose direttamente, limitandosi ad indicare con mano tremanti i capelli del ragazzo. Lui afferrò una ciocca più lunga delle altre e si accorse di quello che la mezzosangue gli aveva combinato: i suoi amati capelli biondo ossigenato erano diventati di un colore verde brillante.
"Scorpius, che hai fatto ai capelli?", domandò Daniel Zabini passando di lì, tra uno sbadiglio e un'occhiata perplessa. Un brusco gesto di Malfoy e il moro sparì dalla vista dei tre. Spirito Serpeverde: figuriamoci se poteva tollerare di farsi vedere in quello stato da un suo simile!
"Ora sì che sei prefetto!", fece Penny dolcemente. "Salazar Serpeverde sarebbe fiero di te. Beh... ci si vede in giro, Malfoy", lo salutò allegramente e fece per andarsene, ma il platinato l'afferrò per un polso, costringendola a girarsi verso di lui. Erano a un palmo di naso, e Penny vide la rabbia negli occhi del Serpeverde.
"Malfoy", non perse il tono canzonatorio, "è incredibile come solo tu sappia farmi venire la nausea quando non ho ancora mangiato nulla".
Per tutta risposta quello strinse ancora di più la presa sul braccio della ragazza, con un ghigno che si allargava sempre di più e gli occhi stretti a fessura.
"Mollami, idiota!".
"Ti avevo avvertita, lurida Mezzosangue. Non puoi mancare di rispetto a un Malfoy per due volte di fila e passarla liscia!", disse in tono minaccioso. "Avevi già oltrepassato il limite in biblioteca, Grifondoro". Almeno aveva usato un appellativo più gentile di mezzosangue.
Stava per ribattere a dovere, quando qualcuno si inserì nella conversazione. Più che nella conversazione, si inserì fisicamente tra lei e Scorpius, spintonandolo piuttosto rudemente.
"Che cazzo fai? Togliele le mani di dosso!", gli urlò contro. Malfoy lasciò andare la presa, impegnato a sottrarsi agli spintoni dell'altro ragazzo. Penny provò ad allontanarlo, ma James – perché era di lui che si trattava – sembrava non prestarle attenzione, tutto preso a scuotere Scorpius per le spalle. Rose provò a supportare Penny nel dissuaderlo dal picchiare quel verme, ma il cugino non recepiva, e continuava a spingerlo malamente fino a farlo vacillare. Era più alto e più muscoloso, senza contare che era incazzato nero – quindi per Malfoy non si metteva benissimo.
Fortunatamente, nella Sala D'Ingresso passarono Al e Lysander in quello stesso momento, e unendo le forze riuscirono ad allontanarlo dalla Serpe. Scorpius si allontanò velocemente, scagliando a Penny un ultimo sguardo di sfida.
Solito Malfoy vigliacco, pensò.
Quando vedeva che le cose si mettevano male, non trovava altro da fare che scappare. Un vero cuor di leone.
"James", mormorò posandogli una mano sulla spalla.
"Quando ho visto che ti strattonava non ci ho visto più... mettere le mani addosso a una ragazza! Che pezzo di merda!", ringhiò a voce bassa.
"Stai bene?", le chiese Lysander. Lei annuì con un sorriso. Aveva un lieve segno rosso sul polso che Malfoy le aveva stretto, colpa della pelle lattea e delicata che le era toccata in sorte.
"Sicura?", Al le prese delicatamente la parte indolenzita.
"È tutto a posto ", lo tranquillizzò. "Va' a fare il Medimago da un'altra parte", scherzò.
"Che ha fatto Malfoy in testa?", domandò Lysander per alleggerire la tensione. Aveva i capelli biondi, ma leggermente più lunghi di Lorcan, e un'aria un po' più trasognata. Penny gli fu grata di aver sviato l'attenzione dal proprio polso e gli rivolse un flebile sorriso.
"Stava rompendo, e gli ho detto che i suoi occhi grigi si intonano così bene alla sua Casa che sarebbe stato fantastico metterci accanto qualcosa di verde".
"Non l'ha divertito", aggiunse Rose, asciutta.
"Per questo voleva pestarti alla babbana?", domandò il biondino.
"Ehi, non tutti i babbani si pestano così!", protestò. A quel punto James si stava già dirigendo in Sala Grande senza parlare a nessuno, e lei decise di imitarlo.
Probabilmente avrebbe trovato l'arsenico nel succo di zucca, insieme a un biglietto di auguri di buona morte, verde e argento.



"Sei stata gra-ndio-sa!", Alice Paciock scandì l'ultima parola per sottolinearla.
Al sbuffò indispettito da quel commento e guardò torvo la sua ragazza.
"Mah sì, incoraggiala: ne ha davvero bisogno!", disse facendo schioccare la lingua, spazientito. "Davvero grandiosa!", riprese. "Una grandiosa idiota! Quando imparerai a stare calma con i Serpeverde?".
Penny era troppo intenta a fissare il liquido ambrato nella propria tazza per guardare il suo migliore amico.
"Dico a te!", disse seccato. A quel puntò non potè più ignorarlo, e sollevò lo sguardo.
"Lo so", replicò stizzita, "ma tanto per la saggezza ci sei tu al Grifondoro! Io sono quella impulsiva...", voleva essere ironica, ma suonò acida. "Non ho resistito, Al! Mi manda in bestia: è una piccola e subdola biscia!".
"Per la barba di Merlino! Proprio perché è subdolo dovresti fare attenzione!", sbottò lui. "Non è un tipo a cui piace farsi mettere i piedi in testa!".
Penny smise di mangiare i propri cereali e sbattè la tazza di tè -fino ad allora sollevata a mezz'aria- sul tavolo.
"Beh, sai una cosa?", stavolta fu lei a innervosirsi. "Nemmeno io sono la tipa!".
Al roteò gli occhi, passandosi una mano in faccia. "Ci rinuncio", lo sentì borbottare.
"Spero solo che non organizzi ritorsioni alla partita", sospirò Trixy, sempre molto pratica. "Fuori possiamo affrontarlo tranquillamente quel pezzo di merda, ma mentre giochiamo è più difficile", aggiunse preoccupata.
Penny decise di non parlare più per non rischiare di discutere con Al, e riprese a bere il suo tè. Sapeva che ciò che diceva era per il suo bene, ma non tollerava quel tono da So-Tutto-Io.
O forse non tollerava di aver torto. L'impulsività era un difetto che avrebbe dovuto modificare, se voleva diventare una brava Auror.
Dopo poco uscirono tutti per recarsi alla prima lezione della giornata. Ne avrebbero avuta solo un'altra e il pomeriggio sarebbe stato libero: tutti a vedere il Quiddich.
"Ehi", raccomandò a Rose attardondosi con lei nella Sala d'Ingresso, "oggi tieni gli occhi aperti!". Doveva dirlo anche ad Al, ma non le andava di parlare con lui.
"In che senso?", la rossa aggrottò la fronte.
"Nel senso", bisbigliò l'altra roteando gli occhi, "che dovete stare attenti a quello che fa Malfoy. Se notate qualcosa di strano, bacchette alla mano! Noi dal campo non possiamo fare granchè, come ha detto Trixy".
"Va bene", assentì Rose.
"Sei un'amica".
"Lo so, sono fantastica!", si pavoneggiò, beccandosi una gomitata.
"Smettila di atteggiarti!", la canzonò.
"Tu", fece Rose assumendo un cipiglio quasi severo, "promettimi che non farai idiozie. Pensa solo a giocare; io sorveglierò Malfoy e interverrò se farà qualcosa a te o agli altri giocatori, intese?", il tono autoritario.
"Sissignora!", replicò mettendosi sull'attenti. La rossa la guardò di sbieco.
"Sarà meglio andare a lezione", fece Rose sbrigativa, ma con un sorrisetto divertito.



Quel giorno la Serra era fredda, con tutto che Penny aveva indosso il cappello di James e i guanti di pelle di drago che usavano per maneggiare le piante. Una volta che ebbero infilato le palandrane, Neville li salutò cordialmente.
Penny stava tra Al e Rose, ma esattamente di fronte a lei, dall'altro lato della Serra, qualcuno le scoccava sguardi di odio.
Gli occhi grigi di Malfoy mandavano lampi nella direzione della "lurida Mezzosangue". Ormai il verde dei capelli era quasi del tutto svanito. Gli aveva lanciato un incantesimo di breve durata, dato che -per quanto arrabbiata- era sempre un nobile spirito Grifondoro.
Con le labbra lui mimò qualcosa che suonava come "non finisce qui" e "sei morta", ma Penny non si fece intimidire e non abbassò lo sguardo nemmeno per un attimo. Nel frattempo il professor Paciock teneva una conferenza sui Boramets, utili per fabbricare bacchette indistruttibili. Ma il clue della lezione non era certo quello. Fu quando Neville disse la magica parolina Pugnacio che il sangue nelle vene degli studenti si gelò. Lo stesso professore sembrava sentirsi in colpa alla prospettiva di costringerli a estrarre i baccelli da quella pianta, considerando il fatto che lui stesso aveva riportato parecchi graffi e un labbro insanguinato, al sesto anno.
Rose, Penny e Trixy si misero a lavorare insieme, mentre Al, Alice e Finnegan formavano un altro gruppetto. Quando Penny e Bellatrix ebbero bloccato la maggior parte dei rami, tentando di annodarli fra loro e ricevendone parecchie percosse, un buco si aprì al centro dei tentacoli di Pugnacio.
Con tutto il coraggio che aveva avuto sua madre – e non suo padre – Rose infilò il braccio nel buco, che tentò di tranciarglielo con una certa insistenza. Trixy e Penny le vennero in aiuto cercando di disincastrare il braccio, e alla fine la rossa estrasse trionfante un baccello verde e pulsante, abbastanza brutto.
Ovviamente, Alice aveva già raggiunto lo scopo da un pezzo, con l'aiuto di Al e il totale disinteresse di Finnegan,
intento a fissare il nulla.
A Penelope non sfuggì che Malfoy continuava a indirizzarle sguardi sprezzanti e sorrisi maligni. Era sicura che entro la fine dei sette anni ad Hogwarts l'avrebbe sfidata al Club dei Duellanti, o qualcosa del genere.
Pian piano i capelli di Scorpius ridivennero del loro solito e impeccabile color platino e Penny mimò con le labbra qualcosa come "ti stavano meglio verdi". Fece un sorrisetto di scherno in direzione del purosangue – che la fulminò con lo sguardo.
Quando la lezione si concluse, le scivolò un gran peso dallo stomaco.
Non l'avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma ricevere quelle occhiate rabbiose non le piaceva granchè.
La lezione di Cura delle Creature Magiche con Hagrid le piacque, benchè riguardasse i Thestral: bestiole molto particolari e invisibili alla maggioranza della classe. Come Hagrid stava magistralmente spiegando, non potevano essere scorti da chi non avesse visto la morte in faccia, e Penny non era nel numero degli sfortunati spettatori. L'unica pecca era l'incessante sguardo che sentiva sù di sè, e non aveva bisogno di voltarsi per sapere di chi fosse.
"Se Malfoy continua a fissarla sfodero la bacchetta!", bisbigliava ogni tanto Rose.
"Oh certo!", aveva sospirato Al. "Prima Penny, poi James, adesso tu: ci manca solo un'altro colpo di testa, così è la volta buona che vi tolgono ottocento punti ciascuno!".



Non appena anche la lezione di Hagrid si fu conclusa, si recarono tutti in Sala Grande, e Penny si vide bloccare da una sorridente Lily Luna.
"Ciao!", la salutò.
"Ciao Lily!".
"Lysander mi ha detto di Malfoy, volevo esprimerti la mia stima sconfinata", e le fece l'occhiolino. Al sollevò gli occhi al cielo: era possibile che solo lui si rendesse conto che i gesti impulsivi non erano mai una buona idea?
Provò a dire qualcosa del genere a Lily, che per tutta risposta scrollò le spalle incurante, dicendole: "Non c'è bisogno che ti dica che alla partita sarò vestita in rosso e oro". Penny la guardò con gratitudine, prima che si dirigessero ognuna al proprio tavolo.
"Godric!", esclamò Trixy vedendola giungere con calma. "Sbrigati a mangiare: dobbiamo andare a cambiarci!".
"Stai diventando come Baston; mancano ancora due ore alla partita, te ne rendi conto, vero?".
Si lasciò cadere su una sedia, sentendosi come un pesante sacco ripieno di patate. Si versò svogliatamente del succo di zucca nel bicchiere e mangiò il roast-beef, ovvero il piatto più vicino che c'era. Non le andava neanche di allungare le braccia per raggiungere il pasticcio di verdure. Si sentiva improvvisamente stanchissima.
"Non hai una bella cera", le disse qualcuno, "è tutto a posto?" e James scivolò accanto a lei.
"Lo so", ammise, "ma va tutto bene". L'altro annuì poco convinto, cominciando a mangiare anche lui.
"James".
"Sì?".
"Grazie per stamattina", mormorò.
Lui si girò quasi stupito, e le sorrise.
"Non volevo scavalcarti Shane, so che ti sai difendere da sola". Ora sì che voleva saltargli in braccio!
Si stava scusando per averla difesa? In fin dei conti era quello che aveva fatto anche lei la volta precedente, e lui se l'era presa.
"È solo che quando ti ha strattonato mi è salita una rabbia...", continuò.
"James", disse piano, "sei stato molto gentile a preoccuparti per me. Io non ragiono come te: non mi arrabbio quando qualcuno si preoccupa per me", ribattè con un sorrisetto caustico. Ogni riferimento a fatti, cose o persone è puramente casuale...
"Era diverso", provò a ribattere lui, "ti ha messo le mani addosso".
"Potter", disse ridendo, "ha dato fuoco al tuo mantello! Non mi sembrava cosa da poco". James sorrise; sapeva che aveva ragione, ma non l'avrebbe detto davanti a lei. Tuttavia, Penny se lo fece bastare e gli sorrise di rimando. Era così bello averlo vicino che non voleva sprecare un momento del genere a bisticciare per qualche sciocchezza.



Un'ora e mezzo più tardi, lo spogliatoio era una totale baraonda. Gli "amichevoli" incontri con i Serpeverde erano molto... sentiti, per così dire. Quando Baston fece irruzione nello spogliatoio femminile, alcune di loro non avevano ancora indossato la parte superiore della divisa, e furono costrette a voltarsi.
Benchè la cosa avesse imbarazzato le ragazze, lui sembrava non essersene nemmeno accorto. Tutto ciò che fece fu incitarle a darsi una mossa perché mancava solo mezz'ora al fischio d'inizio. Entro dieci minuti scarsi erano tutte con le scope alla mano, pronte ad uscire in campo.
Sam strinse la mano al capitano dei Serpeverde, strusciandola poi sulla divisa come se fosse stata infettata. Penny sorrise tristemente a quel gesto, e pensò che tra le due case -nonostante i tentativi di Silente e dell'attuale preside- continuava a non correre buon sangue. Si scambiò uno sguardo d'intesa con James, che stava pensando la stessa cosa e, al soffio del fischietto, i quattordici giocatori si librarono in aria.


James si aggirava per il campo alla disperata ricerca, ma non c'era traccia del Boccino da nessuna parte. La sua controparte serpeverde stava sorvolando il campo proprio come lui, anche se puntavano in direzioni opposte. Intanto la voce squillante di Lily Luna invadeva il campo con la cronaca delle mosse dei giocatori:
Warrington passa a Trixy Zabini, che supera Daniel Zabini – forza, Weasley (era rivolta a sua cugina Roxana, anche lei parte della squadra) puoi prenderlo ora...”, si interruppe per segnalare un “ Bolide di Penny Shane al cercatore Serpeverde; Trixy Zabini perde la Pluffa, ma il Capitano di Serpeverde se ne appropria e si lancia contro la porta di Sam Baston, che prontamente para il tiro!”.
Mentre ascoltava
distrattamente le parole di Lily, finalmente a James sembrò di vedere uno sfarfallio nell'aria: il piccolo svolazzante pezzetto d'Oro fluttuava in basso. Si tuffò immediatamente, a caccia del Boccino; e purtroppo in un attimo il Cercatore Serpeverde gli fu accanto, appiattito sulla scopa per prendere velocità.
Il Boccino schizzò verso il lato opposto; il cambio di direzione favorì
il Serpeverde, che era più vicino; sembrava che lo stesse per afferrare. James cominciò a perdere la speranza, ma si costrinse a spingere la sua Nimbus a più non posso.



Penny seguiva attentamente I movimenti di James, che stava correndo con la Nimbus nel tentativo di raggiungere il Serpeverde che l'aveva superato.
Sembrava però che al momento il Boccino fosse riuscito a sfuggire anche al giocatore verde-argento.
Lesta rispedì indietro un bolide che le era stato lanciato contro, cercando di centrare il Cercatore avversario, che -sfortunatamente- si scansò giusto in tempo. All'improvviso, accadde qualcosa di molto strano.
La scopa di James, fino ad allora sotto il suo pieno controllo, iniziò a singhiozzare su e giù, cercando di disarcionare il proprietario. Dava scosse fortissime, tanto che Penny temette che lui non sarebbe riuscito a restare in sella.
Comprese immediatamente cos'era successo. Voltò la testa verso gli spalti dei Serpeverde e vide Malfoy, intento a borbottare formule magiche senza perdere il contatto visivo con la scopa di Potter. Fu un attimo: girò la propria scopa e si diresse il più vicino possibile alla tribuna che ospitava i tifosi rosso-oro. Per fortuna, incrociò all'istante lo sguardo di Rose, che sembrava all'erta – pronta a ricevere un segnale. Non ci fu bisogno d'altro; nel giro di mezzo secondo la vide scomparire dagli spalti. Sapeva che avrebbe fatto qualcosa per fermare Malfoy: non restava che aspettare...

Rose si diresse in fretta e furia alla postazione dei Serpeverde, insinuandosi nello spazio libero sottostante alla panca di Scorpius, senza essere vista. Le sembrava di vivere un dejà-vù. Sua madre le aveva raccontato qualcosa di molto simile, dandole l'idea che avrebbe messo in atto di lì a un secondo. Una volta dietro agli spalti del nemico, estrasse la bacchetta puntandola contro il lembo del mantello di Malfoy. L'attimo dopo il tessuto nero iniziò a brillare: le fiamme si diffusero velocemente, scatenando il panico sugli spalti.

Penny fissava James, la cui scopa non accennava a smettere di imbizzarrirsi senza sosta, finchè un lampo di luce non la costrinse a voltare la testa: sugli spalti delle Serpi un bagliore si era diffuso, proprio accanto a Malfoy. Era... fuoco!
Intento a spegnere le fiamme, il platinato smise di esercitare il controllo e la scopa di Potter ripartì indisturbata, cosicchè Penny potè tirare un lungo sospiro di sollievo. L'intervento di Rose, a quanto pareva, era stato decisivo.


James non sapeva cosa fosse accaduto di preciso, e non aveva il tempo di domandarselo. Il Cercatore delle Serpi, approfittando del vantaggio, era sceso in picchiata in cerca del Boccino e lui l'aveva imitato subito.
Intravide di nuovo il luccichio della pallina alata. Non pensò più a nulla, gettandosi nell'impresa disperata di afferrarlo.
A pochi metri da terra, James tolse la mano sinistra dalla scopa, la tese verso il Boccino, mentre al proprio fianco anche l'altro Cercatore tendeva la mano.
Poi tutto si concluse e in un battito di ciglia
James stringeva il pugno intorno al Boccino e Lily Luna decretava la vittoria di Grifondoro con centocinquanta punti, mentre lo stadio intero, o quasi, esplodeva in un boato di approvazione.

A quel punto i Giocatori scesero a terra, e James venne travolto dagli abbracci dei compagni entusiasti; Baston era quasi commosso per la vittoria. Ma James non riusciva a sentirsi tranquillo. La stessa sensazione degli ultimi giorni si impadronì di lui; si guardò intorno alla ricerca di Shane e i suoi sospetti ebbero conferma: era sparita.



Penny avrebbe trovato Malfoy ad ogni costo. Sugli spalti non c'era più, ma uscendo dallo stadio era certa di averlo visto dirigersi verso il castello, probabilmente scoraggiato dal fallimentare risultato del malocchio.
In lontananza aveva scorto il riflesso del sole sui suoi capelli biondissimi e aveva iniziato a seguirlo a distanza. Nel frattempo stava cercando di calmarsi e di prepararsi un discorso sensato.
"Non schiantarlo, Penny", la voce di Al si contrapponeva a quella nella sua testa: "Schianta quella manciata di cacca".
Continuò a seguirlo silenziosamente fin dentro il castello, con ancora indosso gli abiti da Quiddich. Spogliarsi della divisa non era una priorità al momento, era tanto, troppo incazzata con Malfoy.
Lo vide sorpassare il portone di quercia e salire per le scale. Perchè saliva se il suo dormitorio era nei sotterranei? Non aveva molto senso.
Si introdusse nel bagno del secondo piano, ormai in disuso – anche per colpa di Mirtilla Malcontenta. Di solito, ci si recavano le persone che volevano stare in pace senza essere trovate – oppure i nostalgici dell'erede di Serpeverde, visto che la camera dei segreti aveva avuto, un tempo, la sua apertuta proprio in quel bagno. Probabilmente era il caso di Scorpius.
Non si fece problemi di sorta e accelerò il passo, entrando subito dopo di lui.
Il ragazzo si trovava addossato al lavandino di marmo, con la testa china.* Era livido di rabbia, il viso accaldato. Ebbe appena il tempo di avvertire la presenza di qualcun altro nella stanza e tastò la tasca alla ricerca della bacchetta.
Penny non avrebbe voluto, ma fu costretta ad estrarre la sua per difendersi. Malfoy tentò uno Schiantesimo che non andò a buon fine, poichè lei si esibì in un sortilegio-scudo
piuttosto ben fatto. Racimolò tutta la sanità mentale che le rimaneva per decidere che non voleva Schiantarlo – e avrebbe potuto farlo benissimo.
Era più veloce di lui,
e anche se non aveva intenzione di attaccarlo, non poteva permettergli di lanciare fatture a piacimento. Un "expelliarmus" fu sufficiente a metterlo fuori gioco per il tempo che le ci volle ad impastoiarlo. Era molto grazioso mentre saltellava con le gambe unite – le sarebbe quasi venuto da ridere.

Non voleva fargli niente di male, bensì assicurarsi che la stesse a sentire senza farsi venire l'idea di giocarle qualche tiro mancino. Malfoy era sempre più rosso in viso, e i suoi occhi, grigio torbido come il celo che minaccia tempesta, le incutevano una certa inquietudine – cosa che ovviamente si tenne per sè.
"
Come ti permetti, lurida mezzosangue?", sibilò tra i denti. "Disimpastoiami subito!".
"Non sei nella posizione per dare ordini, Malfoy!", gli fece notare con calma.
"Che vuoi?", domandò freddamente.
"Devi tacere e ascoltare", ordinò lei. Lui fece schioccare la lingua e la guardò come se gli avesse appena parlato in serpentese.
"Ascoltare te?", fece sprezzante. "Scherzi vero?".
Penny non gli riservò la minima attenzione, optando per la via più diretta.
"Lascialo stare!", disse, e mise sù l'aria più truce che riuscì a sfoderare.
"Lasciar stare chi, sanguemarcio?", chiese strafottente.
"Sai benissimo di chi parlo, serpe! Hai fatto il malocchio alla scopa di Potter, ti ho visto. Se Rose non fosse intervenuta, saresti riuscito a disarcionarlo. E allora puoi star certo che levarti la bacchetta non mi sarebbe bastato! Capisci cosa intendo?", aggiunse con tono fermo e chiaro. Voleva che capisse bene le sue intenzioni.
Malfoy raccolse quel poco di coraggio che possedeva, per uscirsene in una risatina di scherno.
"Mi stai minacciando, Grifondoro? Tremo come una foglia!".
"Ti sto avvertendo Malfoy, nota la differenza. Non sono una Serpeverde, non minaccio. Il mio è un atto di gentilezza nel dirti che devi lasciare in pace James Potter!", la voce forte e chiara. Non poteva permettersi un tono tentennante in quel frangente, doveva essere decisa.
Una risata degna del cattivo di un film western uscì dalle labbra di Scorpius, che disse: "Sei di nuovo venuta a difendere il tuo fidanzatino? Dopo il quadretto di stamattina dovevo aspettarmelo", sibilò schifato.
"Non mi interessano le tue insinuazioni, Malfoy. Non sono qui per fare conversazione. Avvicinati ancora a James e giuro che ti schianto addosso al platano picchiatore, brutto bastardo!", berciò perdendo le staffe. Non le piaceva molto urlare con quel tono da lupo mannaro in fase critica, ma con una bestia strisciante era l'unico modo per farsi comprendere. Sembrò funzionare, perché Scorpius si azzittì per un tempo che parve infinito e infine replicò.
"Cristallino, Shane! Ora posso riavere l'uso delle gambe?", il tono mellifluo.
Penny decise che per il momento poteva bastare, e lanciò la bacchetta della Serpe ai suoi piedi. Brutta mossa! Idiota, insensato, fiducioso, maledetto spirito Grifondoro.
"Finite incantatem!", pronunciò puntando con mano ferma la propria bacchetta verso le gambe di Scorpius.
Avrebbe voluto lasciarlo lì senza la possibilita di fare altro se non saltellare sul posto come un demente, ma non poteva, dato che probabilmente sarebbe stata espulsa o confinata nella Foresta Proibita a vita – in mezzo ai Centauri.
Perciò gli restituì la libertà motoria, anche se controvoglia; girò i tacchi con un ultimo sguardo di disprezzo e la ferma intenzione di tornarsene da dove era venuta. Ma non aveva fatto i conti con la codardia della Casa a cui lui apparteneva: non appena ebbe voltato le spalle, Malfoy strinse la propria bacchetta in pugno e agì senza fermarsi a riflettere.
"Sectumsempra!".
Penny sentì una enorme debolezza fisica, e vide un fiotto di sangue scivolare a terra, accorgendosi con un certo orrore che proveniva dal proprio corpo.
Cadde a terra, senza forze.
L'aveva colpita alle spalle, strisciando, da vera Serpe. Udì il rumore dei passi di lui rimbombare nel corridoio. Era corso fuori dal bagno a una velocità pazzesca, probabilmente spaventato da quella vista – era sicura che non avesse mai usato un Sectumsempra su qualcuno. Al doveva averle raccontato qualcosa a proposito di Harry Potter, un Principe, un Sectumsempra e Draco Malfoy; ma era decisamente troppo debole e intontita per ricordarsi altro.
Il freddo le penetrava nella pelle: ecco fatto, pensò.
Sarebbe morta lì, nel bagno delle ragazze al secondo piano, in disuso da una vita. Mirtilla malcontenta due, la vendetta!
Poi le venne un'idea; forse non era una grande idea, ma doveva tentare.
Raggranellò le ultime forze che le erano rimaste, e le concentrò tutte nel braccio destro, allungandolo a prendere la bacchetta. Si ricordava che i Patronus venivano utilizzati anche per portare messaggi a qualcuno; e in quel momento c'era solo una persona a cui poteva pensare.
Argenteo e maestoso, l'Unicorno fuoriuscì dalla bacchetta, fluttuò per un attimo nell'aria e partì in corsa. Sentiva freddo.
Quanto tempo era passato? Le sue forze si stavano esaurendo del tutto.
L'ultima cosa che percepì fu di nuovo uno scalpiccio di passi: qualcuno stava entrando nel bagno. Udì una voce maschile e rassicurante, che gridava il suo nome. Una sensazione di calore la avvolse, mentre due braccia muscolose la sollevavano dal pavimento. Poi il buio.





SPAZIO AUTRICE

Non uccidetemi, gente!

So che sono stata davvero cattiva con Penny – e mi sa che Sufycchi ha ragione quando dice che sono sadica con i personaggi. Vi consola sapere che la scena del Sectumsepra era nella mia testolina bacata fin dai primi capitoli? Magari no, non vi consola. Anyway, questo capitolo è ricco di avvenimenti e spero davvero vi sia piaciuto, perché non è stato facilissimo scriverlo. Alla fine, le fisime di James si sono rivelate fondate e Penelope si è ficcata nei guai – come al solito. Ha provocato Malfoy in biblioteca, poi gli ha fatto i capelli verdi, e poi gli è andata a dire di non infastidire James (è stata tenera, anche se scema – quando si tratta di James la mia Penelope non ragiona affatto).

Insomma, era scontato che si vendicasse in qualche modo. L'ha colpita alle spalle – da vera serpe. Il fatto del messaggio con l'Unicorno di Penelope è dovuto alla mia fissa per l'Incanto Patronus e per gli Unicorni, che ricorre per la seconda – e non ultima – volta in questa storia.

Tengo molto a questo capitolo, e so che è lungo - ma è la chiave di volta per la storia di Penny e James, perciò commentate per cortesia :D

Ringrazio Sufycchi (per aver vinto più volte la pigrizia), Francesca lol e Sawyer perché recensiscono e hanno sempre belle parole.

Ora Adieu a tutti/e,

baci baci

Jules




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Capitolo 19
*** 18. Il Patronus di Shane ***


Capitolo diciotto


Il Patronus di Shane


"Dove diavolo si è cacciata?", pensava James. Stava risalendo il più in fretta possibile il pendio erboso, desideroso di rimettere piede all'interno del castello.
Era appena sfuggito agli abbracci di gruppo e ai festeggiamenti, perché non poteva ignorare la fuga di Shane. Continuò a borbottare per tutto il tragitto e, una volta giunto dentro, si rese conto di non avere la minima idea di dove lei potesse trovarsi.
In un primo momento pensò che la cosa migliore fosse dirigersi alla Torre Grifondoro. Ma, riflettendo, non aveva senso.
Insomma... chi fuggirebbe a gambe levate dopo un incontro di Quiddich solo per andarsi a fare una doccia nei dormitori?
La Mappa del Malandrino, si disse, era sicuramente l'unica opzione possibile fece per dirigersi verso la Torre, quando vide un bagliore argenteo venire al galoppo verso di lui: il Patronus di Penny.
L'unicorno, in tutta la sua magnificenza, si arrestò davanti a James e gli parlò con la voce di Penelope. Non disse molto; solo due parole:
"James, aiutami!".
Poi l'unicorno si voltò e prese a correre in senso inverso, e James si lanciò all'inseguimento.
Fece le scale senza neanche concedersi di respirare, concentrato solo sull'animale argenteo che lo stava guidando da lei. Erano gia al secondo piano, e cominciava a chiedersi dove diamine lo stesse portando, quando quello si arrestò. Erano davanti al bagno delle ragazze, ovvero il rifugio di Mirtilla Malcontenta.
Raggiunse la soglia del bagno e vide il fantasma di Mirtilla che guardava fisso un punto del pavimento, dove cadde anche lo sguardo del ragazzo: Penny era riversa a terra, in un lago di sangue.
Urlò il suo nome
mentre si chinava accanto a lei: respirava, ma era priva di sensi; e ovviamente James non ottenne alcuna risposta.
Si frugò nelle tasche, accorgendosi con sgomento di aver lasciato la bacchetta nella Torre –
non l'aveva neanche presa per andare alla partita.
A quel punto restava una sola opzione sensata,
ovvero l'Infermeria. Sollevò Penny e la sistemò tra le proprie braccia, maledicendosi per non aver portato la bacchetta – con la quale almeno avrebbe potuto arrestare il flusso del sangue.
N
on poteva certo correre con il peso di un'altra persona addosso, e più la guardava perdere sangue e più sentiva pizzicare gli occhi. Oltre al panico, alla paura, una rabbia immensa gli stava montando dentro.
Irruppe nell'Infermeria come una furia, spalancando la porta con un calcio. Madama Chips aveva già assunto un'espressione iraconda e stava per rimproverarlo, quando si rese conto della situazione.
"Mettila su quel lettino!", gli ordinò fermamente. "Che è successo?", domandò la donna, mentre estraeva sconosciuti unguenti e bende da un armadietto.
"Non... non lo so...", balbettò quasi strillando, agitatissimo. "La stavo cercando e l'ho trovata nel bagno al secondo piano... era svenuta e c'era tutto quel sangue...", stava farneticando – i suoi occhi vagavano dal corpo di Penny, sdraiata sul letto.
"Esci di qui, ragazzo!", gli intimò Madama Chips mentre spogliava Penny per cospargerla di chissà cosa, tenendo pronte le bende sul lettino. James esitava ai piedi del letto, senza la minima intenzione di andarsene.
"Ho detto
ESCI!", strillò più forte.
Si riscosse da quella specie di torpore ipnotico che lo forzava a fissare gli occhi su Penny, e incontrò quelli di Madama Chips. Decise che sarebbe stato meglio non contraddirla e lasciare che si concentrasse su Shane – lui
sapeva benissimo come ingannare l'attesa.
Ridotto a poco
più di un automa, uscì dall'infermeria e si recò nella propria stanza. Si svestì degli abiti da Quiddich che ancora aveva indosso e si fece una doccia fredda, per riordinare le idee. Ancora in accappatoio agguantò la Mappa, accorgendosi che la maggioranza degli studenti erano rientrati al castello, ma la cosa non lo tangeva.
Gli bastava trovar
ne uno solo, ovvero Scorpius Hyperion Malfoy.





"MALFOY!", gridava James rabbioso, avanzando in cortile ad ampie falcate.
Aveva indosso dei jeans,
la t-shirt a rovescio e una felpa troppo leggera, e in cortile si gelava. Al momento però la rabbia e l'adrenalina offuscavano ogni altra sensazione – freddo compreso. Tutto pur di trovarlo e fargliela pagare.
"
Vieni fuori, grandissimo stronzo!".
Non c'era bisogno
di gridare, lo faceva tanto per sfogarsi: sapeva benissimo dov'era. La Mappa non mente mai.
Se ne stava lì, tranquillamente seduto a parlare con Daniel Zabini, mentre Penny stava in un letto d'infermeria, di sicuro per colpa sua.
Per quanto ne sapeva, Malfoy poteva averle scagliato qualsiasi incantesimo addosso, e se non fosse arrivato in tempo... non ci voleva neanche pensare...
Non poteva permettere che quella merda su due gambe restasse lì senza pagare per ciò che aveva fatto. Scorpius lo vide avvicinarsi, percependo la rabbia dalla sua andatura, e a James sembrò di vederlo sussultare.
"Cosa c'è di tanto urgente, Potter? Non vedi che sto parlando?", disse sprezzante. "Fossi in te andrei a riordinare il mio aspetto: sei in uno stato pietoso!".
Aveva anche il coraggio di scherzare, dopo quello che aveva fatto! Perché James era sicuro che fosse stato lui, ci avrebbe scommesso la bacchetta.
La risata di Zabini gli morì in gola quando James lo fulminò con lo sguardo, rimettendolo al suo posto.
"Stai zitto, pezzo di merda!", tuonò contro Scorpius, che si strinse nelle spalle e sollevò un sopracciglio, fingendo di non capire.
"Non so di cosa parli!", sibilò serpentino; si vedeva lontano un miglio che mentiva.
James non ci vide più. Lo prese per il bavero del giaccone, nuovo di zecca e probabilmente griffato, costringendolo ad alzarsi in piedi e addossandolo rudemente alla parete.
"Perchè l'hai aggredita, pezzo di merda?", ripetè la domanda.
Malfoy si strinse nuovamente nelle spalle, senza dare a vedere la morsa di panico che in realtà gli attanagliava lo stomaco. C'era qualcosa nello sguardo di Potter che iniziava ad allarmarlo; sembrava fuori di sè.
"Se l'è cercata!", parlò più a se stesso che a James. "Come al solito era venuta a farmi la morale... da vera Grifondoro qual'è. Voleva che io lasciassi in pace il suo fidanzatino...", una risata forzata, senza traccia di allegria.
Il suo fidanzatino? James aveva già le idee confuse e una certa voglia fracassare il craneo al platinato; e adesso saltava fuori questo tizio.
"Di chi stai parlando?", berciò stringendogli più forte il giaccone, senza molto riguardo per il fatto che fosse un capo d'alta sartoria.
Malfoy lo guardò basito: si attendeva una reazione diversa. Invece quel demente di Potter nemmeno aveva capito che stava parlando di lui. Non c'era gusto a provocare uno del genere.
"Di un idiota che ho cercato di disarcionare dalla scopa alla partita di Quiddich", ghignò. "Il malocchio so farlo piuttosto bene, se nessuno mi intralcia", sembrava compiaciuto e infastidito al tempo stesso.
James, sopraffatto dai pensieri, quasi allentò la presa sull'altro; quello provò a divincolarsi e a colpirlo allo stomaco.
Per tutta risposta, James lo sbattè al muro violentemente, sperando ardentemente di avergli provocato una commozione cerebrale.
Il cervello riprese a funzionargli. Quel giorno aveva perso il controllo della scopa, e non aveva ancora avuto tempo di ripensaci – non con quello che era successo a lei.
"Sei stato tu a incantare la scopa...", realizzò. Non era una domanda, ma Malfoy rispose ugualmente:
"Certo Potter! E quando la tua cara Sanguemarcio è venuta ad affrontarmi, le ho dato quello che si meritava. Aveva le più nobili intenzioni", a quel punto ridacchiò con ostentata spavalderia, "ma il problema di voi Grifondoro è la sconfinata fiducia nell'umanità", soffiò gelido. "Non avrebbe dovuto riconsegnarmi la bacchetta".
"L'hai colpita a tradimento?", domandò più irascibile che mai.
Malfoy si morse la lingua, pensando a ciò che aveva appena ammesso spontaneamente, senza riflettere più di tanto. Non era la prima azione che compiva senza riflettere, in giornata.
"Magari la prossima volta la tua Sanguemarcio baderà ai fatti suoi", abbaiò.
James non rispondeva più di se stesso, e spostò la stretta attorno al collo del Serpeverde, urlando:
"Non chiamarla Sanguemarcio, miserabile sacco di merda!".
"Devi essere orgoglioso del fatto che per difendere te si sia beccata un Sectumsempra", non smise di provocarlo, anche con le sue mani attorno alla gola.
La presa di James si strinse ancora di più sul collo dell'altro: voleva strangolarlo!
Un sectumsempra perché voleva proteggere lui!
Magari Malfoy aveva ragione, era innamorata, oppure doveva essere pazza.
O entrambe le cose.
"Voi Potter l'avete sempre avuta la passione per i Nati Babbani, ma tu superi tutti. Addirittura metterti con la figlia di una maganò, la feccia della feccia".
In quel momento a James sembrò davvero di vedere una serpe sputare veleno.
La rabbia gli montò in corpo e si mosse senza nemmeno rifletterci. Lo strattonò tirandolo verso di sè, per scostarlo dal muro.
Prese bene la mira e gli mollò un cazzotto dritto sul naso, e poi un altro e un altro ancora, facendolo cadere in terra. Stava per rialzarlo – voleva ricominciare da capo – quando quattro braccia lo bloccarono, tenendolo saldamente.
Malfoy si alzò indolezito, col sangue che gli colava e il labbro spaccato.
"James smettila, vieni via!".
I gemelli Scamander sembravano aver messo sù un disco: non facevano altro che ripetere quelle parole, mentre lo trascinavano lontano dal cortile, fin dentro la scuola. Era in stato di shock, ma gli parve anche che Lorcan gli avesse dato uno schiaffo per farlo smettere di dimenarsi come un forsennato.
Alla fine riuscì a divincolarsi dalla doppia stretta e, facendo violenza su se stesso, riuscì a domare l'impulso di tornare in cortile e continuare a picchiare Scorpius.
"Sei impazzito?", gli chiese Lysander, scioccato.
"Ha aggredito Shane", fu l'asciutta spiegazione.
Si voltò senza un'altra parola e cominciò a correre.


Dovette sfoderare tutte le sue arti persuasive prima che Madama Chips, per quanto riluttante, acconsentisse a lasciarlo entrare. Shane era dietro un separè bianco, distesa sul letto. Le braccia, l'unica parte fuori dalla coperta, erano tutta una fasciatura. James non vide nessun altro, così si sedette accanto al letto.
"Mi ricordi mio padre", esalò, senza pensare che non poteva sentire. Le prese la mano delicatamente. Silenzio. "Sei sempre in un mare di guai, per Godric!".
"E' cosciente?", chiese incerto a Madama Chips. " Intendo... può sentirmi?".
"E' in una sorta di coma, perciò non sono sicura ti senta", lo vide sbiancare. "Cielo Potter, non fare quella faccia! Il sonno è dovuto a una pozione molto pesante che le ho somministrato; non è un vero coma".
James rilassò le spalle contratte, vagamente rincuorato, e la donna si allontanò.
Si portò alla bocca la mano diafana della ragazza e la baciò dolcemente.
"Sono innamorato di te", mormorò senza pensarci.
Parlava in tono soffuso, senza fretta.
"Nella mia testa ci sei sempre e solo tu, nessun'altra. Continuavo a chiedermi chi fosse il demente che ti piaceva: ho persino aggredito Al. Per un attimo ho creduto fossi innamorata del tuo migliore amico: un cliché troppo banale per te!", stupidamente gli venne da ridere.
Si sentiva un demente a parlare così, senza essere udito, anche se in qualche modo quella strana confessione era... catartica.
"Quando Fred ha iniziato a ronzarti attorno, ho capito di non poter continuare senza dirti niente", si interruppe, la voce incrinata. "Ci ho messo un po' a decidermi".
"Sai una cosa? Quando ti ho vista in quel bagno di sangue ho deciso che non mi interessa se ami me o un altro. Voglio solo che tu stia bene, anche con un una persona che non sia io". Le parole gli affioravano alle labbra da sole.
Ma che stava dicendo? Era talmente innamorato da lasciarla andare?
Le strinse più forte la mano, accarezzandone il dorso con il proprio pollice.
"Merlino! Avevo resistito fino a diciassette anni senza innamorarmi!", le sussurrò, in un bisbiglio che suonava come un rimprovero.
Gli sembrò, per un momento, di vedere la bocca di lei incurvarsi in un accenno di sorriso. Le accarezzò una guancia brevemente e tornò a prenderle la mano.
Notò che era bellissima anche così: i capelli lunghi e neri sparsi sul cuscino bianco, che risaltavano contro la sua pelle diafana, in quel momento fin troppo pallida.
Madama Chips si avvicinò di nuovo al letto, e lui ne approfittò per informarsi.
"Ha perso molto sangue?", domandò col cuore in gola.
"Abbastanza", James se lo aspettava, e non commentò. "Se si fosse fatto qualcosa nell'immediato, per stasera sarebbe stata sveglia", aggiunse.
"Non avevo con me la bacchetta", si giustificò. "Altrimenti avrei rimarginato le ferite prima di portarla qui".
"Ma certo, certo...", borbottò comprensiva la donna, dandogli un colpetto sulla spalla. "Si sa chi è stato?", domandò.
"Oh sì!", un ringhio più che una risposta umana. "E se non mi avessero fermato l'avrei spedito qui in infermeria, può starne certa!", mugghiò.
Madama Chips gli lanciò un'occhiata obliqua, e sembrò che volesse rimproverarlo anche a parole, ma non lo fece. Probabilmente aveva capito che era troppo arrabbiato per poter tollerare anche solo una lieve critica alle proprie azioni. Così si limitò a scuotere la testa in segno di disapprovazione e si allontanò.
In quel preciso istante, la porta di legno si aprì con un cigolio rumoroso.
Qualcuno era entrato silenziosamente e attendeva sulla soglia; James alzò gli occhi e vide Rose e Al, scuri in volto come mai prima. Si avvicinarono entrambi al letto.
"Come sta?", domandò Al, con tono apprensivo.
"Si rimetterà", lo rassicurò Madama Chips, sbucata alle sue spalle di soppiatto.
"Entro quanto?", chiese la rossa, avida di notizie.
"Uhm... due giorni e sarà fuori di qui".
C'era angoscia e amarezza sui loro volti, e per un po' nessuno fiatò.
"Lorcan mi ha detto che hai pestato Malfoy", esordì Rose a bassa voce.
James le faceva impressione con quell'espressione triste e lo sguardo vacuo: sembrava il ritratto di un prigioniero di Azkaban dopo il Bacio del Dissennatore.
"Volevo farlo, ma mi hanno fermato!", abbaiò.
Poche volte Al aveva visto il fratello così adirato, sembrava che stesse per scoppiare. Poi gli cadde l'occhio su un particolare: stava stringendo la mano di Penny. Gli salì un sorriso inaspettato e si chiese se Rose l'avesse notato.
"James", disse lei piano, "le stai... ehm... stringendo la mano?".
Aveva l'intonazione di una domanda, ma non lo era. James puntò lo sguardo sulla cugina, sperando che capisse, senza bisogno di spiegazioni.
Rose balbettò qualcosa di incomprensibile e si azzittò. Sbirciando, James vide che la rossa stava mandando segnali ad Al: doveva essersi accorta che il moro non aveva dipinta sul volto la stessa espressione di stupore che aveva lei.
In effetti, Rose stava rimuginando sui mille possibili modi di scannare Albus, non appena fossero usciti da lì.
James continuava a guardare Penny stesa su quel letto, sperando che avesse sentito tutto quello che aveva detto, dal momento che non era sicurissimo che avrebbe avuto il coraggio di ripeterlo, guardandola negli occhi.
L'avevano sempre imbarazzato quegli occhi verdi, limpidi e penetranti. All'ora di cena, Madama Chips li cacciò via tutti e tre: non poteva passare la notte lì, purtroppo. Era vietato dal regolamento, ma il giorno dopo sarebbe tornato.
Voleva esserci al suo risveglio.



Da quando erano usciti dall'infermeria, Al sentiva un continuo ronzio nelle orecchie – come se qualcuno gli avesse lanciato un incantesimo Muffliato. Avrebbe tanto voluto estrarre la bacchetta e praticare un Silencio su Rose.
La tensione nell'aria si sarebbe potuta tagliare col coltello, tanto era reale e solida. Appena fuori, James si era dileguato dicendo di voler stare solo e che avrebbe saltato la cena. Nessuno dei due aveva avuto il coraggio di controbattere – non che servisse a qualcosa.
E Rose era troppo arrabbiata con Al per poter proferire anche una sola parola di conforto al maggiore dei Potter. Così, oltre alla preoccupazione che nutrivano per Penny, si aggiungeva anche l'imminente disputa tra i due.
"Ti rendi conto?", strillò Rose perforandogli il timpano. "Tu sapevi che James è innamorato di Penny e non hai detto niente!", sbottò non appena il riccio ebbe voltato l'angolo.
"Ramanzina in arrivo", pensò Al.
"D'accordo, lo sapevo!".
Il tono era relativamente tranquillo e, se possibile, la cosa irritò Rose ancora di più. Fece schioccare la lingua, impaziente di dirgliene quattro.
"Avresti dovuto dirmelo!", replicò con tono puntiglioso. Era come se stesse rivelando qualcosa di ovvio a un troll un po' tardo: non la sopportava!
"Somigli pericolosamente a Hermione Granger con le mani puntellate sui fianchi, lo sai?", la punse sul vivo. La rossa si accorse della posa che aveva assunto e lasciò ricadere le braccia lungo il corpo, senza smettere di scoccargli occhiatacce.
"Senti Al...", tuonò puntandogli un dito contro.
"Altra bella posa alla zia Herm!", la prese in giro. Quella volta non si scompose troppo, spostando il dito proprio sotto il naso del moro.
"Smettila di sfottere!", intimò minacciosa. Mandava fulmini dagli occhi azzurri.
"Rose", fece lui calmo, "non hai la verità in tasca, quindi rilassati e parliamone".
"Spiegati allora, perché proprio non capisco!", ribattè.
"Sei tu che mi hai indirettamente suggerito di non dire nulla".
Scorse un misto di indignazione e incredulità negli occhi della cugina, e decise di spiegarsi meglio.
"Prego?!", soffiò infastidita e pronta all'attacco.
"Quando hai detto... beh... il fatto di intromettersi con il Destino", balbettò.
Rose sospirò platealmente, spiaccicandosi un palmo in fronte con aria sconsolata. Aveva la stessa espressione di poco prima, quella di un genio costretto a spiegare un concetto complicato a qualcuno di molto stupido.
"Ma sei scemo? Il caso era completamente diverso!", sbottò. "Avevo la certezza quasi matematica che tu e Alice vi sareste messi insieme e, comunque, se vi avessi visti soffrire, avrei spifferato tutto io stessa".
Al provò a ribattere, ma in effetti il suo ragionamento non filava più così liscio, alla luce di quella considerazione. Lui e Alice si erano messi insieme con relativa facilità, non come quei due dementi per colpa dei quali stavano discutendo. Rose non sembrava intenzionata a smettere di infierire su di lui, e continuava a strillare.
"Non hai visto tutti i casini che hanno combinato quei due?! Penny soffriva perché non era ricambiata e immagino che anche James non fosse felice come una Pasqua", gli fece notare.
Albus aprì la bocca e la richiuse, non trovando niente da dire. Di solito aveva sempre qualcosa da dire; ora voleva solo che quella sequela di rimproveri si concludesse il più in fretta possibile.
"...e adesso Penny è lì dentro e..."
"Eh no!", protestò a quel punto, aggiungendo svariate imprecazioni. "Ora vuoi darmi anche la colpa dell'aggressione di Malfoy?". Lei lo guardò, se possibile ancora più accigliata di un secondo prima.
"Non essere sciocco, Al!". Hermione Granger all'attacco. "Certo che non è colpa tua!".
Lui si rilassò e la informò che James aveva intenzione di dichiararsi dopo la partita.
"Spero solo che non abbia cambiato idea...", mormorò Al, conoscendo i cambiamenti repentini del fratello.
"Me ne frego di quello che fa James, voglio solo che Penny esca di lì", borbottò Rose.
"È quello che voglio anch'io", replicò Al, il tono ovvio.
"Sì, ma voglio dire...", esitò la rossa, "che se non lo farà James, sarò io a dirle quello che prova. Direi che si sono lambiccati il cervello abbastanza".
Al, ancora una volta, non trovò nulla da ribattere, perciò si limitò ad annuire. Probabilmente era davvero la soluzione migliore, e si diede del cretino per non esserci arrivato da solo.



Quando entrarono nella Sala Grande, Rose e Al non poterono impedirsi di lanciare un'occhiata al tavolo di Serpeverde, scoprendo così che il platinato era assente. Probabilmente era nei sotterranei a leccarsi le ferite, ed era molto meglio per lui che non si facesse vedere. Se l'avessero incontrato, nessuno dei due poteva garantire che sarebbe rimasto al proprio posto, calmo e giudizioso.
Quando si sedettero furono sommersi dalle domande di Trixy e Alice su come stava Penny, cosa fosse successo e così via.
Risposero pazientemente, ma la rossa tacque la sconcertante scoperta dei sentimenti di James per Penny, benchè sapesse che sarebbe stato l'unico motivo di gioia in quella orribile giornata.
Molti Tassorosso e Corvonero si avvicinarono per chiedere notizie di Penny Shane e, con sommo stupore di tutti, perfino alcune ragazzine Serpeverde del secondo e quarto anno. Alla fine del pasto, i gemelli Scamander andarono a sedersi accanto a loro, per informarsi a loro volta.
"Quando siamo arrivati", raccontò Lorcan, "James sembrava impazzito".
"Era livido", aggiunse Lysander.
Bisbigliando, Rose riferì al suo biondo ciò di cui era venuta a conoscenza e fu con grande sorpresa che si sentì rispondere che lui era stato il primo a saperlo.
"Lo sapevi?", squittì sbigottita, sgranando gli occhi.
Lorcan sembrava attendere una sfuriata, che non arrivò.
"Mi dispiace, ma avevo promesso a James di mantenere il segreto".
Rose non aveva intenzione di contrastarlo, anche perché non era colpevole quanto Al. Il biondo non sapeva che Penny contraccambiava James, mentre Al sì – e avrebbe potuto risolvere la situazione in cinque minuti.
Come lei non aveva rivelato i sentimenti di Penny a Lorcan, lui aveva tenuti nascosti quelli di James. Non poteva arrabbiarsi, così si limitò ad accarezzargli una mano sotto il tavolo, comprensiva.
"So che lui voleva dirle tutto oggi pomeriggio", disse dispiaciuto. "Mi aveva detto che aveva una brutta sensazione e io l'ho preso in giro", raccontò. "Insomma... sembrava la Cooman... invece aveva ragione!", aggiunse.
"Questa storia mi manda al manicomio!", rispose tra i denti la rossa. "Se incrocio Malfoy lo schianto con ogni energia, te lo giuro!".
Fissò la tavolata dai colori verde-argento e strinse le nocche fino a farle sbiancare.
Lorcan le diede un bacio a fior di labbra e le carezzò una guancia, sperando che si rilassasse almeno un po'.
"Magari fallo lontano da sguardi indiscreti", le raccomandò. "E soprattutto accompagnata da me! Dopo quello che ha fatto non mi stupirei di vederlo scagliare Maledizioni Senza Perdono a destra e manca; serve qualcuno che ti copra le spalle".
Poco dopo, la loro conversazione privata fu interrotta dall'arrivo di Lily e Hugo, ai quali dovettero ripetere tutta la storia dal principio.
Nella Sala Comune dei Grifondoro, prima di ritirarsi per la notte, Rose abbracciò Al. Non ci fu bisogno di parole, ed entrambi seppero che il litigio era finito. Restava solo da aspettare che Penny si riprendesse, e ogni cosa sarebbe andata al suo posto.



Quella serata James la passò a vagabondare per i corridoi della scuola senza una meta precisa. Non faceva altro che pensare a Penny – oltre che ai mille modi possibili per vendicarsi di Scorpius Malfoy.
Ebbe la fortuna di non incrociare alcun insegnante, così nessuno gli fece storie per il suo gironzolare dappertutto. Quando si ritirò nella Torre di Grifondoro, non aveva alcuna voglia di parlare; si buttò a letto, fingendo di dormire sodo.
Fece in tempo ad accorgersi che l'atmosfera di vittoria per la partita di Quiddich era stata spazzata via da quello che era accaduto a Shane, e ne fu sollevato: non avrebbe sopportato festoni e festeggiamenti in quel momento.
Poco dopo, Baston e gli altri compagni di stanza si coricarono a loro volta e lui rimase al buio con i propri, rumorosi pensieri in testa.
Alle prime luci dell'alba si assopì, anche se non fu certo un sonno profondo e ristoratore. Sognò il corpo di Shane inondato di sangue, riverso sul pavimento del bagno delle ragazze, il volto pallido di lei, e un Patronus argenteo che galoppava.



La mattina dopo si trascinò a passi pesanti verso la Sala Grande per la colazione, senza incrociare lo sguardo di nessuno. Alzò gli occhi solo per sbirciare al tavolo dei Serpeverde. Di Malfoy non c'era traccia.
Fu con lo stesso spirito abbattuto che andò a lezione, evitando accuratamente di scambiare due chiacchiere con chiunque. Non era proprio dell'umore adatto.
Era impaziente che le ore di lezione finissero, poichè l'unico desiderio che gli si presentava alla mente era andare da Shane e passare il resto della giornata con lei.
Finita la lezione di Difesa Contro Arti Oscure con Teddy, si recò in Infermeria quasi di corsa.
Madama Chips lo fece passare senza neanche tentare una blanda resistenza; James prese una sedia e la posizionò accanto al letto della ragazza, ancora addormentata.
"Ha ripreso conoscenza finora?", domandò.
"Dovrebbe svegliarsi entro una manciata di minuti", gli assicurò comprensiva. "Sono io che l'ho tenuta addormentata", spiegò. "Ho voluto farla riposare il più possibile per rimetterla in forze".
Tirò un sospiro di sollievo e si mise in attesa, perché di solito quando Madama Chips diceva una cosa ci prendeva. I suoi rimedi erano infallibili.
E, di sicuro, nel momento in cui Shane si fosse svegliata, lui sarebbe stato con lei. Dove altro avrebbe potuto essere, se non con lei?





SPAZIO AUTRICE


Salve gente,

sono di nuovo qui con un altro capitolo. Qui il punto di vista di Penny è completamente assente, dal momento che è addormentata per tutto il tempo.

James è preoccupato come Al e Rose ( e nessuno dei suoi amici) l'abbiano mai visto. Si è reso conto che per lui il benessere di Penny è la cosa più importante, anche più del fatto di stare insieme a lei. E per me, questo è vero amore (non so per voi).

Comunque, nel prossimo capitolo Penny si sveglierà e dovrà affrontare James.

Perché ha Evocato un Patronus e l'ha inviato proprio a lui, tra tutte le persone che le vogliono bene e a cui vuole bene?

Questo fa riflettere James, che non è comunque sicuro al 100% perché l'amore, a volte, rende insicuri. No?

Bene, ora che ho detto la frase saggia della giornata, posso anche dire addio.

Fatemi sapere cosa ne pensate *supplica in ginocchio*

Al prossimo capitolo! Baci!

Jules.


p.s ringrazio tutti coloro che leggono, che mettono tra le seguite/preferite/ricordate e le persone che recensiscono <3




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Capitolo 20
*** 19. No place I'd rather be ***


Capitolo diciannove

No place I'd rather be

                                                                                                                                                                  If you gave me
                                                                                                                                                                  a chance, I would take it.
                                                                                                                                                                  It's a shot in the dark,
                                                                                                                                                                  but I'll make it.
                                                                                                                                                                  Know with all of your hearth,
                                                                                                                                                                  you can't shame me.
                                                                                                                                                                  When I am with you,
                                                                                                                                                                  there's no place I'd rather be.



Decisamente James non avrebbe voluto essere in alcun altro posto quando sentì la mano di Penny muoversi nella sua. Non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo, ma sapeva che la ragazza stava per svegliarsi, e lui aveva così tante cose da dire e altrettante da chiedere. Sorrise tra sè e sè; non era sicuro di niente, come al solito – quando c'era di mezzo lei. Una sola cosa era certa: l'unico luogo in cui voleva trovarsi era lì con lei, a stringerle la mano.


Sentiva le palpebre pesanti come se qualcuno gliele stesse tenendo chiuse a forza, e dovette concentrarsi per riuscire a schiuderle, seppure di poco. Avvertiva un formicolio alla mano sinistra – che sicuramente stava riprendendo sensibilità – mentre era certa che la destra fosse avvolta in qualcosa di caldo e morbido. Un'altra mano.
Riprovò ad aprire gli occhi, sbattè le palpebre più volte e davanti a sè vide il bianco candido del soffitto. Non aveva la più pallida idea di dove si trovasse.
Abbassò lo sguardo: qualcuno era seduto accanto a lei e le stringeva forte la mano nella propria, la testa china sul letto dov'era stesa. Mise lentamente a fuoco l'immagine del ragazzo seduto con una mano fra i capelli ricci.
"Che è successo?", mormorò. Era un sussurro così flebile che dubitava potesse averlo sentito, ma il ragazzo alzò la testa di scatto e incollò gli occhi scuri e profondi al volto di Penny. Lei gettò un'occhiata alle loro mani unite, e lui si affrettò a mollare la presa, lasciandole un enorme senso di vuoto.
"Sei un'idiota, Shane!", biascicò, brusco.
"Sempre carino, Potter!", ribattè lei tossichhiando.
Aveva la bocca impastata, e James se ne accorse; si sporse a prendere un bicchiere d'acqua poggiato sul comodino e glielo porse, aiutandola a raggiungere una posizione semieretta, quel tanto che bastava per poter bere senza fradiciarsi.
Il fatto che lui provasse un'immensa tenerezza e desiderio di accarezzarla, prenderle il volto tra le mani e baciarla, non lo trattenne dal domandare:
"Perché sei andata da Malfoy?", c'era traccia di accusa nella sua voce.
Penny bevve lentamente l'acqua, desiderosa di evitare quella domanda fino alla fine della propria esistenza.
Le venne in mente un flash-back di quello che era successo; la scena le passò davanti a rallentatore: lei che Disimpastoiava Malfoy nel bagno delle ragazze, lui che le lanciava un incantesimo alle spalle, il sangue che colava a terra e due braccia muscolose che la sollevavano.
"Sei stato tu a portarmi qui?", chiese infine. Lui annuì brevemente.
"Ti ho trovata in un lago di sangue, Shane", disse in un soffio.
La stava rimproverando? Lei era in infermeria piena di bende e lui la sgridava?
"E' la terza volta che mi salvi da Malfoy, Potter", gli sorrise riconoscente, ma lui non sembrava volerla ricambiare, anzi: si incupì.
"Peccato che stavolta non sia riuscito a impedirgli di farti del male", mormorò più a se stesso che a lei. Incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo da lei.
"James...", tese una mano verso di lui, ma scoprì che le doleva, così la lasciò ricadere pesantemente sul letto. "Mi hai portata qui", gli fece notare con dolcezza. "Direi che è abbastanza, no?".
Lui smise di fissare la coperta, occupazione che nell'ultima manciata di secondi aveva trovato molto interessante, e tornò a guardarla, sempre un po' accigliato.
"Perché hai fatto una cosa così idiota?", aggrottò la fronte.
Penny si morse il labbro inferiore, per niente desiderosa di fornirgli i particolari. Ovviamente, non sapeva che James conosceva già la risposta, e che voleva solo capirci qualcosa in più. Dopo lunghi istanti di silenzio, lui scosse la testa e si arrese.
"Come mi hai trovato?".
Lui la guardò stralunato, aggrottando la fronte. Non ricordava niente?
"Il tuo Patronus mi ha raggiunto nella Sala D'Ingresso", narrò. "Per poco non mi ha travolto". A quelle parole Penny si ricordò di aver inviato il suo unicorno a trovare James, e arrossì lievemente. Ora le avrebbe chiesto perché aveva mandato a cercare poprio lui e non – chessò? - Albus o Rose. Ma James non lo fece.
"Non sapevo fossi in grado di far parlare un Patronus", osservò invece, stupendola. Sapeva benissimo che la domanda clue era solo differita, ma approfittò del momento, nella speranza che lui potesse rimandarla all'infinito.
"Non lo sapevo neanche io", rispose sorridendo. "Non l'avevo mai fatto prima", chiarì ad un James insieme stupito e ammirato. "Credo", aggiunse, "che sia stata la forza della disperazione. Ho preso la bacchetta e... l'ho Evocato e...", si bloccò.
"Gli hai detto di venire da me", concluse lui con espressione neutra.
Penny deglutì un po' troppo rumorosamente e annuì, incapace di pronunciare l'orrendo monosillabo affermativo "sì". Merlino, che vergogna!
"Posso chiederti...", cominciò lui, con una cautela che riteneva gli fosse estranea. Eccola lì, la domanda da un milione di galeoni, pensò Penny. Poi le venne un lampo di genio e lo interruppe:
"Aspetta...", realizzò, "hai detto che eri nella Sala d'Ingresso?". Stavolta fu il turno di James di sentirsi in imbarazzo; distolse lo sguardo, senza rispondere.
"Pronto, Potter? Terra chiama Potter!", esclamò.
James tornò a posare lo sguardo su di lei e le sorrise; il primo vero sorriso da quando si era svegliata. Era uno di quei suoi sorrisi mozzafiato e il cuore di Penny non potè fare a meno di saltare un battito in segno di apprezzamento – apprezzamento che avrebbe voluto esprimere anche a parole, se avesse potuto.
"Per esserti appena ripresa hai i riflessi pronti, eh Shane?", commentò caustico.
Penelope ridacchiò, felice di sentire ancora un bel commento pungente in pieno stile "James Potter". Quella versione depressa del bel Cercatore non gli si addiceva.
"Non eri alla partita?", ritentò, curiosa come non mai.
"No" rispose secco.
"E perché no?", domandò lei, insistente. James roteò gli occhi, spazientito.
"Credo che dirò a Madama Chips di tenerti addormentata un altro po'...", accompagnò quelle parole con un sorrisetto sghembo, e lei rise di rimando.
"Sai benissimo che al risveglio ricomincerei da capo, Potter...", rispose a tono.
"Va bene", sbuffo platealmente. "Ero... ero al castello per cercarti. Avevo notato la tua assenza e sentivo che stavi per fare qualcosa di stupido".
Era una spiegazione molto sommaria dell'accaduto, ma Penny se la fece bastare, dato che Potter non sembrava molto propenso ad approfondire l'argomento.
"Allora", riprese lui, "come hai fatto ad inviarmi il Patronus?", ma Penny sapeva che non era la vera domanda. Ci stavano girando intorno, lo sapevano entrambi.
"Io- io non lo so", tentennò, indecisa su quanto dire e quanto tacere. "L'ho Evocato e gli ho detto di chiedere aiuto", restò sul vago, sperando che lui se la bevesse.
"Mh", mugugnò James – aveva un sorrisetto che non le piaceva affatto. "L'unicorno – il tuo unicorno", sottolineò con forza, "ha detto James".
"Ah... davvero?" squittì Penny, chiedendosi se fosse possibile pestare a sangue un Patronus. Purtroppo le speranze non erano molte, ma si sarebbe informata.
"Eh già", rispose lui, il sorrisetto stavolta era visibilmente compiaciuto. Ormai, si disse Penny, tanto valeva giocare a carte scoperte - o quasi.
"Che altro ha detto?" domandò, il cuore in gola.
"Solo James, aiutami", ripetè lui. "Poi si è voltato e io ho capito che dovevo seguirlo".
"Sono le parole che ho pensato prima di Evocarlo", fu un bisbiglio – sperava quasi che non la udisse. James sembrò sorpreso di sentirglielo ammettere, aprì la bocca e la richiuse; probabilmente voleva dire qualcosa, ma dalla sua bocca uscì solo un sospiro pesante. Sembrò immergersi nei propri pensieri.
"Se solo avessi avuto la bacchetta avrei potuto rimarginarti le ferite; invece ho dovuto sollevarti di peso e sono stato lento...", farfugliò.
"Per la barba di Merlino!", esclamò decisa, benché ancora debole. "Non puoi sul serio sentirti in colpa! Se la responsabilità è di qualcuno, è mia. Non so come mi sia venuto in mente di voltare le spalle a uno come Malfoy!", disse con un misto di rabbia e frustrazione, gli occhi lampeggiavano d'ira.
James tacque, pensando che per ben due volte Penny aveva glissato la sua domanda più importante; non voleva rispondergli perché Malfoy aveva ragione?
O magari solo perchè credeva che si sarebbe arrabbiato con lei se avesse saputo che era andata lì a proteggerlo. James sperava fortemente nella prima opzione – per la prima volta sarebbe stato lieto di dare ragione a Scorpius Malfoy.
Merlino, com'era frustrante essere innamorato di quella ragazza!
"Appena esco di qui...", la voce di Shane interruppe il flusso dei suoi pensieri.
"NO!", la interruppe bruscamente. "Appena esci di qui non fai proprio nulla, Shane. A Malfoy ci ho già pensato io", le disse. "Beh...in parte...", si corresse.
"In parte?", sollevò un sopracciglio, perplessa.
"Nel senso che l'ho picchiato alla babbana", spiegò con nonchalance.
Penny sorrise a quelle parole; lei che nel mondo babbano c'era cresciuta non poteva che ridere quando sentiva che fare le cose "alla babbana" per i maghi era come farle a metà – perfino per i babbanofili.
"Poi è sparito", continuò James, "ma penso che non appena si farà vedere in giro almeno cinque o sei persone lo Schianteranno per questo", disse indicando prima lei, poi il lettino e l'infermeria. Quello che aveva fatto a lei, insomma.
Da quand'era, si chiese James, che parlare con Shane era così facile?
Senza litigi, senza frecciatine, senza occhiatacce. Doveva aspettare di vederla in quelle condizioni per agire come un essere raziocinante?
Oddio... magari non aveva usato molto raziocinio con Malfoy, però quello era un discorso a parte.
"Potter", tuonò Madama Chips, della quale entrambi si erano completamente dimenticati. "Ancora qui? La signorina Shane deve riposare, quindi fuori!".
"Non posso restare?", chiese indignato.
"No", rispose asciutta.
"Per quale motivo?", domandò seccato. Non mollava facilmente la presa.
"Signor Potter", la voce inflessibile. "Devo cambiare le fasciature, e non so se la signorina Shane voglia – come dire? - mostrare le proprie grazie a lei. Quello che so per certo è che non voglio che succeda davanti a me!", espose acidamente.
Ebbero reazioni opposte: Penny acquistò un fantastico colorito pomodoro in quell'istante, mentre James impallidì. Non gli sarebbe dispiaciuto restare a dire il vero, ma Madama Chips non era del suo stesso avviso – e Merlino solo sapeva di quale maledetto avviso fosse Shane riguardo al mostrargli le proprie grazie!
"Va bene, va bene", borbottò rassegnato, "me ne vado".
Salutò ed uscì dalla stanza, dirigendosi alla Sala Comune. Quando Baston lo vide gli chiese notizie di Shane, ma fu nulla rispetto all'assedio che gli fecero Al, Rose, Trixy e Alice. Se li trovò tutti e quattro addosso in cinque minuti. Disse loro che Penny stava meglio e che Madama Chips lo aveva bellamente buttato fuori dall'infermeria. Rose gli si avvicinò per parlargli a quattr'occhi, mentre Al era impegnato a distrarre le altre due: conoscendoli era tutto calcolato.
Il che significava che almeno gli avevano fatto la cortesia di tacere con le altre due.
"Gliel'hai detto?", bisbigliò la rossa.
"No", rispose secco. Lo guardò accigliata, senza ribattere. Stava pensando tra sè e sè; era decisa nel suo intento: se James non si fosse spicciato entro qualche giorno, avrebbe messo lei le cose a posto.
"Vedi di sbrigarti", gli disse con un'occhiata che voleva essere eloquente e che a lui sembrò solo acida. "O le spiffero tutto!".
James avrebbe tanto voluto chiederle perché diamine dovesse spifferarle tutto, ma si trattenne. Rose aveva pensato che le implicazioni dell' affermazione fossero chiare, ma è evidente che il cervello di James non intendeva recepire i suoi segnali.
Non fece altro che rispondere a monosillabi anche quando scesero per la cena in Sala Grande: chiunque gli parlasse non riceveva risposte composte da più di due lettere. In tutto ciò non aveva neanche fatto i compiti per il giorno dopo, e probabilmente quell'anno si sarebbe fatto bocciare ai M.A.G.O. Sarebbe finito a fare l'aiuto ai Tiri Vispi Weasley – se lo sentiva! Sua madre l'avrebbe ucciso se non si fosse diplomato...
Si vedeva già un uomo fallito nel negozio dello zio, incapace di fare altro se non spazzare il pavimento e lanciare Caccabombe come dimostrazione ai clienti.
Con questa terribile prospettiva nella mente si ritirò in dormitorio e si coricò, ma, stranamente, quella notte dormì sodo e non fece incubi.
Sognò Shane che gli parlava dolcemente, stesa accanto a lui sotto un grande faggio nel parco, in una giornata mite. Al mattino si svegliò ristorato; si sentiva fiducioso. Ancora un giorno e lei sarebbe stata fuori dall'Infermeria.




Penny si rigirava nel letto, incapace di trovare una posizione comoda. Madama Chips le aveva cambiato le bende con molta cura, spalmandole altri unguenti appiccicaticci. Era un'ottima Guaritrice, doveva riconoscerlo, sebbene l'avesse odiata non poco quando aveva cacciato James.
Il giorno prima, quando l'aveva visto lì accanto a tenerle la mano, il cuore le era quasi esploso nel petto. E sapere che l'aveva soccorsa, che l'aveva aiutata ancora una volta, la faceva sperare: per una volta, Penelope Shane era ottimista.
James Sirius Potter, che aveva sempre considerato inarrivabile, non le era mai stato così vicino. Quando finalmente si addormentò, sognò. Un sogno strano, eppure così reale che le sembrava fosse accaduto sul serio.
Lei era stesa in quello stesso letto dell'Infermeria, con gli occhi chiusi e James le era accanto e le parlava, dicendo che era innamorato di lei...
Nel bel mezzo del sogno si svegliò di soprassalto perché Madama Chips aveva fatto cadere una boccetta di vetro.
La maledisse in tutte le lingue possibili, ma decise di restare sveglia – ormai erano le sette di mattina. Si accorse che si sentiva molto meglio, anche abbastanza in forze da potersi alzare in piedi, benchè la donna non le permettesse di farlo.
Quel pomeriggio, Al e Rose vennero a trovarla con Alice e Trixy per informarsi delle sue condizioni. La aggiornarono sulle lezioni e la fecero ridere con le loro idiozie; quando si congedarono si addormentò nuovamente. Si svegliò che era già tardi e rimase delusa nell'accorgersi che James non si era presentato.
Credeva che sarebbe tornato... aveva frainteso? Forse era stata colpa di quel sogno così maledettamente realistico.
"Oh, basta!", si disse. "Appena esco di qui tento il tutto per tutto e glielo dico".
Fu così che, dopo che per tanto tempo entrambi avevano pensato di tenersi per sè i propri sentimenti, entrambi divennero decisi a dichiararli, nello stesso momento.



Alla fine della lezione di Pozioni con Victoire, per la durata della quale non aveva fatto altro che distrarsi, James era andato dritto da Shane, ossia incontro a una tremenda delusione.
"La signorina Shane dorme, in questo momento", lo informò Madama Chips con una certa stizza – si vedeva lontano un miglio che odiava i visitatori. "Non voglio che lei la svegli, intesi?", lo guardò torva.
James annuì con poca convinzione, ma chiese almeno di poter entrare a darle un'occhiata. Quando la vide dormire, il colorito di nuovo sulle gote, non ebbe il coraggio di contravvenire al comando della donna.
Rannicchiata, la mano sotto il cuscino, Shane sembrava una bambina – fu una visione che gli scaldò il cuore.
"Le ha tolto le bende alle braccia", osservò.
"Sì, le ferite si sono completamente rimarginate. Domani mattina potrà uscire, sarà come nuova!", disse soddisfatta del proprio lavoro. James la conosceva come una donna molto scrupolosa e affidabile, e i suoi rimedi non avevano mai fallito.
Lasciò l'infermeria con il cuore più leggero, sebbene di malavoglia.
Come il giorno prima, non c'era altro posto in cui avrebbe voluto essere – se non lì.



Dopo un brusco risveglio da un sonno lungo ma agitato, Penny si sentì annunciare che quella stessa mattina sarebbe potuta uscire dall'Infermeria.
Madama Chips
aveva fatto miracoli: le aveva tolto tutte le bende e la sua pelle era intatta e candida come prima, come se non fosse mai stata ferita. Altrettanto non si poteva dire della sua interiorità: il colpo basso di Malfoy aveva lasciato il segno. Sicuramente avrebbe evitato, in futuro, di abbandonarsi a stupidi e fiduciosi istinti Grifondoro. Non rimpiangeva affatto di essere andata a rinfacciargli quello che aveva fatto a James, ma solo di avergli ingenuamente riconsegnato la bacchetta.
Mentre si rivestiva con un cambio pulito che doveva aver lasciato Rose, si rese conto con orrore che erano giorni che non scriveva a
l nonno e ai genitori.
Sperava solo che quell'assenza di informazioni per ben tre giorni non avesse fatto preoccupare sua madre, che era esattamente la quintessenza dell'apprensività materna. La divisa da Quiddich era sparita, probabilmente ad opera di Rose o di un qualche sconosciuto Elfo domestico. Almeno, si disse, avrebbe fatto in tempo a seguire la lezione di Lupin. Era venerdì mattina e certamente nessuno era libero per aspettarla fuori di lì; non poteva pretendere un comitato d'accoglienza: la scuola non si fermava solo perché Malfoy la odiava a morte.



James si era alzatò con il sommo proposito di saltare ogni singola lezione della giornata, in barba alle sue preoccupazioni per gli stramaledetti esami di fine anno. Niente era più importante di quel che doveva fare. Proprio niente.
Non scese neppure a fare colazione, per paura di mancare il momento in cui Shane sarebbe uscita dall'infermeria, oltre al fatto che il suo stomaco era chiuso.
Rose e Al avrebbero tranquillamente marinato per andare ad aspettare la loro migliore amica, ma ritennero che fosse il caso di lasciare che James andasse solo.
"Finalmente non avrà più scuse per non dichiararsi!", aveva commentato Rose con una buona dose di sollievo.
Al sperava che il suo sconsiderato fratello si desse una mossa – possibilmente in giornata – perché non sarebbe stato molto romantico se Penny fosse venuta a sapere da Rose che il ragazzo per cui spasimava da anni la amava.
Sicuramente era preferibile che fosse quel gran pezzo d'idiota a rivelarglielo.
Ben prima che lei fosse sveglia, James si era recato ad aspettarla fuori dalla grande porta lignea dell'infermeria; impalato come una statua, attendeva che la ragazza facesse la sua regale ed elegante sortita.
Fu così che – appena sulla soglia – Penny inciampò su una mattonella sconnessa e andò a sbattere proprio contro l'ultima persona che avrebbe dovuto vedere quella scena pietosa.
James la afferrò saldamente prima che cadesse come una pera cotta, visibilmente divertito da quella che per lei era una grandissima figura di merda.
"Shane, non sei neanche uscita e già provi a spiaccicarti per terra? Ti piace proprio l'Infermeria, eh?", fece ironico.
Penny, impegnata a chiedersi perché non potesse essere impeccabile e coordinata come Victoire, non rispose alla battuta.
"Che ci fai qui?", gli chiese rimettendosi in sesto.
James sembrò infastidito dalla domanda.
"Secondo te, Shane?" inarcò il sopracciglio destro e sbuffò. "Ti stavo aspettando!", aggiunse in tono ovvio. Lei sorrise e arrossì lievemente.
"Ieri non sei venuto e pensavo... pensavo che oggi avessi lezione...".
Non era esattamente quello che avrebbe voluto dire. In realtà nella sua testa aleggiava più qualcosa come "pensavo che non te ne importasse niente di vedermi".
"Io ieri sono passato e tu stavi dormendo", precisò, quasi offeso dall'incertezza nella voce della ragazza. "Madama Chips mi ha tassativamente vietato di svegliarti".
"Oh", rispose lei sentendosi in colpa per aver dubitato. "Non dovevi saltare le lezioni, però; hai anche gli esami...". Oh sì che doveva! Era contenta che l'avesse fatto!
James si strinse nelle spalle e disse semplicemente: "Ci sono cose più importanti".
A quel punto Penny cominciò a camminare, per dissimulare l'imbarazzo causato dalla risposta di lui – data con apparente nonchalance – e il rossore che probabilmente la stava invadendo dall'alluce del piede fino alle orecchie.


"Ok, fermala e fallo. Fermala e fallo. Sei qui per questo, no? Ora o mai più!", pensava James Sirius Potter, al colmo della schizofrenia mentale. Aveva cambiato idea dieci volte da quando l'aveva vista. Prima sì, poi no, poi di nuovo sì...
"Shane", esordì il ragazzo con voce ferma, come per imporre la propria autorità alla parte vile di se stesso. Era un Grifondoro – cavalleria, audacia e coraggio – no?
Maledizione, quando mai aveva avuto problemi con una ragazza?

"Sì?", si fermò e lo guardò con quei meravigliosi occhi verdi.
Ma lei non era una ragazza, era la ragazza.
"D-devo...", riprese, "...ti devo dire una cosa". Magnifico, ora balbettava perfino!
A Penny saltò un battito sentendo il tono serio del ragazzo, e sperò ardentemente che fosse ciò che voleva confessare anche lei.
"Ti ascolto", rispose ostentando una calma che non possedeva affatto. James si schiarì la voce ed esitò, prima di iniziare:
"E' un bel po' che devo parlarti di questa... cosa".
"Bell'esordio James! Complimenti!", si diede dell'idiota mentalmente.
"Ti ascolto", ripetè.
"Dannazione Penny, ma conosci solo due vocaboli?", si rimproverò.
"Sì...ehm...ecco...", biascicò.
Penny lo guardò accigliata: da quando Potter balbettava?
Lui si schiarì nuovamente la gola, e quando tornò a parlare lo fece con voce limpida, chiara, decisa. Non era la voce di un ragazzo, ma quella di un uomo.
"Sono innamorato di te", quattro semplici, meravigliose parole.
La guardava fisso negli occhi, senza perdere il contatto neanche per un secondo. Probabilmente si aspettava che dicesse qualcosa, ma Penny era praticamente caduta in stato di shock. Aveva agognato quel momento per giorni, mesi, anni.
E ora che era giunto se ne stava lì ad aprire e chiudere la bocca, incapace di sillabare anche una singola parola.
James si passò una mano a scompigliarsi i ricci e continuò a parlare, perdendo la calma che aveva acquistato, perplesso e preoccupato dal prolungato silenzio di lei.
"Sappi che non sono d'accordo con chi sostiene che l'amore sia possessività", se ne uscì. Stava farneticando, ne era consapevole, ma era sempre meglio di quel silenzio innaturale che era calato. Meglio le sue stronzate del mutismo di lei.
"Amare significa anche saper fare un passo indietro e, considerata la tua... reazione, direi che è quello che devo fare io", concluse.
Lei lo guardò accigliata, riscuotendosi da quello stato catatonico, e sorrise. James la fissò di sbieco; chiaramente doveva pensare che lo stesse prendendo in giro o che fosse completamente ebete, ma la cosa non la tangeva più di tanto, dato che al momento era l'essere più felice del creato.
"Ehm", riprese l'uso della voce, "sono perfettamente d'accordo con il tuo discorso molto maturo e sensato, Potter", dichiarò mantenendosi seria a fatica.
James continuava a guardarla storto, come se non capisse bene le sue parole. Era quantomeno perplesso.
"Tuttavia", continuò lei senza lasiarsi distrarre, "non è questo il caso".
James sollevò un sopracciglio, aspettando che concludesse la frase per decidere se fosse pazza o meno.
"Intendo dire, Potter, che al momento dovresti farlo in avanti, il passo".
Le sorrise, e Penny pensò che qualsiasi altro sorriso le avesse rivolto in quegli anni spariva di fronte a quello.
Potter non se lo fece ripetere, colmò la distanza che li separava e la strinse forte tra le braccia. Penny si sollevò sulle punte e James posò la bocca su quella di lei, le cui labbra si schiusero prontamente a quel contatto tanto agognato.
Con un ultimo barlume di lucidità, James realizzò quello che stava accadendo: stava baciando Penny Shane, e quel momento era semplicemente perfetto. Non c'era nessun altro posto in cui avrebbe voluto trovarsi, se non tra le braccia di lei.






SPAZIO AUTRICE

Ed eccomi a voi dopo soli due giorni. Mi sono sbrigata e spero non ci siano troppi errori di distrazione/ battitura. Volevo farmi perdonare per come avevo finito il capitolo scorso, così in sospeso. Anche perché fino al dodici non sarò più a casa e non potrò scrivere, perciò mi sembrava giusto farlo prima – non mi sono staccata un attimo dal PC per colpa di Penny e James. Detto ciò, vi prego, fatemi sapere cosa pensate del capitolo, così parto felice e contenta. Finalmente, dopo tante pippe mentali, i miei idioti protagonisti si sono svegliati. Presumibilmente prima di liberarvi di me (so che sarete felici!) ci sarà un altro capitolo e poi l'Epilogo; e devo dire che mi mancheranno i miei personaggi. Prima dell'Epilogo pubblicherò una piccola OS con protagonista Trixy Zabini, come ho già detto – almeno spero di farcela. E niente, fatemi sapere :)

Jules


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Capitolo 21
*** 20. Finalmente ***


Capitolo ventesimo


Finalmente


Le labbra della ragazza si schiusero prontamente a quel contatto tanto desiderato, e lui la strinse un po' più forte, come se avesse paura che potesse scivolargli di mano e sgusciare via. Lei reclinò la testa per dargli migliore accesso alla propria gola e realizzò che stava accadendo davvero: stava baciando James Sirius Potter, ed era semplicemente perfetto. Le braccia allacciate attorno al collo del ragazzo, le mani di lui tra i suoi capelli, il profumo muschiato di James così vicino.
Aveva baciato solo due ragazzi nella sua breve vita, ma mai si era sentita così. Forse proprio perché l'aveva aspettato tanto, o forse semplicemente perché James era il ragazzo che aveva sempre amato. Probabilmente per entrambe le motivazioni. Fatto sta che quando le loro labbra si staccarono si sentiva felice, completa, appagata.
"Finalmente!", non le riuscì di esprimere le proprie emozioni meglio di così.
"Finalmente?" ripetè James divertito, senza sciogliere l'abbraccio che ancora li legava. "Io ti bacio e tu hai da dire solo finalmente, Shane? Alla faccia del romanticismo!" protestò giocosamente. Penny rise di gusto e gli lasciò un bacio a fior di labbra prima di parlare.
"E' già tanto se riesco a parlare, James!", si giustificò. "Non so se hai notato il ridicolo stato di shock in cui sono caduta poco fa..."
"Quindi eri solo scioccata?" fece lui, sospirando. "La prossima volta che ti sciocchi vedi di farmelo capire a gesti, d'accordo? Mi hai fatto prendere un colpo", suonava esattamente come un rimpovero.
"Stavi facendo marcia indietro, eh?", lo punzecchiò ridacchiando.
"Ovvio che lo stavo facendo! Ti vengo a prendere, mi dichiaro, e tu che fai? Te ne stai lì a fissarmi, per giunta con la loquela di un pesce rosso. Che dovevo pensare?", protestò indignato. Penny sorrise nello scorgere quell'espressione imbronciata.
Poi pensò che c'era qualcosa che doveva assolutamente provare e sollevò un altro po' la mano, affondandola lentamente tra i capelli di lui. Erano soffici ed elastici, come li immaginava da sempre.
"Non sai da quanto lo desideravo!", sospirò estasiata.
"Baciarmi? Sono mesi che..."
"Veramente", lo interruppe con un sorrisetto, "intendevo questo!", indicò la propria mano fra i capelli di lui, che sorrise di rimando. "E anche baciarti, ovviamente", aggiunse come se fosse un dettaglio di poco conto.
"Oh, grazie della concessione! Sono mesi che mi scervello su di te, Shane!", lo disse come se la responsabilità di quella enorme perdita di tempo fosse di Penny.
"Aspetta..."
Penny realizzò all'improvviso quelle parole, scostandosi impercettibilmente da James, che la guardò stralunato. "Hai detto mesi?", boccheggiò incredula.
Mesi? Avevano perso mesi a gingillarsi?!
"Mh", James fece finta di riconsiderare le proprie parole. "Direi di sì; non hai idea di quanto tempo abbia passato a spremermi le meningi per capire il tuo comportamento..."
"Oh, questa è bella! Il mio comportamento?", ribattè con un sorrisetto ironico. "Vogliamo parlare del tuo, Potter? Prima sembrava che mi odiassi e poi che volessi essermi amico. Sembravi uno psicolabile, in poche parole", gli fece notare.
"Io credevo tu mi odiassi!", si difese.
"Odiarti? Come può esserti venuta un'idea così sciocca quando sono anni che...", si interruppe e sgranò gli occhi, stupita dalla nonchalance con la quale aveva appena ammesso di essere una pateticissima sfigata.
Di primo acchito, James parve stupito quanto lei.
"Anni?", chiese conferma. Penny lo guardò in faccia, quando si sarebbe volentieri nascosta sotto una mattonella del pavimento. Improvvisamente le venne in mente di quanto fosse un peccato non essere un Animagus in grado di mutarsi in un insetto e scappare dalle situazioni imbarazzanti.
"Già", non trovò di meglio da dire, oltretutto accompagnandolo con una leggera scrollata di spalle; come se ammettere di aver passato anni dietro a lui non fosse una terribile umiliazione. "Ormai il danno è fatto, quindi non negherò di averlo detto", rispose con più calma di quanta ne possedesse.
James scosse la testa e rise, probabilmente per l'uso insolito del termine danno.
"Abbiamo parecchie cose da dirci, mi sa".
"Non so se posso marinare la lezione di Lupin per te...", obiettò lei.
"Sì che puoi: Teddy capirà", stette al gioco.
Le porse la mano e lei vi pose la propria, seguendolo lungo il corridoio.



Con il vento che tirava – per quanto quella giornata fosse stranamente tiepida – James non aveva trovato di meglio che portare Penny al grande faggio in giardino, in riva al Lago Nero. Il parco era pressochè vuoto; i pochi che non avevano lezione a quell'ora – per quanto il clima potesse essere eccezionalmente temperato – se ne stavano al calduccio nelle proprie Sale Comuni, o al massimo in cortile.
Proprio per questo Potter aveva avuto la brillante idea di farla accomodare sotto l'albero, praticamente in riva al lago. Entrambi avevano portato con sè il mantello, quindi il freddo non era eccessivo: erano quelle folate, il problema.
"Se verrò spazzata via dal vento", aveva biascicato mentre camminavano, "mi avrai sulla coscenza, Potter!"
I capelli le andavano in bocca e la infastidivano tremendamente; non aveva per niente l'aria impassibile e magnificente di un'eroina che abbia appena coronato il proprio sogno d'amore. Eppure era così che si sentiva.
Forse non un'eroina, ma sicuramente una ragazza che aveva appena coronato un sogno d'amore lo era.
Appoggiati al tronco del faggio e stretti in un abbraccio, guardavano l'acqua stagnante e sicuramente gelida del Lago Nero.
"Voglia di un tuffo?", scherzò James.
"C'è una Piovra Gigante lì dentro, lo sai Potter?", ribattè ridacchiando. Lui fece un gesto incurante, come se non fosse una controargomentazione degna di nota.
Voltò il capo di lato per guardarla e lei sollevò il viso: occhi negli occhi, non poterono fare altro se non sorridersi, con un po' di imbarazzo.
Si erano attaccati, avvicinati, allontanati, desiderati. Finalmente si erano trovati. Ora dovevevano imparare a stare insieme, ma c'era tempo per capirsi.
"Alla fine sono riuscito a fare breccia nel tuo cuore, a quanto pare". Penny fece schioccare la lingua: quella frase era semplicemente assurda, oltre che bellissima.
"Che c'è?", fece lui, sentendola sospirare. "Ho dovuto faticare, sai? Non sei un tipetto proprio semplice da gestire".
"Senti chi parla!", protestò con una risata che smentiva il tono scocciato.
"Ehi! Mostra un po' di rispetto: ti ho salvata tre volte dalle grinfie di Malfoy!".
"Oh cielo! Avevo un Principe Azzurro per le mani e non me ne ero accorta!", replicò causticamente. James non sembrò afferrare e lei si ricordò che non poteva capire.
"Cosa diavolo è un principe azzurro?", le domandò infatti.
"Niente, roba babbana", liquidò la faccenda come faceva sempre con le persone cresciute nel Mondo Magico. "Per la cronaca, dovresti mostrare gratitudine per tutte le volte in cui ti ho difeso da Bolidi volanti, caro il mio James-sono-il-Cercatore-figo-Potter!", aggiunse fingendosi indignata. Lui la ignorò. "Mi hai sentito?", fece lei.
"Le mie orecchie hanno recepito solo le parole salienti", soffiò James. "Ovvero: James e figo". A quel punto non potè sottrarsi ad una doverosa gomitata da parte della sua nuova ragazza. In realtà la sua prima ragazza, perché James non era mai stato ufficialmente impegnato. Era uscito con un po' di gente, ma niente di serio.
"Rettifico: Cercatore figo e idiota!"
"La puoi girare come ti pare: rimango sempre figo, Shane!", disse, minimamente smontato da quel semi-insulto. "E comunque è vero che ho dovuto fare breccia nel tuo cuore: eri un ghiacciolo fino a quest'anno!", riprese.
"Breccia, Potter? Se ero fredda era semplicemente per proteggermi".
"Proteggerti! È dalla fine dell'anno scorso che sono innamorato di te! Mica volevo mangiarti, Shane!"
"Oh, povero te! Ribadisco che sono anni che ti muoio dietro! Ci sei sempre stato, nel mio cuore. Non avevi alcun bisogno di fare breccia", gli rispose ripetendo le parole esatte che aveva usato lui.
"Da quanto?", chiese, lievemente compiaciuto.
Penny riflettè un secondo, perdendosi nei ricordi di molto tempo prima.
"Mh... probabilmente dal primo sorriso che ti ho visto fare, a King's Cross! Mi avevano colpito i tuoi occhi. Forse tu neanche te lo ricordi, ma io ho un'immagine di te piuttosto nitida", raccontò. Lo vide sorridere: non un sorriso ironico, impertinente, o soddisfatto. Un semplice e bellissimo sorriso felice.
"Sul serio?", domandò, intenerito da quella confessione. "Dovevo essere molto fastidioso, credo. A dodici anni ero uno vera peste!", commentò.
"Tu sei ancora molto fastidioso!", lo contraddisse Penny.
"Ah Ah Ah! Divertente Shane, davvero!", fece lui. "E – per tua informazione – mi ricordo eccome del giorno in cui ci siamo conosciuti..."
"Nonostante tu fossi una vera peste mi sono presa una cotta per te. Al e Rose lo sanno da sempre, anche se ho iniziato a parlarne apertamente solo quest'anno – diciamo che ho iniziato ad elaborare il lutto e ad accettare che non ti saresti mai accorto di me".
"Credo ti chiamerò Miss Perspicacia!", la prese in giro, scompigliandole i capelli – cosa per la quale non protestò, a differenza di quanto avrebbe fatto con qualunque altro essere, umano o meno.
"Detto da uno che era convinto di starmi antipatico suona bizzarro, non credi?"
"Ehi! Era perfettamente lecito da parte mia: la conferma ce l'ho avuta quest'estate!", raccontò, sentendosi leggermente idiota. "Mi aspettavo che venissi da noi e un bel giorno sento Rose che si lamenta con Al del fatto che avevi accampato scuse su scuse, ma che lei sapeva il vero motivo del rifiuto, ovvero io".
"L'ha detto davanti a te?", domandò dubbiosa in proposito.
"Diciamo che ho origliato per caso...", ammise senza vergogna. Penny rise.
"Se non sono venuta è stato per non vedere te; già mi toccava durante l'anno scolastico: perché soffrire anche d'estate?", spiegò in tono ovvio. "Insomma, non è bello che la tua cotta perenne ti ignori!", gli fece notare. Il ragazzo sbuffò sonoramente.
"Se tu fossi venuta, mi sarei dichiarato quest'estate...", la informò. "Pensa quanto tempo mi hai fatto perdere!"
"Per favore, Potter, smettila di fare la vittima!", disse dandogli un buffetto sul braccio. "Cosa vuoi che siano le tue sofferenze rispetto alle mie?"
"Eri sofferente anche quando uscivi con Fred?", domandò stizzita. Penny lo guardò con una certa dose di soddisfazione.
"Aha!", esclamò vittoriosa, puntandogli un dito contro. "Quindi mi facevi tutte quelle domande per gelosia!".
"Geloso io? Assolutamente no!", scosse vigorosamente il capo. "Volevo solo capire".
"Per la cronaca, non uscivo con Fred!", riprese Penny. "Ci siamo solo baciati", si lasciò sfuggire.
"CHE COSA?". Penny si morse la lingua a sangue; perché non stava mai zitta?
"Non che la cosa ti riguardi...", svicolò.
"Non sono d'accordo...", disse lui, con un certo tono di disappunto. Merlino! Era il suo ragazzo: la cosa lo riguardava eccome.
Penny contemplò per un momento quella versione un po' gelosa di James.
"Tu non sei mai d'accordo!", lo rimbeccò con una risata. "Hai da ridire su tutto!"
La smorfia infastidita di James si sciolse alla risata di Penny, che gli strinse forte la mano, contemplando l'ipotesi di non lasciarla andare mai più.
"E poi?"
"E poi niente, hai rovinato tutto!", gli rinfacciò.
"Io?", fece basito. "E come, se è lecito saperlo..."
"Come quando uscivo con Dave e l'ho dovuto mollare perché continuavo a pensare a te! Hai spazzato via la mia vita sentimentale senza neanche rendertene conto, James Potter!".
"...e non mi dispiace per niente", bisbigliò lui.
"Non posso stare con un ragazzo se me ne piace un altro", riprese lei. "Ai miei occhi nessuno regge il confronto con te".
James fu piacevolmente sorpreso da quella dichiarazione così esplicita: sapere che il pensiero di lui l'aveva accompagnata per tutto quel tempo lo inorgogliva e allo stesso tempo lo faceva sentire un demente, per non essersene reso conto. Con le labbra le sfiorò la fronte e la bocca, in un bacio casto.
Aveva perso tempo a lambiccarsi il cervello inutilmente, per poi venire a scoprire che nella testa (e nel cuore) di Shane esisteva solo lui. Guardò la mano candida ed esile, stretta nella sua; e il suo volto emanava una felicità profonda, specchio di quella di Penny.
"Addirittura?", non riuscì a reprimere il compiacimento nella voce.
"Non gongolare troppo, Potter!".
"Mi dispiace", si scusò. "Avrei dovuto capirlo prima".
Penny sospirò di rassegnazione e scrollò le spalle.
"Non potevo aspettarmi niente di meglio... sei un esponente del sesso maschile e in più sei stupido di tuo; era prevedibile che ci saresti arrivato tardi".
"Meno male che mi hai aspettato, allora", replicò dolcemente, lasciandole un bacio sulla fronte. Penny sorrise e si strinse di più a lui. "Adesso sono completamente tuo, non ti libererai facilmente di me".
"Non ho alcuna intenzione di farlo", affermò sicura.
L'aveva voluto e amato, sebbene convinta di non avere speranze; eppure ora erano lì in riva al Lago Nero, a contemplare l'acqua e scambiarsi confidenze, stretti l'uno all'altra. Una scena sostanzialmente surreale fino a qualche giorno prima.
Realizzò che doveva abituarsi ad avere James tutto per sè: avevano tanto tempo a disposizione, e intendeva sfruttarlo al meglio.



Alla sera fecero il loro ingresso trionfale nella Sala Grande, le mani intrecciate bene in vista; e sui volti della tavolata di Grifondoro si dipinsero espressioni differenti.
Rose e Al erano inequivocabilmente gioiosi, mentre Trixy e Alice sembravano avere le idee confuse. Baston strizzò l'occhio all'amico e fece un sorrisone a Penny, che a stento lo ricambiò, troppo impegnata a tenere a bada i battiti del proprio cuore.
Era stato James a prenderle la mano prima di varcare la soglia, stupendola un poco. Si accorse in quel momento di non essersi nemmeno chiesta cosa dire o non dire agli altri: non gliene poteva importare di meno. In quel momento per Penelope esisteva solo James. Era consapevole di quanto fosse stupido e di quanto lei fosse un'idiota innamorata, ma anche di ciò non le importava un fico secco. A quanto pareva non le importava di quasi nulla che non fosse la mano di lui nella propria.
Però aveva capito il motivo per cui Potter aveva scelto di comportarsi in quel modo: equivaleva ad un'annuncio pubblico e avrebbe risparmiato un sacco di inutili e fastidiose domande e congetture. Quell'atteggiamento, infatti, non era equivocabile.
Penny e James stavano insieme. Punto. Non c'era proprio niente da congetturare.
La faccia di alcune ragazze – non solo tra le Grifone – non mostrava molta allegria a quella vista. Lorcan si scambiò un'occhiata con Rose dalla propria tavolata, il volto disteso in un'espressione sollevata (non ce la faceva proprio più a sorbirsi le tirate di James). Gli avrebbe chiesto i particolari, ovviamente (come del resto avrebbero fatto gli altri), ma non in quel frangente. Lysander si sporse verso il fratello, probabilmente per porgli qualche domanda in proposito, mentre una sorpresa Lily Luna confabulava con suo cugino Hugo.
Si sedettero l'uno accanto all'altra, di fronte a Rose e Al, sempre con gli sguardi stupiti di Trixy e Alice puntati addosso. James non ci badava, ma Penny sapeva che avrebbe dovuto rendere conto di quella scena alle sue amiche.
"In dormitorio mi bombarderanno di domande, lo sai?", bisbigliò all'oreccho del ragazzo, che sorrise divertito.
"Credo che Baston farà lo stesso", dichiarò scorgendo l'amico che occhieggiava verso di loro. "Li abbiamo scandalizzati con la nostra entrata ad effetto", ridacchiò.
"La tua entrata ad effetto", lo corresse.
"Possibile che tu sia sempre così polemica?", la prese in giro, in realtà poco infastidito dalla precisazione – perché la sua entrata ad effetto era sempre meglio della ridicola idea di Shane di entrare in punta di piedi, distanziati l'uno dall'altra. Non c'era storia che stesse così lontano da lei, non quella sera – la loro prima sera!
Voleva gridare alla scuola intera quanto fosse felice; dovevano saperlo tutti: dal primo all'ultimo essere umano (e anche i fantasmi).
"Oh, ma sta' zitto!", protestò premendo le labbra su quelle di lui, per impedirgli di parlare. Ok, ora sì che aveva scandalizzato la tavolata: Alice si era quasi strangolata con la verza, mentre Trixy e Rose erano state sul punto di sputare il Succo di Zucca. Al era stato l'unico a darsi un contegno, limitandosi a sgranare leggermente gli occhi e a scambiarsi un'occhiata eloquente con sua cugina.
"Ehm ehm", tossicchiò la rossa. "Non è che ci siamo persi qualcosa?", diresse quella domanda, puramente retorica, a entrambi i ragazzi.
"Non più di quanto ci fossimo persi noi fino ad oggi", rispose Penny di getto. "A proposito", riprese girandosi verso Al, "sei nei guai, Albus!".
"La ramanzina l'ho già beccata da Rose, risparmiamela!", la supplicò l'amico. "Serve sempre qualche ostacolo, no? Fortifica il sentimento!". Penny lo guardò di sbieco.
"Bel tentativo, fratellino!", replicò James, fulminandolo sul posto. Poi entrambi risero, alleggerendo di non poco la coscienza del moro.
Rotto il ghiaccio, scherzarono allegramente per tutta la sera; e fu subito chiaro che Penny e James non avevano alcun proposito di fare i fidanzatini appiccicosi.
Erano sempre Penny e James, solo che felici. Finalmente.



Una volta in dormitorio, come previsto, Penelope fu letteralmente sommersa dalle domande delle compagne di stanza.
"Se parlate tutte in una volta non capisco!", protestò dopo cinque minuti in cui aveva regnato la totale confusione. Fu Alice ad assumersi il compito di portavoce.
"Che diavolo è successo?", fu la semplice e coincisa richiesta.
Altrettanto semplice e coincisa non sarebbe stata la risposta, pensò Penny – e le scappò un sorriso. Si armò di santa pazienza e iniziò a raccontare di come James le fosse stato vicino in Infermeria, della dichiarazione e del primo bacio.
"Ragazze", sbottò ad un certo punto, "smettetela!".
"Di fare cosa?", chiese Rose senza capire.
"Di guardarmi con gli occhi a forma di cuoricino; non siamo al pigiama party di una sit-com per teenagers!", protestò. Erano sdraiate sulla pancia e la osservavano parlare in religioso silenzio, come se stesse rivelando l'arcano; gli unici rumori erano quelli dei sospiri e dei gridolini che si sentivano a qualche passaggio particolarmente saliente, tipo quello del bacio.
"Eh?", fu la replica che ottenne.
"Roba babbana", le liquidò, ricordando che non vedevano la televisione. Forse Rose l'aveva vista qualche volta dai nonni materni, ma le altre due erano pure fino all'ultima stilla di sangue.
"Non posso fare a meno di avere gli occhi a cuoricino", le sussurrò Rose più tardi, mentre si infilavano sotto le coperte. "Siete perfetti insieme, davvero".
"Lo so", rispose Penny con un sorriso a trentadue denti. Soffiò sulla candela e si addormentò felice. Felice come non era mai stata prima.




Il dormitorio delle ragazze era pressochè deserto quella mattina; solo Penny era ancora lì a dormire, ignara del ritardo mostruoso in cui si sarebbe trovata appena sveglia. Passi felpati si udirono sulla scala a chiocciola e poi la porta scricchiolò leggermente, lasciando entrare qualcuno di soppiatto. Una figura alta e abbastanza muscolosa poggiò un sacchetto sul comodino della ragazza e si sedette sul bordo del letto, in silenzio. Circa cinque minuti dopo, Penny aprì gli occhi, con la vaga sensazione di essere osservata. Non si sbagliava: James era... sul suo letto.
"Buongiorno", le disse con voce calda e dolce.
"Buongiorno", cinguettò lei. Un sorriso le comparve sulle labbra, di rimando a quello che le indirizzò il suo ragazzo. Il suo ragazzo! Le faceva strano anche solo pensarlo.
Piano, piano, piano: riavvolgiamo il nastro!
Questo è ciò che sarebbe dovuto accadere, se Penny avesse avuto un ragazzo normale. Si da il caso, sfortunatamente, che così non fosse. Perciò ricominciamo...


Il dormitorio delle ragazze era pressochè deserto quella mattina; solo Penny era ancora lì a dormire, ignara del ritardo mostruoso nel quale si sarebbe trovata appena sveglia. Nessun passo felpato si udì sulla scala a chiocciola, semplicemente perché, fin dall'alba dei tempi, le regole di Hogwarts prevedevano che i maschi non potessero salire nel dormitorio femminile. Coloro che nei secoli erano stati tanto sciocchi da provarci erano stati rispediti indietro, via scivolo.
Così, Penny dormiva beata, all'oscuro di ciò che le prospettava il futuro.
All'improvviso, un rumore sordo la svegliò di botto. Era quasi certa che si trattasse di qualche gesto esasperato di Rose, così aprì gli occhi per mandarla al diavolo e dirle di comportarsi in maniera più cortese e civile.
Lo spettacolo che le si presentò agli occhi era quantomeno insolito, e di certo non era Rose ad aver provocato quel fracasso.
Uno spettinato James Sirius era appena atterrato nella stanza della ragazza, a cavallo della Nimbus, presumibilmente passando dalla finestra aperta. La scopa in una mano e un sacchetto nell'altra, smontò e si diresse verso il letto di Shane, che aveva richiuso gli occhi.
"Buongiorno", la sua voce però era davvero calda e dolce.
"Buongiorno", farfugliò lei. Aveva la bocca ancora impastata dal sonno; quindi di cinguettare come in una fiaba babbana non se ne parlava proprio.
Per fortuna, la cosa non sembrò disturbare James, che si chinò a sfiorarle le labbra con un bacio e le sorrise.
"Posso sapere perché irrompi nella mia stanza su una Nimbus?", domandò sorridendo di rimando e issandosi a sedere sul letto.
"Ho proposto a Rose uno scambio: è stata lei a lasciarmi la finestra aperta prima di uscire", spiegò con naturalezza. "Oggi arriverà puntuale a lezione, mentre io ho avuto il privilegio di vederti dormire e di svegliarti".
"Non mi hai vista dormire! Hai fatto un fracasso tale che mi sono svegliata subito!".
"Prima di entrare sono rimasto fuori dalla finestra a guardarti per un po'..."
Lo disse con una tenerezza tale che Penny non riuscì a replicare nulla di ironico nè tantomeno di sensato, annebbiata com'era da quel profumo muschiato. Fece un sorriso ebete, affondò la mano in quei riccioli castani che adorava e diede inizio a un lungo bacio, subito approfondito.
"Ne deduco che sia molto tardi", disse quando si staccarono. Lui tirò fuori un sorrisetto impertinente. "Colpa mia: avrei dovuto svegliarti prima; ma eri così bella che sono rimasto a guardarti".
"Non fare lo scemo!", distolse lo sguardo e un lieve rossore le imporporò le gote.
"Sono serissimo", rispose prendendole la mano fra le proprie. "Mi sono svegliato presto solo per te".
"E dove sei stato prima di venire da me?", chiese con sguardo indagatore, ma in tono ironico. "Mi viene da pensare che tu abbia svegliato almeno tre o quattro ragazze, nel frattempo".
"Mia adorabile gelosona", esordì con dolcezza, "devi sapere che non ho mai svegliato una donna in vita mia. A meno che con donna tu non intenda anche Lily Luna".
Penny rispose con una smorfia.
"Sembri una bambina", le disse intenerito.
"Fai poco il superiore, Potter: hai solo un anno in più di me!", precisò lei.
Alzò le mani in segno di resa e l'occhio di Penelope cadde sul sacchetto che James aveva poggiato sul comodino.
"Cos'è?", chiese.
"Il tuo preferito", rispose soddisfatto. Penny sollevò un sopracciglio, incuriosita. Avvicinò la mano al sacchetto e pregò che fosse qualcosa di commestibile, poichè sentiva un certo languorino. La mattina non riusciva a connettere molto bene il cervello se prima non faceva colazione. Quando l'ebbe aperto, scoprì che aveva visto giusto – le sue preghiere erano state esaudite.
"Un muffin!", esclamò. "Non è..."
"Non è ai ribes", la precedette lui. "Non voglio essere lasciato così presto!", scherzò, intuendo i suoi pensieri. "E poi ho detto che è il tuo preferito; ho fatto un salto nelle cucine per prenderlo. C'è un'elfa domestica che ha un debole per me", si vantò.
Penny scosse la testa rassegnata – perlomeno non doveva considerarla un'avversaria – e tirò fuori il muffin dalla busta. Incastrati c'erano tanti piccoli pezzettini scuri, ma non era cioccolato.
"Mirtilli! Come fai a sapere che è il mio preferito?", domandò stupita.
"Ho le mie fonti, Shane", replicò enigmatico.
Sembrava veramente una bambina con un sacco di caramelle in mano.
"Adoro i muffin ai mirtilli! Grazie amore", disse senza pensarci. James sgranò gli occhi, stupito.
"Come hai detto?", le chiese serio.
Oh Godric, aveva fatto un casino? Le era scappato.
"Ho detto grazie", fece finta di niente, spostando lo sguardo da lui al muffin.
Era solo una settimana che stavano insieme, magari non era il caso di chiamarlo in quel modo. In fondo lo amava da un bel po', perciò le era uscito spontaneamente.
"L'altra cosa, Shane!", precisò sbuffando.
"Non l'ho fatto apposta", si giustificò, neanche l'avesse insultato.
"Dillo ancora", replicò. Lei fissò lo sguardo in quegli occhi scuri, profondi quanto belli: decisamente non gli era dispiaciuto sentirsi chiamare così.
"Grazie, amore", ripetè calcando sulla seconda parola.
Per tutta risposta James le prese il viso tra le mani e si lasciò andare ad un bacio dolce ed appassionato. Muffin al mirtillo e baci: un ottimo modo per svegliarsi al mattino, secondo il cervello di Penny.
"Che ne diresti di saltare la prima lezione?".
"Un'altra volta?", biascicò lei, un poco ansante. "Tua cugina Victoire mi ucciderà".
"Giuro che è l'ultima", assicurò lui.
"Oh sì, ti credo!", fece sarcastica. "E oggi tu hai Difesa Contro le Arti Oscure!"
"Teddy capirà...", mugugnò riprendendo a baciarla. Provò a mugugnare qualche altra flebile protesta, ma quando scese a baciarle il collo si arrese definitivamente all'evidenza dei fatti. Il suo ragazzo era sensuale e magnifico, certo. Ma ciò non toglieva che fosse un totale e completo imbecille. Nonostante questo, non riuscì a liberarsi della sua dolce presa, finchè non fu lui a lasciarla andare.
"Ho un regalo per te", annunciò di colpo, alzandosi dal letto.
"Così mi vizi, Potter!"
"Non ti ci abituare" ribattè lui. "E' solo perché è la prima settimana".
"Mi pareva strano", si lagnò Penny. Sgusciò fuori dalle coperte curiosa di ricevere qualsiasi cosa il suo ragazzo stesse cercando con tanta foga nelle tasche interne del proprio giubotto. Sollevò lo sguardo verso di lei e aggrottò le sopracciglia.
"Tu dormi così?", le domandò accigliato.
"Così come?".
Sapeva di non essere il massimo con quel magliettone, ma non poteva farci niente. "La prossima volta che verrai metterò qualcosa di più sexy", si finse offesa.
"Evita!", rispose, quasi brusco.
"Prego?", fece leggermente confusa.
"Evita di farlo, o non rispondo di me stesso. Gà così è abbastanza difficoltoso", replicò gettando un'occhiata alle gambe nude della ragazza. Le spuntò un sorrisetto.
"Mi piace sentire il calore delle coperte direttamente sulla pelle", spiegò.
James le lanciò uno sguardo che la fece avvampare: era carico d'amore, di desiderio. Come faceva a non vedere che era imperfetta? Le gambe eccessivamente bianche, il colorito generalmente pallido: era imperfetta; e lui sembrava non accorgersene. Forse anche lui era imperfetto, dopotutto, ma lei non lo vedeva.
Alla fine, James estrasse vittorioso qualcosa dal giubotto: una specie di palla di pelo di una sfumatura di viola chiaro – quasi un lilla – si rotolava nel palmo della sua mano destra. Il batuffolo peloso aveva un aspetto incredibilmente tenero e sembrava bisognoso di coccole e cibo, a giudicare dai flebili ma acuti strilletti che emetteva.
"E' una Puffola Pigmea!", esclamò Penny, visibilmente entusiasta.
"Si trova di tutto ai Tiri Vispi Weasley", asserì soddisfatto.
"Come hai fatto?", gli chiese avvicinandosi e prendendo il batuffolo recalcitrante tra le dita.
"Servizio per posta", spiegò prontamente.
"No... intendo..."
"Una volta ti ho sentito dire a Rose che adoravi le Puffole Pigmee", James anticipò la domanda che lei avrebbe voluto rivolgergli, "e che ne volevi prendere una come animale domestico".
Sgranò gli occhi, sorpresa da quella rivelazione, e cercò di ricordare in quale occasione avesse detto una frase simile.
"L'ho detto un bel po' di tempo fa..." commentò.
"Perché?", fece allarmato. "Hai cambiato idea?".
"Nemmeno per sogno", precisò. "Solo... mi hai stupita", confessò. Insomma, si ricordava una dichiarazione così insignificante di chissà quanto tempo prima. Per lei significava tanto. Significava che non era sempre stata così invisibile come aveva creduto di essere. James assunse un'aria compiaciuta, quasi tronfia.
"Di solito faccio questo effetto, specie alle ragazze", si pavoneggiò.
"Non scherzare su queste cose, Potter!", si fece avanti per fronteggiarlo.
"Sennò che fai?", la sfidò.
"Ho una Puffola Pigmea e non ho paura di usarla!", lo minacciò, brandendo l'animaletto come se fosse una bomba a orologeria. Dopodichè scoppiarono a ridere come due cretini.
"E' la minaccia meno... minacciosa che io abbia mai sentito", le fece notare. "Siete entrambe troppo piccole e dolci per farmi paura, Shane".
"Non mi sottovalutare: lancio delle Fatture Orcovolanti micidiali!".
"Se mi avvicino ora me ne becco una?", le chiese suadente. Lei fece finta di rifletterci; come se non sapessero entrambi che tutto avrebbe fatto meno che scagliargli una fattura!
"Scoprilo da solo, no? Sei o non sei un valoroso Grifondoro, impavido di fronte al pericolo?", lo provocò. Il ragazzo fece un passo avanti, proprio come aveva fatto una settimana prima. I mugolii della Puffola Pigmea facevano da sottofondo alla scena.
"Allora? Niente fattura?", le chiese.
"Stavolta no...", concesse con aria di sufficienza. Sentiva il profumo di lui molto, troppo vicino: non connetteva bene, di nuovo. "Sono troppo contenta per fare del male a qualcuno".
"Avevo sperato in qualcosa di più sentimentale, tipo non potrei mai fare del male al mio meraviglioso, bellissimo e fantastico ragazzo", la celiò. Lei si avvicinò di più e si sollevò sulle punte, fino a strofinare la punta del proprio naso contro quella di lui.
"Appunto: il MIO ragazzo!", precisò. "Non devi fare nessun effetto sulle altre; devi stupire solo me!", gli soffiò sulle labbra.
"E ci sono riuscito?", domandò la voce calda di lui, accompagnata da uno di quei sorrisi che lei trovava irresistibili. E si sentì la persona più fortunata al mondo magico e non, ad avere James con sè.
"Ci riesci sempre", rispose dolcemente, prima di posare le labbra su quelle di lui.









Note al capitolo:


-Il Lago Nero è teatro di tante scene a Hogwarts, quindi mi sembrava il luogo adatto per il primo dialogo sincero che Penny e James si scambiano in venti capitoli.

-Dave è ovviamente il vicino babbano di Penny a cui avevo fatto riferimento in altri capitoli. Ho deciso di attribuirgli dignità di persona, dandogli un nome, dato che mi sembra di aver sempre parlato di lui senza nominarlo.

-Nei libri viene espressamente detto che il dormitorio femminile non è accessibile ai maschi, che vengono respinti dalle scale (che si tramutano in una specie di scivolo). La Rowling dice che i quattro fondatori ritenevano i maschi meno affidabili delle ragazze (cosa universalmente nota, ovviamente).

-Un discorso a parte va fatto per il muffin ai mirtilli. Sapevate che Penelope odia i ribes e che le piacciono quelli al cioccolato, ma non sono i suoi preferiti. Così sapete anche questo piccolo particolare su di lei. È un omaggio al mio amato Patrick Jane (protagonista del telefilm The Mentalist) che adora i muffin ai mirtilli.

-La Puffola Pigmea è un simpatico animaletto domestico. Nel sesto libro Ginny ne compra una dai fratelli e la chiama Arnold. Ne scambierei volentieri una con il mio gatto super-aggressivo (questo non interessa la storia, lo so).

-Nei libri viene riferito che Ginny è un asso a lanciare Fatture Orcovolanti e non so perché, mi è venuto in mente di metterle in mezzo.







SPAZIO AUTRICE


Ecco l'ultimo capitolo di Una strega in famiglia.

Manca solo l'Epilogo e poi James e Penny saranno per voi solo un – spero piacevole – ricordo. In questo capitolo ho dato uno scorcio del rapporto che hanno loro due, una volta insieme. Gli ho dato un taglio un po' comico in certi punti, appositamente. Non volevo scrivere qualcosa di melenso, perché non è così che mi immagino loro. Non mi andava di fargli passare un capitolo a limonare in ogni angolo della scuola, o roba simile.

Sono dolci, non sdolcinati. Hanno entrambi i loro difetti: Penny non è una Mary Sue (come le chiamano su Internet). Non è perfetta, come non è perfetto James. Il loro è un rapporto giocoso, oltre che romantico. Continueranno sempre a stuzzicarsi, anche se in maniera diversa e più leggera di quando credevano di non poter stare insieme. Sono fatti così, imperfetti come li ho creati.

Non è stato semplice scriverlo. Sono rientrata dalle vacanze da poco, ho dovuto concentrare diverse scene in una volta sola e in più mi è anche presa un po' a male (non mi andava di finire la storia). Anzichè studiare, comunque, mi sono buttata subito su Penny e James. Fate un applauso alla mia stupidità, vi prego.

Ho deciso ora che inserirò i ringraziamenti nell'Epilogo (così mi sembra che la fine sia più lontana). Mi raccomando commentate questo capitolo, please.

Tra domani e dopodomani pubblicherò Il matrimonio di Bellatrix con protagonista Trixy Zabini. Ci terrei che la leggeste e lasciaste un vostro parere anche a quella.

Grazie a tutti per essere arrivati fin qui e per aver seguito le vicende di Potter e Shane. I ringraziamenti e i saluti melodrammatici ve li sorbite alla prossima pubblicazione, non so quando – presto comunque. Ciao gente! Baci,

Jules






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Capitolo 22
*** Epilogo ***


Salve a tutti, gente! Sono qui quest'oggi per dirvi addio (nah, troppo drammatico)... ricomincio.

Salve, gente! Sono qui per dare una degna (?) conclusione alla storia di Penny e James – ai quali mi sono affezionata più di quanto sia disposta ad ammettere. Non mi andava proprio di postare, ma devo. Anche perché poi parto per una settimana, e non volevo farvi aspettare troppo. Allora, questo epilogo è scritto dal punto di vista di Penny – mi sembrava giusto dare voce “in capitolo” (scusate il gioco di parole) alla protagonista della storia. Spero che vi piaccia :D
Vi lascio a Penny, alle prese con il primo natale in casa Potter... Buona Lettura!




Epilogo


-Natale in casa Potter-

Come sto imparando a mie spese, Natale dai Potter significa solo una cosa: un casino pauroso. Sono a Godric's Hollow* dall'inizio delle vacanze natalizie – non ho neppure messo piede a casa. Non posso negare che un po' mi dispiaccia non passare il natale con la mia famiglia, ma sono contenta di essere qui.
Sono ospite dei Weasley. Dormo insieme a Rose, che ogni mattina fa una fatica immane a svegliarmi – niente di nuovo sotto il sole, insomma.
Naturalmente, è stato mio padre ad insistere affinché fosse così, nonostante Ginevra si sia offerta di ospitare – testuale – “la migliore amica di Al e la ragazza di James in un colpo solo”.
La ragazza di James.
Mi suona strano se ripenso agli anni in cui per me era solo l'inarrivabile Cercatore Grifondoro. Invece oggi eccomi in mezzo alla sua famiglia – per inciso le persone più chiassose del mondo magico e non.
Come dicevo, mio padre ha voluto separarci a tutti i costi e mia madre mi ha scritto di assecondarlo perché èsolo geloso della sua bambina.
Crede davvero che quattro passi e una porta riusciranno a fermare un mago e una strega adolescenti, innamorati, ed in piena tempesta ormonale?
Niente ci ha impedito di passare questi giorni insieme, e sono stati fantastici, i più felici della mia esistenza: è stato romantico sgattaiolare via di casa nel bel mezzo della notte, magari solo per una passeggiata al chiaro di luna.
Sembra passata un'infinità di tempo dall'inizio della scuola, mentre sono trascorsi appena quattro mesi. Da settembre a dicembre, la mia vita è completamente cambiata. In realtà solo un aspetto è cambiato, ma James vi è entrato con talmente tanta forza da aver stravolto tutte le mie certezze. Quasi tutte, almeno. I “pilastri” della mia vita restano gli stessi: la mia famiglia, i miei amici, la magia. Solo che se ne è aggiunto un altro – il più importante.
Sono accanto al camino e intorno vedo solo teste rosse – i cui proprietari sono per di più abbigliati in un rosso tipicamente natalizio – sfrecciare avanti e indietro. La maggioranza sono indaffarati per preparare il pranzo. Nessuna traccia del mio ragazzo.
Per le mutande di Merlino! Sono solo le dieci e non ho la più pallida idea di dove sia James... a questo punto penso che qualcuno l'abbia fatto fuori.
Ho anche chiesto se posso dare una mano a qualcuno, ma sembra che nessuno abbia bisogno d'aiuto.
Di conseguenza, resto impalata fra il camino e il divano – con la mia Janny* appollaiata sulla spalla destra – a guardare questa marmaglia, a imprimere i loro volti nella memoria.
Molly e Arthur Weasley si stanno dando da fare perché tutto sia in ordine, sono ancora molto arzilli. Continuano a litigare sul servizio di bicchieri da usare a tavola, e credo che perderebbero molto meno tempo se la smettessero di bisticciare per ogni minima cosa.
Ginny e il Golden Trio sono in un altro angolo della stanza, a discutere.

Non entreranno tutti qui dentro, Ronald!”, Hermione scuote il capo con fare rassegnato. In questi giorni mi sono accorta che le loro scenette domestiche sono proprio come le descrive Rose.
Ci arrivo anch'io! Al contrario di quello che pensi, non sono un mentecatto!”, protesta esasperato.
Su questo ho qualche dubbio”, interviene Ginny, facendo ridere sia Harry che Hermione. Mi scappa un sorrisetto, ma lo reprimo. Non vorrei farmi vedere dal signor Weasley.
Grazie per la stima, sorella! Io vado a farmi un giro, visto che la mia opinione non viene presa in considerazione!, mugghia a bassa voce. Hermione lo trattiene abbracciandolo da dietro e gli sorride. Le prime rughette intorno agli occhi non le impediscono di sembrare una ragazzina. Credo di avere mezza dozzina di Hermione Granger, tra le figurine pescate nelle Cioccorane*.
Io propongo di fare come al matrimonio di Bill e Fleur, dice con un pizzico di nostalgia.
Intendi un tendone incantato?”, Harry capisce al volo.
.
Qui intorno non ci sono babbani, aggiunge Ginny, perciò non c'è rischio di essere visti mentre lo issiamo.
Vada per il tendone!, conclude Ron.
C'è davvero tanta gente,
perciò non posso che essere d'accordo con la decisione che hanno preso.
Cerco
ancora James con lo sguardo, ma non mi riesce di vederlo da nessuna parte. Ogni mio coetaneo sembra essersi volatilizzato, stamattina.
Con tutto che alcuni invitati devono ancora arrivare, il rumore è davvero assordante. Stoviglie sbattute, pentole che si lavano da sole cozzando tra loro, e molto altro. Vedo
Arthur scambiarsi una carezza con Molly e sorrido. Devono aver fatto pace.

Sei di buon umore?, mi dice uno dei pilastri, arrivato di soppiatto. Lo squadro: giacca, pantalone nero e camicia bianca. Decisamente insolito, per essere Al.
Per niente”, sbuffo infastidita, “dal momento che tuo fratello è disperso. Stavo guardando i tuoi nonni e pensavo al mio”.
Lo so”, mi risponde. Non avevo dubbi: sono un libro aperto per Albus.
Che parlo a fare, se sa sempre tutto?

Il natale di solito lo passo con lui e i miei... rispetto a voi siamo pochi”, sento quasi il bisogno di giustificarmi.
Io non ho mai provato l'ebrezza di essere pochi al pranzo di natale!”, commenta gettando un'occhiata al marasma generale che ci si para dinnanzi.
Non ti sei perso niente; credo sia molto più divertente scorrazzare con un numero imprecisato di cugini, ribatto con una punta di invidia.
S
to per chiedergli dove si fosse cacciato fino a un minuto fa, ma subito dopo gli leggo la risposta negli occhi luminosi: era sicuramente con Alice. Anche i Paciock sono qui da un pezzo, per dare una mano. Sono amici dei Potter da una vita e Neville ha combattuto gomito a gomito con loro durante la Seconda Guerra Magica – niente di meglio che accoppiare i propri figli, quindi.

Quanti cavolo siamo in tutto?, gli chiedo, scioccata dalla quantità di persone in giro per la casa. Vedo Albus in difficoltà: sta cercando di fare mente locale per ricordare il numero di partecipanti.
Ho perso il conto, si arrende infine, con un'alzata di spalle.
Per Godric! Siamo solo ai preparativi e già non sai più chi c'è? Questo è un clan, non una famiglia!. Albus sbotta a ridere.
beh... siamo una specie di tribù. Si guarda intorno, mentre gli altri sfrecciano freneticamente su e giù.
Fai uno sforzo...”
Allora... cinque Potter di sicuro, ma i Weasley sono più problematici da contare", aggrotta la fronte. "Ci sono i nonni, zio Ron, zia Hermione, Rose, Hugo, zio George con zia Angelina, Fred Jr. e Roxanne”, enumera con le dita.
Non è possibile”, dico. “Sono troppo pochi”.
Manca Percy e la sua famiglia, perché il pranzo di Natale lo passano a casa della madre di Audrey, quest'anno. Ci saranno per il cenone di Capodanno. Stessa cosa vale per lo zio Charlie, troppo impegnato con un Ungaro Spinato”.
Sempre con i draghi, eh?”, mi scappa un risolino.
Li adora, lo sai”, risponde, come se vivere per crescere delle creature che sputano fuoco fosse una cosa normale. Trovo bizzarro passare il natale in Romania con un Ungaro Spinato anziché a casa con la famiglia, ma mi astengo dal commentare.
Bill e Fleur sono in Francia dai parenti di lei, insieme a Dominique e Louis”.
Peccato! Mi sono simpatici i tuoi zii!”, commento.
In compenso Victoire e Teddy ci sono: lei non se la sente di viaggiare”. Momento, momento, momento.... mi sono persa qualcosa?
In che senso?”, strabuzzo gli occhi.
Secondo te, genio?”, chiede sarcastico. ”È incinta!”, annuncia.
Non ne sapevo niente!”. Perché mi arrivano sempre e solo le brutte notizie? “Saranno dei genitori fantastici”, commento.
E poi un altro Weasley fa sempre comodo, no?”, Albus ridacchia. “Tanto siamo pochi in famiglia...”
Mi viene da ridere, pensando al Natale prossimo, in cui saranno – spero saremo – ancora di più.

Dai, almeno il cognome sarà Lupin”, preciso. In effetti i Weasley sono davvero troppi, non serve qualcun altro a rimpolpare l'albero genealogico. Se gridassi il cognome Weasley in questo momento, mezza sala si girerebbe verso di me.
Chi altri c'è?”, chiedo poi.
Gli Scamander e Xenophilius, il padre di zia Luna”.
La figlia è riuscita a staccarlo dal Cavillo?”.
A quanto pare... anche se credo passerà la serata a importunare il Ragazzo Sopravvissuto. Lo fa sempre, papà ormai è rassegnato”, dice ridacchiando.
Mio nonno legge il Cavillo”, dichiaro senza alcun nesso con la frase di Al.
Arnold?”, fa lui stupito.
Certo che è Arnold, ho solo un nonno! Sa benissimo che è un mucchio di spazzatura, ma finge per non offendere Xeno: sono vecchi amici”.
Ora la cosa acquista un senso”, annuisce. “Tuo nonno mi sembra troppo intelligente per credere a certa roba”, dice sollevato.
La lista è finita?”, domando.
Ci sono i Paciock”, e mette su un'espressione ebete e gli occhi a cuoricino. Mi domando se anche io appaio così alle persone, quando parlo di James. Spero vivamente di no, sarei patetica. Pensando a Alice mi torna in mente Trixy.
Purtroppo Trixy ha scritto che resterà con l'allegra famigliola Zabini”.
Scherzi?”, chiede stupito. Scuoto la testa in segno di diniego.
Alice non te l'ha detto?”, ringhio. “I signori vogliono giocare alla famiglia felice”.
Benché non sopportino la figlia e sappiano che Trixy li disprezza dal profondo del cuore, aggiungo mentalmente. Falsi, insulsi e ipocriti Serpeverde del ciufolo! Probabilmente vogliono tenerla sotto controllo ancora di più, con la storia del matrimonio eccetera, o forse hanno scoperto che lei e Fred stanno insieme. Figuriamoci se Blaise e Pansy possono tollerare un affronto simile: Bellatrix Zabini con un Weasley traditore del suo sangue...
Come se poi tenerla sotto chiave possa farle dimenticare gli amici, il suo ragazzo e le sue idee “babbanofile”, come le chiamano loro.

In tutto”, conclude distraendomi dal mio rimuginare, “saremo meno di venticinque”. Meno di venticinque! Lo dice come se fosse un'esigua quantità di persone... non sono abituata a tutto questo.
Questo calore, questo affetto, questo continuo brusio in sottofondo.
Non sono abituata, ma mi piace da matti.
Piacerebbe molto anche ad Arnold, sebbene non sia altrettanto sicura della reazione che potrebbero avere i miei. Mentre ci penso vedo avvicinarsi una figura femminile con un vestito oro pallido e i capelli rossi sciolti sulle spalle. Mi guarda con gli occhioni azzurri e arriccia il naso spruzzato di lentiggini.

Dov'è il tuo ragazzo?”.
Vorrei tanto saperlo, Rosie, sibilo tra i denti. Nella mia testa ho un insulto per ogni lettera del nome James e potrei sfoggiarlo all'istante, ma a natale siamo tutti più buoni. “Mi ha abbandonata bofonchiando una scusa strana su una faccenda di 'vitale importanza'... e non l'ho più visto”, racconto. “Probabilmente è emigrato in Brasile perché non aveva il coraggio di lasciarmi.
Un'allegra Ginevra Potter ci si para davanti all'improvviso, con in mano una macchinetta fotografica e – senza neanche avvisare – inquadra e scatta.

Un sorriso per la stampa!”, esclama gioiosa. Devo essere venuta uno schifo...
Perfetto” ci guarda soddisfatta. “Mi ricordate un altro fantastico trio”, getta un'occhiata di sottecchi dall'altra parte della stanza. Harry, Ron e Hermione stanno confabulando, sicuramente più sereni ora di quanto non lo fossero alla nostra età.
Con tutte queste persone finirò il rullino in un attimo”, assicura guardandosi intorno. “Non appena l'avrò sviluppato la vedrete”.
Avete una camera oscura?”, esce fuori la mia parte babbana. Ginevra mi getta un'occhiata incuriosita, come se non capisse bene di cosa parlo.
Ho una bacchetta e il liquido magico per sviluppare la pellicola in movimento”, risponde facendomi l'occhiolino, prima di allontanarsi – richiamata da un urlo assordante di Lily Luna, che inveisce contro Hugo.
Penny”, dice Al pensieroso. “Ci hai mai pensato che se tu e James vi sposaste... diverresti mia cognata?” chiede, acuto. “Sarebbe strano, vero?”.
Strano”, concorda Rose, “ma fantastico”.
Oh Rosie!”, dico scoccandole un bacio sulla guancia.
Ehi”, protesta Al, “mica intendevo strano-brutto... intendevo dire... strano-strano”.
Opinione sensata Al”, Rose lo guarda come se fosse un idiota.
E dialettica impeccabile”, rincaro la dose. Albus sbuffa, sconfitto.
Un uomo – capelli neri ancora folti e indomabili, occhi verdi come quelli di Al e spessi occhiali rotondi – ci si para davanti con piglio deciso. La cicatrice sulla fronte testimonia che mi trovo di fronte al Capo della sezione Auror*.
Mi sorride cortese, prima di rivolgersi a suo figlio, un po' meno gentilmente.

Sono dieci minuti che ti cerco, Albus! Vuoi venire a dare una mano con il tendone o ti devo trascinare?”, lo rimprovera. “Già tuo fratello James è introvabile” sospira, “ma per lui ho perso le speranze anni fa...”, sembra rassegnato. “Penny, non è che...?”.
Non ho la più pallida idea di dove sia, signor Potter”, lo precedo. Il mio sguardo assassino non lascia dubbi sul fatto che io non stia coprendo alcuna malefatta del mio ragazzo.
Solo Harry”, si limita a rispondere. Sono sei anni che me lo ripete. “O inizierò a chiamarti Penelope”, mi minaccia.
Seguiamo Harry Potter all'esterno, nel grande giardino della casa. Un timido raggio di sole tenta di fare capolino oltre la folta coltre di nubi: è pur sempre il venticinque dicembre, non esattamente una tiepida giornata primaverile.
Il signor Potter ci guida all'angolo nel quale è stata abbandonata la tenda. Non c'è tempo per chiamare la ditta specializzata nel montare tendoni – perché sì, esiste una ditta specializzata*. Ci arrangeremo da soli: ognuno di noi punta la bacchetta verso quello che è ancora un pezzo di stoffa buttato a terra e che, pian piano, comincia a lievitare e a prendere forma. Una volta concluso il montaggio, non sembra poter contenere più di dieci persone. All'interno verrà praticato un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile, che la renderà perfetta per l'occasione e pronta ad accogliere molti più ospiti.




Ottimo lavoro, ragazzi”, commenta Molly guardando la tenda con una certa soddisfazione. Vedo che molte persone entrano a dare un'occhiata e decido di fare lo stesso, senza però essere seguita né da Al né da Rose, entrambi impegnati. Gli Scamander sono appena arrivati e le attenzioni di Rose sono tutte per Lorcan, mentre Al sta parlottando sottovoce con il Prescelto.
All'interno, decorazioni dorate e rosse richiamano vagamente i colori di Grifondoro. Un'ampia tavolata troneggia al centro, apparecchiata al meglio; praticamente mancano solo le vivande e gli ospiti seduti, per il resto è tutto perfetto. Vorrei ci fosse quel demente del mio ragazzo a vedere questo incanto con me, invece chissà dove si è cacciato.

Pensi a James?”, mi si accosta Alice all'improvviso.
Già”, bofonchio. “Se adesso sparisce così, tra qualche anno che si inventerà? Si Smaterializzerà in Uganda senza avvisare?”. Tutto quello che riesco a ottenere è una risata... e io che volevo un po' di comprensione!
Tu sì che ci puoi ridere su: Al è qui, non disperso”, borbotto. Lei ride ancora sotto i baffi ed esce all'aria aperta, senza una parola. Probabilmente è impazzita. Vorrei proprio sapere cosa hanno tutti quanti... Rose e Al sembrano essersi dissolti nel nulla di nuovo, James è scomparso. E io sono sola.
Ehi”, sento una voce maschile alle mie spalle.
Ciao”, mi giro verso Fred Weasley Jr.
James ti ha abbandonata?”, chiede lui, vedendo la mia faccia abbattuta.
A quanto pare...”, sbuffo.
Non c'è imbarazzo tra di noi; ci siamo chiariti da un pezzo e siamo di nuovo amici. Fred è un tipo a posto, sarebbe stato un peccato interrompere ogni comunicazione solo per una cosa senza importanza. Nonostante tutto, questo ragazzo mi fa sempre lo stesso effetto: mi mette di buon umore.
Anche se a volte non lo capisco. Per esempio ora: perché sfoggia uno dei sorrisetti alla Weasley? Mi fa un po' paura...

Come se non bastasse, la tua ragazza è rimasta nelle grinfie dei genitori e ha mandato un gufo a dircelo”, bercio.
Non parlarmi della famiglia Zabini!”, si rabbuia.
Scusa, immagino tu sia arrabbiato molto più di me”.
Oh, no! Non è immaginabile, te lo assicuro”, ringhia a bassa voce. “E credo sia comunque niente rispetto a quello che prova Trixy nei loro confronti”.
Nonostante sia decisamente incazzato, una nota di dolcezza si percepisce quando pronuncia il nome della ragazza, e la cosa mi intenerisce.

Conoscendola starà dando di matto”, confermo, pensando alla mia amica, probabilmente chiusa in quella gabbia dorata che è Villa Zabini.
Già”, si riscuote e torna a sorridermi. “Devo andare”, annuncia – come colto da un'illuminazione improvvisa. “Per quanto riguarda mio cugino...”, bofonchia, “farà ritorno, vedrai”.
Bella scoperta, Fred: è casa sua!”, borbotto. “Non sei molto consolante”.
Credo che prenderò esempio da lui”.
Vuoi emigrare?”, domando ironica.
Vedrai...”, dice euforico. “A dopo”, ammicca e sparisce oltre il tendone prima che io possa fermarlo e chiedergli quanto Whiskey Incendiario abbia bevuto.



Sto bivaccando sul divano del salotto da ormai dieci minuti buoni; accanto a me Lily Luna e Lysander tentano invano di coinvolgermi in una discussione sugli Horklump*, dei quali al momento mi interessa meno di zero.
Il mio cervello è impegnato a meditare vendetta contro il mio ragazzo, quando scorgo Al scendere di corsa le scale – mi chiedo cosa ci facesse in soffitta – e farmi cenno di raggiungerlo.

Devo preoccuparmi?”, gli chiedo salendo di sopra con lui, ma non si degna neanche di darmi una risposta.
Mi conduce davanti alla porta della stanza sua e di James e mi intima di attendere ad occhi chiusi. Provo a chiedergli cosa diavolo stia succedendo, ma non ottengo risposta. Lo sento ridiscendere le scale.
Poi odo il cigolio della porta che si apre e qualcuno mi tira per un braccio, trascinandomi nella stanza e posizionandosi alle mie spalle.

James, sei tu”, è un'affermazione, non una domanda.
Acuta come sempre, Shane!”, mi prende in giro con quel tono impertinente, ma maledettamente adorabile. Essere adorabile non gli leva l'onore di una gomitata all'addome, comunque.
Apri gli occhi”.
Sbatto le palpebre e quello che vedo davanti a me mi lascia a dir poco basita: Anne, Jack e Arnold sono nella stanza di James e Al, in casa di Harry Potter. Corro ad abbracciarli tutti e tre. I miei mi baciano e mio nonno mi stringe teneramente, sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
Mi giro verso James in cerca di spiegazioni, ma lui è sparito. Probabilmente ha pensato di lasciarci soli.

Come siete arrivati qui?”, chiedo, più a mio nonno che ai miei – a ben vedere Jack e Anne hanno davvero due facce stralunate.
Il ragazzo Potter sa Materializzarsi benone”, si complimenta mio nonno, come se fosse merito mio.
Ci è venuto a prendere lui”, racconta mia madre. “E' più o meno apparso dal nulla in salotto”, aggiunge leggermente sconcertata al ricordo; ma sorride. “Poi siamo andati a cercare tuo nonno, che non si trovava da nessuna parte”. “Dato che per lui rispondere al telefono è un optional”, muggisce Jack.
Ero al Paiolo Magico”, nonno mi strizza l'occhio e io sorrido comprensiva. “E alla fine ho risposto!”, protesta in direzione di mio padre. Battibeccano sempre, ma in fondo si vogliono bene: è il loro modo di dimostrarselo.
A quel punto”, li interrompe mia madre per evitare che riprendano, “ci siamo potuti... Smaterializzare... si dice così, giusto?”, domanda. “Tuo nonno ha portato tuo padre...”, racconta.
E James ha asserito che sarebbe stato un'onore scortare Anne”, mi fa presente Arnold con un sorrisetto.
Potter, il solito ruffiano! Ma a quanto vedo dalla sua espressione, mia madre è già conquistata – probabilmente dal termine onore.
Che siano adolescenti, quarantenni, elfe domestiche o quadri alle pareti, le donne non sfuggono al fascino di James Sirius Potter. E io ne so qualcosa.

Sono talmente felice che siate venuti”, li abbraccio di nuovo, in gruppo. “Non sarebbe stato lo stesso senza di voi”.
Quello che non capisco”, dice James riapparendo all'improvviso sulla porta, “è perché tu non li abbia invitati come aveva detto mia madre. Se gli avessi dato l'indirizzo, tuo nonno avrebbe potuto portarli qui tranquillamente”.
In realtà Penny ci aveva riferito la proposta della signora Potter, ma abbiamo pensato che saremmo stati fuori luogo”, spiega Anne.
Fuori luogo qui?”, non trattiene una risata. “Ha idea di quante persone ci siano oggi? Credo suo padre sappia quanti sono i miei zii, con relativi figli al seguito. Del resto”, dice rivolto ai miei, “non sono difficili da riconoscere”.
Ovviamente si riferisce ai loro capelli rosso acceso, se ne accorgeranno non appena metteranno piede al piano terra.

Senza contare che ci sono anche gli amici”, aggiunge per essere più convincente. “Credo lei conosca i Paciock”, si rivolge ad Arnold, che – da buon frequentatore del Paiolo Magico – annuisce.
I miei genitori appaiono piuttosto confusi; credo gli ci vorrà qualche tempo per adattarsi a quest'atmosfera.
Non hanno quasi mai messo piede nel mondo magico, tranne forse il primo anno a Diagon Alley. Non ce n'è mai stato bisogno, dal momento che è sempre stato Arnold ad accompagnarmi.

Ci sono anche gli Scamander e il signor Lovegood”, gli dico. So che la notizia gli farà piacere.
Xeno è qui?”, chiede conferma, entusiasta. Annuisco.
Chi?”, domanda mio padre, aggrottando la fronte.
Come faccio a spiegargli che sono amici, nonostante lui sia un pazzo furioso con la fissa per creature inesistenti? Meglio tacere, credo.

E mancano un sacco di persone”, aggiunge James. “Zio Charlie non si allontana dai suoi draghi neanche a natale”, mio padre solleva le sopracciglia, perplesso. “Mio zio Bill e la famiglia sono in Francia e lo zio Percy è dalla famiglia della moglie. Perciò siamo solo venticinque, o qualcosa del genere”.
Solo?”, domanda papà.
James si trattiene dal ridere e si limita ad annuire: lui è abituato ad una famiglia numerosa, cosa che mio padre non riesce neanche a concepire.
Ha perso presto i genitori e non ha fratelli. Inoltre ha pensato bene di sposare una donna che ha un solo parente stretto, ovvero Arnold.

Perciò”, conclude James, “credo che ora possiate sentirvi meno fuori luogo”.



Tendo la mano al mio ragazzo e tutti insieme scendiamo le scale, diretti al piano inferiore.
Benvenuti!”, li accoglie calorosamente Harry Potter. “James, perché non mi hai detto prima che andavi a prendere i signori Shane?”, lo rimprovera, con poca convinzione. “Finalmente, dopo sei anni, posso darvi un volto. Arnold, quanto tempo! Si ricorda di me? Ci siamo visti a Diagon Alley”, dice gentilmente. “Ginny, guarda chi è arrivato! Pensi si possano aggiungere tre posti?”.
Scherza”, li rassicuro. “È ovvio che possano aggiungerli”, dico in tono ovvio. “Mangiamo in una tenda stregata con l'Incantesimo Estensivo Invisibile”. Solo dopo mi rendo conto che per loro non dev'essere affatto ovvio. Mio padre mette su un sorrisetto nervoso.
Non ci vedranno i Babbani?” chiede mia madre.
Oh no! Siamo a Godric's Hollow” dico. “Qui è pieno di maghi” aggiungo.
Già”, conferma James. “E poi siamo alla periferia del villaggio; gli unici vicini sono i miei zii”.
Altri zii?”, mio padre ha assunto un'aria disperata.
Ron e Hermione”, precisa. “I genitori di Rose”.
Ginny Potter – occhi vispi, efelidi e capelli rossi compresi – si avvicina ai miei con fare cortese.

Lei è Ginevra, giusto?”, chiede mamma.
Ginny”, la corregge ridendo. “Nessuno mi ha più chiamata Ginevra dal giorno del battesimo, credo”.
Anne”, le porge la mano. Mia madre sta cominciando a sciogliersi, e anche mio padre non sembra messo così male – seppure spaesato.
Per essere gli eroi della Seconda Guerra Magica non se la tirano affatto!”, mi sussurra. Sollevo un sopracciglio, allibita.
Mi sto facendo una cultura sulla storia del Mondo Magico”, mi spiega. “Tuo nonno mi ha prestato dei libri” getta una rapida occhiata ad Arnold, intento a conversare con Xeno. Come se si sentisse osservato, si gira verso di me.
Devi mostrarmi il tuo Patronus, streghetta!”, mi ricorda.
Cosa?” Anne ha l'aria di qualcuno che abbia appena subito un potente incantesimo Cunfundus.
Era il Patronus della mia bisnonna”. La cosa non sembra aver chiarito loro le idee. Beh, il compito delle spiegazioni lo delegherò ad Arnold...
Cosa c'entra nonna Penelope?”, mia madre appare dubbiosa.
Penny le somiglia tanto: ha talento”, risponde mio nonno, guardandomi con orgoglio.
Quindi?”, chiede Jack. Se possibile, è addirittura più perplesso di mia madre. E devono ancora vedere le pentole che si lavano da sole, l'orologio con dodici lancette e i pianeti al posto dei numeri* e il tendone in giardino.
Il Patronus di Penny l'ha ereditato da lei: è un unicorno”, insiste.
Continuo a non capire”, sbuffa mio padre. Finalmente James, che finora è rimasto a guardare questa scenetta familiare, si decide a salvarmi.
E' un incantesimo essenziale di Difesa Contro le Arti Oscure. Se un Dissennatore – una creatura molto oscura – è intenzionato a risucchiare la tua anima, sai come difenderti”, spiega.
Ottima sintesi!”, dice Arnold facendogli l'occhiolino, sotto lo sguardo esterrefatto di mamma e papà. Da come lo guarda, capisco che James gli piace.
Arti Oscure, risucchiare anime? Ma in che scuola ti mandiamo?”.
Non si preoccupi signore: Penny è la migliore della sua classe. Saprebbe proteggersi dal Bacio del Dissennatore”.
E come?”, fa mia madre. Non stanno capendo un accidente, lo so.
Penso a un ricordo felice ed Evoco il Patronus: il Dissennatore si nutre del ricordo anziché della mia felicità, e viene ricacciato indietro”.
Non è così facile”, precisa mio nonno. “Diciamo che questa è la versione semplificata per far comprendere a voi babbani!”, li prende in giro.
Non è esattamente una passeggiata affrontare una di quelle creature. Credo che Harry Potter sia più indicato ad affrontare l'argomento. È quello che ne sa di più, ma magari per oggi lo lascerei stare”.
Direi di sì”, mi appoggia James. “Se vuoi rovinargli il natale è la strada più breve”, ridacchia guardando il padre indaffarato con gli ospiti. “Chiedete a Teddy Lupin, lui sa tutto sull'argomento”.
Insegna Difesa Contro le Arti Oscure, vero?”, chiede Arnold. James annuisce.
D'accordo, ci rinuncio...”, Jack getta la spugna. Povero papà...
Jamie, ho bisogno del tuo aiuto”, sento la voce di Ginny.
Scusate, ma a mia madre non si può dire di no”, si giustifica e la raggiunge di fretta.
Così lui sarebbe James?”, chiede Jack, il tono burbero. Non mi preoccupa. So bene che conquisterà anche lui, prima o poi.
Lui è James, papà”, dichiaro con un sorriso.
E' solo geloso!”, mia madre mi accarezza i capelli e non me la sento di ripetere per la centesima volta che non tollero chi tocca la mia chioma – a meno che non sia Potter senior, ma questa è un'altra storia.
Intorno a noi c'è di nuovo un chiasso spaventoso. Solo i Weasley provocano un rumore assordante – e non sono neanche al completo. Luna e suo marito stanno parlando con Ron e Hermione, probabilmente di Rose e Lorcan, a giudicare dalla faccia del signor Weasley. Anche lui, da quanto ho capito, è piuttosto geloso della “sua bambina” Rosie.
Un sonoro crac risuona nella stanza; e inaspettatamente appaiono due figure davanti ai miei occhi: Fred Weasley Jr. e Bellatrix Zabini si sono appena Materializzati nel salotto di casa Potter, come se niente fosse.
Non ho il coraggio di guardare in faccia i miei genitori, che temo siano stati traumatizzati a vita.
Stretta al braccio del ragazzo, Trix ha tutta l'aria di qualcuno che vorrebbe vomitare ma non può. A volte la Materializzazione fa brutti effetti. Fred, al contrario, sorride beatamente.

Che diavolo ci fai qui?”, Alice è arrivata alle mie spalle di soppiatto, mano nella mano con Al.
Grazie per l'accoglienza!”, grugnisce l'altra, incrociando le braccia.
Ti prego”, fa Alice, “non dirmi che il gentiluomo è venuto in tuo soccorso?”.
Certo che l'ho fatto”, risponde lui. “Trixy”, spiega rivolto a quelli che immagina essere i miei genitori, “non ha ancora superato l'esame di Materializzazione”.
A questo punto mi volto ed effettivamente le loro facce... sono peggio di quel che pensavo. Decisamente sconcertate, ecco come.

Come funziona esattamente la Materializzazione?”, chiede papà, che evidentemente ha dimenticato il modo in cui è giunto qui. “Comparite dal nulla?”.
Non siamo comparsi dal nulla”, specifica Fred, “ma da casa Zabini”.
Me ne stavo chiusa in camera mia, praticamente senza speranza. Per tutte le vacanze non ho fatto altro che sentir parlare del prestigio della famiglia Malfoy”, nel pronunciare il nome le esce una mezza specie di ringhio. Sta guardando noi, ovviamente. Credo Anne e Jack non abbiano la più pallida idea di chi siano i Malfoy.
I Purosangue spocchiosi?”, mi stupisce il bisbiglio di mia madre. Strabuzzo gli occhi e lei si stringe nelle spalle. Evidentemente anche lei si sta facendo una cultura sul mondo magico. Finalmente, dopo sei anni che ci provano, cominciano a capire qualcosa.
Già”, mormoro al suo orecchio.
Fammi capire...”, mi rivolgo a Trixy. “Sei scappata di nascosto?”, chiedo.
Lei e Fred si scambiano un'occhiata complice, e per niente colpevole.

Tecnicamente è stata rapita”, interviene James, sorridendo sornione. Se ci sono due persone che hanno ereditato la noncuranza dei gemelli Weasley nell'infrangere le regole, quelli sono James e Fred.
Tecnicamente”, lo corregge Trixy, “sto facendo esercizio per il mio futuro”.
Fred scoppia a ridere, come tutti quelli a conoscenza del matrimonio combinato che Pansy e Blaise le stanno preparando. Sono perfetti, questi due.
Credo che Trixy andrà a genio anche a George, visto il suo amore per i Tiri Vispi e la sua capacità di scherzare su qualsiasi cosa – perfino il matrimonio con quella serpe di Scorpius.

Se ti stacchi dal tuo ragazzo”, fa Alice stizzita, “ti abbraccio”.
Trixy non ci pensa due volte a fiondarsi in un abbraccio stritolatore, mentre da dietro l'angolo appare una Rose leggermente scarmigliata, seguita da un Lorcan messo anche peggio. Devo trattenermi dal non scoppiare a ridere alla vista, ma le scocco un'occhiata eloquente. La rossa, anche per evitare di guardarmi in viso, si fionda su Trixy – e io mi unisco alle mie compagne di dormitorio.
Ora è davvero una giornata perfetta: i miei amici sono al completo e c'è anche la mia famiglia – tutto ciò sotto il tetto del Ragazzo Sopravvissuto. Senza contare lui, la parte migliore del natale in Casa Potter.




A tavola sono tutti di buon umore. Chi non lo sarebbe con così tante pietanze, innaffiate da Vino Elfico e Burrobirra a volontà? Una volta rotto il ghiaccio, Anne sembra andare molto d'accordo con Ginny e mio padre sta facendo del suo meglio per chiacchierare con Rolf Scamander e Teddy Lupin, suoi vicini di posto. Cosa si diranno, non ho intenzione di scoprirlo.
Noi giovani studenti siamo tutti vicini, e il brusio ricorda molto quello del banchetto che si tiene a Hogwarts prima delle vacanze di natale.

Credo che Teddy abbia intenzione di dire a tuo padre che sarai un'ottima Auror”, sussurra James. “Me l'ha detto lui”.
Ehm...”, tossicchio. “La cosa mi rende orgogliosa, ma credo che fargli venire un infarto il giorno di natale non sia saggio”. Jack non ha idea di cosa sia un Auror – e io mi sono ben guardata dall'informarlo.
Non piace neanche a me sapere che te ne andrai a caccia di maghi oscuri”, bofonchia indispettito, “ma non ci posso fare niente”.
Beh”, protesto. “A me non piace che tu vada a giocare nei Cannoni di Chudley*, se è per questo”.
James ha deciso che dopo la fine del settimo anno farà le selezioni per giocare a Quiddich come professionista. Non ho dubbi che ce la farà, e la cosa mi preoccupa alquanto.

E perché mai, scusa?”, chiede. “Non è pericoloso”. Non per lui, forse; ma per me lo è eccome. Sa bene di che parlo, se lo vuole solo sentir dire.
I Cercatori diventano famosi più degli altri”. Ma non gli basta. Lo detesto, quando fa così. No, forse no. Non lo detesto mai.
Sarai pieno di fan, uomini e... donne”, sibilo.
E allora?”, insiste.
E allora sono gelosa, contento?”, bofonchio incrociando le braccia. Lo sa che mi infastidisce ammetterlo, eppure sembra compiaciuto. Merlino, che rabbia!
Sì”, replica candidamente, “anche se non hai motivo”.
Perché?”, ora sono io che voglio sentirglielo dire. James scioglie le braccia, ancora incrociate, e pone la mia mano tra le sue.
Quante volte lo devo ripetere, Shane?”, lo sento sospirare. “Cercatore nei Cannoni o impiegato al Ministero, io sono solo tuo”.
Come faccio a non sorridergli? Mi sento incredibilmente felice. Non pensavo che una sola persona potesse provare così tanta felicità in una volta.
Tutti chiacchierano, mangiano, si divertono,
e James mi stringe forte la mano; sembra intenzionato a non lasciarla andare più. Si china sul mio orecchio e bisbiglia:

Ti andrebbe se sgusciassimo fuori di qui? Devo mostrarti una cosa”. Lo guardo di sottecchi, cercando di capire cosa gli passi per la testa. “Fidati, ti piacerà”.



Mi sto facendo trascinare da un febbricitante James Potter per il grande giardino della casa, suppongo in cerca di un angolo tranquillo. Spero solo che non abbia intenzione di farmi girare come una trottola fino allo sfinimento. Ci fermiamo in un punto abbastanza lontano dal tendone. Fa un freddo cane, maledizione! Sono coperta dal cappotto, ma è sempre il venticinque dicembre...
Potter”, sibilo, “io spero ci sia un buon motivo per...”, vengo interrotta subito dalle sue parole.
Se mai ti trovassi a dubitare del mio amore, ricordati di questo”, nel pronunciare la frase ha uno sguardo dolce e penetrante a un tempo.
Estrae la bacchetta dalla tasca e la leva in aria con gesto elegante. Non posso trattenermi dal pensare che riesca ad essere sensuale perfino agitando uno stupido pezzetto di legno.

EXPECTO PATRONUM!”.
M
i aspetto di veder uscire il solito grifone* dalla punta della sua bacchetta, ma non avviene. Con stupore, misto a una gioia selvaggia, osservo la pallina di luce argentea mutarsi in uno splendido e maestoso unicorno.

James...”, mormoro con un sorriso da ebete in faccia. “M-ma il tuo Patronus è un grifone...”
ERA un grifone, Shane”, mi sorride sornione. “Come puoi constatare non lo è più”, aggiunge in tono ovvio. La mia lingua è incollata al palato, salivazione a zero. Sembra che qualcuno mi abbia affatturato con una Languelingua.
Penso di essere sotto choc, più o meno come quando mi ha rivelato di essere innamorato di me.
Riesco solo a spostare in continuazione lo sguardo da lui all'animale argenteo che risplende accanto a me, e viceversa. Non ci sono parole per esprimere quello che provo in questo preciso istante, o se esistono io non riesco a trovarle. E' come se mi stesse facendo una muta dichiarazione d'amore sconfinato, e io sono stupendamente sconcertata.
Il Patronus accanto a me svanisce galoppando nell'aria e James mi sorride, soddisfatto di avermi lasciata a bocca aperta ancora una volta – da bravo esibizionista qual'è.
Mi si avvicina lentamente e mi accarezza una guancia, per poi baciarmi con lentezza esasperante. Rispondo al bacio e le mie mani scivolano, liete di immergersi nei suoi morbidi capelli ricci. Non mi stancherò mai di toccarli.
Quando mi stacco, ho il fiato corto e l'espressione probabilmente ancor più inebetita di prima.

Da quanto è... così?”, domando, ancora scioccata.
Accenna un sorrisetto di quelli irriverenti e irresistibili che sa fare solo lui.
James ha il brutto vizio di sorridere anche con gli occhi e non riesco mai ad essere lucida, davanti a questo spettacolo.

Da un po'”, si limita a rispondere, scrollando le spalle.
E perché non me l'hai detto prima?”, gli chiedo tirandogli lievemente i capelli, ancora stretti tra le mie mani. Voglio proprio vedere cos'ha da dire.
Volevo farti un bel regalo di Natale”, afferma con naturalezza. Sospiro.
E' frustrante stare con te, lo sai? Hai sempre la risposta pronta!”, protesto.
Ma guarda che combinazione!”, esclama. “Io penso lo stesso di te, Shane!”.
La sua mano scivola casualmente sui miei fianchi e mi attira verso di lui – come se ce ne fosse bisogno.

Per questo ti bacio”, sorride sardonico. “Per farti stare zitta”.
Allora datti una mossa, Potter, o giuro che attacco a parlare e smetto a Capodanno”.
La minaccia sembra funzionare, perché James si fionda sulle mie labbra, stavolta in maniera più passionale, approfondendo il bacio quasi subito. Io mi aggrappo forte a lui e contraccambio senza riserve. Quando ci stacchiamo, leggermente ansanti, mi chiede:

Dubiti ancora che abbia intenzioni serie?”.
Mi prendi in giro, eh? Non tutti siamo sicuri e presuntuosi come te, Potter! Te l'ho già detto una volta”.
Con te, Shane, non sono mai sicuro di niente”, ribatte dolcemente.
Ti amo”, dico di getto. Mi sembra siano le uniche parole sensate al mondo, dopo quello che ho visto – l'immagine dell'unicorno che fuoriesce dalla sua bacchetta resterà per sempre nella mia mente.
Le braccia di James intorno al mio corpo, le mie allacciate al suo collo, gli occhi di lui nei miei. Imprimo questo istante nella memoria, pregando di viverne altri mille – con lui. E ora, davvero, non ho bisogno di altro.






NOTE AL CAPITOLO:

1) Non so dove J.K. pensa che il quartetto abiterà, mentre so che ha dichiarato che saranno vicini di casa. Io li ho voluti collocare alla periferia di Godric's Hollow, luogo di nascita di Harry Potter, lontano da sguardi indiscreti (ovvero sguardi babbani).

2) Come c'è scritto nella One-shot Il matrimonio di Bellatrix (è lì che si spiega il rapporto che qui avete visto tra Trixy e Fred Jr.) 'Janny' è il nome della Puffola Pigmea che James ha regalato a Penny nell'ultimo capitolo di Una strega in famiglia. Il nome Janny (che mesi or sono mi fu suggerito da Francesca lol) è – ovviamente – l'unione dei nomi di James e Penny.

3) J.K. ha dichiarato che Hermione, Ron e Harry vengono inseriti nelle figurine delle Cioccorane, tra i maghi e le streghe famosi.

4) J.K.R. ha dichiarato che sopo qualche anno da Auror, Harry viene messo a capo dell'Ufficio.

5) Nel settimo libro, per montare il tendone da usare al matrimonio di Bill e Fleur, viene chiamata davvero una ditta, di cui al momento mi sfugge il nome.

6) Sono descritti da J.K.R. in Gli Animali Fantastici: dove trovarli. Sono originari della Scandinavia e hanno l'aspetto di un fungo roseo, coperto di setole nere. Il loro cibo preferito sono i vermi terricoli e a loro volta queste creature sono il cibo preferito dagli gnomi. Oltre ciò, sono animali perfettamente inutili, con tutto il rispetto :)

7)Qualcuno forse ricorderà che all'inizio del primo libro, fuori da casa dei Dursley, Silente estrae un orologio da taschino con pianeti e dodici lancette. Non ho la più pallida idea di come si legga, ma lui sembrava saperlo fare. Mi è sempre piaciuto, quindi ne ho idealmente posizionato uno in Casa Potter.

8) I Cannoni di Chudley (sigla “CC”) sono la squadra di Quiddich per cui tifa Ron Weasley, e anche i primi che mi siano venuti in mente da scrivere.

9) Ho immaginato il Patronus di James come un Grifone. Non che abbia molta importanza, visto che ormai non lo è più. Sarà fluff, ma non ho resistito. Il Patronus di Tonks diventa un lupo quando si innamora di Remus, mentre quello di Piton è come la cerva di Lily (che a sua volta presumo sia una derivazione dell'Animagus del marito). Penny e James si amano, e io adoro i Patronus. Fate due più due :DD




SPAZIO AUTRICE


Salve a tutti/e voi, gente!

Se siete arrivati qui, potete benissimo sorbirvi la tirata finale, giusto? Giusto.

Che dire? Potete liberarvi di me e mettere la parola Fine a questa storia d'amore, d'amicizia e di magia. Spero vi abbia intrattenuto, tenuto compagnia, ed emozionato anche solo un po'. Per me è stato così, e ringrazio chi mi ha scritto che ne sentirà la nostalgia (è sempre bello sentirselo dire).

Ringrazio chi ha letto in silenzio e chi ha inserito Una strega in famiglia fra le seguite/ricordate/preferite.

Grazie di cuore a sawyer_ per l'appoggio che ho sentito da parte sua, a Francesca lol per le fantastiche recensioni in cui parla direttamente con i personaggi, alla “chinese girl” Kohua per i commenti splendidi ed esilaranti. Grazie inoltre a Dreamer22, black elleboro per avermi seguito e aver recensito e a Sa_speed02 per avermi recensita e inserita tra gli autori preferiti.

Infine, ringrazio la mia migliore amica, Jaded_ (colei che 5 anni or sono mi iscrisse ad EFP) che ha perdonato la mia iniziale omertà sull'esistenza di questa FF, l'ha letta in fretta e recensita – lo apprezzo ancora di più sapendo quanto diavolo le pesi il (come dire?) fondo schiena; e che mi ha inserito tra gli autori preferiti. Ti voglio bene <3

E grazie a chiunque sia arrivato a leggere la parola "fine".


Ho pubblicato il prologo di L'apprendista di Ollivander, una storia incentrata non sulla Nuova Generazione ma sui personaggi della saga (in special modo Hermione, Fred e Draco e ovviamente Ollivander). Mi fareste felice se deste un' occhiatina e lasciaste una recensione. Anche tre parole (possibilmente non Sole, Cuore, Amore). A voi non costa nulla e io sono taaanto bisognosa di pareri, vi prego * si inginocchia senza ritegno *


Mi scuso per qualsivoglia errore di battitura io possa aver commesso nell'arco dei 22 capitoli. Per quanto io sia casinista nella vita, sono perfezionista quando scrivo; e vorrei sempre ricontrollare mille volte ogni virgola, ogni apostrofo, ogni lettera. Sappiate che non è facile pubblicare volta per volta senza incoerenze, imprecisioni o distrazioni. Ho cercato di fare del mio meglio per non farmele sfuggire :)


p. s. Può darsi che un giorno torni a scrivere qualcosina su Penny e James, tanto per farvi sapere come se la passano (per ora non ho in programma nulla in particolare, ma penso staranno benone anche senza di me).

Fino ad allora: fatto il misfatto!


p.p.s. Non so se ho mai detto che il titolo di questa storia è ripreso dalla frase stizzita di Zia Petunia (nel primo libro) sul fatto che i genitori suoi e di Lily fossero orgogliosi di avere “Una strega in famiglia”.


Ora vi lascio in pace * saluta con eleganza e fa la riverenza *

Baci baci gente, a presto!

Jules

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