Renew Wonderland

di Dinah_Carroll
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Through The Looking-Glass ***
Capitolo 2: *** And What Alice Found There ***
Capitolo 3: *** Down The Rabbit Hole ***



Capitolo 1
*** Through The Looking-Glass ***


 

 

 

CHAPTER I
 
THROUGH THE LOOKING-GLASS

 

“È impazzita, completamente fuori di testa!” ripeté nuovamente il dottor Walburn, come se quella fosse l’unica certezza, la sola spiegazione plausibile al comportamento della ragazza.
- Io non sono pazza... - pensava lei irritata, origliando da dietro la porta. Quante volte le lo avevano ripetuto? Centinaia, migliaia di volte? Per tanti anni, fino alla nausea. E lei invece? Quante volte aveva replicato solo con quelle quattro semplici parole? Ovviamente nessuno l'aveva mai ascoltata o presa sul serio. D'altronde... non si deve mai dare retta a un matto e lei aveva rinunciato ad essere capita. Non le importavano i discorsi senza senso del dottore e si limitava ad ascoltare la conversazione tenendo l’orecchio poggiato sulla fredda porta in legno.


“Si rifiuta di parlare, non collabora affatto! E il suo sguardo... quella è peggio del demonio!” continuò l’uomo, fuori di sé, mettendosi una mano tra i pochi capelli grigi che gli erano rimasti. 

“Sarebbe stato meglio se non fosse mai nato un disastro simile! Dovete farla rinchiudere definitivamente, è l'unica soluzione!”
 
A quell'affermazione la giovane sbiancò di colpo.
Per diversi anni era entrata ed uscita dal manicomio, o come preferivano chiamalo i suoi genitori, dalla “sua seconda casa”. Lì dentro era l'inferno e il dottore lo sapeva bene: avrebbe avuto carta bianca per utilizzare qualsiasi metodo per torturarla curarla.
I Liddell non rappresentavano certamente un problema: avrebbero dato retta a qualsiasi cosa avesse detto il dottore, come avevano sempre fatto, ed era questo che la preoccupava maggiormente. Era forse arrivata la sua fine? Così giovane e già sfiorita... anzi, forse sarebbe meglio dire mai fiorita. Un bocciolo contaminato in partenza, troppo presto.
La ragazza corse allora in camera sua e vi si chiuse dentro a chiave, in preda al panico.
Non riusciva a respirare. Si portò la chiave al petto, come per darsi forza, mentre piangeva in silenzio accasciata sul pavimento.
Stesa per terra vide spuntare da uno scatolone una vecchia corda per saltare, quella con cui lei e sua sorella maggiore giocavano spesso insieme prima che la malattia le la portasse via. Le tornarono alla mente i lunghi pomeriggi passai con lei a giocare, leggere, chiacchierare... ricordi lontani che col passare del tempo diventavano sempre più annebbiati e ciò faceva accrescere nel suo petto un grande senso di malinconia e nostalgia di quei piccoli attimi di felicità che, sapeva, non avrebbe mai più vissuto.
 
Si alzò di scatto dal pavimento. Aveva trovato una soluzione.
Posò in fretta la chiave sul piccolo tavolino accanto al letto e tirò fuori la corda dalla scatola. La guardò qualche secondo per poi staccare i due manici alle estremità.
 
- Meglio morire piuttosto che tornare in manicomio! - pensò, trattenendo a stento le lacrime.
Mentre cercava di legare la corda al baldacchino del letto vide uno strano bagliore provenire dallo specchio appeso sul muro. In un primo momento pensò di esserselo solo immaginato, che “a furia di sentirsi dare della pazza” lo fosse diventata veramente. Al secondo riflesso, però, non poté fare a meno di andare a controllare.
Era sempre stata una bambina curiosa e, nonostante tutto ciò che aveva dovuto sopportare, questa sua caratteristica non l'aveva abbandonata col passare degli anni. Si sa però che se non si riesce a mettere un freno alla curiosità, questa può portare a molte situazioni spiacevoli.
 
Arrivata davanti allo specchio si fermò un attimo a guardarlo. Non c'era nulla di strano: si vedeva il riflesso di una ragazza smagrita, con lunghi capelli biondi sfibrati, e due grandi occhi verdi che trasmettevano solo un estremo dolore e malinconia. Il vestito grigio non faceva altro che evidenziare la sua magrezza, causata dai continui digiuni.
Guardando con tristezza quell'immagine, poggiò il palmo della mano sulla superficie e si accorse con stupore che qualcosa di diverso c'era: la sua immagine era ora distorta, come se fosse stata riflessa sull'acqua e vi fosse stato lanciato un ciottolo.
Ritrasse velocemente la mano, non sapendo cosa fare.
 
D'un tratto sentì bussare alla porta: “Esci subito, ragazzina!”
Riconobbe la voce del dottore. Aveva un tono completamente diverso da prima, soddisfatto. A quanto pare era riuscito a convincere i suoi.
 
Nel panico, guardò la corda appesa al baldacchino.
 
No. Non sarebbe finita così.
 
Con decisione portò entrambe le mani in avanti e si tuffò all'interno dello specchio.
Quando il dottore e il signor Liddell riuscirono a sfondare la porta non c'era alcuna traccia della ragazza. Trovarono solamente la corda, malamente legata al baldacchino, e il grande specchio per terra in frantumi.

 

 
 

 
 

ANGOLO AUTRICE

Buonasera ~ (eh già, sono quasi le 23 e mezza)
Era da una vita che non pubblicavo qualcosa!
Avevo quest'idea in mente già da un po' di tempo, ma a causa degli impegni e della pigrizia ho dovuto spesso rimandare. Alla fine però sono riuscita a scrivere almeno il primo capitolo di questa storia, a cui tengo molto e che spero vi piaccia!
Ringrazio in anticipo tutti i lettori, sia gli utenti che quelli "invisibili".
Lasciatemi recensioni, sia positive che negative con eventuali consigli, a presto!
 
Dinah
 
P.S. Ricordo ai recensori/lettori della mia vecchia Flashfic che ho cambiato nome: sono la vecchia "Dany_chan", ora Dinah.


 

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Capitolo 2
*** And What Alice Found There ***


CHAPTER II

 

AND WHAT ALICE FOUND THERE
 

All'ennesima, assurda, affermazione della bambina l'uomo si lasciò cadere sulla poltrona accanto al camino spento... spento come la speranza di capire la figlia. Tutto ciò che riuscì a dire in risposta fu un solo, e disperato, “Alice, perché fai così?”.
Henry George Liddell era alla prese con uno dei soliti “capricci” della figlia minore, Alice.
Grecista e vice cancelliere all'Università di Oxford, era un uomo rispettabile e molto acculturato, fiero del suo lavoro. Nonostante avesse ormai compiuto mezzo secolo l'anno precedente non aveva di certo appreso la virtù della pazienza e probabilmente mai ci sarebbe riuscito.

Padre, ha solo otto anni, non siate così severo! Lasciatela fare.” Lorina prendeva spesso le difese della sorellina. Si divertiva ad ascoltare le filastrocche e le teorie fantasiose della bambina, che il padre scambiava puntualmente per capricci e ai quali cercava di imporre un limite, spesso troppo duramente.

Lory guarda che è vero! La Casa dello Specchio esiste!” disse Alice incrociando le braccia e arricciando il naso, visibilmente offesa.

Ah sì? Allora potresti spiegarci in che cosa consiste?”

A parlare fu Lorina Hannah Liddell. Era appena entrata nel salotto e si accomodò con calma sulla seconda poltrona, posta a pochi metri di distanza da quella dove sedeva il signor Liddell, affranto. Moglie di Henry e madre delle due bambine, non solo aveva lo stesso nome della figlia maggiore, ma come lei era dell'opinione che non ci fosse nulla di male nelle fantasie di Alice. Era solo una bambina ed era normale che immaginasse cose un po' fuori dall'ordinario. Perfettamente normale.

Dato che insistete tanto, vi spiegherò tutto!” detto questo la bambina indicò lo specchio alla destra dell'entrata cercando di apparire più seria possibile, tentativo che però si concretizzò in un goffo atteggiamento saccente.
Prima di tutto, c'è la stanza che si vede attraverso lo specchio: è identica al nostro salotto, ma le cose sono alla rovescia! Il quadro, le sedie e il tavolo sono come i nostri, ma al contrario!” disse indicando ogni oggetto nominato.
Da qui però non riesco a vedere il vaso di orchidee sul davanzale... vorrei tanto sapere se i fiori nella Casa dello Specchio sono dello stesso colore di quelli nel nostro salotto... E poi... guardate! La vedete la gamba che sporge dalla poltrona? Chissà se il papà seduto sulla poltrona nello specchio è come il nostro papà! Tu cosa credi Lory?”

Alice corse ridendo verso la sorella maggiore, che però fu interrotta dal padre prima di poter proferire parola: “Quella è la mia gamba e non c'è nessun papà o tavolo o che so io dall'altra parte dello specchio! Devi smetterla Alice! Devi smettere di pensare a cose così stupide! Cresci!”.
Il signor Liddell aveva urlato così forte da spaventare la piccola Alice che iniziò a piangere e toccò alla sorella consolarla, mentre la madre uscì dispiaciuta dalla stanza insieme al marito, sperando di riuscirlo a calmare in qualche modo e rimproverandolo per il suo comportamento.

Passarono ben 10 minuti prima che Lorina riuscisse a parlare senza che la sua voce fosse coperta dai singhiozzi della bambina. Quando fu certa che Alice si fosse calmata le sussurrò piano nell'orecchio: “Secondo me il padre della Casa nello Specchio è più simpatico e meno scorbutico del nostro!”
Come aveva previsto, la sua affermazione riuscì a far sorridere la sorellina e aggiunse: “Perché non finisci di spiegarmi la tua teoria mentre giochiamo in giardino?”

Si, si, si! Andiamo!” Alice prese per mano Lory e corse in giardino dove trascorsero ore e ore a divertirsi.
Sembravano aver dimenticato la sfuriata del padre, la quale appariva solo un lontano ricordo.


Alice era incredula. Era riuscita ad attraversare lo specchio.

Le persone non attraversano gli specchi.

Ma lei lo aveva fatto.
Se lo avesse detto al dottore l'avrebbe sicuramente sottoposta ad altri sei mesi di terapia.
Bene... e adesso? Che cosa avrebbe dovuto fare? Come sarebbe tornata a casa?

 

Perché mai dovresti tornare?

Quella vocina non la smetteva di ronzarle in testa come una zanzara fastidiosa, ma non aveva tutti i torti: non sarebbe stato sensato ripercorrere i propri passi sapendo cosa avrebbe dovuto affrontare se fosse tornata. Era scappata, ora era libera. Non le bastava questo? Che cosa poteva volere di più? Forse non si era veramente arresa riguardo all'essere capita. Sciocca testarda.
Decise di mettere da parte quei pensieri per porsi un'altra domanda, molto più importante: dov'era finita? O meglio: se n'era veramente andata? Cos'era realmente successo?
All'apparenza quella stanza sembrava identica alla sua camera: c'erano il letto con la corda ancora legata al baldacchino, lo scatolone, il comodino... c'era tutto. L'unica cosa che la distingueva dalla sua stanza era la disposizione dei mobili, opposta a quella originale.

Le scappò una piccola risata stanca.
- Beh è giusto- pensò tra sé e sé -Sono dentro uno specchio dopotutto... o almeno credo-
Si girò per vedere se lo specchio fosse ancora attaccato al muro, ma non trovò niente.
Qualcosa di diverso allora c'era. Non era solamente il riflesso della sua camera e non sarebbe riuscita a tornare indietro semplicemente riattraversando lo specchio.
Si diresse quindi verso il comodino per prendere la chiave e aprire la porta, ma sul comodino non c'era niente.
-Che sia un altro scherzo di questo mondo oltre lo specchio?-
Sospettosa s'incamminò verso la porta. Se mancavano sia lo specchio che la chiave, perché la porta non poteva essere aperta? E infatti lo era.

Anche il resto dell'arredamento della casa era disposto al contrario.
Una volta uscita dall'abitazione si guardò intorno. Non c'era alcun indizio che le facesse capire che cosa avrebbe dovuto fare.
O non fare.
Passeggiò nel giardino pensando al da farsi. Non c'era anima viva. Non che questo le dispiacesse, ma nemmeno restare bloccata per l'eternità da sola in quella casa era molto allettante.
Anche il boschetto che circondava la proprietà sembrava vuoto e non c'era un solo rumore che le potesse far credere il contrario. Non uno scoiattolo, un uccello o quant'altro. Era completamente sola.
Si distese allora sul prato con lo sguardo rivolto verso il cielo azzurro, limpido. Era da tempo che non si sentiva così rilassata, libera, e nonostante la situazione fosse piuttosto innaturale ne avrebbe approfittato, almeno per qualche minuto.
Tirava un leggero venticello che le smuoveva di poco il vestito.

L'aria... così pulita e fresca.

Sentiva che quell'aria le avrebbe potuto purificare i polmoni, scrostare il dolore e l'odio che si erano accumulati dopo tutti quegl'anni di torture.
Un'aria così pulita che respirare le faceva quasi male.
Rimase a lungo ripensando a tutto ciò che aveva passato e a cosa avrebbe dovuto fare ora.
Le nuvole passeggiavano lente nel cielo, ma mai la privavano della visione del sole.


 

TIC
    TAC


 

Per un secondo Alice credette che tutti i colori fossero spariti.
Il prato, i fiori, il cielo... per un momento erano diventati monocromatici, grigi.
Quel rumore... aveva forse spaventato i colori?

I colori non hanno paura.

    TIC
        TAC


I colori erano scomparsi di nuovo.
Tutto questo non aveva senso.

TIC TAC TIC TAC TIC TAC

Alice si alzò in piedi. Il ticchettio si faceva sempre più vicino.

TIC TAC TIC TAC TIC TAC

Era diventato così forte che la ragazza dovette tapparsi le orecchie.
Quando credette che la testa le sarebbe esplosa tra le mani, il rumore cessò di colpo.
Smise di coprirsi le orecchie e la sua attenzione si spostò ai suoi piedi.
Sull'erba giaceva un orologio da taschino d'oro.
Nonostante sembrasse in perfette condizioni, non emetteva alcun suono, con le lancette ferme a mezzogiorno.
Lo sollevò da terra e una serie di ingranaggi caddero sotto di lei.
Alice si piegò per recuperarli, ma non ne trovò nemmeno uno, come se fossero stati inghiottiti dal prato. Non fece in tempo a capire cosa fosse successo che l'orologio riprese a ticchettare.
La ragazza guardò il quadrante, ma come gli ingranaggi erano spariti anche i numeri non c'erano più e in compenso era comparsa una scritta: “Sei in ritardo.”.
Si guardò intorno.
Qualcuno c'era di sicuro.
Qualcuno la stava aspettando.
E alla fine lo vide.
Le sfrecciò davanti. Correva come un matto verso il boschetto.
Indossava un panciotto, ma non era umano.
Gli occhi rosa, le orecchie lunghe.
Quello era un coniglio, un coniglio dal manto bianco.


 

ANGOLO AUTRICE


Buongiorno cari lettori, anonimi e non.
Innanzitutto, scusate il ritardo: mi ero prefissata di aggiornare ogni mese, ma gli impegni mi hanno sopraffatta (e nemmeno l'editor html è stato più clemente). Alla fine però questo capitolo è venuto fuori e questo è quello che conta
più o meno. D'ora in poi sarò sicuramente più puntuale! Scusate ancora.

Beh, che dire... la storia è ufficialmente partita e da qui iniziano le "nuove" avventure della nostra cara, vecchia, Alice.
Spero continuerete a seguirla/recensirla, dandomi anche qualche consiglio o chiedendomi chiarimenti senza farvi troppi problemi :'')

Ringrazio nuovamente tutti i lettori/recensori e per quelli che attendono le tematiche da rating arancione... pazientate ancora un pochino ~
A presto!

Dinah

 

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Capitolo 3
*** Down The Rabbit Hole ***


CHAPTER III

DOWN THE RABBIT HOLE



Oh santo cielo.
Setacciò compulsivamente ogni centimetro del suo panciotto, ribaltò le tasche... niente.
Era in preda al panico. Come aveva potuto perderlo? In una situazione simile poi!
Gliel'aveva detto che sarebbe arrivata presto, che doveva trovarla, ma adesso? Come avrebbe capito quando sarebbe stato il momento giusto senza il suo preziosissimo orologio?
Sono sicuramente in ritardo, me lo sento... Devo sbrigarmi.
Si mise a quattro zampe e con uno scatto sfrecciò in mezzo al prato.
Schivava abilmente sassi, evitava buche con piccoli balzi. I fili d'erba gli solleticavano il muso bianco, ma non poteva assolutamente fermarsi: era la sua missione e l'avrebbe trovata a tutti i costi.
Aveva battuto il prato per giorni e perlustrato da cima a fondo il boschetto che circondava l'abitazione della loro speciale ospite, senza però notare alcuna traccia della ragazza.
Corse per ore come un matto, come se dietro di lui decine e decine di lupi affamati lo stessero inseguendo.
Si chiese per quanto tempo avrebbe dovuto ancora cercarla. Se non fosse arrivato in tempo? Spacciati. Ecco cosa sarebbero stati. Tutti spacciati.
Preso da mille pensieri quasi non si accorse della giovane che aveva appena superato.
Alice, gli suggerì una voce nella testa.
Si arrestò di colpo e si alzò sulle zampe posteriori. Rimase immobile a fissarla per diversi secondi, forse minuti.
È lei, è Alice.
Finalmente l'aveva trovata, seppure un po' diversa dall'ultima volta.
Il tempo cambia le persone, e lui lo sapeva bene. Per questo la cercava così disperatamente. Per questo la cercavano tutti.
La ragazza era notevolmente cresciuta dal loro ultimo incontro ed era diventata ancora più bella, ma la sua non era più la bellezza innocente di una volta: il suo viso era stanco, smagrito, con profonde occhiaie sotto gli occhi spenti.
Gli occhi... così vivi una volta e ora così pieni di dolore.
Adesso aveva realizzato perché non l'avesse riconosciuta subito, ma per quanto potesse essere cambiata una cosa in lei rimaneva integra: lei era pur sempre Alice, questo era ciò che contava veramente.
Lei era Alice... e aveva in mano il suo orologio.


Il coniglio bianco che fino ad un secondo prima le era sfrecciato ad un palmo dal naso si arrestò di colpo. La fissava come se fosse un fantasma, un'apparizione, qualcosa che aspettava da tempo e che finalmente aveva di fronte agli occhi.
Non è un coniglio normale, pensò.


Perché passare dentro uno specchio invece lo è.


Le rispose la stessa, seccante, voce dell'ultima volta che però aveva nuovamente ragione.
Fece per alzarsi in piedi quando il coniglio drizzò le orecchie e con un gridolino acuto affermò “Quello è il mio orologio!” e con una zampina le lo strappò dalle mani.
Colta alla sprovvista cadde a terra.
Quel coniglio parlava.
Già era inusuale il suo abbigliamento e come se non mancasse parlava.
Rimase a fissarlo incredula, mentre lui era occupato a lucidare l'orologio e sistemarne il quadrante.
Passarono alcuni minuti prima che le parole le tornassero alla gola e riuscisse a chiedergli chi fosse.
Il coniglio si fermò, come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa di molto importante. Ritornò a fissarla e posò l'arnese in una delle tasche del panciotto.
“Non c'è tempo Alice! Devi assolutamente tornare: è tardi, tradissimo!” detto questo si rimise a quattro zampe e corse verso il boschetto.
Alice non fece in tempo a porsi alcuna domanda e, senza alcuna esitazione, corse subito dietro al coniglio.
Scansava rami, saltava radici, scostava cespugli, ma non era agile come lui.
Non era agile come un tempo.
Risultava quasi impossibile stare al passo del coniglio -o di qualsiasi cosa fosse- e spesso lo perdeva di vista.
Quando parve non vederne più alcuna traccia rallentò finché non si ritrovò ai piedi di un grande albero. Sospirò mestamente: doveva averlo perso definitivamente.
Cosa poteva volere da lei un coniglio parlante?
Fece il giro dell'albero accarezzandone delicatamente il robusto tronco con una mano.
Doveva essere una quercia o forse un noce.
Probabilmente una volta avrebbe saputo riconoscerlo e distinguerne i tratti, ma era passato troppo tempo da quando quelle informazioni erano per lei automatiche e familiari, o almeno da quando poteva uscire di casa ed esplorare il boschetto. Quante avventure aveva già dimenticato?
Così assorta nei suoi pensieri se non avesse avuto la prontezza di tenersi ad uno dei rami che sporgevano dal tronco sarebbe sicuramente cascata nella fossa scavata ai piedi delle sue radici.
Quella era sicuramente la tana più grande che avesse mai visto.
Che sia la tana del coniglio? Si domandò.
Era possibile che si fosse infilato al suo interno?
Alice si guardò intorno, ma del coniglio non vi era alcuna traccia.
Tornò a fissare la buca.
Era così grande che ci sarebbe potuta passare anche lei.


Potresti sporgerti e controllare.

E così fece.
D'altronde, quella vocina aveva dimostrato di avere sempre ragione, perché non seguire i suoi suggerimenti allora? Sembrava essere l'unica che sapesse cosa fare.
Si tirò su il vestito e si inginocchiò, facendo molta attenzione a tenersi ben salda all'edera che sembrava soffocare la parte inferiore del tronco.
Si sporse leggermente e rimase molto sorpresa non riuscendo a vedere la fine della tana. A quanto pare non era solo incredibilmente larga, ma anche molto profonda.
“Sorprendente...”
Nonostante lo avesse solo sussurrato, il suo bisbiglio rimbombò nella cavità per una decina di secondi.
Faticava a crederci.
Non poteva essere veramente così profonda.
È solo una fossa. Probabilmente è solo una mia allucinazione. Tutto questo è una mia allucinazione.
Mollò l'edera e si alzò di scatto intenta ad allontanarsi il più possibile da lì, ma subito se ne pentì: scivolò bruscamente, infilando entrambe le gambe all'interno della voragine.
Riuscì a tenersi aggrappata al suolo con le braccia, mentre con le unghie raspava la terra e con i piedi cercava di risalire la buca, invano.


Lasciati andare, Alice.


Ancora una volta le veniva suggerito cosa fare, ma stavolta non era affatto sicura che ciò le avrebbe veramente giovato. Si sarebbe sicuramente fatta molto male, di questo era certa.


Buttati Alice.
Segui il coniglio bianco.


Il coniglio bianco. Se n'era quasi dimenticata.
Aveva detto che dovevano sbrigarsi, che era tardi.
Si era infilato lì dentro?


Il Bianconiglio ti attende. Tutti ti stanno aspettando.


Come se le fosse stato impartito un ordine, chiuse gli occhi e mollò la presa, cadendo inesorabilmente all'interno della tana.

 

 

Era scivolata nel buio più assoluto.
Stava precipitando nel baratro ad una velocità spaventosa.
Ad un tratto le parve che qualcos'altro stesse cadendo insieme a lei.
Tastò l'oggetto e quando capì di aver preso in mano una cordoncina la tirò istintivamente, scoprendo quindi in quale oggetto si era imbattuta: aveva acceso una lampada.
Non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi che cosa ci facesse una lampada nel sottosuolo che tutta la tana si illuminò, come se quello fosse stato il suo interruttore.
Insieme a lei stavano precipitando oggetti di ogni genere: libri, poltrone, letti, specchi, giocattoli e perfino vestiti da bambina.
Alice li riconobbe tutti, essendo essi una volta parte della sua infanzia.
I colori erano sgargianti e trasparivano mille ricordi ed emozioni da ogni oggetto.
Più scendeva in profondità, più la luce si faceva fioca e altri arnesi facevano la loro comparsa, a cui però erano legati ricordi tutt'altro che piacevoli: siringhe, pillole e camicie di forza ora la accerchiavano e le sadiche risate del dottor Walburn -e di tutti gli altri che precedentemente l'avevano presa in cura- riecheggiavano tra le pareti terrose, fino ad assordarla.
Chiodi e coltelli le sfrecciavano pericolosamente vicino e dal terriccio scuro iniziò a grondare copioso del sangue, il suo.
Alice era nel panico e il suo terrore raggiunse il picco quando due braccia scheletriche emersero minacciose fuori dalle pareti e bloccarono la sua caduta, prendendola per la vita.
Erano prive di pelle e la vista dei muscoli scoperti nauseò la ragazza. Sebbene non vi fossero unghie alle estremità delle dita, queste erano inaspettatamente appuntite, provocando un dolore lancinante ogni volta che stringevano la presa intorno alla vita sottile della fanciulla.
Provò a liberasi, ma ogni volta che affondava le mani nei muscoli di quelle enormi braccia a stento riusciva a reprimere i conati di vomito.
Un dito le avvolse il collo, facendole venir meno il respiro.
Un secondo cercava prepotentemente di farsi spazio sotto la veste, strappandole parti del vestito.
Per quanto potesse dimenarsi la presa non sembrava cedere, anzi: ogni volta che la ragazza scalciava o graffiava le mani le stringevano la vita sempre più forte.
Alice, sull'orlo delle lacrime, urlò più forte che poteva malgrado fosse quasi senza fiato.
Senza alcun preavviso e braccia mollarono la presa, lasciando che la ragazza continuasse la sua discesa in quell'abisso infernale.
Sotto di lei, ad una decina di metri di distanza, vide finalmente il pavimento. La fine della tana.
La caduta però sembrava non rallentare e credette seriamente che si sarebbe schiantata al suolo.
Chiuse gli occhi e si coprì il volto con le braccia, ma si fermò inaspettatamente a mezzo metro dalla terminale marmorea e si ritrovò a fissarla per alcuni secondi prima di crollarci sopra come una bambola di pezza.
Era tutto finito, eppure nella sua testa continuavano a girare vorticosamente le immagini di ciò che aveva visto.
Sopraffatta dallo sconforto si dimenticò completamente del coniglio bianco e avvicinò le ginocchia al petto, raggomitolandosi in posizione fetale sul pavimento freddo.
Si abbandonò ad un pianto liberatorio, scossa dai singhiozzi.  

Eppure nella sua testa continuavano a girare vorticosamente le immagini di ciò che aveva cercato di dimenticare.

 

 


ANGOLO AUTRICE


Buongiorno, miei cari lettori ~
In teoria avevo intenzione di pubblicare la storia già un paio d'ore fa, ma l'editor html mi ha dato così tanti problemi che ne ho dovuto cercare un altro online e ho deciso che d'ora in poi uilizzerò solo quello tiè.
Come avete potuto leggere, sono iniziate le tematiche violente e ho intenzione di farne passare di peggiori alla nostra cara protagonista, ma nonostante la mia crescente sadicità credo terrò per un po' il rating arancione.
Ringrazio nuovamente tutti i lettori, anonimi e non, e ci vediamo il 23 di settembre per il prossimo capitolo! (o anche prima se ne ho l'occasione)
A presto,

Dinah.

 

 

 

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