Fase due: Zona Bruciata {Sequel di Benvenuta nella radura}

di Stillintoyou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***
Capitolo 26: *** {LINK AL THREEQUEL} ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***




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Secondo quello che diceva il calendario della base della C.A.T.T.I.V.O., non era passato poi così tanto a tempo... eppure loro, i miei compagni radurai, mi mancavano come se non li vedessi da anni.

Lui mi mancava come se non lo vedessi da anni.

Le comunicazioni video nella radura erano state bruscamente interrotte per cause sconosciute... almeno, quelli da cui potevo guardare io.

Papà mi disse che da quel momento in poi non potevo più guardare ciò che accadeva in quel posto. Che forse, per il mio bene, era meglio che dimenticassi quel posto.
Ed era così dall'inizio del mese, quindi... dall'arrivo di un nuovo fagiolino nella radura.

Ammetto che ero dannatamente curiosa di vedere che faccia di caspio poteva avere e il suo nome. Volevo dannatamente sapere il suo nome.

Nessuno aprì bocca anche per darmi quella piccola ed insignificante informazione.

‹‹ Avranno i loro motivi... ›› pensai.

Eravamo fermi nel suo ufficio. Sulla scrivania c'erano diverse scartoffie compilate, tutte sparse e stropicciate, la carta ingiallita.

Da quando mi trovavo in quel posto, avevo scoperto parecchie cose sul mio passato, sull'occupazione di mio padre, su mia madre...
Mia madre, quella donna di cui non avevo nemmeno memoria, ma che sentivo il bisogno di ritrovare.
Papà mi aveva detto che, nonostante l'eruzione avesse preso possesso di lei, probabilmente era ancora viva. Gli mancava da morire.
In lui, nonostante fosse uno dei capi della C.A.T.T.I.V.O. (ed il capo principale di quella base), non vedevo il male assoluto come forse avrei dovuto vedere:
Vedevo il dolore di un uomo che aveva perso sua moglie e per poco anche sua figlia.
Avevo imparato a conoscerlo, vedendo del bene in lui: D'altronde non amava fino in fondo ciò che faceva, lui voleva solo salvare il mondo, consapevole, però, che sarebbe stato impossibile.
Nessuno poteva salvarsi ormai, e trovare una cura contro l'eruzione diventava sempre di più una cosa impossibile.
Io, poi, mi ero categoricamente rifiutata di continuare a lavorare. Non volevo fare del male ai miei compagni, non volevo più vedere morti, non volevo più vedere sofferenza.

Erano desideri che ormai capivo che erano irrealizzabili.

Tutto quello che riguardava il nostro mondo, ormai, era solo sofferenza. La gente lì fuori moriva ogni giorno, tutti impazzivano per via del calore, per via del virus...

Vivere nel terrore del chiedersi “chi sarà il prossimo?” non era per niente facile e per niente bello.

Addormentarsi col terrore di essere proprio tu il prossimo, era la cosa peggiore.
‹‹ Piccola, mi passeresti quel fascicolo, per favore? ›› chiese gentilmente mio padre, dopo aver bevuto l'ennesimo caffè di tutta una mattina.
In quei giorni sembrava non fare altro.
Lavoro, lavoro, lavoro. Solo ed esclusivamente lavoro. Era veramente indaffarato da quando avevano fatto l'ultima riunione tra capi, nel quale si parlava del termine della fase uno.
Gli passai il fascicolo dal titolo coperto. Non prometteva nulla di buono, me lo sentivo.
‹‹ Papà, non è meglio se riposi un po', invece di continuare a bere caffè in quel modo? Non penso che ti faccia bene... ››
‹‹ Devo finire questo schifo ›› sbottò lui, quasi infastidito dalla mia domanda, sollevando poco dopo gli occhi verso i miei. Aveva delle grosse occhiaie scure, come se non dormisse da settimane. Eppure lo faceva, ma probabilmente il suo sonno era disturbato dai suoi incubi notturni, dove sognava di perdere mia madre per l'ennesima volta.
I suoi sogni – incubi – ormai giravano solo attorno alle perdite delle persone che amava, quindi, me e mia madre.
Uno di questi si era già verificato.
Sapevo cosa significava avere incubi del genere... lo sapevo eccome.
‹‹ Puoi sempre riprendere una volta sveglio ›› continuai io. Ero seriamente preoccupata per lui, sapevo che non poteva reggere a lungo quel ritmo, era impossibile anche per uno come lui, che ormai reggeva lo stress meglio di chiunque altro, lì dentro.
‹‹ L'eruzione prende a livello celebrale, lo sai questo, vero, Elizabeth? ›› chiese, aprendo il fascicolo e rimuovendo la pellicola nera che copriva il titolo.
Corrugai la fronte a quella domanda ‹‹ Sì, e allora? Che c'entra adesso? ››
‹‹ Tua madre... Tua madre era una donna brillante, piccola mia... ›› riprese a parlare, soffocando alcuni singhiozzi ‹‹ e poi... Poi, anche lei, si è piegata alla malattia. La vedevo perdere lucidità giorno dopo giorno, ed era veramente una cosa orribile perché sapevo di non poter fare assolutamente niente per bloccare tutto questo. Potevamo solo nasconderlo... o comunque, cercare di nasconderlo. Finché poi non era diventata incontrollabile anche per noi, ed era stata deportata lì, come tutti... Nella zona bruciata ›› prese un respiro profondo, poggiando le mani ai lati della propria testa ‹‹ attualmente mi chiedo se fosse l'idea migliore. E se, invece, l'avessimo tenuta all'interno di una delle celle della C.A.T.T.I.V.O.? Magari per studiarla meglio, per vedere se, non so, con qualche esame più approfondito, non potessimo trovare una cura! Penso che spedirla nella zona bruciata possa aver solo peggiorato la situazione... Il calore esterno deve averla distrutta e magari il virus deve essere peggiorato entrando in contatto con altri spaccati... ››
Non mi andava di sentire questi ragionamenti, per quanto mia madre non l'avessi nemmeno presente.
La sua figura, nella mia memoria, era totalmente oscurata... Se non per qualche foto e qualche video che mio padre mi aveva mostrato per cercare di darmi qualche ricordo in più.
Era comunque mia madre e non volevo sapere certe cose su di lei.
Volevo avere anche una piccola speranza di ritrovarla piuttosto... integra, diciamo.
‹‹ Papà, andiamo... ›› poggiai una mano sulla sua spalla, vedendo che comunque, il suo sguardo, si stava trasformando in un espressione distrutta più di quanto già non fosse ‹‹ chiudiamo questo discorso e vai a cambiarti, stenditi un po' sul letto e poi riprendi, okay? ›› mormorai, cercando di essere il più delicata possibile. Allungai la mano verso il fascicolo e feci per chiuderlo, ma la sua mano bloccò il mio polso con una presa salda e forte. Strinse veramente forte. Forse anche troppo.
Si girò di scatto, fissandomi negli occhi ‹‹ le somigli molto ›› disse con un tono fermo e freddo ‹‹ non intrometterti in queste cose, però, Elizabeth. Lasciami finire qui. Ho detto che devo finire questo schifo. ›› digrignò quasi i denti.
Trasalì lievemente e, una volta che lasciò la mia mano, la ritrassi mormorando un “okay, come vuoi” e trascinai una sedia accanto a lui.
‹‹ Non abbiamo più molto tempo... ›› aggiunse, sfogliando lentamente il fascicolo.
Il polso mi faceva un po' male, ma non osai abbassare lo sguardo per vedere se mi aveva lasciato qualche segno
‹‹ Per cosa? ›› domandai, cercando di distrarmi.
‹‹ La fase due... sta per cominciare ›› Nessuna vera e propria risposta ‹‹ scusa per il polso ›› aggiunse. Sentivo una punta di amarezza nella sua voce.
Annuii, facendogli capire che l'avevo perdonato. Era solo sotto stress, non voleva farmi veramente male e non l'avrebbe mai fatto, ne ero certa.
Abbassai lo sguardo sul fascicolo, leggendo ciò che stava leggendo lui.
 

Gruppo B
Stato fase uno: Terminata.
Risultati: Le sopravvissute sono più della metà e quasi tutte in ottima salute.

Attualmente sono tutte immuni e quasi nessuna di loro sembra essere incline alla malattia.
Le poche che risultavano essere vulnerabili all'eruzione sono decedute prima del termine della fase uno. Possiamo quindi concludere col dire che il test del gruppo B è stato veramente soddisfacente.

Prestazioni: Ottime. Semplicemente ottimi risultati sotto ogni aspetto.

La loro capacità di sopravvivenza e adattamento alle situazioni è stata veramente soddisfacente.
La prova del labirinto si è conclusa in modo schematico e regolare, proprio come era stato preannunciato e come era stato stabilito. La perdita di un soggetto, Rachel, nonché uno dell'élite, è stata dolorosa, ma necessaria alla cianografia. Il gruppo B ha passato la prova in modo eccellente.

Probabilità e percentuale di sopravvivenza alla fase due:
Alta probabilità. Secondo le statistiche stabilite dall'ultima riunione, per un buon 87% di loro passeranno la seconda fase senza troppi danni a livelli celebrali;
L'8% di loro probabilmente entreranno in contatto con la malattia e saranno contagiati;
Il 5 % probabilmente non terminerà la prova.
Confidiamo in questi risultati che, tutto sommato, sono piuttosto buoni.

 

‹‹ Rachel è morta? ›› dissi mormorando, ricevendo un occhiataccia da parte di mio padre. Annuì, poi tornò a leggere.
C'erano diversi schermi sotto quelle frasi. Schermi che decisi di non guardare.
‹‹ Ti ricordi di lei? ›› domandò, continuando a leggere, poi prese una penna e cominciò a segnare alcune cose lungo i grafici.
Scossi la testa ‹‹ No, però mi ricordo di George, suo fratello... ››.
George. Come potevo dimenticarmi di lui?
Il suo corpo era stato prelevato ed analizzato proprio in quella base. Ma non sapevo dove fosse, così come non sapevo dove fosse anche quello di Justin. A dire il vero la cosa non mi toccava poi tanto... anche se dovevo ammettere che non volevo che nessuno dei due facesse una fine così tremenda come la loro.
‹‹ Rachel aveva già messo in conto che sarebbe successo. I quattro dell'élite, a dire il vero, avevano messo in conto molte cose.
Il tuo arrivo nella radura non era stato messo in conto, però. Per la prima settimana qui dentro hanno sudato freddo un po' tutto, ma poi hanno notato che hai contribuito parecchio nella realizzazione della cianografia, per cui si sono radunati e hanno seguito i tuoi movimenti. A me non importava granché, volevo solo che tornassi qui sana e salva, prima che... beh... potesse accadere l'inevitabile ›› disse l'ultima frase con un filo di voce, quasi feci fatica a sentirlo.
Prima che potessi fare qualsiasi altra domanda, riprese a parlare ‹‹ Sai che Gally era stato punto da un dolente e aveva recuperato i ricordi, sì? Ecco. All'inizio erano in due gli unici ad avere dei vaghi ricordi riguardanti l'esterno. Per l'appunto, Gally e Justin. Fortunatamente il tuo arrivo ha fatto sì che ci liberassimo prima di Justin. Dico fortunatamente perché, anche se non sembra, era a rischio di contrarre l'eruzione più di quanto lo era George.
Le punture dei dolenti hanno peggiorato la situazione ››
‹‹ Perché? ››
‹‹ Sai perché i radurai, una volta punti, a volte non passano bene la mutazione e impazziscono? ›› domandò, come se però si aspettasse che già sapessi la risposta. Il che era possibile, ma d'altronde non avevo più memoria di nulla, quindi era anche scontato che non potessi rispondere a quella domanda, se non per logica.
Aspettò in silenzio che ragionassi e, poco dopo, sospirai ‹‹ le punture dei dolenti iniettavano il virus? ›› domandai, ma non mi aspettavo che annuisse sul serio.
‹‹ più o meno ›› prese un grosso respiro, incrociando le braccia sulla scrivania ‹‹ ci piace definirla “selezione naturale”. L'idea era quella di fare come per i vaccini dell'influenza: iniettare il virus in fase “inattiva” o “morta”, e chi sopravviveva c'era una grossa probabilità che questo diventasse immune all'eruzione. ››
‹‹ Beh... come ragionamento non è sbagliato ›› mormorai, grattandomi la fronte ‹‹ di chi è stata questa idea? ››
‹‹ Visto che questo avveniva tramite la puntura dei dolenti, secondo te, di chi era stata l'idea? ››
‹‹ di Newt? ››
Mio padre annuì, rivolgendomi un sorriso, come se avesse notato qualcosa nei miei occhi
‹‹ Sì. Proprio lui.
È una teoria che, tutto sommato, non era sbagliata. Newt sotto questo aspetto era stato veramente geniale.
Ad ogni modo, la storia del possibile vaccino era la teoria esposta agli scienziati.
Ma si sa che Newt non voleva altro che vendetta, la storia delle punture in grado di mettere alla prova i soggetti per verificare la loro immunità o meno aveva così tanto colpito gli scienziati che gli permisero di fare una cosa simile, inconsapevoli, però, che in verità a lui non premeva mettere alla prova l'immunità degli altri.
O meglio, sì, lui voleva trovare una cura quasi quanto tutti, se non di più, ma voleva far ammalare i bastardi che lo costringevano a fare tutto quello. Odiava da morire tutto questo.
Quel ragazzo aveva – e dimostra di avere tutt'ora – dei grossissimi scheletri nell'armadio.
A guardare tutti i suoi progetti, le sue statistiche, i suoi risultati... mi viene da chiedermi che cosa nascondeva. Quasi erano – e sono – i motivi di così tanto odio?
Che ha visto? E mille altre cose. ››
Annuii. Tra me e me, mi facevo le stesse ed identiche domande. Sapevo il perché Newt odiasse stare nella radura, ma non sapevo il vero motivo di tutto quell'odio verso la C.A.T.T.I.V.O.
In cuor mio, sapevo bene che tutto odiavamo quel posto...
‹‹ C'è una cosa che però nessuno aveva messo in conto, con la storia delle punture. O meglio, forse sì. Newt sicuramente lo sapeva ›› disse mio padre, alzandosi dalla sedia ed avvicinandosi alla libreria per poi passare lentamente le dita tra gli scaffali.
‹‹ Cosa? ››
‹‹ L'eruzione è un virus particolarmente forte. Un vero e proprio bastardo ed è il virus più forte e duro a morire che la storia abbia mai visto ›› si fermò, tirando fuori un vecchio documento ingiallito, che portò poco dopo sulla scrivania, per mostrarmelo.
Non erano altro che grafici e un immagine del virus al microscopio ‹‹ è un virus che, a differenza di quanto crede la gente, non è in grado di sopravvivere all'esterno.
Lui vive col calore a temperature veramente elevate. Infatti, non c'è rischio di ammalarsi la notte, perché siamo riparati dal fresco notturno. La temperatura esterna, infatti, con la notte diventa molto più tollerabile. Le zone più fredde del pianeta, infatti, ci hanno messo molto più tempo a contrarre il virus.
Comunque, come dicevo prima, il virus non sopravvive all'esterno, e l'unico momento in cui puoi contrarre la malattia in modo aereo, è durante le ore più calde del giorno. Devi passare veramente molto, troppo tempo al sole. Il virus entra in contatto col tuo corpo quando è morto e si attiva quando il tuo corpo raggiunge un limite di sopportazione estremamente basso, sia a livello termico che a livello neurologico, stress alle stelle e così via.
Oh, beh, e chiaramente tramite sangue e punture. Un po' meno tramite sangue, sia chiaro. E per punture s'intende quelle dei dolenti, che iniettano il virus direttamente nel corpo, ovunque questi pungano. Il virus, sebbene morto, riesce comunque a fare il suo corso.
La dura verità, comunque, è che tutti noi abbiamo contratto il virus. Solo che alcuni di noi sono immuni a tutto questo, come ben sai. Noi siamo fortunati perché qui la temperatura è sempre ben controllata... così come lo era nella radura. Infatti, come avrai avuto modo di notare, lì non c'erano mai cambiamenti climatici, piccola Elizabeth. ›› sorrise, poi schiuse le labbra, sospirando.
Non sapevo nulla di tutto quello, e non sapevo come poteva essermi utile.. Ma erano informazioni interessanti. E, in un certo senso, non mi erano nemmeno nuove.
Che pensiero stupido... era ovvio che non potevano essermi poi del tutto nuove!
‹‹ Spero solo che nessuno dei soggetti si ammali gravemente durante la fase due ›› mormorò, riportando la sua attenzione sul fascicolo che gli avevo passato poco fa.
Prima che potessi aprire bocca per chiedere qualche informazione riguardante questa fantomatica “fase due”, entrò qualcuno in stanza. La solita dannata assistente di mio padre, quella che portava gli occhialoni ed aveva un naso più lungo di un becco d'anatra.
‹‹ Signor Richard... sono qui. Sono arrivati ››
Mio padre annuì, tornando a sedersi sulla sua sedia e schioccando la lingua ‹‹ Bene. Cominciamo, allora ››




{Angolo dell'autrice!}
Ma salve, miei adorati pive!
Sono tornata, ma non vi stresserò troppo con questo piccolo angolo d'autrice.
Volevo solo darvi qualche piccola premessa:
1) I capitoli saranno più brevi, questo per mancanza di tempo e anche per accellerare l'aggiornamento della storia.
2) L'aggiornamento avverrà ogni Sabato.
3) Mi trovo anche su Wattpad (StillintoyouEfp), quindi potete seguirmi anche lì, se volete ^^
4) Potete sempre dirmi cosa pensate della storia, teorie, consigli e cose così, esattamente come per Benvenuta nella radura.
Non ho altro da dire, se non Bentornati, pive!


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Sembrava tutto normale. Tranne per il fatto che all'improvviso erano tutti dannatamente interessati a ciò che succedeva nell'ala esterna della base.
“Sono qui. Sono arrivati.”
Chi era arrivato?
Non ne sapevo nulla. Non potevo sapere nulla, come al solito.
Era passato un giorno ormai da quando ci avevano chiamato. Un giorno... forse due. Ormai da quando stavo lì dentro non avevo più la cognizione del tempo... O almeno, non era esatta.
Cominciavo a sospettare che una delle scienziate mettesse qualche calmante nel mio cibo, o qualcosa di simile, perché ogni volta che mi portava il cibo della mensa aveva un sorrisetto da “so tutto io” che provocava solo la voglia di sbatterle in faccia il vassoio.
Aveva dei capelli simili ad uno spaventapasseri in piena crisi post-sbornia (non ricordo nemmeno com'è fatto uno spaventapasseri): biondicci e sparati. E se aveva veramente trent'anni, come sosteneva mio padre, allora lei, come altre, doveva esserseli fatta tutti in contromano.
‹‹ Beh, ci hanno messo un po' ad arrivare. Rispetto al gruppo B, dico ›› disse quella scienziata, appunto, mentre beveva il caffè seduta accanto a mio padre, che aveva l'ennesimo fascicolo sotto il naso. Stavano leggendo i dati.
Decisi di non leggere... O meglio, non potevo farlo sta volta perché la biondina maledetta non voleva.

Mio padre annuì in sua risposta ‹‹ i risultati sono anche differenti. Non dico che sono deludenti, ma... Sono inferiori. Meno sopravvissuti, condizioni lievemente più scarse... ma c'è da dire che il colpo di scena del sacrificio finale mi ha particolarmente colpito. ›› continuò papà.
Tesi le orecchie, improvvisamente interessata a ciò che stavano dicendo.
Sacrificio? Di che parlavano?
‹‹ In effetti in questo gruppo ci sono legami differenti rispetto all'altro. Sembrano tutti più uniti, in un certo senso, soprattutto rispetto a prima... Probabilmente è anche per questo che la loro cianografia è stupefacente. ››
‹‹ È differente dall'altro gruppo ››
‹‹ Mi chiedo se lo saranno anche al loro risveglio, quando vedranno i tatuaggi della marchiatrice.
I titoli affibbiati a loro›› la biondina rise. Una risata così falsa da farmi accapponare la pelle ‹‹ Sicuramente il soggetto A7 sarà soddisfatto. L'ultima volta ha detto che voleva qualcosa di “figo” ››
‹‹ Probabile.››
‹‹ La marchiatrice è stata fantastica questa volta, ha tatuato tutti in tempo record e senza un minimo rumore o errore ››
‹‹ Sì, lo so, ho visto ›› mio padre cominciava a spazientirsi, rivolgendole occhiatacce brevi, ma intense.
‹‹ Janson è già lì. Tra poco cominceremo con la fase due. Non vedo l'ora! Secondo me da questi ragazzi avremmo seriamente degli ottimi risultati. In fondo non ci hanno deluso. L'élite aveva ragione su di loro. Hanno dell'ottimo potenziale. ››
‹‹ Marie... Basta parlare di questo ›› sussurrò, facendole segno di fare silenzio e che avrebbero continuato a parlarne dopo.
Sicuramente perché io ero lì...
Ora sì che volevo sapere cosa stava succedendo.

Detestavo non sapere nulla. Erano passati un paio di giorni ed io, ancora, non sapevo niente di niente.
Janson per un po' era sparito dalla circolazione. Sapevo solo che si trovava nell'ala esterna della base... che non era altro che una mini base non troppo distante dalla nostra.
Cosa cavolo c'era di così importante in quel posto? Era stato costruito in pochi giorni, o forse era un posto già esistente, ma che nessuno calcolava poi tanto.
Sapevo che c'erano stati dei movimenti negli ultimi giorni, che c'era qualcosa di importante in corso, ma non mi avevano detto cosa e, per quanto avessi provato ad investigare, non avevo ottenuto una singola risposta.
Niente di niente.
Non mi era concesso accedere alle stanze di controllo dell'ala esterna e non era possibile entrare senza essere visti o bloccati.
C'erano un sacco di scienziati che facevano avanti e indietro in quella stanza ed erano tutti dannatamente sommersi di lavoro.
Parlavano di quanto si stava svolgendo tutti secondo i piani, di come le cose andavano tutte nel verso giusto, per il momento.
‹‹ La telepatia è interrotta. O meglio, quasi. Diciamo che possiamo comunque controllarla, in un certo senso ›› disse una delle scienziate ad un'altra. Di quelle due, sapevo solo che erano di due progetti simili, ma diversi. Si aggiornavano di continuo, ormai i due reparti, dedicati ai progetti simili, si erano uniti e si scambiavano informazioni.
Era diventato tutto un progetto unico, o qualcosa del genere.
Mi sentivo esclusa.
Sapevo che era un bene, perché voleva dire che ora non ero ufficialmente più parte di tutta quella struttura malsana, spacciata per buono.
Perché “C.A.T.T.I.V.O. è buono”. Sì, certo.
Era frustrante. Ero stressata. Volevo sapere il motivo di così tanta segretezza e silenzio.
E volevo tornare nella radura. Almeno lì non ero chiusa tra quattro mura giorno e notte.
O meglio... sì, lo ero, ma almeno ero al verde e a prendere dell'aria fresca. Ed almeno non ero sola...
Quel posto cominciava ad essermi dannatamente stretto.
Ogni corridoio era uguale. Bianco, spoglio, senza una minima finestra che permettesse di guardare fuori o di far entrare un minimo di luce. Non che il paesaggio esterno fosse esattamente bello, perché a dire il vero era piuttosto deprimente, ma sempre meglio della dannata luce artificiale accesa 24h su 24.
Solo gli uffici ai piani alti, come quello di mio padre, aveva una finestra o al massimo due, con vetri temperati per evitare che il caldo soffocante riuscisse ad entrare.
Per il resto, nei corridoi, il massimo di arredamento che c'era era un vetro che permettesse di guardare gli esperimenti nei laboratori, scrivanie in metallo e qualche pianta qua e là (finta o comunque fatta in laboratorio nella speranza, un domani, di ricreare in modo artificiale tutta la flora ed eventualmente la fauna). Nient'altro. Solo persone con camici lunghi fino ai piedi. Silenzio totale, fatta ad eccezione per qualche brusio di parlantine continue proveniente dai laboratori. Anche le stanze erano insonorizzate, e questo dava solo la sensazione di tristezza assoluta.
Poi, dal nulla, ecco il rumore di passi veloci. Qualcuno correva nei corridoi.
Che fosse qualche spaccato? Ma sarebbe scattato l'allarme. Non poteva essere...
‹‹ Prendetemi se ci riuscite! ›› gridò qualcuno. Una voce familiare che mi causò i brividi.
‹‹ Fermati, dannazione! ›› gridò Terrance, uno degli scienziati addetti all'analisi della cianografia.
Erano veramente a pochi passi da me
‹‹ Mai! Non mi prenderete mai! ›› e, poco dopo, sbucarono fuori dal corridoio accanto e mi passarono davanti.
Il ragazzo che mi passò davanti, era nudo. Completamente nudo.
E capii anche perché la voce non mi era nuova.... perché era Gally.
‹‹ Ciao Elizabeth!... cos... Elizabeth? ›› si fermò, mi guardò con gli occhi sgranati e, ancor prima che potesse nuovamente proferire parola, venne acchiappato da Terrance e buttato a terra di peso.
Erano in tre a tenerlo fermo. Gli fermarono i polsi contro il pavimento.
Cosa ci faceva Gally nella base della C.A.T.T.I.V.O.?
‹‹ Oswald! Il Siero! Porta il dannato siero! ››
‹‹ Il siero? ›› corrugai la fronte. Gally aveva la bocca tappata dalle grosse mani di uno degli scienziati che, se non ricordo male, si chiamava Morley ed era della Transilvania.
Oswald, invece, si alzò dal corpo di Gally e corse dentro uno dei laboratori non troppo lontani, tornando poco dopo con una grossa siringa in mano, accompagnato da Marie, che mi rivolse il suo solito sorrisone.
‹‹ Elizabeth, vuoi un goccio d'acqua? ›› domandò con un tono cordiale. Corrugai la fronte. Ero confusa, non avevo mica sete. Schiusi le labbra per declinare la sua offerta, ma non uscii un solo suono dalle mia labbra. Perché mi sentivo così stanca all'improvviso? Non era la prima volta che provavo quella brutta sensazione.
‹‹ Non deve sapere nulla, adesso. Bella mossa usare una marchiatrice per iniettarle il siero, Marie. Così saremo sicuri che non ricorderà questa bella esperienza. ›› disse Terrance, mentre pungeva il braccio di Gally con la grossa siringa portata da Oswald.
Sentii le mie gambe cedere ed abbandonarmi al suolo. Dalla mia spalla, scese una delle marchiatrici. Dannati affari talmente leggeri da non accorgerti nemmeno di averli addosso.
‹‹ Ti prego, non farmi dimenticare tutto. Non voglio dimenticare tutto... Non voglio dimenticare niente... ›› mormorai, come se stessi parlando ad un esterno, quando invece mi appellavo semplicemente a me stessa.
Fu tutto ciò che riuscii a dire prima di addormentarmi e veder sparire tutti i volti delle persone che avevo davanti. Tutti.
Vidi solo le tenebre, che mi circondarono in poco tempo come delle vecchie compagne appena ritrovate.
Non volevo dimenticare. Non volevo dimenticare la radura. Non volevo dimenticare i radurai.
Non ora che stavo lentamente rimettendo insieme i pezzi del puzzle.
Non volevo dimenticare nessuno.
Non volevo dimenticare la mia famiglia.
Non volevo dimenticare Newt.


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Sentivo la testa pensante. La luce batteva contro i miei occhi, anche se avevo le palpebre chiuse.
Dov'ero? La superficie sotto di me era comoda, fresca... Non era un lettino. Non ero in una stanza ospedaliera.
Avevo perso la memoria un'altra volta?
Perché avevo questo dubbio.

La cosa che mi premeva di più era solo ed esclusivamente quella.
Mi chiamo Elizabeth, ho diciassette anni e sono una delle artefici del dolore dei miei compagni radurai perché ho creato dei fottuti D2MH.

Cavolo, questo effettivamente avrei preferito dimenticarlo...

No, era ancora tutto lì.
Eppure sapevo di aver scordato qualcosa di importante.

O forse qualcuno...
Ricordavo il terrore di perdere la memoria, ma non ricordavo il perché.
Aprii lentamente gli occhi.
La faccia da caspio di Marie era proprio davanti me, con un sorriso maledettamente inquietante stampato in faccia.
‹‹ Ciao Elizabeth ›› disse. Le sue labbra erano così disidratate che temevo le si potessero disintegrare da un momento all'altro mentre parlava.
‹‹ Che caspio è successo? Mi fa male la testa! ›› borbottai, massaggiandomi la fronte con la mano libera.
‹‹ È tutto okay, sei svenuta nel corridoio e ti abbiamo portata nell'ufficio di tuo padre. Magari è stata la stanchezza... ›› rispose in tutta calma.
Non poteva essere colpa della stanchezza... Non faccio nulla per essere così stanca da svenire così all'improvviso.
La guardai con aria sospettosa, ma decisi di non darle così tanta importanza.
Sentivo una cosa dentro di me: volevo assolutamente sapere cosa succedeva nell'ala esterna.
Sapevo che ero nel corridoio, prima di “svenire”. Che stavo pensando proprio a quello.
Dovevo trovare il modo di andare di là... dovevo sapere cosa mi stavano nascondendo.
Marie era ingenua, avevo imparato a conoscerla col tempo. E secondo me le mancava anche qualche rotella... potevo provare a raggirarla in qualche modo.
‹‹ Quindi, Marie...posso farti una domanda un po' personale? ›› chiesi, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
‹‹ Okay... dimmi pure! ›› e sfoderò il suo finto migliore.
‹‹ Tu e papà vi frequentate di nascosto? Voglio dire... hai interesse per mio padre? ›› sorrisi anche io, cercando di sembrare sincera. Questa arrossì ed abbassò lo sguardo, dando un finto colpo di tosse per cercare di camuffare l'imbarazzo.
‹‹ No... ››
‹‹ Sii sincera... Facciamo così. Tu fai una cosa per me, ed io metterò una buona parola per te, con mio padre. ›› accennai un sorriso beffardo, mentre questa sollevò lentamente lo sguardo. Era completamente rossa in faccia.
La sua attenzione, improvvisamente, divenne reale.
‹‹ Cosa vuoi che faccia? ››
‹‹ Portami nell'ala esterna della C.A.T.T.I.V.O.. Voglio vedere cosa c'è ››
‹‹ Cosa? È fuori discussione! Sono progetti privati della C.A.T.T.I.V.O.! E tu non puoi averci nulla a che fare, cara mia!››
corrugai la fronte, corrucciando le labbra.
‹‹ Vuoi che dica a mio padre che per colpa tua ho battuto la testa contro il pavimento e sono svenuta? Perché sarebbe la tua parola contro la mia ›› sollevai un sopracciglio.
Allora sbiancò.
Dopo pochi minuti di silenzio, si alzò in piedi ‹‹ okay. Andiamo. D'altronde ormai la stanza dovrebbe essere completamente vuota... rimarrai solo delusa, Liz. ››
Mi alzai in piedi, trasalendo poco dopo sentendo quel nomignolo.
Strinsi i pugni ‹‹ Non chiamarmi così. ›› sbottai, uscendo poco dopo dalla stanza senza nemmeno guardarla in faccia.

Nessuno poteva chiamarmi in quel modo, tranne una persona. E quella persona non era di certo lei.

Attraversammo diversi corridoi.
Vidi zone che non sapevo nemmeno che esistessero, scoprendo, così, che la base dove mi trovavo era più grande di ciò che sembrava.
Passammo per un corridoio sotterraneo, che aveva diversi sbocchi.
“Laboratorio D404: Zona creazione e sperimentazione Dolenti.”
“Laboratorio D405: Zona esperimenti neurologici.”
“Laboratorio D406: Zona test resistenza fisica.” e così via.
Tutti i laboratori che stavano nel corridoio sotterraneo erano “Laboratori D” che andavano dal 400 a 500, mentre invece, al piano che portava al corridoio sotterraneo, vi erano i laboratori C, al superiore ancora laboratori B e quello ancor prima quelli A. Sopra ancora, si trovavano gli uffici importanti.
Al piano dopo, i vari dormitori degli scienziati e al piano superiore della base, si trovava l'ufficio di papà, assieme al nostro appartamento.
Alla fine del corridoio, si trovavano delle scale.
Marie si levò il camice e me lo passò ‹‹ tieni ›› disse quasi con disprezzo ‹‹ certo che potevi anche metterti qualcosa di diverso. Cavolo, sei diventata un maschiaccio stando insieme ai maschi! ››
‹‹ Mi sono vestita comoda, che vuoi? ›› borbottai, prendendo il camice ‹‹ perché mi stai dando questo coso? Non voglio metterlo! ››
‹‹ Non devi metterlo. Devi usarlo per ripararti dal sole, visto che non hai una felpa o cose così. Riparati gli occhi, perché, anche se qui è illuminato, il sole lì fuori è a dir poco accecante ››
‹‹ Perché non hai preso degli occhiali? ››
‹‹ Perché non esco mai per andare nell'ala esterna della C.A.T.T.I.V.O., genietto! ›› sollevò un lembo del grembiule e si sistemò sotto, ed io feci lo stesso.
Salì lentamente le scale e spostò la botola. La luce entrò di botto, ed io chiusi gli occhi. Mi sentii quasi andare a fuoco. Non pensavo che facesse così caldo, ed aveva appena aperto quella dannata botola ed entrato solo un filo di luce.
‹‹ Muoviti! ›› sbottò lei, ancora ferma perché lo ero io.
Salii velocemente le scale, ad intuito poi, perché i miei occhi dovevano ancora abituarsi a tutta quella luce.
Schiusi un poco gli occhi quando capii che le scale erano terminate, e Maria richiuse la botola.
Mi guardai attorno. C'era del vento caldo lì fuori... e il paesaggio era a dir poco desolato.
La base della C.A.T.T.I.V.O. non si vedeva nemmeno, questo voleva dire che il corridoio che avevamo percorso era più lungo di quanto sembrasse.
Davanti a noi c'era una struttura che sembrava quasi abbandonata. L'entrata era chiusa con una catena arrugginita.
C'era una cartellone rovinato con una scritta a caratteri cubitali:
“Test Gruppo A”.
Sentii l'aria mancarmi, e non era per il caldo soffocante.
‹‹ Test gruppo A? ›› mormorai, rivolgendomi a Marie. Lei annuii.
‹‹ Qui si svolgeva il test del gruppo A. Invece, dall'altra parte, dove per l'appunto lungo il corridoio sotterraneo ci sono i laboratori E dal 500 al 600, sbuchi direttamente nell'ala est della C.A.T.T.I.V.O., dove si trovava il gruppo B ››
A parte che non sapevo nemmeno dell'esistenza di due corridoio, sapevo solo di quello che stavamo percorrendo noi e non sapevo nemmeno dell'ala esterna est e di quella ovest.
Marie si avvicinò lentamente alla parete, premette la mano sul cartello e questo si aprì come un piccolo sportello, rivelando una piccola fessura.
Si frugò nella tasca del pantalone, tirò fuori una piccola tessera bianca con una scacertola disegnata sopra e la scritta C.A.T.T.I.V.O. Sotto.
La infilò nella flessura e, poco dopo, una piccola spia rossa si illuminò.
‹‹ Okay, e quindi? ››
‹‹ Hai mai visto o letto Harry Potter? ›› disse Marie, girandosi verso di me.
Ahah, Marie, simpaticona. Come se potessi ricordarmi davvero di averlo fatto, no?
Schioccai la lingua e la guardai malissimo, incrociando le braccia contro il petto aspettando che potesse arrivarci da sola.
Ma niente, sembrò non pensarci nemmeno. Alla fine scrollò le spalle ed allungò la mano verso la parete ‹‹ in ogni caso, ci passi attraverso, come per andare al binario 9¾. Così ›› e, detto questo, passò attraverso la parete.
Sgranai gli occhi e mi guardai attorno.
Ero priva della protezione del camice perché, intelligentemente, Marie entrò per prima e se lo portò dietro.
La mia povera pelle... sentivo che se non mi sbrigavo avrei presto preso un insolazione coi fiocchi.
Chiusi gli occhi, presi un respiro profondo e cominciai a camminare alla cieca nella parete, sperando solo di non fare la figura della deficiente prendendo una brusca facciata.
Cosa che, fortunatamente, non accadde.
Ero davvero passata attraverso la parete?!
‹‹ è una parete particolare, ispirata, appunto ad Harry Potter. In pratica è come un ologramma che diventa “solido” a comando, una volta oltrepassato.
La spia rossa analizza quante persone devono entrare all'interno della struttura e da un timer di 40 secondi. Superati questi, la parete torna solida ›› fa le spallucce, poi poggiò nell'attaccapanni il camice ‹‹ ora seguimi, andiamo da Janson ››.

La struttura era più piccola di quanto sembrava. Dovevo ammetterlo. Però... dava la sensazione di solitudine. Non c'erano finestre. Aveva mobili, tavolini, stanze... ma era tutto completamente spoglio.
Le cose sembravano essere messe lì senza un perché.
Non diceva nulla. Sembrava una stanza di prigionia... O forse lo era.
Stanza per stanza, quel posto era privo di ogni segno di utilizzo. Il pavimento presentava qualche impronta, segno che qualcuno magari aveva appena corso, o qualcosa del genere, qualche mobile era sporco e spostato, ma poi nient'altro.
‹‹ Dov'è Janson, quindi? ›› domandai impaziente. Mi sentivo presa in giro. Nulla, d'altronde, mi assicurava che Marie mi avesse effettivamente portata nel posto giusto.
‹‹ Oltre quella porta ›› disse, indicando la porta poco distante da noi. Accanto a questa c'era la porta che evidentemente portava ad una specie di dormitorio. Vedevo i letti disfatti.
Sorpassai Marie con grosse falcate e spalancai la porta, trovando Janson seduto dietro una scrivania, con i piedi poggiati sopra questa.
Stava leggendo un foglio e, talmente era intento nel farlo, non sentii nemmeno la porta sbattere.
La stanza era spaziosa. Veramente spaziosa. Doveva essere la stanza principale.
‹‹ Janson! ›› gridai, e allora finalmente alzò la testa. Tanto era colto di sorpresa che quasi cadde giù dalla sedia.
‹‹ Elizabeth? Che diavolo ci fai qui?! Come ci sei.... arrivata... ›› la sua voce si abbassò quando vide Marie alle mie spalle, che si giustificò semplicemente facendo le spallucce.
‹‹ Da quanto sono andati via? ›› domandò lei, oltrepassandomi ed avvicinandosi lentamente al collega.
Janson infilò la mano sotto la scrivania, si sentii un “click” e Marie si avvicinò, poggiandosi alla scrivania. Doveva esserci qualche barriera o qualcosa del genere.
‹‹ Un bel po', lo sai benissimo. Ormai saranno già a metà strada, se non più avanti. Stavo giusto guardando queste statistiche. Hanno tutti buone probabilità di sopravvivenza, diciamo... Spero sia così.
Spero oltretutto che sopravvivano almeno alla prima parte della seconda fase. E se le sfere metalliche mangiano loro la testa come se nulla fosse? La loro testa ci serve! ›› ridacchiò ‹‹ spero che Thomas avesse ragione sulle potenzialità di questi ragazzi. D'altronde, è stato lui stesso a puntare il dito su di loro e ad ideare tutto questo ›› Janson si passò le mani tra i capelli, alzando lo sguardo su di me come se volesse accusarmi di qualcosa. Non spiccicò parola per un pochino.
‹‹ Quello che mi chiedo è che ci fa lei qui? ››

‹‹ Lei? Oh, parli di Liz? ›› giuro che adesso le tiro la scrivania addosso. ‹‹ è voluta venire qui a sapere cosa stavamo combinando. Mi sono detta “perché no? Tanto ormai il gruppo A è andato via”››
‹‹ Aspetta... “Il gruppo A”... i miei compagni erano il gruppo A... ›› sgranai gli occhi ‹‹ Mi state dicendo che i radurai erano qui? E voi non mi avete detto niente?! ›› sentii il mio cuore battere all'impazzata. Era come un tamburo. Prima non diedi peso a quel particolare, inizialmente, leggendo la scritta “Test gruppo A” pensai che era semplicemente un'altra base di controllo.
‹‹ Non ti abbiamo detto nulla perché sapevamo perfettamente che avresti fatto di tutto per venire qui. Ti saresti messa in mezzo un'altra volta! La prima volta è andata bene con la cianografia, ma chi ci assicurava che la seconda sarebbe stata uguale? E poi, tuo padre non voleva che tu corressi di nuovo un rischio così assurdo! ›› sbottò Marie.
Assurdo. Le sue parole mi sembravano assurde. Caspio, quanto la stavo odiando.
Digrignai i denti, fulminandola con lo sguardo. Stavo sperando con tutta me stessa che si ammalasse e che l'eruzione prendesse il sopravvento su di lei costringendola all'autocannibalismo.
‹‹ Da che parte sono andati? ›› sbottai, fissando Janson.
Lui rimase in silenzio, guardando Marie con la coda dell'occhio.
‹‹ Ho detto: da che parte sono andati. ›› mi avvicinai lentamente alla scrivania.
‹‹ Non posso dirtelo, Elizabeth. Non disobbedirò a tuo padre. ›› rispose lui, senza staccare gli occhi dai miei ‹‹ non vuole che tu li raggiunga e non sarò di certo io a disobbedirgli. ››
‹‹ Ti ho chiesto da che fottuta parte sono andati! ›› fiondai le mani sul suo camice, tirandolo contro di me ‹‹ Janson, caspio, parla! Dopo tutto quello che mi avete costretta a fare il minimo che puoi fare e dirmi da quale strafottuta parte sono andati i miei compagni! Te lo sto ordinando, da figlia del capo! ›› strinsi le mani, fissandolo dritto negli occhi.
Lui scosse la testa, poi guardò dietro di sé, ridacchiando sotto i baffi.
‹‹ E ora che hai da ridere, stupido ratto?! ›› digrignai i denti. La sua espressione divenne fredda, schioccando la lingua con un espressione quasi soddisfatta.
‹‹ Sono passati lì ›› indicò alle sue spalle ‹‹ È un pass verticale, un po' come quello dalla quale siete passate tu e Marie. Ma indovina? Ormai si è richiuso. Non c'è modo che tu raggiunga i tuoi “compagni”. E, in ogni caso, ti hanno già dimenticata.
Quando è arrivato il ragazzo nuovo, le scorte di cibo ce abbiamo dato loro contenevano nel siero. Lo stesso siero che abbiamo dato loro prima di arrivare nella radura. Non hanno alcun ricordo di te, Elizabeth. Della prima ragazza nella radura non hanno assolutamente memoria. Secondo te perché abbiamo interrotto i video, così che tu non potessi vedere? Per risparmiarti tutto questo. ››
Per un attimo, mi sembrò che il mio cuore smettesse di battere.
Avevano dimenticato tutto? Davvero?
Lasciai andare la presa, portando lo sguardo su Marie.
Lei non disse nulla. Si limitò a guardarmi.
Decisi di non insistere ulteriormente.

‹‹ È tutto okay, piccina? ›› chiese Brytan mentre faceva delle fotocopie di alcune schede piene zeppe di statistiche ‹‹ ti vedo un po' giù... e non mi riempi di domande riguardanti a “cos'è questo? Cos'è quello? Dov'è il caffè buono?” ›› disse, ridacchiando.
Brytan era lo stesso ragazzo che mi aveva accolta al mio risveglio.
Si era rivelato l'unico scienziato simpatico che non mi aggrediva per ogni minima cosa, e questo l'avevo capito sin dal primo momento.
‹‹ Perché non mi avete detto che i miei amici erano qui? ›› mormorai, girandomi lentamente verso di lui.
Il suo sguardo divenne cupo di colpo. Spense la stampante e mi guardò con un espressione ricca di sensi di colpa ‹‹ io volevo dirtelo, piccola Elizabeth, ma tuo padre non voleva. Ha una paura matta di perderti, lo sai... ››
‹‹ Voglio raggiungerli... ››
‹‹ Non puoi ›› si passò le mani tra i capelli ‹‹ il pass verticale dal quale sono usciti loro è stato disattivato poco dopo il loro passaggio ››
‹‹ C'è sempre quello dell'ala Est dal quale sono passate quelle del gruppo B, no? C'erano anche loro, giusto? ››
‹‹ Disattivo anche quello. Non c'è modo di raggiungerli. Elizabeth... La fase due che dovranno affrontare è completamente differente dalla fase uno nella radura. Quella, in confronto, era una passeggiata tra i fiori! ››
‹‹ In cosa consiste questa benedetta fase due? ››
‹‹ Devono attraversare la zona bruciata per raggiungere il porto sicuro ›› disse quasi in un sussurro, come se avesse paura di farsi sentire.
‹‹ E quindi? ›› corrugai la fronte ‹‹ Non m'interessa. Aspetta... Anche tu sei uno scienzato! Tu puoi riattivare i pass! Hai anche tu quella caspio di tessera! ››
‹‹ Ehm... Non funziona così... ››
‹‹ Voglio raggiungere i miei compagni, Brytan. ››
‹‹ Piccola, io non... ››
‹‹ Brytan... te lo chiedo per favore... aiutami. ››
‹‹ È troppo rischioso... ››
‹‹ Starò attenta. Ti scongiuro Brytan... ›› si morse il labbro inferiore, guardandosi attorno.
Brytan era a conoscenza di quanto soffrissi per la separazione dei miei compagni.
Lui, come altri, aveva perso tutti ed era stato separato dai suoi più cari amici... ma perché loro erano stati portati via, perché malati.
Sospirò con fare rassegnato ‹‹ a dire il vero, c'è un terzo passaggio sotterraneo... Ti porterà poco distante da lì ›› sussurrò vicino al mio orecchio, poi si spostò ‹‹ Va prendere una coperta e dell'acqua, avanti, poi raggiungimi davanti al Laboratorio C360 ››


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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


‹‹ Sento che verrò licenziato per questo ›› borbottò Brytan, mentre si avvicinava alla fessura sul muro ed infilò la tessera al suo interno.
La spia rossa si illuminò, esattamente com'era successo con Marie.
Brytan si girò verso di me, incrociò le braccia al petto e mi guardò mentre stringevo la coperta marrone in un nodo, avvolgendo attentamente le due bottiglie di acqua. Il nodo era ben saldo. Mi infilai la coperta come se fosse una borsa a tracolla e alzai lo sguardo verso il ragazzo, che aveva un espressione palesemente preoccupata.
‹‹ Che c'è? Non ti licenzieranno, non preoccuparti! ›› dissi, scrollando le spalle poco dopo.
‹‹ Già... sta attenta piccina, mi raccomando. Non voglio averti sulla coscienza ›› mormorò, poggiando le mani ai lati del volto ‹‹ sei come una sorellina, okay? Se ti succedesse qualcosa, tuo padre mi aprirà in due e dopo mi sbatterà tra gli spaccati spacciandomi per una scatoletta di tonno ›› mormorò ancora, accennando un sorriso per smorzar la tensione.
Annuì, accennando un sorriso a mia volta ‹‹ starò attentissima... Grazie Bry ›› mi accarezzò le guance, poi mi diede un bacio sulla fronte. Era così delicato che quasi mi sentii in colpa per la mia richiesta.
‹‹ Corri, prima che si richiuda. Mi raccomando: nel sotterraneo, corri sempre dritta. Non fermarti o le palle metalliche ti cadranno in testa, anche se non sono sicuro che in questo corridoio ci siano. Non puoi sbagliare, le scale per l'uscita sono proprio alla fine del vicolo cieco ››
‹‹ Bene così. Ciao Bry ›› accennai un sorriso l'ennesimo sorriso, girandomi verso la parete.

Sentii come se volesse dirmi qualcosa in più, ma preferì non aggiungere altro. Al momento non m'interessava però. Forse ero un po' egoista per questo, ma sentivo che al momento non era importante.
Pochi passi ed attraversai la parete senza problemi.
Non potevo più tornare indietro. In effetti non volevo farlo. Volevo solo tornare con loro, i miei compagni.

Speravo solo di rivedere Brytan un giorno, perché dopo quel gesto, gli dovevo molto... e sperai che nessuno lo buttasse fuori da quel posto.

Era l'unico lavoro che poteva avere... l'unico modo per essere al sicuro, per sopravvivere in quel nuovo mondo.

La C.A.T.T.I.V.O. aveva bisogno di gente come lui: qualcuno che cercava sempre la via migliore per evitare di fare del male a tutti.
Infatti, era l'unico che effettivamente pensasse al “bene più grande”, e l'unico che lì dentro cercava di dare le pene minori ai radurai.

L'unico, dopo mio padre, che si preoccupava per me.


‹‹ Ma, non so, controllare la luce in questo posto no, eh? ›› mormorai. La mia voce sembrava così strana lì dentro.

Rimbalzava nelle pareti, producendo un eco quasi robotico.
Attorno a me era praticamente tutto buio, ma sapevo bene di dover camminare dritto. Semplicemente tutto dritto.... anche perché a dire il vero non c'era molta scelta.
Mi ricordava vagamente lo spazio richiuso della scatola, con la differenza che qui potevo camminare e il soffitto era decisamente più alto.

Doveva esserci qualche tubatura rotta, oltretutto, perché il pavimento era bagnato. Sentivo i miei piedi che calpestavano l'acqua. Meno male che era tutto liscio, quindi non c'era il rischio di inciampare (anche se, conoscendomi, sarei stata benissimo capace di farlo nei miei stessi piedi come una perfetta testa puzzona).

Si vedeva che era un posto abbandonato anche per le pareti piene di polvere.

Dovevo stare attenta presunte palle metalliche che cadevano dal soffitto.
Mi chiedevo come si presentassero. Già intere? Fluttuavano? Stavano miracolosamente attaccare al soffitto infrangendo ogni sorta di forza di gravità? Oppure erano in forma liquida?
Beh... a dire il vero, forse, non volevo saperlo veramente, ma la mia testa voleva ingannare il tempo, quindi pensavo a cose di cui in verità non me ne poteva fregare di meno.
Mi strinsi nelle spalle, cercando di scaldarmi.
‹‹ Dio... fa freddo qui dentro ›› mormorai tra me e me.
Pensai che tutto sommato dovevo godermi quel momento di fresco, perché poi probabilmente l'avrei rimpianto per parecchio.
Avevo assaporato per poco tempo il calore esterno e non si era rivelato per niente di piacevole.
Ma cosa importava, alla fine?
Da lì a poco avrei rivisto i miei compagni, e quella era forse l'unica cosa positiva di tutto quel casino.
C'erano mille domande che avevo per la testa, dal mio risveglio alla base.
Come erano usciti? Cos'era successo? Stavano tutti bene? Sopratutto... loro si ricordavano di me?
In cuor mio, speravo fosse così, o il mio tentativo di ritrovarli sarebbe stato totalmente inutile.

L'unica cosa che potevo fare, in caso non si ricordassero di me, era semplicemente aiutarli in qualche modo a trovare il porto sicuro.
Speravo che Janson mentisse riguardo la loro memoria, perché penso che non sarei mai in grado di reggere la scoperta che, dopo tutto quello che avevamo passato, i radurai non si ricordassero nemmeno la mia faccia.
Frypan, poi, che mi definiva al suo livello. Minho, che per me, lui, era come un fratello. Alby, il super capo un po' imbranato. Chuck... Il piccolo, paffuto, bullizzato, Chuck. O Newt...
Non avrei sopportato lo sguardo assente e privo di memoria di Newt. Morivo dalla voglia di abbracciarlo tutte le volte che lo vedevo attraverso gli schermi della C.A.T.T.I.V.O., avevo bisogno di fargli sapere che tutto sommato stavo bene, considerando che l'ultima cosa che avevo sentito, era la sua voce che mi pregava di tenere duro.
Non dimenticherò mai il suo sguardo assente davanti alle mura aperte, poco tempo dopo la mia scomparsa. Minho dovette dargli un colpetto per farlo riprendere e farlo muovere. Non so cosa gli disse, o cosa era successo di preciso. Ma ogni tanto, da quando ero sparita io, rimaneva immobile.
I suoi occhi erano sempre gonfi, spariva per ore intere e, in cuor mio, sapevo bene dove andava.
Forse non dormiva nemmeno bene... non saprei dirlo con certezza.
Il suo sguardo era sempre spento ogni volta che lo incrociavo nello schermo, ogni volta che qualcuno gli diceva “Ehi, pive, caspio, dobbiamo andare!”.
Speravo solo che la situazione fosse migliorata da quando le telecamere erano disattive.

Smisi di pensare a tutto. Decisi che il mio uno pensiero doveva essere uscire di lì il prima possibile. Dovevo raggiungere l'esterno e stare concentrata su dove mettevo i piedi, perché più camminavo, meno luce era presente e oltretutto sentivo che il corridoio diventava sempre più stretto.
Ogni tanto si sentiva qualche lampadina scoppiare, provocando qualche scintilla qua e là.
Sembrava oltretutto che il livello dell'acqua aumentasse man mano che andavo avanti.
Camminavo forse da qualche ora. Neanche l'ombra della fine del sotterraneo.... Fino a quel momento.

Finalmente le vidi nella penombra di uno dei faretti attaccati al soffitto.
Meno male che “non era tanto lungo”.
Tutto così buio... tutto così silenzioso.... speravo solo che tutto quello finisse il più in fretta possibile, perché sentivo il rischio di impazzire a stare ancora qualche ora così.
Poi, di colpo, il rumore di qualcosa che cadeva sul terreno.
Un tonfo sordo, non troppo lontano da me.
‹‹ Uhm? ›› abbassai lo sguardo, poi feci scivolare una mia mano lungo la gamba.
Sentivo qualcosa salire lentamente. Qualcosa di caldo.
La mia mano non incontrò nulla, tranne... qualcosa di liquido. E questo qualcosa continuava a farsi strada in modo libero ed indisturbato.
Provai a cacciarlo via, ma sembrò che le mie mani nemmeno lo disturbassero, anzi, sembrava voler arrampicarsi anche lì.
Cominciai a scrollare la gamba, sperando che si staccasse. Invece nulla.
Mi chinai e provai a gettargli addosso dell'acqua per lavarlo via. Nulla.
Cominciai a correre. Dovevo salire le scale il prima possibile, magari il calore lo avrebbe fatto sciogliere, evaporare o comunque staccare.
Salii le scale in modo rapido e con un agilità che non pensavo nemmeno di avere.
Con una mano feci leva e spostai la botola per poter uscire.
La luce improvvisa quasi mi accecò. Uscii completamente alla cieca da lì. Sperai di non colpire qualcuno o qualcosa, e sperai sopratutto di non cadere all'indietro.
Nonostante tutto, sentii quella cosa continuare a farsi strada lungo al mia gamba. Stava raggiungendo la vita.
Aprii a fatica gli occhi. Chiusi la botola ed abbassai lo sguardo per vedere di cosa effettivamente si trattava.
Era liquido argenteo... che fosse la materia di cui erano fatte le sfere metalliche? Magari erano fatte così, prima di diventare delle sfere compatte e solide.
‹‹ Come caspio me ne libero?! ›› pensai, guardandomi attorno nervosamente.
Attorno a me c'era solo qualche edificio sparso qua e là, già mezzo distrutto e piuttosto lontani.

Tutti tranne uno di piccole dimensioni, che dava tutta l'aria di essere qualcosa che poteva cadermi addosso da un momento all'altro.

Non c'era altro, se non calore e un forte vento sabbioso. Una tempesta di sabbia fortunatamente non troppo forte.

‹‹ Caspio! ›› gridai in preda alla frustrazione. Quella cosa continuava a salire. Cominciava ad essere viscida e sempre più calda (o forse era solo colpa del calore esterno?).
Lanciai a terra la coperta con l'acqua e mi accasciai. Rotolai su me stessa.
Magari, se prendeva polvere, diventava abbastanza “solida” da poterla levare senza troppi problemi.
Niente. Sotto il mio peso semplicemente si appiattiva e poi tornava normale senza problemi. La sabbia sembrava scivolargli addosso.
‹‹ Ehi? Tutto bene? Sei una spaccata? Hai bisogno di una mano? ›› alzai lo sguardo, notando una ragazza che, da lontano, sembrava asiatica. Era affacciata dalla finestra rotta dell'edificio più vicino.

‹‹ Eva! Smettila! Attirerai l'attenzione così! ›› gridò qualcun altro.

‹‹ Non sono una spaccata! ›› gridai di rimando. La ragazza si allontanò dalla finestra, e poco dopo ricomparve e dietro di lei c'era una ragazza bionda e un'altra di colore.

‹‹ Vi prego, aiutatemi! ›› Non ci speravo. Non ci speravo per niente. Infatti non si mosse nessuno.

Decisi si alzarmi. Corsi verso l'edificio e cominciai a battere il pugno contro la porta con fare insistente.

Se potevano darmi una mano avrei fatto qualsiasi cosa prima che fosse troppo tardi.

Quell'affare stava salendo sempre di più. Ormai era sul petto, e cominciava ad espandersi attorno al mio corpo come se volesse imprigionarmi. Pesava così tanto che faticavo quasi a respirare.

‹‹ Vi scongiuro, aiutatemi! ››
‹‹ Io apro. ››

‹‹ Sei impazzita, Eva?! E se è una spaccata?! ››

‹‹ Non sembra così! ››

‹‹ Magari non è ancora andata del tutto!.... Eva! ›› e, poco dopo, il portone si aprì.

Ci avevo visto giusto. Era una ragazza asiatica.

‹‹ Cosa ti duole, mia car- Oh... Oh cavolo. Ragazze! Ha uno di quelle caccole argentate che le sale sopra! ›› gridò, poi avvolse con le mani nude il liquido argenteo e cominciò a tirare ‹‹ datemi una mano! Sonya! Harriet! ››

‹‹ Ma a me fa schifo! ›› gridò la ragazza bionda, guardandosi le mani
‹‹ Smettila di fare la schizzinosa solo perché ti sei fatta la manicure mentre eravamo alla base! ›› sbuffò la ragazza di colore, affiancando la ragazza asiatica ed aiutandola a tirare.

A quanto pareva quell'affare argentato man mano che saliva diventava sempre più solido... In ogni caso, non sarei riuscita a levarmelo di dosso da sola.
Poco dopo si avvicinò anche la ragazza con i capelli biondi, cominciando ad aiutare le compagne.
Provai a spingermi indietro, cercando di contribuire incastrando le mani anche io e spingendo con loro.

Ci volle un po'. Pensai che si sarebbero arrese dopo poco tempo, invece continuarono a darmi una mano finché quel coso, qualunque cosa fosse, non cedette e cadde a terra con un rumore simile a quello che fanno le gelatine quando si spappolano sul pavimento, riducendosi in poltiglia.

Caddi anche io, all'indietro e di culo... proprio come una stupida.

‹‹ Ew... che schifo! ›› commentò una ragazza dietro di loro.

‹‹ Tutto okay? ›› mi chiese la ragazza di colore, porgendomi la mano.

Annuì, acchiappando la sua mano e mettendomi in piedi.
‹‹ Chi sei? Da dove vieni? Sicura di non essere una spaccata, ah? ›› chiese una ragazza con i capelli ricchi e lunghi fin sotto le spalle, che spuntò tra le ragazza bionda e quella di colore.

‹‹ Calmati, Frankie, così la spaventerai! ›› sussurrò la ragazza bionda.

‹‹ Sono stra-sicura di non essere una spaccata... Vengo dalla base della C.A.T.T.I.V.O., veramente ›› mormorai, guardando le facce delle ragazze.
‹‹ Anche noi veniamo da lì ›› rispose la ragazza di colore, porgendomi la mano ‹‹ Mi chiamo Harriet. E loro sono Sonya, Frankie ed Jocelyn, ma preferisce essere chiamata Evangeline ››

‹‹ Sento che Evangeline è il mio vero nome ›› aggiunse la ragazza asiatica

‹‹ Quindi... ›› la ragazza bionda, Sonya, mi trascinò dentro l'edificio, mentre Frankie chiuse il portone assieme ad Harriet ‹‹ se ho capito bene, anche tu vieni dalla base della C.A.T.T.I.V.O., come noi, giusto? ››

dentro quell'edificio c'erano un sacco di ragazze. Tutte sedute in modo sparso per l'edificio o sopra delle scatole imballate. Mi guardavano come se avessi la peste. Sicuramente anche loro, come gli altri, credevano che fossi malata e diffidavano.

‹‹ Giusto... ›› risposi, mentre Sonya continuava a spingermi, tenendo le mani sulle mie spalle.

‹‹ Come mai non ti abbiamo vista prima? Voglio dire... Non eri nel nostro gruppo. O forse sei una scienziata? ›› lo disse con un tono di disprezzo.

Vidi, allora, le altre ragazze attorno a me alzarsi e mettersi in cerchio.

Io ero al centro assieme a Sonya.

Non pensavo che volesse farmi un interrogatorio assieme alle altre... E non mi ero nemmeno accorta che erano armate, seppure fossero armi artigianali.

Coltelli e simili.

Deglutii. Mi sentivo dannatamente in trappola.

‹‹ Non sono una scienziata... Immagino che voi siate il gruppo B, quindi ›› Sonya si spostò i capelli dal collo.

Gruppo B

Soggetto B5

l'anima.

Il tatuaggio...

‹‹ Così dice questo tatuaggio, che mi sono felicemente trovata addosso una bella mattinata in cui mi sono svegliata in quel buco di posto. Oh, e chiaramente l'ha detto anche una scienziata, che c'era sempre in quel buco di posto,

Harriet, come ha detto di chiamarsi quella donna? ››

‹‹ Caroline ›› rispose Harriet, sistemandosi i ricci e mettendosi in prima fila nel cerchio che si era formato. Stringeva la mano di Frankie, che si aggrappava a lei come se fosse la sorella maggiore.

In effetti, Frankie era la più giovane a vista d'occhio.

‹‹ Questo nome ti dice qualcosa? ››

‹‹ No... perché mai dovrebbe? ››

‹‹ Perché tu sei una ragazza. E non eri nel nostro gruppo. Quindi, non sei come noi.

Io sono la seconda in comando, qui, quindi ricordo e conosco bene tutte le mie compagne.

Un faccino così pulito me lo ricorderei, sai? ›› disse, camminandomi intorno come un felino pronto ad attaccare ‹‹ quindi, da dove vieni? ››

‹‹ Te l'ho detto. Dalla base della C.A.T.T.I.V.O.. Ero nella base principale. Quella in cui stavate voi era una delle due aree esterne. Precisamente, l'ala esterna est. ›› risposi in tutta calma.

Ero stupita da me stessa per come mantenevo il sangue freddo.

Sentivo dentro di me che quella ragazza non mi avrebbe fatto del male. Stava semplicemente facendo un interrogatorio. Potevo giocarmi bene le mie carte ‹‹ Non sono una scienziata.

Loro non sono così stupidi e masochisti da gettarsi fuori dalla base di loro spontanea volontà. Non ne hanno motivo ››

‹‹ Quindi ti definisci stupida e masochista da sola? ››

‹‹ La mia è stata una scelta stupida, lo ammetto. Lì dentro forse ero al sicuro, ma ho avuto i miei buoni motivi per correre fuori. ››

‹‹ E quali sarebbero questi buoni motivi? ››

‹‹ Riunirmi al mio gruppo ››

Le ragazze si guardarono una ad una. Sonya sembrò stupita.

Si fermò. Era davanti a me.

Si scambiò un occhiata con Harriet.

Boccheggiò per un attimo, poi si guardò attorno. Si avvicinò ad una delle ragazze e prese agilmente un coltello dalle mani di una di queste, poi, con una mossa veloce e precisa, si affiancò a me, puntando il coltello poco sotto il mio mento.

Sentivo la lama fredda contro il mio collo ‹‹ Non mentirmi, ragazzina! ›› sibilò tra i denti.

‹‹ Sonya! ›› la riprese Harriet

‹‹ Non sto mentendo! ›› sbottai io, tirando indietro la testa

‹‹ C'è un gruppo C, allora, composto da maschi e femmine? E non ci hanno detto niente?

O forse fai parte della C.A.T.T.I.V.O. e non vuoi dircelo?! ›› continuò a sibilare, premendo lievemente il coltello.

‹‹ Non faccio parte della C.A.T.T.I.V.O., e no, non c'è un gruppo C! ››

‹‹ Menti di nuovo, quindi! ››

‹‹ Io appartengo al gruppo A! ›› si sentirono delle risate alzarsi all'interno della stanza.

Anche Sonya ridacchiò, senza spostare nemmeno di un centimetro il coltello dalla mia gola.

‹‹ Il gruppo A è interamente composto da maschi. E a meno che tu non nasconda una sorpresa dentro quei pantaloni, presumo che tu sia una donna come noi! ››

‹‹ Ti assicuro che è la verità! ››

‹‹ Il gruppo A aveva una sola ragazza ›› disse qualcuno dall'interno del cerchio. Tutti si zittirono, e Sonya si girò in direzione di quella voce.

Il cerchio si aprii, lasciando passare una ragazza dalla pelle pallida, gli occhi azzurri e dei lunghi capelli neri ‹‹ e quella ragazza, ero io. ››

Quello sguardo era così dannatamente freddo...

Non la conoscevo. Eppure mi era così familiare..

‹‹ La conosci? ›› domandò Sonya.

La ragazza scosse la testa, rivolgendo lo sguardo a Sonya ‹‹ ma abbassa il coltello. ››

‹‹ Ma... Teresa... e se è un'infiltrata della C.A.T.T.I.V.O.? ››

‹‹ È sola. Anche se fosse un'infiltrata, che vuoi che faccia? Siamo molto più numerose rispetto a lei.›› rispose, schioccando la lingua poco dopo ‹‹ come ti chiami? ››

‹‹ Elizabeth ›› dissi, facendo un respiro profondo non appena Sonya spostò il coltello ‹‹ e vengo veramente dal gruppo A. ››

‹‹ Ah sì? ›› Teresa sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. Il suo sguardo divenne minaccioso, era sicura di sé. ‹‹ E sentiamo, Elizabeth, se appartieni al gruppo A, immagino che conosci le regole della radura ››

‹‹ Fai la tua parte, rispetto per i tuoi compagni radurai e non oltrepassare mai quelle mura... Queste tre regole erano per la convivenza civile con i compagni e per evitare grossi casini ›› Risposi in tutta calma, le conoscevo a memoria, come se Alby me le avesse dette non meno di qualche secondo fa. Teresa guardò le altre ragazze ‹‹ me le disse Alby, che era il capo ››.

Teresa si zittì definitivamente. Mi guardò come se stesse scrutando ogni singola parte di me, del mio volto.

Come se volesse studiarmi. Vedevo nel suo sguardo che sapeva bene che non mentivo.

Fece un cenno con la mano alle altre, poi si avvicinò di più a me e mi prese per il braccio, tirandomi in un angolino della stanza.

‹‹ Okay, sentiamo un po'. Com'è che non ti ho mai vista? Nessuno mi ha mai parlato di te prima! Mi devi dare qualche spiegazione piuttosto logica a tutto questo, sappilo! ››

I suoi occhi azzurri erano puntati su di me. Non aveva più quell'aria minacciosa che aveva fino a qualche minuto fa lì al centro del cerchio.

Sembrava confusa e disorientata.

 


{Piccolo angolo dell'autrice che sì, tranquilli, non vedrete più per un bel po'}

Comunque, sono qui solo per darvi un piccola e breve News:

Ho scelto ufficialmente i giorni per aggiornare, ossia il Martedì e il Sabato. E niente, ci tenevo a dirvelo ahahahah alla prossima, pive!
Alla prossima!
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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


‹‹ Quindi... Non sai nemmeno tu cos'è successo, giusto? ›› domandò Teresa.

Era rimasta in silenzio per tutto il tempo in cui ho raccontato tutto ciò che sapevo.

Lei, in qualche modo, si ricordava di me.

O meglio, le ricordavo “qualcosa” e sentiva di potersi fidare di me. La stessa cosa che provavo io. Sentivamo di avere una sorta di legame tra di noi.

Annuii a quella domanda, passandomi le mani tra i capelli. Non sapevo cos'altro dirle, perché nemmeno io ero chissà quanto informata.

Alla fine alla C.A.T.T.I.V.O. non mi hanno dato chissà quante informazioni su ciò che mi stava succedendo, su ciò che volevano fare.

‹‹ E nemmeno tu sai il perché della fase due, tanto meno sai in cosa consiste ›› continuò, sperando in un mio “No, alt, questo lo so!”.

Annuii, quasi mortificata.

‹‹ L'unica cosa che so, Teresa, è che sono capitata nella radura per sbaglio. E l'unico motivo per cui sono qui, è ritrovare i miei... I nostri, compagni radurai. Non voglio altro ››

‹‹ E Janson ti ha detto di aver eliminato loro la memoria, giusto? ››

‹‹ Già... ›› sospirai ‹‹ di questo, però, non ne ho la benché minima idea, spero che sia una caspiata ››

‹‹ Lasciati dire che come cosa è piuttosto probabile.

Insomma, voglio dire... non mi hanno detto di te, nonostante tutto. Penso che si sarebbero ricordati di un'altra ragazza nella radura, o almeno avrebbero commentato con un “Oh caspio, non di nuovo!”.››

risi, immaginando Alby che imprecava per l'arrivo di un'altra ragazza.

Beh, considerando che il mio arrivo ha portato loro un casino inimmaginabile, un'uscita del genere era anche plausibile.

Continuava però a non piacermi l'idea che loro non si ricordassero di me... sopratutto Newt.

‹‹ Ehi... scusa, non volevo smontare i tuoi piani ›› mormorò lei, poggiando una mano sulla mia spalla ‹‹ ti prometto che troveremo un modo per ridare loro la memoria ›› accennò un sorriso, sperando, forse, di strapparne uno a me.

Non volevo smontare i suoi tentativi, così ricambiai. Anche se non vedevo alcun motivo per farlo.

 

Teresa mi spiegò ciò che dovevano fare. Mi mostrò il suo tatuaggio. La traditrice, non era molto rassicurante, c'era da dirlo.
Mi spiegò come fuggirono dal labirinto.

La storia dei codici, le parole “fluttua, piglia” etc... Erano le stesse che mormorava George durante la mutazione. Esattamente in quell'ordine.

Mi spiegò il salto dalla scarpata, come raggiunsero l'ala esterna della cattivo e tutto il resto.

Mi sentii un po' inutile mentre raccontava. Avrei voluto aiutarli.

‹‹ Giuro, è stato snervante. Quando ci hanno “salvati”, se così possiamo dire, abbiamo fatto un grosso sospiro di sollievo.

Io e Thomas siamo stati gli ultimi ad arrivare nella radura... era questo ciò che volevano.

Il gruppo B ha completato la prova poco prima di noi ›› disse passandosi le mani tra i lunghi capelli neri. Dannazione, era veramente bella. Mi sentivo un castoro fuori forma vicino a lei ‹‹ solo che non capisco il motivo di avere due gruppi... ››

‹‹ In un certo senso, io sì. Per mettere alla prova maschi e femmine, credo... vedere chi completava prima la prova in modo da avere uno schema completo ››

Rimase incantata su un punto, come se stesse ricordando qualcosa che le faceva veramente male. Era sovrappensiero ‹‹ poi, quando ho scoperto che lavoravo per la C.A.T.T.I.V.O.... Non potevo crederci ›› accennò un sorriso, scuotendo la testa ‹‹ insomma... wow... è stato strano. Potevo credere di aver fatto tutto questo. Ed ora sento comunque di dovermi redimere. Tutto questo a quale scopo? Insomma... Ci sarà un motivo, giusto? Non possiamo aver fatto tutto questo senza un perché. ››

‹‹ Non dirlo a me ›› mormorai. Non le dissi tutto tutto, solo che io, come lei, avevo lavorato per la C.A.T.T.I.V.O..
Non volevo che poi si facesse una brutta idea di me... o di Newt. Non proferii parola riguardo ai dolenti ‹‹ è ciò che dissi anche io, quando l'ho scoperto ››

Lei annuii. Sapevo che mi capiva.

Le dissi che lei era una dei quattro dell'èlite, ma che non sapevo nient'altro riguardo quella storia.

Com'era vero, d'altronde. Non sapevo quali fossero gli altri nomi. O meglio, sapevo di Thomas solo perché l'aveva nominato lei e di Rachel, perché era la sorella di George. Mi sfuggiva il quarto nome.
E inoltre non ricordavo le loro facce.
‹‹ Abbiamo una missione precisa noi del gruppo B. Non conosco quella del gruppo A perché mi hanno separata subito da loro... ››

‹‹ Qual'è la vostra missione? ››

‹‹ Raggiungere il porto sicuro prima del gruppo A. Eliminandolo, se necessario. Per questo ci siamo armate ›› disse con tutta calma, guardandosi attorno.
Corrugai la fronte ‹‹ Sei sicura? Non penso che vogliano che elim-... Teresa? ››

all'improvviso il suo sguardo divenne dannatamente gelido. C'era dell'altro, ma non disse nulla.

Chiuse gli occhi infastidita. Corrugò la fronte e poggiò le mani sulle tempie.
‹‹ Caspio, Thomas, basta! ›› sibilò tra i denti. Premette le mai sulle tempie come se volesse schiacciarsi la testa tra le mani.
‹‹ Che succede? ›› domandai, ma non rispose.
Dopo un paio di minuti spostò le mani, scuotendo la testa. Non rispose ancora alla mia domanda.

 

Ero sola in quel gruppo. Loro erano tutte unite, io, invece, ero semplicemente seduta in un angolino.

Loro avevano i loro piani, io i miei.

Teresa mi disse che se volevo potevo stare con loro.

Ma non avevo intenzione di unirmi a quel gruppo... Volevo solo ritrovare i miei compagni.

Ma ormai era tardi, la notte stava per calare, ed io non avevo intenzione di uscire da sola. Oltretutto non sapevo dove andare, come muovermi.

Pensai e valutai che forse era meglio uscire quando l'avrebbero fatto loro.

Magari armata. Infatti, Teresa stava preparando una lancia apposta per me.

Mi stava simpatica, era disponibile nei miei confronti. Sarà forse per una sorta di simpatia reciproca o qualcosa del genere.
‹‹ Io ti conosco! ›› squittì una voce allegra. Evangeline si era affiancata a me, rigirandosi tra le mani il suo coltellino dal manico rivestito di pelle di animale.
‹‹ Ah sì? ›› domandai, corrugando la fronte. In effetti non era un volto nuovo, il suo.
‹‹ Sì... cioé, non proprio. È una sensazione, okay? ›› annuì con convinzione.
I suoi comportamenti di certo non erano esattamente femminili.
Arricciò il naso e tirò su gli occhiali da vista che erano poggiati sulla punta. Le davano un'aria intellettuale.
‹‹ Quelli te li sei fatta tu? ›› domandai ingenuamente. Lei rise e scosse la testa
‹‹ Quando eravamo nella radura, assieme a me, arrivarono questi. Mentre scappavamo i miei si sono rotti, così me ne hanno fornito un altro paio. Senza questi vedo veramente terribilmente male!

Non sai quante volte ho rischiato di distruggerne un paio durante le corse fuori dal labirinto ››
‹‹ Eri una velocista? ››

‹‹ Una che? ›› corrugò la fronte, come se quel termine fosse totalmente nuovo.

Forse da loro non si usava lo stesso gergo della radura in cui stavo io.
‹‹ Intendo... eri una di quelle che correvano nel labirinto per mapparlo? ›› domandai ancora.
Lei annuì, sollevando il volto con fare vanitoso ‹‹ ero molto meglio! Cacchio, ero il capo di quel settore! ››

‹‹ Un intendente dei velocisti ›› pensai, sorridendo.
Evangeline mi ricordava terribilmente Minho, ma donna.
Effettivamente, a guardarla meglio, era un fascio di muscoli.
‹‹ Harriet è il capo di tutte noi, Sonya è la seconda in comando. Sonya a dire il vero non è così cattiva come può sembrare, ma... è spaventata. Come tutte noi ››

‹‹ Harriet è quella che c'è da più tempo, vero? ››

Evangeline corrugò la fronte ‹‹ come fai a saperlo? ››

‹‹ Intuizione ›› sfoderai il sorriso migliore che riuscii a fare.

Il gruppo B, non era altro che il gruppo A, però al femminile.

Harriet era la versione femminile di Alby, Sonya la versione femminile di Newt, Evangeline quella di Minho e, probabilmente, Frankie era la versione femminile di Chuck.

A guardare bene la povera Frankie, effettivamente, ricordava lontanamente Chuck.

Piccolina, grossottella, capelli ricci e guance rosee.

Solo che le raduraie – chiamiamole così – non la trattavano male come facevano i radurai con Chuck.

Erano come tante sorelle, e cercavano di tranquillizzare la piccola Frankie, che era palesemente la più giovane di loro.

‹‹ Sono così curiosa di vedere quelli del gruppo A! ›› esordì di nuovo Evangeline, congiungendo le mani ‹‹ non capisco tutto l'astio che porta Teresa nei loro confronti... secondo me sono come noi. Cioé, hanno passato ciò che abbiamo passato noi a quanto ci ha raccontato Teresa.

Insiste che dobbiamo vendicarci su Thomas, che lo odia per ciò che le ha fatto... ma non ci ha ancora detto cosa le ha fatto ›› si grattò la fronte, guardandomi ‹‹ tu lo sai? ››

come potevo sapere cosa le aveva fatto Thomas?

Non sapevo nemmeno che Teresa portasse astio nei confronti del gruppo A.

Scossi la testa, confusa da quella nuova informazione.

Allora, Evangeline fece le spallucce, strisciando col sedere fino a sdraiarsi completamente sul pavimento ‹‹ Sonya! Mi fanno male le tette! ›› gridò.
La cosa mi fece ridere, ma fece arricciare il naso a Sonya, che assunse uno sguardo tipo “quanto sei rozza...”.
Decisamente, mi ricordava Minho. Evangeline era un dannato maschiaccio, esattamente l'opposto di ciò che era Minho, che a volte si comportava come la peggiore delle reginette di bellezza.
‹‹ E quindi? ›› rispose Sonya, sempre gridando
‹‹ Vuol dire che sta arrivando una tempesta! Chiudi bene le porte, magari piove dentro! ›› si poggiò un braccio sul volto, ridacchiando ‹‹ in verità ho visto il cielo scurirsi poco fa, però zitta ›› sussurrò, riferendosi a me e portandosi un dito davanti alle labbra.

 

Entrò una folata di vento, il tempo all'esterno sembrava essersi indemoniato di botto.
Vento, lampi che però non esplodevano, ma si limitavano ad illuminare la zona, senza fare il minimo suono... Dal caldo più terribile era passato alla tempesta più indomabile.
Ringraziai il cielo di avere un tetto sulla testa, sebbene non fosse dei migliori, ma almeno se avesse preso a piovere l'acqua non sarebbe entrata all'interno dell'edificio.

Ero sdraiata accanto ad Evangeline, quest'ultima era deliberatamente poggiata a me con la testa sul mio seno, nemmeno fossero un paio di cuscini. Dormiva così beata che quasi mi dispiaceva alzarmi.
Non avevo la benché minima idea di quando fosse iniziato quel mal tempo. Mi ero addormentata la sera.
‹‹ Possibile che col casino che sta succedendo lì fuori, nessuna di loro si svegli? ›› sussurrai in preda alla frustrazione per essere stata svegliata nel bel mezzo della luce improvvisa.
Sentii una risata ‹‹ è quello che mi sto chiedendo anche io ›› sussurrò Teresa. Feci fatica a sentirla per colpa di quel baccano.
Non era poi così lontana da me. Ed era sveglissima. La sua voce non aveva tracce di sonno.
‹‹ Come mai sei sveglia? ››
‹‹ sensi di colpa, credo. Non dormo molto bene ultimamente ›› sussurrò, mettendosi seduta e passandosi le mani sul volto ‹‹ ma non posso ancora dirti per cosa... ah, giusto, prima che mi dimentichi: la tua lancia è pronta, è di là, poggiata a quel muro. Domani mattina usciamo presto, ti conviene dormire ›› mormorò.
Mi girai a guardare la lancia. Era veramente fatta da Dio. Mi stavo chiedendo come l'avrei presa. Era più alta di me!.
‹‹ qui il tempo cambia facilmente. Tutta colpa delle eruzioni solari... o almeno, così ci hanno detto ›› aggiunse infine.
Annuii, anche se volevo chiederle come mai era così spenta.
Non poteva essere per il sonno. Ciò che non voleva dirmi doveva essere veramente brutto se aveva quell'espressione così assente che si vedeva anche attraverso il buio di quella notte.

Ma decisi, tutta via, di non farle domande.

Se non voleva parlarne di certo non potevo obbligarla a farlo.

‹‹ Buona notte, Teresa ››

‹‹ Buona notte, Ely ›› rispose, sdraiandosi a sua volta.

Aveva un tono veramente così a terra, quasi mi veniva voglia di alzarmi e sdraiarmi accanto a lei.
 

‹‹ Okay, siete pronte? ›› esordì Evangeline, mettendosi davanti al portone.
Mise il suo pugnale tra i denti (quella ragazza era piena di pugnali), legandosi i capelli in una treccia.

‹‹ Pronte! ›› gridarono tutte le raduraie in coro. Teresa era accanto a me. Impugnava la sua lancia, lunga quanto la mia. La sua espressione era glaciale. Nella mia memoria erano veramente poche le persone che possedevano uno sguardo come quello. Carico di determinazione.

‹‹ Allora andiamo lì fuori e cerchiando di non farci ammazzare dagli spaccati! Ricordiamoci: Dritte verso il porto sicuro! ›› gridò Evangeline, spalancando il portone.

Lei era a capo di tutta la spedizione, proprio per via della sua esperienza come intendente dei velocisti.

Inutile, il mio gergo era comunque quello della radura e non avevo altro modo in cui chiamarle.

Non camminavano lì in mezzo. Correvano.

E si sapeva benissimo quanto io odiassi correre.

‹‹ Grazie per aver recuperato la coperta ›› dissi. Io e Teresa dividevamo la coperta per ripararci dai raggi solari. Eravamo a coppie.

‹‹ Di nulla! ›› rispose, rivolgendomi un sorriso lievemente forzato.

Aveva delle profonde occhiaie sotto gli occhi ‹‹ Mi dispiace solo di non essere riuscita a recuperare le bottiglie. Giuro, non so che fine abbiano fatto... ››

‹‹ Saranno rotolate via, d'altronde quando sono entrata nell'edificio, ho lasciato tutto fuori. È già tanto aver recuperato la coperta... ››

‹‹ Dubito siano rotolate via. Secondo me qualche spaccato le ha rubate ›› fece un respiro profondo.

Il caldo era veramente insopportabile. Troppo insopportabile.

 

Non sapevo da quanto tempo stavamo correndo, ma eravamo tutte palesemente sfinite. Sia per la fatica che per il caldo soffocante.

Tenevamo i teli prima una e poi l'altra, ma questo non bastava a farci riposare le braccia a vicenda.
Evangeline poi non ne voleva sapere di fermarsi.

Non c'era tempo, dovevamo raggiungere il porto sicuro prima di chiunque altro.
A me non interessava raggiungere il porto sicuro, volevo solo raggiungere i miei compagni.

Ma anche loro erano diretti lì, sicuramente, per cui.... perché mai allontanarmi? Prima o poi ci saremo incontrati tutti insieme, no?

‹‹ Fermatevi! ›› gridò Eva.
Alzò lo sguardo verso il cielo.
‹‹ È l'ora di punta, vuoi che moriamo sotto il sole?! ›› sbraitò Harriet, dando il cambio a Sonya per tenere il telo ‹‹ se rimaniamo ferme qui rischieremo un collasso! ››

‹‹ Non lo sentite anche voi? ›› disse Eva, abbassando il tono della voce e girandosi verso Harriet

‹‹ Cosa? Perché ora parli a voce così bassa?! ››
Io e Teresa ci avvicinammo di più a loro, curiose dal sapere di cosa stavano parlando.
Eva si guardò attorno con fare attento.
‹‹ Stanno arrivando... ›› sbiancò. La sua pelle era perlata di sudore.
‹‹ Chi sta arrivando? ›› domandò Teresa, reggendo il telo sopra le nostre teste
‹‹ Oh... Oh no! ››
Prima ancora che potessimo domandare qualcos'altro, Eva alzò la testa ‹‹ Sono già qui! ››
Niente domande. Niente. Dalle nostre bocche non uscì niente.

Fu come essere circondata da milioni di zombie... perché, ovunque girassimo lo sguardo, attorno a noi c'era una discreta folla di spaccati.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


‹‹ Ma da dove caspio arrivano?! ›› dissi. Ero in preda al panico.

Erano ovunque.

‹‹ Pronte ragazze? Alla spartana! ››

‹‹ Pronte! ››

‹‹ Alla spartana? ›› domandai, girandomi verso Teresa. Lei annuì.

Le ragazze sì strinsero tra loro, in cerchio.

Teresa puntò la lancia fuori da questo, stando ben attenta a non colpire Sonya, che era direttamente davanti a noi assieme ad Harriet.

Feci la stessa cosa di Teresa, e al segnale di Evangeline, che non era altro che un grido, partimmo tutte insieme all'attacco.

Non so cosa colpimmo di preciso. Sentii solo qualcosa colpire la mia lancia e spostarsi poco dopo.

Caricammo un paio di volte prima di riuscire a ripulire la strada davanti a noi.

La cosa strana, era che gli spaccati non ci attaccavano a loro volta.

Erano immobili, non si mossero, si limitavano a guardarci come esseri senza vita.

Magari erano spaventati dalle nostre armi... o forse ci stavano semplicemente osservando, appunto.

Un'altra cosa strana era che non provavo rimorso ad attaccarli... Al contrario.

Non provavo assolutamente nulla. Ed era quella la cosa che più mi preoccupava.
‹‹ Perché non ci hanno attaccate? Erano decisamente in maggioranza rispetto a noi! ›› domandai.
Sonya si girò a guardarmi, come se volesse fulminarmi con lo sguardo
‹‹ Sono pazzi, perché ti poni certe domande idiote? Preferivi che ci attaccassero? Io non ho intenzione di diventare la cena di qualche pazzo cannibale! ››
corrugai la fronte, decidendo di non risponderle. Teresa mi diede una pacca sulla spalla, scuotendo la testa.
Avevo una voglia pazzesca di dare un colpo con la lancia a Sonya.
‹‹ Non ce l'ha con te, se è questo che stai pensando. È questo posto, Ely. Sonya è provata ›› sussurrò per non farsi sentire da Sonya.
‹‹ Okay, ma c'è modo e modo di dire le cose ›› risposi, sempre sussurrando.
Teresa scosse le spalle. Capivo, tutta via, ciò che voleva dirmi.
La zona bruciata era veramente un posto terribile. Forse gli spaccati non ci attaccavano solo perché volevano capire chi eravamo, volevano osservarci.
Forse era qualche piano della C.A.T.T.I.V.O., magari era un allucinazione di massa...
Ricordo che una volta, qualcuno alla base, mi disse di non credere a tutto ciò che vedevo, perché loro potevano farci vedere ciò che volevano. Controllavano le nostre menti tramite qualcosa che c'era nel siero per rimuoverci la memoria. Era qualcosa di strano da spiegare.
‹‹ Comincio a pensare che loro ci hanno mandati qui semplicemente per testare la nostra resistenza ›› mormorai, basandomi sul ragionamento delle allucinazioni.
Teresa mi guardò con la coda dell'occhio ‹‹ questo direi che è ovvio ››
‹‹ E se non esiste un porto sicuro? E se stessimo correndo alla cieca? ››
‹‹ Ecco che comincia a parlare l'angelo della sfiga! ›› commentò Sonya, ma sta volta con ironia, non con astio ‹‹ questo è possibile, ma hai un idea migliore di quella di correre nella speranza di raggiungere effettivamente un porto sicuro? ›› aggiunse.
Harriet scosse le spalle, come per concordare con lei
‹‹ In effetti, no ››
Teresa sospirò quasi con fare rassegnato, ignorando ciò che stavano dicendo Sonya e Harriet.
Mi aveva raccontato che lei non le sopportava. O meglio, non voleva avere nulla a che fare con loro, ma doveva adattarsi. Non sentiva i senso di “gruppo”, ed aveva un obbiettivo preciso, che però non poteva dirmi.
‹‹ Magari non erano oltre l'andata ›› disse, girando lo sguardo verso di me ‹‹ gli spaccati, intendo. Magari è per questo che non ci hanno attaccate. Volevano solo vedere cosa stavamo facendo. D'altronde siamo nel loro territorio, sai... ››
Annuii. Aveva completamente cambiato discorso, ma non feci domande. Magari non voleva semplicemente pensare all'eventualità che tutto quello che stavamo facendo fosse completamente inutile. Insomma, chi vorrebbe mai pensare che tutto quello fosse inutile? era già abbastanza demoralizzante per i fatti suoi quella dannata situazione.
 

Camminammo tutte strette per non so quanto altro tempo.

C'era già caldo per i fatti nostri, e anche se a stare così vicine faceva il doppio del caldo, ci sentivamo più protette.
Ed avevamo tutte sete. Così tanta sete che a momenti qualcuna aveva le allucinazioni, ma avevamo veramente poca acqua a disposizione, quindi bevevamo un sorso a testa ogni tanto, giusto per non svenire.
Il problema era che ogni goccia che bevevamo sembrava semplicemente evaporare una volta che entrava in contatto con la lingua. Sembrava tutto dannatamente inutile.

‹‹ Eva, possiamo fermarci un po'? ›› domandò Harriet.

‹‹ No. ›› rispose freddamente Eva. Era nervosa da quando c'era stato quell'incontro ravvicinato con gli spaccati.

‹‹ Eva, dobbiamo fare anche i nostri bisogni, okay? ›› borbottò Sonya. Allora Eva si fermò e ci guardò, poggiandosi le mani sui fianchi con un espressione dannatamente scocciata da quell'interruzione.

‹‹ Okay, quante di voi devono fermarsi a fare i propri “bisogni”? ››

Alzai la mano. Io, come tutte le altre.

‹‹ Bene, fantastico. Tutte a farli, forza! ››

‹‹ Tutte, nel senso... tutte insieme? ›› domandai.

Nessuno mi rispose, quindi lo presi come un sì.
Mi sentivo veramente a disagio.

 

Riprendemmo subito a correre poco dopo.

Avevo fame. Sete. Ero stanca. Avevo caldo.

C'era una cosa che non avevo?

Stavo odiando tutto di quel posto. Ma non volevo mollare nonostante le mie gambe mi pregassero di farlo.
Anche se avessi mollato, dove andavo? Ero nel bel mezzo del nulla, non sapevo nemmeno dove girare gli occhi.

Continuammo a correre per tutta la sera, finché finalmente non si fece abbastanza tardi da rinfrescare almeno un minimo quella serata.

‹‹ Sta per arrivare una tempesta, Eva? ›› domandò Frankie. Non mi ero nemmeno accorta che era assieme a lei. Forse perché l'unica a reggere il telo tra le due, era proprio Evangeline, anche perché se l'avesse tenuto Frankie sarebbe bastato solo per coprire sé stessa, data l'altezza.
Quella ragazza aveva una forza micidiale se non gli aveva fatto male il braccio nemmeno per un secondo.

Eva alzò lo sguardo al cielo.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto fosse diventato scuro. Minacciava una pioggia niente male... E non era rassicurante. Per niente.
Eva annuì ‹‹ dobbiamo raggiungere la città il prima possibile. O comunque un qualsiasi edificio per passare la notte. Fortuna che non siamo lontane ›› gridò per sovrastare il rumore del vento, che sembrava alzarsi sempre di più man mano che i secondi passavano. Almeno fosse vento fresco...

Tempo qualche attimo, nemmeno il tempo di girarsi, ed un fulmine cadde a pochi centimetri da lei.

‹‹ Ma che...! ››

Sobbalzai e mi fermai di scatto, costringendo anche Teresa a fermarsi poco di me.
Questa mi guardò come se avessi commesso l'errore più grande del mondo ‹‹ Non fermarti, continua a correre! ›› mi riprese lei ‹‹ fa come stanno facendo tutte! Se no ti lasceranno indietro!››

Ed effettivamente ero l'unica che si era fermata. Dannazione, ero distrutta.
Io volevo muovermi, ma sembrava che le mie gambe non volessero collaborare per niente.

Un fulmine cadde non troppo lontano da me. Un altro per poco non colpì Evangeline e Frankie.
Altri dall'altra parte. Erano sempre più frequenti, sparsi... E sembravano colpire il terreno con sempre più violenza.

Non c'era più nessuno vicino a me. Nessuno. Tranne Teresa, che mi stava tirando per un braccio.

Ero distrutta. Seriamente distrutta.
La luce dei fulmini poi era così dannatamente accecante che a stento riuscivo a guardarmi attorno.

Non riuscivo più a muovere nemmeno le gambe.

‹‹ Dio... conosco bene questa sensazione... ›› pensai.

Era la stessa sensazione di caduta nell'oblio. Avevo una sensazione piacevole di abbandono, di stanchezza... volevo dormire. Il sonno si stava presentando.

‹‹ Elizabeth! ›› gridò Teresa, scuotendomi per un braccio.

‹‹ Teresa, che fai lì?! ›› le gridò contro Eva ‹‹ muovetevi! ››

‹‹ Teresa, va! ›› le dissi. Non volevo che stesse lì solo per me. In qualche modo me la sarei cavata.

Lei scosse la testa e fece per tirarmi con sé. Alzai lo sguardo.

Sembrava quasi disperata ‹‹ Io non ti lascio qui! ›› disse, cercando di mantenere la calma.

Decisamente, c'era qualcosa che ci univa, o non si sarebbe mai presa la briga di cercare di farmi muovere.

‹‹ Ter.. ›› lasciò all'improvviso la mia mano. Ma non lo fece di sua spontanea volontà.

Ma per un altro fulmine che cadde così dannatamente vicino a noi che la forza ci sbalzò via.

Attorno a noi si alzò la polvere del terreno colpito.

Non si vedeva nulla, c'era oltretutto troppo vento.

Non sentivo una sola parola, mi aveva assordata. Sentivo solo un fischio assordante nelle orecchie.

Mi sentivo smarrita.

Che mi avesse colpita?
No, avrei sentito almeno dolore.

Sentivo solo di essere a terra, la sabbia che mi entrava nelle narici.

Avevo battuto la testa, di questo ne ero convinta.

Forse ero caduta di nuovo nell'oblio.

Sentivo il mio corpo così leggero. Era tutto così piacevole. Mi sentivo... libera.
Il sonno che avvolgeva il mio corpo e mi cullava, accompagnato dal rumore della pioggia che aveva improvvisamente cominciato a scendere.

Non c'era caldo.
Non c'era freddo.

Non c'era niente.

Ero sola. Ero in pace.

Lo ero veramente?

 

Riaprii gli occhi.

Ero completamente inondata dal terriccio.

Era mattina. Mattina!

Come caspio avevo fatto a sopravvivere tutta la notte senza il minimo problema?

‹‹ Aaah... la mia testa! ›› mugugnai, massaggiandomi la nuca.

Niente di umido.

Almeno non avevo sbattuto così forte da rischiare un trauma cranico. La cosa mi consolava.

Niente di rotto.

Tutto okay.

Mi alzai e mi pulii i vestiti. Ero sola. Ero sola per davvero.

‹‹ Okay, Elizabeth, sta calma ›› mormorai tra me e me, cominciando a camminare ‹‹ c'è vento e non puoi vedere nulla.

C'è caldo, ma non è così soffocante, dai... più o meno. Puoi farcela. Sì! ›› parlare da sola era un buon segno? Okay, forse no.
Un occhiata veloce in giro e in poco tempo capii che qualcosa non andava.
Mi fermai, corrugando la fronte.
Quel posto... non era assolutamente dove avevo perso le altre del gruppo.
Come lo sapevo? Semplice: Gli edifici disintegrati davanti a me erano decisamente più vicini di prima.
Com'era possibile? Nonostante fossi stata sbalzata via, sicuramente non ero finita così tanto lontana.

Cominciai a correre, sperando di aver preso la direzione giusta.

Il mio senso dell'orientamento era pari a quello di un piccione viaggiatore ubriaco. Non potevo nemmeno seguire le impronte del gruppo B perché, giustamente, non si vedeva nulla.

Il vento frustava contro il mio volto in modo piuttosto violento.

Correre poi non era stata un'idea così brillante come immaginavo.

Decisamente: non avrei mia potuto fare la velocista.

‹‹ Teresa! ›› gridai ‹‹ Evangeline! Harriet! C'è qualcuno, caspio?! ››

Nessuna risposta.

Ottimo, questo almeno voleva dire che ero effettivamente sola come un cane.

O forse ero stupida come poche, visto che rischiavo di attirare l'attenzione di qualche spaccato.

Meritavo un premio per la stupidità.

Poi sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla.

Una mano piccolina e delicata. Avrei giurato che si trattasse della mano di una bambina, se non fosse che sarebbe stata una bambina un po' troppo cresciutella, visto che era riuscita ad arrivare alla mia altezza indisturbata.

Mi girai lentamente.

Sentii i brividi a quel movimento.

Il volto della persona che mi trovai davanti non apparteneva a nessuna delle ragazze del gruppo B.

Era sì una ragazza, ma... non era di quel gruppo.

Il suo sguardo era così serio e freddo da farmi venire la pelle d'oca.

‹‹ Buh. ›› disse lei con fare ironico, poi mi squadrò dalla testa ai piedi ‹‹ sei qui per la scorta di cibo, bellezza? ››

‹‹ Scusa, cosa? ›› risposi sollevando un sopracciglio.

Okay, forse dovevo calmarmi. Probabilmente era una spaccata.
I suoi occhi scuri erano puntati nei miei.

‹‹ Cosa non hai capito? Sei sorda per caso? Ti è finita sabbia nelle orecchie? ››



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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


‹‹ Allora? ›› domandò con insistenza la ragazza davanti a me, spronandomi a risponderle.
Ma ero sorpresa e allo stesso tempo preoccupata dalla sua presenza.
A guardarla non aveva nulla di strano, non capivo se era una spaccata o meno... considerando che gli ultimi spaccati che avevo visto non le somigliavano per niente.
Di scatto estrasse un coltellino dalla tasca dei pantaloni e me lo puntò alla gola con un'agilità paurosa.
La lama premeva così bene contro la mia pelle da sentirla quasi sul punto di tagliarmi tanto era tesa contro la lama.
Rimasi ferma e rigida come un palo, ma tuttavia ero calma. Sorprendentemente calma. Come se fossi stata preparata ad una cosa simile. Forse perché era già successo con Sonya, o forse semplicemente perché avevo già visto la morte, già passata, ed ormai l'idea di ripetere l'esperienza non mi spaventava poi tanto.
Non sapevo il motivo di tanta calma, eppure era nel mio corpo.
Magari era semplice adrenalina.
‹‹ Se qui per la scorta di cibo? ›› domandò di nuovo, con un tono quasi ansioso.
I suoi occhi avevano uno sguardo serio, ma c'era quel qualcosa che trasmetteva un certo senso di angoscia. Mi dava un senso di
‹‹ Non sapevo nemmeno che qui vicino di fosse una scorta di cibo! ›› risposi, cercando di mantenere un tono calmo ‹‹ ed anche se fosse, non mangio da un sacco di tempo, non mi dispiacerebbe mettere del cibo sotto i denti! ››
Mi guardò dritta negli occhi, senza spostare la lama nemmeno di un centimetro.
Sentivo l'adrenalina farsi strada nel mio sangue.
Non sembrava minacciosa, avrà avuto circa sedici anni, non di più e non di meno.
‹‹ Che ne diresti se sotto i denti ti ci mettessi il ferro del mio pugnale, eh? Non è bello tentare di rubare il cibo altrui, con tutta la fatica che si fa per trovarne un po', da queste parti! ›› ritrasse lentamente il pugnale, lasciandomi così finalmente libera di respirare.
Poggiai le mani sul collo, come se mi aspettassi di sentirlo fatto a fettina.
‹‹ Non sono venuta a rubare, mi sono semplicemente persa! ›› dissi a denti stretti, fissando la ragazza che, con tutta calma, sistemava il pugnale nella tasca, come se fosse una cosa di tutti i giorni.
‹‹ In ogni caso non avresti trovato nulla, la scorta di cibo non è nemmeno da queste parti ›› si sistemò i capelli lungo la schiena, poggiandosi le mani sui fianchi ‹‹ ma non si sa mai. Se mi avessi risposto di sì, non avrei mai esitato a tagliarti la gola. Avrei pranzato con dell'ottima carne fresca!>> disse con naturalezza ‹‹ da dove spunti? Sei una nuova spaccata? Sei troppo pulita per essere qui da tempo! ››
Ma perché tutti mi scambiavano per una spaccata? Beh.. a pensarci bene, sicuramente non era normale che una ragazza “normale” girasse da quelle parti.
Ma era il caso di dirle anche a lei la verità? Non avevo la benché minima idea di come avrebbe reagito. E lei aveva un coltello, io al massimo potevo tirarle la sabbia negli occhi e cominciare a correre finché riuscivo... ed ero abbastanza sicura che con tutto il caldo che c'era non avrei resistito per più di cinque secondi di corsa.
Inclinò la testa e mi guardò attentamente, corrugando la fronte e guardandomi attentamente. Sembrò studiarmi in ogni singolo dettaglio, mi sentivo quasi... nuda.
‹‹ Sono arrivata qui con un gruppo di rag- ›› lei sollevò di colpo la testa e mi interruppe
‹‹ Un gruppo hai detto? Allora non ho visto male! ›› nei suoi occhi comparve una sorta di luccichio. Mi fece quasi paura.
Stavo per correggerla, ma mi afferrò di botto le spalle e mi spinse contro di sé. Il suo volto era veramente troppo vicino al mio. Era ufficiale: quella ragazza non mi piaceva per niente, spaccata o meno che fosse. Mi girò il volto verso destra e mi osservò attentamente.
Le sue mani erano sporche di terra, quasi mi infastidiva essere toccata da lei.
Beh... di norma odiavo proprio essere toccata in faccia, perché la trovavo una cosa veramente troppo invadente per i miei gusti.
Oltre al fatto che sì, mi infastidiva perché era una perfetta sconosciuta e, beh... era probabilmente malata. Inoltre non è mai andata a finire bene quando mi prendevano il volto tra le mani nello stesso modo che stava facendo lei.
Una delle ultime volte che è successo mi sono ritrovata incollata alle labbra di un ragazzo che odiavo e che aveva cercato di farmi fuori più volte.
Sì, insomma, non facevo proprio i salti di gioia per quel genere di contatto.
‹‹Tu ora vieni con me, signorina ››
‹‹Eh? Dove? ››
‹‹ Sarà divertente, credo. Non preoccuparti. Sicuramente mi, anzi, ci sarai molto utile. ›› ridacchiò sotto i baffi.
‹‹ perch- ›› non mi lasciò finire, si posizionò agilmente dietro di me e mi bloccò le braccia con le sue, facendole girare dietro la mia schiena.
Era veramente forte (o forse ero io che ero troppo debole, visto che non mangiavo da un pochino ed avevo preso una botta fortissima?) e non riuscii nemmeno ad opporre resistenza.
Potevo solo lamentarmi e dimenarmi, ma era inutile, direi.
Non volevo immaginare dove mi stava portando. Aveva un espressione veramente sadica mentre pronunciava quelle parole.
Sentivo il panico crescere nel mio petto, come se stessi lentamente prendendo coscienza del fatto che probabilmente ero ufficialmente fottuta.
E se mi stesse portando da altri spaccati?
Ora capivo perfettamente cosa intendeva Sonya quando diceva di non voler diventare il pasto di qualche spaccato. Prima non lo comprendevo a pieno.
Mi mancava la radura. Mi mancava il labirinto. Non provavo una sensazione pessima come quella dalla volta in cui incontrai faccia a faccia un dolente.
Dannazione, piuttosto che stare in una situazione del genere avrei preferito tornare lì dentro.
La presa di quella ragazza sembrò farsi più forte, sembrava di avere delle tenaglie dietro la schiena che premevano attorno ai miei polsi.
‹‹ Caspio, almeno allenta un po' la presa! ››
‹‹ E lasciare che così scappi via, bocconcino? Non penso proprio! Ora sta calma o ti affetto i polsi!›› E mi minacciava pure? Decisamente, quella non era sicuramente sana di testa.
Sentivo la mancanza della mia lancia.
Non volevo essere così debole, così vulnerabile... Non volevo sembrare piccola e debole difronte a quella situazione.
La vecchia Elizabeth ingenua non esisteva più. Ero cosciente di ciò che succedeva nel mondo... più o meno.
Ma d'altronde avevo preso una decisione, dovevo subirne le conseguenze, ma questo sicuramente non comportava il morire per mano di un gruppo di pazzi colpiti da una malattia che aveva “semplicemente” messo in ginocchio il pianeta.
Sapevo che nulla sarebbe stato più “facile”, che quella non era la radura, dove tutto sommato si viveva da Dio.
Quello era l'inferno in terra, ma non gli avrei permesso di farmi schiava.
Se dovevo morire, affrontando così un viaggio inutile, almeno avrei provato a salvarmi.
Cominciai a dimenarmi di più. Provai a liberarmi i polsi, a piantare i piedi nel terreno, a dare calci all'indietro sperando che quella inciampasse.
Dovevo inventarmi un piano. Qualsiasi cosa che mi avrebbe permesso di liberarmi da quella sua stretta metallica.
‹‹ Vuoi stare ferma?! ›› disse infine scocciata appena arrivammo davanti ad un edificio – che dall'aspetto veniva in mente solo una domanda: come caspio faceva ad essere ancora in piedi quell'affare?-.
Si fermò di botto, dandomi una ginocchiata sulla schiena con una forza paurosa. Quasi mi fece chinare, ma non le avrei dato nemmeno la soddisfazione di sentirmi gemere di dolore.
In tutta risposta, le diedi una testata all'indietro. Allentò la presa, toccandosi il naso con una mano.
Adesso mi teneva i polsi solo con una. Riuscii con uno strattone a liberarmi dalla sua presa.
‹‹ Allora ci tieni proprio a morire! ›› disse digrignando i denti, emettendo uno sbuffo più simile ad un ringhio che ad altro.
I suoi occhi davano l'aria di qualcuno pronto ad ucciderti solo con la forza del pensiero.
‹‹ Non esattamente ›› risposi in tutta calma, studiando il paesaggio attorno a me in cerca di una scappatoia. Avevo i secondi contati prima che quella psicopatica mi piombasse addosso.
Bene. Destra o sinistra, sinceramente non avrebbe cambiato la situazione. I nostri corpi erano così vicini che in entrambi i casi sarei stata al quando caspiata.
Potevo solo sperare che il vento le gettasse la sabbia negli occhi, ma aveva tutta l'aria di qualcuno che ormai fosse abituato a quel genere di cose.
Beh... anche il suo aspetto non scherzava nel suggerire quell'impressione.
Gonfiai le guance, guardando a sinistra.
Feci per scattare in quella direzione e la vidi allungarsi per seguirmi, ma poi presi subito dopo quella a destra, slanciandomi il più velocemente possibile nella speranza di seminarla subito.
Come pensavo, riuscii a fare solo qualche passo prima di essere afferrata di nuovo dalle sue braccia simili a tenaglie. Tuttavia si sbilanciò e mi cadde addosso. Fortuna che era leggera.
‹‹ Forzuta, per essere così piccina ›› dissi. Mi puntò un ginocchio contro la spina dorsale, come se fosse pronta a spezzarmela.
‹‹ Taci! ›› gridò scocciata. Il rumore del vento stava cominciando a coprire le nostre voci.
Riprese i miei polsi nelle mani. Cercai di rotolare su me stessa, ma il suo peso era decisamente maggiore rispetto alla forza che riuscii a dare con la spinta. Mi costrinse a rimettermi in piedi.
Riuscii a fare solo una cosa: slanciarmi all'indietro il più possibile fino a farla sbattere contro il portone.
Fu una magra consolazione la sua espressione di dolore, voleva dire che il colpo ricevuto fu più abbastanza doloroso da poterla considerare come una piccola vendetta consolatoria.
‹‹ Oh ma porc- ›› non finì la frase ed aprì il portone con un colpo secco, mi afferrò i capelli e mi spinse dentro, facendomi cadere sulle ginocchia e la testa china. Rischiai di dare una bella musata contro il pavimento – se così si poteva chiamare quell'ammasso di mattonelle spostate, rovinate e così via...–, fortuna che misi velocemente le mani in avanti.
Sospirai con fare piuttosto rassegnato. Ormai era fatta, ero nella tana dei lupi.
Chiusi gli occhi, come se mi aspettassi di essere accerchiata in poco tempo.
‹‹ Credo di aver trovato la ragazza di cui stavate parlando! ›› esordì la ragazzina alle mie spalle.
Non ci fu una risposta esterna, ma solo qualche sussurro quasi di stupore.
Mi sentii tremare. Un brivido di freddo mi attraversò la schiena. Il mio cuore batteva così forte che sentivo l'adrenalina scorrermi nelle vene come una scossa elettrica.
Ero pronta a qualsiasi cosa ormai.
Non avevo paura. Forse perché ormai non avevo più nulla da perdere. Tutto ciò a cui tenevo, ormai, l'avevo perso quando ero stata portata via dalla radura.
Tutto quello a cui tenevo, probabilmente, non si ricordava nemmeno della mia esistenza.
Ero vuota.
Mi dispiaceva solo per mio padre e per Brytan, che ormai erano gli unici che si ricordavano di me.
‹‹ Che fai a cavalcioni. Alzati! ›› sospirai pesantemente. Il suono della sua voce era come l'odio puro che mi attraversava le orecchie. Sentii la mano della ragazza afferrarmi i capelli e tirarmi su di peso. Tirava così forte che temevo che le potessero rimanere i miei capelli in mano. Ma non sentii dolore, ma in compenso sentii il mio odio salire il doppio. La rabbia crescermi nel petto e scaldarmi il cuore come solo quel sentimento sapeva fare. Ah, la magia dell'adrenalina. I miei occhi rimasero chiusi mentre mi alzavo in piedi.
‹‹ Non toccarmi. ›› sbottai fredda, girando la testa nella direzione della ragazza e fissandola negli occhi con aria di sfida. Questa sollevò un sopracciglio, schiudendo le labbra per ribattere, ma poi sembrò ripensarci.
Sentii sospirare. Sospiri di stupore dritti davanti a me. La ragazza si portò i capelli dietro la schiena e mi indicò con la mano, con fare piuttosto scocciato.
‹‹ Allora, è lei? ›› disse infine, schioccando la lingua come se volesse sputare veleno.
Bisbigli, altri sospiri stupiti. Non girai lo sguardo nemmeno per un attimo. Sinceramente non volevo vedere le facce di caspio degli spaccati che popolavano quella stanza.
Nessuna risposta. Poi, finalmente, qualcuno si lamentò.
‹‹ Ma che caspio avete da sospirare come pive innamorati? E spostatevi, che voglio vedere anche io! ›› trasalii. Mi voltai di scatto. Minho. Minho!
Quello che aveva parlato era proprio Minho.
Mi si illuminarono gli occhi.
Sentii il mio cuore che cominciò a battere all'impazzata almeno per un motivo buono.
Sembrò confuso. Schiuse le labbra, corrugò la fronte.
‹‹ Quella non è Teresa! ›› disse qualcuno dietro di lui. Un raduraio di cui non ricordavo nemmeno il nome. Non osai contare quanti radurai c'erano, non osai cercare nessuno di quelli che conoscevo. Riuscii a vedere solo Minho... assieme ad altre persone che date le condizioni in cui erano, presumevo fossero spaccati. Ed erano anche armati.
Minho era seduto a terra. I suoi abiti erano bruciacchiati, lui non aveva esattamente un aria “integra”. Ma che caspio aveva combinato?
‹‹ No, decisamente, quella non è Teresa ›› disse Minho, ma il suo sguardo era perso mentre mi guardava. Completamente perso. Assente. I suoi occhi non diceva nulla, se non confusione totale dalla mia presenza.
Oh no...
Presi un respiro profondo. L'ennesimo in quella sera.
Accettai il fatto che non si ricordavano di me.
Non fu tragico come pensavo. Forse perché avevo già metabolizzato la cosa dentro di me.
Che fosse meglio così?
D'altronde non avevo portato chissà quante cose positive nella radura, dal mio arrivo.
Cosa avevo combinato?
Erano morte delle persone, i D2MH avevano invaso la radura, Newt era rimasto ferito, Minho aveva rischiato di schiattare nel labirinto e via dicendo.
Beh... forse l'unica cosa di buono che avevo portato nella radura, era qualcosa di commestibile alla mensa.
‹‹ Quindi? L'ho trascinata qui per nulla?! ›› mi ero anche dimenticata della presenza di quella ragazzina dietro di me. Batté le mani lungo i suoi fianchi con fare scocciato.
‹‹ Qualcuno mi dice se ci vedo male? ›› disse Minho, ignorando le lamentele della ragazza ‹‹ il caldo mi ha sploffato il cervello o vediamo tutti la stessa cosa? ››
‹‹ Sploffata di massa, allora ›› rispose Frypan. Mi accorsi che era seduto su una specie di scatolone in legno non troppo distante da Minho
‹‹ Oh caspio, non parlatemi di sploff. Quanto vorrei uscire per liberare una bomba! ›› rispose qualcun altro.
‹‹ Grazie per la notizia ›› rispose Ven. Era musica per le mie orecchie sentire le loro voci, anche se non avevano memoria di me.
‹‹ Bene così ›› Minho si mise in piedi, soffocando un gemito di dolore. Si sistemò i vestiti – bruciati- e si grattò la fronte, per poi passarsi una mano tra i capelli. Come facevano ad essere sempre così perfetti, mentre io sembravo un manico di scopa ambulante?
Mi seguii con lo sguardo, avanzando di un passo verso di loro. La ragazza dietro di me mi afferrò la maglietta.
‹‹ Sta ferma ›› sibilò tra i denti.
Sollevai gli occhi al soffitto.... Notando che l'edificio aveva diversi piani, ma era pieno di buchi enormi tra l'uno e l'altro, e sopra c'erano altre persone che i affacciavano per vedere giù.
Minho si guardò attorno. Diede un finto colpo di tosse e si mise in punta di piedi per guardare oltre le teste dei radurai ‹‹ Newt, vieni qui! Vieni a vedere anche tu! ››
‹‹ Perché? Poco m'importa di chi è appena arrivato, avete già detto che non è Teresa ›› la sua voce. Mi vennero i brividi lungo al schiena. Sentii un groppo in gola, la testa quasi leggera. Fu come un ondata di ricordi che presero il sopravvento tutto in una volta.
‹‹ Vieni qui, caspio, alza quel tuo culetto da biondino sfaticato! Questa non te la devi perdere. Vogliamo anche un tuo parere ›› Minho si guardò con Ven e Frypan. Entrambi avevano un espressione confusa, ma allo stesso tempo divertita ‹‹ rincaspiato sfaticato ›› aggiunse, infine, scrollando le spalle con fare divertito. Non era serio dicendo l'ultima frase, scherzava e si sapeva.
Anche perché Newt era tutto meno che sfaticato.
I radurai aprirono una piccola stradina, probabilmente per far passare Newt. Doveva essere davvero in fondo.
‹‹ Spero che si qualcosa d'importante, visto che ero bello comodo›› borbottò.
‹‹ Fidati di me, caspio ››
‹‹ Scusa, leader, non volevo mettere in discussione le tue parole ›› sbuffò scocciato, spuntando fuori dalla folla dopo essersi fatto spazio tra Minho e un altro radurai. Fece per aggiungere qualcos'altro alla frase, ma dalle sue labbra non uscì nulla. Assolutamente nulla.
I suoi occhi si piantarono su di me. Vuoti, confusi, privi di emozione.
Sentii il mio cuore andare a mille. Avevo i piedi piantati a terra. Non sapevo se piangere perché aveva un'aria dannatamente assente mentre mi guardava, o perché ero felice di vederlo sano e salvo.
Aveva lo stesso ed identico sguardo degli altri: come se non sapessero nemmeno chi fossi e recavo loro solo una confusione interiore.
Solo che vedere quello sguardo su di lui era peggio di qualsiasi altra cosa.
Pensavo di essere pronta a sopportarlo, invece era come un pugno in pieno stomaco.



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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


C'era semplicemente il silenzio più totale, sguardi assenti... Nient'altro.
Mi faceva male. Era peggio che avere una lama che ti trapassava il corpo da parte a parte.
Come poteva essersi completamente dimenticato di me proprio lui? Dio, stavo odiando Janson come non mai.
Ma dopo tutto dovevo essere pronta a questa eventualità. L'avevo messo in conto sin dal primo momento in cui avevo preso la decisione di uscire dalla base per andare in cerca dei miei compagni.... se potevo ancora definirli così, dal momento che non si ricordavano di me.
Solo che speravo di sbagliarmi. Ci contavo fino all'ultimo secondo.
Tuttavia avevo metabolizzato in fretta il fatto che Minho non avesse la benché minima idea di chi fossi.... ma a quanto pare non ero pronta al fatto che non lo sapesse nemmeno Newt.
Come potevo essere pronta, d'altronde?
Gli occhi che ora erano vuoti come un foglio di carta bianco sono gli stessi che avevo visto prima di andarmene dalla radura.
Gli stessi che imploravano i miei di rimanere con loro.
Ora erano semplicemente vuoti, stanchi e... lucidi?
Newt distolse lo sguardo dal mio, schioccando la lingua contro il palato ed assumendo un espressione così seria e glaciale da provocarmi i brividi.
‹‹ Oh, fantastico, ora ho le allucinazioni! ›› sgranai gli occhi a quelle parole. Si voltò verso Minho, quasi come per accusarlo ‹‹ che razza di scherzo è mai questo? ››.
Minho sollevò le sopracciglio con fare sorpreso, allargando le braccia e facendo le spallucce
‹‹ perché lo dici come se fossi stato io a piantarla lì? Sarà come per le finestre in quel caspio di buco di posto! Intendo le finestre che chiaramente non c'erano, assieme all'assedio di spaccati... che non c'era, come le finestre... ››
‹‹ Se posso dire la mia, interrompendo il vostro blaterare, a me questa tipa sembra piuttosto reale e presente ›› disse la ragazza alle mie spalle, punzecchiandomi poco dopo con la punta del coltellino, esattamente sul braccio.
‹‹ Ahi! ›› mi girai di scatto, toccandomi il punto dove mi aveva punzecchiata e controllandomi la pelle. Fortuna che non mi aveva tagliata o cose così, chissà cos'altro aveva toccato con quella lama che aveva tutta l'aria di essere abbastanza.... usata e sporca.
La fulminai con lo sguardo. Lei, in tutta risposta, mi rivolse un ampio sorriso soddisfatto.
Ed io che credevo che l'odio a rima vista non esistesse. Ora capisco cosa provava George ogni volta che vedeva la mia faccia.
‹‹ Elizabeth? ›› trasalii sentendo il mio nome. Trasalii, perché la voce era quella di Newt.
L'avevo immaginato? Che fosse solo un eco della mia memoria?
No, non poteva essere un eco. Non poteva essere assolutamente nemmeno lo
‹‹ Liz? ›› mi chiamò di nuovo. Non poteva essere un eco. Era troppo chiaro, non me lo stavo immaginando.
Ora, seriamente, sentii il cuore uscirmi praticamente dal petto talmente batteva forte.
Mi girai lentamente. Aveva gli occhi puntati su di me, lucidi come li avevo visto solo una volta.
L'ultima volta.
Annuii lentamente, quasi tremando dall'emozione che avevo in corpo. Forse ero una stupida, ma ero così felice che trattenermi sembrava quasi impossibile. Ma dovevo. Non potevo mettermi a saltellare sul posto o saltargli addosso all'improvviso.
Non sapevo se voleva fare una scenata lì, davanti a tutti. Non sapevo niente.
Minho guardò prima me, poi Newt, come se si stesse chiedendo cosa caspio stessimo facendo.
Allora si ricordavano di me? Intendo, tutti? O solo Newt?
Magari solo lui mi ricordava per via del legame che avevamo, se così possiamo dire.
Beh, una buona parte di me sperava che non fosse così.
Non riuscii a spiccicare parola, a fare una domanda o una qualsiasi cosa simile.
Newt scattò in avanti, correndomi incontro. In pochissimo tempo cancellò la distanza tra noi.
Poggiò le mani sulle mie braccia, poi sulle spalle, infine sul volto.
Non riusciva a crederci, sembrava doversi assicurare che fossi reale.
Le sue labbra erano schiuse in un espressione mista tra stupore e incredulità. E come biasimarlo?
Mi strappò un sorriso dalle labbra. Sembrava un bambino che scartava il suo primo regalo di natale.
Passò le mani tra i miei capelli, poi le riportò di nuovo sulle mie guance. I suoi occhi erano sempre più lucidi ad ogni secondo che passava.
Si avvicinò di più a me, poi, all'improvviso, mi baciò. Le nostre labbra finalmente si incontrarono di nuovo. Nel mio stomaco fu come un esplosione si farfalle, mi sentivo così bene all'improvviso che pensai di correre il rischio di sciogliermi tra le sue mani.
Dovevo essere arrossita da morire, ma questo non mi fermò dal ricambiare il bacio, anche se mi sentivo lievemente goffa, ma preferii mettere da parte la mia timidezza per lasciar spazio a quell'esplosione di emozioni positive.
Anche se, a pensarci bene, c'erano tutti i radurai davanti...
‹‹ Respirate per favore! ›› E c'era anche Minho. Sopratutto Minho. Che dopo aver detto quella frase ridacchiò.
Newt si staccò dal bacio – non per la frase di Minho, al quale ormai aveva smesso di dare importanza per queste sue uscite – , poggiando la fronte contro la mia.
‹‹ Ci sono gli altri radurai qua davanti... e ci stanno guardando... ›› sussurrai, ma non ero veramente imbarazzata, nonostante il rossore sulle guance dicesse il contrario.
Portai le mani sul suo volto, accarezzandogli le guance. Caspio, mi era mancato da morire.
‹‹ Non m'importa, caspio. Non m'importa. ›› sussurrò anche lui, facendo un respiro profondo poco dopo.
‹‹ Okay, quindi, immagino che questo significhi che la ragazzina dovrà restare qui. Allora ci avevo visto giusto, faceva parte del vostro gruppo! ›› la ragazza alle mie spalle, che era rimasta lì tutto il tempo, finalmente si spostò.
Andò a sedersi, alzando lo sguardo verso Minho ‹‹ non sono ancora usciti? ››
‹‹ Hanno detto che avrebbero avuto dieci minuti di discussione, non ricordi? ›› rispose lui, senza staccare lo sguardo da me e Newt.
Sinceramente, ero troppo concentrata a godermi le carezze di Newt che a seguire il loro discorso o pensare a cosa stessero parlando.
Newt spostò le mani e le portò dietro la mia schiena, stringendomi a lui con un abbraccio poco dopo, spostando la testa e poggiando il mento sulla mia nuca.
‹‹ Ohw! Abbraccio di gruppo! ›› Minho fece una breve corsa nella nostra direzione e circondò entrambi con un abbraccio. Non capivo se fosse serio o meno, ma ero contenta che non avesse perso la sua vena “comica” nonostante quel posto ‹‹ la vecchia famigliola. I miei Romeo e Giulietta, finalmente riuniti! Mi adotterete un giorno? ››
Newt sollevò un sopracciglio, squadrando Minho come se fosse un pazzo.
‹‹ bene, questo mi assicura che allora nessuno dei due ha perso la memoria, al contrario di come mi avevano riferito ›› dissi, tirando un sospiro di sollievo poco dopo.
‹‹ Eh? Chi dovrebbe aver perso la memoria? ›› domandò Newt, assumendo la stessa espressione di perplessità dipinta sul volto di Minho.
‹‹ Janson aveva detto di avervi rimosso la memoria, così che nessuno ricordasse “la prima ragazza nella radura” ››
‹‹ Aspetta, Janson? ›› Chiese Minho ‹‹ per caso è un tipo brutto che somiglia ad un ratto? Perché mi pare che l'uomo ratto si chiamasse Janson ›› guardò Newt, che scosse le spalle
‹‹ Sì... L'uomo ratto ›› corrugai la fronte ‹‹ allora non sono l'unica che pensa che somigli seriamente ad un ratto! ››

‹‹ Nah, non sei l'unica, pive. Ehi, sei promossa a Pive! ››
‹‹ Sì, ho avuto questa notizia ››
‹‹ Ma visto che sei tornata, e sei nuovamente l'ultima arrivata, sei nuovamente declassata a fagio ››
‹‹ Ehi! ››
‹‹ Dai, sto scherzando Eli! ›› mi diede una pacca sulla spalla.
Li guardai con un sorriso stampato sulle labbra.
‹‹ Come state tutti? Frypan, Winston, Alby, Chuck? Come sta Chuck? ›› il loro sguardo si congelò di botto. Si guardarono.
Il sorriso mi si congelò sulle labbra, svanendo lentamente. Cadde il silenzio tra di noi. Un silenzio che speravo che significasse tutto meno che la cosa peggiore in assoluto. Sentii una pessima sensazione allo stomaco. Nausea.
‹‹ Che succede? ›› domandai infine, temendo la risposta.
‹‹ Siamo rimasti in undici... Sono morti un sacco di radurai, è una storia molto lunga.
Ma, comunque... Winston è morto, giusto prima di arrivare in questo edificio ›› mormorò Minho ‹‹ e anche Alby è morto, mentre cercavamo di scappare. Si è lanciato contro i dolenti sperando di creare un diversivo ››
Newt prese un respiro profondo, scuotendo la testa ‹‹ E Chuck si è sacrificato... ›› quelle parole risuonarono come un eco.
Winston, Alby... Chuck... tutti morti.
Non so cosa mi trattenne dal cadere a pezzi lì, in quello stesso istante.
Non ne avevo la benché minima idea. Chuck era come un fratellino minore per me.
Speravo di incontrare anche lui, una volta rincontrati gli altri.
‹‹ Chuck è morto... ›› sussurrai tra me e me, con un tono incredulo.
Sperai che potesse saltar fuori dalla folla e dire che stava scherzando, con quel suo tenero faccino grassottello.
Era solo un bambino, meritava di essere portato in salvo dopo tutto ciò che aveva passato. Lo meritava quanto tutti loro. Non doveva nemmeno trovarsi nella radura.
‹‹ Liz, è tutto okay? ›› domandò Newt, aggrottando la fronte.
‹‹ Sì, è tutto okay ›› mormorai distrattamente.
‹‹ Vuoi piangere? ›› sussurrò, guardando Minho come per dirgli di andare via e lasciarci soli.
Lui sembrò cogliere quella richiesta e si allontanò.
‹‹ No... ›› risposi.
Non mi resi nemmeno conto che i radurai si sistemarono seduti contro le pareti e gli spaccati scattarono tutti in piedi per l'arrivo di un uomo, seguito da un ragazzino.
‹‹ Bene, ascoltatemi tutti! ›› disse l'uomo ‹‹ Io e faccia di pennuto qui siamo giusti ad una decisione.››
Minho si allontanò da noi, andando a sedersi a sua volta accanto agli altri, ma si mise il più vicino possibile per sentire meglio. Newt non si spostò da me, semplicemente sciolse l'abbraccio e mi prese la mano, seguendo Minho. Sembrava aver deciso che non avrebbe più interrotto il contatto fisico per un bel po'... e la cosa, non lo nego, non mi dispiaceva affatto.
L'uomo si mise al centro della stanza, osservando tutti gli spaccati, che nel frattempo tenevano in mano le loro armi.
‹‹ E chi è questo, adesso? ›› domandai, rivolgendomi a Newt
‹‹ Uno spaccato ›› rispose sussurrando, come se non volesse farsi sentire dagli altri ‹‹ lui è il capo di questo gruppo, e si è impossessato di questo edificio. Si chiama Jorge, ed ha pestato Minho ››
‹‹ Solo perché gliel'ho lasciato fare ›› borbottò quest'ultimo, come se la cosa lo stesse scocciando parecchio. Conoscendo Minho, il fatto che fosse stato battuto gli rodeva parecchio il fegato.
Corrucciai le labbra, guardandolo con una finta espressione intenerita, ma lui fece la diva offesa e fissò Jorge.
‹‹ E la tipa che ti ha portato qui dentro si chiama Brenda, se non ricordo male ›› continuò Newt ‹‹ ed è piuttosto sveglia ››
‹‹ E mi ha puntato un coltello alla gola ››
‹‹ È una spaccata, sarà un po' partita di testa ›› scrollò le spalle, sospirando poco dopo ‹‹ speriamo di non finire così anche noi anche se... ››
‹‹ Anche se? ››
Newt fece per rispondere, ma la sua voce venne sovrastata da dei mormorii di disapprovazione.
Se non avevo sentito male, Jorge aveva appena detto che avrebbe condiviso il cibo con noi. Non mi dispiaceva l'idea, sotto sotto avevo un po' di fame, ma non fu quello il motivo di tanto trambusto, bensì la decisione di non punire il “bulletto” che l'aveva attaccato.
Jorge indicò Minho, che sorrise e salutò la folla con fare quasi orgoglioso di tutta quell'attenzione.
‹‹ Contento? Buono a sapersi. Vuol dire che prenderai bene la notizia. ››
‹‹ Quale notizia ›› chiese bruscamente Minho.
Il ragazzo accanto a Jorge guardò l'uomo con curiosità, mentre quest'ultimo fece un espressione piuttosto assente ‹‹ dopo che voi randagi avrete mangiato, evitando di morirci di fame davanti agli occhi, tu riceverai la punizione che i spetta per avermi attaccato ››
Ma non aveva detto che non l'avrebbe punito, giusto poco fa?
‹‹ Oh, davvero? E quale sarebbe? ›› rispose Minho, come se la cosa non lo riguardasse affatto.
Ammiravo il suo sangue freddo.
Probabilmente io sarei già fuggita, saltando le dune di sabbia come un canguro in preda ad una crisi isterica....
‹‹ Mi hai colpito con entrambe le mani. Perciò ti taglieremo un dito da ognuna. ››
Gli spaccati reagirono in modo abbastanza negativo a quella notizia. Esprimevano il loro disappunto con grida e simili.
Non so perché, ma non riuscii ad avere nessuna reazione a quella notizia. Forse perché la cosa mi risultava semplicemente ridicola... Newt allungò una mano per afferrare Minho, che si era alzato di colpo in piedi e andava verso Jorge con un passo accelerato ‹‹ Questo caspio di pive si farà ammazzare! ›› fece per mettersi in piedi anche lui, ma si fermò.
‹‹ Fermo ›› dissi, fissando la scena che mi si proponeva davanti.
Minho si era immobilizzato perché Brenda, la stessa pive che mi aveva condotta in quel luogo, aveva piazzato il coltello sotto la sua gola ancor prima che potesse avvicinarsi di più a Jorge.
Gli aveva fatto uscire una goccia di sangue. Avevo già i nervi a fior di pelle per quel motivo, e non volevo rischiare che si facesse ulteriormente male se per caso Newt si fosse messo in mezzo.
Dovevamo stare tutti calmi per evitare che quella situazione degenerasse.
‹‹ Questo è il piano ›› disse Jorge con assoluta calma ‹‹ Io e Brenda scorteremo questi scrocconi al nascondiglio delle provviste, li lasceremo mangiare. Poi ci incontreremo tutti insieme sulla Torre, diciamo tra un'ora. Facciamo a mezzogiorno in punto. Porteremo il pranzo per il resto di voi. ››
Qualcuno si lamentò, e cominciò a discutere con Jorge su quanto la sua decisione fosse piuttosto insicura.
Newt sembrò più pallido del solito. Doveva essere in ansia e frustrato nel vedere l'amico semplicemente immobile per colpa del coltello puntato alla gola, ed io, invece, stavo semplicemente reprimendo il mio odio verso quella situazione e verso quella ragazza. Sopratutto verso quella ragazza.
Perché in quel posto avevano questa passione nel puntare i coltelli nella gola delle persone?
Dopo un po' gli spaccati, finalmente, imboccarono uno ad uno un corridoio e ci lasciarono soli. Andarono via tutti, tranne Jorge e Brenda, che finalmente abbassò il coltello e guardò Minho con disgusto.
‹‹ Ti avrei davvero ucciso, lo sai. Prova a toccare un'altra volta Jorge e ti taglio un'arteria ›› disse con un tono quasi rauco.
Minho si pulì il piccolo taglio, osservando poi la piccola macchia di sangue ‹‹ quel coltello è bello affilato. E per questo mi piaci ancora di più. ››
‹‹ Eccolo che fa il cascamorto ›› borbottarono all'unisono Frypan e Newt.
‹‹ A quanto pare non sono l'unica spaccata qui. Tu sei pure più andato di me ››
‹‹ Nessuno di noi è pazzo, ancora ›› aggiunse Jorge, avvicinando a Brenda ‹‹ non abbiamo molto tempo, forza. Dobbiamo raggiungere il nascondigli delle provviste, avete bisogno di riempirvi lo stomaco. Sembrate degli zombie affamati ››
Minho storse il naso, come se fosse contrario a quell'idea, poi si guardò le mani ‹‹ secondo te dovrei venire a fare un banchetto con voi psicopatici e poi lasciarvi tagliare le mie cacchio di dita? ›› e caspio, aveva ragione!
‹‹ Chiudi la bocca per una volta ›› sbottò il ragazzo, che per tutto il tempo era rimasto accanto a Jorge senza dire nulla ‹‹ Andiamo a mangiare. penseremo alle tue bellissime mani dopo ››
Minho strizzò gli occhi perplesso ‹‹ e va bene, andiamo ››
Brenda si piazzò davanti a quel ragazzo. Sollevai gli occhi al cielo, cominciando a studiare il luogo attorno a me, valutando quale fosse l'oggetto più leggero che potevo sbatterle in testa.
‹‹ Sei tu il capo? ›› chiese
‹‹ No, è il ragazzo che hai appena punto col coltello ››
‹‹ Beh, è una gran cavolata. So che posto per diventare completamente pazza, ma io avrei scelto te. Hai l'aria del capo ››
‹‹ Ah, non lo sei già? Se punti il coltello addosso a sconosciuti ora che non sei pazza, figuriamoci quando lo sarai... ›› pensai, facendo ruotare nuovamente gli occhi verso il soffitto
‹‹ Mmmh, grazie ›› il ragazzo sembrò spegnersi di colpo, assumendo un espressione totalmente sovrappensiero, poi cercò di mascherare, guardando Brenda ‹‹ Io, mmh... Anch'io avrei scelto te invece che Jorge ›› Sì... sembrava una frase detta tanto per camuffare.
Guardai Newt mentre, esattamente come me, sollevò gli occhi al soffitto con fare piuttosto scocciato.
‹‹ Chi è questo genio incompreso? ›› domandai, stringendo la sua mano per attirare la sua attenzione.
Si girò, accennando un sorrisetto ‹‹ Thomas. Il pive arrivato dopo di te. Anche se non sembra, è piuttosto sveglio ››
Thomas? Lui era Thomas? Non so perché, ma l'avevo immaginato un po' diverso...
‹‹ Bene così ›› mormorai sovrappensiero.
Frypan arricciò il naso in un ghigno disgustato ‹‹ Ew, gli ha baciato la guancia. Oggi deve essere giornata di baci ››
‹‹ Basta on queste smancerie. Brenda, quando arriveremo nel nascondiglio delle provviste avremmo molto di cui parlare. Forza, muoviamoci ››
Thomas sembrò accorgersi – finalmente – della mia presenza.
Si avvicinò mentre gli altri cominciarono ad uscire.
‹‹ Ehm...? ››
‹‹ Lei è Elizabeth ›› rispose Newt in tutta tranquillità, scrollando le spalle
‹‹ Gruppo B? ›› domandò Thomas, alzando lo sguardo verso di lui ‹‹ quando è arrivata ››
‹‹ Mentre tu eri di là a parlare con Mister Messico. E no, non è del gruppo B ››
‹‹ Volete muovervi?! ›› sbottò Jorge
Thomas si girò, poi tornò a guardare me e Newt, incamminandosi per seguire gli altri ‹‹ Okay, dopo mi spiegate bene questa novità ››
 

Ci spostammo da quella struttura. Nonostante i caldo, Newt non mi lasciò la mano nemmeno per un attimo. Pensai che le nostre mani sudate prima o poi sarebbero scivolate via da sole, e invece niente.
Inoltre era anche l'ora di punta, quindi il caldo era seriamente insopportabile.
Mi consolò il fatto che avessimo raggiunto in fretta il posto di cui stavano parlando.
O almeno, così speravo. C'erano delle scale davanti a noi che portavano verso dei sotterranei.
I radurai si guardarono in modo un po' perplesso, come se non avessero mai visto nulla di simile... o forse, semplicemente, l'idea di avventurarsi lì sotto non piaceva a nessuno di loro.
Comunque, seguimmo Brenda, che ci stava facendo strada.
In effetti l'idea di camminare in quel buio non piaceva nemmeno a me, ma almeno c'era più fresco che all'esterno.
‹‹ Caspio, sento che potrei diventare cannibale se non mangio qualcosa al più presto ›› borbottò Newt, mentre seguiva i passi di Thomas e Brenda
‹‹ Beh, ti credo ›› risposi, fermandomi quando lo fecero anche gli altri.
Brenda accese la luce e rivelò una stanza piena di lattine e scatole... una stanza veramente piccola per poterci stare tutti.
‹‹ Tu e gli altri potete stare qui nel corridoio, trovate un posto e sedetevi. Tra un secondo sarò da voi con qualche gustosa prelibatezza ››
‹‹ Immagino... ›› borbottai, ma immaginai che per i radurai sarebbe bastata anche una mela e si sarebbero accontentati.
Newt ed io ci sedemmo vicini. Eravamo tutti un po' sparsi. I radurai sicuramente erano troppo deboli per provare anche solo a muoversi di qualche centimetro in più.
Newt alzò gli occhi verso Brenda appena ci porse due scatole con due specie di salsicce. Una per me ed una per lui.
Lui aprì entrambe alla svelta, porgendomi la mia e cominciando subito a mangiare. Fece piano, se no sicuramente sarebbe stato male. A me, a dire il vero, mi stava passando l'appetito.
Avevo una marea di domande in testa, ma non sapevo da dove cominciare.
‹‹ Dove sei stata tutto questo tempo, Liz? ›› domandò di colpo Newt, distogliendomi dai miei pensieri.
Abbassai lo sguardo ‹‹ Alla C.A.T.T.I.V.O... ›› dissi con un filo di voce.
Lui corrugò la fronte ‹‹ intendi, nella base? ›› annuii.
‹‹ Vi vedevo negli schermi. Vi guardavo tutti i giorni andare avanti con le vostre vite. Era frustrante non potermi mettere in contatto con voi... con te. Ma loro non volevano, e mi dicevano che non c'era modo di farlo. ››
Newt guardò Thomas con la coda dell'occhio, indicandolo con un cenno della testa ‹‹ lui era della C.A.T.T.I.V.O. ››
‹‹ Lo so, anche Teresa ››
‹‹ Conosci Teresa? ›› mi rivolse nuovamente lo sguardo, sorpreso.
‹‹ Sì, diciamo che prima di arrivare qui, ho visto Teresa. Sta bene... anche se non so se la cosa ti interessi poi tanto... Comunque, mi ha detto che non le avete mai accennato nulla di me... perché? ›› Newt trasalii, si guardò le mani come se avesse le colpe per un omicidio.
Sospirò e poggiò la testa contro il muro.
‹‹ Loro non volevano. Qualche ora dopo della tua “morte”, la scatola ha cominciato a fare casino. Al suo interno c'era solo un biglietto.
“Vi avevamo avvertiti. Non volevate liberarvi di lei, così ci abbiamo pensato noi. Non nominatela mai più, fate come se non fosse mai esistita, o le conseguenze saranno ancora più gravi”.
Così abbiamo fatto ›› chiuse gli occhi per un attimo, riaprendoli qualche istante dopo e riprendendo a mangiare ‹‹ nessuno ha più parlato di te. Tranne qualche volta io e Minho. Beh... sopratutto quando io sparivo per ore ››

‹‹ Ed andavi nel posto segreto ››

Annuì, ingoiando l'ennesimo boccone ‹‹ quel posto era diventata una tortura emotiva, ma nonostante tutto, era sempre meglio che stare in mezzo alle persone mentre stavo male ››
‹‹ Lo so, quando potevo guardare negli schermi, ti vedevo di rado. Poi interruppero i contatti visivi con la radura... Non so perché. Forse per l'arrivo di Thomas. A pensarci bene, a quanto mi ha detto Teresa, siete andati via grazie a loro, no? La storia dei codici... a dire che mio padre non mi ha detto assolutamente nulla su tutto questo... Ah, sì. Ho conosciuto mio padre lì alla C.A.T.T.I.V.O. ››
‹‹ È una buona persona? ›› quella domanda mi prese alla sprovvista.
Era davvero una brava persona? Per come l'avevo conosciuto io, sì, lo era.
Ma non potevo dirgli tutto riguardo a lui... d'altronde, nemmeno io lo conoscevo così bene... E poi, se gli avessi detto “oh, sì, è solo il capo della base della C.A.T.T.I.V.O., sai, uno di quelli che ti ha chiuso nella radura!”, forse non l'avrebbe presa così bene. Così come probabilmente non avrebbe preso bene il fatto che avesse creato lui i dolenti.
Decisi che non potevo dirgli tutto tutto, anche se mi sentivo un po' sporca... e non per la polvere tra i capelli.
‹‹ Sì, lo era... lavorava per la C.A.T.T.I.V.O., sai... era uno scienziato, vi guardava attraverso le telecamere anche lui ››
‹‹ Dici che ci ha visto quando...? sì, insomma, hai capito... ››
arrossii di colpo. Non ci avevo nemmeno pensato a quell'eventualità.
‹‹ No, non penso. Non ho mai visto schermi che mostrassero il rifugio... ››
Mi guardò con la coda dell'occhio, mandando giù il boccone che aveva appena finito di masticare, soffocando una risata in gola.
‹‹ Chuck sarebbe felice di vederti viva ››
Quella frase fu come un innesco. Non avevo toccato cibo, ed ora la mia fame passò del tutto.
Portai le mani sul viso e mi rannicchiai i me stessa, sentendo subito dopo il braccio di Newt legarsi attorno alla mia vita e stringermi a lui. Presi a singhiozzare.
Non potevo crederci. Il mio piccolo Chuck...
‹‹ Com'è successo? Perché si è sacrificato? ›› domandai. La mia voce era strozzata dai singhiozzi.
‹‹ Quando siamo andati via dal labirinto, Gally, che credevamo morto, dopo ti spiegherò meglio, è ricomparso. In sintesi, ha minacciato di morte Thomas. Non l'ha mai sopportato, un po' come George non sopportava te. Ha sparato verso Thomas, ma Chuck si è lanciato e si è beccato il proietti per lui. Speriamo tutti che sia morto, onestamente. E dovrebbe esserlo. ›› disse a denti stretti.
Notavo un buon cambiamento nel suo comportamento. Sembrava essere più attaccato ai radurai, che ci tenesse di più.
‹‹ Lo spero anche io ›› risposi, poi, proprio mentre Newt fece per parlare, si sentii un esplosione in fondo al corridoio.
‹‹ Ma che...? ›› scattammo in piedi, esattamente come il resto dei radurai.
‹‹ Proveniva dalle scale?! ›› domandò qualcuno dietro di me.
‹‹ Sì! ›› rispose Minho, gridando per sovrastare il casino che proveniva dai corridoi. Stava crollando tutto. L'uscita, poi, era bloccata.
‹‹ Di qua! C'è un altro corridoio! Presto! ›› gridò di nuovo Minho. Cominciò a correre in quella direzione e tutti lo seguirono. Venimmo presto raggiunti da una nuvola di polvere che ci inghiottì come un mostro famelico, non si vedeva nulla, ed io correvo d'istinto, stringendo attentamente la mano di Newt. Se avessi mollato la presa anche solo per un secondo, sicuramente l'avrei completamente perso di vista.
Alle nostre spalle si sentii il casino prodotto da qualcosa che cadeva. Quel posto divenne ancora più buio. Erano crollati dei blocchi di cemento, tappando così il passaggio alle nostre spalle.
‹‹ Thomas! ›› gridò Newt, fermandosi un attimo a fissare il buio ‹‹ Thomas non ci ha seguiti! ››
‹‹ Non puoi fare nulla per lui, hermano. C'è Brenda con lui, se la caverà. Brenda è molto intelligente, conosce abbastanza bene questo posto ›› rispose Jorge
‹‹ E io dovrei seguirti mentre lascio il mio amico di là, da solo, con una pazza armata di coltello?! ›› ‹‹ Minho.. ›› lo riprese Newt ‹‹ calmati ››
‹‹ Calmati un caspio! Adesso tu ci porti da lui! ›› gridò Minho. Jorge lo squadrò dalla testa ai piedi, ridacchiando sotto i baffi
‹‹ Guarda che sono ancora in tempo a tagliarti le dita ››
‹‹ Puoi tagliarmi anche le mani se vuoi, ma tu ora ci riporti dal nostro amico ed usciamo tutti insieme da questo caspio di posto che crolla con uno schiocco di dita! ››
‹‹ Calmiamoci, caspio! E che nessuno tagli qualcosa a qualcuno! ›› sbraitai, ricevendo un occhiataccia da parte di Minho.
‹‹ Quella è stata un esplosione, non è stato un cedimento della struttura ›› disse Jorge, decidendo di ignorare Minho – per fortuna – ‹‹ magari sono stati gli altri. Quelli che non ci hanno seguiti. Non erano molto felici del fatto che li abbiamo lasciati indietro, sicuramente volevano ucciderci ››
‹‹ Siamo intrappolati qui, quindi? ›› domandò Newt.
Mi si gelò il sangue nelle vene.
‹‹ Per vostra fortuna no. Se mi seguite senza che qualcuno faccia storie, troveremo a breve una via d'uscita. Vedrete che incontreremo il vostro amico durante il cammino. D'altronde siamo tutti diretti nello stesso posto. Forza, seguitemi, usciamo di qui ›› disse Jorge, riprendendo a camminare.
Dopo pochi mormorii, tutti cominciammo a seguirlo. Non avevamo molta scelta d'altronde.
‹‹ Dove si va? ›› domandai verso Newt, anche se ero abbastanza sicura di conoscere già la risposta.
‹‹ Verso il porto sicuro ›› rispose.



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Capitolo 9
*** Capitolo 9: ***


Jorge sembrava conoscere perfettamente quel luogo, non sbagliava una sola direzione, non si fermava nemmeno a pensare dove andare. Rimaneva semplicemente in silenzio e proseguiva il suo tragitto, senza nemmeno girarsi a controllare che lo stessimo seguendo o meno.
Fu così anche una volta usciti dalle gallerie di quel posto. La strada fu piuttosto corta a dire il vero, e ritrovarsi nuovamente sotto il sole non fu per niente piacevole.
Dovetti coprirmi gli occhi con le mani all'inizio, poi capii che tanto non sarebbe cambiato assolutamente nulla, dato che la luce esterna era davvero forte. Coprirsi o meno non avrebbe fatto nessuna dannatissima differenza.
‹‹ Allora, cosetti, seguitemi senza perdervi. E possibilmente non lagnatevi tanto ›› disse Jorge ‹‹ se farete come vi dico, vedrete che non avremo troppi problemi ››
‹‹ Ehi, calmati un po', pive. Chi caspio ha deciso che ora tu sei il leader? ›› disse Minho, incrociando le braccia al petto.
Gonfiò il petto, come per sembrare più grosso e minaccioso.
Jorge sollevò un sopracciglio. La prese sul ridere, ma sembrava alquanto scocciato dal modo di porsi di Minho.
‹‹ Hermano, sono l'unico che conosce questo posto come le proprie tasche, ti basta come spiegazione? ››
‹‹ Come leader del gruppo, penso che quello che deve prendere le decisioni sia io, no? ››
guardai Newt, corrugando la fronte.
‹‹ Da quando Minho è il leader? Dato che Alby è morto, teoricamente, non dovresti essere tu il leader in quanto secondo in comando? ›› domandai.
L'espressione di Newt fu un misto tra “non nominare la morte di Alby” e “non so nemmeno cosa risponderti”.
‹‹ Già ›› rispose infine ‹‹ ma i nostri tatuaggi raccontano tutta un'altra storia ››
si grattò il collo, osservando Minho e Jorge che discutevano sul fatto dei ruoli.
‹‹ I tatuaggi? Che tatuaggi? ››
Corrugai la fronte.
Newt si limitò a girare la testa da un lato e ad abbassare il colletto, mettendo in bella mostra il suo collo.

Gruppo A

Soggetto A5

Il collante


Sulle prime non capii... poi ricordai del discorso di Marie e mio padre, quello sui tatuaggi e i titoli affibbiati.
Fare due più due poi fu piuttosto semplice.
Anche Sonya ne aveva uno, così come sicuramente ne avevano uno anche le altre ragazze del gruppo B. Anche tutti i ragazzi del gruppo A ne avevano uno.
Il gruppo A era composto dai soggetti A, affiancati ad un numero che li rappresentava.
Il gruppo B, invece, dai soggetti B.
L'ennesima prova che i soggetti ai test non erano altro che dei numeri, delle cavie da laboratorio.
L'ennesima prova di quanto la C.A.T.T.I.V.O. se ne fregasse di ciò che faceva.
Io non avevo nessun tatuaggio. Nessun titolo. Niente. Quello era l'ennesima dimostrazione che forse ero sempre stata di troppo in tutto quel gioco.
Notai l'espressione stranita di Newt. Il mio vorticare di pensieri mi stava quasi provocando la nausea.
‹‹ Che vuol dire “il collante”? Per cosa sta? ››
Newt scosse le spalle con un gesto naturale ‹‹ probabilmente perché sono quello che tiene unito il gruppo, se no non so cos'altro possa significare ›› rispose.
Secondo me, sotto sotto, gli dava fastidio che il titolo da leader fosse affibbiato a Minho e non a lui.
Non che Minho non ne avesse le doti, sia chiaro. Era piuttosto una cosa logica.
‹‹ Ci siamo svegliati con dei tatuaggi al collo... ››
annuii, ricordandomi poi ciò che avevo imparato sulla marchiatrice. Il perché dei tatuaggi però ancora non mi era chiaro.
Che fosse per creare appunto confusione nei radurai? O semplicemente volevano marchiarli con qualcosa di indelebile?
‹‹ Vuoi fare come meglio credi? Bene! Avanti allora, hermano! Facci strada tu e vediamo in quanto tempo moriremo! ›› sbraitò di punto in bianco Jorge, allargando le braccia ‹‹ questo posto è pieno zeppo di spaccati, se non prendi le vie giuste incontrerai la cara vecchia amica morte! ››
Minho si zittì, guardando i radurai con la coda dell'occhio.
Era diventato così serio che quasi mi faceva paura. Doveva essere furioso all'interno per aver “perso” Thomas.
‹‹ Bene così ›› sbuffò ‹‹ allora facci strada tu. Possibilmente all'ombra, fin quanto è possibile ››
‹‹ Fidati di Jorge ››
‹‹ Ecco cos'è veramente da pazzi: fidarsi di un pazzo ›› sussurrò a denti stretti.
Minho era semplicemente fortunato che Jorge non volesse prendere sul serio ogni sua singola provocazione, perché forse ne aveva fatte fin troppe.

Per molto tempo camminammo senza sosta. Non avevo mai sentito la mancanza di un letto o una sedia fino a quel momento.
C'erano solo brusii tra i radurai, che si domandavano se saremmo mai sopravvissuti.
Minho ogni tanto si girava a guardarsi alle spalle, come se sperasse che Thomas ci corresse incontro.
Ma era inutile illudersi: il passaggio dalla quale eravamo passati noi era bloccato, e a meno che Thomas non avesse delle braccia potentissime, era impossibile rimuovere i blocchi. Inoltre ormai eravamo parecchio lontani da quella struttura sotterranea, per cui raggiungerci in poco tempo sarebbe stato impossibile.
Il vento si stava alzando, trascinando con sé un sacco di sabbia che mi dava la sensazione di finirmi dritta nei polmoni, raschiarmi la gola ad ogni respiro e bruciarmi la pelle.
Fortuna che da lì a breve sarebbe scesa la sera e avrebbe portato un po' di fresco (Si spera)
Nel mentre che camminavamo, per rendere il viaggio più leggero, Newt mi raccontò bene cos'era successo da quando ero andata via dalla radura, nonostante si facesse fatica a parlare... e dire che mi sentivo semplicemente inutile era dire poco.
Non potevo ancora credere che Chuck ed Alby fossero morti. Sopratutto il piccolo Chuck.
A quanto raccontava Newt, nemmeno Thomas prese bene la sua morte... anzi, tutto il contrario.
Sicuramente non dava pace a sé stesso per la sua morte, considerando che si era sacrificato per lui.
‹‹ Ecco di quale sacrificio parlavano alla base... ›› mormorai.
Newt sospirò. Come aveva toccato l'argomento Chuck aveva assunto un espressione distaccata.
Non voleva pensarci, così come non voleva pensare a tutto ciò che aveva provato quando mi credeva morta. Forse era quello che ci rimetteva più di tutti, come sempre, ma non voleva mai darlo a vedere. Ma sta volta sarebbe dovuto cambiare tutto:
Non c'era più il suo posto segreto dove poteva andare a nascondersi finché non si calmava. Ora era costretto a stare in mezzo alle persone, che gli andasse bene o meno.
Gli spiegai anche come arrivai alla C.A.T.T.I.V.O.... o meglio, come mai ero ancora viva. La storia del veleno della marchiatrice, quello della finta morte e tutto il resto.
Non avevo molto da dirgli riguardo tutto quello, perché in effetti non sapevo molto nemmeno io.

Probabilmente l'unico che poteva conoscere perfettamente la struttura di una marchiatrice, era proprio lui, dal momento che era il suo creatore. Peccato che non lo sapeva nemmeno e forse non era nemmeno il caso di dirglielo.
Probabilmente avrebbe cominciato ad odiare sé stesso se avesse saputo tutto ciò che aveva fatto per la C.A.T.T.I.V.O., sebbene avesse motivi completamente differenti dal torturare dei ragazzi chiusi tra quattro mura.
‹‹ Quindi la marchiatrice aveva solo lo scopo di riportarti indietro? E quella testa puzzona di Justin invece voleva semplicemente farti fuori sin dal principio, giusto? ›› domandò strabuzzando gli occhi.
‹‹ Esatto ››
‹‹ Ora sì che lo odio ancora di più ›› si passò una mano tra i capelli. La sua fronte, come quella di tutti, era perlata dal sudore per via del calore ‹‹ Dici che è possibile che sia ancora vivo? Insomma... se tu sei “morta”, ma la C.A.T.T.I.V.O. ti ha salvata, chi ci assicura che non sia la stessa cosa per lui? ››
‹‹ Non lo sappiamo... ma ti assicuro che alla base non ho visto nessun altro, oltre che me ed altri scienziati. E poi, Brytan me l'avrebbe detto... credo... ››
‹‹ Brytan? ›› corrugò la fronte ‹‹ chi caspio è Brytan? ››
Notai nella sua voce un cambiamento di tono improvviso. Sollevò un sopracciglio.
‹‹ Uno scienziato con cui passato la maggior parte delle mie giornate quando non passavo ore ed ore davanti agli schermi, visto che non avevo un caspio da fare e volevo tornare indietro, ma non potevo... Perché me lo chiedi così? ››
‹‹ Mh. Bene così. ›› disse infine. Segno che quella discussione poteva cadere così, senza ulteriori risposte.
‹‹ Sei geloso? ›› soffocai una risatina in gola. Non rispose, ma arrossì lievemente. Decisi che potevo lasciar perdere per quella volta. Non volevo farlo sentire a disagio.
 

‹‹ Non so voi, pive, ma pagherei oro per tornare indietro nella radura e stare seduto al tavolo! ›› disse Frypan mentre si accasciava rumorosamente contro il muro caduto di una casa.
Jorge aveva deciso che era meglio smettere di camminare per quella giornata, anche se forse camminare al buio era meglio. Ma ormai eravamo sfiniti, e nessuno di noi avrebbe retto altre due o tre ore di camminata.
‹‹ Non avrei mai pensato di dire queste parole: Mi manca la radura, mi manca il labirinto e mi mancano perfino le urla dei dolenti ›› concluse, provocando una risatina a Ven.
‹‹ Le urla dei dolenti in questo momento potrebbero essere paragonate ad un dolce canto d'uccelli ››
Newt accennò un mezzo sorriso. Era poggiato al muro con la schiena, le gambe ben distese, mentre io ero poggiata alla sua spalla. Si era messo a giocare con una ciocca dei miei capelli, mentre ascoltava i discorsi dei suoi compagni.
In effetti, la radura mancava anche a me.
Avrei voluto avere più tempo. Ogni volta che ci pensavo mi veniva una strana fitta allo stomaco.
‹‹ Ci pensate? Eravamo chiusi in un piccolo paradiso terrestre, mentre qui fuori è l'inferno. È il colmo! ›› disse Jeff, sospirando poco dopo
‹‹ Questo posto ha smesso di essere bello da molto tempo ›› commento Jorge
‹‹ Se la C.A.T.T.I.V.O. Provasse a rendere il mondo esterno vivibile anche solo la metà di com'era all'interno della radura, invece che pensare ad usarci come topi da laboratorio, allora forse saremo stati bene. Invece ora non sapremo nemmeno se sopravviveremo a tutto questo ›› aggiunse Minho con una bella dose di positività.
‹‹ Ce la faremo. Insomma, se siete riusciti ad uscire dal labirinto, dovremmo farcela a fuggire da qui, no? Siate un po' positivi! ›› provai a smorzare un po' di tensione.
Minho annuì, poi rise con un tono sarcastico ‹‹ sì, ma non sappiamo nemmeno se una volta raggiunto il porto sicuro saremo ancora sani di mente. Dico, lì dovremo trovare la cura promessa dalla C.A.T.T.I.V.O., chi ci assicura che quando saremo lì, l'eruzione non ci avrà già divorati? ››
Newt fece un respiro profondo, più simile ad un ringhio ‹‹ Minho, caspio! ››
‹‹ Cosa c'entra l'eruzione con voi? ›› corrugai la fronte. In quel preciso momento, lo sguardo di Minho mutò, diventando quello di un bambino.
‹‹ Dovevo stare zitto? ››
‹‹ Esattamente. ››
‹‹ Mamma Newt è arrabbiata? ›› ed ora non solo aveva lo sguardo da bambino, ma anche la voce.
Avrei riso, se non fosse che sentii il mio cuore cominciare a battere veloce.
Forse troppo veloce. Fu come se mi cadesse il mondo addosso.
‹‹ Mi stai dicendo che avete l'eruzione? ›› domandai.
I radurai si scambiarono delle occhiate quasi colpevoli. Ma non era colpa di nessuno.
O meglio, di nessuno presente all'interno del gruppo.
‹‹ Sì... Almeno, questo è ciò che ci ha detto Janson. È per questo che dobbiamo raggiungere il porto sicuro. Lì ci daranno la cura ››
La cura? Che cura dovevano dargli? C'era una caspio di cura ed io non lo sapevo?
Forse era qualcosa in via sperimentale.
‹‹ Se posso dire la mia, sono piuttosto scettico riguardo questa benedetta cura ›› s'intromise Jorge.
Il suo sguardo era perso davanti a sé, come se stesse ammirando un paesaggio stupendo.
Anche io ero piuttosto scettica, ma non volevo smontare nessuno.
Se avevano davvero una cura, perché non dargliela subito? Perché fargli attraversare un posto pericoloso come quello solo per fargli prendere una cura che, se esisteva davvero, dovevano avere a portata di mano?
‹‹ Ora chiudere il becco e dormite ›› disse infine Jorge, sdraiandosi e rivolgendoci le spalle.
I radurai indietreggiarono con la schiena, sdraiandosi sul terriccio arido e secco.
Sembravano essere dei robot senza vita propria, capaci solo di eseguire ordini, ce gli andasse bene o meno.
Non potevano fare molto d'altronde. Erano in un posto nuovo e pericoloso, e non era rassicurante il fatto che fossero guidati da una persona malata che se ci aveva con lui era solo per i comodi propri, sicuramente.

Nell'arco di mezz'ora caddero tutti in un sonno profondo. Tranne Ven, che era ancora sveglio a fare la guardia. Almeno uno dei radurai doveva stare sveglio e di guardia. Non si poteva mai sapere.
Io ero ancora sveglia. Mi sentivo spaesata, e non riuscivo a smettere di pensare alla malattia.
La stessa malattia che mi aveva già portato via mia madre. Anche se non la ricordavo, sapevo che aveva lasciato un vuoto non indifferente dentro di me.
Non potevo accettare il fatto che rischiavo di perdere anche tutti i miei amici. Tutta la mia famiglia.
‹‹ Tutto okay Liz? ›› sussurrò Newt.
Non sapevo bene come facesse a sapere che ero ancora sveglia. Forse mi ero mossa un po' troppo e lui se n'era accorto...
Mi girai verso di lui. Eravamo sdraiati e accoccolati, praticamente nella speranza di scaldarci dal fresco notturno. Sì, il fresco dava sollievo, ma non quando cominciava ad essere eccessivo.
Si passava sempre da un estremo all'altro.
La sua mano scivolò dietro la schiena. Cominciò ad accarezzarla, ed in poco tempo ricordai quanto mi era mancato il suo tocco.
‹‹ Perché sei ancora sveglia? ›› domandò, sempre con un sussurro. Era distrutto dalla stanchezza.
Se era tutto okay? Certo, come no.
Pensavo solo all'eruzione e a quanto probabilmente in passato avesse già distrutto tutta la mia infanzia ed ora, giustamente, doveva continuare a distruggere la mia vita.
Nulla oltretutto mi assicurava una cura.
E non c'era assolutamente niente che potesse assicurarmi di esserci entrata in contatto anche io.
‹‹ Sì ›› sussurrai ‹‹ torna a dormire, Newt, non voglio che domani poi stia a pezzi ››
‹‹ Stai pensando alla malattia, vero? ›› rimasi in silenzio. Non ero molto brava a mentirgli.
Cercai una scusa... e la trovai guardandolo meglio in volto. C'era ancora la cicatrice di quando aveva litigato con George. Era minuscola, praticamente invisibile, ma c'era.
Poggiai la mano sulla sua guancia e l'accarezzai col pollice ‹‹ la cicatrice è praticamente guarita ››
chiuse gli occhi, sospirando ‹‹ sì, ma non cambiare discorso ›› testardo. Dannatissimo testardo del caspio ‹‹ Guardami, sto benissimo. È tutto okay ›› aggiunse.
‹‹ È tutto okay come quando sei stato ferito dal dolente? ›› ritrassi la mano, stringendomela contro il petto ‹‹ perché caspio non mi hai detto niente? ››
‹‹ Perché non volevo farti preoccupare, caspio! Tanto non cambia assolutamente nulla ››
‹‹ Pensi che invece vederti impazzire lentamente, senza saperne il motivo, sarebbe stata la cosa migliore? ›› corrugai la fronte
‹‹ Beh, mi dispiace farti notare che in ogni caso, che te lo dicessi o meno, succederà comunque ›› spostò la mano, stringendola poco dopo a pugno ‹‹ mi vedrai comunque impazzire lentamente... E la cosa non mi piace per niente. Ma grazie comunque per avermelo fatto notare meglio ››
Mi sentii in colpa. Aveva ragione. Mi sentii ancora più inutile di prima.
Ero piccola e debole davanti ad una cosa che era più grande di me.
Ora anche io sperai che effettivamente esistesse una cura. Non potevo fare altro che sperare.
Anche se magari era semplicemente in fase sperimentale.
Ora capii cosa provava mio padre nel sapere che mia madre era malata e non poteva fare assolutamente nulla, se non assistere ad ogni singola fase della malattia, mentre questa si faceva strada indisturbata divorando ogni singola traccia di umanità. Ogni singola traccia di lei, del suo essere.
Mi sentii terrorizzata all'idea di vedere Newt ridotto in quello stato. Non volevo nemmeno immaginare cosa si provava...
‹‹ Mi... Mi dispiace... scusa... ›› mormorai infine, abbassando lo sguardo.
‹‹ Bene così. Non ci pensare, okay? Andrà tutto bene ›› disse infine, cercando di ammorbidire il tono della voce ‹‹ te lo prometto. Arriveremo al porto sicuro e andrà tutto per il meglio ››
‹‹ Bene così ›› risposi. Eppure non mi sentivo così sicura della cosa, ma volevo sperarci. Volevo sperarci con tutta me stessa.

Fummo svegliati dal calore esterno e dal sole che picchiava violentemente.
C'era così tanto caldo che cominciai a pensare che se provavamo ad abbracciarci tutti insieme, in meno di un'ora avremmo sudato così tanto da creare una pozza abbastanza grande da poterci fare un bagno tutti insieme.
Jorge entrò in modalità “mamma arrabbiata” e ci svegliò tutti con un “Buenos Días” gridato così forte che secondo me l'avevano sentito anche alla base della C.A.T.T.I.V.O.
Infatti i radurai, compresi me e Newt, scattarono in piedi borbottando imprecazioni contro di lui e i suoi modi poco carini di svegliare le persone.
Okay, avevamo poco tempo per raggiungere il porto sicuro e prima ci mettevamo in cammino meglio sarebbe stato, ma era proprio necessario gridare in quel modo?
‹‹ Ti odio, caspio! ›› sbottò Minho, sistemandosi i vestiti addosso ‹‹ sai che così facendo rovini il mio sonno di bellezza? ››
‹‹ Oh, perdón, la prossima volta ti sveglio con un bacino sulla guancia. Meglio? ››
Minho arricciò il naso con un espressione di disgusto. Newt soffocò una risata in gola e sollevò le spalle, guardando l'amico che si era girato verso di lui come per chiedergli supporto morale.
Mi passai una mano sul collo. Lo sentivo così dannatamente bloccato che mi faceva un male assurdo. Newt si girò a guardarmi, mentre ridacchiava ancora per l'espressione di Minho.
‹‹ Ti fa male il collo? ›› domandò.
‹‹ Un po'. Devo aver dormito storta ›› Corrugò la fronte, spostando i capelli dal mio collo ed inclinandomi lievemente il volto ‹‹ che c'è? ››
‹‹ Perché non mi hai detto che hai un tatuaggio anche tu? ››
‹‹ Eh? ››
‹‹ Chi ha un tatuaggio? Io ho un tatuaggio! ›› esultò Minho
‹‹ Abbiamo tutti un tatuaggio... ›› ribatté Frypan
‹‹ Allora? ›› insistette Newt, incitandomi a rispondere.
‹‹ Non sapevo di averne uno! Non so nemmeno da quando ce l'ho! ››
‹‹ Non lo so nemmeno io... Non l'avevo notato prima... ››
Feci per fargli una domanda, ma Minho mi anticipò, levandomi le parole di bocca ‹‹ Cosa dice? ››
Newt schiuse le labbra, accarezzandomi il collo e spostando poco dopo la mano ‹‹ Gruppo A, soggetto A6, l'ancora ››



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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Era come se il tempo non scorresse mai. Forse era tutta colpa del calore (decisamente) eccessivo, o forse per il fatto che i radurai parlavano veramente poco per risparmiare le energie per continuare a correre.
Jorge faceva il possibile per passare dove c'era anche un minimo di ombra, ma più camminavamo, più sembrava che questa si estinguesse.
E poi eravamo tutti così accaldati da sentire troppo caldo anche all'ombra.

Dopo aver scoperto del mio tatuaggio, io e Newt avevamo passato il resto della giornata in silenzio.
L'unica domanda che c'eravamo posti era un enorme “che diavolo dovrebbe significare?”.
Decidemmo che comunque per quel giorno forse era più importante risparmiare un po' di energie, considerando che comunque il cibo scarseggiava, così come l'acqua, e le energie andavano via via a diminuire, ma la fame e la debolezza aumentava. In pochi avevano pensato all'acchiappare qualche scorta di cibo da portarci dietro. Insomma... rischiavamo di schiattare in quel posto, l'ultimo dei pensieri che poteva passarci per la testa era proprio il cibo.
‹‹ Frypan, sento la mancanza della tua sbobba del caspio ›› commentò Jeff, in seguito al brontolio del suo stomaco che, in quel silenzio, si sentii parecchio forte.
Frypan non ci fece nemmeno caso, tanto che era impegnato a camminare senza sembrare uno gnomo gobbo e stanco.
Quel clima ci stava spezzando in due lentamente.
‹‹ A me manca la radura. Non avrei mai pensato di dirlo, ma quelle caspio di mura erano un paradiso in confronto a tutto questo. So che è diventata una frase ripetitiva, ma è vero ›› disse Newt sottovoce, come se volesse essere sentito solo da me ‹‹ se penso a quel posto mi viene quasi la nostalgia... Contando anche che ho odiato la prigionia tra quelle mura ››
‹‹ Come tutti, del resto ›› dissi.
Abbassò lo sguardo. Si guardò le gambe.
‹‹ Ho il segno indelebile di quanto l'ho odiato ›› mormorò, poi si diede un leggero colpo sulle gambe ‹‹ tuttavia, ci credi che con questo caldo non mi viene nemmeno l'istinto di zoppicare? ›› ridacchiò ‹‹ pensi che alla base avranno qualche supercaspiola di pozione che mi farà smettere completamente di zoppicare come un pirata con la gamba di legno? ›› sfoderò un sorrisetto che, per un attimo, sembrò veramente divertito dalla cosa.
‹‹ Beh, magari sì, magari no... magari se chiedi ad uno degli scienziati di tentare qualcosa di simile, riusciranno a tirarne fuori uno ›› accennai un sorrisetto ‹‹ e poi mica zoppichi così tanto! ››
‹‹ Se non mi fa male, non zoppico affatto ›› scrollò le spalle.
Cercare di distrarsi dal caldo e dalla fame commentando con cose così stupide funzionò per le prime due ore, dopo però il caldo divenne così insopportabile da darti a stento la voglia di respirare, figuriamoci di parlare.
Jorge sembrava essere piuttosto abituato al calore, anche se ogni tanto si sventolava con la mano, ma nulla di che. Nessuna lamentela.
‹‹ Tutto apposto lì dietro? ›› chiese poi di punto in bianco ‹‹ ve la sentite di camminare sta notte o volete riprendere a camminare domani mattina? Possiamo sempre riposare un po' ora e camminare sta notte ›› si girò con un espressione di compatimento che, fino a quel momento, non era ancora comparsa sul suo volto.
Che avesse finalmente compreso che in ogni caso eravamo dei ragazzi come tutti gli altri, anche se forse gli avremmo portato la tanto desiderata cura contro l'eruzione?
I radurai si fermarono a consultarsi silenziosamente con lo sguardo.
Tutti, poi, guardarono Minho, dandogli l'incarico di prendere la decisione in quanto leader.
Sembrò sentirsi quasi in soggezione, infine annuì, come se avesse percepito telepaticamente tutte le loro risposte ‹‹ forse è il caso di camminare sta notte, quando farà fresco ››
‹‹ Bene così ›› commentò Newt, tirando un sospiro di sollievo ‹‹ dovremmo cercare un posto all'ombra, allora ››
‹‹ Se continuiamo dritti per questa strada, dovremmo trovarci vicino ad un vecchio centro commerciale completamente disabitato. Gli spaccati non osano nemmeno avvicinarsi a quel posto.
È veramente enorme, ma per qualche strano motivo nessuno di loro si avvicina ››
‹‹ Magari l'ambiente grande li spaventa ›› azzardò Minho ‹‹ tanto peggio per loro. Se c'è fresco, posso passarci anche la settimana intera! ›› poggiò le mani dietro la testa.
‹‹ Lo scopriremo tra poco, hermani ›› Jorge riprese a camminare, poi cominciò a fare una corsetta lenta.
Capisco che voleva semplicemente dimezzare la tortura del dover stare sotto il sole, ma... quante volte ho detto che odiavo correre come poche altre cose in vita mia?

 

Alla fine l'edificio di cui parlava Jorge era decisamente più lontano di quanto aveva lasciato intendere.
Passarono forse due ore. DUE ore di corsetta sotto il sole cocente. Credevo di morire.
Per non parlare del fatto che, una volta forzate le porte dell'edificio per poter entrare, Newt aveva cominciato a lamentarsi di sentire la caviglia dargli la sensazione di uno strappo, così si era seduto su una sedia che un tempo doveva essere di quelle che, se inserivi la monetina, vibravano per fare i massaggi.
L'edificio in effetti era veramente grande. Aveva delle scale mobili (chiaramente fuori uso) al suo interno in modo da poter accedere al piano superiore e ai parcheggi al piano inferiore, diversi negozi con le vetrine spaccate, ascensori fuori uso... Sicuramente era bello, un tempo, ma ora sembrava essere un set da film horror, ma con più polvere e cocci di vetro sparsi ovunque.
A dire il vero era anche piuttosto intatto, mi aspettavo di peggio.
Non capivo proprio perché gli spaccati non entravano lì, ma sicuramente c'era qualche motivo... e per il momento sinceramente non volevo saperlo.
‹‹ Ti fa molto male, pive? ›› chiese Minho a Newt, chinandosi all'altezza della sua caviglia e tastandola con l'indice.
Newt storse il naso, spostando di scatto la gamba come se gli avesse dato la scossa ‹‹ se eviti di toccarla, dovrebbe passare tutto nel giro di poco tempo. Devo aver preso inavvertitamente una storta del caspio ››
‹‹ Amico, se avessi i miei “attrezzi” da medicale, proverei a fare qualcosa per alleviare il dolore. Ora come ora potrei solo farti un massaggio ›› disse Jeff.
Newt scosse la testa ‹‹ preferisco di no. Anche se avessi gli strumenti per farlo, non vorrei che poi peggiorasse ››
Jeff, come se non avesse sentito una sola parola di ciò che gli aveva detto Newt, si voltò verso di me, sogghignando con fare quasi malizioso ‹‹ o magari potrebbe fartelo la non più fagiolina ››
‹‹ Ehi! ›› arrossì, incrociando le braccia al petto, poi risi. Non potevo rimanere offesa per cose simili. Mi avvicinai a Newt, che sollevò lo sguardo verso di me con fare incuriosito, come se si aspettasse che da un momento all'altro mi chinassi seriamente per fargli un massaggio alla caviglia.
Era più uno sguardo da “giuro, non c'è bisogno che lo fai”.
Non volevo fargli nessun massaggio, semplicemente sedermi accanto a lui.
Minho sedette sul pavimento, incrociando le gambe a mo' di indiano ‹‹ solo io ho la sensazione che stiamo correndo a vuoto? Spero solo che Jorge sappia veramente dove andare. Non voglio passare il resto dei miei giorni perso ne “la zona bruciata” ››
‹‹ Credimi, penso che nessuno di noi voglia stare in questo posto pieno di rincaspiati ›› borbottai, sentendo poi la mano di Newt poggiarsi sulla mia gamba.
‹‹ Sono quasi orgoglioso del tuo gergo da raduraia, Liz ››
sorrisi, poggiando il mento sulla sua spalla ‹‹ ho imparato dai migliori ››
‹‹ Bene così ›› mormorò quasi imbarazzato, ma mi lasciò poggiata a lui.
Sapevo che non era ancora abituato a quei “gesti”, se così potevo chiamarli, ma si sforzava.
In effetti anche io ero estranea a tutto quello, eppure andavo per istinto.
‹‹ Sei sicuramente più brava di quella testa puzzona di Thomas ›› disse Minho ‹‹ quando parla col nostro gergo sembra uno stupido ›› scrollò le spalle, poi si tirò indietro e si sdraiò sul pavimento, fregandosene del fatto che fosse sporco
‹‹ Tommy... chi sa come caspio se la starà cavando. Praticamente l'abbiamo mollato con una sconosciuta ›› congiunse le mani, poggiandosele poi sulla fronte mentre erano chiuse a pugno
‹‹ Non penso sia così stupido da lasciarsi uccidere... se la caverà, suppongo ›› sperai di rassicurarli un po'. Poi Minho e Newt si scambiarono un occhiata quasi insicura.
‹‹ Stiamo parlando di Thomas... quello che si è gettato nel labirinto per salvare me e Alby e alla fine è rimasto intrappolato lì dentro con noi, e quello che si è fatto pungere dai dolenti per ricordare delle cose ›› ridacchiò con fare puramente sarcastico ‹‹ insomma, non parliamo di un master d'intelligenza... anche se siamo usciti da lì anche grazie a lui ››
‹‹ E Teresa, mi duole ammetterlo ›› puntualizzò Newt ‹‹ la sua “ragazza” telepatetica ››
‹‹ Vorrai dire “telepatica”... ›› lo corressi, ma lui scosse la testa
‹‹ Non ha molta simpatia per Teresa ›› sussurrò Minho, come se Newt non potesse sentirlo.
Ma solo io la trovavo simpatica?
‹‹ Aspetta... in che senso telepatica? ›› corrugai la fronte.
‹‹ Nel senso che lei e Tommy sono telepatici. Almeno, così mi hanno detto. Non mi stupisco più di nulla ormai ›› Newt allargò le braccia verso il cielo, sbuffando. Potevo crederci facilmente alla storia che non si stupisse più di nulla di tutte queste cose. Non mi stupivo più nemmeno io.
‹‹ Comunque, spero che quel pive stia bene. Non sopporterei di perdere anche lui... ›› mormorò, assumendo uno sguardo sovrappensiero ‹‹ Abbiamo già perso troppe persone care ›› disse, e Minho annuì. Ero abbastanza sicura che stessero pensando ad Alby, e forse anche a Chuck.
Non doveva essere stato semplice aver visto morire così i loro amici... e dentro di me, ancora una volta, comparve la domanda a cui ancora non ero riuscita a dare una risposta: come poteva essere buona la C.A.T.T.I.V.O. dopo che privava dei semplici ragazzi di ogni singolo ricordo e li costringeva a sopravvivere in posti come quelli, dove spesso morivano per un motivo o per un altro? Non riuscivo proprio a spiegarmelo.
‹‹ Vedrai che ci sorprenderà. Lo ritroveremo sano e salvo... Ci sarà un buon motivo se faceva parte dei quattro dell'élite! D'altronde lui è stata una parte fondamentale di questo progetto! ››
all'improvviso, Newt corrugò la fronte, come se gli avessi detto la novità del secolo.
A pensarci bene non gli avevo detto che sapevo bene chi era Thomas... o meglio, sapevo cosa aveva fatto. Non lo conoscevo di persona...
‹‹ Come...? ››
‹‹ è una delle poche cose che mi hanno detto alla base... Sai, piccole informazioni ››
‹‹ E chi te l'ha detto? Fammi indovinare: Brytan, vero? ›› disse quel nome con un tono quasi sarcastico, che provocò una risatina da parte di Minho. I tentativi vani di reprimere la gelosia erano veramente scarsi, c'era da ammetterlo. Cercai di non farci caso.
‹‹ Anche... ›› dissi semplicemente. Lui sollevò un sopracciglio, imbronciandosi lievemente.
‹‹ Bene così ››
‹‹ Ragazzi, ma... dov'è Jorge? ›› chiese poi uno dei radurai... che in effetti non avevo mai visto prima. La sua voce era totalmente nuova, così come la sua faccia.
Era un ragazzo con i capelli scuri e corti, come se li avesse tagliati da poco. Non avevo la benché minima idea di chi fosse, né da dove fosse spuntato fuori. Era sempre stato con noi?
‹‹ Come sarebbe a dire “dov'è Jorge”? ›› chiese Minho, piuttosto irritato da quella domanda. Scattò in piedi come una molla, battendosi le mani sui vestiti per sistemarli ‹‹ era con noi giusto un attimo fa! ››
Il ragazzo alzò le braccia al cielo, sbuffando pesantemente con fare quasi rassegnato e scocciato allo stesso tempo
‹‹ Okay, ma ora non è più qui! ›› Minho si guardò attorno con fare quasi disorientato.
In effetti, Jorge non era più con noi. In quella stanza c'erano solo i radurai, nessun altro.
Eravamo soli.
Minho sospirò, passandosi le mani tra i capelli ‹‹ Jorge? ›› gridò il suo nome, ma nel sentire che non ricevette nessuna risposta, rimase piuttosto deluso.
‹‹ Maledizione! Vuoi vedere che quella testapuzzona di uno spaccato maledetto se l'è data a gambe e ci ha lasciato qui come delle caspio di bambole? Fantastico! ›› rise con fare isterico.
Mi morsi il labbro, rivolgendo il mio sguardo a Newt, che sembrò semplicemente rassegnarsi all'idea di dover stare chiuso in un posto dimenticato da Dio.
Avremmo dovuto cavarcela ufficialmente da soli, senza l'ausilio di Jorge che conosceva abbastanza bene il posto.
Newt schiuse le labbra, mettendosi in piedi. Sentii le sue ossa schioccare in modo quasi pauroso.
‹‹ propongo di perlustrare questo caspio di posto in cerca di qualcosa. Qualsiasi cosa. Possibilmente del cibo, prima che cominciamo a mangiarci a vicenda ›› Minho annuì, abbassando poi lo sguardo sulla sua pancia, poi lo rialzò verso Newt.
‹‹ Sì, forse è il cas- ›› abbassò di scatto la testa, portandosi una mano verso la nuca. Era stato colpito da un pacchetto di patatine, lanciato da Jorge.
Non avevo la benché minima idea da dove fosse uscito, ma vederlo venirci incontro con diversi pacchetti di patatine e cose così mi risollevò un po' il morale.
Certo, non erano sicuramente nutrienti come altri cibi, ma era meglio di niente.
‹‹ Non scomodatevi ›› disse, raccogliendo il pacchetto di patatine e passandolo a Minho, con un sorrisetto beffardo ‹‹ ci ho già pensato io ››
‹‹ Non fuggire mai più, caspio, pensavamo fossi fuggito! ››
‹‹ Non posso fuggire, per quanto l'idea mi pizzichi il cuore. Ma siete l'unica via che potrà portarmi ad una cura ›› mi porse un pacchetto di patatine ‹‹ tieni, hermana, mangia con calma. Tu potrai avere anche il bis ›› lo presi, accennando un sorriso.
Newt sollevò un sopracciglio, prendendo il suo pacchetto con un colpo secco e cingendomi velocemente le spalle con l'altro braccio.
‹‹ Cibo spazzatura? Non potevi trovare di meglio? ›› borbottò Frypan.
‹‹ Non che il tuo cibo fosse più sano! ›› rispose qualcuno, seguito da una risata.
Beh... In effetti, aveva ragione.
Jorge gli ignorò, sedendosi sul pavimento. Praticamente si accasciò su questo.
‹‹ Forse è il caso che facciamo un giro di questo posto. Sembra essere una miniera d'oro di risorse alimentari e non ›› disse, rivolgendo lo sguardo al soffitto
‹‹ E allora come mai è stato abbandonato? ›› chiesi.
Jorge scrollò le spalle ‹‹ Avranno avuto i loro buoni motivi... Magari c'è qualcosa di peggio di semplici spaccati ››
‹‹ Non sei rassicurante... ››
‹‹ Magari siamo nella tana di qualcosa di ben più pericoloso ››
Perfetto. Grazie Jorge. Ora sì che potevamo stare tutti più tranquilli.

‹‹ Non allontanarti. Stammi vicina. Okay? Non voglio fare la stessa caspiata dell'ultima volta. Chiaro? ›› Disse Newt, continuando a mangiare le sue patatine come se fossero il bene più prezioso.
In effetti, erano il bene più prezioso ricevuto nelle ultime ventiquattro ore.
‹‹ Okay ›› mormorai. Mi sentivo in imbarazzo nonostante fossimo solo noi tre in quell'area.
Io, Newt e Minho, che era decisamente più concentrato a guardarsi attorno che altro.
Alla fine c'eravamo divisi comunque per esplorare meglio.
Avevamo scelto di esplorare il primo piano, ed eravamo entrati in quello che sembrava essere un market abbandonato che vendeva di tutto.
Dagli alimentari ad articoli per la casa.
Non sembrava esserci assolutamente niente sospetto, ma solo una puzza pazzesca di cibo avariato, che sicuramente proveniva dalla frutta.
‹‹ Ho voglia di vomitare ›› commentò Minho, massaggiandosi la pancia
‹‹ Non provarci davanti a me! ›› sbottai, fermandomi poi a fissare con un aria disgustata l'espositore dei salumi davanti a me.
A parte la puzza che emanava, era pieno di.... muffa? Non sapevo nemmeno cosa fosse, però mi provocava il voltastomaco.
Avrei preferito il vomito di Minho.

Esplorammo per parecchio tutto il market, più e più volte, in cerca di qualcosa di utile.
Beh, tecnicamente tutto quel posto sarebbe stato utile per noi, ma prendemmo solo poche cose e le gettammo in un vecchio carrello cigolante. La cosa che ci serviva in modo più urgente era l'acqua.
Quel carrello era così messo male che temevo che potesse spaccarsi da un momento all'altro e finire sul piede di Newt, che spingeva il carrello con un espressione tipo “ma perché sto facendo tutto questo?”.
‹‹ Torniamo indietro? ›› chiese. Minho annuii, lanciando nel carrello una barretta di cioccolato.
‹‹ Sì ››
‹‹ Bene così ››
si sentii il rumore di qualcosa che cadeva.
Minho doveva aver rovesciato qualche scatola, o cose così. Ma non si fermò nemmeno.
Subito dopo, cadde qualcos'altro. Poi dell'altro. Poi dell'altro ancora.
No, non poteva essere Minho.
Mi voltai alle mie spalle, così come fecero anche gli altri.
‹‹ Jorge? ›› disse Minho. Perché doveva subito dare la colpa a Jorge.
Cadde qualcos'altro ‹‹ molto divertente! Avanti, fatti vedere, simpatic- ›› l'intero scaffale alle nostre spalle si inclinò, andando a sbattere con quello davanti. Quello accanto pure, e così via. Non era esattamente il momento per rimanere lì ad ammirare la scena degli scaffali che cadevano ed erano sempre più vicini a noi. Ed è inutile dire che cominciammo a correre via da lì, spingendo il carrello via con noi (non avremmo mai abbandonato le scorte d'acqua. Non un'altra volta).
‹‹ Andate via di qui! ›› gridò qualcuno da infondo al corridoio ‹‹ E non tornate mai più! Mai più! Mai più! Mai più! ›› poi una risata isterica ‹‹ O vi strapperò le unghie dalle mani e poi le mangerò! Chiaro? Eh? ›› mi vennero i brividi. Allora quel posto non era completamente abbandonato.
‹‹ Bene, vedo che qui sono tutti molto ospitali... ›› commentò Newt.
Perché avevo la sensazione che non ci fosse nulla di buono in tutto quello?



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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


La consapevolezza di non essere soli all'interno di quell'edificio ci aveva agitati un pochino.
In più avevo una bruttissima sensazione che mi attanagliava lo stomaco.
Mi sentivo in trappola, e non volevamo comunque uscire all'esterno finché non fosse calata almeno un po' la temperatura.
Tutti bevemmo l'acqua, finendo in pochissimo tempo quei tre cartoni che avevamo portato col carrello che, a metà strada, ci aveva abbandonato e si era spaccato in due.
Se pensavo alla voce di quello spaccato mi venivano i brividi in tutto il corpo... e non erano brividi di freddo.
Newt mi teneva stretta a sé da qualcosa come dieci minuti da quando eravamo usciti da lì. Tremavo come una foglia e mi guardavo attorno come un cucciolo terrorizzato, e non perché degli scaffali mi stavano per cadere addosso, ma perché temevo che quello spaccato potesse uscire da un momento all'altro e aggredirci.
Non era come i dolenti, che anche se mi terrorizzavano, in un certo senso sapevo che non mi avrebbero fatto del male.
Erano delle persone. Persone pazze.
Non volevo avere a che fare con dei pazzi. Non volevo avere a che fare con degli spaccati.
Sarei diventata così? Saremmo diventati tutti così?
Forse era proprio quello che mi spaventava di più. Il sapere che i miei amici, la mia famiglia, era infetta.
Tuttavia sembrava che a loro nemmeno toccasse più la cosa. Newt, ad esempio, sembrava essere tranquillo... ma sapevo anche che ormai era abituato a mascherare le cose. Era sempre stato così, sopportava tutto.
‹‹ Passato? ›› sussurrò accanto a mio orecchio. Eravamo seduti a terra, accoccolati come quella volta che stavamo fuggendo dai dolenti, ed eravamo lontani dagli altri radurai perché sentivo che le mie gambe non volevano collaborare a tenermi in piedi per raggiungerli. Sentivo di poter cadere da un secondo all'altro.
‹‹ No ›› sussurrai anche io. Non volevo costringerlo a starmi attaccato, sapevo che non si sentiva esattamente a suo agio a fare quelle cose. Sopratutto davanti a tutti. Ma sembrava essere meno intenzionato di me a lasciarmi andare.
‹‹ Liz, lui è uno solo, noi siamo un gruppo, non può essere così rincaspiato da uscire fuori da lì ›› sussurrò di nuovo, cercando di tranquillizzarmi.
‹‹ Può eccome! È un pazzo, Newt! Un pazzo! ›› mi allontanai dalle sue braccia, portandomi le mani sulla fronte ‹‹ Un caspio di pazzo! Potrebbe uscire da lì completamente nudo e mettersi a ballare! ›› sentivo il mio cuore battere veloce. Adrenalina.
Non ero mai stata così agitata prima di allora.
‹‹ Liz... ››
‹‹ Non voglio stare chiusa qui dentro in compagnia di un pazzo. Non voglio! ›› mi prese le mani, stringendole nelle sue. Vidi di nuovo quello sguardo di compassione. Sapevo che mi capiva, che era preoccupato quasi quanto me, ma che comunque era in grado di mantenere la calma.
‹‹ Appena sarà fresco andremo via, Liz, non agitarti così tanto, non ne vale la pena ››
‹‹ Ma non voglio che quel pazzo venga qui e... E non so! Non so cosa caspio potrebbe fare! Sono... Non so nemmeno come definirmi!››
‹‹ Terrorizzata? ›› disse lui, storcendo lievemente le labbra.
‹‹ Forse anche di più... ›› mormorai, ma qualcosa nel mio sguardo cambiò. Cercai di spegnere qualsiasi tipo di emozione negativa. Non avevo modo di definirmi, sul serio, ed ormai ero stanca di sentirmi così debole di fronte a quel genere di situazioni.
Sarà stato, forse, anche per l'espressione di Newt. Era come se si sentisse colpito dalle mie parole.
Abbassò lo sguardo per un attimo, rialzandolo poco dopo per poi poggiare una mano sul mio volto.
Mi accarezzò dolcemente, come se fosse la prima volta che faceva una cosa simile.
‹‹ Andrà tutto bene, Liz ›› sussurrò, poi, lentamente, avvicinò il volto al mio, ma sembrò quasi avere paura di farlo.
Le sue labbra incontrarono le mie. La seconda volta da quando ci trovavamo in quell'inferno insieme. Era una bacio dolce, ma allo stesso tempo sembrava quasi triste. Non era come le altre volte. Sembrava piuttosto chiedere conforto.

Quando ci staccammo dal bacio, accennò un sorriso dolce e naturale, quasi avesse trovato il conforto che cercava. Riuscii a strapparmi un sorriso anche a me, come al solito.
Nonostante tutto, riuscivo a vedere ancora il tormento della sua anima attraverso i suoi occhi, ed era frustrante vederlo.
Stava male. Sul serio. Quella situazione non giovava a favore di nessuno.
‹‹ Bene così ›› sussurrai in risposta alla sua affermazione precedente, mentre scivolavo verso il basso fino a poggiarmi al suo petto.
Non andava bene per niente, se dovevo essere sincera, ma non volevo continuare quella discussione.
Mi sembrava di riuscire a sentire ancora la risata di quello spaccato, il rumore degli scaffali che crollavano con tutta la loro grandezza. La mano di Newt scivolava lungo la mia schiena, accarezzandola lentamente.
Era preoccupato anche lui, ma sembrava pensare a tutt'altro. Non eravamo nemmeno ancora riusciti a ritagliare del tempo per noi. Non ne avevamo la possibilità.
Magari la sua preoccupazione era anche quella. Non m'importava. Mi andavano benissimo i piccoli attimi come quelli.

Mi ero addormentata. Non so per quanto tempo, ma la pressione mi aveva condotta al sonno più totale e pesante.... e forse, anche le coccole da parte di Newt.
‹‹ Dici che si è calmata? ›› sussurrò Minho. Anche se la sua voce era bassa, mi svegliai, ma non aprii gli occhi.
Non avevo dormito così bene da parecchio, e sinceramente non avevo nemmeno la minima idea di quanto tempo era passato.
‹‹ Penso di sì ›› rispose Newt ‹‹ considerando che si è addormentata. Se non si è calmata così... ››
‹‹ Sarà mica giunto il momento di svegliarla? ››
‹‹ No, lasciamola dormire ancora un po', ne ha bisogno. Questa situazione è troppo pesante per lei, ha bisogno di riposare ›› cominciò ad accarezzarmi i capelli lentamente.
Era veramente premuroso nei miei confronti, nonostante tutto.
‹‹ Tra poco dovremmo uscire di nuovo, lo sai? ››
‹‹ Vorrà dire che la porterò in braccio finché non si sveglierà ›› rispose quasi scocciato dal fatto che Minho continuasse a parlare.
‹‹ In braccio? Ma mica potrai portarla in braccio per ore intere! ››
‹‹ La porterò in braccio finché sarà necessario ››
‹‹ Caspio, quanto sei testardo! ›› sbuffò ‹‹ va bene, male male che vada, ti darò il cambio ogni tanto.››
‹‹ Bene così ›› mormorò Newt, poi smise di accarezzarmi i capelli.
Minho, sicuramente, si sedette accanto a lui.
‹‹ Che succede? ››
‹‹ Mi sento quasi in colpa ›› sussurrò. Il suo tono di voce sembrò essere nuovamente cambiato. Da scocciato, passò ad un tono cupo ‹‹ voglio dire... lei è venuta qui per cercarci, capisci? E guarda in che caspio di casino si è andata a ficcare... È tutta colpa mia ››
‹‹ Nessuno di noi diventerà come questi rincaspiati nel cervello, se è questo che ti preoccupa, Newt. Non affibbiarti colpe che non hai! Sai bene quanto è testarda. ››
‹‹ Dobbiamo trovare quel caspio di porto sicuro. Devo portarla via da qui. Non voglio che le succeda qualcosa di grave, di nuovo, e non voglio perderla per una seconda volta ››
‹‹ È una di noi, ormai. Una raduraia. Ed è sveglia e tosta, se doveva schiattare sarebbe già successo da un po', invece è qui. Non le succederà nulla, vedrai! E poi, secondo Jorge, ormai non manca molto ››
‹‹ Bene così ›› rispose secco. Sospirò.
Dovevo forse dire loro che ero sveglia?
Mi sentii in colpa per aver ascoltato tutto il discorso senza muovere un solo muscolo per fingere di stare dormendo. Ma almeno ora sapevo cosa frullava nella testa di Newt.
‹‹ Alzate le chiappette, hermani, dobbiamo andare via adesso ›› disse Jorge ‹‹ svegliate la bella addormentata nel centro commerciale ››
‹‹ No, la prenderò in braccio ›› Newt fece per alzarsi delicatamente, per non svegliarmi, ma anticipai la sua mossa e mi spostai lentamente, stiracchiandomi ‹‹ no, tranquillo, ho le gambine apposto. Non fare sforzi, Newt, non voglio che poi ti faccia di nuovo male la gamba ›› sbadigliai. La mia voce, in effetti, era leggermente impastata.
Newt corrugò la fronte ‹‹ Da quanto tempo sei sveglia? ››
‹‹ Ehm... Un po' ›› sollevò un sopracciglio, ma non disse nulla.

Jorge ci diede dei pugnali un po' rudimentali. Diceva di averli fatti lui stesso rubando le attrezzature da uno dei tanti negozi all'interno del centro commerciale.
Per essere uno spaccato era piuttosto furbo e bravo.
Cominciò a farci una sorta di paternale su quanto saremmo dovuti stare attenti ora, perché stavamo attraversando una zona un po' diversa dalle altre, in quanto circondata da spaccati. E molti di loro erano già oltre l'andata.
‹‹ Hermana, ti conviene stare ben attaccata ai tuoi compagni ›› disse, indicandomi. Newt legò un braccio attorno alla mia vita ‹‹ visto che sei donna, potrebbero stuprarti. Sai... molti di loro si divertono con poco ››
Rabbrividì, scuotendo velocemente la testa al solo pensiero.
Jorge aprì le porte del centro commerciale, aiutato da Minho.
C'era solo una cosa che mi provocò i brividi in tutto il corpo: mi sentivo osservata.
Quella sensazione che mi perseguitava anche quando ero nella radura, di colpo tornò.
Ma questa volta, forse per le circostanze, mi fece rabbrividire più che mai. Era come se riuscissi quasi a percepire la presenza di qualcun altro oltre a noi. Come se riuscissi a sentire il respiro di qualcuno sul mio collo... Forse dovevo smetterla di farmi questo genere di paranoie.

Il sole all'esterno si rivelò essere abbastanza sopportabile. Pensavo che il calore mi avrebbe distrutta, anche se ormai stava calando la sera, invece no. Si stava abbastanza bene. Jorge aveva calcolato bene il tempo.
Non contavo nemmeno da quanto stavamo camminando. Decisi di non tenerne più il conto, ma di concentrarmi principalmente sulla strada e su ciò che mi circondava, in caso dovessi perdermi come quando ero con il gruppo B.
Case abbandonate e totalmente in rovina. Uno scenario da film dell'orrore.
Solo che qui era tutto vero.
C'era silenzio, a parte qualche brusio da parte dei radurai che si lamentavano per la corsetta.
‹‹ Stavo pensando alla voce di quello spaccato nel centro commerciale ›› disse di punto in bianco Minho, affiancandosi a me ‹‹ non la sentivate stranamente familiare? ››
‹‹ No, perché, a te sì? ›› rispose Newt, fulminandolo poco dopo con lo sguardo.
Forse non voleva toccare quel discorso, considerando che mi ero calmata da poco.
‹‹ A me sì... Ma non riesco a collocarla nella mia memoria... ›› corrugò la fronte ‹‹ ho come una sorta di vuoto ››
‹‹ Vorrà dire che chiunque caspio fosse non era poi così importante ›› schioccò la lingua ‹‹ o forse il tuo subconscio vuole dirti qualcosa... come che forse non è il caso di parlarne ora ›› calcò il tono sull'ultima parola, indicandomi con la testa – come se non l'avessi notato –.
La mia mente ormai aveva offuscato la voce di quello spaccato, così come le sue parole. Forse un modo per difendersi dal ricordo, o forse semplicemente la crisi l'aveva cancellato.
Sperai fosse qualcosa di permanente... peccato che ricordassi perfettamente la scena.
Arricciai il naso. Sentii dei suoni lontani. Musica.
Come poteva esserci della musica nel bel mezzo del nulla?
Sembrò che gli altri non la sentissero, continuavano a camminare indisturbati.
Alzai gli occhi al cielo, provai a tapparmi le orecchie con le mani.
Newt mi guardò con la coda dell'occhio, poi si fermò, corrugando la fronte.
‹‹ Liz? ››
‹‹ Senti anche tu questa musica? ›› domandai, sperando in una risposta positiva.
Il ragazzo con i capelli scuri, lo stesso che aveva notato l'assenza di Jorge quando eravamo dentro il centro commerciale, arricciò il naso e mi guardò. Era accanto a Newt e non l'avevo notato prima tanto avevo la testa tra le nuvole.
‹‹ Io la sento. Credevo fosse frutto della mia immaginazione! ›› disse con una nota di stupore nella voce.
‹‹ No, la sento anche io ›› dissi, corrugando la fronte. Spostai le mani, sollevata dal fatto che non fossi l'unica a sentirla.
Newt guardò prima me, poi il ragazzo ‹‹ la sento anche io... Ma non è forte ››
‹‹ Questa è la zona con gli spaccati oltre l'andata... festeggiano ›› disse Jorge, indicando uno degli edifici mal ridotti ‹‹ sono lì giù, vedete? ››
‹‹ E cosa festeggiano? ››
‹‹ E chi lo sa! ›› scrollò le spalle con fare indifferente ‹‹ magari festeggiano l'arrivo di qualche nuovo spaccato... o qualcosa così. In ogni caso, ormai staranno dormendo, e comunque come potete vedere l'edificio dove si trovano è piuttosto distante da qui. Preferirei evitare di incrociarli, non sono molto socievoli ››
‹‹ Ho una brutta sensazione ›› mormorai ‹‹ forse è meglio proseguire di mattina ››
‹‹ Ma sei pazza? Di giorno? Magari sotto il sole, no? ›› sbraitò il ragazzo accanto a Newt, ricevendo un occhiataccia da parte di quest'ultimo.
‹‹ Vacci piano, Aris ›› sbuffò.
Aris? Quello era Aris?
Sollevai un sopracciglio, poi scrollai le spalle.
Caspio, perché erano tutti piuttosto diversi da come li immaginavo? Avrei voluto vedere com'era fatta Rachel... se non fosse morta, magari.
‹‹ Perché dovremmo proseguire di mattina? È più rischioso! ›› continuò Aris, voltandosi verso Jorge come per chiedergli conferma.
Lui, semplicemente, fece le spallucce ‹‹ in questa zona non fa differenza dal giorno alla notte. Se dobbiamo essere attaccati da degli spaccati, avverrà in entrambi i casi. Certo è che se vogliamo riposare, è meglio farlo di notte. Al massimo potresti trovare uno spaccato che ti fissa come se fossi lo spunti di natale ››
‹‹ Rassicurante come sempre ›› mormorai, stringendomi nelle spalle come per scaldarmi.
Sì, mi stava venendo freddo. Non sapevo nemmeno come fosse possibile una cosa simile, dato che la temperatura esterna poteva portare di tutto, meno che il freddo.

Trovammo un angolino riparato, ci accampammo e passammo la nottata là.
Sembrava incredibile, ma le giornate cominciavano a passare in fretta, e non era una cosa tanto positiva.
L'unica cosa positiva in quello era semplicemente che per riposare potevo stare accoccolata a Newt, a recuperare il tempo che avevamo perso.
Stavamo semplicemente abbracciati... più o meno.
Diciamo che questa nottata l'avevo passata più che altro ad abbracciare me stessa nel vano tentativo di scaldarmi.
Tremavo come una foglia, e la mia testa era così leggera da darmi la sensazione di scivolare via.
Passai una nottata veramente pessima. Inutile dire che quando fu l'ora di alzarsi, sembravo uno zombie. Potevo perfettamente fingermi una spaccata.
Fui sorpresa del fatto che Newt non si spaventò del mio aspetto.
‹‹ Qui è pieno di spaccati ›› disse Jorge.
‹‹ Ce l'hai già detto.... minimo un centinaio di volte ›› puntualizzò Minho
‹‹ E questo vuol dire che qui vicino ci sarà anche del cibo ›› aggiunse Jorge, guardando Minho come se avesse la tentazione di dargli un pungo in piena faccia ‹‹ proviamo a perlustrare la zona ››
‹‹ Ho già detto di avere una pessima sensazione? ››
‹‹ No, questa mattina non l'avevi ancora detto ›› rispose Aris con tono sarcastico, ruotando gli occhi verso l'alto.



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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Ci sparpagliammo un po' in zona, sia per cercare del cibo, o comunque una sorta di “dispensa” utilizzata dagli spaccati della zona, sia per cercare una via meno affollata, così da passare indisturbati.
Sembravamo un gruppo di fuggitivi (in un certo senso lo eravamo...), e dopo ore di perlustrazione, non trovammo nulla.... eccetto Frypan, che tornò da noi dicendo di aver rintracciato Thomas e Brenda. Erano stati fatti prigionieri di tre spaccati, di cui uno armato di pistola.
Rimandammo le ricerche di un passaggio più sicuro, la priorità ora era salvare loro due.
Newt sembrava quello più preoccupato e arrabbiato di tutto il gruppo. Ci teneva a Thomas, e lo dimostrava chiaramente. Stessa cosa valeva per Minho.
Passammo la giornata a studiare un imboscata, rannicchiati tutti in un angolo con Jorge che ci aiutava a studiare il piano migliore per cogliere di sorpresa il gruppo di spaccati.
Frypan, oltretutto, ci disse che quegli spaccati condussero Thomas e Brenda dove si teneva quella “festa” da cui proveniva la musica che sentivamo.
Non mi allettava l'idea di intrufolarmi in un posto pieno zeppo di spaccati, ma capivo che dovevamo salvare Thomas. Oh, sì, e anche Brenda. Non che di lei m'importasse, ma per Jorge era come una figlia.
E Jorge, anche se non era un tipo molto positivo, mi stava abbastanza simpatico.

La sera dopo scattò il piano “imboscata”.
Era piuttosto blando e semplice come piano. Praticamente la cosa più banale del secolo.
Semplicemente aspettammo che fossero tutti abbastanza stanchi, ubriachi e fatti.
‹‹ Tu non ti muovi di qui, sia chiaro ›› disse Newt mentre mi indicava con la punta del coltello.
Non che mi stesse minacciando con questo, ma sembrava piuttosto serio e già in procinto di una battaglia ‹‹ non ti azzardare a seguirmi, capito? ›› sollevai un sopracciglio, ma decisi di non replicare e di limitarmi ad annuire.
Dentro di me la risposta era piuttosto negativa, ma mi nascosi dietro un muro e mi sedetti a gambe incrociate, mentre aspettavo che i miei compagni entrassero a salvare quei due rincaspiati.
Aspettai. Sentivo un grosso trambusto alle mie spalle, ed ogni tanto mi affacciavo per controllare che tutto stesse andando per il verso giusto.
Solo che lo scenario non era dei migliori, tra spaccati che si scagliavano contro i miei compagni ed altri che si gettavano a terra spaventati. Alcuni si chinavano senza motivo e cominciavano a vomitare.
Sapevo già cosa avrebbero dovuto fare, e dentro di me sapevo anche che sarebbe andato tutto bene.
Mi dava fastidio il fatto che non potessi fare nulla, ma Newt non voleva che mi immischiassi in quella sorta di lotta per salvare il loro amico. Non perché non ne fossi in grado, ma perché non voleva che mi facessi male. O forse non voleva che rimanessi ancora più scossa da un incontro con loro....
Così decisi, per una volta, di ascoltarlo. L'ultima volta che avevo fatto di testa mia si era arrabbiato tantissimo, e non volevo che capitasse una seconda volta. Per una volta, avrei fatto la brava raduraia. Così mi limitai a stare seduta e rigirarmi il coltello tra le dita come se fosse una monetina.
Qualche altro rumore di corpi che cadevano e poi niente di più.
Mi misi in piedi e mi affacciai, raggiungendo i miei compagni.
Non badai ai corpi sdraiati a terra, decisi semplicemente di raggiungere Jorge, Newt ed Aris, che girava in cerchio attorno ad alcuni spaccati puntando le loro armi contro di loro.
Newt mi rivolse un occhiata fulminea non appena mi vide avvicinarsi. Contrasse la mascella, stringendo in modo ferreo il suo coltello ‹‹ ti avevo detto si non muoverti da lì! ›› disse a denti stretti. Mi fermai, corrugando la fronte ed alzando le mani al cielo ‹‹ scusa! Che caspio! ›› sbuffai.
Allora lui sospirò, mutando praticamente subito la sua espressione.
‹‹ No, scusa tu ›› scosse la testa.
Jorge lo guardò con la coda dell'occhio, poi scrollò le spalle ‹‹ tira fuori il coltello, Elizabeth. Per quanto per il momento siano innocui questi ragazzacci potrebbero scattare in piedi da un momento all'altro. Fa bene il tuo ragazzo ad arrabbiarsi ›› indicò Newt con la testa.
Quest'ultimo, alla frase “il tuo ragazzo”, si limitò ad alzare lo sguardo, ma non replicò.
Non lo fece come quella volta nella radura, che quasi linciava vivo chi aveva provato a fare un affermazione simile. Arrossii lievemente, trattenendo un sorrisetto beota per non passarci da persona infantile. Impugnai saldamente il coltello e cominciai a fare la stessa cosa che facevano gli altri.

Dopo qualche minuto sentii la voce di Thomas.
Newt sembrò tirare un sospiro di sollievo, così come gli altri.
Si fermò a parlare con Frypan e gli altri, e poco dopo venne raggiunto da Newt.
Mi sentii quasi esclusa da tutto questo... Ma quella sensazione venne immediatamente sostituita da una ancora più brutta.
Mi stava letteralmente attanagliando lo stomaco, con una presa invisibile, ma forte. Mi sentivo quasi soffocare da quanto mi faceva male lo stomaco.
Avevo bisogno di prendere aria, e all'improvviso il caldo divenne insopportabile.
Sentii come se la mia mente, di colpo, si offuscasse.
Non era come quando i ricordi cercavano di riaffiorare, o come quando ero in procinto di cadere nell'oblio.
Era peggio. Era molto peggio. Ero cosciente, non stavo per perdere i sensi, non vedevo tutto nero. Semplicemente la mia testa cominciò a pulsare così dannatamente forte da non darmi il tempo di respirare.
‹‹ …. Elizabeth... ›› una voce si faceva largo tra i miei pensieri. Ma era come se mi stessero trapanando il cranio.
Non mossi un solo muscolo. Rimasi immobile per tutto il tempo, a fissare il vuoto più totale.
Sapevo e sentivo che tanto portare le mani al cranio e alle orecchie non avrebbe comunque placato quelle sensazioni.
Sentivo che era come una cosa interna.
‹‹ Elizabeth.... ›› la voce era così chiara nella mia testa che sembrava che avessi qualcuno accanto che sussurrava il mio nome. Era di qualcuno. La voce di una donna... una ragazza.
Conoscevo perfettamente quella voce, ma non riuscivo a darle un volto.
Mi guardai attorno, muovendo solo ed esclusivamente gli occhi. Era come se fossi paralizzata.
Per qualche secondo pensai di che stessi dormendo, perché la sensazione di non poter muovere i muscoli era proprio la stessa che si provava mentre si è intrappolati in un incubo e, ad ogni passo che si faceva, si sprofondava nel suolo.
Ma non stavo dormendo. Ero sveglissima.
‹‹ Hai paura, vero? ›› disse sempre quella voce. Non avevo paura... ero terrorizzata. La sentivo solo io? Sembrava di sì. Ed era chiara e forte nella mia testa. ‹‹ Non devi. Non voglio farti del male... non io. Devi fidarti di me ›› proseguii. Per qualche strano motivo, sapevo di potermi fidare. Il terrore si placò, come se nel mio subconscio avessi capito di chi fosse quella voce, ma tuttavia non riuscivo ancora a darle un volto.
‹‹ guardati le spalle da chi credi amico... Non lo è per niente ›› e per qualche motivo, il mio sguardo cadde automaticamente su Jorge. Fu una cosa istintiva.
Il mio cuore prese a battere così velocemente che sembrava volesse dirmi qualcosa di chiaro.
‹‹ Chi sei? ›› pensai, ma era ovvio che non avrei mai ottenuto una risposta.
Tutto ciò che sentii ora nella mia testa era solo un rumore fastidioso simile ad un fischio. Poi sparì tutto. Provai a muovere la mano, notando con piacere che finalmente avevo recuperato la mobilità.
Che fosse tutto frutto della mia immaginazione?
‹‹ Ascoltate! Adesso ce ne andiamo. Se non ci seguite, non vi succederà niente, Se ci seguite morirete. Una scelta piuttosto semplice non credete? ›› disse Minho, facendosi strada tra la folla.
Mi sorpresi di come Minho avesse ripreso magicamente il comando. Ma Jorge sembrò non curarsi minimamente della cosa. Piuttosto, fissava Brenda con fare preoccupato.
Cominciammo ad allontanarci. Raggiunsi Newt con pochi passi, aggrappandomi alla sua maglietta come se avessi paura di perdermi tra la folla.
Lui si girò, guardandomi, poi allungò la mano verso la mia e la prese distrattamente nella sua.
‹‹ Non allontanarti, non mi fido molto di questi rincaspiati ›› disse, lanciando le ultime occhiate verso gli spaccati alle nostre spalle.
‹‹ Penso che da adesso in poi dobbiamo sbrigarci ›› disse Minho, rivolgendosi a Thomas che, però, aveva la testa tra le nuvole. Diede un leggero scossone prima di riportare l'attenzione su Minho, come se stesse cadendo totalmente dalle nuvole.
La sua espressione la diceva lunga su quanto fosse presente tra noi. Era pallido come un fantasma, mi faceva quasi paura.
‹‹ Ci manca solo un chilometro e mezzo circa. Dopotutto, questi spaccati non sono poi così difficili da affrontare, Quindi... ››
‹‹ L'ha detto sul serio? ›› domandai, rivolgendomi a Newt. Lui scosse le spalle, sospirando rumorosamente.
‹‹ In effetti, non è esattamente come affrontare un dolente e... ››
‹‹ Ehi! ›› urlò qualcuno alle nostre spalle. Sobbalzai. Riecco la pessima sensazione allo stomaco.
Era un urlo di un uomo, forte, stridulo... folle.
Mi voltai lentamente. Un uomo con i capelli biondi e legati impugnava una pistola. Era rivolta verso Thomas. Prima ancora che qualcuno potesse muovere un solo muscolo, l'uomo sparò.
Trattenni il respiro per un attimo. Non riuscii nemmeno a gridare. Sgranai gli occhi.
Thomas girò su sé stesso e cadde di faccia sul terreno.
Mi avvicinai velocemente a lui. Non notai nemmeno il rumore del secondo sparo, tanto meno notai che Minho corse verso il biondo e lo atterrò, cominciando a prenderlo a pugni.
Thomas si girò su sé stesso, si fissò la ferita e sembrò sbiancare ancora di più.
‹‹ Caspio! ›› sussultai, notando quando sangue stava uscendo.
Newt si affiancò a Thomas, dall'altra parte.
‹‹ Mi ha sparato ›› disse Thomas.
E bravo capitan ovvio. Come se nessuno l'avesse notato.
Dovevamo fare assolutamente qualcosa prima che Thomas perdesse fin troppo sangue.
‹‹ Elizabeth, levati la maglietta, possiamo usarla per tamponare la ferita! ›› propose qualcuno.
Newt sollevò entrambe le sopracciglia, sollevando poi lo sguardo verso il raduraio simpaticone alle mie spalle.
‹‹ Passami la tua maglietta ›› gli disse con un tono freddo e serio, allungando la mano nella sua direzione ‹‹ ora. E passerò sopra la tua battutaccia. ››
‹‹ E io come dovrei fare poi?! ››
Newt scosse le spalle, indicando uno degli spaccati alle sue spalle ‹‹ se no, dopo che Minho avrà finito, potrai usare tranquillamente la maglietta del biondino. Ora sbrigati! ››.
Pochi attimi dopo, Newt ricevette la maglietta e cominciò a tamponare la ferita di Thomas, che cominciò a gemere di dolore. Più che altro, gridava.
Poggiai la mano su quella i Newt, aiutandolo a tamponare la ferita.
‹‹ Posso estrarre quell'affare, ma mi serve del fuoco ›› disse Jorge. Ma quell'uomo era un tuttofare?
‹‹ Non possiamo farlo qui ›› rispose Newt.
Poco dopo Minho ci raggiunse, pulendosi le mani sui vestiti. Era dannatamente infuriato. Il suo volto era corrucciato, carico di odio e adrenalina ‹‹ andiamocene da questa caspio di città ›› disse, raggiungendoci.
‹‹ Va bene. Dammi una mano a portarlo ›› Disse Newt, afferrando l'amico da sotto la schiena, mentre Minho lo prendeva per le gambe. Forse non era l'ideale, ma non avevano altro modo per prenderlo.
‹‹ Beth, premi la mano sulla ferita ›› disse Minho.
Newt si sistemò per tirare su l'amico, poi guardo Minho dritto negli occhi, facendo un cenno con la testa ‹‹ al mio tre solleviamo ›› disse, riportando lo sguardo su Thomas ‹‹ Uno... due... tre! ›› sollevarono di scatto l'amico, provocandogli un ultimo gemito di dolore, poi, più nulla.
La mia mano era ben premuta sulla ferita, ma a lui sembrò non fare né caldo né freddo.
Sicuramente era svenuto. Lo sperai per lui.
‹‹ Dove andiamo? Jorge? ›› Minho si girò verso Jorge, che scrutò velocemente il paesaggio in cerca di un posto più sicuro.
‹‹ Non lo so, hermani... Ma è meglio muoversi. Se qualche spaccato a sentito le sue grida e lo sparo, presto potremmo avere dei problemi ››
Newt e Minho si scambiarono un'occhiata d'intesa, cominciando a camminare velocemente dietro Jorge, che cominciò a farci strada.
Avevo paura di rallentarli. Dovevamo essere svelti per evitare di far perdere troppo sangue a Thomas.
Non mi andava oltretutto l'idea di essere inseguita da degli spaccati. Sopratutto se dovevo correre tenendo la mano premuta su una ferita.

Detto fatto. Dopo un oretta circa due spaccati ci inseguirono gridando e correndo.
‹‹ Correte, caspio, correte! ›› gridò Minho. Non c'era bisogno di cercare di istigarci a farlo.
Non potevamo correre più rapidi di così, doveva capire che non eravamo tutti dei velocisti come lui.
Io in prima persona. Ma riuscii sorprendentemente a reggere quel passo veloce, anche se stavamo strattonando Thomas da una parte all'altra.
Sperai vivamente che il poverino, nonostante tutto, non si azzardasse a recuperare coscienza proprio in quel momento o avrei avuto il piacere di riaddormentarlo tirandogli un pugno in piena faccia.
Non per altro, ma perché gli avrebbe fatto sicuramente meno male che essere sbattuto con quella violenza.
Minho e Newt poi, mentre correvano, lo stringevano sempre più forte per evitare che cadesse dalle loro mani. Non potevano fermarsi a raccoglierlo o i due spaccati ci avrebbero raggiunti, e a quel punto saremo stati fottuti. Erano sorprendentemente veloci.
Tuttavia, sotto la guida di Jorge e l'abilità da velocista di Minho, riuscimmo finalmente a seminarli.
Forse si erano anche scocciati di inseguirci. D'altronde, a chi poteva piacere correre sotto il sole?

‹‹ Fermiamoci qui. Poggiatelo lentamente in modo che non si svegli di colpo... se non si sveglia affatto durante l'estrazione, sarebbe anche meglio ›› disse Jorge, tirando fuori un coltello dalla tasca.
‹‹ In caso si svegli, posso tirargli un pugno in fronte? Magari si riaddormenta... ›› domandai forse con troppo entusiasmo.
Brenda mi guardò malissimo, invece Jorge ridacchiò, annuendo ed indicandomi ‹‹ Mi piaci, hermana. Puoi farlo! ››
Newt sbuffò ed incrociò le braccia al petto, una volta sdraiato Thomas a terra.
Minho si avvicinò a lui, incrociando anche lui le braccia. Stare in cerchio attorno al corpo del ragazzo in quel modo sembrava quasi che fosse una vittima sacrificale.
In sottofondo, quasi come una colonna sonora per quel momento, c'erano delle grida lontane di spaccati. Fortunatamente, ormai, distanti da noi.
Ormai era passato veramente molto tempo ed io, fino a quel momento, non mi ero nemmeno resa conto che il sole stava tramontando. Dei radurai avevano acceso un piccolo fuocherello con delle travi raccolte chissà dove, così che Jorge potesse bruciare la lama del coltellino che stava impugnando.
‹‹ Farà male, vero? ›› domandai. Newt annuì. Era una domanda retorica, ma per qualche secondo sperai che mi rispondesse in modo negativo.
‹‹ È meglio se lo tieni fermo. Braccia e gambe ›› disse Jorge, riferendosi a Newt, che fermò Thomas per le braccia, mentre Minho lo fermò le per le gambe. Presi un respiro profondo, pronta ad assistere alla scena. Jorge tirò su la lama e si chinò sul corpo di Thomas. Notai che il ragazzo si era svegliato, ma i suoi occhi non erano aperti del tutto. Si vedeva che non era ancora pienamente lucido. Sperai che si riaddormentasse il prima possibile.
La sua espressione davanti alla lama non era delle migliori, nonostante fosse palesemente ancora in piena trans. I suoi occhi quasi rotearono nel vuoto.
‹‹ Questo farà un male cane ›› disse Jorge, poi infilò il coltello dritto nella ferita causata dal proiettile. Gridò per il dolore per pochi istanti, poi, fortunatamente, svenne di nuovo.
Chiusi gli occhi e li strizzai, girandomi dall'altra parte. Non volevo guardare ulteriormente, quella scena mi stava dando il voltastomaco. Sperai solo che andasse tutto per il meglio.
Brenda era girata esattamente come me. Mi sorpresi di vederla fare la mia stessa mossa. Sembrava infastidita quanto me. Vidi un lato umano in lei, la stessa ragazza che mi aveva puntato alla gola un coltello.
Notò che la stavo guardando, ma non disse nulla. Si limitò a ricambiare il mio sguardo, senza distoglierlo nemmeno per un attimo.
‹‹ Tutto bene? ›› domandai gentilmente. Lei si limitò ad annuire, anche se dalla sua espressione avrei detto il contrario.
‹‹ Tenetelo fermo! ›› gridò Jorge.
‹‹ Lo stiamo facendo, caspio! ›› ribatté Newt. Mi voltai, notando che Thomas ogni tanto aveva qualche piccolo spasmo. Nonostante fosse svenuto, di tanto in tanto emetteva qualche piccolo gemito di dolore.
‹‹ Tenetelo meglio, allora! ›› sbottò nuovamente Jorge.
Dopo un po', alla fine, il proiettile venne fuori. Finalmente.
Newt e Minho lasciarono andare Thomas, si sedettero poco distanti da lui. Jorge si pulì il coltello addosso, fissandone la lama come se temesse che potesse essersi rotta durante “l'operazione”.
‹‹ Spero vada tutto bene ›› mormorai, fissando Thomas, che perlato di sudore.
‹‹ Starà sicuramente meglio domani... spero ›› rispose Jorge ‹‹ sempre se non gli prenderà un infezione con i fiocchi. La sterilizzazione della lama è stata piuttosto superficiale ››
presi un respiro profondo. Non avevo modo di rispondere.

La notte passò tranquilla... più o meno. I radurai fecero a turno per controllare che Thomas stesse bene.
Durante la notte mi svegliavo anche io. Sia perché sentivo Newt muoversi (perché, sì, “dormivo” accanto a lui), sia perché, comunque, ero preoccupata anche io.
Era comunque un raduraio. Nonostante non lo conoscessi, faceva comunque parte della famiglia.
La mattina, appena svegli, notammo subito che qualcosa non andava. Come ad esempio il fatto che non ci svegliammo per colpa del calore o della luce.... Ma un ronzio.
Un ronzio di un “elicottero”.
‹‹ Cosa caspio è quell'affare gigante? ›› chiese Frypan con stupore.
‹‹ Un elicottero ›› risposi
‹‹ Quello non è un elicottero ›› ribatté Jorge ‹‹ è una berga ››
Che caspio era una berga? A me sembrava un dannato elicottero come tutti gli altri.
La cosa buffa era che non ricordavo nemmeno come fosse fatto un elicottero, ma ero abbastanza sicura che fosse esattamente come quello... ma più piccolo.
In pochi attimi quella berga atterrò, si aprì un grosso sportellone ed uscirono alcuni uomini con una tuta verde e delle maschere antigas.
‹‹ È atterrata! ›› gridò Minho, indicando la berga ‹‹ C'è scritto C.A.T.T.I.V.O. o sbaglio? ››
‹‹ Non sbagli ›› rispose Jorge.
Attorno a noi si sollevò un sacco di polvere, facevo quasi fatica a respirare.
Brenda si affiancò a Thomas, si chinò. Per un attimo pensai che lo stesse per baciare, invece gli disse qualcosa all'orecchio.
Thomas era sveglio, ma non disse nulla e tanto meno si mosse. Non aveva una bella cera. Per niente.
Qualcuno via Thomas. Lo caricarono sulla berga senza fatica o problemi, ma con una certa fretta.
Una delle persone che scesero dalla berga si avvicinò a me. Si fermò. Mi guardò.
‹‹ Guarda guarda, ma allora sei viva! ›› disse. Attraverso quella maschera la voce usciva distorta. Non capii di chi fosse. Ancor prima che potessi rispondere, mi afferrò per le braccia e cominciò a trascinarmi con forza verso la berga.
‹‹ Liz! ›› Newt fece per venirmi incontro, ma un'altra persona, si avvicinò e lo spinse via ancor prima che potesse anche solo afferrarmi per tenermi lì.
Cercai di liberarmi dalla sua presa, ma un'altra persona ancora passò dietro di me, tenendomi ferme le braccia e legandomele dietro la schiena in modo che non potessi opporre resistenza.
‹‹ Ma che casp- ››
‹‹ Sta zitta! ›› sbottò la persona davanti a me. Mi spinsero dentro la berga con forza, praticamente scagliandomi contro il pavimento.
Vidi le persone rientrare dentro questa correndo, così che i radurai non provassero a seguirli.
Chiusero il portellone ancor prima che provassi ad uscire e decollarono velocemente. Ero troppo confusa anche solo per chiedermi che caspio stesse succedendo.
‹‹ Finalmente ti abbiamo trovata! ›› disse una delle due persone che mi trascinarono lì dentro ‹‹ benvenuta all'interno di una delle berghe piccole d'emergenza ››
‹‹ Berghe d'emergenza? ›› domandai, ma non avevo veramente interesse per quello ‹‹ sì. Le berghe di norma sono più grandi. Questa è solo una d'emergenza, usata in casi estremi... come questo. ››
‹‹ Chi se ne frega ›› risposi schiettamente ‹‹ riportatemi immediatamente lì ››
‹‹ Dopo. Prima dobbiamo fare un piccolo accertamento ›› e, detto questo, si alzò e si avvicinò a me. Abbassò il volto, ancora con la maschera addosso, e mi prese il braccio ‹‹ non mi riconosci? ››
‹‹ E come faccio a riconoscerti se indossi una maschera del caspio? ›› sollevai un sopracciglio, provocando una risata alla persona che avevo davanti. Si tolse la maschera. Quasi non potevo crederci. Era Marie. Avevo una voglia matta di aprire il portellone e buttarla fuori dalla berga.
‹‹ Ora sta buona ›› strinse il mio polso ed estrasse una siringa dalla tasca della tuta verde. Mi punse.
Sentii dolore solo per qualche secondo. È stata la puntura di un attimo. Tirò via pochissimo sangue, poi, velocemente, tamponò con un batuffolo di cotone che si trovava in un carrellino lì vicino, già imbevuto di disinfettante e pronto all'uso.
‹‹ Fatto. Che brava bimba che sei ››
‹‹ A che...? ››
‹‹ A che ci serve? Tra poco lo vedrai, soggetto A6 ›› disse con un tono provocatorio. Si allontanò e andò a sedersi su una poltroncina, prendendo sulle mani un portatile. Scrisse qualcosa, poi si trascinò accanto un microscopio, che era poggiato su un altro carrellino.
Mi sedetti a terra, fissandomi il polso. Ora cominciava a bruciare, a farmi male.
Provai a ragionare su ciò che stava succedendo. La mia mente era così incasinata e piena di domande che non riuscivo nemmeno a pensare in modo chiaro e logico. Riuscivo solo a chiedermi che caspio stava succedendo.
Mi girai a guardare Marie. Stava guardando nel microscopio, poi ogni tanto si girava verso il pc, scriveva qualcosa, poi tornava al microscopio.
Passò qualche minuto prima che lei tornasse da me.
‹‹ Ho due notizie. Quale vuoi per prima? ››
‹‹ È uguale. Basta che una di queste comprenda il fatto che posso tornare dai miei amici ››
‹‹ Dai tuoi amici o da Newt? ›› sollevò un sopracciglio, come per farmi intendere che qualcos'altro.
‹‹ Dai miei amici e Ovviamente da Newt ››
‹‹ Bene ›› accennò un sorriso ‹‹ una delle due notizie è che puoi tornare dai tuoi amici ››
‹‹ Bene così ››
‹‹ l'altra è che sei come loro ›› corrugai la fronte
‹‹ Cioè? ››
‹‹ Cioè che sei infetta ›› sollevò un sopracciglio, come se stesse dicendo una cosa anche fin troppo ovvia ‹‹ hai l'eruzione, come loro ››



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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Che fossi malata in qualche modo già lo sapevo.
Dentro di me sapevo che ero infetta, che l'essermi gettata in quel posto che brulicava di spaccati mi avrebbe in qualche modo contagiata... era un rischio che avevo messo in conto, ma che speravo di poter in qualche modo evitare.
A pensarci meglio, sono stata un idiota a sperare in una cosa del genere.
Mi sentii mancare l'aria per qualcosa come cinque minuti, dovevo essere sbiancata. Mi stupii di come comunque riuscii a rimanere lucida.
Poi niente. Passò tutto.
‹‹ Elizabeth? Tutto bene? ›› domandò Marie. Sul suo volto si dipinse un sorriso che mi provocò una voglia matta di strapparle le labbra dalla faccia.
Ma sì, stavo bene. Sorprendentemente mi ripresi molto velocemente.
‹‹ Sì ›› risposi con freddezza, voltandomi per darle le spalle ‹‹ riportatemi indietro ››
‹‹ Sicura? Non vuoi tornare da tuo padre? Da Brytan? ›› pronunciò l'ultimo nome come se la cosa dovesse in qualche modo convincermi a rimanere lì con loro.
Ma niente. Non m'importava di lui. Non in quel momento, almeno.
‹‹ No ›› risposi di nuovo. Volevo solo toccare di nuovo la terra con i piedi.
Tutto ciò che volevo era tornare indietro e non pensare all'eruzione o alla C.A.T.T.I.V.O.
Non volevo pensare più a niente.
‹‹ Mi dispiace, ma non è possibile tornare esattamente in quel punto ›› disse Marie, interrompendo il mio filo di pensieri ‹‹ ormai i tuoi compagni sono lontani. Ti lasceremo in un punto un po' più distante. Tuttavia, Elizabeth, come pensi di dirglielo? ››
‹‹ Dire cosa a chi? ››
‹‹ Dire che sei infetta ai tuoi compagni... a tuo padre... a tutti ›› odiavo quel dannato sorrisetto che aveva stampato sul suo volto. Lo odiavo più di qualsiasi altra cosa.
Eppure le sorrisi, guardando con la coda dell'occhio il portellone della berga che si apriva.
Eravamo atterrati e non me ne resi nemmeno conto.
Rivolsi nuovamente lo sguardo a Marie, mentre cominciavo ad uscire da lì. Le sorrisi un'ultima volta, esattamente come lei sorrideva a me mentre, una volta uscita, il portellone cominciava a sollevarsi, un po' come si sollevò il mio dito medio. L'espressione di Marie, che faceva vedere quanto ci fosse rimasta male, era semplicemente impagabile.

 

Ero di nuovo completamente, dannatamente, sola.
Dispersa nel nulla... o quasi. Attorno a me c'erano solamente le case abbandonate, quindi, a pensarci bene, non ero nemmeno sola. Sicuramente ero circondata da spaccati, ma stavano rinchiusi in quegli edifici malandati e cadenti.
‹‹ Oh, fantastico! ›› sbuffai, stringendomi nelle spalle come se volessi scaldarmi.
Mi sentivo come un cucciolo che doveva imparare improvvisamente a badare sé stesso.
Cominciai a camminare. Dovevo tornare al punto in cui mi avevano presa, così che poi con un po' di fortuna riuscissi a tornare dai miei compagni.
A pensarci bene, come faceva la C.A.T.T.I.V.O. a sapere dov'eravamo? Ci tenevano d'occhio?
Beh... sì. Ovviamente sì. Era anche ovvio. Questa non era altro che la seconda fase dei test, era ovvio che ci stessero tenendo d'occhio... come ho fatto a non pensarci prima?
Chi sa come caspio ci guardavano.
Ma perché hanno deciso di intervenire proprio ora? Solo perché Thomas era stato sparato?
Indubbiamente Thomas non era un soggetto come gli altri, ma... Potevano intervenire anche prima, per salvare anche gli altri soggetti.

D'altronde, se i soggetti ai test erano così importanti per il risultato finale della cianografia, più soggetti posseggono meglio è, no?
Per quanto tentassi di sforzarmi per entrare nell'ottica della C.A.T.T.I.V.O., proprio non ci riuscivo.
Vedevo tutto questo fatto dei test come una sorta di gioco malato e perverso che non avrebbe mai portato a nulla di buono.
Mai. Anche con le più buone intenzioni di questo mondo.
Okay, il virus agisce a livello celebrale. Okay, capisco il fare dei test per vedere quanto tempo reggesse un corpo infetto sotto stress.... Ma hanno già testato la cosa più e più volte, che senso aveva continuare? Che senso aveva la seconda fase? Era già stato un sacrificio e una carneficina la prima fase, la seconda era solo per contorno a mio parere.
O la C.A.T.T.I.V.O. non sapeva più come buttare i soldi, o non mi spiegavo come tutto quello potesse in qualche modo dare frutti.
A questo punto tanto valeva tentare di ricreare una cupola sulla città, purificare l'area e cercare di ripopolare la zona, magari tentando di ricreare un po' l'ambiente che avevano creato per la radura.
Se l'hanno fatto lì, perché non cercare di rifarlo in una zona un po' più vasta?
Ma no, era molto meglio mandare dei ragazzini a morire.

Andai a caso, camminai per parecchio. Mi facevano male i piedi, e capii anche che camminare sotto il sole non era l'ideale. Mi sentivo la testa bollente, sudata e assetata come non mai.
Vidi due persone camminare verso di me, con un sorrisetto stampato sulla faccia.
Sperai che fosse un allucinazione dovuto al caldo.
‹‹ Guarda cosa abbiamo qui! ›› esordì uno dei due ragazzi. Ed allora la mia speranza che fosse semplicemente un allucinazione svanì.
Uno era un ragazzo alto, con i capelli lunghi scuri e lunghi quasi fino alle spalle, mentre l'alto era un ragazzo di colore, con i capelli poco più corti. Non riuscivo a vedere altro, data la lontananza che, per fortuna, ci separava.
Mi bloccai, guardandomi attorno, come se sperassi che si stesse riferendo a qualcun altro.
Più si avvicinavano, più vedevo quanto in effetti non fossero messi bene.
‹‹ Abbiamo un nasino molto carino, davanti a noi ›› continuò il ragazzo con i capelli lunghi ‹‹ non trovi anche tu che abbia un naso carino? ›› rise, provocando una risata anche al ragazzo accanto a sé.
Mi toccai istintivamente il naso con l'indice, poi cominciai ad indietreggiare notando che erano sempre più vicino a me.
Dovevo stare calma, se le cose si fossero messe male, avevo pur sempre un coltello con me.
Mi girai di scatto, feci per correre, ma mi fermai dato che andai a sbattere contro una ragazza.
‹‹ Ciao, nasino carino, dove vai di bello? ›› disse con fin troppa allegria nella voce. Poggiò l'indice sporco di terra sulla punta del mio naso e spinse leggermente, portandomi ad indietreggiare per evitare che mi schiacciasse il naso. Non aveva esattamente la mano delicata.
Oltre ad essere sporca di terra, si vedeva la pelle leggermente raggrinzita, come se fossero le mani di una vecchia. Eppure lei era visibilmente giovane.
Aveva dei lunghi capelli castani e spettinati, la pelle chiara e due occhi scuri ed intensi, incatenati ai miei come se volesse rubarmi l'anima e guardarmi dentro.
Trasalì, perché il suo sguardo gridava follia sotto ogni punto di vista. Mi metteva i brividi, la voglia di scappare, ma allo stesso tempo ero inchiodata a terra.
Poggiò le mani sulle mie spalle, le strinse.
Le sue dita affondavano nella mia pelle abbastanza da impedirmi ogni singolo movimento. Sentii quasi le mie ossa scricchiolare. Avevo una pessima sensazione addosso, ma nonostante tutto non lasciai trasparire nessuna emozione. Il suo sorriso era così ampio che arrivava quasi alle sue guance. Sembrava dipinto su un foglio di un invito alla festa di Halloween.
Poco dopo, sentii delle altre mani sostituire quelle fini della ragazza. Erano mani decisamente più grosse. Sicuramente appartenevano a quelle del ragazzo.
Caspio, ci aveva raggiunte in fretta. Doveva aver accelerato parecchio il passo.
‹‹ Che facciamo, Rose? ›› disse il ragazzo. Sì, era decisamente lui. Ne riconobbi la voce. Le sue mani si strinsero ancora di più. Mi stava facendo male, ma non gli diedi la soddisfazione di sentire un solo lamento da parte mia ‹‹ le tagliamo il nasino? ››
‹‹ Uhm, non saprei, ci sto pensando... Mi piacerebbe aggiungerlo alla mia collezione. È così piccino e delicato! ››
‹‹ Vero? Lo stavo notando anche io. Da vicino è ancora più carino! ›› cominciarono a ridere insieme. Rabbrividii. Era decisamente peggio della risata sentita dentro il Market.
La risata della ragazza, poi, era acuta e stridula. Sembrava trapanarmi il cervello.
Il ragazzo alle mie spalle premette i pollici contro le scapole, costringendomi ad inarcare la schiena.
‹‹ La portiamo nel covo e vediamo che farne? ›› propose il ragazzo di colore. La sua voce era profonda e grossa. Doveva essere accanto al ragazzo con i capelli lunghi.
‹‹ Sì, esattamente ››
La ragazza incrociò le braccia al petto ed arricciò le labbra, girandosi poco dopo e cominciando a camminare con un passo quasi saltellato ‹‹ Però il suo nasino lo voglio! ››
‹‹ Sì, Rose, avrai il suo nasino, questo te lo prometto! ›› rispose il ragazzo, ridendo, poi mi spinse e mi costrinse a camminare.
Anche se puntavo i piedi a terra nel tentativo di fare peso in modo da non spostarmi. Era però sorprendentemente forte e sembrava che, nonostante stessi puntando i piedi per terra con tutta la forza che avevo in corpo, acquisisse forza tramite i miei sforzi.
Le mani del ragazzo scivolarono contro le mie labbra ancor prima che io provassi ad aprire la bocca per gridare. Non voleva che qualcuno mi sentisse.
Provai a spostare la mano con le mie, ma era come se non lo stessi nemmeno toccando.
Le mani erano ruvide e sporche, ferme, come se fossero scolpite nella roccia.
Serrai i pugni attorno alle sue mani, facendo forza per provare a spostare le sue.
Provai a colpirlo con i pugni. Provai a dargli calci. Ma niente. Non succedeva niente. Sembrava non sentire i colpi. Non si spostava di un centimetro. Le provai tutte fino a quanto non arrivammo dietro ad un palazzo completamente distrutto.
Rose, la ragazza del gruppo, si piegò sulle ginocchia e aprii le due porticine che stavano a terra.
C'erano delle scale sorprendentemente intatte che portavano verso il basso.
‹‹ Entra, Rose. Poi nasino carino ti seguirà a ruota ››
Lei si girò mentre cominciava a scendere le scale. Non sapevo a cosa pensare, tanto meno sapevo come uscire da quella situazione.
Sperai solo che mentre scendeva, questa cadesse brutalmente dalle scale e si spaccasse qualcosa. Possibilmente il collo.
‹‹ Posso tagliarle il naso mentre scende le scale? ›› squittì, tirando fuori un coltellino dalla tasca dei pantaloni.
Il ragazzo rise, poi mi spinse verso il basso. Inciampai e mi sbilanciai, ma non caddi.
La ragazza mi afferrò agilmente e sollevò il coltellino, puntandolo alla mia faccia
‹‹ No! Ferma! ›› gridò il ragazzo quando ormai la lama era a pochi centimetri dal mio naso e premeva contro la pelle. Sudai freddo, sperai di svenire.
‹‹ Ma come no, Gervaso? ›› la ragazza fece il labbruccio ‹‹ Io voglio il suo naso! ››
‹‹ Rose, non ora! ›› sbuffò il ragazzo, Gervaso, cominciando a scendere le scale e spingendo la ragazza – e me – contro il muro, così che lui potesse passare.
Afferrò una cordicella appesa al muro e la tirò, facendo accendere una lampadina sopra le nostre teste.
La scala terminava a poca distanza da noi, e la stanza, se così potevo chiamarla, non era altro che quattro mura di terra, terre da assi di legno dall'aspetto veramente poco sicuro.
‹‹ Benvenuta nella nostra umile dimora sotterranea, nasino ››
‹‹ Nasino? Abbiamo un nuovo nasino? ›› disse qualcuno... non era un qualcuno qualsiasi.
La voce... quella voce... era la stessa che avevo sentito nel market.
Sgranai gli occhi ed abbassai la testa. Proveniva dal sottoscala.
‹‹ Sì, abbiamo il nasino di una bella femminuccia, Dan ›› Gervaso sorrise.
Rose riprese a scendere le scale, tenendomi stretta a sé come se fossi la sua bambola preferita.
Non sapevo come caspio riuscivo a scendere le scale tutta inclinata in quel modo. Avevo il busto verso il basso, poggiata al petto di Rose, e le gambe un gradino più su. Rischiavo di cadere di faccia e farmi veramente male.
‹‹ Vedi questa, piccola donna? ›› indicò una mensola appesa al “muro” alla sua destra.
Appena toccai il pavimento sottostante tirai quasi un sospiro di sollievo per la mia povera schiena. Tuttavia, Rose non mi lasciò andare e continuò a tenermi stretta al suo petto
Adesso riuscivo a vedere benissimo la mensola... ma la visione di ciò che c'era sopra mi stava dando semplicemente il voltastomaco.
In fila, uno accanto all'altro, c'erano dei nasi. E non avevano l'aria di essere dei nasi finti, ma veri... e dovevano essere lì da molto tempo.
‹‹ Questa è la nostra stupenda collezione. E qui ›› indicò un'enorme cella frigorifera alle sue spalle ‹‹ ci sono gli altri. Ma su questa bella mensola teniamo i nasi più belli ››
‹‹ Sì! E sono scelti da me! ›› esordì Rose con un tono orgoglioso. Volevo coprirmi gli occhi, non volevo vedere ulteriormente quello schifo.
‹‹ Sono tutti veri, vuoi toccarne uno? ››
‹‹ No, grazie, rifiuto volentieri l'offerta ›› mormorai, deglutendo. Gervaso si avvicinò alla mensola, prese uno dei nasi. Era un naso a patata, la pelle era scura ed aveva tutta l'aria di essere uno dei nasi più “nuovi” su quella mensola.
Si avvicinò a me, porgendomi il naso ‹‹ toccalo. ›› disse con tono freddo ‹‹ guarda, è anche bello pulito. L'ho pulito io stesso con le mie mani ›› disse quelle parole a denti stretti, fissandomi negli occhi. Doveva essere un tipo a cui non piacevano i rifiuti di nessun genere.
Prese la mia mano. Cercai di ritrarla, ma non ebbi molto successo. La strattonò verso il naso e mi costrinse a toccarlo. Rabbrividii. La pelle era liscia e calda per via della temperatura di quel posto.
Avevo voglia di vomitare.
‹‹ Ti piace? È bello, vero? ›› disse Rose. Sul volto di Gervaso si dipinse un sorriso soddisfatto
‹‹ Penso che alla nostra ospite non piaccia la nostre meravigliosa collezione di nasi, sai mia dolce Rose? Come possiamo rimediare? ›› mise il naso al suo posto, sistemandolo perfettamente in linea con gli altri. Uscirono altri quattro ragazzi due ragazzi da sotto la scala.
Uno di loro mi puntò il dito contro la schiena, premendolo così a fondo da darmi la sensazione di trapassarmi la pelle e toccarmi la spina dorsale.
Era un ragazzo non troppo alto, con i capelli rossi e delle lentiggini appena accennate. Il suo volto era segnato da un espressione di totale disgusto mentre mi guardava, poi si girò e rivolse lo sguardo a Gervaso ‹‹ Ehi! ma questa è la ragazza che si è introdotta nel mio market insieme ad altri due spilungoni! Li ho visti di spalle, ma sono sicura che la ragazza fosse lei! ››
Gervaso alzò una mano, inclinando lentamente la testa di lato ‹‹ Ne parliamo dopo, Dan ››
‹‹ Ma mi hanno rubato l'acqua dal Market! Dovremmo strapparle le unghie dalle mani! ››
‹‹ Io penso che per farle piacere la nostra bellissima collezione, dovremmo mettere il suo bellissimo nasino sulla mensola! ›› squittì nuovamente Rose, poi rivolse lo sguardo a Dan ‹‹ e mettere anche le sue unghie, così accontentiamo pel di carota! ››
Dan sollevò il labbro superiore. Evidentemente il disgusto era un espressione perennemente dipinta sul suo volto ‹‹ grazie, Rosalie ››
‹‹ Il mio nome è Rose, non Rosalie! ››
‹‹ E il mio è Dan, non pel di carota! ››
‹‹ Su, su, miei piccoli maniaci, non litigate così davanti ai ben nasini! ›› Gervaso rise, provocando un effetto a catena di risate tra gli spaccati che avevo attorno. Mi chiedevo a che livello fosse l'eruzione nei loro corpi, ma qualcosa mi diceva che fossero oltre l'andata.
Gervaso si avvicinò nuovamente a me. Mi prese il volto tra le mani e lo sollevò verso l'alto. Mi osservò attentamente, come se stesse osservando un opera d'arte.
Le sue dita premevano forte contro le mie guance ‹‹ come ti chiami, nasina? ››
Non risposi. Che gli importava? Voleva il mio nome per inciderlo al lato del mio “nasino”?
‹‹ Avanti, rispondi! Maledizione, rispondi! Che aspetti? Dicci il tuo nome! ›› disse Rose, scuotendomi il braccio con insistenza.
‹‹ Elizabeth ›› dissi infine, guardando la ragazza al mio fianco con la coda dell'occhio.
Per qualche minuto, non ci furono ulteriori parole. Nessun altro suono, se non quello del mio cuore che batteva all'impazzata.



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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Gervaso osservava il mio volto in silenzio, la sua mano scivolava lungo la linea del mio naso come se stesse cercando di impararne a memoria la forma e stesse pensando di riprodurlo sulle pareti di terra di quel caspio di buco in cui ci trovavamo.
‹‹ Avanti, vuoi sbrigarti a tagliarlo?! ›› sbuffò scocciata Rose, corrucciando le labbra poco dopo.
Gervaso assunse un espressione pensierosa, poi fece le spallucce ‹‹ No. Non le taglierò il naso. Sarebbe uno spreco ›› girò di scatto il mio volto verso quello della ragazza, che mutò in un espressione quasi indignata ‹‹ è troppo carina. Questo nasino le dona ››
‹‹ E chi se ne frega! Io voglio il suo nasino! ››
‹‹ Suvvia, Rose, non fare la gelosa. Sai che amo il tuo nasino ›› si sporse verso la ragazza, depositando un bacio sulla punta del suo naso.
Lei mi lasciò andare, spingendomi via con leggerezza, incrociò le braccia con fare offeso, sbuffando e rivolgendosi a Dan ‹‹ penso che non avremo nulla oggi. Giornata vuota ›› il ragazzo scrollò le spalle.
Evidentemente si aspettava già una reazione del genere.
Mi massaggiai le braccia, guardandomi attorno. Il ragazzo di colore si era seduto sulle scale, fissava il soffitto con aria assente, mentre l'altro ragazzo tornò seduto nel sotto scala.
‹‹ Da dove arrivi? ›› domandò Gervaso, mentre le sue mani finirono nelle tasche dei suoi pantaloni bucati ‹‹ ti hanno deportata da poco? E dove sono gli altri due “spilungoni” di cui ha parlato Dan? ››
‹‹ Sì... ma non so dove sono gli altri›› risposi semplicemente. Sicuramente, anche se avessi saputo dove si trovavano Minho e Newt, non l'avrei detto a loro ‹‹ avete intenzione di stuprarmi? Uccidermi? O entrambe le cose? ›› sollevò entrambe le sopracciglia, come se gli avessi detto la cosa più stupida del mondo.
‹‹ Per cosa ci hai preso? Per dei mostri? ›› no, assolutamente, come potevo pensare una cosa del genere su persone che collezionavano dei nasi?
Scossi la testa. Non volevo provocarli.
‹‹ No, sono stata avvisata che da queste parti è una cosa che si usa parecchio ›› mormorai quasi imbarazzata, ma allo stesso tempo piuttosto scocciata da tutta quella situazione.
Possibile che avessi il super potere di essere perennemente circondata da gente pazza?
Gervaso si mise a ridere, poggiando una mano sulla mia spalla. Quel contatto mi provocò i brividi in tutto il corpo.
‹‹ Mi fai ridere. Io e Rose siamo conosciuti per tagliare i nasi, non per stuprare ragazze dai nasi carini come il tuo! ›› diede un paio di pacche sulla mia spalla, poi rivolse lo sguardo a Rose, che ridacchiò divertita a quell'affermazione ‹‹ siamo super conosciuti tra gli spaccati di questa zona ››
‹‹ Siamo dei vip! ›› aggiunse Rose, facendo l'occhiolino. Quello doveva in qualche modo rassicurarmi o cosa?
‹‹ Sei davvero una novellina. Quanto sei andata, nasina? ›› all'improvviso, Gervaso assunse un tono cordiale. Era un continuo cambio di toni all'interno di quella stanza.
‹‹ Io... non lo so ›› ammisi. Sollevai le mani, le fissai, come se queste potessero darmi una risposta.
In effetti non sapevo niente di tutto quello, e la cosa non mi piaceva affatto. Non sapevo assolutamente quanto dovessi preoccuparmi.
Sentii improvvisamente come se tutto quanto mi stesse scivolando via tra le dita. Le immagini dei miei amici, le avventure e disavventure all'interno della radura... tutto.
Mi domandai se tutto quello provato all'intendo di quelle mura non mi avesse in qualche modo portata allo stato attuale della malattia, se in qualche modo non mi avesse peggiorata.
Fino a quel momento non avevo mai pensato ad un eventualità simile.
Quanto tempo mi rimaneva prima che mi trasformassi in un essere orribile come gli spaccati che avevo visto?
‹‹ Beh, noi siamo qui da parecchio tempo ›› Gervaso interruppe il flusso dei miei pensieri, affiancandosi a Rose e stringendola a sé in un abbraccio ‹‹ io e Rose, intendo ››
‹‹ Da moltissimo tempo ›› precisò la ragazza ‹‹ avevamo circa dieci anni quando ci hanno trovato il virus in corpo, quei tizi strambi dal camice bianco. Eravamo diretti a Denver, io, Gervaso e le nostre rispettive famiglie! Poi una bella mattina... Puff! ci siamo ritrovati soli ed abbandonati in questo posto. Avevamo dieci, dannatissimi, anni ›› il suo sguardo mutò, pronunciò le ultime parole con un tono simile ad un ringhio animalesco, digrignando i denti.
Gervaso, allora, passò le mani tra i capelli della ragazza, e questa improvvisamente cominciò a ridere, senza un motivo apparente ‹‹ ed allora siamo stati abbastanza fortunati a trovare Dalton. Uno spaccato molto simpatico che non era ancora oltre l'andata. Ci ha presi nel suo edificio. Poi anche lui ha fatto puff. Nel senso che è uscito fuori completamente, ha abbandonato il gruppo e si divertiva a stuprare gli spaccati morti in mezzo alla strada. Ohw, il buon caro e vecchio Dalton! Chissà che fine ha fatto! ›› continuò a ridere, raccontando quella storia che mi fece semplicemente ribrezzo.
‹‹ Abbiamo imparato a badare a noi stessi. Qui non vai avanti se non impari a farti temere. Ecco perché, a chiunque provasse ad intralciare la nostra strada, tagliamo il naso.
Le volte che, chiaramente, non facevamo di peggio. In poco tempo abbiamo ottenuto il nostro territorio, e qui in zona ci conoscono tutti. Non di certo per la buona condotta!›› riprese Gervaso, ridacchiando sotto i baffi ‹‹ non hai mai sentito qualche spaccato, privo di naso, dire la frase “Gervaso mi ha rubato il naso, non fateci caso”? ››
corrugai la fronte, scuotendo la testa ‹‹ fortunatamente non ho avuto così tanti incontri con gli spaccati della zona ››
‹‹ Buon per te, peccato che ora sei circondata da ben cinque di loro ›› disse il ragazzo di colore alle nostre spalle.
‹‹ E fortunatamente per te, non siamo così completamente andati come sembra ›› aggiunse Gervaso, scuotendo poi la mano ‹‹ ma siamo lì per lì, c'è da ammetterlo. Quando si infetti, c'è solo una cosa che puoi fare: il conto alla rovescia. C'è da rassegnarsi, in questi casi ›› scrollò le spalle ‹‹ goditi la vita!... o quel che ne rimane ›› scoppiò a ridere.
Non avevo più dubbi su quanto fossero andati. Anche se dicevano di non aver superato il limite, secondo me l'avevano fatto... da parecchio, anche.
‹‹ Alcuni, ma veramente pochi – come i presenti in stanza – hanno avuto l'onore e il privilegio di unirsi alla nostra dolce “famiglia” ›› di punto in bianco, mi afferrò il volto con una mano, fissandomi negli occhi. Con gli occhi così dannatamente vicino ai miei, mi sembrava di riuscire a vedere all'interno della sua anima. Aveva di nuovo cambiato espressione. Ora era identica a quella di un cane con la rabbia. La mascella contratta, le labbra schiuse in modo da mostrare tutti i denti serrati, quasi a voler mostrare un ghigno feroce, come se fosse pronto a ringhiare da un secondo all'altro ‹‹ vuoi unirti a questa bella famiglia, nasina? ››
Era una richiesta o una minaccia?
Dan sollevò le braccia al cielo, spalancando la bocca ‹‹ Cosa? ›› si puntò l'indice contro, così vicino agli occhi da farmi credere, per un secondo, che stesse per cavarseli ‹‹ Io per essere accettato da voi ho dovuto strappare quasi cinquanta unghie! Cinquanta! E lei perché mai dovrebbe passare? E poi è Rose la femmina del gruppo! ››
‹‹ Io sono la femmina alpha, pel di carota. A me avere un'altra ragazza in questo gruppo di ascelle puzzolenti non mi da alcun disturbo. Tanto il naso più bello, qui dentro, è ancora il mio! E se mi fa girare molto le scatole, ci metto meno di due secondi a tagliarglielo e mangiarmelo come cena ›› fece le spallucce ‹‹ Ma, in effetti, perché mai la vuoi? ››
‹‹ Non lo so, ha qualcosa di interessante. Non so spiegarvelo ›› poggiò l'indice contro la mia fronte, premendolo con così tanta forza da darmi la sensazione che stesse cercando di perforarmi il cranio ‹‹ qui dentro. Deve avere una mente eccelsa. Ho occhio per queste cose. E non è così andata come noi. Potrebbe sempre tornarci utile, una ragazza non completamente spaccata, vi pare? ››.

Il ragazzo che stava ancora nel sottoscala cominciò a ridere con fare isterico, dando poi delle testate contro il muro di terra ‹‹ Io sono d'accordo. D'accordo, d'accordo, d'accordo! ››
‹‹ Ohw ›› Rose assunse un espressione intenerita, puntando il dito contro quel ragazzo ‹‹ Victor è felice di questa decisione. Guardate che carino! ››

‹‹ Vic, se fai un buco nel muro ti mordo il sedere! ›› sbuffò il ragazzo di colore.
‹‹ Con questo non sono d'accordo. Disaccordo, disaccordo, disaccordo! ››
Cominciarono tutti a ridere. Tutti, tranne Gervaso, che sembrò piuttosto irritato.
‹‹ Zitti, dannazione! Zitti! State tutti zitti! Questo caos non lo sopporto! ›› Gervaso mi mollò il volto cominciò a ridere, ma la sua espressione rappresentava tutto, meno che l'allegria.
Si portò le mani alla testa, premendo le mani, e poco dopo liberò un urlo fortissimo che fece zittire tutti in pochi attimi. Nessuno rise più.
‹‹ Bene! ›› disse, sistemandosi la maglietta poco dopo. Mi sorrise, porgendomi una mano ‹‹ quindi, sei nella nostra famiglia? ››
fissai la sua mano sporca. Che caspio dovevo fare?
In un certo senso, sentivo che quello mi avrebbe mantenuta in vita. Ma era quella la vita che volevo fare da quel momento in poi?
Stare in mezzo a degli spaccati che amavano strappare i nasi?
Io volevo solo tornare dalla mia famiglia, che di certo non era composta da loro.
Mi morsi il labbro inferiore, sollevando lo sguardo verso la porta che dava all'esterno.
‹‹ Qualsiasi cosa risponda, sappi che io rivoglio la mia acqua! Deve ridarmela! ›› disse Dan all'improvviso.
Sospirai rumorosamente, girandomi di scatto verso di lui.
Ero già piuttosto nervosa per quella situazione del caspio, l'ultima cosa che volevo sentire era proprio uno spaccato che si lamentava per dell'acqua
‹‹ Io non ho la tua fottuta acqua del caspio! ›› dissi, digrignando i denti
‹‹ Aspetta, cos'hai detto? ›› Dan cambiò espressione. Si addolcì all'improvviso ‹‹ Ridillo! Ridillo! ››
corrugai la fronte ‹‹ Cosa devo ridire? ››
si fiondò su di me, afferrandomi le spalle e scuotendomi ‹‹ Quella parola! Ridilla! ››
‹‹ Acqua? ››
‹‹ No! Caspio! Come fai a conoscere quella parola? Come caspio fai a conoscere quella parola?!››
Gervaso roteò gli occhi verso l'alto, poggiandosi poi una mano sulla fronte ‹‹ Ci risiamo... Dan, calmati, per l'amor di Dio! ››
‹‹ No, voi non capite! ›› Dan cominciò a ridere, continuando a scuotermi. Cominciavo a temere che, a furia di scuotermi in quel modo, a breve sarei finita in mille pezzi a terra ‹‹ Quella parola è del gergo dalla radura! ›› sbiancai. Come faceva a saperlo?
Corrugai la fronte, ma ancor prima che potessi proferire parola, il volto di Dan fu praticamente appiccicato al mio. Sentivo il pessimo odore del suo alito... mi fece venire il voltastomaco. Era un misto tra puzza di marcio e qualcosa che non sapevo a cosa paragonarlo.
‹‹ Dimmi come fai a conoscerlo! ››
‹‹ Sono una di loro, okay? ›› risposi, cercando di spingerlo via. Sembrò non sentire nemmeno i miei sforzi. Caspio, ma lì in mezzo erano tutti forti come rocce?
‹‹ Balle! Loro erano tutti maschi! ››
‹‹ Beh, le cose sono cambiate! ››
‹‹ Dan, lasciala, insomma! ›› Gervaso prese Dan per le spalle e lo tirò via, lanciandolo dall'altra parte della sala. Ebbi un Déjà vu.
Tuttavia, quella scena non mi toccò neanche un po'.
‹‹ Senti, io conosco la radura, so benissimo che lì le femmine non potevano esserci! ›› rise in modo isterico ‹‹ Io sono il primo raduraio a morire lì dentro! Sono stato uno dei primi caspio di radurai! Conosco bene quel posto! E so che le donne non c'erano e non potevano mai esserci! Me l'avevano confermato anche i capi, quando mi hanno portato lì dentro per analizzarmi dalla testa ai piedi! Gli stessi dannati scienziati che mi hanno aperto il cranio con un bisturi senza nemmeno addormentarmi! ›› Dan si portò le mani alla testa, cominciando a tirarsi i capelli, ma non se li strappò, come invece pensavo che stesse per fare. Era solo un gesto di disperazione ‹‹ gli stessi bastardi che mi hanno portato via tutto. Tutto! La mia famiglia, i miei amici, i miei fottuti ricordi. Tutto! Per poi gettarmi in questa cazzo di zona, Gervaso! In questa cazzo di zona che mi ha portato ad una lenta camminata verso la morte! ›› Strizzò gli occhi, delle lacrime cominciarono a solcargli il viso. Sembrava che stesse provando il dolore solo al ricordo.
Quella era solo l'ennesima dimostrazione di quanto la C.A.T.T.I.V.O. non combinasse proprio niente di buono.
‹‹ È la verità, Dan. Credimi. Sono stata una di loro. Ora il labirinto è saltato in aria, così come l'intera radura ›› chiusi gli occhi. Lui non era per niente convinto delle mie parole, ed emise un verso simile a quello di una belva inferocita in procinto di attaccare ‹‹ I dolenti sono tutti morti ››
la sua espressione si ammorbidì nuovamente. Si sollevò la manica della giacca che stava indossando. Sulla spalla aveva un grosso busco. O meglio, la crosta di un grosso buco.
‹‹ Questo me l'ha fatto un dolente ›› disse, riabbassando la manica ‹‹ poco prima di farmi fuori ››
‹‹ Non sei stata l'unica vittima dei dolenti, credimi ›› mormorai. Mi passò davanti l'immagine di George che veniva schiacciato dal piccolo D2MH.
Non credevo che quel ricordo fosse così nitido nei miei ricordi. Mi venne quasi da piangere a quel ricordo.
Se avessi visto prima cosa c'era dietro tutta quella storia, forse avrei potuto evitare gran parte di quei casini...
‹‹ Ma sono stato il primo raduraio a morire lì dentro. Queste sono cose che segnano ››
‹‹ Quindi, fatemi capire bene la situazione ›› Gervaso si grattò la nuca, indicando prima me, poi Dan ‹‹ voi due venite dalla stessa prigione? ››
Dan mi squadrò, poi scosse le spalle ‹‹ non mi fido di questa ragazza ››
‹‹ Senti, pensala come caspio di pare, non starò di certo a discutere con un... coso, a cui puzza l'alito come se avesse mangiato spazzatura per due giorni di fila! ›› sbuffai, incrociando le braccia.
Rose cominciò a ridere con quella dannatissima risatina stridula, poi si calmò una volta che ricevette un occhiataccia da parte di Dan.
‹‹ Okay ›› disse infine Dan, legando le braccia al petto ‹‹ faccio finta di crederti ››
‹‹ Bene così. Amici come prima ››
‹‹ Bene ››
‹‹ Perfetto ››

Gervaso e gli altri non mi parlarono per un po', ma non mi cacciarono nemmeno via da quel buco.
Non mi fecero più la domanda del “vuoi far parte della famiglia?”, forse perché davano per scontato che avrei accettato.
Non l'avrei mai fatto, ma pensai anche che non avevo nessun altro posto dove andare.
Sì, potevo chiedere loro di portarmi nel porto sicuro, ma li avrei condotti automaticamente dai miei compagni radurai, e dovevo dare loro la spiegazione sul perché eravamo diretti lì.
Quei tizi erano troppo pericolosi, non volevo che incontrassero i miei compagni e cercassero di portar via i loro nasi.
Quel posto puzzava di pazzia. Mi sembrava di sentir scivolare via la mia sanità mentale ad ogni secondo che passava.
Ma forse mi stavo solo fissando sulle parole di Gervaso, e meno ci pensavo meglio era.
Sollevai per l'ennesima volta lo sguardo verso la porticina, che stava esattamente sopra di me. Ero sdraiata su quelle scale impolverate con la testa rivolta verso l'alto, come se mi aspettassi che da un momento all'altro qualcuno sarebbe arrivato a soccorrermi.
Chissà cosa caspio stavano facendo i miei compagni in quel momento. Potevo solo sperare che se la passassero meglio di me, anche se avevo come la sensazione che non sarebbe mai andata a migliorare da quel punto in poi.
Niente sarebbe andata meglio. Potevo solo sperare che Newt stesse bene e che nessuno di loro si facesse ammazzare.
‹‹ È buio là fuori ›› disse Rose, interrompendo il mio attimo di riflessione e sedendosi un gradino più in basso di me.
Gli altri spaccati stavano mangiando qualcosa... non volevo sapere cosa.
‹‹ Davvero? ›› quanto tempo era passato, allora, se lì fuori era buio?
La ragazza annuì, sollevando lo sguardo anche lei ‹‹ già... uno di noi è lì fuori da un po' di tempo ormai. Diceva che doveva fare qualcosa, ma non ha detto cosa, di preciso.
Onestamente credo che abbia preferito darsela a gambe ›› fece le spallucce ‹‹ sai, quando è arrivato qui ha avuto dei problemi con Dan, un po' per lo stesso motivo del “gergo della radura”. Penso che in molti siate usciti da lì... o forse, quelli che comunque avevano qualcosa da dimostrare. Non ho la benché minima idea di che posto fosse, ma non doveva essere per niente fico ››
‹‹ Già ›› sospirai, passandomi le mani tra i capelli. Non sapevo più a cosa pensare, tutto quello mi stava solo incasinando di più le idee. Volevo tornare dai miei compagni al più presto.



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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Non so come, ma ero riuscita ad addormentarmi. Mi sentivo abbastanza tranquilla ormai, avevo capito, in qualche modo, che Gervaso non avrebbe permesso agli altri di farmi male.
Ed era tutto merito del mio “nasino”. Mi ero addormentata, tutta via, con Rose accanto.
Era una bella ragazza... peccato che era svitata come pochi.
Quando mi svegliai il mio cuore batteva fortissimo. Sentivo un peso sullo stomaco improvviso. E quando aprii gli occhi, trovai Gervaso accavallato su di me. Una mano era poggiata al lato sinistro della mia testa, mentre l'altra mano l'avvicinò alle labbra, facendomi segno di fare silenzio.
‹‹ Sssh... non gridare, nasina, non avere paura ››
il mio sguardo divenne confuso. Per una manciata di minuti, pensai che volesse stuprarmi. Invece guardava verso l'alto, in quella porticina che dava all'esterno.
‹‹ È già ora? ›› mormorò Rose, spalancando gli occhi di botto ‹‹ è ora di caccia? ››
‹‹ Già, mia amata ›› rispose Gervaso, mettendosi in piedi poco dopo.
Ora di cacciare? Non capivo. O meglio, potevo benissimo immaginare cosa volevano cacciare, ma preferivo non darci peso.
‹‹ In piedi, è quasi l'alba, avanti! Si va a caccia! ›› come se avesse detto le parole magiche, tutti quelli in stanza scattarono in piedi. Evidentemente non aspettavano altro. Sembravano semplicemente robotizzati.
‹‹ Preparati, nasina. Ora ci divertiremo parecchio! ›› Rose mi aiutò ad alzarmi. Le sue mani mi facevano ancora impressione, ma ora sembravano così piccine e sotto la poca luce della lampadina appesa al “soffitto”, sembravano carine e pulite. Sembravano, appunto.
‹‹ Decisamente, oggi ci divertiremo parecchio! ›› Gervaso ridacchiò sotto i baffi.

Aveva tutta l'aria di qualcuno che aveva assistito ad una scena molto divertente... forse troppo.

Mi domandai tra me e me cosa stava tramando veramente, ma non ero poi così sicura di volerlo sapere veramente.
Gervaso aprì la porticina e balzò fuori da lì, aspettò che uscimmo tutti, tranne il ragazzo di colore, che avrebbe fatto da guardia al rifugio, e la richiuse accuratamente.

‹‹ Che hai visto capo? Che hai visto? Eh? Che hai visto? Che hai visto? ›› Victor rise in modo rumoroso, sorpassandomi e piazzandosi davanti a Gervaso.
Capivo che nel gruppo c'era anche Victor, però odiavo quel suo vizio di ripetere la stessa cosa mille volte. Era veramente fastidioso!
‹‹ In effetti sei molto ansioso ›› Rose sorrise e dondolò sulle punte, assumendo un espressione ammaliante mentre guardava Gervsaso. Sembrava sentirsi onorato da tutta quell'attenzione.
Sollevò una mano verso l'alto, poi la fece cadere attorno alle spalle di Rose, dandogli un bacio sulla punta del naso.
‹‹ Ho visto un gruppo di ragazzi ed un gruppo di ragazze. Le ragazze hanno preso uno di loro e sbam! Una di loro lo colpiva più volte! Non so bene dove lo stanno portando, ma ha tutta l'aria di essere qualcosa di veramente interessante! ››
‹‹ Un gruppo di ragazzi e ragazze? ›› domandai, ma venni apertamente ignorata.
‹‹ Toh, altra gente che sicuramente avrà usufruito della mia amata acqua! ›› sbuffò Dan.
Lo guardammo tutti malissimo, così distolse lo sguardo, ma continuò a borbottare.
Mi isolai da loro. Almeno, con la mente. Con tutto il resto del mio corpo li seguivo.
Non sapevo nemmeno dove stavamo andando, ma Gervaso camminava con un passo sicuro. Aveva tutta l'aria di qualcuno che sapeva perfettamente dove andare, nonostante anche poco prima avesse detto che non sapeva dove stavano portando quel ragazzo.
Sperai con tutta me stessa che il ragazzo in questione non fosse Frypan, Minho... o Newt.
Per un attimo mi sentii in colpa a non pensare lo stesso per gli altri ragazzi del gruppo. Ma, sinceramente parlando, loro erano gli unici di cui mi importava veramente, essendo anche gli unici con cui avevo legato di più durante la mia permanenza nella radura.
Insomma, non volevo che morisse qualcun altro a cui tenevo. Non dopo aver perso Alby... e Chuck... Sopratutto Chuck.
Mi venne una pessima sensazione al petto. Mi sentivo piena di sensi di colpa e di rancore a ricordare quella cosa. Avrei voluto dirgli almeno addio. Avrei voluto che fosse al sicuro.
Anche se in un posto come la zona bruciata probabilmente non sarebbe sopravvissuto nemmeno alla prima parte.
Cercai di non pensarci, anche perché non avrei saputo come spiegare agli altri il mio improvviso cambio d'umore.
Anche se era complicato non farlo, considerando che il faccino di Chuck era tornato a balzare nella mia testa. E la sua voce... Mi sembrava quasi di riuscire a sentirlo chiamarmi.

Mi ricordai di quella volta che mi abbracciò, quando stavamo andando via dopo quella specie di funerale che avevamo fatto per George.

Quel suo
«Grazie Eli. Ti voglio bene... spero non ti succeda mai nulla di male» detto in modo così naturale che mi aveva piacevolmente stupita.

Anche io volevo che non gli succedesse nulla di male. Avrei fatto qualsiasi cosa per fare in modo che non fosse successo... Chuck era un membro della mia famiglia. Il fratellino minore che non avevo mai avuto.

Sentii una botta sulla spalla, poi gli altri risero col loro solito fare strambo ‹‹ Nasina? Sei ancora con noi? ›› sollevai gli occhi al cielo, sbuffando in modo evidente. Me ne pentii subito dopo, perché pensai che forse se la sarebbero presa, ma invece non ci badarono e continuarono a ridere.
‹‹ Sì, stavo pensando ››
‹‹ Non pensare! ›› disse Victor, poggiando le mani sulle mie spalle e scuotendomi ‹‹ Se no ti sciogli il cervello! Non pensare! No, no, no! ›› e rise, come se quella fosse una cosa veramente dannatamente buffa. Avrei voluto tirargli un pugno in faccia.
‹‹ Pensavi a cose tristi? ›› domandò Rose, tornando seria di punto in bianco. Tirò fuori il coltellino dalla tasca e me lo puntò esattamente sotto il naso. Per qualche secondo pensai veramente male, ma poi lo spostò vicino alle proprie labbra ‹‹ a chi dobbiamo tagliare il naso, per averti fatta soffrire? ›› leccò la lama poco dopo. Allora si fermarono tutti, guardandomi ed accigliandosi.
‹‹ Qualcuno ti ha fatta soffrire? ››
‹‹ Chi? ››
‹‹ Dove si trova? Dove si trova? Dove si trova? ››
‹‹ Ha un bel naso? ››
E altre mille domande. Tutte di seguito. Non riuscivo nemmeno a capire chi le faceva.
Li guardai uno ad uno. Si erano messi in cerchio attorno a me e avevano preso tutti i coltelli in mano.
Tranne Victor, che per qualche strano motivo, in mano teneva una pezzo di legno.
Forse era meglio così, lì in mezzo sembrava quello messo peggio di tutti. Anche più di Gervaso e Rose.
‹‹ Nessuno può far soffrire un membro della famiglia, Nasina ›› sibilò tra i denti Rose ‹‹ chiunque ci provi, verrà privato del naso. E delle unghie, così accontentiamo anche Dan ›› quest'ultimò si sfregò le mani, rischiando di tagliarsi col coltello. Sembrava aver messo da parte la questione della radura.
‹‹ Esatto. Facciamo così, tu ci dici di chi si tratta, poi ti dimentichi di lui. Affogherai i dispiaceri affettando qualche naso ›› disse Gervaso, ridendo poco dopo.
‹‹ Nessuno mi ha spezzato il cuore ›› feci un respiro profondo ‹‹ è un'altra questione ››
‹‹ È qualcosa di recente? ››
‹‹ Non troppo... ››
‹‹ Bene, allora si può mettere da parte ›› e detto questo, Gervaso riprese a camminare. Così come fecero tutti. Rose mi prese la mano e mi trascinò con sé. A guardare come sembrava essere protettiva, sembrava avermi presa in simpatia. Ma chi poteva dirlo?
Non mi fidavo molto di lei... E considerando che era una spaccata, era la cosa migliore.
‹‹ Ah, c'è una cosa che ho dimenticato di dirvi, miei cari amici ›› Gervaso si fermò sollevando le braccia al cielo ed indicandolo. Quanto era teatrale.
‹‹ Cosa? Cosa? Cosa? ››
‹‹ Indovinate un po' chi c'era con quel gruppetto che ho trovato? ›› il suo sguardo si trasformò improvvisamente, diventando serio e cupo. Cambiamento che avvenne anche negli altri, come se fossero stati contagiati.
‹‹ Chi? ›› domandò Dan.
Gervaso rivolse lo sguardo verso Rose. Fu come se si stessero scambiando informazioni attraverso gli occhi. Lei schiuse le labbra, digrignò i denti quasi volesse ringhiare.
‹‹ Jorge? ›› sibilò.
‹‹ E Brenda ›› aggiunse Gervaso ‹‹ se non ho visto male – e non credo –, erano proprio loro ››
Li guardai e corrugai la fronte. Non avevo la benché minima idea del perché di quella loro reazione, ma la cosa non mi piaceva affatto.

 

Gervaso guidò il gruppo lungo tutto il tragitto, tenendo le braccia dietro la testa come se quella fosse una semplice e normalissima camminata in un campo di fiori. Okay, il sole stava sorgendo e c'era ancora una lieve e piacevole brezza, ma man mano che il tempo passava, questa veniva lentamente sostituita da un caldo opprimente. Loro sembravano non sentirlo nemmeno.

Non avevo la benché minima idea di quanto tempo era passato, ma ad occhio e croce quasi due ore.
Non sentivo nemmeno il dolore della camminata tanto che ero immersa nei miei pensieri.
La mano di Rose era saldamente chiusa intorno alla mia e mi trascinava con sé.
Per un attimo mi passò per la mente l'immagine di Teresa che cercava di portarmi in salvo con sé.
Teresa.... chissà come stavano anche le ragazze del gruppo B.
Avevo un sacco di domande anche riguardo a loro. Riguardo quella strana sensazione di attaccamento nei riguardi di Teresa, o quella sensazione di aver già conosciuto Evangeline.
Se c'era qualche connessione tra me e loro, o qualche legame, volevo dannatamente sapere com'era.
‹‹ Guardate lì! ›› esordì all'improvviso Gervaso, mettendosi in ginocchio.
Ricordava vagamente un felino in agguato. Facemmo tutti la sua stessa ed identica mossa. Cominciammo, poi, a gattonare.
Gervaso si sporse da lì. Notai che eravamo sull'orlo di un precipizio, praticamente. Era molto alto, ma da lì riuscimmo a vedere una sorta di piccolo accampamento.
Bene, avevo appena finito di chiedermi come stavano quelle del gruppo B? Ecco, quell'accampamento doveva essere il loro.
Riuscii a riconoscere gli immensi ricci di Harriet e i capelli biondi di Sonya.
Stavano mangiando, a quanto riuscii a vedere. Mangiavano e parlavano con un ragazzo legato ad un albero.... o comunque, ciò che rimaneva di questo.
Il gruppo si girò verso di me. Quasi caddi giù dal precipizio nel vedere chi fosse quel ragazzo. Lo riconobbi quasi subito. Thomas. Mi sentii quasi prendere dal panico. Non so perché provai tutta quell'ansia improvvisa nel vederlo in quella situazione, considerando che lo conoscevo poco. Veramente poco. O forse no?
‹‹ Sei sbiancata, nasina ›› disse Gervaso, corrugando la fronte.
‹‹ Conosco quel ragazzo ›› mormorai. La mia voce tremava. Mi sembrava di non riuscire nemmeno a stare ferma sul posto.
Ricordai le parole di Evangeline. Rimbombarono nella mia testa come se me le stesse gridando nell'orecchio proprio in quel momento.
‹‹ Qual'è la vostra missione? ››

‹‹ Raggiungere il porto sicuro prima del gruppo A. Eliminandolo, se necessario. Per questo ci siamo armate ››

E se avessero trovato il gruppo A e le avessero intralciate? Se avessero rapito Thomas solo come ostaggio?

‹‹ Dobbiamo andare lì a liberarlo? ››
‹‹ No! ›› risposi d'istinto e di colpo. Forse sì, avremmo, ma probabilmente farlo con degli spaccati era la cosa meno opportuna da fare. Nulla mi assicurava che poi non avrebbero cercato di fargli del male, e non volevo che gli capitasse qualcosa di peggio che essere rapito dalle ragazze.
Mi sedetti, prendendo dei grossi respiri. Decisi di calmarmi. Non era il caso di farmi prendere dal panico in quel momento, non aveva senso.
Ormai l'alba era alle porte.
L'unica cosa che potevamo fare era aspettare e vedere cosa succedeva.
‹‹ Come si chiama? È il tuo ragazzo? Sembra carino! Da qui sembra avere anche un bel naso! ›› domandò Rose, sedendosi dietro di me. Guardò verso Thomas con fare piuttosto interessato dalla scena. Io tremavo, non mi sentivo per niente a mio agio. Quella situazione mi agitava.
Se era successo questo a Thomas, cosa poteva essere successo ai miei compagni?
Le ragazze erano armate e in numero nettamente superiore al loro.
‹‹ Si chiama Thomas... E no, non è il mio ragazzo ›› sbuffai a quell'affermazione, ma non ero veramente scocciata. Ero preoccupata.
Gervaso lo notò. Allungò una mano verso la mia e la prese nella sua, guardando il palmo come se fosse qualcosa di veramente interessante.
Non so perché, ma trovai quel gesto quasi tenero. Sapevo che in verità voleva semplicemente in qualche modo tranquillizzarmi.
Sollevò lo sguardo per guardare ciò che stava succedendo giù. Guardai anche io, ma non ero poi così interessata alla scena. Piuttosto, decisi di sentirmi distaccata dalla cosa.
Lasciai quel senso di apatia prendesse il sopravvento su ogni cosa.
Ed era... piacevole. Ero piacevolmente insensibile.
Non inquadrai nemmeno bene la situazione. Thomas era lì, addormentato come un bambino, ma comunque legato saldamente a quel tronco d'albero morto.
‹‹ Il tuo amico è patetico ›› disse Dan, schioccando la lingua ‹‹ come hai detto che si chiama? ››
‹‹ Thomas ›› risposi con un tono distaccato, poi sospirai.
‹‹ Thomas... “Thomas, sei tu il vero leader” ››
‹‹ Come scusa? ›› corrugai la fronte, girandomi verso Dan ‹‹ cos'hai detto? ››
‹‹ “Thomas sei tu il vero leader” ›› ripeté, sollevando un sopracciglio ‹‹ non hai notato i cartelli appesi in giro per la zona bruciata? Dicono queste parole. Come hai detto che si chiamava Thomas, ho pensato subito a quello ››
Corrugai di nuovo la fronte ed abbassai lo sguardo.
Thomas sei tu il vero leader.

Thomas era il capo del progetto Gruppo A e Gruppo B.
Quelle scritte erano logicamente ed ovviamente rivolte a lui.
Thomas ERA il vero leader.
Ma allora, se era così, perché il tatuaggio col nome “leader” era stato dato a Minho e non a lui?
Un diversivo probabilmente.
Dovevo capire in base a che criterio la C.A.T.T.I.V.O affibbiasse quei titoli.
Se era semplicemente per il ruolo rivestito nella radura, allora le cose non tornavano. Minho era il leader dei velocisti, non dei radurai. Quello era Alby.
Se così fosse, perché io ero l'ancora? Perché avevo fatto affondare la radura nei casini?
Arricciai il naso e sospirai. Dan mi diede una leggera spinta in avanti, rischiando di farmi perdere l'equilibrio.
‹‹ Ehi, ti sto parlando! ››
‹‹ Ti sta parlando! Ti sta parlando! ›› ripeté Victor. Mi limitai a guardare entrambi con la coda dell'occhio, senza reagire e senza rispondere. Non mossi un solo muscolo. Sentivo la più totale e completa apatia trasformarsi lentamente in qualcosa di più forte e quasi violento. Sensazione che, tutta via, riuscivo a tenere a freno. Era solo una sensazione, appunto. Ma ero ancora insensibile.
Strinsi la mano di Gervaso, quasi gli stessi chiedendo di aiutarmi a controllarmi, a lui mi lasciò fare. Riportai la mano su Thomas. Era ancora addormentato.
Per un piccolo lasso di tempo, rimanemmo in silenzio ad osservare quel piccolo gruppo muoversi e organizzarsi. Speravo con tutta me stessa che non ci notassero. Sinceramente parlando, avevo dei dubbi sul fatto che, nonostante fossero armate, avrebbero avuto la meglio su quel piccolo gruppo di spaccati.
Se erano sopravvissuti così a lungo in un posto come quello, guadagnandosi la fama che posseggono, un motivo ci sarà.
Rose sbuffò di punto in bianco e si alzò ‹‹ Gervaso, mio amato, mi sto annoiando ››
‹‹ Speravo che facessero qualcosa. Possiamo sempre scendere e movimentare le danze! ››
‹‹ Sì! Sì! Scendiamo! ››
‹‹ Calma i tuoi spiriti bollenti, Victor ›› e, detto questo, Gervaso si alzò, lasciando scivolare via la mia mano.
Scattai in piedi anche io, sistemai velocemente i miei vestiti e, quando fecero il primo passo per scendere giù dalla discesa (considerando quanto fosse ripida, mi stavo proprio chiedendo come volessero scendere... ), mi piazzai davanti a Gervaso portando le mani davanti a me
‹‹ Fermi! No! Non è il caso di scendere! ››
‹‹ Cosa? Perché no? ›› Gervaso corrugò la fronte, sollevando un sopracciglio poco dopo.
‹‹ Loro... sono troppe! Davvero! E sono armate! ››
Risero tutti insieme. Come immaginavo, quanto fossero le ragazze non era un loro problema.
‹‹ Avremmo più nasi da portare a casa ›› rispose Rose, sorridendomi con fare cordiale.
Peccato che riuscivo a vedere quel suo pizzico di follia anche da lontano.
Gervaso rimase immobile a guardarmi, come se stesse cercando di capire cosa non andasse in ciò che volevano fare. Come mai io ero così contraria.
‹‹ Vi prego, lasciate stare! ››
‹‹ Okay ››
‹‹ Okay? ›› domandò improvvisamente Victor, per una volta, senza ripetere trecento volte la stessa parola.
‹‹ Sì, okay. Nasina ha ragione, sono troppe per noi ›› scrollò le spalle con indifferenza ‹‹ lasciamo stare, per questa volta ››
Tirai un sospiro di sollievo mentre li guardavo girarsi per andare in un'altra direzione.
‹‹ E tu dai ascolto alla novellina?! ››
‹‹ Lei è quella che tra noi ragiona in modo razionale. In ogni caso, ho promesso dei nasini a Rose.
Andremo dall'altro gruppo, quello di ragazzi. Sono in numero inferiore ››
sbiancai. La mia apatia svanì di botto, sostituita da una pessima sensazione di panico. Un panico nettamente superiore a quello che provavo per Thomas.
Fu come avere un cappio al collo che si strinse di botto.
‹‹ Voglio un naso in particolare ›› sibilò Rose, afferrandomi nuovamente la mano per tirarmi con sé ‹‹ Quello di Brenda. ››



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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Ero agitata, per questo passai l'intera giornata a cercare di distrarmi.

Era tutto inutile. Riuscii a prendere tempo in modo che “i miei nuovi compagni” non andassero subito in cerca degli altri radurai. Sperai che con quel gesto riuscissero ad andare abbastanza lontani da non essere assolutamente rintracciabili.

Quanto tempo guadagnai?

Un giorno intero. Non di più Mancavano poche ore alle luci dell'alba, e non avevamo passato una sola ora di sonno. Due giorni in continuo cammino. Ormai mi stavo chiedendo per quanto tempo sarei stata in grado di reggere quel ritmo, ma potevo scommettere sul fatto che non mi mancava molto prima che cominciassi ufficialmente a delirare per via del sonno.

Eppure gli altri sembravano perfettamente in forma. Non avevano nemmeno tracce di occhiaie, continuavano a parlare di quanto volessero trovare qualcuno con cui giocare e divertirsi.

Trovavo tutto quello da svitati, ma non proferii mai una singola parola.

‹‹ Credo di aver individuato la loro scia! ›› gridò Victor ‹‹ Sento la scia! La loro scia! Sono un segugio! Un segugio! Capito? Un segugio! ›› e cominciò ad abbaiare. Caspio, quanto avrei voluto colpirlo forte sul naso fino a vederlo a terra col naso spaccato.

Rabbrividii a quel pensiero.

Che mi stava prendendo?

Avevo una dannata sensazione orribile dentro di me, come se sentissi crescere sempre più velocemente quel senso di perdita di... me stessa.

Era come se stessi perdendo me stessa. Quel posto mi stava rubando tutto.

La mia espressività, il mio carattere... forse tutto di me. Il mio cervello si stava fottendo, era una consapevolezza con cui dovevo avere a che fare.

Forse era dovuto anche al fatto che camminavamo sotto il sole, ormai, come se ci avessi già fatto l'abitudine a quei raggi solari così forti. Forse questo ha peggiorato solo la mia situazione, ha fatto in modo che la malattia peggiorasse.

Forse l'assenza di sonno ha aggravato ancora di più il tutto.

Non saprei come definire la sensazione di avere la consapevolezza che non mancava così tanto alla mia caduta.

Perché ormai, a quel punto, l'unica cosa che potevo fare, era proprio cadere in basso e toccare il fondo, diventando così ufficialmente parte di quella nuova famiglia.

Victor mi prese le spalle e cominciò a scuotermi violentemente. Sentii il mio collo schioccare.

‹‹ Li senti, eh? Li senti eh? Sorellina! D'ora in poi ti chiamerò sorell- ››
‹‹ Non sono la tua strafottuta sorellina! ›› gridai, spingendolo via così forte da farlo cadere contro il terreno sottostante.

Gervaso e Rose si fermarono dalla loro camminata. Osservarono la scena con gli occhi spalancati, ma non dissero nulla. Si limitarono a guardare.

Digrignai i denti, sospirando in modo profondo. Più che un sospiro, sembrava un ringhio quasi animalesco.

‹‹ Wow! ›› esultò Dan, come se avesse appena visto la scena più bella di una vita intera ‹‹ posso avere un replay? ››
‹‹ Chiudi la bocca! ›› sbuffai nella sua direzione. Mi spostai i capelli su una spalla, poi portai le mani sugli occhi e le sfregai. Caspio se ero stanca.

Victor rimase in silenzio. C'era rimasto male, ma era veramente l'ultimo dei miei problemi.

‹‹ Comunque... Dove li hai sentiti, Victor? E come fai ad essere sicuro che siano loro? ››
‹‹ Da quella parte ›› mormorò quest'ultimo, alzandosi in piedi ed indicando un punto oltre la collinetta di sabbia davanti a noi ‹‹ riconosco la puzza di Jorge. L'ho detto, sono un segugio! Segugio! ›› si era ripreso piuttosto in fretta lo spaccato.

‹‹ È finita... ›› pensai. Mi sentii inutile mentre ci avvicinavamo alla sporgenza di quella piccola collina.

Mi prese quasi un colpo al cuore.

I miei compagni radurai erano lì, seduti in cerchio, sempre disegnavano qualcosa sul terreno con un pezzo di legno.

Newt era seduto all'ombra di un albero secco (per quanta ombra potesse fare...), aveva gli occhi chiusi. Forse riposava.

‹‹ Brenda ›› disse Rose a denti stretti, poi girò lo sguardo velocemente verso Gervaso e tirò su la mano col coltello ben stretto nel pugno ‹‹ le taglierò il naso e lo mangerò davanti a lei ›› rise.

La risata tipica di un pazzo. Mi fece accapponare la pelle.

‹‹ Certo, mia piccola pazza, ed io ti aiuterò ›› sorrisero entrambi, mentre si guardavano negli occhi come se quella fosse per loro la più completa e sincera dimostrazione d'amore.

Mi morsi il labbro inferiore, guardando attentamente verso i radurai.

Avrei voluto urlargli di andare via da lì, ma ero zitta e immobile.

Non riuscii ad esprimere nemmeno un emozione, era come se tutto stesse esplodendo in silenzio dentro di me ed io non riuscissi nemmeno a gridare.

‹‹ Mi piace il biondino ›› disse di punto in bianco Rose, inclinando la testa ‹‹ Ha un nasino ancora più bello dell'altro ragazzo. Lo voglio ››

Sia io che Gervaso ci girammo, guardandola veramente, dannatamente male.

Mi guardai attorno poco dopo e decisi che era meglio allontanarmi da loro, prima che lasciassi prendere il sopravvento a quella sensazione di rabbia incontrollabile che sentivo crescere in me.

Allontanarmi, poi, per modo di dire.

Mi spostai di qualche metro, non di più. Il tanto giusto da lasciare una sorta di “area sicura” per Rose.

Anche se avessi voluto strapparle la gola a mani nude, sapevo benissimo che lei era più forte e spietata di me.

Mi sedetti a terra e strinsi le mie ginocchia al petto. La zona in cui eravamo era sorprendentemente ricca di arbusti e cespugli. Secchi, morti e privi di foglie, ma era meglio di nulla.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo da Newt. Volevo correre da lui. Mi faceva schifo il fatto che l'avevo ritrovato e perso di nuovo, ma sta volta non c'erano le mura a dividerci. Sta volta non c'era nulla per dividerci, se non una piccola distesa di polvere.

Gli spaccati ormai erano lì, ed erano anche pericolosi. Ed io non potevo combatterli da sola.

‹‹ È il tuo ragazzo? ›› domandò Gervaso. Non avevo la benché minima idea di quando mi avesse raggiunta. Si sedette dietro di me, portò una mano sulla mia pancia e mi spinse verso di lui, costringendomi a poggiarmi al suo petto.

In altre occasioni mi sarei scostata, ma mi sentivo improvvisamente così fragile da avere la sensazione che, se avessi provato anche solo a muovermi, sarei crollata in mille pezzi.

Tuttavia, allo stesso tempo, mi sentivo impassibile davanti a tutto.

All'esterno ero serissima, non esprimevo una sola emozione. Dentro di me, invece, stavo gridando come una pazza sotto tutta quella pressione.

‹‹ Sì ›› risposi semplicemente ‹‹ È il mio ragazzo. Si vede? ››
‹‹ Avevi tutta l'aria di una spaccata pronta a strappare i capelli a Rose ›› disse, prendendomi la mano ed accarezzandola.

Abbassai lo sguardo, fissando malissimo la sua mano, mentre scendeva ad accarezzare anche il braccio. Se sperava che quel gesto potesse essere visto bene, si sbagliava di grosso.

Mi stava solo innervosendo.

‹‹ Perché ce l'avete così tanto con Brenda e Jorge? ›› domandai, cercando di liberarmi da quella presa, sempre fissando la sua mano nella speranza di vederlo allentare la presa.
Tentativo semplicemente fallito.

‹‹ Quando sono arrivati, Jorge ha occupato senza permesso uno dei nostri edifici.

Noi abbiamo provato ad essere cordiali, e quando l'abbiamo fatto notare, Rose e Brenda hanno cominciato a litigare perché lei, Brenda, l'ha minacciata con un coltello e le ha lasciato un taglio sul braccio.

Poi, c'era qualcosa di sospetto in loro. Come poteva un novellino della zona bruciata aver conquistato così facilmente un edificio occupato da un sacco di spaccati? Beh, ti svelo un segreto ›› avvicinò le labbra al mio orecchio ‹‹ c'è lo zampino della C.A.T.T.I.V.O.
E noi odiamo le doppie facce. ››
corrugai la fronte. Come poteva esserne certo? Non poteva essere vero. Guardai in direzione di Jorge. Era lì assieme ai radurai, con Brenda accanto.
Brenda non mi stava simpatica, ma non potevo credere ad una storia del genere.

‹‹ E poi, Rose odia Brenda perché secondo lei, quella ragazza ha un debole per me. Rose poi voleva stringere amicizia con Jorge perché le sembrava un tipo apposto. Le ricordava vagamente Dalton, e a lei manca avere una figura d'appoggio. Ma Brenda non l'ha lasciata avvicinare.

In ogni caso, anche se Rose non lo dice... Sia lei che io siamo fermamente convinti che Jorge abbia ucciso Dalton ›› prese un respiro profondo, accarezzandomi ancora il braccio ‹‹ da poco abbiamo trovato il suo cadavere esattamente vicino all'edificio che Jorge e Brenda hanno occupato. Proprio poco dopo aver scoperto della C.A.T.T.I.V.O. ›› sibilò tra i denti ‹‹ solo che gli altri non loro sanno. Ecco perché continuiamo a dire che non sappiamo dove sia ›› strinse il mio polso.

Provavo dolore, ma non dissi nulla. Mi limitai a guardargli la mano.

Riuscii quasi a percepire la rabbia che provava.

Era rabbia dovuta al dolore di una perdita di qualcuno a lui caro, e potevo capirlo. Anzi, lo capivo benissimo.

Era lo stesso odio che provavo io verso la C.A.T.T.I.V.O.

‹‹ Abbiamo bisogno del tuo cervello, adesso ›› Gervaso sussurrò di nuovo vicino al mio orecchio ‹‹ ci serve la tua intelligenza ›› sollevai lo sguardo verso i miei compagni radurai ‹‹ aiutaci a preparare un piano ben elaborato, nasina. Ti prego. ››
Feci un respiro profondo. Chiusi gli occhi poco dopo, annuendo.

 

 

Aspettammo un paio di ore. Il tanto giusto che i radurai riprendessero la loro corsetta.

Eravamo tutti appostati.

‹‹ Voglio il biondino e il suo nasino. Ricordatelo, Elizabeth ›› disse Rose, facendomi l'occhiolino.

La guardai malissimo, sollevando un sopracciglio poco dopo ‹‹ Il biondino è mio ›› sibilai tra i denti.

Gervaso le diede una gomitata leggera, provocandole una risatina. Non sembrava per niente toccata dal mio tono serio.

Seguivamo i radurai col loro stesso passo, ma avevamo un piano ben preciso. Gli spaccati erano ben nascosti, in modo che nessuno potesse vederli.

Erano impazienti di agire, ridacchiavano tra loro come bambini in attesa del loro regalo di natale.

Dentro di me c'era l'assenza più totale di ogni emozione. Mi sentivo vuota, e non m'interessava nemmeno del piano.

Non m'interessava del fatto che quello avrebbe condotto al dolore di certe persone.

Non m'interessava nemmeno il fatto che io stessa avevo ideato un piano del genere.

Speravo solo in una cosa: la riuscita di questo.

Ma sapevo che sarebbe andato tutto a buon fine. Quello era sempre stata ciò in cui ero più portata: La realizzazione di piani e progetti perfetti.

Fissai i miei compagni. Erano sfiniti dal caldo e dalla corsa. Il buio calava velocemente su di noi, e questo ci avrebbe coperti anche meglio durante il nostro piano.

Ora toccava a me.
Accelerai il passo, riuscendo per santa grazia divina superarli. Scesi velocemente la piccola discesa che mi separava da loro, cercando di non cadere come una stupida davanti a tutti.
‹‹ Newt! ›› gridai, attirando l'attenzione anche degli altri. Lui sollevò lo sguardo. Il suo volto era freddo ed impassibile, all'inizio, poi mutò in qualcosa di più simile allo stupore.

‹‹ Liz? ›› assottigliò lo sguardo, poi sgranò gli occhi ‹‹ Liz! ›› gridò anche lui. Si fermò dalla corsa, allargando le braccia appena mi vide a pochi centimetri da lui. Mi fiondai tra le sue braccia, facendolo arretrare di qualche passo e rischiando quasi di farlo cadere a terra.
Mi strinse a lui, poi dondolò leggermente, passando le mani tra i miei capelli.

Forse ero io, forse era la situazione... Ma non riuscii a sentire nient'altro. Solo il suo tocco e la sua voce come un eco nella mia testa, chiedendomi dove caspio ero stata e se stavo bene. Mi sollevò il volto, incatenando i suoi occhi ai miei. Erano quasi lucidi. Non vedevo altro. Si riaccese qualcosa in me, come se avesse premuto un interruttore.

Poggiai le mani sulle sue guance, mordendomi il labbro inferiore. Sentii di nuovo ogni singola emozione, capendo cosa stavo facendo. Capii il perché ero lì su. Capii in pochissimo tempo cosa mi angosciava più di qualsiasi altra cosa.

‹‹ Newt asc-››

‹‹ No, caspio, zitta! Prima rispondimi! ›› corrugò la fronte ‹‹ dove sei stata? Perché la C.A.T.T.I.V.O. ti ha presa? ›› sentivo la preoccupazione nella sua voce.

Schiusi le labbra. Avrei preferito non provare nulla in quel momento.

‹‹ Io... ›› non sapevo come dirglielo. Non sapevo come l'avrebbe presa.

‹‹ Tu? Non farmi stare in ansia anche tu! ››

Corrugai la fronte ‹‹ anche io? ››

‹‹ Sì, caspio, Tommy è stato preso per un caspio di stupido piano del gruppo B che, dannazione, se te lo spiego rimani intrippata. E indovina un po'? Aris è coinvolto in tutto questo! L'unica cosa positiva è che dopo ci raggiungeranno ››

‹‹ Allora abbiamo problemi ben più gravi di dove sono stata io ›› dissi, rivolgendo una veloce occhiata verso l'alto.

‹‹ Odio a morte Teresa. Ha colpito Tommy in faccia più volte con una caspio di lancia, per questo stupido piano. ››

‹‹ Ah sì? Beh... mi racconterai dopo, adesso dobbiamo andare via di qua! ›› gli presi la mano, facendo per tirarlo via e riprendere a camminare, ma delle mani mi bloccarono.

Davanti a me, c'era Jorge, ed il suo sguardo sembrava ben poco socievole. Era serio e freddo come il ghiaccio, come se fosse pronto a picchiarmi, se fosse stato necessario.

‹‹ Dove credi di andare, hermana? ›› disse, facendo un cenno con la testa in direzione di Brenda.

Questa si affiancò a lui ed incrociò le braccia, fissandomi con l'aria di chi sa anche troppo.

‹‹ Perché hai tutta questa fretta? Qualcosa non mi quadra ›› disse lei, inclinando la testa di lato.

Il mio sguardo si spense di nuovo. Newt afferrò la mia mano, come se percepisse che qualcosa non andava.

‹‹ Levami le mani di dosso. ›› dissi con un tono freddo, reggendo lo sguardo di Jorge.

Lui non fece una piega, al contrario, strinse le mani attorno alle mie spalle.

‹‹ Piombi qui così all'improvviso, di punto in bianco, dopo che ti abbiamo cercata in lungo e in largo. Dove sei stata? ›› continuò Brenda.

Non avevamo tempo per perderci in chiacchiere. Brenda era veramente sveglia, ma non abbastanza a quanto sembrava.

‹‹ Sentite, ora non possiamo parlare ›› sussurrai, sperando che loro capissero che non stavo scherzando.

‹‹ Perché? ›› chiese Jorge.

‹‹ Perché non possiamo ›› ribadii ‹‹ e comunque, mi stai facendo male. ››

‹‹ discúlpeme ›› ma non lasciò la presa. Brenda mi fissò negli occhi, come se stesse cercando di capire cosa non andasse.

‹‹ Vi prego, dopo vi spiegherò tutto, ma ora andiamo via di qua! ››

‹‹ Calmati, spiegaci tutto ora, poi andremo dove vuoi ›› improvvisamente, il tono di voce della ragazza divenne quasi di compatimento. Evidentemente riuscii a trasmettere la mia agitazione.

Tuttavia lei non si fidava. Aveva intuito che qualcosa non andava, ma evidentemente pensava che volevo che andassimo più avanti perché era lì che doveva accadere qualcosa di brutto.

Minho si affiancò a Jorge e gli spostò le mani, sbuffando e guardandolo negli occhi ‹‹ non abbiamo più così tanto tempo per caspientare in questo posto! Muoviamoci. Dobbiamo andare avanti e raggiungere quel porcocaspio di porto sicuro ››

‹‹ Sì. Hai ragione ›› tirai un sospiro di sollievo, poi Minho mi rivolse un occhiata da “non me la racconti giusta”. E ripresero a camminare, senza correre però, forse perché immaginavano che fossi stanca e che non avrei retto il loro passo. Li seguii ma la mia testa era altrove.

‹‹ Cosa c'è? ›› disse Newt, stringendomi la mano per attirare la mia attenzione.
Mi fermai di nuovo, e lui si fermò con me. Gli altri sembrarono non accorgersi di questo e continuarono a camminare.
‹‹ Devo dirti una cosa... ››
‹‹ Mi stai facendo preoccupare ›› corrugò la fronte ‹‹ sei incinta e non me l'hai voluto dire prima? ›› sollevò un sopracciglio, abbozzando un sorrisetto poco dopo.

Mi provocò una risatina e scossi la testa ‹‹ Ma dai, scemo! ›› ridacchiai di nuovo, ma poco dopo la risata si trasformò in un qualcosa di ben più frustrato e triste.

Presi a singhiozzare e mi coprii il volto con le mani, poggiandomi al suo petto.

‹‹ Ehi... ›› legò le braccia dietro la mia schiena.
‹‹ Newt? Beth? ›› ci richiamò Minho ‹‹ tutto bene? ››
‹‹ Oh, Dio, che ha adesso? ›› disse Brenda, ma nessuno la rispose.

‹‹ Vi raggiungiamo tra poco, andate avanti! ›› rispose Newt, schioccando la lingua con fare scocciato per uno commentino da parte di qualcuno, che però non avevo afferrato.

‹‹ Non se ne parla, noi ti aspettiamo qui! ›› ribadì Minho, ma Newt nemmeno lo rispose.

Mi sollevò il volto, poggiando l'indice sotto il mio mento. Cercò di sorridere con fare rassicurante, poi spostò la mano per accarezzarmi la guancia ‹‹ che succede? ››
‹‹ Io... non so come dirtelo. Ho paura che tu possa prenderla male. Ho paura per te. Sono semplicemente terrorizzata. Mi sento come... come quando quel dolente ti ha ferita, o come quando ti sei provocato quella cicatrice sul volto. Mi sento in ansia come quando ti ho visto a terra dopo che ti sei lanciato da quelle caspio di mura... Ma la cosa peggiore è che so che quella che potrebbe farti del male adesso, sono proprio io. Ed io... io non voglio farti del male. Non voglio. ››
corrugò la fronte ‹‹ Sono abbastanza sicuro che non mi farai del male, Liz ››
‹‹ Hai sofferto abbastanza ›› mormorai ‹‹ non hai bisogno che ti faccia soffrire anche io... Come se non fosse già successo quando mi hanno portata via dalla radura ››
‹‹ Non è stata colpa tua, lo sai benissimo ›› presi un respiro profondo. Provai a rilassarmi per via delle sue carezze, ma l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era a trovare un modo per dirgli ciò che era successo sulla berga.

Non sapevo come trovare le parole giuste, e il peso sul mio petto non aiutava. Il groppo in gola. Quel dannato groppo in gola.

‹‹ Ho l'eruzione ›› dissi in un sussurro, abbassando il volto. Non riuscivo a guardarlo negli occhi, come se questi potessero bruciarmi mentre pronunciavo quelle parole ‹‹ e temo che sia ad uno stadio avanzato ››.
Rimase in silenzio, accarezzandomi il volto. Non spostò nemmeno lo sguardo. Mi stava concedendo un attimo di silenzio. Forse stata mettendo le idee in chiaro, o stava metabolizzando la notizia.
I miei pensieri cominciarono a scontrarsi l'uno con l'altro.

Riportò l'indice sotto il mio mento, risollevandomi il volto verso il suo, e poco dopo depositò un bacio sulle mie labbra, allontanandosi pochi attimi dopo.
Un contatto di qualche attimo, quasi timido e rubato. Accennò un sorriso, cercando nuovamente di rassicurarmi.
‹‹ Anche io ›› sussurrò ‹‹ e lo sai. Non mi farai del male. Male male che vada andremo a braccetto per la zona bruciata e canteremo una caspio di canzoncina insieme ›› ridacchiò, facendo le spallucce. Lo guardai negli occhi. La prese bene, ci stava ironizzando sopra, ed era una cosa positiva.
Sapevo che ci ironizzava sopra solo per non farmi pesare quella situazione, ma apprezzai comunque il fatto che cercasse di tranquillizzarmi, nonostante probabilmente la cosa gli pesava da morire.

‹‹ Non avresti dovuto seguirmi qui. Probabilmente non sarebbe successo ›› disse infine, poggiando la fronte contro la mia ‹‹ sei una caspio di fagio spericolata ››

‹‹ Ne è valsa la pena ›› dissi infine, chiudendo gli occhi. Caspio, ne era valsa seriamente la pena.

‹‹ Muovetevi! ›› gridò Brenda. Riaprì gli occhi, facendoli ruotare verso l'alto ‹‹ dobbiamo andare, no? Avanti, smettetela con le vostre dannate smancerie! ››
Sbuffai, ma ancor prima che potessi muovermi nella loro direzione, qualcosa di affilato e luccicante cadde poco distante da Brenda. Corrugai la fronte. Era un coltello.
Sollevai lo sguardo. Gervaso, Rose, Dan e Victor erano lì, fermi e a braccia conserte, fissandoci con uno sguardo carico d'odio e allo stesso tempo divertito. Mi ero quasi completamente dimenticata di loro.



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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


‹‹ Altri spaccati?! ›› domandò Minho arretrando di qualche passo alla vista del gruppo degli spaccati ‹‹ Non avevi detto che questa doveva essere la più sicura? ›› si girò verso Jorge, che sospirò rumorosamente e teneva lo sguardo fisso su Gervaso e Rose, senza esprimere nessuna espressione particolare.
‹‹ No, hermano. Il fatto che sia la più sicuro non implica necessariamente che sia priva di spaccati. Ma loro non sono come gli altri ›› disse Jorge, rivolgendo uno sguardo fugace a Brenda, che ridacchiò sotto i baffi.

‹‹ No, infatti ›› aggiunse lei ‹‹ loro sono molto peggio. In pratica, sono oltre l'andata, ma non sembrano. Sono pazzi fino al midollo ›› concluse, aggiungendo una risatina.

‹‹ Cosa? Cos'hai detto?! Come ti permetti! Tu, brutta falsa, sei morte! Capito? Morta! ›› Gridò Rose mentre scattava in avanti per correre verso di noi, ma fortunatamente venne bloccata da Gervaso.

Sorprendentemente, nonostante Rose spingesse con tutta la forza che aveva in corpo, Gervaso riusciva a tenerla ferma senza alcuna fatica. Lei si dimenava emettendo versi simili a quelli di una belva inferocita.

‹‹ Calmati, piccola ›› le disse, avvicinando delicatamente le labbra alle guance della ragazza e depositandoci un bacio, poi le circondò il petto con le braccia e, pochi attimi dopo, la strinse a sé.

Lei smise di dimenarsi e si lasciò stringere, come se le avesse dato un calmante.

Anche se si era calmata, respirava in modo così pesante e frustrato che, nonostante fossimo lontane, riuscivo a sentirla.

‹‹ Visto? ›› disse Brenda, scrollando le spalle con tutta calma.

Rose contrasse la mascella e riprese dimenarsi, cercando di liberarsi dalla presa del ragazzo.

‹‹ Lasciami! ›› gridò, spingendosi col busto in avanti.

Ora sì che Gervaso sembrava avere serie difficoltà a tenerla ferma.

Cominciai a domandarmi per quanto tempo gli altri spaccati avrebbero mantenuto la calma sotto le provocazioni di Brenda, e per quanto non avessi molta simpatia verso questa, sperai che smettesse in fretta di provocare. Mentre, invece, un'altra parte di me sperava che continuasse.

Era come avere una lotta interna. Da una parte c'era la parte di me che ancora riusciva a ragionare in modo razionale, dall'altra c'era quasi un qualcuno di esterno, che mi istigava a fare cose che non dovevo fare.

Come collaborare con un gruppo di pazzi che collezionava nasi e passavano le loro nottate a cercava vittime da mietere.

Mi portai le mani tra i capelli, osservando la ragazza che gridava fuori controllo.

Finché era solo Rose che dava di matto, forse, sarebbe andato tutto bene, perché Gervaso la teneva ferma.... ma per quanto avrebbe tenuto anche lui la calma? E cosa succederà una volta che anche lui darà di matto?

Una catastrofe, questo era certo. Il piano non prevedeva questo.

Corrugai al fronte. Il piano?

Caspio, il piano! Avevo quasi dimenticato quel caspio di piano!

Sbiancai di botto, tremando sul posto. Mi guardai attorno con fare quasi totalmente disperato.

Cosa avevo fatto?

Newt mi guardava con una faccia confusa. Non potevo parlare, avrei solo peggiorato la questione.

Presi di colpo coscienza di ciò che avevo fatto, ricordando passo per passo il piano sotto ogni dettaglio.

‹‹ Io la uccido! ›› gridò Rose, spingendosi sempre più avanti. Ancora qualche passo e, che le andasse bene o meno, sarebbe scesa giù per la collina ‹‹ le strappo la lingua a mani nude e dopo la userò per pulire le scale del rifugio! ›› e, detto questo, cominciò a ridere di gusto, provocando una risata anche a Gervaso.

‹‹ Già! E dopo toccherà a te, Jorge! Ti spezzeremo le ossa, come tu hai spezzato la vita di Dalton! Capito, stupido vecchio?! ››

‹‹ Uh, indelicata la ragazza! ›› commentò Minho, ma nessuno disse una singola parola.

Rose mi rivolse un'occhiata fulminea. Forse si aspettava che facessi qualcosa di più del rimanere lì, imbambolata ed immobile, aspettando solo che il peggio arrivasse.

Mi sentii dannatamente invasa dai sensi di colpa, ma ressi il suo sguardo.

‹‹ E tu perché sei ancora lì? Muoviti, forza! Torna immediatamente qui! ›› trasalii, abbassando lo sguardo. In poco tempo, come immaginavo, mi ritrovai tutti gli sguardi dei radurai addosso.

Mi ritrovai a chiedermi di nuovo cosa avevo fatto e perché l'avevo fatto.

‹‹ Devi dirci qualcosa, Beth? ›› domandò Minho, incrociando le braccia al petto. Mi girai lentamente, ma riuscii a stento a reggere il suo sguardo per qualche minuto.

Era come quello di un fratello maggiore infuriato.

Mi morsi il labbro inferiore, decidendo di non girarmi a guardare Newt, che sicuramente aveva uno sguardo che non era da meno a quello di Minho.

Feci per rispondere, ma dalla mia bocca non uscì nulla. Nemmeno un sospiro.

‹‹ No, non deve dirvi nulla! Nulla! Nulla! Nulla! Assolutamente nulla! ›› sgranai gli occhi non appena vidi Victor comparire alle spalle di Jorge e legargli le braccia attorno al collo, impugnando un filo di ferro arrugginito.

Non fui sorpresa alla vista di quell'affare. Chiacchierando, Victor mi confessò di essere una specie di “collezionista”, e nelle tasche di quei suoi pantaloni bucati e rovinati aveva roba di qualsiasi genere.

Il piano era cominciato. Temevo quel momento. Non mi resi conto all'inizio dell'assenza di Victor e Dan.

Jorge tirò indietro la testa appena il filo venne premuto sulla sua gola, mentre Brenda, invece, fece per correre in suo soccorso, ma venne atterrata da Dan che le piombò addosso all'improvviso.

Premette il ginocchio sulla schiena della ragazza e la tirò indietro per le braccia, costringendola in questo modo ad inarcare la schiena.

Era pronto a spezzarle la spina dorsale se fosse stato necessario, e sicuramente non aspettava altro.

Notai che nessuno dei radurai osava muovere un solo muscolo, e in poco tempo capii il perché.

Rose e Gervaso, alla fine, si erano affrettati a raggiungerci. Chiaramente, Gervaso stringeva la spaccata tra le braccia, così che lei non potesse compiere gesti troppo affrettati.
‹‹ Cosa facciamo, capo? Eh? Li uccidiamo qui? ›› disse Dan, alzando lo sguardo verso Gervaso, che si limitò a scuotere la testa in segno negativo.
‹‹ Aspetta... caspio, Dan? Ma tu... tu eri morto! ›› esordì Minho, sgranando gli occhi per la sorpresa.
I radurai cominciarono a bisbigliare. Chi era stupito e chi no. D'altronde, Dan era il primo raduraio ad essere morto (o almeno, così doveva essere...), quindi lì in mezzo a parte Minho, e forse Newt, nessun altro poteva conoscerlo se non per sentito dire o per aver visto la sua fossa tra le faccemorte.

Newt sembrò indifferente a questo. Rimase in silenzio, fissando Rose, come se fosse una sorta di alieno comparso improvvisamente sulla scena.
‹‹ A quanto pare no, eh? Ciao Minho. ›› Dan tirò più indietro il busto di Brenda, provocando in lei un gemito di dolore. Ero piuttosto sicura che stesse soffrendo parecchio, ma che si trattenesse dal gridare di dolore per non dare soddisfazione agli spaccati.
Rose riuscì a liberarsi dalla presa di Gervaso e si avvicinò lentamente a Brenda, con un passo lento e felino, poi si chinò alla sua altezza e fece il broncio come una bambina ‹‹ che c'è? Fa male? Ohw, piccola, dolce, stupida Brenda ›› le prese il viso tra le mani, premendo le dita sporche di terra contro le sue guance, quasi volesse perforargliele ‹‹ così impari a farmi arrabbiare, ragazzina! ››
‹‹ Fottiti! ›› ringhiò Brenda. Gervaso sgranò gli occhi, poi mi rivolse uno sguardo come per dirmi “perché non stai facendo nulla?”.
Mi sentivo semplicemente pietrificata e combattuta.

Da una parte c'erano i miei amici, dall'altra un gruppo di pazzi con cui avevo elaborato un fottuto piano contro due persone che, tutto sommato, a me non avevano fatto assolutamente nulla.

Avevo la sensazione che sarebbe finita male. Fottutamente male.
Cominciai a mordermi le unghie della mano destra. Dovevo pensare in fretta ad un modo per risolvere quella situazione che io stessa avevo generato.
Gervaso aveva cominciato a parlare, ma io non lo stavo ascoltando. Ero più concentrata a trovare un modo per salvare i miei amici che ad ascoltare il discorso di un pazzo.
Victor stava premendo quel dannato filo sulla gola di Jorge. Questo non osava muoversi, perché se avesse provato anche solo a farlo, sapeva che sarebbe finita male. Ciò che mi preoccupava di più era proprio lui.
‹‹ …. E così, la vostra cara amichetta, ci ha aiutati. Complimenti alla mente della situazione! Avanti, nasina, non essere timida. Vieni qui accanto al tuo Gervaso ›› corrugai la fronte e sollevai il volto, fissando con rabbia quello di Gervaso, che sembrava piuttosto divertito da tutta quella situazione. Ed ecco, di nuovo, che avevo tutti gli sguardi puntati contro.
‹‹ Dimmi che non è vero ›› disse Newt, guardandomi con gli occhi di chi già sapeva perfettamente la verità, ma sperava ancora in una risposta differente. Non risposi. Ero spezzata da quel suo sguardo praticamente deluso. Uno sguardo che avevo già conosciuto in passato, e che speravo di non rivedere mai più.
Feci per prendergli la mano, ma lui la ritrasse, infilandola nella tasca dei pantaloni.

Sospirò poco dopo, spostando lo sguardo altrove. E come si spostò lui, sentii il mio cuore cadere in un baratro. Mi spensi come una candela con una folata di vento.
Schiusi le labbra, volevo dire qualcosa. Qualsiasi cosa.
‹‹ Nasina? ›› mi chiamo Gervaso, così riportai lo sguardo su di lui, notando che aveva le braccia aperte, pronto per accogliermi.
Aveva semplicemente spiegato loro che io ero solo il loro diversivo.

Io non dovevo fare altro che raggiungerli, fare in modo che loro restassero fermi in un punto, così che Victor e Dan potessero prendere Brenda e Jorge come ostaggi, trascinarli via.
Dovevano solo stare lì, e loro li avrebbero rapiti, possibilmente sotto i loro occhi, così che anche loro capissero chi comandava in quel posto.
Loro dovevano intimorirli, accerchiarli, e se fosse stato necessario, attaccarli sin dal primo momento. Erano più forti di loro, nonostante fossero in inferiorità numerica.
Non era un piano troppo complicato, anzi, era sorprendentemente semplice, se non per un piccolo dettagli... l'aiuto di altri spaccati.
Non si vedevano, perché era nascosti e sparsi per la zona, ma Rose e Gervaso avevano raggruppato un gruppo di spaccati e li avevano obbligati a dargli una mano.
Gli spaccati lì conoscevano per fama, li temevano e rispettavano, quindi per salvarsi avrebbero fatto qualsiasi cosa.
Eravamo circondati da pazzi pronti a balzarci addosso in caso di rivolta.
Chiusi gli occhi, sentendomi sovrastare di colpo da una consapevolezza palpabile.
La consapevolezza che la mia coscienza mi stava abbandonando. Era una consapevolezza sempre più forte, sempre più reale, e mi terrorizzava a morte.
In modo un po' sciocco, sentivo la necessità di un abbraccio, e in modo istintivo, invece, mi girai verso Newt, quasi in cerca del suo sopporto.
Tutto ciò che ottenni, fu un misero sguardo che non diceva nulla.
Mi chiedevo se avesse capito che quando insistevo col fatto che dovevamo andare via, era solo per mettere loro in salvo.
Non avrei mai permesso che Newt o Minho corressero qualche rischio grave. Anche se non ero perfettamente lucida e non ricordavo molto bene quei momenti, ero piuttosto sicura di essere scesa al compromesso in cui dicevo categoricamente che loro dovevano starne fuori.
A loro non doveva succedere assolutamente nulla.

Loro accettarono, d'altronde il loro obbiettivo non era un gruppetto di ragazzi.

Ma se loro avessero osato mettersi in mezzo non avrebbero guardato in faccia nessuno.
Una buona parte di me si stava rivoltando dentro, accusandomi di essere la peggior testa di caspio sulla faccia della terra. Forse per lo sguardo di Jorge, che era puntato su di me e mi guardava come un padre deluso dalla propria figlia.
Perché mi guardava come in quel modo? Perché sentivo di aver deluso una persona così importante? Io e Jorge, comunque, non avevamo nessun rapporto... Non riuscivo a capire.
Non capivo nemmeno appieno quella sensazione che non avevo mai provato da quando avevo memoria.
‹‹ Sai, Rose ›› Brenda interruppe il silenzio che si era creato. La sua voce era spezzata per via della fatica che provava anche solo a parlare. Rose, drizzò la schiena, attirata dalla curiosità ‹‹ Io e Thomas abbiamo incontrato uno dei vostri amati spaccati.
Gervaso mi ha preso il naso, non fateci caso. Io non volevo, ma non l'ho dissuaso” ››
Rose ridacchiò come una bambina divertita, poggiandosi il mento tra le mani ‹‹ E quindi? ››
‹‹ Nulla. Era per farti notare che vi dedicano belle poesie. Oh, non ti dispiace vero se l'ho ucciso? Sai, era un po' fastidioso ›› disse Brenda con la voce lievemente strozzata per lo sforzo del parlare.
Rose sorrise con fare quasi compiaciuto, ma poi la sua espressione divenne di compassione, avvicinando le labbra al suo naso, lasciandoci un bacio sopra.
Brenda arricciò il naso con fare disgustato, mentre Rose la guardava come se stesse osservando un cucciolo smarrito e sofferente
‹‹ Brenda, mia cara, non disperarti per aver ucciso un mio fan ›› arricciò le labbra ‹‹ tra poco lo raggiungerai, contenta? ››
Brenda corrugò la fronte. In realtà sicuramente aveva capito cosa voleva lasciar intendere Rose, ma preferiva agire da menefreghista, girando lentamente lo sguardo verso di me, con fare accusatore.
Onestamente non era il suo sguardo a farmi sentire in colpa, ma un pochino peggiorò le cose.
Avevo generato una bruttissima situazione, ma purtroppo recuperai la lucidità troppo tardi per rendermene conto.

‹‹ Ascoltatemi bene tutti voi, ragazzini ›› Rose si alzò in piedi, riprese tra le mani il coltello che aveva lanciato prima e indicò uno ad uno i radurai, che si erano posizionati in cerchio attorno a noi ‹‹ noi ora andremo a divertirci un po' con i nostri amici di vecchia data. Che nessuno di voi osi muovere un solo muscolo o provi a cercarci, chiaro? O avrete brutte sorprese. E noi non vogliamo che qualcuno di voi, bei faccini e bei nasini, si faccia male. Giusto, Elizabeth? ›› si voltò verso di me, facendo il broncio. Quel suo tono sarcastico mi fece venire i brividi ‹‹ Sappiate che siete circondati da spaccati pronti solo ad attaccare ad un nostro segnale. Dite grazie alla vostra amichetta per questa bellissima trappola letale. Tanto di cappello, stratega! ››
‹‹ Oh, grandioso, caspio! ›› sbuffò Newt, incrociando nervosamente le braccia e sospirando ‹‹ no, davvero. La C.A.T.T.I.V.O. ti ha fottuto il cervello mentre eri lì? ›› sibilò tra i denti, girandosi nervosamente verso di me. Notai la vena sul suo collo gonfiarsi da quanto era nervoso.
‹‹ Non ero in me ›› risposi quasi mormorando.
Non sapevo come spiegargli quella sensazione di abbandono quando stavo elaborando quel piano.
“Non ero in me” era l'unica cosa che sapevo dirgli.
Anche se gli avessi spiegato che era come se il mio cervello si fosse spento, sentivo che non mi avrebbe mai creduta.
Era troppo assurda come spiegazione, troppo blanda. Ma non avevo altro modo per descrivere quella sensazione. Semplicemente, non ero in me. Non ero, ma ero lì. Come se fossi prigioniera di me stessa.

Non avevo nemmeno memoria di quei momenti. O meglio, sì, ma era così strano da ricordare...

Era come se fossi una persona esterna ai fatti e guardavo il mio corpo muoversi, mi ascoltavo parlare, ma non stessi facendo nulla. Semplicemente guardavo ed ascoltavo. L'unico momento in cui sentivo di essere io, era quando dicevo “Newt e Minho, il ragazzo biondo e quello asiatico, non devono essere toccati. A loro non deve succedere assolutamente nulla”.

All'improvviso, il mio braccio venne afferrato. Gervaso mi stava portando via con loro, mentre Dan e Victor trascinavano via Jorge e Brenda, che sembravano quasi rassegnati, e Rose si allontanava lentamente tenendo il coltello puntato contro i radurai.
Era strano il fatto che non tentavano nemmeno di reagire, forse preoccupati per il fatto che fossimo letteralmente circondati da spaccati.
Mi rassegnai esattamente come loro, seguendo Gervaso. Mi faceva male la testa, la sentivo quasi bruciare, e non era per il calore.
‹‹ Volete ucciderli sul serio? ›› sussurrai a Gervaso, vedendolo annuire poco dopo in mia risposta.
Non potevo permettere una cosa simile. Non volevo che qualcun altro morisse. E poi, i radurai avevano bisogno di loro per raggiungere il porto sicuro.
Almeno loro dovevano salvarsi.
Aspettai che fossimo abbastanza lontani dalla visuale degli altri, non volevo scenate e non volevo più sentire tutti i loro commenti negativi su quanto non si aspettassero una pugnalata alle spalle da parte mia.
Scrollai le spalle, cercando di liberarmi dalla sua presa, e mi fermai, facendo fermare anche Gervaso, che corrugò la fronte.
Il fatto che non stessimo più camminando fece fermare anche Rose e gli altri, che sbuffarono pesantemente.
‹‹ Che c'è? ›› domandò Rose, incrociando le spalle
‹‹ Lasciateli stare. Sul serio. Liberateli. ››
Lei scoppiò a ridere di gusto, passandosi una mano tra i capelli. Mi indicò e schioccò la lingua.
‹‹ Stai scherzando, vero? Prima cerchi di mandare in aria il piano, cercando di farli andare via da lì, ed ora vuoi convincerci a liberare questi due? Elizabeth, da che parte stai? ›› schioccò la lingua ‹‹ dopo ciò che ci hanno fatto vuoi liberarli? ››
Brenda e Jorge si scambiarono un occhiata interrogativa.
Capivo il punto di vista di Rose e Gervaso, ma trovavo assurdo il fatto che volessero vendicarsi ora. Uccidere non era una cosa giusta, anche se secondo loro la morte di Dalton era colpa di Jorge.
Non ci credevo neanche un po'.
‹‹ Sì, ucciderli tanto non vi porterà a niente ›› cercai di mantenere un tono calmo, non volevo che la situazione precipitasse di colpo. Lo sguardo di Rose, però,non prometteva nulla di buono. Le mie parole la stavano alterando sempre di più, era come se anche il mio respiro la stesse irritando.
Quella era l'ennesima prova di quanto l'eruzione in lei stesse prendendo il sopravvento.
Poi prese a ridere dal nulla. Una risata quasi naturale, ma continua, come se non avesse nemmeno bisogno di respirare.
Victor cominciò ad abbaiare dal nulla, chinandosi all'altezza dell'orecchio di Jorge.
L'unico che rimase in silenzio, fu Gervaso. Non notai nemmeno per un istante che il suo sguardo era semplicemente vuoto, fissava il nulla più assoluto e non parlava nemmeno.
Mi metteva i brividi tutta quella serietà nel suo sguardo.
‹‹ Li uccideremo lentamente. E anche se ti vogliamo bene, nasina, se ti opponi uccideremo anche te! ›› disse infine Rose, facendo le spallucce ‹‹ scegli! O ci lasci fare, o dopo che li uccidiamo li seguirai! ››
‹‹ Non hai capito niente, Rose ›› agii d'istinto. Afferrai di scatto il coltello di Gervaso, che sporgeva dalla tasca dei suoi pantaloni, e me lo puntai alla gola, all'altezza della giugulare.
Questo abbassò lentamente lo sguardo su di me, schiudendo lievemente le labbra, e stessa cosa fece Rose.
Deglutii, ma rimasi seria.
Ebbi di nuovo quella sensazione che provai quando elaboravo piano.
Ero io, ma non ero in me.
‹‹ Se non li liberate, ci penserò io a farmi fuori ››
‹‹ Non fai sul serio, nasina ››
‹‹ Faccio molto sul serio, invece ›› sibilai tra i denti, premendo la lama del coltello sul mio collo.
‹‹ Elizabeth! ›› mi richiamò Jorge. I suoi occhi divennero quasi lucidi.
‹‹ Sta zitto! Zitto! Chiaro?! ›› disse Victor, scuotendo Jorge per le spalle.
‹‹ Avanti! Premi la lama allora! Non abbiamo più bisogno di te! Avanti! Un morto in più non farà la differenza! A zona bruciata ha avuto tante vittime, tu sarai solo un numero in più! ›› Rose batté le mani, come se fosse ad uno spettacolo teatrale, e mi sorrise, inclinando la testa.
E così feci, senza pensarci due volte. Chiusi gli occhi e cominciai a premere la lama.
Era calda per via del calore di quel posto, ma la mia pelle la sentiva fredda.
La sentii sulla pelle, ma poi si fermò.
Il mio udito era praticamente tamponato. Sentivo voci, ma le sentivo lontane. Non mi ero resa conto di essere a terra. Non mi ero resa conto di nulla.
Quando aprii gli occhi, era tutto sfocato. Un ragazzo era chino su di me. Non identificai la persona. Il contorni del volto erano smussati. Mi disse qualcosa, ma non lo sentii. Non sentii nulla.

 

Riaprii gli occhi. Mi sentivo strana, indolenzita. La luce era fortissima,

Odiavo quella sensazione, ero letteralmente destabilizzata. Ci misi un po' di tempo a rimettere insieme i pezzi per capire cosa fosse successo.
Ero sdraiata su un pavimento polveroso. Mi passai una mano sul collo. Sentii un taglietto superficiale, ma nulla di grave.
‹‹ Bensvegliata, nasina ›› sentii la voce profonda di Gervaso, poi poco dopo mi passò davanti, sedendosi a terra ed incrociando le gambe.
‹‹ Sono svenuta? ››
‹‹ Sì, sei svenuta. Volevamo tornare al nostro rifugio, ma abbiamo optato per un posto più vicino. Così, ci siamo rifugiati in una casetta minuscola e sorprendentemente più intatta di tutte quelle che abbiamo visto in questa zona ››
‹‹ Avete ucciso Jorge e Brenda? ›› domandai.
Gervaso sospirò rumorosamente, spostando lo sguardo alle mie spalle e storcendo le labbra.
‹‹ No ›› rispose con un tono veramente scocciato. Tirai un sospiro di sollievo, ma lui non sembrò contento di quel gesto ‹‹ ma Brenda ha quasi accecato Rose, prima di andare via ››
‹‹ Perché? ›› mi misi seduta, sistemandomi i capelli.
‹‹ Perché ha pensato che ti fossi sgozzata per lasciarli liberi.
Dan aveva allentato la presa e Brenda ne ha approfittato per liberarsi e lasciare terra sugli occhi di Rose, poco dopo si è lanciata su di lei e ha cercato di cavarle gli occhi col pugnale.
Quando ho costatato che eri semplicemente svenuta e che non avevi premuto abbastanza la lama, li ho lasciati andare. Non penso che loro sappiano però che sei viva. D'altronde quando sei svenuta avevi il braccio che ti copriva il collo ed io mi sono chinato subito, quindi anche se ci fosse stato sangue, non si sarebbe visto. Se la sono scampata, questa volta. Ma non li perdonerò per aver quasi accecato la mia piccola ›› sibilò tra i denti. Il suo sguardo tornò perso nel nulla. Parlava con me, ma aveva la testa altrove ‹‹ mentre ero lì, pensavo solo a mantenere la calma. Ripensavo a tutto ciò che ho passato, ai mille modi in cui volevo torturarli ››
Chiusi gli occhi, sospirando. Mi dispiaceva averlo interrotto con quel sospiro, ma in quel momento volevo semplicemente tenere il cervello in riposo. La testa mi faceva male, l'ultima cosa che volevo sentire era proprio Gervaso che mi esponeva le sue idee malate.
‹‹ Vorrei tornare indietro nel tempo e correggere tutto ciò che ho sbagliato ›› dissi spontaneamente, quasi stupendomi di quella frase.
‹‹ Vorrei tornare indietro nel tempo e prenderti a pugni quando hai afferrato quel coltello ›› rispose Rose, affiancandosi a Gervaso, che tornò in piedi.
Poco dopo li raggiunse anche il ragazzo di colore, poi anche Victor. Nessuna traccia di Dan. Forse si era dato il cambio con l'altro ragazzo per badare al rifugio.
‹‹ Si può sapere cosa diavolo ti è passato per la testa? ››
Mi misi in piedi anche io, sistemandomi i capelli per l'ennesima volta nell'arco di qualche minuto.
‹‹ Non voglio che muoia qualcun altro. I miei compagni hanno bisogno di una guida in questo posto, loro sono gli unici che possono aiutarli! ››
‹‹ Ma avevi detto che loro potevano tranquillamente crepare! E poi vai lì, tutta saltellante ed innamorata, ti abbracci al tuo fottuto fidanzatino e all'improvviso vuoi redimere la tua anima da spaccata e salvare loro il culo? Beh, dìn dìn dìn, notizia flash mia cara nasina: anche se provi a redimerti non cambierà nulla. Comincia a seppellire queste speranze, perché una volta che ti ammali puoi solo peggiorare. E per quelli come noi, queste cose non esistono ››
In pochi attimi realizzai quanto fosse malsano tutto questo. Capii ufficialmente che Brenda aveva ragione.
Loro non era solo pazzi, loro erano lo spaccato peggiore. In loro, l'eruzione aveva agito in modo differente, probabilmente. Mi spaventata questo. Non avevano l'aria degli spaccati, ma lo erano. Ed erano tremendamente pericolosi.
‹‹ Non voglio diventare così ›› corrugai la fronte, fissando la ragazza negli occhi. Il suo volto era inespressivo ‹‹ non voglio diventare un assassina. Una spaccata. Non voglio diventare come... come voi. ››
‹‹ Noi non siamo ancora completamente degli spaccati, Elizabeth. Ma sai... Il tempo cambia chiunque ››
‹‹ Bene così ›› mi girai, avviandomi verso la porta. Sentii dei passi, così mi fermai e sospirai.
Come immaginavo, Rose mi sorpassò in poco tempo e si posizionò davanti alla porta a braccia conserte. Una mossa così prevedibile che nemmeno mi scocciai più di tanto. Mi passai le mani sulla maglietta e la pulii un pochino, poi inclinai il volto e guardai quello della spaccata davanti a me, che mi fissava con uno sguardo serio e perso.
I suoi occhi scuri non esprimevano nulla, tranne che il vuoto più totale. Notai che erano lievemente arrossati, forse per via della terra, ed aveva due piccole cicatrici sotto l'occhio sinistro.
‹‹ Avanti, levati ›› dissi, sbuffando.
Lei scosse la testa in segno negativo ‹‹ no, tu rimani qui con noi. Siamo una famiglia, ricordi? E tu sei una di noi ›› si spostò lentamente dalla porta e cominciò a camminare in cerchio attorno a me ‹‹ noi saremo insieme per sempre, sai? Lentamente la tua coscienza comincerà a soccombere, diventerai come noi, ma finché avrai ancora un po' di sale in zucca, potremmo organizzare tanti bei piani. Bel trucchetto, comunque, quello di fingere di conficcarti un coltello in gola per liberare i tuoi amici. Chissà, magari il tuo ragazzo ti riprenderà sotto le sue grazie. Oppure magari deciderà di trovarsi di meglio di una bugiarda pronta a mandarlo alla forca per i suoi comodi ›› ridacchiò.
Abbassai lo sguardo. Newt meritava di meglio, questo era vero, ma sentirselo dire era veramente pesante.
‹‹ È un bel ragazzo ›› aggiunse ‹‹ merita qualcuna di meglio di spaccata che impazzirà da un momento all'altro, no? ›› mi fece l'occhiolino. In quel momento abbassai le mani, fissandole come se non le avessi mai viste prima d'ora.
Aveva ragione. Meritava di meglio di me.
‹‹ Vero ›› risposi, poi feci un passo in avanti ‹‹ ma questo non significa che io debba rimanere qui con voi! ›› Rose mi afferrò il braccio, stringendolo con forza.
‹‹ E dove vorresti andare? Schiatterai dopo pochi attimi se starai da sola in questo posto! ››
‹‹ Non m'interessa, io non starò qui con voi! ›› alzai involontariamente tono della voce. Non sembrò contenta di questo. Per niente.
Contrasse la mascella e strinse più forte il mio braccio ‹‹ Starai qui, invece! Viva o morta, ma starai qui!›› per qualche istante pensai che il mio braccio sarebbe spezzato da un momento all'altro, ma allentò la presa quando sentì dei colpi forti alla porta.
Non ci volle molto prima che questa cedette, aprendosi di botto e sbattendo rumorosamente contro la parete accanto. Quell'intervento improvviso e azzeccato portò gli spaccati sull'attenti, rivolgendo lo sguardo alla porta spalancata.
Non ero allarmata, ma ero piuttosto sorpresa nel vedere chi ci fosse fuori dalla porta, con un espressione preoccupata ed il fiatone dovuto, probabilmente, ad una corsa e dallo sforzo per aprire la porta.
Schiusi lievemente le labbra, poi sorrisi con fare forse fin troppo felice nel vederlo ‹‹ Thomas! ››



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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Non sapevo se essere felice o meno del suo intervento.
Pensai che forse ora sarei riuscita ad uscire senza troppi problemi, ma poi mi ricordai che Gervaso e Rose erano due caspio di spaccati psicopatici che non si sarebbero messi problemi a smembrare il ragazzo appena intervenuto.
Lui mi guardava dalla porta senza dire nulla. Una buona parte di me si stava chiedendo se prima di intervenire avesse pensato alle conseguenze, e qualcosa mi diceva che non l'aveva fatto. Forse il suo sguardo da “e adesso?”.
Rose fissò il ragazzo con un aria piuttosto divertita, poi fece una risatina squillante, indicandolo con pollice ‹‹ E questo ragazzo così gracilino dovrebbe essere qui per salvarti? E poi, che gran maleducato, ero davanti alla porta! Mi hai colpita! Ma ti sembrano modi?!›› si portò le mani sui fianchi, facendo no con la testa ‹‹ si bussa, prima di entrare! ››
Thomas sollevò un sopracciglio, scuotendo la testa poco dopo.
‹‹ Elizabeth, vieni, andiamo ›› disse con tutta calma, allungando una mano. In lui c'era uno sguardo calmo. Voleva rassicurarmi, ma non sapevo bene cosa aspettarmi.
Fissai la sua mano, poi sollevai lo sguardo verso il suo. Scossi la testa colta quasi dal panico.
Non volevo camminare verso di lui, avevo seriamente paura che gli spaccati non prendessero bene quella mossa. Una paura data anche dal fatto che, a quell'invito, Gervaso si mise a ridacchiare sotto i baffi.
C'era qualcosa che mi legava a quel raduraio. Un affetto particolare, che però non riuscivo a spiegarmi da dove arrivasse.
Fu come se riuscisse a capire cosa stavo provando, così mi rivolse un sorriso, facendo un piccolo passo dentro l'abitazione.
‹‹ Fidati di me, vieni ›› disse nuovamente, spronandomi a raggiungerlo ‹‹ andrà tutto bene ››
‹‹ Non posso, Thomas, io... ››
‹‹ Ha ragione, lei non può andare ›› sbottò Gervaso, lasciando trasparire del nervoso nella sua voce ‹‹ lei è una di noi, adesso ››
Thomas scrollò le spalle, rivolgendo un occhiata fulminea verso lo spaccato, che poco dopo legò le braccia attorno alla mia vita.
Non volevo essere toccata da lui. Non volevo essere toccata da nessuna delle persone presenti nella stanza.
Mi sentivo scomoda in quella situazione, avevo la solita sensazione allo stomaco che qualcosa sarebbe andata storta da un momento all'altro. E sperai vivamente non succedesse in quel momento.
‹‹ Lei non è una di voi ›› rispose Thomas, assumendo un tono calmo e pacato. Cercò di rimanere il più calmo possibile. Avevo quasi la sensazione di riuscire a percepire le sue emozioni, forse perché una parte di me lo conosceva piuttosto bene. La parte di me che non ricordavo.
‹‹ Beh, lei è una spaccata ›› disse Gervaso, stringendomi contro il suo petto come se fossi il suo orsacchiotto ‹‹ quindi lei è dei nostri ››
‹‹ No. Lei è una raduraia. Lei è una nostra amica ›› Thomas varcò definitivamente la soglia con un passo sicuro, stringendo una mano a pugno, come se fosse pronto a colpire Gervaso ‹‹ e lei non è un oggetto ›› piantò gli occhi su di me. Fece un cenno con la testa. Un cenno che non capivo.
Poco dopo volò un coltello dentro la stanza. Colpì Gervaso dritto nella spalla, portandolo a lasciarmi andare.
Questione di veramente pochi attimi, ma Thomas se li fece bastare per prendermi per mano e tirarmi via. Prese a correre e mi trascinò con sé. Ammetto che feci fatica a seguire il suo passo, ma decisi di assecondarlo.
Fui stupita di come Rose non si mise all'inseguimento immediatamente. Evidentemente diede priorità a Gervaso ed al coltello piantato sulla sua spalla.
Era tutto troppo semplice, però.
Thomas ed io andammo dietro un muro di una casa accanto. Era caduto e non aveva per niente l'aria di essere sicuro, ma sembrava che questo non toccasse minimamente il ragazzo, che, una volta nascosti lì dietro, poggiò entrambe le mani sulle mie spalle, chinandosi un pochino alla mia altezza.
‹‹ Stai bene? Sei ferita? ›› domandò, respirando pesantemente per via della corsa.
Annuì rapidamente e mi passai le mani tra i capelli, lasciandole cadere poco dopo sui fianchi ‹‹ sto bene. Ma... come facevi a sapere che ero lì? ››
‹‹ Ho sentito la tua voce. Io, Teresa ed Aris stavamo andando incontro agli altri, e mentre camminavamo abbiamo incrociato un ragazzo che parlava di te e di quanto, secondo lui, in poco tempo avresti rovinato la loro “famigliola”. Teresa l'ha atterrato e l'ha obbligato a dirle dov'eri ›› sospirò, rivolgendo poi lo sguardo in lontananza. Seguii il suo sguardo, vedendo che dietro un muro non troppo lontano c'erano Teresa ed Aris, poggiati contro questi. Lei era bellissima come al solito, anche se aveva i capelli scompigliati e la faccia lievemente sporca di terra, mentre invece Aris aveva un espressione da pesce lesso mentre guardava nella nostra direzione. ‹‹ poi abbiamo elaborato un piano veloce. È stata lei a lanciare il coltello. A dire il vero voleva entrare, ma sarebbe stato troppo rischioso e non possiamo permetterci altre morti.
Ed in ogni caso, non avrei permesso che ti portassero via da noi ›› accennò un sorriso, dandomi una leggera pacca.
Lo vedevo un po' impacciato in quelle mosse, ma nonostante tutto sembrò di essere il più naturale possibile.
‹‹ Ma Gervaso ha ragione, io sono una di loro ormai ›› mormorai, abbassando lo sguardo ‹‹ l'ho detto anche a Newt. Ho il virus in me, e penso che sia ad uno stadio piuttosto avanzato ›› mi passai una mano tra i capelli. La consapevolezza di essere malata era sempre pessima da affrontare, e in così poche ore l'avevo ripetuto così tante volte che ormai doveva essere un abitudine.
Thomas storse le labbra, dando una veloce occhiata in direzione di Teresa.
‹‹ Anche noi, Elizabeth, non fartene un problema. Lo affronteremo insieme. Ti prometto che ne usciremo insieme ›› alzai lo sguardo verso di lui, poi accennò un sorriso, che, però, in poco tempo scomparve.
Schiusi le labbra, e sentii una sensazione particolare in me. Quasi di spegnimento totale.
‹‹ Non fare promesse che sai benissimo di non poter mantenere ›› risposi automaticamente ‹‹ dovresti aver imparato la lezione ›› schioccai la lingua, poi sgranai gli occhi.
Non volevo dire quelle cose e non volevo dirlo con quel tono. Sentii una sensazione strana al petto, poi una fitta alla testa. Come se qualcuno mi stesse dando delle scosse che mi bruciavano il cervello ad ogni pensiero non volontario.
Bruciava tantissimo, ma nonostante le forti fitte, non riuscii ad esternare il mio dolore né con gemiti né con qualsiasi altra cosa potesse lasciar intendere quanto mi facesse male.
Rimasi neutrale, ma avevo qualche lieve senso di colpa.
Sopratutto nel vedere l'espressione di Thomas mutare come se gli avessi sputato in faccia.
Aveva capito che mi riferivo al fatto di Chuck, e sapevo benissimo che era ancora un tasto dolente per lui.
Non volevo trattarlo in quel modo, d'altronde mi aveva appena soccorsa.
Eppure, risponderlo in quel modo, mi era quasi piaciuto.
‹‹ Mi... mi dispiace ›› mormorai, ma mi dispiaceva davvero? Perché ad una parte di me non interessava poi granché. Quel senso di colpa provato pochi attimi prima era stato sostituito da una punta di divertimento. Nella mia testa c'era una fottuta lotta e non capivo più cosa provare.
‹‹ Tranquilla, è tutto okay ›› corrugò la fronte, come se capisse che c'era qualcosa che non andava.
‹‹ Thomas, dobbiamo andare! ›› gridò Teresa. Qualcosa non andava.
‹‹ Troppo tardi... ›› aggiunse infine, nascondendosi meglio dietro il muro.
Mi sporsi dal muro, notando che Rose aveva impugnato il suo coltello ed aveva la mascella contratta. Non era contenta. Avevamo pochi minuti per correre via da lì prima che cominciasse a cercare un modo per vendicarsi di ciò che le avevamo fatto.
‹‹ Nasini! ›› ci chiamò, ridacchiando col suo solito fare da psicopatica.
Avevo il voltastomaco.
‹‹ Comincio ad odiare questo nomignolo del caspio ›› borbottò Thomas. Legò un braccio attorno alla mia vita e si piegò sulle ginocchia, trascinandomi con sé.
Teresa era dall'altra parte del muro, borbottò qualcosa ad Aris e questo scosse la testa.
‹‹ Venite fuori, nasini miei! Sopratutto il ragazzo che è entrato poco fa! Bimbo, hai un nasino stupendo, sarebbe fantastico averlo tutto per me! ›› sospirò come una piccola dolce innamorata e congiunse le mani al petto.
Pochi istanti dopo, cominciò a saltellare da un muro all'altro. Cercava il punto dove c'eravamo nascosti.
‹‹ So che siete qui! Sento il vostro odore! ›› saltellava come se si trovasse in un campo fiorito, intonando un motivetto tutto suo, ma sembrava allegra. Dava un senso di disagio ascoltarla canticchiare, perché non era una scena divertente. Era come assistere ad un film horror sui clown.
‹‹ Al mio tre corriamo via ›› sussurrò Thomas al mio orecchio, dando un occhiata verso Aris. Questo annuì. Che stessero parlando telepaticamente o qualcosa del genere?
‹‹ Non sono brava come velocista ›› risposi schiettamente, sentendo sospirare pesantemente Thomas in mia risposta.
‹‹ Hai qualche idea migliore? ››
‹‹ Non ho detto questo ›› schioccai la lingua ‹‹ e poi, chi ci assicura che non sia una trappola per stanarci come conigli per poi ritrovarci accerchiati dalle volpi? ›› girai gli occhi verso i suoi.
Lui rimase in silenzio per un paio di minuti, poi si voltò a guardasi alle spalle.
‹‹ Non abbiamo molta scelta. Se restiamo qui, questa piccola psicopatica ci farà fuori di sicuro ››
aveva ragione. Dovevo ammettere che aveva ragione. Anche se sapevo che saremmo morti in ogni caso, se fossimo stati circondati da spaccati.
‹‹ Senti... mi dispiace per tutto questo ›› disse di punto in bianco Thomas ‹‹ Teresa mi ha raccontato ciò che le hai detto quando vi siete viste. Onestamente, non ho avuto molta voglia di parlare con lei, ma sapeva sicuramente qualcosa in più di te, rispetto a me. E condividiamo entrambi la sensazione di averti già vista. Sicuramente abbiamo tutti e tre un passato in comune alla C.A.T.T.I.V.O. ››
‹‹ Perché ti dispiace? Tu non hai fatto niente ››
‹‹ Perché in un certo senso mi sento responsabile per tutti voi ››
‹‹ Hai anche tu la sensazione di doverti redimere per il passato? ›› sospirai poco dopo aver pronunciato quelle parole
‹‹ Più o meno ››
‹‹ Sopratutto dopo quello che è successo a Chuck ››
‹‹ Già... ›› disse semplicemente.
Capii ciò che provava, perché era sicuramente la stessa cosa che provavo io. Forse si sentiva responsabile nei miei confronti sopratutto perché non era riuscito a salvare Chuck, ed ora non voleva che morissi anche io.
Se era vero che avevamo un passato insieme io, lui e Teresa, allora provava la stessa cosa che, in fondo, provavo anche io, ossia una sorta di legame quasi fraterno.
‹‹ Okay, al mio tre corri insieme a me. Pronta? ›› mi diede una leggera pacca sulla spalla, ed io annuii.
‹‹ Bene così. Uno... due... tre! ›› mi prese la mano alla svelta e si girò per correre, così mi alzai e feci per seguirlo. Trattenni un urletto. Non mi ero resa conto che Rose aveva già raggiunto il muro dove eravamo nascosti noi e ci stava osservando da dietro questo. Quasi mi pigliai un colpo nel vederla lì, poggiata alla parete mentre ci fissava con gli occhi dannatamente spenti ed un sorriso macabro sulla faccia.
Tuttavia non mi fermai, cercai di seguire il più possibile il passo di Thomas, senza girare a guardarmi. Teresa ed Aris ci affiancarono in poco tempo, e lei mi rivolse un ampio sorriso.
Se non avessi la mano in quella di Thomas e se non fossi stata troppo impegnata a correre, l'avrei abbracciata da quanto ero felice di vederla sana e salva.
In quel momento mi sentii quasi a casa. E non provavo quella sensazione da forse troppo tempo.
 

Avevamo corso per molto, forse troppo tempo. Il mio cuore batteva così forte da farmi quasi pensare che volesse fare le valige ed andarsene.
Thomas capii che ero distrutta, così ci fermammo una attimo per riprendere fiato.
‹‹ Questo salvataggio è stato fantastico! ›› disse Aris, sollevando un pugno al cielo ‹‹ Newt sarà stra felice di saperti sana e salva! ››
Avevo quasi dimenticato l'argomento Newt. Ricordai velocemente che, sicuramente, ce l'aveva a morte con me per ciò che avevo fatto.
Chiusi gli occhi e girai lo sguardo altrove. Notai, poi, che Teresa si era avvicinato a Thomas ed aveva poggiato le mani sul suo volto, accarezzandogli dolcemente le guance. Ma in lui c'era qualcosa che non andava. La guardava sorridendo, ma avevo la sensazione che stesse mentendo.
‹‹ Stai bene? ›› gli sussurrò lei, e lui annuì, mostrandole un sorriso che, però, non sembrava essere forzato. Sembrava essere il più sincero sulla faccia della terra.
Poco dopo si baciarono.
Decidetti di non stare lì a fissare come una piccola fangirl stalker, così mi girai in direzione di Aris, che aveva alzato lo sguardo al cielo.
Avevo una sensazione di vuoto che mi colmava il petto. Da quando era intervenuta la C.A.T.T.I.V.O. quella situazione era solo andata a peggiorare.
‹‹ Ti manca? ›› domandò di punto in bianco Aris. Si era avvicinato a me e non me n'ero nemmeno accorta.
‹‹ Chi? ›› domandai, pensando immediatamente che si stesse riferendo a Newt.
‹‹ La tua vecchia vita ›› rispose, scrollando le spalle. Quasi rimasi male a quella risposta ‹‹ io ogni tanto ci ripenso. Vorrei sapere qualcosa di chi ero prima, ed invece l'unico appello al mio passato era Rachel ›› aggiunse quasi in un sussurro, come se avesse il timore che, parlandone, rievocasse vecchi ricordi.
Rachel... la sorella di George.
Mi domandai che aspetto poteva avere quella ragazza. Avrei voluto avere una foto per paragonarla all'aspetto di George e vedere se era la sua versione femminile o meno.
‹‹ So che è morta... Mi dispiace ›› gli dissi, ma forse il mio tono era anche troppo distaccato e dava la sensazione di una a cui in verità non fregasse chissà quanto.
‹‹ Sì, è morta davanti a me ›› disse, poi accennò un sorriso per cercare di sdrammatizzare la cosa ‹‹ ma guardando il lato positivo, almeno si è risparmiata questo schifo di posto. Anche se mi manca... era la mia migliore amica ›› abbassò lo sguardo sul terreno, facendo finta di calciare il nulla ‹‹ invidio te e Thomas, sai? Almeno avete qualcuno su cui contare. Teresa ha fatto ciò che ha fatto solo per salvarlo ›› corrugai la fronte. Non sapevo di cosa stesse parlando.
‹‹ Cos'ha fatto? ››
‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. le ha detto che doveva dare a Thomas la sensazione di tradimento, o qualcosa del genere. Così l'ha praticamente preso a colpi, trattato male, poi l'abbiamo rapito, e... beh... mi ha baciato davanti a lui. Più volte. Ammetto che è stato abbastanza strano ›› ridacchiò ‹‹ poi l'abbiamo sbattuto dentro una sorta di camera a gas e l'abbiamo lasciato lì per un bel po'.
L'ha fatto perché la C.A.T.T.I.V.O. l'ha minacciata che, se non l'avesse fatto, l'avrebbe ucciso.
Spero che lui la perdoni. Lei stava malissimo, non avrebbe mai fatto nulla che potesse ferirlo. Sta uno schifo per questo, ma l'ha fatto solo per lui. Era perfettamente consapevole del fatto che avrebbe perso la sua fiducia... Forse era proprio quella la cosa che la distruggeva più di tutto ››
‹‹ Capisco cosa prova ›› dissi in un sussurro. Non ero nemmeno sicura che mi avesse sentita, ma non m'importava. Capivo seriamente cosa provava Teresa.
‹‹ Davvero? ››
annuii ‹‹ io non sono sicura che Newt mi perdonerà dopo ciò che ho fatto ›› sorrisi amaramente, abbassando lo sguardo sulle mie mani. Sentivo la sensazione di camminare su un filo e, sotto di me, avevo il vuoto più totale. Ed il filo era seriamente sottile, pronto a spezzarsi da un momento all'altro sotto il peso del mio corpo ‹‹ assieme a quel gruppo di spaccati ho praticamente teso una trappola ai radurai, per prendere Brenda e Jorge e ucciderli. E sono stata io ad elaborare il piano. Capisci? Io! Anche se il patto era quello di non far del male né a Newt né a Minho. Non importa. È stata colpa mia! Mia e soltanto mia! ›› poggiai le mani contro le mie tempie. Avevo voglia di gridare. Mi stava di nuovo pulsando la testa, ma non riuscivo nuovamente ad esternare tutto il dolore che stavo provando. Era come avere un chiodo che mi perforava lentamente il cranio ‹‹ sono un fottuto pericolo per tutti loro! Per tutti voi! ›› mi lasciai cadere sulle ginocchia, poi mi raggomitolai in me stessa. Pensai di voler perdere i sensi per non sentire più niente. Sperai che accadesse, invece no.
Sentivo quasi un fischio dentro le mie orecchie, gli occhi che pulsavano.
Era come se sentissi il virus impadronirsi del mio corpo e non permettermi di muovermi.
‹‹ Ehi, ehi, ehi, ehi! Calmati! ›› sentii la voce di Aris. La mia mano scivolò sulla mia schiena ‹‹ calmati! ›› ripeté.
Avevo voglia di urlare, e mentalmente lo stavo facendo.
Nonostante avessi gli occhi chiusi, mi sembrò di avere davanti a me un grosso schermo nero e riuscissi a vedere tutto ciò che avevo davanti. Tutta la zona bruciata.
‹‹ Calmati! ›› ripeté nuovamente. Sentivo la voce di Thomas e Teresa.
‹‹ Calmati, Liz ›› sentii la voce di Newt.
Riaprii gli occhi e sollevai lo sguardo. Lui era lì. Era chino su di me, le sue mani finirono sulle mie guance. La sua espressione... era preoccupato.
Si era sempre preoccupato da me, sin dal primo istante.
‹‹ Mi dispiace. Newt, mi dipiace! ›› dissi. Avevo un groppo in gola. Non riuscivo a muovere le mani.
‹‹ Lo so ›› rispose, poi sorrise. Quel sorriso che amavo da morire. Di punto in bianco si mise seduto. Mi strinse a lui, costringendomi ad accoccolarmi contro il suo petto.
Era bollente, ed era sudato.
‹‹ Ricordi cosa ti dissi quella volta che ci nascondemmo nel posto segreto mentre fuggivamo dai dolenti?
Che non avevo granché per cui combattere se non la convinzione cieca che da quel posto sarei uscito e avrei finalmente cominciato a vivere? Che ho cominciato a stare meglio quando sei arrivata tu e che eri la mia anestesia dal male che mi creava quel posto?»
Annuii, corrugando la fronte. Mi stava accarezzando i capelli, ma era una sensazione strana. Come se non percepissi a pieno il suo tocco ‹‹ Come la prenderesti se ti dicessi che non è più così? ››
 



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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Sgranai gli occhi. Riuscivo a guardare solo dritta davanti a me, anche se avrei tanto voluto sollevare lo sguardo per vedere quello di Newt.
Mi cinse le spalle con un braccio e strinse il mio braccio con forza. Anche troppa forza.
‹‹ C-cosa? ›› domandai. La mia voce usciva a fatica. Reprimevo delle grida nella mia gola, ma queste rimbombavano nelle mie orecchie con una voce altissima e stridula.
‹‹ Mi hai spezzato il cuore ›› disse con un tono quasi strozzato. Piangeva, lo sentivo ‹‹ hai peggiorato tutto. Hai peggiorato la mia situazione. Ora peggiorerà tutto, andrà tutto più velocemente. Lo stress... Questo posto... tu... Peggiorerà tutto! Tutto! ›› e rise. Rise come uno spaccato. La sua voce si ingrossava, sembrava un pazzo. Solo allora riuscii a sollevare lo sguardo verso di lui, ma avrei preferito non farlo.
Sul suo volto era dipinto un sorriso inquietante, la sua pelle aveva delle venature violacee e i suoi occhi erano cerchiati da delle occhiaie marroncine, con venature rossicce. Non sapevo come definire quella visione da incubo.
Avevo i brividi. Lui sorrideva, ridacchiava sotto i baffi e mi accarezzava i capelli. Poi, dal nulla, gridò e mi spinse via.
Mi gridava di stargli lontano, che avevo solo fatto casino nella sua vita. Dovevo stargli lontano, per il bene di entrambi.
Mi sentivo malissimo a vederlo così, gridava come un pazzo, non si controllava.
Poi ringhi animaleschi, le vene sul suo collo si ingrossavano, non era in sé. La pelle sembrava spaccarsi, premeva le mani sulle tempie, stava per sanguinare. Si stava procurando dei tagli con le unghie.
Mi sentivo inutile, mi sentivo male a vederlo in quello stato.
Gridava così forte da assordarmi.
Feci per avvicinarmi di nuovo, ma si girò e mi guardò con uno sguardo vuoto. Sorrideva. Aveva del sangue alla bocca. Mi afferrò per le spalle. Eravamo faccia a faccia, come se fosse pronto per baciarmi. Poi mi spinse via con forza.
Caddi quasi a rallentatore.
Sentii le grida di una donna, miste a quelle di una bambina che chiamavano insistentemente la madre. Riconobbi la mia voce in quelle grida. Sentii il rumore di passi, qualcuno correva. Rumori metallici. Il grido metallico dei D2MH. La voce di Janson che mi chiamava.
Poi colpii il terreno con la testa e chiusi gli occhi, riaprendoli poco dopo facendo un respiro profondo, come se avessi trattenuto il fiato per ore intere.
Aris era davanti a me, mi guardò con uno sguardo innocente e nascose le mani dietro la schiena.
Ero sdraiata con la schiena rivolta verso il basso. Teresa e Thomas erano dietro di me, avevano le braccia incrociate contro il petto e lei picchiettava il piede per terra.
‹‹ Indelicato ›› disse, schioccando la schiena. Mi faceva male la testa.
‹‹ Scusatemi! ›› sbottò Aris, alzando le mani al cielo ‹‹ okay, lo ammetto, forse quello spintone era un po' forte... Ma mi metteva i brividi! ››
Teresa scosse la testa e si chinò alla mia altezza ‹‹ alzati, avanti. So che sei stanca, ma dobbiamo raggiungere gli altri, capisci? ›› sussurrò con un tono dolce. Capivo bene, anche se non ero pronta ad affrontare gli sguardi dei radurai.
‹‹ Loro mi credono morta ›› sussurrai. Teresa scosse le spalle, dandomi una leggera pacca sulle mie.
‹‹ Allora saranno ben contenti di vederti sana e salva ›› rispose Thomas ancor prima che Teresa potesse aprire bocca, poi ci sorpassò e camminò davanti a noi.
Teresa sospirò e si tirò su, sforzandomi di sorridermi appena mi misi in piedi assieme a lei.
Vedevo nel suo sguardo che non stava bene, e capii, senza che mi dicesse nulla, che era per la situazione con Thomas.

Forse aveva paura che gli altri non l'accettassero, ed eravamo in due in quella situazione.
‹‹ Hai paura anche tu, vero? ›› le sussurrai spontaneamente. Lei mi guardò e schiuse le labbra.
‹‹ Un po' ›› ammise
‹‹ Facciamo così: se le cose si mettono male, fuggiremo insieme e cambieremo nome ›› le feci l'occhiolino e, in modo stupido, riuscii a strapparle un mezzo sorriso.
Avrei voluto distrarmi meglio, così da dimenticare quell'incubo ad occhi aperti.

Riprendemmo a camminare. Non sapevo in che direzione andare, ma loro sembravano essere sicurissimi della strada che stavamo percorrendo.
Teresa durante il tragitto mi raccontò il perché Aris mi aveva spinta. Ero rannicchiata in me stessa e mi stringevo e basta. Mi stringevo così tanto da sembrare quasi che volessi spezzarmi la schiena, non respiravo nemmeno, non emettevo un solo suono. Cercarono di farmi riprendere e di farmi girare, ma non rispondevo. Così Aris mi tirò su di peso e mi spinse verso il basso con forse un po' troppa forza.
Eppure avrei giurato che con tutto quello che sentivo e vedevo, avrei gridato.
Perché era quello che facevo nella mia testa. Mi sentivo gridare.
Quindi... era tutto lì. Era tutto lì il problema.
Era tornato il momento in cui perdevo i sensi e facevo cose strane? Chi mi avrebbe salvata adesso?
Avevo perso il mio punto d'appoggio, e temevo di averlo perso per sempre.
‹‹ Non pensarci, andrà tutto bene per te. Non posso dire lo stesso per me ›› disse Teresa. Ammiravo il modo con cui cercava di prendere tutto con calma.
Sapeva di essersi giocata la fiducia di Thomas con quello che aveva fatto, ma cercava di prenderla nella giusta maniera. D'altronde non l'aveva fatto per male, ma per tenerlo al sicuro. L'aveva fatto per salvarlo.
‹‹ Andrà bene anche per te, Teresa ›› cercai di rassicurarla. Ero sicura che Thomas prima o poi l'avrebbe perdonata. Non poteva essere così stupido da non capire che non l'aveva fatto per divertimento.
Lei sorrise cercando di essere il più naturale possibile, ma sapevo che non mi credeva fino in fondo.
‹‹ Prima ancora di andare da te, io e Thomas ci siamo baciati ancora. Lui dice di aver compreso a pieno il perché ho... fatto ciò che ho fatto, ma... Sento che qualcosa non va ›› sussurrò.
Sospirai, alzando lo sguardo verso Thomas. Non sapevo come decifrare quel ragazzo.
‹‹ Sarà stanco ›› azzardai. Ma non era una scusante e questo lo sapevo bene.
‹‹ Lo siamo tutti ›› replicò lei. Ma poi lasciammo cadere il discorso. Dovevamo pensare a tenere le energie per continuare a camminare sotto quel cielo che non prometteva nulla di buono.

Nessuno disse nulla finché non arrivammo ai piedi della montagna. Avevo perso il conto delle ore che impiegammo per arrivare lì, ma dovevano esserne passato parecchie.
Un altro paio di chilometri e finalmente riuscimmo a camminare su un terreno perfettamente (o quasi) livellato.
E poi un altro tratto fatto di corsa, ma almeno finalmente la situazione a livello di temperatura era più sopportabile, anche se quel cielo coperto continuava a non promettere nulla di buono.
In lontananza, dopo un po', riuscimmo ad intravvedere il gruppo A e il gruppo B. Si stavano per incontrare, ma entrambi avevano un passo lento e tirato.
Si stava alzando un polverone niente male e la vista dei due gruppi era piuttosto disturbata. Anche loro, come noi, camminavano controvento a fatica.
Il vento era sempre più forte. Cominciavo a temere l'ennesima tempesta improvvisa in quel posto.
‹‹ Caspio ›› sussurrai tra me e me. Un sussurro che venne divorato dal vento.
‹‹ Stanno camminando in quella direzione ›› disse Teresa, indicando con una mano un punto preciso che però non riuscii a vedere. Anche lei, come me, si stava riparando gli occhi dalla polvere che il vento stava tirando su ‹‹ perché non corrono? ››
‹‹ Perché mancano ancora più di tre ore ›› rispose Aris guardando l'orologio. Prima di allora non mi ero mai resa conto che ne avesse uno al polso ‹‹ a meno che non abbiamo sbagliato tutto, il porto sicuro dovrebbe essere a pochi chilometri da questo lato della montagna. Ma io non vedo niente. ››

‹‹ A giudicare dal modo in cui si stanno trascinando, è palese che non lo vedano nemmeno loro. Evidentemente lì non c'è, e non hanno nient'altro verso cui correre, a parte il deserto ›› disse Thomas con un tono palesemente rassegnato a quella visione che gli si presentava davanti.
Guardai le espressioni di Aris e Teresa. Eravamo tutti confusi da quella situazione e l'unica con a cui riuscivo a pensare era che eravamo a dir poco fregati. Se non c'era un porto sicuro, dove caspio saremo andati? Eravamo oltretutto nel bel mezzo del nulla in balia di una tempesta imminente.
Non volevo trovarmi di nuovo dentro una tempesta e non avere un caspio di riparo sopra la testa. Il solo pensiero mi terrorizzava a morte.
‹‹ Lì sopra si mette male ›› disse Aris, dando un occhiata al cielo ‹‹ E se scoppia un'altra di quelle belle tempeste con i lampi? ››
‹‹ Se succede ci conviene rimanere sulle montagne ›› rispose Thomas. Lo guardai sollevando un sopracciglio.
E dire che quella messa peggio con l'eruzione ero io... Forse Thomas mi batteva.
‹‹ Sarà, ma io non voglio friggere sulle montagne per colpa di un fulmine ›› borbottai, incrociando le braccia ‹‹ Va bene che l'eruzione mi sta divorando il cervello, ma non mi piace l'idea di essere colpita da un caspio di fulmine!››.
Teresa mi guardò ed annuì ‹‹ raggiungiamoli, poi decideremo cosa fare. Siete pronti? ›› disse, mettendosi le mani sui fianchi.
‹‹ Sì ›› rispose Thomas, ma era palesemente preoccupato, come lo eravamo tutti.
Il fatto che in quel posto non ci fosse un porto sicuro sicuramente non giovava alla situazione. Se non c'era davvero niente, avevamo affrontato la zona bruciata per nulla.
Avevamo rischiato la vita per nulla.
‹‹ Allora corriamo ›› disse Teresa, poi cominciò a correre senza aspettare una risposta da parte di nessuno. La seguii a ruota, seguita a Thomas che faceva praticamente da chiudi fila. Il che probabilmente era un bene, perché non ero poi così sicura di riuscire a reggere il loro passo e se per caso non fossi riuscita a tenerlo, probabilmente lui mi avrebbe trascinata o comunque mi avrebbe dato una mano. Mi fidavo di lui, in fondo.
Correre contro vento era anche più faticoso di correre normalmente, ma non volevo rimanere indietro o pesare sui miei compagni. Sembrava che tutti avessero la testa tra le nuvole ed io fossi l'unica che non sapeva a cosa pensare pur di evitare di avere davanti il ricordo di ciò che avevo visto.
Sperai vivamente che fosse solo frutto dello stress e non qualche brutto scherzo da parte di quella stupida malattia che mi stava divorando dall'interno.
Se mi giocava brutti scherzi ora, che non avevo ancora superato l'andata, cosa poteva farmi una volta che l'avevo superata?
Ora potevo capire perché le persone uscivano fuori di testa. Se quella malattia giocava in quel modo con la mente, era ovvio che andavi fuori di testa.
Sicuramente ad ognuno prendeva in modo differente, ma non volevo sapere altro. Volevo illudermi che ci fosse seriamente un porto sicuro, e che avrei trovato veramente una possibile cura.
Sapevo che non era così, una buonissima parte di me lo sapeva con certezza. Ma volevo dimenticare le mie certezze. Volevo credere in modo cieco che avrei trovato una cura per me e per i miei compagni.
Non mi fidavo della C.A.T.T.I.V.O.,ma sperai che quella non fosse l'ennesima bufala.
Di punto in bianco i ragazzi accelerarono il passo, spinti forse dal fatto che il vento stava diventando fin troppo forte per i nostri gusti. Sbuffai e cercai di seguirli. Thomas mi diede una lieve spinta alla schiena, spronandomi ad aumentare la velocità per stare al loro passo. Lo guardai con la coda dell'occhio ed accennai un sorrisetto forzato. Inutile che provasse a dirmi di seguirli, non avrei mai retto un passo così veloce sotto la forza di un vento così forte.

Dopo diversi minuti, finalmente, riuscimmo a raggiungere i due gruppi.
Non riuscii a guardare nessuno di loro in faccia, così mi nascosi dietro la schiena di Aris, che in quel momento era la persona più vicina e la meno sospetta. Se mi fossi nascosta dietro Thomas, probabilmente non mi avrebbe nascosta più di tanto. Sopratutto per il fatto che stava ancora correndo, a differenza mia, di Aris e di Teresa, che avevamo preso a camminare.
Aris fu quasi sorpreso di quel mio gesto, ma poi lasciò perdere le eventuali domande ed incrociò le braccia al petto.
Minho si girò verso Thomas e gli rivolse un ghigno compiaciuto, probabilmente per averlo visto integro ‹‹ ce ne avete messo di tempo per raggiungerci, lumaconi! ›› gridò Minho. Il vento era alzato così tanto da inghiottire anche le nostre voci e per comunicare tra noi, probabilmente, saremo stati costretti a gridare.
Thomas si fermò davanti a Minho e si chinò in avanti per riprendere fiato, poi si tirò su e si passò una mano tra i capelli, guardando l'amico dritto negli occhi. Cominciarono a parlare, ma non sentivo nulla per via del vento che fischiava con fare continuo nelle mie orecchie.
Minho si voltò verso di noi. Il gruppo A e il gruppo B si era unito, formando un unico grande gruppo di ragazzi e ragazze. Mi sentivo piccola ed indifesa sotto gli sguardi di tutti quei radurai sperduti mentre si guardavano attorno. Erano tutti in cerca del famoso porto sicuro.
Sentii il mio stomaco rivoltarsi quando notai l'occhiataccia che Minho rivolse ad Aris e Teresa.
Non mi aveva ancora notata, e forse era meglio così.
Dopo poco, Minho mise un braccio attorno alle spalle Thomas ‹‹ Ragazzi, lasciate passare! ›› gridò.
Teresa si scambiò un occhiata con Aris, poi si girò verso di me e fece cenno con la testa di seguirla.
Aris scrollò le spalle, poi scosse la testa e si allontanò per raggiungere Sonya e Harriet, lasciandomi allo scoperto.
Così decidetti di seguire Teresa, pur di non rimanere sola in mezzo a quella folla.
Mi aggrappai alla sua maglietta e la seguii. Tutte quelle persone attorno a me mi davano la sensazione di soffocare, ed era proprio l'ultima sensazione di cui avevo bisogno.
Si erano tutti spostati per far passare Thomas, Minho e gli altri per vedere ciò che lui voleva mostrarci.
A prima vista, ciò che vidi, non era altro che un bastone piantato nel terreno arido attorno a noi.
Poi notai un nastro arancione con una scritta sopra legato in cima, che sbatteva un po' ovunque a causa del vento che tirava. Ero stupita di come fosse integro nonostante le tempeste che c'erano state in quel posto solo ultimamente e di come, nonostante il vento, quel nastro era ancora perfettamente stretto attorno al bastone.
Probabilmente era stato piantato lì da poco, se no non potevo spiegarmi il fatto che fosse così integro.
Thomas e Teresa si scambiarono un'occhiata, poi lui si spinse in avanti per guardare meglio il bastone. Mi sfregai gli occhi per pulirli un po' dalla sabbia. Mi avvicinai un pochino anche io, facendo attenzione a non espormi troppo alla vista di Minho, nonostante fosse accanto a Teresa e a pochi centimetri da me. Mi stupii di come non mi notò.
Più tardi mi avrebbe notata, meglio sarebbe stato per me. Cercai di affinare il più possibile la vista, poi sbiancai quando riuscii finalmente a leggere ciò che c'era scritto.
Guardai Teresa come per chiederle se anche lei vedeva ciò che vedevo io, ma dallo sguardo che aveva sia lei che Thomas, non avevo bisogno di ulteriori conferme.
Su quella caspio di bandierina, c'era scritto “IL PORTO SICURO”.

Thomas cadde in ginocchio e toccò il nastro . Io mi persi in me stessa.
Quello era il fottutissimo porto sicuro? Quel caspio di bastoncino? E che diavolo dovevamo farci? Colpire i fulmini quando cadevano e sperare che volassero lontani? O magari picchiare gli spaccati?
O, dai, magari era come excalibur e quell'affare poteva essere estratto solo dal prescelto!
Mi poggiai le mani sulle tempie e le feci scivolare verso il basso.
Mi sentivo bollente e, allo stesso tempo, sentivo le mani congelate.
Thomas stava dando di matto, discuteva con Minho e, nonostante io fossi a pochissimi centimetri da loro, non sentivo nulla talmente decisi di isolarmi dal discorso.
Mi concentrai sul discorso solo quando lo sentii rispondere male a Teresa, poi si girò e se ne andò.
Mi stupii nuovamente del fatto che non mi avesse vista, ma forse era solo grazie al vento e alle persone che erano radunate attorno a noi.
Il fatto che c'erano altre ragazze in quel posto stava giocando a mio favore.
Brenda, di punto in bianco, spuntò fuori dal gruppo e si avvicinò a Thomas e Teresa. Il vento le agitava i capelli lunghi, anche se lei cercava di continuo di sistemarseli dietro le orecchie.

Mi avvicinai a loro anche io, stando dietro di lei.
‹‹ Questa è la ragazza di cui mi hai parlato? Quando eravamo abbracciati nel camion? ›› disse.
Sospirai pesantemente, ed in quel momento benedii il fatto che ci fosse vento e che quel mio sospiro non si sentì.
‹‹ Sì. No. Cioè... sì ›› rispose Thomas. Teresa allungò la mano verso Brenda, che la strinse.
Per qualche secondo pensai che le cose sarebbero precipitate da un secondo all'altro.
‹‹ Sono Teresa ›› disse con calma.
‹‹ Piacere di conoscerti. Io sono una spaccata. Sto impazzendo poco a poco. Mi viene continuamente voglia di mangiarmi le dita e ogni tanto di uccidere qualcuno. Il qui presente Thomas mi ha promesso di salvarmi ›› mi stava urtando il sistema nervoso. Non ci trovai nulla di divertente, anche se lei probabilmente ci stava scherzando su.
Una buona parte di me pensò che forse era il caso di salvare solo Jorge.
Sollevai gli occhi al cielo, mentre invece Thomas fece una smorfia ‹‹ molto divertente, Brenda ››
‹‹ Vedo con piacere che riesci ancora a scherzarci su ›› disse Teresa con uno sguardo freddo come il ghiaccio.
‹‹ Io sono una spaccata. Sto impazzendo poco a poco. Mi viene continuamente voglia di mangiarmi le dita e ogni tanto di uccidere qualcuno. Il qui presente Thomas mi ha promesso di salvarmi. ›› dissi, imitando la vocina di Brenda.
Quella frase mi aveva seriamente fatta alterare, forse per la situazione. In fondo non c'era seriamente nulla su cui scherzare. Capivo che Brenda voleva solo punzecchiare Teresa, ma toccare un argomento così delicato lo trovai seriamente fastidioso.
Lei quasi sobbalzò e si girò. Non si aspettava di sentire la mia voce. Allora schioccai la lingua ed incrociai le braccia, accennando un sorrisetto sarcastico e provocando, così, una risatina soffocata da parte di Teresa ‹‹ Idiota ›› sbuffai ‹‹ Ti prenderei a schiaffi dopo questa frase da rincaspiata. ››
‹‹ Oh, Elizabeth! Tu non eri, tipo, morta? ›› rispose lei di rimando, sollevando un sopracciglio a quella mia provocazione.
Ridacchiai e scossi la testa ‹‹ ti piacerebbe, vero? ››
‹‹ A dire il vero non ho detto niente di simile ›› corrugò la fronte, poi scrollò le spalle. La cosa evidentemente non la toccava per niente, il che era probabile.
‹‹ Per essere una spaccata, ci scherzi piuttosto bene su questa situazione ››
‹‹ Non sono completamente andata e sono rassegnata alla cosa.
In ogni caso, sono contenta che tu sia viva ›› disse semplicemente, scrollando nuovamente le spalle.
Thomas soffocò un finto colpo di tosse, si grattò la testa e si guardò intorno.
Avrei voluto risponderle di nuovo, ma pensai che non ne valesse veramente la pena.
‹‹ Io mmmh... Devo parlare con Newt ›› disse Thomas, poi si voltò e se ne andò, lasciandoci sole per andare a cercare Newt.
Sentii una mano sulla mia spalla, così mi girai di botto, ritrovandomi faccia a faccia con Minho.
Lui sgranò gli occhi per la sorpresa, poi mi squadrò, indeciso se mantenere l'aria di sorpresa o sostituirla con una di disgusto.
Forse sbiancai ‹‹ Tu?! ›› disse, quasi sibilando tra i denti.
‹‹ Io ›› risposi, deglutendo a forza.
‹‹ Ti credevo morta! ›› scosse velocemente la testa. Strinse la mano attorno alla mia spalla, così da non permettermi di andare via in caso stessi valutando l'idea.
‹‹ No. Non sono morta. Non so cosa mi sia preso, ma non sono morta ››
‹‹ A quanto pare ha fatto finta di sgozzarsi, la spaccata qui presente ›› disse Brenda, mordendosi l'unghia del pollice destro ‹‹ Sai, Elizabeth, Newt ci ha raccontato cosa gli hai detto. Finirai anche tu con l'avere voglia di mangiarti le mani ››
‹‹ Chiudi la bocca, Brenda ›› dissi quasi in un ringhio. Non avevo più voglia di sentire le sue provocazioni. Tanto meno se si sentiva spalleggiata dal fatto che Minho ci avesse raggiunte.
‹‹ Come vuoi, calmati! ›› sbuffò, poi si girò a guardare Teresa, che era rimasta in silenzio a squadrarla.
‹‹ Ci hai seriamente teso una trappola, quindi? ›› riprese Minho, corrugando la fronte mentre mi guardava.
Sospirai, non volevo nemmeno ricordare quel dettaglio. Non ero in me, forse non ero più lucida da un po' di tempo. Stavo perdendo il contatto con me stessa e non sapevo bene come esternare quella sensazione in modo che loro lo capissero.
‹‹ Sì ›› risposi, cercando di essere il più calma possibile ‹‹ mi dispiace ››
‹‹ Credi che un semplice “mi dispiace” possa bastare? ›› sollevò un sopracciglio ‹‹ caspio, Beth, sai cosa significa il fatto che ci siamo rimasti tutti di sploff? Non ti dico l'espressione di Newt quando siete andati via. Ma che caspio ti girava in quella testa? Un dolente con l'eruzione? ›› allargò le braccia.
Sbuffai ed incrociai le braccia al petto ‹‹ sentiamo, cosa vuoi che faccia, una fossa per poi buttarmici dentro? Minho, ho già detto che mi dispiace! Se è vero che Newt vi ha detto ciò che gli ho detto, allora saprai che non ero in me! Non farei mai nulla che possa farvi del male! ›› risi in modo isterico, passandomi poco dopo le mani tra i capelli ‹‹ siete la mia unica caspio di famiglia! ››
non sapevo perché, ma avevo la sensazione che Minho non mi credesse.
Forse ebbi quella sensazione perché sbuffò con fare quasi scocciato. Mi guardò, si passò una mano tra i capelli, poi alzò gli occhi al cielo. La tempesta era imminente, delle nuvole in cielo vorticavano in modo vertiginoso ‹‹ vado dagli altri ›› disse.
Lo guardai mentre andava a sedersi accanto a Newt.
E lui era lì, immobile. Minho gli disse qualcosa, lui alzò lo sguardo e mi guardò, ma non si alzò nemmeno per un secondo. Non fece nulla. Tornò semplicemente a guardare Minho, per poi spostare lo sguardo su Thomas e sorridergli. Mi aveva seriamente ignorata in quel modo?



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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


‹‹ Fantastico! ›› sbottai. Teresa era vicino a me non me ne resi nemmeno conto. Lei poggiò una mano sulla mia spalla e accennò un sorriso per provare a rassicurarmi, mentre invece Brenda se n'era andata da un pezzo, sicuramente per raggiungere Jorge.
‹‹ Non pensarci, si risolverà tutto ›› disse Teresa. La guardai con aria veramente poco convinta, ma poco dopo sparì ogni pessima sensazione.
Sentii come qualcosa rompersi in me. Non era la classica sensazione da “cuore infranto”, ma era un qualcosa di ben più forte.
‹‹ Bene così ›› risposi con un tono spento, poi cominciai a camminare senza un meta precisa.
Per qualche ragione che nemmeno io ero in grado di spiegarmi, cominciai a camminare tra i radurai e a contarli. Teresa era dietro di me, come se volesse assicurarsi che non mi perdessi un'altra volta.
Era l'unico mio appoggio col mondo che mi circondava, e questa era l'unica cosa di cui ero cosciente.
La mia testa era altrove. Contavo senza neanche rendermene conto.
Un raduraio, due radurai, tre radurai, quattro radurai... arrivata a dieci, ricominciai. Ma nella mia testa il conto continuava in modo regolare. Ero arrivata quasi a ventisei.
Avrei potuto contarli in eterno. Per qualche strano motivo lo trovavo un ottimo modo per occupare la mente.
‹‹ Ehi, Hermana, ferma! ›› mi fermai e mi girai lentamente verso Jorge, che aveva un tono felice nel vedermi lì.
Mi sorrideva con sincerità ‹‹ sono felice che tu sia viva! Pensavo che tu... ehi, c'è qualcosa che non va? ››
‹‹ No, va tutto alla grande ›› risposi, sforzandomi di sorridere. Ma in verità non provavo assolutamente nulla, ero semplicemente spenta e sentivo solo la capacità di provare rabbia.
‹‹ Se lo dici tu ›› corrugò la fronte.
Ebbi di nuovo quella sensazione strana che provai quando cercai di salvare lui e Brenda. Solo che la vista di quest'ultima, che era dietro di lui, mi recò solo nervoso nel vederla lì.
‹‹ Devo andare ›› sbuffai, fissando la ragazza dietro di lui che scosse la mano per salutarmi.
Lui corrugò la fronte ‹‹ sicura che vada tutto bene? ››
‹‹ Sì ›› feci per andarmene, ma prima che potessi spostarmi, mi afferrò il braccio e fissò gli occhi nei miei. Era pronto a parlare, ma poi si zittì. Forse lesse nel mio sguardo che non ero in vena di discorsoni, tuttavia non sembrava intenzionato a lasciarmi andare con così tanta semplicità.
‹‹ Sai, abbiamo dovuto trovare una strada alternativa per andare via da lì ›› disse, cercando di suscitare un qualche interesse in me ‹‹ abbiamo dovuto lottare contro il gruppetto di spaccati dei tuoi nuovi amigos. Questi erano accampati in una grotta. Lasciati dire che comunque hai fatto un buon lavoro da stratega ›› accennò un sorriso. Non disse quelle parole con troppo astio ‹‹ e ti dobbiamo la vita, nonostante tutto. Capisco che è stata l'eruzione a farti agire in quel modo, e che non eri in te. ››
annuii. Per qualche secondo, in me si smosse qualcosa. Una piacevole sensazione di sollievo, che durò pochi attimi, ma almeno la provai.
Accennai un sorriso sincero, che svanì lentamente, sostituito di nuovo da quella sensazione di apatia assoluta.
‹‹ Sul serio? ›› borbottò Brenda.
Teresa sbuffò a quelle parole e fece per ribattere, ma venne zittita, attirata da Minho che indicò un punto alle spalle di Thomas
‹‹ Cos'è quello? ›› gridò poi.
Una grossa sezione di deserto si stava “aprendo” come fosse un grosso quadrato e aveva preso a ruotare attorno ad un asse diagonale, mentre una porzione di terra girava lentamente su sé stessa e quello che c'era sotto si sollevava per rimpiazzarla.
Un movimento meccanico provocò uno stridore che perforò l'aria e mi diede la sensazione di perforarmi i timpani, ma non era niente di nuovo.
In poco tempo quella sorta di quadrato si fermò, sostituendo l'angolino desertico di poco prima con una superficie di materiale nero e un oggetto sopra questo.
Era lungo e bianco, con i bordi arrotondati.
‹‹ È una... bara? ›› domandò Brenda, avvicinandosi a Jorge e afferrato il bordo della sua maglietta.
‹‹ Una specie ›› rispose lui.
Teresa si affiancò di più a me ‹‹ ho visto qualcosa di simile quando sono saltata nella tana dei dolenti assieme a Thomas e Chuck ›› mi sussurrò, come se non volesse farsi sentire da Brenda e Jorge.
La guardai con la coda dell'occhio. Quelle parole di certo non contribuivano a creare un clima che fosse minimamente calmo.
A guardare bene quell'oggetto, aveva un qualcosa di familiare.
Magari era qualcosa che avevo visto durante la creazione dei D2MH ed ora non ne avevo più memoria. Se aveva a che fare con i dolenti, come voleva lasciarmi intendere Teresa, era molto probabile.
‹‹ Magari loro dormivano là dentro ›› aggiunse lei, come se fosse un qualcosa a cui aveva pensato solo in quel momento ‹‹ ma non avevano di certo l'aria di esseri capaci di farlo... Beh, ma in qualche modo dovevano rigenerarsi, no? ››
Scossi la testa, ragionando per qualche secondo. Se la marchiatrice aveva un posto dove praticamente si ricaricava, in effetti, dovevano avercelo anche i dolenti.
‹‹ Più o meno ›› le risposi ‹‹ probabilmente è più come un caricabatterie, per loro. Non penso che dormissero ›› avrei voluto aggiungere “non mi sono fermata a rileggere il loro progetto, onestamente”, ma lasciai perdere.
Ciò che in quel momento mi venne in mente come maggiore preoccupazione (per così dire), era il fatto che se quell'affare che avevamo davanti era una sorta di “caricabatterie” per i dolenti, allora... dovevamo di nuovo avere a che fare con loro?
Non c'erano muri o posti per nascondersi in quel posto. Saremo certamente morti tutti.

‹‹ In ogni caso, non voglio avere di nuovo a che fare con quei cosi! ›› disse, attirando immediatamente l'attenzione di Brenda, che l'aveva sentita.
‹‹ Quei cosi cosa? ›› domandò lei, e Teresa la ignorò apertamente, fingendo di non averla nemmeno sentita. Lei, ingenuamente, ci cascò, così rivolse lo sguardo a me, ma feci la stessa ed identica cosa di Teresa.
La mia attenzione venne catturata da altre sezioni di terra desertica che presero a fare la stessa ed identica cosa che fece quella precedente. Cominciarono a ruotare, spalancandosi come grosse fauci, e circondandoci in poco tempo. Erano circa una trentina.
La C.A.T.T.I.V.O. ci aveva teso una trappola? Non avevamo passato il test ed ora eravamo inutili?
Che caspio stava succedendo?
Mi guardai attorno con fare distaccato, ma dentro di me, la mia coscienza di stava aggrappando con le unghie alla carne viva, gridando l'ansia che avevo racchiusa dentro come se fosse un tesoro.
Non mostravo alcun tipo di emozione, ma in ogni caso non sarebbe stata assolutamente utile in quel caso. Mantenere quella calma tetra mi avrebbe solo giovato.
Nonostante tutti avessero le mani alle orecchie per lo stridore fastidioso creato da quegli aggeggi, io non ero quasi per niente infastidita. Era come se fossi abituata a quel genere di suono, anche se era più forte del normale.
Erano tanti piccoli sottospecie di piedistalli, alla fine, e sopra di questi c'erano quelle sorta di bare bianche.
Il vento ci sbatteva in faccia la polvere che producevano quegli affari mentre venivano fuori, ed era davvero parecchia.
Socchiusi gli occhi e li riparai con la mano, dando un lieve colpo di tosse.
‹‹ Non possono essere i dolenti, caspio ›› pensai, poi mi girai in cerca di Teresa, notando che stava cercando di ripararsi anche lei dalla polvere.
A pensarci bene, seriamente, non potevano essere dei dolenti lì dentro, e nel peggiore dei casi non potevano essere nemmeno dei D2MH. Non sarebbero sopravvissuti in quel posto, la loro pelle era appiccicosa e magari la polvere non permetteva loro di muoversi liberamente... anche se i D2MH avevano più metallo e magari più riparo dalla polvere.
‹‹ Impossibile comunque ›› pensai ‹‹ dopo la morte dell'alpha, sono morti tutti. Lui era l'ultimo ›› pensai, cercando di autoconvincermi di quelle parole. La C.A.T.T.I.V.O. non poteva essere stata così stupida da ricrearli senza avere un posto sicuro dove gettarli, come, ad esempio, il labirinto. Non potevano tenerli dentro la base, quei cosi erano troppo pericolosi per loro e non li avrebbero controllati con così tanta facilità.
Mi girai di nuovo verso Teresa.... ma lei era sparita. Non la vidi più.
La cercai con lo sguardo e, dopo un po' di faticosa ricerca di via della polvere che svolazzava, la trovai. Era andata verso Thomas, così preferii lasciar perdere. L'avrei consultata più tardi.
Pochi istanti dopo notai che in quella direzione si stava formando un momento niente male. Anche Brenda e Jorge si erano avvicinati, probabilmente in cerca di risposte come lo erano tutti gli altri.
‹‹ Bene. Fantastico! ›› sbuffai. Sentivo una certa sensazione di rabbia pervadere il mio corpo.
Non avevo bisogno di nessuno, potevo benissimo trovare le risposte da sola.
D'altronde, ero un piccolo genio, no?
Annuii a me stessa, assumendo quasi un espressione soddisfatta e mi girai nella loro direzione, come se volessi fargliela notare.
Ma la mia espressione mi si congelò sul viso quando notai che Harriet e Sonya si erano avvicinati a loro. Harriet parlò e Newt le rispose, ma non era quello che catturò la mia attenzione.
Lo fece il fatto che Sonya e Newt erano troppo vicini per i miei gusti, e nella mia testa sentii mille pensieri farsi spazio.
Dubbi, forse. Complessi.
Cosa si erano detti? Perché lei lo guardava in quel modo? Erano troppo vicini.
Lei era troppo carina, io no. Lei era più magra di me. Lui sta guardando, ed ora?
Perché non mi cerca? Che la trovasse più carina di me? D'altronde non mi aveva rivolto una sola occhiata da quando ero lì. O meglio, sì, ma si era girato praticamente subito. Che trovasse lei più interessante? In fondo avevano sicuramente qualcosa in più in comune, lei era nella radura da più tempo di me, anche se in un gruppo diverso. E lei era anche la seconda in comando nel suo gruppo.
Contrassi la mascella. Avevo troppe domande e sentivo quasi mal di testa da quanti dubbi mi stavano venendo. Vedevo solo loro due vicini e nel frattempo nella mia testa si ripetevano vari filmini mentali tutti insieme, dove i due si comportavano come una coppietta felice.
Cosa stavo facendo io lì? Non avevo viene da far invidia a Sonya, niente che potesse competere con lei.
Strinsi i pugni delle mani, contraendo di più la mascella, come se volessi spaccarmi i denti.
‹‹ Elizabeth, ehi! Ciao! ›› squittì una voce a me familiare. Mi girai verso quella voce, mantenendo la mascella contratta. Non mi ero resa conto che il mio respiro si era fatto pesante.
‹‹ Oh, ehi, cavolo, sembri pronta a picchiare qualcuno! ›› era Evangeline.
‹‹ Sembro? ›› sorrisi con fare forzato. Sentivo i brividi lungo tutto il corpo ed il cuore pulsare adrenalina. Ero come una mina vagante e lei doveva essersene accorta.
‹‹ Cavolo, chi ti ha fatta arrabbiare? Hai le vene ingrossate e... scure. Dannazione, che ti prende? Fai quasi venire i brividi! Sembri in piena mutazione! ››
‹‹ Ho bisogno di parlare con Sonya. ›› dissi, ignorando le sue domande, poi mi girai e feci per andare nella direzione della ragazza bionda.
Eva sgranò gli occhi e mi afferrò il polso, facendo forza per tenermi ferma ‹‹ No, tu hai bisogno di calmarti! ››
Girai di scatto la testa e strattonai il braccio con forza, riuscendo a liberarmi senza alcun problema.
Lei si massaggiò la mano e corrugò la fronte. Dovevo averle fatto male.
‹‹ Cavolo, perché non hai tirato fuori tutta questa forza quando dovevamo liberarti dalla palla metallica? ››
Risi in modo isterico e mi guardai le mani ‹‹ forza? Sono forte? Bene! ›› mi girai verso Sonya, stringendo i pugni.
Prima che potessi fare un solo passo, Evangeline si lanciò su di me, come se sapesse perfettamente che da un momento all'altro avrei corso nella direzione di Sonya.
Mi atterrò e puntò le ginocchia sul mio stomaco.
C'era baccano attorno a noi per via del vento che frustava in modo insistente, nessuno sembrò notare quella mossa.
‹‹ Lasciami stare! ›› gridai, cercando di spostare Eva che prese i miei polsi e li puntò contro il terreno.
‹‹ Ma stai scherzando? Non sono pazza, non ti lascio andare! ››
‹‹ Bene, io sì, lo sono! ›› gridai di nuovo ‹‹ sono una caspio di spaccata che ora prenderà a pugni quella caspio di biondina! ››
‹‹ Falla finita, non sei pazza! È tutto nella tua testa! Ne sono sicura! Ora calmati! ››
Sapevo di potermi liberare senza problemi, quindi feci per alzarmi, ma un sibilo acuto squarciò il rumore del vento. Girai gli occhi in direzione delle capsule e notai che si stavano aprendo.
‹‹ Che succede ora? ›› disse Eva, sbuffando rumorosamente ma tenendo le mani sui miei polsi.
Il rumore del vento divenne più forte e venne accompagnato dal rimbombo di alcuni tuoni. La tempesta di stava avvicinando sempre di più, e sovrastò di gran lunga il suono che producevano quelle capsule che nel frattempo si aprivano sempre di più.
I radurai si stavano stringendo in sé stessi. Le uniche ferme eravamo noi, non avevamo bisogno di muoverci, e forse Evangeline pensava che non fosse il caso, dato come mi stavo comportando.
Stava dando prevalenza a me.
I coperti delle capsule toccarono terra, ma considerando che ero sdraiata con le ginocchia della ragazza asiatica puntate sullo stomaco, non riuscii a vedere cosa ci fosse lì dentro.
‹‹ Caspio, ma ti vuoi spostare?! ›› sbottai infastidita
‹‹ E tu ti vieni calmare, “caspio”? ›› rispose lei, schioccando la lingua.
Feci roteare gli occhi, poi sbuffai ‹‹ sono dannatamente calma, okay? Ora ti levi? ››.
Lei mi guardò ben poco convinta della cosa.
‹‹ Thomas! ›› sentii Minho gridare, così rivolsi gli occhi nella sua direzione. Riuscivo a sentirlo a fatica per via del rumore dei tuoni e del vento, che segnavano che da lì a breve quella dannata tempesta si sarebbe abbattuta su di noi.
‹‹ Cosa? ›› rispose Thomas, sempre gridando per farsi sentire dall'amico.
‹‹ Tu, io e Newt! Andiamo a controllare! ›› rispose Minho. Sgranai gli occhi, stringendo i pugni.
‹‹ Ma sono matti?! ›› gridai, spalancando la bocca, rischiando di ingerire kili di polvere.
‹‹ Parla quella che stava per andare ad ammazzare di botte Sonya! ››
ero pronta a risponderle, ma la mia attenzione venne catturata da quello che stava uscendo da quelle dannate capsule.
Mi concentrai su uno di loro, così da capire cosa dovevo aspettarmi.
Non sapevo come descrivere quella visione, non era niente di familiare.
Prima un braccio deforme, lungo. Forse un po' troppo lungo. Faceva quasi senso.
Le sue dita erano quattro, di diverse lunghezze, deturpate e marrocine.
Si muovevano nel tentativo di afferrare qualcosa, ma lì non c'era nulla. Forse stavano semplicemente cercando un appoggio per riuscire ad alzarsi senza troppi problemi.
Il suo braccio era pino di rughe e bubboni, e dove doveva esserci il gomito, c'era una sorta di protuberanza sferica di circa dieci centimetri di diametro. Era arancione e brillava, come una lampadina.
Poco dopo spuntò una gamba ed una sorta di ammasso di carne che, sicuramente, fungeva da piede, ed attaccato a questo aveva quattro bitorzoli al posto delle dita, che si agitavano come quelli delle mani, e sulle ginocchia aveva un'altra di quelle sorta di protuberanze arancioni che si illuminavano. Sembravano crescere dalla pelle. Metteva un senso di nausea solo a guardarlo.
‹‹ Ew. ›› commentò semplicemente Evangeline.
‹‹ Ora mi lasci libera? ›› sbottai impaziente. Lei si spostò alla svelta, capendo che lì la situazione era decisamente peggiorata e non c'era bisogno che mi tenesse, considerando che mi sarei dovuta guardare le spalle da quei cosi.
‹‹ Sì, decisamente, ora sì ›› si pulì i vestiti dalla polvere, affrettandosi a tornare composta.
Ora quelle creature erano tutte fuori dalle loro capsule, anche se erano cadute a terra per lo sforzo di tirarsi fuori. Assomigliavano ad una forma umana, ma più grossa e distorta.
Si tirarono su. Erano caspiamente alti, quei cosi. La cosa che mi incuriosiva di loro, però, erano quelle caspio di escrescenze luminose. Ad occhio e croce era una ventina sparse per il corpo della creatura. Poi notai una cosa che mi fece accapponare la pelle.
Quelle creature non aveva una faccia, ma una grossa protuberanza. Sollevarono tutti le braccia verso il cielo e, in pochi attimi, dalle loro dita mozzate di mani e piedi, e dalle spalle, spuntarono fuori delle lame sottili.
Emisero uno strano lamento inquietante, e considerando che quei cosi non avevano bocca, venne da chiedersi da dove provenisse un suono così sinistro.
Sgranai gli occhi, girandomi istintivamente verso Newt. Lui era immobile e fissava le creature davanti a sé. Aveva le labbra schiuse ed un espressione incredula.
‹‹ Ce n'è più o meno una a testa! Usate tutte le armi che avete! ›› gridò Minho e, quasi come se avessero avvertito la sfida, le creature cominciarono a muoversi nella nostra direzione, trovando passo a passo l'equilibrio per camminare sempre più velocemente.
Mi resi conto di essere totalmente disarmata, e se ne accorse anche Eva, così tirò fuori un pugnale dalla tasca.
‹‹ Tieni! L'ho rubato ad uno spaccato ›› disse ‹‹ io ho il mio fedele pugnale ›› mi fece l'occhiolino, cercando di rassicurarmi ‹‹ cerca di non farti ammazzare! Tira fuori un po' di quella rabbia, ora, sfogati su questi.... cosi ›› concluse, poi seguì gli ordini che Harriet stava impartendo al gruppo B.
Fissai il coltello che avevo tra le mani, poi diedi una veloce occhiata in direzione di Sonya.
A lei avrei pensato più avanti. Ora dovevo pensare a sopravvivere, così rivolsi la mia attenzione a Minho, anche se una buona parte di non voleva ascoltarlo.
Oltretutto, anche volendolo fare, non sentivo nulla per via del vento e del casino che stava facendo la tempesta che, lentamente, si faceva strada nella zona bruciata.
I radurai ed il gruppo B si era disposto in cerchio, ed io cercai di stare nella mia posizione.
Eravamo fermi in attesa che arrivassero o cosa?
Mi girai di nuovo, cercai Newt con lo sguardo.
Ora provai un emozione.
Provai paura.... provai paura per lui.
Corrugai la fronte, sospirai. Lui sembrò sentirsi osservato, così si girò, incrociando il mio sguardo.
Qualcosa si mosse dentro di me, ma non sapevo che emozione fosse.
Ero ancora preoccupata per lui, come quella volta che rimase ferito al petto.
Non riuscii a reggere il suo sguardo, così mi girai a guardare la creatura che avanzava lenta verso di me, muovendo in floscio quelle sue lunghe braccia.
‹‹ Adesso! ›› Gridò Minho, e fu un miracolo riuscire a sentirlo sotto quei rumori assordanti della tempesta ‹‹ Caricate! ›› gridò di nuovo, e tutti partimmo.
Ognuno di noi aveva una creatura davanti a sé.
Preoccupazione. Non avevo altro per la testa. Preoccupazione e rabbia. Dovevo affidarmi alla rabbia.
La rabbia era data da prima, era ancora in circolo. Mi faceva arrabbiare anche il fatto di trovarmi di fronte ad un'altra creazione della C.A.T.T.I.V.O.. Non sapevo chi fosse l'inventore di quegli esseri, e forse non volevo nemmeno saperlo davvero.
In ogni caso era un aborto di progetto, sicuramente, o qualcosa fatto con noia.
Pochi metri di corsa e ci trovammo faccia a faccia col nostro avversario. La creatura si fermò e si mise in posizione d'attacco, cercando di colpirmi con le lame delle mani.
La schivai senza troppi problemi. Mi sembrava di avere tutto il tempo del mondo per schivarlo.
Lasciai che la rabbia prendesse il sopravvento su di me. Lasciai che il mio corpo potesse sfogarsi contro quella creatura. Colpivo col pugnale dove meglio mi veniva. Schiena, arti, collo... Ma quella creatura non sembrava sentire niente. Assolutamente nulla. Sembrava arrabbiarsi e basta.
Non era possibile.
‹‹ Perché non crepi?! ›› gridai in preda ai nervi, poi colpì con violenza una di quella specie di lampadine e la feci esplodere. A quel punto, finalmente, sentii una sorta di lamento da parte della creatura.
Ma certo! Le lampadine! Erano come il cuore della creatura! Per quello erano luminose!
Se effettivamente erano come i dolenti, ossia mezzo macchina e mezzo viva, allora dovevano avere una sorta di cuore, no? E il loro era esposto, ed era multiplo.
Ero talmente accecata dalla rabbia che non avevo effettivamente attivato il cervello.
Presa dalla foga di aver capito il trucchetto, cominciai a cercare di colpire quei punti strategici dove si trovavano quelle sorta di lampadine luminose.
Lo scoppiettio di queste, le piccole scintille che facevano quando esplodevano ed i lamenti della creatura erano come gioia per le mie orecchie, e cercai di liberarmi di questa il più velocemente possibile, anche se in un certo senso, capito il trucchetto, divenne quasi un giochino divertente, anche se richiedeva molta forza.
Poi, di botto, esplose qualcosa non troppo distante da me, che fece barcollare la creatura che, poco dopo, cadde a terra, visto che il forte suono fece esplodere l'ultima lampadina, che avevo già colpito e scheggiato, ma non ero riuscita a farla esplodere.
Era stato un fulmine a causa quell'esplosione e quel boato assordante.
La tempesta era ufficialmente cominciata.



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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


I fulmini esplosero ovunque, colpendo in vari punti la zona in cui ci trovavamo. Quel posto era un incubo continuo dal quale non potevamo svegliarci, perché ad ogni secondo ne succedevano di tutti i colori. Tra i mostri, i fulmini, i morti, quel posto era peggio dell'inferno.
Osservai la creatura che si trovava davanti a me, distesa e morta a terra, poi mi guardai attorno.
La creatura che aveva lottato con Thomas era mezza carbonizzata, anch'essa morta, Teresa era in piedi sul suo nemico, colpendo l'ultima lampadina con la parte inferiore della lancia, Minho si stava rialzando da terra, Frypan vomitava, Evangeline stava andando in soccorso di qualcuno e Newt... beh, lui era chino su sé stesso e stava riprendendo fiato.
Avevo ancora quella pessima sensazione di apatia addosso, tant'è che non notai nient'altro nello scenario di battaglia che avevo attorno.
Notavo solo che era un inferno, ma non mi dava nessuna sensazione. In me era tutto spento. Anche la rabbia era sparita. Era come se mi fossi decisamente liberata di ogni sensazione uccidendo quella creatura.
Camminai verso Newt. Non mi ero nemmeno resa conto di camminare, onestamente, ma lo feci.
Mi ritrovai ben presto davanti a lui. Era ancora chino con le mani sulle ginocchia. Doveva essere distrutto. La creatura contro la quale aveva combattuto era poco distante da lui.
Sollevò lo sguardo lentamente, corrugò la fronte quando notò che la persona che aveva davanti ero io.
‹‹ Elizabeth ›› disse semplicemente. Il fatto che non mi avesse chiamato “Liz” non era un buon segno.
‹‹ Newt ›› risposi.
Sentii qualcosa rompersi in me, di nuovo, ed una piccola scossa mi percorse la schiena, provocandomi fitte dolorose alla testa. Tuttavia fu come se non mi fosse concesso esprimere dolore in alcun modo. L'unica cosa che riuscii a fare, fu sollevare la testa, facendomi sembrare una persona altezzosa.
‹‹ Ti sei divertita con i tuoi nuovi amici? ›› rispose, lasciando trasparire una punta di sarcasmo.
Non risposi subito, inizialmente mi limitai a studiare il suo sguardo.
I suoi occhi fissavano i miei come se volesse guardarmi dentro, come se volesse dirmi qualcosa attraverso questi. Ma io, onestamente, non percepivo nulla da parte sua. Ero vuota.
‹‹ Parecchio ›› risposi, poi corrugai la fronte. Non volevo rispondere in quel modo, eppure l'avevo fatto ugualmente.
Poi, quasi per farmi pentire del fatto che non volessi risponderlo male, mi passò per la mente l'immagine di lui e Sonya assieme.
E riecco tutte le domande, i dubbi, i pensieri negativi che mi avevano riempito la mente poco prima.
L'insicurezza, i dubbi, ma soprattutto la rabbia.
‹‹ Bene così ›› disse, chiudendo gli occhi e riaprendoli pochi istanti dopo ‹‹ e dove sono adesso? ››
‹‹ Che t'importa? ›› risposi di nuovo, schioccando rumorosamente la lingua contro il palato.
Lo vidi corrugare la fronte, poi sollevò le mani al cielo come se volesse arrendersi ‹‹ Oh, beh, scusami! ››
‹‹ Attento! ›› gridò una ragazza alle sue spalle. Riconobbi la voce della biondina, e quasi mi andò il sangue al cervello da quanto mi stava salendo il nervoso.
Una di quelle creature stava per colpire Newt nel tentativo di liberasi di lei, che era la sua avversaria, così lei gli diede un colpo e lo fece cadere lontano da Newt, scoppiando poi quella che doveva essere l'ultima lampadina sul suo corpo.
Strinsi il manico del pugnale, contraendo la mascella.
Lui accennò un sorriso nella sua direzione. Sembrava essere forzato, ma non ci avrei messo la mano sul fuoco, considerando che ero talmente nervosa da vedere sfocato ‹‹ Grazie, uhm... ››
‹‹ Sonya. Mi chiamo Sonya. ›› rispose lei, accennando un sorriso a sua volta, che non capii se fosse forzato o meno.
‹‹ Giusto, Sonya. Grazie ››
‹‹ Non c'è di che ›› rispose lei, sistemandosi i capelli dietro l'orecchio.
Caspio, quanto avrei voluto prenderla a colpi sui denti.
Mi voltai quando vidi dei movimenti non troppo lontani da noi. Thomas e Teresa stavano correndo in direzione di una capsula aperta. Questo mi portò a pensare che il tempo stava per scadere e che dovevamo correre ai ripari il più presto possibile.
E non era una cattiva idea, considerando che attorno a noi stava accadendo un putiferio enorme.
Entrare nelle capsule, per quanto magari non potevano essere sicure, era sempre meglio che rimanere liberamente esposti ai fulmini.
Mi guardai velocemente attorno ed adocchiai la capsula più vicina a me. Fissai Newt con la coda dell'occhio. Anche lui, come me, aveva notato ciò che avevano fatto Thomas e Teresa, ed anche lui, poco dopo, girò lo sguardo verso di me.
Entrambi avevamo un espressione palesemente irritata, ma poi sospirò e mi porse la mano.
La guardai, ma non la presi. Non volevo toccarlo.
Mi aveva ignorata fino a quel momento, ora era il mio turno di fare lo stesso.
Puntai lo sguardo verso la capsula e feci per camminare, ma un fulmine cadde a pochi centimetri da me. Fu Newt ad afferrarmi per le spalle e tirarmi indietro appena in tempo. Stava per colpirmi.
Mi girai lentamente verso di lui, schiusi le labbra e presi a respirare pesantemente.
Mi ero spaventata sul serio, sta volta. La consapevolezza di aver rischiato di morire folgorata mi diede una pessima sensazione allo stomaco.
‹‹ Corri! ›› gridò lui, spingendomi in avanti per farmi riprendere la corsa e, che mi andasse bene o meno, mi afferrò la mano e mi tirò via con sé.
Déjà vu.
Lo seguii il più velocemente possibile, ed in poco tempo raggiungemmo la capsula.
‹‹ Entra prima tu! ›› gridò nuovamente, a stento riuscii a sentire le sue parole. Vennero quasi spazzate via dal casino che ci circondava.
Corrugai la fronte, scuotendo la testa. Mi stava assalendo un senso di preoccupazione, ed istintivamente strinsi la sua mano.
‹‹ Non se ne parla! Entriamo insieme! ›› gridai anche io.
‹‹ Entrerò subito dopo di te, non preoccuparti! ›› lasciò andare la mia mano ‹‹ fidati di me! ››
Sbuffai, anche se in verità volevo semplicemente sospirare, poi mi girai e mi arrampicai per entrare nella capsula. Ebbi un po' di difficoltà, forse data anche dalla debolezza o dallo strano senso di spossatezza che mi stava assalendo dal momento in cui Newt mollò la mia mano. Lui mi aiutò ad entrare nella capsula, portando le mani sui miei fianchi per evitare che potessi cadere giù mentre mi sollevavo e spostandole sulla mia schiena man mano che entravo, poi, come promesso, entrò subito dopo di me. Chiudemmo la capsula senza troppi problemi, poi ci sistemammo l'uno davanti all'altra, come se fossimo due estranei.
Lui fece un respiro profondo e si lasciò andare contro la parete della capsula, chiudendo gli occhi e rivolgendo lo sguardo verso l'alto.
Era palesemente distrutto, respirava pesantemente e, probabilmente, la consapevolezza di non avere nessuna certezza lo stava distruggendo ancora di più.
Eravamo soli dentro una capsula ed eravamo lontani come se ci fosse un abisso a dividerci.
‹‹ Hai intenzione di fissarmi tutto il tempo o vuoi dirmi qualcosa? ›› disse, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
‹‹ Quanto tempo manca alla fine della prova? ››
‹‹ Circa dieci minuti ››
‹‹ Bene, posso benissimo stare qui a fissarti in silenzio per altri dieci minuti ››
‹‹ Oh, ma davvero? ›› incrociò le braccia al petto, girandosi nella mia direzione e riaprendo gli occhi ‹‹ oppure potresti spiegarmi che caspio avevi per la testa mentre preparavi quell'imboscata contro di noi ››
sollevai gli occhi verso l'alto. Ero stufa di quella storia e non avevo voglia di spiegarlo per la milionesima volta. Sbuffai, poi mi portai le mani tra i capelli e scivolai verso il basso, mentre piegavo le gambe.
‹‹ Minho ha detto che non ero in te ›› riprese Newt ‹‹ che sicuramente è stata colpa del virus, e tutto il resto ››
‹‹ Infatti è così ›› dissi, rendendomi conto poco dopo che il mio tono di voce appariva completamente spento
‹‹ Non potevi essere totalmente spenta, caspio! Doveva esserci qualcosa in te che ti ha portato a fare ciò che hai fatto! A noi, Elizabeth, caspio! ›› strinsi le mani tra i capelli con fare frustrato, respirando pesantemente. Mi sentivo andare a fuoco. Contrassi la mascella ‹‹ hai una fottutissima idea di quanto ci siamo rimasti male nel sapere che non solo eri coinvolta in quell'imboscata, ma ne eri addirittura la mente?! Devi essere completamente andata per av- ››
‹‹ Perché caspio non vuoi credermi?! ›› gridai di punto in bianco, interrompendolo. Sgranò gli occhi puntandoli dritti nei miei ‹‹ Non avrei mai fatto nulla che potesse farti del male, Newt! Nulla! Non eri in me, e in ogni caso tu e Minho eravate esonerati da quella caspio di imboscata! Voi non c'entravate nulla! Il loro obbiettivo erano Brenda e Jorge, okay?! Non c'ero con la testa! Vi viene così male credermi? Non avete più una caspio di briciola di fiducia nei miei confronti?! Nemmeno tu, che sei forse l'unica persona che mi conosce fino in fondo? ›› sentivo il cuore battere all'impazzata, le vene del collo si erano sicuramente ingrossate e le guance erano umide. Stavo lacrimando. Ero presa dal nervoso ‹‹ siete la mia unica famiglia e non vi avrei mai fatto del male! Mai! Anche se non ero in me, gli unici di cui mi preoccupavo siete sempre e solo stati voi! Ti prego, Newt, almeno tu devi credermi! ›› conclusi, tirando su col naso.
Lo vidi storcere le labbra, come se non fosse convinto. Prese un respiro profondo, girando poi lo sguardo verso la sua destra, come se la parete della capsula fosse improvvisamente interessante.
‹‹ Non mi credi, vero? ›› mormorai, rendendomi conto poco dopo che avevo cominciato a singhiozzare. Mi sentivo la testa pesante ed il senso di spossatezza si stava facendo sentire ancora di più. Come poteva non credermi? Stavo dando giù di matto fino a poco fa!
Avevo una voglia matta di gridare fino a spaccare le mie corde vocali.
Portai le mani tra i capelli, di nuovo, e le strinsi con tutta la forza che avevo in corpo, sentendo le mie dita premere contro la pelle.
Abbassai la testa, poi feci strisciare le mani verso il basso, fino al mio volto, poi le feci risalire nuovamente tra i capelli.
Deglutii, cercando di far sparire della voglia di gridare. Non volevo assordarlo.
Newt sospirò ‹‹ avanti, vieni qui ››
spostai le mani, tenendo la testa bassa, ma sollevando lo sguardo verso il suo viso.
Aveva allargato le braccia e si era sistemato meglio, in lungo, così da permettermi di accoccolarmi a lui. Mosse le mani, incitandomi ad avvicinarmi a lui.
Ero indecisa su cosa fare, anche perché la sua espressione era tutto meno che allegra. Sembrava quasi che si stesse obbligando a fare quel gesto ‹‹ vieni, Liz, non ti mangio ›› disse, cercando di mascherare quel tono nervoso che aveva fino a poco fa. Ora era un tono comprensivo.
Lo guardai ancora un po', deglutii, sentendo un grosso groppo in gola, e mi avvicinai a lui.
Portò le mani attorno alle mie spalle e mi spinse verso di lui, fino a farmi sdraiare sul suo corpo, poi mi circondò con le braccia e mi strinse a sé.
Mi lasciai andare, accoccolandomi come un cucciolo. Mi resi conto di star tremando come una foglia. Capii cos'era quel senso di spossatezza provato quando mi lasciò la mano e che fino a quel momento, non mi aveva abbandonata: le mie sensazioni che cercavano di riaffiorare.
La mia apatia spariva quando Newt mi toccava, e si affievoliva quando qualcosa lo riguardava in prima persona.
Lo capii perché, in quel momento, tutte le sensazioni che mi portavo dentro stavano riaffiorando lentamente, ma tutte insieme, dandomi alla testa.
Ero sollevata perché mi trovavo tra le sue braccia, confusa perché non sapevo cosa potesse significare, spaventata perché pensavo al peggio e così via.
‹‹ Mi dispiace ›› mormorai d'istinto, singhiozzando poco dopo.
‹‹ Ssh... ››
‹‹ Ho paura ›› dissi mentre mi raggomitolavo di più contro di lui, così cominciò ad accarezzarmi la schiena. Strinsi la sua maglietta in una mano, affondando il viso contro il suo petto. Singhiozzavo, mi sentivo stupida e spaventata come un cucciolo ‹‹ sono un pericolo per tutti voi, caspio. Non voglio mettervi in pericolo, Newt. Non voglio. Sono una spaccata... Sono malata... Io... Io potrei essere oltre l'andata e nemmeno saperlo! Io p- ››
‹‹ Liz, calmati ora ›› disse con un tono calmo, poggiando una mano sulla mia guancia. La spostò poco dopo, poi sospirò
‹‹ Forse dovrei restare qui, invece di andare via con voi ›› mormorai, e nell'esatto momento in cui pronunciai quelle parole, mi prese un senso di ansia.
‹‹ Non dire rincaspiate! ›› sbottò lui, come se avessi detto una bestemmia. Sospirai, lo sentii stringermi più forte a sé ‹‹ Io non ti lascio qui. Tu vieni via con me, che ti vada bene o meno. Chiaro? ››
‹‹ Ricevuto ›› mormorai
‹‹ Bene così. ››
‹‹ Mi dispiace... sul serio... Io non... Non ero in me, quando ho elaborato quel piano...››
‹‹ Ho capito, Liz ›› poggiò il mento sulla nuca, continuando a stringermi a sé. Sentivo quei caspio di singhiozzi che non volevano darmi tregua. Tutte quelle emozioni tutte insieme mi stavano incasinando come poche poche avevano mai fatto prima. Volevo dormire. Chiusi gli occhi, cercando di rilassarmi sotto quelle carezze.
‹‹ Ho paura di farvi del male ›› sussurrai
‹‹ Smettila di pensarci, Liz, andrà tutto bene, non farai del male a nessuno, ne sono sicuro ›› disse, con un improvvisa dolcezza nella voce. Mi fece quasi trasalire quel suo cambio di tono improvviso.
‹‹ Quanto tempo manca? ›› domandai, sentendo improvvisamente una fitta al cervello che mi fece tremare. Lui mi strinse di nuovo a sé, spostando la mano sul mio braccio ed accarezzandolo lentamente
‹‹ Circa cinque minuti ››
‹‹ Passerei altri cinque minuti ad implorare il tuo perdono ››
Scosse la testa, sospirando ‹‹ Potremmo fare qualcosa di meglio, invece ››
Corrugai la fronte, accennando poco dopo un sorrisetto con fare malizioso e sollevando il volto verso il suo ‹‹ Tipo l'amore? ››
Lui arricciò il naso ed abbassò il volto, ridacchiando, ma prima che potesse rispondere qualsiasi cosa, qualcuno bussò contro il tettuccio della capsula, facendo sobbalzare di botto entrambi.
‹‹ Aprite! Vi prego! ›› gridò. Riconobbi la voce di Evangeline.
‹‹ Eva! ›› dissi, così mi sporsi verso l'alto e premetti le mani sul tettuccio. Mi sentivo troppo debole, non riuscivo a sforzarmi abbastanza per farlo scattare per aprirsi, così Newt si affrettò a darmi una mano.
Non appena la capsula si aprì, Evangeline ci rivolse un ampio sorriso, poi si girò a guardare alle sue spalle ed il suo sorriso si cancellò ‹‹ ma che...? ma dove...? ››
‹‹ Sbrigati ad entrare! ›› sbottai, ma lei sollevò la mano per farmi cenno di aspettare ‹‹ dove accidenti vai, razza di imbranato! ›› gridò ‹‹ vieni qui! ››
‹‹ Caspio, entra! Il tempo sta per scadere! ›› sbuffò Newt, ed Evangeline si infilò nella capsula con noi il più in fretta possibile, rannicchiandosi in sé stessa. Newt ed io ci sistemammo meglio, ma facemmo in modo di rimanere ancora accoccolati. Non avevo intenzione si staccarmi da lui, anche se temevo di risultare troppo appiccicosa. Avevo bisogno di sentirlo vicino, non mi piaceva la mia versione apatica.
Avevo capito che, quando lo ero, facevo cose strane. Non volevo fare del male a nessuno.
Evangeline sembrava impaziente, aveva le mani già pronte per chiudere il coperchio della capsula.
Tirò un sospiro di sollievo quando vide il ragazzo arrivare.
‹‹ Uhm, ah! Pive! Ci siete voi qui! Caspio che botta di culo! ›› e quel ragazzo, era Minho.
‹‹ Muoviti ad entrare! Sei una dannata lumaca per essere un “velocista”, come hai detto tu! ›› sbuffò Eva, girando gli occhi verso l'alto
‹‹ Sì, ehm... ci stiamo in tre? ›› domandò lui, girandosi verso Newt.
Lui sollevò un sopracciglio, prima di risponderlo, poi si diede una rapida occhiata in giro.
Una ragazza bionda si affiancò a Minho. Sonya.
‹‹ No. ›› risposi io, ma Newt sovrastò la mia voce
‹‹ Se ci stringiamo, sì ››
‹‹ Bene! Prima le signore. Salta dentro, avanti! Veloce! ›› Sonya balzò velocemente dentro e si affrettò a stringersi contro Eva
‹‹ Caspio, veloci mancano tre minuti! ›› gridò Newt, ma mentre lo diceva, Minho era già entrato dentro e stava richiudendo il coperchio della capsula aiutato dalle due ragazze.
Sbuffai. Il fatto che dovessi dividere la capsula assieme a Minho ed Eva non mi disturbava. Il problema, per l'appunto, era Sonya.
‹‹ Voi due piccioncini avete per caso fatto la pace? ›› domandò Minho, riferendosi a Newt.
‹‹ Minho, non è il momento ›› sbottò Newt infastidito.
‹‹ Non sto alludendo a nulla ›› puntualizzò Minho
‹‹ Perché siete venuti qui con così tanta urgenza? ›› domandò Newt ‹‹ hanno occupato tutte le capsule e siete rimasti sploffati? ››
‹‹ alcune capsule sono saltate in aria, colpite dai fulmini ›› rispose Evangeline, tenendo gli occhi puntati verso l'alto ‹‹ altri non si fidavano ad aprire i coperchi. Harriet voleva dividere la capsula con noi due, ma era assieme ad altri due dei vostri ed una delle nostre, non volevano nessun altro, erano troppi, per loro ›› feci ruotare gli occhi verso l'alto.
Avrei voluto dire che in effetti eravamo con una persona di troppo lì dentro, ma preferii stare zitta per il quieto vivere.
‹‹ Io sono rimasto fuori ad aiutare chi aveva bisogno... e sono rimasto fregato ›› borbottò Minho.
‹‹ Almeno ce l'abbiamo fatta tutti ›› commentai io.
La capsula venne improvvisamente scossa. Sobbalzammo tutti e rivolgemmo lo sguardo verso l'alto.
‹‹ È un fulmine? ›› domandò Sonya, rivolgendosi ad Eva.
Lei scosse la testa ‹‹ No. L'avrei visto. Non è un fulmine ››
‹‹ Sembra più uno scossone dato dal vento molto forte ›› disse Minho, girandosi nella direzione della ragazza asiatica, e lei fece lo stesso, annuendo poco dopo.
‹‹ Anche a me. Penso che dovremmo controllare ››
‹‹ Oh, che idea grandiosa! ›› disse, con un sono sarcastico ‹‹ E se fosse un caspio di uragano?! ››
lei ridacchiò, anche lei con fare sarcastico ‹‹ e cosa cambia se rimaniamo qui dentro come dei topi in gabbia? ››
‹‹ …. Giusto. Sì, hai ragione ››
È la prima volta che Minho si zittisce e da ragione a qualcuno senza troppe repliche.
‹‹ Forza, datemi una mano ad aprire quest'affare ››
e così facemmo. Portammo le mani sul coperchio della capsula e facemmo leva tutti insieme, aprendo poco dopo il coperchio.
Non sapevo se credere o meno a ciò che vedevano i miei occhi. Che fosse un allucinazione o qualcosa del genere?
Sopra di noi, c'era una Berga. Una caspio di berga!
Si stava abbassando velocemente. Faceva un sacco di aria mentre si abbassava, ecco cosa stava causando tutti quegli scossoni.
‹‹ Siamo salvi! ›› esultò ingenuamente Sonya, ma nemmeno lei sembrava essere convinta di quella frase
‹‹ Speriamo ›› commentò Evaneline, sospirando.
La berga atterrò, ed un portellone si aprì lentamente fino a poggiare terra.



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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


‹‹ Andiamo prima che quei bastardi decidano di andare via e lasciarci qui come delle teste puzzone! ›› gridò Newt e, come delle molle, uscimmo tutti uno ad uno.
Prima Eva, poi Sonya, poi Minho. Mi misi in piedi e feci per scendere, ma mi venne quasi il capogiro nel compiere quel movimento. Rischiai di cadere con la faccia a terra, ma Minho mi prese al volo non appena mi vide sporgermi in un modo poco equilibrato e mi aiutò a scendere da lì, poi scese anche Newt e si avvolse il mio braccio attorno alle spalle.
Cominciammo a correre in direzione della berga, e mi resi conto che era la stessa cosa che stavano facendo anche gli altri radurai.
Non osai nemmeno contare quanti ce ne fossero. La mia unica visione era la berga, ed era ancora distante. Se non fosse stata per il fatto che Newt mi stesse reggendo, sarei affondata nel fango circa quindici volte.
Mi stavo praticamente trascinando, mi sentivo debolissima. E stanca. Parecchio stanca. Non poteva essere solo per il sonno arretrato o qualcosa di simile.
La berga, anche se la vedevo in lontananza, in quel momento mi sembrava il posto più accogliente del mondo.
Le luci al suo interno sembravano quasi un lusso che non vedevo da troppo tempo. Dentro questa c'erano degli uomini armati.
‹‹ Correte! ›› gridò qualcuno, la sua voce familiare risuonava nella mia testa, ma non riuscivo a dargli un volto all'inizio. Capii che la debolezza si stava facendo sempre più forte.
Solo dopo qualche minuto capii che era stato Thomas a gridare, e per qualche strano motivo mi sentii sollevata nel sentire la sua voce e sarei voluta andare ad abbracciarlo.
Lo cercai con lo sguardo, ma i radurai attorno a noi erano troppi e rintracciarlo lì in mezzo sarebbe stato impossibile. Sopratutto con la pioggia che scendeva incontrastata.
La tempesta si era scatenata veramente bene e con tutta la sua forza.
‹‹ Oh no... Merda! ›› esordì in tutta la sua finezza Evangeline, inchiodandosi sul posto come se stesse correndo il rischio di andare contro qualcosa.
Stessa cosa fecero Minho, Newt e Sonya.
Cosa stava succedendo ora?
Mi voltai, poi sussultai alla vista di quelle caspio i creature ancora vive.
Alcune di queste si muovevano con degli spasmi, segno che alcune delle loro lampadine sicuramente erano già scoppiate, ma questo non li rendeva di certo meno pericolosi degli altri interi.
Le loro lame erano bagnate dalla pioggia, ed io ebbi quasi la sensazione di sentire le loro grida rabbiose.
‹‹ Credevo fossero tutti morti! ›› sbottò Sonya.
‹‹ Beh, a quanto pare no, Genio! ›› le risposi, calcando il tono sull'ultima parola. Non era il momento di fare sarcasmo e lo sapevo, ma ero già nervosa per quella situazione. Mi stavo chiedendo come avremmo raggiunto ora la berga, visto che quei mostri stavano praticamente bloccando l'accesso al portellone.
‹‹ Okay, ascoltami ›› Newt si voltò verso di me, spostandosi lentamente il mio braccio dalle spalle ‹‹ ora tu cerchi di raggiungere la berga e di metterti al sicuro, va bene? ››
‹‹ Eh? ›› sgranai gli occhi ‹‹ No, tu vieni con me! ››
‹‹ dobbiamo dividerci, Liz! E tu non sei nelle condizioni per affrontare quei mostri! ››

‹‹ E quindi, secondo te, dovrei salire sulla berga senza di te? ››
‹‹ Se trovi un modo, sì. Sali e noi, poi, ti raggiungeremo ››
‹‹ E se quelli vogliono partire alla svelta? ›› domandai, corrugando la fronte.
Lui sorrise, poggiando le mani sul mio volto ‹‹ Andiamo, sei un genietto! puoi benissimo trovare un diversivo! ›› inclinò la testa. I suoi continui cambi di comportamento quasi m'inquietavano.
Non ero per niente convinta di quel piano e lui lo vedeva, ma lasciò perdere. Sapevo che sarebbe stato attento, ma avevo ugualmente paura. Erano successe troppe cose in troppo poco tempo, e quella doveva essere l'ultima parte di quella caspio di prova.
‹‹ Andiamogli addosso! ›› gridò di punto in bianco Thomas, incitando ad andare all'attacco di quei mostri.
Newt mi fece un cenno con la testa, come per dirmi di andare, poi si allontanò assieme a Minho e stessa cosa fece Sonya.
Andarono tutti e tre verso Thomas per unirsi a quella battaglia. Sperai vivamente che nessuno di loro si facesse male. Non avrei sopportato altre perdite.
Evangeline si avvicinò a me, prese il mio braccio e se lo legò attorno al collo.
‹‹ Andiamo, piccolo zombie, troviamo un modo per pararci il nostro stupendo culetto. Ci penseranno loro a tenere a bada i cattivi! Io rimango con te. Contenta? ››
‹‹ Da favola ›› mormorai, girandomi in direzione di Newt. Ero circondata da un senso di ansia nei suoi confronti e non voleva darmi tregua.

Non riuscivo a non girarmi verso la scena della battaglia, troppo preoccupata dal fatto che stessero affrontando di nuovo quei mostri orribili.
La mia debolezza era un intralcio per me, ma non sembrava esserlo per Eva, che mi trascinava senza alcun problema.
Erano pochi i radurai che, come me ed Eva, non volevano unirsi alla battaglia, e non avevamo tempo per studiare un modo per evitare di immischiarci nella lotta e non correre il rischio di rimanere feriti.
L'unico modo per arrivare alla berga, era quello di passare tra i mostri.
Io ed Eva provammo a fare il giro largo per raggiungere la berga, considerando che passare in mezzo a quelle creature nelle mie condizioni non era proprio l'ideale, ma queste erano sparse in tutta la zona ed aggirarli risultava praticamente impossibile.
‹‹ Temo che dovremmo passare seriamente in mezzo a loro ›› disse Eva, tirando fuori il suo amato pugnale dalla tasca ‹‹ in caso, ne sgozzo qualcuno ››
‹‹ Come se questo potesse fermarli, no? ››
‹‹ Beh, non posso mica permettergli di colpirci! Qualcosa dovrò pur fare ›› arricciò il naso, poi cercammo entrambe il posto più vuoto per poter passare.
Risultò la ricerca più complicata, ma era necessaria.
D'altronde tutte le possibili vie che conducevano alla berga erano bloccate da quei mostri.
‹‹ Okay, il punto ad est. Ci sono solo due di quei mostri ›› disse, indicando in quella direzione, poi cominciò a camminare.
Cercai di non darle troppo peso, ma con scarsi risultati. Il mio passo era trascinato ed il senso di debolezza sembrava crescere sempre di più. Era come se il mio cervello cercasse di spegnersi per qualche assurdo motivo, e sentivo i brividi di freddo lungo tutto il corpo eppure, sicuramente, il clima esterno non era per niente freddo, nonostante la tempesta.
Qualcosa non andava ed era piuttosto ovvio.
‹‹ La vedo dura, sono pochi ma enormi›› mormorò tra sé e sé Eva, forse nella speranza che non riuscissi a sentirla.
Ma, purtroppo, l'avevo sentita.
Eccome se l'avevo sentita.
Mi morsi nervosamente il labbro inferiore, fissando quelle creature davanti a noi. Sembravano essere seriamente più aggressive che mai, forse spinte dall'essere già mezzo distrutte.
Eva strinse il coltello tra le mani perché, come immaginavamo entrambe, quei mostri ci attaccarono immediatamente come provammo ad oltrepassarle.
Le loro lame brillavano, sgocciolavano fango per via della tempesta ed erano veramente troppo appuntite.
Eva cominciò a colpire alla cieca una delle due creature, sperando che in questo modo riuscisse ad allontanarla il tanto giusto per permetterci di passare, ma si rivelò una mossa inutile.
Impugnai a mia volta l'arma che mi aveva dato Eva e provai anche io a colpire uno dei due mostri, ma mi ritrovai disarmata nel giro di qualche minuto.
Sentivo le mie mani sin troppo deboli e facevo fatica anche a tenere un braccio sollevato.
‹‹ Caspio! ›› dissi, poi sgranai gli occhi.
Il mostro davanti a me gridò con fare rabbioso. Un grido che era solo nella mia testa, perché lui, come gli altri, non aveva una bocca.
Sollevò un braccio ed allargò le dita, mostrando le lame luccicanti ed appuntite, poi mi attaccò.
Non sentii dolore, forse per l'adrenalina. Ma sentii del bruciore che durò per qualche attimo.
Abbassai lo sguardo. Erano quattro grossi squarci sopra il petto. Macchiavano di sangue la maglietta.
Alzai di nuovo lo sguardo, il mostro aveva riportato il braccio verso l'alto ed era pronto ad attaccare di nuovo. Poi udii degli spari, ed il mostro cadde in preda a delle convulsioni.
Eva mi guardò con la fronte corrugata, poi corse velocemente verso di me e si affrettò a rimettere il mio braccio attorno alle sue spalle.
‹‹ Hai sparato tu a quei cosi? ›› domandai, rendendomi conto di star respirando pesantemente.
‹‹ No. Ma qualcuno dalla berga ci ha fatto un gran favore ›› rispose, correndo il più velocemente possibile verso la berga.
Ad ogni passo che facevamo sentivo sempre di più la debolezza. Saltavo qualche passo, mi trascinavo, provavo a recuperare terreno per non pesarle troppo sulle spalle.
Quando eravamo a pochi centimetri dalla berga, due uomini armati e con delle maschere al volto ci corsero incontro.
‹‹ Avanti, muovetevi! Forza! ›› gridò uno di loro, poi si fermò e girò lo sguardo verso il portellone aperto.
‹‹ Portate una barella! Una di queste due ragazze è ferita! ››
‹‹ Subito! ›› rispose qualcuno dall'interno, e pochi istanti dopo uscirono due persone coperte dalla testa ai piedi da una tuta verde con scritto “C.A.T.T.I.V.O.” a caratteri cubitali sul petto.
L'uomo mi prese in braccio di peso e mi distese sulla barella, che successivamente venne portata sulla berga.
Eva era al mio fianco, teneva una mano sul bordo della barella.
Vedevo tutto sfocato, ma tutto sommato ero cosciente di quello che mi stava accadendo attorno.
Le due persone con la tuta mi stavano portando lontana dall'ingresso della berga, in una stanza piena di apparecchi che ronzavano, segno che era accesi e pronto all'uso.
La luce che emanava quella stanza era fortissima.
‹‹ Che succede? ›› chiese Eva con un tono preoccupato.
Una donna con un camice bianco lungo fino ai piedi chiuse la porta della stanza una volta che entrammo. Eva non si allontanò neanche per un attimo da me, nonostante la donna col camice provò a farla uscire, ma lei la ignorò, in attesa di risposte.
‹‹ Ha un'infezione causata dalla ferita sul petto ›› rispose una delle due persone con la tuta verde ‹‹ le sue condizioni potrebbero peggiorare da un momento all'altro ››
Sentii la berga muoversi. Sgranai gli occhi. Stava partendo? E i radurai erano saliti o no?
Un rumore meccanico rimbombò nella sala. Il portellone si stava chiudendo.
‹‹ No! Aspettate! Non potete chiudere! ›› gridai, cercando di mettermi seduta sulla barella.
‹‹ Il tempo è scaduto ›› rispose la donna col camice.
Feci per rispondere, ma mi resi conto di sentirmi così tanto stanca da non riuscire nemmeno a parlare. Qualcosa mi punse il braccio. Poi mi addormentai.

Mi risvegliai di punto in bianco. Ero sola in quella stanza, piena di rumori fastidiosissimi di macchinari in funzione.
Mi girai a fatica verso il monitor accanto a me. Segnava i miei battiti cardiaci, erano irregolari per via del risveglio improvviso.
La testa era leggera, come se fosse staccata dal resto del corpo.
Mi sentivo la fronte perlata di sudore, il corpo freddo come il ghiaccio, le labbra che formicolavano, così come la lingua.
Avevo due piccoli tubi nel naso che mi permettevano di respirare, una flebo per braccio e due ventose poggiate sulle tempie, collegate ad un grosso macchinario alle mie spalle.
Girai gli occhi verso la parete accanto a me. Era trasparente, e vedevo la stessa donna che aveva chiuso la porta. La sua testa era china su un monitor, parlava, ma non sentivo una sola parola.
Poco dopo sollevò lo sguardo verso di me, premette un bottone accanto a sé e mi sorrise.
‹‹ Bensvegliata, soggetto A6 ›› disse con un finto tono cordiale ‹‹ siamo lieti di riaverla con noi ››
‹‹ Che diavolo mi state facendo? ››
‹‹ La stiamo curando dall'infezione, ovviamente ›› si alzò, poi se ne andò.
‹‹ Fantastico ›› pensai, cercando di mettermi seduta sulla barella, ma appena provai a muovere un solo muscolo provai un dolore fortissimo lungo tutto il corpo.
La porta si aprì, e quella donna entrò, richiudendo la porta con cura.
‹‹ No, niente sforzi! ›› disse, per poi affiancarsi alla baretta.
Mi diede un occhiata veloce, poi mi rivolse un sorriso ‹‹ come ti senti? ››
‹‹ Come se mi aveste appena drogata ›› risposi, schioccando la lingua ‹‹ voglio alzarmi. ››
‹‹ Beh, se mi risponde in modo sincero e senza sarcasmo, potrei dirti se puoi farlo o meno! ›› incrociò le braccia e sollevò un sopracciglio.
Aveva mandato il senso dell'umorismo in vacanza, per caso?
Sbuffai e mi rassegnai, cercando di mandar via il nervoso che mi provocava stare sdraiata senza potermi muovere, in un posto circondato da roba elettronica che ronzava più forte di uno sciame di mosche.
‹‹ Sto bene. Ora riesco a sentire la testa sul collo. ›› risposi, trattenendomi dallo sbuffare di nuovo.
‹‹ Meno male. Perché i grafici dicono che l'infezione è stata bloccata in tempo, ma volevamo una conferma da parte tua ››
feci ruotare gli occhi, trattenendo un gemito di dolore quando la donna, con la stessa delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli, staccò entrambe le flebo dalle mie braccia e poco dopo anche le ventose dalle mie tempie.
‹‹ Vuole raggiungere i suoi amici? ›› domandò in tono così cortese da cogliermi di sorpresa.
Avevo una brutta sensazione, ma decisi di non badarci.
‹‹ Sì, dove sono? ››
‹‹ Esci da qui. Ti porterà qualcuno dello staff ›› rispose, senza rivolgermi lo sguardo. Era troppo impegnata a sistemare tutti i macchinari al loro posto.
Presi un groppo respiro ed abbassai lo sguardo sui miei vestiti. Erano sporchi e i quattro tagli sulla maglietta sporca di sangue mi facevano quasi impressione.
Aprii la porta della stanza, guardandomi attorno. Era tutto silenzioso e spoglio, c'era solo una persona in quella stanza.
Mi venne naturale sorridergli quando lo vidi venirmi incontro con un espressione tesa e spaventata.
‹‹ Brytan! ›› esultai, abbracciandolo d'istinto una volta che fu davanti a me.
Lui ricambiò l'abbraccio, poi si allontanò e mi guardò dalla testa ai piedi, tirando un sospiro di sollievo.
‹‹ Tu sei matta da legare, lo sai?! ›› disse, poggiando le mani sulle mie spalle ‹‹ quando sei rimasta con quel gruppo di spaccati avevo una voglia matta di prenderti a testate sui denti! ››
‹‹ Oh, sì, mi sei mancato anche tu ›› risposi, poi corrugai la fronte ‹‹ aspetta, come fai a... ››
‹‹ Vi osservavamo dalla base, ovviamente ›› fece le spallucce.
Non che non immaginassi una cosa simile, ma averne la certezza di metteva un po' a disagio.
Di punto in bianco, la sua espressione cambiò. Accennò un sorriso di compatimento ‹‹ mi dispiace per quello che ti è successo. Parlo dell'eruzione, intendo ›› sbuffai, poi scossi la testa con fare rassegnato. Non volevo nemmeno pensarci alla storia dell'eruzione, era proprio l'ultimo dei miei pensieri.
‹‹ Dove sono i miei compagni? ›› domandai per cambiare discorso. Onestamente ero più preoccupata per loro per per altro. Dovevo sapere se erano tutti sani e salvi.
‹‹ Vieni, ti porto da loro ›› rispose semplicemente, prendendomi la mano poco dopo.

Brytan mi sommerse di domande per tutto il tragitto, fino a quando non raggiungemmo una sala con dei mobili marroni buttati lì a caso.
A prima vista non mancava nessun raduraio e nessuna raduraia.
Thomas e Teresa erano seduti su un divano e dormivano. Minho ed Eva erano vicini, lui cercava di parlare con lei, ma eri era addormentata, sicuramente distrutta dalla corsa e dal fatto di aver trascinata fino a lì di peso, Brenda e Jorge... Mancavano. Loro non c'erano.
Fui colta da un senso di paura per loro, così mi girai velocemente verso Brytan, che stava dando una rapida occhiata in giro.
‹‹ Dove s- ››
‹‹ Dove sono Brenda e Jorge? ›› m'interruppe, girandosi di scatto verso di me ‹‹ Oh... Beh, non posso dirtelo ››
‹‹ Cosa? Perché? ››
‹‹ Lo scoprirai presto ›› rispose semplicemente. Da quando Brytan aveva quel comportamento nei miei confronti? Che fosse successo qualcosa mentre io ero nella zona bruciata?
‹‹ Ma sono riusciti a salire sulla berga? ››
‹‹ Sì, sono saliti ›› annuii, poi si voltò di nuovo. Quel suo comportamento mi preoccupava un po', ma decisi di non dargli peso, visto che la mia attenzione venne catturata da Newt.
Era seduto sul pavimento, con le gambe incrociate a mo' d'indiano.
Mi avvinai a lui, facendo attenzione a non fare rumore con i miei passi. La maggior parte dei radurai e delle raduraie dormiva, non volevo essere io la causa del loro risveglio.
‹‹ Newt! ›› esultai, chinandomi alla sua altezza.
Aveva lo sguardo basso sulle sue mani e stava giocando con la maglietta pulita.
‹‹ Liz ›› rispose con un tono un po' smorto. Sicuramente era distrutto quanto gli altri ‹‹ allora sei viva! Evangeline mi ha detto quello che è successo... prima di essere portata via da Minho ›› corrugai la fronte ‹‹ in che senso? ››
‹‹ Nel senso che Minho ha tirato fuori il cascamorto che c'è in lui e ha provato a flirtare con lei. Ecco perché sono vicini ››
‹‹ Oh ›› mi grattai la fronte, decidendo di far cadere quel discorso. Mi morsi il labbro inferiore e lo scrutai attentamente. Volevo assicurarmi che stesse bene.
‹‹ Così questo è il famoso Newt? ›› domandò Brytan, facendomi quasi sobbalzare.
Newt si mise in piedi, annuendo.
Brytan gli porse la mano, rivolgendo un sorriso – fintissimo – a Newt ‹‹ Piacere, sono Brytan. Il ragazzo che ha fatto scappare Elizabeth ››
‹‹ Piacere mio ›› rispose, sollevando un sopracciglio e guardandomi della coda dell'occhio.
‹‹ Ho avuto modo di vedere quanto tenessi alla mia piccola, ti sono molto grato per averla tenuta al sicuro ›› corrugai la fronte.
Newt ridacchiò in modo palesemente nervoso e si grattò la testa ‹‹ La tua cosa, scusa? ››
‹‹ La mia piccola! ›› rispose Brytan, quasi squittendo.
Okay, cosa diavolo voleva fare?
Newt, tutta via, sembrò cercare di mantenere la calma. Forse perché ero lì davanti a lui, ma leggevo nei suoi occhi la grandissima voglia di prendere a sberle Brytan.
‹‹ Ehm, non c'è di che...? ›› si limitò a rispondere, stringendo i pugni.
Brytan sorrise, sporgendosi verso di me e depositando un bacio sulla mia guancia ‹‹ sono contento di vedere che stai bene, bimba. Ci vediamo dopo ›› mi fece l'occhiolino, poi abbandonò la stanza.
Mi vennero i brividi di fronte a quello strano comportamento, non sapevo dargli una spiegazione.
Non si era mai comportato in quel modo, e farlo proprio davanti a Newt non era l'ideale.
Infatti, lui incrociò le braccia, dando un finto colpo di tosse per attirare la mia attenzione.
Non volevo litigare di nuovo. Non dopo aver chiarito giusto poche ore prima.
‹‹ Bene, ora che Mister scienziato pazzo ha abbandonato la scena, ti spiacerebbe spiegarmi chi è? ››
‹‹ Un buon amico... credo ››
‹‹ Come lo ero io? ›› sollevò un sopracciglio ‹‹ “Newt è un buon amico”, me lo ricordo ancora ››
‹‹ Oh, caspio, mica sarai geloso? ››
‹‹ Io? Geloso? ›› rise in modo isterico, scuotendo la testa. Poco dopo digrignò i denti ‹‹ certo che sono geloso! ››
‹‹ Bene così ›› risi in modo divertito, ma lui non lo era. Non lo era per niente. Mi fulminò con lo sguardo, spostandolo poi altrove ‹‹ quel tipo non mi piace ››
‹‹ Non si era mai comportato così, prima ››
‹‹ Non importa. Non mi piace ›› fissava la porta da dove era appena uscito Brytan, respirando rumorosamente.
‹‹ A me non piace il modo con cui Sonya ti gira attorno, ma non ne faccio un dramma ››
‹‹ Sonya? La biondina del gruppo B? Sì, è carina ››
‹‹ Così non mi sei d'aiuto ›› sbuffai, avvicinandomi a lui e legando le braccia dietro la sua schiena.
‹‹ Non fare la fidanzatina gelosa ››
‹‹ Da che pulpito viene la predica! ›› sospirò di nuovo, poggiando il mento sulla mia nuca.
Crollò il silenzio tra noi, ma sentivo in lui qualcosa di strano anche se non parlava.
Qualcosa non andava ed io lo sentivo.
Sentivo che stava per succedere qualcosa di brutto. Molto brutto. Ma non sapevo cosa aspettarmi.

Passò qualche ora, e noi ci ritrovammo a terra, accoccolati l'un l'altro.

Mi mancava quel senso di calma che provavo quando stavamo accoccolati in quel modo. Mi ricordava la radura.

Non avrei mai pensato di ricordare quel posto con così tanta nostalgia. Nonostante in un certo senso fossimo prigionieri di quel posto circondato da delle mura, era sicuramente migliore della zona bruciata. I dolenti, messi a confronto con gli spaccati, sono paragonabili a dei cani da guardia.
Fui scossa da una strana sensazione che mi percorse la spina dorsale.

Era come una lieve scossa che mi portò ad aprire gli occhi di scatto. Non inarcai la schiena solo per non infastidire Newt, che dormiva tranquillo col volto nascosto contro il mio collo.

La stanza silenziosa. Forse anche troppo silenziosa. Sembravamo tutti dannatamente tranquilli, e la cosa non mi piaceva.
Mi prese uno strano senso di angoscia. Strinsi i pugni. Sentivo quasi il rumore del mio battito cardiaco.
‹‹ Newt, qualcosa non va ›› sussurrai, sentendo quest'ultimo stringermi a sé.
La mia schiena poggiata al suo petto e le sue mani erano legate attorno alla mia vita. Lui era piuttosto tranquillo. L'unica risposta che mi diede fu una lieve carezza sui fianchi, poi strofinò il volto contro il mio collo, ma nulla di più.
‹‹ Newt, sul serio, qualcosa non va ››
La luce nella stanza era completamente spenta, non si intravvedevano nemmeno le ombre dei mobili. Era come se fossimo nel nulla.



{Angolo della scrittrice}

Okay, eccomi pive, sono tornata.
Prima di tutto chiedo scusa ai lettori, ma vi spiego subito il motivo della mia assenza prolungata:

Non sono più entrata su EFP per il semplice motivo che non vedevo partecipazione da parte vostra.

L'avevo già notato da quando avevo saltato l'aggiornamento della FF Benvenuta nella radura per qualcosa come un mese.
Pive, io capisco che a volte scocci il fatto che un'autrice o un autore non aggiorni in modo frequente, ma anche noi, come voi, abbiamo una vita al di fuori di questa piattaforma. Noi siamo esseri umani come voi, anche noi abbiamo degli imprevisti, degli impegni scolastici e non, per cui se si salta l'aggiornamento non dovete prendervela o cose così.
A parte questo, non me la sono presa perché non ci sono recensioni o cose così, ma proprio perché notavo che le visualizzazioni bene o male non variavano molto, ma non vedevo partecipazione, anche solo per dare un minuscolo giudizio.
A me non interessa che facciate per forza di cose recensioni chilometriche, sappiatelo. Sì, certo, mi fanno super piacere, ma non le richiedo con urgenza, perché non sono quel genere di persona. Ma chiaramente fa piacere sentire anche la vostra opinione, d'altronde se si pubblica una storia, lo si fa anche per gli altri, perché è bello far leggere a persone esterne i propri lavori anche per "crescere a livello letterario" (se così si può dire) e ricevere un giudizio esterno che non sia necessariamente dato da persone che si conoscono, perché loro possono benissimo farti dei falsi complimenti pur di non farti rimanere male o deluso da un tuo lavoro.
Tutto ciò che chiedo da parte vostra è un minimo di partecipazione come prima, perché seriamente, non è carina come cosa.
Lo dico per me, come lo dico per gli altri. Quando leggete una storia che vi piace, fatelo sapere all'autrice/ autore, perché fa sempre piacere avere un parere altrui. Anche se non vi piace, ditelo! magari senza insultare, e facendo capire dove sbaglia, dove migliorarsi e cose così. Sul serio. Sono piccoli gesti, ma che a volte fanno piacere.

Detto questo, smetto di annoiarvi e di chiedo scusa per l'assenza, ma sul serio, mi era veramente passata la voglia di aggiornare su EFP.
Riprenderò a farlo, nella speranza che comunque veda un minimo di partecipazione da parte vostra.

Vi ricordo che sono anche su wattpad.
Benvenuta nella radura e Fase due: Zona bruciata sono presenti anche lì.
Profilo Wattpad: 
https://www.wattpad.com/user/StillintoyouEFP
Benvenuta nella radura: https://www.wattpad.com/story/33374948-benvenuta-nella-radura
Fase due: Zona bruciata: https://www.wattpad.com/story/47904673-fase-due-zona-bruciata
Il libro che sto scrivendo (attualmente bloccato per poter concludere la FF senza interruzioni): https://www.wattpad.com/story/45303408-allorset

 


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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Continuai a guardarmi attorno, nella speranza di riconoscere delle forme o qualsiasi cosa potesse dirmi che non stavo ancora dormendo.
Sentii Newt muoversi alle mie spalle, si stava alzando. Gli afferrai la mano quando lo sentii spostarsi, ma la lasciò quasi subito e si mise seduto.
Sbadigliò, poi riprese la mia mano e ne accarezzò il dorso, come per rassicurarmi.
‹‹ Che succede? ›› domandò con la voce impastata ‹‹ dove caspio siamo? ››
‹‹ Credo che siamo ancora nella stessa stanza, ma a luci spente ›› sospirai e mi misi seduta anche io. Mi strinsi le ginocchia contro il petto, tenendo stretta la sua mano. Era ancora dietro di me, attualmente questa era l'unica cosa di cui ero sicura. Mi poggiai contro di lui. Sperai solo di non infastidirlo.
‹‹ Se questo è uno scherzo, non è dannatamente divertente! ›› sbuffò.
La luce si accese all'improvviso in modo accecante. Mi coprii gli occhi con una mano, fino a quando non mi abituai, poi la spostai.
La stanza era completamente vuota, non aveva nemmeno più i mobili. Non c'era nessuno dei radurai. Sembravamo essere completamente isolati. Ero sicura che fosse la stessa stanza dove ci avevano lasciati prima, ma... vuota. Perché caspio era vuota?
‹‹ È uno scherzo? Deve essere uno scherzo!›› mi grattai la fronte con fare confuso.
Se quella era una variabile, ora non ero in grado di capirne l'utilità.
Ma in ogni caso, non prometteva nulla di buono.... come al solito, d'altronde.
Mi girai a guardare Newt, che sembrava sorpreso quanto me di vedere la stanza così spoglia.
Non sapevo cosa dire. L'unica cosa che mi veniva da fare era ridere per quanto fosse ridicola la situazione.
La porta si aprii con un cigolio sinistro, e Brytan entrò nella stanza.
Sembrava felice, il suo passo era quasi saltellato. Una parte di me si stava chiedendo come mai prima mi stava così simpatico, quando ora avrei solo voluto prenderlo a pugni in faccia fino a spaccargli il naso.
‹‹ Brytan ha un bel naso ›› pensai ‹‹ magari a Rose avrebbe fatto piacere averlo nella sua collezione... Oh, caspio, l'ho pensato davvero? ›› sollevai un sopracciglio, poi ridacchiai tra me e me, trovando stupida la mia stessa affermazione.
‹‹ Bensvegliati. Era ora, direi ›› disse Brytan, rivolgendoci un finto sorriso degno di un oscar.
Si schioccò le dita delle mani, poi si chinò sulle ginocchia, proprio davanti a me.
Aveva ancora quel sorriso stampato sulla faccia, poggiò una mano tra i miei capelli e me li scompigliò ‹‹ abbiamo deciso di lasciarvi dormire ancora un pochino ››
‹‹ Grazie ›› schioccai la lingua, lasciai la mano di Newt per spostare quella di Brytan.
Il suo comportamento mi inquietava sempre di più. E dire che ultimamente ho avuto a che fare con qualche pazzo, ma trovavo il loro comportamento decisamente migliore del suo. Almeno ammettevano di essere completamente andati... o quasi.
‹‹ Dove sono tutti? ›› domandò Newt, piuttosto spazientito. Lo guardai con la coda dell'occhio, notando un aria veramente, seriamente, tesa e nervosa.
Era come se si stesse trattenendo dal gettare fuori tutto il nervoso che aveva accumulato solo nell'ultimo periodo.
Brytan sbuffò e si girò verso di lui, sollevando gli occhi al soffitto ‹‹ Soggetto A5, i tuoi compagni sono t- ››
‹‹ Newt. Il mio caspio di nome è Newt, non “soggetto A5” ››
‹‹ Come vuoi tu. I tuoi compagni sono tutti già dentro la base. Sei pregato di alzarti e raggiungerli ››
‹‹ Bene così ›› sbuffò Newt, alzandosi in piedi e porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi.
La presi e mi alzai, ma appena lasciai andare la sua mano mi guardò come per dirmi di non allontanarmi troppo.
Probabilmente aveva la mia stessa pessima sensazione. Qualcosa non andava in tutta quella situazione fin troppo ambigua.

Brytan ci accompagnò fuori dalla berga, poi ci condusse dentro un lungo corridoio vuoto e luminoso.
Non ero mai stata in quella parte della base. Era come un immenso parcheggio pieno di berghe e piccoli elicotteri.
Ero incollata a Newt, stringevo il bordo della sua maglietta, anche lui aveva legato un braccio attorno alla mia vita e fissava Brytan, che era dritto davanti a noi, come se volesse bruciarlo vivo.
‹‹ Allora, come avete dormito? ›› domandò Brytan, tanto per rompere quel silenzio.
‹‹ Bene ›› rispose Newt ancor prima che potessi aprire bocca ‹‹ zitto e cammina ›› concluse.
Brytan rise in modo sonoro. Per qualche secondo la sua risata sembrava anche reale ‹‹ non credo che sei nelle condizioni per darmi ordini, sai, biondino? ››
‹‹ Sono per- ››
‹‹ Newt... ›› lo ripresi sottovoce. Abbassò lo sguardo verso il mio, sospirando rumorosamente ‹‹ lascialo perdere ››
‹‹ Ecco, ascolta la ragazza ››
Fortunatamente, Newt mi diede retta.
Capiva quanto me che quello in effetti era l'unica cosa intelligente da fare. Non era il caso di mettersi a discutere, non finché non eravamo certi che i nostri compagni stavano bene.
Se voleva prendere a calci Brytan, l'avrebbe fatto dopo. Non doveva dargli di certo la soddisfazione di fargli vedere quando la cosa gli desse fastidio.
Non sapevo cosa aspettarmi da quel momento in poi, questo era sicuro.
Durante il tragitto verso la stanza dove si trovavano gli altri, tra di noi c'era un silenzio tombale.
L'unica cosa che faceva Newt era tenermi saldamente stretta a lui. Ero quasi capace di sentire i battiti del suo cuore. Veloci e tesi, come lo eravamo noi durante quel cammino verso l'ignoto.
Perché sì, era un cammino alla cieca, considerando che non eravamo effettivamente sicuri che stessimo andando dai nostri compagni.
Nel frattempo, nella mia testa passavano tutte le cose che non avevo detto a Newt riguardanti il mio passato... ed il suo.
Sperai vivamente che nessuno gliene parlasse, ed ero abbastanza sicura che avere segreti del genere con una persona così importante per me non fosse esattamente corretta.
Pensai vivamente che in quel momento un bel colpo improvviso di amnesia non mi avrebbe fatto male.
‹‹ Siamo arrivati ›› disse Brytan, girandosi verso di noi una volta raggiunto una grossa porta dal colore argenteo. La indicò con un cenno della testa ‹‹ puoi entrare, A5 ››
‹‹ Ti ho già detto che mi chiamo Newt ›› sbuffò quest'ultimo, sollevando gli occhi al cielo ‹‹ e di certo, Liz entra con me. Col caspio che la lascio qui da sola con te! ››
‹‹ Oh, certo, come se non lo fosse già stata, no? ›› sollevò un sopracciglio, accennando un sorrisetto come se volesse far capire tutt'altra cosa.
Newt contrasse la mascella, prese un grosso respiro e fissò il ragazzo davanti a sé, poi si girò per lasciarmi un bacio sulla fronte, provocandomi un sorrisetto spontaneo.
‹‹ Ma ora sono qui, per cui, non vedo il motivo di lasciarla con un rincaspiato del genere anche se è questione di qualche secondo prima che lei mi raggiunga lì dentro ››
‹‹ No, aspetta. Non hai capito ›› Brytan aprì la porta con forza, afferrò di colpo il braccio di Newt e lo spinse dentro. Sussultai, non mi aspettavo una mossa simile. ‹‹ Ho detto “soggetto A5”, non A6. Lei non entra con voi qui dentro! ››
‹‹ Ehi! ›› sentii la voce di Minho, ma non lo vidi.
Non feci in tempo. Brytan richiuse alla svelta la porta, e poco dopo due di quelle caspio di guardie armate della C.A.T.T.I.V.O. si piazzarono davanti alla porta, caricando le armi in modo che fossero pronte all'uso.
‹‹ Okay, e questo che significa adesso?! ›› sbottai io, fissando Brytan in cagnesco.
‹‹ Significa che non ci saranno più giochetti per te, Elizabeth ›› sbuffò lui ‹‹ mi sono già cacciato abbastanza nei casini per colpa tua! Ora vieni. Tuo padre vuole vederti. ›› fece per prendermi il braccio, ma mi tirai indietro. Non volevo essere toccata da lui.
‹‹ No! ››
‹‹ Elizabeth, non fare storie ››
‹‹ Le faccio! Eccome se le faccio! ››
‹‹ Tuo padre è preoccupato, cazzo! Vuoi capire che ha bisogno di te? ››
‹‹ Non me ne frega un caspio di mio padre, Brytan! ›› mi portai le mani tra i capelli ‹‹ mettetevi in testa che per me è come un estraneo! Non ricordo nulla di lui! Nulla! ››
‹‹ Bene. Allora non mi lasci altra scelta ›› scrollò le spalle, come se stesse dicendo una cosa che si aspettava già dall'inizio del discorso.
Due uomini mi afferrarono per le braccia e mi bloccarono, impedendomi di fare qualsiasi movimento, poi cominciarono a trascinarmi. Non sapevo dove, ma non potevo nemmeno chiederlo, visto che uno di loro in pochi attimi e con una semplicità incredibile mi imbavagliò velocemente.
Avrei preferito essere addormentata di colpo.

Alla fine assecondai i miei “rapitori” (per così dire) e cominciai a camminare con le mie gambe. Feci attenzione ad ogni dettaglio che mi circondava, così avrei fatto la strada inversa per tornare dai miei compagni radurai poco dopo.
Da un certo punto in poi ricordai bene le strade della base. Non eravamo diretti nello studio di mio padre, ma in uno dei laboratori dove io, tecnicamente, non avevo mai avuto accesso. Almeno, da quando io avevo memoria.
Mio padre si girò immediatamente a guardarmi, tirando un grosso sospiro di sollievo. Notai lui un grosso cambiamento a livello fisico:
Era molto sciupato, sembrava che avesse perso minimo dieci chili. Aveva più capelli bianchi e la pelle.... Caspio, sembrava super disigratato.
‹‹ Elizabeth! Grazie al cielo stai bene! ›› disse. La sua voce era rauca. Mi sentii quasi in colpa. Era in quello stato per via della mia sparizione? ‹‹ potete uscire tutti? Vorrei rimanere solo con lei ›› concluse, improvvisamente con un tono freddo come non mai.
Era giunto per caso il momento della ramanzina padre – figlia? Speravo che la mia perdita di memoria mi potesse evitare cose del genere, non erano esattamente ben gradite.
Incrociai le braccia al petto e seguii tutti gli scienziati (Brytan compreso) con lo sguardo mentre uscivano dalla stanza.
Mio padre si alzò dalla sedia sulla quale era seduto e si avvicinò a me con un passo lento e tirato. Ora che era in piedi sembrava anche più magro.
‹‹ Hai idea di quanto mi sia spaventato a saperti lì fuori? ›› domandò, passandosi le mani tra i capelli ‹‹ sei stata una pazza! ››
‹‹ Dovevo andare dai miei amici ›› risposi con un tono freddo ‹‹ dalla mia famiglia. ››
‹‹ Loro non sono la tua famiglia. La tua famiglia è qui, Elizabeth. ››
‹‹ Oh, parli della stupenda equipe di scienziati pazzi che rinchiudono ragazzini all'interno di un buco circondato da un labirinto che brulica di mostri, poi li illude di averli salvati per successivamente buttarli in una zona deserta e piena zeppa di pazzi che vorrebbero semplicemente strapparti il naso e possibilmente una coscia per riempirsi il pancino? Oh, bell'esempio di famiglia direi! E chi non vorrebbe una famiglia simile? ››
‹‹ Ha tutto un suo scopo ››
‹‹ Ah, quasi dimenticavo. Il bene più grande. ›› schioccai la lingua, incrociando le braccia al petto.
‹‹ Sei proprio come tua madre ›› feci ruotare gli occhi verso il soffitto. Volevo solo che quel discorso finisse il più presto possibile ‹‹ sono stato in ansia per te per tutto il tempo. È stato Brytan a farti uscire, vero? ››
‹‹ Sì ›› risposi secca. Non m'interessava più nemmeno dell'altro genio.
‹‹ Lo immaginavo. Per colpa sua hai rischiato di crepare lì fuori ››
‹‹ In un certo senso, probabilmente quella sarà la mia fine ›› sollevai lo sguardo verso il suo ‹‹ ho l'eruzione, papà ››
Ci fu qualcosa come cinque secondi di totale silenzio, prima che lui si grattasse la fronte e rivolgesse un attimo lo sguardo agli schermi del computer ‹‹ devi sapere una cosa Elizabeth ›› incrociò le braccia al petto ‹‹ tu sei entrata a far parte della cianografia dal momento in cui hai messo piede nella radura. In realtà, era scontato ed era stato messo in conto come variabile che tu raggiungessi quelli del gruppo A. Ecco perché anche tu, come loro, possiedi un tatuaggio sul collo.
Noi ti abbiamo seguita durante tutto il test, così come abbiamo seguito loro. Era tutto calcolato, tranne lo sparo a Thomas ›› papà toccò la tastiera. Cominciò a digitare delle lettere. Comparve una schermata sullo schermo davanti a lui. Richiedeva una password per poter accedere ai file di videosorveglianza. La digitò e comparvero diversi video di diverse telecamere.
Cliccò sulla telecamera AB2- 57 e, una volta ingrandita l'immagine, vidi che era come una cella in vetro. Al suo interno c'erano Gervaso e Rose, stretti l'uno contro l'altra. Si abbracciavano e si coccolavano.
‹‹ Anche loro erano stati messi in conto. Sapevamo che mollandoti in quella zona avresti attirato la loro attenzione. Siamo riusciti a catturarli poco dopo e rinchiuderli in una cella di controllo. Vogliamo studiarli e capire com'è possibile a distanza di tempo loro siano ancora così stabili fisicamente e, tutto sommato, anche mentalmente non sono messi così male. ›› sorrise ‹‹ magari loro sono l'anello mancante per qualche sviluppo veramente importante ››
sentivo un senso di nervoso crescere dentro di me. Lo guardavo, ma cercavo di capire a cosa volesse arrivare con tutto quel discorso che mi stava facendo.
‹‹ Se era tutto calcolato, allora perché non mi avete fatto andare sin da subito? Volevate vedere cosa mi sarei inventata? ››
‹‹ Più o meno. Dovevamo fare in modo che tu di fidassi di almeno due di noi. Quindi di me e di Brytan ›› mi guardò con la coda dell'occhio ‹‹ c'è un'altra cosa che non sai ››
fantastico. Non sapevo proprio nulla, a dire il vero, quindi, cosa mai potevo aspettarmi di peggio?
‹‹ Ossia? ››
‹‹ Non è vero niente di quello che ti ho detto sul tuo passato. ›› corrugai la fronte ‹‹ Quando siamo arrivati qui, tu e tuo cugino siete stati subito allontanati da noi adulti, diciamo così.
Vi hanno fatto fare dei test, poi hanno separato anche voi due.
Eravate molto attaccati, sicuramente ne avrete risentito tantissimo. Né io né tua madre abbiamo mai avuto del tempo per te, così tu hai passato la stragrande del tuo tempo ad occuparti dei vari schermi e progetti assieme a Justin... e così via, insomma.
Cose che comunque puoi perfettamente immaginare da sola e da quello che ti ha già detto Justin.
Fai due più due ››
Dove stava la parte che effettivamente doveva sconvolgermi?
Non mi stava dicendo nulla di nuovo. Insomma... non era la cosa peggiore che potesse dirmi.
D'altronde, che i miei genitori mi avessero sempre ignorata, non mi toccava poi tanto.
Era triste piuttosto il fatto che non avessi nessun appiglio nemmeno in precedenza, ma non era poi così grave in quel momento.
Decisi comunque di dargli il contentino e farmi vedere visibilmente scossa dalla cosa.
Chiusi gli occhi e sospirai pesantemente, deglutendo visibilmente, come se stessi cercando di ingoiare un groppo in gola.
‹‹ Poi? ›› lo incitai a continuare.
Lui prese un breve respiro, poi fu come se fosse improvvisamente assorto dai ricordi ‹‹ poi tua madre si ammalò. Quella parte è vera. Ma non ti ho detto che è peggiorata quando ha scoperto che eri finita nella radura. Ha dato giù di matto. Eravamo riusciti a tenere a bada il virus attraverso il nirvana fino al giorno in cui tu ti sei svegliata all'interno della scatola, poi lei di punto in bianco cominciò a pensare che l'intero piano per completare la cianografia facesse pena e ha tentato di liberare di quei mostri che avete affrontato nella zona bruciata, per scagliarceli contro.
Voleva distruggere l'intera struttura. Così l'abbiamo addormentata e portata via ››
Okay, questo mi aveva effettivamente stupita.
E se mia madre non fosse stata malata completamente? Magari era stata presa solo da un lapsus di rabbia, dovuto anche ad un attimo di lucidità completa che riuscì a mostrarle quanto tutto questo fosse assurdo ‹‹ Vuoi sapere un'altra cosa che ti farà sicuramente infuriare? ››
ero ancora immersa su quelle riflessioni, così annuii senza neanche pensare ‹‹ Sai perché eri così attaccata a quel bambino di nome Chuck? ››
corrugai la fronte nel sentire solo quelle parole. Sentii subito i brividi lungo la schiena.
Realizzai subito ciò che stava per dirmi ancor prima che iniziasse a dire la frase, ma decisi di sentirlo uscire dalle sue labbra ‹‹ lui era tuo cugino ››.
Fu come sentire gli squarci sul mio petto riaprirsi e sanguinare a fiotti.
Chiusi gli occhi, spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Quello aveva effettivamente fatto male.
Lui era veramente un membro della mia famiglia, quella vera, quella di sangue. E poteva essere l'unico di cui potevo veramente preoccuparmi, a cui potevo effettivamente essere attaccata.
‹‹ e vuoi anche la ciliegina sulla torta? ›› stavo odiando quelle domande del caspio. Non era meglio dirmi tutto in una volta, a questo punto?
Digrignai i denti, annuendo una seconda volta. Era meglio che non provassi nemmeno ad aprire la bocca o avrei cercando di ribaltare l'intera stanza e sfasciare tutti gli schermi. Mi sentivo schiacciata dalla realtà delle cose. Fissai lo schermo davanti a me. Rose e Gervaso si coccolavano come una coppia normalissima. Lei era accoccolata a lui, quasi in cerca di protezione. Forse piangeva, forse singhiozzava. Non era stupida, anche se un po' andata. Sicuramente si sentiva totalmente in trappola... e la cosa peggiore, e che lo era. Lo eravamo tutti.
‹‹ Tu non hai l'eruzione. Siamo stati noi a farti credere di averla ›› sentii qualcosa crescere dentro di me in quel momento. Mi vennero i brividi lungo la spina dorsale. I brividi di disgusto. Schiusi lievemente le labbra, ma dalla mia bocca non uscii una sola parola ‹‹ hai presente che Marie ti ha punta una volta salita sulla berga? Ecco, attrarso la puntura ti ha passato un microchip che è salito indisturbato fino al cervello. Come un piccolo robottino. Si è piantato lìe ha agito indisturbato.
Noi, da qui, mandavamo al tuo cervello impulsi elettrici che agivano a livello celebrale.
Tu sei perfettamente immune all'eruzione, quindi farti avere gli stessi istinti e stimoli non è stato per niente facile. Abbiamo rischiato di alterare anche troppo le tue capacità, ma hai resistito in maniera a dir poco eccellente! Non hai avuto nessun effetto collaterale, se non una grossissima spossatezza. Poi, proprio alla fine della prova, quando eri dentro la capsula il chip ha smesso di funzionare. Che fosse una coincidenza o un malfunzionamento non si sa, ma l'ho fatto definitivamente rimuovere mentre ti curavano ed eri senza coscienza. Sei svenuta probabilmente per la debolezza causata da tutta quella pressione celebrale che ti abbiamo causato. Scusaci, piccola ››
‹‹ Sono stata fottutamente presa in giro da mio padre. Ma vogliamo scherzare? Ma che razza di mostro sei?! ›› risi istericamente, passandomi le mani tra i capelli. Mi sentivo usata. Ero stata usata da mio padre. Quale razza di mostro poteva essere? Non potevo credere alle mie orecchie.
Lui mi guardava come se quella fosse la cosa peggiore che potessi dirgli. Ma c'erano ben altri termini per definirlo ed erano ben peggiore di quello.
‹‹ Elizabeth... ››
‹‹ No, per favore, chiudi quella caspio di bocca o sto andando in cerca di ago e filo per cucirtela io stessa con le mie favolose mani da spaccata. Ah, no, aspetta! Io sono immune, ma mio padre ha ben deciso di farmi pensare di essere una spaccata. Che burlone che sei, paparino mio! ›› finsi un espressione intenerita, poi tornai immediatamente seria, squadrandolo dalla testa ai piedi ‹‹ mi fai ribrezzo. ››
‹‹ Tra un po' di tempo avremo la certezza che le cose non sono cambiate. Ora vi terremo sott'occhio e p-››
‹‹ Fate con comodo. Sai com'è, non avete fatto altro che tenerci sott'occhio giorno e notte negli ultimi tempi... ››
‹‹ … dicevo, vi terremo sott'occhio e poi tra un po' di tempo diremo i nomi degli immuni e dei non immuni ››
‹‹ Bene così ››
‹‹ Alcuni di voi potrebbero essere peggiorati, in quel posto ››
‹‹ Date la colpa a voi stessi ›› sibilai, come se volessi sputare veleno. Lui mi guardò come se l'avessi ferito.
‹‹ Elizabeth... ascoltami ››
‹‹ Non ho fatto altro per tutto il tempo, e sei stato solo capace di dirmi cose veramente poco piacevoli da sentire, papà ››
‹‹ Io ho l'eruzione ›› disse tutto d'un fiato.
Lo guardai con uno sguardo di fuoco. Dovevo essere dispiaciuta, ma in quel momento provai solo rabbia. Eppure lui mi guardava quasi come se volesse chiedermi di abbracciarlo. Non ero capace in quel momento di provare qualcosa di positivo per lui, ma mi impegnai per sembrare almeno un minimo dispiaciuta. Qualcosa nel suo sguardo mi diceva che non ero per niente una buona attrice in quei casi.
‹‹ Mi dispiace ›› provai a dire. Allora sforzò un sorriso ‹‹ ora torno dai miei compagni ››
‹‹ Non puoi farlo! Quest- ››
‹‹ Guardami! ›› mi indicai la faccia con la mano, accennando un sorrisetto sarcastico ‹‹ questa è l'espressione che ti fa capire quando caspio me ne frega del tuo divieto ›› e, detto questo, uscii dalla stanza. Mio padre non disse una sola parola. Non a me, almeno.



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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Uscii da quella stanza con un passo sicuro. Non avevo più nulla su cui contare, su cui credere.
Non mi stupiva il fatto che i miei genitori non si curassero di me, ma non credevo al fatto che lavorassi perennemente ai vari progetti. O meglio, sì, ma ero piuttosto sicura di non essere particolarmente d'accordo.
La cosa che più mi aveva scosso di tutto ciò che aveva detto mio padre, era forse la parentela con Chuck. Lui non era solo un bambino all'interno della radura, ma era anche mio cugino.
Ecco perché si preoccupava così tanto per me. Ecco perché sentivo tutto quell'affetto nei suoi confronti. Ecco perché sentivo il dovere di proteggerlo ad ogni costo.
Avrei voluto ricordare un solo momento insieme prima della radura. Uno solo. Magari non quando ci avevano separato.
Poi mia madre. Dannazione, quella donna aveva cercato di ribellarsi alla C.A.T.T.I.V.O., e dopo quello che avevano fatto a me, chi mi assicurava che effettivamente fosse malata, come sosteneva mio padre? E se le avessero indotto quella convinzione come avevano fatto con me?
Nella mia testa ora c'erano il doppio delle domande, e man mano che ripercorrevo la strada per tornare dai miei amici.
I corridoi di quel posto erano sempre tutti uguali, la strada per andare sembrava dannatamente più lunga di prima, e questo, purtroppo, mi dava solo il tempo per pensare di più a tutta quella situazione.
Forse era il caso che dicessi a Newt di mio padre. Insomma, non sapeva che fosse il capo di quel posto, sapeva solo che ci lavorava. Rischiavo di litigare con lui per una fesseria, ed oltretutto non volevo avere segreti, anche se piccoli. Non volevo che si sentisse preso in giro, sopratutto dopo quello che era successo con gli spaccati.
E dovevo parlare anche con Minho. Avevo bisogno di sapere se lui fosse ancora arrabbiato con me o meno.
‹‹ Elizabeth! Ehi! Aspetta! ›› sollevai gli occhi al soffitto, sbuffando in modo rumoroso in modo che lui, Brytan, capisse che non avevo per niente voglia di vedere la sua faccia del caspio.
‹‹ Aspettami ti ho detto! ››
‹‹ Brytan, seriamente, levati dalle palle ›› risposi, senza nemmeno fermarmi. Continuai a camminare indisturbata, ma sapevo di essere seguita silenziosamente da Brytan. Mi sentivo Stalkerata da quel ragazzo.
Ma lo lasciai seguirmi, male male che vada una volta raggiunta la stanza con gli altri radurai, avrebbe ricevuto un pugno con i fiocchi da parte di Newt. Eh, sì, sta volta non l'avrei fermato.
‹‹ Vuoi fermarti, per l'amor di Dio? ›› brontolò Brytan, mentre attraversavamo l'ultimo corridoio che, poi, ci avrebbe portati dai miei amici.
‹‹ No. ››
‹‹ Oh, andiamo, perché te la prendi con me? ››
‹‹ Aspetta, fammi pensare... forse perché mi hai presa in giro? O perché eri in combutta con mio padre e non mi hai detto niente? ››
‹‹ Ma era per il tuo bene! ››
‹‹ Ah, beh, allora scusa! ›› schioccai la lingua e sbuffai. Sperai che capisse il mio sarcasmo, invece sospirò come se fosse sollevato.
Meno male che teoricamente era un piccolo genio.
‹‹ Tuo padre ti ha dato il permesso di tornare dai tuoi amici? ››
‹‹ Non sono cose che ti riguardano ›› risposi, piuttosto alterata. Voleva un disegnino per capire che non avevo voglia di parlare con lui?
‹‹ Lo prendo come un no ››
‹‹ Oh, wow, allora non sei così stupido come credevo! ››
‹‹ Sai vero che si arrabbierà tantissimo? Non gli giova sicuramente nelle sue condizioni! ››
‹‹ Non me ne frega niente di quella vecchia testapuzzona ››
‹‹ Vuoi smetterla di parlare come un'idiota? ››
‹‹ E tu vuoi smettere di parlare e basta? ›› arrivai davanti alla porta che mi separava dai miei amici.
I due uomini armati della C.A.T.T.I.V.O. mi guardarono senza battere ciglio.
Mi puntarono di colpo le armi contro, minacciandomi con lo sguardo.
‹‹ Sono una di loro ›› dissi, girandomi per mostrare loro il tatuaggio sul collo.
‹‹ No, lei è la figlia di Richard ›› controbatté Brytan, incrociando le braccia al petto
‹‹ Sappiamo benissimo chi è ›› disse una delle guardie, mantenendo l'arma puntata contro di me ‹‹ e conosciamo gli ordini ››
Allargai le braccia, slanciandole verso l'alto poco dopo ‹‹ Ma caspio! Fate sul serio? Io sono uno dei soggetti dei vostri caspio di test ed ora non mi fate raggiungere i miei compagni? Ma dico, siete una barzelletta continua! ››
‹‹ Mi dispiace piccola, ma sono ordini dall'alto ›› rispose, scrollando le spalle ‹‹ ora va via di qua ››
Ecco con chi parlava mio padre mentre uscivo da quella stanza.
Se non mi avessero fatta passare, avrei dovuto trovare un'alternativa per poter entrare lì dentro. A costo di disattivare l'intero sistema di sicurezza. Non mi sarei arresa così facilmente.
‹‹ Signori, non c'è motivo di essere così severi con lei ›› sentii una voce strana, sconosciuta, ma allo stesso tempo familiare. Una voce femminile. Mi girai lentamente in quella direzione. Brytan era arrossito, si era spostato verso la parete per lasciar passare indisturbata la ragazza che si era appena avvicinata.
Aveva una pelle pallida, i suoi capelli erano rosa, lunghi e legati in tante piccole treccine che ricadevano lungo la schiena, e i suoi occhi... anch'essi erano rosa.
‹‹ Jillian, che ci fa qui? Sa bene che non deve abbandonare la sala di controllo! ›› disse la guardia, ma non era un tono di una persona che stava imponendo il suo volere, ma bensì di una persona preoccupata.
‹‹ Non è lei a decidere per me ›› rispose la ragazza, poi si voltò nella mia direzione, rivolgendomi un sorriso cordiale ‹‹ Ben tornata, Elizabeth, sono contentissima di vedere che stai bene! Ti osservavo dalla sala di controllo durante i test, sai? ›› non sembrava per niente scontrosa. Sembrava la persona più gentile sulla faccia della terra. E, per qualche strano motivo, mi ispirava fiducia.
Si avvicinò a me, chinandosi lievemente per arrivare alla mia altezza ‹‹ ci penso io, non preoccuparti, va bene? Devi fidarti di me. Ti ho vista anche prima, quando eri in ufficio da tuo padre. So che ora non ricordi chi sono, ma ti giuro sulla mia testa che puoi fidarti di me. ›› sussurrò.
Le guardie si guardavano con uno sguardo interrogatorio, ma sembrava che non osassero nemmeno per scherzo fare qualche domanda.
Jillian si rimise dritta con la schiena, si girò di nuovo e si avvicinò alla porta.
Brytan si guardò velocemente attorno, poi si allontanò, abbandonando la stanza in seguito ad un sospiro.
‹‹ Lei è uno dei soggetti dei test uno e due. Lei è idonea per l'accesso a questa stanza. È più che idonea ›› disse, poi fece un lieve scatto con la testa, come se avesse appena ricevuto una scossa lungo il collo.
Una delle guardie abbassò l'arma, assumendo un'aria seria ‹‹ Ma il capo ha det- ››
‹‹ Osi contestarmi? ›› rispose lei. I suoi occhi sembrarono brillare, e la sua voce divenne lievemente meccanica. Tirò su col naso e diede un piccolo colpo di tosse.
Allora, la guardia, si tirò indietro ed indicò la porta con la testa, rivolgendomi uno sguardo sfuggente.
‹‹ Su, ragazzina, entra. Veloce! ›› ordinò con tono fermo.
Jillian sfiorò la porta con le dita, e queste si aprirono velocemente. Probabilmente avevano qualche strumento tecnologico che le faceva aprire sotto il suo tocco, o qualcosa di simile, perché se no non sapevo come spiegarmi quel fatto. Ma ormai, d'altronde, avevo anche smesso di cercare una spiegazione a tutto ciò che faceva la C.A.T.T.I.V.O.
Mi affrettai a raggiungere Jillian e ad affiancarla.
‹‹ Grazie ›› le dissi, e lei fece un cenno con la testa,  ma lei nemmeno rispose.
I radurai e le raduraie erano tutti seduti a terra. Parlavano tranquillamente, ma nessuno di loro sembrava essere chissà quanto felice di stare lì dentro.
La stanza non era spoglia, anzi, era anche ben arredata in confronto alla berga.
Intravvidi Minho ed Evangeline, poggiati contro il muro, che parlavano. Si erano girati per qualche secondo, come gli altri, a guardare chi stesse entrando in stanza, ma nessuno disse nulla.
Minho tornò a parlare con Evangeline come se nulla fosse.
Pensai che magari stessero confrontando le loro esperienze da velocisti. Minho sollevò un braccio e le mostrò il muscolo, lei scosse la testa e ridacchiò. Teresa era rannicchiata in un angolo della stanza, aveva un espressione assente. Aris era poco distante da lei, ma parlava con Sonya ed Harriet. Le uniche persone che non riuscii a trovare furono Newt e Thomas.
Jillian si fermò, trattenne il respiro, irrigidendosi di colpo. Fece un piccolo scatto con la testa, ma poi niente più. Mi diedi un'altra piccola occhiata rapida attorno.
‹‹ Dove caspio sono Thomas e Newt... ››
‹‹ Thomas è stato preso ed isolato da tutti voi. È malato, ha l'eruzione ›› commentò distrattamente ‹‹ Newt è qui da qualche parte ››
‹‹ Li conosci? ›› domandai incuriosita
‹‹ Io vi conosco tutti ›› accennò un sorriso ‹‹ Comunque, tra poco verrete spostati in due dormitori diversi ›› disse, dandomi una piccola pacca sulla schiena ‹‹ vai da Newt, goditi del tempo con lui, finché puoi ››
‹‹ È un modo carino per dirmi che ci sarà anche una fase tre? Un'altra caspio di prova? ››
‹‹ No ›› scosse la testa ‹‹ assolutamente no. Le prove sono finite. Almeno su questo la C.A.T.T.I.V.O. è stata sincera ›› si strinse nelle spalle, poi le sollevò lievemente ‹‹ adesso non p-.. ›› fece un altro scatto con la testa, strizzò gli occhi, poi si portò le mani sulla fronte. Cominciò a gridare, si piegò su sé stessa. Attirò così l'attenzione dei radurai.
‹‹ Elizabeth! ›› gridò Minho, scattando in piedi.
‹‹ Che diavolo è successo? ››
‹‹ Ma che caspio è, una bambolina? ››
E via altri commenti. Mi ricordò vagamente quando arrivai nella radura per la prima volta.
In poco tempo mi ritrovai accerchiata da tutti. Jillian continuava a gridare. Minho si era chinato sulle ginocchia per guardare la ragazza.
‹‹ Calmati, caspio, la tua voce mi sta assordando! ›› Gridò Minho, ma Jillian cominciò a strillare anche più forte. Era fuori controllo.
La sua voce diventava lentamente sempre più stridula. Sembrava un allarme.
‹‹ Che caspio è questo casino? ›› gridò Newt. Non avevo la benché minima idea da dove fosse spuntato. Aveva le mani poggiate sulle orecchie ed un ghigno quasi sofferente stampato in faccia.
Jillian gridò ancora un po', poi si zittì. Spalancò gli occhi e li sollevò verso di me. Quei suoi enormi occhi rosa, ora erano pieni di panico.
‹‹ L'hai picchiata? ›› Minho tornò in piedi, guardandomi con la coda dell'occhio ‹‹ ha gridato perché hai fatto la bulla con lei solo perché ha i capelli rosa? ››
‹‹ Ma che... Ma ti pare? ›› corrugai la fronte. Lui rise, ma Jillian lo guardò con aria ancora più preoccupata.
‹‹ Stanno arrivando. Mi ha scoperta. ›› voltò lo sguardo verso Evangeline, poi le corse in contro, abbracciandola come se fosse l'ultimo abbraccio che poteva darle.
Questa rimase pietrificata a quel contatto, ed era visibilmente indecisa su cosa fare.
Guardava le persone che la circondavano come per chiedere aiuto, ma alla fine ricambiò l'abbraccio.
Jillian tremava, aveva scatti strani con la testa.
Drizzò di colpo la schiena, sciolse l'abbraccio e guardò la ragazza davanti a sé ‹‹ Sono felice di sapere che sei viva! Almeno tu, sei viva! Io non.. ›› diede un colpo di tosse, si chinò in sé stessa, riprese a gridare ‹‹ Sta venendo qui... sta venendo per me! ›› quasi strillò.
Le luci nella stanza si abbassarono e si rialzarono per qualche attimo.
‹‹ Chi? ›› corrugai la fronte, ma la mia voce venne quasi spazzata dalle sue grida. Era totalmente nel panico. Si strinse le mani tra i capelli, poi smise di gridare.
‹‹ Che diavolo...? ›› l'unico commento da parte di Evangeline, mentre fissava le varie luci nella stanza. Si sentiva il ronzio elettrico che emanavano.
Guardò il soffitto. Le luci si stabilizzarono.
‹‹ Non c'è tempo per spiegare, devo nascondermi! Sta arrivando! ››
‹‹ Caspio! Chi sta arrivando? ›› sbottò Minho, spazientito dalla situazione, provò a poggiare le mani sulle sue spalle, ma lei si scansò alla svelta e si guardò attorno, correndo a nascondersi dietro un divano.
Non che fosse il nascondiglio migliore del mondo, ma per lei sicuramente era meglio di niente.
Cadde il silenzio da parte sua. Si era rannicchiata così tanto da essere effettivamente sparita.
‹‹ Perché conosci solo gente strana? ›› domandò Minho sottovoce, dandomi un colpetto al braccio per richiamare la sua attenzione.
Scossi la testa e sospirai ‹‹ credimi, è ciò che mi chiedo da quando ho messo piede nella radura ››
‹‹ La C.A.T.T.I.V.O. distribuisce poteri gratis e nessuno mi aveva informato della cosa? ››
Lo guardai con la coda dell'occhio, ma prima che potessi risponderlo, Eva aveva già schioccato la lingua e lo fissava con aria di compatimento che diceva più di mille parole.
Minho si ricompose, dando un finto colpo di tosse ‹‹ chi è quella ragazza? ›› disse ‹‹ perché fa così? ››
‹‹ Si chiama Jillian ›› risposi ‹‹ e non so altro, se non che è strana ››
‹‹ Mi sembra un volto familiare ›› mormorò Eva, fissando il divano dietro la quale si era nascosta l ragazza ‹‹ ma non so chi sia ››
‹‹ Beh... Vedrò di farmelo bastare, per ora. Tu stai bene? ›› assunse un espressione preoccupata.
‹‹ Sì... più o meno ›› mormorai.
‹‹ Perché non ci hai detto che tuo padre è a capo della C.A.T.T.I.V.O.? ›› domandò Newt, incrociando le braccia al petto. Non mi ero resa conto che si fosse affiancato a me.
Il suo volto era contratto e serio.
‹‹ Quando quel genio del tuo amico mi ha sbattuto qui dentro, poco dopo è entrata una guardia nella stanza per dirmi di stare tranquillo, che ti avevano portato dal capo, che è tuo padre ›› aggiunse.
No, seriamente, non ero in grado di reggere un'altra litigata con lui.
Sospirai, passandomi le mani tra i capelli ‹‹ non volevo litigare. Sì, insomma... non penso che avresti preso bene un “ehi, sai che mio padre è uno degli uomini che ti ha chiuso nella radura?” ››
‹‹ Thomas ha progettato il labirinto. Tu hai progettato quei caspio di cosi enormi, i D2MH, giusto? Eppure nessuno di noi ha fatto una tragedia. Tranne Gally e George, ma loro non contano.
Nessuno ti avrebbe giudicata, non è colpa t- ››
La porta si aprì di botto, in maniera così forte da sbattere rumorosamente contro la parete accanto.
Marie era appena entrata, ed era accompagnata da altri due scienziati. Una era una ragazza con dei capelli corti a caschetto e neri, l'altro era Brytan.
Strano, come al solito c'era lui di mezzo.
Jillian stava temendo Marie? Perché?
‹‹ Bene bene, cosa abbiamo qui? Ben tornati ragazzi. Avete fatto un buon tragitto? ›› disse questa, stringendo le mani tra loro ‹‹ mi auguro di sì. Ma prima che possiate aprire bocca anche per un attimo, voglio sapere dov'è la ragazza con i capel- ›› si fermò, squadrandomi dalla testa ai piedi.
La sua faccia, mentre parlava, rappresentava tutto ciò che c'era di più odioso al mondo.
Vanità e potere. Sapeva che non poteva essere toccata.
‹‹ Ottima prova, peccato per i morti ›› corrucciò le labbra, cercando di assumere un espressione dispiaciuta. Peccato che si vedeva lontano un miglio che stesse fingendo ‹‹ Oh, ragazze, mi dispiace tanto per la piccola Frankie. Divorata in quel modo da degli spaccati... Che brutta fine! ››
‹‹ Posso prenderti a pugni? ›› domandò Eva, sorridendo in un modo tetro che quasi mi causò i brividi lungo la schiena.
Marie tornò improvvisamente seria, fissandola.
‹‹ Vedi di portarmi rispetto, ragazzina ››
‹‹ Ah, sì, scusi: potrei prenderla a pugni, vecchio spaventapasseri malandato? ››
Minho mi diede una gomitata, rischiando quasi di spaccarmi le costole, poi indicò Eva col pollice ‹‹ Mi piace la ragazza, ha fegato ››
‹‹ Jocelyn, non sei cambiata nemmeno di una virgola ›› sbuffò Marie, alzando gli occhi al soffitto.
‹‹ Mi chiamo Evangeline, dannazione! ››
‹‹ Appunto ›› sbuffò di nuovo. Ma quando posò quei suoi occhi da serpe su di me, la sua espressione mutò di nuovo radicalmente.
Ora, aveva la rabbia dipinta sul volto. Una rabbia incontrollabile, che nemmeno uno spaccato possedeva.
Minho si accorse di questo cambiamento improvviso, così come probabilmente se ne accorse Newt, che afferrò il bordo della mia maglietta e mi spinse dietro con lui, mentre Minho passò poco più avanti di me, come se volesse farmi da scudo.
Non che avessi bisogno di essere protetta... sopratutto da un essere così stupido come Marie, che se distingueva la destra dalla sinistra era già troppo.
‹‹Tu! ›› gridò di punto in bianco Marie, indicandomi lentamente.
Minho sobbalzò, stupito di quel grido improvviso. Forse non ne poteva più di sentire delle grida da parte delle persone.
Ed aveva ragione. Ciò che stupì me, invece, non fu il grido, ma il fatto che quella pazza si fosse avvicinata a grandi falcate e mi avesse spinta con forza. Newt mi prese al volo, aiutandomi a rimettermi subito in piedi.
‹‹ Ti sei fatta male? ›› domandò, ma a stento lo sentii visto che Marie mi tirò via e puntò il suo brutto viso davanti a me.
Sentivo la sua puzza di alito fetido  pizzicarmi le narici. Avevo il volta stomaco.
Mi domandai se conoscesse lo spazzolino e il dentifricio o se per lei fossero totali entranei.
‹‹ Ti rendi conto di cos'hai fatto?! Tuo padre! Tuo padre nel giro di qualche minuto è fottutamente peggiorato a causa tua! ›› provai a rispondere, ma lei mi afferrò la gola e cominciò a stringere quelle sue tozze mani.
Sia Newt che Minho fecero per spingerla via, ma venne anticipato da Evangeline.
‹‹ Troppo lenti! ›› gridò quest'ultima, dandomi la mano per aiutarmi a rialzarmi. Offerta che non rifiutai per nulla.
Newt mi tirò verso di sé, mentre i radurai si strinsero in cerchio attorno alla scienziata a terra.
‹‹ Che diavolo hai combinato ora? ›› domandò Newt, quasi divertito dalla situazione ‹‹ sei un danno continuo, Liz. Ed io che cominciavo a pensare che la testa puzzona combina guai fosse Tommy! ››
accennai un sorriso. Il suo cambiamento d'umore improvviso era piuttosto gradito, al momento.
Marie si pulì il labbro inferiore con la manica del camice bianco. Era atterrata di faccia contro il pavimento e si era morsa il labbro. Non capivo quale fosse il problema che affliggeva Marie, oltre alla spropositata cotta nei confronti di mio padre. Ma per quanto mi riguardava potevano benissimo camminare a piedi nudi per la zona bruciata mano nella mano. Mi facevano schifo entrambi.
‹‹ Tuo padre potrebbe morire da un momento all'altro per colpa tua! ›› gridò Marie, avvicinandosi di nuovo a me, indicando poi sia Minho che Evangeline ‹‹ voi due! Minho ed Jocelyn, statene fuori! E anche voi altri, ragazzi. Siete fortunati che siete importanti ››
Eva digrignò i denti, pronta a rispondere, ma si trattenne.
‹‹ Che muoia. Sai quanto m'importa? Un uomo che mi fa credere di essere malata e mi mente come ha fatto lui non si merita nemmeno un briciolo di compassione da parte mia.
È un mostro, non un padre ›› dissi a denti stretti ‹‹ lo spedirei nella zona bruciata senza pensarci nemmeno due volte ››
‹‹ Come ci abbiamo spedito tua madre? ›› disse lei, con un sorrisetto provocatorio stampato sulle labbra. Non resistevo più. La odiavo con tutto il mio cuore.
Non conoscevo mia madre, ma se è vero che lei voleva far fuori la C.A.T.T.I.V.O., nonostante fosse stata la prima a lavorarci, allora forse non era poi così malata.
Ma anche se lo fosse stata, sicuramente era una persona migliore sia di mio padre che dello straccio di donna che avevo davanti.
Ridacchiai ed abbassai la testa. Marie continuava a parlare, ma non sentii una singola parola.
La stavo apertamente ignorando. Appena notai che aveva smesso di parlare, sollevai lentamente lo sguardo verso di lei, tirai indietro una mano stretta a pugno e, poi, la colpii in pieno volto.
La colpii così forte da sentire tutta la rabbia uscire fuori dal mio corpo. Riuscii a sentire il suo naso schiacciarsi contro le mie nocche. Mi sembrava il rumore più dolce del mondo.
Caspio, quella sì che era una grossissima soddisfazione.
Lei barcollò, cadendo poi col sedere sul pavimento.
Scossi lievemente la mano, ero leggermente indolenzita, ma niente che non fossi in grado di sopportare.
Sgranarono tutti gli occhi, sentendo anche un “oh caspio” sussurrato da parte di Newt.
‹‹ Woh! Caspio, ricordami di non farti arrabbiare! ›› sussultò Minho, poggiando una mano sulla mia spalla.
Respiravo pesantemente, l'adrenalina aveva preso il sopravvento, ma ridacchiai per quella reazione.
Marie boccheggiava stupita, mentre i due scienziati che l'avevano accompagnata l'aiutavano ad alzarsi.
‹‹ Okay, questo deve aver fatto male! ›› commentò Eva ‹‹ sanguina dal naso! ››
‹‹ Marie? Tutto bene? ›› domandò Brytan, mentre la scienziata accanto a lui le passò un fazzoletto che, poi, Marie usò, poggiandoselo sul naso.
Non che in quel momento potesse essere chissà quanto utile, ma... sicuramente per lei era meglio che farsi vedere da me in quelle condizioni.
‹‹ Sì, sto bene ›› sbuffò, mettendosi poi in piedi ‹‹ prendiamo Jillian e andiamo via di qui. Ci serve in sala di controllo ›› Brytan annuì, tirando fuori dalla tasca una tessera magnetica.
Camminò con passo sicuro verso il divano, poi afferrò il polso di Jillian.
Lei cercò di opporsi, ma venne praticamente trascinata via.
I radurai non mossero un solo muscolo. Forse non volevano mettersi contro il volere della C.A.T.T.I.V.O.
‹‹ Non osare disobbedire mai più ›› disse Marie, guardando Jillian con aria quasi disgustata mentre quest'ultima veniva costretta a mettersi al fianco della donna.
Brytan sembrava quasi dispiaciuto di doverla costringere a stare ferma. Teneva una mano sulla bocca della ragazza, assicurandosi però che questa riuscisse a respirare.
‹‹ Tra poco delle guardie vi divideranno in due dormitori separati. Ragazzi e ragazze in dormitori diversi ›› riprese Marie, poi voltò lo sguardo verso me e Newt, rivolgendo un sorriso a quest'ultimo, come se si fosse accorta solo in quel momento della presenza di quest'ultimo.
‹‹ Oh, tu devi essere il famoso Newt, giusto? ››
Newt sollevò un sopracciglio, ma non la rispose nemmeno.
‹‹ Sì, è lui ›› rispose Brytan ‹‹ è Newt ››
‹‹ Jillian, confermi? ›› domandò Marie, guardando la ragazza.
Lei rimase in silenzio, fissando la donna con quei suoi occhioni rosa.
Guardò poi radurai come per chiedere loro aiuto, ma nessuno mosse un muscolo, esattamente come prima ‹‹ dimostrami la tua fedeltà ›› aggiunse Marie ‹‹ È lui? ››
Ancora niente. Brytan fece scivolare le mani sul collo della ragazza, cominciando a stringere con forza. Eva sussultò, ma rimase immobile, solo perché Harriet le aveva afferrato la mano e la stava stringendo.
‹‹ Jillian, non costringermi a farti l'elettroshock ›› sbuffò impazziente Marie ‹‹ o peggio, resettarti.›› 
Resettare?
Lei la guardava, ancora in silenzio.
Allora Marie sospirò, frugandosi nelle tasche del camice ‹‹ Va bene, allora non mi lasci altra scelta›› Jillian osservava la mano della donna, sgranando gli occhi con fare terrorizzato. Ma nonostante tutto non parlava.
Perché non lo faceva? Che temesse qualcosa? Ci stava proteggendo? Sapeva sicuramente qualcosa in più di noi.
Newt scattò in avanti, superandomi. Si posizionò davanti a Marie prima ancora che potesse tirare fuori qualsiasi cosa avesse nel camice ‹‹ Sì, caspio, sono io. Sono Newt ›› fissò la mano di Marie, poi alzò gli occhi ai suoi.
‹‹ Bene ›› rispose lei, sorridendo in modo fin troppo ambiguo ‹‹ sono onorata di fare la tua conoscenza ››
‹‹ Bene così ››
‹‹ Allora a presto. Spero di rivederti, un giorno ››

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Capitolo 25
*** Epilogo ***








‹‹ Odio Marie. Odio tutto questo. Odio non sapere dove sia Tommy. Anche se è malato, non vedo il motivo di lasciarlo da solo. Non voglio lasciare un mio amico da solo. Non si lasciano soli gli amici. Mai. ›› Newt non si dava pace nemmeno per un secondo. Continuava a ripetere quella frase a ripetizione, come un vecchio disco rotto.
Si stava agitando, temeva per Thomas. Newt non si fidava della C.A.T.T.I.V.O., e faceva bene. Dannatamente bene.
‹‹ Odio questo caspio di posto! Mi da una bruttissima sensazione! ››
‹‹ Newt, calmati ›› sussurrai, notando che gli altri radurai ogni tanto si giravano a guardarlo.
Era così agitato che come minimo prima o poi si sarebbe alzato a mettere le mani addosso a qualcuno. Dava esattamente quella sensazione, anche se non era quel genere di persona.
‹‹ Spiegami come posso restare calmo in questa situazione. ›› sbuffò.
Sospirai, perché era la stessa domanda che mi stavo ponendo io.
Ero agitata anche io. Confusa, ed allo stesso tempo non mi sentivo per niente a mio agio.
Avevo la sensazione che la situazione sarebbe peggiorata presto con un misero schiocco di dita.
Dopo un ora di tempo eravamo ancora buttati lì, in quella sala.
Teresa era rimasta poggiata alla parete. Non parlava con nessuno, chiusa in quel suo bozzolo di pensieri che nessuno aveva il diritto di guardare.
Thomas era stato portato via ed isolato. Aris non sembrava in vena di grosse discussioni. Minho ed Eva continuavano a confrontare le loro abilità. Finalmente quest'ultimo aveva trovato qualcuno con cui condividere l'immenso ego che si porta sulle spalle da una vita. Tutti eravamo in cerca di una distrazione. Tutti, dal primo all'ultimo.
Dovetti spiegare a Minho e Newt ciò che era successo. Tutto, dalla prima all'ultima cosa.
Dai finti ricordi che mio padre aveva cercato di rifilarmi, alla triste ed amara verità.
Non parlai della mia parentela con Chuck solo per non aprire una vecchia ferita.
‹‹ Caspio ›› sibilò tra i denti Newt, poggiando con un colpo secco la testa contro il muro e sospirando rumorosamente.
Avrà fatto quel gesto una cinquantina di volte da quando c'eravamo seduti sul pavimento, che sembrava quasi il posto più comodo del mondo.
‹‹ Se lo farai di nuovo, secondo me sputerai il cervello dal naso ››
‹‹ Non so dove sbattere la testa ›› sbuffò
‹‹ Il muro non è la soluzione, questo è sicuro ›› sollevai un sopracciglio, cercando di fare ironia in modo che smettesse di spaccarsi la testa contro il muro
‹‹ Non voglio abbandonare un amico ›› ripeté
‹‹ Credimi, da come ti stai agitando, sembra quasi che Thomas sia il tuo ragazzo ›› arricciai il naso ‹‹ e la cosa peggiore è che sareste anche carini insieme ››
‹‹ Io e Tommy? ›› accennò un sorrisetto, girandosi per guardarmi ‹‹ sì, si potrebbe fare ››
‹‹ Mi stai dicendo che dovrei temere più Thomas che Sonya? ›› corrugai la fronte ‹‹ okay, ora sì che potrei diventare gelosa ›› borbottai, provocandogli una risata sincera.
Musica per le mie orecchie.
‹‹ Non preoccuparti, né di Thomas né di Sonya. Credo di averti già dimostrato di non essere gay ›› mi fece l'occhiolino.
In quel momento probabilmente diventai peggio di un pomodoro, ma fece finta di nulla per non mettermi ulteriormente in imbarazzo. Soffocai un piccolo colpo di tosse e spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Sollevò il volto verso l'alto, chiudendo gli occhi dopo aver fatto un respiro profondo. ‹‹ Tommy e Minho sono ciò che si avvicina di più ad una famiglia. E la famiglia non si lascia indietro. Mai. Sopratutto nel momento del bisogno ››
Sollevai un sopracciglio ‹‹ Ah ›› mi sentii leggermente esclusa.
Mi rannicchiai in me stessa, cercando di non dar peso a quella leggera punta di gelosia provata per quella frase. Forse era normale, considerando che erano tutti maschi... ed io l'unica femmina.
No, okay, forse era un ragionamento stupido.

Sì, decisamente, lo era...
Ma dovevo pur trovare un modo per giustificarmi, no?
Schiuse gli occhi, mi guardò, poi li richiuse, sospirando. Forse percepì la mia gelosia nel tono di voce che avevo assunto. E dire che provai a camuffarla.
‹‹ Tu sei un caso a parte, Liz ›› tirò su un ginocchio, poggiò un braccio sopra e si sistemò meglio contro il muro.
‹‹ Cioè? ››
‹‹ Se so che cos'è l'amore, è grazie a te ›› accennò un sorriso, aprendo nuovamente gli occhi e girandosi nella mia direzione.
Aveva quel genere di sorrisino sincero, come se avesse detto qualcosa che desiderava dire da una vita intera.
Probabilmente l'aveva detta di getto, senza pensarci due volte.
Ed io invece probabilmente ero arrossita di nuovo, ma decisi che non era il momento di preoccuparsi del rossore. Non mi aspettavo una frase del genere e non sapevo nemmeno cosa rispondere.
Ridacchiò ‹‹ non è caspiamente smielata come cosa? Mi merito un bacio, vero? ›› si diede una rapida occhiata in giro ‹‹ cerchiamo le telecamere di sicurezza nella speranza che Brytan stia guardando, così ci baciamo davanti a queste e lui si strapperà quei quattro peli che ha in testa? ››
‹‹ Oh, ma dai, Newt! ›› mi portai una mano sul volto, facendola scivolare verso il basso.
L'influenza di Minho nei suoi confronti si faceva sentire, con la differenza che quest'ultimo probabilmente non mi avrebbe mai chiesto una cosa simile, ma mi avrebbe direttamente costretta a farlo.
Rise di nuovo, passandosi una mano tra i capelli. Sembrava così rilassato, anche se sotto sotto era teso come una corda di violino. Non aveva mai pace, e con tutto ciò che aveva passato il pensiero che nonostante tutto fosse ancora in piedi mi rendeva fiera di lui. Non era cambiato, se non in meglio.
Era sempre il solito Newt che si preoccupava sempre di tutti. L'unico problema è che non si preoccupava praticamente mai di sé stesso.
‹‹ Sai, penso di aver capito il significato del tuo tatuaggio ›› disse, inclinando lievemente la testa
‹‹ Ah sì? E quale sarebbe? ››
Assunse un espressione pensierosa ‹‹ i nostri tatuaggi sono come un titolo del ruolo che avevamo in tutta questa storia, no?
Teresa quella che tradisce, Thomas quello che doveva essere ucciso, Minho a capo di tutti noi ed io che dovevo aiutare a stare uniti... Credo, non mi è ancora molto chiaro ››
‹‹ Il collante, perché sei quello che ci unisce tutti. Ha senso, insomma ››
‹‹ E tu sei l'ancora perché nell'arco di qualche secondo ci stavi facendo affondare nell'incazzo più totale. ››
‹‹ Ah, grazie... ››
‹‹ O forse perché l'ancora, nonostante sprofondi nell'abisso, rimane intatta durante tutto il suo tragitto. Ed anche dopo tanto tempo, questa rimane intatta e forte.
Probabilmente quelli della C.A.T.T.I.V.O. già sapevano che tu eri immune, e che avresti resistito a tutta la pressione esercitata sul tuo cervello ››
Lo ascoltai attentamente durante tutto il suo ragionamento, poi annuii.
Aveva senso in effetti. O non avrei trovato un'altra spiegazione ad una cosa simile.
A pensarci bene, tutti i tatuaggi che marchiavano il collo dei radurai, in effetti erano correlate alle azioni svolte durante la prova.
La C.A.T.T.I.V.O. aveva studiato bene ogni singolo dettaglio, e sicuramente avevano messo in conto anche varie probabilità, grafici di percentuali di scelta in base al carattere di ognuno di loro.
Tanto di cappello per tutto il lavoro che c'era dietro.
E pensare che probabilmente era quello che facevo anche io, prima di gettarmi nella scatola per raggiungere la radura.
‹‹ Può essere. Non tornerò indietro da papà a chiedergli se è effettivamente quello il significato.
Ma puoi sempre andare tu, se vuoi. Conosceresti mio padre! ››
‹‹ Così poi mi portano in isolamento per tentato omicidio ›› sollevò un sopracciglio, scuotendo la testa ‹‹ dopo tutte sploffate che ti ha rifilato, gradirei non incontrarlo ››
storsi le labbra, poggiando la testa sulla sua spalla ‹‹ stavo scherzando, testapuzzona! ››
Newt fece le spallucce, schiuse le labbra per rispondermi, ma il forte rumore di una sirena lo interruppe.
L'attimo di pace svanì in fretta. Era un rumore identico a quello che avvisava dell'arrivo della scatola nella radura.
Ci fu un ronzio fastidioso per tutta la stanza. Il rumore proveniva dai piccoli megafoni sistemati negli angoli della stanza.
Una voce registrata cominciò a parlare ‹‹ Attenzione, tutti i sistemi di sicurezza sono stati temporaneamente disabilitati. Attenzione, tutti i sistemi di sicurezza sono stati temporaneamente disabilitati ›› e ripeteva quella frase più e più volte, portandomi ad avere il sangue al cervello da quanto la stavo sentendo.
‹‹ Mi date una sedia? Voglio spaccare questi accidenti di megafoni! ›› sbraitò improvvisamente Evangeline.
La luce nella stanza saltò, e la voce si spense lentamente con un suono decadente come quando si scaricano lentamente le pile di una vecchia console.
La cosa buffa? Non avevo mai visto né una console e tanto meno sapevo come si spegnevano.
‹‹ Ci mancava solo il buio ›› sentii la voce di Harriet, ma non sapevo da che parte provvenisse
‹‹ E se ora appaiono altri mostri? ›› domandò Sonya
‹‹ Se succede, giuro che userò i tuoi capelli per farmi una caspio di parrucca ›› commentò Minho.
Risi, ma sotto sotto sperai che nessuno capisse che quella era la mia risata.
‹‹ Ripristino sistema in corso. Attendere prego ›› parlò di nuovo la voce al megafono.
La stanza buia e quella voce davano un senso di horror fantascientifico, ed ora cominciai a temere che il dubbio di Sonya potesse diventare reale da un momento all'altro.
Nella stanza rimbombò il forte rumore di macchinari venivano accesi. Ventole, ronzii elettrici.
Poi finalmente la luce si riaccese.
‹‹ Sistema di nuovo operativo. Modalità temporanea attivata. ›› gracchiò con una voce palesemente robotizzata il megafono. Una voce completamente differente da quella precedente.
‹‹ Che caspio di problemi hanno in questo posto? ›› domandò Frypan.
Ne avevano parecchi, se proprio voleva saperlo.
Corrugai la fronte. Mi passò per la testa l'immagine di Jillian.
Sentivo che lei centrava qualcosa in tutto questo, ma perché?
Forse lei centrava in qualche modo con la sicurezza di quel posto. Il modo con cui parlava alle guardie, quello in cui ha aperto la porta, il fatto che Marie cercasse la sua conferma...
Perché, poi, ha chiesto a lei di confermare l'identità di Newt?
E perché Marie ha minacciato di “resettarla”?
Era una ragazza strana, ma doveva avere un peso non indifferente sulla C.A.T.T.I.V.O.
La porta si aprì di colpo, seguita da un forte ronzio elettrico da parte degli altoparlanti.
La luce ballò un attimo.
Il fatto che fosse stata Jillian ad aprire le porte in quel modo capitò proprio a fagiolo.
Aveva un respiro pesante, doveva aver corso per arrivare fino a lì.
I suoi capelli erano incasinati, alcune treccine sciolte, gli occhi rosa brillavano. Aveva pianto, ma il brillio non era dovuto alle lacrime. Sembrava che si stessero illuminando.
Aveva un aria chiaramente turbata, era agitata. Le labbra schiuse, ansimava.
Si stava reggendo alla porta.
Scattammo tutti in piedi, sussultando a quella vista.
Sembrava appena uscita da un manicomio, e forse quel suo camice bianco aiutava parecchio a dare quell'idea.
Minho si affrettò a raggiungerla, forse vedeva che era distrutta.
Lei parò le mani davanti, scuotendole velocemente. Non voleva essere toccata.
‹‹ Stammi lontano! ›› disse di punto in bianco ‹‹ Ti prego, Minho, stammi lontano! ›› il suo tono di voce era quasi disperato ‹‹ Non voglio farti del male! Non voglio darti la scossa! ›› fece uno strano movimento con la testa. Un movimento non umano.
‹‹ Jillian, giusto? ›› domandò Minho, avvicinandosi a lei ‹‹ si può sapere di che caspio stai parlando? ››
‹‹ Io ho provato ad aiutarvi, ve lo giuro! Volevo... volevo... volevo cancellare tutti i file su di voi, volevo permettervi di andare in un posto diverso. Volevo portarvi in salvo, non volevo che morisse qualcun altro. Io so che vogliono fare, io so molte cose che voi non potete neanche immaginare. Ho visto i grafici! Io creo i grafici! Sono tutti nella mia testa! Nella mia cazzo di testa! ›› si portò le mani tra i capelli. Il suo tono di voce cambiò radicalmente, diventando simile a quello di... un robot.
Avanzò di qualche passo nella stanza, cadendo in ginocchio poco dopo.
Si sdraiò sul pavimento, rannicchiandosi in sé stessa e tremando.
Sembrava una bambina terrorizzata messa in quel modo e con gli occhi spalancati.
Ci sistemammo tutti attorno a lei, formando una mezzaluna.
Pensai che forse si sentiva un po' in soggezione, ma probabilmente non se ne rese nemmeno conto, o forse semplicemente non le interessava, considerando che doveva essere dannatamente terrorizzata.
‹‹ Io ho visto tutto. Loro mi hanno costretta. Loro mi costringono ogni giorno ››
‹‹ è dannatamente inquietante ›› commentò un raduraio alle mie spalle.
‹‹ è sangue quello che ha sulla tempia? ›› domandò una ragazza
In effetti non avevo notato la chiazza rossa sulla sua tempia, considerando tutte le treccine che la camuffavano.
Evangeline spintonò via tutti, avvicinandosi a Jillian, ignorando il fatto che questa non volesse essere toccata per alcun motivo.
Ma, stranamente, quando Eva la costrinse a mettersi dritta, lei non oppose resistenza.
Il suo sguardo era assente, gli occhi erano ancora spalancati, ma non esprimevano alcun genere di emozione.
‹‹ È morta? ›› domandò Minho. Eva controllò il polso della ragazza, poi scosse la testa
‹‹ No, è viva ››
‹‹ Bene così ›› rispose Newt, anticipando Minho ‹‹ qualcuno ha una spiegazione logica al comportamento di questa ragazza? ››
‹‹ Mi prendete in giro se vi dico che a me sembra un androide? ››
‹‹ Un androi-che? ››
‹‹ Androide. È come un robot, ma con fattezze umane. O almeno un Cybor ››
‹‹ Va bene... e che caspio è un Cybor? ››
‹‹ Un Cybor, mio caro biondino, è non è altro che un comune essere umano a cui sono stati impiantati circuiti elettronici e cose simili ›› rispose Evangeline.
Mi stupii del fatto che lo sapesse.
E non stupii solo me, ma anche gli altri. Lei non ci badò nemmeno alle nostre espressioni, ma cercò di far riprendere Jillian da quella sorta di stato di trans in cui era caduta.
La scosse più volte, finché questa finalmente non diede un minimo segno di attenzione girandosi lentamente nella sua direzione.
‹‹ Ehi, piccola barbie, tutto okay? ›› domandò Eva, cercando di assumere un tono di voce normale.
Jillian annuii lentamente, ma la sua espressione cambiò, diventando spenta, come se fosse assonnata.
‹‹ Bene, allora, ci degni di una spiegazione? ›› domandò Minho, impaziente, incrociando le braccia.
‹‹ Cosa vuoi sapere? ›› rispose Jillian. La voce robotizzata la rendeva particolarmente inquietante.
Iniziarono a sorgere vari dubbi e domande tra i radurai. Io, invece, ero semplicemente impaziente di sentire cosa ci avrebbe detto.
Volevo sapere cosa stava succedendo.
‹‹ Cosa ti hanno fatto? ›› domandò Minho, chinandosi alla sua altezza e puntando gli occhi nei suoi.

‹‹ Mi hanno... mi hanno migliorata, credo. Non ti è dato saperlo ›› rispose, poggiandosi le mani sulle tempie.
‹‹ E cosa sono questi fori? ›› domandò Eva, spostandole i capelli dalla tempia.
Questa le spostò le mani con un gesto secco, ricoprendosi con i lunghi capelli rosa.
‹‹ Loro mi esaminano. Mi collegano ad una grossa macchina perché... ah, lasciamo stare, non capireste ›› sollevò lo sguardo al soffitto ‹‹ in ogni caso, non mi è concesso dirvelo. Serve... un codice per sbloccare questa informazione. Non è dato saperlo nemmeno a me, è tipo... un file nascosto ››
‹‹ Che centrano i file? ›› Eva corrugò la fronte.
‹‹ Centrano... ››
‹‹ Senti, caspio, sputa il rospo e basta! Sono stanco di tutti questi misteri! ›› sbuffò Newt, incrociando le braccia al petto.
Jillian fissò Newt, come se avesse improvvisamente ripreso vita.
Inclinò la testa, sospirando. Sembrava indecisa se dirlo o meno.
‹‹ Sei un Cybor? ›› azzardò Newt.
‹‹ No ›› rispose lei, quasi indignata di un affermazione simile
‹‹ E allora che cosa sei? ››
Lei si alzò lentamente, avvicinandosi a Newt come se volesse sussurrarglielo nell'orecchio, ma semplicemente si fermò a pochi centimetri da lui ‹‹ Io sono il computer di questo posto ›› lo fissò dritto negli occhi ‹‹ controllo ogni singolo computer, accesso, scambio di dati, macchina, sistema di sicurezza, videocamera... e così via. Solo il loro primo ed unico computer umano ›› lo squadrò dalla testa ai piedi ‹‹ si vede che ti hanno cancellato la memoria. Ci saresti arrivato subito, altrimenti ››
Newt corrugò la fronte, ma decise di lasciar cadere lì tutte le domande che probabilmente avrebbe voluto rivolgerle.
Jillian indietreggiò, stringendosi nelle spalle ‹‹ e, per rispondere a te, mi hanno disabilitata per un attimo. Sono venuta qui perché volevo avvertirvi... non so riguardo cosa. Devono aver cancellato i file.
Quando sono venuta qui, prima, era perché avevo visto che Elizabeth non riusciva a passare... così ho messo il sistema di sicurezza in stand-by e spostato in un computer della base in modo temporaneo ed in incognito. Marie però se n'è accorta comunque, quindi... è stato inutile.
Non avete idea di quanto faccia male ogni volta collegarsi per controllare tutto questo dannato posto.
Così, prima, mentre Marie cercava di trasferire i dati dal computer al mio cervello – solita routine quotidiana –, quando ho visto ciò che volevano fare ho provato a ribellarmi. Ho fatto saltare il sistema di sicurezza ed ho provato a riattivare quelle simpatiche creature a cui hai lavorato tu, Elizabeth ›› mi rivolse un sorriso ‹‹ i D2MH. Sai, qui alla C.A.T.T.I.V.O. non sprecano niente ››
Oh, fantastico, quindi significava che avevano ancora i miei D2MH in quel caspio di posto?
‹‹ Poi hanno tentato di resettarmi, ma sono riusciti solo a mandarmi in stand-by per qualche minuto.
Jillian 1 C.A.T.T.I.V.O. 0.››
‹‹ Okay, credo di aver perso qualche passaggio, ma farò finta di aver capito tutto ›› commentò Minho.
‹‹ Quindi, tu sei un computer ›› Newt si poggiò l'indice sul mento ‹‹ non sei umana... ››
Jillian corrugò la fronte ‹‹ Sono più che umana, te lo assicuro. Mi hanno semplicemente... computerizzata, diciamo, ma sono umana. Ve l'ho detto, sono file nascosti a cui nemmeno io ho accesso. Non mi è dato sapere cosa mi hanno fatto. I file così importanti sono spostati nel computer principale della base, che utilizzano solo come archivio massimo e privato ››
‹‹ Capisco... più o meno. Bene così ›› Newt si grattò la fronte ‹‹ posso chiederti... perché sei tutta rosa? ››
‹‹ Un dannato esperimento della C.A.T.T.I.V.O., non chiedermi l'utilità. Non la so nemm- ››
Jillian rivolse gli occhi al soffitto. Ebbe una leggera scossa in tutto il corpo, poi si accasciò a terra.
Pochi istanti dopo, Marie varcò la soglia della porta, seguita da quattro guardie.
Ridacchiò, guardando le nostre espressioni ‹‹ avanti, è ora di andare a nanna, per voi ›› le guardie presero Jillian di peso, trascinandola fuori.
‹‹ Dove la state portando? ›› domandò Eva, scattando in piedi. Minho le afferrò il braccio, impedendole di fare un solo passo in più verso Marie, mentre questa usciva lentamente dalla stanza.
‹‹ Noi... uhm... apporteremo delle modifiche in modo che una situazione così scomoda non si ripresenti mai più ››
‹‹ Volete liberarvi di lei, non è vero? ››
Marie le rivolse un sorriso, guardandoci uno ad uno.
Mentre la porta si chiudeva, l'unica risposta che diede fu quella che mi diede più rabbia ‹‹ ricordatevi una cosa, ragazzi: C.A.T.T.I.V.O. è buono ››  


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Capitolo 26
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