Una strega in famiglia di Jules_Weasley (/viewuser.php?uid=103538)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Il fischio del treno ***
Capitolo 3: *** 2. Arrivo ad Hogwarts ***
Capitolo 4: *** 3. I Tiri Vispi di Bellatrix ***
Capitolo 5: *** 4. Filtro d'amore per Alice Paciock ***
Capitolo 6: *** 5. I consigli di Lorcan ***
Capitolo 7: *** 6. La Mappa del Malandrino ***
Capitolo 8: *** 7. Quiddich e strane domande ***
Capitolo 9: *** 8. Muffin ai ribes ***
Capitolo 10: *** 9. L'importanza dell'Unicorno ***
Capitolo 11: *** 10. Lo Spirito del Patrono ***
Capitolo 12: *** 11. L'intervento ***
Capitolo 13: *** 12. Gita a Hogsmeade ***
Capitolo 14: *** 13. I Due Fuochi ***
Capitolo 15: *** 14. La partita ***
Capitolo 16: *** 15. L'infermeria porta consiglio ***
Capitolo 17: *** 16. Cattivi Presagi ***
Capitolo 18: *** 17. Sectumsempra ***
Capitolo 19: *** 18. Il Patronus di Shane ***
Capitolo 20: *** 19. No place I'd rather be ***
Capitolo 21: *** 20. Finalmente ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
UNA
STREGA IN FAMIGLIA
Prologo
Era
in ritardo,
dannazione!
Per l'ennesima volta in ritardo. Si costrinse a restare calma, mentre
percorreva a fatica le banchine di King's Cross,
ignorando gli
sguardi incuriositi delle persone intorno a se. Del resto, poteva
comprendere il loro stupore. Non capita spesso di veder passare una
ragazza che si trascina dietro un enorme baule fuori foggia. Insieme
a una civetta in gabbia, per giunta. Riusciva a stento a indirizzare
correttamente il carrello, per via del peso del bagaglio. Aveva paura
che le sfuggisse di mano e andasse a sbattere contro qualcuno. Non
era davvero il caso che il baule si rovesciasse e rivelasse il suo
contenuto. Un manico di scopa e una bacchetta erano qualcosa di
difficile da spiegare a un controllore Babbano. Continuava a guardare
l'orologio, a rischio di sbandare, perché mancavano solo
dieci
minuti alla partenza del treno. Inutile provarci, la
puntualità non
sarebbe mai stata il suo forte. Era in ritardo anche la prima volta
che aveva preso l'espresso per Hogwarts, sei anni prima.
“Penny,
scendi a fare colazione!” gridò
sua madre dal piano di sotto.
“Altri
cinque minuti”
rispose la bambina. “Voglio
solo dormire un altro pochino”.
Cinque minuti dopo vide sua madre Anne
fare capolino dalla porta. In mano aveva un vassoio.
“Colazione
a letto!”, disse porgendole una tazza di latte caldo e dei
biscotti. Penny
sorrise.
“Hai
una faccia strana, mamma”. La ragazzina aggrottò
un la
fronte, senza capire. Anne rise.
“E'
il tuo compleanno!” esclamò.
“Mia figlia è davvero una ragazzina
smemorata”. Ad essere
onesti, Anne non mentiva. Penny aveva
sempre la testa fra le nuvole, o comunque non l'aveva mai dove
avrebbe dovuto essere. Aveva
dimenticato che era il 3 agosto.
“Il
mio compleanno?” esclamò stupefatta.
“Undici
anni fa ho dovuto faticare parecchio per tirarti fuori” disse
ridendo.
“Quindi
sono certa che sia oggi”.
Penny
fece colazione e si vestì in fretta. I suoi genitori avevano
promesso di portarla in giro per Londra a fare acquisti per il nuovo
anno scolastico. Aveva undici anni ora, e a settembre avrebbe
iniziato la scuola. Scese da basso e vide suo padre che lavava le
tazze sporche della colazione. Si asciugò le mani e corse a
prenderla in braccio.
“Buon
compleanno coniglietta!”esclamò scoccandole un
bacio sulla
guancia. “Non
posso credere che tu abbia già undici anni”
disse.
“Sto
diventando vecchio”.
Suo padre Jack
aveva
appena compiuto trentasei
anni.
Anne
aveva un anno in più. Erano giovani, entrambi. Secondo
Penny, suo
padre era l'uomo più bello del mondo.
Aveva profondi
occhi verdi, che lei aveva ereditato, e capelli biondo cenere. Anne
invece aveva occhi nocciola e capelli
neri
e
lunghi,
come
quelli di Penny. Suo padre la mise giù.
“Prima
di uscire devi scartare i regali” le ricordò.
Giusto, i regali! La
parte migliore dei compleanni, secondo
Penny. Non
vedeva cosa ci fosse da festeggiare. Perlomeno,
fino a quel giorno.
“Jack”
gridò
Anne dal corridoio.
“Ti
ho detto che prima di pranzo passerà mio padre?”
“No”
rispose il marito. Penny
si consolò: non era l'unica smemorata in casa.
“Viene
il nonno?” chiese,
allegra.
Adorava quel vecchio
stravagante.
Purtroppo non aveva mai conosciuto la nonna; era morta quando aveva
appena tre anni. Suo padre era rimasto orfano presto, quindi anche
gli altri nonni non aveva avuto la fortuna di conoscerli. L'unico
parente che
avesse,
all'infuori di Anne e Jack, era nonno Arnold. Portava
capi d'abbigliamento particolari,
era
eccentrico nei modi e diceva
sempre quello che pensava. Anne
pensava che fosse del tutto incapace di mantenere i segreti. Non
aveva idea di quanto si sbagliasse. Verso
le dieci il campanello suonò e la bambina corse ad aprire la
porta.
“Nonno!”
esclamò saltando in braccio ad un signore molto anziano, ma comunque
arzillo. Aveva una capigliatura canuta, ma ancora folta. Nel
suo aspetto c'era qualcosa di curioso: i
capelli gli arrivavano molto
oltre
le spalle e spesso li teneva raccolti in una coda,
come anche quel giorno. Indossava una casacca rosso rubino con degli
strani simboli, e pantaloni larghi, color prugna.
“Papà,
come ti sei conciato?” lo apostrofò Anne.
“Sembra
che tu abbia aperto l'armadio e scelto i vestiti a occhi
chiusi”.
Non riusciva ad abituarsi al modo di vestire di suo padre. Troppo
eccentrico,
per i suoi gusti.
“Non
ti piace?” si limitò a chiedere Arnold. Anne
sospirò, rassegnata.
“A
me piace!” rispose Penny. Il nonno si sciolse in un sorriso.
“Non
avevo dubbi, sei l'unica che mi capisce” le rispose dandole
un
pizzicotto sul naso. Mentre si svolgeva quella scenetta famigliare,
suo padre decise di andare a prendere la posta, che quel giorno non
aveva ancora controllato. C'erano
parecchie lettere, la maggioranza delle quali scartoffie.
Iniziò ad
elencare ad alta voce tutto quello che il postino aveva recapitato.
“Un'altra
lettera della mia prozia australiana” disse
annoiato.
“Ancora
viva, a
quanto pare”.
Al
rimprovero di sua moglie seguì la risata di Penny.
“Che
c'è? Ha
novantanove anni ed è più in forma di
me” si giustificò lui. Poi
continuò l'elenco con voce cantilenante. “Un
estratto conto della banca, bolletta della luce, quella dell'acqua
e...”
Si
interruppe.
Sua moglie si avvicinò ed esaminò la busta che
Jack continuava a rigirare tra le dita.
“Che
cos'è?” chiese Penny.
“Una
lettera per te” disse Anne. “Hai
idea di chi te l'abbia
spedita?”
Non le era mai capitato di ricevere qualcosa indirizzato a lei.
Riuscì,
dopo
qualche resistenza,
a strappare la busta dalle mani di suo
padre.
Tornò a sedersi sul divano, accanto al nonno. In effetti era
una
busta strana: carta
spessa, inchiostro verde, nessun
francobollo. Guardò il nonno negli occhi, e con sua sorpresa
si
accorse che la cosa lo lasciava indifferente. Non era curioso.
Interessato, ma era
come
se sapesse cosa aspettarsi. Più che altro guardava le
reazioni di
Penny. La
bambina sentiva
che quella lettera avrebbe significato qualcosa. Sulla busta erano
scritti il suo nome, il suo indirizzo e perfino Cameretta
al piano di sopra.
Ma come faceva, chi
l'aveva spedita,
a sapere
dove dormiva?
Voltò la busta e notò un sigillo particolare che
la chiudeva. Era
uno stemma con quattro simboli: un
serpente,
un tasso, un corvo e un leone. “Che
strano...” mormorò aprendo la busta. Quando lesse
il contenuto
della lettera sbiancò
e poi sorrise, raggiante.
Porse
la lettera al nonno, che non la lesse neppure. Rimase
impassibile a contemplare l'espressione esterrefatta della nipote.
“Oh
cavolo!”
Sembrava
essere tutto ciò
che Penny era in grado di dire in quel frangente.
Suo
padre le prese la lettera dalle mani e la lesse, in preda allo
stupore.
“Chi è che si permette di fare scherzi
così stupidi a una
bambina?”
chiese.
Era una domanda a cui non si aspettava di ricevere risposta,
ovviamente. Appena si accorse dell'espressione irritata che sfoggiava
sua moglie – l'unica a non conoscere ancora il contenuto
della
busta – si affrettò a darle la lettera. Anne la
lesse ad alta
voce.
Scuola
di magia e stregoneria di Hogwarts
Direttore:
Minerva McGranitt.
Cara
Miss Shane, siamo lieti di informarla che Lei ha diritto a
frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso
troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle
attrezzature
necessarie. I corsi avranno inizio il 1o settembre. Restiamo in
attesa della Sua risposta via Gufo entro e non oltre il 31 luglio
p.v. Con ossequi,
Minerva
Mcgranitt
“E'
uno scherzo infantile” commentò restituendo la
lettera alla
figlia. “Vorrei tanto sapere chi la manda”. Penny
rimase delusa. I suoi genitori sembravano convinti fosse uno scherzo,
ma lei sperava tanto non lo fosse. Tutto avrebbe avuto senso. Era
sempre a disagio con gli altri, aveva sempre la testa tra le nuvole,
a immaginare un mondo magico che aspettava solo che lei lo scoprisse.
Inoltre, c'erano quei piccoli… incidenti. Le capitavano di
rado, ma
non poteva negare che fossero strani avvenimenti. L'unico a cui ne
aveva parlato era nonno Arnold, l'unico che potesse capirla. Il suo
confidente.
Gli aveva rivelato che una volta un'enorme
verruca era spuntata sulla fronte di un ragazzino che la
perseguitava, dopo che lei aveva espresso quel desiderio.
Non
l'aveva neppure detto ad alta voce, ma era successo. Un'altra
volta l'insegnante aveva maltrattato un bambino più piccolo
di
fronte a tutta la scuola. Aveva desiderato di vederla scivolare in
maniera ridicola e all'improvviso una buccia di banana era spuntata
per terra e lei ci era inciampata sopra. In
principio si era aspettata che il nonno le
desse della bugiarda o
la credesse troppo fantasiosa.
Invece il
nonno
rideva, le dava un buffetto sulla testa e ripeteva
che a suo tempo aveva fatto “di peggio”. Ovviamente
non si era
mai sognata di dire nulla ai suoi genitori.
A quel punto prese coraggio e parlò. “Io
non penso sia uno scherzo”. Lo
sguardo dei suoi era a dir poco esterrefatto.
“Ma
Penelope, non puoi davvero pensare di essere...”
“Una
strega” concluse il nonno, alzandosi dal divano.
“Papà,
ma capisci che non può...”
“E
perché? Perché non dovrebbe esserlo, Anne? Sei
sempre così
categorica, pensi di sapere ogni cosa, figliola”. Non c'era
traccia
di rimprovero nelle sue parole, solo desiderio di essere compreso.
“Nonno,
mi credi? Credi alla lettera?” chiese Penny.
“Sicuro!”
affermò risoluto.
“Arnold
ti prego, non incoraggiare queste fantasie, ne ha già
abbastanza per
conto suo.
E, scusa se lo dico, in parte è anche colpa tua” disse
Jack senza trattenersi.
“Non
incoraggio
fantasie, dico
le
cose come stanno. Per
come la vedo io, sono l'unico che sta parlando con un po' di
buonsenso. Ti
faccio una domanda, anche se so già la risposta”
disse. Penny
restò in attesa.
“Fai
mai capitare qualcosa? Qualcosa che non ti spieghi, intendo”.
“Nonno,
te
l'ho detto”
rispose.
“Non voglio dirlo davanti a loro” disse,
occhieggiando verso i
genitori. Era decisamente infastidita dalla loro presa di posizione.
“Detto
cosa?”, chiesero Anne e Jack, all'unisono.
“Devi
ripeterlo per loro” disse indicandoli con fare superiore,
come se
stesse parlando di due idioti. Non
che lo fossero realmente. Erano solo… Babbani. Penny stava
ancora
cercando le parole giuste per raccontare loro gli episodi a cui si
riferiva il nonno.
“Incidenti”
rispose. Raccontò tutte le volte in cui, negli anni, aveva
ardentemente desiderato qualcosa che si era avverato.
“Casualità”
disse Anne, poco
convinta dalle sue stesse parole. Era evidentemente turbata da quelle
rivelazioni e dalla tranquillità di suo padre, soprattutto.
“No
mia cara, la bambina ha talento. Sei
tu ad avere pregiudizi Babbani. Tua madre non era così, per
fortuna”
concluse.
Sorrise. Lo faceva sempre quando parlava della moglie. Penny sapeva
che era stato un grande amore, e riusciva a vederlo nello sguardo di
Arnold, quando nominava la nonna.
“Papà
temo che tu non sia in te oggi” concluse Anne, confusa.
“La
magia non esiste”, disse Jack.
“Buffo
che lui
dica esattamente quello
che disse mio padre, quando mi venne recapitata la lettera” rispose
Arnold divertito.
Aveva
sussurrato quelle parole all'orecchio della nipote, senza permettere
agli altri di udirle. Penny
rimase paralizzata dalla sorpresa. Suo nonno… era un mago!
“Prego?”
disse Anne, che
non era riuscita a sentire cosa il padre avesse detto.
“Nulla
di rilevante, ogni cosa a suo tempo. Parleremo anche di questo. Sono
più di trent'anni che te ne devo parlare”. Sembrò
rabbuiarsi per un attimo, ma poi tornò sereno. Perlomeno,
all'apparenza. Stava cercando di aiutare sua nipote.
“Ma
insomma che sta succedendo?!” Suo
padre aveva alzato la voce: cattivo segnale, pensò Penny.
“Mi
sembra chiaro, tua figlia è una strega” disse
rivolto al genero.
“Ma
non è possibile, non abbiamo nemmeno precedenti in famiglia.
Li ho
persi presto, ma so per certo che i miei non erano stregoni”.
“Infatti,
che esempi abbiamo in famiglia?” disse Anne, sicura. Ma il
sorrisetto che sfoggiò le morì sulle labbra
quando vide quello del
padre. Un sorriso a trentadue denti, che stava indirizzando a Penny.
“Non
ci posso credere!”, disse Anne. “Tu
saresti, tu sei un...”
“Si.
Quando avevo undici anni la reazione di mio padre Babbano
fu la stessa che hai avuto tu” disse.
“Visto
che non sospettava minimamente che mia madre, tua nonna, fosse una
strega. La faccenda fu scioccante per lui” disse ridendo al
ricordo. Poi iniziò il racconto senza curarsi delle
espressioni
basite dei genitori di Penny.
La bambina, dal canto suo, era più affascinata che basita.
Voleva
sapere tutto di quel mondo magico di cui il nonno non aveva mai
parlato. Un mondo del quale un giorno avrebbe fatto parte anche lei.
“Ricevetti
la mia lettera il giorno del mio undicesimo
compleanno
e frequentai Hogwarts per i sette anni previsti dalla legge magica,
sotto il grande
preside Dippet. Bei tempi! Quanto mi sono divertito a scuola. Ma
torniamo a noi... quando la lettera arrivò tua nonna mi
portò a
comprare ciò che serviva per la scuola e io rimasi
elettrizzato dal
mondo magico. Ti
piacerà, Penny” disse, strizzandole l'occhio.
“Adoravo farne parte, ne faccio parte tutt'oggi. La
maggioranza dei
miei amici sono maghi e streghe che frequentavano la mia scuola.
Anche la tua madrina, mia cara”, disse lasciando la figlia di
stucco.
“Papà,
dimmi che è uno scherzo...” biascicò
lasciandosi cadere su una
sedia, lo sguardo perso nel vuoto.
“Niente
affatto, figliola. Io e la tua amata madre decidemmo che sarebbe
stato meglio non parlartene. Te lo avrei detto solo e soltanto se
fosse arrivata la lettera da Hogwarts, ma
non
accadde ed entrambi ritenemmo più saggio lasciarti
nell'ignoranza,
per
così dire” spiegò.
“La
mamma?” chiese sorpresa. “La mamma era una
strega?” Non
sembrava affatto pronta ad assorbire tutte quelle informazioni, che
Penny bramava con tutta se stessa.
“Oh
no! Era Babbana.
Per
amor suo
sono
sempre vissuto in questo quartiere babbano, porto vestiti babbani e
ho avuto un'esistenza apparentemente babbana, ma
tua madre l'ha sempre saputo. Conosceva
la mia natura da prima che ci sposassimo. Non
nego che inizialmente ne fu sorpresa,
ma la prese meglio di quanto mi aspettassi. Non solo mi
sposò, ma
era ben lieta di vedermi usare la magia in casa e di accompagnarmi
spesso nei quartieri magici, a casa di amici o in altre occasioni.
Era consapevole del fatto che nostro figlio avrebbe potuto ereditare
i miei poteri, ma così non fu. Per questo non hai mai saputo
nulla e
per questo ho continuato a vivere come un babbano. Non volevo ti
sentissi in difetto. Non mi è costato poi tanto, ero
cresciuto
normalmente, avendo un padre Babbano”.
Dopo
tutta quella spiegazione Anne non riuscì a dire nulla se
non: “In
difetto?” E
Arnold
la guardò con aria stanca,
per la prima volta. Tentò
di spiegarle il proprio punto di vista. “Anne,
proverò a farti comprendere. Tu avresti potuto essere una
non-strega.
Vivere
in un posto pieno di magia senza poterla esercitare non è
bello.
Saresti stata considerata una Magonò
e chissà quanti traumi ti avrebbero procurato le prese in
giro dei
coetanei”.
“Mago-che?”,
domandò Jack con espressione confusa. Era
decisamente sopraffatto, pensò Penny.
“Un
Magonò
è qualcuno che, pur essendo figlio di un mago o di
una
strega, non ha ereditato alcun potere magico. Spesso queste persone
tendono a sentirsi frustrate, e io non volevo che accadesse a mia
figlia” spiegò. “Non hai nulla da
invidiare a nessuno” disse,
stavolta
rivolgendosi alla figlia. Anne
sembrò colpita dal
gesto del padre e gli
rivolse un sorriso.
“Naturalmente
ora entrambi ci sarete dentro con tutte le scarpe” riprese Arnold,
con più leggerezza.
“A
quanto
pare la magia ha saltato una generazione. Ne ero quasi sicuro che
sarebbe toccato a lei, me lo sentivo fin dalla sua nascita”
disse
strizzando l'occhio a
Penny. Lei non stava più nella pelle. Suo nonno era un mago.
Era
arrivata una lettera. Era una strega. Fin troppe cose per essere
apprese nell'arco di venti minuti. Intanto il nonno spiegava cosa
avrebbero dovuto fare, dove andare a comprare il materiale per la
scuola, parlava di bacchette e calderoni in peltro. Ma lei non lo
stava più ascoltando. Sarebbe andata alla Scuola
di Magia
e Stregoneria
di Hogwarts, e
tanto
le bastava per scoppiare di gioia. I suoi genitori sembravano
più
tranquilli man
mano che il nonno parlava, anche se Penny era sicura che stesse
omettendo molte informazioni, a beneficio del loro equilibrio
psicologico.
Passato lo stordimento iniziale la abbracciarono e la rassicurarono:
avrebbe avuto tutto il loro sostegno, poiché non l'avevano
mai vista
più felice. “Congratulazioni” disse il
nonno a suo padre,
“abbiamo una strega in famiglia”.
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Capitolo 2 *** 1. Il fischio del treno ***
Capitolo
uno
Il
fischio del treno
Arrivò
davanti al binario 9 e ¾, accaldata per la corsa. Si
voltò e scorse
il nonno e la madre che le correvano dietro.
“Penny” la chiamò
sua madre ansante, “non ce la faccio a starti dietro. Hai
sedici
anni e io ne ho quarantaquattro, abbi pietà di
me”. Le raggiunse
anche il nonno. Il padre aveva avuto un impegno, ma era la prima
volta che non la accompagnava anche lui. Di solito c'erano tutti e
tre, fin dal primo anno.
“Hai
abbastanza danaro?” le chiese Arnold,
per l'ennesima volta.
“Si,
nonno”. Negli anni, Penny
aveva scoperto che il nonno lavorava al Ministero della Magia, e che
aveva
messo da parte del
danaro,
custodito
dai folletti
alla Gringott, la banca dei maghi. Aveva
sempre accarezzato la speranza di avere, se non un figlio, almeno un
nipotino con i suoi stessi poteri. E così era stato. Arnold
aveva
versato più della metà dei propri averi in un
conto intestato a
Penny.
“Dunque” disse sua madre, “cerca di
tenere alta la media dei
voti,
stai attenta in classe e non cacciarti nei guai”. Penny
sbuffò.
“Ha
ottenuto il massimo dei voti ai
G.U.F.O, l'anno scorso” la
difese il
nonno. “Osi
lamentarti di mia nipote?”
Era ufficialmente il suo mito! Lo
era sempre stato, del resto. “Cerca
piuttosto di divertirti, visto che è il penultimo anno.
L'anno
prossimo avrai
gli
esami finali, quelli tosti. Ne
so qualcosa, io.
Quindi
vedi di goderti il tuo sesto anno, nipote”. Penny sorrise. Chissà
perché le “raccomandazioni” di suo nonno
erano sempre quelle che
le piacevano di più. Annuì, scoccò
rapidamente un bacio sulla
guancia ad entrambi e un secondo dopo si trovava dall'altra parte
della barriera. Il treno per Hogwarts era lì ad aspettarla:
rosso,
brillante e lucido come sempre. Vide molti
volti conosciuti
e tutti i ragazzi avevano
un
baule simile al suo.
Spinse il carrello davanti a se
e si avvicinò al treno, che già sbuffava.
All'improvviso li vide e
affrettò il passo. I suoi migliori amici erano lì
davanti,
probabilmente ad aspettarla. “Albus!
Rose!” gridò. Due ragazzi della sua stessa
età le andarono
incontro.
“Penny”
disse il ragazzo abbracciandola, “sei
sempre la solita. Mai una volta che
tu sia puntuale,
proprio come mia cugina”.
“Io?”
ribatté Rose piccata, “io sono sempre
puntuale”. Albus
rise.
“Ne
abbiamo mille di cugini” rispose.
“Chi
ti dice che io stia parlando di te? Non sei il centro del
mondo”.
Rose
si limitò a fare una smorfia.
“Mi
siete mancati così tanto quest'estate” disse
Penny. “Mi
è mancato persino vedervi bisticciare”.
“Ci
sei mancata anche tu” rispose Albus sorridendo.
“Perché
non mi sei venuta a trovare? Ti avevo scritto di farlo...”
chiese
Rose. Penny
sapeva che era seccata. L'avevano invitata entrambi. I Potter e i
Weasley erano vicini di casa, perciò avrebbe potuto passare
il tempo
sia
con Rose che con Albus, i suoi più cari amici.
Non le perdonavano di non essere andata.
“Mi
sarebbe piaciuto, ma i miei erano così felici di avermi di
nuovo a
casa...” si giustificò. Rose e Albus storsero il
naso. “Giuro
che quest'estate mi farò perdonare”. “E
ci verrai a trovare?”
chiese l'amica.
“Hai
un tono piuttosto minaccioso Rose, quindi
sì”
le rispose guadagnandosi una gomitata.
Due
uomini sulla quarantina si avvicinarono ai tre. Uno aveva folti
capelli neri e spessi occhiali tondi, mentre l'altro lo si sarebbe
notato a chilometri di distanza. Era un po' stempiato, ma il colore
rosso acceso dei suoi capelli era ancora ben visibile.
“Forza
ragazzi, è ora di partire”, disse quest'ultimo. Era
Ron, il padre di Rose.
“Buongiorno
signor Weasley”.
“Buongiorno
a te Penny” rispose gentile.
“Coraggio,
gli altri sono già tutti sul treno” li
incitò l'altro.
“Buongiorno
signor Potter” disse,
guadagnandosi un'occhiataccia.
“Penny,
sono sei anni che ti dico di chiamarmi Harry. Mi
fai sentire vecchio” le
ripetè per la millesima volta. Penny non riusciva ad
abituarsi
all'idea di chiamare per nome il salvatore del Mondo Magico, anche se
era il padre di Albus.
“Papà,
ma tu sei vecchio!”, disse Al, calcando sull'ultima, orribile
parola.
“Albus
Severus Potter, levati di torno prima che io possa
acciuffarti!”
gli rispose suo padre. In men che non si dica Al si
dileguò
in cerca di una carrozza libera sul treno. Rose si girò
verso Penny
e ridacchiò.
“Mai mettersi contro il Prescelto”
dichiarò con un sorrisetto,“nemmeno
se sei suo figlio”.
Dopo
aver salutato gli innumerevoli parenti di Al e Rose, compresi Harry
Potter e tutta la combriccola degli eroi della Seconda Guerra Magica,
poterono finalmente salire sul treno. Raggiunsero Al nello
scompartimento in cui si era sistemato per sfuggire all'ira del
padre. Albus somigliava molto a Harry. Magro, capelli neri, occhi
verdi come quelli della nonna, Lily Evans. Era coraggioso e leale,
proprio come suo padre: un vero Grifondoro. E pensare che quando lo
aveva conosciuto, sul treno di andata per Hogwarts, era terrorizzato
all'idea di finire in Serpeverde. Sua cugina Rose aveva capelli rosso
carota in perfetto stile Weasley, ma i tratti del volto erano quelli
di sua madre, e le sue gote erano cosparse di lievi lentiggini.
Avevano un'infinità di cugini, dato che i fratelli Weasley
erano
sei. Rose e Al erano sempre stati particolarmente legati. Non era
solo un legame di sangue. Erano molto amici, oltre che parenti.
“Credevo
di non farcela, proprio come la prima volta” asserì
Penny, stravaccandosi sul sedile, accanto
ad Al. “Anche
quella volta avevo un'ansia incredibile”.
“Siamo
nostalgici, oggi” la canzonò l'amico.
“Io
me
lo ricordo fin troppo bene” commentò Rose,
“mi sei venuta a
sbattere addosso”. Penny
rise, era impossibile ribattere. Era la pura verità. Si
erano
conosciute così, lei e Rose.
“Eri
proprio imbranata”.
“Vero”,
ammise. La risposta di Rose non giunse mai alle sue orecchie,
perché
sopraffatta da un fischio lungo e prolungato. Per loro era un suono
familiare, come per un neonato lo è quello della voce della
madre.
Un suono dolce e carico di significato. Il treno era partito. Il loro
sesto anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts era appena
iniziato.
Penny
correva, cercava il binario dappertutto, ma senza alcun successo.
Aveva lasciato suo nonno e i suoi genitori indietro. Non poteva
permettersi di camminare, doveva correre. Mancavano ancora venti
minuti alle undici, ma lei non sapeva neppure dove stesse andando.
Magnifico! Non sapeva cosa sarebbe successo se non fosse riuscita a
prendere il treno. Purtroppo la memoria di Arnold aveva deciso di
fare cilecca proprio quel giorno. Il giorno più importante
della
vita di sua nipote. Era vitale per lei sapere dove si trovasse il
binario 9 e ¾, ma non appena erano giunti a King's
Cross il nonno si era reso conto di non ricordare
dove
fosse la colonna attraverso la quale, a quanto le aveva detto,
sarebbe arrivata al binario. Penny stava per perdere la speranza, ma
vide delle persone strane. C'erano dei bambini della sua
età. Tutti
avevano un carrello con un grosso baule sopra. Alcuni avevano anche
una gabbia con un gufo, altri un cesto che sembrava contenere un
qualche altro animale. “Probabilmente un gatto” si
disse, visto
che la lista diceva che gli studenti potevano portare un rospo, un
gufo, o un gatto. Si assicurò che i suoi genitori non
l'avessero
persa di vista, affinché non si preoccupassero, e si
lanciò
all'inseguimento di quel bizzarro gruppo di persone. Sembravano una
famiglia, in realtà. Oppure nel mondo magico c'era una
specie di
legge che imponeva di tingersi i capelli di rosso. Ma riteneva
più
probabile la prima opzione. “Forza, ci siamo quasi Al. Il
binario è
vicino” disse una donna, all'incirca dell'età dei
suoi genitori.
Il bambino al quale si rivolgeva, stranamente, non aveva i capelli
rossi come quelli di lei, ma neri. Un altro, che avanzava a capo del
gruppetto, sembrava voler affermare la propria esperienza,
guidandoli. Probabilmente era più grande ed era
già stato ad
Hogwarts, pensò Penny. Ad un certo punto si arrestarono
tutti di
fronte ad una colonna. “Il passaggio di cui mi ha parlato il
nonno”
pensò. In quel momento fu raggiunta dalla propria famiglia.
“Nonno”
chiese. “Si passa da lì?” Arnold
si limitò ad annuire.
Lei guardò i
mattoncini rossi che componevano la colonna,
preoccupata. Non le andava per niente di sbattere la testa contro il
muro.
“Non
mettere su quel faccino preoccupato” disse
il nonno. “E' una
cosa semplicissima. Fai una bella corsa e in men che non si dica sei
dall'altra parte della barriera”. E così fece. Chiuse
gli occhi e
attraversò di corsa
il muro. Non aveva fatto in tempo a mettere piede dall'altra parte
che, ancora ad occhi chiusi, andò a cozzare in pieno contro
una
bambina della sua età.
“Sta'
attenta!” disse,
massaggiandosi la parte lesa.
“Scusami,
sono
un po'
nervosa...” si giustificò. La bambina
sembrò capire e si limitò
a sorriderle. Le stava già simpatica. Con quei capelli
rossicci e le
lentiggini sparse sul viso. Le
tese timidamente la mano e l'altra la strinse prontamente.
“Penelope
Shane, ma chiamami Penny”. La
bambina dai capelli rossi non fece in tempo a dirle il suo nome. Una
donna le interruppe. Aveva i capelli scuri e un cipiglio deciso.
“Rose
Weasley, spostati di
lì” disse. “E'
un passaggio, non potete stazionare là davanti”.
Non era
arrabbiata, sorrideva anzi. Probabilmente stava ricordando il giorno
in cui era stata lei a partire da King's Cross.
“Non
mi presenti la tua nuova amica?” chiese dolcemente. Penny
le sorrise.
“Si
certo! Lei è Penelope”.
“Penny
va
bene”
specificò lei.
“D'accordo,
Penny. È la prima volta anche per te immagino”.
“Si,
signora Weasley”.
“Hermione
va
bene”
disse ricalcando le sue stesse parole. “Mi ricordo il giorno
in cui
anche io sono arrivata a scuola per la prima volta”.
“Un
secolo fa”, disse un bambino spuntato da dietro la signora.
Sorrise
a Penny, che
ricambiò. Era il bambino che aveva visto a capo della
famiglia che
aveva passato la colonna poco prima di lei.
“James!”
fece
la donna, in
tono giocoso. Si vedeva che erano in confidenza. Doveva essere una
grande famiglia, pensò Penny, che ancora non sapeva quanto
grande
era la famiglia Weasley-Potter.
“Sì
zia?” rispose con aria innocente.
“Aspetta
che lo dica a tua madre...” lo minacciò,
“o forse preferiresti
una bella fattura? Sai che sono una strega brillante, vero? E non
credo che Harry o Ginny se la prenderebbero, visto come li fai
dannare”. James
borbottò qualcosa e si dileguò.
“Ci
vediamo sul treno” gridò
a Rose. Un attimo dopo era sparito.
“Che
ficcanaso impertinente!” disse Hermione. Si
notava un tono molto affettuoso in quelle parole.“Andare a
scuola
lo ha anche peggiorato”.
“Mio
cugino è al secondo anno” spiegò Rose.
Penny lo trovava
simpatico. Impertinente,
ma
simpatico. Anche
carino, a dirla tutta. Improvvisamente
vide
un altro bambino
dirigersi
verso di loro. “Rose, dobbiamo salire. Non credo tu voglia
andare a
Hogwarts a bordo di una Ford Anglia
volante
per aver
perso il treno”. Rose rise. Evidentemente c'era un
riferimento che
Penny non aveva colto. Non poteva coglierlo, ovviamente. Era un
aneddoto riguardante la famiglia.
“Perché
no?” scherzò lei.
“Perché
non voglio atterrare sul Platano Picchiatore”.
“Non
capisco una sola parola di quello che dite” si
lasciò scappare
Penny. Il bambino parve accorgersi della sua presenza. Sembrava
molto timido anche lui.
“Lei
è Penelope, cioè
Penny” la presentò
Rose.”Lui è mio cugino Albus”.
“Al”
precisò lui porgendole la mano. A quanto pareva nemmeno lui
gradiva
troppo essere chiamato col suo nome per intero.
“Ma
quanti cugini hai?” le chiese Penny, stordita
da tutte quelle presentazioni.
“Oh,
non
lo puoi neanche immaginare” rispose Rose, ridendo.
Quando
salirono sul treno si accomodarono tutti nello stesso scompartimento,
Penny, Al e Rose. I due tentarono di spiegare com'era composta la
loro famiglia a Penny che, avendo solo tre parenti stretti e nessuno
che
fosse della
sua età, faticava a capire tutti
quegli intrecci.
“Mia
madre Ginny Weasley è sposata con Harry Potter, il migliore
amico di
mio zio Ron, fratello di mia madre e sposato con zia Hermione, a sua
volta migliore amica di mio padre”.
“Non
andare così veloce, la confondi” gli fece notare
Rose. “I miei
genitori hanno avuto me e Hugo, mio fratello minore, che ha la stessa
età di Lily Luna”. Penny era sempre più
confusa sulle parentele
di quella bizzarra famiglia, che col tempo avrebbe imparato a
menadito.
“Lily
Luna è la mia sorellina” spiegò Al.
“Mio padre non ha fratelli,
ma mia madre ne aveva sei. Ne ha cinque ora” disse.
“Non ne parla
molto, ma hanno perso un fratello, Fred, durante la Seconda Guerra
Magica”. Penny si limitò a dire che le dispiaceva.
Aveva cercato
di apprendere più informazioni possibili sulla storia del
mondo
magico, sapeva che
l'ultima guerra aveva mietuto molte vittime.
“Però
un Fred c'è comunque in famiglia” disse Rose,
cercando di
alleggerire l'atmosfera. “Lo zio George ha chiamato il figlio
maggiore come il suo gemello. Non credo, in tutta onestà,
che si
riprenderà mai del tutto”.
“Be',
è bello che abbia chiamato suo figlio come il
fratello”. Fece
appena in tempo a parlare prima che la porta della carrozza venisse
spalancata dallo stesso ragazzino che aveva visto alla stazione.
“Vi
ho sentito fare la lista delle nostre mille noiose parentele”
disse giocoso. “Siete davvero decisi ad annoiarla,
quindi”.
“Chi
ti ha invitato James?” disse Al.
“Dovresti
portare più rispetto al tuo fratello maggiore” lo
ammonì l'altro.
“Jamie,
o ti siedi o la smetti di scocciarci e torni da dove sei
venuto”
fece Rose.
“Quanto
mi ricordi Hermione Granger quando usi
quel tono” le rispose ridendo.
“Comunque”
aggiunse, “avete scordato di dire che abbiamo ancora due
cugine e
un cugino da zio Bill, due cugine da Percy, e un'altra ancora da zio
George”.
“Sono
finiti?” chiese, atterrita all'idea che ci fossero altri
parenti.
“Si”
le disse Al. “Ringraziando
Merlino,
lo zio Charlie sembra intenzionato a restarsene insieme ai draghi in
Romania, senza
mettere su famiglia”.
“Dev'essere
bello” affermò.
“Essere
il fratello di Al?” scherzò James. “Non
proprio”. Al gli fece
una smorfia.
“Avere
una famiglia numerosa, voglio dire. Io non ho nemmeno un
cugino”
rispose Penny. Le sarebbe piaciuta una famiglia così
allargata.
“Come
sarebbe a dire?”, chiese Rose.“Fratelli o
sorelle?”
“Nemmeno”.
“Magnifico”
soggiunse Al, guardando James di sottecchi. Penny immaginò
che
dovesse essere un tipo piuttosto fastidioso, quando
ci si metteva. Ne aveva tutta l'aria.
“Non
direi proprio. Ho
solo mamma, papà e nonno”
disse.
“Lui è un
mago, ma ce l'ha rivelato solo quando è arrivata la mia
lettera”.
“Ai
tuoi sarà preso un accidente” disse Rose. Penny
annuì, ripensando
alla scena.
“Mia
madre è tuttora scioccata, temo. Ha scoperto che suo padre
è un
mago e che le ha tenuto nascosto tutto perché pensava che
farla
crescere nel mondo magico sarebbe stato…
indelicato”.
“Ha
fatto bene” rispose
Al. “Meglio
crescere fra i Babbani
che nel mondo magico, se sei un Magonò”.
“Oh
sì! Ne sa qualcosa Gazza” ridacchiò
James. “Gazza,
il custode di Hogwarts, è terribilmente frustrato per
questo, e se
la prende con tutti gli studenti” spiegò
a beneficio di Penny.
“L'ha
sempre fatto, dice
papà...” Una
ragazza sbucò alle spalle di James.
Era bellissima. Capelli biondi e
lunghi,
occhi azzurro chiaro e un incarnato pallido. “Lei
è nostra cugina”
spiegò Albus, “la
figlia
maggiore di
zio Bill e zia Fleur, sta per iniziare il suo settimo anno.”
“Dovresti
farti fare un albero genealogico per capire la nostra
famiglia”
aggiunse
la ragazza.
“Io sono Victoire”.
“Penny”
disse lei, sporgendosi per stringerle la mano. La ragazza le sorrise
e
il volto le si
illuminò; c'era qualcosa di innaturale nella bellezza di
Victoire.
Solo in seguito avrebbe scoperto che quella sensazione era frutto del
sangue Veela che scorreva nelle sue vene.
“Torno
nel mio scompartimento, ti lascio in buone mani”
disse
guardando Rose
e Al. “E
tu non dare fastidio Jamie” lo
ammonì. James
sbuffò e fece una smorfia, mentre la ragazza usciva dallo
scompartimento. Penny
iniziava a chiedersi perché mai tutti si raccomandassero con
quel
ragazzo.
“Penserai
che io sia una
persona terribile”
disse
James. Le
leggeva nel pensiero? “Ma tu lo sei
Jamie!” rispose Al. L'aveva vista imbarazzata.
Penny
avrebbe
imparato che Al aveva il talento di capire quando una persona era a
disagio ed era sempre
felice di togliere
qualcuno dall'imbarazzo, se
poteva. “Per tutta
l'estate non hai fatto altro che terrorizzare me e Rose sulle prove
che avremmo dovuto affrontare per essere smistati nelle Case”.
“Già”,
confermò la ragazza,
“e poi siamo venuti
a scoprire che non c'è altro da fare se non mettersi in
testa uno
stupido Cappello
Parlante
che decreti la nostra sorte!” Sembrava
ancora un po' irritata con il cugino. Però parlare del
Cappello
Parlante aveva fatto sbiancare Al, che le disse di non nominare
quell'aggeggio infernale.
“Sai
che ho paura”. A Penny questo sembrò un po'
eccessivo. In fondo
era solamente un cappello, niente di così spaventoso. Al
sembrò
interpretare correttamente l'espressione negli occhi verdi della
bambina. “Ovviamente non del cappello
in sé” precisò.
“Ho solo paura di finire in Serpeverde”.
“Ce
l'ho anche io”
disse
Penny sincera. “I racconti di mio nonno erano già
inquietanti, ma
dopo aver dato uno sguardo a Storia
di Hogwarts non
ho molta voglia di entrare in quel covo di maghi oscuri”.
“Non
lo sono tutti” disse Al. “Il nome...”
“Eh
no!” sbottò James.
“La
sviolinata sul nome me la risparmio!” disse uscendo dallo
scompartimento e chiudendosi la porta alle spalle. Un po' a Penny
dispiacque, ma stare con Rose
e Al le piaceva. Era
sicura che sarebbero diventati amici. Non aveva tanti amici nel
mondo dei Babbani, probabilmente la maggioranza dei suoi conoscenti
la trovava strana. Non
li aveva mai capiti granché.
O forse loro non avevano capito lei. Immaginava
che dipendesse dai
punti di vista. “Il nome di chi?”
domandò incuriosita.
“Mi
chiamo Albus Severus, come due presidi di Hogwarts. Uno era un
Grifondoro, l'altro un Serpeverde. Mio
padre dice che era un uomo molto coraggioso, però”.
“Davvero?”
Credeva che tutti i Serpeverde, da Salazar all'ultimo bambinetto,
fossero malvagi.
“Come
mi ha ripetuto fino allo sfinimento
il mondo non è diviso in persone buone e Mangiamorte,
esiste sia luce che oscurità in ognuno di noi...” aggiunse.
A
quanto pareva si
era sbagliata. Esistevano delle sfumature anche tra quelli che
avrebbero dovuto essere i “cattivi”, come
immaginava ce ne
fossero tra i “buoni”.
“L'importante
è da che parte scegliamo di agire” concluse Rose
per suo cugino.
“Lo
dice spesso, credo glielo abbia detto il suo padrino prima che
morisse”, affermò Al. “Non è
stato molto fortunato Harry
Potter, almeno nella prima parte della sua vita”.
Improvvisamente
nella
testa di
Penny si accese una lampadina. Si vedeva che non era cresciuta tra i
maghi, o non ci avrebbe messo così tanto a collegare quel
cognome
alla storia che le aveva raccontato suo nonno: il Bambino
Sopravvissuto.
Il padre di Al aveva sconfitto Voldemort e i genitori di Rose
dovevano essere gli altri componenti del famoso Trio
che
aveva sconfitto i
Mangiamorte.
Suo nonno le aveva spiegato come era andata, a grandi linee.
Non riusciva a immaginare come si potesse arrivare a concepire magia
così oscura. Comunque, ora sapeva che Albus Severus Potter
era
figlio del bambino più famoso del mondo magico.
“Mio
nonno mi ha raccontato qualcosa della sua storia”. Si sentiva
un
po' in imbarazzo. Insomma, a lei sarebbe scocciato se la sua storia
familiare fosse stata scritta in tutti i libri e nota a
tutti.
“Tutti
sanno tutto della nostra
famiglia. La
giornalista Rita
Skeeter scrisse una biografia di mio padre, non autorizzata da
lui”
disse
Al.
Penny
non aveva idea
di chi fosse Rita Skeeter, ma immaginava che non fosse una persona
per bene, se aveva dato alle stampe una biografia non autorizzata.
Non tardò a confermarlo Rose.
“Mamma
l'ha
minacciata di trasformarla
di nuovo in qualche schifoso insetto,
se non avesse
ritirato il libro da ogni libreria del Mondo Magico” disse,
facendo
ridere Al. “Sai, mia madre sa essere abbastanza
persuasiva”.
Penny rise a sua volta. Sì, erano proprio una bella
famiglia, pensò.
“Penny!”
strillò un Albus sedicenne, scuotendola.
“Al
non urlare, ci
sento
benissimo”.
“Non
hai ascoltato
una parola di quello che ho detto” disse in tono accusatorio.
Non
poteva negare. Era così assorta nei suoi ricordi che non
aveva
sentito nulla.
“Non
è assolutamente vero!” rispose distogliendo lo
sguardo. Agli occhi
di Al non sapeva proprio mentire. Erano anni che ci provava, ma
niente. Erano così limpidi e sinceri che persino Salazar
Serpeverde
si sarebbe sentito in colpa a mentirgli.
Le avevano detto che era una caratteristica che aveva contraddistinto
sua nonna, prima di lui.
“Certo
che è vero!” fece lui. “E guardami
quando ti parlo!”
“Sembri
mia madre! E poi stai strillando, non parlando” disse
contrariata.
“Almeno
posso sapere a cosa pensavi?” chiese lui, tornando al suo
tono
pacato.
“Niente
di particolare, pensavo a quando ci siamo conosciuti”
disse sorridendogli. “A proposito, dov'è
Rose?” domandò,
accorgendosi dell'assenza della sua amica dallo scompartimento.
“Il
punto è proprio questo” grugnì
Al.
“Temo che mia cugina
si stia cacciando in un guaio...” Poi borbottò
qualcosa sul fatto
che gli amici di famiglia andrebbero tenuti lontani da casa. Penny
si spostò per guardarlo meglio; aveva
un'espressione
che non prometteva nulla di buono. “Ma che
succede?” chiese
apprensiva. Quando
si trattava degli amici diventava apprensiva.
“Succede
che da quando i gemelli Scamander ci sono venuti a trovare,
quest'estate, si è attaccata troppo a Lorcan”
rispose, serissimo.
Penny
si mise a ridere.
“Sei
un idiota,
Albus Severus Potter! Mi hai fatto prendere un colpo quando
hai detto che Rose era nei guai, peraltro. Mi
si è aperto un immenso scenario di possibilità
orribili. Nella mia
testa era in un altro scompartimento, attaccata da un nugolo di
folletti della Birmania, o presa in ostaggio da una banda di Troll, o
impegnata a combattere contro la reincarnazione di Tu-sai-chi,
o...”
“Ho
afferrato il concetto” replicò
Al.
“Non
volevo farti preoccupare; nessuno sta attentando alla sicurezza di
Rose,
ma quello Scamander la sta insidiando”.
“Quale
dei due?”
“Lorcan,
lo sapresti se mi avessi ascoltato”.
“Non
dirlo a Rose, ma non riesco a distinguerli” ammise.
“Come diavolo
fai?” Al rise.
“Rose
li distingue” precisò. Come se fosse un disonore
saper
riconoscere quale dei due gemelli fosse il farabutto che
“insidiava”
sua cugina. “Io
so solo che Lysander è quello con i capelli
lunghi”.
“Mi
spieghi cos'ha che non va quel ragazzo? È figlio di Luna
Lovegood,
non di un Mangiamorte.
Certo, forse la famiglia è un po' strana e il fatto che
leggano quel
che il nonno scrive sul Cavillo non contribuisce al...”
Ma Al non la stava minimamente ascoltando. Non sembrava interessato a
Lorcan in quanto tale, quanto al fatto che qualcuno potesse far
soffrire Rose. “Per
tutte le bacchette” sbuffò
Penny, “Luna
è la madrina di tua sorella,
quel ragazzo è un tipo a posto. Cosa ci sarebbe di male se...”
La
sua frase venne interrotta dall'ingresso di un ragazzo. I capelli
ricci e gli occhi scuri e profondi, che la scossero quando
incontrarono i suoi. Come sempre.
“Cosa?”
chiese
James.
“Rose e Lysander?”
“No”
ribatté Al, “Si parla di Lorcan”. James
sembrò ancora più contrariato, per nessun motivo
in particolare,
proprio come il fratello minore.
“Assolutamente
no! Quel tipo cambia ragazze come se fossero magliette. Non se ne
parla!”
disse.
“Non
è vero!” cercò di discolparlo Penny.
Era incappato nella furia di
quei due senza colpa, poverino.
“Lo fai passare per un seduttore seriale, mentre
avrà avuto tre
ragazze in tutto”. James sembrò ignorare
completamente quello che
aveva detto Penny e continuò per la sua strada, parlando con
Al.
“Be',
Rose è troppo piccola”.
“Rose
ha la
nostra età” disse Penny, guardando Al.
“Ed ha un
anno in meno di te, James” ritentò.
Stavolta lui
sbuffò. “Cosa c'è, sei diventata la
paladina dei gemelli
Scamander?” domandò
in tono acido.
“No,
sto solo difendendo il diritto di Rose ad uscire con chi le pare.
Merlino, siete davvero così possessivi, voi due?”
domandò
esterrefatta.
“PROTETTIVI”
la corresse Al, quasi stordendola. “Non
vogliamo che soffra”. Penny sospirò, pensando
all'espressione che
avrebbe avuto Rose se avesse visto quella scena ridicola.
“Ottimo”
disse. “Se con lei siete così protettivi
cosa intendete fare con Lily Luna?”
“Niente”
disse James. A Penny sembrava una risposta troppo ragionevole per
essere reale. “Insomma, è una bambina”
aggiunse. “E poi ha la
testa tra le nuvole, non uscirà con nessuno fino a
venticinque
anni”.
“Giusto”
gli fece eco Al. Penny lo guardò, stranita.
“Siete
seri?” chiese Penny, strabuzzando gli occhi.
Nessuna risposta. “Lily ha
quattordici anni, non
passerà poi così tanto tempo prima che anche lei
inizi ad uscire
con qualcuno”.
Al si era tappato le orecchie, mentre James la guardava come se
avesse appena detto che intendeva tatuarsi il Marchio
Nero.
“Merlino!
Siete due stramaledetti retrogradi! Lasciamo stare questo discorso, o
finirà male per
voi”. Stava già pensando di Affatturarli entrambi.
Avrebbe chiesto
aiuto a Rose, o poteva cavarsela da sola. L'avrebbero meritato.
“Intendiamoci,
Lorcan
è un bravo ragazzo. Siamo
cresciuti insieme” disse
James.
“Niente
di personale, quindi” gli fece eco Al.
“E
vorrei
vedere!” Una
voce femminile li
interruppe.
Rose spuntò sulla soglia dello scompartimento e si mise a
sedere,
incenerendo i suoi cugini con lo sguardo. Evidentemente aveva sentito
l'ultima frase e, conoscendoli, aveva immaginato l'argomento della
conversazione.
“Per
la cronaca, non
c'è nulla tra me e Lorcan” li
rassicurò. Peccato che quella
frase, accompagnata da un sospiro e da un espressione sognante, non
suonasse affatto come una rassicurazione. “E
me ne dolgo” aggiunse, teatrale. Al sembrava sorpreso dal
tono
franco della cugina, James stava per ribattere qualcosa, che Penny
sapeva sarebbe stato arrogante, indiscreto, o poco sensibile. O tutte
e tre le cose, se James era particolarmente ispirato. Lo
incenerì
con lo sguardo, e lui decise di tacere. La porta dello scompartimento
si aprì.
“Qualcosa
dal carrello, cari?”, chiese una voce familiare.
“Tre
Cioccorane
e una mou al gusto di caccole” rispose James, lasciando
schifata
persino la venditrice.
“Due
Cioccorane
e una Brioche
di Zucca”
disse invece
Penny.
“Cavolo!
Di
nuovo una figurina con la faccia di papà!” Al
era
evidentemente molto deluso dalla sua Cioccorana.
“Ancora?”
si lamentò James. “Non basta vederlo
a casa tutti i giorni! Non facciamo altro che trovare figurine
del Prescelto”.
“Devi
essere orgoglioso” ribatté Penny, tanto per il
gusto di
rispondergli. “Ha fatto molto ed ora è anche in
molte letture
aggiuntive di Storia della Magia”.
“Hanno
fatto bene ad aggiornare quel libro” commentò
Rose, riscuotendosi da quella specie di torpore che le era preso.
“Era
obsoleto”.
“Sei
viva allora, buono a sapersi!” scherzò
James.
“Oh,
piantatela di guardarmi così voi due!” ribattè
Rose, rivolta sia a lui che ad Albus.
“Non
ho detto nulla!” si difese Al.
“Tranquilla
Rose, in
tua assenza
ti difendo io!” la
rassicurò Penny.
“Qualcuno
che mi capisce”. Rose sospirò.
“Qualcuno
ha visto in giro Scorpius Malfoy?” domandò Penny
all'improvviso.
Si
era appena ricordata della promessa che aveva fatto l'anno
precendente.
“Perché?”
chiese
James. La sua voce suonava leggermente allarmata.
“Niente,
devo
sapere dov'è quest'anno”.
Lui sembrò non comprendere. “Non
voglio farmi cogliere impreparata, ma soprattutto voglio fargliela
pagare”. James parve ancora più confuso. Penny si
ricordò che lui
non ne sapeva nulla. Stava parlando più con se stessa che
con gli
altri. Non intendeva coinvolgere nessuno, ma si era ripromessa di non
farsi mai mettere i piedi in testa.
“L'anno
scorso” spiegò Al, “le ha fatto un
incantesimo che le ha fatto
sputare palle di pelo per tre ore di fila!” James
sembrò finalmente comprendere. Sul suo volto comparve
un'ombra.
“Sul
serio? Perché non mi avete detto niente? Dovrei
dare una lezione a quel...”
disse lanciandosi in una serie di
epiteti poco carini ma pienamente meritati.
“Posso
cavarmela da sola”.
Non
era del tutto vero. Lei non se l'era mai cavata da sola. C'erano
sempre Al e Rose con lei. Uno
per tutti, tutti per uno.
Era scritto ne I
tre moschettieri.
Suo padre glielo leggeva sempre, quando era bambina. Quel motto
rispecchiava perfettamente il rapporto che aveva con Al e Rose.
“Mi
avrai mandato mille gufi per chiedermi elenchi di incantesimi
dispettosi da fargli” disse
Al, serio. “Come se tu non ne conoscessi
abbastanza”.
“Ho
esagerato, ma tu non ti sei tirato indietro. Ne hai elencati circa
cinquanta”
gli
fece notare ridendo.
“Ma
quando è successo?” insistette James. Sembrava stranamente
seccato.
“Alla
fine dell'anno” rispose
Rose.
“Ero
con Al a ripassare per i G.U.F.O.” disse
Penny. “Eravamo
fuori, all'aperto. Non c'erano molte persone in giro, stavamo
vicino al capanno di Hagrid. Malfoy
e il suo amichetto Zabini si sono avvicinati.
Mi ha apostrofato in maniera poco carina… io
stavo per mettere mano alla bacchetta, ma lui è stato
più veloce”
disse tra i denti. Le bruciava ancora un po', anche se cercava di non
pensarci.
“No”
si intromise Al. “So quello che ho visto. Non è
stato veloce, è
stato scorretto. Aveva la bacchetta già in mano, era
lì con il
chiaro scopo di provocare. Sa che non ti fai mettere facilmente sotto
in un duello, quindi ha pensato bene di evitare uno scontro alla
pari”
concluse.
Effettivamente era andata così, ma Penny pensava lo stesso
di essere
stata lenta. Ci aveva messo troppo a sollevare la bacchetta, aveva
aspettato che si calmassero le acque. Sperare per il meglio non era
una grande idea, se c'era di mezzo Scorpius Malfoy. La prossima volta
avrebbe cercato di essere meno corretta. Meno Grifondoro, ecco.
“Quella
caccola di Troll con i capelli biondi...” borbottò
James.
“Oh,
non te la prendere” fece lei con un sorriso piuttosto finto.
“E'
dal primo anno che mi provoca; ci ho fatto il callo. Quest'anno
gli rendo pan per focaccia. Mi sono sempre lasciata sopraffare dal
mio stramaledetto istinto grifondoro. E così non va bene. Le
serpi
sono sempre avvantaggiate con noi, perché giocano
sporco”.
Proprio
in quel momento la sua ranocchia di cioccolato saltò fuori
dal palmo
della sua mano e cominciò a scorrazzare per lo
scompartimento; fece
un balzo e uscì dalla porta, rimasta aperta. Penny si
lanciò fuori,
voleva riprenderla a tutti i costi, visto che l'aveva pagata ben tre
zellini.
“Maledizione, torna qui!” esclamò
inseguendola. Era estremamente
agile, per essere una Cioccorana.
Fece
altri due balzi piuttosto lunghi, prima che potesse acchiapparla
di nuovo.
Una volta che l'ebbe riacciuffata, fece dietrofront per tornare allo
scompartimento, ma andò a sbattere contro un
ragazzo. Cioè, il ragazzo. James doveva essere uscito dallo
scompartimento, se era lì davanti a guardarla. Quegli occhi
scuri la
destabilizzavano sempre un po'. Quando era con altre persone cercava
di guardarlo il meno possibile. In genere ci riusciva, ma in quel
momento erano occhi negli occhi. Sentì una stretta allo
stomaco. Lui
non sembrava intenzionato a spostarsi, così fu lei a fare un
passo
indietro. Gli sorrise. “L'ho ripresa, alla fine...”
Lui le
sorrise di rimando, ma non rispose. Anzi, cambiò subito
argomento.
Era strano vederlo così serio.
“Qual'era
l'offesa?” Stava
chiaramente parlando della conversazione che avevano appena avuto.
“Mi
ha chiamata Sanguemarcio” disse dopo aver tentennato.
“Spesso
offende mia madre, oltre che me” aggiunse. “Questo
proprio non
riesco a sopportarlo”. Sapeva che era stupido, che avrebbe
solo
dovuto ignorare Malfoy, ma non ci riusciva.
“Non
devi giustificarti, non con me” la rassicurò.
“E poi, sei stata
anche troppo paziente con quel verme” disse mettendo tutto il
suo
disprezzo nell'ultima parola. Mentre parlava le fece una carezza
sulla guancia. Un gesto dolce, in contrasto col tono rude che stava
usando verso Malfoy. Non avevano quasi mai occasione di stare soli. E
in quel momento era tutto stranamente
intimo.
Le
sue membra si sciolsero a quel tocco caldo e
le conseguenze furono disastrose. La sua mano, serrata per un buon
motivo, automaticamente
si aprì e la sua Cioccorana, automaticamente,
saltò via e con un balzo sparì per sempre,
volando fuori dal
finestrino.
ANGOLO
AUTRICE
Salve
a tutti! Una
strega in famiglia
è
la
prima FF che scrivo, non so ancora cosa ne verrà fuori. Non
vuole
certo
essere un capolavoro, ma
una
cosa leggera e carina sulla
Seconda Generazione. Chiedo
il piacere, a quelli che leggeranno, di lasciare un commento. Critica
o elogio che sia, mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate
di questa storia.
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Capitolo 3 *** 2. Arrivo ad Hogwarts ***
Capitolo
2
Arrivo
a Hogwarts
Penny
distolse lo sguardo, ancora incollato a quello di James. Quegli occhi
castano scuro la tenevano ancorata a loro, ogni volta che si
soffermava a guardarli.
"La
mia Cioccorana!" esclamò, accorgendosi solo allora che era
saltata via da un pezzo.
"Mi
dispiace" disse James, smettendo di fissarla.
"Anche
a me!" rispose lei, desiderosa di parlare, per dimenticare la
morsa allo stomaco che sentiva. "Tre zellini buttati al vento,
letteralmente". James si fece da parte e lei lo precedette per
tornare nello scompartimento.
"Allora?
Torni vittoriosa?" domandò Al.
"No,
l'ho persa..."
"Come
hai fatto? Era una rana di cioccolata, non un maratoneta".
"Ehi,
era veloce!" Tentò di giustificarsi, senza guardarlo dritto
negli occhi. Quanto poteva essere veloce una cioccorana? Che scusa
patetica. Al la guardò con sospetto.
"Mi
sono distratta un attimo ed è saltata fuori dal finestrino"
spiegò, mettendosi a sedere. Nel mentre, James
farfugliò qualche
scusa, dicendo che doveva andare a chiedere non si capì bene
cosa a
Lysander Scamander. Sembrava ansioso di andarsene. Li lasciò
lì,
senza ulteriori spiegazioni.
"Merlino!
Perchè mio fratello sparisce sempre?" esclamò Al.
Rose sbuffò.
"Avrà
qualche intreccio sentimentale da coltivare..." rispose la voce
di un ragazzo appena sbucato dal corridoio. Perché nessuno
si
premurava mai di chiudere la maledetta porta del loro maledetto
scompartimento?
Alle
parole di Lorcan Scamander, appena comparso, Penny
sentì che
la stretta allo stomaco tornava. Non era più imbarazzo,
però. Era
gelosa? Forse si, ma non ne aveva diritto. L'aveva sempre saputo che
quella per James era una cotta a senso unico. Era un ragazzo sicuro
di sè e, a dirla tutta, anche abbastanza spigliato con le
ragazze.
Penny sapeva che l'aveva sempre vista come l'amica di Al e Rose, come
sapeva che avrebbe continuato a vederla così per sempre. Al
la
squadrò attentamente. A quel ragazzo non sfuggiva nulla.
Avrebbe
scommesso la propria bacchetta che l'aveva capito, che ci era rimasta
male. Rose era troppo presa dall'ingresso di Lorcan, per notare la
sua reazione.
Era
proprio partita di testa per quel ragazzo! Non le si poteva dare
torto: i gemelli Scamander avevano il loro fascino. Lorcan se ne
stava lì, gli occhi puntati su Rose. Una folta chioma di
capelli
biondi, come quelli di sua madre, incarnato decisamente pallido e due
occhi chiari e luminosi.
"Non
credo abbia una ragazza al momento..." rispose Al, tenendo
d'occhio Penny. Non voleva dire qualcosa che le dispiacesse.
"Potrebbe
averne mille... anche le ragazze di Corvonero vanno pazze per il
Cercatore Grifondoro!" disse ridacchiando. Sicuramente era ben
informato. Lui e il fratello appartenevano entrambi alla casa
Corvonero, come la madre prima di loro. Rose, che si era ripresa quel
tanto da dare un'occhiata all'espressione non proprio beata della sua
amica, desiderava ardentemente cambiare argomento. Aprì la
bocca per
parlare, ma fu preceduta da Al.
"Come
mai qui?" chiese. Sembrava si fosse ricordato solo allora che
era suo dovere detestare Lorcan, date le sue mire su Rose. Il ragazzo
rimase un po' sorpreso da quella domanda. Probabilmente stava
cercando una scusa plausibile, quando non ce n'era alcun bisogno. Era
già abbastanza plausibile il fatto che volesse andare a
vedere come
se la passavano i suoi amici.
"Mi
manda tua sorella" rispose.
"Lily?"
chiese sospettoso. "E' nel vostro scompartimento?" Penny
era sicura che le parole sottese a quel tono inquisitorio fossero:
"sei sicuro che sia solo questo il motivo?"
"Si,
è con noi". Lily Luna aveva quattordici anni e quando, tre
anni
prima, era stata smistata in Corvonero, era diventata compagna di
casa dei gemelli Scamander. "Mio fratello le sta mostrando degli
articoli di nonno sui nargilli, o qualche altra
strana
creatura" disse sospirando. Tra i due, Lysander era quello che
aveva ereditato maggiormente l'aria trasognata di sua madre. Si
interessava anche di ogni esserino invisibile e bizzarro, della cui
esistenza la madre o il nonno venissero a conoscenza. Era uno
studente estremamente brillante e intelligente, come anche Lily.
Entrambi perfettamente in linea con le voci sui Corvonero, che si
erano sempre vantati di essere i più studiosi e ingegnosi di
Hogwarts. Oltretutto, Lily Luna sembrava avere alcuni degli stessi
strani interessi di Lysander. La teoria di Al era che li avesse
assorbiti direttamente dalla sua madrina la prima
volta che
l'aveva presa in braccio.
"C'è
anche Hugo?" chiese Rose. Il fratello, della stessa età di
Lily, era molto legato alla cugina. A maggior ragione da quando erano
stati Smistati entrambi nella stessa Casa. Anche Hugo era un
Corvonero: niente di strano, visto quanto era pignola e studiosa sua
madre. Una Corvonero mancata, praticamente. A quanto ne sapeva Penny,
Hermione era una Grifondoro, ma Testurbante con Corvonero. Il
Cappello Parlante ci aveva messo diversi minuti a decidere in quale
delle due Case smistarla.
"Sì,
è impegnato
a insultare un Serpeverde del terzo anno" disse con noncuranza.
Rose era
immensamente apprensiva, riguardo a suo fratello. Si sentiva
responsabile per lui. "Meglio che vada a controllare" disse
uscendo di corsa dallo
scompartimento,
probabilmente con il duplice scopo di sedare la lite e di stare sola
con Lorcan.
"Stai
bene?" le domandò Al.
"Non
dovrei?" disse Penny, sorpresa da quella domanda.
"Sono
bravo a capire le persone in generale. Quanto credi che fatichi a
capire se qualcosa ti da fastidio? Insomma, sei la mia migliore
amica. È come giocare in casa" disse sorridendo.
"Merlino,
quanto ti odio" fu la sola risposta di Penny. Al non ci
cascò
neppure per un secondo.
"Ti
voglio bene anche io" disse.
"Sto
bene, davvero. Non vedo perchè dovrei avere qualcosa che non
va".
Lui sbuffò, probabilmente annoiato dalla scarsa
capacità di mentire
della sua amica.
"Penny
Shane, il fatto che tu non me ne abbia parlato, non mi ha impedito di
capire che hai una cotta per mio fratello". Lei lo guardò
infastidita; lui sorrise, fiero della sua azzeccata deduzione. Le si
leggeva in faccia, che aveva colto nel segno.
"Non
è vero, non ho una cotta per James" provò a dire.
Sapeva che
era un tentativo debole e che avrebbe ammesso la colpa in breve
tempo. Al l'avrebbe fatta crollare subito. Però fu Rose,
appena
rientrata, a rispondere al suo posto.
"Si
che hai una cotta per James" disse, ovvia. "Bella grossa,
direi".
"Silenzio"
replicò. "Non voglio sentire nulla da te. Quando guardi
Lorcan
ti mancano solo gli occhi a cuoricino". Rose non si lasciò
deviare.
"Vero,
ma non sei messa meglio".
"Rose,
smettila" disse
lei. "Non potete..."
Le
sue parole furono interrotte dall'improvviso rallentare del treno.
Erano già arrivati, evidentemente. A Penny sembrava passata
mezz'ora
da quando erano partiti. Scostò la tendina che copriva il
vetro del
finestrino: fuori era buio pesto, la notte era già scesa. La
luce
artificiale che illuminava lo scompartimento le aveva impedito di
accorgersi che il sole era tramontato. Pian piano, il treno si
arrestò completamente.
"Siamo
arrivati" constatò ad alta voce Penny, cominciando a
prepararsi. Si era già cambiata all'inizio del viaggio,
abbandonando
i suoi abiti babbani a favore della divisa della scuola,
perciò
dovette infilarsi solo il mantello, prima di scendere. Come sempre,
non dovevano preoccuparsi di prendere i bauli e gli animali.
Avrebbero trovato i loro effetti nei dormitori, grazie agli Elfi
Domestici che lavoravano alla scuola. Usciti dallo scompartimento, si
aggiunsero alla calca degli studenti che cercavano, premendo e
spingendo gli altri, di uscire all'aria aperta. Alla fine riuscirono
a scendere incolumi dal treno, nonostante la ressa che avevano dovuto
affrontare. Sulla banchina erano in tanti, una folla. Tutti visi
noti, tranne quelli degli studenti nuovi, pronti ad iniziare il primo
anno. Un omone grande e grosso, con lunghi capelli grigi e un barbone
folto, intricato almeno quanto la capigliatura, si avvicinò
con una
lanterna in mano.
"Primo
anno, seguite me!" urlava a gran voce.
"Ciao
Hagrid!" lo salutò. L'uomo le rivolse un sorriso. Sei anni
prima, l'aveva accolta con favore in quanto amica dei piccoli Potter
e Weasley. Ma, conoscendola, si era affezionato a lei come agli
altri, benchè non fosse figlia di maghi famosi. Era sempre
contento
di vederli scendere dal treno. Era inredibile che un Mezzogigante,
dall'aspetto così imponente e rude, potesse nascondere tanta
dolcezza.
"Sempre
insieme voi tre, eh!" disse. "Mi ricordate un altro trio,
non smetterò mai di dirlo..." Era vero.
"Ce
lo dicono in molti, ma non ci cacciamo nei guai quanto loro"
rispose Rose. Hagrid rise e scosse il capo. "Ci vediamo al
castello, ora non posso fermarmi a parlare. Devo radunare i
novellini". Come tutti gli anni, gli studenti del primo anno
venivano condotti ad Hogwarts da Hagrid, attraversando il lago con le
barche. I loro volti erano piuttosto spauriti, non sapevano cosa
aspettarsi. A Penny fecero tenerezza. I tre, invece, si avviarono a
prendere le carrozze, insieme a tutti gli altri. Sapevano cosa le
trainava, ma nessuno dei tre vedeva i Thestral. Nessuno di loro, per
fortuna, aveva mai visto qualcuno morire. Presero la carrozza insieme
ai gemelli Scamander, ancora in compagnia di Lily e di Hugo.
"Salve,
sorella Corvonero" esclamò Al. "Finalmente ti si vede".
"Oh,
scusatemi...", ripose con aria stralunata, "ma Lysander mi
stava illuminando su delle creature straordinarie".
"Di
che si tratta?" chiese Penny.
"Gorgosprizzi!"
rispose Lysander entusiasta, lanciandosi in una descrizione
dettagliata di quelle creature, visibili solo attraverso degli
occhiali speciali.
"Capisco"
rispose lei, non troppo interessata. Nel frattempo, Rose prese posto
di fianco a Lorcan; parlottarono tra di loro per tutto il tragitto,
fino al castello.
"Nessuna
traccia di James" commentò Al sottovoce, rivolto a Penny.
"Pare
di no" rispose lei, con finta noncuranza. Lui provò a
parlare,
ma lei lo bloccò. "So esattamente quello che stai pensando,
e
la mia risposta è no. Non mi interessa dov'è, non
ho una cotta per
lui". Al la guardò dubbioso, aggrottando la fronte.
"Veramente"
replicò, "stavo per dire che muoio di fame". Penny
arrossì
lievemente: si era data la zappa sui piedi da sola. Magnifico!
"Non
c'è bisogno che ti dica che il solo fatto che tu ci abbia
pensato,
dimostra che la mia tesi è esatta" dichiarò. "Hai
una
cotta per James".
"Parla
piano!" lo ammonì. "Vuoi che ti senta tutta la foresta?"
Al rispose con un'alzata di spalle. Facile per lui, pensò
Penny. Non
era lui che avrebbe dovuto sopportare i risolini degli altri, se
quella cosa si fosse venuta a sapere. In
realtà, a
preoccuparla era la possibilità che la voce giungesse alle
orecchie
di James; delle altre persone le interessava relativamente.
Però non
era un buon motivo per urlare ai quattro venti i suoi sentimenti.
Tentava di pensare il meno possibile a quel sentimento in
particolare. Quando lo faceva, si sentiva un'idiota.
"Voglio
che mi senta tu" le disse, pacato. "È ora che tu ammetta i
tuoi sentimenti".
"Chi
sei? Il mio psicanalista?" Penny provò un moto di rabbia
verso
l'amico, e se ne vergognò.
"Prego?"
chiese Al, evidentemente confuso. Ovviamente non aveva la minima idea
di cosa fosse uno psicanalista.
"Oh!
Lascia perdere... roba da babbani".
"Comunque
dovresti farlo" continuò a dire. "Io a te lo direi".
Ottimo, Al stava tentando di buttarla sul patetico!
"E'
inutile che tenti l'approccio mi-hai-offeso-nel-profondo,
non
attacca". Il suo tono suonò più acido di quanto
avrebbe
voluto. Comunque sortì l'effetto sperato e Al
sembrò accantonare
l'argomento, almeno per il momento.
Scesero
dalla carrozza ed entrarono nel castello, senza aver scambiato una
sola parola. Sapeva che non era veramente offeso con lei, sebbene
gli avesse
risposto male. Dopotutto, Al aveva ragione. Insomma, lui e Rose erano
i suoi migliori amici. Del resto, per
Penny
era un argomento
delicato.
James: fratello del suo migliore amico, cugino della sua migliore
amica. Un ragazzo irraggiugibile, che probabilmente non l'aveva mai
guardata se non in quanto compagna
di Casa e, forse, amica.
L'atteggiamento
mentale che aveva scelto di mettere in pratica era un banale "non
ci pensare".
Una tattica del tutto fallimentare, a dirla tutta. Ci pensava eccome.
Era colpa di James se non era ancora riuscita a instaurare un
rapporto duraturo con un ragazzo. Fatta
eccezione per un ragazzo Babbano,
un vicino di casa, non aveva avuto alcun tipo di contatto con il
genere maschile. Non che avessero condiviso
chissà quale
intimità emotiva...
Durante l'estate precedente, prima del quinto anno, si erano
scambiati qualche bacio. Niente di che, insomma. Erano stati insieme
un mese, poi fine della cosa. Tutto questo perché
lei pensava a James Sirius Potter. Merlino, quanto avrebbe voluto
trovare un modo di levarselo dalla testa. Non
le piaceva piangersi addosso. Non voleva dare
fastidio
gli amici o farsi compatire da loro. Non aveva bisogno di James per
essere felice.
Doveva solo riuscire a metabolizzare la cosa. Si
diresse come un automa verso la Sala
Grande,
il cuore
pulsante
di Hogwarts. Era così bello trovarsi
lì di
nuovo, pensò.
Le
tavolate delle quattro Case erano già apparecchiate per la
cena. Non
ci aveva pensato fino ad allora, ma si accorse di avere una gran
fame. Si diresse verso la tavolata dei Grifondoro, per prendere posto
vicino ai suoi amici. Rose si era dovuta separare da Lorcan, unitosi
ai Corvonero.
"Al...",
fece Penny sedendosi accanto a lui, "ce l'hai ancora con me?".
Lui la guardò e per un po' non le rispose. Penny
continuò a
fissarlo.
"Non
ce l'ho mai avuta con te" le disse infine. "Non sei stata
molto cortese, va bene, ma sei tu che ti sei ammutolita. Ho solo
pensato di non disturbarti". La sua voce era morbida e pacata,
come sempre.
"Meglio
così" disse sorridendo. "Non sopporto di litigare con te.
Ogni volta riesci a farmi sentire in colpa, da sempre. Perfino quando
ho ragione". Lui sorrise di rimando, e Rose parve finalmente
tornare nel mondo comune. Si era seduta di fronte a loro, dall'altro
lato della tavolata.
"Che
avete da confabulare, voi due?"
"Nulla"
risposero in coro.
Il
tintinnio di un bicchiere attirò la loro attenzione. La
McGranitt,
in qualità di Preside, si accinse a fare il discorso di
inizio anno.
"Do
il benvenuto a tutti gli studenti, soprattutto ai nuovi arrivati!"
Così dicendo, si rivolse ai ragazzi del primo anno. "Prima
del
banchetto si svolgerà la cerimonia di Smistamento nelle
Case". Sotto gli occhi di tutti, come ogni anno, si consumò
il rito di
iniziazione della scuola. La Preside chiamava i loro nomi e
i
novellini venivano posti, uno alla volta, su di una sedia. Poi, il
Cappello Parlante stabiliva la Casa che li avrebbe ospitati per i
sette anni successivi.
"Mi
diverte immensamente vedere le loro faccette spaurite, un attimo
prima che il cappello decida la loro sorte".
"Vergognati
Rose Weasley!" le disse Al ridendo.
"Non
ti ricordi come eravamo agitati noi, al nostro smistamento?"
Penny si mostrò orripilata dall'insensibilità
dell'amica.
"E
non ti ricordi quanto ci infastidì il fatto che mio fratello
James
ridacchiasse, proprio come stai facedo tu ora?" aggiunse Albus.
Mentre la McGranitt continuava a chiamare gli studenti, Penny
riuscì
a scorgere James, lungo la tavolata.
Fu
stupita nel constatare che la stava guardando. Non appena i loro
occhi si incrociarono, distolse lo sguardo e voltò la testa
dall'altro lato. Da come Rose la stava guardando, capì che
la cosa
non le era sfuggita.
"Ma
quanto dura questo Smistamento?" fece Al.
"Ho
una fame da lupi!" si lamentò Penny. "Spero che si
sbrighino, e che ci siano poche serpi fra i novellini".
"Ci
pensate a quanto tempo è passato da quando c'eravamo noi, al
posto
loro?" disse Rose.
Il
trio fece il suo ingresso in una grande sala, che fino ad allora
avevano sentito nominare unicamente nelle descrizioni dei propri
parenti. Rose e Al in quelle dei propri genitori, Penny solo in
quelle del nonno. La realtà superava decisamente le loro
aspettative. Benchè fosse enorme, la sala non era affatto
dispersiva, era molto accogliente. Penny si sentì a casa.
"Voi
del primo anno, venite avanti!" disse una donna dall'aspetto
austero. Aveva i capelli grigi raccolti in una crocchia e un paio di
occhiali squadrati, poggiati sul naso. Un'espressione severa in
volto; una severità che tuttavia non era durezza. Non le
incuteva
terrore, ma un profondo rispetto. Portava un cappello a punta e un
vestito verde, molto lungo, di foggia quasi medievale. A Penny
piacque immensamente; quella donna rispecchiava in tutto e per tutto
l'idea che lei si era fatta di come dovesse essere una strega.
"Sono
Minerva McGranitt, Preside della scuola e insegnante di
Trasfigurazione. Ora vi accomoderete sullo sgabello e il cappello
parlerà" spiegò sbrigativamente. E
così fecero. Ognuno si
sedeva e aspettava.
"Grifondoro!"
fu il responso sia per Rose che per Al. Nel frattempo, Penny
continuava a chiedersi quando sarebbe venuto il suo turno. Quando
finalmente la McGranitt pronunciò le fatidiche parole:
"Penelope
Shane", la bambina si avvicinò lentamente, intimorita da
quel
buffo cappello, un lembo del quale era piegato in un sorrisetto
sghembo. Non le ispirava alcuna fiducia, a dire il vero.
"Siediti,
ti assicuro che non morde" le disse la donna, in tono
rassicurante. Penny doveva avere un'espressione molto preoccupata in
volto.
"Penelope..."
le sussurrò il cappello, " vediamo... intelligenza,
sensibilità: forse una Corvonero. Una estrema
lealtà... Tassorosso.
Vedo anche coraggio e spirito d'iniziativa". Penny cominciava a
sentirsi inquieta, desiderava di finire nella casa di Al e Rose.
Negli anni, si era convinta che il cappello l'avesse, in qualche
modo, percepito. Lo strappo che formava la bocca del cappello si
mosse con decisione. "Grifondoro!" tuonò. La parola
risuonò in tutta la Sala Grande. Penny corse a sedersi e fu
accolta
dagli applausi dei compagni di Casa. Si sistemò accanto a
Rose e Al,
gli unici che conosceva. "Sono contenta che siamo nella stessa
casa", le disse Rose, sorridendole.
Erano
passati anni, eppure era ancora lì. Seduta alla tavolata dei
Grifondoro, insieme agli stessi ragazzini che aveva conosciuto in
treno. Sorrise a quel pensiero rassicurante. Finalmente lo
Smistamento si concluse e la McGranitt riprese a parlare.
"Sarete
tutti molto affamati, quindi sarò breve. Il signor Gazza
vuole che
vi rammenti di non girare per i corridoi dopo il coprifuoco e di non
infastidire i fantasmi". Ci fu un mormorio generale.
"Infastidire
i fantasmi! Questa è bella!" borbottò Penny,
interpretando
quello che doveva essere il pensiero di tutti gli studenti. "Ma
se sono loro che non ci lasciano un minuto in pace! Non vedo come si
possa infastidire un tipo come Pix".
"Inoltre"
continuò la Preside in tono autoritario, "ricordo a tutti
che
la Foresta Proibita si chiama così per un buon motivo:
è vietato
l'accesso. Ora, non mi resta che augurarvi buon appetito!"E con
un gesto delle mani fece comparire ogni ben di dio sulle tavolate.
Andò a sedersi con gli altri insegnanti mentre gli studenti
si
lanciavano con foga sul cibo.
"Chissà
che orari abbiamo, questo semestre!" disse Al, a bocca piena.
"Non
ne ho idea" rispose Penny. "Spero solo che non ci siano
troppe lezioni in comune con Serpeverde". Non aveva dimenticato
i propositi di vendetta contro Malfoy e i suoi amichetti, ma meno
incontrava quella gente e meglio stava.
"Ti
ho visto piuttosto combattiva, sul treno..." disse Rose
squadrandola attentamente. "Eri seria quando hai detto che vuoi
vendicarti per bene?"
"Serissima"
rispose lei. Non le andava di mentire, nemmeno se serviva a
tranquillizzare la sua amica.
"Vuoi
cacciarci nei guai ancora prima che inizi il semestre?" le
chiese Al, piuttosto divertito.
"Non
vedo come potrebbero incolpare voi, è una cosa che riguarda
me".
"A
volte mi chiedo se ragioni prima di aprire la bocca!", le
rispose, alzando gli occhi al cielo.
"Perchè?"
"Oh
piantala! Se ti scontrerai con Malfoy, noi saremo al tuo fianco"
rispose Rose, il tono ovvio. Come se fosse una sciocchezza da
ribadire. "Quando mai abbiamo fatto qualcosa separati?"
Penny abbozzò un sorriso, mentre Al si limitò ad
annuire.
"Solo"
aggiunse, "non metterti nei guai".
"Sei
saggio Al" lo celiò Rose.
"Be',
dobbiamo
almeno organizzarci prima di attaccare"
ribattè
lui, facendole ridere.
Si
rituffarono tutti sullo stufato e quando il banchetto
terminò era
già tardi. I
prefetti si affrettarono ad accompagnare gli studenti nei loro
rispettivi dormitori.
"Grifone"
sussurrò uno dei Grifondoro, accalcati davanti all'ingresso
della
Sala Comune.
"Grifone?"
ripetè incredula Penny. "Ma chi le sceglie le nostre parole
d'ordine?"
"In
effetti non sono proprio originali!" disse una voce dietro di
lei. Voltandosi, incontrò gli occhi di James e il suo
sorriso. Non
era affatto turbato, come le era sebrato sul treno. O non lo era
più,
o era stata solo una sua impressione.
"Ciao
James!" disse tranquilla, ignorando l'aumentare dei propri
battiti cardiaci. Aveva imparato a fingere indifferenza piuttosto
bene, nel tempo... almeno sperava fosse così. Il ritratto
della
Signora Grassa si sospinse in avanti per lasciarli passare. Pian
piano tutti i ragazzi e le ragazze entrarono nella Sala Comune, calda
e accogliente come al solito. Durante l'anno, a quell'ora in molti si
fermavano a chiacchierare lì, invece di andare a dormire. Ma
la
prima sera erano talmente stanchi per il viaggio che andavano dritti
dritti a coricarsi. Penny salutò Al e si diresse con Rose
nei
dormitori femminili. I loro letti erano l'uno accanto all'altro.
Giunte in camera trovarono lì i loro bauli, si diedero la
buonanotte
e si misero in fretta sotto le coperte. In un batter d'occhio
entrambe erano già profondamente addormentate, cullate dalle
braccia
di Morfeo.
"Svegliati,
Penny!" trillò Rose.
"Cinque
minuti ancora, mamma!" rispose Penny supplichevole. Questo non
sembrò impietosire la sua amica, che per tutta risposta
prese a
scuoterla piuttosto violentemente. A quel punto, Penny si
alzò dal
letto – piuttosto cadde – stropicciandosi gli occhi
e
realizzando che non era sua madre, ma Rose.
"Mi
ero scordata dei metodi brutali che usi per svegliarmi!",
protestò, "E io che mi lamento di mia madre". L'amica
sbuffò e le rispose con una smorfia.
"Sei
davvero insopportabile!" aggiunse sbadigliando.
"Lo
sarò ancora di più se mi farai arrivare tardi a
lezione di
Trasfigurazione, PENELOPE!" gridò.
"Non
strillare!" la rimproverò. "E per tutte le cavallette, non
chiamarmi Penelope, lo sai che mi da fastidio".
"E
allora sbrigati!" fu la risposta stizzita che ricevette. Si
vestì più in fretta che potè e scesero
di corsa. La Sala Comune
era deserta, segno che erano già tutti a fare colazione.
Affrettarono il passo e si diressero in Sala Grande, dove
individuarono Al e si sedettero di fronte a lui.
"Ma
dove diavolo eravate?" chiese masticando quella che una volta
era stata una Brioche di Zucca.
"Chiedilo
a Penny, che non voleva alzarsi!" gli rispose sua cugina,
strappandogli una risata. Anche Al sapeva bene che alzarsi la mattina
non era il suo forte, la cosa lo divertiva. Ogni anno Rose ci teneva
a ribadire quanto fosse dura svegliarla, e ogni anno discutevano per
quello stesso motivo. Era tradizione, ormai.
"Uffa!"
si lamentò Penny, versandosi del Succo di Zucca. "Intendi
tenermi il broncio tutte le mattine?"
"Problemi
con la sveglia?", chiese ironico James, fresco e sorridente,
sedendosi accanto ad Al, di fronte a lei. Lei fece una smorfia e non
rispose. Lui continuò a parlare.
"Come
sei scontrosa! Rose ti ha svegliato male?".
"Tua
cugina
mi sveglia sempre male" ribatté, fulminandola con lo
sguardo.
"E poi non c'è modo di svegliarsi bene, per le persone che
amano dormire!" aggiunse. Lui non rispose e si limitò a
sorriderle. L'ultima cosa che avrebbe dovuto fare, dato che
contribuì
solo a mandarla
più in confusione di quanto già non lo fosse. Non
poteva sorridere
così, non di prima mattina. Merlino, non era preparata!
Notò Al che
la guardava di sottecchi, sorridendo sotto i baffi, e smise di
fissare James. Finirono
di fare colazione e si diressero verso l'aula di Trasfigurazione.
La McGranitt, nonostante fosse ormai Preside,
faceva i salti mortali per mantenere anche la sua cattedra. Amava
troppo insegnare per potervi rinunciare.
"Leggera
come lezione, alla prima ora", commentò Al sbuffando.
"Non
lamentarti" disse Rose con fare sconsolato. "Dopo abbiamo
Erbologia..."
"Non
mi piace il tuo tono" disse Penny. Non presagiva nulla di buono.
"Con
i Serpeverde" concluse Rose, a denti stretti.
"Non
voglio fare lezione con quelle serpi viscide" si lamentò Al.
Penny pensò che non avrebbe dovuto dare ascolto a Malfoy se
l'avesse
provocata. Non alla lezione del professor Paciock. Fecero il loro
ingresso nell'aula, ma la McGranitt aveva già iniziato a
spiegare.
Li fulminò con lo sguardo. Non sopportava i ritardatari, lo
sapevano
bene.
"Ci
scusi tanto professoressa..."
"Sedetevi"
fu la laconica risposta, accompagnata da un'occhiata glaciale.
Presero posto e iniziarono a seguire la lezione, che per fortuna
condividevano con i Tassorosso. "Ripetete con me" insisteva
la McGranitt, senza arrendersi all'evidente inettitudine dei suoi
studenti. "Uno, due, tre: Incarcifors". Tutti erano
assonnati e poco concentrati; provarono a eseguire l'incantesimo, ma
senza grandi risultati.
"Quale
sarebbe lo scopo?", chiese Alice, seduta accanto a Penny. Una
bella ragazza di sedici anni, lunghi capelli biondi, occhi verdi, e
un incarnato roseo. Aveva un aria dolce, che ispirava tenerezza. Era
una sua cara amica, nonchè compagna di dormitorio sua e di
Rose.
"Da
quello che ho capito" sussurrò Penny, "l'incantesimo
trasforma gli oggetti in gabbie".
"Quindi,
dovrei mutare il calamaio in una gabbia?" domandò perplessa
Alice.
"Direi
di si..." rispose Penny, non meno dubbiosa sulla riuscita di
quell'incantesimo. Entrambe fecero innumerevoli tentativi. Scuotevano
la bacchetta, fissavano intensamente il calamaio, pronunciavano
l'incantesimo e... non succedeva un bel niente. Alice e Penny si
guardavano sconsolate. Al banco davanti al loro, Albus e Rose non
sembravano avere maggior fortuna con l'incantesimo. A fine lezione,
il miglior risultato fu quello di una Tassorosso: era riuscita a far
comparire la gabbia, senza però trasformare completamente il
calamaio, con pessime conseguenze. L'inchiostro, non più
contenuto
nel vetro, era fuoriuscito dalla gabbia, inondando la ragazza in
questione e la sua compagnia di banco.
"Per
oggi è tutto!" aveva annunciato la Preside, con
un'espressione
rassegnata. I Grifondoro si alzarono e si diressero alle serre, come
se stessero andando al patibolo.
"Meno
male che c'è il professor Paciock" disse Penny.
"Parla
per te" rispose Alice. "Non la giudico una cosa positiva".
"Perchè
dici così?", chiese Rose.
"E
me lo chiedi? Ma vi ricordate il quarto anno? Anche allora avevamo
Erbologia con Serpeverde... e papà non faceva che trovare
scuse per
rimproverarmi".
"Non
è vero" disse Penny.
"No,
infatti! Il più delle volte mi ignorava..."
"Solo
perchè non voleva che dicessero in giro che fa dei
favoritismi"
lo difese Al. Alice Paciock gli fece un sorrisetto e voltò
il capo.
"Lo so" rispose, "ma non è giusto. Non era affatto
normale, che quando sapevo la risposta ad una domanda, la dovessi
suggerire a Rose o a Penny, per non sentire i commenti delle persone.
Insomma, sono una Grifondoro anche io. Ho diritto di procacciare
punti per la mia casa". Domanda retorica, era ovvio che ne
avesse il diritto. Però bisognava ammettere che Erbologia
con le
serpi era dura anche per il professor Paciock. Scorpius Malfoy non
faceva altro che prenderlo in giro. A buon bisogno, era perfino
peggio di quello che era stato Draco. Quello che Alice non sapeva,
era che suo padre Neville aveva già deciso di non prestare
attenzione dei commenti dei Serpeverde. Non appena aveva saputo
l'orario che gli sarebbe toccato, aveva stabilito un patto con se
stesso. Alice non poteva andarci di mezzo, solo perchè i
Serpeverde
inventavano favoritismi dove non c'erano. Si era reso conto che con
lei non aveva agito bene, due anni prima. Si sarebbe comportato come
si comportava con gli altri studenti: gentile e disponibile. Lo era
con tutti, o almeno ci provava. C'erano un paio di elementi con cui
la cosa non gli riusciva facile. Scorpius Malfoy, ad esempio.
Aveva
un'aria di maligna perversione, ogni volta che infastidiva qualcuno.
Si divertiva ad offendere, o a sfidare gli insegnanti. Neville
Paciock aveva sentito gli insulti del padre, da studente. Ora, da
insegnante, doveva sopportare quelli del figlio. E se con Draco
poteva scontrarsi faccia a faccia o rispondere per le rime, con
Scorpius non poteva. Non era il tipo di insegnante che utilizza a
proprio vantaggio la sua posizione di superiorità. Tutto
quello che
poteva fare era limitarsi ad assegnare castighi e togliere punti alla
casa.
I
quattro ragazzi entrarono nella serra, sistemandosi l'uno accanto
all'altra. Davanti a loro c'erano delle piante dall'aspetto insolito.
Alice era l'unica a sapere di cosa si trattasse. Conosceva tutte le
piante che venivano citate a lezione, poichè casa sua ne era
piena.
Per un periodo avevano avuto anche una pianta carnivora; lei aveva
così tanta paura di restare sola in casa che passava tutto
il tempo
al Paiolo Magico, con la madre. Hannah Abbott aveva
acquistato
quel luogo molti anni prima e lo gestiva egregiamente. Aveva un'aria
molto meno cupa di quanto non l'avesse sotto la precedente gestione.
La cosa non sembrava disturbare i vecchi clienti, fedeli come sempre.
Ci si potevano trovare streghe dai cappelli a punta, maghi con buffi
cilindri e una quantità di creature strane. Perfino il nonno
di
Penny, ci si poteva trovare. Conosceva molto bene Neville e Hannah
Paciock: era un cliente abituale, come molti dei suoi vecchi amici.
Trovava che il locale fosse molto migliorato, da quando se ne
occupavano loro. Anche Penny ci era stata diverse volte, anche
perchè
da lì si poteva accedere a Diagon Alley. La maggioranza dei
babbani
che passavano davanti a quella porta scura e insignificante, in una
Londra affaccendata e frenetica, non avevano la minima idea di quello
che si celava lì dietro. La cosa la divertiva.
"Buongiorno
ragazzi!" li salutò Neville allegramente.
"Buongiorno
Professor Paciock!" risposero in coro i Grifondoro, con
l'aggiunta di alcuni Serpeverde, evidentemente più educati
degli
altri.
"Oggi
c'è un argomento piuttosto interessante: impareremo tutto
sulla
Carnivora Nephentes Villosa..." Penny vide Scorpius
sghignazzare. Perché doveva essere così mlaligno?
"Sarà
un'altra lezione inutile su piante insulse come lui" lo
sentì
dire. Voleva Schiantarlo subito; la sua mano si stava avvicinando
alla bacchetta, ma quella di Al, che si era accorto di quella manovra
pericolosa, la trattenne dal fare qualsiasi gesto inconsulto. Poi
lasciò la presa. Penny mimò un "grazie" con le
labbra,
silenzioso.
"E
di preciso a che serve?" chiese Al per sovrastare le battute di
Malfoy.
"A
molte cose, in effetti. Una su tutte, la più importante,
è quella
che mi accingo a spiegarvi. Qualcuno sa di cosa sto parlando?".
Alice
alzò lentamente la mano, convinta di vedersi rifiutare la
possibilità di parlare, invece Neville annuì.
"La
cosa veramente importante di questa pianta è il succo che se
ne
estrae. È utile in diversi campi, ma soprattutto serve a far
crescere i peli ad una velocità incredibile". Lo disse
sicura
di sè. Erbologia era la sua materia preferita.
"Cinque
punti a Grifondoro!" disse Neville, cercando di mantenere un
tono neutro. Dentro di sè era fiero di sua figlia e felice
di dare
punti alla sua vecchia e amata casa. La lezione di Erbologia
sembrò
volare; l'argomento era interessante e i Serpeverde sembravano
più
buoni del solito. Si limitarono a qualche battutina su Alice Paciock.
Scorpius continuava a guardare in cagnesco il suo trio preferito:
Rose, Al e Penny. Neville assegnò un paio di capitoli da
studiare e
poi furono tutti liberi di andare a pranzo."Hai visto!"
disse Al sorridendo ad Alice, mentre uscivano dalla serra. "Non
solo ti ha fatto parlare, ma ti ha anche assegnato dei punti".
"Ha
capito che deve trattarmi come tutti gli altri" rispose la
ragazza, visibilmente soddisfatta del comportamento di suo
padre.Insieme risalirono il pendio erboso che li riportò al
castello. La sala grande era gremita di gente. Rose e Penny si
sedettero l'una vicino all'altra, con Al e Alice di fronte. Con la
scusa di passarle le patate, Penny chiese a Rose di Lorcan,
ovviamente sottovoce. Non voleva farsi sentire da tutta la tavolata.
Non era come Al, lei. "Rose, dimmi la verità, che
c'è tra voi
due?". Rose le rivolse uno sguardo incerto. "Tranquilla,
non dirò nulla ad Al, tantomeno a James" disse, rispondendo
a
una domanda non ancora formulata. Rose parve soddisfatta.
"Niente,
per ora". Penny la incalzò insistentemente, se sperava di
liquidarla così sbagliava. Le avrebbe estorto la
verità. "Ok,
mi piace" ammise in fine, esasperata. Penny la squadrò,
alzando
un soracciglio. Non se la sarebbe cavata tanto a buon mercato. "E
va bene, mi piace molto. Credo di essermi innamorata, ecco".
"Questa
si che è una dichiarazione degna di nota!" fece Penny.
"Non
so nemmeno che cosa ne pensi Lorcan. Merlino! Se solo parlasse!
Insomma, sembra che io gli piaccia" disse, cercando conferma
nello sguardo dell'amica.
"Ma
Rose, è cristallino! Ha occhi solo per te, e se mi sbaglio
significa
che è lui ad essere pazzo!" rispose comprensiva.
"Parlavate
di me? Ho sentito la parola pazzo..." James aveva
il dono
di sentire solamente l'ultima parte di ogni conversazione. Ed era
molto meglio così.
"No,
James!" rispose Rose sbuffando, mentre il cugino, sbucato
chissà
da dove, si sedeva tra lei e Penny, interrompendole definitivamente.
"Come
fai ad essere sempre così allegro?" Penny non si trattenne
dal
dirlo: pessima idea! Lui si girò verso di lei. Erano vicini.
Gli
occhi di lui direttamente nei suoi. Stava per andare in
iperventilazione, se lo sentiva! Quando si trovava troppo vicina a
lui cominciava a ragionare in maniera sconnessa, focalizzando la sua
attenzione sui particolari fisici di James. In quel momento
spostò
il proprio sguardo sui capelli di lui, ma anche quelli li trovava
meravigliosi. Ricci e morbidi... le veniva voglia di affondarci le
mani.
"Non
lo sono sempre, infatti. Mi fai troppo superficiale, credo" le
rispose, secco. Era offeso? Non riuscì ad appurarlo,
perchè non
ebbe tempo di aprire bocca. James si era alzato immediatamente ed era
sparito, salutandole alla svelta.
"Non
è arrabbiato, vero?" chiese conferma a Rose.
"No,
se lo conosco. Ma pensa realmente che tu lo creda superficiale".
"Ma
non è vero!" ribattè decisa, a voce troppo alta.
Fortunatamente Al era immerso nella conversazione con Alice e nessuno
dei due ci fece caso.
"Lo
so! Ma non l'ho mai contraddetto per paura di svelare quello che
davvero pensavo". Penny la guardò perplessa. Rose pensava
che
l'avrebbe smentita ancora una volta, ma Penny si limitò a
rivolgerle
una domanda.
"Voi
avete parlato... di me?" chiese incerta. Rose annuì. La sua
amica aveva tentato in tutti i modi di proteggerla, anche se questo
significava mentire a James, suo cugino. Se non proprio una bugia,
era un'omissione. Rose, senza neppure la conferma della sua cotta per
James, si era premurata di non svelare la propria intuizione a James.
"Una sola volta".
"In
quale circostanza?" Il volto di Penny era improvvisamente molto
serio.
"A
dire il vero, ha fatto tutto James: mi ha chiesto cosa pensi di lui".
"Tu
cosa gli hai risposto?" chiese Penny, eccessivamente agitata.
"Che
non ne avevo idea! E così lui ha iniziato a dire che era
sicuro che
tu lo ritenessi un ragazzo superficiale e che non avessi alcuna stima
di lui e bla bla bla...".
"Potevi
dirglielo che non è vero!" Non voleva che James stesse male
per
questo.
"Scusa
Penny, ma non ti capisco. Che diavolo te ne importa se crede di
esserti antipatico? In ogni caso non sei intenzionata a rivelargli i
tuoi sentimenti" sbottò l'amica.
"E'
questo che crede?", chiese, ignorando la seconda domanda di
Rose.
"Sì,
a quanto ha detto. Ha senso: lo tieni spesso a distanza, a volte lo
eviti persino. Io e Al abbiamo capito da un pezzo che è il
tuo modo
di proteggerti, ma James non lo sa. E, a rigor di logica, quando
qualcuno mi tiene a distanza, la prima cosa che penso è di
essergli
antipatica" disse continuando a mangiare il budino al caramello.
"Magnifico!",
mormorò Penny, decidendo di affogare i dispiaceri nel cibo.
Una
volta uscita dalla Sala Grande, si guardò intorno per
cercare James.
Forse avrebbe dovuto spiegargli che non aveva niente contro di lui,
anzi. Be' magari quell' anzi
sarebbe stato meglio
ometterlo. Aveva anche pensato di "dichiararsi", ma poi le
era sempre mancato il coraggio. Sarebbe stato come fare un salto nel
buio, e non le piaceva il buio. Meglio restare coi piedi per terra.
Anche perchè non era un ragazzo qualsiasi. Se le avesse dato
buca
sarebbe stata una tragedia. Lo avrebbe rivisto ogni giorno,
probabilmente anche dopo la fine della scuola. Era un Potter, la
famiglia di Al e Rose, i suoi migliori amici. Una condanna
all'ergastolo, in pratica. Almeno così la vedeva lei.
All'improvviso, mentre pensava alle parole da dirgli, lo vide. Era
addossato al muro, ma non era solo. Una biondina, piuttosto slavata,
gli si era praticamente spalmata addosso. Come se non bastasse, oltre
a stargli appiccicata, gli stava risucchiando le labbra, tanto che
Penny si chiese come facessero tutti e due a respirare. Resto
lì
ferma a fissarli per un minuto, un giorno, un anno. Non l'avrebbe
saputo quantificare bene. Fortunatamente, lui non la vedeva. Non
l'aveva mai vista, e mai l'avrebbe fatto. Non contava nulla, per
James. Si diede mentalmente della stupida, per aver anche
solo
pensato di averlo offeso, di dovergli delle scuse. All'improvviso
qualcuno la prese per il braccio e la trascinò un po'
più lontano.
Non appena quei due sparirono dalla sua vista, si girò. Era
Rose, la
sua salvatrice.
"Mi
dispiace" disse. "Non volevo che lo vedessi".
Penny
scosse il capo, come per dire che non aveva importanza. Ma in
realtà
importava, importava eccome. Almeno per lei – e Rose lo
sapeva
benissimo, ma non poteva far nulla per evitare che Penny soffrisse.
"Non
mi scuserò per averlo fatto sentire superficiale o stupido"
disse soltanto, "perchè è esattamente quello che
è". Detto
ciò, se ne andò il più distante
possibile da lì.
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Capitolo 4 *** 3. I Tiri Vispi di Bellatrix ***
Capitolo
Tre
I
tiri vispi di Bellatrix
James
uscì dalla Sala Grande a passo svelto. Doveva avere
interrotto
qualche confidenza femminile. Altrimenti perchè quel tono
acido da
parte di Penny? Non aveva alcun senso. Come fai ad essere
sempre
così allegro? aveva detto. Cosa le dava la
certezza che lui
fosse sempre allegro? James sapeva che Penny l'aveva sempre ritenuto
superficiale. Non che la ragazza glielo avesse mai detto apertamente,
ma lui era certo che lo vedesse in quel modo. Non riusciva ad
ottenere la stima di una delle poche persone di cui gli interessasse
averla. Rallentò il passo: era arrivato nell'ingresso
principale,
antistante alla Sala Grande. Inaspettatamente, qualcuno lo
tirò
violentemente per un braccio, facendolo finire dritto dritto contro
il muro.
"Ciao
Jamie!" cinguettò una voce femminile. Jessica, una svenevole
Tassorosso che letteralmente lo inseguiva dall'anno
precendente. Non se ne sarebbe liberato facilmete, lo sapeva. Aveva
tentato di allontanarla in tutti i modi, credeva di averle fatto
capire di non essere interessato, ma lei sembrava non demordere. Era
tenace, la ragazza. O meglio, incredibilmente ostinata.
"Ciao
Jessica" rispose, tentando di scrollarsela di dosso. "Come
va? Sai, io ora devo proprio scappare, devo spedire un gufo urgente a
mio padre".
"Non
vuoi stare qui con me?" disse lei, accostandoglisi di più.
"Ho
da fare. Ti spiace se chiacchieriamo un'altra volta?" rispose,
provando a svignarsela. Jessica sembrò sul punto di piangere.
"Non
posso più tenermi tutto dentro!" disse con fare
melodrammatico.
Merlino,
ci risiamo! pensò lui. Avrebbe attaccato il solito
piagnisteo,
ne era sicuro. In realtà si sbagliava, perché
quel giorno Jessica
voleva passare direttamente ai fatti. "Siamo fatti per stare
insieme, James! Lo sento, capisci?" riprese. Sembrava invasata
quanto la professoressa di Divinazione quando prediceva una
disgrazia. James iniziò a porsi qualche domanda sulla
sanità
mentale di quella ragazza. Nel frattempo, gli studenti iniziavanoa ad
uscire dalla Sala Grande, sempre più numerosi. Per fortuna
erano
appartati in un angolo, non esposti al pubblico. Pregò che
nessuno
vedesse quella scena imbarazzante.
"Jessica..."
Voleva assolutamente trovare qualcosa da dire. Una qualsiasi scusa
che lo aiutasse a togliersi da quella situazione.
"Chiamami
Jess, ti prego". James alzò gli occhi al cielo.
"Jess,
io sono molto lusingato, però non credo di essere il ragazzo
giusto
per te. Meriti qualcuno che ti sappia apprezzare appieno, mi spiego?"
Stava cercando di suonare convincente. Gli sembrava il modo
più
delicato di rifiutarla, ma non sortì l'effetto sperato.
"Non
voglio nessun altro, James. Il
mio cuore è solo tuo!" continuò in tono sempre
più teatrale.
O patetico, a seconda dei punti di vista. James stava meditando di
Affatturarla
per liberarsi da quella posizione, ma non ebbe il tempo di farlo,
perchè la ragazza gli si spalmò addosso e lo
baciò.
Rimase di sasso, il
che era insolito. Quando baciava una ragazza tutto faceva meno che
restare di sasso. In quel caso però non si sentiva
consensiente ma,
soprattutto, più Jessica gli si spalmava addosso e
più lui pensava
che non era la ragazza che avrebbe voluto baciare. Tentò
di spingerla via delicatamente, ma non
aveva
intenzione di spostarsi. Gli stava succhiando via le labbra; sembrava
più un Dissennatore
che una ragazza. Vedendo che non accennava minimamente a scollarsi
dal suo corpo, James la spinse via
con decisione.
Appena riacquistata la visuale completa dell'ingresso,
i suoi occhi caddero sulle
figure femminili che
camminavano. Erano
di spalle, ma le riconobbe come
Rose e Penny. Quest'ultima aveva un passo lento e cadenzato, sembrava
non sapesse dove andare. Si accorse che era Rose a guidarla,
trascinandola per un polso. Che le fosse successo qualcosa? Magari
Malfoy l'aveva offesa di nuovo. Voleva saperlo da lei, per poi
Schiantarlo
con la propia bacchetta. Notò che Jessica stava per tornare
all'attacco, stavolta con le lacrime agli occhi. La lasciò
lì senza
dire una parola e scappò via. Forse non era un comportamento
maturo,
degno di un diciassettenne, ma non voleva certo ritrovarsela di nuovo
appolipata addosso.
Penny
tirò dritto, senza voltarsi mai. Davanti agli occhi aveva
solamente
un'immagine: James Potter che sbaciucchiava un'insignificante
biondina contro il muro della sala d'ingresso. Uno spettacolo a dir
poco raccapricciante. Salì di corsa le scale e si
fermò soltanto
davanti alla porta della Sala Comune. La Signora Grassa, alla parola
d'ordine, si spostò in avanti per lasciarle passare. La sala
era
deserta, come si aspettava: era una bella giornata, chi non aveva
lezione era in cortile a godersi il bel tempo. Si mise a sedere sul
divano; era stanca, oltre che triste e arrabbiata. Si sentì
in
colpa. La tristezza era più che lecita, dal momento che
aveva visto
il suo James baciare un'altra, ma la rabbia non lo era,
perché James
non era suo.
"Che
succede?" chiese una voce alle sue spalle. Una ragazza dai
capelli neri e dalla pelle mulatta si sedette al suo fianco. Sul
volto aveva un'espressione compassionevole che fece capire a Penny di
essere messa male.
"Niente
Trixy" le rispose con un sorriso, che però non si estese
dalla
bocca agli occhi.
"Allora
perchè sei sul punto di piangere?" chiese. Penny si rese
conto
in quel momento che doveva avere gli occhi lucidi.
"Allergia
al polline". Che scusa pessima!
"Penny,
condividiamo il dormitorio da sei anni. Lo saprei se tu soffrissi di
allergia al polline. Non hai mai lacrimato in questa stagione"
osservò correttamente. "Anzi, non hai mai lacrimato in
generale. È la prima volta che ti vedo piangere". Infatti
non
stava piangendo. Penny non piangeva mai. Gli unici che l'avessero mai
vista versare lacrime erano Al e Rose.
"Zabini,
lasciami stare!" Era sicura che chiamarla per cognome avrebbe
funzionato, ma così non fu. Trixy si mise a ridere.
"Bel
tentativo, Shane" replicò.
"Se
pensi che basti per togliermi di torno, ti sbagli. Basta
a farmi arrabbiare,
non a dissuardermi dall'aiutare un'amica". Era
stato un colpo basso chiamarla per cognome. Poteva sembrare sciocco,
ma Trixy aveva i suoi buoni motivi per trovarlo fastidioso.
"Come
ti chiami?" chiese Penny a una delle due bambine capitate in
stanza con lei e Rose. Una ragazzina paffuta, con i capelli biondi e
gli occhi chiari.
"Alice
Paciock". L'altra continuava a tacere.
"E
tu?" chiese Rose, incuriosita. Pelle mulatta e occhi castani, la
bambina sembrava un po' a disagio. Penny non l'aveva notata allo
Smistamento, non la ricordava. Le ispirava simpatia, proprio
perchè
era in imbarazzo. Esattamente come lei, anche se non per gli stessi
motivi.
"Trixy
Zabini" rispose esitando.
"Ho
già sentito questo nome" disse Penny. "Allo Smistamento
c'era un ragazzo del primo anno con il tuo stesso cognome, che
però
è finito in Serpeverde". L'imbarazzo della ragazzina
sembrava
aumentare ogni secondo di più.
"Si"
rispose infine. "Daniel è il mio gemello".
"Diamine!
Tu in Grifondoro e lui in Serpeverde. Mi sa che i tuoi non saranno
molto contenti" fece Rose, abituata ai canoni della propria
famiglia, in cui la maggioranza delle persone erano Grifondoro.
"Credo
saranno molto delusi, ma da me, non certo da Daniel!" Il suo
volto era pieno di tristezza.
"I
tuoi erano entrambi Serpeverde, ne deduco" disse Alice, celando
il proprio disgusto. L'altra bambina annuì. "Be' non ci
pensare, vedrai che accetteranno il fatto che tu sia in Grifondoro.
Forse non gli andrà a genio, ma..." Non terminò
la frase,
perché Trixy stessa la interruppe. Non riteneva possibile
quell'opzione. La sua famiglia, apprese Penny, non era di certo
moderata.
"Non
mi interessa, comunque. Io non sono come loro" disse. "Non
lo sono mai stata". Penny decise di cambiare argomento,
poiché
Trixy sembrava estremamente a disagio.
"Mi
piace Trixy, è il diminutivo di Beatrix?" Le sembrava un
argomento banale, ma si rivelò un campo minato. L'altra
scosse la
testa in segno di diniego.
"E
di cosa allora?" chiese Alice.
"Preferirei
non dirlo" asserì la bambina.
"Non
ti piace il tuo nome? Ti capisco! Io odio il nome Penelope, per
questo uso sempre il diminutivo" cercò di rincuorarla, senza
successo.
"Credimi,
farei carte false per chiamarmi Penelope". Il suo sguardo
insisteva particolarmente su Alice, come se le stesse facendo un
torto. Se ne dovette accorgere anche lei.
"Insomma,
non ci vuoi proprio dire come ti chiami?" chiese infatti. "Non
credo che una di noi tre possa giudicarti per questo".
"Sarai
la prima a farlo" rispose Trixy, secca. Alice la guardò
stranita e le chiese cosa intendesse dire. "Il mio nome è
Bellatrix Parkinson Zabini". Lo sguardo che rivolse ad Alice era
pieno di vergogna. Penny era confusa, a dir poco. Si ricordava
vagamente a chi era appartenuto quel nome, una Mangiamorte parecchio
temibile, ma non capiva perché la cosa avrebbe dovuto urtare
soprattutto Alice. Fu Rose a rompere il silenzio. Alice era
ammutolita.
"Non
come qualla Bellatrix, vero?"
"Si,
proprio come lei. È stata una brillante idea di mia madre,
Pansy
Parkinson. I miei genitori erano molto amici di Draco Malfoy, qui a
Hogwarts. Mio padre non stravedeva per i Mangiamorte – lui ha
solo
la mania del sangue puro – ma mia madre sì. Ha
pensato bene di
chiamarmi come la sua preferita" spiegò. "Mi vergogno
talmente tanto che sono riuscita a convincere tutti a chiamarmi
Trixy, persino papà. Tranne mia madre". Penny
tossì
lievemente.
"Ehm,
scusate se sono inopportuna" si giustificò, "ma cosa
c'entra Alice con questo?" Fece rimbalzare lo sguardo tra le
altre tre. Evidentemente c'era un elefante nella stanza, ma lei non
sapeva di cosa si trattasse. Rose le diede di gomito.
"Ne
parliamo in un altro momento".
"No
Rose, va bene" disse invece Alice. "Siamo cresciute
insieme, è ovvio che tu sappia tutta la storia e lei no. Sei
Nata
Babbana, giusto?" Si rivolse a Penny, che annuì. "Porto il
nome della mia nonna paterna. I genitori di mio padre erano membri
dell' Ordine della Fenice, durante la Prima Guerra Magica. Furono
torturati con la Maledizione Cruciatus, fino a impazzire, ma non
rivelarono a Voldemort le informazioni che cercava. Mio padre
è
fiero di loro" concluse. L'espressione di Penny rimase tuttavia
confusa. "Il fatto" proseguì Alice, "è che furono
torturati da Bellatrix Lestrange, la Mangiamorte di cui lei porta il
nome". Finalmente, le cose avevano un senso anche per Penny.
Trixy sembrava mortificata.
"Non
ve l'avrei dovuto dire" disse, voltandosi per uscire dalla loro
camera. "Chiederò di cambiare stanza, credo".
"Aspetta!"
Era stata Alice a parlare, e Bellatrix Zabini si fermò sulla
porta.
"Non mi importa come ti chiami, o se tua madre prova ammirazione
per i Mangiamorte. Quello che conta è che non sei come loro"
disse. "Lo dimostra il fatto che sei insieme a noi, nella Torre
di Grifondoro, ma soprattutto che ti stai scusando per colpe che non
sono tue".
"Trix,
mi spiace" si scusò Penny.
"E
di cosa? È così che mi chiamo!" Non era mai
contenta quando
qualcuno le ricordava il suo nome, però. Bastava guardarla
in
faccia.
"D'accordo,
ma a te da fastidio e io l'ho fatto di proposito" ammise.
"Scusa". L'altra fece spallucce, come a dire che non era
niente. "Come mai non eri a lezione?" chiese Penny, per
cambiare argomento.
"Stavo
poco bene..." Restò sul vago.
"Non
mentire. Stamattina, come sempre, ho fatto impazzire Rose per alzarmi
dal letto. Siamo nella stessa stanza e se tu fossi stata male saresti
rimasta a letto, e noi l'avremmo notato". Doveva essere un altro
il motivo che l'aveva costretta a saltare la lezione di Erbologia.
"Non
mi hai visto, ma a lezione di Trasfigurazione c'ero. Tu, Al, e Rose
siete arrivati troppo tardi per notare qualsiasi cosa se non la
faccia della McGranitt". Penny rise. "Mi sono assentata
alla lezione con il professor Paciock".
"Perchè?"
chiese Penny, sperando che l'amica si dimenticasse del suo problema,
parlando del proprio.
"Non
ho avuto un'estate facile" disse, "per colpa di mio
fratello Daniel. Alice mi aveva invitata a stare da lei per un po',
sapendo quanto io detesti casa mia". A Penny venne da sorridere
al pensiero che, dopo tutti gli scrupoli che Trixy si era fatta,
Alice fosse diventata la sua più cara amica. Erano
inseparabili.
Neville aveva accettato la cosa, ma si guardava bene dal chiamare la
ragazza con il suo nome completo. Trixy fece una pausa, probabilmente
dovuta alla sua persistente arrabbiatura con la propria famiglia, poi
continuò. "Ovviamente, i miei non l'hanno permesso. La
verità
è che non mi perdonano di essere una Grifondoro e di andarne
fiera.
Dovrebbero vergognarsi! Blaise Zabini, con la sua mania da Purosangue
e Pansy Parkinson, una donna che ammira la Mangiamorte più
crudele
di tutti. Da che razza di gente è composta la mia famiglia?"
sbottò. Si alzò in piedi. Quando parlava della
famiglia Zabini
andava completamente fuori controllo.
"Meno
male che ci sei tu Trix, basti a compensare i difetti di tutti i tuoi
familiari, te lo dico io" la rincuorò Penny.
"Grazie"
le rispose sedendosi.
"Con
tuo fratello, che è successo?" Penny sapeva che Trixy e
Daniel,
sebbene gemelli, non erano mai stati molto simili, gliel'aveva detto
l'amica. Sapeva cosa le toccava sopportare durante le vacanze estive.
"Oh,
lui. Un vero Zabini, come dice mia nonna". Rise,
senza
allegria. "Se quando era bambino in lui c'era qualcosa di buono,
stare in quel covo di serpi glielo ha totalmente portato via"
constatò amaramente. Penny la guardò comprensiva.
Si capiva che il
rapporto con il fratello era una nota dolente. In qualche modo
intuiva che da piccoli erano stati diversi, ma molto legati. L'inizio
della scuola aveva spezzato quel legame. "Vorrei poterti dire
che siamo come due estranei" continuò, "ma non è
così.
Lui vuole di più. Vuole un nemico.
Non dovrebbe essere così tra fratello e sorella, ma non
è colpa mia
se non condivido i suoi pregiudizi". Daniel aveva le stesse idee
dei suoi genitori, sia sul sangue puro che sui Babbani.
"Credo
che tu non mi abbia detto tutto".
Trixy
annuì. Aveva l'aria di qualcuno che avrebbe voluto essere
Obliviato
per dimenticarsi quello che era successo.
"C'è
qualcosa in più. Prima di tornare a scuola abbiamo litigato
di
brutto, sono volate parole pesanti. Posso sopportare tutto, ma non le
offese ai miei amici. Sono saltate fuori le bacchette, abbiamo avuto
anche dei guai col Ministero perché sai che non possiamo
fare magie
fuori da Hogwarts. Comunque, papà ha risolto tutto grazie
alle sue
conoscenze al Ministero – quando gli serve qualcosa, sa
sempre a
chi chiedere un favore. Per farla breve, lo scontro tra me e Daniel
c'è stato e insomma... l'ho Schiantato" concluse. "Piuttosto
violentemente".
"Non
grande, magnifica!" si lasciò scappare Penny.
"Be'
se l'è cercata. Ha offeso le mie amicizie più
care: te, Rose e
Alice".
"Su
di me cosa ha detto?" trillò una voce da dietro il divano.
Alice e Rose erano in piedi dietro il divano. Che non le avessero
viste era normale, dato che erano sedute di spalle rispetto
all'ingresso, ma che non le avessero sentite era strano.
"Da
quanto siete qui?" domandò Penny.
"Giusto
il tempo di sentire che Trixy ha lanciato uno Schiantesimo alla
serpe!" rispose Alice, sedendosi a sua volta. Nessuna sembrava
intenzionata a rimproverarla, per quel piccolo abuso di magia
minorile.
"Hai
fatto bene" non si astenne dal dire Rose. "Immagino gli
insulti siano i soliti".
"Sì,
mio fratello non ha troppa fantasia". A quanto pareva aveva
offeso la madre di Penny in quanto Maganò, lanciato
frecciatine
contro i Weasley perché traditori del loro sangue e frasi
poco
carine nei confronti di Alice e di tutta la famiglia Paciock. Trixy
si rifiutò di entrare nei dettagli. Si vergognava di suo
fratello.
"A quel punto avevo già messo mano alla bacchetta e stavamo
duellando, ma è stato quando mi ha detto che reco
disonore al nome che porto, che non ci ho visto
più. E l'ho
Schiantato". Nessuna commentò, perché
l'espressione di Trixy
non era vittoriosa, ma triste e rassegnata.
"Essere
il cagnolino di Malfoy non gli fa bene" disse Rose. "Secondo
me si contagiano a vicenda".
"Non
è un virus essere Serpeverde" le fece notare Penny, ridendo.
"Bene"
disse Trixy. "Non pensare che io mi sia scordata della tua
espressione quando ti ho trovata qui sul divano, triste e sola. Che
ti succede?" Penny non sapeva a cosa appigliarsi.
"Te
l'ho detto, non mi sentivo bene".
"Sì,
certo. Vuoi un bello Schiantesimo anche tu?" fece Trixy. Be',
avrebbe fatto comunque meno male che vedere James baciarsi con
un'altra.
"Non
ho avuto una buona giornata" disse, mantenendosi sul vago. Fece
l'errore di non guardare Rose.
"Sai
qualcosa che noi ignoriamo?" le chiese Alice. Era troppo
perspicare, per i gusti di Penny. Le ricordava Al, quando faceva
così.
"Sì
Alice, per questo non la sto riempiendo di domande. Lo so
perchè ero
con lei. Sappi che dovrai imbottirmi di Veritaserum per
costringermi a rivelare qualcosa" disse seria. Penny si
ripromise di ringraziarla in privato per quelle parole.
"Ragazze,
non è niente di serio... è una cosa che mi fa
sentire idiota.
Rimarreste deluse, garantito".
"Non
dirmi che è una questione di cuore!" Trixy sembrava
eccitata.
"Non
urlare" la rimproverò Penny, guardandosi intorno per
sincerarsi
che non ci fosse nessuno oltre loro.
"Molto
bene, abbiamo la prova che ho ragione: è una questione di
cuore.
Assodato ciò, possiamo passare a supporre i pretendenti in
questione" annunciò. "Ho già qualche nome in
mente.
Alice, a te l'onore".
"Possiamo
escludere che sia un Serpeverde?" fece Alice, dubbiosa.
"Certo
che puoi escluderlo! Per chi mi hai presa?" replicò Penny,
alterata. Le labbra si erano mosse di scatto, nonostante si fosse
ripromessa di stare in silenzio.
"Be'
non si piò mai sapere, ce ne sono alcuni davvero carini"
disse
Alice, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Penny. Poi Trixy
mosse la bacchetta, pronunciando un incantesimo sconosciuto, e
apparve una lunga pergamena sospesa nell'aria. Penny ci mise un
attimo a capire: era la lista di tutti gli studenti maschi di
Hogwarts. Dopo le sue parole, l'intera sezione degli studenti
Serpeverde fu automaticamente depennata.
"Scommetto
che la pergamena si accorge se dico bugie..." Il tono di Penny
era decisamente rassegnato. Era stata una sciocca a pensare che le
amiche l'avrebbero lasciata in pace.
"Scommessa
vinta" disse Trixy. "L'ho presa ai Tiri Vispi Weasley: è
formidabile, non trovi?"
"No
Trixy, non direi proprio!" replicò Penny.
"Zio
George è un genio" commentò Rose.
"Bando
alle ciance! È un Tassorosso?" chiese Alice.
"E
se io non rispondessi?" le fece notare Penny.
"Io
e Trixy ti tormenteremmo fino allo sfinimento e finiresti per
parlare". Sapeva bene che entrambe erano capacissime di farlo.
"No"
rispose controvoglia, sempre guardandosi intorno per controllare che
fossero sole. Dalla lista scomparvero tutti i Tassorosso. "Chi
vi dice che la persona che mi interessa sia di sesso maschile?"
domandò alle amiche, nel tono più serio che
riuscì a trovare. Loro
la fissarono, estremamente preoccupate. "È una pergamena
omofoba o è solo difettosa?" chiese.
"No,
ma a quanto pare dovremo ricominciare tutto da capo" disse
Trixy, disperata.
"No"
ammise. "È un ragazzo".
"Per
fortuna, almeno il campo della pergamena si restringe"
esultò
Trixy, "e possiamo riprendere. Corvonero?" le chiese. Penny
ci pensò su e decise di provarci. Magari era una truffa per
spillare
soldi, o magari se avesse mentito davvero bene non l'avrebbe
scoperta.
"Si"
rispose soltanto. Per un momento la bugia sembrò non avere
conseguenze, ma l'attimo dopo accadde qualcosa che la lasciò
di
stucco. La parte inferiore della pergamena si arrotolò, fino
a
prendere la forma di una lingua, peraltro molto lunga. A quel punto
quella cosa le fece una gigantesca pernacchia e
pronunciò
un'unica parola: Bugia! Poteva farsi mettere in
soggezione da
una stramaledetta pergamena? Era messa proprio male.
Comunque,
Alice non si scompose. "Ne deduco che sia un Grifondoro",
si limitò a osservare. Dalla lista furono depennati anche i
Corvonero.
"Questo
ragazzo, ha meno di sedici anni?" chiese Alice.
"No"
rispose, sempre più esitante. Avrebbe voluto scappare, ma in
fondo
erano le sue amiche, alle quali aveva nascosto la cosa per fin troppo
tempo. Si fidava di loro; in un certo senso avevano era giusto che lo
sapessero.
"Ottimo,
quindi è del sesto o del settimo anno. Escludo a priori che
sia Al?"
chiese Trixy. Penny scoppiò a ridere.
"Ma
che dici!" fece Alice, seccata. Aveva parlato al posto suo, con
un certo fervore. Almeno c'era ancora qualcuno che ragionava,
pensò
Penny.
"Ovvio"
le fece eco. Però nulla si depennò sulla lista. A
dire il vero, si
accorsero che il nome di Al non era affatto presente. Alice parve...
sollevata. La pergamena non era difettosa per niente, a quanto
pareva. Sapeva come interpretare ogni cosa, sapeva se Penny mentiva,
escludeva a priori i soggetti che non erano presi in considerazione
da lei. Per questo le ragazze non comparivano, per questo il suo
migliore amico non c'era. Semplicemente, George Weasley era un genio.
"Hai
visto Trix? Perfino la lista sa che Al e Penny sono come fratelli"
fece Rose.
"Oppure
Al ha gusti che non contemplano le ragazze" asserì Trixy,
trasformando l'espressione sollevata di Alice in una smorfia. Penny
si ripromise di indagare su quella faccenda. La sua amica non gliela
contava giusta. Neanche un po'.
"La
mappa non segna le persone da escludere a priori, giusto?
Però Penny
potrebbe amare un ragazzo che non la ricambia" congetturò
Trixy, del tutto dimentica della presenza dell'amica.
"Ehi,
io sono ancora qui! Non parlare come se non fossi presente".
Merlino! Era la sua vita, non una soap opera!
"Comunque
l'unico nome escluso è quello di Al, quindi quello che dice
Trixy è
giusto. Noi vogliamo sapere di chi sei innamorata tu, non se lui ti
ricambia. Quindi potresti anche esserlo di un ragazzo che non ti
contempla".
"Ma
infatti è così" sbottò lei. "Posso
affermare in tutta
sicurezza che così, non serve una pergamena per confermarlo.
E no,
non è gay". Ottimo, stava gracchiando.
"Chi
non è gay?" chiese James, appena entrato in Sala Comune con
Al.
Penny lo guardò basita. Lei stava lì ad agitarsi
e lui arrivava
come se niente fosse, ignaro degli affanni le causava. Merlino,
quanto lo odiava!
"Magnifico!"
Aveva praticamente strillato. Se ne rese conto e decise che la mossa
migliore era sparire alla svelta. Pertanto corse a rifugiarsi nel
dormitorio, dove aveva intenzione di passare il resto dell'anno
scolastico.
"Cos'è
quella?" chiese Al adocchiando la pergamena ancora a mezz'aria.
"Niente"
rispose Alice facendola sparire in fretta, con solo un colpo di
bacchetta. Tanto ormai non serviva più, non dopo la reazione
di
Penny all'arrivo di James.
"Rose,
cos'ha Penny?" chiese Al apprensivo.
"Non
ora Al, dopo ti spiego" gli rispose con sguardo eloquente. Non
potè impedirsi di lanciare un occhiata a James, che si
accigliò.
"Che
vuol dire non ora?" domandò,
visibilmente scocciato.
"Sono un problema per te, Rose? Non pensi che potrei voler
sapere se le succede qualcosa?" sbottò, lasciandoli di
stucco.
Alice e Trixy ebbero la sensibilità di lasciarli a
sbrogliare quella
matassa familiare, uscendo dalla Sala Comune.
"Jamie,
di che stai parlando? Sei mio cugino e ti voglio bene, ma non posso
sbandierare i fatti privati degli altri" rispose Rose, pacata.
"Be',
non posso fare a meno di notare che quando si tratta di lei
è
come se fossi un estraneo. Mi detesta a questo punto?" chiese
esasperato.
"Ma
figurati se Penny ti detesta! È solo molto riservata" disse
Al,
senza suonare molto convincente.
"Inventatene
un'altra. Oggi ti ho vista trascinarla via quando siete uscite dalla
Sala Grande, e vorrei sapere perché" disse, rivolgendosi a
Rose.
"Aspetta,
mi sono perso qualcosa?" disse Al senza pensarci. Rose lo
fulminò con lo sguardo. La cosa irritò ancora di
più James, che le
parlò in tono accusatorio.
"Visto?
Dice così perchè si sarà pure perso un
pezzo, ma sa di cosa si
parla. Io no, come sempre! È tutto il pomeriggio che vi
cerco. Era a
pezzi, da come si muoveva. Quindi ora mi dici che cos'ha. È
stato
Malfoy?" chiese.
"Malfoy
non le ha nemmeno rivolto la parola" rispose Rose. La cosa non
sembrò placarlo più di tanto.
"Sta
male?" chiese allora.
"Non
fisicamente, se è questo he intendi".
"Merlino,
allora cos'ha?" sbottò. Al e Rose erano perplessi a quella
reazione. Non capivano bene cosa stesse succedendo.
"James,
tu e Penny siete compagni di casa, ma si da il caso che sia la mia
migliore amica. Mia e di Al. Ora, se Baston ti dicesse un segreto, tu
lo custodiresti, o lo sbandiereresti ai quattro venti?" Il volto
di James aveva un' espressione indecifrabile. La squadrò,
poi fece
lo stesso con Al, che aveva la bocca cucita.
"Quindi
per Shane è questo che sono... i quattro venti! Rivelarlo a
me o a
un estraneo, per lei fa lo stesso! Molto bene, non sono affari miei.
Vado a farmi un giro" disse uscendo in fretta da dove era
entrato. Al sospirò e si sedette di fianco a Rose sul
divano, ormai
erano soli.
"Cosa
è successo?" chiese a mezza voce, come se di strilli ne
avesse
abbastanza. Rose sbuffò. Non le andava per niente di
rinvangare quel
pomeriggio, ma Al doveva essere aggiornato sui recenti sviluppi.
"Dopo
pranzo ho visto Penny imbambolata in corridoio. Fissava un angoletto
buio, per me privo d'interesse. Mi sono avvicinata, l'ho chiamata, ma
non si è neanche girata. Stava fissando James". Al aveva un
brutto presentimento. "Stava addossato al muro, con appolipata
addosso quella tizia... Jessica, la bionda slavata del quinto anno".
"Non
ci credo!" disse Al sgomento. "Deve essere uscito di senno.
Non l'ha mai potuta vedere! Dice che è appiccicosa e
smielata, oltre
che un tantino patetica nelle sue... manifestazioni d'amore. Sei
sicura che non era lei a baciare lui, più che il contrario?"
Rose riflettè, ma rispose che non ne aveva idea. Non aveva
prestato
attenzione ai particolari della scena, si era solo preoccupata di
trascinare via Penny.
"Aveva
una faccia" disse. "È scappata e l'ho trovata nella torre
con Trixy, che per sollevarla le stava raccontando di come
quest'estate abbia Schiantato Daniel Zabini". Al rise alla
notizia. Non aveva grande simpatia nei confronti del gemello di
Trixy. Del resto, Daniel non era simpatico a nessuno se non a
Scorpius. Erano inseparabili.
"Grandiosa!"
fece Al. "Altro che Schiantesimi, lui e Scorpius meriterebbero
l'espulsione dal Mondo Magico, per quanto sono viscidi".
"Vuoi
dare questa gatta da pelare ai Babbani, poverini? Non dirmi che sei
diventato anti- babbani anche tu!" lo celiò Rose.
Nei
giorni seguenti, le lezioni furono serrate e il rischio di incontrare
James divenne basso. Nel tempo libero, Penny si chiudeva in
biblioteca o in qualsiasi altro posto in cui fosse sicura di non
trovarlo. Se lui era in Sala Comune, lei era in cortile. Se lui era
in cortile, lei era a prendere il tè da Hagrid con Al e
Rose. E così
via. Non voleva assolutamente vederlo. Non tanto perchè a
freddo ce
l'avesse ancora con lui, che aveva il diritto di baciare chi voleva,
quanto perchè era sicura che avrebbe rischiato di rivelargli
la
verità. Una possibilità catastrofica, che Penny
non voleva
contemplare.
"Vuoi
evitarlo per sempre?" chise Al sottovoce, prendendo posto
accanto a lei.
"Non
possiamo parlarne dopo? Siamo in biblioteca" bisbigliò.
Avrebbe
volutonon parlarne mai, ma immaginava che non fosse tra le opzioni
previste da Albus.
"Stiamo
sussurrando, nessuno avrà niente da ridire. È una
settimana che fai
di tutto per non vedere mio fratello, pensi di resistere
finchè avrà
passato i M.A.G.O e lasciato la scuola?" le chiese ironicamente.
"Non
sarebbe una cattiva idea" rispose lei. Al alzò gli occhi al
cielo.
"Ovvio
che no!" disse seria. "Solo che non mi va di parlarci per
il momento. Finirei per dirgli qualcosa di stupido". Al emise un
suono che sembrava un misto fra uno sbuffo e una risata soffocata.
"Su
questo non c'è pericolo. James è convinto che lo
detesti, che non
ti fidi di lui e che per questo non è mai a conoscenza dei
tuoi
problemi".
"Che
vuoi che gliene importi, dei miei problemi?" Non vedeva quale
fosse il motivo per cui James dovesse occuparsi di lei in qualche
modo.
"Ci
ha chiesto se Malfoy ti avesse dato fastidio. James è
affezionato a
te" disse Al sorridendo. Penny non sapeva se ridere o piangere,
ma si limitò a sbuffare. Erano in biblioteca, in fondo.
Però
quello che aveva detto Al... affezionato James
forse lo era,
ma non nel modo in cui Penny avrebbe voluto. Era deprimente pensarci.
Al sembrò leggerle quello che pensava negli occhi.
"Scusa"
disse. Di cosa dovesse scusarsi, Penny non ne aveva idea. Aveva detto
la verità, nient'altro. Gli sorrise.
"Grazie
lo stesso, è stato un bel tentativo".
"Tra
poco andrà meglio" tentò di consolarla.
"Inizieranno le
visite a Hogsmeade e ti rimpinzerai di Burrobirra, giù al
Pub di
Madama Rosmerta. In più riparte la stagione di Quiddich".
Giusto, il Quiddich!
"Per
la barba di Merlino! Albus, oggi non mi sei certo di aiuto! Fino alla
Burrobirra eri andato benissimo" disse. "Ma gli allenamenti
di Quiddich mi porteranno gomito a gomito con James? Lui è
il
cercatore e..."
"...
tu sei la battitrice, giusto". Al sembrò rinunciare al
proposito di consolarla. Qualsiasi cosa avesse detto, avrebbe finito
col farla stare peggio.
"La
cosa dovrebbe consolarmi, secondo te?" Era una domanda retorica.
"Si,
tu ami i bolidi impazziti" cercò di scherzare. "Un sacco
di ragazze vorrebbero essere al tuo posto, a difendere Jamie
dall'attacco di feroci bolidi".
"Albus
Severus Potter, taci oppure ..." La voce della bibliotecaria
interruppe le minacce di Penny.
"Shhhh!
Se volete parlare, andate a farlo fuori di qui!" Non se lo
fecero ripetere. Si alzarono e uscirono, prima di attirare le ire di
tutti – cosa molto facile, quando si parla in una biblioteca.
"Meno
male che ti ha interrotta! Volevi Affatturarmi, mi ci gioco la
bacchetta".
"Te
lo saresti meritato! Sono gelosa di un ragazzo e tu mi parli di
quante altre vorrebbero stargli accanto. Ti sembra normale?" gli
disse, finalmente libera di sfogarsi.
"Non
è stato molto carino", ammise.
"A
proposito di cose carine, ti volevo parlare di una cosa che
è
successa l'altro giorno con le ragazze". Lui la guardò,
curioso. Penny stava pensando al suo nome assente dalla lista e a
quanto fosse forte la loro amicizia. E lo abbracciò, di
getto.
"E'
un gesto d'amicizia o vuoi pugnalarmi alle spalle per le cose che ho
detto prima?" chiese scherzoso.
"E'
per dire che sei il fratello che avrei voluto, idiota".
"E'
la cosa più bella che mi potessi dire! " rispose, colpito.
"Disturbo?"
chiese
bruscamente una voce.
"Certo
che no!" rispose Al; lui vedeva il volto della persona a cui
apparteneva quella voce calda e vellutata.
"Ciao
James". La risposta di Penny arrivò con un filo di voce.
"Vi
ho visti impegnati" disse. Ottimo, pensò Penny. James stava
insinuando che tra lei e Al ci fosse una tresca.
"Oh
sì, a forza di parlare però ci hanno sbattuti
fuori dalla
biblioteca!" disse Al, che aveva deciso di ignorare
l'atteggiamento di James. Era molto più calmo e riflessivo
della sua
amica, evidentemente. Meglio per lui, ma molto peggio per lei, che
non ci riusciva. Così decise di battere in ritirata.
"Io
vado a fare quello che devo fare" disse rivolta ad Al, che la
guardò strabuzzando gli occhi. La frase che aveva detto non
aveva
alcun senso, ma lei si incamminò a passo svelto verso... non
sapeva
dove. Non aveva grande importanza. Lontano da James, era il miglior
posto in cui poteva trovarsi.
"Penelope!"
la chiamò James, alle sue spalle. Si voltò,
perché non poteva
proprio fingere di non averlo sentito. Non aveva novant'anni, lui era
troppo vicino, e non c'era un chiasso assordante intorno a loro.
Sembrava sparito anche Albus, che invece di andarla a salvare se
l'era svignata. Che traditore!
"Dimmi"
rispose sfoggiando un sorriso più finto di una moneta da tre
sterline babbane.
"Mi
stai evitando, Penelope, o è una mia impressione?" chiese
lui,
calcando il tono sul suo nome.
"Non
chiamarmi Penelope, per cortesia". Tutti sapevano che la
infastidiva, compreso James.
"E
tu non evitarmi, per
cortesia" la scimmiottò. Non si era
sbagliata su di
lui quando l'aveva incontrato. Era simpatico, ma impertinente e
davvero fastidioso, quando voleva.
"Non
ti sto evitando" mentì Penny. "Non sei il centro del
mondo, Potter".
"Mi
detesti fino al punto di non volermi nemmeno parlare, Shane?"
Quel tono di voce diverso dal solito, la fece fermare. Non era
spavaldo, nè arrogante. Sembrava solo dispiaciuto, in quel
momento.
"Io
non ti detesto affatto!" gli rispose guardandolo – per la
prima volta da quando avevano iniziato la conversazione –
dritto
negli occhi. Due pozze castano scuro, profonde al punto da potercisi
perdere. E le sarebbe piaciuto molto, poterlo fare. Perdersi in lui.
Scosse la testa per scacciare quel pensiero.
"Non
è vero, lo sai. Non mi hai mai potuto soffrire e non fai
nulla per
nasconderlo. Sei cordiale con tutti, se escludiamo le serpi, ma
quando arrivo io diventi fredda".
"Che
cosa ne sai di come sono quando non ci sei?" domandò lei.
"Be',
vi vedo! Insomma, anche il fatto che loro sappiano perchè
l'altro
giorno eri a pezzi e io non..." Penny si sentì in dovere di
interromperlo.
"Ti
ringrazio, ma non mi serve il tuo aiuto. Loro sono i miei migliori
amici, è questa la differenza". Doveva allontanarlo da lei,
anche a costo di essere cattiva con lui.
"Mi
conosci da tanti anni. Possibile che non ti fidi di me?" le
domandò. Decise di non rispondere direttamente alla domanda.
La
risposta li avrebbe feriti entrambi. Non si fidava di lui, era vero.
"James,
io ho da fare ora, se vuoi scusarmi..."
"No,
non voglio scusarti, Shane" replicò serio. "Stiamo
parlando, dove devi andare così di fretta?" Già,
dove doveva
andare? Per tutte le cavallette, doveva imparare ad architettare
meglio le scuse per sfuggire alle domande di persone che la
interessavano ma che non poteva avere. Si ripromise di buttarne
giù
un centinaio, pronte da rifilare alle persone che voleva evitare.
"Alla
Guferia". La prima cosa che le era venuta in mente. Lui non
sembrava troppo convinto. "Devo dare da mangiare a Lara, la mia
civetta ma anche spedire una lettera" inventò sul momento. I
particolari rendono le bugie credibili, glielo ripeteva
sempre
suo nonno. Arnold era un maestro nell'arte di negare, omettere o
inventare di sana pianta qualcosa. Chi altri poteva se non lui? Per
anni aveva nascosto a sua figlia di essere un mago.
"Posso
accompagnarti?" propose, stavolta gentilmente.
"Come
vuoi, se non hai di meglio da fare" rispose di
getto,
calcando sulle ultime parole, con tono allusivo. James parve
perplesso.
"Non
capisco di cosa parli".
"Lascia
stare, non sono fatti miei" tagliò corto lei, riprendendo a
camminare. Ma James non mollò e continuò a starle
dietro.
"Di
cosa stai parlando?" chiese ancora.
"Del
fatto che ci siano molti modi di passare il tempo, certamente
più
piacevoli che indagare sulla mia vita. Il mio consiglio
perciò è di
fare ciò per cui sei più portato: divertirti!"
Negli occhi di
lui lesse il riflesso del proprio sguardo. Quello che voleva fosse
freddo e distaccato, le era uscito come uno sguardo rancoroso.Si
ripromise di iscriversi a un corso di recitazione, o chiedere
ulteriori delucidazioni al nonno.
"Ma
dove vai? La Guferia è dall'altra parte!" disse
trattenendola
per un braccio.
"Ormai
è tardi e tra poco inizia la lezione di Difesa Contro le
Arti
Oscure. Non ho intenzione di arrivare in ritardo, adoro quel corso"
disse. Almeno questa era la verità, visto che era la sua
materia
preferita.
"Senti,
io mi arrendo. Non so a cosa ti riferisci. Quando vorrai deciderti a
parlarmi di nuovo sai dove trovarmi!" Sembrava una foga
eccessiva a Penny, ma non indagò.
"Ti
sto parlando, mi sembra" sbottò.
"Bene"
disse rassegnato, "ora è proprio cristallino, che non sono
fra
le tue simpatie. Se vuoi che ti lasci in pace, fai una bella cosa:
quando alla partita un bolide sta per venirmi addosso, tu lascialo
fare!" Oh, ma per piacere!
"Non
dire idiozie!" disse Penny. James stava andando a ruota libera.
Nessuna delle cose che diceva avevano un senso.
"Deve
essere difficile difendere qualcuno che ti sta così
antipatico"
proseguì. "Mi dispiace per te, davvero". Penny decise che
non voleva stare a sentire un minuto di più di quelle
scemenze.
Sapeva che stava solo provocando una reazione, o che voleva farla
semplicemente sentire in colpa. Be', non ci sarebbe riuscito.
"E'
più facile di quel che pensi" gli rispose, pacata.
Sembrò
confuso da quella replica. Sperava quasi che capisse quel che si
celava dietro alle parole che aveva detto. Difenderlo era la cosa che
le veniva meglio, alle partite. Sam Baston, il loro capitano, le
diceva sempre che aveva talento. Era vero: era un'ottima Battitrice,
ma il fatto che il Cercatore le stesse così a cuore la
aiutava. Lui
non proferì parola. Penny colse quel momento di silenzio
come
un'ottima occasione per svignarsela, dirigendosi verso l'aula di
Difesa Contro le Arti Oscure, dal professor Lupin.
ANGOLO
AUTRICE
Ecco
un altro capitolo, spero vi piaccia. Penny dice a Trixy "non
grande, magnifica" e ovviamente è una citazione dal film Il
Prigioniero di Azkaban, in cui Ron dice la stessa frase a
Hermione.
|
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Capitolo 5 *** 4. Filtro d'amore per Alice Paciock ***
Capitolo
Quattro
Filtro
d'amore per Alice Paciock
Penny
si era lasciata indietro James Potter, e andava verso un altro
componente di quella immensa famiglia Weasley-Potter, alla quale
ormai era legata a doppio filo. Entrò in aula in perfetto
orario,
mettendosi a sedere in terza fila, vicino ad Al.
"Sei
già qui? Mi hai lasciata sola!" lo rimproverò.
Lui aveva
un'espressione colpevole. In realtà era solo divertito dalla
sua
reazione, Penny lo sapeva.
"Mi
sembrava indelicato frappormi tra te e il tuo lui" la
canzonò.
Ecco, appunto.
"Ritiro
quello che ho detto prima riguardo alla nostra fantastica
amicizia". Al rise di gusto e si chinò
sulla cartella
per estrarre il libro di testo.
"Hai
visto Alice?" le chiese poi, con finta noncuranza.
"Veramente
no, perché?" Lui sembrò imbarazzato. Al
imbarazzato... con
lei?
"Le
dovevo rendere un libro che mi aveva prestato, tutto qui". Per
archiviare del tutto la faccenda chiese dove si fosse cacciata Rose.
Come se l'avesse udito, in quel momento lei entrò insieme a
Trixy.
Si sedettero al banco davanti. "Ma dove diavolo eravate?"
chiese Rose girandosi verso di loro. L'aula iniziava a riempirsi.
Penny sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Disse che
aveva avuto uno
spiacevole colloquio con James e ne approfittò per dare una
gomitata
ad Al, ripensando a come se l'era svignata. Al non sembrava
preoccupato dall'eventualità che Penny continuasse a
riempirlo di
gomitate, perché continuava a guardarsi intorno. Rose gli
chiese
qualcosa riguardo alle predizioni per Divinazione, ma lui non la
stava ascoltando.
"Ti
verrà il torcicollo se continui così!" gli fece
notare Rose.
"Cerca
Alice" spiegò Penny. "Deve ridarle un libro". Non era
affatto convinta da quella motivazione – le sembrava
deboluccia,
decisamente.
"E'
in Infermeria" li informò Trixy. Albus iniziò ad
agitarsi.
"Lo
dici così?" esclamò, facendo voltare
più di uno studente
nella loro direzione.
"Al
stai tranquillo, non è niente di grave" lo
rassicurò. "Sarà
dimessa entro stasera. Stava preparando una pozione, ma non
è andata
come aveva previsto Alice. Le avevo detto di non farlo" concluse
Trixy. Evidentemente, l'amica non l'aveva ascoltata. Penny si
ripromise di chiederle ulteriori spiegazioni. Al riprese a respirare,
parve sollevato. In quel preciso momento, il professor Lupin fece il
suo ingresso in classe.
"Buongiorno
professore!" dissero in coro le due Case. In quel caso i
Grifondoro dividevano la lezione con i Corvonero del sesto anno.
Ottimi compagni di classe, i Corvonero. Comunque, nemmeno condividere
la classe con Serpeverde avrebbe potuto renderla indifferente verso
Difesa Contro le Arti Oscure. Theodore Lupin era il loro insegnante
dall'anno precedente. Un insegnante coi fiocchi, anche se molto
giovane. Aveva appena ventitrè anni, ma riusciva non solo a
farsi
rispettare da tutti i ragazzi e le ragazze di Hogwarts. Era un
giovane brillante e affascinante, da poco sposato con Victoire
Weasley, cugina di Al e Rose ma soprattutto talentuosa insegnante di
Pozioni. Penny non amava Pozioni come Difesa Contro le Arti Oscure,
ma doveva ammettere che Victoire era un'ottima insegnante.
"Buongiorno
a tutti!" disse Lupin. Si sedette alla cattedra, sistemò i
libri e le cianfrusaglie che si portava sempre appresso e poi si
alzò
di nuovo. Era una persona molto dinamica, Penny non ricordava di
averlo mai visto fare lezione restando seduto per più di
cinque
minuti. "Oggi ripeteremo un argomento che abbiamo accennato
l'anno scorso ma che non fa mai male ripassare. Sto parlando di come
produrre un Incanto Patronus" disse. "Qualcuno se
la
sente di dirmi come si produce un Patronus e come usarlo per
scacciare i Dissennatori?" chiese. Penny alzò la mano
d'istinto.
"Signorina
Shane, prego!" Fosse stata un'altra materia Penny non avrebbe
alzato la mano con tanta prontezza, ma Difesa Contro le Arti Oscure
era un'altra storia. Con Lupin ancora meglio: lo trovava eccezionale,
degno erede di suo padre, almeno da quello che aveva sentito su di
lui.
"Un
patronus si produce concentrandosi su un ricordo
estremamente
felice, lasciando che ci colmi completamente, per poi pronunciare la
formula Expecto Patronum. In tal modo, i
Dissennatori si
cibano del ricordo, senza attaccarci direttamente".
Lui
annuì soddisfatto.
"Sai
anche dirmi se ce ne sono più tipi?" Penny non dovette
neppure
riflettere.
"Corporeo
e non-corporeo, signore. Il primo prende una forma particolare, che
ha un significato per colui chelo produce. Il secondo tipo invece non
assume alcuna forma particolare" spiegò.
"Molto
bene Penny! Cinque punti a Grifondoro per quest'ottima spiegazione!"
disse. Lei sorrise, lievemente compiaciuta, poi si mise di nuovo
all'ascolto. Dopo un pò di teoria si passò alla
pratica; il
professor Lupin era per un insegnamento che prevedesse un certo
allenamento sul campo. Il fatto che Lord Voldemort fosse stato
ridotto in polvere dal Prescelto non significava certo che i maghi
oscuri fossero spariti dalla faccia della Terra. Era giusto che i
suoi ragazzi si esercitassero, diceva lui. Penny non poteva che
condividere, dato che aveva l'aspirazione di diventare Auror. Era un
sogno che accarezzava ardentemente. Una volta finita la scuola
avrebbe tentato quella strada.
Lupin
decise di utilizzare un Molliccio per farli esercitare, come suo
padre aveva fatto un tempo con i propri studenti. "Il Molliccio,
come saprete se l'anno scorso mi siete stati a sentire per almeno tre
minuti, prende le sembianze di ciò che più ci
spaventa" disse.
"Per ognuno dovrebbe prendere un aspetto diverso, non è
detto
sia un Dissennatore. Per questo motivo è stato appositamente
Incantato dal sottoscritto, affinchè assuma sempre e solo la
forma
di un Dissennatore, con ognuno di voi".
"Grazie
della premura, professore!" scherzò Lorcan, facendoli ridere.
Ciascuno
si mise in fila, in attesa del proprio turno. La prima ad affrontare
il molliccio fu Rose. A seguire vi furono alcuni Corvonero; poi Al,
Trixy e Penny, finchè ognuno ebbe prodotto il proprio.
Parecchi
ebbero la meglio sul Molliccio, ma ci fu qualche ragazzo che non
riuscì nell'intento. In questi casi Lupin si frapponeva tra
lo
studente e il molliccio, evocando il proprio patronus, che aveva
l'aspetto di un lupo, proprio come quello appartenuto ad entrambi i
genitori.
"Non
scoraggiatevi" ripeteva a quelli che non ci riuscivano. "Avete
fatto esercizio solo alla fine dell'anno scorso, è normale
che non
riusciate a padroneggiare l'incantesimo alla perfezione". Quando
l'esercitazione si concluse, gli studenti erano quasi dispiaciuti di
uscire dall'aula. Le lezioni di Lupin piacevano a tutti, non ci si
annoiava mai. Avevano imparato più cose con lui al quinto
anno, che
nei quattro precedenti. Penny raccolse i libri, ma non uscì.
Si
diresse invece verso Teddy Lupin, che la sentì avvicinarsi
alla
cattedra e sollevò lo sguardo. Penny si schiarì
la voce.
"Professore"
disse. "Avrei una domanda".
"Perdona
se intanto cerco la mia piuma d'oca, ma ti ascolto", rispose
gentilmente, iniziando ad armeggiare con un cassetto della cattedra
"Ecco,
mi chiedevo. Secondo lei, ho qualcosa che non va?" chiese. Lui
sembrò non capire. "Con l'Incanto Patronum, intendo".
Notando il volto preoccupato dalla ragazza smise di cercare la piuma
d'oca e si mise a sedere. Le parlò con voce rassicurante:
"Penny,
il tuo Patronus è uno dei più potenti della
classe. Per giunta sei
velocissima a produrlo. L'anno scorso sei stata la sola a riuscirci
al primo colpo. Te lo ricordi? Era vero, era stata la prima a
produrlo ed era piuttosto potente di solito; ma c'era qualcosa che la
turbava.
"Signore,
ecco... non è corporeo" disse incerta.
"Non è
strano? Insomma, io voglio diventare Auror. Non voglio che questa
cosa influisca negativamente". Tutti i Patronus dei suoi amici
avevano una forma. Quello di Rose era una lontra come quello di
Hermione. Il patronus di Al aveva le sembianze di una cerva –
chissà se per via della nonna o del suo secondo nome. Lily e
Severus
avevano avuto lo stesso Patronus, un tempo. Quello di Trixy l'anno
prima era non-corporeo, ma ora aveva le sembianze di un Labrador.
Penny sapeva perchè. Durante l'estate era morto il suo cane,
al
quale Trixy era legatissima. Era l'unica creatura della casa che
l'avesse amata e che lei adorava. La sua morte aveva addolorato
profondamente la ragazza, ed evidentemente il suo Patronus
rispecchiava quell'avvenimento.
Lupin
le riservò uno sguardo di tenerezza.
"Ascolta
Penny: tu eccelli nella mia materia. So che non sei niente male anche
in Pozioni, Incantesimi e Trasfigurazione. A mio parere sarai un
ottimo Auror, e certamente il fatto che il tuo Patronus prenda forma
o meno non cambierà nulla" la rassicurò. "Ci sono
altri
ragazzi ai quali non riesce un Patronus completo, ma sono sicuro che
entro quest'anno il tuo prenderà forma" la
rassicurò dandole
un colpetto sulla spalla.
"Se
lo dice lei mi fido" disse Penny. "Buona giornata
professore". Uscì dall'aula e scoprì che gli
altri l'avevano
aspettata; disse loro che aveva chiesto dei chiarimenti, senza
scendere in particolari. Insieme si incamminarono verso la Sala
Grande.
"Si
può sapere che diavolo è successo ad Alice?"
bisbigliò
accostandosi a Trixy.
"Te
lo spiego a tavola, ma è meglio che Al non senta"
sussurrò
l'altra con aria di segretezza, facendola morire di
curiosità.
"Alice mi ucciderebbe".
Procedettero
in silenzio fino alla Sala Grande. Si sedettero alla tavolata dei
Grifondoro. Dall'altro lato del tavolo, Al ingaggiò una
discussione
con Matthew Finnegan, suo amico e compagno di stanza, che sosteneva
di saper fare l'incantesimo Incarcifors, che fino
ad allora
non era riuscito a nessuno. La cosa giocava a loro favore,
perché si
trovarono libere di parlare. Penny e Rose morivano dalla voglia di
sapere cosa fosse successo.
"Che
ha combinato Alice con quella pozione?" chiese Rose. Trixy si
guardò intorno, come se stesse per rivelare l'arcano, e
iniziò a
raccontare l'accaduto.
"Voleva
preparare un filtro d'amore, anche piuttosto complicato"
riferì
alzando gli occhi al cielo. Disapprovava il maldestro tentativo
dell'amica.
"Cosa?
Un filtro d'amore?" esclamò Penny incredula. Non aveva idea
che
Alice fosse innamorata.
"Proprio
così, ma non di quelli che devono essere ingeriti dal
destinatario.
Era lei a doverla bere, per poi dire una specifica frase –
non so
quale – all'oggetto del desiderio. Una specie di frase chiave
che
attiva l'incantesimo e scatena l'infatuazione" spiegò. "Ha
sbagliato qualcosa nella preparazione e le sono spuntate delle bolle
verdi sul viso. Ero insieme a lei e siamo corse da Madama Chips in
Infermeria. Dice che non è grave". Rose e Penny erano
sorprese.
Alice
aveva tentato di preparare un filtro d'amore, per chi? Lo domandarono
a Trixy, che su quel punto fu irremovibile.
"Non
posso" disse. "Sarà Alice a dirvelo, quando se la
sentirà".
"Sai
che non avremo pietà nemmeno se è in punto di
morte, vero?"
disse Rose, facendole ridere.
"A
proposito di mettere sotto torchio, tuo cugino ci ha interrotto, ma
tu mi devi ancora spiegare come è nato tutto, fra te e
Lorcan"
le ricordò Penny mentre si alzavano da tavola. L'ora
seguente, prima
della lezione di Pozioni, fu trascorsa nel cortile di Hogwarts. Le
temperature cominciavano pian piano a scendere. Ottobre si stava
avvicinando, ma c'era ancora un bel sole.
"Allora,
tu e Lorcan a che punto siete?"domandò Penny senza giri di
parole.
"A
nessun punto" rispose Rose. Penny rimase in ascolto, ma tacque.
"Ci conosciamo da sempre; a dire il vero, ho sempre avuto
più
simpatia per Lysander. Mi sembrava più alla mano, non so"
disse
sorridendo. "Lorcan sembrava scostante, ma è solo riservato.
Me
ne sono accorta quest'estate, quando sono venuti a stare da noi".
Stando a quel poco che le aveva scritto Al sapeva che Lorcan e
Lysander avevano trascorso del tempo dai Potter perché i
genitori
erano partiti per fare ricerche riguardo ai mucillosi piagnoni,
delle nuove creature che avevano scoperto. Luna era diventata una
famosa naturalista e suo marito Rolf era un magizoologo.
"Dovevano
stare via due mesi, così hanno affidato i gemelli al clan
Potter-Weasley. Rolf ha esplicitamente dato ad intendere a
papà che
non gli andava di lasciarli a casa con Xenophilius Lovegood".
Dentro di sè Penny non potè dargli torto. L'aveva
visto un paio di
volte, aveva persino scoperto che era amico di suo nonno. Sembrava
una brava persona, pazzo al punto giusto da starle simpatico, ma non
si poteva dire che desse l'idea di uno affidabile.
"Come
sai siamo vicini di casa, quindi ci siamo divisi gli ospiti. Ai
Potter Lysander e a noi Lorcan" continuò Rose. Penny fece un
sorrisetto malizioso.
"Inizio
a capire..."
"Stando
sotto lo stesso tetto tutti i giorni, insomma... ho scoperto che
abbiamo moltissime cose in comune. Per farla breve, in capo a due
settimane ero completamente cotta. Ha tutto quello che cerco e sa
come corteggiare una ragazza e... lo trovo maledettamente sexy"
concluse. Non aveva mai sentito la sua migliore amica parlare di un
ragazzo in maniera così entusiasta.
"C'è
stato qualcosa?" indagò. Rose si mordicchiò un
labbro. Brutto
segno per lei: significava che era una nota dolente.
"Solo
un mezzo bacio..." rispose. Penny sollevò un sopracciglio,
dubbiosa.
"Che
cavolo è un mezzo bacio?"
"Ecco,
ci stavamo per baciare, ma abbiamo fatto appena in tempo a sfiorarci
le labbra, prima che Hugo arrivasse a rompere le uova nel paniere"
disse, seccata. "Da allora non ne abbiamo più parlato. Io
continuo ad essere convinta che lui farà il primo passo e
lui
continua a non farlo" concluse. Dal suo tono traspariva la
delusione che provava. Penny le prese la mano nella sua, per
rassicurarla.
"Rose,
sono sicura che prima o poi si farà avanti. Ho visto come ti
guarda
e posso affermare con certezza che è cotto quanto te. Oltre
a me
l'ha notato Al e perfino tuo cugino James, che sembra non accorgersi
mai di niente".
Ogni
riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale.
"È
solo questione di coraggio. Perchè non vai tu all'attacco,
invece di
aspettare lui?" Rose storse il naso. "Ci ho pensato, ma non
saprei che fare. Cosa gli dico?"
"Non
ho mai detto che devi dirgli qualcosa. Bacialo! Vedrai che si
sveglia" disse perdendo il tono serio.
"Mi
stai consigliando di saltargli addosso, non mi pare una grande idea"
le fece notare Rose.
"Merlino,
che esagerazione! Per un po' di iniziativa! Fai come ti pare...
struggiti per Lorcan fino al diploma" la celiò.
"Senti
chi parla! Stai evitando James da un decennio! È come se il
Boccino
d'Oro fosse alla tua destra e tu decidessi di allungare la mano verso
sinistra" disse. I paragoni calcistici di suo padre erano nulla
rispetto a quelle perle della famiglia Weasley. Il Quiddich aveva
dato alla testa a tutti, in quella casa.
"Forse
è per questo che sono una Battitrice. Non sono in grado di
cogliere
le opportunità al volo" disse. "In questo è bravo
James".
"Prendere
il Boccino è ben poca cosa se non si accorge che ha la
ragazza
migliore sotto il suo naso!" rispose. "Però anche tu stai
sbagliando. Ti si potrebbe dare una fiala di Felix Felicis e non
riusciresti comunque a trarne gioia" aggiunse con fare da
vecchia saggia, per poi alzarsi dalla panchina di marmo dove erano
sedute e dirigersi all'interno. Penny si alzò a sua volta e
si mise
a camminare al suo fianco, per rispondere alla sua affermazione.
"Be'
quello che provo per James non passa. Passerà, lo so.
È questione
di tempo, devo solo pazientare". Rose si girò verso di lei,
squadrandola con espressione scettica.
"Non
sarà così facile, per come sei messa. Inoltre,
anzichè aspettare
che passi, mi spieghi perchè non fai nulla
affinchè questa cosa
possa diventare concreta? Chi ti dice che Jamie non provi qualcosa
per te? Glielo hai chiesto?" le rispose. Penny scoppiò a
ridere. Un riso forzato, non certo allegro, ma piuttosto eloquente.
"Sappiamo
entrambe che non sono il tipo di tuo cugino" disse. "Non
c'è niente che possa attrarlo in me". Rose si
limitò a
sbuffare bofonchiando qualcosa.
Nel
mentre, erano arrivate davanti all'aula di Pozioni. Si erano
attardate in cortile ed erano già pronte ad essere
rimproverate.
Invece, la classe era piena, ma era Victoire, cioè la
professoressa
Weasley, ad essere in ritardo. Sia i Tassorosso che i Grifondoro
erano già sistemati ai loro posti e purtroppo, l'unico banco
rimasto
vuoto era il primo della fila centrale, da veri secchioni.
"Mi
sembra di essere Hermione Granger!" disse Rose, disgustata dalla
postazione.
"Era
secchiona fino a questo punto, tua madre?" domandò Penny.
Rose
si mise a ridere. "Anche più del punto, a quanto dicono
papà e
zio Harry. A onor del vero, bisogna ammettere che loro erano
schiappe, specie mio padre!"
Quando
Penny sentiva tutti quei racconti sui genitori di Rose e Al, non
poteva fare a meno di pensare che suo nonno Arnold avesse fatto bene
a tenere sua figlia fuori dal Mondo Magico; era stato il miglior modo
di proteggerla. Anne si sarebbe sentita fuori luogo, come se non
fosse all'altezza degli altri. Fra i babbani aveva una carriera ed
era sempre stata apprezzata e rispettata per le sue
capacità. Arnold
amava sua figlia più di quanto non dimostrasse e Anne
l'aveva capito
solo quando Penny era entrata in quel mondo complesso e bellissimo
della magia.
"Buon
pomeriggio ragazzi!" trillò una voce argentina,
interrompendo
il flusso dei pensieri di Penny. Victoire fece il suo ingresso,
splendida come sempre. I capelli biondi e il volto luminoso fecero
sospirare molti dei ragazzi.
"Si
vede che nelle sue vene c'è una traccia di sangue Veela:
è uno
schianto!", esclamò Matthew Finnegan, seduto vicino ad Al.
"Ehi,
vacci piano, è mia cugina!" ci tenne a ricordargli Al. "Ed
è anche sposata!" Finnegan arrossì fino alla
punta delle
orecchie. Non aveva pensato alla parentela. Del resto, metà
del
castello aveva una parentela di qualche tipo con Al e Rose.
Durante
i suoi sette anni ad Hogwarts, Victoire si era dimostrata
prodigiosamente dotata nella scienza delle Pozioni, stupendo la sua
famiglia per la rapidità con cui era riuscita a ottenere
l'impiego
come insegnante presso la scuola. Aveva ventun anni, persino
più
giovane di suo marito, ma nonostante ciò aveva la rara
abilità di
trasmettere le informazioni che la propria passione per la materia. A
Penny piacevano le lezioni di Victoire.
"Tirate
fuori il calderone in peltro, una fiala, e tutti gli ingredienti che
vi avevo detto di portare la volta scorsa, aprite il libro di testo
supplementare che vi ho chiesto di comprare" ordinò, senza
perdere tempo. "Pagina trecentonovantaquattro". Penny fece
come le era stato detto e rise nel vedere che a pagina
trecentonovantaquattro c'era la formula per realizzare la Felix
Felicis.
"Ti
spetta il posto della Cooman, Rose" disse alla compagna di
banco. "Sei una veggente". L'amica ridacchiò.
"Non
sarò mai alla sua altezza, lei possiede l'Occhio Interiore"
disse in maniera teatrale, scimmiottandola. "Ti
consiglio di non nominarla mai davanti a mia madre".
Passarono
le due ore seguenti a schiacciare erbe, tritare radici e spalmarle di
unguenti e oli di tutti i tipi, per poi mescolare il tutto nel
calderone. Alla fine della lezione, la professoressa valutò
i
risultati. Finnegan aveva fatto esplodere il suo calderone in peltro,
rendendo inagibile anche quello di Al, suo vicino di banco.
Quest'ultimo era nero dalla rabbia, dato che solitamente otteneva
ottimi voti in Pozioni. Gli unici risultati accettabili
erano quelli di Rose, Penny e di un Tassorosso di nome
Vincent. Victoire assegnò cinque punti ad ognuno di loro.
"Non
mi aspettavo che ci riusciste oggi; preparare la Felix è una
cosa
molto complicata, che non rientra davvero nei compiti di uno studente
del sesto anno. Ma, come sapete, non seguo sempre il programma, per
questo vi ho fatto comprare un libro di testo aggiuntivo". Oh,
si che lo sapevano. Era davvero tosta come insegnante.
Bravissima, ma tosta. Nonostante questo, era sempre incoraggiante con
gli studenti.
"Mi
piace farvi sperimentare cose avanzate, perciò non sentitevi
in
difetto. Andrà meglio la prossima volta" disse. Una volta
che
ebbe dato i compiti per la lezione successiva, furono liberi di
uscire dall'aula.
"Ora
abbiamo un'altra ora libera"osservò Al.
"Ma
poi ci tocca Cura delle Creature Magiche".
"Dai
Penny" fece lui. "Non è male!" Era vero, non era
affatto male come materia. Inoltre c'era Hagrid e a Penny piaceva
stare all'aria aperta.
"No,
tu non capisci. Con noi ci sono le serpi" disse tra i denti.
"Merlino,
me ne ero completamente dimenticato!" esclamò, battendo il
palmo della mano sulla fronte.
"Capisco
che Finnegan ti abbia sbruciacchiato il calderone, ma non pensavo
avesse intaccato anche il tuo cervello" esclamò Penny.
"Fai
poco la spiritosa! Stavo per picchiarlo, giuro. Sono un cretino"
ammise. "Papà me l'ha sempre detto di stare lontano dai
Finnegan se hanno la bacchetta in mano".
"Non
hanno una buona fama" ammise Rose, affiancandoli.
"Dovrebbero
fabbricare dinamite" disse Penny.
"Dina-che?"
chiesero all'unisono.
"Dinamite"
ripetè ad alta voce, sentendosi poco compresa. Le
loro
espressioni perplesse non mutarono. "Be', roba da Babbani"
li liquidò lei.
"Perchè
in quest'oretta non andiamo a far visita ad Alice?" propose
Rose. Penny la trovava un'ottima idea, a quanto aveva capito Trixy
era già lì. L'avrebbero raggiunta e si sarebbero
informate sulle
condizioni di Alice.
"Posso
venire con voi?" chiese Al, il tono incerto. Le ragazze non
trovarono nulla da obiettare e si incamminarono verso l'Infermeria,
preparandosi a sentire le solite lamentele di Madama Chips sui
visitatori. Stranamente non fece storie, salvo che per Al. Non gli fu
concesso di entrare, nonostante le reiterate richieste del ragazzo, e
fu costretto a restare fuori.
"Rose!
Penny!" Alice le salutò con un sorriso. Il suo volto sempre
così dolce era coperto di bolle verdi, ancora visibili sotto
una
pomata giallastra, spalmatale allo scopo di farle sparire.
"Avete
visto cosa ha combinato la vostra amica? Lozioni fai-da-te! Bah! Ai
miei tempi, se ti pescavano a fare una cosa del genere, venivi appeso
per i pollici nei sotterranei!" commentò Madama Chips. Era
una
cosa un po' eccessiva secondo Penny, ma era anche vero che Madama
Chips probabilmente aveva frequentato Hogwarts ai tempi dei Quattro
Fondatori.
"Come
no! Comunque entro stasera saranno tutte sparite, quelle pustole
verdognole" disse allontandandosi. Le ragazze si accostarono al
letto dove era semidistesa la paziente, chiedendole spiegazioni.
"Ho
detto solo che stavi preparando un filtro d'amore, ma non ho rivelato
chi volessi conquistare" disse Trixy all'amica.
"Avresti
fatto meglio, perchè io non so come dirlo" fece l'altra,
mordicchiandosi un labbro.
"Coraggio,
facci questo nome" disse Penny. Alice sembrò pensarci su, ma
alla fine si decise.
"Albus
Potter" mormorò. Rose non se lo aspettava, ne rimase molto
sorpresa, ma nella testa di Penny si ricollegarono alcuni tasselli.
Atteggiamenti, sguardi, sorrisi che aveva visto, presero tutti una
connotazione diversa.
"Ti
piace Al?" esclamò Rose.
"Parecchio,
direi!" Fu Trixy a rispondere per lei. "Prima che vi
offendiate perchè non ve l'ha detto, devo dire che anche io
l'ho
scoperto meno di una settimana fa".
"E'
una cosa seria?" le chiese Penny. Trixy annuì.
"Merlino!
La vuoi smettere di rispondere al posto mio?" la rimproverò
Alice. "Si, lo è, credo di essere innamorata" disse. "E
lui non è nemmeno venuto a trovarmi!" Sembrava affranta. "Ho
chiesto a Madama Chips di impedirgli l'accesso, in ogni caso. Non
voglio che mi veda in questo stato. Però sapere che non
è neanche
passato non è piacevole".
"Ti
sbagli" disse Penny, felice di poterla rallegrare. "Al è
qui fuori, che aspetta tue notizie. Ha insistito lui per
accompagnarci, ora che ci penso. E quando stamane Trixy ci ha detto
che stavi male era molto preoccupato". Trixy annuì di nuovo.
Sembrava non avere la forza di fare altro.
"Be'
Al è gentile con tutti, non è detto che..."
"Non
cominciare!" Rose era evidentemente spazientita. "Sei
peggio di Penny! Sono stufa di tutte queste insicurezze".
"Giusto,
appena uscirai cercheremo un metodo naturale per provarci con Al"
disse Penny. "Qualcosa che non preveda di ingerire pozioni fatte
in casa, se possibile". Alice sorrise alle amiche.
"Decisamente
basta intrugli" confermò. "Se mi vuole, bene. Se non mi
vuole... Be', mi farò Obliviare per dimenticarlo" aggiunse
facendole ridere. In realtà, furono tutte concordi nel dirle
che già
il suo interesse fosse un buon segnale.
"Ora
dobbiamo andare" disse Trixy. "Il dovere ci chiama e i
Serpeverde sono in trepidante attesa dei Grifondoro, me lo sento".
"Non
vi invidio per niente!" esclamò l'altra. "Preferisco le
pustole a quei serpenti a sonagli".
Quando
uscirono, Al era esattamente dove l'avevano lasciato. Restò
un po'
perplesso nell'accorgersi che tutte e tre lo fissavano con uno strano
sorrisetto. Non fece domande al riguardo e chiese direttamente
informazioni sulla salute di Alice. "Non è ancora in forma
smagliante, ma secondo Madama Chips stasera lo sarà" rispose
Rose sbrigativa. Al avrebbe voluto più dettagli e le chiese
cosa
aveva causato le bolle. Silenzio di tomba, fu ciò che
seguì.
Le
tre ragazze cercarono disperatamente una spiegazione plausibile,
negli anfratti più remoti del reparto scuse
decenti da rifilare
in qualsiasi occasione delle loro menti da adolescenti.
"Intossicazione
alimentare!" esclamò Penny; Al la guardò
dubbioso. "Così
dice Madama Chips!" aggiunse abbassando la voce, come a
giustificarsi. Mai stata una grande bugiarda, men che mai con Al.
"Ma
non era stata una pozione?"
"Appunto!
Ingerirla le ha provocato un'intossicazione" buttò
lì Rose.
Lui
si accontentò di quella risposta, anche perchè il
tempo a loro
disposizione era esaurito e dovevano recarsi alla lezione.
Già in
ritardo, corsero a perdifiato per i corridoi e poi per il pendio
erboso e scosceso che conduceva alla casa di Rubeus Hagrid, tagliando
per il campo di zucche. Giunsero appena in tempo per unirsi alla
classe che si stava recando nella foresta, e nella foga Penny
pestò
i piedi a qualcuno. Alzò gli occhi per vedere chi fosse, ma
non
appena lo fece se ne pentì amaramente. Capelli biondo
platino e uno
sguardo di ghiaccio inconfondibile la sovrastavano, come se la
aspettassero al varco. Aveva pestato i piedi al suo incubo personale,
Scorpius Malfoy.
"Dovrò
disinfettarmi la scarpa, ora!" disse sprezzante.
"Non
l'ho fatto apposta". Probabilmente Penny avrebbe dovuto
disinfettare le scarpe, non lui. Però non voleva guai,
perciò fece
per andarsene.
"Cosa
fai, prima mi infetti e poi te la svigni?" la sfidò. Penny
sentiva già la mano che scattava verso la bacchetta.
"Perché
non facciamo un duello, Sanguemarcio?"
"Schiantalo!
Schiantalo! Schiantalo!" Doveva
assolutamente far tacere quella vocina interiore.
"Lascialo
stare, Penny" le disse Al, la voce della ragione. Ritrasse la
mano dalla tasca e si limitò a mugugnare qualcosa su Malfoy,
mentre
il suo migliore amico la trascinava avanti in maniera piuttosto
brusca.
"Vuoi
un richiamo o stai cercando direttamente di farti espellere?" la
rimbrottò.
"Mi
sarei fermata" mentì. Probabilmente avrebbe estratto la
bacchetta, idiota com'era. O forse no. Non ne era certa, ma non era
il caso di discutere con Al.
"Quel
verme tira fuori il peggio di me" si giustificò. "Ha un
atteggiamento insopportabile".
"E'
Malfoy! Che ti aspetti? Che ti stringa la mano e ti offra dei
dolcetti?" Aveva ragione. Loro sapevano com'era, come si
comportava. Non aveva senso prendersela per quello che diceva o per
le provocazioni che lanciava.
Continuarono
a camminare a larghe falcate, verso l'interno della foresta. Ad un
certo punto, Hagrid si arrestò davanti ad un gran recinto,
all'interno del quale c'erano degli Ippogrifi che li osservavano con
fierezza. Una buona parte del recinto era riparata da una specie di
tettoia in paglia, sicuramente realizzata da Hagrid. Penny si mise
sulle punte e allungò il collo, cercando di oltre la folla
degli
studenti accalcati davanti a lei. Un Ippogrifo era disteso a terra.
"E'
ferito?" domandò Rose, togliendole le parole di bocca.
"Non
direi" le rispose Hagrid ridacchiando. "Questo", tuonò
per sovrastare il chiacchiericcio, " è un esemplare
femminile
di Ippogrifo".
"E
questo dovrebbe entusiasmarci?" chiese Scorpius ironico. Hagrid
lo udì, ma lo ignorò.
"No
signor Malfoy, la cosa interessante è un altra. Nancy, la
nostra
Ippogrifa, sta per partorire" annunciò orgoglioso, come se
il
figlio fosse suo.
"E
noi cosa dovremmo fare?" domandò Al con una nota di terrore
nella voce. Conoscevano tutti le idee strampalate di Hagrid quando
c'erano di mezzo le creature magiche, non c'era da fidarsi. I
genitori, gli zii, gli amici di famiglia erano tutti concordi in
proposito.
"Noi
aiuteremo Nancy a partorire, ovviamente! Ora entreremo nel recinto
–
senza dare fastidio agli ippogrifi, Scorpius – e poi ci
avvicineremo lentamente, per aiutarla a far nascere un piccolo"
spiegò. "Ci sono volontari?"
Calò
un silenzio generale e nessuno sembrava voler fare un passo avanti.
Alla fine toccò ad Hagrid scegliere un malcapitato.
"Al,
ci vuoi provare tu? Tuo fratello l'anno scorso ci è riuscito
piuttosto bene!" La faccia di Al era una maschera di terrore,
mentre Penny si limitò a dubitare di quell'affermazione.
James aveva
avuto la delicatezza e la fermezza necessarie a far partorire una tra
le creature meno gestibili in assoluto? Bisognava inchinarsi per fare
amicizia, figuriamoci cosa si doveva fare per far partorire un
Ippogrifo!
Nella
testa di Al si stavano agitando pensieri simili, a giudicare
dall'andatura con la quale si stava recando incontro al proprio
destino. Mentre avanzava a passi sempre più lenti verso il
recinto,
si bloccò e fissò Hagrid supplichevole.
"Devo
proprio?"
Si
sentirono Malfoy e il suo amico Zabini sghignazzare divertiti dalla
sorte di Al Potter.
"Lo
aiuto io, professore!" si offrì Trixy, vedendo Al
impallidire
sempre di più e vergognandosi per i commenti idioti che suo
fratello
Daniel stava facendo insieme a Scorpius. Al la guardò come
se
l'avesse appena salvato dal patibolo. Hagrid fece un cenno d'assenso
e i due ragazzi entrarono con cautela nel recinto, accostandosi
lentamente. Il resto della classe li seguì a distanza fino
ad un
certo punto, per poi fermarsi e restare lì a guardarli.
Trixy si
accovacciò accanto all'animale disteso a terra, che
scalciava da
ogni parte. Al era in piedi, ritto e impalato, mentre lei sembrava
concentrata sul da farsi.
"Come
facciamo a sapere quando dobbiamo intervenire?" chiese, appena
prima che un urlo lacerante rispondesse alla sua domanda.
"Ora"
dichiarò Hagrid, perfettamente tranquillo. Penny si chiese
come
pretendesse che due ragazzi se la cavassero in una situazione del
genere, senza spiegare come gestire la situazione. Ma per Hagrid
veniva prima la pratica e poi la teoria.
L'urlo
di Nancy sembrava aver risvegliato Trixy e atterrito Al, ora
accucciato accanto alla bestia, sempre immobile. L'animale si
contorceva e produceva suoni acuti di dolore, poco piacevoli da
udire. Per un pelo la ragazza schivò una zampata in pieno
visto,
mentre allargava le zampe dell'animale per permettere al piccolo
Ippogrifo di fuoriuscire. Il sangue le colava sulle mani, mentre le
introduceva quasi totalmente dentro Nancy. Vedeva spuntare la testa,
ma Al non si decideva a darle una mano, quindi prese il toro per le
corna. Con una mano accarezzò Nancy per tranquillizzarla,
mentre con
l'altra la aiutò con calma a far uscire quello che si
rivelò essere
un magnifico esemplare maschile di Ippogrifo.
Trixy
lo prese in braccio, sporco di quella che doveva essere una sorta di
placenta in versione ippogrifale – come la
descrisse in
seguito Al – e lo mise nelle mani di Hagrid. Si sarebbe
occupato
lui di rimetterlo a nuovo, lei aveva fatto abbastanza per il momento.
"Lo
chiamerò Norberto!" annunciò lui felice. "In
onore di un
vecchio amico".
"Aguamenti!"
Trixy formulò l'incantesimo puntando la bacchetta verso una
ciotola
di legno che, riempitasi d'acqua, le permise di lavarsi le mani.
"Sei
stata bravissima!" si complimentò Hagrid.
"Grazie"
rispose compiaciuta. Cura delle Creature Magiche era sempre stata la
passione di Trixy.
"Hai
fatto esattamente quel che dovevi. La mamma del cucciolo va
soprattutto tranquillizzata. Ben fatto, anche se non posso dire lo
stesso di Al". Il ragazzo aveva ancora lo sguardo perso nel
vuoto.
"Non
credo sia abbastanza forte di stomaco da reggere uno spettacolo del
genere" commentò Trixy trascinandolo fuori dal recinto.
"Ma
tu si! Dovresti pensare ad occuparti delle creature magiche ragazza,
te lo dico io" le disse Hagrid.
"I
miei genitori la disconoscerebbero, se decidesse di fare un lavoro
del genere!" commentò Daniel, a voce abbastanza alta da
essere
udito. Scorpius rise, mentre Penny e Rose si girarono a guardarli in
cagnesco. Hagrid aveva sentito, ovviamente.
"Bene,
in attesa che tu venga diseredata, assegno quindici punti a
Grifondoro, per la tua brillante prestazione!" Lei sembrò
molto
soddisfatta.
"La
tua
prestazione"
disse ad Al sottovoce, "è meglio non commentarla!". Il
ragazzo era rosso di vergogna, poichè nel frattempo si era
ripreso
abbastanza da capire la portata della figuraccia
che
aveva appena fatto. Davanti
alle serpi, per giunta.
"Abbiamo
capito che la cura delle creature magiche non rientra nei tuoi
talenti" lo canzonò Rose mentre facevano la strada a
ritroso,
per rientrare al castello.
"Chiudi
il becco! Sono destabilizzato! Quel coso recalcitrante e urlante era
difficile da gestire!" si lagnò.
"Sei
destabilizzato? Mi hai lasciata sola a fare il lavoro sporco. In
tutti i sensi. Non aveva un buon odore quel piccolo e tenero
ippogrifo!" affermò Trixy sbuffando. Si vederva che era
contenta di averlo fatto nascere, però.
"Hagrid
era ammirato" commentò Penny.
"Cura
delle Creature Magiche mi è sempre piaciuta. Gli Ippogrifi
sono
delle creature meravigliose, poi".
"Questo
no!" protestò Al. "Sono presuntuosi e altezzosi fino
all'inverosimile".
"Come
ti permetti? Sono molto eleganti!" lo contraddisse la ragazza.
"Ehi,
mi hai salvato, ma non mi farai cambiare idea. A proposito, scusami.
Se vuoi picchiarmi fai pure, sono stato un disastro".
"Indubbiamente
il peggior collaboratore che potessi avere. Diamine! Devo tornare
indietro, ho lasciato la bacchetta al recinto, credo. Ci vediamo in
Sala Comune!" disse loro facendo dietro front.
"Per
fortuna Alice non c'era!" si lasciò sfuggire Albus. Rose e
Penny lo fissarono dubbiose, solo in quel momento si rese conto delle
parole che aveva usato. Per sua fortuna, Matthew Finnegan lo
salvò
da qualsiasi possibile domanda, perchè doveva parlargli di
–
tesualmente – cose da uomini. Al lo
ringraziò mentalmente,
di qualsiasi cosa volesse parlare, non aveva importanza. Si
dileguò
con lui mentre Rose e Penny risalivano fino al castello –
l'una
parlando di Lorcan, l'altra pensando a James.
Era
trascorsa un'altra settimana dall'ultima volta che si erano parlati e
James non era più tornato all'attacco. Penny non sapeva cosa
pensare, il suo cervello oscillava come un pendolo. Da una parte era
sollevata, dall'altra delusa. Per un attimo aveva sperato che tenesse
a lei. Ovviamente si era sbagliata; quello di James era stato il
capriccio di un momento. Si era sentito escluso dalla
complicità che
aveva col fratello e con la cugina, punto e basta. Il resto erano
chiacchiere al vento, dette senza pensarci troppo.
"Pensi
di riparlare con mio fratello, prima o poi?" le chiese Al mentre
stavano percorrendo il corridoio insieme.
"Al,
non guardarmi così, non è colpa mia. Non ci siamo
incontrati,
ultimamente. Non è dipeso da me!" constatò. Al si
dimostrò
piuttosto scettico a quella scusa.
"Diciamo
che tu hai dato una mano al Destino, non facendoti trovare nei
paraggi tutte le volte che lo vedevi avvicinarsi"
puntualizzò.
Un
ragazzo alto, ben piazzato e dai capelli rossicci le si fece incontro
in quel momento, con un gran sorriso. Lei sorrise di rimando,
sprizzava buon umore da tutti i pori quel tipo.
"Ehi
Shane! Come va?"
"Ciao
Sam! Tutto regolare, più o meno".
"Tra
poco non avrai nemmeno il tempo di respirare, perciò goditi
la
libertà".
"Si,
capitano!" Penny si mise sull'attenti. "Quest'anno la Coppa
del Quiddich la vinciamo noi, io sarò lì a fare
la mia parte. Mi
sono mai tirata indietro?".
"Neanche
una volta! Sei un'ottima Battitrice, e lo sai. Ora devo andare
ragazzi, ci vediamo dopo" disse andando nella direzione opposta
alla loro.
"Menomale
che ha detto ragazzi, almeno so che si era accorto
della mia
presenza!", sbuffò Al, scocciato. Penny rise. Baston era il
capitano della squadra di Quiddich, della quale Al non faceva parte.
"Non
te la prendere, sai che mi adora! Ho salvato James in molte
occasioni, permettendogli di acchiappare il Boccino" lo
giustificò. Le sue stesse parole le ricordarono qualcosa che
negli
ultimi giorni aveva nuovamente rimosso.
A
Ottobre sarebbe iniziata la stagione di Quiddich, quindi dovevano
prepararsi per affrontarla. La elettrizzava l'idea di tornare a
combattere contro i bolidi, ma si sarebbe trovata gomito a gomito con
il maggiore dei Potter, cosa non proprio positiva.
Sam
Baston, figlio di Oliver Baston, aveva seguito le orme di suo padre.
Era molto amico di James e frequentava l'ultimo anno, come lui.
Giocava come portiere nella squadra del Grifondoro e considerava il
Quiddich la sua ragione di vita.
"Me
ne sono accorto! Ma per tutte le cavallette, non sono trasparente!"
protestò.
"Smettila
di lamentarti! Pensa a me: mi toccherà stare incollata a tuo
fratello ogni volta che un bolide rischia di colpirlo. Lo sai che mi
ha detto l'ultima volta che ci siamo visti?" Al scosse la testa,
come a ricordarle che era stata lei a non parlarne.
"Io
e Rose ci siamo consultati e abbiamo pensato che fosse meglio non
chiederti nulla" rispose. Penny sollevò un sopracciglio.
"Voi
vi siete
consultati?
Cosa sono adesso, un caso clinico?". Albus rise di quelle
parole, ma non le smentì. Pessimo segno! Ripensò
alla conversazione con James e a quanto era stata dura con lui. In
fondo voleva solo essere gentile, non aveva colpa. Le tornò
in mente
l'espressione dispiaciuta del suo volto. Però
era stato lo stesso James che aveva dato voce a una serie di idiozie.
-"Non
mi hai mai potuto soffrire e non fai nulla per nasconderlo, mi pare.
Sei cordiale con tutti, ma quando arrivo io diventi fredda".
-"Bene,
ora è proprio cristallino, che non sono fra le tue simpatie.
Se vuoi
che ti lasci in pace, fai una bella cosa: quando alla partita un
bolide sta per venirmi addosso, tu lascialo fare!".
-"Deve
essere difficile difendere qualcuno che ti sta così
antipatico. Mi
dispiace per te, davvero".
Erano
parole impresse nella mente di Penny, e non riusciva a cancellarle.
Insomma, quell'idiota non poteva davvero pensare che le costasse
fatica difenderlo a Quiddich! Era una cosa in cui aveva sempre messo
parecchio zelo.
"Deve
essere difficile difedere qualcuno che ti sta così poco a
cuore!"
ripetè Al incredulo. James non era un tipo melodrammatico,
di
solito.
"È
convinto che io lo detesti".
"Bisogna
dire che tu non fai nulla per fargli cambiare idea".
"Ora
la colpa è mia?" sbottò lei. Al alzò
gli occhi al cielo,
sentendo il suo tono scocciato.
"Ma
figurati se incolpo te! Dico solo che non lo tratti come fai con le
altre persone, sei scostante e a tratti poco gentile"
precisò.
"Normale che lui l'abbia notato".
"Cerca
di capirmi Al, ero arrabbiata. In più la consapevolezza che
essere
arrabbiata non fosse mio diritto, mi ha fatto arrabbiare ancora di
più". Al le diede una pacca sulla spalla. Oh sì,
era messa
male. "Non sono nessuno per giudicare le azioni di James. Non ho
motivo di arrabbiarmi se bacia un'altra, perchè non mi deve
niente".
"Ok,
ma resta il fatto che non gli hai parlato, perchè?".
"Per
dirgli cosa Al? James, scusa se sono
triste perché hai
baciato un'altra e sono arrabbiata con me stessa perché so
di non
potermela prendere con te" disse tutto d'un fiato,
scimmiottando il proprio tono in modo caricaturale.
"Tu
non parli così!" commentò Al ridendo.
"Lo
so, ma rendeva più ridicola la frase". Era imbronciata, ora.
Merlino, era così infantile.
"Non
fare il broncio, vedrai che andrà tutto..." L'ultima parola
rimase in sospeso e lo sguardo di Al si fissò al di
là delle spalle
di Penny. Evidentemente qualcuno si era avvicinato silenziosamente.
"Stavamo
proprio parlando di te!" esclamò Al con tono pimpante,
diretto
al ragazzo alle spalle di Penny. Lei lo incenerì con lo
sguardo. Si
costrinse a girarsi per guardarlo.
"Ciao
James" disse, il tono più neutro che riuscì a
sfoderare.
"Mi
saluti di nuovo, Shane?" Voleva renderle pan per focaccia. Al
soppesò la situazione, spostando lo sguardo dal volto di
James a
quello di Penny, poi parlò.
"Vado
a cercare Rose. Non so dove sia finita e dovevo chiederle i compiti
di Incantesimi per domani. L'incantesimo Arresto
Momentum è
ancora
poco chiaro, per me. Ci vediamo a Erbologia!" le disse
sbrigativo.
Non
ci poteva credere, la stava lasciando da sola! Lo guardò con
la
supplica negli occhi, ma nulla valse a sciogliere il cuore di pietra
di Al Potter. La lasciò lì impalata, sola con
James. Di nuovo.
"Posso
sapere come mai sono di nuovo nella categoria delle persone degne del
tuo saluto?" le chiese.
Merlino!
Quel tono freddo la faceva impazzire. Come se non bastasse le si era
anche avvicinato; ora aveva i suoi occhi puntati dritti in faccia. La
squadrava dall'alto in basso. Iridi di un castano così scuro
che
finivano quasi per confondersi con il nero delle pupille.
Probabilmente era lo sguardo intenso di James che l'aveva fatta
capitolare e che, ogni volta, la lasciava senza parole. Non sapeva
mai se prenderlo a schiaffi o buttargli le braccia al collo, quando
incrociava i suoi occhi. Furono secondi interminabili. Si sentiva
fuori dallo spazio e dal tempo.
"Shane,
vuoi parlarmi o continuare a fissarmi come se io fossi un Troll?"
La voce di James la riportò sul pianeta Terra, mondo magico,
scuola
di Hogwarts, corridoio quasi deserto. Penny deglutì
rumorosamente e
sbattè le palpebre un paio di volte.
"Mi
dispiace se sono stata sgarbata l'altro giorno..."
"L'altro
giorno?" disse ironico, "Sono passati sette giorni".
Sette
giorni? Li aveva contati?
"D'accordo,
mi spiace davvero" Disse Penny, sincera. Forse d'avvero si era
sentito tagliato fuori." Ero molto nervosa. Tu non c'entri".
Si, certo.
"Perchè
ti sei comportata in quel modo?" aveva un tono diverso da quello
freddo che aveva usato poco prima. Fu un sollievo per lei. Era meglio
sentirlo irritato che con quel tono asettico – non gli si
addiceva
affatto.
"Mi
dispiace" ripeté.
"L'hai
già detto, Penelope" le fece notare. "Io
non ho
chiesto le tue scuse, ho chiesto perché".
Penny non
sapeva cosa risopondere, dato che la verità era fuori
questione.
Aveva il nome della moglie di Ulisse, Penelope, ma non la stessa
pazienza: doveva andarsene alla svelta, troncare quella conversazione
prima di arrivare alle mani. Inoltre picchiare James non era
esattamente il tipo di approccio che le veniva in mente se pensava
alle sue mani.
"Rose
ha detto che non stavi male fisicamente e che Malfoy non ti aveva
rivolto la parola: due possibili cause di malessere sono escluse. Non
mi risulta che tu abbia avuto litigi o insufficenze".
"Non
ti risulta?" disse lei stupita."Cosa fai, mi controlli?"
James sembrò titubare, come se pensasse a come risponderle.
"Voglio
dire che non tratti male qualcuno perchè sei nervosa o hai
preso
un'insufficenza e, in tal caso, non avresti avuto problemi a
confidare una banalità del genere. Neppure a me".
Calcò sulle ultime parole. Era proprio fissato
con quella
storia! Non lo riteneva inaffidabile. L'aveva detto solo
perché
accecata dalla gelosia, ma non rispecchiava l'opinione che aveva di
James. Non avrebbe potuto innamorarsi di lui se non avesse visto
oltre quella sua scorza da duro e a tratti arrogante.
"Senti
James, io non so come dirti che non sei il centro del mondo".
Sì, certo.
"Non
ho detto questo!" sbraitò lui. Infatti no, era lei che
metteva
le mani avanti.
"Non
penso tu sia superficiale, d'accordo?" chiarì, con un tono
di
voce che non ammetteva repliche. Aveva anche strillato, a giudicare
da come aveva messo in fuga due Tassorosso del primo anno. James
invece non era per nulla impressionato. "Siamo a posto?
Sperò
che la conversazione fosse finita.
"Non
ti credo".
"Non
so che farci". Penny si strinse nelle spalle, già pronta a
girare i tacchi e cambiare direzione. Lui le si parò davanti.
"Stiamo
parlando e tu scappi. Lo fai sempre". Le fece notare. Gli occhi
erano fissi su di lei. "E' solo con me o è una tua tendenza
personale?"chiese.
"Una
mia tendenza, credo".
"Convincimi"
disse James. "Dimostrami che ti fidi di me e -se non ce l'avevi
con me- dimmi cos'avevo quel giorno".
"Tu
sei pazzo Porrer! Chiedimi qualunque altra cosa" concesse.
Suonava quasi come una supplica.
"Lo
vedi che ho ragione?"
"No,
maledizione. È una cosa privata che ci ho messo del tempo a
rivelare
persino ad Al e Rose; quindi ti prego, lasciami in pace".
Sperava fosse sufficiente.
"Un'ultima
cosa". Penny sbuffò ma acconsentì con un gesto.
"Al
ha detto che parlavate di me prima: a che proposito?",
domandò.
Una luce gli brillava negli occhi. Era curiosità o speranza?
Penny
tirò un sospiro di sollievo. Sam le aveva dato qualcosa a
cui
appigliarsi. Il Quiddich.
"In
realtà parlavamo di me, di te, di Baston... di Quiddich,
insomma. Mi
stava ricordando che l'inizio della stagione non è poi
così
lontano", mentì. In fondo era una mezza verità.
"Capisco"
rispose leggermente deluso. Fece per andarsene, ma fu lei a
trattenerlo, stavolta. Sembrò stupito.
"Amici
come prima?" disse chinando la testa. Quello sguardo penetrante
la destabilizzava, non doveva guardarlo.
"Si"
disse porgendole la mano. I brividi che sentì stringendola
non li
sentiva quando toccava Al, quindi non sapeva quanto il termine amico
fosse appropriato per designare il primogenito dei Potter.
James
la guardò allontanarsi, alla ricerca di Al – che
era decisa a
pestare a sangue- e di Rose. In quel momento, James desiderava solo
trovare qualcuno con cui sfogare la frustrazione per quella
conversazione. Le conversazioni con Penelope Shane lo lasciavano
sempre insoddisfatto. Come se ogni volta rimanesse
qualcosa di
non detto, qualcosa in sospeso. Una spada di Damocle che pendeva
sopra la testa di entrambi. Si trascinò svogliatamente fino
al
cortile, non sapeva bene a far cosa, ma sapeva che era in cerca di
una valvola di sfogo.
ANGOLO
AUTRICE
-Pagina
394 è un omaggio al compianto professor
Piton.
-
Penelope allude all'Odissea ovviamente, in cui la moglie dimostra la
sua pazienza aspettando il marito per vent'anni. Per questo dice di
non essere paziente come colei di cui porta il nome.
Arrivederci
a todos!
|
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Capitolo 6 *** 5. I consigli di Lorcan ***
Capitolo
cinque
I
consigli di Lorcan
James
si trascinò lentamente verso il grande portale della scuola,
che
dava sul cortile interno: uno spazio quadrato, con colonnine di marmo
tutto intorno, in mezzo alle quali gli studenti si sedevano a parlare
o a leggere, se non trovavano posto sulle panchine. Una boccata
d'aria gli avrebbe fatto bene. Soprattutto, gli serviva qualcuno con
cui parlare, ma non sapeva a chi rivolgersi. Oltrepassò
l'accesso,
ritrovandosi nel cortile.
C'era
il sole, ma il vento era abbastanza forte da scompigliare la sua
folta chioma castana. Si passò una mano fra i capelli, nel
tentativo
di levarseli dagli occhi, poi sollevò la testa. C'erano
alcune
persone, sparse qua e là, ma non si diede nemmeno la pena di
metterli a fuoco per bene. Stava ancora pensando all'ennesimo,
infruttuoso scambio di parole con Penelope Shane. Normalmente sarebbe
andato a confidarsi con suo fratello Al, ma con Penny di mezzo non si
fidava della sua discrezione.
Qualsiasi
cosa dirai potrà essere usata contro di te, aveva
sentito dire
in un film babbano. Valeva anche per lui. Insomma, Penny era molto
amica di suo fratello: dirgli qualcosa significava accettare la
possibilità che arrivasse alle orecchie di Shane. Doveva
trovare
qualcun altro a cui rivolgersi. Qualcuno di affidabile, che cfosse in
confidenza sia con lui che con il soggetto in questione,
ma
non tanto da andarle a spifferare tutto. Rose e Al erano fuori dai
giochi; Sam Baston era il suo migliore amico, ma al momento non
riusciva a trovarlo. Probabilmente si era rinchiuso da qualche parte
a studiare nuovi schemi di gioco per il Quiddich. In ogni caso, Sam
era un bravo ragazzo, ma decisamente non uno a cui avrebbe affidato
un segreto. Aveva la tendenza a parlare troppo, ecco. Si
guardò
intorno, stavolta cercando di capire l'identita delle persone
presenti. La risposta alle sue preghiere si presentò cinque
secondi
più tardi, sottoforma di uno studente Corvonero.
"Ehi
James!"
lo salutò Lorcan.
"Ciao
Scamander" rispose con tono affranto, che si premurò di
enfatizzare apposta per attirare l'attenzione dell'amico.
"Qualche
ragazza ti ha dato buca?" chiese Lorcan. "Somigli a
Mirtilla Malcontenta".
"Niente
del genere..." rispose, evasivo.
"Quindi
non si tratta di ragazze?" chiese Lorcan.
James
valutò la risposta attentamente, e scelse con cura le parole
da
dire. Aveva bisogno di sfogarsi, ed era convinto che di Lorcan ci si
potesse fidare. Doveva essere sincero e diretto, per una volta.
"Be',
si tratta di una ragazza" disse. "L'unica che mi
abbia mai dato filo da torcere".
Lorcan
lo guardò per un attimo, sospirò rassegnato e si
sedette su una
panchina di marmo bianco. James lo imitò all'istante: non
chiedeva
di meglio. Si teneva dentro tutto quel groviglio di sentimenti da
troppo tempo. Era ora che le parole uscissero dalla sua bocca. Era
venuto il momento di liberarsi di quel peso.
"Prevedo
che sarà una cosa lunga" disse Lorcan.
"Può
darsi".
"Jamie,
ci conosciamo da una vita, dico bene? Non ti ho mai visto
un'espressione del genere" disse, guardandolo in faccia. "Inizio
a preoccuparmi, vuoi che chiami Al?" Quella che voleva essere
una frase giocosa, suonò come una terribile minaccia alle
orecchie
di James.
"NO!"
tuonò.
Scamander
sollevò un sopracciglio, squadrandolo attentamente.
Probabilmente
credeva fosse mezzo esaurito, opinione non del tutto infondata.
"Era
tanto per dire, non l'avrei mica fatto". James annuì,
più
calmo dopo quell'assicurazione. Lorcan sembrò riflettere e
poi
parlò.
"La
tua reazione mi fa intuire che Al non ne è informato e non
deve
esserlo, giusto?" James annuì nuovamente, per confermare.
"Diciamo"
aggiunse, "che mio fratello ha un legame troppo diretto con il
problema in questione". Sincero e diretto. Lorcan sembrò
comprendere immediatamente, proprio come James si era aspettato.
"Al
ha una confidenza così profonda con due ragazze. Una
è Rose,
l'altra è... Penny! James trasalì internamente:
sentirlo dire da
qualcuno che non fosse la sua vocina interiore era decisamente
strano.
"Abbassa
la voce" sbottò. "È già abbastanza
imbarazzante senza
che lo venga a sapere tutta la scuola". Lorcan stavolta
sembrò
sorpreso.
"Cosa
è imbarazzante? È una bella ragazza,
complimenti!" E gli diede
un'allegra pacca sulla spalla. James sollevò gli occhi al
cielo,
esasperato.
"Si
certo! Auguri e figli maghi!" disse ironicamente.
Stava
parlando più a se stesso che all'amico.
"Se
fossi in te però ci penserei. Con tutte le ragazze che ti
vengono
dietro, perché proprio lei? È la migliore amica
di Rose e Al,
potresti infilarti in un bel casino". Ottimo, pensò James,
anche Lorcan non aveva capito niente. Evidentemente tutti lo
credevano incapace di sentimenti duraturi.
"Non
è così" ribattè. "Questa faccenda
è diversa. Io mi..."
Non terminò mai la frase. Sul volto di Lorcan
passò un lampo di
comprensione. Era stato lento, ma alla fine c'era arrivato.
"Aspetta...mi
stai dicendo che ti sei innamorato?"
"Lorcan,
se non parli piano me ne vado!" lo redarguì.
"Sono
scioccato" disse. "Insomma, non me l'aspettavo. James
Sirius Potter innamorato! Pensavo fosse la solita sbandata. Un
capriccio, ecco". Decisamente Penny non era una sbandata,
tantomeno un capriccio del momento.
"Pensavi
male, Scamander" replicò. Insomma, anche lui aveva un cuore.
Lorcan alzò le mani in alto, in segno di resa.
Improvvisamente a
James venne un'idea.
"Dimmi
Lorcan, mia cugina non lo è per te, vero?" Scrutò
ogni
cambiamento dell'espressione facciale di Scamander. Il viso di Lorcan
si illuminò a sentir parlare della ragazza.
"E'
una cosa seria, per me!" Lorcan sfoggiava un'espressione
sognante. "Spero sia lo stesso per lei".
"Pensare
a Rose ti fa quest'effetto?" chiese James, divertito. "Stai
sorridendo come un ebete".
"Lei
è così..." Ma James troncò subito il
discorso con un gesto
della mano. Merlino, non gli interessava sapere quanto fosse
fantastica sua cugina e fino a che punto Scamander fosse cotto di
lei.
"Volevo
solo assicurarmi che non la stessi prendendo in giro, ci resterebbe
malissimo" disse. Sperava che questo gli desse un
incoraggiamento sufficiente. Non aveva intenzione di fare da Cupido,
ma una spintarella a Lorcan poteva darla.
"Te
l'ha detto lei? Per lei quanto è seria la cosa?" chiese con
estremo interesse. "Perchè penso di piacerle". James rise
di gusto.
"Smettila
di fare mille domande al minuto! Piuttosto, datti una svegliata"
disse. "Rose è fusa. Come te, a giudicare da come ne parli".
Lorcan sembrò soddisfatto dall'assicurazione di James.
"Comunque,
siamo qui per parlare di te. Scusa" disse.
"Non
che ci sia molto da dire, io non sono fortunato come te con Rose"
disse, rabbuiandosi. "Penny non mi vede proprio. Se mi guarda,
lo fa per criticarmi, mi ci gioco la bacchetta!" disse
scompigliandosi i capelli, in un gesto abituale.
"Esagerato!
Sei uno degli scapoli più ambiti della scuola. Fossi in te
non mi
butterei così giù" osservò Scamander
tra il serio e il
faceto. "Non stai un po' esagerando? Penny è una persona
gentile con tutti".
"Infatti
è me che tratta male. È inutile, non le vado
proprio a genio"
disse, rassegnato. "Ultimamente la cosa è anche peggiorata".
Raccontò dei loro battibecchi e del fatto che ogni volta che
la
vedeva provava frustrazione per non riuscire a dirle quali fossero i
sentimenti che provava per lei.
"Ma
da quanto pensi a Penny?" domandò Lorcan. James
sembrò
perdersi per un attimo nei propri ricordi. Gli sembrava di aver
sempre vissuto in quella situazione di stallo.
"Dall'anno
scorso" rispose infine. "Ma ci ho messo un po' a
confessarlo a me stesso. Forse, se avessi avuto più tempo
avrei
provato a farla sciogliere un po'. Perchè è
questo che dovrei fare
con lei, dal momento che con me è più fredda di
un iceberg".
"Come
fai ad essere sicuro di starle così antipatico?"
domandò
l'amico, in cerca di un appiglio per consolarlo. Gli sembrava
impossibile vedere James stare male per una ragazza. James, che aveva
sempre detto che l'amore era una cosa da stupidi e che lui non ci
sarebbe mai cascato.
James
incurvò un angolo della bocca in un sorriso che di allegro
non aveva
nulla, era carico di sentimenti repressi.
"Ho
le mie ragioni, credimi".
"Spiegamele".
"L'anno
scorso avrei voluto dirglielo, ma poi non l'ho fatto. Rose l'aveva
invitata a venire da noi per l'estate – e io ci speravo.
Sarebbe
stata ospite dei Weasley, ma siamo vicini. L'avrei vista ogni giorno,
avrei avuto tutto il tempo di rivelarle quello che provo". Gli
era sembrato un buon piano, ma ovviamente non era andato in porto.
"Ma?"
lo incalzò Lorcan.
"Ma
alla fine non è venuta,accampando la scusa che voleva stare
con i
suoi".
"Capisco
la delusione, ma tu cosa c'entri con questo? Sei sempre in tempo a
dirglielo. Forse non era una scusa quella di stare con la famiglia"
provò a dire Scamander. James sorrise, di nuovo un riso
amaro.
"La
penserei come te, se non fosse che un giorno ho sentito Al e Rose
parlarne sottovoce e credimi se ti dico che non è stato
piacevole"
replicò. Lorcan
si preparò al peggio.
James
salì di corsa le scale di casa sua; sapeva che nella sua
stanza
avrebbe trovato Al e Rose, con un Gufo
da parte di Penny. Forse quella sarebbe stata la volta buona per
confessarle tutto.
Giunto
sul pianerottolo notò che la porta della stanza era chiusa,
segno
che non volevano essere disturbati. Udì la voce di sua
cugina,
piuttosto irritata. Origliare non era educato, ma non potè
fare a
meno di ascoltare quelle parole, dato che parlavano di Shane.
"Penny
mi ha mandato Lara, la sua civetta".
"Buone
notizie?" domandò Al, speranzoso.
"Non
direi! Dice che non viene più!" sbraitò Rose.
"Come
mai?" chiese Al. "Non sta male, vero?".
Rose
sbuffò, scocciata. "Macchè! Dice che vuole stare
con i suoi e
non ha intenzione di passare nemmeno un giorno delle sue vacanze con
noi!"
"Rose,
non credo che la lettera parli in maniera così ineducata!"
protestò Al. La cugina storse il naso. In effetti non aveva
riportato le parole esatte, ma che importava? Il senso della lettera
era quello.
"No
ovviamente, ma la sua scusa non mi interessa! La trovo deboluccia, tu
no?" disse col tono di chi la sa lunga. Evidentemente James si
era perso un pezzo della storia. Non capiva il tono allusivo di Rose.
"Rose,
lo penso anche io, ma..." Perfetto, decisamente si era perso una
passaggio, pensò James.
"Ma
niente,
Al! Anche se
lei non lo dice, lo sappiamo benissimo perchè non
è venuta!"
lo interruppe.
"Abbassa
la voce, Rose!" le intimò. "Vuoi che James ti senta?"
Lui,
ritto dietro la porta, si sentì leggermente chiamato in
causa. Che
c'entrava lui? Era colpa sua se Penny non era andata a trovarli? Si
mise in ascolto ancora più attentamente, per cercare di
capirci
qualcosa in più.
"Non
l'avevo neppure nominato, sei stato tu a fare il suo nome! Comunque
sai bene che se Penny non è venuta, l'ha fatto per non
incontrarlo..." bisbigliò.
Allora
era davvero colpa sua!
Aveva
sempre avuto il sentore di stare antipatico a Penelope Shane, ma ora
ne aveva la certezza. Non era andata a trovare i suoi migliori amici
per evitarlo. Doveva ritenerlo davvero insopportabile,
pensò. Con
ciò svanì ogni speranza dal suo cuore. Non poteva
conquistare una
ragazza che lo detestava.
Decise
che aveva sentito abbastanza. Bussò forte ed irruppe nella
stanza,
fingendosi allegro e chiedendo di chi fosse la civetta che aveva
visto arrivare. Stette ad ascoltare da Rose le vacue motivazioni che
Penny aveva addotto per non essere venuta e si finse indifferente;
infine uscì e ridiscese le scale. Uscì dalla
porta di casa e prese
la sua scopa; un bel volo era quel che ci voleva. Tornò solo
a sera
inoltrata, nascondendo la delusione che provava. Faceva sempre
così,
e funzionava alla grande.
"Ora
capisci perchè sono più che certo che non mi
possa soffrire?"
Lorcan tacque, perché era evidente che di fronte a quella
scenetta
anche lui avrebbe tratto la stessa conclusione. "Qualche giorno
dopo, ho chiesto a Rose cosa Penny pensa di me. Volevo capire se
c'era qualche speranza che cambiasse opinione" spiegò,
sentendosi un idiota. "E' rimasta sul vago, perchè sa di non
essere brava a mentire, ma ho capito che non voleva esporsi e
rischiare di dirmi apertamente quello che sa. Rispondeva a
monosillabi". Lorcan ebbe di nuovo la delicatezza di non
ribattere.
"Cosa
dovrei fare con una che mi evita come la peste? Correre da lei a
dichiararmi? Ero deciso a togliermela dalla testa, ma quando siamo
tornati a scuola l'ho rivista e..."
"E
non ci sei riuscito" concluse Lorcan per lui. James scosse la
testa.
"Vederla
in sala comune o nei corridoi, ascoltare la sua voce, guardare quegli
occhi verdi... sono tutte cose che me lo impediscono. Insomma, stessa
scuola e stessa Sala Comune. Non riesco a dimenticarla se la vedo
ogni giorno".
"Merlino,
ma sei proprio messo male!" esclamò Lorcan sentendo quel
tono
pieno di nostalgia. La peggiore che esista, quella della quale
è
quasi impossibile liberarsi. Nostalgia per qualcosa che non si
è mai
avuto. James lo guardò in tralice.
"Piantala
di ridere e dammi un consiglio, invece di farmi sentire un idiota"
disse. "Ci riesco benissimo da solo".
"La
tua faccia è impagabile James, sul serio!" Non si trattenne
dal
commentare. "Non mi sarei aspettato di vederti alle prese con un
problema amoroso, sul serio".
"Grazie
Lorcan, stai dicendo che sono ridicolo?"
"No,
somigli a un comune mortale innamorato" disse. "Sei
imbranato".
Era
proprio così che si sentiva. Non sapeva come agire, ed era
la prima
volta in vita sua che gli succedeva. Negli ultimi diciassette anni
era sempre stato sicuro di sè. Non aveva dubbi o
insicurezze, finché
era arrivata Penny. Aveva minato il suo equilibrio psichico. James
Sirius Potter non era più lo stesso ragazzo. Era un
qualsiasi
babbeo, incapace di conquistare l'unica che avesse mai davvero
voluto, incapace di agire nel migliore dei modi per farlo. Qualsiasi
cosa facesse con Shane gli sembrava di sbagliarla. Non era mai la
mossa giusta, con lei.
"Sono
totalmente nel pallone" ammise.
"Smettila
di piangerti addosso" disse Lorcan. "Potter, devi agire".
"Facile
per te... non devi temere che Rose ti picchi con un manico di scopa,
se mai decidessi di dichiararti!" sbottò James,
strappandogli
una risata.
"Prova
a farle cambiare idea sul tuo conto, ammesso poi che la sua opinione
di te sia davvero così bassa". Lorcan sembrava poco
convinto.
"Ma
lei mi conosce, e io sono così.
Se mi detesta c'è
poco che posso fare, non saprei da dove iniziare. Non so cosa la
infastidisca tanto da rinunciare alle vacanze con Al e Rose a causa
mia".
Se
solo James fosse stato consapevole che non aveva bisogno di cambiare
in nulla per piacerle, sarebbe andato di corsa da lei, interrompendo
qualsiasi lezione stesse frequentando. Non potendo immaginarlo, se ne
stava lì sulla panchina di marmo, ad arrovellarsi il
cervello.
"Posso
dirti quel che farei al posto tuo, benchè io sappia che
è un
consiglio che non seguiresti mai".
"Dimmelo
ugualmente, è tutto ben accetto!" Sapeva cosa Lorcan stava
per
dire e di sicuro non avrebbe battuto quella strada, ma sentiva che
parlare con qualcuno dei suoi sentimenti per Penny lo faceva stare
meglio.
"Mi
rivolgerei alle persone che le sono più vicine, James. Rose
e Al
sono gli unici ai quali, con un po' di pazienza, potresti scucire
qualche informazione sul suo comportamento nei tuoi confronti".
James sbuffò sonoramente, rendendo evidente che
quell'ipotesi non
l'avrebbe mai contemplata.
"E
questo sarebbe un consiglio? Mi sembra più una missione
suicida. In
cinque minuti lei lo saprebbe!"
"Devi
farlo con discrezione, credo sia l'unico modo che hai per capirci
qualcosa. L'altra via è confessarle tutto e vedere la
reazione che
ottieni. Se ti lancia uno Schiantesimo, game over"
scherzò, facendolo ridere.
"Lorcan,
fammi il piacere di stare zitto! Meglio che vada, ora" disse
buttando un occhio al grande orologio del cortile. "Tra poco ho
lezione, e non voglio fare tardi". Era già in ritardo, ma
non
importava.
Sapere
che qualcuno conosceva quel segreto lo angosciava ma, al tempo
stesso, rivelarlo lo aveva alleggerito di un peso. Quel sentimento
per lui era prezioso e, fino ad allora, era stato solo suo.
Desiderava custodirlo al meglio, dal momento che non riusciva a
liberarsene in alcun modo.
Doveva
evitare di avere quegli incontri ravvicinati con James Sirius Potter,
pensò Penny. Non erano sostenibili per il suo cervello.
Affrettò il
passo, poichè doveva raggiungere gli altri a Erbologia,
nella Serra.
Quando entrò, la lezione era già iniziata e
Neville Paciock era
alle prese con un nuovo argomento. Chiese scusa per il ritardo e
prese posto accanto a Rose, fulminando Al con lo sguardo. Il
professore riprese a illustrare le proprietà della pianta
del
giorno.
"La
Grassa Sedum Acre produce un'essenza molto
efficace, ma che
può rivelarsi molto dannosa, se prodotta dalle mani
sbagliate.
Qualcuno sa quali sono le proprietà dell'Essenza
Sedum Acre?"
chiese alla classe. Fu Rose ad alzare la mano, su suggerimento di
Alice, che non voleva rispondere a ogni domanda.
"Prego,
signorina Weasley" disse Neville incoraggiante.
"Lo
scopo precipuo dell'essenza che se ne ricava è far svenire
le
persone" illustrò con le esatte parole che aveva usato Alice
un
secondo prima.
"Risposta
corretta! Assegno cinque punti a Grifondoro" annunciò
Neville.
Penny
vide chiaramente Scorpius Malfoy arricciare il naso in una smorfia di
disappunto, che si trasformò in disgusto quando Neville
chiese
proprio a lui di provare per primo a ricavare l'essenza dalla Grassa
Sedum Acre. Le scappò un risolino e la cosa non
sfuggì al ragazzo.
Nei suoi occhi dardeggiò uno sguardò di fuoco,
tutto per Penny.
Scorpius era sempre impegnato ad odiare qualcuno o a infastidire gli
studenti che non gli andassero a genio. Non aveva altro da fare se
non creare nuove inimicizie e coltivare quelle vecchie. Penny trovava
che condurre una vita del genere fosse molto triste.
Dopo
che Scorpius ebbe fatto la sua magra figura ad Erbologia, facendo
prendere una bella rivincita al professor Paciock, che non si
trattenne dal fare qualche commento sulle sue scarse
abilità, furono
liberi di andare. Quella era stata l'ultima lezione della giornata.
Erano
alla fine di settembre, l'aria si era fatta più fresca.
Penny decise
di andarsi a rifugiare davanti al fuoco scoppiettante della Sala
Comune, cogliendo l'occasione per fare i compiti.
"Cosa
abbiamo per domani?" domandò Rose, sedendole accanto. Fu
Alice
a rispondere, aggregandosi al gruppo di studio.
"Dobbiamo
rispondere a cinque domande di Storia della Magia, il professor
Rüf
ha detto che vuole almeno tre fogli di pergamena".
"Non
dovrebbero permettere ad un fantasma di insegnare! Fa sembrare noiosi
anche gli avvenimenti più esaltanti" commentò Al
incontrando
l'approvazione di Matthew Finnegan, vicino a lui sul divano. "Ben
detto! Li spiega alla stessa maniera da quanto? Un milione di anni?
Be', ha scocciato. Dovrebbe adottare un approccio più
giovanile".
"Non
dimenticate le predizioni per Divinazione e gli esercizi scritti di
Incantesimi e quelli di pratica per l'incantesimo di rallentamento"
aggiunse Bellatrix. "Arresto Momentum".
"Perfetto!"
sbuffò Penny. Non aveva alcuna voglia di studiare, aveva il
cervello
concentrato esclusivamente sugli allenamenti di Quiddich. Sarebbero
iniziati di lì a poco, portandola gomito a gomito con James.
Non
le usciva dalla testa quello sguardo ferito. Le dispiaceva che
credesse che Penny lo detestasse, ma non poteva farci nulla. Non
poteva rivelargli quali erano i reali sentimenti che nutriva nei suoi
confronti. O rischiare di farlo. Giocare a Quiddich con un Cercatore
che l'aveva respinta l'avrebbe messa in seria difficoltà.
Sarebbe
stata tentata di lasciare che un Bolide lo spazzasse via,
probabilmente.
Si
buttò a capofitto nello studio, voleva finire i compiti
senza
portarseli fin dopo cena. C'erano cose molto più
interessanti da
fare; ad esempio chiedere informazioni ad Alice sulla sua cotta per
Al. Non le aveva fatto pressioni da quando era tornata, ma ormai si
era rimessa: era ora di metterla sotto torchio.
Due
ore e mezza dopo le restavano giusto le predizioni di Divinazione da
inventare di sana pianta, come faceva ogni volta. Si chiedeva come
fosse possibile non rendersi conto che tutti gli studenti non
predicevano un bel niente, ma si inventavano tutto. Sollevò
la testa
e vide il quadro della Signora Grassa aprirsi per lasciar entrare una
figura alta, occhi scuri e un cespuglio di ricci soffici. James
alzò
lo sguardo e lo puntò su di lei. Penny distolse lo sguardo e
James
si trascinò fino al divano accanto ad Al, iniziando a
parlottare con
lui. Penny si rimise a studiare, ma una forza magnetica le imponeva
di alzare lo sguardo ogni cinque minuti, per controllare che lui
fosse ancora lì. Anche James la guardava di sottecchi,
stando
attento a non farsi beccare, ma la cosa non gli riuscì
appieno.
"E
mentre volavo sulla scopa di zio Bill, sono caduto sul Platano
Picchiatore e sono stato pestato a sangue, per poi finire al San
Mungo..."
"Oh,
davvero?" fece James distrattamente. "Molto interessante".
"Non
mi stai ascoltando!" Il rimprovero di Al sembrò finalmente
scuotere James e catturarne l'attenzione. "Perchè continui
ad
alzare lo sguardo verso Penny, anzichè prestare un briciolo
di
attenzione a tuo fratello?" chiese diretto. Lorcan aveva
ragione: era proprio imbranato! Si era fatto beccare come un idiota.
"Ma
figurati! Ero solo distratto" rispose, sbrigativo. Negare
fino alla morte: una regola fondamentale per ogni bugiardo
che si
rispetti.
Al
alzò un sopracciglio e scosse la testa.
"Jamie,
ti ho riempito di frottole, mancava solo che ti dicessi che ho il
Marchio Nero sul braccio..." gli fece notare. "Continui a
non ascoltare e ad alzare lo sguardo".
"Scusa
Al" disse contrito, "sarò tutto orecchi da adesso. Hai
preso un brutto voto in Cura delle Creature Magiche, hai litigato con
un amico, hai problemi di cuore? Ci sono qui io!" Il tono della
sua voce ricordava quello di uno spot pubblicitario.
"Problemi
di cuore ne ho, ma non stavamo parlando di questo!" rispose il
fratello. James stava per passare avanti, ma realizzò quello
che
aveva detto Al.
"Problemi
di cuore, tu?" esclamò sbalordito, ad alta voce.
Al
lo guardò storto, piuttosto irritato. Rose stava leggendo
delle
formule su una poltrona vicina al divano, ma non alzò lo
sguardo.
Poco male, prima o poi gliel'avrebbe comunque rivelato,
pensò Al.
"Lo
trovi tanto assurdo?" domandò, fingendosi un po' offeso.
"No,
è solo che non pensavo che stessi con qualcuna"
replicò James.
"Infatti
non ci sto, purtroppo!" Il tono di Al uscì lievemente
teatrale.
"Chi
è la fortunata?" domandò James. Al
scoppiò a ridere a quella
richiesta.
"Sul
serio ti aspetti che te lo dica?" Suo fratello lo guardò in
tralice, contrariato.
"Sono
sangue del tuo sangue..." tentò.
"Non
sei un asso nel mantenere i segreti: questo mi sta paticolarmente a
cuore non ho nessuna intenzione di rivelartelo!" concluse
deciso. James comprese che non c'era nulla da fare e lasciò
perdere.
Prima o poi sarebbe tornato all'attacco, ovviamente; era troppo
curioso per non farlo.
Una
volta finiti i compiti, Penny sollevò la testa dai libri,
giusto in
tempo per vedere Rose che avanzava circospetta nella sua direzione.
Fino a un secondo prima era seduta accanto al divano dove stava
James, mentre Penny si trovava dall'altra parte della Sala Comune. Si
alzò per riordinare i libri delle varie materie, tutti
sparsi sul
tavolo che aveva occupato. Rose le fece segno di volerle parlare e
Penny le si accostò.
"Notizia
bomba!" bisbigliò eccitata. Penny la guardò con
aria
interrogativa e Rose la prese per mano, la condusse accanto a una
finestra. Era il punto più lontano possibile dal fuoco e dai
fratelli Potter. Entrambe girarono le spalle alla sala, fingendo di
essere interessate al paesaggio esterno, che invece conoscevano a
memoria.
"Al
è innamorato!" riferì emozionata, fissando il
vetro.
"E
non ci ha detto nulla!" constatò Penny. Un po' ci era
rimasta
male. Dopo che a lei aveva fatto pesare di non aver rivelato la cotta
per James... Avrebbe dovuto informarle se aveva una ragazza!
Rose
sembrava averla presa più sportivamente.
"Sì,
dopo lo squoiamo vivo!" rispose. Come non detto,
pensò
Penny. "Intanto ti dico cosa ho sentito". Rose sapeva solo
che aveva in mente una ragazza, ma non il suo nome. Sapeva anche che
la fanciulla, chiunque fosse, era all'oscuro dell'interesse di Albus
per lei.
Penny
si mostrò piuttosto delusa.
"Eh
no, Rose! Così non va bene per niente. Ci
toccherà farlo parlare,
con ogni mezzo". Erano decisamente informazioni scarse.
"Senti
chi parla!" rispose Rose a voce troppo alta. "Ci hai messo
una vita ad ammettere di esserti innamorata..." Prima che Rose
concludesse la frase, Penny sentì un colpo di tosse bello
forte.
Voltò
il capo si trovò davanti Albus e James. Penny
guardò Al
riconoscente, poichè era stato sicuramente lui a tossire,
evitandole
una figuraccia. Rose si sarebbe voluta sotterrare, in quel preciso
istante.
"Parlavate
di ragazzi, suppongo" disse James – chissà
perché, sembrava
irritato. Non sarebbe mai riuscita a capire quel ragazzo,
pensò
Penny. Fu Rose a rispondere, evidentemente nel tentativo di toglierla
dall'impaccio di trovare una replica sensata.
"Non
posso negarlo Jamie, dal momento che eravate qui dietro a spiare".
"Non
stavamo spiando, siamo semplicemente arrivati al momento sbagliato"
specificò. "Giusto in tempo per sentire il nome del ragazzo
di
Penny, a quanto sembra..." A Penny venne un nodo allo stomaco.
Non poteva sentire quel tono così acido e sprezzante da
parte di
qualcuno che cambiava una ragazza a settimana. No, quello era troppo.
Doveva riconoscere che ultimamente sembrava essersi dato una calmata.
In ogni caso, non comprendeva. Lo disse chiaro e tondo.
"Non
capisco il tuo tono, James".
"Quale
tono, Shane?" Sembrava avercela con lei.
"Quel
tono arrogante che hai usato con Rose" rispose sotto gli occhi
basiti dei suoi amici. Credevano non gli volesse più
parlare, e ora
ci intavolava una discussione.
"Il
tono che uso con mia cugina non ti riguarda". Rose stava per
intervenire, ma quella conversazione aveva preso una piega strana:
era decisamente un botta e risposta tra quei due.
"Si
invece, se lo usi con un'amica e mentre parli di me!"
replicò
Penny.
"Ho
solo sentito Rose che diceva la parola innamorata –
e se Al
non avesse magistralmente inscenato quel colpo di tosse" disse
occhieggiandolo, "ora potrei parlarti in tono ancora più
strafottente e mettere i manifesti con il nome del
malcapitato" rispose. Si pentì subito
di averlo
detto.
Si
sarebbe sentito ancora più in colpa, se avesse saputo quanto
a fondo
quelle parole toccassero Penny, dette dal ragazzo che amava. Lei
sentì lacrime di rabbia salirle agli occhi, ma le
ricacciò
indietro. Le avrebbe conservate per un momento di solitudine, come
faceva sempre. Non era il caso di sprecarle davanti a un insensibile
presuntuoso come James Sirius Potter.
"Molto
ben,; credo sia meglio se vado a farmi un giro" annunciò
uscendo dalla Sala Comune in un batter d'occhio. All'apparenza
sembrava urtata, ma Rose e Al sapevano che era ferita nel profondo.
"Complimenti,
l'hai presa per il verso giusto!" Rose rimbrottò James
aspramente, facendo per andarle dietro.
"Vado
io" dichiarò lui, scomparendo in fretta dietro il ritratto
della Signora Grassa. Al Potter e Rose Weasley si guardarono l'un
l'altra.
"Non
promette niente di buono" disse Rose, pensierosa.
"Assolutamente
nulla di buono" confermò
Al.
ANGOLO
AUTRICE
Salve
a tutti! Nei capitoli scorsi abbiamo presentato Alice e Trixy, con
altri personaggi secondari, come Sam Baston. In questo capitolo James
ha deciso di sfogarsi con Lorcan, che abbiamo conosciuto un po'
più
da vicino. Pian piano la Nuova Generazione non avrà
più segreti per
noi, o quasi.
|
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Capitolo 7 *** 6. La Mappa del Malandrino ***
Capitolo
sei
La
Mappa del Malandrino
Non
appena fu uscita, Penny salì di fretta le prime scale che
trovò:
non le importava dov'era diretta, voleva solo che fosse un posto
isolato. Mel frattempo pensava a Potter. James non era niente per
lei, niente. Non avrebbe più pensato a
lui. Era un insolente,
ecco cosa! Dunque un suo eventuale fidanzato, secondo Potter senior,
altro non sarebbe stato se non un malcapitato.
Sapeva che
James aveva agito forse sulla base degli ultimi avvenimenti: le
resistenze che aveva manifestato nel parlargli dei suoi problemi
personali. Non era una giustificazione sufficiente, comunque. Il
fatto che ce l'avesse con lei non significava che si potesse
permettere di prenderla in giro. La sua vita sentimentale non lo
poteva interessare in alcun modo, purtroppo. Da una
parte era
anche meglio che Potter avesse sentito quella conversazione.
Probabilmente non l'avrebbe più scocciata con le sue domande
inopportune, e ciò rappresentava un vantaggio. James avrebbe
pensato
che il 'segreto' di Penny fosse questo ipotetico malcapitato.
Quindi, tanto meglio così.
Camminava
sempre più veloce, senza smettere di guardarsi indietro, per
controllare che nessuno la seguisse. Del resto, aveva scelto di
salire proprio per non essere seguita. Chiunque avrebbe pensato che
avesse sceso le scale, non che fosse andata al piano superiore. Si
fermò solo quando ebbe raggiunto un corridoio abbastanza
isolato. O
meglio, sembrava abbastanza isolato.
"Shane"
strillò una voce melliflua, "come osi calpestare il mio
spazio
personale?" Un ghigno malefico comparve sul volto del ragazzo di
fronte a lei. Scorpius Malfoy era lì, insieme al suo fedele
cagnolino, Daniel Zabini. Ci mancavano solo loro, pensò
Penny.
Doveva liberarsene al più presto, prima di scatenare la
terza guerra
magica con quei due, che sembravano ben intenzionati a provocarla.
"Malfoy,
non ho tempo per te. Togliti dai piedi!" gli intimò. In quel
momento voleva stare sola, non certo con il platinato. Tentò
di
avanzare, ma lui le sbarrò il passo.
"Quanta
fretta, Sanguemarcio! Cos'hai di urgente da fare?" le chiese
Zabini.
"Non
è affar tuo! Fammi passare, serpe!" rispose agguerrita.
"No"
rispose Scorpius lapidario, scuotendo la testa. Penny alzò
gli occhi
al cielo e sbuffò.
"Senti
Malfoy, sarò sincera. Ho avuto una giornata nera, non ho
tempo per i
tuoi giochetti" disse provando nuovamente a sorpassarli.
Stavolta fu Scorpius in persona a pararsi davanti a Penny, che
cominciava a preoccuparsi. Si metteva male. Il platinato
tentò di
afferrarla per un braccio, ma lei fece un balzo indietro appena in
tempo. Mise la mano sulla bacchetta, in attesa che facessero la prima
mossa; non sarebbe stata lei a sfoderarla per prima: voleva solo
passare, non duellare. L'avrebbe tirata fuori solo se fosse stata
costretta, per legittima difesa.
"Si
può sapere cosa volete?" chiese diretta. Dallo sguardo
glaciale
e crudele di Malfoy comprese subito che duellare si sarebbe reso
necessario. Non che la cosa la spaventasse granchè! Voleva
diventare
un Auror, sarebbe stato indecente se si fosse fatta impaurire da
Zabini e Malfoy, anche se il fatto che fossero in due complicava le
cose. Decise di vederla come un'occasione costruttiva, per fare
pratica.
"Paura,
Sanguemarcio?" chiese Malfoy ghignando. La guardava negli occhi,
glaciale e implacabile. Penny non gli avrebbe dato soddisfazione
neanche per tutto l'oro della Gringott.
"No"
rispose secca. "No, e comunque mio nonno è un mago. Voi
pazzi
per il sangue puro non avete un termine apposito per quelli come me?
Sanguemarcio, ripeti sempre quello" rispose ostentando
indifferenza. Come se stesse facendo quattro chiacchiere al bar. In
realtà prendeva tempo per valutare la situazione e decidere
come
agire, ma sentire quell'insulto era come sentir insultare Anne, la
madre. Quindi non era vero che non aveva effetti su di lei. Questo,
Malfoy, non l'avrebbe mai saputo però.
"Già,
è un peccato, perché tu sei molto peggio di un
Nato Babbano! Sei
figlia di un'insulsa Magonò, feccia della feccia!" Quel
ragazzo
era nato per sputare veleno. La mano di Penny si strinse un po' di
più sulla bacchetta: sentiva il bisogno di Schiantarlo. "Sta
calma, è solo Malfoy! Fai il loro gioco se reagisci"
Le
sembrava di sentirsi dire da Al, la voce della ragione. "Schianta
quella serpe!", le suggeriva una vocina interiore, un po'
meno razionale. Non ebbe il tempo di scegliere quale opzione seguire.
Zabini mise velocemente mano alla bacchett, ma lei
intercettò il suo
movimento e lo disarmò.
"Expelliarmus!"
La bacchetta volò via dalle mani del ragazzo e Daniel si
slanciò in
avanti per riprenderla, ma lei lanciò rapidamente un altro
incantesimo.
"Mangialumache!"
Gli scagliò contro la prima formula magica che le venne in
mente.
Daniel iniziò a vomitare grossi lumaconi, accasciandosi al
suolo.
Ottimo, almeno la cosa lo avrebbe impegnato per un po'... Nel
frattempo, Malfoy le aveva indirizzato un potente schiantesimo, da
cui riuscì a schermarsi per un pelo.
"Reducto!"
ritentò Scorpius. Ma era serio? Voleva ridurla in
poltiglia?
"Protego!"
ribattè, schivandolo ancora una volta. Per
tutte le
cavallette, lei voleva solo farsi un giro!
"Petrificus
Totalus!" urlò Penny.
"Protego!"
L'altro fece in tempo a ripararsi e poi tentò di Schiantarla
nuovamente, senza riuscirci. Penny cercava di prendere tempo, ma non
sapeva come avrebbe agito, quando Zabini si fosse rialzato per
combattere. Finalmente, però, riuscì a fare
qualcosa.
"Locomotor
Mortis!", disse puntando la bacchetta verso Malfoy,
immobilizzandolo. L'Incantesimo delle Pastoie aveva funzionato, ma
non fece in tempo a godersi il trionfo. Ancora impegnata con il
platinato, Zabini aveva smesso di vomitare e, strisciando, si era
riappropriato della bacchetta, senza dare nell'occhio. Si
alzò in
piedi, tentò di schiantarla ma non ci riuscì. In
compenso liberò
Malfoy dalle pastoie. La situazione non era delle migliori, Penny
doveva ammetterlo. Due serpi di fronte a lei, più arrabbiate
di
prima e pronte a tutto. Zabini tentò di pietrificarla e,
impegnata a
schermarsi dall'incantesimo, non si accorse di Malfoy.
"Incarceramus!" tuonò il ragazzo,
trionfante. Penny
si sentì avvolgere da mille lacci, spire intorno al proprio
corpo e
al collo.
Cercò
di divincolarsi da quella stretta, ma Malfoy continuava a puntarle
contro la bacchetta, senza allentare minimamente la presa. Di quel
passo l'avrebbe soffocata. Cadde a terra, in ginocchio. Si sentiva
debole, il respiro corto. Non le piaceva sentirsi debole, in nessun
caso.
Udì
uno spostamento d'aria accanto a sè, dei passi in corsa, la
voce di
un ragazzo. "Expelliarmus!"
Improvvisamente
i lacci si allentarono e Penny riuscì a liberarsene,
benchè fosse
ancora accasciata al suolo. Qualcuno aveva tolto la bacchetta a
Malfoy.
Quella
voce sempre calda, ora rabbiosa, apparteneva a un ragazzo che le dava
le spalle. Ma non importava, perchè quei ricci castani li
avrebbe
riconosciuti ovunque: James Sirius Potter. Dopo il primo momento di
stupore cercò la bacchetta, che era rotolata più
in là, poi si
alzò in piedi. Era stanca, ma non poteva lasciarlo solo.
"Levicorpus!" disse il ragazzo; e Scorpius si
sollevò in aria, succube della bacchetta del Grifondoro.
"Stupeficium!",
gridò Zabini verso di lui.
"Protegò!"
urlò a squarciagola Penny, schermando il ragazzo che amava.
A
seguire, senza pensarci un attimo, Schiantò Daniel Zabini
con tutta
la forza che aveva in corpo, spedendolo parecchi metri più
in là.
Aveva tentato di fare del male a James, e la cosa non le era andata
giù. Il Grifondoro invece, che teneva l'altra serpe ancora
sospesa
in aria, scagliò Scorpius ancora più
giù in maniera assai
rabbiosa.
Messi
fuori gioco i due, non ritennero saggio restare lì ad
aspettare che
si riprendessero. Potter la prese per mano e la trascinò di
corsa
verso il muro. In realtà, confusa con le pareti, sita di
fianco ad
un' armatura, c'era una porticina. Era una sorta di passaggio
segreto, che sbucava su una scalinata buia e stretta. Penny si chiese
come James conoscesse l'esistenza di quella porta.
Iniziarono
a camminare lentamente per le scale, ancora le mani intrecciate
–
sembrava quasi che fossero sempre state così. All'improvviso
a Penny
mancò il respiro e si accasciò su un gradino di
pietra. James si
sedette accanto a lei.
"Ti
senti bene?" Lei lo rassicurò: era solo stanchezza. Quella
stretta al collo l'aveva destabilizzata parecchio.
"Come
ti è venuto in mente di duellare con quei due?" Non era
proprio
un rimprovero, ma ci andava vicino: più un tono da Al che da
James.
Quel pensiero la fece sorridere.
"Stavo
per i fatti miei, credevo di aver trovato un corridoio isolato, ma mi
si è parata davanti quella serpe platinata" rispose.
"Perchè
eri lì?" chiese lei. Era strano che si trovasse in quel
corridoio: non era un punto così frequentato nella scuola.
"Ti
stavo cercando" rispose.
"Davvero?"
Si finse indifferente. Le venne in mente un aspetto strano della
faccenda. "Come mi hai trovata?"
James
aveva un'espressione soddisfatta, quella che gli compariva sul volto
quando riusciva ad aggirare qualche regola.
"Segreto
di famiglia" rispose, estraendo una pergamena ripiegata nella
tasca del pantalone. Penny guardò l'oggetto, incuriosita.
"Giuro
solennemente di non avere buone intenzioni!" dichiarò James,
colpendola con la punta della bacchetta. Sulla pergamena comparvero
delle parole.
"Messer
Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso sono lieti di presentarvi La
Mappa
del Malandrino"
lesse Penny, sempre più dubbiosa.
"Ha
una storia piuttosto particolare" disse indicando la pergamena.
"Fu creata da nonno, ovvero Ramoso, insieme agli amici".
Penny suppose che i signori in questione rispondessero agli altri tre
soprannomi apparsi sulla pergamena.
"Lunastorta
è Remus Lupin, il padre di Teddy" continuò lui,
"mentre
degli altri due porto il nome". James, come suo
nonno.
Sirius, come il padrino di Harry Potter. Per
esclusione, pensò
Penny, il soprannome di Sirius doveva essere Felpato.
"Come
l'hai ottenuta?" domandò Penny.
"Be',
è mia di diritto" disse. Lei lo guardò, poco
convinta. "Oh,
va bene. È passata per varie peripezie, questa vecchia
mappa. Fu
sequestrata ai creatori da Gazza, ma quanche anno dopo Fred e George
Weasley la rubarono dal cassetto della sua scrivania"
raccontò.
"Poi la cedettero generosamente a mio padre. Ora, be', è
mia".
"Di'
pure che l'hai rubata!" Penny non trattenne una risata.
"Non
posso negarlo, ma era lì nel suo studio a prendere polvere.
A lui
non serve, a me sì" si giustificò. "Riproduce i
passaggi
segreti della scuola e segnala, in tempo reale, gli spostamenti di
chiunque si trovi all'interno del castello".
"Sul
serio?" chiese incredula. "Dove siamo noi?" disse
accostandosi un po' a lui. La prese come una buona scusa per stargli
accanto, senza destare sospetto. James sciolse lentamente la mano
dalla sua, lasciandole un senso di vuoto, e dispiegò la
mappa. Puntò
l'indice su due puntini fermi all'interno della mappa. I loro nomi,
affiancati, erano vergati in una grafia elegante.
"Merlino!
È fantastico!" esclamò lei.
"Vero?
È così che ti ho trovata" riprese. "Stavi
correndo, ma a
un certo punto ti sei fermata e non capivo la ragione".
"Se
non fosse stato per la serpe avrei continuato a camminare"
rispose Penny, ripensando al ridicolo siparietto di Malfoy.
"Perchè
mi cercavi?" Credeva di saperlo, a dire il vero, ma voleva
sentirlo dire da James.
"Volevo
scusarmi, Shane" ammise in tono colpevole. "Mi sono
comportato da idiota" aggiunse guardandola negli occho. Penny si
complimentò con se stessa per la sua fermezza. Aveva deciso
che non
gli avrebbe più parlato, ma le era bastato uno sguardo
perché la
rabbia svanisse.
"Non
fa niente" disse, con un'alzata di spalle. "Hai detto
quello che pensavi, in fondo. Solo, la prossima volta usa un po'
più
di cortesia". James bofonchiò qualcosa che Penny non
riuscì a
capire.
"Non
lo penso". Lei si girò a guardarlo, cosa poco saggia da
parte
sua, visto l'effetto che le faceva ogni volta. "Davvero, non lo
penso affatto".
"Non
ci sarebbe nulla di male a pensare che il mio ragazzo sia un
malcapitato". Tentò di ridere, ma le uscì
solamente un suono
strozzato.
"Hai
un ragazzo quindi?" domandò lui, fingendo disinvoltura.
Penny
scambiò quella domanda per mera curiosità.
"No,
nessun malcapitato".
"Smettila
di ripeterlo" ribattè James. "Chiunque sia, è
fortunato
ad essere amato da una ragazza come te". Il suo sguardo stavolta
non incontrò quello di Penny, perché James sapeva
che non avrebbe
retto al contatto visivo.
"Lo
dici solo per farti perdonare!" Tentò di scherzare lei,
tanto
per alleggerire l'atmosfera.
"Niente
affatto".
"Ti
perdono James, però sei stato davvero sgarbato" gli fece
notare. "Hai litigato con Jessica?"
"Jessica?"
domandò, stupito.
"La
Tassorosso del quinto anno" specificò Penny. "La tua
ragazza" aggiunse. James comprese l'equivoco e rise. Penny
trovava poco divertente che James si appartasse in angoli bui della
scuola insieme a Jessica, ma si guardò bene dal dirlo ad
alta voce.
"Vuoi
scherzare?" replicò lui senza smettere di ridacchiare. "Non
la sopporto. Mi si butta addosso in continuazione".
"Vi
ho visti in atteggiamenti intimi, se così si può
dire". James
riflettè un attimo e poi sembrò ricordarsi
l'accaduto.
"Oh
sì, me lo ricordo. Mi si era praticamente incollata addosso,
ho
dovuto scansarla. Mi dispiace veder piangere una ragazza, ma non
è
colpa mia se Jessica non è il mio tipo". Già,
il suo tipo
era lì accanto, pensò James.
"Ha
pianto perchè l'hai scansata?" James annuì e a
Penny
dispiacque un po' per la dignità di Jessica, ormai in
frantumi. A
lei non sarebbe successo niente del genere – ecco
perché aveva
tutte le intenzioni di non rivelare mai i propri sentimenti a James.
"Perchè
l'hai rifiutata?" domandò a bruciapelo. Un momento dopo si
pentì amaramente della propria curiosità,
poiché la risposta non
le piacque affatto.
"Sono
innamorato di un'altra". La voce di James era leggermente
incrinata.
A
Penny venne meno il respiro, rimpianse il cappio intorno al collo di
pochi minuti prima: in quel momento avrebbe fatto meno male.
Innamorato di un'altra.
"Capisco"
disse solo. Era consapevole che il suo volto si era oscurato,
perciò
voltò leggermente la testa. Lo nascose perchè
sapeva che le si
sarebbe letto in faccia come si sentiva, ma gli restò vicina
beandosi di quella poca intimità che le era concessa. Non
provò
nemmeno a chiedere chi fosse, perchè preferiva non saperlo.
Amava
un'altra, tanto le bastava per essere triste: sapere il nome non
avrebbe migliorato le cose.
"Lo
so che capisci; hai qualcuno anche tu, no?" disse. Penny
annuì
solamente. "Era lui il problema in questi ultimi tempi, vero?".
"Già,
in un certo senso" confermò. In fondo era vero, avrebbe solo
dovuto dire sei tu.
"Immagino
non mi rivelerai chi è". Sei tu.
"Non
è importante". Una parte di Penny continuava a chiedersi
come
sarebbe stato dirgli tutto, rivelargli come si sentiva accanto a lui.
"Come
mai? Ti ha fatto soffrire?" Sei tu.
"E'
un ragazzo che non posso avere, tutto qui. È inutile
parlarne, è
complicato".
Complicato,
bella parola. James non sapeva cosa intendesse Penny. Il ragazzo non
voleva stare con lei? Se era così non meritava cinque minuti
del
tempo di Shane. Non ne era a conoscenza? In questo caso non sapeva
che pensare. Sperare che lei non si dichiarasse gli veniva naturale,
perchè un eventuale fidanzamento non gli sarebbe andato
giù. Però
non voleva neanche vederla soffrire perchè non era
corrisposta. O
forse era davvero qualcuno con cui avere una storia sarebbe stato
troppo complicato. Doveva rifletterci con calma.
"Lo
sa?" chiese senza pensarci.
"No,
è molto meglio così. Dirglielo rovinerbbe le cose
e basta".
Sembrava sincera.
"Perchè
dici così?" Sei tu.
"Sono
certa che mi rifiuterebbe, a quel punto non riuscirei neanche
più a
guardarlo. Il gioco non vale la candela, capisci? Specie se sei
sicuro di perderla, la candela". Piegò un angolo della bocca
in
quello che voleva essere un sorriso.
"Già"
rispose James pensando però alla propria situazione.
"Sarà il
caso di andare" disse poi, alzandosi in piedi. "Gli altri
si staranno chiedendo dove siamo finiti".
Penny
fu tentata di fingersi ancora spossata, pur di restare lì a
parlare
con lui. Sebbene facesse male sapere che amava un'altra e
benché
James non avesse la minima idea che il ragazzo di cui stavano
parlando fosse lui. Nonostante ciò, si alzò e
scese i gradini
seguendo James, che sembrava conoscere Hogwarts come le sue tasche.
Era il degno erede dei Malandrini e di Fred e George. Arrivarono ad
un'altra porticina camuffata dal muro, che sbucava su un corridoio,
probabilmente al primo piano. Fortunatamente nessuno li vide uscire
da lì.
"Posso
chiederti una cosa?" fece lui, pur continuando a camminare.
"Certo".
"Cosa
ti ha fatto scattare, con Malfoy?" L'argomento era sicuramente
meno spinoso del precendente, anche se comunque poco piacevole.
"Oltre
a chiamarmi Sanguemarcio" iniziò, "ha offeso mia madre,
feccia della feccia. Comunque non sono stata io la
prima a
mettere mano alla bacchetta, ma loro". Meglio mettere le cose in
chiaro, prima che qualcuno si sognasse di darle dell'attaccabrighe.
"Sono
due vigliacchi" commentò James. "Tu sola, e loro in due!
Bel duello!"
"Se
non sei scorretto non ti ammettono in Serpeverde"
sdrammatizzò.
"Però non fare niente contro di loro". Non voleva che
James si cacciasse nei guai. Ci avrebbe pensato lei a rimetterli al
proprio posto, quei due.
Aveva
un'espressione così dolce mentre pronunciava quelle parole,
pensò
James. Si preoccupava per lui, nonostante non fosse nella cerchia
delle sue immediate simpatie. Le sorrise, senza nemmeno rendersene
conto. Non si poteva resistere a quel paio di occhi verdi, perlomeno
lui non era capace. Eppure doveva farlo. Penny Shane amava un altro,
che nemmeno ne era a conoscenza. Non c'era posto per lui, se non come
conoscente. In quel momento la mente della ragazza era attraversata
dagli stessi pensieri – lui che amava un'altra, lei che non
poteva
averlo. Il silenzio tra di loro iniziò a diventare
imbarazzante, e
lui dovette accorgersene, perchè lo ruppe.
"Ignoralo"
disse. "Malfoy, intendo. Quando dice quelle cose, perché gli
dai peso?" Nel suo tono c'era qualcosa in più di quella
domanda, lo comprendeva da sola. Le stava chiedendo se si vergognava
di Anne.
"Non
mi vergogno di mia madre" chiarì. "Non sopporto che la
offenda. Penso a come si sentirebbe, se ci fosse. Anne non immagina
minimamente quanto Arnold abbia fatto bene a escluderla da questo
mondo. Lo ritiene esagerato, anche se in un certo senso gliene
è
grata. Questa cosa le ha fatto capire quanto amore mio nonno provi
per lei e il loro rapporto è molto migliorato, da sei anni a
questa
parte". Ma perchè gli stava dicendo quelle cose? Lui non le
aveva chieste; aveva fatto una domanda semplice e coincisa, mentre
lei gli stava sciorinando informazioni che probabilmente non lo
interessavano affatto.
"Continua".
"Penso
che se sapesse che mi prendono in giro per la sua natura babbana, non
ci resterebbe bene".
"Non
le hai mai detto nulla, in tutti questi anni?" domandò
stupito.
"No"
rispose in tono ovvio. "Lo sa solo mio nonno. Non voglio che si
senta una disadattata".
"Hai
paura che diventi come Gazza? Lui si che è disadattato..."
La
buttò sul ridere James. E funzionò,
perchè lei rise. Il suono più
melodioso che lui avesse mai udito.
"Pluffa"
scandì bene Penny davanti alla porta della Sala Comune dei
Grifondoro. La Signora Grassa, nel suo bel ritratto, era diventata un
pò sorda ultimamente. Sosteneva di sentirsi poco bene, ma
Penny
sospettava che fosse più che altro ipocondriaca.
"Entrate rispose
spostandosi in avanti per lasciarli passare. Fecero il loro
ingresso, e in men che non si dica Rose balzò in piedi dal
divano e
si parò davanti a James.
"Penny,
stai bene?" chiese apprensiva. La ragazza non capì molto
quella
domanda, ma annuì con un gesto convinto. "Che cosa le hai
fatto?" si rivolse al cugino. James sembrò cadere dalle
nuvole.
"È
pallida come un cencio e ha delle ecchimosi sul collo".
"Ecchi-che?",
biascicò Matthew Finnegan, che si era avvicinato.
"Lividi,
Finnegan, lividi!" ribatté Rose, esasperata. Non si poteva
dire
che stravedesse per quel ragazzo. A quel tono brusco lui
capì di non
essere il benvenuto e si allontanò. "Vi siete scontrati?"
"No!"
risposero all'unisono.
"Rose,
non penso proprio che abbiano fatto una cosa del genere: sono due
persone civili in fondo" disse Al, avvicinandosi al terzetto.
"Come
sarebbe a dire, in fondo?" disse Penny, stizzita. I
suoi
amici non erano per niente d'aiuto.
"Sei
mia cugina, per la barba di Merlino! Pensi che aggredisca le persone?
Una ragazza poi!" James fece per andarsene, borbottando:
"Lasciamo perdere".
"Non
lasciamo perdere niente" obiettò Penny trattenendolo. Era
giusto che sapessero che James l'aveva tirata fuori dai guai. "Mi
ha aiutato con Malfoy". Rose e Al li guardarono con fare
interrogativo.
"L'ho
intercettata in un corridoio del secondo piano" intervenne
James. Non c'era bisogno di spiegare che la Mappa era andata in suo
soccorso. "Era ferma sempre nello stesso punto: stava duellando
con Malfoy e Zabini. Quando sono arrivato era stesa a terra, stretta
tra i lacci".
"Lacci?"
fece Al.
"Incarceramus"
precisò Penny. "Me la stavo cavando alla grande,
li ho
tenuti a bada, ma erano due contro una. Se non fosse arrivato James
sarei soffocata, probabilmente".
"Hai
visto Rose? Non sono Jack Lo Squartatore, sei contenta?" Rose si
sentiva visibilmente in difetto.
"D'accordo,
scusa – è solo che... guarda che faccia che ha!"
fece
indicandola. "Sembra uscita dal regno dei morti".
"Confortante
Rose" rispose Penny, ironica.
"Malfoy
non la passerà liscia" disse Rose, incontrando
l'approvazione
di Al e, inaspettatamente per loro, il dissenso di Penny.
"No,
niente vendette – non ora. Ci infileremmo solo nei guai"
disse
guardando l'amica, che sembrava voler ribattere. "In parte mi
sono rifatta. Ho Schiantato Zabini e James ha fatto di peggio a
Scorpius".
"Ti
avrebbe strangolato Shane!" obiettò James. Penny
minimizzò il
tutto con un gesto della mano, come a voler scacciare quel pensiero.
"Che sarebbe successo se non fossi arrivato?" Penny non
poteva credere di dover essere lei a tenere a bada i propositi di
vendetta degli altri.
"Ma
tu sei arrivato, James!" disse. "Non c'è bisogno di fare
altro: promettilo!" Gli altri promisero, riluttanti.
"Per
ora" disse James. Poi se ne andò, lasciandola con un senso
di
vuoto tremendo, nonostante fosse con due delle persone più
care che
avesse.
"Mi
dispiace" sussurrò Rose, abbracciandola. "Quando
lo saprà Trixy farà una scenata"
commentò. Giusto! In quel
marasma, Penny non ci aveva pensato: Daniel era il gemello di Trixy e
quella notizia non l'avrebbe entusiasmata, ma
non c'era modo di evitare
che lo venisse a sapere, perché la
voce sarebbe girata. La sala era gremita di gente, quindi qualcun
altro aveva di
certo
sentito quella storia. Pazienza, nessuno si sarebbe granché
stupito.
Tutti i Grifondoro sapevano quale
fosse la natura di Scorpius Hyperion Malfoy: quell'episodio ne era
solo l'ennesima conferma.
Penny
salì nel dormitorio con Rose, voleva riposare un po' prima
di cena.
Era stata una giornata ricca di eventi. Troppi, per i suoi gusti.
Quando si vide allo specchio non potè fare a meno di dare
ragione
all'amica: aveva l'aspetto di un cadavere ambulante. Volto pallido e
lividi violacei sul collo: le corde dovevano aver esercitato una
pressione maggiore di quel che pensava. Rose la stava fissando.
"Ti
ha offeso di nuovo, immagino".
"Non
ho risposto alle offese. Hanno sfoderato le bacchette per primi"
spiegò. "Cercavano guai, mentre io volevo solo stare in
pace".
"Già,
hai ragione. James non è stato carino prima, ma sono certa
che non
pensa quello che ha detto. Ne avete parlato?" Penny ripensò
alla loro conversazione, a ciò che si erano raccontati, alla
vicinanza di James. Si poteva provare nostalgia per uno
scalino di
marmo?
"È
tutto a posto Rose" disse, stendendosi sul letto. Rose comprese
che voleva riposare e decise di lasciarla sola.
"Sento
qualcuno sbraitare; temo sia Trixy..." Non era neppure una
bugia, delle grida provenivano dalla Sala Comune. Rose uscì
dalla
stanza. Ci avrebbero pensatò lei ed Alice a placare l'amica,
pensò
Penny mentre cadeva in un sonno senza sogni.
Quando
aprì gli occhi si sentiva nuovamente in forze, ma solo
fisicamente.
Mentalmente era sempre a pezzi, proprio come un'oretta prima. Non era
ora di andare a cena, aveva tempo di scendere da basso e starsene un
po' a crogiolarsi nella disperazione.
Scese
i gradini uno ad uno e trovò la Sala Comune quasi
completamente
svuotata. Quella stanza era un porto di mare: prima ospitava una
folla e il minuto dopo calma piatta. Si trascinò fino al
divano,
proprio di fronte al fuoco scoppiettante nel camino. Si distese,
pensando che forse poteva rimanere lì per sempre. Forse
poteva
semplicemente non vedere più nessuno. Non vedere James, che
amava
un'altra.
"Ehi"
disse a bassa voce Albus. Lei si mise a sedere facendogli spazio sul
divano.
"Credevo
fossi con Rose" osservò. Al alzò le spalle, come
a dire che
non aveva idea di dove fosse sua cugina. In realtà entrambi
potevano
benissimo immaginare dove fosse e con chi, non c'era bisogno di
dirselo. Poi Penny parlò, senza smettere di fissare il fuoco.
"James
ama un'altra" riferì con la voce spezzata. Al sapeva che non
le
piaceva piangere davanti a qualcun altro, ma non sarebbe riuscita ad
evitarlo, quella volta. Avrebbe voluto chiederle come ne era venuta a
conoscenza, ma fu lei stessa a raccontarlo. "Me l'ha detto lui.
Ha detto che la ama sul serio". Finalmente si girò e Al vide
una lacrima che scendeva pian piano a rigarle il viso.
"Vieni
qui..." le disse allargando le braccia. Non poteva vederla
così,
per tutte le bacchette! Penny si avvicinò
e poggiò la testa
sulla spalla di Albus, lasciandosi andare ad un pianto silenzioso ma
liberatorio, intervallato solo dalle sue scuse per quello sfogo
indignitoso e per avergli stropicciato il maglione.
"Piangi
quanto vuoi, ho due spalle fatte a questo scopo: una per te e una per
Rose. Spero che lei non ne abbia bisogno in giornata" disse.
"Non credo reggerei". Lei sorrise e tirò su col naso,
accontò per filo e per segno tutto quello che le aveva detto
James,
a bassa voce. Raccontò quello che lei aveva detto a lui,
quasi senza
prendere fiato.
James
scese le scale che portavano dal dormitorio maschile alla Sala
Comune, che per un attimo parve quasi deserta. C'erano pochissime
persone, sparse ai quattro angoli. Chissà dov'era Shane.
Pensò di
controllare sulla mappa, ma scacciò quell'idea. Non voleva
seguirla
o controllarla, avrebbe solo voluto amarla.
Non
fece neppure in tempo a pensarla
che la scorse,
seduta sul divano, di profilo rispetto a dove si trovava lui. Non
avrebbe
potuto vederlo.
La testa della ragazza era adagiata comodamente sulla spalla di Al.
Li aveva visti altre volte abbracciati,
ma c'era qualcosa di strano nell'atteggiamento di Penny. Si teneva
stretta al braccio dell'amico, ma non era un atteggiamento giocoso:
la cosa lo infastidì.
Avrebbe voluto rovesciare il divano e prendere il posto di Al, anche
solo per rubarle un abbraccio.
-"E'
un ragazzo che non posso avere, tutto qui. È inutile
parlarne, è
complicato".
-"Molto
meglio così. Dirglielo rovinerbbe le cose e basta".
-"Sono
certa che mi rifiuterebbe e
a quel punto non
riuscirei neanche più a guardarlo. Il gioco non vale la
candela".
Gli
tornarono in mente quelle frasi pronunciate da lei, poche ore prima.
Ora anche per lui avevano un senso. Era innamorata di Al, il suo
migliore amico. Per questo riteneva che fosse una storia impossibile:
non voleva compromettere il rapporto che avevano. Dirglielo avrebbe
rovinato le cose: aveva usato quelle stesse parole.
Si
sentì ribollire il sangue nelle vene.
Quella
storia peggiorava sempre di più. Ora c'era di mezzo anche
suo
fratello minore. Di bene in meglio! Ma perchè si era dovuto
innamorare di Shane? Di tutte le streghe in quella dannata scuola,
perché proprio lei?
Certo,
James non immaginava che il brillante ragionamento
che l'aveva
portato a ritenerla innamorata di Al non fosse poi così
brillante.
Penny
aveva un'atteggiamento diverso, certamente non giocoso,
perché era
in preda al pianto e cercava un appiglio sicuro, qualcosa che la
tenesse ancorata alla realtà.
Ma
James non sapeva niente di tutto quello che le passava per la testa;
provava solo una gran tristezza, ma non poteva darla a vedere.
Buttò
giù il magone e uscì silenziosamente dalla sala,
lasciando lì
dentro la ragazza che amava insieme ad Albus Severus Potter, suo
fratello.
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Capitolo 8 *** 7. Quiddich e strane domande ***
Capitolo
sette
Quiddich
e strane domande
"Ma
ti rendi conto di quello che ha fatto quell'idiota di mio fratello?"
Trixy era furente e continuava a fare su e giù per stanza;
al
dormitorio poteva parlare tranquillamente con le amiche. Meglio:
poteva urlare tranquillamente. Aveva il volto
livido di
rabbia. Alice aveva sentito ripetere quella frase almeno un centinaio
di volte nell'ultima mezz'ora. In tutta onestà, non ne
poteva più.
"Capisco
come ti senti, ma non è colpa tua se Daniel è un
Serpeverde con il
cervello di uno Schiopodo Sparacoda!" Non era una frase poi
così
consolante, ma Alice non aveva idea di come rincuorare l'amica.
In
ogni caso, Trixy non sembrò averla udita, perchè
seguitò a
camminare avanti e indietro, sfogando la rabbia in una serie di
improperi rivolti a Daniel e a tutta la famiglia Zabini.
"Alice,
ho condiviso l'utero di mia madre con lui, miseriaccia!"
Sembrava disgustata a quel pensiero. "Con un pazzo che ha
tentato di uccidere Penny". Alice avrebbe voluto controbattere
in qualche modo e poterla rassicurare sulla natura del fratello, ma
in cuor suo non se la sentiva.
"Il
mio nome resterà sempre una colpa da espiare, per me" disse,
stavolta a bassa voce. Anche su questo punto, Alice non
trovò nulla
da ridire. La verità era che conosceva Trixy abbastanza da
sapere
che avrebbe per sempre percepito il suo nome come qualcosa di
profondamente sbagliato.
I
coniugi Zabini erano del parere opposto; per loro era Bellatrix ad
essere in difetto. Era una Grifondoro babbanofila che aveva stretto
amicizie indegne di una Purosangue. Questo particolare ossessionava
in particolar modo suo padre Blaise, che la considerava una
traditrice del proprio sangue. La madre, Pansy, una
insana
fascinazione per i Mangiamorte e la Magia Oscura, che l'aveva portata
a darle quel nome che Trixy tanto odiava. Decisamente Blaise Zabini e
Pansy Parkinson non c'entravano nulla con la figlia, pensò
Alice.
"Terra
chiama Paciock!" gridò Trixy scuotendola. "Mi stavi
ascoltando?" Sembrava seccata dalla mancanza di attenzione
dell'amica.
"Ho
sentito parola per parola" mentì. C'era, peraltro, poco da
ascoltare: era arrabbiata con Daniel. Mentre scendevano in Sala
Grande per il pasto serale, la ragazza continuò a elencare
tutti i
possibili modi per vendicarsi del fratello.
"Ho
intenzione di cambiargli i connotati facciali" disse. "Non
temporaneamente, ma a vita!" precisò, con una preoccupante
serietà.
"Lo
vuoi Schiantare di nuovo?" chiese.
"Meriterebbe
di peggio che uno schiantesimo" borbottò Trixy, sedendosi
alla
tavolata di Grifondoro.
Poco
dopo comparve Penny. Non appena finito di piangersi addosso –
o
meglio, addosso ad Albus – aveva deciso di scendere a cena.
Si
sedette vicino a Trixy, guardando il minestrone come se fosse uno
strano elemento sconosciuto. Non aveva fame, ma doveva mangiare. Era
perfettamente consapevole che quella di disperarsi fino alla fine dei
suoi giorni non fosse la più sensata delle opzioni.
"Come
stai?" chiese Alice, premurosa.
"Bene"
mentì Penny, sorridendole. Non era una vera e propria bugia,
poichè
il motivo della sua espressione abbattuta non era dovuto a quello che
pensavano loro.
"Penny,
mi dispiace tanto per quello che ha fatto mio fratello. Non appena
gli metterò le mani addosso se ne pentirà
amaramente". Il tono
di Trixy era vibrante di rancore.
"Rose
vi ha raccontato nei dettagli quello che è successo?"
Entrambe
annuirono alla sua domanda. Ottimo, almeno le veniva risparmiata la
pena di ripetere ancora una volta come si fossero svolti i fatti.
Non
osava chiedere se Rose avesse riferito loro anche del battibecco con
James, motivo per cui si era trovata al secondo piano al momento
sbagliato. In fin dei conti non aveva importanza, non più.
"Non
devi fare nulla, non è il caso. In più" aggiunse,
"sono
sicura che al momento se lo aspettano". Scorpius avrebbe pensato
che Penny si sarebbe vendicata di lì a breve, ma lei non era
intenzionata a dare a quella serpe la soddisfazione di avere ragione.
"Non
credo tu abbia deciso di fargliela passare liscia" affermò
Trixy. Penny scosse la testa.
"No
di sicuro" affermò decisa. "Nemmeno voglio cacciarmi nei
guai al momento, però". La sua voce non ammetteva repliche,
perciò le due amiche si accontentarono di quella risposta e
ripresero a mangiare.
"Piuttosto"
riprese d'un tratto cambiando tono, "cosa pensi di fare con Al?"
La domanda era, ovviamente, rivolta ad Alice, che arrossì
lievemente. Gli occhi chiari brillarono anche solo sentendo il nome
di Albus. Un'altra ragazza messa molto male,
pensò Penny.
Alice però aveva migliori aspettative con Al di quante ne
avesse
Penny con James.
"Non
lo so..." Sembrava incerta; Trixy, seduta accanto a lei, le
diede una gomitata.
"E
ti pareva!" commentò. "Risponderai mai a questa domanda
con delle parole che non siano non-lo-so?"
domandò
prendendola in giro. Alice lanciò un'occhiata furtiva nella
direzione di Al.
Il
ragazzo parlottava con Matthew Finnegan, che probabilmente sapeva
qualcosa che Penny e Rose ancora ignoravano. La conversazione che
Rose aveva origliato le aveva già informate del fatto che Al
aveva
in mente una ragazza. Restava solo da capire chi fosse.
Rose
apparve dal nulla e si sedette accanto a Penny. Sebbene conscia di
essere molto in ritardo, sfoggiava un sorriso che non lasciava dubbi
sul fatto che avesse speso il suo tempo in compagnia di Lorcan.
Penny
tossicchiò, divertita.
"Devi
dirci qualcosa Rosie?" chiese in tono studiatamente zuccheroso.
Le altre ridacchiavano. "Voglio dire" continuò Penny,
"sei in ritardo e sembri felice come Baston quando Grifondoro
vince la Coppa del Quiddich".
"Lorcan
e io ci siamo messi insieme" annunciò con un filo di voce.
"Il
tuo sguardo è troppo melenso" la
canzonò Alice.
"È
un piacere condividere con voi i momenti di gioia" rispose Rose,
piccata. Si vedeva che era al settimo cielo, niente avrebbe potuto
scalfire la sua gioia.
"Sono
davvero felice per te Rosie" disse Penny sorridendole. Era
sinceramente contenta per la sua amica, ma non riusciva a non pensare
a James. Era quasi comico che con tutto ciò che era successo
durante
la giornata, il suo unico pensiero fosse James. Quasi
comico e
molto stupido, in effetti.
Il
cielo sopra le loro teste era di un color blu brillante, trapunto di
stelle. Era solo una magia, ma Penny pensò che fosse
confortante
vedere un cielo sereno in una serata come quella.
"Tutti
concludono tranne te!" Trixy diede di gomito ad Alice.
Evidentemente tutte pensavano che lei e Al sarebbero stati
un'accoppiata perfetta.
"Non
vedo perché debba essere messa sotto accusa proprio io!"
ribatté candidamente. "Nemmeno voi concludete,
mi pare".
La risata di Trixy fu divertita, quella di Penny fu falsa.
"Semplice
spiegare perché: a Trixy non interessa nessuno, quindi non
le si può
imputare la colpa di non darsi una mossa per conquistare chicchessia"
iniziò, incontrando l'approvazione dell'amica. "Per quanto
riguarda me" aggiunse, "da oggi so che le mie possibilità
con James, che rasentavano lo zero, sono molto al di sotto".
Alice stava per ribattere, ma Penny non le diede il tempo. "Quando
dico sotto zero vuol dire che non c'è
speranza". Prima o
poi l'avrebbe raccontato anche a loro, tanto valeva farlo subito.
"Che
intendi dire?" domandò Rose.
"Ama
un'altra" disse. "Me l'ha detto lui". Non voleva
guardare in faccia nessuna delle tre, trovava che fissare il
minestrone fosse molto più interessante, al momento.
Sapeva
che fingersi indifferente non l'avrebbe aiutata ad esserlo davvero,
ma non voleva farsi compatire. Era stato già abbastanza
ridicolo
piagnucolare addosso ad Al, non voleva aggiungere altre figure da
idiota.
"Mi
dispiace..." Rose allungò la mano e prese la sua. Era il suo
modo di rassicurarla; gliene fu grata, ma capì che non
sarebbe
bastato.
"Non
importa" disse. "Le mie possibilità con tuo cugino erano
già molto scarse..." Rose sbuffò infastidita.
"Non
dire così!" disse Alice. Penny scrollò le spalle.
"Perché
non dovrei?" chiese. "È vero".
"Non
hai niente da invidiare alla ragazza di turno" disse Trixy per
consolarla. Non funzionò a meraviglia.
"Trix,
questa non è la ragazza di turno. Ha
esplicitamente detto che
è innamorato. Non c'è niente che io possa fare al
riguardo".
Il tono perentorio convinse le amiche a lasciar cadere quel tema; e
Rose raccontò di come Lorcan le avesse dichiarato i propri
sentimenti e di come avessero passato tutto il tempo a baciarsi e a
passeggiare mano nella mano. Penny sentiva, ma non ascoltava
veramente. Aveva tifato tanto per quella coppi e ora che erano
finalmente insieme era troppo presa dai propri problemi per dedicare
la giusta attenzione all'amica. Avrebbe rimediato non appena James
fosse uscito dalla sua testa, ma non era certa che sarebbe successo
entro breve tempo.
Uscite
dalla Sala Grande, Penny si attardò di proposito ad
allacciarsi una
scarpa, chiedendo a Rose di aspettarla. Voleva parlarle a
quattr'occhi, e la Sala d'Ingresso era il posto ideale. Di quei posti
talmente di passaggio e affollati che in mezzo al chiacchiericcio
generale nessuno fa caso a quello che dicono gli altri.
"Mi
dispiace..." Stava per dire che le dispiaceva di essere stata di
scarsa compagnia a cena, ma Rose non le lasciò il tempo.
"Lo
so, Penny" disse. "Come so che non hai avuto una buona
giornata, è tutto a posto". Voleva farle capire che non se
l'era presa, che la comprendeva. Penny si ritrovò a sentirsi
fortunata di aver conosciuto Rose al primo anno.
"Sul
serio" continuò, "tu hai raccontato tutte quelle cose a
cena e io ho risposto a monosillabi. In un altro momento ti avrei
subissata di domande".
"E
saresti stata molto fastidiosa" rispose l'altra, prendendola
sottobraccio.
"Sei
felice? Mi interessa solo questo".
"Tanto"
rispose Rose. "Lo sarei di più se ti vedessi sorridere".
Penny aveva raccontato ogni particolare ad Al, quindi fece
altrettanto con Rose.
"Hai
pianto?" chiese esterrefatta. "Intendi, lacrime vere?"
Stava cercando di farla ridere, e funzionò.
"Ho
anche stropicciato il maglione di Albus".
Rose
era sconvolta. L'aveva vista piangere forse due volte in sei anni.
"Comunque"
continuò Penny, alleggerendo il tono, "ormai è
andata. Sii
felice di non esserti trovata al posto di Al" disse. "Sarebbe
stato il tuo maglione, in quel caso".
"Ora
come stai?"
"Be'
tuo cugino sa che amo un ragazzo impossibile da avere, che era il
motivo del mio cattivo umore. Questo lo
terrà lontano da
me, credo."
"E'
questo che desideri? Che stia lontano da te?" le domandò
schietta.
"Fai
domande difficili, Rose". L'amica rise e non aggiunse altro.
"Comunque" aggiunse Penny, "dovrebbe essere
soddisfatto a questo punto". La sensazione che lui si fosse
interessato a lei per mera curiosità la infastidiva. Avrebbe
voluto
di più da James, ma sapeva di non poterlo pretendere.
"Ti
ha detto chi è?" chiese Rose. Penny scosse la testa in segno
di
diniego.
"Preferisco
non saperlo. Non mi va di trovarmi ad odiare una povera ragazza senza
colpa" disse. "Magari è anche una che mi è
simpatica".
Rose
non fece commenti, ma pensò che al posto di Penny non
avrebbe avuto
la stessa saggezza. Avrebbe estorto quel nome a forza di incantesimi,
probabilmente. Questo, però, era meglio evitare di dirlo.
"Ehi,
stavo pensando... non abbiamo chiesto nulla ad Al" disse. La
cotta misteriosa di suo cugino Albus l'avrebbe distratta un po'.
"Magari lo becchiamo in Sala Comune!" Ottimo, pensò Penny,
avrebbe incanalato le energie nel torchiare Al.
Lei
e Rose salirono di corsa i gradini, fino ad arrivare all'ingresso
della Sala Comune.
"Parola
d'ordine" intimò loro la Signora Grassa.
"Buccia
di pompelmo!" risposero in coro.
Al
era lì, intento a scrivere delle oscure quanto fasulle
predizioni
per Divinazione. La professoressa avrebbe fatto i salti di gioia
leggendole. Erano
tutte disgrazie: le sue preferite.
Non
appena alzò gli occhi dalla pergamena Al percepì
lo sguardo due
paia d'occhi fissi su di lui.
"Che
c'è?" Il tono sembrava consapevole.
"Lo
sai" rispose infatti Rose.
"Per
niente" disse Al, beccandosi uno sguardo in tralice da parte
della cugina. "Non ho idea di cosa tu intenda". Penny
sbuffò.
"Ti
servo subito" rispose. "L'altro giorno Rose ti ha sentito
dire qualcosa di molto interessante".
"Non
saprei".
"So
quando menti" affermò Penny ridacchiando.
"Wow,
abbiamo una Legillimens tra noi" affermò ironico. Rose emise
un
suono a metà tra uno sbuffo e un ringhio. Non era per niente
spaventoso. Al rise e si arrese.
"Non
fare lo spiritoso e rispondile!", replicò duramente Rose.
"È
per quello che ho detto a James, giusto?" Le due annuirono, ma
Al restò in silenzio. "Va bene, parlo".
"Allora,
chi è?", chiese Rose impaziente.
"Voglio
vedervi cuocere a fuoco lento" disse. "Sapete bene che ve
lo dirò, ve l'avrei detto comunque. Sospettavo che Rose
avesse
sentito, vista l'aria circospetta con la quale si era allontanata
verso di te" aggiunse.
"Quindi?"
ritentò Rose. "Chi diamine è?"
"Andiamo,
tirate a indovinare" le sfidò lui. Penny aveva in mente un
paio
di nomi. Uno in particolare, a dire il vero. Quindi decise di
accontentarlo.
"Facciamo
a modo tuo" concesse.
"Brava!
Questo è lo spirito d'iniziativa per cui Godric ci ha
scelti".
Penny decise di non attendere oltre.
"Alice
Paciock" sussurrò. La reazione di Al fu più che
eloquente:
balbettò qualcosa e il collo di solito pallido divenne
paonazzo. Gli
succedeva sistematicamente, quando era imbarazzato.
"Penny
Shane, come diamine hai fatto?" chiese a bassa voce. "Sei
davvero una Legillimens?" Penny sorrise, come pure Rose. Albus
credette fosse perchè erano contente di aver soddisfatto la
curiosità, ma si sbagliava. Entrambe stavano intimamente
gioendo
della fortunata combinazione che si era venuta a creare. Alice amava
Al, lui la ricambiava: perfetto.
"Non
serve esserlo per interpretare le azioni del tuo migliore amico"
replicò lei. Rose si mise a inveire contro Al –
sempre sottovoce –
per non averlo detto prima.
"Credo
di essermi innamorato" disse. "Ecco tutto". Quella era
un'affermazione del tutto superflua, ormai. Penny però aveva
aspettato e non aveva confidato i suoi sospetti a Rose. Aveva solo
sperato di avere ragione, e quella era la prima buona notizia della
sua giornata.
"Il
punto è che non so come comportarmi con lei..." A quelle
parole
Penny incrociò lo sguardo di Rose. L'espressione sul volto
di
entrambe era eloquente; avevano giurato ad Alice di non rivelare
nulla ad Al, quindi ora si trovavano nella
circostanza di non
sapere come agire: se tradire la promessa o tacere e aspettare che il
destino seguisse il suo corso.
"Dovete
giurare che non le direte nulla!" Perfetto,
pensò Penny.
Entrambe annuirono, più che altro per paura che Al desse in
escandescenze in Sala Comune.
"Che
diamine devo fare?" Sembrava che Al riponesse grandi speranze
nel parere di Rose e Penny. Quest'ultima si stava chiedendo cosa
fosse giusto fare. Forse non poteva essere felice con James, ma
poteva almeno fare in modo che i suoi amici riuscissero ad esserlo.
Essere una sorta di Cupido per Al e Alice, magari.
"Diglielo"
disse.
Rose
la guardò accigliata. "Ma che stai facendo?"
bisbigliò.
Non era una gran mossa, dato che erano in piedi proprio di fronte ad
Al, seduto davanti alla tavola sommersa dalle pergamene di
Divinazione.
"Che
avete da confabulare?"
"Niente,
Rose diceva di essere d'accordo con me" improvvisò Penny.
L'amica non la contraddisse, limitandosi ad annuire al cugino. Albus,
dal canto suo, era perplesso dall'atteggiamento di Penny, ma lei
aveva deciso: non se ne sarebbe stata con le mani in mano, lasciando
due amici a crogiolarsi nell'incertezza. Non avrebbe infranto alcuna
promessa finché fosse stato possibile non farlo, ma nulla le
avrebbe
impedito di dare dei segnali, più o meno velati. Questo non
le era
proibito.
"Perchè
dovrei fare una cosa così stupida?" Al era piuttosto
infastidito.
"Fidati
di me" replicò Penny.
"Non
è un'argomentazione particolarmente convincente" le fece
notare. Penny non poteva dargli torto; al suo posto lei gli avrebbe
risposto di andarsi a fare un giro. Non sapeva cosa aggiungere per
far risultare il suo consiglio un po' meno sconsiderato agli occhi di
Albus. Sia lei che Rose tacevano.
"Siete
cadute in una specie di stato catatonico" osservò Al. "Penny
mi sta fissando e tu stai fissando lei con occhi vitrei".
"Sto
solo riflettendo, Al. Credo che la proposta di Penny non sia
così
assurda. Dovresti seguire il suo consiglio..." Stavolta fu Penny
a lanciarle un'occhiata perplessa. Non fece nemmeno in tempo ad
aggiungere qualcosa, perché Al saltò in piedi.
Probabilmente era
convinto che lo stessero prendendo in giro.
"Sul
serio?" scattò. "Vi sembra un consiglio praticabile?"
"Sì"
rispose asciutta Penny.
"Quando
ti ci metti sai essere davvero indisponente" ribattè lui. La
scena aveva attirato gli sguardi degli astanti. La Sala Comune non
era gremita, ma neppure vuota. Le persone che li stavano fissando
erano un po'. Fortunatamente Alice e Trixy non erano tra queste.
"Indisponente?
Merlino, per un semplice suggerimento che ti ho dato!"
ribattè
Penny. "Mi hai chiesto un parere e io te l'ho fornito".
"Ma
ti senti bene?" fece lui senza abbassare la voce.
Sfortuna
volle che tra tutte le persone che stavano osservando quella scena,
in un angolo buio della Sala, ci fosse anche James Potter, intento a
leggere un libro. O meglio, era quello che stava facendo fino
all'ingresso di sua cugina e della sua amica Shane. Da lì in
poi era
rimasto sempre alla lettura della stessa riga, sulla medesima pagina.
I suoi occhi non si staccavano da quei capelli bruni e lucenti. Quel
giorno erano raccolti in una treccia a spina di pesce. Shane li
lasciava sciolti di rado, ma quando lo faceva James restava incantato
a guardarli ondeggiare per tutta la lunghezza della sua schiena.
Comunque,
in quel momento il suo sguardo non era focalizzato certo sui capelli
di Penny, bensì su quella discussione che stava avendo
luogo. Il
volto di Al era irritato, mentre lei sembrava solo dispiaciuta.
Sentì
un brivido scorrergli lungo la schiena. Era ottobre da un pezzo e il
freddo cominciava a sentirsi, ma certo non in Sala Comune. Era
più
una scarica di rabbia che lo pervadeva. Vedergli insieme gli
ricordava quello che aveva capito. La ragazza che amava era
probabilmente innamorata di suo fratello. James non avrebbe saputo
come definirla se non come sfortuna nera. Sfiga,
insomma.
"Sì
che mi sento bene" affermò. Stava cercando di non dire
troppo,
ma era difficile quando si trattava di Albus. Quasi mai riusciva a
nascondergli qualcosa. Perciò manteneva un'espressione da
sfinge che
probabilmente – Penny se ne rendeva conto – stava
facendo
irritare il suo migliore amico.
Più
lo fissava come se stesse svelando l'arcano e più Al si
innervosiva.
Le dispiaceva: Al era tutto meno che un tipo collerico, quindi quella
faccenda doveva stargli davvero a cuore. Penny decise che sarebbe
stato più saggio chiudere lì la storia.
"D'accordo
Al, mi sono sbagliata" tagliò corto, "però parla
a voce
bassa: mezza sala ci sta fissando". Fortunatamente non aveva
notato James nell'angolo, altrimenti si sarebbe sentita ancor
più in
imbarazzo.
Albus
finalmente recuperò la propria lucidità e si
rimise a sedere,
conscio di aver dato spettacolo. Non era stata una grande mossa,
quella di scattare in piedi. Penny si avvicinò alla sua
poltrona e
si abbassò per parlargli.
"Mi
dispiace". Lui la guardò sorpreso.
"No"
disse, "dispiace a me. Non avrei dovuto gridare. Non so
perché,
ma quella tua aria profetica mi ha fatto spazientire". Penny
annuì, comprensiva. Non voleva fare l'offesa e iniziare
un'altra
lite.
"Lo
capisco" rispose lei.
"No,
davvero. Scusami" ripetè lui, mortificato. Non gli piaceva
perdere la pazienza per delle sciocchezze. Non gli piaceva aver
urlato in faccia alla sua più cara amica di fronte a mezza
Sala
Comune.
"È
tutto a posto Al!" disse sorridendogli. Lui semplicemente si
sporse leggermente dalla poltrona, per abbracciarla.
A
James, fino a quel momento silenzioso e in disparte, quella vista non
piacque per niente. Si sentì uno stupido nel farlo, ma
chiuse il
libro con un tonfo e si alzò di scatto. Poi si
dileguò in fretta
fuori dalla Sala Comune Grifondoro. Non abbastanza in fretta
perché
suo fratello non lo notasse con la coda dell'occhio.
Qualcosa
di tremendamente fastidioso stava turbando il suo riposo, ma Penny
non riusciva a capire cosa fosse. Una voce femminile a volume troppo
alto per le sue orecchie; sembrava irritata.
"Per
la barba di Merlino!" esclamò Rose. "Vuoi svegliarti
oppure devo buttarti giù dal letto?" Le tolse letteralmente
le
coperte, in maniera piuttosto brutale.
Penny
si lamentò, infreddolita. Si mise a sedere e si
stropicciò gli
occhi ancora cisposi, mettendo a fuoco i capelli rossi dell'amica.
Rose aveva l'aria esasperata che sfoggiava sempre, quando doveva
svegliarla.
"Penny
Shane, non avevi promesso che avresti puntato la sveglia?" Al
aveva ragione, c'erano dei momenti in cui l'espressione sul suo volto
era identica a quella di Hermione – quando era furiosa, in
genere.
"Devo
essermi dimenticata..." Per Rose non esistevano giustificazioni.
"Datti
una mossa, dobbiamo andare a colazione! E indovina un po' ? Siamo in
ritardo!" sbraitò.
Penny
si alzò dal letto e si preparò. Scesero
più in fretta che
poterono, per scoprire che Rose tutti erano già in Sala
Grande da un
pezzo. Tutti tranne loro due.
"Un
giorno di questi ti lascio lì a dormire, quant'è
vero che mi chiamo
Weasley!" berciò Rose affrettandosi.
"Magari!"
sospirò Penny alzando gli occhi al cielo.
"Ti
ho sentita, Penny!"
Arrivate
nella Sala Grande, presero posto alla tavolata Grifondoro e, senza
troppi complimenti, iniziarono a spolverare la colazione. Penny si
sentiva molto affamata, le sembrava di non mangiare da un secolo. Si
versò del tè e diede un morso ad un muffin,
intingendone una parte
nel liquido ambrato dentro la tazza.
"Da
quando ti piacciono i ribes? Credevo li odiassi" le chiese Al,
seduto alla sua sinistra. Dal suo tono dolce capì che si
sentiva
ancora leggermente in colpa per la sfuriata del giorno prima.
"Oh,
è vero. Sono muffin ai ribes" osservò.
"Non me ne ero accorta,
mangerei qualsiasi cosa stamattina". Quando
si alzarono dalla tavolata per dirigersi all'uscita della Sala
Grande, Al si affiancò a Penny.
"Mi
spiace per ieri..." Si stava scusando.
"L'hai
già detto".
"Ho
esagerato". Di nuovo.
"Hai
già detto anche questo".
"Ecco
io..." Sembro pensare un momento alle parole da usare, "volevo
chiederti se pensi davvero quello che hai detto".
"Mi
stai chiedendo di ripetere quello che ti ha fatto dare di volta al
cervello ieri sera?" domandò Penny divertita. Albus si
limitò
ad annuire.
"Sì"
disse seria. "Confermo tutto".
"Ehm,
se posso chiedere... sulla base di cosa?" Era il suo modo di
farle capire che poteva parlare liberamente, senza temere un'altra
sfuriata.
"Ho
le mie motivazioni" rispose, rendendosi conto di quanto fiacca
dovesse apparire quell'argomentazione. "Capisco che tu non
intenda agire sulla base di una mia teoria" aggiunse.
"Solo...
se potessi sapere da cosa ti deriva questa sensazione sarebbe
grandioso!" insistè. Penny allungò il passo,
ormai erano
arrivati.
"Ne
parliamo dopo la lezione" gli assicurò. Cosa gli avrebbe
detto,
ancora non lo sapeva.
Entrarono
a passo svelto nell'aula di Trasfigurazione, dove trovarono la
McGranitt che attendeva l'arrivo degli studenti. Si sedettero agli
ultimi banchi e tirarono fuori la bacchetta e il libro di testo.
"Buongiorno
a tutti" esordì la preside. "Oggi impareremo un
incantesimo utile per trasfigurare i nemici in paperelle di gomma".
A Penny l'aggettivo utile sembrava poco esatto e si
chiese
perché qualcuno si fosse preso la briga di inventare un
incantesimo
del genere.
"Basta
puntare la bacchetta e pronunciare la formula Ducklifors"
continuò la McGranitt. Penny ebbe seri problemi a trattenere
le
risa. Paperelle di gomma. Non sembrava essere
l'unica a
trovarlo divertente a giudicare dalle facce degli altri studenti, in
particolar modo quella di Finnegan.
"Mi
metterò a ridere anche solo pronunciandolo" disse Penny.
"Può
esserti utile con Malfoy".
Penny
immaginò Scorpius trasfigurato in una papera di gomma e
trattenne a
stento una risata. La McGranitt le avrebbe tolto dei punti se avesse
riso apertamente durante la lezione.
"Vuoi
che trasformi Scorpius in una papera di gomma?" sussurrò.
"Non
sarebbe niente male, versione papera". Rose sembrava divertita
dall'idea.
"Meglio
di com'è ora, di sicuro!" Il tono di voce che le
uscì era
leggermente troppo alto per non essere notato. La McGranitt si
girò
e le fulminò entrambe con lo sguardo.
"Shane
e Weasley! Avete preso questa classe per un salotto? Gradite un
tè e
dei pasticcini?" Non si poteva negare che quella donna avesse
stile anche nel rimproverare gli alunni. Il resto della lezione lo
passarono in silenzio, a provare quella ridicola formula. Il pensiero
di Scorpius trasformato in una papera di gomma aiutò Penny a
impararla immediatamente.
Uscirono
dall'aula, consapevoli del fatto che di lì a mezz'ora li
aspettava
una lezione di Erbologia in compagnia delle Serpi.
Al
si era fermato all'ingresso, Penny sapeva che stava aspettando lei.
"Mi
tocca l'interrogatorio" sussurrò a Rose. "Tu va' pure da
Lorcan". Rose le fece un sorrisetto di scuse e si dileguò in
cerca del ragazzo.
Al
si era nel frattempo avvicinato. Penny si mise giocosamente
sull'attenti. Al si grattò la nuca: era in
difficoltà.
"Tu
hai un'aria stranamente enigmatica quando parli di Alice" le
disse. "Vorrei solo sapere perché dovrei dirle tutto, prima
di
lanciarmi nel vuoto". Penny non poteva dargli torto; a dire il
vero il solo fatto che lui stesse prendendo in considerazione
l'ipotesi la stupiva. Lei non sarebbe stata così coraggiosa.
Audacia, fegato, cavalleria.
"Al,
io ti ho detto come la penso" disse. "Sei stato Obliviato
nell'ultima ora oppure mi stai ignorando?"
"Nessuna
delle due" rispose con calma. "Sono solo innamorato, e so
che tu puoi capirmi..." disse cercando di ammorbidirla.
Ogni
riferimento a fatti cose o persone è puramente casuale.
Persone come
James Potter.
"Questo
è un colpo basso!" esclamò guardandolo in
tralice.
Al
non replicò, limitandosi a fissarla, in attesa di una
risposta.
Avrebbe dovuto dire qualcosa, o non ne sarebbe uscita. Mentre ci
pensava, riprese a camminare verso l'esterno dell'edificio
scolastico. Al continuava a starle alle calcagna; e Penny decise di
rivelargli qualcosa, ma senza mettere in gioco quello che Alice aveva
confessato di provare.
"Alice
e Trixy stavano cercando di scoprire chi fosse il ragazzo che avevo
in mente" iniziò a raccontare. "Per farlo hanno usato una
di quelle pergamene..." Il ragazzo parve capire al volo.
"Di
zio George, immagino".
"Esatto".
"Quindi?"
la incalzò. Per la prima volta nella sua vita Penny era
impaziente
che Al Potter si levasse di torno.
"Sulla
pergamena comparivano tutti gli studenti di Hogwarts, tranne te".
Albus comprese, le sorrise, ma sembrò non trovarlo affatto
strano.
"Be'
è logico, quelle pergamene riescono a depennare
automaticamente, mi
pare" disse. "Nessuno potrà più mettere in dubbio
che
siamo come fratello e sorella" commentò poi, scompigliandole
i
capelli. Penny si fermò per ricomporsi e li raccolse in una
coda.
Non tollerava che le toccassero i capelli, e Al lo sapeva.
"Quando
dici che sono come una sorella non c'è bisogno che tu mi
infastidisca come farebbe un fratello, ti credo sulla parola!"
sbuffò. "E comunque, il punto è che Alice mi
è sembrata molto
sollevata, quando ha visto che il tuo nome non era presente..."
Al si illuminò, ma guardando Penny negli occhi si dovette
accorgere
che non era tutto, e provò a tornare alla carica con nuove
domande
alle quali lei non rispose.
"Penelope,
non me la conti giusta" le disse. "La domanda è d'obbligo:
sai qualcosa che io non so?" Lei rise di gusto al tono
inquisitorio dell'amico.
"La
mia risposta, Albus, è d'obbligo" ribattè
prontamente. "Non
dirò nient'altro se non in presenza del mio avvocato".
Accelerò
il passo e lo lasciò indietro a chiedersi se Alice fosse
innamorata
di lui e quanto ne sapesse Penny. Forse avrebbe dovuto rubare le
scorte di Veritaserum di Victoire e usarle sulla sua migliore amica.
Era un'opzione da tenere a mente.
Quando
Penny entrò nella Serra quasi tutti erano già al
loro posto, con le
palandrane da giardinaggio indosso. Ne prese una e la infilò
velocemente.
"Buongiorno!"
esordì Neville. "Oggi tratteremo un argomento affascinante"
annunciò con entusiasmo. Era invidiabile tutta quella sua
energia,
pensò Penny; lei sarebbe volentieri tornata a dormire.
Si
preparò ad ascoltare la lezione, evitando di guardare dal
lato
opposto della Serra. Se l'avesse fatto avrebbe incrociato gli occhi
di Malfoy, cosa che non voleva fare. Non si trattava di
vigliaccheria, ma di semplice buonsenso. Se l'avesse guardato anche
solo un secondo, la rabbia le sarebbe riaffiorata alla mente e non
sarebbe riuscita a controllarsi; probabilmente avrebbe estratto la
bacchetta davanti a tutti.
"Si
tratta" spiegava intato il Professor Paciock, "della
Sempervivum Tectorum, le cui foglie possono essere
utili per
proteggersi dalle prime due Maledizioni Senza Perdono. Come sapete,
per la terza non ci sono rimedi possibili" affermò, in tono
triste. Ne sapeva qualcosa lui, pensò Penny, delle
Maledizioni Senza
Perdono. Tutti quelli che avevano vissuto la Seconda Guerra Magica
erano consapevoli di cosa significassero e di quanto fossero potenti.
Fortunatamente, la nuova generazione non aveva dovuto affrontare gli
eventi terribili che invece erano capitati alle precendenti. Penny
non aveva chiesto granché al nonno, perché non
voleva costringerlo
a rivivere gli scontri. A volte però era Arnold a
raccontarle
episodi risalenti alla guerra. Lei sapeva che aveva visto morire
vecchi amici, che aveva combattuto in entrambe le guerre magiche e
che aveva affrontato i Mangiamorte nella battaglia di Hogwarts, nella
quale Voldemort era stato sconfitto definitivamente. Si chiese come
sarebbe stato se anche lei avesse perso qualcuno di importante in
quella guerra contro l'Oscuro Signore – se ilnonno non fosse
sopravvissuto, per esempio. Non riusciva neppure a pensarci.
"Penny,
sei tra noi?"
Il
professor Paciock parlò con voce pacata, ma l'aveva colta in
flagrante: non aveva udito una parola di qualsiasi cosa avesse detto
quell'uomo. Quando non era in vena si distraeva con estrema
facilità.
"Sì,
professore" rispose riprendendosi da quello stato catatonico in
cui era caduta. Neville sembrò accontentarsi e
andò avanti nella
spiegazione, ma dopo un po' fu lei ad essere chiamata per estrarre le
foglie della Sempervivum. Ottimo modo di
costringerla a
seguire la lezione!
"Che
avevi a lezione?" le chiese Rose uscendo dalla Serra.
"Ero
distratta. Non so come farò a seguire Storia della Magia nel
pomeriggio, con Rüf" si lamentò. "Non ho niente in
contrario al fatto che un fantasma insegni ancora, ma... mi annoia da
morire!".
L'unica
cosa positiva era che almeno non avrebbe dovuto trascorrere altro
tempo con i
Serpeverde;
fortunatamente i loro
compagni in quel corso erano i Tassorosso.
Quando giunsero all'interno del cortile si lasciò cadere
pesantemente su una panchina marmorea. Si
battè il palmo della mano sulla fronte.
"Stasera
ho gli allenamenti di Quiddich!" esclamò Penny.
La nota di disperazione pura nella voce non sfuggì a Rose.
"Non
dirmi che non te lo ricordavi!" Lei scosse la testa: non se lo
ricordava. Da quel pomeriggio
avrebbe
avuto
ore ed ore da passare gomito a gomito con il suo Cercatore preferito.
"Oh"
mormorò Rose, "sei agitata".
"Agitata?"
Il volto di Penny mostrò uno stupore per niente autentico.
"Io
non sono affatto agitata".
"Oh
sì, certo!" ribattè sarcastica. "Ti credo
pienamente".
Era ovvio che negare l'evidenza non fosse di alcuna utilità
per i
nervi di Penny, che si sentiva sempre peggio ogni minuto che passava,
perciò si arrese all'evidenza: la sua espressione parlava
per lei.
"Sì"
ammise. "Sono agitata al pensiero di dovermi allenare con James;
sei contenta?" Si incupì subito dopo, anche se Rose non se
la
prese.
"No,
per niente" disse invece. "Spero che il Quiddich possa
migliorare la cosa, magari avvicinandovi..." Penny la zittì
subito: erano in ritardo e lei non aveva alcuna voglia di sentir
parlare di James. In passato era stata contenta di quella vicinanza
–
l'unica possibile con il ragazzo, ottenuta attraverso il Quiddich. Ma
quest'anno scolastico era iniziato con il piede sbagliato: c'era
qualcosa di strano tra loro due, ed era convinta che sarebbe
peggiorato. Avevano discusso più volte, ma quello dei loro
battibecchi sarebbe stato un problema insignificante, rispetto
all'imbarazzo che provava nel sapere che lei voleva lui e lui
voleva un'altra. E il fatto che l'amore non corrisposto
fosse al
centro di parecchi libri, film e canzoni babbane non la consolava per
niente.
La
lezione di Storia della Magia nel primo pomeriggio fu tra le
più
noiose a cui Penny avesse mai assistito. Sbadigliò
così tante volte
che temette di addormentarsi da un momento all'altro. Rose, seduta al
suo fianco, dovette darle parecchie scrollate per impedire che
ciò
accadesse. Quando giunse la fine della lezione gli studenti
sembrarono uscire dal letargo, solo per fuggire dalla classe a gambe
levate. "Che noia!" Fu il commento di Al, apparso accanto
alla cugina.
"Credo
siano le uniche lezioni che davvero non sopporto. Insomma... quel
fantasma ha la voce soporifera... una ninna nanna mi
terrebbe
più sveglia!" disse Penny. Al si disse perfettamente in
accordo: soporifero era esattamente il termine che si addiceva al
tono cantilenante di Rüf".
Penny
si guardò intorno e scoccò un'occhiata agli
amici. Be' era
inevitabile, doveva andare: essere in ritardo non l'avrebbe reso meno
reale.
"Vado
incontro al mio destino" borbottò superandoli.
"Dove
vai?" fece Al. Evidentemente si era dimenticato anche lui degli
allenamenti.
"Quiddich"
gli ricordò Rose, mentre Penny già sfrecciava
verso il grande
portone in legno di quercia. Non voleva arrivare tardi ed essere
scuoiata viva da Baston. Be', arrivare tardi ormai era inevitabile;
ma sull'essere scuoiata viva aveva ancora qualche chance di
convincere Sam a risparmiarla.
Una
volta arrivata, si diresse in fretta verso gli spogliatoi femminili
del campo.
"Trixy,
sei già qui!" esclamò con ingiustificata
sorpresa. La sua
amica aveva partecipato alle selezioni ed era entrata a far parte
della squadra, con il ruolo di cacciatrice. Era stata Penny stessa ad
incoraggiarla, perché la trovava eccezionale.
"Già
qui? Sono sul filo del rasoio, io" disse. "Tu, invece, sei
fuori tempo massimo: quasi tutti sono già fuori radunati in
campo".
Perché
era sempre in ritardo? Su di lei incombeva una fattura?
Baston
l'avrebbe certamente scuoiata viva e la sua pelle
sarebbe
stata venduta come materiale per pozioni. Si figurava già la
scena.
Aprì
il proprio armadietto, trovandoci tutti i suoi effetti personali.
Doveva vestirsi alla velocità della luce. Trixy voleva
aspettarla,
ma Penny non glielo permise. Non voleva che Baston rimproverasse
anche l'amica per un ritardo del quale non era responsabile.
L'avrebbe solo fatta sentire ancora più in colpa. Trixy
uscì
borbottando qualcosa che suonava come un "muoviti!"
e lasciò la porta aperta. Penny provò a urlarle
di chiuderla, ma
lei era già troppo lontana per poterla udire. Non che
facesse una
gran differenza: gli altri erano tutti quanti in campo.
Continuò a
vestirsi frettolosamente.
"Ehi,
dovresti chiudere la porta!" disse una voce maschile alle sue
spalle, facendole scappare verso stridulo. Un urlo da parte sua,
pensò Penny, sarebbe stato meno ridicolo di quel verso di
sorpresa.
Si girò e vide James sulla porta, in tenuta da Quiddich.
"Shane!"
esclamò non appena si fu girata verso di lui. "Di spalle non
ti
avevo riconosciuta... io... scusa". disse fissandola. Cercava
tracce di strafottenza sul suo viso, ma leggeva puro imbarazzo.
"Mi
hai spaventato..." La risposta fu formulata con tono pacato;
Penny si mostrò più calma di quanto si sentisse.
"Scusami"
disse, ancora sulla porta. Sul serio voleva starsene lì a
fare i
convenevoli, mentre lei era vestita quanto una ragazza in spiaggia?
Perché la stava fissando, ora?
"Potter!
Ti dispiace uscire?" disse indicando la porta.
"Certo,
scusa!" replicò. Distolse subito lo sguardo, si
girò
lentamente e chiuse la porta alle proprie spalle. Quella scenetta le
aveva tolto due o tre preziosi minuti nei quali era rimasta ferma
come uno stoccafisso, perciò mise il turbo. Finì
di vestirsi e
prese al volo la sua Firebolt 2020, dono di nonno
Arnold per
il sedicesimo compleanno di sua nipote. Scese in campo sotto lo
sguardo accusatore del Capitano, nonchè portiere, della
squadra: Sam
Baston. Aspettò di averla di fronte per darle una
strigliata.
"Complimenti
per la puntualità Shane!" disse. "Sono ammirato!" E
qui le fece un applauso poco convincente.
"Baston...
è stato un piccolo errore di calcolo" tentò di
giustificarsi.
"Credevo che l'orario non ..." Ma non la lasciò neanche
concludere quella patetica apologia. Trixy provò a dire
qualcosa, ma
Baston la zittì con un gesto. "Non mi interessa, Shane, sei
sempre in ritardo!" berciò rivolto a Penny. "Ma quest'anno
cambi registro, o giuro che ti sbatto fuori dalla squadra!" Era
una minaccia piuttosto pesante, che tuttavia Penny sapeva non sarebbe
mai stata messa in atto da Sam – che la apprezzava sia come
Battitrice che come persona. "Se a voi non interessa vincere la
coppa del Quiddich, a me si!"
Era
ancora livido di rabbia per la sconfitta dell'anno precedente...
battuti dai Serpeverde! Quella macchia sulla loro gloriosa squadra
bruciava a tutti, ma Sam Baston non poteva sopportarla. Merlino!
Quell'anno li avrebbe massacrati agli allenamenti.
"Sam,
interessa anche a me vincere la Coppa..." Penny si difese – o
tentò di farlo – come poteva.
"Allora
arriva puntuale" continuò. "In tutto hai venti minuti di
ritardo!"
Penny
fu certa che avrebbe spolpato il suo cadavere.
"Ehi
Sam, basta adesso!" intervenne James, in circolo insieme agli
altri. "Stai perdendo più tempo a farle la predica di quanto
ne
abbia perso lei" fece notare. "Diamoci una mossa".
L'influenza
del suo migliore amico ebbe un certo peso, perché Baston
diede
inizio all'allenamento, lasciandola in pace. Penny si mise a
cavalcioni della scopa e si sollevò da terra, accorgendosi
che
accanto a lei c'era una massa di ricci castano scuro.
"Grazie",
disse ad alta voce, per farsi sentire anche con il vento che tirava
lassù. James le fece un sorriso che le mozzò
letteralmente il
fiato.
"Perdona
Baston: è schizzato" disse ridacchiando. "Vive per il
Quiddich. E poi se ti dovesse buttare fuori, non avrei più
nessuno a
pararmi il culo, non ti pare?" Poi le fece l'occhiolino e
sfrecciò davanti a lei. Ovviamente le aveva fatto una
cortesia
interessata: James Sirius Potter non si smentiva mai, pensò
mentre
sfrecciava nell'aria col vento fra i capelli.
A
conclusione dell'allenamento, Penny ebbe il piacere di sentire Baston
porgerle le proprie scuse. "Ho esagerato, Shane" disse, una
volta poggiati i piedi al suolo.
"Forse,
ma avevi ragione. Capitan Quiddich ha sempre
ragione"
disse mettendosi sull'attenti. Lo faceva sempre con Baston; si
divertiva a prendere in giro la sua attitudine al comando e la sua
Quiddich-mania.
"Non
prendermi in giro, Shane: è insubordinazione!" Lo sguardo
era
torvo, ma celava una risata. Baston era tendenzialmente una persona
scherzosa. "Non mi cacceresti mai, lo so. Chi difenderebbe il
tuo amichetto?" Il tono era sarcastico.
"Posso
sempre sostituirti: attenta a come parli!" le disse, dandole una
pacca sulla spalla. Penny fece per andarsene, ma Baston la trattenne.
Gli bastò fare il nome di Potter per costringerla a restare.
"Secondo te ha qualcosa che non va?" le chiese guardando
James, ancora sul campo. Non seppe cosa rispondere.
"In
che senso?" replicò. Baston sbuffò.
Mise
su un'espressione pensierosa. "E' strano, sembra triste. Credo
sia dovuto al fatto che è innamorato", disse con noncuranza.
"Davvero?"
rispose lei. Il tono era piatto, come se la cosa non la toccasse.
"Già" fece Sam, "non te l'aspetti da uno così.
Non
ne parla molto con me". Penny potè indovinare il motivo di
quella riservatezza: Baston era famoso per non essere esattamente una
tomba. Confidargli un segreto equivaleva dirlo a tutta Grifondoro
–
forse addirittura alle quattro Case di Hogwarts. Non che lo facesse
di proposito, era solo molto sbadato nel parlare; e i segreti gli
uscivano spontaneamente di bocca, senza che se ne rendesse conto.
Perciò era logico che, pur essendo il suo migliore amico,
James non
se la sentisse di confessare a lui il nome della fortunata.
Penny
stava cercando qualcosa da dire, ma vide James in avvicinamento e
decise di battere in ritirata. "Capitano Quiddich,
vado a cambiarmi; ci vediamo in Sala Comune". Scomparve poi
negli spogliatoi a cambiarsi il più velocemente possibile.
Voleva
tornare indietro prima che James la raggiungesse.
Nel
frattempo Sam si ritrovò un Potter dalla faccia sospettosa
di fronte
a se.
"Che
stavate dicendo?" Baston rispose che non stavano parlando di
nulla in particolare, evasivo. James fissò il punto dove
James era
scomparsa.
"Sembrava
che volesse evitarmi... mi ha visto ed è scappata..."
"Sei
paranoico Jamie" rispose l'altro, sincero. "Doveva
andare a cambiarsi, e dovremmo farlo anche noi se non vogliamo
trovare la cena fredda in Sala Grande!" James lo seguì, ma
il
suo cervello rimase fermo a quel pensiero. Sempre lo stesso: le
stranezze di Penny Shane. Ripensò a quando l'aveva vista
nello
spogliatoio: era così bella. Ma ripensò anche a
quando l'aveva
vista con Al, e all'effetto strano che gli aveva fatto. In quel
momento, riponendo la scopa e gli abiti da Quiddich, decise cosa
avrebbe fatto. Doveva parlare con suo fratello, cercare una conferma
ai propri sospetti, o sarebbe impazzito in pochi giorni. L'avrebbero
portato al San Mungo e non ne sarebbe uscito più.
Penny
arrivò trafelata al tavolo e si sedette tra Al e Rose,
soddisfatta
sebbene sfinita. Aveva svolto un ottimo allenamento, pur essendo
arrugginita da un'estate di inattività. Viveva in un
quartiere
babbano in città, anche piuttosto affollato: non poteva
mettersi a
svolazzare per le vie di Londra in sella ad una Firebolt. Nonostante
la chiara tendenza dei Babbani a ignorare le magie che vengono
compiute sotto il loro naso, ogni giorno, era certa che le persone
l'avrebbero trovato bizzarro. Anne e Jack poi, l'avevano proibito.
Per permetterle di godersi l'anno scolastico appieno e rifarsi del
tempo perduto, il nonno le aveva regalato una Firebolt 2020 nuova
fiammante, per il suo compleanno. Per i suoi genitori Babbani una
scopa valeva l'altra, perciò faticarono a comprendere
perché Penny
stesse abbarbicata ad Arnold, ripetendo "grazie nonno" in
continuazione.
"Allora,
com'è andato il grande rientro?", chiese Al canzonandola.
"Vediamo...
sono stata strigliata da Baston, che ha minacciato di cacciarmi dalla
squadra, e difesa da Potter senior, perché altrimenti non
avrebbe
nessuno a difenderlo dai bolidi. Nonostante ciò il mio
allenamento è
stato impeccabile"disse, visibilmente soddisfatta. "Tranne
per un episodio" disse, e raccontò la scena di James che
entrava nello spogliatoio. I suoi migliori amici mettevano in azione
le antenne quando si trattava di aneddoti imbarazzanti, avrebbe
dovuto saperlo.
"Specifico
che non ero nuda" disse a bassa voce, seccata. Al iniziò a
ridere e a scusarsi al tempo stesso.
"Scusa...
è che mi sto immaginando la faccia di mio fratello... e la
tua,
soprattutto". Penny si sporse e gli diede un pizzico sul
braccio, che era tutto quello che poteba fare al momento. Un
bell'incantesimo Languelingua sarebbe stato una scelta migliore:
sarebbe stato zitto.
"Per
voi è esilarante" esordì. "Per me è
patetico. Io sono
patetica". Ne era consapevole e non poteva farci niente. Quando
James era uscito si era vista riflessa nello specchio, rossa in viso
come un pomodoro. E poi James... aveva acuto un atteggiamento strano.
Stava lì a fissarla come se non avesse mai visto un regiseno
in vita
sua! "E non consolatemi in proposito, non parlatemi. Non
finché
non avrò finito tutto il budino al cioccolato" rispose
decisa,
brandendo il cucchiaino come fosse un'arma.
La
Sala Grande si svuotò lentamente, e tra gli ultimi uscirono
Penny a
braccetto con Rose, seguiti da Al che chiacchierava con Alice
Paciock, tentando di ignorare sua sorella Lily Luna che proprio in
quel momento aveva deciso di parlargli di una Strilettera ricevuta da
Ginny, togliendogli il privilegio di parlare a quattr'occhi con
Alice.
Ma
qualcosa era in agguato per Albus Severus Potter: James lo stava
aspettando nella Sala d'Ingresso e lo fermò non appena
l'ebbe visto.
"Al,
dovrei parlarti" gli disse in tono serio. Il fratello lo
squadrò
perplesso; se James era serio c'era qualcosa per cui allarmarsi.
Lily
Luna e Alice non sembravano volersene andare e restavano accanto a
lui.
"Da
soli, credo" si sentì in dovere di specificare. Le due
capirono
l'antifona e si allontanarono, l'una pronta a raccontare i propri
dilemmi alla cugina, l'altra a riferire l'accaduto alle amiche. Il
volto di James le era parso strano. Lo sembrò anche ad Al.
"Qualcosa
non va?" chiese. Iniziava a preoccuparsi sul serio, dato che il
fratello non accennava a mettere giù quella maschera da duro.
"Devo
chiederti una cosa". La faccenda si faceva sempre più
strana.
Al attese in silenzio che il maggiore riprendesse a parlare, ma non
lo fece. Si limitava invece a fissarlo. Sembrava un ebete.
"Hai
perso l'uso della parola?" Gli sventolò una mano davanti
agli
occhi.
James
lo guardò e pronuncio intensamente poche semplici, stupide
parole.
"Cosa
c'è fra te e Shane?" Era serio come non l'aveva mai visto
prima. Al non sapeva se ridere o piangere, in quel frangente.
"Cosa?"
ribattè incredulo. Potter senior non sembrò
smosso da quella
reazione, benchè fosse piuttosto chiaro il punto di vista di
Al.
"Rispondi"
continuò imperterrito. "E sinceramente. Senza parlare a nessuno
di questa conversazione" aggiunse. "Giura".
Albus
decise di mettere fine una volta per tutte a quelle domande senza
senso. Chiunque li conoscesse da vicino sapeva che non c'era niente
più che sincera amicizia tra loro. Che le voci girassero nei
corridoi non importava nè a lui nè a Penny, ma
che il fratello vi
prestasse fede era inaccettabile. Quello sì che li
interessava
entrambi, lui e Penny, anche se per motivazioni diverse.
"Voglio
bene a Penny, sul serio; ma è il tipo di affetto che si
prova per
una sorella. Il tuo cervello bacato riesce a comprenderlo?" gli
disse.
"E
lei?" Albus non cominciava a non capire. Credeva volesse sapere
se a lui piaceva Penny, non anche il contrario.
"Ma
lei cosa?"
sbottò Al spazientito. "Lei mi ama come si ama un fratello!
Il
mio nome non era nemmeno su quella dannata
pergamena: pensa!"
Il tono palesemente accusatorio e infastidito di Al non
scalfì i
propositi di James.
"Quale
pergamena?" chiese, confuso.
"Non
sono cose che ti riguardano".
"Quale
pergamena?" chiese di nuovo, l'aria strafottente. Al fece finta
di non udire e tornò a parlare, sempre più
irritato.
"Senti:
è vero che ama qualcuno, ma quel qualcuno non sono io!"
berciò
vedendo che l'espressione di arrogante strafottenza non svaniva dal
volto di suo fratello. "Siamo entrambi innamorati James, ma non
l'uno dell'altra. Io sono completamente cotto di Alice Paciock"
disse abbassando la voce. "Ficcatelo in testa, tu e chiunque si
diverta a mettere in giro queste voci..."
"Quindi
era lei, non Penny?" chiese conferma.
"Certo
che no!" rispose esasperato. James sembrò azzittirsi e Al ne
approfittò per tentare la fuga. Girò i tacchi
cercando di
raggiungere le scale il più in fretta possibile, ma James
era più
alto e aveva le gambe più lunghe delle sue. Non lo mollava
un
attimo, tallonandolo e continuando a fargli strane domande.
Al
riflettè e notò qualcosa di molto insolito. Tutte
quelle questioni
su una faccenda che per James non poteva essere di nessun interesse.
"La
pergamena. Di chi sei innamorato. E soprattutto, di chi è
innamorata
Shane" Tirare le somme non poteva che portarlo ad una
conclusione.
"James..."
Si girò di scatto versò il fratello.
"Perchè tanto interesse
per la vita sentimentale di quella che, fino a prova contraria,
è la
mia migliore amica e non la tua?" L'altro
provò a
replicare, ma Al non gliene lasciò il tempo. Qualsiasi cosa
volesse
dire, non era il momento. Tanto, se l'intuizione che aveva appena
avuto fosse stata quella sbagliata, avrebbe negato. Se fosse stata
quella giusta, avrebbe comunque negato.
"Le
opzioni sono due" riprese. "Ti preoccupi della mia vita
sentimentale oppure ti preoccupi della sua. Non sei
mai stato
pettegolo, dunque un solo motivo può averti spinto a
indagare su
questa faccenda. Mi spiego o devo essere più esplicito? Vuoi
un
disegnino – un grafico, magari?" James sbuffò,
comprendendo
di aver fatto un errore. Doveva tenersi sul vago, cercare di
capire... invece per la brama di carpire informazioni
"Al,
sei giunto alla conclusione sbagliata.."
"Piantala,
non voglio ascoltarti dopo la scena pietosa che hai appena fatto.
Ringrazia il cielo se non le vado a riferire quello che hai insinuato
un minuto fa..." Riprese a camminare fino alla Sala Comune,
lasciandolo lì in mezzo alle scale, come un vero
idiota.
NOTE
AL CAPITOLO
→ A
dispetto di quello che nel film si fa vedere – lo dico per
chi non
abbia letto i libri – nella battaglia di Hogwarts non
combattono
solo studenti e qualche genitore. Ci sono maghi e streghe adulti e
Elfi Domestici (guidati da Kreacher mi pare) e un sacco di altre
creature che nella scena del film non vengono mostrate. Per questo
è
possibile e plausibile che Arnold, il nonno di Penny, abbia
combattuto in quella battaglia.
|
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Capitolo 9 *** 8. Muffin ai ribes ***
Capitolo
otto
Muffin
ai ribes
Idiota,
idiota, idiota. Un idiota patentato, ecco cos'era! La gelosia
gli
faceva gli stessi effetti di un funghetto allucinogeno: vedeva cose
che non c'erano.
Come
se non bastasse, aveva anche avuto la splendida idea di parlarne a
suo fratello che, ovviamente, aveva mangiato la foglia. Era piuttosto
facile fare due più due, in un caso del genere.
Perché James, che
non si era mai interessato della vita sentimentale di qualcuno che
non fosse lui stesso, avrebbe dovuto ricercare con tanta insistenza
informazioni su quella del fratello? Non aveva alcun senso, e
naturalmente Al aveva capito.
Sarebbe
andato a riferire i propri sospetti alla sua migliore amica? James
sperava fortemente di no. Al sapeva che lei amava un altro, quindi
sarebbe stato inutile – e James sperava che suo fratello gli
risparmiasse una figuraccia del genere.
Nei
giorni successivi non fece altro che cercare una risposta a
quell'interrogativo, senza trovare il coraggio di chiederlo ad Albus.
Sentiva il lavorio del proprio cervello, che girava a vuoto senza
trovarla. Una mattina, mentre lui e Baston si stavano vestendo per
scendere a colazione, arrivò a prendere in considerazione
l'ipotesi
di chiedere consiglio a Sam. Gli stava scoppiando la testa a forza di
pensare, senza parlarne con nessuno. Doveva cercare una soluzione.
Scese
a colazione con Baston; e in Sala Grande gli giunse l'illuminazione.
Guardò il tavolo di Corvonero: i gemelli Scamander erano
lì
entrambi. Doveva solo intercettare Lorcan in un momento di solitudine
e chiedergli cinque minuti del suo tempo. Be', forse un po'
più di
cinque minuti.
Baston
purtroppo era un chiacchierone; non era mai stato in grado di
mantenere un po' di riserbo. Sarebbe stato come andare da Penny a
raccontarle tutto.
Prima
di sedersi si guardò intorno, notando l'assenza di Penny, ma
in quel
momento una folta e lucente chioma bruna gli passò accanto.
Quella
mattina portava i capelli sciolti. Vedendoli ondeggiare a ritmo con
il passo di lei avrebbe voluto seguirla, mettersi accanto a lei e
fare colazione insieme.
Purtroppo,
Al e Rose erano seduti dall'altra parte della tavolata rispetto a
James, ed era da loro che Penny era diretta. Prima di sedersi si
girò
a guardare la tavolata. Nella traiettoria del suo sguardo c'era
James, ancora in piedi, con gli occhi su di lei. Sembrò
sorpresa
quando i loro sguardi si intrecciarono.
James
avrebbe tanto voluto saper leggere l'espressione negli occhi di
Shane, che lo lasciavano inebetito ogni volta. Avrebbe voluto leggere
un sentimento. Verso di lui, possibilmente.
Fu
lei ad interrompere il contatto visivo. Anche James allora distolse
lo sguardo: doveva smettere di pensare a lei.
"Jamie,
ti siedi o mangi in piedi come i cavalli?" chiese Baston, con la
bocca già piena. James si sedette e si versò del
succo di zucca.
Non aveva fame.
Penny
Shane l'avrebbe ucciso, prima o poi.
"Wow"
esclamò Alice rivolta ad Al. "Oggi nevica, me lo sento!"
"Perchè?",
chiese Penny sedendosi accanto a Rose, proprio di fronte ai
piccioncini.
"Sei
puntuale" le spiegò Al, in tono ovvio. "Devi avere molto
sonno per non averla capita" commentò. Era una battuta
piuttosto banale, e sapeva benissimo cosa le aveva impedito di
arrivarci nel tempo ragionevole di mezzo secondo.
Prima
di sedersi al tavolo aveva incrociato lo sguardo di James. In
realtà
non era stato propriamente un caso: sapeva di essergli appena passata
accanto e non aveva resistito alla tentazione di voltarsi a
guardarlo. Come poteva trovarlo così irresistibile, perfino
di prima
mattina?
"Penny,
stai bene?" le chiese Rose. Era imbambolata a fissare la tazza
di tè che le stava di fronte, senza toccare cibo.
Fortunatamente
Alice e Al, benchè davanti a lei, non avevano notato
quell'atteggiamento, perché troppo occupati a parlare per
conto
loro.
"Cosa?"
Sembrò cadere dalle nuvole alla domanda dell'amica.
"Stai
bene?" ripetè quella.
"Si,
certo" le assicurò. Rose la studiò con sguardo
leggermente
perplesso, ma la ignorò. Non poteva rendersi ulteriormente
ridicola
spiegando il perché della sua espressione fissa. Cosa
avrebbe dovuto
dire? "Oh, per Merlino e Morgana,
James
mi ha guardata!" Penny riteneva che
sarebbe stata una
frase piuttosto ridicola per chiunque avesse più di dieci
anni.
Decise
di concentrarsi su qualcosa di più concreto, iniziando a
sbocconcellare dal proprio muffin, per poi inzupparlo nella tazza di
tè.
"Sai
che adesso troverai molliche di muffin quando andrai a berlo, vero?"
le fece notare Rose, schifata. La sua filosofia di vita era del tutto
contraria ad intingere qualsivoglia corpo estraneo in una tazza di
tè. Penny rise dell'espressione di raccapriccio dipinta sul
volto
dell'amica.
"Me
ne farò una ragione, Rosie" rispose divertita.
"Come
vuoi, quella brodaglia è tua!" mugugnò. Penny
continuò
indisturbata ad intingere muffin nella propria tazza, sempre pensando
a James Potter. Non poteva farne a meno, maledizione! Era
ossessionata da lui. Forse doveva farsi vedere da Madama Chips, o
farsi Obliviare – erano tutte ipotesi validissime.
"Per
la barba di Merlino!" esclamò mentre masticava. "Ancora
ribes! Ma possibile che io becchi solo ribes?"
"Per
forza li becchi, se continui a non guardare quello che mangi!"
le fece presente Al, riemerso dalla conversazione con Alice giusto in
tempo per criticarla.
"Non
sono io ad essere disattenta, sono i ribes ad infilarsi dappertutto"
replicò. Tornò a mangiare, riprendendo il filo
dei propri pensieri.
Non che ci fosse un filo da riprendere, ad essere onesti. Non sarebbe
mai riuscita a riprenderlo, dal momento che erano una matassa
ingarbugliata, un groviglio di idee, emozioni, sentimenti. Tutti
riconducibili a un unico punto fisso, sempre lo stesso. Un caso senza
speranza: ecco cos'era. Ne era consapevole, ma per quanto ci provasse
non poteva farci nulla: James Sirius Potter non usciva dalla sua
testa.
Alzandosi
da tavola Penny si accorse che il soffitto incantato era di un
azzurro brillante, che contrastava con il reale colore del cielo in
quella giornata. Aveva messo a freddo e quella mattina, guardando
fuori dalla finestra, aveva visto nuvole di un grigio scuro che
incombevano su Hogwarts, minacciando pioggia. Era molto più
adatto a
descrivere il suo umore di quanto non lo fosse quello Incantato della
Sala Grande, decisamente troppo allegro.
Seguì
il flusso di coloro che uscivano dalla Sala Grande, senza curarsi
delle parole di Rose; qualsiasi cosa le stesse dicendo non era
importante come la nuca di James, qualche passo avanti a loro. Era
intento a conversare con Angie, una Grifondoro del settimo anno, come
lui. Probabilmente stavano parlando delle lezioni o di qualche
maledetto incantesimo, ma Penny vedeva solo una potenziale rivale.
Ad
essere onesta con se stessa, non c'era nessuna rivale,
potenziale o meno. Si può avere un rivale se si partecipa a
un
gioco, ma lei era completamente fuori dalla competizione. questo non
era il caso.
"Penny,
mi stai ascoltando?" Rose era giustamente seccata. Penny scelse
di essere sincera. Tanto le si leggeva in faccia che non aveva udito
nulla.
"No"
disse. "Scusa".
"Era
importante?" chiese per rimediare. Rose non sapeva ancora se
sentirsi irritata o provare compassione per l'amica. Prevalse il
secondo sentimento.
"Ti
stavo parlando di Lorcan" disse. "Ripensandoci è meglio
cambiare argomento". Si rese conto che sentirla blaterare della
sua fantastica storia d'amore avrebbe potuto ferire la sua migliore
amica. "Sei pronta per Cura delle Creature Magiche?"
"Cura
delle Creature Magiche?" Non aveva idea che fosse quella la
lezione a cui erano dirette. Rose sbuffò, sempre
più preoccupata
dall'aria assente della sua amica.
"Si,
hai presente il parco, il caro Hagrid, i Serpeverde che seguono il
corso insieme a noi?" Penny annuì: doveva assolutamente
attivare il cervello.
Si
fermarono nella Sala d'Ingresso e Rose si accorse che lo sguardo di
Penny era fisso su un punto. Lo seguì e scoprì
che il punto era suo
cugino: stava chiacchierando con Angie.
"Posso
sapere perché non mi parli?" le chiese. "Non serve essere
un asso in Divinazione per vedere che stai guardando James".
"Dov'è
Al?" chiese Penny, come se Rose non avesse parlato.
"Ci
rinuncio!" rispose quest'ultima, rassegnata. "Per la
cronaca" aggiunse, "Al è più avanti insieme ad
Alice;
credo stia cercando di sondare il terreno". Penny sorrise,
continuando a cercare James e Angie con la coda dell'occhio. "Sarei
quasi tentata di dirglielo, ma non voglio intromettermi..."
Penny e Rose si erano consultate e avevano deciso che gli eventi
avrebbero fatto il loro corso. C'erano buone possibilità che
Al e
Alice risolvessero la questione in poco tempo. Altrimenti, se li
avessero visti infelici, sarebbero intervenute. Fino a quel momento,
li avrebbero lasciati a sbrigarsela da soli. Penny annuì,
per
l'ennesima volta, ma non disse niente.
"Penny
Shane, cosa c'era in quel muffin?" La sua amica
sembrava
sotto effetto di un potente calmante.
"Ribes"
rispose.
"Be'
almeno hai ancora l'uso della voce" osservò Rose. Penny la
guardò e finalmente sembrò vederla davvero.
"Che
c'è Rose?" chiese semplicemente. Non le andava di fare giri
di
parole. Non era dell'umore giusto quel giorno.
"Vorrei
solo che tu parlassi con me".
"Credi
che sia lei?" chiese Penny per tutta risposta. L'ira di Rose si
placò improvvisamente.
"Non
ne ho idea Penny. Potrebbe esserlo, come no. Se può farti
stare
meglio indagherò con James..." Era ovvio che l'avrebbe
fatto.
"Solo che credevo non fossi interessata a conoscere
l'identità
della ragazza in questione".
Penny
sembrò ritrovare un briciolo di lucidità.
"Giusto,
non mi interessa" confermò. "Comincerei a fare confronti,
a elaborare teorie e quant'altro. Meglio lasciare le cose come
stanno". Non voleva ridursi tanto in basso da trovarsi a fare
confronti con un'altra ragazza, ma non poteva neanche crogiolarsi
nell'apatia.
"Non
puoi continuare a fissare mio cugino tutto il tempo, però"
disse Rose. "Da quando l'hai visto sei in un totale stato di
torpore". Non voleva stare in un mondo di sogno. Doveva solo
reagire, provare a scacciare quel sentimento o rinchiuderlo fino alla
fine dell'anno scolastico. James si sarebbe diplomato e non avrebbe
più dovuto vederlo tutti i giorni. Avrebbe avuto l'intero
settimo
anno per dimenticarsi di lui.
"Devo
solo resistere fino a fine anno" mormorò, più a
se stessa che
a Rose. "Lontano dagli occhi, lontano dal cuore".
"È
sicuramente uno spirito migliore con il quale affrontare la faccenda"
la incoraggiò Rose. Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio che
vedere
Penny fissare James come un bambino con un dente cariato fisserebbe
un sacchetto di caramelle.
Nel
frattempo, Penny era infuriata con se stessa. Se ne stava lì
a
struggersi per James mentre lui pensava a tutt'altro. Miseriaccia!
Era ridicolo, era sbagliato. C'erano tante studentesse che
avrebbero potuto essere La Ragazza. Non poteva
certo passare
il tempo a spiare le conversazioni di James con ogni ragazza.
"È
perfettamente inutile che tu stia qui a lambiccarti il cervello su di
lui" disse Rose, dando voce ai suoi pensieri. "E comunque,
forse sono di parte, ma tu sei la migliore – non sa cosa si
perde".
"Ottimo
tentativo di risollevare la mia autostima" disse Penny, grata.
"Ciò non toglie che ama un'altra e ne ha tutto il diritto"
aggiunse. "La persona di troppo, in questo caso, sono io.
L'unica cosa che devo fare è buttarmi tutto alle spalle"
concluse.
"Vorrei
poterti dire che c'è un'altra soluzione" rispose Rose, "ma
la verità è che sono d'accordo". Le dispiaceva
dirlo, ma non
aveva scelta. Rose non era il tipo di amica che pur di consolarti era
disposta a mentire o ingannare, e Penny apprezzava questo tratto del
suo carattere. "Insomma, Jamie non è mai stato innamorato.
Se
l'ha detto significa che fa sul serio".
Per
formare una coppia bisogna amare in due. Un'altra amica le avrebbe
detto: fatti valere, prova a conquistarlo. Ma che senso avrebbe avuto
tentare di conquistarlo, dal momento che amava un'altra donna?
"Non
ha senso" disse ad alta voce, seguendo il filo dei propri
pensieri.
"Cosa
non ha senso?" Albus si era ricongiunto a loro per uscire nel
parco di Hogwarts e andare a lezione. Lei si limitò ad
un'alzata di
spalle. Al rimase perplesso, ma preferì lasciarla in pace e
si
rivolse a Rose. Penny sentì i loro bisbigli: sapeva di
essere
l'argomento. Non le andava di starli a sentire, così se li
lasciò
indietro, uscendo dal portone di quercia a passo sostenuto.
Il
vento le scompigliò i capelli, che quel giorno non aveva
raccolto.
Chiuse gli occhi e avanzò di qualche passo, finendo dritta
dritta
addosso a qualcuno. I libri le caddero dalle mani e si piegò
raccoglierli. Una mano gentile si chinò ad aiutarla. Quando
si fu
sollevata vide una folta chioma di capelli rossi e un bel sorriso.
"Fred!"
esclamò. Era il figlio di George Weasley, ovvero uno dei
milioni di
cugini di Rose e Al. "Grazie per i libri" si affrettò a
dire.
"Figurati!
Scusami se ti sono venuto addosso" disse gentilmente.
"Fred,
ero ad occhi chiusi in mezzo all'entrata principale della scuola!"
gli fece notare. "Direi che la colpa è mia".
"Sì,
direi che te la sei cercata" disse divertito. Penny rise e
buttò
un'occhiata all'orologio. "Devo andare, mi spiace"
annunciò.
"Vai
verso casa di Hagrid?" le chiese. Lei annuì. "Allora
sarò
lieto di scortarla, Miss Shane" dichiarò solennemente,
porgendole il braccio. "Sempre che lei me lo permetta".
Quella scena la fece ridere.
"Certo
che te lo permetto! Ma cosa vai a fare laggiù?" Fred era al
settimo anno, mentre lei, Rose e Al erano al sesto.
"Non
lo sai?" Sembrava stupito. "Oggi accorpano la mia classe
alla tua. Sesto e settimo anno faranno lezione insieme" la
informò, facendole venire un groppo in gola. "Ho detto
qualcosa
che non va?" Persino Fred l'aveva vista rabbuiarsi. Doveva
decisamente fare pratica: voleva diventare un asso in Occlumanzia.
Oppure, più banalmente, imparare a non essere un libro
aperto.
"No"
mentì. Non le dispiaceva che Fred prendesse parte alla
lezione, lo
trovava simpatico e alla mano. Però se c'era Fred, ci
sarebbe stato
anche James. Non bastavano gli allenamenti quotidiani di Quiddich:
ora anche a lezione se lo ritrovava!
"Sostanzialmente
abbiamo una lezione in comune" continuò lui. "Per noi
è
ripasso completo di un argomento. Sai, in vista dei M.A.G.O. dobbiamo
ripassare parecchi argomenti oltre a studiarne di nuovi"
aggiunse.
"Di
cosa si parla?" chiese Penny.
"Unicorni"
rispose, ovvio. Improvvisamente le spuntò un sorriso sulle
labbra:
finalmente una buona notizia. Non ne aveva mai visto uno dal vivo, ma
erano le creature che la affascinavano.
"Hagrid
ce ne ha parlato poco" disse. "Siamo stati troppo impegnati
a far incrociare strane bestie dall'aspetto discutibile, per produrne
altre dal corredo genetico altrettanto discutibile!"
raccontò, facendolo ridere di gusto. "L'unico argomento che
mi
sia veramente piaciuto sono stati gli Ippogrifi".
"Scommetto
che andrai in estasi nel vedere un unicorno" affermò sicuro.
"Cucciolo o adulto che sia".
"Non
vedo l'ora che inizi la lezione" disse Penny, ansiosa.
Quando
giunsero davanti alla capanna di Hagrid erano in orario, ma c'era
già
un bel po' di gente accalcata lì davanti. Si accorse che a
forza di
parlare con Fred aveva lasciato parecchio indietro Al e Rose. Poi
vide James che... si dirigeva verso di loro con sguardo torvo. Si
fermò proprio davanti a Fred. Probabilmente dovevano aver
avuto
qualche screzio, pensò Penny.
"Ciao
cugino!" lo salutò Fred, del tutto tranquillo. Sembrava
all'oscuro di qualsiasi sentimento negativo James stesse covando.
"Ciao
Fred" mugugnò l'altro, spostando poi lo sguardo su di lei e
salutandola con quello che poteva al massimo sembrare un grugnito. La
guardava in un modo tale da farla sentire colpevole di qualche
crimine che non aveva commesso. Non poteva andarsene in giro a
fissare la gente con aria truce, Merlino!
"Dicevo
a Miss Shane" disse Fred senza immaginare i pensieri dei suoi
interlocutori, "che oggi avremo il piacere di fare lezione tutti
insieme".
"Non
sto più nella pelle" ribattè James con tono
impertinente.
I
suoi cambiamenti di umore erano alquanto sospetti. Forse aveva
ricevuto un due di picche da Angie. Dovette confessare a se stessa
che la cosa non l'avrebbe resa scontenta. "Dove hai lasciato il
codazzo?" chiese rivolto a Penny.
"Stanno
arrivando", rispose laconica, ignorando il tono insolente.
"Fred!"
Uno studente del settimo anno lo chiamò. "Vieni un momento".
Fred
si staccò da Penny, della quale ancora teneva il braccio.
"Pardon,
Miss Shane", disse divertito, facendole il baciamano. Le venne
da sorridere istintivamente: che idiota! Degno del nome che portava,
a quanto le avevano raccontato Rose e Al. James sembrò
irrigidirsi,
per poi rilassarsi quando Fred si fu allontanato.
"Come
mai questa passeggiatina a tu per tu?" chiese.
"Non
era niente del genere" precisò Penny, cogliendo
l'insinuazione.
"Mi sono caduti i libri e Fred me li ha raccolti, poi abbiamo
iniziato a parlare e lui era di strada e..." Si bloccò. Non
doveva alcun tipo di giustificazione a James – era l'ultima
persona
con cui avrebbe dovuto giustificarsi, anzi.
"Sì?"
disse lui come se fosse interessato all'argomento.
"Non
devo darti alcuna spiegazione, Potter" Sputò fra i denti il
suo
cognome. Un cognome che amava e odiava allo stesso tempo. Il cognome
del Salvatore del mondo magico, il cognome del suo migliore amico e
il cognome del ragazzo che amava, ma che la faceva soffrire e non se
ne rendeva nemmeno conto.
"Certo
che non devi! Solo che se mio cugino vuole sedurti vorrei saperlo,
non ti sembra giusto?" L'intento era chiaramente provocatorio.
Penny stava valutando la possibilità di estrarre la
bacchetta e
lanciargli una Fattura Orcovolante.
"Sedurmi?"
Le uscì fuori una vocina strozzata. Avrebbe voluto gridare,
ma non
era davvero il caso. "Per una passeggiata sottobraccio?
Complimenti per la mentalità evoluta! Pensi che basti
così poco per
sedurmi". Lui avebbe voluto ribattere, ma non ne
ebbe il
tempo. Era evidentemente scontento della piega che la conversazione
aveva preso. "E comunque, ti ringrazio per la stima che mi
dimostri ogni volta che hai occasione di parlarmi Potter" disse
poi. "Sappi che la cosa è reciproca".
"Sta'
calma Shane: ti ho solo chiesto di tenermi informato" disse,
come se lei non avesse parlato. "Non ne ho il diritto in fondo?
È mio cugino... è una cosa seria?"
continuò.
"No!"
rispose lei. Ovviamente intendeva dire che no, non
aveva il
diritto, ma James colse la palla al balzo. Mise sù
un ghigno
arrogante, dicendo: "Capisco, una scappatella. Una
scappatella per Penny Shane: un buon titolo per un romanzo
rosa,
non trovi?" Penny non si fermò granché a
riflettere,
semplicemente, la sua mano partì in automatico.
Il
palmo destro di Penny andò a colpire perfettamente la
guancia di
James, il cui volto al momento era il ritratto dello stupore. In quel
frangente Al e Rose avevano girato l'angolo, giusto in tempo per
assistere alla scena.
"Sta'
alla larga da me, Potter!" gli intimò, stupita dal suo
stesso
gesto. Fatto ciò, alzò i tacchi e se ne
andò, tra lo stupore degli
amici e di Fred che aveva assistito a sua volta. James sembrava aver
preso coscienza del tono irritante che aveva usato con Penny.
"Che
diavolo è successo?" chiese Al al fratello. James lo
guardò,
colpevole.
"Mi
sa che ho esagerato stavolta: non credo mi parlerà ancora".
Perché non era capace di parlarle senza farla arrabbiare?
Quella
gelosia lo stava rendendo antipatico e scostante, oltre a fargli
avere dei paurosi sbalzi d'umore. Aveva detto delle cose senza senso.
Era
libera di fare quello che voleva, non aveva certo bisogno del suo
permesso. "Jamie, così non va" gli fece notare Al. "Questa
non è una buona strada da percorrere. Conosco Penny come le
mie
tasche; non farai altro che allontanarla da te se fai così".
"Non
voglio essere sulla buona strada, ok? Non mi interessa quello che
pensa Shane di me!" mentì.
"D'accordo,
ci vediamo dopo" disse Al, con l'evidente intenzione di trovare
l'amica e placare la sua ira. Poi cambiò idea. "Anzi no,
posso
anche restare. Volevo andare a cercarla, ma credo ci abbia
già
pensato qualcun altro".
James
si voltò, scoprendo che suo cugino Fred non aveva perso
tempo: era
subito andato ad offrirle conforto. Non gli piaceva
per niente
il modo in cui le gironzolava intorno.
"E'
lui?" chiese ad Al, senza curarsi del fatto che la domanda
avrebbe reso più acuti i sospetti del fratello.
"Lui
chi?" domandò Al, nel tentativo di farlo uscire ancora
più
allo scoperto. Be', tanto non aveva importanza. Suo fratello aveva
promesso che non gliel'avrebbe detto, e James aveva fiducia in
questo.
"Sai
cosa voglio dire" disse. "Fred è il ragazzo di Penny?"
Al decise di rimanere sul vago.
"Penny
non è fidanzata" replicò. "Per ora!" aggiunse.
Suo
fratello doveva svegliarsi, maledizione. Se non voleva farlo
spontaneamente, ci avrebbe pensato lui.
"Che
significa?" chiese James, ma Al ritenne più saggio lasciarlo
sulle spine e decise di andare avanti a cercare Alice. Stava perdendo
il rispetto del fratello minore, un sottoposto, e non andava per
niente bene. L'aveva lasciato lì come un idiota, per
l'ennesima
volta.
Rose
gli si avvicinò, prima di seguire gli altri.
"Che
diamine hai combinato?" sussurrò. Non lo lasciò
neppure
parlare. Evidentemente nessuno era interessato alla sua versione dei
fatti. Lo superò velocemente, unendosi agli amici. Baston si
avvicinò a James e gli diede di gomito, facendogli capire
che era il
caso di seguire la lezione. Così si addentrarono nella
boscaglia
poco lontana da casa di Hagrid, dove nel frattempo si erano recati
tutti gli studenti del sesto e settimo anno, pronti a sciogliersi di
fronte alla dolcezza degli unicorni.
NOTE
AL CAPITOLO
-
Rose sa cosa sia una carie ai denti ed è in grado di fare un
paragone perché, benché cresciuta nel Mondo
Magico, i suoi nonni da
parte di madre, ovvero i genitori di Hermione, sono dentisti Babbani.
-
Ho pensato di rendere Penny brava nelle Fatture Orcovolanti, proprio
come lo è Ginny Weasley in Harry Potter.
ANGOLO
AUTRICE
Ho
aggiornato prima del previsto, perché il capitolo mi
è venuto di
getto. Il
personaggio di Fred Jr. è
stato inserito per una ispirazione improvvisa, ma devo dire che mi
piace.
Ho pensato che James si meritasse di stare un po' sulle spine dopo la
scenata che ha fatto al povero Al. Ancora non so bene che direzione
far prendere al personaggio di Fred, attendiamo e vedremo. Nel
prossimo capitolo assisteremo alla lezione di Hagrid sugli unicorni e
probabilmente James tornerà dal
povero Lorcan.
Ringrazio chi
ha inserito la storia nelle seguite/preferite/ricordate e chi ha
recensito.
|
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Capitolo 10 *** 9. L'importanza dell'Unicorno ***
Capitolo
nove
L'importanza
dell'Unicorno
"Buongiorno
ragazzi!" tuonò Hagrid con il suo vocione.
"Alla
mia destra c'è un esemplare maschile di unicorno adulto"
annunciò,
indicando l'animale.
"Forse
in un'altra lezione vi mostrerò anche un cucciolo, per ora
ci
limitiamo a Pegaso". Sembrava si stesse rivolgendo più
all'unicorno che agli studenti, ma i ragazzi non ci badarono. La
passione di Hagrid per gli animali del Mondo Magico di solito era
orientata verso creature
di dubbio gusto, spesso
mostruose; però
bisognava
riconoscere che gli unicorni non
erano
tra
questi. Il
crine bianco, gli zoccoli d'argento, il manto candido come neve.
Penny sospirò,
in estasi. Aveva appena scordato ogni problema. Sentiva una
sorta di affinità
che la legava a quell'unicorno, mai
visto prima.
Fred,
ancora accanto a lei, le disse qualcosa che Penny non udì, sempre
più rapita da quel soffice crine bianco; e
prima
di accorgersene si era avvicinata al recinto dove si tovava
l'unicorno,
prendendo quasi a spallate i propri compagni.
"Vuoi
accarezzarlo?" le domandò Hagrid, intuendo le sue
intenzioni.
Penny annuì semplicemente e avanzò, cercando di
fare il meno rumore
possibile. Le sembrava quasi di violare la pace di quella creatura.
Mentre si avvicinava pian piano, Hagrid continuò a spiegare.
"Gli
unicorni preferiscono il tocco femminile, come è noto"
disse.
"Sono pacifici e simbolo di purezza. Uccidere un unicorno è
un
crimine terribile, solitamente compiuto da chi ne vuole bere il
sangue, che ha numerosi poteri".
Penny
sapeva – perché le era stato detto da Arnold
– che bevendo
sangue di unicorno si poteva rimanere in vita il più a lungo
possibile, ma che uccidere una di quelle creature equivaleva a
macchiare la propria anima.
"Sono
caratterizzati da un'aura che li mette in una particolare connessione
emotiva con chi ne condivida la purezza d'animo" spiegò
Hagrid.
"Il loro crine ha proprietà magiche e, come sapete, viene
usato
per formare il nucleo di alcune bacchette" In quel momento Penny
si ricordò che il nucleo della sua bacchetta, che anni prima
aveva
acquistato da Ollivander, era in crine di unicorno.
Intanto
si era avvicinata a Pegaso tanto da poter tentare un approccio
–
stando molto attenta a non toccare il corno in mezzo alla fronte,
poichè non era sicura che l'animale avrebbe gradito
– e ne
accarezzava il manto. Pegaso sembrava apprezzare il suo tocco, anche
se presto Penny se ne dovette staccare. Non poteva certo
monopolizzarlo: altri studenti volevano avvicinarsi. Si rimise al
proprio posto, accanto a Fred. Tornando in sè, Penny si
avvide che
James la stava insistentemente guardando; era in piedi accanto a Sam
Baston, non distante da lei.
E
non smetteva di fissarla.
Il
fatto che lo trovasse sensuale in quella posa statuaria non doveva
distrarla da quello che le aveva appena detto.
Gli
aveva dato uno schiaffo, si era vendicata. Era perfettamente
consapevole di non avergli fatto alcun male, non fisicamente. La sua
mano era troppo piccola per poter fare danni seri, ed era partita da
sola, miseriaccia!
Chi
si credeva di essere per poterle parlare con quel tono? Scappatella?
Romanzo rosa? Seduzione?
Più
lo guardava e più le tornava in mente l'atteggiamento
irrispettoso
che aveva tenuto. La maggior parte del tempo James si dimostrava
gentile, sembrava volesse esserle amico... altre volte era scostante
e arrogante. Non poteva stare con lui, lo sapeva, ma almeno un
rapporto civile lo pretendeva – non era una gran richiesta,
dopotutto.
"Cosa
guardi di così interessante?" chiese Fred.
Penny
decise semplicemente di scrollare le spalle – come per dire
che era
insignificante per lei – e si voltò a parlare con
lui. Sperava di
farsi perdonare per aver trascurato la sua compagnia, ma lui fece le
domande sbagliate.
"Che
succede con mio cugino?" Penny lo guardò contrariata: non le
andava di inventare elaborate bugie, perciò restò
sul vago.
"Non
andiamo d'accordo" rispose ostentando indifferenza.
Un'indifferenza di sentimenti che, purtroppo, non rispondeva a
verità. "Diciamo che si diverte a togliermi la pazienza. Di
solito non reagisco in maniera così fisica, ma oggi ha
esagerato.
Ecco tutto" tagliò corto. Fortunatamente Fred
sembrò
comprendere e non pose altre domande al riguardo. "Che lezione
hai dopo Cura delle Creature Magiche?" chiese invece.
"Difesa
Contro le Arti Oscure" rispose illuminandosi. Per lei non era
una lezione, ma un piacere.
"Hai
lezione con Teddy, quindi" osservò lui. Penny
annuì.
"Credo
sia veramente geniale come insegnante!" disse con entuasiasmo.
"Lo
credo anche io, però forse sono di parte perché
siamo parenti".
Ma Penny non lo stava ascoltando, di nuovo rapita
dal modo in
cui Pegaso scuoteva la criniera sotto il tocco di Rose. Quella
creatura era maestosa e dolce al tempo stesso.
Quando,
al turno di Malfoy, Pegaso si mise a scalciare, mostrandosi
recalcitrante all'idea di farsi avvicinare da Scorpius, Penny non
potè fare a meno di ridere. Perfino un unicorno riusciva a
capire
quanto Malfoy fosse meschino, evidentemente.
Una
volta finita la lezione, Fred e Penny si diressero insieme verso il
castello, scortati da Rose. Non era certa di quello che suo cugino
stesse facendo con la sua migliore amica, quindi voleva sorvegliare
la situazione.
James
li guardava a distanza, sentendosi un perfetto idiota, come sempre
quando c'era di mezzo Shane. Aveva ragione Al: l'unico risultato che
avrebbe raggiunto sarebbe stato il completo allontanamento di lei. E
James non voleva questo; forse non poteva avere il tipo di relazione
che avrebbe voluto, ma voleva tentare di essere considerato almeno
come amico da Shane.
Non
pago di aver fatto la strada insieme a lei, Fred accompagnò
Penny
fino all'aula di Difesa delle Arti Oscure.
"Ma
non avete Trasfigurazione ora? La tua aula è lontana da
quella di
Lupin" gli fece notare. "È un velato segnale per dirmi di
sloggiare?" le chiese ridendo, senza offendersi. Quel ragazzo la
metteva di buon umore, pensò Penny. Non c'era niente da
fare. Era
proprio degno del nome di Fred Weasley.
"Ma
figurati!" Era sincera, non stava cercando di allontanarlo. Non
c'era motivo. Fred si mostrò soddisfatto della risposta.
"Credi
che a Baston dispiaccia se qualche volta vengo a vedervi agli
allenamenti?" le domandò, prendendola alla sprovvista.
"Sono
aperti al pubblico" rispose senza sbilanciarsi. Trovava quella
domanda un po' sospetta. Avrebbe benissimo potuto chiedere
direttamente a Sam, anzichè a lei. Evidentemente voleva il
suo
consenso. Ne ebbe la conferma un minuto più tardi.
"E
a te?" Da persona molto matura, quale Penny Shane
era,
arrossì a quella risposta.
"Perché
dovrebbe dispiacermi?" Non aveva trovato niente di meglio con
cui replicare. Che si aspettava Fred? Che gli proibisse di andare a
vedere la sua squadra di Quiddich? Ovviamente non avrebbe potuto
impedirglielo in alcun modo e, ad essere sinceri, neanche ne aveva la
volontà.
"D'accordo"
rispose lui. "Buona lezione!" Si congedò con un sorriso
che Penny ricambiò; poi si girò verso Rose,
scoprendo la sua
espressione dubbiosa.
"Okay,
Penny Shane. Spiegami cosa ho appena visto".
"Fred
che parlava con me?" rispose sarcastica.
"No,
svegliati! Ho appena visto mio cugino che ci provava con te! Ed era
il cugino sbagliato, per giunta". Quel riferimento a James non
fece altro che infiammare Penny.
"Non
ci stava provando!" sbottò. "E' stato gentile, tutto qui".
Rose
decise che non era il caso di replicare – piuttosto, non era
il
momento. Erano arrivate a Difesa Contro le Arti Oscure. Aprirono la
porta dell'aula, entrarono e presero posto, in attesa dell'inizio
della lezione.
Il
suo migliore amico continuava a girargli intorno, come una mosca;
James non ce la faceva più – gli sembrava di
sentire il lavorio
del suo cervello, mentre decideva se parlargli o meno.
"James"
esordì Baston, "posso sapere cos'hai?"
"Niente,
Sam" mentì.
"Non
parli da dieci minuti" osservò l'altro. Baston sembrava
preoccupato.
"Mi
è scoppiato il mal di testa" inventò.
"Vuoi
saltare Trasfigurazione?" chiese l'altro. James non ci aveva
neanche pensato, ma gli parve un'ottima idea. Fanculo
i M.A.G.O. Fanculo la McGranitt.
Fanculo
Hogwarts. Il grande James Potter stava male per Penny Shane e
gli
orologi si sarebbero fermati per lui. Un idiota: ecco cos'era.
"Già"
confermò. "io passo, tu vai o farai tardi". Baston lo
salutò con una pacca sulla spalla e si dileguò,
diretto a lezione.
James
aveva preso quella decisione per svariati motivi. Primo, non era in
grado di seguire alcuna lezione al momento. Secondo, gli stava
davvero venendo un terribile mal di testa. Terzo, voleva parlare con
Lorcan. Doveva sfogarsi con qualcuno, e aveva appena ricordato che a
quell'ora i Corvonero del settimo anno non avevano lezione. Ricordava
di averlo sentito dire a Rose. Volente o nolente, Lorcan Scamander
avrebbe dovuto devolvere quell'ora di libertà a James
Potter.
Si
avviò verso la Sala Comune di Corvonero, che si trovava sul
lato
ovest del castello, nella torre opposta a quella di Grifondoro.
Una
volta arrivato all'ingresso del dormitorio, si trovò di
fronte una
porta nera, lucida. Non c'era alcun dipinto o ornamento, fatta
eccezione per il battacchio in bronzo. James si rese conto di non
essere a conoscenza della parola d'ordine della Casa. Per fortuna,
una Corvonero del quinto anno, piuttosto carina, stava salendo le
scale per rientrare. Gli bastò spiegare che doveva far
visita a
Scamander ed esercitare quel po' di fascino che ancora gli rimaneva.
Quella storia di Shane lo stava prosciugando, come
ragazzo e
come studente, visto che ormai saltava Trasfigurazione per parlare di
lei.
Scoprì
così che i Corvonero non avevano alcuna parola d'ordine, ma
un
sistema di sicurezza diverso da Grifondoro. La scena era bizzarra: la
studentessa dovette rispondere a una domanda posta dal batacchio
della porta, poi furono liberi di entrare.
La
Sala Comune di Corvonero era circolare, ampia e ariosa. I drappi di
seta blu e bronzo appesi alle pareti e le finestre ad arco si
addicevano perfettamente all'ambiente. Ciò che rendeva
l'atmosfera
suggestiva erano però il soffitto a cupola e la moquette,
entrambi
trapunti di stelle.
James
scorse Lorcan davanti ad un fuoco scoppiettante, impegnato a giocare
agli scacchi dei maghi con il gemello.
"Scamander"
chiamò, facendoli voltare entrambi. Somigliavano
incredibilmente a
Luna, con quei capelli così biondi e l'aria trasognata
– Lysander
in particolar modo, a dire il vero.
"Quale
dei due?" chiese Lysander.
"Quello
stupido" replicò James, ridendo. Ognuno indicò
l'altro.
"Siete
stupidi entrambi, però mi accontento di Lorcan" disse,
costringendolo ad alzarsi dal divano. Lo sguardo scocciato dell'amico
gli fece comprendere che sicuramente immaginava il motivo della
visita.
"Come
sei entrato?" chiese Lorcan.
"Ho
risposto alla domanda, ovviamente!" L'amico lo guardò
dubbioso;
e James non sapeva se ridere o offendersi perché i Corvonero
non
ritenevano le persone appartenenti alle altre Case abbastanza furbe
da saper rispondere ai quesiti. Lorcan continuava a fissarlo.
"Oh
va bene" ammise. "Ho convinto una ragazza del quinto anno a
farmi entrare".
"Un
vero rubacuori" lo celiò l'amico.
"Be'
sì, faccio ancora un certo effetto..." Si
pavoneggiò James.
"Però lasciami dire che il vostro sistema lascia a
desiderare"
aggiunse.
"E
perché mai?" chiese l'altro.
"Be',
anche qualcuno che non è di Corvonero potrebbe saper
rispondere
all'indovinello" gli fece presente.
"Non
ha importanza" disse. "Lysander direbbe che se la porta ha
stabilito di farlo entrare, significa che ne è degno". James
faticava a comprendere quella logica: un Grifondoro non avrebbe
accettato un ragionamento del genere.
"Potrebbe
essere un Serpeverde" ribattè.
"Non
ha importanza" ribadì l'altro. "Se è abbastanza
intelligente da risolvere l'enigma".
"Farò
finta di non aver sentito" mugghiò James, facendo ridere
Lorcan
di gusto. Poi si spostarono in una parte della sala quasi totalmente
priva di persone. Erano lontani da orecchie indiscrete, ora.
"Coraggio,
parla".
"Ho
discusso con Shane" sputò fuori James. "Di nuovo".
"D'accordo,
qual'è il problema James?" Mentre gli poneva la domanda,
Lorcan
si sedette. Evidentemente prevedeva che la conversazione sarebbe
stata più spinosa del previsto.
"Il
problema è che mi sento strano" confessò James.
"Sono
geloso, tanto".
"C'è
sempre una prima volta" commentò Lorcan.
"Sì,
appunto" confermò il Grifondoro. Il punto era proprio
quello.
"Non so come controllare questa cosa. A volte dico cose poco
carine, come ho fatto oggi".
"Cos'è
successo?"
James
storse la bocca e spostò lo sguardo sul fuoco nel camino.
"Sono
un idiota".
"Non
è una novità, Potter" replicò Lorca,
prendendolo in giro.
James gli rivolse uno sguardo ammonitore. Non era davvero una buona
giornata.
"L'ho
vista che scendeva la collina con Fred..." iniziò, "per
venire alla lezione di Hagrid. Erano sottobraccio e quel demente di
mio cugino ci stava chiaramente provando. Non so cosa mi ha preso, le
ho chiesto se era una cosa seria o una scappatella". Lorcan
aggrottò la fronte; poteva immaginare il tono che James
aveva
sfoggiato per l'occasione.
"E
poi ho blaterato dicendo che poteva essere una buona storia per un
romanzo rosa" aggiunse. "Ovviamente, non è stato questo a
farla infuriare, ma il tono acido con cui devo averlo detto".
Sul momento non se ne era reso conto – o forse sì,
e l'aveva
ferita consapevolmente.
"Scappatella?
Per una passeggiata?" Lorcan sembrava un po' spiazzato.
"L'ottocento è finito da un pezzo James".
"Ho
sbagliato, lo so. Ho detto cose senza senso, col solo risultato che
mi sono beccato uno schiaffo". Lorcan sgranò gli occhi, ora
decisamente spiazzato.
"E
poi?"
"Nell'ordine?
Shane mi ha detto di stare alla larga da lei e si
è
allontanata, la tua ragazza ha espresso tutto il suo disappunto
sibilando insulti, e Al dice che se mi comporto così non
faccio
altro che allontanarla di più".
"Al
lo sa?" chiese Lorcan, confuso. Credeva di essere l'unico a
saperlo.
"Lo
sospetta" disse James. "Anzi, ne è sicuro. Qualche giorno
fa sono andato a fargli una scenata perché mi ero convinto
che lui e
Penny fossero innamorati". Messe in fila l'una dietro l'altra,
le sue azioni non avevano il benché minimo senso. Ripeterle
ad alta
voce era un'operazione penosa ma necessaria, pensò James.
"Aspetta,
cosa?" domandò Lorcan. "James, quei due sono praticamente
fratelli". Sapeva bene quanto fossero legati Penny, Al e Rose.
Erano inseparabili.
"Lo
so, è stato un momento di stupidità, e la
risposta di Al è stata
abbastanza esaustiva" precisò. "Mi ha confermato che Penny
mi aveva già confessato: è innamorata di qualcun
altro, perciò non
so per quale motivo io sia qui a parlare di lei". Stava
impazzendo, James ne era certo. L'avrebbero portato al San Mungo e si
sarebbe ritrovato gomito a gomito con Gilderoy Allock.
"Si
sa chi è?" domandò Lorcan. James scosse la testa
in segno di
diniego. "Se ama un altro" continuò il Corvonero,
"c'è
poco che tu possa fare". Senza saperlo, aveva dato a James la
stessa risposta che Rose aveva dato a Penny.
"Grazie
per l'appoggio" disse. "Ci arrivo da solo, ma non mi
impedisce di essere geloso" aggiunse. "E se il ragazzo di
cui è innamorata fosse Fred?"
"Non
cambierebbe granché, temo" disse Lorcan. Era vero,
pensò
James. Chiunque fosse, quel ragazzo rappresentava un ostacolo
insormontabile. Sapere il suo nome o meno non avrebbe fatto alcuna
differenza. "L'unica cosa che puoi fare ora è scusarti con
lei.
Al ha ragione, si allontanerà".
"Ora
è a lezione di Difesa..." Avrebbe voluto affermare che
sapeva
l'orario perché Rose e Al facevano il sesto anno. La
verità era che
stentava a ricordare il proprio, di orario – l'unico motivo
per cui
teneva a mente quello del sesto era lei. Questo,
però, non
l'avrebbe confessato neanche sotto Cruciatus.
"Vai
allora, a meno che tu non voglia farti colpire da un Bolide per aver
fatto arrabbiare la Battitrice" disse. "Non le darei torto
se evitasse di rispedire indietro il bolide".
"Da
che parte stai, Scamander?"
"Dalla
tua, idiota" disse ridendo. "Vai da Lupin. È la migliore
del suo corso e tu sei un parente, non ti negherà cinque
minuti per
parlarle". Gli stava suggerendo di interrompere la lezione per
chiederle scusa. Effettivamente non era una cattiva idea. Ci
pensò
su per un attimo.
"Be',
se mi tira un altro schiaffo ti riterrò responsabile".
Una
volta uscito dalla Sala Comune di Corvonero, si incamminò a
passo
svelto verso l'aula di Lupin. Non aveva la più pallida idea
di cosa
dirle – non sapeva se "scusa" sarebbe stato abbastanza.
"Che
la lezione abbia inizio!" decretò Theodore Lupin, appena
tutti
furono in classe. "Oggi divideremo la spiegazione in due parti.
Nella prima, vi parlerò dell'incantesimo di memoria. Chi sa
dirmi
qual'è la formula?".
Penny
alzò la mano. "Oblivion".
"Esatto
signorina Shane! Ricordate che è da usare con parsimonia.
Cancellare
la memoria di una persona non è cosa da poco" disse. "Rose,
tu dovresti saperne qualcosa: Hermione Granger è un asso in
questo
incantesimo" affermò. Penny non stentava a crederlo.
"Mia
madre è un asso in tutti gli incantesimi, è
difficile starle
dietro" commentò Rose. La fama della Granger era giunta
anche
alle nuove generazioni.
Dopo
aver fatto esercizio con le bacchette, e stando bene attenti a non
cancellare la memoria al compagno di banco, gli studenti passarono a
seguire la seconda parte della lezione. Lupin riteneva utile che
continuassero ad esercitarsi con l'Expecto Patronum.
In fondo
erano un sesto anno: l'anno seguente i M.A.G.O li attendevano e
avrebbero dovuto decidere cosa fare nella vita. C'erano degli
incantesimi fondamentali che non poteva insegnare superficialmente,
specie nell'interesse di quelli che, come Penny, volevano diventare
Auror.
Così
iniziarono a fare pratica con il Molliccio, cercando di tirar fuori
il miglior Patronus possibile. Quando fu il turno di Penny, non era
propriamente entusiasta di doverlo fare. Quel Patronus incorporeo che
le veniva fuori non le andava giù. Era anonimo, non le
piaceva
affatto.
"Sei
pronta Penny?" chiese Lupin.
Lei
fece un cenno d'assenso, e Lupin fece uscire il Molliccio
dall'armadio. Mentre questo le si avvicinava, Penny si
concentrò al
massimo su un ricordo felice. Lei sulle ginocchia di suo
nonno
dopo aver comprato la bacchetta da Olivander. Solo
questo. Il
Dissennatore era sempre più vicino, tanto che Lupin temeva
che non
ce l'avrebbe fatta a scacciarlo in tempo.
"Expecto
Patronum!" esclamò puntando la bacchetta. In quel
momento
accadde qualcosa che non si aspettava. Quello che apparve era
decisamente il miglior patronus che avesse mai prodotto.
Dalla
bacchetta spuntò una piccola palla di luce, che prese forma
subito
dopo. Inizialmente sembrava un cavallo, ma poi Penny notò
qualcosa
al centro della fronte... era un unicorno.
Galoppò
incontro al Dissennatore, ricacciandolo indietro con una luce
potente; e Penny si sentì pienamente realizzata. Non aveva
mai
provato un'emozione così forte.
"Bene,
bene Penny Shane!" esclamò Lupin entusiasta. Sembrava
volesse
aggiungere qualcosa, ma non continuò. Fissò
invece lo sguardo sulla
porta.
"Abbiamo
uno spettatore, a quanto pare".
Si
trovò di fronte alla porta della classe di Lupin, e
improvvisamente
si sentì mancare il coraggio. "Sei solo un
vigliacco,
James".
Gli
tornarono in mente le parole di Lorcan: doveva farlo. Aprì
piano la
porta, in modo da non disturbare la lezione. Nessuno sembrò
accorgersi di lui e così osservò la scena che gli
si presentò
davanti.
Lei
era in piedi davanti ad un armadio, dal quale improvvisamente
Lupin fece uscire quello che aveva tutto l'aspetto di essere un
Dissennatore. Aveva fatto bene a non bussare: era un'esercitazione.
Teddy l'avrebbe sgozzato se avesse interrotto la sua alunna
prediletta in un momento simile, pensò.
Rimase
sulla porta e vide tutto: la palla di luce che usciva dalla bacchetta
di Penny. Per un attimo pensò che fosse un cavallo, ma non
era così,
se ne accorse immediatamente. Al centro della testa troneggiava un
corno. L'animale scacciò il Dissennatore e Lupin si
complimentò con
Penny. Sembrava voler parlare ancora, ma fissò lo sguardo
sulla
porta, su di lui.
"Abbiamo
uno spettatore, a quanto pare" disse guardandolo.
Tutta
la classe si girò nella sua direzione e James maledisse
mentalmente
Teddy. Meno male che voleva fare un ingresso poco teatrale!
Quello
su cui si focalizzò fu il viso di Penny e la sua espressione
stupita.
"Professor
Lupin" disse – si sentiva sempre un po' ridicolo a chiamare
Teddy propfessor Lupin. "Potrei scambiare due
parole con
Shane? È urgente" aggiunse d'un fiato. Il professore non
trovò
nulla da obiettare, dato che l'esercizio di lei era stato impeccabile
ed era concluso. Un minuto dopo un altro studente si apprestava ad
praticare l'incantesimo sotto i consigli di Lupin, mentre lui e Penny
uscivano fuori in corridoio. Penny fissava James un po' stupita.
"Che
vuoi?" esordì, per nulla cordiale.
"Farti
i complimenti per il patronus". Lei lo
guardò storto e
fece per rientrare, ma James non voleva rimandare ancora quelle
scuse.
Bastò
che
le prendesse
la mano per farla bloccare
sul posto. Penny si
diede della stupida per questo. Ogni
volta, bastava che James facesse il più piccolo gesto di
tenerezza
per farla vacillare. Abbandonava propositi bellicosi o le intenzioni
di ignorarlo, solo perché non riusciva a resistere a lui, ai
suoi
occhi, al suo sorriso.
"Che
c'è?" ripetè tirando indietro la mano, come se
James l'avesse
scottata. Lui lo prese come un gesto di fastidio.
"Non
ti tocco, ma resta" disse. "Volevo...volevo..." Non
riusciva a formulare la frase, benché il concetto fosse
chiaro nella
sua mente.
"Volevi?"
lo incalzò Penny.
"...chiederti
scusa" concluse. "Sono infantile, come sempre. Con te non
riesco mai a farmi capire, tiri fuori la parte peggiore di me".
Lei strabuzzò gli occhi, pronta a ribattere. James si rese
conto che
la frase non suonava molto bene, così si affrettò
a ritrattare.
"Non
è colpa tua" chiarì subito. "Quello che intendo
dire è
che non faccio altro che fare casini. Ti prego di credere che mi
dispiace". Sembrava pentito, ma erano solo lacrime di
coccodrillo, e lei lo sapeva.
"James,
io posso anche dirti che è tutto a posto" iniziò
e lo vide
sorridere.
Non
cedere! si disse Penny. Evitò lo sguardo di James,
con la
consapevolezza che se l'avesse visto sorridere di nuovo non avrebbe
detto nulla di tutto quello che aveva in testa.
"Il
problema è che forse domani sarai di nuovo nervoso" disse.
"E
mi dirai qualcos'altro di orribile". Lo guardò di nuovo e
vide
scomparire l'accenno di sorriso che James aveva fatto. "Non so
perché tu ce l'abbia con me. Forse sei ancora convinto che
io ti
ritenga antipatico, o forse sei tu a ritenere antipatica me. Forse
non lo sai neanche tu".
Oh
si che lo sapeva!
"Fatto
sta che il giorno prima mi chiedi scusa e il giorno dopo ricominciamo
da capo: non ci capiremo mai". Quelle parole fecero male a chi
le aveva ricevute, ma anche a chi le aveva pronunciate. James
provò
a ribattere, ma Penny non sembrava disposta a lasciargli troppo
margine. "Lo so, ti dispiace. Come dispiace a me. Apprezzo che
tu sia venuto a dirmelo".
Non
c'era rabbia nelle sue parole. Preferiva vederla arrabbiata come
quella mattina che rassegnata, come se James fosse un caso senza
speranza. O meglio, senza speranza lo era, ma per altri versi.
"Ora
se non ti dispiace..." disse, indicando l'aula. Oh
sì, gli
dispiaceva eccome. Avrebbe voluto fermarla, dirle la
verità,
dirle che l'amava, dirle che aveva paura, ma che voleva vederla
felice. L'ideale sarebbe stato che fosse felice insieme a lui, ma
nella vita non si può avere tutto.
James
restò
lì
per qualche
minuto a fissare la porta, sperando di veder apparire Shane ne punto
in cui l'aveva vista sparire.
Le
conversazioni frustranti che caratterizzavano il suo rapporto
altalenante con Penny Shane lo
rendevano instabile.
Poi si rese conto di trovarsi in mezzo ad un corridoio e si
avviò
alla Torre
di Grifondoro,
per riflettere un po' da solo e magari cercare di studiare.
Quando
uscirono dalla lezione di Lupin era ormai ora di pranzo; si erano
dilungati a parlare con il professore, specialmente Penny. Si era
complimentato e le aveva chiesto se fosse successo qualcosa per
modificare il suo patronus. Chiese se si fosse innamorata di qualcuno
con lo stesso simbolo. Le disse che era avvenuta la stessa cosa a sua
madre, Ninphadora Tonks, quando si era innamorata di Remus Lupin.
Penny
smentì quella teoria. Il patronus di James era un Grifone,
glielo
aveva detto Al. Però, pensò Penny, i patronus
potevano avere una
certa familiarità, come dimostrava il
fatto che il patronus
di Theodore Lupin avesse assunto la forma di un lupo. Forse avrebbe
potuto scrivere a suo nonno.
Poi
si congedò da lui e si recò a tavola con gli
altri.
Anziché
mangiare, Penny si sedette al tavolo e si mise ad armeggiare con
carta e penna.
"Che
fai?" le chiese Al, stupito.
"Scrivo
a mio nonno" rispose, come se fosse la cosa più urgente del
mondo. "Gli avevo promesso di informarlo se fosse diventato
corporeo..." Non specificò neppure il soggetto della frase;
Al
sapeva che stava parlando di cosa era successo in classe.
"Ottima
idea" disse Rose. "Forse può darti qualche informazione in
più".
"Lo
spero" disse. "Il fatto che il nucleo della mia bacchetta
sia in crine di unicorno e che la lezione di Hagrid mia sia piaciuta
particolarmente non giustifica la forma del mio patronus".
"Forse
è la stessa forma che ha il suo?" chiese Al.
"In
realtà il Patronus del nonno è una papera"
rispose
Penny, immersa nella scrittura. Al la guardava incuriosito,
perché
stava usando una penna bic, retaggio del mondo Babbano. Nel mondo
magico la tecnica di scrittura sembrava essere ferma a secoli prima,
con piuma e inchiostro. Penny aveva pensato bene di portarsi una
scorta segreta di penne per scrivere le lettere alla famiglia.
Caro
Nonno,
oggi
il mio patronus si è rivelato essere un unicorno, dopo che
avevo
assistito ad una lezione su quelle creature. Come sai, il nucleo
della mia bacchetta è fatto di crine di unicorno, ma non so
se basta
a giustificarlo. Tu hai più esperienza e sei il mio punto di
riferimento, perciò vorrei un parere. Sono molto contenta
che non
sia più incorporeo; se vuoi puoi dirlo a mamma e
papà, ammesso che
sappiano cos'è un patronus. Dai un bacio a entrambi e
ricordati di
dare il becchime a Lara – o se la prenderà con me
quando tornerà.
Ti
voglio bene,
Penny
"Fatto"
disse chiudendo la lettera, sollevata. Appena possibile sarebbe
salita alla Guferia e l'avrebbe consegnata a Lara, la sua civetta.
"Grandioso"
disse Rose, sbrigativa. "Ora ci vuoi spiegare cos'è successo
con James?" La sua improvvisa comparsa nell'aula di Difesa
Contro le Arti Oscure doveva aver fatto effetto.
"Ha
chiesto scusa per aver dato di matto senza motivo"
sintetizzò
Penny.
Albus
ebbe appena il tempo di gioire del comportamento di suo fratello, che
finalmente si era deciso a fare la cosa giusta, che dovette frenare
gli Ippogrifi, come avrebbe detto Hagrid.
"Ho
accettato le scuse" continuò l'amica, "ma non cambia
nulla. Domani potrebbe rifare una cosa simile, per quanto ne so".
Il suo tono era piatto, non era più adirata –
semplicemente,
rinunciava a capirlo.
Sia
Al che Rose tacquero, non sapendo cosa rispondere a quel ragionamento
perfettamente logico. Al avrebbe voluto confidare i propri sospetti,
ma intromettersi non gli sembrava la soluzione. Inoltre non era del
tutto sicuro e non c'era da fidarsi pienamente della costanza di suo
fratello. Non voleva che la sua migliore amica soffrisse per colpa di
James, perché in tal caso avrebbe dovuto spaccargli la
faccia, e non
aveva per niente voglia di una lite familiare.
Iniziarono
a mangiare in silenzio, senza commentare l'accaduto. Dopo aver finito
di mangiare, Penny si recò alla Guferia, impaziente di
spedire la
lettera al nonno. Entrò e si diresse verso Lara, spiegandole
che
doveva recapitare una lettera a casa. Legò la pergamena alla
zampa
dell'animale, le diede del becchime per incentivarla e la
lasciò
libera di spiccare il volo.
Rimase
a guardarla mentre scompariva all'orizzonte.
Sentì
un rumore alle spalle che la fece voltare di scatto. La prima cosa
che vide fu un ciuffo di capelli rosso Weasley. Non era Rose,
però.
"Ti
ho spaventata?" Fred la guardava, preoccupato dalla sua
espressione. "Giuro che non ti sto seguendo. Sono venuto a
spedire una lettera ai miei vecchi".
Penny
annuì. "Ne ho appena inviata una a mio nonno Arnold, ma non
nutro grandi speranze. Lara di solito se la prende con comodo..."
Sospirò con una certa rassegnazione.
"Chi
è Lara?"
"La
mia civetta, ovviamente!"
"Vorrei
conoscere i nomi di tutte le civette qui presenti, ma non credo di
poterli imparare tutti!" Sembrava divertito dall'espressione che
Penny aveva messo su.
"Sono
molto offesa" rispose. "La mia Lara non è una civetta
qualunque".
Fred
stava legando una lettera alla zampa del proprio barbagianni, mentre
la guardava di sottecchi.
"So
che non sono fatti miei, Miss Shane, ma mi sembri turbata" disse
con naturalezza. "Se posso fare qualcosa, sono qui". Si
avvicinò alla finestra, da dove Lara aveva spiccato il volo,
e
davanti alla quale Penny era ancora ferma.
Per
un attimo pensò si volesse accostare a lei, ma il ragazzo si
protese
per apprestarsi a far spiccare il volo al barbagianni.
"Non
sono turbata" disse lei, cercando di sembrare convincente. A
quanto pareva era un libro aperto per chiunque, escluso James
– e
menomale.
"Non
pensavo a niente" ribadì.
Lui
sorrise di quella risposta. "Non si può non pensare a niente.
Il nostro cervello è sempre attivo, penso tu lo sappia".
"Touchè!
In effetti penso anche troppo" ammise. Quel ragazzo le dava un
senso di fiducia, la faceva sentire in vena di confidenze.
"Posso
sapere a cosa, o è top
secret?" Il
barbagianni spiccò il volo in quell'istante, portando con se
la
lettera indirizzata a George e Angelina. Così si trovarono
uno di
fronte all'altra, davanti alla finestra. Penny si premurò di
aggiungere un po' di distanza tra di loro, facendo un passo indietro.
"Diciamo
che è stata una giornata ricca di eventi".
"E
non è ancora finita!" le fece notare lui ridacchiando.
"Grazie
Fred, sei davvero consolante!"
"D'accordo,
scusa. Sono tutto orecchi" disse, fingendosi pentito. "Alcuni
eventi li ho visti – parlo dello schiaffo memorabile che hai
assestato a mio cugino, ovviamente".
Penny
stava per replicare.
"Memorabile,
sia per te che per lui. Non credo sia stato preso spesso a
schiaffi...", commentò. Sembrava dovertito dall'accaduto, ma
lei lo era un po' meno.
"Si
riprenderà" commentò, tirata.
"Ti
è così antipatico?" Magari le fosse stato
antipatico, pensò
Penny. Anzi, si sarebbe accontentata dell'indifferenza. Invece con
James provava un vasto spettro di emozioni – spesso tutte in
una
volta –, ma di sicuro, non si era mai sentita indifferente.
Avrebbe imparato, però.
"Mi
ha provocata" spiegò in tono asciutto.
"Non
faccio fatica a crederlo" rispose quello. "Ricordami di non
farti mai arrabbiare". Penny rise del tono con cui l'aveva
detto.
"Scemo!
Mi fai passare per una pericolosa squilibrata".
"Appena
scappata da Azkaban" aggiunse lui.
"Se
lo meritava" disse senza scendere nei dettagli. Sarebbe stato
imbarazzante. "Ma non avrei dovuto, davvero". Fred sbuffò.
"Sei
in Grifondoro, non in Tassorosso" disse. "Puoi permetterti
di essere arrabbiata, ogni tanto. Non devi sempre
essere
buona".
"Comunque
James si è scusato". Perlomeno, sperava fosse
così.
"Hai
accettato le scuse?" chiese Fred.
"Oh,
certo, mi sono sfogata abbastanza stamattina. Sono a posto, grazie"
dichiarò facendolo ridere. Le cose non stavano esattamente
così, ma
doveva ricordarsi che non stava parlando ad Albus o a Rose.
Fred
stava per ribattere, quando l'attenzione di entrambi venne catturata
da un rumore improvviso; qualcuno stava salendo le scale. Penny
udì
un suono di passi e la portà si aprì, lasciando
entrare Al. Sembrò
stupito di trovarla in compagnia del cugino, ma riuscì a non
sgranare gli occhi e a contenere la reazione.
"Ehi,
ti ho cercata ovunque: la lezione di Divinazione è saltata!"
annunciò trionfante. Divinazione non era la sua materia
favorita.
"La
Cooman sta male?" si informò. Al scoppiò a ridere
alle sue
parole.
"Ho
detto qualcosa di buffo?", chiese non capendo la reazione.
"Non
tu" chiarì, continuando a ridere. "Sibilla Cooman
è
convinta di avere avuto una visione nella quale mio padre veniva
attaccato da un serpente". A quel punto anche Fred si mise a
ridacchiare.
"Potrei
essermi persa la parte divertente" disse Penny, che non trovava
fosse esilarante una predizione di morte.
"Penny,
quand'era ragazzo la Cooman ha predetto la morte di mio padre almeno
cinquecento volte" spiegò. "Eppure, è un uomo
piuttosto
in salute".
"Sono
passati quasi trent'anni e non si stanca mai! Zio Harry ne
sarà
divertito quanto noi. Glielo scriverai?" chiese Fred.
"Contaci!
Zio Ron riderà a crepapelle. La meno entusiasta
sarà zia Hermione:
non ha mai sopportato la Cooman" rispose Albus.
Mentre
scendevano dalla gufaia, imboccando le scale, Al fece una proposta a
Penny. "Che ne diresti se io e Rose e Alice ti venissimo a
vedere agli allenamenti? Non abbiamo nulla da fare oggi
pomeriggio..."
"Sarebbe
fantastico! Mi serve un po' di tifo" concordò.
Fred
riflettè circa cinque secondi, per poi parlare a sua volta.
"Posso
aggregarmi a voi? Nemmeno io ho lezioni".
Al
soppesò le possibili risposte e gliene venne in mente una
sola, che
fosse ragionevole.
"Certo,
fa' pure: più siamo meglio stiamo" disse, pensando alla
faccia
che avrebbe fatto James nel vederlo.
"Il
motto della Casata Purosangue Weasley" scherzò Fred,
rivolgendosi a Penny. Alludeva all'improponibile ammontare di parenti
che la loro famiglia contava, ovviamente. Più siamo meglio
stiamo
avrebbe davvero potuto essere un motto da affigere in casa di nonna
Molly. Sia lei che Arthur avrebbero approvato.
Famiglia
felice o meno, suo fratello maggiore non aveva apprezzato il modo in
cui Fred Jr. guardava Penny. I due avevano sempre avuto un rapporto
di reciproca cortesia e simpatia, ma niente di più.
Però la
situazione sembrava cambiata.
La
sostanza non mutava. A James non sarebbe piaciuta la presenza di Fred
sugli spalti, ma non ci si poteva far nulla. Cosa gli avrebbe dovuto
dire? Intimargli di non venire perché avrebbe infastidito
Potter
senior?
Era
uno spazio pubblico, accessibile a tutta Hogwarts. Albus non aveva
intenzione di litigare con Fred per colpa di quello zuccone di James!
Suo
fratello si sarebbe dovuto adattare, volente o nolente.
NOTE
AL CAPITOLO
-
La sala di Corvonero è più o meno
com'è stata descritta dalla
Rowling. Ho voluto restare il più fedele possibile alla
'realtà'.
-
Il batacchio che pone domande è un elemento interessante,
secondo
me. Mi sono chiesta se i Corvonero si rendano conto che chiunque
può
entrare, se è abbastanza intelligente.
-
Ho immaginato come spiegazione (in armonia con lo spirito della
fondatrice Priscilla, che stimava l'arguzia sopra ogni cosa) che la
mentalità dei Corvonero sia diversa da quella dei
Grifondoro. Se la
persona è riuscita a risolvere l'indovinello, significa che
la sua
arguzia è buona, pertanto è degna di entrare
nella loro sala.
-
Gilderoy Allock, il professore di Difesa che ne 'La camera dei
segreti' perde la memoria in maniera pressoché definitiva
per un
Oblivion
lanciato da lui
stesso, si ritrova più avanti nei libri, al San Mungo,
completamente
intontito. James paventa la possibilità di finire accanto a
lui,
preda di un esaurimento nervoso per colpa di Penny. Credo. Chiedetelo
a James: ne sa più di me.
|
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Capitolo 11 *** 10. Lo Spirito del Patrono ***
Capitolo
dieci
Lo
spirito del patrono
"Baston!"
lo chiamò Penny, affinché si voltasse verso di
lei. Era in divisa,
vestita di tutto punto e già con la scopa alla mano. Nessuno
avrebbe
potuto contestarle di essere in ritardo, quel giorno.
"Shane!"
esclamò lui, sorpreso. "Spacchi il secondo. Ti senti poco
bene?" Ci mancavano soltanto le prese in giro di Capitan
Quiddich, pensò Penny.
"Perché
siete tutti stupiti quando sono puntuale?" si lamentò.
"Forse
perché non lo sei mai!" Non ebbe
bisogno di girarsi per
riconoscere la voce alle sue spalle.
"Quasi
mai, James" lo corresse, nella speranza che non fosse
lì
per attaccare briga. Aveva una Nimbus per le mani, non voleva
fracassargliela in testa – era sicura che la testa di James
fosse
davvero dura.
"Forza,
ci comincia!" Baston iniziò ad abbaiare ordini a destra e
manca
ai componenti della squadra, tutto preso nel suo ruolo di capitano.
Trixy, appena scesa in campo, le si avvicinò.
"È
entrato in modalita Capitan Quiddich" le fece notare,
utilizzando il soprannome che Penny aveva affibiato a Sam.
Non
appena fu montata sulla scopa si issò a qualche metro da
terra,
anche se mancavano dei giocatori ritardatari, che più tardi
avrebbero subito una sfuriata. Qualcuno le si accostò.
"Pronta?"
chiese Baston. "Oggi abbiamo pubblico: fai del tuo meglio".
"Sono
nata pronta, Capitan Quiddich!" Baston emise uno sbuffo che
nascondeva una risata. Lo divertiva quel soprannome.
"Smettila
di prendermi in giro, o ti disarciono dalla scopa!" la
minacciò.
"Sissignore!"
Si sarebbe messa sull'attenti se non avesse dovuto tenere salda la
presa sul manico della Nimbus. "Però" aggiunse, "non
ci sarà nessuno a proteggere il tuo adorato
Cercatore
Potter". Si guadagnò un'occhiataccia e un verso che
somigliava
molto a un grugnito. Baston contava moltissimo su James,
perché era
davvero un Cercatore di talento, migliore sia del padre che del
nonno. Al contrario di Penny, per la quale il Quiddich era solo una
passione, James aspirava – dopo il diploma, s'intende
– a
diventare un professionista. Penny non dubitava che, con il suo
talento, ce l'avrebbe fatta.
Penny
si stava ancora chiedendo come sarebbe stata la loro vita dopo
Hogwarts, quando sentì uno spostamento d'aria e, voltando la
testa,
si trovò a incrociare gli occhi di James. L'espressione del
volto
era lievemente imbronciata, e Penny cominciò a chiedersi se
fosse il
nervosismo di frequentare l'ultimo anno a provocargli quegli sbalzi
d'umore.
Un
colpo di vento gli scompigliò i capelli e il cuore della
ragazza
saltò un battito. Quei ricci avevano l'aria di essere
così elastici
e soffici al tatto; ogni volta si trovava ad immaginare di immergervi
le dita – la faceva sentire estremamente stupida, ma non
poteva
proprio evitarlo.
"Shane"
la chiamò, cambiando espressione. "Mi stai fissando i
capelli".
Oh, l'aveva notato. Penny riuscì
finalmente a tornare in se.
"Avevi
un insetto sulla testa" mentì. James sembrò non
mettere in
dubbio l'affermazione; il suo sguardo puntato verso il basso.
"Come
mai Fred è qui?" domandò James. Penny si
voltò in direzione
degli spalti e vide il ragazzo, seduto accanto ad Al e Rose.
"Suppongo
sia qui a vedere l'allenamento" ribattè, il tono ovvio.
James
scoppiò in una risata forzata.
"Tu
dici, Shane?" Lo sbuffo spazientito che accompagnò quella
domanda non le piacque.
"Dovrei
sapere di che parli, prima di rispondere" disse soltanto. Non
riusciva a capire l'acredine nei confronti del cugino; James in
passato non aveva mai mostrato niente del genere, ma soprattutto Fred
stesso non sembrava saperne alcunchè.
"Andiamo"
rispose lui. "Tu e Fred, no?" La fatica con la quale stava
mettendo insieme quella manciata di parole era evidente.
"Potter,
anche se in quello che dici ci fosse del vero" replicò
Penny,
"non sarebbe affar tuo". La infastidiva anche solo il fatto
che James si sentisse in diritto di esprimere un parere al riguardo.
"Vero"
ammise James. "Comunque, stai attenta: Fred non è un tipo
costante". Penny si chiese se avesse davvero sentito bene.
"Detto
da te è comico, Potter" ribattè, piccata. "La costanza
non è esattamente la dote per cui sei famoso a Hogwarts!"
Era
davvero folle fare la morale a Fred. James sembrò non
sentirla.
"Ti
ha già fatta soffrire, giusto?" chiese. Sembrava una domanda
retorica, dal tono. E Penny si rese conto che non la stava
provocando: era davvero preoccupato per lei, perché pensava
che Fred
fosse il ragazzo di cui avevano parlato – quello di cui era
innamorata. Decisamente l'intuito era un'altra
qualità da
depennare dalla lista dei pregi di James. Il Cercatore
rispettò il
prolungato silenzio di Penny, deducendo che lei avesse smesso di
parlargli.
"Be',
era lui il ragazzo che volevi" concluse. "Ora ce l'hai".
A
quel punto girò la scopa prima che Penny potesse replicare;
poi il
suono del fischietto risuonò, dando inizio all'allenamento.
Quel
pomeriggio James notò la presenza di un bel po' di gente,
all'allenamento. Rose, Al, Alice, Finnegan e Lorcan, il quale
sicuramente aveva marinato una lezione per passare quell'ora insieme
alla Grifondoro del suo cuore. E c'era Fred.
Tutta
la scuola amava tifare durante le partite di Quiddich, ma non
altrettante persone si presentavano ad assistere agli allenamenti.
Non ricordava di aver visto Fred di frequente sugli spalti, in quelle
occasioni.
Si
era avvicinato a Penny, approfittando del fatto che la partita non
era ancora iniziata. Voleva sapere come mai fosse lì, pur
essendo
consapevole che non aveva il diritto di chiedere un bel niente. Aveva
tentato di porre le domande con un tono neutrale, ma era certo di non
essere riuscito a mascherare il fastidio.
La
sua voce era risultata fastidiosa persino alle proprie orecchie
quando aveva tentato di punzecchiarla, ma doveva sapere se suo cugino
era il ragazzo di cui Penny era innamorata. Il silenzio di Shane alla
sua affermazione era stato abbastanza eloquente e andarsene prima di
dire altre sciocchezze, era sembrata a James la scelta più
sensata.
Per
tutta la durata dell'allenamento, James provò a scacciare il
pensiero di Shane e Fred: lo stava distraendo dal cercare il boccino.
Le partite sarebbero iniziate presto, non poteva permettersi di
giocare in quello stato confusionale.
"James!"
Era la voce di Shane. "Smettila di volare a zig zag: non riesco
a intercettare i bolidi se lo fai. Vedi di non volare così
alla
partita!" Si preoccupava per lui, pensò James. Ma
certo che si preoccupava: era
la
battitrice, maledizione! Aveva davvero bisogno di risolvere
quella situazione, perché sentiva che non avrebbe neppure
superato i
M.A.G.O. in quelle condizioni psicologiche, a dir poco disastrose.
Penny
era perplessa, e parecchio. Quell'idiota di Potter volava
distrattamente. Come poteva proteggerlo con quella discutibile
tecnica di volo che aveva adottato?
Sperò che non avesse
intenzione di farlo anche durante le partite. Improvisamente James
raddrizzò la scopa. Ora lo riconosceva: il miglior Cercatore
della
scuola era tornato tra loro. Forse aveva realizzato che Sam lo
avrebbe fatto a pezzi se non avesse giocato alla perfezione.
Seguì
la traiettoria di James, come era abituata a fare: era il compito del
battitore.
Fred
aveva mantenuto fede all'intenzione di andare a vedere la squadra,
dunque. Le affiorò il pensiero che fosse lì per
lei, come aveva
ipotizzato James, ma lo scacciò. Le sembrava un po'
presuntuoso
credere che Fred non fosse lì per passare del tempo in
compagnia
degli amici. Comunque, non era un problema.
Piuttosto,
la sua attenzione fu attratta da una macchia uniforme, dalla parte
opposta degli spalti. Poche persone, in un angolo non immediatamente
visibile. Li riconobbe dapprima dalle loro tuniche: maledette serpi!
Sembrava che quel giorno tutta la scuola si fosse messa d'accordo per
deconcentrare i giocatori Grifondoro. Si impose di ignorarli, anche
se la loro presenza non la rassicurava affatto. Scorse una testa
platinat; Scorpius era seduto lì in mezzo. Di bene
in meglio.
James
si era ripreso e, finalmente, stava volando in maniera lineare.
Questo accadde per venti minuti appena. Fu allora che successe
qualcosa di strano. Era concentrato sul gioco, quando all'improvviso
il mantello della sua divisa prese fuoco. Nell'attimo che
impiegò a
rendersene conto, per evitare che la paglia della scopa prendesse
fuoco, scese di sella, tenendosi attaccato alla scopa solo con due
mani. Decisamente quella non era una buona giornata.
La
Battitrice vide un bagliore provenire da... James. Il mantello di
Potter senior aveva preso fuoco. Fortunatamente Penny aveva
l'abitudine di tenere con sè la bacchetta durante gli
allenamenti.
La estrasse senza esitare e, puntandola verso il mantello del
Cercatore, pronunciò l'incantesimo Freddafiamma.
Improvvisamente
il fuoco
sembrò perdere di consistenza, come se non generasse
più calore.
James si rimise in sella alla scopa e senza perdere tempo si tolse il
mantello, lasciandolo
cadere. L'allenamento non si interruppe, e James riprese a volare.
Prima di riprendere, Penny guardò gli spalti:
Malfoy era
scomparso.
Uscita
dagli spogliatoi, Penny non si fermò neanche quando James la
chiamò.
Semplicemente finta di non udirlo. Una parte della ragazza era
consapevole che sarebbe stato molto più saggio attendere; in
quel
momento, però, era sopraffatta dalla rabbia. Doveva cercare
qualcuno, subito. Sarebbe andata nel covo delle
serpi, pur di
trovarlo.
Tuttavia,
una volta arrivata al castello, si rese conto che non sarebbe stato
necessario. Scorpius era nella Sala d'Ingresso, da solo.
"Malfoy"
lo chiamò. Quando lo vide girarsi verso di lei aveva un
ghigno
soddisfatto che le fece venire voglia di sfoderare la bacchetta.
"Penny
Shane, che piacere vederti!" replicò lui.
"Risparmia
il sarcasmo, non sono qui per ascoltarti" disse. "Parlo io,
oggi".
"Devo
avere paura?" La sua aria strafottente stava mettendo a dura
prova la rabbia cieca che Penny provava. Non voleva scontrarsi con un
duello, tuttavia il tono che Scorpius stava usando non la aiutava
certo a calmarsi.
"Si,
in effetti" disse. "Potrei andare a dire alla McGranitt
quello che hai fatto" minacciò. "Un bel castigo esemplare
ti insegnerebbe ad essere un po' meno sleale".
"Cosa
avrei fatto, stavolta?" domandò, con il palese intento di
infastidirla.
"Hai
dato fuoco al mantello di Potter. Non azzardarti a rifarlo!"
disse puntandogli contro l'indice.
"Sennò
che fai?" chiese con aria di sfida.
"Non
mettermi alla prova Malfoy, non te lo consiglio!"
"Potrei
spezzartelo quel dito, se lo volessi". A quelle parole le
sfuggì
uno sbuffo.
"Per
favore"
ribattè.
"Saresti
capacissimo
di farlo, su
questo non ho
alcun dubbio" aggiunse.
"Ma
mai davanti all'ingresso principale del castello. Te
la faresti addosso, vero?"
"Non
sottovalutarmi, non te lo consiglio" disse lui,
ricalcando le sue parole.
"Oh
no, non lo faccio. Sei un Serpeverde, e so quanto puoi giocare
sporco".
"Tu
sei un'onesta Grifondoro, invece. Quindi non mi faresti mai del male
senza avere prove certe della mia colpevolezza" ribattè
ghignando.
"Sì,
infatti sono venuta ad avvertirti, non ad affrontarti"
replicò
lei, cercando di mantenersi tranquilla. "Ci sono cose che,
Grifondoro o meno, non puoi permetterti, con me". Malfoy la
squadrò dall'alto in basso.
"Per
esempio?" domandò.
"Dare
fuoco al mantello di James, cobra velenoso che non sei altro!"
Lui mise su un'espressione compiaciuta, contento di aver fatto la
mossa giusta.
"Oh,
ora capisco!" esclamò. "Sei venuta a difendere il tuo
fidanzatino! Un ragazzo davvero fortunato, viste le premure che hai
per lui. Peccato che non gli servirà a niente". Penny si
chiese
se fosse davvero poi così grave sfoderare la bacchetta
contro una
persona come Scorpius Malfoy.
"Potter
è il Cercatore della mia squadra" puntualizzò,
più a se
stessa che al suo interlocutore. "Perciò stai lontano da lui
e
da tutti noi!" Con quelle parole, Penny concluse il discorso,
girò i tacchi e se ne andò. Un ghigno comparve
sul volto di
Scorpius.
"Non
ci contare, Penelope".
Era
appena uscita dal grande portone in quercia. Aveva bisogno di una
passeggiata in cortile, o nel parco. Non
fece in tempo a fare tre metri prima di trovarsi di
fronte Albus e Rose. Entrambi la stavano guardando in cagnesco. Stava
per iniziare a parlare, ma Rose la anticipò:
"Dunque,
andiamo con ordine. Mio cugino ha preso fuoco, tu l'hai aiutato e poi
sei scappata senza parlare con nessuno. Noi ti corriamo dietro e ti
vediamo intenta a parlare con Malfoy. Vuoi spiegarci qualcosa?"
Penny
alzò gli occhi al cielo; detestava le prediche di Rose,
perché
quasi sempre l'amica aveva ragione. Si morse la lingua per non
rispondere, optando per il silenzio. La conversazione con Malfoy le
aveva parzialmente inibito la capacità di comportarsi
civilmente con
gli altri esseri umani.
"Allora?"
la incalzò Albus. "Hai perso la lingua?"
A
quel punto, Penny aveva recuperato abbastanza lucidità da
provare a
mettere in fila due parole.
"Era
una questione personale con Scorpius" balbettò. "Molto
urgente". Gli amici continuarono a guardarla, aspettando che
aggiungesse qualcosa.
"Gli
ho solo detto di girare alla larga da James" aggiunse. "So
che ha causato lui l'incendio". Rose la guardò sbalordita.
"Penny,
non hai fatto altro che renderlo felice" le fece notare.
"Lo
so, ma ero arrabbiata" replicò. "Dovevo sfogarmi e,
soprattutto, dovevo fargli sapere che non è passato
inosservato".
"Ma
tu..." iniziò Al, ma Penny lo zittì.
"Smettetela
con questo tono di rimprovero" disse, supplice. "Sentite,
se non avessi usato il Freddafiamma, James sarebbe
arrostito
come un pollo allo spiedo! E tutto per colpa di Malfoy".
"E
parlargli ha sistemato le cose, immagino" ribattè Al,
sarcastico. Non gli rispose, sapeva che Albus aveva ragione. Forse
aveva solo peggiorato la situazione, come gli amici le stavano
velatamente facendo notare.
"Ovvio
che non ha sistemato nulla!" esclamò Rose.
"Non
mi aspettavo che chiedesse scusa a James. Volevo solo fargli capire
che non mi fa paura, perché so che è un bambino
viziato e un
vigliacco".
"Proprio
perché è vigliacco dovrebbe farti paura il
doppio" la rimbeccò
Al. "Una persona del genere può colpire alle spalle in
qualsiasi momento". Anche di questo, Penny ne era consapevole.
Se c'era una cosa che Scorpius piaceva da matti era giocare sporco.
"Non
riesco a pentirmi" mormorò. Ed era vero – quando
c'era James
di mezzo, si trovava a fare cose irragionevoli, per proteggerlo. Era
un istinto che non era stata capace di frenare. Fortunatamente, Al
stava ancora sbraitando, quindi lui e Rose non udirono quella
patetica frase.
Si
diressero insieme verso la Sala Grande, perché era ormai
l'ora della
cena. Arrivati alla tavolata, Penny vide Al mettere su un'espressione
lievemente infastidita.
"Che
ci fa Fred qui?" le domandò, come se il ragazzo fosse una
sua
responsabilità. Penny continuava a non spiegarsi
quell'astio.
Anche Al ora ce l'aveva con Fred?
"Strano"
disse Rose, il tono neutro. "Di solito si siede vicino a James e
Baston, con quelli del settimo". Gli studenti del settimo anno,
effettivamente, sedevano sempre in un punto diverso della tavolata,
rispetto a quelli del sesto. Comunque, a Penny non sembrava un gran
problema.
"E
perché parla con Alice?" aggiunse, beccandosi
un'occhiataccia
da Rose.
"Al,
smettila" sbuffò. "Sai benissimo che non è certo
Alice
l'obiettivo". Ovviamente Rose si stava riferendo a lei, ma Penny
preferì ignorare l'allusione.
"Certo
che lo so!" replicò il ragazzo, tornando razionale. Per un
attimo le era sembrato di vedere James, con i suoi commenti insensati
e istintivi. Fortunatamente il suo migliore amico era di nuovo fra
loro.
"Smettetela
con questa storia!" Il tono di Penny suonò perentorio.
I
due non risposero, ma sapeva che non erano convinti. E in effetti la
faccenda sarebbe sembrata strana a chiunque. Trascinò i suoi
amici
alla tavolata e si accomodò davanti a Fred.
Trixy
era seduta accanto a Fred, ovvero di fronte a Rose, mentre Al aveva
preso posto di fronte a Alice, con la quale si immerse subito in una
fitta conversazione. Penny si domandò quando si sarebbero
decisi a
mettersi insieme. In ogni caso, lei non avrebbe dato ulteriori
suggerimenti ad Al. Poteva sbrogliarsela da solo, quel testone.
Il
risultato della combinazione dei posti fu che Al parlava con Alice,
Trixy con Rose e a Penny non rimaneva che intavolare una
conversazione con Fred
–
e la cosa non le dispiaceva affatto. Fred
la faceva sentire tranquilla, a suo agio. Il
contrario di James, insomma.
C'erano
state volte in cui si era sentita a casa con James, lo doveva
riconoscere. La volta in cui l'aveva consolata in treno era bastato
un suo sguardo, perché si riprendesse. Quando
l'aveva soccorsa, mentre Malfoy cercava di soffocarla con
l'Incarceramus.
Non tanto quando aveva ripreso a respirare regolarmente, ma dopo. Era
stata così bene a parlare con lui, seduta sulle scale
anguste di
quel passaggio segreto. Sarebbe voluta restare lì per
sempre, almeno
finchè non aveva scoperto che Potter era cotto di un'altra.
All'improvviso,
la voce
di Fred la ridestò
da quei pensieri.
"Complimenti
per come hai giocato" le disse. "Non possiamo perdere la
coppa del Quiddich quest'anno". Penny gli sorrise.
"Lo
spero" rispose. "Soprattutto per la salute mentale di
Baston".
"Be'
sì, Sam è lievemente ossessionato dal Quiddich"
ammise,
sorridendole. "Volevo farti i complimenti anche per la
prontezza nel lanciare il Freddafiamma" aggiunse, "ma non
ti abbiamo trovata. Dove ti eri cacciata?"
Eccola
là, la domanda imbarazzante.
"Sono
andata a dire a Malfoy di lasciar stare James"
"Perchè?"
"Perché
sono innamorata di lui"
No,
forse quella risposta era il caso di tenerla per sè. Aveva
detto
abbastanza frasi avventate, quel giorno.
"Questione
personale" rispose. Fred comprese l'antifona e rise; aveva
capito che non avrebbe risposto.
"D'accordo"
disse, e alzò le mani in segno di resa.
Se
fosse stato James, le avrebbe chiesto e richiesto cos'era successo e
perché lui non ne fosse stato informato, fino allo
sfinimento. O
meglio, fino al litigio; perché nessuno dei due avrebbe
ceduto. Non
accettava che una sua richiesta non venisse soddisfatta, ma i
rapporti interpersonali non funzionano così; James non
poteva
pretendere che la vita di Penny ruotasse intorno a lui. Doveva
trovare un modo per dimenticarlo.
"E'
normale il fatto che durante la conversazione ti estranei?"
domandò Fred, senza alcuna traccia di risentimento. "Sai,
tanto
per sapere. Magari sto diventando noioso" scherzò.
"Per
niente" rispose lei. "Mi trovo molto bene a parlare con
te". Non aggiunse altro, perché cominciava a temere che Al e
Rose avessero ragione, e quindi che Fred potesse mal interpretare
qualsiasi parola uscisse dalla sua bocca. Però lui non disse
nulla
di imbarazzante. Durante tutta la serata non fece altro che farla
ridere con battute e aneddoti improbabili sul padre e lo zio.
"Non
ci credo! Hanno sabotato una prova entrando nella sala in sella a una
scopa?" Penny era ammirata.
"Eccome!
Hanno lanciato fuochi d'artificio per tutta la stanza e mandato a
monte gli esami" disse.
"Nonna
Molly avrà avuto difficoltà a gestire quei due"
osservò lei.
"Ci
puoi scommettere!" confermò lui ridacchiando. "La nonna
non era troppo soddisfatta dei loro risultati scolastici. Poi hanno
messo su I Tiri Vispi Weasley, e lei non ha più potuto
opporsi".
I Tiri Vispi erano decisamente il negozio preferito di Penny, a
Diagon Alley, forse superato solo da Mielandia, il negozio di
dolciumi nel villaggio di Hogsmeade. "Ora che ci penso"
riprese Fred, "non so quasi niente della tua famiglia. Ti
conosco da sei anni e so solo che sei Nata Babbana". Era vero,
in effetti Penny pensava che gli aneddoti di una famiglia babbana non
potessero competere con quelli dei Weasley.
"Non
proprio" puntualizzò. "Mio padre è Babbano, mia
madre è
una Mezzosangue, ma è una magonò".
Fred la guardò come se avesse detto una parolaccia, solo per
un
secondo. A
lei venne da
ridere.
"E'
più comune di quello che pensi, tra i Mezzosangue"
dichiarò,
rispondendo a
una domanda che Fred non aveva mai posto.
"Poco
male, se è cresciuta tra babbani" commentò lui.
"Pensa a
Gazza, che discende da maghi ed è sempre vissuto tra maghi".
Gli studenti di Hogwarts tendevano a prendere Gazza come esempio del
livello di frustrazione a cui un Magonò può
arrivare. Penny però
pensava che fosse l'indole di Gazza, a favorire il suo carattere
intrattabile. Insomma, anche ad Hagrid era stato ufficialmente
proibito fare magie da quando era stato espulso dalla scuola, eppure
non lo vedeva mai bistrattare gli studenti per questo motivo. Gazza,
invece, negli anni non
aveva
perso i suoi orribili modi di fare, anche se si faceva vedere di meno
in giro. Con somma gioia di James e di tutti quelli che, come lui,
infrangevano le regole sistematicamente. Penny si chiese
perché, in
un modo o nell'altro, James faceva sempre capolino nei suoi pensieri.
"Be',
sono certa che mia madre non sarebbe diventata come Gazza, se fosse
cresciuta tra maghi e streghe" precisò. "Ciò non
toglie
che la scelta di nonno Arnold è stata la migliore".
"Tuo
nonno è un mago quindi?" chiese, interessato.
"Sì,
e mia madre non sapeva neanche che lo fosse, fino a sei anni fa.
È
ancora scioccata" disse, ricordando la giornata in cui le era
arrivata la lettera. "La mia bisnonna era una strega, mentre il
mio bisnonno era un babbano" aggiunse. "Come puoi vedere il
sangue puro non so proprio cosa sia. La magia, nella mia famiglia,
salta generazioni". L'idea la divertiva. Si chiese
all'improvviso se i suoi figli, qualora ne avesse avuti, avrebbero
ereditato la magia o ne sarebbero stati privi. Non che le importasse
molto, perché li avrebbe amati comunque.
"Stai
parlando con un Weasley, ricordi?" disse, fingendosi offeso.
"Non siamo una famiglia con la mania del sangue puro. Mio nonno
Arthur adora i babbani!". Glielo aveva detto anche Al, e Penny
non se ne capacitava. Stava per rispondere, quando sentì un
verso
familiare; voltò la testa e vide una civetta arrivare nella
sua
direzione. Lara planò leggermente verso il basso, atterrando
esattamente sul suo piatto di gelatina e lasciandoci sopra una bella
impronta. Perfetto, addio alla gelatina.
Lara
aveva una lettera tra le zampe, con scritto il suo nome. Penny
immaginò che fosse la risposta di Arnold. La prese senza
troppe
cerimonie, cosa che causò risentimento da parte di Lara. La
vide
volare via, offesa dalla sua fretta. Non aveva importanza, si
sarebbero riappacificate non appena le avesse dato un po' di
becchime. Era sempre così: aveva un pessimo carattere. In
compenso,
le arrabbiature le passavano in fretta.
"Posta
da casa?" domandò Fred. Penny annuì
distrattamente, intenta ad
aprire la busta e a leggere il contenuto della lettera.
Mia
cara Penny,
non
hai idea della gioia che ho provato nel leggere la tua lettera. Il
tuo Patronus
ha preso una forma con un significato importante. Sono anziano, ma
non sono
ancora stato Obliviato: ricordo che il nucleo della tua bacchetta
è
in crine di unicorno. Non potrò mai dimenticare il giorno in
cui ti
portai a Diagon Alley per acquistarla. Il fatto che siano le
bacchette più difficili da convertire alle Arti Oscure mi ha
solo
confermato la tua bontà, la tua integrità. Tradizionalmente,
l'unicorno è emblema di purezza, umiltà e
vittoria – e
già questo basterebbe a rendermi orgoglioso. Oltre a questo,
era
il Patronus
di mia madre.
Era
una donna eccezionale e una strega talentuosa, per
questo alla tua nascità ho insistito per darti il suo nome,
nella speranza che tu ereditassi le sue qualità. Ci avevo
visto
giusto: anche tu sei una streghetta di talento. L'Incanto
Patronus
è un incantesimo che evoca un protettore, qualcuno che ci
salvi nel
momento del pericolo. Evidentemente lo spirito che protegge te
è
quello della tua bisnonna, Penelope. Sei la mia bambina; e vorrei
sempre esserci io a proteggerti, come quando eri piccola. So che non
è più possibile, ma ora sono tranquillo.
Ogni
volta che ne avrai bisogno, ti proteggerà la
guida del suo spirito, anche se spero ti serva il meno possibile. Ora
smetto di scrivere, o diventerò
troppo
sentimentale. Sto
invecchiando, e non faccio altro che chiacchierare. Sappi solo che
sono fiero di te.
Ti
voglio bene nipote,
Arnold
P.S.
Sarai un ottimo Auror, te lo assicuro.
Non
appena ebbe finito di leggere, sentì i propri occhi
illanguidirsi.
Niente la emozionava quanto le lettere di Arnold, così
cariche di
affetto e di tenerezza.
"Tutto
bene spero..." Fred doveva aver preso il suo silenzio prolungato
come un segnale di cattive notizie. Penny si ricompose e mise via la
lettera, rassicurandolo. Era molto contenta di quello che le aveva
scritto il nonno: era fiero di lei.
Probabilmente,
se fosse stata sola, avrebbe pianto come una fontana; si commuoveva
facilmente, Penny. Nessuno doveva saperlo, però.
"Che
lezioni hai domani?" domandò poi a Fred.
"Penny,
domani è sabato" rispose lui. "Non abbiamo lezioni".
"Oh,
giusto" disse lei. "Sono un po' fuori fase, mi sa".
Fred le sorrise, comprensivo.
"Anch'io,
e gli esami si avvicinano". Fred frequentava l'ultimo anno e
quell'anno avrebbe dovuto concludere gli studi ad Hogwarts, dopo i
M.A.G.O.
"Puoi
garantire a te stesso la promozione in un solo modo" replicò
Penny.
"Corrompendo
la McGranitt?" propose speranzoso.
"No,
Fred: studiando" ribattè ridacchiando.
Lo
sguardo divertito di Fred si spostò improvvisamente in un
punto
dietro le spalle di Penny, che si voltò per controllare chi
stesse
guardando. James Potter, che fino a poco prima era seduto qualche
posto più in là, si era alzato ed era lì.
"Come
va, Shane?" esordì il ragazzo, ignorando totalmente il
cugino.
Penny accennò un timido sorriso, perché pensava
di sapere il motivo
che aveva spinto James ad andare da lei. Sperava di sbagliare, ma
James poggiò una mano sul tavolo, restando in piedi.
"Avrei
bisogno di parlare con te..." Proprio
la frase che sperava di non dover sentire Penny. "Qui
hai finito, no?"
Penny
era ancora seduta e
non stava guardando James negli occhi, ma si accorse che doveva aver
fulminato Fred con lo sguardo dall'occhiata contrariata che
quest'ultimo gli rivolse.
"Non
si può rimandare?" disse, vaga. "In Sala Comune, magari".
"Preferirei
adesso" replicò James. "Se non sei troppo occupata".
Penny
alzò gli occhi al cielo e decise di seguirlo e sentire
quello che
aveva da dire.
"Ci
vediamo dopo" disse agli altri. Era sicura che per colpa di
James avrebbe rivisto gli amici direttamente alla Torre Grifondoro.
Fecero
pochi passi e si fermarono nella Sala d'Ingresso, ancora vuota, dato
che tutti gli altri studenti erano in Sala Grande. Penny si
appoggiò
al muro, aspettando che James desse inizio alla conversazione
–
cosa che lui non tardò a fare.
"Perchè?"
chiese.
"Perché
cosa, Potter?" ribattè lei, fissando il pavimento. James
sbuffò, irritato.
"Sai
di cosa parlo, Shane" disse, il tono eloquente. "Malfoy".
Penny
sollevò lentamente lo sguardo sul ragazzo, che era
evidentemente a
conoscenza del piccolo diverbio che c'era stato tra
lei e
Scorpius.
"Dopo
la partita te ne sei andata di fretta" continuò James.
"Senza
neanche dirmi dove stessi andando..." Il tono duro la fece
sentire in dovere di ribattere
"Non
devo ancora informarti di ogni mio spostamento" ribattè,
sfidandolo ad asserire il contrario. James sembrò seccato.
"Volevo
solo ringraziarti per aver domato l'incendio"
"L'hai
fatto adesso" gli fece notare. "Be', non c'è di che
Potter" rispose sbrigativa. Stava meditando di tentare la fuga,
poiché sentiva una ramanzina in arrivo – e non
aveva voglia di
sentire l'ennesima paternale. Però James non era venuto fin
lì solo
per ringraziarla.
"Non
è più questo" disse poi. Penny si
fermò ad ascoltarlo e si
voltò nuovamente a guardarlo, rassegnata.
"Ti
sono venuto subito dietro per dirti grazie" raccontò James,
"ma
ti ho vista parlare con Malfoy!" Aveva sperato che non ne
sapesse nulla, invece l'aveva addirittura vista!
"Questione
personale" Era la stessa risposta che aveva rifilato a Fred, ma
aveva l'impressione che James non l'avrebbe presa per buona. Infatti,
il Cercatore imprecò a bassa voce, visibilmente infastidito
dalla
bugia.
"So
bene che è stato lui a dare fuoco al mio mantello"
ribattè.
"Quello che mi sfugge è perché
ci hai parlato tu"disse,
più dolcemente. "Avrei dovuto farlo io".
"Sì"
ammise infine Penny, "ti ho difeso con Malfoy!" Lui parve
colpito dall'ammissione e le lasciò
Era
stata impulsiva – anche se aveva avuto le sue buone ragioni
-, ma
non meritava un'altra ramanzina.
"So
difendermi da solo, Shane!"
"Cos'è?!
Ho ferito il tuo orgoglio maschile?" ribattè Penny,
pungente.
James sgranò gli occhi e scosse lievemente la testa, come a
suggerire che lei non fosse in grado di comprendere ciò che
lui
stava dicendo.
"Non
è questo" replicò James, "è che non
sei tu a dovermi
proteggere. Non hai nessun interesse a farlo e non dovevi
perché
poteva essere pericoloso". Penny sbuffò sonoramente,
pensando
che lei ce l'aveva eccome, l'interesse di saperlo vivo.Sapeva che non
era stata una buona mossa, ma era stato l'istinto a proporla, non la
ragione. Decise di mentire, proprio come aveva mentito a Malfoy. "Sei
il cercatore della mia squadra. Se qualcuno cerca di estrometterti
dal gioco, ci andiamo di mezzo tutti" disse. "Poi le
lamentele di Baston chi le sente..." Cercò di smorzare la
tensione con una battuta, senza successo. Potter si era avvicinato,
evidentemente nell'impeto della rabbia – no, forse quella che
leggeva nei suoi occhi scuri era preoccupazione.
A
quelle parole James mise una certa distanza tra loro, facendo un
passo indietro. Quel gestò la disturbò, le fece
provare un senso di
vuoto. Avrebbe voluto abbracciarlo e confessargli che non era certo
quella la ragione per cui voleva proteggerlo, che non le sarebbe
importato nulla della Coppa del Quiddich. Voleva solo che lui fosse
al sicuro. Peccato che il seguito di questa
ipotetica scena
sarebbe stato catastrofico; Penny poteva immaginarsi cosa sarebbe
successo. James avrebbe scansata credendolo uno scherzo – o
peggio,
l'avrebbe compatita. Le avrebbe detto che non era interessato, e lei
se ne sarebbe vergognata a vita. Quindi optò di nuovo per la
menzogna, una strada già percorsa.
"Non
voglio spegnere mille incendi sul campo, solo perché Malfoy
desidera
che tu arrostisca" proseguì. "Però hai ragione,
non sono
affari miei, dato che io e te non siamo amici" concluse. "Quel
che so è che siamo compagni di squadra".
"Quindi
è questo?" chiese. L'espressione sul volto di James era
indecifrabile.
"Sì,
che altro?" replicò, col cuore in gola.
"Il
tuo compito è proteggermi dentro il campo, non fuori!"
precisò
lui.
"Mi
dispiace" si arrese Penny. "Non avrei dovuto, è stata
un'azione dettata dall'odio". O dall'amore, dipende dai punti
di vista.
Questo
avrebbe dovuto dirgli, ma non lo fece.
Le
stava dicendo di averla vista parlare con Malfoy, le stava chiedendo
spiegazioni; e tutto quello che Penelope Shane sapeva rispondere era
che l'aveva fatto perché nessuno doveva azzardarsi a fare
del male
al Cercatore Grifondoro.
Lo
faceva impazzire che l'avesse difeso per quel motivo. Solo
per quel motivo. Era
del tutto irrazionale, ma per
un attimo aveva sperato che ci fosse altro. Evidentemente
si era sbagliato, perché gli occhi di lei –
così verdi e limpidi
– non rivelavano alcun sentimento.
Oltretutto quando le aveva chiesto di uscire dalla Sala Grande, era
di nuovo
in compagnia di Fred. Non faceva altro che starle dietro. James era
doppiamente irritato, in quel momento. Era
arrabbiato con se stesso, anche.
Avrebbe
voluto dirle che era innamorato di lei, dirle che non importava se
non lo voleva, perché almeno si era liberato di quel
fardello. In
realtà, però,
importava eccome se non lo
voleva. E non era solo orgoglio da maschio alfa, come
sicuramente
avrebbe pensato lei. Era che essere rifiutato da lei,
gli
avrebbe fatto molto, molto male. E non avrebbe potuto farci niente,
perché non si può indurre un amore che non
è spontaneo. Decise di
dare un taglio netto a quella conversazione, prima che gli rivelasse
altre brutte sorprese.
"Se
il punto cruciale della faccenda è la tua inimicizia con
Malfoy,
vedi di sbrogliartela per conto tuo" disse, il tono secco. "E
comunque, grazie davvero, ma lascia che a difendermi ci pensi da
solo". Senza darle neanche il tempo di ribattere si
allontanò,
su per le scale, diretto in Sala Comune.
NOTE
AL CAPITOLO
-
Sì, James ha pensato prima alla scopa che al fatto che il
suo
mantello stesse andando a fuoco. Del resto, chi sono io per
giudicare? Ho fatto una rovinosa caduta in cui ho pensato solo a
salvare la mia amata macchina fotografica. Mi sono fatta male io, ma
lei ne è uscita incolume. Traete voi le conclusioni.
- *Per
chi non lo sapesse, il Freddafiamma
è
un incantesimo che induce
il fuoco a diventare inoffensivo contro coloro che sono vicini alle
fiamme, generando soltanto una delicata sensazione di solletico,
anziché le ustioni.
-
* Fred Jr sta facendo riferimento all'episodio del quinto libro in
cui i gemelli Weasley interrompono gli esami dei G.U.F.O. e lasciano
la scuola in maniera teatrale, facendo infuriare la Umbridge (e
Gazza, ovviamente).
-
“Mezzosangue” si intende qui come nell'originale
'Halfblood',
ovvero le persone di sangue misto (ad esempio Harry Potter, dal
momento che Lily Evans era Nata Babbana). Lo dico perché
nelle prime
traduzioni italiane (e anche nel film), vengono chiamate Mezzosangue
anche le persone come Hermione, che invece sono definibili
più
correttamente come “Sanguesporco”, nell'originale
“Mudblood”.
Ovvero i Nati Babbani, da genitori senza poteri magici.
-
Per quanto la mamma di Penny sia senza poteri, il suo sangue l'ho
comunque considerato misto, essendo figlia di un mago e di una
babbana. Per questo Penny la definisce Mezzosangue.
|
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Capitolo 12 *** 11. L'intervento ***
Capitolo
undici
L'intervento
Dopo
quell'ennesimo scambio di opinioni, passò
una settimana prima
che James ricominciasse ad interagire con Penny. Quando la vedeva in
Sala Comune si rabbuiava, e se la incontrava per i corridoi faceva di
tutto per evitarla. Era impossibile non notare come la sua sola
presenza lo infastidisse, e la cosa la rendeva decisamente triste.
Era scoraggiante anche il non poterne parlare con nessuno.
Gli
amici, proprio come lei, erano oberati di lavoro scolastico, e nel
tempo libero avevano di meglio da fare che prestare ascolto ai suoi
piagnistei. Albus sembrava impegnato a valutare diverse tattiche
d'approccio da sfoderare con Alice. Non aiutavano neppure le sempre
più frequenti sparizioni di Rose, che sgusciava fuori dalla
Torre
Grifondoro per incontrare Lorcan. Insomma, non rimaneva molto tempo
per loro tre.
Ad
ogni modo, Penny aveva capito che su James non c'era più
nulla da
dire. Doveva semplicemente fare in modo che il ragazzo uscisse dalla
sua testa, una volta per tutte.
Nel
frattempo, un'altra persona le era sempre più vicina: Fred
Weasley
Jr. sembrava non avere intenzione di staccarsi da lei. Non avevano
dato definizioni a quella specie di frequentazione –
perché in
fondo non c'era ancora bisogno di farlo. Semplicemente, passavano il
tempo insieme. A volte studiavano in biblioteca, e sempre
più spesso
la accompagnava a lezione, con la scusa di doversi recare nell'aula
accanto. Le piaceva stare in sua compagnia, doveva ammetterlo.
Penny
non voleva illudere Fred, ma provava il desiderio di scacciare James
dal suo cuore. Forse con il tempo, si diceva, le cose sarebbero
potute cambiare. Lei sarebbe cambiata. L'avrebbe
dimenticato.
"Allora,
sei pronta per la grande sfida?" domandò Fred, intravedendo
la
confusione sul volto di Penny. L'aveva strappata ai suoi pensieri,
grazie al cielo, prima che vertessero su James. Di nuovo.
"Per
cosa?" chiese. Lui rise.
"Sabato
c'è la partita" le fece presente.
"Perchè
me l'hai ricordato?" sbuffò Penny. "Baston ci sta facendo
allenare come mai prima d'ora. Dobbiamo
essere
pronti a ogni eventualità, sul campo!" Aveva un
certo
talento nello scimmiottare la voce del suo Capitano.
"Sam
è fatto così, lo sai" disse Fred. "La prima sfida
è con
i Corvonero, però" aggiunse, giusto per rincuorarla. Penny
lo
apprezzò.
"Molto
meglio delle serpi" confermò lei.
"E
poi, domani si va a Hogsmeade!" Sulle labbra della ragazza
spuntò un sorriso: sarebbe stata una buona occasione per
parlare con
Rose e Albus. Era stata un po' distaccata nei loro confronti, e non
voleva che pensassero di aver fatto qualcosa per meritarlo. Non aveva
voluto disturbarli con le proprie paranoie, ma aveva bisogno di quei
due.
I
circuiti neuronali moribondi avevano del tutto smesso di funzionare
dopo la discussione con James. Inoltre non riusciva a comprendere del
tutto quello che stava succedendo tra lei e Fred. Doveva parlarne con
le uniche due persone a cui avrebbe affidato ogni confidenza.
"Grazie"
replicò solamente.
"Per
cosa?" chiese Fred, lanciandole un'occhiata confusa.
"Per
avermi ricordato della gita e aver riacceso il mio buonumore"
disse sorridendo. "È una cosa che sai fare molto bene".
"Cosa,
farti da Ricordella?" scherzò.
"Anche"
replicò Penny, stando al gioco. "Mi riferivo al fatto che
sei
bravo a mettere le persone di buonumore". Fred sembrò
soddisfatto da quella risposta e le sorrise, senza aggiungere altro.
"A
proposito di gente a cui serve una Ricordella, mi sono dimenticato
dove siamo diretti..." osservò invece.
"Mi
stai accompagnando fuori, alla Serra di Erbologia, dato che tu hai
Cura delle Creature Magiche" gli disse. "Non sei troppo
giovane per avere una memoria così labile?" Fred le
lanciò
un'occhiata divertita.
"Sai
che quando sono con te non capisco più nulla"
celiò, in tono
volutamente teatrale. Penny si limitò a un'occhiataccia e lo
superò
di un passo, giusto per nascondere il lieve rossore che le aveva
imporporato le guance. Non aveva interagito con
molti ragazzi
nella vita – e la colpa era tutta di Potter!
Di
nuovo, l'aveva pensato di nuovo. Sempre lui, solo lui. Ci
doveva
pur essere un sistema, una scappatoia per uscire da quell'ostinata
insensatezza.
"Smettila
di fare lo scemo" scherzò. Sapeva che prima o poi
l'argomento
sullo strano rapporto che si stava creando fra loro sarebbe uscito
fuori, ma non era proprio il momento.
"Ma
io sono nato per fare lo scemo, Miss Shane!" replicò, quasi
offeso.
"Oh,
non lo metto in dubbio" disse Penny ridacchiando.
"Sono
l'erede dei Tiri Vispi Weasley, hai presente?" continuò
Fred.
"Devo portare avanti la tradizione di di famiglia"
aggiunse.
Parlando,
erano ormai usciti dal grande portone di quercia e avevano
attraversato il cortile, dirigendosi spediti giù per la
collina. In
poco tempo arrivarono alla Serra di Erbologia, davanti alla quale
Fred si congedò con un mezzo inchino.
Penny
si infilò alla svelta nella Serra, dove la lezione non era
ancora
iniziata. Scoccò un'occhiata di fuoco a Scorpius, che la
ricambiò
con un ghigno davvero poco piacevole. Penny decise di lasciar correre
e prese la palandrana, per poi sistemarsi tra Rose e Al, che per una
volta non era impegnato a parlare con Alice.
"Che
fine hai fatto?" le chiese il ragazzo, con un tono inquisitorio
che Penny non gradì.
"...
disse l'uomo che era sempre disponibile" ribattè, piccata.
"Io
almeno so quello che faccio" replicò lui. Sembrava
infastidito,
ma Penny non avrebbe saputo dire per quale motivo. Si ripromise di
chiedere spiegazioni dettagliate, più tardi.
"Voi
due!" intervenne Rose, "non è questo il luogo adatto".
Entrambi tacquero. Nessuno osava replicare, quando Rose entrava in
modalità Hermione Granger.
"Appena
usciremo da qui" aggiunse sottovoce, "avremo tutto il tempo
per parlare. Non ci saranno Lorcan o Alice che tengano, hai bisogno
di un bell'intervento".
Penny la squadrò per un attimo, sperando che scherzasse.
Odiava gli
interventi quando la riguardavano, però
sapeva di non
potersi sottrarre senza venire meno a un giuramento.
"Non
ne ho bisogno!" Fu la fievole protesta che – Penny lo sentiva
– non sarebbe servita a smuovere gli amici. A dire il vero,
lei
stessa non era convinta di quell'affermazione. Se Al e Rose
ritenevano che avesse bisogno di un intervento, la
situazione
doveva apparire grave ai loro occhi.
Quella
che ormai era una vecchia tradizione, era iniziata al primo anno.
Penny riusciva ancora a sentire la voce bambinesca di Al pronunciare
il giuramento. Se due di noi ritengono necessario
l'intervento, il
terzo non si può sottrarre.
Non
si poteva venir meno a quel patto, perciò avrebbe ascoltato
qualsiasi cosa avessero da dire.
"Dunque,
oggi travaseremo le Mandragole" stava dicendo il professor
Paciock, con aria rilassata. Penny si mise d'impegno nell'ascoltare
la lezione, perché se c'era un insegnante che meritava
attenzione e
rispetto, quello era Neville Paciock. "Dovreste conoscere questa
pratica, perché abbiamo già trattato
l'argomento". Purtroppo
Penny ricordava quella lezione, come la maggior parte dei compagni,
le cui facce esprimevano disgusto. L'unica contenta di quella notizia
sembrava essere Alice, insieme a suo padre. Penny non era certa di
poter comprendere quell'amore per le Mandragole da parte dell'amica.
Erano esseri utili, certo, ma urlavano e piangevano come dei neonati
in fornato vegetale. Utili, ma terrificanti.
"Mi
raccomando, posizionate bene i paraorecchi! Ne so qualcosa di quanto
sia piacevole sentire il pianto della Mandragola" aggiunse
Neville*. Penny sorrise; il professor Paciock aveva raccontato che il
suo primo travaso, in gioventù, non era andato alla grande.
A quel
punto tutti fecero come aveva detto: la prospettiva di svenire non
allettava nessuno di loro. Perfino i Serpeverde obbedirono in
silenzio.
Quando
furono pronti, il travaso ebbe inizio e quegli esserini recalcitranti
cominciarono a piagnucolare fastidiosamente, tanto che un leggero
piagnisteo si sentiva anche con i paraorecchi. A Penny la lezione era
sembrata fin troppo lunga, e quando finalmente furono liberi di
togliersi i paraorecchi, uscì in fretta con Al e Rose.
Non
vedeva Trixy e Alice, ma era meglio così; avrebbero voluto
partecipare all'intervento, e nessuno dei tre – Penny lo
sapeva –
se la sarebbe sentita di impedirglielo. Però
quella era
una cosa loro. O almeno, lo era sempre stata. Per la prima
volta,
Penny si chiese se, ora che c'erano Lorcan per Rose e Alice per Al,
le cose tra loro sarebbero in qualche modo cambiate.
Per
quanto lei e Rose fossero amiche di Alice e Trixy e Al lo fosse di
Finnegan e degli altri compagni di stanza, nessuno sapeva di quella
loro strana abitudine. Gli interventi erano, di solito, per
situazioni gravi, cose che solamente loro tre
potevano
esaminare.
Mentre
risalivano la collina erbosa, Penny notò che Cura delle
Creature
Magiche era finita in quel momento e affrettò il passo.
L'ultima
cosa che desiderava era di trovarsi nel contempo a fronteggiare James
Potter e Fred Weasley. Si limitò a salutare da lontano Fred,
che
ricambiò con un sorriso. In quel momento, Penny si
sentì trascinare
dalla parte opposta. Rose l'aveva presa sottobraccio, con poca
delicatezza.
"Dobbiamo
parlare" disse Al, affiancandola.
"Non
abbiamo Trasfigurazione?" Era un patetico tentativo di sviare la
questione, perché Penny sapeva che l'ora seguente sarebbe
stata
libera. Quei due pazzi la stavano trascinando chissà dove, e
le sue
possibilità di fuggire erano pari a quelle di un prigioniero
di
Azkaban.
"Dove
stiamo andando?" domandò. "Non ci stiamo avvicinando alla
scuola, non mi piace".
"In
un posto sicuro" rispose Al, sbrigativo.
"Al,
per te il Platano Picchiatore è un posto sicuro?" chiese,
terrorizzata dalla direzione che avevano preso.
"Mica
penserai che ci metteremo lì sotto!" ribattè Al,
alzando gli
occhi al cielo.
"Spero
di no, o siete più pazzi di quel che credo".
"Ovviamente
no" disse Rose, "però qui intorno non c'è mai
nessuno".
"Be',
certo che no" sbottò Penny. "E vi siete
chiesti
perché gli studenti non vengono qui a frotte?" chiese,
ironica.
"Se mi becco una frustata dal ramo del platano" aggiunse,
"la nostra amicizia finisce qui". Al e Rose sembrarono non
udire alcunché e continuarono a trascinarla per alcuni
metri.
Fortunatamente
le sue paure si rivelarono infondate, perché non si
sedettero troppo
vicini a quell'platano terrificante, ma in un punto un po' nascosto.
La misero di peso sul tronco di un albero.
"Lo
fate sembrare un interrogatorio!" protestò Penny, seccata.
Rose
la zittì con un gesto, come se stesse scacciando un
moscerino
fastidioso.
"Parla
il comitato, ora" la interruppe. "Poi potrai dire
la
tua".
"Conosco
le regole, Rose!" rispose, incrociando le braccia al petto. Rose
e Al iniziarono a confabulare tra di loro, poi quest'ultimo
parlò.
"Crediamo
che tu abbia le idee confuse". Lei stabuzzò gli occhi.
"Sul
serio" disse Penny, "mi avete trascinata qui per dirmi
questo? Lo so già di avere le idee confuse". Era
semplicemente
ridicolo.
"Ovvio
che no! Siamo qui per risolvere il problema" puntualizzò
Rose.
Maledetto
tono da so-tutto-io!
"Abbiamo
notato che stai sempre con Fred" continuò Al. "E non siamo
convinti che tu stia facendo la cosa giusta, visto che sei pazza di
James".
"Quindi
vuoi farmi sentire in colpa se parlo con Fred" iniziò, "solo
perché dovrei restare in dormitorio a singhiozzare per
quell'idiota
di tuo fratello?" Era piuttosto infastidita dalle parole di Al,
doveva ammetterlo.
"Veramente"
obiettò Rose, "sono convinta che se con Fred sta succedendo
quello che credo, hai tutte le ragioni del mondo per assecondarlo.
James è un demente, e lo dico con affetto". Rose
è dalla
mia parte, quindi? Ma soprattutto, si chiese Penny, quale
diavolo è la mia parte? Perché lei
stessa non aveva idea di
come muoversi tra quei due.
"No
invece!" protestò Al, evidentemente del parere opposto.
"È
inutile provare a far funzionare le cose con Fred, se nella tua testa
c'è James!" Sembrò che volesse aggiungere
qualcosa, ma poi ci
ripensò, così Penny si decise a parlare.
"Non
posso aspettare James per sempre" disse seccamente. "Attendere
qualcosa che non può arrivare, è stancante".
Sembrò
che Rose volesse interromperla, ma Penny non glielo permise. Sapeva
cosa voleva chiedere. "Per quanto riguarda Fred... mi piace, ma
tra noi non c'è stato niente, forse non ci sarà
mai".
Penny
credeva che quelle parole avrebbero chiarito i suoi pensieri al
riguardo, ma vedendo i suoi amici si accorse solo che Rose sembrava
dubbiosa, mentre Al sollevato. Di sicuro quei due non erano in
sintonia sulla questione, e questo la confondeva.
"Quindi,
proprio niente?" chiese conferma Al.
"Per
la barba di Merlino! Non pensi che, se così fosse, ve lo
direi?"
Entrambi annuirono e Al sembrò di nuovo sul punto di dire
qualcosa.
Albus
Severus Potter era in seria difficoltà. La migliore amica e
il
fratello, dal suo punto di vista l'accoppiata perfetta. Si piacevano,
anzi si amavano. Avrebbe dovuto rivelare tutto e
basta? Per un
lungo attimo ebbe la forte tentazione di parlare lì, di dire
a Penny
che James era cotto almeno quanto lei. Si trattenne, però.
Gli
dispiaceva, ma non poteva immischiarsi – semplicemente non se
la
sentiva. Avrebbe cercato di seminare indizi che portassero James e
Penny nella giusta direzione, ma non avrebbe parlato al posto loro.
"Al,
mi sono stancata di stare male" disse Penny, passandosi una mano
tra i capelli. "E sì, lo ammetto: questa cosa di Fred mi ha
fatto capire che forse l'unico modo per far uscire James dalla mia
mente è..."
"...
sostituirlo con qualcun altro?" Era stata Rose a completare la
frase di Penny. Quelle parole fecero realizzare ad Albus la
stupidità
di quell'idea. Soprattutto, la sua inefficacia.
"Chiodo
scaccia chiodo, insomma" aggiunse Rose. Lei non sembrava
così
contraria all'idea, ma solo perché non conosceva i veri
sentimenti
di James. Si chiese se fosse giusto informare sua cugina, ma era
certo che al suo posto Rose avrebbe preso la stessa decisione
– non
intromettersi col destino – e non aveva senso
caricarla del
peso di una verità che già a lui costava non
rivelare alla loro più
cara amica.
"Be',
detta così sembra brutale" disse Penny a Rose,
"però sì.
Voglio dire, col tempo magari potrei dimenticare James, no?"
domandò, incerta. Il tono della sua voce gli fece capire che
lei
voleva la loro approvazione. Le lesse in volto la speranza
di
dimenticare James.
"Potresti
avere ragione" commentò Rose stavolta. Al si
voltò verso di
lei, irritato.
"Per
niente!" ribattè con convinzione. "Il chiodo scaccia
chiodo non ha mai avuto successo, fin dall'alba dei tempi". In
realtà non ne era certo, ma non importava, perché
conosceva Penny
abbastanza da sapere che per lei non avrebbe funzionato.
"Non
puoi saperlo" gli disse Rose, ancor prima che l'altra parlasse.
"E che sia Fred o chiunque altro, se c'è qualcuno che
può
farla stare meglio, perché non tentare?" Senza sapere
ciò che
aveva scoperto, probabilmente anche lui avrebbe dato una
possibilità
a quella teoria.
"Ragazzi,
io sono ancora qui" esclamò Penny. "Potreste evitare di
parlare come se non fossi presente?" Sembrava decisamente
alterata, principalmente con lui. "Fred mi fa sentire meglio,
egoisticamente parlando. Vuoi che continui a soffrire per qualcuno
che non posso avere?" gli chiese. "O ti sta a cuore la mia
felicità?" Posta così, la domanda gli fece venire
voglia di
vuotare il sacco, per l'ennesima volta. Detestava mentire alla sua
migliore amica.
"Ovviamente"
ribattè, "mi sta a cuore. Sto solo dicendo che non credo che
Fred o chiunque altro possa scacciare James dal tuo cuore". Lei
sembrò indispettita dall'uso della parola cuore
– Al aveva
notato che evitava di dirlo. Aveva detto 'cacciare dalla mia mente
James'. Ed era possibile che Penny, che lo conosceva bene, sapesse
che l'aveva fatto a posta.
"E
questo che diavolo significa?" domandò indispettita.
Al
si trovò perso tra il proposito di non mettersi in mezzo tra
Penny e
James e quello di aiutarli. Non riuscì ad evitare di parlare.
"Diglielo".
Penny lo guardò dubbiosa, ma era certo che avesse capito
cosa
intendeva. Lei capiva sempre cosa Al intendeva dire. "Dillo a
James" ripetè comunque.
"Al,
ti devo ricordare che cosa mi hai risposto quando sono stata io a
consigliarti di dire a Alice che ti piace?" Lui accusò il
colpo. "Non mi pare che tu abbia seguito il mio suggerimento,
non vedo perché dovrei farlo io" aggiunse.
Al
si ricordò in quel momento che aveva anche lui qualcosa da
comunicare. Forse l'avrebbe convinta, proprio come Penny aveva
convinto lui.
"Ti
sbagli, idiota di una Penny Shane" replicò. Penny
sembrò
confusa, poi un lampo di comprensione le illuminò gli occhi.
"L'hai
fatto davvero?" L'ombra di un sorriso spuntò sulle labbra
della
ragazza.
"Proprio
stamattina" disse senza girarci intorno. "Ha risposto che
prova lo stesso".
Penny
aveva un'espressione di stupore dipinta in volto, e Rose si rese
conto che doveva averne una molto simile. Entrambe sapevano che la
luce che gli occhi verdi di Al sprigionavano era frutto di quella
nuova consapevolezza – che Alice voleva stare con lui.
"Ha
detto che mi aspettava, o qualcosa del genere" aggiunse lui,
massaggiando nervosamente il collo. L'evidente disagio che il cugino
provava fece sorridere Rose. "Credo di piacerle da un pezzo,
quindi". Al era il ritratto della felicità.
Vide
Penny alzarsi dal tronco sul quale l'avevano poggiata di forza e non
ci pensò un attimo prima di fiondarsi in un abbraccio di
gruppo. Ce
l'aveva fatta a dichiararsi. Non dovevano più sopportare i
dubbi di
Alice e le indecisioni di Al.
"Finalmente!"
esclamò Penny, quando si staccarono.
"Eravate
insopportabili!" si lasciò sfuggire Rose.
"Eravamo?"
chiese lui. "Sapevate che le piacevo e non mi avete detto
nulla?" chiese, stupito. Non era arrabbiato, però. Rose era
contenta: non sopportava la versione infuriata di Al. Per un attimo
lo rivide, bambino, che tentava di rubare la bacchetta alla zia
Ginny. E si rivide bambina, a difendere il cugino dai rimproveri
dello zio Harry, prendendosi la colpa di qualcosa che non aveva
fatto. O viceversa.
"Ehi,
io ci ho provato a fartelo intuire" gli ricordò Penny,
facendo
ridere Rose.
"Il
fatto è" si sentì in dovere di chiarire, "che
prima di
saperlo da te, sapevamo già che lei era cotta di te, ma le
avevamo
giurato di non dire nulla. Un patto è un patto, Al. Penny
voleva
dirtelo, ma sarebbe stato come manovrare il destino, quindi sono
stata io a trattenerla. Mea culpa" concluse con
un'alzata
di spalle. Non voleva che Al desse la colpa a Penny, visto che era
principalmente sua. "Però è andata bene, no?
Magari avremmo
fatto qualche casino, se ci fossimo immischiate".
"Sei
arrabbiato?" gli chiese Penny, ma anche lei lo conosceva.
Entrambe sapevano che non lo era. Infatti Al scosse la testa in segno
di diniego.
"Avrei
fatto lo stesso" disse. "Alice non vi aveva autorizzato in
fin dei conti, no?"
Lei
scosse la testa all'unisono con Penny, come a confermare. Per
fortuna, si disse Rose, Albus l'aveva presa bene.
Penny
si sentì felice per tre motivi: Al era felice, Alice era
felice, Al
aveva seguito un suo consiglio. Incredibile. Fosse
stato per
Penny, avrebbe fatto di testa sua fin dall'inizio, ma era andato
tutto per il verso giusto, e dunque Rose aveva avuto ragione. A quel
punto, inoltre, sperava si fossero scordati dell'intervento.
"Comunque"
fece Al, neanche avesse ascoltato i suoi pensieri. "Non
dimentichiamo perché siamo qui. Di me possiamo parlare dopo".
"Ci
risiamo..." disse sedendosi di nuovo, l'espressione sconsolata.
"Dicevi?"
fece Rose.
"Che
Fred mi piace, mi fa sentire bene e non è mai scortese, a
differenza
di Potter senior..." Era un riassunto davvero succinto, ma non
c'era altro da dire.
"Sì,
ti piace, ma ami James!" insistette Al.
"Albus,
capisco che oggi tu sia ben disposto nei confronti della questione
vero amore" iniziò Penny,
"però io voglio solo
scordare che lui esista".
"Non
puoi usare Fred a questo scopo" le fece notare, più calmo
rispetto a prima.
"Io
non voglio usarlo" precisò. "Voglio solo sperare con tutte
le mie forze che funzioni".
"Ma
se non dovesse funzionare, uno dei tre si farà male. Molto
male"
presagì Al con aria severa. A dire il vero si sarebbero
fatti male
tutti e tre, pensò Albus. James sarebbe stato a pezzi nel
vedere
Penny con Fred, il quale a sua volta sarebbe rimasto scottato
perché
prima o poi avrebbe capito di essere un rimpiazzo, ma soprattutto
Penny, conoscendola, si sarebbe sentita in colpa per ogni cosa e
avrebbe comunque continuato a pensare a James. Al era perso in questa
catastrofica premonizione quando udì la voce di Penny.
"Tre?"
domandò, stupita.
"Ho
detto tre? Volevo dire due, certo. Due. Ovvio, no?
Tu e Fred"
si corresse Al, ma Penny non fece troppo caso alla svista dell'amico.
"Non
voglio che qualcuno si faccia male" disse, "ma sto
cominciando a capire, anche grazie a Fred, che aspettare all'infinito
non mi fa bene".
"Ha
ragione" le fece eco Rose, guardandolo. Al si chiese perché
non
avesse ancora imbavagliato sua cugina.
"Sono
sei anni che lo aspetto. Dal primo sorriso che mi ha indirizzato,
davanti all'espresso per Hogwarts, credo..." Si sentì persa
nel
ricordo di quel ragazzino impertinente che le sorrideva da dietro il
suo carrello, alla stazione di King's Cross. "Quella stupida
cotta si è trasformata in qualcosa di più, ma io
ho cercato di
negarlo finché ho potuto".
Penny
non osava immaginare come dovesse apparire patetica agli occhi dei
suoi amici. Non se ne curò, comunque. Non aveva mai
raccontato nel
dettaglio come erano nati i suoi sentimenti per James,
perché Rose e
Al l'avevano semplicemente capito, senza chiedere spiegazioni.
"Non
volevo ammettere i miei sentimenti, ma ho dovuto. Con l'unico ragazzo
che ho avuto non provavo niente"
confessò, arrossendo un
po'. "Nemmeno baciarlo mi faceva un grande effetto, perché
era
come se qualcosa – qualcuno – mi impedisse di
lasciarmi andare.
So di sembrare la protagonista di una soap opera
argentina, ma
non mi interessa..." In quel momento vide che Al era abbastanza
confuso, non aveva idea di cosa diamine fosse una soap opera.
"Non
sei messa così
male" tentò di consolarla Rose, facendola ridere. Albus le
guardava con la fronte aggrottata. "Che c'è? Mia nonna
guarda
la televisione" specificò la ragazza. Frequentando i
genitori
di Hermione, Rose aveva più occasioni di Al di stare a
contatto con
il mondo babbano.
"Continua"
le disse Rose. "Che stavi dicendo?"
"Niente,
Rosie" replicò Penny, visibilmente stanca. Il punto era
proprio
quello: non c'era niente da dire. "James Potter non è
più un
mio problema" concluse. Poi guardò Al, che era rimasto in
silenzio.
"Cosa
diavolo è una soap opera?"
"Roba
da Babbani" replicò Penny, con un mezzo sorriso.
"Be',
secondo me dovresti andare da James e dirgli quello che provi, prima
di lanciarti in questa cosa con Fred" ribadì Al. Penny
voltò
la testa verso Rose.
"Non
so come consigliarti" ammise l'amica. "Se devi seguire il
suggerimento di Al, fallo ora. Altrimenti, se Fred ti piace
abbastanza da renderlo possibile, dimentica mio cugino una volta per
tutte".
"Rose
ha ragione: diglielo ora!" fece Al.
"Non
ha detto questo!" protestò Penny.
"No,
infatti" ribattè Rose, incrociando le braccia. "Hai
ignorato la metà del mio discorso! Quello che intendevo
è che deve
agire il prima possibile, perché si sta logorando per questa
faccenda, e non ha senso".
Al
si arrese al pragmatismo di Rose e si lasciò cadere sul
tronco,
accanto a Penny. Passò un minuto in cui nessuno
aprì bocca,
ciascuno immerso in un pensiero diverso. Improvvisamente Penny
balzò
in piedi, preda di un evidente slancio emotivo.
"Cancellarlo
dalla mia vita è la soluzione definitiva. Sarà
difficile, non lo
nego" disse rivolta ad Al, che stava per protestare, "ma
non impossibile". Perlomeno, sperava non lo fosse. Forse non si
era mai impegnata davvero, magari con un po' di pratica ci sarebbe
riuscita.
"Grazie
per l'intervento, ragazzi" esclamò convinta, allontanandosi
a
passi lenti dal tronco dell'albero.
"Dove
stai andando?" chiese Al.
"Trasfigurazione"
rispose lei, ovvia. Persino Rose sembrò stupita,
evidentemente
entrambi se ne erano dimenticati.
Mentre
discutevano della vita amorosa di Penny Shane, risalirono il pendio
erboso e avanzarono fin dentro la scuola. Si diressero all'aula di
Trasfigurazione, scoprendo di essere leggermente in ritardo.
Conoscevano troppo bene la forma di Animagus della McGranitt per
illudersi che il gatto soriano sulla cattedra non fosse la Preside.
Il
gatto si allungò e fece un balzo fino a prendere l'aspetto
di
Minerva McGranitt. "Buongiorno signor Potter" disse la
donna, risistemando gli occhiali sul naso. "Signorina Shane"
aggiunse, occhieggiando Penny. "Signorina Weasley". I tre
salutarono rispettosamente e poi presero posto allo stesso banco,
esterrefatti.
"Non
ci sgrida neanche per il ritardo?" domandò Al. Si prese una
gomitata da Rose e una da parte di Penny. La donna rise del
siparietto.
"Oggi
sono di buon umore, Potter. Ma se proprio ci tiene..."
"No,
grazie, preside" parlò Penny per lui. "Non ci tiene
particolarmente".
La
McGranitt sembrò divertita e si rimise alla cattedra,
stavolta in
forma umana. I tre si sbrigarono a tirare fuori tutto l'occorrente
per svolgere l'esercizio: carta, penna, calamaio... evidentemente era
uno scritto, pieno di domande insidiose. Penny sperò di non
essere
così distratta da scrivere James Potter e
Fred Weasley
anziché le risposte corrette.
Tentò
di ricordare tutto quello che aveva studiato, ma evidentemente era
stato tempo perso. La sua testa era troppo occupata. Per fortuna Al
se ne accorse e andò in suo soccorso, facendole copiare il
contenuto
della propria pergamena.
Non
appena furono usciti lo ringraziò e gli fece un gran
sorriso. "Mi
sarei beccata un non classificato, senza il tuo
aiuto"
ammise.
"Per
così poco" rispose lui. "Lo farei tutti i giorni se
significasse vederti sorridere".
"Non
farmi commuovere".
"Non
ora che stai ridendo" replicò Al. "Non ride dal
paleolitico, vero Rose?" aggiunse girandosi verso la cugina. Era
scomparsa. Al si guardò in torno con aria interrogativa: non
l'aveva
vista allontanarsi.
Penny
rise della sua espressione, gli prese la mano e ne puntò
l'indice
destro verso una coppia in fondo alla sala: Rose e Lorcan che si
baciavano.
"Ecco
dov'è" fu il commento a mezza bocca. Poi
tossichiò e si
rivolse a lei: "Senti Penny, c'è qualcosa che dovrei dirti,
che
tu dovresti sapere..." iniziò.
Forse
poteva provare a introdurre il tema James-è-pazzo-di-te,
ora
che Rose non era presente. Lei si accinse ad ascoltarlo, quando
sopraggiunse qualcuno a interromperli.
"Miss
Shane!" Fred sbucò da un angolo del corridoio, proveniente
da
una lezione di Divinazione. "So leggere la mente, adesso".
Penny
si alzò e lo esaminò accuratamente.
"Immagino!
Hai un non so che di..." lasciò la frase in sospeso.
"Profetico?"
chiese speranzoso.
"No,
di idiota!" Ora Penny stava apertamente ridendo,
mentre
Fred si fingeva offeso.
"Ah
si?! Bene, allora sabato non farò il tifo per te!"
"E
che farai? Starai sugli spalti tra i Corvonero? Sono intelligenti, ma
anche loro usano le mani, se necessario. Potrebbero ritenerti una
spia Grifondoro" lo provocò.
"Non
importa!"
"Peggio
per te" disse, e gli fece la linguaccia. "Ti perderai una
grande partita".
"Vengo
alla partirta solo se metterai una maglietta con la scritta Fred
Jr. Weasley è il migliore!" propose.
"Non
ci penso proprio" replicò. "Tu sei pazzo" aggiunse
picchiettando l'indice sulla testa, ad indicare la poca
sanità
mentale del rosso.
"Ragazzi!"
si spazientì Al, "esisto anche io, se non vi dispiace".
Si
sentiva escluso dalla conversazione. Purtroppo, anche se negli occhi
di lei non vedeva nulla di paragonabile a quello che scorgeva quando
era con James, doveva ammettere che tra Penny e Fred c'era una certa
sintonia. Non sapeva come sarebbe andata a finire.
Voleva
che la sua migliore amica fosse felice, voleva che suo fratello non
soffrisse, voleva che Fred non dovesse pagare le conseguenze
dell'indecisione di James nel dire a Penny quello che provava per
lei.
"Scusa
cugino" Fred lo riscosse dai suoi pensieri nefasti. Al
scrollò
le spalle e fece un sorrisetto di circostanza.
"Raggiungo
la mia ragazza" annunciò. Aveva bisogno di allontanarsi da
quei
due, prima di ritrovarsi a cantare come un uccellino rivelando a
Penny i sentimenti di James.
"A
dopo" gli rispose lei distrattamente.
Lasciarli
soli forse non era un'idea grandiosa, ma non poteva stare lì
a fare
da terzo incomodo.
Fece
dietrofront per andarsene; e vide James. I suoi occhi dardeggiavano
fuoco, in direzione di Fred. Decise di andargli incontro, per
calmarlo. Ci mancava solo che facesse una delle sue entrate, stupide
e plateali. O peggio, una scenata in piena regola.
"Ciao
fratello" esordì. "Potrei parlarti un attimo?"
Sperava di poter distrarre James. L'occhiata omicida che stava
rivolgendo a Fred non prometteva nulla di buono.
"Sono
impegnato" rispose, senza staccare lo sguardo dal rosso.
"Da
quando fissare le persone come un maniaco omicida è un
impegno?"
ribattè ironicamente. Perché perdeva tempo
tentando di redimerlo?
Era una causa persa. "Sarà meglio fare due passi" disse
trascinandoselo dietro. Stranamente James non oppose resistenza,
anche se non smise di guardare Fred, finché non si furono
allontanati abbastanza.
"Che
c'è?" chiese quando ebbero svoltato l'angolo. Scomparsa la
vista di quei due aveva ripreso l'uso della parola; era già
un passo
avanti.
"C'è
che non puoi stare a fissarli tutto il tempo" spiegò Al, con
una calma che in quel momento faticava a mantenere. "Agisci,
oppure lascia stare".
Quello
si che era parlare chiaro, pensò Al. Con suo fratello era
meglio
andare al sodo, visto che di tempo quel testone ne aveva perso
abbastanza.
"Lasciar
stare chi?" Adesso fingeva persino di non capire. Di bene in
meglio.
"Per
favore, non fare il finto tonto!" sbottò. "Dopo quello che
mi hai detto l'altra volta non potevi aspettarti che io non ci sarei
arrivato!" Evidentemente, pensò Al, suo fratello l'aveva
preso
per un idiota.
"Non
so di che stai parlando".
"Per
Merlino e Morgana!" esclamò Al, esasperato. "Sei davvero
indisponente!"
Penny
aveva ragione a dire che James fosse un tipo piuttosto difficile.
Logico che lei non ne volesse più sapere, se faceva
così!
"Sto
parlando del fatto che sei innamorato di Penny, idiota!" disse
senza mezzi termini. James sembrò cercare un modo di negare,
poi
semplicemente si strinse nelle spalle. Al lo prese come un assenso,
quindi proseguì.
"Se
il tuo piano è infastidirla ogni volta che si trova con
Fred, non è
un granchè. Non lo sarebbe con qualsiasi ragazza, ma con
Penny meno
che mai. Odia la gente che le sta addosso, per di più senza
motivo".
"Ma
il motivo c'è!" ribattè James. Finalmente lo
ammetteva,
dannazione.
"Sì
James, ma lei non lo sa".
"E
che consigli? Sei tu il cervellone della famiglia". Al
prese in seria considerazione l'idea di prenderlo a pugni.
"Tutta
la materia grigia destinata a te è passata nella mia testa"
replicò invece. L'altro non rispose all'offesa, sembrava
pensieroso.
"Devi
dirglielo!" Le stesse parole che aveva usato con Penny. Sperava
che almeno uno di quei due dementi avrebbe seguito il suo
ragionevolissimo consiglio.
"Come
scusa?" chiese James, visibilmente alterato – e vagamente
sorpreso. "Ti ha dato di volta il cervello? Vuoi che Shane mi
tiri un altro schiaffo in faccia?"
"E'
la persona meno violenta che conosca" la difese Al. "Gliel'hai
praticamente levato dalle mani James".
"Ora
la giustifichi! Sono tuo fratello, Al!" protestò.
"Devi
andare da lei e dirglielo, o giuro che le riferirò quello
che hai
insinuato l'altra volta" minacciò, riferendosi all'astrusa
teoria di James per la quale Penny fosse innamorata di Al.
"Non
lo farai" affermò James sicuro. In effetti non l'avrebbe
fatto,
ma non gli diede la soddisfazione di una risposta. Era sul punto di
rinunciare, quando James parlò.
"Mi
vergogno" bofonchiò.
"Cosa?
James Sirius Potter, estroverso diciassettenne, figlio del salvatore
del mondo magico, niente male con le ragazze, si vergogna?"
chiese Albus, esterrefatto. "Chi sei tu, che ne hai fatto di mio
fratello?". James roteò gli occhi, esasperato.
Perché tutti si
aspettavano che avesse sentimenti e pensieri banali e superficiali?
Spesso era spavaldo e sicuro di sè, ma non significava che
lo fosse
in ogni occasione.
"Con
Penny è diverso, Al. Io voglio lei, lei vuole un altro. Sono
geloso,
ma non posso fare nulla per cambiare la situazione" disse d'un
fiato. "Ora, per cortesia, lasciami in pace. E non dirle mai dei
miei sentimenti per lei. La metterebbero in imbarazzo e non mi
parlerebbe nemmeno più" dichiarò. Poi, senza
un'altra parola,
alzò i tacchi e se ne andò, lasciando Al solo in
mezzo al
corridoio.
"Tutto
questo non promette niente di buono" sussurrò Al, mentre si
dirigeva alla ricerca di Alice.
NOTE
AL CAPITOLO
1)
*L'intervento è una citazione dalla
serie TV How I Met
Your Mother
Nella
serie, quando uno degli amici di Ted ha un problema particolare, il
resto del gruppo organizza un Intervento. La persona si siede sul
divano e gli altri analizzano i problemi. Nell'eventualità
che
qualcuno dei lettori non abbia mai visto la serie.
2)
*Ovviamente mi riferivo alla storica scena in cui, travasando una
Mandragola, Neville sviene davanti a tutti.
ANGOLO
AUTRICE
Dopo
soli cinque giorni, ecco a voi un altro capitolo.
Dunque,
la Janny (come l'ha ribattezzata
Francesca
lol) è l'unione di due
protagonisti totalmente
rimbambiti. A volte Penny e James sono frustranti, però li
ho creati
così – e così li accetto, come due
ragazzini alle prime armi con
i sentimenti.
Fred
si sta facendo strada nei pensieri di Penny; e lei spera che prima o
poi le faccia dimenticare James, anche se sa che questo non
è del
tutto giusto. Speranza vana?
Perdonate
Rose, perché pensa di consigliare Penny per il meglio,
mentre Al ha
deciso di non intromettersi nel rapporto tra il fratello e l'amica
(anche se la tentazione è forte). Alice e Al sono finalmente
insieme, quindi l'unica coppia che non riesce a decollare è
proprio
la Janny. Forse non è destino, o forse sì.
|
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Capitolo 13 *** 12. Gita a Hogsmeade ***
Capitolo
dodici
Gita
a Hogsmeade
Penny
era distesa a letto, ma non riusciva a prendere sonno. Aveva passato
il pomeriggio con Fred, girovagando per la scuola. Aveva perfino
saltato la lezione di Pozioni, su richiesta del rosso.
Forse
era davvero arrivato il momento di dimenticarsi di James Potter e di
iniziare a vivere come una normale strega di sedici anni. Niente
segreti, niente verità nascoste o frasi non dette. E forse
Fred
Weasley poteva mettere fine alla sua ostinata, storica, impossibile
cotta.
Stava
bene con lui, di questo era sicura. Nella sua testa la voce di Rose,
pragmatica, le diceva che forse quello sarebbe bastato a risolvere la
situazione. Un'altra voce, simile a quella di Al, le suggeriva che
forzare la mano non sarebbe servito a nulla.
Ancora
assorta nei pensieri, scivolò pian piano in un sonno
profondo. Un
sonno senza sogni, per fortuna. Altrimenti avrebbe sognato James. E
sarebbe stato un incubo.
Il
giorno seguente, come le aveva ricordato Fred, avrebbero fatto una
visita nel vicino villaggio di Hogsmeade. Amava quel posto: era
abitato da soli maghi. A parte Hogwarts, era l'unico posto in cui si
sentiva libera. Lì non dovevano nascondersi, nessuno era
costretto a
fingersi ciò che non era. Non c'era neanche l'ombra di un
babbano.
"Svegliaaaaa!"
trillò una voce argentina. Penny aprì lentamente
gli occhi, turbata
da quel suono assordante.
"Alice,
ma che ore sono?" chiese, stropicciandosi gli occhi.
Quasi
rimpiangeva la sveglia di Rose – e di certo, in quella
stramaledetta scuola, rimpiangeva le dolci sveglie di mamma Anne. Il
modo di svegliarla che avevano le sue amiche era terrificante.
"Non
è tardi, sono solo molto allegra!" rispose Alice. Penny
sgranò
gli occhi.
"Non
è un buon motivo per trapanarmi i timpani di prima mattina!
Perché
diavolo mi hai svegliata?" Lei odiava essere svegliata in
anticipo. Alice fece un sorrisetto malizioso.
"Vi
devo raccontare una cosa". Una frase del genere poteva sortire
un solo effetto: in un attimo le altre due ragazze si erano fiondate
sul letto di Penny, pronte ad ascoltare. Niente più sbadigli
o
proteste assonnate.
"Allora
Paciock?" chiese Trixy impaziente.
"Credo
voi due lo sappiate già" si rivolse a Rose e Penny, "ma ve
lo dico lo stesso: io e Al ci siamo messi insieme".
Un'esclamazione di gioia si levò dalla bocca di Trixy,
mentre le
altre due si limitarono a sorridere, dato che l'effetto sorpresa era
svanito il giorno prima.
"Congratulazioni
Paciock!" dissero all'unisono. Penny rise.
Era
ancora a letto, sotto le coperte, ma aveva tutte le compagne di
stanza addosso. Quindi non fece fatica ad abbracciare Alice.
"Dovete
sapere che è stato molto romantico" raccontò.
"Senza
contare che bacia da dio" non si trattenne dal dire.
"No!"
fece Rose, disgustata. "C'è un limite a quello che una
ragazza
può sopportare. Non mi interessano i particolari sulle
vostre
slinguazzate!" protestò.
Le
altre tre scoppiarono a ridere.
"Va
bene" acconsentì Alice, "vi darò i dettagli in
assenza di
Rose. La cosa importante da dire è che non sono mai stata
tanto
felice" disse sognante.
A
quel punto, non aveva più senso rimettersi a letto per
cinque
minuti. Penny si alzò e iniziò a prepararsi,
lentamente. Era felice
di andare a Hogsmeade, ma allo stesso tempo stava ancora rimuginando
su quello che Rose e Al le avevano detto il giorno prima. Rose se ne
dovette accorgere, perché le indirizzò
un'occhiata comprensiva. Era
evidente che fosse sovrappensiero, anche se non avrebbe voluto darlo
a vedere. Scesero a fare colazione, trovando Al che aspettava Alice
impaziente.
"Li
invidio un po', Lorcan ed io non possiamo fare colazione allo stesso
tavolo" sospirò Rose, in direzione della tavolata Corvonero.
"Non
lamentarti Weasley; il ragazzo che ami ti ricambia. Non ti senti
fortunata?", le domandò Penny. Lei si sarebbe sentita
fortunata, se James l'avesse ricambiata.
Merlino!
Perché non riusciva a tenerlo fuori dai propri pensieri?
Doveva
esercitarsi a non pensarlo, almeno per cinque minuti al giorno!
"Sì,
hai ragione" ammise.
"Io
ho sempre ragione, Rosie" disse, cercando di darsi un tono.
"Fai
poco la superiore, ci sono guai in vista" le fece notare,
fissando lo sguardo oltre le spalle di Penny. La ragazza si
girò e
vide ciò che non avrebbe voluto: James sedeva vicino ad Al,
ossia di
fronte al posto nel quale stava per accomodarsi lei.
"Ciao
Shane" soffiò. Lei rispose con un cenno della mano, certa
che
se avesse risposto a voce si sarebbe impappinata. Trovarselo
lì, gli
occhi nei suoi, non era facile. Un po' come essere a dieta e trovarsi
una torta al cioccolato davanti. No, neanche. Perché le
diete prima
o poi finiscono, e tu puoi mangiarne almeno una fetta. Lei Potter non
l'avrebbe avuto mai. Neanche una fettina piccina picciò.
Penny
soppesò la questione, decidendo che era la metafora
sbagliata.
Sembrava adatta a una storia di cannibalismo, più che
d'amore.
Ebbe
a stento il tempo di scambiarsi un'occhiata con James, che il peggio
si avverò.
"Buongiorno
Miss Shane!" La voce di Fred Weasley la sorprese, mentre lui si
sedeva al suo fianco.
"Buongiorno"
rispose distratta, guardando di fronte a sè.
Il
fatto che mentre Fred le parlava lo sguardo di Penny fosse comunque
puntato su James non sfuggì ad Albus, che però
non si intromise. La
sua amica avrebbe dovuto sbrigarsela da sola, con quei due.
Nel
frattempo, Penny si stava chiedendo cosa aveva fatto di male per
meritarsi di trovarsi tra Fred e James, che palesemente si
detestavano, anche se lei non sapeva il perché. Avere uno
dei due di
fronte e l'altro seduto accanto non era una posizione invidiabile.
Stretta tra due fuochi.
"Allora"
disse Fred ignaro,
"oggi si va a Hogsmeade".
James
alzò gli occhi al cielo: sembrava già infastidito.
"Senza
di te non l'avremmo ricordato" borbottò.
Rose
gli scoccò un'occhiataccia, mentre Al gli tirò un
calcio sotto il
tavolo, per ricordargli di usare le buone maniere.
"Qual'è
il tuo problema?" gli chiese il rosso. James stava per
rispondere, ma venne interrotto dal fratello.
"Lui
non ha problemi, Fred" intervenne Al, con un sorrisetto. "Ha
solo un gran brutto carattere". Fred sembrò calmarsi, anche
grazie ai muffin al cioccolato.
"Ancora
ribes!" si lamentò Penny, poggiando il muffin che aveva
addentato. Al e Rose risero, ma gli altri due restarono interdetti,
senza capire.
"Cos'hai
contro i ribes?" le chiese Potter senior.
"Li
odia, e trova sempre e solo muffin ai ribes. Una specie di condanna,
povera ragazza" la celiò Rose. Per tutta risposta, Penny le
indirizzò una linguaccia.
"Prendi
il mio, non l'ho toccato" le disse James. "E' al
cioccolato". Penny non potè evitare di aggrottare la fronte.
Potter era stato gentile con lei. Doveva essere finita in una
dimensione parallela, e da un momento all'altro Scorpius Malfoy
sarebbe spuntato tra i Grifondoro e le avrebbe offerto un Idromele.
"G-grazie"
balbettò, stupita. Lui scrollò le spalle con
noncuranza e si limitò
a passarle il proprio muffin intatto.
"E'
sempre meglio dei ribes" disse Penny addentandolo. "Anche
se non è il mio preferito".
Una
volta finito di fare colazione, erano tutti pronti per la visita al
villaggio di Hogsmeade. Non c'era distinzione di Case, quindi Rose
poteva stare con il suo Lorcan. Lily Luna, Hugo e Lysander si unirono
alla brigata dei Grifondoro di cui erano parte Alice, Al, Trixy,
Penny e James.
Purtroppo
per quest'ultimo, anche la concorrenza – ovvero Fred
– si era
aggregata a loro. Camminava fianco a fianco con Penny, mentre
dall'altro lato c'era James. La scena era quantomento bizzarra, e
Penny non si era mai sentita così in imbarazzo. Fra
due
fuochi.
"Fred,
puoi venire qui un momento? Ti devo chiedere una cosa".
James
ringraziò mentalmente Lorcan, in ogni lingua conosciuta.
Sapeva che
aveva detto quella frase solo per allontanarlo da lei.
Era un
vero amico, e prima o poi si sarebbe sdebitato. Stava a lui non
sprecare il tempo che gli aveva concesso.
Fred
si allontanò di malavoglia, indirizzando un sorriso a Penny.
Merlino!
Lei gli piaceva davvero, la stava corteggiando.
Più o meno.
Qualsiasi cosa stesse tentando di fare lo rendeva comunque migliore
di lui, che per conquistarla non stava facendo assolutamente niente.
Tutto questo, per paura di essere rifiutato.
Camminavano
uno di fianco all'altra, ma
James non riusciva a trovare niente da dire che non suonasse stupido.
Prese addirittura in considerazione l'idea di parlare del tempo.
Novembre
si stava avvicinando a passi incedenti. Si
voltò per guardarla, notando che, uscendo da Hogwarts, una
folata di
vento gelido l'aveva investita in pieno, facendola rabbrividire.
"Hai
freddo?" Brillante conversazione, James. Sei un seduttore
nato!
Cominciava
davvero a rammollirsi.
"Sì"
ammise lei.
James
desiderò poterla abbracciare, poi frugò nelle
tasche del proprio
giaccone er estrasse un cappello. Aveva i colori di Grifondoro. Oro e
rosso, con lo stemma della loro Casa.
"E'
un po' sgualcito" si scusò, "ma dovrebbe andare".
Glielo porse gentilmente, vedendo uno sguardo stupito dipingersi sul
viso di Penny. "Se sei freddolosa dovresti coprirti. Sai,
sciarpa, cappello. Tutti quegli interessanti accessori che..."
Lei rise, ma non lo lasciò finire.
"Non
c'è bisogno" si schernì.
"Mi
offendo" ribattè lui con un sorriso.
"Grazie"
sussurrò la ragazza, sorridendogli di rimando.
Nel
gesto di porgerle il cappello, le loro mani si incontrarono.
Avvertì
una sensazione di calore dentro di sè. Si chiese se anche
lei aveva
provato lo stesso. Probabilmente no. La vide arrossire lievemente, ma
forse era solo il vento che le sferzava il viso.
Penny
lo fissò per un po'. James non avrebbe saputo dire quanto a
lungo,
ma non era la prima volta che gli succedeva in sua presenza. Perdeva
la cognizione del tempo. Era così bella, con i capelli
sciolti che
si muovevano per tutta la lunghezza della schiena. Avrebbe tanto
desiderato accarezzarli, fermarsi lì in mezzo e baciarla.
Anche
davanti a tutti, non gli sarebbe importato. Purchè lei lo
desiderasse, esattamente come lui desiderava lei. Si riscosse da quei
pensieri, distogliendo lo sguardo.
"Ti
stai congelando" le fece notare. "Dovresti indossarlo".
Lo guardò come se non capisse cosa stesse dicendo; e lui
indicò il
cappello con un gesto.
"Oh"
disse, "giusto".
"Ti
aiuto" ne approfittò James.
Non
aspettò la risposta. La voglia di toccarla ancora era
troppa, e
quella era un'occasione che non poteva lasciarsi sfuggire.
Penny
lasciò che James le infilasse il cappello sulla testa. Non
si
oppose. Anche volendo non avrebbe potuto, dato che era completamente
inebetita. Si disse che doveva essere il freddo, ma in cuor suo
sapeva che non era così. La propria mano aveva sfiorato
quella di
James, e ora lui la stava toccando, anche se solo per metterle un
cappello in testa. Era già abbastanza per essere grata al
freddo,
che le aveva concesso quel contatto. Si beò del tepore che
emanavano
le mani del ragazzo, finchè lui non interruppe quella
splendida
sensazione, staccandosi.
Avrebbe
voluto dirgli di non farlo, di non allontanarsi, di non lasciarla.
Ovviamente non poteva farlo, ma avrebbe tanto voluto.
"Meglio?"
le chiese. Era stranamente premuroso. Aveva abbandonato la propria
corazza strafottente, per una volta. Penny sapeva che sotto i suoi
modi di fare irriverenti c'era il vero James. L'aveva visto altre
volte, e ogni volta lo amava di più. Dannazione.
Ci stava
ricadendo. Doveva allontanarlo, non fare conversazione.
"Decisamente
sì" rispose con un sorriso. James le sorrise a propria
volta,
riscaldandole ancora il cuore.
Come
poteva essere così bello, vederlo sorridere?
"Eccomi!"
le giunse la voce allegra di Fred e, per una frazione di secondo, lo
odiò a morte. Si girò a guardarlo, facendo un
sorrisetto di
circostanza.
Così
fu costretta a interrompere il contatto visivo con James, che tenne a
freno la lingua. Camminarono ancora per poco, prima di giungere a
Hogsmeade. Ted e Victoria Lupin, i più giovani tra i
professori e
pertanto ritenuti i più adatti a svolgere il compito di
accompagnatori ufficiali degli studenti, li lasciarono liberi di
gestire il loro tempo come preferivano.
Per
prima cosa, fecero tappa al negozio di Mielandia,
dove Penny
fece rifornimento di dolci.
"Che
diavolo devi farci con tutta quella roba?" le chiese Trixy.
"Devo
consolarmi". Il concetto di comfort food doveva
ancora
arrivare nel mondo magico, evidentemente.
"Ancora
James?" domandò l'amica.
"Abbassa
la voce Trix!" le intimò, spaventata dal fatto che qualcuno
potesse udirle.
"Va
bene Penelope".
"Chiamami
di nuovo così e mi vedrò costretta ad usare il
tuo nome completo!"
la minacciò, mentre si dirigeva alla cassa. Fortunatamente
suo nonno
non l'aveva lasciata a corto di soldi e, oltre ai dolci, poteva
permettersi anche di andae al pub insieme a tutti gli altri.
L'insegna I Tre Manici di Scopa troneggiava sopra
l'ingresso
del locale: era sempre la stessa, la Seconda Guerra Magica non
l'aveva modificata.
O
se l'aveva fatto, il paese non ne aveva memoria. Tutto era
tranquillo, pacifico, come se quella gente non avesse mai conosciuto
le devastazioni della battaglia che si era tenuta ad Hogwarts.
L'unico segno di quella catastrofe era rappresentato da una lapide
commemorativa, dedicata ai caduti della Prima e Seconda Guerra
Magica. I nonni di Alice, quelli di Al, il nome di Fred Weasley
senior e quello di molti altri come lui. Penny distolse lo sguardo;
quella era una giornata di festa. Notò che anche gli altri
avevano
sbirciato in quella direzione, incapaci di restare indifferenti
davanti a quei nomi.
Entrata
nel Pub, sentì il calore tornare a pervaderla. Presero posto
alla
tavola più lunga che riuscirono a trovare. Grazie alle
macchinazioni
congiunte di Al e Lorcan, James e Penny si trovarono vicini.
Fred
era stretto fra Trixy e Lily Luna, che era intenta a parlare con
Lysander a proposito di strane creature fatate. Fred era visibilmente
scontento di essere stato diviso da Penny, ma non poteva lamentarsi
apertamente. La cosa non sfuggì a James, che si
appuntò mentalmente
di ringraziare suo fratello e Scamander, non appena ne avesse avuto
l'occasione.
Penny
rinnovò i suoi ringraziamenti a James, restituendogli il
cappello.
"Tienilo,
ne avrai bisogno al ritorno" le disse. "E ad essere
sincero, sta' meglio a te che a me. Non mi stanno bene i cappelli".
Penny
girò la testa di lato, sentendo le proprie guance farsi
color
porpora. Quando si fu ripresa, tornò a guardarlo.
"Sei
stato molto carino a preoccuparti per me".
"Volevo
redimermi per come ti ho trattata ultimamente, non sono stato
gentile".
No,
non era vero. L'aveva fatto solo per poterla sfiorare, ma come scusa
suonava molto meglio quella.
"Ci
sono abituata ormai" rispose con un mezzo sorriso, che però
non
si estese agli occhi. James sembrò colpito.
"Sono
un disastro completo con te. Sempre".
"Non
sempre, dai" disse lei conciliante. "Diciamo quasi
sempre. Il che ti rende un mezzo disastro, non un
disastro
completo" aggiunse. "Mi chiedo sempre il perché".
James
riflettè sulle possibili risposte da dare alla ragazza.
"Sono
in conflitto con me stesso"
"Davvero?
Come mai?"
"Perché
ti amo, ma non riesco a dirtelo"
Questo
avrebbe dovuto dirle, ma non lo fece.
Certo,
era uno scenario assurdo, ma rispondere così avrebbe almeno
messo
fine a quella tortura psicologica. Come sempre, però, si
limitò ad
aggirare la domanda.
"Non
è colpa tua" disse, alleggerendo il tono. "Temo di avere
un brutto carattere". La vide sorridere a quell'ammissione di
colpa da parte sua. Era ancora più bella quando sorrideva.
Penny
si era accorta della manovra di Al per fara sedere accanto a James.
Il suo migliore amico non demordeva mai. Per merito suo ora stava
parlando con James, e in maniera civile. Amichevole, persino.
Però
continuava a non capirlo. Non era colpa sua, fin qui erano d'accordo.
A tratti sembrava che non la sopportasse, a tratti sembrava voler
essere suo amico.
"A
volte ho la sensazione di esserti antipatica" disse senza
pensarci. James sgranò gli occhi.
"Non
è così" rispose. "Te l'ho già detto
Shane".
"Anche
io ti ho già detto che non ho nessun problema con te, eppure
tu non
sembri credermi" aggiunse. Voleva essere sincera, per quanto
fosse possibile. Perché in realtà aveva un enorme
problema con lui:
ne era innamorata.
Lui
mise su un sorrisetto sghembo, con l'aria di uno che la sapeva lunga.
"Sensazione"
rispose solo. Ovviamente James stava pensando alla volta in cui aveva
sentito Rose e Al dire che per colpa sua Penny non avrebbe passato
l'estate a Godric's Hollow con loro. E, ovviamente, Penny non poteva
saperlo.
La
ragazza piegò la testa di lato, studiando l'espressione di
James. Le
stava dicendo che aveva il sentore di esserle antipatico e che per
una sensazione il loro rapporto era pregiudicato. Penny
annuì.
Dopotutto
era un accurato riassunto della situazione.
Voleva
intavolare una conversazione migliore, ma Madama Rosmerta
arrivò a
prendere le ordinazioni.
Quella
donna manteneva sempre il suo fascino, benchè avesse
parecchie rughe
in più di quando a quello stesso tavolo sedevano i genitori
di Al e
Rose.
I
capelli ancora biondi – grazie a una lozione colorante
–
acconciati in una enorme treccia, che toccava quasi terra. Calzava
stivaletti di cuoio con i tacchi, molto giovanili, e portava il
solito vestito da lavoro ampio, con un grembiule a coprirne il
davanti.
"Cosa
vi porto, ragazzi?" chiese gentilmente.
"Tre
burrobirre" risposero in coro Rose Al e Penny, prima degli
altri.
Di
solito, almeno alla prima gita dell'anno, loro tre sedevano da soli e
ordinavano ogni volta la stessa cosa. Una tradizione, fin dalla prima
volta che avevano visitato Hogsmeade insieme, al terzo anno.
Tutti
gli studenti adoravano la burrobirra di Madama Rosmerta, ma per loro
era un rito. Stesso locale, stesso tavolo, stessa ordinazione. Una
volta l'avevano trovato occupato e Rose si era vista costretta ad
operare un piccolo incantesimo cunfundus, che aveva
indotto i
malcapitati a spostarsi altrove. Ma quel giorno era diverso, non
erano solo loro tre.
"Chissà
perchè non mi sorprende!" commentò la donna a
voce alta,
ridacchiando. Chiese l'ordinazione agli altri, per poi tornare al
bancone a preparare il tutto.
"Siete
sempre in sintonia, voi tre" commentò James con un sorriso
che
contagiò anche Penny.
"Occupavamo
spesso il tavolo lì in fondo" indicò un
tavolinetto stretto
all'angolo del locale, "con tre posti precisi. Una volta
l'abbiamo trovato già preso e abbiamo gentilmente
invitato
gli occupanti abusivi a ripensarci". Ricordava ancora la faccia
di quei tre.
Ora
i suoi amici erano entrambi fidanzati ed erano lì con le
persone che
amavano. A dire il vero, anche lei era lì con la persona che
amava,
ma in una circostanza diversa, purtroppo.
"Io
dov'ero?" chiese James, pentendosene
subito dopo. Era una domanda sciocca.
"Perchè
non ero con te?"
"Perché
avresti dovuto?"
"Perché
ti amo"
Questo
avrebbe dovuto dirle, ma non lo fece.
James
cominciava a pensare che le conversazioni mentali che intratteneva
con se stesso rischiavano di farlo finire al riparto psichiatrico del
San Mungo.
"Eri
con quelli del tuo anno. Baston, Fred..." A quel nome gli si
gelò il sangue nelle vene. Era incredibile come il
comportamento di
suo cugino gliel'avesse fatto detestare, in così poco tempo.
Era
semplicemente ridicolo, perché loro erano amici. Lui non
aveva alcun
diritto di detestarlo dall'oggi al domani, solo perché lui
stava
riuscendo dove lui aveva fallito. No, dove tu non hai nemmeno
tentato, si corresse mentalmente. Probabilmente in quel
momento
il suo sguardo dardeggiava fuoco, perché vide Penny
interdetta.
"Oppure
eri con qualche conquista delle tue" gli ricordò sorridendo.
Improvvisamente
James desiderò che lei lo aggredisse o che in qualche modo
mostrasse
fastidio nel dire quelle parole. Avrebbe voluto vederla arrabbiata, o
quantomeno gelosa come lo era lui di Fred. Sì,
stava decisamente
impazzendo.
"Roba
vecchia" si difese. Santo cielo, quell'etichetta gli sarebbe
rimasta addosso tutta la vita? Non aveva avuto poi tutte queste
ragazze.
"Lo
so" rispose lei. "Ora hai una ragazza sola in testa, dico
bene?"
"Eh
già Shane, sei tu!"
"Come,
scusa?"
"Sei
tu"
Questo
avrebbe dovuto dirle, ma non lo fece.
Continuava
a maledirsi per la propria vigliaccheria. Avrebbe solo dovuto aprire
la bocca, per togliersi quel peso.
"James?"
lo richiamò. Si era perso negli occhi verdi di lei,
probabilmente
aveva lo sguardo fisso nel vuoto.
"Sì,
dici bene", cercò di dire con la massima indifferenza. "Non
potrei più guardare altre ragazze". Ce l'aveva sulla punta
della lingua.
Sei
tu Shane.
Penny
sentì una stilettata allo stomaco. Non
potrei pià guardare altre ragazze, aveva
detto James.
Merlino, quanto avrebbe voluto conoscere la ragazza
che ispirava quel sentimento, per tirarle un pugno in faccia.
No,
niente pugni.
"Ti
ha davvero conquistato" rispose con un mezzo sorriso, mentre
stava morendo dentro. Era l'unico modo per fargli credere di non
essere minimamente interessata all'argomento. Se non come amica,
ovviamente.
"Peccato
che io non
riesca a conquistare lei" mugugnò,
poi bevve la sua burrobirra tutta d'un fiato, mentre Penny prese a
sorseggiarla. Non
voleva parlare con
lui.
James
sembrava
talmente
triste che Penny
aveva
avuto l'ennesima conferma di non avere alcuna speranza. Chiunque
fosse, quella ragazza aveva sbaragliato la concorrenza senza sforzo.
Uscirono
tutti insieme dal pub, chiacchierando l'uno con l'altra. Fred le si
avvicinò nuovamente, mentre James era scomparso. Non aveva
idea di
dove fosse. Poi lo vide parlare con Lorcan e Al, e si immerse nella
conversazione con il rosso, sempre più convinta che avrebbe
fatto
meglio a concentrarsi su di lui, anzichè sprecare tempo con
James.
Nonostante ciò, subito fuori da I Tre Manici di
Scopa si
rimise in testa il cappello che le aveva lasciato, sorridendo. Non
aveva lui, ma aveva qualcosa di suo; meglio di niente.
Tornarono
su per la strada di Mondomago High, fino a Hogwarts, risalendo il
pendio erboso e sorpassando i cancelli con accanto i recinti di
cinghiali volanti, posti lì da tempo immemore. Quando
passarono
davanti a casa di Hagrid, il mezzogigante li salutò dalla
finestra.
Probabilmente stava dando l'acqua ad una delle piante carnivore che
aveva comprato di recente, pensò Penny.
Gliele
aveva mostrate con molto orgoglio qualche tempo prima, quando lei,
Rose e Al erano andati a prendere un tè da lui. Nel
frattempo, stava
parlando con Fred, ma non lo ascoltava veramente.
La
sua testa era rimasta a James, come anche il suo cuore.
ANGOLO
AUTRICE
Non
riesco proprio a stare lontana da questi personaggi, quindi ecco un
nuovo capitolo. Spero che lo abbiate apprezzato, anche se è
un po'
corto e anche se James è davvero
lunatico.
Il
fatto del muffin è un omaggio al film Chocolat, in cui
Juliette
Binoche impiega molto tempo per scoprire cosa Johnny Depp preferisca
in assoluto. Lui ogni volta le risponde con "molto buono, ma non
è il mio preferito". Adoro quel film, e adoro anche il
cioccolato. Ma sto divagando.
Passo
e chiudo.
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
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Farai felici
milioni di scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
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Capitolo 14 *** 13. I Due Fuochi ***
Capitolo
tredici
I
Due Fuochi
Penny
se ne stava a bocca aperta, con lo sguardo fisso nel vuoto.
"La
tua espressione da merluzzo è dovuta ad un trauma in
particolare?"
le chiese Al mentre si dirigevano a lezione di Pozioni, stranamente
puntuali. Rose rise di gusto.
"Molto divertente"
replicò Penny, mollando un leggero pugno sul braccio
all'amico.
"Non
te la prendere" disse Rose, dandole un colpetto sulla spalla.
Penny lo trovò più derisorio che consolatorio.
"Sto
riflettendo, Rosie" rispose, più acida di quanto avrebbe
voluto.
"Scusaci allora!" la canzonò Al, alzando le
mani in segno di resa. "Riguarda mio fratello suppongo".
Penny si limitò a guardarlo storto.
"Come pensavo..."
"La
conversazione che abbiamo avuto mi è servita" disse infine
Penny. "Ora sono pronta a metterci una pietra sopra, davvero".
Non c'erano poi molte opzioni, visto che James aveva ammesso che non
poteva interessarsi a nessun'altra che non fosse la misteriosa
ragazza che gli aveva rubato il cuore.
"Autoconvincersi
non è la strada giusta, Penelope"
rispose Al. Lei sbuffò
sonoramente.
"Da
che parte stai, Albus?" domandò,
calcando sul suo nome
completo proprio come lui aveva fatto con lei.
"Non
farla arrabbiare Al" disse Rose. "Domani c'è il Quiddich
contro Corvonero: la deconcentri!" Il tono era chiaramente di
rimprovero. Penny apprezzava l'interessamento disinteressato
dell'amica. "Ho scommesso con Lorcan sulla vittoria della nostra
squadra, non voglio perdere cinque zellini". Come non detto!
Non
era poi così disinteressata.
Entrarono
nell'aula, sedendosi vicini. Rose e Penny allo stesso banco, mentre
Al davanti a loro, con Finnegan. Alice era già occupata con
Trixy.
Victoire, ovvero la professoressa Weasley in Lupin, entrò
subito dopo, dando il buongiorno a tutti gli studenti. Con movimenti
leggiadri estrasse i libri, gli ingredienti per la nuova pozione e il
calderone. Tutti i ragazzi restavano sempre incantati dai suoi
movimenti. Una bisnonna Veela fa comodo per il fascino personale,
pensò Penny. Avrebbe fatto comodo anche a lei, con James.
"Oggi
prepareremo la Senecsa" annunciò
Victoire. "Chi sa
di cosa stiamo parlando?"
Rose alzò la mano.
"Sì?"
"La
pozione invecchiante" rispose con un sorrisetto.
"Esattamente"
disse l'insegnante. "Che vi sconsiglio di usare per scopi
illeciti" precisò, suscitando l'ilarità di Al e
Rose. Penny
trovò singolare che Victoire ammonisse gli studenti sull'uso
della
pozione ancor prima di aver spiegato loro come prepararla.
"Illeciti?" chiese Finnegan, senza capire. La
professoressa si accinse a spiegare.
"I miei zii George e
Fred Weasley, tentarono di usarla per superare la linea
dell'età,
tracciata da Silente per impedire che studenti minori di diciassette
anni prendessero parte al Torneo Tre Maghi".
"Sul
serio?" chiese Penny a Rose, sottovoce.
"Mia madre li
aveva avvisati che non avrebbe funzionato" sussurrò. "Mai
sottovalutare Hermione Granger. Non sarà la Prescelta,
come zio Harry, ma posso assicurarti che sa essere terrificante. Lo
dice anche papà".
Penny ridacchiò, mentre tentava di
schiacciare delle bacche di natura non meglio precisata,
apparentemente utili per la pozione.
Gli aneddoti della famiglia
Weasley erano infiniti, pensò.
Una
volta finita la lezione, durante la quale, a onor del vero, nessuno
era riuscito ad ottenere risultati soddisfacenti nel preparare la
Senecsa, Penny raccolse i libri e gli utensili e si avviò
alla
porta. Fuori dalla classe, Al le fece capire che voleva parlarle.
"Devo
preoccuparmi, Al?" Fu la prima reazione di Penny, che si
appoggiò al muro, attendendo una ramanzina dall'amico.
"Voglio
raccontarti una storia" disse inaspettatamente. La disperazione
si dipinse sul volto di Rose.
"Oh no!" esclamò la
ragazza, cercando di fuggire. Penny non glielo permise, trattenendola
per un braccio. Se proprio dovevano, avrebbero sofferto insieme.
C'era solo da sperare che non fosse una delle interminabili storie di
Al.
"Sarò breve, tranquille!" sbuffò, infastidito
dalla pantomima delle amiche. "E' la storia di una bambina dai
capelli rossi e di un bambino con degli occhiali tondi. Lei l'ha
amato dal primo anno ad Hogwarts, senza che lui si accorgesse di lei.
La vedeva solo come la sorella di Ron Weasley. Fino al sesto anno,
mia madre era convinta che non l'avrebbe mai presa in considerazione.
Si era anche messa con un altro, ma non è andata.
Perché lei amava
Harry Potter. Sai qual'è la conclusione?" chiese, con
espressione vittoriosa, come se avesse appena provato una teoria
importante.
"Non molto bene"rispose Penny. "Oggi
sono sposati e hanno tre figli, di cui due completamente idioti. Uno
è un arrogante, l'altro è petulante". Al fece una
smorfia.
"Scherza pure, ma le cose girano così. Succede"
disse Al risoluto, incrociando le braccia al petto.
"Senti
Al" replicò Penny, "probabilmente tua madre è
stata
coraggiosa e paziente, ma di sicuro aveva più spirito
d'iniziativa
di quanto ne abbia io".
"Ma Penny..." provò a
contraddirla, vedendola turbata.
"James ama un'altra e
parlarne mi fa solo male". La voce, che avrebbe voluto ferma e
decisa, si incrinò. Rose provò a spiccicare
qualche parola, ma non
fece in tempo.
"Scusate" borbottò Penny, e schizzò
via alla velocità della luce.
Si
avviò a passo svelto per il corridoio, senza guardare
davanti a sè.
Voleva solo scappare dai suoi amici, da quel discorso, da se stessa.
All'improvviso cozzò contro qualcosa, più
precisamente qualcuno dai
capelli rossi. Sebbene vedere persone con i capelli rossi non fosse
così insolito a Hogwarts, considerata l'elevata percentuale
di
sangue Weasley nel castello.
"Fred..." Lei tentò di
darsi un contegno, ricacciando indietro le lacrime che stavano per
sgorgare. Fred la guardava, evidentemente stupito dall'espressione
del suo volto.
"E' successo qualcosa?" domandò.
"No,
figurati. Ho avuto un battibecco con... Rose" inventò sul
momento. "Dove stavi andando?" chiese, per cambiare
discorso. In realtà, non fu una mossa brillante.
"Da te"
rispose il ragazzo, con una sincerità disarmante, senza
farsi
problemi. Lei spalancò gli occhi per la sorpresa.
"Per
dirmi cosa?" domandò.
"Questo" e l'attirò a sè.
Il
corridoio era mezzo vuoto, Fred iniziò ad accarezzarle il
viso.
Penny era paralizzata, non riusciva a muoversi. Lui le prese il
mento, sollevandole la testa, finchè non riuscì a
guardarla negli
occhi. Fred aveva occhi color nocciola, molto espressivi.
Inaspettatamente, lei pensò a due intensi occhi, pozze scure
che non
appartenevano al ragazzo che stava per baciarla. Si impose di
scacciare l'immagine di James dalla mente, mentre Fred avvicinava la
bocca alla sua, finchè le loro labbra non si incontrarono.
Al
contatto, quelle di Penny si schiusero lentamente, permettendo a Fred
di approfondire il bacio. Da quel bacio poteva capire se con Fred
avrebbe potuto funzionare, se avrebbe potuto dimenticare James.
Rimasero
a baciarsi lì, senza pensare minimamente di trovarsi nel
corridoio
di una scuola, finchè non furono interrotti da un colpetto
di tosse,
secco ma riconoscibile.
Una donna dall'espressione austera, ma
non arcigna, stava di fronte a entrambi. Indossava un lungo vestito
blu notte, trapunto di stelline color argento. Da sotto il cappello a
punta spuntava un'espressione severa. I due ragazzi si separarono
immediatamente.
"Signorina Shane, credo che potresti
aspettare di essere fuori dall'orario scolastico per baciare il
signor Weasley" la rimproverò Minerva McGranitt, per poi
allontanarsi a passo svelto.
In quel momento, senza un motivo
apparente, Penny si staccò da lui, lo guardò e
iniziò a correre
nel senso opposto, senza ascoltarlo mentre la chiamava.
Oramai
era un'abitudine, quella di scappare da tutto e da tutti. Avrebbe
fatto prima a ritirarsi a vita privata.
Mezz'ora
dopo era nella classe di Trasfigurazione. Arrossì
violentemente alla
vista della preside, ma quella le fece un sorrisetto; segno che,
quantomeno, non ce l'aveva con lei per l'accaduto.
Comunque,
nessuno avrebbe potuto avercela con Penny più di quanto lei
non ce
l'avesse con se stessa. Aveva combinato un casino con quel bacio, e
ora non sapeva come rimediare.
"...e con la formula
Inflapes, sarete in grado di gonfiare i piedi di una
persona;
mentre con l'incantesimo Procerus potrete
diventare più alti
o farci diventare qualcun altro. Tutto chiaro?" La McGranitt
spiegava e Penny non stava ascoltando, talmente era persa nei suoi
pensieri. Rose, vicino a lei, non osava rivolgerle la parola. Penny
temeva il momento in cui le avrebbe raccontato quel che era successo
con Fred, ma soprattutto quello in cui l'avrebbe detto ad Al.
"Ho
baciato Fred" annunciò.
"C-cosa?" Un coro si
levò nella stanza del dormitorio. Tre ragazze erano sedute
su un
letto, mentre una stava in piedi di fronte a loro. Era Penny, che si
sentiva come un imputato di fronte alla giuria.
"Sì, è
successo".
"Com'è stato?" chiese Alice.
"E'
stato..." cercò le parole per descriverlo appieno,
"piacevole".
Era vero. Le era piaciuto e, benchè
avesse poca esperienza, poteva affermare che Fred non baciava niente
male. Di sicuro era stato meglio di Dave, il suo vicino babbano, ma
c'era un particolare non trascurabile: non appena si erano staccati,
James si era riaffacciato nella sua testa.
Si era illusa che
baciare Fred le avrebbe scacciato James dalla mente, ma evidentemete
non era così semplice.
"Vi prego, non ditelo ad Al"
piagnucolò, rivolta soprattutto ad Alice. Era giunta alla
conclusione che fosse meglio. Le tre la guardarono basite: diceva
sempre tutto ad Albus. Lui era sempre il primo a sapere qualsiasi
cosa la riguardasse.
"Perché?" domandò Trixy.
Fu
Rose a rispondere per lei, facendo un sunto piuttosto accurato.
"Mio
cugino pensa che aspettare James sia la soluzione a tutti i problemi
di Penny".
"Non credo sia così, ma non lo è neanche
mettersi con un altro mentre ami ancora lui" disse Trixy.
"Voglio dire, non puoi aspettare per sempre James. Credo
però
che la precedenza al momento sia parlare con Fred. Non lo conosco
molto, ma mi sembra un tipo carino, si merita una spiegazione".
"Sagge
parole" commentò Alice. Penny non poteva che concordare.
Doveva
dare un taglio alla faccenda, prima che qualcuno si facesse male.
Nella fattispecie, Fred.
Quello
stesso pomeriggio, tra la fine delle lezioni e l'orario di cena,
chiese a Fred di potergli parlare a tu per tu. Dalla faccia di lei,
lui presagì che non sarebbero state buone notizie. Si
sedettero su
una panca di legno, in un'aula vuota accanto a quella di Pozioni. Fu
Fred a rompere il ghiaccio, intuendo la ritrosia di Penny a parlare
per prima.
"Riguarda quello che è successo oggi?"
Penny annuì silenziosamente.
"Oh
Merlino, che faccia! Devo essere un pessimo baciatore"
scherzò.
Tipico di Fred, effettivamente, prenderla bene. Penny comunque si
affrettò a negare, perché il bacio in
sè non era stato affatto
spiacevole.
"Tu non hai fatto niente di sbagliato, anzi"
disse. "Sei un ottimo baciatore, Fred Weasley".
"Lo
so, ma grazie per averlo ribadito" replicò lui, sorridendo.
"Sapere che sono un buon baciatore mi rassicurerebbe, se non
fosse che in questo discorso c'è un ma"
aggiunse, certo
di avere ragione. Penny era visibilmente in imbarazzo, ma era
evidente che c'era un grande e grosso però
in sospeso.
"Ecco,
io..."
"Coraggio
Miss Shane, sbrigati, altrimenti non mi servirà la pozione
invecchiante per ottenere una bella barba bianca" la celiò
lui.
Era
proprio questo aspetto giocoso di Fred che la faceva sentire
più
idiota; stava rinunciando all'opportunità di instaurare un
legame
con una persona come lui, perché era troppo impegnata a
desiderare
un ragazzo innamorato di un'altra.
"Io
non sento quello che dovrei sentire in una situazione del genere"
spiegò infine.
"Posso chiedere una spiegazione più
dettagliata?" In effetti non era stata troppo chiara: ci stava
girando intorno.
"Non sento quelle che i babbani
stupidamente chiamano le farfalle nello stomaco".
Dallo
sguardo di Fred, comprese che quell'espressione doveva conoscerla
anche lui, perché non sembrava affatto confuso.
"Messaggio
ricevuto" disse, laconico. Fece per alzarsi, ma Penny decise di
andare fino in fondo. Quel ragazzo le piaceva, si meritava la
verità.
"Io
mi sento incredibilmente stupida" confessò. "Sto
rinunciando a questo rapporto con te per qualcosa di astratto, ma
allo stesso tempo fin troppo concreto". Il tono di Penny
stupì
Fred, che si sedette nuovamente sulla panca. Era colpito dalla
sincerità che percepiva. Lei era davvero dispiaciuta.
"Lui
chi è?" chiese.
Penny
socchiuse gli occhi. L'espressione sul volto di lei gli
strappò uno
sbuffo che per metà era un sorriso. Aveva la conferma che
cercava.
Il cuore di Penny era chiaramente già occupato.
"Qualcuno
che non posso avere" rispose lei, evasiva. "Perciò vedi...
quando ti dico che il problema è mio,
non è una frase di
circostanza" chiarì, "perché tu sei un ragazzo
praticamente perfetto. Eppure io non posso andare avanti
perché ora
so che non sono passata oltre" aggiunse. "Non voglio che
pensi che io l'abbia presa come un gioco..."
"Non
ha importanza quello che penso..." Lei scosse la testa.
"Ha
importanza per me, davvero" asserì convinta. Non voleva che
lui
avesse dubbi al riguardo. "Perciò, per favore, non pensare
che
per me sia facile fare questo discorso senza senso. Mi importa
eccome, e spero anche che potremo... restare amici".
"Be',
visto che ti importa, ti dico quello che penso" replicò lui,
serio. Penny rimase in silenzio, aspettandosi parole al vetriolo, ma
l'espressione sul viso di Fred non era risentita. "Hai fatto
bene a dirmelo ora, Penny. Non mi hai illuso, non più di
quanto tu
abbia illuso te stessa nel pensare di poter
dimeticare questa
persona". Penny era stupita dalla maturità che Fred stava
dimostrando in quel momento. Non faceva altro che confermarle che
quel ragazzo era speciale.
"Io...
pensavo di essere sulla buona strada per dimenticarlo. Invece non ci
riesco. È colpa mia, ma mi dispiace che tu ci sia andato di
mezzo"
rispose.
"Lo
so" disse, comprensivo. "Dispiace anche a me. Insomma, non
è la massima aspirazione di nessuno essere rifiutato per un
tizio
senza nome" e qui fece un mezzo sorriso, consapevole che Penny
non avrebbe fiatato. "Sì, mi piaci, ma non al punto da non
poter tornare indietro. Non sono innamorato di te,
perciò
tutto questo" – e indicò loro due – "non
è un
dramma". Lui la stava rassicurando. Assurdo.
"So
di essere patetica" sussurrò Penny. "Me ne rendo
perfettamente conto".
"No,
sei innamorata" disse Fred, fuori dai denti. Notando
l'espressione di lei, proseguì: "Oh, andiamo! Si vede che
questo tizio, chiunque sia, è molto più di una
cotta per te".
Il suo tono non era minimamente accusatorio, e questo la fece sentire
molto meglio. Più leggera.
"È
vero" ammise.
"Accetta
un consiglio" riprese lui. Lei levò il volto per incontrare
gli
occhi nocciola del ragazzo. "Sei bloccata in un punto in cui non
puoi avere lui ma non vuoi avere nessun altro. Fatti un favore,
diglielo e basta" concluse. Penny era colpita. Effettivamente
non aveva tutti i torti. Lei era bloccata in ogni caso. Tanto valeva
tentare. Però era anche vero che Fred non aveva idea che
stessero
parlando di James, che era già innamorato di un'altra.
"Ci
penserò su" promise lei.
Fred
comprese che non c'era più niente da dire e si
alzò dalla panca.
Probabilmente aveva anche bisogno di allontanarsi da lì.
"Per
quella faccenda del rimanere amici... si può fare"
assentì.
Penny gli sorrise. "Dammi solo un po' di tempo, Miss Shane".
Sì,
decisamente si era appena lasciata sfuggire un ragazzo d'oro.
"Grazie
Fred" disse Penny, prima di vederlo scomparire oltre la porta
dell'aula, lasciandola aperta.
James
stava attraversando il corridoio, senza pensare a niente. Ancora una
mezz'ora e sarebbe stata ora di cena.
All'improvviso notò
qualcosa di strano: il rumore di una porta che si apriva e suo cugino
Fred che usciva da un'aula in disuso, fendendo il corridoio a larghi
passi. Prima di uscire però era rimasto sulla soglia, a
parlare. O
era impazzito, o nella stanza con lui c'era qualcuno.
Aspettò
che si fosse allontanato completamente, per poi avvicinarsi a
sbirciare, attento a non fare il minimo rumore, e quello che vide non
gli piacque. Seduta su una panca c'era la sua Shane e... piangeva
silenziosamente. Nessun singhiozzo e nessun singulto, solo lacrime
che le rigavano le guance, ma James rimase interdetto. Non l'aveva
mai vista piangere. Si sentì in dovere di entrare, non gli
piaceva
l'idea di spiarla in quel modo.
Aprì completamente la porta,
notando lo sguardo sorpreso che si dipinse sul volto di lei, insieme
a un vago rossore. Penny si affrettò ad asciugare le lacrime
con le
maniche della tunica e lui si guardò bene dal farle notare
che ormai
non poteva nascondergli che aveva pianto. Semplicemente, finse di non
averlo notato.
"Che ci fai qui?" chiese,
ricomponendosi.
"Potrei chiedere lo stesso a te".
"Io..."
iniziò, ma James la interruppe. Non avrebbe sopportato una
bugia,
anche se non aveva nessun diritto di pretendere la verità.
"Ho
visto uscire Fred. È colpa sua?" domandò.
"James..."
"Ripeto:
è colpa sua?" La frase nella sua testa suonava meno
perentoria.
Pazienza, ormai aveva usato quel tono. Quello
arrogante, che
lei detestava.
"No" rispose Penny.
"Che ti
ha fatto?" chiese di nuovo, suonando ancora più infastidito
e
sbrigativo. Lei sembrò – giustamente –
indispettita.
"Niente,
è colpa mia" disse con voce incrinata. Non poteva vederla
così.
E incredibilmente sentiva più profondamente il dispiacere
per lei
che la rabbia per Fred. Perché di sicuro era colpa di Fred.
"Ti
avevo detto che ti avrebbe fatta soffrire".
"Come,
scusa?" chiese
lei,
confusa.
"Non far finta di non aver capito, Shane.
Se lui è il ragazzo di cui sei innamorata, ti aveva
già fatto star
male, era logico che succedesse di nuovo".
Logico? Non
c'era niente di logico in quella faccenda. Non sapeva neanche lui
cosa stesse dicendo.
"Magari" sussurrò
Penny.
Sorpreso, James fu quasi sul punto di ribattere, ma
lasciò che la ragazza continuasse.
"Se fosse lui"
disse, "sarebbe tutto così semplice..." Aveva in volto un
sorriso malinconico. "È carino, simpatico, gentile. Nel
complesso mi piace" aggiunse senza neanche pensarci.
A
quelle parole James sentì un crampo contrargli lo stomaco,
ma non
replicò. Come avrebbe potuto farlo? Con quale scusa?
"Senti
Shane, smettila di elogiarlo!"
"Perché?"
"Sono
geloso marcio"
No,
forse non era il caso.
Penny proseguì, senza immaginare quello
che si agitava in lui.
"O meglio" si corresse la
ragazza, "potrebbe piacermi, se non fossi
innamorata
dell'altro. E sarebbe meraviglioso, se così fosse. Ho
provato con
tutte le mie forze a dimenticarlo, ma non è servito" la voce
ora era più calma, quasi rassegnata. "Non mi
libererò mai di
lui".
James
era attonito. Shane si stava confidando con lui, gli stava aprendo il
suo cuore, ma a proposito di un altro ragazzo. E lui aveva pensato
che Fred fosse un pericolo! Dallo sguardo di lei era chiaro che non
era Fred la concorrenza. Anzi, non c'era concorrenza alcuna. Questo
ragazzo, chiunque fosse, era in cima ai pensieri della sua Shane. No,
non la sua Shane. Solo Shane.
Penny
cominciava a domandarsi per quale motivo James non smettesse di
fissarla. Ma soprattutto, perché si stava confidando con
lui? Non
aveva senso.
"Quindi
non è lui?" le chiese di
nuovo, facendole perdere la pazienza.
"Ovvio
che no. Sarebbe come scambiare una torcia con il sole"
mormorò
lei, senza rendersene conto. Stava parlando più a se stessa
che a
James e le parole erano uscite di getto. Quella era una
dichiarazione in piena regola, anche
piuttosto accorata. Grazie a Merlino e Morgana James ignorava di
essere il sole,
in quella frase. Lo
vide spalancare
gli occhi, sorpreso da quello che aveva detto. Era sorpresa anche
lei, effettivamente.
"Lo ami molto"
fu quasi un sussurro. Lei annuì, restando in silenzio.
"Dimmi
chi è". Il
fatto che James non l'avesse formulata come una domanda la fece
infuriare.
"Non
potresti almeno chiederlo gentilmente?" gli rispose
piccata.
"Potresti
dirmi chi è?" chiese, addolcendo il tono.
"No".
"Mi
prendi in giro?" L'espressione
contrariata di James somigliava molto ad un broncio. L'avrebbe fatta
sorridere, in un altro momento.
"Non
posso" disse.
"Ora sai che non è tuo cugino, non ti basta? Credevo fosse
questo il punto. Perché diamine mi devi estorcere
un'informazione
così personale?" Il
comportamento di James era assurdo, ma questa non era una
novità.
"Sono
solo curioso" disse
con studiata noncuranza.
Era
giunta alla conclusione che lo facesse apposta, per infastidirla.
"James, se tu avessi un briciolo di rispetto per i
sentimenti altrui, dovresti lasciarmi in pace" ribadì.
"Mi fa male".
La
guardò dritto
negli
occhi, quelle pozze scure nelle quali Penny non riusciva a non
perdersi.
"Ti
fa soffrire anche solo parlare di lui?" le chiese.
Sembrava
scioccato, e aveva ragione da vendere. Era maledettamente patetica.
Si limitò a distogliere lo sguardo.
"Scusa"
disse,
e
sembrava sinceramente dispiaciuto. "Va' pure. Posso solo dirti
che non capisco perchè tu non vada da lui a dirglielo. Perché
ti dovrebbe rifiutare?"
Riuscì
a non far trapelare ciò che stava pensando, ovvero che
nessuno per
alcun motivo avrebbe mai potuto rifiutarla. Per lui era un'ipotesi
inconcepibile.
"Lo
farebbe, non tutti possiamo aspettarci di essere corrisposti dalla
persona che amiamo. Solo perché tu sei abituato ad
avere tutte ai tuoi piedi
non
vuol dire che sia così anche per noi comuni mortali" gli
disse,
suonando
più rancorosa del previsto.
Un
attimo prima gli aveva dichiarato amore sconfinato e l'attimo dopo
stava cercando di allontanarlo. Fu
sul punto di dirgli la verità e di lasciare che ridesse di
lei, che
la canzonasse, che non le rivolgesse la parola. Tutto pur di levarsi
quel peso dal cuore. Perché era come aveva detto Fred: per
colpa di
James lei era bloccata.
Però
non lo fece. Non disse nulla.
"Che
ne sai tu?" lo
sentì dire, in tono insolitamente tranquillo. Lei lo
guardò
interrogativa. "Non
tutte
cadono
ai miei piedi, Shane".
"Quella
ragazza..."
"Sì,
quella
ragazza. La ragazza di cui ti parlavo
ai Tre Manici di Scopa... quella di cui..."
"...sei
innamorato" concluse Penny,
sentendo
lo stomaco che si contorceva.
"Lei non mi vuole, quindi so
benissimo come ti senti".
"Chi è?" lo
provocò
lei. Sapeva che non avrebbe ottenuto niente, e
ad ogni modo non
voleva quel nome. Era
giusto per ripagarlo con la sua stessa moneta.
"Ti
aspetti che te lo dica?" James
fece
schioccare la ligua.
"Ovviamente no. Mi aspetto solo che tu
capisca come ci si sente, quando ti fanno una domanda a cui non puoi
rispondere".
"Io posso
rispondere,
Shane" precisò lui. "Semplicemente
non voglio".
Penny
si sorprese a desiderare di lanciargli una Fattura Orcovolante. E non
era la prima volta. Merlino, era così indisponente!
"Immagino
valga lo stesso per me, Potter".
Inutile
illudersi di poterci andare d'accordo. Un momento voleva saltargli in
braccio e baciarlo, quello dopo l'avrebbe volentieri
picchiato.
Decise
che non era più il caso di stare lì, si
alzò dalla panca e si lisciò la gonna a pieghe.
Poi oltrepassò
James velocemente ed uscì dall'aula. C'era rimasta troppo
tempo, per
i suoi gusti. Il
ragazzo
non fece nulla per trattenerla, e
Penny
si diresse in Sala Grande, col cuore gonfio di tristezza.
ANGOLO
AUTRICE
So
che è passato solo un giorno, ma eccomi a pubblicare
nuovamente. È
un capitolo breve ma abbastanza significativo per la storia. Sembra
che James e Penny stiano ballando il cha cha cha. Uno fa un passo
avanti e l'altro ne fa uno indietro.
Però
il
capitolo Fred è chiuso, per la gioia di Francesca
lol. Penny
si è lasciata sfuggire una frase abbastanza compromettente, anche
se James non sa di esserne il soggetto.
Ringrazio
chi ha messo la storia nelle seguite/ preferite/ ricordate e tutte le
persone che recensiscono o che mi scrivono in privato. E ovviamente,
ringrazio chi mi ha messo tra gli autori preferiti.
Alla
prossima, gente!
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Capitolo 15 *** 14. La partita ***
Capitolo
quattordici
La
partita
Le
bruciavano gli occhi. Avrebbe voluto piangere come una bambina, fino
a finire le lacrime. In meno di un'ora aveva chiuso con Fred e avuto
un diverbio con James, il quale ovviamente non aveva trovato di
meglio da fare che passare davanti all'aula proprio nel momento in
cui lei si stava lasciando andare ad un pianto liberatorio.
Maledizione, lei non piangeva mai davanti agli
altri.
Comunque,
doveva dare atto ad Albus di avere ragione: il chiodo scaccia
chiodo non era una buona tattica per Penny. Sulla via per la
Sala
Grande passò davanti a una porta a specchio, e il riflesso
che vide
le mise paura: sembrava un dannato spettro. Pallida, smunta, gli
occhi arrossati e gonfi.
Quando
si sedette al tavolo di Grifondoro, gli altri compresero che qualcosa
non andava, ma furono abbastanza delicati da non fare domande al
riguardo.
Al
sembrava preoccupato dal fatto che Penny non avesse toccato cibo,
perché non era da lei. Penny spiegò che non aveva
appetito e
accennò un sorriso che voleva essere rassicurante, ma che
risultò
poco convincente.
Fred
era tornato a stare nella parte del tavolo occupata da quelli del
settimo anno, con grande sollievo di James. Benché ora fosse
consapevole che il cugino non era un rivale, preferiva comunque che
stesse alla larga da Shane.
Quella
sera Penny si ritirò in dormitorio presto, insieme alle
compagne di
stanza. Voleva sfogarsi. Avrebbe voluto parlare anche con Al, ma non
voleva beccarsi un te l'avevo detto come risposta.
Decise di
rimandare la conversazione, ma raccontò tutto alle amiche.
Di come
aveva spiegato ogni cosa a Fred, di quanto lui fosse stato
comprensivo, di come ciò le avesse dato la conferma di
essere
un'idiota.
"Hai
fatto la cosa giusta" la consolò Rose. Penny
abbozzò un
sorriso. Ovviamente non piangeva più, non davanti a loro.
Però era
perfettamente chiaro che fosse un po' provata dalla giornata appena
trascorsa.
"Davvero"
aggiunse Alice. "L'avresti ferito di più se avessi
continuato a
frequentarlo". Le altre annuirono, per rafforzare il concetto,
e Penny apprezzò come le sue amiche si stessero dando da
fare per
rincuorarla.
"Almeno
ci hai provato" sdrammatizzò Trixy, beccandosi una gomitata
da
parte di Alice.
"Oh andiamo! Tentar non nuoce" insistè
l'altra. "Non è così grave, Paciock! Fred non
è ancora così
cotto da non potersi riprendere". Penny sorrise.
"Hai
usato le sue stesse parole" notò. "Di Fred, dico". A
pensarci bene, quei due avevano delle similitudini caratteriali.
"Davvero?"
"Già,
lui mi ha... consolato. In un certo senso".
"Carino
da parte sua" disse Alice. Penny annuì.
"Non
sono mai stata così in basso. Voglio dire, sono talmente
ridicola
che persino il ragazzo che ho scaricato si è sentito in
dovere di
tirarmi su il morale". Il pensiero era troppo comico per non
strapparle una risata.
"Fred
è un tipo sensibile" disse Rose. Era sempre stata sicura che
il
cugino non avrebbe dato in escandescenze.
"Sì
be', con un paio di Burrobirre gli passerà la delusione"
dichiarò Trixy. Alice sbuffò.
"Dimentico
spesso che sei una vera sentimentale Trix" replicò Alice.
"Una
delle ultime romantiche" aggiunse Trixy, consapevole di essere
un po' cinica. "Probabilmente è la cattiva influenza di
avere
Blaise Zabini come padre". Le altre risero e Penny per la
seconda volta pensò di intravedere dei punti di contatto tra
Trixy e
Fred. La voce di Alice la strappò dai suoi pensieri.
"Al
non sarà contento".
"Miseriaccia!"
esclamò Rose. "Se comincia con i suoi te l'avevo
detto
lo Affatturo!" Nonostante l'esclamazione iniziale fosse in pieno
stile Weasley, il tono di Rose ricordava quello di Hermione. Nessuna
osò contraddirla.
"Grazie,
Rose. Voi Weasley siete molto comprensivi" disse, pensando a
Fred. "Non si può dire lo stesso dei Potter"
mormorò, con
la mente rivolta più a James che ad Albus. Evitò
accuratamente di
menzionare lo scambio di battute con Potter senior. Ne avrebbe
parlato con Rose: la frase che aveva detto su di lui la imbarazzava
troppo.
"Ora
a letto!" disse Rose autoritaria. "Tu e Trix domani dovete
essere in forma per la partita, soprattutto perché devo
vincere la
scommessa con Lorcan".
Penny
accennò un sorriso, prima di ricordarsi che il Cercatore
della sua
squadra era il maledetto James Potter. Si rannicchiò sotto
le
coperte e si abbandonò al sonno.
La
mattina dopo
si svegliò stranamente riposata. Al
fu cortese, anche più del solito. Le versò il
succo di zucca e le
parlò come si parla a un bambino di tre anni che si
è appena
sbucciato il ginocchio. Era segno che Rose gli aveva caldamente
raccomandato di lasciarla stare. Probabilmente gli aveva detto quel
che era successo con Fred, ma
nello
sguardo di Al Penny
riusciva a leggere solo
comprensione.
Non
aveva intenzione di rifilarle un te
l'avevo detto,
evidentemente.
Sorseggiando
il succo di zucca, Penny si ricordò che non aveva ancora
raccontato
a nessuno quello che era successo con James.
Era
stata talmente presa dal raccontare la conversazione con Fred che si
era dimenticata di riferire a Rose l'assurdo dialogo che aveva avuto
con il Cercatore Grifondoro.
Come
se non bastasse, quel pomeriggio c'era la
partita di
Quiddich e lei non
era concentrata. Di
sicuro avrebbe
fatto pena – e di
conseguenza
Baston avrebbe richiesto il suo scalpo.
Che
cosa poteva volere di più dalla vita? Un Lucano,
probabilmente.
Quando
ebbe finito di fare colazione, si ritrovò con i propri
pensieri e un
bel niente da fare. Era sabato mattina, quindi niente lezioni. Il
modo più proficuo di mettere a frutto la mattinata era
andare in
biblioteca a studiare. Da due o tre giorni non combinava niente.
Certo, l'anno prima aveva ottenuto ottimi risultati ai G.U.F.O, ma
era meglio non sfidare la sorte. Era rimasta leggermente indietro in
Storia della Magia, quindi avrebbe utilizzato il
tempo a
disposizione per recuperare.
Era
sul punto di uscire dal ritratto della signora grassa, quando Rose
decise di aggregarsi. Non bisognava certo convincerla ad andare in
biblioteca. Sotto questo punto di vista era tutta sua madre.
Penny
aveva sperato di stare per conto suo a crogiolarsi
nell'autocommiserazione, ma Rose era stata così tenera con
lei che
non se la sentiva di dirle che voleva stare da sola. Inoltre... la
biblioteca era pubblica.
"Vado
a prendere i libri" disse Rose. "Aspettami in Sala Comune".
Penny
annuì e si sedette sul divano mentre Rose saliva su per la
scala a
chiocciola del dormitorio femminile. Dall'altra parte della Sala
Comune, Penny scorse Fred e notò con piacere che non la
stava
guardando. Probabilmente Trixy aveva ragione: un paio di Burrobirre
da Madama Rosmerta era tutto ciò che occorreva per sistemare
la
faccenda. Cercò James con lo sguardo, ma non era
lì.
"Eccomi"
annunziò Rose, riscuotendola dai propri pensieri. Penny si
alzò.
"Sei
diventata un fulmine Rose" commentò.
"Ho
imparato dalla migliore!" replicò l'amica. Non perdeva mai
occasione per ricordare a Penny di essere una ritardataria cronica.
Un difetto che però cercava di compensare preparandosi
velocemente.
"L'arte
del ritardo richiede di essere rapidi nel fare qualunque cosa"
disse con serietà, "ma riuscire lo stesso a non essere
puntuali".
"Potresti
tenere un seminario con le tue filosofie di vita sul ritardo" la
celiò Rose.
Insieme
si avviarono per i corridoi chiacchierando, fino a raggiungere la
biblioteca. Prima di entrare, Penny si fermò a raccontarle
in breve
la conversazione con James. Rose parve stupita delle parole che
l'amica aveva pronunciato.
"Hai
paragonato James al sole e Fred a una torcia?" chiese,
incredula.
"Non
ripeterlo" la supplicò Penny. "È imbarazzante
ripensarci".
Rose
scosse la testa, senza trovare qualcosa da dire. Semplicemente
l'abbracciò. Penny apprezzò il silenzio
dell'amica.
"Grazie
Rosie" disse solo. "Ci sei sempre".
"Sono
la tua migliore amica" le rispose semplicemente. "Dove
altro dovrei andare?"
"Uno
per tutti, tutti per uno, giusto?" A quelle parole Rose fece
un gran sorriso.
"Giusto"
confermò.
Era
una frase che dal primo anno Penny, Rose e Albus avevano assunto come
motto, riprendendola da un libro babbano. Quando Penny era bambina il
padre era solito leggerle I Tre Moschettieri prima
di metterla
a letto.
Aveva
molto per essere grata, pensò Penny. Non aveva senso
deprimersi per
James Potter, o per qualsiasi altro ragazzo. Lei aveva Rose, Al, le
ragazze e la sua famiglia. Merlino, come le mancava nonno
Arnold!
Sorrise
e prese l'amica sottobraccio, per poi entrare in biblioteca. Il
sorriso sulle sue labbra si spense istantaneamente, perché
in
effetti un ragazzo in grado di deprimerla a prima vista esisteva
eccome – rispondeva al nome di Scorpius Malfoy.
Che
diamine ci faceva in biblioteca? Da quando sapeva leggere?*
Stava
sicuramente facendo una ricerca segreta per trovare il modo ideale di
uccidere tutta Howgarts nel sonno, o perlomeno tutta la casata
Grifondoro.
Lui
le sorrise, mellifluo.
"Ciao
Sanguesporco" la salutò, il tono gentile
che cozzava con
l'insulto. Penny lo ignorò, ma Rose sbuffò
sonoramente.
"E
ciao anche a te, Weasley". Sputò fuori
il cognome come
se fosse offensivo di per sè. A quel punto Penny decise di
interrompere quei convenevoli al vetriolo.
"Ciao,
Serpe" rispose. "Sei più viscido del solito, vedo".
Lo sguardo del Serpeverde si assottigliò. Forse sfogarsi su
Malfoy
non era una cattiva idea, pensò Penny. Tanto quel
ragazzo-biscia si
meritava sistematicamente di essere insultato.
"Sono
stato cortese" rispose lui. "Dovresti esserlo anche tu".
"Stai
alla larga da noi!" intimò Rose. Gli occhi grigi di lui si
fecero minuscoli.
"Pensi
di mettermi paura?" replicò sprezzante. "Dove avete
lasciato il figlio di San Potter?" domandò, notando
l'assenza
di Al. Riusciva a far sembrare un insulto persino il cognome Potter,
che per il resto del mondo magico era sinonimo di salvezza.
"Sul
serio, Malfoy" sbottò Penny, "dovresti smetterla di
criticare i genitori degli altri, visto che tuo padre è un
maledetto
Mangiamorte". Lui sembrò accusare il colpo,
benché sorpreso da
quella replica così diretta.
"Come
ti permetti... lurida sanguemarcio?"
"Io
starei attento a usare certi termini, se avessi due
Mangiamorte in famiglia" continuò lei. Decisamente, sfogarsi
su
Scorpius le stava facendo bene. "Si potrebbe pensare che i
Malfoy non siano veramente pentiti". Penny si rese
conto
di aver alzato troppo la voce, sfidando le ire di Madama Pince.
"È
grazie a Narcissa se San Potter è vivo" replicò
lui.
Evidentemente
era a corto di insulti. Penny conosceva la storia, sapeva che
Narcissa aveva mentito permettendo a Harry di sfuggire a Voldemort,
ma non l'aveva fatto per bontà di cuore.
"Ed
è grazie a San Potter se tuo padre e tuo nonno sono a villa
Malfoy e
non ad Azkaban" ribattè prontamente. Tutti sapevano che
Harry
Potter aveva testimoniato, influenzando favorevolmente il tribunale
magico.
Scorpius
era interdetto, con la bocca spalancata, ma non trovava niente da
dire.
"Chiudi
la bocca Malfoy" disse Rose. "Sembri un merluzzo marinato".
Prese
Penny sottobraccio e la trascinò al primo tavolo libero,
cercando di
non gongolare troppo.
"Non
grande, magnifica" commentò poi. Penny ridacchiò.
"Sempre
un piacere" ghignò. Effettivamente, in quel caso era stato
terapeutico mandare qualche frecciatina a Malfoy. Un vero toccasana
per i nervi tesi.
Si
accomodarono al tavolo e si misero al lavoro, senza più
perdersi in
chiacchiere. Scorpius aveva rubato fin troppo tempo alla ricerca che
Penny doveva portare a termine per Storia della Magia.
La
biblioteca ebbe, come sempre, un potere calmante su di lei. Stare in
mezzo agli scaffali la faceva sentire protetta e l'odore dei libri
vecchi le lasciava una sensazione positiva addosso.
Fino
all'ora di pranzo, i suoi pensieri furono occupati solamente dal
professor Rüf, il fantasma che insegnava Storia della Magia
– e la
cosa non le dispiacque affatto.
Nel
primo pomeriggio, la Sala Comune dei Corvonero era funestata dalla
presenza di un James Potter particolarmente giù di corda.
"Lorcan,
mi devi aiutare!" piagnucolò, sedendosi sul divano.
Erano
appena venuti via dalla Sala Grande, dove avevano consumato il
pranzo. Il biondo si sedette accanto a lui e alzò gli occhi
al
cielo: sapeva già di cosa voleva parlargli.
Un
anno prima avrebbe pensato a un problema scolastico o riguardante il
Quiddich, ma ormai James era monotematico. Un caso disperato.
"Sto
impazzendo" aggiunse Potter, come se questo spiegasse tutto. Si
alzò di scatto e iniziò a girare in tondo. Lorcan
sospirò.
"Si
nota, James" fece, ironico. L'amico gli scoccò
un'occhiataccia.
"Non
mi stai aiutando".
"Prima
di tutto, smetti di girare come una trottola" gli disse Lorcan.
"Mi fai venire il mal di testa". James si accomodò
nuovamente accanto all'amico.
"Da
dove comincio?" Era chiaramente rivolto a se stesso, ma Lorcan
decise di rispondere comunque.
"Da
dove ti pare". Poi, semplicemente, attese una risposta del
Grifondoro.
"Al
sa che la amo" disse Potter.
"Non
ti domando quale sia il soggetto della frase".
Davvero
non ce n'era bisogno: Penelope Shane ormai era la risposta a ogni
dilemma sentimentale di James.
"E
io che c'entro?" domandò Lorcan.
"Dunque"
iniziò l'altro, "sia Al che Rose sanno che Shane
è innamorata
di un ragazzo e be'... sicuramente sanno chi è..." Persino
James appariva in difficoltà.
Lorcan
sapeva dove volesse andare a parare, ma non l'avrebbe aiutato.
"Assolutamente
no" disse infatti.
"Ehi,
non ho finito!" disse Potter.
"Il
mio è comunque un no" ribadì Lorcan. "Un no sulla
sfiducia".
"Oh
andiamo! Tu e Rose state insieme, potresti gentilmente estorcere
questa informazione a mia cugina".
"Non
voglio litigare con la mia dolce metà, neanche per aiutarti"
precisò. "In più, quei tre sono molto riservati.
Se uno ha un
segreto, gli altri due non lo riveleranno". Avrebbe scommesso
tutto l'oro di un Leprecauno che non avrebbe cavato un ragno dal
buco, anche se avesse chiesto informazioni a Rose.
"Sfodera
le tue abilità da seduttore" tentò James.
"Non
me lo direbbe. E dovrei spiegarle perché la vita
sentimentale della
sua migliore amica mi stia così tanto a cuore"
replicò Lorcan.
"Non ho intenzione di assecondare la tua Penny-follia".
James sbuffò sonoramente e si passò una mano tra
i capelli, già
abbastanza scompigliati.
Era
insoddisfatto, ma non sorpreso. Sapeva già che Lorcan
avrebbe
risposto in quel modo, ma ci aveva provato lo stesso. Tentar
non
nuoce, diceva nonna Molly. In realtà in tutta
quella storia
tutto nuoceva. Alla sua salute mentale, soprattutto.
"Comunque,
non eri convinto che fosse Fred?" La voce di Lorcan lo
strappò
a quella spirale di autocommiserazione. Gli fu grato per questo.
"No"
rispose. "Me l'ha detto Shane".
"Avete
parlato?" chiese
"Più
che altro litigato"
borbottò James.
"Per
la barba di Merlino!" esclamò Lorcan. "Non riuscite a
parlare come delle persone normali?" domandò, retorico. "E
sono sicuro che è colpa tua. Sei scostante con lei e, se
posso
consigliarti, non è il metodo migliore per conquistarla".
"Credi
che non lo sappia?" rispose James sbuffando. "Se mi guardo
allo specchio e organizzo un discorso sembra filare tutto liscio, poi
quando sono davanti a Penny perdo la bussola..." Lorcan gli mise
una mano sulla spalla.
"Me
ne sono accorto".
"Le
cose non vanno come vorrei" aggiunse James.
Poggiò
i gomiti sulle ginocchia, gettandosi in avanti e portandosi entrambe
le mani nella folta chioma. Quella posa lo aiutava a riflettere, di
solito.
Ogni
tattica con Shane sembrava insensata, però.
"Sei
un ragazzo distrutto, Potter".
"Dimmi
qualcosa che non so, Scamander".
"Senti
James" iniziò Lorcan, "Al e Rose non ti diranno il nome
del ragazzo per cui Shane ha una cotta..."
"Non
è solo una cotta, credimi" obiettò l'altro.
Lorcan lo fulminò
con lo sguardo per averlo interrotto, così Potter lo
lasciò
continuare.
"Stai
girando intorno al punto. Il nome di quel ragazzo è inutile"
disse. "L'unica azione sensata da parte tua sarebbe dirle quello
che provi, te l'ho già detto. Non hai niente da perdere"
aggiunse, convinto.
"Sì
invece!" ribattè James. "Penny è la migliore
amica di Al
e Rose; la mia conoscenza con lei non finirà dopo i M.A.G.O.
Sono
destinato a vederla a vita" conluse, incrociando le braccia al
petto. Sembrava sicuro di avere ragione.
"Hai
paura e basta" sentenziò Lorcan. "Il resto sono scuse".
Effettivamente, James dovette ammettere con se stesso che l'amico non
era lontano dalla verità. Sbuffò senza sapere
cosa rispondere e si
guardò intorno. Quando l'occhio gli cadde sulla pendola
della Sala
Comune si rese conto di essere in ritardo.
"Merlino!"
esclamò all'improvviso.
"Cosa?"
fece Lorcan.
"Sono
in ritardo per il Quiddich" spiegò l'altro alzandosi.
"Baston
mi ucciderà".
"Meglio
così" gli urlò dietro il Corvonero.
"Metterà fine alle
tue sofferenze e soprattutto mi farà vincere la scommessa
con Rose.
Ho
puntato sulla vittoria di Corvonero..." Ma
James era già schizzato via verso il campo da Quiddich.
Penny
raggiunse lo spogliatoio con calma, stranamente in anticipo.
Si
vestì con la divisa d'oro e porpora, lo stemma del leone a
troneggiare sulla tunica della squadra – a simboleggiare il
coraggio e la forza. Le doti che sentiva di non possedere ultimamente
– e che quel giorno sarebbero servite.
I
Corvonero non erano temibili, ma aveva paura di distrarsi durante la
partita. Ultimamente le capitava spesso. Scopa alla mano,
uscì dallo
spogliatoio.
Baston
la trovò seduta a bordo campo.
"Ehi
Shane" la salutò allegramente.
"Ehi
Sam" fece Penny. Lui si dovette accorgere da quel saluto mogio
che qualcosa non andava. Sul volto gli si dipinse un'espressione
stranamente comprensiva.
Se
era un libro aperto anche per Baston, si disse Penny, la situazione
si faceva preoccupante. A meno che Sam non usasse la Legillimanzia
senza farlo sapere in giro.
Decise
che preferiva decisamente la prima ipotesi, viste tutte le cose che
aveva da nascondere.
"Ansia da prestazione?" domandò.
"No"
lo rassicurò. "Lo dici solo perché sono in
anticipo"
provò a sviarlo.
"Anche"
ammise Sam ridacchiando, " ma in generale non sembri molto in
forma".
"Ehi!"
lo rimproverò Penny, oltragiata.
"Vuoi
che ti sostituisca?" la provocò.
La
ragazza sgranò gli occhi, basita. Baston l'avrebbe stupita
di meno
se si fosse alzato la manica mostrandole il Marchio Nero.
"Capitan
Quiddich, sei sicuro di sentirti bene?" lo celiò. "Tu
schiavizzi tutti i giocatori fino al loro sfinimento, fisico o
psicologico". Lui rise.
"Sono
umano anche io" le fece presente.
"Io
e Trixy pensavamo fossi un automa programmato per stare in sella a
una scopa ed elaborare schemi di gioco".
Sam
si finse risentito, mentre rideva sotto i baffi.
"Comunque
grazie, ma niente sostituzione" lo rassicurò Penny.
"Meno
male!" disse lui, sollevato. "Il tuo sostituto è davvero
scarso".
"È
il doppio di me" obiettò Penny.
"E
ha metà della tua abilità" ribattè
Sam, occhieggiando il
ragazzo in questione dall'altra parte del campo. "Perciò
cerca
di fare del tuo meglio".
"Lascerò
i problemi personali fuori dal campo" replicò lei
sorridendo.
Baston
non fece altri commenti, limitandosi a una virile pacca sulla spalla.
La stupiva come i maschi della sua età risolvessero ogni
dilemma
dandosi clamorose pacche sulle spalle.
Vedendo
arrivare l'arbitro e altri giocatori, il Capitano si
allontanò. Si
girò a guardarla da sopra la propria spalla sinistra: "Se
vinciamo, la prossima sarà con le Serpi! Da oggi si fa sul
serio".
"Sì,
Capitan Quiddich!" replicò Penny.
Lui
alzò gli occhi al cielo e andò a tormentare gli
altri con le stesse
parole.
In
quel momento James scese in campo, completo di divisa e scopa. Penny
lo vide strizzare gli occhi quando questi incontrarono la luce del
sole – e pensò che fosse bello. Lo pensava sempre,
del resto.
Strinse
la sua Firebolt e si sollevò da terra, andando a raggiungere
gli
altri giocatori a mezz'aria, in attesa del fischio d'inizio.
Ce
l'aveva fatta per un pelo! Si era lanciato dalla Torre Corvonero alla
volta del Campo da Quiddich e si era cambiato in fretta negli
spogliatoi. Afferrata la scopa uscì sul campo e si
guardò intorno,
notando Penny che scambiava due parole con Sam. Persino Baston
riusciva a tenere uno stile di conversazione più piacevole
di quello
di James, evidentemente. Avrebbe voluto andare da lei e dire
qualcosa, ma rinuncià in partenza. Sarebbe stato un fiasco
e, di
sicuro, Penny non voleva ascoltarlo.
Dopo
poco si sollevarono tutti in aria, aspettando il fischio d'inizio,
mentre Sam incoraggiava la squadra.
"Superiamo
Corvonero e ci battiamo con Serpeverde alla prossima partita"
strillò ai Grifondoro riuniti in circolo. "La nostra
priorità
è battere quelle biscie rammollite, visto come ci hanno
soffiato la
Coppa l'anno scorso".
Baston
era stato categorico – James doveva concentrarsi solo sul
Boccino.
Certo, sapere che Penny lo avrebbe seguito, con gli occhi puntati su
di lui, non era d'aiuto. Per niente. Però doveva acchiappare
quella
maledetta pallina alata. In fondo, lui era James Sirius Potter. Suo
nonno era un Cercatore, suo padre era un Cercatore: ce l'aveva nel
sangue, il talento. Non poteva fallire.*
All'inizio
la
partita procedette lentamente.
Sembrava
che i giocatori delle due squadre si stessero studiando a vicenda,
per capire quale schema di gioco adottare. Poi
le cose iniziarono a movimentarsi, Trixy segnò ben due
volte,
centrando in pieno gli anelli avversari con la Pluffa.
"Venti
punti a Grifondoro" dichiarò neutra la voce di Lily Luna,
addetta al commento delle partite. Ovviamente, tifando Corvonero, non
era troppo contenta della notizia, ma si mantenne abbastanza
imparziale.
Penny
non sapeva cosa avessero nella famiglia Potter: tutti adoravano il
Quiddich. Ginny aveva giocato da professionista e ora era una
giornalista sportiva; James Potter e suo figlio Harry erano stati
Cercatori.
Era naturale che James fosse il Cercatore
del Grifondoro – e
anche
che Lily facesse la cronaca delle partite.
L'unico
immune era Albus, che si era sempre limitato a tifare.
I
Grifondoro sugli
spalti
fecero sentire la loro gioia strillando e agitando striscioni e
sciarpe dai
colori oro e scarlatto.
Baston,
come sempre alla porta, era concentratissimo sui movimenti della
pluffa. Non era intenzionato a lasciarne passare neanche una. Avrebbe
difeso gli anelli a costo della vita.
Quanto
a Penny, i bolidi dei Corvonero la stavano tormentando. Ne respinse
uno e subito dopo un altro le arrivò quasi in faccia. Il
Battitore
avversario aveva mancato James, per fortuna.
Col
vento che c'era, Potter si permetteva anche di correre di qua e di
là
come una scheggia – la stava facendo impazzire. Era costretta
a
rincorrerlo per tutto il campo, come
fosse la sua ombra.
Si
tuffava in basso per risalire all'improvviso. Virava a destra
inclinando la scopa, per poi raddrizzarla e scattare verso l'alto.
Penny
non riusciva a capire nulla. Non
aveva
idea di
come James riuscisse a vedere il Boccino. Durante la sua "carriera"
di battitrice, le era successo al
massimo di intravedere uno sfarfallio dorato nell'aria.
"Dieci
punti a Corvonero!" La
voce di Lily Luna riecheggiò nel campo.
"E siamo venti a trenta per Grifondoro". Penny si distrasse
per un secondo ascoltandola, e per poco un bolide non colpì
James.
Rischiando di cadere dalla scopa, si precipitò a rispedire
quella
palla infernale da dove era venuta. Riuscì giusto in tempo
ad
evitare che Potter venisse colpito, ma si beccò una botta
secca sul
polso sinistro.
Merlino,
lei odiava i bolidi.
Ignorò
il dolore lancinante al polso e continuò a seguire James.
Potter
non riusciva a pensare ad altro: i Corvi erano in rimonta. Certo,
Grifondoro era in vantaggio, ma dieci punti in più non erano
niente
e quelle cornacchie non si sarebbero arrese. Doveva assolutamente
acchiappare il Boccino. Sentire lo sguardo di Shane seguirlo, come
aveva immaginato, non lo aiutava. Voleva girarsi a guardare gli occhi
di lei, verdi e profondi. Peccato che non potesse, dato che erano nel
bel mezzo di una partita ufficiale di Quiddich.
Rintracciò
un improvviso sfarfallio luccicante e udì un
battitò d'ali: il
Boccino era lì. Sfortunatamente, anche l'altro Cercatore
sembrava
averlo notato. James si lanciò all'inseguimento:
scartò di lato,
dirigendosi in picchiata verso l'oggetto alato, che era sceso di
parecchi metri. Sollevò il braccio per afferrarlo, frenando
appena
in tempo prima di impattare contro il terreno.
Sugli
spalti tutti erano stupiti, perché si erano aspettati una
caduta
rovinosa, che la bravura di James aveva evitato. La voce di Lily Luna
si diffuse per il campo:
"James
Potter afferra il Boccino" annunciò. "Centocinquanta punti
a Grifondoro. La partita è chiusa". James sorrise nel notare
che la voce della sorella non nascondeva una punta di frustrazione
per la sconfitta dei Corvonero.
James
rotolò per terra, esausto, con il sorriso sulle labbra e la
mano
chiusa a pugno attorno a quell'oggetto dorato, tanto piccolo quanto
problematico da acciuffare.
Penny
atterrò accanto al suo Cercatore. Doveva riconoscere che era
stato
straordinario.
"Sei
vivo?" domandò avvicinandosi. Il ragazzo si voltò
e le
sorrise, sollevandosi da terra con un balzo.
"Tutto
intero" rispose. "Tu?"
Penny
si guardò istintivamente il polso e James si accorse che non
aveva
un bell'aspetto. Le si accostò e sbirciò.
"Posso?"
domandò con voce di velluto. Lei assentì con un
gesto del capo.
Le
prese delicatamente il polso, causandole una smorfia di dolore. Se ne
accorse anche James.
"Andiamo
in Infermeria" disse.
"È
solo un'ammaccatura, Madama Chips ci penserà dopo. Vai a
festeggiare
con Sam" disse indicando Baston e gli altri componenti della
squadra che si stavano avvicinando a James, complimentandosi per la
cattura del Boccino.
Penny
sospirò. Si era abituata da anni a quello: il Battitore e
gli altri
facevano il lavoro sporco, ma il Cercatore prendeva tutta la gloria
alla fine della partita.
Baston
e Trixy notarono il polso di Penny.
"Si
è beccata un Bolide per colpa mia" spiegò James.
"Il
mio compito è guardarti la schiena dai Bolidi Potter, sono
preparata" lo rassicurò Penny.
"Vai
in Infermeria" ordinò Baston, perentorio. "Devi stare in
forma Shane! Mi servi per la sfida con le Serpi!" si
raccomandò.
Penny rise di quell'atteggiamento.
"Agli
ordini Capitan Quiddich" disse mettendosi sull'attenti. Be',
dopotutto non aveva tutti i torti: era meglio assicurardi che la
Battitrice fosse in forma.
"Ti
accompagno" mormorò James, affiancandola mentre usciva dal
campo.
"Testardo"
sbuffò lei, divertita. Lui non parve offeso.
"Me
l'hanno gia detto, Shane".
ANGOLO
AUTRICE
Eccomi
con un nuovo capitolo. James e Penny sono testardi ed entrambi hanno
paura di svelarsi. Questo capitolo è un po' di transizione.
Penny ha
di nuovo risposto per le rime a Scorpius, che sembra aver
mandato giù il rospo.
Salvo
Apocalisse, tra un paio di giorni pubblicherò il prossimo
capitolo,
perché so che questo lascia un po' in sospeso. Abbiate
pazienza con
questi due: sono idioti.
Breve
nota al capitolo:
1)
la
frase "Cosa
vuoi di più dalla vita? Un lucano"
è
ovviamente una
citazione
a quell'orribile tormentone pubblicitario di qualche anno fa (non so
se gira ancora).
2)
quando Penny guarda Scorpius e si chiede ironicamente se sia in grado
di leggere, è una citazione alla battuta di Draco nel film La
pietra filosofale. Harry sotto pozione polisucco nelle
sembianze
di Tiger si dimentica di togliere gli occhiali prima di parlare con
Draco, e lui gli chiede per quale motivo li indossi. Harry risponde
che stava leggendo. Com'è noto, Malfoy dice:
"perché, sai
leggere?"
Per
chi non lo sapesse la inventò il piccolo Tom Felton sul
momento,
perché aveva dimenticato la battuta. Il regista decise di
lasciarla
nel film.
3)
non puoi fallire, ce l'hai nel sangue è
la frase che Hermione dice a Harry nella Pietra Filosofale prima del
suo esordio come Cercatore.
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Capitolo 16 *** 15. L'infermeria porta consiglio ***
Capitolo
quindici
L'infermeria
porta consiglio
"Sei
proprio testardo!", sbuffò lei.
"Me
l'hanno già detto altri, Shane", ammise lui, ghignando.
Senza
dire altro, James la scortò per tutto il tragitto che
portava dal
campo di Quiddich alle mura della scuola. L'aria fuori era piuttosto
fredda, mancava una manciata di giorni all'inizio di novembre e Penny
non vedeva l'ora che la neve cadesse su Hogwarts. Amava la scuola
coperta da quella coltre candida; amava tirarsi bombe bianche con
Rose e Al, asciugarsi i vestiti con la magia, e ricominciare daccapo.
Potter rimase silenzioso, come del resto fece lei. Non sapeva come
intavolare una conversazione degna di questo nome, dopo quello che le
aveva detto la sera prima. Percepiva solo il respiro di lui; entrambi
erano in un tremendo imbarazzo. La ragazza parlò solo quando
giunsero davanti alle porte lignee dell'infermeria, intenzionata a
scioglierlo dall'obbligo di scortarla.
"Grazie,
ora posso cavarmela", gli assicurò.
James
non sembrò comprendere la frase e rimase esattamente
dov'era, senza
accennare minimamente a schiodarsi da lì.
"Quello
che intendo dire", ribadì, "è che puoi andare;
non ho
bisogno della balia". Lui alzò il sopracciglio destro,
guardandola come se fosse una bambina che aveva appena detto una
sciocchezza. Penny si ritrovò a notare che James alzava
sempre il
sopracciglio destro, e mai il sinistro. Conosceva
a memoria
le espressioni facciali di Potter? Wow, le cose andavano di bene in
meglio! Una sfigata innamorata: ecco cos'era.
"Non
se ne parla, voglio assicurarmi che la mia salvatrice",
e
calcò sulla parola con un sorrisetto di scherno, "riceva
tutte
le cure. In fondo è per proteggere me che ti sei fatta male,
no?",
e sfoderò un sorriso ammaliante, aprendole cavallerescamente
la
porta. Penny sul momento non trovò niente da ribattere... a
pensarci
bene non trovava mai nulla di sensato da ribattere, quando James le
sorrideva in quel modo.
Madama
Chips giunse immediatamente da loro e si informò
sull'incidente.
"Non
è grave...", sminuì Penny, "ho solo preso un
bolide,
credo che il polso sia slogato", le mostrò il braccio.
Madama
Chips lo esaminò accuratamente, sospirò e scosse
lievemente la
testa.
"Mia
cara", disse con una vaga aria di rimprovero, "come fai a
dire che è slogato? Questa è chiaramente una
frattura..."
Chiaramente
una frattura? Non poteva dare per scontato che sapesse
distinguere una frattura da una slogatura: non era mica un Medimago.
Sentiva una fitta continua, ma aveva una soglia del dolore piuttosto
alta, quindi poteva sopportarlo.
"Siediti",
disse la donna, indicando uno dei letti. "Torno subito e ti
aggiusto l'osso in un baleno". Penny deglutì rumorosamente,
un
po' a disagio. Si girò verso James: se ne stava
lì, ancora in
divisa da Quiddich, a braccia conserte.
"Sul
serio... sei stato molto gentile ad accompagnarmi, ma non è
necessario che tu rimanga con me", gli si rivolse. "Non
te ne andare, James!", pensava
nel
frattempo. Era una bugiarda patentata, perché se
c'era qualcuno
che voleva accanto in quel momento era lui. Di nuovo bugiarda: non lo
voleva solo in quell'istante, ma sempre.
"Maledizione
Penelope", si apostrofò con il nome completo, tanto per
rendere
il rimprovero più efficace, "perché non ti dai
una calmata?".
Possibile
che non riuscisse a controllare le proprie emozioni in presenza di
quel ragazzo?
"E'
inutile che cerchi di scacciarmi, Shane! Ho deciso di restare",
replicò tranquillo. Penny gioì intimamente, ma
-non senza fatica-
si trattenne e ostentò indifferenza.
"Stai
di nuovo cercando di farti perdonare per come mi hai trattata?",
indagò lei con un sorrisetto ironico. Una
frecciatina ci voleva,
almeno Potter avrebbe
imparato a non sbraitare
per poi pentirsene!
"Un
pochino sì...", un vago senso di colpa nel tono. "Sono
stato uno stronzo".
"Abbastanza...",
confermò lei, senza rancore. Il ragazzo si passò
una mano fra i
capelli, in un gesto automatico. Quello era davvero troppo: distolse
lo sguardo momentaneamente, o non avrebbe resistito dal toccarglieli.
"Giuro
che non ti chiederò mai più niente",
assicurò lui
solennemente, "a meno che non sia tu a volermene parlare".
"Devo
crederci?", era piuttosto scettica al riguardo. Lui annuì, e
aveva un cipiglio così serio che per un momento non le
sembrò di
avere davanti James Sirius Potter. Doveva essere qualcun altro
-magari sotto l'effetto della Pozione Polisucco- che parlava al posto
suo.
"Non
voglio più litigare con te, Shane...", il tono vellutato, ma
deciso. Sembrava ben intenzionato a rispettare la promessa. Era
troppo vicino e le sorrideva apertamente; il cuore di lei perse un
battito. "Controllati Penny,
maledizione!",
pensò.
"Nemmeno
io", disse cercando di usare un tono neutro. Ma lui aveva uno
sguardo così dolce e sensuale che sentì le guance
andarle in
ebollizione. James -fortunatamente- sembrò non farci caso;
tossicchiò nervosamente e iniziò a parlare.
"Senti
Shane, io..."
"Signorina!",
lo interruppe la voce di Madama Chips. "Ancora non ti sei
seduta?". Diamine, si era completamente scordata
dell'esistenza di quella donna!
Penny
fece come le era stato detto, mettendosi a sedere sul bordo del letto
che le aveva indicato poco prima. Ormai l'infermiera era molto
vecchia, ma sapeva incutere ancora un certo timore nei pazienti.
"Spostati
giovanotto!", intimò a James. "Devo andare a prendere una
pozione che rimetterà le ossa in sesto", aggiunse.
"Scusi",
squittì Penny, "le ossa? Al plurale?". C'era un po' di
apprensione nella voce.
"Certo
cara: frattura di ulna e radio", rispose calma, per poi sparire
di nuovo.
"Magnifico!",
esclamò Penny, più rassegnata che altro.
La
voce di Shane riportò James alla realtà; si era
perso ad ammirare i
suoi capelli neri e lucenti: quella mattina la ragazza li aveva
raccolti in un'alta coda di cavallo. Ovviamente, giocare a Quiddich
con la chioma al vento le sarebbe stato estremamente difficile,
perciò li teneva legati.
"Come
scusa?", si riscosse lui. Doveva farsi passare quella
ridicola fissa per i capelli di Shane: era assurdo che rimanesse
imbambolato a guardarli!
"Niente,
ha detto che sono due ossa rotte anzichè una".
"Oh".
"Vedo
che sei partecipe del mio dolore!", fece lei sarcastica.
"Lasciamo stare...", continuò accorgendosi che non la
stava seguendo. "Piuttosto, potresti sciogliermi la coda?",
domandò incerta.
"Come
scusa?".
"Ehm...
non so se ci riesco con una mano sola", spiegò lei. "A
sciogliermi i capelli, intendo...", specificò percependo
l'espressione inebetita di lui.
Un
altro "Oh" fu la risposta che ottenne; in realtà
somigliava di più ad un mugugno.
Penny
odiava farsi toccare i capelli, ma la coda era certamente sfatta e
non aveva senso tenerla. Le stava venendo un cerchio alla testa,
quindi sicuramente scioglierla le avrebbe dato sollievo. James colse
l'occasione per sedersi sul letto, accanto a lei, iniziando ad
armeggiare con l'elastico.
Notò
con piacere che al tatto i capelli di Shane erano esattamente come se
li era immaginati: morbidi e setosi. Penny si aspettava che da un
momento all'altro li tirasse o gliene strappasse inavvertitamente
qualcuno. Gli amici sapevano che non gradiva che la propria chioma
entrasse in contatto con mani estranee: motivo per il quale Al non
perdeva occasione di scompigliarli. Ma James sfilò
l'elastico con
estrema delicatezza, anche se Penny non potè dire di non
aver
sentito niente. Quello che aveva provato -tuttavia- non era
certamente fastidio. Il tocco di lui sulla cute le aveva provocato un
brivido lungo la schiena; le era persino sfuggito uno strano
versetto, che fortunatamente Potter aveva scambiato per un lamento.
"Ti
ho fatto male?", le chiese infatti. Doveva dire di
sì! Le
aveva fatto male, le aveva tirato i capelli e le era sfuggito un
lamento. Plausibile, no?
"No",
rispose sinceramente. Sbirciò verso di lui da sopra la
propria
spalla sinistra, per poi girarsi completamente. Due pozzi scuri la
scrutavano; le sembrava che volessero carpire ogni segreto della sua
anima. Provò l'irrefrenabile istinto di chiedergli di non
smettere
di toccarle i capelli, di accarezzarla fino alla fine dei tempi.
Insomma, ma cosa le prendeva?
Aveva sempre odiato
qualsiasi corpo estraneo che anche solo si avvicinasse alla sua
testa, e ora voleva implorarlo di affondarci la mano. Sul serio?
Nel
frattempo James stava pensando esattamente la stessa cosa, che gli
sarebbe piaciuto poterla accarezzare sempre così.
"Ehm...",
tossicchiò lei per uscire dall'imbarazzo, "stavi dicendo
qualcosa?".
James
se ne era completamente dimenticato; era concentrato solo sugli occhi
verdi di lei.
"Ehm...
ci tengo a dirti che ieri mi è dispiaciuto vederti triste e
in
realtà ero entrato per sapere come stessi". Non era
esattamente
quello che voleva dirle.
"Hai
uno strano modo di consolare gli amici; lo sai, Potter?".
Amici...
ma amici di cosa? Lei non lo voleva come amico!
"Suppongo
tu abbia ragione", disse lui e abbassò lo sguardo. "Non ho
mostrato molta sensibilità, in effetti".
"Avevo
litigato con Fred", spiegò. Perché
gliene stava parlando?
Non gli doveva nulla.
"Ci
ero arrivato!", rispose ironico.
"Ho
rotto con lui", aggiunse. Di nuovo la sua bocca parlava senza
essere collegata al cervello.
"Rotto?",
chiese lui deglutendo rumorosamente. "Perché, stavate
insieme?", una nota preoccupata nella voce, che Penny
scambiò
per curiosità. Ma James non era curioso: era
allarmato.
"Non
proprio... diciamo che è finita ancora prima di iniziare; e
Fred non
l'ha presa benissimo". A James vennero i crampi allo stomaco,
pensando al motivo che aveva spinto la sua Shane
alla rottura
con Fred. Comunque si astenne dal commentare, dato che lei non era
affatto la sua Shane...
"Ora,
a sangue freddo", non si trattenne dal farle quella domanda,
"ripeteresti quello che hai detto ieri? Quel fatto del sole e
della torcia, voglio dire...". "Non dire sì", la
pregò mentalmente.
"Sì".
Magnifico!
Una
strana creatura stava scalciando furiosa nel suo stomaco e non lo
lasciava in pace; non risuciva neanche a guardarla negli occhi, e
anche Penny sembrava trovare molto interessanti le pareti bianche
dell'infermeria.
Non
importava... quella risposta scoraggiante non gli avrebbe impedito di
seguire il saggio consiglio di Lorcan e di Al. Razionalmente sapeva
che dirle la verità era la cosa giusta da fare, anche se le
piaceva
un altro. La conosceva abbastanza da sapere che l'avrebbe rifiutato
con gentilezza. Quei morsi allo stomaco sarebbero spariti, e avrebbe
ricominciato a respirare senza un macigno addosso, comunque andasse.
"Shane...",
provò a dire.
"Sì?".
"PENNY!",
si sentì esclamare alle loro spalle. I due si girarono
all'unisono
verso la voce: Rose era apparsa sulla soglia, seguita da Alice, Al,
Trixy, Lorcan, Lysander e Lily Luna. Strano che non si fossero
portati appresso il resto dei Weasley.
Sembrava
ci fosse una congiura in atto contro i buoni propositi di James, che
infatti imprecò sottovoce.
"E'
tutto a posto?", chiese la rossa, preoccupata.
"Sì",
la rassicurò l'amica.
"Meno
male!", Al tirò un sospiro di sollievo. "Dagli spalti non
eravamo riusciti a capire cosa ti fosse successo".
James
scoccò a Lorcan un'occhiata eloquente, alla "Che
cavolo ci
fate qui a rompermi le uova nel paniere?". Il biondo si
strinse nelle spalle, come per chiarire che lui non c'entrava nulla.
Improvvisamente ricomparve Madama Chips.
"Cos'è
questa folla? È solo un polso rotto, non è in
degenza da una
settimana! Forza: tutti fuori! Siamo in un'infermeria, non al
circo!", gracchiò aspramente. "Al massimo può
restare il
fidanzato a farle compagnia", dichiarò addolcita dalla muta
supplica negli occhi di James. Penny arrossì violentemente e
cercò
di articolare una frase completa per chiarire che lui non era il suo
ragazzo, ma James la precedette.
"Grazie
per la comprensione".
"D'accordo...",
Lorcan colse la palla al balzo. "Usciamo prima che Madama
ci faccia a fette", e si guadagnò un'occhiata minacciosa da
parte della donna. Tutti e sette si congedarono e in lampo lei e
James si trovarono di nuovo soli, o quasi. Madama Chips magari
rappresentava un piccolo impedimento ai propositi di James, ma nella
vita non si può avere tutto.
"Tieni,
signorina... bevi tutto d'un fiato", disse la donna porgendo un
calice a Penny.
"Cin
Cin!", disse lei ironicamente. Non prevedeva un buon sapore per
quella pozione, e non si sbagliava; aveva un colore violaceo e
l'aspetto putrido, oltre a sapere di cadavere di rospo.
"Mi
viene da vomitare", dichiarò schifata.
"Ti
aspettavi un bicchiere di vino elfico?", replicò acidamente
la
donna.
Penny
comprese che era meglio non lamentarsi quella le spalmò un
unguento
sulla parte lesa. Gliela fasciò, raccomandandosi di cambiare
la
benda tre ore dopo. La mattina seguente avrebbe potuto toglierla del
tutto, anche senza tornare da lei in Infermeria. Poi, senza troppe
cerimonie, sbattè fuori sia lei che il sedicente "fidanzato".
"Fantastico!",
fece ironica non appena fuori di lì. "Ogni volta che provo a
cambiare una fasciatura riesco solo a spazientirmi e finisce che la
garza si appallottola su se stessa. Farò un incantesimo per
farla
srotolare, o qualcosa di simile... ammesso che esista un incantesimo
per una cosa così insulsa", concluse sbuffando.
James
rise di gusto all'immagine di Shane che lottava contro una garza: non
sapeva se trovarla tenera o tremendamente comica.
"Ci
penso io", disse alla fine, con una certa noncuranza.
"D-davvero?",
balbettò lei. Era Potter a parlare o aveva un
gemello gentile?
"Non
mi credi? Mi piaceva curare gli animali feriti, quando ero piccolo".
Improvvisamente le venne in mente il commento di Hagrid su quanto
James fosse stato bravo con gli Ippogrifi, e sorrise dentro di
sè.
"Non
sono un animaletto da curare!", protestò, fingendosi offesa.
"Non
intendevo questo", si lasciò sfuggire una risata. "Volevo
solo dire che me la cavo con questa roba".
"Ho
alternative?", chiese rassegnata.
"Torna
da Madama Chips", le rispose scrollando le spalle.
"Non
ci penso neanche! Preferirei farmi aiutare da Malfoy che tornare da
quella vecchia scorbutica!", sbraitò.
"Hai
uno strano modo di dirmi che posso aiutarti io...",
parafrasò
ciò che lei gli aveva detto poco prima. Penny rise, pensando
a come
sarebbe stato avere James vicino che le sfiorava delicatamente il
polso. Scacciò quell'immagine -a dir poco idiota- e
cambiò
argomento. Un secondo ripensò al fatto che un'alternativa ce
l'aveva
eccome: Al. Lui era bravissimo in queste cose, tanto che il suo
più
grande desiderio era fare l'addestramento per diventare Guaritare.
Accarezzava la speranza di andare a lavorare al San Mungo.
Chissà
perché James non ci aveva pensato...
Beh,
sicuramente non sarebbe stata lei a ricordarglielo, pensò.
I
due percorsero in silenzio i corridoi fino al ritratto della Signora
Grassa: sembrava un po'alticcia e teneva una bottiglia d'Idromele
nella mano destra.
"Parola
d'ordine?", fece il quadro, con aria svogliata.
"Grifone
rosso", rispose James sbuffando, sempre più sbalordito dalla
banalità delle parole d'ordine della propria Casa. Entrambi
salirono
nei rispettivi dormitori a rinfrescarsi e Penny si accorse che le sue
amiche erano tutte in stanza.
Rose
leggeva Storia della Magia di Batilda Bath; Trixy
stava
provando la sua nuova penna Autocorregente, arrivata fresca fresca
dai Tiri Vispi Weasley (negli anni gli studenti avevano imparato ad
aggirare i controlli di Gazza sui prodotti di George); Alice era
intenta ad annaffiare la piantina di Mimbulus
mimbletonia che teneva sul proprio davanzale e
le stava...
parlando. Penny scosse la testa con un sorrisetto; quella ragazza
aveva le sembianze della madre, ma somigliava a Neville. Sarebbe
stata un'ottima insegnante di Erbologia.
Scese
con Rose a chiacchierare con Al, ma di James neanche l'ombra.
Sicuramente era uscito dalla Torre; sperava solo che si ricordasse di
doverle cambiare la fasciatura...
James
salì di sopra a farsi la doccia e a levarsi la divisa da
Quiddich,
finalmente. Scese in Sala Comune, ma di Penny neanche l'ombra. In
compenso, Angie si stava pericolosamente dirigendo verso di lui, con
la chiara intenzione di intrappolarlo in una conversazione piena di
proposte oscene, proprio come l'ultima volta in cui le aveva rivolto
la parola. Gli sembrò un buon momento per la fuga: sarebbe
andato
dai Corvi, a parlare con Lorcan.
La
sua fortuna sfacciata fece sì che Lily Luna stesse
rientrando al
dormitorio esattamente nel momento in cui lui era arrivatò
lì
fuori. Ovviamente sua sorella l'aveva fatto entrare; e lui aveva
constatato con piacere che le cornacchie non avevano più
fantasia.
Corvo impagliato non era certo
meglio di Grifone
rosso.
Non
fu esattamente il benvenuto tra i Corvi; dopo la partita, non erano
molto contenti di trovarsi il Cercatore vincitore nel loro covo.
"Ancora
tu?", Lorcan roteò gli occhi al cielo.
"Ma
salve anche a te, amico mio!", rispose gentilmente il Grifone.
"Immagino
non sia una visita di cortesia", disse il biondo mettendosi a
sedere, "dimmi che cos'è successo". James ci mise un
minuto a riordinare le idee, dato che in realtà non era
cambiato
quasi nulla. Tranne che in lui.
"Niente,
sono venuto a dirti che ho deciso di uscire allo scoperto".
"Come?",
tossicchiò il biondo, palesemente incredulo.
"Dico
la verità, vuoto il sacco, sputo il rospo...",
elencò i modi
di dire che gli vennero in mente per rendere l'idea.
"Sul
serio?".
James
si limitò ad annuire, esponendo poi le sue
perplessità.
"Il
fatto è che non so quando e come farlo... in
realtà, pensavo di
portarla fuori...", si alzò dal letto di Lorcan, dove era
seduto. Erano nel dormitorio, per poter parlare con più
calma.
"Fuori...
dove?". Il grifondoro continuava a misurare la stanza a grandi
passi, palesemente irrequieto.
"Tipo
a Hogsmeade". Lorcan si mostrò perplesso.
"Come
pensi di arrivarci?".
"Questo
non è un problema", si pavoneggiò apertamente.
"Sono
James Sirius Potter, ho sempre una soluzione pronta". Aveva
intenzione di sfruttare la sua illimitata conoscenza dei passaggi
segreti, e magari anche il mantello dell'invisibilità di suo
padre.
"Piantala
di atteggiarti da figo!", e gli lanciò un cuscino. "Intendi
come una specie di appuntamento?".
"Sì,
se accetta è già un buon segno, almeno credo. Sei
stato tu, e anche
Al, a farmi capire che starmene con le mani in mano a rodermi il
fegato non porterà frutti", gli fece notare; voleva ricevere
una reazione maggiormente positiva.
"Immagino
di sì. Vuoi portarla fuori e dirglielo lì?",
domandò.
"Il
piano è questo, biondo!", confermò. "Anche se
prima devo
trovare il coraggio".
Lorcan
ci riflettè sù un bel po', per poi dire
solamente: "Sì, ha
senso". James lo guardò spazientito: si era sprecato a
rispondergli!
Comunque
quella frase di approvazione gli bastò come incoraggiamento.
"Io
vado, ho da fare...", comunicò senza un'ulteriore
spiegazione. Probabilmente avrebbe riso a crepapelle se gli avesse
rivelato che il motivo per cui stava correndo alla Torre dei Grifoni
era dover fasciare il polso a Shane.
Penny
ascoltava il resoconto di Al su quanto fosse felice di stare insieme
ad Alice. In realtà stava sentendo di sfuggita, non
ascoltando
davvero. Si sentiva un verme, ma non poteva fare a meno di gettare
occhiate furtive all'orologio e all'ingresso. Iniziava a perdere le
speranze, quando lo vide entrare e dirigersi subito verso di lei. Si
sedette sul divano accanto a lei senza una parola, prendendole il
polso fra le mani. Fu una fortuna che in quel momento non ci fosse
molta gente vicina a loro, o Penny sarebbe diventata ancora
più
rossa di com' era.
"Che
stai facendo?", chiese Rose, vedendolo agitare la bacchetta in
aria.
"Faccio
comparire l'occorrente per cambiarle la fasciatura", rispose con
naturalezza. La rossa lanciò a Penny un'occhiata stupita,
cercando
spiegazioni.
"Madama
Chips mi ha detto di cambiarla, ma io sono una frana e così
James si
è offerto di farlo lui", balbettò cercando di
ignorare il
calore delle mani di lui. La sfioravano delicatamente, come se
stessero maneggiando un qualcosa di prezioso. Al e Rose osservavano
la scena: il primo positivamente stupito, la seconda -ignara dei
sentimenti del cugino- letteralmente basita.
"Mi
sono persa qualcosa?", mormorò la rossa al cugino. Non
sai
quante cose, Rose!
Il
moro si strinse nelle spalle, come a dire che non sapeva a cosa si
riferisse.
Rose
concentrava la propria attenzione sull'amica, che però non
ricambiava i cenni d'intesa; a dire il vero, sembrava non li notasse
affatto.
Penny
aveva occhi per un solo Grifondoro in quella sala, e per la cura che
quest'ultimo metteva nel fasciarle il polso. Non notò
nemmeno quanto
fossero eccessivamente lenti i gesti di lui. James voleva prolungare
quel momento e ci stava mettendo più del tempo necessario,
così da
poterla toccare senza che sembrasse... strano. Merlino, la
voleva
così tanto! Voleva stare con lei, solo con lei,
sempre
con lei. "No", si disse, "non posso trattenermi
oltre".
Non
poteva più nascondere quel sentimento che gli squarciava il
petto
ogniqualvolta lei gli era accanto, ogniqualvolta le loro mani si
sfioravano. In quel momento, mentre scrutava la profondità
di quegli
occhi smeraldo che gli avevano fatto perdere la testa, capì
che la
decisione che aveva preso era quella giusta. Ma non avrebbe atteso di
portarla fuori, non avrebbe atteso di fuggire da quelle mura, non
avrebbe atteso un'uscita romantica.
L'avrebbe
dovuta escogitare e inventare delle scuse per convincerla a uscire di
nascosto da Hogwarts. In poche parole, avrebbe dovuto mentire,
ancora. No, non l'avrebbe più fatto. Era
assurdo che non
volesse aspettare, dato che fino a qualche giorno prima era deciso a
non rivelarle nulla per paura che lo rifiutasse. Per paura
dell'imbarazzo che avrebbe provato lui e anche di quello che avrebbe
provato lei nel dirgli: "no, grazie".
Eppure
ora aveva tutto chiaro in testa, come se qualcuno gli avesse acceso
una lampadina. Non voleva aspettare di vedersi spuntare i capelli
grigi, nè tantomeno che arrivasse un altro Fred, per dirle
che
voleva stare con lei.
Gliel'avrebbe
confessato a scuola, sotto quello stesso tetto che avevano condiviso
per sei anni: il luogo in cui era sbocciato il sentimento che
nutriva.
"James,
ci sei?", la ragazza gli passò la mano libera davanti agli
occhi. Si era incantato, con lo sguardo fisso sul polso di lei. Penny
gli sorrise, con le labbra e con gli occhi: era stupenda.
"Pensieri?".
"Già",
confermò riscuotendosi.
No,
non aveva tempo di aspettare, non più.
Anche
dopo che ebbe esaurito il proprio "compito", James non se
ne andò, al contrario di ciò che Penny
si sarebbe
aspettata. Rimase
lì a discorrere con lei, Al e Rose, cosa che non avveniva da
-più o
meno- un secolo.
Voleva
stare ancora con lei... cioè con loro?
Quando
fu ora di cena, scesero tutti. Stavano per entrare in Sala Grande,
quando qualcuno urtò Penny.
"Mezzosangue,
attenta a dove vai!", furono le parole sprezzanti che le rivolse
Malfoy.
"Platinato,
sei stato tu a venirmi addosso!", replicò lei a tono. Quegli
occhietti grigi la fissavano quasi schifati dalla sua presenza.
"Che
succede qui?", intervenne James.
"Per
la barba di Merlino, sei sempre con la scorta? Che c'è, hai
paura di
girare da sola?", ghignò.
"Mi
stai dando velatamente della vigliacca?",
domandò Penny
puntellandosi le mani sui fianchi, con espressione di sfida.
"Non
velatamente, Mezzosangue!"
"Detto
da te suona davvero male", lo derise James.
"Di
che t'impicci Potter?", sputò fuorì quel nome
come se gli
scottasse la lingua.
"Oh,
sta' zitto Malfoy! Tu e Zabini l'avete attaccata in due, mentre era
da sola. Non credo tu ti possa definire un cuor di leone, o no?",
continuò incurante.
Malfoy
arrossì fino alla cima dei capelli, sebbene non
certò di vergogna:
quella era rabbia.
"Ora
levati dai piedi!", fece Penny, per rendere più compiuta
l'umiliazione. Forse era rischioso trattarlo così in
pubblico,
perché -come aveva imparato in sei anni- Scorpius non era
uno che
ben tollerava di essere umiliato davanti ad altri.
Solita
ipocrisia Serpeverde.
"Ho
una certa fame!", aggiunse Rose, scansando il platinato con
gesto plateale.
"Non
finisce qui, Penelope!", lo sentì
gridare da lontano.
"Lascialo
stare", le disse Al a bassa voce, "non fa sul serio".
Penny
annuì, sperando che fosse come diceva Albus.
Non aveva certo paura di Malfoy, ma la infastidiva avere conti aperti
con la gente; avrebbe voluto che il platinato si trovasse qualcun
altro da bersagliare
con i
suoi insulti.
"Ma
che cavolo
vuole il
platinato?!", esclamò Trixy addentando una fetta di pane,
sotto
lo sguardo intimorito degli amici.
"Trix,
non c'è bisogno di addentare il pane ferocemente: non
è Malfoy!",
le fece notare Penny ridacchiando.
"Posso
sempre far finta che lo sia", rispose scrollando
le spalle. "Almeno
mi sfogo". Forse Trixy odiava Malfoy più di tutti loro messi
insieme, in quanto convinta che la presenza del biondo nella vita di
Daniel non avesse fatto altro che peggiorare nettamente il pessimo
carattere del proprio gemello. Essere
una grifondoro convinta con un gemello serpeverde non era per niente
facile per lei.
"Non
capisco cosa diavolo gli sia preso", rincarò la dose Alice,
seduta accanto ad Al. Rose e Penny si scambiarono uno sguardo
d'intesa.
"Stamattina
Shane e Malfoy hanno avuto uno
scambio di opinioni",
raccontò
Rose.
"Oh",
fu il commento unico di Alice e Albus.
"Voi
due ormai siete in simbiosi, eh piccioncini?", li canzonò
James, che quella sera non era accanto a Baston e a quelli del
settimo anno.
"Stava
lanciando una serie di improperi sulla famiglia Potter",
continuò
Rose. "Ci
avrei pensato io stessa a rispondere per le rime, ma Penny l'ha
rimesso in riga, vero?",
le
scoccò un'occhiata
complice e
le fece un
sorrisetto.
"Gli
ho detto che se hai un ex Mangiamorte come padre, non puoi certo
permetterti di sfottere i genitori altrui, tantomeno Harry Potter",
riferì lei stessa. "Dovevi vedere la sua faccia... apriva e
chiudeva la bocca: sembrava un merluzzo. Rose glielo ha perfino
detto!".
"Avrei
voluto esserci!", commentò Alice. "Scorpius con la faccia
da pesce lesso dev'essere uno spettacolo magnifico. Non capita spesso
di lasciarlo senza parole...".
"Già...",
replicò Penny, "ora mi odia anche più di prima;
per questo mi
è venuto addosso. Ci tiene a ricordarmi che ho un nemico,
come se
potessi dimenticarlo",
fece
schioccare la lingua,
spazientita.
Per
quanto a lei non andasse giù l'idea di odiare ed essere
odiata, era
qualcosa che a Malfoy sembrava piacere parecchio. La
triste verità era che serpi e grifoni si odiavano per
principio, con
poche eccezioni.
Penny
stava per mangiare il dolce quando i gufi scesero in picchiata verso
i tavoli, lasciando cadere pacchetti e lettere a molti studenti.
Scorse la propria civetta Lara, che atterrò esattamente sul
budino
al cioccolato, sporcandosi tutte le zampe. Teneva nel becco una
lettera del nonno, che le scriveva quasi quotidianamente. Prese la
lettera e la scorse rapidamente, sorridendo. Adorava Arnold.
Quando
sollevò lo sguardò notò che, di fronte
a lei, Trixy mostrava un
espressione piuttosto turbata. La vide leggere rapidamente -sembrava
più un telegramma che una vera lettera- e intascare la
pergamena.
Nessun'altro sembrava averlo notato.
Decise
di riprovare a prendere il budino, e in quel momento
Sam Baston si avvicinò. "Per l'amor di
Godric!",
esclamò Trixy notando il volto funereo del ragazzo.
"È una
cosa grave?", domandò bloccando la forchetta a mezz'aria.
"Sì",
rispose abbattuto.
"Quiddich?",
chiese Penny; conosceva già la risposta.
"Assemblea
dopo cena, al campo".
"Cosa?
Fin laggiù? Avrò ancora lo stufato sullo
stomaco!", protestò
Penny.
"Non
discutere", replicò asciutto. Lei lo guardò torva.
"Godetevi
il dolce", aggiunse ignorando completamente le lamentele e
proseguendo il giro di avvertimenti.
"Per
tutte le bacchette!", esclamò Penny.
"Chissà
cos'è successo...", fece Al incuriosito.
"Non
appena lo sapremo ti manderemo un gufo!", lo zittì Trixy
infastidita, riprendendo a trangugiare lo stufato.
"Non
parlarle fino alla fine del pasto", sussurrò Alice ad Al.
"Non
so perché, ma è di pessimo umore!".
Il
pessimo umore di Trixy era condiviso anche da Penny, benchè
meno
manifestamente. Non le andava per niente di andare fino al campo di
Quiddich per una stupida riunione; probabilmente Baston avrebbe
iniziato a parlare di schemi di gioco e cavolate simili. Era stanca,
Merlino! Voleva solo andarsene a dormire. Dopo cena Baston aveva
trascinato James con sè, mentre Penelope e Bellatrix ne
avevano
approfittato per andarsi a coprire con qualcosa di più
pesante.
"Se
non è qualcosa di vitale importanza, credo che
somministrerò un
potente veleno a Sam Baston!", sbottò la Zabini mentre
camminavano nel freddo della sera. Penny ebbe l'impressione che il
cattivo umore dell'amica non si limitasse a quella scarpinata serale
post-cena. Avrebbe voluto chiedere cosa l'avesse tanto sconvolta in
quella lettera, ma non lo fece. Sapeva che, qualora avesse voluto,
Trixy ne avrebbe parlato di sua spontanea volontà.
"O
almeno delle pasticche vomitose...", propose in alternativa.
"Lascia
stare le vendette Trix: la volontà di Capitan
Quiddich
è insindacabile".
James
Potter conosceva Sam Baston come le proprie tasche, e poteva
affermare che quella sera non si comportava normalmente. Si muoveva a
scatti mentre diceva: "Buonasera" a tutti coloro che
entravano nello spogliatoio. Tentava di mostrarsi sereno e pacifico,
ma senza grandi risultati. Aveva iniziato a parlare da pochi minuti,
quando James vide spuntare una lunga cascata di capelli neri e due
occhi smeraldo, incastonati in un viso dall'incarnato pallido, le
gote leggermente arrossate dal freddo. Indossava il suo cappello, e
la cosa lo fece sorridere come un bambino la mattina di natale.
"Siamo
in ritardo?". Penny era appena entrata, seguita a ruota da
Trixy.
"Credo
tu sappia già la risposta", ringhiò Baston,
fulminandole con
lo sguardo. "Dicevo che la
partita di sabato è stata annullata".
"Oh
cazzo!", fu l'unico commento di James.
"Ma...
non si può annullare il Quiddich!", berciò Penny.
"Specie
quando la partita è contro le Serpi!", rincarò la
dose Trixy.
Baston
scosse la testa, sconsolato.
"Sabato
viene in visita il neoeletto Ministro Della Magia; e la McGranitt
vuole che Hogwarts sia perfetta quel giorno",
pronunciò
la parola perfetta con tono parecchio stizzito.
"Tutti
devono essere al loro posto ad accoglierlo. Ve lo immaginate come
sarebbe farlo assistere ad una partita Grifoni-Serpi? Non proprio una
buona pubblicità, visto come si svolgono di solito gli
incontri".
"Note
positive?", chiese James. Per tutte le cavallette!
Ci doveva essere una qualche nota positiva!
"La
McGranitt dice che possiamo spostare l'incontro", rispose Sam.
"Beh,
allora è tutto a posto, no?". James fece per alzarsi, del
tutto
rincuorato. "Dobbiamo solo concordare la data", disse
sollevato.
"Frena
l'entusiasmo, amico! Noi non decidiamo proprio un fico secco: la data
l'hanno stabilita i docenti", rispose facendoli ripiombare nello
sconforto.
"E
quando sarebbe?", domandò Percival McMillan, l'altro
battitore.
"Martedì",
sputò fuori Sam.
Ci
fu un coro incredulo di: "COOOSA?", seguito da varie
proteste e dai tentativi di Baston di calmare gli animi.
"Domani
dovremmo allenarci per tutta la giornata e anche lunedì sera
dopo le
lezioni. Possiamo rifiutare, ma... Serpeverde ha già
accettato la
data".
A
quel punto il silenzio piombò tra di loro, benchè
si potesse udire
il lavorio dei cervelli di ognuno. Fu proprio James a dar vita a
quello che era il pensiero comune:
"Non
possiamo tirarci indietro davanti a una sfida con le Serpi e passare
da vigliacchi; Godric Grifondoro si rivolterebbe nella tomba".
Con gran sollievo di Baston, tutti i giocatori furono concordi. Si
sarebbero visti il giorno dopo per allenarsi; e l'assemblea fu
sciolta.
Per
quale diavolo di motivo nulla girava per il verso giusto?
James
salì stancamente le scale del dormitorio ed entrò
nella propria
stanza. Si buttò a pesce sul letto, stravolto e rimbambito
dalle
chiacchiere di Sam. Non aveva neanche potuto riaccompagnare Shane,
dal momento che Baston l'aveva trattenuto.
Ora
che aveva deciso di parlare con lei, un'altro imprevisto arrivava a
mettergli i bastoni tra le ruote. Ma si poteva essere
così
sfigati? Beh, in realtà si poteva nascere
orfano, con una
cicatrice a forma di saetta sulla fronte, il peso
del destino
del mondo magico sulle proprie spalle e destinato
a
fronteggiare Lord Voldemort.
Sì,
tutto sommato avrebbe potuto andargli peggio! Si
mise sul davanzale, a contemplare il paesaggio fuori dalla vetrata;
il cielo era scuro e trapunto di stelle. Non aveva sonno in quel
momento e, in punta di piedi, si recò nella stanza accanto;
fortunatamente trovò Al sveglio, intento a leggere alla
fioca luce
della candela sul comodino.
"Che
ci fai qui?". Bell'accoglienza!
"Volevo
fare due chiacchiere", spiegò sedendosi al bordo del letto a
baldacchino.
"Spara",
rispose l'altro, chiudendo il libro e tirandosi sù a sedere.
"Ho
deciso di dire tutto a Shane; volevo farlo domattina. Ma il Quiddich
è stato spostato a Martedì pomeriggio", disse
d'un fiato. Al
non sembrò afferrare il punto della situazione, e rimase in
silenzio.
"Domani
avremo gli allenamenti per tutto il giorno", riprese.
"Lunedì
avremo lezione e allenamenti serali. Ergo, riusciremo a stento a
salutarci; senza contare che se la mia...", si bloccò,
"dichiarazione non andasse a buon fine, entrambi ne risentiremmo
sul campo".
"Per
carità!", inorridì Al. "Sam tenterebbe il
suicidio!".
Era
un'ipotesi piuttosto realistica, che James aveva già preso
in
considerazione.
"Quindi
che faccio, rimando a martedì sera?", chiese dubbioso.
"Ovviamente",
rispose l'altro convinto. "Mi stupisco che tu voglia il mio
parere. È la cosa più logica da fare". James si
morse un
labbro, vergognandosi di quanto stava per dire.
"Non
dire a zia Hermione che ho detto questo...", iniziò. "Non
so come spiegarmi, ma è come se avessi un... brutto
presentimento",
concluse. Al per poco non scoppiò a ridere, proprio come il
fratello
si era aspettato che facesse.
"Per
la barba di Merlino! Sul serio hai detto presentimento?
Chi
diavolo sei, la Cooman?", lo canzonò. James fece un gesto
infastidito -come per scacciare una mosca- e Al si accorse che era
serissimo in quello che stava dicendo.
"Oh,
andiamo! Se pensi che potrebbe non volerti, non vedo come..."
"Non
è questo", lo interruppe subito. "È solo... ho la
netta
impressione che martedì succederà qualcosa che mi
obbligherà a
rimandare di nuovo". Scrollò le spalle, come a minimizzare
quella specie di premonizione che aveva appena fatto. "Probabilmente
sto diventado pazzo o paranoico".
"Direi
entrambi, fratello! Hai aspettato finora, cosa cambiano due giorni?".
"Sì",
concordò, "aspetto dalla seconda metà dell'anno
scorso, per la
precisione".
"Cazzo!",
fu il fine commento del fratello minore. Non aveva capito che Penny
gli piacesse dal loro quinto anno. "Così tanto tempo e non
mi
hai fatto capire niente?".
"Avevo
paura che lo andassi a spiattellare alla tua amica del cuore",
lo celiò James.
"Non
l'avrei fatto!", Al alzò il volume della voce. "Non sono
mica te!", protestò.
"Ancora
con questa storia che non mantengo i segreti?", ringhiò il
maggiore.
"Ehi!",
risuonò nella stanza una voce infastidita. "Fottetevi tutti
e
due! Sto cercando di dormire; non mi interessano le vostre liti
familiari!".
"Scusa
Matt...", mormorò Al.
Vista
la sfuriata di Finnegan, James fece la saggia scelta di tornare nella
propria camera. Quando si mise sotto le coperte gli venne spontaneo
pensare a come sarebbe stato dormire abbracciato a Shane. Si impose
un freno mentale; non poteva illudersi di essere accettato. Sapeva
che nella testa di lei c'era un ragazzo, quindi era inutile sperarci.
Avrebbe fatto quello che doveva, e ne avrebbe affrontato le
conseguenze subito dopo la partita.
Con
questa consapevolezza, scivolò pian piano tra le braccia di
Morfeo.
Ma
anche ridestandosi, al mattino, non riuscì a scrollarsi di
dosso la
fastidiosa sensazine che qualcosa sarebbe andato storto. Una spada di
Damocle pendeva sopra le loro teste: sulla propria e su quella di
Shane.
Qualcosa
sarebbe andato storto,
se
lo sentiva.
SPAZIO
AUTRICE
Salve
a tutti,
eccomi
qui dopo tre giorni con un altro capitolo su Penny e James.
Potter
sembra avere degli oscuri presentimenti (che abbia preso troppo alla
lettera gli insegnamenti di Sibilla?), mentre Al pensa che sia
diventato pazzo e paranoico. La cosa saliente del capitolo, comunque,
è che l'infermeria ha "portato consiglio" a James.
Finalmente ha deciso di mettere in chiaro le cose
con Penny,
anche se poi il destino gli ha momentaneamente messo i bastoni fra le
ruote. Malfoy sembra sempre meno bendisposto verso la mia cara
Penelope e chissà fin dove si spingerà questa
faida tra i due. In
questi due giorni si condenseranno tutte le aspettative di Penny e le
speranze di James; riusciranno i nostri eroi a capirsi una volta per
tutte o il Fato è proprio deciso a non dar loro una mano?
Fatemi
sapere cosa ne pensate del capitolo, non fate i pigroni xD
Grazie
:*
Jules
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
(Chiunque voglia aderire al messaggio, può
copia-incollarlo dove meglio crede)
|
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Capitolo 17 *** 16. Cattivi Presagi ***
Capitolo
sedici
Cattivi
presagi
La
domenica mattina Penny si alzò spontaneamente dal letto, non
prima
di aver gettato un'ultima occhiata nostalgica all'unico vero amore
della sua vita: il cuscino.
Si
affacciò alla finestra per sbirciare il cielo, e vide
piccole gocce
di pioggia iniziare scendere e rigare la vetrata. Si accorse di un
borbottio di sottofondo che sembrava tanto essere una sfilza di
imprecazioni.
"Maledizione!",
sibilò Trixy, già sveglia. "Non poteva andare
peggio! Non solo
ci siamo dovute alzare quasi all'alba, ma piove pure!". Era
ancora di cattivo umore: quella lettera l'aveva davvero scossa.
Certo, anche Penny era infastidita, ma Trixy sembrava furibonda.
Continuò
a guardare fuori ancora per qualche secondo: il cielo era plumbeo e
le gocce di pioggia cominciavano a farsi più fitte,
sostituendo la
pioggerellina di poco prima. Sentì
un brivido di freddo percorrerle la schiena e si rese conto di
indossare solo il magliettone che era solita utilizzare come pigiama.
"Potresti
accelerare? Sembri un bradipo appena uscito dal letargo!",
sbraitò Zabini.
Penny
le diede un'occhiata in tralice, ma decise che fosse meglio non
contraddirla. Si trascinò fino all'armadio e
iniziò a vestirsi,
optando per i jeans più caldi che riuscì a
trovare e un maglione
rosso, donatole da Molly Weasley a natale dell'anno prima. Quella
donna spediva maglioni a tutti i nipoti e agli amici dei nipoti:
probabilmente passava il resto dell'anno a confezionarli,
pensò,
visto quanti erano in famiglia. Prese il giaccone e l'occhio le cadde
sul cappello di James; prese anche quello, infilandoselo in tasca.
Stando attente a non svegliare Alice e Rose, le due scesero in Sala
Grande a fare colazione.
La
scuola era deserta, ma c'era da aspettarselo; quale studente sano di
mente avrebbe fatto colazione alle sei e mezza di domenica mattina?
Maledizione al Quiddich!
Penelope
si guardò intorno, ma di James non c'era la minima traccia.
Probabilmente, Baston l'aveva costretto ad un'alzataccia peggiore
della loro, per presidiare il campo nel timore che le Serpi
cercassero di precederli.
Varcarono
il grande portone di quercia e vennero colpite da una folata gelida e
dalla pioggia che cadeva controvento. Trixy imprecò
violentemente,
mentre Penny estrasse il cappello rosso e oro dalla tasca del
giaccone e vi immerse il naso, inspirando forte l'odore di James.
"Stai...
annusando il cappello?", biascicò Trixy, sgranando gli occhi
alla vista di quella scena.
"Non
essere sciocca! Certo che no, perché dovrei?",
mentì, non
molto convincente. "Andiamo, o Baston ci farà a fette!",
aggiunse per levarsi dall'imbarazzo.
Bardate
dalla testa ai piedi si avventurarono oltre il cortile, sotto le
grosse gocce di pioggia che ora cadevano lente e regolari; la
infastidivano. Avrebbe quasi preferito un violento acquazzone a
quella specie di tortura cinese, una goccia alla volta.
"Come
faremo a giocare in queste condizioni?", sbottò Trixy.
Penny
non rispose, perché non aveva in serbo alcuna risposta
soddisfacente.
In
compenso evocò un ombrello abbastanza grande
perché potessero
ripararsi entrambe: la pioggia cominciava ad essere davvero troppo
fitta.
Quando
giunsero al campo, si avvidero che non tutti i giocatori erano
arrivati puntuali come loro: e loro avevano ben dieci minuti di
ritardo! La nebbia e la pioggia non aiutavano per niente nella
visuale, ma Penny scorse ugualmente Sam Baston, che aveva l'aria di
chiedersi "perché a me?".
"Capitan
Quiddich!", lo salutò.
Baston
saltellava sul posto impaziente, e rispose con un sorrisetto tirato e
un cenno della mano.
Penny
già non stava più prestando attenzione; si
guardava intorno –
senza scorgere la testa riccia che le interessava vedere –
quando
qualcuno alle sue spalle le posò una mano sugli occhi. Quel
contatto
inaspettato le causò un brivido lungo la schiena, e non
certo dato
dal freddo. Solo una persona poteva farle quell'effetto.
"James...",
mormorò con un gran sorriso che – fortunatamente
per lei – il
ragazzo non poteva scorgere, visto che gli dava le spalle. Le tolse
le mani dagli occhi.
"Buongiorno",
bisbigliò suadente, vicino all'orecchio destro di lei.
Se
continuava così si sarebbe distratta dal Quiddich, tentata
com'era
di girarsi e gettargli le braccia al collo!
"Ehm...
ciao", cercò di darsi un contegno e si girò, ma
quello che le
uscì fuori sembrò più uno squittio che
una voce umana.
Non
era possibile che fosse così bello anche di prima mattina!
Lei non
aveva avuto tempo di specchiarsi, ma era certa di sfoggiare una
orribile faccia assonnata e due occhiaie degne di un panda.
"Ti
avevo detto che ti sarebbe stato utile", osservò Potter
indicando il proprio ex cappello con una certa dose di orgoglio. Lei
arrossì lievemente: aveva quasi sperato che non lo notasse.
"Già...
mi sono accorta di aver perso il mio, così uso il tuo".
Bugiarda.
Il
cappello grifondoro di Penny faceva bella mostra di sè al
dormitorio, rinchiuso nel baule, e lì stava bene. Il giorno
in cui
era uscita per andare a Hogsmeade l'aveva davvero
dimenticato
alla Torre, ma da quando James le aveva regalato il proprio, l'aveva
definitivamente dismesso.
"Allora
è stata una fortuna che ti abbia dato il mio".
"Uhm...
già", biascicò lei. Il sorriso che Potter
sfoggiava in quel
momento faceva parte delle cose in grado di scollegarle il cervello
dalla bocca, impedendole di mettere ineieme quattro parole sensate.
Si stava sforzando di interrompere il silenzio, ma ci pensò
Baston
per lei. Chiamò James, che si allontanò
strizzandole l'occhio.
Quando ci furono tutti, ovvero dieci minuti più tardi, i
giocatori
si diressero agli spogliatoi per cambiarsi. Aleggiava un'aria
sonnolenta, confermata dalle facce sbattute di tutti, che
probabilmente con la testa erano ancora sotto le coperte. Uscirono in
divisa e iniziarono l'allenamento senza perdere tempo: non fu facile,
nonostante ognuno autopraticasse l'incantesimo Impervius per
proteggere il viso dalla pioggia. Baston guardava rabbioso le nubi
grigie che incombevano su di loro, come se le credesse un sortilegio
dei Serpeverde, o un brutto segno. Forse era ciò che erano,
si disse
Penny. Come un cattivo presagio.
Non
si riposarono mai, finchè, nel pomeriggio, dovettero
sgomberare il
campo per lasciarlo alle bisce, dato che anche loro avevano il
diritto di allenarsi.
"Ho
bisogno di una doccia!", esclamò una sfinita Bellatrix.
"Mai
stata più d'accordo! Leviamoci queste divise e andiamo al
castello;
devo passare almeno una mezz'ora a letto prima di scendere per la
cena". Penny iniziò a svestirsi, letteralmente stremata.
"Non
vorrei deluderti, ma non andrà così".
"Perché
no?", chiese lei con una nota di panico nella voce.
"Non
ti ricordi la montagna di compiti che abbiamo per domani e che non
abbiamo ancora avuto il tempo di svolgere?", sospirò Trixy.
"Oh
no!", fu l'unica, disperata esclamazione. Addio letto!
"Oh
sì... abbiamo giusto il tempo di una doccia al volo, altro
che
riposo!".
Uscita
dallo spogliatoio vide James lanciarle un'occhiata fugace ed ebbe
l'impressione che si volesse avvicinare, ma Angie lo bloccò
mettendogli una mano sulla spalla. Che diavolo ci faceva al campo di
Quiddich?
In
quel momento odiò sia quella civetta che se stessa; il fatto
che
James avesse un atteggiamento gentile non era sintomo di un interesse
maggiore: doveva ficcarselo in testa! Si affrettò ancora di
più a
raggiungere l'aria aperta, respirando a pieni polmoni e imprecando
contro la pioggia, Potter senior, Angie e il Quiddich!
"Ehi...
guarda che è Angie che ci prova con James, non il
contrario",
disse indovinando i suoi pensieri. "Lo sanno tutti". Trixy
evocò di nuovo un ombrello e ce la tirò sotto,
visto che Penny
sembrava trovare interessante l'erba davanti a sè.
"Sì,
ma lui ci sta!", si riscosse. Tirò l'amica per un braccio;
voleva tornare alla Torre prima che le venisse la tentazione di
spaccare la faccia a entrambi.
"Rosie!",
la salutò Penny scendendo dalla scala a chiocciola del
dormitorio
femminile, con i libri e le pergamene sottobraccio. La Sala Comune
era accogliente come sempre, rotonda e con i camini accesi, gremita
di studenti chini sui libri o intenti a chiacchierare.
"Come
va?", le chiese quella, alzando gli occhioni azzurri verso di
lei.
"Meglio,
ora che ho un aspetto umano", scherzò. "Una doccia fa
miracoli, Weasley".
Rose
ridacchiò, facendole posto accanto a sè.
"Non
posso...", le rispose Penny dispiaciuta, "devo fare i
compiti per domani".
"Oh
giusto!", fece quella arricciando il naso, cosparso di efelidi.
"Ti do una mano...", si alzò dal divano per dirigersi con
l'amica ad uno dei tavoli di legno, dove Penny si lasciò
cadere su
una delle panche, posando i libri davanti a sè.
"Come
mai sola soletta? Il tuo ragazzo ti ha abbandonata?", la
punzecchiò. Rose sbuffò con aria infastidita. A
quanto pareva aveva
fatto centro...
"Sì,
ha detto che deve studiare, che non sta facendo abbastanza per i
M.A.G.O. e non so che altro...", borbottò accigliata. Penny
ridacchiò, divertita dalla faccia dell'altra.
"Non
gli credi, suppongo".
"Nemmeno
una parola, ma mi fido di lui..." disse dolcemente. "E
poi", aggiunse molto meno dolce, "se dovessi scoprire che –
anche solo per un millisecondo – ha pensato di mettermi le
corna...
gli trancerei le...".
"ROSE!",
la ammonì Penny, disgustata dall'immagine che l'amica aveva
appena
evocato nella sua mente.
"Sì?",
rispose quella sbattendo le ciglia, angelica. "Va bene... sto
buona e ti lascio studiare", le concesse con estrema riluttanza.
Sperò
che mantenesse la parola, perché non aveva tempo da perdere.
Doveva
fare un tema per Victoire Lupin sulla Pozione Ricostituente e
un'altro per Vitious, sull' incantesimo di Disillusione. In aggiunta
aveva delle predizioni da scrivere per la Cooman, ma quelle non erano
un problema. Penny non aveva mai "ampliato la mente", come
la professoressa ci teneva a ricordarle ogni santa volta; e di
conseguenza, tutte le sue predizioni erano inventate, come del resto
quelle di Al e Rose. Si limitò a scrivere qualunque idiozia
catastrofica le venisse in mente (come piaceva alla Cooman). Sarebbe
stato meglio predire cose positive per il futuro – una volta
tanto.
Invece finiva sempre a scrivere di stragi ed eventi alquanto
sinistri, pensando fosse saggio accontentare quella vecchia pazza.
Sarebbe stato perfino meglio scrivere i propri desideri
per il
futuro, più o meno riassumibili in un solo nome: James.
"Potter,
ti senti bene?", gli chiese Lorcan sull'orlo di una crisi di
nervi.
"Ehi,
sono io quello in crisi! Quindi sopportami!", scattò James,
senza motivo. Lorcan pensò che gli ricordava tanto una donna
di
mezz'età verso il periodo della menopausa, suscettibile
com'era.
No,
pensò James, il biondo non poteva farlo sentire una merda
solo per
essere piombato di nuovo tra i Corvi, costingendolo ad ascoltare le
sue lamentele – ancora una volta. Anzi, non si stava neanche
lamentando; per lo più produceva dei mugugni senza senso.
"Potter,
se non formuli una frase non credo di poter capire cosa ti
affligge!", berciò spazientito il biondo. "Ho dato buca
alla mia ragazza per te: quindi dacci un taglio!", gli
intimò,
cercando di mostrarsi convincente.
James
smise di fare sù e giù per la stanza di Lorcan,
fissando il proprio
sguardo sulla vetrata. La pioggia batteva ancora forte, come quella
mattina. Avevano anche saltato il pranzo per allenarsi, e stava
morendo di fame; forse era quella che gli dava alla testa.
"Ok,
ma non prendermi in giro", disse infine.
Il
biondo inarcò un sopracciglio, senza afferrare.
"Perché
dovrei?", domandò.
"Al
l'ha fatto... quindi prometti di non prendermi per pazzo".
Lorcan annuì convinto: avrebbe venduto l'anima al diavolo se
fosse
servito a farlo smettere di mugugnare insensatezze. Era un prezzo
ragionevole perché Potter la finisse di fare sù e
giù per la
stanza come uno yo-yo impazzito.
"Ho
detto ad Al che ho cambiato idea sul dire quello che sai
a
Penny. L'avrei fatto stamattina, ma abbiamo avuto gli allenamenti per
tutto il tempo; e domani è lunedì. Oltre alle
lezioni dovremo anche
allenarci e ho deciso di vuotare il sacco dopo la partita",
narrò velocemente.
"Saggia
decisione, ma...?", chiese spiccio.
"Ma
non riesco a togliermi di dosso un brutto presentimento,
come
se qualcosa dovesse andare storto e non riuscissi a farlo neanche
martedì", buttò lì. "Forse
è questo tempo di merda che
mi rende pessimista", tentò di trovare una spiegazione
razionale. Deglutì rumorosamente, aspettandosi una risata.
"Ora
ti sei messo a credere ai cattivi presagi?", fece
osservandolo in tralice. Non poteva credere di aver dato buca alla
sua ragazza per ascoltare quei vaneggiamenti!
"Non
sfottere!", lo avvisò puntandogli l'indice contro e
guardandolo
in cagnesco.
Lorcan
non aveva alcuna intenzione di morire così giovane,
perciò alzò le
mani in segno di resa ed evitò di ridere.
James
continuò a trascinarsi per la stanza con le mani in tasca,
nel
silenzio più totale. Lanciava occhiate schizzate in giro, e
Lorcan
ci mise un po' a trovare il coraggio di parlare.
"Che
cavolo significa brutto presentimento?", chiese il
biondo.
"Non
lo so". Sospirò pesantemente e scivolò su una
sedia di legno
addossata al muro, scompigliandosi i capelli con la mano in un gesto
che era appartenuto al nonno.
"Un
bel niente! È la paura che parla al tuo posto!".
"La
paura?", gli fee eco, incerto. Non era sicuro che fosse quello
il punto.
"Proprio
così", rispose annuendo. "Ora ti calmi, ce ne andiamo a
cena e poi ci dormirai sù. Tra neanche quarantotto ore
potrai fare
quello che fino a qualche giorno fa definivi una pazzia". Gli
stava dando implicitamente del lunatico con l'ultima frase; James
emise quello che sembrava tanto un grugnito, uscendo dalla stanza.
Almeno
a cena avrebbe rivisto Penny dopo il patetico tentativo di
conversazione che aveva intavolato prima che Sam lo disturbasse con
le sue stronzate di gioco.
Quando
giunsero in Sala Grande si divisero: Lorcan al tavolo dei Corvonero e
James a quello dei Grifondoro. Gettò un'occhiata veloce a
Penny,
indeciso se andarsi a sedere da quelle parti oppure no. Alla fine
–
poiché lei non lo degnò di uno sguardo -
optò per il solito posto
accanto a Baston, anche costretto dall'amico che lo stava
praticamente tirando per la maglia, desideroso di comunicargli
qualcosa. Ovviamente si trattava di Quiddich.
Penny
sbocconcellava qua e là: briciole di pane, qualche
cucchiaiata di
minestra, un morso di torta al cioccolato. Tutto in maniera
estremamente svogliata, nonostante dopo l'allenamento avesse
avvertito una gran fame.
I
suoi pensieri erano concentrati sulla possibilità che
quell'idiota
di Angie fosse davvero la ragazza che aveva rincitrullito James tanto
da convincerlo – uno come lui – a non uscire con
altre. L'aveva
incrociata in Sala Comune prima di cena, rispondendo al suo "ciao"
con una certa fatica e una gran dose di buona volontà.
Era
davvero gelosa marcia! Aveva sempre
pensato di non voler
conoscere il nome della "ragazza" di James, ma non ne era
più tanto sicura.
La
curiosità uccise il gatto, pensò tra
sè e sè, nel disperato
tentativo di infondersi un po' di saggezza – termine che,
quando si
trattava di Potter senior sembrava sparire dal suo vocabolario.
"Perché
non fai altro che sospirare e giocare con il cucchiaio?",
mormorò Rose.
Si
stava gingillando con le posate da circa un quarto d'ora, quindi
quella domanda era più che lecita.
"Penso
a James", sospirò l'altra sconsolata. "Non guardarmi
così,
l'ho detto perché so che è inutile negarlo, non
perché sia felice
di ammetterlo", puntualizzò.
"Non
ho fiatato...", le fece notare la rossa, "e sappi che vengo
in pace!".
"Ti
senti bene? Non hai mangiato quasi niente...", il solito Al
preoccupato.
"Sì,
è tutto a posto". Sì, Penelope,
tutto a posto
e niente in ordine...
Quando
giunse il momento di andare a letto – che quella sera
agognava
particolarmente – Penny si infilò la sua maglia
larga e si rintanò
sotto le coperte. Il vento ululava forte fuori dalla finestra, e le
incuteva una certa inquietudine. Ma finché era lì
sotto, niente
poteva farle del male. Glielo diceva sempre il nonno quando era
bambina, per tranquillizzarla durante i temporali; si metteva vicino
a lei e le raccontava un sacco di storie strane. Se chiedeva ad Anne
e Jack di ripeterle loro non sembravano avere la minima idea di cosa
stesse dicendo.
Solo
quando aveva scoperto di essere una strega aveva capito il
perché di
quella discrepanza tra le fiabe dei suoi genitori e quelle di Arnold.
Erano le fiabe di Beda il Bardo, note solo nel mondo dei maghi. Suo
nonno le raccontava a lei perché diceva di aver sempre
sentito che,
a differenza di Anne, Penelope avrebbe fatto parte di quel mondo.
Ripetendosi mentalmente Ghiozza la Capra Zozza con
le stesse
identiche parole che usava Arnold quando era piccola, spense la
candela e si addormentò con il sorriso sulle labbra.
"Smettila
di poltrire! Il mattino ha l'oro in bocca!", strillò Rose,
strappandola -poco delicatamente- dal bellissimo sogno che stava
facendo. Aveva tirato le tende e la luce feriva gli occhi di Penny
senza ritegno.
"Fottiti!
Stavo sognando!", si lamentò, alzandosi di scatto dal letto.
"Posso
immaginare il soggetto", fece la rossa, ridacchiando.
"Tranquilla, non ho usato un Legillimens, ma può essere solo
James, o non saresti così scorbutica". Aveva ragione,
ovviamente. "E per l'amor di Godric, vestiti!".
Non
perse tempo a insultarla o a rinfacciarle ancora di averla svegliata.
Si preparò alla svelta e scese con le altre per la
colazione, dato
che non ci teneva a farsi scannare dalla sua migliore amica. Sarebbe
stata una lunga, lunghissima giornata...
"Ho
una fame da lupi", mugugnò sentendo lo stomaco brontolare.
"Ti
credo...", le rispose Rose, "ieri sera non hai mangiato
quasi nulla".
"Mi
rifarò adesso. Oggi ho lezione e allenamento intensivo di
Quiddich",
le ricordò.
"Giusto!
O ti nutri o cadrai come una foglia", osservò, "e Baston
non te lo lascerebbe fare... figurati se lascia James coperto da
quella schiappa del tuo sostituto", ghignò.
"Siete
tutti perfidi con quel ragazzo... non è così
scarso!", provò
a difenderlo.
Rose
si girò e inarcò le sopracciglia, ammutolendola
con un solo sguardo
di sbieco.
"Ok",
ammise, "gioca da schifo!".
La
rossa sfoggiò un sorrisetto di trionfo e si sedette a
tavola. Penny
la imitò, senza risparmiarsi nel "nutrirsi": aveva la
scusa della giornata pesante.
Si
versò del succo di zucca, la sua bevanda analcolica
preferita – se
ci fosse stato del Whiskey Incendiario l'avrebbe sicuramente
assaggiato per farsi coraggio – accompagnandolo con un bel
po' di
biscotti, una fetta di torta di uvaspina e una ciambella ripiena.
"Cavolo,
avevi un bel po' di fame!", commentò Al ridendo, dopo averla
vista trangugiare tutta quella roba. Lei sorrise, senza poter aprire
la bocca, ancora piena di cibo.
"In
effetti avevo appetito", replicò con un risolino.
"Beh,
comunque dobbiamo darci una mossa. Abbiamo Pozioni e Victoire non ama
i ritardatari!", annunciò Al bevendo un ultimo sorso di
succo
di zucca – già in piedi.
Quando
entrarono trovarono la professoressa a scribacchiare sulla lavagna
qualcosa sulla Pozione Ricostituente. Si sedettero in fretta e furia
agli ultimi banchi, cercando di fare meno rumore possibile: Victoire
non sarebbe stata più tenera solo perché Al e
Rose erano i suoi
cuginetti.
"Finnegan",
chiamò.
Il
ragazzo rimase estasiato nel sentir pronunciare il proprio nome dalla
creatura che adorava di più in tutta Hogwarts, tanto che
–
letteralmente – corse alla cattedra.
"Sì?",
sospirò: pendeva letteralmente dalle labbra di Victoire.
"Potresti
ritirare i temi che avevo assegnato?", domandò senza alcuna
traccia di imposizione. Penny adorava quel modo di fare, sia in lei
che nel marito: non avevano bisogno di imporsi con la forza, in
quanto venivano rispettati per la propria gentilezza.
"Subito,
professoressa", rispose Finnegan.
"Matt
è totalmente cotto di tua cugina, lo sai?",
ghignò Penny,
rivolta ad Al.
"Non
è il solo a Hogwarts. Mia cugina somiglia a Fleur anche
più di
Dominique e Louis, quindi è logico che faccia girare la
testa agli
uomini", asserì.
Penny
ridacchiò, pensando che non era l'unica della famiglia ad
essere in
grado di far perdere la testa all'altro sesso: James ci riusciva
benissimo, anche senza traccia di sangue Veela nelle vene.
La
lezione di Pozioni era passata relativamente in fretta, non contando
il fatto che il calderone di Finnegan era esploso due volte e che
quello di un'altra ragazza aveva preso fuoco. A Penny la pozione era
riuscita piuttosto bene, perciò poteva ritenersi
soddisfatta, e si
recò con piacere nell'aula di Incantesimi.
"Prima
di tutto", esordì Vitious quando furono tutti ai loro posti,
"gradirei visionare le pergamene". Passò a ritirare i
compiti lui stesso e Penny dovette sforzarsi di non ridere: era
talmente basso che a stento riusciva a tendere le mani abbastanza da
raggiungere i banchi – per ironia della sorte –
più rialzati di
quelli delle altre classi.
"Perché
diavolo non usa un semplice Accio?",
borbottò Rose, contrariata da quella inutile perdita di
tempo.
"Evidentemente
oggi voleva provare l'ebbrezza di raccogliere i compiti col metodo
babbanofilo", ipotizzò l'altra con
un'alzata di spalle.
"Bene!
Le esercitazioni per la Disillusione non finiscono qui; le
riprenderemo più avanti. Oggi praticheremo l'Incantesimo di
Tacitazione", annunciò.
Cinque
minuti dopo erano tutti intenti ad azzittire rane e corvi, con la
formula "Silencio". Il risultato fu un gran baccano
per tutta la classe – dato che non tutti riuscivano a far
tacere
gli animali. Il rospo di Alice gracidava in maniera inverosimile,
mentre il corvo di Rose faceva dei versi irriproducibili e non
sembrava intenzionato a smettere, spaccando i timpani di Penny. Lei
fu più fortunata: la sua rana era relativamente tranquilla e
riuscì
a tenerla a bada dopo appena cinque minuti di esercizio.
"Silencio!",
le imponeva agitando la bacchetta.
"Molto
bene, signorina Shane!", la elogiò Vitious.
Anche
Al riuscì perfettamente nell'incantesimo, mentre Trixy
sembrava così
assente -probabilmente per via della partita di Quiddich – da
rendersi a stento conto di dove fosse. Quando Vitious lì
congedò,
furono finalmente liberi di recarsi a pranzo in Sala Grande. Sedersi
e potersi abboffare nuovamente fu un gran sollievo per Penny -
nonostante l'abbondante colazione della mattina, aveva di nuovo una
gran fame. Che avesse contratto il verme solitario? Sentiva un buco
allo stomaco.
Poco
dopo invece, sentì che lo stomaco le si contorceva in
maniera
diversa, alla vista di Angie che prendeva posto accanto a James e gli
sorrideva svenevole. Senza neanche rendersene conto, sbattè
un pugno
sul tavolo e imprecò in maniera poco signorile.
"Che
ti prende?", le chiese Al, aggrottando la fronte.
"Niente",
farfugliò ritraendo la mano, per giunta dolorante.
Rose
aveva seguito la scena e fece cenno ad Al di guardare verso James, in
modo che gli fosse chiaro che ad infastidirla era stata l'eccessiva
vicinanza di Angie a James. Ma Albus, che la sapeva più
lunga di
entrambe, non si allarmò eccessivamente. Di lì a
poco le sofferenze
amorose della sua migliore amica si sarebbero concluse con un lieto
fine, perciò non si preoccupò neanche di
consolarla. Dopo il
pranzo, si diressero in cortile per una mezz'ora di pausa, sedendosi
in un punto riparato.
"Merlino!",
esclamò Penny indignata. "Perchè diavolo di
motivo quella
ventosa non gli si scolla di dosso?", chiese più a se stessa
che agli altri.
"Penny",
provò a dirle Trixy sbuffando, "ti ho già
spiegato che è lei
a provarci... lo sanno tutti".
"E
io ti ho già risposto che lui però ci sta!", non
ascoltava
ragioni. Le si contorcevano le viscere nello stomaco; aveva la
fortissima tentazione di andare a dividerli e mettersi in mezzo.
Bellatrix decise che era meglio non controbattere, se ci teneva a una
vita lunga.
"Che
cosa diamine fa?", gracchiò Penny, con gli occhi fuori dalle
orbite. Angie aveva poggiato -casualmente- una mano su quella di
James e un minuto dopo lo stava abbracciando, o qualcosa di simile.
"Io
vado", disse irata, subito seguita a ruota dagli altri.
Marciò
a passo spedito verso l'aula di Divinazione. Con quello scatto di
gelosia, si perse la parte migliore della scena, ovvero James che
ritraeva la mano con noncuranza, spostandosi più in
là.
L'ora
di Divinazione -per fortuna una sola- fu tremendamente noiosa. La
Cooman lesse le loro predizioni, trovando soddisfacenti solo quelle
di due o tre persone. Ovviamente, Penny non era tra queste. Non
possedeva la Vista!
Glielo
diceva fin dal terzo anno, ormai c'era abituata. Non sapeva neanche
lei perché continuasse a frequentare le lezioni. Molto
probabilmente
perché non aveva alcuna voglia di sostituire una materia
semplice
con una complicata come Aritmanzia, per esempio.
Lei e i
numeri non erano fatti per trovarsi sullo stesso pianeta.
Ciò non
toglieva che -come sempre- uscì da lì esasperata
dalle idiozie
della professoressa, che riteneva più un'impostora che una
veggente.
"Per
l'amor di Godric, Trix! Non fare quella faccia!", la
supplicò
mentre si dirigevano al campo da Quiddich, pronte a immolarsi
sull'altare delle paturnie di Baston.
Si
aspettavano di trovarlo teso come una corda di violino, e non si
sbagliavano. Aveva una pessima cera ed era intrattabile. Restarono
neutrali, sperando che prima o poi sarebbe rinsavito dall'ossessione
di vincere la Coppa Del Quiddich.
"Insomma,
sarebbe fico", ammise Trixy mentre si cambiavano, "ma non
può ridursi in questo stato!".
"Già...
è una specie di zombie che cammina e il peggio è
che possiamo
solo..."
"Vincere",
concluse Bellatrix esasperata.
Fu
un allenamento estenuante, se possibile ancora peggiore di quello del
giorno precedente. James non era riuscito a scambiare neanche una
parola con Shane e, come se non bastasse, Angie continuava a
tallonarlo ovunque si trovasse. Perfino allora, la poteva chiaramente
distinguere sugli spalti. Lo salutava con la mano, Merlino! Come
doveva fare per chiarirle che non era interessato? Non poteva fare
niente per lei, a meno che non cercasse una spassionata amicizia. Se
era così era di certo molto brava a nasconderlo.
Riflettendoci non
aveva mai avuto un' "amica femmina". Cioè,
amica–amica.
Forse non era capitato, o forse era troppo impegnato a pensare alle
ragazze in un altro senso. Invece ora gli sarebbe piaciuto; invidiava
il rapporto di Al e Shane e – a parte quel demenziale sprazzo
di
immotivata gelosia che aveva provato – sapeva quale affetto
li
legasse, dato che li aveva sotto gli occhi da sei anni.
Sbuffò,
mentre cercava di lottare contro quella maledetta pioggerellina che
gli colava addosso. Nonostante avesse praticato un incantesimo
Impervius sulla propria faccia -proprio per evitare
che la
pioggia gli appannasse la vista- le cose non erano migliorate di
molto.
Quando
finalmente smontarono dalla scopa, fece per dirigersi verso Penny che
gli scoccò un'occhiata fugace di disapprovazione prima di
ritirarsi
negli spogliatoi. Restò parecchio interdetto
dall'atteggiamento di
lei, del quale non sapeva spiegarsi la ragione. La ragione
che
lui non poteva comprendere, si palesò un secondo dopo alle
sue
spalle.
"Ciao
James!", lo salutò Angie zuccherosa. Oh, Morgana santissima!
Gli dispiaceva perfino: a differenza di Jessica, che era un'idiota
patentata, Angie gli era simpatica.
"Ehm...
ciao", non trovò di meglio da dire. Lei non si
scoraggiò,
anzi.
"Che
ne diresti di andare a fare un giro?", chiese senza giri di
parole.
Dallo
sguardo che gli scoccò James comprese che era più
avanti di quanto
non fosse sano per lei, e necessitava di essere disillusa
all'istante.
"Ehm...vedi",
balbettò. Ma da quando aveva cominciato a rifiutare ragazze?
"Sì?",
fece lei speranzosa. Oh, lo sapeva da quando! Dannata Shane!
"Vedi,
se non ho capito male tu vorresti uscire con me", si fermò
per
controllare la reazione di Angie. Non negò, nè
abbassò lo sguardo.
Si limitò ad annuire.
"Però,
ecco...", si stava incartando. "Da me non puoi avere quello
che cerchi..."
"Oh",
rispose visibilmente delusa. "Non ti piaccio..."
"Non
sei tu... è che non mi piacciono più le ragazze
in generale".
Angie sgranò gli occhi e inarcò le sopracciglia,
perplessa e
scioccata. Solo allora si rese conto delle parole alquanto equivoche
che aveva usato. Non mi piacciono più le ragazze?
"Prego?",
disse esterrefatta.
"Non...",
scosse il capo disperato, "non ho cambiato sponda",
puntualizzò infastidito dalla propria idiozia. "Mi sono
espresso male, intendevo dire che ormai me ne piace una
sola,
ecco", spiattellò con noncuranza.
"Oh",
esclamò nuovamente. "Beh... sei stato sincero, lo apprezzo",
fece un sorrisetto.
Wow!
Non solo non si era incazzata, ma aveva anche apprezzato il suo
comportamento. Uno a zero per la sincerità: doveva
ricordarselo
più spesso.
Angie
non disse altro, si limitò a guardarlo, gli
scoccò un bacio sulla
guancia e si allontanò fulminea. Girandosi, James vide Shane
marciare verso l'esterno del campo insieme a Trixy. Maledizione,
pensò: ancora una volta non era riuscito a parlarle!
"Ora
lo bacia anche!", sbraitava durante il tragitto dal campo
all'interno della scuola. Di volta in volta Trixy provava a replicare
alle assurdità che stava lasciando uscire dalla bocca, ma
lei non le
dava tempo.
"Sai
una cosa?", proseguì acida. "Non mi interessa minimamente!
Ho capito che è lei ad interessarlo, perciò il
mio piano di non
sapere il nome della tizia per non odiare nessuno", e qui
imprecò nuovamente, "è bellamente andato in
fumo!".
"Penny,
ma ti vuoi calmare?", strillò a un tratto Trixy per
sovrastarla.
"Scusa",
farfugliò l'altra, rendendosi conto di stare urlando.
"Era
solo un maledetto bacio sulla guancia! Tu e Al ve ne siete dati un
miliardo; perchè James non può farlo?". Non
avrebbe dovuto
dirlo, lo sapeva.
"Non
provare a difenderlo!", sbottò puntandole contro l'indice,
minacciosa. "Sai benissimo che non è la stessa cosa: lo dici
solo per farmi calmare! Al è il mio migliore amico, mentre
James non
ha mai avuto un' amica intima. Tutte le ragazze con cui interagiva
erano pazze di lui, e lui non faceva niente per cercarne una che non
lo fosse. Anche se ha delle conoscenti donne che non gli piacciono in
quel senso, non ha con loro un rapporto paragonabile a quello
che
io ho con Al".
Trixy
sbuffò, non trovando un'argomentazione valida a cui
appigliarsi per
farla smettere. In effetti era vero: James non aveva una "migliore
amica", con la quale avesse un rapporto tanto stretto da
abbracci e baci senza che ci fosse un secondo fine. Questo era il
motivo della gelosia universale di Penny.
"Forse
Angie è quella giusta per fare amicizia!",
azzardò
allegramente, pentendosene subito dopo. Penny si girò verso
di lei,
fulminandola con lo sguardo.
"Ti
ha dato di volta il cervello? Non hai visto come lo guarda? Lo fissa
con gli occhi a cuoricino. Questa me la chiami amicizia?!",
berciò irritata oltre misura.
Trixy
non riuscì a trovare una risposta che non facesse incazzare
Penny
ancora di più, perciò prese la saggia decisione
di lasciar perdere.
"Te
lo dico io: se James vorrà mai fare amicizia con una donna,
con la
fotuna che mi ritrovo, sceglierà me!", concluse
catastrofica.
Trixy scosse la testa senza ribattere.
"Melograno
fatato", mormorò la parola d'ordine alla Signora
Grassa,
sempre senza controbattere.
Ormai
erano in Sala Comune e la sfuriata di Penny dovette per forza
concludersi, con un certo sollievo da parte di Bellatrix, che in
seguito non potè fare a meno di raccontarla a Rose e Alice.
Entrambe
concordarono sul fatto che la situazione stesse degenerando e, quando
Penny uscì dalla doccia avvolta nel candido asciugamano
bianco, se
le trovò tutte e tre davanti. Deglutì
rumorosamente e cercò di
sorpassarle un paio di volte.
"Cosa
ho fatto per meritare un tale schieramento?".
"Noi
pensiamo che tu debba dire a James quello che provi".
"Ma
bene Rosie! Ora che conosco la vostra opinione in merito lo
farò non
appena lo incontrerò, contaci!", rispose caustica.
"Rose
ha ragione", sbuffò Alice. "Non puoi restare un anno a
torturarti, chiedendoti chi sia la stramaledetta fiamma di
James".
Penny
si sottrasse a quegli sguardi, svicolando verso sinistra e
dirigendosi al proprio letto per cambiarsi.
"Non
ho intenzione di farlo; sparite dalla mia vista o cambiate
argomento!".
"Non
vedi che effetto ti ha fatto vederlo con un'altra? Non facevi
così
quando pensavi fossero solo di passaggio!", le fece notare
Trixy.
"Certo...",
aggiunse Rose, "non ne eri felice, ma ora sei agitata come uno
Schiopodo Sparacoda!", la accusò. Penny
le scoccò uno
sguardo torvo, schifata dal confronto.
"Non
posso credere che tu mi abbia paragonato a quei mostriciattoli!",
fece schioccare la lingua, spazientita. "Ad ogni modo, mie care,
SCORDATEVELO!".
Ormai
completamente vestita, scese in fretta le scale e uscì dalla
Torre
per sfuggire a quel maledetto accerchiamento. Sperava solo che una
volta a cena le sue amiche si scordassero di illustrarle nuovamente i
vantaggi di dichiararsi. La prospettiva, ai suoi occhi, si
configurava solo come una colossale figura di merda!
SPAZIO
AUTRICE
Salve
gente,
avevo
detto che avrei pubblicato entro due/tre giorni e invece non ce l'ho
fatta, quindi Sorry!
Eccomi
a voi con un nuovo schizofrenico capitolo, in cui Penny e James
continuano imperterriti nel loro Cha Cha Cha – un passo
avanti e
uno indietro. In realtà Penny sta facendo tutto da sola,
perché
devo dire che James si comporta bene ormai – tranne fare
figure di
merda mettendo in dubbio la sua stessa sessualità davanti
alle
proprie pretendenti. Un dettaglio trascurabile, direi. Il risultato
sperato però è stato ottenuto: Angie
terrà le grinfie lontane da
James.
Comunque
prima che mi dimentichi di dirlo, non sono pazza (credo) e la lettera
che Trixy ha ricevuto (e il suo conseguente umore nero) non
verrà
più nominata in questa storia. Sono la base per una OS che
è in
cantiere – nata davvero all'improvviso. Non
svelo altro per il momento, ma presumibilmente la
pubblicherò dopo
l'ultimo capitolo di Una Strega In Famiglia MA prima dell'Epilogo e
spero che mi farete l'onore di leggerla e
recensirla. Tutto
ciò a meno che la mia
mente non cambi i programmi che ha fatto. Anyway, questi pochi giorni
prima della partita sono stati faticosi con gli allenamenti e tutto
il resto, e i nostri piccioncini si sono guardati da lontano, mentre
i Cattivi Presagi non
smettono di
assillare James. L'ho
fatto apposta a
descriverli così lentamente, per farvi capire come si
sentono,
soprattutto lui – che non vede l'ora che passino. È
pazzo e paranoico come dice Al? Può darsi: lo scoprirete
solo
leggendo! *si ritira consapevole di aver scritto solo cavolate*
Aggiornerò
la settimana prossima, quindi per ora Addio!
Baci
baci :*
Jules
Note:
-gli
Schiopodi Sparacoda sono animaletti nati da Hagrid, che fa sempre
incroci strani :)
-l'Impervius
è un incantesimo che Harry pratica sui propri occhiali per
evitare
che si bagnino e si appannino
|
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Capitolo 18 *** 17. Sectumsempra ***
Capitolo
diciassette
Sectumsempra
Un
temporale violento impazzava, grosse gocce rigavano la vetrata e il
vento ululava come un lupo ferito.
A
tratti, lampi viola illuminavano la stanza in penombra,
immediatamente seguiti da tuoni che rimbombavano nelle orecchie di
James Sirius Potter, seduto sul proprio letto. Cattivi
presagi.
Guardava
la pioggia fuori dalla finestra della Torre e rifletteva sul
comportamento di Shane al campo da Quiddich.
Gli
era sembrato di aver fatto progressi con lei; quindi si chiedeva
perché fosse scappata, di nuovo. Ogni
volta che faceva un
passo avanti, gli pareva che lei ne facesse uno indietro.
Un
altro tuono squarciò le tenebre, riscuotendolo dai propri
pensieri
insieme alla voce di Sam Baston.
"Ehi
James, qualcosa non va?".
"Tutto
non va!", sospirò quella risposta come se non volesse essere
udito.
"Ancora
la misteriosa ragazza?", chiese l'altro con un'occhiata
maliziosa; poi scosse la testa, quasi compassionevole. "Mi dirai
mai chi è?", domandò tra il divertito e l'offeso.
Sarebbe
stato ancora più offeso se avesse saputo che Al e Lorcan ne
erano a
conoscenza da molto prima di lui, quindi James si guardò
bene dal
comunicarglielo. Però, pensò, dal momento che
voleva dirlo al
soggetto in questione, perché non dirlo a Baston? Ormai non
c'era
più pericolo che tradisse il segreto, perché
stava per farlo lui
stesso.
"Ora,
tanto sto per sputtanarmi anche con lei!".
"Sul
serio?", domandò spalancando tanto d'occhi. James
mugugnò un
lamento indefinito e si passò stancamente una mano sulla
faccia.
"Le
parlo dopo la partita", confermò. "È una missione
suicida, perché so che è innamorata di un altro".
"Mh",
mugugnò Sam, "ora sono curioso", riprese avvicinandosi al
letto a baldacchino dell'amico.
"Vuoi
il nome?", James sfoggiò un ghigno dei suoi; gli piaceva
tenerlo sulle spine.
"Forse
ci posso arrivare".
"Non
penso proprio".
Baston,
troppo impegnato a riflettere per articolare una frase,
farfugliò
qualcosa che suonava come "lasciami concentrare" e
"sta'zitto". Potter decise di soccorrerlo.
"Sei
il Capitano della sua squadra", gli diede un indizio.
"Sai
quante giocatrici ho?", l'altro fece schioccare la lingua,
impaziente.
"D'accordo...
ti ricordo qualcuno se ti chiamo Capitan Quiddich?",
sorrise, pensando a quando lo sentiva dire dalla voce melodiosa di
Shane. Sam si accigliò un attimo e poi sgranò gli
occhi e spalancò
la bocca.
"Non
ci credo!".
"Credici
Sam; sono mesi ormai".
"Penelope
Shane!", Baston era sempre più stupito.
"Shh,
abbassa la voce!", esclamò Potter, irritato.
Insomma,
avevano altri due compagni di stanza, per Godric! Non voleva che lo
venisse a sapere tutta la scuola ancora prima che lo sapesse lei.
Superato
lo stupore iniziale, Baston sembrava non avere nulla di particolare
da dire e si limitò a scrollare le spalle.
"Beh,
hai la mia approvazione!".
"Non
ho bisogno della tua approvazione", borbottò James.
"Ma
te la do ugualmente", ridacchiò l'amico. "Adoro quella
ragazza, anche se mi prende per il culo con la storia di Capitan
Quiddich".
"Sì,
adorala da lontano però!", ringhiò Potter con
sguardo torvo.
Baston
rise di gusto, trascinandoselo dietro suo malgrado: aveva una risata
contagiosa.
"Ottimo!
Sei anche geloso!", disse con aria canzonatoria. "Comunque,
intendo che è simpatica, oltre ad essere una brava
battitrice!".
James scoppiò di nuovo a ridere.
"Il
tuo è un chiodo fisso; finirai per sposarti con una scopa da
corsa!", lo celiò. Baston finse di pensarci sù.
"Non
sarebbe una cattiva idea", stette al gioco. "Tornando a
Shane", continuò, "ora che ci penso... sareste una bella
coppia. Fai bene a parlarle: da quando sei innamorato sei
insopportabile!", disse, beccandosi un cuscino in faccia.
Alla
fine, entrambi si infilarono sotto le coperte e cinque minuti dopo,
quando James ancora fissava il soffitto col pensiero rivolto altrove,
Baston già russava della grossa. Nonostante il temporale, i
lampi, i
tuoni, Sam riusciva comunque a dormire. In fondo, si disse, la teoria
della scopa da Quiddich come moglie era plausibile, perché
nessuna
donna avrebbe sopportato quell'incessante rumore di sottofondo.
La
mattina dopo, quando aprì gli occhi, si sentiva
più stanco di
quando era andato a dormire.
Mise
un piede a terra, poi l'altro; e gli venne in mente quel vecchio
detto babbano: alzarsi con il piede spagliato. Si
sentiva
proprio così quel martedì.
Quel
martedì che due giorni prima gli pareva lontano, era
arrivato.
L'arredamento
rosso e oro della stanza gli ricordò per contrasto la
partita contro
Serpeverde. Stranamente, per la prima volta in vita sua, non era
entusiasta di partecipare a un incontro di Quiddich. Aveva una fifa
matta, benché non fosse spaventato tanto dall'incontro
quanto dal
post-partita.
"Ehi
James, abbiamo lezione con la McGranitt! Vuoi restare a fissare il
pavimento o muovere il culo?", strillò Baston,
già sulla
porta.
"Che
linguaggio fine!", rispose sarcastico. In ogni caso, arrivare in
ritardo a Trasfigurazione non sarebbe stato un buon inizio di
giornata, perciò si affrettò a scendere in Sala
Grande.
"Penny",
strillò Rose, "è l'ultima volta che ti dico di
alzarti! Giurò
che se non muovi il tuo delicato fondoschiena da quel maledetto
letto ti faccio un Levicorpus!".
"Non
lo faresti mai!", mugugnò Penelope da sotto il piumone.
"Non
mi sfidare!". La vide estrarre la bacchetta con espressione
minacciosa e si decise a sollevarsi dal cuscino, fissandolo –
come
sempre – con nostalgia.
Ad
ogni modo, era meglio non tirare troppo la corda con la rossa, che
aveva un'aria alquanto minacciosa. Fece più in fretta che
potè: la
prima colazione la stava aspettando, e lei continuava ad avere un
buco allo stomaco.
"Sono
pronta!", esclamò con un sorrisetto impertinente.
"Muoviti!",
la rossa la prese per un gomito, trascinandola giù per le
scale del
dormitorio e poi fuori dalla Torre Grifondoro.
Purtroppo,
anche il martedì di Penelope – come quello di
James – non ebbe
inizio con il piede giusto.
Girata
verso Rose, stava sbraitando contro i suoi modi di fare poco gentili,
quando all'improvviso inciampò in qualcosa. O
meglio, in
qualcuno.
"Perso
l'equilibrio, Shane?", domandò una voce gelida. Ne riconobbe
all'istante il proprietario, si voltò e scoprì
che ghignava, ma non
si scompose.
"Buongiorno
a te, Malfoy!", ribattè ironica. "Posso farti notare che
il mio equilibrio sarebbe migliore, se non mi facessi lo sgambetto?".
Lui scrollò le spalle e rise.
"Rossa,
fai la guardia?", chiese intercettando un'occhiata torva di
Rose.
"Fottiti
Malfoy!", rispose la Weasley, spiccia.
"Educata
la tua amica!", si rivolse a Penny.
"Fottiti
Malfoy", ripetè l'altra.
"Noto
che a Grifondoro si tengono lezioni di etichetta", lo sguardo
sprezzante.
Gli
occhi grigi e gelidi, uguali a quelli di suo padre, la inquietavano
un poco. Quando li aveva visti insieme, a King's Cross, si era
accorta che Scorpius era la versione in miniatura di Draco Malfoy;
eppure era convinta che il padre fosse molto più tollerabile
di lui,
che – a quanto ne sapeva – aveva uno stretto
rapporto con il
nonno. Probabilmente stare a contatto con Lucius Malfoy era
nettamente diseducativo per un bambino, e i risultati erano davanti a
lei. All'improvviso, proprio guardandolo negli occhi, le venne
un'idea.
"Che
begli occhi argento che hai!", affermò, lasciando di stucco
sia
lui che Rose.
"Ci
stai provando?", Malfoy sfoggiò un' espressione disgustata.
"Pensavo",
disse lei in tono mieloso, "che si intonano molto ai colori
della tua Casa. Anche se..." continuò, "non è
abbastanza".
"Per
caso ti droghi, mezzosangue?", le chiese senza capire.
"È
che", replicò ignorando la frecciatina, "non c'è
nulla di
verde in te", lo rimproverò serissima, "ed è un
peccato".
Mentre
parlava, Rose realizzò quali erano le intenzioni dell'amica:
la vide
mentre estraeva la bacchetta da dietro la schiena e la agitava senza
dare troppo nell'occhio, per non farsi notare da Malfoy.
Non
appena vide il risultato dell'incantesimo che Penelope aveva
lanciato, scoppiò in una fragorosa risata.
"Weasley?",
fece il Serpeverde, una nota di terrore nella voce.
Rose,
scossa dai singulti, non rispose direttamente, limitandosi ad
indicare con mano tremanti i capelli del ragazzo. Lui
afferrò una
ciocca più lunga delle altre e si accorse di quello che la
mezzosangue gli aveva combinato: i suoi amati capelli biondo
ossigenato erano diventati di un colore verde brillante.
"Scorpius,
che hai fatto ai capelli?", domandò Daniel Zabini passando
di
lì, tra uno sbadiglio e un'occhiata perplessa. Un brusco
gesto di
Malfoy e il moro sparì dalla vista dei tre. Spirito
Serpeverde: figuriamoci se poteva tollerare di farsi vedere
in
quello stato da un suo simile!
"Ora
sì che sei prefetto!", fece Penny dolcemente. "Salazar
Serpeverde sarebbe fiero di te. Beh... ci si vede in giro, Malfoy",
lo salutò allegramente e fece per andarsene, ma il platinato
l'afferrò per un polso, costringendola a girarsi verso di
lui. Erano
a un palmo di naso, e Penny vide la rabbia negli occhi del
Serpeverde.
"Malfoy",
non perse il tono canzonatorio, "è incredibile come solo tu
sappia farmi venire la nausea quando non ho ancora mangiato nulla".
Per
tutta risposta quello strinse ancora di più la presa sul
braccio
della ragazza, con un ghigno che si allargava sempre di più
e gli
occhi stretti a fessura.
"Mollami,
idiota!".
"Ti
avevo avvertita, lurida Mezzosangue. Non puoi mancare di rispetto a
un Malfoy per due volte di fila e passarla liscia!", disse in
tono minaccioso. "Avevi già oltrepassato il limite in
biblioteca, Grifondoro". Almeno aveva usato un appellativo
più
gentile di mezzosangue.
Stava
per ribattere a dovere, quando qualcuno si inserì nella
conversazione. Più che nella
conversazione, si inserì
fisicamente tra lei e Scorpius, spintonandolo piuttosto rudemente.
"Che
cazzo fai? Togliele le mani di dosso!", gli urlò contro.
Malfoy
lasciò andare la presa, impegnato a sottrarsi agli spintoni
dell'altro ragazzo. Penny provò ad allontanarlo, ma James
– perché
era di lui che si trattava – sembrava non prestarle
attenzione,
tutto preso a scuotere Scorpius per le spalle. Rose provò a
supportare Penny nel dissuaderlo dal picchiare quel verme, ma il
cugino non recepiva, e continuava a spingerlo malamente fino a farlo
vacillare. Era più alto e più muscoloso, senza
contare che era
incazzato nero – quindi per Malfoy non si metteva benissimo.
Fortunatamente,
nella Sala D'Ingresso passarono Al e Lysander in quello stesso
momento, e unendo le forze riuscirono ad allontanarlo dalla Serpe.
Scorpius si allontanò velocemente, scagliando a Penny un
ultimo
sguardo di sfida.
Solito
Malfoy vigliacco, pensò.
Quando
vedeva che le cose si mettevano male, non trovava altro da fare che
scappare. Un vero cuor di leone.
"James",
mormorò posandogli una mano sulla spalla.
"Quando
ho visto che ti strattonava non ci ho visto più... mettere
le mani
addosso a una ragazza! Che pezzo di merda!", ringhiò a voce
bassa.
"Stai
bene?", le chiese Lysander. Lei annuì con un sorriso. Aveva
un
lieve segno rosso sul polso che Malfoy le aveva stretto, colpa della
pelle lattea e delicata che le era toccata in sorte.
"Sicura?",
Al le prese delicatamente la parte indolenzita.
"È
tutto a posto ", lo tranquillizzò. "Va' a fare il Medimago
da un'altra parte", scherzò.
"Che
ha fatto Malfoy in testa?", domandò Lysander per alleggerire
la
tensione. Aveva i capelli biondi, ma leggermente più lunghi
di
Lorcan, e un'aria un po' più trasognata. Penny gli fu grata
di aver
sviato l'attenzione dal proprio polso e gli rivolse un flebile
sorriso.
"Stava
rompendo, e gli ho detto che i suoi occhi grigi si intonano
così
bene alla sua Casa che sarebbe stato fantastico metterci accanto
qualcosa di verde".
"Non
l'ha divertito", aggiunse Rose, asciutta.
"Per
questo voleva pestarti alla babbana?", domandò il biondino.
"Ehi,
non tutti i babbani si pestano così!", protestò.
A quel punto
James si stava già dirigendo in Sala Grande senza parlare a
nessuno,
e lei decise di imitarlo.
Probabilmente
avrebbe trovato l'arsenico nel succo di zucca, insieme a un biglietto
di auguri di buona morte, verde e argento.
"Sei
stata gra-ndio-sa!", Alice Paciock
scandì l'ultima
parola per sottolinearla.
Al
sbuffò indispettito da quel commento e guardò
torvo la sua ragazza.
"Mah
sì, incoraggiala: ne ha davvero bisogno!", disse facendo
schioccare la lingua, spazientito. "Davvero grandiosa!",
riprese. "Una grandiosa idiota! Quando imparerai a stare calma
con i Serpeverde?".
Penny
era troppo intenta a fissare il liquido ambrato nella propria tazza
per guardare il suo migliore amico.
"Dico
a te!", disse seccato. A quel puntò non potè
più ignorarlo, e
sollevò lo sguardo.
"Lo
so", replicò stizzita, "ma tanto per la saggezza ci sei tu
al Grifondoro! Io sono quella impulsiva...", voleva essere
ironica, ma suonò acida. "Non ho resistito, Al! Mi manda in
bestia: è una piccola e subdola biscia!".
"Per
la barba di Merlino! Proprio perché è subdolo
dovresti fare
attenzione!", sbottò lui. "Non è un tipo a cui
piace
farsi mettere i piedi in testa!".
Penny
smise di mangiare i propri cereali e sbattè la tazza di
tè -fino ad
allora sollevata a mezz'aria- sul tavolo.
"Beh,
sai una cosa?", stavolta fu lei a innervosirsi. "Nemmeno io
sono la tipa!".
Al
roteò gli occhi, passandosi una mano in faccia. "Ci
rinuncio",
lo sentì borbottare.
"Spero
solo che non organizzi ritorsioni alla partita", sospirò
Trixy,
sempre molto pratica. "Fuori possiamo affrontarlo
tranquillamente quel pezzo di merda, ma mentre
giochiamo è
più difficile", aggiunse preoccupata.
Penny
decise di non parlare più per non rischiare di discutere con
Al, e
riprese a bere il suo tè. Sapeva che ciò che
diceva era per il suo
bene, ma non tollerava quel tono da So-Tutto-Io.
O
forse non tollerava di aver torto. L'impulsività era un
difetto che
avrebbe dovuto modificare, se voleva diventare una brava Auror.
Dopo
poco uscirono tutti per recarsi alla prima lezione della giornata. Ne
avrebbero avuta solo un'altra e il pomeriggio sarebbe stato libero:
tutti a vedere il Quiddich.
"Ehi",
raccomandò a Rose attardondosi con lei nella Sala
d'Ingresso, "oggi
tieni gli occhi aperti!". Doveva dirlo anche ad Al, ma non le
andava di parlare con lui.
"In
che senso?", la rossa aggrottò la fronte.
"Nel
senso", bisbigliò l'altra roteando gli occhi, "che dovete
stare attenti a quello che fa Malfoy. Se notate qualcosa di strano,
bacchette alla mano! Noi dal campo non possiamo fare
granchè, come
ha detto Trixy".
"Va
bene", assentì Rose.
"Sei
un'amica".
"Lo
so, sono fantastica!", si pavoneggiò, beccandosi una
gomitata.
"Smettila
di atteggiarti!", la canzonò.
"Tu",
fece Rose assumendo un cipiglio quasi severo, "promettimi che
non farai idiozie. Pensa solo a giocare; io sorveglierò
Malfoy e
interverrò se farà qualcosa a te o agli altri
giocatori, intese?",
il tono autoritario.
"Sissignora!",
replicò mettendosi sull'attenti. La rossa la
guardò di sbieco.
"Sarà
meglio andare a lezione", fece Rose sbrigativa, ma con un
sorrisetto divertito.
Quel
giorno la Serra era fredda, con tutto che Penny aveva indosso il
cappello di James e i guanti di pelle di drago che usavano per
maneggiare le piante. Una volta che ebbero infilato le palandrane,
Neville li salutò cordialmente.
Penny
stava tra Al e Rose, ma esattamente di fronte a lei, dall'altro lato
della Serra, qualcuno le scoccava sguardi di odio.
Gli
occhi grigi di Malfoy mandavano lampi nella direzione della "lurida
Mezzosangue". Ormai il verde dei capelli era quasi del tutto
svanito. Gli aveva lanciato un incantesimo di breve durata, dato che
-per quanto arrabbiata- era sempre un nobile spirito Grifondoro.
Con
le labbra lui mimò qualcosa che suonava come "non
finisce
qui" e "sei morta", ma Penny non si fece
intimidire e non abbassò lo sguardo nemmeno per un attimo.
Nel
frattempo il professor Paciock teneva una conferenza sui Boramets,
utili per
fabbricare
bacchette indistruttibili. Ma il clue della lezione non era certo
quello. Fu quando Neville disse la magica parolina Pugnacio
che il sangue nelle vene degli studenti si gelò. Lo
stesso professore sembrava sentirsi in colpa alla prospettiva di
costringerli a estrarre i baccelli da quella pianta, considerando il
fatto che lui stesso aveva riportato
parecchi graffi e un labbro insanguinato, al sesto anno.
Rose,
Penny e Trixy si misero a lavorare insieme, mentre Al, Alice e
Finnegan formavano un altro gruppetto. Quando Penny e Bellatrix
ebbero bloccato la maggior parte dei rami, tentando di annodarli fra
loro e ricevendone parecchie percosse, un buco si aprì al
centro dei
tentacoli di Pugnacio.
Con
tutto il coraggio che aveva avuto sua madre – e non suo padre
–
Rose infilò il braccio nel buco, che tentò di
tranciarglielo con
una certa insistenza. Trixy e Penny le vennero in aiuto cercando di
disincastrare il braccio, e alla fine la rossa estrasse trionfante
un baccello verde e pulsante, abbastanza
brutto.
Ovviamente,
Alice aveva già raggiunto lo scopo da un pezzo, con l'aiuto
di Al e
il totale disinteresse di Finnegan, intento
a fissare il nulla.
A
Penelope non sfuggì che Malfoy continuava a indirizzarle
sguardi
sprezzanti e sorrisi maligni. Era sicura che entro la fine dei sette
anni ad Hogwarts l'avrebbe sfidata al Club dei Duellanti, o qualcosa
del genere.
Pian
piano i capelli di Scorpius ridivennero del loro solito e impeccabile
color platino e Penny mimò con le labbra qualcosa come "ti
stavano meglio verdi". Fece un sorrisetto di scherno in
direzione del purosangue – che la fulminò con lo
sguardo.
Quando
la lezione si concluse, le scivolò un gran peso dallo
stomaco.
Non
l'avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma ricevere quelle occhiate
rabbiose non le piaceva granchè.
La
lezione di Cura delle Creature Magiche con Hagrid le piacque,
benchè
riguardasse i Thestral: bestiole molto particolari
e
invisibili alla maggioranza della classe. Come Hagrid stava
magistralmente spiegando, non potevano essere scorti da chi non
avesse visto la morte in faccia, e Penny non era nel numero degli
sfortunati spettatori. L'unica pecca era l'incessante sguardo che
sentiva sù di sè, e non aveva bisogno di voltarsi
per sapere di chi
fosse.
"Se
Malfoy continua a fissarla sfodero la bacchetta!", bisbigliava
ogni tanto Rose.
"Oh
certo!", aveva sospirato Al. "Prima Penny, poi James,
adesso tu: ci manca solo un'altro colpo di testa, così
è la volta
buona che vi tolgono ottocento punti ciascuno!".
Non
appena anche la lezione di Hagrid si fu conclusa, si recarono tutti
in Sala Grande, e Penny si vide bloccare da una sorridente Lily Luna.
"Ciao!",
la salutò.
"Ciao
Lily!".
"Lysander
mi ha detto di Malfoy, volevo esprimerti la mia stima sconfinata",
e le fece l'occhiolino. Al sollevò gli occhi al cielo: era
possibile
che solo lui si rendesse conto che i gesti impulsivi non erano mai
una buona idea?
Provò
a dire qualcosa del genere a Lily, che per tutta risposta
scrollò le
spalle incurante, dicendole: "Non c'è bisogno che ti dica
che
alla partita sarò vestita in rosso e oro". Penny la
guardò con
gratitudine, prima che si dirigessero ognuna al proprio tavolo.
"Godric!",
esclamò Trixy vedendola giungere con calma. "Sbrigati a
mangiare: dobbiamo andare a cambiarci!".
"Stai
diventando come Baston; mancano ancora due ore alla partita, te ne
rendi conto, vero?".
Si
lasciò cadere su una sedia, sentendosi come un pesante sacco
ripieno
di patate. Si versò svogliatamente del succo di zucca nel
bicchiere
e mangiò il roast-beef, ovvero il piatto più
vicino che c'era. Non
le andava neanche di allungare le braccia per raggiungere il
pasticcio di verdure. Si sentiva improvvisamente stanchissima.
"Non
hai una bella cera", le disse qualcuno, "è tutto a posto?"
e James scivolò accanto a lei.
"Lo
so", ammise, "ma va tutto bene". L'altro annuì poco
convinto, cominciando a mangiare anche lui.
"James".
"Sì?".
"Grazie
per stamattina", mormorò.
Lui
si girò quasi stupito, e le sorrise.
"Non
volevo scavalcarti Shane, so che ti sai difendere da sola". Ora
sì che voleva saltargli in braccio!
Si
stava scusando per averla difesa? In fin dei conti era quello che
aveva fatto anche lei la volta precedente, e lui se l'era presa.
"È
solo che quando ti ha strattonato mi è salita una
rabbia...",
continuò.
"James",
disse piano, "sei stato molto gentile a preoccuparti per me. Io
non ragiono come te: non mi arrabbio quando qualcuno si preoccupa per
me", ribattè con un sorrisetto caustico. Ogni riferimento a
fatti, cose o persone è puramente casuale...
"Era
diverso", provò a ribattere lui, "ti ha messo le mani
addosso".
"Potter",
disse ridendo, "ha dato fuoco al tuo mantello! Non mi sembrava
cosa da poco". James sorrise; sapeva che aveva ragione, ma non
l'avrebbe detto davanti a lei. Tuttavia, Penny se lo fece bastare e
gli sorrise di rimando. Era così bello averlo vicino che non
voleva
sprecare un momento del genere a bisticciare per qualche sciocchezza.
Un'ora
e mezzo più tardi, lo spogliatoio era una totale baraonda.
Gli
"amichevoli" incontri con i Serpeverde erano molto...
sentiti, per così dire. Quando Baston
fece irruzione nello
spogliatoio femminile, alcune di loro non avevano ancora indossato la
parte superiore della divisa, e furono costrette a voltarsi.
Benchè
la cosa avesse imbarazzato le ragazze, lui sembrava non essersene
nemmeno accorto. Tutto ciò che fece fu incitarle a darsi una
mossa
perché mancava solo mezz'ora al fischio d'inizio. Entro
dieci minuti
scarsi erano tutte con le scope alla mano, pronte ad uscire in campo.
Sam
strinse la mano al capitano dei Serpeverde, strusciandola poi sulla
divisa come se fosse stata infettata. Penny sorrise tristemente a
quel gesto, e pensò che tra le due case -nonostante i
tentativi di
Silente e dell'attuale preside- continuava a non correre buon sangue.
Si scambiò uno sguardo d'intesa con James, che stava
pensando la
stessa cosa e, al soffio del fischietto, i quattordici giocatori si
librarono in aria.
James
si aggirava per il campo alla disperata ricerca, ma non
c'era traccia del
Boccino
da nessuna parte.
La sua controparte serpeverde
stava sorvolando il campo proprio come lui, anche
se puntavano in
direzioni opposte.
Intanto la voce
squillante di Lily Luna
invadeva il campo con la cronaca delle mosse dei giocatori:
“Warrington
passa a Trixy Zabini,
che supera Daniel
Zabini – forza,
Weasley (era rivolta a sua
cugina Roxana, anche
lei parte della squadra)
puoi prenderlo ora...”, si
interruppe
per segnalare un “
Bolide di Penny
Shane al cercatore Serpeverde;
Trixy
Zabini perde la Pluffa,
ma
il Capitano
di Serpeverde se ne
appropria e si
lancia contro la porta
di Sam Baston,
che prontamente para il
tiro!”.
Mentre
ascoltava distrattamente
le
parole di Lily, finalmente a James sembrò di vedere uno sfarfallio
nell'aria: il
piccolo svolazzante pezzetto
d'Oro fluttuava in
basso.
Si
tuffò immediatamente,
a caccia del Boccino; e
purtroppo
in un attimo il Cercatore
Serpeverde
gli fu accanto, appiattito sulla scopa per prendere velocità.
Il
Boccino schizzò verso il lato opposto; il cambio di
direzione favorì
il
Serpeverde,
che era più vicino; sembrava
che lo stesse per afferrare. James cominciò a perdere la
speranza,
ma si costrinse a spingere la
sua Nimbus
a
più non posso.
Penny
seguiva attentamente I movimenti di James, che stava correndo con la
Nimbus nel tentativo di raggiungere il Serpeverde che l'aveva
superato.
Sembrava
però che al momento il Boccino fosse riuscito a sfuggire
anche al
giocatore verde-argento.
Lesta
rispedì indietro un bolide che le era stato lanciato contro,
cercando di centrare il Cercatore avversario, che -sfortunatamente-
si scansò giusto in tempo. All'improvviso, accadde qualcosa
di molto
strano.
La
scopa di James, fino ad allora sotto il suo pieno controllo,
iniziò
a singhiozzare su e giù, cercando di disarcionare il
proprietario.
Dava scosse fortissime, tanto che Penny temette che lui non sarebbe
riuscito a restare in sella.
Comprese
immediatamente cos'era successo. Voltò la testa verso gli
spalti dei
Serpeverde e vide Malfoy, intento a borbottare formule magiche senza
perdere il contatto visivo con la scopa di Potter. Fu un attimo:
girò
la propria scopa e si diresse il più vicino possibile alla
tribuna
che ospitava i tifosi rosso-oro. Per fortuna, incrociò
all'istante
lo sguardo di Rose, che sembrava all'erta – pronta a ricevere
un
segnale. Non ci fu bisogno d'altro; nel giro di mezzo secondo la vide
scomparire dagli spalti. Sapeva che avrebbe fatto qualcosa per
fermare Malfoy: non restava che aspettare...
Rose
si diresse in fretta e furia alla postazione dei Serpeverde,
insinuandosi nello spazio libero sottostante alla panca di Scorpius,
senza essere vista. Le sembrava di vivere un
dejà-vù. Sua madre le
aveva raccontato qualcosa di molto simile, dandole l'idea che
avrebbe messo in atto di
lì a un secondo. Una
volta dietro agli spalti del nemico, estrasse
la bacchetta puntandola contro il lembo del mantello di Malfoy.
L'attimo dopo il tessuto nero iniziò a brillare: le fiamme
si
diffusero velocemente, scatenando il panico
sugli spalti.
Penny
fissava James, la cui scopa non accennava a smettere di imbizzarrirsi
senza sosta, finchè un lampo di luce non la costrinse a
voltare la
testa: sugli spalti delle Serpi un bagliore si era diffuso, proprio
accanto a Malfoy. Era... fuoco!
Intento
a spegnere le fiamme, il platinato smise di esercitare il controllo e
la scopa di Potter ripartì indisturbata, cosicchè
Penny potè
tirare un lungo sospiro di sollievo. L'intervento
di Rose, a quanto pareva, era stato decisivo.
James
non sapeva cosa fosse accaduto di preciso, e non aveva il tempo di
domandarselo. Il Cercatore delle Serpi, approfittando del vantaggio,
era sceso in picchiata in cerca del Boccino e lui l'aveva imitato
subito.
Intravide
di nuovo il luccichio della pallina alata. Non pensò
più a nulla,
gettandosi nell'impresa disperata di afferrarlo.
A
pochi metri da terra, James
tolse la mano sinistra
dalla scopa, la tese verso il Boccino, mentre
al proprio fianco anche l'altro Cercatore
tendeva la mano.
Poi
tutto si concluse e in un battito di ciglia James
stringeva il pugno intorno al Boccino e Lily Luna decretava la
vittoria di Grifondoro con centocinquanta punti, mentre lo stadio
intero, o
quasi,
esplodeva in un boato di approvazione.
A
quel punto i Giocatori scesero a terra, e James venne travolto dagli
abbracci dei compagni entusiasti; Baston era quasi commosso per la
vittoria. Ma James non riusciva a sentirsi tranquillo. La stessa
sensazione degli ultimi giorni si impadronì di lui; si
guardò
intorno alla ricerca di Shane e i suoi sospetti ebbero conferma: era
sparita.
Penny
avrebbe trovato Malfoy ad ogni costo. Sugli spalti non c'era
più, ma
uscendo dallo stadio era certa di averlo visto dirigersi verso il
castello, probabilmente scoraggiato dal fallimentare risultato del
malocchio.
In
lontananza aveva scorto il riflesso del sole sui suoi capelli
biondissimi e aveva iniziato a seguirlo a distanza. Nel frattempo
stava cercando di calmarsi e di prepararsi un discorso sensato.
"Non
schiantarlo, Penny", la
voce di Al si contrapponeva a quella nella sua testa:
"Schianta quella manciata di cacca".
Continuò
a seguirlo silenziosamente fin dentro il castello, con ancora indosso
gli abiti da Quiddich. Spogliarsi della divisa non era una
priorità
al momento, era tanto, troppo incazzata con Malfoy.
Lo
vide sorpassare il portone di quercia e salire per le scale.
Perchè
saliva se il suo dormitorio era nei sotterranei? Non aveva molto
senso.
Si
introdusse nel bagno del secondo piano, ormai in disuso –
anche per
colpa di Mirtilla Malcontenta. Di solito, ci si recavano le persone
che volevano stare in pace senza essere trovate – oppure i
nostalgici dell'erede di Serpeverde, visto che la camera dei segreti
aveva avuto, un tempo, la sua apertuta proprio in quel bagno.
Probabilmente era il caso di Scorpius.
Non
si fece problemi di sorta e accelerò il passo, entrando
subito dopo
di lui.
Il
ragazzo si trovava addossato al lavandino di marmo, con la testa
china.* Era livido di rabbia, il
viso
accaldato. Ebbe appena
il tempo di avvertire la presenza di qualcun altro nella stanza e
tastò
la tasca alla ricerca
della
bacchetta.
Penny
non avrebbe voluto, ma fu costretta ad estrarre la sua per
difendersi. Malfoy tentò uno Schiantesimo che non
andò a buon fine,
poichè lei si esibì in un sortilegio-scudo piuttosto
ben fatto.
Racimolò tutta
la sanità mentale che le rimaneva per decidere che non
voleva
Schiantarlo – e avrebbe potuto farlo benissimo.
Era
più veloce di lui, e anche
se non
aveva intenzione di
attaccarlo,
non poteva permettergli di lanciare
fatture a piacimento. Un "expelliarmus"
fu sufficiente a metterlo fuori gioco per il tempo che le ci volle ad
impastoiarlo. Era molto grazioso mentre saltellava con le gambe unite
– le sarebbe quasi venuto da ridere.
Non
voleva fargli niente di
male,
bensì
assicurarsi
che la stesse a sentire senza farsi venire l'idea di giocarle
qualche tiro mancino.
Malfoy era sempre più rosso in viso, e i suoi occhi, grigio
torbido
come il celo che
minaccia tempesta,
le
incutevano una certa inquietudine – cosa
che ovviamente si tenne per sè.
"Come
ti permetti, lurida
mezzosangue?",
sibilò tra i denti. "Disimpastoiami subito!".
"Non
sei nella posizione per dare ordini, Malfoy!", gli fece notare
con calma.
"Che
vuoi?", domandò freddamente.
"Devi
tacere e ascoltare", ordinò lei. Lui fece schioccare la
lingua
e la guardò come se gli avesse appena parlato in serpentese.
"Ascoltare
te?", fece sprezzante. "Scherzi vero?".
Penny
non gli riservò la minima attenzione, optando per la via
più
diretta.
"Lascialo
stare!", disse,
e mise
sù l'aria più truce che riuscì a
sfoderare.
"Lasciar
stare chi, sanguemarcio?", chiese strafottente.
"Sai
benissimo di chi parlo, serpe! Hai fatto il malocchio alla scopa di
Potter, ti ho visto. Se Rose non fosse intervenuta, saresti riuscito
a disarcionarlo. E allora puoi star certo che levarti la bacchetta
non mi sarebbe bastato! Capisci cosa intendo?", aggiunse con
tono fermo e chiaro. Voleva che capisse bene le sue intenzioni.
Malfoy
raccolse quel poco di coraggio che possedeva, per uscirsene in una
risatina di scherno.
"Mi
stai minacciando, Grifondoro? Tremo come una foglia!".
"Ti
sto avvertendo Malfoy, nota la differenza. Non sono
una
Serpeverde, non minaccio. Il mio è un atto di gentilezza nel
dirti
che devi lasciare in pace James Potter!", la voce forte e
chiara. Non poteva permettersi un tono tentennante in quel frangente,
doveva essere decisa.
Una
risata degna del cattivo di un film western uscì dalle
labbra di
Scorpius, che disse: "Sei di nuovo venuta a difendere il tuo
fidanzatino? Dopo il quadretto di stamattina dovevo aspettarmelo",
sibilò schifato.
"Non
mi interessano le tue insinuazioni, Malfoy. Non sono qui per fare
conversazione. Avvicinati ancora a James e giuro che ti schianto
addosso al platano picchiatore, brutto bastardo!", berciò
perdendo le staffe. Non le piaceva molto urlare con quel tono da lupo
mannaro in fase critica, ma con una bestia strisciante era l'unico
modo per farsi comprendere. Sembrò funzionare,
perché Scorpius si
azzittì per un tempo che parve infinito e infine
replicò.
"Cristallino,
Shane! Ora posso riavere l'uso delle gambe?", il tono mellifluo.
Penny
decise che per il momento poteva bastare, e lanciò la
bacchetta
della Serpe ai suoi piedi. Brutta mossa!
Idiota, insensato,
fiducioso, maledetto spirito
Grifondoro.
"Finite
incantatem!", pronunciò puntando con mano ferma la
propria
bacchetta verso le gambe di Scorpius.
Avrebbe
voluto lasciarlo lì senza la possibilita di fare altro se
non
saltellare sul posto come un demente, ma non poteva, dato che
probabilmente sarebbe stata espulsa o confinata nella Foresta
Proibita a vita – in mezzo ai Centauri.
Perciò
gli restituì la libertà motoria, anche se
controvoglia; girò i
tacchi con un ultimo sguardo di disprezzo e la ferma intenzione di
tornarsene da dove era venuta. Ma non aveva fatto i conti con la
codardia della Casa a cui lui apparteneva: non appena ebbe voltato le
spalle, Malfoy strinse la propria bacchetta in pugno e agì
senza
fermarsi a riflettere.
"Sectumsempra!".
Penny
sentì una enorme debolezza fisica, e vide un fiotto di
sangue
scivolare a terra, accorgendosi con un certo orrore che proveniva dal
proprio corpo.
Cadde
a terra, senza forze.
L'aveva
colpita alle spalle, strisciando,
da
vera Serpe.
Udì il rumore dei passi di
lui
rimbombare
nel corridoio.
Era
corso fuori dal bagno a
una velocità pazzesca, probabilmente
spaventato da quella vista – era sicura che non avesse mai
usato un
Sectumsempra
su qualcuno. Al doveva averle raccontato qualcosa a proposito di
Harry Potter, un Principe, un Sectumsempra e Draco Malfoy; ma
era decisamente troppo debole e intontita per ricordarsi altro.
Il
freddo le penetrava nella pelle: ecco fatto, pensò.
Sarebbe
morta lì, nel bagno delle ragazze al secondo piano, in
disuso da una
vita. Mirtilla malcontenta due, la vendetta!
Poi
le venne un'idea; forse non era una grande idea, ma doveva tentare.
Raggranellò
le ultime forze che le erano rimaste, e le concentrò tutte
nel
braccio destro, allungandolo a prendere la bacchetta. Si ricordava
che i Patronus venivano utilizzati anche per
portare messaggi
a qualcuno; e in quel momento c'era solo una persona a cui poteva
pensare.
Argenteo
e maestoso, l'Unicorno fuoriuscì dalla bacchetta,
fluttuò per un
attimo nell'aria e partì in corsa. Sentiva freddo.
Quanto
tempo era passato? Le sue forze si stavano esaurendo del tutto.
L'ultima
cosa che percepì fu di nuovo uno scalpiccio di passi:
qualcuno stava
entrando nel bagno. Udì una voce maschile e rassicurante,
che
gridava il suo nome. Una sensazione di calore la avvolse, mentre due
braccia muscolose la sollevavano dal pavimento. Poi il buio.
SPAZIO
AUTRICE
Non
uccidetemi, gente!
So
che sono stata davvero cattiva con Penny – e mi sa che Sufycchi
ha ragione quando dice che sono sadica con i personaggi. Vi consola
sapere che la scena del Sectumsepra era nella mia testolina bacata
fin dai primi capitoli? Magari no, non vi consola. Anyway, questo
capitolo è ricco di avvenimenti e spero davvero vi sia
piaciuto,
perché non è stato facilissimo scriverlo. Alla
fine, le fisime di
James si sono rivelate fondate e Penelope si è ficcata nei
guai –
come al solito. Ha provocato Malfoy in biblioteca, poi gli ha fatto i
capelli verdi, e poi gli è andata a dire di non infastidire
James (è
stata tenera, anche se scema – quando si tratta di James la
mia
Penelope non ragiona affatto).
Insomma,
era scontato che si vendicasse in qualche modo. L'ha colpita alle
spalle – da vera serpe. Il fatto del messaggio con l'Unicorno
di
Penelope è dovuto alla mia fissa per l'Incanto Patronus e
per gli
Unicorni, che ricorre per la seconda – e non ultima
– volta in
questa storia.
Tengo
molto a questo capitolo, e so che è lungo - ma è
la chiave di volta per la storia
di Penny e James, perciò commentate per cortesia :D
Ringrazio
Sufycchi (per aver vinto più volte la pigrizia), Francesca
lol e
Sawyer perché recensiscono e hanno sempre belle parole.
Ora
Adieu a tutti/e,
baci
baci
Jules
|
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Capitolo 19 *** 18. Il Patronus di Shane ***
Capitolo
diciotto
Il
Patronus di Shane
"Dove
diavolo si è cacciata?", pensava James. Stava
risalendo il
più in fretta possibile il pendio erboso, desideroso di
rimettere
piede all'interno del castello.
Era
appena sfuggito agli abbracci di gruppo e ai festeggiamenti,
perché
non poteva ignorare la fuga di Shane. Continuò a borbottare
per
tutto il tragitto e, una volta giunto dentro, si rese conto di non
avere la minima idea di dove lei potesse trovarsi.
In
un primo momento pensò che la cosa migliore fosse dirigersi
alla
Torre Grifondoro. Ma, riflettendo, non aveva senso.
Insomma...
chi fuggirebbe a gambe levate dopo un incontro di Quiddich solo per
andarsi a fare una doccia nei dormitori?
La
Mappa del Malandrino, si disse, era sicuramente l'unica opzione
possibile fece per dirigersi verso la Torre, quando vide un bagliore
argenteo venire al galoppo verso di lui: il Patronus di Penny.
L'unicorno,
in tutta la sua magnificenza, si arrestò davanti a James e
gli parlò
con la voce di Penelope. Non disse molto; solo due parole:
"James,
aiutami!".
Poi
l'unicorno si voltò e prese a correre in senso inverso, e
James si
lanciò all'inseguimento.
Fece
le scale senza neanche concedersi di respirare, concentrato solo
sull'animale argenteo che lo stava guidando da lei. Erano gia al
secondo piano, e cominciava a chiedersi dove diamine lo stesse
portando, quando quello si arrestò. Erano davanti al bagno
delle
ragazze, ovvero il rifugio di Mirtilla Malcontenta.
Raggiunse
la soglia del bagno e vide il fantasma di Mirtilla che guardava fisso
un punto del pavimento, dove cadde anche lo sguardo del ragazzo:
Penny era
riversa a terra, in
un lago di sangue.
Urlò
il suo nome mentre
si chinava accanto a lei: respirava,
ma era priva di sensi; e ovviamente
James non ottenne alcuna risposta.
Si
frugò nelle tasche, accorgendosi con sgomento di aver
lasciato la
bacchetta nella Torre – non
l'aveva neanche presa per andare alla partita.
A
quel punto restava una sola opzione sensata, ovvero
l'Infermeria.
Sollevò
Penny e la sistemò
tra le proprie
braccia,
maledicendosi per non aver portato la bacchetta – con la
quale
almeno avrebbe potuto arrestare il flusso del sangue.
Non
poteva certo correre con il peso di un'altra persona addosso, e
più
la guardava perdere sangue e più sentiva pizzicare gli
occhi. Oltre
al panico, alla paura, una rabbia immensa gli stava montando dentro.
Irruppe
nell'Infermeria come una furia, spalancando la porta con un calcio.
Madama Chips aveva già assunto un'espressione iraconda e
stava per
rimproverarlo, quando si rese conto della situazione.
"Mettila
su quel lettino!", gli ordinò fermamente. "Che è
successo?", domandò la donna, mentre estraeva sconosciuti
unguenti e bende da un armadietto.
"Non...
non lo so...", balbettò quasi strillando, agitatissimo. "La
stavo cercando e l'ho trovata nel bagno al secondo piano... era
svenuta e c'era tutto quel sangue...", stava farneticando – i
suoi occhi vagavano dal corpo di Penny, sdraiata sul letto.
"Esci
di qui, ragazzo!", gli intimò Madama Chips mentre spogliava
Penny per cospargerla di chissà cosa, tenendo pronte le
bende sul
lettino. James esitava ai piedi del letto, senza la minima intenzione
di andarsene.
"Ho
detto ESCI!",
strillò più forte.
Si
riscosse da quella specie di torpore ipnotico che lo forzava a
fissare gli occhi su Penny, e incontrò quelli di Madama
Chips.
Decise che sarebbe stato meglio non contraddirla e lasciare che si
concentrasse su Shane – lui sapeva
benissimo come
ingannare l'attesa.
Ridotto
a poco
più
di un
automa, uscì dall'infermeria
e si recò nella propria stanza. Si svestì degli
abiti da Quiddich
che
ancora aveva indosso e si fece una doccia
fredda, per riordinare le idee. Ancora
in accappatoio agguantò la Mappa,
accorgendosi che la maggioranza degli studenti erano rientrati al
castello, ma
la cosa non lo tangeva.
Gli
bastava trovarne
uno solo, ovvero
Scorpius Hyperion
Malfoy.
"MALFOY!",
gridava
James rabbioso,
avanzando in cortile ad ampie falcate.
Aveva
indosso dei jeans, la
t-shirt a rovescio
e una felpa troppo leggera, e in cortile si gelava.
Al
momento però
la rabbia e l'adrenalina
offuscavano
ogni altra sensazione – freddo compreso.
Tutto
pur di trovarlo e fargliela pagare.
"Vieni
fuori, grandissimo stronzo!".
Non
c'era bisogno di
gridare, lo
faceva tanto per sfogarsi:
sapeva benissimo dov'era. La
Mappa
non mente mai.
Se
ne stava lì, tranquillamente seduto a parlare con Daniel
Zabini,
mentre Penny stava in un letto d'infermeria, di sicuro per colpa sua.
Per
quanto ne sapeva, Malfoy poteva averle scagliato qualsiasi
incantesimo addosso, e se non fosse arrivato in tempo... non ci
voleva neanche pensare...
Non
poteva permettere che quella merda su due gambe restasse lì
senza
pagare per ciò che aveva fatto. Scorpius lo vide
avvicinarsi,
percependo la rabbia dalla sua andatura, e a James sembrò di
vederlo
sussultare.
"Cosa
c'è di tanto urgente, Potter? Non vedi che sto parlando?",
disse sprezzante. "Fossi in te andrei a riordinare il mio
aspetto: sei in uno stato pietoso!".
Aveva
anche il coraggio di scherzare, dopo quello che aveva fatto!
Perché
James era sicuro che fosse stato lui, ci avrebbe scommesso la
bacchetta.
La
risata di Zabini gli morì in gola quando James lo
fulminò con lo
sguardo, rimettendolo al suo posto.
"Stai
zitto, pezzo di merda!", tuonò contro Scorpius, che si
strinse
nelle spalle e sollevò un sopracciglio, fingendo di non
capire.
"Non
so di cosa parli!", sibilò serpentino; si vedeva lontano un
miglio che mentiva.
James
non ci vide più. Lo prese per il bavero del giaccone, nuovo
di zecca
e probabilmente griffato, costringendolo ad alzarsi in piedi e
addossandolo rudemente alla parete.
"Perchè
l'hai aggredita, pezzo di merda?",
ripetè la domanda.
Malfoy
si strinse nuovamente nelle spalle, senza dare a vedere la morsa di
panico che in realtà gli attanagliava lo stomaco. C'era
qualcosa
nello sguardo di Potter che iniziava ad allarmarlo; sembrava fuori di
sè.
"Se
l'è cercata!", parlò più a se stesso
che a James. "Come
al solito era venuta a farmi la morale... da vera Grifondoro
qual'è.
Voleva che io lasciassi in pace il suo fidanzatino...", una
risata forzata, senza traccia di allegria.
Il
suo fidanzatino? James aveva già le idee confuse e
una certa
voglia fracassare il craneo al platinato; e adesso saltava fuori
questo tizio.
"Di
chi stai parlando?", berciò stringendogli più
forte il
giaccone, senza molto riguardo per il fatto che fosse un capo d'alta
sartoria.
Malfoy
lo guardò basito: si attendeva una reazione diversa. Invece
quel
demente di Potter nemmeno aveva capito che stava parlando di lui. Non
c'era gusto a provocare uno del genere.
"Di
un idiota che ho cercato di disarcionare dalla scopa alla partita di
Quiddich", ghignò. "Il malocchio so farlo piuttosto bene,
se nessuno mi intralcia", sembrava compiaciuto e infastidito al
tempo stesso.
James,
sopraffatto dai pensieri, quasi allentò la presa sull'altro;
quello
provò a divincolarsi e a colpirlo allo stomaco.
Per
tutta risposta, James lo sbattè al muro violentemente,
sperando
ardentemente di avergli provocato una commozione cerebrale.
Il
cervello riprese a funzionargli. Quel giorno aveva perso il controllo
della scopa, e non aveva ancora avuto tempo di ripensaci –
non con
quello che era successo a lei.
"Sei
stato tu a incantare la scopa...", realizzò. Non era una
domanda, ma Malfoy rispose ugualmente:
"Certo
Potter! E quando la tua cara Sanguemarcio
è venuta ad
affrontarmi, le ho dato quello che si meritava. Aveva le più
nobili
intenzioni", a quel punto ridacchiò con ostentata
spavalderia,
"ma il problema di voi Grifondoro è la sconfinata fiducia
nell'umanità", soffiò gelido. "Non avrebbe dovuto
riconsegnarmi la bacchetta".
"L'hai
colpita a tradimento?", domandò più irascibile
che mai.
Malfoy
si morse la lingua, pensando a ciò che aveva appena ammesso
spontaneamente, senza riflettere più di tanto. Non era la
prima
azione che compiva senza riflettere, in giornata.
"Magari
la prossima volta la tua Sanguemarcio baderà ai fatti suoi",
abbaiò.
James
non rispondeva più di se stesso, e spostò la
stretta attorno al
collo del Serpeverde, urlando:
"Non
chiamarla Sanguemarcio, miserabile sacco di merda!".
"Devi
essere orgoglioso del fatto che per difendere te si sia beccata un
Sectumsempra",
non
smise di provocarlo, anche con le sue mani attorno alla gola.
La
presa di James si strinse ancora di più sul collo
dell'altro: voleva
strangolarlo!
Un
sectumsempra perché voleva proteggere lui!
Magari
Malfoy aveva ragione, era innamorata, oppure doveva essere pazza.
O
entrambe le cose.
"Voi
Potter l'avete sempre avuta la passione per i Nati
Babbani, ma
tu superi tutti. Addirittura metterti con la figlia di una
maganò,
la feccia della feccia".
In
quel momento a James sembrò davvero di vedere una serpe
sputare
veleno.
La
rabbia gli montò in corpo e si mosse senza nemmeno
rifletterci. Lo
strattonò tirandolo verso di sè, per scostarlo
dal muro.
Prese
bene la mira e gli mollò un cazzotto dritto sul naso, e poi
un altro
e un altro ancora, facendolo cadere in terra. Stava per rialzarlo
–
voleva ricominciare da capo – quando quattro braccia lo
bloccarono,
tenendolo saldamente.
Malfoy
si alzò indolezito, col sangue che gli colava e il labbro
spaccato.
"James
smettila, vieni via!".
I
gemelli Scamander sembravano aver messo sù un disco: non
facevano
altro che ripetere quelle parole, mentre lo trascinavano lontano dal
cortile, fin dentro la scuola. Era in stato di shock, ma gli parve
anche che Lorcan gli avesse dato uno schiaffo per farlo smettere di
dimenarsi come un forsennato.
Alla
fine riuscì a divincolarsi dalla doppia stretta e, facendo
violenza
su se stesso, riuscì a domare l'impulso di tornare in
cortile e
continuare a picchiare Scorpius.
"Sei
impazzito?", gli chiese Lysander, scioccato.
"Ha
aggredito Shane", fu l'asciutta spiegazione.
Si
voltò senza un'altra parola e cominciò a correre.
Dovette
sfoderare tutte le sue arti persuasive prima che Madama Chips, per
quanto riluttante, acconsentisse a lasciarlo entrare. Shane era
dietro un separè bianco, distesa sul letto. Le braccia,
l'unica
parte fuori dalla coperta, erano tutta una fasciatura. James non
vide nessun altro, così si sedette accanto al letto.
"Mi
ricordi mio padre", esalò, senza pensare che non poteva
sentire. Le prese la mano delicatamente. Silenzio. "Sei sempre
in un mare di guai, per Godric!".
"E'
cosciente?", chiese incerto a Madama Chips. " Intendo...
può sentirmi?".
"E'
in una sorta di coma, perciò non sono sicura ti senta", lo
vide
sbiancare. "Cielo Potter, non fare quella faccia! Il sonno è
dovuto a una pozione molto pesante che le ho somministrato; non
è un
vero coma".
James
rilassò le spalle contratte, vagamente rincuorato, e la
donna si
allontanò.
Si
portò alla bocca la mano diafana della ragazza e la
baciò
dolcemente.
"Sono
innamorato di te", mormorò senza pensarci.
Parlava
in tono soffuso, senza fretta.
"Nella
mia testa ci sei sempre e solo tu, nessun'altra. Continuavo a
chiedermi chi fosse il demente che ti piaceva: ho persino aggredito
Al. Per un attimo ho creduto fossi innamorata del tuo migliore amico:
un cliché troppo banale per te!", stupidamente gli venne da
ridere.
Si
sentiva un demente a parlare così, senza essere udito, anche
se in
qualche modo quella strana confessione era... catartica.
"Quando
Fred ha iniziato a ronzarti attorno, ho capito di non poter
continuare senza dirti niente", si interruppe, la voce
incrinata. "Ci ho messo un po' a decidermi".
"Sai
una cosa? Quando ti ho vista in quel bagno di sangue ho deciso che
non mi interessa se ami me o un altro. Voglio solo che tu stia bene,
anche con un una persona che non sia io". Le parole gli
affioravano alle labbra da sole.
Ma
che stava dicendo? Era talmente innamorato da lasciarla andare?
Le
strinse più forte la mano, accarezzandone il dorso con il
proprio
pollice.
"Merlino!
Avevo resistito fino a diciassette anni senza innamorarmi!", le
sussurrò, in un bisbiglio che suonava come un rimprovero.
Gli
sembrò, per un momento, di vedere la bocca di lei incurvarsi
in un
accenno di sorriso. Le accarezzò una guancia brevemente e
tornò a
prenderle la mano.
Notò
che era bellissima anche così: i capelli lunghi e neri
sparsi sul
cuscino bianco, che risaltavano contro la sua pelle diafana, in quel
momento fin troppo pallida.
Madama
Chips si avvicinò di nuovo al letto, e lui ne
approfittò per
informarsi.
"Ha
perso molto sangue?", domandò col cuore in gola.
"Abbastanza",
James se lo aspettava, e non commentò. "Se si fosse fatto
qualcosa nell'immediato, per stasera sarebbe stata sveglia",
aggiunse.
"Non
avevo con me la bacchetta", si giustificò. "Altrimenti
avrei rimarginato le ferite prima di portarla qui".
"Ma
certo, certo...", borbottò comprensiva la donna, dandogli un
colpetto sulla spalla. "Si sa chi è stato?",
domandò.
"Oh
sì!", un ringhio più che una risposta umana. "E
se non mi
avessero fermato l'avrei spedito qui in infermeria, può
starne
certa!", mugghiò.
Madama
Chips gli lanciò un'occhiata obliqua, e sembrò
che volesse
rimproverarlo anche a parole, ma non lo fece. Probabilmente aveva
capito che era troppo arrabbiato per poter tollerare anche solo una
lieve critica alle proprie azioni. Così si limitò
a scuotere la
testa in segno di disapprovazione e si allontanò.
In
quel preciso istante, la porta di legno si aprì con un
cigolio
rumoroso.
Qualcuno
era entrato silenziosamente e attendeva sulla soglia; James
alzò gli
occhi e vide Rose e Al, scuri in volto come mai prima. Si
avvicinarono entrambi al letto.
"Come
sta?", domandò Al, con tono apprensivo.
"Si
rimetterà", lo rassicurò Madama Chips, sbucata
alle sue spalle
di soppiatto.
"Entro
quanto?", chiese la rossa, avida di notizie.
"Uhm...
due giorni e sarà fuori di qui".
C'era
angoscia e amarezza sui loro volti, e per un po' nessuno
fiatò.
"Lorcan
mi ha detto che hai pestato Malfoy", esordì Rose a bassa
voce.
James
le faceva impressione con quell'espressione triste e lo sguardo
vacuo: sembrava il ritratto di un prigioniero di Azkaban dopo il
Bacio del Dissennatore.
"Volevo
farlo, ma mi hanno fermato!", abbaiò.
Poche
volte Al aveva visto il fratello così adirato, sembrava che
stesse
per scoppiare. Poi gli cadde l'occhio su un particolare: stava
stringendo la mano di Penny. Gli salì un sorriso inaspettato
e si
chiese se Rose l'avesse notato.
"James",
disse lei piano, "le stai... ehm... stringendo la mano?".
Aveva
l'intonazione di una domanda, ma non lo era. James puntò lo
sguardo
sulla cugina, sperando che capisse, senza bisogno di spiegazioni.
Rose
balbettò qualcosa di incomprensibile e si
azzittò. Sbirciando,
James vide che la rossa stava mandando segnali ad Al: doveva essersi
accorta che il moro non aveva dipinta sul volto la stessa espressione
di stupore che aveva lei.
In
effetti, Rose stava rimuginando sui mille possibili modi di scannare
Albus, non appena fossero usciti da lì.
James
continuava a guardare Penny stesa su quel letto, sperando che avesse
sentito tutto quello che aveva detto, dal momento che non era
sicurissimo che avrebbe avuto il coraggio di ripeterlo, guardandola
negli occhi.
L'avevano
sempre imbarazzato quegli occhi verdi, limpidi e penetranti. All'ora
di cena, Madama Chips li cacciò via tutti e tre: non poteva
passare
la notte lì, purtroppo. Era vietato dal regolamento, ma il
giorno
dopo sarebbe tornato.
Voleva
esserci al suo risveglio.
Da
quando erano usciti dall'infermeria, Al sentiva un continuo ronzio
nelle orecchie – come se qualcuno gli avesse lanciato un
incantesimo Muffliato. Avrebbe tanto voluto
estrarre la
bacchetta e praticare un Silencio su Rose.
La
tensione nell'aria si sarebbe potuta tagliare col coltello, tanto era
reale e solida. Appena fuori, James si era dileguato dicendo di voler
stare solo e che avrebbe saltato la cena. Nessuno dei due aveva avuto
il coraggio di controbattere – non che servisse a qualcosa.
E
Rose era troppo arrabbiata con Al per poter proferire anche una sola
parola di conforto al maggiore dei Potter. Così, oltre alla
preoccupazione che nutrivano per Penny, si aggiungeva anche
l'imminente disputa tra i due.
"Ti
rendi conto?", strillò Rose perforandogli il timpano. "Tu
sapevi che James è innamorato di Penny e non hai detto
niente!",
sbottò non appena il riccio ebbe voltato l'angolo.
"Ramanzina
in arrivo", pensò Al.
"D'accordo,
lo sapevo!".
Il
tono era relativamente tranquillo e, se possibile, la cosa
irritò
Rose ancora di più. Fece schioccare la lingua, impaziente di
dirgliene quattro.
"Avresti
dovuto dirmelo!", replicò con tono puntiglioso. Era come se
stesse rivelando qualcosa di ovvio a un troll un po' tardo: non la
sopportava!
"Somigli
pericolosamente a Hermione Granger con le mani puntellate sui
fianchi, lo sai?", la punse sul vivo. La rossa si accorse della
posa che aveva assunto e lasciò ricadere le braccia lungo il
corpo,
senza smettere di scoccargli occhiatacce.
"Senti
Al...", tuonò puntandogli un dito contro.
"Altra
bella posa alla zia Herm!", la prese in giro. Quella volta non
si scompose troppo, spostando il dito proprio sotto il naso del moro.
"Smettila
di sfottere!", intimò minacciosa. Mandava fulmini dagli
occhi
azzurri.
"Rose",
fece lui calmo, "non hai la verità in tasca, quindi
rilassati e
parliamone".
"Spiegati
allora, perché proprio non capisco!", ribattè.
"Sei
tu che mi hai indirettamente suggerito di non dire nulla".
Scorse
un misto di indignazione e incredulità negli occhi della
cugina, e
decise di spiegarsi meglio.
"Prego?!",
soffiò infastidita e pronta all'attacco.
"Quando
hai detto... beh... il fatto di intromettersi con il Destino",
balbettò.
Rose
sospirò platealmente, spiaccicandosi un palmo in fronte con
aria
sconsolata. Aveva la stessa espressione di poco prima, quella di un
genio costretto a spiegare un concetto complicato a qualcuno di molto
stupido.
"Ma
sei scemo? Il caso era completamente diverso!", sbottò.
"Avevo
la certezza quasi matematica che tu e Alice vi sareste messi insieme
e, comunque, se vi avessi visti soffrire, avrei spifferato tutto io
stessa".
Al
provò a ribattere, ma in effetti il suo ragionamento non
filava più
così liscio, alla luce di quella considerazione. Lui e Alice
si
erano messi insieme con relativa facilità, non come quei due
dementi
per colpa dei quali stavano discutendo. Rose non sembrava
intenzionata a smettere di infierire su di lui, e continuava a
strillare.
"Non
hai visto tutti i casini che hanno combinato quei due?! Penny
soffriva perché non era ricambiata e immagino che anche
James non
fosse felice come una Pasqua", gli fece notare.
Albus
aprì la bocca e la richiuse, non trovando niente da dire. Di
solito
aveva sempre qualcosa da dire; ora voleva solo che quella sequela di
rimproveri si concludesse il più in fretta possibile.
"...e
adesso Penny è lì dentro e..."
"Eh
no!", protestò a quel punto, aggiungendo svariate
imprecazioni.
"Ora vuoi darmi anche la colpa dell'aggressione di Malfoy?".
Lei lo guardò, se possibile ancora più accigliata
di un secondo
prima.
"Non
essere sciocco, Al!". Hermione Granger all'attacco.
"Certo che non è colpa tua!".
Lui
si rilassò e la informò che James aveva
intenzione di dichiararsi
dopo la partita.
"Spero
solo che non abbia cambiato idea...", mormorò Al, conoscendo
i
cambiamenti repentini del fratello.
"Me
ne frego di quello che fa James, voglio solo che Penny esca di
lì",
borbottò Rose.
"È
quello che voglio anch'io", replicò Al, il tono ovvio.
"Sì,
ma voglio dire...", esitò la rossa, "che se non lo
farà
James, sarò io a dirle quello che prova. Direi che si sono
lambiccati il cervello abbastanza".
Al,
ancora una volta, non trovò nulla da ribattere,
perciò si limitò
ad annuire. Probabilmente era davvero la soluzione migliore, e si
diede del cretino per non esserci arrivato da solo.
Quando
entrarono nella Sala Grande, Rose e Al non poterono impedirsi di
lanciare un'occhiata al tavolo di Serpeverde, scoprendo così
che il
platinato era assente. Probabilmente era nei sotterranei a leccarsi
le ferite, ed era molto meglio per lui che non si facesse vedere. Se
l'avessero incontrato, nessuno dei due poteva garantire che sarebbe
rimasto al proprio posto, calmo e giudizioso.
Quando
si sedettero furono sommersi dalle domande di Trixy e Alice su come
stava Penny, cosa fosse successo e così via.
Risposero
pazientemente, ma la rossa tacque la sconcertante scoperta dei
sentimenti di James per Penny, benchè sapesse che sarebbe
stato
l'unico motivo di gioia in quella orribile giornata.
Molti
Tassorosso e Corvonero si avvicinarono per chiedere notizie di Penny
Shane e, con sommo stupore di tutti, perfino alcune ragazzine
Serpeverde del secondo e quarto anno. Alla fine del pasto, i gemelli
Scamander andarono a sedersi accanto a loro, per informarsi a loro
volta.
"Quando
siamo arrivati", raccontò Lorcan, "James sembrava
impazzito".
"Era
livido", aggiunse Lysander.
Bisbigliando,
Rose riferì al suo biondo ciò di cui era venuta a
conoscenza e fu
con grande sorpresa che si sentì rispondere che lui era
stato il
primo a saperlo.
"Lo
sapevi?", squittì sbigottita, sgranando gli occhi.
Lorcan
sembrava attendere una sfuriata, che non arrivò.
"Mi
dispiace, ma avevo promesso a James di mantenere il segreto".
Rose
non aveva intenzione di contrastarlo, anche perché non era
colpevole
quanto Al. Il biondo non sapeva che Penny contraccambiava James,
mentre Al sì – e avrebbe potuto risolvere la
situazione in cinque
minuti.
Come
lei non aveva rivelato i sentimenti di Penny a Lorcan, lui aveva
tenuti nascosti quelli di James. Non poteva arrabbiarsi,
così si
limitò ad accarezzargli una mano sotto il tavolo,
comprensiva.
"So
che lui voleva dirle tutto oggi pomeriggio", disse dispiaciuto.
"Mi aveva detto che aveva una brutta sensazione e io l'ho preso
in giro", raccontò. "Insomma... sembrava la Cooman...
invece aveva ragione!", aggiunse.
"Questa
storia mi manda al manicomio!", rispose tra i denti la rossa.
"Se incrocio Malfoy lo schianto con ogni energia, te lo giuro!".
Fissò
la tavolata dai colori verde-argento e strinse le nocche fino a farle
sbiancare.
Lorcan
le diede un bacio a fior di labbra e le carezzò una guancia,
sperando che si rilassasse almeno un po'.
"Magari
fallo lontano da sguardi indiscreti", le raccomandò. "E
soprattutto accompagnata da me! Dopo quello che ha fatto non mi
stupirei di vederlo scagliare Maledizioni Senza Perdono a destra e
manca; serve qualcuno che ti copra le spalle".
Poco
dopo, la loro conversazione privata fu interrotta dall'arrivo di Lily
e Hugo, ai quali dovettero ripetere tutta la storia dal principio.
Nella
Sala Comune dei Grifondoro, prima di ritirarsi per la notte, Rose
abbracciò Al. Non ci fu bisogno di parole, ed entrambi
seppero che
il litigio era finito. Restava solo da aspettare che Penny si
riprendesse, e ogni cosa sarebbe andata al suo posto.
Quella
serata James la passò a vagabondare per i corridoi della
scuola
senza una meta precisa. Non faceva altro che pensare a Penny
–
oltre che ai mille modi possibili per vendicarsi di Scorpius Malfoy.
Ebbe
la fortuna di non incrociare alcun insegnante, così nessuno
gli fece
storie per il suo gironzolare dappertutto. Quando si ritirò
nella
Torre di Grifondoro, non aveva alcuna voglia di parlare; si
buttò a
letto, fingendo di dormire sodo.
Fece
in tempo ad accorgersi che l'atmosfera di vittoria per la partita di
Quiddich era stata spazzata via da quello che era accaduto a Shane, e
ne fu sollevato: non avrebbe sopportato festoni e festeggiamenti in
quel momento.
Poco
dopo, Baston e gli altri compagni di stanza si coricarono a loro
volta e lui rimase al buio con i propri, rumorosi pensieri in testa.
Alle
prime luci dell'alba si assopì, anche se non fu certo un
sonno
profondo e ristoratore. Sognò il corpo di Shane inondato di
sangue,
riverso sul pavimento del bagno delle ragazze, il volto pallido di
lei, e un Patronus argenteo che galoppava.
La
mattina dopo si trascinò a passi pesanti verso la Sala
Grande per la
colazione, senza incrociare lo sguardo di nessuno. Alzò gli
occhi
solo per sbirciare al tavolo dei Serpeverde. Di Malfoy non c'era
traccia.
Fu
con lo stesso spirito abbattuto che andò a lezione, evitando
accuratamente di scambiare due chiacchiere con chiunque. Non era
proprio dell'umore adatto.
Era
impaziente che le ore di lezione finissero, poichè l'unico
desiderio
che gli si presentava alla mente era andare da Shane e passare il
resto della giornata con lei.
Finita
la lezione di Difesa Contro Arti Oscure con Teddy, si recò
in
Infermeria quasi di corsa.
Madama
Chips lo fece passare senza neanche tentare una blanda resistenza;
James prese una sedia e la posizionò accanto al letto della
ragazza,
ancora addormentata.
"Ha
ripreso conoscenza finora?", domandò.
"Dovrebbe
svegliarsi entro una manciata di minuti", gli assicurò
comprensiva. "Sono io che l'ho tenuta addormentata",
spiegò. "Ho voluto farla riposare il più
possibile per
rimetterla in forze".
Tirò
un sospiro di sollievo e si mise in attesa, perché di solito
quando
Madama Chips diceva una cosa ci prendeva. I suoi rimedi erano
infallibili.
E,
di sicuro, nel momento in cui Shane si fosse svegliata, lui sarebbe
stato con lei. Dove altro avrebbe potuto essere, se non con lei?
SPAZIO
AUTRICE
Salve
gente,
sono
di nuovo qui con un altro capitolo. Qui il punto di vista di Penny
è
completamente assente, dal momento che è addormentata per
tutto il
tempo.
James
è preoccupato come Al e Rose ( e nessuno dei suoi amici)
l'abbiano
mai visto. Si è reso conto che per lui il benessere di Penny
è la
cosa più importante, anche più del fatto di stare
insieme a lei. E
per me, questo è vero amore (non so per voi).
Comunque,
nel prossimo capitolo Penny si sveglierà e dovrà
affrontare James.
Perché
ha Evocato un Patronus e l'ha inviato proprio a lui, tra tutte le
persone che le vogliono bene e a cui vuole bene?
Questo
fa riflettere James, che non è comunque sicuro al 100%
perché
l'amore, a volte, rende insicuri. No?
Bene,
ora che ho detto la frase saggia della giornata, posso anche dire
addio.
Fatemi
sapere cosa ne pensate *supplica in ginocchio*
Al
prossimo capitolo! Baci!
Jules.
p.s
ringrazio tutti coloro che leggono, che mettono tra le
seguite/preferite/ricordate e le persone che recensiscono <3
|
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Capitolo 20 *** 19. No place I'd rather be ***
Capitolo
diciannove
No
place I'd rather be
If
you gave me
a
chance, I would take it.
It's
a shot in the dark,
but
I'll make it.
Know
with all of your hearth,
you
can't shame me.
When
I am with you,
there's
no place I'd rather be.
Decisamente
James non avrebbe voluto essere in alcun altro posto quando
sentì la
mano di Penny muoversi nella sua. Non ebbe il coraggio di alzare lo
sguardo, ma sapeva che la ragazza stava per svegliarsi, e lui aveva
così tante cose da dire e altrettante da chiedere. Sorrise
tra sè e sè; non
era sicuro di niente, come al solito – quando c'era di mezzo
lei.
Una
sola cosa era certa:
l'unico luogo in cui voleva trovarsi era lì con lei, a
stringerle la
mano.
Sentiva
le palpebre pesanti come se qualcuno gliele stesse
tenendo
chiuse a forza, e
dovette
concentrarsi per riuscire a schiuderle, seppure
di poco.
Avvertiva un formicolio alla mano sinistra – che sicuramente
stava
riprendendo sensibilità – mentre era certa che la
destra fosse
avvolta in qualcosa di caldo e morbido. Un'altra mano.
Riprovò
ad aprire gli occhi, sbattè le palpebre più volte
e davanti a sè
vide il bianco candido del soffitto. Non aveva la più
pallida idea
di dove si trovasse.
Abbassò
lo sguardo: qualcuno era seduto accanto a lei e le stringeva forte la
mano nella propria, la testa china sul letto dov'era stesa. Mise
lentamente a fuoco l'immagine del ragazzo seduto con una mano fra i
capelli ricci.
"Che
è successo?", mormorò. Era un sussurro
così flebile che
dubitava potesse averlo sentito, ma il ragazzo alzò la testa
di
scatto e incollò gli occhi scuri e profondi al volto di
Penny. Lei
gettò un'occhiata alle loro mani unite, e lui si
affrettò a mollare
la presa, lasciandole un enorme senso di vuoto.
"Sei
un'idiota, Shane!", biascicò, brusco.
"Sempre
carino, Potter!", ribattè lei tossichhiando.
Aveva
la bocca impastata, e James se ne accorse; si sporse a prendere un
bicchiere d'acqua poggiato sul comodino e glielo porse, aiutandola a
raggiungere una posizione semieretta, quel tanto che bastava per
poter bere senza fradiciarsi.
Il
fatto che lui provasse un'immensa tenerezza e desiderio di
accarezzarla, prenderle il volto tra le mani e baciarla, non lo
trattenne dal domandare:
"Perché
sei andata da Malfoy?", c'era traccia di accusa nella sua voce.
Penny
bevve lentamente l'acqua, desiderosa di evitare quella domanda fino
alla fine della propria esistenza.
Le
venne in mente un flash-back di quello che era successo; la scena le
passò davanti a rallentatore: lei che Disimpastoiava Malfoy
nel
bagno delle ragazze, lui che le lanciava un incantesimo alle spalle,
il sangue che colava a terra e due braccia muscolose che la
sollevavano.
"Sei
stato tu a portarmi qui?", chiese infine. Lui annuì
brevemente.
"Ti
ho trovata in un lago di sangue, Shane", disse in un soffio.
La
stava rimproverando? Lei era in infermeria piena di bende e lui la
sgridava?
"E'
la terza volta che mi salvi da Malfoy, Potter", gli sorrise
riconoscente, ma lui non sembrava volerla ricambiare, anzi: si
incupì.
"Peccato
che stavolta non sia riuscito a impedirgli di farti del male",
mormorò più a se stesso che a lei.
Incrociò le braccia al petto e
distolse lo sguardo da lei.
"James...",
tese una mano verso di lui, ma scoprì che le doleva,
così la lasciò
ricadere pesantemente sul letto. "Mi hai portata qui", gli
fece notare con dolcezza. "Direi che è abbastanza, no?".
Lui
smise di fissare la coperta, occupazione che nell'ultima manciata di
secondi aveva trovato molto interessante, e tornò a
guardarla,
sempre un po' accigliato.
"Perché
hai fatto una cosa così idiota?", aggrottò la
fronte.
Penny
si morse il labbro inferiore, per niente desiderosa di fornirgli i
particolari. Ovviamente, non sapeva che James conosceva già
la
risposta, e che voleva solo capirci qualcosa in più. Dopo
lunghi
istanti di silenzio, lui scosse la testa e si arrese.
"Come
mi hai trovato?".
Lui
la guardò stralunato, aggrottando la fronte. Non
ricordava niente?
"Il
tuo Patronus mi ha raggiunto nella Sala D'Ingresso", narrò.
"Per poco non mi ha travolto". A quelle parole Penny si
ricordò di aver inviato il suo unicorno a trovare James, e
arrossì
lievemente. Ora le avrebbe chiesto perché aveva mandato a
cercare
poprio lui e non – chessò? - Albus o Rose. Ma
James non lo fece.
"Non
sapevo fossi in grado di far parlare un Patronus", osservò
invece, stupendola. Sapeva benissimo che la domanda clue era solo
differita, ma approfittò del momento, nella speranza che lui
potesse
rimandarla all'infinito.
"Non
lo sapevo neanche io", rispose sorridendo. "Non l'avevo mai
fatto prima", chiarì ad un James insieme stupito e ammirato.
"Credo", aggiunse, "che sia stata la forza della
disperazione. Ho preso la bacchetta e... l'ho Evocato e...", si
bloccò.
"Gli
hai detto di venire da me", concluse lui con espressione neutra.
Penny
deglutì un po' troppo rumorosamente e annuì,
incapace di
pronunciare l'orrendo monosillabo affermativo "sì".
Merlino, che vergogna!
"Posso
chiederti...", cominciò lui, con una cautela che riteneva
gli
fosse estranea. Eccola lì, la domanda da un milione di
galeoni,
pensò Penny. Poi le venne un lampo di genio e lo interruppe:
"Aspetta...",
realizzò, "hai detto che eri nella Sala d'Ingresso?".
Stavolta fu il turno di James di sentirsi in imbarazzo; distolse lo
sguardo, senza rispondere.
"Pronto,
Potter? Terra chiama Potter!", esclamò.
James
tornò a posare lo sguardo su di lei e le sorrise; il primo
vero
sorriso da quando si era svegliata. Era uno di quei suoi sorrisi
mozzafiato e il cuore di Penny non potè fare a meno di
saltare un
battito in segno di apprezzamento – apprezzamento che avrebbe
voluto esprimere anche a parole, se avesse potuto.
"Per
esserti appena ripresa hai i riflessi pronti, eh Shane?",
commentò caustico.
Penelope
ridacchiò, felice di sentire ancora un bel commento pungente
in
pieno stile "James Potter". Quella versione depressa del
bel Cercatore non gli si addiceva.
"Non
eri alla partita?", ritentò, curiosa come non mai.
"No"
rispose secco.
"E
perché no?", domandò lei, insistente. James
roteò gli occhi,
spazientito.
"Credo
che dirò a Madama Chips di tenerti addormentata un altro
po'...",
accompagnò quelle parole con un sorrisetto sghembo, e lei
rise di
rimando.
"Sai
benissimo che al risveglio ricomincerei da capo, Potter...",
rispose a tono.
"Va
bene", sbuffo platealmente. "Ero... ero al castello per
cercarti. Avevo notato la tua assenza e sentivo che stavi per fare
qualcosa di stupido".
Era
una spiegazione molto sommaria dell'accaduto, ma Penny se la fece
bastare, dato che Potter non sembrava molto propenso ad approfondire
l'argomento.
"Allora",
riprese lui, "come hai fatto ad inviarmi il Patronus?", ma
Penny sapeva che non era la vera domanda. Ci stavano girando intorno,
lo sapevano entrambi.
"Io-
io non lo so", tentennò, indecisa su quanto dire e quanto
tacere. "L'ho Evocato e gli ho detto di chiedere aiuto",
restò sul vago, sperando che lui se la bevesse.
"Mh",
mugugnò James – aveva un sorrisetto che non le
piaceva affatto.
"L'unicorno – il tuo unicorno", sottolineò con
forza,
"ha detto James".
"Ah...
davvero?" squittì Penny, chiedendosi se fosse possibile
pestare
a sangue un Patronus. Purtroppo le speranze non erano molte, ma si
sarebbe informata.
"Eh
già", rispose lui, il sorrisetto stavolta era visibilmente
compiaciuto. Ormai, si disse Penny, tanto valeva giocare a carte
scoperte - o quasi.
"Che
altro ha detto?" domandò, il cuore in gola.
"Solo
James, aiutami",
ripetè lui. "Poi si è
voltato e io ho capito che dovevo seguirlo".
"Sono
le parole che ho pensato prima di Evocarlo", fu un bisbiglio
–
sperava quasi che non la udisse. James sembrò sorpreso di
sentirglielo ammettere, aprì la bocca e la richiuse;
probabilmente
voleva dire qualcosa, ma dalla sua bocca uscì solo un
sospiro
pesante. Sembrò immergersi nei propri pensieri.
"Se
solo avessi avuto la bacchetta avrei potuto rimarginarti le ferite;
invece ho dovuto sollevarti di peso e sono stato lento...",
farfugliò.
"Per
la barba di Merlino!", esclamò decisa, benché
ancora debole.
"Non puoi sul serio sentirti in colpa! Se la responsabilità
è
di qualcuno, è mia. Non so come mi sia venuto in mente di
voltare le
spalle a uno come Malfoy!", disse con un misto di rabbia e
frustrazione, gli occhi lampeggiavano d'ira.
James
tacque, pensando che per ben due volte Penny aveva glissato la sua
domanda più importante; non voleva rispondergli
perché Malfoy aveva
ragione?
O
magari solo perchè credeva che si sarebbe arrabbiato con lei
se
avesse saputo che era andata lì a proteggerlo. James sperava
fortemente nella prima opzione – per la prima volta sarebbe
stato
lieto di dare ragione a Scorpius Malfoy.
Merlino,
com'era frustrante essere innamorato di quella ragazza!
"Appena
esco di qui...", la voce di Shane interruppe il flusso dei suoi
pensieri.
"NO!",
la interruppe bruscamente. "Appena esci di qui non fai proprio
nulla, Shane. A Malfoy ci ho già pensato io", le disse.
"Beh...in parte...", si corresse.
"In
parte?", sollevò un sopracciglio, perplessa.
"Nel
senso che l'ho picchiato alla babbana", spiegò con
nonchalance.
Penny
sorrise a quelle parole; lei che nel mondo babbano c'era cresciuta
non poteva che ridere quando sentiva che fare le cose "alla
babbana" per i maghi era come farle a metà –
perfino per i
babbanofili.
"Poi
è sparito", continuò James, "ma penso che non
appena si
farà vedere in giro almeno cinque o sei persone lo
Schianteranno per
questo", disse indicando prima lei, poi il lettino e
l'infermeria. Quello che aveva fatto a lei, insomma.
Da
quand'era, si chiese James, che parlare con Shane era così
facile?
Senza
litigi, senza frecciatine, senza occhiatacce. Doveva aspettare di
vederla in quelle condizioni per agire come un essere raziocinante?
Oddio...
magari non aveva usato molto raziocinio con Malfoy, però
quello era
un discorso a parte.
"Potter",
tuonò Madama Chips, della quale entrambi si erano
completamente
dimenticati. "Ancora qui? La signorina Shane deve riposare,
quindi fuori!".
"Non
posso restare?", chiese indignato.
"No",
rispose asciutta.
"Per
quale motivo?", domandò seccato. Non mollava facilmente la
presa.
"Signor
Potter", la voce inflessibile. "Devo cambiare le
fasciature, e non so se la signorina Shane voglia – come
dire? -
mostrare le proprie grazie a lei. Quello che so per certo è
che non
voglio che succeda davanti a me!", espose acidamente.
Ebbero
reazioni opposte: Penny acquistò un fantastico colorito
pomodoro in
quell'istante, mentre James impallidì. Non gli sarebbe
dispiaciuto
restare a dire il vero, ma Madama Chips non era del suo stesso avviso
– e Merlino solo sapeva di quale
maledetto avviso fosse
Shane riguardo al mostrargli le proprie grazie!
"Va
bene, va bene", borbottò rassegnato, "me ne vado".
Salutò
ed uscì dalla stanza, dirigendosi alla Sala Comune. Quando
Baston lo
vide gli chiese notizie di Shane, ma fu nulla rispetto all'assedio
che gli fecero Al, Rose, Trixy e Alice. Se li trovò tutti e
quattro
addosso in cinque minuti. Disse loro che Penny stava meglio e che
Madama Chips lo aveva bellamente buttato fuori dall'infermeria. Rose
gli si avvicinò per parlargli a quattr'occhi, mentre Al era
impegnato a distrarre le altre due: conoscendoli era tutto calcolato.
Il
che significava che almeno gli avevano fatto la cortesia di tacere
con le altre due.
"Gliel'hai
detto?", bisbigliò la rossa.
"No",
rispose secco. Lo guardò accigliata, senza ribattere. Stava
pensando
tra sè e sè; era decisa nel suo intento: se James
non si fosse
spicciato entro qualche giorno, avrebbe messo lei le cose a posto.
"Vedi
di sbrigarti", gli disse con un'occhiata che voleva essere
eloquente e che a lui sembrò solo acida. "O le spiffero
tutto!".
James
avrebbe tanto voluto chiederle perché diamine dovesse
spifferarle
tutto, ma si trattenne. Rose aveva pensato che le implicazioni dell'
affermazione fossero chiare, ma è evidente che il cervello
di James
non intendeva recepire i suoi segnali.
Non
fece altro che rispondere a monosillabi anche quando scesero per la
cena in Sala Grande: chiunque gli parlasse non riceveva risposte
composte da più di due lettere. In tutto ciò non
aveva neanche
fatto i compiti per il giorno dopo, e probabilmente quell'anno si
sarebbe fatto bocciare ai M.A.G.O. Sarebbe finito a fare l'aiuto ai
Tiri Vispi Weasley – se lo sentiva! Sua madre l'avrebbe
ucciso se
non si fosse diplomato...
Si
vedeva già un uomo fallito nel negozio dello zio, incapace
di fare
altro se non spazzare il pavimento e lanciare Caccabombe come
dimostrazione ai clienti.
Con
questa terribile prospettiva nella mente si ritirò in
dormitorio e
si coricò, ma, stranamente, quella notte dormì
sodo e non fece
incubi.
Sognò
Shane che gli parlava dolcemente, stesa accanto a lui sotto un grande
faggio nel parco, in una giornata mite. Al mattino si
svegliò
ristorato; si sentiva fiducioso. Ancora un giorno e lei
sarebbe stata fuori dall'Infermeria.
Penny
si rigirava nel letto, incapace di trovare una posizione comoda.
Madama Chips le aveva cambiato le bende con molta cura, spalmandole
altri unguenti appiccicaticci. Era un'ottima Guaritrice, doveva
riconoscerlo, sebbene l'avesse odiata non poco quando aveva cacciato
James.
Il
giorno prima, quando l'aveva visto lì accanto a tenerle la
mano, il
cuore le era quasi esploso nel petto. E sapere che l'aveva soccorsa,
che l'aveva aiutata ancora una volta, la faceva sperare: per una
volta, Penelope Shane era ottimista.
James
Sirius Potter, che aveva sempre considerato inarrivabile, non le era
mai stato così vicino. Quando finalmente si
addormentò, sognò. Un
sogno strano, eppure così reale che le sembrava fosse
accaduto sul
serio.
Lei
era stesa in quello stesso letto dell'Infermeria, con gli occhi
chiusi e James le era accanto e le parlava, dicendo che era
innamorato di lei...
Nel
bel mezzo del sogno si svegliò di soprassalto
perché Madama Chips
aveva fatto cadere una boccetta di vetro.
La
maledisse in tutte le lingue possibili, ma decise di restare sveglia
– ormai erano le sette di mattina. Si accorse che si sentiva
molto
meglio, anche abbastanza in forze da potersi alzare in piedi,
benchè
la donna non le permettesse di farlo.
Quel
pomeriggio, Al e Rose vennero a trovarla con Alice e Trixy per
informarsi delle sue condizioni. La aggiornarono sulle lezioni e la
fecero ridere con le loro idiozie; quando si congedarono si
addormentò nuovamente. Si svegliò che era
già tardi e rimase
delusa nell'accorgersi che James non si era presentato.
Credeva
che sarebbe tornato... aveva frainteso? Forse era stata colpa di
quel sogno così maledettamente realistico.
"Oh,
basta!", si disse. "Appena esco di qui tento il tutto per
tutto e glielo dico".
Fu
così che, dopo che per tanto tempo entrambi avevano pensato
di
tenersi per sè i propri sentimenti, entrambi divennero
decisi a
dichiararli, nello stesso momento.
Alla
fine della lezione di Pozioni con Victoire, per la durata della quale
non aveva fatto altro che distrarsi, James era andato dritto da
Shane, ossia incontro a una tremenda delusione.
"La
signorina Shane dorme, in questo momento", lo informò Madama
Chips con una certa stizza – si vedeva lontano un miglio che
odiava
i visitatori. "Non voglio che lei la svegli, intesi?", lo
guardò torva.
James
annuì con poca convinzione, ma chiese almeno di poter
entrare a
darle un'occhiata. Quando la vide dormire, il colorito di nuovo sulle
gote, non ebbe il coraggio di contravvenire al comando della donna.
Rannicchiata,
la mano sotto il cuscino, Shane sembrava una bambina – fu una
visione che gli scaldò il cuore.
"Le
ha tolto le bende alle braccia", osservò.
"Sì,
le ferite si sono completamente rimarginate. Domani mattina
potrà
uscire, sarà come nuova!", disse soddisfatta del proprio
lavoro. James la conosceva come una donna molto scrupolosa e
affidabile, e i suoi rimedi non avevano mai fallito.
Lasciò
l'infermeria con il cuore più leggero, sebbene di malavoglia.
Come
il giorno prima, non c'era altro posto in cui avrebbe voluto essere
–
se non lì.
Dopo
un brusco
risveglio da un sonno
lungo
ma agitato,
Penny si sentì annunciare
che quella
stessa mattina sarebbe potuta
uscire
dall'Infermeria.
Madama
Chips aveva
fatto miracoli: le
aveva tolto tutte le bende e la sua pelle era intatta
e candida come prima,
come se non fosse mai stata ferita. Altrettanto
non si poteva dire della sua interiorità: il colpo basso di
Malfoy
aveva lasciato il segno. Sicuramente avrebbe evitato, in futuro, di
abbandonarsi a stupidi e fiduciosi istinti Grifondoro. Non
rimpiangeva affatto di essere andata a rinfacciargli quello che aveva
fatto a James, ma solo di avergli ingenuamente riconsegnato la
bacchetta.
Mentre
si rivestiva con un cambio pulito che doveva aver lasciato Rose, si
rese conto con orrore che erano giorni che non scriveva al
nonno e
ai genitori.
Sperava
solo che quell'assenza di informazioni per ben tre giorni non avesse
fatto preoccupare sua madre, che era esattamente la quintessenza
dell'apprensività materna. La divisa da Quiddich era
sparita,
probabilmente ad opera di Rose o di un qualche sconosciuto Elfo
domestico. Almeno, si disse, avrebbe fatto in tempo a seguire la
lezione di Lupin. Era venerdì mattina e certamente nessuno
era
libero per aspettarla fuori di lì; non poteva pretendere un
comitato
d'accoglienza: la scuola non si fermava solo perché Malfoy
la odiava
a morte.
James
si era alzatò con il sommo proposito di saltare ogni singola
lezione
della giornata, in barba alle sue preoccupazioni per gli
stramaledetti esami di fine anno. Niente era più importante
di quel
che doveva fare. Proprio niente.
Non
scese neppure a fare colazione, per paura di mancare il momento in
cui Shane sarebbe uscita dall'infermeria, oltre al fatto che il suo
stomaco era chiuso.
Rose
e Al avrebbero tranquillamente marinato per andare ad aspettare la
loro migliore amica, ma ritennero che fosse il caso di lasciare che
James andasse solo.
"Finalmente
non avrà più scuse per non dichiararsi!", aveva
commentato
Rose con una buona dose di sollievo.
Al
sperava che il suo sconsiderato fratello si desse una mossa –
possibilmente in giornata – perché non sarebbe
stato molto
romantico se Penny fosse venuta a sapere da Rose che il ragazzo per
cui spasimava da anni la amava.
Sicuramente
era preferibile che fosse quel gran pezzo d'idiota a rivelarglielo.
Ben
prima che lei fosse sveglia, James si era recato ad aspettarla fuori
dalla grande porta lignea dell'infermeria; impalato come una statua,
attendeva che la ragazza facesse la sua regale ed elegante sortita.
Fu
così che – appena sulla soglia – Penny
inciampò su una
mattonella sconnessa e andò a sbattere proprio contro
l'ultima
persona che avrebbe dovuto vedere quella scena pietosa.
James
la afferrò saldamente prima che cadesse come una pera cotta,
visibilmente divertito da quella che per lei era una grandissima
figura di merda.
"Shane,
non sei neanche uscita e già provi a spiaccicarti per terra?
Ti
piace proprio l'Infermeria, eh?", fece ironico.
Penny,
impegnata a chiedersi perché non potesse essere impeccabile
e
coordinata come Victoire, non rispose alla battuta.
"Che
ci fai qui?", gli chiese rimettendosi in sesto.
James
sembrò infastidito dalla domanda.
"Secondo
te, Shane?" inarcò il sopracciglio destro e
sbuffò. "Ti
stavo aspettando!", aggiunse in tono ovvio. Lei sorrise e
arrossì lievemente.
"Ieri
non sei venuto e pensavo... pensavo che oggi avessi lezione...".
Non
era esattamente quello che avrebbe voluto dire. In realtà
nella sua testa
aleggiava più qualcosa come "pensavo che non te ne
importasse niente di vedermi".
"Io
ieri sono passato e tu stavi dormendo", precisò, quasi
offeso
dall'incertezza nella voce della ragazza. "Madama Chips mi ha
tassativamente vietato di svegliarti".
"Oh",
rispose lei sentendosi in colpa per aver dubitato. "Non dovevi
saltare le lezioni, però; hai anche gli esami...". Oh
sì
che doveva! Era contenta che l'avesse fatto!
James
si strinse nelle spalle e disse semplicemente: "Ci sono cose
più
importanti".
A
quel punto Penny cominciò a camminare, per dissimulare
l'imbarazzo
causato dalla risposta di lui – data con apparente
nonchalance –
e il rossore che probabilmente la stava invadendo dall'alluce del
piede fino alle orecchie.
"Ok,
fermala e fallo. Fermala e fallo. Sei qui per questo, no? Ora o mai
più!", pensava
James
Sirius Potter, al colmo della schizofrenia mentale. Aveva cambiato
idea dieci volte da quando l'aveva vista. Prima sì, poi no,
poi di
nuovo sì...
"Shane",
esordì il ragazzo con voce ferma, come per imporre la
propria
autorità alla parte vile di se stesso. Era un
Grifondoro –
cavalleria, audacia e coraggio – no?
Maledizione,
quando mai aveva avuto problemi con una ragazza?
"Sì?",
si fermò e lo guardò con quei meravigliosi occhi
verdi.
Ma
lei non era una ragazza, era la
ragazza.
"D-devo...",
riprese, "...ti devo dire una cosa". Magnifico, ora
balbettava perfino!
A
Penny saltò un battito sentendo il tono serio del ragazzo, e
sperò
ardentemente che fosse ciò che voleva confessare anche lei.
"Ti
ascolto", rispose ostentando una calma che non possedeva
affatto. James si schiarì la voce ed esitò, prima
di iniziare:
"E'
un bel po' che devo parlarti di questa... cosa".
"Bell'esordio
James! Complimenti!", si
diede dell'idiota mentalmente.
"Ti
ascolto", ripetè.
"Dannazione
Penny, ma conosci solo due vocaboli?",
si
rimproverò.
"Sì...ehm...ecco...",
biascicò.
Penny
lo guardò accigliata: da quando Potter balbettava?
Lui
si schiarì nuovamente la gola, e quando tornò a
parlare lo fece con
voce limpida, chiara, decisa. Non era la voce di un ragazzo, ma
quella di un uomo.
"Sono
innamorato di te", quattro semplici, meravigliose parole.
La
guardava fisso negli occhi, senza perdere il contatto neanche per un
secondo. Probabilmente si aspettava che dicesse qualcosa, ma Penny
era praticamente caduta in stato di shock. Aveva agognato quel
momento per giorni, mesi, anni.
E
ora che era giunto se ne stava lì ad aprire e chiudere la
bocca,
incapace di sillabare anche una singola parola.
James
si passò una mano a scompigliarsi i ricci e
continuò a parlare,
perdendo la calma che aveva acquistato, perplesso e preoccupato dal
prolungato silenzio di lei.
"Sappi
che non sono d'accordo con chi sostiene che l'amore sia
possessività", se ne uscì. Stava farneticando, ne
era
consapevole, ma era sempre meglio di quel silenzio innaturale che era
calato. Meglio le sue stronzate del mutismo di lei.
"Amare
significa anche saper fare un passo indietro e, considerata la tua...
reazione, direi che è quello che devo fare io", concluse.
Lei
lo guardò accigliata, riscuotendosi da quello stato
catatonico, e
sorrise. James la fissò di sbieco; chiaramente doveva
pensare che lo
stesse prendendo in giro o che fosse completamente ebete, ma la cosa
non la tangeva più di tanto, dato che al momento era
l'essere più
felice del creato.
"Ehm",
riprese l'uso della voce, "sono perfettamente d'accordo con il
tuo discorso molto maturo e sensato, Potter", dichiarò
mantenendosi seria a fatica.
James
continuava a guardarla storto, come se non capisse bene le sue
parole. Era quantomeno perplesso.
"Tuttavia",
continuò lei senza lasiarsi distrarre, "non è
questo il caso".
James
sollevò un sopracciglio, aspettando che concludesse la frase
per
decidere se fosse pazza o meno.
"Intendo
dire, Potter, che al momento dovresti farlo in avanti, il passo".
Le
sorrise, e Penny pensò che qualsiasi altro sorriso le avesse
rivolto
in quegli anni spariva di fronte a quello.
Potter
non se lo fece ripetere, colmò la distanza che li separava e
la
strinse forte tra le braccia. Penny si sollevò sulle punte e
James
posò la bocca su quella di lei, le cui labbra si schiusero
prontamente a quel contatto tanto agognato.
Con
un ultimo barlume di lucidità, James realizzò
quello che stava
accadendo: stava baciando Penny Shane, e quel momento era
semplicemente perfetto. Non c'era nessun altro posto in cui avrebbe
voluto trovarsi, se non tra le braccia di lei.
SPAZIO
AUTRICE
Ed
eccomi a voi dopo soli due giorni. Mi sono sbrigata e spero non ci
siano troppi errori di distrazione/ battitura. Volevo farmi perdonare
per come avevo finito il capitolo scorso, così in sospeso.
Anche
perché fino al dodici non sarò più a
casa e non potrò scrivere,
perciò mi sembrava giusto farlo prima – non mi
sono staccata un
attimo dal PC per colpa di Penny e James. Detto ciò, vi
prego,
fatemi sapere cosa pensate del capitolo, così parto felice e
contenta. Finalmente, dopo tante pippe mentali, i miei idioti
protagonisti si sono svegliati. Presumibilmente prima di liberarvi di
me (so che sarete felici!) ci sarà un altro capitolo e poi
l'Epilogo; e devo dire che mi mancheranno i miei personaggi. Prima
dell'Epilogo pubblicherò una piccola OS con protagonista
Trixy
Zabini, come ho già detto – almeno spero di
farcela. E niente,
fatemi sapere :)
Jules
|
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Capitolo 21 *** 20. Finalmente ***
Capitolo
ventesimo
Finalmente
Le
labbra della ragazza si schiusero prontamente a quel contatto tanto
desiderato, e lui la strinse un po' più forte, come se
avesse paura
che potesse scivolargli di mano e sgusciare via. Lei reclinò
la
testa per dargli migliore accesso alla propria gola e
realizzò che
stava accadendo davvero: stava baciando James Sirius Potter, ed era
semplicemente perfetto. Le braccia allacciate attorno al collo del
ragazzo, le mani di lui tra i suoi capelli, il profumo muschiato di
James così vicino.
Aveva
baciato solo due ragazzi nella sua breve vita, ma mai si era sentita
così. Forse proprio perché l'aveva aspettato
tanto, o forse
semplicemente perché James era il ragazzo che aveva sempre
amato.
Probabilmente per entrambe le motivazioni. Fatto sta che quando le
loro labbra si staccarono si sentiva felice, completa, appagata.
"Finalmente!",
non le riuscì di esprimere le proprie emozioni meglio di
così.
"Finalmente?"
ripetè James divertito, senza sciogliere l'abbraccio che
ancora li
legava. "Io ti bacio e tu hai da dire solo finalmente,
Shane? Alla faccia del romanticismo!" protestò giocosamente.
Penny rise di gusto e gli lasciò un bacio a fior di labbra
prima di
parlare.
"E'
già tanto se riesco a parlare, James!", si
giustificò. "Non
so se hai notato il ridicolo stato di shock in cui sono caduta poco
fa..."
"Quindi
eri solo scioccata?" fece lui, sospirando. "La prossima
volta che ti sciocchi vedi di farmelo capire a gesti, d'accordo? Mi
hai fatto prendere un colpo", suonava esattamente come un
rimpovero.
"Stavi
facendo marcia indietro, eh?", lo punzecchiò ridacchiando.
"Ovvio
che lo stavo facendo! Ti vengo a prendere, mi dichiaro, e tu che fai?
Te ne stai lì a fissarmi, per giunta con la loquela di un
pesce
rosso. Che dovevo pensare?", protestò indignato. Penny
sorrise
nello scorgere quell'espressione imbronciata.
Poi
pensò che c'era qualcosa che doveva assolutamente provare e
sollevò
un altro po' la mano, affondandola lentamente tra i capelli di lui.
Erano soffici ed elastici, come li immaginava da sempre.
"Non
sai da quanto lo desideravo!", sospirò estasiata.
"Baciarmi?
Sono mesi che..."
"Veramente",
lo interruppe con un sorrisetto, "intendevo questo!",
indicò la propria mano fra i capelli di lui, che sorrise di
rimando.
"E anche baciarti, ovviamente", aggiunse come se fosse un
dettaglio di poco conto.
"Oh,
grazie della concessione! Sono mesi che mi scervello su di te,
Shane!", lo disse come se la responsabilità di quella enorme
perdita di tempo fosse di Penny.
"Aspetta..."
Penny
realizzò all'improvviso quelle parole, scostandosi
impercettibilmente da James, che la guardò stralunato. "Hai
detto mesi?", boccheggiò incredula.
Mesi?
Avevano perso mesi a gingillarsi?!
"Mh",
James fece finta di riconsiderare le proprie parole. "Direi di
sì; non hai idea di quanto tempo abbia passato a spremermi
le
meningi per capire il tuo comportamento..."
"Oh,
questa è bella! Il mio comportamento?", ribattè
con un
sorrisetto ironico. "Vogliamo parlare del tuo, Potter? Prima
sembrava che mi odiassi e poi che volessi essermi amico. Sembravi uno
psicolabile, in poche parole", gli fece notare.
"Io
credevo tu mi odiassi!", si difese.
"Odiarti?
Come può esserti venuta un'idea così sciocca
quando sono anni
che...", si interruppe e sgranò gli occhi, stupita dalla
nonchalance con la quale aveva appena ammesso di essere una
pateticissima sfigata.
Di
primo acchito, James parve stupito quanto lei.
"Anni?",
chiese conferma. Penny lo guardò in faccia, quando si
sarebbe
volentieri nascosta sotto una mattonella del pavimento.
Improvvisamente le venne in mente di quanto fosse un peccato non
essere un Animagus in grado di mutarsi in un insetto e scappare dalle
situazioni imbarazzanti.
"Già",
non trovò di meglio da dire, oltretutto accompagnandolo con
una
leggera scrollata di spalle; come se ammettere di aver passato anni
dietro a lui non fosse una terribile umiliazione. "Ormai il
danno è fatto, quindi non negherò di averlo
detto", rispose
con più calma di quanta ne possedesse.
James
scosse la testa e rise, probabilmente per l'uso insolito del termine
danno.
"Abbiamo
parecchie cose da dirci, mi sa".
"Non
so se posso marinare la lezione di Lupin per te...", obiettò
lei.
"Sì
che puoi: Teddy capirà", stette al gioco.
Le
porse la mano e lei vi pose la propria, seguendolo lungo il
corridoio.
Con
il vento che tirava – per quanto quella giornata fosse
stranamente
tiepida – James non aveva trovato di meglio che portare Penny
al
grande faggio in giardino, in riva al Lago Nero. Il parco era
pressochè vuoto; i pochi che non avevano lezione a quell'ora
– per quanto il clima potesse essere eccezionalmente
temperato – se
ne stavano al calduccio nelle proprie Sale Comuni, o al massimo in
cortile.
Proprio
per questo Potter aveva avuto la brillante idea di farla accomodare
sotto l'albero, praticamente in riva al lago. Entrambi avevano
portato con sè il mantello, quindi il freddo non era
eccessivo:
erano quelle folate, il problema.
"Se
verrò spazzata via dal vento", aveva biascicato mentre
camminavano, "mi avrai sulla coscenza, Potter!"
I
capelli le andavano in bocca e la infastidivano tremendamente; non
aveva per niente l'aria impassibile e magnificente di un'eroina che
abbia appena coronato il proprio sogno d'amore. Eppure era
così che
si sentiva.
Forse
non un'eroina, ma sicuramente una ragazza che aveva appena coronato
un sogno d'amore lo era.
Appoggiati
al tronco del faggio e stretti in un abbraccio, guardavano l'acqua
stagnante e sicuramente gelida del Lago Nero.
"Voglia
di un tuffo?", scherzò James.
"C'è
una Piovra Gigante lì dentro, lo sai Potter?",
ribattè
ridacchiando. Lui fece un gesto incurante, come se non fosse una
controargomentazione degna di nota.
Voltò
il capo di lato per guardarla e lei sollevò il viso: occhi
negli
occhi, non poterono fare altro se non sorridersi, con un po' di
imbarazzo.
Si
erano attaccati, avvicinati, allontanati, desiderati. Finalmente si
erano trovati. Ora dovevevano imparare a stare insieme, ma c'era
tempo per capirsi.
"Alla
fine sono riuscito a fare breccia nel tuo cuore, a quanto pare".
Penny fece schioccare la lingua: quella frase era semplicemente
assurda, oltre che bellissima.
"Che
c'è?", fece lui, sentendola sospirare. "Ho dovuto
faticare, sai? Non sei un tipetto proprio semplice da gestire".
"Senti
chi parla!", protestò con una risata che smentiva il tono
scocciato.
"Ehi!
Mostra un po' di rispetto: ti ho salvata tre volte dalle grinfie di
Malfoy!".
"Oh
cielo! Avevo un Principe Azzurro per le mani e non me ne ero
accorta!", replicò causticamente. James non
sembrò afferrare e
lei si ricordò che non poteva capire.
"Cosa
diavolo è un principe azzurro?", le domandò
infatti.
"Niente,
roba babbana", liquidò la faccenda come faceva sempre con le
persone cresciute nel Mondo Magico. "Per la cronaca, dovresti
mostrare gratitudine per tutte le volte in cui ti ho difeso da Bolidi
volanti, caro il mio James-sono-il-Cercatore-figo-Potter!",
aggiunse fingendosi indignata. Lui la ignorò. "Mi hai
sentito?", fece lei.
"Le
mie orecchie hanno recepito solo le parole salienti", soffiò
James. "Ovvero: James e figo".
A quel punto
non potè sottrarsi ad una doverosa gomitata da parte della
sua nuova
ragazza. In realtà la sua prima ragazza,
perché James non
era mai stato ufficialmente impegnato. Era uscito
con un po'
di gente, ma niente di serio.
"Rettifico:
Cercatore figo e idiota!"
"La
puoi girare come ti pare: rimango sempre figo, Shane!", disse,
minimamente smontato da quel semi-insulto. "E comunque è
vero
che ho dovuto fare breccia nel tuo cuore: eri un ghiacciolo fino a
quest'anno!", riprese.
"Breccia,
Potter? Se ero fredda era semplicemente per proteggermi".
"Proteggerti!
È dalla fine dell'anno scorso che sono innamorato di te!
Mica volevo
mangiarti, Shane!"
"Oh,
povero te! Ribadisco che sono anni che ti muoio dietro! Ci sei sempre
stato, nel mio cuore. Non avevi alcun bisogno di
fare
breccia", gli rispose ripetendo le parole esatte che aveva usato
lui.
"Da
quanto?", chiese, lievemente compiaciuto.
Penny
riflettè un secondo, perdendosi nei ricordi di molto tempo
prima.
"Mh...
probabilmente dal primo sorriso che ti ho visto fare, a King's Cross!
Mi avevano colpito i tuoi occhi. Forse tu neanche te lo ricordi, ma
io ho un'immagine di te piuttosto nitida", raccontò. Lo vide
sorridere: non un sorriso ironico, impertinente, o soddisfatto. Un
semplice e bellissimo sorriso felice.
"Sul
serio?", domandò, intenerito da quella confessione. "Dovevo
essere molto fastidioso, credo. A dodici anni ero uno vera peste!",
commentò.
"Tu
sei ancora molto fastidioso!", lo contraddisse
Penny.
"Ah
Ah Ah! Divertente Shane, davvero!", fece lui. "E – per
tua informazione – mi ricordo eccome del giorno in cui ci
siamo
conosciuti..."
"Nonostante
tu fossi una vera peste mi sono presa una cotta
per te. Al e
Rose lo sanno da sempre, anche se ho iniziato a parlarne apertamente
solo quest'anno – diciamo che ho iniziato ad elaborare il
lutto e
ad accettare che non ti saresti mai accorto di me".
"Credo
ti chiamerò Miss Perspicacia!", la prese in giro,
scompigliandole i capelli – cosa per la quale non
protestò, a
differenza di quanto avrebbe fatto con qualunque altro essere, umano
o meno.
"Detto
da uno che era convinto di starmi antipatico suona bizzarro, non
credi?"
"Ehi!
Era perfettamente lecito da parte mia: la conferma ce l'ho avuta
quest'estate!", raccontò, sentendosi leggermente idiota. "Mi
aspettavo che venissi da noi e un bel giorno sento Rose che si
lamenta con Al del fatto che avevi accampato scuse su scuse, ma che
lei sapeva il vero motivo del rifiuto, ovvero io".
"L'ha
detto davanti a te?", domandò dubbiosa in proposito.
"Diciamo
che ho origliato per caso...", ammise senza vergogna. Penny
rise.
"Se
non sono venuta è stato per non vedere te; già mi
toccava durante
l'anno scolastico: perché soffrire anche d'estate?",
spiegò in
tono ovvio. "Insomma, non è bello che la tua cotta perenne
ti
ignori!", gli fece notare. Il ragazzo sbuffò sonoramente.
"Se
tu fossi venuta, mi sarei dichiarato quest'estate...", la
informò. "Pensa quanto tempo mi hai fatto perdere!"
"Per
favore, Potter, smettila di fare la vittima!", disse dandogli un
buffetto sul braccio. "Cosa vuoi che siano le tue sofferenze
rispetto alle mie?"
"Eri
sofferente anche quando uscivi con Fred?", domandò stizzita.
Penny lo guardò con una certa dose di soddisfazione.
"Aha!",
esclamò vittoriosa, puntandogli un dito contro. "Quindi mi
facevi tutte quelle domande per gelosia!".
"Geloso
io? Assolutamente no!", scosse vigorosamente il capo. "Volevo
solo capire".
"Per
la cronaca, non uscivo con Fred!", riprese Penny. "Ci siamo
solo baciati", si lasciò sfuggire.
"CHE
COSA?". Penny si morse la lingua a sangue; perché non stava
mai
zitta?
"Non
che la cosa ti riguardi...", svicolò.
"Non
sono d'accordo...", disse lui, con un certo tono di disappunto.
Merlino! Era il suo ragazzo: la cosa lo riguardava eccome.
Penny
contemplò per un momento quella versione un po' gelosa di
James.
"Tu
non sei mai d'accordo!", lo rimbeccò con una risata. "Hai
da ridire su tutto!"
La
smorfia infastidita di James si sciolse alla risata di Penny, che gli
strinse forte la mano, contemplando l'ipotesi di non lasciarla andare
mai più.
"E
poi?"
"E
poi niente, hai rovinato tutto!", gli rinfacciò.
"Io?",
fece basito. "E come, se è lecito saperlo..."
"Come
quando uscivo con Dave e l'ho dovuto mollare perché
continuavo a
pensare a te! Hai spazzato via la mia vita sentimentale senza neanche
rendertene conto, James Potter!".
"...e
non mi dispiace per niente", bisbigliò lui.
"Non
posso stare con un ragazzo se me ne piace un altro", riprese
lei. "Ai miei occhi nessuno regge il confronto con te".
James
fu piacevolmente sorpreso da quella dichiarazione così
esplicita:
sapere che il pensiero di lui l'aveva accompagnata per tutto quel
tempo lo inorgogliva e allo stesso tempo lo faceva sentire un
demente, per non essersene reso conto. Con le labbra le
sfiorò la
fronte e la bocca, in un bacio casto.
Aveva
perso tempo a lambiccarsi il cervello inutilmente, per poi venire a
scoprire che nella testa (e nel cuore) di Shane esisteva solo lui.
Guardò la mano candida ed esile, stretta nella sua; e il suo
volto
emanava una felicità profonda, specchio di quella di Penny.
"Addirittura?",
non riuscì a reprimere il compiacimento nella voce.
"Non
gongolare troppo, Potter!".
"Mi
dispiace", si scusò. "Avrei dovuto capirlo prima".
Penny
sospirò di rassegnazione e scrollò le spalle.
"Non
potevo aspettarmi niente di meglio... sei un esponente del sesso
maschile e in più sei stupido di tuo; era prevedibile che ci
saresti
arrivato tardi".
"Meno
male che mi hai aspettato, allora", replicò dolcemente,
lasciandole un bacio sulla fronte. Penny sorrise e si strinse di
più
a lui. "Adesso sono completamente tuo, non ti libererai
facilmente di me".
"Non
ho alcuna intenzione di farlo", affermò sicura.
L'aveva
voluto e amato, sebbene convinta di non avere speranze; eppure ora
erano lì in riva al Lago Nero, a contemplare l'acqua e
scambiarsi
confidenze, stretti l'uno all'altra. Una scena sostanzialmente
surreale fino a qualche giorno prima.
Realizzò
che doveva abituarsi ad avere James tutto per sè: avevano
tanto
tempo a disposizione, e intendeva sfruttarlo al meglio.
Alla
sera fecero il loro ingresso trionfale nella Sala Grande, le mani
intrecciate bene in vista; e sui volti della tavolata di Grifondoro
si dipinsero espressioni differenti.
Rose
e Al erano inequivocabilmente gioiosi, mentre Trixy e Alice
sembravano avere le idee confuse. Baston strizzò l'occhio
all'amico
e fece un sorrisone a Penny, che a stento lo ricambiò,
troppo
impegnata a tenere a bada i battiti del proprio cuore.
Era
stato James a prenderle la mano prima di varcare la soglia,
stupendola un poco. Si accorse in quel momento di non essersi nemmeno
chiesta cosa dire o non dire agli altri: non gliene poteva importare
di meno. In quel momento per Penelope esisteva solo James. Era
consapevole di quanto fosse stupido e di quanto lei fosse un'idiota
innamorata, ma anche di ciò non le importava un fico secco.
A quanto
pareva non le importava di quasi nulla che non fosse la mano di lui
nella propria.
Però
aveva capito il motivo per cui Potter aveva scelto di comportarsi in
quel modo: equivaleva ad un'annuncio pubblico e avrebbe risparmiato
un sacco di inutili e fastidiose domande e congetture.
Quell'atteggiamento, infatti, non era equivocabile.
Penny
e James stavano insieme. Punto. Non c'era proprio niente da
congetturare.
La
faccia di alcune ragazze – non solo tra le Grifone
– non mostrava
molta allegria a quella vista. Lorcan si scambiò un'occhiata
con
Rose dalla propria tavolata, il volto disteso in un'espressione
sollevata (non ce la faceva proprio più a sorbirsi le tirate
di
James). Gli avrebbe chiesto i particolari, ovviamente (come del resto
avrebbero fatto gli altri), ma non in quel frangente. Lysander si
sporse verso il fratello, probabilmente per porgli qualche domanda in
proposito, mentre una sorpresa Lily Luna confabulava con suo cugino
Hugo.
Si
sedettero l'uno accanto all'altra, di fronte a Rose e Al, sempre con
gli sguardi stupiti di Trixy e Alice puntati addosso. James non ci
badava, ma Penny sapeva che avrebbe dovuto rendere conto di quella
scena alle sue amiche.
"In
dormitorio mi bombarderanno di domande, lo sai?", bisbigliò
all'oreccho del ragazzo, che sorrise divertito.
"Credo
che Baston farà lo stesso", dichiarò scorgendo
l'amico che
occhieggiava verso di loro. "Li abbiamo scandalizzati con la
nostra entrata ad effetto", ridacchiò.
"La
tua entrata ad effetto", lo corresse.
"Possibile
che tu sia sempre così polemica?", la prese in giro, in
realtà
poco infastidito dalla precisazione – perché la sua
entrata
ad effetto era sempre meglio della ridicola idea di Shane di entrare
in punta di piedi, distanziati l'uno dall'altra. Non c'era storia che
stesse così lontano da lei, non quella sera – la
loro prima sera!
Voleva
gridare alla scuola intera quanto fosse felice; dovevano saperlo
tutti: dal primo all'ultimo essere umano (e anche i fantasmi).
"Oh,
ma sta' zitto!", protestò premendo le labbra su quelle di
lui,
per impedirgli di parlare. Ok, ora sì che aveva
scandalizzato la
tavolata: Alice si era quasi strangolata con la verza, mentre Trixy e
Rose erano state sul punto di sputare il Succo di Zucca. Al era stato
l'unico a darsi un contegno, limitandosi a sgranare leggermente gli
occhi e a scambiarsi un'occhiata eloquente con sua cugina.
"Ehm
ehm", tossicchiò la rossa. "Non è che ci siamo
persi
qualcosa?", diresse quella domanda, puramente retorica, a
entrambi i ragazzi.
"Non
più di quanto ci fossimo persi noi fino ad oggi", rispose
Penny
di getto. "A proposito", riprese girandosi verso Al, "sei
nei guai, Albus!".
"La
ramanzina l'ho già beccata da Rose, risparmiamela!", la
supplicò l'amico. "Serve sempre qualche ostacolo, no?
Fortifica
il sentimento!". Penny lo guardò di sbieco.
"Bel
tentativo, fratellino!", replicò James, fulminandolo sul
posto.
Poi entrambi risero, alleggerendo di non poco la coscienza del moro.
Rotto
il ghiaccio, scherzarono allegramente per tutta la sera; e fu subito
chiaro che Penny e James non avevano alcun proposito di fare i
fidanzatini appiccicosi.
Erano
sempre Penny e James, solo che felici. Finalmente.
Una
volta in dormitorio, come previsto, Penelope fu letteralmente
sommersa dalle domande delle compagne di stanza.
"Se
parlate tutte in una volta non capisco!", protestò dopo
cinque
minuti in cui aveva regnato la totale confusione. Fu Alice ad
assumersi il compito di portavoce.
"Che
diavolo è successo?", fu la semplice e coincisa richiesta.
Altrettanto
semplice e coincisa non sarebbe stata la risposta, pensò
Penny – e
le scappò un sorriso. Si armò di santa pazienza e
iniziò a
raccontare di come James le fosse stato vicino in Infermeria, della
dichiarazione e del primo bacio.
"Ragazze",
sbottò ad un certo punto, "smettetela!".
"Di
fare cosa?", chiese Rose senza capire.
"Di
guardarmi con gli occhi a forma di cuoricino; non siamo al pigiama
party di una sit-com per teenagers!", protestò. Erano
sdraiate
sulla pancia e la osservavano parlare in religioso silenzio, come se
stesse rivelando l'arcano; gli unici rumori erano quelli dei sospiri
e dei gridolini che si sentivano a qualche passaggio particolarmente
saliente, tipo quello del bacio.
"Eh?",
fu la replica che ottenne.
"Roba
babbana", le liquidò, ricordando che non vedevano la
televisione. Forse Rose l'aveva vista qualche volta dai nonni
materni, ma le altre due erano pure fino all'ultima stilla di sangue.
"Non
posso fare a meno di avere gli occhi a cuoricino", le
sussurrò
Rose più tardi, mentre si infilavano sotto le coperte.
"Siete
perfetti insieme, davvero".
"Lo
so", rispose Penny con un sorriso a trentadue denti. Soffiò
sulla candela e si addormentò felice. Felice come non era
mai stata
prima.
Il
dormitorio delle ragazze era pressochè deserto quella
mattina; solo
Penny era ancora lì a dormire, ignara del ritardo mostruoso
in cui
si sarebbe trovata appena sveglia. Passi felpati si udirono sulla
scala a chiocciola e poi la porta scricchiolò leggermente,
lasciando
entrare qualcuno di soppiatto. Una figura alta e abbastanza muscolosa
poggiò un sacchetto sul comodino della ragazza e si sedette
sul
bordo del letto, in silenzio. Circa cinque minuti dopo, Penny
aprì
gli occhi, con la vaga sensazione di essere osservata. Non si
sbagliava: James era... sul suo letto.
"Buongiorno",
le disse con voce calda e dolce.
"Buongiorno",
cinguettò lei. Un sorriso le comparve sulle labbra, di
rimando a
quello che le indirizzò il suo ragazzo. Il suo
ragazzo! Le faceva
strano anche solo pensarlo.
Piano,
piano, piano: riavvolgiamo il nastro!
Questo
è ciò che sarebbe dovuto accadere, se Penny
avesse avuto un ragazzo
normale. Si da il caso, sfortunatamente, che così non fosse.
Perciò
ricominciamo...
Il
dormitorio delle ragazze era pressochè deserto quella
mattina; solo
Penny era ancora lì a dormire, ignara del ritardo mostruoso
nel
quale si sarebbe trovata appena sveglia. Nessun passo felpato si
udì
sulla scala a chiocciola, semplicemente perché, fin
dall'alba dei
tempi, le regole di Hogwarts prevedevano che i maschi non potessero
salire nel dormitorio femminile. Coloro che nei secoli erano stati
tanto sciocchi da provarci erano stati rispediti indietro, via
scivolo.
Così,
Penny dormiva beata, all'oscuro di ciò che le prospettava il
futuro.
All'improvviso,
un rumore sordo la svegliò di botto. Era quasi certa che si
trattasse di qualche gesto esasperato di Rose, così
aprì gli occhi
per mandarla al diavolo e dirle di comportarsi in maniera
più
cortese e civile.
Lo
spettacolo che le si presentò agli occhi era quantomeno
insolito, e
di certo non era Rose ad aver provocato quel fracasso.
Uno
spettinato James Sirius era appena atterrato nella stanza della
ragazza, a cavallo della Nimbus, presumibilmente passando dalla
finestra aperta. La scopa in una mano e un sacchetto nell'altra,
smontò e si diresse verso il letto di Shane, che aveva
richiuso gli
occhi.
"Buongiorno",
la sua voce però era davvero calda e dolce.
"Buongiorno",
farfugliò lei. Aveva la bocca ancora impastata dal sonno;
quindi di
cinguettare come in una fiaba babbana non se ne parlava proprio.
Per
fortuna, la cosa non sembrò disturbare James, che si
chinò a
sfiorarle le labbra con un bacio e le sorrise.
"Posso
sapere perché irrompi nella mia stanza su una Nimbus?",
domandò
sorridendo di rimando e issandosi a sedere sul letto.
"Ho
proposto a Rose uno scambio: è stata lei a lasciarmi la
finestra
aperta prima di uscire", spiegò con naturalezza. "Oggi
arriverà puntuale a lezione, mentre io ho avuto il
privilegio di
vederti dormire e di svegliarti".
"Non
mi hai vista dormire! Hai fatto un fracasso tale che mi sono
svegliata subito!".
"Prima
di entrare sono rimasto fuori dalla finestra a guardarti per un
po'..."
Lo
disse con una tenerezza tale che Penny non riuscì a
replicare nulla
di ironico nè tantomeno di sensato, annebbiata com'era da
quel
profumo muschiato. Fece un sorriso ebete, affondò la mano in
quei
riccioli castani che adorava e diede inizio a un lungo bacio, subito
approfondito.
"Ne
deduco che sia molto tardi", disse quando si staccarono. Lui
tirò fuori un sorrisetto impertinente. "Colpa mia: avrei
dovuto
svegliarti prima; ma eri così bella che sono rimasto a
guardarti".
"Non
fare lo scemo!", distolse lo sguardo e un lieve rossore le
imporporò le gote.
"Sono
serissimo", rispose prendendole la mano fra le proprie. "Mi
sono svegliato presto solo per te".
"E
dove sei stato prima di venire da me?", chiese con sguardo
indagatore, ma in tono ironico. "Mi viene da pensare che tu
abbia svegliato almeno tre o quattro ragazze, nel frattempo".
"Mia
adorabile gelosona", esordì con dolcezza, "devi sapere che
non ho mai svegliato una donna in vita mia. A meno che con donna tu
non intenda anche Lily Luna".
Penny
rispose con una smorfia.
"Sembri
una bambina", le disse intenerito.
"Fai
poco il superiore, Potter: hai solo un anno in più di me!",
precisò lei.
Alzò
le mani in segno di resa e l'occhio di Penelope cadde sul sacchetto
che James aveva poggiato sul comodino.
"Cos'è?",
chiese.
"Il
tuo preferito", rispose soddisfatto. Penny sollevò un
sopracciglio, incuriosita. Avvicinò la mano al sacchetto e
pregò
che fosse qualcosa di commestibile, poichè sentiva un certo
languorino. La mattina non riusciva a connettere molto bene il
cervello se prima non faceva colazione. Quando l'ebbe aperto,
scoprì
che aveva visto giusto – le sue preghiere erano state
esaudite.
"Un
muffin!", esclamò. "Non è..."
"Non
è ai ribes", la precedette lui. "Non voglio essere
lasciato così presto!", scherzò, intuendo i suoi
pensieri. "E
poi ho detto che è il tuo preferito; ho fatto un salto nelle
cucine
per prenderlo. C'è un'elfa domestica che ha un debole per
me",
si vantò.
Penny
scosse la testa rassegnata – perlomeno non doveva
considerarla
un'avversaria – e tirò fuori il muffin dalla
busta. Incastrati
c'erano tanti piccoli pezzettini scuri, ma non era cioccolato.
"Mirtilli!
Come fai a sapere che è il mio preferito?",
domandò stupita.
"Ho
le mie fonti, Shane", replicò enigmatico.
Sembrava
veramente una bambina con un sacco di caramelle in mano.
"Adoro
i muffin ai mirtilli! Grazie amore", disse senza pensarci. James
sgranò gli occhi, stupito.
"Come
hai detto?", le chiese serio.
Oh
Godric, aveva fatto un casino? Le
era scappato.
"Ho
detto grazie", fece finta di niente, spostando lo sguardo da lui
al muffin.
Era
solo una settimana che stavano insieme, magari non era il caso di
chiamarlo in quel modo. In fondo lo amava da un bel po',
perciò le
era uscito spontaneamente.
"L'altra
cosa, Shane!", precisò sbuffando.
"Non
l'ho fatto apposta", si giustificò, neanche l'avesse
insultato.
"Dillo
ancora", replicò. Lei fissò lo sguardo in quegli
occhi scuri,
profondi quanto belli: decisamente non gli era dispiaciuto sentirsi
chiamare così.
"Grazie,
amore", ripetè calcando sulla seconda
parola.
Per
tutta risposta James le prese il viso tra le mani e si
lasciò andare
ad un bacio dolce ed appassionato. Muffin al mirtillo e baci: un
ottimo modo per svegliarsi al mattino, secondo il cervello di Penny.
"Che
ne diresti di saltare la prima lezione?".
"Un'altra
volta?", biascicò lei, un poco ansante. "Tua cugina
Victoire mi ucciderà".
"Giuro
che è l'ultima", assicurò lui.
"Oh
sì, ti credo!", fece sarcastica. "E oggi tu hai Difesa
Contro le Arti Oscure!"
"Teddy
capirà...", mugugnò riprendendo a baciarla.
Provò a mugugnare
qualche altra flebile protesta, ma quando scese a baciarle il collo
si arrese definitivamente all'evidenza dei fatti. Il suo ragazzo era
sensuale e magnifico, certo. Ma ciò non toglieva che fosse
un totale
e completo imbecille. Nonostante questo, non riuscì a
liberarsi
della sua dolce presa, finchè non fu lui a lasciarla andare.
"Ho
un regalo per te", annunciò di colpo, alzandosi dal letto.
"Così
mi vizi, Potter!"
"Non
ti ci abituare" ribattè lui. "E' solo perché
è la prima
settimana".
"Mi
pareva strano", si lagnò Penny. Sgusciò fuori
dalle coperte
curiosa di ricevere qualsiasi cosa il suo ragazzo stesse cercando con
tanta foga nelle tasche interne del proprio giubotto.
Sollevò lo
sguardo verso di lei e aggrottò le sopracciglia.
"Tu
dormi così?", le domandò accigliato.
"Così
come?".
Sapeva
di non essere il massimo con quel magliettone, ma non poteva farci
niente. "La prossima volta che verrai metterò qualcosa di
più
sexy", si finse offesa.
"Evita!",
rispose, quasi brusco.
"Prego?",
fece leggermente confusa.
"Evita
di farlo, o non rispondo di me stesso. Gà così
è abbastanza
difficoltoso", replicò gettando un'occhiata alle gambe nude
della ragazza. Le spuntò un sorrisetto.
"Mi
piace sentire il calore delle coperte direttamente sulla pelle",
spiegò.
James
le lanciò uno sguardo che la fece avvampare: era carico
d'amore, di
desiderio. Come faceva a non vedere che era imperfetta? Le gambe
eccessivamente bianche, il colorito generalmente pallido: era
imperfetta; e lui sembrava non accorgersene. Forse anche lui era
imperfetto, dopotutto, ma lei non lo vedeva.
Alla
fine, James estrasse vittorioso qualcosa dal giubotto: una specie di
palla di pelo di una sfumatura di viola chiaro – quasi un
lilla –
si rotolava nel palmo della sua mano destra. Il batuffolo peloso
aveva un aspetto incredibilmente tenero e sembrava bisognoso di
coccole e cibo, a giudicare dai flebili ma acuti strilletti che
emetteva.
"E'
una Puffola Pigmea!", esclamò Penny, visibilmente entusiasta.
"Si
trova di tutto ai Tiri Vispi Weasley", asserì soddisfatto.
"Come
hai fatto?", gli chiese avvicinandosi e prendendo il batuffolo
recalcitrante tra le dita.
"Servizio
per posta", spiegò prontamente.
"No...
intendo..."
"Una
volta ti ho sentito dire a Rose che adoravi le Puffole Pigmee",
James anticipò la domanda che lei avrebbe voluto
rivolgergli, "e
che ne volevi prendere una come animale domestico".
Sgranò
gli occhi, sorpresa da quella rivelazione, e cercò di
ricordare in
quale occasione avesse detto una frase simile.
"L'ho
detto un bel po' di tempo fa..." commentò.
"Perché?",
fece allarmato. "Hai cambiato idea?".
"Nemmeno
per sogno", precisò. "Solo... mi hai stupita",
confessò. Insomma, si ricordava una dichiarazione
così
insignificante di chissà quanto tempo prima. Per lei
significava
tanto. Significava che non era sempre stata così invisibile
come
aveva creduto di essere. James assunse un'aria compiaciuta, quasi
tronfia.
"Di
solito faccio questo effetto, specie alle ragazze", si
pavoneggiò.
"Non
scherzare su queste cose, Potter!", si fece avanti per
fronteggiarlo.
"Sennò
che fai?", la sfidò.
"Ho
una Puffola Pigmea e non ho paura di usarla!", lo minacciò,
brandendo l'animaletto come se fosse una bomba a orologeria.
Dopodichè scoppiarono a ridere come due cretini.
"E'
la minaccia meno... minacciosa che io abbia mai sentito", le
fece notare. "Siete entrambe troppo piccole e dolci per farmi
paura, Shane".
"Non
mi sottovalutare: lancio delle Fatture Orcovolanti micidiali!".
"Se
mi avvicino ora me ne becco una?", le chiese suadente. Lei fece
finta di rifletterci; come se non sapessero entrambi che tutto
avrebbe fatto meno che scagliargli una fattura!
"Scoprilo
da solo, no? Sei o non sei un valoroso Grifondoro, impavido di fronte
al pericolo?", lo provocò. Il ragazzo fece un passo avanti,
proprio come aveva fatto una settimana prima. I mugolii della Puffola
Pigmea facevano da sottofondo alla scena.
"Allora?
Niente fattura?", le chiese.
"Stavolta
no...", concesse con aria di sufficienza. Sentiva il profumo di
lui molto, troppo vicino: non connetteva bene, di nuovo. "Sono
troppo contenta per fare del male a qualcuno".
"Avevo
sperato in qualcosa di più sentimentale, tipo non
potrei mai fare
del male al mio meraviglioso, bellissimo e
fantastico
ragazzo", la celiò. Lei si avvicinò di
più e si sollevò
sulle punte, fino a strofinare la punta del proprio naso contro
quella di lui.
"Appunto:
il MIO ragazzo!", precisò. "Non devi fare nessun effetto
sulle altre; devi stupire solo me!", gli soffiò sulle labbra.
"E
ci sono riuscito?", domandò la voce calda di lui,
accompagnata
da uno di quei sorrisi che lei trovava irresistibili. E si
sentì la
persona più fortunata al mondo magico e non, ad avere James
con sè.
"Ci
riesci sempre", rispose dolcemente, prima di posare le labbra su
quelle di lui.
Note
al capitolo:
-Il
Lago Nero è teatro di tante scene a Hogwarts, quindi mi
sembrava il
luogo adatto per il primo dialogo sincero che Penny e James si
scambiano in venti capitoli.
-Dave
è ovviamente il vicino babbano di Penny a cui avevo fatto
riferimento in altri capitoli. Ho deciso di attribuirgli
dignità di
persona, dandogli un nome, dato che mi sembra di aver sempre parlato
di lui senza nominarlo.
-Nei
libri viene espressamente detto che il dormitorio femminile non
è
accessibile ai maschi, che vengono respinti dalle scale (che si
tramutano in una specie di scivolo). La Rowling dice che i quattro
fondatori ritenevano i maschi meno affidabili delle ragazze (cosa
universalmente nota, ovviamente).
-Un
discorso a parte va fatto per il muffin ai mirtilli. Sapevate che
Penelope odia i ribes e che le piacciono quelli al cioccolato, ma non
sono i suoi preferiti. Così sapete anche questo piccolo
particolare
su di lei. È un omaggio al mio amato Patrick Jane
(protagonista del
telefilm The Mentalist) che adora i muffin ai mirtilli.
-La
Puffola Pigmea è un simpatico animaletto domestico. Nel
sesto libro
Ginny ne compra una dai fratelli e la chiama Arnold. Ne scambierei
volentieri una con il mio gatto super-aggressivo (questo non
interessa la storia, lo so).
-Nei
libri viene riferito che Ginny è un asso a lanciare Fatture
Orcovolanti e non so perché, mi è venuto in mente
di metterle in
mezzo.
SPAZIO
AUTRICE
Ecco
l'ultimo capitolo di Una strega in famiglia.
Manca
solo l'Epilogo e poi James e Penny saranno per voi solo un –
spero
piacevole – ricordo. In questo capitolo ho dato uno scorcio
del
rapporto che hanno loro due, una volta insieme. Gli ho dato un taglio
un po' comico in certi punti, appositamente. Non volevo scrivere
qualcosa di melenso, perché non è così
che mi immagino loro. Non
mi andava di fargli passare un capitolo a limonare in ogni angolo
della scuola, o roba simile.
Sono
dolci, non sdolcinati. Hanno entrambi i loro difetti: Penny non
è
una Mary Sue (come le chiamano su Internet). Non è perfetta,
come
non è perfetto James. Il loro è un rapporto
giocoso, oltre che
romantico. Continueranno sempre a stuzzicarsi, anche se in maniera
diversa e più leggera di quando credevano di non poter stare
insieme. Sono fatti così, imperfetti come li ho creati.
Non
è stato semplice scriverlo. Sono rientrata dalle vacanze da
poco, ho
dovuto concentrare diverse scene in una volta sola e in più
mi è
anche presa un po' a male (non mi andava di finire la storia).
Anzichè studiare, comunque, mi sono buttata subito su Penny
e James.
Fate un applauso alla mia stupidità, vi prego.
Ho
deciso ora che inserirò i ringraziamenti nell'Epilogo
(così mi
sembra che la fine sia più lontana). Mi raccomando
commentate questo
capitolo, please.
Tra
domani e dopodomani pubblicherò Il matrimonio di
Bellatrix con
protagonista Trixy Zabini. Ci terrei che la leggeste e lasciaste un
vostro parere anche a quella.
Grazie
a tutti per essere arrivati fin qui e per aver seguito le vicende di
Potter e Shane. I ringraziamenti e i saluti melodrammatici ve li
sorbite alla prossima pubblicazione, non so quando – presto
comunque. Ciao gente! Baci,
Jules
|
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Capitolo 22 *** Epilogo ***
Salve
a tutti, gente! Sono qui quest'oggi per dirvi addio (nah, troppo
drammatico)... ricomincio.
Salve,
gente! Sono qui per dare una degna (?) conclusione alla storia di
Penny e James – ai quali mi sono affezionata più
di quanto sia
disposta ad ammettere. Non mi andava proprio di postare, ma devo.
Anche perché poi parto per una settimana, e non volevo farvi
aspettare troppo. Allora, questo epilogo è scritto dal punto
di
vista di Penny – mi sembrava giusto dare voce “in
capitolo”
(scusate il gioco di parole) alla protagonista della storia. Spero che
vi piaccia :D
Vi
lascio a Penny, alle prese con il primo natale in casa Potter... Buona
Lettura!
Epilogo
-Natale
in
casa Potter-
Come
sto imparando a mie spese, Natale dai Potter significa solo una cosa:
un casino pauroso. Sono a Godric's Hollow* dall'inizio delle vacanze
natalizie – non ho neppure messo piede a casa. Non posso
negare che
un po' mi dispiaccia non passare il natale con la mia famiglia, ma
sono contenta di essere qui.
Sono
ospite dei Weasley. Dormo insieme a Rose, che ogni mattina fa una
fatica immane a svegliarmi – niente di nuovo sotto il sole,
insomma.
Naturalmente,
è stato mio padre ad insistere affinché fosse
così, nonostante
Ginevra si sia offerta di ospitare – testuale –
“la migliore
amica di Al e la ragazza di James in un colpo solo”.
La
ragazza di James.
Mi
suona strano se ripenso agli anni in cui per me era solo
l'inarrivabile Cercatore Grifondoro. Invece oggi eccomi in mezzo alla
sua famiglia – per inciso le persone più chiassose
del mondo
magico e non.
Come
dicevo, mio padre ha voluto separarci a tutti i costi e mia madre mi
ha scritto di assecondarlo perché è
“solo geloso della sua
bambina”.
Crede
davvero che quattro passi e una porta riusciranno a fermare un mago e
una strega adolescenti, innamorati, ed in piena tempesta ormonale?
Niente
ci ha impedito di passare questi giorni insieme, e sono stati
fantastici, i più felici della mia esistenza: è
stato romantico
sgattaiolare via di casa nel bel mezzo della notte, magari solo per
una passeggiata al chiaro di luna.
Sembra
passata un'infinità di tempo dall'inizio della scuola,
mentre sono
trascorsi appena quattro mesi. Da settembre a dicembre, la mia vita
è
completamente cambiata. In realtà solo un aspetto
è
cambiato, ma James vi è entrato con talmente tanta forza da
aver
stravolto tutte le mie certezze. Quasi tutte, almeno. I
“pilastri”
della mia vita restano gli stessi: la mia famiglia, i miei amici, la
magia. Solo che se ne è aggiunto un altro – il
più importante.
Sono
accanto al camino e intorno vedo solo teste rosse – i cui
proprietari sono per di più abbigliati in un rosso
tipicamente
natalizio – sfrecciare avanti e indietro. La maggioranza sono
indaffarati per preparare il pranzo. Nessuna traccia del mio ragazzo.
Per
le mutande di Merlino! Sono solo le dieci e non ho la più
pallida
idea di dove sia James... a questo punto penso che qualcuno l'abbia
fatto fuori.
Ho
anche chiesto se posso dare una mano a qualcuno, ma sembra che nessuno
abbia bisogno d'aiuto.
Di
conseguenza, resto impalata fra il camino e il divano – con
la mia
Janny* appollaiata sulla spalla destra – a guardare questa
marmaglia, a imprimere i loro volti nella memoria.
Molly
e Arthur Weasley si stanno dando da fare perché tutto sia in
ordine,
sono ancora molto arzilli. Continuano a litigare sul servizio di
bicchieri da usare a tavola, e credo che perderebbero molto meno tempo
se la
smettessero di bisticciare per ogni minima cosa.
Ginny
e il Golden Trio sono in un altro angolo della stanza, a discutere.
“Non
entreranno tutti qui dentro, Ronald!”, Hermione scuote il
capo con
fare rassegnato. In questi giorni mi sono accorta che le loro
scenette domestiche sono proprio come le descrive Rose.
“Ci
arrivo anch'io! Al contrario di quello che pensi, non sono
un mentecatto!”, protesta esasperato.
“Su
questo ho qualche dubbio”, interviene Ginny, facendo ridere
sia
Harry che Hermione. Mi scappa un sorrisetto, ma lo reprimo. Non
vorrei farmi vedere dal signor Weasley.
“Grazie
per la stima, sorella!
Io vado a farmi un giro, visto
che la mia opinione non viene presa in considerazione!”,
mugghia
a bassa voce. Hermione
lo
trattiene abbracciandolo da dietro e gli sorride. Le
prime rughette
intorno
agli occhi non le impediscono di sembrare una ragazzina. Credo
di avere mezza dozzina di Hermione Granger, tra le figurine pescate
nelle Cioccorane*.
“Io
propongo di fare come al matrimonio di Bill e Fleur”,
dice con un pizzico di nostalgia.
“Intendi
un tendone incantato?”,
Harry capisce
al volo.
“Sì”.
“Qui
intorno non ci sono babbani”,
aggiunge
Ginny,
“perciò
non c'è rischio di essere visti mentre
lo issiamo”.
“Vada
per il tendone!”,
conclude Ron.
C'è
davvero tanta gente, perciò
non
posso che essere d'accordo con la decisione che hanno preso.
Cerco
ancora James
con lo sguardo, ma non mi riesce di vederlo da nessuna parte. Ogni
mio coetaneo sembra essersi volatilizzato, stamattina.
Con tutto che alcuni invitati devono ancora
arrivare, il rumore è davvero assordante. Stoviglie
sbattute, pentole che si lavano da sole cozzando tra loro, e molto
altro. Vedo
Arthur
scambiarsi una carezza con Molly e
sorrido. Devono
aver fatto
pace.
“Sei
di buon umore?”,
mi dice uno dei pilastri, arrivato di soppiatto. Lo
squadro: giacca, pantalone nero
e camicia bianca.
Decisamente insolito, per essere Al.
“Per
niente”, sbuffo infastidita, “dal
momento che tuo fratello è disperso. Stavo
guardando i tuoi nonni e pensavo al mio”.
“Lo
so”, mi risponde. Non avevo dubbi: sono un libro aperto per
Albus.
Che
parlo a fare, se sa sempre tutto?
“Il
natale di solito lo passo con lui e i miei... rispetto a voi siamo
pochi”, sento quasi il bisogno di giustificarmi.
“Io
non ho mai provato l'ebrezza di essere pochi
al pranzo di natale!”,
commenta
gettando un'occhiata
al marasma generale che ci si para dinnanzi.
“Non
ti sei perso niente; credo sia molto più divertente
scorrazzare con
un numero imprecisato di cugini”,
ribatto con
una punta di
invidia.
Sto
per
chiedergli dove si fosse
cacciato fino
a un minuto fa,
ma subito dopo
gli leggo la
risposta negli occhi luminosi:
era sicuramente
con Alice.
Anche i
Paciock sono qui da
un pezzo,
per dare una mano.
Sono amici
dei Potter da
una vita e Neville ha combattuto gomito a gomito con loro durante la
Seconda Guerra Magica – niente
di meglio che accoppiare i propri figli, quindi.
“Quanti
cavolo siamo
in tutto?”,
gli chiedo, scioccata
dalla
quantità
di persone in giro per la casa. Vedo Albus in difficoltà:
sta
cercando di fare mente locale per ricordare
il numero
di partecipanti.
“Ho
perso il conto”,
si arrende
infine,
con un'alzata di spalle.
“Per
Godric!
Siamo solo ai
preparativi e già
non sai più chi c'è? Questo
è un clan,
non una
famiglia!”.
Albus sbotta a ridere.
“Sì
beh...
siamo
una specie di tribù”.
Si guarda
intorno, mentre gli
altri sfrecciano freneticamente su e giù.
“Fai
uno sforzo...”
“Allora...
cinque Potter di sicuro, ma i Weasley sono più problematici
da
contare", aggrotta la fronte. "Ci sono i nonni, zio Ron, zia Hermione,
Rose, Hugo, zio
George con zia Angelina, Fred Jr. e Roxanne”, enumera con le
dita.
“Non
è possibile”, dico. “Sono troppo
pochi”.
“Manca
Percy e la sua famiglia, perché il pranzo di Natale lo
passano a
casa della madre di Audrey, quest'anno. Ci saranno per il cenone di
Capodanno. Stessa cosa vale per lo zio Charlie, troppo impegnato
con un Ungaro
Spinato”.
“Sempre
con i draghi, eh?”, mi scappa un risolino.
“Li
adora, lo sai”, risponde, come se vivere per crescere delle
creature che sputano fuoco fosse una cosa normale. Trovo bizzarro
passare il natale in Romania con un Ungaro Spinato anziché a
casa
con la famiglia, ma mi astengo dal commentare.
“Bill
e Fleur sono in Francia dai parenti di lei, insieme a Dominique e
Louis”.
“Peccato!
Mi sono simpatici i tuoi zii!”, commento.
“In
compenso Victoire e Teddy ci sono: lei non se la sente di
viaggiare”.
Momento, momento, momento.... mi sono persa qualcosa?
“In
che senso?”, strabuzzo gli occhi.
“Secondo
te, genio?”, chiede sarcastico. ”È
incinta!”, annuncia.
“Non
ne sapevo niente!”. Perché mi arrivano sempre e
solo le brutte
notizie? “Saranno dei genitori fantastici”,
commento.
“E
poi un altro Weasley fa sempre comodo, no?”, Albus ridacchia.
“Tanto siamo pochi in famiglia...”
Mi viene da ridere, pensando al Natale prossimo, in cui saranno
– spero
saremo – ancora di più.
“Dai,
almeno il cognome sarà Lupin”, preciso. In effetti
i Weasley sono
davvero troppi, non serve qualcun altro a rimpolpare l'albero
genealogico. Se gridassi il cognome Weasley in questo momento, mezza
sala si girerebbe verso di me.
“Chi
altri c'è?”, chiedo poi.
“Gli
Scamander e Xenophilius, il padre di zia Luna”.
“La
figlia è riuscita a staccarlo
dal Cavillo?”.
“A
quanto pare...
anche
se credo passerà la serata a importunare il Ragazzo
Sopravvissuto.
Lo fa sempre, papà
ormai è rassegnato”,
dice
ridacchiando.
“Mio
nonno legge il Cavillo”, dichiaro senza alcun nesso con la
frase di
Al.
“Arnold?”,
fa lui stupito.
“Certo
che è Arnold, ho solo un nonno! Sa benissimo che
è un mucchio di
spazzatura, ma finge per non offendere Xeno: sono vecchi
amici”.
“Ora
la cosa acquista un senso”, annuisce. “Tuo nonno mi
sembra troppo
intelligente per credere a certa roba”, dice sollevato.
“La
lista è finita?”, domando.
“Ci
sono i Paciock”,
e
mette su
un'espressione ebete
e gli occhi a cuoricino. Mi domando se anche io appaio così
alle
persone, quando parlo
di
James. Spero
vivamente
di no, sarei
patetica. Pensando a Alice mi torna in mente Trixy.
“Purtroppo
Trixy ha scritto che resterà con l'allegra famigliola
Zabini”.
“Scherzi?”,
chiede stupito. Scuoto la testa in segno di diniego.
“Alice non te l'ha
detto?”, ringhio. “I signori vogliono giocare alla
famiglia
felice”.
Benché
non sopportino la figlia e sappiano che Trixy li disprezza dal
profondo del cuore, aggiungo mentalmente. Falsi, insulsi e ipocriti
Serpeverde del ciufolo! Probabilmente vogliono tenerla sotto
controllo ancora di più, con la storia del matrimonio
eccetera, o
forse hanno scoperto che lei e Fred stanno insieme. Figuriamoci se
Blaise e Pansy possono tollerare un affronto simile: Bellatrix Zabini
con un Weasley traditore del suo sangue...
Come
se poi tenerla sotto chiave possa farle dimenticare gli amici, il suo
ragazzo e le sue idee “babbanofile”, come le
chiamano loro.
“In
tutto”, conclude distraendomi dal mio rimuginare,
“saremo meno di
venticinque”. Meno di venticinque! Lo dice come se fosse
un'esigua
quantità di persone... non sono abituata a tutto questo.
Questo
calore, questo affetto, questo continuo brusio in sottofondo.
Non
sono abituata, ma mi piace da matti.
Piacerebbe
molto anche ad Arnold, sebbene non sia altrettanto sicura della
reazione che potrebbero avere i miei. Mentre ci penso vedo
avvicinarsi una figura femminile con un vestito oro pallido e i
capelli rossi sciolti sulle spalle. Mi guarda con gli occhioni
azzurri e arriccia il naso spruzzato di lentiggini.
“Dov'è
il tuo ragazzo?”.
“Vorrei
tanto saperlo,
Rosie”,
sibilo
tra i
denti. Nella
mia testa ho
un insulto per ogni lettera del
nome James
e potrei
sfoggiarlo
all'istante, ma a natale siamo tutti più buoni. “Mi
ha abbandonata
bofonchiando una scusa strana su una faccenda di 'vitale
importanza'...
e
non l'ho più visto”, racconto.
“Probabilmente è
emigrato
in
Brasile perché
non aveva il coraggio di lasciarmi”.
Un'allegra
Ginevra Potter ci si para davanti all'improvviso, con in mano una
macchinetta fotografica e – senza neanche avvisare
– inquadra e
scatta.
“Un
sorriso per la stampa!”, esclama gioiosa. Devo essere venuta
uno
schifo...
“Perfetto”
ci guarda soddisfatta. “Mi ricordate un altro fantastico
trio”,
getta un'occhiata di sottecchi dall'altra parte della stanza. Harry,
Ron e Hermione stanno confabulando, sicuramente più sereni
ora di
quanto non lo fossero alla nostra età.
“Con
tutte queste persone finirò il rullino in un
attimo”, assicura
guardandosi intorno. “Non appena l'avrò sviluppato
la vedrete”.
“Avete
una camera oscura?”, esce fuori la mia parte babbana. Ginevra
mi
getta un'occhiata incuriosita, come se non capisse bene di cosa
parlo.
“Ho
una bacchetta e il liquido magico per sviluppare la pellicola in
movimento”, risponde facendomi l'occhiolino, prima di
allontanarsi
– richiamata da un urlo assordante di Lily Luna, che inveisce
contro Hugo.
“Penny”,
dice Al pensieroso. “Ci hai mai pensato che se tu e James vi
sposaste... diverresti mia cognata?” chiede, acuto.
“Sarebbe
strano, vero?”.
“Strano”,
concorda Rose, “ma fantastico”.
“Oh
Rosie!”, dico scoccandole un bacio sulla guancia.
“Ehi”,
protesta Al, “mica intendevo strano-brutto... intendevo
dire...
strano-strano”.
“Opinione
sensata Al”, Rose lo guarda come se fosse un idiota.
“E
dialettica impeccabile”, rincaro la dose. Albus sbuffa,
sconfitto.
Un
uomo – capelli neri ancora folti e indomabili, occhi verdi
come
quelli di Al e spessi occhiali rotondi – ci si para davanti
con
piglio deciso. La cicatrice sulla fronte testimonia che mi trovo di
fronte al Capo della sezione Auror*.
Mi
sorride cortese, prima di rivolgersi a suo figlio, un po' meno
gentilmente.
“Sono
dieci minuti che ti cerco, Albus! Vuoi venire a dare una mano con il
tendone o ti devo trascinare?”, lo rimprovera.
“Già tuo fratello
James è introvabile” sospira, “ma per
lui ho perso le speranze
anni fa...”, sembra rassegnato. “Penny, non
è che...?”.
“Non
ho la più pallida idea di dove sia, signor
Potter”, lo precedo. Il
mio sguardo assassino non lascia dubbi sul fatto che io non stia
coprendo alcuna malefatta del mio ragazzo.
“Solo
Harry”, si limita a rispondere. Sono sei anni che me lo
ripete. “O
inizierò a chiamarti Penelope”, mi minaccia.
Seguiamo
Harry Potter all'esterno, nel grande giardino della casa. Un timido
raggio di sole tenta di fare capolino oltre la folta coltre di nubi:
è pur sempre il venticinque dicembre, non esattamente una
tiepida
giornata primaverile.
Il
signor Potter ci guida all'angolo nel quale è stata
abbandonata la
tenda. Non c'è tempo per chiamare la ditta specializzata nel
montare
tendoni – perché sì, esiste una ditta
specializzata*. Ci
arrangeremo da soli: ognuno di noi punta la bacchetta verso quello
che è ancora un pezzo di stoffa buttato a terra e che, pian
piano,
comincia a lievitare e a prendere forma. Una volta concluso il
montaggio, non sembra poter contenere più di dieci persone.
All'interno verrà praticato un Incantesimo Estensivo
Irriconoscibile, che la renderà perfetta per l'occasione e
pronta ad
accogliere molti più ospiti.
“Ottimo
lavoro, ragazzi”, commenta Molly guardando la tenda con una
certa
soddisfazione. Vedo che molte persone entrano a dare un'occhiata e
decido di fare lo stesso, senza però essere seguita
né da Al né da
Rose, entrambi impegnati. Gli Scamander sono appena arrivati e le
attenzioni di Rose sono tutte per Lorcan, mentre Al sta parlottando
sottovoce con il Prescelto.
All'interno,
decorazioni dorate e rosse richiamano vagamente i colori di
Grifondoro. Un'ampia tavolata troneggia al centro, apparecchiata al
meglio; praticamente mancano solo le vivande e gli ospiti seduti, per
il resto è tutto perfetto. Vorrei ci fosse quel demente del
mio
ragazzo a vedere questo incanto con me, invece chissà dove
si è
cacciato.
“Pensi
a James?”, mi si accosta Alice all'improvviso.
“Già”,
bofonchio. “Se adesso sparisce così, tra qualche
anno che si
inventerà? Si Smaterializzerà in Uganda senza
avvisare?”. Tutto
quello che riesco a ottenere è una risata... e io che volevo
un po'
di comprensione!
“Tu
sì che ci puoi ridere su: Al è qui, non
disperso”, borbotto. Lei
ride ancora sotto i baffi ed esce all'aria aperta, senza una parola.
Probabilmente è impazzita. Vorrei proprio sapere cosa hanno
tutti
quanti... Rose e Al sembrano essersi dissolti nel nulla di nuovo,
James è scomparso. E io sono sola.
“Ehi”,
sento una voce maschile alle mie spalle.
“Ciao”,
mi giro verso Fred Weasley Jr.
“James
ti ha abbandonata?”, chiede lui, vedendo la mia faccia
abbattuta.
“A
quanto pare...”, sbuffo.
Non
c'è imbarazzo tra di noi; ci siamo chiariti da un pezzo e
siamo di
nuovo amici. Fred è un tipo a posto, sarebbe stato un
peccato
interrompere ogni comunicazione solo per una cosa senza importanza.
Nonostante tutto, questo ragazzo mi fa sempre lo stesso effetto: mi
mette di buon umore.
Anche
se a volte non lo capisco. Per esempio ora: perché sfoggia
uno dei
sorrisetti alla Weasley? Mi fa un po' paura...
“Come
se non bastasse, la tua ragazza è rimasta nelle grinfie dei
genitori
e ha mandato un gufo a dircelo”, bercio.
“Non
parlarmi della famiglia Zabini!”, si rabbuia.
“Scusa,
immagino tu sia arrabbiato molto più di me”.
“Oh,
no! Non è immaginabile, te lo assicuro”, ringhia a
bassa voce. “E
credo sia comunque niente rispetto a quello che prova Trixy nei loro
confronti”.
Nonostante
sia decisamente incazzato, una nota di dolcezza si percepisce quando
pronuncia il nome della ragazza, e la cosa mi intenerisce.
“Conoscendola
starà dando di matto”, confermo, pensando alla mia
amica,
probabilmente chiusa in quella gabbia dorata che è Villa
Zabini.
“Già”,
si riscuote e torna a sorridermi. “Devo andare”,
annuncia –
come colto da un'illuminazione improvvisa. “Per quanto
riguarda mio
cugino...”, bofonchia, “farà ritorno,
vedrai”.
“Bella
scoperta, Fred: è casa sua!”, borbotto.
“Non sei molto
consolante”.
“Credo
che prenderò esempio da lui”.
“Vuoi
emigrare?”, domando ironica.
“Vedrai...”,
dice euforico. “A dopo”, ammicca e sparisce oltre
il tendone
prima che io possa fermarlo e chiedergli quanto
Whiskey
Incendiario abbia bevuto.
Sto
bivaccando sul divano del salotto da ormai dieci minuti buoni;
accanto a me Lily Luna e Lysander tentano invano di coinvolgermi in
una discussione sugli Horklump*, dei quali al momento mi interessa
meno di zero.
Il
mio cervello è impegnato a meditare vendetta contro il mio
ragazzo,
quando scorgo Al scendere di corsa le scale – mi chiedo cosa
ci
facesse in soffitta – e farmi cenno di raggiungerlo.
“Devo
preoccuparmi?”, gli chiedo salendo di sopra con lui, ma non
si
degna neanche di darmi una risposta.
Mi
conduce davanti alla porta della stanza sua e di James e mi intima di
attendere ad occhi chiusi. Provo a chiedergli cosa diavolo stia
succedendo, ma non ottengo risposta. Lo sento ridiscendere le scale.
Poi
odo il cigolio della porta che si apre e qualcuno mi tira per un
braccio, trascinandomi nella stanza e posizionandosi alle mie spalle.
“James,
sei tu”, è un'affermazione, non una domanda.
“Acuta
come sempre, Shane!”, mi prende in giro con quel tono
impertinente,
ma maledettamente adorabile. Essere adorabile non gli leva l'onore di
una gomitata all'addome, comunque.
“Apri
gli occhi”.
Sbatto
le palpebre e quello che vedo davanti a me mi lascia a dir poco
basita: Anne, Jack e Arnold sono nella stanza di James e Al, in casa
di Harry Potter. Corro ad abbracciarli tutti e tre. I miei mi baciano
e mio nonno mi stringe teneramente, sfoggiando un sorriso a trentadue
denti.
Mi
giro verso James in cerca di spiegazioni, ma lui è sparito.
Probabilmente ha pensato di lasciarci soli.
“Come
siete arrivati qui?”, chiedo, più a mio nonno che
ai miei – a
ben vedere Jack e Anne hanno davvero due facce stralunate.
“Il
ragazzo Potter sa Materializzarsi benone”, si complimenta mio
nonno, come se fosse merito mio.
“Ci
è venuto a prendere lui”, racconta mia madre.
“E' più o meno
apparso dal nulla in salotto”, aggiunge leggermente
sconcertata al
ricordo; ma sorride. “Poi siamo andati a cercare tuo nonno,
che non
si trovava da nessuna parte”. “Dato che per lui
rispondere al
telefono è un optional”, muggisce Jack.
“Ero
al Paiolo Magico”, nonno mi strizza l'occhio e io sorrido
comprensiva. “E alla fine ho risposto!”, protesta
in direzione di
mio padre. Battibeccano sempre, ma in fondo si vogliono bene:
è il
loro modo di dimostrarselo.
“A
quel punto”, li interrompe mia madre per evitare che
riprendano,
“ci siamo potuti... Smaterializzare... si dice
così, giusto?”,
domanda. “Tuo nonno ha portato tuo padre...”,
racconta.
“E
James ha asserito che sarebbe stato un'onore scortare Anne”,
mi fa
presente Arnold con un sorrisetto.
Potter,
il solito ruffiano! Ma a quanto vedo dalla sua espressione, mia madre
è già conquistata – probabilmente dal
termine onore.
Che
siano adolescenti, quarantenni, elfe domestiche o quadri alle pareti,
le donne non sfuggono al fascino di James Sirius Potter. E io ne so
qualcosa.
“Sono
talmente felice che siate venuti”, li abbraccio di nuovo, in
gruppo. “Non sarebbe stato lo stesso senza di voi”.
“Quello
che non capisco”, dice James riapparendo all'improvviso sulla
porta, “è perché tu non li abbia
invitati come aveva detto mia
madre. Se gli avessi dato l'indirizzo, tuo nonno avrebbe potuto
portarli qui tranquillamente”.
“In
realtà Penny ci aveva riferito la proposta della signora
Potter, ma
abbiamo pensato che saremmo stati fuori luogo”, spiega Anne.
“Fuori
luogo qui?”, non trattiene una risata. “Ha idea di
quante persone
ci siano oggi? Credo suo padre sappia quanti sono i miei zii, con
relativi figli al seguito. Del resto”, dice rivolto ai miei,
“non
sono difficili da riconoscere”.
Ovviamente
si riferisce ai loro capelli rosso acceso, se ne accorgeranno non
appena metteranno piede al piano terra.
“Senza
contare che ci sono anche gli amici”, aggiunge per essere
più
convincente. “Credo lei conosca i Paciock”, si
rivolge ad Arnold,
che – da buon frequentatore del Paiolo Magico –
annuisce.
I
miei genitori appaiono piuttosto confusi; credo gli ci vorrà
qualche
tempo per adattarsi a quest'atmosfera.
Non
hanno quasi mai messo piede nel mondo magico, tranne forse il primo
anno a Diagon Alley. Non ce n'è mai stato bisogno, dal
momento che è
sempre stato Arnold ad accompagnarmi.
“Ci
sono anche gli Scamander e il signor Lovegood”, gli dico. So
che la
notizia gli farà piacere.
“Xeno
è qui?”, chiede conferma, entusiasta. Annuisco.
“Chi?”,
domanda mio padre, aggrottando la fronte.
Come
faccio a spiegargli che sono amici, nonostante lui sia un pazzo
furioso con la fissa per creature inesistenti? Meglio tacere, credo.
“E
mancano un sacco di persone”, aggiunge James. “Zio
Charlie non si
allontana dai suoi draghi neanche a natale”, mio padre
solleva le
sopracciglia, perplesso. “Mio zio Bill e la famiglia sono in
Francia e lo zio Percy è dalla famiglia della moglie.
Perciò siamo
solo venticinque, o qualcosa del genere”.
“Solo?”,
domanda papà.
James
si trattiene dal ridere e si limita ad annuire: lui è
abituato ad
una famiglia numerosa, cosa che mio padre non riesce neanche a
concepire.
Ha
perso presto i genitori e non ha fratelli. Inoltre ha pensato bene di
sposare una donna che ha un solo parente stretto, ovvero Arnold.
“Perciò”,
conclude James, “credo che ora possiate sentirvi meno fuori
luogo”.
Tendo
la mano al mio ragazzo e tutti insieme scendiamo le scale, diretti al
piano inferiore.
“Benvenuti!”,
li accoglie calorosamente Harry Potter. “James,
perché non mi hai
detto prima che andavi a prendere i signori Shane?”, lo
rimprovera,
con poca convinzione. “Finalmente, dopo sei anni, posso darvi
un
volto. Arnold, quanto tempo! Si ricorda di me? Ci siamo visti a
Diagon Alley”, dice gentilmente. “Ginny, guarda chi
è arrivato!
Pensi si possano aggiungere tre posti?”.
“Scherza”,
li rassicuro. “È ovvio che possano
aggiungerli”, dico in tono
ovvio. “Mangiamo in una tenda stregata con l'Incantesimo
Estensivo
Invisibile”. Solo dopo mi rendo conto che per loro non
dev'essere
affatto ovvio. Mio padre mette su un sorrisetto nervoso.
“Non
ci vedranno i Babbani?” chiede mia madre.
“Oh
no! Siamo a Godric's Hollow” dico. “Qui
è pieno di maghi”
aggiungo.
“Già”,
conferma James. “E poi siamo alla periferia del villaggio;
gli
unici vicini sono i miei zii”.
“Altri
zii?”, mio padre ha assunto un'aria disperata.
“Ron
e Hermione”, precisa. “I genitori di
Rose”.
Ginny
Potter – occhi vispi, efelidi e capelli rossi compresi
– si
avvicina ai miei con fare cortese.
“Lei
è Ginevra, giusto?”, chiede mamma.
“Ginny”,
la corregge ridendo. “Nessuno mi ha più chiamata
Ginevra dal
giorno del battesimo, credo”.
“Anne”,
le porge la mano. Mia madre sta cominciando a sciogliersi, e anche
mio padre non sembra messo così male – seppure
spaesato.
“Per
essere gli eroi della Seconda Guerra Magica non se la tirano
affatto!”, mi sussurra. Sollevo un sopracciglio, allibita.
“Mi
sto facendo una cultura sulla storia del Mondo Magico”, mi
spiega.
“Tuo nonno mi ha prestato dei libri” getta una
rapida occhiata ad
Arnold, intento a conversare con Xeno. Come se si sentisse osservato,
si gira verso di me.
“Devi
mostrarmi il tuo Patronus,
streghetta!”, mi ricorda.
“Cosa?”
Anne ha l'aria di qualcuno che abbia appena subito un potente
incantesimo Cunfundus.
“Era
il Patronus
della mia
bisnonna”. La cosa non sembra aver chiarito loro le idee.
Beh, il
compito delle spiegazioni lo delegherò ad Arnold...
“Cosa
c'entra nonna Penelope?”, mia madre appare dubbiosa.
“Penny
le somiglia tanto: ha talento”, risponde mio nonno,
guardandomi con
orgoglio.
“Quindi?”,
chiede Jack. Se possibile, è addirittura più
perplesso di mia
madre. E devono ancora vedere le pentole che si lavano da sole,
l'orologio con dodici lancette e i pianeti al posto dei numeri* e il
tendone in giardino.
“Il
Patronus di
Penny l'ha
ereditato da lei: è un unicorno”, insiste.
“Continuo
a non capire”, sbuffa mio padre. Finalmente James, che finora
è
rimasto a guardare questa scenetta familiare, si decide a salvarmi.
“E'
un incantesimo essenziale di Difesa Contro le Arti Oscure. Se un
Dissennatore – una creatura molto oscura –
è intenzionato a
risucchiare la tua anima, sai come difenderti”, spiega.
“Ottima
sintesi!”, dice Arnold facendogli l'occhiolino, sotto lo
sguardo
esterrefatto di mamma e papà. Da come lo guarda, capisco che
James
gli piace.
“Arti
Oscure, risucchiare anime? Ma in che scuola ti mandiamo?”.
“Non
si preoccupi signore: Penny è la migliore della sua classe.
Saprebbe
proteggersi dal Bacio del Dissennatore”.
“E
come?”, fa mia madre. Non stanno capendo un accidente, lo so.
“Penso
a un ricordo felice ed Evoco il Patronus: il Dissennatore si nutre
del ricordo anziché della mia felicità, e viene
ricacciato
indietro”.
“Non
è così facile”, precisa mio nonno.
“Diciamo che questa è la
versione semplificata per far comprendere a voi babbani!”, li
prende in giro.
“Non
è esattamente una passeggiata affrontare una di quelle
creature.
Credo che Harry Potter sia più indicato ad affrontare
l'argomento. È
quello che ne sa di più, ma magari per oggi lo lascerei
stare”.
“Direi
di sì”, mi appoggia James. “Se vuoi
rovinargli il natale è la
strada più breve”, ridacchia guardando il padre
indaffarato con
gli ospiti. “Chiedete a Teddy Lupin, lui sa tutto
sull'argomento”.
“Insegna
Difesa Contro le Arti Oscure, vero?”, chiede Arnold. James
annuisce.
“D'accordo,
ci rinuncio...”, Jack getta la spugna. Povero
papà...
“Jamie,
ho bisogno del tuo aiuto”, sento la voce di Ginny.
“Scusate,
ma a mia madre non si può dire di no”, si
giustifica e la
raggiunge di fretta.
“Così
lui sarebbe James?”,
chiede Jack,
il tono burbero. Non mi preoccupa. So
bene che conquisterà anche lui,
prima o poi.
“Lui
è James, papà”,
dichiaro con un sorriso.
“E'
solo geloso!”, mia madre mi accarezza i capelli e non me la
sento
di ripetere per la centesima volta che non tollero chi tocca la mia
chioma – a meno che non sia Potter senior, ma questa
è un'altra
storia.
Intorno
a noi c'è di nuovo un chiasso spaventoso. Solo i Weasley
provocano
un rumore assordante – e non sono neanche al completo. Luna e
suo
marito stanno parlando con Ron e Hermione, probabilmente di Rose e
Lorcan, a giudicare dalla faccia del signor Weasley. Anche lui, da
quanto ho capito, è piuttosto geloso della “sua
bambina” Rosie.
Un
sonoro crac risuona nella stanza; e
inaspettatamente appaiono
due figure davanti ai miei occhi: Fred Weasley Jr. e Bellatrix Zabini
si sono appena Materializzati nel salotto di casa Potter, come se
niente fosse.
Non
ho il coraggio di guardare in faccia i miei genitori, che temo siano
stati traumatizzati a vita.
Stretta
al braccio del ragazzo, Trix ha tutta l'aria di qualcuno che vorrebbe
vomitare ma non può. A volte la Materializzazione fa brutti
effetti.
Fred, al contrario, sorride beatamente.
“Che
diavolo ci fai qui?”, Alice è arrivata alle mie
spalle di
soppiatto, mano nella mano con Al.
“Grazie
per l'accoglienza!”, grugnisce l'altra, incrociando le
braccia.
“Ti
prego”, fa Alice, “non dirmi che il gentiluomo
è venuto in tuo
soccorso?”.
“Certo
che l'ho fatto”, risponde lui. “Trixy”,
spiega rivolto a quelli
che immagina essere i miei genitori, “non ha ancora superato
l'esame di Materializzazione”.
A
questo punto mi volto ed effettivamente le loro facce... sono peggio
di quel che pensavo. Decisamente sconcertate, ecco come.
“Come
funziona esattamente la Materializzazione?”, chiede
papà, che
evidentemente ha dimenticato il modo in cui è giunto qui.
“Comparite
dal nulla?”.
“Non
siamo comparsi dal nulla”, specifica Fred, “ma da
casa Zabini”.
“Me
ne stavo chiusa in camera mia, praticamente senza speranza. Per tutte
le vacanze non ho fatto altro che sentir parlare del prestigio della
famiglia Malfoy”, nel pronunciare il nome le esce una mezza
specie
di ringhio. Sta guardando noi, ovviamente. Credo Anne e Jack non
abbiano la più pallida idea di chi siano i Malfoy.
“I
Purosangue spocchiosi?”, mi stupisce il bisbiglio di mia
madre.
Strabuzzo gli occhi e lei si stringe nelle spalle. Evidentemente
anche lei si sta facendo una cultura sul mondo magico. Finalmente,
dopo sei anni che ci provano, cominciano a capire qualcosa.
“Già”,
mormoro al suo orecchio.
“Fammi
capire...”, mi rivolgo a Trixy. “Sei scappata di
nascosto?”,
chiedo.
Lei
e Fred si scambiano un'occhiata complice, e per niente colpevole.
“Tecnicamente
è stata rapita”, interviene James, sorridendo
sornione. Se ci sono
due persone che hanno ereditato la noncuranza dei gemelli Weasley
nell'infrangere le regole, quelli sono James e Fred.
“Tecnicamente”,
lo corregge Trixy, “sto facendo esercizio per il mio
futuro”.
Fred
scoppia a ridere, come tutti quelli a conoscenza del matrimonio
combinato che Pansy e Blaise le stanno preparando. Sono perfetti,
questi due.
Credo
che Trixy andrà a genio anche a George, visto il suo amore
per i
Tiri Vispi e la sua capacità di scherzare su qualsiasi cosa
–
perfino il matrimonio con quella serpe di Scorpius.
“Se
ti stacchi dal tuo ragazzo”, fa Alice stizzita, “ti
abbraccio”.
Trixy
non ci pensa due volte a fiondarsi in un abbraccio stritolatore,
mentre da dietro l'angolo appare una Rose leggermente scarmigliata,
seguita da un Lorcan messo anche peggio. Devo trattenermi dal non
scoppiare a ridere alla vista, ma le scocco un'occhiata eloquente. La
rossa, anche per evitare di guardarmi in viso, si fionda su Trixy
–
e io mi unisco alle mie compagne di dormitorio.
Ora
è davvero una giornata perfetta: i miei amici sono al
completo e c'è
anche la mia famiglia – tutto ciò sotto il tetto
del Ragazzo
Sopravvissuto. Senza contare lui, la parte migliore
del natale
in Casa Potter.
A
tavola sono tutti di buon umore. Chi non lo sarebbe con così
tante
pietanze, innaffiate da Vino Elfico e Burrobirra a volontà?
Una
volta rotto il ghiaccio, Anne sembra andare molto d'accordo con Ginny
e mio padre sta facendo del suo meglio per chiacchierare con Rolf
Scamander e Teddy Lupin, suoi vicini di posto. Cosa si diranno, non
ho intenzione di scoprirlo.
Noi
giovani studenti siamo tutti vicini, e il brusio ricorda molto quello
del banchetto che si tiene a Hogwarts prima delle vacanze di natale.
“Credo
che Teddy abbia intenzione di dire a tuo padre che sarai un'ottima
Auror”, sussurra James. “Me l'ha detto
lui”.
“Ehm...”,
tossicchio. “La cosa mi rende orgogliosa, ma credo che fargli
venire un infarto il giorno di natale non sia saggio”. Jack
non ha
idea di cosa sia un Auror – e io mi sono ben guardata
dall'informarlo.
“Non
piace neanche a me sapere che te ne andrai a caccia di maghi
oscuri”,
bofonchia indispettito, “ma non ci posso fare
niente”.
“Beh”,
protesto. “A me non piace che tu vada a giocare nei Cannoni
di
Chudley*, se è per questo”.
James
ha deciso che dopo la fine del settimo anno farà le
selezioni per
giocare a Quiddich come professionista. Non ho dubbi che ce la
farà,
e la cosa mi preoccupa alquanto.
“E
perché mai, scusa?”, chiede. “Non
è pericoloso”. Non per lui,
forse; ma per me lo è eccome. Sa bene di che parlo, se lo
vuole solo
sentir dire.
“I
Cercatori diventano famosi più degli altri”. Ma
non gli basta. Lo
detesto, quando fa così. No, forse no. Non lo detesto mai.
“Sarai
pieno di fan, uomini e... donne”, sibilo.
“E
allora?”, insiste.
“E
allora sono gelosa, contento?”, bofonchio incrociando le
braccia.
Lo sa che mi infastidisce ammetterlo, eppure sembra compiaciuto.
Merlino, che rabbia!
“Sì”,
replica candidamente, “anche se non hai motivo”.
“Perché?”,
ora sono io che voglio sentirglielo dire. James scioglie le braccia,
ancora incrociate, e pone la mia mano tra le sue.
“Quante
volte lo devo ripetere, Shane?”, lo sento sospirare.
“Cercatore
nei Cannoni o impiegato al Ministero, io sono solo tuo”.
Come
faccio a non sorridergli? Mi sento incredibilmente felice. Non
pensavo che
una sola
persona potesse
provare così tanta felicità in una volta.
Tutti
chiacchierano, mangiano, si divertono, e
James mi
stringe forte la
mano; sembra intenzionato a non lasciarla andare più. Si
china sul
mio orecchio e bisbiglia:
“Ti
andrebbe se sgusciassimo fuori di qui? Devo mostrarti una
cosa”. Lo
guardo di sottecchi, cercando di capire cosa gli passi per la testa.
“Fidati, ti piacerà”.
Mi
sto facendo trascinare da un febbricitante James Potter per il grande
giardino della casa, suppongo in cerca di un angolo tranquillo. Spero
solo che non abbia intenzione di farmi girare come una trottola fino
allo sfinimento. Ci fermiamo in un punto abbastanza lontano dal
tendone. Fa un freddo cane, maledizione! Sono coperta dal cappotto,
ma è sempre il venticinque dicembre...
“Potter”,
sibilo, “io spero ci sia un buon motivo per...”,
vengo interrotta
subito dalle sue parole.
“Se
mai ti trovassi a dubitare del mio amore, ricordati di
questo”, nel
pronunciare la frase ha uno sguardo dolce e penetrante a un tempo.
Estrae
la bacchetta dalla tasca e la leva in aria con gesto elegante. Non
posso trattenermi dal pensare che riesca ad essere sensuale perfino
agitando uno stupido pezzetto di legno.
“EXPECTO
PATRONUM!”.
Mi
aspetto di veder uscire il
solito grifone*
dalla punta della sua
bacchetta, ma
non avviene.
Con
stupore, misto a una
gioia selvaggia, osservo la pallina di luce argentea mutarsi in uno
splendido e maestoso unicorno.
“James...”,
mormoro con un sorriso da ebete in faccia. “M-ma il tuo
Patronus è
un grifone...”
“ERA
un grifone, Shane”, mi sorride sornione. “Come puoi
constatare
non lo è più”, aggiunge in tono ovvio.
La mia lingua è incollata
al palato, salivazione a zero. Sembra che qualcuno mi abbia
affatturato con una Languelingua.
Penso
di essere sotto choc, più o meno come quando mi ha rivelato
di
essere innamorato di me.
Riesco
solo a spostare in continuazione lo sguardo da lui all'animale
argenteo che risplende accanto a me, e viceversa. Non ci sono parole
per esprimere quello che provo in questo preciso istante, o se
esistono io non riesco a trovarle. E' come se mi stesse facendo una
muta dichiarazione d'amore sconfinato, e io sono stupendamente
sconcertata.
Il
Patronus accanto a me svanisce galoppando nell'aria e James mi
sorride, soddisfatto di avermi lasciata a bocca aperta ancora una
volta – da bravo esibizionista qual'è.
Mi
si avvicina lentamente e mi accarezza una guancia, per poi baciarmi
con lentezza esasperante. Rispondo al bacio e le mie mani scivolano,
liete di immergersi nei suoi morbidi capelli ricci. Non mi
stancherò
mai di toccarli.
Quando
mi stacco, ho il fiato corto e l'espressione probabilmente ancor
più
inebetita di prima.
“Da
quanto è... così?”, domando, ancora
scioccata.
Accenna
un sorrisetto di quelli irriverenti e irresistibili che sa fare solo
lui.
James
ha il brutto vizio di sorridere anche con gli occhi e non riesco mai
ad essere lucida, davanti a questo spettacolo.
“Da
un po'”, si limita a rispondere, scrollando le spalle.
“E
perché non me l'hai detto prima?”, gli chiedo
tirandogli
lievemente i capelli, ancora stretti tra le mie mani. Voglio proprio
vedere cos'ha da dire.
“Volevo
farti un bel regalo di Natale”, afferma con naturalezza.
Sospiro.
“E'
frustrante stare con te, lo sai? Hai sempre la risposta
pronta!”,
protesto.
“Ma
guarda che combinazione!”, esclama. “Io penso lo
stesso di te,
Shane!”.
La
sua mano scivola casualmente sui miei fianchi e mi attira verso di
lui – come se ce ne fosse bisogno.
“Per
questo ti bacio”, sorride sardonico. “Per farti
stare zitta”.
“Allora
datti una mossa, Potter, o giuro che attacco a parlare e smetto a
Capodanno”.
La
minaccia sembra funzionare, perché James si fionda sulle mie
labbra,
stavolta in maniera più passionale, approfondendo il bacio
quasi
subito. Io mi aggrappo forte a lui e contraccambio senza riserve.
Quando ci stacchiamo, leggermente ansanti, mi chiede:
“Dubiti
ancora che abbia intenzioni serie?”.
“Mi
prendi in giro, eh? Non tutti siamo sicuri e presuntuosi come te,
Potter! Te l'ho già detto una volta”.
“Con
te, Shane, non sono mai sicuro di niente”, ribatte dolcemente.
“Ti
amo”, dico di getto. Mi sembra siano le uniche parole sensate
al
mondo, dopo quello che ho visto – l'immagine dell'unicorno
che
fuoriesce dalla sua bacchetta resterà per sempre nella mia
mente.
Le
braccia di James intorno al mio corpo, le mie allacciate al suo
collo, gli occhi di lui nei miei. Imprimo questo istante nella
memoria, pregando di viverne altri mille – con lui. E ora,
davvero,
non ho bisogno di altro.
NOTE
AL CAPITOLO:
1)
Non so dove J.K. pensa che il quartetto abiterà, mentre so
che ha
dichiarato che saranno vicini di casa. Io li ho voluti collocare alla
periferia di Godric's Hollow, luogo di nascita di Harry Potter,
lontano da sguardi indiscreti (ovvero sguardi babbani).
2)
Come c'è scritto nella One-shot Il matrimonio di
Bellatrix (è
lì che si spiega il rapporto che qui avete visto tra Trixy e
Fred
Jr.) 'Janny' è il nome della Puffola Pigmea che James ha
regalato a
Penny nell'ultimo capitolo di Una strega in famiglia. Il nome Janny
(che mesi or sono mi fu suggerito da Francesca
lol) è – ovviamente –
l'unione dei nomi di James e Penny.
3)
J.K. ha dichiarato che Hermione, Ron e Harry vengono inseriti nelle
figurine delle Cioccorane, tra i maghi e le streghe famosi.
4)
J.K.R. ha dichiarato che sopo qualche anno da Auror, Harry viene
messo a capo dell'Ufficio.
5)
Nel settimo libro, per montare il tendone da usare al matrimonio di
Bill e Fleur, viene chiamata davvero una ditta, di cui al momento mi
sfugge il nome.
6)
Sono descritti da J.K.R. in Gli Animali Fantastici: dove
trovarli.
Sono originari della Scandinavia e hanno l'aspetto di un
fungo
roseo, coperto di setole nere. Il loro cibo preferito sono i vermi
terricoli e a loro volta queste creature sono il cibo preferito dagli
gnomi. Oltre ciò, sono animali perfettamente inutili, con
tutto il
rispetto :)
7)Qualcuno
forse ricorderà che all'inizio del primo libro, fuori da
casa dei
Dursley, Silente estrae un orologio da taschino con pianeti e dodici
lancette. Non ho la più pallida idea di come si legga, ma
lui
sembrava saperlo fare. Mi è sempre piaciuto, quindi ne ho
idealmente
posizionato uno in Casa Potter.
8)
I Cannoni di Chudley (sigla “CC”) sono la squadra
di Quiddich per
cui tifa Ron Weasley, e anche i primi che mi siano venuti in mente da
scrivere.
9)
Ho immaginato il Patronus di James come un Grifone. Non che abbia
molta importanza, visto che ormai non lo è più.
Sarà fluff, ma non
ho resistito. Il Patronus di Tonks diventa un lupo quando si innamora
di Remus, mentre quello di Piton è come la cerva di Lily
(che a sua
volta presumo sia una derivazione dell'Animagus del marito). Penny e
James si amano, e io adoro i Patronus. Fate due più due :DD
SPAZIO
AUTRICE
Salve
a tutti/e voi, gente!
Se
siete arrivati qui, potete benissimo sorbirvi la tirata finale,
giusto? Giusto.
Che
dire? Potete liberarvi di me e mettere la parola Fine a questa storia
d'amore, d'amicizia e di magia. Spero vi abbia intrattenuto, tenuto
compagnia, ed emozionato anche solo un po'. Per me è stato
così, e
ringrazio chi mi ha scritto che ne sentirà la nostalgia
(è sempre
bello sentirselo dire).
Ringrazio
chi ha letto in silenzio e chi ha inserito Una strega in
famiglia
fra le seguite/ricordate/preferite.
Grazie
di cuore a sawyer_
per l'appoggio che ho sentito da parte sua, a Francesca
lol per le fantastiche recensioni in cui parla
direttamente
con i personaggi, alla “chinese girl” Kohua
per i commenti splendidi ed esilaranti. Grazie inoltre a Dreamer22,
black elleboro per
avermi seguito e aver recensito e a Sa_speed02
per avermi recensita e inserita tra gli autori preferiti.
Infine,
ringrazio la mia migliore amica, Jaded_
(colei che 5 anni or sono mi iscrisse ad EFP) che ha perdonato la mia
iniziale omertà sull'esistenza di questa FF, l'ha letta in
fretta e
recensita – lo apprezzo ancora di più sapendo
quanto diavolo le
pesi il (come dire?) fondo schiena; e che mi ha inserito tra gli
autori preferiti. Ti voglio bene <3
E
grazie a chiunque sia arrivato a leggere la parola "fine".
Ho
pubblicato il prologo di L'apprendista
di
Ollivander, una storia incentrata non
sulla Nuova
Generazione ma sui personaggi della saga (in special modo Hermione,
Fred e Draco e ovviamente Ollivander). Mi fareste felice se deste un'
occhiatina e lasciaste una recensione. Anche tre parole
(possibilmente non Sole, Cuore, Amore). A voi non costa nulla e io
sono taaanto bisognosa di pareri, vi prego * si inginocchia senza
ritegno *
Mi
scuso per qualsivoglia errore di battitura io possa aver commesso
nell'arco dei 22 capitoli. Per quanto io sia casinista nella vita,
sono perfezionista quando scrivo; e vorrei sempre ricontrollare mille
volte ogni virgola, ogni apostrofo, ogni lettera. Sappiate che non
è
facile pubblicare volta per volta senza incoerenze, imprecisioni o
distrazioni. Ho cercato di fare del mio meglio per non farmele
sfuggire :)
p.
s. Può darsi che un giorno torni a scrivere
qualcosina su Penny
e James, tanto per farvi sapere come se la passano (per ora non ho in
programma nulla in particolare, ma penso staranno benone anche senza
di me).
Fino
ad allora: fatto il misfatto!
p.p.s.
Non so se ho mai detto che il titolo di questa storia
è ripreso
dalla frase stizzita di Zia Petunia (nel primo libro) sul fatto che i
genitori suoi e di Lily fossero orgogliosi di avere “Una
strega in
famiglia”.
Ora
vi lascio in pace * saluta con eleganza e fa la riverenza *
Baci
baci gente, a presto!
Jules
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