Sympathy for the Devil di Giulz87 (/viewuser.php?uid=97500)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preludio: Stories ***
Capitolo 2: *** Primo Interludio: The Locked Room ***
Capitolo 3: *** Secondo Interludio: Known Unknowns ***
Capitolo 4: *** Terzo Interludio: Days gone Bye ***
Capitolo 5: *** Postludio: What the world owes me ***
Capitolo 1 *** Preludio: Stories ***
Nome: Giulz87/Giulz
In Wonderland
Titolo: Sympathy for the Devil
Fandom: Thor
Rating: Arancione
Genere: Avventura, Agnst, Dark
Numero
capitoli: 5
Note:
Questa
What if? nasce come variante del
film Thor: The Dark World, una
storia in cui
Darcy Lewis non rimane sulla terra ma giunge su Asgard insieme a Thor e
all’amica
di sempre, Jane Foster.
Preludio: “Stories”
Seduta
sul cordolo della grande
finestra, Darcy osservava il regno.
La
sera era scesa e aveva spento
anche quel giorno, un impegno che non le era stato richiesto ma che si
trovava
ad affrontare contro ogni logica e previsione, perché come
sempre si era
trovata dove non doveva, troppo vicina a quegli amici che
l’avevano coinvolta
in un viaggio inaspettato, un varco aperto dal custode dei Nove Mondi
con
l’intento di proiettare i loro corpi su quel suolo chiamato
Asgard. Una realtà
che i suoi occhi stavano adulando, che idoleggiavano nutrendosi di uno
splendore impossibile, l’intreccio perfetto tra un medioevo
dimenticato e un
bagliore vibrante, una tecnologia sconosciuta ed evoluta che sembrava
ricordarle di quel divario eterno tra mortali ed immortali.
Le
storie di quel posto erano
storie sull’inizio e sulla fine, storie di
divinità che combattevano per
l’intera umanità. Erano parole di speranza, erano
racconti mitologici che si
materializzavano nel presente. Erano…
…erano
stati risucchiati da una forza colorata, un’energia che si
tingeva di
arcobaleno e che si lasciava alle spalle il ricordo della rugiada,
della
pioggia che s’infrangeva sulla pelle mentre i loro piedi si
staccavano dal
fango e dalla polvere con una velocità disarmante, con un
impeto inatteso
capace di portarli a molti anni luce di distanza.
“Ma
che ficata!”
Darcy
aveva pronunciato quell’esclamazione cercando di mantenere
l’equilibrio.
Il
suo corpo vibrava e palpitava al ritmo del suo stesso cuore, un organo
impazzito
che in quel momento sembrava schizzarle fuori dal petto, un rintocco
che le
rimbombava nelle orecchie isolandola da tutto ciò che la
circondava.
“Dobbiamo
rifarlo.”
La
voce di Jane aveva spezzato il flusso dei suoi pensieri ricercandone
l’attenzione. Solo allora aveva notato la presenza di una
quarta persona, di
una figura guerriera e possente che poco più tardi si
sarebbe identificata come
il Dio Bianco, la sentinella, colui che proteggeva e difendeva il ponte
leggendario, la via tremula che univa cielo e terra.
Darcy
abbassò lo sguardo sulle sue
mani contemplandone il chiarore, raggi lunari che la sfioravano senza
però riuscire
a toccarla davvero.
Le
stelle sembravano sospese al di
sopra dei monumenti e delle costruzioni, mura che sfumavano
l’oro, l’arancio e
il grigio. Tinte che simulavano e si fondevano in altre vite. Vite come
la sua,
in attesa di un qualcosa di più grande.
A
volte ripensava al quotidiano, al
suo quieto vivere e a quello che poteva essere catalogato come
un’avventura. Ma
quello era il passato, un tempo che si era infranto sopra il vetro del
suo
furgone appena un anno addietro. Attimi fluidi che le avevano mostrato
il vero
significato di quel termine, un vocabolo che si vestiva di promesse e
di
scommesse, che legava il certo con l’incerto in un qualcosa
d’inflessibile,
qualcosa che aveva lo strano potere di trasformare il bene,
d’intossicarlo e di
opprimerlo con un voto solenne di paura.
Quello
era il giusto significato di
avventura, il livello più elevato dell’ignoto.
Forse
la sua storia partiva proprio
da lì, da quel pellegrinaggio inatteso. Perché le
storie potevano iniziare
dappertutto, potevano cancellare quello che era stato e creare nuovi
presupposti per continuare. Potevano iniziare in luoghi inaspettati, in
posti
inimmaginabili e tra secondi eterni che inquadravano lo spazio senza
riuscire a
catturarlo. E come nel suo caso potevano iniziare per disobbedienza,
per
inseguire una scintilla di curiosità che le nasceva dal
cuore. Un cuore che si
vestiva di stupida ironia e che ne mascherava le apprensioni. Una mente
alimentata da un folle desiderio di sapere che l’avrebbe
portata nei meandri
del regno, in un antro dimenticato dove cominciava anche
un’altra storia, una
di quelle che iniziavano dalle ceneri dei giorni andati, da un bisogno
infantile
orribilmente insoddisfatto e sgretolato. Perché a volte le
storie iniziavano
con l’unico intento d’intrecciarsi.
Darcy
sgusciò fuori dalla stanza
scrutando il lungo corridoio. Il rumore dei suoi passi si perse tra le
pareti
decorate, disegni scolpiti che narravano l’importanza di quel
luogo e di
chiunque vi abitasse. Era un’arte strana quella che
l’avvolgeva, era come
trovarsi in un enorme museo dove i sospiri e le meraviglie si
continuavano gli
uni con le altre, dove l’incompreso trovava almeno un
po’ di comprensione.
E
mentre il tempo scorreva e lo
stupore aumentava, i passaggi s’incrociavano e davano vita ad
altri passaggi,
finché immobile non si era ritrovata a girare su se stessa,
le ciglia
aggrottate e le labbra corrucciate. Si era persa e non sapeva dove
andare.
“Cazzo.”
Quello
che era stato poco più di un
bisbiglio si era perso nell’aria.
Per
un attimo il pensiero di Odino
le aveva sfiorato la mente strappandole un lamento. Il Padre di Tutti
era stato
chiaro e perentorio riguardo al loro soggiorno. E andarsene a spasso
per il
palazzo non era certo negli accordi.
“Se
vuoi tornare indietro devi
andare a destra, tutto dritto fino al quarto bivio e poi nuovamente a
destra.
Troverai la tua camera ad aspettarti proprio dove l’hai
lasciata, mia cara.”
Frigga
sorrideva a pochi metri di
distanza.
Era
un sorriso sincero il suo, era
un’espressione familiare e risoluta allo stesso tempo, era
una donna che
sfidava se stessa e che pareva allontanare ogni sorta timore. Era
forza, eleganza
e saggezza insieme. Era un tempio di magia che si levava al di sopra
del mondo.
“Sì,
Signora! Credo proprio che
coglierò il suggerimento.”
Darcy
le era passata accanto
facendo un lieve cenno con la testa, un ringraziamento silenzioso che
era
svanito con l’immagine della legittima sovrana di Asgard, con
un sussurro rimasto
ad aleggiare e che aveva tutta l’aria di essere un
suggerimento.
“Ma nel caso volessi proseguire, ti consiglierei le
scale sulla sinistra.”
L’indice si
era posato sulla bocca
con un movimento spontaneo, un gesto riflessivo con cui aveva imboccato
la
grande gradinata.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Primo Interludio: The Locked Room ***
N.d.A.
Salve a tutti! Ecco il secondo capitolo di questa storia…
che spero possa
piacervi e spronarvi a proseguire con la lettura. Gli aggiornamenti
saranno sempre
di sabato, uno a settimana. I
capitoli sono già pronti, quindi potete considerarla come
una specie di
promessa!
Infine
ci tengo a ringraziare tutti
coloro che hanno inserito la storia fra le ricordate, le seguite e le
preferite. Grazie a chi ha recensito e grazie anche a chi legge
soltanto.
A
presto. Giulia
Primo
Interludio:
“The Locked Room”
La
mano si era posata sul libro che
teneva in grembo, un tocco gentile e di pura nostalgia che si perdeva
tra i
ritocchi di un tempo ormai andato, un tempo che pareva essersi fermato.
Era
un vecchio volume quello che
aveva davanti, uno scritto che parlava di antica magia, angoli usurati
che persino
al tatto sapevano di consumato, di un qualcosa di perso e quasi
dimenticato, di
giorni andati che provava a rammentare, attimi di felicità
che sembravano
attraversarlo, che fuggivano veloci senza che riuscisse ad afferrarli.
Erano secondi
eterni che si trasformavano nell’essenza di quello che era
stato, nella figura
di una madre che attenta e scrupolosa cercava di tramandargli
ciò che per lei
era importante, un pezzo di se stessa e la sostanza di un incanto.
Loki
aveva alzato lo sguardo e
aveva cercato il proprio riflesso nel vetro, pareti di cristallo che lo
intrappolavano
e che parlavano di sofferenza, una conseguenza dettata e firmata da
colui che
lo aveva rinnegato ed ingannato.
L’immagine
che vedeva era quella di
un uomo seduto, di un dio caduto, un ritratto opaco dai contorni
indefiniti. A
volte riusciva a fissare se stesso per ore mentre il suo pensiero
correva
lontano, mentre la sua coscienza elaborava quella che era stata come
una
promessa –torna a casa-
una richiesta
spergiurata e subito dimenticata, tre parole cancellate e sprofondate
nel fango
molle di un onore sconsacrato.
Qualche
volta una sensazione di
malessere lo coglieva impreparato. Era come se il suo corpo implodesse
in un
rigurgito straziato, come se il respiro si bloccasse
all’interno del suo
stomaco contratto, come se la sua mente fosse costretta a vagare
nell’oblio di
un incubo circolare. Come se ancora fosse in grado di sentire il
terrore
irradiarsi sulla pelle, un retro gusto di bile capace di donargli
almeno un po’
pace. Perché la paura era anche quello, era la sana
consapevolezza di avere
ancora un qualcosa per cui lottare.
Catturato
quel pensiero, il dio si
era alzato, aveva sospirato piano e aveva ascoltato i battiti del suo
cuore
stanco. E nel silenzio si era avvicinato al suo riflesso cercando di
toccarlo,
poggiando un pugno serrato su quel muro invisibile che si nutriva del
suo
stesso tormento, un flaccido lamento che non l’avrebbe mai
abbandonato.
Poi
un rumore alle spalle lo aveva
risvegliato.
“Umani!
Per quanto possano
inseguire il luminoso richiamo della libertà, si troveranno
sempre rannicchiati
nel pallido buio, smarriti in un antro dimenticato dal tempo. Proprio
come te. ”
Loki
si era voltato. Aveva
sussurrato quell’espressione come fosse una sentenza, un
verdetto non
risparmiato e gettato a occhi chiusi verso l’inaspettato.
Aveva ispirato a
pieni polmoni, una vibrazione e un odore che sapevano di donna e di
mortale.
“Bel
soliloquio! C’era una domanda
implicita?”
Darcy
era in piedi oltre il vetro,
lo fissava a bocca aperta senza tradire il suo stupore, senza
distogliere lo
sguardo da quello che sembrava essere l’apice del suo
traguardo. Quello era uno
scherzo del destino, un spazio volubile in cui si trovava intrappolata
con il
più sadico degli assassini.
“Non
c’era niente che non volessi
dire.”
“Darcy.
Io sono Darcy Lewis.”
La
pausa concessa dal suo
interlocutore l’aveva spinta a proseguire.
“Immagino
che tu sia una delle
mortali giunte ad Asgard al seguito di quello stolto villano.”
Loki
abbozzò l’ombra di un sorriso,
un ghigno silenzioso che aveva mutato i suoi lineamenti rendendoli
più
sprezzanti e meno cupi. Aveva fatto qualche passo verso di lei,
lentamente. E
lentamente l’aveva guardata come nessuno prima
d’ora, come chi s’interroga pur
sentendosi al di sopra.
“Se
per stolto villano intendi
Thor… hai fatto centro. E tu devi essere
Loki. Ti ho visto in televisione.”
“Perspicace.”
“Lo
sono!”
Darcy
aveva osservato la prigione e
aveva permesso alle cose intorno di entrarle nella mente. Le pareti di
pietra
decorate, l’interno delle celle, tutte spoglie eccetto quella
del dio dinanzi.
La sua era curata, era piena di oggetti utili e disutili, una poltrona
su cui
soffermarsi a riflettere e un comodo letto su cui riposare. Un piccolo
mondo in
cui espiare.
Quella
stanza era stata il suo
unico riferimento per mesi, dopo tutto quell’odio riversato
sulla sua città,
dopo tutto quel caos generato solo per alleviare a se stesso una
sofferenza
millenaria. In quel luogo aveva permesso alla sua testa di fermarsi,
una tregua
imposta con l’unico intento di recuperare almeno un
po’ di lucidità. Un
armistizio che probabilmente non avrebbe messo fine alle
ostilità.
“Mi
dispiace.”
“Fai
bene a dispiacerti, mortale. A
quest’ora chissà cosa avrei potuto fare come
sovrano del tuo patetico mondo.”
Loki
fece un gesto sollevando il
mento in alto.
“Non
fare lo stronzo, bellimbusto.
Il mio dispiacere era reale.”
“Anche
la mia considerazione lo
era.”
Le
sue labbra si erano allargate e
per un attimo aveva avuto l’impulso maligno di spaventarla,
di ripagare con una
moneta diversa quella comprensione e quell’umanità
che aveva provato per lui.
Ma poi quel pensiero se n’era andato e Loki era tornato a
sedersi, aveva
osservato il suo stesso disegno e aveva parlato.
“Di
cosa sei dispiaciuta
esattamente? Avanti, Darcy, sto
ascoltando.”
Non poteva immaginare
che quello
che era un gioco si sarebbe trasformato in qualcos’altro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Secondo Interludio: Known Unknowns ***
N.d.A.
Buongiorno! Come anticipato ecco il nuovo aggiornamento…
colgo ancora l’occasione
per ringraziare chi segue questa storia e chi ha lasciato un commento.
Mi fate
davvero felice… quindi grazie! Spero che questo secondo interludio possa piacervi e che
possa essere all’altezza
delle vostre aspettative. Detto questo, buona lettura e al prossimo
sabato! Giulia
Secondo
Interludio: “Known
Unknowns”
La
notte precedente era stata una
doccia gelida.
Darcy
aveva lasciato la prigione
gettandosi tutto alle spalle, cercando di dimenticare
quell’incontro che le
aveva stillato l’amaro dentro, che aveva consumato la sua
comprensione
trasformandola in qualcos’altro, in una rabbia crescente che
le divorava la
mente e l’anima.
Aveva
camminato a passo svelto
verso le sue stanze ed ogni tanto aveva rallentato. Lo aveva fatto
quando il
pensiero di ciò che era stato l’aveva sorpresa
torturandola, quando il ricordo
del dio l’aveva colta impreparata e quando le sue parole
erano riaffiorate
nella sua testa senza alcuna possibilità di appello.
Senza
remore né morale.
Il
resto del tempo lo aveva
trascorso insonne, girandosi e rigirandosi in un letto che non riusciva
a
sentire come proprio, fissando fuori dalla grande finestra astri
celesti che
sembravano rifletterne il pensiero. E come da copione ogni buon
proposito della
sera si era spento al mattino, insieme alla luce di un sole che sorgeva.
Così
aveva atteso le tenebre e con
esse si era avventurata nei meandri di quel regno, in
quell’antro dimenticato
dove ancora una volta aveva espiato.
Aveva
eluso nuovamente l’attenta
sorveglianza ed era scesa piano, un passo senza peso udibile solamente
alle
orecchie più scaltre.
E
poi si era fermata.
Il
silenzio ancora una volta più
vuoto di quel che ricordasse.
“Tu
pensi che la tua vita si basi
su una menzogna. Pensi che le persone che ami –o che amavi-
ti abbiamo
manipolato per i loro scopi. Pensi di non avere più una
famiglia e sei
fermamente convinto di essere solo. Ma non è
così. Odino non sarà certo il
padre dell’anno, ma hai l’affetto di tua madre. E
che tu lo ammetta o no, hai
Thor.”
Lei
era comparsa dietro al vetro e
il dio ne aveva assaporato la presenza.
Aveva
preso fiato, un sospiro che
le si era bloccato in gola e che l’aveva convinta di
affogare, una sensazione
di malessere che aveva cercato di scacciare lanciando lo sguardo in un
punto
imprecisato della stanza.
La
prigione, le mura, i detenuti, erano
ancora al loro posto. Perfino l’odore acre della polvere era
lo stesso. E Loki
era ancora Loki, era il caos che rideva sguaiatamente ai margini di un
ordine
non troppo definito.
Darcy
ne aveva osservato la figura
silente e inespressiva e si era seduta. La schiena contro la parete di
cristallo e la mani che nervosamente le accarezzavano le gambe
tremanti. Gli
occhi socchiusi e i nervi tesi, aspettando un qualcosa che non sarebbe
mai
arrivato. Aspettando…
…aspettando
di capirne l’intensione aveva elaborato quella strana
richiesta e titubante
aveva cercato di formulare una risposta.
“È
stato un momento di debolezza, tutto qui. Un -mi dispiace- senza alcun
valore.
E se te lo stai chiedendo, sì! Ho ancora il profondo
sospetto che in qualche
modo tu te lo sia meritato.”
“Ognuno
vive nel mondo che merita! Una filosofia interessante!”
Loki
aveva estrapolato un concetto che Darcy non era sicura di avere
pronunciato, un
pensiero che le aveva dipinto in faccia un’espressione
aggrottata.
Si
erano guardati da lontano ed entrambi si erano chiesti cosa e quando.
Lei
aveva metabolizzato quella specie di aforisma e una finestra della sua
mente si
era aperta sul passato. Aveva ripensato ai suoi studi e a dove
l’avevano
portata, a quell’incontro voluto dal destino che le aveva
permesso di conoscere
quante infinite realtà esistessero, quante
possibilità il genere umano ignorava
restando confinato nei limiti della Terra. E per quanto si sentisse
lusingata
non riusciva a sentirsi fortunata.
La
conoscenza era avventura e l’avventura era
l’ignoto, un senso di pericolo che
mai come allora sentiva vibrare sulla pelle.
“Immagino
che non sia del tutto vero.”
Darcy
fece una pausa lasciando che l’uomo assimilasse quello che
gli aveva appena
detto. Si era guardata la punta delle scarpe e in quel momento aveva
compreso
che qualunque cosa avesse confessato a proposito della sua esperienza
sarebbe
stata vana.
“Che
cos’è quello che vedo, Signorina Lewis?
È compassione, forse?”
Il
tono era carico di una tranquilla e inesorabile minaccia. I rumori
sommessi facevano
da colonna sonora a quel dio che si diceva padrone del caos, a
quell’essere
quasi immortale a cui tutto a un tratto aveva ritenuto inutile mentire.
“Non
penso di dovertelo spiegare, sai? Credo che tu conosca la sensazione,
anche se
ti atteggi diversamente. La mia insegnante di psicologia diceva
sempre…”
La
mano aperta si era infranta sul vetro e lei aveva trattenuto il
respiro. Aveva
osservato l’uomo allontanare nuovamente l’arto,
l’alone che aveva lasciato
dissolversi nello stesso modo della marea al mattino. Poi Loki aveva
allargato
le labbra scoprendo un’espressione a metà tra il
sadico e l’infastidito, un
istinto omicida che si era riversato nel suo sguardo.
“Non
lo stavo chiedendo, Darcy.”
La
voce era ferma e precisa, trasudava ricatto e il fatto che il dio fosse
rinchiuso non ne affievoliva l’insidia.
“Sì,
Dio dell’Inganno! La mia è compassione verso un
uomo che vorrebbe perdonare ma
non perdona. Verso un uomo che finge di non sapere cosa sia la pena
mentre muore
nella sua stessa autocommiserazione. Un tormento inutile e insensato,
aggiungerei.”
Lo
sguardo della donna si era ammorbidito prima di proseguire.
“Per
tutto questo mi dispiace.”
Occhi
negli occhi, Loki era tornato vicino alla parete che li separava.
“Il
fatto che abbiano avvolto la mia intera esistenza nella menzogna, che
mi
abbiano usato come merce di scambio per un’utopia di pace,
che mi abbiano
indotto a credere di non essere degno di un trono perché
c’era qualcun altro
pronto a diventare re… di questo dovresti dispiacerti,
Darcy.”
“E
che ho detto? Tu hai chiarito l’antefatto e io le
conseguenze!”
Con
una scrollata di spalle, Darcy aveva allentato la tensione.
Quella
conversazione si era vestita di una serietà inaspettata, una
profondità che la
spaventava perché dimenticava l’ironia, quel velo
di superficialità che la
difendeva dal resto del mondo.
“Quello
che ti sfugge è che un giorno non lontano queste pareti
spariranno e io finirò
quello che avevo cominciato. Verrò a cercarti e quando
avrò messo in ginocchio
il tuo infimo popolo –allora, solo allora- sarai davvero
dispiaciuta, Darcy. Le
urla e le grida si macchieranno di sangue e l’unica cosa che
ti domanderai sarà:
dove sono quelli che un tempo chiamavo amici? Dove sono gli Avengers,
ora? E
prima di ucciderti sarò io stesso a mostrarti il loro
ineluttabile destino. Un
fato di sofferenza e morte.”
Loki
aveva parlato con la forza dell’odio, un’energia
che aveva temporaneamente
accantonato in un angolo buio della mente, una veemenza riesumata che
emergeva
quando le illusioni svanivano di colpo, quando il dolore batteva il
senso del perdono.
“È
davvero gentile da parte tua. Sai, Thor dice che sei suo fratello. Lo
dice
davvero e ci crede quando lo fa. Ma dice anche che sei irragionevole. E
io
inizio a pensare che sia vero. E –se posso- aggiungerei anche
stronzo!”
Darcy
si era avviata verso l’uscita lasciandosi alle spalle la
beffa amara
dell’inizio e della fine, di una conoscenza che toccandola
l’aveva in qualche
modo segnata.
Dopo
le sue parole erano rimasti in
silenzio. Loki non si era mosso, nessuna minaccia e nessun lamento.
Aveva
chiuso i suoi pensieri in un antro della mente lasciando ogni
considerazione
sospesa. E poi si era voltato dando le spalle alle sue spalle,
osservando per
un lungo attimo la sua stessa immagine riflessa. Una figura ancora una
volta
opaca, un ritratto torbido almeno quanto il suo animo.
E
alla fine quando lei aveva deciso
di andarsene era rimasto solo.
Solo con quella che
era la
proiezione di se stesso.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Terzo Interludio: Days gone Bye ***
N.d.A.
Buongiorno
a tutti! Come sempre ringrazio chi si è aggiunto alle
seguite, alle ricordate e
alle preferite. Siete in molti e mi rendete davvero felice! Ma, bando
alle
ciance… ecco il nuovo capitolo on line. Che altro dire? Beh,
sempre come sempre
–scusate il pessimo gioco di parole- spero che sia
all’altezza delle
aspettative e che vi piaccia. Al prossimo sabato. Giulia
Terzo
Interludio: “Days
Gone Bye”
Lei
non era più tornata e la sera,
come tutte le sere, era arrivata ed era andata a spegnere la luce di un
sole
che ormai poteva solo immaginare, raggi caldi e vibranti di cui
rammentava solo
il ricordo lontano.
Loki
sedeva immerso nella lettura, ascoltava
il suo stesso respiro perdersi nell’aria immota della stanza,
perdersi in
quelle che credeva delle salde convinzioni, certezze che alimentavano
il suo
cuore e che creavano nella sua testa ragioni più o meno
logiche.
E
poi qualcuno era arrivato,
qualcuno dal passo incerto che con voce ferma gli aveva comunicato un
risvolto
inaspettato. Qualcosa che cambiava le sue prospettive, forme fino ad
allora
definite che improvvisamente si dissolvevano in quella che era la morte
di sua
madre.
Il
mondo aveva improvvisamente
smesso di girare e le pareti sembravano stringersi attorno alla sua
figura
sempre più sfiancata e stanca.
Lo
facevano ad ogni sospiro, ogni
grido che lasciava andare, uno sfogo che aveva il potere di lenire la
sua
sofferenza per qualche manciata di secondi, attimi che scivolavano via
senza
donargli ciò che bramava davvero.
Neppure
sanguinare era stato
d’aiuto. Il pensiero di Frigga tornava a tormentarlo con un
senso di colpa
impossibile da allontanare, con parole e concetti che sfioravano la sua
mente e
che s’intrecciavano al ricordo dell’ultimo incontro
con la mortale.
Erano
sensazioni che morivano in
un’empatia immeritata, perché lui era il male.
Doveva essere il male.
Nessun
rimpianto e nessun
ripensamento.
Loki
lo aveva promesso a se stesso
quando si era lasciato cadere nel vuoto cosmico, un buco nero simile a
un’esplosione nucleare, un vortice di stelle che lo aveva
portato al cospetto
di Thanos, colui che gli aveva offerto finalmente un regno,
un’opportunità per
dimostrare a chi lo aveva umiliato il suo valore.
E
quando era tornato lei non lo
aveva giudicato.
Frigga
aveva avuto come una sorta
di speranza, aveva continuato a vedere in lui quel contorto ragazzino
dal cuore
immacolato, quella stessa persona che aveva combattuto e giocato al
fianco di
Thor per anni.
Ma
chiunque fosse se n’era andato.
Quello
che aveva subito era
un’alchimia perfetta di tradimento e di ingiustizia, una
ferita che si
trasformava in languida pena.
Tu
eri un ragazzo molto dolce, Loki. Prepotente ma dolce. E quello che hai
passato, quello che hai subito, ti ha fatto così male che
adesso desideri solo
ferire le altre persone, come se tu volessi diffonderlo quel male. Eri
un
ragazzo buono che si è trasformato in un uomo non molto
buono. E adesso devi
solo capire come tornare indietro.
La
voce di sua madre era svanita
insieme al suo sorriso amaro. E ancora una volta aveva pianto.
Le
lacrime erano scivolate sulle sue
labbra portando un sapore di sale, un retrogusto dolciastro che lo
aveva colto
impreparato.
E
poi lei era tornata.
Contro
ogni logica e previsione era
tornata.
“Vorrei
dirti che mi dispiace, ma
non lo farò perché tu me lo farai pesare. Oppure
mi insulterai e mi minaccerai.
O magari tutte e tre le cose! Quindi ti dico quello che devo dirti e
basta,
chiaro?”
Darcy
era in piedi e lo fissava,
aveva tenuto quella domanda sospesa prima che il suo interlocutore
decidesse di
formulare una risposta.
E
dopo una breve pausa aveva
continuato.
“Thor
sta venendo qui. Te lo
ricordi il tuo non fratello? Alto,
biondo, muscoloso? Beh, vuole chiederti aiuto per non so quale missione
suicida
e pensa di poter contare su di te. Lui vuole poter contare su di te.
Anche se
tutti gli stanno dicendo di non farlo. Anche se pensa che tu possa
tradirlo.
Lui lo farà lo stesso. Quindi tu… cerca di non
farlo.”
“Ti
sfugge il punto, Darcy. Tradire
Thor non è altro che il mio ruolo nella storia. Un inganno
che si cela nel
richiamo di ciò che sono.”
“Beh,
anche a te sfugge il punto,
bellimbusto! Perché –che tu ci creda o no- a volte
la parte peggiore di noi può
essere anche la migliore.”
Darcy
sentiva le gambe come
indipendenti dalla sua volontà, lo stomaco contratto dai
crampi e quando fu
certa di riavere il controllo si voltò per andarsene.
Loki
non l’aveva guardata, aveva
continuato a fissare un punto imprecisato della stanza e
l’unica concessione
che le aveva fatto era stata un lieve ed impercettibile cenno di
assenso, un
gesto che per molti poteva non valere niente ma che per lei aveva detto
tutto.
“Magari
dovresti farti trovare un po’
meglio di così. Sembri sull’orlo di…
no, a dire il vero, sembri immerso in una
crisi di nervi. Cosa decisamente poco positiva. Ma ora è
meglio che vada perché
mi stai fissando in modo truce! E non si fissa non modo truce qualcuno
che ti
aiuta!”
Il
tono a metà fra il sarcastico e
il tremante si era spento con il rumore dei suoi passi mentre il dio
era
rimasto immobile, forse intrappolato in quella che era
l’attesa più importante
della sua vita.
Una
scelta che lo riportava
indietro.
PS.
So che anche questo capitolo non è lungo, cercate di
perdonarmi!
Note:
Come avrete capito, siamo al punto (nel film) in cui Loki, Thor, Jane e
–nel mio
caso- Darcy, si preparano alla battaglia finale contro Malekith.
Battaglia finale che vedrà il suo epilogo nel prossimo
capitolo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Postludio: What the world owes me ***
N.d.A.
Salve a tutti! Ebbene eccomi qui con l’ultimo capitolo di
questa What if . Ringrazio
moltissimo chi ha
seguito questa storia e chi la ricorderà! Non ho molto altro
da dire prima che
leggiate, solo spero che ne apprezziate la conclusione! E, per il resto,
vi
aspetto nelle note post capitolo.
A
dopo, quindi!
Postludio: “What the world
owes me”
Darcy
aveva cominciato a camminare.
Camminava
lenta e si sentiva come un autostoppista colto da una grandinata.
Quello che
provava non poteva essere ignorato e non poteva essere nascosto. Erano
sensazioni che le scivolavano sulla pelle, emozioni che si erano accese
nell’iniquità del tempo presente.
Avevano
lasciato Asgard con l’aiuto di Lady Sif e dei tre guerrieri e
grazie a Loki
avevano raggiunto Svartalfaheimr, il regno degli Elfi Oscuri.
Lei
si era occupata di Jane, sempre più sopraffatta dal potere
dell’Aether,
un’energia malvagia che la divorava da dentro, mentre i due
fratelli si erano
confrontati e scontrati trovando infine una sorta di compromesso.
E
poi erano scesi in battaglia, una guerra che aveva visto il Dio del
Caos
spegnersi fra le braccia di Thor, in un gesto altruista con cui aveva
pagato l’aspro
prezzo di quella che chiamavano lealtà.
Le
urla di dolore del loro compagno erano risuonate in
quell’attimo e nei mille
anni dopo, nella consapevolezza di aver perso un qualcosa di appena
ritrovato.
Darcy
aveva osservato il suo volto privo di vita, un corpo freddo che
rivelava le sue
vere discendenze. Aveva sentito il cuore batterle in gola, un pianto
soffocato
per quell’uomo che segretamente aveva iniziato almeno un
po’ a comprendere.
Aveva
incrociato le braccia come per fermare un malessere crescente, aveva
guardato Jane
senza essere sicura di vederla e insieme si erano riunite al Dio del
Tuono, a
un frammento del suo stesso cordoglio.
“Che
cosa facciamo adesso?”
Lei
aveva ascoltato la richiesta dell’amica senza parlare e aveva
seguito l’eco
della sua voce perdersi nella grotta che avevano scelto come riparo, un
rifugio
dal vento e da quello che era stato.
Poi
era uscita di nuovo all’aperto, si era appoggiata alle rocce
sporgenti e li
aveva lasciati padroni di una decisone da prendere, una soluzione che
li
avrebbe potati lontani.
“Un
attimo! Questa è la mia suoneria! Il mio cellulare deve
essere qui, da qualche
parte!”
Jane
si era inoltrata nella penombra con passi svelti e decisi. Passi che si
erano
persi come fruscii nel rumore di altri passi. Finché i
mormorii erano cessati e
il silenzio era arrivato, una quiete improvvisa che aveva risvegliato i
suoi
sensi dal torpore.
“Jane?
Thor? Dove siete finiti?”
La
brezza gelida che s’infrangeva sulle rocce fu
l’unica risposta che le sue
orecchie riuscirono a udire.
Rimase
ad ascoltare e solo dopo si concesse uno scatto d’ira e di
sgomento.
Darcy
era rimasta sola.
Era
rimasta sola quando un bagliore
verde l’aveva quasi toccata.
Si
era voltata e aveva sorriso in
modo diverso dal solito, in una maniera che s’illuminava di
speranza. Aveva
corso verso quella luce improvvisa e quando le era arrivata vicina
aveva
sussultato.
Non
c’era niente ad aspettarla,
neppure quel corpo senza vita che si era aspettata di trovare. Aveva
chiuso gli
occhi mentre ispirando a pieni polmoni si era concessa di riflettere,
mentre
nel buio cercava la risposta che mancava. E quando aveva sollevato le
palpebre
l’aveva trovata perché Loki era di fronte a lei,
una sagoma di morte che
riaffiorava alla vita.
Il
dio l’aveva guardata con
quell’espressione risoluta che ogni volta era come un vuoto
d’aria, un respiro
che si spezzava e moriva in un altro sospiro.
“Sei
vivo.”
Il
sussurro si era perso nello
spazio. Non sapeva cosa cercare sul suo volto e
nell’incertezza si era
avvicinata. Aveva appoggiato le mani sul suo petto ignorandone la
possibile
reazione, lo aveva fatto provando ad immaginarne i pensieri e nel suo
sguardo
aveva colto l’essenza del presagio che ogni essere umano si
portava appresso.
In lui albergavano la stanchezza e il dolore, stati d’animo
che solo chi aveva
ingannato in nome di un diritto negato poteva comprendere.
E
nel vortice di quelle percezioni
le labbra avevano sfiorato le altre labbra. Un tocco lieve con cui era
rimasta
immobile per sempre, finché staccandosi il tempo era tornato
normale.
Loki
l’aveva lasciata fare e dopo
era tornato a baciarla. Aveva portato le dita affusolate fra i suoi
capelli e
il contatto era diventato vero, un misto di saliva, passione e pensieri
contrastanti. E come l’aveva cercata l’aveva
allontanata.
“Perché
sei ancora qui?”
“Dobbiamo
trovare gli altri. Non so
dove siano finiti. Credo che in qualche modo abbiano raggiunto la
Terra.”
Darcy
aveva usato il tono più fermo
che conosceva, aveva fatto qualche passo verso la grotta e
all’improvviso aveva
deciso di fermarsi.
Dentro
di lei c’era un contrasto
fatto di disillusioni e di sogni, come chi si era alzato una mattina
comprendendo in un solo momento la differenza tra realtà e
aspettative, tra
normalità e perversione.
L’uomo
alle sue spalle portava una
maschera e dietro ad essa nascondeva il suo vero essere, sprazzi di
umanità che
si annerivano nell’attesa di una rivalsa da sempre troppo
agognata, una
rivincita a cui ancora non era pronto a rinunciare.
“Tu
non verrai, vero?”
“No.”
Quel
monosillabo conteneva molti
significati, forse un mondo intero.
“Che
cosa farai adesso? Mi
ucciderai?”
Loki
l’aveva guardata e non aveva
trovato traccia di rammarico nei suoi occhi, un senso
d’inquietudine che forse
avrebbe preferito trovare. Era un istante che si componeva di specchi,
frammenti che riflettevano il suo lato oscuro e frammenti che si
dipingevano di
un intento svelato, un’intenzione che non era certo di poter
attuare.
L’unica
verità era che avrebbe
voluto essere altrove.
“Heimdall.”
L’uomo
aveva pronunciato quel nome
con un tono di sentenza, come chi aveva osservato il suo stesso
pensiero prima
di trasformalo in parola.
Darcy
aveva assimilato quella
decisone trovandosi avvolta da un albore che sapeva di arcobaleno, una
luce che
li aveva avvolti portandoli dove tutto era cominciato, su quel ponte
colorato
dove cielo e terra s’incontravano. E una volta fermi Loki era
stato rapido. Con
un movimento della mano aveva pietrificato il Dio Bianco, un velo di
smeraldo
che lo aveva intrappolato.
E
lei ci aveva provato.
“Torna
sulla Terra. Vieni via con
me. Dopo tutto quello che hai fatto per Thor, per tua madre e per noi,
non
posso credere che per te questo non sia importante.”
Le
sue labbra si erano allargate
con l’amarezza tipica di conosceva la risposta.
E
nella consapevolezza aveva
continuato.
“So
che una parte di te vorrebbe
farlo, ma so che non lo farai perché l’altra parte
è così autodistruttiva, così
arrabbiata, che non potrebbe mai scegliere qualcosa di diverso da un
trono. L’altra
parte non può fare a meno di ciò che
significherebbe.”
Loki
aveva focalizzato il bene e il
male e in quel confine si era consumato. Nel silenzio aveva osservato
la
nascita di un paio di lacrime spontanee, gocce di sale che rigavano le
guance
della donna che aveva davanti.
Nella
penombra aveva allungato una
mano e con il pollice ne aveva cancellata una. Poi aveva deglutito
scoprendo
quanto fosse diventato difficile farlo.
“Io
l’ho fatto per me.”
“Non
è vero. Ma va bene lo stesso.”
Al
seguito di quella confessione il
dio aveva socchiuso le palpebre e con un movimento fluido delle dita
aveva
annullato tutti i suoi ricordi, reminescenze ormai lontane di quello
che era
stato. Memorie che si perdevano in un arco celeste diretto verso
Midgard, un
biglietto di sola andata verso quella che era la sua casa.
E
un attimo più tardi Darcy era
sparita.
Lui
si era voltato verso Asgard, le
gambe pesanti e il cuore tremante, una strada che minacciava di
condurlo all’apice
del suo destino.
Per
Loki sarebbe stato facile
tornare.
Riunirsi
a quel fratello ritrovato,
a quella fiducia persa e riacquistata, con quella donna che lo aveva
cercato e
aiutato senza chiedere nulla in cambio, sarebbe stato semplice.
Ma
rinunciare a ciò che aveva
sempre bramato sarebbe stato insopportabile.
E
il fato era anche quello, era la
consapevolezza di non poter partire per un viaggio sapendo cosa
lasciava alle spalle.
Non
è vero. Ma va bene lo stesso.
Il
Dio dell’Inganno aveva catturato
quel pensiero e per un istante ci aveva anche creduto, prima di
annullarlo e di
convertirlo in quella che era un’utopia lontana.
Forse
lo aveva tenuto sospeso per
lei, perché quello era ciò che voleva ricordare.
Qualcosa che avrebbe potuto
regalarle insieme a quella vita che aveva deciso di lasciarle. O forse
perché
semplicemente l’idea di seguirla lo aveva sfiorato almeno una
volta, quel tanto
che bastava per insinuare in lui un senso di malessere, un sentimento
sbagliato
che mai lo avrebbe abbandonato.
E
mentre scacciava quella disforia
sfiancante il suo corpo mutava, le sue sembianze quelle di qualcun
altro,
quelle di un sovrano presto rimpiazzato e dimenticato.
Era
il Padre di Tutti e finalmente
poteva regnare.
Una
scelta intrapresa perché infondo
il mondo glie lo doveva.
Note:
Bene! Adesso alcune spiegazioni sono d’obbligo! Come avrete
capito e letto,
questa What if ha ripercorso in
maniera –più o meno fedele- la pellicola originale
di Thor: The Dark World, solo con
la piccola eccezione che Darcy
questa volta è approdata su Asgard insieme al dio del tuono
e all’amica Jane.
Ecco,
dato il presupposto, ci
tenevo che la conclusione rispecchiasse quella del film. Ovvero volevo
l’inganno
e volevo Loki
sul trono! Una fine doverosa per il personaggio! E,
già che ci siamo, vi condivido anche altre due bellissime
immagini: immagine1,
immagine2.
Comunque, per questo
motivo principale, con Darcy non poteva accadere niente di
più oppure niente di
diverso. Lui doveva scegliere il
trono. Se così non avesse fatto… non sarebbe
stato Loki!
In
ogni caso, anch’io come voi,
speravo e volevo una conclusione meno sofferta, più un lieto
fine, per questo
ho deciso di tralasciare volutamente alcuni spezzoni della battaglia
contro
Malekith. Vi starete chiedendo: e che c’entra?
Bé,
semplice, li ho serbati per la
one shot che intendo scrivere adesso! Una storia che sarà la
conclusione
effettiva di questa What if. Non sto
a darvi adesso i particolari, ma conto di pubblicarla fra un paio di
sabati,
fra quindici giorni al massimo. La pubblicherò unendola a
questa con la voce ‘serie’.
Che ne dite? Vi piace l’idea? Adesso ho parlato fin troppo,
quindi lascio a voi
la sentenza, sperando di sapere il vostro parere sulla storia! A
presto. Giulia
PS. Questa
immagine di Loki
e Darcy potete considerarla un po' il trailer della one shot!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3232922
|