Kokoro no Hoshi

di blackytte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** TRAGEDY: La piccola stellina solitaria (PART I) ***
Capitolo 2: *** TRAGEDY: La piccola stellina solitaria (PART II) ***
Capitolo 3: *** HOPE: La piccola stellina speranzosa ***
Capitolo 4: *** CHOISE: La piccola stellina decisa ***



Capitolo 1
*** TRAGEDY: La piccola stellina solitaria (PART I) ***


TRAGEDY ;;
La piccola stellina solitaria;
(-PART 1-)

«Sorellina sai il piano vero?» La ragazzina dai capelli corti di fianco a quella che, in tutto e per tutto sembrava la sorella maggiore, fece un sicuro mezzo sorriso per poi passare all'azione vera e propria uscendo dal piccolo nascondiglio, ovvero un barile e camminando a passo leggero verso un fruttivendolo che, accorgendosi della piccola si lasciò sfuggire un grande sorriso. «Oh---- tu guarda se questa non è la piccola Ellen, spero vivamente che tu non sia venuta a combinare qualche altro guaio insieme a tua sorella.» Il volto dell'uomo un pò troppo anziano per fare qualsiasi tipo di lavoro divenne scuro e molto minaccioso, ciò nonostante la ragazzina non subì l'effetto intimidatorio anzi, se ne venne fuori con un simpatico sorriso ed una risata trattenuta. «Ancora non ti sei tagliato quei baffi enormi che ti ritrovi è nonnino.» Le parole provocatorie e sincere della piccola quasi depressero quel povero vecchietto che ora abbassava il volto guardando il terreno e massaggiandosi la fronte cercando di riprendersi da cotanta sincerità. «Comunque spero tu ti sia preparato per stasera.» Occhi azzurro cielo che sembrarono brillare a quella frase detta con tanta felicità e che catturò l'attenzione dell'anziano che, ricomponendosi fece un sorriso a 32 denti, portando infine una mano sui capelli color cioccolato della piccola e strofinandoli dolcemente. «Certo che si mia cara. Questo è un evento importante e come ogni mese dobbiamo essere pronti a festeggiare per questo grande spettacolo che il cielo ci fa dono.» Sembrava quasi che un aura di felicità stesse circondando questi due esseri umani, tuttavia questa pace fu fermata da un rumore sordo, di qualcosa di pesante che, cadendo, inevitabilmente si ruppe. L'anziano si voltò repentinamente e ciò che vide lo lasciò senza parole. Una figura femminile poco più alta della piccola mora, con due mele tra le mani ed immobile, quasi a voler imitare una statua greca o meglio una statua comica. «Ellen....» Deglutì quest'ultima con lo sguardo fisso verso la piccola. «IL PIANO E' SALTATO!!» E quasi a voler emulare un film comico o qualcosa del genere, l'anziano iniziò a sbraitare contro la bimba con le due mele tra le mani che, con uno scatto all'indietro evitò che l'uomo l'acchiappasse, facendolo addirittura cadere in avanti per la sua mole corporea. «AH! Sapevo che c'era qualcosa sotto, ELLEN, ALICE venite quei maledette ladruncole!!» E tra le grida di quest'ultimo le due si dileguarono correndo velocemente lungo una lunga via abitata, sparendo tra la folla che cercarono di scansarsi dalle due ladruncole di strada.

«Allora sorellona sono stata brava?» «Come attrice fai pena, ti salva solo il tuo bel faccino sorellina.» Le due piccole imperterrite non avevano fermato la loro corsa iniziarono a ridere di gusto grazie a questo scambio di battute e la più piccola, ovvero Ellen diede persino una gomitata alla spalla della più grande che le passo una delle due mele rubate per poi dare un grande morso alla sua. «Ellen, Alice.» Un suono che, come una freccia sembrò trafiggere entrambe dato che per poco non finirono con il naso a terra. «E così l'avete rifatto eh?» Ellen ed Alice che si erano fermate, potevano sentire un aura minacciosa alle loro spalle e, anche senza voltarsi, avevano capito chi fosse l'essere umano che poteva causare una tale sensazione di timore in loro due. «N-Non è come sembra.» Disse la più grande. «P-Possiamo s-spiegare t-tutto.» Disse invece la più piccola e, non appena due mani si posarono rispettivamente sulla spalla destra della maggiore e su quella sinistra della minore, entrambe, si voltarono a scatti, quasi ad imitare un robot vedendo l'inferno. «Da dove posso cominciare a punirvi, piccole mie.» E fu così che si levò nell'aria un CI DISPIACE MAMMA!!! che fu udito persino agli angoli della piccola isola a forma di stella, allarmando non solo i pescatore che alzarono lo sguardo al cielo, ma anche gli abitanti dell'isola stessa che sospirarono all'unisono capendo che quelle due avevano combinato un altra marachella.

****

«Vi sembra questo il modo di comportarvi? Siete due ragazze, dovreste comportarvi come tali e non come maschiacci!!» La madre stava rimproverando di sana pianta le due che, con due bernoccoli ben evidenti sulle loro teste, sospirarono copiosamente, gonfiando le guance. «Hey Zero non hai niente da dire al riguardo?» Disse la donna con un tono decisamente seccato all'uomo biondo seduto su una sedia ed intento a leggere un giornale che, da prima alzò lo sguardo incrociando quello delle due bambine per poi fare un mezzo ghigno e sussurrare. «Tali figlie, tale madre.» Lei non esitò minimamente a dare un pugno piuttosto forte al capo del bel biondino che iniziò a massaggiarsi i capelli dorati guardando la donna con occhi non troppo compiaciuti. «Cosa mi tocca sentire!» Disse lei esaurita e sospirando copiosamente. «Mamma di certo tu non sei la persona più adatta per rimproverarci per una cosa del genere. Del resto sei stata una famosa pirata!» Fu la minore a parlare guardando la madre con aria di sfida mentre la maggiore fece segno alla più piccola di non parlare oltre. «Non nego di aver compiuto crimini, ma ciò non significa che tu ed Alice dobbiate intraprendere la mia stessa strada.» Ellen strinse i pugni e aguzzò lo sguardo, alzando il capo ancora più in alto, occhi pieni di determinazione. «IO VOGLIO DIVENTARE UN PIRATA! Voglio vedere il mondo, voglio combattere, insomma voglio diventare come te!» La madre dai lunghi capelli albini e dal vestito vittoriano rimase muta per qualche secondo, il suo unico occhio si chiuse ed un dispettoso raggio di sole illuminò il suo occhio destro, ormai perduto e sostituito da qualcosa di spettacolare e di totalmente magico: un giglio che sembrava tanto bello quanto lei e che adornava il suo volto. «Ellen, ti ricordi quello che ti ho detto l'altro giorno. Vero?» Lo sguardo dell'infante si rasserenò improvvisamente, mentre un piccolo tintinnio sul suo braccio destro sembrò risuonare nell'aria, il tintinnio di una pietra a forma di stella racchiusa in una palla di vetro trasparente che penzolava sul braccio destro della bambina grazie ad un braccialetto in acciaio. «La promessa.» La frase pronunciata dalla giovane sembrò incerta, senza un senso compiuto e il dubbio di questione o di affermazione rimaneva sospeso tra gli spettatori intenti a seguire questo dialogo. «Ellen e anche tu Alice io non vi imporrò mai cosa fare della vostra vita, e se un giorno dovessi azzardarmi a farlo, allora avrete tutto il diritto di combattere e di odiarmi, tuttavia, per ora, voglio che voi due viviate come bambine libere, senza nessun tipo di sentimento negativo o intimidatorio. Voglio che le vostre ambizioni, per ora, siano quelle di vivere appieno la vostra vita, amando, imparando e studiando.» Ellen ed Alice rimasero quasi abbagliate da queste parole, stringendo involontariamente la mano dell'altra, senza mai distaccare lo sguardo dalla madre tanto amorevole e premurosa. «Alice, Ellen siete le mie preziose e temerarie stelline, rimanete tali ancora per un pò, okay?» Detto ciò la madre dal grande giglio sull'occhio destro fece un meraviglioso e solare sorriso accarezzando i capelli ad entrambe che non esitarono a correre tra le braccia della madre e ad abbracciarla, sprofondando le loro teste nel ventre della figura materna.

«Noi usciamo!» «Mi raccomando Alice cerca di badare a tua sorella e tu Ellen non commettere sciocchezze!» Entrambe urlarono un SI che probabilmente non sembrò così sincero, tuttavia la madre facendo spallucce e salutando le sue figlie si lasciò sfuggire un sorriso. «Lo sai che non ti daranno mai ascolto, vero Grace?» L'albina si voltò lentamente mostrando un tenero sorriso e incrociando le braccia al petto. «Testarde proprio come te....» Disse Zero appoggiando il giornale su di un tavolino posizionato al centro della stanza e avvicinandosi a passo felpato alla donna che si era voltata con uno sguardo piuttosto stizzito. «...ma allo stesso tempo ambiziose e bellissime.» Chiudendo l'occhio sinistro lei si lasciò andare facendosi stringere dalle braccia tempestate di tatuaggi tribali del biondo che appoggiando la testa sulla spalla di lei si lasciò sfuggire un sorrisetto. «Non avrei mai immaginato che la sua morte ci potesse offrire un così bellissimo regalo.» Parole quasi amare, dette con una nota dolente e probabilmente piene di chissà quante storie ormai perse nel tempo. «Lui lo ha fatto per noi, per la sua famiglia. E di questo gli saremo per sempre riconoscenti.» Disse infine Zero stringendo la sua amata a se, cercando di sostenerla in questo momento delicato. «Fa male, fa davvero male.» Disse lei toccando, delicatamente i petali di quel giglio mentre i raggi che poco prima illuminavano la stanza, ora erano completamente spariti lasciando i due esseri umani all'ombra, immersi nei loro pensieri. Solo dei singhiozzi si levarono da quella stanza che ruppero il silenzio e la pace di quell'isola che sembrò udire quella piccola tristezza, raccolta in un contenitore pieno di crepe che presto si sarebbe rotto.

 
****

«Ellen!! Dovrei essere io quella in testa al gruppo! Sono la maggiore e da ciò che mi risulta quando abbiamo stabilito chi di noi due dovesse essere il capo, tu non hai fiatato riguardo alla mia richiesta!» La piccola si fermò di colpo e si voltò con uno sguardo molto seccato, le mani ora racchiuse in due piccoli pugni. «Mi sembra ovvio che non abbia fiatato quella volta!!! ERO ANCORA TROPPO PICCOLA PER PARLARE DANNAZIONE!!!» Alice la guardò sorpresa chiedendosi da dove tirasse fuori tutta questa grinta e sopratutto tutta quella voce. «Queste sono piccolezze...» Fischiettando e alzando lo sguardo al cielo la più grande cantilenò. «PICCOLEZZE UN CORNO!!» Ora le due più che mai sembravano voler iniziare un qualche tipo di lotta, ma la loro attenzione fu attirata da una voce maschile o meglio una risatina che si levò fiera tra gli sguardi sgomenti di entrambe. «Ma guardatevi e voi vorreste diventare delle piratesse ma per favore!» Le due gonfiarono d'istinto le guance e, dopo qualche secondo quella risatina si materializzò in un corpo vero e proprio davanti a loro. «Salve ragazze!» Ci fu una piccola pausa completamente silenziosa, ma subito questa fu stroncata dal grido di entrambe le bambine che in coro urlarono: «MATTHEW!!!?!?» «Possibile che dobbiate urlare come matte ogni volta che mi vedete? Dannazione siete proprio insopportabili.» «Scusa! Ma è da una vita che non ti vediamo. Insomma sei stato via per ben 2 mesi dall'isola! Ellen era davvero preoccupata.» La più piccola diede una gomitata piuttosto forte al braccio dell'albina che si massaggiò il punto dolente guardando la sorellina con sguardo stizzito. «Tsk! Non è affatto vero! Io non ero preoccupata! Anzi te ne potevi stare in mare per altri 5 mesi!» Il giovanotto dodicenne iniziò a strofinare i capelli mori della più piccola che arrossì violentemente a quel gesto tanto dolce e semplice. «Ammettilo che ti sono mancato, dai a me lo puoi dire, infondo non ho dimenticato ciò che mi dicesti quel giorno prima che partissi.» Ellen alzò subito il capo guardando il ragazzino negli occhi. Il suo sguardo totalmente perso nel vuoto. «Ah! Si si, mi ricordo anch'io cosa dicesti a Matt!» La mora sembrò sempre di più in imbarazzo e mentre Matthew stava per ripete quelle parole innocenti, Ellen saltando riuscì ad atterrarlo a terra mettendogli una, anzi due mani sulla bocca cercando di farlo stare zitto. «QUESTO NON E' AFFATTO IMPORTANTE! INOLTRE A QUEL TEMPO NON AVEVO CONSAPEVOLEZZA DELLE MIE AZIONI!» Matt riuscì a togliere le mani delle più piccola su di se, e a quelle parole non riuscì a trattenere le sue risata alla quale si aggiunse Alice che sembrò quasi cadere all'indietro da quanto stava ridendo. «AH! SMETTETELA DI RIDERE!! ADESSO VI FACCIO MALE!!» E proprio mentre Ellen si stava preparando a colpire il ragazzo, lui con facilità schivò quel colpo e successivamente si preparò a correre via insieme ad Alice che non aveva smesso di ridere. Entrambi iniziarono a correre lungo tutta la strada inseguiti da una piccola bambina inferocita finché non arrivarono alla fine di essa, ovvero un promontorio o meglio uno dei 5 promontori che costellavano l'isola Stella Marina. «Ragazzi era da tanto che non mi divertivo così!» «Ma come? Andare per mare insieme a tuo padre non è divertente?» Il corvino sospirò copiosamente gettandosi all'indietro sull'erba verde insieme alle due figure femminili che si gettarono l'una vicino all'altra. «Non è questo. Il fatto è che percorriamo sempre la stessa rotta di mare e quindi il percorso risulta sempre quello, ormai lo conosco a memoria.» La più piccola si voltò verso il ragazzino e lo guardò con occhi azzurro cielo che parevano brillare. «Secondo me tu sei molto fortunato. Insomma è pur sempre una rotta di mare e chissà quanti incredibili animali marini tu hai visto. Ah! Ti invidio così tanto!» Matt fece un mezzo sorriso guardando il cielo rosso fuoco, segno che le ore di luce stavano per terminare. «Non dovresti. Un giorno anche tu prenderai il mare e allora vedrai un mucchio di animali e isole ed allora, sarò io quello che ti invidierà.» Alice si alzò e si mise seduta sull'erba mentre Ellen fece un grande e sicuro sorriso volgendo il suo sguardo al cielo. «Questo è un chiaro segno di come Ellen sia perdutamente e follemente innamorata di te Matt.» Ellen fece una faccia sconvolta a quella dichiarazione sogghignata dell'albina mentre Matt iniziò a ridere profondamente senza dare il tempo ad Ellen di ribattere. «Siete davvero insopportabili....» Lei sembrò molto seccata da quella coalizione ma i due ragazzi un pò più maturi, gattonando si misero uno a destra e uno a sinistra della più piccola che si ritrovò completamente circondata e confusa. «Alice.» Disse il maschio. «Matthew.» Disse la femmina con un sorrisino malizioso mentre Ellen iniziò a sudare freddo. «ADESSO!!» Ed entrambi iniziarono ad attaccare la moretta con l'arma più innocua di questo mondo: il solletico.
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«Mi raccomando state attente, e per favore cercate di non rompere anche questi vestiti.» Disse la madre alle due piccole che avevano indossato dei vestiti da damigelle, la maggiore aveva imparato a non fiatare quando la madre parlava o impartiva un ordine, al contrario della più piccola che continuava a slacciare quel nastrino color nero pece che aveva al colletto. «Ritorneremo presto non ti preoccupare mamma!» Disse Alice sorridendo per poi salutarla e prendere per mano la minore che con le guance gonfie uscì dalla porta di casa sospirando. «Quelle due sono davvero diverse. Alice è così responsabile e con me è così calma e tranquilla, mentre Ellen è così irruenta e così testarda.» L'uomo fece un mezzo ghigno. «Mi domando proprio da chi abbia preso.» Disse enfatizzando la cosa mentre la donna si voltò verso di lui contrariata e pronta ad usare il suo frutto del diavolo chiamato Plant Plant No Mi.
 
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«Andiamo Ellen dobbiamo sbrigarci altrimenti non riusciremo a vedere le stelle cadenti!» Disse Alice correndo molto più velocemente di Ellen. «Questo vestito mi sta intralciando e poi è così stretto!!! Lo detesto!!» Alice sospirò per poi abbassarsi e fare segno ad Ellen di salire sulle sue spalle. «Coraggio, altrimenti non riusciremo ad arrivare in tempo.» Ellen non esitò e si catapultò sulle spalle della sorella maggiore, sorridendo e alzando il pugno in segno di vittoria intimando la sorella a correre. Entrambe arrivarono alla scogliera e scorsero Matthew che appena le vide si lasciò sfuggire un sospiro piuttosto irritato. «Finalmente ce ne avete messo di tempo!» «Questa volta è colpa di Ellen aka la pigra.» «HEY!!!» Il trio si sedette su un tronco d'albero che faceva da panchina mentre giù a valle si potevano udire canti e festeggiamenti per quel giorno importante e solenne chiamato: NOTTE DELLE STELLE CADENTI . «Spero di riuscire a prendere qualche stella!» Disse la più piccola con occhi brillanti. «Secondo me le mancherai tutte vedrai le prenderò tutte io e diventeremo ricchi!» Disse la maggiore. «Sciocchezze, vedrete come le prenderò tutte io.» «Bè tanto le dovremo cercare domani mattina, dovremo aspettare che si raffreddino altrimenti c'è il rischio di bruciarci le mani.» Disse infine Alice mostrando un pò il suo lato da sbruffoncella. I due fecero un cenno per poi guardare il cielo in attesa delle stelle mentre al villaggio iniziarono ad alzarsi in cielo mille fuochi d'artificio colorati che attirarono l'attenzione dei bambini. «WOW!! Sono bellissimi!» Disse Ellen alzandosi dal posto e spostandosi verso il lato sinistro del promontorio ammirando quel gioco di colori che illuminava il cielo. «Sembra che non abbiano badato a spese quest'anno.» Matthew fece spallucce mostrando un mezzo sorriso mentre Alice guardava sua sorella minore con occhi protettivi. «Sono davvero felice.» Disse Ellen senza voltarsi attirando l'attenzione dei due bambini. «Sono così felice di vivere questi momenti così belli e così meravigliosi insieme a voi. E specialmente sotto questo cielo stellato sentendo i canti felici e spensierati del villaggio. Sono così felice!» Ellen si voltò mostrando un sorriso a trentadue denti verso i suoi amici e correndo verso di loro sedendosi in mezzo ai due, guardando il cielo pieno di stelle pronte a cadere da un momento all'altro. «Sarà davvero fortunato colui che ti sposerà.» Lo disse Matthew arrossendo lievemente e sussurrando quella frase che Ellen non capì mentre Alice fece un innocuo mezzo sorriso verso il ragazzino dandogli una pacca sulla schiena mentre lui rivolse la testa a destra cercando di non guardare nella direzione opposta. «Alice, Matt facciamo una promessa.» I due guardarono la più piccola confusi e sgomenti mentre lei, alzandosi dal tronco d'albero e con le mani dietro la schiena si voltò verso di loro, mettendo una mano davanti ad entrambi, in posizione retta. «Promettiamo che qualunque cosa accada, noi realizzeremo i nostri desideri e proteggeremo le persone a noi care restando per sempre insieme.» I due si scambiarono un occhiata compiaciuta e alzandosi, posizionando le loro mani sopra quelle della mora sorrisero e gridarono in coro: LO PROMETTIAMO! mentre in quel preciso istante mille stelle cadenti iniziarono a volteggiare nel cielo lasciando scie magiche e brillanti lungo tutto il cielo notturno.
 
****

«Scusa mamma abbiamo fatto tardi.» Disse Alice portando la sorellina addormentata sulle spalle. «Grazie Alice per esserti presa cura di Ellen. Spero vi siate divertite.» L'albina fece un cenno e sorrise compiaciuta. «Moltissimo! Anche se ho perso tutte le mie energie insieme a questa rompiscatole.» Disse sospirando e dando un occhiata stanca alla più piccola. Il padre apparve da dietro la porta della cucina con un grande sorriso rivolto alle due figlie. La madre si accucciò a terra prendendo la più piccola tra le braccia mentre il padre prese la più grande, che si imbarazzò a quel gesto infantile, per portarla nella sua cameretta a riposare. Lo stesso fece la madre portando la più piccola nella sua cameretta e appoggiandola sul letto cercando di non svegliarla, sedendosi sul bordo del materasso soffice rimboccandole le coperte e dandole una piccola carezza ai capelli della piccola «Ellen spero davvero che i tuoi desideri si avverino.» E mentre lo disse guardò il piccolo braccialetto sulla braccio di Ellen facendo un dolce sorriso. Stava per alzarsi dal letto ma fu allora che Ellen prese la manica dell'abito della madre e sempre mantenendo gli occhi chiusi fece un sorriso sussurrando un Grazie mamma e Grace socchiudendo l'occhio buono, quasi commossa da quelle parole diede un bacio della buona notte alla fronte di sua figlia, lasciandola dormire beatamente.

Angolo Autrice:
Salve a tutti! Volevo premettere un pò di cosine riguardo questo primo capitolo e riguardo tutta la storia. Prima di tutto la storia non sarà intaccata e gli avvenimenti accaduti saranno pressoché uguali, eccezion fatta per il mio personaggio ovviamente, e per alcuni luoghi che saranno totalmente inventati, tuttavia ne il carattere dei personaggi ne alcuni luoghi fondamentali dell'opera di Echiro Oda verranno toccati. Seconda cosa il rating per ora è giallo ma in futuro potrebbe cambiare dato che più avanti ho intenzione di inserire tematiche molto forti e che potrebbero urtare la sensibilità del lettore. 
Adesso passiamo a qualche considerazione sul capitolo. So bene che in questo primo capitolo la descrizione di alcuni personaggi e di alcune loro caratteristiche sono davvero poche (quasi mi vergogno) ma queste caratteristiche andranno ad essere analizzate lungo tutto il corso della storia quindi non dovete preoccuparvi se non ho descritto appieno i miei personaggi. Terza e ultima cosina sentitevi liberissimi di chiedermi qualunque cosa riguardo questo capitolo e cercherò di darvi delle risposte cercando di non entrare nello spoiler senza ovviamente rovinarvi la sorpresa. 
Detto ciò credo di aver concluso e spero con tutto il cuore che questa mia storia vi possa piacere. Aspetto le vostre recensioni/critiche, un bacione la vostra Red!

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Capitolo 2
*** TRAGEDY: La piccola stellina solitaria (PART II) ***


TRAGEDY ;; 
La piccola stellina solitaria;
(-PART 2-)

Sembrava una notte come tante altre calma e tranquilla, e il silenzio la faceva da padrone su quell'isola a forma di Stella del Mare Meridionale. Ellen dormiva beata e anche la sua famiglia, così come gli abitanti del villaggio. Tutto sembrava avvolto da una bolla insonorizzata di pace e tranquillità, quando, improvvisamente qualcosa si udì in lontananza. Un boato, come di un fuoco d'artificio che fece sobbalzare Ellen dalla paura. «Che cos'è stato?» Disse strofinandosi l'occhio destro e sbadigliando ancora mezza assonnata avvicinandosi alla grande finestra di fianco al letto dal letto, osservando il paesaggio fuori dall'abitazione cercando di capire da dove il suono potesse provenire. Subito la sua domanda trovò una risposta quando vide qualcosa andare a fuoco nel villaggio e fu allora che gli occhi di Ellen sembrano diventare due fessure mentre il suo cuore sembrava accelerare il battito quasi a voler scoppiare. Improvvisamente si sentì un altro suono, questa volta pià vicino e questo causo lo scoppio di ben due case del villaggio. Ellen sembrò ancora più confusa finchè non vide qualcosa in lontananza, una sagoma scura che metteva in Ellen una certa soggezione. Lei non capì cosa fosse, o forse non voleva capire, per un attimo pensò che tutto questo fosse un brutto incubo e scrollò la testa più volte pizzicandosi addirittura le guance finendo per colorarle con un rosso accesso. La moretta allora decise di indietreggiare mentre il respiro sempre più affannoso ostruiva il regolare funzionamento del suo corpo. All'improvviso la porta della stanza della piccola bambina si spalancò completamente facendo prendere quasi un colpo ad Ellen prima di voltarsi e vedere una figura familiare che bastò completamente a tranquillizzarla. «Ellen stai bene vero?» Disse Grace guardando la figlia confusa e stringendola forte tra le braccia. «Ascoltami attentamente, adesso dovrai essere coraggiosa, credi di farcela?» Ellen fece un piccolo cenno senza rispondere a parole prendendo la mano della madre che nel frattempo, indietreggiando da lei, la stava letteralmente trascinando fuori dalla sua stanza ancora con il pigiama addosso. Entrambe scesero le scale mentre la piccola, trovato il coraggio di parlare grazie alle parole della madre, continuava a fare domande, domande che vennero completamente ignorate dalla madre. Finendo di scendere le scale e arrivando in soggiorno, l'attenzione di Grace cadde sul marito e sulla piccola Alice che, non appena le vide tirò un sospiro di sollievo raggiungendole e sorridendo ad Ellen mentre Grace raggiungeva a passi veloci Zero che, digrignando i denti iniziò a parlarle velocemente sulla situazione che si stava creando. «Ellen!!! Meno male! Ero preoccupata per te.» Disse Alice stringendola forte nelle sue braccia e guardandola con occhi protettivi tuttavia Ellen aveva lo sguardo perso nel vuoto e i suoi occhi brillanti erano totalmente scoparsi, l'albina fece un sorriso fasullo cercando di tranquillizzare la sorellina però, era chiaro come il sole che entrambe avevano la consapevolezza di qualcosa di diverso, qualcosa che stava cambiando, e che, purtroppo non poteva essere fermato. «Grace, cosa facciamo?» «I porti saranno tutti assediati e dubito che i promontori non siano assediati. L'unica cosa che possiamo fare è andare alla baia che si trova a EST. Lì avremo qualche possibilità e nel caso ci fossero dei nemici, potrò senza dubbio spazzarli via usando il mio frutto del diavolo.» «Grace non pensi alle bambine? Certo potrai anche combattere ma come faremo? Come faremo a sconfiggere tutti quei nemici e allo stesso tempo proteggere le piccole?» «Hai qualche idea migliore?» In quel preciso istante Zero si zittì, occhi pieni di incertezze e di preoccupazione verso la sua famiglia. «Zero questo è l'unico modo, e credimi, sto cercando di trovare una soluzione prima che lui le trovi.» «Dannazione!» Ellen intanto si era posizionata davanti alla grande finestra che si affacciava sul villaggio, lo la testa piena di mille pensieri mentre con la piccola mano toccava il vetro freddo. «Sorellona che cosa sta succedendo?» Alice semplicemente abbassò la testa scuotendola. Nemmeno lei sapeva a cosa sarebbero andate incontro, era tutto così confuso tutto così surreale. Come era possibile che la calma e la tranquillità di prima si fossero trasformate in questo? Ellen non riusciva a capire, no, non riusciva proprio a capire e mentre guardava fuori da quella finestra, dal villaggio si udirono distintamente delle urla e grida strazianti misti a spari e cannonate delle quali Ellen rimase impietrita mentre il fuoco si stava avvicinando sempre di più alla loro casa. Fu allora che Grace e Zero, prendendo in braccio rispettivamente Ellen ed Alice uscirono dalla porta di casa, spalancandola ed iniziarono a correre verso quella luce rossa scendendo in città e cercando di passare inosservati, nascondendosi dietro ad alcune case ancora integre.

Entranti nel cuore della città tutto ciò che Ellen vide fu la consapevolezza del terrore incarnato e sceso in terra. C'erano un infinità di persone che urlavano e che scappavano da qualcosa, o meglio da qualcuno. Persone che Ellen conosceva e che aveva imparato ad amare e a conoscere vivendo in quel villaggio. «Ellen, non guardare ti prego.»  Grace sussurrò parole gentili ad Ellen, accarezzandole i capelli cercando di tranquillizzarla e di distrarre la figlia da quel terrore che ormai aveva perso il sopravvento sopra ogni cosa. E cercando di far tenere la testa bassa alla piccola, in modo tale che i suoi occhi non vedessero questo inferno, si chiedeva come era possibile che quella persona fosse arrivata a tanto? Come era possibile contenere tanto odio verso lei stessa e la sua famiglia che non c'entrava nulla. Ellen intanto, per quanto la madre stesse cercando di nascondere il suo volto e i suoi occhi da quell'inferno, quelle due gemme color acquamarina rimanevano acute e pronte a captare e sopratutto a memorizzare ogni singola immagine di quella tragedia. Grace invece, cercando di correre più velocemente che mai, fu costretta ad indietreggiare più e più volte a causa dei nemici in lontananza che stavano circondando il villaggio. Il suo sguardo in quei momento andava sempre al marito che faceva segno di seguirla entrando in vie che si dimostravano inutili e per la maggior parte delle volte anch'esse piene di nemici. E proprio in una di quelle vie la loro corsa fu fermata da un gruppo di persone armate di sciabole e fucili che li circondarono sorridendo sadicamente verso la piccola famiglia. Ellen in quel preciso momento chiuse gli occhi stringendo la madre più forte, chiedendo protezione e sicurezza e pregando che questo fosse solo un brutto incubo. Del resto lei era solo una bambina di 8 anni una bambina troppo piccola per capire, troppo pura per riuscire a captare i segnali di disperazione e di tristezza. Troppo piccola eppure così consapevole di ciò che attorno a lei stava succedendo non era buono. Grace però senza il benché minino sforzo e usando una piccola parte del potere del suo frutto del diavolo riuscì a sconfiggere tutti i nemici facendo piazza pulita sorridendo vittoriosa e accarezzandola la schiena di sua figlia. «Visto. Non c'è niente da temere. Vedrai Ellen, io e papà ed Alice ti proteggeremo.» A quelle parole Ellen si sentì così sollevata e così felice. Non c'era spazio per tutti quei pensieri negativi che qualche minuto fa Ellen aveva racchiuso nel suo piccolo cuoricino, macchiandolo leggermente di un colore nero pece. Non c'era spazio per l'odio e per la tristezza, anche se questo non fosse stato un incubo o se lo fosse stato, alla fine, tutto si sarebbe risolto. E proprio ora sulle sue labbra si stava dipingendo un sorriso sicuro, di una persona che non conosce la parola tristezza o paura. Lei davvero sembrava quasi felice non rendendosi conto di quell'illusione creata da se stessa e dalle parole tranquille della madre. Un illusione che presto sarebbe sfinita mostrando la cruda ed orribile realtà. Fu allora che Grace si bloccò vedendo una figura familiare. Una figura che le fece quasi bloccare il respiro, mentre il suo battito cardiaco iniziò ad accelerare raggiungendo un astratto punto di rottura. «N-No....» Zero che era sempre rimasto vicino alla sua amata e vedendo anch'egli quella figura maligna sembrò crollare. Dopo qualche secondo di momentaneo silenzio bastò uno sguardo di Grace verso Zero per comprendere la situazione. L'albina cercò di mandare giù un singhiozzo e riuscì a trattenere le sue lacrime mentre Zero digrignando i denti posava a terra Alice che inclinò di lato la testa prendendo il volto di suo padre tra le mani. Grace invece non aveva ancora posato a terra Ellen e cercando di farsi forza esalò un lungo respiro posando a sua volta la piccola a terra e accucciandosi come Zero verso sua figlia. «Ellen, ti ricordi cosa ti dissi qualche tempo fa?» «La nostra promessa?» Innocenti parole mentre Grace cercava di darsi un qualche tipo di auto-controllo. «Esatto. Sai quella promessa è davvero importante, ma è ancora più importante quello che ti dissi dopo.» Ora quel muro indistruttibile stava crollando e Grace iniziò a piangere sotto gli occhi increduli di Ellen che voleva dire qualcosa ma fu subito interrotta dalla madre che, portando all'infuori il mignolo della sua mano e facendo un sorrisetto innocente iniziò a sussurrare dolci parole alla piccola. «Promettimi che manterrai fede a quella promessa. Okay?» «M-mamma....» Vedere sua madre in quelle condizioni fece rabbrividire Ellen che iniziò a singhiozzare a sua volta cercando l'abbraccio di sua madre che però la respinse rivolgendo lo sguardo verso Alice che sembrava sul punto di piangere come sua sorella. «Alice ora ti chiederò una cosa davvero difficile ed egoista.» Un cenno un po' insicuro dalla piccola albina. «Proteggi la piccola Ellen a qualunque costo. Non permettere a nessuno di toccarla. Ti prego Alice sei la mia ultima speranza.» Ora le sue difese crollarono completamente, un pianto disperato si levò nel cielo mentre Grace cercava con tutte le sue forze di respingere Ellen che voleva semplicemente abbracciarla e stringerla forte. «Alice sii forte. Io conto su di te. Porta tua sorella al sicuro e proteggila, ti prego Alice.» Zero abbassando lo sguardo e stringendo i pugni rivolse questa sua disperata richiesta alla piccola Alice che portandosi una mano sugli occhi e strofinando via le ultime gocce salate dagli occhi iniziò a correre verso Ellen, prendendola per mano e trascinandola via, mentre lei con tutte le sue forze cercò di opporsi a questa decisione, cercando di rallentare sua sorella e voltandosi allungando la mano in avanti come per raggiungere suo padre e sua madre che, rimasero lì, immobili piangenti finché quelle due figure non scomparvero dalla sua vista, fu allora che un grido disperato si levò per tutta l'isola.

 
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«PERCHE'?? Perchè gli hai abbandonati!?! SORELLONA! BASTA! FERMATI!!!» Alice continuò a correre imperterrita senza mai voltarsi le lacrime che qualche minuto prima aveva trattenuto mostrandosi forte ora uscivano imperterrite senza il minimo cenno di volersi fermare. E chiudendo gli occhi cercando di fermare quell'agonia interiore non si accorse di aver sbattuto conto qualcosa, o meglio qualcuno. Lei aprì subito gli occhi e vedendo quella figura tutte le sue certezze crollarono. Aveva una sciabola tra le mani ed il suo aspetto era quello di un uomo senza anima ne cuore, qualcuno disposto a tutto pur di uccidere. Alice indietreggiando iniziò a scappare nella direzione opposta mentre Ellen aveva smesso di protestare vedendo il pericolo davanti a loro. «Sorellina ascoltami. Ti ricordi? Hai detto che vuoi diventare un pirata, bene per diventarlo bisogna essere coraggiosi. Ora se davvero vuoi diventare un pirata, devi correre e scappare il pi lontano possibile da qui.» «Se credi che io ti lasci qui, come ho fatto con mamma e papà, ti sbagli di grosso!» «DANNAZIONE ELLEN! Smettila di fare la testarda! Tu non sei un eroina! SEI SOLO UNA BAMBINA COME ME! Adesso smettila di fare la stupida e inizia a correre più veloce che puoi!» Ellen scrollando la testa strinse saldamente la mano della maggiore che sembrò completamente spiazzata, ma forse, dentro di se sembrò sollevata nel vedere quanto amore sua sorella avesse per lei. Tuttavia rimaneva il fatto che Alice, come aveva detto, rimaneva una bambina e cosa avrebbe potuto fare lei per salvare sua sorella? Continuare a scappare non avrebbe risolto nulla e prima o poi quell'uomo nero le avrebbe prese e allora, non ci sarebbe stato più niente da fare. L'albina dagli occhi scarlatti cercava in tutti i modo di trattenere quelle lacrime amare, lacrime che non voleva far uscire come le sue insicurezze, lei avrebbe tento tutto dentro di se, soffocando quell'agonia interiore cercando di portare in salvo l'unica cosa che gli era rimasta. E mentre raccoglieva quei mille pensieri nella sua testa, non si accorse di essere entrata in un vicolo che non portava a nulla. Davanti a loro un muro troppo alto da scalare. Era la fine. L'albina si stava maledicendo per non aver fatto attenzione alla strada, ma come darle torto, era in preda al panico, e la precedenza della protezione di Ellen le aveva fatto perdere ogni punto di riferimento. La figura minacciosa dietro di loro con passo lento e barcollante, quasi a voler imitare un mostro senza anima e senza cervello, mentre la lama nella mano destra sgocciolava a terra, creando un suono macabro e disgustoso, avanzava e avanzava, finché non arrivò proprio davanti ad entrambe. Un sorriso macabro e sadico si creò sul suo volto mentre Alice davanti ad Ellen cercava di farla indietreggiare sempre di più fino a toccare il muro con la schiena. «S-Sorellona....» Alice poté fare solo e soltanto un'unica cosa, stringere quel piccolo tesoro a se, inglobandolo e facendole abbassare la testa. «Ellen, io ti proteggerò.» La sciabola alzata in aria pronta a fendere l'aria e a stroncare le vite di due giovani vite che tremando chiedevano pietà ad un Dio falso e maligno. Bastarono pochi attimi, secondi per udire l'aria fendersi mentre un altro colpo di cannone colpiva una casa a pochi metri di distanza da loro. Entrambe avevano chiuso gli occhi, credendo che la loro fine fosse giunta, tuttavia quella spada non toccò mai la carne tenera e candida delle due ragazzine che stupite di essere ancora vive e vegete osarono alzare la testa vedendo l'uomo disarmato mentre una voce maschile e familiare si fece largo in quello stretto vicolo. «Osa solo toccarle. E giuro che la prossima volta il proiettile te lo ritroverai in testa.» Alice ed Ellen quasi commosse si inginocchiarono a terra e insieme urlarono a gran voce: «MATTHEW!!» Il corvino sorridendo vittorioso e con ben 2 pistole tra le mani le guardò intensamente e puntando le armi contro il nemico. «Ellen, Alice mentre lo tengo sotto tiro voi cercate di aggirarlo e uscire fuori da questo maledetto vicolo.» Alice senza pensarci due volte, prendendo la mano della più piccola ancora scioccata sia per l'adrenalina accumulata che per la gioia di vedere un caro amico, correndo velocemente e aggirando l'ostacolo riuscì a mettersi dietro il ragazzo che sparando un colpo d'avvertimento a pochi centimetri dai piedi dell'uomo lo avvertì che non stava scherzando. «Ragazze state bene?» «Si, adesso si. Non so cosa avremmo fatto se tu non fossi intervenuto.» «Non preoccuparti Alice, ora dobbiamo assolutamente scappare e seminare questo impiastro.» Il trio iniziando ad indietreggiare iniziò a correre nella direzione opposta venendo avvolti dalle fiamme che ormai avevano quasi circondato il villaggio. «Matt sei sicuro che questa strada ci porterà fuori di qui?» Alice con tono preoccupato sembrò incerta sul senso d'orientamento del ragazzino che a sua volta sembrava confuso da tutte queste fiamme mentre Ellen stava cominciando a risentire gli effetti della corsa e del fumo sul suo corpo. «Ellen, stai bene?» Dissero in coro l'albina ed il corvino inginocchiandosi verso di lei e mettendole entrambi le mani sulle spalle. «Mi fa male la gola.....» Disse quest'ultima iniziando a tossire violentemente e chiudendo gli occhi per il troppo fumo. «Dobbiamo portarla via di qui, altrimenti rischia di soffocare.» «Credi che non lo sappia Alice? Ma con tutte queste fiamme non riesco a capire dove siamo....»  Mentre i due stavano discutendo animatamente sul da farsi Ellen tossendo ancora una volta e aprendo leggermente gli occhi notò una figura nera, familiare dietro ai suoi amici ed urlando tra un respiro affannoso ed un altro cercò di farli indietreggiare. «Ellen?» Disse Alice guardandola mentre Matthew che sentendo un rumore pesante alle sue spalle, senza voltarsi, si gettò letteralmente contro Alice che venne scaraventata a qualche metro di distanza mentre piccole perle rosse iniziarono a volare sotto gli occhi increduli di Ellen. «MATTHEW!!!» Disse Alice alzandosi da terra e facendo leva sulle sue braccia guardando il ragazzo che a terra, inerme venne calpestato dalla figura malefica dell'uomo maligno con la sciabola di qualche minuto fa. Alice in quel momento posò lo sguardo sulla sorellina che inerme rimase immobile mentre il mostro a pesanti passi si avvicinava pericolosamente a lei. Fu proprio in quel momento che il corvino a terra racimolando tutte le sue ultime forze strinse con forza la caviglia a quell'uomo terribile che si fermò guardandolo con occhi pieni di odio e di rabbia. «Non ti permetterò di fare del male ad Ellen e ad Alice. Non......Non te lo permetterò....» Lo disse sputando sangue dalla bocca mentre Ellen incredula, in ginocchio iniziò a tremare violentemente mentre Alice che si stava alzando da terra per aiutare il suo amico venne fermata da lui stesso con un NO sonoro. «Proteggi Ellen, non pensare a me Alice....Proteggi Ellen.» Lacrime amare sul volto della piccola albina dai capelli corti e proprio in quel momento il mostro nero con un calcio ben assestato spedì il povero ragazzino contro un muro integro spegnendo la sua luce una volta per tutte. Dopo ciò il mostro sadico riportò la sua attenzione sulla sua preda: Ellen. «ELLEN, SCAPPA! ELLEN!!!» Il grido disperato di sua sorella mentre con velocità, tra mille lacrime correva verso di lei, immobile, impietrita ed ancorata a terra. La foga di quel mostro terribile ora pronto, con velocità ad infilzare quella lama contro la piccola. Lacrime, grida, disperazione, terrore. In quel preciso istante tutte queste azioni, vennero incentrate e raggruppate in un punto solo. L'aria completamente rarefatta dal fumo e da un odore nuovo, ferro arrugginito dove piccole perle di vetro rosso iniziarono a cadere sul terreno, sul vestito della piccola Ellen e sui suoi occhi. Un liquido viscoso che gocciolava dal petto della sorella maggiore posizionata sopra di lei. «S-s-sorellona?» Disse Ellen con un filo di voce quasi impercettibile mentre qualcosa fuoriusciva dal corpo dell'albina formando un suono talmente macabro e tetro da far rabbrividire anche il più impavido cavaliere di questo mondo. «A-Alice?» Di nuovo a chiamare il suo nome, ad invocarla, ad avere qualsiasi tipo di risposta da lei, ma quest'ultima non parlava. Non emetteva suono, eppure sul suo volto era stampato un grande ed immenso sorriso. «A-...Ali....» Occhi pieni di confusione, disperazione, angoscia, terrore. Ellen si stava rompendo in mille pezzi ed Alice, rimaneva lì, con quel sorriso stupido. Perchè? Pensò Ellen in preda al panico e cercando qualcosa a cui aggrapparsi, prima di sprofondare in un coma profondo e senza via d'uscita. «E-Ellen...» Una voce flebile, dolce e sensibile, Ellen si risvegliò improvvisamente, sbattendo più velocemente le palpebre. «Sono così felice. Sono così felice che tu............stia bene.....» Ora qualche goccia salata iniziò a bagnare il volto della mora che tremando cercò di calmare il suo respiro affannoso. «Ellen promettimi che....che realizzerai il nostro sogno. Promettimi che vivrai grandi avventure e che non smetterai mai di sorridere.» Una smorfia di dolore sul volto della piccola Ellen mentre con mani tremanti cercava di prendere la sorella nelle sue braccia, ma lei scuotendo la testa e mantenendo quel sorriso si lasciò cadere a fianco della piccola esalando l'ultimo respiro e le sue ultime parole. Ti voglio bene Ellen.
 
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Iniziò a correre, veloce, sempre di più, cercando di schivare tutti i nemici che gli si paravano davanti. Ellen non riusciva nemmeno più a piangere, le pupille dei suoi occhi erano dilatate mentre vedeva davanti a lei persone che combattevano, gridavano, morivano. Lei in realtà non sapeva esattamente cosa fosse la morte, o forse si rifiutava di capire, capire il significato di quella parola terribile. E proprio grazie a questa convinzione pensò che sua madre, suo padre, Matt ed Alice fossero vivi, si, tutto sarebbe andato per il meglio. Continuava a ripeterselo, più e più volte cercando di ignorare tutti quei demoni negativi che sembrarono incatenarla ad una realtà che non si poteva cambiare. Eppure lei sperava, sperava che tutto questo fosse uno stupido incubo, sperava che tutto questo fosse finto, sperava che tutto fosse un' illusione. E mentre pensava a questo castello di carte, costruito da pile di sabbia, la piccola Ellen cadde a terra sbattendo la faccia al terreno e finendo per toccare con la mano destra qualcosa di viscoso, quando vide cosa la sua mano aveva toccato un brivido le percorse la schiena facendola indietreggiare e facendola urlare di terrore. Un liquido rosso aveva ricoperto la sua mano, cercò di pulire quella parte del corpo con il suo pigiama intriso di sangue familiare, ma tutto fu vano, qualche goccia di quel colore rosso era rimasto impresso su quella piccola mano. Ellen chiuse gli occhi portandosi le mani sulle orecchie sperando che tutto questo finisse, poco importava se avrebbe sporcato i suoi capelli con la sua mano, poco importava se nessuno l'avrebbe aiutata, voleva solo fermare il mondo, voleva fermare le urla, il dolore, la paura. Voleva urlare basta, ma la sua voce non usciva, ed ora, in mezzo alla strada giaceva, accucciata con le mani sulle orecchie e gli occhi chiusi, un facile bersaglio per chiunque. Fu allora che una folata di vento la colpì in pieno volto, mentre in lontananza si udiva il rumore dei tuoni segno che stava per mettersi a piovere. Ellen si tolse le mani dalle orecchie e lentamente aprì gli occhi, davanti a lei la tragedia. Case bruciate ed insieme a loro persone che bruciavano e che chiedevano aiuto. Un uomo alto e piuttosto corpulento osservò quella piccola figura indifesa, nella sua mano destra una spada molto affilata. Gli occhi di quell'uomo erano occhi simili se non uguali a quelli dell'uomo nero che aveva portato Ellen quasi ad uno stato di coma. E lentamente quell'uomo, a grandi passi, si avvicinò alla preda che, aveva capito cosa sarebbe successo. Ellen si alzò subito in piedi scappando via, nascondendosi dietro ad un abitazione in fiamme, il suo respiro affannoso e i suoi occhi pieni di paura, poteva sentire persino i battiti del suo cuore, che sembrava volesse esplodere. Mai aveva provato una sensazione del genere. Sentì i passi dell'uomo che si stava avvicinando e lei d'istinto cercò di scappare, indietreggiando, nascondendosi dietro ad un altra casa, ma l'uomo sembrava molto più intelligente di lei ed ora eccolo, dietro di lei, era riuscito a percepire ogni sua singola mossa. Tuttavia Ellen essendo minuta e molto più agile di quel gigante, facendo un ruzzolone in avanti riuscì a sfuggire all'arma nemica che aveva scagliato un colpo verso di lei. Ellen riuscì ad arrivare di nuovo sulla strada principale e non rallentò la sua corsa, anche se sia fisicamente che psicologicamente la piccola stava lentamente perdendo le forze. Cadde di nuovo questa volta a causa di un nemico che giaceva a terra in fin di vita, Ellen lo guardò schifata e spaventata anche se la sua attenzione fu attirata da qualcosa che luccicò, un piccolo coltello, ma ben affilato, Ellen non esitò ad associare quel coltello come arma. E mentre lo prendeva nella sua mano destra, che tremava quasi in preda a convulsioni, la figura del nemico riuscì ad afferrarla al collo, arpionandola al terreno, la spada che saliva sopra di lei, pronta a colpire la preda. Furono secondi interminabili eppure questi, bastarono per far copiare un azione che Ellen non si sarebbe mai aspettata. L'istito? La paura? Le promesse? Qualcosa l'aveva comandata ed ora con forza il coltello era conficcato nel cuore del nemico. I tuoni iniziarono a rimbombare e qualche goccia trasparente iniziò a cadere dal cielo. Il nemico si accasciò a terra ed Ellen sgattaiolò fuori da quella posizione prima di rimare schiacciata dalla massa corporea di quell'uomo. Ora la pioggia iniziò a scendere copiosa e il rumore di essa inghiottì tutte le urla e le grida di quella tragedia. Il fuoco delle case si stava spegnendo mentre il silenzio aleggiava in tutta l'isola. Ellen rimase a terra. Tremava, aveva paura e sentiva una fitta al petto. Gli occhi che sembravano due fessure e cercavano disperatamente una figura paterna o qualcuno di familiare, purtroppo invano. Il suo respiro era affannoso, il suo corpo bloccato, il suo cuore ormai si era tinto di un colore nero pece e tutto ciò che sentiva e vedeva era odio e disperazione. Chiudendo gli occhi e portando le mani sulle orecchie cercò di dimenticare ogni cosa, iniziò a sbattere la testa sul terreno fangoso urlando e piangendo ripetendo nella sua piccola testolina una cantilena fasulla. Cercava di trovare qualche punto di appoggio, qualsiasi cosa che riuscisse a smuoverla. Bastava anche solo un segno, un piccolo segno e se proprio doveva svegliarsi da quell'incubo allora si sarebbe fatta del male da sola, si sarebbe rotta la spalla, una gamba, qualsiasi cosa pur di non credere a quella tragedia. Pur di non credere a quella solitudine. E lei, quella piccola bambina, l'unica sopravvissuta di quell'isola restò lì, impalata a terra, per chissà quanto tempo, a chiedersi perchè, perchè proprio lei, perchè quest'isola? Occhi completamente arrossati e un viso sporco di terra e di sudiciume mentre la piccola si alzava dal terreno, il suo pigiama era un miscuglio di sangue e fango. «Sono....sola...» Disse con occhi ancora pieni di lacrime ed una voce roca, rotta da mille singhiozzi. Fu allora che le ritornarono in mente le parole di sua madre e anche quelle di sua sorella. Promettimi che manterrai fede a quella promessa. Okay? Ellen promettimi che....che realizzerai il nostro sogno. Promettimi che vivrai grandi avventure e che non smetterai mai di sorridere. «Tutti loro hanno creduto in me. Tutti hanno sacrificato la loro vita per me. Sono così stupida. Non ho saputo proteggere nessuno. Non ho mantenuto la promessa di Alice.........» Mille singhiozzi vennero esalati e sempre di più nella piccola Ellen si stava facendo spazio l'opzione di arrendersi e di morire lì, nel silenzio, dimenticata da tutto e tutti. Tuttavia un piccolo tinttinniò attirò la sua attenzione. La palla di vetro contro il braccialetto di ferro risuonava formando echi musicali magici e riuscendo a far smettere il pianto di Ellen. Lei guardò quel bracciale e tirando su con il nasino completamente rosso, strofinandosi gli occhi e scuotendo la testa alzò lo sguardo al cielo che sembrava sul procinto di aprirsi lasciando passare raggi solari caldi ed estivi. «Non permetterò più a nessuno di proteggermi, d'ora in avanti, io proteggerò me stessa senza l'aiuto di nessuno. Alice, mamma, papà, Matthew. Ve lo prometto io continuerò a vivere in modo tale che i vostri sforzi non siano stati vani. Ve lo prometto

Angolo Autrice:
Ed ecco la parte N°2 di questo primo capitolo! Sarò sincera è lunga ma quando mi sono messa a scriverla ho voluto trasmettere tutte le emozioni di Ellen di questa terribile tragedia. E spero vivamente di essere riuscita nel mio intento.
Ringrazio di cuore chi ha visualizzato la storia e ringrazio in anticipo chi troverà il tempo di leggerla.
Un bacione e alla prossima, Red.  

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Capitolo 3
*** HOPE: La piccola stellina speranzosa ***


HOPE ;;
La piccola stellina speranzosa;

«Cosa dovrei fare adesso?» La piccola moretta ricoperta di sangue e fango guardò il cielo che si era aperto, mostrando all'orizzonte un alba che toglieva il respiro, tuttavia, per Ellen, quell'alba o, qualsiasi cosa bellissima e magica che la natura poteva offrirle, non significava più nulla. «Mamma e Papà avevano detto che alla baia EST avremmo avuto qualche possibilità di fuga. Inoltre credo che ormai non ci sia più nessun nemico in zona.» La bambina inalando tutta l'aria presente nel suo piccolo spazio e chiudendo per qualche secondo gli occhi cercò di rasserenarsi, mostrando un lato di forza e, in qualche modo di positività. Riaprendo gli occhi e liberando l'aria tenuta dai suoi polmoni avanzò lentamente, mentre con la manica della pigiama ormai ridotto ad uno straccio sporco, cercò di pulirsi il nasino, scuotendo leggermente la testa e cantilenando un Coraggio Ellen, Coraggio Ellen nella sua piccola testolina.

«Spero soltanto di trovare una barca in buone condizioni....» Disse tra se e se mentre camminava in mezzo alla vegetazione, percorrendo un sentiero che, probabilmente avrà avuto più di 50 anni date le sue condizioni che, a tratti lo rendevano addirittura inagibile. «Questo sentiero è più fitto di quel che pe---» «Devo ammettere che questa volta quel tizio ha fatto davvero una carneficina.» «Già, di solito quando saccheggia un'isola lascia in vita qualche persona.» «Purtroppo questa volta ha fatto fuori tutti quanti, che disdetta.» Sentendo quelle voci Ellen si irrigidì sul posto, un brivido le percorse la schiena, la possibilità che quelle persone potessero essere buone era pari a 0 e lei lo sapeva perfettamente, del resto, dopo quello che era successo, lei aveva perso la sua fiducia verso le chiunque. «Be non ci possiamo fare niente. E poi meglio loro che noi non ti pare?» «Concordo appieno, sempre meglio di essere fatti a fettine di quel mostro.» «Ora dovremo tornare dal nostro Capitano prima che salpi e ci lasci in quest'isola deserta.» I passi pesanti che si avvicinavano sempre di più alla figura minuta che, respirando a fatica riuscì a riprendere il controllo di se stessa, nascondendosi in mezzo alla vegetazione, accucciandosi mentre quei tre uomini passavano tranquillamente e ridendo uno di fianco all'altro. Ellen cercò di stare zitta, addirittura trattenendo il respiro e mettendosi una mano davanti alla bocca mentre le sue mani tremavano e i battiti del suo cuore acceleravano sempre di più. Devo andarmene di qui pensò cercando di allontanarsi camminando all'indietro e mantenendo lo sguardo puntato suoi nemici, cercando di non perderli di vista, ma nel fare ciò la piccola involontariamente pestò con il piede sinistro alcune foglie essiccate che allarmarono quasi subito i 3 uomini, piuttosto corpulenti e dall'aspetto minaccioso. «Avete sentito?» «Cosa?» Disse il secondo voltandosi verso il terzo che, voltatosi rimase immobile a guardare un punto indefinito della vegetazione. Ellen iniziò a respirare a fatica, gettandosi completamente a terra e portando anche l'altra mano sulla sua bocca cercando di non respirare mentre una parte di lei, lottava per trattenere le lacrime di paura. «Probabilmente sarà stato un animale selvatico.» Disse infine il primo dei tre che stava a capo del gruppo. «Voglio un attimo controllare, magari è un cerbiatto. Pensateci potremmo farci una bella colazione.» «Sei sempre il solito.» Nella testa di Ellen mille pensieri orribili apparirono, se l'avessero presa chissà cosa le avrebbero fatto, no, lei doveva vivere, doveva scappare, doveva mantenere la promessa fatta alla madre e a sua sorella, non poteva morire qui. Ma ogni piccola speranza veniva con forza calpestava dai passi di quell'uomo dalla cicatrice sull'occhio destro che si avvicinavano sempre di più alla sua esile figura. Il cuore che batteva all'impazzata mentre il suo piccolo corpicino tremava di paura, chiuse gli occhi gridando nella sua testa: Aiutatemi, qualcuno mi aiuti mentre quella figura ormai a pochi centimetri da lei la stava per scovare. «Puru, Puru, Puru, Puru, Puru, Puru.» «E' il tuo Den Den Mushi?» Disse il secondo che, tirando fuori il lumacofono si preparò a rispondere. «Hey ragazzi, avete avuto fortuna?» «Purtroppo no, sembra che lui abbia fatto fuori tutti, è davvero un peccato.» «Già lo puoi proprio dire, il Capitano non sarà contento.» «Non è nemmeno colpa nostra però!» «Sai com'è fatto no, quello li venderebbe anche gli scheletri se valessero qualcosa.» Il primo ed il secondo sospirarono copiosamente mentre il terzo che si era bloccato sul posto aveva rivolto lo sguardo verso i suoi compagni. «Comunque vi ho chiamato per avvisarvi che tra qualche minuto partiamo, quindi sbrigatevi se non volete rimanere qui.» E detto ciò la comunicazione venne interrotta. «Bene direi che possiamo andarcene.» Disse il primo mentre il secondo, rivolgendo un occhiata non proprio amica al terzo disse: «Se non vuoi rimanere qui, ti consiglio di sbrigarti.» Il terzo senza pensarci due volte si incamminò verso gli altri, avanzando per andarsene dall'isola. Ellen intanto respirando con gran fatica e sedendosi sul posto si portò una mano sulla fronte, asciugandosi il sudore e rivolgendo lo sguardo verso l'alto, felice di aver scampato il pericolo. Tuttavia nella sua testolina un pensiero si era fatto spazio, un pensiero pericolo, ma che aveva una logica. Probabilmente loro hanno una nave con cui andare via dall'isola e, francamente, anche se ci fosse una barca ormeggiata alla baia EST, non sarei in grado di usarla. In un certo senso sarei più al sicuro con quei pirati, o almeno credo siano pirati dal momento che hanno nominato un certo Capitano. Alzandosi dal nascondiglio e tenendo stretti i pugni, rivolgendo lo sguardo verso la direzione presa dai pirati fece un lieve cenno a se stessa. Quella è l'unica possibilità che ho di fuggire da quest'isola. 

Certo l'idea di dover avvicinarsi di nuovo a quelle persone non era delle migliori, inoltre era decisamente un controsenso per la piccola Ellen. Tuttavia questa era la sua unica via di fuga e lei doveva scappare da qui prima che quei demoni e quei rimpianti la soffocassero completamente, rendendola inerme e senza nessuna via d'uscita. «Sembra che il mare sia calmo.» «Già è davvero un ottimo tempo per salpare.» Due pirati allegri con delle botti sulle spalle, percorsero la spiaggia della baia SUD-EST mentre altri erano intenti a caricare sacchi pesanti, probabilmente pieni di cibo. Ellen intanto, nascosta tra la vegetazione osservava quei pirati allegri e spensierati, finché i suoi occhi non incontrarono l'immensa e maestosa nave pirata con la famosa bandiera nera ed il teschio bianco. Si lasciò sfuggire un sussulto di meraviglia, del resto, non aveva mai visto una nave pirata se non nei libri di fiabe o nei giornali. «E' gigantesca.» Sussurrò dando un calcio prepotente a quel sentimento di paura che pochi minuti fa l'aveva resa immune a qualche sorta di felicità o speranza. «Allora quanto vi manca per finire?» Sbraitò uno dei pirati con uno spadone molto grande lungo dietro la schiena. «Ci mancano ancora 2 carichi ma tra qualche minuto dovremo essere in grado di salpare.» Disse un altro pirata che portava sulle spalle una cassa di legno piuttosto pesante. «Ottimo, non fate tardare il nostro Capitano, prepararsi a salpare gente!» La folla gridò un sonoro SI che fece quasi tremare Ellen, riportandola alla realtà. Devo assolutamente salire su quella nave, però con tutti questi pirati.....Devo trovare una soluzione... Ellen guardandosi intorno notò qualche cassa di legno, vicino alla vegetazione, a pochi passi da lei. L'idea arrivò in un battibaleno e con determinazione lei si precipitò su di essa, da prima nascondendosi dietro ad alcuni alberi, per poi notare della distrazione dei pirati per infilarvici dentro. Fortunatamente quest'ultima era stata aperta quindi ad Ellen non servì nemmeno forzarla per entrarvici. L'unica nota negativa era il carico al suo interno. C'era un nauseante odore di pesce morto ed Ellen dovette cercare con tutte le sue forze di non vomitare dato che il pesce era un piatto che detestava. «Eh?» «Che c'è?» Disse un pirata ad un suo compagno che, grattandosi lo scalpo fece una faccia stupita. «Mi sembrava che quella cassa fosse aperta...» «E' appena mattina e tu hai già le allucinazioni da sbronza? Muoviti prima che il Vice Capitano ti faccia a fettine.» Quest'ultimo senza battere ciglio si apprestò ad alzare la cassa facendola dondolare a destra e a sinistra ponendo Ellen nella condizione di essere sommersa da quel pesce morto. «E' l'ultimo carico?» Disse il Vice Capitano all'uomo che subito fece un cenno sicuro. «PIRATI! SI SALPA!» Il gruppo di pirati gridò di nuovo un sonoro SI ed Ellen fu finalmente capace di sorridere speranzosa.

Angolo Autrice:
Salve a tutti! Mi scuso tantissimo per il ritardo di questo capitolo, attualmente sto lavorando anche al successivo quindi entro stasera o domani dovrebbe essere online. Volevo ringraziare tutti quelli che stanno seguendo la storia e c'è chi l'ha aggiunta tra i preferiti! Questo mi rende ancora più felice! Spero che la storia, andando avanti con i capitoli vi possa piacere ancora di più, un bacio Red19.

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Capitolo 4
*** CHOISE: La piccola stellina decisa ***


CHOISE ;; 
La piccola stellina decisa;

Ellen fu letteralmente scaraventa al suolo, fortunatamente il pesce aveva attuttito l'urto facendo da cuscinetto, tuttavia  Ellen poteva sentire che qualcosa aveva graffiato il suo braccio, probabilmente le assi di legno avevano sfregato contro la sua pelle lacerandola dato che si trovava in uno degli angoli della cassa di legno. «Hey hai finito di sistemare quelle dannate casse? Ci serve una mano sul ponte.» L'uomo che qualche minuto fa aveva trasportato la cassa fino alla stiva fece un grande sospiro mentre si incamminava verso l'uscita della stiva chiudendo la porta alle sue spalle. Mh..... Ellen emise un leggero suono con le labbra avvicinandosi alle fessure della cassa e osservando l'ambiente intorno a lei. Era decisamente buio per essere giorno ma questo non spaventò la piccola, del resto, dopo quello che aveva passato, dopo quello che aveva visto, una paura infantile come quella del buio non era nulla. Devo trovare il modo di uscire da qui. Ellen alzò la testa, pochi centimetri la distanziavano dal coperchio di legno. Questo legno non è in buone condizioni. Se do un calcio ben assestato dovrei riuscire a romperlo. Ellen si mise nella miglior posizione possibile, a fatica, date le dimensioni ristrette e il poco spazio che le rimaneva. Iniziò comunque a calciare il legno, calci sempre più assestati, sempre più forti finchè con un ultimo sforzo riuscì a sfondare il coperchio. Un enorme sorriso si dipinse sulle sue labbra prima di uscire finalmente da quella bara puzzolente e respirare un pò di aria pulita. Lei sussurrò alcune parole impercettibili stirando le braccia all'aria prima di alzarsi sulle sue gambe e guardarsi intorno curiosa di esplorare quella stiva. Per prima cosa ho bisogno di mangiare. Ovviamente essendo una stiva non ci volle molto perchè Ellen trovasse una fonte di cibo che consisteva in alcune fette di formaggio e del pane. Per un attimo sembrò addirittuara soffocarsi dalla fame che aveva accumulato durante le ultime 24 ore. «.......Mi chiedo dove mi porterà questa nave...»  Sussurrò con la sua flebile vocina prima di puntare lo sguardo contro la porta chiusa. Questo non ha importanza Ellen. Ora devo concentrarmi. Questa è pur sempre una nave pirata, se mi scoprissero non so cosa succederebbe. Devo stare attenta. Detto ciò Ellen si spostò velocemente verso la cassa del pesce togliendovi le ultime assi ormai ridotte ad un mucchio di legna da ardere trasportandole dietro ad alcuni barili. Ora mi serve un telo per coprire quella dannata cassa. Questo era l'unico modo per non destare sospetti. Del resto aveva notato che la ciurma di questa nave non era il massimo dell'intelligenza. Sicuramente non si sarebbero posti domande. 
Disteso il telo nero sopra al pesce morto Ellen potè finalmente tirare un sospiro di sollievo mettendosi seduta dietro ad alcuni barili decisamente vecchi e coperti in alcuni punti dal muschio. Sto cominciando a puzzare come un ratto di fogna. Sospirò chiudendo per qualche secondo gli occhi. Riuscirò davvero a mantere la nostra pormessa? Si raggomitolò su se stessa prendendo le gambe con le braccia e stringendole a se. Gli occhi a fissare il bracciale con la piccola stella all'interno della sfera trasparente. Sono così stanca.... Dopo quello che aveva passato, per Ellen era stato difficile anche solo immaginare di poter dormire. Anche ora lei non poteva dormire, non poteva sognare, non poteva. Lei era come una formica, una piccola formica in mezzo a tutti quei giganti. Sarebbe bastato poco, davvero poco per schiacciarla. Non poteva ridurre le sue possibilità di sopravvivenza cedendo ai suoi istinti. Almeno per per ora lei, doveva resistere. 

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«Non sarebbe male trovare una sirena?» «Tu sei tutto matto! E' già tanto se abbiamo trovato quelle belle ragazze!» Ellen spalancò subito gli occhi, la visione sfocata ed il suo cervello che pulsava e batteva violentemente contro il suo craneo. Aveva ceduto al sonno, tuttavia per sua fortuna, nessuno l'aveva scoperta. «Sai credo che il nostro Capitano stia ancora cercando il pezzo forte dell'asta.» Asta? «Si lo penso anch'io, dubito però che riusciremo a trovare qualcosa in questo tratto di mare.» Ellen appoggiò il retro del suo craneo contro uno dei barili, il respiro a diminuire in modo tale che la sua presenza fosse in qualche modo celata. «Bè non è mai detta l'ultima parola.» I due pirati risero in coro mentre con le braccia piene di cibo se ne andarono lasciando la ragazzina da sola ma fortunatamente illesa. Loro stavano parlando di un asta..... La moretta aveva già capito. Questa non era una semplice nave di pirati. Se non fosse stata attenta, se si fosse fatta scoprire, per lei sarebbe stata la fine. 
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I giorni passarono e per Ellen quella stiva era diventata come una casa, aveva imparato a memoria la posizione di ogni chiodo, ogni ragnatela, lei orami era diventata un tutt'uno con quel luogo scuro e malsano. A volte rimaneva a fissare il vuoto e troppo spesso trovava piacere nell'osservare qualche piccola goccia d'acqua cadere dalle travi del soffitto di legno. Quello era il suo unico passatempo, ascoltare e osservare, rannicchiata nel suo sudiciume. Quanto ancora sarebbe durata la sua sanità? Quanto avrebbe resistito prima di distruggere se stessa? Nemmeno lei poteva saperlo. Tutto ciò che poteva fare era aspettare, immobile e silenziosa, pregando in un miracolo. Ed esso sembrò ascoltare le preghiere della piccola infante arrivando inaspettatamente e sorprendendo la stessa Ellen. Era una giornata come tante altre e mentre Ellen era intenta a disegnare con le sue dita sporche di marcio forme immaginarie sul legno del pavimento ammuffito, le porte della stiva si spalancarono con un rumore assordante. «Vedi cosa vuol dire fare il buon samaritano?» «Oh poveretto deve far male!» «Domani probabilmente il Capitano ti ammazzerà definitivamente.» «Intanto goditi il tuo ultimo giorno di vita ahahahahah!» Si udì un suono sordo come quello di un peso morto che veniva gettato a terra brutalmente. I due pirati dalle sagome scure risero mentre chiusero la porta sbattendola e lasciando Ellen spiazzata. «......» Lei si alzò leggermente dalla sua posizione,  gambe tremanti mentre si reggeva in punta di piedi per vedere dall'altro lato del barile. «Non sono riuscito a--...» Qualla figura misteriosa tossì così forte che sembrava quasi stesse per vomitare ed Ellen allora non ebbe più alcun dubbio. Una figura umana era distesa a terra, sembrava malridotta e la sua voce profonda e vissuta pareva quella di un vecchio. «Dunque è così che finisce......Avrei voluto morire in un modo diverso.....» Ellen si appoggiò di più al barile, le mani sopra di esso fino a sporgersi in avanti, tuttavia la sua forza ebbe la meglio e cadendo in avanti con quel barile la piccola si ritrovò a terra, i suoi occhi vuoti rivolti verso lo sconosciuto. «Quindi non ero solo.» Ellen indietreggiò violemente però la voce dell'uomo la fermò. «Ferma non avere paura. Non voglio farti del male. Del resto, anche se volessi, nelle condizioni in cui mi trovo sarebbe inutile.» La moretta dai capelli corti si fermò le braccia all'indietro, a soreggere il suo corpo mentre calcolava la situazione. Era sicura di potersi fidare? Dopo tutto quello che aveva passato? «Va tutto bene. Ti prego fatti vedere, il mio nome è Geremia Huntson, sono un vecchietto indifeso, non avere paura di me signorina.» La figura femminile fece un grande respiro e lentamente si avvicinò gattonando a terra fino ad arrivare ad una distanza media tra lei e l'uomo piuttosto anziano disteso sul pavimento. Egli rimase scioccato alla vista del sangue nero sul vestito e sul corpo della piccola. Sembrava volesse dire qualcosa ma decise di non parlare rimanendo in silenzio. Ellen invece osservò il vecchio, i suoi lineamenti erano quelli di un uomo vissuto, la barba grigia folta e lunga così come i suoi capelli, anch'essi grigi e folti, mentre gli occhi verde chiaro spiccavano sul suo volto. I suoi abiti erano stracci di color marrone scuro, la sua sciarpa azzurra sbiadita dal tempo e a tratti strappata attorno al suo collo. Ellen lo fissò ancora per qualche secondo prima di puntare lo sguardo su un taglio che aveva alla tempia destra e da cui usciva del sangue, probabilmente quella ferita era fresca. «Dimmi signorina sono stati loro a ridurti così?» Lei scosse immediatamente il capo, non una sillaba fuoriuscì dalle sue labbra secche. «Puoi parlare?» Il suo tono di voce si fece sempre più morbido, ogni sua parola era un piccolo pezzo di sicurezza che trasmetteva ad Ellen. «.....S-...si..» Riuscì ad emettere qualche suono flebile. Da quanto non parlava con qualcuno? Da quanto le sue labbra erano rimaste chiuse per la paura di essere scoperta. «Vorresti parlare a questo povero vecchio signorina?» Lei si avvicinò di più sedendosi ed abbracciando le sue gambe. «Si.» Disse solo questo, prima di appoggiare il mento sulle sue ginocchia rovinate e sporche, gli occhi di Geremia sembrarono brillare a quella risposta.
 
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«E' incredibile come tu sia arrivata fino a questo punto. Hai tutta la mia ammirazione piccola Ellen.» Entrambi seduti infondo alla stiva, le loro schiene contro il muro mentre la notte aveva circondato quel luogo. «Grazie signor Geremia. Ora quello che mi resta da fare è sbarcare alla prossima isola e trovare un posto dove passare il resto della mia vita.» L'uomo sorrise dolcemente alzando gli occhi al cielo. «Sai mi ricordi la mia nipotina, lei è così coraggiosa e piena di sè. Sareste ottime amiche.» «Mi piacerebbe conoscerla!» «Un giorno sicuramente la incontrerai piccolina.» Sorrise abbassando il capo e dandole una carezza sui capelli marroni, lei chiuse gli occhi per qualche secondo, sulle sue labbra si dipinse un sorriso sincero ed innocente. «Ti fa ancora male? Intendo la ferita.» Geremia si toccò la tempia destra, coperta da un panno nero. «Grazie al tuo aiuto non mi fa più male.» La moretta fece un sorriso a trentadue denti inclinando di lato la testa. Fortunatamente si era ricordata di alcuni panni che coprivano il pane dagli insetti e aveva pensato bene di usarle come garza. «Geremia non c'è un modo per aiutarti? Io non voglio che quei pirati.......» Egli fece un sospiro di rassegnazione appoggiando la testa al muro di legno. «Ellen. Io ormai sono condannato. Ho tentato di liberare gli schiavi tenuti prigionieri nelle segrete di questa nave. Ormai il mio destino è segnato.» «Ci deve essere un modo per salvarti. Io non permetterò che ti facciano del male. Vedrai troverò un modo per....» «Ellen.» La figura femminile osservò l'uomo, gli occhi pieni di ansia. «Guardami. Ormai sono vecchio, non ho rimpianti e anche se lascerò delle persone a me care, sono comunque felice. Mia moglie è morta qualche anno fa e mio figlio si è creato una bellissima famiglia. Loro mi amano ma ormai è tempo che mi faccia da parte. Ho vissuto anche troppo a lungo.» Ellen si alzò in piedi, la fronte corrugata. «Come puoi dire una cosa simile! Non pensi a quanto loro possano soffrire? Non pensi che se tu sparissi loro rimarebbero con il rimorso pensando al perchè non sono riusciti a salvarti! Non ci pensi minimamente?!» Il vecchietto chiuse gli occhi, un sorriso puro sulle sue labbra nascoste dalla folta barba grigia. «Piccola Ellen ho deciso di mia spontanea volontà di partire per un viaggio senza ritorno. Sapevo che avrei corso dei rischi. Ero pronto a questo. Loro non hanno nessuna colpa e mio figlio lo sa. Lui ha già appreso questo.» «M-ma...» «Ellen. Le persone decidono di compiere atti che potrebbero far soffrire coloro che amano, tuttavia le loro azioni non sono altro che piccoli ed innocenti desideri che per una vita hanno tenuto nel loro cuore, aspettando il giorno in cui essi si sarebbero realizzati. Io ho deciso di partire per il mare, perchè era l'unica cosa che volevo fare prima di morire. Sapevo che sarei potuto morire e anche la mia famiglia lo sapeva. Tuttavia proprio perchè era il mio ultimo desiderio, proprio perchè questa era la mia felicità, loro mi hanno assecondato, lasciandomi partire.» Geremia fece una pausa, la sua mano appoggiata ai capelli corti della piccola. «Ellen io ho scelto questa vita e loro l'hanno accettata, piangendo ma consapevoli che ciò mi avrebbe reso felice.» Ellen in quel momento ripensò alle ultime parole della madre. I suoi ultimi gesti. Quell'abbraccio negato e il suo modo di agire. Lei aveva scelto di morire per lei, questo l'aveva resa felice, proprio come sua sorella maggiore e suo padre. Loro avevano accettato quella sorte con il sorriso. Ellen strise i pugni, piccole goccie trasparenti caddero dai suoi occhi azzurri. «Non dimenticare mai ciò che hai scelto e che ha reso fiera la tua famglia. Non dimenticarlo mai Ellen.» La piccola moretta si pulì le lacrime con il dorso della mano prima di porre il suo sguardo su quello di Geremia. «Tu hai scleto di vivere.»

Angolo Autrice
Mi dispiace tantissimo di non aver più aggiornato questa storia ma ho avuto davvero troppi impegni. Fortunatamente ora ho più tempo libero per me stessa e per lavorare a questa storia. Quindi aspettatevi molti capitoli durante queste settimane. Mi scuso ancora per la lunghezza di questo capitolo ma ci tenevo a dare un piccolo spazio a Geremia dato che è un personaggio che non apparirà molto all'interno di questa storia. Inoltre so bene che molti si stanno chiedendo quando entrano in segna i personaggi di One Piece ma abbiate ancora un pò di pazienza e abbiate fede seguendo questa storia dall'inizio e vi prometto che non ve ne pentirete. Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente e chi ha aggiunto questa storia tra i preferiti e chi la sta seguendo! Grazie di cuore, un bacio e a presto.
Red19

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