White Eagles~ NejiHina

di Joe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 031. Alba ***
Capitolo 2: *** 037. Udito ***



Capitolo 1
*** 031. Alba ***


Alba.


Silenzio.
Finalmente poterono entrambi concedersi di riprendere fiato.
Si sistemarono sulla sommità di un vecchio e spoglio albero, che aveva ormai perso molti dei suoi rami, a causa dello scontro appena avvenuto.
Intorno a loro non era rimasto quasi nulla: la battaglia che si era susseguita nella radura circostante lasciava dietro di se una ventina di morti. I corpi giacevano sull’erba, inermi, il sangue che ancora grondava dalle ferite mortali. Nessuno avrebbe potuto sopportare una vista del genere senza inorridire. Ma non loro due. Non degli Shinobi.
Entrambi avevano svolto il proprio lavoro, portato a termine la loro missione con successo.
Ma a che prezzo?
Gli occhi color perla dell’uomo indugiarono sul viso della donna, accovacciata di fianco a lui.
Quelli di lei, d’altro canto, erano vuoti, rivolti all’orizzonte, verso gli oscuri profili delle montagne.

Ricordava come se fosse ieri il giorno in cui aveva compiuto il suo primo assassinio: messa alle strette dallo shinobi avversario non le era rimasta altra scelta se non quella di estrarre il kunai. Il sangue che era uscito poco dopo dal corpo dell’uomo l’aveva colta alla sprovvista, mentre sensi di terrore, colpa, e di ribrezzo l’avevano attraversata, stringendole lo stomaco in una morsa che non la lasciava quasi respirare.

Ora Hinata non sentiva niente.
Aveva un espressione indecifrabile dipinta in volto e, spostando lo sguardo verso Neji, riuscì perfettamente ad intuire che lui provava le sue stesse sensazioni.
Era semplicemente disgustata da se stessa.
Ma quella era la carriera che aveva intrapreso fin da piccola: diventare uno Shinobi al servizio di Konoha era sempre stato il suo sogno.
Non avrebbe potuto fare nient’altro: purtroppo svolgere le missioni faceva parte dei suoi doveri, e a volte le missioni richiedevano degli omicidi.
Si alzò in piedi, portandosi così al livello del cugino, che teneva la maschera da anbu stretta in mano.
“E’ l’alba” sussurrò Neji, rivolgendo a sua volta lo sguardo verso l’orizzonte, laddove un pallido sole, lentamente, iniziava a far capolino tra i profili dei monti.
“Torniamo a casa” bisbigliò Hinata di rimando, lasciando che la propria maschera, che fino allora aveva portato appoggiata sulla testa, le scivolasse sul viso.
Solo a quel punto anche lui si portò la maschera al viso, annuendo, ed insieme s’incamminarono verso casa.

Un giorno l’albero su cui avevano sostato sarebbe guarito. Nuovi germogli sarebbero nati, per tramutarsi in fiori e frutti. Quell’albero avrebbe visto nascere tante e tante albe identiche a quella prima che ciò accadesse. Ma prima o poi sarebbe accaduto.

I due giovani anbu si spostavano velocemente nella timida luce del primo mattino. I passi leggeri, ma decisi, sfiorando appena il terreno, con eleganza, rendendo perfettamente la somiglianza con le maschere che indossavano, raffiguranti due aquile reali.
La mente sgombra, il cuore pesante e nero.
Ma un giorno o l’altro anche il loro cuore sarebbe guarito, avrebbe imparato a superare l’odio per abbandonarsi all’amore; proprio come il vecchio albero.





Piccola Nota: Ogni riferimento allo Hyugacest è puramente casuale u.ù

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Capitolo 2
*** 037. Udito ***


"Quel che amore tracciò in silenzio, accoglilo, che udir con gli occhi è finezza d'amore."

(W. Shakespeare)


Udito.

 

Neji non era una persona particolarmente loquace. Non adorava neanche circondarsi di troppe persone.
Anzi, era un tipo piuttosto riflessivo si può dire, di quelli che preferiscono, a chiacchere e confronti verbali, un pomeriggio passato ad allenarsi o a svolgere mansioni pratiche.
In sostanza riteneva le parole abbastanza futili.
Essendo un tipo orgoglioso, un po' freddo e introverso poi, non amava particolarmente esporsi esprimendo emozioni tramite modulamenti della voce. Il suo tono di voce rimaneva, quindi, costantemente piatto, e persino il suo viso manteneva un espressione neutra, forse anche un po' corruciata.
Per questo a prima impressione Neji non dava mai l'idea di una persona particolarmente simpatica o disponibile.

Hinata non era una persona particolarmente loquace. Non adorava circondarsi di troppe persone.
A causa del suo carattere timido e perennemente impacciato, quando si ritrovava a dover parlare con persone che non fossero i suoi compagni di squadra (ossia i suoi amici più stretti) le sue gote si dipingevano di rosso e iniziava a balbettare in modo quasi fastidioso per chi la ascoltava.
Essendo una ragazza così esageratamente timida non le riusciva facile farsi degli amici, senza contare che, essendo anche particolarmente fragile, si abbatteva subito se non riusciva a fare amicizia con qualcuno o ad esprimersi come avrebbe voluto.

Neji e Hinata non erano dei gran chiaccheroni, ma nel loro mondo tutto era ben prestabilito da gesti, sguardi, e dalle piccole cose.
Quando Neji la mattina apriva la porta scorrevole e trovava sul tatami un vassoio con la colazione, sapeva perfettamente che quello era il buongiorno da parte di sua cugina.
Quando lui si offriva per aiutarla negli allenamenti, Hinata sapeva che quello era il suo modo per supportarla e per farle acquistare più fiducia in se stessa, come se le stasse dicendo "Non ti preoccupare, sicuramente se ti allenerai con perseveranza continua grazie a questi miei allenamenti diventerai forte e nessuno potrà più ferirti". Ed era così. Ogni volta Hinata acquistava esperienza, e ne traeva così beneficio e forza, oltre un po' più di fiducia in se stessa.

Chi li vedeva da fuori non poteva capire: semplicemente vedeva due persone troppo diverse tra loro, troppo "distanti". E come avrebbero mai fatto due persone del genere, cui la conversazione non andava al di la del "buongiorno come vanno gli allenamenti?", ad innamorarsi? Impossibile.
O forse no.
La gente infondo non era capace di captare i piccoli messaggi che costantemente i due si scambiavano, con i gesti: bastava una piccola gentilezza da parte di uno, a volte, per rendere felice l'altro. Non è sempre detto che le emozioni, i sentimenti, quello che proviamo veramente possa essere reso bene quanto vorremmo, a voce.
Come si dice? "Un gesto vale più di mille parole".

Alla sera, dopo cena, avevano preso l'abitudine di sedersi sulla passeggiata esterna alla casa in legno, di poco rialzata dal giardino dove erano soliti allenarsi. Stavano li, seduti, a guardare il cielo, con il naso all'insù. Non era necessario dirsi nulla: Neji non aveva molta voglia di parlare dell'ennesima stupidata inventata da Lee e Hinata non aveva neanche voglia di ascoltarla, probabilmente.
Semplicemente, si tenevano per mano, sotto le stelle.
E quello bastava per far battere i loro cuori all'impazzata.
Era un gesto puro e semplice, eppure per loro aveva lo stesso significato di un "ti voglio bene" o di un "sono qui per te".

Nessuno aveva mai capito nè Hinata nè Neji, che nel loro silenzio avevano sempre disperatamente urlato, cercando qualcuno che li capisse, che li facesse sentire amati.
Poi un giorno, semplicemente, avevano smesso di gridare a qualcuno che appariva loro così lontano, a qualcuno che non rispondeva mai.
E in quel momento, Hinata si era accorta che al suo fianco camminava già una persona.
E Neji aveva alzato lo sguardo ed era rimasto sgomento di fronte a lei, lei che le era sempre stata accanto, anche senza pretendere nulla, senza dire nulla.
I loro silenzi valevano più di mille parole.

Ed era così che avevano imparato ad udire con gli occhi quel loro amore così silenzioso.

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